ANNO XIX -N. l GENNAIO -FEBBRAIO 1967 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


\ 


Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

196 7 


ABBONAMENTI 

ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000 
UN NUMERO SEPARATO .���.......... � � � � � 900 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 
LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 


Stampato in ltaUa -Printed in ltal~ 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(6212115) Roma, 1967 , Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 

-



INDICE 


Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTffUZIONALE E INl'ERNA


ZIONALE pag. 
Sezione seconda: GIURISMUDENZA SU QUESTIONI DI Gl<URISDIZION1E 
)) 32 
Sezione terza: GIURl5fliRUDENZA CIVILE )) 67 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINIST1RATIVA )) 11 o 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRl1BUTARIA )) 120 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERl1A DI ACQUE PUBBl.
ilCHE, APPALTI E FORNHURE )) 160 
Sezione settima: GIURISPIRUDENZA PENALE Il 174 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

RASSEGNA DI DOT11RINA pag. 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ll 12 
CONSULTAZIONI )) 24 
NOTIZIARIO � 36 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag,Ji avvocati: 
Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, 
Giuseppe 1Del Greco, Antonino Terranova 


Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Luigi Mazzella e Arturo Marzano 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


TRACANNA L., Sulla inapplicabilit� della sospensione dei termini 
processuali nel periodo feriale al giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 27 
GIARDINI U., Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
e pretese dei vigili urbani sui proventi delle contravvenzioni 
introitati dall'erario dello Stato . . . . . . . . I, 32 
FRENI A., Sulla responsabilit� dell'Ammini:strazione FF. SS. per 
i danni alla persona del viaggiatore . . . . . . . . . . I, 67 
CARUSI F., Ancora sulla tutela giudiziaria del proprietario di 
immobile occupato dalla P.A. per la costruzione di opera 
pubblica e non espropriato nel biennio ex art. 73 t. 25 giugno 
1865, n. 2359 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 99 
LA PORTA S., La propriet� dei fondi occupati senza titolo e trasformati 
in opere pubbliche e la propriet� di tali apere . . I, 127 
BATISTONI FERRARA F., Occupazione abusiva, condanna al 
risarcimento del danno ed imposta di registro . . . . . . I, 138 
DEL GREGO G., Sulla procedibilit� del giudizio arbitrale prima 
della decisione delle riserve . . . . . . . . . . . I, 169 
DE CARLO T., Ancora in tema di interpretazione della legge 
24 aprile 1962, n. 191, modificatrice dell'art. 164 c. p. sulla 
sospensione condizionale della pena . . . . . . . . . . . I, 176 
DI TARSIA DI BELMONTE P., Un caJso limite di contumacia 
dell'imputato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 181 

_._ 



/ 

.INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

-Alveo -Nozione -Alveo mutevole 
e vagante -Limiti, 165. 
-Dichiarazione di demanialit� -
Effetti -Precedenti diritti di 
natura privata -Decadenza, 160. 

-. Controversia tra privati -Riflessi 
della nuova legislazione su 
anteriori convenzioni -Competenza 
del Tribunale delle acque 
-Sussiste, 160. 

-Riconoscimento �di antica utenza 
-Obbligo di fornire acque a terzi 
-Costituzione di subutenza, 160. 

-Subutenza -Posizione giuridica 
-Imposizione del canone all'utente 
-Conseguenza del subutente 
-Gratuit� -Esclusione, 160. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STA


TO 

-V. Competenza e giurisdizione, 
Giovent� italiana. 

APPELLO 

-Domande ed eccezioni non accolte 
del giudice di primo grado 
-Necessit� di espressa riproposizione 
a pena di decadenza Sussiste 
-Generico richiamo alle 
difese di primo grado -Insufficienza 
-Necessit� della chiara 
manifestazione della volont� di 
riproposizione -Sussiste, 85. 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI 


-Frodi nella preparazione e nel 
commercio dei mosti, vini ed 
aceti -Pubblicazione della sentenza 
di condanna -Violazione 
della legge di delega -Esclusione, 
23. 

ARBITRATO 

-Domanda arbitrale -Decisione 
delle riserve prima del).a costituzione 
del collegio arbitrale Validit� 
della domanda e procedibilit� 
del giudizio, con nota 
di G. DEL GRECO, 169. 

-Mancata decisione amministrativa 
delle riserve -Temporaneaimprocedibilit� del giudizio arbitrale 
-Costituzione in mora 
dell'Amministrazione, con nota 
di G. DEL GRECO, 169. 

ATTI AMMINISTRATIVI 

-Regione -Commissario governativo 
per la convocazione del Consiglio 
regionale -Decreto di nomina 
-Atto politico -Esclusione, 

116. 
-Vizi inerenti al procedimento 
non ancora concluso -Annullamento 
-Presupposti, 115. 

BONIFICHE 

-Bonifica integrale -Potere di 
imporre contributi attribuito ai 
Consorzi -Contrasto con l'art. 23 
Costituzione -Manifesta infondatezza 
della questione, 13. 

CASSAZIONE 

-.,.-Vizio di omesso esame di punto 
decisivo denunciabile in Cassazione 
-Limitazione 'agli accertamenti 
di fatto -Sussiste -Questioni 
di diritto -Omissioni od 
errori di motivazione -Irrilevanza, 
in caso di esattezza della 
soluzione della questione, ai fini 
della cassazione della sentenza 

97. ' 
2 



VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Amministrazione dello Stato e 
degli enti pubblici -Demanio 
e patrimonio -Entrate di diritto 
pubblico ed entrate di diritto 
privato -Esecuzione forzata 
Limiti, 57. 

-Edilizia -Provvedimento demolizione 
ex art. 26 1. 17 agosto 
1942, n. 1150 -Impugnativa Giurisdizione 
amministrativa 
Sussistenza, 118. 

-Giurisdizione �esclusiva -Limiti 
-Vigili urbani -Compartecipazione 
sulle somme riscosse per 
pene pecuniarie dovute all'Erario 
dello Stato -Giurisdizione ordinaria 
con nota di U. GIARDINI, 

32. 
-Impiego pubblico -Dipendente 
dello Stato -Assistenza malattie 
-Prestazione dell'ENPAS -Controversie 
-Giurisdizione del giudice 
ordinario, 61. 
-Impiego pubblico -Mancato versamento 
contributi previdenziali 
-Giurisdizione amministrativa Sussistenza, 
117. 
-Nave -Organizzazione di bordo 
-Potere gerarchico e potere disciplinare 
-Natura pubblicistica 
-Interesse legittimo dell'arruolato 
-Giurisdizione del Consi


glio di Stato, 48. 

-Rapporto di impiego tra i Convitti 
nazionali ed il personale 
insegnante nelle scuole da essi 
gestite -Controversie -Giurisdizione 
del Giudice ordinario, 45. 

-Responsabilit� degli impiegati di 
enti pubblici sottoposti a controllo 
della Corte dei Conti Giurisdizione 
della Corte dei 
Conti -Esclusione, 54. 

- 
Sicilia -Riforma fondiaria Computo 
della quota di conferimento 
-Norme di azione Illegittimit� 
del procedimento di 
determinazione -Giurisdizione 
amministrativa, 37. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Concessione contratto -Atto unilaterale 
deliberativo e negozio 
attuativo, 58. 

-Permesso di estrazione di sabbia 
e ghiaia dal letto dei fiumi Natura, 
58. 

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI 

- 
V. Sicilia. 

CORTE DEI CONTI 

-Nomina a Consigliere di estranei 
alla Corte -Contrasto col principio 
dell'ammissione per concorso 
e con quello del'indipendenza 
dela magistratura -Esclusione, 
1. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizio per conflitto di attribuzione 
-Omessa impugnativa 
di atti precedenti -Acquiescenza 
ad atti successivi -Esclusione, 5. 

-Pronuncia di illegittimit� costituzionale 
-Effetti -Provvedimenti 
amministrativi emanati in 
base all'atto avente forza di legge 
dichiarato incostituzionale -Caducazfone 
de jure -Esclusione Necessit� 
di rimozione nei modi 
previsti dall'ordinamento -Sussiste, 
86. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Bonifiche, Corte dei Conti, 
Friuli-Venezia Giulia, Leggi, Riforma 
fondiaria. 

DANNI 

- 
V. Sentenza. 

DEMANIO 

- 
V. Acque pubbliche. 

EDILIZIA 
-V. Competenza e giurisdizione. 


ENTRATE PATRIMONIALI DELLO 
STATO 

-Ingiunzione amministrativa di 
pagamento -Opposizione -Soggetto 
legittimato passivamente al 
giudizio di opposizione, 82. 


INDICE 
vu 

ESECUZIONE FORZATA 

-Costituzione -Incidenti -Ricorso 
contro il provvedimento 
che decide sull'incidente -Istanza 
di sospensfone dell'esecuzione 
-Provvedimento di rigetto Inoppugnabilit�, 
190. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Mezzogiorno -Industrializzazione 
-Finalit� -Stabilimenti industriali 
-Contrasto con altri pubblici 
interessi -Reiezione dell'istanza 
di esproprio -Legittimit�, 

112. 
- 
Mezzogiorno -Industrializzazione 
-Stabilimenti industriali -Art. 4 

d. I. n. 1598 del 1947 -NaturaEfficacia 
-Proroga fino al 1980, 
112. 
-Mezzogiorno -Industrializzazione 
-Stabilimenti industriali -Procedimento 
-Audizioni di pareri 
non richiesti dalla legge -Possibilit�, 
112. 

-Occupazione di urgenza -Decreto 
prefettizio che autorizza lo stato 
di consistenza -Indicazioni catastali 
dei proprietari dell'immobile 
-Successiva variazione Momento 
al quale occorre fare 
riferimento, 114. 

-Occupazione di urgenza -Stato 
di consistenza -Autorizzazione 
all'eccesso -Soggetti legittimati 
-Limiti, 114. 

- 
Zone terremotate in Sicilia Procedimento 
espropriativo -Distinzione 
in fasi e loro autonomia, 
110. 

FRIULI-VENEZIA GIULIA 

-Legge regionale sui contingenti 
numerici del personale regionale 
-Rinvio da parte del Governo 
al Consiglio regionale -Riapprovazione 
-Esaurimento deg:J.i effetti 
del rinvio, 21. 

-Legge sui contingenti numerici 
del personale regionale -Previvisione 
di tabelle provvisorie Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 21. 

GIOVENTU' ITALIANA 

-Ente di diritto pubblico distinto 
dalle Amministrazioni statali Gestione 
e rappresentanza -Commissario 
Nazionale Patrocinio facoltativo 
dell'Avvocatura dello 
Stato -Sussiste -Foro Erariale Inapplicabilit�, 
96. 

GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 


-Principi e norme di diritto processuale 
comune -Applicabilit� Limiti, 
con nota di L. TRACANNA, 
26. 

-Sospensione dei termini processuali 
nel periodo feriale -Inapplicabilit�, 
con nota di L. TRACANNA, 
26. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Nomina Commissario Governativo 
per convocazione Consiglio regionale 
-Impugnativa promossa 
da Assessore regionale -Legittimazione 
-Sussistenza, 116. 

-Ricorso giuri-sdizionale -Controinteressati 
-Ordini professionali, 
111. ' 

-Ricorso giurisdizionale -Decisione 
interlocutoria per il deposito 
documenti -Termine -Inosservanza 
-Effetti, 110. 

-Ricorso giurisdizionale -Deposito 
atto intervento adesivo dipendente 
-Interruzione termine 
di perenzione -Esclusione, 118. 

-Ricorso giurisdizionale -Questioni 
pregiudiziali -Regolare costituzione 
del rappo;rto processuale 
e difetto di giurisdizione -Precedenza 
della questione inerente 
alla regolare costituzione del rapporto 
processuale, 110. 

GUERRA 

-Contratti di guerra -Contratti 
non ancora definiti -Commissario 
liquidatore -Poteri, 78. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 

-Contratti di guerra -Contratti 
non ancora definiti -Controversie 
-Azione giudiziaria -Condizioni 
di proponibilit�, 78. 

-Contratti di guerra -Contratti 
non ancora definiti -Nozione, 77. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Agenti governativi -Partecipazione 
di proventi di pene pecuniarie 
-Estensione ai vigili urbani, 
agenti di pubblica sicurezza, 
con nota di U. GIARDINI, 32. 

-Dipendente dello Stato -Assistenza 
nelle malattie -Prestazioni 
dell.E.N.P.A.S. -Diritto sogsettivo 
dell'assicurato -Limiti, 61. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Sciopero. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Accessioni -Opere pubbliche realizzate 
dalla P. A. su fondi di 
aliena propriet� -Successivo trasJierimento 
dell'area alla P.A. Imponibilit� 
del trasferimento 
presunto delle opere, secondo la 
regola dell'art. 47 della legge di 
registro -Esclusione, con nota di 

S. 
LA PORTA, 126. 
-Agevolazioni -Decadenza dalle 
agevolazioni per mancata o tardiva 
reg,istrazione -Si verifica, 137. 

-Appalto -Concessione di pubblico 
servizio -Servizio di nettezza 
urbana -Affidamento ad un privato 
da parte di un comune, dell'incarico 
di espletare le sole attivit� 
materiali inerenti al servizio 
-Costituisce appalto -Affidamento 
dell'incarico di esplet�re 
le attivit� materiali ed attribuzione, 
in tutto o in parte, al 
privato gestore, anche dei poteri 
di supremazia, connessi al servizio 
-Costituisce concessione di 
pubblico servizio, 123. 

- 
Sentenza -Occupazione senza titolo 
di immobili da parte della 

p. a. -Sentenza di condanna al 
risarcimento dei danni nella misura 
del valore venale dei beni 
occupati ed utilizzati per l'esecuzione 
di un'opera pubblica Imposta 
proporzionale di trasferimento 
-Inapplicabilit�, con nota 
di F. BATISTONI FERRARA, 137. 

Societ� -Trasferimenti di quote 
di societ� in accomandita semplice 
-Regime tributario dei trasferimenti 
anteriori e di quelli 
successivi all'abolizione dell'imposta 
di negoziazione, 145. 

-Societ� -Trasformazione di una 
societ� irregolare in nome collettivo 
in una societ� di capitali Imponibilit� 
come per costituzione 
di nuova societ� -Esclusione 
-Imposta prevista per le trasformazioni 
di societ� -Applicabilit�, 
120. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Attivo ereditario -Beni alienati 
dal de cuius con scrittura privata 
non registrata che abbia 
acquistato data certa ai sensi dell'art. 
2704 c. c. -Idoneit� per 
l'esclusione dell'attivo: inapplicabilit� 
delle limitazioni di cui all'art. 
45 della legge trib.taria sulle 
successioni per la prova della 
data certa, 132. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Crediti dei Comuni verso lo Stato 
per le quote di partecipazione 
ai proventi -Entrate di diritto 
pubblico anche per i Comuni -
Impignorabilit�, 57. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Contrabbando -Indebito uso di 
merci importate con agevolazioni 
-Obbligazione civile per i diritti 
evasi -Individuazione del 
soggetto passivo -Conseguenze 
in ordine alla prescrizione, 155. 

-Diritto di licenza -Merci introdotte 
in temporanea importazione 
e poi definitivamente importate 
-Momento della nascita dell'obbligazione 
per il diritto di 
licenzia -� quello del rilascio 
della licenza di importazione definitiva 
in deroga ai divieti, 148. 



INDICE 
IX 

-Prescrizione -Diritti dovuti in 
relazione a fatti costituenti reato 
-Norma che stabilisce la decorrenza 
del termine prescrizionale 
dalla data in cui la sentenza 
penale diviene irrevocabile Applicabilit� 
al caso di sentenza 
penale che dichiara estinto il reato 
per prescrizione -Conseguenti 
poteri del giudice civile, 155. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Interessi � -Decorrenza degli interessi 
a favore del contribuente 
-Disposizioni della I. 26 gennaio 
1961, n. 29 -Applicabilit� 
ad ogni specie di tributo -Condizioni, 
. 148. 

-Procedimento dinanzi alle commissioni 
-Imposte indirette sui 
trasferimenti -Controversie di 
valutazione -Decisioni della commissione 
provinciale -Ricorso 
alla commissione centrale -Inammissibilit� 
-Ricorso all'a. g. o., ai 
sensi dell'art. 29 del d. 1. 7 agosto 
1936, n. 1639 -Ammissibilit� 
-Ricorso immediato in Cassazione, 
ai sensi dell'art. 111 della 
Costituzione -Ammissibilit�, 154. 

INGIURIA E DIFFAMAZIONE 

-Stampa -Diffamazione a mezzo 
della stampa -Esercizio di un diritto 
o adempimento di un dovere 
-Diritto di cronaca -Limiti 
-Eccesso colposo -Condizione, 
con nota di M. DI PACE, 

174. 
- 
Stampa -Diffamazione a mezzo 
della stampa -Esimenti -Esercizio 
di un diritto o adempimento 
di un dovere -Costituzione 
-Diritto di cronaca -Limiti, 
con nota di M. DI PACE, 

174. 
ISTRUZIONE 

-Istruzione inferiore -Esonero 
dalle tasse e dai contributi sco


!astici -Insufficienza rispetto al 
concetto di gratuit� della istruzione 
obbligatoria e del principio 
di eguaglianza -Esclusione, 
15. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Legge di delega al Governo Ritardo 
nella pubblicazione -Illegittimit� 
costituzionale della 
legge delegata -Esclusione, 22. 

-Leggi di delega anteriori alla Costituzione 
-Inosservanza delle 
norme di cui all'art. 76 Cost. Irrilevanza, 
13. 

LOCAZIONE 

-Locazioni prorogate di immobili 
urbani destinati ad uso diverso 
dall'abitazione -Aumento dei canoni 
disposto dalla 1. 30 settembre 
1961, n. 975, 97. 

MEZZOGIORNO 

-Legge speciale per la Citt� di Napoli 
9 aprile 1953, n. 297 -Sostituzione 
della Cassa per il Mezzogiorno 
al Comune di Napoli 
nell'esecuzione d'opera pubblica 
di pertinenza di questo ente Occupazione 
di suolo ed affidamento 
dell'esecuzione dei lavori 
da parte della Cassa per il Mezzogiorno 
allo stesso Comune interessato 
-Obbligo del Comune 
di Napoli di provvedere al tempestivo 
perfezionamento della 
procedura espropriativa -Sussiste, 
con nota di F. CARusr, 99. 

- 
V. anche Espropriazione per p. u. 

MUNICIPALIZZAZIONE DEI PUBBLICI 
SERVIZI 

-Aziende municipalizzate -Direttore 
-Trattamento di licenziamento 
-Attribuzione di anzia




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

nit� convenzionale -Organi com


petenti, 115. 

-Deliberazioni delle aziende municipalizzate 
-Annullamento Competenza 
del Prefetto, 114. 

-DeHberazione delle aziende municipalizzate 
-Controllo -Pendenza 
del procedimento di riesame 
-Effetti, 115. 

-Deliberazione delle aziende municipalizzate 
-Potere prefettizio 
di annullamento -Natura, 114. 

NAVE 

- 
V. Competenza e giurisdizione. 

NOTIFICAZIONI 

-Notificazione presso la casa di 
abitazione dell'imputato -Consegna 
ad una donna convivente 
-Mancanza di contestazioni sulla 
convivenza -Validit� della 
notificazione -Relazione di notifica 
-Mancata indicazione delle 
generalit� della consegnataria e 
erronea qualificazione della stessa 
come moglie -Irrilevanza, 191. 

OCCUPAZIONE 

-Occupazione d'urgenza da parte 
della Cassa per il Mezzogiorno, 
quale sostituta del Comune di Napoli, 
di suolo occorrente per la 
costruzione d'opera pubblica comunale, 
a cura dello stesso Comune, 
affidatario dell'esecuzione 
dei lavori a norma dell'art. 4 

1. 9 aprile 1953, n. 297 -Protrazi'Clne 
ultrabiennale senza titolo 
dell'occupazione -Azione giudiziaria 
proposta dai proprietari 
dell'immobile, destinati a sede 
stabile dell'opera pubblica, per 
ottenerne la restituzione o, in 
mancanza, il valore venale -Qualificazione 
giuridica -Azione personale, 
di risarcimento del danno 
reale, di revindica, 

PIANO REGOLATORE E DI RICOSTRUZIONE 


- 
Ordine demolizione ex art. 26 

1. 17 agosto 1942, n. 1150 -Controllo 
sostitutivo Ministero LL. 
PP. -Condizioni e limiti, 119. 
PRESCRIZIONE 

-Mancato versamento contributi 
previdenziali -Termine decennale, 
118. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Convenuto non legittimato passivamente 
alla _lite -Interventore 
-Esclusione -Spese -Effetti, 
38. 

-Litisconsorzio necessario -Litisconsorzio 
necesario fra soggetto 
non legittimato citato e costituitosi 
in giudizio ed il soggetto 
legittimato, non comparso perch� 
non citato -Esclusione, 82. 

Sospensione del processo -Sospensione 
necessaria -Presupposto, 
86. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Giudizio in contumacia -Impedimento 
a comparire -Tardiva 
allegazione dell'obbligo di comparire 
nello stesso giorno quale teste 
davanti a giudice diverso Non 
costituisce legittimo impedimento 
-Ordinanza dichiarativa 
di contumacia -Legittimit�, con 
nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 
180. 

-Procedimento per decreto -Opposizione 
-Decreto di citazione 
in giudizio -Mancato richiamo 
al decreto opposto -Irrilevanza, 

185. 
- 
Termini -Termine processuale 
in materia penale -Sospensione 
penale -1� anno di applicazione 
-Decorrenza della sospensione Inapplicabilit� 
della 1. 14 luglio

e non con 
nota di F. CARUSI, 99. 1965, n. 818, 192. 

INDICE XI 

REATO 

-Reato continuato -Continuazione 
tra il reato da giudicare e 
reato gi� giudicato -Obbligo 
di esame da parte del giudice Prove 
-Presupposti di fatto della 
continuazione -Esistenza di 
sentenza irrevocabile -Accertamento 
di ufficio, 187. 

-Reato continuato -Prove -Reato 
giudicato e altro reato -Configurabilit� 
della continuazione Obbligo 
di accertamento del giudice 
in ordine ai presupposti della 
continuazione -Onere di allegazione 
della precedente condanna 
a carico dell'imputato, 186. 

-Sospensione condizionale della 
pena -Seconda concessione del 
beneficio -Impossibilit� di pagare 
la pena pecuniaria inflitta 
con precedente condanna -Non 
revocabilit� dell'ordinanza emessa 
in sede di esecuzione, che affermi 
la preclusione d'ogni indagine 
su tale impossibilit�, con nota 
di T. DE CARLO, 176. 

REGIONI 

Con'V'Ocazione Consiglio regionale 
-Nomina Commissario governativo 
in sostituzione dell'organo 
regionale competente -Legittimit�, 
116. 

-Nomina Commissario governativo 
per convocazione Consiglio regionale 
-Forma necessaria, 117. 

-V. anche Atti amministrativi, 
Giustizia amministrativa. 

RIFORMA FONDIARIA 

-Dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
di decreto presidenziale 
di espropriazione -Nesso 
di causalit� con presupposto, precedente 
comportamento colposo 
dell'Ente di rifurma -Esclusione 
-Diritto del proprietario al 
risarcimento del danno per la 
mancata restituzione della quota 

di terreno illegittimamente espro


priato -Sussite, 86. 

SCIOPERO 

-Astensione dal lavoro per una 
parte della giornata lavorativa Retribuzione 
ridotta -Non � dovuta, 
116. 

-Impiego pubblico -Effetti -Retribuzione 
-Non � dovuta, 116. 

SENTENZA 

-Sentenza di condanna generica 
al risarcimento del danno -Contenuto 
-Efficacia rispetto all'ulteriore 
fase del giudizio, 86. 

-V. anche Imposta di registro. 

SICILIA 

-Conflitto di attribuzione con lo 
Stato -Provvedimenti assessoriali 
relativi all'addizionale erariale 
sulle imposte indirette -Competenza 
dello Stato, 6. 

-Legge regionale recante sgravi fiscali 
per le nuove costruzio:o.i edilizie 
-Illegittimit� costituzionale 
per contrasto con la legislazione 
nazionale -Esclusione, 11. 

-Modificazione degli statuti delle 
Casse soccorso delle aziende autofiloviarie 
di Catania e di Trapani 
-Conflitto di attribuzione Competenza 
regionale, 11. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Espropriazione. 

SOCIET� 

-V. Imposta di registro. 

SPESE GIUDIZIALI 

-Condanna alle spese -Discrezionalit� 
del giudice di merito -Li




XII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mite all'insindacabilit� della pronuncia 
in Cassazione costituito 
dalla necessit� del rispetto del 
principio della soccombenza Sussiste, 
85. 

TRASPORTO 

Trasporto di persone sulle Ferrovie 
dello Stato -Danni al viaggiatore 
-Anormalit� dell'esercizio 
ferroviario -Apertura dello 
sportello -Non volontariet� 


Onere della prova, con nota di 

A. FRENI, 67. 
Trasporto di persone sulle Ferrovie 
dello Stato -Danni al viaggiatore 
-Responsabilit� -Anormalit� 
dell'esercizio ferroviario Onere 
della prova, con nota di 

A. FRENI, 68. 
Trasporto di persone sulle Ferrovie 
dello Stato -Danni al viaggiatore 
-Responsabilit� -Disciplina 
speciale -Sua attuale applicabilit�, 
con nota di A. FRENI, 
67. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

21 ger:�naio 1967, n. 1 pag. 1 
21 gennaio 1967, n. 2 5 
21 gennaio 1967, n. 3 11 
21 gennaio 1967, n. 4 11 
21 gennaio 1967, n. 5 13 
4 febbraio 1967, n. 7 15 
4 febbraio 1967, n. 8 21 
9 febbraio 1967, n. 13 22 
9 febbraio 1967, n. 14 23 
9 febbraio 1967, n. 15 26 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 18 maggio 1966, n. 1279 . pag. 67 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1347 . . 120 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1354 . . . 123 
Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1422 . 32 
Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792 . . . 126 
Sez. Un., 2 agosto 1966, n. 2146 . . 37 
Sez. I, 3 settembre 1966, n. 2314 . 132 
Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2424 . 45 
Sez. Un., 18 ottobre 1966, n. 2500 . 77 
Sez. I, 18 ottobre 1966, n. 2503 . . 68 
Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2610 . . . 137 
Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2785 . > 48 
Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2811 . 54 
Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2941 . 145 
Sez. III, 3 gennaio 1967, n. 1 . . . 57 
Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 57 . . . 82 
Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 64 . . . . 85 
Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 126 . > 86 
Sez. I., 14 gennaio 1967, n. 141 . . 148 
Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 211 . 154 
Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 214 . 58 
Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 305 . 61 
Sez. III, 15 febbraio 1967, n. 384 . 95 
Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 415 . . . . . . . . . . . . . . 155 
Sez. I, 25 febbraio 1967, n. 432 (in nota a Cass. 14 gennaio 1967, 

n. 141) . . . . . . . ....., .......... . 149 
Sez. III, 25 febbraio 1967, n. 436 . . . . . . . . . . . . . 97 

!fffF@E@@i!IM@@m@mmn;mmmrnrnr@IN@l11NfHl@lMWlNllf:~J%!%!!!?nwrnt@:M111MMiMWiMW@Ml@%illtllll@tmm 



XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE D'APPELLO 

Napoli, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 . . . . . . . . . . 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

28 gennaio 1967, n. 1 
3 febbraio 1967, n. 2 

LODI ARBITRALI 

18 aprile 1966, n. 18 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 7 novembre 1966, n. 22 . 
Ad. Plen., 21 dicembre 1966, n. 25 . 
Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 602 . 
Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 761 ... 
Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 772 . . 
Sez. IV, 16 novembre 1966, n. 808 . 
Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1051 . 
Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1059 . 
Sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1094 . 


GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 23 marzo 1966, n. 5 . 
.'. 

Sez. III, 21 giugno 1966, n. 2567 . 

Sez. II, 15 luglio 1966, n. 918 . . 

Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1464 . 

Sez. II, 25 agosto 1966, n. 547 ... 

Sez. II, 25 agosto 1966, n. 640 . . 

Sez. II, 31 agosto 1966, n. 2019 . 

Sez. II, 6 settembre 1966, n. 2255 . 

Sez. II, 1 ottobre 1966, .n 2811 . . 

pag. 98 

pag. 
160 
165 

169 

pag. 
110 
111 
112 
114 
114 
116 
116 
117 
118 

pag. 
174 
176 
180 
185 
186 
187 
190 
191 
192 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


RASSEGNA DI DOTTRINA 
NIGRO M., Studi sulla funzione organizzatrice della Pubblica 
Amministrazione, Giuffr�, Milano, 1966 . . . . . . . . . . pag. 1 
DONATI D., Scritti di diritto pubblico, Vol. 2, CEDAM, Padova, 
1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 
BENNATI A., DI GLAMBATTISTA E., Il nuovo statuto e la carriera 
degli impiegati civili dello Stato -Legislazione, giurisprudenza, 
commento, Jovene, Napoli, 1967 . . . . . . 4 
CARABBA E. F. -.ALESSANDRI R., Codice penale e codice di procedura 
penale, Ludus, Firenze, 1965 . . . . . . . . . . 4 
BIANCHI C. M. -CANZIANI P. L., Codice veterinario e Raccolta 
delle circolari .in materia veterinaria, 3 vol., Giuffr�, Milano, 
1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 
SEGNALAZIONI 
BATISTONI-FERRARA F., Imposte di trasferimento, decisioni di 
valutazione ed errores in procedendo, Foro it., 1966, I, 1127 pag. 5 
CATELANI A., Sul fondamento del divieto di dedurre davanti al 
Consiglio di Stato in s. g., motivi di gravame non proposti 
nel precedente ricorso gerarchico, Foro amm., 1966, II, 122 6 
FINOCCHIARO A., Competenza e poteri del giudice nella sospensione 
della esecuzione del lodo arbitrale, Giust. civ., 1966, 
I, 2069 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 
GIANNATTASW C., Il contenzioso elettorale dopo la sentenza 
27 dicembre 1965, n. 93 della Corte Costituzionale, Giust. 
civ., 1966, I, 2091 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 
GAGLIARDI M., Ancora sulla impugnazione delle decisioni provinciali 
nelle controversie di valutazione in materia di imposte 
indirette, Giust. civ., 1966, I, 62 . . . . . . . . . , 8 
GRECHI A., La Costituzione Italiana con la giurisprudenza della 
Corte Costituzionale, Noccioli, Firenze, 1965 . . . . . . 8 
MANFELOTTO L., Sul termine per la proposizione della domanda 
riconvenzionale, Giur. it., 1966, I, 2, 54 . . , . . . . . . . 8 
MERCATI A., Osservazioni in tema di determinazione della base 
imponibile nella enunciazione della societ� di fatto, Giur. 
civ., 1966, II, 133 . , . . . . . . . . . . . . . . . 9 
NASTI P., Trascrivibilit� e tempo della trascrizione degli atti 
soggetti a controllo governativo, Foro amm., 1966, III, 198 9 
PAJARDI P., Variazioni in tema di condanna della pubblica amministrazione 
alle spese processuali, Giur. it., 1966, I, 2, 661 10 
SINAGRA L., Sul processo penale costituzionale, Ricerche Giuridiche, 
Roma, 1966, 82 . . . . . . .. . . . . . ... 10 

mrU@f@ff@f~!iii:\1!\@@:~lif@@@\\Ifa\iiW~i@\mI@nEIWij@:'.'.:~:@:::~:~:wm:@::w:m=~~:~::::w=::;\=Tm'\:=::::;rn:wmmmmwt@K@mmmmmmmmr@i@@\WHmmi 



XV� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGLTTIMIT� COSTITUZIONALE 
Norme dichiarate incostituzionali: 
XV� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGLTTIMIT� COSTITUZIONALE 
Norme dichiarate incostituzionali: 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, art. unico . pag. 12 
-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 

codice di procedura penale, art. 392, primo comma 12 

1. 24 dicembre 1928, n. 3134, art. 13 . . . . . 13 
r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 7 . . . . . . 13 
1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, terzo comma . 13 
1. ~eg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37, art. 1 . 13 
1. 30 dicembre 1962, n. 1859, artt. 4 e 9 . 13 
1. 5 dicembre 1964, n. 1267, art. 1 . . . . 13 
d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . . . . . 14 
d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 108 . 14 
1. reg. Friuli-Venezia Giulia appr. 11 marzo 19(l6 . 14 
-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . 14 

-Norme delle quali il gi.dizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di estinzione, di 
inamm~ssibilit�, di manifesta infondatezza o di restituzione 
degli atti al giudice di merito . . . . . . . . 22 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

Acque pubbliche . pag. 24 
Aeronautica e aeromobile 
24 
Agricoltura 24 
Appalto 24 
Atti amministrativi 25 
Bellezze artistiche e 
naturali 25 
Circolazione stradale 25 
Concorsi 25 
Contabilit� generale 
dello Stato 26 
Costituzione 26 
Demanio 26 
Difesa dello Stato 27 

(secondo l'ordine di materia) 

Edilizia economica e 
popolare pag. 27 
Elettricit� e elettrodotti 
28 
Espropriazione per p.u. 28 
Impiego pubblico 29 
Importazione ed esportazione 
30 
Imposta di registro 30 
Imposta di ricchezza 
mobile 30 
Imposte e tasse 30 
Lavoro �� 31 
Locazione di cose 31 
Nave 31 

!: 

Fmrrrmrmmrrmmmnnnim;nn1nm;::r@=1:w1m:rnw;;rnrwnrnwww:n:ttmt:t::mmf1r:rt=:'u:r:u:n:;:wrnm::rI@ml!!t:=wrn::r@rn1mtmt:ii 


INDICE 

Obbligazione e contratti 
. . . pag. 32 
Opere pubbliche 32 
Pensioni 32 
Piani regolatori 32 
Polizia . . . '. 33 
Poste e telegrafi 33 
Prescrizione 33 
Professioni 34 
NOTIZIARIO 

xvn 

Regioni ..... . pag. 34 
Ricorsi amministrativi 34 
Sequestro 34 
Servit� 34 
Strade 35 
Transazione 35 
Trasporti . 35 
Trattati e convenzioni 
internazionali 35 
pag. 36 


/ 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 



SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 1 -Pres. Ambrosini -
Rel. Cassandro -Costa Albesi ed altri (avv. Giannini, Piccardi), 
Sacchetto (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio dei Ministri 

(sost. avv. gen. Stato Ag~�). 

Corte dei conti -Nomina a Consigliere di estranei alla Corte -Contrasto 
col principio dell'ammissione per concorso e con quello dell'indipendenza 
della magistratura -Esclusione. 

(Cost., art. 106, pr�no comma, 108, secondo comma, 100, terzo comma; t. u. 
12 luglio 1934, n. 1214, art. 7; d. 1. 14 luglio 1945, n. 430, art. 2). 

Non � fondata, sia con riferimento all'art. 106, primo comma, sia 
con riferimento agli artt. 108, secondo comma e 100 terzo comma, della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 7 t. u. 
della legge sulla Corte dei conti, che riserva al Governo la facolt� di 
nomina a consigliere di detta Corte di persone estranee ad essa. Infatti, 
il principio dell'accesso per concorso, con le relative eccezioni, 
vale solo per la magistratura ordinaria; ed il principio dell'indipen


denza dell'Istituto deve riconoscersi nei modi in cui esso svolge le 
sue funzioni, non gi� in quelli con i quali si provvede a regolare la 
nomina dei suoi componenti (1). 

(Omissis). -1. -La questione sottoposta alla Corte verte sul 
punto se sia conforme alla Costituzione la facolt� riconosciuta al Governo 
di nominare all'ufficio di consigliere della Corte dei conti 

(1) La questioo.e era stata proposta con ordinanza 3 giugno 1966 delle 
Sezioni Riunite della Corte ded Conti (Gazzetta Ufficiale, 9 ~ug1lio 1966, 
n. 168). 
Presupposto implicito della decisione � queUo tnerente alla pl'evalenza 
dell'elemento giurisdizionale rispetto a quello ammini�strativo dell'attivit� 
deUa Corte dei Conti. Il che, del resto, era stato recentemente affermato 
daUa stessa Corte costituzionale con fa sentenza 19 dicembre 1966, n. 121 

(in questa Rassegna, 1966, I, 1205) a proposito della natura giurisdizionale 

3 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

persone che, per usare l'espressione della legge, non sono �funzionari 
di grado V (ora primi referendari) della Corte stessa�. Ne consegue 
che non vengono in discussione nella loro integrit� i tre commi impugnati 
dell'art. 7 del t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, ma quella parte di 
essi dalla quale, soltanto indirettamente, si ricava la facolt� del Governo 
di ricoprire � i posti di consigliere di spettanza ad estranei alla 
Corte �. La stessa ordinanza, del resto, ha cura di sottolineare che 
l'impugnativa va limitata � naturalmente � alla parte � che concerne 
a nomina di estranei, alla qualifica di consigliere �. � 

Si afferma che l'illegittimit� delle norme impugnate deriva dal 
contrasto, in cui esse si trovano con l'art. 106, primo comma, l'art. 108, 
secondo comma, l'art. 100, terzo comma, della Costituzione. 

La questione cosi delimitata non � fondata. 

2. -Innanzi tutto non � fondata nei confronti dell'art. 106, primo 
comma. La regola che le nomine dei magistrati abbiano luogo per 
concorso non � di per s� una norma di garanzia d'indipendenza del 
titolare di un ufficio, sibbene d'idoneit� a ricoprire l'ufficio. Pu� ritenersi, 
tuttavia, che nell'ambito di un sistema, quale quello delineato 
dalle norme contenute nel titolo IV sezione I della Carta costituzionale, 
la nomina per concorso, che pur in quest'ambito patisce eccezioni, 
concorra a rafforzare e a integrare l'indipendenza dei magistrati. 
Senonch�, codesto sistema riguarda soltanto la magistratura 
ordinaria, come risulta evidente dalle norme contenute nell'invocato 
art. 106 e negli articoli, che lo precedono e lo seguono, 104, 105, 107, 
109, 111, che definiscono la magistratura ordinaria un ordine autonomo 
e indipendente da ogni altro potere, e istituiscono e regolano, 
a gara;rizia di codesta autonomia e indipendenza, il Consiglio superiore 
della magistratura. N� vale richiamare il fatto che in questo 
medesimo titolo si trovi l'art. 103, il secondo comma del quale dichiara 
che la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilit� 
pubblica e nelle altre specificate dalla legge, perch� questa disposizione, 
che trova giustamente il suo posto dove si definisce e regola 
del giudizio di parificazione dei rendiconti della Regione siciliana. Per 
l'inquadramento dogmatico di tale attivit� in quella di controllo della 
Corte dei conti, invece, cfr. CHIMENTI, Parificazione dei rendiconti ed eccezione 
di incostituzionalitd, Giur. cost., 1963, 889; contra, per la natura 
giurisdizionaie, BUSCEMA, n ParLamento e i rendiconti �detta Cassa DD.PP. 
e degti Istituti di previdenza, ivi, 1963, 1616; P1cozz1, La Corte dei Conti in 
Itatia, Torino, 1963, 158). 

Nessun precedente in termini sull'interpretazione data dalla Corte costituzional"
l, in accoglimento della tesi �Sostenuta dall'Avvocatura Generale e 
dall'intervenuto resistente, all'art. 106, Cost., applicabile solo -come la 
sedes materiae �chiaramente dimostra -alfa magistratura ordinaria. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 3 

tutto �l'ordinamento giurisdizionale�, non � sufficiente a ricondurre 
la Corte dei conti nell'ambito della magistratura ordinaria e delle 
norme di garanzia che questa rigua:tdano. 

3. -La difesa del resistente ha sostenuto che, nel presente giudizio, 
non viene in considerazione nemmeno la norma dell'art. 108, 
secondo comma, che affida alla legge (riserva di legge assoluta), di 
assicurare l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, per 
il motivo che la Corte dei conti non pu� essere annoverata tra queste. 
Ora, � vero che la Costituzione definisce la Corte dei conti un organo 
ausiliario del Governo nel senso, deve ritenersi, che essa contribuisce 
ad assicurare il rispetto del principio di legalit� nell'amministrazione, 
ma � vero altresl che la stessa Costituzione affida alla Corte dei conti 
la tutela giurisdizionale di diritti soggettivi e di interessi legittimi, 
configurandola, cosi, anche come un organo di giurisdizione. Quale 
delle funzioni attribuite alla Corte sia prevalente e debba caratterizzare 
l'istituto � questione che non occorre risolvere in questa sede, essendo 
sufficiente constatare che anche la Carta cpstituzionale parla di giurisdizione 
della Corte dei conti, considerandola, tuttavia, a parte tra 
le giurisdizioni speciali, come si ricava dalla VI disposizione transitoria, 
la quale, disponendo la revisione degli organi speciali di giurisQizione, 
ne esclude � le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della 
Corte dei conti e dei tribunali militari �. 
Non occorre, peraltro, affrontare questa questione direttamente 
nel presente giudizio, giacch� la disposizione generale del secondo 
comma dell'art. 108 compare, come disposizione particolare per la 
Corte dei conti e con una speciale accentuazione, nell'ultimo comma 
dell'art. 100, secondo il quale � la legge assicura l'indipendenza dei 
due Istituti (Consiglio di Stato e Corte dei conti) e dei loro componenti 
di fronte al Governo �. Si pu� ritenere, perci�, che la questione 
sollevata nei confronti dell'art. 108 sia assorbita dall'altra proposta 
nei confronti dell'art. 100 o che faccia tutt'uno con questa. 

Nemmeno in questi termini la questione � fondata. Una volta 
escluso, infatti, che la nomina per concorso debba necessariamente 

In via pi� generale, poi, si rHeva come la Corte Costituzionale ribadisca, 
con la decisione in rassegna, una interpretazione funzionale, e non 
soggettivizzata, del sistema di guarentigie predisposta dalla Costituzione per 
gli istituti della giurisdizione ordinaria, �speciale od amministrativa. 

Si possono infatti, ricordare le sentenze 13 dicembre 1963, n. 156 
(Giur. Cost., 1963, 1567) e 7 dicembre 1964, n. 99 (in questa Rassegna, 1964, 
1002) sulla legittimit� costituzionale delle norme che prevedono le applicazioni 
e \I.e supplenze dei giudici ordinari, in quanto esse non attentano 
n� allo status, n� alla funzione del magist11ato; nonch� la sentenza 16 giugno 
1964, n. 43 (in questa Rassegna 1964, 637) a proposito di analoghe norme 
per la giustizia militare. 



4 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

intervenire per assicurare l'indipendenza dei magistrati delle giurisdizioni 
speciali, per le quali, anzi, la provvista dell'ufficio in modi 
diversi e con procedimenti diversi da quelli del concorso pu� essere 
necessaria, o quanto meno opportuna, per il raggiungimento delle 
finalit� loro assegnate (com'� evidente nel caso della Corte dei conti, 
non potendosi negare l'opportunit� di acquisire all'istituto esperienze 
maturate nell'ambito dell'amministrazione attiva), resta da vedere se 
le 'disposizioni impugnate siano tali da minare l'indipendenza dei 
consiglieri della Corte dei conti. Ma ci� non pu� dirsi, e per quel che 
si � osservato di sopra e sar� osservato pi� avanti, e soprattutto 
perch� la norma dell'art. 8 del t. u. citato stabilisce una valida garanzia 
di indipendenza, disponendo che i consiglieri della Corte dei 
conti non possano essere revocati, n� collocati a riposo di ufficio, n� 
allontanati in qualsiasi altro modo senza il parere conforme di una 
commissione composta dai Presidenti e dai Vice Presidenti dei due 
rami del Parlamento. 

4. -Del resto, la medesima ordinanza e la difesa dei ricorrenti non 
sembrano insistere su questo punto dell'indipendenza dei consiglieri, 
ma piuttosto sull'altro dell'indipendenza dell'istituto, che la nomina 
di una parte dei suoi componenti da parte del Governo comprometterebbe. 
La questione non � fondata nemmeno sotto questo profilo. 
Anche a non voler accogliere la tesi del resistente, che pu� apparire 
smplicistica, giusta la quale l'indipendenza del � corpo > sia una sola 
cosa con l'indipendenza dei suoi membri, � evidente che l'indipendenza 
dell'istituto deve ricercarsi nei modi in cui esso svolge le sue funzioni, 
non gi� in quelli coi quali si provvede a. regolare la nomina dei suoi 
membri. Basta richiamare in questa sede le norme che regolano lo 
svolgimento dell'attivit� di controllo e di quella giurisdizionale della 
Corte dei conti, perch� risulti evidente come l'attivit� dell'istituto 
si svolga libera da ogni intervento estraneo, in piena indipendenza, 
e senza possibilit� di ingerenza da parte del Governo. N� pu� obiettarsi, 
come fa l'ordinanza, che la mancanza di una precisa normativa 
delle nomine governative invalidi la garanzia disposta dal citato 
art. 8 del t. u. I modi nei quali la nomina avviene riguardano l'atto 
di nomina ed esauriscono in questo ogni loro effetto. Una volta che 
la nomina sia avvenuta, cessa ogni vincolo che eventualmente sussista 
tra il Governo che nomina e la persona che viene nominata, a null'altro 
tenuta se non all'obbeqienza alla legge: e subentra la garanzia 
dell'art. 8 che non si pu� davvero affermare perda di efficacia per le 
particolarit� dell'atto di nomina che necessariamente la precede. 
Nemmeno accettabile la tesi della difesa dei ricorrenti che il 
potere di scelta del titolare di 'un ufficio sia uno dei modi pi� � in



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 

genti � di condizionamento dell'ufficio e che esso si risolva in una 
ingerenza nell'azione che l'ufficio � chiamato a svolgere. La tesi non 
� esatta o per lo meno non ha la validit� generale e assoluta che le 
si vuole conferire, dovendosi tenere d'occhio in concreto il sistema 
nel quale quel potere di nomina s'inserisce e che, nel caso in esame, 
non consente la predeterminazione dei modi di attuazione delle funzioni 
affidate all'istituto, concorrendo a questo fine anche la circostanza, sottolineata 
dagli stessi ricorrenti, che sono diversi i modi di nomina dei 
componenti della Corte. N� si pu� dire che ci� che non avviene per 
ragione del sistema, si verifichi poi nel fatto, perch�, nel caso che 
si esamina, non si tratta dell'istituzione ex novo e uno actu di un 
corpo, nella nomina dei membri del quale il Governo interviene per 
la met� dei posti da coprire; n� v'� la possibilit� delle cosiddette 

�infornate ., cio� del potere arbitrario del Governo di modificare 
la composizione di un organo con un numero illimitato di nuove nomine 
al fine di ottenere da esso l'approvazione o l'adozione di un determinato 
provvedimento. Si tratta, viceversa, di nomine a un numero 
limitato di posti, man mano che si rendono vacanti per eventi diversi, 
distanziate nel tempo e perci� fatte da governi diversi o addirittura 
di opposto orientamento. In queste circostanze non pare che si possa 
parlare del � condizionamento � di un organo, dell'indipendenza del 
quale non si dubit� mai, prima ancora del 1923, quando la nomina di 
tutti i suoi membri era di spettanza del Governo. 
Alla pubblica udienza, infine, la difesa dei ricorrenti ha affermato 
che il congegno delle nomine tenderebbe ad assicurare nel tempo la 
prevalenza numerica dei consiglieri di libera nomina governativa. 
Ma l'affermazione, non valida sul piano giuridico, perch� non � da 
questo calcolo delle probabilit� che pu� dedursi l'illegittimit� delle 
nomine dei consiglieri della Corte dei conti da parte del Governo, non 
� esatta nel fatto, perch� le cose stanno nella maniera opposta da 
quando la legge 20 dicembre 1961, n. 1345, riserv� ai soli primi 
referendari i nuovi posti di consigliere che essa istituiva nella sua 
prima applicazione -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 2 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Benedetti -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, 
Virga) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Guglielmi), e viceversa. 

Corte Costituzionale -Giudizio per conflitto di attribuzione -Omessa 
impu~nativa di atti precedenti -Acquiescenza ad atti successivi Esclusione. 


(1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

6 

Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Provvedimenti assesso


riali relativi all'addizionale erariale sulle imposte indirette -Com


petenza dello Stato. 

(St. reg. Sicilia, artt. 20, 36; d. 1. 12 aprile 1943, n. 507, art. 2; d. P. R. 
26 luglio 1965, n. 1074, art. 11; 1. 10 dicembre 1961, n. 1346). 

Non � fondata l'eccezione di inammissibiiit� per acquiescenza del 
ricorso per conflitto di attribuzione proposto dallo Stato contro una 
circolare dell'assessore alle finanze per la Regione siciliana, relativa 
alla spettanza dell'addizionale erariale di cui alla legge 1� dicembre 
1961, n. 1346, dato che la mancata impugnativa di atti precedenti a 
quello impugnato, quale l'iscrizione di un capitolo della legge regionale 
di bilancio, � fatto di per s� non produttivo di alcun effetto 
sostanziale e quindi di nessuna modificazione dell'ordinamento giuridico 
(1). 

Il provento dell'addizionale istituita con la legge 10 dicembre 
1961, n. 1346 � una entrata tributaria nuova rispetto a quelle iscritte 
nel bilancio di previsione della Regione siciliana per l'esercizio 1947'
46, onde esso, in virt� della disciplina provvisoria di cui al D. L. 

(1) La prima massima � la continuazione della giurisprudenza deHa 
Corte in tema di ammissibilit� del ricorso, sia contro leggi in via principale, 
sia per conflitto di attribuzione, tra Stato e Regione. 
Che i!l conflitto di attribuzione possa sorgere anche per effetto di una 
circolare, era stato gi� affermato dalla Corte con la precedente sentenza 
16 marzo 1962, n. 17 (Giur. it., 1962, 643), la quale ,aveva anche stabilito il 
principio che, ai fini deHa decorrenza del termine per l'impugnativa, esso 
va !riferito esclusivamente agli organi legittimati al ricorso. Nello stesso 
senso, � la successiva &entenza 24 giugno 1965, n. 48, in questa Rassegna, 
1965, 865. 

Con la sentenZ'a 14 giugno 1962, n. 56, poi (Giur. it., 1962, I, 1297) la 
Corte aveva ritenuto che spetta a chi eccepisce l'inammissibilit� del ricorso 
-quando il provvedimento �Che d� luogo a conflitto non sia stato 
notificato -dare la prova dell'integrale conoscenza del provvedimento 
stesso da parte del ricorrente. 

In materia -di impugnati.va di 1-eggi in via principale, infine, � da ricordare 
che la Corte aveva escluso l'acquiescenza sia nella mancata impugnativa 
di legge principate rispetto a quella accessoria impugnata (sent. 9 
aprile 1963, n. 49, Giur. it., 1963, 689); sia nella mancata impugnativa di 
~egge a contenuto analogo a quella impugnata (sent. 22 dicembre 1961, 

n. 66, ivi, 1962, 520). 
Sotto il concorrente profilo dell'interesse dello Stato ad impugnare 
leggi regionali anche quando esse abbiano avuto completa esecuzione, la 
sentenza 9 giugno 1961, n. 31 (Giust. Cost., 1961, 581) dava dsposta affermativa 
al quesito. 



<:oS�TITUZIOJ!'l'Af..ll:... E INTERNAZIONALE 7 

12 apr�l� 1948 n, 507, non spetta aiia Regione, la quale non ha competenza 
a. pr6ti1.1Eld�T� in inerito (2). 

<()'l!ii8$�s); -1. -I tre ricorsi, congiuntamente trattati, possono 
essere decisi con unica sentenza stante la loro manifesta connessione. 

:�:.::...:.::.��..�. :�:.�::.:.��.:::. �.. :: . . ... �. . I 

... 2�� ~ Fre1illlfP~l'~ a!la. c~?n\ll1e q~estione �..<A.� xnerito � l'eccezione di 
. i:n~mmis~i~.i.t~~ ~~ll~v.ata dalla <li~sa della. :Regione; nei. riguardi del 
� ,~~9~~9 tt~po$lfat~ il Q gen~udoi 1965, c:oJ1 Jl q�ale � il Presidente del 

~l�i~?~:::z~=:: 

il>} 
II :�11�--~~~t:;ve:~~�~�=~ 

���ᥥ�������������������� ������ �lP���,�ᥥst#gtti)�����l~i~t����~iguat9at)tj����u��.versarqento in deposito provvisorio ;I ~--~~;~1~�,:�d::; i:c~:n~!": :::: 

������������ᥥ���������� ~llr\1~iff~10~14;r~e~~~iil~ti~.contenente il capitolo 87

n. relativo
� ~~~�~#fo~~ ~Ott ~ fq~~ta; 
. ���. :ee~ qJ#a:nto c9n<?t:lrne le note dell'Assessore al bilancio n. 42900 

~tfi�~:~�:E:ifk~:~f~;

. ga?lt> �1egitti~to a p:r;C>porre un eventuale ricorso, e cio� al Pre�idente 
< ~~l Cbh114tll� dei 1\\{mistri, � �da tener presente che essi figurano emessi 
~tlj~<lo l� Cotte era ~i� stata investita della questione relativa alla 
/) �. 81,l�~u~a d~ll'addiziona.Ie in esame col precedente ricorso prodotto 
. li*YY~() J~ �~r~o~�:re, dell'Assessore n. 313 del 20 febbraio 1962, ricorso 

(2) l. qrdine alla natura dell'addizionale rispetto al tributo cui essa 
foertsce~ ~iJ>UQc: cogliere qualche differenza interpretativa nel!le magistrature 
~.l?~#~m:~-......... ��������� .... �. �� .. . / �..�.... . 


. . >:iv.E'el'.lfre :riella se:ritetiia iri rassegna, invero, la Corte costituzionale, re. 
spingendo l'assunto della Regione, ha ritenuto che la addizione di cui alla 
legge del 1961 ha inteso a.ssicurare allo Stato un provento nuovo, la Corte 
di Cassazione, con l� sentenza 17 febbraio 1966, n. 498 (in questa Rassegna, 
1966, 421) ha affermato che l'addizionale di cui al R.D. 30 novembre rn37, 

n. 2145 non ha natura di tributo autonomo, ma costituisce un accessorio dei 
tributi a cui inerisce e di questi segue le sorti anche per ci� che attiene 
alla prescrizione. 
A sua volta, la Commissione centraile delle imposte, con la decisione 30 
ottobre 1962, n. 91588 (Giur. imp., 1964, 410) ha ritenuto che l'addizionale 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che la Corte non pot� esaminare nel merito, posto che nelle more 
del giudizio il provvedimento impugnato fu revocato (sentenza 115 
del 1963). 

Del pari priva di fondamento si presenta l'eccezione di inammissibilit� 
in quanto basata sull'omessa impugnazione della legge regionale 
di bilancio n. 17 del 1964. A parte l'ovvio rilievo che da tale 
mancata impugnativa in via principale non potrebbe inferirsi la preclusione 
per lo Stato di difendere in questa sede le sue posizioni giuridiche, 
� evidente che, nel caso della legge di cui si discute, l'impugnativa 
non era necessaria dato che l'iscrizione in bilancio di un 
capitolo -per altro per memoria e cio� senza la previsione di entrata 
-� fatto di per s� non produttivo di alcun �effetto sostanziale 
e quindi di nessuna modificazione dell'ordinamento giuridico. 

3. -I tre ricorsi implicano l'esame di una comune questione di 
fondo alla cui risoluzione � subordinata la decisione della legittimit� 
o meno dei singoli atti che hanno formato oggetto dei distinti gravami. 
La Corte � chiamata a statuire in ordine alla spettanza del provento 
derivante dall'applicazione della 1. 10 dicembre 1961, n. 1346, 
ma, per la definizione del presente giudizio, tale questione va risolta 
in base alla disciplina provvisoria dei rapporti finanziari fra lo Stato 
e la Regione siciliana, contenuta nel d. 1. 12 aprile 1948, n. 507, il 
cui art. 2 si assume essere stato violato dagli atti impugnati. 

Dall'ambito cosi circoscritto della questione resta quindi esclusa 
ogni pronuncia sulla spettanza del tributo in esame alla stregua delle 
disposizioni previste dal d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme 
di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia 
finanziaria. 

Le considerazioni ampiamente svolte dalla difesa regionale nelle 
ulteriori deduzioni e nella discussione orale sul carattere interpretativo 
ed integrativo e sulla conseguente efficacia retroattiva di siffatte 
norme, non possono essere condivise dal momento che, per espressa 
disposizione dello stesso decreto (art. 11), esso � entra in vigore dalla 

sia un tributo autonomo con caratteri propri; che tuttavia si compenetra, 
quanto alla riscossione, col tributo cui inerisce. 

A �ben guardare, tuttavia, si tratta di semplici sfumature interpretative, 
evidenziate in relazione al:l'oggetto del giudizio nelle quali esse 
intervengono. Cos�, per restare nel tema del conflitto di attribuzione fra 
Stato e Regione siciliana, [a Corte costituzionale ha posto l'accento meno 
sulla. natura dell'addizionale che sulla destinazione di essa prevista dal 
legislatore, a sopperire ad esigenze esclusivamente statali, con [a conseguente 
esclusione di ogni ingerenza regionale nella fase della sua riscos



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

data di inizio deIJ.!esercizio finanziario successivo alla sua pubblica


zione � (1 gennaio 1966) e solo � da tale data cessa di avere effetto 

l'art. 2 del d. 1. 12 aprile 1948, n. 507 �. 

Dall'esame della 1. 10 dicembre 1961, n. 1346, � facile dedurre, 

ad avviso della Corte, quale sia stata la precisa volont� del legisla


tore in ordine all'appartenenza de maggiore provento che si voleva 

realizzare. Il titolo della legge che parla di � aumento a favore del


l'Erario dell'addizionale istituita con r. d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, 

e successive modificazioni �, collegato con il disposto dell'art. 4, se


condo il quale � il maggior provento, derivante dall'applicazione della 

presente legge, � riservato all'Erario �, non lasciano dubbi di sorta sul 

fatto che la nuova entrata dovesse affluire unicamente alle casse dello 

Stato. 

A ,disattendere tale affermazione non giova rilevare che il termine 
�Erario � pu� essere riferito anche alla Regione, perch� nella 
legge il termine � stato inequivocabilmente usato ,per indicare il 
tesoro dello Stato. La sicura conferma di ci� pu� trarsi dai relativi 
lavori parlamentari ed in specie dalla Relazione al Senato nella quale, 
dopo la premessa che il ricorso alle addizionali, non nuovo nella nostra 
legislazione, � stato dettato dalla necessit� di sopperire ad esigenze 
vuoi degli enti locali vuoi del bilancio dello Stato, leggesi che 
e il maggior gettito della addizionale istituenda � tutto devoluto all'Erario 
-artt. 1 e 4 �, nonch� della Relazione alla Camera in cui si 
precisa che � il maggior gettito � destinato all'Erario, rinnovellando 
cos� una norma che gi� visse la vita di un anno (dal 1<> gennaio al 
31 dicembre 1952) per effetto della 1. 2 gennaio 1952, n. 1 �. 

Del pari infondato � l'assunto secondo il quale il provento di cui 
trattasi spetterebbe alla Regione dato che la legge 10 dicembre 1961, 

n. 1346, non ha voluto istituire un nuovo tributo, ma ha solo inteso 
maggiorare le aliquote di tributi preesistenti, quali l'imposta di registro, 
successione ed altre, gi� appartenenti ad essa Regione. 
A parte l'ovvio rilievo che l'aumento di un'addizionale � cosa diversa 
dalla maggiorazione delle aliquote dei tributi sui quali viene 
applicata, l'addizionale del 1961 non pu� considerarsi un aumento puro 
e semplice di quella istituita col d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, date 
le profonde diversit� di scopo e di destinazione delle due addizionali. 
La cosiddetta addizionale E.C.A., che � compresa tra le entrate tributarie 
della Regione skiliana, � destinata a sopperire alle esigenze di 
enti locali poich� il suo gettito � devoluto in parte agli enti comunali 
di assistenza ed in parte alle Province, mentre la nuova addizionale come 
chiaramente risulta dalla legge e relativi lavori parlamentari � 
stata istituita per soddisfare esigenze che non rientrano nella competenza 
della Regione ma sono esclusivamente statali. La legge del 
1961 ha in sostanza inteso assicurare allo Stato un nuovo �provento, 


IO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sotto forma di un aumento di un'addizionale preesistente, da imputarsi 
a distinto capitolo d'entrata. Negli stessi termini, .con titoli e 
dlisposizioni pressoch� identici, le leggi 2 gennaio 1952, n. 1 e 22 dicembre 
1954, n. 1213 avevano disposto maggiorazioni autonome dell'addizionale 
E.C.A. e la spettanza dei relativi proventi allo Stato non 
ebbe a formare oggetto di contestazione. 

Si pu� quindi concludere in ordine alla questione comune ai tre 
ricorsi che il provento dell'addizionale del 1961 � una entrata tributaria 
erariale nuova rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione 
della Regione per l'esercizio 1947-48 e corrie tale non spettante 
alla Sicilia in virt� della disciplina provvisoria �di cui al d. I. 12 aprile 
1948, n. 507. 

4. -Venendo ora all'esame dei singoli provvedimenti che hanno 
formato oggetto dei ricorsi va presa anzitutto in considerazione la circolare 
26 ottobre 1964 n. 25800 con la quale lAssessore per le finanze 
disponeva che il provento derivante dall'addizionale, eccezion fatta 
per la parte relativa all'imposta sulle societ�,� fosse versato nella cassa 
della Regione. 
L'illegittimit� di tale provvedimento � evidente. La Regione, attribuendosi 
il provento di un'entrata, che l'art. 4 della legge riserva 
espressamente all'Erario dello Stato, ha unilateralmente alterato i termini 
dei rapporti allora vigenti fra la finanza statale e la finanza regionle, 
violando le disposizioni contenute negli artt. 36 dello Statuto e 2 
del d. 1. 507 del 1948 che delimitavano la sua competenza alle sole 
entrate tributarie tassativamente indicate nel citato bilancio 1947-48. 

A tale violazione fa riscontro una correlativa invasione della sfera 
di competenza riservata allo Stato, il quale, come questa Corte ha avuto 
occasione di precisare (sentenze 52 del 1957 e 5 del 1958) ha conservato, 
in vigenza del regime provvisorio, il potere di modificare l'ordinamento 
tributario e di imporre nuovi tributi, anche nel territorio della 
Sicilia, riservandone a s� il gettito. 

L'atto in questione va quindi annullato. 

Analoga pronuncia per i medesimi motivi va poi adottata nei riguardi 
dei tre decreti oggetto del ricorso depositato il 16 aprile 1965 
con i quali l'Assessore per le finanze della Regione, in accoglimento dei 
ricorsi proposti dal Banco di Sicilia, annullava i decreti intendentizi 
che avevano affermato l'obbligo del Banco, quale ricevitore provinciale, 
di versare all'Erario dello Stato il provento della addizionale in discussione. 


La competenza a decidere sui ricorsi gerarchici che riguardino la 
riscossione e il versamento di tributi erariali di pertinenza dello Stato 
spetta al Ministro per le finanze e non all'Assessore regionale. La Corte 
ha ripetutamente affermato che il trasferimento dallo Stato alla Regione 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Il 

delle funzioni concernenti la riscossione dei tributi, nonch� delle funzioni 
collegate al servizio esattoriale, si � verificato per i tributi di 
competenza regionale e non per quelli che lo Stato si sia originariamente 
riservati e, come quello di specie, abbia in prosieguo legittimamente 
imposti. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 3 -Pres. Ambrosini Rei. 
Fragali -Pres. Regione Siciliana (avv. Maniscalco-Basile) c. 
Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). 

Sicilia -Modificazione degli statuti delle Casse soccorso delle aziende 
autofi.loviarie di Catania e di Trapani -Conflitto di attribuzione Competenza 
regionale. 

(St. Reg. Sicilia art. 17, Iett. a, f, art. 20; d. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138; 

d. P. R. 17 dicembre 1953, n. 1t13). 
Spetta agli organi della Regione Siciliana e non a quelli dello Stato 
(Ministro del Lavoro e Ministro dei Trasporti) la competenza a modificare 
gli statuti delle Casse di soccorso delle aziende di trasporto urbano 
di Catania e di Trapani, in quanto si tratta di attribuzioni inerenti ad 
istituti di carattere esclusivamente locale, trasferite alla Regione in virt� 
delle norme di attuazione dello Statuto regionale (1). 

(1) La sentenza ha deciso una questione di specie, sul presupposto, del 
resto incontroverso, delJ.a natura esclusivamente locale delle due aziende di 
trasporto interessate. 
CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 4 -Pres. Ambrosini -
Rel. Benedetti -Cricchio (n. c.), Presidente Consiglio dei Ministri e 
Presidente Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). 

Sicilia -Legge regionale recante sgravi fiscali per le nuove costruzioni 
edilizie -Illegittimit� costituzionale per contrasto con la legislazione 
nazionale -Esclusione. 

(St. regione Sicilia art. 36; I. reg. 28 ottobre 1954, n. 37; I. 2 luglio 1949, n. 408). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, recante sgravi fiscali in materia 
di nuove costruzioni edilizie, in quanto essa ha una sostanziale coinci



-~

12 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denz.a con l'analoga legge statale 2 luglio 1949, n. 408, e successive modifiche, 
diretta a favorire l'attivit� edilizia nella Regione (1). 

(Omissis). -Secondo l'ordinanza di rimessione la Regione siciliana, 
nel dare con le disposizioni impugnate autonoma disciplina alla materia 
dei benefici fiscali riguardanti il primo trasferimento a titolo oneroso 
di appartamenti di nuova costruzione, si sarebbe discostata dai principi 
cui si informano le leggi nazionali, assicurando un migliore trattamento 
sotto un duplice aspetto: per aver esteso i benefici ad immobili da 
costruire e in corso di costruzione, oltre a quelli gi� ultimati -i soli 
considerati dalle leggi statali -per non �vere in alcun modo collegato 
la concessione del beneficio con il contenimento dell'esecuzione dell'opera 
in un periodo di tempo congruamente delimitato -due anni per 
la legge nazionale. 

La Corte ritiene che il pi� favorevole trattamento tributario concesso 
dalla Regione non sia tale, per natura e portata, da legittimare i 
prospettati dubbi di incostituzionalit� per contrasto con l'art. 36 dello 
Statuto siciliano. 

2. -L'estensione della agevolazione ai contratti di vendita di immobili 
ancora da costruire o in corso di costruzione si risolve in una 
semplice anticipazione del beneficio al fine di favorire il finanziamento 
del costruttore. 
La norma regionale, giustificabile per situazioni economiche di 
carattere locale, non altera il contenuto, n� snatura la funzione del beneficio, 
in quanto l'effettivo riconoscimento di quest'ultimo resta sempre 
subordinato alla condizione che la costruzione dell'immobile, oggetto del 
trasferimento a titolo oneroso, venga poi realizzata entro i termini e 
con i requisiti richiesti dalla legge. Vi �, in definitiva, una sostanziale 
coincidenza tra l'agevolazione regionale e quella statale, entrambe dirette 
ad agevolare la ripresa nel settore dell'edilizia mediante la concessione 
di benefici tributari riguardanti trasferimenti di immobili con 
identiche caratteristiche e tendenti a favorire le stesse categorie di 
interessati. 

3. -Del pari infondata � poi la censura di incostituzionalit� prospettata 
sotto il profilo della omessa subordinazione, della concessione 
(1) La questione era stata proposta con ordinanza 26 maggio 1965 dal 
Tribunaie di Palermo (Gazzetta Ufficiale, 4 settembre 1965, n. 223). 
La legge regionale n. 37 del 1954 era stata gi� esaminata, sia pure sotto 
diverso profilo, dalla Corte costituzionale e ritenuta costituzionalmente 
legittima con la precedente sentenza 12 luglio 1965, n. 65 (in questa Rassegna, 
1965, 874, ove richiami ad altri precedenti, anche di dottrina). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 

del beneficio in esame alla condizione che la costruzione sia iniziata e 
compiuta in un determinato periodo di tempo. 

In realt� un termine di contenimento dell'esecuzione dell'opera 
risulta fissato nelle norme regionali impugnate. Nell'art. 1 della originaria 
legge regionale 28 aprile 1954, n. 11, poi recepita dalla I. 18 ottobre 
1954, n. 37, leggesi, infatti, �che le agevolazioni tributarie sono 
applicabili � sempre che la costruzione sia iniziata e condotta a termine 
nel periodo decorrente dal 1� gennaio 1954 a tutto il 31 dicembre 1957; 
ed un termine di durata della costruzione � stato conservato dalle successive 
leggi regionali di proroga delle agevolazioni fiscali. 

Il divario sotto questo aspetto esistente tra la disciplina regionale 
e quella dello Stato, la quale esige che la costruzione venga ultimata 
entro un termine dal suo inizio (art. 13 della I. 2 luglio 1949, n. 408), 
non � tale da dover ritenere pregiudicata la funzione di simile disposizione 
che � quella di soJlecitare l'attivit� edilizia. 

La scelta di un tempo 'tecnico medio per la costruzione di un edificio 
� elemento suscettibile di variazioni in relazione a speciali condizioni 
ambientali e alla efficienza operativa delle imprese costruttrici; 
importante � che esso assolva il compito di incentivazione tenuto presente 
dal legislatore. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 5 -Pres. Ambrosini � 
Rel. Papaldo -Marino ed altri (avv. Melpignano) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). 

Leggi, decreti e regolamenti -Leggi di delega anteriori alla Costituzio


ne -Inosservanza delle norme di cui all'art. 76 Cost. -Irrilevanza. 

(Cost., art. 76; 1. 24 dicembre 1928, n. 3134, art. 13). 

Bonifiche -Bonifica integrale -Potere di imporre contributi attribuito 

ai Consorzi -Contrasto con l'art. 23 Cost. -Manifesta infondatezza 

della questione. 

(Cost., art. 23, r. d. 1. 13 febbraio 1933, n. 215, artt. 11 e 95). 

Non � motivo di iUegittimit� costituzionale di una legge di delegazione 
anteriore alla Costituzione l'inosservanza delle norme di cui all'art. 
76 Cost., e specialmente di quelle che impongono la determinazione 
di principi e la fissazione di termini (1). 

(1) La questione era stata proposta dal Conciliatore di Irsina con ordinanza 
20 agosto 1965 (Gazzetta Ufficiale, 30 ottobre 1965, n. 273). 
La giurisprudenza della Corte � assolutamente costante ,sulil'affermazione 
contenuta nella prima massima. Si rinvia, in proposito, a I giudizi 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

14 

E' manifestamente infondata, con riferimento all'art. 23 Cost., la 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 11 e 59 r. d. l. 13 febbraio 
1933, n. 215, che prevedono il potere dei consorzi di bonifica di 
imporre contributi, dato che essa non prospetta motivi nuovi o contrastanti 
con la precedente decisione della Corte Costituzionale 3 maggio 
1963, n. 55 (2). 

(Omissis). -La censura secondo cui l'art. 13 della 1. 24 dicembre 
1928, n. 3134, non avrebbe conferito una legittima delega legislativa, 
stante la mancanza dei principi di imposizione dei contributi a carico 
dei singoli utenti e della durata degli stessi, � infondata. 

Era chiaro che, affidando al Governo il potere di disciplinare con 
nuove norme la materia della bonifica idraulica ed agraria e della trasformazione 
fondiaria ed agraria, la legge comprendeva nella delega, 
come parte integrante e necessaria di tale materia, il capitolo relativo 
ai contributi. E questo nel caso in esame bastava ai fini della legittimit� 
della delega. Una ulteriore specificazione dei criteri di imposizione e 
della durata dei contributi non era necessaria nel tempo in cui quella 
delega fu conferita. Con diverse sentenze (ultima quella del 4 luglio 
1963, n. 127) questa Corte ha ritenuto che non pu� essere motivo di 
illegittimit� di una legge di delegazione anteriore alla Costituzione la 
inosservanza delle norme di cui all'art. 76 della Costituzipne e segnatamente 
di quelle che impongono la determinazione di principi e la 
fissazione di termini. 

Per quanto si riferisce all'uso della delega, non esiste il denunziato 

eccesso. Non � esatto, infatti, che con gli artt. 11 e 59 del d. 13 feb


braio 1933, n. 215, il potere normativo circa i contributi sia stato sub


delegato ai Consorzi. A questi � stato conferito il potere di imposizione 

concreta dei contributi, ma l'obbligo di contribuenza deriva dalla legge, 

come � stato ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 55 del 3 mag


gio 1963 : sentenza con la quale � stata dichiarata infondata la questione 

relativa al contrasto dei citati articoli 11 e 59 con l'art. 23 della Costi


tuzione. E poich� non sono stati dedotti motivi nuovi o contrastanti con 

quelli della richiamata decisione, la stessa questione deve essere dichia


rata manifestamente infondata. -(Omissis). 

di costituzionalit� 1961-65, pag. 8. L'ultima sentenza della Corte 13 luglio 
1963, n. 127, � pubblicata in Giur. it., 1963, I, 1, 1346. 


(2) DelJ.a seconda massima � da segnalare non tanto il merito del dispositivo, 
conforme alla precedente sentenza n. 55 del 1963 (Giur. it., 1963,. 
I, 1, 935) quanto la formula del dispositivo stesso: manifesta infondatezza, 
e non infondatezza, dato appunto quel precedente, non contrastato da nuove 
o diverse argomentazioni. 
Anche su" questo particolare aspetto delle decisioni della Corte si r-invia 
al volume citato, pag. 76. 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1967, n. 7 -Pres. Ambrosini -
Rel. Oggioni -Mastrangelo (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Dallari). 

Istruzione -Istruzione inferiore -Esonero dalle tasse e dai contributi 

scolastici -Insufficienza rispetto al concetto di gratuit� dell'istru


zione obbligatoria e del principio di eguaglianza -Esclusione. 

(Cost. art. 34, secondo comma, art. 3; I. 30 dicembre 1962, n. 1859, artt. 4 e 9). 

L'art. 34, secondo comma, della Costituzione, pur essendo norma 
immediatamente precettiva e non programmatica, non attribuisce al 
concetto di istruzione un significato diverso e pi� ampio di quello proprio 
dell'insegnamento, cos� da ricomprendere in quest'ultimo, come prestazione 
d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, anche altre prestazioni 
che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano, ma non ne 
costituiscono i tratti essenziali, come la fornitura di libri di testo, di 
materiale di cancelleria nonch� di mezzi di tmsporto. 

Pertanto non � fondata, anche con riferimento al principio di eguaglianza, 
la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 4 e 9 della 
legge istitutiva della scuola media dell'obbligo, che non prevedono tali 
prestazioni accessorie (1). 

(Omissis). -L'Avvocatura dello Stato, nelle � osservazioni � conclusive, 
indica come motivo assorbente di non fondatezza della questione 
di legittimit� costituzionale, il carattere meramente programmatico della 
norma sulla gratuit� dell'istruzione inferiore, per cui, anche ad accedere 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 16 luglio 1965 dal 
Pretore di Campobasso (Gazzetta Ufficiale, 30 novembre 1965, n. 273). 
L'importa.za della decisione in rassegna � da segnalare, oltre che per 
il merito, anche per la singolarit� della censura prospettata in ordine alla 
norma denunciata: censura, cio�, non .fil violazione positiva d:i norme costituzionali, 
ma di pretesa insufficienza della norma ordinaria rispetto a 
quelila costituzionale. 

Ora, sembra J.ecito dubitare dell'ammissibilit� di una censura del genere 
la quale, ove accolta, imporrebbe alla Corte costituzionale la sua trasformazione 
in organo legislativo, chiamato a �colmare la lacuna che si ravvisasse 
nella norma denunciata. 

Per quanto riguarda il merito della questione va rilevato che -secondo 
autorevole dottrina -la solenne affermazione dei principi costituzionali 
in materia di istruzione pubblica e di assistenza dei pi� meritevoli 
ha rafforzato il contenuto di tale funzione dello Stato e ha posto 
in rilievo che il suo espletamento costituisce un mezzo per assicurare 
la libert�, mentre la gratuit� della scuola d'obbligo e l'assistenza sco


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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad un concetto estensivo della gratuit�, l'attuazione ne sarebbe rimandata 
ad un futuro e graduale sviluppo, del tutto condizionato al verificarsi 
di eventi, specie economici, che lo consentano. 

La Corte non ritiene esatta la individuazione della natura della 
norma, come norma soltanto indicativa di una tendenza verso un futuro 
da realizzare, se ed in quanto possibile: bensl trae dalla chiara, incisiva 
formulazione della norma la conseguenza della sua precettivit�, nel 
senso dell'affermazione di un principio immanente che, pur necessitando 
di �essere poi articolato in norme di attuazione, di queste vincola 
-a priori -il contenuto. Nella specie, sono appunto le �norme generali 
sull'istruzione� previste dall'art. 33 della Costituzione che debbono 
tradurre in atto quel precetto generale e conformarvisi. 

2. -Cosi definita la natura della norma costituzionale in esame, 
occorre precisarne il contenuto e la portata, ai fini dell'accertamento 
di legittimit� degli artt. 4 e 9 della 1. 30 dicembre 1962. 
E' opportuno, anzitutto, considerare qual'era, al momento della 
emanazione della Costituzione, la situazione normativa dell'ordinamento 
scolastico. 

Per quanto riguarda la legislazione generale sulla obbligatoriet� e 
gratuit� della scuola, si era pervenuti al r. d. 15 febbraio 1928, n. 577, 
sulla istruzione elementare e post-elementare, che aveva sviluppato e 
aggiornato precedenti remoti e meno remoti che andavano dalla legge 
Casati del 1859 sulla obbligatoriet� e gratuit� della scuola elementare 
(intesa la gratuit� come onere dei Comuni condizionato alle loro �facolt� 
� e � secondo i bisogni dei loro abitanti �) alla legge Orlando del 
1904 che estenstendo l'obbligo ai dodici anni � dava facolt� ai Comuni 
di iscrivere in bilancio un fondo per aiutare le famiglie povere con la 
refezione e con i libri di testo � . 

I

< 

' 

lastica assicurano la uguaglianza nei rapporti etico sociali e consentono 
una effettiva e consapevole partecipazione del cittadino alla organizzazione 
politica, economica e sociale del paese (VALENTINI, La libert� di insegnamento, 
Rass. Dir. Pubbl., 1960, I, 512). 

Va considerato, peraltro, che se da un lato la prestazione delll'insegnamento 
medio deve essere effettuata gratuitamente da parte dell'Anuninistrazione, 
dall'altro vi � un obbligo da parte del ciittadino di fruire dell'insegnamento. 
Si tratta quindi di una di quelle situazioni tipiche dei rapporti 
pubblicistici, nelle quali incombe al genitore l'obbligo di chiedere 
l'ammissione al godimento del servizio pubblico, del figlio soggetto alla 
sua potest� e di farlo frulre di tali prestazioni (ALEss1, Le prestazioni 
amministrative rese ai privati, Milano 1956, pag. 121). Se da tale dovere 
discende un onere economico, �questo � conseguenza dell'obbligo giuridico 
posto al cittadino di fornire al figlio una adeguata istruzione, e non va 
confuso con il fatto che l'istruzione stessa sia impartita gratuitamente. 


4 


18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in esame cosi da pervenire ad assegnare al termine istruzione, quale 
espresso nella norma costituzionale ed interpretato dalla Corte agli 
effetti della gratuit� della prestazione, un significato diverso e pi� ampio 
di quello proprio dell'insegnamento, cosi da ricomprendere in quest'ultimo, 
come pr�stazione d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, 
anche altre prestazioni che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano 
ma non ne costituiscono i tratti essenziali, �come fa fornitura di libri di 
testo, di materiale di cancelleria, nonch� di mezzi di trasporto. 

Invero, queste due ultime voci riguardano prestazioni collaterali 
d'ordine meramente e strumentale; mentre, per quanto riguarda i libri 
di testo, pur avendo questi una qualificazione 'ben pi� alta per l'ausilio 
che offrono a raffermare nella memoria dei discenti la lezione impartita 
dall'insegnante, non pu� dirsi che la loro provvista rientri strettamente 
e propriamente nell'ambito del pubblico servizio scolastico e della correlativa 
prestazione amministrativa. 

L'interesse pubblico al soddisfacimento di bisogni individuali di 
importanza collettiva, evidentissimo nel caso in �CUi si tratti di perseguire 
finalit� etico-sociali mediante la cultura del cittadino, importa 
l'assunzione del servizio da parte dello Stato e la sua organizzazione. 
E' questo l'elemento primario, che caratterizza e domina la prestazione, 
la concreta, ed insieme la esaurisce (salvo quanto si dir� in seguito) 
mediante la messa a �disposizione degli ambienti scolastici, del corpo 

f

insegnante e di tutto ci� che direttamente inerisce a taH elementi 
organizzativi. In questa prestazione in cui � predominante e caratteristica 
la prestazione di attivit�, mentre la prestazione di beni � poi un 

I mezzo per raggiungere lo scopo, � concentrato tutto quanto richiesto, 
nel settore, pel razionale adempimento di questo eompito dello Stato 

Iaccanto all'adempimento degli altri molteplici compiti, e che � concentrato 
su di un oggetto �che � e deve essere ben definito nella sua predoI 
minante essenzialit�. 

Il precetto costituzionale, che esige come gratuita la prestazione, 
trova nella 1. n. 1859 del 1962 la sua corrispondente attuazione appunto 
nella norma dell'art. 4 che sulla premessa dell'apprestamento, senza 

I

onere per gli utenti, dell'ambiente �di studio e del corpo insegnante, 
stabilisce l'esonero dal pagamento di tasse e dal versamento ,di qualsiasi 
contributo per l'iscrizione e la frequenza nella scuola media: norma 
stabilita in coerenza dall'art. 1 della stessa legge, dove l'art. 34 della 
Costituzione � espressamente richiamato con l'affermare che l'istruzione 
post-elementare � � impartita � gratuitamente, nel che, per l'uso del 
verbo impartire, � da ravvisarsi una esatta interpretazione dei limiti 
della gratuit�, rapportata all'organizzazione dell'insegnamento, come 
sopra inteso. 

Tutto ci� a prescindere dal definire se l'esonero dal pagamento di 
tasse ed altro debba qualificarsi come esonero da una controprestazione, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 

nche � contrastato in dottrina poich� non eSisterebbe; nel caso, la figura 
tecnico-giuridica del.fa controprestazione ,di fronte ad una prestazione 
-quella dello Stato -che ha soltanto la sua causa nell'interesse pubblico: 
ovvero debba qualificarsi come esonero da tasse, quale elemento 
accessorio al rapporto �principale. Ci� che soprattutto importa rilevare 
� che nell'un caso o nell'altro, � il requisito della gratuit� che trova 
qui modo e spazio per la sua �effettuazione. 

D'altra parte, il diritto all'istruzione non � inteso nel sistema della 
Costituzione, come un diritto che sia esclusivamente tale e sia perci� 
svincolato dall'adempimento di corrispondenti doveri da parte dei genitori. 
Invero, l'art. 30 addita, a proposito dell'istruzione, nella sua for-� 
;mula composita, �il binomio dovere-diritto come operante n-el campo di 
quei rapporti etico*sociali (tale � il titolo sotto cui la norma � ricondotta) 
che trovano nella famiglia il loro fondamentale ambiente e 
:movente. 

Rimane, quindi, e deve rimanere nel vasto campo dell'istruzione in 
genere un margine di attivit� (e sono quelle suindicate unite da un 
legame di a�ccessoriet� e di ausUiarit� a quelle essenziali) affinch� il 
cennato dovere, ispirato soprattutto a inalienabili prin�ipi e imperativi 
morali, sia adempiuto, anche se in parte oneroso, dai genitori. 

Che, poi, si tratti di onerosit� il cui peso economico possa essere 
soggettivamente sentito in misura variabile, � ovvio ma a temperarne 
la conseguenza sono appunto previste dall'art. 31 della Costituzione le 
.e provvidenze. atte ad agevolare con misure econ�miche i compiti della 
famiglia, con particolare riguardo alle famiglie pi� bisognevoli di 
ausilio. 

4. -Ora, sono soprattutto le agevolazioni media?:1te l'opera dei Patronati 
scolastici, previste dall'art. 9 della il. del 1962, a cui si riferisce 
l'ordinanza di rinvio, a dimostrare che il problema della gratuit�, esattamente 
inteso, non � in questo modo eluso ma osservato. . 
Gi� fin dalla 1. 4 marzo 1958, n. 261 si � dato ai Patronati una 
struttura organica, riconoscendo ad essi personalit� giuridica di diritto 
pubblico e segnandone i compiti attinenti alla fornitura gratuita di libri, 
oggetti di cancelleria, indumenti, medicinali, refezioni agl alunn bisognosi 
frequentanti .la scuola d'obblig�. 

Nell'anno 1962 sono fotervenute due leggi: la n. 17 del 26 gennaio 
per l'aumento, nell'esercizio 1961-62 dei �contributi ai Patronati e per 
lo stanziamento di somme pel trasporto degli alunni in scuole dislocate: 
la n. � 1073 del 24 luglio, sul piano triennale di sviluppo della .scuola, 
recante nuovo aumento del contributo statale ai Patronati per l'assistenza 
agli alunni bisognosi con particolare riguardo a quelli appartenenti 
a famiglie numerose, nonch� Jo stanziamento di notevoli somme 
pel trasporto degli alunni e .per l'assegnazione di borse di studio. Con 


20 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I. 31 ottobre 1966, n. 942 si � da ultimo disposto il finanziamento del 
piano quinquennale di sviluppo della .scuola, provvedendosi al trasporto 
gratuito degli alunni della scuola dell'obbligo per superare difficolt� 
di accesso, servizio da affidarsi anche ai Patronati scolastici, nonch� per 
la concessione di buoni-libro agli alunni delle scuole medie di disagiate 
condizioni economiche con servizio di distribuzione da affidarsi anche 
questo ai Patronati. 
Deve, quindi, darsi atto del graduale sviluppo in senso concreto di 
quanto delineato nell'art. 9 della 1. n. 1859 del 1962. 

L'intervento dei Patronati scolastici � inquadrato nel piano di sviluppo 
non come attivit� largamente discrezionale, paternalistica o di 
mera beneficenza ma come intervento imposto dai fini propri dell'istituto: 
con un solo limite, segnato dalle �possibilit� economiche generali 
e particolari. 

Che g.U stanziamenti disposti non riescano a soddisfare totalitariamente 
le molteplici e variabili esigenze individuali del caso, non � da 
escludere: ma, nel sistema delle agevolazioni all'adempimento dei compiti 
delle famiglie e con particolare riguardo alle pi� meritevoli di ausilio, 
mediante misure economiche ed altre provvidenze di cui all'art. 31 
della Costituzione, le norme su elencate, a partire da quella dell'art. 9 
della 1. del 1962 sono rispondenti, anche nella letterale formulazione, 
alla Costituzione. La quale poi nell'art. 34 allarga l'ambito delle provvidenze 
con 1a norma dei due ultimi commi dell'art. 34 diretti al fine di 
favorire il raggiungimento dei gradi pi� alti degli studi da parte dei 
capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi. Il ehe, in corrispondenza 
alla elevatezza del fine, rende ancora pi� complesso il .problema del 
dilatarsi dell'onere a carieo dello Stato e del suo assolvimento, in relazione 
agli altri oneri concomitanti. 

5. -D'altra parte J.a obbligatoriet� dell'adempimento del dovere di 
istruzione da parte dei genitori non � prevista come incondizionato comando, 
valevole indifferentemente per ogni caso e ci� � dimostrato dal 
richiamo che l'art. 8, ultimo capoverso, della 1. del 1962 fa, pel caso di 
inadempienza, alle sanzioni dell'art. 731 del Codice penale in quanto 
l'ipotesi contravvenzionale ivi indicata viene a perdere carattere di 
illegittimit� ove sia dimostrata, come l'artieolo dispone, l'esistenza, da 
valutarsi dal giudice caso per caso, di � giusti motivi � ossia di cause 
che dimostrino inattuabile quell'adempimento per forza maggiore o 
stato di necessit�. Ci� spiega che quando le � agevolazioni � previste 
dall'art. 31 della Costituzione mediante misure economiche e provvidenze 
in genere, non riescano, in via contingente, a coprire tutta J.'area 
delle situazioni di infinita variabilit�, si d� luogo. ad un ragionevole 
contemperamento tra eser'Cizio di un diritto e adempill).ento di un 
dovere. 
:~ 

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'PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 

6. -N� il fatto che la sopraggiunta 1. 10 agosto 1964 ha disposto 
la fornitura gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole 
elementari, sia statali, sia autorizzate a rilasciare titoli di studio riconosciuti 
daUo Stato, pu� dirsi aver causato l'illegittimit� costituzionale 
della precedente legge del 1962 per la mancata estensione dello stesso 
beneficio agli alunni della scuola media inferiore, con violazione -dato 
il trattamento differenziato -del principio dell'eguaglianza di tutti i 
cittadini davanti alla legge. 

Trattasi di una provvidenza settoriale, indirizzata a beneficio di 
soggetti, posti in particolare situazione scolastica, come tale considerata 
con provvedimento autonomo e subordinata ad una valutazione della 
possibilit� di attuazione, offerta sia dalle condizioni di bilancio, sia 
dall'indirizzo di politica generale, entrambi riservat al razonale gudizio 
e alle determinazioni del legislatore. 

Il principio generale di eguaglianza va qui com;;iderato unicamente 
in relazione al significato, al contenuto ed ai limiti della norma sulla 
gratuit� dell'istruzione, quali si sono sopra delineati: il che risulta 
rispettato dalla 1. del 1962 e non intaccato -ex post -da successive 
norme particolari aventi ambito delimitato. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1967, n. 8 -Pres. Ambrosini -
Rel. Bonifacio -Pres. Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Coronas), c. Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. 
Crisafulli). 

Friuli-Venezia Giulia -Legge regionale sui contingenti numerici del 
personale regionale -Rinvio da parte del Governo al Consiglio 
regionale -Riapprovazione -Esaurimento degli effetti del rinvio. 

(Cost., art. 127; St. spec. Friuli-Venezia Giulia, art. 29, primo comma; 1. reg. 
11 marzo 1966, n. 77-bis). 

Friuli-Venezia Giulia -Legge sui contingenti numerici del personale 
regionale �-Previsione di tabelle provvisorie -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., art. 97; St. spec. Friuli-Venezia Giulia, artt. 67, 68; 1. reg. 11 marzo 1966, 

n. 77-bis). 
Bench� l'art. 127 Cost. e l'art. 29 St. spec. Friuli-Venezia Giulia, 
nella parte in cui disciplinano :il rinvio e l'impugnabiLit� di leggi regionaii, 
si riferiscano al Governo della .Repubblica inteso come Consiglio 
dei Ministri, l'intervenuta riapprovazione della legge da parte del 
Consiglio 1regionale comporta l'esaurimento degli effetti del rinvio e 


22 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'esclusione idi ogni valutazione sulla legittimit� del provvedimento 
che io dispose (1). 

Non � fondata la questione di tlegittimit� costituzionale della legge 
regionale Friuli-Venezia Giulia 11 marzo 1966 n. 77 bis, nella parte 
in .cui fissa tabelle provvisorie del personale regionale, per pretesa 
violazione del divieto di assumere, se non eccezionalmente, personale 
in via diretta, iin quanto la previsione 'legislativa delle tabelle provvisorie, 
i--indispensabile per runa valutazione globale delle esigenze 
dell'Ente e per una razionale previsione di spesa -non compromette 
affatto l'accertamento dell'eccezionalit� del provvedimento di assunzione 
diretta (2). 

(1) La prima massima ribadisce la giurisprudenza della Corte in merito 
all'espressione � Governo > Cfr. da uil.timo ia sentenza 19 dicembre 
1966, n. 119, in questa Rassegna 1966, 1199 ove nota di richiami. 
Nella fattispecie, peraltro, la Corte ha respinto l'eccezione di inam.
missibilit� del ricorso, ravvisando una sorta di preclusione di eventuali 
vizi nel procedimento di rinvio, giacch�, questo, per effetto dell'avvenuta 
riapprovazione della legge da parte del Consiglio regionale, aveva esaurito 
completamente i suoi effetti. 

(2) Il ricorso del Presidente del Consiglio � stato respinto nella sua 
attualit�, ravvisandosi, peraltro, fondate le preoccupazioni in esso espresse, 
circa un artificioso rigonfiamento di organici regionali, in contrasto con 
quanto prescritto dallo Statuto speciale e, in via pi� generale, dall'art. 97 
della Costituzione. 
Il controllo in concreto sull'osservanza di tali disposizioni costituzionali 
� daUa Corte demandato alla delegazione de1la C1orte dei Conti, a 
sensi dell'art. 58 dello Statuto. 

Per i precedenti della Corte in materia di interpretazione dell'articolo 
97 Cost., si rinvia alla nota alla sentenza 21 giugno 1966, n. 72, in 
questa Rassegna, 1966, 771. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 13 -Pres. Ambrosini Re'l. 
Papaldo -Manzo (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Peronaci). 

Leggi, decreti e regolamenti -Legge di delega al Governo -Ritardo 
nella pubblicazione -Illegittimit� costituzionale della legge delegata 
-Esclusione. 

(Cost., artt. 73, 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991, art. 1; d. P. R. 12 febbraio 
1965, n. 162). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale del d. P. R. 
12 febbraio 1965, n. 162, sulla repressione delle frodi nella preparazione 
e nel commercio dei mosti, vini e aceti, per violazione dei limiti tempo



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 

rali della delega concessa al Governo dell'art. 1 della i. 9 ottobre 1964, 

n. 991, in quanto tali limiti devono considerarsi rispettati aHorch� il 
dies a quo coincida con la data di pubblicazione della legge di delega, 
avvenuta senza alcun arbitrario ritardo rispetto alla data di promulgazione 
della stessa (1). 
II 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 14 -Pres. Ambrosini ~ 
Rel. Papaldo -Piazza (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Peronaci). 

Approvvigionamenti e consumi -Frodi nella preparazione e nel com


mercio dei mosti, vihi ed aceti -Pubblicazione della sentenza di 

condanna -Violazione della legge di delega -Esclusione. 

(Cost., art. 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991, art. 2; d. P. R. 12 febbraio 1965, 

n. 162, art. 108). 
Non � fondata, oon riferimento all'art. 76 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 108 d. P. R. 12 febbraio 
1965, n. 162, che prevede la pubblicazione della sentenza di condanna 
per reati in materia di frodi nena preparazione e nel commercio dei 
mosti, vini ed aceti, in quanto nella espressione � sanzioni penali �, 
usata dall'art. 2 della legge di delega 9 ottobre 1964, n. 991 rientra 
anche la pena accessoria della pubblicazione della sentenza (2). 

I 

(Omissis). -L'ordinanza parte sostanzialmente dal principio enunciato 
da questa Corte nella sentenza del 6-19 dicembre 1963, n. 163, 
secondo cui si ha valida prefissione del termine iniziale di esercizio della 
delegazione legislativa anche quando la data di decorrenza sia fatta 
coincidere con quella dell'entrata in vigore della J.egge delega. Ma il 
Pretore rileva che l'arbitrario ritardo nella pubblicazione della legge 
delega -ritardo che si sarebbe verificato in violazione dell'art. 73 della 
Costituzione e delle norme poste con il r. d. 24 settembre 1931, n. 1256, 
sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi -avrebbe reso possi


(1-2) Le questioni erano state proposte, rispettivamente, dal Pretore 
di Latina con ordinanza 15 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale, 15 ottobre 1966, 

n. 258) e dal Pretore di Lugo con ordinanz�e 17 e 22 settembre 1966 (Gazzetta 
Ufficiale, 26 novembre 1966, n. 299). 
Con le due sentenze in rassegna, la Corte ha dichiarato non fondata 
sia la questione riferita all'intero testo del d.P.R. 12 febbraio 1955, n. 162, 
per violazione della legge di delega, a causa del preteso � ritardo � ne1la 


24 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bile l'emanazione delle norme delegate al di l� dei limiti stabiliti dalla 
legge di delegazione. 

Il rilievo non � fondato. 

Vero � che nella predetta sentenza la Corte ha affermato che, allorquando 
si 'adotti il criterio di far decorrere il termine dalla data di 
entrata in vigore della legge delega, deve esigersi un rigoroso adempimento 
dell'obbligo, imposto dall'art. 73 della Costituzione, di procedere 
alle operazioni necessarie a rendere efficace la legge medesima subito 
dopo eh sia intervenuta J.a promulgazione. Ma � chiaro che deve trattarsi 
di un ritardo arbitrario; un ritardo, cio� che abbia per �effetto l'emanazione 
del decreto legislativo al di l� dei limiti di tempo stabiliti dalla 
legge delegante. 

Ora, nella specie, � da escludere che ci sia stato un ritardo tra la 
promulgazione (9 ottobre) e la pubblicazione (28 ottobre) della legge 
delega; comunque, anche se si potesse ritenere che la pubblicazione 
dopo una ventina di giorni non corrisponda rigorosamente alla norma 
contenuta nell'art. 73, terzo comma, della Costituzione (il testo unico 
delle norme sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi � fuori 
causa in questa sede), � certo che nel caso attuale non pu� parlarsi di 
ritardo arbitrario agli effetti dell'osservanza dei termini a norma dell'art. 
76 della Costituzione. 

L'adempimento del precetto contenuto nell'art. 73 non � qui prospettabile 
sotto l'angolo visuale della legittimit� del conferimento della 
delega, in quanto la legge di delegazione sia stata pubblicata in ritardo, 
bensi sotto quello della legittimit� del decreto legislativo, in quanto 
emanate oltre il termine. Ma, a questi effetti, non basta che esista un 
qualsiasi ritardo nella pubblicazione: occorre che il ritardo sia arbitrario, 
che, cio�, sia tale da indicare uno spostamento dell'inizio del 
termine di esercizio della delega. 

Ora, nella specie, mentre nulla fa ritenere che l'intervallo tra la 
data di promulgazione e quella di pubblicazione della legge delega sia 
stato preordinato all'effetto di eludere il termine fissato per l'esercizio 
della delega, non pu� dirsi che l'intervallo sia stato tanto lungo da 
costituire, anche senza ed oltre l'intenzione degli organi governativi, 
causa di prolungamento del termine stesso. 

pubblicazione di questa, sia quella riferita all'art. 108 dello stesso decreto 
delegato per la pretesa esorbitanza oggettiva dai limiti della delega. 

La prima sentenza .ribadisce quanto gi� dalla Corte affermato dalla 
precedente sentenza 19 dicembre 1963, n. 163 (Giur. cost., 1963, 1596) sul 
concetto di � arbitrario ritardo � nella pubblicazione delle leggi dopo la 
loro promulgazione, :riispetto al termine � subito � espresso dall'art. 73 
Costituzione. 

Nella motivazione della sentenza n. 13, tuttavia, non pu� sfuggire l'inciso 
� anche senza ed oltre l'intenzione degli organi governativi � , il che 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 25 

II 

(Omissis). -La questione non � fondata. 

La norma che, secondo l'art. 36 del codice penale, deve determinare 
i casi di pubblicazione della sentenza di condanna, che non sia quella 
dell'ergastolo, pu� bene essere contenuta in una legge delegata. L'essenziale 
� che questa non ecceda i limiti della delega e sia valida sotto ogni 
altro aspetto. Ed � l'unica indagine da compiere ai fini del giudizio di 
legittimit� costituzionale sottoposto alla Corte. 

Nell'ordinanza si deduce che la norma denunziata sarebbe illegittima 
perch� la legge delega non avrebbe previsto la comminazione di 
pene accessorie in quanto non avrebbe fatto alcuna menzione di tali 
sanzioni, anzi le avrebbe escluse, come si evincerebbe anche dalla considerazione 
che, mentre non si � accennato alla pubblicazione delle sentenze, 
sono state espressamente previste misure particolari, quali la 
chiusura degli esercizi e la sospensione o la revoca delle licenze. 

La Corte osserva che nelle questioni del genere non possono valere 
canoni generali, ma bisogna interpretare caso per caso la volont� del 
legislatore delegante. E pertanto, mentre da una parte non si pu� negare 
valore all'argomento addotto dall'Avvocatura dello Stato nel senso che 
le i:>ene accessorie possono considerarsi comprese nell'ambito della delega 
quando questa si riferisca genericamente alle pene o alle sanzioni 
penali, d'altra parte questo criterio d'interpretazione non pu� essere 
assunto come regola assoluta valevole in tutti i casi. 

Nella specie sussistono valide ragioni per ritenere che nella espressione 
sanzioni penali, usata nell'art. 2 della 1. 9 ottobre 1964, n. 991, 
rientri anche la pena accessoria della pubbli�azione della sentenza. 

Nella complessa legislazione riguardante l'igiene degli alimenti la 
pubblicazione della sentenza di condanna � una sanzione che da molto 
tempo fa parte del sistema. Basti ricordare, fra altre analoghe disposizioni, 
l'art. 61 del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033, ,sulla repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario, e 
l'art. 4 della pi� recente 1. 26 febbraio 1963, n. 441, sulla disciplina 

farebbe pensare che anche un ritardo incolpevole, purch� oggettivamente 
arbitrario, sia causa invalidante della legge delegata. 

Per ,qualche riserva sul sindacato relativo all'attivit� governativa di 
pubblicazione delle leggi, si rinvia a I giudizi di costituzionalit�, 1961-65, 
pag. 12. 

Con ia seconda sentenza, fa Corte afferma che nel concetto di sanzioni 
penali, di cui alla legge di delega, rientra anche la pena accessoria della 
pubblicazione della sentenza di condanna. 

Per l'obbligatoriet� di tale pubblicazione e dell'affissione nell'albo della 
Camera di C'ommercio anche sotto la legislazione precedente c:lir. Cass. 28 
maggio 1965, rie. Fabiano, Giust. pen., 1967, II, 40. 



26 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

igienica della produzione e della vendita degli alimenti, cui si pu� 
aggiungere, nella specifica materia qui considerata -anche per mostrare 
l'anzianit� di queste sanzioni -l'art. 22 del d. 1. 1. 12 aprile 1917, 

n. 729, contenente disposizioni per la preparazione, la vendita ed il 
commercio dei vini. 
La pubblicazione della sentenza � uno strumento assai efficace ai 
fini della prevenzione e della repressione dell attivit� criminose in 
materia alimentare, .giacch� uno dei costanti obiettivi da ra.ggiungere 
� quello di mettere in guardia il pubblico, e specialmente la massa 
dei consumatori. 

Non pu�, dunque, ritenersi che il legislatore, conferendo la delega, 
non avesse compreso nella espressione � sanzioni penali �, una pena 
accessoria tradizionale e necessaria. 

N� vale a. scuotere questa considerazione il fatto che la legge, 
mentre non ha parlato di pubblicazione della sentenza, ha fatto espresso 
cenno di altre misure repressive. Questo argomento non � probante, 
giacch� non sempre la inclusione di una previsione indica che un'altra 
previsione sia stata esclusa. Del resto, poich� le altre misure repressive 
corrispondono solo in parte ai tipi di pena accessoria previsti dal 
codice penale, non sarebbe bastata la menzione delle sanzioni penali 
per comprendervi anche le dette misure. Con ci� la Corte non vuol 
risolvere la questione -non rilevante in questa sede -circa il carattere 
di tali misure, ma vuole semplicemente trarre un argomento per 
dimostrare che la specifica previsione di esse era necessaria, mentre 
tale necessit� non si presentava per la pena accessoria della pubblicazione 
della sentenza. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 15 -Pres. Ambrosini -
Rel. Chiarelli -Regione Trentino Alto-Adige (avv. Guarino) c. 
Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). 

Giudizio di le~ittimit� costituzionale -Principi e norme di diritto processuale 
comune -Applicabilit� -Limiti. 

Giudizio di le~ittimit� costituzionale -Sospensione dei termini processuali 
nel periodo feriale -Inapplicabilit�. 

La disciplina dei termini stabilita da leggi costituzionali e, suita base 
di leggi costituzionali, da leggi ordinarie per te esigenze dei giudizi di 
legittimit� costituzionale, pu� trovare, entro certi limiti, integrazione in 
principi e norme di diritto processuale comune, purch� queste norme 


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l:'AR'.'rE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 27 

e principi non contrastino con le norme ed i principi peculiari del 
processo costituzionale (1). 

Nei giudizi innanzi azza Corte costituzionale non � applicabile la 
legge 14 luglio 1965, n. 818 suiza sospensione dei termini processuali 
nel periodo feriale (2). 

. . . ({.)missis). -La difesa del Presidente del Consiglio h� eccepito 
�� J;)reli:Minarm.ente l'inammissibilit� del ric;orso . proposto dalla Regione 
Ti-enW10-.A1t() :t\,dige, percJl� .. notificato o1tre il� termine di trenta giorni 
dalla pubbli9azione della legge impugnata, e ha sostenuto l'inapplicabi


�.�.ᥥ lit� nei giud~zi in11a~:zia que.sta Corte della l.14lugliol965, .n. 818, 
� � �.� ~lta so$l)ensione t}ei ter;mtni �processuali nel perfodo�� ~eriale. 
� � � � .... � L~�cezi0:ite1 � fondata; � 

. (1..2{sii1ta lil�i>i?llciil>ilit� dell'.a� �sospensioile dei. termitli processuali .�:il'� i,>'riQdP feriale ~lgiudizio dilei.ttfmitil costituzionale. 

/ > ��� X.a sentt:!llza i?l e.s~mti: � d.i. estrelllli l!Jlp()l:'ta~~ Pt:!r le a#ermazioni di 
prfaci~io cit:�a la� natllr~.�e la funzione dE),1. ;t~t:e>cesso d,i .. legittimit� costltu#
Qn~.EI. eL .~. �o11seguenza, .. della . stessa (:.orte�.� costituzionale..Sotto . questo 
~t;lo].'tantissilll<> aspetto~ essajntegra, pe'.I; ci� �h~ attiene all'ordb1amento 
:t'>:t�c.�ssuale dei gi.(lfai fnnariZ.i. arf.a Corte,. la .fondamentale sentenza nu.
m~fo 13 dEil 16 marzo l96Q: .nella qua.le la Cor~ stessa precis� l!il funzione 
e' i lhnitj. d,el propri!) o,rdinamento processuale, e �differenzi� la sua posizi()
nEI J1ei ri~.ardi dt):gU Ot:ilani. giu(lizil:i,Jii,, ordillari e speciali,. dell'ordina


... t)1ento italiano, La :fUnzione hierat.nente St�'UIJ;lentale e di e metodo � asseil:
i.IU;a, in quella fondamentale sentenza, all'ordinamento dei processi inn,~:
Qzi alla Corte, in relazi<>ne alla funzione fondamentale di questa, di 
suprema garanzia del controllo costituzionale, si esplica, come tutte le 
funzioni J>�'<>Cess'l:lali, essenzialmente mediante ter.mini. 

La materia dei termini � stata in prevalenza regolata non da norme 
iJ;lserite. nella stessa Costituzione �d in suc�essive leggi costituzionali, ma 
:t::lella 1. 11 mai:zo 1953, n. 87 che � . .na legge ordinaria, sia pure con 
SPel;liale Ꮘl'attere, e nelle .e n<>rme integrative � di carattere processuale 
~tl:1;bilite da~la Corte ai sensi dell'art. 14, primo comma e dell'art. 22, secondo 
comma; della l. 11 marzo 1953, n. 87. 

Si � sostenuto; nel giudizio concluso con la sentenza, che questo corpus 
di norIJ;le pr�ce$sl$li po~sse ormai ritener$! un sistema di diritto comune 
nel.nosti;o <>ftl.illa~e.Ilto, �ap11c:e 4~. essere .inter:P.l:'etlilt<> ed fntegrato. in base 
ai prii::t��pl enucleabili dal sistema vigente ed alle norme successivamente 
emanate, ovviamente con .carattere di generalit�, per fa materia processuale, 
in particolare per la materia processuale civile. 

La Corte ha., con que1:1ta sentenza, pur non potendo d,isconoscere la 
integrabilit�,' in generale, del sistema particolare delle sue norme processuali, 
da parte delle norme e dej principi del diritto processuale comune 
(e ne ha indicato un esempio nella applicabilit� delle norme riguardanti 
il giorno di inizio e di scadenza dei termini riconosciuta con la sentenza 

n. 39 del 1960), fissato un limite a �tale integrabilit�, e questo limite ha 
identificato nella necessit� che la anzidetta integrazione non venga a porsi 
.�.�.�::-:::: 
. �.�.�: -� 

28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Va ricordato che l'art. 137 della Costituzione prevedeva che una 
legge costituzionale stabilisse le condizioni, le forme e i termini di proponibilit� 
dei giudizi di legittimit� costituzionale. Successivamente l'articolo 
2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, fiss� un termine 
di trenta giorni per l'impugnativa di una legge della Repubblica da 
parte della Regione e di sessanta giorni per l'impugnativa di una legge 
di altra Regione. L'art. 32 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, precis� quindi 
che nel predetto termine di trenta giorni il ricorso della Regione deve 
essere notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri. La stessa 

1. n. 87 del 1953 fiss� in sessanta giorni il termine per la proposizione 
dei ricorsi per conflitto di attribuzione (art. 39). 
Le ricordate norme sono integrate dalla disposizione che prevede 
la riduzione dei termini fino a met�, contenuta nell'art. 9 della citata 

in contrasto con le esigenze peculiari del processo costituzionale, desumibili 
da norme costituzionali od anche da norme ordinarie emanate sulla 
base di queste;' sicch� l'applicazione delle norme e dei principi di diritto 
comune non abbia a comportare �na menomazione o, quanto meno, una 
distorsione della funzione essenziale, cio� di. supremo controllo costituzionale, 
sia pure nei modi e con le forme della funzione giurisdizionale. 
Con ci�, la sentenza in esame � in linea con la richiamata sentenza 

n. 13 del 16 �marzo 1960, accentuando la funzione strumentale del modus 
operandi mutuato dalla giurisdizione, nei confronti della funzione essenziale 
di controllo proprio della Corte costituzionale e delle esigenze che 
questa funzione �comporta anche nell'applicazione delle modalit� e del metodo 
giudicato dalle indicate fonti come il pi� idoneo per la concreta 
esplicazione della funzione fondamentale della Corte. .. 
Gi� una precisazione della reazione delle fondamentali esigenze della 
funzione propria della Corte sulla applicazione delle norme e dei principi 
vigenti nel sistema processuale comune si era avuta con la riconosciuta 
inapplicabilit� ai giudizi costituzionali della 1. 25 maggio 1958, n. 260 
sulla notificazione degli atti processuali alle Amministrazioni dello Stato, 
dichiarata, appunto, con la sentenza n. 13 del 16 marzo 1960. 

A questo ordine di principi, pu� e deve essere ricondotta anche l'interpretazione 
data dalla Corte (fin dalla ordinanza del 30 dicembre 1956) 
circa il carattere :Perentorio dei termini stabilito per la costituzione delle 
parti in giudizio, termini fissati dall'art. 25 della 1. n. 87 del 1953 e dall'art. 
3 delle norme integrative: laddove, com'� noto, questa perentoriet� 
non si ritiene per le norme del regolamento di procedW"a del Consiglio 
di Stato (richiamate dall'art. 22 della 1. 11 marzo 1953, n. 87) relative alla 
costituzione della parte resistente. 

Ulteriore e definitiva precisazione, con carattere di generalit� e con 
valore di principio, viene fatta, appunto, nella sentenza in esame e l'occasione 
� data dalla insorta questione circa l'applicabilit� o meno della 
legge ordinaria 14 luglio 1958, n. 618 sulla sospensione dei termini processuali 
nel periodo feriale. 

Si trattava di un giudizio di legittimit� costituzionale di una legge 
d�llo Stato (la 1. 22 luglio 1966, n.' 614 sugli interventi straordinari a 
favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale), giudizio 



PARTE I, &,EZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 29 

legge costituzionale n. 1, e da altre disposizioni della citata legge n. 87, 
riguardanti la disciplina temporale del procedimento (art. 23, secondo 
comma; art. 25; art. 26; artt. 29-36). 

Questo complesso di norme costituisce una disciplina dei termini, 
che � particolare dei giudizi di competenza della Corte costituzionale e 
corrisponde all'interesse, di diritto obbiettivo, alla sollecita rimozione 
di eventuali situazioni di illegittimit� costituzionale, soprattutto nei 
raapporti. tra $fato e Regioni. 

Con valutazioni specifica.mente aderenti alla peculiare funzione dei 
giudizi di legittimit� costituzionale, il legislatore costituente e, sulla 
base delle. sue norme, il legislatore ordinario hanno contemperato l'esil�hza 
della c�elrlt� del giudizio con quella di dare un con,ruo tempo, 
;agli org�ni investiti dei poteri di promuovere i detti giudizi e di 
partec;iparvi, per I'es.ercizio dei poteri medesimi. 

wrolriosso in via diretta dalla Regione T.A.A. ai sensi dell'art. 32 della 

1. l.� marzo 1953, n. 87. 
La OOtte costituziOnale aveva, in primo 'luogo, innanzi a s� un problema 
di carattere interpretativo ad essa sottoposto dalla difesa della 
Avvocatura generale, concernente il concreto ambito di applicazione della 

l. n. 818, la quale,,-pur presentandosi, all'art. 1, come legge di sospensione e, 
quindi, modificativa (1) dei termini processuali in generale, in effetti nei 
successiVi a:rtt. 2, 3 e 5 sembrava limitare la portata apparentemente onnicomprensiva 
della espressione, riferendola espressamente alla � materia 
penale � (art .. 2), alla � materia ~ivile � (art,� 3) ed � alla materia amministrativa" 
(art 5), senza menzionare, quindi, n� la� materia costituzionale 
n�, �quanto riieno i giudizi innanzi alla Corte costituzionale, al contrario 
di quanta lo stesso legislatore ordinarlo aveva fatto in altra occasione 
(ad es. art. 2 della 1. 5 luglio 1965, n; 798), menzionando e�ressamente 
e separatamente i giudizi innar,izi alla Corte. 
Un argomento interpretativo contra.rio alla applicazione della legge 
ai giudizi innanzi alla Corte era daHa Avvocatura desunto dalla consegue:
nte applicabilit� della sospensione per ferie anche ai ricQ<rsi per regolamento 
di competenza indicati nell'art. 39 della 1. 11 marzo 1953, n. 87 
ed ai relativi procedimenti incidentali di sospensione previsti dall'art. 40 
della stessa legge: laddove l'art. 5 della legge di sospensione espressamente
� esclude dall'ambito della sua applicazione, i procedimenti incidentali 
di sospensione innanzi al Consiglio di Stato. 

La Corte, �pur riconoscendo espressamente la esattezza della interpretazione 
della Avvocattwa, non ha ritenuto di risolvere la questione sul 
piano interpretativo della L n. 818, ma ha preferito impostare e risolvere 
la questione stessa sul piano (che pure era stato fatto valere dalla Avvocatura) 
dei rapporti tra le norme ed i principi del processo ordinario, 

(1) Sul carattere e sulla efficacia di modificazione del termine da attribuire 
ad una legge di sospensione, non sembra possa esservi dubbio, nonostante che il 
patvocinio deUa Regione avesse, nel giudizio innanzi alla Corte, strenuamente sostenuto 
la tesi del diverso modo di computare it termine che sarebbe proprio della 
sospensione, ferma la perentoriet� del termine stesso. 

30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ne deriva che l'ordinamento processuale di tali giudizi ed il regime 
dei termini da esso stabilito possono trovare integrazione in principi 
e norme di diritto processuale comune (ad esempio, nelle norme riguardanti 
il giorno di inizio e di scadenza dei termini, come questa Corte 
ebbe gi� ad affermare nella sentenza n. 39 del 1960), ma solo in quanto 
dette norme e principi non contrastino con le norme e i principi peculiari 
del processo costtiuzionale, e in quanto la loro applicazione non 
possa produrre alterazioni o distorsioni rispetto alla funzione a cui il 
detto processo � preordinato. Ci� trova .conferma nel richiamo, contenuto 
nell'art. 22 della 1. n. 87, alle norme del regolamento per la procedura 
innanzi al Consiglio di Stato in s.g. soltanto in quanto aapplicabili. 


anche laddove possano ritenersi in astratto applicabili alla Corte, e le esigenze 
peculiari desumibili dalle norme e dai principi del processo costituzionale 
e, soprattutto, dalla funzione alla quale il processo � preordinato 
col menizonato carattere strumentale. 

Ne � derivata una soluzione razionale, adeguatamente ragionata, in perfetta 
armonia con le esigenze fondamentali del controllo della Corte, specie 
per quanto concerne le particolari esigenze dei giudizi di legittimit� 
costituzionale proposti in via diretta dallo Stato o dalla Regione, esigenze 
identificate nella necessit� di non mantenere lo stato di incertezza, della 
legge o dell'atto avente forza di legge soggetti alla impugnazione, oltre 
il termine ritenuto, all'uopo, congruo dallo stesso legislatore costitu::nte 
e, sulla determinazione di questo, dal legislatore ordinario. 

Con ci� la sentenza sembra avere espresso anche il voto che la particolare 
disciplina del processo costituzionale non abbia a subire, per le 
anzidette esigenze, modifiche nei termini, �quanto meno per ci� che concerne 
i giudizi proposti in via diretta, neanche nei modi e nelle forme 
in cui questa modifica potrebbe validamente essere fatta, cio� mediante 
legge costituzionale. 

Giacch� nel giudizio concluso dalla sentenza sembrava essersi dimenticato 
che la fissazione del termine per la proponibilit� del giudizio in 
questione era stata dalla stessa Costituzione (art. 137) demandata ad una 
legge costituzionale (da regola<rsi, quindi, come materia costituzionale): 
e che, in adempimento di questo precetto e nell'ambito delle valutazioni 
aderenti alle necessit� della funzione della Corte, la legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. 1, prima ancora della legge ordinaria 11 marzo 1953, 

n. 87, aveva fissato il termine stesso in 30 gg. dalla pubblicazione della 
legge o dall'atto avente forza di legge. Sicch�, non era affatto vero che la 
materia del termine in questione fosse stafa integralmente regolata insieme 
e sullo stesso piano di quella dei giudizi incidentali (disciplinata dalla 
1. 11 maTzo 1953, n. 87), ma era rimasta, invece, col carattere ad esso 
impresso dalla Costituzione e dalla legge costituzionale n. 1 del 1948, 
cio� come materia costituzionale (come ha, con a:rgomentazioni sostanziali, 
riconosciuto la sentenza): modificabile, quindi, solo attraverso l'apposito 
pTocedimento previsto dall'art. 138 della �Costituzione. 
(L. TRACANNA) 

QIURIS. COSTITUZIONALE E INTEltNAZIONALE 31 

.Su la base delle esposte �onsiderazioni � �da riconoscere che la 
sosp�risi�ne del decorso dei termini, stabilita dalla I. 14 luglio 1965, 
n'. 818, non � applicabile nei giudizi davanti a questa Corte. 

In� particolare, nei giudizi di legittimit� costituzionale proposti 
in. vi�dh'etta dallo Stato .o dalla .. Regione, C())l:le il .presente, l'applica~
i()ne.� di tale legge, .producendo sostanzialmente l'effetto di �modificare, 
....�.per il Periodo 1:~+iale, J<t durata del tempo Wltro .il quale la legge � 
�..��.�����mpugnabile����prolungherebbe...quella� ..situazi~ne.� �~���incertezza.circa �l'even


:-:��>>.<�� .-: 

��~_.:. 

. �..� tqfe 11~ inteso rUerirsi:ar giudizi in mat#-ia �ivi1~~ penale e ammini~ 

~ii(~lltti~~t~~~�

$poii1;t~il,tj a :funzionfdiverse da .quelle degli altri giudizi considerati 
.� 4#11~ ~~.i$~. 
� 
���..�.� .�. V~ in.tin.e n()ta~<> pile la ~r?ll1o2:iot1~ . 9~1. giu~lzi iu via diretta 

.�� ~vanti ~tia e!>l-fe� �tiidata ad organi iacui att1'1it�. !ta carattere di con.
tin.it~. $'o~rattutto nell'espletamento di .f~zi�?li �di supremo interesse 
� pl;ipbU�o/ 9ome quella d! promuovere i detti.giudizi, cosi che dalla non 

apl;)j1~zi()ne della J� n. 818 del 1965 il()ll derj,ya alcun limite all'eserci~
io �:lel~ri.tto di azione in materia costituziOhale. 
�.��...����� .�.. J)aU~ consid~ra.~iot)l �iJl~;:tnzi.. esposte. �~~riY<t .la inammissibilt� .del 


pr~$ehte n�orso,.:mentreresta. assorbita. la 9~~t~?1le, subortU11atamente 

�.� 
~ro~�st~ dalla difes~f del Presidente. del� Consiglio, .circa la �asserita 
~~4~~a ~lla da.ta. del 16 settembre dei tel'lll!ni prorogati per effetto 
d~lhl l. 14 luglio 19651 n. 818. -(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1422 -Pres. 
Tavolaro S. -Rel. D'Amico -P. M., Di Majo (diff.) -Amministrazione 
finanziaria dello Stato (avv. Stato Pentinaca) c. Berselli ed 
altri (avvocati Alessi e Betzella). 

Competenza e giudsdizione -Giurisdizione esclusiva -Limiti -Vigili 

urbani -Compartecipazione sulle somme riscosse per pene pecu


niarie dovute all'Erario dello Stato -Giurisdizione ordinaria. 

(t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29). 
Impiego pubblico -Agenti governativi -Partecipazione ai proventi di 
pene pecuniarie -Estensione ai vigili urbani, agenti di pubblica sicurezza. 


(1. 26 gennaio 1865, n. 2134, art. 3; r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 126). 
La giuriSdizione esclusiva del giudice amministrativo sussiste solo 
quando si tratta di un diritto nascente dal rapporto di impiego pubblico, 
iZ quale funzioni da momento genetico immediato e diretto della pretesa 
(1). 

I vigili urbani, nominati agenti di pubblica sicurezza con decreto 
prefettizio, sono � agenti governativi � anche agli effetti del diritto aUa 
compartecipazione ai proventi introitati dall'Erario dello Stato in dipendenza 
di contravvenzioni punibili con pena pecuniaria (2). 

(Omissis). -L'Amministrazione delle Finanze dello Stato sostiene 
che difetta nella specie la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, 
poich� la questione da l'isolvere -se ai vigili urbani del Comune 
di Milano spetti o no la compartecipazione alle pene pecuniarie riscosse 
dall'Erario dello Stato -attiene ad un diritto tipicamente e diretta


(1-2) Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e pretese dei 

vigili urbani sui proventi delle contravvenzioni introitati dall'erario dello 

Stato. 

Le questioni giuridiche che emergono, sia pure con diverso rilievo, 

dall'interessante decisione della Cassazione, sono sostanzialmente due, an


che se, per la originalit� dell'interpretazione e per l'esiguit� dei prece




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 33 

mente nascente dal loro rapporto di impiego che perci� comporta la 
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 

Il problema � stato gi� risolto, in una identica fattispecie, dalle 
Sezioni Unite di questa Corte ,cort la sentenza 28 luglio 1962, n. 2230, 
nel senso che la giurisdizione spetta all'autorit� giudiziaria ordinaria. 
N� dall'Amministrazione ricorrente sono esposti nuovi argomenti atti 
a determinare un mutamento di giurisprudenza. 

Nella specie il rapporto di impiego intercede fra i vigili urbani ed 
il Comune di Milano, non tra i vigili e lo Stato; rispetto allo Stato i 
v.igili sono soltanto agenti di pubblica sicurezza, nominati tali con decreti 
del Prefetto, emessi a norma dell'art. 126 r. d. 12 febbraio 1911, 

n. 297, per l'esecuzione deHa legge comunale e provinciale; le domande, 
denti giurisprudenziali specifici (si veda la sent. della Cass. n. 2230 in 
data 28 luglio 1962, Foro it., 1962, I, 1647 per la parte attinente alla I. 26 
genna�o 1865, n. 2134), � la seconda questione quella che merita un pi� 
attento esame e un pi� ampio discorso. 

La prima parte della motivazione della sentenza attiene all'affermata 
giurisdizione dell'a. g. o. a risolvere una controversia avente per oggetto 
la sussistenza o meno, in favore dei dipendenti comunali con qualifica 
di vigile urbano e investiti di funzioni di agente di p. s;, del diritto a 
partecipare ai proventi introitati dall'erario statale in corrispondenza di 
pene pecuniarie punitive di reati contravvenzionali alle leggi ed ai regolamenti 
dello �Stato. La questione riguarda, pi� in particolare, la sussistenza 
o meno, nella fattispecie, della giurisdizione esclusiva del Consiglio 
di Stato ex art. 29, n. 1, r. d. 26 giugno 1924, n. 1054. 

La S. C. si limita a richiamare, in proposito, la ,sua precedente sentenza 
del 28 luglio 1962, n. 2230, ed a ribadire che �sussiste la giurisdizione 
del giudice amministrativo solo quando si tratta di un diritto nascente 
dal rapporto d'impiego �, il quale funzioni � da momento genetico 
diretto ed immediato della pretesa �. 

Nella fattispecie, la connessione con il rapporto di impiego comunale 
sarebbe, secondo la Cassazione, meramente occasionale, tendendo le domande 
dei vigUi urbani controricorrenti ad ottenere il riconoscimento 
della compartecipazione alle pene pecuniarie riscosse dall'erario statale 
sul solo fondamento della qualit�, attribuita agli stessi, di �agenti governativi�. 


In effetti, l'enunciazione teorica del principio � di una chiarezza indiscutibile 
e riflette, tra l'altro, un orientamento ormai costante (Oass., 
14 luglio 1960, n. 1925, in Giust. civ., 1961, I, 92; Cass., lo febbraio 1961, 

n. 206, ivi 1961, I, 375; Cass., 18 luglio 1961, n. 1750, in Foro amm., 1961, 
II, 417; Cass. 30 dicemhre 1963, n. 3246, in Giust. civ., 1964, I, 557; Cass., 
14 aprile 1964, n. 898, ivi 1965, I, 578; Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 
1966, n. 140, in Giust. civ., 1966, II, 173; Cass. 22 luglio 1966, n. 1985, ivi, 
1966, I, 1899). Qualche perplessit�, tuttavia, pu� restare sull'applicazione 
di tale indiscusso indiTizzo al caso concreto, in cui, afferma la S.C., � � 
fatto valere un titolo, quello di agente governativo, che non determina 
il sorgere, tra lo Stato ed i vigili, di un rapporto di impiego, ma rappresenta 
soltanto il conferimento, da parte dello Stato, dell'esercizio di un 
potere � , che non pu� � ritenersi ricompreso nell'ambito del rapporto di 
5 



34 RASSEGNA DELL~AVVOCATURA DELLO STATO 

dirette ad ottenere dall'Amministrazione delle Finanze il riconoscimento 
della compartecipazione alle pene pecuniarie riscosse dallo Stato, sono 
giustificate dalla qualit� di agenti governativi nei vigili e non dal rapporto 
di impiego che li .lega al Comune di Milano. 

� puntuale quindi l'applicazione del principio, costante nelle decisioni 
di questa Corte, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice 
amministrativo solo quando si tratta di un diritto nascente dal rapporto 
di impiego, il quale pertanto funziona da momento genetico diretto ed 
immediato della pretesa. 

Non � cosi invece nella c,ausa presente in cui, a fondamento della 
domanda, � fatto valere un titolo, quello di agente gov,ernativo, che non 

impiego esistente tra il vigile ed il Comune � n� pu� dar luogo � all'istituzione 
di un rapporto di ~mpiego con lo Stato �. 

Ma, nel caso esaminato, la domanda proposta non si riferisce o quanto 
meno non presuppone logicamente il rapporto d'impiego comunale? In 
altri termini, anche richiamandoci al concetto di �occasionalit�� (altre 
volte chiarito dalla Cassazione) tra rapporto di impiego pubblico e diritto 
'soggettivo che si pretende violato, non sembra, a nostro avviso, che 
sia molto palese la � sostanziale autonomia � tra la pretesa dei vigili ed 
il loro status di dipendenti comunali. 

Non si intende certo disconoscere che il rapporto di impiego sussista 
soltanto con il Comune e che la pTetesa venga affermata in irelazione alla 
posizione giuridica dei vigili urbani in quanto agenti di p. s., ma l'art. 126 

r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, attribuisce al Prefetto il potere di nominare 
agenti di P. S. �le guardie campestri, daziarie, boschive ed altre dei Comuni, 
costituite in forza di regolamenti deliber~ti ed approvati nelle forme 
di legge �, e quindi il rapporto con il C'omune � condizione necessaria, 
anche se non sufficiente, del sorgere e del permanere dello � status � di 
agente di p. s. e cio� del rapporto con lo Stato. 
Pur essendo indiscusso che i due rapporti giuridici (con il Comune e 
con lo Stato) non possono non essere concettualmente discriminati, non 
sembra automatica la configurazione del preteso e discusso diritto soggettivo 
alla compartecipazione ai proventi come diritto meramente occasionale 
e conseguenziale rispetto al rapporto di impiego, costituendo quest'ultimo 
un presupposto logico ed imprescindibile (e non soltanto un 
requisito) del decreto prefettizio: i vigili urbani controricorrenti, sono, 
rispetto allo Stato, agenti di P. S., ma non � krilevante che gli stessi sono 
tali anche in quanto sono vigili urbani dipendenti dal Comune. 

La seconda e pi� estesa parte della motivazione della sentenza, attiene, 
invece, alla sussistenza o meno del diritto dei vigili urbani -agenti di 

p. s. -ai proventi di cui all'art. 3 della 1. 26 gennaio 1865, n. 2134. La 
questione � sottile in quanto si riassume, sostanzialmente, nel rispondere 
al seguente quesito: i vigili urbani, agenti di P. S. ex art. 126 r. d. 1911, 
n. 297, citato, sono ricompresi nella categoria degli �agenti governativi� 
di cui parla l'art. 3 della suddetta legge del 1865? 
La S'. C. non ha dubbi nella risposta affe'l'mativa, che discenderebbe 
con tutta evidenza sia dalla lettera della legge che tramite un procedimento 
di interpretazione logica. Sotto questa ultima visuale, l'esclusione 
dei vigili dal riparto ai proventi contravvenzionali introitati dall'erario 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 35 

determina il sorgere, fra lo Stato e i vigili, di un rapporto di impiego, 

ma rappresenta soltanto il conferimento, da parte d�llo Stato, dell'eser


cizio di un potere; la qualifica di vigile urbano � soltanto il requisito 

richiesto per l'attribuzione dei poteri di agente governativo, senza che 

peraltro l'esercizio di tali poteri possa ritenersi rkompreso nell'ambito 

del rapporto di impiego ,esistente tra il vigile ed il Comune n� dar luogo 

all'istituzione di un rapporto di impiego con Io Stato. 

Non appare perci� appropriato il richiamo n� alle decisioni di 

questa Corte che hanno riconosciuto la giurisdizione esclusiva dei! giu


dice amministrativo nelle controversie tra i funzionari delle cancellerie 

statale si scontrerebbe con l'esigenza di � stimolare l'attivit� dell'agente 

abilitato all'accertamento dei reati contravvenzionali � e con la necessit� 

di non operare ingiustificate discriminazioni. 

L'argomentazione derivante dall'interpretazione logica non ci sembra 

decisiva, sia perch� � prevalso negli ultimi anni l'orientamento legislativo 

tendente a sopprimere il diritto a partecipare ai proventi delle pene pe


cuniarie per cui il contrario indirizzo ha assunto una portata di carattere 

eccezionale, sia perch�, infin�, la controversia ci sembra debba essere 

essenzialmente e !)Tevalentemente risolta sulla base della forza immediata 

e letterale delle disposizioni normative della legge del 1865, dovendo le 

argomentazioni logiche e meno immediate soccorrere l'interprete soltanto 

nell'ipotesi, non ricorrente nella specie, di una non limpida, o quanto meno, 

insufficiente chiarezza concettuale delle norme. Ed � a queste ultime che 

conviene limitare la disamina. 

L'art. 1 della legge del 1865 statuisce l'appartenenza all'erario dello 

Stato dei proventi derivanti da contravvenzioni � alle leggi ed ai regola


menti di interesse nazionale�� Il successivo art. 2 riconosce l'analogo di


ritto di appartenenza alle Province ed ai Comuni per quanto attiene ai 

proventi delle contravvenzioni alle disposizioni regolamentari di tali enti. 

L'art. 3, che qui maggiormente interessa, da un lato attribuisce agli 

� agenti governativi scovritori di una contravvenzione punibile con pena 
pecuniaria appartenente all'erario nazionale� il diritto a partecipare ai 
relativi introiti statali, dall'altro distintamente lascia ampia libert� agli 
. enti locali territoriali di eventualmente stabilire, con apposite norme re\
golamentari, la misura della partecipazione dei propri dipendenti aglr in~
oiti degli enti stessi in dipendenza di reati contravvenzionali. 
.. La formulazione legislativa non � tra le pi� precise se rapportata alla 
v:iinologia moderna ed in questo senso non si pu� non concordare con 

\ C. che tale rilievo formul� gi� nella sentenza n. 2230 del 1962 pi� 
..:11te citata, ma, se da un lato questa osservazione pu� gi� offuscare la 
sicurezza con la quale la questione � stata presentata e decisa dalla Cassazione, 
il difetto di chiacrezza terminologica della legge, interpretata a 
cento anni di distanza dall'emanazione, non implica altresi una mancanza 
di �Chiarezza concettuale, anche tenendo conto che la possibilit� di 
esplicare funzioni di agente di p. s., da parte dei vigili urbani, � scaturita 
dalla volont� del legislatore del 1911, per cui � indubbio che gli 

� agenti governativi � dell'art. 3 cit. non erano e non potevano essere, 
per il legislatore del 1865, che gli agenti legati allo Stato da un rapporto 
di servizio. E qui sta proprio il nucleo della questione, in quanto la dizione 
� agente governativo� fa riferimento a soggetti con i quali intercorre, 

36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e segreterie giudiziarie e lo Stato in tema dei cosiddetti proventi di 
cancelleria, poich� in questa ipotesi sono in discussione proprio le norme 
che regolano, sotto l'aspetto patrimoniale, il rapporto di impiego, n� a 
quelle altre pronunce che riconoscono la giurisdizione esclusiva anche 
quando si faccia valere la pretesa all'assistenza di un familiare dell'impiegato 
da parte dell'ente pubblico, poich� anche in questo caso � in 
discussione l'esistenza di un diritto immediatamente derivante dal rapporto 
di impiego. 

Nel merito il ricorso dev'essere respinto nei confronti di tutti i 
contraddittori dell'Amministrazione delle Finanze, tranne che nei confronti 
del Berselli, rispetto al quale, come si dir�, il ricorso stesso � 
inammissibile. 

nei confronti dello Stato, non soltanto un rapporto organico ma altres� 
un rapporto di servizio. 

La distinzione tra i due rapporti ci sembra fondamentale. Mentre 
il rapporto di servizio ha carattere prevalentemente patrimoniale, in quanto 
attiene alla remunerazione delle prestazioni lavorative o comunque a 
situazioni soggettive che hanno, in modo diretto od indiretto, una rilevanza 
patrimoniale o materiale, il rapporto organico ha carattere prevalentemente 
� organizzatorio �, e sta alla base dell'imputazione dell'attivit� 
amministrativa in quanto funzione e del riparto -attribuzione delle potest�, 
quasi prescindendo dalla materialit� del' soggetto agente. 

Non v'ha dubbio che i vigili urbani controricorrenti sono legati da 
rapporto di servizio con il Comune e tale rapporto non soffre soluzione 
di continuit� anche nel momento in cui gli stessi esplicano funzioni di 
agenti di P. S. per conto dello Stato. D'altra parte il potere che � loro 
con:llerito dal decreto prefettizio non implica automaticamente l'attribuzione 
di un diritto a compensi per l'attivit� prestata in favore dello Stato, 
n� sembra potersi tranquillamente sostenere che tale diritto possa riconoscersi 
dilatando la nozione di �agente governativo�. 

A noi sembra che il legislatore del 1865, con la disposizione normativa 
di cui all'art. 3, abbia voluto fare riferimento agli agenti -dipendenti 
dello Stato. Riteniamo, pertanto opportuno, agli effetti della partecipazione 
ai proventi di cui trattasi, non confondere la categoria degli agenti 
di p. s., con i quali intercorrono rapporti di servizio con lo Stato, da 
quella degli agenti di P. s., con i quali tale rapporto non sussista e che 
abbiano soltanto un � rapporto organico � con lo Stato. La S. C., trascurando 
tale distinzione, ha fatto discendere il diritto di natura patrimoniale 
dalla sussistenza del rapporto organico, non attribuendo alcun rilievo giuridico 
alla netta contrapposizione, chia,ramente espressa nella legge, tra 
gli �agenti governativi� di cui al comma 10 dell'art. 3 e gli agenti dei 
Comuni e delle Province di cui al comma 3o dello stesso articolo, nonch� 
tra gli introiti derivanti dalle pene pecuniarie spettanti allo Stato e quelli 
spettanti agli enti locali territoriali. 

Concludendo, riteniamo che la S. C. abbia forzato, forse per ragioni ~=; 
di equit�, l'inequivocabile lettera e ratio della legge del 1865, il cui arti-: 
colo 3, 10 comma, ci sembra inapplicabile ai dipendenti degli enti locali 
territoriali. lli 

U. GIARDINI 

(1. 24 febbraio 1948, n. 114, art. 11; 1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104). 

'38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Procedimento civile -Convenuto non legittimato passivamente alla 
lite -Interventore -Esclusione -Spese -Effetti. 

(c. p. c., artt. 91 e 105). 
Le norme sul computo della quota di conferimento prevista dalla 
Tiforma agraria nella regione siciliana ed anche quella dell'art. 11 della 

l. n. 114 del 1948, la quale in esse si inserisce sostanzialmente integrandole 
con la previsione di una detrazione, sono di azione e non di relazione, 
onde l'eventuale illegittimit� del relativo procedimento trova la 
Jiua sede di possibile repressione davanti al Giudice amministrativo (1). 
n soggetto convenuto, sia pure insieme ad altri, in un giudizio, nel 
quale come tale si � costituito, non pu� quaLifi,carsi interventore ed, 
agli effetti deWonere delle spese, a nulla rileva che egli non essendo 
passivamente legittimato abbia assunto sul merito della causa una linea 
difensiva in parte comune ad altro convenuto, soccombente (2). 

(Omissis). -Con atto di citazione del 14 ottobre 1959 Mattina 
Vincenzo conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo I'Assessorato 
Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana e l'Ente per la 
riforll\a agraria in Sicilia (ERAS) affinch� si dichiarasse che dalla quota 
di conferimento, determinata nei suoi confronti in esecuzione della 
riforma agraria in Sicilia, dovevano essere detratte lire 17.750,52 di 
reddito domenicale, in forza del beneficio (di cui all'art. 11 della legge 
statale 24 febbraio 1948, n. 114) spettantegli in relazione al trasferi


-~ 

mento, per la formazione della piccola propriet� contadina, effettuato 
con atti 27-28 dicembre 1950, 23 gennaio 1951 e 16 marzo 1951; nonch� . 


. 

per sentire dichiarare, in linea subordinata, il proprio diritto ad avere 
, 
. 
restituiti i terreni (ha 4.47.21) che, pur non essendo compresi nel piano ' 

' 

IIdi conferimento, gli erano stati espropriati. 

(1) Sulla prima massima, oltre alla sentenza delle stesse sezioni unite 
della Corte di cassazione n. 2994 dell'll ottobre 1955 (in Foro it., 1955, 
I, 1292 ,ed ivi note 6-7), richiamata in quella di cui si tratta, cf.r. Cass., 
Sez. Un., 24 marzo 1964, n. 663 in questa Rassegna, 1964, I, 669 e ivi nota 2. 
(2) La seconda massima appare, invero, ovvia cosi come risulta meglio 
daHa motivazione della sentenza in rassegna, la quale si � giustamente 
soffermata con maggiore ampiezza sulle importanti questioni, di cui alla 
~ 

prima massima, appena accennando alle altre; tra queste anche ovvia 

~ 

Y.�

appare la incensurabilit� da parte della Corte di cassazione delle statui


f 

zioni riguairdanti la cancellazione di espressioni ritenute sconvenienti ed ~== 

~:: 

offensive dai Giudici di merito con motivazione congrua e corretta, tanto {jj 

che non � sembrato. il caso di pubblicare la relativa massima. S'i pubblica, 

1:~ 

invece, pure la parte di fatto della sentenza per rendere pi� compreni=' 


sibile la � questione �, di cui alla seconda massima. V 

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:::f#t::-&l'��C�@&mlr.l�tl'W~ll1'�&rwla811l,;ir'=t 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 39 

Deduceva l'attore che, per la concorrente attivit� di entrambi i convenuti 
era stato privato, fin dal 10 ottobre 1952, del possesso di 69 ettari 
di terreno, espropriati senza l'osservanza delle forme prescritte dalla 
legge regionale di riforma agraria (1. 27 dicembre 1950, n. 104) e senza 
tenere conto dei trasferimenti di terreno che aveva effettuati in applicazione 
de1le disposizioni per la formazione della piccola propriet� contadina, 
la cui valutazione avrebbe comportato il suo totale esonero 
dall'obbligo del conferimento. Deduceva, inoltre, che soltanto con decreto 
dell'Ispettorato regionale dell'agricoltura in data 17 aprile 1957, 
divenuto esecutivo il 5 luglio 1958, l'ERAS aveva cercato di uniformarsi 
alle norme della legge regionale, facendo approvare il prescritto piano 
di conferimento (il quale, peraltro, determinava nel pi� ridotto limite 
di ettari 64 la quantit� di� terreno di sua propriet� soggetta ad espropriazione, 
senza tuttavia provvedere alla restituzione del terreno appreso 
in eccedenza). 

Costituitosi in giudizio, l'ERAS chiedeva che il tribunale dichiarasse 
il difetto di giurisdizione a decidere sulle domande, o comunque 
le rigettasse nel merito. L'Assessorato regionale eccepiva, a sua volta, 
in ordine alla prima domanda, riguardante l'esonero dal conferimento 
in relazione ai trasferimenti di terreno per la formazione della piccola 
propriet� contadina, il difetto di giurisdizione del .giudice ordinario, 
trattandosi di questione concernente la determinazione della quota da 
conferire, che rientra nella competenza del giudic~ amministrativo: e 
quanto alla domanda subordinata dell'attore, pur non disconoscendo il 
diritto di quest'ultimo a conseguire la restituzione dei terreni consegnati 
in eccedenza, rispetto alla quantit� fissata nel piano di conferimento, 
sosteneva che dal mancato godimento di essi nessun risarcimento di 
danni derivava al proprietario, avendo egli stesso impedito o rifiutato 
la restituzione. 

Con sentenza 16 giugno 1959 l'adito Tribunale dichiarava il difetto 
di giurisdizione in ordine alla domanda tendente all'esonero dal conferimento, 
e condannava l'ERAS alla restituzione dei quattro ettari eccedenti 
la quota, ai danni relativi, nonch� a quelli derivanti dal prematuro 
spossessamento dei terreni soggetti ad esproprio, da liquidarsi in 
separato giudizio. Riteneva, poi, priva di Jegittimazione passiva alla 
causa l'Amministrazione Regionale, e disponeva la compensazione delle 
spese nei suoi confronti sul rilievo che, non essendosi limitata a difendersi 
sulla sola questione della giurisdizione, ma avendo affiancato 
l'ERAS nelle difese di merito, doveva ritenersi soccombente anche essa, 
se pure in parte. 

Giudicando sul gravame principale, proposto dal Mattina, e su 
quello incidentale proposto dall'Assessorato, la Corte di Appello di 
Palermo, con la sentenza 6 settembre 1962, ora denunziata per cassazione, 
rigettava l'appello del Mattina, ed in accoglimento di quello del




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

40 

l'Assessorato, condannava il primo alle spese di entrambi i gradi del 
giudizio; ordinava, inoltre, la cancellazione di aJ.cune espressioni, contenute 
nella comparsa conclusionale del Mattina, ritenute sconvenienti. 

Osservava la Corte di merito: 

che tutte le operazioni, che servono a stabilire il reddito dominicale 
complessivo, sul quale applicare l'aliquota di conferimento, hanno 
funzione meramente strumentale, rispetto al provvedimento di individuazione 
dei terreni da conferire; provvedimenti che, come si desume 
dall'art. 32 della legge di riforma (il quale, in ordine alla scelta, indica 
solo criteri di massima), � discrezionale; 

che rientrando fra le dette operazioni preparatorie anche quella 
concel'nente la concessione ed il calcolo del beneficio di cui all'art. 11 

d. I. 24 febbraio 1948, n. 1].4, invocato dal Mattina, anche su tal punto 
la posizione del .singolo, il cui diritto di propriet� � stato degradato ad 
interesse legittimo, deve ritenersi presa in considerazione solo in via 
riflessa ed indiretta,� e perci� protetta esclusivamente dalla giurisdizione 
amministrativa; 
che, essendosi l'Assessorato difeso �sempre nella qualit� di convenuto, 
anche quando ha confutato nel merito la pretesa per le quali non 
era passivamente legittimato, l'accoglimento di questa eccezione pregiudiziale 
non pu� fargli imputare le altre difese in veste d'interveniente 
adesivo e, perci�, giustificare la pronunzia di compensazione delle spese; 

che il carattere offensivo delle espressioni, adoperate nella comparsa 
del Mattina, non poteva giustificarsi anche e soprattutto in considerazione 
che nessuna necessit� di difesa imponeva .di stigmatizzare in 
maniera cosi cruda l'attivit� dell'Ente e la capacit� tecnica dei suoi 
funzionari. 

Contro la sentenza ora riassunta, nei termini essenziali, ha proposto 
ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione il Mattina sulla base di tre 
mezzi di annullamento; ha resistito mediante controricorso l'Assessorato 
dell'Agricoltura e Foreste della regione siciliana, non ha inteso di contraddire 
l'Ente di Riforma Agraria in Sicilia (ERAS) al quale pure � 
stato notificato il ~icorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo il Mattina, denunziando la violazione degli 
artt. 2 e 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E; 12 e 15 disp. prel. c. c.; 11 

l. statale 24 febbraio 1948, n. 114; 30 1. Regione siciliana 20 dicembre 
1950, n. 104; 834 c. c., 14 r. d. 1. 15 maggio 1946, n. 455; in relazione 
ai nn. 1, 3, 5 dell'art. 360 c. p. c., assume che la Corte di merito ha 

42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� noto che per stabilire se la competenza spetti al giudice ordinario 

o al giudice amministrativo, occorre avere riguardo, di regola, e far 
riferimento all'oggetto sostanziale del giudizio, quale si ricavi dal petitum 
e dalla causa petendi; nel senso che, ove si sostenga il difetto assoluto 
di potere della P. A. in materia, � in discussione un diritto soggettivo 
e la giurisdizione spetta al giudice ordina�rio; ove, invece, si ammetta 
l'esistenza del potere, ma si contesti la regolarit� del suo esercizio, � in 
questione un interesse legittimo e la giurisdizione compete al giudice 
amministrativo. 
Il carattere vincolante della norma non �, per�, di per s� solo, sufficiente, 
non basta che uno dei momenti della condotta della P. A. sia 
tassativamente imposto, senza margine di discrezionalit�, perch� da ci� 
si debba desumere l'attribuzione di un diritto soggettivo al privato. Il 
criterio � dato, invece, dalla funzione del comando, rispetto all'azione 
della Pubblica Amministrazione, e dalla posizione che vi assume l'interesse 
in esso protetto; se la norma stessa � diretta a regolare l'attivit� 
della publica Amministrazione in vista del perseguimento dell'interesse 
pubblico (norma di azione) la tutela del privato non pu� non essere 
subordinata, riflessa o indiretta; se invece il comando legislativo riconosce 
al privato una posizione autonoma, con rilevanza esterna, che 
esorbita, cio�, dalla sfera della P. A. per assicurare, immediatamente e 
direttamente, la situazione soggettiva del privato, ivi si � di fronte ad 
un diritto soggettivo perfetto, tutelabile davanti al giudice ordinario. 

Alla stregua dei rilievi che precedono, crisulta corretta la risoluzione 
che nella specie � stata data dalla sentenza denunciata alla questione 
della giurisdizione, nel senso che essa spetti al giudice amministrativo. 


Ed invero, la .legge di riforma agraria siciliana (1. reg. 27 dicembre 
1950, n. 104) pur senza sopprimere il diritto di propriet� nella sua 
fondamentale natura di diritto soggettivo, ne prevede l'assoggettabilit� 
ad obblighi ed a vincoli, che mettono in rilievo l'eminente interesse 
pubblico �che sovrasta tutta la normativa, di fronte aJ. quale l'interesse 
privato viene a trovarsi in una situazione di subordinazione. 

La legge �stessa, invero, dopo avere posto in via generale l'obbligo 
del conferimento (art. 22); stabilisce il modo e la quota, la quale � 
determinata in base al reddito dominicale complessivo e al corrispondente 
reddito medio per ettaro (art. 23); precisa che le percentuali di 
conferimento sono quelle risultanti dalla tabella allegata; elenca alcune 
esclusioni dal computo: chiarisce che la propriet� complessiva, soggetta 
a conferimento, si determina con riguardo al momento dell'entrata in 
vigore della legge, non tenendosi conto dei trasferimenti successivi a.Ua 
data indicata nell'art. 30. 

� bensi vero che questa serie di operazioni ha carattere vincolato, 
ma it vincolo non � posto neU'interesse e a tutela del soggetto espro



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 

priato, sebbene a salvaguardia, principalmente, degli scopi d'interesse 
pubblico che si vogliono perseguire. Il che � reso palese, oltre che dall'insieme 
delle norme, dalle considerazioni che persino l'individuazione 
qualitativa del terreno da conferire (operazione culminante e del massimo 
rilievo) � rimessa ad una valutazione discrezionale (discrezionalit� 
tecnico-amministrativa) dell.'Ente per la Riforma, essendo i criteri indicati 
nell'art. 32 criteri di massima e non tassativi. 

Dalla riassunta normativa si evince che tutte le operazioni, anteriori 
al provvedimento di individuazione del ter,reno o dei terreni da 
conferire, hanno una funzione meramente strumentale, in quanto servono, 
cio�, a determinare :il reddito dominicale complessivo, sul quale 
applicare le aliquote; e si evince, altresi, che proprio per questo loro 
riferimento a momenti preparatori .e preliminari dell'atto di individuazione, 
le norme sul computo debbono qualificarsi come norme di azione. 

Pertanto, l'asserita illegittimit� del procedimento, in base a cui 
l'Ente per la riforma agraria in Sicilia avrebbe malamente determinato, 
nei suoi confronti, la quota di conferimento (per mancata detrazione 
dal reddito dominicale complessivo di lire 17.750, in forza del beneficio 
di cui all'art. 11 della I. statale 24 febbraio 1948, n. 114, che assume 
spettargli in relazione al trasferimento di altri terreni, operato in precedenza 
per la formazione della piccola propriet� contadina) non configurando, 
a .sensi della normativa regionale ora vista, la violazione di un 
diritto soggettivo perfetto, ma di un semplice diritto affievolito, trova 
la sua sede di possibile repressione avanti al giudice di legittimit� degli 
atti amministrativi, e non avanti al giudice ordinario, come si sostiene 
dal ricorrente. 

E non vale .obbiettare -altro argomento posto a base del mezzo in 
esame -che quanto meno dal disposto dell'art. 11 della 1 .. reg. n. 114 
del 1948 sorgerebbe, in capo al Mattina, un diritto soggettivo di natura 
autonoma e di forza prevalente, non sottoposto, come tale, ad affievolimento 
per effetto dell'entrata in vigore dei provvedimenti espropriativi, 
emessi in forza della legge regionale .di riforma fondiaria del 1950. 

La norma dell'art. 11, infatti, lungi dal contrastare o prevalere o 
essere comunque inconciliabile con .l'altra normativa (quella della riiorma 
agraria regionale) viene sostanzialmente ad integrarla, inserendosi, 
la concessione del premio, nel procedimento di determinazione 
della quota di conferimento, sotto forma di detrazione di una quantit� 
di reddito dominicale pai'i al reddito gravante sui terreni, in precedenza 
trasferiti per la formazione della piccola propriet� contadina. 

Perci�, rispetto alla detrazione ex art. 11 della legge statale in 
considerazione, la posizione del proprietario, soggetto alla I. n. 104 del 
1950, sulla riforma agraria siciliana, non differisce punto da quella che 
lo stesso ha rispetto a qualsiasi altra detrazione, contemplata dalla me



44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

desima legge regionale, ed attuata attraverso quelle norme qualificate 
di azione, come gi� visto. 

Sar�, quindi, il giudice amministrativo che dovr� vagliare la pretesa 
del Mattina, per decidere se gli competono detrazioni ed in quali 
limiti, in conformit� della normativa statale regionale; eppertanto, anche 
secondo il profilo ora esaminato, il primo mezzo del ricorso va respinto. 

Passando al secondo motivo, rileva la Corte che la censura che con 
esso si propone non ha consistenza. 

Il Mattina critica la sentenza denunciata perch� la stessa, agli effetti 
della pronunzia sul regolamento delle spese del giudizio, non ha 
ritenuto l'Assessorato per l'Agricoltura soccombente, almeno in pa.rte, 
insieme all'ERAS, con cui fece causa comune, nella difesa di merito; e 
mentre ha condannato alle spese nei suoi confronti l'ERAS, non ha, nei 
confronti dell'Assessorato, nemmeno confermato l~ pronuncia di compensazione, 
emessa dal tribunale (ritenendolo nei suoi confronti addirittura 
vittorioso). 

A sostegno di detta censura il Mattina deduce che l'Assessorato 
avrebbe dovuto considerarsi e ritenersi quanto meno interveniente volontario 
(ad adiuvandum dell'altro convenuto [ERAS]), con la conseguenza 
di una comune soccombenza nelle spese, come dimostrava anche 
il suo comportamento ed atteggiamento in giudizio. Ed aggiunge che dai 
vari scritti difensivi dell'Assessorato risultava che lo stesso, invece di 
limitarsi ad eccepire il difetto di giurisdizione, si era opposto anche nel 
merito alla domanda, facendo causa comune con l'ERAS (unico legittimato 
a contraddire alla pretesa fatta valere dal Mattina). 

A dimostrare l'inconsistenza della censura giova osservare che correttamente 
la sentenza impugnata si � rifiutata di aderire alla tesi del 
Mattina, il quale ha sostenuto anche in grado di appello che all'Assessorato 
spettasse la quali.fica d'interventore. E le ragioni sono proprio 
quelle, chiaramente indicate in motivazione; che il Mattina propose la 
domanda contro l'ERAS e l'Assessorato, ritenendoli entrambi legittimati 
passivamente all'azione; che l'attore insistette in tale condotta, sostanziale 
e processuale della causa, e prese conclusioni contro ciascuno di 
essi; che l'Assessorato si costitu� in causa come convenuto, e tale posizione 
mantenne per tutto il corso del giudizio.. 

Da siffatta puntualizzazione risulta evidente che, anche per la statuizione 
in esame, la sentenza non presta il fianco a censura. Non pu�, 
invero. rettamente qualificarsi e ritenersi che abbia natura e carattere 
di intervento adesivo in giudizio quello svolto da un soggetto che sia 
stato convenuto in proprio dall'attore, sia pure insieme ad altri, e in 
tale veste e qualit� siasi costituito, anche se la linea difensiva assunta 
possa essere stata in parte comune con altri convenuti. 

La condanna �alle spese dell'attore Mattina nei confronti del con


venuto Assessorato, atteso il difetto di giurisdizione affermato, trova 



Il, GlURIS. SU QUES'1JlONI DI GIURISDIZIONE 45 Il, GlURIS. SU QUES'1JlONI DI GIURISDIZIONE 45 
pertanto ..tia. .legittima causale sul piano logico e giuridico; mentre 
sarebbe stato in~iusto accomunare, agli effetti delle spese, la posizione 
del vincitore Assessorato a quella del soccombente ERAS. 

$.fte~o mezzo di ri.corso, si osserva che la censura che con esso si 
pr~etta �concerne a:qprezzamento di fatto, congruamente e correttamente 
motjvato dal giM;ice di merito. 

.. 'l!.l~t9!>.ha rite1'l'l:l,tQi sconvenienti ed offensive alcune espressioni, 

�~ol1tm~t~ #ella co)1;lpa1'Sa;coo.clusionale del Mattino, e ne ha ordinato la 
� �ah<:~Il~~fo~~. afsensi del disposto dell'artt. 89 c. p. c., �spiegando che 
.� t~ttaY.ii$i }U l}atol� �di significato obbiettivamente ingiuriose, non rese 

ll~ijlitat:~;:i:::::: :~:~s~~~o incensurabile in questa sede 
.ᥥ..�. 4�Jf!!git:tfJ:nit�~ e auPertlua sarebbe ogni considerazione che qui si volesse 
...�.�..:tj,;~�� '.6���(Qm#tja), 

i 
i > 

C!o1''1'il b:f CASSAZIONE, Sez. Un., 1~ ottobre 1966 n. 2424 -Pres. 

. 
ft6fe-Rel. Felicetti -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Giaimo (avv. 
PJAbbiero) c. Convitto nazionale Cristoforo Colombo di Genova 
favv. dello Stato Colletta). 

,Cqmpetenza e giurisdizione -Rapporto di impiego tra i Convitti nazionali 
ed il personale insegnante nelle scuole da essi gestite -Controversie 
-Giurisdizione del Giudice ordinario. 

(r. d. 6 maggio 1923, n. 1054, artt. 118 e segg.; r. d. 4 maggio 1925, n. 653, 
art. 51; r. d. 22 ottobre 1931, n. 1410, articolo unico; I. 9 gennaio 1942, n. 86, 
artt. 2, 3, 6, 7, 8, 14). 
1Z 'l'apporto di impiego tra i convitti nazionali, che gestiscono pure 
$/!t�;Qle le$Ja.tm.ente riconosciute, e il personale insegnante che tali enti 
c,tfw>P., a,s$y,m,.ono, ha carattere privatistico, oode sulle controversie le 
q~~ti trQ.ggpfltQ. grigin.e da un siffatto rapporto ha giurisdizione il giudice

Mi:U!lario (i) .. ��. � 

(Om.�ssi$)..'7 ~uesta .Corte Suprema ha ripetutamente affermato, 
decidendo la questione oggi proposta, che la giurisdizione sulle controversie 
nascenti dal rapporto d'impiego fra i Convitti Nazionali i quali 

(1) In senso conforme v. Cass., Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847, in 
questa Rassegna, 1964, I, 670, ed ivi ZAGARI, La giurisdizione in tema di 
rapporto di lav�ro degli insegnanti deUe scuote dei Convitti nazionali (nota 
critica); in senso nettamente difforme � la giurisprudenza, ormai costante, 
del Consiglio di Stato, di recente riaffermata in due decisioni del

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

46 

gestiscono anche una scuola legalmente riconosciuta e gli insegnanti che 
tali enti assumono per questo fine appartiene al Giudice Ordinario e 
non al Giudice Amministrativo. (v. fra le altre sent. a Sez. Un. n. 847 
del 1964 per il Convitto Naz. Vittorio Em. II di Napoli; n. 1321 del 1965 
per i Collegi riuniti di istruzione professionale femminile di Napoli; 

n. 1105 del 1963 per il Real Convitto Dante Alighieri di Messina). 
L'argomento centrale a sostegno di questa affermazione consiste nel 
rilievo che -come si evince dal collegamento dell'art. 117 del r. d. 
6 maggio 1923, n. 1054 con l'art. unico del r. d. 22 ottobre 1931, n. 1410, 
dettato a modifica dell'art. 124 del Regolamento 10 settembre 1925, 

n. 2009, e con l'art. 51 del Reg. 4 maggio 1925, n. 653 -l'istituzione di 
classi o corsi interni completi d'istruzione media-classica, tecnica, scientifica 
e magistrale che tali convitti sono autorizzati ad effettuare su deliberazione 
dei rispettivi consigli di amministrazione e soggette ad approvazione 
ministeriale ed a previo parere della competente giunta per 
l'istruzione media, costituisce esercizio di una facolt� di diritto privato 
in quanto non rientra necessariamente tra i fini pubblici istituzionali di 
tali enti, i quali, nella gestione delle predette attivit� scolastiche, agiscono 
non diversamente dagli enti e dai singoli soggetti privati cui sia 
stata concessa l'autorizzazione d'istituire e gestire una scuola parificata 
o legalmente riconosciuta. 
A tali ragioni in sostanza altro non si oppone se non che l'istruzione 
sarebbe compresa nello � sviluppo intellettuale e fisico � dei giovani 
indicato quale fine istituzionale dei Convitti Nazionali dall'art. 118 del 

r. d. 6 maggio 1923, n. 1054; e che a norma degli artt. 8 e 14 della 
1. 9 gennaio 1942, n. 86 le e classi o corsi completi � di istruzione che i 
Convitti Nazionali possono essere autorizzati ad istituire sarebbero 
pareggiati alle scuole statali in quanto tenuti da enti pubblici. 
Ma tali obiezioni non sono nuove; esse sono gi� state disattese da 
queste Sezioni Unite anche recentemente con la sentenza n. 846 del 1964 
per la considerazione che a norma dell'art. 133 della Costituzione l'insegnamento 
� libero e l'istituzione, sotto l'osservanza di determinate 
condizioni, di scuole parificabili con quelle statali per determinati effetti 
� consentita a tutti, enti e privati, si ch� -essendo il carattere pubblicistico 
impresso ex lege alle sole scuole statali -l'insegnamento impar


l'Adunanza plenada: C. d. S., Ad. plen., 13 maggio 1966, n. 11, in questa 
Rassegna, 1966, I, 878 ed ivi nota 1 (la motivazione si pu� leggere in 
Cons. Stato, 1966, 869), e C. ~� S., Ad. plen., 5 novembre 1966, n. 20, in 
Cons. Stato, 1966, 1949 (solo massima). 

Le altre pronunzie della stessa Corte di cassazione, richiamate nella 
sentenza, di cui si tratta, sono rispettivamente state pubblicate: Cass., 31 
luglio 1941, n. 2482, in Foro it., 1942, I, 152; Cass., 25 ottobre 1956, n. 3943, 
in Riv. giur. lav., 1957, II, 13; Cass., 6 maggio 1963, n. 1105, in Foro it., 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 

tito in scuole non statali, anche se parificate o pareggiate, non perde il 
suo sostanziale carattere privato. 


Nulla poi esclude -pu� aggiungersi -che la gestione delle predette 
scuole o corsi ad opera di enti o di privati sia qualificata altresi 
da fine di lucro ed abbia pertanto il particolare aspetto di un'attivit� 
economica; mentre il fatto stesso che la legislazione speciale in materia 
lasci ai Convitti nazionali la libera facolt� di deliberare e richiedere 
(oppur no) l'istituzione dei predetti corsi d'istruzione medio-classica, 
tecnica, scientifica e magistrale dimostra il carattere puramente eventuale 
ed accessorio di una tale attivit� rispetto a quella dell'educazione 
dei giovani, che indubbiamente costituisce la naturale e sola finalit� pubblicistica 
dei ripetuti Convitti. 

D'altra parte l'art. 33 della Costituzione distinguendo nettamente 
le � scuole � -quali istituzioni aventi il compito d'impartire l'istruzione 
-e gli � istituti di educazione � -aventi il compito di educare pone 
una distinzione incompatibile con l'assunto che giuridicamente 
il concetto di � educazione � sia necessariamente comprensivo di quello 
dell' � istruzione � (ci� che non � neppure dal punto di vista meramente 
lessicale). 

E in aderenza alla cennata distinzione la legge ha affidato ai Convitti 
Nazionali la prima e non anche la seconda finalit�, consentendo 
tuttavia ai Convitti medesimi di istituire altres� -come ogni altro ente o 
privato -scuole non statali. 

i

Non sembra, poi, inopportuno ricordare che questa Corte Suprema 

,)

ha pure avuto occasione �di rilevare che gli Istituti pareggiati di educazione 
ed istruzione devono essere considerati come enti privati il che 
conferma come lo stesso pareggiamento delle scuole private a quelle 
statali non � sufficiente a conferire alle prime natura pubblica (v. sent. 

n. 3943 del 1956; n. 2482 del 1941). 
D'altra parte � necessario rilevare che nella specie non si tratta 
neppure di �scuola pareggiata a sensi degli artt. 8 e 14 della I. n. 86 del 
1942 ma di scuola che ha ottenuto il riconoscimento legale (gi� parificazione, 
a termini della precedente I. n. 45 del 1939) a sensi degli artt. 2, 
3, 6, 7, della citata legge del 1942, com'� stato dedotto dal ricorrente 
senza alcuna confutazione avversaria. 

1963, I, 1118 e Cass., 23 giugno 1965, n. 1321, in Giust. civ., 1966, I, 144. 

Per le sentenze, pure richiamate in quella, di cui si tratta, a proposito 
dell'affermazione, per vero qui appena accennata, circa l'autonomia 
del rapporto assicurativo-previdenziale (rispetto al rapporto di lavoro in 
genel'e) v. appresso in questa Rassegna, I, 61 ed ivi, nota 1-2. 

Comunque, in relazione all'orientamento della Cassazione, ormai del 
pari costante, si pu� ad esso aderire specialmente per quanto concerne 
l'autonomia ora detta. 



48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trattasi quindi di .scuola che -secondo le norme ora citate potrebbe 
essere gestita non solo da un privato cittadino ma persino da 
una societ� commerciale. 

� infine opportuno soggiungere ch'� pure incontroverso �essere la 
scuola in discorso frequentata anche da taluni e~terni i quali vi sono 
ammessi contro pagamento di una retta di frequenza (il che sta a rilevare 
l'aspetto economico della gestione scolastica del .convitto). 

Inoltre, a norma del r. d. n. 1410 del 1931, i convittori non sono 
obbligati ailla frequenza della scuola del �Convitto Nazionale., ci� essendo 
rimesso alla volont� dei loro genitori (il che � in contrasto con la 
pretesa finalit� istituzionale dell'istruzione); ed il personale insegnante 
non � inserito nella organizzazione del Convitto (come avviene per il 
personale educativo �e contabile fornito dallo Stato: art. 119 r. d. n. 1054 
del 1923) ma � a carico dei Convitti stessi quali gestori delle scuole 

(d. n. 1410 del 1931). 
Per tali ragioni devesi concludere -anche in relazione alla fattispecie 
-che il rapporto d'impiego tra Convitti Nazionali e personale 
insegnante ha carattere privato e pertanto la controversia dedotta in 
lite nel caso in esame, �n quanto trae origine da tale rapporto, rientra 
nella competenza giurisdizionale dell'A.G.O. In ogni caso vi rientra il 
capo della domanda attinente al rapporto assiCurativo-previdenziale, 
data l'autonomia del rapporto medesimo, pi� volte rilevata da questa 
Corte Suprema (sent. n. 1639, n. 2524 del 1964; n. 667 del 1963). 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2785 -Pres. 
Scarpello -Rel. Sbrocca -P. M. Di Majo (parz. conf.) -Calderone 
(avvocati Antonino e Restivo) c. Amministrazione della Marina 
Mercantile (avv. Stato Agr�) e s. p. a. Industria Armamento 
(avvocati Contaldi, Ferrarini e Vernetti). 

Competenza e giurisdizione -Nave -Organizzazione di bordo -Potere 
gerarchico e potere disciplinare -Natura pubblicistica :. Interesse 
legittimo dell'arruolato -Giurisdizione del Consiglio di Stato. 

(c. nav. artt. 113, 295, 1249 e 1252; r. d. 1. 14 dicembre 1933, n. 1773, art. 3). 
L'or~anizzazione di bordo si differenzia da queUa del lavoro comune 
per la natura schiettamente pubblicistica, che inerisce si<i al 
potere gerarchico sia al potere disciplinare, di fronte al cui esercizio 
l'arruolato � titolare di un interesse legittimo,� onde il sindacato sui 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento dello sbarco d'autorit�, sia perch� tale sbarco non pu� adottarsi 
fuori delle ipotesi previste dall'art. 498 del Regolamento per la navigazione 
marittima, approvato con d. P. R. 15 febbr,aio 1952, n. 328 (e 
di quelle �Corrispondenti regolate dall'art. 151 del Regolamento per la 
navigazione interna, approvato con d. P. R. 28 giugno 1949, n. 631), 
che nella specie non ricorrevano, sia perch� neppure ricorrevano le 
ipotesi per cui, ai sensi del r. d. 1. n. 1773 del 1933, il marittimo, imbarcato' 
o presentatosi all'imbarco, pu� essere sottoposto a visita medica 
per accertarne l'idoneit� fisica ai servizi della navigazione� a bordo di 
navi mercantili. 

Le censure non meritano di essere accolte. 

Occorre precisare che esse si appuntano contro i due sbarchi per 
ordine dell'autorit�, a cui il Calderone fu assoggettato, rispettivamente, 
il 10 novembr.e 1956 in �seguito ad un. rapporto disciplinare del 
comandante del piroscafo � Aequitas II�, sul quale egli era imbarcato, 
e il 18 giugno 1957 al fine di sottoporlo a visita medica, provvedimenti 
entrambi adottati dalla Capitaneria di Porto di Genova, restandone 
escluso lo sbaarco intermedio avvenuto in Rotterdam il 19 febbraio 
1957 per volont� dell'armatore. 

Come si rileva dalla sentenza impugnata, tali provvedimenti si 
inserirono nel procedimento disciplinare iniziatosi a carico del Calderone, 
il quale, per la gravit� delle mancanze commesse, avrebbe 
potuto concludersi con l"irrogazione della pena dell'inibizione all'esercizio 
della professione marittima per un tempo non inferiore a un mese 
e non superiore a due anni, riservata al Mini-stero della Marina mercantile 
(art. 1252, primo comma, n. 4, e ultimo comma). Senonch� lo 
stesso Ministero che, nel corso del procedimento, aveva impartito l'ordine 
di visita medica (dispaccio 25 giugno 1957, n. 10137 G. M.), in 
seguito lo revoc� o annull� (la natura dell'atto relativo non risulta 
precisata), di guisa che il procedimento �Si concluse senza che al Calderone 
fosse inflitta alcuna pena disciplinare (dispaccio 23 ottobre 1957� 

n. 13974 G. M.). 
Per risolvere la questione di giurisdizione, proposta con il motivodi 
ricorso, � necessario richiamare la costante giurisprudenza di questa 
Corte Suprema (v. da ultimo: Sez. Unite, 11 ottobre 1965, n. 2111), la 
quale ha affermato, al fine di distinguere la giurisdizione ordinaria da 
quella amministrativa, che si ha diritto soggettivo del privato nei 
confronti della pubblica amministrazione, quando l'amministrazione 
stessa � vincolata ad un determinato obbligo, impostole non in funzione 
dei pubblici fini perseguiti, ma nell'interesse diretto �lel privato, a tutela 
diretta ed immediata della posizione giuridica di costui, e pertanto non 
sopprimibile, n� limitabile; mentre, per converso, il diritto medesimo si 
affievolisce nella sua consistenza e degrada ad interesse legittimo nei 
riguardi dell'amministrazione, se a quest'ultima sia conferito un potere� 


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� spetta ~1 liUdlce.anunin~~thto qua~~~ la controversia ha per oggetto 

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.d.:(}ie~ Q~-~io. si qualifica giuridicamente come interesse legittimo. 

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�� �eh~ ~n~ii��tie sia �al potere gerarchico che al potere disciplinare. L'uno 
rj.~tr~ n~ CQ.siddetto potere di bordo ed � compreso nella sfera di 
attrl.})~t9n.i proprie del comandante (art. 295 c. nav.); l'altro � esercitato 
dai S�'iih4@te della nave, dal comandante di :Porto, dalle autorit� 
consol,tf �i dai comandanti delle navi 'da g~erra, e le .relative sanzioni 
sono applicate talvolta da organi dello Stato, che, per le pi� gravi, si 
identificano nello stesso Ministro della marina mercantile (articoli 1249 
e 1252 c. nav.). E tutto il complesso sistema costituisce svolgimento del 
principio genericamente enunciato nell'art. 113 c. nav., secondo cui alla 
disciplina del personale marittimo provvede l'amministrazione, della 

quale � a capo il Ministro predetto. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E poich� anche il contenuto delle sanzioni non ,corrisponde, in 
genere, a quello delle sanzioni del comune contratto di lavoro (art. 1252 
cit.), resta anche sotto questo profilo confermata la natura pubblicistica 
del potere disciplinare 'e la sua pertinenza allo Stato, salva, nei 
casi previsti, l'attribuzione del suo esercizio al comandante. N� varrebbe 
opporre che costui agisce per un fine privato, e cio� nell'interesse 
della spedizione, perch� � proprio della figura dell'esercizio privato 
di una pubblica funzione (o di un pubblico servizio) che una potest� 
di carattere pubblicistico sia .attribuita ad un sogg�etto che svolge l'attivit� 
considerata per il suo privato interesse (normalmente, per un 
fine di lucro). 

Dalla natura pubblicistica del potere disciplinare discende che la 
valutazione della gravit� delle infrazioni commesse dall'arruolato implica 
l'esercizio di una discrezionalit� tecnico-amministrativa, in quanto 
deve ispirarsi all'interesse che lo Stato annette alla sicurezza e alla 
regolarit� della navigazione; e che; conseguentemente, l'arruolato stesso 
� titolare di un)nteresse legittimo rispetto al rapporto disciplinare, e 
la giurisdizione sulla legittimit� delle sanzioni compete non al giudice 
ordinario, ma al Consiglio di Stato. 

L'art. 498 del reg. nav. maritt., invocato dal ricorrente, non si 
attaglia al caso di specie, perch� non riguarda il potere di sbarco spettante 
all'amministrazione marittima, nei confronti dell'arruolato in 
funzione strumentale rispetto al successivo esercizio del potere disciplinare, 
ma l'ipotesi particolare dello sbarco di persone (appartenenti 

o estranee all'equipaggio), imputate di un delitto, che siano imbarcate 
per l'estero sfornite di regolare passaporto. 
N� l'art. 3 n. 4 del r. d. 1. n. 1773 del 1933, a cui pure il ricorrente 
si richiama, appare dettato per la tutela diretta ed immediata della 
posizione soggettiva del marittimo, se imbarcato, contro il potere di 
sbarco conferito all'amministrazione al �fine di sottoporlo a controllo 
sanitario, al di fuori dell'esercizio di ogni potere disciplinare. La norma 
ha, invece, di mira in modo diretto ed immediato l'azione dei pubblici 
poteri, cio� il regolare svolgimento della funzione pubblica di accertamento 
dell'idoneit� fisica della gente di mare. Anche se � differenziata 
la posizione del marittimo nei confronti di quelle della generalit� dei 
cittadini orientate nel medesimo senso della salvaguardia della pubblica 
salute, �essa � tuttavia soltanto indirettamente (cio� non in funzione 
della disciplina di rapporti intersoggettivi) presa in considerazione dal 
diritto, ed ha pertanto la consistenza dell'interesse legittimo. 

Del resto, come gi� si � acc�ennato, il provvedimento �di sottoposizione 
a visita medica fu revocato o annullato dall'amministrazione, e 
lo stesso procedimento disciplinare si concluse con un nulla di fatto. 

Due rilievi sembr,ano, quindi, necessari. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 

A parte il caso della revoca, determinata da ragioni di opportunit� 
amministrativa, la quale non esclude la validit� dell'atto venuto in essere 
nel rispetto delle norme giuridiche preordinate alla sua emanazione, il 
provv�edimento, anche se in ipotesi lesivo dell'interesse legittimo del 
Calderone, non poteva essere fonte di un'obbligazione risarcitoria a carico 
dell'amministrazione, a questo fine richiedendosi che la lesione incida 
su un diritto soggettivo, tale sin dall'origine o restituito alla sua naturale 
consistenza dopo l'annullamento dell'atto che lo degradava ad 
interesse, mentre nella specie l'eventuale annullamento non mutava la 
consistenza dell'interesse legittimo (cfr. Sez. Un., 31 luglio 1964, n. 2207). 

Inoltre, se di fronte al concreto esercizio del potere disciplinare il 
Calderone era legittimato a rivolgersi al giudice amministrativo, � dubbio 
che, salva la facolt� di reclamo pl'evista dall'art. 187 c. nav., di 
questa tutela egli potesse avvalersi nella fase anteriore all'irrogazione 
della sanzione ed �, quindi, dubbio che nel caso ricorressero i presupposti 
della giurisdizione del Consiglio di Stato, �sempre restando esclusa 
la giurisdizione del giudice ordinario. 

Riconosciuta l'infondatezza del motivo ora esaminato del ricorso 
principale, deve passarsi al ricorso incidentale condizionato, articolato 
in due censure, con la prima delle quali si deduce il difetto di legittimazione 
passiva della societ� al'Inatrice in ordine alla domanda di risarcimento 
di danni contro di essa proposta. 

La legittimazione ad causam attiene alle condizioni dell'azione e, 
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, � rilevabile 
in ogni stato e grado del giudizio ed anche d'ufficio, salva la 
preclusione nascente dalla cosa giudicata, quando sulla questione sia 
sorta controversia e la decisione relativa non sia stata impugnata: n che 
deve negarsi nel caso di specie, perch�, come risulta dalla sentenza 
impugnata, se la legittimazione della societ� armatrice fu disattesa dai 
primi giudici, la questione fu riproposta in sede di appello, costituendo 
oggetto di uno specifico motivo di gravame. 

:Preme piuttosto osservare che, essendo nel caso la legittimazione 
rilevabile officio iudicis, il sollevare l'eccezione sfuggiva al potere dispositivo 
della parte, la quale non ne poteva neppure subordinare l'esame 
all'accoglimento nel merito del ricorso principale: di guisa che il ricorso 
incidentale, pur non essendo inammissibile, appare inutile in ordine alla 
prima censura, che con esso si propone. 

Quanto al merito della questione, non pu� che confermarsi l'esclusione 
della responsabilit� dell'armatore per l'adempimento degli obblighi 
pubblicistici che la legge pone a carico del comandante nella veste 
di capo della spedizione, come l'esercizio del potere disciplinare, sia che 
i provvedimenti siano direttamente adottati dallo stesso Comandante, sia 
che, su rapporto di questi, la competenza ad adottarli spetti ad altre autorit� 
(articoli 274, secondo comma e 1252 c. nav., 510. Reg. nav. maritt.). 



54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le considerazioni pi� sopra svolte sembrano sufficienti alla dimostrazione 
dell'assunto. Qui si vuole soltanto ribadire che la figura dell'esercizio 
privato di una pubblica funzione; in cui si concreta il potere 
disciplinare del comandante nei confronti dell'equipaggio, importa la 
diretta e personale responsabilit� di chi pone Jn essere gli atti relativi, 
mancando quindi la base perch� essi possano essere riferiti all'armatore. 

Il difetto di legittimazione della societ� armatrice determina la 
cassazione senza rinvio del capo dell'impugnata sentenza, che, al riguardo 
ha deciso con riferimento al difetto di interesse dell'appellante all'impugnazione, 
perch�, pur trattandosi di questione di merito, le premesse 
di fatto, quali risultano dalla decisione, sono certe e fuori di discussione 
e il problema, su cui il Supremo Collegio � chiamato a pronunciarsi, � 
esclusivamente di diritto (ri:lleribilit� all'armatore degli atti posti in 
essere dal comandante della nave nell'esercizio del potere disciplinare 
sull'equipaggio). 

Concludendo, mentre dev.e essere respinto il primo motivo del ricorso 
principale, va accolto per quanto di ragione il ricorso incidentale 
(richiamandosi le precisazioni in tema di rilievo d'ufficio del difetto di 
legittimazione ad causam), restando assorbiti il secondo e il terzo motivo 
del ricorso principale e l'ulteriore censura del ricorso incidentale (che 
riflette la questione della prescrizione dell'azione ex art. 373 c. nav.). (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2811 -Pres. 
Scarpello -Ret. Restaino -P. M. Pedote (conf.) -Mastino del Rio 
(avv. Barra Caracciolo) c. Procura generale della Corte dei Conti 
e Ente nazionale assistenza lavoratori. 

Competenza e l;liurisdizione -Responsabilit� degli impie~ati di enti 

pubblici sottoposti a controllo della Corte dei Conti -Giurisdizione 

della Corte dei Conti -Esclusione. 

(Cost~. art. 103, secondo comma: t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44 e 52; 

1. 21''marzo 1958, n. 259; 1. 20 dicembre 1961, n. 1345, art. 3). 
L'attribuzione aUa Corte dei Conti di funzioni giurisdizionali pu� 
aver luogo sottanto mediante specifici precetti di legge: pertanto spetta 
al ,Giudice ordinario conoscere delle controversie relative alla responsabilit� 
degli impiegati di enti pubblici, pure se assoggettati al controllo 
della Corte dei Conti (1). 


(1) Con la sentenza in rassegna le sezioni unite della Corte di cassazione, 
dopo aver ribadito l'ammissibilit� del regolamento preventivo di 
I 

giurisdizione pur in relazione ai giudizi pendenti davanti agli organi 

I 

I

~ 


PARTE I, SEZ, II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 55 
(Omissis). -Premessa la proponibilit� del regolamento preventivo 
di giurisdizione anche in relazione a giudizi pendenti davanti ad organi 
giul'iSdizionali amministrativi, va nel merito osservato che la Procura 
Generale presso la Corte dei Conti, nel convenire il ricorrente davanti 
a quell'organo in sede di giurisdizione contabile, ha fatto esplicito richiamo 
�al disposto dell'art. 103 .comma secondo della Costituzione per 
inferirne che, essendo attribuita da tale norma alla Corte dei Conti 
giurisdizione in materia di contabilit� pubblica, tale carattel'e si ravviserebbe 
nella gestione dei mezzi finanziari che l'Ente Nazionale Assistenza 
Lavoratori (ENAL) attinga per conseguire le finalit� che gli sono 
state assegnate istituzionalmente; e cio� sia sotto l'aspetto sogg�ettivo, 
costituito dalla natura pubblica dell'Ente, �sia sotto il riflesso oggettivo 
della natura pubblica del danaro amministrato. 
Siffatta argomentazione non pu� essere condiv.isa dal Supremo Col~ 
legfo. 
La norma della Costituzione innanzi richiamata � stata oggetto di 
specifica interpretazione da parte della stessa Corte Costituzionale, la 
quale ha precisato che la enunciazione contenuta nel secondo comma 
dell'art. 103 della Costituzione non importa un'attribuzione indiscriminata 
e con operativit� immediata alfa Corte dei conti di tutti i giudizi 
comunque attinenti alla �contabilit� pubblica, tanto dello Stato che degli 
altri enti pubblici, perch� .la determinazione dell'ambito della materia 
delle controversie relative a1la contabilit� pubblica, sia per quanto riguarda 
i soggetti, sia per quanto riguarda l'oggetto, non pu� venir fatta 
se non in base a puntuali specificazioni legislative. 
Orbene, l'art. 44 del t. u. delle leggi sulla Corte dei Conti, approvato 
con r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, nel determinare le attribuzioni 
giurisdizionali della Corte medesima nei giudizi di conto e di responsabilit�, 
attribuisce a questa una .giurisdizione contenziosa sui conti dei 
tesorieri, dei ricevitori, dei cassieri e degli agenti depositari di danaro 
pubblico, valori e materie di propriet� dello Stato, nonch� sui conti dei 
tesorieri ed agenti di altre. pubbliche amministrazioni � per quanto le 
spetti a termine di leggi speciali, oltre alla giurisdizione in materia di 
comune responsabilit� civile, verso lo Stato, dei funzionari, impiegati 
e agenti di esso �, nei casi e modi previsti dalla legge sull'amministragiurisdizionali 
amministrativi (v. Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1401, in 
questa Rassegna, 1966, I, 289 ed ivi nota 1), hanno affermato il principio. 
di cui alla massima, facendone applicazione al caso di specie (riguardante 
il presidente dell'ENAL) sulla base di una motivazione molto chiara. 
Le argomentazioni addotte in contrario si evincono dalla sentenza 
stessa e risultano esposte con maggiore ampiezza in precedenti pronunce 
della Corte dei Conti (v. Corte dei Conti, Sez. giur. Reg. sic., 9 giugno 
1964, n. 760 in questa Rassegna, 1965, I, 183 e ivi note 1-2, nonch� Corte 
dei Conti, I sez., 19 settembre 1964, n. 115, in Foro it., 1965, III, 207 ed 
I 
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i 


56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato e da leggi 
speciali (art. 52). 

Il che rientra nella previsione del citato art. 103 della Costituzione, 
che a quell'organo speciale devolve la giurisdizione non soltanto nelle 
materie di contabilit� pubblica, ma anche nelle .altre �specificate dalla 
legge. L'attribuzione alla Corte dei Conti della competenza giurisdizionale 
pu� quindi aver luogo soltanto mediante specifici precetti di legge. 

Nelila specie, non si contesta che l'ENAL sia un ente pubblico non 
a carattere economico (Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1960, n. 257), ma 
nessuna disposizione di legge stabilisce che della responsabilit� dei suoi 
amministratori per danni cagionati all'Ente debba conoscere, in via 
giurisdizionale, la Corte dei Conti. 

Il richiamo che la procura Generale istante fa alla disposizione 
dell'art. 3 della 1. 20 dicembre 1961, n. 1345, all.a I. 21 marzo 1958, n. 259 
e al d. P. R. 11 marzo 1961 non ha rilevanza ai fini della questione di 
giurisdizione. 

La prima norma citata concerne, infatti, la istituzione di 'una seconda 
sezione giurisdizionale della Corte dei Conti con attribuzione di 
una competenza promiscua nella materia di contabilit� .pubblica, senza 
innovare in ordine alla competenza giurisdizionale, ilegislativamente 
attribuita, in tale materia, al giudice contabile. 

Quanto alla legge n. 259 del 1958, essa si limita a disciplinare la 
partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulil.a gestione degli 
Enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, e ci� in attuazione dell'art. 
100 comma secondo della Costituzione, che demanda alla Corte 
dei Conti il controllo sull'amministrazione degJi enti beneficiari di contributo 
statale ordinario. 

La legge predetta non conferisce, in materia, alla Corte la veste di 
organo giurisdizionale, riservata dall'art. 103 comma secondo della 
Costituzione alle sole controversie attinenti alla contabilit� pubblica, 
intesa nei sensi innanzi riferiti, ma, dopo aver enunciato (art. 1) la finalit� 
del controllo, che � quella di sottoporre all'esame del Parlamento 
le gestioni finanziarie di quegli enti, alle cui entrate il.'amministrazione 
dello Stato concorre in via obbligatoria con contributi ordinari e periodici, 
ovvero con contributi comunque iscritti da oltre un biennio nel 

ivi note 1-2). La medesima Corte dei Conti, poi, dopo la proposizione del 
regolamento preventivo di giurisdizione e prima della pubblicazione della 
sentenza in rassegna, si � pronunciata nello �stesso giudizio (v. Corte dei 
Conti, 11 dicembre 1965, n. 54, in Foro it., 1966, III, 625 ed ivi nota 1; 
sugli effetti di tale pronuncia v. Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1965, n. 259, 
in questa Rassegna, 1966, I, 290 ed ivi nota 2). 

Sull'art. 103, secondo comma, della Costituzione v. Corte cost. 31 mar


zo 1965, n. 17, in questa Rassegna, 1965, I, 266 ed ivi note 1-2. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

bilancio dell'Ente (art. 2), ha determinato H compito della Corte limitandolo 
alla relazione annuale al Parlamento nonch� alla formulazione, 
in qualsiasi altro momento, di rilievi al Ministro per il Tesoro o al 
Ministro competente nel caso di accertate irregolarit� nella gestione 
dell'Ente (art. 8). 

Sotto tale aspetto, � del par.i inconferente, ai fini della determinazione 
della competenza giurisdizionale, il richiamo che la stessa Procura 
Generale fa al Decl.'eto del Presidente della Repubblica dell'll marzo 
1961, che dichiara l'ENAL sottoposto al controllo della Corte dei 
Conti. 

Tale provvedimento -come emerge dalla parte motiva e dispositiva 
-risulta emanato sul presupposto della sussistenza de1le condizioni 
previste dall'art. 12 della citata I. 31 marzo 1958, n. 239, il quale si 
limita a stabilire, per i soli fini della legge medesima e in relazione a 
que~i enti ai quali lo Stato contr�ibuisca con apporto ail patrimonio in 
capitali o servizi o beni, ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria, 
modalit� di partecipazione dalla Corte dei Conti al controllo 
della gestione finanziaria di tali enti, diverse da quelle previste dagli 
artt. 5 e 6, ma, al pari di tutte le altre disposizioni della legge stessa, 
non prevede affatto l'assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei 
Conti in sede di contenzioso contabile dei giudizi relativi alla responsabilit� 
degli amministratori o impiegati di quegli enti, sebbene sottoposti 
a controllo, per i quali non sussiste deroga a1la giurisdizione dell'autorit� 
ordinaria. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, III Sez. civ., 3 gennaio 1967, n. 1 -Pres. 
Vallillo -Rel. Aliotta -P. M. De Marco (conf.) -Cassa di risparmio 
di Calabria e Lucania (.avv. Nigro) c. Comune di Maier� (avv. 
Mazzei). 

Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti 
pubblici -Demanio e patrimonio -Entrate di diritto pubblico ed 
entrate di diritto privato -Esecuzione forzata -Limiti. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4). 
I.g.e. -Crediti dei Comuni verso lo Stato per le quote di partecipazione 
ai proventi -Entrate di diritto pubblico anche per�i Comuni -Impignorabilit�. 
(1. 2 luglio 1952, n. 703, artt. 2 e 3; I. 16 giugno 1960, n. 1014). 
I creditori degli enti pubblici, ai fini della realizzazione coattiva 
dei loro crediti, possono soddisfarsi soltanto sui beni facenti parte del 
patrimonio disponibile; mentre per quanto pi� particolarmente attiene 


58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ai beni ed ai crediti di danaTio � rilevante la distinzione tra proventi 
di natura pubblicistica e proventi di natura privatistica: per i primi il 
carattere di indisponibilitd e la conseguente impignorabilitd trovano 
fondamento nena legge, per i secondi nell'atto amministrativo, onde 
solo in rapporto a questi ultimi pu� assumere rilevanza, agli effetti 
dell'inammissibilitd o dell:'ammissibilitd dell'esecuzione forzata, la iscrizione 
o meno in bilancio (1). 

I crediti dei Comuni verso lo Stato per la quota di partecipazione 
ai proventi dell'imposta generale sull'entrata rientrano nella categoria 
dei crediti di natura pubblicistica (2). 

(1-2) La motivazione della sentenza '� riportata in Giur. it., 1967, I, 
1, 132. Con essa la Corte di Cassazione accoglie pienamente ,quanto si 
era sostenuto in nota alla 1sentenza delle Sezioni unite, 22 novembre 1966, 

n. 2783 in questa Rassegna, 1966, I, 1231, contribuendo cos� ad un'esatta 
soluzione delle questioni. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 214 -Pres. 
Flore -Est. Tamborrino -P. M. Pedote (diff.) -S. p. a. Autostrade concessioni 
e costruzioni autostrade (avv. Sorrentino) c. Ministero 
Finanze (avv. Stato Graziano). 

Concessioni amministrative -Permesso di estrazione di sabbia e ghiaia 
dal letto dei fiumi -Natura. 

(t. u. delle leggi sulle opere idrauliche, approvato con r. d. 25 luglio 1904, 
n. 523, art. 97). 
Concessioni amministrative -Concessione contratto -Atto unilaterale 
deliberativo e negozio attuativo. 

Il �permesso � di estrazione di cui all'art. 97 del testo unico delle 
leggi sulle opere idrauliche, approvato con r. d. 25 luglio 1904, n. 523, 
rientra fra le � concessioni � amministrative e non fra le � autorizzazioni� 
(1). 

(1) La massima � di evidente esattezza. La ghiaia e la sabbia di cui si 
chiede il �permesso� di estrazione, fanno parte inte~ante dell'alveo del 
fiume, ed hanno quindi la stessa natura giuridica di questo, fino a quando 
non ne vengono distaccate: tanto ci� � vero che alfa estrazdone di questo 
materia,le si procede soltanto dopo indagini di ordine tecnico, compiute 
dagli organi preposti alla vigi!lanza del buon regime delle acque, volte 
ad accertare che la struttura dell'alveo del fiume, e quindi il normale re~
ime di questo, non abbia a risentirne. 
In questa situazione non par dubbio che, quando un privato intende 
usare di questo bene indubbiamente pubblico in via particolare e cio� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 59 

Nelle concessioni-contratto l'atto unilaterale deliberativo (concessione) 
e il negozio attuativo (convenzione, disciplinare) possono coesistere 
in unico contesto ovvero essere contenuti in atti distinti e separati 
(2). 

(Omissis). -Ancora si insiste dalla ricorrente Societ� sulla definizione 
giuridica del rapporto in esame e si contrappone alla definizione 
di concessione e pi� precisamente di � concessione-contratto � dato 
dalla sentenza impugnata, quella di autorizzazione. Queste Sezioni 
Uqite ritengono pi� esatta la definizione data dalla Corte di merito: � 
indubbio che attraverso quel rapporto viene data la possibilit� di usare 
da parte di privati della sabbia e della ghiaia dei fiumi e quindi indubbiamente 
di un bene demaniale. La legge del 1904 sulle opere idrauliche 
parla di � permesso �, ma evidentemente si tratta di termine di 
carattere generico; pi� esattamente dovrebbe il procedimento ammi~ 
nistrativo in esame inquadrarsi nelle � licenze � a usare in parte di 
beni demaniali, ma si tratta certo di provvedimenti che si inquadrano 
nell'ampio genus delle concessioni. Nel senso che l'amministrazione 

e concede �, � .permette �, � d� licenza � al privato di usare di beni 
demaniali o dei frutti di essi e dei suoi accessori e conviene con lo 
stesso privato le modalit� dello sfruttamento medesimo, il che rientra 
nel quadro tipico della � concessione-contratto � in senso ampio, come 
chiarito dalla costante giurisprudenza. -(Omissis). 

uti singulus, si renda necessario procedere, da parte dell'Amministrazione, 
ad un formale atto di concessione (su di ci� cfr. da ultimo SANDULLI, in 
Enciclopedia del diritto, voce Beni pubblici, n. 21 in fine, il quale fra gli 
esempi di atti di concessione necessari per l'uso particolare di beni pubblici 
cita proprio quelli concernenti la estrazione di questo particolare 
materiale). 

E �che, nella specie, di concessione e non di autorizzazione si tratta 
� fuori dubbio (quale che sia il valore letteraie che si voglia dare alfa parola 
� permesso � usata nell'art. 97 del t. u. del 1904 sulle opere idrauliche: 
ail riguardo � sufficiente rHevare che i concetti di concessione, autorizzazione, 
licenza, permesso, e le relative differenze, si sono venuti affinando 
col tempo, e solo di recente hanno trovato adeguata sistemazione nella 
dottrina pubblicistica e nella giurisprudenza), sol che si pensi che il diritto 
di estrarre quel materiale facente parte dell'alveo di un fiume non 
esiste, e sia pur compresso, nella sfera giuridica del privato, non fosse 
altro che per il fatto che �quella estrazione comporta un trasferimento di 
propriet� del materiale da un soggetto di diritto (Stato) ad altro soggetto 
di diritto (privato). 

(2) Si conviene anche sulla seconda massima. Lo schema della concessione-
contratto, com'� noto, comporta un atto deliberativo, unilaterale, della 
pubblica Amministrazione (concessione), ed un negozio attuativo (convenzione, 
disciplinare), che attua il prog.ramma cui l'atto unilaterale si riferisce: 
questo ultimo negozio -cui partecipano privato e pubblica Am

RAS.SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dalle varie considerazioni della Corte di merito si trae il convincimento 
che, secondo la stessa Corte, nella concessione-contratto, i due 
atti, la convenzione e il provvedimento unilaterale ed autoritativo dell'amministrazione, 
pur essendo interdipendenti e tra loro coordinati, 
sono e devono essere fondamentalmente separati, tanto che, sempre dal 
punto di vista teorieo, la Corte suddetta ha esaminato le due ipotesi, 
della precedenza �Cronologica della convenzione e della precedenza cronologica 
dell'atto unilaterale ed autoritativo. Laddove, evidentemente, 
non pu� in via astratta negarsi che i due atti, concettualmente e giuridieamente 
distinti, possano coesistere formalmente in un unico documento, 
in un unico scritto, avvengano cio� dal punto di vista cronologico 
e formale contemporaneamente. Vale a dire, non pu� in astratto 
escludersi la ipotesi che in un unico atto formale siano contenuti e il 
provvedimento unilaterale autoritativo di concessione da parte del1'
Amministrazione al privato e l'insieme delle clausole e dei patti con 
i quali la concessione viene regolata convenzionalmente tra privato e 
Pubblica Amministrazione. Anzi, si deve aggiungere che di fronte ad 
un patto di concessione completa, sottoscritta da Amministrazione e 
privato che precede cronologicamente nel tempo l'atto unilaterale, il 

ministrazione -, pur avendo autonomia strutturale, assolve ad una funzione 
strumentale, perch� serve ad attuare la determinazione della pubblica 
Amministrazione. 

Che questi due negozi, concettualmente distinti e separati, possano 
rinvenirsi materialmente racchiusi in unico atto, � proposizione non seriament_
e discutibile; come non pu� revocarsi in dubbio che essi possano 
constare di due atti materialmente disgiunti. In questo secondo caso � 
sorta questione se l'atto deliberativo possa essere cronologicamente posteriore 
al negozio attuativo; ed al quesito va data risposta affermativa: 

�Nessun ostacolo sussiste a che il negozio attuativo sia predisposto prima 
della decisione dell'organo competente. Nonostante la diversa successione 
cronologica, quest'ultimo atto assolve egualmente, nel ciclo della fattispecie, 
alfa sua funzione deliberatrice � (SILVESTRI, in Encictopedia del diritto, 
voce Concessione amministrativa, n. 6). 
NatUll'almente -quale che sia la �successione cronologica degli atti � 
l'atto deliberativo di concessione che condiziona il negozio attuativo 
(convenzione, disciplinare), atteso H carattere strumentale di questo rispetto 
al primo, e non viceversa; onde le clausole d�ll'atto di concessione 
preva[gono su quelle contenute nel negozio attuativo se, per avventura, 
sono difformi. 


� evidente, poi, che, in caso di controversia, spetta al giudice accerta.re 
-tenendo conto deHe singole fattispecie, del!le espressioni usate, delle 
attribuzioni specifiche degli organi della pubblica Amministrazione dai 
quali l'atto promana -se in un certo atto stipulato con un privato sia 
contenuto anche l'atto unilaterale deliberativo (concessione), o se, invece, 
non occorra nel:la specie un autonomo atto che valga qua�le manifestazione 
di volont� de1l'Amministrazione di far luogo, in quel caso specifico, alla � 
concessione (n. g.). ~ 


~ 

~ 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 61 

quale modifichi alcune delle clausole fondamentali della concessione 
precedente, il primo �compito interpretativo del giudice, chiamato a 
decidere, nei limiti della sua potest� giurisdizionale, se sussista o meno 
il potere dell'Amministrazione ad emanare il .secondo atto, deve essere 
proprio quello di vedere se per avventura il primo atto contenga 
esclusivamente la convenzione o non contenga anche il provvedimento 
autoritativo : problema fondamenta:J.e dal quale dipende quello finale 
della natura e finalit� del secondo atto per decidere se la Amministrazione, 
esistendo il primo, avesse il potere o meno di emanarlo in quella 
forma e �Con quelle nuove clausole. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 305 -Pres. Scarpello 
-Rel. Modigliani -P. M. Di Majo (conf.) -Forte (avv. D'Abbiero) 
c. ENPAS (avv. Stato Carbone). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Dipendente dello 
Stato -Assistenza nelle malattie -Prestazioni dell'ENPAS -Controversie 
-Giurisdizione del giudice ordinario. 

(c. p. c. artt. 459 e segg.; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29, primo comma, 
n. 1, e 30, primo comma; d.1. 12 febbraio 1948 n. 147, artt. 6 e 7). 
Impiego pubblico -Dipendente dello Stato -Assistenza nelle malattie Prestazioni 
dell'E.N.P.A.S. -Diritto soggettivo dell'assicurato 


Limiti. 

(l. 19 gennaio 1942, n. 22; d. l. 12 febbraio 1948, n. 147). 
Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e non quella esclusiva 
del giudice amministrativo sulle controversie riguardanti le prestazioni 
dell'ENPAS per assistenza nelle malattie ai dipendenti dello Stato, 
dovendosi escludere un collegamento causale diretto tra le pretese 
dell'assicurato ed il rapporto di impiego pubbligo (1). 

Il dipendente dello Stato ha un diritto soggettivo ad ottenere per 

le malattie l'assistenza dell'ENPAS nelle forme e nelle misure stabilite 

dalle leggi regolanti la materia salve le eccezioni previste da parti


colari norme (2). 

(1-2) Con il principio, di cui alla prima massima, le sezioni unite della 
Corte di cassazione mutano l'orientamento affermato con la sentenza 14 
maggio 1957, n. 1709 (in Giust. civ., 1957, I, 2189). Del resto, dopo le statuizioni 
secondo le quali della norma, di cui all'art. 459 c. p. c., va data la pi� 
lata interpretazione e n rapporto assicurativo previdenziale ha una propria 
autonomia rispetto al rapporto di lavoro in genere (v. Cass., Sez. Un., 20 



62 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo mezzo l'Ente ricorrente, nel denunziare 
la violazione degli artt. 29 n. 1 e 30 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 
e degli artt. 6 e 7 del d.l. 12 febbraio 1948, n. 147, in relazione all'articolo 
360 n. 1 c. p. c. deduce che la controversia in esame rientra nella 
giurisdizione del Consiglio di Stato in quanto attiene a un rapporto 
di pubblico impiego. In proposito, dopo aver ricordato che la Corte 
di Appello � pervenuta ad escludere la competenza del giudice amministrativo, 
in quanto ha ritenuto che dovesse trovare applicazione il 
principio, secondo il quale, qualora la pubblica �amministrazione abbia 
riconosciuto il diritto preteso dal suo dipendente, manca il presupposto 
della giurisdizione del giudice amministrativo e il riconoscimento, tenendo 
luogo della pronuncia di illegittimit� sul comportamento della 
pubblica amministrazione medesima, costituisce il presupposto per ogni 
altra pronuncia sui diritti patrimoniali conseguenziali, di competenza 
del giudice ordinario, sostiene che, nel caso, non ricorrevano le condizioni 
per l'applicazione di tale principio, giacch�, contrariamente a 
quanto � stato ritenuto dalla sentenza denunziata, non vi era stato 
alcun riconoscimentq, da parte di esso ENPAS, dei diritti pretesi dal 
pubblico dipendente. 

Il resistente, a sua volta, ha sostenuto, nella memoria, che, anche 
a prescindere dalle ragioni addotte dalla Corte di Appello per giustifi.
care la decisione adottata, la controversia in esame deve essere 
devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, dovendo escludersi 
che la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato possa estendersi 
alle controversie relative a. pretese fatte valere da un pubblico dipendente 
nei confronti dell'Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Statali 
(ENPAS) in ordine all'obbligo di assistenza del predetto ente pubblico. 

Ci� posto, poich� la questione prospettata dal resistente � pregiudiziale 
(e, come in appresso si dir�, anche assorbente) rispetto alle 
censure dedotte col primo mezzo di annullamento, si ritiene di dover 
procedere alla sua valutazione. 

La detta questione ha, come � noto, dato luogo, in giurisprudenza, 
a contrastanti decisioni dei giudici del merito ed � stata dibattuta anche 
in dottrina. 

agosto 1962, n. 2062, in Foro it., 1962, I, 1796; Cass., Sez. Un., 18 marzo 
1963, n. 677, in Prev. soc., 1963, 680; Cass., Sez. Un., 23 giugno 1964, numero 
1639, in Mass., 1964, 429; Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2524, in 

Mass., 1964, 672; Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2424, in questa Rassegna, 
retro, I, 45, richiamate nella sentenza, di cui si tratta), l'accennato 
mutamento era da attendersi. Ci� non significa che il nuovo indirizzo giurisprudenziale 
sia da condividersi, ma � pur necessario prendere atto del 
fatto che la sentenza in rassegna ha riesaminato ad imis tutta la questione 
di giurisdizione prospettata, pure sotto il profilo della qualificazione della 

�: 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

controversia sia relativa a una pretesa fatta valere da un pubblico 
dipendente nei confronti dell'ENPAS in ordine all'obbligo di assistenza 
del predetto Ente, occorre accertare se il rapporto tra questo e il dipendente 
statale sia parte essenziale del rapporto di impiego pubblico :: 

o sia autonomo rispetto ad esso. 
Orbene, come si � dianzi accennato, questo Supremo Collegio, con 
riferimento all'assistenza dovuta da istituzioni diverse dall'ENPAS, ha 
ripetutamente (cfr., fra le altre, le sentenze nn. 2424 del 1966, 2524 e 
1639 del 1964, 677 del 1963 e 2602 del 1962) affermato che il rapporto 
assicurativo previdenziale � diverso, per fonte, causa, soggetti e contenuto, 
dal rapporto di prestazione d'opera e mantiene la sua autonomia, 
anche se il prestatore di opera sia un dipendente dello Stato o di altro 
ente pubblico, sicch� la tutela relativa � affidata al giudice ordinario, 
che, in materia di assistenza e previdenza obbligatorie, ha competenza 
unica e generale (artt. 459 e segg. c. p. c.). 

Tale principio giurisprudenziale deve essere mantenuto fermo. Per 
vero, a conferma della sua esattezza � da osservare che il rapporto 
assicurativo previdenziale � distinto dal rapporto di pubblico impiego 
e non�inerisce necessariamente a questo, che permane integro nei suoi 
elementi costitutivi e quindi pu� essere ipotizzato e considerato indipendentemente 
da quello. 

D'altronde le caratteristiche proprie delle assicurazioni sociali 
(obbligatoriet�, inderogabilit�, automatismo) derivano dal generale interesse 
all'assicurazione dei lavoratori, ma non snaturano l'essenza del 
contratto, che permane di assicurazione e quindi non si identifica con 
il rapporto di prestazione d'opera; n� del pari l'essenza del contratto 
viene snaturata dal fatto che quel generale interesse abbia indotto ad 
affidare la gestione della previdenza ad enti pubblici (ENPAS, INAM, 
INAIL, INPS, ecc.), anzich� ad imprese private. 

Non pu� poi ritenersi che l'autonomia del rapporto previdenziale 
venga meno, per il fatto che il prestatore d'opera sia un dipendente 
dello Stato o di altro ente pubblico. Invero alla circostanza che il 
rapporto assicurativo previdenziale sia per costoro obbligatorio non 
pu� attribuirsi alcuna rilevanza, ai fini dell'apprezzamento sull'autonomia 
del rapporto, dato che l'obbligatoriet� non � in relazione con la 
natura del datore di lavoro e costituisce, come si � visto, una caratteristica 
propria delle assicurazioni sociali in genere. D'altra parte, l'interesse 
che con l'assicurazione obbligatoria del dipendente statale si in


tende perseguire � comune a ogni altro prestatore d'opera e, ai fini 

assicurativi, lo status di pubblico dipendente non differisce, nella sua 

sostanza, dallo status di ogni altro lavoratore, in quanto tale. 

Poste tali premesse, va rilevato che non avrebbe alcuna giustificazione 
logica il distinguere, agli effetti della determinazione della giurisdizione, 
nei riguardi dei dipendenti dello Stato, dalle altre assicu



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 65 

razioni sociali l'assicurazione malattie gestita dall'ENPAS. Infatti questa 
rientra nelle assicurazioni sociali previste per tutti i lavoratori e 
sarebbe incongruo il ritenere che il rapporto instaurato con l'assicurazione 
obbligatoria sia autonomo rispetto al rapporto d'impiego per l'assicurazione 
contro l'invalidit� e l� vecchiaia (come � stato affermato con 
la sentenza n. 1639 del 1964), per l'assicurazione contro gli infortuni 
(cfr. la sentenza n. 2602 del 1962) e per l'assicurazione contro la tubercolosi 
(cfr. le sentenze n. 2524 del 1964 e 677 del 1963), e non per 
l'assicurazione contro le malattie, e che,� in particolare, un dipendente 
statale, ammalato di tubercolosi, debba convenire in giudizio, per il 
medesimo evento, dinanzi alla autorit� giudiziaria ordinaria l'INPS e 
dinanzi al Consiglio di Stato l'ENPAS, a seconda che affermi che le 
prestazioni gli siano dovute dall'uno o dall'altro ente. 

� da aggiungere che, a ben considerare, il rapporto di pubblico 
impiego si ricollega alla pretesa relativa all'obbligo di assistenza da 
parte dell'ENPAS, non gi� perch� costituisca il momento genetico diretto 
e immediato� di quella pretesa, ma perch� � il fatto costituitivo 
della titolarit� dell'assicurazione con il predetto ente. In altri termini 
il rapporto di pubbUco impiego costituisce solo il presupposto affinch� 
l'assicurazione contro le malattie sia contratta con l'ENPAS, anzich� 
con altro ente. Orbene � chiaro che la circostanza che lo status di pubblico 
impiegato legittimi a contrarre l'assicurazione con un determinato 
ente piuttosto che con un altro non snatura l'essenza del contratto di 
assistenza e non pu� avere alcuna incidenza sul carattere del rapporto 
che si viene a istituire. 

Dovendosi escludere, in base alle svolte considerazioni, che le controversie 
in discussione appartengono� alla giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo per l'asserito collegamento causale diretto tra 
il rapporto d'impiego e la pretesa fatta valere in giudizio, rimane da 
valutare l'ulteriore tesi, secondo cui la detta giurisdizione esclusiva 
dovrebbe ritenersi sussistente per il fatto che nel dovere di assistenza 
dell'ENPAS vi sarebbe un rilevante elemento di discrezionalit�, che 
degraderebbe il diritto all'assistenza dell'impiegato a interesse legittimo. 

Tuttavia neanche a questa tesi pu� farsi adesione. 

Infatti dalle varie disposizioni legislative in materia di assistenza 

e previdenza agli impiegati e dipendenti statali emerge che (salvi i 

casi eccezionali -cui non � riconducibile l'ipotesi di cui si questiona, 

inerente all'assistenza per la tubercolosi -delle particolari prestazioni, 

la cui concessione pu� essere deliberata dal consiglio di amministra


zione dell'ente in relazione alle disponibilit� del bilancio: art. 6, 

30 comma, del d. 1. n. 147 del 12 febbrao 1948) non � rimesso alla 

discrezionalit� dell'ente di negare o di accordare l'assistenza e questa 

deve essere prestata nelle forme e nelle misure stabilite dalla legge. 

Per vero, a parte il tenore letterale delle varie disposizioni che accen


7 


66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nano esplicitamente al � diritto � del dipendente alle prestazioni assistenziali, 
nell'art. 2 della 1. 19 gennaio 1942, n. 22, istitutiva dell'ente, 
sono stabiliti i casi nei quali l'assistenza � dovuta, mentre i successivi 
articoli determinano quali sono le persone che fruiscono dell'assistenza 
medesima, precisano la nozione dell'evento protetto, e cio� della � malattia 
�, e .stabiliscono i casi in cui il diritto all'assistenza non � riconosciuto. 
Gli articoli 6 e seguenti del d. I. n. 147 del 12 febbraio 1948, 
contenente norme per l'esecuzione della predetta legge, precisano poi 
i limiti e le modalit� dell'assistenza dovuta. Indubbiamente l'ente ha il 
potere di valutare la corrispondenza della cura, che lo assistito afferma 
di avere eseguito, alla infermit� denunziata e conseguentemente di determinare 
se le spese, di cui viene chiesto il rimborso, siano inerenti alla 
malattia medesima e corrispondano, anche per le dosi dei medicamenti, 
alle effettive necessit� terapeutiche. Tuttavia �Si tratta, non di una valutazione 
discrezionale, ma di un giudizio da compiere su elementi obiettivi 
e in ordine al quale � possibile il contraddittorio dell'interessato, 
sia in sede amministrativa ,che in sede contenziosa, onde si deve escludere 
che tale giudizio venga ad attenuare il diritto subiettivo del dipendente 
statale ad ottenere le prestazioni nei limiti stabiliti dalla legge. 

Le posizioni soggettive in �rdine all'obbligo di assistenza da parte 
dell'ENPAS, traendo origine da norme aventi per oggetto la diretta 
tutela degli assistiti e, a tal fine, istituenti delle vere e proprie obbligazioni 
a. carico dell'ente, vengono, dunque, ad assumere la configurazione 
di posizioni di diritto soggettivo, relativamente alle quali � 
apprestata una tutela giurisdizionale diretta a garantire l'esatta applicazione 
delle predette norme. Ond'� che, anche per tale aspetto, si 
deve riconoscere che la cognizione delle relative controversie � devoluta 
al giudice ordinario. 

Dalle svolte considerazioni resta assorbita, ai fini della determi


nazione della giurisdizione, la questione, che viene prospettata col 

primo mezzo del ricorso, �circa il riconoscimento, o meno, da parte del


l'ENPAS, della illegittimit� del proprio comportamento, giacch� tale 

questione avrebbe avuto rilevanza solo nel caso in cui da questo Collegio 

si fosse condivisa l'opinione dei giudici del merito, secondo cui la do


manda concerneva un diritto immediatamente derivante dal rapporto 

di pubblico impiego. Per vero solo in tal caso, al fine di stabilire se la 

controversia dovesse essere, o non, devoluta alla cognizione del giudice 

ordinario, avrebbe dovuto essere accertato, se vi fosse stato, da parte� 

dell'ente pubblico, un riconoscimento che tenesse luogo della pronuncia 

di illegittimit�, del diritto preteso dal Forte. 

Dalle svolte considerazioni consegue che, rettificandosi nei ,sensi 

su esposti la motivazione della denunziata sentenza, il primo mezzo 

del ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUPENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 maggio 1966, n. 1279 -Pres. 
La Porta -Est. Pedroni -P. M. Caldarera (conf.) -Teodori (avv. 
Veneziani) c. Ministero Trasporti (avv. Stato Gentile). 

Trasporto -Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al 
viaggiatore .. Responsabilit� -Disciplina speciale -Sua attuale 
applicabilit�. 

(C. T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvate con r. d. 11 ottobre 
1934, n. 1948, art. 11 par. 4 e quindi con d. interm. 13 dicembre 1956, n. 2171, 
art. 13, par. 4; c. c., artt. 1680, e 1681). 
Trasporto -Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al 
viaggiatore -Anormalit� dell'esercizio ferroviario -Apertura dello 
sportello -Non volontariet� -Onere della prova. 

(C. T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvato con r. d., 11 ottobre 
1934, n. 1948, art. 11, par. 4 e quindi con d. interro. 13 dicembre 1956, n. 2171, 
art. 13, par. 4). 
La disciplina generale della responsabilit� civile del vettore nel 
trasporto di persone, dettata nel codice civile, non ha abrogato la 
diversa disciplina speciale, dettata, per i danni che colpisc011,0 il viaggiatore, 
dalle Condizioni e Tariffe per i trasporti di persone sulle Ferrovie 
dello Stato (1). 

L'apertura di uno sportello del convoglio ferroviario, che sia stata 
causa del danno sofferto dal viaggiatore, non costituisce anormalit� 
dell'esercizio ferroviario, se non sia provato dall'interessato, al quale 
ne incombe l'onere, che l'apertura non � stata volontariamente determinata 
dal viaggiatore (2). 

(1-3) Sulla responsabilit� dell'Amministrazione FF.SS. per i danni alla 
persona del viaggiatore. 

La norma in tema di responsabilit� dell'Amministrazione Ferroviaria 
statale per i danni alla persona del viaggiatore, alla quale si riferiscono 
le due sentenze, � la medesima, nonostante la diversa collocazione 
che essa ha nel testo attuale delle C.T. (all'art. 13, par. 4) rispetto a 



68 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1966, n. 2503 -Pres. 
Rossano -Est. Spagnoletti -P. M. Pedote (conf.). -Eusepi (avv. 
Criscenti) c. Ministero Trasporti (avv. Stato. Casamassima). 

Trasporto -Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al 
viaggiatore -Responsabilit� -Anormalit� d'esercizio ferroviario 
-Onere della prova. 

(C. T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvate con r. d. 11 ottobre 
1934, n. 1948, art. 11, par. 4, e quindi con d. interra. 13 dicembre 1956, n. 2171, 
art. 13, par. 4). 
L'amministrazione ferroviaria � responsabile soltanto dei danni 
alla persona del viaggiatore che siano la conseguenza di anormalit� 
verificatasi nell'esercizio ferroviario. L'onere della prova di tale anormalit� 
� a carico del danneggiato (3). 

I 

(Omissis). -Con atto di citazione del 2 maggio 1956 Alessandro 
Teodori conveniva dinanzi al Tribunale di Perugia il Ministero dei 
Trasporti, Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, per ottenerne 
la condanna al risarcimento dei danni da lui sofferti a seguitq di 
incidente occorsogli la sera del 15 maggio 1955, mentre, diretto da 

Fabriano a Valtopina, viaggiava sul treno n. 4569 I. Precisava l'attore 
che egli aveva preso posto in una vettura di III cl. sulla quale non 
viaggiavano altre persone, e, superata la stazione di Ponte Parrano, 
si era alzato dal posto occupato per accendere una sigaretta quando, 
trov�ndosi in piedi intento a quella operazione, un improvviso sob


quella che aveva nel testo precedente (all'art. 11, par. 4). Per la completa 
normativa relativa al testo delle condizioni e tariffe per il trasporto di 
persone sulle ferrovie dello Stato si vedano le indicazioni contenute in 
questa Jl,assegna, 1964, I, 716, in nota a Cass., 13 maggio rn64, n. 1148. 

Ai sensi deUa suddetta norma, 1'Amministrazione risponde del danno 
alla persona del viaggiatore, solo se tale danno sia la conseguenza di una 
anormalit� verificatasi nell'esercizio ferroviario e semprech� l'Amm.ne m:m 
sia in grado di p;rovare che la anormalit� sia avvenuta per caso fortuito 

o forza maggiore. Come � stato rilevato gi� da Cass. 4 agosto 1941, n. 2729, 
in Ferr. it., 1941, II, 187, la norma e non ha carattere innovativo, ma si 
risolve in un chiarimento in senso conforme alla giurdsprudenza anteriormente 
formatasi e poi costantemente seguita�. Essa chiarisce come la 
obbligazione dell'Amm.ne non sia -come una volta si diceva -quella 
! 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 69 

balzo della vettura aveva provocato l'improvvisa apertura dello sportello, 
attraverso la,quale egli era stato scaraventato sulla scarpata 
latistante la strada ferrata, dove era rimasto tramortito fino al mattino 
del giorno successivo. Soccorso, era stato poi ricoverato all'ospedale 
di Gualdo Tadino, con diagnosi di commozione cerebrale, frattura 
della base cranica, lesioni all'arto superiore sinistro ed al viso con 
paralisi facciale, paralisi della pupilla sinistra e perdita dell'udito 
dell'orecchio sinistro. 

Chiedeva di essere ammesso a provare, fra l'altro, che un manovale 
delle FF.SS., tal Moroni di Valtopina, aveva affermato, dopo il 
sinistro, che il treno 4569 � formato da vetture vecchie, i cui sportelli 
spesso si aprono da s�. 

L'Amministrazione convenuta, costituitasi in giudizio, contestava 
la fondatezza della domanda, assumendo tra l'altro che non si era dimostrato 
n� chiesto di dimostrare che l'accaduto fosse dipeso da anormalit� 
del servizio e, mentre si opponeva alla ammissione della prova 
dedotta dall'attore, chiedeva a sua volta di esser ammessa a provare: 
che durante il lungo percorso del treno 4569 da Fabriano a 
Foligno, la sera del 17 maggio 1955, non si era verificata alcuna anormalit� 
del servizio; che gli sportelli del menzionato treno risultavano 
tutti efficienti e regolarmente �chiusi; che la vettura sulla quale era 
salito il Teodori era stata revisionata di recente e che il tratto di linea 
nei pressi di Ponte Parrano, ove il Teodori era stato rinvenuto, � 
rettilineo. 

Passata la causa in decisione, dopo l'espletamento delle prove 
dedotte da entrambe le parti, l'adito Tribunale, con sentenza non definitiva 
21 novembre 1958-23 gennaio 1959, pronunciava condanna 
generica dell'Amministrazione al risarcimento del danno, che, con 
successiva sentenza definitiva 21 aprile-18 giugno 1960, liquidava a 
favore del Teodori in complessive L. 5.737.000. 

di trasportare incolume il viaggiatore, ma dd eseguire il trasporto senza 
che nei servizi ferroviari abbiano a verificarsi anormalit�, con la conseguenza. 
che l'anormalit�, lungi dal potersi presumere, deve essere concretamente 
provata da chi la adduce (cfr. Cass., 25 giugno 1941, n. 1898, in 
Ferr. it., 1941, II, 149). 

Sul concetto dli anormalit�, come fatto riferibile aJ. modo di essere o 
di funzionare del servizio, sulla causa della stessa e sull'onere della relativa, 
prova, cfr., oltre la nota gi� citata a Oass., 13 maggio 1964, n. 1148, in 
questa Rassegna, 1964, I, 716 (sub 5-6-7), la giurisprudenza riferita e commentata 
nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, 
vol. III, 209 e segg. 

Le sentenze in esame ribadiscono il principio, come si � visto, affer


mato dalla giurisprudenza anche prima che fosse codificato nelle C.T., che 

l'Amministrazione risponde soltanto dei danni alla persona del viaggiatore 



70 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'Amministrazione proponeva appello avverso entrambe le sentenze, 
chiedendo di essere assolta dalla domanda ed instando, in via 
subordinata, per una 'riduzione della somma liquidata. 

Il Teodori resisteva al gravame, chiedendone il rigetto. 

Con la denunziata sentenza in data 16 mag�gio-10 settembre 1962 
la Corte d'Appello di Perugia, in totale �riforma della sentenza dei 
primi .giudici, rigettava la domanda del Teodori e dichiarava interamente 
compensate le spese di entrambi i gradi del giudizio. 

Osservava la Corte che il Teodori aveva sostenuto due tesi alternative, 
e cio� che lo sportello non fosse stato ben chiuso da qualche 
viaggiatore o dal personale ferroviario, ovvero che lo sportello stesso 
fosse munito di chiusura difettosa, la quale non aveva resistito alla 
spinta che egli �stesso vi aveva inferta col proprio corpo. Rilevava, al 
riguardo, che nessuna delle due tesi -ciascuna delle quali avrebbe 
realizzato l'irregolarit� del servizio e dato luogo a responsabilit� dell'Amministrazione 
-:risultava provata: la prima risultava smentita 
dalla considerazione che lo sportello, se non ben chiuso, si sarebbe 
certamente aperto molto prima, per effetto della forza centrifuga determinata 
dalle numerose curve destrorse e sinistrorse, assai frequenti 
nel �percorso; n� era comunque .possibile iipotizzare che nel tragitto 
qualche viaggiatore fosse disceso da quella vettura senza che n� lui 
n� il conduttore addetto si fossero curati di chiudere lo sportello, 
dacch� lo stesso Teodori aveva affermato che nella vettura egli viaggiava 
solo; la seconda era del tutto sfornita di qualsiasi principio di 
prova. Considerava inoltre la Corte che non �potevano escludersi altre 
cause dell'evento, e cio� che il Teodori, uomo di debole carattere, 
avesse tentato di suicidarsi in �seguito a dissapori familiari (per i 
quali qualche tempo prima aveva abbandonato la propria abitazione 
deciso a compiere un gesto insano), oppure che egli svegliatosi all'improvviso 
dopo essersi aippisolato e credendo che la stazione di destinazione 
stesse per essere superata, avesse sfidato il rischio di scendere 

che siano conseguenza di anormalit� nell'esercizio ferroviario e che l'onere 
della reil.ativa prova incombe a chi adduce l'esistenza dell'anormalit�. Ma 
tali riaffermazioni di principio e la stessa esatta distinzione tra la responsabilit� 
del comune vettore e quella dell'Amministrazione ferroviaria, posta 
in entrambe le sentenze, nonch� lo stesso riconoscimento della sopravvivenza 
della disciplina speciale a quella dettata dal codice, contenuto nella 
prima sentenza, si risolvono in mere enunciazioni astratte e prive di pratico 
rilievo, se poi in concreto, come talvolta avviene per il periodico riaffiorare 
di vecchie tendenze, (cfr. Cass., 20 maggio 1933, n. 1868, .in Ferr. it., 
1933, II, 99), si ritiene che all'interessato basti provare l'anormalit� come 
fatto obiettivo e non anche la causa specifica neLla quale l'anormalit� si fa 
consistere (come, invece, da ultimo, esattamente ritiene Cass., SS.UU., 8 \ 
febbraio 1958, n. 408, in Foro it., 1958, I, 445). Infatti ci� si traduce nel 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 71 

dal treno in corsa per non proseguire il viaggio oltre la meta. Concludeva 
pertanto la Corte �che, in tale situazione, il permanere del dubbio, 
che non �consentiva la scelta tra le varie possibili determinanti dell'evento, 
si risolveva nel mancato soddisfacimento dell'onere della 
prova 'Circa l'anormalit� del servizio. 

Avverso l'anzidetta sentenza il Teodori ha proposto tempestivo 
ricorso per cassazione, deducendo un unico, complesso mezzo di annullamento. 


Ha resistito, mediante controricorso, il Ministero dei Trasporti, 
Amministrazione delle Ferrovie dello Stato. 
Il ricorrente ha prodotto memoria illustrativa. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con l'unico, complesso motivo del ricorso il Teodori -denunciando 
H vimo logico della motivazione, il difetto assoluto di motivazic:
me circa un punto decisivo della controversia, la violazione delle 
norme circa l'onere della prova, la violazione dell'art. 1681 c. c. e la 
falsa applicazione dell'art. 11 del r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948 e 
succ. modif., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5�, c. p. c. -censura la 
sentenza impugnata sotto tre profili, che cos� possono riassumersi: 

1) l'affermazione, che, se lo sportello non fosse stato ben chiuso 

o fosse munito di-un congegno di chiusura difettoso, si sarebbe aperto 
nelle curve, potrebbe dirsi esatta soltanto nell'ipotesi che l'apertura 
dello sportello fosse stata orientata nel senso di marcia, mentre � 
noto che ci� non pu� sempre avvenire per le vetture ferroviarie, che 
possono muoversi indifferentemente nei due sensi, cosicch� l'affermazione 
stessa sarebbe illogica, almeno per una delle due ipotesi possibili 
circa il senso di apertura dello sportello; d'altra parte la Corte 
del memto avrebbe dovuto tener conto del principio elementare di 
porre a carico dell'Ammini.strazione una presunzione di responsabilit� per 
ogni accidentalJit� del trasporto, senza tener conto che vi sono acci.dentalit� 
che possono essere causate anche dallo stesso viaggiatore, al quale ai sensi 
dell'art. 2, par. 6, delle C.T. incombono adeguati doveri di cooperazione, la 
cui inosservanza, a norma dell'art. 13, par. b), esclude la responsabilit� 
dell'Amministrazione; e �senza akuna considerazione della rilevata distinzione 
tra disciplina comune e disciplina speciale. Cosi � a dire della caduta 
dal treno di un viaggiatore per l'apertura dello sportello, fatto in il'elazione 
al quale sovente nella giurisprudenza si scorgono deviazioni dai principi. 

Tale fatto affiora anche in entrambe le sentenze in esame; ma solo nell.a 
prima viene in considerazione sotto il profilo che qui interessa, mentre 
nella seconda non d� luogo ad alcuna problematica, per essere stato escluso 



72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
fisica, secondo il quale le forze che si esercitano su una imperfetta 
chiusura si sommano senza produrre effetti apparenti, finch� una spinta 
appena un po' pi� forte determina quell'effetto, che le numerose sollecitazioni 
precedenti non erano state in grado dii provocare; 
2) costituirebbe grave errore dii logica l'aver posto sullo stesso 
piano l'eventualit�, pi� probabile, di un'anormalit� del servizio (imperfetta 
chiusura) con l'ipotesi, mancante di ogni principio di prova, 
dii un tentativo di suicidio o dell'assunzione consapevole, da parte dell'infortunato, 
del rischio gravissimo di scendere dal treno in corsa; 
3) nella elaborazione del materiale probatorio raccolto il ~udice 
di merito, pur nella sua ampia libert� di valutazione, non potrebbe, 
senza incorl'ere dn vizio logico della motivazione, trascurare di considerare 
11;1 ragionevole probabilit� dei fatti, e ci� tanto pi�, quando, 
come nella specie, una delle parti si trovi in una speciale posizione 
di privile~o. 
Il ricorso non merita accoglimento, siccome infondato. 
Innanzitutto, dalle proposizioni critiche dianzi riassunte non � 
dato vedere in che precisamente consistano la Vliolazione dell'art. 1681 
c. c. e la falsa applicazione dell'art. 11 delle Condizioni e Tariffe per 
il trasporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato, approvate con 
r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948. 
Trattandosi di pretesa risarcitoria di danno da trasporto ferroviario, 
era applicabile ,al caso di specie la norma speciale, la quale, 
derogando alla regola comune dettata dall'art. 1681 c. c., pone a ,, 
.i: 
carico del viaggiatore l'onere di provare l'esistenza di una anormalit� 
del servi2lio ed il nesso di causalit� tra essa ed il danno da lui sofferto, 
:mentre assegna all'Amministrazione ferroviaria l'onere di dimostrare 
che l'anormalit� � da attribuirsi a caso fortuito o forza maggiore. 
Nella memoria illustrativa il ricorrente -sviluppando un fugace 
accenno adombrato 1in forma ipotetica nel ricorso -assume che l'andagli 
accertamenti dei giudici di merito, essendo rimasto acclarato che il 
viaggiatore ,era caduto mentre tentava di salire sul treno in movimento. 
A proposito dell'apertura degli sportelli con conseguente caduta del 
viaggiatore una non sempre esatta formulazione delle massime e in specie 
l'astrazione deHe medesime dal fatto sub iudice (in acr:-g. cfr. GORLA, in Quaderni 
del Foro it., 1966, pp. 5 e segg.) hanno ingenerato l'e1quivoco che in 
essa la giurisprudenza tenda a ravvisare una anormalit� del servizio in re 
ipsa, che esonererebbe l'interessato dall'onere di fornire la prova del fatto 
specifico, inerente al matedale mobile o all'attivit� degli agenti ferroviari, 
nel Q.uale consisterebbe l'anormalit�. Viceversa un attento esame delle due 
sentenze alle quali un tale orientamento viene attribuito (Cass., 14 febbraio 
1963, n. :300, in Foro it., 19613, I, 1771 e 13 maggio 1964, n. 1148, ivi, 
1964, I, 1626), consente di ridimensionare la portata dell'affermazione di 



73

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

zidetta norma, pel suo carattere ecce:ziionale restrittivo della responsabilit� 
del vettore, deve ritenersi abrogata dalla contraria disposizione 
contenuta nell'art. 1681 c. c., � che non fa menzione di alcuna 
eccezione in virt� di leggi speciali, come i principi generali impongono, 
come fa sempre la legge generale e come fa, in ogni altro caso, 
il vigente codice civile�. Palese appare l'inconsistenza giurictica dell'assunto, 
ove si consideri che proprio la norma generale dettata dall'articolo 
1680 c. c. -nel tracciare i limiti di applicazione delle 
norme comuni sul trasporto -fa espressamente salve, per i trasporti 
aerei, marittimi, ferroviari e posta1Ji, le deroghe contenute nel codice 
della navigazione o nelle leggii speciali. 

Puntuale, dunque, l'applicazione della norma speciale fatta al 
caso di specie dai giudici d'appello; i quali correttamente hanno preteso 
dall'odierno ricorrente la prova dell'anormalit� del servizio e, con 
motivato, incensurabile giudizio di fatto, hanno poi espres~ il convincimento 
che tal prova non fosse stata in alcun modo raggiunta. 
Siffatto giudizio non � minimamente scalfito dalle suenunciate proposizioni 
critiche in cui si articola il ricorso. Non dalla prima, perch�, 
innanzitutto, non � dato ravvisare alcun vizio logico nella considerazione 
svolta d;,iUa sentenza impugnata a proposito della incidenza 
della forza centrifuga sull'eventuale imperfetta chiusura dello sportello 
e perch�, comunque, (a tutto concedere e senza confutare le 
non completamente esatte .osservazioni di dinamica fatte dal ricorrente), 
non deriverebbe dall'eliminazione della anzidetta considerazione 
-la quale nell'economia della sentenza impugnata ha carattere 
rafforzativo della ritenuta carenza di prova -la dimostrazione del 
non provato assunto dell'anormalit� del servizio. 

Non dalla seconda proposizione critica, perch� la Corte del merito 
ha dato conto -con ragionamento improntato ad ineccepibile 
.rigore logico che lo sottrae ad ogni sindacato in questa sede -del 
perch�, in carenza di prova sull'anormalit� del servizio, riteneva di 
porre sullo stesso piano, come fattori potenzialmente causativi del-

principio, quale appare dalle massime. Invero, nella sentenza 14 febbraio 
1963, n. 300, alla enunciazione, che l'improvvisa apertura degli sportelli costituisce 
di per s� anormalit� del servizio, segue la precisazione � in quanto 
riconducibile al comportamento antigiuridico dell'Amministrazione ferroviaria, 
tenuta ad esigere dal proprio personale viaggiante, in ottemperanza 
alle istruzioni di servizio allo stesso impartite, che alla partenza dei 
treni sia verificata la chiusura degli -sporteLli �. E in punto di fatto la sentenza 
concerne un caso, nel quale l'anormalit� si faceva consistere nella 
accertata mancata verifica della chiusura degli sportelli alla partenza del 
treno, omissione che era stata resa possibile dailla deficienza del personale 
di scorta, essendo risultato che �ad un solo conduttore era stata affidata la 
scorta di otto vetture in luogo di quattro, cos� ponendosi in essere una 
condotta colposa. La sentenza 13 maggio 1964, n. 1148, a sua volta, richiama 



76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
~g-Alla Corte di appello furono dedotti due assunti contrastanti: 

lvo 

quello sostenuto in citazione, secondo il quale l'Eusepi cadde dal treno 

~o


durante la marcia dello stesso, per l'improvvisa apertura dello spor


tello, al quale trovavasi appoggiato; l'altro, secondo il quale l'incidente 
sul 

m 


si verific� nel tentativo dell'Eusepi di mo.ntar�e sul treno in movimento. 
:i.to 

L'impugnata sentenza, nel .confermare la decisione dei primi giu


vo, 

dici, � pervenuta al convincimento della verit� di questa seconda 
v�ersione dei fatti, dopo aver constatato che nessuno dei testi indotti 
la 

aveva confermato la prima contrastante, del resto, con quella fornita 
ton 

a suo tempo dallo stesso infortunato. 
al


Essendo stata, pertanto, accertata una causale rapportabile ad 
er


esclusiva colpa del viaggiatore, legittimamente i giudici del merito 
:gli 

hanno escluso la sussistenza di una anormalit� del servizio, che costi


tuisce il presupposto necessario per l'affermazione della responsabilit� 

di 

c. 
dell'Amministrazione ferroviaria. 
tti


Per quanto concerne il punto b), l'impugnata sentenza, contraer


riamente a quanto assume il ricorrente, ha congruamente spiega�to perore 


ch� la deposizione dei Gerardi, padre e figlio (di aver visto l'Eusepi 
pe


salire sul treno fermo in stazione), non era attendibile, specificando 
WO 

che i motivi della non credibilit�, o quanto meno della irrilevanza 
in-

della deposizione dovevano ravvisarsi: a) nel fatto che i testi, non 
di 

avendo conosciuto in precedenza l'Eusepi, non potevano avere fissato 
are 

la loro attenzione su un fatto che in quel momento non rivestiva alcun 
no


particolare interesse; b) nel fatto che, avendo gli agenti ferroviari 
tta) 

visto l'Eusepi uscire di corsa dal gabinetto di decenza della stazione 

~io. 

per inseguire il convoglio in movimento, .la deposizione dei Gerardi 
.zio 

veniva a perdere ogni rilievo decisivo per la possibilit� che l'Eusepi, 
:ole 

montato una prima volta sul treno, ne sia poi disceso appunto per sodes


disfare qualche bisogno corporale. 
ad-

La censura mossa dal ricorrente si risolva in una mera critica 
della valutazione delle prove, incensurabilmente compiuta dai giudici 
di merito. 

sunzione di colpa, la prova deve essere diretta a dimostrare che l'anor


~tte 

malit� consiste in una condotta colposa positivamente attributbile aloile 


lOr


l'Amministrazione, e non soltanto ad escludere che l'apertura sia stata 
:aso 

determinata volontariamente dal viaggiatore, essendo possibile che l'aperdo


tura stessa sia riferibile ad una condotta anche soltanto colposa dello stesso 
en


viaggiatore o di altri, del cui operato l'Amministrazione non � respon> 
in 

sabile. La precisazione � tuttavia significativa della necessit� che si abbia 
~, a riguardo aUa causa deH'anormalit� -come sostiene J.'Avvocatura -e del 

::: :);

:-:�:�:-:=j

risa .�'.�'.�'.�'.�'.� disagio in cui la giurisprudenza viene a trovarsi quando si discosta dal 

.zio, principio, per il quale deve essere dimostrata la causa specifica dell'anoriale 
malit�, puntualmente affermato dalle Sezioni Unite, nella sentenza 8 febriva 
braio 1958, n. 408, gi� citata. 

A. FRENI 
,:;:lr1 
~iva -~ 

:::i:~ 

??:l 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Lo stesso rilievo va fatto in ordine al secondo mezzo, con il quale 
il ricorrente si duole che la sentenza impugnata si sia fondata sulle 
deposizioni degli agenti ferroviari che furono presenti al fatto, e 
quindi su testimonianze rese da persone incapaci, quali dipendenti 
dell'Amministrazione resistente. 

La censura � resistita anzitutto dalla considerazione che ai fini 
del decidere era sufficiente quanto la Corte di appello aveva gi� argomentato, 
sia in ordine alla mancata prova dell'assunto dell'Eusepi, sia 
in ordine alla prova contraria emergente, prima ancora che dalle 
risultanze del processo, dalla stessa ammissione resa dall'Eusepi. 

Il richiamo alle deposizioni degli agenti ferroviari costituiva, nell'economia 
della sentenza, un'argomentazione supplementare e rafforzativa 
del convincimento gi� formato circa l'esclusione della prova 
di un'anormalit� del servizio. 

Con il terzo mezzo si denuncia violazione dell'art. 115 c. p. c.: 
a) per avere la Corte di merito desunto elementi di convincimento 
dall'inchiesta amministrativa e di polizia giudiziaria; b) per non avere 
la Corte stessa accolto la domanda tendente a sollecitare il confronto 
rfra i testi ed il rinnovo della loro escussione. 

Anche tali doglianze sono destituite di giuridico fondamento e 
pertanto non possono essere accolte. 

Non la prima, perch� i verbali di indagine redatti dagli ufficiali 
di polizia giudiziaria possono essere utilizzati dal giudice per la formazione 
del proprio convincimento (Cass., 16 maggio 1962, n. 1085) e 
perch�, d'altra parte, le ammissioni dell'Eusepi in sede di interrogatorio 
di polizia giudiziaria costituivano confessione stragiudiziale, avente 
quindi efficacia probatoria ai sensi dell'art. 2735 c. c. 

Non la seconda, perch� la richiesta del �confronto fu dedotta per 

la prima volta in sede di comparsa conclusionale avanti la Corte di 

appello e perch� il giudice di merito nell'esercizio dei suoi poteri 

discrezionali pu� non dare ingresso ad ulteriore istruttoria, quando si 

sia formato un convincimento in base agli elementi gi� acquisiti. 

Alla stregua delle suesposte considera:;)ioni, il ricorso deve essere 

rigettato con ogni pronuncia conseguenziale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 ottobre 1966, n. 2500 -Pres. 
Tavolaro -Est. Pratillo -P. M. Criscuoli (conf.) -Vittoria (avv. 
Giuffr�, Nicol�) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Lancia). 

Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Nozione. 

(d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, art. 1). 

78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Controversie 
-Azione giudiziaria -Condizioni di proponibilit�. 

(d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, art. 10). 
Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Commissario 
liquidatore -Poteri. 

(d. I. 25 marzo 1948, n. 674, art. 5). 
Ai sensi del d. l. 25 marzo 1948, n. 674 debbono considerarsi non 
ancora definiti, al momento dell'entrata in vigore 1del d. l. �Stesso, tutti 
i contratti di guerra per i quali sia ancora possibile avere una qualsiasi 
contestazione riguardo 1ad una \qualsiasi delle prestazioni corrispettive 
(1). 

Per poter adire il giudice ordinario-nelle controversie relative a 
contratti di ,guerra non ancora definiti � necessaria la previa denuncia, 
ai sensi dell'art. ,10 d. l. 125 marzo 11948, n. 674, del contratto al Commissario 
istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di 
guerra non ancora definiti (2). 

Tra i poteri discrezionali conferiti dall'art. 5 d. l. 25 marzo 1948, 

n. 674 al Commissario � compreso anche quello di determinare il rapporto 
di cambio tra la moneta italiana e quella straniera, eventualmente 
dedotta nel contratto quale mezzo di pagamento (3). 
(OmiSsis). -Con i due mezzi di ricorso -strettamente connessi 
tra loro e, quindi, da esaminare congiuntamente -si denuncia, in 
riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione e la falsa appli


. cazione dell'art. 1 del d. l. n. 674 del 2�5 marzo 1948, nonch� il vizio 
di motiva:ziione su un �punto decisivo della controversia, per avere 
la Corte d'Appello ritenuto che il contratto di fornitura, intercorso 
tra il Vittoria e l'Amministrazione Militare Italiana in Tirana nell'agosto 
del 1943, non era ancora e definito � al momento dell'entrata 
in vigore del d. 1. suddetto: cosicch� il Vittoria avrebbe dovuto, prima 
di adire il giudice ordinario, denunciare il suddetto contratto 

� di guerra � al Commissario per la sistemazione e liquidazione dei 
contratti di guerra istituito dal d. 1. stesso. Si sostiene che -nonostante 
le rimostranze del ricorrente circa la quantit� di moneta italiana 
(1-3) Giurisprudenza costante: in arg. cfr. Cass., Sez. Un., 28 novembre 
1953, n. 3603; 19 gennaio 1954, n. 89 e 12 marzo 1957, n. 741, in 
Foro it., Mass., 1953, 692; 1954, 18; 1957, 152. Sulla nozione di contratto di 
guerra non ancora definito v. anche nota a Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 
1964, n. 936, in questa Rassegna, 1964, I, 917. Circa i rimedi giurisdizionali 
avverso i provvedimenti commissariali e i poteri del commissario liquidatore 
cfr. Cass., Sez. Un., 24 luglio 1964, n. 2031, ibidem, 1038, con nota. 

A. F. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 79 

corrispostagli in luogo �'li quella albanese -dovrebbe considerarsi 

� definito � un contratto, come quello di specie, sulle cui prestazioni integralmente 
eseguite -non era insorta contestazione alcuna tra i 
contraenti (in particolare non sul prezzo determinato e accettato in 
franchi 3.243.250,90, n� sulle modalit� di pagamento), dato che l'unico 
contrasto riguardava l'errore materiale di calcolo in cui era incorso, 
in sede di cambio valutario, l'Ufficio incaricato del pagamento. Si 
nega, altres�, che la questione relativa alla data, alla quale si sarebbe 
dovuto fare riferimento per determinare il cambio tra le due monete, 
incidesse sulla prestazione del Ministero, cos� d'aver impedito la defini:
zfone del contratto a norma del d. l. n. 674 del 1948, anche perch� 
la questione stessa sarebbe sorta successivamente alla piena esecuzione 
del contratto medesimo. Si ag�giunge che, ove si ritenesse, come 
si afferma nella sentenza impugnata, che il d. I. del 1948, n. 674 � 
applicabile anche alle controversie sorte successivamente alla esecuzione 
e alla definizione d'un contratto di guerra, si giungerebbe all'assurdo 
di negare, rispetto ad esse, la tutela giurisdizionale dei diritti 
del privato, nel caso in cui tali controversie si�no sorte dopo 
la scadenza del termine di 180 giorni, f�.ssato dal d. 1. stesso per ricorrere 
al Commissario per la sistemazione e la liquidazione dei contratti 
di guerra. 
Il ricorso � infondato. Non si � mai posto in dubbio che il contratto 
di fornitura, fatercorso nell'agosto del 1943 in Tirana tra il 
Genio Militare Italiano e il Vittoria, sia � di guerra � a sensi dell'articoo 
4 del d.1. n. 674 del 25 marzo 1948; n� che tra gli ampi poteri 
conferiti dall'art. 5 di detto d. 1. a.J Commissario istituito per la sistemazione 
e la liquidazione dei contratti di guerra, non ancora �definiti 
al momento dell'entrata in vigore del d. I. stesso, vi sia anche quello 
di determinare il rapporto di cambio tra la moneta italiana e quella 
straniera, eventualmente dedotta in contratto quale mezzo di pagamento: 
il che, peraltro, queste Sez. Un. hanno gi� affermato con 
sent. n. 2031 del 24 luglio 1964. 

Ma il Vittoria, a sostegno della tesi da lui prospettata nei giudizi 
di merito e riproposta nei motivi di ricorso, ha affermato nella discussione 
orale innanzi queste Sez. Un. -contrariamente a quanto aveva 
ammesso anche nell'atto di citazione -che egli, il 12 aprile 1948, 
cio� prima della data in cui entr� in vigore il d. l. n. 674 del 1948 
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 1948), aveva 
riscossa, �senza riserva alcuna ., la somma di lire italiane 20.272.000 
in cambio dei franchi albanesi 3.243.250,90 dedotti in contratto quale 
prezzo della fornitura. Senonch� -e innanzi tutto -la Corte del 
merito, con un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimit�, 
peraltro non espressamente impugnato nel ricorso, ha, invece, 
ritenuto che, gi� con raccomandate del 23 e del 30 maggio 1947, il 



80 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Vittoria, nell'invitare ancora una volta l'Amministrazione Militare ad 
adempiere la sua obbligazione, aveva fatto presente d'aver appreso 
che s'intendeva soddisfarlo in moneta nazionale, non albanese: e precisava 
che, se ci� fosse avvenuto, egli avrebbe riscossa la somma e 
l'avrebbe conteggiata a scomputo del debito della Pubblica Amministrazione, 
ma con le pi� ampie riserve per i danni d'ogni sorta a lui 
derivati dalla sopravvenuta svalutazione della lira (rispetto al franco 
albanese) tra l'epoca dela fornitura (agosto 1943) e la data in cui si 
sarebbe effettuato il pagamento: e salvo anche ogni altro suo diritto 
al riguardo; mentre chiedeva che gli fossero pure corrisposti, sulla 
somma dovutagli, gli interessi legali. Ha ritenuto inoltre la Corte che, 
appena riscosso il prezzo della fornitura in lire italiane, con altra 
raccomandata del 23 aprile 1948 (ed ancora ripetutamente in seguito) 
il Vittoria aveva contestato al Ministero della Difesa-Esercito che, per 
il pagamento, non si era affatto tenuto conto, com'egli aveva chiesto, 
della svalutazione della lira, n� gli erano stati corrisposti gli interessi 
legali; e concludeva invitando la Pubblica Amministrazione, � se intendeva 
evitare una procedura legale ., a rifare i conti. 

Pertanto, nori � successivamente � alla completa e incontestata 
esecuzione contrattuale, come si sostiene nel ricorso, sibbene prima 
che l'Amministrazione Militare avesse effettuata la sua contropresta-. 
zione e immediatamente dopo -sempre, poi, prima dell'entrata in 
vigore del d. I. n. 674 del 1948 -il Vittoria aveva chiaramente e 
in modo reciso formulata la propria pretesa secondo cui, ove il Ministero 
della Difesa-Esercito si fosse avvalso della facolt�, concessa 
in solutione al debitore. dall'art. 1278 c. c., data la mora debendi, si 
sarebbe dovuto tener conto della svalutazione della lira italiana sopravvenuta, 
rispetto al franco albanese, tra la data di scadenza del 
debito del Ministero e quella dell'effettivo pagamento, e che, quindi, 
per il cambio di valuta, si sarebbe dovuto aver riguardo non alla prima 
data, sibbene alla seconda. 

Con ci�, evidentemente, il Vittoria non rilev� ex post, com'egli 

assume, soltanto un mero errore di cakolo in cui sarebbe incorsa la 

Pubblica Amministrazione nell'operare il cambio di valuta (dato che 

un tale errore presuppone l'esattezza dei dati posti a, base del con


teggio e, quindi, la piena concordanza, su �essi, dei c�ntraenti), ma 

contest� proprio l'esattezza dei dati che l'Amministrazione Militare 

intendeva porre, e successivamente pose a base del cambio di valuta. 

E tale divergenza incideva sul contenuto della controprestazione e 

sulla integralit� dell'adempimento contrattuale del Ministero, in quanto 

questo, secondo la tesi del ricorrente, per l'accertato sopravvenuto 

aumento del valore del franco albanese, rispetto alla lira italiana, tra 

le due date in contestazione, avrebbe dovuto concretamente corrispon


dere, come prezzo della fornitura ricevuta, una somma in lire italiane 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

senza altro superiore a quella che si apprestava a pagare e che effettivamente 
poi vers�. Anzi il Vittoria poneva, cos�, sul tappeto, una 
vera e propria questione giuridica circa il suo diritto (in relazione 
agli artt. 1218, 1219, 1278 c. c.) al pieno risarcimento dei danni che 
affermava di aver subiti, .perch�, a suo avviso, il Ministero della Difesa-
Esercito, in conseguenza del ritardo dell'adempimento della propria 
prestazione e della sua messa in mora, avrebbe dovuto senz'altro 
corrispondere, in solutione, con gli interessi legali, almeno una somma 
in lire italiane effettivamente equivalente al valore della valuta albanese 
stabilita in contratto. 

�, dunque, evidente che, data la divergenza di cui si � detto, 
il contratto di guerra in parola non poteva considerarsi gi� definito 
tra le parti, a sensi del d. �l. n. 674 del 1948, al momento in cui questo 
entr� in vigore, e, pertanto, il Vittoria, prima di adire il giudice ordinario 
-per far, evidentemente, risolvere da questo la controversia 
insorta tra lui e l'Amministrazione Militare -avrebbe dovuto denunciare 
il contratto, a sensi dell'art. 10 del d. l. suddetto, al Commissario 
istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra 
non ancora definiti. 

Gi� altre volte queste Sez. Un. (cfr. sentt. n. 3603 del 28 novembre 
1953; n. 89 del 19 gennaio 1954 e n. 741 del 12 marzo 1955) 
hanno affermato che debbono considerarsi � non ancora definiti �, al 
momento dell'entrata in vigore del d. l. n. 674 del 1948, tutti quei 
contratti, per i quali sia ancora possibile una qualsiasi contestazione 
riguardo ad una qualunque delle prestazioni corrispettive, e per conmomento 
dell'entrata in vigore del d. I. 1948, n. 674, non erano pi� 
verso debbono considerarsi � definiti � quei contratti per i quali, al 
profilabili contestazioni di sorta alcuna : il che, ovviamente, pu� aversi 

o per effetto del gi� avvenuto, integrale, esatto e incontestato adempimento 
delle obbligazioni reciproche dei contraenti, oppure quando sia 
stata irrevocabilmente appianata ogni qualsiasi divergenza al riguardo 
per effetto di giudicato o di accordo tra le parti, debitamente approvato. 
Infine, poich� � certo che la controversia relativa al contratto di 
guerra di cui si discute era senz'altro sorta prima dell'entrata in 
vigore del d. I. n. 674 del 1948, il Vittoria, il quale ha avuto a propria 
disposizione, per la prescritta denuncia del contratto stesso al Commissario 
per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra, 
tutti i 180 giorni stabilit dall'art. 10 del decreto medesimo, male a 
proposito prospetta, per cercar di sorreggere la sua tesi, la impossibilit� 
della denuncia al Commissario anzidetto delle controversie eventualmente 
sorte dopo la scadenza del termine suindicato. 

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con le conseguenze di 
legge. -(Omissis). 


82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 57 -Pres. Rossano 
-Est. Roperti -P. M. Caccioppoli (diff.) -Galzignato (avv. Andreotti-
Loria, Coniglio A.) c. Amministrazione delle Finanze (avv. I:�:.� 
Stato Gargiulo). 
Procedimento civile -Litisconsorzio necessario -Litisconsorzio necessario 
fra soggetto non legittimato citato e costituitosi in giudizio 
ed il soggetto legittimato, non comparso perch� non citato -Esclusione. 
(c. p. c., artt. 102, 354). 
Entrate patrimoniali -Ingiunzione amministrativa di pagamento -
Opposizione -Soggetto legittimato passivamente al giudizio di 
opposizione. 
(t. u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2, 3). 
Un litisconsorzio necessario non � configurabile tra un non legittimato 
costituitosi in giudizio ed il legittimato non comparso, perch� 
non citato: in siffatta ipotesi il giudice deve rigettare la pretesa, 
salvo al titolare del rapporto sostanziale il diritto di farla valere in 
un nuovo, autonomo giudizio nei confronti :del legittimo contraddittore 
(1). 
(1) Che non vi sia, non si dice litisconsorzio necessario, ma neppure 
litisconsorzio deriverebbe da ci� che questo concetto debba involgere 
quello di una pluralit�, di legittimazioni: CosTA, Sull'intervento coatto del 
legittimato senza proposizione di domande, Giur. it., 1960, I, 1, 427, il quale, 
di conseguenza, ritiene che esuli da tale schema �l'ipotesi della �indicazione 
del legittimato da parte del convenuto �, che sarebbe � istituto innominato, 
ibrido, tra la nominatio auctoris (che per� � solo indicazione, 
senza chiamata) e l'intervento coatto ad ii.stanza di parte �. Ma la prevalente 
giudsprudenza della Corte di Cassazione, ammette, invece, che � qualora il 
convenuto in un giudizio di responsabilit� civile abbia indicato un terzo 
come il sog.getto legittimato a contraddire a:na domanda attrice, chiamandolo 
in causa, l'accertamento della responsabiUt� del terzo verso l'attore 
pu� essere compiuto dal giudice ad istanza del convenuto �: Cass., 18 aprile 
1966, n. 977, in questa Rassegna, 1966., I, 587, sub 2 ed ivi nota di ulteriori 
riferimenti di dottrina e giurisprudenza. Sull'art. 106 c.p.c., segnatamente, 
v. Classe., 3 luglio 1959, n. 2114, in Giur. it., 1960, I, 1, 427; 12 aprile 1965, 
n. 660; id., 1967, 1, 238 e, circa 1o stato della dottrina, FABBRINI, Intervento 
coatto ad istanza di parte ecc., ibidem, 239 e segg., in particolare: 243, 
nota 5. Peraltro, vi sono ipotesi, in cui la dimostrazione della esistenza di 
un altro soggetto legittimato � indispensabile al convenuto, per sostenere ~:.� 
di non essere legittimato a contraddire alla domanda attrice, . come nel ~-'�� 
caso dell'accertamento di una servit� di passaggio coattivo �: CosTA, OP~ 
cit., 428. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 83 

Nel giudizio di opposizione ad ingiunzione amministrativa di pagam<
i;nto, legittimata passivamente � l'Amministrazione ingiungente 
ed il rapporto processuale deve intendersi legittimamente costituito, 
se L'opposizione � notificata al Capo di detta Amministrazione, e cio� 
al Ministro in carica, al quale, per legge, � riservata la rappresentanza .. 
in giudizio (2). 

(Omissis). -Col primo mezzo il ricorrente, sotto il profilo della 
violazione e falsa applicazione degli art. 2 e 3 r. d. 14 aprile 1910, numero 
639, in relazione all'art. 360, n, 3, c. p. c. sostiene che ai sensi 
dei citati articoli, il procedimento di coazione comincia con l'ingiunzione, 
la quale consiste nell'ordine, emesso dal competente ufficio 
dell'ente creditore, di pagare; che l'opposizione deve essere proposta 
contro questa ingiunzione, e cio� citando in giudizio l'organo che l'ha 
.el'lle$$a, con la conseguenza che nella specie esattamente � stato citato 
il Minist.ero delle Finanze, essend.o stata la dngiunzione emessa dall'Intendenza 
di Finanza, quale organo di detto Ministero; che l'errore 
in cui sarebbe incorso l'ufficio, il quale ha indicato nell'ingiunzione il 
Ministero delle Finanze e non il Ministero del Tesoro, non pu� avere 
rilevanza nei confronti del debitore opponente che in effetti doveva 
citare ed ha citato il primo Ministero e non il secondo; che, pertanto, 
erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto interessato nella controversia 
anche il Ministero del Tesoro ed ha cosi disposto, rinviand.o 
il giudizio dinanzi ai primi giudici, la integrazione del contraddittorio 
nei confronti del detto Ministero (nonch� nei confronti del Mmi.stero 
dei LL.PP.,_,rftenuto del pari interessato nell'esazione del credito). 

La .censura � fondata. 

(2) Ma, per J.'ipotesi di scissione fra titolarit� ed esercizio del diritto 
di credito (e tenuto �onto degli effetti processuali deli'opposizione all'ingiunzione 
amministrativa, su cui v. Cass., 29 ottobre 1965, n. 2295, in questa 
Rassegna, 1966, I, 86, sub 2), v. Cass., Sez. Un., 7 mlj.ggio 1966, n. 1176, in 
questa Ras~egna, 1966, I, 612 (nella motivazione: qll:ando sia. fatta valere 
la pretesa di soddisfacimento di un credito, di cui un soggetto sia titolare 
ed altro soggetto ne sia �legittimato all'esercizio, e qualora sorga contestazione 
intorno all'esistenza. deil credito, ;parte principale della Ute, e quindi 
parte necessaria del giudizio, � il soggetto titolare del credito, nei confronti 
del quale la pronuncia esplica effetto principale e diretto, e non soltanto H 
soggetto legittimato al:l'esazdone, nei confronti del quale il.a pronuncia 
esplica un effetto meramente riflesso, quale pronuncia. dichiarativa, dell'esercitabilit� 
o meno deHa pretesa �); v. anche Cass., Sez. Un., 2 luglio 
1965, n. 1373, Giur. it., Mass., 1965, 494, nonch� in questa Rassegna, 1965, 
I, 916 (ma, sulla specifica applicazione del principio fatta da questa pronuncia, 
v. nota di riJ.ievi ed osservazioni, ivi 704). Peraltro, sulia portata 
dell'art. 263, pen, comma, r.d. 23 maggio 1924, n. 827, v. Cass., 8 il.uglio 1966, 
n. 1794, in questa Rassegna, 1966, I, 1022. 
,:�,,� 



84 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'Avvocatura dello Stato riconosce che la procedura coattiva per 
il recupero del contributo indebitamente percepito dal ricorrente fu 
promossa, per errore, dall'Ammtnistrazione finanziaria, anzich� dalla 
Amministrazione del Tesoro, competente in forza della vigente legislazione, 
in materia di erogazione di indennizzi e contributi per dann~ 
di guerra; ed anche l'impugnata sentenza ammette tale errore. 

Ci� posto, balza evidente l'inconsistenza della soluzione adottata 
dalla Corte di merito disponendo l'integrazione del contraddittorio nei 
Cionfronti del Ministero del Tesoro, titolare del credito contestato, e 
del Ministero dei LL. PP., ritenuto dal pari interessato nella controversia. 


Invero, l'integrazione del contraddittorio va disposta se ricorre una 
causa inscindibile, la quale sussiste ogni qual volta sia dedotto in 
giudizio un rapporto giuridico con pluralit� di soggetti e si renda 
necessaria, per ragione di diritto sostanziale od anche processuale, 
l'unit� del procedimento e della decisione, sicch�, in difetto di tale 
unit�, la sentenza sarebbe � inutiliter data �. 

Ora, un litisconsorzio necessario non � configurabile tra un non 
legittimato costituitosi in giudizio ed il legittimato non comparso perch� 
non citato, in quant� in siffatta ipotesi il giudice deve rigettare 
la pretesa, salvo al titolare del rapporto sostanziale il diritto di farla 
valere m un nuovo autonomo giudizio instaurato nei confronti del 
legittimo contraddittore. 

Nella specie, la Corte di merito, accertato che la procedura coattiva 
per il recupero del contributo percetto dal ricorrente era stata 
promossa da un'Amministrazione incompetente, quale era quella finanziaria, 
non doveva fare altro, in mancanza di una legittimazione congiunta 
tra la detta Amministrazione e quella del Tesoro e dei LL. PP., 
che dichiarare, con sentem;a definitiva del giudizio, l'illegittimit� della 
ingiunzione per estraneit� della Amministrazione finanziaria ingiungente 
al rapporto controverso e non disporre l'illltegrazione del contraddittorio. 


Non � esatto opporre -come fa la resistente -che contestandosi 
il merito e non anche eventuali vizi formali dell'ingiunzione incombeva 
al ricorrente, destinatario dell'ingiunzione, l'onere di citare 
in giudizio i predetti Ministero del Tesoro e dei LL. PP., in quanto 
legittimato passivamente nel giudizio di opposizione ad ingiunzione 
fiscale � l'ente ingiungente (nel1a specie l'Amministrazione finanziaria) 
e il rapporto processuale deve intendersi legittimamente costituito 
se l'opposizione � notificata (come nel caso) al capo di detta 
.Amministrazione e cio� al Ministro in carica, al quale per legge � 
riservata la rappresentanza in giudizio. 

N� ha rilevanza l'ulteriore deduzione che spetta, per legge, all'Intendente 
di finanza il compito di provvedere, col mezzo della proce


-
-
~alllmll~...... 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 85 

dura privilegiata, al recupero dei contributi o indennizzi in ipotesi indebitamente 
percepiti dai privati, perch� la illegittimit� della opposta 
ingiunzione consiste nel fato che essa fu emessa dall'Intendente di 
finanza in rappresentanza della Amministrazione finanziaria anzich� 
di quella del Tesoro, quale ente creditore. 

Il secondo motivo, col quale il ricorrente censura la statuizione 
sulle spese di lite, va dichiarato assorbito in conseguenza dell'accoglimento 
del primo motivo, che ne rende superfluo l'esame. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio ,1967, n. 64 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Camera Confederale 
del lavoro di Venezia (avv. SuHam, Tamburrini) c. Amministrazione 
delle Finanze (Avv. Stato Varvesi). 

Appello -Domande ed eccezioni non accolte dal giudice di primo grado Necessit� 
di espressa riproposizione a pena di decadenza -Sussiste 
-Generico richiamo alle difese di primo grado. Insufficienza Necessit� 
della chiara manifestazione della volont� di riproposizione 
-Sussiste. 

(c. p. c., art. 346). 
Spese giudiziali -Condanna alle spese -Discrezionalit� del giudice di 
inerito -Limite all'insindacabilit� della pronuncia in Cassazione 
costituito dalla necessit� del rispetto del principio della soccombenza 
-Sussiste. 

(c. P: c.,. artt. 91, 92). 
Se � vero che la riproposizione di domande ed eccezioni non accolte 
dal giudice di primo grado non richiede formule specifiche, essendo 
sufficiente che essa risulti, in :modo non equivoco, dal complesso 
delle ragioni e conclusioni formulate nell'atto di appello o nella comparsa 
di risposta, � anche vero che le stesse debbono ritenersi abbandonate, 
se non siano state espressamente riproposte: a tal fine non 
basta un generico richiamo alle difese .di primo grado, ma � necessaria 
la chiara manifestazione della volontd della parte di sottoporre specificamente 
al giudice d'appello la domanda o l'eccezione respinta (1). 

(1) Conf. C:ass., 29 gennaio 1966, n. 349, Giur. it., Mass., 1966, 142, sub 
3 ed ivi ulteriori richiami. Sulla insufficienza (ai fini dell'osservanza del 
disposto dell'art. 342 c.p.c.) del � semplice riportarsi alle ragioni dedotte in 
prima istanza e non accolte dai primi giudici e a tutte le domande, eccezioni 
e conclusioni svolte in primo grado, trattandosi di espressioni troppo generiche, 
che non valgono a precisare i limiti delle ,questioni di cui si 
domanda il riesame� v. Cass., 9 aprile 1963, n. 917, Foro it., Mass., 1963, 264. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In materia di spese giudiziali l'apprezzamento del giudice del me


rito � pienamente discrezionale e si sottrae al sindacato di legittimit�, 

sempre che non sia stato violato il principio della soccombenza (2). 

(2) Conf. Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1413, in questa Rassegna, 
1966, I, 1018, sub 2 ed ivi nota di ulteriori riferimenti, cui adde Cass. 8 
giugno 1965, n. 1145, Giust. civ., Mass., 1965, 594-595, sub 1 e 2, ed ivi riferimenti, 
nonch� Cass., 18 maggio 1965, n. 952, in questa Rassegna, 1965, 
I, 942, sub 2. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 126 -Pres. 
Scarpello -Est. Salerni -P. M. Pedote (parz. diff.) -Ente colonizzazione 
delta padano (avv. Stato Agr�) c. Cavallerin (avv. Bassanelli, 
Giorgianni). 

Corte Costituzionale -Pronuncia di lllegittimit� costituzionale -Effetti 
-Provvedimenti amministrativi emanati in base all'atto avente 
forza di legge dichiarato incostituzionale -Caducazione� de jure� Esclusione 
-Necessit� di rimozione nei modi previsti dall'ordinamento 
-Sussiste. 

(Cost., art. 136; I. cost. 9 febbraio 1948, n. l, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, 
art. 30). 

Riforma fondiaria -Dichiarazione d'illegittimit� costituzionale di decreto 
presidenziale di espropriazione -Nesso di causalit� con presupposto, 
precedente compop:amento colposo dell'Ente di riforma Esclusione 
-Diritto del proprietario al risarcimento del danno per 
la mancata restituzione della quota di terreno illegittimamente 
espropriata -Sussiste. 


Sentenza -Sentenza di condanna generica al risarcimento del danno Contenuto 
-Efficacia rispetto all'ulteriore fase del giudizio. 


(C. p. C., art. 278). 
Procedimento civile -Sospensione del processo -Sospensione necessaria 
-Presupposto. 


(c. p. c., art. 295). 
I provvedimenti amministrativi emanati in base ad atto avente 
forza di legge dichiarato ineostituzionale non restano travoiti de jure 
dalla dichiarazione di incostituzionalit�, ma continuano ad essere efficaci, 
finch� non siano rimossi nei modi previsti dall'ordinamento (1). 


(1) Cfr., analogamente, Cass., 28 ottobre 1965, n. 2282, Giur. it., 1967, I, 
1, 114: � la dichiarazione di incostituzionalit� di una legge non produce la 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 87 

L'illegittimit� costituzionale di un decreto presidenziale di scorporo 
non pu� essere imputata ad un comportamento colposo dell'ente 
di riforma, per avere questo preparato gli atti necessari alla sua emissione, 
poich� il provvedimento di espropriazione, per essere emanato 

nell'esercizio di funzione legislativa delegata, deve ricondursi esclusivamente 
alla voiont� dell'organo che lo eman� ed alla valutazione, 
compiuta dallo stesso, in ordine alla ricorrenza dei requisiti di legittimit� 
dell'atto: non sussiste, pertanto, nesso di causalit� tra l'illegitti


caducazione ipso iure delle sentenze non ancora passate in giudicato, che 
tale legge abbiano applicata �. Per quanto riguarda gli atti amministrativi � 
stato riil.evato che �l'incostituzionalit� della legge e l'illegittimit� dell'atto 
amministrativo emanato in base alla legge sono situazioni reciprocamente 
autonome, anche se fa seconda � influenzata di riflesso dalla prima., onde 
la soluzione del problema degli effetti che sui ricorsi pu� produrre la dichiarazione 
di incostituzionalit� della legge �deve essere... ricercata esclusivamente 
nel settore amministrativo, tenendo presente bensi la dichiarazione 
di incostituzionalit� della legge, ma avendo del pari presente che 
l'atto amministrativo continua a vivere di vita autonoma, finch� non sia 
rimosso con uno degli istrumenti a ci� idonei e che persiste, quindi, l'interesse 
di chi ne ha gi� chiesto l'annullamento ad ottenerlo�: Cons. Stato, 
Ad. plen., 8 aprile 1963, n. 8, U Consiglio di Stato, 1963, 512, che ritiene, 
altresi (5113), che �ove ila dichiarazione di incostituzionalit� sia stata ottenuta 
in conseguenza di una questione sollevata d'ufficio e da ci� risulti 
dimostrato un vizio riflesso dell'atto impugnato, anche se non dedotto dal 
ricorrente, debba procedersi all'annullamento dell'atto stesso �. 

Deve trattarsi, comunque, di atto ritualmente impugnato, ossia di un 
atto � i cui effetti, data tutt'ora la pendenza del giudizio, non possono certo 
ritenersi irrevocabilmente prodotti�: Cons. Stato, Sez. IV, 28 lu~lio 1966, 

n. 590, Foro amm., 1966, I, 2, 1170 (ma, anche con questa limitazione, 
ossia ridotto al principio che �il giudice amministrativo pu� rilevare d'ufficio 
il vizio dell'atto amministrativo, per altri motivi impugnato, derivante 
dalla incostituzionalit� di una legge dichiarata o dichiaranda dalla Corte 
Costituzionale�, questa giurisprudenza non si sottrae a notevole critica: 
v. LA VALLE, in nota a Cass., 28 ottobre 1965, n. 2282, cit., Giur. it., 1967, 
cit., I, 1, 114 e segg.). Ed invero, come 1i!l giudicato (su cui v. ora Cass., 28 
maggio 1966, n. 1391, Giur. it., 1966, I, 1, 1473: � .1a dichiarazione d'incosUtuzionaUt� 
di una norma produce effetti anche sui rapporti passati purch� 
pendenti e non ancora definiti con sentenze irrevocabili �), cos� anche 
la prescrizione, ovvero, con attinenza al tema dell'atto amministrativo, la 
decadenza (dall'impugnativa) escludono una pendenza del rapporto, epper� 
non � pi� neanche a parlarsi di un dovere di disapplicare le norme 
dichiarate incostituzionali, visto che il giudice, in forza dell'evento cui si 
riconnette l'esaurimento del. rapporto, si limita a risolvere una questione 
pregiudiziale � senza decidere la questione o le questioni, la cui soluzione 
dipende dall'applicazione o dalla disapplicazione della disposizione incostituzionale 
� : ONIDA, Conseguenze processuari della dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale di una legge attributiva di potest� aUa Pubblica Amministrazione, 
Giur. it., 1966, I, 1, 1029, Sembra indubbio, pertanto, che 
�l'atto amministrativo fondato su di una legge dichiarata incostituzionale 
' ' 


88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mit� del provvedimento medesimo ed ii precedente comportamento 
deU'ente di riforma. Ci�, tuttavia, non esclude che, per effetto della 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale del decreto di espropriazione, 
il proprietario abbia diritto, nei confronti dell'ente di riforma, 
a prescindere daUa ritenuta colpa del medesimo, al risarcimento del 
danno, per la mancata restituzione della quota di terreno illegittima-

non potr� essere impugnato, se � decorso il termine di decadenza� (ONIDA, 
op. cit., 1030). 

Quanto all'annullamento di ufficio ( � la disapplicazione incontra un 
ostacolo nella inoppugnabilit� dell'atto amministrativo�: Oass., Sez. Un., 
11 luglio 1955, n. 2194, Foro amm., 1956, II, 1, 18), � giurisprudenza consolidata 
(del Consiglio di Stato e) della Suprema C'orte regolatrice, che 

J.a P.A. non ha l'obbligo di pronunciarsi sulia istanza di riesame di provvedimenti 
divenuti inoppugnabili (v., per tutte, Cass., Sez. Un., 12 luglio 
1966, n. 1846, in ,questa Rassegna, 1966, I, 1003, con nota di BACCARI, ove 
ulteriori riferimenti). Sul problema degli effetti, che, sui ricorsi al C.S. contro 
atti ,amministrativi, pu� produrre la sentenza dell:a Corte Costituzionale, 
che dichiari la illegittimit� costituzionale di una norma di legge, della quale 
sia in discussione l'applicazione in concreto, v. Relazione dell'Avvocatura 
dell'o Stato per gli anni 1961-65, Vol. III, Roma, 1966, 37 e segg. Ciirca 
l'affermazione che, nel campo del processo penale, � il .giudice che definisce 
il giudizio sulla imputazione fondando la decisione su di un atto precedent� 
non applica pi� le norme in base alle quali esso era stato compiuto, 
avendo queste esaurito la foro efficacia rispetto aiJ.l'atto nell'applicazione che 
a suo tempo ne era stata fatta� v. Cass., Sez. Un. pen., 11 dicembre 1965, 
Giur. it., 1966, II, 91 (con nota critica di CHIAVARIO). Contro tale tesi e contro 
quella che �la dichiarazione di illegittimit� 'Costituzionale di una nmma produce 
!'�abrogazione della norma medesima � (Cass., 28 maggio 1966, n. 1391, 
Giur. it., 1966, I, 1. 1473, nella motivazione) la Corte Costituzionale ha, con 
sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, Sentenze e ordinanze della Corte Costituzionale, 
Supplemento della Giurisprudenza Costituzionale, 1966, 609, nonch� 
in questa Rassegna, 1966, I, 1185, ribadito che quella dichiarazione � colpisce 
la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento e rendendola 
inapplicabile ai rapporti giuridici, presentandosi con carattere sostanzialmente 
invalidante, sicch� le conseguenze della dichiarazione stessa sono assimilabili 
a quelle� dell'annullamento, con incidenza, quindi, in coerenza con 
gli effetti di tale istituto, anche sulle situazioni pregresse verificatesi nello 
svolgimento del giudizio nel quale � consentito sollevare in via incidentale 
la questione di costituzionalit� e salvo il limite invalicabile del giudicato, 
con le eccezioni espressamente prevedute dalla legge, e salvo altres� il 
limite derivante da situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili �. 
Su tale punto, v. CARUSI, in note a Cass., 3 'ottobre 1963, n. 2620 ed a Cass., 
9 ottobire 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, I, 79 e segg. e 87 e segg.; 
BAFILE, Sull'efficacia della dichiarazione di incostituzionalit� sui rapporti 
esauriti al di fuori del processo ecc., in questa Rassegna, 1965, I, 140 e 
segg. Per la inclusione della situazione nascente dalla inoppugnabilit� 
dell'atto amministrativo nel concetto di �situazione giuridica esaurita, insuscettibile 
di essere rimossa o diversamente regofata., v. Cass., 16 giugno 
1965, n. 1251, Giur. it., 1966, I, 1, 1024 e segg., con nota di ONIDA. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 89 

mente espropriata, e cio� al valore venale del bene non restituito, oltre 
all'eventuale danno, che, per la mancata restituzione, sia derivato alla 
consistenza dei beni contigui non espropriati (2). 

La sentenza di condanna generica al risarcimento del danno ha, 
come contenuto, una mera declaratoria iuris, dalla quale esula ogni 
accertamento, non soltanto sulla misura, bensi anche sulla stessa consistenza 
in concreto dei danni risarcibili, costituendo tale principio 
un'applicazione specifica dei limiti oggettivi della cosa giudicata, sicch� 
il giudice pu� in sede di liquidazione dei danni anche negarne l'esistenza, 
qualora, in questa fase del giudizio, l'interessato non ne dimostri 
la sussistenza e la consistenza, senza che in ci� possa ravvisarsi una violazione 
del giudicato formatosi sulla pronuncia di condanna generica, a giustificare 
la .quale � sufficiente l'accertamento di un fatto illecito potenzialmente 
idoneo a produrre conseguenze dannose (3). 

La sospensione necessaria del processo pu� trovare applicazione 
soltanto quando la imponga la legge, con specifica, esplicita norma, 
ovvero nei casi in cui sorga la necessit� di risolvere, in altro �procedimento 
in corso davanti allo stesso giudice o ad un giudice diverso, una 
controversia avente carattere pregiudiziale, che rappresenti, cio�, l'antecedente 
logico-giuridico necessario per la decisione della causa (4). 

(2) La sentenza in rassegna ribadisce il concetto, secondo. il quale � 
per la mancata restituzione che l'ente di riforma risponde del risarcimento 
dei danni, e cio� conferma che un comportamento illecito del predetto ente 
nei confronti dell'espropriato pu� ipotizzarsi soltanto con decorrenza ex 
nunc, dal momento deHa cessazione di efficacia del decreto legislativo di 
scorporo dichiarato incostituzionale: cfr. Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in 
questa Rassegna, 1964, I, 84, sub 3 (86) ed ivi nota di 11iferimenti di dottrina. 
Per la inammissibilit� del concetto di comportamento retroattivamente 
colposo v. LA Vl\LLE, La rilevanza nel giudizio amministrativo della 
incostituzionalit� delle leggi, Giur. it., 1964, III, 69, (ma, sulla pi� generale 
tesi ivi sostenuta dal cit. A., v. le osservazioni di F. CARUSI, Sugli effetti 
della dichiarazione di incostituzionatit� ecc., in questa Rassegna, 1964, 
I, 90). 
(3) Per riferimenti di dottrina e giurisprudenza sul problema della 
natura della sentenza di condanna generica, v. C:ARUSI, In tema di condanna 
generica al risarcimento del danno ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 901 e 
segg. (segnatamente, 904 e segg.). 
(4) Sul problema della natura del provvedimento, che dispone la sospensione 
necessaria, v. Cass., 23 maggio 1955, n. 1517, Foro it., Rep., 1955, 
voce Procedimento civile, n. 427; 27 aprile 1956, n. 1280, Giust. civ., 1956, I, 
1704 (ordinanza coldegiale); in dottrina, v. MICHELI, In tema di sospensione 
necessaria del processo, Giur. it., 1953, I, 2, 847 e segg, (con riferimenti 
di dottrina in vario senso), secondo il quale, invece, � l'automaticit� della 
sospensione necessaria, che sola potrebbe giustificare... la forma dell'ordinanza 
istruttoria, � ... pd� illusoria che reale. Ed in ogni caso H provvedimento 
di sospensione necessaria presuppone l'accertamento di una si-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

90 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso si denunciano violazione 
e falsa applicazione dell'art. 2043 c. c. in relazione all'art. 136 
della Costituzione ed all'art. 30 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, nonch� 
dei principi generali del diritto in tema di responsabilit� della pubblica 
Amministrazione, difettoso esercizio della giurisdizione e difetto di 
motivazione (art. 360, nn. 1, 3 e 5�, c. p. c.). 

L'ente ricorrente sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuto 
dichiarare la perdita � parziale � di efficacia del decreto legislativo di 
espropriazione, cio� l'inefficacia di esso nella misura in cui l'illegittimit� 
accertata dalla Corte Costituzionale avesse viziato l'atto legislativo 
medesimo, ed avrebbe dovuto stabilire, in base a tale illegittimit� 
(dovuta ad errore sui dati catastali), se ed in quale entit� la istante 
Cavallerin avesse subito un � torto ., consistente appunto nell'espropriazione 
in misura maggiore di quella consentita dalla legge di delegazione, 
limitatamente a quelle particelle la cui espropriazione era 
stata dichiarata illegittima, limitando entro tale ambito la condanna. 

N� tale identificazione, da parte della autorit� giudiziaria ordi


naria, dei beni non compresi nei limiti della delegazione legislativa 

avrebbe importato, secondo il ricorrente, esercizio di attivit� riservata 

all'amministrazione, trattandosi di effettuare un mero calcolo, ai fini 

della determinazione della quota legale, calcolo che avrebbe potuto 

costituire, poi, la base o di una pronuncia del Consiglio di Stato, ex 

art. 27, n. 4, t. u. dell'anno 1934, o di una condanna al risarcimento 

del danno, da emettersi dal giudice ordinario. 

Con il secondo motivo del ricorso si denuncia altra violazione 

dell'art. 2043 c. c., in relazione ai principi sulla responsabilit� della 

tuazione derivante dalla contemporanea pendenza di due processi, i cui 
rispettivli oggetti si trovano tra di loro in un nesso logico-giuridico di 
dipendenza. Detto accertamento importa necessariamente una pronuncia 
che incide su una questione preliminm:e al merito; in tanto '1a sospensione 
pu� essere disposta dal giudice, in quanto quest'ultimo accerti quel rapporto 
di dipendenza, che costituisce, secondo l'art. 295, il presupposto della sospensione 
stessa �. Sulla natura di ordinanza del provvedimento, con cui 
il giudice, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata una questione 
di legittimit� costituzionale di una legge o di un atto avente forza 
di legge, d!ispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo 
il giudizio in corso, v. Cass., 14 luglio 1965, n. 1497, in questa 
Rassegna, 1965, I, 699, sub 1; in generale, sulla differenza tra sentenza e ordinanza 
e sulle rispettive nozioni, v. Cass., 4 gennaio 1966, n. 62, Giur. it., 
Mass., 1966, 27 (�� sentenza il provvedimento decisorio sui presupposti e 
sulle condizioni processuali e quello che investe il merito della causa; � 


ili,=��= 

ord!inanza il provvedimento istruttorio che non contiene una decisione, ma ~ 
si limita unicamente a dare disposizioni per l'ulteriore corso del pro-~: 
cesso�). 

~:: 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

pubblica Amministrazione, nonch� violazione degli artt. 1147 e 1148 

c. c., in relazione all'art. 360, n. 3, c. p. c. 
Si duole l'ente ricorrente che il giudice di appello abbia ritenuto 
che non potesse essere considerato possessore di buona fede, sul riflesso 
che il suo comportamento era stato gravemente colposo, e sostiene 
che, essendo l'impossessamento avvenuto in esecuzione di un provvedimento 
legislativo di espropriazione per riforma fondiaria, non si sarebbe 
potuto parlare n� di colpa, n� di illecito. 

Con il terzo motivo si denunciano contraddittoriet� e perplessit� 
della motivazione, nonch� errore in procedendo, per violazione dell'art. 
295 c. p. c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c. p. c. 

Il ricorrente si duole che il giudice di appello non abbia disposta, 
a norma dell'art. 295 c. p. c., la sospensione del processo per la liquidazione 
del lucro cessante, in attesa della determinazione della esistenza 
e dell'ammontare del danno emergente e dell'eventuale pronuncia 
del Consiglio di Stato. 

Le censure come sopra formulate e che, per ragioni di logica, 
evidente connessione (in quanto investono tutte l'unica statuizione 
della condanna al risarcimento del danno con rimessione a separato 
giudizio della pronuncia sul quantum), conviene esaminare congiuntamente 
non sono fondate. 

L'ente ricorrente, sul presupposto che la pronuncia della Corte 
Costituzionale abbia importato l'illegittimit� soltanto parziale del decreto 
legislativo di esproprio emesso nei confronti della istante Cavallerin, 
limitatamente, cio�, all'espropriazione dei beni identificati con 
dati catastali inefficaci, come tale dichiarata illegittima, insiste nel 
sostenere, anche in questa sede, che i giudici del merito avrebbero 
dovuto effettuare un nuovo calcolo ( � da esprimersi in ettari di superficie 
ed in lire di reddito � ), per determinare, in base all'accertato 
errore sui dati catastali, se ed in quale misura la Cavallerin avesse 
subito un torto. 

Al riguardo, il giudice di appello, dopo avere osservato che non 

pu� reggere l'assunto dell'ente, secondo cui sopravviverebbe, nonostante 

la decisione della Corte Costituzionale, un valido esproprio di quota, 

non potendo un tale atto di imperio giuridicamente sussistere senza 

la contestuale identificazione dei beni che in concreto ne costituiscono 

l'oggetto, ha dichiarato di non poter aderire alla richiesta, formulata 

dall'ente medesimo, di identificare, mediante � ricalcolo � da compiersi 

davanti al giudice ordinario, i beni fino alla concorrenza della quota 

legale. 

Ha aggiunto detto giudice che, altrimenti, si verrebbe a trasferire 
in sede giudiziaria quell'attivit� di identificazione dei beni da espropriare, 
che, in virt� della legge, � compete esclusivamente agli organi 
amministrativi �. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quest'ultima osservazione � indubbiamente esatta; e ci� anche se 
non si volesse accedere alla interpretazione secondo cui la Corte Costituzionale, 
con l'espressione � in quanto... ha tenuto conto di variazioni 
dei dati catastali..... ., contenuta nel dispositivo della pronuncia 
di illegittimit� del decreto di espropriazione, ha, inteso soltanto indicare 
la ragione dell'annullamento dell'intero provvedimento, come 
conseguenza dell'accertata invalidit�. 

Invero, il fatto che, a base del piano particolareggiato compilato 
dall'ente colonizzazione del delta padano nei confronti dell'espropriata 
Cavallerin, siano stati assunti dati catastali non ancora definitivamente 
acquisiti e dei quali fu successivamente anche riconosciuta 
e dichiarata l'inefficacia, come � stato accertato dalla Corte Costituzionale 
(dati catastali relativi a particelle costituenti la maggior parte 
dei terreni espropriati, cio� ben Ha 65.95.17, rispetto al totale avente 
l'estensione di Ha 71.45.42 -per un reddito dominicale di L. 35.519,86 del 
quale fu disposta la espropriazione ed ebbe luogo l'impossessamento, 
sicch� soltanto Ha 5.50.25 -per un reddito di L. 358,46 sono 
state legittimamente trasferite ed occupate dall'ente predetto), 
ed il fatto che l'accertamento del terreno da espropriare va effettuato 
secondo i criteri indicati nell'art. 4 della 1. 21 ottobre 1950, n. 841 
importano che la determinazione dell'estensione della quota di terreno 
illegittimamente espropriata, con conseguente rettificazione dello scorporo, 
richiede non un semplice calcolo, come si assume dal ricorrente, 
ma computi complessi, in funzione degli elementi indicati nel citato 
art. 4 della legge stralcio, e non pu� operarsi, se non con una rinnovazione 
dell'intera procedura, attrave:rso la quale si giunse all'emanazione 
del decreto di espropriazione. Pertanto, come deve escludersi 
che p0ssa chiedersi al giudice ordinario la restituzione dei terreni 
illegittimamente espropriati, cos� va negato che, in tale sede, possa 
procedersi, sia pure al limitato fine della reintegrazione per equivalente, 
oggetto della domanda proposta dalla Cavallerin, alla determinazione 
della quota illegittimamente espropriata, e ci� in sostituzione 
dell'amministrazione, alla quale compete l'espropriazione ed anche il 
procedimento di accertamento dei terreni da restituire, dovendo compiersi 
siffatto procedimento � in intimo nesso � con la valutazione di 
interessi pubblici, con operazioni che non sono tutte meramente computistiche, 
cio� relative a dati accertabili obiettivamente, ma che 
consistono anche in vera e propria discrezionalit� amministrativa (cosiddetta 
� pura �), come gi� fu affermato con la citata sentenza n. 1706 
dell'anno 1963. 

N� vale richiamarsi, per sostenere l'assunto contrario, al caso 
deciso con la sentenza di questa Corte n. 1607 dell'anno 1958, del pari 

!. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 93 

citata nel ricorso, poich� in quel caso l'illegittimit� parziale del decreto 
presidenziale di scorporo era dovuta alla illegittima inclusione, nella 
quota da scorporare, di una zona, gravata da uso civico, gi� determinata 
ed anche gi� ceduta agli aventi diritto (gli abitanti di Civitella Paganico), 
sicch� si trattava di provvedere soltanto ad una rettificazione 
del calcolo della quota di scorporo. 

Non merita, pertanto, censura l'affermazione dei giudici di merito, 
che hanno ritenuto competere all'amministrazione l'identificazione dei 
beni illegittimamente espropriati, sul presupposto che occorresse il 
rifacimento di tutte le operazioni di scorporo. 

Va aggiunto che in questa fase del giudizio, limitata all'accertamento 
dell'an, detto accertamento non era comunque necessario. 

Invero, il giudice di a�ppello ha dato atto che la istante Cavallerin 
ha chiesto la condanna al risarcimento del danno conseguente allo 
spossessamento ed al mancato godimento dei fondi, previo accertamento 
o declaratoria di illegittimit� della condotta dell'ente, lesiva 
dei suoi diritti di propriet� e di possesso, chiedendo, peraltro, che la 
liquidazione del danno medesimo avesse luogo in separato giudizio. 

Non pu� porsi in dubbio che dall'illegittima espropriazione sia 
derivato danno alla Cavallerin, spossessata del terreno, trasferito a 
terzi, e che dalla sentenza della Corte Costituzionale discenda l'obbligo, 
per l'ente convenuto, di reintegrare_ il patrimonio della Cavallerin, 
leso dal decreto legislativo di esproprio dichiarato costituzionalmente 
illegittimo, il che, del resto, non si contesta dall'ente ricorrente. 

Orbene, ai fini della decisione su detta istanza, limitata, come si 
� detto, alla richiesta di condanna generica, non occorreva che il giudice 
procedesse alla rettifica dei dati catastali ed al � ricalcolo delle 
aree�, n� alla determinazione della esatta portata delle conseguenze 
dannose, indagine che esula senz'altro dai limiti della presente azione, 
intesa ad ottenere la sola condanna in via generica al risarcimento. 

Questa Corte, ha, infatti, ripetutamente avuto occasione di affermare 
il principio che la pronuncia di condanna generica al risarcimento 
del danno ha, come contenuto, una mera declaratoria juris, 
dalla quale esula ogni accertamento, non soltanto sulla misura, bensi 
anche sulla stessa esistenza in concreto dei danni risarcibiili, costituendo 
tale principio un'applicazione specifica della disciplina dei limiti 
oggettivi della cosa giudicata, sicch� il giudice pu�, in sede di liquidazione 
dei danni, anche negarne l'esistenza, qualora l'interessato non 
ne dimostri, in tale ulteriore fase del giudizio, l'effettiva esistenza, 
senza che in ci� possa ravvisarsi una violazione del giudicato formatosi 
sulla pronuncia. di condanna generica, poich�, a giustificare 
siffatta condanna, � sufficiente la sussistenza di un fatto illecito potenzialmente 
idoneo a produrre conseguenze dannose (vedi Cass., da 
ultimo, sent. nn. 1628, 1120, 1004, 707 dell'anno 1966). 



94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� evidente, quindi, che nessuna rettifica e nessun � ricalcolo ,. 
si poneva com.e necessario presupposto per la condanna generica, di 
fronte ad un fatto (illegittimit� dell'espropriazione), nel quale � insita 
la potenziatlit� a produrre danno. 

� ben vero che il giudice di appello ha anche dichiarato, nella 
parte motiva, che ricorre colpa grave dell'amministrazione espropriante, 
sicch� non pu� ritenersi che essa abbia agito in buona fede; 
e tale affermazione, che l'ente ha investita col ricorso, incide sulla 
portata del risarcimento. 

L'affermazione � giuridicamente inesatta e non pu� condividersi 

Con la menzionata sentenza n. 1706 dell'anno 1963 si � gi� avuto 
occasione di osservare che l'iillegittimit� costituzionale del decreto 
presidenziale di espropriazione non pu� essere imputata ad un comportamento 
colposo dell'ente di riforma, per avere questo preparato 
gli atti necessari alla sua emissione, in quanto il provvedimento di 
espropriazione, per essere emanato nell'esercizio della funzione legislativa 
delegata, deve ricondursi esclusivamente alla volont� dell'organo 
che lo eman� ed alla valutazione, compiuta dallo stesso, della 
sussistenza dei requisiti di legittimit�, e si � affermato che non sussiste 
nesso di causalit�, tra l'illegittimit� del provvedimento medesimo 
ed il precedente comportamento dell'ente, che giustifichi la condanna 
al risarcimento. Tuttavia, ci� non esclude che la Cavallerin, per effetto 
della dichiarata illegittimit� costituzionale del decreto di espropria~ 
zione ed indipendentemente dalla ritenuta colpa dell'amministrazione, 
abbia diritto al danno per la mancata restituzione della quota di 
terreno illegittimamente espropriata, nei sensi indicati con la sentenza 
suddetta, cio� al valore attuale dei terreni non restituiti, ed all'eventuale 
danno, che, per la mancata restituzione, sia derivato alla consistenza 
dei beni contigui non espropriati, come � stato richiesto in 
causa, oltre al lucro cessante, nei limiti di cui all'art. 1148 c. c. E 
ci� � sufficiente a giustificare la condanna generica. 

Le affermazioni contenute nella sentenza impugnata, relativa


mente alla colpa grave ed alla esclusione della buona fede, da parte 

dell'amministrazione espropriante, in quanto rilevanti soltanto ai fini 

della portata ed entit� del risarcimento, non costituiscono il fonda


mento logico e giuridico della decisione adottata, concretatasi nella 

sola condanna generica al risarcimento, senza alcuna statuizione sulla 

misura del danno, e non hanno avuto alcuna influenza sulla decisione 

medesima, la quale si sorregge autonomamente, sulla semplice consi


derazione dell'illegittimit� dell'espropriazione, valido fondamento della 

condanna generica; pertanto, � sufficiente rilevare l'erroneit� in diritto 

di dette affermazioni, senza che ci� importi la cassazione della sen


tenza, il cui dispositivo, per la sostanziale esattezza della decisione, 

� conforme al diritto. 


�= 

.:~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Quanto, poi, alla pretesa di sospensione del processo ex art. 295 c. 

p. c., � appena il caso di .rammentare che la sospensione necessaria del 
processo pu� trovare applicazione soltanto quando la imponga la legge, 
con una norma esplicita, ovvero nei casi in cui sorga la necessit� di 
risolvere, in altro procedimento in corso davanti allo stesso .giudice 
od a giudice diverso, una controversia avente carattere pregiudiziale, 
cio� che rappresenti l'antecedente logico-giuridico della lite da decidere; 
e, nella specie, nessuna di tali condizioni ricorre. 
Deve, infatti, escludersi che alcuna norma di legge imponga, in 
materia de qua, la sospensione del processo; inoltre, anche a prescindere 
dalla circostanza, che nessun altro procedimento � in corso, in 
cui si ponga questione avente carattere pregiudiziale rispetto alla 
presente controversia, � da considerare che, ai fini della declaratoria 
sull'an debeatur, oggetto del presente procedimento, nessuna pregiudizialit� 
riveste la questione dell'ammontare del danno emergente, 
nonch� la � eventuale � pronuncia del Consiglio di Stato, in sede di annullamento 
dei provvedimenti amministrativi emanati in base all'atto 
avente forza di legge, dichiarato incostituzionale, provvedimenti che 
non restano travolti de jure dalla dichiarazione di incostituzionalit�, 
ma continuano ad essere efficaci, finch� non siano rimossi nei modi 
previsti dall'ordinamento (vedi Cass., Sez. Un., sent. 30 dicembre 
1965, n. 2483). Al riguardo, il giudice di appello ha osservato che 
soltanto il risarcimento del danno, non anche la restituzione del terreno 
illegittimamente espropriato (alla quale � tenuta l'amministrazione), 
� stato chiesto, dalla Cavallerin; ed a tale limitato fine nessuna 

pregiudizialit� amministrativa sussiste, come ha esattamente osservato 
detto giudice, ritenendo che non ricorresse alcuno dei casi di sospensione 
ex art. 295 citato, aventi, com'� noto, carattere tassativo. 

Conviene aggiungere che, per quanto si riferisce alla sospensione 
facoltativa del processo, la quale � riservata al potere discrezionale 
del giudice di merito, il mancato uso della relativa facolt� non � censurabile 
in Cassazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 febbraio 1967, n. 384 -Pres. 
Boccia -Est. Lagrotta -P. M. Pedace -Giovent� Italiana (avv. 
Stato Casamassima) c. Greco (intimato). 

Giovent� Italiana -Ente di diritto pubblico distinto dalle Amministrazioni 
statali -Gestione e rappresentanza -Commissario Naziona



98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'aumento dei canoni delle locazioni prorogate di immobili destinati 
ad uso diverso dall'abitazione, disposto -insieme ad ulteriore 
proroga -dall'articolo unico della l. 30 settembre 1961, n. 975, non 
assorbe il precedente aumento del 25 % , disposto dall'art. 3, comma 
secondo, l. 21 dicembre 1960, n. 1521, ma deve essere computato sui 
canoni dovuti al momento dell'entrata in vigore della nuova legge, 
ossia sui canoni gi� aumentati del 25 % in virt� della legge precedente 
(2). 

deve risolver:Si in una mancanza di motivi, per l'impossibilit� di ricostruire 
il processo logico-giuridico della ratio decidendi, e non pu�, perci�, essere 
utilmente denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata 
se ne aggiunga un'ailtra, basata su fatti, ri.Uevi, osservazioni ed argomenti, 
che da soli giustifichino la decisione presa � : Ca:ss., Sez. Un., 2 aprile 
1965, n. 567, id., 1965, I, 687, sub 1. Per quanto attiene segnatamente alle 
questioni di diritto, il mero �errore di motivazione non integra H vizio ex 
art. 360, n. 5, c.p,c., ma pu� dar luogo :SOlo a correzione della motivazione 
della sentenza, a norma dell'art. 384, comma secondo, c.p.c. Per aversi 
errore di diritto, denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., 
occorre, invece, che esso abbia effettivamente influito sul dispositivo, nel 
senso �che questo non trovi, comunque, da sorreggersi su diverso, autonomo 
ed esatto argomento, che risulti pure addotto nella motivazione; benvero 

� quando la sentenza poggia su pi� ragioni distinte ed indipendenti, l'errore 
di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu� 
giustificare di per s� il ricorso per cassazione ed H conseguente annuLlamento, 
quando anche uno solo degli altri argomenti che appaiono concorrenti 
sia informato ad esatti criteri giuridici e sia idoneo a giustificare e� 
sorreggere la decisione�: Oass., 30 marzo 1965, n. 557, ibidem, 1139, sub 4 
(1141). 

(2) Osserva la sentenza che �l'aumento � riferito non al tasso della 
maggiorazione, ma al canone, e questo, in mancanza di altra indicazione, non 
pu� essere che quello vigente al momento in cui .i'aumento veniva disposto, 
in conformit� del criterio ordinariamente adottato in analoghe leggi precedenti. 
� da escludersi che dl legislatore abbia inteso seguire un criterio 
diverso, che importerebbe tra il.'altro l'assorbimento nel maggiore aumento 
del 50 per cento di quello precedente del 25 per cento, senza farne esplicita 
menzione�. 
CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 -
Pres. Cesaro -Est. Santulli -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) c. 
Comune di Napoli (avv. D'Ambrosio, Peccerillo, Gleijeses) e Troncone 
Luigi ed altri (avv. Jaccarino C. e C. M.). 

Occupazione -Occupazione d'urgenza da parte della Cassa per ilMezzogiorno, 
quale sostituta del Comune di Napoli, di suolo occorrente 


per la costruzione d'opera pubblica comunale, a cura dello stesso. 



L'aumento dei canoni delle locazioni prorogate di immobili destinati 
ad uso diverso dall'abitazione, disposto -insieme ad ulteriore 
proroga -dall'articolo unico della l. 30 settembre 1961, n. 975, non 
assorbe ii precedente aumento del 25 %, disposto dall'art. 3, comma 
seeondo, l. 21 dicembre 1960, n. 1521, ma deve essere computato sui 
canoni dovuti al momento dell'entrata in vigore della nuova legge, 
ossia sui canoni gi� aumentati del 25 % in virt� della legge precedente 
(2). 

deve risolversi in una mancanza di motivi, per l'impossibilit� di ricostruire 
il processo logico-giuridico della ratio decidendi, e non pu�, perci�, essere 
utilmente denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata 
se ne aggiunga un'ail.tra, basata su fatti, rtlievi, osservazioni ed argomenti, 
che da soli giustifichino la decisione presa � : Cass., Sez. Un., 2 aprile 
1965, n. 567, id., 1965, I, 687, sub 1. Per quanto attiene segnatamente alle 
questioni di diritto, il mero ,errore di motivazione non integra i,l vizio ex 
art. 360, n. 5, c.p.c., ma pu� dar luogo solo a correzione della motivazione 
della sentenza, a norma dell.'art. 384, comma secondo, c.p.c. Per aversi 
errore di diritto, denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c .. 
occorre, invece, che esso abbia effettivamente influito sul dispositivo, nel 
senso che questo non trovi, comunque, da SOit'reggersi SU diverso, autonomo 
ed esatto argomento, che risulti pure addotto nella motivazione; benvero 

� quando la sentenza poggia su pi� ragioni distinte ed indipendenti, l'errore 
di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu� 
giustificare di per s� il ricorso per cassazione ed ii conseguente annull.amento, 
quando anche uno solo degli altri argomenti che appaiono concorrenti 
sia informato ad esatti criteri giuridici e sia idoneo a giustificare e 
sorreggere la decisione � : Cass., 30 marzo 1965, n. 557, ibidem, 1139, sub 4 
(1141). 

(2) Osserva la sentenza che �l'aumento � riferito non al tasso della 
maggiorazione, ma al canone, e questo, in mancanza di altra indicazione, non 
pu� essere che quello vigente al momento in cui l'aumento veniva disposto, 
in conformit� del criterio ordinariamente adottato in analoghe leggi precedenti. 
� da escludersi che dl legislatore abbia inteso seguire un criterio 
diverso, che importerebbe tra l'altro l'assovbimento nel maggiore aumento 
del 50 per cento di quello precedente del 25 per cento, senza farne esplicita 
menzione �. 
CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 


98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Pres. Cesaro -Est. Santulli -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) c. 
Comune di Napoli (avv. D'Ambrosio, Peccerillo, Gleijeses) e Troncone 
Luigi ed altri (avv. Jaccarino C. e C. M.). 
Occupazione -Occupazione d'urgenza da parte della Cassa per ilMezzogiorno, 
quale sostituta del Comune di Napoli, di suolo occorrente 
per la costruzione d'opera pubblica comunale, a cura dello stesso

100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'affidamento da parte. del�i Cassa per iL Mezzogiorno al Comune 
di Napoli dell'esecuzione dei �ivori re�itivi ad opera pubblica comunale 
a norma dell'ultimo comma dell'art. 4 l. 9 apriLe 1953, n. 297 va inquadrato 
neU'ambito del�i delegazione intersogget~iva di diritto pubblico 
e si accosta di pi� alla concessione di opera pubblica. In forza di tale 
delega, compete al Comun~ di Napoli provvedere alle espropriazioni 
necessarie per L'esecuzione deU'opera (2). 

Va innanzi tutto premesso, in relazione alla qualificazione della 
domanda spiegata dai Troncone (la cui legittimazione attiva � Pl'.ovata 
\. documentalmente) contro il Comune di Napoli e la Cassa per il Mez\
zogiorno, che nella specie l'immobile di propriet� degl'istanti era 

.,'.;,,,_\_____ 

'\la su di esso costruita, l'azione proposta dal proprietario a tutela del 
1\diritto violato si inquadri necessariamente �nello schema dell'azione 
""'Jtoria ex art. 2043 c. c. e trovi, quindi, ad essa legittimato passiva\
l'autore del fatto illecito, � cio� il soggetto che provvide all'occu1\
divenuta poi illegittima e che non promosse la procedura di espro.\ 
nei termini di legge�, suscita notevoli interrogativi e, con essi, 

\di un tentativo di chiarificazione. 

~.. 

�\?r cominciare dall'ultima proposizione, con riferimento al caso 
\�.cupazione in virt� di apposito decreto prefettizio, a norma 
\a l. 9 aprile 1953, n. 297 e 71, comma primo, parte seconda, 
�,~5, n. 2359, di un immobile privato da parte della Cassa 
'1<,po per la costruzione di un edificio scolastico di avvia..,
le e contestuale consegna dell'immobile al Comune di 
\dell'esecuzione dei lavori a norma dell'ultimo comma 
~7 del 1953), deve anzitutto osservarsi che non sembra 
'~uso la legittimazione passiva della Cassa per il Mez'
l~o che, risultando da apposito verbale, che la Cassa 
''~l possesso dei suoli in virt� di decreto prefettizio, 
''~alie sostituta del ComUJne d� Napoli, ma li aveva 
�,~ allo stesso Comune affidatario dei lavori, il 
\) doveva considerarsi solo formale, � mentre 
"'ltune resta come l'atto materiale dell'occupa\
ra tra gli ,atti che incombono al delegato per 
\pei confronti dei terzi �. In tal modo, sembra 
�,�l;le pure si pone, allorch� sia dato effetti"~} 
dei due. fatti, dell'occupazione legittima 
''biennale dell'occupazione . senza il tem'\
iura espropriativa'., ossia quando ognuno 
'\diverso, come accade, appunto, allor''\
to pubblico agisce in nome proprio e 
~~cadenza del biennio ex art. 73 1. 25 
�\yarsi posseduto, e ci� s�nza titolo, 
\le sia l'opera pubblica su di esso 
�,il originariamente non compreso 
, o�perch� successiva.iente riattribui_...
a:ione -l'obbligo di provvedere al tem



102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

negazione -sia pure di mero fatto -del diritto propriet�, venendo 
detta P. A. a trarre � a s� quella utilit� che il diritto vuole attribuire 
al legittimo proprietario �. 

Legittimato passivo a tale azione per danni -sia pure vicaria di 
quella primaria di ,restituzione, quando questa non � sperimentabile � 
indubbiamente l'autore del :liatto illecito, cio� il soggetto che provvide 
alla occupazione, divenuta poi illegittima, e che non promosse la procedura 
di espropriazione nei termini di legge, per il principio secondo 
cui l'obbligazione di risarcimento per fatto illecito non pu� che sorgere 
nei confronti dell'autore o degili autori del fatto stesso. 

Nel presente giudizio � controvel'sia sulla individuazione di tale 
soggetto e precisamente se questo 'Sia il Comune di Napoli, in favore del 
quale vennero ,effettuate le opere nelle zone occupate, oppure se lo sia 
la Cassa del Mezzogiorno, l'ente �Che, a norma della 1. 9 aprile 1953, 

condannato dall'A. G. a restituire il bene, ma soltanto al risarcimento del 
danno �in quanto nella costruzione del bene si � ravvisato un implicito 
atto amministrativo, che non pu� essere revocato dal G. O., e si � ritenuto, 
altresi, che il danno risarcibile debba consistere nel valore venale del 
bene noo ostante che il bene non sia distrutto e sia rimasto di propriet� 
deHa persona alla quale non fu restituito. A tale conclusione si perviene, 
considerando che il risarcimento del danno con indennizzo in danaro � il 
mezzo previsto dall'ordinamento giuridico per procurare al soggetto leso 
dalla violazione della norma una somma di danaro che economicamente sia 
misura deV bene leso o della quantit� del bene leso; che il rifiuto deil'occupante 
di restituire il bene occupato con restituzione in pristino � accertato 
come definitivo soltanto con la sentenza definitiva, in quanto � la sentenza 
medesima che definisce la lite sui rispettivi diritti ed obblighi; che 
la perdita di utilizzazione del bene per fatto della convenuta � equiparabile 
al vaVore venale del bene, secondo un criterio di valutazione economica, 
ritenuto rispondente alla ammessa definitivit� della perdita stessa > 
(Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, 85, 

nella motivazione). 

Da questo insegnamento, si ricava che: a) con la costruzione dell'opera 

pubblica il bene non pu� considerarsi distrutto, ma (esclusa, altresi, qual


siasi possibilit� e forma di accessione: v. nota, in questa Rassegna, 1966, 

I, 1048) continua ad esistere come oggetto di distinta propriet� (del pri


vato) e di possesso (della P. A.); b) tale possesso viola il diritto di pro


priiet� del privato; c) non potendo il G. O. condannare la P. A. alla resti


tuzione del bene, pel devieto ex art. 4 del1a legge sul contenzioso ammi


nistrativo, la sentenza che definisce il giudizi,o, instaurato dal proprietario 

per ottenere 1a restituzione del bene ed il risarcimento dei danni, dovr� 

attribuire al proprietario �l valore venale del bene come che corrispondente 

alla definitiva perdita di utilizzazione del medesimo. Dalla giurisprudenza 

della Suprema Corte regolatrice si riconosce anche che: d) il diritto, che 

pur la sentenza riconosce essere rimasto in capo al proprietario e che dovr� 

formare oggetto della pronuncia espropriativa, inibita allo stesso G. O. 

(Cass., Sez. Un., 16 ottobre 1957, n. 3857, Giust civ., 1957, I, 1846), � ridotto 

ad un nomen nudum (Cass., 14 dicembre 1960, n. 3249, Giust civ., 1961, I, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 

n. 2-97, avente ad oggetto provvedimenti a favore della citt� di Napoli, � 
tenuto ad intervenire nella esecuzione di tali opere. 
Il Tribunale ha ritenuto legittimato passivo nei confronti dei terzi 
il Comune, e ci� solo in considerazione della natura reale dell'azione 
spiegata, della quale il detto Comune � quale possessore dell'immobile 
e dell'opera � � l'unico legittimo contraddittore; mentre, nei rapporti 
tra il Comune e la Cassa, ha ritenuto che questa � tenuta a rivalere 
l'altro, in una certa misura, e ci� sulla base della convenzione del 
22 settembre 1953, la quale -inquadrandosi esattamente nel sistema 
della legge n. 297 del 1953 innanzi citata -faceva obbligo alla predetta 
Cassa, per di pi� ente occupante, di provvedere alle necessarie 
procedure espropriative, mentre non rilevava, al fine, la lettera del 
27 settembre 1956 del Sindaco pro-tempore del Comune di Napoli, che 
si assumeva l'obbligo di tale adempimento. 

1273); e) il risarcimento sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile 

� soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti a tale titolo al proprietario, 
al quale non compete alcun altro compenso per il successivo trasferimento 
del diritto di propriet� � (Cass., 10 ottobre 1962, n. 2919, Giust civ., Mass., 
1962, 1374); f) la P. A. convenuta ha la facultas restituendi (Cass., Sez., Un., 
23 luglio 1966, n. 2012, Giur. it., Mass., 1966, 888); g) il possesso del bene da 
parte della medesima � nega di fatto il diritto di propriet�, sebbene non lo 
contesti espressamente, perch� trae a s� quella utilit� che il diritto vuole 
attribuire al legittimo titolare� {Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 
1961, I, 1317). 
Cosicch�, quando si tenga presente che l'azione di rivendicazione costituisce 
la normale tutela del diritto di propriet�, che sia stato leso dal 
possesso della cosa invito diomino da parte di un terzo, e si intenta dal 
proprietario contro colui che con l'attualit� di tale �possesso ha la facultas 
restituendi (Cass., 12 luglio 1966, n. 1854, Giur. it., Mass., 1966, 822; 
30 luglio 1966, n. 2136, ibidem, 944; 29 novembre 1965, n. 2420, id., Mass., 
1965, 883; Sez. Un., 26 maggio 1965, n. 1038, ibidem, 378; BARBERO, Sistema 
istituzionale del diritto privato italiano, I, Torino, 1950, 733 e seg.; DE 
RuGGIERo e MARoI, Istituzioni di diritto privato, I, Milano, 1952, 574-576; 
per l'ammissibilit� contro il conduttore che, finita la locazione, rimanga 
ancora nell'immobile, Cass., 13 giugno 1941, Foro it., Rep., 1941, vo�ce Rivendicazione, 
n. 13), non si vede come possa negarsi che tutti tali presupposti 
e requisiti ricorrano anche nell'ipotesi di azione proposta dal privato 
proprietario contro la P. A., che detenga sine titulo un immobile 
occupato per costruirvi un'opera pubblica, al fine di ottenere, col riconoscimento 
della violazione del suo diritto di propriet�, la restituzione dell'immobile 
o, in mancanza, il suo valore venale. E �cosi, appunto, la stessa 
Suprema Corte regolatrice non ha mancato, talora, di qualificare espressamente 
come revindica tale azione (Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, 
Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CloLETTI; Cass., 19 giugno 1961, 

n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). 
IV. -Questo insegnamento non appare, invece, condiviso dalla sentenza 
annotata, la quale, mentre da un lato ammette che la protrazione 

104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO SII'ATO 

Ad avviso di questa Corte la decisione dei primi giudici non 
pu� condividersi per quanto attiene alla responsabilit� anche della 
Cassa, sia pure a titolo di rivalsa, nei confronti del Comune, mentre 
per quanto riguarda la responsabilit� di detto Comune va questa prospettata 
nell'ambito dei principi, dianzi ricordati, e cio� che l'azione 
intentata � pur sempre di risarcimento del danno, della quale legittimato 
�passivo � l'autore dell'illecito e nel contempo va inquadrata del 
che appresso -sulla base degli effettivi rapporti intercorsi, nella 
specie, tra il Comune e la Cassa: rapporti che, sul piano del sistema 
della legge innanzi citata del. 1953, escludono del tutto ogni responsabilit� 
di quest'ultimo ente per ricadere solo ed esclusivamente 
sull'altro. 

sine titul'o dell'occupazione � si concretizza nella violazione e nel contempo 
nella negazione, sia pure di mero fatto, del diritto di propriet�, 
venendo detta P. A. a trarre a s� �quella utilit� che il diritto vuole attribuire 
al legittimo proprietario ., afferma, dall'altiro, la natura meramente 
risarcitoria dell'azione del proprietario, laddove non � possibile la restituzione 
dell'immobile � per l'avvenuta trasformazione di esso �. Senonch�, 
� agevole replicare che qui non� si tratta di una consumazione del bene 
(come pure, di recente, affermat� da taluno: VAIANO, Rivendicazione del'lo 
equivalente degli immobili occupati oltre il biennio?, Temi napoletana, 

1966, I, 497), non conseguendo alla costruzione dell'opera pubblica sul 
suolo alieno n� la distruzione, n� una sensibile ed apprezzabile alterazione 
della sua essenza (BIONDI, I beni, Torino, 1953, 51; v. anche CIANFLONE, 
L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 63), tant'� vero che la Suprema 
Corte regolatrice non dubita che il bene �potrebbe essere restituito con 
riduzione al pristino stato� (Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, cit., in questa 
Rassegna, 1961, 85, nella motivazione). 

N� pare aver pregio l'altra obiezione (VAIANO, op. cit., 498), che nega 
un interesse del proprietario a chiedere il riconoscimento del diritto 
attraverso la revindica, poich�, stante la pendenza del procedimento espropriativo, 
� da escludere che dall'occupazione abusiva possa dedursi la volont� 
dell'ente pubblico � di contestare il diritto del privato, violando 
una norma di attribuzione� (VAIANO, op. Zoe. citt.). A parte il fatto che, in 
via generale, il procedimento espropriativo potrebbe addirittura non essere 
stato iniziato o non essere ancora pervenuto alla fase di cui all'art. 16 l. 25 
giugno 1865, n. 2359, pu�, invero, subito osservarsi che � proprio il possesso 
del bene in conformit� della persistente sua destinazi�one a sede stabile dell'opera 
pubblica, nonostante il mancato perfezionamento della procedura 
espropriativa, ad integrare, anticipando sine titulo un comportamento lecito 
solo al proprietario, una negazione di fatto del diritto di propriet� del terzo, 
come riconosce la stessa sentenza annotata, tant'� vero che non si dubita 
che quel possesso � utile ad usucapionem (v. App. Roma, 6 giugno 1958, 
Riv. giur. edil., 1959, I, 225 e 229) e ci�, beninteso, anche con effetti dema




106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

procedura di urgenza di cui all'art. 71 della fogge sulle espropriazioni 

n. 2359 del 1865 -di � promuovere tempestivamente la conversione 
delle occupazioni temporanee in definitive �, col ricorso quindi alla 
regolare procedura di espropriazione. In tal modo resta fuor di dubbio 
che l'affidamento comportava la legittimazione del Comune agli atti 
delle procedure espropriative sia nei riguardi dei terzi, sia nei confronti 
dell'ente affidante; mentre resta cosi superata, d'altro lato, ogni 
questione, per un diverso avviso, sull'effetto vincolante della convenzione 
del 22 settembre 1953 (che poneva l'obbligo delle espropriazioni 
a .carico della Cassa) e sul valore giuridico sia della lettera del Sindaco 
di Napoli del 27 settembre 19'56, che si assumeva, nella qualit�, 
tale onere, sia dell'altra del Commissario prefettizio del tempo, in 
data 18 maggio 1960, che tale assunzione di obbligo ribadiva, sia pure 
in forma generica. 
l'art. 2909 c.'c.) e di escludeve che il proprietario possa cumulare risarcimento 
per la mancata restituzione del. bene e indennit� di espropdazione. 

Es�luso, peraltro, altresl, che trattisi di azione personale di restituzione, 
la quale, prescindendo dal sopraindicato criterio di legittimazione, 
presupporrebbe un rapporto obbligatorio (Cass., 26 luglio 1966, n. 2073, 
Giur. it., Mass., 1966, 915), che non sembra si concili con la specifica 
funzione dell'occupazione autorizzata a sensi dell'uitima parte del primo 
comma dell'art. 71 l. 25 giugno 1865, n. 2359 (si veda nota, in questa Rassegna, 
1966, I, 1049: la stabile destinazione legittimamente impressa al 
bene con la costruzione dell'opera in costanza di occupazione ex art. 71, 
comma primo, parte seconda, 1. n. 2359 del 1865 non � caducata dalla scadenza 
del biennio senza il perfezionamento della procedura espropriativa, 
divenendo l'occupazione illegittima. solo ex nunc), mentre ,qui il problema 
restitutorio consegue, rettamente, al distinto, autonomo fatto dell'occupazione 
sine titulo (sul concetto di azione personale, di restituzione, v. Cass., 
9 agosto 1962, n. 2501, Giur. it., 1965, I, 1, 1230, 1259 e seg., e nota del 
GoRLA, ivi, 1242), l'unico ostacolo all'ammissibilit� della revindica sembra, 
in definitiva, consistere nell'impossibilit� per l'attore di ottenere la condanna 
della P. A. alla restituzione del bene, ma ci�, beninteso, soltanto per 
l'esigenza che, in caso di eccezione della P. A. in ordine alla costruzione dell'opera 
pubblica, iJ. giudice adito non travalichi il limite previsto dal 
disposto di cui all'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Senonch�, in proposito, 
giova osservare che l'inconcepibilit� in linea di principio di una 
revindica avente ad oggetto il valore sostitutivo (Cass., 16 maggio 1962, 

n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1006) della restituzione della cosa (Cass., 30 
luglio 1966, n. 2135, Giur. it., Mass., 1966, 944) non � assoluta, patendo gi� 
testuale eccezione nel caso previsto dalla seconda parte del primo comma 
dell'art. 948 c. c. (E.ARASSI, Propriet� e compropriet�, Milano, 1951, 843). 
L'altra eccezione, relativa al caso considerato, � stata pur essa gi� riconosciuta 
dalla Suprema Corte regolatrice (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, 
n. 490, cit., Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CloLETTI; Cass., 19 
giugno 1961, n. 1440, cit., Foro it., 1961, I, 1317) e pu� ben apparire, ad 
avviso di chi scrive, legittimata dal congiunto disposto degli artt. 948 c. c., 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 

Invero, un tale affidamento da un ente pubblico ad altro ente 
pubblico si risolve -come ha ritenuto di recente la C. S. a Sezioni Unite, 
in un fondamentale arresto del 30 maggio 1966, n. 1412 -in una 
delega intersoggettiva di diritto pubblico, detta anche �delegazione 
amministrativa ., attributiva di competenza delegata. Tale delega, peculiare 
del diritto pubblico e non assimilabile ad alcuno degli istituti 
privatistici, quali in particolare la rappresentanza e il mandato, si 
accosta di pi� alla concessione di opera pubblica, restando pur sempre 
la sua natura desunta dalla sostanza del rapporto concreto. Ed in forza 
di tale delega, il delegato � posto, anche se nei limiti dell'atto relativo 
e per la durata di esso, in una condizione pari al delegante: il quale 
viene, a sua volta, a �trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della 
delega, nella posizione di soggetto investito di funzioni di controllo �. 
E ci� comporta -come ha ritenuto la suddetta Corte in altro suo pro


4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e 42, comma terzo. Cos.t. Ed infatti, se � 
in virt� dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. che il G. O. deve dare 
atto, pel rispetto della stabile destinazione pubblica ricevuta dal bene, 
della prevalenza della contrastante situazione di possesso su quella di propriet�, 
vantata dall'attore, ci� non potr� avvenire che -indipendentemente 
dalla immutata, astratta tttol!arit� del diritto di propriet� -a condizione che 
la stessa sentenza, lungi dal limitarsi a rigettare come improponibile il capo 
della domanda attrice ex art. 948 c. c. concernente la restituzione del bene, 
attribuisca amattore, col riconoscimento del suo diritto di prop1�iet� sul bene, 
il valore venale del medesimo, come surrogato della sua restituzione, consumando, 
cosi, la ragione petitoria.-� appunto applicando alla sentenza del 

G. O. la nozione di atto espropriativo in senso materiale, fondata dalla 
Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione sull'art. 42, comma terzo, 
Cost. (v. nota, in questa Rassegna, 1966, I, 1050 e segg.), che riesce possibile 
assicurare al privato il permanere della tutela reale, ex art. 948 c. c. (si 
ricordi che �l'indennit� di espropriazione..., nella sua essenza, � l'equivalente 
del bene � : Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, 
I, 719, nota 1), invece della sua degradazione a mera tutela personale 
ex art. 2043 c. c., pure se oggetto di tale tutela divenga, in definitiva, in 
virt� del ripetuto art. 42, comma terzo, Cost., contrapposto all'art. 4 1. 20 
marzo 1965, n. 2248, all. E, il valore in luogo della cosa. 
La diversa opinione finisce con l'esasperare, senza accorgersene, la 
applicazione dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (su cui v. Relazione 
,flvv. Stato per gli anni 1951-1955, I, Roma, 1957, n. 44; id., per g1li anni 
1956-1960, II, Roma, 1961, n. 37), escludendo la possibilit� di un contemperamento 
dei diversi principi, a completo detrimento della tutela attribuita 
al privato dall'art. 948 c. c., contemperamento reso, viceversa, possibile 
e necessario, a parere di chi scrive, nel senso sopraindicato. 

Sembrano, pertanto, giustificate tutte le ulteriori illazioni esposte nella 
precedente nota di commento adesivo alla sentenza 4 maggio 1966 n. 2862 
del Tribunale di Napoli (in questa Rassegna, 1966, I, 1047 e segg.). 

F. CARUSI 
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108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nunziato (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2711) in un caso di 
delegazione intersoggettiva -che l'ente delegato, il quale non opera 
come organo, sia pure straordinario, dell'ente delegante, ma come soggetto 
paritetico di diritto pubblico, su un piano di autonomia, � direttamente 
responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere 
in esecuzione della delega, senza che in contrario possano assumere 
rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti stessi nel-
l'ambito del rapporto interno con il delegante. 

Ora, tra gli atti del delegato rientrano -e proprio in tali sensi 
� testuale il pensiero della C. S. nella ricordata pronunzia del 1966 


� le occupazioni e le espropriazioni necessarie per l'esecuzione delle 
opere, e che all'esecuzione sono intimamente connesse costituendone 
parte inscindibile � . 
E se per le espropriazioni, in ordine al caso in esame, come attivit� 
a carico del Comune, c'� esplicita menzione -come si � visto nella 
deliberazione del Consiglio di amministrazione della Cassa del 
13 gennaio 1960, per la occupazione degli immobili dei Troncone da 
parte del detto Comune c'� il verbale di possesso del 31 ottobre 1960. 
In questo verbale, invero, anche se preliminarmente viene effettuata dal 
messo comunale la immissione della Oassa nel possesso dei suoli, contestualmente 
questa ne effettua la consegna al Comune, che li occupa, 
affidandoli, quale ente appaltante, alla sua impresa, assuntrice dei lavori 
di costruzione; onde il primo atto nei confronti della Cassa � meramente 
formale, mentre quello nei confronti del Comune resta come 
l'atto materiale della -occupazione, che, anche perch� rientra tra gli 
atti che incombono al delegato per l'avvenuto affidamento, fa stato nei 
confronti dei terzi, e nella specie dei Troncone. I quali, da parte loro, 
erano a conoscenza di tale affidamento, in quanto nel decreto di occupazione 
provvisoria del Prefetto di Napoli in data 19 ottobre 1960 ad 
essi notificato -� fatto espresso richiamo della citata delibera numero 
1411 (VN. 41) della Cassa, del 13 gennaio 1960, ove tale affidamento 
� da questa conferito al Comune. Al che va aggiunto poi -ai 
fini della conoscenza da parte dei Troncone di quanto operato dal 
Comune -che sempre in detto decreto ricorre la precisazione che 
ogni atto della Cassa,' -e tanto anche in relazione alla decretata 
occupazione dei terreni -era fatto � in nome e per conto del Comune 
�; e ci� proprio nello schema di quel suddetto particolare istituto 
della delega amministrativa intersoggettiva, in forza del quale, 
come l'ente delegato ha il potere di provvedere in merito all'oggetto 
della delega in nome proprio e non in veste di rappresentante del delegante, 
cosi ogni atto da quegli compiuto nell'ambito di tale rapporto 
si riverbera nei confronti dell'altro e cio� del Comune, che � avrebbe 
dovuto provvedere all'esecuzione delle opere in nome proprio ed in 

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PARTE I, s:i;:z. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

definitiva con proprio onere finanziario, anche se con somme a~ticipate 
dalla Cassa � o da altri enti. 

Da quanto innanzi deriva quindi che il soggetto legittimato passivamente 
� solo il Comune, il quale � tenuto a risponder�e nei confronti 
dei Troncone della detenzione abusiva dei beni senza che abbia promosso 
l'espropriazione a norma della relativa procedura e quindi a 
risarcire il danno in conformit� di legge; mentre ,la Cassa, quale soggetto 
estr�neo a tanto, va estromessa. 

Neil merito, per quanto attiene all� liquid�zione del danno, e ci� 
in riferimento anche alle doglianze mosse dai Troncone su tale pup.to 
alla decisione (lei primi giudici, si provved� con separata ordinanza. 
-(Omissis). 

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SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 7 novembre 1966, n. 22 -Pres. Bozzi 
-Est. Landi -Mortelliti ed altri (avv. Coltraro e Vasari) c. Prefetto 
di Messina (avv. Stato Lancia), Comune di Messina (avv. Silvestri) 
e Cacciola (avv. Giannini M. S.). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Questioni pregiudiziali 
-Regolare costituzione del rapporto processuale e difetto di 
giurisdizione -Precedenza della questione inerente alla regolare 
costituzione del rapporto processuale. 

Espropriazione -Zone terremotate in Sicilia -Procedimento espropriativo 
-Distinzione in fasi e loro autonomia. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Decisione interlocutoria 
per il deposito documenti -Termine -Inosservanza Effetti. 


Nell'ordine delle questioni pregiudiziali quella relativa alla regolare 
costituzione del rapporto processuale (motivi inammissibili perch� 
riferentisi ad atti non impugnati, o irricevibili per tardivit�, o inama 
missibili per difetto di legittimazione attiva) � preliminare rispetto ai 

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motivi attinenti alla giurisdizione; e ci� anche in applicazione del criterio 

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della economia dei giudizi (1). 

Nel procedimento di espropriazione regolato dal t. u. 19 agosto iijM 
1917, n. 1399 alcuni atti, ad es. quelLi attinenti alla delimitazione del ~ 
comparto (art. 125), alla determinazione della indennit� di esproprio 

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(art. 121), alla aggiudicazione, hanno piena autonomia, in quanto producono 
effetti immediati e sono immediatamente impugnabili; pertanto, 

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in sede di impugnativa del decreto di esproprio, non sono ammissibili 
le censure rivolte contro l'atto di aggiudicaz�one e contro gli atti precedenti; 
e la decisione del Consiglio di Giustizia amministrativa per ~ 
la Regione Siciliana, che ha dichiarato tale inammissibilit�, non � soggetta 
a ricorso alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, essendo 

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le censure rivolte contro atti emessi dal Comune di Messina, che � ente 

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(1) Giurisprudenza costante: cfr. Ad. Plen., 7 giugno 1961, 
Consiglio di Stato, 1961, I, 1037. 
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n. 16, Ii 
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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA lll 

locale sottoposto al controllo della Regione, e non contro atti di autorit� 
amministrative dello Stato (2). 

Il termine per il deposito di documenti assegnato con decisione 
interlocutoria � ordinatorio; pertanto la sua inosservanza non importa 
alcuna preclusione (3). 

(2) Sull'autonomia degli atti del procedimento espropriativo regolato 
dal t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, cfr. Ad. Plen., 11 novembre 1963, n. 20 
ivi, 1963, I, 1529. Trattasi, per�, di autonomia relativa, perch� essa non 
importa netta separazione degli atti del procedimento, dovendosi ammettere 
una interdipendenza di effetti tra i vari atti in funzione di elementi 
preparatori dell'atto terminale espropriativo; n� importa indipendenza assoluta 
di posizioni tra aggiudicatario ed espropriato, perch� la pretesa 
dell'espropriato a che il bene non gli venga sottratto deve necessariamente 
implicare anche la impugnazione dell'attribuzione del bene medesimo 
aWaggiudicatario, non potendo i due diritti coesistere: cfr. espressamente 
Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 1950, in questa Rassegna, 1966, I, 823, 
con nota. 
Sulla competenza dell'Adunanza Plenaria in sede di appello cfr. Ad. 
Plen., 26 aprile 1965, n. 9, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 609. 

(3) Giurisprudenza costante cfr. Sez. IV, 2 luglio 1958, n. 518, ivi, 1958, 
I, 878. 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pleii., 21 dicembre 1966, n. 25 -Pres. Bozzi 
-Est. Anelli -Consiglio Ordine Geometri di Roma (avv. Guarino) 

c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Ciardulli), Ordine Ingegneri di Venezia 
e Collegio Ingegneri e Architetti di Venezia (avv. Delli Santi). 
Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Controinteressati Ordini 
professionali. 

Controinteressati nei confronti dei quali � obbligatoria la notificazione 
del ricorso sono soltanto coloro che dall'atto impugnato abbiano 
conseguito un vantaggio con effetto diretto ed immediato e sempre che 
siano obbiettivamente individuabili dal ricorrente: sulla base di questi 
principi, nel giudizio per annullamento di .una circolare ministeriale 
avente ad oggetto la precisazione dei limiti dell'attivit� professionale 
dei geometri, controinteressati in senso processuale non sono i singoli 
geometri (che dall'atto impugnato non traggono un vantaggio immediato 
e neppure un sicuro vantaggio futuro) bensi gli Ordini professionali 
competenti, in quanto abilitati a tutelare gli interessi professionali 
della categoria (1). 

(1) Sull'affermazione di princ1p10 di cui alla prima parte della massima, 
cfr. nello stesso senso, Ad. Plen., 9 maggio 1958, n. 5, I� Consiglio 
di Stato, 1958, I, 529, e V Sez., 3 dicembre 1965, n. 1090, ivi, 1965, I, 2156. 
Circa la legittimazione degli Ordini professionali v. Cons. Stato, Sez. V, 
12 febbraio 1965, n. 120, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 252, e Cons. Stato, 
Ad. plen., 24 maggio 1961, n. 12, ivi, 1961, I, 853. 



112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 602 -Pres. Polistina 
-Est. Landi -Soc. p. az. Fiamma vesuviana (avv. Fragola) 

c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Albisinni), Ambrosio (avv. Fontana) 
e Saviano (avv. Marotta E. e L.). 
Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti 
industriali -Procedimento -Audizione di pareri non richiesti 
dalla le~ge -Possibilit�. 

Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Finalit� Stabilimenti 
industriali -Contrasto con altri pubblici interessi Reiezione 
dell'istanza di esproprio -Legittimit�. 

Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti 
industriali -Art. 4 d. l. n.1598del1947 -Natura -Efficacia Proroga 
fino al 1980. 

Nel procedimento espropriativo tendente all'ampliamento di uno 
stabilimento industriale del Mezzogiorno, il Prefetto, istruendo le istanze 
presentate ai sensi degli artt. 2 e 4 d. i. 14 dicembre 1947, n. 1598, 
modificato dalla i. 29 dicembre 1948, n. 1482, pu� acquisire il parere di 
qualsiasi organo, amministrativo o tecnico, �ol solo ovvio limite della 
pertinenza alle finalit� del procedimento (1). 

L'interesse generale in vista del quale la legge ha ritenuto la pubblica 
utilit� delle iniziative industriali nell'Italia meridionale e nelle 
isole non ha carattere di assoluta preminenza rispetto ad ogni altro 
interesse pubblico, ed anzi pu� trovare limiti in altri pubblici interessi, 
e deve necessariamente essere contemperato o conciliato con gli stessi; 
pertanto, legittimamente il Prefetto respinge una istanza di espropriazione 
per l'ampliamento di uno stabilimento industriale, ove l'ubicazione 
e le caratteristiche dell'opera appaiono in contrasto con esigenze urbanistiche 
ed igieniche, del pari tutelate dalla legge (2). 

(1) La massima, che � puntuale applicazione di noti principi in tema 
di attivit� consultiva facoltativa, ha precedenti conformi nelle decisioni 28 
ap!I'ile 1954, n. 283 e 28 settembre 1954, n. 530 della IV Sezione, Il Consiglio 
di Stato, 1954, I, 375 e 865. 
(2) L'esigenza di una valutazione comparata tra distinti interessi pubblici, 
anche in riferimento all'interesse privato del proprietario soggetto 
ad espropriazione, � stata affermata numerose volte in giurisprudenza: 
cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 novembre 1958, n. 790, Il Consiglio di Stato, 1958, 
1235; Cons. Stato, S'ez. IV, 22 novembre 1960, 980, ivi, 1960, 2033; crons. 
Stato 22 novembre 1960, n. 981, ivi 1960, 2035. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 113 

L'art. 4 d. l. 14 dicembre 1947, n. 159.8 che dichiara la pubblica 
utilitd delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative industriali 
di cui all'art. 2 dello stesso decreto, non essendo autonomo rispetto al 
sistema degli interventi nel Mezzogiorno prorogati dalle successive disposizioni 
di legge, n� incompatibile col sistema degli interventi disciplinati 
dalla l. 26 giugno 1965, n. 717 deve ritenersi vigente tutt'ora e 
per tutta la durata dell'attivitd della Cassa del Mezzogiorno che la 
citata legge del 1965 ha prorogato a tutto il 31 dicembre 1980 (3). 

(3) Con la decisione 26 gennaio 1966, n. 56 de1la IV Sezione in questa 
Rassegna, 1966, I, 648, il C'onsiglio di Stato aveva ritenuto la :proroga della 
normativa in discussione a tutto il 30 giugno 1965 per effetto dell'art. 89, 
I. 29 marzo 1957, n. 634. Nella specie decisa con la decisione annotata si 
sosteneva dai ricorrenti 'che la dichiarazione di p. u. ex art. 4 d. I. 14 
dicembre 1947, n. 1598 fosse da ritenere caducata .per mancata nuova 
proroga del termine di efficacia gi� determinato in dieci anni dall'art. 2 
dello stesso decreto del 1947, e quindi prorogata al 30 giugno 1965 dall'articolo 
29 della citata I. n. 634 del 1957. 
Ma il Consiglio di Stato ha fatto giustizia dela tesi con una decisione 
che non pu� non essere condivisa. 

L'art. 29, infatti, della L 29 luglio 1957, n. 634, nella prima rparte, non 
stabilisce un termine a s� per le dichiarazioni di pubblica utilit� e di 
urgenza ed indifferibilit� dei lavori, ma richiama espressamente il termine 
che l'art. 1 della legge stessa stabilisce per la proroga della durata della 
attivit� della Cassa per il Mezzogiorno. Poich� oon l'art. 2 della 1. 26 giugno 
1965, n. 717 tale termine � stato ulteriormente prorogato, detto art. 2 
viene, nel sistema delle norme sulla disciplina degli interventi per lo 
sviluppo del Mezzogiorno, a sostituirsi all'art. 1 della I. n. 634 del 29 
luglio 1957. D'altra :parte, l'art. 28 -secondo comma -della I. n. 717 
del 1965 stabilisce che � restano ferme le disposizioni della vigente legislazione 
in favore dei territori meridionali... ., mentre il successivo art. 35 
della stessa legge dispone: �Le disposizioni legislative vigenti sull'attivit� 
della Cassa per il Mezzogiorno incompatibili con la presente legge cessano 
di avere efficacia con l'entrata in vigore della presente legge...�. 
Deve, quindi, ritenersi che la prima parte dell'art. 29 della I. n. 634 del 
1957, non essendo incompatibile, nelle norme sostanziali che esso contiene, 
con le disposizioni della I. n. 717 del 1965, sia rimasto in vigore pur dopo 
l'entrata in vigore della nuova legge e che il termine stabilito al primo 
comma dell'art. 1 della il. n. 6134 del 1957 sia �ora quello stabilito nell'art. 2 
della I. n. 717 del 1965, per avere tale art. 2 modificato e sostituito l'art. 1 

della precedente I. n. 634 del 1957. D'altra parte anche una considerazione 
di ovdine logico porta ad escludere che siano venute con il 30 giugno 1965 
a cessare �le disposizioni circa la dichiarazione di pubblica utilit� e di indifferibilit� 
ed urgenza delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative 
in.dustriali da p;romuoversi dalla Cassa pe: il Mezzogiorno. Se tali 
disposizioni, infatti, fossero venute a cessare, l'attivit� stessa della Cassa 
ne verrebbe ad essere compromessa, essendo le disposizioni medesime fra 
quelle .che maggiormente interessano per il raggiungimento dei fini che 
la Cassa si propone. 

10 



114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 761 -Pres. Polistina 
-Est. Landi -Del Biondo ed altro (avv.ti Marcone e Rocchetti) 
,c. Prefetto di Pescara (avv. Stato Carbone) e s.r.l. Carree 
Irca (n.c.). 

Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Stato di consistenza 
-Autorizzazione all'accesso -Soggetti legittimati -Limiti. 

Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Decreto prefettizio 
che autorizza lo stato di consistenza -Indicazioni catastali dei proprietari 
dell'immobile -Successiva variazione -Momento al quale 
occorre far riferimento. 

L'autorizzazione prefettizia, riiasciata al Capo di un ufficio pubblico 
per introdursi in un fondo da occupare al fine di redigere lo stato 
di consistenza, non � limitata solo �l capo dell'Ufficio, ma � estesa a 
qualsiasi funzionario purch� venga designato dal capo ufficio (1). 

Legittimamente il Prefetto, nell'autorizzare l'accesso al fondo da 
occupare, ha riguardo alla situazione catastale esistente al momento 
della presentazione della domanda di occupazione, dovendo ritenersi 
irrilevanti le successive variazioni (2). 

(1) Cfr., nello stesso senso, ,sez. IV, 9 febbraio 1966, n. 80, Il Consiglio 
di Stato, 1966, I, 215. � evidente che l'autorizzazione data all'Ingegnere 
Capo del Genio Civile, senza ulteriore specificazione, non � affetta da alcun. 
vizio di legittimit�, in quanto � conforme alla norma dell'art. 7, comma 
III, I. 20 giugno 1865, n. 2359. Trattandosi di un ufficio di ente pubblico, � 
ovvio che i vari funzionari, ad esso preposti, siano tra di loro fungibili 
nell'adempimento della funzione attribuita all'ufficio. 
(2) Sulla funzione dello stato di consistenza, che � rivolto a far acquisire 
al Prefetto tutte le cognizioni idonee per la legittima autorizzazione 
ad occupare il fondo, cfr. Sez. IV, 8 giugno 1951, n. 422, Il Consiglio di 
Stato, 1951, I, 654. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 772 -Pres. De 
Marco -Est. Granito -Verducci (avv. Guarino) c. Ministero interno 
(avv. Stato Gentile), Comune di Roma (avv. Rago) e A.C.E.A.. 

(n. c.). 
Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazioni delle aziende 
municipalizzate -Annullamento -Competenza del Prefetto. 

Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazione delle aziende:. 
municipalizzate -Potere prefettizio di annullamento -Natura. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 115 

Atto amministrativo -Vizi inerenti al procedimento non ancora concluso 
-Annullamento -Presupposti. I

I

j

Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazione delle aziende ) 

municipalizzate -Controllo -Pendenza del procedimento di riesai 
I 
me -Effetti. 

l 

Municipalizzazione dei pubblici servizi -Aziende municipalizzate -Direttore 
-Trattamento di licenziamento -Attribuzione di anzianit� 
convenzionale -Organi competenti. 

I 

I

L'annullamento delle deliberazioni delle aziende municipalizzate 
per violazione di legge o di regolamenti rientra nella competenza del l 


Ij

Prefetto, al quale sono state devolute le attribuzioni delle sottoprefetture, 
abolite con r. d. l. 2 gennaio 1927 n. 1 (1). 
Il potere prefettizio di annullamento ex art. 17, II comma, t.u. 

n. 2578 del 1925 ha natura di controllo eventuale e successivo all'efficacia 
degli atti sui quali si esercita, e non di controllo necessario 
e preventivo, con la conseguenza che esso pu� esercitarsi anche quando 
I

l'atto abbia gi� spiegato i suoi effetti, giacch� il decorso del tempo non 1 
� determinante ai fini dell'annullamento di ufficio degli atti amminiI 
strativi, ma pu� influire sulla rilevanza di un interesse pubblico spe! 
cifico ed attuale alla rimozione degli atti stessi (2). j 

Ai fini dell'annullamento di atti illegittimi inerenti ad un proce


l

dimento non ancora definito, � sufficiente il mero accertamento di legittimit�, 
non essendo richiesta la esistenza di specifiche ragioni di pubblico 
interesse (3). 


Le deliberazioni delle aziende municipalizzate devono considerarsi 
inefficaci durante la pendenza del termine di quindici giorni riservato al 


'I

Consiglio comunale per compiere il suo controllo e fino a quando non 
si sia concluso il procedimento di riesame (4). 


I

� illegittima l'attribuzione di un'indennit� convenzionale a un 
direttore di azienda comunale, che sia stata deliberata dalla Commissione 
amministratrice della azienda medesima, rientrando essa nell'esclusiva 
competenza del Consiglio comunale (5). 


(1) Nel1o stesso senso cfr., Sez. V, 27 maggio 1954, n. 540, Il Consiglio 
di Stato, 1954, I, 583. 
(2) Sul carattere del controllo esercitato dal Prefetto sugli atti delle 
aziende municipalizzate, v. Cass., 27 marzo 1952, n. 828. 
(3) Giurisprudenza pacifica, Sez. V, 7 giugno 1957, n. 383, ivi, I, 756. 
Per quanto concerne il principio, ormai pacifico, che diritti quesiti non 
possono nascere da un atto illegittimo, dr. Sez. Un., 4 luglio 1962, n. 1714. 
(4) Cfr. Cass. 27 marzo 1952, n. 828. 
(!'i) Non risultano precedenti specifici. 

116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 novembre 1966, n. 808 -Pres. Polistina 
-Est. Risi -Ragni ed altri (avv. Martuscelli) -c. Ministero 
interno (avv. Stato Dallari). 

Sciopero -Impiego pubblico -Effetti -Retribuzione -Non � dovuta. 

Sciopero -Astensione dal lavoro per una parte della giornata lavorativa 
-Retribuzione ridotta -Non � dovuta. 

Lo sciopero produce la sospensione delle due obbligazioni fondamentaii 
del rapporto di impiego, consistenti nella prestazione di lavoro 
e nella corresponsione della retribuzione, mentre non incide sugli altri 
obblighi e diritti connessi con detto rapporto; pertanto, il pubblico 
dipendente non ha diritto alla retribuzione per le giornate in cui ha 
scioperato (1). 

Nel caso di astensione totale dal lavoro per una parte soltanto 
della durata temporale della giornata lavorativa, la misura detta trattenuta 
va determinata con riferimento aU'intera giornata lavorativa, considerata 
come unit� minima di frazionamento delta retribuzione (2). 

(1) Principio' pacifico: Sez. V, 27 luglio 1964, n. 930, Il Consiglio di 
Stato, 1964, I, 1942. 
(2) Non risultano precedenti di giuTisprudenza; cfr. parere Sez. II, 
28 aprile 1965, n. 395, citato nella motivazione della decisione. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1051 -Pres. De 
Marco -Est. La,ndi -Andrione ed altri (avv.ti Balladore Pallieri, 
Lucatello e Guarino) c. Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato 
Guglielmi), Presidente Giunta regionale Valle d'Aosta (avv.ti Cri1safulli 
e M. S. Giannini), Presidente Consiglio Valle d'Aosta ed 
altri (n. c.). 

Atti amministrativi -Regioni -Commissario governativo per la convocazione 
del Consiglio regionale -Decreto di nomina -Atto politico 
-Esclusione. 

Giustizia amministrativa -Nomina Commissario governativo per convocazione 
Consiglio regionale -Impugnativa promossa da Assessore 
regionale -Legittimazione -Sussistenza. 

Regioni -Convocazione Consiglio regionale -Nomina Commissario 
governativo in sostituzione dell'organo regionale competente � 
Legittimit�. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 117 

Regioni -No�nina Commissario governativo per convocazione Consiglio 
regionale -Forma necessaria. 

n decreto con il quale il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina 
un Commissario straordinario al fine di convocare il Consiglio 
regionale della Valle d'Aosta non � atto politico ma amministrativo in 
senso stretto, ed � pertanto impugnabile innanzi al Consiglio di Stato 
in sede di ricorso giurisdizionale (1). 

L'assessore regionale rimosso dalla carica con delibera consiliare 
impugnabile in primo grado davanti ad organo giurisdizionale locale 
(nella specie, Giunta giurisdizionale amministrativa per la Valle d'Aosta) 
� legittimato ad adire, su tale controversia l'organo centrale (Consiglio 
di Stato), competente a conoscere della legittimit� di altro provvedimento 
da cui potrebbe derivare il vizio denunciato in relazione all'atto 
soggetto alla competenza dell'organo locale (2). 

Deve ritenersi legittima la nomina di un Commissario straordinario 
del Governo, al fine della convocazione del Consiglio regionale e della 
fissazione dell'ordine del giorno, in caso di riscontrata paralisi dell'organo 
regionale ordinariamente competente a provvedere (3). 

Per gli atti amministrativi non aventi natura politica la forma del 
decreto del Capo dello Stato deve essere adottata soltanto nei casi 
espressamente previsti dalla legge; pertanto, in mancanza di contraria 
disposizione, il decreto di nomina di un Commissario straordinario del 
Governo per la convocazione di un Consiglio regionale e la fissaz.ione 
dell'ordine del giorno, non essendo provvedimento di natura politica, 
pu� legittimamente essere adottato dal Presidente del Consiglio dei 
Ministri (4). 

(1-3) Non risultano precedenti in termini. La decisione del Consiglio di 
Stato sul merito della fattispecie in discussione risulta, per un verso, dall'affermazione 
che le Regioni, pur nell'ambito della loro autonomia, sono 
soggette �al generale potere di vigilanza che lo Stato esercita su tutti 
gli enti derivati dal proprio ordinamento, ed in particolare sugli enti 
pubblici territoriale�, e, .per altro aspetto, dal rilievo della generale validit� 
del principio del controllo sostitutivo. 

(4) La massima � puntuale applicazione della esclusione della natura 
di atto politico del provvedimento impugnato. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1059 -Pres. De 
Marco -Est. Granito -Carnacina (avv. Cabibbo) c. Ministero difesa 
(avv. Stato Peronaci). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Mancato versamento 
contributi previdenziali -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. 




118 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Prescrizione -Mancato versamento contributi previdenziali -Termine 
decennale. 

Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il 
ricorso con cui un salariato statale convenga in giudizio l'Amministrazione, 
aff�nch� sia dichiarata la inadempienza di quest'ultima all'obbligo 
di versare i contributi assicurativi per l'invaliditd e la vecchiaia (1) 

Il diritto al risarcimento danni per omesso o irregolare versamento 
dei contributi previdenziali e assistenziali � soggetto al termine decennale 
di prescrizione previsto dall'art ..2946 c. c. (2). 

(1) Con la decisione in rassegna la IV Sezione del Consiglio di Stato, 
richiamandosi a talune sentenze della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 30 
dicembre 1963, n. 3247, Giust. civ., Mass., 1963, 1508; Cass. 14 luglio 1962, 
n. 1852, ivi, 1962, 914), conferma il propdo orientamento favorevole dell'affermazione 
della giurisdizione del giudice amministrativo in subiecta 
materia, (v. pure, Cons. Stato, Sez. IV, 18 maggio 1966, n. 417, n Consiglio 
di Stato, 1966, I, 936). 
In senso contrario sono, peraltro, costantemente orientate la V e VI 
Sezione dello stesso Consiglio di Stato (cfr. le decisioni 21 gennaio 1966, 

n. 57, in questa Rassegna, 1966, I, 668, e 21 maggio 1965, n. 538, Il Consiglio 
di Stato, 1965, I, 950), e cosi pure la pi� recente giurisprudenza delle 
Sezioni Unite (Cass. 5 giugno 1965, n. 1117, in questa Rassegna, 1965, I, 
910, con nota di MANn�; per utili riferimenti v. pure Cass. 4 marzo 1966, 
n. 638, e Trib. Napoli 2 ma�rzo 1966, n. 1159, in questa Rassegna, 1966, I, 
555, con nota redazionale, e di recente Sez. Un. 3 febbraio 1967, n. 305, 
ivi, 61). 
(2) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo, 1960, n. 297, 
Il Consiglio di Stato, 1960, I, 375; Cass. 11 dicembre 1963, n. 3135, Giust. 
civ. Mass., 1963, 146�1; Cass. 28 aprile 1964, n. 1029, Foro it., 1964, I, 1827, 
con nota di PERA. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1094 -Pres. De 
Marco -Est. Granito -Quintieri ed altri (avv. Jaccarino) c. Ministero 
LL. PP. (avv. Stato Varvesi), Prefetto di Napoli (n. c.) e 
Comune di Napoli (avv. Gleijeses). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Deposito atto intervento 
adesivo dipendente -Interruzione termine di perenzione Esclusione. 


Competenza e giurisdizione -Edilizia -Provvedimento demolizione 
ex art. 26 l. 17 agosto 1942 n. 1150 -Impugnativa -Giurisdizione 
amministrativa -Sussistenza. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 119 

Piano regolatore e di ricostruzione -Ordine demolizione ex art. 26 

1. 17 agosto 1942 n. 1150 -Controllo sostitutivo Ministero LL.PP. Condizioni 
e limiti. 
n deposito di un atto di intervento adesivo dipendente non ha efficacia 
interruttiva del termine biennale di perenzione del ricorso giurisdizionale 
(1). 

n provvedimento di demolizione di un edificio, adottato dal Ministro 
dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 26 legge 17 agosto 1942, n. 1150, 
essendo espressione di un potere discrezionale, investe situazioni di interessi 
legittimi e non di diritti soggettivi: la relativa impugnativa rientra 
pertanto nella giurisdizione del giudice amministratvo (2). 

Legittimamente il Ministro dei lavori pubblici, ai sensi. dell'art. 26 
legge 17 agosto 1942, n. 1150, interviene in sostituzione del Comune, 
ordinando la demolizione di un edificio costruito sulla base di una 
licenza annullata in sede giurisdizionale, ove risulti che il Comune si 
sia astenuto dall'adottare i provvedimenti di sua competenza ed abbia 
persistito in tale atteggiamento negativo nonostante il formale invito 
�del Ministero ad emettere il provvedimento di demolizione (3). 

(1) Per qualche riferimento cfr., in giurisprudenza, Cons. Stato, Sez. 
IV, 29 settembre 1966, n. 640, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1441. In particolare 
circa l'efficacia degli atti processuali dell'interveniente sul decorso 
del termine di perenzione, BonnA, La perenzione nei procedimenti giurisdizionali 
amministrativi, Torino, 1923; RAvA, La perenzione nel processo 
amministrativo, Arch. dir. pubbl., 1938, 297, ss. 
(2) Non risultano .precedenti in termini. 
(3) Nel senso che il Ministro dei lavori pubblici possa ordinare la 
demolizione di opere difformi dal piano regolatore solo nel caso che la 
costruzione non sia stata autorizzata dal Comune, c:llr. Cons. Giust. Amm. 
Reg. sic., 22 febbraio 1963, n. 58, Giust. civ., 1963, II, 205, e Cons. Giust. 
Amm. Reg. ,sic., 22 febbraio 1963, n. 59, Foro it., 1963, III, 152. La soluzione 
accolta dal Consiglio di Stato con la decisione in rassegna corrisponde 
alle tesi sostenute dall'Avvocatura gi� nei giudizi del 1963, e sembra 
pi� aderente alla lettera ed alla ratio dell'art. 26 della legge urbanistica. 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRiBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1347 -Pres. Favara 
-Est. Spagnoletti -P. M. Tuttolomondo (conf.). -Ministero 
Finanze (avv. Stato Masi) c. S.p.A. � Costruzioni Rossi � (avv. Ziini 
Lamberti). 

Imposta di registro -Societ� -Trasformazione di una societ� irregolare 
in nome collettivo in una societ� di capitali -Imponibilit� 
come per costituzione di nuova societ� -Esclusione -Imposta prevista 
per le trasformazioni di societ� -Applicabilit�. 

(c. c., artt. 2498, 2297; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 81, 83; 
d. 1. 5 aprile 1945, n. 141, art. 6). 
Una volta ammesso che una societd irregolare in nome collettivo 
possa trasformarsi in una societd di capitaii, deve nella ricorrenza di 
una siffatta ipotesi ritenersi applicabile l'imposta di registro secondo la 
disciplina prevista, appunto, per le trasformazioni di societd, e non gid 
come per una costituzione di nuova societd (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo, la ricorrente Amministrazione 
delle Finanze si duole che la Corte di Torino abbia ritenuto che il rogito 
per notar Fissone, con il quale Borio Vincenzo e Rossi Sergio, soci di 
una societ� in nome collettivo irregolare, avevano dichiarato di trasfor


(1) Nel senso che la trasformazione in societ� di capitali di una societ� 
in nome collettivo irregolare rientri nella previsione di cui all'art. 2498 
c. �., cfr. Cass. 18 aprile 1958, n. 1268, Giust. civ. 1958, I, 1045, con nota 
critica di L. BIANCHI D'EsPINOSA, Trasformazione di societ� irregolare in 
nome collettivo i_n societ� di capitati? In .senso contrario, App. Napoli, 10 
maggio 1960, Temi nap., 1960, I, 289; Trib. Firenze, 14 marzo 1966, Giust. 
civ. 1966, I, 1016, con osservazioni di C. GIANNATTASIO. 
Ai fini tributari, peraltro, si era rilevato che la questione poteva porsi 
con autonomo riferimento al disposto dell'art. 2297 c. c., secondo il quale, 
fino a quando la societ� in nome collettivo non � iscritta nel registro delle 
imprese, i rapporti della societ� stessa con i terzi restano regolati dalle 
disposizioni relative alla societ� semplice; di guisa che, e tra quei terzi 
dovendosi ritenere compresa l'Amministrazione finanziaria, nei confronti 



PARTE I,. SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 121 

mare la societ� stessa in una societ� per azioni, doveva essere tassato 
come trasformazione della societ� di fatto preesistente e non come costituzione 
di societ� per azioni (artt. 81 e 82 tariffa all. A legge organica 
del registro). 

La doglianza non ha fondamento. 

Dottrjna e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che la trasformazione 
di societ� comporta soltanto il mutamento di una organizzazione 
sociale preesistente, e non la sostituzione di una nuova organizzazione 
sociale ad un'altra che sparisce. 

L'Amministrazione ricorrente non ha potuto disconoscere che il 

S. C. gi� ebbe occasione di pronunciarsi sulla questione, oggi riproposta 
al suo esame, con la sentenza 18 aprile 1958, n. 1268, la cui motivazione, 
esattamente richiamata dalla decisione impugnata, porta a concludere 
che la disposizione contenuta nell'art. 2498 -c. c., relativa alla trasformazione 
di una societ� di persone in una societ� di capitali, si applica anche 
alla societ� in nome collettivo non regolarmente costituita. 
Conseguentemente, alla stregua di tale gi�risprudenza, che la Suprema 
Corte non trova ragione alcuna di mutare, devesi ritenere per 
fermo che, ai fini dell'imposta di registro sul relativo atto, la tassa dovuta 
� quella prevista per la trasformazione di societ� e non quella 
prevista per una nuova costituzione di essa. 

Riferendosi all'argomentazione centrale adottata da questa S. C. con 
la pronuncia n. 1268 del 18 aprile 1958, I'Amministrazione ricorrente 
riconosce esatto che l'art. 2297 c. c. non trasforma la societ� irregolare 
in nome collettivo in una societ� semplice, limitandosi a disporre che, 
in caso di mancata iscrizione nel registro delle imprese, sono applicabili 
le disposizioni dettate per le societ� semplici (limitatamente ai rapporti 
tra la societ� ed i terzi). 

Senonch�, fatta questa ammissione, la ricorrente, sul presupposto 
che la Finanza debba considerarsi terzo, ai fini della registrazione, sostiene 
che, per quanto riguarda il trattamento fiscale, occorre far riferi


di �questa, ed ai fini dell'individuazione del regime tributario applicabile, 
si sarebb� dovuta considerare avverata una trasformazione, in ipotesi, da 
societ� semplice a societ� di capitali, e,� quindi, in definitiva, ritenere attuato 
un conferimento, per la costituzione di una nuova societ�, da parte 
dei soci del preesistente organismo di fatto. Ed a tanto, per�, la Cassazione, 
richiamandosi ad un suo precedente in tema di data delle scritture private 
(Cass. 9 maggio 195.3, n. 1280, in questa Rassegna, 1954, 98; in argomento 
cfr., amplius, Relaz. Avv. Stato, 1951-55, II, 525 ss.), ha creduto di poter 
ppporre che la Finanza non � terzo estraneo, ai fini della registrazione dell'atto, 
soggiungendo, poi, che la norma dell'art. 2297 innanzi citato dovrebbe 
comunque intendersi riferita soltanto � ai vincoli giuridici contratti 
con i terzi dalla societ� irregolare ., laddove il rapporto d'imposta, 
che si collega alla trasformazione, in questa trova base, e non pu� quindi 



122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento al tipo di societ� semplice, proprio perch� le disposizioni sulla 
societ� semplice sono applicabili ai rapporti tra la societ� ed i terzi. 

Osserva il S. C. che, a rendere palese l'infondatezza di tale assunto, 
basta considerare che una volta ammesso che la societ� irregolare in 
nome collettivo possa trasformarsi in societ� di capitali, non si vede 
come si possa validamente sostenere che tale trasformazione si verifichi 
nei confronti di taluni soggetti e non di altri. 

Anche nei confronti del fisco, perci�, la fattispecie in esame realizza 
non gi� una estinzione della societ� irregolare, ma solo una trasformazione 
della stessa in una societ� per azioni. 

L'inesattezza dell'affermazione secondo la quale la Finanza sarebbe 
terzo estraneo, ai fini della registrazione, appare manifesta solo che si 
abbia presente che la formalit�. relativa � necessariamente successiva 
alla gi� intervenuta trasformazione, che la registrazione dell'atto trova 
perci� ormai perfezionata ed operante. 

Di conseguenza, per. quanto concerne l'art. 2297 c. c., deve ritenersi 
che l'espressione �terzi � non si estende al fisco per la registrazione 
dell'atto di intervenuta trasformazione di una societ� in nome collettivo 
(irregolare per mancata registrazione) in una societ� per azioni (su ci� 
vedi pure Cass. 9 maggio 1953, n. 1280, p�r un analogo riferimento), n� 
la Finanza pu� avvalersi comunque della disposizione contenuta nella 
norma in esame per disconoscere gli effetti dell'avvenuta trasformazione, 
perfettamente ammissibili ai sensi dell'art. 2498 c. c. 

D'altro canto, l'art. 2297 c. c., disponendo che la irregolarit� costituita 
dalla mancata iscrizione nel registro delle imprese esercita influenza 
solo nei confronti dei terzi, si riferisce, com'� chiaro, ai soli 
vincoli giuridici contratti con i terzi dalla societ� irregolare, stabilendo 
la responsabilit� dei singoli soci per le obbligazioni sociali. 

Il rapporto di imposta per la registrazione dell'atto di trasformazione 
della societ� non rientra invece nella categoria dei rapporti tra la 

dar luogo ad un credito che si possa considerare preesistente alla trasformazione 
stessa. 

Non rientrava nell'economia della decisione in rassegna la questione 
relativa alla tassazione -secondo le regole sulle enunciative ed in occasione 
della registrazione dell'atto di trasformazione -dell'anteriore costituzione 
della societ� irregolare in collettivo. E pare potersi rilevare, comunque, 
che, specialmente secondo la tesi di cui alla pronuncia odierna 
della C'orte Suprema, nessun dubbio dovrebbe sussistere per la soluzione 
affermativa, essendo evidente, tra l'altro, che la trasformazione, che tale 
sia da ritenere anche agli effetti tributari, postula la non estinzione del 
precedente rapporto sociale, i cui estremi di individuazione, poi, e per 
quanto rigoroso possa doversi ritenere il relativo accertamento (cfr. Cass. 
25 maggio 1966, n. 1340, in questa Rassegna, 1966, I, 1301, con nota critica 
di F. PAGANO), dovrebbero tutti risultare, come � ovvio, dall'atto col quale 
la trasformazione stessa sia attuata. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 123 

societ� irregolare ed i terzi, soggetti alle norme sulla societ� semplice, 
dappoich� non costituisce un credito dell'Amministrazione finanziaria 
presistente alla trasformazione della societ�, ma al contrario � a questo 
successivo, n� vale comunque a far ritenere come societ� di nuova 
costituzione la societ� per azioni che sia, invece, risultante dalla trasformazione 
di quella collettiva, sia pure irregolare, in societ� di capitali. 

L'impugnata sentenza si �, come � chiaro, perci�, sostanzialmente 
adeguata ai suesposti principi e non-merita, di conseguenza, alcuna 
censura, avendo esattamente ritenuto che l'atto di traformazione di una 
societ� in nome collettivo irregolare in societ� per azioni debba essere 
tassato non gi� come costituzione di nuova �societ�, bensi come trasformazi9ne 
della societ� di fatto preesistente. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1354 -Pres. 
Favara -Est. Mirabelli -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Masi) c. Vaselli (avv. Maniscalco Basile). 

Imposta di registro -Appalto -Concessione di pubblico servizio Serv.
izio di nettezza urbana -Affidamento ad un privato, da parte 
di un comune, dell'incarico di espletare le sole attivit� materiali 
inerenti al servizio -Costituisce appalto -Affidamento dell'incarico 
di espletare le attivit� materiali ed attribuzione, in tutto 

o in parte, al privato gestore, anche dei poteri di supremazia 
connessi al servizio -Costituisce concessione di pubblico servizio, 
(1. 20. marzo 1941, 111�. 336, .art. 9; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 56; id., 
tariffa A, art. 52; d. l. 9 maggio 1935, n. 606, artt. 1, 3 e succ. modif.). 
L'affidamento ad un privato, da parte di un comune, dell'incarico 
di espletare, contro corrispettivo, le sole attivit� materiali inerenti al 
servizio di nettezza urbana, costituisce appalto. Se, peraltro, al privato 
incaricato vengano anche attribuiti, in tutto o in parte, i poteri di supremazia 
per lo svolgimento del servizio, il rapporto che si instaura va 
qualificato, anche ai fini dell'imposta di registro, come di concessione 
di pubblico servizio, senza che in contrario rilevi la circostanza che 
il comune si sia riservata la riscossione della tassa dovuta dagli 
utenti (1). 

(1) Le sentenze richiamate in motivazione possono leggersi: Cass. 
lo aprile 1946, n. 355, in Riv. leg. fisc., 1946, 323; Cass: 31 dicembre 1955, 
n. 3969, in Foro amm., 1956, II, 1a, 139; Cass. 2 luglio 1957, n. 2557, in Foro 
it., 1958, I, 77. 
Sui criteri distintivi tra appalto e concessi<me di pubblico servizio, con 
particolare riferimento al profilo tributario, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961




124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, l'Amministrazione 
ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 56 della 
legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 1 del 

r. d. 1. 9 maggio 1935, n. 606, al r. d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924, 
al n. 52 della tariffa aU. A alla legge di registro, ed agli artt. 1 e 9 
della legge 20 marzo 1941, n. 366, aisensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, 
c. p. c., sostiene che erroneamente la Corte del merito avrebbe ritenuto 
che i Comuni possano provvedere ai servizi di nettezza urbana esclusivamente 
a mezzo di concessioni, ove non vi provvedano direttamente, 
e che la gestione di tali servizi non possa formare oggetto di appalto, 
ed avrebbe a torto, quindi, negato che nel rapporto in esame potesse 
essere ravvisato un rapporto di appalto. 
Questa Corte, per�, con ripetute pronunce (Cass. 1� aprile 1946, 

n. 355; 31 dicembre 1955, n. 3969; 2 luglio 1957, n. 2557) ha precisato 
che, a norma dell'art. 9 della legge 20 marzo 1941, n. 366, che abilita 
1965, II, 497 ss.; id., 1956-60, II, 574 ss., ove specificamente � trattata la 
questione di individuazione della natura dei rapporti che possono instaurarsi 
tra comuni e privati per l'espletamento del servizio di nettezza urbana. 

La sentenza in rassegna pare ritenere sufficiente, perch� il rapporto, 
nella sua interezza, possa qualificarsi di concessione, anche un parziale 
trasferimento dei poteri di supremazia al privato incaricato del servizio; 
e ci� sembra in contrasto con lo stesso precedente orientamento della Corte 
Suprema, la quale, invero, con la sentenza n. 2557 del 1957, innanzi citata, 
pur gi� sottolineando che la circostanza, dell'essersi il comune riservata la 
esazi-0ne della tassa dovuta dagli utenti, pu� non essere rilevante per escludere 
che il rapporto sia di concessione, e ci� in considerazione della natura 
tributaria dell'entrata, �che implica un rapporto diretto unicamente 
tra l'ente impositore e gli utenti., tuttavia precisava che la concessione 
si potrebbe ravvisare soltanto nel caso che il privato incaricato del servizio 
sia investito di -0gni relativo potere � con tutte le caratteristiche che ad 
esso sono inerenti, come quando il potere venga esercitato direttamente 
dall'ente ., e nel senso, cio�, che si verifichi un � trapasso integrale della 
conduzione del servizio, con la sostituzione del gestore privato all'ente 
pubblico�, fatta eccezione, per quanto detto, del potere di riscuotere la 
tassa. 

Ai fini tributari, peraltro, sembra doversi rilevare che il criterio differenziale 
accennato non pu� comunque ritenersi sufficiente per la soluzione 
del problema; inerente. all'imponibilit� dell'atto come appalto o come 
concessione. 

Invero, l'art. 56 della legge del registro, nel suo testo originario (prima 
delle modificazioni introdotte col d. 1. 9 maggio 1935, n. 606), dichiarava 
senz'altro � assimila.ti � agli appalti gli atti di concessione di pubblico 
servizio, dei quali, evidentemente, considerava la sostanziale identit�, con 
i primi, quanto al contenuto economico, rilevante ai fini dell'individuazione 
del movimento imponibile di ricchezza; come si evince anche dal criterio 
adottato per. la determinazione della base di commisurazione del tributo, 
individuata, oltre che nei corrispettivi convenuti, anche nei � proventi 

~ 



sia direttamente 
gestione diretta, 
a privati le attivit� materiali 
� configurabile solo quando 
senza che al privaton" 1~p~t~:l'.�~~~�~9 al~ijJ:l :Jil()tei~e di s.premazia, n� siano instaurati 
~lll<aP:Pa:~ta~ri1~.eed i destinatari del servizio, 

9~~j��~~~l~~l~l~~t~,~~~11S�~�"'f��i!!i�.:.iri.o;:u.w a porre in essere una conces


k~ contratto ed al relativo capi-
si pone l'atto autoritativo dell'am


non ha escluso la configurabilit�, in 
appalto, ma ne ha negato la sussistenza 

a dire in ci� che, per il privato gestore, rapi:\()
ll�:t't'OP:re~�ta:~ione del servizio. 

ridurre l'aliquota per le concessioni, rispetto a 
gli appalti, ed evidentemente perch� la minore incipotuta 
tradurre in minori costi, a beneficio degli 
titteirtt� <'l�~'I pubblici servizi, � conseguentemente da rilevare che il trattapi� 
favorevole non potette esser voluto che per quegli 

l'imposta sarebbe stata da assolvere appunto con riguardo 
a quei costi, sulla base dei � proventi � dell'esercizio, e cio� per i soli 
rapporti che avessero comportato per il gestore, da qualificare o meno 
concessionario, anche la riscossione di un prezzo a carico degli utenti. 

Del resto, pur dopo le modifiche apportate dal d. 1. n. 606 del 1935, 
e dai successivi provvedimenti in materia, � rimasta ferma la norma dell'art. 
56 della legge organica, nella parte relativa alla determinazione delPimponibile, 
sempre da operare con riguardo ai corrispettivi convenuti 
ed ai � proventi lordi dell'esercizio � � (sulla nozione dei quali, v. Cass. 8 
luglio 1966, n. 1797, in questa Rassegna, 1966, I, 1086); e pu� osservarsi, 
all()l.'a, che, pur se potesse prescindersi dalla ratio innanzi individuata (per 

< � ����� ~ :(IJ,$�1'iminazione in funzione dell'incidenza dell'onere tributario), un 
. ~!PP<l#~ A9Pi potrebbe ritenersi assoggettabile all'imposta con le aliquote 
� � :PteV'i�~~ perle concessioni, se non in quanto presenti le caratteristiche 
~)t:19'fl#~i�tl':lv<lalla�,legge fiscale per il corrispondente trattamento, e cio�, 
�~:J.ltjn#>� ~e J.lO?l in q'llQnto importi, oltre che il versamento di un corri


�sp#t~ijv() (ajgeyide~a da intendere come quello dovuto all'amministrazio... 
��������IJ���~!tJ-;es1o1~~({~�.J~l~:::~e~~~s;;~~~:�. ~~c~~1�~~;;~~~~~~C:~ 
~ia l'~~nf,$ttazi9ne a pagare al privato un compenso per l'esecuzione del 
servizio, non potrebbe l'espletamento di �questo, pur se con i poteri di 
supremazi~ c}le vi si.... connettono, non considerarsi che nel suo aspetto 
di prestazfone, di opus, etti il privato sia obbligato, contro il pattuito corrispettivo, 
verso l'imuninistrazione; e non potrebbe perci� non valutarsi 
il rapporto, quanto meno' ai fini dell'imposta di registro, ed anche alla 
stregua del generale principio di cui all'art. 8 della legge organica, che 
secondo le regole previste per l'appalto, cio� per quel rapporto che da 
quel sinallagma contrattuale � caratterizzato. 


126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella fattispecie esaminata, non pu� essere addebitato alla sentenza 
impugnata il vizio di legittimit� allegato dall'Amministrazione ricorrente, 
e pertanto il primo motivo di ricorso va respinto. 

Con il secondo motivo di ricorso, poi, I'Amministrazione ricorrente, 
denunciando, oltre la violazione e falsa applicazione delle stesse norme, 
anche la violazione dei principi generali in tema di interpretazione, 
contenuti negli artt. 1362 segg. c. c., nonch� il vizio di omessa ed insufficiente 
motivazione, sostiene che la Corte del merito avrebbe errato 
nella individuazione del contenuto effettivo del contratto, dando rilevanza 
a singole clausole, senza inquadrarle adeguatamente nel complesso 
della pattuizione. 

Questa Corte ritiene, invece, che la Corte del merito ha esattamente 
individuato i punti rilevanti per la qualificazione del contenuto 
del contratto ed ha dato adeguata motivazione del suo convincimento. 

La sentenza impugnata, infatti, ha ravvisato come elementi distintivi, 
sufficienti a qualificare il rapporto come concessione-contratto 
anzich� come appalto, due pattuizioni, con l'una delle quali era stato 
attribuito al gestore del servizio il potere di elevare contravvenzioni a 
carico di chi violasse le norme regolamentari concernenti il servizio 
stesso, e con l'altra era prevista la creazione di un ufficio reclami, da 
parte dell'impresa di gestione, al quale gli utenti erano obbligati a 
rivolgersi per qualsiasi doglianza relativa al servizio, con esclusione 
degli organi e degU uffici comunali. Ed in tali elementi ben pu�, secondo 
i principi soprarichiamati, essere ravvisato un, sia pure parziale, trasferimento 
di supremazia, ed una instaurazione di rapporti diretti 
tra gestore ed utenti, sufficienti a caratterizzare il rapporto come concessione. 


A tale qualificazione non osta, ad avviso di questa Corte, la 

circostanza, cui I'Amministrazione ricorrente si richiama, che il Co


mune abbia ritenuto per s� l'esazione delle tasse dovute dagli utenti, 

addossandosi il canone fissato a favore del concessionario quale retri


buzione per il servizio, in quanto la permanenza del rapporto tribu


tario in testa all'ente � del tutto normale e per aversi concessione 

non � necessario che l'ente si privi di tutti i poteri di supremazia, 

inerenti al servizio, essendo sufficiente che taluni di questi siano attri


buiti al gestore. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792 -Pres. Fibbi Est. 
Perrone Capano -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Carafa) c. Silighini (avv. Fraccaroli) e Turchi (avv. 
Borda). 

Imposta di re~istro -Accessioni -Opere pubbliche realizzate dalla 

p. a. su fondi di aliena propriet� -Successivo trasferimento del

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 127 

l'area alla p. a. -Imponibilit� del trasferimento presun,to delle 

opere, secondo le regole dell'art. 47 della legge del registro -Esclu


sione. 

(c. c., artt. 934, 936; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; I. 25 giugno 1865, 
n. 2359, art. 73; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). 
Poich� l'opera pubblica realizzata dalla P. A. su terreno di privata 
propriet� illegittimamente occupato non � suscettibile di acquisto per 
accessione, il successivo trasferimento del suolo alla stessa P. A. non 
rende applicabile la presunzione di cui aW.art. 47 della legge del 
registro, la quale presuppone che un acquisto per accessione sia giuridicamente 
possibile (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso si denuncia: �violazione 
ed errata applicazione dell'art. 47 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 
(legge organica di registro), dell'art. 934 c. c., dell'art. 4 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, e dei principi generali in materia 
di occupazione senza titolo da parte della pubblica amministrazione, 

(1) La propriet� dei fondi occupati senza titolo e trasformati in opere 
pubbliche e la propriet� di tali opere. 
Secondo un principio ormai consolidato in giurisprudenza, e, deve 
aggiungersi, ineccepibile, il disposto dell'airt. 936 c. c. non trova applicazione 
nei confronti di una pubblica amministrazione che illegittimamente, e 
cio� sine titulo, abbia proceduto all'occupazione di un fondo altrui per la 
realizzazione di un'opera pubblica (cfr., tra le pi� recenti, Cass. 19 giugno 
1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1315; C:ass. 29 luglio 1961, n. 1840, Foro it., 
Mass., 1961, 477; Cass. 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 
381, con nota di G. MAND�. In dottrina: CoRMio, Jus tollendi e p. a., Giur. 
it., 1959, I, 2, 101, in nota ad App. RJoma 6 giugno 1958; ed in senso critico, 
SANDULLI, Immobili privati posseduti dall'amministrazione sine titulo e destinati 
ad opere pubbl'iche, Riv. giur. edil. 1958, II, 55). 

La facolt� alternativa, che l'art. 936 c .. c. riconosce al proprietario del 
suolo, �, invero, inattuabile nei confronti della p. a., dal momento che la 
condanna alla riduzione in pristino urterebbe contro il disposto dell'art. 4 
della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, mentre la ritenzione della costruzione 
atribuirebbe al dominus soli la propriet� di beni destinati a pubblico servizio 
e, come tali, facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile. 

Il tema dell'acquisto per accessione, peraltro, non era stato fin qui, a 
quanto consta, direttamente affrontato dalla giurisprudenza, che nelle richiamate 
pronunce si era limitata prevalentemente ad esaminare (pervenendo 
alle esatte conclusioni ora citate) il problema della applicabilit� dell'articolo 
936 c. c. Con la sentenza in esame, invece, la Cassazione ha espressamente 
escluso la possibilit� di ritenere operante il principio dell'accessione 
(art. 934 c. c.), per trarne ulteriormente la conseguenza dell'inapplicabilit� 
della presunzione di cui all'art. 47 della legge organica di registro nelle 



128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c. �. Si deduce che i giudici di merito 
avrebbero errato nel ritenere che nella specie non fosse applicabile 
l'art. 47 della legge di registro per un triplice ordine di ragioni: � sia 
in quanto non sarebbe stato possibile configurare un'accensione, da 
parte del proprietario del suolo, delle costruzioni eseguite dalla .pubblica 
amministrazione, sia in quanto dal contenuto dell'atto stesso di 
compravendita risultava palesemente escluso che le parti avessero voluto 
ricomprendere nell'oggetto contrattuale le dette costruzioni, sia 
infine perch�, mentre i contratti di appalto stipulati dal Genio Civile 
di Rimini sarebbero stati sufficienti a vincere la presunzione di cui 
all'art. 47 della legge di registro, il diritto di propriet� sul fondo sul 
quale era stato edificato dall'Amministrazione si era trasformato in un 

ipotesi di trasferimento di terreni gi� occupati e trasformati dalla p. a. 
con la realizzazione dell'opera pubblica. 

Se mal non interpretiamo la decisione, l'inoperativit� del principio 
superj�cies solo cedit s'� fatta derivare dalla inapplicabilit� della disciplina 
dell'accessione (art. 936 c. c.) nei confronti della p. a., secondo un iter 
logico che sembra legittimare qualche perplessit�. 

L'impossibilit� di applicare le citate norme nei confronti della p. a. 
dipende, 'per un verso, dai noti limiti posti alla giurisdizione dell' a. g. o. 
(innanzi alla quale � improponibile una domanda di condanna dell'amministrazione 
a rimuovere le costruzioni) e, per a:Itro verso, dalla inidoneit� 
del bene pubblico a costituire possibile oggetto di ritenzione da parte del 
privato. 

Orbene, ad escludere in radice la possibilit� di un acquisto per accessione 
dell'opera pubblica, sembrerebbe pi� esatto porre l'accento soltanto 
su tale inidoneit�, in armonia, del resto, con la lettera dell'art. 934 c. c., che, 
per l'appunto, esclude l'accessione quando diversamente sia disposto dalla 
legge (E qui la diversa disposizione di legge andrebbe ravvisata nella particolare 
qua:Iit� e nello speciale regime che l'ordinamento riserva ai beni 
pubblici). 

A parte ci�, comunque, il problema che si pone a seguito della pronuncia 
della Corte, e che non sembra trovare soddisfacente soluzione, � quello 
della sorte dei beni interessati dalla ipotizzata vicenda, e cio� il� suolo e le 
costruzioni. 

Quanto alla propriet� dell'opera, una volta esclusa l'operativit� del 
principio dell'accessione per la natura pubblica del bene, non v'� difficolt� 
ad ammettere che essa appartenga alla p. a. 

Il terreno, invece, se � esatto l'altro principio pur ripetutamente affermato 
dalla giurisprudenza (Cass. 16 ottobre 1964, n. 2601, in questa Rassegna, 
1964, I, 961, e, pi� recentemente, Cass. 26 ottobre 1966, n. 2610, ultra 
137, con nota di F. BATISTONI FERRARA.� Occupazione abusiva, condanna al risarcimento 
del danno ed imposta di registro), secondo cui fa pronuncia di 
condanna al risarcimento dei danni -sostitutiva della impossibile restituzione 
del bene ormai trasformato -non ha efficacia. traslativa della pro-.:_:: priet�, rimarr� del privato: il quale, peraltro, non potr� considerarsi titolare 
di nessuna delle facolt� di godimento normalmente insite nel diritto 

1 

di propriet�. 

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 129 

diritto al solo indennizzo �. Sostiene la ricorrente che � una volta che 
la propriet� del suolo sul quale si era edificato dall'Amministrazione 
non era stata trasferita a questa in base ad alcun atto, volontario o 
coattivo, ma �era rimasta nella sfera giuridico-patrimoniale dei venditori, 
prima, e dell'acquirente, poi, alla Corte di merito, non era consentito 
n� escludere l'accessione, n� tanto meno creare dal nulla una 
trasformazione del diritto di propriet� in un diritto all'indennizzo �. 
Ci� perch� �l'occupazione di fatto, da parte della pubblica amministrazione, 
di un fondo (di propriet� privata), ai fini della esecuzione 
di un'opera, non sottrae al proprietario i suoi diritti dominicali, n� tali 
diritti gli sono sottratti dalla eseguita costruzione o dalla destinazione 
a pubblico servizio�. N� -aggiunge la ricorrente -occorreva esaminare 
se nell'atto di compravendita fossero compresi anche i fabbricati 

Separata cosi, sulla scorta dei due citati orientamenti giurisprudenziali, 
la propriet� del terreno da quella delle costruzioni, verrebbe spontaneo il 
richiamo al regime giuridico della superficie. 

Senonch�, a parte l'ovvia considerazione che il proprietario di un terreno 
gravato da diritto di superficie conserva pur sempre delle facolt� di 
utilizzazione, che, nella specie, non sembrerebbero sempre e pacificamente 
configurabili, sta di fatto che non si intravede quale possa essere il titolo 
costitutivo del diritto di superficie a favore della p. a., l� dove -per la 
nota interdipendenza delle figure dell'accessione e della superficie -il 
difetto di un titolo costitutivo della propriet� superficiaria comporta proprio 
l'acquisto per accessione delle costruzioni (e cio� esattamente quanto 
si � escluso nel caso in esame). 

Potrebbe, ancora, osservarsi che l'inquadramento del diritto della p. a. 
nello schema del diritto di superficie (che, d'altra parte, ci sembra l'unico 
configurabile), comporta tutta una ulteriore problematica di incerta soluzione. 


Cosi, ad esempio, posto che il principio superj�cies solo cedit resta para


lizzato nella sua operativit�, come si � visto, per la particolare natura 

(pubblica) della costruzione, dovrebbe ammettersi -una volta che venga 

a cessare la speciale destinazione dell'opera -la possibilit� di una revi


viscenza del principio medesimo, con conseguente automatico acquisto del


l'�opera da parte del dominus soli. Il che non gioverebbe sicuramente alla 

certezza delle situaziooi giuridiche, atteso il Lungo periodo di tempo presu


mibilmente intercorrente fino al mutamento di destinazione dell'opera. 

E pu� aggiungersi l'ipotesi in cui la p. a. proceda all'abbattimento 

dell'opera per realizzarne una diversa, sempre destinata a pubbliche fina


lit�. In tal caso, sarebbe da vedere se l'amministrazione -in difetto di un 

titolo che disciplini il rapporto -possa ricostruire sul terreno del privato, 

il quale sia stato a suo tempo risarcito per la privazione di ogni utilit� 

economica ricavabile dal bene, ovvero se la nuova costruzione debba tro


vare una regolamentazione giuridica analoga alla prima, addirittura pro


spettandosi la possibilit� di un ulteriore risarcimento in favore del domi


nus soli. 

Si potrebbe continuare nell'esame della problematica posta dalle esigenze 
di giungere ad una conciliazione dei principi, verso i quali ha mo


11 



130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costruiti dalla pubblica amministrazione (su una parte del terreno compravenduto), 
posto che il citato art. 47 pone una presunzione di trasferimento 
di tutte le accessioni, indipendentemente dalle dichiarazioni 
negoziali delle parti, presunzione che pu� essere vinta solo con gli 
atti indicati nell'articolo medesimo (atti che abbiano acquistato data 
certa anteriore col mezzo della registrazione), nella specie insussistenti. 

La censura � infondata. 

� giurisprudenza ormai costante che, decorso il biennio previsto 
dall'art. 73 della I. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che sia stata pronunciata 
l'espropriazione per pubblica utilit�, l'ulteriore detenzione 
dell'immobile, gi� occupato legittimamente, diviene illegittima, con la 
conseguenza che l'ente occupante, quale detentore senza titolo, � tenuto 
alla restituzione, oltre che al pagamento dell'indennit� per il periodo 
di occupazione legittima. Ma nel caso che l'immobile illegittimamente 

strato di orientarsi la Corte regolatrice. Ma ci sembra che proprio l'ultima 

considerazione fatta, per l'evidente ingiustizia della conclusione che com


porta, riveli, per cos� dire, un punto di debolezza dell'i:r;itera costruzione, 

rappresentato dall'affermazione della persistenza della propriet� del terreno 

in capo al privato, pur spogliato 'di ogni facolt� di utilizzazione economica 

del bene, e malgrado l'avvenuto risarcimento del danno. 

Mentre, infati, ed in pieno rispetto della regola posta dall'art. 934 c. c. 

(che espressamente prevede delle eccezioni), pu� converursi nella ritenuta 

inoperativit� del principio dell'accessione, in considerazione della natura 

dell'opera realizzata sul terreno illegittimamente occupato, la figura di un 

proprietario tale soltanto sulla carta, ed al quale nemmeno potrebbero


pacificamente riconoscersi le facolt� di utilizzazione economica del terreno 

pur riservate a chi ,sia soltanto dominus soli, non pu� non 'suscitare qualche 

riserva. 

La necessit�, avvertita dalla giurisprudenza, di un titolo formale che 

sancisca il trasferimento della propriet� del terreno, adeguando la situa


zione giuridica a quella gi� instauratasi in via di fatto, potrebbe, proba


bilmente, essere superata spostando sul piano pi� spiccatamente pubbli


cistico l'angolo visuale del problema, sulle tracce della figura, di recente 

prospettata, della espropriazione in senso materiale (in argomento, cfr. 

CARUSI F., Tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato � sine� 

titul'o � dalla p. a. e trasformato in opera pubbUca ed atto espropriativo in. 

senso materiale, in questa Rassegna, 1966, I, 1047; Io., Ancora, sulla tutela, 

etc., retro, 99). 

Un utile campo di indagine, ai. fini in questione, potrebbe forse essere 

anche ricercato, sul terreno privatistico, con riferimento alle regole sul


l'accessione invertita, verificando, ovviamente, in quanta parte l'analogia 

delle situazioni giustifichi una identit� di disciplina giuridica. 

Ed in definitiva, dunque, deve dirsi �che l'affermazione contenuta nella 

.sentenza i�IIl ,esame, costituendo, con le sue logiche implicazioni, urn valido 

banco di prova della validit� o meno del principio fissato in altre pro


nunce, lascia la materia tuttora aperta a nuove meditazioni. 
SERGIO LAPORTA 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

detenuto sia stato trasformato dalla pubblica amministrazione, o comunque 
utilizzato per la costruzione di un'opera pubblica di carattere 
permanente, il diritto di propriet� del privato non � suscettibile di reintegrazione 
in forma specifica, mediante restituzione del bene, non 
potendo il giudice annullare o modificare l'attivit� tecnico-discrezionale 
della pubblica amm�nistrazione. L'ipotesi della impossibilit� della 
restituzione per avvenuta trasformazione del bene, che � di ostacolo 
alla reintegrazione in forma specifica del diritto del privato, leso dal protrarsi 
dell'occupazione, ricorre, in relazione ai limiti posti al giudice 
ordinario rispetto alle attivit� amministrative, ogni qual volta sull'immobile 
occupato siano state compiute opere destinate in via permanente 
a soddisfare un pubblico interesse, anche se materialmente suscettibili 
di rimozione. In tali casi, il proprietario del terreno illegittimamente 
occupato non ha diritto alla restituzione, ma solo al risarcimento dei 
danni (salvo gli effetti della eventuale tardiva espropriazione); e le opere 
costruite su quel terreno da enti pubblici, essendo destinate a soddisfare 
permanentemente un servizio o un interesse pubblico, devono 
trovare la foro disciplina nei principi e nelle norme del diritto pubblico. 
Esse non possono essere assoggettate alla disciplina privatistica .dell'accessione, 
che non � applicabile rispetto agli atti e alle attivit� dello 
Stato e degli enti pubblici. E~attamente osservano i resistenti Turchi 
e Tassi che e v'� impossibilit� per il privato di prendere possesso del 
bene pubblico costruito sul suo fondo, di abbatterlo, di disporne a suo 
piacere � : ci� perch� � non v'� acquisto per accessione, da parte del 

privato, della propriet� dell'opera pubblica �. 

In tali sensi, del resto, questa Suprema Corte si � gi� pronunciata 
con sentenza 23 marzo 1965, n. 477, emessa proprio in tema di presunzione 
di trasferimento di accessioni, congiuntamente all'immobile, 
ai sensi dell'art. 47 della legge del registro. Dopo aver premesso che 
il principio dell'accessione non riveste carattere di assolutezza, in 
quanto � possibile che dal titolo o dalla legge risulti che l'opera esistente 
sopra e sotto il suolo si appartenga a soggetto diverso dal proprietario 
del suolo, questa Corte ha ritenuto che la destinazione dell'area (di 
propriet� privata) e della �sovrastante opera edilizia (costruita direttamente 
ed a proprie spese da enti pubblici) alla soddisfazione di un 
pubblico interesse, o di un pubblico servizio, comporta che il diritto 
del privato sul terreno non si estende all'opera pubblica ex jure accessionis, 
ma resta mortificato nel suo concreto contenuto, in modo da 
rendere inapplicabile la disposizione dell'art. 936 c. c., cosicch� al privato, 
proprietario del terreno, vi~ne riconosciuto solo il diritto al risarcimento 
del danno per lo svuotamento del diritto di propriet� sul 
terreno medesimo, tutte le volte che manchi un regolare procedimento 
di espropriazione o un valido negozio consensuale traslativo della propriet� 
del suolo. 


132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Di conseguenza, ove venga venduto un terreno di propriet� privata, 
che in parte -ed in vista della progettata espropriazione -sia stato 
gi� occupato dalla pubblica amministrazione con opere di carattere pubblico, 
costruite dalla stessa amministrazione per alloggi ai senza tetto 
(� questo il caso di specie), non pu�, rispetto a tali opere, applicarsi 
la presunzione stabilita dall'art. 47 della legge del registro, appunto 
perch� le opere pubbliche costruite dalla pubblica amministrazione su 
terreno di propriet� privata, appositamente occupato con carattere 
di definitivit�, non si appartengono al proprietario del suolo e non 
costituiscono accessione del suolo medesimo, ai sensi delle disposizioni 
e dei principi ,di diritto privato. 

Esattamente, dunque, la Corte di appello ha ritenuto che i fabbricati 
in questione (costruiti dal Genio Civile di Rimini per i senza 
tetto) non potevano ritenersi compresi nella compravendita del terreno 
di propriet� privata, in forza della presunzione stabilita dall'art. 47 
della legge di registro, in modo da essere anch'essi assoggettati alla 
imposta di trasferimento, dato che quei fabbricati non potevano considerarsi 
� accessioni � rispetto al terreno, e di conseguenza non era 
applicabile il citato art. 47, � il quale presuppone che un acquisto per 
accessione sia giuridicamente possibile �. 

N� la Corte di merito pu� essere censurata per aver accertato che 
oggetto della compravendita fu in realt� il solo terreno, non anche le 
opere su di esso costruite dal Genio Civile. Tale accertamento fu compiuto 
non gi� per escludere la presunzione fiscale di trasferimento, 
sibbene per confutare il secondo motivo di appello, col quale si deduceva 
che la compravendita aveva avuto per oggetto anche le costruzioni. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 settembre 1966, n. 2314 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Graziano) c. Locatelli (avv. Cingoli e Menghini) e 
Baratto-Barberis (n. c.). 

Imposta di successione -Attivo ereditario -Beni alienati dal (< de cuius
� con scrittura privata non registrata che abbia acquistato data 
certa ai sensi dell'art. 2704 c. c. -Idoneit� per l'esclusione dall'attivo: 
inapplicabilit� delle limitazioni di cui all'art. 45 della legge tributaria 
sulle successioni per la prova della data certa. 

(c. c., art. 2704; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 22, 45). 
Nella Liquidazione dell'imposta di successione, la scrittura privata, 
con la quale il de cuius abbia alienato un bene immobile, per essere 


..:: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 

opponibile alla Finanza, al fine di escludere il bene dall'attivo ereditario, 
deve avere acquistato data certa, anteriore all'apertura della successione, 
in uno dei modi indicati dall'art. 2704 c. c., senza le limitazioni 
disposte dall'art. 45 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, che nega valore 
certificativo agli eventi naturali della morte e della sopravvenuta impossibilit� 
fisica di colui che ha sottoscritto la scrittura (1). 

(Omissis). -La ricorrente Amministrazione delle Finanze dello 
Stato, sotto il profilo della violazione e della falsa applicazione dell'art. 
45 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e dell'art. 1351 c. c., e della 
omessa motivazione, censura la sentenza impugnata e deduce che, ai 
fini della liquidazione dell'imposta di successione, per escludere dal 
computo dell'asse ereditario un bene immobile alienato dal de cuius, 
la prova della vendita deve essere data con scrittura che, per essere 
opponibile alla Finanza, abbia acquistato, a' sensi dell'art. 45 cit., data 
certa anteriore all'apertura della successione in uno dei modi, indicati 
nell'art. 2704 c. c., che non sia la morte o la fisica impossibilit� di sottoscrivere 
di colui che l'ha firmata. La deduzione dall'attivo dei debiti, 
regolata dall'articolo citato, non differirebbe, secondo la ricorrente, dalla 
deduzione di beni alienati dal de cuius, mirandosi in entrambi i casi 
alla diminuzione della consistenza dell'asse ereditario, quale formalmente 
risulta costituito, si che sarebbe consentita l'interpretazione estensiva, 
generalmente ammessa per le norme tributarie, dell'art. 45 cit. 
contenente una disposizione di carattere non eccezionale. 

La censura � infondata. 

I primi giudici esclusero dall'eredit� Barberis i beni venduti dal 
de cuius con la privata scrittura del 4 aprile 1954, ritenendo superata 
la presunzione ex art. 22 legge successioni, discendente dall'intestazione 

(1) Pur se la soluzione accolta dia adito a. perplessit�, tuttavia, poich� 
la questione � stata esaminata, nella sentenza in nota, sotto i vari aspetti 
che potevano ritenersi rilevanti, sembra doversi escludere, quanto meno 
allo stato, una possibilit� di revisione dell'orientamento decisorio assunto 
dalla Cassazione, al quale, dunque, conviene adeguarsi. 
Per la dottrina, in argomento, v. SERRANO, La prova deit�roppartenenza 
aliena dei beni ritenuti ereditari, Dir. prat. trib., 1961, II, 520; CONTI, La 
legge tributaria sulle successioni e i beni di propriet� di terzi, Riv. trim. 
dir. proc. civ., 1960, 1170; DE BoNo, L'impo�sta sulle successioni, Milano, 
1955, 70; ID., Aliena appartenenza di beni che apparis.cano appartenenti ad 
una eredit�, Riv. dir. fin., 1958, II, 160. 

In giurisprudenza, conformi alla. massima, oltre la confermata App. 
Torino 26 giugno 1963, cfr. Trib. Torino, 13, aprile 1965, Foro Pad., 1965, 
I, 1162; App. Milano, 14 novembre 1958, Foro it., 1959, I, 1804, ove, in 
nota, riferimenti alla giurisprudenza della Commissione centrale, che era 
invece, in prevalenza, nel senso che la prova dell'alienit� dei beni dovesse 
fornirsi con il rigore di forme di cui 'all'art. 45 della legge organica. 



134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

catastale al nome del de cuius, dalla prova contraria che scaturiva dalla 
scrittura di vendita che, a seguito della morte dell'alienante, era divenuta, 
ex art. 2704 c. c., di data certa anteriore. L'Amministrazione delle 
Finanze sostenne, come ancora deduce in questa sede, che la prova 
della data certa di una scrittura privata, diretta a documentare l'uscita 
di un determinato bene dal patrimonio del defunto prima dell'apertura , 
della successione, non pu� essere fornita in uno dei modi indicati dall'art. 
2704 c. c., ma solo a mezzo della registrazione, conformemente a 
quanto prescrive l'art. 45 cit. per la detrazione dei debiti ereditari, in 
base ad un principio �di diritto tributario per il quale dovrebbe essere 
data con atto registrato la prova di fatti tendenti ad escludere un ob


bligo di imposta. 

La Corte di Appello, nel rigettare la tesi dell'Amministrazione, ha 
escluso l'esistenza di un principio .generale tributario nel senso sostenuto 
dalla ricorrente ed ha ritenuto l'art. 45 citato l'unica norma di diritto 
tributario che nega il valore certificativo degli eventi naturali (morte 
e fisica impossibilit� di scrivere) considerati nell'art. 2704 c. c., precisando 
che esso ha carattere eccezionale e che non sussistono gli estremi 
per una, pur astrattamente ammissibile, interpretazione estensiva. La 
soluzione accolta dalla sentenza impugnata � esatta, mentre errate sono 
le premesse logiche della tesi della ricorrente. 

Devesi, innanzitutto, respingere �l'assunto che non abbia carattere 

eccezionale la norma dell'art. 45 cit., relativa alla deduzione delle passi


vit�, che riconosce valore probatorio dei debiti � certi e liquidi � alle 

scritture private che abbiano acquistato data certa anteriormente alla 

apertura della successione in uno dei modi indicati nell'art. 27'04 c. c., 

che non sia J.a morte o la sopravvenuta impossibilit� fisica di chi l'abbia 

sottoscritta. La norma, col negare valore agli eventi naturali, la cui effi


cacfa certificativa della certezza della data di una scrittura � ricono


sciuta, in via generale, dall'art. 2704 c. c., che regola l'istituto, pone, per 

la pi� ristretta sfera dei rapporti tributari, limitazioni al principio 

stabilito per una pi� ampia categoria di rapporti e, quindi, ad esso dero


gando, ha contenuto eccezionale. Corretta l'affermazione dell'Ammini


strazione, che ha sostenuto il carattere non eccezionale dell'art. 45 cit., 

deve riconoscersi che anche per le norme eccezionali � consentita l'in


terpretazione estensiva, che consiste, al contrario di quella analogica 

che ha funzione adeguatrice per i casi non previsti, nella determinazione 

precisa del contenuto reale della norma col ristabilire il valore effettivo 

dell'inadeguata formula, che viene rettificata conformemente alla vo


lont� legislativa. L'interpretazione estensiva, come quella analogica, si 

realizza attraverso un procedimento di astrazione logica per la ricerca 

di un comune principio regolatore, ma mentre nella prima il caso da 

risolvere � uguale a quelli previsti, e perci� rientra nella sfera di appli


cazione della norma per volont� del legislatore stesso, in quella analo


z, 


.!?ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

gica, invece, il caso non preveduto, ma avente lo stesso razionale fonda


mento, si riporta nella disciplina della norma perch� simile a quelli da 

essa previsti. 

Per sostenere che l'art. 45 cit., dettato per la detrazione delle passivit�, 
si applichi, mediante un procedimento di interpretazione estensiva, 
anche per escludere dal computo dell'asse ereditario un immobile, l'Amministrazione 
ha affermato che entrambe le operazioni sostanzialmente 
tendono allo stesso risultato di diminuire la consistenza del patrimonio 
� ereditario e che, come � stato esposto nella discussione orale, le due 
ipotesi sono identificate nell'unica ragione della norma, costituita dalla 
esigenza di evitare prove precostituite a danno dei diritti del fisco. Entrambi 
gli argomenti addotti sono inidonei a giustificare l'assunto del1'
Amministrazione, anche se il secondo si richiama a remoti precedenti 
giurisprudenziali delle Corti regolatrici non ancora unificate (Cass. 

23 giugno 1904, 12 gennaio 1917, 31 marzo 1921). 

All'estensione di una norma ad un caso che non sembra rientrare 

nella formula usata dal l~gislatore, che pur lo previde, si perviene, �come 

si � detto, attraverso la ricerca della causa giustificatrice del precetto 

e dei principi generali ch� regolano la materia, e non per la eventuale 

identit� dei risultati concreti scaturenti dal caso previsto e da quello 

non espressamente compreso nella formula. D'altra parte, non � nep


pure esatto che i risultat� delle due operazioni in esame siano identici: 

nel caso previsto dall'art. 45 cit., si vuol provare l'esistenza di passivit� 

costituite da debiti certi e liquidi per detrarle dall'asse, mentre nel 

caso di beni immobili venduti si contesta la consistenza del patrimonio 

in quanto si sostiene che i beni venduti non appartengono pi� all'asse. 

Come � dato arguire dalla collocazione nella sezione terza, relativa alla 

deduzione delle passivit�, dal riferimento letterale a debiti certi e liquidi, 

e dal collegamento con le altre norme che regolano la materia, tutte 

aventi per oggetto debiti, e cio� la prestazione di somme di danaro, 

l'art. 45 cit. riguarda le obbligazioni pecuniarie, cui soltanto � riferibile 

il concetto di liquidit� come determinazione quantitativa dell'ammon


tare. In tali obbligazioni non pu� certo essere riportata quella di con


segnare una cosa determinata ad un terz;o nascente da un contratto di 

compravendita di un immobile la cui propriet� � stata trasferita, prima 

dell'apertura della successione, con la scrittura privata che si offre in 

prova per dimostrare che �il bene non fa pi� parte del compendio eredi


tario. In questo caso non si tratta, infatti, di pagare un debito col de


durne l'importo dall'asse ereditario, bensi di escludere dal detto patri-� 

monio un bene che, essendo stato validamente alienato da de cuius ad 

un terzo, che ne � divenuto proprietario prima del decesso dell'alie


nante, non � compreso nel compendio ereditario. 

L'estensione della norma riguardante le detrazioni di passivit� 

dell'asse ai casi di alienazione di beni da parte del de cuius costituireb



136 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

be, quindi, un'operazione di interpretazione analogica, non consentita 
in materia tributaria, e non estensiva, perch� si ricondurrebbe sotto 
l'unica disciplina non un caso uguale, rientrante nella stessa ratio ma 
non espressamente previsto, bens� un caso simile se non addirittura 
diverso. 

Accertato che i due casi non sono uguali e che non pu� procedersi 
all'interpretazione estensiva, come assunto dall'Amministrazione ricorrente, 
� irrilevante la ricerca della causa giustificatrice -ravvisata 
nell'esigenza di ordine pubblico di evitare prove precostituite -dell'art. 
45 cit., la cui disciplina, in ordine alla prova rigorosa delle passivit� 
da darsi con scrittura registrata, non pu� estendersi alla fattispecie, 
che �, invece, regolata dall'art. 22 legge successioni. In conformit� dell'art. 
18 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, relativo all'imposta di registro 
per i trasferimenti �di immobili, l'art. 22 dispone che, in mancanza di 
prove dirette, per sottoporre un immobile a tassa di successione � sufficiente 
l'iscrizione del de cuius nei ruoli delle imposte sui fabbricati e 
sui terreni, e il pagamento, in' conto proprio, di rate di imposte, o la 
prova di una convenzione che faccia presumere il diritto �di propriet� 
nell'autore della successione, salvo prova contraria. La prova contraria, 
trattandosi del trasferimento di immobili, pu� essere data, come nella 
specie, mediante scrittura privata, che, in mancanza di disposizioni limitative, 
abbia acquistato data certa anteriore ex art. 2704 c. c., �e, quindi, 
dal giorno della morte. La norma tributaria non ha apportato alcuna 
modifica a quella generale dettata per l'operativit� delle scritture private 
di fronte ai terzi, come, inv�ece, ha disposto per le scritture debitorie. 
La giustificazione della diversa disciplina pu� ravvisarsi: sul 
piano logico, nella pi� agevole precostituzione da parte dei contribuenti 
di scritture debitorie in frode delle ragioni dell'erario, che non di 
scritture �di vendita che, per se stesse, operano nei rapporti Interni delle 
parti il trasferimento del bene; e, sul piano processuale, nella diversa 
posizione degli eredi, i quali debbono, nella prima ipotesi, dare la prova 
diretta del fatto costitutivo delle passivit� ereditarie, e nella seconda 
ipotesi vincere una presunzione di legge con una prova contraria. 

In conseguenza, nel rigettare la censura esaminata pu� affermarsi 
il seguente principio di diritto: � nella liquidazione dell'imposta di 
successione, la scrittura privata, con la quale il de cuius ha alienato 
un bene immobile, per essere opponibile alla Finanza al fine di escludere 
il bene dal computo dell'asse ereditario, deve avere acquistato data 
certa, anteriore all'apertura della successione, in uno dei modi indicati 
dall'art. 2704 c. c., senza le limitazioni disposte dall'art. 45 r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3270, che nega valore .certificativo agli eventi naturali 
della morte e della sopravenuta impossibilit� fisica di scrivere di colui 
che ha sottoscritto la scrittura �. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA 137 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2610 -Pres. Pece 
-Est. Roperti -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Cavalli) c. Terrasi-Oliva (avv. Sangiorgi). 

Imposta di registro -Sentenza -Occupazione senza titolo di immobili 
da parte della p. a. -Sentenza di condanna al risarcimento dei danni 
nella misura del valore venale dei beni occupati ed utilizzati per 
l'esecuzione di un'opera pubblica -Imposta proporzionale di trasferimento 
-Inapplicabilit�. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 1, 8, 18, 72; id., tariffa all. A, art. 1). 
Imposta di registro -Agevolazioni -Decadenza dalle agevolazioni per 
mancata o tardiv.a registrazione -Si verifica. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 110). 
La sentenza di condanna ai risarcimento dei danni per L'occupazione 
senza titoio di un immobiie, da parte deHa p. a., che L'abbia trasformato 
in opera pubbLica, non determina, ancorch� ia condanna si 
identifichi neH'attribuzione dei vafore venaie dei bene, n� ia trasmissione 
di propriet� dei bene stesso, n� dei diritto di uso o di godimento, 
in favore deH'ente occupante. Essa, pertanto, non Legittima L'appiicazione 
deHe imposte proporzionaii di trasferimento previste daU'art. 1 
deHa tariffa aU. A aUa Legge organica dei registro (1). 

A' sensi deU'art. 110 deUa Legge di registro, si determina decadenza 
dai benefici, e sono dovute ie ordinarie imposte, e ie sopratasse, quando 
gii atti, per i quaii ie agevoiazioni sono previste, non vengono registrati 
entro ii termine di fogge (2). 

(Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente Amministrazione, denunciando 
la violazione degli artt. 8, 18 e 72 della legge di registro 
30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 1, della tariffa all. A 
alla stessa legge, e all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., investe la impugnata 
sentenza, sostenendo che la Corte di merito avrebbe errato nel rite-

In relazione alla seconda massima, e con specifico riferimento alla decadenza 
anche dal beneficio della registrazione a tassa fissa (decadenza 
implicitamente ammessa, peraltro, anche dalla sentenza in nota). C'fr. Cass., 
26 luglio 1966, n. 2067, in questa Rassegna, 1966, I, 1100, ed ivi ulteriori 
richiami. 

Sulla questione di cui alla prima massima -(in riferimento a:lla quale 
e per il collegato problema dell'applicabilit� o meno, per la tassazione 
dell'atto di trasferimento alla p. a. dell'area gi� trasformata in opera pub




138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nere che uriico effetto della sentenza 13 novembre 19,59 del Tribunale 
fosse quello di attribuire ai proprietari del terreno occupato una somma 
pari al valore del bene, con esclusione di �qualsiasi trasferimento o 
attribuzione di propriet� del bene stesso all'ente occupante e che, quindi, 
fosse applicabile non l'imposta proporzionale ma quella graduale. 
In particolare, secondo la ricorrente, la Corte non avrebbe considerato: 
a) che per l'art. 18 della legge di registro, in mancanza di prove dirette 
del trasferimento, fosse sufficiente la iscrizione del nuovo possessore 
nei ruoli dell'imposta terreni e che nella specie tale elemento esistesse 
perch� il terreno dei Terrasi era stato appreso dal Comune di Palermo 
che vi aveva costruito una strada pubblica; b) che in mancanza d�l 
formale atto di trasferimento si sarebbe dovuto applicare l'art. 72 della 
stessa legge di registro, in forza del quale, quando le sentenze pronunciano 
su domande per le quali non siano stati enunciati titoli 
registrati, si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la� 
tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo 
la sua natura, se fosse stata precedentemente registrata; c) che l'imposta 
fosse ugualmente dovuta in forza del principio fondamentale 
di cui all'art. 8, comma secondo, legge di registro, che consente la 
tassazione in casi non espressamente previsti dalla legge tributaria; 
d) che, comunque, l'imposta fosse dovuta in base all'art. 1 della tariffa 

all. A, che sottopone 'ad imposta proporzionale il trasferimento non solo 

blica, della presunzione di cui all'airt. 47 della legge di registro, si consulti 
anche Oass. 8 luglio 1966, n. 1792, retro, 126, con nota di S. LAPORTA, 
La propriet� dei fondi occupati senza titolo e trasformati in opere pubbliche 
e la propriet� di tali opere) -pubblichiamo la seguente annotazione: 


Occupazione abusiva, condanna al risarcimento del danno 
ed imposta di registro. 

1) La Corte Suprema ha confermato il principio gi� stabilito con 
sentenza 16 ottobre 1964, n. 2601 (in questa Rassegna, 1964, I, 961). Premesso 
che la sentenza di condanna al risarcimento del danno in somma 
corrispondente al valore del bene non attua il trasferimento del bepe 
stesso dal privato all'Amministrazione occupante (cfr., oltre alla sentenza 
in nota e a quella gi� richiamata, la decisione 12 giugno 1939, n. 1980, 
Giur. op. pubbl., 1939, 706, 'che escludeva, specificatamente, che il.'oocupazione 
dell'immobile e la sua destinazione ad un uso pubblico comportasse 
la trasformazione della propdet� privata in propriet� pubblica), la Corte 
;t:J.a ritenuto che, anche ai fini della legge di registro, non sia possibile 
ravvisare l'esistenza di una trasmissione d'immobili assoggettabile ad imposizione. 


La tassazione della trasmissione supporrebbe sempre l'esistenza di 
un atto di trasferimento a carattere convenzionale, n� si potrebbe trarre 
argomento, in senso contrario, dal disposto dell'art. 18 e dell'art. 1 i:. d. 

n. 3269 del 1923, in quanto la tassazione disciplinata dalla prima norma 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 139 

della propriet� ma anche dell'.so o godimento di beni immobili, avendo 
l'impugnata sentenza esplicitamente riconosciuto che nella specie vi 
era stata la perdita del godimento e della disponibilit� del terreno. 

Le censure, come sopra riassunte, sono tutte prive di fondamento. 

La questione se la sentenza di condanna al risarcimento dei danni 
sia passibile dell'imposta proporzionale di trasferimento, di cui all'art. 1 
della tariffa di registro, oppure della normale imposta graduale, � 
stata gi� esaminata da questa Corte Suprema con la sentenza n. 2601 
del 1964, nella quale � stato affermato che la condanna al risarcimento 
dei danni derivati dalla illegittima occupazione di un immobile, ancorch� 
si concreti nell'attribuzione al proprietario di una somma pari 
al valore venale del bene, non ne determina il trasferimento all'ente 

occupante; di conseguenza non compete alla Finanza l'imposta proporzionale 
di trasferimento. 
Da tale indirizzo, che risponde ad una perfetta esegesi della legge, 
non vi � motivo di discostarsi. 

Ha ritenuto la Corte .cii merito che non fosse dovuta dai resistenti 
Terrasi l'imposta proporzionale di registro, prevista per i trasferimenti 
a titolo oneroso della propriet� immobiliare, perch� con la pronuncia 
del Tribunale di Palermo, sulla quale la Finanza pretende il 
pagamento �di tale imposta, era stato attribuito ai Terrasi il risarcimento 
dei danni da essi subiti per la illegittima occupazione del terreno 

si riferirebbe pur sempre ad un atto di trasferimento, la cui esistenza 
sarebbe presunta in base a fatti noti che consentirebbero di risalirvi. 

Questa impostazione non pare esatta, quanto meno perch� l'imposta 
di registro, secondo il disposto dell'art. 1 della tariffa all. A, prescinde, 
almeno in alcune ipotesi, dall'esistenza di un atto di trasferimento a carattere 
convenzionale (cfr. PERRIGONE, Trattato del diritto tributario del registro, 
Milano, 1962, 172 segg.). 

Vero � che, secondo la dottrina, l'art. 1, interpretato in funzione dell'art. 
18 legge di registro, non postula l'esistenza, ai fini fiscali, di � trasmissioni 
d'immobili � che non discendano dalla formazione di un atto 
redatto per scritto (in deroga al principio posto .dall'art. 1350 c. c.), ma 
deroga semplicemente al principio per il quale il possesso dell'atto da 
parte dell'ufficio � condizione perch� l'imposta possa essere riscossa (JAMMARINO, 
Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino, 1959, I, 
75 segg.; UCKMAR, La legge del registro, Padova, 1949, I, 245 segg.; cfr. 
anche AvEZZA, La legge sulle tasse di registro, Firenze, 1884, 61 segg. e 
544 segg., che, pur accettando la distinzione fra tasse di atto e tasse di 
mutazione, non sembra attribuirle altro valore che quello di escludere 
la necessit� del possesso dell'atto per l'applicazione di .queste ultime, poich� 
ritiene non tassabile la convenzione verbale di trasferimento immobiliare). 


La presunzione si riferisce, tuttavia, direttamente al trasferimento, 

anche se -nella ipotesi di prove indirette elencate esemplificativamente 

dall'art. 18 -esso si faccia discendere dalla implicita deduzione conse




140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di loro propriet� da parte del Comune di Palermo, ma non era stato 
realizzato in concreto, il trasferimento a quest'ultimo della propriet� 
di tale terreno, la quale era, teoricamente, rimasta ai Terrasi per non 
essere sopravvenuto il decreto di espropriazione del terreno medesimo, 
n� intervenuto tra le parti alcun negozio che ne operasse il trasferimento. 


Ora, come � stato osservato nella citata sentenza di questa Suprema 
Corte, la condanna al risarcimento dei danni cagionati dalla 
illegittima occupazione dell'immobile, ancorch� si identifichi nella 
attribuzione del valore venale. di esso, non ne .. determina il trasferimento 
all'ente occupant~ perch� tale pronuncia, per la sua intrinseca 
natura, non pu� inquadrarsi tra gli atti giudiziali traslativi a titolo 
oneroso della propriet�, per i quali l'art. 1 della fa.riffa all. A della legge 
di registro prevede la applicazione dell'imposta di trasferimento. 

Invero, il principio generale dettato da tale articolo richiama 
gli elementi essenziali del contratto di compravendita (e cio� il consenso, 
la cosa ed il prezzo), e stabilisce (nella nota marginale) che l'imposta 
di registro deve essere liquidata (al momento della registrazione) 
sul prezzo e sugli altri corrispettivi posti a carico dell'acquirente, 
giusta l'art. 43 della legge di registro. Ci� pone in evidenza la necessit� 
di un atto negoziale di trasferimento del bene, di cui non pu� far le 

guenziale dell'esistenza di un atto scritto (Cass., 12 novembre 1965, n. 2357, 
in questa Rassegna, 1965, I, 1305). 

Pur con queste riserve, � difficile invalidare il ragionamento seguito 
dalla Corte Suprema, nei termini formali con i quali la questione � stata 
impostata. 

Nella specie, infatti, la Corte esclude positivamente l'esistenza della 
trasmissione di immobili considerando che i fatti noti (occupazione, condanna 
al risarcimento) non si pongono come presunzioni di una trasmissione 
in ipotesi derivante da titolo non noto all'Ufficio e che l'Ufficio non 
sarebbe tenuto a conoscere e ad indicare, ma esauriscono la fattispecie 
senza poter integrare il trasferimento immobiliare. 

� per� altrettanto difficile sottrarsi alla sensazione di ingiustizia suscitata, 
in concreto, dalla pronuncia, giacch�, quanto meno di fatto e secondo 
l'ordinario modo di sentire, non par dubbio che la situazione determinata 
dalla condanna dell'Amministrazione occupante al pagamento del 
valore del bene e al ristoro del danno dipendente dal mancato godimento 
del bene medesimo per il periodo di occupazione illegittima (Cass., 14 maggio 
1962, n. 1002, Giust. civ., 1962, I, 510), in quanto postula la definitivit� 
della perdita del bene da parte del proprietario (Cass., Sez. Un., 17 maggio 
1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, I, 85), sia equivalente alla 
situazione determinata dal trasferimento del bene in seguito all'emanazione 
di decreto di espropriazione. 

2) Ora, a me pare che questa sensazione di ingiustizia possa esser 
tradotta in una critica giuridica del principio affermato nella sentenza, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 141 

veci una sentenza di condanna per risarcimento di danni, la quale, 
avendo come unico effetto giuridico l'attribuzione di una somma di 
danaro per il danno economico sofferto dai proprietari del bene, consistente 
nella perdita della disponibilit� del bene stesso, esclude che possa 
avere anche effetto traslativo dell'immobile. 

_Nessuno addebito pu�, peraltro, farsi all'impugnata sentenza di 
avere ritenuto non applicabile l'art. 18 della legge di registro. 

Correttamente la Corte di merito ha considerato non invocabile 
la norma predetta, la quale non colpisce un trasferimento inesistente, 
ma in determinati casi stabilisce che si possa presumere la esistenza 
del negozio traslativo e che questo possa essere tassato. Oggetto di 
tale presunzione non � il fatto del trasferimento, ma la esistenza di 
un contratto di trasferimento soggetto ad imposta, che le parti non 
hanno sottoposto a registrazione. E la obbligazione di pagare l'imposta 
sorge in quanto le parti volontariamente abbiano posto in essere l'atto, 
che d� luogo all'applicazione della imposta, rimasto tuttavia occulto. 

In altri termini, l'art. 18 presuppone che un trasferimento sia gi� 
avvenuto in precedenza, nel qual caso � consentito alla Finanza di 
esigere l'imposta senza che sia in possesso della convenzione ma in base 
a dati di fatto che, accertati, pongono una presunzione iuris tantum 

ove �si ponga in discussione l'esattezza del primo termine deil. sillogismo 
nel quale si articola la decisione in nota e cio� l'affermazione secondo la 
quale la .condanna dell'Amministrazione occupante al pagamento del valore 
del bene abusivamente e definitivamente occupato non concreta un 
trasferimento immobiliare. 

� il caso di osservare, preliminarmente, che il principio affermato nell'ormai 
lontano 1939, da un lato riguardava, in maniera diretta, la sola 
occupazione e destinazione del bene privato ad uso pubblico; .da un altro 
non teneva conto, ovviamente, dell'evoluzione giurisprudenziale recente in 
tema di risarcimento del danno dipendente da occupazione abusiva resa 
definitiva. La discussione pu� quindi essere impostata su basi diverse da 
quelle allora considerate dal Supremo Collegio. 

Richiamandomi, per un'analitica esposizione della recente giurisprudenza 
e della sua evoluzione, al lavoro di F. CARUSI (Tutela giudiziaria 
di proprietario di immobite occupato, etc., in questa Rassegna, 1966, I, 
1047 segg.), osservo che i principi essenziali cui la C:orte Suprema si ispira 
possono essere cosi sintetizzati: 

a) risarcimento integrale del danno anche con riferimento ai danni 
futuri, iin funzione dell'ammessa definitivit� della perdita del bene (Oass., 
Sez. un., 17 maggio 1961, n. 1164, cit.); 

b) natura sostitutiva del risarcimento rispetto alla restituzione del 
bene e natura reale dell'azione proposta dal privato, che si atteggia come 
una rivendicazione (Cass., 14 maggio 1962, n. 1002, cit.; Cass., Sez. un., 
8 febbraio 1957, n. 490, Acque, Bon. Costr., 1957, 320; Cass., 16 giugno 1961, 

n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). 
I 


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I 


i 


142 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di esistenza della convenzione medesima, salva al contribuente la prova 
contraria, escJusa quella testimoniale. 

Ma quando nessun negozio � intervenuto tra le parti (e nella 
specie la prova della inesistenza di qualsiasi convenzione o fatto 
traslativo emerge da tutto lo svolgimento dei fatti, in cui la mancanza 
�di un atto negoziale traslativo ha costituito addirittura il presupposto 
della lite e della sentenza di condanna), si � senz'altro fuori 
del campo di applicazione dell'art. 18. 

A torto, poi, si sostiene che la Corte avrebbe dovuto applicare 
la disposizione di cui all'art. 72 della legge di registro. Tale norma 
prevede pure che un contratto sia stato stipulato anteriormente al giudizio 
e sia stato posto a fondamento della sentenza oggetto della tassazione, 
nel qual caso si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, 
anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi 
secondo la sua natura, se fosse stata precedentemente registrata. 

Nella specie, invece, a fondamento della sentenza, oggetto della 
tassazione -secondo quanto accertato dalla Corte di merito -non 
� stata posta alcuna convenzione, ma un illecito comportamento del 

Questi caratteri hanno indotto ad affermare che il risarcimento soddisfa 
ed esaurisce tutti i diritti spettanti al proprietario (Cass. 10 ottobre 
1962, n. 2919, Giust. civ., 1962, I, 1374) tant� che, ove l'Amministrazione 
dovesse restituire l'immobile spontaneamente, desistendo dalla sua utilizzazione, 
dovrebbe farsi luogo � alla definizione della nuova situazione, tenendosi 
conto di quanto gi� percepito al momento del risarcimento del 
danno e del valore dell'area al momento della restituzione � (Cass., 14 
dicembre 1960, n. 3249, Foro amm., 1961, Il, 236). 

3) I principi come sopra enunciati mi sembrano in contraddizione 

reciproca. Se i diritti spettanti al proprietario (in forza dell'azione reale 

di rivendicazione) sono integralmente soddisfatti con l'attribuzione del va


lore venale del bene, che significato si pu� attribuire, sul piano del nostro 

ordinamento positivo, all'affermata permanenza del diritto di propriet� 

inteso come nudum nomen? E come � possibile conciliare i richiamati 

attributi dell'azione con l'affermazione secondo la quale, in caso di resti


tuzione spontanea del bene, si deve tener conto di quanto il privato ha 

percepito, nonch� del valore che il bene ha al momento della restituzione? 

Sussiste, in .realt�, fra la condanna dell'Amministrazione al pagamento 

del valore del bene (intesa �come conseguenza dell'esercizio dell'azione 

reale di rivendicazione con sostituzione della prestazione di dare alla pre


stazione di fare) e la permanenza del diritto di propriet� in capo al pri


vato, una radicale contraddizione, gi� rilevata in dottrina (S'A.NDULLI A. M., 

Ancora sutle conseguenze dell'occupazione � sine titulo � di beni privati 

da parte della p. a., Riv. giur. ed., 1960, I, 16). Mi pare, perci�, necessario 

scegliere fra le due soluzioni logicamente possibili, consistenti nel ricono


scere all'azione del privato natura di azione personale per il risarcimento 

del danno dipendente dall'occupazione (con le necessarie conseguenze in 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 143 

Comune di Palermo, sottratto, come tale, a qualsiasi adempimento di 
registrazione. 
Pertanto, l'invocato art. 72 � inidoneo a disciplinare la fattispecie 
in esame. 

Neppure pu� giovare il richiamo al secondo comma dell'art. 8, 
legge di registro. L'applicazione di tale norma non � possibile, perch� 
al trasferimento dell'uso o godimento di immobile mediante atto negoziale 
previsto dall'art. 1 della tariffa non pu� essere equiparato per 
analogia l'uso o il godimento che prescinda da una convenzione e si 
basi su un atto illecito, trattandosi di� atti aventi natura ed effetti 
profondamente diversi, per cui deve ritenersi escluso il ricorso al procedimento 
analogico disciplinato dalla disposizione in esame. 

� vano, infine, invocare l'art. 1 della pi� volte menzionata tariffa 
ali. A per sostenere la fondatezza della tassazione. 

Non � esatto sostenere che la sentenza impugnata avrebbe riconosciuto 
il diritto del Comune al godimento del terreno. In effetti, la Corte 
di merito non ha inteso attribuire n� la propriet� del terreno n� altri 
diritti reali, quali l'uso o il godimento del terreno stesso, ma ha soltanto 
-come si � gi� visto -determinato ed �attribuito agli interessati 

~materia di prescr1z10ne ed anche di determinazione del danno), ovvero 
nel riconoscere -ferma la natura reale dell'azione e il carattere sostitutivo 
della prestazione di dare oggetto della condanna rispetto all'obbligazione 
avente ad oggetto la restituzione -che la condanna stessa trasferisce 
all'occupante il diritto di propriet�, ovvero d� atto del trasferimento 
verificatosi ocn la stabile destinazione del bene al soddisfacimento di un 
pubblico interesse. 

4) Un interessante tentativo di elidere le contraddizioni insite nella 

giurisprudenza della Cassazione senza tuttavia giungere alla difficile af


fermazione di un trasferimento fondato su un modo di acquisto della 

propriet� non risultante da disposizione legislativa � 1costituito dalla tra


sposizione, nella materia in esame, dei principi fissati dalla Corte costi


tuzionale con la sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 (in questa Rassegna, 1966, 

I, 15), accolti anche dalla Cassazione con sentenza 20 agosto 1966, n. 2267 

(id., 1966, I, 872: trasposizione prospettata dal CARUSI, Tutela giudiziaria, 

ecc., cit.), secondo il quale la sentenza di condanna dell'occupante si at


teggerebbe come vero e proprio atto espropriativo in senso materiale, che, 

pur non incidendo sulla astratta e nuda titolarit� del diritto di propriet�, 

ne sancirebbe lo svuotamento. (E, sull'argomento, cfr. ulteriormente, OA


ausr, Ancora sulla tutela, etc., retro 99). 

La sentenza di condanna dell'occupante potrebbe costituire titolo, allora, 
se non del trasferimento della propriet�, almeno del trasferimento 
dell'uso o godimento dell'immobile, con conseguente tassazione ai sensi 
dell'art. 1 della tariffa all. A alla legge di registro. 

FRANCO BATISTONI FERRARA 



144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il risarcimento dei danni ad essi derivati dall'illegittima occupazione; 
quindi nessun trasferimento di uso o di godimento pu� ritenersi legittimamente 
avvenuto, in ordine ai quali vige la stessa disciplina dell'atto 
negoziale prevista per il trasferimento della propriet�, ai fini dell'assoggettamento 
all'imposta proporzionale. 

Col secondo mezzo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 110 
legge di registro in relazione all'art. 360, n. 3 c. p. c., e sost.iene che la 
Corte di merito ha errato nell'affermare che comunque nella specie si 
tratterebbe di un atto di trapasso a favore di un comune per l'espropriazione 
o l'acquisto di immobili occorrenti per l'esecuzione del piano 
regolatore e, quindi, si tratterebbe di un atto .soggetto a tassa fissa di 
registro, perch�, a norma dell'art. 110 della legge di registro, tutti 
gli atti e contratti per i quali con legge � stata concessa riduzione delle 
normali tasse di registro decadono da tali benefici, e sono applicabili 
le normali tasse e sopratasse, quando gli atti e contratti non vengono 
sottoposti a registrazione entro il termine di legge, sicch� deve escludersi 
che ad una specie come quella in esame sia possibile l'applicazione 
di benefici tributari in terna di imposta di registro. 

In ordine a tale censura va rilevato che essa non vulnera la sentenza 
denunciata, giacch�, pure prestandosi l'ultima parte della motivazione 
alla critica, la decisione rimane sorretta da altre ragioni che la 
giustificano pienamente. 

Non pu� disconoscersi che la Corte di merito sia incorsa in errore 
allorch� ha affermato che anche se alla sentenza, che ha dato luogo 
alla richiesta del tributo de quo, si voglia attribuire l'effetto del trasferimento 
della propriet�, si tratterebbe di un atto di trapasso in 
favore di un Comune per l'espropriazione o l'acquisto di immobile 
occorrente per l'esecuzione del piano regolatore e, quindi, di un atto 
soggetto a tassa fissa di registro. 

Tale ragionamento non ~ppare conforme a legge perch� la Corte 
non ha tenuto presente la regola prevista dall'art. 110 della legge di 
registro per la concessione dei benefici tributari, secondo la quale tutti 
gli atti e contratti per i quali con leggi � stata concessa riduzione, decadono 
da tale beneficio, e sono applicabili le ordinarie tasse e sopratasse, 
quando gli atti e contratti predetti non vengano sottoposti a registrazione 
entro i termini di legge. 

Ma se ci� � vero, e sotto questo profilo la denunciata sentenza 
va corretta, � per� anche vero che il rilevato errore non ha sostanzialmente 
influito sulla decisione, si da determinare l'annullamento, 
giacch� si � trattato di una affermazione superflua, la quale pu� senz'altro 
eliminarsi dal contesto della motivazione della sentenza denunciata, 
la cui decisione resta pur sempre fondata�� su diverse ed ineccepibili 
ragioni, quali quelle sopra esaminate. -(Omissis). 



PAR'l'E 11 SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 145 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2941 -Pres. 

Rossano -l!:st. Malfitano -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero 

Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Vaglio Rubens (avv. Scandale). 

Imposta di registro -Societ� -Trasferimenti di quote di societ� in accomandita 
semplice -Regime tributario dei trasferimenti anteriori 
e .di.<quelli successivi all'abolizione dell'imposta di negoziazione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 27; id. tariffa A, art. 108; id. tab. E, articoli 
10, 11; 1. 6 agosto 1954, n. 603, artt. 26, 36). 
Secondo .la normativa anteriore alla legge 6 agosto 1954, n. 603, 
la s()ttoposizione a tassa fissa dei trasferimenti di azioni di societ�, 
ai seiisi dell'art. 108 della tariffa A allegata alla legge del registro, era 
giustificata dall'assoggettamento dei titoli all'imposta di negoziazione, 
e, pertanto, l'esenzione dall'imposta proporzionale, anche ai sensi dell'art. 
10 della tabella E allegata alla stessa legge organica, doveva ritenersi 
estesa ai trasferimenti di quote di societ� in accomandita sem-. 
plice, del pari soggette a quel tributo sostitutivo. Una volta abolita 
l'imposta di negoziazione, simultaneamente, per il venir meno del presupposto 
dell'esenzione, si � resa applicabile l'imposta proporzionale 
di registro per i detti trasferimenti di quote di societ� in accomandita 
semplice, e tale applicabilit� va riferita non soltanto ai trasferimenti 
successivi all'entrata in vigore della legge 6 agosto 1954, n. 603, che 
dispose l'abolizione del tributo surrogatorio, ma anche a quelli posti 
in essere anteriorm�nte, a far tempo dalla data del 1� gennaio 1954, 
dalla quale quell'abolizione ebbe effetto (1). 

(Omissis). -Cc;m il primo motivo si censura la sentenza impugnata 
per aver ritenuto che anche ai trasferimenti delle quote e delle carature 
delle societ� in accomandita semplice verificatisi prima della 
entrata in vigore della 'l. 6 agosto 1954, n. 603, con la quale fu abolita 
dal 10 gennaio 1954 l'imposta di negoziazione, fosse applicabile il beneficio 
della registrazione a tassa fissa, previsto dall'art. 108 della legge 
di registro. In proposito si deduce che questa disposizione riguarda 
soltanto le azioni e le quote di societ� a responsabilit� limitata, in 

(1) La Corte Suprema, estendendo un orientamento che gi� si era 
consolidato con riferimento alla questione che si era fatta per le cessioni 
di quote di societ� a responsabilit� limitata (cfr., da ultimo, Cass. 15 
mar:iio 1966, n. 732, in questa Rassegna. 1966, I, 682, ed ivi ulteriori richiami 
in nota; v. inoltre, Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 483), ne fa applicazione 
anche ai trasferimenti di quote di societ� in accomandita semplice, 
ed. all'uopo, in relazione al sistema anteriore alla legge 6 agosto 1954, 
n. 603, osserva che anche per tali trasferimenti doveva ritenersi non dovuta 
l'imposta proporzionale di registro, nel rilievo che anche le dette 
societ� erano soggette all'imposta di negoziazione, avente carattere surro12 




146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quanto H legislatore ha voluto adottare il trattamento tributario dii. 
favore soltanto per i titoli di maggiore circolabilit�. 

La censura � infondata. 

Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato (v. sent. numero 
2113 del 1963), la ratio della esenzione dell'imposta proporzionale 
di registro per le negoziazioni dei titoli delle societ� per azioni, 
e della sottoposizione aUa sola imposta fissa degli atti di negoziazione 
di essi, 'stabilite dall'art. 108 della tariffa allegato A della legge di 
registro nel testo vigente prima delle modifiche apportatevi dalla legge 
abolitiva dell'imposta di negoziazione, consisteva evidentemente nella 
circostanza che quei titoli erano gi� soggetti a questa imposta, la quale 
aveva carattere surrogatorio dell'imposta di registro sui trasferimenti. 

L'articolo citato, infatti, si riferiva ai titoli � soggetti alla tassa 
annuale di negoziazione � e l'art. 10 della tariffa alligato E, che elenca. 
gli atti esenti dalla registrazione anche in caso di uso, prima delle 
cennate modifiche conteneva un analogo riferimento, nonch� una nota, 
la quale stabiliva l'applicabilit� della esenzione sempre che fosse 
giustificato il pagamento dell'imposta di negoziazione. 

Atteso, quindi, il carattere surrogatorio della imposta di negoziazione, 
l'applicazione deHa imposta di registro sui trasferimenti dei 
menzionati titoli avrebbe dato luogo ad una illegittima duplicazione 
di tributi. 

Ora, poich� in base al chiaro dettato delle disposizioni contenute 
nell'art. 1 del r. d. 15 dicembre 1938, n. 1975, modificato dal d. 1. 
5 settembre 1947, n. 1173, erano soggette alla imposta di negoziazione� 

� le quote o carature comunque denominate � delle societ� commerciali 
in genere, in quanto cedibili con effetto verso la societ� e, quindi, 
anche le quote e carature delle societ� in �accomandita semplice, ricor.....,.;. 
reva per la cessione di questi titoli la stessa ratio per escluderla dall'assoggettamento 
all'imposta proporzionale di registro. 
Esattamente, pertanto, la Corte di merito ha ritenuto che prima 
del 1o gennaio 1954 le cessioni delle quote e delle carature delle societ� 

II

in accomandita semplice, per le quali era stata corrisposta l'imposta 

gatorio (Ma sarebbe da osservare che, a proposito dei trasferimenti di. 
quote di societ� a responsabilit� limitata, veniva anche congiuntamente ri


Ilevato, a sostegno di quella conclusione, che si trattava di titoli di societ� 
di capitali, per i quali il pi� favorevole trattamento tributario sarebbe 
stato da considerare voluto in vista della semplicit� di negoziazione dei 
titoli stessi: cosa da escludere, in principio, per le quote delle societ�. 

Ii

di persone). 

Quanto alla seconda parte della massima, � da dire che la soluzione 

accolta appare ineccepibile, anche in coerenza alla premessa da cui muove lii 

la sentenza, e, in particolare, alla ratio per la quale si � giustificata la, 

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anteriore inapplicabilit� dell"'imposta proporzionale di registro. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 147 

di negoziazione, erano soggette soltanto al pagamento della tassa fissa 
stabilita dall'art. 108 della legge di registro. 

Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, per aver 
ritenuto che la cessione delle carature della Societ� Beni Urbani, fatta 
dal Rivetti al Rubens, fosse esente dal pagamento della imposta proporzionale 
di registro, sebbene fosse stata eseguita con atto registrato 
il 20 luglio 1954, cio�, quando l'imposta di negoziazione non era pi� 
applicabile, avendo la legge n. 603 del 1954 stabilito l'abolizione dell'imposta 
medesima con effetto dal 1� gennaio 1954. In pr�posito si 
deduce che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che l'abolizione 
con effetto retroattivo dell'imposta di negoziazione non comporti 
l'inapplicabilit� per il periodo di retroattivit� anche della esenzione 
dal pagamento della imposta proporzionale di registro, perch�, venuto 
meno il presupposto dell'esenzio~e, questa non era pi� applicabile e, 
quindi, la cessione era soggetta alla normale imposta di registro sui 
trasferimenti. ~ 

La censura � fondata. 

L'art. 26 della I. 6 agosto 1954, n. 603, ha abolito l'imposta di negoziazione 
con effetto dal 1� gennaio 1954. Ora, poich�, come si � rilevato 
innanzi, nel regime tributario anteriore al 1� gennaio 1954, il pagamento 
della imposta di negoziazione costituiva il presupposto dell'esenzione 
dal pagamento dell'imposta proporzionale di registro sui trasferimenti 
delle quote e delle carature delle societ� in accomandita semplice, l'abolizione 
dell'imposta di negoziazione comportava la simultanea inapplicabilit� 
della detta esenzione. 

Conseguentemente l'atto di cessione delle carature della societ� 

Beni Urbani registrato il 20 luglio 1954, per le quali non era stata pagata 

l'imposta di negoziazione, era soggetto al pagamento dell'imposta pro


porzionale di registro sui trasferimenti. 

N� vale obiettare che, cosi concludendo, si viene a dare effetto 

retroattivo all'art. 36 della legge n. 603 del 1954, contenente il nuovo 

testo dell'art. 108 della legge di registro, il quale non fa pi� riferimento 

alla imposta di negoziazione, sebbene il legislatore non abbia compreso 

tale articolo tra quelli ai quali ha attribuito effetto retroattivo, perch� 

la conc'1usione alla quale si � pervenuti � il risultato non dell'attri


buzione di effetto retroattivo alla cennata norma, ma della puntuale 

applicazione del principio secondo cui, abrogata una norma, viene meno 

la possibilit� di applicazione di quelle norme che trovano in essa il 

presupposto per la loro applicazione. 

La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto ritenere legittimo l'ac


certamento dell'imposta proporzionale di registro sull'atto di cessione 

delle carature della societ� Beni Urbani a favore del Rubens e, conse


guentemente, rigettare la domanda da questi proposta nei confronti 

dell'Amministrazione delle Finanze. -(Omissis). 


148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 gennaio 1967, n. 141 -Pres. Favara 
-Est. Giannattasio -P. M. Di Salvo (parz. diff.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Soc. Oleificio di Orzinuovi 
(avv. Clerici). 
Imposte doganali Diritto 
di licenza Merci 
introdotte in temporanea 
importazione e poi definitivamente importate -Momento della 
nascita dell'obbligazione per il diritto di licenza�-� quello del rilascio 
della licenza di importazione definitiva in deroga ai divieti. 
(d. l. 18 dicembre 1913, n. 1453; d. 1. 14 novembre 1926, n. 1923; d. 1. 13 maggio 
1935, n. 894; 1. 15 giugno 1950, n. 330). 
Imposte e tasse in genere -Interessi Decorrenza 
degli interessi a favore 
del contribuente Disposizioni 
della 1. 26 gennaio 1961, n. 29 Applicabilit� 
ad ogni specie di tributo -Condizioni. 
(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 5). 
f 
Per' le merci introdotte in temporanea importazione, il momento 
da considerare ai fini dell'imposizione del dirittb di licenza (istituito 
col d. l. 13 maggio 1935, n. 894, e soppresso con la legge 15 giugno 1950, 
n. 330) non era quello della scadenza del termine per la riesportazione, 
o addirittura dell'antJeriore dichiarazione di immissione delle merci al 
donsumo, bens� quello dell'effettivo rilascio della speciale autorizzazione 
ministeriale ad effettuare l'importazione definitiva in deroga ai 
divieti (1). 
(1) In motivazione sono ricordate, tra altre, C:ass., Sez. I, 22 aprile 
1964, nn. 955, 956, 957 e '958 (in questa Rassegna, 1964, I, 586) e Sez. Un. 
25 giugno 1965, n. 1336 (ivi, 1965, I, 1040), che, pur specificamente relative 
alla diver.sa questione dell'applicabilit� o meno del diritto di licenza 
per le merci oggetto di importazione c.d. � a dogana � (sul qual punto, 
cfr., anche Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 692), ugualmente sottolineavano 
che funzione della norma impositiva era quella di colpire il maggior reddito 
derivante all'importatore dalla situazione di privilegio in cui era posto, 
rispetto ad altri che la licenza, in deroga ai divieti, non avessero ottenuto. 
Cosi, considerata la licenza quale presupposto dell'imposizione, la 
Corte Suprema ha ora osservato che, nelle importazioni temporanee di 
merci non importabili senza licenza, soltanto il rilascio di questa legittimava 
l'importazione definitiva e determinava l'insorgenza dell'obbligo 
tributario per il diritto di licenza, non essendo invece sufficiente l'inutile 
scadenza del termine concesso per la riesportazione. Ed al riguardo, bench� 
la questione sia ormai di ben limitato interesse, essendo stato il diritto 
di licenza da tempo abolito (1. 15 giugno 1950, n. 330), e fermo restando 
che per l'individ~azione 1~~1 momte:ito ddellf~ ?t~scita( fdelcl'obbh2'g9az1ion1~ d 
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posta era da c_onsiderare impor azione e ini iva c r. � ass. ug io , 
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n. 2191, Giust. civ., 1958, I, 114; Cass. 26 novembre 1956, n. 4307), sembra 

149 

si applica non 
affari, cui espressamente 
tributi, ferma restando, in 
restituzione della somma capi


~~ii~~~i:2;;(se1~e.....~arrn~.rr~iin�istra;tiva o giudiziaria, con provvedi-

motivo l'Amministrazione ricorrente 
f\fl:~~~L#ci1#e ~ ltllsl ~.pp'.lic~tzicme dell'art. 1 r. d. 1. 13 maggio 1935, 
in relazione all'art. 55 1. 25 settembre 1940, 
.,..,... .,, �...'"� 13 febbraio 1896, n. 65, nonch� degli artt. 17 


~l :rit1:1neire irrilevante la scadenza del termine fissato per la 
ell'afl~erm~1re che l'obbligo del pagamento del diritto 
)/}ql]j~~~})2:asoi~ge esclusivamente nel momento del pagamento dei diritti 
momento in cui sorge il diritto di licenza -secondo la 
r�c~orre11te -coincide con l'importazione effettiva della merce ammessa 
alll'i:r.nporta21io.ne, e quindi, nel caso di precedente importazione temporanea 
della merce, con l'importazione definitiva; se il termine per la 
riesportazione non � ancora scaduto, l'importazione definitiva si ha nel 
momento di dichiarazione di immissione in commercio nello Stato delle 
merci temporaneamente importate; se, invece, il termine � scaduto, la 
merce, anche se non ancora nazionalizzata e perci� tuttora soggetta al 

potersi osservare che la soluzione di cui alla massima, e tanto pi� nella 
sua assolutezza, pu� dare' adito a perplessit�; perch�, invero, considerata 
la diversa funzione delle norme sulle importazioni temporanee (volte a 
consentire una agevolazione, sotto il profilo tributario, per l'importazione<ii merci da introdurre nello Stato per determinati scopi, e da riesportare), 
�� � ~ 1'ieUe disposizioni, poi, regolanti i divieti, aventi carattere economico
��� . '\l'~u~io, si sarebbe potuto rilevare che la importazione di merci com


��� pt'~,S� nei detti divieti, e perci� non importabili senza licenza, non avrebbe 
P:6:t1lto .aver luogo, in principio, nemmeno come importazione tempora.. 
J:lml11 $;� ll,Oll previo rilascio della licenza stessa : con l'ulteriore conseguenza 
~Il.~ ~ iji.11ncata riesportazione, o l'anteriore dichiarazione di immissione 
// ���� 4;e11e: fri~#~fal consumo, si sarebbero potute valutare come di per s� gi� 
i('.l<>:).t�e a (].ete?minare la trasformazione dell'importazione da temporanea 
in d�finitiva, e quindi a concretare il presupposto per l'applicabilit� del 
tributo ili parola. 

(2) Nel sens.e dell'applicabilit� delle disposizioni sugli interessi, di cui 
alla legge 26 gennaio 1961, n. 29, anche in materia diversa da quella, 
espressamente contemplata, dei tributi indiretti sugli affari, la Cassazione 
si era gi� pronunciata (Cass. 6 agosto 1964, n. 2241, Riv. Leg. Fisc., 1964, 
2141, in controversia relativa ad imposte di consumo), ugualmente osservando, 
al fine, che la citata legge conferma, in definitiva, un principio gi� 

150 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pagamento dei diritti doganali, � per� gi� importata in modo definitivo. 
Pertanto, in caso di temporanea importazione, l'obbligo di pag'are il 
diritto di licenza sorge nel momento della dichiarazione di immissione 
al consumo, se fatta prima della scadenza del termine fissato per la 
riesportazione, e, in mancanza, nel momento della scadenza del termine 
stesso, 

La censura � infondata. Il diritto di licenza fu istituito con il r. d. I. 
13 maggio 1935, n. 894 per colpire il soprareddito, o maggior incremento 
economico, derivante dall'importazione di merci, per la situazione di 
privilegio in cui l'importatore veniva posto rispetto agli altri che quel 
permesso non avevano ottenuto, in modo da operare una perequazione 
tributaria nel quadro del regime autarchico allora vigente, nel quale la 
regola era costituita dal divieto di importazione di merci e l'eccezione 
dallo speciale permesso o licenza da rilasciarsi per i singoli casi a 
domanda degli interessati. A seguito dei provvedimenti sulla liberalizzazione 
degli scambi, di cui ai decreti ministeriali 13 aprile 1946 e 
21 settembre 1949, il diritto di licenza fu soppresso con 1. 15 giugno 1950, 

n. 330. Il problema che oggi si pone � quello di stabilire se, nel regime 
di temporanea importazione, il momento da tenere presente, ai fini 
dell'imposizione del tributo connesso alla particolare concessione della 
licenza in deroga al generale divieto di libera importazione per il privato, 
era quello della scadenza del termine fissato per la riesportazione 
(o addirittura quello anteriore a tale scadenza, nel caso di dichiarazione 
di immissione al consumo), come sostiene l'Amministrazione ricorrente, 
ovvero quello dell'effettivo rilascio della licenza in deroga, come ha 
ritenuto la sentenza impugnata. 
ammesso per ogni specie di tributo in base alla precedente legislazione, e 
soltanto innova per ci� che riguarda la decorrenza degli interessi, a carico 
dell'Amministrazione, ora riferita alla data della domanda di rimborso, 
e prima, invece, a quella in cui il provvedimento di restituzione del tributo 
fosse divenuto definitivo (E va rilevato, peraltro, che la generale 
applicabilit� di quelle disposizioni a �tutti i tributi�, secondo l'espressione 
della sentenza in rassegna deve intendersi comunque in relazione all'ipotesi 
della mancanza di una specifica disciplina in argomento, e con 
esclusione, cosi, di ci� che attiene alle imposte dirette riscuotibili con 
ruoli, per le quali norme espresse, se pur analoghe, sono poste dalla I. 25 
ottobre 1960, n. 1316). 

In senso contrario alla massima, cfr. App. Milano, 26 marzo 1963, 
Foro Pad., 1963, I, 844, con nota di A. CH1cco, ed App. Genova, 22 dicembre 
1965, n. 827. 

Circa la spettanza degli interessi anche su somme versate prima della 
data di entrata in vigore della legge n. 29 del 1961, e per� con decorrenza 
dalla data stessa, la giurisprudenza � ormai consolidata (cfr., tra le pi� 
recenti, Cass., 11 luglio 1966, n. 1822, in questa Rassegna, 1966, I, 938, e, 
da ultimo, Cass. 25 febbraio 1967, n. 432, di cui si omette la pubblicazione). 

. 

,

! 


151

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La tesi della ricorrente, condivisa dal Procuratore generale, si appoggia 
a remote pronunce di questo Supremo Collegio (Cass. 10 maggio 
1943, n. 1111, 28 agosto 1948, n. 1558), anteriori ai provvedimenti 
di liberalizzazione degli scambi, ma � stata ripudiata da tutta una serie 
di successive sentenze (Cass. 26 novembre 1956, n. 4307; 29 luglio 1957, 

n. 2191; 22 aprile 1964, n. 955, 956, 957 e 958), anche a Sezioni Unite 
(Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1336). Secondo il pi� recente indirizzo, 
convalidato da un decennio di pronunce conformi, le concessioni 
governative in deroga al generale divieto di importazione costituivano 
il presupposto per la percezione dei diritti di licenza, nel senso che il 
diritto di licenza trova la sua giustificazione unicamente in funzione ed 
in collegamento alla facolt� del Ministero delle Finanze di accordare 
speciali permessi in deroga ai divieti di importazione allora esistenti 
(d.1.1. 14 novembre 1926, n. 1923, art. 45; dd. mm. 28 dicembre 1939, 
15 e 19 luglio 1940). 
Alla stregua di tale principio, riesce agevole la soluzione del problema 
proposto. Pdma dell'abrogazione del diritto di licenza, nel caso 
di merci importate in regime di temporanea importazione, quel diritto 
era dovuto allorch� l'importazione da temporanea fosse divenuta definitiva. 
Ma, ove per l'importazione definitiva, e cio� per l'assimilazione 
della merce estera a quella nazionale, era previsto un divieto con un 
sistema di deroghe costituito da provvedimenti <li carattere generale o, 
come nella specie, da uno speciale permesso, �e prima della scadenza del 
termine per la riesportazione quel permesso era stato �hiesto dall'importatore 
delle merci al Ministero delle Finanze, di legittima importazione 
non poteva parlarsi fino all'emanazione del provvedimento in deroga 
e non poteva quindi sorgere l'imposizione del diritto di licenza, che da 
quel provvedimento aveva causa. 

Non importa, se, nell'intervallo, decorreva intero il termine per la 
riesportazione della merce, perch� nel periodo di tempo necessario per 
ottenere l'autorizzazione ministeriale -e che pu� essere assai lungo, e 
che � di regola superiore a quello che la bolletta di temporanea importazione 
fissa per la riesportazione del prodotto -quest'ultimo termine 
deve ritenersi sospeso fino al momento della concessione (o del rifiuto) 
dell'autorizzazione all'importazione definitiva e alla nazionalizzazione 
della merce, prima di vietata importazione. Con l'effetto che, ove alla 
data -di entrata in vigore della 1. 15 .giugno 1950, n. 330, l'autorizzazione 
in deroga al divieto di importazione non era stata ancora rilasciata, 
sebbene richiesta prima della scadenza del termine fissato per la riesportazione, 
non esisteva a quella data un diritto dell'Amministrazione finanziaria 
a pretendere il diritto di licenza, per mancanza del suo necessario 
presupposto (importazione definitiva e nazionalizzazione). Ci� 
anche a non volere condividere l'affermazione della Corte di merito, 
che fa richiamo, addirittura, al momento ancora successivo del paga


\ 


152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento dei diritti di confine, che, invece, ha solo funzione risolutiva per 
l'ipotesi di mancato utilizzo nel termine prima sospeso, che riprende a 
decorrere dopo l'autorizzazione. 

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa 
applicazione dell'art. 1 r. d. 1. 13 maggio 1935, n. 894, del d. m. 3 luglio 
1935 e dell'art. 4 d. I. 14 novembre 1926, n. 1923, nonch� motivazione 
insufficiente e contraddittoria su di un punto decisivo della controversia, 
e -dopo avere osservato che � errata l'affermazione della 
corte di merito che, trattandosi di merce della quale era, all'epoca, vietata 
l'importazione, questa avrebbe dovuto avvenire solo dopo il rilascio 
dell'autorizzazione, perch� il diritto di licenza � dovuto per il solo fatto 
dell'importazione e non presuppone la preventiva esistenza di una concessione 
qualsiasi -sostiene che la Corte, nel ritenere che l'autorizzazione 
alla importazione sia stata rilasciata il 31 marzo 1951 per il motivo 
che � la copra, della quale si richiedeva e si autorizzava la nazionalizzazione, 
non era ancora arrivata in Italia, come risulta dalla bolletta di 
importazione, e pervenne, invece, dopo il 13 gennaio 1949 �, e per il 
motivo che l'autorizzazione del marzo 1951 �identificava con assoluta 
precisione la merce sulla quale operava, mentre la prima (gennaio 1949) 
si riferiva a merce che non era ancora passata in temporanea importazione 
dalla linea doganale, anche se �si riferiva alla licenza del 7 agosto 
1948, in virt� della quale l'Oleificio era stato autorizzato alla importazione 
temporanea �, ha errato perch�: a) poich� il permesso o la 
licenza di importazione viene, per sua natura, prima e non gi� dopo 
l'importazione della merce, e poich� scopo e funzione della licenza stessa 
non � quello di identificare con assoluta precisione la merce sulla quale 
opera, consistendo tale identificazione esclusivamente nella identificazione 
del genere e della quantit� della merce di cui viene autorizzata 
l'importazione, la circostanza che la merce � stata introdotta in Italia 
dopo il 13 gennaio 1949, ma prima del marzo 1951, avrebbe dovuto far 
ritenere che la vera autorizzazione valevole per l'importazione definitiva 
della copra era quella del 13 gennaio 1949; b) poich� nel marzo 1951 
la Soc. OleiP.cio di Orzinuovi non fu autorizzata ad importare alcunch� 
di pi� di quel che gi� era stata autorizzata ad importare nel gennaio 
1949, e poich� nel marzo 1951 il Ministero del commercio estero confermava 
che � detta autorizzazione � (cio� quella del 13 gennaio 1949) 

� era valida anche per merce importata successivamente alla data del 
27 dicembre 1948 �, il provvedimento del marzo 1951 era meramente 
confermativo o, quanto meno, interpretativo del permesso d'importazione 
rilasciato nel gennaio 1949. 
La censura � infondata. A parte la ripetizione di rilievi relativi al 
momento in cui sorgeva il diritto all'imposizione del diritto di licenza, 
e dei quali � gi� stata dimostrata l'inconsistenza nell'esame del primo 

I 

mezzo del ricorso, 1'Amministrazione tende, in sostanza, ad impugnare 

I 

I,'. 

li� 


in b~se al rilievo <:he nel no


�.E!~!EIJ $'Y,CcE~ss1va al 13 gennaio 1949) H Mit:
i~~l��~c~te al Ministero per il commercio 
vog<il:na: <:l~��.l:J~!esi~~~� :�'it�l'�l:1be pot�~o consentire la nazionaliz~
�ᥥf!~~tt1f:r.ne1rce era passata dallo stato estero 
~m~~�~~i,one in data posteriore all'autorizza13 
gennaio 1949. La Corte di merito 
il Ministero delle Finanze aveva di 
appunto che in quel momento l'autoriznon 
era ancora i~tervenuta. La Corte, 
-non contestato -che �la dichiara


�~UJ1po;in;;;1z:1;~;Jm~��:a m:.i.ru"' della temporanea, e l'accertamento delle 
prima autorizzazione era stata concessa, 
i/C:�onipiuti alla data del novembre 1950 ., in ci� ritr�::
curn:�er1na di fatto che la valida autorizzazione fu solo quella 
taJ:nr:.:11na1rzo 1951, successiva all'abrogazione del diritto di licenza. 
in base all'interpretazione degli atti e delle prove 
ra�CC<>W�, se un'autorizzazione sia mera conferma di identico provvedianteriore, 
o piuttosto un nuovo ed autonomo provvedimento,\ 
coistit;Ui~ice apprezzamento di fatto , insindacabile in sede di legittimit� 
se congruamente e correttamente motivato e nella motivazione or ora 
rias.sunta non si riscontra nessuno vizio o contraddittoriet�. 

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione 
�dell'art. 5, I. 26 gennaio 1961, n. 29 e sostiene che, contrariamente 
a quanto ritenuto dalla corte di merito, la citata legge si riferisce 
esclusivamente alle tasse e imposte indirette sugli affari, e, pertanto, 
non � applicabile al diritt~ di licenza, il quale non rientra in tale cate


> 
..:��.:. ~oria di tributi, dovendosi ricomprendere tra le imposte dirette. 
/ .A,ncbe tal censura � infondata. Anteriormente alla 1. 26 gennaio 

������:��������������������������~-~'li6�2;�~~;1v~::li:i~~~~~i~~~;:~;: ;.~m::::i~id:i::~~:!ez!!~~~~ 


~rt'. �QJ. 7 dicembre 1942, n. 1418, per l'imposta fondiaria ed il reddito 

�. 
i~~tj6~fsec-Ondo le quali non pu� farsi luogo al rimborso dell'imposta 
4~~ I�; q~~#!ioJlon sia intervenuta una decisione definitiva, si desumeva 
ii ,tj#~i;Pi6 g�nerale, idtenuto applicabile anche in tema di imposte indirette/ 
eh.� I'anuninistrazione finanziaria non possa -ritener.si in mora 
prima/di. �tale decisione definitiva, e, pertanto, che solo da tale data 
siano dovuti gli interessi sulle somme corrisposte per i tributi indiretti 
dichiarati non dovuti. 

Con la nuova 1. n. 29 del 1961, che all'art. 5 dispone che � sulle 
somme pagate per tasse e imposte indirette sugli affari e ritenute non 
dovute a seguito di provvedimento in sede amministrativa o giudiziaTia 


154 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

spettano gli interessi di mora nella misura di cui al precedente art. 1 � 
(cio� tre per cento per ogni semestre compiuto dalla data della domanda), 
fermo restando il requisito che l'obbligo della restituzione 
risulti accertato da un provvedimento definitivo, la decorrenza degli 
interessi pu� essere anche anteriore alla data del provvedimento stesso, 
e coincidere con quella della domanda di rimborso. 

Su tali basi, in mancanza di una norma t~ansitoria, non pu� ritenersi 
che la nuova legge abbia annullato il diritto agli interessi acquisiti 
dal contribuente quale effetto del fatto compiuto sotto la legge 
precedente, dato che la nuova legge, se � indubbiamente innovativa circa 
la misura degli interessi, per il resto tende a confermare e disciplinare 
il detto diritto, .gi� ammesso in base alla legislazione precedente, in 
modo pi� favorevole al contribuente ed in conformit� delle norme del 
codice dvile (art. 1282 c. c.). 

In sostanza, il principio generale della decorrenza degli interessi 
moratori dalla domanda, nei confronti dell'Amministrazione finanziaria 
dello Stato (sempre fermo, s'intende, il requisito che l'obbligo della 
restituzione risulti accertato da provvedimenti definitivi in sede amministrativa 
o giudiziaria), se pure �enunciato per i tributi indiretti, deve 
ritenersi ormai applicabile a tutti i tributi, stante la sostanziale ragione 
(di cui � traccia nella Relazione alla I. n. 29 del 1961) che ha ispirato 
la nuova norma: porre la Finanza e il contribuente sullo stesso piano 
di uguaglianza rispetto al principio dell'obbligo della corresponsione 
degli interessi di mora (Cass. 6 agosto 1964, n. 2241; 30 gennaio 1964, 

n. 257; 8 luglio 1963, n. 1856). -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 211 -Pres. 
Scarpello -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (conf.). Ministero Finanze 
(avv. Stato Gargiulo) c. Mini-Malmesi (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Imposte 
indirette sui trasferimenti -Controversie di valutazione Decisioni 
della commissione provinciale -Ricorso alla commissione 
centrale -Inammissibilit� -Ricorso all'a.g.o., ai sensi dell'art. 
29 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit� -Ricorso 
immediato in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 de11a Costituzione 


Ammissibilit�. 
(Cost., art. 111; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 


Le decisioni della commissione provinciale delle imposte, relative 
alLa determinazione del valore per l'applicazione delle imposte indirette 
sui trasferimenti, sono definitive, e contr.o di esse, mentre sono dati il 

~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 

ricorso all'autorit�, giudiziaria, ai sensi dell'art. 2.9, terzo comma, del d. l. 
7 agosto 1936, n. 1639, ed il ricorso immediato alla Corte di Cassazione, 
ai sensi dell'art. 111 della. Costituzione, non � ammesso il ricorso aila commissione 
centrale, che difetta di giurisdizione nella materia (1). 

(1) Giurisprudenza pacifica. Cfr., tra le pi� recenti, Cass., Sez. Un., 
7 ottobre 1965, n. 2087, in questa Rassegna, 1965, I, 1256, ed ivi ulteriori 
richiami in nota. In argomento, per l'inesistenza di una competenza generale 
di legittimit� della commissione centrale, quanto meno nelle controversie 
in tema di imposte indirette, cfr. Relaz. Avv. Stato, 196�1-65, II, 
316 ss. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 415 -Pres. Favara 
-Est. Roperti -P. M. Gedda (conf.) -Rossi (avv. Gaiotti, Menghini) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo). 

Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti 
reato -Norma che stabilisce la decorrenza del termine 
prescrizionale dalla data in cui la sentenza penale diviene irrevocabile 
-Applicabilit� al caso di sentenza penale che dichiara estinto 

il reato per prescrizione -Conseguenti poteri del giudice civile. 

(c. c., art. 2947; 1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27). 
Imposte doganali -Contrabbando -Indebito uso di merci importate 

con agevolazioni -Obbligazione civile per i diritti evasi -Individuazione 
del soggetto passivo -Conseguenze in ordine alla prescrizione. 


(I. 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 5, 16, 27, 102, 145). 
La dispos.izione dell'ultimo comma dell'art. 27 della l. 25 settembre 
1940, n. 1424, secondo la quale la prescrizione, per i diritti doganali 
dovuti in relazione a fatti costituenti reato, decorre dalla data in 
cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, divengano 
irrevocabili, � applicabile anche nell'ipotesi che il procedimento 
si concluda con sentenza che dichiari estinto il reato per prescrizione. 
In tal caso, peraltro, spetta al giudice civile accertare la sussistenza o 
meno dei fatti che, se non fosse intervenuta la causa estintiva, sarebbe
�ro stati penalmente perseguibili (1). 

(1) Del tutto correttamente la Corte Suprema ha rilevato che la disposizione 
dell'art. 27, ultimo comma, della legge doganale, sulla decorrenza 
della prescrizione del diritto dell'Amminist.razione per le imposte dovute 

156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In caso di contrabbando (per indebito uso o diversa destinazione 
di merci importate in franchigia o con riduzione dei diritti), l'obbUgazione 
civile del pagamento dei tributi fa carico al colpevole del reato 
ed al ricettatore, ai sensi dell'art. 145 della legge doganale, pi� che al 
proprietario della merce o a colui per conto del quale la merce stessa 
sia stata importata; sicch�, anche ai fini della prescrizione, e per la 
decorrenza del relativo termine, deve tenersi conto della norma di cui 
ail'ultimo comma dell'art. 27 delLa legge (2). 

(Omissis). -Con il primo e terzo mezzo di ricorso, da esaminarsi 
congiuntamente per la loro interdipendenza, il ricorrente, sotto il profilo 
della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 23 e 27, comma 
primd, lett. a), e comma ultimo, della legge doganale 25 settembre 1940, 

n. 1424, in relazione all'art. 2947 c. c., si duole che la Corte di merito 
abbia escluso la prescrizione quinquennale del diritto della Finanza, 
che doveva, decorrere dalla data del verbale di accertamento dell'infrazione 
ai diritti doganali, e non da quella della sentenza che dichiarava 
prescritto il reato contestato per il relativo contrabbando, sostenendo, 
inoltre, che, comunque, con la estinzione del reato, avvenuta per prescrizione, 
si sarebbe pure estinto il diritto dello Stato alla percezione 
dei tributi evasi, che conserva il suo termine di prescrizione originario. 
La censura � infondata. Invero, poich�, in forza dell'ultimo comma 

in relazione a fatti costituenti reato, regola compiutamente e specialmente 
la materia, alla cui disciplina resta perci� estranea la norma dell'art. 2947 

c. c., con la conseguenza che il termine prescrizionale deve ritenersi decorrente 
dalla data in cui divenga irrevocabile la sentenza penale, anche se 
questa sia di non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione. 
In generale, con riferimento al citato art. 2947 c. c., e nel senso che 
la decorrenza della prescrizione civile sia da riferirsi alla data di acquisita 
irre\Tl()cabilit� della sentenza penale, non soltanto se questa sia di condanna, 
ma anche se sia di assoluzione a seguito di giudizio, o di proscioglimento 
in istruttoria (ed il principio � indubbiamente valido, come nella 
sentenza in nota senz'altro si ammette, anche rispetto alla ricordata disposizione 
dell'art. 27 della legge doganale), cfr., da ultimo, Oass. 5 novembre 
1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281, con nota di richiami. 
In ,ordine alla seconda parte della massima, e per ci� che attiene, in 
generale, ai poteri del giudice civile per l'accertamento della configurabilit� 
del fatto come reato, quando ci� comunque rilevi (come per le conseguenze 
in tema di prescrizione, o di risarcimento dei danni non patrimoniali), 
cfr., tra altre, Cass. 7 aprile 1957, n. 1011, Giust. civ., 1959, I, 
1278; Cass. 2 aprile 1960, n. 736, Resp. civ. prev., 1960, 445; Cass. 2 aprile 
1960, n. 746, Giust. civ. 1960, I, 1395; Cass. 7 aprile 1964, n. 770, Resp. civ. 
prev., 1964, 680. 

(2) La Cassazione ha sottolineato che, nei casi di contrabbando, il debitore 
d'imposta � da individuare piuttosto con riferimento alla disposizione 
dell'art. 145 della legge doganale, che a quella dell'art. 5. Il che pare 

157/ / . > ./ ./ >/<>?.�.. �..�..� . . f 
de11'�art. 27 della l�g~e dogariale 25 set~tnbre 19'l0, n. H2'l, nel casoih ~�i �1 tri~cato �. pagamettt().�dei diritti.�.�doganali abbia causa da un 
reato...il terllline di..�prescrizione decorre dalla data in cui la sentenza 
pro!lW;�l}i~da nel.r$l~tiy<>. proceclimento penale. � divenuta irrevo.cabile, 

�~W~~~~�~3~"�p~d�-�te ~nnone �m ~��� 
P~i~~ ~~$i~ifij~, l.'1$ll'i:pote$i affermativa, trovando il mancato paga


..�.11111!:.::I:::::-:i:n.:::.::..:::~..:=: 


Nfil Ca$(), $ia il Tribunale che la Corte di appello hanno indagato 
.�.. ~~ P,~ijfoper~to d�l Rossi sussistessero gli estremi oggettivi e soggettivi 

�4~ff:~�to di contrabbando, al fine di accertare se fosse sorto a suo 
C:at~C:o, ex art. 145 legge doganale, l'obbligazione tributaria, traendone 
al riguardo un positivo convincimento. 

A tale conclusione i giudici di merito sono pervenuti considerando, 
sulla base degli elementi acquisiti �alla causa, che allo zucchero, introdotto 
nello Stato con speciale agevolazione fiscale siccome destinato, a 
prezzo di cail.miere, a scopi assistenziali (distribuzione ai reduci d'Africa), 
fu dal Rossi, in concorso con altri, d!'lto diverso uso da quello dichia.
ra.to all'a.tto ('lell'importazione, essendo stato immesso nel libero mercato 

� � 
.~ ~q9Ji)~ $P~~tjlativo, fatto questo costituente, appunto, ipotesi delittuosa 
pf�V~$ta �q�t~'art; 102 della legge doganale. 

�. d(.lversi c�);t:ref;ta~e11te jn~ndere nel senso che lo stesso proprietario della 

�. 
me:t<C!eiP~#. �lt~ ~n q.a!)t!J< t11le, �. 1obbligato al pagamento dei diritti come 
(!<>11i~Wie� !'.lt,11 te<ito~ ml:\ s~a. es�tudersi, ove sia prospettabile una ipotesi 
�Cil l.'eSPQ?lsab~lit�.I!enaXe 11Qlta1lto Cii terzi, e non anche del proprietario, che 
quest'ultimo sia sempre tetl..to, per tale sua qualit�, e che nei suoi con:fl:<:>
nt!la decorre:iiza c;lella. ptel!crizione sia ugualmente da valutare secondo 
i~ ?ior)tl.~ ct!!lll'.ltimc;> comma dell'art. 27 della legge, da ritenere posta con 
riguardo all'obie~tivit� del fatto'(� qualora il mancato pagamento dei diri.
tti sia dipeso. da un rea~o... >) e perci� operante nei confronti di qualunque 
obbligato. � 
Nelsenso che il reato previsto dall'art. 102 della legge doganale (mutata 
destinazione .di merci agevolate) presuppop.e una situazione giuridica preesi




158 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Al riguardo la Corte di merito si � dato anche carico di esaminare 
se il fatto attribuito al Rossi dovesse ritenersi commesso in buona fede, 
escludendo, attraverso una coordinata serie di considerazioni, che il 
ricorrente, immettendo la merce nel libero mercato, non avesse avuto 
la coscienza e la volont� di dare alla stessa una destinazione diversa da 
quella per la quale era stata concessa la franchigia, e precisamente di 
commettere l'illecito penale previsto e punito dal citato art. 102 della 
legge doganale. E tale giudizio, involgendo degli apprezzamenti di fatto 
si sottrae al sindacato di questa Corte, sorretto, com'�, da una congrua 
motivazione, immune da vizi logici e giuridici. 

N� ha fondamento l'ulteriore deduzione del ricorrente, secondo cui 
essendo stato dichiarato estinto per prescrizione il reato di contrabbando 
deve ritenersi estinto, pure per prescrizione, il diritto della Finanza a 
percepire i tributi evasi, che, in forza dell'art. 2947 c. c., conserva il suo 
termine di prescrizione originario. 

Invero, il ricorrente si rif� ad una norma estranea al caso concreto, 
dimenticando l'ultimo comma del pi� volte menzionato art. 27 della 
legge doganale, in virt� del quale, nella specie, il termine di prescrizione 
decorre, per espressa volont� di legge, unicamente dalla data 
della sentenza che � stata pronunciata nel procedimento penale e che 
� divenuta irrevocabile. E tale sentenza non deve essere necessariamente 
di condanna, potendo, come nella specie, essere anche quella che 
dichiara di non doversi procedere per estinzione del reato, in quanto 
una tale pronunzia non fa certo venire meno le obbligazioni civili da 
esso nascenti. 

In tal caso, pertanto, l'imputato del reato di contrabbando bene 

pu� ritenersi soggetto al pagamento dei diritti evasi, anche se il reato 

sia dichiarato estinto per una qualsi�si causa prevista dalla legge, 

spettando, tuttavia, al giudice civile di accertare, come nel caso � 

avvenuto, con gli ordinari mezzi di prova, la sussistenza o meno dei 

fatti, produttivi di obbligazioni civili, che, se non fosse intervenuta la 

causa estintiva, avrebbero costituito reato. 

stente (rapporto tributario in ordine al quale � concessa l'agevolazione), e 

che ci� non esclude, tuttavia, la configurabilit� del concorso di persone alle 

quali la norma incriminatrice non � originariamente destinata, cfr. Cass. 

pen. 18 febbraio 1964, Urbinati, Cass. pen., Mass., 1965, 572. 

In generale, per il collegamento dell'obbligazione tributaria ai presup


posti dell'art. 5 o dell'art. 145 della legge, e per le differenze riscontrabili, 

al fine, tra le ipotesi di irregolare passaggio della linea doganale e quelle 

di importazione ab origine legittima, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 

674, ss. ed ivi riferimento, in particolare, a Cass. 17 novembre 1962, n. 3136 

(Foro it., 1963, I, 832), ed a Cass. 10 giugno 1964, n. 1436 (in questa Rasse


gna, 1964, I, 580, nonch�, in motivazione, in Giust C'iv., 1964, I, 2,281). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Col secondo mezzo il ricorrente, deducendo la violazione e falsa 
applicazione degli artt. 5, 27, ultimo comma, e 145 legge doganale, in 
relazione all'art. 185 c. p., censura l'impugnata sentenza per avere 
ritenuto applicabile alla specie l'art. 145 della legge dogana~e, secondo 
il quale � obbligato al pagamento dei diritti doganali, insieme con il 
ricettatore, il colpevole del contrabbando, anzich� l'art. 5 della stessa 
legge, .il quale pone il pagamento dell'imposta a carico del proprietario 
della merce, indipendentemente dall'accertamento o meno del reato di 
contrabbando, il cui procedimento non sospende il diritto dello Stato a 
percepire i diritti doganali. Pertanto, una volta accertato, mediante il 
verbale della polizia tributaria, che la merce aveva avuto una destinazione 
diversa, la Finanza aveva il diritto di chiedere ed ottenere subito 
il pagamento del tributo evaso. 

Anche tale censura � priva di fondamento. L'art. 5 della legge doganale 
individua i soggetti passivi dell'imposta doganale in coloro che 
presentano la merce in dogana, o in coloro che la detengono al momento 
del passaggio della linea doganale, o per conto dei quali la merce stessa 
viene importata. 

Ora, nella fattispecie in esame, invece, alla merce importata con 
speciale agevolazione doganale, fu data dal ricorrente una diversa destinazione 
(che, se denunciata all'atto della introduzione della merce nello 
Stato, avrebbe comportato per l'importatore il pagamento di una diversa 
e ben maggiore imposta), facendo sorgere, per questo fatto, integrante 
gli estremi del reato di contrabbando previsto dall'art. 102 della legge 
doganale, il conseguente diritto dell'Amministrazione doganale al pagamento 
del tributo evaso; diritto che, discendendo da un fatto delittuoso, 
deve, come si � detto, per quanto attiene al termine prescrizionale, essere 
regolato dall'ultimo comma dell'art. 27 della legge doganale, mentre 
per tali fatti il debitore di imposta si identifica non tanto, ormai, con il 
proprietario della merce o con colui per conto del quale la merce era 
stata importata, ma unicamente con colui che, col dare alla merce importata 
una diversa destinazione, si � reso responsabile dell'evasione 
dei diritti doganali e del reato cosi previsto, e ci� in applicazione dell'art. 
145 della legge doganale, che pone appunto a carico del colpevole 
di tale reato, e del ricettatore, il pagamento del tributo evaso. 


(Omissis). 

i 

i 

I 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 28 gennaio 1967, n. 1 -Pres. Reale 
-Est. Ferrati -Biondi Massii;niliano (avv. Barillaro) c. Soc. Canale 
di Collecchio (avv. Menoni). 

Acque pubbliche -Controversia tra privati -Riflessi della nuova le~slazione 
su anteriori convenzioni. -Competenza del Tribunale delle 
acque -Sussiste. 

Acque pubbliche -Dichiarazione di demanialit� -Effetti -Precedenti 
diritti di natura privata -Decadenza. 

Acque pubbliche -Riconoscimento di antica utenza -Obbligo di fornire 
acque a terzi -Costituzione di subutenza. 

Acque pubbliche -Subutenza -Posizione giuridica -Imposizione del 
canone all'utente -Conseguenza del subutente -Gratuit� -Esclusione. 


La controversia che sorga tra privati, titolari di precedenti titoli 
di derivazione, circa i riflessi della nuova legislazione in materia di 
acque sulle anteriori convenzioni, appartiene alla cognizione dei Tribunali 
delle Acque, anche se sia pacifica la natura pubblica dell'acqua, 
involgendo tale controversia una questione relativa all'influenza della 
demanialit� sui preesistenti contratti tra privati aventi per oggetto le 
acque medesime (1). 

La dichiarazione di demanialit� delle acque ha importato la decadenza 
dei diritti di propriet� e in genere di tutti i diritti di natura 
privata che comunque si fossero in precedenza costituiti, salva la loro 
trasfoirmazione in diritti di uso temporaneo qualora sia intervenuto li 
riconoscimento o la concessione da parte deUo Stato (2). 

(1) La giurisprudenza, in tal senso, pu� ritenersi pacifica: cfr. Trib. 
Sup. Acque, 3 settembre 1964, n. 23, in questa Rassegna 1964, I, 1166, con 
ampia nota cui si fa rinvio. 
(2) Sugli effetti della demanializzazione delle acque, che costituisce 
un acquisto a titol� originario, che esclude il riconoscimento di diritti eventualmente 
costituiti a favore di terzi, dr. Trib. Sup. Acque, fo aprile 1965, 
n. 8, ivi, 1965, I, 580 con nota. 

(3) In tal senso c:fr. Trib. Sup. 7 luglio 1958, n. 241 Acque bonifiche e 
costr. 1958, 494; 10 �aprile 196?, n. 8, cit.; Cass. sez. un., 31 marzo 1966, 
n. 846, in questa Rass�gna, 1966, I, 572. 
(4) Cfr. Trib. Sup. 2 dicembre 1949, n. 23. 
13 



162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questione dell'influenza della demanialit� delle acque su preesistenti 
contratti tra privati aventi per oggetto le acque medesime. 

Non � sufficiente quindi ad escludere la competenza del giudice 
specializzato la circostanza che la natura pubblica dell'acqua sia pacifica 
tra i privati contendent~, giacch� ql.j.ella competenza sussiste sempre 
ove occorra stabilire quali siano le conseguenze che derivano, 
nei rapporti interni tra i privati, dalla demanialit� dell'acqua: ci� si 
verifica in modo particolare quando si debbano individuare gli eventuali 
riflessi della nuova legislazione in materia di acque sulle anteriori 
convenzioni tra privati, onde .spetta al giudice specializzato, per la 
necessit� sostanziale e processuale di una visione unitaria dei rapporti 
dipendenti e interferenti, giudicare delle questioni che, in relazione al 
nuovo stato di fatto e diritto creato dalla legislazione, sorgano tra 
coloro che per precedenti titoli derivavano ed utilizzavano quelle acque. 

Non Si deve del resto mai dimenticare che � la materia in contesa, 
l'oggetto della domanda o dell'eccezione che determina la competenza 
specializzata, poco importando la presenza, oppure no, della Pubblica 
Amministrazione. (Omissis). 

(Omissis). -Si deve ancora aggiungere che la contestazione tra 
le parti non verte sul fatto materiale dal godimento delle acque da 
parte del Consorzio -il diritto al godimento non � mai stato posto 
in discussione -bens� sulla natura del godimento medesimo, pi� precisamente 
se lo stesso debba continuare con la caratteristica della -gratuit� 
che aveva in passato e non va dimenticato che, come pi� volte 
� stato affermato da questo Tribunale Superiore, la dichiarazione di 
demanialit� delle acque ha importato la decadenza dei diritti di propriet� 
e in genere di tutti i diritti di natura privata che comunque si 
fossero costituiti su quelle acque, salvo la loro trasformazione in diritti 
di uso temporaneo qualora sia intervenuto il riconoscimento o la concessione 
da parte dello Stato. 

D'altronde quando .gli appellanti si fanno a sostenere che la 
menzione del loro diritto contenuta nel decreto di riconoscimento � 
stata fatta ai fini e per gli effetti dell'art. 40 del t. u. sulle acque 
pubbliche, per legittimare cio� la disposizione dell'acqua in loro 
favore, pongono in evidenza una circostanza idonea ad escludere la 
competenza del giudice ordinario, il quale � chiamato a risolvere esclusivamente 
controversie tra privati, nelle quali l'atto amministrativo 
si ponga come un presupposto fermo ed indiscusso. 

N� in tal modo .si fa discendere la risoluzione della questione di 
competenza da un'eccezione del convenuto, giacch� questa non serve 
che a maggiormente suffragare la conclusione cui si deve necessariamente 
pervenire in base all'esame dell'intera domanda dell'attrice. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 163 

Risolta la questione di competenza, si deve scendere al merito 
della controversia e prendere quindi in esame il secondo motivo del 
gravame, con il quale gli appellanti insistono nel negare di essere tenuti 
a corrispondere alla Societ� una quota .delle spese che essa sopporta 
per la derivazione dell'acqua, poich� essi sarebbero titolari di un 

� diritto di derivazione gratuito in forza di una servit� privatistica 
derivante da fatti costituitivi non modificati dall'attuale legislazione�. 
� pacifico in fatto che gli appelianti in antico godevano dell'acqua 
gratuitamente, come del resto � certo che anche� l'utenza della Societ� 
era gratuita: � soltanto dal 1-0 luglio 1924 che essa � assoggettata al 
pagamento del canone in favore dello Stato. 

Ora si deve immediatamente rilevare che gli appellanti non sono 
stati in grado di identificare il titolo in forza del quale essi derivano 
l'acqua: neppure dalla perizia giudiziale eseguita il 30 giugno 1873 
per la vendita all'incanto del Canale di San Martino Sinzano si traggono 
elementi precisi e sicuri per definire il rapporto giuridico in 
forza del quale avveniva la derivazione, giacch� risulta semplicemente 
che il Canale di San Martino si forma con acque del torrente Baganza 
e trae origine dal Canale di Collecchio ed era, in quel tempo, propriet� 
del marchese Dalla Rosa Prati, il quale affittava le acque a diversi 
proprietari della zona. 

� ovvio come simile deficienza debba necessariamente risolversi 
a danno degli appellanti, i quali, per suffragare la loro pretesa, non 
avrebbero dovuto limitarsi ad apodittiche enunciazioni, non sorrette 
da valida documentazione. 

Ad ogni modo sembra al Tribunale Superiore che la sentenza impugnata 
abbia correttamente deciso quando ha qualificato il Consorzio 
subutente di acqua pubblica. 

� noto invero che secondo le legislazioni degli Stati preunitari, 
che non escludevano la liceit� di convenzioni tra privati aventi ad 
oggetto l'acqua dei corsi pubblici ed ammettevano anzi la possibiUt� 
di costituzione di diritti sull'acqua per effetto di lungo uso, era possibile 
la costituzione di subutenze di acqua, mentre attualmente si deve 
ritenere quasi impossibile la costituzione di subutenze, poich� gli atti 
di concessione ed i relativi disciplinari regolano in modo preciso gli 
usi che il concessionario pu� fare dell'acqua. 

Si potrebbe piuttosto profilarsi il dubbio (e la stessa Societ� lo 
ha accennato nelle conclusioni assunte in prima istanza) se si tratti di 
coutenza, ma tale ipotesi va esclusa quando si rifletta che sussiste 
coutenza quando i vari interessati partecipano direttamente alla presa 
dell'acqua dal corso pubblico e all'esercizio delle relative opere e ciascuno 
� investito della titolarit� dell'utenza nei confronti dell'Amministrazione; 
nel caso concreto non ricorre sicuramente il primo requisito 
(la controversia � sorta proprio perch� � la sola Societ� a provvedere 


164 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla presa dell'acqua del torrente) e non ricorre nemmeno il secondo, 
perch� l'atto amministrativo di riconoscimento � operato in modo diretto 
solo nei rapporti della Societ� in aderenza alla istanza da essa �sola 
presentata. 

Vero � che nel decreto di riconoscimento si menziona il Consorzio 
e si specifica il quantitativo d'acqua a lui spettante, ma ci� significa 
semplicemente che di fronte alla generica dichiarazione che la Societ� 
aveva fatto nell'istanza di riconoscimento la Amministrazione ha ritenuto 
necessario individuare il contenuto del diritto vantato dagli utenti 
di San Martino Sinzano, per tenerne conto nel determinare il quantitativo 
d'acqua oggetto del riconoscimento a favore della Societ�, a 
carico esclusivo della quale � stato posto il pagamento del canone 
per l'intero quantitativo: dal che si deduce come la clausola relativa 
agli utenti di San Martino non possa inquadrarsi nell'ipotesi prevista 
dal terzo comma dell'art. 40 t. u., la quale presuppone condizioni non 
verificatesi nel caso attuale. 

Ora la concessione dell'utenza di acqua pubblica in favore di chi 
ne godeva gi� in precedenza, con l'obbligo di fornire l'acqua a terzi, 
coi quali fossero intervenuti contratti di somministrazione, importa il 
costituirsi di una subutenza avente il suo titolo nella concessione stessa 
e regolata non ,Pi� dal contratto originariamente intervenuto tra le 
parti, ma dal disciplinare della concessione (cfr. Trib. Sup. 7 luglio 
1958, n. 24). 

E che coloro i quali, in base alle antiche legislazioni, abbiano 
acquistato da chi ne aveva la disponibilit� diritti sull'acqua debbono, 
dopo la dichiarazione di demanialit� dell'acqua medesima, essere considerati 
subutenti lo ha recentemente ribadito fa .~prema Corte (sent. 
31 marzo 1965, n. 846) nei riguardi dei compratori di acque dalla 
Societ� Acqua Pia Antica Marcia. 

Orbene, definito di subutenza il rapporto che intercorre tra la 
Societ� ed il Consorzio, la questione della gratuit� della subutenza 
medesima deve necessariamente risolversi in senso contrario all'assunto 
degli appellanti. Questi ammettono infatti che l'intervenuta pubblicit� 
delle acque abbia uniformato tutti i preesistenti rapporti di uso a 
quello di concessione, rendendo caduche tutte le svariate fonti costitutive 
di tali rapporti, ma non dimostrano come tale ammissione si 
concilii con la tesi che quel mutamento si sia verificato solo per gli 
utenti e non anche per i loro aventi causa, oggi qualificati subutenti 
(conci. pag. 16). 

Poich� invece la condizione del subutente rimane vincolata alla 
condizione giuridica dell'acqua formante oggetto del suo diritto, ne 
deriva che, dichiarata la demanialit� dell'acqua ed assoggettato l'utente 
al pagamento del canone, vien meno anche la gratuit� della subutenza. 

% 


Acque pubbliche -Alveo -Nozione .. Alveo mutevole e vagante -Limiti. 

L'alveo, anche per imprescindibili esigenze di sicurezza e protezione 
dei fondi Zatistanti, va determinato in relazione all'intera energia 
potenziale del fiume, del quale costituisce la naturale sede di espansione, 
a prescindere dalla situazione contingente dei diversi periodi 


166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
di portata; di conseguenza, la relazione tra acqua corrente e terreno 
deve essere valutata non gi� in termini di immediata inerenza, ma 
secondo un criterio di normale e probabile asservimento, in guisa da 
ricomprendere in una pi� ampia nozione di complesso demaniale idrico 
sia le zone destinate ad essere sommerse in occasione delle piene ordinarie 
e normali e sia la intera superficie dei cosidetti alvei mutevoli 
o vaganti (1). 
(Omissis). -I primi giudizi hanno escluso la natura demaniale 
del bene sia in considerazione della situazione obiettiva dei luoghi, 
ma anche e sopratutto perch� influenzati dai titoli costitutivi della 
propriet�, esibiti dalla Flaccomio. 
Sul primo punto si �, molto sommariamente, ritenuto che l'immobile 
de quo non � identificabile con l'alveo propriamente detto, e 
cio�. con la parte concava nella quale scorrono le acque, in quanto 
trattasi di un'ampia superficie pianeggiante, ricoperta da uno strato 
di terreno coltivabile, con tracce di vegetazione spm1tanea e di oleandri, 
che, se anche pu� venire sommersa in occasione di pieno, � sita in una 
posizione di poco pi� elevata rispetto al letto del torrente e si presenta 
con pendenza verso il vecchio muro d'argine, esistente per un lungo 
tratto del confine est. 
In ordine alla legittima provenienza del bene, il Tribunale Regionale 
ha, poi, affermato che con i verbali in data 3 agosto 1868 e 21 
gennaio 1869 del giudice delegato del Tribunale di Messina venivano 
concessi in enfiteusi a Natale Crisafulli i lotti nn. 43 o 46 del piano di 
ripartizione dell'ex feudo Sulleria, gi� appartenente al soppresso Monastero 
di S. Gregorio di quella citt� e passato al Demanio dello Stato 
per effetto della 1. 10 aprile 1862, comprendenti i terreni in contestazione; 
che con atto 1� aprile 1871 del Notaio Musciamisi il Crisafulli 
aveva affrancato il canone del lotto n. 43 e parte di quello n. 46; che, 
infine, porzione di detti lotti, e precisamente il terrc,mo denominato 
praia o ghiarine esistente nel torrente Mazzarr� S. Andrea, era pervenuto 
a seguito dell'atto di alienazione 6 marzo 1912 del Notaio Betto, 
dell'istrumento di divisione 11 agosto 1912 del Notaio Bonanno, del 
rogito di vendita 6 maggio 1917 per Notar Randazzo e del testamento 
di Cosimo Flaccomio pubblicato il 31 ottobre 1924, all'attuale appellata 
Tommasa Flaccomio. 
(1) La sentenza, con ampia e precisa motivazione, ha risolto un caso di 
specie delicato, nel quale l'alveo riguardava una c. d. fiumara, con letto � 
quasi sempre asciutto, ma mutevole e vagante e potenzialmente sottoposto I:: 
all'improvviso deflusso delle acque torrentizie, Per qualche precedente :: 
nelle no:z;ioni di ialveo cfr. Sez. Un., 11 maggio 1942, n. 1227, Foro it., 1962, 
I, 831; Trib. Sup. 30 gennaio 1965, n. 1, in questa Rassegna 1965, I, 233 
1.�� 
" 
con nota. 
i 


PARTE I, SEZ. VI; GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 167 

I rilievi anzidetti non possono essere condivisi, poich� in parte 
sono palesemente erronei e non aderenti alla reale situazione dei luoghi, 
mentre per il resto devono ritenersi del tutto ultronei in relazione alla 
concreta fattispecie. 

Invero � anzitutto evidente l'inattendibilit� del concetto di alveo, 
accolto in sentenza limitatamente alla parte concava nella quale scorrono 
le acque, con esclusione delle zone circostanti, anche se soggette 
ad essere sommerse in occasione di piene, neppure specificate se ordinarie 
o eccezionali, sol che si trovino in .posizione di poco pi� elevata 
rispetto al letto del fiume. 

Tale opinione si riallaccia a quella rigorosa teorica, secondo cui 
la natura pubblica del suolo in vista della sua funzione di alveo � 
circoscritta alla sola porzione la quale a fiumine tenetur, limitatamente 
al periodo di tempo in cui essa � attraversata dalle acque, mentre la 
caratteristica anzidetta viene meno non appena si modifica, per UU�� 
qualsiasi avvenimento, la su indicata realzione di stretta inerenza. Il 
successivo approfondimento dei fenomeni connessi al regime e alla 
struttura dei corsi d'acqua naturali ha, per�, dimostrato l'inaccettabilit� 
di una simile soluzione, specie in ordine a quelle zone di terreno, gi� 
attraversate dalle acque e soltanto temporaneamente riemerse. In 
realt� l'alveo, anche per imprescindibili esigenze di sicurezza e protezione 
dei fondi latistanti, va pi� esattamente determinato in relazione 
all'intera energia potenziale del fiume, dal quale costituisce la naturale 
sede di espansione, a prescindere dalla situazione contingente dei diversi 
periodi di portata. Sotto questo riflesso la relazione tra acqua corrente 
e terreno deve essere valutata, non gi� in termini di immediata inerenza, 
ma secondQ un criterio di normale e probabile asservimento, in guisa 
da ricomprendere in una pi� ampia nozione di complesso demaniale 
idrico sia le zone destinate ad essere sommerse in occasione delle piene 
ordinarie o normali e sia la intera superficie dei cosidetti alvei mutevoli 
o vaganti. Questo Tribunale Superiore ha gi� avuto occasione 
di precisare che l'estensione di terra, la quale non .sovrasti il livello 
delle piene ordinarie, si considera facente parte dall'alveo e ne segue 
la disciplina giuridica, pur s, in determinate stagioni dell'anno e a 
seguito di prolungati periodi di siccit�, non sia coperta dalle acque 
ed emerga da essa, presentando tracce di vegetazione (sent. 30 .gennaio 
1965, n. 1). A maggior ragione la stessa interpretazione va accolta 
nel caso di alveo mutevole o vagante, che pi� direttamente interessa 
l'attuale controversia. Com'� noto, il letto dei corsi d'acqua a regime 
prevalentemente torrentizio �, di regola, costituito da un'ampia estensione 
di terreno pianeggiante, nella quale, anche in periodi di magra, 
si espandono i vari bracci o rami attivi della corrente in sedi sempre 
diverse secondo la naturale vis fiuminis, nonch� l'andamento e la 
sinussit� del terreno. In tale eventualit� e fino a quando non inter



168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vengano opere artificiali di arginatura, tutta intera la superficie compresatra 
le opposte sponde deve ritenersi alveo del fiume, giacch� di 
fatto essa si presenta continuamente inserviente al sempre mutevole 
deflusso del corso d'acqua. 

Orbene nella specie � emerso dall� ispezione dei luoghi eseguita 
in questa sede che il letto del torrente Mazzarr� S. Andrea, per quanto 
riguarda la parte della sponda destra in contestazione, � in effetti 
costituito da un'ampia superficie pianeggiante, con diversa pendenza 
e altitudine, talora con una configurazione a �schiena d'asino, come 
risulta dalle due misurazioni praticate in loco; che detta zona, protetta 
da opere artificiali costruite in un primo tratto all'evidente scopo di 
sottrarre alla vis jluminis una porzione della sua originaria consistenza, 
non � per il resto delimitata all'infuori del vecchio muro 
d'argine, neppure continuo, sito ad est oltre i terreni, dei quali la 
Flaccomio pretende di essere proprietaria; che, infine, tale area presenta 
tracce di yegetazione spontanea e qualche oleandro ed � intervallata, 
in tutta la sua larghezza, da zone a fondo ghiaioso e sabbioso, 
con ciottoli, rinvenute anche tra i due spezzoni del vecchio muro 
d'argine e nella contigua particella 22. I rilievi anzidetti non lasciano 
dubbio alcuno sulla effettiva natura e funzionalit� della superficie 
come sopra considerata, la quale, in tutta la sua estensione fino al 
vecchio muro di argine, � obiettivamente destinata ad essere attraversata 
dai vari rami e bracci attivi del corso d'acqua e costituisce quindi 
il naturale alveo del torrente. Pi� specificatamente ricorre nella specie 
l'ipotesi di una di quelle � fiumare ., caratteristiche dell'Italia meridionale, 
con letto ampio e in prevalenza ghiaioso e ciottoloso, quasi 
sempre asciutto, ma tuttavia in atto inserviente nella sua integrit� 
all'improvviso e normale deflusso delle acque torrentizie. Da questo 
punto di vista del tutto ultronea si ravvisa la chiesta prova orale, 
essendo ovvio che la obiettiva conformazione dell'alveo mutevole o vagante 
non pu� essere alterata dal mancato attraversamento dell'acqua 
in una singola zona, anche se protratta per lungo tempo, ma dall'esecuzione 
di opere stabili di arginatura, le quali soltanto, a prescindere 
dalle conseguenze giuridiche circa la propriet� della parte di alveo 
artificialmente prosciugato, sottraggono, in maniera stabile e permanente, 
una porzione del letto del fiume alla sua naturale destinazione. 

� poi noto che per le superficie di terreno anzidetto non � configurabile 
un diritto di privata propriet� e, trattandosi di demanio necessario, 
assume esclusivamente e preminente importanza la conformazione 
naturale del bene, nonch� la sua attitudine all'uso pubblico (donec 
inservit flusini pubblico), con la conseguenza che nessun rilievo pu� 
riconoscersi ai negozi di diritto sostanziale, in precedenza compiuti dalla 
stessa amministrazione sul presupposto della natura patrimoniale del 
terreno (Cass. 15 gennaio 1952, n. 71). Ma, a parte l'assoluta irrile




Arbitrato -
dell'Anlministrazione. 
At~bi:tntto -
~iudizio. 
Arbitrato -
dell'Anlministrazione. 
At~bi:tntto -
~iudizio. 
169 
le relative sentenze non spie-
petitoria. ' 
fflinti<tu" di appello, deve, pertanto, dichia����
1;1;~~1 J()el11 in diSP..ta, con il conseguente rigetto 
Flaccomio. 
precisato che, una volta riconosciuta la 
11nm(1t)lJL1 dati in godimento all'Aiello, il relaimprecisa 
formulazione, deve ritenersi un 
annn.1ni:stt~atilvo di concessione, costituente l'unico mezzo 
� possibile nell'ordinamento positivo vigente il trad� 
uso relativi fllla propriet� pubblica. (
Omissis). 
ARBITRALE, 18 aprile 1966, n. 18 (Roma) -Pres. Ciasca -
$oc. T.E.I. (avv. Fortini) c. Ministero P. I. (avv. Stato Zagari). 

Mancata decisione ammlnf.strativa delle riserve -Tempo, 
ranea improcedibilit� del giudizio arbitrale -Costituzione in mora 

Domanda arbitrale -Decisione delle riserve prima della 
ctit'UZllOQ.e del collegio arbitrale -Validit� della domanda e proce


decisione delle riserve costituisce motivo di improe 
non di incompetenza del collegio arbitrale. 
all'inerzia dell'Amministrazione mediante 
e� rendere procedibile la lite con l'inutile decorso 


(1). 

. . (1)~:i;tlta ~fo~edlf,)fU~� del giudizio arbitrale prima della decisione del


le riserve.�. 

l... l,1{~1 breve giro di poche proposizioni, il lodo � riuscito ad assommare 
molteplici e rilevanti errori. Prima di parlarne dettagliatamente, 
sembra ()pportuno osservare che i dubbi sul significato e la portata del

170 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La domanda arbitrale � validamente proposta anche prima del 

provvedimento amministrativo sulle riserve, quando le stesse siano 
decise nelle more della costituzione del collegio arbitrale (2). 

(Omissis). -Passando all'esame della controversia, va preliminarmente 
valutata l'eccezione di carattere procedurale sollevata, in sede 
di costituzione, dal Ministero della P. I., in relazi�ne al disposto 
dell'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa. 

Tale norma stabilisce la facolt�, per le parti, di deferire ad un 
Collegio Arbitrale la soluzione delle vertenz�e che � non si siano potute 
definire in via amministrativa �; ed il Ministero della P. I. ne ha dedotto 
che, per potersi far luogo al giudizio arbitrale, sia condizione imprescindibile 
la previa emanazione di un provvedimento della Pubblica 
Amministrazione, che si pronunzi sulle vertenze insorte. 

Un tale provvedimento, prosegue l'Avvocatura, al momento della 
proposizione della domanda di arbitrato da parte della T.B.I., non 
v'era stato, n� sarebbe stato ravvisabile nel silenzio dell'Amministra


l'art. 23 del capitolato generale della Gestione Ina Casa, erano ingiustificati. 
La norma sostanzialmente riproduce le disposizioni degli artt. 42, 
43 e 44 del capitolato generale28 maggio 1895 sulle opere di competenza 
del Ministero dei lavori pubblici, al quale per il 2� comma dell'art. 6 del 

d. P. R. 27 giugno 1949, n. 340, quello della Gestione era tenuto ad uniformarsi. 
Secondo le disposizioni citate, il giudizio sulle contestazioni tra 
committente e appaltatore � subordinato non solo all'ultimazione dei lavori, 
ma al collaudo ed all'approvazione del collaudo. Le uniche eccezioni sono 
quelle di cui alle lettere a) e b) dell'art. 44; eccezioni che l'art. 23 del 
capitolato della Gestione riproduce testualmente. Del resto, poich� dopo 
tali eccezioni, lo stesso art. 23 in esame aggiunge che � per tutte le altre 
controversie il giudizio degli arbitri verrd emesso dopo l'approvazione del 
collaudo�, sembra assolutamente chiara l'impossibilit� di una lite anticipate 
fuori della ipotesi tassativamente previste. 
Occorre appena aggiungere, che il collaudo non ha solo il fine del 
controllo tecnico e contabile dell'opera e della gestione dei lavori, ma 
pure quello di esaminare le questioni oggetto di controversia con l'appaltatore 
e per le quali il medesimo abbia proposto riserva. Gli artt. 91, 

u. c., e 100, 2<> comma, del Regolamento approvato con r. d. 25 maggio 
1895, n. 350 (a sua volta richiamato dal capitolato generale statale del 
1895, al quale quello della Gestione rinvia con l'art. 101, u. c.), sono espliciti 
al riguardo. E poich� l'approvazione del collaudo si manifesta con il 
riscontro di tutta l'attivit� demandata ai collaudatori (art. 109, Reg. cit.), 
� del pari evidente che non si avr� collaudo approvato fin �quando l'Amministrazione 
non si sia pronunciata tanto sui profili tecnici che su quelli 
amministrativi e contenziosi risultanti dalle relazioni dei collaudatori. 
Infatti l'art. 109 sopra citato, al numero 2 del primo comma, richiamo testualmente 
le � relazioni di cui al precedente art. 100 � (e quindi, sia la 
relazione tecnica, che quella sulle controversie), ed all'ultimo comma definisce 
il contenuto del provvedimento di approvazione, consistente nella 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 171 

rz:ione stessa in merito all'atto di diffida a provvedere sulle riserve, 
notificatole ai sensi dell'art. 5 t. u. 3 marzo 1934, n. 383, data l'applicabilit� 
di tale norma unicamente all'attivit� di imperio della P. A., 
e non a quella di gestione. 

Di qui l'asserita � improponibilit� della domanda di arbitrato � 
ed una � incompetenza � del collegio arbitrale. 

A riguardo si deve osservare, anzitutto, che le argoment~zioni 
del Ministero della P. I., anche in ipotesi di loro fondatezza, non danno 
luogo ad una eccezione di incompetenza del Collegio arbitrale, semmai 
soltanto ad una temporanea improcedibilit� della domanda di arbitrato. 
Innegabile �, infatti, la competenza del Collegio a conoscere 
della controversia in questione, solo che la sua attivit� sarebbe condizionata 
alla previa emanazione di un provvedimento della P. A. che 
si porrebbe, pertanto, come condizione di procedibilit�. 

Che la sussistenza di una tale precisa condizione possa desumersi 
dal disposto dell'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa non � 
tuttavia asseribile con certezza, data la genericit� delle espressioni 
usate da tale norma: impossibilit� di una definizione in via ammini


deliberazione circa l'ammissibilit� del certificato di collaudo, e sul'le domande 
dell'appaltatore. 

Se manchi un collaudo apprnvato, nei sensi e nell'estensione che si 
sono illustrati, il giudizio sulle riserve � quindi impossibile. E tale impossibilit� 
� causata da una ragione di vera e propria improponibilit�, quando 
delle controversie debbano occuparsi gli arbitri. 

2. -In proposito, a torto il lodo definisce la situazione processuale di 
mera improcedibilit�, sotto il profilo che la competenza degli arbitri gi� 
sussi!sterebbe in forza del negozio compromissorio. 
La giurisdizione civile � riservata dalla legge ai giudici ordinari che 
la esercitano secondo le rispettive competenze: essi sono i giudici naturali 
delle controversie. Gli arbitri hanno giurisdizione in via di deroga, a seguito 
di investitura delle parti: perci� cosi nell'ipotesi che all'arbitro non 
risulti conferito il potere di gitidicatl'e, come 1in quella in cui giudichi fuori 
dei limiti e dei termini del negozio compromissorio, egli � un non 'arbitro, 
e l'eventuale pronuncia � una non sentenza. In breve, nel giudizio arbitrale, 
la competenza coincide con la giurisdizione, poich� l'arbitro al di 
fuori della propria competenza non ha giurisdizione. 

Ora il capitolato generale della Gestione (come quello del Ministero 
dei lavori pubblici) attribuiscono potere decisorio agli arbitri subordinatamente 
alla tassativa condizione che si � ricordata, e cio� che sia intervenuta 
l'approvazione del collaudo. Se la condizione manchi, non esiste 
ancora la competenza degli arbitri. Ci� � tanto vero che nell'eccezionale 
ipotesi di giudizio anticipato di cui alla lettera b) dell'art. 23 del capitolato 
in esame, il penultimo comma dello stesso articolo espressamente rico.
nosce agli arbitri la competenza a decidere sulla effettiva indifferibilit� 
della controversia. 

Senza questa norma gli arbitri non potrebbero giudicare su conte.
stazioni in corso d'opera, poich� la clausola arbitrale espressa nel capi-

I


Ii

! 
I 

I 



172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strativa non � sinonimo di provedimento necessario e pregiudiziale. 
A tal riguardo non sussistono i presupposti essenziali della condizione. 
quali il provvedimento dovuto e i termini per l'impugnativa. 

Anche ammessa, in via di ipotesi, l'esistenza dell'eccepita condizione 
di procedibilit�, � da rilevare tuttavia che, nella specie, essa si 
� indubbiamente realizzata. 

Si pu� prescindere infatti, nel caso, dall'uniforme indirizzo giurisprudenziale 
del Consiglio di Stato, che ritiene atto valido a costituire 
provvedimento di silenzio-rifiuto (idoneo a soddisfare la condizione di 
procedibilit�) la diffida diretta a conseguire dall'Amministrazione la 
pronuncia che questa ha il dovere giuridico di emettere (v. dee. n. 8 
del 3 maggio 1960, Ad. Gen.). 

Si deve rilevare invece, che, con nota del 24 giugno 1965 -e cio� 
prima ancora della costituzione del Collegio Arbitrale -il Ministero 
della P. I. comunicava alle T.E.I. il rigetto delle riserve da essa formulate. 


tolato definisce la volont� delle parti non ,solo in relazione al contenuto 
della competenza degli arbitri, ma pure e rigorosamente circa il tempo e 
le condizioni per farsi luogo al giuaizio. Pertanto si ripete, quando nel 
caso concreto non sussista la situazione posta dal negozio compromissorio 
per l'esercizio del potere decisorio, gli arbitri sono privi di potere, mancano 
-cio� -di competenza. Ed il giudizio non � improcedibile, ma 
improponibile. 

3. -Al fine di rimuovere l'ostacolo dell'improponibilit�, rappresentato 
nella specie dalla mancata decisione delle riserve, il lodo ha ritenuto 
adeguato il rimedio della costituzione in mora dell'Amministrazione,. 
attraverso cui giungere ad un provvedimento negativo implicito. Trattasi 
del noto istituto previsto dall'art. 5 della legge comunale e provinciale. Il 
richiamo, per�, non era pertinente, essendo l'applicabilit� di tale istituto 
limitata al campo del diritto pubblico, come si desume dalle fonti e dalla 
ragione giustificatrice, oltre che dalla struttura del silenzio-rifiuto e dalle 
modalit� attraverso cui si forma. 
Per le fonti, � noto che la norma � dettata per l'ipotesi della inerzia 
dell'Amministrazione nel decidere su un ricorso gerarchico. Quanto alla 
ragione giustificatrice, � stata esattamente identificata nella impossibilit� 
di usare dei mezzi di tutela dei dir.itti soggettivi, quando ,l'inerzia amministrativa 
leda posizioni di mero interesse. Infine, la struttura dell'istituto, 
il modo attraverso cui si forma il provvedimento amministrativo implicito, 
le conseguenze che gli sono proprie ed i limiti della tutela ulteriormente 
accordata all'interesse leso, sono strettamente legate all'ambiente pubblicistico 
in cui esso opera, ed alla consistenza delle situazioni soggettive 
che caratterizzano tale ambiente. � 

Negli appalti pubblici, invece, il rapporto tra le parti � prettamente 
contrattuale, anche se esistono peculiari posizioni di supremazia a favore 
dell'Amministrazione. Una situazione di inerzia della stessa, � perci� suscettibile 
di d�r luogo ad inadempimento contrattuale, per il quale gli 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 173 

Non v'� dubbio, pertanto, che -prima ancora del momento nel 
quale il giudizio arbitrale prendeva inizio (Cass. Sez. I, 23 luglio 1964 

n. 1989) -veniva rimosso quell'ostacolo alla procedibilit�, che si assume 
stabilito dall'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa. 
Il fatto, peraltro, che il concreto provvedimento sia stato comunicato 
dopo la notificazione della domanda di arbitrato, non potrebbe, 
comunque, inficiare la regolarit� del giudizio stesso e della decisione, 
giacch� � principio uniformemente seguito da giurisprudenza e dottrina 
quello di una economia dei giudizi per il quale, sotto il profilo della 
validit�, � sufficiente che taluni elementi, pur necessari all'atto della 
proposizione della domanda, sopravvengano, invece, in un momento 
successivo, ma pur sempre precedente a quello in cui possono e devono 
essere presi in considerazione. 

L'eccezion~, pertanto, va respinta. -(Omissis). 

eventuali rimedi non possono non ricercarsi che tra gli opportuni mezzi 

del diritto privato. 

Quello adeguato al caso in questione, � stato identificato dalla giuri


sprudenza pi� autorevole nel ricorso al giudice, perch� fissi a norma del


l'art. 1183 c. c. il termine entro il quale l'Amministrazione deve procedere 

alla esecuzione della prestazione, e cio� alla approvazione del collaudo. 

Scaduto il termine fissato, l'obbligazione si ha per inadempiuta, e l'osta


colo processuale alla proponibilit� del giudizio � automaticamente rimosso, 

poich� viene a concretarsi una situazione di lite indifferibile (Cass., 11 

aprile 1963, n. 927). 

Sembra il caso di aggiungere, .che il rimedio della costituzione in mora 

risulta inapplicabile anche sulla scorta dei principi propri d� tale istituto. 

Esso ha la funzione di far constatare l'inadempimento, attraverso l'inti


mazione o la richiesta ad adempiere. Ora n� la legge, n� il capitolato 

generale prevedono un termine, entro cui l'Amministrazione deve appro


vare il collaudo, e quindi decidere sulle riserve. Quando nemmeno nel ca


pitolato speciale sia fissato un termine, trattasi di obbligazione senza 

termine; ed � impQISsibile costituire in mora chi non � inadempiente perch� 

la propria obbligazione non � ancora scaduta, n� il creditore ha diritto di 

intimare l'esecuuone di una prestazione senza termine, se un rtermine risulti 

indispensabile per la natura stessa della prestazione (cit. art. 1183 c. c.). 

4. -L'ulteriore ragione di dissenso con il lodo annotato, � nella affermazione 
che intervenuta la decisione sulle riserve nelle more della costituzione 
del collegio, la domanda arbitrale deve considerarsi validamente 
proposta ed il giudizio senz'altro procedibile. 
L'atto di collaudo, ed il provvedimento che lo approva (e con ci� si 
ripete, viene fatto riferimento pure alla decisione delle riserve), costituiscono 
presupposti processuali della lite arbitrale (Cass., 22 dicembre 1964, 

n. 2968, in questa Rassegna, 1964, I, 222). Quindi essi devono sussistere 
al momento della proposizione della domanda (art. 5 c.p.c.), essendo al 
riguardo ogni successivo mutamento della situazione di :fatto del tutto 
�inconferente (cfr. sul punto, questa Rassegna, 1966, I, 1135, sub n. 2). 

G. DEL GRECO 

SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 marzo 1966, n. 5 -Pres. Foschini Rei. 
Bivona -P. M. Parlatore (conf.) -Rie. Casetta ed altro. 

Ingiuria e diffamazione -Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa 


Esimenti -Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere 


costituzione -Diritto di cronaca -Limiti. 

(cost., art. 21; c. p., artt. 51, 595). 

Ingiuria e diffamazione � Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa � 
Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. Diritto di cronaca 
-Limiti . -Eccesso colposo -Condizione. 

(c. p., artt. 51, 55 e 595). 
n diritto di cronaca giornalistica, co.nsiderato fra i diritti pubblici 
soggettivi inerenti ana libert� di pensiero e di stampa, riconosciuti 
dall'art. 21 della Costituzione, consiste essenzialmente nel potere-dovere 
conferito al pubblicista, di portare a conoscenza dei lettori fatti, notizie, 
vicende realmente interessanti la vita associata in modo che il pubblico,. 
esattamente informato, possa orientarsi meglio, esprimere un proprio 
giudizio sugli avvenimenti, trarne le� debite conclusioni e, ail'occorrenza~ 
assumere tutte quelle legittime iniziative per garantire il rispetto di 
quei principi giuridici, etici e morali, che sono alla base deUa comunit� 
organizzata in un determinato momento storico. Questi essendo il contenuto 
e le finalit� propri del diritto di cronaca giornalistica, per la 
sua sussistenza, e quindi, anche per il configurarsi della relativa causa 
di giustificazione prevista dall'art. 52 c. p., occorre, oltre l'interesse 
pubblico e l'appagamento dello stesso mediante una informazione mantenuta 
nei limiti della obiettivit� e della serenit�, che la notizia pubblicata 
sia vera od almeno seriamente accertata. Quando si trasmoda 
da questi limiti e l'informazione costituisca semplice occasione o, peggio 
ancora, pretesto per colpire nell'onore e nella reputazione un. 
avversario politico, o, comunque, un portatore di idee diverse e contrarie, 
e si sconfini nell'ingiuria, nella contumelia e nella gratuita 
denigrazione, l'esercizio del diritto di cronaca non � pi� configurabile� 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 175 

e, conseguentemente, il fatto non pu� essere disc1�iminato, diventando in I 
tal caso la� pubblicazione semplice strumento di aggressione aUa altrui i 
reputazione, tanto pi� grave quando l'articolista abbia inventato di 
sana pianta i fatti narrati o li abbia addirittura taciuti, abbandonandosi I 
soltanto ad apprezzamenti e considerazioni offensivi e denigratori della 

l 

persona presa di mira (1). 
Ogni esorbitanza dai limiti di esercizio del diritto di cronaca gior


I 

nalistica, sul piano logico e giuridico, che la pubblicazione nel suo 
insieme ed in rapporto al suo specifico contenuto possa qualificarsi seria 

l 

e concreta espressione di una attivit� giornalistica di informazione e 

I 

di orientamento della pubblica opinione, potendo entro questi limiti 
configurarsi un eccesso qualora il giornalista abbia imprudentemente 

ll

dato colore ,alla notizia, pubblicata, narrandola con tinte vivaci e sugg~
stive e talora impiegando, a titolo di commento, espressioni superI 
flue che possano suonare offesa per l'altrui reputazione. Quando lo I 
stesso presupposto manca ed ogni limite viene superato e travolto dalla 
licenza, l'eccesso non pu� che essere esso stesso doloso, come nel caso 

I 

in cui volontariamente e scientemente siasi pubblicato un articolo contenente 
non gi� fatti concreti, bens� esclusivamente, insinuazi<?ni, contumelie 
ed offensive qualificazione per la persona presa particolar


I 
mente di mira (2). ! 
li 

1 

I

(1) Sui requisiti del diritto alla cronaca giornalistica, in relazione ali 
l'applicazione della causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c. p. la 
l

giurisprudenza della Cassazione � conforme alla sentenza annotata, nel 
senso che, affinch� ci sia l'esercizio del diritto soggettivo di critica e di 

l 

censura garantita dall'art. 21 della Costituzione e non il reato di diffamazione 
a mezzo stampa �Occorre che : a) la notizia sia vera o almeno 1 
seriamente accertata; b) che esista un interesse pubblico alla conoscenza I, 
dei fatti pubblicati, in modo che il pubblico esattamente informato possa 


1 

orientarsi meglio e valutare gli avvenimenti; c) che l'informazione sia 
mantenuta nei limiti della obiettivit� e serenit�. 
Nello stesso senso v. Cass. 14 giugno 1965, Relazione della Avvocatura 
dello Stato, anni 1960-1965, voi. III, 555; Cass., 6 novembre 1964, n. 359, 

I 

Giust. pen., 1965, II, 270; C1ass. 4 dicembre 1962, n. 1251, Giust. pen., 1963, I 
II, 844; Cass. 8 ottobre 1962, Giust. pen., 1964, II, 138, con nota di CARDAGNONE; 
Oass. 23 febbraio 1960, Giust. pen., 1960, II, 741; Cass. 5 marzo 
1960, Giust. pen., 1961, II, 103. In dottrina cfr. PERETTI GRIVA, Diritto di 

I

critica e diffamazione, in Rass. Diritto cinematografico, 1959, 71. 

(2) Giurisprudenza costante anche per la seconda massima sulla reI 
I

sponsabilit� a titolo di dolo e non di colpa quando l'eccesso sia consapevole 

l 

e volontario, con l'esclusione dell'applicazione dell'art. 55 c.p. V. Cass. 14 i 
marzo 1962, n. 1089, Cass. pen., Mass., 1962, 607; Cass. 12 maggio 1955, 
Arch. pen., 1955, II, 675; Cass. 14 febbraio 1955, Riv. pen., 1955, II, 661. 


M. DI PACE i 
I I 

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I. 
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] 


176 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 giugno 1966, n. 2567 -Pres. Rosso 
-Rel. A. Leone -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. P. M. in proc. 
Trevisan. 

Reato -Sospensione condizionale della pena -Seconda concessione 
del beneficio -Impossibilit� di pagare la pena pecuniaria inflitta 
con precedente condanna -Non revocabilit� dell'ordinanza, emessa 
in sede d'esecuzione, che affermi la preclusione d'ogni indagine 
su tale impossibilit�. 

(c. p., art. 164). 
Emessa, in sede d'incidente d'esecuzione, una ordinanza che affermi 
la preclusione d'ogni indagine circa la possibiZit� di adempiere la condizione 
del pagamento di una precedente pena pecuniaria, cui sia stata 
subordinata la sospensione condizionale d'una pena detentiva, tale ordinanza 
fa stato riguardo la questione di. diritto decisa e non � revocabile. 

(Omissis). -Con sentenza 26 giugno 1963 il Pretore di Dolo condann� 
Trevisan Bruno alla pena di lire 100 mila di multa per emissione 
di assegno a vuoto, concedendo il beneficio della sospensione condizio


nale dell'esecuzione della pena. Successivamente, con sentenza 18 novembre 
1964 del Tribunale di Venezia e divenuta irrevocabile il 13 di


(1) Ancora in tema d'interpretazione della legge 24 aprile 1962, n. 191, 
modificatrice dell'art. 164 c. p. sulla sospensione condizionale della pena. 
1. -L'annotata decisione della Corte di Casazione, d'Lndrubbia esattezza 
(dato che le ordinanze risolutive d'incidenti d'esecuzione sono provvedimenti 
giurisdizionali, che ammettono quale unico mezzo d'impugnazione il 
ricorso per cassazione, a norma dell'art. 631 c.p.p.), non � entrata nel merito 
della .questione prospettata nella requisitoria del Procuratore Generale 
Detta requisitoria accenna, senza prendervi posizione, alla tesi del Procuratore 
della Repubblica di Venezia che, in contrasto con l'impugnata ordinanza 
del Pretore di .quella citt� aveva sostenuto la non deducibilit� 'in fase 
esecutiva dell'impossibilit� del pagamento di precedente pena pecuniaria, 
cui fosse stata condizionata la concessione della condizionale per una successiva 
condanna a pena detentiva. 

Secondo tale tesi, che trova conforto tn una decisione della Cassazione 
del 21 ottobre 1963 (rie. Servillo), spetta soltanto al giudice che pronuncia 
la seconda condanna valutare se la condizione (del pagamento della precedente 
pena pecuniaria) sia possibile e vada pertanto apposta alla nuova 
concessione della condizionale, mentre il giudice dell'esecuzione dovirebbe 
sempre limitarsi a prendere atto del mancato verificar.si della condizione 
ed a disporre la revoca del beneficio ai sensi dell'art. 590 c.p.p. 

2. -Non sembra, tuttavia, che la soluzione del quesito possa essere 
unitaria, diversificandosi invece a seconda che esso riguardi l'impossibilit� 
materiale (risolventesi ne11'inca:i;>acit� economica assoluta) ovvero quella 
giuridica (rappresentata dall'estinzione del reato o de11a pena). 
., ., , w. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 177 

cembre 1964, il Trevisan fu condannato a quattro mesi di reclusione per 
bancarotta �semplice e, in applicazione dell'ultimo comma dell'art. 164 

c. p. aggiunto con I. 24 aprile 1962, n. 191, fu concessa la sospensione 
condizionale dell'esecuzione di tale pena alla condizione che il Trevisan 
pagasse entro due mesi la multa di�100 mila lire inflitta con la prima 
sentenza. Non avendo il Trevisan eseguito tale pagamento, il Pretore di 
Venezia, con ordinanza 22 aprile 1965, revoc� il beneficio condizionato 
concesso con la propria sentenza 18 novembre 1963 (revoc� anche il 
beneficio concesso con la prima sentenza, in conseguenza della condanna 
inflitta con la .seconda). L'ordinanza fu notificata il 24 aprile 1965 'al 
Trevisan, che non la impugn�. Il 16 maggio 1965 il Trevisan fu tratto 
in arresto per l'esecuzione della pena di quattro mesi di reclusione. 
Con istanza presentata il 29 maggio 1965 (all'avvocato Mario Giantin 
nell'interesse del Trevisan e da quest'ultimo fatta propria con dichiarazione 
resa il 19 giugno 1965 al Pretore di Pinerolo, fu fatto presente 
che il Trevisan aveva il 7 maggio 1965, pagato la multa di lire 100 mila 
inflitta con la prima sentenza e, giustificandosi il ritardo con il fatto 

Per l'impossibilit� materiale sembra poi ulteriormente necessario distinguere 
tra impossibilit� pa-eesistente alla condanna condizionata ed impossibilit� 
�successiva. 

Quanto alla prima (impossibHit� materiale preesistente), la decisione 
del giudice di cognizione che la escluda (naturalmente siffatto giudizio, 
quale �logica e necessaria premessa, sar� normalmente desumibile dal dispo� 
sitivo della sentenza che statuisca l'obbligo, o pi� propriamente l'onere, del 
pagamento dell.a pena pecuniaria), essendo essa il risultato d'una valutazione 
di elementi di prova, non pu� essere modificata o posta nel nulla se 
non attraverso i normali mezzi d'impugnazione previsti per il processo di 
cognizione; ma, una volta divenuta irrevocabile la sentenza conclusiva della 
fase di cognizione, il giudice della esecuzione non pu� che applicare la sentenza 
ormai passata in cosa giudicata. 

Tale ipotesi si era verificata nel caso ogegtto della annotata decisione, 
che non sarebbe stata perci�, diversa qualora non vi fosse stata l'ulteriore 
preclusione rappresentata da una precedente ordinanza del giudice dell'esecuzione, 
che aveva confermato l'obbligo di adempiere la condizione di cui 
all'art. 164 u.c., �c.p. 

3. -Passando all'esame della seconda ipotesi (impossibilit� materiale 
di adempiere la condizione insorta successivamente alla sentenza, ad esempio 
in conseguenza di fallimento del condannato), si deve rilevare che il 
principio, logico oltre che guiridico, espresso dal noto brocardo � ad impossibilia 
meno tenetur �, in mancanza della p�reclusione del giudicato, non 
pu� non trovare applicazione in fase esecutiva. 
Se nel diritto civile ed in particolal'e nel diritto del1le obbligazioni, improntato 
al rispetto delJ.a volont� negoziale, cio� di entrambe le parti 
(art. 1322 �e.e.) e del bilanciamento dei rispettivi interessi (arg. ex articolo 
1371 e.e.), d1 cennato principio � pur tuttavia applicabile, in quanto 
l'impossibilit� sopravvenuta della prestazione estingue l'obbligazione (articolo 
1256 e.e.), a maggior ragione esso deve ritenersi valido nel campo del 

14 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

178 

che il condannato si era trovato nell'impossibilit� di adempiere a causa 
della sua condizione di fallito, fu chiesta la revoca dell'ordinanza che 
aveva revocato il beneficio: e ci� richiamandosi alla disposizione dell'art. 
164 c. p. p. che subordina la sospensione della pena detentiva al 
pagamento della precedente pena pecuniaria gi� sospesa, � salvo che il 
condannato si trovi nella impossibilit� di adempiervi �. 

Il Pretore di Venezia con ordinanza 12 luglio 1965 revoc� la precedente 
ordinanza 22 aprile 1965 e ordin� la scarcerazione del Trevisan 
osservando che l'impossibilit� sopravvenuta � deducibile in fase esecutiva, 
che dagli atti esibiti si desumeva l'assoluta impossibilit� di adem~
tonel termine fissato e che tale accertamento non era precluso 
c��la precedente ordinanza, sia perch� in quella sede l'interessato si era 
limitato a chiedere una proroga del termine, sia perch� l'impossibilit� 
dell'adempimento era stata allora .giustificata soltanto con il generico 
richiamo all'esistenza del fallimento, mentre dopo la presentazione della 
nuova istanza erano stati esibiti documenti idonei a dare la prova concreta 
della predetta impossibilit�. 

diritto penale, nel quale Le norme sono tutte a tutela unidirezionale (di 
interessi cio� della collettivit�, fatti propri dallo Stato). 

L'obbligazione aJ. cui adempimento venga condizionata l'operativit� 
d'un provvedimento favorevole al, condannato, qual � la sospensione condizionale 
della pena, deve perci� considerarsi . estinta e quindi la relativa 
condizione come non apposta, qualora sopravvenga la materiale impossibilit� 
di adempierla. 

Questa soluzione �, oltre tutto, in armonia con il principio del favO!/' rei, 
ricavabile dal nostro sistema di diritto penaile ed in particolare deUe norme 
sulla successione delle leggi nel tempo (art. 2 c.p.) e dalla previsione della 
formula assolutoria per insufficienza di prove. 

4. -Diverso ragionamento richiede la soluzione del quesito nel caso in 
cui l'impedimento ad adempiere alfa condizione in esame si configuri come 
impossibilit� giuridica. 
Mentre l'incapacit� economiea, fonte deLl'impossibilit� materiale di 
pagare la pena pecunia!l'ia, si presta ad un apprezzamento per sua natura 
soggettivo, l'estinzione del reato precedente, che rende l'esecuzione della 
relativa pena giuridicamente impossibiJ.e, n�n pu� invece essere oggetto di 
apprezzamento ma soltanto di verificazione de1ila sua sussistenza. Perci�, se 
questo accertamento avrebbe dovuto essere positivo peir la effettiva preesistenza 
della causa estintiva, l'errore del giudice non pu� far rivivere ti 
reato, dato che le cause estinti.ve del medesimo operano irretrattabilmente 
nel momento in cui intervengono, a sensi dell'art. 183 p.p. c.p.p. (cfr. in 

proposito: SANTORo, L'estinzione del reato, in Nov. Dig., n. 13 ed il giudicato 
non � di ostacolo aUa loro applicazione anche in sede esecutiva 

(cfr. BucoLo, Il giudicato penale, in Gi�st. pen., 1963, III, 423). 

Ad una difforme conclusione si dovrebbe addivenire se si assegnasse 
all'obbligo di pagare la precedente pena pecuniaria, previsto dall'art. 164 

u.p. c.p., una natura giuridica diversa dalla sua propria di adempimento 
d'una SaJilzione penale (cos�: SP1zuoco, Le innovazioni circa la sospensione 
., 


T. DE CARLO 

180 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il Pretore di Venezia, con la ricordata ordinanza del 22 aprile 1965, 
neg� che la impossibilit� di adempiere fosse insita nello stato di fallito, 
osservando che la possibilit� dell'adempimento � � presupposto demandato 
all'esame del giudice di merito al momento della pronuncia della 
decisione � e che non � possibile in sede esecutiva � fare degli accertamenti 
.che verrebbero o potrebbero contrastare con quanto in dibattimento 
dal giudice affermato �. 

In sostanza, l'ordinanza appariva �sostanzialmente giustificata con il 
rilievo in diritto della preclusione di ogni indagine in fase esecutiva 
circa la possibilit� dell'adempimento. 

Orbene, poich� le ordinanze risolutive di incidenti di esecuzione 
fanno �stato riguardo alle questioni di diritto decise, appare evidente 
che nella specie la medesima questione non poteva essere riproposta e 
decisa in modo diverso, come invece � stato fatto con la seconda ordinanza, 
la quale muove per l'appunto dal rilievo della possibilit� di allegare 
in fase di esecuzione l'impossibilit� sopravvenuta ( e ci� senza dire 
che appare altresi improprio qualificare come ��sopravvenuta � la impossibilit� 
di pagare la precedente pena pecuniaria nel termine assegnato, 
vale a dire dal 14 dicembre 1964 al 14 febbraio 1965, dal momento 
che in sostanza, anche in base ai documenti esibiti, il mancato 
pagamento troverebbe spiegazione esclusivamente nella situazione di 
fatto gi� esistente al momento della pronuncia della seconda sentenza 
di condanna, e cio� nello stato di fallimento senza attuale consistenza 
attiva e nella mancata corresponsione di alcun assegno alimentare al 
fallito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 luglio 1966, n. 918 -Pres. Rosso -
Rel. Milone -P. M. Sullo (conf.) Rie. Baronchelli. 

Procedimento penale -Giudizio in contumacia -Impedimento a comparire 
-Tardiva alligazione dell'obbligo di comparire nello stesso 
giorno quale teste davanti a giudice diverso -Non costituisce legittimo 
impedimento -Ordinanza dichiarativa di contumacia Legittimit�. 


(c. p. p., artt. 497, 498). 
La persona che sia citata per lo stesso giorno a comparire a dibattimenti 
davanti a due giudici diversi nella veste rispettivamente di 
teste e di imputato, di guisa che possa ottemperare ad una sola intimazione, 
deve tempestivamente rappresentare al giudice davanti al 
quale deve presentarsi come imputato, la situazione: nel caso questi 

. 

. 

"' ., 


PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 181 PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 181 
non conceda il differimento, ci� giustificher� la mancata comparizione 
quale teste davanti all'altro giudice. Ove ci� l'imputato non faccia, 
l'ordinanza dichiarativa di contumacia -che disattenda l'impedimento, 
addotto all'udienza, in considerazione del preminente dovere dell'imputato 
di comparire davanti al giudice che l'aveva citato in tale veste non 
� infirmata da l'allegato obbligo di dover comparire quale teste 
davanti a giudice diverso (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione 
degli art. 497 e 498, in relazione all'art. 148 comma 3<> c. p. c. 
e la iUegalit� dell'ordinanza dichiavativa della sua contumacia nel 
dibattimento di appello (con conseguente nullit� della sentenza) per 

(1) Un caso limite di contumacia dell'imputato. 
Non v'� dubbio che l'imputato aveva gravemente mancato nei confronti 
della Corte di appello: citato fin da un mese prima come testimone 
dinanzi ad un Pretore per il giorno stesso in cui, come imputato, doveva 
comparire dinanzi alla Corte di appello di Bologna, soltanto due gi-0rni 
prima del dibattimento aveva segnalato alla Corte il suo impedimento a 
comparire. Il riliievo dei g.i.udici di Bologna � stato condiviso dalla Cassazione 
con una m-0tivazione che per�, in diritto, lascia alquanto a desiderare, 
anche se la conclusione cui perviene � sostanzialmente esatta. 

Lascia perplessi innanzitutto l'affermazione di quel �preminente dovere 
� di presentarsi come imputato in un processo piuttosto che come 
testimone in un altro, sulla q.uale si infulcra la severa censura al comportamento 
del ricorrente. � noto infatti che dalla situazione di contumacia, 
fenomeno comune al processo civile e penale, esula ormai ogni elemento 
di illic0Lt� e di colpevolezza: in. omaggio al principio che il liberro esercizio 
dei diritti comporta anche la libert� di non esercitarli, nell'uno e 
nell'altro processo � riconosciuta la piena legittimit� dell'assenza volontaria, 
pur nella diversit� di regolamentazione (necessit� del contraddittorio, 
garantito dal difensore, nel processo penale). La partecipazione dell'imputato 
quindi nella fase dibattimentale non � essenziale, anche se la 
legge processuale tende a favorirla, a garanzia dell'esercizio del diritto 
di difesa (art. 497, 498, 501 c. p. p.). 

La testimoninaza � viceversa un mezzo probatorio che diviene necessario 
quando sia stato disposto in concreto dal giudice, onde il testimone 
non pu� esimersi dal deporre -anche se poi la. sua deposizione non sia 
utile in concreto all'accertamento dei fatti -tanto � vero che opportune 
sanzioni tendono a garantirne la comparizione (c. p. c., art. 255; c. p. p., 
art. 144). 

Se quindi la presenza dell'imputato al dibattimento � utile, ma non 
necessaria, mentre quella del testimone � necessaria, anche se dovesse 
risultare inutile, sembrerebbe che preminente dovere sia quello di testimoniare 
e che la presenza dell'imputato al dibattimento non possa nemmeno 
considerarsi dovere, ma tutto al pi� onere. 

La verit� per� non � gi� nel rovesciamento della posizione di preminente 
dovere, ma nella constatazione di un'assoluta pariteticit� di situazioni: 
�cos� come il doverie di testimoniare in altro p['ocesso integra un 



182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

avere la Corte di merito erroneamente ritenuto non giustificata l'assenza 
di esso Baronchelli, che nello stesso giorno doveva presentarsi, 
come in realt� avvenne, quale teste in altro procedimento in corso 
dinanzi al Pretore di Gallarate. 

In merito a tale doglianza, risulta in fatto che il Baronchelli segnal� 
la situazione al Presidente della Corte di Bologna con istanza del 
3 luglio, allegando la .copia della citazione notificatagli per comparire 
innanzi al Pretore di Gallarate. Di tale istanza, evidentemente pervenuti 
nello stesso giorno del dibattimento, il Presidente dette notizia 
in udienza: ma la Corte escluse l'esistenza di un legittimo impedimento 
da parte del Baronchelli, in vista del suo � preminente dovere > di 
presentarsi come imputato, e ordin� quindi procedersi in sua contumacia. 


legittimo impedimelilto (ex art. 497 c. p. p.) dell'imputato a comparire 
in dibattimento, il diritto di essere presente all'udienza dibattimentale in 
cui si discute un processo a proprio carico integra per il testimone un legittimo 
impedimento (ex art. 144 c. p. p.) a presentarsi all'autorit� giudiziaria 
che ne abbia disposto la citazione. Entrambe le norme parlano infatti 
di legittimo impedimento e l'� assoluta impossibilit�� prevista dall'articolo 
497 c. p. p., (mentre ha una sua specifica ragione d'essere, -come si 
dir� in seguito) pu� ben .consistere nel fatto che l'imputato si trova altrove 
per adempiere un obbligo ~uridico ed 31Ilzi ci� � sostenibile a fortiori, 
se � correttamente riconosciuta l'assoluta impossibilit� nel fatto che l'imputato 
:si trovi <altrove per una situaziOIIle del tutto volontaria. La scelta, 
quindi, dell'autorit� giudiziaa:iia, innanzi alla quale comparire, che il ricorrente 
ha operato e che la Suprema Corte ha censurato, era tanto poco 
criticabile, da essere insita nel sistema come unico mezzo per sopperire 
ia11a mancanza del dono dell'ubiquit�. Una volta accettato che le due 
situazioni (quella dell'imputato e quella del testimone) erano giuridicamente 
paritetiche, non restava che trame una logiCa conseguenza: la perfetta 
legittimitd della scelta operata in via alternativa, che, altrimenti 
ragionando, se dl ricol'T'ente avesse optato per J:a Corte di appello, il Pretore 
avrebbe potuto rdtenere, a sua volta (e forse con pi� a\rgomenti a 
suo favore) che il diritto dell'imputato �di �essere presente alla udienza 
non integra ex art. 144 c. p. p. il legittimo impedimento dello stesso 
a comparire come testimone in altro processo, poich� egli avrebbe ben 
potuto ottenere il rinvio del dibattimento a norma dell'art. 497 c. p. p. 
facolt�, quest'ultima, che viceversa per il testimone non � prevista. Sicch� 
con siffatta decisione pretorile, ipotetica, ma tutt'altro che inverosimile, 
il ricorrente si sarebbe trovato, nella sua veste di testimone inadempiente, 
in una situazione deteriore rispetto a quella che, come imputato, ha lamentato. 


� evidente che la possibilit� logica di queste .contrastanti soluzioni non 
depone a favore della motivazione adottata dalla Suprema Corte. 
Il fatto � che la Corte di Cassazione non si � data carico di a.pprofon-/ 
dire il concetto di legittimo impedimento (che � cosa ben diversa dalla 



PARTlii I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 183 

Ci� posto, il Supremo Collegio osserva che, a prescindere dalla 
mancanza di ogni prova sul punto se in effetti il Baronchelli si present� 
oome teste innanzi al Pretore di Gallarate, il comportamento dell'impu'tato 
dinanzi alle due intimazioni giudiziali non fu legittimo. Essendogli 
stata, infatti, la citazione innanzi al Pretore notificata sin da 
un mese prima (5 giugno), egli non poteva di sua iniziativa operare la 
scelta dell'autorit� giudiziaria davanti alla quale presentarsi, astenendosi 
dal comparire davanti alla Corte e pretendendo cos� -col porre 
il collegio giudicante di fronte al fatto compiuto -di obbligarlo a 
ritenere giustificata, qualunque fossero le esigenze di trattazione del 
procedimento a suo carico, la sua assenza dal dibattimento: bens� avrebbe 
dovuto tempestivamente chiedere il rinvio del processo� portando a 
conoscenza della Corte la situazione in cui veniva a trovarsi e cos� 

valutazione della prova del medesimo e che, in quanto interpretazione di 
una norma, non pu� considerarsi sottratto al giudizio di legittimit�) ed � 
giunta ad una affermazione di intempestivit� ed irritualit� dell'istanza di 
rinvio che, cosi come espressa, non trova giusUficazione in alcuna norma 
di legge. Non vi � alcun dubbio infatti che l'istanza di rinvio era stata 
ritualmente proposta alla Corte di appello in virt� della generale disposi:
zilone dell'art. 145 c. p. p. e tempestivamente presentata nella fase degli 
atti preliminari (anzi, con due giorni di anticipo), del dibattimento, in cui 
appunto .si �statuisce, :llra l'altro, deHa presenza, .assenza o contumacia de~l'J.
mputato (c. p. p., artt. 430, 433, 497). 

Se per� la motivazione � inesatta, la conclusione cui la Corte Suprema 
� pervenuta �, ciononostante, pienamente conforme al sistema processuale 
adottato dal nostro legislatore il quale, messosi sulla via di favorire la 
presenza dell'imputato nella fase dibattimentale a garanzia dei diritti detla 
difesa e non per necessit� de�l processo, doveva esclusivamente in funzione 
di ci� prevedere � quella assoluta impossibilit� di comparire per legittimo 
impedimento � che giustifica la sospensione o il rinvio previsti dal primo 
comma dell'art. 497 c. p, p. 

Ci� significa che le situazioni che non consentono di procedere in contumacia 
sono esclusivamente quelle. in cui vi � una concreta ed assoluta 
impossibilit� di essere presenti e tale impossibilit� non � stata volontariamente 
causata n� era altrimenti evitabile. In ogni altra ipotesi, infatti, si 
tutelerebbe il diritto dell'imputato di essere presente al dibattimento pi� 
di quanto noh abbia fatto il suo titolare, il che, considerato il sistema al 
quale il legislatore si � ispirato nel disciplinare appunto la presenza dell'imputato 
nella fase dibattimentale, sarebbe non solo senza ragione, ma 

� contra tenorem rationis legis �. 
In virt� di queste considerazioni, esattamente si afferma che non solo 
non pu� tenersi conto di uno stato oggettivo di impossibilit� che sia stato 
preordinato per proorastinare la decisione (GIANZI, v. Contumacia in Enciclopedia 
del Diritto; VANNINI, Manuale dir. proc. pen. 1963, 293), ma che non 
pu� nemmeno tenersi conto di uno stato di impossibilit� che, pur attuale, 
avrebbe potuto tuttavia essere evitato (proponendo ad es., nel caso di spe


-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

184 

provocare in tempo utile un provvedimento formale che, se positivo 
(ossia di concessione del differimento) avrebbe risolto il dilemma, consentendo 
ad esso Baronchelli di adempiere all'ordine del Pretore, e 
se negativo (cio� di rigetto dell'istanza) per uno dei vari motivi che, 
nella valutazione dell'organo competente, imponevano o rendevano comunque 
opportuna la discussione del processo all'udienza fissata) avrebbe 
costituito idonea ragione di giustificazione della mancata comparizione 
innanzi al Pretore. 

Pertanto, essendo stato l'impedimento intempestivamente ed irritualmente 
dedotto, non poteva essere assunto a valida causa giustificativa 
dell'assenza dell'imputato in udienza: con la conseguenza che 
legittima � da ritenersi la dichiarazione di contumacia. -(Omissis). 

cie, e come la sentenza che si annota afferma, un'istanza in tempo utile ad 
ottenere l'emanazione di un c. d. decreto di controcitazione, o il suo 
rifiuto). 

Inoltre, poich� l'impedimento deve essere legittimo e poich� l'aggettivo 
deve intendersi sia nella sua accezione di �lecito, giustificato� sia in quella 
di � secondo la legge ., si deve procedere in contumacia quando l'impossibilit� 
derivi da una situazione in cui l'imputato sia venuto a trovarsi volontariamente 
per un fatto illegittimo (il MANZINI, v. Contumacia in Novissimo 
Dig. it., fa .l'esempio dell'espatrio clandestino). 

InJ�ne, � appena il caso di notare che l'impossibilit� assoluta a com


parire per legittimo impedimento � tale, anche se causata da una condotta 

volontaria, purch� non sia stata voluta intenzionalmente (ch�, in tal caso, si 

rientrerebbe nell'ipotesi di una manovra dilatoria preordinata, che non 

avrebbe pi� nulla a che fare con l'esercizio di quel diritto di difesa che 

l'art. 497 c. p. p. favorisce). 

Ci� detto in ordine alla corertta interpretazione dell'art. 497 c. p. p., 
non pu� di conseguenza condividersi quanto affermato nella sentenza annotata 
e cio� che l'eventuale rigetto dell'istanza di rinvio proposta in tempo 
utile alla Corte di Appello avrebbe costituito idonea ragione di giustificazione 
della mancata comparizione innanzi al Pretore: baster�, infatti, 
ricordare quanto si � detto sopra sulla assoluta pariteticit� di situazioni del 
testimone e dell'imputato per quanto concerne il legittimo impedimento a 
comparire ed osservare che, in �questo caso -avendo l'imputato fatto tutto 
quanto era in suo potere per rendere concretamente possibile l'esercizio 
del suo diritto di difesa non si sarebbe potut� parlare di uno stato di impossibilit� 
evitabile, per dedurne conseguentemente .che la scelta della Autorit� 
giudiziaria innanzi alla quale comparire, effettuabile in modo esclusivo 
dall'interessato, sarebbe stato l'unico modo per risolvere il dilemma. Oltre 
tutto, quelle esigenze di trattazione del procedimento a carico dell'imputato, 
ricordate dalla sentenza che si annota, erano, per altro verso, ma con 
ugual forza di argomenti, presenti nell'altro processo a carico d'altri, in cui 
il ricorrente era testimone (v. infatti art. 452 c. p. p.). 

P. DI TARSIA DI BELMONTE 
f 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 185 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1464 -Pres. Michienzi 
-ReZ. Albanesi -P. M. Lenzi -(conf.) Rie. Terra Leandro. 

Procedimento penale -Procedimento per decreto -Opposizione -Decreto 
di citazione in giudizio -.Mancato richiamo al decreto opposto 
-Irrilevanza. 

(c. p. p., artt. 509, 185 comma 3�). 
Nessuna ai.sposizfone di legge fa Q'bbtigo al giudice di richiamare 
nel decreto di citazione, per ii dibattimento fissato a seguito di opposizione 
a decreto pe'!'l-ale, gli estremi di questo ultimo. N� per tale omissione 
pu� ritenersi violato il diritto deZla difesa, perch� il decreto di 
citazi01i~ a giudizio deve contenere, fra l'altro, l'enunciazione del 
fatto, <;lel tit9lo !:leZ reato, q,ezze circostanze aggravanti e le indicazioni 
degli articoli (ii fegge. L'imputato � posto, in tal modo, in condizione 
di conoscere che si tratta delle medesime imp�tazioni ascrittegli nel 
decreto di condanna e dalle quali egli si � difeso proponendo opposizione 
(1). 

(Omissis). -L'imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo 
la violazione dell'art. 185 n. 3. c. p. p. in quanto il decreto di 
citazione per il giudizio non recava.�alcun richiamo al decreto penale 
n� la comminatoria che, in mancanza di pr�sentazione al dibattimento, 
sarebbe stata ordinata l'esecuzione del decreto. 

D�duce inoltre l'erronea applicazione dell'art. 510 c. p. p. in quanto 
si sarebbe ordinata irritualmente l'esecuzione anzidetta, nonostante 
che il procedimento avesse subito gi� dei rinvii. 

DIRITTO 

Il ricorso � manifestamente infondato. 

Quanto al primo motivo � da osservare che nessuna disposizione 
di legge fa obbligo al giudice di richiamare nel decreto di citazione, 
per il dibattimento fissato a seguito d'opposizione a decreto penale, 
gli estremi di questo ultimo. N� per tale omissione pu� ritenersi 

(1) Non risultano precedenti giurisprudenziali editi. il invece, giurisprudenza 
.costante che non sussista la nullit� di cui all'art. 412 c. p. p. nel caso 
il decreto di citazione contenga soltanto una sintetica enunciazione del 
fatto, rinviando a quella pi� computamente esposta nel decreto penale 
opposto: v. Cass. 27 aprile 1964, rie. Stocca, 21 settembre 1964, rie. Quattroccio, 
Foro it., Rep. 1965, voce Decreto penale nn. 29, 30; 25 giugno 1957, 
rie. De Galta, Giust. pen., 1958, III, 36 ed ivi precedenti. 

186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� 

violato il diritto della difesa perch� il decreto di citazione a giudizio 
~eve contenere, fra l'altro, l'enunciazione del fatto, del titolo del reato 
delle circostanze aggravanti e le indicazioni degli articoli di legge. 

L'imputato � posto in tal modo, in condizione di conoscere che 
si tratta delle medesime impugnazioni ascrittegli nel decreto di condanna 
e dalle quali egli si � difeso producendo opposizione. 

� quindi evidente il collegamento fra l'impugnazione anzidetta 
e il dibattimento. Le conseguenze della ingiustificata non comparizione 
all'udienza sono stabilite espressamente dalla legge e non � prescritto 
che il decreto di citazione contenga, al riguardo, alcuna particolare 
comminatoria o diffida. 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 547 -Pres. 
D'Ari.enzo -'Rel. Borghese -Rel. Sebastio -P. M. Marucci (diff.) Rie. 
Nizzola. 

Reato -Reato continuato -Prove -Reato giudicato e altro reato -Configurabilit� 
della continuazione -Obbligo di accertamento del giudice 
in ordine ai presupposti della continuazione -Onere di allegazione 
della precedente condanna a carico dell'imputato. 

Pu� r�avvisarsi il nesso della continuazione anche tra un reato, 
per il quale sia gi� stata pronunciata condanna con sentenza passata 
in giudicato, e altre violazioni della stessa disposiizone d�' legge, costituenti 
oggetto di un giudizio in corso. Nella predetta situazione, profiZandosi 
la possibilit� dell'applicazione delle regole contenute nell'articolo 
81 primo e secondo capoverso c. p., il giudice � tenuto ad.accertare 
anche d'ufficio l'esistenza dei presupposti e delle condizioni a tal 
fine necessari; l'onere della prova a tale riguardo non pu� essere posto 
a carico dell'imputato, il quale � tenuto soitanto ad indicare in modo 
particolareggiato le condanne relative ai reati rispetto ai quali viene 
sollecitato il riconoscimento del nesso della continuazione (1). 

(1-2) Le due sentenze in rassegna ribadiscono principi costantemente 
seguiti dalla Corte Suprema in materia di continuazione nel reato. Come 
� noto, la continuazione ex art. 81 c. p. � confi~abiJle anche fra reati 
per i quali sia stata pronunciata sentenza di condanna e reati non ancora 
accertati giudizialmente. (Cass. 23 aprile 1963, Giust. pen., 1964, Il, 87; 
Cass. 16 novembre 1964, Giust. pen., 1965, II, 290; Cass. 23 marzo 1962, 
Cass. pen., Mass., 1962, 790). Occorre tuttavia precisare che ila continuazione 
� esclusa quando il reato oggetto della sentenza gi� passata in giudicato 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 187 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 640 -Pres. MonGia11do 
-Rei. De Marco -P. M. Oliva (diff.) -Rie. Tedaldi. 

Reato -Reato continuato -Continuazione tra il reato da giudicare e 
reato gi� giudicato -Obbligo di esame da parte del giudice -Prove Presupposti 
di fatto della continuazione -Esistenza di sentenza 
irrevocabile -Accertamento di ufficio. 

\ 

Qualora l'imputato alleghi la esistenza del nesso della continuazione 
tra il reato per cui si procede e altro reato giudicato con sentenza 
irrevocabile di condanna, il giudice � obbligato a prendere in esame 
la questione in tal modo prospettata e deve indagare anche d'ufficio, 
3Upplendo alla eventuale inerzia della parte, sugli elementi di fatto 
che assumono rilievo per l'applicazione dell'art. 81 secondo e terzo 
comma, applicazione che ha carattere obbligatorio e non meramente 
facoltativo; in particolare, lo stesso giudice � tenuto ad accertare anche 
�d'ufficio se vi sia stata in precedenza una sentenza di condanna e se 
tale sentenza sia passata in giudicato (2). 

I 

(Omissis). -Il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 81 c. p. 
sotto il profilo della mancata applicazione della continuazione, rispetto 
ad altri reati di truffa per i quali erano gi� intervenute due sentenze 
di condanna. 

Sostiene, in particolare, che, essendo stato in precedenza giudicato 
per altri delitti di truffa con sentenze passate in giudicato del Tri


sia meno grave di quello oggetto del giudizio (Cass. 5 giugno 1964, Foro 
it., 1965, II, 476; Cass. 28 ottobre 1964, Riv. pen., 1965, Il, 167 con nota di 
NAPOLETANO .V.). La continuazione � altres� esclusa ove la commissione del 
nuovo reato avvenga dopo la condanna (o dopo l'arresto o la denuncia 
dell'imputato), essendo in tal caso l'identit� del disegno criminoso infranto 
dalla condanna che impose al colpevole di superare i motivi inibitori da 
es5a derivanti, ponendo in essere una ulteriore determinazione criminosa 

(Cass. 28 aprile 1966, n. 18, in questa Rassegna, 1966, I, 1431). 

Giurisprudenza costante anche ~elativamente all'obbligo deiJ. giudice 
di merito di accertare, anche ex officio, la esistenza delle condizioni e dei 
presupposti della continuazione e quindi, nel caso specifico, l'esistenza 
delle precedenti sentenze di condanna, purch� specificamente indicate 
dall'imputato (Cass. 21 novembre 1961, Giust. pen., 1962, II, 754, n. 661' 
con note di richiami). 

D. S. 

188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bunale di Chieti del 27 maggio 1963 e del Tribunale di Vicenza del 
15 ottobre 1963, doveva ritenersi la continuazione fra i fatti oggetto 
del procedimento in corso e quelli giudicati nei suindicati procedimenti, 
con la conseguente appUcazione del solo aumento di pena sulla 
condanna precedentemente inflitta, invece della irrogazione di una 
pena autonoma. 

La censura � fondata. 

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte sussiste la 
ipotesi del reato continuato, subordinatamente, s'intende, alla unicit� 
del disegno criminoso, anche se per una delle plurime violazioni della 
stessa legge sia gi� intervenuta condanna con sentenza passata in cosa 
giudicata e per le altre l'imputato debba ancora essere giudicato. 

Allorch� quindi il giudice � p:Posto di fronte ad una situazione 
nella quale si delinei la possibilit� di ritenere la continuazione non 
pu� esonerarsi dall'accertare se ricorrono in concreto i requisiti posti 
dalla legge per farsi luogo alla applicazione del disposto dell'art. 81 

e. p., al fine di consentire all'imputato quella mitigazione della pena 
che consegue alla unificazione dei vari reati, in luogo delle conseguenze 
estremamente rigorose e talvolta sproporzionate che deriverebbero 
dal cumulo materiale delle pene. 
N� appare valida la giustificazione addotta dalla sentenza impugnata, 
in merito al rigetto della richiesta del'appellante, e cio� che 
costui non avesse fornito la prova delle sentenze in base alle quali 
si potessero ritenere esistenti i presupposti della continuazione. 

Invero, non si pu� fondatamente assumere che la applicazione 
della disposizione dell'art. 81 c. p., in caso di precedente giudicato, 
sia condizionata all'assolvimento di un particolare onere della prova: 
poich�, a parte il quasi generale ripudio di tale concetto nel procedimento 
penale, per la ritenuta sua incompatibilit� con i principi ai 
quali esso � informato, nella specifica ipotesi del reato continuato la 
giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto esistente 
l'obbligo del giudice di accertare anche ex officio la esistenza dei presupposti 
e delle condizioni necessarie per la sua applicabilit�. 

Tale indagine costituisce infatti un particolare aspetto della valutazione 
della entit� obiettiva e della gravit� del reato, che indubbiamente 
rientra nel potere-dovere di cognizione di ufficio del giudice 
penale. 

Deve pertanto considerarsi sufficiente, ai fini della applicazione 
dell'art. 81 c. p., la indicazione particolareggiate, da parte dell'attuale 
ricorrente, delle precedenti condanne rispetto alle quali chiedeva fosse 
ritenuta la continuazione; al che egai aveva adempiuto anche in maniera 
del tutto attendibile, avendo allegato un certificato autentico 
relativo alla emissione di vari ordini di carcerazione per le condanne 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 189 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 189 
da lui indicate come base per il richiesto aumento conseguente alla 
eventuale continuazione. 

In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va, pertanto, 
annullata con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Padova per 
nuovo esame in relazfone alla applicabilit� della continuazione. (
Omissis). 

II 

(Omissis). -L'imputato, con i motivi di appello, aveva preci-
1=1ato che: 

a) con sentenza 7 dicembre 1962 del Tribunale di Sondrio era 
stato condannato per furti commessi nel marzo 1962; 

b) con sentenza 3 maggio 1963 dello stesso Tribunale era stato 
condannato per altri furti commessi dal maggio 1960 all'ottobre 1961; 
e) con sentenza 26 novembre 1962 del Tribunale di Lecco era 

stato condannato per furto commesso nel settembre 1962; 
d) con sentenza 7 giugno 1962 del Tribunale di Sondrio era 
stato condannato per furti commessi nell'agosto 1962; 

c;he la Corte d'Appello di Milano, con sen~enza in data 6 aprile 
1964, aveva ritenuto che tutti i reati innanzi specificati costituivano 
un unico reato continuato e, ferma la sentenza 7 dicembre 1962 del 
Tribunale di Sondrio passata in giudicato, in riforma delle altre sentenze, 
aveva determinata la pena complessiva ,in tre anni di reclusione 
e ottantamila lire di multa. 

Premesso ci�, aveva chiesto che anche i reati di cui alla sentenza 
16 ottobre 1964 del Tribunale di Sondrio, commessi nel febbraio e nel 
marzo 1960 e cio� prima degli altri per i quali aveva gi� riPQrtato 
condanna dalla Corte d'Appello, fossero considerati come commessi 
in esecuzione di un medesimo ,disegno criminoso. Ma la Corte di Appello 
non ha preso in esame il motivo di doglianza, perch� l'appellante 
non aveva prodotto la sentenza 6 aprile 1964 pi� innanzi citata, 
onde non era possibile addivenire al giudizio comparativo dei diversi 
fatti criminosi. Il vizio di siffatto ragionamento � evidente. L'applicazione 
della norma de1l'art. 81 c. p. relativa alla figura del reato continuato, 
� obbligatoria e non facoltativa, onde il giudice � tenuto ad 
indag,are e pronunziarsi sui presupposti di fatto della questione. Come, 
poi, � stato altre volte affermato, (Cass. I, 21 novembre 1961, rie. Giaveno) 
nel procedimento penale vige il principio inquisitorio, in virt� 
del quale ,il giudice deve supplire alla eventuaile inerzia della parte 
interessata a fornire la prova di un fatto giuridicamente rilevante, 
allegato e dedotto nei suoi precisi termini, onde non vi � dubbio che 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

190 

il magistrato penale � tenuto ad accertare, anche di ufficio, ove non 
risulti, se vi sia stata una precedente condanna e se la sentenza sia 
passata in giudicato. 

Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio 
per mancanz�a di motivazione sull'applicazione dell'art. 81, capv. c. p. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE (Ordinanza), Sez. II, 31 agosto 1966, n. 2-019 
-Pres. Mongiardo -Rel. Borghese -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. 
Torello. 

Esecuzione forzata -Costituzione -Incidenti -Ricorso contro il provvedimento 
che decide sull'incidente -Istanza di sospensione dell'esecuzione 
-Provvedimento di rigetto -Inoppugnabilit�. 

(Cost., art. 111; c. p. p., art. 1902� comma, 631, 3� comma). 

IZ provvedimento del giudice dell'esecuzione, che rigetti la istanza 
di sospensione dell'esecuzione proposta in pendenza di ricorso contro 
l'ordinanza emessa in sede di incidente, non pu� essere impugnato in 
base alle norme del codice di rito, n� in base all'art. 111 della Costitte.
zione (1). 

(Omissis). -Osserva che il ricorso non � fondato. 

Invero, le contestazioni, sulle quali insiste il ricorrente, circa la 
legittimit� della dichiarazione di irreperibilit� emessa nella fase di 
cognizione del giudizio e circa la asserita estraneit� di esso condannato 
ai fatti oggetto dell'imputazione, non possono trovare ingresso in sede 
di incidente �di esecuzione, trattandosi di questioni, concernenti il 
merito dell'impugnazione e il rapporto giuridico processuale di cognizione, 
che rimangono coperte e superate dai!. giudicato venutosi a formare 
sulla �sentenza. In sede di esecuzione il giudice deve soltanto 
controllare l'esistenza e la validit� della sentenza irrevocabile e nella 
ipotesi -che ricorre nel caso in esame -di sentenza .contumaciale, 
dovr� esclusivamente verificare se la notifica dell'estratto di sentenza 
ai sensi d.ell'art. 500 c. p. p. in relazione all'art. 170 stesso codice sia 
stata legittimamente e regolarmente eseguita. Il che � stato fatto dal 
giudice a quo, il quale ha dato atto dell'ese.cuzione di detto controllo, 
risultato positivo, nell'ordinanza impugnata, laddove ha affermato 


(1) Nella stesso senso Cass. 12 aprile 1966, n. 890; 10 marzo 1961 (rie. 
Tafone, Giust. pen., 1961, III, 387; 2 luglio 1957 (rie. D'accardo, ivi 1957, III, 
692; 27 maggio 1955, ivi 1956, III, 114; 16 dicembre 1952, ivi 1953, III, 343; 
5 febbraio 1953, ivi 1953, III, 294; 6 febbraio 1953, ivi, 1953, 405. 
P.D.T. 
J 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 191 

con esatto giudizio, rispondente pienamente alle risultanze degli atti 


che la notifica dell'estratto di sentenza, come le altre del procedimento 

di cognizione, venne regolarmente eseguita a norma dell'art. 170 citato 

in base a dichiarazione dii rreperibilit� ritualmente emessa nella fase 

di cognizione. Resta per ci� stesso esclusa ogni fondatezza della cen


sura di difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata dedotta dal 

ricorrente anche sotto il profilo della violazione dell'art. 111 della 

Costituzione. 

Quanto, infine, alla doglianza relativa ad asserita violazione del


l'ultimo comma dell'art. 631 c. p. c. -per mancata concessione della 

sospensione dell'esecuzione -� evidente che trattasi di censura inam


missibile, giacch�, secondo la costante giurisprudenza di codesta S. C., 

il provvedimento del giudice dell'esecuzione che rigetta l'istanza di 

sospensione dell'esecuzione ai sensi della norma citata � inoppugnabile 

anche in base all'art. 111 della Costituzione della Repubblica. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 6 settembre 1966, n. 2255 -Pres. 
D'Amario -Rel. Mosillo -P. M. (conf.) -Rie. Tardio. 

Notificazioni -Notificazione presso la casa di abitazione dell'imputato Conse~
a ad una donna convivente -Mancanza di contestazioni 
sulla convivenza -Validit� della notificazione -Relazione di notifica 
-Mancata indicazione delle generalit� della consegnataria e 
erronea qualificazione della stessa come moglie -Irrilevanza. 

(c. p. p., art. 169). 
La notificazione eseguita p1�esso la casa di abitazione dell'imputato, 
mediante consegna a persona convivente, deve considerarsi valida 
-qualora non siano contestati n� ii luogo di abitazione dell'imputato, 
n� la convivenza della consegnataria -ancorch� nella relazione dell'ufficiale 
giudiziario non siano state indicate le generalit� della donna, 

o questa sia stata indicata, a causa di una sua falsa dichiarazione, o di 
una erronea supposizione dell'ufficiale giudizim�io, come moglie dell'imputato 
(1). 
(1) Le norme che disciplinano le notificazioni tendono a garantire, con 
ragionevole affidamento, che l'atto notificato giunga a conoscenza del destinatario 
e, d'altra parte, l'esigenza che il rapporto processuale si incardini 
validamente richiede che una presunzione iuris et de iure assiste le notificazioni 
espletate secondo le norme processuali. Fra queste due proposizioni 
si muove col"rettamente, la giurisprudenza della Suprema Corte quando, 
come in questa ordinanza, ritiene irrilevanti le inesattezze contenute nella 
relazione dell'ufficiale giudiziario, che non solo non sono previste dalla 

192 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge come causa di nullit� dell'atto (c. p. c., art. 179; c. p. c., art. 160), ma 
che non impediscono a questo lo effettivo raggiungimento del suo scopo. 

Agli stessi principi � ispirata la giurisprudenza della Cassazione, quando 
riconosce che non � necesSM"io che la convivenza risulti dai dati anagrafici 
e, d'altro canto, che a provare la non convivenza non � sufficiente l'esibizione 
di certificati anagrafici attestanti che il consegnatario e il destinatario 
dell'atto abitano in luoghi diversi, essendo frequente il caso che congiunti 
convivano tempol'aneamente, pur avendo ciascuno una propria residenza 
-(Oass. 10 marzo 1963, Giust. pen., 1964, 222; 15 gennaio 1958, 
Riv. pen., 1958, II, 5911), o, .infine, che non costituisce causa di nullit� della 
notificazione l'omessa menzione della esistenza del rapporto di convivenza 
fra destinatario e consegnatario, quando quest'ultimo �sia la moglie o il 
figlio minorenne (Cass. 23 marzo 1964, Giust. pen., 1964, 490). � interessante 
notare -per arguire che la giurisprudenza va sempre pi� lodevolmente 
adeguandosi alle esigenze di sostanziale difesa dell'imputato che hanno 
ispirato, in armonia con il dettato costituzionale, la novella del 1955 -che 
a quest'ultima affermazione la Cassazione � pervenuta non sulla base di considerazioni 
formalistiche collegate con il domicilio legale dalla moglie e 
del minore, ma attraverso un corretto uso della presunzione .come elemento 
probatorio, che lascia quindi aperta la porta alla prova contraria. 

Nello stesso senso dell'ordinanza v. Cass. 22 giugno 1966, n. 1454; sulla 
non necessit� dell'indicazione della natura del rapporto di convivenza v. 
Cass. 10 febbraio 1966, n. 330. 

P.D.T. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 1� ottobre 1966, n. 2811 -Pres. 
D'Ama.rio -Rel. Sesta -P. M. (conf.) -Rie. Sena. 

Procedimento penale -Termini -Termine processuale in materia pe


nale -Sospensione penale -1�: anno di applicazione -Decorrenza 

della sospensione. Inapplicabilit� della legge 14 luglio 1965, n. 818. 

(1. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). 
La legge 14 luglio 1965, n. 818, essendo entrata in vigore il successivo 
4 agosto, non pu� considerarsi operante per i termini processuali 
scaduti nei primi tre giorni dello stesso mese (1). 

(1) La Cassazione, sia civile che penale, � decisamente orientata nel 
senso della massima. In materia penale, v. C'ass. 28 aprile 1966, rie. Piacente; 
28 aprile 1966, P. M. c. Izzo; 13 luglio 1966, rie. Galeotti; in Mass. 
Uff. Cass. pen. 1966, 576, 581, 963. Contra, e per la decorrenza della sospensione 
del lo agosto anche per l'anno 1965, v. Cass. 31 marzo 1966, rie. 
Tombacco, ibidem, 479. 
In materia civile, conformi Cass. 18 gennaio 1967, n. 170; 13 luglio 1966, 

n. 1871 e 1869, For it., I, 239 e 663. Contra, Cass. 7 gennaio 1967, n. 74, 
ibidem, I, 239. 
In dottrina, si v. TARTAGLIONE, La sospensione dei termini per il periodo 
feriale: primi problemi di applicazione, Circolazione e Trasp., 1966, 158. 


PARTE SECONDA 


15 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


M. 
NIGRo, Studi sulla funzicme organizzatrice della Pubblica Amministmzione, 
Giuffr�, Milano, 1966, pagg. 221. 
A differenza che nei regimi autoritari (monarchie assolute, moderne 
dittature), dove manca ogni � tensione � tra organi della legislazione ed 
organi dell'esecutivo, nelle monarchie parlamentari e nelle democrazie 
moderne, che si caratterizzano, invece, per la presenza della predetta 

� tensione �, il problema dell'esistenza, della giustificazione e dei limiti 
di una funzione auto-organizzatrice dell'Amministrazione assume un'importanza 
veramente notevole, perch� in esso' si ripercuotono rucune deUe 
pi� importanti istanze del nostro tempo. 
Consapevole dell'importanza della questione, l'A. l'affronta collocandola 
al centro di due dialettiche, entrambe decisive per fa nostra 
struttura costituzionale, la dialettica dei rapporti tra potere legislativo e 
potere esecutivo e la dialettica dei rapporti tra apparato statale e centri 
comunitari di interessi e di poteri, anche se poi l'indagine si concentra solo 
sul primo dei due profili. 

Dopo un'esplicita affermazione dei limiti del suo studio, dal quaJe 
esula ogni tentativo di costruire una teoria generale deJ.la funzione organizzatrice 
dell'Amministrazione, il N. dichiara, nella lucida premessa al 
testo, di voler solo identificare, attraverso un'interpretazione dell'art. 97, 
comma primo, della Costituzione, fondata su presupposti storici, dommatici, 
sistematici pi� complessi di queJ.li adoperati di consueto, i canoni 
fondamentali di attribuzione e di ripa:rtizione della predetta funzione. 

La trattazione inizia con un acuto esame della prospettiva storica in 
cui deve porsi il problema; prospettiva, cui l'A. assegna notevole importanza, 
perch� essa consente -a suo giudizio -di controllare in che 
senso e fino a qual punto sia esatto H corrente modo di vedere nella 
norma dell'art. 97 della Costituzione il ristabilimento di una tradizione 
costituzionale sovvertita dalla legge 31 gennaio 1926, n. 100, del periodo 
fascista. 

L'indagine non si ferma alle esperienze costituzionali del nostro paese 

ma 
si allarga e si estende alle esperienze della Germania e dell'Austria, 

per 
il parallelismo esistente, sotto questo profilo, tra la nostra storia e 

quella dei due paesi di lingua tedesca. 

Diciamo subito che l'excursus risulta molto interessante ed appare di 
indubbia efficacia ru fine di sottolineare che in Italia il tema della titolarit� 
della funzione organizzatrice dell'Amministrazione, pur essendo oggetto 
di lotte politiche e di discussioni dott;rinali non sempre prive di episodi 
drammatici, non ha mai presentato, ove si prescinda naturalmente 
dalla rottura operata nello sviluppo -costituzionale italiano dalla citata 
legge del 1926, le aspre antitesi proprie dei paesi di lingua tedesca. E ci� 
perch�, in sostanza, a parte posizioni veramente marginali, la controversia 
da noi non si � mai impiantata e svolta intorno alla titolaritd esclusiva 
della funzione di organizzazione, ma piuttosto intorno ai limiti deUa competenza 
e delle funzioni del parlamento e del potere esecutivo, riconosciuti, 
pi� o meno esplicitamente, contitolari della funzione medesima. 



2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dopo il rilievo, indubbiamente convincente, della scarsa utilit� dei lavori 
preparatori per l'interpretazione dell'art. 97, primo comma; della 
Costituzione, a causa della poca attenzione dedicata dall'Assemblea Costituente 
al tema nei suoi aspetti pi� generali, il N. sposta la sua analisi 
sul contenuto letterale dell'articolo predetto per dedurne la sua natura di 
precetto fondamentale del sistema costituzfonale di attribuzione e distribuzione 
della funzione organizzatrice della pubblica Amministrazione. 

Soffermandosi sulla statuizione, secondo cui i pubblici uffici sono organizzati 
in base a disposizioni di legge in modo da assicurare il buon 
andamento e l"imparzialit� dell'Amministrazione, l'A'.. precisa che l'enunciazione 
costituzionale d� un principio di efficienza e d'imparzialit� deve 
necessariamente considerarsi il fondamento di un potere di auto-organizzazione 
riconosciuto all'Amministrazione. 

A giudizio del N., infatti, se il collegamento tra esigenze di buon andamento 
e di imparzialit� dell'Amministrazione e funzione di auto-organizzazione 
della medesima non � mai stato messo in evidenza dalla dottrina, 
ci� � dipeso unicamente dal fatto che � sempre mancata una lettura 
per cos� dire � gl'obale � del primo .comma dell'art. 97 della Costituzione. 
L'errore, in altri termini, � stato quello d'intendere il primo comma dell'art. 
97 come se stabilisse, da una parte, una regola d'organizzazione (riserva 
di legge) e, dall'altra, due regole sostanziali consistenti nell'imposizione 
all'Amministrazione del dovere d'imparzialit� e del dovere di buon 
andamento, senza l'esistenza di alcun rapporto tra le due pa~ti della norma. 
Errore, per l'A., di ovvia evidenza perch�, non esistendo nel nostro 
ordinamento alcuna base normativa idonea a fondare un dovere d'imparzialit� 
ed un dovere d'efficienza dell'Amministrazione, l'art. 97, primo 
comma, non avrebbe potuto farvi riferimento. 

Dopo aver dedotto dalla posizione nella Carta Costituzionale dei principi 
di efficienza e di imparziaJ.it� il potere dell'autorit� amministrativa 
di organizzarsi in vista del raggiungimento dei fini che le sono attribuiti, 
H N. rileva che fo stesso art. 97, primo comma, ponendo una riserva di 
legge, non vuol proporsi altro fine se non quello di distribuire la funzione 
organizzatrice dell'Amministrazione tra potere legislativo e potere 
esecutivo, attribuendo la funzione medesima ad entrambi i poteri. E ci� 
perch� la riserva di legge, contenuta nell'articolo in esame, non �, per l'A., 
una riserva in senso puro e tecnico ma � piuttosto una riserva di direzione, 
da intendersi, cio�, come conferimento al Parlamento di un potere 
d'indirizzo sull'Amministrazione sotto il profilo dell'organizzazione. 

In definitiva, la riserva contenuta nell'art. 97, primo comma, pi� che 
come attribuzione esclusiva al potere legislativo del!la normazione in materia 
d'organizzazione e limitazione corrispondente del potere esecutivo, 

II si dovrebbe riguardare come una vera e propria spartizione del potere di 
organizzazione. 

Proseguendo nella trattazione l'A. precisa che la riserva in discorso 
rientra tra le c. d. riserve improprie, n cui concetto viene approfondito 
con una lunga analisi, densa di richiami dottrinali. ~ 

� chiaro, quindi, che il N., neil risolvere il problema propostosi, caffi 
povolge del tutto la tradizionale posizione della dottrina in materia. Per rn 
lui, infatti, la funzione di organizzazione, come funzione di direzione met 
~=i 
diante il.'organizzazione, � potere generale ed originale dell'apparato esercutivo 
ed �, entro certi limiti, territorio di riserva di questo. Onde si 

!!1

dovrebbe dedurne che se, da un lato, vi � una riserva (relativa) di potere 
del parlamento (in termini usuali ed abbreviati: riserva di legge), v'�, l.:: 

. 

I 
.
I 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

dall'altro, una riserva (limitata) di potere dell'apparato esecutivo (in 
termini usuali ed abbreviati: riserva di regolamento). 

Di qui la conferma -secondo l'A. -che ,l'art. 97, comma primo, della 
Costituzione deve essere interpretato ed inteso come canone di ripartizi,one 
della funzione organizzatrice dell'Amministrazione tra potere legislativo 
e potere esecutivo. 

Come si � gi� rilevato nel corso della rapida sintesi che precede, la 
tesi prospettata nel volume in rassegna urta in modo evidente contro la 
generale e tradizionale interpretazione dell'art. 97, primo comma, del1a 
Costituzione ed introduce un concetto di riserva dell'amministrazione come 
area di attivit� istituzionalmente attribuita in via esclusiva, quanto meno 
per una parte, alla competenza dell'esecutivo e corrispettivamente sottratta 
in tutto o in parte alla competenza della [egge e del parlamento che 
� negato dalla dottrina che fino ad ora si � occupata dell'argomento. 

In ordine a tale tesi, se pu� dirsi che essa si presenta forse ancora 
priva di contorni netti e in un certo senso anche lacunosa per la impossibilit� 
di individuare con certezza i confini tra i due territori di riserva 
(questa lacuna, d'altronde, � ammessa esplicitamente dallo stesso A. che si 
riserva di colmarla approfondendo il problema in successive indagini), non 
pu� negarsi che la stessa si fonda su argomenti la cui originalit� ed efficacia 
non pu� certamente disconoscersi. Bisogna ancora aggiungere che 
il libro in rassegna, a prescindere dalla considerazione delle tesi enunciatevi, 
ha il notevole merito di richiamare l'attenzione degli studiosi su 
di un tema forse troppo sbrigativamente esaminato dalla dottrina, e di 
apprestare per il cultore del diritto una tale quantit� di materiale storico, 
dommatico, esegetico, sistematico da far ritenere che la possibilit� di 
costruire una teoria generale positiva della funzione di organizzazione dell'Amministrazione 
sia oggi meno lontana di quanto si potesse, prima della 
pubblicazione del volume, ritenere. 

L. MAZZELLA 
D. 
DONATI, Scritti di diritto pubblico, Voll. 2, CEDAM, Padova, 1966, 
pagg. 905 complessive. 
Per onorare a ricordare Donato Donati nel ventesimo annivocsario 
daJ.la sua scomparsa, la casa editrice CEDAM ha raccolto e ripubblicato 
tutti i suoi scritti di diritto pubblico per cosi dire � minori �, ma solo 
quanto a mole, rispetto alle due note opere � I Trattati internazionali nel 
diritto co,stituzionale � e � Stato e Territorio �. 

L'iniziativa � stata condotta a termine sotto gli auspici delle Universit� 
di Modena e di Padova e si � avvalsa della collaborazione di tutti gli allievi 
del D., i �quali hanno espressamente richiesto all'editore che gli 
scritti del Maestro mantenessero la loro veste originale e fossero riprodotti 
anastaticamente. 

Il primo dei due volumi in rassegna, che si apre con una � Presentazione 
� di Egidi,o Tosato, seguita dalle parole rievocative pronunciate venti 
anni or sono da Enrico Guicciail"di, comprende le note monografie: � Il 
problema delle lacune dell'ordinamento giuridico ., � Il contenuto del priincipio 
di irretroattivit� del.la legge� e � Atto complesso, autorizzazione, approvazione 
�. 


4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel secondo volume sono raccolti invece studi, monografie, recensioni, 
note a sentenze, articoli, pubblicati su varie Riviste giuridiche dal 1905 
a1W3& ' 

Gli scritti che fanno parte dell'intera raccolta riguardano gli argomenti 
pi� vari e diversi anche se molti sono direttamente connessi alla 
materia del volume sui � Trattati internazionai~ � (ad es. � Gli organi dello 
Stato ed il diritto internazionale �, � I principi costitutzionali circa la competenza 
all'esecuzione dei trattati internazionali e l'art. 44 cpv. del t. u. 
deUe leggi sui diritti di autore �, � Competenza dell'autorit� giudiziaria 
circa l'inteTPretazione e l0applicazione dei Trattati internazionali �) ed 
altri, invece, hanno come tema centrale importanti capitoli della teoria 
generale della legge (ad es. �Il problema delle lacune dell'ordinamento 
giuridico ., � I carateri deLla legge in senso materiale ., � Il principio 
della retroattivit� della legge ed il diritto costituzionale �). 

Da segnalare., per l'importanza che ha avuto sulla dottrina italiana nella 
elaborazione della teoria generale dell.'atto amministrativo, iJ. gi� citato 

�Atto comple~so, autorizzaziione, approvazione�, laivoro iehe �, altres�, 
indicativo della perdurante fireschezza delle tesi elaborate dall'A. 
L.M. 
A. 
BENNATI -E. DI GIAMBATTISTA, Il nuovo statuto e la carriera degli impiegati 
civili dello Stato-Legislazione, giurisprudenza, commento, 
Jovene, Napoli, 1967, pagg. 840. 

� stata pubblicata di recente la terza edizione della nota opera del 

Bennati e del Di Giambattista sul nuovo statuto e sulla carriera degli im


piegati civili dello Stato. Il lavoro, notevolmente rielaborato, giunge a 

distanza di sette anni dalla precedente �edizione e si presenta arricchito di 

richiaini ai pi� recenti contributi dottrinali e giurisprudenziali sulla 

materia. 

Nella �presentazione� del volume, dovuta alla penna del Presidente 

della Corte dei Conti, Ferdinando Carbone, viene esattamente posto in 

��:

luce che gJ:i AA., attravel'>So le varie edizioni � hanno sempre pi� affinato 
e Teso intenso lo sforzo costruttivo, volto a dare ordine alla materia, , 
tanto variamente stl"lltturata, dell'impiego pubblico � ed hanno sempre ;; 
pi� accentuato le caratteristiche pi� pregevoli dell'opera che sono quelle 
della � chiarezza di stile, precisione di concetto e facilit� di consultazione �. ,


I 

~ 

L.M. �~
I

I

E. 
F. CARABBA -R. ALEsSANDRI, Codice penale e codice di procedura penale, 
Edizioni Ludus, Firenze, 1965, pagg. 1651. 
I 

Questo commento teorico-pratico, condotto articolo per articolo, si propone 
essenzialmente lo scopo di rendere accessibile ad ogni cittadino di 


I

normale cultura la lettura del codice penale e del codice di procedura penale. 
I commentatori, per�, oltre ad affidarsi ad una copiosa esemplif�.c!azione r 
di scuola, per chiarire concetti e costruzioni della scienza giuridica, hanno 


I

r 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 
5 

anche abbondantemente attinto a massime giurisprudenziali della Corte di 
Cassazione e della Corte Costituzionale, facendo, sotto questo profilo, opera 
utile anche per gli operatori pratici del diritto. Nel commento del primo 
libro del codke penale, il Caa-abba ha trovato modo, prendendo spUJilto dai 
vari articoli, di indicare i principi generali della materia e di affrontare le 
pi� gravi questioni dottrinali e pratiche che a tali principi direttamente o 
indirettamente si ricollegano; nel commento degli altri libri, il medesimo 
sembra, invece, essersi essenzialmente preoccupato di suggerire al lettore 
l'ordine logico da seguire per accertare se il fatto commesso da unia determinata 
persona costituisca o meno reato. Anche l'Alessandri ha curato la sua 
parte (codice di procedura penale) con intenti prevalentemente pratici, 
facendo seguire ad un'esposizione della materia di carattere generale un 
commento a tutti gli articoli riguardanti la polizia giudiziarria. 

L.M. 
C. M. 
BIANCHI -P. L. CANZIANI, Codice veterinario e Raccolta delle circolari 
in materia veterinaria, 3 voll., Giuffr�, Milano, 1966. 
Nella nuova collana legale veterinaria, edita da Giuffr�, sono stati 
pubblicati il codice veterinario, in due tomi, e fa raccolta delle circolari 
in materia veterinaria, in unico volume. Entrambe le raccolte, quella delle 
nol'llll.e riguardanti la scienza veterinaria e quella delle circolari, intendono 
offrire UJilO strumento di consultazione pratico ed aggiornato e tendono a 
s&ddisfare una esigenza largamente avvertita oil.tre che dai veteirinari pratici 
anche dai cultori di studi giuddici e dagli Uffici amministrativi. 

Un unico indice per argomenti favorisce il lavoro di ricerca, rimandando 
contemporaneamente sia alle disposizioni legislative che alle circolari 
aventi il medesimo oggetto. 

L.M. 
SEGNALAZIONI (*) 

F. 
BATISTONI FERRARA, Imposte di trasferimento, decisioni di valutazione ed 
errores in procedendo, in Foro it., 1966, I, 1127. 
L'A. aderisce al recente indirlzzo delle S.U. che ritiene improponibile, 

contro le dedsioni emesse in grado ,di appello dalla Commissione provin


ciale in materia di valutazione delJ.a base imponibile delle imposte indi


rette, il ricorso alla Commissione Centrale e che ammette, invece, quello 

per Cassazione. 

La tesi contrasta con l'opinione dominante in dottrina, la quale, rile


vando nel sistema del contenzioso tributario la mancanza di un mezzo atto 

a far valere gl:i eventuail.i errores in procedendo della Commissione pro


(*) A cura degli avv.ti L. MAzZELLA, M. DI PACE, D. SALVEMINI, A. TALLARl\DA. 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

6 

vinciale, afferma l'esperibilit� del ricorso alla Commissione Centrale, sulla 
base dell'asserita esistenza di un principio che attribuisce a questa Commissione 
un sindacato generale di leglttimit�. 

L'A. contesta anzitutto proprio questa presunta competenza generale 
della Commissione Centrale gi� in materia di imposte dirette, deducendo, 
da una esegesi delle norme in vigore, che trattasi invece di un � rimedio 
tipico�, ammesso nei soli casi contemplati dalla legge. 

In secondo luogo contesta, comunque, l'estensibilit� di questa eventuale 
attribuzione al contenzioso sulle imposte indirette, articolato sulla 
distinzione tra giudizio di valutazione e controversie sWl.'applioozione del 
tributo, diffondendosi sulla origine storica del primo, sorto come giudizio 
di stima (in cui evidentemente non rilevavano gli errores in procedendo) e 
recepito dal legislatore del 1936 nella configurazione originaria. 

Infine, dopo aver osservato che, in ogni modo, il rfoonoscimento della 
ammissibilit� del ricorso ana Commissione Centrale non gioverebbe ad 
alcuna ricostruzione sistematica, l'A. si sofferma sulla natura delle Commissioni 
tributarie per illustrare brevemente come molti inconvenienti verrebbero 
evitati se fosse loro riconosciuto carattere amministrativo (A.T.). 

A. 
CATELANI, Sul fondamento del divieto di dedurre davanti al Consiglio 
di Stato in s. g., motivi di gravame non proposti nel precedente ricprso 
gerarchico, in Foro amm., 1966, II, 122. 
Premesso che rorientamento del Supremo Consesso Amministrativo � 
ormai consolidato nel senso della indeducibilit� in sede giurisdizionale di 
motivi di gravame non proposti in via gerarchica, l'A, individua il fondamento 
di tale divieto nell'art. 34, primo comma del t.u. sul C.d.S., disciplinante 
<il rapporto tra ricorso giurisdizionale e gravami amministrativi. 

Secondo il C., questo rapporto sarebbe praticamente eluso se non si dovesse 
tener conto dei motivi effettiv>amente dedotti in via amministrativa, 
tanto pi� che � H motivo � elemento di identificazione del ricorso�. Infatti, 
se uno dei motivi successivamente proposti in sede giurisdizionale non lo fu 
anche in via gerarchica, non si pu� dire che su di esso si sia formato il 
provvedimento definitivo, dovendosi ritenere che anche per il ricorso gerarchico, 
a differenza di quanto affermano altri pur autorevoli Autori, vige 
la corrigpondenza tra chiesto e pronunciato. 

Il divieto, invece, non sussiste quando si impugnano avanti il Consiglio 
di Stato le decisioni che accolgono il ricorso gerarchico, le quali si 
sostituiscono al provvedimento originario, ovvero quando si deducano vizi 
del procedimento di formazione della decisione del ricorso gerarchico (A.T.). 

A. 
FrnoccHIARO, Competenza e poteri del giudice netla sospensione della 
esecuzione del lodo arbitrale, Giust. civ., 1966, I, 2069. 
Si tratta di una nota adesiva all'ordinanza 31 marzo 1966 della Corte 
di Appello di Lecce, con cui si � affermato che l'esecuzione delle sentenze 
arbitrali pu� sospendersi ogni qualvolta il giudice, nel suo prudente ap



PARTE II, RAF"'EGNA DI DOTTRINA 
7 

prezzamento, lo ritenga rispondente ad esigenze di giustizia o anche di semplice 
opportunit�. 

La nota in rassegna esamina compiutamente tutte le varie posizioni 
giurisprudenziali e dottrinali in ordine all'argomento, raggruppandole come 
sue: a) teoria, secondo cui la sospensione della sentenza arbitrale pu� 

~ 

concedersi solamente nei limiti di cui all'art. 373 c. p. c. e cio� in presenza 
di un grave ed irreparabile danno; b) teoria, secondo cui la sospenjsione 
pu� concedersi soltanto qualora r<isultino violate le norme di cui 

1

all'art. 829 c. p. c.; c) teoria, secondo cui la sospensione pu� concedersi 
negli stessi limiti e con le stesse caratteristiche della sospensione della ! 
sentenza di cui all'art. 283 c. p. c.; d) rteoria, secondo. cui la sospensione ! 
pu� essere concessa con piena autonomia daJ. giudice e nei limiti della 
pi� ampia discrezionalit�, ponendosi essa come diversa da ogni altra so


I 

spensione. 

l 
\

L'A. critica le prime due teorie, osservando che se il legislatore ha 
riconosciuto al giudice dell'impugnazione del lodo arbitra�le il potere di 
sospendere l'esecuzione, senza stabilire o fissare alcun limite a tale potere, 
ci� vuol dire che la disciplina della sospensione del lodo arbitrale deve 
ricavarsi dall'art. 830, comma 20, �C. p. c., e non anche da riferimenti ad l 
altre situazioni processuali o ad altre sentenze, e fa rilevare che tra le 
due ultime tesi sussiste una differenza pi� apparente che sostanziale, en


I

trambe riconoscendo al giudice il poter~ di sospendere il lodo arbitrale, 
nei pi� ampi limiti. I 
A conclusione nel suo scritto il F. aggiunge che il riconoscimento del ! 

J 

potere del giudice dii sospendere il lodo arbitrale nei pi� ampi limiti non 
pu� disconoscersi, perch� Ia lettera dell'art. 830, comma 20, del c. p. c. non � I 
consente altra interpretazione, facendo essa risultare ben chiara la scelta I 
al riguardo compiuta dal legislatore tra le varie soluzioni possibili (L. M.). I 

l 

jl 

C. 
GIANNATTASIO, Il contenzioso elettorale dopo la sentenza 27 dicembre I 
1965, n. 93 della Corte Costituzionale, Giust. civ., 1966, I, 2091. ! 
L'A. annota adesivamente la sentenza 10 ottobre 1966, n. 2426, delle 
Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in base alla quale, per effetto 
della sentenza 27 dicembre 1965, n. 93 della Corte Costituzionale, che ha 
dichiarato l'illegittimit� costituzionale delle norme che attribuiscono al 
Consiglio Comunale funzioni giurisdizionali in materia di elettorato passivo, 
le controversie relative all'eleggibilit� alla carica di consigliere comunale 
sono attribuite alla cognizione dei tribunali ordinari. E ci� pe:rch� 
-osserva il G. -la soppressione di un giudice speciaae fa rivivere 
le ordinarie norme sulla giurisdizione, tra cui vi � l'art. 2 della I. 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E, che attribuisce la materia relativa ai di:ritti politici 
alla cognizione della giurisdizione ordinaria. 

A giudizio deH'A. -per accertare quale debba essere il giudice di 
primo grado nel:l'ambito dellia giurisdizione ordinaria -la norma dell'art. 
2 della I. 20 marzo 1865, n. 2248 dev'essere coordinata con il disposto 
dell'art. 9 c. p. c. che fissa La competenza g�enerale del Tribunale per exlusionem, 
cio� relativamente a tutte le cause che non rientrano nella competenza 
del conciliatore e del pretore (L. M.). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MARIO GAGLIARDI, Ancora sulla impugnazione delle decisioni provinciali 

nelle\,controversie di valutazione in materia di imposte indirette, Giust. 

civ., 1966, I, 62. 

L'A. annota sfavorevolmente la sentenza delle Sezioni Unite della 
Cassazione, n. 2087, del 7 ottobre 1965, la quale, confermando l'orientamento 
giurisprudenziale innovativo della Cassazione 6 ottobre 1962, 

n. 2828, stabilisce l'inammissibilit� del ricorso alla Commissione Centrale 
delle Imposte, avverso le �decisioni rese nelle controversie di valutazione 
in materia di imposte indirette sui trasferimenti, dalle Commissioni 
provinciali, attribuendo alla competenza del!l'a. g. i ricorsi ex art. 29, 
comma 3, r. d. I. n. 1639 del 7 agosto 1936 e la possibilit� del ricorso alla 
Suprema Corte per violazione di legge (errores in procedendo) ex art. 111 
Costituzione. 
Pur riconoscendo l'indubbio peso delle argomentazioni svolte nella 
sentenza che annota, il G. si dichiara perplesso sulla tesi della Cassazione, 
secondo cui in base alla norma della 1. n. 1639 del 1936 gli errores in 
procedendo sono devoluti alfa competenza dell'a. g. o., rilevando al contrario 
che secondo la pi� pacifica interpretazione dei poteri dei ~udici 
ex art. 29 del suddetto decreto gli errores in procedendo sarebbero rimasti 
�privi di giudice se non fosse dato il ricorso alla Commissione Oentrale, 
e ricorda che tale ricorso era altresi ammesso dal Ministro delle 
Finanze in una sua circolare n. 8478 del 21 giugno 1938. 

Infine, precisando che l'intenzione del legislatore � stata quella di 
ammettere un sindacato generale di legittimit� della Commissione Centrale 
sia in materia di imposte dirette che indirette, l'A. sostiene che il 
pl'incipio stabilito nell'art. 48 del t. u. n. 4021 del 1877 per l'imposta di 

R. M. si estende alle imposte indirette in forza del ri'chiamo contenuto 
nell'art. 31 d. I. n. 1639 del 1936. (Sull'1argomento e in senso contrario 
all'assunto dell'A.: Relazione Avvocatura dello Stato, n Contenzioso dello 
Stato, 1961-65, 352 segg.) (M. D.). 
A. 
GRECHI, La Costituzione Italiana con ta giurisprudenza della Corte Costituzionale, 
Noccioli editore, Firenze, 1965, pagg. 188. 
Si tratta di un commento della Costituzione condotto in base alle 
pronuncie della Corte Costituzionale di maggiore interesse generale. Le 
varie decisioni sono state inserite nel testo del commento, con riferimento 
agli argomenti trattati, sotto i vari articoli della Costituzione cui esse 
si� richiamano (L. M.). 

L. 
MANFELOTTo, Sul termine per la proposizione della domanda riconvenzionale, 
Giur. it., 1966, I, 2, 54. 
Lo setritto in Rassegna si pone i�n contrasto con la tesi prevalsa in 
giurisprudenza, secondo la quale e il convenuto pu� ritualmente proporre 
la domanda riconvenzionale successivamente alla prima udienza, purch� 
Io faccia con la comparsa di risposta. Secondo l'A. tale tesi � in con



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

trasto con il principio per :il quale il thema decidendi deve essere impostato 
in limine litis e, precisamente, e non oltre la prima udienza di comparizione; 
di conseguenza a parere del M. il convenuto contumace per 
poter proporre la domanda riconvenzionale, deve essere stato riammesso in 
termini ai sensi dell'art. 294 .c. p. p. (D. S.). 

A. MERCATALI, Osservazioni in tema di determinazione della base imponibile 
nella enunciazione della societ� di fatto, Giwr. civ., 1966, II. 133. 
La Ciommissione centrale deiJile imposte nella sentenza 12 maggio 
1965, n. 2065, statuendo che la tassa di registro, di cui all'art. 81 tar. A, 
applicabile i!ll caso di enunciazione della societ� di fatto, colpisce solo 
e sempire i conferimenti originari, poich� rende esigibile la sola imposta 
di costituzione della societ�, si era alJ.ineata su principi ormai pacifici 
in dottrina e giurisprudenza. 

Affermando per� che quando esiste la prova certa della data della 
costituzione della societ�, e non anche quella dell'ammontare dei conferimenti 
originari, l'imposta di registro dovr� venire commisurata allo 
intero patrimonio sociale esistente all'atto di enunciazione, rapportato ai 
valori dell'epoca della costituzione, la Commissione ha compiuto un ulteriore 
ed innovativo passo avanti nella determinazione della base imponibile 
di detta imposta. L'A. annota sfavorevolmente ila decisione della Commissione 
Centrale, ritenendola viziata dall'errore di base, secondo cui l'imposta 
ex art. 81 tar. A della legge di registro sull'enunciazione della societ� 
equivalga alla tassazione dell'atto costitutivo. 

Con la tassazione dell'enunciazione della societ� di fatto, sostiene il M., 
non si costituisce una societ�, ma si porta a conoscenza legale della Finanza 
una societ� gi� costituita; ne deriva che l'imposta di registro ncin colpisce 
i soli conferimenti originari, ma anche quelli successivi e la foro valutazione 
deve essere fatta secondo i valori del tempo in cui � avvenuto il 
conferimento. 

Pertanto, legittimamente la Finanza, in mancanza di prova contraria, 
al momento della enunciazione prende a base della tassazione l'intero patrimonio 
sociale esistente, presumendo che tutto il patrimonio costituisca 
conferimento apportato in quel momento. 

In tal modo si evita la faciile frode fiscale da parte di coloro i quali 
costituiscono una societ� di fatto con un minimo di conferimenti originari, 
precostituendosi la prova in ordine alla data della costituzione e all'ammontare 
dei conferimenti, in tempi successivi operano altri conferimenti 
ed, infine, con l'enunciare la societ� pa~ano l'imposta sui soli conferimenti 
originari (M. D.). 

P. NASTI, Tras.crivibirit� e tempo della trascrizione degli atti soggetti a controllo 
governativo, in Foro amm., 1966, III, 198. 
L'A., premessa la trascrivibilit� in genere deg1i atti anche nulli, annullati, 
inefficaci, e stabilito il dies a quo per provvedere a tale trascrizione 
ai fini civilistici e tTibutari, passa ad esaminare l'applicabilit� di 


10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questi princ1p1 agli atti soggetti a controllo governativo, distinguendo tra 
atti posti in essere in seguito ad autorizzazione, atti in attesa di autorizzazione 
successiva, e atti posti in essere in seguito ad autorizzazione ma 
in attesa del visto di esecutivit�. 

Per i primi, nessuna questione particolare pu� porsi, in quanto seguono 
in tutto i principi generali. I secondi, comunque si consideri l'autorizzazione 
(come presupposto di validit� o di efficacia), sono pienamente trascrivibili 
anche prima che .qu'esta sia concessa ex post, mentre il termine iniziale per 
il pagamento delle imposte ipotecarie � differito al giorno in cui perviene 
all'ufficiale rogante la notizia del provvedimento autorizzativo. I terzi, 
infine, qualunque sia l'effetto della mancanza del visto (inefficacia o imperfezione 
dell'atto), sono anch'essi pienamente trascrivibili, con analogo 
differimento del termine iniziale per il pagamento delle imposte ipotecarie. 

Il N. termina la trattazione dell'argomento contestando l'esattezza dell'asserto, 
secondo cui gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione non 
potrebbero essere trascritti prima dell'approvazione prefettizia�, giusta lo 
art. 29 r. d. 2 dicembre 1929, n. 2262, in quanto detta norma subordina al 
controllo governativo solo l'esecuzione ed in essa non sembra potersi far 
rientrare la trascrizione dell'atto (A. T.). 

P. 
PAJARDI, Variazioni in tema di condanna deUa pubblica amministrazione 
aUe spese processuaH, Giur. it., 1966, I, 2, 66�1. 
Si tratta, pi� che di uno studio organico, di una rassegna di situazioni-
tipo fatta nel tentativo di evidenziare i pi� recenti orientamenti giurisprudenziali 
in tema di condanna del1a p. a. alle spese processuali. 

L'A. esamina anzitutto l'art. 148 della legge di registro, aderendo alla 

~ 

tesi secondo la quale, perch� l'Amministrazione possa essere condannata 

::alle spese, non � necessario che l'azione giudiziaria venga promossa dopo 
il decorso di 90 giorni dalla presentazione del ricorso amminiskativo, , 
. 
bens� � sufficiente che, al passaggio in decisione della causa, sia decorso 
tale termine senza che l'Amministrazione abbia adottato alcun provve, 
dimento. <

I,:;

Segue l'esame di altre situazioni, soffermandosi il P. particolarmente ' 
sulle possibili applicazioni della compensazione ex art. 92 c. p. c. in relazione 
alle esigenze di comportamento (e quindi ai ritardi) ap~ezzabili '

I

perch� imposte dalJ.a legge o insite nella tecnologia degli organi dello 

I

Stato (D. S.). 

II 

L. 
SINAGRA, Sul processo penale costituzionale, Ed. Ricerche Giuridiche, 
Roma, 1966, pag. 82. 
Nell'intento di individuare gli esatti contorni degli illeciti presiden


Iili

ziali e ministeriali, previsti dagli artt. 90 e 96 della Costituzione, l'A., 
dopo la rilevata assenza di un'elencazione delle varie ipotesi di reato, 
sostiene che '1e norme costituzionali suddette contengono un �chiaro rinvio 
alle leggi penali vigenti e sottindentono un'evidente facolt� della Corte 
Costituzionale � di appil.icare, anche nel massimo, le pene comminate dalle 
norme penali ordinarie >. ~I:


-~~ 

< 

~ 

I!

I 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

li S. respinge, quindi, la tesi che assegna alla Corte Costituzionale 
discrezionalit� nella configurazione degli illeciti presidenziali e ministeriali 
e nella determinazione de1le relative sanzioni (qualit� e misura della 
pena), ritenendo inconciliabile fa predetta discrezionalit� con la natura 
di organo giurisdizionale della Corte. 

Dopo queste premesse, l'A. entra nel vivo dell'indagine propostasi ed 
esamina, da vicino, il congegno normativo previsto dalla legge 25 gennaio 
1962 n. 20 per la comunicazione al Parlamento della notizia di un 
reato presidenziale o ministeriale. 

All'esame della natura e delle funzioni della Commissione interparlamentare 
d'inchiesta, il S. fa seguire l'indagine sulla natura giuridica 
della �messa in stato d'accusa� da parte del Parlamento in seduta comune, 
qualificando tale funzione come vero e proprio � promovimento 
di azione penale� e paragonabile a quella che esplica il P. M. nel processo 
penale ordinario. 

L'istruttoria penale costituzionale, il dibattimento, la sentenza e la 
sua definitivit�, l'amnistia, l'indulto e la grazia nel processo penale costituzionale 
costituiscono l'oggetto degli altri capitoli del volume in rassegna. 

Chiude il Ll.avoro l'esame di un problema che l'A. si prospetta in via 
di ipotesi: possibilit� che una questione di legittimit� costituzionaJ.e di 
una legge o di un atto avente forza di legge venga sollevata innanzi alla 
Corte Costituzionale convocata per il giudizio d'accusa. La soluzione per 
il S. � che la presenza dei giudici aggregati non fa mutare natura alla 
Corte e che essa, pertanto, ne1la stessa sede potr� ben giudicare anche sulla 
questione di costituzionalit� (L. M.). 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* 

NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sui trattamento economico 
e normativo degLi operai e degLi impiegati addetti aize industrie ediLizie 
ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio 
erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1� agosto 
1959, per gli impiegati addetti all'industria ediilizia ed affini, che 
dispone l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione (articolo 
76 della Costituzione) (1). 
Sentenza 4 febbraio 1967, n. 9, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ordinanza di rimessione 31 maggio 1966 del Tribunale di Catania, 
G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 257. 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione 
deila istruzione sommaria), primo comma, riguardo all'inciso 

� in 
quanto sono appiicabiii > (art. 24, secondo comma, della Costituzione) 
(2). 
Sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. 
Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di 

Cadore, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 101. 
� Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 

ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) Il d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, � stato gi� dichiarato illegittimo per la 
parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto 
collettivo di lavoro 24 luglio 1959 sul trattamento economico e normativo degli 
operai addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle 
Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), 
art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), 
art. 61 (sentenza 9 giugno 1965, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). 
(2) La disposizione, in quanto rende possibile non applicare alla istruzione 
sommaria le norme degli artt. 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura 
penale, � stata dichiarata incostituzionale con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. L'articolo 
392, terzo comma, ultima parte, in quanto consente al Procuratore generale, che 
ha assunto o avocato a s� l'istruzione sommaria della causa, di rimettere gli atti del 
processo alla Sezione istruttoria, � stato dichiarato illegittimo con sentenza .2 aprile 
1964, n. 32. ' 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 13 

legge 24 dicembre 1928, n. 3134 (Provvedimenti per la bonifica integrale), 
art. 13 (art. 76 della Costituzione). 

Sentenza 21 gennaio 1967, n. 5, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. 

Ordinanza di rimessione 20 agosto 1965 del Conciliatore di Irsina, 

G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e �Jll questa Rassegna, 1965, II, 143. 
r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi suli'ordinamento 
della Corte dei conti), art. 7 (artt. 100, terzo comma, 106, primo comma, 
e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 21 gennaio 1967, n. 1, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. 

Ordinanza di rimessione 3 giugno 1966 della Corte dei conti, 
sezioni riunite, G. U. 9 luglio 1966, n. 168, e in questa Rassegna, 
1966, II, 205. 

legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma (artt. 24, secondo 
comma, �e 136, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. 

Ordinanze di rimessione 6 luglio 1965 del Tribunale di Ferrara 
(G~ U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 174); 
30 dicembre 1965 del Tribunale di Varese (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, 
e in questa Rassegna, 1966, II, 104); e 25 gennaio 1966 del Pretore di 
Pieve di Cadore (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 
1966, II, 104). 

legge reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37 (Sgravi fiscali per le nuove 
costruzioni edilizie), art. 1. 

Sentenza 21 gennaio 1967, n. 4, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. 
Ordinanza �di rimessione 26 maggio 1965 del Tribunale di Palermo, 
G. U. 4 settembre 1965, n. 223. 

legge 30 dicembre 1962, n. 1859 (Istituzione ed ordinamento della 
scuola media statale), artt. 4 e 9 (artt. 34, secondo comma, e 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 4 febbraio 1967, n. 7, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ordinanza di rimessione 16 luglio 1965 del Pretore �di Campo


basso, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, 

II, 145. 

legge 5 dicembre 1964, n. 1267 (Provvedimenti in materia di imposta 
di bollo) art. 1 (art. 53 della Costituzione). 

Sentenza 29 dicembre 1966, n. 128, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. 

Ordinanza di rimessione 27 febbraio 1965 del Pretore di Pieve 

di Cadore, G. U. 13 novembre 1965, n. 284, e in questa Rassegna, 

1965, II, 175. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

14 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) 
(artt. 73 e 76 della Costituzione). 
Sentenza 9 febbraio 1967, n. 13, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 
Ordinanza di rimessione 15 luglio 1966 del Pretore di Latina, 

G. U. 15 ottobre 1966, n. 258, e in questa Rassegna, 1966, II, 260. 
d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) 
art. 108 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 9 febbraio 1967, n. 14, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ordinanze di rimessione 17 settembre 1966 e 22 settembre 1966 
del Pretore di Lugo, G. U. 26 novembre 1966, n. 299, e in questa 
Rassegna, 1966, II, 292. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia approv. 11 marzo 1966 (Contingenti 
numerici provvisori del personale regionale) (artt. 67, primo e secondo 
comma, e 68, secondo comma, dello Statuto speciale per fa Regione 
Friuli-Venezia Giulia, ed art. 97, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 4 febbraio 1967, n. 8, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 
1� aprile 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 164. 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, in quanto, 
con criterio diverso rispetto a quello stabilito per la moglie nel secondo 
comma della disposizione, impone al marito di somministrare alla 
moglie tutto , ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente 
dalle condizioni economiche della moglie (artt. 3, primo comma, 
e 29, secondo comma, della Costituzione) (3). 

Corte di appello di Messina, or�dinanza 13 ottobre 1966, G. U. 
14 gennaio 1967, n. 12. 

Codice civile, art. 151 (Cause di separazione personale), nella parte 
in cui, �Con disparit� di trattamento tra i coniugi, prevede che l'adulterio 
della moglie sia causa di separazione personale mentre quello del 
marito lo sia soltanto se costituisce ingiuria grave al coniuge (artt. 3 
e 29 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 21 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 

(3) Proprio sotto questo profilo� la Corte costituzionale ha dichiarato la 
illegittimit� costituzionale dell'art. 156, primo comma, del codice civile (sentenza 
23 maggio 1966, n. 46). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 15 

codice civile, art. 2450 (Nomina e revoca dei liquidatori), terzo com� 
ma, se ed iin quanto attribuisce al Presidente del Tribunale il potere 
di nominare un liquidatore anche quando la ricorrenza dei presupposti 
dello scioglimento della societ� sia affermata solo da uno degli 
interessati in assenza o in contrasto con gli altri (art. 24 della Costituzione). 


Presidente del Tribunale di Milano, ordinanza 14 luglio 1966, 

G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. 
codice di procedura civile, �:omb. disp. art. 301 (Morte o impedimento 
del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in 
quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel 
termine perentorio di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di 
interruzione per morte, radiazione o sospensione del procuratore, in 
cui il termine decorre da una data che pu� senza colpa rimanere 
ignota alle parti (art. 24 della Costituzione) (4). 

Tribunale di Roma, ordinanza 10 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nullit� verificatesi 
negli atti preliminari al giudizio), in quanto la sanatoria della 
nullit� del decreto di citazione a giudizio per omessa citazione della 
persona offesa dal reato e del querelante preclude la costituzione di 
parte civile (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 
1966, n. 38. 

codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto 
e poteri del pretore), o in quanto, pur prevedendo una fase processuale 
istruttoria, consente al Pretore di pronunciare condanna per 
decreto penale senza aver prima interrogato l'imputato o enunciato 
il fatto in un mandato rimasto senza effetto (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione) (5); oppure -in via alternativa, e per l'ipotesi 
che si debba escludere il presupposto della .presenza di uno stato del 
processo -in quanto rimette alla discrezione del Pretore la scelta tra 
la normale procedura ed il giudizio per decreto, con la conseguente 
disparit� di trattamento che, per casi simili, viene a determinarsi per 

(4) Questione gi� proposta dal Tribunale di Catania con ordinanza 17 gennaio 
1966 (G.U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 100) e dalla 
Corte di cassazione con ordinanza 16 febbraio 1966 (G.U. 27 agosto 1966, n. 213, 
in questa Rassegna, 1966, II, 201). 
(5) Questione dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1966, n. 27. Altra 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 506 del codice di procedura penale, 
in quanto consente di pronunciare decreto di condanna senza dibattimento, � stata 
dichiarata non fondata con sentenza 23 dicembre 1963, n. 170. 
16 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

16 

effetto della declaratoria di illegittimit� costituzionale dell'art. 398 
del codice di procedura penale (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Todi, ordinanza 11 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

r. d. I. 19 �ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli 
orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici serv~zi 
di trasporti in concessione), art. 16 delle disposizioni annesse, nel testo 
modificato dal r. d. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il 
diritto del J.avoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla 
cadenza settimanale (art. 36 della Costituzione). 
Tribunale di Trento, ordinanza 30 giugno 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 

r. d. I. 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il personale addetto 
ai pubblici servizi di trasporto in concessicme), cirt. 16 delle disposizioni 
annesse, che modifica l'art. 16 delle disposizioni annesse al r. d. 1. 
19 ottobre 1923, n. 2328, prevedendo il diritto del lavoratore al riposo 
secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanaie (art. 36 
della Costituzione). 
Tribunale di Trento, ordinanza 30 giugno 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 

r. d. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per la finanza locale), 
art. 48, secondo comma, in quanto esclude la condanna dell'Amministrazione 
soccombente al pagamento delle spese giudiziali per l'ipotesi in 
cui l'opposizione in via giudiziaria sia proposta senza che siano stati 
esauriti tutti i gravami amministrativi (art. 3 della Costituzione) (6). 
Corte di cassazione, prima sezione civile, ordinanza 10 ottobre 
1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. 

legge 16 giugno 1932, n. 973 (Riposo settimanale e festivo nel commercio 
ed orari dei negozi ed esercizi di vendita), artt. 2 e 3, per la 
parte attualmente in vigore, in quanto attribuiscono all'autorit� amministrativa 
il potere discrezionale �di disciplinare, con norme la cui trasgressione 
� penalmente sanzionata, l'esercizio dell'iniziativa privata 
(art. 41, ultimo comma, della Costituzione), condizionando il potere 
discrezionale dell'autorit� amministrativa alla concorde richiesta delle 
organizzazioni sindacali dei datori �di lavoro e dei lavoratori, che sono 
prive di personalit� giuridica nell'attuale carenza di una legge generale 
nella materia (art. 39 della Costituzione). 

Pretore di Palmanova, ordinanza 29 settembre 1966, G. U. 14 gennaio 
1966, n. 12. 

(6) Questione gi� proposta dal Tribunale di Lucera con ordinanza 23 marzo 
1966 (G.U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 204). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 17 

r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento 
della previdenza sociale), art. 40, n. 6, in quanto, sia pure in via indiretta, 
pone a carico di privati cittadini -che inoltre possono trovarsi 
nelle condizioni economiche di non poterlo assolvere -l'obbligo di 
prevedere ed assicurare adeguati mezzi per il caso di disoccupazione 
involontaria (art. 38 della Costituzione). 
Tribunale di Rovigo, ordinanza 18 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), 
artt. 20 e 21, se ed in quanto Ja notificazione dell'avviso di accertamento 
di valore ad uno dei condebitori solidali, ove non sia seguita 
da presentazione di ricorso alla Commissione distrettuale delle imposte 
entro i trenta giorni, faccia decadere dal diritto di contestare il 
valore accertato anche il contri!buente al quale l'avviso di accertamento 
non sia stato notificato (ar:tt. 24 e 113 della Costituzione). 
T�-ibunale di Torino, ordinanza 14 ottobre 1966; G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 139 (artt. 3, 
10 e 27 della Costituzione) (7). 

Tribunale di Sondrio, ordinanza 16 dicembre 1966, G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), art. 7, secondo, 
terzo e quarto comma (recte: secondo c:omma, nn. 2. 3 e 4J, in quanto 
prevede l'imposizione, senza indennizzo, di vincoli e limitazioni del 
diritto di propriet� privata (art. 42, terzo comma della Costituzione) 
(8). 

Consiglio di giustizia amministrativa per Ja Regione siciliana, ordinanza 
27 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. 

(7) Nell'ordinanza di rimessione la proposta questione di legittimit� costituzionale 
non risulta motivata. La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
139, secondo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, � stata dichiarata 
non fondata, in riferimento all'art. 13, ultimo comma, della Costituzione, con 
sentenza 23 marzo 1964, n. 26. 
(8) La questione, proposta dal Consiglio di giustizia amministrativa per la 
Regione siciliana con cinque ordinanze del 14 gennaio 1964 (G.U. 2 maggio 1964, 
n. 108, 23 maggio 1964, n. 126, 25 luglio 1964, n. 182 e 29 agosto 1964, n. 212, e in 
questa Rassegna, 1964, II, 95 e 133), torna all'esame della Corte costituzionale 
che aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a quo con ordinanza 
14 maggio 1966, n. 39. Analoga questione � stata proposta, anche con riferimento 
al secondo comma dell'art. 42 della Costituzione, dal Pretore di Campobasso (ordinanza 
2 maggio 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, II, 
206). Le questioni di legittimit� costituzionale dell'intera legge 17 agosto 1942, 
n. 1150, in riferimento agli artt. 16 e 42 della Costituzione e dell'art. 7, n. 2, in 

18 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. sic. 7 febbraio 1957, n. 16 (Elezione dei Consigli deHe 
provincie siciliane), artt. 7 e 10, in quanto prevedono un sistema di elezione 
che non garantisce la eguaglianza, la libert� e la segretezza del 
voto (art. 48 della Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 1� luglio 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico deHe leggi suite imposte 
dirette), artt. 130 e 139, in quanto per i redditi superiori a 
lire 960.000 impongono di calcolare, ai fini della tassazione, anche la 
quota di lire 960.000; art. 138, in quanto prevede detrazioni (L. 240.000 
e L. 50.000 per ciascun eomponente la famiglia a carico del contribuente) 
attualmente non idonee ad una effettiva discriminazione tra 
le varie categorie di contribuenti, con o senza carico di famiglia (art. 
:~

53 della Costituzione). 

Commissione distrettuale delle imposte di Viterbo, ordinanza 24

� 

ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sui trattamento economico 
e normativo degli operai e degli impiegati addetti aUe industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio 
erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo �di lavoro 1<> agosto 1959 
per gli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini, che dispone 
l'obbligatorio esperimento del tentativo di conciliazione quale condizione 
di procedibilit� della domdnda giudiziale (art. 76 della Costituzione) 
(9). 
Tribunale di Trento, ordinanza 13 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 

d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico deHe leggi per l'elezione 
dei consigli comunali nella Regione siciliana), artt. 55, 60, 61, 
e 62, in quanto attribuiscono competenza giurisdizionale ai Consigli 
comunali, la cui composizione non assicura l'indipendenza dei giudici 
riferimento all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, sono state dichiarate 

non fondate, rispettivamente, con sentenze 10 maggio 1963, n. 64 e 14 maggio 

1966, n. 38. 

(9) La disposizione, sotto l'jndicato profilo, � stata dichiata illegittima con 
sentenza 4 febbraio 1967, n. 9. n d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, � stato gi� 
dichiarato illegittimo anche per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le 
seguenti disposizioni del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 relativo al 
trattamento economico e normativo degli operai addetti alle industrie edilizie 
ed affini: art. 34, per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo 
comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), 
art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1966, n. 43), 
e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 

e l'mparzialit� delle decisioni (art. 108, secondo comma, della Costituzione) 
(10). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, 
ordinanza 26 maggio 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. 

legge 31 ottobre 1963, n. 1458 (Condono in materia tributaria delle 
sanzioni non aventi natura penale), art. 2, in quanto esclude l'applicazione 
del condono se non interviene la definizione dell'accertamento 
tributario nei sei mesi dall'entrata in vigore della legge (art. 3 della 
Costituzione) (11). 

Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia, ordinanza 
23 giugno 1966, G. U. 14 genna.io 1967, n. 12. 

legge reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4 (Ripartizione dei prodotti agricoli), 
in quanto disciplina rapporti di diritto privato in materia d'agricoltura, 
senza che ricorrano gli estremi della temporaneit� e della eccezionalit�; 
vincola il diritto di propriet� e la libera iniziativa economica 
per un periodo di tempo non determinabile nella sua effettiva 
durata (art. 3 della Costituzione); prevede la ripartizione dei prodotti 
secondo proporzioni che possono risultare diverse da quelle gi� liberamente 
concordate (art. 41 della Costituzione); invade il campo di 
attivit� delle organizzazioni sindacali (art. 39 della Costituzione); e non 
l"ispetta i limiti dei princ:iipi generali stabiliti dalle leggi dello Stato 
(art. 117 della Costituzione); in particolare, art. 4, in quanto prevede 
una disciplina uniforme per situazioni che possono risultare diverse 
(art. 3 della Costituzione) e pregiudica la libert� della iniziativa privata 
nel campo economico (art. 41 della Costituzione). 

Pretore di Noto, ordinanza 27 ottobre 1966, G U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

legge 12 dicembre (recte: ottobre) 1966, n. 1081 (Istituzione dell'albo 
dei consulenti del lavoro), art. 1, in quanto consente solo ai 
professionisti di cui all'art. 5 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 
e ai consulenti del lavoro la tenuta e la regolarizzazione dei documenti 
delle aziende riguardanti materia di lavoro, previdenza ed assi


(10) Sotto lo stesso profilo la Corte costituzionale, con sentenza 27 dicembre 
1965, n. 93, ha dichiarato illegittime le analoghe disposizioni di cui agli 
artt. 82, 83 e 84 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, e all'art. 2 della legge 
18 maggio 1951, n. 328, modificate poi con legge 23 dicembre 1966, n. 1147. La 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 60 e 61 del d. P. reg. sic. 
20 agosto 1960, n. 3, � stata dichiarata manifestamente hl.fondata, ai sensi della 
sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, con ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16. 
(11) Con sentenza 22 dicembre 1965, n. 85 la Corte costituzionale ha dichiarato 
illegittima, sotto il profilo sopra indicato, l'analoga disposizione prevista all'art. 
2, terzo comma, della legge 30 luglio 1959, n. 559. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stenza sociale, che non siano curate dal datore di lavoro o da suoi dipendenti 
(artt. 4 e 3 de11a Costituzione). 

Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 8 novembre 1966, G. U. 
28 gennaio 1967, n. 25. 

legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale 
sul reddito dei fabbricati di lusso), art. 1, in quanto equipara alle abitazioni 
di lusso quelle censite o da censire nel .nuovo catasto edilizio 
urbano nelle categorie A/1 e A/8 (artt. 3 e 53 della Costituzione) e 
priva i possessori� di tali abitazioni, senza indennizzo, dell'esenzione 
venticinquennale daUa imposta sui fabbricati (art. 42, terzo comma, 
della Costituzione); art. 3, in quanto non consente il ricorso alle Commissioni 
tributarie prima dell'iscrizione a ruolo dell'imposta (art. 25, 
primo comma, della Costituzione). 

Commissione distrettuale delle imposte di Torino, ordinanza 24 
maggio 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione deUe 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), 
per eccesso dai limiti temporali della delega conferita con legge 
9 ottobre 1964, n. 991, pubblicata con ritardo (12). 
Tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 20 ottobre 1966, G. U. 
28 gennaio 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). 
Tribunale di Acqui Terme, ordinanza 16 novembre 1966, G. U. 
14 gennaio 1967, n. 12 (artt. 73 e 76 della Costituzione). 
Pretore di Serravalle Scrivia, ordinanza 23 novembre 1966, G. U. 
28 gennaio 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). 
Pretore di Canelli, ordinanza 5 dicembre 1966, G. U. 28 genm~
io 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). 
Pretore di Verolanuova, ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 
1967, n. 38 (art. 76 della Costituzione). 

d. P~ R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), 
art. 23, lettera a), in quanto attribuisce al Ministro per l'agricoltura ele foreste il potere di dettare norme integrative del d. P. R. 12 febbraio 
1965, n. 162 (art. 76 della Costituzione). 

Pretore di Verolanuova, ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 
1967, n. 38. 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), 
art. 35, per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 9 ottobre 
1964, n. 991 (art. 76 della Costituzione). 

(12) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 13. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 21 

Pretore di Serravalle Scrivia, ordinanza 23 novembre 1966, G. U. 
28 gennaio 1967, n. 25. 

Pretore di Canelli, ordinanza 5 dicembre 1966, G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), 
art. 108, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 2, terzo 
comma, della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto prevede le pene 
accessorie della pubblicazione e dell'affissione della sentenza di condanna 
(art. 76 della Costituzione) (13). 
Pretore di Imola, ordinanza 26 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 31 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), 
artt. 117 e 118, .per eccesso dai limiti della delega conferita con la 
legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto richiamano norme precedenti 
(art. 77 della Costituzione). 
Pretore di Pistoia, ordinanza 31 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 
1967, n. 12. 

d. I. 18 novembre 1966, n. 979 (Ulteriori interventi e provvidenze per 
la ricostruzione e per la ripresa economica nei territori colpiti dalle 
alluvioni e mareggiate dell'autunno 1966), art. 80, ultimo comma, in 
quanto concerne la Sardegna (artt. 8, primo comma, 47, secondo comma, 
e 54, quarto comma, dello Statuto speciale per la Sardegna). 
Regione sarda, ricorso depositato il 24 dicembre 1966, G. U. 14 
gennaio 1967, n. 12. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 16 dicembre 1966, n. 107-bis (Dotazione 
organica dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato del Friuli-Venezia 
Giulia e stato giuridico e trattamento economico del personale) (articolo 
127 della Costituzione). 

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25. 

legge reg. sic. approv. 21 dicembre 1966 (Modifiche alla legge approvata 
dall'Assemblea regionale siciiiana nella seduta del 21 luglio 
1966 concernente modifiche alla legge 25 giugno 1965, n. 16, 
recante provvedimenti di emergenza per fronteggiare pubbiiche cala


mitd). 
Ricorso del Commissario dello Stato .per la Regione siciliana, G. U. 
14 gennaio 1967, n. 12. 

(13) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 14. 

22 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, 
DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI 
RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione 
della istruzione sommaria), primo comma, riguardo all'inciso 

�in quanto sono appZicabiZi > -manifesta infondatezza (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione) (14). 
Ordinanza 4 febbraio 1967, n. 11, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di 
Cadore, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 101. 

codice di procedura penale. art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), nella parte in cui, nei procedimenti 
di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e 
l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di 
atti d'istruzione -manifesta infondatezza � per sopraggiunta inefficacia 
deZla norma ai sensi della sentenza n. 33 del 20 aprile 1966 � 
('Pubblicata il 28 aprile 1966). 

I 

Ordinanza 4 febbraio 1967, n. 12, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ordinanze di rimessione 16 dicembre 1965 del Pretore di Pietrasanta 
(G. U. 16 luglio 1966, n. 175, e in questa Rassegna, 1966, II, 202); 
23 febbraio 1966 del Pretore di Bologna (G. U. 10 settembre 1966, 

n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 248); 21 aprile 1966 del Tribunale 
di Spoleto (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 
1966, Il, 202); 27 aprile 1966 del Tribunale di Melfi (G. U. 23 luglio 
1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, Il, 202). 
r. d. 12 febbraio 1911, n. 297 (Regolamento per la esecuzione della 
legge comunale e provinciale), art. 160 -manifesta infondatezza (15). 
Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 19, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 
Deliberazioni 19 gennaio 1966 del Consiglio comunale di Camaiore 

(G. U. 10 settembre 1926, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 251) 
e 5 agosto 1966 (cinque) del Consiglio comunale di Palo del Colle 
(G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 251). 
(14) Questione dichiarata non fondata con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. 
L'art. 392, primo comma, nella parte �in cui, con l'inciso �in quanto sono applicabili 
�, rende possibile non applicare alla istruzione sommaria le disposizioni degli 
artt. 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura penale, � stato dichiarato 
illegittimo con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. Il terzo comma, ultima parte, della 
disposizione, in quanto consente al Procuratore generale, che ha assunto o avocato 
a s� l'istruzione sommaria della causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione 
istruttoria, � stato dichiarato illegittimo con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. 
(15) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 22 novembre 1962, n. 92, 
per la natura regolamentare della disposizione. 

PARTE II, RASSEGNA Xlt LEGISLAZIONE 
23 

r. d. 4 febbraio 1915, n. 148 (Testo unico della legge comunale provinciale), 
art. 149, nono comma -manifesta infondatezza. 

Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 19, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Deliberazione 19 gennaio 1966 del Consiglio Comunale di Ca


maiore, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 251. 

r. cf. I. 15 �ottobre 1925, n. 2033 (Repressioni delle frodi nella preparazione 
e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), 
art. 54 -manifesta infondatezza (art. 27, terzo comma, della Costituzione) 
(16). 
Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 17, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 
Ordinanza di rimessione 22 aprile 1966 del Pretore di Biella, 

G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 252. 
r. d. 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), 
artt. 
11 e 59 -manifesta infondatezza (art. 23 del~a Costituzione) (17). 
Sentenza 21 gennaio 1967, n. 5, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. 
Ordinanza di rimessione 20 agosto 1965 del Conciliatore di Irsina, 

G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143. 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 211 -manifesta infondatezza (artt. 76 e 77 della Costituzione) 
(18). 
Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 18, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ordinanza di rimessione 1 7 novembre 1964 del Tribunale di Bologna, 
G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 257. 

legge reg. si.z:. approv. 4 aprile 1966 (Agevolazioni per l'attivit� edi


lizia 
in Sicilia) -estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 29 dicembre 1966, n. 129, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciilana depositato 
il 22 aprile 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa 
Rassegna, 1966, II, 164. 

legge 22 luglio 1966, n. 614 (Interventi straordinari a favore dei 
territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale) -inammissibilit� 
del ricorso per tardivit�. 

Sentenza 9 febbraio 1967, n. 15, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. 

Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige depositato il 24 ottobre 
1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 
1966, II, 292. 

(16) La questione di legittimit� costituzionale della disposizione -prospettata 
peraltro sotto un profilo diverso da quello che risultava nell'ordinanza del Pretore 
di Biella e con riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione 
-� stata dichiarata non fondata con sentenza 15 maggio 1963, n. 67. 
(17) 
Questione dichiarata non fondata con sentenza 3 maggio 1963, n. 55. 
(18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 10 giugno 1966, n. 64. 

CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Canali di irrigazione e forza motrice. 

Se i regolamenti speciali per l'amministrazione, manutenzione e custodia 
dei canali di irrigazione e forza motrice appartenenti al patrimonio 
dello Stato, richiamati dalla tabella B allegata al r. d. 1 marzo 1896, n. 83, 
siano da considerare ancora in vigore (n. 89). 

AERONAUTICA E AEROMOBILI 

Limitazioni all'a propriet� nelle vicinanze degli aeroporti -Costituzionalit�. 

.s�e, in relazione aUa sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale 
relativa alle servit� militari, debbano continuare a ritenersi pienamente 
efficaci le disposizioni degli artt. 714 e segg. del Codice della 
Navigazione -sostituite con 1. 4 febbraio 1963, n. 58 -che stabiliscono 
l'assoggettamento a :limitazioni della propriet� nelle vicinanze degli aeroporti, 
senza prevedere alcun indennizzo (n. 18). 

AGRICOLTURA 

Contributi sull'acquisto di macchinari -Decorrenza. 

Se, ai sensi dell'art. 18, 1. 2 giugno 1961, n. 454 (c. d. Piano Verde), 
possano essere ammessi a contributo gli acquisti di macchinari agricoli 
effettuati anteriormente alla presentazione della domanda ed all'entrata 
in vigore della legge (25 giugno 1961) (n. 45). 

APPALTO 

Ammissibilit� offerte. 

Se siamo ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo 
di agenzie di recapito autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato 
che dovevano pervenire e esclusivamente mediante raccomandata postale 
� (n. 302). 

Se siano ammissibili ad un appalto concorso \le offerte inviate a mezzo 
del servizio postale il giorno dopo la scadenza del termine, qualora il 
giorno prima della scadenza del termine ci sia stato uno sciopero generale 
dei dipendenti del!l'amministrazione postale (n. 302). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 25 

Deroga delle norme di licitazione. 

iSe possa invocarsi la causa di forza maggiore in quei casi in cui, 
dovendo le offerte per una gara di appaUo essere inviate solo a mezzo 
del servizio postale, sia intervenuto sciopero delle poste e le offerte siano 
state presentate a mano tempestivamente (n. 303). 

ATTI AMMINISTRATIVI 

Decreto prefettizio e di espropriazione. 

Se in caso di mancata consegna del bene da parte dell'espropriato, 
possa farsi iluogo senz'altro -in sede di autotutela -all'impossessamento 
coattivo del bene a mezzo della forza pubblica (n. 12). 

BELLEZZE ARTISTIOHE E NATURALI 

Limiti e competenza professionale dei geometri. 

Se i progetti, presentati a norma dell'art. 7 della I. 29 giugno 1939, 

n. 1497 sulla protezione delile bellezze naturali, possano essere firmati da 
geometri, quando non si tratti di progetti � di modeste costruzioni civili � 
(ex art. 16, d. I. 11 febbraio 1929, n. 274) (n. 15). 
CIRCOLAZIONE STRADALE 

Sanzioni penati. 

Se la sanzione, prev.ista dall'art. 1, I. 1 giugno 1966, n. 416, per la contravvenzione 
al numero di persone che possono prendere posto sul sedile 
anteriore della vettura, sia applicabile al solo conducente o anche agli 
occupanti (n. 8). 

CONCORSI 

Appalto concorso -Ammissibilit� offerte. , 

s�e siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo 
di agenzie di recapito autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato 
che dovevano pervenire � esclusivamente mediante raccomandata postale � 

(n. 10). 
Se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo 
del servizio postale il giorno dopo !la scadenza del termine, qualora il 
giorno prima della scadenza del termine ci sia stato uno sciopero generale 
dei dipendenti dell'amministrazione postale (n. 10). 



26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 
26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 
Conguagli. 

Se le espressioni usate nelle disposizioni di cui all'axt. 1 della legge 
16 maggio 1956, n. 496, concernenti il trattamento economico del pe1'1SOnale 
rimasto nei territori d'Africa gi� di �sovranit� italiana, siano da intendere 
in senso proprio e tecnico (n. 217). 

Se possa effettuarsi, ai sensi degli artt. 406 e 496 del regolamento di 
contabilit� dello Stato e dell'art. �3 r. d. I. 19 gennaio 1939, n. 295, il conguaglio 
f(['a le somme gi� in precedenza percepite dall'interessato, a titolo 
di competenze coloniali arretrate e somme ancora da corrispondere a tale 
titolo (n. 217). 

Recupero somme -Interessi: 

Se sulle somme, recuperate a caxico di dipendenti dello Stato per erronei 
pagamenti a loro favore, decorrano gili interessi legali e se di tali 
interessi possano essere tenuti responsabili gli ufficiali ordinatori della 
spesa (n. 218). 

Se, ove per il recupero delle predette somme sia concesso il pagamento 
rateale, decorrano gli interessi per le �rate da scadere (n. 218). 

COSTITUZIONE 

Leggi regionali siciliane che esentano dat pagamento dell'imposta di consumo 
sui materiali da costruzione. 

Se sia legittima la distinzione -in sede di liquidazione dell'imposta 
di consumo �sui materiali da costruzione -fra materiali utilizzati in 
vigore della legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, costituzionalmente 
legittima, e materiali utilizzati successivamente sotto l'impero 
delle successive leggi regionali, dichiarate incostituzionali, che proroga'." 
vano l'esenzione di cui alla precedente legge citata (n. 38). 

Proprietd -Sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 1966 sulle servit� 
militari. 

Se, in relazione alla sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale 
relativa alle servit� militari, debbano continuare a ritenersi pienamente 
efficaci le disposizioni degli artt. 714 e segg. del Codice della Nav-
igazione -sostituite con 1. 4 febbraio 1963, n. 58 -che stabiliscono 
l'assoggettamento a limitazioni della propriet� nelle vicinanze degli aeroporti, 
senza prevedere alcun indennizzo (n. 39). 

�;'

DEMANIO 
' 

'.

Concessioni ad istituti-autonomi statali -Canone. 

Se anche per le aziende e gli istituti autonomi statali viga il principio !!i 
che l'utilizzazione dei beni demaniali debba essere data sotto forma di 
concessione a tempo determinato e con pagamento del canone, seppur a 
titolo ricognitivo (n. 215). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 27 

DIFESA DELLO STATO 

Controversia tra due Enti pubblici che possono avvalersi del Patrocinio 
dell'Avvocatura. 

Se, qualora due Enti pubblici che possono avva!lersi del patrocinio 
legale dell'Avvocatura dello Stato controvertano tra loro, l'assunzione in 
concreto di tale patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato a favore 
di uno 'di essi possa giustificarsi solo se gli interessi ad esso pertinenti, 
implicati nel conflitto, siano direttamente connessi con interessi statali, 
mentre quelli dell'altro non si differenzino da quelli di qualsiasi altro 
soggetto (n. 2). 

Istituti di istruzione media tecnica. 

Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere la rappresentanza e la 
difesa in giudizio degli Istituti di istruzione media tecnica aventi finalit� 
ed ordinamento speciali di cui all'art. 9 r. d. 1. 21 settembre 1938, numero 
2038 (n. 3). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Concetto di �case di abitazione� -Legge 408/1949. 

Quale sia il significato da dare all'espressione �case di abitazione � 
adoperata dall'art. 13 della legge 408 del 1949 ai fini dell'applicazione del 
beneficio fiscale di cui al successivo art. 17 (n. 189). 

Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia 
economica e popolare. 

Se, nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 
della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 lugil.io 
1965, n. 904, e cio� del valore venale dell'immobile espropriato, si deve 
tener conto della condizione del bene al momento dell'esproprio, e quindi 
della destinazione edilizia recata dal piano di zona, anche se costituisca 
una � plusvalenza � determinata dalla formazione e dall'attuazione del pd.ano 
ovvero una �minusvalenza� come nel caso di vincoli preclusivi od attenuati 
dell'edificabilit� disposti dal piano (n. 190). 

Se nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, 
in mancanza dei fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi 
sugli imponibili catastali (n. 190). 

Se proceduralmente la norma del!l'art. 12 della 1. n. 167 del 1962, 2� 

comma, del nuovo testo della 1. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel nor


male procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e come 

autorit� che pronuncia l'esproprio il Prefetto (n. 190). 

Se sia opportuno che l'indennit� aggiuntiva, prevista dall.'art. 1, 30 

comma, della 1. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici Era


riali (n. 190). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se anche gli enti indicati nell'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, 
possano avvalersi del procedimento valutario della indennit� stabilita nell'art. 
12 de1la il. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 190). 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Imposizione servit� con clausola di inamovibilit�. 

Se, essendo gli elettrodotti da costruirsi daLl'ENEL a tensione superiore 
a 220.000 volt inamovibili per legge, comunque imposti, quelli a tensione 
inferiore possano essere amovibili o non secondo il prndente apprezzamento 
dell'autorit� amministrativa (Prefetto) competente ad imporire la servit� 

(n. 30). 
Personalit� giuridica dell'ENEL. 

Se l'ENEL sia un'Amministrazione deLlo Stato o sia comunque, agli 
effetti tributari, aissimiiabile a una Amministrazione dello Stato (n. 31). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia 
economica e popolare. 

Se, nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 
della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 luglio 1965, 

n. 904, e cio� del valore venale dell'immobile espropriato, si deve tener 
conto della condizione del bene al momento dell'esproprio, e quindi della 
destinazione edilizia recata dal piano di zona, anche se costituisca una 
e plusvalenza > determdnata dalla formazione e dall'attuazione del piano 
ovvero una � minusvalenza > cmne nel caso di vincoli preclusivi od attenuati 
dall'edificabilit� disposti dal piano (n. 229). 
Se, nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, 
in mancanza dei :fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi 
sugli imponibili catastali (n. 229). 

Se proceduralmente ila norma dell'art. 12 della 1. 167 del 1962, 20 comma, 
del nuov'o testo della 1. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel normale 
procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e come 
autorit� che pronuncia i'esproprio il Prefetto (n. 229). 

Se �sia opportuno che l'iindennit� aggiuntiva, prevista dall'articolo 1, 
30 comma, della 1. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici 
Eraria\Li (n. 229). 

Se anche gli enti indicati nell'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, 
possano avvalersi del procedimento� valutario della indennit� stabildta nell'art. 
12 dela 1. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 229). 

Impossessamento coattivo del bene. 

Se, in caso di mancata consegna del bene da parte del proprietario, 
possa farsi luogo senz'altro -in sede di autotutela -all'impossessamento 
coattivo del bene a mezzo di forza pubblica (n. 230). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 29 

Pagamento indennit�. 

Se sui provvedimenti di volontaria giurisdizione con i quali l'Autorit� 
Giudiziada ordini il pagamento diretto della indennit� di espropriazione 
sia dovuto il contributo da versare a\lla Cassa di previdenza ed assistenw 
per avvocati e procuratori (n. 231). 

Piani di ricostruzione -Intervento statale. 

Se, sostituitosi il Ministero dei Lavori Pubblici al Comune per il'attuazione 
di un piano di ricostruzione dell'abitato, ed essendo compresi in detto 
piano terreni di propriet� dello stesso ,Comune, questi debbano essere espropriati 
con pagamento dell'indennit� in favore dell'Ente locale (n. 232). 

IiMPIEGO PUBBLICO 

Assistente straordinario a cattedra universitaria. 

Se lo status dell.'assistente universitario straordinario sia compatibile 
con 1a prestazione del servizio miiltare di leva (n. 642). 

Se, ove un assistente universitario straordinario rsubisca una condanna 
penale, esso debba �essere sottoposto a procedimento disciplinare, pur essendo 
decol'so il periodo annuale di nomina (n. 642). 

Se la condanna penale subita ,quale obiettore di coscienza escluda il requi
�sito di buona condotta da ritenere necessario per ila nomina di assistente 
straordinario (n. 642). 

Personale in Africa -Trattamento economico. 

Se le espressioni usate nelle disposizioni di cui all'art. 1 della J.. 16 
mag.gio 1956, n. 496, concernenti il trattamento economico del personale rimasto 
nei territori d'Africa gi� dii sovranit� italiana, siano da intendere in 
senso proprio e tecnico (n. 643). 

Se possa effettuarsi, ai sensi degli artt. 406 e 496 del regolamento di 
contabilit� defilo Stato e dell'art. 3 r. d. J.. 19 gennaio 1939, n. 295, il conguaglio 
fra le �somme gi� in precedenza percepite dali'interessato, a titolo 
di competenze �coloniali aNetrate e somme ancora da <Corrispondere a tale 
titolo (n. 643). 

Prescrizione di crediti di lavoro -Dipendenti delle Universit�. 

iSe decoNa la prescrizione biennale di cui alllart. 2 r. d. 1. n. 295 del 
1939 per i crediti di stipendio dei dipendenti delle Universit� che non siano 
a carico dello Sta,to (n. 644). 

Risoluzione rapporto d'impiego per mal:attia. 

Se dovendosi risolvere il r:apporto d'impiego con un funzionario di Direzione 
dell'Ufficio Italiano Cambi, per malattia, alla scadenza del periodo 
di aspettativa, spetti al medesimo il'indennit� sostitutiva del preavviso (numero 
645). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�Trattenute sugli assegni per pagamento canoni alloggio servizio. 

Se la P. A. possa valersi della facolt� di procedere d'ufficio, mediante 
ritenute dirette sugli assegni dei pubblici dipendenti, e nel Umite della 
met� di tali assegni, quando i dipendenti stessi si siano resi morosi nel 
pagamento dei canoni relativi all'alloggio assegnato, anche se l'Amministrazione 
stessa non sia proprietaria di detto alloggio ma ne goda a titolo 
personaJ.e (n. 646). , 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Tributi doganali. -Sbarco di merci e responsabilit� del capitano della nave. 

Se possa avanzarsi nei confronti del capitano della nave la pretesa al 
pagamento dei tributi doganali gravanti su merci sbarcate ed iscritte a 
manifesto ed andate perdute dopo il deposito nei capannoni di calata coperta, 
a sensi dell'art. 42 Legge doganale (n. 46). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Obblighi del cancelliere nella procedura esecutiva immobiliare. 

Se il Cancelliere sia tenuto a presentare il decreto di trasferimento 
ex art. 586 c. p. c. per la registrazione e la trascrizione e ad anticipare le 
relative imposte (n. 241). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Rivalutazione del conguaglio monetario 

Se, ai sensi dell'art. 2 della legge 11 febbraio 1951, n. 74, costituisca 
reddito assoggettabile all'imposta di R. M. la copertura delle perdite degli 
esercizi precedenti mediante l'utilizzo dei saldi attivi di rivalutazione monetaria 
iscritti in bilancio (n. 34). 

IMPOSTE E TASSE 

Imposta di consumo sui materiali da costruzione -�Esenzione in virt� di 
leggi regionali siciliane. 

Se sia legittima la discriminazione -in sede di liquidazione dell'imposta 
di consumo sui materiali da costruzione -fra materiali utilizzati 
in vigore deHa legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, costituzionalmente 
legittima, e materiali utilizzati successivamente sotto l'impero 
delle successive leggi regionali, dichiara.te incostituzionali, che prorogavano 
l'esenzione di cui alla precedente legge citata (n. 431). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

InteresSi moratori 

Se il contribuente ammesso alla dilazione del pagamento di debito IGE 
sia obbligato al pagamento degli interessi di mora dal momento in cui, 
per suo inadempimento, la convenzione di dilazione debba consideral'si sca.:. 
duta ed il debito immediatamente esigibile, e ci� anche prima della entrata 
in vigore della legge n. 29 del 1961 (n. 432). 

Personalit� giuridica dell'ENEL 

Se l'ENEL sia un'Amministrazione �4ello Stato o sia comunque, agli 
effetti tributari, assimilabile a una Amministrazione dello Stato (n. 433). 

Tributi doganali -Sbarco di merci e responsabilit� del capitano della nave. 

Se possa avanzarsi nei con:fironti del capitano della nave la pretesa al 
pagamento dei tributi doganali gravanti su merci sbarcate ed andate smarrite 
dopo il deposito nei capannoni di calata coperta, a sensi dell'art. 42 
Legge doganale (n. 434). 

LAVORO 

Prescrizione di crediti di lavoro -Dipendenti delle Universit�. 

Se decorra la prescrizione biennale di cui all'art. 2 d. I. n. 295 d�l 1939 
per i crediti di stipendio dei dipendenti delle Universit� che non siano a 
carico dello Stato (n. 44). 

LOCAZIONE DI COSE 

Appalto di riscossione canoni nei villaggi ISES -Responsabilit� della ditta 
appaltatrice -Limiti. 

Se la ditta appaltatrice della riscossione dei canoni di locazione, nei villaggi 
ISES, possa essere .sgravata dalla responsabilit� del �non riscosso per 
riscosso �, per quanto riguarda le somme dovute dagli assegnatari morosi 
che hanno abbandonato l'alloggio e per quelle dovute dagli assegnatari di 
alloggi nei villaggi, le cui peculiari condizioni locali avevano indotto lo 
stesso Istituto a� concedere alla ditta di non versare dette somme e di non 
portare a termine le normali procedure esecutive (n. 128). 

NAVE 

Tributi doganali -Sbarco di merci e responsabilit� del capitano delfa nave. 

Se possa avanza.rsi nei confronti del capitano della nave la pretesa al 
pagamento dei tributi doganali gravanti su merci sbarcate ed iscritte a manifesto 
ed andate smavrite dopo il deposito nei capannoni di calata coperta, 
a sensi dell'art. 42 Legge doganale (n. 116). 

17 



32 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Contratto di fornitura. 

Se lo sciopero dei dipendenti sia configurabile quale caso di forza maggiore 
determinante l'impossibilit� sopravvenuta dell'adempimento da parte 
dell'imprenditore nei confronti dei terzi (n. 46). 

Se, comunaue, la norma dell'art. 28 del Capitolato di oneri per le forniture 
dell'A. M. (approvato con d. m. 6 marzo 1934), che prescrive la formale 
comunicazione in tempo utile alla P. A. appll\ltante dei fatti addotti a 
giustificazione di eventuali ::ritm'di, possa essere derogata nel caso di avvenimento 
di pubblica notoriet� (quale uno sciopero di categoria) (n. 4.6). 

OPERE PUBBLICHE 

Risarcimento danni per omessa ricostruzione di opere obbligatorie. 

Se la P. A, possa essere condannata al risarcimento dei danni qualora 
non provveda alla manutenzione e ricostruzione delle opere d'arte che assicurano 
le comunicazioni attraverso una ferrovia pubblica, ai sensi dell'artico 
230, legge 20 maTzo 1865, n. 9248, all. F (n. 69). 

PENSIONI 

Pensioni di guerra -Cumulo. 

Se, ai sensi della legge 10 agosto 1950, n. 648, sia ammesso il cumulo 
tra la pensione di guerra e la pensione di invalidi�t� liquidata, per la stessa 
malattia invalidante, dall'I.N,P.S. in relazione alle norme di legge e di regolamento 
sulla assicurazione previdenziale ed assistenziale obbligatoria (numero 
113). 

PIANI REGOLATORI 

Digposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia 
economica e popolare. 

Se nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 
della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 J.uglio 1965, 

n. 904, e cio� del valore venale dell'immobile espropriato, si deve tener 
conto della condizione del bene al momento dello esproprio, e quindi della 
desUnazione edilizia recata dal piano di zona, anche se cosUtuisce una 
e plusva�lenza � determinata dalla formazione e dalil'attuazione del piano 
ovvero una � minusvalenza � come nel caso di vincoli preclusivi od attenuati 
deU'edificabillt� digposti dal piano (n. 16). 
Se nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, 
in mancanza dei fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi 
sugli imponibili catastali (n. 16). 

Se proceduralmente la norma dell'art. 12 della 1. n. 167 del 1962, 20 
comma, del nuovo testo della l. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel nor



PARTE II, CONSULTAZIONI 

male procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e 

come autorit� che pronuncia l'esproprio del Prefetto (n. 16). 

Se sia opportuno che l'indennit� aggiuntiva, prevista daill'art. 1, 30 

comma, della I. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici Era


rf.ali (n. 16). 

Se anche gli enti indicati neli'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, 

possano avvalersi del procedimento valutario delila i�ndennit� stabilita nel


l'art. 1'2 della 1. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 16). 

POLIZIA 

Trattamento economico degli ex dipendenti della potizia civile dell'ex territorio 
libero di Trieste. 

Se debbano estendersi a tutti gli ex dipendenti della polizia civile del 
Territorio Libero di Trieste ~e integrazioni di trattamento economico e di 
liquidazione disposte in favore di alcuni dal Consiglio di Stato con decisioni 
in data 3 e 15 febbraio 1961 (n. 37). 

POSTE E TELEGRAFI 

Offerte per appalto concorso inviate con raccomandata postale. 

Se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo 
di agenzie di recapit� autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato 
che dovevano pervenire � esclusivamente mediante raccomandata postale � 

(n. 123). 
Se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo 
del servizio postale il giorno dopo fa scadenza del termine, qualora il giorno 
prima della scadenza del itermine ci sia stato uno sciopero generale dei dipendenti 
dell'Amministrazione postale (n. 123). 

PRESCRIZIONE 

Applicabilit� della P. A. della prescrizione presuntiva. 

Se la Pubblica Amministrazione possa invocare in proprio favore le 
prescrizioni presuntive (n. 60). 

Prescrizione dei crediti di lavoro -Dipendenti delle Universit�. 

Se decorra la prescrizione biennale di cui aH'art. 2 r. d. 1. n. 295 del 
1939 per i crediti di stipendio dei dipendenti de1le Universit� che non 
siano �a carico dello Stato (n. 61). 



34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PROFESSIONI 

(Geometri) -Limiti competenza professionale. 

Se i progetti presentati a norma dell'art. 7 della 1. 29 giugno 1939, numero 
1497 sulla protezione delle bellezze naturali, possano essere firmati 
da geometri, quando non si tratti di progetti di � modeste costruzioni civili 
� (ex a-rt. 16, d. 1. 11 febbraio 1929, n. 274) (n. 4). 

REGIONI 

Leggi regionali siciliane sull'esenzione dal pagamento della imposta di consumo 
sui materiali da costruzione. 

Se sia legittima la di,stinzione -in sede di liquidazione dell'imposta 
di consumo sui materiali da costruzione -fra materiali utilizzati in vigore 
della legge regionale siciliana 18 iottobre 1954, n. 37, costituzionalmente legittima, 
e materiali utilizzati successiyamente sotto l'impero delle successive 
leggi regionali, dichiarate incostituzionali, che prorogavano l'esenzione 
di cui alla precedente legge citata (n. 144). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Ricorso straordinario. 

I 1.� 

Se l'Amministrazione destinataria di un ricorso straordinario debba far 
luogo alle notifiche di atti successivi al ricorso ai controinteressati, a sensi 
dell'art. 61 r. d. 21 aprile 1942, n. 444, quando il ricorso stesso sia stato 
proposto dopo che erano scaduti i 60 giorni comminati dall'art. 36 del t. u. 
26 giugno 1924, n. 1054 e quando i controinteressati non hanno prodotto 


~ 

opposizione n� controdeduzioni (n. 12). $.

I

l 
"' ~f; 

SEQUESTRO 

Sequestro a norma della legge 7 gennaio 1929, n. 4. 

' 

Se per la conversione del sequestro fiscale (ex art. 26, \l. 7 gennaio 1929, 

I

n. 4) in pignora.mento sia sufficiente che si verifichi la condizione della rn 
incontestabilit� del credito a presidio del quale la �cautela � stata disposta, 
ovvero sia necessaria una pronuncia giurisdizionale che accerti la converI 


Ir;::

sione del sequestro in pignoramento (n. 21). 

SERVITU' .

I 

Imposizione di servit� con clausole di in~movibilit� elettrodottio. 

Se, essendo gli elettrodotti da costruirsi dall'ENEL a tensione superiore 
a 220.000 volt inamovibili per legge, comunque imposti, quelli a tensione 
inferiore possano essere amovibili o non secondo il prudente apprezzamento 
della autorit� amministrativa (Prefetto) competente ad imporre 
la servit� (n. 44). 


i~ 

:

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PARTE Il, CONSULTAZIONI 35 

STRADE 

Segnal'etica per strada sdrucciolevole. 

Se con cartello di pericolo � strada sdrucciolevole � vadano segnalati 
anche i tratti di :>trada che presentino superfkie sdrucciolevole per cause 
estrinseche relative alla manutenzione (ristagni di acqua, formazione di 
ghiaccio e simili), oltre che i tratti di strada che presentino fa.li ca;ratteristiche 
per cause intrinseche, relative alfa struttura (malformazione, levigatezza 
del manto) (n. 64). 

Se l'apposizione del cartello � strada sdrucciolevole � esima l'ente proprietario 
della strada dal provvedere all'adozione dei mezzi necessari pe;r 
l'eliminazione delle formazioni di ghiaccio (n. 64). 

Se l'apposizione del cartello � �strada sdrucciolevole � e l'adozione di 
misure di manutenzione escludono l'obbligo per l'ente proprietario della 
strada di integrare la segnaletica con cartelli esplicativi (n. 64). 

TRANSAZIONE 

Se per un contratto di permuta, diretta a prevenire una lite, sia richiesto 
il parere del Consiglio di Stato, a sensi dell'art. 14 r. d. 18 novembre 
1923, n. 2440 e quello dell'AvvocatUl'a dello Stato, di cui all'art. 13, t. u. 30 
ottobre 1933, n. 1611 (n. 15). 

TRASPORTI 

Carnet � TIR� -Distruzione del carico -Forza maggiore. 

Se, in caso di distruzione di un carico autotrasportato con carnet � TIR � 
ed andato distrutto a seguito di incendio conseguente a scoppio di gomme, 
debba ritenersi integrata la fattispecie della �forza maggiore� prevista 
dall'art. 16 della Convenzione internazionale resa esecutiva in ItaUa con 

1. 12 agosto 1962, n. 1517 ai fini dell'esonero dal pagamento dei diritti doganali 
(n. 57). 
TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Art. 16 Convenzione Internazionale resa esecutiva con l. 18 agosto 1962, 

n. 1517. 
Se, in caso di distruzione di un carico autotrasportato con carnet 

�TIR� ed andato distrutto a seguito di incendio conseguente a scoppio di 
gomme, debba ritenevsi integrata la fattispecie della � forza maggiore � 
prevista dall'art. 16 della Convenzione internazionale resa esecutiva in 
Italia con l. la agosto 1962, n. 1517 ai fini dell'esonero dal pagamento dei 
dtritti doganali (n. 31). 

NOTIZIARIO 

Nella .sede dell'Avvocatura Generale, il giorno 9 febbraio si � svolta 
una cerimonia di �commiato in onore di S. E. Pietrini Pallotta, collocato a 
riposo per raggiunti limiti di et�. L'Avvocato Generale, S. E. Giovanni Zappal�, 
ha ricordato ai numerosi avvocati e procuratori dello Stato intervenuti 
il validissimo contributo dato da S. E. Pietrini Pallotta durante i lunghi 
anni di servizio nell'Istituto. 

S. E. Pietrini Pallotta ha ringraziato con commosse parole l'Avvocato 
Generale e �tutti i colleghi. 
s. E. Pietdni Pallottia venne nominato Sostituto Avvocato il 3 gennaio 
1932 presso l'Avvocatura distrettuale di Trieste e il 9 diceml�-e 1937 
fu trasferito presso l'Avvocatura Generale. Promosso a scelta Vice Avvocato 
il 20 ottobre 1948, e poti Avvocato distretturue 1'8 settembre 1950, fu destinato 
presso l'Avvocatura di caltanissetta. Trasferito di nuovo presso l'Avvocatura 
Generale, il 4 aprile 1963, fu promosso Vice Avvocato Generale. 
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