ANNO XIX -N. l GENNAIO -FEBBRAIO 1967 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 196 7 ABBONAMENTI ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO .���.......... � � � � � 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in ltaUa -Printed in ltal~ Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6212115) Roma, 1967 , Istituto Poligrafico dello Stato P. V. - INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTffUZIONALE E INl'ERNA ZIONALE pag. Sezione seconda: GIURISMUDENZA SU QUESTIONI DI Gl<URISDIZION1E )) 32 Sezione terza: GIURl5fliRUDENZA CIVILE )) 67 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINIST1RATIVA )) 11 o Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRl1BUTARIA )) 120 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERl1A DI ACQUE PUBBl. ilCHE, APPALTI E FORNHURE )) 160 Sezione settima: GIURISPIRUDENZA PENALE Il 174 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOT11RINA pag. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ll 12 CONSULTAZIONI )) 24 NOTIZIARIO � 36 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag,Ji avvocati: Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, Giuseppe 1Del Greco, Antonino Terranova Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI TRACANNA L., Sulla inapplicabilit� della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale al giudizio di legittimit� costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 27 GIARDINI U., Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e pretese dei vigili urbani sui proventi delle contravvenzioni introitati dall'erario dello Stato . . . . . . . . I, 32 FRENI A., Sulla responsabilit� dell'Ammini:strazione FF. SS. per i danni alla persona del viaggiatore . . . . . . . . . . I, 67 CARUSI F., Ancora sulla tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato dalla P.A. per la costruzione di opera pubblica e non espropriato nel biennio ex art. 73 t. 25 giugno 1865, n. 2359 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 99 LA PORTA S., La propriet� dei fondi occupati senza titolo e trasformati in opere pubbliche e la propriet� di tali apere . . I, 127 BATISTONI FERRARA F., Occupazione abusiva, condanna al risarcimento del danno ed imposta di registro . . . . . . I, 138 DEL GREGO G., Sulla procedibilit� del giudizio arbitrale prima della decisione delle riserve . . . . . . . . . . . I, 169 DE CARLO T., Ancora in tema di interpretazione della legge 24 aprile 1962, n. 191, modificatrice dell'art. 164 c. p. sulla sospensione condizionale della pena . . . . . . . . . . . I, 176 DI TARSIA DI BELMONTE P., Un caJso limite di contumacia dell'imputato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 181 _._ / .INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE -Alveo -Nozione -Alveo mutevole e vagante -Limiti, 165. -Dichiarazione di demanialit� - Effetti -Precedenti diritti di natura privata -Decadenza, 160. -. Controversia tra privati -Riflessi della nuova legislazione su anteriori convenzioni -Competenza del Tribunale delle acque -Sussiste, 160. -Riconoscimento �di antica utenza -Obbligo di fornire acque a terzi -Costituzione di subutenza, 160. -Subutenza -Posizione giuridica -Imposizione del canone all'utente -Conseguenza del subutente -Gratuit� -Esclusione, 160. AMMINISTRAZIONE DELLO STA TO -V. Competenza e giurisdizione, Giovent� italiana. APPELLO -Domande ed eccezioni non accolte del giudice di primo grado -Necessit� di espressa riproposizione a pena di decadenza Sussiste -Generico richiamo alle difese di primo grado -Insufficienza -Necessit� della chiara manifestazione della volont� di riproposizione -Sussiste, 85. APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti -Pubblicazione della sentenza di condanna -Violazione della legge di delega -Esclusione, 23. ARBITRATO -Domanda arbitrale -Decisione delle riserve prima del).a costituzione del collegio arbitrale Validit� della domanda e procedibilit� del giudizio, con nota di G. DEL GRECO, 169. -Mancata decisione amministrativa delle riserve -Temporaneaimprocedibilit� del giudizio arbitrale -Costituzione in mora dell'Amministrazione, con nota di G. DEL GRECO, 169. ATTI AMMINISTRATIVI -Regione -Commissario governativo per la convocazione del Consiglio regionale -Decreto di nomina -Atto politico -Esclusione, 116. -Vizi inerenti al procedimento non ancora concluso -Annullamento -Presupposti, 115. BONIFICHE -Bonifica integrale -Potere di imporre contributi attribuito ai Consorzi -Contrasto con l'art. 23 Costituzione -Manifesta infondatezza della questione, 13. CASSAZIONE -.,.-Vizio di omesso esame di punto decisivo denunciabile in Cassazione -Limitazione 'agli accertamenti di fatto -Sussiste -Questioni di diritto -Omissioni od errori di motivazione -Irrilevanza, in caso di esattezza della soluzione della questione, ai fini della cassazione della sentenza 97. ' 2 VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Demanio e patrimonio -Entrate di diritto pubblico ed entrate di diritto privato -Esecuzione forzata Limiti, 57. -Edilizia -Provvedimento demolizione ex art. 26 1. 17 agosto 1942, n. 1150 -Impugnativa Giurisdizione amministrativa Sussistenza, 118. -Giurisdizione �esclusiva -Limiti -Vigili urbani -Compartecipazione sulle somme riscosse per pene pecuniarie dovute all'Erario dello Stato -Giurisdizione ordinaria con nota di U. GIARDINI, 32. -Impiego pubblico -Dipendente dello Stato -Assistenza malattie -Prestazione dell'ENPAS -Controversie -Giurisdizione del giudice ordinario, 61. -Impiego pubblico -Mancato versamento contributi previdenziali -Giurisdizione amministrativa Sussistenza, 117. -Nave -Organizzazione di bordo -Potere gerarchico e potere disciplinare -Natura pubblicistica -Interesse legittimo dell'arruolato -Giurisdizione del Consi glio di Stato, 48. -Rapporto di impiego tra i Convitti nazionali ed il personale insegnante nelle scuole da essi gestite -Controversie -Giurisdizione del Giudice ordinario, 45. -Responsabilit� degli impiegati di enti pubblici sottoposti a controllo della Corte dei Conti Giurisdizione della Corte dei Conti -Esclusione, 54. - Sicilia -Riforma fondiaria Computo della quota di conferimento -Norme di azione Illegittimit� del procedimento di determinazione -Giurisdizione amministrativa, 37. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Concessione contratto -Atto unilaterale deliberativo e negozio attuativo, 58. -Permesso di estrazione di sabbia e ghiaia dal letto dei fiumi Natura, 58. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI - V. Sicilia. CORTE DEI CONTI -Nomina a Consigliere di estranei alla Corte -Contrasto col principio dell'ammissione per concorso e con quello del'indipendenza dela magistratura -Esclusione, 1. -V. anche Competenza e giurisdizione. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio per conflitto di attribuzione -Omessa impugnativa di atti precedenti -Acquiescenza ad atti successivi -Esclusione, 5. -Pronuncia di illegittimit� costituzionale -Effetti -Provvedimenti amministrativi emanati in base all'atto avente forza di legge dichiarato incostituzionale -Caducazfone de jure -Esclusione Necessit� di rimozione nei modi previsti dall'ordinamento -Sussiste, 86. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Bonifiche, Corte dei Conti, Friuli-Venezia Giulia, Leggi, Riforma fondiaria. DANNI - V. Sentenza. DEMANIO - V. Acque pubbliche. EDILIZIA -V. Competenza e giurisdizione. ENTRATE PATRIMONIALI DELLO STATO -Ingiunzione amministrativa di pagamento -Opposizione -Soggetto legittimato passivamente al giudizio di opposizione, 82. INDICE vu ESECUZIONE FORZATA -Costituzione -Incidenti -Ricorso contro il provvedimento che decide sull'incidente -Istanza di sospensfone dell'esecuzione -Provvedimento di rigetto Inoppugnabilit�, 190. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Finalit� -Stabilimenti industriali -Contrasto con altri pubblici interessi -Reiezione dell'istanza di esproprio -Legittimit�, 112. - Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti industriali -Art. 4 d. I. n. 1598 del 1947 -NaturaEfficacia -Proroga fino al 1980, 112. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti industriali -Procedimento -Audizioni di pareri non richiesti dalla legge -Possibilit�, 112. -Occupazione di urgenza -Decreto prefettizio che autorizza lo stato di consistenza -Indicazioni catastali dei proprietari dell'immobile -Successiva variazione Momento al quale occorre fare riferimento, 114. -Occupazione di urgenza -Stato di consistenza -Autorizzazione all'eccesso -Soggetti legittimati -Limiti, 114. - Zone terremotate in Sicilia Procedimento espropriativo -Distinzione in fasi e loro autonomia, 110. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Legge regionale sui contingenti numerici del personale regionale -Rinvio da parte del Governo al Consiglio regionale -Riapprovazione -Esaurimento deg:J.i effetti del rinvio, 21. -Legge sui contingenti numerici del personale regionale -Previvisione di tabelle provvisorie Illegittimit� costituzionale Esclusione, 21. GIOVENTU' ITALIANA -Ente di diritto pubblico distinto dalle Amministrazioni statali Gestione e rappresentanza -Commissario Nazionale Patrocinio facoltativo dell'Avvocatura dello Stato -Sussiste -Foro Erariale Inapplicabilit�, 96. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE -Principi e norme di diritto processuale comune -Applicabilit� Limiti, con nota di L. TRACANNA, 26. -Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale -Inapplicabilit�, con nota di L. TRACANNA, 26. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Nomina Commissario Governativo per convocazione Consiglio regionale -Impugnativa promossa da Assessore regionale -Legittimazione -Sussistenza, 116. -Ricorso giuri-sdizionale -Controinteressati -Ordini professionali, 111. ' -Ricorso giurisdizionale -Decisione interlocutoria per il deposito documenti -Termine -Inosservanza -Effetti, 110. -Ricorso giurisdizionale -Deposito atto intervento adesivo dipendente -Interruzione termine di perenzione -Esclusione, 118. -Ricorso giurisdizionale -Questioni pregiudiziali -Regolare costituzione del rappo;rto processuale e difetto di giurisdizione -Precedenza della questione inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale, 110. GUERRA -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Commissario liquidatore -Poteri, 78. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Controversie -Azione giudiziaria -Condizioni di proponibilit�, 78. -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Nozione, 77. IMPIEGO PUBBLICO -Agenti governativi -Partecipazione di proventi di pene pecuniarie -Estensione ai vigili urbani, agenti di pubblica sicurezza, con nota di U. GIARDINI, 32. -Dipendente dello Stato -Assistenza nelle malattie -Prestazioni dell.E.N.P.A.S. -Diritto sogsettivo dell'assicurato -Limiti, 61. -V. anche Competenza e giurisdizione, Sciopero. IMPOSTA DI REGISTRO -Accessioni -Opere pubbliche realizzate dalla P. A. su fondi di aliena propriet� -Successivo trasJierimento dell'area alla P.A. Imponibilit� del trasferimento presunto delle opere, secondo la regola dell'art. 47 della legge di registro -Esclusione, con nota di S. LA PORTA, 126. -Agevolazioni -Decadenza dalle agevolazioni per mancata o tardiva reg,istrazione -Si verifica, 137. -Appalto -Concessione di pubblico servizio -Servizio di nettezza urbana -Affidamento ad un privato da parte di un comune, dell'incarico di espletare le sole attivit� materiali inerenti al servizio -Costituisce appalto -Affidamento dell'incarico di esplet�re le attivit� materiali ed attribuzione, in tutto o in parte, al privato gestore, anche dei poteri di supremazia, connessi al servizio -Costituisce concessione di pubblico servizio, 123. - Sentenza -Occupazione senza titolo di immobili da parte della p. a. -Sentenza di condanna al risarcimento dei danni nella misura del valore venale dei beni occupati ed utilizzati per l'esecuzione di un'opera pubblica Imposta proporzionale di trasferimento -Inapplicabilit�, con nota di F. BATISTONI FERRARA, 137. Societ� -Trasferimenti di quote di societ� in accomandita semplice -Regime tributario dei trasferimenti anteriori e di quelli successivi all'abolizione dell'imposta di negoziazione, 145. -Societ� -Trasformazione di una societ� irregolare in nome collettivo in una societ� di capitali Imponibilit� come per costituzione di nuova societ� -Esclusione -Imposta prevista per le trasformazioni di societ� -Applicabilit�, 120. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Attivo ereditario -Beni alienati dal de cuius con scrittura privata non registrata che abbia acquistato data certa ai sensi dell'art. 2704 c. c. -Idoneit� per l'esclusione dell'attivo: inapplicabilit� delle limitazioni di cui all'art. 45 della legge trib.taria sulle successioni per la prova della data certa, 132. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Crediti dei Comuni verso lo Stato per le quote di partecipazione ai proventi -Entrate di diritto pubblico anche per i Comuni - Impignorabilit�, 57. IMPOSTE DOGANALI -Contrabbando -Indebito uso di merci importate con agevolazioni -Obbligazione civile per i diritti evasi -Individuazione del soggetto passivo -Conseguenze in ordine alla prescrizione, 155. -Diritto di licenza -Merci introdotte in temporanea importazione e poi definitivamente importate -Momento della nascita dell'obbligazione per il diritto di licenzia -� quello del rilascio della licenza di importazione definitiva in deroga ai divieti, 148. INDICE IX -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti reato -Norma che stabilisce la decorrenza del termine prescrizionale dalla data in cui la sentenza penale diviene irrevocabile Applicabilit� al caso di sentenza penale che dichiara estinto il reato per prescrizione -Conseguenti poteri del giudice civile, 155. -V. anche Imposte e tasse in genere. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Interessi � -Decorrenza degli interessi a favore del contribuente -Disposizioni della I. 26 gennaio 1961, n. 29 -Applicabilit� ad ogni specie di tributo -Condizioni, . 148. -Procedimento dinanzi alle commissioni -Imposte indirette sui trasferimenti -Controversie di valutazione -Decisioni della commissione provinciale -Ricorso alla commissione centrale -Inammissibilit� -Ricorso all'a. g. o., ai sensi dell'art. 29 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit� -Ricorso immediato in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione -Ammissibilit�, 154. INGIURIA E DIFFAMAZIONE -Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa -Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere -Diritto di cronaca -Limiti -Eccesso colposo -Condizione, con nota di M. DI PACE, 174. - Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa -Esimenti -Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere -Costituzione -Diritto di cronaca -Limiti, con nota di M. DI PACE, 174. ISTRUZIONE -Istruzione inferiore -Esonero dalle tasse e dai contributi sco !astici -Insufficienza rispetto al concetto di gratuit� della istruzione obbligatoria e del principio di eguaglianza -Esclusione, 15. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Legge di delega al Governo Ritardo nella pubblicazione -Illegittimit� costituzionale della legge delegata -Esclusione, 22. -Leggi di delega anteriori alla Costituzione -Inosservanza delle norme di cui all'art. 76 Cost. Irrilevanza, 13. LOCAZIONE -Locazioni prorogate di immobili urbani destinati ad uso diverso dall'abitazione -Aumento dei canoni disposto dalla 1. 30 settembre 1961, n. 975, 97. MEZZOGIORNO -Legge speciale per la Citt� di Napoli 9 aprile 1953, n. 297 -Sostituzione della Cassa per il Mezzogiorno al Comune di Napoli nell'esecuzione d'opera pubblica di pertinenza di questo ente Occupazione di suolo ed affidamento dell'esecuzione dei lavori da parte della Cassa per il Mezzogiorno allo stesso Comune interessato -Obbligo del Comune di Napoli di provvedere al tempestivo perfezionamento della procedura espropriativa -Sussiste, con nota di F. CARusr, 99. - V. anche Espropriazione per p. u. MUNICIPALIZZAZIONE DEI PUBBLICI SERVIZI -Aziende municipalizzate -Direttore -Trattamento di licenziamento -Attribuzione di anzia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X nit� convenzionale -Organi com petenti, 115. -Deliberazioni delle aziende municipalizzate -Annullamento Competenza del Prefetto, 114. -DeHberazione delle aziende municipalizzate -Controllo -Pendenza del procedimento di riesame -Effetti, 115. -Deliberazione delle aziende municipalizzate -Potere prefettizio di annullamento -Natura, 114. NAVE - V. Competenza e giurisdizione. NOTIFICAZIONI -Notificazione presso la casa di abitazione dell'imputato -Consegna ad una donna convivente -Mancanza di contestazioni sulla convivenza -Validit� della notificazione -Relazione di notifica -Mancata indicazione delle generalit� della consegnataria e erronea qualificazione della stessa come moglie -Irrilevanza, 191. OCCUPAZIONE -Occupazione d'urgenza da parte della Cassa per il Mezzogiorno, quale sostituta del Comune di Napoli, di suolo occorrente per la costruzione d'opera pubblica comunale, a cura dello stesso Comune, affidatario dell'esecuzione dei lavori a norma dell'art. 4 1. 9 aprile 1953, n. 297 -Protrazi'Clne ultrabiennale senza titolo dell'occupazione -Azione giudiziaria proposta dai proprietari dell'immobile, destinati a sede stabile dell'opera pubblica, per ottenerne la restituzione o, in mancanza, il valore venale -Qualificazione giuridica -Azione personale, di risarcimento del danno reale, di revindica, PIANO REGOLATORE E DI RICOSTRUZIONE - Ordine demolizione ex art. 26 1. 17 agosto 1942, n. 1150 -Controllo sostitutivo Ministero LL. PP. -Condizioni e limiti, 119. PRESCRIZIONE -Mancato versamento contributi previdenziali -Termine decennale, 118. PROCEDIMENTO CIVILE -Convenuto non legittimato passivamente alla _lite -Interventore -Esclusione -Spese -Effetti, 38. -Litisconsorzio necessario -Litisconsorzio necesario fra soggetto non legittimato citato e costituitosi in giudizio ed il soggetto legittimato, non comparso perch� non citato -Esclusione, 82. Sospensione del processo -Sospensione necessaria -Presupposto, 86. PROCEDIMENTO PENALE -Giudizio in contumacia -Impedimento a comparire -Tardiva allegazione dell'obbligo di comparire nello stesso giorno quale teste davanti a giudice diverso Non costituisce legittimo impedimento -Ordinanza dichiarativa di contumacia -Legittimit�, con nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 180. -Procedimento per decreto -Opposizione -Decreto di citazione in giudizio -Mancato richiamo al decreto opposto -Irrilevanza, 185. - Termini -Termine processuale in materia penale -Sospensione penale -1� anno di applicazione -Decorrenza della sospensione Inapplicabilit� della 1. 14 luglio e non con nota di F. CARUSI, 99. 1965, n. 818, 192. INDICE XI REATO -Reato continuato -Continuazione tra il reato da giudicare e reato gi� giudicato -Obbligo di esame da parte del giudice Prove -Presupposti di fatto della continuazione -Esistenza di sentenza irrevocabile -Accertamento di ufficio, 187. -Reato continuato -Prove -Reato giudicato e altro reato -Configurabilit� della continuazione Obbligo di accertamento del giudice in ordine ai presupposti della continuazione -Onere di allegazione della precedente condanna a carico dell'imputato, 186. -Sospensione condizionale della pena -Seconda concessione del beneficio -Impossibilit� di pagare la pena pecuniaria inflitta con precedente condanna -Non revocabilit� dell'ordinanza emessa in sede di esecuzione, che affermi la preclusione d'ogni indagine su tale impossibilit�, con nota di T. DE CARLO, 176. REGIONI Con'V'Ocazione Consiglio regionale -Nomina Commissario governativo in sostituzione dell'organo regionale competente -Legittimit�, 116. -Nomina Commissario governativo per convocazione Consiglio regionale -Forma necessaria, 117. -V. anche Atti amministrativi, Giustizia amministrativa. RIFORMA FONDIARIA -Dichiarazione di illegittimit� costituzionale di decreto presidenziale di espropriazione -Nesso di causalit� con presupposto, precedente comportamento colposo dell'Ente di rifurma -Esclusione -Diritto del proprietario al risarcimento del danno per la mancata restituzione della quota di terreno illegittimamente espro priato -Sussite, 86. SCIOPERO -Astensione dal lavoro per una parte della giornata lavorativa Retribuzione ridotta -Non � dovuta, 116. -Impiego pubblico -Effetti -Retribuzione -Non � dovuta, 116. SENTENZA -Sentenza di condanna generica al risarcimento del danno -Contenuto -Efficacia rispetto all'ulteriore fase del giudizio, 86. -V. anche Imposta di registro. SICILIA -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Provvedimenti assessoriali relativi all'addizionale erariale sulle imposte indirette -Competenza dello Stato, 6. -Legge regionale recante sgravi fiscali per le nuove costruzio:o.i edilizie -Illegittimit� costituzionale per contrasto con la legislazione nazionale -Esclusione, 11. -Modificazione degli statuti delle Casse soccorso delle aziende autofiloviarie di Catania e di Trapani -Conflitto di attribuzione Competenza regionale, 11. -V. anche Competenza e giurisdizione, Espropriazione. SOCIET� -V. Imposta di registro. SPESE GIUDIZIALI -Condanna alle spese -Discrezionalit� del giudice di merito -Li XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mite all'insindacabilit� della pronuncia in Cassazione costituito dalla necessit� del rispetto del principio della soccombenza Sussiste, 85. TRASPORTO Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al viaggiatore -Anormalit� dell'esercizio ferroviario -Apertura dello sportello -Non volontariet� Onere della prova, con nota di A. FRENI, 67. Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al viaggiatore -Responsabilit� -Anormalit� dell'esercizio ferroviario Onere della prova, con nota di A. FRENI, 68. Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al viaggiatore -Responsabilit� -Disciplina speciale -Sua attuale applicabilit�, con nota di A. FRENI, 67. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 21 ger:�naio 1967, n. 1 pag. 1 21 gennaio 1967, n. 2 5 21 gennaio 1967, n. 3 11 21 gennaio 1967, n. 4 11 21 gennaio 1967, n. 5 13 4 febbraio 1967, n. 7 15 4 febbraio 1967, n. 8 21 9 febbraio 1967, n. 13 22 9 febbraio 1967, n. 14 23 9 febbraio 1967, n. 15 26 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 18 maggio 1966, n. 1279 . pag. 67 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1347 . . 120 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1354 . . . 123 Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1422 . 32 Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792 . . . 126 Sez. Un., 2 agosto 1966, n. 2146 . . 37 Sez. I, 3 settembre 1966, n. 2314 . 132 Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2424 . 45 Sez. Un., 18 ottobre 1966, n. 2500 . 77 Sez. I, 18 ottobre 1966, n. 2503 . . 68 Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2610 . . . 137 Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2785 . > 48 Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2811 . 54 Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2941 . 145 Sez. III, 3 gennaio 1967, n. 1 . . . 57 Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 57 . . . 82 Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 64 . . . . 85 Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 126 . > 86 Sez. I., 14 gennaio 1967, n. 141 . . 148 Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 211 . 154 Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 214 . 58 Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 305 . 61 Sez. III, 15 febbraio 1967, n. 384 . 95 Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 415 . . . . . . . . . . . . . . 155 Sez. I, 25 febbraio 1967, n. 432 (in nota a Cass. 14 gennaio 1967, n. 141) . . . . . . . ....., .......... . 149 Sez. III, 25 febbraio 1967, n. 436 . . . . . . . . . . . . . 97 !fffF@E@@i!IM@@m@mmn;mmmrnrnr@IN@l11NfHl@lMWlNllf:~J%!%!!!?nwrnt@:M111MMiMWiMW@Ml@%illtllll@tmm XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE D'APPELLO Napoli, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 . . . . . . . . . . TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 28 gennaio 1967, n. 1 3 febbraio 1967, n. 2 LODI ARBITRALI 18 aprile 1966, n. 18 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 7 novembre 1966, n. 22 . Ad. Plen., 21 dicembre 1966, n. 25 . Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 602 . Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 761 ... Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 772 . . Sez. IV, 16 novembre 1966, n. 808 . Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1051 . Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1059 . Sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1094 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 23 marzo 1966, n. 5 . .'. Sez. III, 21 giugno 1966, n. 2567 . Sez. II, 15 luglio 1966, n. 918 . . Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1464 . Sez. II, 25 agosto 1966, n. 547 ... Sez. II, 25 agosto 1966, n. 640 . . Sez. II, 31 agosto 1966, n. 2019 . Sez. II, 6 settembre 1966, n. 2255 . Sez. II, 1 ottobre 1966, .n 2811 . . pag. 98 pag. 160 165 169 pag. 110 111 112 114 114 116 116 117 118 pag. 174 176 180 185 186 187 190 191 192 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA NIGRO M., Studi sulla funzione organizzatrice della Pubblica Amministrazione, Giuffr�, Milano, 1966 . . . . . . . . . . pag. 1 DONATI D., Scritti di diritto pubblico, Vol. 2, CEDAM, Padova, 1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 BENNATI A., DI GLAMBATTISTA E., Il nuovo statuto e la carriera degli impiegati civili dello Stato -Legislazione, giurisprudenza, commento, Jovene, Napoli, 1967 . . . . . . 4 CARABBA E. F. -.ALESSANDRI R., Codice penale e codice di procedura penale, Ludus, Firenze, 1965 . . . . . . . . . . 4 BIANCHI C. M. -CANZIANI P. L., Codice veterinario e Raccolta delle circolari .in materia veterinaria, 3 vol., Giuffr�, Milano, 1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 SEGNALAZIONI BATISTONI-FERRARA F., Imposte di trasferimento, decisioni di valutazione ed errores in procedendo, Foro it., 1966, I, 1127 pag. 5 CATELANI A., Sul fondamento del divieto di dedurre davanti al Consiglio di Stato in s. g., motivi di gravame non proposti nel precedente ricorso gerarchico, Foro amm., 1966, II, 122 6 FINOCCHIARO A., Competenza e poteri del giudice nella sospensione della esecuzione del lodo arbitrale, Giust. civ., 1966, I, 2069 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 GIANNATTASW C., Il contenzioso elettorale dopo la sentenza 27 dicembre 1965, n. 93 della Corte Costituzionale, Giust. civ., 1966, I, 2091 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 GAGLIARDI M., Ancora sulla impugnazione delle decisioni provinciali nelle controversie di valutazione in materia di imposte indirette, Giust. civ., 1966, I, 62 . . . . . . . . . , 8 GRECHI A., La Costituzione Italiana con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, Noccioli, Firenze, 1965 . . . . . . 8 MANFELOTTO L., Sul termine per la proposizione della domanda riconvenzionale, Giur. it., 1966, I, 2, 54 . . , . . . . . . . 8 MERCATI A., Osservazioni in tema di determinazione della base imponibile nella enunciazione della societ� di fatto, Giur. civ., 1966, II, 133 . , . . . . . . . . . . . . . . . 9 NASTI P., Trascrivibilit� e tempo della trascrizione degli atti soggetti a controllo governativo, Foro amm., 1966, III, 198 9 PAJARDI P., Variazioni in tema di condanna della pubblica amministrazione alle spese processuali, Giur. it., 1966, I, 2, 661 10 SINAGRA L., Sul processo penale costituzionale, Ricerche Giuridiche, Roma, 1966, 82 . . . . . . .. . . . . . ... 10 mrU@f@ff@f~!iii:\1!\@@:~lif@@@\\Ifa\iiW~i@\mI@nEIWij@:'.'.:~:@:::~:~:wm:@::w:m=~~:~::::w=::;\=Tm'\:=::::;rn:wmmmmwt@K@mmmmmmmmr@i@@\WHmmi XV� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGLTTIMIT� COSTITUZIONALE Norme dichiarate incostituzionali: XV� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGLTTIMIT� COSTITUZIONALE Norme dichiarate incostituzionali: d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, art. unico . pag. 12 -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale: codice di procedura penale, art. 392, primo comma 12 1. 24 dicembre 1928, n. 3134, art. 13 . . . . . 13 r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 7 . . . . . . 13 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, terzo comma . 13 1. ~eg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37, art. 1 . 13 1. 30 dicembre 1962, n. 1859, artt. 4 e 9 . 13 1. 5 dicembre 1964, n. 1267, art. 1 . . . . 13 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . . . . . 14 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 108 . 14 1. reg. Friuli-Venezia Giulia appr. 11 marzo 19(l6 . 14 -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . . . . . . . . . . . . 14 -Norme delle quali il gi.dizio di legittimit� costituzionale � stato definito con pronunce di estinzione, di inamm~ssibilit�, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . 22 INDICE DELLE CONSULTAZIONI Acque pubbliche . pag. 24 Aeronautica e aeromobile 24 Agricoltura 24 Appalto 24 Atti amministrativi 25 Bellezze artistiche e naturali 25 Circolazione stradale 25 Concorsi 25 Contabilit� generale dello Stato 26 Costituzione 26 Demanio 26 Difesa dello Stato 27 (secondo l'ordine di materia) Edilizia economica e popolare pag. 27 Elettricit� e elettrodotti 28 Espropriazione per p.u. 28 Impiego pubblico 29 Importazione ed esportazione 30 Imposta di registro 30 Imposta di ricchezza mobile 30 Imposte e tasse 30 Lavoro �� 31 Locazione di cose 31 Nave 31 !: Fmrrrmrmmrrmmmnnnim;nn1nm;::r@=1:w1m:rnw;;rnrwnrnwww:n:ttmt:t::mmf1r:rt=:'u:r:u:n:;:wrnm::rI@ml!!t:=wrn::r@rn1mtmt:ii INDICE Obbligazione e contratti . . . pag. 32 Opere pubbliche 32 Pensioni 32 Piani regolatori 32 Polizia . . . '. 33 Poste e telegrafi 33 Prescrizione 33 Professioni 34 NOTIZIARIO xvn Regioni ..... . pag. 34 Ricorsi amministrativi 34 Sequestro 34 Servit� 34 Strade 35 Transazione 35 Trasporti . 35 Trattati e convenzioni internazionali 35 pag. 36 / PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 1 -Pres. Ambrosini - Rel. Cassandro -Costa Albesi ed altri (avv. Giannini, Piccardi), Sacchetto (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Ag~�). Corte dei conti -Nomina a Consigliere di estranei alla Corte -Contrasto col principio dell'ammissione per concorso e con quello dell'indipendenza della magistratura -Esclusione. (Cost., art. 106, pr�no comma, 108, secondo comma, 100, terzo comma; t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 7; d. 1. 14 luglio 1945, n. 430, art. 2). Non � fondata, sia con riferimento all'art. 106, primo comma, sia con riferimento agli artt. 108, secondo comma e 100 terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 7 t. u. della legge sulla Corte dei conti, che riserva al Governo la facolt� di nomina a consigliere di detta Corte di persone estranee ad essa. Infatti, il principio dell'accesso per concorso, con le relative eccezioni, vale solo per la magistratura ordinaria; ed il principio dell'indipen denza dell'Istituto deve riconoscersi nei modi in cui esso svolge le sue funzioni, non gi� in quelli con i quali si provvede a regolare la nomina dei suoi componenti (1). (Omissis). -1. -La questione sottoposta alla Corte verte sul punto se sia conforme alla Costituzione la facolt� riconosciuta al Governo di nominare all'ufficio di consigliere della Corte dei conti (1) La questioo.e era stata proposta con ordinanza 3 giugno 1966 delle Sezioni Riunite della Corte ded Conti (Gazzetta Ufficiale, 9 ~ug1lio 1966, n. 168). Presupposto implicito della decisione � queUo tnerente alla pl'evalenza dell'elemento giurisdizionale rispetto a quello ammini�strativo dell'attivit� deUa Corte dei Conti. Il che, del resto, era stato recentemente affermato daUa stessa Corte costituzionale con fa sentenza 19 dicembre 1966, n. 121 (in questa Rassegna, 1966, I, 1205) a proposito della natura giurisdizionale 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO persone che, per usare l'espressione della legge, non sono �funzionari di grado V (ora primi referendari) della Corte stessa�. Ne consegue che non vengono in discussione nella loro integrit� i tre commi impugnati dell'art. 7 del t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, ma quella parte di essi dalla quale, soltanto indirettamente, si ricava la facolt� del Governo di ricoprire � i posti di consigliere di spettanza ad estranei alla Corte �. La stessa ordinanza, del resto, ha cura di sottolineare che l'impugnativa va limitata � naturalmente � alla parte � che concerne a nomina di estranei, alla qualifica di consigliere �. � Si afferma che l'illegittimit� delle norme impugnate deriva dal contrasto, in cui esse si trovano con l'art. 106, primo comma, l'art. 108, secondo comma, l'art. 100, terzo comma, della Costituzione. La questione cosi delimitata non � fondata. 2. -Innanzi tutto non � fondata nei confronti dell'art. 106, primo comma. La regola che le nomine dei magistrati abbiano luogo per concorso non � di per s� una norma di garanzia d'indipendenza del titolare di un ufficio, sibbene d'idoneit� a ricoprire l'ufficio. Pu� ritenersi, tuttavia, che nell'ambito di un sistema, quale quello delineato dalle norme contenute nel titolo IV sezione I della Carta costituzionale, la nomina per concorso, che pur in quest'ambito patisce eccezioni, concorra a rafforzare e a integrare l'indipendenza dei magistrati. Senonch�, codesto sistema riguarda soltanto la magistratura ordinaria, come risulta evidente dalle norme contenute nell'invocato art. 106 e negli articoli, che lo precedono e lo seguono, 104, 105, 107, 109, 111, che definiscono la magistratura ordinaria un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, e istituiscono e regolano, a gara;rizia di codesta autonomia e indipendenza, il Consiglio superiore della magistratura. N� vale richiamare il fatto che in questo medesimo titolo si trovi l'art. 103, il secondo comma del quale dichiara che la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilit� pubblica e nelle altre specificate dalla legge, perch� questa disposizione, che trova giustamente il suo posto dove si definisce e regola del giudizio di parificazione dei rendiconti della Regione siciliana. Per l'inquadramento dogmatico di tale attivit� in quella di controllo della Corte dei conti, invece, cfr. CHIMENTI, Parificazione dei rendiconti ed eccezione di incostituzionalitd, Giur. cost., 1963, 889; contra, per la natura giurisdizionaie, BUSCEMA, n ParLamento e i rendiconti �detta Cassa DD.PP. e degti Istituti di previdenza, ivi, 1963, 1616; P1cozz1, La Corte dei Conti in Itatia, Torino, 1963, 158). Nessun precedente in termini sull'interpretazione data dalla Corte costituzional" l, in accoglimento della tesi �Sostenuta dall'Avvocatura Generale e dall'intervenuto resistente, all'art. 106, Cost., applicabile solo -come la sedes materiae �chiaramente dimostra -alfa magistratura ordinaria. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 3 tutto �l'ordinamento giurisdizionale�, non � sufficiente a ricondurre la Corte dei conti nell'ambito della magistratura ordinaria e delle norme di garanzia che questa rigua:tdano. 3. -La difesa del resistente ha sostenuto che, nel presente giudizio, non viene in considerazione nemmeno la norma dell'art. 108, secondo comma, che affida alla legge (riserva di legge assoluta), di assicurare l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, per il motivo che la Corte dei conti non pu� essere annoverata tra queste. Ora, � vero che la Costituzione definisce la Corte dei conti un organo ausiliario del Governo nel senso, deve ritenersi, che essa contribuisce ad assicurare il rispetto del principio di legalit� nell'amministrazione, ma � vero altresl che la stessa Costituzione affida alla Corte dei conti la tutela giurisdizionale di diritti soggettivi e di interessi legittimi, configurandola, cosi, anche come un organo di giurisdizione. Quale delle funzioni attribuite alla Corte sia prevalente e debba caratterizzare l'istituto � questione che non occorre risolvere in questa sede, essendo sufficiente constatare che anche la Carta cpstituzionale parla di giurisdizione della Corte dei conti, considerandola, tuttavia, a parte tra le giurisdizioni speciali, come si ricava dalla VI disposizione transitoria, la quale, disponendo la revisione degli organi speciali di giurisQizione, ne esclude � le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari �. Non occorre, peraltro, affrontare questa questione direttamente nel presente giudizio, giacch� la disposizione generale del secondo comma dell'art. 108 compare, come disposizione particolare per la Corte dei conti e con una speciale accentuazione, nell'ultimo comma dell'art. 100, secondo il quale � la legge assicura l'indipendenza dei due Istituti (Consiglio di Stato e Corte dei conti) e dei loro componenti di fronte al Governo �. Si pu� ritenere, perci�, che la questione sollevata nei confronti dell'art. 108 sia assorbita dall'altra proposta nei confronti dell'art. 100 o che faccia tutt'uno con questa. Nemmeno in questi termini la questione � fondata. Una volta escluso, infatti, che la nomina per concorso debba necessariamente In via pi� generale, poi, si rHeva come la Corte Costituzionale ribadisca, con la decisione in rassegna, una interpretazione funzionale, e non soggettivizzata, del sistema di guarentigie predisposta dalla Costituzione per gli istituti della giurisdizione ordinaria, �speciale od amministrativa. Si possono infatti, ricordare le sentenze 13 dicembre 1963, n. 156 (Giur. Cost., 1963, 1567) e 7 dicembre 1964, n. 99 (in questa Rassegna, 1964, 1002) sulla legittimit� costituzionale delle norme che prevedono le applicazioni e \I.e supplenze dei giudici ordinari, in quanto esse non attentano n� allo status, n� alla funzione del magist11ato; nonch� la sentenza 16 giugno 1964, n. 43 (in questa Rassegna 1964, 637) a proposito di analoghe norme per la giustizia militare. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO intervenire per assicurare l'indipendenza dei magistrati delle giurisdizioni speciali, per le quali, anzi, la provvista dell'ufficio in modi diversi e con procedimenti diversi da quelli del concorso pu� essere necessaria, o quanto meno opportuna, per il raggiungimento delle finalit� loro assegnate (com'� evidente nel caso della Corte dei conti, non potendosi negare l'opportunit� di acquisire all'istituto esperienze maturate nell'ambito dell'amministrazione attiva), resta da vedere se le 'disposizioni impugnate siano tali da minare l'indipendenza dei consiglieri della Corte dei conti. Ma ci� non pu� dirsi, e per quel che si � osservato di sopra e sar� osservato pi� avanti, e soprattutto perch� la norma dell'art. 8 del t. u. citato stabilisce una valida garanzia di indipendenza, disponendo che i consiglieri della Corte dei conti non possano essere revocati, n� collocati a riposo di ufficio, n� allontanati in qualsiasi altro modo senza il parere conforme di una commissione composta dai Presidenti e dai Vice Presidenti dei due rami del Parlamento. 4. -Del resto, la medesima ordinanza e la difesa dei ricorrenti non sembrano insistere su questo punto dell'indipendenza dei consiglieri, ma piuttosto sull'altro dell'indipendenza dell'istituto, che la nomina di una parte dei suoi componenti da parte del Governo comprometterebbe. La questione non � fondata nemmeno sotto questo profilo. Anche a non voler accogliere la tesi del resistente, che pu� apparire smplicistica, giusta la quale l'indipendenza del � corpo > sia una sola cosa con l'indipendenza dei suoi membri, � evidente che l'indipendenza dell'istituto deve ricercarsi nei modi in cui esso svolge le sue funzioni, non gi� in quelli coi quali si provvede a. regolare la nomina dei suoi membri. Basta richiamare in questa sede le norme che regolano lo svolgimento dell'attivit� di controllo e di quella giurisdizionale della Corte dei conti, perch� risulti evidente come l'attivit� dell'istituto si svolga libera da ogni intervento estraneo, in piena indipendenza, e senza possibilit� di ingerenza da parte del Governo. N� pu� obiettarsi, come fa l'ordinanza, che la mancanza di una precisa normativa delle nomine governative invalidi la garanzia disposta dal citato art. 8 del t. u. I modi nei quali la nomina avviene riguardano l'atto di nomina ed esauriscono in questo ogni loro effetto. Una volta che la nomina sia avvenuta, cessa ogni vincolo che eventualmente sussista tra il Governo che nomina e la persona che viene nominata, a null'altro tenuta se non all'obbeqienza alla legge: e subentra la garanzia dell'art. 8 che non si pu� davvero affermare perda di efficacia per le particolarit� dell'atto di nomina che necessariamente la precede. Nemmeno accettabile la tesi della difesa dei ricorrenti che il potere di scelta del titolare di 'un ufficio sia uno dei modi pi� � in PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 genti � di condizionamento dell'ufficio e che esso si risolva in una ingerenza nell'azione che l'ufficio � chiamato a svolgere. La tesi non � esatta o per lo meno non ha la validit� generale e assoluta che le si vuole conferire, dovendosi tenere d'occhio in concreto il sistema nel quale quel potere di nomina s'inserisce e che, nel caso in esame, non consente la predeterminazione dei modi di attuazione delle funzioni affidate all'istituto, concorrendo a questo fine anche la circostanza, sottolineata dagli stessi ricorrenti, che sono diversi i modi di nomina dei componenti della Corte. N� si pu� dire che ci� che non avviene per ragione del sistema, si verifichi poi nel fatto, perch�, nel caso che si esamina, non si tratta dell'istituzione ex novo e uno actu di un corpo, nella nomina dei membri del quale il Governo interviene per la met� dei posti da coprire; n� v'� la possibilit� delle cosiddette �infornate ., cio� del potere arbitrario del Governo di modificare la composizione di un organo con un numero illimitato di nuove nomine al fine di ottenere da esso l'approvazione o l'adozione di un determinato provvedimento. Si tratta, viceversa, di nomine a un numero limitato di posti, man mano che si rendono vacanti per eventi diversi, distanziate nel tempo e perci� fatte da governi diversi o addirittura di opposto orientamento. In queste circostanze non pare che si possa parlare del � condizionamento � di un organo, dell'indipendenza del quale non si dubit� mai, prima ancora del 1923, quando la nomina di tutti i suoi membri era di spettanza del Governo. Alla pubblica udienza, infine, la difesa dei ricorrenti ha affermato che il congegno delle nomine tenderebbe ad assicurare nel tempo la prevalenza numerica dei consiglieri di libera nomina governativa. Ma l'affermazione, non valida sul piano giuridico, perch� non � da questo calcolo delle probabilit� che pu� dedursi l'illegittimit� delle nomine dei consiglieri della Corte dei conti da parte del Governo, non � esatta nel fatto, perch� le cose stanno nella maniera opposta da quando la legge 20 dicembre 1961, n. 1345, riserv� ai soli primi referendari i nuovi posti di consigliere che essa istituiva nella sua prima applicazione -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 2 -Pres. Ambrosini -Rel. Benedetti -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, Virga) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi), e viceversa. Corte Costituzionale -Giudizio per conflitto di attribuzione -Omessa impu~nativa di atti precedenti -Acquiescenza ad atti successivi Esclusione. (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Provvedimenti assesso riali relativi all'addizionale erariale sulle imposte indirette -Com petenza dello Stato. (St. reg. Sicilia, artt. 20, 36; d. 1. 12 aprile 1943, n. 507, art. 2; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 11; 1. 10 dicembre 1961, n. 1346). Non � fondata l'eccezione di inammissibiiit� per acquiescenza del ricorso per conflitto di attribuzione proposto dallo Stato contro una circolare dell'assessore alle finanze per la Regione siciliana, relativa alla spettanza dell'addizionale erariale di cui alla legge 1� dicembre 1961, n. 1346, dato che la mancata impugnativa di atti precedenti a quello impugnato, quale l'iscrizione di un capitolo della legge regionale di bilancio, � fatto di per s� non produttivo di alcun effetto sostanziale e quindi di nessuna modificazione dell'ordinamento giuridico (1). Il provento dell'addizionale istituita con la legge 10 dicembre 1961, n. 1346 � una entrata tributaria nuova rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione della Regione siciliana per l'esercizio 1947' 46, onde esso, in virt� della disciplina provvisoria di cui al D. L. (1) La prima massima � la continuazione della giurisprudenza deHa Corte in tema di ammissibilit� del ricorso, sia contro leggi in via principale, sia per conflitto di attribuzione, tra Stato e Regione. Che i!l conflitto di attribuzione possa sorgere anche per effetto di una circolare, era stato gi� affermato dalla Corte con la precedente sentenza 16 marzo 1962, n. 17 (Giur. it., 1962, 643), la quale ,aveva anche stabilito il principio che, ai fini deHa decorrenza del termine per l'impugnativa, esso va !riferito esclusivamente agli organi legittimati al ricorso. Nello stesso senso, � la successiva &entenza 24 giugno 1965, n. 48, in questa Rassegna, 1965, 865. Con la sentenZ'a 14 giugno 1962, n. 56, poi (Giur. it., 1962, I, 1297) la Corte aveva ritenuto che spetta a chi eccepisce l'inammissibilit� del ricorso -quando il provvedimento �Che d� luogo a conflitto non sia stato notificato -dare la prova dell'integrale conoscenza del provvedimento stesso da parte del ricorrente. In materia -di impugnati.va di 1-eggi in via principale, infine, � da ricordare che la Corte aveva escluso l'acquiescenza sia nella mancata impugnativa di legge principate rispetto a quella accessoria impugnata (sent. 9 aprile 1963, n. 49, Giur. it., 1963, 689); sia nella mancata impugnativa di ~egge a contenuto analogo a quella impugnata (sent. 22 dicembre 1961, n. 66, ivi, 1962, 520). Sotto il concorrente profilo dell'interesse dello Stato ad impugnare leggi regionali anche quando esse abbiano avuto completa esecuzione, la sentenza 9 giugno 1961, n. 31 (Giust. Cost., 1961, 581) dava dsposta affermativa al quesito. <:oS�TITUZIOJ!'l'Af..ll:... E INTERNAZIONALE 7 12 apr�l� 1948 n, 507, non spetta aiia Regione, la quale non ha competenza a. pr6ti1.1Eld�T� in inerito (2). <()'l!ii8$�s); -1. -I tre ricorsi, congiuntamente trattati, possono essere decisi con unica sentenza stante la loro manifesta connessione. :�:.::...:.::.��..�. :�:.�::.:.��.:::. �.. :: . . ... �. . I ... 2�� ~ Fre1illlfP~l'~ a!la. c~?n\ll1e q~estione �..<A.� xnerito � l'eccezione di . i:n~mmis~i~.i.t~~ ~~ll~v.ata dalla <li~sa della. :Regione; nei. riguardi del � ,~~9~~9 tt~po$lfat~ il Q gen~udoi 1965, c:oJ1 Jl q�ale � il Presidente del ~l�i~?~:::z~=:: il>} II :�11�--~~~t:;ve:~~�~�=~ ���ᥥ�������������������� ������ �lP���,�ᥥst#gtti)�����l~i~t����~iguat9at)tj����u��.versarqento in deposito provvisorio ;I ~--~~;~1~�,:�d::; i:c~:n~!": :::: ������������ᥥ���������� ~llr\1~iff~10~14;r~e~~~iil~ti~.contenente il capitolo 87 n. relativo � ~~~�~#fo~~ ~Ott ~ fq~~ta; . ���. :ee~ qJ#a:nto c9n<?t:lrne le note dell'Assessore al bilancio n. 42900 ~tfi�~:~�:E:ifk~:~f~; . ga?lt> �1egitti~to a p:r;C>porre un eventuale ricorso, e cio� al Pre�idente < ~~l Cbh114tll� dei 1\\{mistri, � �da tener presente che essi figurano emessi ~tlj~<lo l� Cotte era ~i� stata investita della questione relativa alla /) �. 81,l�~u~a d~ll'addiziona.Ie in esame col precedente ricorso prodotto . li*YY~() J~ �~r~o~�:re, dell'Assessore n. 313 del 20 febbraio 1962, ricorso (2) l. qrdine alla natura dell'addizionale rispetto al tributo cui essa foertsce~ ~iJ>UQc: cogliere qualche differenza interpretativa nel!le magistrature ~.l?~#~m:~-......... ��������� .... �. �� .. . / �..�.... . . . >:iv.E'el'.lfre :riella se:ritetiia iri rassegna, invero, la Corte costituzionale, re. spingendo l'assunto della Regione, ha ritenuto che la addizione di cui alla legge del 1961 ha inteso a.ssicurare allo Stato un provento nuovo, la Corte di Cassazione, con l� sentenza 17 febbraio 1966, n. 498 (in questa Rassegna, 1966, 421) ha affermato che l'addizionale di cui al R.D. 30 novembre rn37, n. 2145 non ha natura di tributo autonomo, ma costituisce un accessorio dei tributi a cui inerisce e di questi segue le sorti anche per ci� che attiene alla prescrizione. A sua volta, la Commissione centraile delle imposte, con la decisione 30 ottobre 1962, n. 91588 (Giur. imp., 1964, 410) ha ritenuto che l'addizionale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la Corte non pot� esaminare nel merito, posto che nelle more del giudizio il provvedimento impugnato fu revocato (sentenza 115 del 1963). Del pari priva di fondamento si presenta l'eccezione di inammissibilit� in quanto basata sull'omessa impugnazione della legge regionale di bilancio n. 17 del 1964. A parte l'ovvio rilievo che da tale mancata impugnativa in via principale non potrebbe inferirsi la preclusione per lo Stato di difendere in questa sede le sue posizioni giuridiche, � evidente che, nel caso della legge di cui si discute, l'impugnativa non era necessaria dato che l'iscrizione in bilancio di un capitolo -per altro per memoria e cio� senza la previsione di entrata -� fatto di per s� non produttivo di alcun �effetto sostanziale e quindi di nessuna modificazione dell'ordinamento giuridico. 3. -I tre ricorsi implicano l'esame di una comune questione di fondo alla cui risoluzione � subordinata la decisione della legittimit� o meno dei singoli atti che hanno formato oggetto dei distinti gravami. La Corte � chiamata a statuire in ordine alla spettanza del provento derivante dall'applicazione della 1. 10 dicembre 1961, n. 1346, ma, per la definizione del presente giudizio, tale questione va risolta in base alla disciplina provvisoria dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione siciliana, contenuta nel d. 1. 12 aprile 1948, n. 507, il cui art. 2 si assume essere stato violato dagli atti impugnati. Dall'ambito cosi circoscritto della questione resta quindi esclusa ogni pronuncia sulla spettanza del tributo in esame alla stregua delle disposizioni previste dal d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria. Le considerazioni ampiamente svolte dalla difesa regionale nelle ulteriori deduzioni e nella discussione orale sul carattere interpretativo ed integrativo e sulla conseguente efficacia retroattiva di siffatte norme, non possono essere condivise dal momento che, per espressa disposizione dello stesso decreto (art. 11), esso � entra in vigore dalla sia un tributo autonomo con caratteri propri; che tuttavia si compenetra, quanto alla riscossione, col tributo cui inerisce. A �ben guardare, tuttavia, si tratta di semplici sfumature interpretative, evidenziate in relazione al:l'oggetto del giudizio nelle quali esse intervengono. Cos�, per restare nel tema del conflitto di attribuzione fra Stato e Regione siciliana, [a Corte costituzionale ha posto l'accento meno sulla. natura dell'addizionale che sulla destinazione di essa prevista dal legislatore, a sopperire ad esigenze esclusivamente statali, con [a conseguente esclusione di ogni ingerenza regionale nella fase della sua riscos PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE data di inizio deIJ.!esercizio finanziario successivo alla sua pubblica zione � (1 gennaio 1966) e solo � da tale data cessa di avere effetto l'art. 2 del d. 1. 12 aprile 1948, n. 507 �. Dall'esame della 1. 10 dicembre 1961, n. 1346, � facile dedurre, ad avviso della Corte, quale sia stata la precisa volont� del legisla tore in ordine all'appartenenza de maggiore provento che si voleva realizzare. Il titolo della legge che parla di � aumento a favore del l'Erario dell'addizionale istituita con r. d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, e successive modificazioni �, collegato con il disposto dell'art. 4, se condo il quale � il maggior provento, derivante dall'applicazione della presente legge, � riservato all'Erario �, non lasciano dubbi di sorta sul fatto che la nuova entrata dovesse affluire unicamente alle casse dello Stato. A ,disattendere tale affermazione non giova rilevare che il termine �Erario � pu� essere riferito anche alla Regione, perch� nella legge il termine � stato inequivocabilmente usato ,per indicare il tesoro dello Stato. La sicura conferma di ci� pu� trarsi dai relativi lavori parlamentari ed in specie dalla Relazione al Senato nella quale, dopo la premessa che il ricorso alle addizionali, non nuovo nella nostra legislazione, � stato dettato dalla necessit� di sopperire ad esigenze vuoi degli enti locali vuoi del bilancio dello Stato, leggesi che e il maggior gettito della addizionale istituenda � tutto devoluto all'Erario -artt. 1 e 4 �, nonch� della Relazione alla Camera in cui si precisa che � il maggior gettito � destinato all'Erario, rinnovellando cos� una norma che gi� visse la vita di un anno (dal 1<> gennaio al 31 dicembre 1952) per effetto della 1. 2 gennaio 1952, n. 1 �. Del pari infondato � l'assunto secondo il quale il provento di cui trattasi spetterebbe alla Regione dato che la legge 10 dicembre 1961, n. 1346, non ha voluto istituire un nuovo tributo, ma ha solo inteso maggiorare le aliquote di tributi preesistenti, quali l'imposta di registro, successione ed altre, gi� appartenenti ad essa Regione. A parte l'ovvio rilievo che l'aumento di un'addizionale � cosa diversa dalla maggiorazione delle aliquote dei tributi sui quali viene applicata, l'addizionale del 1961 non pu� considerarsi un aumento puro e semplice di quella istituita col d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, date le profonde diversit� di scopo e di destinazione delle due addizionali. La cosiddetta addizionale E.C.A., che � compresa tra le entrate tributarie della Regione skiliana, � destinata a sopperire alle esigenze di enti locali poich� il suo gettito � devoluto in parte agli enti comunali di assistenza ed in parte alle Province, mentre la nuova addizionale come chiaramente risulta dalla legge e relativi lavori parlamentari � stata istituita per soddisfare esigenze che non rientrano nella competenza della Regione ma sono esclusivamente statali. La legge del 1961 ha in sostanza inteso assicurare allo Stato un nuovo �provento, IO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sotto forma di un aumento di un'addizionale preesistente, da imputarsi a distinto capitolo d'entrata. Negli stessi termini, .con titoli e dlisposizioni pressoch� identici, le leggi 2 gennaio 1952, n. 1 e 22 dicembre 1954, n. 1213 avevano disposto maggiorazioni autonome dell'addizionale E.C.A. e la spettanza dei relativi proventi allo Stato non ebbe a formare oggetto di contestazione. Si pu� quindi concludere in ordine alla questione comune ai tre ricorsi che il provento dell'addizionale del 1961 � una entrata tributaria erariale nuova rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione della Regione per l'esercizio 1947-48 e corrie tale non spettante alla Sicilia in virt� della disciplina provvisoria �di cui al d. I. 12 aprile 1948, n. 507. 4. -Venendo ora all'esame dei singoli provvedimenti che hanno formato oggetto dei ricorsi va presa anzitutto in considerazione la circolare 26 ottobre 1964 n. 25800 con la quale lAssessore per le finanze disponeva che il provento derivante dall'addizionale, eccezion fatta per la parte relativa all'imposta sulle societ�,� fosse versato nella cassa della Regione. L'illegittimit� di tale provvedimento � evidente. La Regione, attribuendosi il provento di un'entrata, che l'art. 4 della legge riserva espressamente all'Erario dello Stato, ha unilateralmente alterato i termini dei rapporti allora vigenti fra la finanza statale e la finanza regionle, violando le disposizioni contenute negli artt. 36 dello Statuto e 2 del d. 1. 507 del 1948 che delimitavano la sua competenza alle sole entrate tributarie tassativamente indicate nel citato bilancio 1947-48. A tale violazione fa riscontro una correlativa invasione della sfera di competenza riservata allo Stato, il quale, come questa Corte ha avuto occasione di precisare (sentenze 52 del 1957 e 5 del 1958) ha conservato, in vigenza del regime provvisorio, il potere di modificare l'ordinamento tributario e di imporre nuovi tributi, anche nel territorio della Sicilia, riservandone a s� il gettito. L'atto in questione va quindi annullato. Analoga pronuncia per i medesimi motivi va poi adottata nei riguardi dei tre decreti oggetto del ricorso depositato il 16 aprile 1965 con i quali l'Assessore per le finanze della Regione, in accoglimento dei ricorsi proposti dal Banco di Sicilia, annullava i decreti intendentizi che avevano affermato l'obbligo del Banco, quale ricevitore provinciale, di versare all'Erario dello Stato il provento della addizionale in discussione. La competenza a decidere sui ricorsi gerarchici che riguardino la riscossione e il versamento di tributi erariali di pertinenza dello Stato spetta al Ministro per le finanze e non all'Assessore regionale. La Corte ha ripetutamente affermato che il trasferimento dallo Stato alla Regione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Il delle funzioni concernenti la riscossione dei tributi, nonch� delle funzioni collegate al servizio esattoriale, si � verificato per i tributi di competenza regionale e non per quelli che lo Stato si sia originariamente riservati e, come quello di specie, abbia in prosieguo legittimamente imposti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 3 -Pres. Ambrosini Rei. Fragali -Pres. Regione Siciliana (avv. Maniscalco-Basile) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Sicilia -Modificazione degli statuti delle Casse soccorso delle aziende autofi.loviarie di Catania e di Trapani -Conflitto di attribuzione Competenza regionale. (St. Reg. Sicilia art. 17, Iett. a, f, art. 20; d. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138; d. P. R. 17 dicembre 1953, n. 1t13). Spetta agli organi della Regione Siciliana e non a quelli dello Stato (Ministro del Lavoro e Ministro dei Trasporti) la competenza a modificare gli statuti delle Casse di soccorso delle aziende di trasporto urbano di Catania e di Trapani, in quanto si tratta di attribuzioni inerenti ad istituti di carattere esclusivamente locale, trasferite alla Regione in virt� delle norme di attuazione dello Statuto regionale (1). (1) La sentenza ha deciso una questione di specie, sul presupposto, del resto incontroverso, delJ.a natura esclusivamente locale delle due aziende di trasporto interessate. CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 4 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Cricchio (n. c.), Presidente Consiglio dei Ministri e Presidente Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Sicilia -Legge regionale recante sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie -Illegittimit� costituzionale per contrasto con la legislazione nazionale -Esclusione. (St. regione Sicilia art. 36; I. reg. 28 ottobre 1954, n. 37; I. 2 luglio 1949, n. 408). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, recante sgravi fiscali in materia di nuove costruzioni edilizie, in quanto essa ha una sostanziale coinci -~ 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO denz.a con l'analoga legge statale 2 luglio 1949, n. 408, e successive modifiche, diretta a favorire l'attivit� edilizia nella Regione (1). (Omissis). -Secondo l'ordinanza di rimessione la Regione siciliana, nel dare con le disposizioni impugnate autonoma disciplina alla materia dei benefici fiscali riguardanti il primo trasferimento a titolo oneroso di appartamenti di nuova costruzione, si sarebbe discostata dai principi cui si informano le leggi nazionali, assicurando un migliore trattamento sotto un duplice aspetto: per aver esteso i benefici ad immobili da costruire e in corso di costruzione, oltre a quelli gi� ultimati -i soli considerati dalle leggi statali -per non �vere in alcun modo collegato la concessione del beneficio con il contenimento dell'esecuzione dell'opera in un periodo di tempo congruamente delimitato -due anni per la legge nazionale. La Corte ritiene che il pi� favorevole trattamento tributario concesso dalla Regione non sia tale, per natura e portata, da legittimare i prospettati dubbi di incostituzionalit� per contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano. 2. -L'estensione della agevolazione ai contratti di vendita di immobili ancora da costruire o in corso di costruzione si risolve in una semplice anticipazione del beneficio al fine di favorire il finanziamento del costruttore. La norma regionale, giustificabile per situazioni economiche di carattere locale, non altera il contenuto, n� snatura la funzione del beneficio, in quanto l'effettivo riconoscimento di quest'ultimo resta sempre subordinato alla condizione che la costruzione dell'immobile, oggetto del trasferimento a titolo oneroso, venga poi realizzata entro i termini e con i requisiti richiesti dalla legge. Vi �, in definitiva, una sostanziale coincidenza tra l'agevolazione regionale e quella statale, entrambe dirette ad agevolare la ripresa nel settore dell'edilizia mediante la concessione di benefici tributari riguardanti trasferimenti di immobili con identiche caratteristiche e tendenti a favorire le stesse categorie di interessati. 3. -Del pari infondata � poi la censura di incostituzionalit� prospettata sotto il profilo della omessa subordinazione, della concessione (1) La questione era stata proposta con ordinanza 26 maggio 1965 dal Tribunaie di Palermo (Gazzetta Ufficiale, 4 settembre 1965, n. 223). La legge regionale n. 37 del 1954 era stata gi� esaminata, sia pure sotto diverso profilo, dalla Corte costituzionale e ritenuta costituzionalmente legittima con la precedente sentenza 12 luglio 1965, n. 65 (in questa Rassegna, 1965, 874, ove richiami ad altri precedenti, anche di dottrina). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 del beneficio in esame alla condizione che la costruzione sia iniziata e compiuta in un determinato periodo di tempo. In realt� un termine di contenimento dell'esecuzione dell'opera risulta fissato nelle norme regionali impugnate. Nell'art. 1 della originaria legge regionale 28 aprile 1954, n. 11, poi recepita dalla I. 18 ottobre 1954, n. 37, leggesi, infatti, �che le agevolazioni tributarie sono applicabili � sempre che la costruzione sia iniziata e condotta a termine nel periodo decorrente dal 1� gennaio 1954 a tutto il 31 dicembre 1957; ed un termine di durata della costruzione � stato conservato dalle successive leggi regionali di proroga delle agevolazioni fiscali. Il divario sotto questo aspetto esistente tra la disciplina regionale e quella dello Stato, la quale esige che la costruzione venga ultimata entro un termine dal suo inizio (art. 13 della I. 2 luglio 1949, n. 408), non � tale da dover ritenere pregiudicata la funzione di simile disposizione che � quella di soJlecitare l'attivit� edilizia. La scelta di un tempo 'tecnico medio per la costruzione di un edificio � elemento suscettibile di variazioni in relazione a speciali condizioni ambientali e alla efficienza operativa delle imprese costruttrici; importante � che esso assolva il compito di incentivazione tenuto presente dal legislatore. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 5 -Pres. Ambrosini � Rel. Papaldo -Marino ed altri (avv. Melpignano) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Leggi, decreti e regolamenti -Leggi di delega anteriori alla Costituzio ne -Inosservanza delle norme di cui all'art. 76 Cost. -Irrilevanza. (Cost., art. 76; 1. 24 dicembre 1928, n. 3134, art. 13). Bonifiche -Bonifica integrale -Potere di imporre contributi attribuito ai Consorzi -Contrasto con l'art. 23 Cost. -Manifesta infondatezza della questione. (Cost., art. 23, r. d. 1. 13 febbraio 1933, n. 215, artt. 11 e 95). Non � motivo di iUegittimit� costituzionale di una legge di delegazione anteriore alla Costituzione l'inosservanza delle norme di cui all'art. 76 Cost., e specialmente di quelle che impongono la determinazione di principi e la fissazione di termini (1). (1) La questione era stata proposta dal Conciliatore di Irsina con ordinanza 20 agosto 1965 (Gazzetta Ufficiale, 30 ottobre 1965, n. 273). La giurisprudenza della Corte � assolutamente costante ,sulil'affermazione contenuta nella prima massima. Si rinvia, in proposito, a I giudizi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 E' manifestamente infondata, con riferimento all'art. 23 Cost., la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 11 e 59 r. d. l. 13 febbraio 1933, n. 215, che prevedono il potere dei consorzi di bonifica di imporre contributi, dato che essa non prospetta motivi nuovi o contrastanti con la precedente decisione della Corte Costituzionale 3 maggio 1963, n. 55 (2). (Omissis). -La censura secondo cui l'art. 13 della 1. 24 dicembre 1928, n. 3134, non avrebbe conferito una legittima delega legislativa, stante la mancanza dei principi di imposizione dei contributi a carico dei singoli utenti e della durata degli stessi, � infondata. Era chiaro che, affidando al Governo il potere di disciplinare con nuove norme la materia della bonifica idraulica ed agraria e della trasformazione fondiaria ed agraria, la legge comprendeva nella delega, come parte integrante e necessaria di tale materia, il capitolo relativo ai contributi. E questo nel caso in esame bastava ai fini della legittimit� della delega. Una ulteriore specificazione dei criteri di imposizione e della durata dei contributi non era necessaria nel tempo in cui quella delega fu conferita. Con diverse sentenze (ultima quella del 4 luglio 1963, n. 127) questa Corte ha ritenuto che non pu� essere motivo di illegittimit� di una legge di delegazione anteriore alla Costituzione la inosservanza delle norme di cui all'art. 76 della Costituzipne e segnatamente di quelle che impongono la determinazione di principi e la fissazione di termini. Per quanto si riferisce all'uso della delega, non esiste il denunziato eccesso. Non � esatto, infatti, che con gli artt. 11 e 59 del d. 13 feb braio 1933, n. 215, il potere normativo circa i contributi sia stato sub delegato ai Consorzi. A questi � stato conferito il potere di imposizione concreta dei contributi, ma l'obbligo di contribuenza deriva dalla legge, come � stato ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 55 del 3 mag gio 1963 : sentenza con la quale � stata dichiarata infondata la questione relativa al contrasto dei citati articoli 11 e 59 con l'art. 23 della Costi tuzione. E poich� non sono stati dedotti motivi nuovi o contrastanti con quelli della richiamata decisione, la stessa questione deve essere dichia rata manifestamente infondata. -(Omissis). di costituzionalit� 1961-65, pag. 8. L'ultima sentenza della Corte 13 luglio 1963, n. 127, � pubblicata in Giur. it., 1963, I, 1, 1346. (2) DelJ.a seconda massima � da segnalare non tanto il merito del dispositivo, conforme alla precedente sentenza n. 55 del 1963 (Giur. it., 1963,. I, 1, 935) quanto la formula del dispositivo stesso: manifesta infondatezza, e non infondatezza, dato appunto quel precedente, non contrastato da nuove o diverse argomentazioni. Anche su" questo particolare aspetto delle decisioni della Corte si r-invia al volume citato, pag. 76. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1967, n. 7 -Pres. Ambrosini - Rel. Oggioni -Mastrangelo (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Dallari). Istruzione -Istruzione inferiore -Esonero dalle tasse e dai contributi scolastici -Insufficienza rispetto al concetto di gratuit� dell'istru zione obbligatoria e del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost. art. 34, secondo comma, art. 3; I. 30 dicembre 1962, n. 1859, artt. 4 e 9). L'art. 34, secondo comma, della Costituzione, pur essendo norma immediatamente precettiva e non programmatica, non attribuisce al concetto di istruzione un significato diverso e pi� ampio di quello proprio dell'insegnamento, cos� da ricomprendere in quest'ultimo, come prestazione d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, anche altre prestazioni che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano, ma non ne costituiscono i tratti essenziali, come la fornitura di libri di testo, di materiale di cancelleria nonch� di mezzi di tmsporto. Pertanto non � fondata, anche con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 4 e 9 della legge istitutiva della scuola media dell'obbligo, che non prevedono tali prestazioni accessorie (1). (Omissis). -L'Avvocatura dello Stato, nelle � osservazioni � conclusive, indica come motivo assorbente di non fondatezza della questione di legittimit� costituzionale, il carattere meramente programmatico della norma sulla gratuit� dell'istruzione inferiore, per cui, anche ad accedere (1) La questione era stata proposta con ordinanza 16 luglio 1965 dal Pretore di Campobasso (Gazzetta Ufficiale, 30 novembre 1965, n. 273). L'importa.za della decisione in rassegna � da segnalare, oltre che per il merito, anche per la singolarit� della censura prospettata in ordine alla norma denunciata: censura, cio�, non .fil violazione positiva d:i norme costituzionali, ma di pretesa insufficienza della norma ordinaria rispetto a quelila costituzionale. Ora, sembra J.ecito dubitare dell'ammissibilit� di una censura del genere la quale, ove accolta, imporrebbe alla Corte costituzionale la sua trasformazione in organo legislativo, chiamato a �colmare la lacuna che si ravvisasse nella norma denunciata. Per quanto riguarda il merito della questione va rilevato che -secondo autorevole dottrina -la solenne affermazione dei principi costituzionali in materia di istruzione pubblica e di assistenza dei pi� meritevoli ha rafforzato il contenuto di tale funzione dello Stato e ha posto in rilievo che il suo espletamento costituisce un mezzo per assicurare la libert�, mentre la gratuit� della scuola d'obbligo e l'assistenza sco i@rn::q:mrnm;::::~r1M1mm1mi::tm:::1mf:m:::mt:::1:=:::::~::wmnmn::r:m::l:mrnmwmm::=l':::=:mmwrnmrmnm@nmmmmff@IWW{lfftffffffr1Mmrw1fftm1 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad un concetto estensivo della gratuit�, l'attuazione ne sarebbe rimandata ad un futuro e graduale sviluppo, del tutto condizionato al verificarsi di eventi, specie economici, che lo consentano. La Corte non ritiene esatta la individuazione della natura della norma, come norma soltanto indicativa di una tendenza verso un futuro da realizzare, se ed in quanto possibile: bensl trae dalla chiara, incisiva formulazione della norma la conseguenza della sua precettivit�, nel senso dell'affermazione di un principio immanente che, pur necessitando di �essere poi articolato in norme di attuazione, di queste vincola -a priori -il contenuto. Nella specie, sono appunto le �norme generali sull'istruzione� previste dall'art. 33 della Costituzione che debbono tradurre in atto quel precetto generale e conformarvisi. 2. -Cosi definita la natura della norma costituzionale in esame, occorre precisarne il contenuto e la portata, ai fini dell'accertamento di legittimit� degli artt. 4 e 9 della 1. 30 dicembre 1962. E' opportuno, anzitutto, considerare qual'era, al momento della emanazione della Costituzione, la situazione normativa dell'ordinamento scolastico. Per quanto riguarda la legislazione generale sulla obbligatoriet� e gratuit� della scuola, si era pervenuti al r. d. 15 febbraio 1928, n. 577, sulla istruzione elementare e post-elementare, che aveva sviluppato e aggiornato precedenti remoti e meno remoti che andavano dalla legge Casati del 1859 sulla obbligatoriet� e gratuit� della scuola elementare (intesa la gratuit� come onere dei Comuni condizionato alle loro �facolt� � e � secondo i bisogni dei loro abitanti �) alla legge Orlando del 1904 che estenstendo l'obbligo ai dodici anni � dava facolt� ai Comuni di iscrivere in bilancio un fondo per aiutare le famiglie povere con la refezione e con i libri di testo � . I < ' lastica assicurano la uguaglianza nei rapporti etico sociali e consentono una effettiva e consapevole partecipazione del cittadino alla organizzazione politica, economica e sociale del paese (VALENTINI, La libert� di insegnamento, Rass. Dir. Pubbl., 1960, I, 512). Va considerato, peraltro, che se da un lato la prestazione delll'insegnamento medio deve essere effettuata gratuitamente da parte dell'Anuninistrazione, dall'altro vi � un obbligo da parte del ciittadino di fruire dell'insegnamento. Si tratta quindi di una di quelle situazioni tipiche dei rapporti pubblicistici, nelle quali incombe al genitore l'obbligo di chiedere l'ammissione al godimento del servizio pubblico, del figlio soggetto alla sua potest� e di farlo frulre di tali prestazioni (ALEss1, Le prestazioni amministrative rese ai privati, Milano 1956, pag. 121). Se da tale dovere discende un onere economico, �questo � conseguenza dell'obbligo giuridico posto al cittadino di fornire al figlio una adeguata istruzione, e non va confuso con il fatto che l'istruzione stessa sia impartita gratuitamente. 4 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in esame cosi da pervenire ad assegnare al termine istruzione, quale espresso nella norma costituzionale ed interpretato dalla Corte agli effetti della gratuit� della prestazione, un significato diverso e pi� ampio di quello proprio dell'insegnamento, cosi da ricomprendere in quest'ultimo, come pr�stazione d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, anche altre prestazioni che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano ma non ne costituiscono i tratti essenziali, �come fa fornitura di libri di testo, di materiale di cancelleria, nonch� di mezzi di trasporto. Invero, queste due ultime voci riguardano prestazioni collaterali d'ordine meramente e strumentale; mentre, per quanto riguarda i libri di testo, pur avendo questi una qualificazione 'ben pi� alta per l'ausilio che offrono a raffermare nella memoria dei discenti la lezione impartita dall'insegnante, non pu� dirsi che la loro provvista rientri strettamente e propriamente nell'ambito del pubblico servizio scolastico e della correlativa prestazione amministrativa. L'interesse pubblico al soddisfacimento di bisogni individuali di importanza collettiva, evidentissimo nel caso in �CUi si tratti di perseguire finalit� etico-sociali mediante la cultura del cittadino, importa l'assunzione del servizio da parte dello Stato e la sua organizzazione. E' questo l'elemento primario, che caratterizza e domina la prestazione, la concreta, ed insieme la esaurisce (salvo quanto si dir� in seguito) mediante la messa a �disposizione degli ambienti scolastici, del corpo f insegnante e di tutto ci� che direttamente inerisce a taH elementi organizzativi. In questa prestazione in cui � predominante e caratteristica la prestazione di attivit�, mentre la prestazione di beni � poi un I mezzo per raggiungere lo scopo, � concentrato tutto quanto richiesto, nel settore, pel razionale adempimento di questo eompito dello Stato Iaccanto all'adempimento degli altri molteplici compiti, e che � concentrato su di un oggetto �che � e deve essere ben definito nella sua predoI minante essenzialit�. Il precetto costituzionale, che esige come gratuita la prestazione, trova nella 1. n. 1859 del 1962 la sua corrispondente attuazione appunto nella norma dell'art. 4 che sulla premessa dell'apprestamento, senza I onere per gli utenti, dell'ambiente �di studio e del corpo insegnante, stabilisce l'esonero dal pagamento di tasse e dal versamento ,di qualsiasi contributo per l'iscrizione e la frequenza nella scuola media: norma stabilita in coerenza dall'art. 1 della stessa legge, dove l'art. 34 della Costituzione � espressamente richiamato con l'affermare che l'istruzione post-elementare � � impartita � gratuitamente, nel che, per l'uso del verbo impartire, � da ravvisarsi una esatta interpretazione dei limiti della gratuit�, rapportata all'organizzazione dell'insegnamento, come sopra inteso. Tutto ci� a prescindere dal definire se l'esonero dal pagamento di tasse ed altro debba qualificarsi come esonero da una controprestazione, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 nche � contrastato in dottrina poich� non eSisterebbe; nel caso, la figura tecnico-giuridica del.fa controprestazione ,di fronte ad una prestazione -quella dello Stato -che ha soltanto la sua causa nell'interesse pubblico: ovvero debba qualificarsi come esonero da tasse, quale elemento accessorio al rapporto �principale. Ci� che soprattutto importa rilevare � che nell'un caso o nell'altro, � il requisito della gratuit� che trova qui modo e spazio per la sua �effettuazione. D'altra parte, il diritto all'istruzione non � inteso nel sistema della Costituzione, come un diritto che sia esclusivamente tale e sia perci� svincolato dall'adempimento di corrispondenti doveri da parte dei genitori. Invero, l'art. 30 addita, a proposito dell'istruzione, nella sua for-� ;mula composita, �il binomio dovere-diritto come operante n-el campo di quei rapporti etico*sociali (tale � il titolo sotto cui la norma � ricondotta) che trovano nella famiglia il loro fondamentale ambiente e :movente. Rimane, quindi, e deve rimanere nel vasto campo dell'istruzione in genere un margine di attivit� (e sono quelle suindicate unite da un legame di a�ccessoriet� e di ausUiarit� a quelle essenziali) affinch� il cennato dovere, ispirato soprattutto a inalienabili prin�ipi e imperativi morali, sia adempiuto, anche se in parte oneroso, dai genitori. Che, poi, si tratti di onerosit� il cui peso economico possa essere soggettivamente sentito in misura variabile, � ovvio ma a temperarne la conseguenza sono appunto previste dall'art. 31 della Costituzione le .e provvidenze. atte ad agevolare con misure econ�miche i compiti della famiglia, con particolare riguardo alle famiglie pi� bisognevoli di ausilio. 4. -Ora, sono soprattutto le agevolazioni media?:1te l'opera dei Patronati scolastici, previste dall'art. 9 della il. del 1962, a cui si riferisce l'ordinanza di rinvio, a dimostrare che il problema della gratuit�, esattamente inteso, non � in questo modo eluso ma osservato. . Gi� fin dalla 1. 4 marzo 1958, n. 261 si � dato ai Patronati una struttura organica, riconoscendo ad essi personalit� giuridica di diritto pubblico e segnandone i compiti attinenti alla fornitura gratuita di libri, oggetti di cancelleria, indumenti, medicinali, refezioni agl alunn bisognosi frequentanti .la scuola d'obblig�. Nell'anno 1962 sono fotervenute due leggi: la n. 17 del 26 gennaio per l'aumento, nell'esercizio 1961-62 dei �contributi ai Patronati e per lo stanziamento di somme pel trasporto degli alunni in scuole dislocate: la n. � 1073 del 24 luglio, sul piano triennale di sviluppo della .scuola, recante nuovo aumento del contributo statale ai Patronati per l'assistenza agli alunni bisognosi con particolare riguardo a quelli appartenenti a famiglie numerose, nonch� Jo stanziamento di notevoli somme pel trasporto degli alunni e .per l'assegnazione di borse di studio. Con 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I. 31 ottobre 1966, n. 942 si � da ultimo disposto il finanziamento del piano quinquennale di sviluppo della .scuola, provvedendosi al trasporto gratuito degli alunni della scuola dell'obbligo per superare difficolt� di accesso, servizio da affidarsi anche ai Patronati scolastici, nonch� per la concessione di buoni-libro agli alunni delle scuole medie di disagiate condizioni economiche con servizio di distribuzione da affidarsi anche questo ai Patronati. Deve, quindi, darsi atto del graduale sviluppo in senso concreto di quanto delineato nell'art. 9 della 1. n. 1859 del 1962. L'intervento dei Patronati scolastici � inquadrato nel piano di sviluppo non come attivit� largamente discrezionale, paternalistica o di mera beneficenza ma come intervento imposto dai fini propri dell'istituto: con un solo limite, segnato dalle �possibilit� economiche generali e particolari. Che g.U stanziamenti disposti non riescano a soddisfare totalitariamente le molteplici e variabili esigenze individuali del caso, non � da escludere: ma, nel sistema delle agevolazioni all'adempimento dei compiti delle famiglie e con particolare riguardo alle pi� meritevoli di ausilio, mediante misure economiche ed altre provvidenze di cui all'art. 31 della Costituzione, le norme su elencate, a partire da quella dell'art. 9 della 1. del 1962 sono rispondenti, anche nella letterale formulazione, alla Costituzione. La quale poi nell'art. 34 allarga l'ambito delle provvidenze con 1a norma dei due ultimi commi dell'art. 34 diretti al fine di favorire il raggiungimento dei gradi pi� alti degli studi da parte dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi. Il ehe, in corrispondenza alla elevatezza del fine, rende ancora pi� complesso il .problema del dilatarsi dell'onere a carieo dello Stato e del suo assolvimento, in relazione agli altri oneri concomitanti. 5. -D'altra parte J.a obbligatoriet� dell'adempimento del dovere di istruzione da parte dei genitori non � prevista come incondizionato comando, valevole indifferentemente per ogni caso e ci� � dimostrato dal richiamo che l'art. 8, ultimo capoverso, della 1. del 1962 fa, pel caso di inadempienza, alle sanzioni dell'art. 731 del Codice penale in quanto l'ipotesi contravvenzionale ivi indicata viene a perdere carattere di illegittimit� ove sia dimostrata, come l'artieolo dispone, l'esistenza, da valutarsi dal giudice caso per caso, di � giusti motivi � ossia di cause che dimostrino inattuabile quell'adempimento per forza maggiore o stato di necessit�. Ci� spiega che quando le � agevolazioni � previste dall'art. 31 della Costituzione mediante misure economiche e provvidenze in genere, non riescano, in via contingente, a coprire tutta J.'area delle situazioni di infinita variabilit�, si d� luogo. ad un ragionevole contemperamento tra eser'Cizio di un diritto e adempill).ento di un dovere. :~ �=: ' 'PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 6. -N� il fatto che la sopraggiunta 1. 10 agosto 1964 ha disposto la fornitura gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole elementari, sia statali, sia autorizzate a rilasciare titoli di studio riconosciuti daUo Stato, pu� dirsi aver causato l'illegittimit� costituzionale della precedente legge del 1962 per la mancata estensione dello stesso beneficio agli alunni della scuola media inferiore, con violazione -dato il trattamento differenziato -del principio dell'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Trattasi di una provvidenza settoriale, indirizzata a beneficio di soggetti, posti in particolare situazione scolastica, come tale considerata con provvedimento autonomo e subordinata ad una valutazione della possibilit� di attuazione, offerta sia dalle condizioni di bilancio, sia dall'indirizzo di politica generale, entrambi riservat al razonale gudizio e alle determinazioni del legislatore. Il principio generale di eguaglianza va qui com;;iderato unicamente in relazione al significato, al contenuto ed ai limiti della norma sulla gratuit� dell'istruzione, quali si sono sopra delineati: il che risulta rispettato dalla 1. del 1962 e non intaccato -ex post -da successive norme particolari aventi ambito delimitato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1967, n. 8 -Pres. Ambrosini - Rel. Bonifacio -Pres. Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Coronas), c. Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Crisafulli). Friuli-Venezia Giulia -Legge regionale sui contingenti numerici del personale regionale -Rinvio da parte del Governo al Consiglio regionale -Riapprovazione -Esaurimento degli effetti del rinvio. (Cost., art. 127; St. spec. Friuli-Venezia Giulia, art. 29, primo comma; 1. reg. 11 marzo 1966, n. 77-bis). Friuli-Venezia Giulia -Legge sui contingenti numerici del personale regionale �-Previsione di tabelle provvisorie -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 97; St. spec. Friuli-Venezia Giulia, artt. 67, 68; 1. reg. 11 marzo 1966, n. 77-bis). Bench� l'art. 127 Cost. e l'art. 29 St. spec. Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui disciplinano :il rinvio e l'impugnabiLit� di leggi regionaii, si riferiscano al Governo della .Repubblica inteso come Consiglio dei Ministri, l'intervenuta riapprovazione della legge da parte del Consiglio 1regionale comporta l'esaurimento degli effetti del rinvio e 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'esclusione idi ogni valutazione sulla legittimit� del provvedimento che io dispose (1). Non � fondata la questione di tlegittimit� costituzionale della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 11 marzo 1966 n. 77 bis, nella parte in .cui fissa tabelle provvisorie del personale regionale, per pretesa violazione del divieto di assumere, se non eccezionalmente, personale in via diretta, iin quanto la previsione 'legislativa delle tabelle provvisorie, i--indispensabile per runa valutazione globale delle esigenze dell'Ente e per una razionale previsione di spesa -non compromette affatto l'accertamento dell'eccezionalit� del provvedimento di assunzione diretta (2). (1) La prima massima ribadisce la giurisprudenza della Corte in merito all'espressione � Governo > Cfr. da uil.timo ia sentenza 19 dicembre 1966, n. 119, in questa Rassegna 1966, 1199 ove nota di richiami. Nella fattispecie, peraltro, la Corte ha respinto l'eccezione di inam. missibilit� del ricorso, ravvisando una sorta di preclusione di eventuali vizi nel procedimento di rinvio, giacch�, questo, per effetto dell'avvenuta riapprovazione della legge da parte del Consiglio regionale, aveva esaurito completamente i suoi effetti. (2) Il ricorso del Presidente del Consiglio � stato respinto nella sua attualit�, ravvisandosi, peraltro, fondate le preoccupazioni in esso espresse, circa un artificioso rigonfiamento di organici regionali, in contrasto con quanto prescritto dallo Statuto speciale e, in via pi� generale, dall'art. 97 della Costituzione. Il controllo in concreto sull'osservanza di tali disposizioni costituzionali � daUa Corte demandato alla delegazione de1la C1orte dei Conti, a sensi dell'art. 58 dello Statuto. Per i precedenti della Corte in materia di interpretazione dell'articolo 97 Cost., si rinvia alla nota alla sentenza 21 giugno 1966, n. 72, in questa Rassegna, 1966, 771. I CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 13 -Pres. Ambrosini Re'l. Papaldo -Manzo (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Peronaci). Leggi, decreti e regolamenti -Legge di delega al Governo -Ritardo nella pubblicazione -Illegittimit� costituzionale della legge delegata -Esclusione. (Cost., artt. 73, 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991, art. 1; d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale del d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti, per violazione dei limiti tempo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 rali della delega concessa al Governo dell'art. 1 della i. 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto tali limiti devono considerarsi rispettati aHorch� il dies a quo coincida con la data di pubblicazione della legge di delega, avvenuta senza alcun arbitrario ritardo rispetto alla data di promulgazione della stessa (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 14 -Pres. Ambrosini ~ Rel. Papaldo -Piazza (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Peronaci). Approvvigionamenti e consumi -Frodi nella preparazione e nel com mercio dei mosti, vihi ed aceti -Pubblicazione della sentenza di condanna -Violazione della legge di delega -Esclusione. (Cost., art. 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991, art. 2; d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 108). Non � fondata, oon riferimento all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 108 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, che prevede la pubblicazione della sentenza di condanna per reati in materia di frodi nena preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti, in quanto nella espressione � sanzioni penali �, usata dall'art. 2 della legge di delega 9 ottobre 1964, n. 991 rientra anche la pena accessoria della pubblicazione della sentenza (2). I (Omissis). -L'ordinanza parte sostanzialmente dal principio enunciato da questa Corte nella sentenza del 6-19 dicembre 1963, n. 163, secondo cui si ha valida prefissione del termine iniziale di esercizio della delegazione legislativa anche quando la data di decorrenza sia fatta coincidere con quella dell'entrata in vigore della J.egge delega. Ma il Pretore rileva che l'arbitrario ritardo nella pubblicazione della legge delega -ritardo che si sarebbe verificato in violazione dell'art. 73 della Costituzione e delle norme poste con il r. d. 24 settembre 1931, n. 1256, sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi -avrebbe reso possi (1-2) Le questioni erano state proposte, rispettivamente, dal Pretore di Latina con ordinanza 15 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale, 15 ottobre 1966, n. 258) e dal Pretore di Lugo con ordinanz�e 17 e 22 settembre 1966 (Gazzetta Ufficiale, 26 novembre 1966, n. 299). Con le due sentenze in rassegna, la Corte ha dichiarato non fondata sia la questione riferita all'intero testo del d.P.R. 12 febbraio 1955, n. 162, per violazione della legge di delega, a causa del preteso � ritardo � ne1la 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bile l'emanazione delle norme delegate al di l� dei limiti stabiliti dalla legge di delegazione. Il rilievo non � fondato. Vero � che nella predetta sentenza la Corte ha affermato che, allorquando si 'adotti il criterio di far decorrere il termine dalla data di entrata in vigore della legge delega, deve esigersi un rigoroso adempimento dell'obbligo, imposto dall'art. 73 della Costituzione, di procedere alle operazioni necessarie a rendere efficace la legge medesima subito dopo eh sia intervenuta J.a promulgazione. Ma � chiaro che deve trattarsi di un ritardo arbitrario; un ritardo, cio� che abbia per �effetto l'emanazione del decreto legislativo al di l� dei limiti di tempo stabiliti dalla legge delegante. Ora, nella specie, � da escludere che ci sia stato un ritardo tra la promulgazione (9 ottobre) e la pubblicazione (28 ottobre) della legge delega; comunque, anche se si potesse ritenere che la pubblicazione dopo una ventina di giorni non corrisponda rigorosamente alla norma contenuta nell'art. 73, terzo comma, della Costituzione (il testo unico delle norme sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi � fuori causa in questa sede), � certo che nel caso attuale non pu� parlarsi di ritardo arbitrario agli effetti dell'osservanza dei termini a norma dell'art. 76 della Costituzione. L'adempimento del precetto contenuto nell'art. 73 non � qui prospettabile sotto l'angolo visuale della legittimit� del conferimento della delega, in quanto la legge di delegazione sia stata pubblicata in ritardo, bensi sotto quello della legittimit� del decreto legislativo, in quanto emanate oltre il termine. Ma, a questi effetti, non basta che esista un qualsiasi ritardo nella pubblicazione: occorre che il ritardo sia arbitrario, che, cio�, sia tale da indicare uno spostamento dell'inizio del termine di esercizio della delega. Ora, nella specie, mentre nulla fa ritenere che l'intervallo tra la data di promulgazione e quella di pubblicazione della legge delega sia stato preordinato all'effetto di eludere il termine fissato per l'esercizio della delega, non pu� dirsi che l'intervallo sia stato tanto lungo da costituire, anche senza ed oltre l'intenzione degli organi governativi, causa di prolungamento del termine stesso. pubblicazione di questa, sia quella riferita all'art. 108 dello stesso decreto delegato per la pretesa esorbitanza oggettiva dai limiti della delega. La prima sentenza .ribadisce quanto gi� dalla Corte affermato dalla precedente sentenza 19 dicembre 1963, n. 163 (Giur. cost., 1963, 1596) sul concetto di � arbitrario ritardo � nella pubblicazione delle leggi dopo la loro promulgazione, :riispetto al termine � subito � espresso dall'art. 73 Costituzione. Nella motivazione della sentenza n. 13, tuttavia, non pu� sfuggire l'inciso � anche senza ed oltre l'intenzione degli organi governativi � , il che PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 25 II (Omissis). -La questione non � fondata. La norma che, secondo l'art. 36 del codice penale, deve determinare i casi di pubblicazione della sentenza di condanna, che non sia quella dell'ergastolo, pu� bene essere contenuta in una legge delegata. L'essenziale � che questa non ecceda i limiti della delega e sia valida sotto ogni altro aspetto. Ed � l'unica indagine da compiere ai fini del giudizio di legittimit� costituzionale sottoposto alla Corte. Nell'ordinanza si deduce che la norma denunziata sarebbe illegittima perch� la legge delega non avrebbe previsto la comminazione di pene accessorie in quanto non avrebbe fatto alcuna menzione di tali sanzioni, anzi le avrebbe escluse, come si evincerebbe anche dalla considerazione che, mentre non si � accennato alla pubblicazione delle sentenze, sono state espressamente previste misure particolari, quali la chiusura degli esercizi e la sospensione o la revoca delle licenze. La Corte osserva che nelle questioni del genere non possono valere canoni generali, ma bisogna interpretare caso per caso la volont� del legislatore delegante. E pertanto, mentre da una parte non si pu� negare valore all'argomento addotto dall'Avvocatura dello Stato nel senso che le i:>ene accessorie possono considerarsi comprese nell'ambito della delega quando questa si riferisca genericamente alle pene o alle sanzioni penali, d'altra parte questo criterio d'interpretazione non pu� essere assunto come regola assoluta valevole in tutti i casi. Nella specie sussistono valide ragioni per ritenere che nella espressione sanzioni penali, usata nell'art. 2 della 1. 9 ottobre 1964, n. 991, rientri anche la pena accessoria della pubbli�azione della sentenza. Nella complessa legislazione riguardante l'igiene degli alimenti la pubblicazione della sentenza di condanna � una sanzione che da molto tempo fa parte del sistema. Basti ricordare, fra altre analoghe disposizioni, l'art. 61 del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033, ,sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario, e l'art. 4 della pi� recente 1. 26 febbraio 1963, n. 441, sulla disciplina farebbe pensare che anche un ritardo incolpevole, purch� oggettivamente arbitrario, sia causa invalidante della legge delegata. Per ,qualche riserva sul sindacato relativo all'attivit� governativa di pubblicazione delle leggi, si rinvia a I giudizi di costituzionalit�, 1961-65, pag. 12. Con ia seconda sentenza, fa Corte afferma che nel concetto di sanzioni penali, di cui alla legge di delega, rientra anche la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna. Per l'obbligatoriet� di tale pubblicazione e dell'affissione nell'albo della Camera di C'ommercio anche sotto la legislazione precedente c:lir. Cass. 28 maggio 1965, rie. Fabiano, Giust. pen., 1967, II, 40. 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO igienica della produzione e della vendita degli alimenti, cui si pu� aggiungere, nella specifica materia qui considerata -anche per mostrare l'anzianit� di queste sanzioni -l'art. 22 del d. 1. 1. 12 aprile 1917, n. 729, contenente disposizioni per la preparazione, la vendita ed il commercio dei vini. La pubblicazione della sentenza � uno strumento assai efficace ai fini della prevenzione e della repressione dell attivit� criminose in materia alimentare, .giacch� uno dei costanti obiettivi da ra.ggiungere � quello di mettere in guardia il pubblico, e specialmente la massa dei consumatori. Non pu�, dunque, ritenersi che il legislatore, conferendo la delega, non avesse compreso nella espressione � sanzioni penali �, una pena accessoria tradizionale e necessaria. N� vale a. scuotere questa considerazione il fatto che la legge, mentre non ha parlato di pubblicazione della sentenza, ha fatto espresso cenno di altre misure repressive. Questo argomento non � probante, giacch� non sempre la inclusione di una previsione indica che un'altra previsione sia stata esclusa. Del resto, poich� le altre misure repressive corrispondono solo in parte ai tipi di pena accessoria previsti dal codice penale, non sarebbe bastata la menzione delle sanzioni penali per comprendervi anche le dette misure. Con ci� la Corte non vuol risolvere la questione -non rilevante in questa sede -circa il carattere di tali misure, ma vuole semplicemente trarre un argomento per dimostrare che la specifica previsione di esse era necessaria, mentre tale necessit� non si presentava per la pena accessoria della pubblicazione della sentenza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 15 -Pres. Ambrosini - Rel. Chiarelli -Regione Trentino Alto-Adige (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Giudizio di le~ittimit� costituzionale -Principi e norme di diritto processuale comune -Applicabilit� -Limiti. Giudizio di le~ittimit� costituzionale -Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale -Inapplicabilit�. La disciplina dei termini stabilita da leggi costituzionali e, suita base di leggi costituzionali, da leggi ordinarie per te esigenze dei giudizi di legittimit� costituzionale, pu� trovare, entro certi limiti, integrazione in principi e norme di diritto processuale comune, purch� queste norme . :-��:�:-:-:� i) ::�:::::::::/::::=: �.�:<�'.-'.�'.�:-:�:-: < il ) i! )I . . I <>'>I l:'AR'.'rE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 27 e principi non contrastino con le norme ed i principi peculiari del processo costituzionale (1). Nei giudizi innanzi azza Corte costituzionale non � applicabile la legge 14 luglio 1965, n. 818 suiza sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (2). . . . ({.)missis). -La difesa del Presidente del Consiglio h� eccepito �� J;)reli:Minarm.ente l'inammissibilit� del ric;orso . proposto dalla Regione Ti-enW10-.A1t() :t\,dige, percJl� .. notificato o1tre il� termine di trenta giorni dalla pubbli9azione della legge impugnata, e ha sostenuto l'inapplicabi �.�.ᥥ lit� nei giud~zi in11a~:zia que.sta Corte della l.14lugliol965, .n. 818, � � �.� ~lta so$l)ensione t}ei ter;mtni �processuali nel perfodo�� ~eriale. � � � � .... � L~�cezi0:ite1 � fondata; � . (1..2{sii1ta lil�i>i?llciil>ilit� dell'.a� �sospensioile dei. termitli processuali .�:il'� i,>'riQdP feriale ~lgiudizio dilei.ttfmitil costituzionale. / > ��� X.a sentt:!llza i?l e.s~mti: � d.i. estrelllli l!Jlp()l:'ta~~ Pt:!r le a#ermazioni di prfaci~io cit:�a la� natllr~.�e la funzione dE),1. ;t~t:e>cesso d,i .. legittimit� costltu# Qn~.EI. eL .~. �o11seguenza, .. della . stessa (:.orte�.� costituzionale..Sotto . questo ~t;lo].'tantissilll<> aspetto~ essajntegra, pe'.I; ci� �h~ attiene all'ordb1amento :t'>:t�c.�ssuale dei gi.(lfai fnnariZ.i. arf.a Corte,. la .fondamentale sentenza nu. m~fo 13 dEil 16 marzo l96Q: .nella qua.le la Cor~ stessa precis� l!il funzione e' i lhnitj. d,el propri!) o,rdinamento processuale, e �differenzi� la sua posizi() nEI J1ei ri~.ardi dt):gU Ot:ilani. giu(lizil:i,Jii,, ordillari e speciali,. dell'ordina ... t)1ento italiano, La :fUnzione hierat.nente St�'UIJ;lentale e di e metodo � asseil: i.IU;a, in quella fondamentale sentenza, all'ordinamento dei processi inn,~: Qzi alla Corte, in relazi<>ne alla funzione fondamentale di questa, di suprema garanzia del controllo costituzionale, si esplica, come tutte le funzioni J>�'<>Cess'l:lali, essenzialmente mediante ter.mini. La materia dei termini � stata in prevalenza regolata non da norme iJ;lserite. nella stessa Costituzione �d in suc�essive leggi costituzionali, ma :t::lella 1. 11 mai:zo 1953, n. 87 che � . .na legge ordinaria, sia pure con SPel;liale Ꮘl'attere, e nelle .e n<>rme integrative � di carattere processuale ~tl:1;bilite da~la Corte ai sensi dell'art. 14, primo comma e dell'art. 22, secondo comma; della l. 11 marzo 1953, n. 87. Si � sostenuto; nel giudizio concluso con la sentenza, che questo corpus di norIJ;le pr�ce$sl$li po~sse ormai ritener$! un sistema di diritto comune nel.nosti;o <>ftl.illa~e.Ilto, �ap11c:e 4~. essere .inter:P.l:'etlilt<> ed fntegrato. in base ai prii::t��pl enucleabili dal sistema vigente ed alle norme successivamente emanate, ovviamente con .carattere di generalit�, per fa materia processuale, in particolare per la materia processuale civile. La Corte ha., con que1:1ta sentenza, pur non potendo d,isconoscere la integrabilit�,' in generale, del sistema particolare delle sue norme processuali, da parte delle norme e dej principi del diritto processuale comune (e ne ha indicato un esempio nella applicabilit� delle norme riguardanti il giorno di inizio e di scadenza dei termini riconosciuta con la sentenza n. 39 del 1960), fissato un limite a �tale integrabilit�, e questo limite ha identificato nella necessit� che la anzidetta integrazione non venga a porsi .�.�.�::-:::: . �.�.�: -� 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va ricordato che l'art. 137 della Costituzione prevedeva che una legge costituzionale stabilisse le condizioni, le forme e i termini di proponibilit� dei giudizi di legittimit� costituzionale. Successivamente l'articolo 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, fiss� un termine di trenta giorni per l'impugnativa di una legge della Repubblica da parte della Regione e di sessanta giorni per l'impugnativa di una legge di altra Regione. L'art. 32 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, precis� quindi che nel predetto termine di trenta giorni il ricorso della Regione deve essere notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri. La stessa 1. n. 87 del 1953 fiss� in sessanta giorni il termine per la proposizione dei ricorsi per conflitto di attribuzione (art. 39). Le ricordate norme sono integrate dalla disposizione che prevede la riduzione dei termini fino a met�, contenuta nell'art. 9 della citata in contrasto con le esigenze peculiari del processo costituzionale, desumibili da norme costituzionali od anche da norme ordinarie emanate sulla base di queste;' sicch� l'applicazione delle norme e dei principi di diritto comune non abbia a comportare �na menomazione o, quanto meno, una distorsione della funzione essenziale, cio� di. supremo controllo costituzionale, sia pure nei modi e con le forme della funzione giurisdizionale. Con ci�, la sentenza in esame � in linea con la richiamata sentenza n. 13 del 16 �marzo 1960, accentuando la funzione strumentale del modus operandi mutuato dalla giurisdizione, nei confronti della funzione essenziale di controllo proprio della Corte costituzionale e delle esigenze che questa funzione �comporta anche nell'applicazione delle modalit� e del metodo giudicato dalle indicate fonti come il pi� idoneo per la concreta esplicazione della funzione fondamentale della Corte. .. Gi� una precisazione della reazione delle fondamentali esigenze della funzione propria della Corte sulla applicazione delle norme e dei principi vigenti nel sistema processuale comune si era avuta con la riconosciuta inapplicabilit� ai giudizi costituzionali della 1. 25 maggio 1958, n. 260 sulla notificazione degli atti processuali alle Amministrazioni dello Stato, dichiarata, appunto, con la sentenza n. 13 del 16 marzo 1960. A questo ordine di principi, pu� e deve essere ricondotta anche l'interpretazione data dalla Corte (fin dalla ordinanza del 30 dicembre 1956) circa il carattere :Perentorio dei termini stabilito per la costituzione delle parti in giudizio, termini fissati dall'art. 25 della 1. n. 87 del 1953 e dall'art. 3 delle norme integrative: laddove, com'� noto, questa perentoriet� non si ritiene per le norme del regolamento di procedW"a del Consiglio di Stato (richiamate dall'art. 22 della 1. 11 marzo 1953, n. 87) relative alla costituzione della parte resistente. Ulteriore e definitiva precisazione, con carattere di generalit� e con valore di principio, viene fatta, appunto, nella sentenza in esame e l'occasione � data dalla insorta questione circa l'applicabilit� o meno della legge ordinaria 14 luglio 1958, n. 618 sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Si trattava di un giudizio di legittimit� costituzionale di una legge d�llo Stato (la 1. 22 luglio 1966, n.' 614 sugli interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale), giudizio PARTE I, &,EZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 29 legge costituzionale n. 1, e da altre disposizioni della citata legge n. 87, riguardanti la disciplina temporale del procedimento (art. 23, secondo comma; art. 25; art. 26; artt. 29-36). Questo complesso di norme costituisce una disciplina dei termini, che � particolare dei giudizi di competenza della Corte costituzionale e corrisponde all'interesse, di diritto obbiettivo, alla sollecita rimozione di eventuali situazioni di illegittimit� costituzionale, soprattutto nei raapporti. tra $fato e Regioni. Con valutazioni specifica.mente aderenti alla peculiare funzione dei giudizi di legittimit� costituzionale, il legislatore costituente e, sulla base delle. sue norme, il legislatore ordinario hanno contemperato l'esil�hza della c�elrlt� del giudizio con quella di dare un con,ruo tempo, ;agli org�ni investiti dei poteri di promuovere i detti giudizi e di partec;iparvi, per I'es.ercizio dei poteri medesimi. wrolriosso in via diretta dalla Regione T.A.A. ai sensi dell'art. 32 della 1. l.� marzo 1953, n. 87. La OOtte costituziOnale aveva, in primo 'luogo, innanzi a s� un problema di carattere interpretativo ad essa sottoposto dalla difesa della Avvocatura generale, concernente il concreto ambito di applicazione della l. n. 818, la quale,,-pur presentandosi, all'art. 1, come legge di sospensione e, quindi, modificativa (1) dei termini processuali in generale, in effetti nei successiVi a:rtt. 2, 3 e 5 sembrava limitare la portata apparentemente onnicomprensiva della espressione, riferendola espressamente alla � materia penale � (art .. 2), alla � materia ~ivile � (art,� 3) ed � alla materia amministrativa" (art 5), senza menzionare, quindi, n� la� materia costituzionale n�, �quanto riieno i giudizi innanzi alla Corte costituzionale, al contrario di quanta lo stesso legislatore ordinarlo aveva fatto in altra occasione (ad es. art. 2 della 1. 5 luglio 1965, n; 798), menzionando e�ressamente e separatamente i giudizi innar,izi alla Corte. Un argomento interpretativo contra.rio alla applicazione della legge ai giudizi innanzi alla Corte era daHa Avvocatura desunto dalla consegue: nte applicabilit� della sospensione per ferie anche ai ricQ<rsi per regolamento di competenza indicati nell'art. 39 della 1. 11 marzo 1953, n. 87 ed ai relativi procedimenti incidentali di sospensione previsti dall'art. 40 della stessa legge: laddove l'art. 5 della legge di sospensione espressamente � esclude dall'ambito della sua applicazione, i procedimenti incidentali di sospensione innanzi al Consiglio di Stato. La Corte, �pur riconoscendo espressamente la esattezza della interpretazione della Avvocattwa, non ha ritenuto di risolvere la questione sul piano interpretativo della L n. 818, ma ha preferito impostare e risolvere la questione stessa sul piano (che pure era stato fatto valere dalla Avvocatura) dei rapporti tra le norme ed i principi del processo ordinario, (1) Sul carattere e sulla efficacia di modificazione del termine da attribuire ad una legge di sospensione, non sembra possa esservi dubbio, nonostante che il patvocinio deUa Regione avesse, nel giudizio innanzi alla Corte, strenuamente sostenuto la tesi del diverso modo di computare it termine che sarebbe proprio della sospensione, ferma la perentoriet� del termine stesso. 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ne deriva che l'ordinamento processuale di tali giudizi ed il regime dei termini da esso stabilito possono trovare integrazione in principi e norme di diritto processuale comune (ad esempio, nelle norme riguardanti il giorno di inizio e di scadenza dei termini, come questa Corte ebbe gi� ad affermare nella sentenza n. 39 del 1960), ma solo in quanto dette norme e principi non contrastino con le norme e i principi peculiari del processo costtiuzionale, e in quanto la loro applicazione non possa produrre alterazioni o distorsioni rispetto alla funzione a cui il detto processo � preordinato. Ci� trova .conferma nel richiamo, contenuto nell'art. 22 della 1. n. 87, alle norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in s.g. soltanto in quanto aapplicabili. anche laddove possano ritenersi in astratto applicabili alla Corte, e le esigenze peculiari desumibili dalle norme e dai principi del processo costituzionale e, soprattutto, dalla funzione alla quale il processo � preordinato col menizonato carattere strumentale. Ne � derivata una soluzione razionale, adeguatamente ragionata, in perfetta armonia con le esigenze fondamentali del controllo della Corte, specie per quanto concerne le particolari esigenze dei giudizi di legittimit� costituzionale proposti in via diretta dallo Stato o dalla Regione, esigenze identificate nella necessit� di non mantenere lo stato di incertezza, della legge o dell'atto avente forza di legge soggetti alla impugnazione, oltre il termine ritenuto, all'uopo, congruo dallo stesso legislatore costitu::nte e, sulla determinazione di questo, dal legislatore ordinario. Con ci� la sentenza sembra avere espresso anche il voto che la particolare disciplina del processo costituzionale non abbia a subire, per le anzidette esigenze, modifiche nei termini, �quanto meno per ci� che concerne i giudizi proposti in via diretta, neanche nei modi e nelle forme in cui questa modifica potrebbe validamente essere fatta, cio� mediante legge costituzionale. Giacch� nel giudizio concluso dalla sentenza sembrava essersi dimenticato che la fissazione del termine per la proponibilit� del giudizio in questione era stata dalla stessa Costituzione (art. 137) demandata ad una legge costituzionale (da regola<rsi, quindi, come materia costituzionale): e che, in adempimento di questo precetto e nell'ambito delle valutazioni aderenti alle necessit� della funzione della Corte, la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, prima ancora della legge ordinaria 11 marzo 1953, n. 87, aveva fissato il termine stesso in 30 gg. dalla pubblicazione della legge o dall'atto avente forza di legge. Sicch�, non era affatto vero che la materia del termine in questione fosse stafa integralmente regolata insieme e sullo stesso piano di quella dei giudizi incidentali (disciplinata dalla 1. 11 maTzo 1953, n. 87), ma era rimasta, invece, col carattere ad esso impresso dalla Costituzione e dalla legge costituzionale n. 1 del 1948, cio� come materia costituzionale (come ha, con a:rgomentazioni sostanziali, riconosciuto la sentenza): modificabile, quindi, solo attraverso l'apposito pTocedimento previsto dall'art. 138 della �Costituzione. (L. TRACANNA) QIURIS. COSTITUZIONALE E INTEltNAZIONALE 31 .Su la base delle esposte �onsiderazioni � �da riconoscere che la sosp�risi�ne del decorso dei termini, stabilita dalla I. 14 luglio 1965, n'. 818, non � applicabile nei giudizi davanti a questa Corte. In� particolare, nei giudizi di legittimit� costituzionale proposti in. vi�dh'etta dallo Stato .o dalla .. Regione, C())l:le il .presente, l'applica~ i()ne.� di tale legge, .producendo sostanzialmente l'effetto di �modificare, ....�.per il Periodo 1:~+iale, J<t durata del tempo Wltro .il quale la legge � �..��.�����mpugnabile����prolungherebbe...quella� ..situazi~ne.� �~���incertezza.circa �l'even :-:��>>.<�� .-: ��~_.:. . �..� tqfe 11~ inteso rUerirsi:ar giudizi in mat#-ia �ivi1~~ penale e ammini~ ~ii(~lltti~~t~~~� $poii1;t~il,tj a :funzionfdiverse da .quelle degli altri giudizi considerati .� 4#11~ ~~.i$~. � ���..�.� .�. V~ in.tin.e n()ta~<> pile la ~r?ll1o2:iot1~ . 9~1. giu~lzi iu via diretta .�� ~vanti ~tia e!>l-fe� �tiidata ad organi iacui att1'1it�. !ta carattere di con. tin.it~. $'o~rattutto nell'espletamento di .f~zi�?li �di supremo interesse � pl;ipbU�o/ 9ome quella d! promuovere i detti.giudizi, cosi che dalla non apl;)j1~zi()ne della J� n. 818 del 1965 il()ll derj,ya alcun limite all'eserci~ io �:lel~ri.tto di azione in materia costituziOhale. �.��...����� .�.. J)aU~ consid~ra.~iot)l �iJl~;:tnzi.. esposte. �~~riY<t .la inammissibilt� .del pr~$ehte n�orso,.:mentreresta. assorbita. la 9~~t~?1le, subortU11atamente �.� ~ro~�st~ dalla difes~f del Presidente. del� Consiglio, .circa la �asserita ~~4~~a ~lla da.ta. del 16 settembre dei tel'lll!ni prorogati per effetto d~lhl l. 14 luglio 19651 n. 818. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1422 -Pres. Tavolaro S. -Rel. D'Amico -P. M., Di Majo (diff.) -Amministrazione finanziaria dello Stato (avv. Stato Pentinaca) c. Berselli ed altri (avvocati Alessi e Betzella). Competenza e giudsdizione -Giurisdizione esclusiva -Limiti -Vigili urbani -Compartecipazione sulle somme riscosse per pene pecu niarie dovute all'Erario dello Stato -Giurisdizione ordinaria. (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29). Impiego pubblico -Agenti governativi -Partecipazione ai proventi di pene pecuniarie -Estensione ai vigili urbani, agenti di pubblica sicurezza. (1. 26 gennaio 1865, n. 2134, art. 3; r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 126). La giuriSdizione esclusiva del giudice amministrativo sussiste solo quando si tratta di un diritto nascente dal rapporto di impiego pubblico, iZ quale funzioni da momento genetico immediato e diretto della pretesa (1). I vigili urbani, nominati agenti di pubblica sicurezza con decreto prefettizio, sono � agenti governativi � anche agli effetti del diritto aUa compartecipazione ai proventi introitati dall'Erario dello Stato in dipendenza di contravvenzioni punibili con pena pecuniaria (2). (Omissis). -L'Amministrazione delle Finanze dello Stato sostiene che difetta nella specie la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, poich� la questione da l'isolvere -se ai vigili urbani del Comune di Milano spetti o no la compartecipazione alle pene pecuniarie riscosse dall'Erario dello Stato -attiene ad un diritto tipicamente e diretta (1-2) Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e pretese dei vigili urbani sui proventi delle contravvenzioni introitati dall'erario dello Stato. Le questioni giuridiche che emergono, sia pure con diverso rilievo, dall'interessante decisione della Cassazione, sono sostanzialmente due, an che se, per la originalit� dell'interpretazione e per l'esiguit� dei prece PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 33 mente nascente dal loro rapporto di impiego che perci� comporta la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il problema � stato gi� risolto, in una identica fattispecie, dalle Sezioni Unite di questa Corte ,cort la sentenza 28 luglio 1962, n. 2230, nel senso che la giurisdizione spetta all'autorit� giudiziaria ordinaria. N� dall'Amministrazione ricorrente sono esposti nuovi argomenti atti a determinare un mutamento di giurisprudenza. Nella specie il rapporto di impiego intercede fra i vigili urbani ed il Comune di Milano, non tra i vigili e lo Stato; rispetto allo Stato i v.igili sono soltanto agenti di pubblica sicurezza, nominati tali con decreti del Prefetto, emessi a norma dell'art. 126 r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, per l'esecuzione deHa legge comunale e provinciale; le domande, denti giurisprudenziali specifici (si veda la sent. della Cass. n. 2230 in data 28 luglio 1962, Foro it., 1962, I, 1647 per la parte attinente alla I. 26 genna�o 1865, n. 2134), � la seconda questione quella che merita un pi� attento esame e un pi� ampio discorso. La prima parte della motivazione della sentenza attiene all'affermata giurisdizione dell'a. g. o. a risolvere una controversia avente per oggetto la sussistenza o meno, in favore dei dipendenti comunali con qualifica di vigile urbano e investiti di funzioni di agente di p. s;, del diritto a partecipare ai proventi introitati dall'erario statale in corrispondenza di pene pecuniarie punitive di reati contravvenzionali alle leggi ed ai regolamenti dello �Stato. La questione riguarda, pi� in particolare, la sussistenza o meno, nella fattispecie, della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato ex art. 29, n. 1, r. d. 26 giugno 1924, n. 1054. La S. C. si limita a richiamare, in proposito, la ,sua precedente sentenza del 28 luglio 1962, n. 2230, ed a ribadire che �sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo solo quando si tratta di un diritto nascente dal rapporto d'impiego �, il quale funzioni � da momento genetico diretto ed immediato della pretesa �. Nella fattispecie, la connessione con il rapporto di impiego comunale sarebbe, secondo la Cassazione, meramente occasionale, tendendo le domande dei vigUi urbani controricorrenti ad ottenere il riconoscimento della compartecipazione alle pene pecuniarie riscosse dall'erario statale sul solo fondamento della qualit�, attribuita agli stessi, di �agenti governativi�. In effetti, l'enunciazione teorica del principio � di una chiarezza indiscutibile e riflette, tra l'altro, un orientamento ormai costante (Oass., 14 luglio 1960, n. 1925, in Giust. civ., 1961, I, 92; Cass., lo febbraio 1961, n. 206, ivi 1961, I, 375; Cass., 18 luglio 1961, n. 1750, in Foro amm., 1961, II, 417; Cass. 30 dicemhre 1963, n. 3246, in Giust. civ., 1964, I, 557; Cass., 14 aprile 1964, n. 898, ivi 1965, I, 578; Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 1966, n. 140, in Giust. civ., 1966, II, 173; Cass. 22 luglio 1966, n. 1985, ivi, 1966, I, 1899). Qualche perplessit�, tuttavia, pu� restare sull'applicazione di tale indiscusso indiTizzo al caso concreto, in cui, afferma la S.C., � � fatto valere un titolo, quello di agente governativo, che non determina il sorgere, tra lo Stato ed i vigili, di un rapporto di impiego, ma rappresenta soltanto il conferimento, da parte dello Stato, dell'esercizio di un potere � , che non pu� � ritenersi ricompreso nell'ambito del rapporto di 5 34 RASSEGNA DELL~AVVOCATURA DELLO STATO dirette ad ottenere dall'Amministrazione delle Finanze il riconoscimento della compartecipazione alle pene pecuniarie riscosse dallo Stato, sono giustificate dalla qualit� di agenti governativi nei vigili e non dal rapporto di impiego che li .lega al Comune di Milano. � puntuale quindi l'applicazione del principio, costante nelle decisioni di questa Corte, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo solo quando si tratta di un diritto nascente dal rapporto di impiego, il quale pertanto funziona da momento genetico diretto ed immediato della pretesa. Non � cosi invece nella c,ausa presente in cui, a fondamento della domanda, � fatto valere un titolo, quello di agente gov,ernativo, che non impiego esistente tra il vigile ed il Comune � n� pu� dar luogo � all'istituzione di un rapporto di ~mpiego con lo Stato �. Ma, nel caso esaminato, la domanda proposta non si riferisce o quanto meno non presuppone logicamente il rapporto d'impiego comunale? In altri termini, anche richiamandoci al concetto di �occasionalit�� (altre volte chiarito dalla Cassazione) tra rapporto di impiego pubblico e diritto 'soggettivo che si pretende violato, non sembra, a nostro avviso, che sia molto palese la � sostanziale autonomia � tra la pretesa dei vigili ed il loro status di dipendenti comunali. Non si intende certo disconoscere che il rapporto di impiego sussista soltanto con il Comune e che la pTetesa venga affermata in irelazione alla posizione giuridica dei vigili urbani in quanto agenti di p. s., ma l'art. 126 r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, attribuisce al Prefetto il potere di nominare agenti di P. S. �le guardie campestri, daziarie, boschive ed altre dei Comuni, costituite in forza di regolamenti deliber~ti ed approvati nelle forme di legge �, e quindi il rapporto con il C'omune � condizione necessaria, anche se non sufficiente, del sorgere e del permanere dello � status � di agente di p. s. e cio� del rapporto con lo Stato. Pur essendo indiscusso che i due rapporti giuridici (con il Comune e con lo Stato) non possono non essere concettualmente discriminati, non sembra automatica la configurazione del preteso e discusso diritto soggettivo alla compartecipazione ai proventi come diritto meramente occasionale e conseguenziale rispetto al rapporto di impiego, costituendo quest'ultimo un presupposto logico ed imprescindibile (e non soltanto un requisito) del decreto prefettizio: i vigili urbani controricorrenti, sono, rispetto allo Stato, agenti di P. S., ma non � krilevante che gli stessi sono tali anche in quanto sono vigili urbani dipendenti dal Comune. La seconda e pi� estesa parte della motivazione della sentenza, attiene, invece, alla sussistenza o meno del diritto dei vigili urbani -agenti di p. s. -ai proventi di cui all'art. 3 della 1. 26 gennaio 1865, n. 2134. La questione � sottile in quanto si riassume, sostanzialmente, nel rispondere al seguente quesito: i vigili urbani, agenti di P. S. ex art. 126 r. d. 1911, n. 297, citato, sono ricompresi nella categoria degli �agenti governativi� di cui parla l'art. 3 della suddetta legge del 1865? La S'. C. non ha dubbi nella risposta affe'l'mativa, che discenderebbe con tutta evidenza sia dalla lettera della legge che tramite un procedimento di interpretazione logica. Sotto questa ultima visuale, l'esclusione dei vigili dal riparto ai proventi contravvenzionali introitati dall'erario PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 35 determina il sorgere, fra lo Stato e i vigili, di un rapporto di impiego, ma rappresenta soltanto il conferimento, da parte d�llo Stato, dell'eser cizio di un potere; la qualifica di vigile urbano � soltanto il requisito richiesto per l'attribuzione dei poteri di agente governativo, senza che peraltro l'esercizio di tali poteri possa ritenersi rkompreso nell'ambito del rapporto di impiego ,esistente tra il vigile ed il Comune n� dar luogo all'istituzione di un rapporto di impiego con Io Stato. Non appare perci� appropriato il richiamo n� alle decisioni di questa Corte che hanno riconosciuto la giurisdizione esclusiva dei! giu dice amministrativo nelle controversie tra i funzionari delle cancellerie statale si scontrerebbe con l'esigenza di � stimolare l'attivit� dell'agente abilitato all'accertamento dei reati contravvenzionali � e con la necessit� di non operare ingiustificate discriminazioni. L'argomentazione derivante dall'interpretazione logica non ci sembra decisiva, sia perch� � prevalso negli ultimi anni l'orientamento legislativo tendente a sopprimere il diritto a partecipare ai proventi delle pene pe cuniarie per cui il contrario indirizzo ha assunto una portata di carattere eccezionale, sia perch�, infin�, la controversia ci sembra debba essere essenzialmente e !)Tevalentemente risolta sulla base della forza immediata e letterale delle disposizioni normative della legge del 1865, dovendo le argomentazioni logiche e meno immediate soccorrere l'interprete soltanto nell'ipotesi, non ricorrente nella specie, di una non limpida, o quanto meno, insufficiente chiarezza concettuale delle norme. Ed � a queste ultime che conviene limitare la disamina. L'art. 1 della legge del 1865 statuisce l'appartenenza all'erario dello Stato dei proventi derivanti da contravvenzioni � alle leggi ed ai regola menti di interesse nazionale�� Il successivo art. 2 riconosce l'analogo di ritto di appartenenza alle Province ed ai Comuni per quanto attiene ai proventi delle contravvenzioni alle disposizioni regolamentari di tali enti. L'art. 3, che qui maggiormente interessa, da un lato attribuisce agli � agenti governativi scovritori di una contravvenzione punibile con pena pecuniaria appartenente all'erario nazionale� il diritto a partecipare ai relativi introiti statali, dall'altro distintamente lascia ampia libert� agli . enti locali territoriali di eventualmente stabilire, con apposite norme re\ golamentari, la misura della partecipazione dei propri dipendenti aglr in~ oiti degli enti stessi in dipendenza di reati contravvenzionali. .. La formulazione legislativa non � tra le pi� precise se rapportata alla v:iinologia moderna ed in questo senso non si pu� non concordare con \ C. che tale rilievo formul� gi� nella sentenza n. 2230 del 1962 pi� ..:11te citata, ma, se da un lato questa osservazione pu� gi� offuscare la sicurezza con la quale la questione � stata presentata e decisa dalla Cassazione, il difetto di chiacrezza terminologica della legge, interpretata a cento anni di distanza dall'emanazione, non implica altresi una mancanza di �Chiarezza concettuale, anche tenendo conto che la possibilit� di esplicare funzioni di agente di p. s., da parte dei vigili urbani, � scaturita dalla volont� del legislatore del 1911, per cui � indubbio che gli � agenti governativi � dell'art. 3 cit. non erano e non potevano essere, per il legislatore del 1865, che gli agenti legati allo Stato da un rapporto di servizio. E qui sta proprio il nucleo della questione, in quanto la dizione � agente governativo� fa riferimento a soggetti con i quali intercorre, 36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e segreterie giudiziarie e lo Stato in tema dei cosiddetti proventi di cancelleria, poich� in questa ipotesi sono in discussione proprio le norme che regolano, sotto l'aspetto patrimoniale, il rapporto di impiego, n� a quelle altre pronunce che riconoscono la giurisdizione esclusiva anche quando si faccia valere la pretesa all'assistenza di un familiare dell'impiegato da parte dell'ente pubblico, poich� anche in questo caso � in discussione l'esistenza di un diritto immediatamente derivante dal rapporto di impiego. Nel merito il ricorso dev'essere respinto nei confronti di tutti i contraddittori dell'Amministrazione delle Finanze, tranne che nei confronti del Berselli, rispetto al quale, come si dir�, il ricorso stesso � inammissibile. nei confronti dello Stato, non soltanto un rapporto organico ma altres� un rapporto di servizio. La distinzione tra i due rapporti ci sembra fondamentale. Mentre il rapporto di servizio ha carattere prevalentemente patrimoniale, in quanto attiene alla remunerazione delle prestazioni lavorative o comunque a situazioni soggettive che hanno, in modo diretto od indiretto, una rilevanza patrimoniale o materiale, il rapporto organico ha carattere prevalentemente � organizzatorio �, e sta alla base dell'imputazione dell'attivit� amministrativa in quanto funzione e del riparto -attribuzione delle potest�, quasi prescindendo dalla materialit� del' soggetto agente. Non v'ha dubbio che i vigili urbani controricorrenti sono legati da rapporto di servizio con il Comune e tale rapporto non soffre soluzione di continuit� anche nel momento in cui gli stessi esplicano funzioni di agenti di P. S. per conto dello Stato. D'altra parte il potere che � loro con:llerito dal decreto prefettizio non implica automaticamente l'attribuzione di un diritto a compensi per l'attivit� prestata in favore dello Stato, n� sembra potersi tranquillamente sostenere che tale diritto possa riconoscersi dilatando la nozione di �agente governativo�. A noi sembra che il legislatore del 1865, con la disposizione normativa di cui all'art. 3, abbia voluto fare riferimento agli agenti -dipendenti dello Stato. Riteniamo, pertanto opportuno, agli effetti della partecipazione ai proventi di cui trattasi, non confondere la categoria degli agenti di p. s., con i quali intercorrono rapporti di servizio con lo Stato, da quella degli agenti di P. s., con i quali tale rapporto non sussista e che abbiano soltanto un � rapporto organico � con lo Stato. La S. C., trascurando tale distinzione, ha fatto discendere il diritto di natura patrimoniale dalla sussistenza del rapporto organico, non attribuendo alcun rilievo giuridico alla netta contrapposizione, chia,ramente espressa nella legge, tra gli �agenti governativi� di cui al comma 10 dell'art. 3 e gli agenti dei Comuni e delle Province di cui al comma 3o dello stesso articolo, nonch� tra gli introiti derivanti dalle pene pecuniarie spettanti allo Stato e quelli spettanti agli enti locali territoriali. Concludendo, riteniamo che la S. C. abbia forzato, forse per ragioni ~=; di equit�, l'inequivocabile lettera e ratio della legge del 1865, il cui arti-: colo 3, 10 comma, ci sembra inapplicabile ai dipendenti degli enti locali territoriali. lli U. GIARDINI (1. 24 febbraio 1948, n. 114, art. 11; 1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104). '38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Procedimento civile -Convenuto non legittimato passivamente alla lite -Interventore -Esclusione -Spese -Effetti. (c. p. c., artt. 91 e 105). Le norme sul computo della quota di conferimento prevista dalla Tiforma agraria nella regione siciliana ed anche quella dell'art. 11 della l. n. 114 del 1948, la quale in esse si inserisce sostanzialmente integrandole con la previsione di una detrazione, sono di azione e non di relazione, onde l'eventuale illegittimit� del relativo procedimento trova la Jiua sede di possibile repressione davanti al Giudice amministrativo (1). n soggetto convenuto, sia pure insieme ad altri, in un giudizio, nel quale come tale si � costituito, non pu� quaLifi,carsi interventore ed, agli effetti deWonere delle spese, a nulla rileva che egli non essendo passivamente legittimato abbia assunto sul merito della causa una linea difensiva in parte comune ad altro convenuto, soccombente (2). (Omissis). -Con atto di citazione del 14 ottobre 1959 Mattina Vincenzo conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo I'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana e l'Ente per la riforll\a agraria in Sicilia (ERAS) affinch� si dichiarasse che dalla quota di conferimento, determinata nei suoi confronti in esecuzione della riforma agraria in Sicilia, dovevano essere detratte lire 17.750,52 di reddito domenicale, in forza del beneficio (di cui all'art. 11 della legge statale 24 febbraio 1948, n. 114) spettantegli in relazione al trasferi -~ mento, per la formazione della piccola propriet� contadina, effettuato con atti 27-28 dicembre 1950, 23 gennaio 1951 e 16 marzo 1951; nonch� . . per sentire dichiarare, in linea subordinata, il proprio diritto ad avere , . restituiti i terreni (ha 4.47.21) che, pur non essendo compresi nel piano ' ' IIdi conferimento, gli erano stati espropriati. (1) Sulla prima massima, oltre alla sentenza delle stesse sezioni unite della Corte di cassazione n. 2994 dell'll ottobre 1955 (in Foro it., 1955, I, 1292 ,ed ivi note 6-7), richiamata in quella di cui si tratta, cf.r. Cass., Sez. Un., 24 marzo 1964, n. 663 in questa Rassegna, 1964, I, 669 e ivi nota 2. (2) La seconda massima appare, invero, ovvia cosi come risulta meglio daHa motivazione della sentenza in rassegna, la quale si � giustamente soffermata con maggiore ampiezza sulle importanti questioni, di cui alla ~ prima massima, appena accennando alle altre; tra queste anche ovvia ~ Y.� appare la incensurabilit� da parte della Corte di cassazione delle statui f zioni riguairdanti la cancellazione di espressioni ritenute sconvenienti ed ~== ~:: offensive dai Giudici di merito con motivazione congrua e corretta, tanto {jj che non � sembrato. il caso di pubblicare la relativa massima. S'i pubblica, 1:~ invece, pure la parte di fatto della sentenza per rendere pi� compreni=' sibile la � questione �, di cui alla seconda massima. V I 1i ~ f:i B [i :::f#t::-&l'��C�@&mlr.l�tl'W~ll1'�&rwla811l,;ir'=t PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 39 Deduceva l'attore che, per la concorrente attivit� di entrambi i convenuti era stato privato, fin dal 10 ottobre 1952, del possesso di 69 ettari di terreno, espropriati senza l'osservanza delle forme prescritte dalla legge regionale di riforma agraria (1. 27 dicembre 1950, n. 104) e senza tenere conto dei trasferimenti di terreno che aveva effettuati in applicazione de1le disposizioni per la formazione della piccola propriet� contadina, la cui valutazione avrebbe comportato il suo totale esonero dall'obbligo del conferimento. Deduceva, inoltre, che soltanto con decreto dell'Ispettorato regionale dell'agricoltura in data 17 aprile 1957, divenuto esecutivo il 5 luglio 1958, l'ERAS aveva cercato di uniformarsi alle norme della legge regionale, facendo approvare il prescritto piano di conferimento (il quale, peraltro, determinava nel pi� ridotto limite di ettari 64 la quantit� di� terreno di sua propriet� soggetta ad espropriazione, senza tuttavia provvedere alla restituzione del terreno appreso in eccedenza). Costituitosi in giudizio, l'ERAS chiedeva che il tribunale dichiarasse il difetto di giurisdizione a decidere sulle domande, o comunque le rigettasse nel merito. L'Assessorato regionale eccepiva, a sua volta, in ordine alla prima domanda, riguardante l'esonero dal conferimento in relazione ai trasferimenti di terreno per la formazione della piccola propriet� contadina, il difetto di giurisdizione del .giudice ordinario, trattandosi di questione concernente la determinazione della quota da conferire, che rientra nella competenza del giudic~ amministrativo: e quanto alla domanda subordinata dell'attore, pur non disconoscendo il diritto di quest'ultimo a conseguire la restituzione dei terreni consegnati in eccedenza, rispetto alla quantit� fissata nel piano di conferimento, sosteneva che dal mancato godimento di essi nessun risarcimento di danni derivava al proprietario, avendo egli stesso impedito o rifiutato la restituzione. Con sentenza 16 giugno 1959 l'adito Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda tendente all'esonero dal conferimento, e condannava l'ERAS alla restituzione dei quattro ettari eccedenti la quota, ai danni relativi, nonch� a quelli derivanti dal prematuro spossessamento dei terreni soggetti ad esproprio, da liquidarsi in separato giudizio. Riteneva, poi, priva di Jegittimazione passiva alla causa l'Amministrazione Regionale, e disponeva la compensazione delle spese nei suoi confronti sul rilievo che, non essendosi limitata a difendersi sulla sola questione della giurisdizione, ma avendo affiancato l'ERAS nelle difese di merito, doveva ritenersi soccombente anche essa, se pure in parte. Giudicando sul gravame principale, proposto dal Mattina, e su quello incidentale proposto dall'Assessorato, la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza 6 settembre 1962, ora denunziata per cassazione, rigettava l'appello del Mattina, ed in accoglimento di quello del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 40 l'Assessorato, condannava il primo alle spese di entrambi i gradi del giudizio; ordinava, inoltre, la cancellazione di aJ.cune espressioni, contenute nella comparsa conclusionale del Mattina, ritenute sconvenienti. Osservava la Corte di merito: che tutte le operazioni, che servono a stabilire il reddito dominicale complessivo, sul quale applicare l'aliquota di conferimento, hanno funzione meramente strumentale, rispetto al provvedimento di individuazione dei terreni da conferire; provvedimenti che, come si desume dall'art. 32 della legge di riforma (il quale, in ordine alla scelta, indica solo criteri di massima), � discrezionale; che rientrando fra le dette operazioni preparatorie anche quella concel'nente la concessione ed il calcolo del beneficio di cui all'art. 11 d. I. 24 febbraio 1948, n. 1].4, invocato dal Mattina, anche su tal punto la posizione del .singolo, il cui diritto di propriet� � stato degradato ad interesse legittimo, deve ritenersi presa in considerazione solo in via riflessa ed indiretta,� e perci� protetta esclusivamente dalla giurisdizione amministrativa; che, essendosi l'Assessorato difeso �sempre nella qualit� di convenuto, anche quando ha confutato nel merito la pretesa per le quali non era passivamente legittimato, l'accoglimento di questa eccezione pregiudiziale non pu� fargli imputare le altre difese in veste d'interveniente adesivo e, perci�, giustificare la pronunzia di compensazione delle spese; che il carattere offensivo delle espressioni, adoperate nella comparsa del Mattina, non poteva giustificarsi anche e soprattutto in considerazione che nessuna necessit� di difesa imponeva .di stigmatizzare in maniera cosi cruda l'attivit� dell'Ente e la capacit� tecnica dei suoi funzionari. Contro la sentenza ora riassunta, nei termini essenziali, ha proposto ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione il Mattina sulla base di tre mezzi di annullamento; ha resistito mediante controricorso l'Assessorato dell'Agricoltura e Foreste della regione siciliana, non ha inteso di contraddire l'Ente di Riforma Agraria in Sicilia (ERAS) al quale pure � stato notificato il ~icorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il Mattina, denunziando la violazione degli artt. 2 e 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E; 12 e 15 disp. prel. c. c.; 11 l. statale 24 febbraio 1948, n. 114; 30 1. Regione siciliana 20 dicembre 1950, n. 104; 834 c. c., 14 r. d. 1. 15 maggio 1946, n. 455; in relazione ai nn. 1, 3, 5 dell'art. 360 c. p. c., assume che la Corte di merito ha 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � noto che per stabilire se la competenza spetti al giudice ordinario o al giudice amministrativo, occorre avere riguardo, di regola, e far riferimento all'oggetto sostanziale del giudizio, quale si ricavi dal petitum e dalla causa petendi; nel senso che, ove si sostenga il difetto assoluto di potere della P. A. in materia, � in discussione un diritto soggettivo e la giurisdizione spetta al giudice ordina�rio; ove, invece, si ammetta l'esistenza del potere, ma si contesti la regolarit� del suo esercizio, � in questione un interesse legittimo e la giurisdizione compete al giudice amministrativo. Il carattere vincolante della norma non �, per�, di per s� solo, sufficiente, non basta che uno dei momenti della condotta della P. A. sia tassativamente imposto, senza margine di discrezionalit�, perch� da ci� si debba desumere l'attribuzione di un diritto soggettivo al privato. Il criterio � dato, invece, dalla funzione del comando, rispetto all'azione della Pubblica Amministrazione, e dalla posizione che vi assume l'interesse in esso protetto; se la norma stessa � diretta a regolare l'attivit� della publica Amministrazione in vista del perseguimento dell'interesse pubblico (norma di azione) la tutela del privato non pu� non essere subordinata, riflessa o indiretta; se invece il comando legislativo riconosce al privato una posizione autonoma, con rilevanza esterna, che esorbita, cio�, dalla sfera della P. A. per assicurare, immediatamente e direttamente, la situazione soggettiva del privato, ivi si � di fronte ad un diritto soggettivo perfetto, tutelabile davanti al giudice ordinario. Alla stregua dei rilievi che precedono, crisulta corretta la risoluzione che nella specie � stata data dalla sentenza denunciata alla questione della giurisdizione, nel senso che essa spetti al giudice amministrativo. Ed invero, la .legge di riforma agraria siciliana (1. reg. 27 dicembre 1950, n. 104) pur senza sopprimere il diritto di propriet� nella sua fondamentale natura di diritto soggettivo, ne prevede l'assoggettabilit� ad obblighi ed a vincoli, che mettono in rilievo l'eminente interesse pubblico �che sovrasta tutta la normativa, di fronte aJ. quale l'interesse privato viene a trovarsi in una situazione di subordinazione. La legge �stessa, invero, dopo avere posto in via generale l'obbligo del conferimento (art. 22); stabilisce il modo e la quota, la quale � determinata in base al reddito dominicale complessivo e al corrispondente reddito medio per ettaro (art. 23); precisa che le percentuali di conferimento sono quelle risultanti dalla tabella allegata; elenca alcune esclusioni dal computo: chiarisce che la propriet� complessiva, soggetta a conferimento, si determina con riguardo al momento dell'entrata in vigore della legge, non tenendosi conto dei trasferimenti successivi a.Ua data indicata nell'art. 30. � bensi vero che questa serie di operazioni ha carattere vincolato, ma it vincolo non � posto neU'interesse e a tutela del soggetto espro PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 priato, sebbene a salvaguardia, principalmente, degli scopi d'interesse pubblico che si vogliono perseguire. Il che � reso palese, oltre che dall'insieme delle norme, dalle considerazioni che persino l'individuazione qualitativa del terreno da conferire (operazione culminante e del massimo rilievo) � rimessa ad una valutazione discrezionale (discrezionalit� tecnico-amministrativa) dell.'Ente per la Riforma, essendo i criteri indicati nell'art. 32 criteri di massima e non tassativi. Dalla riassunta normativa si evince che tutte le operazioni, anteriori al provvedimento di individuazione del ter,reno o dei terreni da conferire, hanno una funzione meramente strumentale, in quanto servono, cio�, a determinare :il reddito dominicale complessivo, sul quale applicare le aliquote; e si evince, altresi, che proprio per questo loro riferimento a momenti preparatori .e preliminari dell'atto di individuazione, le norme sul computo debbono qualificarsi come norme di azione. Pertanto, l'asserita illegittimit� del procedimento, in base a cui l'Ente per la riforma agraria in Sicilia avrebbe malamente determinato, nei suoi confronti, la quota di conferimento (per mancata detrazione dal reddito dominicale complessivo di lire 17.750, in forza del beneficio di cui all'art. 11 della I. statale 24 febbraio 1948, n. 114, che assume spettargli in relazione al trasferimento di altri terreni, operato in precedenza per la formazione della piccola propriet� contadina) non configurando, a .sensi della normativa regionale ora vista, la violazione di un diritto soggettivo perfetto, ma di un semplice diritto affievolito, trova la sua sede di possibile repressione avanti al giudice di legittimit� degli atti amministrativi, e non avanti al giudice ordinario, come si sostiene dal ricorrente. E non vale .obbiettare -altro argomento posto a base del mezzo in esame -che quanto meno dal disposto dell'art. 11 della 1 .. reg. n. 114 del 1948 sorgerebbe, in capo al Mattina, un diritto soggettivo di natura autonoma e di forza prevalente, non sottoposto, come tale, ad affievolimento per effetto dell'entrata in vigore dei provvedimenti espropriativi, emessi in forza della legge regionale .di riforma fondiaria del 1950. La norma dell'art. 11, infatti, lungi dal contrastare o prevalere o essere comunque inconciliabile con .l'altra normativa (quella della riiorma agraria regionale) viene sostanzialmente ad integrarla, inserendosi, la concessione del premio, nel procedimento di determinazione della quota di conferimento, sotto forma di detrazione di una quantit� di reddito dominicale pai'i al reddito gravante sui terreni, in precedenza trasferiti per la formazione della piccola propriet� contadina. Perci�, rispetto alla detrazione ex art. 11 della legge statale in considerazione, la posizione del proprietario, soggetto alla I. n. 104 del 1950, sulla riforma agraria siciliana, non differisce punto da quella che lo stesso ha rispetto a qualsiasi altra detrazione, contemplata dalla me 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO desima legge regionale, ed attuata attraverso quelle norme qualificate di azione, come gi� visto. Sar�, quindi, il giudice amministrativo che dovr� vagliare la pretesa del Mattina, per decidere se gli competono detrazioni ed in quali limiti, in conformit� della normativa statale regionale; eppertanto, anche secondo il profilo ora esaminato, il primo mezzo del ricorso va respinto. Passando al secondo motivo, rileva la Corte che la censura che con esso si propone non ha consistenza. Il Mattina critica la sentenza denunciata perch� la stessa, agli effetti della pronunzia sul regolamento delle spese del giudizio, non ha ritenuto l'Assessorato per l'Agricoltura soccombente, almeno in pa.rte, insieme all'ERAS, con cui fece causa comune, nella difesa di merito; e mentre ha condannato alle spese nei suoi confronti l'ERAS, non ha, nei confronti dell'Assessorato, nemmeno confermato l~ pronuncia di compensazione, emessa dal tribunale (ritenendolo nei suoi confronti addirittura vittorioso). A sostegno di detta censura il Mattina deduce che l'Assessorato avrebbe dovuto considerarsi e ritenersi quanto meno interveniente volontario (ad adiuvandum dell'altro convenuto [ERAS]), con la conseguenza di una comune soccombenza nelle spese, come dimostrava anche il suo comportamento ed atteggiamento in giudizio. Ed aggiunge che dai vari scritti difensivi dell'Assessorato risultava che lo stesso, invece di limitarsi ad eccepire il difetto di giurisdizione, si era opposto anche nel merito alla domanda, facendo causa comune con l'ERAS (unico legittimato a contraddire alla pretesa fatta valere dal Mattina). A dimostrare l'inconsistenza della censura giova osservare che correttamente la sentenza impugnata si � rifiutata di aderire alla tesi del Mattina, il quale ha sostenuto anche in grado di appello che all'Assessorato spettasse la quali.fica d'interventore. E le ragioni sono proprio quelle, chiaramente indicate in motivazione; che il Mattina propose la domanda contro l'ERAS e l'Assessorato, ritenendoli entrambi legittimati passivamente all'azione; che l'attore insistette in tale condotta, sostanziale e processuale della causa, e prese conclusioni contro ciascuno di essi; che l'Assessorato si costitu� in causa come convenuto, e tale posizione mantenne per tutto il corso del giudizio.. Da siffatta puntualizzazione risulta evidente che, anche per la statuizione in esame, la sentenza non presta il fianco a censura. Non pu�, invero. rettamente qualificarsi e ritenersi che abbia natura e carattere di intervento adesivo in giudizio quello svolto da un soggetto che sia stato convenuto in proprio dall'attore, sia pure insieme ad altri, e in tale veste e qualit� siasi costituito, anche se la linea difensiva assunta possa essere stata in parte comune con altri convenuti. La condanna �alle spese dell'attore Mattina nei confronti del con venuto Assessorato, atteso il difetto di giurisdizione affermato, trova Il, GlURIS. SU QUES'1JlONI DI GIURISDIZIONE 45 Il, GlURIS. SU QUES'1JlONI DI GIURISDIZIONE 45 pertanto ..tia. .legittima causale sul piano logico e giuridico; mentre sarebbe stato in~iusto accomunare, agli effetti delle spese, la posizione del vincitore Assessorato a quella del soccombente ERAS. $.fte~o mezzo di ri.corso, si osserva che la censura che con esso si pr~etta �concerne a:qprezzamento di fatto, congruamente e correttamente motjvato dal giM;ice di merito. .. 'l!.l~t9!>.ha rite1'l'l:l,tQi sconvenienti ed offensive alcune espressioni, �~ol1tm~t~ #ella co)1;lpa1'Sa;coo.clusionale del Mattino, e ne ha ordinato la � �ah<:~Il~~fo~~. afsensi del disposto dell'artt. 89 c. p. c., �spiegando che .� t~ttaY.ii$i }U l}atol� �di significato obbiettivamente ingiuriose, non rese ll~ijlitat:~;:i:::::: :~:~s~~~o incensurabile in questa sede .ᥥ..�. 4�Jf!!git:tfJ:nit�~ e auPertlua sarebbe ogni considerazione che qui si volesse ...�.�..:tj,;~�� '.6���(Qm#tja), i i > C!o1''1'il b:f CASSAZIONE, Sez. Un., 1~ ottobre 1966 n. 2424 -Pres. . ft6fe-Rel. Felicetti -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Giaimo (avv. PJAbbiero) c. Convitto nazionale Cristoforo Colombo di Genova favv. dello Stato Colletta). ,Cqmpetenza e giurisdizione -Rapporto di impiego tra i Convitti nazionali ed il personale insegnante nelle scuole da essi gestite -Controversie -Giurisdizione del Giudice ordinario. (r. d. 6 maggio 1923, n. 1054, artt. 118 e segg.; r. d. 4 maggio 1925, n. 653, art. 51; r. d. 22 ottobre 1931, n. 1410, articolo unico; I. 9 gennaio 1942, n. 86, artt. 2, 3, 6, 7, 8, 14). 1Z 'l'apporto di impiego tra i convitti nazionali, che gestiscono pure $/!t�;Qle le$Ja.tm.ente riconosciute, e il personale insegnante che tali enti c,tfw>P., a,s$y,m,.ono, ha carattere privatistico, oode sulle controversie le q~~ti trQ.ggpfltQ. grigin.e da un siffatto rapporto ha giurisdizione il giudice Mi:U!lario (i) .. ��. � (Om.�ssi$)..'7 ~uesta .Corte Suprema ha ripetutamente affermato, decidendo la questione oggi proposta, che la giurisdizione sulle controversie nascenti dal rapporto d'impiego fra i Convitti Nazionali i quali (1) In senso conforme v. Cass., Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847, in questa Rassegna, 1964, I, 670, ed ivi ZAGARI, La giurisdizione in tema di rapporto di lav�ro degli insegnanti deUe scuote dei Convitti nazionali (nota critica); in senso nettamente difforme � la giurisprudenza, ormai costante, del Consiglio di Stato, di recente riaffermata in due decisioni del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 46 gestiscono anche una scuola legalmente riconosciuta e gli insegnanti che tali enti assumono per questo fine appartiene al Giudice Ordinario e non al Giudice Amministrativo. (v. fra le altre sent. a Sez. Un. n. 847 del 1964 per il Convitto Naz. Vittorio Em. II di Napoli; n. 1321 del 1965 per i Collegi riuniti di istruzione professionale femminile di Napoli; n. 1105 del 1963 per il Real Convitto Dante Alighieri di Messina). L'argomento centrale a sostegno di questa affermazione consiste nel rilievo che -come si evince dal collegamento dell'art. 117 del r. d. 6 maggio 1923, n. 1054 con l'art. unico del r. d. 22 ottobre 1931, n. 1410, dettato a modifica dell'art. 124 del Regolamento 10 settembre 1925, n. 2009, e con l'art. 51 del Reg. 4 maggio 1925, n. 653 -l'istituzione di classi o corsi interni completi d'istruzione media-classica, tecnica, scientifica e magistrale che tali convitti sono autorizzati ad effettuare su deliberazione dei rispettivi consigli di amministrazione e soggette ad approvazione ministeriale ed a previo parere della competente giunta per l'istruzione media, costituisce esercizio di una facolt� di diritto privato in quanto non rientra necessariamente tra i fini pubblici istituzionali di tali enti, i quali, nella gestione delle predette attivit� scolastiche, agiscono non diversamente dagli enti e dai singoli soggetti privati cui sia stata concessa l'autorizzazione d'istituire e gestire una scuola parificata o legalmente riconosciuta. A tali ragioni in sostanza altro non si oppone se non che l'istruzione sarebbe compresa nello � sviluppo intellettuale e fisico � dei giovani indicato quale fine istituzionale dei Convitti Nazionali dall'art. 118 del r. d. 6 maggio 1923, n. 1054; e che a norma degli artt. 8 e 14 della 1. 9 gennaio 1942, n. 86 le e classi o corsi completi � di istruzione che i Convitti Nazionali possono essere autorizzati ad istituire sarebbero pareggiati alle scuole statali in quanto tenuti da enti pubblici. Ma tali obiezioni non sono nuove; esse sono gi� state disattese da queste Sezioni Unite anche recentemente con la sentenza n. 846 del 1964 per la considerazione che a norma dell'art. 133 della Costituzione l'insegnamento � libero e l'istituzione, sotto l'osservanza di determinate condizioni, di scuole parificabili con quelle statali per determinati effetti � consentita a tutti, enti e privati, si ch� -essendo il carattere pubblicistico impresso ex lege alle sole scuole statali -l'insegnamento impar l'Adunanza plenada: C. d. S., Ad. plen., 13 maggio 1966, n. 11, in questa Rassegna, 1966, I, 878 ed ivi nota 1 (la motivazione si pu� leggere in Cons. Stato, 1966, 869), e C. ~� S., Ad. plen., 5 novembre 1966, n. 20, in Cons. Stato, 1966, 1949 (solo massima). Le altre pronunzie della stessa Corte di cassazione, richiamate nella sentenza, di cui si tratta, sono rispettivamente state pubblicate: Cass., 31 luglio 1941, n. 2482, in Foro it., 1942, I, 152; Cass., 25 ottobre 1956, n. 3943, in Riv. giur. lav., 1957, II, 13; Cass., 6 maggio 1963, n. 1105, in Foro it., PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 tito in scuole non statali, anche se parificate o pareggiate, non perde il suo sostanziale carattere privato. Nulla poi esclude -pu� aggiungersi -che la gestione delle predette scuole o corsi ad opera di enti o di privati sia qualificata altresi da fine di lucro ed abbia pertanto il particolare aspetto di un'attivit� economica; mentre il fatto stesso che la legislazione speciale in materia lasci ai Convitti nazionali la libera facolt� di deliberare e richiedere (oppur no) l'istituzione dei predetti corsi d'istruzione medio-classica, tecnica, scientifica e magistrale dimostra il carattere puramente eventuale ed accessorio di una tale attivit� rispetto a quella dell'educazione dei giovani, che indubbiamente costituisce la naturale e sola finalit� pubblicistica dei ripetuti Convitti. D'altra parte l'art. 33 della Costituzione distinguendo nettamente le � scuole � -quali istituzioni aventi il compito d'impartire l'istruzione -e gli � istituti di educazione � -aventi il compito di educare pone una distinzione incompatibile con l'assunto che giuridicamente il concetto di � educazione � sia necessariamente comprensivo di quello dell' � istruzione � (ci� che non � neppure dal punto di vista meramente lessicale). E in aderenza alla cennata distinzione la legge ha affidato ai Convitti Nazionali la prima e non anche la seconda finalit�, consentendo tuttavia ai Convitti medesimi di istituire altres� -come ogni altro ente o privato -scuole non statali. i Non sembra, poi, inopportuno ricordare che questa Corte Suprema ,) ha pure avuto occasione �di rilevare che gli Istituti pareggiati di educazione ed istruzione devono essere considerati come enti privati il che conferma come lo stesso pareggiamento delle scuole private a quelle statali non � sufficiente a conferire alle prime natura pubblica (v. sent. n. 3943 del 1956; n. 2482 del 1941). D'altra parte � necessario rilevare che nella specie non si tratta neppure di �scuola pareggiata a sensi degli artt. 8 e 14 della I. n. 86 del 1942 ma di scuola che ha ottenuto il riconoscimento legale (gi� parificazione, a termini della precedente I. n. 45 del 1939) a sensi degli artt. 2, 3, 6, 7, della citata legge del 1942, com'� stato dedotto dal ricorrente senza alcuna confutazione avversaria. 1963, I, 1118 e Cass., 23 giugno 1965, n. 1321, in Giust. civ., 1966, I, 144. Per le sentenze, pure richiamate in quella, di cui si tratta, a proposito dell'affermazione, per vero qui appena accennata, circa l'autonomia del rapporto assicurativo-previdenziale (rispetto al rapporto di lavoro in genel'e) v. appresso in questa Rassegna, I, 61 ed ivi, nota 1-2. Comunque, in relazione all'orientamento della Cassazione, ormai del pari costante, si pu� ad esso aderire specialmente per quanto concerne l'autonomia ora detta. 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Trattasi quindi di .scuola che -secondo le norme ora citate potrebbe essere gestita non solo da un privato cittadino ma persino da una societ� commerciale. � infine opportuno soggiungere ch'� pure incontroverso �essere la scuola in discorso frequentata anche da taluni e~terni i quali vi sono ammessi contro pagamento di una retta di frequenza (il che sta a rilevare l'aspetto economico della gestione scolastica del .convitto). Inoltre, a norma del r. d. n. 1410 del 1931, i convittori non sono obbligati ailla frequenza della scuola del �Convitto Nazionale., ci� essendo rimesso alla volont� dei loro genitori (il che � in contrasto con la pretesa finalit� istituzionale dell'istruzione); ed il personale insegnante non � inserito nella organizzazione del Convitto (come avviene per il personale educativo �e contabile fornito dallo Stato: art. 119 r. d. n. 1054 del 1923) ma � a carico dei Convitti stessi quali gestori delle scuole (d. n. 1410 del 1931). Per tali ragioni devesi concludere -anche in relazione alla fattispecie -che il rapporto d'impiego tra Convitti Nazionali e personale insegnante ha carattere privato e pertanto la controversia dedotta in lite nel caso in esame, �n quanto trae origine da tale rapporto, rientra nella competenza giurisdizionale dell'A.G.O. In ogni caso vi rientra il capo della domanda attinente al rapporto assiCurativo-previdenziale, data l'autonomia del rapporto medesimo, pi� volte rilevata da questa Corte Suprema (sent. n. 1639, n. 2524 del 1964; n. 667 del 1963). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2785 -Pres. Scarpello -Rel. Sbrocca -P. M. Di Majo (parz. conf.) -Calderone (avvocati Antonino e Restivo) c. Amministrazione della Marina Mercantile (avv. Stato Agr�) e s. p. a. Industria Armamento (avvocati Contaldi, Ferrarini e Vernetti). Competenza e giurisdizione -Nave -Organizzazione di bordo -Potere gerarchico e potere disciplinare -Natura pubblicistica :. Interesse legittimo dell'arruolato -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (c. nav. artt. 113, 295, 1249 e 1252; r. d. 1. 14 dicembre 1933, n. 1773, art. 3). L'or~anizzazione di bordo si differenzia da queUa del lavoro comune per la natura schiettamente pubblicistica, che inerisce si<i al potere gerarchico sia al potere disciplinare, di fronte al cui esercizio l'arruolato � titolare di un interesse legittimo,� onde il sindacato sui RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento dello sbarco d'autorit�, sia perch� tale sbarco non pu� adottarsi fuori delle ipotesi previste dall'art. 498 del Regolamento per la navigazione marittima, approvato con d. P. R. 15 febbr,aio 1952, n. 328 (e di quelle �Corrispondenti regolate dall'art. 151 del Regolamento per la navigazione interna, approvato con d. P. R. 28 giugno 1949, n. 631), che nella specie non ricorrevano, sia perch� neppure ricorrevano le ipotesi per cui, ai sensi del r. d. 1. n. 1773 del 1933, il marittimo, imbarcato' o presentatosi all'imbarco, pu� essere sottoposto a visita medica per accertarne l'idoneit� fisica ai servizi della navigazione� a bordo di navi mercantili. Le censure non meritano di essere accolte. Occorre precisare che esse si appuntano contro i due sbarchi per ordine dell'autorit�, a cui il Calderone fu assoggettato, rispettivamente, il 10 novembr.e 1956 in �seguito ad un. rapporto disciplinare del comandante del piroscafo � Aequitas II�, sul quale egli era imbarcato, e il 18 giugno 1957 al fine di sottoporlo a visita medica, provvedimenti entrambi adottati dalla Capitaneria di Porto di Genova, restandone escluso lo sbaarco intermedio avvenuto in Rotterdam il 19 febbraio 1957 per volont� dell'armatore. Come si rileva dalla sentenza impugnata, tali provvedimenti si inserirono nel procedimento disciplinare iniziatosi a carico del Calderone, il quale, per la gravit� delle mancanze commesse, avrebbe potuto concludersi con l"irrogazione della pena dell'inibizione all'esercizio della professione marittima per un tempo non inferiore a un mese e non superiore a due anni, riservata al Mini-stero della Marina mercantile (art. 1252, primo comma, n. 4, e ultimo comma). Senonch� lo stesso Ministero che, nel corso del procedimento, aveva impartito l'ordine di visita medica (dispaccio 25 giugno 1957, n. 10137 G. M.), in seguito lo revoc� o annull� (la natura dell'atto relativo non risulta precisata), di guisa che il procedimento �Si concluse senza che al Calderone fosse inflitta alcuna pena disciplinare (dispaccio 23 ottobre 1957� n. 13974 G. M.). Per risolvere la questione di giurisdizione, proposta con il motivodi ricorso, � necessario richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (v. da ultimo: Sez. Unite, 11 ottobre 1965, n. 2111), la quale ha affermato, al fine di distinguere la giurisdizione ordinaria da quella amministrativa, che si ha diritto soggettivo del privato nei confronti della pubblica amministrazione, quando l'amministrazione stessa � vincolata ad un determinato obbligo, impostole non in funzione dei pubblici fini perseguiti, ma nell'interesse diretto �lel privato, a tutela diretta ed immediata della posizione giuridica di costui, e pertanto non sopprimibile, n� limitabile; mentre, per converso, il diritto medesimo si affievolisce nella sua consistenza e degrada ad interesse legittimo nei riguardi dell'amministrazione, se a quest'ultima sia conferito un potere� .� �.< ���:-:�:�;./.:...:::::� .... �����������������~~ii���x~����~~j.���*Ii���~'tl~s.��.~~����'l#i~~I~~;t���;!���.~l~~;JUZIONE 51 .� ��-~4~f~~~onesoggclliv~ del .��. .�.� .l\lla stl'egua di ia11 p~eth~ ,Si�. � ritetuto �. che la giurisdizione � spetta ~1 liUdlce.anunin~~thto qua~~~ la controversia ha per oggetto �������������������������ᥥ: .d.:(}ie~ Q~-~io. si qualifica giuridicamente come interesse legittimo. ,.,~~g~?~;;�E4~~1fE~ � �� �eh~ ~n~ii��tie sia �al potere gerarchico che al potere disciplinare. L'uno rj.~tr~ n~ CQ.siddetto potere di bordo ed � compreso nella sfera di attrl.})~t9n.i proprie del comandante (art. 295 c. nav.); l'altro � esercitato dai S�'iih4@te della nave, dal comandante di :Porto, dalle autorit� consol,tf �i dai comandanti delle navi 'da g~erra, e le .relative sanzioni sono applicate talvolta da organi dello Stato, che, per le pi� gravi, si identificano nello stesso Ministro della marina mercantile (articoli 1249 e 1252 c. nav.). E tutto il complesso sistema costituisce svolgimento del principio genericamente enunciato nell'art. 113 c. nav., secondo cui alla disciplina del personale marittimo provvede l'amministrazione, della quale � a capo il Ministro predetto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E poich� anche il contenuto delle sanzioni non ,corrisponde, in genere, a quello delle sanzioni del comune contratto di lavoro (art. 1252 cit.), resta anche sotto questo profilo confermata la natura pubblicistica del potere disciplinare 'e la sua pertinenza allo Stato, salva, nei casi previsti, l'attribuzione del suo esercizio al comandante. N� varrebbe opporre che costui agisce per un fine privato, e cio� nell'interesse della spedizione, perch� � proprio della figura dell'esercizio privato di una pubblica funzione (o di un pubblico servizio) che una potest� di carattere pubblicistico sia .attribuita ad un sogg�etto che svolge l'attivit� considerata per il suo privato interesse (normalmente, per un fine di lucro). Dalla natura pubblicistica del potere disciplinare discende che la valutazione della gravit� delle infrazioni commesse dall'arruolato implica l'esercizio di una discrezionalit� tecnico-amministrativa, in quanto deve ispirarsi all'interesse che lo Stato annette alla sicurezza e alla regolarit� della navigazione; e che; conseguentemente, l'arruolato stesso � titolare di un)nteresse legittimo rispetto al rapporto disciplinare, e la giurisdizione sulla legittimit� delle sanzioni compete non al giudice ordinario, ma al Consiglio di Stato. L'art. 498 del reg. nav. maritt., invocato dal ricorrente, non si attaglia al caso di specie, perch� non riguarda il potere di sbarco spettante all'amministrazione marittima, nei confronti dell'arruolato in funzione strumentale rispetto al successivo esercizio del potere disciplinare, ma l'ipotesi particolare dello sbarco di persone (appartenenti o estranee all'equipaggio), imputate di un delitto, che siano imbarcate per l'estero sfornite di regolare passaporto. N� l'art. 3 n. 4 del r. d. 1. n. 1773 del 1933, a cui pure il ricorrente si richiama, appare dettato per la tutela diretta ed immediata della posizione soggettiva del marittimo, se imbarcato, contro il potere di sbarco conferito all'amministrazione al �fine di sottoporlo a controllo sanitario, al di fuori dell'esercizio di ogni potere disciplinare. La norma ha, invece, di mira in modo diretto ed immediato l'azione dei pubblici poteri, cio� il regolare svolgimento della funzione pubblica di accertamento dell'idoneit� fisica della gente di mare. Anche se � differenziata la posizione del marittimo nei confronti di quelle della generalit� dei cittadini orientate nel medesimo senso della salvaguardia della pubblica salute, �essa � tuttavia soltanto indirettamente (cio� non in funzione della disciplina di rapporti intersoggettivi) presa in considerazione dal diritto, ed ha pertanto la consistenza dell'interesse legittimo. Del resto, come gi� si � acc�ennato, il provvedimento �di sottoposizione a visita medica fu revocato o annullato dall'amministrazione, e lo stesso procedimento disciplinare si concluse con un nulla di fatto. Due rilievi sembr,ano, quindi, necessari. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 A parte il caso della revoca, determinata da ragioni di opportunit� amministrativa, la quale non esclude la validit� dell'atto venuto in essere nel rispetto delle norme giuridiche preordinate alla sua emanazione, il provv�edimento, anche se in ipotesi lesivo dell'interesse legittimo del Calderone, non poteva essere fonte di un'obbligazione risarcitoria a carico dell'amministrazione, a questo fine richiedendosi che la lesione incida su un diritto soggettivo, tale sin dall'origine o restituito alla sua naturale consistenza dopo l'annullamento dell'atto che lo degradava ad interesse, mentre nella specie l'eventuale annullamento non mutava la consistenza dell'interesse legittimo (cfr. Sez. Un., 31 luglio 1964, n. 2207). Inoltre, se di fronte al concreto esercizio del potere disciplinare il Calderone era legittimato a rivolgersi al giudice amministrativo, � dubbio che, salva la facolt� di reclamo pl'evista dall'art. 187 c. nav., di questa tutela egli potesse avvalersi nella fase anteriore all'irrogazione della sanzione ed �, quindi, dubbio che nel caso ricorressero i presupposti della giurisdizione del Consiglio di Stato, �sempre restando esclusa la giurisdizione del giudice ordinario. Riconosciuta l'infondatezza del motivo ora esaminato del ricorso principale, deve passarsi al ricorso incidentale condizionato, articolato in due censure, con la prima delle quali si deduce il difetto di legittimazione passiva della societ� al'Inatrice in ordine alla domanda di risarcimento di danni contro di essa proposta. La legittimazione ad causam attiene alle condizioni dell'azione e, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, � rilevabile in ogni stato e grado del giudizio ed anche d'ufficio, salva la preclusione nascente dalla cosa giudicata, quando sulla questione sia sorta controversia e la decisione relativa non sia stata impugnata: n che deve negarsi nel caso di specie, perch�, come risulta dalla sentenza impugnata, se la legittimazione della societ� armatrice fu disattesa dai primi giudici, la questione fu riproposta in sede di appello, costituendo oggetto di uno specifico motivo di gravame. :Preme piuttosto osservare che, essendo nel caso la legittimazione rilevabile officio iudicis, il sollevare l'eccezione sfuggiva al potere dispositivo della parte, la quale non ne poteva neppure subordinare l'esame all'accoglimento nel merito del ricorso principale: di guisa che il ricorso incidentale, pur non essendo inammissibile, appare inutile in ordine alla prima censura, che con esso si propone. Quanto al merito della questione, non pu� che confermarsi l'esclusione della responsabilit� dell'armatore per l'adempimento degli obblighi pubblicistici che la legge pone a carico del comandante nella veste di capo della spedizione, come l'esercizio del potere disciplinare, sia che i provvedimenti siano direttamente adottati dallo stesso Comandante, sia che, su rapporto di questi, la competenza ad adottarli spetti ad altre autorit� (articoli 274, secondo comma e 1252 c. nav., 510. Reg. nav. maritt.). 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le considerazioni pi� sopra svolte sembrano sufficienti alla dimostrazione dell'assunto. Qui si vuole soltanto ribadire che la figura dell'esercizio privato di una pubblica funzione; in cui si concreta il potere disciplinare del comandante nei confronti dell'equipaggio, importa la diretta e personale responsabilit� di chi pone Jn essere gli atti relativi, mancando quindi la base perch� essi possano essere riferiti all'armatore. Il difetto di legittimazione della societ� armatrice determina la cassazione senza rinvio del capo dell'impugnata sentenza, che, al riguardo ha deciso con riferimento al difetto di interesse dell'appellante all'impugnazione, perch�, pur trattandosi di questione di merito, le premesse di fatto, quali risultano dalla decisione, sono certe e fuori di discussione e il problema, su cui il Supremo Collegio � chiamato a pronunciarsi, � esclusivamente di diritto (ri:lleribilit� all'armatore degli atti posti in essere dal comandante della nave nell'esercizio del potere disciplinare sull'equipaggio). Concludendo, mentre dev.e essere respinto il primo motivo del ricorso principale, va accolto per quanto di ragione il ricorso incidentale (richiamandosi le precisazioni in tema di rilievo d'ufficio del difetto di legittimazione ad causam), restando assorbiti il secondo e il terzo motivo del ricorso principale e l'ulteriore censura del ricorso incidentale (che riflette la questione della prescrizione dell'azione ex art. 373 c. nav.). ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2811 -Pres. Scarpello -Ret. Restaino -P. M. Pedote (conf.) -Mastino del Rio (avv. Barra Caracciolo) c. Procura generale della Corte dei Conti e Ente nazionale assistenza lavoratori. Competenza e l;liurisdizione -Responsabilit� degli impie~ati di enti pubblici sottoposti a controllo della Corte dei Conti -Giurisdizione della Corte dei Conti -Esclusione. (Cost~. art. 103, secondo comma: t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44 e 52; 1. 21''marzo 1958, n. 259; 1. 20 dicembre 1961, n. 1345, art. 3). L'attribuzione aUa Corte dei Conti di funzioni giurisdizionali pu� aver luogo sottanto mediante specifici precetti di legge: pertanto spetta al ,Giudice ordinario conoscere delle controversie relative alla responsabilit� degli impiegati di enti pubblici, pure se assoggettati al controllo della Corte dei Conti (1). (1) Con la sentenza in rassegna le sezioni unite della Corte di cassazione, dopo aver ribadito l'ammissibilit� del regolamento preventivo di I giurisdizione pur in relazione ai giudizi pendenti davanti agli organi I I ~ PARTE I, SEZ, II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 55 (Omissis). -Premessa la proponibilit� del regolamento preventivo di giurisdizione anche in relazione a giudizi pendenti davanti ad organi giul'iSdizionali amministrativi, va nel merito osservato che la Procura Generale presso la Corte dei Conti, nel convenire il ricorrente davanti a quell'organo in sede di giurisdizione contabile, ha fatto esplicito richiamo �al disposto dell'art. 103 .comma secondo della Costituzione per inferirne che, essendo attribuita da tale norma alla Corte dei Conti giurisdizione in materia di contabilit� pubblica, tale carattel'e si ravviserebbe nella gestione dei mezzi finanziari che l'Ente Nazionale Assistenza Lavoratori (ENAL) attinga per conseguire le finalit� che gli sono state assegnate istituzionalmente; e cio� sia sotto l'aspetto sogg�ettivo, costituito dalla natura pubblica dell'Ente, �sia sotto il riflesso oggettivo della natura pubblica del danaro amministrato. Siffatta argomentazione non pu� essere condiv.isa dal Supremo Col~ legfo. La norma della Costituzione innanzi richiamata � stata oggetto di specifica interpretazione da parte della stessa Corte Costituzionale, la quale ha precisato che la enunciazione contenuta nel secondo comma dell'art. 103 della Costituzione non importa un'attribuzione indiscriminata e con operativit� immediata alfa Corte dei conti di tutti i giudizi comunque attinenti alla �contabilit� pubblica, tanto dello Stato che degli altri enti pubblici, perch� .la determinazione dell'ambito della materia delle controversie relative a1la contabilit� pubblica, sia per quanto riguarda i soggetti, sia per quanto riguarda l'oggetto, non pu� venir fatta se non in base a puntuali specificazioni legislative. Orbene, l'art. 44 del t. u. delle leggi sulla Corte dei Conti, approvato con r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, nel determinare le attribuzioni giurisdizionali della Corte medesima nei giudizi di conto e di responsabilit�, attribuisce a questa una .giurisdizione contenziosa sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, dei cassieri e degli agenti depositari di danaro pubblico, valori e materie di propriet� dello Stato, nonch� sui conti dei tesorieri ed agenti di altre. pubbliche amministrazioni � per quanto le spetti a termine di leggi speciali, oltre alla giurisdizione in materia di comune responsabilit� civile, verso lo Stato, dei funzionari, impiegati e agenti di esso �, nei casi e modi previsti dalla legge sull'amministragiurisdizionali amministrativi (v. Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1401, in questa Rassegna, 1966, I, 289 ed ivi nota 1), hanno affermato il principio. di cui alla massima, facendone applicazione al caso di specie (riguardante il presidente dell'ENAL) sulla base di una motivazione molto chiara. Le argomentazioni addotte in contrario si evincono dalla sentenza stessa e risultano esposte con maggiore ampiezza in precedenti pronunce della Corte dei Conti (v. Corte dei Conti, Sez. giur. Reg. sic., 9 giugno 1964, n. 760 in questa Rassegna, 1965, I, 183 e ivi note 1-2, nonch� Corte dei Conti, I sez., 19 settembre 1964, n. 115, in Foro it., 1965, III, 207 ed I I i 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato e da leggi speciali (art. 52). Il che rientra nella previsione del citato art. 103 della Costituzione, che a quell'organo speciale devolve la giurisdizione non soltanto nelle materie di contabilit� pubblica, ma anche nelle .altre �specificate dalla legge. L'attribuzione alla Corte dei Conti della competenza giurisdizionale pu� quindi aver luogo soltanto mediante specifici precetti di legge. Nelila specie, non si contesta che l'ENAL sia un ente pubblico non a carattere economico (Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1960, n. 257), ma nessuna disposizione di legge stabilisce che della responsabilit� dei suoi amministratori per danni cagionati all'Ente debba conoscere, in via giurisdizionale, la Corte dei Conti. Il richiamo che la procura Generale istante fa alla disposizione dell'art. 3 della 1. 20 dicembre 1961, n. 1345, all.a I. 21 marzo 1958, n. 259 e al d. P. R. 11 marzo 1961 non ha rilevanza ai fini della questione di giurisdizione. La prima norma citata concerne, infatti, la istituzione di 'una seconda sezione giurisdizionale della Corte dei Conti con attribuzione di una competenza promiscua nella materia di contabilit� .pubblica, senza innovare in ordine alla competenza giurisdizionale, ilegislativamente attribuita, in tale materia, al giudice contabile. Quanto alla legge n. 259 del 1958, essa si limita a disciplinare la partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulil.a gestione degli Enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, e ci� in attuazione dell'art. 100 comma secondo della Costituzione, che demanda alla Corte dei Conti il controllo sull'amministrazione degJi enti beneficiari di contributo statale ordinario. La legge predetta non conferisce, in materia, alla Corte la veste di organo giurisdizionale, riservata dall'art. 103 comma secondo della Costituzione alle sole controversie attinenti alla contabilit� pubblica, intesa nei sensi innanzi riferiti, ma, dopo aver enunciato (art. 1) la finalit� del controllo, che � quella di sottoporre all'esame del Parlamento le gestioni finanziarie di quegli enti, alle cui entrate il.'amministrazione dello Stato concorre in via obbligatoria con contributi ordinari e periodici, ovvero con contributi comunque iscritti da oltre un biennio nel ivi note 1-2). La medesima Corte dei Conti, poi, dopo la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione e prima della pubblicazione della sentenza in rassegna, si � pronunciata nello �stesso giudizio (v. Corte dei Conti, 11 dicembre 1965, n. 54, in Foro it., 1966, III, 625 ed ivi nota 1; sugli effetti di tale pronuncia v. Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1965, n. 259, in questa Rassegna, 1966, I, 290 ed ivi nota 2). Sull'art. 103, secondo comma, della Costituzione v. Corte cost. 31 mar zo 1965, n. 17, in questa Rassegna, 1965, I, 266 ed ivi note 1-2. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE bilancio dell'Ente (art. 2), ha determinato H compito della Corte limitandolo alla relazione annuale al Parlamento nonch� alla formulazione, in qualsiasi altro momento, di rilievi al Ministro per il Tesoro o al Ministro competente nel caso di accertate irregolarit� nella gestione dell'Ente (art. 8). Sotto tale aspetto, � del par.i inconferente, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, il richiamo che la stessa Procura Generale fa al Decl.'eto del Presidente della Repubblica dell'll marzo 1961, che dichiara l'ENAL sottoposto al controllo della Corte dei Conti. Tale provvedimento -come emerge dalla parte motiva e dispositiva -risulta emanato sul presupposto della sussistenza de1le condizioni previste dall'art. 12 della citata I. 31 marzo 1958, n. 239, il quale si limita a stabilire, per i soli fini della legge medesima e in relazione a que~i enti ai quali lo Stato contr�ibuisca con apporto ail patrimonio in capitali o servizi o beni, ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria, modalit� di partecipazione dalla Corte dei Conti al controllo della gestione finanziaria di tali enti, diverse da quelle previste dagli artt. 5 e 6, ma, al pari di tutte le altre disposizioni della legge stessa, non prevede affatto l'assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei Conti in sede di contenzioso contabile dei giudizi relativi alla responsabilit� degli amministratori o impiegati di quegli enti, sebbene sottoposti a controllo, per i quali non sussiste deroga a1la giurisdizione dell'autorit� ordinaria. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, III Sez. civ., 3 gennaio 1967, n. 1 -Pres. Vallillo -Rel. Aliotta -P. M. De Marco (conf.) -Cassa di risparmio di Calabria e Lucania (.avv. Nigro) c. Comune di Maier� (avv. Mazzei). Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Demanio e patrimonio -Entrate di diritto pubblico ed entrate di diritto privato -Esecuzione forzata -Limiti. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4). I.g.e. -Crediti dei Comuni verso lo Stato per le quote di partecipazione ai proventi -Entrate di diritto pubblico anche per�i Comuni -Impignorabilit�. (1. 2 luglio 1952, n. 703, artt. 2 e 3; I. 16 giugno 1960, n. 1014). I creditori degli enti pubblici, ai fini della realizzazione coattiva dei loro crediti, possono soddisfarsi soltanto sui beni facenti parte del patrimonio disponibile; mentre per quanto pi� particolarmente attiene 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ai beni ed ai crediti di danaTio � rilevante la distinzione tra proventi di natura pubblicistica e proventi di natura privatistica: per i primi il carattere di indisponibilitd e la conseguente impignorabilitd trovano fondamento nena legge, per i secondi nell'atto amministrativo, onde solo in rapporto a questi ultimi pu� assumere rilevanza, agli effetti dell'inammissibilitd o dell:'ammissibilitd dell'esecuzione forzata, la iscrizione o meno in bilancio (1). I crediti dei Comuni verso lo Stato per la quota di partecipazione ai proventi dell'imposta generale sull'entrata rientrano nella categoria dei crediti di natura pubblicistica (2). (1-2) La motivazione della sentenza '� riportata in Giur. it., 1967, I, 1, 132. Con essa la Corte di Cassazione accoglie pienamente ,quanto si era sostenuto in nota alla 1sentenza delle Sezioni unite, 22 novembre 1966, n. 2783 in questa Rassegna, 1966, I, 1231, contribuendo cos� ad un'esatta soluzione delle questioni. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 214 -Pres. Flore -Est. Tamborrino -P. M. Pedote (diff.) -S. p. a. Autostrade concessioni e costruzioni autostrade (avv. Sorrentino) c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). Concessioni amministrative -Permesso di estrazione di sabbia e ghiaia dal letto dei fiumi -Natura. (t. u. delle leggi sulle opere idrauliche, approvato con r. d. 25 luglio 1904, n. 523, art. 97). Concessioni amministrative -Concessione contratto -Atto unilaterale deliberativo e negozio attuativo. Il �permesso � di estrazione di cui all'art. 97 del testo unico delle leggi sulle opere idrauliche, approvato con r. d. 25 luglio 1904, n. 523, rientra fra le � concessioni � amministrative e non fra le � autorizzazioni� (1). (1) La massima � di evidente esattezza. La ghiaia e la sabbia di cui si chiede il �permesso� di estrazione, fanno parte inte~ante dell'alveo del fiume, ed hanno quindi la stessa natura giuridica di questo, fino a quando non ne vengono distaccate: tanto ci� � vero che alfa estrazdone di questo materia,le si procede soltanto dopo indagini di ordine tecnico, compiute dagli organi preposti alla vigi!lanza del buon regime delle acque, volte ad accertare che la struttura dell'alveo del fiume, e quindi il normale re~ ime di questo, non abbia a risentirne. In questa situazione non par dubbio che, quando un privato intende usare di questo bene indubbiamente pubblico in via particolare e cio� PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 59 Nelle concessioni-contratto l'atto unilaterale deliberativo (concessione) e il negozio attuativo (convenzione, disciplinare) possono coesistere in unico contesto ovvero essere contenuti in atti distinti e separati (2). (Omissis). -Ancora si insiste dalla ricorrente Societ� sulla definizione giuridica del rapporto in esame e si contrappone alla definizione di concessione e pi� precisamente di � concessione-contratto � dato dalla sentenza impugnata, quella di autorizzazione. Queste Sezioni Uqite ritengono pi� esatta la definizione data dalla Corte di merito: � indubbio che attraverso quel rapporto viene data la possibilit� di usare da parte di privati della sabbia e della ghiaia dei fiumi e quindi indubbiamente di un bene demaniale. La legge del 1904 sulle opere idrauliche parla di � permesso �, ma evidentemente si tratta di termine di carattere generico; pi� esattamente dovrebbe il procedimento ammi~ nistrativo in esame inquadrarsi nelle � licenze � a usare in parte di beni demaniali, ma si tratta certo di provvedimenti che si inquadrano nell'ampio genus delle concessioni. Nel senso che l'amministrazione e concede �, � .permette �, � d� licenza � al privato di usare di beni demaniali o dei frutti di essi e dei suoi accessori e conviene con lo stesso privato le modalit� dello sfruttamento medesimo, il che rientra nel quadro tipico della � concessione-contratto � in senso ampio, come chiarito dalla costante giurisprudenza. -(Omissis). uti singulus, si renda necessario procedere, da parte dell'Amministrazione, ad un formale atto di concessione (su di ci� cfr. da ultimo SANDULLI, in Enciclopedia del diritto, voce Beni pubblici, n. 21 in fine, il quale fra gli esempi di atti di concessione necessari per l'uso particolare di beni pubblici cita proprio quelli concernenti la estrazione di questo particolare materiale). E �che, nella specie, di concessione e non di autorizzazione si tratta � fuori dubbio (quale che sia il valore letteraie che si voglia dare alfa parola � permesso � usata nell'art. 97 del t. u. del 1904 sulle opere idrauliche: ail riguardo � sufficiente rHevare che i concetti di concessione, autorizzazione, licenza, permesso, e le relative differenze, si sono venuti affinando col tempo, e solo di recente hanno trovato adeguata sistemazione nella dottrina pubblicistica e nella giurisprudenza), sol che si pensi che il diritto di estrarre quel materiale facente parte dell'alveo di un fiume non esiste, e sia pur compresso, nella sfera giuridica del privato, non fosse altro che per il fatto che �quella estrazione comporta un trasferimento di propriet� del materiale da un soggetto di diritto (Stato) ad altro soggetto di diritto (privato). (2) Si conviene anche sulla seconda massima. Lo schema della concessione- contratto, com'� noto, comporta un atto deliberativo, unilaterale, della pubblica Amministrazione (concessione), ed un negozio attuativo (convenzione, disciplinare), che attua il prog.ramma cui l'atto unilaterale si riferisce: questo ultimo negozio -cui partecipano privato e pubblica Am RAS.SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dalle varie considerazioni della Corte di merito si trae il convincimento che, secondo la stessa Corte, nella concessione-contratto, i due atti, la convenzione e il provvedimento unilaterale ed autoritativo dell'amministrazione, pur essendo interdipendenti e tra loro coordinati, sono e devono essere fondamentalmente separati, tanto che, sempre dal punto di vista teorieo, la Corte suddetta ha esaminato le due ipotesi, della precedenza �Cronologica della convenzione e della precedenza cronologica dell'atto unilaterale ed autoritativo. Laddove, evidentemente, non pu� in via astratta negarsi che i due atti, concettualmente e giuridieamente distinti, possano coesistere formalmente in un unico documento, in un unico scritto, avvengano cio� dal punto di vista cronologico e formale contemporaneamente. Vale a dire, non pu� in astratto escludersi la ipotesi che in un unico atto formale siano contenuti e il provvedimento unilaterale autoritativo di concessione da parte del1' Amministrazione al privato e l'insieme delle clausole e dei patti con i quali la concessione viene regolata convenzionalmente tra privato e Pubblica Amministrazione. Anzi, si deve aggiungere che di fronte ad un patto di concessione completa, sottoscritta da Amministrazione e privato che precede cronologicamente nel tempo l'atto unilaterale, il ministrazione -, pur avendo autonomia strutturale, assolve ad una funzione strumentale, perch� serve ad attuare la determinazione della pubblica Amministrazione. Che questi due negozi, concettualmente distinti e separati, possano rinvenirsi materialmente racchiusi in unico atto, � proposizione non seriament_ e discutibile; come non pu� revocarsi in dubbio che essi possano constare di due atti materialmente disgiunti. In questo secondo caso � sorta questione se l'atto deliberativo possa essere cronologicamente posteriore al negozio attuativo; ed al quesito va data risposta affermativa: �Nessun ostacolo sussiste a che il negozio attuativo sia predisposto prima della decisione dell'organo competente. Nonostante la diversa successione cronologica, quest'ultimo atto assolve egualmente, nel ciclo della fattispecie, alfa sua funzione deliberatrice � (SILVESTRI, in Encictopedia del diritto, voce Concessione amministrativa, n. 6). NatUll'almente -quale che sia la �successione cronologica degli atti � l'atto deliberativo di concessione che condiziona il negozio attuativo (convenzione, disciplinare), atteso H carattere strumentale di questo rispetto al primo, e non viceversa; onde le clausole d�ll'atto di concessione preva[gono su quelle contenute nel negozio attuativo se, per avventura, sono difformi. � evidente, poi, che, in caso di controversia, spetta al giudice accerta.re -tenendo conto deHe singole fattispecie, del!le espressioni usate, delle attribuzioni specifiche degli organi della pubblica Amministrazione dai quali l'atto promana -se in un certo atto stipulato con un privato sia contenuto anche l'atto unilaterale deliberativo (concessione), o se, invece, non occorra nel:la specie un autonomo atto che valga qua�le manifestazione di volont� de1l'Amministrazione di far luogo, in quel caso specifico, alla � concessione (n. g.). ~ ~ ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 61 quale modifichi alcune delle clausole fondamentali della concessione precedente, il primo �compito interpretativo del giudice, chiamato a decidere, nei limiti della sua potest� giurisdizionale, se sussista o meno il potere dell'Amministrazione ad emanare il .secondo atto, deve essere proprio quello di vedere se per avventura il primo atto contenga esclusivamente la convenzione o non contenga anche il provvedimento autoritativo : problema fondamenta:J.e dal quale dipende quello finale della natura e finalit� del secondo atto per decidere se la Amministrazione, esistendo il primo, avesse il potere o meno di emanarlo in quella forma e �Con quelle nuove clausole. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 305 -Pres. Scarpello -Rel. Modigliani -P. M. Di Majo (conf.) -Forte (avv. D'Abbiero) c. ENPAS (avv. Stato Carbone). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Dipendente dello Stato -Assistenza nelle malattie -Prestazioni dell'ENPAS -Controversie -Giurisdizione del giudice ordinario. (c. p. c. artt. 459 e segg.; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29, primo comma, n. 1, e 30, primo comma; d.1. 12 febbraio 1948 n. 147, artt. 6 e 7). Impiego pubblico -Dipendente dello Stato -Assistenza nelle malattie Prestazioni dell'E.N.P.A.S. -Diritto soggettivo dell'assicurato Limiti. (l. 19 gennaio 1942, n. 22; d. l. 12 febbraio 1948, n. 147). Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e non quella esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie riguardanti le prestazioni dell'ENPAS per assistenza nelle malattie ai dipendenti dello Stato, dovendosi escludere un collegamento causale diretto tra le pretese dell'assicurato ed il rapporto di impiego pubbligo (1). Il dipendente dello Stato ha un diritto soggettivo ad ottenere per le malattie l'assistenza dell'ENPAS nelle forme e nelle misure stabilite dalle leggi regolanti la materia salve le eccezioni previste da parti colari norme (2). (1-2) Con il principio, di cui alla prima massima, le sezioni unite della Corte di cassazione mutano l'orientamento affermato con la sentenza 14 maggio 1957, n. 1709 (in Giust. civ., 1957, I, 2189). Del resto, dopo le statuizioni secondo le quali della norma, di cui all'art. 459 c. p. c., va data la pi� lata interpretazione e n rapporto assicurativo previdenziale ha una propria autonomia rispetto al rapporto di lavoro in genere (v. Cass., Sez. Un., 20 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo mezzo l'Ente ricorrente, nel denunziare la violazione degli artt. 29 n. 1 e 30 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 e degli artt. 6 e 7 del d.l. 12 febbraio 1948, n. 147, in relazione all'articolo 360 n. 1 c. p. c. deduce che la controversia in esame rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato in quanto attiene a un rapporto di pubblico impiego. In proposito, dopo aver ricordato che la Corte di Appello � pervenuta ad escludere la competenza del giudice amministrativo, in quanto ha ritenuto che dovesse trovare applicazione il principio, secondo il quale, qualora la pubblica �amministrazione abbia riconosciuto il diritto preteso dal suo dipendente, manca il presupposto della giurisdizione del giudice amministrativo e il riconoscimento, tenendo luogo della pronuncia di illegittimit� sul comportamento della pubblica amministrazione medesima, costituisce il presupposto per ogni altra pronuncia sui diritti patrimoniali conseguenziali, di competenza del giudice ordinario, sostiene che, nel caso, non ricorrevano le condizioni per l'applicazione di tale principio, giacch�, contrariamente a quanto � stato ritenuto dalla sentenza denunziata, non vi era stato alcun riconoscimentq, da parte di esso ENPAS, dei diritti pretesi dal pubblico dipendente. Il resistente, a sua volta, ha sostenuto, nella memoria, che, anche a prescindere dalle ragioni addotte dalla Corte di Appello per giustifi. care la decisione adottata, la controversia in esame deve essere devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, dovendo escludersi che la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato possa estendersi alle controversie relative a. pretese fatte valere da un pubblico dipendente nei confronti dell'Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Statali (ENPAS) in ordine all'obbligo di assistenza del predetto ente pubblico. Ci� posto, poich� la questione prospettata dal resistente � pregiudiziale (e, come in appresso si dir�, anche assorbente) rispetto alle censure dedotte col primo mezzo di annullamento, si ritiene di dover procedere alla sua valutazione. La detta questione ha, come � noto, dato luogo, in giurisprudenza, a contrastanti decisioni dei giudici del merito ed � stata dibattuta anche in dottrina. agosto 1962, n. 2062, in Foro it., 1962, I, 1796; Cass., Sez. Un., 18 marzo 1963, n. 677, in Prev. soc., 1963, 680; Cass., Sez. Un., 23 giugno 1964, numero 1639, in Mass., 1964, 429; Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2524, in Mass., 1964, 672; Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2424, in questa Rassegna, retro, I, 45, richiamate nella sentenza, di cui si tratta), l'accennato mutamento era da attendersi. Ci� non significa che il nuovo indirizzo giurisprudenziale sia da condividersi, ma � pur necessario prendere atto del fatto che la sentenza in rassegna ha riesaminato ad imis tutta la questione di giurisdizione prospettata, pure sotto il profilo della qualificazione della �: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO controversia sia relativa a una pretesa fatta valere da un pubblico dipendente nei confronti dell'ENPAS in ordine all'obbligo di assistenza del predetto Ente, occorre accertare se il rapporto tra questo e il dipendente statale sia parte essenziale del rapporto di impiego pubblico :: o sia autonomo rispetto ad esso. Orbene, come si � dianzi accennato, questo Supremo Collegio, con riferimento all'assistenza dovuta da istituzioni diverse dall'ENPAS, ha ripetutamente (cfr., fra le altre, le sentenze nn. 2424 del 1966, 2524 e 1639 del 1964, 677 del 1963 e 2602 del 1962) affermato che il rapporto assicurativo previdenziale � diverso, per fonte, causa, soggetti e contenuto, dal rapporto di prestazione d'opera e mantiene la sua autonomia, anche se il prestatore di opera sia un dipendente dello Stato o di altro ente pubblico, sicch� la tutela relativa � affidata al giudice ordinario, che, in materia di assistenza e previdenza obbligatorie, ha competenza unica e generale (artt. 459 e segg. c. p. c.). Tale principio giurisprudenziale deve essere mantenuto fermo. Per vero, a conferma della sua esattezza � da osservare che il rapporto assicurativo previdenziale � distinto dal rapporto di pubblico impiego e non�inerisce necessariamente a questo, che permane integro nei suoi elementi costitutivi e quindi pu� essere ipotizzato e considerato indipendentemente da quello. D'altronde le caratteristiche proprie delle assicurazioni sociali (obbligatoriet�, inderogabilit�, automatismo) derivano dal generale interesse all'assicurazione dei lavoratori, ma non snaturano l'essenza del contratto, che permane di assicurazione e quindi non si identifica con il rapporto di prestazione d'opera; n� del pari l'essenza del contratto viene snaturata dal fatto che quel generale interesse abbia indotto ad affidare la gestione della previdenza ad enti pubblici (ENPAS, INAM, INAIL, INPS, ecc.), anzich� ad imprese private. Non pu� poi ritenersi che l'autonomia del rapporto previdenziale venga meno, per il fatto che il prestatore d'opera sia un dipendente dello Stato o di altro ente pubblico. Invero alla circostanza che il rapporto assicurativo previdenziale sia per costoro obbligatorio non pu� attribuirsi alcuna rilevanza, ai fini dell'apprezzamento sull'autonomia del rapporto, dato che l'obbligatoriet� non � in relazione con la natura del datore di lavoro e costituisce, come si � visto, una caratteristica propria delle assicurazioni sociali in genere. D'altra parte, l'interesse che con l'assicurazione obbligatoria del dipendente statale si in tende perseguire � comune a ogni altro prestatore d'opera e, ai fini assicurativi, lo status di pubblico dipendente non differisce, nella sua sostanza, dallo status di ogni altro lavoratore, in quanto tale. Poste tali premesse, va rilevato che non avrebbe alcuna giustificazione logica il distinguere, agli effetti della determinazione della giurisdizione, nei riguardi dei dipendenti dello Stato, dalle altre assicu PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 65 razioni sociali l'assicurazione malattie gestita dall'ENPAS. Infatti questa rientra nelle assicurazioni sociali previste per tutti i lavoratori e sarebbe incongruo il ritenere che il rapporto instaurato con l'assicurazione obbligatoria sia autonomo rispetto al rapporto d'impiego per l'assicurazione contro l'invalidit� e l� vecchiaia (come � stato affermato con la sentenza n. 1639 del 1964), per l'assicurazione contro gli infortuni (cfr. la sentenza n. 2602 del 1962) e per l'assicurazione contro la tubercolosi (cfr. le sentenze n. 2524 del 1964 e 677 del 1963), e non per l'assicurazione contro le malattie, e che,� in particolare, un dipendente statale, ammalato di tubercolosi, debba convenire in giudizio, per il medesimo evento, dinanzi alla autorit� giudiziaria ordinaria l'INPS e dinanzi al Consiglio di Stato l'ENPAS, a seconda che affermi che le prestazioni gli siano dovute dall'uno o dall'altro ente. � da aggiungere che, a ben considerare, il rapporto di pubblico impiego si ricollega alla pretesa relativa all'obbligo di assistenza da parte dell'ENPAS, non gi� perch� costituisca il momento genetico diretto e immediato� di quella pretesa, ma perch� � il fatto costituitivo della titolarit� dell'assicurazione con il predetto ente. In altri termini il rapporto di pubbUco impiego costituisce solo il presupposto affinch� l'assicurazione contro le malattie sia contratta con l'ENPAS, anzich� con altro ente. Orbene � chiaro che la circostanza che lo status di pubblico impiegato legittimi a contrarre l'assicurazione con un determinato ente piuttosto che con un altro non snatura l'essenza del contratto di assistenza e non pu� avere alcuna incidenza sul carattere del rapporto che si viene a istituire. Dovendosi escludere, in base alle svolte considerazioni, che le controversie in discussione appartengono� alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per l'asserito collegamento causale diretto tra il rapporto d'impiego e la pretesa fatta valere in giudizio, rimane da valutare l'ulteriore tesi, secondo cui la detta giurisdizione esclusiva dovrebbe ritenersi sussistente per il fatto che nel dovere di assistenza dell'ENPAS vi sarebbe un rilevante elemento di discrezionalit�, che degraderebbe il diritto all'assistenza dell'impiegato a interesse legittimo. Tuttavia neanche a questa tesi pu� farsi adesione. Infatti dalle varie disposizioni legislative in materia di assistenza e previdenza agli impiegati e dipendenti statali emerge che (salvi i casi eccezionali -cui non � riconducibile l'ipotesi di cui si questiona, inerente all'assistenza per la tubercolosi -delle particolari prestazioni, la cui concessione pu� essere deliberata dal consiglio di amministra zione dell'ente in relazione alle disponibilit� del bilancio: art. 6, 30 comma, del d. 1. n. 147 del 12 febbrao 1948) non � rimesso alla discrezionalit� dell'ente di negare o di accordare l'assistenza e questa deve essere prestata nelle forme e nelle misure stabilite dalla legge. Per vero, a parte il tenore letterale delle varie disposizioni che accen 7 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nano esplicitamente al � diritto � del dipendente alle prestazioni assistenziali, nell'art. 2 della 1. 19 gennaio 1942, n. 22, istitutiva dell'ente, sono stabiliti i casi nei quali l'assistenza � dovuta, mentre i successivi articoli determinano quali sono le persone che fruiscono dell'assistenza medesima, precisano la nozione dell'evento protetto, e cio� della � malattia �, e .stabiliscono i casi in cui il diritto all'assistenza non � riconosciuto. Gli articoli 6 e seguenti del d. I. n. 147 del 12 febbraio 1948, contenente norme per l'esecuzione della predetta legge, precisano poi i limiti e le modalit� dell'assistenza dovuta. Indubbiamente l'ente ha il potere di valutare la corrispondenza della cura, che lo assistito afferma di avere eseguito, alla infermit� denunziata e conseguentemente di determinare se le spese, di cui viene chiesto il rimborso, siano inerenti alla malattia medesima e corrispondano, anche per le dosi dei medicamenti, alle effettive necessit� terapeutiche. Tuttavia �Si tratta, non di una valutazione discrezionale, ma di un giudizio da compiere su elementi obiettivi e in ordine al quale � possibile il contraddittorio dell'interessato, sia in sede amministrativa ,che in sede contenziosa, onde si deve escludere che tale giudizio venga ad attenuare il diritto subiettivo del dipendente statale ad ottenere le prestazioni nei limiti stabiliti dalla legge. Le posizioni soggettive in �rdine all'obbligo di assistenza da parte dell'ENPAS, traendo origine da norme aventi per oggetto la diretta tutela degli assistiti e, a tal fine, istituenti delle vere e proprie obbligazioni a. carico dell'ente, vengono, dunque, ad assumere la configurazione di posizioni di diritto soggettivo, relativamente alle quali � apprestata una tutela giurisdizionale diretta a garantire l'esatta applicazione delle predette norme. Ond'� che, anche per tale aspetto, si deve riconoscere che la cognizione delle relative controversie � devoluta al giudice ordinario. Dalle svolte considerazioni resta assorbita, ai fini della determi nazione della giurisdizione, la questione, che viene prospettata col primo mezzo del ricorso, �circa il riconoscimento, o meno, da parte del l'ENPAS, della illegittimit� del proprio comportamento, giacch� tale questione avrebbe avuto rilevanza solo nel caso in cui da questo Collegio si fosse condivisa l'opinione dei giudici del merito, secondo cui la do manda concerneva un diritto immediatamente derivante dal rapporto di pubblico impiego. Per vero solo in tal caso, al fine di stabilire se la controversia dovesse essere, o non, devoluta alla cognizione del giudice ordinario, avrebbe dovuto essere accertato, se vi fosse stato, da parte� dell'ente pubblico, un riconoscimento che tenesse luogo della pronuncia di illegittimit�, del diritto preteso dal Forte. Dalle svolte considerazioni consegue che, rettificandosi nei ,sensi su esposti la motivazione della denunziata sentenza, il primo mezzo del ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUPENZA CIVILE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 maggio 1966, n. 1279 -Pres. La Porta -Est. Pedroni -P. M. Caldarera (conf.) -Teodori (avv. Veneziani) c. Ministero Trasporti (avv. Stato Gentile). Trasporto -Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al viaggiatore .. Responsabilit� -Disciplina speciale -Sua attuale applicabilit�. (C. T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvate con r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948, art. 11 par. 4 e quindi con d. interm. 13 dicembre 1956, n. 2171, art. 13, par. 4; c. c., artt. 1680, e 1681). Trasporto -Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al viaggiatore -Anormalit� dell'esercizio ferroviario -Apertura dello sportello -Non volontariet� -Onere della prova. (C. T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvato con r. d., 11 ottobre 1934, n. 1948, art. 11, par. 4 e quindi con d. interro. 13 dicembre 1956, n. 2171, art. 13, par. 4). La disciplina generale della responsabilit� civile del vettore nel trasporto di persone, dettata nel codice civile, non ha abrogato la diversa disciplina speciale, dettata, per i danni che colpisc011,0 il viaggiatore, dalle Condizioni e Tariffe per i trasporti di persone sulle Ferrovie dello Stato (1). L'apertura di uno sportello del convoglio ferroviario, che sia stata causa del danno sofferto dal viaggiatore, non costituisce anormalit� dell'esercizio ferroviario, se non sia provato dall'interessato, al quale ne incombe l'onere, che l'apertura non � stata volontariamente determinata dal viaggiatore (2). (1-3) Sulla responsabilit� dell'Amministrazione FF.SS. per i danni alla persona del viaggiatore. La norma in tema di responsabilit� dell'Amministrazione Ferroviaria statale per i danni alla persona del viaggiatore, alla quale si riferiscono le due sentenze, � la medesima, nonostante la diversa collocazione che essa ha nel testo attuale delle C.T. (all'art. 13, par. 4) rispetto a 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1966, n. 2503 -Pres. Rossano -Est. Spagnoletti -P. M. Pedote (conf.). -Eusepi (avv. Criscenti) c. Ministero Trasporti (avv. Stato. Casamassima). Trasporto -Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Danni al viaggiatore -Responsabilit� -Anormalit� d'esercizio ferroviario -Onere della prova. (C. T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvate con r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948, art. 11, par. 4, e quindi con d. interra. 13 dicembre 1956, n. 2171, art. 13, par. 4). L'amministrazione ferroviaria � responsabile soltanto dei danni alla persona del viaggiatore che siano la conseguenza di anormalit� verificatasi nell'esercizio ferroviario. L'onere della prova di tale anormalit� � a carico del danneggiato (3). I (Omissis). -Con atto di citazione del 2 maggio 1956 Alessandro Teodori conveniva dinanzi al Tribunale di Perugia il Ministero dei Trasporti, Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni da lui sofferti a seguitq di incidente occorsogli la sera del 15 maggio 1955, mentre, diretto da Fabriano a Valtopina, viaggiava sul treno n. 4569 I. Precisava l'attore che egli aveva preso posto in una vettura di III cl. sulla quale non viaggiavano altre persone, e, superata la stazione di Ponte Parrano, si era alzato dal posto occupato per accendere una sigaretta quando, trov�ndosi in piedi intento a quella operazione, un improvviso sob quella che aveva nel testo precedente (all'art. 11, par. 4). Per la completa normativa relativa al testo delle condizioni e tariffe per il trasporto di persone sulle ferrovie dello Stato si vedano le indicazioni contenute in questa Jl,assegna, 1964, I, 716, in nota a Cass., 13 maggio rn64, n. 1148. Ai sensi deUa suddetta norma, 1'Amministrazione risponde del danno alla persona del viaggiatore, solo se tale danno sia la conseguenza di una anormalit� verificatasi nell'esercizio ferroviario e semprech� l'Amm.ne m:m sia in grado di p;rovare che la anormalit� sia avvenuta per caso fortuito o forza maggiore. Come � stato rilevato gi� da Cass. 4 agosto 1941, n. 2729, in Ferr. it., 1941, II, 187, la norma e non ha carattere innovativo, ma si risolve in un chiarimento in senso conforme alla giurdsprudenza anteriormente formatasi e poi costantemente seguita�. Essa chiarisce come la obbligazione dell'Amm.ne non sia -come una volta si diceva -quella ! PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 69 balzo della vettura aveva provocato l'improvvisa apertura dello sportello, attraverso la,quale egli era stato scaraventato sulla scarpata latistante la strada ferrata, dove era rimasto tramortito fino al mattino del giorno successivo. Soccorso, era stato poi ricoverato all'ospedale di Gualdo Tadino, con diagnosi di commozione cerebrale, frattura della base cranica, lesioni all'arto superiore sinistro ed al viso con paralisi facciale, paralisi della pupilla sinistra e perdita dell'udito dell'orecchio sinistro. Chiedeva di essere ammesso a provare, fra l'altro, che un manovale delle FF.SS., tal Moroni di Valtopina, aveva affermato, dopo il sinistro, che il treno 4569 � formato da vetture vecchie, i cui sportelli spesso si aprono da s�. L'Amministrazione convenuta, costituitasi in giudizio, contestava la fondatezza della domanda, assumendo tra l'altro che non si era dimostrato n� chiesto di dimostrare che l'accaduto fosse dipeso da anormalit� del servizio e, mentre si opponeva alla ammissione della prova dedotta dall'attore, chiedeva a sua volta di esser ammessa a provare: che durante il lungo percorso del treno 4569 da Fabriano a Foligno, la sera del 17 maggio 1955, non si era verificata alcuna anormalit� del servizio; che gli sportelli del menzionato treno risultavano tutti efficienti e regolarmente �chiusi; che la vettura sulla quale era salito il Teodori era stata revisionata di recente e che il tratto di linea nei pressi di Ponte Parrano, ove il Teodori era stato rinvenuto, � rettilineo. Passata la causa in decisione, dopo l'espletamento delle prove dedotte da entrambe le parti, l'adito Tribunale, con sentenza non definitiva 21 novembre 1958-23 gennaio 1959, pronunciava condanna generica dell'Amministrazione al risarcimento del danno, che, con successiva sentenza definitiva 21 aprile-18 giugno 1960, liquidava a favore del Teodori in complessive L. 5.737.000. di trasportare incolume il viaggiatore, ma dd eseguire il trasporto senza che nei servizi ferroviari abbiano a verificarsi anormalit�, con la conseguenza. che l'anormalit�, lungi dal potersi presumere, deve essere concretamente provata da chi la adduce (cfr. Cass., 25 giugno 1941, n. 1898, in Ferr. it., 1941, II, 149). Sul concetto dli anormalit�, come fatto riferibile aJ. modo di essere o di funzionare del servizio, sulla causa della stessa e sull'onere della relativa, prova, cfr., oltre la nota gi� citata a Oass., 13 maggio 1964, n. 1148, in questa Rassegna, 1964, I, 716 (sub 5-6-7), la giurisprudenza riferita e commentata nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, vol. III, 209 e segg. Le sentenze in esame ribadiscono il principio, come si � visto, affer mato dalla giurisprudenza anche prima che fosse codificato nelle C.T., che l'Amministrazione risponde soltanto dei danni alla persona del viaggiatore 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Amministrazione proponeva appello avverso entrambe le sentenze, chiedendo di essere assolta dalla domanda ed instando, in via subordinata, per una 'riduzione della somma liquidata. Il Teodori resisteva al gravame, chiedendone il rigetto. Con la denunziata sentenza in data 16 mag�gio-10 settembre 1962 la Corte d'Appello di Perugia, in totale �riforma della sentenza dei primi .giudici, rigettava la domanda del Teodori e dichiarava interamente compensate le spese di entrambi i gradi del giudizio. Osservava la Corte che il Teodori aveva sostenuto due tesi alternative, e cio� che lo sportello non fosse stato ben chiuso da qualche viaggiatore o dal personale ferroviario, ovvero che lo sportello stesso fosse munito di chiusura difettosa, la quale non aveva resistito alla spinta che egli �stesso vi aveva inferta col proprio corpo. Rilevava, al riguardo, che nessuna delle due tesi -ciascuna delle quali avrebbe realizzato l'irregolarit� del servizio e dato luogo a responsabilit� dell'Amministrazione -:risultava provata: la prima risultava smentita dalla considerazione che lo sportello, se non ben chiuso, si sarebbe certamente aperto molto prima, per effetto della forza centrifuga determinata dalle numerose curve destrorse e sinistrorse, assai frequenti nel �percorso; n� era comunque .possibile iipotizzare che nel tragitto qualche viaggiatore fosse disceso da quella vettura senza che n� lui n� il conduttore addetto si fossero curati di chiudere lo sportello, dacch� lo stesso Teodori aveva affermato che nella vettura egli viaggiava solo; la seconda era del tutto sfornita di qualsiasi principio di prova. Considerava inoltre la Corte che non �potevano escludersi altre cause dell'evento, e cio� che il Teodori, uomo di debole carattere, avesse tentato di suicidarsi in �seguito a dissapori familiari (per i quali qualche tempo prima aveva abbandonato la propria abitazione deciso a compiere un gesto insano), oppure che egli svegliatosi all'improvviso dopo essersi aippisolato e credendo che la stazione di destinazione stesse per essere superata, avesse sfidato il rischio di scendere che siano conseguenza di anormalit� nell'esercizio ferroviario e che l'onere della reil.ativa prova incombe a chi adduce l'esistenza dell'anormalit�. Ma tali riaffermazioni di principio e la stessa esatta distinzione tra la responsabilit� del comune vettore e quella dell'Amministrazione ferroviaria, posta in entrambe le sentenze, nonch� lo stesso riconoscimento della sopravvivenza della disciplina speciale a quella dettata dal codice, contenuto nella prima sentenza, si risolvono in mere enunciazioni astratte e prive di pratico rilievo, se poi in concreto, come talvolta avviene per il periodico riaffiorare di vecchie tendenze, (cfr. Cass., 20 maggio 1933, n. 1868, .in Ferr. it., 1933, II, 99), si ritiene che all'interessato basti provare l'anormalit� come fatto obiettivo e non anche la causa specifica neLla quale l'anormalit� si fa consistere (come, invece, da ultimo, esattamente ritiene Cass., SS.UU., 8 \ febbraio 1958, n. 408, in Foro it., 1958, I, 445). Infatti ci� si traduce nel PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 71 dal treno in corsa per non proseguire il viaggio oltre la meta. Concludeva pertanto la Corte �che, in tale situazione, il permanere del dubbio, che non �consentiva la scelta tra le varie possibili determinanti dell'evento, si risolveva nel mancato soddisfacimento dell'onere della prova 'Circa l'anormalit� del servizio. Avverso l'anzidetta sentenza il Teodori ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, deducendo un unico, complesso mezzo di annullamento. Ha resistito, mediante controricorso, il Ministero dei Trasporti, Amministrazione delle Ferrovie dello Stato. Il ricorrente ha prodotto memoria illustrativa. MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'unico, complesso motivo del ricorso il Teodori -denunciando H vimo logico della motivazione, il difetto assoluto di motivazic: me circa un punto decisivo della controversia, la violazione delle norme circa l'onere della prova, la violazione dell'art. 1681 c. c. e la falsa applicazione dell'art. 11 del r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948 e succ. modif., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5�, c. p. c. -censura la sentenza impugnata sotto tre profili, che cos� possono riassumersi: 1) l'affermazione, che, se lo sportello non fosse stato ben chiuso o fosse munito di-un congegno di chiusura difettoso, si sarebbe aperto nelle curve, potrebbe dirsi esatta soltanto nell'ipotesi che l'apertura dello sportello fosse stata orientata nel senso di marcia, mentre � noto che ci� non pu� sempre avvenire per le vetture ferroviarie, che possono muoversi indifferentemente nei due sensi, cosicch� l'affermazione stessa sarebbe illogica, almeno per una delle due ipotesi possibili circa il senso di apertura dello sportello; d'altra parte la Corte del memto avrebbe dovuto tener conto del principio elementare di porre a carico dell'Ammini.strazione una presunzione di responsabilit� per ogni accidentalJit� del trasporto, senza tener conto che vi sono acci.dentalit� che possono essere causate anche dallo stesso viaggiatore, al quale ai sensi dell'art. 2, par. 6, delle C.T. incombono adeguati doveri di cooperazione, la cui inosservanza, a norma dell'art. 13, par. b), esclude la responsabilit� dell'Amministrazione; e �senza akuna considerazione della rilevata distinzione tra disciplina comune e disciplina speciale. Cosi � a dire della caduta dal treno di un viaggiatore per l'apertura dello sportello, fatto in il'elazione al quale sovente nella giurisprudenza si scorgono deviazioni dai principi. Tale fatto affiora anche in entrambe le sentenze in esame; ma solo nell.a prima viene in considerazione sotto il profilo che qui interessa, mentre nella seconda non d� luogo ad alcuna problematica, per essere stato escluso 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fisica, secondo il quale le forze che si esercitano su una imperfetta chiusura si sommano senza produrre effetti apparenti, finch� una spinta appena un po' pi� forte determina quell'effetto, che le numerose sollecitazioni precedenti non erano state in grado dii provocare; 2) costituirebbe grave errore dii logica l'aver posto sullo stesso piano l'eventualit�, pi� probabile, di un'anormalit� del servizio (imperfetta chiusura) con l'ipotesi, mancante di ogni principio di prova, dii un tentativo di suicidio o dell'assunzione consapevole, da parte dell'infortunato, del rischio gravissimo di scendere dal treno in corsa; 3) nella elaborazione del materiale probatorio raccolto il ~udice di merito, pur nella sua ampia libert� di valutazione, non potrebbe, senza incorl'ere dn vizio logico della motivazione, trascurare di considerare 11;1 ragionevole probabilit� dei fatti, e ci� tanto pi�, quando, come nella specie, una delle parti si trovi in una speciale posizione di privile~o. Il ricorso non merita accoglimento, siccome infondato. Innanzitutto, dalle proposizioni critiche dianzi riassunte non � dato vedere in che precisamente consistano la Vliolazione dell'art. 1681 c. c. e la falsa applicazione dell'art. 11 delle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato, approvate con r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948. Trattandosi di pretesa risarcitoria di danno da trasporto ferroviario, era applicabile ,al caso di specie la norma speciale, la quale, derogando alla regola comune dettata dall'art. 1681 c. c., pone a ,, .i: carico del viaggiatore l'onere di provare l'esistenza di una anormalit� del servi2lio ed il nesso di causalit� tra essa ed il danno da lui sofferto, :mentre assegna all'Amministrazione ferroviaria l'onere di dimostrare che l'anormalit� � da attribuirsi a caso fortuito o forza maggiore. Nella memoria illustrativa il ricorrente -sviluppando un fugace accenno adombrato 1in forma ipotetica nel ricorso -assume che l'andagli accertamenti dei giudici di merito, essendo rimasto acclarato che il viaggiatore ,era caduto mentre tentava di salire sul treno in movimento. A proposito dell'apertura degli sportelli con conseguente caduta del viaggiatore una non sempre esatta formulazione delle massime e in specie l'astrazione deHe medesime dal fatto sub iudice (in acr:-g. cfr. GORLA, in Quaderni del Foro it., 1966, pp. 5 e segg.) hanno ingenerato l'e1quivoco che in essa la giurisprudenza tenda a ravvisare una anormalit� del servizio in re ipsa, che esonererebbe l'interessato dall'onere di fornire la prova del fatto specifico, inerente al matedale mobile o all'attivit� degli agenti ferroviari, nel Q.uale consisterebbe l'anormalit�. Viceversa un attento esame delle due sentenze alle quali un tale orientamento viene attribuito (Cass., 14 febbraio 1963, n. :300, in Foro it., 19613, I, 1771 e 13 maggio 1964, n. 1148, ivi, 1964, I, 1626), consente di ridimensionare la portata dell'affermazione di 73 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE zidetta norma, pel suo carattere ecce:ziionale restrittivo della responsabilit� del vettore, deve ritenersi abrogata dalla contraria disposizione contenuta nell'art. 1681 c. c., � che non fa menzione di alcuna eccezione in virt� di leggi speciali, come i principi generali impongono, come fa sempre la legge generale e come fa, in ogni altro caso, il vigente codice civile�. Palese appare l'inconsistenza giurictica dell'assunto, ove si consideri che proprio la norma generale dettata dall'articolo 1680 c. c. -nel tracciare i limiti di applicazione delle norme comuni sul trasporto -fa espressamente salve, per i trasporti aerei, marittimi, ferroviari e posta1Ji, le deroghe contenute nel codice della navigazione o nelle leggii speciali. Puntuale, dunque, l'applicazione della norma speciale fatta al caso di specie dai giudici d'appello; i quali correttamente hanno preteso dall'odierno ricorrente la prova dell'anormalit� del servizio e, con motivato, incensurabile giudizio di fatto, hanno poi espres~ il convincimento che tal prova non fosse stata in alcun modo raggiunta. Siffatto giudizio non � minimamente scalfito dalle suenunciate proposizioni critiche in cui si articola il ricorso. Non dalla prima, perch�, innanzitutto, non � dato ravvisare alcun vizio logico nella considerazione svolta d;,iUa sentenza impugnata a proposito della incidenza della forza centrifuga sull'eventuale imperfetta chiusura dello sportello e perch�, comunque, (a tutto concedere e senza confutare le non completamente esatte .osservazioni di dinamica fatte dal ricorrente), non deriverebbe dall'eliminazione della anzidetta considerazione -la quale nell'economia della sentenza impugnata ha carattere rafforzativo della ritenuta carenza di prova -la dimostrazione del non provato assunto dell'anormalit� del servizio. Non dalla seconda proposizione critica, perch� la Corte del merito ha dato conto -con ragionamento improntato ad ineccepibile .rigore logico che lo sottrae ad ogni sindacato in questa sede -del perch�, in carenza di prova sull'anormalit� del servizio, riteneva di porre sullo stesso piano, come fattori potenzialmente causativi del- principio, quale appare dalle massime. Invero, nella sentenza 14 febbraio 1963, n. 300, alla enunciazione, che l'improvvisa apertura degli sportelli costituisce di per s� anormalit� del servizio, segue la precisazione � in quanto riconducibile al comportamento antigiuridico dell'Amministrazione ferroviaria, tenuta ad esigere dal proprio personale viaggiante, in ottemperanza alle istruzioni di servizio allo stesso impartite, che alla partenza dei treni sia verificata la chiusura degli -sporteLli �. E in punto di fatto la sentenza concerne un caso, nel quale l'anormalit� si faceva consistere nella accertata mancata verifica della chiusura degli sportelli alla partenza del treno, omissione che era stata resa possibile dailla deficienza del personale di scorta, essendo risultato che �ad un solo conduttore era stata affidata la scorta di otto vetture in luogo di quattro, cos� ponendosi in essere una condotta colposa. La sentenza 13 maggio 1964, n. 1148, a sua volta, richiama 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~g-Alla Corte di appello furono dedotti due assunti contrastanti: lvo quello sostenuto in citazione, secondo il quale l'Eusepi cadde dal treno ~o durante la marcia dello stesso, per l'improvvisa apertura dello spor tello, al quale trovavasi appoggiato; l'altro, secondo il quale l'incidente sul m si verific� nel tentativo dell'Eusepi di mo.ntar�e sul treno in movimento. :i.to L'impugnata sentenza, nel .confermare la decisione dei primi giu vo, dici, � pervenuta al convincimento della verit� di questa seconda v�ersione dei fatti, dopo aver constatato che nessuno dei testi indotti la aveva confermato la prima contrastante, del resto, con quella fornita ton a suo tempo dallo stesso infortunato. al Essendo stata, pertanto, accertata una causale rapportabile ad er esclusiva colpa del viaggiatore, legittimamente i giudici del merito :gli hanno escluso la sussistenza di una anormalit� del servizio, che costi tuisce il presupposto necessario per l'affermazione della responsabilit� di c. dell'Amministrazione ferroviaria. tti Per quanto concerne il punto b), l'impugnata sentenza, contraer riamente a quanto assume il ricorrente, ha congruamente spiega�to perore ch� la deposizione dei Gerardi, padre e figlio (di aver visto l'Eusepi pe salire sul treno fermo in stazione), non era attendibile, specificando WO che i motivi della non credibilit�, o quanto meno della irrilevanza in- della deposizione dovevano ravvisarsi: a) nel fatto che i testi, non di avendo conosciuto in precedenza l'Eusepi, non potevano avere fissato are la loro attenzione su un fatto che in quel momento non rivestiva alcun no particolare interesse; b) nel fatto che, avendo gli agenti ferroviari tta) visto l'Eusepi uscire di corsa dal gabinetto di decenza della stazione ~io. per inseguire il convoglio in movimento, .la deposizione dei Gerardi .zio veniva a perdere ogni rilievo decisivo per la possibilit� che l'Eusepi, :ole montato una prima volta sul treno, ne sia poi disceso appunto per sodes disfare qualche bisogno corporale. ad- La censura mossa dal ricorrente si risolva in una mera critica della valutazione delle prove, incensurabilmente compiuta dai giudici di merito. sunzione di colpa, la prova deve essere diretta a dimostrare che l'anor ~tte malit� consiste in una condotta colposa positivamente attributbile aloile lOr l'Amministrazione, e non soltanto ad escludere che l'apertura sia stata :aso determinata volontariamente dal viaggiatore, essendo possibile che l'aperdo tura stessa sia riferibile ad una condotta anche soltanto colposa dello stesso en viaggiatore o di altri, del cui operato l'Amministrazione non � respon> in sabile. La precisazione � tuttavia significativa della necessit� che si abbia ~, a riguardo aUa causa deH'anormalit� -come sostiene J.'Avvocatura -e del ::: :); :-:�:�:-:=j risa .�'.�'.�'.�'.�'.� disagio in cui la giurisprudenza viene a trovarsi quando si discosta dal .zio, principio, per il quale deve essere dimostrata la causa specifica dell'anoriale malit�, puntualmente affermato dalle Sezioni Unite, nella sentenza 8 febriva braio 1958, n. 408, gi� citata. A. FRENI ,:;:lr1 ~iva -~ :::i:~ ??:l PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Lo stesso rilievo va fatto in ordine al secondo mezzo, con il quale il ricorrente si duole che la sentenza impugnata si sia fondata sulle deposizioni degli agenti ferroviari che furono presenti al fatto, e quindi su testimonianze rese da persone incapaci, quali dipendenti dell'Amministrazione resistente. La censura � resistita anzitutto dalla considerazione che ai fini del decidere era sufficiente quanto la Corte di appello aveva gi� argomentato, sia in ordine alla mancata prova dell'assunto dell'Eusepi, sia in ordine alla prova contraria emergente, prima ancora che dalle risultanze del processo, dalla stessa ammissione resa dall'Eusepi. Il richiamo alle deposizioni degli agenti ferroviari costituiva, nell'economia della sentenza, un'argomentazione supplementare e rafforzativa del convincimento gi� formato circa l'esclusione della prova di un'anormalit� del servizio. Con il terzo mezzo si denuncia violazione dell'art. 115 c. p. c.: a) per avere la Corte di merito desunto elementi di convincimento dall'inchiesta amministrativa e di polizia giudiziaria; b) per non avere la Corte stessa accolto la domanda tendente a sollecitare il confronto rfra i testi ed il rinnovo della loro escussione. Anche tali doglianze sono destituite di giuridico fondamento e pertanto non possono essere accolte. Non la prima, perch� i verbali di indagine redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria possono essere utilizzati dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., 16 maggio 1962, n. 1085) e perch�, d'altra parte, le ammissioni dell'Eusepi in sede di interrogatorio di polizia giudiziaria costituivano confessione stragiudiziale, avente quindi efficacia probatoria ai sensi dell'art. 2735 c. c. Non la seconda, perch� la richiesta del �confronto fu dedotta per la prima volta in sede di comparsa conclusionale avanti la Corte di appello e perch� il giudice di merito nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali pu� non dare ingresso ad ulteriore istruttoria, quando si sia formato un convincimento in base agli elementi gi� acquisiti. Alla stregua delle suesposte considera:;)ioni, il ricorso deve essere rigettato con ogni pronuncia conseguenziale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 ottobre 1966, n. 2500 -Pres. Tavolaro -Est. Pratillo -P. M. Criscuoli (conf.) -Vittoria (avv. Giuffr�, Nicol�) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Lancia). Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Nozione. (d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, art. 1). 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Controversie -Azione giudiziaria -Condizioni di proponibilit�. (d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, art. 10). Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Commissario liquidatore -Poteri. (d. I. 25 marzo 1948, n. 674, art. 5). Ai sensi del d. l. 25 marzo 1948, n. 674 debbono considerarsi non ancora definiti, al momento dell'entrata in vigore 1del d. l. �Stesso, tutti i contratti di guerra per i quali sia ancora possibile avere una qualsiasi contestazione riguardo 1ad una \qualsiasi delle prestazioni corrispettive (1). Per poter adire il giudice ordinario-nelle controversie relative a contratti di ,guerra non ancora definiti � necessaria la previa denuncia, ai sensi dell'art. ,10 d. l. 125 marzo 11948, n. 674, del contratto al Commissario istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra non ancora definiti (2). Tra i poteri discrezionali conferiti dall'art. 5 d. l. 25 marzo 1948, n. 674 al Commissario � compreso anche quello di determinare il rapporto di cambio tra la moneta italiana e quella straniera, eventualmente dedotta nel contratto quale mezzo di pagamento (3). (OmiSsis). -Con i due mezzi di ricorso -strettamente connessi tra loro e, quindi, da esaminare congiuntamente -si denuncia, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione e la falsa appli . cazione dell'art. 1 del d. l. n. 674 del 2�5 marzo 1948, nonch� il vizio di motiva:ziione su un �punto decisivo della controversia, per avere la Corte d'Appello ritenuto che il contratto di fornitura, intercorso tra il Vittoria e l'Amministrazione Militare Italiana in Tirana nell'agosto del 1943, non era ancora e definito � al momento dell'entrata in vigore del d. 1. suddetto: cosicch� il Vittoria avrebbe dovuto, prima di adire il giudice ordinario, denunciare il suddetto contratto � di guerra � al Commissario per la sistemazione e liquidazione dei contratti di guerra istituito dal d. 1. stesso. Si sostiene che -nonostante le rimostranze del ricorrente circa la quantit� di moneta italiana (1-3) Giurisprudenza costante: in arg. cfr. Cass., Sez. Un., 28 novembre 1953, n. 3603; 19 gennaio 1954, n. 89 e 12 marzo 1957, n. 741, in Foro it., Mass., 1953, 692; 1954, 18; 1957, 152. Sulla nozione di contratto di guerra non ancora definito v. anche nota a Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1964, n. 936, in questa Rassegna, 1964, I, 917. Circa i rimedi giurisdizionali avverso i provvedimenti commissariali e i poteri del commissario liquidatore cfr. Cass., Sez. Un., 24 luglio 1964, n. 2031, ibidem, 1038, con nota. A. F. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 79 corrispostagli in luogo �'li quella albanese -dovrebbe considerarsi � definito � un contratto, come quello di specie, sulle cui prestazioni integralmente eseguite -non era insorta contestazione alcuna tra i contraenti (in particolare non sul prezzo determinato e accettato in franchi 3.243.250,90, n� sulle modalit� di pagamento), dato che l'unico contrasto riguardava l'errore materiale di calcolo in cui era incorso, in sede di cambio valutario, l'Ufficio incaricato del pagamento. Si nega, altres�, che la questione relativa alla data, alla quale si sarebbe dovuto fare riferimento per determinare il cambio tra le due monete, incidesse sulla prestazione del Ministero, cos� d'aver impedito la defini: zfone del contratto a norma del d. l. n. 674 del 1948, anche perch� la questione stessa sarebbe sorta successivamente alla piena esecuzione del contratto medesimo. Si ag�giunge che, ove si ritenesse, come si afferma nella sentenza impugnata, che il d. I. del 1948, n. 674 � applicabile anche alle controversie sorte successivamente alla esecuzione e alla definizione d'un contratto di guerra, si giungerebbe all'assurdo di negare, rispetto ad esse, la tutela giurisdizionale dei diritti del privato, nel caso in cui tali controversie si�no sorte dopo la scadenza del termine di 180 giorni, f�.ssato dal d. 1. stesso per ricorrere al Commissario per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra. Il ricorso � infondato. Non si � mai posto in dubbio che il contratto di fornitura, fatercorso nell'agosto del 1943 in Tirana tra il Genio Militare Italiano e il Vittoria, sia � di guerra � a sensi dell'articoo 4 del d.1. n. 674 del 25 marzo 1948; n� che tra gli ampi poteri conferiti dall'art. 5 di detto d. 1. a.J Commissario istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra, non ancora �definiti al momento dell'entrata in vigore del d. I. stesso, vi sia anche quello di determinare il rapporto di cambio tra la moneta italiana e quella straniera, eventualmente dedotta in contratto quale mezzo di pagamento: il che, peraltro, queste Sez. Un. hanno gi� affermato con sent. n. 2031 del 24 luglio 1964. Ma il Vittoria, a sostegno della tesi da lui prospettata nei giudizi di merito e riproposta nei motivi di ricorso, ha affermato nella discussione orale innanzi queste Sez. Un. -contrariamente a quanto aveva ammesso anche nell'atto di citazione -che egli, il 12 aprile 1948, cio� prima della data in cui entr� in vigore il d. l. n. 674 del 1948 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 1948), aveva riscossa, �senza riserva alcuna ., la somma di lire italiane 20.272.000 in cambio dei franchi albanesi 3.243.250,90 dedotti in contratto quale prezzo della fornitura. Senonch� -e innanzi tutto -la Corte del merito, con un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimit�, peraltro non espressamente impugnato nel ricorso, ha, invece, ritenuto che, gi� con raccomandate del 23 e del 30 maggio 1947, il 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vittoria, nell'invitare ancora una volta l'Amministrazione Militare ad adempiere la sua obbligazione, aveva fatto presente d'aver appreso che s'intendeva soddisfarlo in moneta nazionale, non albanese: e precisava che, se ci� fosse avvenuto, egli avrebbe riscossa la somma e l'avrebbe conteggiata a scomputo del debito della Pubblica Amministrazione, ma con le pi� ampie riserve per i danni d'ogni sorta a lui derivati dalla sopravvenuta svalutazione della lira (rispetto al franco albanese) tra l'epoca dela fornitura (agosto 1943) e la data in cui si sarebbe effettuato il pagamento: e salvo anche ogni altro suo diritto al riguardo; mentre chiedeva che gli fossero pure corrisposti, sulla somma dovutagli, gli interessi legali. Ha ritenuto inoltre la Corte che, appena riscosso il prezzo della fornitura in lire italiane, con altra raccomandata del 23 aprile 1948 (ed ancora ripetutamente in seguito) il Vittoria aveva contestato al Ministero della Difesa-Esercito che, per il pagamento, non si era affatto tenuto conto, com'egli aveva chiesto, della svalutazione della lira, n� gli erano stati corrisposti gli interessi legali; e concludeva invitando la Pubblica Amministrazione, � se intendeva evitare una procedura legale ., a rifare i conti. Pertanto, nori � successivamente � alla completa e incontestata esecuzione contrattuale, come si sostiene nel ricorso, sibbene prima che l'Amministrazione Militare avesse effettuata la sua contropresta-. zione e immediatamente dopo -sempre, poi, prima dell'entrata in vigore del d. I. n. 674 del 1948 -il Vittoria aveva chiaramente e in modo reciso formulata la propria pretesa secondo cui, ove il Ministero della Difesa-Esercito si fosse avvalso della facolt�, concessa in solutione al debitore. dall'art. 1278 c. c., data la mora debendi, si sarebbe dovuto tener conto della svalutazione della lira italiana sopravvenuta, rispetto al franco albanese, tra la data di scadenza del debito del Ministero e quella dell'effettivo pagamento, e che, quindi, per il cambio di valuta, si sarebbe dovuto aver riguardo non alla prima data, sibbene alla seconda. Con ci�, evidentemente, il Vittoria non rilev� ex post, com'egli assume, soltanto un mero errore di cakolo in cui sarebbe incorsa la Pubblica Amministrazione nell'operare il cambio di valuta (dato che un tale errore presuppone l'esattezza dei dati posti a, base del con teggio e, quindi, la piena concordanza, su �essi, dei c�ntraenti), ma contest� proprio l'esattezza dei dati che l'Amministrazione Militare intendeva porre, e successivamente pose a base del cambio di valuta. E tale divergenza incideva sul contenuto della controprestazione e sulla integralit� dell'adempimento contrattuale del Ministero, in quanto questo, secondo la tesi del ricorrente, per l'accertato sopravvenuto aumento del valore del franco albanese, rispetto alla lira italiana, tra le due date in contestazione, avrebbe dovuto concretamente corrispon dere, come prezzo della fornitura ricevuta, una somma in lire italiane PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE senza altro superiore a quella che si apprestava a pagare e che effettivamente poi vers�. Anzi il Vittoria poneva, cos�, sul tappeto, una vera e propria questione giuridica circa il suo diritto (in relazione agli artt. 1218, 1219, 1278 c. c.) al pieno risarcimento dei danni che affermava di aver subiti, .perch�, a suo avviso, il Ministero della Difesa- Esercito, in conseguenza del ritardo dell'adempimento della propria prestazione e della sua messa in mora, avrebbe dovuto senz'altro corrispondere, in solutione, con gli interessi legali, almeno una somma in lire italiane effettivamente equivalente al valore della valuta albanese stabilita in contratto. �, dunque, evidente che, data la divergenza di cui si � detto, il contratto di guerra in parola non poteva considerarsi gi� definito tra le parti, a sensi del d. �l. n. 674 del 1948, al momento in cui questo entr� in vigore, e, pertanto, il Vittoria, prima di adire il giudice ordinario -per far, evidentemente, risolvere da questo la controversia insorta tra lui e l'Amministrazione Militare -avrebbe dovuto denunciare il contratto, a sensi dell'art. 10 del d. l. suddetto, al Commissario istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra non ancora definiti. Gi� altre volte queste Sez. Un. (cfr. sentt. n. 3603 del 28 novembre 1953; n. 89 del 19 gennaio 1954 e n. 741 del 12 marzo 1955) hanno affermato che debbono considerarsi � non ancora definiti �, al momento dell'entrata in vigore del d. l. n. 674 del 1948, tutti quei contratti, per i quali sia ancora possibile una qualsiasi contestazione riguardo ad una qualunque delle prestazioni corrispettive, e per conmomento dell'entrata in vigore del d. I. 1948, n. 674, non erano pi� verso debbono considerarsi � definiti � quei contratti per i quali, al profilabili contestazioni di sorta alcuna : il che, ovviamente, pu� aversi o per effetto del gi� avvenuto, integrale, esatto e incontestato adempimento delle obbligazioni reciproche dei contraenti, oppure quando sia stata irrevocabilmente appianata ogni qualsiasi divergenza al riguardo per effetto di giudicato o di accordo tra le parti, debitamente approvato. Infine, poich� � certo che la controversia relativa al contratto di guerra di cui si discute era senz'altro sorta prima dell'entrata in vigore del d. I. n. 674 del 1948, il Vittoria, il quale ha avuto a propria disposizione, per la prescritta denuncia del contratto stesso al Commissario per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra, tutti i 180 giorni stabilit dall'art. 10 del decreto medesimo, male a proposito prospetta, per cercar di sorreggere la sua tesi, la impossibilit� della denuncia al Commissario anzidetto delle controversie eventualmente sorte dopo la scadenza del termine suindicato. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con le conseguenze di legge. -(Omissis). 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 57 -Pres. Rossano -Est. Roperti -P. M. Caccioppoli (diff.) -Galzignato (avv. Andreotti- Loria, Coniglio A.) c. Amministrazione delle Finanze (avv. I:�:.� Stato Gargiulo). Procedimento civile -Litisconsorzio necessario -Litisconsorzio necessario fra soggetto non legittimato citato e costituitosi in giudizio ed il soggetto legittimato, non comparso perch� non citato -Esclusione. (c. p. c., artt. 102, 354). Entrate patrimoniali -Ingiunzione amministrativa di pagamento - Opposizione -Soggetto legittimato passivamente al giudizio di opposizione. (t. u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2, 3). Un litisconsorzio necessario non � configurabile tra un non legittimato costituitosi in giudizio ed il legittimato non comparso, perch� non citato: in siffatta ipotesi il giudice deve rigettare la pretesa, salvo al titolare del rapporto sostanziale il diritto di farla valere in un nuovo, autonomo giudizio nei confronti :del legittimo contraddittore (1). (1) Che non vi sia, non si dice litisconsorzio necessario, ma neppure litisconsorzio deriverebbe da ci� che questo concetto debba involgere quello di una pluralit�, di legittimazioni: CosTA, Sull'intervento coatto del legittimato senza proposizione di domande, Giur. it., 1960, I, 1, 427, il quale, di conseguenza, ritiene che esuli da tale schema �l'ipotesi della �indicazione del legittimato da parte del convenuto �, che sarebbe � istituto innominato, ibrido, tra la nominatio auctoris (che per� � solo indicazione, senza chiamata) e l'intervento coatto ad ii.stanza di parte �. Ma la prevalente giudsprudenza della Corte di Cassazione, ammette, invece, che � qualora il convenuto in un giudizio di responsabilit� civile abbia indicato un terzo come il sog.getto legittimato a contraddire a:na domanda attrice, chiamandolo in causa, l'accertamento della responsabiUt� del terzo verso l'attore pu� essere compiuto dal giudice ad istanza del convenuto �: Cass., 18 aprile 1966, n. 977, in questa Rassegna, 1966., I, 587, sub 2 ed ivi nota di ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza. Sull'art. 106 c.p.c., segnatamente, v. Classe., 3 luglio 1959, n. 2114, in Giur. it., 1960, I, 1, 427; 12 aprile 1965, n. 660; id., 1967, 1, 238 e, circa 1o stato della dottrina, FABBRINI, Intervento coatto ad istanza di parte ecc., ibidem, 239 e segg., in particolare: 243, nota 5. Peraltro, vi sono ipotesi, in cui la dimostrazione della esistenza di un altro soggetto legittimato � indispensabile al convenuto, per sostenere ~:.� di non essere legittimato a contraddire alla domanda attrice, . come nel ~-'�� caso dell'accertamento di una servit� di passaggio coattivo �: CosTA, OP~ cit., 428. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 83 Nel giudizio di opposizione ad ingiunzione amministrativa di pagam< i;nto, legittimata passivamente � l'Amministrazione ingiungente ed il rapporto processuale deve intendersi legittimamente costituito, se L'opposizione � notificata al Capo di detta Amministrazione, e cio� al Ministro in carica, al quale, per legge, � riservata la rappresentanza .. in giudizio (2). (Omissis). -Col primo mezzo il ricorrente, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli art. 2 e 3 r. d. 14 aprile 1910, numero 639, in relazione all'art. 360, n, 3, c. p. c. sostiene che ai sensi dei citati articoli, il procedimento di coazione comincia con l'ingiunzione, la quale consiste nell'ordine, emesso dal competente ufficio dell'ente creditore, di pagare; che l'opposizione deve essere proposta contro questa ingiunzione, e cio� citando in giudizio l'organo che l'ha .el'lle$$a, con la conseguenza che nella specie esattamente � stato citato il Minist.ero delle Finanze, essend.o stata la dngiunzione emessa dall'Intendenza di Finanza, quale organo di detto Ministero; che l'errore in cui sarebbe incorso l'ufficio, il quale ha indicato nell'ingiunzione il Ministero delle Finanze e non il Ministero del Tesoro, non pu� avere rilevanza nei confronti del debitore opponente che in effetti doveva citare ed ha citato il primo Ministero e non il secondo; che, pertanto, erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto interessato nella controversia anche il Ministero del Tesoro ed ha cosi disposto, rinviand.o il giudizio dinanzi ai primi giudici, la integrazione del contraddittorio nei confronti del detto Ministero (nonch� nei confronti del Mmi.stero dei LL.PP.,_,rftenuto del pari interessato nell'esazione del credito). La .censura � fondata. (2) Ma, per J.'ipotesi di scissione fra titolarit� ed esercizio del diritto di credito (e tenuto �onto degli effetti processuali deli'opposizione all'ingiunzione amministrativa, su cui v. Cass., 29 ottobre 1965, n. 2295, in questa Rassegna, 1966, I, 86, sub 2), v. Cass., Sez. Un., 7 mlj.ggio 1966, n. 1176, in questa Ras~egna, 1966, I, 612 (nella motivazione: qll:ando sia. fatta valere la pretesa di soddisfacimento di un credito, di cui un soggetto sia titolare ed altro soggetto ne sia �legittimato all'esercizio, e qualora sorga contestazione intorno all'esistenza. deil credito, ;parte principale della Ute, e quindi parte necessaria del giudizio, � il soggetto titolare del credito, nei confronti del quale la pronuncia esplica effetto principale e diretto, e non soltanto H soggetto legittimato al:l'esazdone, nei confronti del quale il.a pronuncia esplica un effetto meramente riflesso, quale pronuncia. dichiarativa, dell'esercitabilit� o meno deHa pretesa �); v. anche Cass., Sez. Un., 2 luglio 1965, n. 1373, Giur. it., Mass., 1965, 494, nonch� in questa Rassegna, 1965, I, 916 (ma, sulla specifica applicazione del principio fatta da questa pronuncia, v. nota di riJ.ievi ed osservazioni, ivi 704). Peraltro, sulia portata dell'art. 263, pen, comma, r.d. 23 maggio 1924, n. 827, v. Cass., 8 il.uglio 1966, n. 1794, in questa Rassegna, 1966, I, 1022. ,:�,,� 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Avvocatura dello Stato riconosce che la procedura coattiva per il recupero del contributo indebitamente percepito dal ricorrente fu promossa, per errore, dall'Ammtnistrazione finanziaria, anzich� dalla Amministrazione del Tesoro, competente in forza della vigente legislazione, in materia di erogazione di indennizzi e contributi per dann~ di guerra; ed anche l'impugnata sentenza ammette tale errore. Ci� posto, balza evidente l'inconsistenza della soluzione adottata dalla Corte di merito disponendo l'integrazione del contraddittorio nei Cionfronti del Ministero del Tesoro, titolare del credito contestato, e del Ministero dei LL. PP., ritenuto dal pari interessato nella controversia. Invero, l'integrazione del contraddittorio va disposta se ricorre una causa inscindibile, la quale sussiste ogni qual volta sia dedotto in giudizio un rapporto giuridico con pluralit� di soggetti e si renda necessaria, per ragione di diritto sostanziale od anche processuale, l'unit� del procedimento e della decisione, sicch�, in difetto di tale unit�, la sentenza sarebbe � inutiliter data �. Ora, un litisconsorzio necessario non � configurabile tra un non legittimato costituitosi in giudizio ed il legittimato non comparso perch� non citato, in quant� in siffatta ipotesi il giudice deve rigettare la pretesa, salvo al titolare del rapporto sostanziale il diritto di farla valere m un nuovo autonomo giudizio instaurato nei confronti del legittimo contraddittore. Nella specie, la Corte di merito, accertato che la procedura coattiva per il recupero del contributo percetto dal ricorrente era stata promossa da un'Amministrazione incompetente, quale era quella finanziaria, non doveva fare altro, in mancanza di una legittimazione congiunta tra la detta Amministrazione e quella del Tesoro e dei LL. PP., che dichiarare, con sentem;a definitiva del giudizio, l'illegittimit� della ingiunzione per estraneit� della Amministrazione finanziaria ingiungente al rapporto controverso e non disporre l'illltegrazione del contraddittorio. Non � esatto opporre -come fa la resistente -che contestandosi il merito e non anche eventuali vizi formali dell'ingiunzione incombeva al ricorrente, destinatario dell'ingiunzione, l'onere di citare in giudizio i predetti Ministero del Tesoro e dei LL. PP., in quanto legittimato passivamente nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale � l'ente ingiungente (nel1a specie l'Amministrazione finanziaria) e il rapporto processuale deve intendersi legittimamente costituito se l'opposizione � notificata (come nel caso) al capo di detta .Amministrazione e cio� al Ministro in carica, al quale per legge � riservata la rappresentanza in giudizio. N� ha rilevanza l'ulteriore deduzione che spetta, per legge, all'Intendente di finanza il compito di provvedere, col mezzo della proce - - ~alllmll~...... PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 85 dura privilegiata, al recupero dei contributi o indennizzi in ipotesi indebitamente percepiti dai privati, perch� la illegittimit� della opposta ingiunzione consiste nel fato che essa fu emessa dall'Intendente di finanza in rappresentanza della Amministrazione finanziaria anzich� di quella del Tesoro, quale ente creditore. Il secondo motivo, col quale il ricorrente censura la statuizione sulle spese di lite, va dichiarato assorbito in conseguenza dell'accoglimento del primo motivo, che ne rende superfluo l'esame. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio ,1967, n. 64 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Camera Confederale del lavoro di Venezia (avv. SuHam, Tamburrini) c. Amministrazione delle Finanze (Avv. Stato Varvesi). Appello -Domande ed eccezioni non accolte dal giudice di primo grado Necessit� di espressa riproposizione a pena di decadenza -Sussiste -Generico richiamo alle difese di primo grado. Insufficienza Necessit� della chiara manifestazione della volont� di riproposizione -Sussiste. (c. p. c., art. 346). Spese giudiziali -Condanna alle spese -Discrezionalit� del giudice di inerito -Limite all'insindacabilit� della pronuncia in Cassazione costituito dalla necessit� del rispetto del principio della soccombenza -Sussiste. (c. P: c.,. artt. 91, 92). Se � vero che la riproposizione di domande ed eccezioni non accolte dal giudice di primo grado non richiede formule specifiche, essendo sufficiente che essa risulti, in :modo non equivoco, dal complesso delle ragioni e conclusioni formulate nell'atto di appello o nella comparsa di risposta, � anche vero che le stesse debbono ritenersi abbandonate, se non siano state espressamente riproposte: a tal fine non basta un generico richiamo alle difese .di primo grado, ma � necessaria la chiara manifestazione della volontd della parte di sottoporre specificamente al giudice d'appello la domanda o l'eccezione respinta (1). (1) Conf. C:ass., 29 gennaio 1966, n. 349, Giur. it., Mass., 1966, 142, sub 3 ed ivi ulteriori richiami. Sulla insufficienza (ai fini dell'osservanza del disposto dell'art. 342 c.p.c.) del � semplice riportarsi alle ragioni dedotte in prima istanza e non accolte dai primi giudici e a tutte le domande, eccezioni e conclusioni svolte in primo grado, trattandosi di espressioni troppo generiche, che non valgono a precisare i limiti delle ,questioni di cui si domanda il riesame� v. Cass., 9 aprile 1963, n. 917, Foro it., Mass., 1963, 264. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In materia di spese giudiziali l'apprezzamento del giudice del me rito � pienamente discrezionale e si sottrae al sindacato di legittimit�, sempre che non sia stato violato il principio della soccombenza (2). (2) Conf. Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1413, in questa Rassegna, 1966, I, 1018, sub 2 ed ivi nota di ulteriori riferimenti, cui adde Cass. 8 giugno 1965, n. 1145, Giust. civ., Mass., 1965, 594-595, sub 1 e 2, ed ivi riferimenti, nonch� Cass., 18 maggio 1965, n. 952, in questa Rassegna, 1965, I, 942, sub 2. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 126 -Pres. Scarpello -Est. Salerni -P. M. Pedote (parz. diff.) -Ente colonizzazione delta padano (avv. Stato Agr�) c. Cavallerin (avv. Bassanelli, Giorgianni). Corte Costituzionale -Pronuncia di lllegittimit� costituzionale -Effetti -Provvedimenti amministrativi emanati in base all'atto avente forza di legge dichiarato incostituzionale -Caducazione� de jure� Esclusione -Necessit� di rimozione nei modi previsti dall'ordinamento -Sussiste. (Cost., art. 136; I. cost. 9 febbraio 1948, n. l, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30). Riforma fondiaria -Dichiarazione d'illegittimit� costituzionale di decreto presidenziale di espropriazione -Nesso di causalit� con presupposto, precedente compop:amento colposo dell'Ente di riforma Esclusione -Diritto del proprietario al risarcimento del danno per la mancata restituzione della quota di terreno illegittimamente espropriata -Sussiste. Sentenza -Sentenza di condanna generica al risarcimento del danno Contenuto -Efficacia rispetto all'ulteriore fase del giudizio. (C. p. C., art. 278). Procedimento civile -Sospensione del processo -Sospensione necessaria -Presupposto. (c. p. c., art. 295). I provvedimenti amministrativi emanati in base ad atto avente forza di legge dichiarato ineostituzionale non restano travoiti de jure dalla dichiarazione di incostituzionalit�, ma continuano ad essere efficaci, finch� non siano rimossi nei modi previsti dall'ordinamento (1). (1) Cfr., analogamente, Cass., 28 ottobre 1965, n. 2282, Giur. it., 1967, I, 1, 114: � la dichiarazione di incostituzionalit� di una legge non produce la PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 87 L'illegittimit� costituzionale di un decreto presidenziale di scorporo non pu� essere imputata ad un comportamento colposo dell'ente di riforma, per avere questo preparato gli atti necessari alla sua emissione, poich� il provvedimento di espropriazione, per essere emanato nell'esercizio di funzione legislativa delegata, deve ricondursi esclusivamente alla voiont� dell'organo che lo eman� ed alla valutazione, compiuta dallo stesso, in ordine alla ricorrenza dei requisiti di legittimit� dell'atto: non sussiste, pertanto, nesso di causalit� tra l'illegitti caducazione ipso iure delle sentenze non ancora passate in giudicato, che tale legge abbiano applicata �. Per quanto riguarda gli atti amministrativi � stato riil.evato che �l'incostituzionalit� della legge e l'illegittimit� dell'atto amministrativo emanato in base alla legge sono situazioni reciprocamente autonome, anche se fa seconda � influenzata di riflesso dalla prima., onde la soluzione del problema degli effetti che sui ricorsi pu� produrre la dichiarazione di incostituzionalit� della legge �deve essere... ricercata esclusivamente nel settore amministrativo, tenendo presente bensi la dichiarazione di incostituzionalit� della legge, ma avendo del pari presente che l'atto amministrativo continua a vivere di vita autonoma, finch� non sia rimosso con uno degli istrumenti a ci� idonei e che persiste, quindi, l'interesse di chi ne ha gi� chiesto l'annullamento ad ottenerlo�: Cons. Stato, Ad. plen., 8 aprile 1963, n. 8, U Consiglio di Stato, 1963, 512, che ritiene, altresi (5113), che �ove ila dichiarazione di incostituzionalit� sia stata ottenuta in conseguenza di una questione sollevata d'ufficio e da ci� risulti dimostrato un vizio riflesso dell'atto impugnato, anche se non dedotto dal ricorrente, debba procedersi all'annullamento dell'atto stesso �. Deve trattarsi, comunque, di atto ritualmente impugnato, ossia di un atto � i cui effetti, data tutt'ora la pendenza del giudizio, non possono certo ritenersi irrevocabilmente prodotti�: Cons. Stato, Sez. IV, 28 lu~lio 1966, n. 590, Foro amm., 1966, I, 2, 1170 (ma, anche con questa limitazione, ossia ridotto al principio che �il giudice amministrativo pu� rilevare d'ufficio il vizio dell'atto amministrativo, per altri motivi impugnato, derivante dalla incostituzionalit� di una legge dichiarata o dichiaranda dalla Corte Costituzionale�, questa giurisprudenza non si sottrae a notevole critica: v. LA VALLE, in nota a Cass., 28 ottobre 1965, n. 2282, cit., Giur. it., 1967, cit., I, 1, 114 e segg.). Ed invero, come 1i!l giudicato (su cui v. ora Cass., 28 maggio 1966, n. 1391, Giur. it., 1966, I, 1, 1473: � .1a dichiarazione d'incosUtuzionaUt� di una norma produce effetti anche sui rapporti passati purch� pendenti e non ancora definiti con sentenze irrevocabili �), cos� anche la prescrizione, ovvero, con attinenza al tema dell'atto amministrativo, la decadenza (dall'impugnativa) escludono una pendenza del rapporto, epper� non � pi� neanche a parlarsi di un dovere di disapplicare le norme dichiarate incostituzionali, visto che il giudice, in forza dell'evento cui si riconnette l'esaurimento del. rapporto, si limita a risolvere una questione pregiudiziale � senza decidere la questione o le questioni, la cui soluzione dipende dall'applicazione o dalla disapplicazione della disposizione incostituzionale � : ONIDA, Conseguenze processuari della dichiarazione di illegittimit� costituzionale di una legge attributiva di potest� aUa Pubblica Amministrazione, Giur. it., 1966, I, 1, 1029, Sembra indubbio, pertanto, che �l'atto amministrativo fondato su di una legge dichiarata incostituzionale ' ' 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mit� del provvedimento medesimo ed ii precedente comportamento deU'ente di riforma. Ci�, tuttavia, non esclude che, per effetto della dichiarazione di illegittimit� costituzionale del decreto di espropriazione, il proprietario abbia diritto, nei confronti dell'ente di riforma, a prescindere daUa ritenuta colpa del medesimo, al risarcimento del danno, per la mancata restituzione della quota di terreno illegittima- non potr� essere impugnato, se � decorso il termine di decadenza� (ONIDA, op. cit., 1030). Quanto all'annullamento di ufficio ( � la disapplicazione incontra un ostacolo nella inoppugnabilit� dell'atto amministrativo�: Oass., Sez. Un., 11 luglio 1955, n. 2194, Foro amm., 1956, II, 1, 18), � giurisprudenza consolidata (del Consiglio di Stato e) della Suprema C'orte regolatrice, che J.a P.A. non ha l'obbligo di pronunciarsi sulia istanza di riesame di provvedimenti divenuti inoppugnabili (v., per tutte, Cass., Sez. Un., 12 luglio 1966, n. 1846, in ,questa Rassegna, 1966, I, 1003, con nota di BACCARI, ove ulteriori riferimenti). Sul problema degli effetti, che, sui ricorsi al C.S. contro atti ,amministrativi, pu� produrre la sentenza dell:a Corte Costituzionale, che dichiari la illegittimit� costituzionale di una norma di legge, della quale sia in discussione l'applicazione in concreto, v. Relazione dell'Avvocatura dell'o Stato per gli anni 1961-65, Vol. III, Roma, 1966, 37 e segg. Ciirca l'affermazione che, nel campo del processo penale, � il .giudice che definisce il giudizio sulla imputazione fondando la decisione su di un atto precedent� non applica pi� le norme in base alle quali esso era stato compiuto, avendo queste esaurito la foro efficacia rispetto aiJ.l'atto nell'applicazione che a suo tempo ne era stata fatta� v. Cass., Sez. Un. pen., 11 dicembre 1965, Giur. it., 1966, II, 91 (con nota critica di CHIAVARIO). Contro tale tesi e contro quella che �la dichiarazione di illegittimit� 'Costituzionale di una nmma produce !'�abrogazione della norma medesima � (Cass., 28 maggio 1966, n. 1391, Giur. it., 1966, I, 1. 1473, nella motivazione) la Corte Costituzionale ha, con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, Sentenze e ordinanze della Corte Costituzionale, Supplemento della Giurisprudenza Costituzionale, 1966, 609, nonch� in questa Rassegna, 1966, I, 1185, ribadito che quella dichiarazione � colpisce la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento e rendendola inapplicabile ai rapporti giuridici, presentandosi con carattere sostanzialmente invalidante, sicch� le conseguenze della dichiarazione stessa sono assimilabili a quelle� dell'annullamento, con incidenza, quindi, in coerenza con gli effetti di tale istituto, anche sulle situazioni pregresse verificatesi nello svolgimento del giudizio nel quale � consentito sollevare in via incidentale la questione di costituzionalit� e salvo il limite invalicabile del giudicato, con le eccezioni espressamente prevedute dalla legge, e salvo altres� il limite derivante da situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili �. Su tale punto, v. CARUSI, in note a Cass., 3 'ottobre 1963, n. 2620 ed a Cass., 9 ottobire 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, I, 79 e segg. e 87 e segg.; BAFILE, Sull'efficacia della dichiarazione di incostituzionalit� sui rapporti esauriti al di fuori del processo ecc., in questa Rassegna, 1965, I, 140 e segg. Per la inclusione della situazione nascente dalla inoppugnabilit� dell'atto amministrativo nel concetto di �situazione giuridica esaurita, insuscettibile di essere rimossa o diversamente regofata., v. Cass., 16 giugno 1965, n. 1251, Giur. it., 1966, I, 1, 1024 e segg., con nota di ONIDA. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 89 mente espropriata, e cio� al valore venale del bene non restituito, oltre all'eventuale danno, che, per la mancata restituzione, sia derivato alla consistenza dei beni contigui non espropriati (2). La sentenza di condanna generica al risarcimento del danno ha, come contenuto, una mera declaratoria iuris, dalla quale esula ogni accertamento, non soltanto sulla misura, bensi anche sulla stessa consistenza in concreto dei danni risarcibili, costituendo tale principio un'applicazione specifica dei limiti oggettivi della cosa giudicata, sicch� il giudice pu� in sede di liquidazione dei danni anche negarne l'esistenza, qualora, in questa fase del giudizio, l'interessato non ne dimostri la sussistenza e la consistenza, senza che in ci� possa ravvisarsi una violazione del giudicato formatosi sulla pronuncia di condanna generica, a giustificare la .quale � sufficiente l'accertamento di un fatto illecito potenzialmente idoneo a produrre conseguenze dannose (3). La sospensione necessaria del processo pu� trovare applicazione soltanto quando la imponga la legge, con specifica, esplicita norma, ovvero nei casi in cui sorga la necessit� di risolvere, in altro �procedimento in corso davanti allo stesso giudice o ad un giudice diverso, una controversia avente carattere pregiudiziale, che rappresenti, cio�, l'antecedente logico-giuridico necessario per la decisione della causa (4). (2) La sentenza in rassegna ribadisce il concetto, secondo. il quale � per la mancata restituzione che l'ente di riforma risponde del risarcimento dei danni, e cio� conferma che un comportamento illecito del predetto ente nei confronti dell'espropriato pu� ipotizzarsi soltanto con decorrenza ex nunc, dal momento deHa cessazione di efficacia del decreto legislativo di scorporo dichiarato incostituzionale: cfr. Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, I, 84, sub 3 (86) ed ivi nota di 11iferimenti di dottrina. Per la inammissibilit� del concetto di comportamento retroattivamente colposo v. LA Vl\LLE, La rilevanza nel giudizio amministrativo della incostituzionalit� delle leggi, Giur. it., 1964, III, 69, (ma, sulla pi� generale tesi ivi sostenuta dal cit. A., v. le osservazioni di F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionatit� ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 90). (3) Per riferimenti di dottrina e giurisprudenza sul problema della natura della sentenza di condanna generica, v. C:ARUSI, In tema di condanna generica al risarcimento del danno ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 901 e segg. (segnatamente, 904 e segg.). (4) Sul problema della natura del provvedimento, che dispone la sospensione necessaria, v. Cass., 23 maggio 1955, n. 1517, Foro it., Rep., 1955, voce Procedimento civile, n. 427; 27 aprile 1956, n. 1280, Giust. civ., 1956, I, 1704 (ordinanza coldegiale); in dottrina, v. MICHELI, In tema di sospensione necessaria del processo, Giur. it., 1953, I, 2, 847 e segg, (con riferimenti di dottrina in vario senso), secondo il quale, invece, � l'automaticit� della sospensione necessaria, che sola potrebbe giustificare... la forma dell'ordinanza istruttoria, � ... pd� illusoria che reale. Ed in ogni caso H provvedimento di sospensione necessaria presuppone l'accertamento di una si- RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 90 (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso si denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c. c. in relazione all'art. 136 della Costituzione ed all'art. 30 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, nonch� dei principi generali del diritto in tema di responsabilit� della pubblica Amministrazione, difettoso esercizio della giurisdizione e difetto di motivazione (art. 360, nn. 1, 3 e 5�, c. p. c.). L'ente ricorrente sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare la perdita � parziale � di efficacia del decreto legislativo di espropriazione, cio� l'inefficacia di esso nella misura in cui l'illegittimit� accertata dalla Corte Costituzionale avesse viziato l'atto legislativo medesimo, ed avrebbe dovuto stabilire, in base a tale illegittimit� (dovuta ad errore sui dati catastali), se ed in quale entit� la istante Cavallerin avesse subito un � torto ., consistente appunto nell'espropriazione in misura maggiore di quella consentita dalla legge di delegazione, limitatamente a quelle particelle la cui espropriazione era stata dichiarata illegittima, limitando entro tale ambito la condanna. N� tale identificazione, da parte della autorit� giudiziaria ordi naria, dei beni non compresi nei limiti della delegazione legislativa avrebbe importato, secondo il ricorrente, esercizio di attivit� riservata all'amministrazione, trattandosi di effettuare un mero calcolo, ai fini della determinazione della quota legale, calcolo che avrebbe potuto costituire, poi, la base o di una pronuncia del Consiglio di Stato, ex art. 27, n. 4, t. u. dell'anno 1934, o di una condanna al risarcimento del danno, da emettersi dal giudice ordinario. Con il secondo motivo del ricorso si denuncia altra violazione dell'art. 2043 c. c., in relazione ai principi sulla responsabilit� della tuazione derivante dalla contemporanea pendenza di due processi, i cui rispettivli oggetti si trovano tra di loro in un nesso logico-giuridico di dipendenza. Detto accertamento importa necessariamente una pronuncia che incide su una questione preliminm:e al merito; in tanto '1a sospensione pu� essere disposta dal giudice, in quanto quest'ultimo accerti quel rapporto di dipendenza, che costituisce, secondo l'art. 295, il presupposto della sospensione stessa �. Sulla natura di ordinanza del provvedimento, con cui il giudice, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimit� costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, d!ispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo il giudizio in corso, v. Cass., 14 luglio 1965, n. 1497, in questa Rassegna, 1965, I, 699, sub 1; in generale, sulla differenza tra sentenza e ordinanza e sulle rispettive nozioni, v. Cass., 4 gennaio 1966, n. 62, Giur. it., Mass., 1966, 27 (�� sentenza il provvedimento decisorio sui presupposti e sulle condizioni processuali e quello che investe il merito della causa; � ili,=��= ord!inanza il provvedimento istruttorio che non contiene una decisione, ma ~ si limita unicamente a dare disposizioni per l'ulteriore corso del pro-~: cesso�). ~:: PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE pubblica Amministrazione, nonch� violazione degli artt. 1147 e 1148 c. c., in relazione all'art. 360, n. 3, c. p. c. Si duole l'ente ricorrente che il giudice di appello abbia ritenuto che non potesse essere considerato possessore di buona fede, sul riflesso che il suo comportamento era stato gravemente colposo, e sostiene che, essendo l'impossessamento avvenuto in esecuzione di un provvedimento legislativo di espropriazione per riforma fondiaria, non si sarebbe potuto parlare n� di colpa, n� di illecito. Con il terzo motivo si denunciano contraddittoriet� e perplessit� della motivazione, nonch� errore in procedendo, per violazione dell'art. 295 c. p. c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c. p. c. Il ricorrente si duole che il giudice di appello non abbia disposta, a norma dell'art. 295 c. p. c., la sospensione del processo per la liquidazione del lucro cessante, in attesa della determinazione della esistenza e dell'ammontare del danno emergente e dell'eventuale pronuncia del Consiglio di Stato. Le censure come sopra formulate e che, per ragioni di logica, evidente connessione (in quanto investono tutte l'unica statuizione della condanna al risarcimento del danno con rimessione a separato giudizio della pronuncia sul quantum), conviene esaminare congiuntamente non sono fondate. L'ente ricorrente, sul presupposto che la pronuncia della Corte Costituzionale abbia importato l'illegittimit� soltanto parziale del decreto legislativo di esproprio emesso nei confronti della istante Cavallerin, limitatamente, cio�, all'espropriazione dei beni identificati con dati catastali inefficaci, come tale dichiarata illegittima, insiste nel sostenere, anche in questa sede, che i giudici del merito avrebbero dovuto effettuare un nuovo calcolo ( � da esprimersi in ettari di superficie ed in lire di reddito � ), per determinare, in base all'accertato errore sui dati catastali, se ed in quale misura la Cavallerin avesse subito un torto. Al riguardo, il giudice di appello, dopo avere osservato che non pu� reggere l'assunto dell'ente, secondo cui sopravviverebbe, nonostante la decisione della Corte Costituzionale, un valido esproprio di quota, non potendo un tale atto di imperio giuridicamente sussistere senza la contestuale identificazione dei beni che in concreto ne costituiscono l'oggetto, ha dichiarato di non poter aderire alla richiesta, formulata dall'ente medesimo, di identificare, mediante � ricalcolo � da compiersi davanti al giudice ordinario, i beni fino alla concorrenza della quota legale. Ha aggiunto detto giudice che, altrimenti, si verrebbe a trasferire in sede giudiziaria quell'attivit� di identificazione dei beni da espropriare, che, in virt� della legge, � compete esclusivamente agli organi amministrativi �. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quest'ultima osservazione � indubbiamente esatta; e ci� anche se non si volesse accedere alla interpretazione secondo cui la Corte Costituzionale, con l'espressione � in quanto... ha tenuto conto di variazioni dei dati catastali..... ., contenuta nel dispositivo della pronuncia di illegittimit� del decreto di espropriazione, ha, inteso soltanto indicare la ragione dell'annullamento dell'intero provvedimento, come conseguenza dell'accertata invalidit�. Invero, il fatto che, a base del piano particolareggiato compilato dall'ente colonizzazione del delta padano nei confronti dell'espropriata Cavallerin, siano stati assunti dati catastali non ancora definitivamente acquisiti e dei quali fu successivamente anche riconosciuta e dichiarata l'inefficacia, come � stato accertato dalla Corte Costituzionale (dati catastali relativi a particelle costituenti la maggior parte dei terreni espropriati, cio� ben Ha 65.95.17, rispetto al totale avente l'estensione di Ha 71.45.42 -per un reddito dominicale di L. 35.519,86 del quale fu disposta la espropriazione ed ebbe luogo l'impossessamento, sicch� soltanto Ha 5.50.25 -per un reddito di L. 358,46 sono state legittimamente trasferite ed occupate dall'ente predetto), ed il fatto che l'accertamento del terreno da espropriare va effettuato secondo i criteri indicati nell'art. 4 della 1. 21 ottobre 1950, n. 841 importano che la determinazione dell'estensione della quota di terreno illegittimamente espropriata, con conseguente rettificazione dello scorporo, richiede non un semplice calcolo, come si assume dal ricorrente, ma computi complessi, in funzione degli elementi indicati nel citato art. 4 della legge stralcio, e non pu� operarsi, se non con una rinnovazione dell'intera procedura, attrave:rso la quale si giunse all'emanazione del decreto di espropriazione. Pertanto, come deve escludersi che p0ssa chiedersi al giudice ordinario la restituzione dei terreni illegittimamente espropriati, cos� va negato che, in tale sede, possa procedersi, sia pure al limitato fine della reintegrazione per equivalente, oggetto della domanda proposta dalla Cavallerin, alla determinazione della quota illegittimamente espropriata, e ci� in sostituzione dell'amministrazione, alla quale compete l'espropriazione ed anche il procedimento di accertamento dei terreni da restituire, dovendo compiersi siffatto procedimento � in intimo nesso � con la valutazione di interessi pubblici, con operazioni che non sono tutte meramente computistiche, cio� relative a dati accertabili obiettivamente, ma che consistono anche in vera e propria discrezionalit� amministrativa (cosiddetta � pura �), come gi� fu affermato con la citata sentenza n. 1706 dell'anno 1963. N� vale richiamarsi, per sostenere l'assunto contrario, al caso deciso con la sentenza di questa Corte n. 1607 dell'anno 1958, del pari !. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 93 citata nel ricorso, poich� in quel caso l'illegittimit� parziale del decreto presidenziale di scorporo era dovuta alla illegittima inclusione, nella quota da scorporare, di una zona, gravata da uso civico, gi� determinata ed anche gi� ceduta agli aventi diritto (gli abitanti di Civitella Paganico), sicch� si trattava di provvedere soltanto ad una rettificazione del calcolo della quota di scorporo. Non merita, pertanto, censura l'affermazione dei giudici di merito, che hanno ritenuto competere all'amministrazione l'identificazione dei beni illegittimamente espropriati, sul presupposto che occorresse il rifacimento di tutte le operazioni di scorporo. Va aggiunto che in questa fase del giudizio, limitata all'accertamento dell'an, detto accertamento non era comunque necessario. Invero, il giudice di a�ppello ha dato atto che la istante Cavallerin ha chiesto la condanna al risarcimento del danno conseguente allo spossessamento ed al mancato godimento dei fondi, previo accertamento o declaratoria di illegittimit� della condotta dell'ente, lesiva dei suoi diritti di propriet� e di possesso, chiedendo, peraltro, che la liquidazione del danno medesimo avesse luogo in separato giudizio. Non pu� porsi in dubbio che dall'illegittima espropriazione sia derivato danno alla Cavallerin, spossessata del terreno, trasferito a terzi, e che dalla sentenza della Corte Costituzionale discenda l'obbligo, per l'ente convenuto, di reintegrare_ il patrimonio della Cavallerin, leso dal decreto legislativo di esproprio dichiarato costituzionalmente illegittimo, il che, del resto, non si contesta dall'ente ricorrente. Orbene, ai fini della decisione su detta istanza, limitata, come si � detto, alla richiesta di condanna generica, non occorreva che il giudice procedesse alla rettifica dei dati catastali ed al � ricalcolo delle aree�, n� alla determinazione della esatta portata delle conseguenze dannose, indagine che esula senz'altro dai limiti della presente azione, intesa ad ottenere la sola condanna in via generica al risarcimento. Questa Corte, ha, infatti, ripetutamente avuto occasione di affermare il principio che la pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno ha, come contenuto, una mera declaratoria juris, dalla quale esula ogni accertamento, non soltanto sulla misura, bensi anche sulla stessa esistenza in concreto dei danni risarcibiili, costituendo tale principio un'applicazione specifica della disciplina dei limiti oggettivi della cosa giudicata, sicch� il giudice pu�, in sede di liquidazione dei danni, anche negarne l'esistenza, qualora l'interessato non ne dimostri, in tale ulteriore fase del giudizio, l'effettiva esistenza, senza che in ci� possa ravvisarsi una violazione del giudicato formatosi sulla pronuncia. di condanna generica, poich�, a giustificare siffatta condanna, � sufficiente la sussistenza di un fatto illecito potenzialmente idoneo a produrre conseguenze dannose (vedi Cass., da ultimo, sent. nn. 1628, 1120, 1004, 707 dell'anno 1966). 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � evidente, quindi, che nessuna rettifica e nessun � ricalcolo ,. si poneva com.e necessario presupposto per la condanna generica, di fronte ad un fatto (illegittimit� dell'espropriazione), nel quale � insita la potenziatlit� a produrre danno. � ben vero che il giudice di appello ha anche dichiarato, nella parte motiva, che ricorre colpa grave dell'amministrazione espropriante, sicch� non pu� ritenersi che essa abbia agito in buona fede; e tale affermazione, che l'ente ha investita col ricorso, incide sulla portata del risarcimento. L'affermazione � giuridicamente inesatta e non pu� condividersi Con la menzionata sentenza n. 1706 dell'anno 1963 si � gi� avuto occasione di osservare che l'iillegittimit� costituzionale del decreto presidenziale di espropriazione non pu� essere imputata ad un comportamento colposo dell'ente di riforma, per avere questo preparato gli atti necessari alla sua emissione, in quanto il provvedimento di espropriazione, per essere emanato nell'esercizio della funzione legislativa delegata, deve ricondursi esclusivamente alla volont� dell'organo che lo eman� ed alla valutazione, compiuta dallo stesso, della sussistenza dei requisiti di legittimit�, e si � affermato che non sussiste nesso di causalit�, tra l'illegittimit� del provvedimento medesimo ed il precedente comportamento dell'ente, che giustifichi la condanna al risarcimento. Tuttavia, ci� non esclude che la Cavallerin, per effetto della dichiarata illegittimit� costituzionale del decreto di espropria~ zione ed indipendentemente dalla ritenuta colpa dell'amministrazione, abbia diritto al danno per la mancata restituzione della quota di terreno illegittimamente espropriata, nei sensi indicati con la sentenza suddetta, cio� al valore attuale dei terreni non restituiti, ed all'eventuale danno, che, per la mancata restituzione, sia derivato alla consistenza dei beni contigui non espropriati, come � stato richiesto in causa, oltre al lucro cessante, nei limiti di cui all'art. 1148 c. c. E ci� � sufficiente a giustificare la condanna generica. Le affermazioni contenute nella sentenza impugnata, relativa mente alla colpa grave ed alla esclusione della buona fede, da parte dell'amministrazione espropriante, in quanto rilevanti soltanto ai fini della portata ed entit� del risarcimento, non costituiscono il fonda mento logico e giuridico della decisione adottata, concretatasi nella sola condanna generica al risarcimento, senza alcuna statuizione sulla misura del danno, e non hanno avuto alcuna influenza sulla decisione medesima, la quale si sorregge autonomamente, sulla semplice consi derazione dell'illegittimit� dell'espropriazione, valido fondamento della condanna generica; pertanto, � sufficiente rilevare l'erroneit� in diritto di dette affermazioni, senza che ci� importi la cassazione della sen tenza, il cui dispositivo, per la sostanziale esattezza della decisione, � conforme al diritto. �= .:~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Quanto, poi, alla pretesa di sospensione del processo ex art. 295 c. p. c., � appena il caso di .rammentare che la sospensione necessaria del processo pu� trovare applicazione soltanto quando la imponga la legge, con una norma esplicita, ovvero nei casi in cui sorga la necessit� di risolvere, in altro procedimento in corso davanti allo stesso .giudice od a giudice diverso, una controversia avente carattere pregiudiziale, cio� che rappresenti l'antecedente logico-giuridico della lite da decidere; e, nella specie, nessuna di tali condizioni ricorre. Deve, infatti, escludersi che alcuna norma di legge imponga, in materia de qua, la sospensione del processo; inoltre, anche a prescindere dalla circostanza, che nessun altro procedimento � in corso, in cui si ponga questione avente carattere pregiudiziale rispetto alla presente controversia, � da considerare che, ai fini della declaratoria sull'an debeatur, oggetto del presente procedimento, nessuna pregiudizialit� riveste la questione dell'ammontare del danno emergente, nonch� la � eventuale � pronuncia del Consiglio di Stato, in sede di annullamento dei provvedimenti amministrativi emanati in base all'atto avente forza di legge, dichiarato incostituzionale, provvedimenti che non restano travolti de jure dalla dichiarazione di incostituzionalit�, ma continuano ad essere efficaci, finch� non siano rimossi nei modi previsti dall'ordinamento (vedi Cass., Sez. Un., sent. 30 dicembre 1965, n. 2483). Al riguardo, il giudice di appello ha osservato che soltanto il risarcimento del danno, non anche la restituzione del terreno illegittimamente espropriato (alla quale � tenuta l'amministrazione), � stato chiesto, dalla Cavallerin; ed a tale limitato fine nessuna pregiudizialit� amministrativa sussiste, come ha esattamente osservato detto giudice, ritenendo che non ricorresse alcuno dei casi di sospensione ex art. 295 citato, aventi, com'� noto, carattere tassativo. Conviene aggiungere che, per quanto si riferisce alla sospensione facoltativa del processo, la quale � riservata al potere discrezionale del giudice di merito, il mancato uso della relativa facolt� non � censurabile in Cassazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 febbraio 1967, n. 384 -Pres. Boccia -Est. Lagrotta -P. M. Pedace -Giovent� Italiana (avv. Stato Casamassima) c. Greco (intimato). Giovent� Italiana -Ente di diritto pubblico distinto dalle Amministrazioni statali -Gestione e rappresentanza -Commissario Naziona 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'aumento dei canoni delle locazioni prorogate di immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione, disposto -insieme ad ulteriore proroga -dall'articolo unico della l. 30 settembre 1961, n. 975, non assorbe il precedente aumento del 25 % , disposto dall'art. 3, comma secondo, l. 21 dicembre 1960, n. 1521, ma deve essere computato sui canoni dovuti al momento dell'entrata in vigore della nuova legge, ossia sui canoni gi� aumentati del 25 % in virt� della legge precedente (2). deve risolver:Si in una mancanza di motivi, per l'impossibilit� di ricostruire il processo logico-giuridico della ratio decidendi, e non pu�, perci�, essere utilmente denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata se ne aggiunga un'ailtra, basata su fatti, ri.Uevi, osservazioni ed argomenti, che da soli giustifichino la decisione presa � : Ca:ss., Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567, id., 1965, I, 687, sub 1. Per quanto attiene segnatamente alle questioni di diritto, il mero �errore di motivazione non integra H vizio ex art. 360, n. 5, c.p,c., ma pu� dar luogo :SOlo a correzione della motivazione della sentenza, a norma dell'art. 384, comma secondo, c.p.c. Per aversi errore di diritto, denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., occorre, invece, che esso abbia effettivamente influito sul dispositivo, nel senso �che questo non trovi, comunque, da sorreggersi su diverso, autonomo ed esatto argomento, che risulti pure addotto nella motivazione; benvero � quando la sentenza poggia su pi� ragioni distinte ed indipendenti, l'errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu� giustificare di per s� il ricorso per cassazione ed H conseguente annuLlamento, quando anche uno solo degli altri argomenti che appaiono concorrenti sia informato ad esatti criteri giuridici e sia idoneo a giustificare e� sorreggere la decisione�: Oass., 30 marzo 1965, n. 557, ibidem, 1139, sub 4 (1141). (2) Osserva la sentenza che �l'aumento � riferito non al tasso della maggiorazione, ma al canone, e questo, in mancanza di altra indicazione, non pu� essere che quello vigente al momento in cui .i'aumento veniva disposto, in conformit� del criterio ordinariamente adottato in analoghe leggi precedenti. � da escludersi che dl legislatore abbia inteso seguire un criterio diverso, che importerebbe tra il.'altro l'assorbimento nel maggiore aumento del 50 per cento di quello precedente del 25 per cento, senza farne esplicita menzione�. CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 - Pres. Cesaro -Est. Santulli -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) c. Comune di Napoli (avv. D'Ambrosio, Peccerillo, Gleijeses) e Troncone Luigi ed altri (avv. Jaccarino C. e C. M.). Occupazione -Occupazione d'urgenza da parte della Cassa per ilMezzogiorno, quale sostituta del Comune di Napoli, di suolo occorrente per la costruzione d'opera pubblica comunale, a cura dello stesso. L'aumento dei canoni delle locazioni prorogate di immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione, disposto -insieme ad ulteriore proroga -dall'articolo unico della l. 30 settembre 1961, n. 975, non assorbe ii precedente aumento del 25 %, disposto dall'art. 3, comma seeondo, l. 21 dicembre 1960, n. 1521, ma deve essere computato sui canoni dovuti al momento dell'entrata in vigore della nuova legge, ossia sui canoni gi� aumentati del 25 % in virt� della legge precedente (2). deve risolversi in una mancanza di motivi, per l'impossibilit� di ricostruire il processo logico-giuridico della ratio decidendi, e non pu�, perci�, essere utilmente denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata se ne aggiunga un'ail.tra, basata su fatti, rtlievi, osservazioni ed argomenti, che da soli giustifichino la decisione presa � : Cass., Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567, id., 1965, I, 687, sub 1. Per quanto attiene segnatamente alle questioni di diritto, il mero ,errore di motivazione non integra i,l vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c., ma pu� dar luogo solo a correzione della motivazione della sentenza, a norma dell.'art. 384, comma secondo, c.p.c. Per aversi errore di diritto, denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c .. occorre, invece, che esso abbia effettivamente influito sul dispositivo, nel senso che questo non trovi, comunque, da SOit'reggersi SU diverso, autonomo ed esatto argomento, che risulti pure addotto nella motivazione; benvero � quando la sentenza poggia su pi� ragioni distinte ed indipendenti, l'errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu� giustificare di per s� il ricorso per cassazione ed ii conseguente annull.amento, quando anche uno solo degli altri argomenti che appaiono concorrenti sia informato ad esatti criteri giuridici e sia idoneo a giustificare e sorreggere la decisione � : Cass., 30 marzo 1965, n. 557, ibidem, 1139, sub 4 (1141). (2) Osserva la sentenza che �l'aumento � riferito non al tasso della maggiorazione, ma al canone, e questo, in mancanza di altra indicazione, non pu� essere che quello vigente al momento in cui l'aumento veniva disposto, in conformit� del criterio ordinariamente adottato in analoghe leggi precedenti. � da escludersi che dl legislatore abbia inteso seguire un criterio diverso, che importerebbe tra l'altro l'assovbimento nel maggiore aumento del 50 per cento di quello precedente del 25 per cento, senza farne esplicita menzione �. CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pres. Cesaro -Est. Santulli -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) c. Comune di Napoli (avv. D'Ambrosio, Peccerillo, Gleijeses) e Troncone Luigi ed altri (avv. Jaccarino C. e C. M.). Occupazione -Occupazione d'urgenza da parte della Cassa per ilMezzogiorno, quale sostituta del Comune di Napoli, di suolo occorrente per la costruzione d'opera pubblica comunale, a cura dello stesso 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'affidamento da parte. del�i Cassa per iL Mezzogiorno al Comune di Napoli dell'esecuzione dei �ivori re�itivi ad opera pubblica comunale a norma dell'ultimo comma dell'art. 4 l. 9 apriLe 1953, n. 297 va inquadrato neU'ambito del�i delegazione intersogget~iva di diritto pubblico e si accosta di pi� alla concessione di opera pubblica. In forza di tale delega, compete al Comun~ di Napoli provvedere alle espropriazioni necessarie per L'esecuzione deU'opera (2). Va innanzi tutto premesso, in relazione alla qualificazione della domanda spiegata dai Troncone (la cui legittimazione attiva � Pl'.ovata \. documentalmente) contro il Comune di Napoli e la Cassa per il Mez\ zogiorno, che nella specie l'immobile di propriet� degl'istanti era .,'.;,,,_\_____ '\la su di esso costruita, l'azione proposta dal proprietario a tutela del 1\diritto violato si inquadri necessariamente �nello schema dell'azione ""'Jtoria ex art. 2043 c. c. e trovi, quindi, ad essa legittimato passiva\ l'autore del fatto illecito, � cio� il soggetto che provvide all'occu1\ divenuta poi illegittima e che non promosse la procedura di espro.\ nei termini di legge�, suscita notevoli interrogativi e, con essi, \di un tentativo di chiarificazione. ~.. �\?r cominciare dall'ultima proposizione, con riferimento al caso \�.cupazione in virt� di apposito decreto prefettizio, a norma \a l. 9 aprile 1953, n. 297 e 71, comma primo, parte seconda, �,~5, n. 2359, di un immobile privato da parte della Cassa '1<,po per la costruzione di un edificio scolastico di avvia.., le e contestuale consegna dell'immobile al Comune di \dell'esecuzione dei lavori a norma dell'ultimo comma ~7 del 1953), deve anzitutto osservarsi che non sembra '~uso la legittimazione passiva della Cassa per il Mez' l~o che, risultando da apposito verbale, che la Cassa ''~l possesso dei suoli in virt� di decreto prefettizio, ''~alie sostituta del ComUJne d� Napoli, ma li aveva �,~ allo stesso Comune affidatario dei lavori, il \) doveva considerarsi solo formale, � mentre "'ltune resta come l'atto materiale dell'occupa\ ra tra gli ,atti che incombono al delegato per \pei confronti dei terzi �. In tal modo, sembra �,�l;le pure si pone, allorch� sia dato effetti"~} dei due. fatti, dell'occupazione legittima ''biennale dell'occupazione . senza il tem'\ iura espropriativa'., ossia quando ognuno '\diverso, come accade, appunto, allor''\ to pubblico agisce in nome proprio e ~~cadenza del biennio ex art. 73 1. 25 �\yarsi posseduto, e ci� s�nza titolo, \le sia l'opera pubblica su di esso �,il originariamente non compreso , o�perch� successiva.iente riattribui_... a:ione -l'obbligo di provvedere al tem 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO negazione -sia pure di mero fatto -del diritto propriet�, venendo detta P. A. a trarre � a s� quella utilit� che il diritto vuole attribuire al legittimo proprietario �. Legittimato passivo a tale azione per danni -sia pure vicaria di quella primaria di ,restituzione, quando questa non � sperimentabile � indubbiamente l'autore del :liatto illecito, cio� il soggetto che provvide alla occupazione, divenuta poi illegittima, e che non promosse la procedura di espropriazione nei termini di legge, per il principio secondo cui l'obbligazione di risarcimento per fatto illecito non pu� che sorgere nei confronti dell'autore o degili autori del fatto stesso. Nel presente giudizio � controvel'sia sulla individuazione di tale soggetto e precisamente se questo 'Sia il Comune di Napoli, in favore del quale vennero ,effettuate le opere nelle zone occupate, oppure se lo sia la Cassa del Mezzogiorno, l'ente �Che, a norma della 1. 9 aprile 1953, condannato dall'A. G. a restituire il bene, ma soltanto al risarcimento del danno �in quanto nella costruzione del bene si � ravvisato un implicito atto amministrativo, che non pu� essere revocato dal G. O., e si � ritenuto, altresi, che il danno risarcibile debba consistere nel valore venale del bene noo ostante che il bene non sia distrutto e sia rimasto di propriet� deHa persona alla quale non fu restituito. A tale conclusione si perviene, considerando che il risarcimento del danno con indennizzo in danaro � il mezzo previsto dall'ordinamento giuridico per procurare al soggetto leso dalla violazione della norma una somma di danaro che economicamente sia misura deV bene leso o della quantit� del bene leso; che il rifiuto deil'occupante di restituire il bene occupato con restituzione in pristino � accertato come definitivo soltanto con la sentenza definitiva, in quanto � la sentenza medesima che definisce la lite sui rispettivi diritti ed obblighi; che la perdita di utilizzazione del bene per fatto della convenuta � equiparabile al vaVore venale del bene, secondo un criterio di valutazione economica, ritenuto rispondente alla ammessa definitivit� della perdita stessa > (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, 85, nella motivazione). Da questo insegnamento, si ricava che: a) con la costruzione dell'opera pubblica il bene non pu� considerarsi distrutto, ma (esclusa, altresi, qual siasi possibilit� e forma di accessione: v. nota, in questa Rassegna, 1966, I, 1048) continua ad esistere come oggetto di distinta propriet� (del pri vato) e di possesso (della P. A.); b) tale possesso viola il diritto di pro priiet� del privato; c) non potendo il G. O. condannare la P. A. alla resti tuzione del bene, pel devieto ex art. 4 del1a legge sul contenzioso ammi nistrativo, la sentenza che definisce il giudizi,o, instaurato dal proprietario per ottenere 1a restituzione del bene ed il risarcimento dei danni, dovr� attribuire al proprietario �l valore venale del bene come che corrispondente alla definitiva perdita di utilizzazione del medesimo. Dalla giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice si riconosce anche che: d) il diritto, che pur la sentenza riconosce essere rimasto in capo al proprietario e che dovr� formare oggetto della pronuncia espropriativa, inibita allo stesso G. O. (Cass., Sez. Un., 16 ottobre 1957, n. 3857, Giust civ., 1957, I, 1846), � ridotto ad un nomen nudum (Cass., 14 dicembre 1960, n. 3249, Giust civ., 1961, I, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 n. 2-97, avente ad oggetto provvedimenti a favore della citt� di Napoli, � tenuto ad intervenire nella esecuzione di tali opere. Il Tribunale ha ritenuto legittimato passivo nei confronti dei terzi il Comune, e ci� solo in considerazione della natura reale dell'azione spiegata, della quale il detto Comune � quale possessore dell'immobile e dell'opera � � l'unico legittimo contraddittore; mentre, nei rapporti tra il Comune e la Cassa, ha ritenuto che questa � tenuta a rivalere l'altro, in una certa misura, e ci� sulla base della convenzione del 22 settembre 1953, la quale -inquadrandosi esattamente nel sistema della legge n. 297 del 1953 innanzi citata -faceva obbligo alla predetta Cassa, per di pi� ente occupante, di provvedere alle necessarie procedure espropriative, mentre non rilevava, al fine, la lettera del 27 settembre 1956 del Sindaco pro-tempore del Comune di Napoli, che si assumeva l'obbligo di tale adempimento. 1273); e) il risarcimento sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile � soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti a tale titolo al proprietario, al quale non compete alcun altro compenso per il successivo trasferimento del diritto di propriet� � (Cass., 10 ottobre 1962, n. 2919, Giust civ., Mass., 1962, 1374); f) la P. A. convenuta ha la facultas restituendi (Cass., Sez., Un., 23 luglio 1966, n. 2012, Giur. it., Mass., 1966, 888); g) il possesso del bene da parte della medesima � nega di fatto il diritto di propriet�, sebbene non lo contesti espressamente, perch� trae a s� quella utilit� che il diritto vuole attribuire al legittimo titolare� {Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). Cosicch�, quando si tenga presente che l'azione di rivendicazione costituisce la normale tutela del diritto di propriet�, che sia stato leso dal possesso della cosa invito diomino da parte di un terzo, e si intenta dal proprietario contro colui che con l'attualit� di tale �possesso ha la facultas restituendi (Cass., 12 luglio 1966, n. 1854, Giur. it., Mass., 1966, 822; 30 luglio 1966, n. 2136, ibidem, 944; 29 novembre 1965, n. 2420, id., Mass., 1965, 883; Sez. Un., 26 maggio 1965, n. 1038, ibidem, 378; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, I, Torino, 1950, 733 e seg.; DE RuGGIERo e MARoI, Istituzioni di diritto privato, I, Milano, 1952, 574-576; per l'ammissibilit� contro il conduttore che, finita la locazione, rimanga ancora nell'immobile, Cass., 13 giugno 1941, Foro it., Rep., 1941, vo�ce Rivendicazione, n. 13), non si vede come possa negarsi che tutti tali presupposti e requisiti ricorrano anche nell'ipotesi di azione proposta dal privato proprietario contro la P. A., che detenga sine titulo un immobile occupato per costruirvi un'opera pubblica, al fine di ottenere, col riconoscimento della violazione del suo diritto di propriet�, la restituzione dell'immobile o, in mancanza, il suo valore venale. E �cosi, appunto, la stessa Suprema Corte regolatrice non ha mancato, talora, di qualificare espressamente come revindica tale azione (Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CloLETTI; Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). IV. -Questo insegnamento non appare, invece, condiviso dalla sentenza annotata, la quale, mentre da un lato ammette che la protrazione 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO SII'ATO Ad avviso di questa Corte la decisione dei primi giudici non pu� condividersi per quanto attiene alla responsabilit� anche della Cassa, sia pure a titolo di rivalsa, nei confronti del Comune, mentre per quanto riguarda la responsabilit� di detto Comune va questa prospettata nell'ambito dei principi, dianzi ricordati, e cio� che l'azione intentata � pur sempre di risarcimento del danno, della quale legittimato �passivo � l'autore dell'illecito e nel contempo va inquadrata del che appresso -sulla base degli effettivi rapporti intercorsi, nella specie, tra il Comune e la Cassa: rapporti che, sul piano del sistema della legge innanzi citata del. 1953, escludono del tutto ogni responsabilit� di quest'ultimo ente per ricadere solo ed esclusivamente sull'altro. sine titul'o dell'occupazione � si concretizza nella violazione e nel contempo nella negazione, sia pure di mero fatto, del diritto di propriet�, venendo detta P. A. a trarre a s� �quella utilit� che il diritto vuole attribuire al legittimo proprietario ., afferma, dall'altiro, la natura meramente risarcitoria dell'azione del proprietario, laddove non � possibile la restituzione dell'immobile � per l'avvenuta trasformazione di esso �. Senonch�, � agevole replicare che qui non� si tratta di una consumazione del bene (come pure, di recente, affermat� da taluno: VAIANO, Rivendicazione del'lo equivalente degli immobili occupati oltre il biennio?, Temi napoletana, 1966, I, 497), non conseguendo alla costruzione dell'opera pubblica sul suolo alieno n� la distruzione, n� una sensibile ed apprezzabile alterazione della sua essenza (BIONDI, I beni, Torino, 1953, 51; v. anche CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 63), tant'� vero che la Suprema Corte regolatrice non dubita che il bene �potrebbe essere restituito con riduzione al pristino stato� (Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, cit., in questa Rassegna, 1961, 85, nella motivazione). N� pare aver pregio l'altra obiezione (VAIANO, op. cit., 498), che nega un interesse del proprietario a chiedere il riconoscimento del diritto attraverso la revindica, poich�, stante la pendenza del procedimento espropriativo, � da escludere che dall'occupazione abusiva possa dedursi la volont� dell'ente pubblico � di contestare il diritto del privato, violando una norma di attribuzione� (VAIANO, op. Zoe. citt.). A parte il fatto che, in via generale, il procedimento espropriativo potrebbe addirittura non essere stato iniziato o non essere ancora pervenuto alla fase di cui all'art. 16 l. 25 giugno 1865, n. 2359, pu�, invero, subito osservarsi che � proprio il possesso del bene in conformit� della persistente sua destinazi�one a sede stabile dell'opera pubblica, nonostante il mancato perfezionamento della procedura espropriativa, ad integrare, anticipando sine titulo un comportamento lecito solo al proprietario, una negazione di fatto del diritto di propriet� del terzo, come riconosce la stessa sentenza annotata, tant'� vero che non si dubita che quel possesso � utile ad usucapionem (v. App. Roma, 6 giugno 1958, Riv. giur. edil., 1959, I, 225 e 229) e ci�, beninteso, anche con effetti dema 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedura di urgenza di cui all'art. 71 della fogge sulle espropriazioni n. 2359 del 1865 -di � promuovere tempestivamente la conversione delle occupazioni temporanee in definitive �, col ricorso quindi alla regolare procedura di espropriazione. In tal modo resta fuor di dubbio che l'affidamento comportava la legittimazione del Comune agli atti delle procedure espropriative sia nei riguardi dei terzi, sia nei confronti dell'ente affidante; mentre resta cosi superata, d'altro lato, ogni questione, per un diverso avviso, sull'effetto vincolante della convenzione del 22 settembre 1953 (che poneva l'obbligo delle espropriazioni a .carico della Cassa) e sul valore giuridico sia della lettera del Sindaco di Napoli del 27 settembre 19'56, che si assumeva, nella qualit�, tale onere, sia dell'altra del Commissario prefettizio del tempo, in data 18 maggio 1960, che tale assunzione di obbligo ribadiva, sia pure in forma generica. l'art. 2909 c.'c.) e di escludeve che il proprietario possa cumulare risarcimento per la mancata restituzione del. bene e indennit� di espropdazione. Es�luso, peraltro, altresl, che trattisi di azione personale di restituzione, la quale, prescindendo dal sopraindicato criterio di legittimazione, presupporrebbe un rapporto obbligatorio (Cass., 26 luglio 1966, n. 2073, Giur. it., Mass., 1966, 915), che non sembra si concili con la specifica funzione dell'occupazione autorizzata a sensi dell'uitima parte del primo comma dell'art. 71 l. 25 giugno 1865, n. 2359 (si veda nota, in questa Rassegna, 1966, I, 1049: la stabile destinazione legittimamente impressa al bene con la costruzione dell'opera in costanza di occupazione ex art. 71, comma primo, parte seconda, 1. n. 2359 del 1865 non � caducata dalla scadenza del biennio senza il perfezionamento della procedura espropriativa, divenendo l'occupazione illegittima. solo ex nunc), mentre ,qui il problema restitutorio consegue, rettamente, al distinto, autonomo fatto dell'occupazione sine titulo (sul concetto di azione personale, di restituzione, v. Cass., 9 agosto 1962, n. 2501, Giur. it., 1965, I, 1, 1230, 1259 e seg., e nota del GoRLA, ivi, 1242), l'unico ostacolo all'ammissibilit� della revindica sembra, in definitiva, consistere nell'impossibilit� per l'attore di ottenere la condanna della P. A. alla restituzione del bene, ma ci�, beninteso, soltanto per l'esigenza che, in caso di eccezione della P. A. in ordine alla costruzione dell'opera pubblica, iJ. giudice adito non travalichi il limite previsto dal disposto di cui all'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Senonch�, in proposito, giova osservare che l'inconcepibilit� in linea di principio di una revindica avente ad oggetto il valore sostitutivo (Cass., 16 maggio 1962, n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1006) della restituzione della cosa (Cass., 30 luglio 1966, n. 2135, Giur. it., Mass., 1966, 944) non � assoluta, patendo gi� testuale eccezione nel caso previsto dalla seconda parte del primo comma dell'art. 948 c. c. (E.ARASSI, Propriet� e compropriet�, Milano, 1951, 843). L'altra eccezione, relativa al caso considerato, � stata pur essa gi� riconosciuta dalla Suprema Corte regolatrice (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, cit., Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CloLETTI; Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, cit., Foro it., 1961, I, 1317) e pu� ben apparire, ad avviso di chi scrive, legittimata dal congiunto disposto degli artt. 948 c. c., PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 Invero, un tale affidamento da un ente pubblico ad altro ente pubblico si risolve -come ha ritenuto di recente la C. S. a Sezioni Unite, in un fondamentale arresto del 30 maggio 1966, n. 1412 -in una delega intersoggettiva di diritto pubblico, detta anche �delegazione amministrativa ., attributiva di competenza delegata. Tale delega, peculiare del diritto pubblico e non assimilabile ad alcuno degli istituti privatistici, quali in particolare la rappresentanza e il mandato, si accosta di pi� alla concessione di opera pubblica, restando pur sempre la sua natura desunta dalla sostanza del rapporto concreto. Ed in forza di tale delega, il delegato � posto, anche se nei limiti dell'atto relativo e per la durata di esso, in una condizione pari al delegante: il quale viene, a sua volta, a �trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di soggetto investito di funzioni di controllo �. E ci� comporta -come ha ritenuto la suddetta Corte in altro suo pro 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e 42, comma terzo. Cos.t. Ed infatti, se � in virt� dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. che il G. O. deve dare atto, pel rispetto della stabile destinazione pubblica ricevuta dal bene, della prevalenza della contrastante situazione di possesso su quella di propriet�, vantata dall'attore, ci� non potr� avvenire che -indipendentemente dalla immutata, astratta tttol!arit� del diritto di propriet� -a condizione che la stessa sentenza, lungi dal limitarsi a rigettare come improponibile il capo della domanda attrice ex art. 948 c. c. concernente la restituzione del bene, attribuisca amattore, col riconoscimento del suo diritto di prop1�iet� sul bene, il valore venale del medesimo, come surrogato della sua restituzione, consumando, cosi, la ragione petitoria.-� appunto applicando alla sentenza del G. O. la nozione di atto espropriativo in senso materiale, fondata dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione sull'art. 42, comma terzo, Cost. (v. nota, in questa Rassegna, 1966, I, 1050 e segg.), che riesce possibile assicurare al privato il permanere della tutela reale, ex art. 948 c. c. (si ricordi che �l'indennit� di espropriazione..., nella sua essenza, � l'equivalente del bene � : Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, I, 719, nota 1), invece della sua degradazione a mera tutela personale ex art. 2043 c. c., pure se oggetto di tale tutela divenga, in definitiva, in virt� del ripetuto art. 42, comma terzo, Cost., contrapposto all'art. 4 1. 20 marzo 1965, n. 2248, all. E, il valore in luogo della cosa. La diversa opinione finisce con l'esasperare, senza accorgersene, la applicazione dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (su cui v. Relazione ,flvv. Stato per gli anni 1951-1955, I, Roma, 1957, n. 44; id., per g1li anni 1956-1960, II, Roma, 1961, n. 37), escludendo la possibilit� di un contemperamento dei diversi principi, a completo detrimento della tutela attribuita al privato dall'art. 948 c. c., contemperamento reso, viceversa, possibile e necessario, a parere di chi scrive, nel senso sopraindicato. Sembrano, pertanto, giustificate tutte le ulteriori illazioni esposte nella precedente nota di commento adesivo alla sentenza 4 maggio 1966 n. 2862 del Tribunale di Napoli (in questa Rassegna, 1966, I, 1047 e segg.). F. CARUSI j I ! I I ! I I l 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nunziato (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2711) in un caso di delegazione intersoggettiva -che l'ente delegato, il quale non opera come organo, sia pure straordinario, dell'ente delegante, ma come soggetto paritetico di diritto pubblico, su un piano di autonomia, � direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano assumere rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti stessi nel- l'ambito del rapporto interno con il delegante. Ora, tra gli atti del delegato rientrano -e proprio in tali sensi � testuale il pensiero della C. S. nella ricordata pronunzia del 1966 � le occupazioni e le espropriazioni necessarie per l'esecuzione delle opere, e che all'esecuzione sono intimamente connesse costituendone parte inscindibile � . E se per le espropriazioni, in ordine al caso in esame, come attivit� a carico del Comune, c'� esplicita menzione -come si � visto nella deliberazione del Consiglio di amministrazione della Cassa del 13 gennaio 1960, per la occupazione degli immobili dei Troncone da parte del detto Comune c'� il verbale di possesso del 31 ottobre 1960. In questo verbale, invero, anche se preliminarmente viene effettuata dal messo comunale la immissione della Oassa nel possesso dei suoli, contestualmente questa ne effettua la consegna al Comune, che li occupa, affidandoli, quale ente appaltante, alla sua impresa, assuntrice dei lavori di costruzione; onde il primo atto nei confronti della Cassa � meramente formale, mentre quello nei confronti del Comune resta come l'atto materiale della -occupazione, che, anche perch� rientra tra gli atti che incombono al delegato per l'avvenuto affidamento, fa stato nei confronti dei terzi, e nella specie dei Troncone. I quali, da parte loro, erano a conoscenza di tale affidamento, in quanto nel decreto di occupazione provvisoria del Prefetto di Napoli in data 19 ottobre 1960 ad essi notificato -� fatto espresso richiamo della citata delibera numero 1411 (VN. 41) della Cassa, del 13 gennaio 1960, ove tale affidamento � da questa conferito al Comune. Al che va aggiunto poi -ai fini della conoscenza da parte dei Troncone di quanto operato dal Comune -che sempre in detto decreto ricorre la precisazione che ogni atto della Cassa,' -e tanto anche in relazione alla decretata occupazione dei terreni -era fatto � in nome e per conto del Comune �; e ci� proprio nello schema di quel suddetto particolare istituto della delega amministrativa intersoggettiva, in forza del quale, come l'ente delegato ha il potere di provvedere in merito all'oggetto della delega in nome proprio e non in veste di rappresentante del delegante, cosi ogni atto da quegli compiuto nell'ambito di tale rapporto si riverbera nei confronti dell'altro e cio� del Comune, che � avrebbe dovuto provvedere all'esecuzione delle opere in nome proprio ed in { Ili k j :~~ ,, < PARTE I, s:i;:z. III, GIURISPRUDENZA CIVILE definitiva con proprio onere finanziario, anche se con somme a~ticipate dalla Cassa � o da altri enti. Da quanto innanzi deriva quindi che il soggetto legittimato passivamente � solo il Comune, il quale � tenuto a risponder�e nei confronti dei Troncone della detenzione abusiva dei beni senza che abbia promosso l'espropriazione a norma della relativa procedura e quindi a risarcire il danno in conformit� di legge; mentre ,la Cassa, quale soggetto estr�neo a tanto, va estromessa. Neil merito, per quanto attiene all� liquid�zione del danno, e ci� in riferimento anche alle doglianze mosse dai Troncone su tale pup.to alla decisione (lei primi giudici, si provved� con separata ordinanza. -(Omissis). , -fil ru_ _ SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 7 novembre 1966, n. 22 -Pres. Bozzi -Est. Landi -Mortelliti ed altri (avv. Coltraro e Vasari) c. Prefetto di Messina (avv. Stato Lancia), Comune di Messina (avv. Silvestri) e Cacciola (avv. Giannini M. S.). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Questioni pregiudiziali -Regolare costituzione del rapporto processuale e difetto di giurisdizione -Precedenza della questione inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale. Espropriazione -Zone terremotate in Sicilia -Procedimento espropriativo -Distinzione in fasi e loro autonomia. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Decisione interlocutoria per il deposito documenti -Termine -Inosservanza Effetti. Nell'ordine delle questioni pregiudiziali quella relativa alla regolare costituzione del rapporto processuale (motivi inammissibili perch� riferentisi ad atti non impugnati, o irricevibili per tardivit�, o inama missibili per difetto di legittimazione attiva) � preliminare rispetto ai ili ~ motivi attinenti alla giurisdizione; e ci� anche in applicazione del criterio ~% f.~~ della economia dei giudizi (1). Nel procedimento di espropriazione regolato dal t. u. 19 agosto iijM 1917, n. 1399 alcuni atti, ad es. quelLi attinenti alla delimitazione del ~ comparto (art. 125), alla determinazione della indennit� di esproprio I (art. 121), alla aggiudicazione, hanno piena autonomia, in quanto producono effetti immediati e sono immediatamente impugnabili; pertanto, I I I ru in sede di impugnativa del decreto di esproprio, non sono ammissibili le censure rivolte contro l'atto di aggiudicaz�one e contro gli atti precedenti; e la decisione del Consiglio di Giustizia amministrativa per ~ la Regione Siciliana, che ha dichiarato tale inammissibilit�, non � soggetta a ricorso alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, essendo I le censure rivolte contro atti emessi dal Comune di Messina, che � ente "" (1) Giurisprudenza costante: cfr. Ad. Plen., 7 giugno 1961, Consiglio di Stato, 1961, I, 1037. I n. 16, Ii . . ;l~i i PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA lll locale sottoposto al controllo della Regione, e non contro atti di autorit� amministrative dello Stato (2). Il termine per il deposito di documenti assegnato con decisione interlocutoria � ordinatorio; pertanto la sua inosservanza non importa alcuna preclusione (3). (2) Sull'autonomia degli atti del procedimento espropriativo regolato dal t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, cfr. Ad. Plen., 11 novembre 1963, n. 20 ivi, 1963, I, 1529. Trattasi, per�, di autonomia relativa, perch� essa non importa netta separazione degli atti del procedimento, dovendosi ammettere una interdipendenza di effetti tra i vari atti in funzione di elementi preparatori dell'atto terminale espropriativo; n� importa indipendenza assoluta di posizioni tra aggiudicatario ed espropriato, perch� la pretesa dell'espropriato a che il bene non gli venga sottratto deve necessariamente implicare anche la impugnazione dell'attribuzione del bene medesimo aWaggiudicatario, non potendo i due diritti coesistere: cfr. espressamente Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 1950, in questa Rassegna, 1966, I, 823, con nota. Sulla competenza dell'Adunanza Plenaria in sede di appello cfr. Ad. Plen., 26 aprile 1965, n. 9, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 609. (3) Giurisprudenza costante cfr. Sez. IV, 2 luglio 1958, n. 518, ivi, 1958, I, 878. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pleii., 21 dicembre 1966, n. 25 -Pres. Bozzi -Est. Anelli -Consiglio Ordine Geometri di Roma (avv. Guarino) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Ciardulli), Ordine Ingegneri di Venezia e Collegio Ingegneri e Architetti di Venezia (avv. Delli Santi). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Controinteressati Ordini professionali. Controinteressati nei confronti dei quali � obbligatoria la notificazione del ricorso sono soltanto coloro che dall'atto impugnato abbiano conseguito un vantaggio con effetto diretto ed immediato e sempre che siano obbiettivamente individuabili dal ricorrente: sulla base di questi principi, nel giudizio per annullamento di .una circolare ministeriale avente ad oggetto la precisazione dei limiti dell'attivit� professionale dei geometri, controinteressati in senso processuale non sono i singoli geometri (che dall'atto impugnato non traggono un vantaggio immediato e neppure un sicuro vantaggio futuro) bensi gli Ordini professionali competenti, in quanto abilitati a tutelare gli interessi professionali della categoria (1). (1) Sull'affermazione di princ1p10 di cui alla prima parte della massima, cfr. nello stesso senso, Ad. Plen., 9 maggio 1958, n. 5, I� Consiglio di Stato, 1958, I, 529, e V Sez., 3 dicembre 1965, n. 1090, ivi, 1965, I, 2156. Circa la legittimazione degli Ordini professionali v. Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 1965, n. 120, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 252, e Cons. Stato, Ad. plen., 24 maggio 1961, n. 12, ivi, 1961, I, 853. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 602 -Pres. Polistina -Est. Landi -Soc. p. az. Fiamma vesuviana (avv. Fragola) c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Albisinni), Ambrosio (avv. Fontana) e Saviano (avv. Marotta E. e L.). Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti industriali -Procedimento -Audizione di pareri non richiesti dalla le~ge -Possibilit�. Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Finalit� Stabilimenti industriali -Contrasto con altri pubblici interessi Reiezione dell'istanza di esproprio -Legittimit�. Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti industriali -Art. 4 d. l. n.1598del1947 -Natura -Efficacia Proroga fino al 1980. Nel procedimento espropriativo tendente all'ampliamento di uno stabilimento industriale del Mezzogiorno, il Prefetto, istruendo le istanze presentate ai sensi degli artt. 2 e 4 d. i. 14 dicembre 1947, n. 1598, modificato dalla i. 29 dicembre 1948, n. 1482, pu� acquisire il parere di qualsiasi organo, amministrativo o tecnico, �ol solo ovvio limite della pertinenza alle finalit� del procedimento (1). L'interesse generale in vista del quale la legge ha ritenuto la pubblica utilit� delle iniziative industriali nell'Italia meridionale e nelle isole non ha carattere di assoluta preminenza rispetto ad ogni altro interesse pubblico, ed anzi pu� trovare limiti in altri pubblici interessi, e deve necessariamente essere contemperato o conciliato con gli stessi; pertanto, legittimamente il Prefetto respinge una istanza di espropriazione per l'ampliamento di uno stabilimento industriale, ove l'ubicazione e le caratteristiche dell'opera appaiono in contrasto con esigenze urbanistiche ed igieniche, del pari tutelate dalla legge (2). (1) La massima, che � puntuale applicazione di noti principi in tema di attivit� consultiva facoltativa, ha precedenti conformi nelle decisioni 28 ap!I'ile 1954, n. 283 e 28 settembre 1954, n. 530 della IV Sezione, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 375 e 865. (2) L'esigenza di una valutazione comparata tra distinti interessi pubblici, anche in riferimento all'interesse privato del proprietario soggetto ad espropriazione, � stata affermata numerose volte in giurisprudenza: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 novembre 1958, n. 790, Il Consiglio di Stato, 1958, 1235; Cons. Stato, S'ez. IV, 22 novembre 1960, 980, ivi, 1960, 2033; crons. Stato 22 novembre 1960, n. 981, ivi 1960, 2035. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 113 L'art. 4 d. l. 14 dicembre 1947, n. 159.8 che dichiara la pubblica utilitd delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative industriali di cui all'art. 2 dello stesso decreto, non essendo autonomo rispetto al sistema degli interventi nel Mezzogiorno prorogati dalle successive disposizioni di legge, n� incompatibile col sistema degli interventi disciplinati dalla l. 26 giugno 1965, n. 717 deve ritenersi vigente tutt'ora e per tutta la durata dell'attivitd della Cassa del Mezzogiorno che la citata legge del 1965 ha prorogato a tutto il 31 dicembre 1980 (3). (3) Con la decisione 26 gennaio 1966, n. 56 de1la IV Sezione in questa Rassegna, 1966, I, 648, il C'onsiglio di Stato aveva ritenuto la :proroga della normativa in discussione a tutto il 30 giugno 1965 per effetto dell'art. 89, I. 29 marzo 1957, n. 634. Nella specie decisa con la decisione annotata si sosteneva dai ricorrenti 'che la dichiarazione di p. u. ex art. 4 d. I. 14 dicembre 1947, n. 1598 fosse da ritenere caducata .per mancata nuova proroga del termine di efficacia gi� determinato in dieci anni dall'art. 2 dello stesso decreto del 1947, e quindi prorogata al 30 giugno 1965 dall'articolo 29 della citata I. n. 634 del 1957. Ma il Consiglio di Stato ha fatto giustizia dela tesi con una decisione che non pu� non essere condivisa. L'art. 29, infatti, della L 29 luglio 1957, n. 634, nella prima rparte, non stabilisce un termine a s� per le dichiarazioni di pubblica utilit� e di urgenza ed indifferibilit� dei lavori, ma richiama espressamente il termine che l'art. 1 della legge stessa stabilisce per la proroga della durata della attivit� della Cassa per il Mezzogiorno. Poich� oon l'art. 2 della 1. 26 giugno 1965, n. 717 tale termine � stato ulteriormente prorogato, detto art. 2 viene, nel sistema delle norme sulla disciplina degli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno, a sostituirsi all'art. 1 della I. n. 634 del 29 luglio 1957. D'altra :parte, l'art. 28 -secondo comma -della I. n. 717 del 1965 stabilisce che � restano ferme le disposizioni della vigente legislazione in favore dei territori meridionali... ., mentre il successivo art. 35 della stessa legge dispone: �Le disposizioni legislative vigenti sull'attivit� della Cassa per il Mezzogiorno incompatibili con la presente legge cessano di avere efficacia con l'entrata in vigore della presente legge...�. Deve, quindi, ritenersi che la prima parte dell'art. 29 della I. n. 634 del 1957, non essendo incompatibile, nelle norme sostanziali che esso contiene, con le disposizioni della I. n. 717 del 1965, sia rimasto in vigore pur dopo l'entrata in vigore della nuova legge e che il termine stabilito al primo comma dell'art. 1 della il. n. 6134 del 1957 sia �ora quello stabilito nell'art. 2 della I. n. 717 del 1965, per avere tale art. 2 modificato e sostituito l'art. 1 della precedente I. n. 634 del 1957. D'altra parte anche una considerazione di ovdine logico porta ad escludere che siano venute con il 30 giugno 1965 a cessare �le disposizioni circa la dichiarazione di pubblica utilit� e di indifferibilit� ed urgenza delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative in.dustriali da p;romuoversi dalla Cassa pe: il Mezzogiorno. Se tali disposizioni, infatti, fossero venute a cessare, l'attivit� stessa della Cassa ne verrebbe ad essere compromessa, essendo le disposizioni medesime fra quelle .che maggiormente interessano per il raggiungimento dei fini che la Cassa si propone. 10 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 761 -Pres. Polistina -Est. Landi -Del Biondo ed altro (avv.ti Marcone e Rocchetti) ,c. Prefetto di Pescara (avv. Stato Carbone) e s.r.l. Carree Irca (n.c.). Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Stato di consistenza -Autorizzazione all'accesso -Soggetti legittimati -Limiti. Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Decreto prefettizio che autorizza lo stato di consistenza -Indicazioni catastali dei proprietari dell'immobile -Successiva variazione -Momento al quale occorre far riferimento. L'autorizzazione prefettizia, riiasciata al Capo di un ufficio pubblico per introdursi in un fondo da occupare al fine di redigere lo stato di consistenza, non � limitata solo �l capo dell'Ufficio, ma � estesa a qualsiasi funzionario purch� venga designato dal capo ufficio (1). Legittimamente il Prefetto, nell'autorizzare l'accesso al fondo da occupare, ha riguardo alla situazione catastale esistente al momento della presentazione della domanda di occupazione, dovendo ritenersi irrilevanti le successive variazioni (2). (1) Cfr., nello stesso senso, ,sez. IV, 9 febbraio 1966, n. 80, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 215. � evidente che l'autorizzazione data all'Ingegnere Capo del Genio Civile, senza ulteriore specificazione, non � affetta da alcun. vizio di legittimit�, in quanto � conforme alla norma dell'art. 7, comma III, I. 20 giugno 1865, n. 2359. Trattandosi di un ufficio di ente pubblico, � ovvio che i vari funzionari, ad esso preposti, siano tra di loro fungibili nell'adempimento della funzione attribuita all'ufficio. (2) Sulla funzione dello stato di consistenza, che � rivolto a far acquisire al Prefetto tutte le cognizioni idonee per la legittima autorizzazione ad occupare il fondo, cfr. Sez. IV, 8 giugno 1951, n. 422, Il Consiglio di Stato, 1951, I, 654. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 772 -Pres. De Marco -Est. Granito -Verducci (avv. Guarino) c. Ministero interno (avv. Stato Gentile), Comune di Roma (avv. Rago) e A.C.E.A.. (n. c.). Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazioni delle aziende municipalizzate -Annullamento -Competenza del Prefetto. Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazione delle aziende:. municipalizzate -Potere prefettizio di annullamento -Natura. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 115 Atto amministrativo -Vizi inerenti al procedimento non ancora concluso -Annullamento -Presupposti. I I j Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazione delle aziende ) municipalizzate -Controllo -Pendenza del procedimento di riesai I me -Effetti. l Municipalizzazione dei pubblici servizi -Aziende municipalizzate -Direttore -Trattamento di licenziamento -Attribuzione di anzianit� convenzionale -Organi competenti. I I L'annullamento delle deliberazioni delle aziende municipalizzate per violazione di legge o di regolamenti rientra nella competenza del l Ij Prefetto, al quale sono state devolute le attribuzioni delle sottoprefetture, abolite con r. d. l. 2 gennaio 1927 n. 1 (1). Il potere prefettizio di annullamento ex art. 17, II comma, t.u. n. 2578 del 1925 ha natura di controllo eventuale e successivo all'efficacia degli atti sui quali si esercita, e non di controllo necessario e preventivo, con la conseguenza che esso pu� esercitarsi anche quando I l'atto abbia gi� spiegato i suoi effetti, giacch� il decorso del tempo non 1 � determinante ai fini dell'annullamento di ufficio degli atti amminiI strativi, ma pu� influire sulla rilevanza di un interesse pubblico spe! cifico ed attuale alla rimozione degli atti stessi (2). j Ai fini dell'annullamento di atti illegittimi inerenti ad un proce l dimento non ancora definito, � sufficiente il mero accertamento di legittimit�, non essendo richiesta la esistenza di specifiche ragioni di pubblico interesse (3). Le deliberazioni delle aziende municipalizzate devono considerarsi inefficaci durante la pendenza del termine di quindici giorni riservato al 'I Consiglio comunale per compiere il suo controllo e fino a quando non si sia concluso il procedimento di riesame (4). I � illegittima l'attribuzione di un'indennit� convenzionale a un direttore di azienda comunale, che sia stata deliberata dalla Commissione amministratrice della azienda medesima, rientrando essa nell'esclusiva competenza del Consiglio comunale (5). (1) Nel1o stesso senso cfr., Sez. V, 27 maggio 1954, n. 540, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 583. (2) Sul carattere del controllo esercitato dal Prefetto sugli atti delle aziende municipalizzate, v. Cass., 27 marzo 1952, n. 828. (3) Giurisprudenza pacifica, Sez. V, 7 giugno 1957, n. 383, ivi, I, 756. Per quanto concerne il principio, ormai pacifico, che diritti quesiti non possono nascere da un atto illegittimo, dr. Sez. Un., 4 luglio 1962, n. 1714. (4) Cfr. Cass. 27 marzo 1952, n. 828. (!'i) Non risultano precedenti specifici. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 novembre 1966, n. 808 -Pres. Polistina -Est. Risi -Ragni ed altri (avv. Martuscelli) -c. Ministero interno (avv. Stato Dallari). Sciopero -Impiego pubblico -Effetti -Retribuzione -Non � dovuta. Sciopero -Astensione dal lavoro per una parte della giornata lavorativa -Retribuzione ridotta -Non � dovuta. Lo sciopero produce la sospensione delle due obbligazioni fondamentaii del rapporto di impiego, consistenti nella prestazione di lavoro e nella corresponsione della retribuzione, mentre non incide sugli altri obblighi e diritti connessi con detto rapporto; pertanto, il pubblico dipendente non ha diritto alla retribuzione per le giornate in cui ha scioperato (1). Nel caso di astensione totale dal lavoro per una parte soltanto della durata temporale della giornata lavorativa, la misura detta trattenuta va determinata con riferimento aU'intera giornata lavorativa, considerata come unit� minima di frazionamento delta retribuzione (2). (1) Principio' pacifico: Sez. V, 27 luglio 1964, n. 930, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1942. (2) Non risultano precedenti di giuTisprudenza; cfr. parere Sez. II, 28 aprile 1965, n. 395, citato nella motivazione della decisione. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1051 -Pres. De Marco -Est. La,ndi -Andrione ed altri (avv.ti Balladore Pallieri, Lucatello e Guarino) c. Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Guglielmi), Presidente Giunta regionale Valle d'Aosta (avv.ti Cri1safulli e M. S. Giannini), Presidente Consiglio Valle d'Aosta ed altri (n. c.). Atti amministrativi -Regioni -Commissario governativo per la convocazione del Consiglio regionale -Decreto di nomina -Atto politico -Esclusione. Giustizia amministrativa -Nomina Commissario governativo per convocazione Consiglio regionale -Impugnativa promossa da Assessore regionale -Legittimazione -Sussistenza. Regioni -Convocazione Consiglio regionale -Nomina Commissario governativo in sostituzione dell'organo regionale competente � Legittimit�. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 117 Regioni -No�nina Commissario governativo per convocazione Consiglio regionale -Forma necessaria. n decreto con il quale il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina un Commissario straordinario al fine di convocare il Consiglio regionale della Valle d'Aosta non � atto politico ma amministrativo in senso stretto, ed � pertanto impugnabile innanzi al Consiglio di Stato in sede di ricorso giurisdizionale (1). L'assessore regionale rimosso dalla carica con delibera consiliare impugnabile in primo grado davanti ad organo giurisdizionale locale (nella specie, Giunta giurisdizionale amministrativa per la Valle d'Aosta) � legittimato ad adire, su tale controversia l'organo centrale (Consiglio di Stato), competente a conoscere della legittimit� di altro provvedimento da cui potrebbe derivare il vizio denunciato in relazione all'atto soggetto alla competenza dell'organo locale (2). Deve ritenersi legittima la nomina di un Commissario straordinario del Governo, al fine della convocazione del Consiglio regionale e della fissazione dell'ordine del giorno, in caso di riscontrata paralisi dell'organo regionale ordinariamente competente a provvedere (3). Per gli atti amministrativi non aventi natura politica la forma del decreto del Capo dello Stato deve essere adottata soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge; pertanto, in mancanza di contraria disposizione, il decreto di nomina di un Commissario straordinario del Governo per la convocazione di un Consiglio regionale e la fissaz.ione dell'ordine del giorno, non essendo provvedimento di natura politica, pu� legittimamente essere adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (4). (1-3) Non risultano precedenti in termini. La decisione del Consiglio di Stato sul merito della fattispecie in discussione risulta, per un verso, dall'affermazione che le Regioni, pur nell'ambito della loro autonomia, sono soggette �al generale potere di vigilanza che lo Stato esercita su tutti gli enti derivati dal proprio ordinamento, ed in particolare sugli enti pubblici territoriale�, e, .per altro aspetto, dal rilievo della generale validit� del principio del controllo sostitutivo. (4) La massima � puntuale applicazione della esclusione della natura di atto politico del provvedimento impugnato. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1059 -Pres. De Marco -Est. Granito -Carnacina (avv. Cabibbo) c. Ministero difesa (avv. Stato Peronaci). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Mancato versamento contributi previdenziali -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Prescrizione -Mancato versamento contributi previdenziali -Termine decennale. Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il ricorso con cui un salariato statale convenga in giudizio l'Amministrazione, aff�nch� sia dichiarata la inadempienza di quest'ultima all'obbligo di versare i contributi assicurativi per l'invaliditd e la vecchiaia (1) Il diritto al risarcimento danni per omesso o irregolare versamento dei contributi previdenziali e assistenziali � soggetto al termine decennale di prescrizione previsto dall'art ..2946 c. c. (2). (1) Con la decisione in rassegna la IV Sezione del Consiglio di Stato, richiamandosi a talune sentenze della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 30 dicembre 1963, n. 3247, Giust. civ., Mass., 1963, 1508; Cass. 14 luglio 1962, n. 1852, ivi, 1962, 914), conferma il propdo orientamento favorevole dell'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo in subiecta materia, (v. pure, Cons. Stato, Sez. IV, 18 maggio 1966, n. 417, n Consiglio di Stato, 1966, I, 936). In senso contrario sono, peraltro, costantemente orientate la V e VI Sezione dello stesso Consiglio di Stato (cfr. le decisioni 21 gennaio 1966, n. 57, in questa Rassegna, 1966, I, 668, e 21 maggio 1965, n. 538, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 950), e cosi pure la pi� recente giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. 5 giugno 1965, n. 1117, in questa Rassegna, 1965, I, 910, con nota di MANn�; per utili riferimenti v. pure Cass. 4 marzo 1966, n. 638, e Trib. Napoli 2 ma�rzo 1966, n. 1159, in questa Rassegna, 1966, I, 555, con nota redazionale, e di recente Sez. Un. 3 febbraio 1967, n. 305, ivi, 61). (2) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo, 1960, n. 297, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 375; Cass. 11 dicembre 1963, n. 3135, Giust. civ. Mass., 1963, 146�1; Cass. 28 aprile 1964, n. 1029, Foro it., 1964, I, 1827, con nota di PERA. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1094 -Pres. De Marco -Est. Granito -Quintieri ed altri (avv. Jaccarino) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Varvesi), Prefetto di Napoli (n. c.) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Deposito atto intervento adesivo dipendente -Interruzione termine di perenzione Esclusione. Competenza e giurisdizione -Edilizia -Provvedimento demolizione ex art. 26 l. 17 agosto 1942 n. 1150 -Impugnativa -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 119 Piano regolatore e di ricostruzione -Ordine demolizione ex art. 26 1. 17 agosto 1942 n. 1150 -Controllo sostitutivo Ministero LL.PP. Condizioni e limiti. n deposito di un atto di intervento adesivo dipendente non ha efficacia interruttiva del termine biennale di perenzione del ricorso giurisdizionale (1). n provvedimento di demolizione di un edificio, adottato dal Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 26 legge 17 agosto 1942, n. 1150, essendo espressione di un potere discrezionale, investe situazioni di interessi legittimi e non di diritti soggettivi: la relativa impugnativa rientra pertanto nella giurisdizione del giudice amministratvo (2). Legittimamente il Ministro dei lavori pubblici, ai sensi. dell'art. 26 legge 17 agosto 1942, n. 1150, interviene in sostituzione del Comune, ordinando la demolizione di un edificio costruito sulla base di una licenza annullata in sede giurisdizionale, ove risulti che il Comune si sia astenuto dall'adottare i provvedimenti di sua competenza ed abbia persistito in tale atteggiamento negativo nonostante il formale invito �del Ministero ad emettere il provvedimento di demolizione (3). (1) Per qualche riferimento cfr., in giurisprudenza, Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 640, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1441. In particolare circa l'efficacia degli atti processuali dell'interveniente sul decorso del termine di perenzione, BonnA, La perenzione nei procedimenti giurisdizionali amministrativi, Torino, 1923; RAvA, La perenzione nel processo amministrativo, Arch. dir. pubbl., 1938, 297, ss. (2) Non risultano .precedenti in termini. (3) Nel senso che il Ministro dei lavori pubblici possa ordinare la demolizione di opere difformi dal piano regolatore solo nel caso che la costruzione non sia stata autorizzata dal Comune, c:llr. Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 22 febbraio 1963, n. 58, Giust. civ., 1963, II, 205, e Cons. Giust. Amm. Reg. ,sic., 22 febbraio 1963, n. 59, Foro it., 1963, III, 152. La soluzione accolta dal Consiglio di Stato con la decisione in rassegna corrisponde alle tesi sostenute dall'Avvocatura gi� nei giudizi del 1963, e sembra pi� aderente alla lettera ed alla ratio dell'art. 26 della legge urbanistica. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRiBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1347 -Pres. Favara -Est. Spagnoletti -P. M. Tuttolomondo (conf.). -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. S.p.A. � Costruzioni Rossi � (avv. Ziini Lamberti). Imposta di registro -Societ� -Trasformazione di una societ� irregolare in nome collettivo in una societ� di capitali -Imponibilit� come per costituzione di nuova societ� -Esclusione -Imposta prevista per le trasformazioni di societ� -Applicabilit�. (c. c., artt. 2498, 2297; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 81, 83; d. 1. 5 aprile 1945, n. 141, art. 6). Una volta ammesso che una societd irregolare in nome collettivo possa trasformarsi in una societd di capitaii, deve nella ricorrenza di una siffatta ipotesi ritenersi applicabile l'imposta di registro secondo la disciplina prevista, appunto, per le trasformazioni di societd, e non gid come per una costituzione di nuova societd (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo, la ricorrente Amministrazione delle Finanze si duole che la Corte di Torino abbia ritenuto che il rogito per notar Fissone, con il quale Borio Vincenzo e Rossi Sergio, soci di una societ� in nome collettivo irregolare, avevano dichiarato di trasfor (1) Nel senso che la trasformazione in societ� di capitali di una societ� in nome collettivo irregolare rientri nella previsione di cui all'art. 2498 c. �., cfr. Cass. 18 aprile 1958, n. 1268, Giust. civ. 1958, I, 1045, con nota critica di L. BIANCHI D'EsPINOSA, Trasformazione di societ� irregolare in nome collettivo i_n societ� di capitati? In .senso contrario, App. Napoli, 10 maggio 1960, Temi nap., 1960, I, 289; Trib. Firenze, 14 marzo 1966, Giust. civ. 1966, I, 1016, con osservazioni di C. GIANNATTASIO. Ai fini tributari, peraltro, si era rilevato che la questione poteva porsi con autonomo riferimento al disposto dell'art. 2297 c. c., secondo il quale, fino a quando la societ� in nome collettivo non � iscritta nel registro delle imprese, i rapporti della societ� stessa con i terzi restano regolati dalle disposizioni relative alla societ� semplice; di guisa che, e tra quei terzi dovendosi ritenere compresa l'Amministrazione finanziaria, nei confronti PARTE I,. SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 121 mare la societ� stessa in una societ� per azioni, doveva essere tassato come trasformazione della societ� di fatto preesistente e non come costituzione di societ� per azioni (artt. 81 e 82 tariffa all. A legge organica del registro). La doglianza non ha fondamento. Dottrjna e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che la trasformazione di societ� comporta soltanto il mutamento di una organizzazione sociale preesistente, e non la sostituzione di una nuova organizzazione sociale ad un'altra che sparisce. L'Amministrazione ricorrente non ha potuto disconoscere che il S. C. gi� ebbe occasione di pronunciarsi sulla questione, oggi riproposta al suo esame, con la sentenza 18 aprile 1958, n. 1268, la cui motivazione, esattamente richiamata dalla decisione impugnata, porta a concludere che la disposizione contenuta nell'art. 2498 -c. c., relativa alla trasformazione di una societ� di persone in una societ� di capitali, si applica anche alla societ� in nome collettivo non regolarmente costituita. Conseguentemente, alla stregua di tale gi�risprudenza, che la Suprema Corte non trova ragione alcuna di mutare, devesi ritenere per fermo che, ai fini dell'imposta di registro sul relativo atto, la tassa dovuta � quella prevista per la trasformazione di societ� e non quella prevista per una nuova costituzione di essa. Riferendosi all'argomentazione centrale adottata da questa S. C. con la pronuncia n. 1268 del 18 aprile 1958, I'Amministrazione ricorrente riconosce esatto che l'art. 2297 c. c. non trasforma la societ� irregolare in nome collettivo in una societ� semplice, limitandosi a disporre che, in caso di mancata iscrizione nel registro delle imprese, sono applicabili le disposizioni dettate per le societ� semplici (limitatamente ai rapporti tra la societ� ed i terzi). Senonch�, fatta questa ammissione, la ricorrente, sul presupposto che la Finanza debba considerarsi terzo, ai fini della registrazione, sostiene che, per quanto riguarda il trattamento fiscale, occorre far riferi di �questa, ed ai fini dell'individuazione del regime tributario applicabile, si sarebb� dovuta considerare avverata una trasformazione, in ipotesi, da societ� semplice a societ� di capitali, e,� quindi, in definitiva, ritenere attuato un conferimento, per la costituzione di una nuova societ�, da parte dei soci del preesistente organismo di fatto. Ed a tanto, per�, la Cassazione, richiamandosi ad un suo precedente in tema di data delle scritture private (Cass. 9 maggio 195.3, n. 1280, in questa Rassegna, 1954, 98; in argomento cfr., amplius, Relaz. Avv. Stato, 1951-55, II, 525 ss.), ha creduto di poter ppporre che la Finanza non � terzo estraneo, ai fini della registrazione dell'atto, soggiungendo, poi, che la norma dell'art. 2297 innanzi citato dovrebbe comunque intendersi riferita soltanto � ai vincoli giuridici contratti con i terzi dalla societ� irregolare ., laddove il rapporto d'imposta, che si collega alla trasformazione, in questa trova base, e non pu� quindi 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento al tipo di societ� semplice, proprio perch� le disposizioni sulla societ� semplice sono applicabili ai rapporti tra la societ� ed i terzi. Osserva il S. C. che, a rendere palese l'infondatezza di tale assunto, basta considerare che una volta ammesso che la societ� irregolare in nome collettivo possa trasformarsi in societ� di capitali, non si vede come si possa validamente sostenere che tale trasformazione si verifichi nei confronti di taluni soggetti e non di altri. Anche nei confronti del fisco, perci�, la fattispecie in esame realizza non gi� una estinzione della societ� irregolare, ma solo una trasformazione della stessa in una societ� per azioni. L'inesattezza dell'affermazione secondo la quale la Finanza sarebbe terzo estraneo, ai fini della registrazione, appare manifesta solo che si abbia presente che la formalit�. relativa � necessariamente successiva alla gi� intervenuta trasformazione, che la registrazione dell'atto trova perci� ormai perfezionata ed operante. Di conseguenza, per. quanto concerne l'art. 2297 c. c., deve ritenersi che l'espressione �terzi � non si estende al fisco per la registrazione dell'atto di intervenuta trasformazione di una societ� in nome collettivo (irregolare per mancata registrazione) in una societ� per azioni (su ci� vedi pure Cass. 9 maggio 1953, n. 1280, p�r un analogo riferimento), n� la Finanza pu� avvalersi comunque della disposizione contenuta nella norma in esame per disconoscere gli effetti dell'avvenuta trasformazione, perfettamente ammissibili ai sensi dell'art. 2498 c. c. D'altro canto, l'art. 2297 c. c., disponendo che la irregolarit� costituita dalla mancata iscrizione nel registro delle imprese esercita influenza solo nei confronti dei terzi, si riferisce, com'� chiaro, ai soli vincoli giuridici contratti con i terzi dalla societ� irregolare, stabilendo la responsabilit� dei singoli soci per le obbligazioni sociali. Il rapporto di imposta per la registrazione dell'atto di trasformazione della societ� non rientra invece nella categoria dei rapporti tra la dar luogo ad un credito che si possa considerare preesistente alla trasformazione stessa. Non rientrava nell'economia della decisione in rassegna la questione relativa alla tassazione -secondo le regole sulle enunciative ed in occasione della registrazione dell'atto di trasformazione -dell'anteriore costituzione della societ� irregolare in collettivo. E pare potersi rilevare, comunque, che, specialmente secondo la tesi di cui alla pronuncia odierna della C'orte Suprema, nessun dubbio dovrebbe sussistere per la soluzione affermativa, essendo evidente, tra l'altro, che la trasformazione, che tale sia da ritenere anche agli effetti tributari, postula la non estinzione del precedente rapporto sociale, i cui estremi di individuazione, poi, e per quanto rigoroso possa doversi ritenere il relativo accertamento (cfr. Cass. 25 maggio 1966, n. 1340, in questa Rassegna, 1966, I, 1301, con nota critica di F. PAGANO), dovrebbero tutti risultare, come � ovvio, dall'atto col quale la trasformazione stessa sia attuata. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 123 societ� irregolare ed i terzi, soggetti alle norme sulla societ� semplice, dappoich� non costituisce un credito dell'Amministrazione finanziaria presistente alla trasformazione della societ�, ma al contrario � a questo successivo, n� vale comunque a far ritenere come societ� di nuova costituzione la societ� per azioni che sia, invece, risultante dalla trasformazione di quella collettiva, sia pure irregolare, in societ� di capitali. L'impugnata sentenza si �, come � chiaro, perci�, sostanzialmente adeguata ai suesposti principi e non-merita, di conseguenza, alcuna censura, avendo esattamente ritenuto che l'atto di traformazione di una societ� in nome collettivo irregolare in societ� per azioni debba essere tassato non gi� come costituzione di nuova �societ�, bensi come trasformazi9ne della societ� di fatto preesistente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1354 -Pres. Favara -Est. Mirabelli -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. Vaselli (avv. Maniscalco Basile). Imposta di registro -Appalto -Concessione di pubblico servizio Serv. izio di nettezza urbana -Affidamento ad un privato, da parte di un comune, dell'incarico di espletare le sole attivit� materiali inerenti al servizio -Costituisce appalto -Affidamento dell'incarico di espletare le attivit� materiali ed attribuzione, in tutto o in parte, al privato gestore, anche dei poteri di supremazia connessi al servizio -Costituisce concessione di pubblico servizio, (1. 20. marzo 1941, 111�. 336, .art. 9; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 56; id., tariffa A, art. 52; d. l. 9 maggio 1935, n. 606, artt. 1, 3 e succ. modif.). L'affidamento ad un privato, da parte di un comune, dell'incarico di espletare, contro corrispettivo, le sole attivit� materiali inerenti al servizio di nettezza urbana, costituisce appalto. Se, peraltro, al privato incaricato vengano anche attribuiti, in tutto o in parte, i poteri di supremazia per lo svolgimento del servizio, il rapporto che si instaura va qualificato, anche ai fini dell'imposta di registro, come di concessione di pubblico servizio, senza che in contrario rilevi la circostanza che il comune si sia riservata la riscossione della tassa dovuta dagli utenti (1). (1) Le sentenze richiamate in motivazione possono leggersi: Cass. lo aprile 1946, n. 355, in Riv. leg. fisc., 1946, 323; Cass: 31 dicembre 1955, n. 3969, in Foro amm., 1956, II, 1a, 139; Cass. 2 luglio 1957, n. 2557, in Foro it., 1958, I, 77. Sui criteri distintivi tra appalto e concessi<me di pubblico servizio, con particolare riferimento al profilo tributario, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, l'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 56 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 1 del r. d. 1. 9 maggio 1935, n. 606, al r. d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924, al n. 52 della tariffa aU. A alla legge di registro, ed agli artt. 1 e 9 della legge 20 marzo 1941, n. 366, aisensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., sostiene che erroneamente la Corte del merito avrebbe ritenuto che i Comuni possano provvedere ai servizi di nettezza urbana esclusivamente a mezzo di concessioni, ove non vi provvedano direttamente, e che la gestione di tali servizi non possa formare oggetto di appalto, ed avrebbe a torto, quindi, negato che nel rapporto in esame potesse essere ravvisato un rapporto di appalto. Questa Corte, per�, con ripetute pronunce (Cass. 1� aprile 1946, n. 355; 31 dicembre 1955, n. 3969; 2 luglio 1957, n. 2557) ha precisato che, a norma dell'art. 9 della legge 20 marzo 1941, n. 366, che abilita 1965, II, 497 ss.; id., 1956-60, II, 574 ss., ove specificamente � trattata la questione di individuazione della natura dei rapporti che possono instaurarsi tra comuni e privati per l'espletamento del servizio di nettezza urbana. La sentenza in rassegna pare ritenere sufficiente, perch� il rapporto, nella sua interezza, possa qualificarsi di concessione, anche un parziale trasferimento dei poteri di supremazia al privato incaricato del servizio; e ci� sembra in contrasto con lo stesso precedente orientamento della Corte Suprema, la quale, invero, con la sentenza n. 2557 del 1957, innanzi citata, pur gi� sottolineando che la circostanza, dell'essersi il comune riservata la esazi-0ne della tassa dovuta dagli utenti, pu� non essere rilevante per escludere che il rapporto sia di concessione, e ci� in considerazione della natura tributaria dell'entrata, �che implica un rapporto diretto unicamente tra l'ente impositore e gli utenti., tuttavia precisava che la concessione si potrebbe ravvisare soltanto nel caso che il privato incaricato del servizio sia investito di -0gni relativo potere � con tutte le caratteristiche che ad esso sono inerenti, come quando il potere venga esercitato direttamente dall'ente ., e nel senso, cio�, che si verifichi un � trapasso integrale della conduzione del servizio, con la sostituzione del gestore privato all'ente pubblico�, fatta eccezione, per quanto detto, del potere di riscuotere la tassa. Ai fini tributari, peraltro, sembra doversi rilevare che il criterio differenziale accennato non pu� comunque ritenersi sufficiente per la soluzione del problema; inerente. all'imponibilit� dell'atto come appalto o come concessione. Invero, l'art. 56 della legge del registro, nel suo testo originario (prima delle modificazioni introdotte col d. 1. 9 maggio 1935, n. 606), dichiarava senz'altro � assimila.ti � agli appalti gli atti di concessione di pubblico servizio, dei quali, evidentemente, considerava la sostanziale identit�, con i primi, quanto al contenuto economico, rilevante ai fini dell'individuazione del movimento imponibile di ricchezza; come si evince anche dal criterio adottato per. la determinazione della base di commisurazione del tributo, individuata, oltre che nei corrispettivi convenuti, anche nei � proventi ~ sia direttamente gestione diretta, a privati le attivit� materiali � configurabile solo quando senza che al privaton" 1~p~t~:l'.�~~~�~9 al~ijJ:l :Jil()tei~e di s.premazia, n� siano instaurati ~lll<aP:Pa:~ta~ri1~.eed i destinatari del servizio, 9~~j��~~~l~~l~l~~t~,~~~11S�~�"'f��i!!i�.:.iri.o;:u.w a porre in essere una conces k~ contratto ed al relativo capi- si pone l'atto autoritativo dell'am non ha escluso la configurabilit�, in appalto, ma ne ha negato la sussistenza a dire in ci� che, per il privato gestore, rapi:\() ll�:t't'OP:re~�ta:~ione del servizio. ridurre l'aliquota per le concessioni, rispetto a gli appalti, ed evidentemente perch� la minore incipotuta tradurre in minori costi, a beneficio degli titteirtt� <'l�~'I pubblici servizi, � conseguentemente da rilevare che il trattapi� favorevole non potette esser voluto che per quegli l'imposta sarebbe stata da assolvere appunto con riguardo a quei costi, sulla base dei � proventi � dell'esercizio, e cio� per i soli rapporti che avessero comportato per il gestore, da qualificare o meno concessionario, anche la riscossione di un prezzo a carico degli utenti. Del resto, pur dopo le modifiche apportate dal d. 1. n. 606 del 1935, e dai successivi provvedimenti in materia, � rimasta ferma la norma dell'art. 56 della legge organica, nella parte relativa alla determinazione delPimponibile, sempre da operare con riguardo ai corrispettivi convenuti ed ai � proventi lordi dell'esercizio � � (sulla nozione dei quali, v. Cass. 8 luglio 1966, n. 1797, in questa Rassegna, 1966, I, 1086); e pu� osservarsi, all()l.'a, che, pur se potesse prescindersi dalla ratio innanzi individuata (per < � ����� ~ :(IJ,$�1'iminazione in funzione dell'incidenza dell'onere tributario), un . ~!PP<l#~ A9Pi potrebbe ritenersi assoggettabile all'imposta con le aliquote � � :PteV'i�~~ perle concessioni, se non in quanto presenti le caratteristiche ~)t:19'fl#~i�tl':lv<lalla�,legge fiscale per il corrispondente trattamento, e cio�, �~:J.ltjn#>� ~e J.lO?l in q'llQnto importi, oltre che il versamento di un corri �sp#t~ijv() (ajgeyide~a da intendere come quello dovuto all'amministrazio... ��������IJ���~!tJ-;es1o1~~({~�.J~l~:::~e~~~s;;~~~:�. ~~c~~1�~~;;~~~~~~C:~ ~ia l'~~nf,$ttazi9ne a pagare al privato un compenso per l'esecuzione del servizio, non potrebbe l'espletamento di �questo, pur se con i poteri di supremazi~ c}le vi si.... connettono, non considerarsi che nel suo aspetto di prestazfone, di opus, etti il privato sia obbligato, contro il pattuito corrispettivo, verso l'imuninistrazione; e non potrebbe perci� non valutarsi il rapporto, quanto meno' ai fini dell'imposta di registro, ed anche alla stregua del generale principio di cui all'art. 8 della legge organica, che secondo le regole previste per l'appalto, cio� per quel rapporto che da quel sinallagma contrattuale � caratterizzato. 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella fattispecie esaminata, non pu� essere addebitato alla sentenza impugnata il vizio di legittimit� allegato dall'Amministrazione ricorrente, e pertanto il primo motivo di ricorso va respinto. Con il secondo motivo di ricorso, poi, I'Amministrazione ricorrente, denunciando, oltre la violazione e falsa applicazione delle stesse norme, anche la violazione dei principi generali in tema di interpretazione, contenuti negli artt. 1362 segg. c. c., nonch� il vizio di omessa ed insufficiente motivazione, sostiene che la Corte del merito avrebbe errato nella individuazione del contenuto effettivo del contratto, dando rilevanza a singole clausole, senza inquadrarle adeguatamente nel complesso della pattuizione. Questa Corte ritiene, invece, che la Corte del merito ha esattamente individuato i punti rilevanti per la qualificazione del contenuto del contratto ed ha dato adeguata motivazione del suo convincimento. La sentenza impugnata, infatti, ha ravvisato come elementi distintivi, sufficienti a qualificare il rapporto come concessione-contratto anzich� come appalto, due pattuizioni, con l'una delle quali era stato attribuito al gestore del servizio il potere di elevare contravvenzioni a carico di chi violasse le norme regolamentari concernenti il servizio stesso, e con l'altra era prevista la creazione di un ufficio reclami, da parte dell'impresa di gestione, al quale gli utenti erano obbligati a rivolgersi per qualsiasi doglianza relativa al servizio, con esclusione degli organi e degU uffici comunali. Ed in tali elementi ben pu�, secondo i principi soprarichiamati, essere ravvisato un, sia pure parziale, trasferimento di supremazia, ed una instaurazione di rapporti diretti tra gestore ed utenti, sufficienti a caratterizzare il rapporto come concessione. A tale qualificazione non osta, ad avviso di questa Corte, la circostanza, cui I'Amministrazione ricorrente si richiama, che il Co mune abbia ritenuto per s� l'esazione delle tasse dovute dagli utenti, addossandosi il canone fissato a favore del concessionario quale retri buzione per il servizio, in quanto la permanenza del rapporto tribu tario in testa all'ente � del tutto normale e per aversi concessione non � necessario che l'ente si privi di tutti i poteri di supremazia, inerenti al servizio, essendo sufficiente che taluni di questi siano attri buiti al gestore. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792 -Pres. Fibbi Est. Perrone Capano -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Carafa) c. Silighini (avv. Fraccaroli) e Turchi (avv. Borda). Imposta di re~istro -Accessioni -Opere pubbliche realizzate dalla p. a. su fondi di aliena propriet� -Successivo trasferimento del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 127 l'area alla p. a. -Imponibilit� del trasferimento presun,to delle opere, secondo le regole dell'art. 47 della legge del registro -Esclu sione. (c. c., artt. 934, 936; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). Poich� l'opera pubblica realizzata dalla P. A. su terreno di privata propriet� illegittimamente occupato non � suscettibile di acquisto per accessione, il successivo trasferimento del suolo alla stessa P. A. non rende applicabile la presunzione di cui aW.art. 47 della legge del registro, la quale presuppone che un acquisto per accessione sia giuridicamente possibile (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso si denuncia: �violazione ed errata applicazione dell'art. 47 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge organica di registro), dell'art. 934 c. c., dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, e dei principi generali in materia di occupazione senza titolo da parte della pubblica amministrazione, (1) La propriet� dei fondi occupati senza titolo e trasformati in opere pubbliche e la propriet� di tali opere. Secondo un principio ormai consolidato in giurisprudenza, e, deve aggiungersi, ineccepibile, il disposto dell'airt. 936 c. c. non trova applicazione nei confronti di una pubblica amministrazione che illegittimamente, e cio� sine titulo, abbia proceduto all'occupazione di un fondo altrui per la realizzazione di un'opera pubblica (cfr., tra le pi� recenti, Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1315; C:ass. 29 luglio 1961, n. 1840, Foro it., Mass., 1961, 477; Cass. 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381, con nota di G. MAND�. In dottrina: CoRMio, Jus tollendi e p. a., Giur. it., 1959, I, 2, 101, in nota ad App. RJoma 6 giugno 1958; ed in senso critico, SANDULLI, Immobili privati posseduti dall'amministrazione sine titulo e destinati ad opere pubbl'iche, Riv. giur. edil. 1958, II, 55). La facolt� alternativa, che l'art. 936 c .. c. riconosce al proprietario del suolo, �, invero, inattuabile nei confronti della p. a., dal momento che la condanna alla riduzione in pristino urterebbe contro il disposto dell'art. 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, mentre la ritenzione della costruzione atribuirebbe al dominus soli la propriet� di beni destinati a pubblico servizio e, come tali, facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile. Il tema dell'acquisto per accessione, peraltro, non era stato fin qui, a quanto consta, direttamente affrontato dalla giurisprudenza, che nelle richiamate pronunce si era limitata prevalentemente ad esaminare (pervenendo alle esatte conclusioni ora citate) il problema della applicabilit� dell'articolo 936 c. c. Con la sentenza in esame, invece, la Cassazione ha espressamente escluso la possibilit� di ritenere operante il principio dell'accessione (art. 934 c. c.), per trarne ulteriormente la conseguenza dell'inapplicabilit� della presunzione di cui all'art. 47 della legge organica di registro nelle 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c. �. Si deduce che i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che nella specie non fosse applicabile l'art. 47 della legge di registro per un triplice ordine di ragioni: � sia in quanto non sarebbe stato possibile configurare un'accensione, da parte del proprietario del suolo, delle costruzioni eseguite dalla .pubblica amministrazione, sia in quanto dal contenuto dell'atto stesso di compravendita risultava palesemente escluso che le parti avessero voluto ricomprendere nell'oggetto contrattuale le dette costruzioni, sia infine perch�, mentre i contratti di appalto stipulati dal Genio Civile di Rimini sarebbero stati sufficienti a vincere la presunzione di cui all'art. 47 della legge di registro, il diritto di propriet� sul fondo sul quale era stato edificato dall'Amministrazione si era trasformato in un ipotesi di trasferimento di terreni gi� occupati e trasformati dalla p. a. con la realizzazione dell'opera pubblica. Se mal non interpretiamo la decisione, l'inoperativit� del principio superj�cies solo cedit s'� fatta derivare dalla inapplicabilit� della disciplina dell'accessione (art. 936 c. c.) nei confronti della p. a., secondo un iter logico che sembra legittimare qualche perplessit�. L'impossibilit� di applicare le citate norme nei confronti della p. a. dipende, 'per un verso, dai noti limiti posti alla giurisdizione dell' a. g. o. (innanzi alla quale � improponibile una domanda di condanna dell'amministrazione a rimuovere le costruzioni) e, per a:Itro verso, dalla inidoneit� del bene pubblico a costituire possibile oggetto di ritenzione da parte del privato. Orbene, ad escludere in radice la possibilit� di un acquisto per accessione dell'opera pubblica, sembrerebbe pi� esatto porre l'accento soltanto su tale inidoneit�, in armonia, del resto, con la lettera dell'art. 934 c. c., che, per l'appunto, esclude l'accessione quando diversamente sia disposto dalla legge (E qui la diversa disposizione di legge andrebbe ravvisata nella particolare qua:Iit� e nello speciale regime che l'ordinamento riserva ai beni pubblici). A parte ci�, comunque, il problema che si pone a seguito della pronuncia della Corte, e che non sembra trovare soddisfacente soluzione, � quello della sorte dei beni interessati dalla ipotizzata vicenda, e cio� il� suolo e le costruzioni. Quanto alla propriet� dell'opera, una volta esclusa l'operativit� del principio dell'accessione per la natura pubblica del bene, non v'� difficolt� ad ammettere che essa appartenga alla p. a. Il terreno, invece, se � esatto l'altro principio pur ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (Cass. 16 ottobre 1964, n. 2601, in questa Rassegna, 1964, I, 961, e, pi� recentemente, Cass. 26 ottobre 1966, n. 2610, ultra 137, con nota di F. BATISTONI FERRARA.� Occupazione abusiva, condanna al risarcimento del danno ed imposta di registro), secondo cui fa pronuncia di condanna al risarcimento dei danni -sostitutiva della impossibile restituzione del bene ormai trasformato -non ha efficacia. traslativa della pro-.:_:: priet�, rimarr� del privato: il quale, peraltro, non potr� considerarsi titolare di nessuna delle facolt� di godimento normalmente insite nel diritto 1 di propriet�. I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 129 diritto al solo indennizzo �. Sostiene la ricorrente che � una volta che la propriet� del suolo sul quale si era edificato dall'Amministrazione non era stata trasferita a questa in base ad alcun atto, volontario o coattivo, ma �era rimasta nella sfera giuridico-patrimoniale dei venditori, prima, e dell'acquirente, poi, alla Corte di merito, non era consentito n� escludere l'accessione, n� tanto meno creare dal nulla una trasformazione del diritto di propriet� in un diritto all'indennizzo �. Ci� perch� �l'occupazione di fatto, da parte della pubblica amministrazione, di un fondo (di propriet� privata), ai fini della esecuzione di un'opera, non sottrae al proprietario i suoi diritti dominicali, n� tali diritti gli sono sottratti dalla eseguita costruzione o dalla destinazione a pubblico servizio�. N� -aggiunge la ricorrente -occorreva esaminare se nell'atto di compravendita fossero compresi anche i fabbricati Separata cosi, sulla scorta dei due citati orientamenti giurisprudenziali, la propriet� del terreno da quella delle costruzioni, verrebbe spontaneo il richiamo al regime giuridico della superficie. Senonch�, a parte l'ovvia considerazione che il proprietario di un terreno gravato da diritto di superficie conserva pur sempre delle facolt� di utilizzazione, che, nella specie, non sembrerebbero sempre e pacificamente configurabili, sta di fatto che non si intravede quale possa essere il titolo costitutivo del diritto di superficie a favore della p. a., l� dove -per la nota interdipendenza delle figure dell'accessione e della superficie -il difetto di un titolo costitutivo della propriet� superficiaria comporta proprio l'acquisto per accessione delle costruzioni (e cio� esattamente quanto si � escluso nel caso in esame). Potrebbe, ancora, osservarsi che l'inquadramento del diritto della p. a. nello schema del diritto di superficie (che, d'altra parte, ci sembra l'unico configurabile), comporta tutta una ulteriore problematica di incerta soluzione. Cosi, ad esempio, posto che il principio superj�cies solo cedit resta para lizzato nella sua operativit�, come si � visto, per la particolare natura (pubblica) della costruzione, dovrebbe ammettersi -una volta che venga a cessare la speciale destinazione dell'opera -la possibilit� di una revi viscenza del principio medesimo, con conseguente automatico acquisto del l'�opera da parte del dominus soli. Il che non gioverebbe sicuramente alla certezza delle situaziooi giuridiche, atteso il Lungo periodo di tempo presu mibilmente intercorrente fino al mutamento di destinazione dell'opera. E pu� aggiungersi l'ipotesi in cui la p. a. proceda all'abbattimento dell'opera per realizzarne una diversa, sempre destinata a pubbliche fina lit�. In tal caso, sarebbe da vedere se l'amministrazione -in difetto di un titolo che disciplini il rapporto -possa ricostruire sul terreno del privato, il quale sia stato a suo tempo risarcito per la privazione di ogni utilit� economica ricavabile dal bene, ovvero se la nuova costruzione debba tro vare una regolamentazione giuridica analoga alla prima, addirittura pro spettandosi la possibilit� di un ulteriore risarcimento in favore del domi nus soli. Si potrebbe continuare nell'esame della problematica posta dalle esigenze di giungere ad una conciliazione dei principi, verso i quali ha mo 11 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costruiti dalla pubblica amministrazione (su una parte del terreno compravenduto), posto che il citato art. 47 pone una presunzione di trasferimento di tutte le accessioni, indipendentemente dalle dichiarazioni negoziali delle parti, presunzione che pu� essere vinta solo con gli atti indicati nell'articolo medesimo (atti che abbiano acquistato data certa anteriore col mezzo della registrazione), nella specie insussistenti. La censura � infondata. � giurisprudenza ormai costante che, decorso il biennio previsto dall'art. 73 della I. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che sia stata pronunciata l'espropriazione per pubblica utilit�, l'ulteriore detenzione dell'immobile, gi� occupato legittimamente, diviene illegittima, con la conseguenza che l'ente occupante, quale detentore senza titolo, � tenuto alla restituzione, oltre che al pagamento dell'indennit� per il periodo di occupazione legittima. Ma nel caso che l'immobile illegittimamente strato di orientarsi la Corte regolatrice. Ma ci sembra che proprio l'ultima considerazione fatta, per l'evidente ingiustizia della conclusione che com porta, riveli, per cos� dire, un punto di debolezza dell'i:r;itera costruzione, rappresentato dall'affermazione della persistenza della propriet� del terreno in capo al privato, pur spogliato 'di ogni facolt� di utilizzazione economica del bene, e malgrado l'avvenuto risarcimento del danno. Mentre, infati, ed in pieno rispetto della regola posta dall'art. 934 c. c. (che espressamente prevede delle eccezioni), pu� converursi nella ritenuta inoperativit� del principio dell'accessione, in considerazione della natura dell'opera realizzata sul terreno illegittimamente occupato, la figura di un proprietario tale soltanto sulla carta, ed al quale nemmeno potrebbero pacificamente riconoscersi le facolt� di utilizzazione economica del terreno pur riservate a chi ,sia soltanto dominus soli, non pu� non 'suscitare qualche riserva. La necessit�, avvertita dalla giurisprudenza, di un titolo formale che sancisca il trasferimento della propriet� del terreno, adeguando la situa zione giuridica a quella gi� instauratasi in via di fatto, potrebbe, proba bilmente, essere superata spostando sul piano pi� spiccatamente pubbli cistico l'angolo visuale del problema, sulle tracce della figura, di recente prospettata, della espropriazione in senso materiale (in argomento, cfr. CARUSI F., Tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato � sine� titul'o � dalla p. a. e trasformato in opera pubbUca ed atto espropriativo in. senso materiale, in questa Rassegna, 1966, I, 1047; Io., Ancora, sulla tutela, etc., retro, 99). Un utile campo di indagine, ai. fini in questione, potrebbe forse essere anche ricercato, sul terreno privatistico, con riferimento alle regole sul l'accessione invertita, verificando, ovviamente, in quanta parte l'analogia delle situazioni giustifichi una identit� di disciplina giuridica. Ed in definitiva, dunque, deve dirsi �che l'affermazione contenuta nella .sentenza i�IIl ,esame, costituendo, con le sue logiche implicazioni, urn valido banco di prova della validit� o meno del principio fissato in altre pro nunce, lascia la materia tuttora aperta a nuove meditazioni. SERGIO LAPORTA PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA detenuto sia stato trasformato dalla pubblica amministrazione, o comunque utilizzato per la costruzione di un'opera pubblica di carattere permanente, il diritto di propriet� del privato non � suscettibile di reintegrazione in forma specifica, mediante restituzione del bene, non potendo il giudice annullare o modificare l'attivit� tecnico-discrezionale della pubblica amm�nistrazione. L'ipotesi della impossibilit� della restituzione per avvenuta trasformazione del bene, che � di ostacolo alla reintegrazione in forma specifica del diritto del privato, leso dal protrarsi dell'occupazione, ricorre, in relazione ai limiti posti al giudice ordinario rispetto alle attivit� amministrative, ogni qual volta sull'immobile occupato siano state compiute opere destinate in via permanente a soddisfare un pubblico interesse, anche se materialmente suscettibili di rimozione. In tali casi, il proprietario del terreno illegittimamente occupato non ha diritto alla restituzione, ma solo al risarcimento dei danni (salvo gli effetti della eventuale tardiva espropriazione); e le opere costruite su quel terreno da enti pubblici, essendo destinate a soddisfare permanentemente un servizio o un interesse pubblico, devono trovare la foro disciplina nei principi e nelle norme del diritto pubblico. Esse non possono essere assoggettate alla disciplina privatistica .dell'accessione, che non � applicabile rispetto agli atti e alle attivit� dello Stato e degli enti pubblici. E~attamente osservano i resistenti Turchi e Tassi che e v'� impossibilit� per il privato di prendere possesso del bene pubblico costruito sul suo fondo, di abbatterlo, di disporne a suo piacere � : ci� perch� � non v'� acquisto per accessione, da parte del privato, della propriet� dell'opera pubblica �. In tali sensi, del resto, questa Suprema Corte si � gi� pronunciata con sentenza 23 marzo 1965, n. 477, emessa proprio in tema di presunzione di trasferimento di accessioni, congiuntamente all'immobile, ai sensi dell'art. 47 della legge del registro. Dopo aver premesso che il principio dell'accessione non riveste carattere di assolutezza, in quanto � possibile che dal titolo o dalla legge risulti che l'opera esistente sopra e sotto il suolo si appartenga a soggetto diverso dal proprietario del suolo, questa Corte ha ritenuto che la destinazione dell'area (di propriet� privata) e della �sovrastante opera edilizia (costruita direttamente ed a proprie spese da enti pubblici) alla soddisfazione di un pubblico interesse, o di un pubblico servizio, comporta che il diritto del privato sul terreno non si estende all'opera pubblica ex jure accessionis, ma resta mortificato nel suo concreto contenuto, in modo da rendere inapplicabile la disposizione dell'art. 936 c. c., cosicch� al privato, proprietario del terreno, vi~ne riconosciuto solo il diritto al risarcimento del danno per lo svuotamento del diritto di propriet� sul terreno medesimo, tutte le volte che manchi un regolare procedimento di espropriazione o un valido negozio consensuale traslativo della propriet� del suolo. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Di conseguenza, ove venga venduto un terreno di propriet� privata, che in parte -ed in vista della progettata espropriazione -sia stato gi� occupato dalla pubblica amministrazione con opere di carattere pubblico, costruite dalla stessa amministrazione per alloggi ai senza tetto (� questo il caso di specie), non pu�, rispetto a tali opere, applicarsi la presunzione stabilita dall'art. 47 della legge del registro, appunto perch� le opere pubbliche costruite dalla pubblica amministrazione su terreno di propriet� privata, appositamente occupato con carattere di definitivit�, non si appartengono al proprietario del suolo e non costituiscono accessione del suolo medesimo, ai sensi delle disposizioni e dei principi ,di diritto privato. Esattamente, dunque, la Corte di appello ha ritenuto che i fabbricati in questione (costruiti dal Genio Civile di Rimini per i senza tetto) non potevano ritenersi compresi nella compravendita del terreno di propriet� privata, in forza della presunzione stabilita dall'art. 47 della legge di registro, in modo da essere anch'essi assoggettati alla imposta di trasferimento, dato che quei fabbricati non potevano considerarsi � accessioni � rispetto al terreno, e di conseguenza non era applicabile il citato art. 47, � il quale presuppone che un acquisto per accessione sia giuridicamente possibile �. N� la Corte di merito pu� essere censurata per aver accertato che oggetto della compravendita fu in realt� il solo terreno, non anche le opere su di esso costruite dal Genio Civile. Tale accertamento fu compiuto non gi� per escludere la presunzione fiscale di trasferimento, sibbene per confutare il secondo motivo di appello, col quale si deduceva che la compravendita aveva avuto per oggetto anche le costruzioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 settembre 1966, n. 2314 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Ministero Finanze (avv. Stato Graziano) c. Locatelli (avv. Cingoli e Menghini) e Baratto-Barberis (n. c.). Imposta di successione -Attivo ereditario -Beni alienati dal (< de cuius � con scrittura privata non registrata che abbia acquistato data certa ai sensi dell'art. 2704 c. c. -Idoneit� per l'esclusione dall'attivo: inapplicabilit� delle limitazioni di cui all'art. 45 della legge tributaria sulle successioni per la prova della data certa. (c. c., art. 2704; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 22, 45). Nella Liquidazione dell'imposta di successione, la scrittura privata, con la quale il de cuius abbia alienato un bene immobile, per essere ..:: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 opponibile alla Finanza, al fine di escludere il bene dall'attivo ereditario, deve avere acquistato data certa, anteriore all'apertura della successione, in uno dei modi indicati dall'art. 2704 c. c., senza le limitazioni disposte dall'art. 45 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, che nega valore certificativo agli eventi naturali della morte e della sopravvenuta impossibilit� fisica di colui che ha sottoscritto la scrittura (1). (Omissis). -La ricorrente Amministrazione delle Finanze dello Stato, sotto il profilo della violazione e della falsa applicazione dell'art. 45 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e dell'art. 1351 c. c., e della omessa motivazione, censura la sentenza impugnata e deduce che, ai fini della liquidazione dell'imposta di successione, per escludere dal computo dell'asse ereditario un bene immobile alienato dal de cuius, la prova della vendita deve essere data con scrittura che, per essere opponibile alla Finanza, abbia acquistato, a' sensi dell'art. 45 cit., data certa anteriore all'apertura della successione in uno dei modi, indicati nell'art. 2704 c. c., che non sia la morte o la fisica impossibilit� di sottoscrivere di colui che l'ha firmata. La deduzione dall'attivo dei debiti, regolata dall'articolo citato, non differirebbe, secondo la ricorrente, dalla deduzione di beni alienati dal de cuius, mirandosi in entrambi i casi alla diminuzione della consistenza dell'asse ereditario, quale formalmente risulta costituito, si che sarebbe consentita l'interpretazione estensiva, generalmente ammessa per le norme tributarie, dell'art. 45 cit. contenente una disposizione di carattere non eccezionale. La censura � infondata. I primi giudici esclusero dall'eredit� Barberis i beni venduti dal de cuius con la privata scrittura del 4 aprile 1954, ritenendo superata la presunzione ex art. 22 legge successioni, discendente dall'intestazione (1) Pur se la soluzione accolta dia adito a. perplessit�, tuttavia, poich� la questione � stata esaminata, nella sentenza in nota, sotto i vari aspetti che potevano ritenersi rilevanti, sembra doversi escludere, quanto meno allo stato, una possibilit� di revisione dell'orientamento decisorio assunto dalla Cassazione, al quale, dunque, conviene adeguarsi. Per la dottrina, in argomento, v. SERRANO, La prova deit�roppartenenza aliena dei beni ritenuti ereditari, Dir. prat. trib., 1961, II, 520; CONTI, La legge tributaria sulle successioni e i beni di propriet� di terzi, Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 1170; DE BoNo, L'impo�sta sulle successioni, Milano, 1955, 70; ID., Aliena appartenenza di beni che apparis.cano appartenenti ad una eredit�, Riv. dir. fin., 1958, II, 160. In giurisprudenza, conformi alla. massima, oltre la confermata App. Torino 26 giugno 1963, cfr. Trib. Torino, 13, aprile 1965, Foro Pad., 1965, I, 1162; App. Milano, 14 novembre 1958, Foro it., 1959, I, 1804, ove, in nota, riferimenti alla giurisprudenza della Commissione centrale, che era invece, in prevalenza, nel senso che la prova dell'alienit� dei beni dovesse fornirsi con il rigore di forme di cui 'all'art. 45 della legge organica. 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO catastale al nome del de cuius, dalla prova contraria che scaturiva dalla scrittura di vendita che, a seguito della morte dell'alienante, era divenuta, ex art. 2704 c. c., di data certa anteriore. L'Amministrazione delle Finanze sostenne, come ancora deduce in questa sede, che la prova della data certa di una scrittura privata, diretta a documentare l'uscita di un determinato bene dal patrimonio del defunto prima dell'apertura , della successione, non pu� essere fornita in uno dei modi indicati dall'art. 2704 c. c., ma solo a mezzo della registrazione, conformemente a quanto prescrive l'art. 45 cit. per la detrazione dei debiti ereditari, in base ad un principio �di diritto tributario per il quale dovrebbe essere data con atto registrato la prova di fatti tendenti ad escludere un ob bligo di imposta. La Corte di Appello, nel rigettare la tesi dell'Amministrazione, ha escluso l'esistenza di un principio .generale tributario nel senso sostenuto dalla ricorrente ed ha ritenuto l'art. 45 citato l'unica norma di diritto tributario che nega il valore certificativo degli eventi naturali (morte e fisica impossibilit� di scrivere) considerati nell'art. 2704 c. c., precisando che esso ha carattere eccezionale e che non sussistono gli estremi per una, pur astrattamente ammissibile, interpretazione estensiva. La soluzione accolta dalla sentenza impugnata � esatta, mentre errate sono le premesse logiche della tesi della ricorrente. Devesi, innanzitutto, respingere �l'assunto che non abbia carattere eccezionale la norma dell'art. 45 cit., relativa alla deduzione delle passi vit�, che riconosce valore probatorio dei debiti � certi e liquidi � alle scritture private che abbiano acquistato data certa anteriormente alla apertura della successione in uno dei modi indicati nell'art. 27'04 c. c., che non sia J.a morte o la sopravvenuta impossibilit� fisica di chi l'abbia sottoscritta. La norma, col negare valore agli eventi naturali, la cui effi cacfa certificativa della certezza della data di una scrittura � ricono sciuta, in via generale, dall'art. 2704 c. c., che regola l'istituto, pone, per la pi� ristretta sfera dei rapporti tributari, limitazioni al principio stabilito per una pi� ampia categoria di rapporti e, quindi, ad esso dero gando, ha contenuto eccezionale. Corretta l'affermazione dell'Ammini strazione, che ha sostenuto il carattere non eccezionale dell'art. 45 cit., deve riconoscersi che anche per le norme eccezionali � consentita l'in terpretazione estensiva, che consiste, al contrario di quella analogica che ha funzione adeguatrice per i casi non previsti, nella determinazione precisa del contenuto reale della norma col ristabilire il valore effettivo dell'inadeguata formula, che viene rettificata conformemente alla vo lont� legislativa. L'interpretazione estensiva, come quella analogica, si realizza attraverso un procedimento di astrazione logica per la ricerca di un comune principio regolatore, ma mentre nella prima il caso da risolvere � uguale a quelli previsti, e perci� rientra nella sfera di appli cazione della norma per volont� del legislatore stesso, in quella analo z, .!?ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA gica, invece, il caso non preveduto, ma avente lo stesso razionale fonda mento, si riporta nella disciplina della norma perch� simile a quelli da essa previsti. Per sostenere che l'art. 45 cit., dettato per la detrazione delle passivit�, si applichi, mediante un procedimento di interpretazione estensiva, anche per escludere dal computo dell'asse ereditario un immobile, l'Amministrazione ha affermato che entrambe le operazioni sostanzialmente tendono allo stesso risultato di diminuire la consistenza del patrimonio � ereditario e che, come � stato esposto nella discussione orale, le due ipotesi sono identificate nell'unica ragione della norma, costituita dalla esigenza di evitare prove precostituite a danno dei diritti del fisco. Entrambi gli argomenti addotti sono inidonei a giustificare l'assunto del1' Amministrazione, anche se il secondo si richiama a remoti precedenti giurisprudenziali delle Corti regolatrici non ancora unificate (Cass. 23 giugno 1904, 12 gennaio 1917, 31 marzo 1921). All'estensione di una norma ad un caso che non sembra rientrare nella formula usata dal l~gislatore, che pur lo previde, si perviene, �come si � detto, attraverso la ricerca della causa giustificatrice del precetto e dei principi generali ch� regolano la materia, e non per la eventuale identit� dei risultati concreti scaturenti dal caso previsto e da quello non espressamente compreso nella formula. D'altra parte, non � nep pure esatto che i risultat� delle due operazioni in esame siano identici: nel caso previsto dall'art. 45 cit., si vuol provare l'esistenza di passivit� costituite da debiti certi e liquidi per detrarle dall'asse, mentre nel caso di beni immobili venduti si contesta la consistenza del patrimonio in quanto si sostiene che i beni venduti non appartengono pi� all'asse. Come � dato arguire dalla collocazione nella sezione terza, relativa alla deduzione delle passivit�, dal riferimento letterale a debiti certi e liquidi, e dal collegamento con le altre norme che regolano la materia, tutte aventi per oggetto debiti, e cio� la prestazione di somme di danaro, l'art. 45 cit. riguarda le obbligazioni pecuniarie, cui soltanto � riferibile il concetto di liquidit� come determinazione quantitativa dell'ammon tare. In tali obbligazioni non pu� certo essere riportata quella di con segnare una cosa determinata ad un terz;o nascente da un contratto di compravendita di un immobile la cui propriet� � stata trasferita, prima dell'apertura della successione, con la scrittura privata che si offre in prova per dimostrare che �il bene non fa pi� parte del compendio eredi tario. In questo caso non si tratta, infatti, di pagare un debito col de durne l'importo dall'asse ereditario, bensi di escludere dal detto patri-� monio un bene che, essendo stato validamente alienato da de cuius ad un terzo, che ne � divenuto proprietario prima del decesso dell'alie nante, non � compreso nel compendio ereditario. L'estensione della norma riguardante le detrazioni di passivit� dell'asse ai casi di alienazione di beni da parte del de cuius costituireb 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO be, quindi, un'operazione di interpretazione analogica, non consentita in materia tributaria, e non estensiva, perch� si ricondurrebbe sotto l'unica disciplina non un caso uguale, rientrante nella stessa ratio ma non espressamente previsto, bens� un caso simile se non addirittura diverso. Accertato che i due casi non sono uguali e che non pu� procedersi all'interpretazione estensiva, come assunto dall'Amministrazione ricorrente, � irrilevante la ricerca della causa giustificatrice -ravvisata nell'esigenza di ordine pubblico di evitare prove precostituite -dell'art. 45 cit., la cui disciplina, in ordine alla prova rigorosa delle passivit� da darsi con scrittura registrata, non pu� estendersi alla fattispecie, che �, invece, regolata dall'art. 22 legge successioni. In conformit� dell'art. 18 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, relativo all'imposta di registro per i trasferimenti �di immobili, l'art. 22 dispone che, in mancanza di prove dirette, per sottoporre un immobile a tassa di successione � sufficiente l'iscrizione del de cuius nei ruoli delle imposte sui fabbricati e sui terreni, e il pagamento, in' conto proprio, di rate di imposte, o la prova di una convenzione che faccia presumere il diritto �di propriet� nell'autore della successione, salvo prova contraria. La prova contraria, trattandosi del trasferimento di immobili, pu� essere data, come nella specie, mediante scrittura privata, che, in mancanza di disposizioni limitative, abbia acquistato data certa anteriore ex art. 2704 c. c., �e, quindi, dal giorno della morte. La norma tributaria non ha apportato alcuna modifica a quella generale dettata per l'operativit� delle scritture private di fronte ai terzi, come, inv�ece, ha disposto per le scritture debitorie. La giustificazione della diversa disciplina pu� ravvisarsi: sul piano logico, nella pi� agevole precostituzione da parte dei contribuenti di scritture debitorie in frode delle ragioni dell'erario, che non di scritture �di vendita che, per se stesse, operano nei rapporti Interni delle parti il trasferimento del bene; e, sul piano processuale, nella diversa posizione degli eredi, i quali debbono, nella prima ipotesi, dare la prova diretta del fatto costitutivo delle passivit� ereditarie, e nella seconda ipotesi vincere una presunzione di legge con una prova contraria. In conseguenza, nel rigettare la censura esaminata pu� affermarsi il seguente principio di diritto: � nella liquidazione dell'imposta di successione, la scrittura privata, con la quale il de cuius ha alienato un bene immobile, per essere opponibile alla Finanza al fine di escludere il bene dal computo dell'asse ereditario, deve avere acquistato data certa, anteriore all'apertura della successione, in uno dei modi indicati dall'art. 2704 c. c., senza le limitazioni disposte dall'art. 45 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, che nega valore .certificativo agli eventi naturali della morte e della sopravenuta impossibilit� fisica di scrivere di colui che ha sottoscritto la scrittura �. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA 137 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2610 -Pres. Pece -Est. Roperti -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Terrasi-Oliva (avv. Sangiorgi). Imposta di registro -Sentenza -Occupazione senza titolo di immobili da parte della p. a. -Sentenza di condanna al risarcimento dei danni nella misura del valore venale dei beni occupati ed utilizzati per l'esecuzione di un'opera pubblica -Imposta proporzionale di trasferimento -Inapplicabilit�. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 1, 8, 18, 72; id., tariffa all. A, art. 1). Imposta di registro -Agevolazioni -Decadenza dalle agevolazioni per mancata o tardiv.a registrazione -Si verifica. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 110). La sentenza di condanna ai risarcimento dei danni per L'occupazione senza titoio di un immobiie, da parte deHa p. a., che L'abbia trasformato in opera pubbLica, non determina, ancorch� ia condanna si identifichi neH'attribuzione dei vafore venaie dei bene, n� ia trasmissione di propriet� dei bene stesso, n� dei diritto di uso o di godimento, in favore deH'ente occupante. Essa, pertanto, non Legittima L'appiicazione deHe imposte proporzionaii di trasferimento previste daU'art. 1 deHa tariffa aU. A aUa Legge organica dei registro (1). A' sensi deU'art. 110 deUa Legge di registro, si determina decadenza dai benefici, e sono dovute ie ordinarie imposte, e ie sopratasse, quando gii atti, per i quaii ie agevoiazioni sono previste, non vengono registrati entro ii termine di fogge (2). (Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente Amministrazione, denunciando la violazione degli artt. 8, 18 e 72 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 1, della tariffa all. A alla stessa legge, e all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., investe la impugnata sentenza, sostenendo che la Corte di merito avrebbe errato nel rite- In relazione alla seconda massima, e con specifico riferimento alla decadenza anche dal beneficio della registrazione a tassa fissa (decadenza implicitamente ammessa, peraltro, anche dalla sentenza in nota). C'fr. Cass., 26 luglio 1966, n. 2067, in questa Rassegna, 1966, I, 1100, ed ivi ulteriori richiami. Sulla questione di cui alla prima massima -(in riferimento a:lla quale e per il collegato problema dell'applicabilit� o meno, per la tassazione dell'atto di trasferimento alla p. a. dell'area gi� trasformata in opera pub 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nere che uriico effetto della sentenza 13 novembre 19,59 del Tribunale fosse quello di attribuire ai proprietari del terreno occupato una somma pari al valore del bene, con esclusione di �qualsiasi trasferimento o attribuzione di propriet� del bene stesso all'ente occupante e che, quindi, fosse applicabile non l'imposta proporzionale ma quella graduale. In particolare, secondo la ricorrente, la Corte non avrebbe considerato: a) che per l'art. 18 della legge di registro, in mancanza di prove dirette del trasferimento, fosse sufficiente la iscrizione del nuovo possessore nei ruoli dell'imposta terreni e che nella specie tale elemento esistesse perch� il terreno dei Terrasi era stato appreso dal Comune di Palermo che vi aveva costruito una strada pubblica; b) che in mancanza d�l formale atto di trasferimento si sarebbe dovuto applicare l'art. 72 della stessa legge di registro, in forza del quale, quando le sentenze pronunciano su domande per le quali non siano stati enunciati titoli registrati, si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la� tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua natura, se fosse stata precedentemente registrata; c) che l'imposta fosse ugualmente dovuta in forza del principio fondamentale di cui all'art. 8, comma secondo, legge di registro, che consente la tassazione in casi non espressamente previsti dalla legge tributaria; d) che, comunque, l'imposta fosse dovuta in base all'art. 1 della tariffa all. A, che sottopone 'ad imposta proporzionale il trasferimento non solo blica, della presunzione di cui all'airt. 47 della legge di registro, si consulti anche Oass. 8 luglio 1966, n. 1792, retro, 126, con nota di S. LAPORTA, La propriet� dei fondi occupati senza titolo e trasformati in opere pubbliche e la propriet� di tali opere) -pubblichiamo la seguente annotazione: Occupazione abusiva, condanna al risarcimento del danno ed imposta di registro. 1) La Corte Suprema ha confermato il principio gi� stabilito con sentenza 16 ottobre 1964, n. 2601 (in questa Rassegna, 1964, I, 961). Premesso che la sentenza di condanna al risarcimento del danno in somma corrispondente al valore del bene non attua il trasferimento del bepe stesso dal privato all'Amministrazione occupante (cfr., oltre alla sentenza in nota e a quella gi� richiamata, la decisione 12 giugno 1939, n. 1980, Giur. op. pubbl., 1939, 706, 'che escludeva, specificatamente, che il.'oocupazione dell'immobile e la sua destinazione ad un uso pubblico comportasse la trasformazione della propdet� privata in propriet� pubblica), la Corte ;t:J.a ritenuto che, anche ai fini della legge di registro, non sia possibile ravvisare l'esistenza di una trasmissione d'immobili assoggettabile ad imposizione. La tassazione della trasmissione supporrebbe sempre l'esistenza di un atto di trasferimento a carattere convenzionale, n� si potrebbe trarre argomento, in senso contrario, dal disposto dell'art. 18 e dell'art. 1 i:. d. n. 3269 del 1923, in quanto la tassazione disciplinata dalla prima norma PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 139 della propriet� ma anche dell'.so o godimento di beni immobili, avendo l'impugnata sentenza esplicitamente riconosciuto che nella specie vi era stata la perdita del godimento e della disponibilit� del terreno. Le censure, come sopra riassunte, sono tutte prive di fondamento. La questione se la sentenza di condanna al risarcimento dei danni sia passibile dell'imposta proporzionale di trasferimento, di cui all'art. 1 della tariffa di registro, oppure della normale imposta graduale, � stata gi� esaminata da questa Corte Suprema con la sentenza n. 2601 del 1964, nella quale � stato affermato che la condanna al risarcimento dei danni derivati dalla illegittima occupazione di un immobile, ancorch� si concreti nell'attribuzione al proprietario di una somma pari al valore venale del bene, non ne determina il trasferimento all'ente occupante; di conseguenza non compete alla Finanza l'imposta proporzionale di trasferimento. Da tale indirizzo, che risponde ad una perfetta esegesi della legge, non vi � motivo di discostarsi. Ha ritenuto la Corte .cii merito che non fosse dovuta dai resistenti Terrasi l'imposta proporzionale di registro, prevista per i trasferimenti a titolo oneroso della propriet� immobiliare, perch� con la pronuncia del Tribunale di Palermo, sulla quale la Finanza pretende il pagamento �di tale imposta, era stato attribuito ai Terrasi il risarcimento dei danni da essi subiti per la illegittima occupazione del terreno si riferirebbe pur sempre ad un atto di trasferimento, la cui esistenza sarebbe presunta in base a fatti noti che consentirebbero di risalirvi. Questa impostazione non pare esatta, quanto meno perch� l'imposta di registro, secondo il disposto dell'art. 1 della tariffa all. A, prescinde, almeno in alcune ipotesi, dall'esistenza di un atto di trasferimento a carattere convenzionale (cfr. PERRIGONE, Trattato del diritto tributario del registro, Milano, 1962, 172 segg.). Vero � che, secondo la dottrina, l'art. 1, interpretato in funzione dell'art. 18 legge di registro, non postula l'esistenza, ai fini fiscali, di � trasmissioni d'immobili � che non discendano dalla formazione di un atto redatto per scritto (in deroga al principio posto .dall'art. 1350 c. c.), ma deroga semplicemente al principio per il quale il possesso dell'atto da parte dell'ufficio � condizione perch� l'imposta possa essere riscossa (JAMMARINO, Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino, 1959, I, 75 segg.; UCKMAR, La legge del registro, Padova, 1949, I, 245 segg.; cfr. anche AvEZZA, La legge sulle tasse di registro, Firenze, 1884, 61 segg. e 544 segg., che, pur accettando la distinzione fra tasse di atto e tasse di mutazione, non sembra attribuirle altro valore che quello di escludere la necessit� del possesso dell'atto per l'applicazione di .queste ultime, poich� ritiene non tassabile la convenzione verbale di trasferimento immobiliare). La presunzione si riferisce, tuttavia, direttamente al trasferimento, anche se -nella ipotesi di prove indirette elencate esemplificativamente dall'art. 18 -esso si faccia discendere dalla implicita deduzione conse 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di loro propriet� da parte del Comune di Palermo, ma non era stato realizzato in concreto, il trasferimento a quest'ultimo della propriet� di tale terreno, la quale era, teoricamente, rimasta ai Terrasi per non essere sopravvenuto il decreto di espropriazione del terreno medesimo, n� intervenuto tra le parti alcun negozio che ne operasse il trasferimento. Ora, come � stato osservato nella citata sentenza di questa Suprema Corte, la condanna al risarcimento dei danni cagionati dalla illegittima occupazione dell'immobile, ancorch� si identifichi nella attribuzione del valore venale. di esso, non ne .. determina il trasferimento all'ente occupant~ perch� tale pronuncia, per la sua intrinseca natura, non pu� inquadrarsi tra gli atti giudiziali traslativi a titolo oneroso della propriet�, per i quali l'art. 1 della fa.riffa all. A della legge di registro prevede la applicazione dell'imposta di trasferimento. Invero, il principio generale dettato da tale articolo richiama gli elementi essenziali del contratto di compravendita (e cio� il consenso, la cosa ed il prezzo), e stabilisce (nella nota marginale) che l'imposta di registro deve essere liquidata (al momento della registrazione) sul prezzo e sugli altri corrispettivi posti a carico dell'acquirente, giusta l'art. 43 della legge di registro. Ci� pone in evidenza la necessit� di un atto negoziale di trasferimento del bene, di cui non pu� far le guenziale dell'esistenza di un atto scritto (Cass., 12 novembre 1965, n. 2357, in questa Rassegna, 1965, I, 1305). Pur con queste riserve, � difficile invalidare il ragionamento seguito dalla Corte Suprema, nei termini formali con i quali la questione � stata impostata. Nella specie, infatti, la Corte esclude positivamente l'esistenza della trasmissione di immobili considerando che i fatti noti (occupazione, condanna al risarcimento) non si pongono come presunzioni di una trasmissione in ipotesi derivante da titolo non noto all'Ufficio e che l'Ufficio non sarebbe tenuto a conoscere e ad indicare, ma esauriscono la fattispecie senza poter integrare il trasferimento immobiliare. � per� altrettanto difficile sottrarsi alla sensazione di ingiustizia suscitata, in concreto, dalla pronuncia, giacch�, quanto meno di fatto e secondo l'ordinario modo di sentire, non par dubbio che la situazione determinata dalla condanna dell'Amministrazione occupante al pagamento del valore del bene e al ristoro del danno dipendente dal mancato godimento del bene medesimo per il periodo di occupazione illegittima (Cass., 14 maggio 1962, n. 1002, Giust. civ., 1962, I, 510), in quanto postula la definitivit� della perdita del bene da parte del proprietario (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, I, 85), sia equivalente alla situazione determinata dal trasferimento del bene in seguito all'emanazione di decreto di espropriazione. 2) Ora, a me pare che questa sensazione di ingiustizia possa esser tradotta in una critica giuridica del principio affermato nella sentenza, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 141 veci una sentenza di condanna per risarcimento di danni, la quale, avendo come unico effetto giuridico l'attribuzione di una somma di danaro per il danno economico sofferto dai proprietari del bene, consistente nella perdita della disponibilit� del bene stesso, esclude che possa avere anche effetto traslativo dell'immobile. _Nessuno addebito pu�, peraltro, farsi all'impugnata sentenza di avere ritenuto non applicabile l'art. 18 della legge di registro. Correttamente la Corte di merito ha considerato non invocabile la norma predetta, la quale non colpisce un trasferimento inesistente, ma in determinati casi stabilisce che si possa presumere la esistenza del negozio traslativo e che questo possa essere tassato. Oggetto di tale presunzione non � il fatto del trasferimento, ma la esistenza di un contratto di trasferimento soggetto ad imposta, che le parti non hanno sottoposto a registrazione. E la obbligazione di pagare l'imposta sorge in quanto le parti volontariamente abbiano posto in essere l'atto, che d� luogo all'applicazione della imposta, rimasto tuttavia occulto. In altri termini, l'art. 18 presuppone che un trasferimento sia gi� avvenuto in precedenza, nel qual caso � consentito alla Finanza di esigere l'imposta senza che sia in possesso della convenzione ma in base a dati di fatto che, accertati, pongono una presunzione iuris tantum ove �si ponga in discussione l'esattezza del primo termine deil. sillogismo nel quale si articola la decisione in nota e cio� l'affermazione secondo la quale la .condanna dell'Amministrazione occupante al pagamento del valore del bene abusivamente e definitivamente occupato non concreta un trasferimento immobiliare. � il caso di osservare, preliminarmente, che il principio affermato nell'ormai lontano 1939, da un lato riguardava, in maniera diretta, la sola occupazione e destinazione del bene privato ad uso pubblico; .da un altro non teneva conto, ovviamente, dell'evoluzione giurisprudenziale recente in tema di risarcimento del danno dipendente da occupazione abusiva resa definitiva. La discussione pu� quindi essere impostata su basi diverse da quelle allora considerate dal Supremo Collegio. Richiamandomi, per un'analitica esposizione della recente giurisprudenza e della sua evoluzione, al lavoro di F. CARUSI (Tutela giudiziaria di proprietario di immobite occupato, etc., in questa Rassegna, 1966, I, 1047 segg.), osservo che i principi essenziali cui la C:orte Suprema si ispira possono essere cosi sintetizzati: a) risarcimento integrale del danno anche con riferimento ai danni futuri, iin funzione dell'ammessa definitivit� della perdita del bene (Oass., Sez. un., 17 maggio 1961, n. 1164, cit.); b) natura sostitutiva del risarcimento rispetto alla restituzione del bene e natura reale dell'azione proposta dal privato, che si atteggia come una rivendicazione (Cass., 14 maggio 1962, n. 1002, cit.; Cass., Sez. un., 8 febbraio 1957, n. 490, Acque, Bon. Costr., 1957, 320; Cass., 16 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). I I I i 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di esistenza della convenzione medesima, salva al contribuente la prova contraria, escJusa quella testimoniale. Ma quando nessun negozio � intervenuto tra le parti (e nella specie la prova della inesistenza di qualsiasi convenzione o fatto traslativo emerge da tutto lo svolgimento dei fatti, in cui la mancanza �di un atto negoziale traslativo ha costituito addirittura il presupposto della lite e della sentenza di condanna), si � senz'altro fuori del campo di applicazione dell'art. 18. A torto, poi, si sostiene che la Corte avrebbe dovuto applicare la disposizione di cui all'art. 72 della legge di registro. Tale norma prevede pure che un contratto sia stato stipulato anteriormente al giudizio e sia stato posto a fondamento della sentenza oggetto della tassazione, nel qual caso si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua natura, se fosse stata precedentemente registrata. Nella specie, invece, a fondamento della sentenza, oggetto della tassazione -secondo quanto accertato dalla Corte di merito -non � stata posta alcuna convenzione, ma un illecito comportamento del Questi caratteri hanno indotto ad affermare che il risarcimento soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti al proprietario (Cass. 10 ottobre 1962, n. 2919, Giust. civ., 1962, I, 1374) tant� che, ove l'Amministrazione dovesse restituire l'immobile spontaneamente, desistendo dalla sua utilizzazione, dovrebbe farsi luogo � alla definizione della nuova situazione, tenendosi conto di quanto gi� percepito al momento del risarcimento del danno e del valore dell'area al momento della restituzione � (Cass., 14 dicembre 1960, n. 3249, Foro amm., 1961, Il, 236). 3) I principi come sopra enunciati mi sembrano in contraddizione reciproca. Se i diritti spettanti al proprietario (in forza dell'azione reale di rivendicazione) sono integralmente soddisfatti con l'attribuzione del va lore venale del bene, che significato si pu� attribuire, sul piano del nostro ordinamento positivo, all'affermata permanenza del diritto di propriet� inteso come nudum nomen? E come � possibile conciliare i richiamati attributi dell'azione con l'affermazione secondo la quale, in caso di resti tuzione spontanea del bene, si deve tener conto di quanto il privato ha percepito, nonch� del valore che il bene ha al momento della restituzione? Sussiste, in .realt�, fra la condanna dell'Amministrazione al pagamento del valore del bene (intesa �come conseguenza dell'esercizio dell'azione reale di rivendicazione con sostituzione della prestazione di dare alla pre stazione di fare) e la permanenza del diritto di propriet� in capo al pri vato, una radicale contraddizione, gi� rilevata in dottrina (S'A.NDULLI A. M., Ancora sutle conseguenze dell'occupazione � sine titulo � di beni privati da parte della p. a., Riv. giur. ed., 1960, I, 16). Mi pare, perci�, necessario scegliere fra le due soluzioni logicamente possibili, consistenti nel ricono scere all'azione del privato natura di azione personale per il risarcimento del danno dipendente dall'occupazione (con le necessarie conseguenze in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 143 Comune di Palermo, sottratto, come tale, a qualsiasi adempimento di registrazione. Pertanto, l'invocato art. 72 � inidoneo a disciplinare la fattispecie in esame. Neppure pu� giovare il richiamo al secondo comma dell'art. 8, legge di registro. L'applicazione di tale norma non � possibile, perch� al trasferimento dell'uso o godimento di immobile mediante atto negoziale previsto dall'art. 1 della tariffa non pu� essere equiparato per analogia l'uso o il godimento che prescinda da una convenzione e si basi su un atto illecito, trattandosi di� atti aventi natura ed effetti profondamente diversi, per cui deve ritenersi escluso il ricorso al procedimento analogico disciplinato dalla disposizione in esame. � vano, infine, invocare l'art. 1 della pi� volte menzionata tariffa ali. A per sostenere la fondatezza della tassazione. Non � esatto sostenere che la sentenza impugnata avrebbe riconosciuto il diritto del Comune al godimento del terreno. In effetti, la Corte di merito non ha inteso attribuire n� la propriet� del terreno n� altri diritti reali, quali l'uso o il godimento del terreno stesso, ma ha soltanto -come si � gi� visto -determinato ed �attribuito agli interessati ~materia di prescr1z10ne ed anche di determinazione del danno), ovvero nel riconoscere -ferma la natura reale dell'azione e il carattere sostitutivo della prestazione di dare oggetto della condanna rispetto all'obbligazione avente ad oggetto la restituzione -che la condanna stessa trasferisce all'occupante il diritto di propriet�, ovvero d� atto del trasferimento verificatosi ocn la stabile destinazione del bene al soddisfacimento di un pubblico interesse. 4) Un interessante tentativo di elidere le contraddizioni insite nella giurisprudenza della Cassazione senza tuttavia giungere alla difficile af fermazione di un trasferimento fondato su un modo di acquisto della propriet� non risultante da disposizione legislativa � 1costituito dalla tra sposizione, nella materia in esame, dei principi fissati dalla Corte costi tuzionale con la sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 (in questa Rassegna, 1966, I, 15), accolti anche dalla Cassazione con sentenza 20 agosto 1966, n. 2267 (id., 1966, I, 872: trasposizione prospettata dal CARUSI, Tutela giudiziaria, ecc., cit.), secondo il quale la sentenza di condanna dell'occupante si at teggerebbe come vero e proprio atto espropriativo in senso materiale, che, pur non incidendo sulla astratta e nuda titolarit� del diritto di propriet�, ne sancirebbe lo svuotamento. (E, sull'argomento, cfr. ulteriormente, OA ausr, Ancora sulla tutela, etc., retro 99). La sentenza di condanna dell'occupante potrebbe costituire titolo, allora, se non del trasferimento della propriet�, almeno del trasferimento dell'uso o godimento dell'immobile, con conseguente tassazione ai sensi dell'art. 1 della tariffa all. A alla legge di registro. FRANCO BATISTONI FERRARA 144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il risarcimento dei danni ad essi derivati dall'illegittima occupazione; quindi nessun trasferimento di uso o di godimento pu� ritenersi legittimamente avvenuto, in ordine ai quali vige la stessa disciplina dell'atto negoziale prevista per il trasferimento della propriet�, ai fini dell'assoggettamento all'imposta proporzionale. Col secondo mezzo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 110 legge di registro in relazione all'art. 360, n. 3 c. p. c., e sost.iene che la Corte di merito ha errato nell'affermare che comunque nella specie si tratterebbe di un atto di trapasso a favore di un comune per l'espropriazione o l'acquisto di immobili occorrenti per l'esecuzione del piano regolatore e, quindi, si tratterebbe di un atto .soggetto a tassa fissa di registro, perch�, a norma dell'art. 110 della legge di registro, tutti gli atti e contratti per i quali con legge � stata concessa riduzione delle normali tasse di registro decadono da tali benefici, e sono applicabili le normali tasse e sopratasse, quando gli atti e contratti non vengono sottoposti a registrazione entro il termine di legge, sicch� deve escludersi che ad una specie come quella in esame sia possibile l'applicazione di benefici tributari in terna di imposta di registro. In ordine a tale censura va rilevato che essa non vulnera la sentenza denunciata, giacch�, pure prestandosi l'ultima parte della motivazione alla critica, la decisione rimane sorretta da altre ragioni che la giustificano pienamente. Non pu� disconoscersi che la Corte di merito sia incorsa in errore allorch� ha affermato che anche se alla sentenza, che ha dato luogo alla richiesta del tributo de quo, si voglia attribuire l'effetto del trasferimento della propriet�, si tratterebbe di un atto di trapasso in favore di un Comune per l'espropriazione o l'acquisto di immobile occorrente per l'esecuzione del piano regolatore e, quindi, di un atto soggetto a tassa fissa di registro. Tale ragionamento non ~ppare conforme a legge perch� la Corte non ha tenuto presente la regola prevista dall'art. 110 della legge di registro per la concessione dei benefici tributari, secondo la quale tutti gli atti e contratti per i quali con leggi � stata concessa riduzione, decadono da tale beneficio, e sono applicabili le ordinarie tasse e sopratasse, quando gli atti e contratti predetti non vengano sottoposti a registrazione entro i termini di legge. Ma se ci� � vero, e sotto questo profilo la denunciata sentenza va corretta, � per� anche vero che il rilevato errore non ha sostanzialmente influito sulla decisione, si da determinare l'annullamento, giacch� si � trattato di una affermazione superflua, la quale pu� senz'altro eliminarsi dal contesto della motivazione della sentenza denunciata, la cui decisione resta pur sempre fondata�� su diverse ed ineccepibili ragioni, quali quelle sopra esaminate. -(Omissis). PAR'l'E 11 SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 145 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2941 -Pres. Rossano -l!:st. Malfitano -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Vaglio Rubens (avv. Scandale). Imposta di registro -Societ� -Trasferimenti di quote di societ� in accomandita semplice -Regime tributario dei trasferimenti anteriori e .di.<quelli successivi all'abolizione dell'imposta di negoziazione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 27; id. tariffa A, art. 108; id. tab. E, articoli 10, 11; 1. 6 agosto 1954, n. 603, artt. 26, 36). Secondo .la normativa anteriore alla legge 6 agosto 1954, n. 603, la s()ttoposizione a tassa fissa dei trasferimenti di azioni di societ�, ai seiisi dell'art. 108 della tariffa A allegata alla legge del registro, era giustificata dall'assoggettamento dei titoli all'imposta di negoziazione, e, pertanto, l'esenzione dall'imposta proporzionale, anche ai sensi dell'art. 10 della tabella E allegata alla stessa legge organica, doveva ritenersi estesa ai trasferimenti di quote di societ� in accomandita sem-. plice, del pari soggette a quel tributo sostitutivo. Una volta abolita l'imposta di negoziazione, simultaneamente, per il venir meno del presupposto dell'esenzione, si � resa applicabile l'imposta proporzionale di registro per i detti trasferimenti di quote di societ� in accomandita semplice, e tale applicabilit� va riferita non soltanto ai trasferimenti successivi all'entrata in vigore della legge 6 agosto 1954, n. 603, che dispose l'abolizione del tributo surrogatorio, ma anche a quelli posti in essere anteriorm�nte, a far tempo dalla data del 1� gennaio 1954, dalla quale quell'abolizione ebbe effetto (1). (Omissis). -Cc;m il primo motivo si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che anche ai trasferimenti delle quote e delle carature delle societ� in accomandita semplice verificatisi prima della entrata in vigore della 'l. 6 agosto 1954, n. 603, con la quale fu abolita dal 10 gennaio 1954 l'imposta di negoziazione, fosse applicabile il beneficio della registrazione a tassa fissa, previsto dall'art. 108 della legge di registro. In proposito si deduce che questa disposizione riguarda soltanto le azioni e le quote di societ� a responsabilit� limitata, in (1) La Corte Suprema, estendendo un orientamento che gi� si era consolidato con riferimento alla questione che si era fatta per le cessioni di quote di societ� a responsabilit� limitata (cfr., da ultimo, Cass. 15 mar:iio 1966, n. 732, in questa Rassegna. 1966, I, 682, ed ivi ulteriori richiami in nota; v. inoltre, Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 483), ne fa applicazione anche ai trasferimenti di quote di societ� in accomandita semplice, ed. all'uopo, in relazione al sistema anteriore alla legge 6 agosto 1954, n. 603, osserva che anche per tali trasferimenti doveva ritenersi non dovuta l'imposta proporzionale di registro, nel rilievo che anche le dette societ� erano soggette all'imposta di negoziazione, avente carattere surro12 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quanto H legislatore ha voluto adottare il trattamento tributario dii. favore soltanto per i titoli di maggiore circolabilit�. La censura � infondata. Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato (v. sent. numero 2113 del 1963), la ratio della esenzione dell'imposta proporzionale di registro per le negoziazioni dei titoli delle societ� per azioni, e della sottoposizione aUa sola imposta fissa degli atti di negoziazione di essi, 'stabilite dall'art. 108 della tariffa allegato A della legge di registro nel testo vigente prima delle modifiche apportatevi dalla legge abolitiva dell'imposta di negoziazione, consisteva evidentemente nella circostanza che quei titoli erano gi� soggetti a questa imposta, la quale aveva carattere surrogatorio dell'imposta di registro sui trasferimenti. L'articolo citato, infatti, si riferiva ai titoli � soggetti alla tassa annuale di negoziazione � e l'art. 10 della tariffa alligato E, che elenca. gli atti esenti dalla registrazione anche in caso di uso, prima delle cennate modifiche conteneva un analogo riferimento, nonch� una nota, la quale stabiliva l'applicabilit� della esenzione sempre che fosse giustificato il pagamento dell'imposta di negoziazione. Atteso, quindi, il carattere surrogatorio della imposta di negoziazione, l'applicazione deHa imposta di registro sui trasferimenti dei menzionati titoli avrebbe dato luogo ad una illegittima duplicazione di tributi. Ora, poich� in base al chiaro dettato delle disposizioni contenute nell'art. 1 del r. d. 15 dicembre 1938, n. 1975, modificato dal d. 1. 5 settembre 1947, n. 1173, erano soggette alla imposta di negoziazione� � le quote o carature comunque denominate � delle societ� commerciali in genere, in quanto cedibili con effetto verso la societ� e, quindi, anche le quote e carature delle societ� in �accomandita semplice, ricor.....,.;. reva per la cessione di questi titoli la stessa ratio per escluderla dall'assoggettamento all'imposta proporzionale di registro. Esattamente, pertanto, la Corte di merito ha ritenuto che prima del 1o gennaio 1954 le cessioni delle quote e delle carature delle societ� II in accomandita semplice, per le quali era stata corrisposta l'imposta gatorio (Ma sarebbe da osservare che, a proposito dei trasferimenti di. quote di societ� a responsabilit� limitata, veniva anche congiuntamente ri Ilevato, a sostegno di quella conclusione, che si trattava di titoli di societ� di capitali, per i quali il pi� favorevole trattamento tributario sarebbe stato da considerare voluto in vista della semplicit� di negoziazione dei titoli stessi: cosa da escludere, in principio, per le quote delle societ�. Ii di persone). Quanto alla seconda parte della massima, � da dire che la soluzione accolta appare ineccepibile, anche in coerenza alla premessa da cui muove lii la sentenza, e, in particolare, alla ratio per la quale si � giustificata la, J anteriore inapplicabilit� dell"'imposta proporzionale di registro. . ~ I ' -~ ~l.1ia1K�wSlfaallfl�fl'1.Fl8Wlif.a#14'~ill PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 147 di negoziazione, erano soggette soltanto al pagamento della tassa fissa stabilita dall'art. 108 della legge di registro. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, per aver ritenuto che la cessione delle carature della Societ� Beni Urbani, fatta dal Rivetti al Rubens, fosse esente dal pagamento della imposta proporzionale di registro, sebbene fosse stata eseguita con atto registrato il 20 luglio 1954, cio�, quando l'imposta di negoziazione non era pi� applicabile, avendo la legge n. 603 del 1954 stabilito l'abolizione dell'imposta medesima con effetto dal 1� gennaio 1954. In pr�posito si deduce che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che l'abolizione con effetto retroattivo dell'imposta di negoziazione non comporti l'inapplicabilit� per il periodo di retroattivit� anche della esenzione dal pagamento della imposta proporzionale di registro, perch�, venuto meno il presupposto dell'esenzio~e, questa non era pi� applicabile e, quindi, la cessione era soggetta alla normale imposta di registro sui trasferimenti. ~ La censura � fondata. L'art. 26 della I. 6 agosto 1954, n. 603, ha abolito l'imposta di negoziazione con effetto dal 1� gennaio 1954. Ora, poich�, come si � rilevato innanzi, nel regime tributario anteriore al 1� gennaio 1954, il pagamento della imposta di negoziazione costituiva il presupposto dell'esenzione dal pagamento dell'imposta proporzionale di registro sui trasferimenti delle quote e delle carature delle societ� in accomandita semplice, l'abolizione dell'imposta di negoziazione comportava la simultanea inapplicabilit� della detta esenzione. Conseguentemente l'atto di cessione delle carature della societ� Beni Urbani registrato il 20 luglio 1954, per le quali non era stata pagata l'imposta di negoziazione, era soggetto al pagamento dell'imposta pro porzionale di registro sui trasferimenti. N� vale obiettare che, cosi concludendo, si viene a dare effetto retroattivo all'art. 36 della legge n. 603 del 1954, contenente il nuovo testo dell'art. 108 della legge di registro, il quale non fa pi� riferimento alla imposta di negoziazione, sebbene il legislatore non abbia compreso tale articolo tra quelli ai quali ha attribuito effetto retroattivo, perch� la conc'1usione alla quale si � pervenuti � il risultato non dell'attri buzione di effetto retroattivo alla cennata norma, ma della puntuale applicazione del principio secondo cui, abrogata una norma, viene meno la possibilit� di applicazione di quelle norme che trovano in essa il presupposto per la loro applicazione. La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto ritenere legittimo l'ac certamento dell'imposta proporzionale di registro sull'atto di cessione delle carature della societ� Beni Urbani a favore del Rubens e, conse guentemente, rigettare la domanda da questi proposta nei confronti dell'Amministrazione delle Finanze. -(Omissis). 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 gennaio 1967, n. 141 -Pres. Favara -Est. Giannattasio -P. M. Di Salvo (parz. diff.) -Ministero Finanze (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Soc. Oleificio di Orzinuovi (avv. Clerici). Imposte doganali Diritto di licenza Merci introdotte in temporanea importazione e poi definitivamente importate -Momento della nascita dell'obbligazione per il diritto di licenza�-� quello del rilascio della licenza di importazione definitiva in deroga ai divieti. (d. l. 18 dicembre 1913, n. 1453; d. 1. 14 novembre 1926, n. 1923; d. 1. 13 maggio 1935, n. 894; 1. 15 giugno 1950, n. 330). Imposte e tasse in genere -Interessi Decorrenza degli interessi a favore del contribuente Disposizioni della 1. 26 gennaio 1961, n. 29 Applicabilit� ad ogni specie di tributo -Condizioni. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 5). f Per' le merci introdotte in temporanea importazione, il momento da considerare ai fini dell'imposizione del dirittb di licenza (istituito col d. l. 13 maggio 1935, n. 894, e soppresso con la legge 15 giugno 1950, n. 330) non era quello della scadenza del termine per la riesportazione, o addirittura dell'antJeriore dichiarazione di immissione delle merci al donsumo, bens� quello dell'effettivo rilascio della speciale autorizzazione ministeriale ad effettuare l'importazione definitiva in deroga ai divieti (1). (1) In motivazione sono ricordate, tra altre, C:ass., Sez. I, 22 aprile 1964, nn. 955, 956, 957 e '958 (in questa Rassegna, 1964, I, 586) e Sez. Un. 25 giugno 1965, n. 1336 (ivi, 1965, I, 1040), che, pur specificamente relative alla diver.sa questione dell'applicabilit� o meno del diritto di licenza per le merci oggetto di importazione c.d. � a dogana � (sul qual punto, cfr., anche Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 692), ugualmente sottolineavano che funzione della norma impositiva era quella di colpire il maggior reddito derivante all'importatore dalla situazione di privilegio in cui era posto, rispetto ad altri che la licenza, in deroga ai divieti, non avessero ottenuto. Cosi, considerata la licenza quale presupposto dell'imposizione, la Corte Suprema ha ora osservato che, nelle importazioni temporanee di merci non importabili senza licenza, soltanto il rilascio di questa legittimava l'importazione definitiva e determinava l'insorgenza dell'obbligo tributario per il diritto di licenza, non essendo invece sufficiente l'inutile scadenza del termine concesso per la riesportazione. Ed al riguardo, bench� la questione sia ormai di ben limitato interesse, essendo stato il diritto di licenza da tempo abolito (1. 15 giugno 1950, n. 330), e fermo restando che per l'individ~azione 1~~1 momte:ito ddellf~ ?t~scita( fdelcl'obbh2'g9az1ion1~ d 1 ' 9 im 57 - posta era da c_onsiderare impor azione e ini iva c r. � ass. ug io , ,I; ,: ~:_:_�_' ~ n. 2191, Giust. civ., 1958, I, 114; Cass. 26 novembre 1956, n. 4307), sembra 149 si applica non affari, cui espressamente tributi, ferma restando, in restituzione della somma capi ~~ii~~~i:2;;(se1~e.....~arrn~.rr~iin�istra;tiva o giudiziaria, con provvedi- motivo l'Amministrazione ricorrente f\fl:~~~L#ci1#e ~ ltllsl ~.pp'.lic~tzicme dell'art. 1 r. d. 1. 13 maggio 1935, in relazione all'art. 55 1. 25 settembre 1940, .,..,... .,, �...'"� 13 febbraio 1896, n. 65, nonch� degli artt. 17 ~l :rit1:1neire irrilevante la scadenza del termine fissato per la ell'afl~erm~1re che l'obbligo del pagamento del diritto )/}ql]j~~~})2:asoi~ge esclusivamente nel momento del pagamento dei diritti momento in cui sorge il diritto di licenza -secondo la r�c~orre11te -coincide con l'importazione effettiva della merce ammessa alll'i:r.nporta21io.ne, e quindi, nel caso di precedente importazione temporanea della merce, con l'importazione definitiva; se il termine per la riesportazione non � ancora scaduto, l'importazione definitiva si ha nel momento di dichiarazione di immissione in commercio nello Stato delle merci temporaneamente importate; se, invece, il termine � scaduto, la merce, anche se non ancora nazionalizzata e perci� tuttora soggetta al potersi osservare che la soluzione di cui alla massima, e tanto pi� nella sua assolutezza, pu� dare' adito a perplessit�; perch�, invero, considerata la diversa funzione delle norme sulle importazioni temporanee (volte a consentire una agevolazione, sotto il profilo tributario, per l'importazione<ii merci da introdurre nello Stato per determinati scopi, e da riesportare), �� � ~ 1'ieUe disposizioni, poi, regolanti i divieti, aventi carattere economico ��� . '\l'~u~io, si sarebbe potuto rilevare che la importazione di merci com ��� pt'~,S� nei detti divieti, e perci� non importabili senza licenza, non avrebbe P:6:t1lto .aver luogo, in principio, nemmeno come importazione tempora.. J:lml11 $;� ll,Oll previo rilascio della licenza stessa : con l'ulteriore conseguenza ~Il.~ ~ iji.11ncata riesportazione, o l'anteriore dichiarazione di immissione // ���� 4;e11e: fri~#~fal consumo, si sarebbero potute valutare come di per s� gi� i('.l<>:).t�e a (].ete?minare la trasformazione dell'importazione da temporanea in d�finitiva, e quindi a concretare il presupposto per l'applicabilit� del tributo ili parola. (2) Nel sens.e dell'applicabilit� delle disposizioni sugli interessi, di cui alla legge 26 gennaio 1961, n. 29, anche in materia diversa da quella, espressamente contemplata, dei tributi indiretti sugli affari, la Cassazione si era gi� pronunciata (Cass. 6 agosto 1964, n. 2241, Riv. Leg. Fisc., 1964, 2141, in controversia relativa ad imposte di consumo), ugualmente osservando, al fine, che la citata legge conferma, in definitiva, un principio gi� 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pagamento dei diritti doganali, � per� gi� importata in modo definitivo. Pertanto, in caso di temporanea importazione, l'obbligo di pag'are il diritto di licenza sorge nel momento della dichiarazione di immissione al consumo, se fatta prima della scadenza del termine fissato per la riesportazione, e, in mancanza, nel momento della scadenza del termine stesso, La censura � infondata. Il diritto di licenza fu istituito con il r. d. I. 13 maggio 1935, n. 894 per colpire il soprareddito, o maggior incremento economico, derivante dall'importazione di merci, per la situazione di privilegio in cui l'importatore veniva posto rispetto agli altri che quel permesso non avevano ottenuto, in modo da operare una perequazione tributaria nel quadro del regime autarchico allora vigente, nel quale la regola era costituita dal divieto di importazione di merci e l'eccezione dallo speciale permesso o licenza da rilasciarsi per i singoli casi a domanda degli interessati. A seguito dei provvedimenti sulla liberalizzazione degli scambi, di cui ai decreti ministeriali 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949, il diritto di licenza fu soppresso con 1. 15 giugno 1950, n. 330. Il problema che oggi si pone � quello di stabilire se, nel regime di temporanea importazione, il momento da tenere presente, ai fini dell'imposizione del tributo connesso alla particolare concessione della licenza in deroga al generale divieto di libera importazione per il privato, era quello della scadenza del termine fissato per la riesportazione (o addirittura quello anteriore a tale scadenza, nel caso di dichiarazione di immissione al consumo), come sostiene l'Amministrazione ricorrente, ovvero quello dell'effettivo rilascio della licenza in deroga, come ha ritenuto la sentenza impugnata. ammesso per ogni specie di tributo in base alla precedente legislazione, e soltanto innova per ci� che riguarda la decorrenza degli interessi, a carico dell'Amministrazione, ora riferita alla data della domanda di rimborso, e prima, invece, a quella in cui il provvedimento di restituzione del tributo fosse divenuto definitivo (E va rilevato, peraltro, che la generale applicabilit� di quelle disposizioni a �tutti i tributi�, secondo l'espressione della sentenza in rassegna deve intendersi comunque in relazione all'ipotesi della mancanza di una specifica disciplina in argomento, e con esclusione, cosi, di ci� che attiene alle imposte dirette riscuotibili con ruoli, per le quali norme espresse, se pur analoghe, sono poste dalla I. 25 ottobre 1960, n. 1316). In senso contrario alla massima, cfr. App. Milano, 26 marzo 1963, Foro Pad., 1963, I, 844, con nota di A. CH1cco, ed App. Genova, 22 dicembre 1965, n. 827. Circa la spettanza degli interessi anche su somme versate prima della data di entrata in vigore della legge n. 29 del 1961, e per� con decorrenza dalla data stessa, la giurisprudenza � ormai consolidata (cfr., tra le pi� recenti, Cass., 11 luglio 1966, n. 1822, in questa Rassegna, 1966, I, 938, e, da ultimo, Cass. 25 febbraio 1967, n. 432, di cui si omette la pubblicazione). . , ! 151 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La tesi della ricorrente, condivisa dal Procuratore generale, si appoggia a remote pronunce di questo Supremo Collegio (Cass. 10 maggio 1943, n. 1111, 28 agosto 1948, n. 1558), anteriori ai provvedimenti di liberalizzazione degli scambi, ma � stata ripudiata da tutta una serie di successive sentenze (Cass. 26 novembre 1956, n. 4307; 29 luglio 1957, n. 2191; 22 aprile 1964, n. 955, 956, 957 e 958), anche a Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1336). Secondo il pi� recente indirizzo, convalidato da un decennio di pronunce conformi, le concessioni governative in deroga al generale divieto di importazione costituivano il presupposto per la percezione dei diritti di licenza, nel senso che il diritto di licenza trova la sua giustificazione unicamente in funzione ed in collegamento alla facolt� del Ministero delle Finanze di accordare speciali permessi in deroga ai divieti di importazione allora esistenti (d.1.1. 14 novembre 1926, n. 1923, art. 45; dd. mm. 28 dicembre 1939, 15 e 19 luglio 1940). Alla stregua di tale principio, riesce agevole la soluzione del problema proposto. Pdma dell'abrogazione del diritto di licenza, nel caso di merci importate in regime di temporanea importazione, quel diritto era dovuto allorch� l'importazione da temporanea fosse divenuta definitiva. Ma, ove per l'importazione definitiva, e cio� per l'assimilazione della merce estera a quella nazionale, era previsto un divieto con un sistema di deroghe costituito da provvedimenti <li carattere generale o, come nella specie, da uno speciale permesso, �e prima della scadenza del termine per la riesportazione quel permesso era stato �hiesto dall'importatore delle merci al Ministero delle Finanze, di legittima importazione non poteva parlarsi fino all'emanazione del provvedimento in deroga e non poteva quindi sorgere l'imposizione del diritto di licenza, che da quel provvedimento aveva causa. Non importa, se, nell'intervallo, decorreva intero il termine per la riesportazione della merce, perch� nel periodo di tempo necessario per ottenere l'autorizzazione ministeriale -e che pu� essere assai lungo, e che � di regola superiore a quello che la bolletta di temporanea importazione fissa per la riesportazione del prodotto -quest'ultimo termine deve ritenersi sospeso fino al momento della concessione (o del rifiuto) dell'autorizzazione all'importazione definitiva e alla nazionalizzazione della merce, prima di vietata importazione. Con l'effetto che, ove alla data -di entrata in vigore della 1. 15 .giugno 1950, n. 330, l'autorizzazione in deroga al divieto di importazione non era stata ancora rilasciata, sebbene richiesta prima della scadenza del termine fissato per la riesportazione, non esisteva a quella data un diritto dell'Amministrazione finanziaria a pretendere il diritto di licenza, per mancanza del suo necessario presupposto (importazione definitiva e nazionalizzazione). Ci� anche a non volere condividere l'affermazione della Corte di merito, che fa richiamo, addirittura, al momento ancora successivo del paga \ 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento dei diritti di confine, che, invece, ha solo funzione risolutiva per l'ipotesi di mancato utilizzo nel termine prima sospeso, che riprende a decorrere dopo l'autorizzazione. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1 r. d. 1. 13 maggio 1935, n. 894, del d. m. 3 luglio 1935 e dell'art. 4 d. I. 14 novembre 1926, n. 1923, nonch� motivazione insufficiente e contraddittoria su di un punto decisivo della controversia, e -dopo avere osservato che � errata l'affermazione della corte di merito che, trattandosi di merce della quale era, all'epoca, vietata l'importazione, questa avrebbe dovuto avvenire solo dopo il rilascio dell'autorizzazione, perch� il diritto di licenza � dovuto per il solo fatto dell'importazione e non presuppone la preventiva esistenza di una concessione qualsiasi -sostiene che la Corte, nel ritenere che l'autorizzazione alla importazione sia stata rilasciata il 31 marzo 1951 per il motivo che � la copra, della quale si richiedeva e si autorizzava la nazionalizzazione, non era ancora arrivata in Italia, come risulta dalla bolletta di importazione, e pervenne, invece, dopo il 13 gennaio 1949 �, e per il motivo che l'autorizzazione del marzo 1951 �identificava con assoluta precisione la merce sulla quale operava, mentre la prima (gennaio 1949) si riferiva a merce che non era ancora passata in temporanea importazione dalla linea doganale, anche se �si riferiva alla licenza del 7 agosto 1948, in virt� della quale l'Oleificio era stato autorizzato alla importazione temporanea �, ha errato perch�: a) poich� il permesso o la licenza di importazione viene, per sua natura, prima e non gi� dopo l'importazione della merce, e poich� scopo e funzione della licenza stessa non � quello di identificare con assoluta precisione la merce sulla quale opera, consistendo tale identificazione esclusivamente nella identificazione del genere e della quantit� della merce di cui viene autorizzata l'importazione, la circostanza che la merce � stata introdotta in Italia dopo il 13 gennaio 1949, ma prima del marzo 1951, avrebbe dovuto far ritenere che la vera autorizzazione valevole per l'importazione definitiva della copra era quella del 13 gennaio 1949; b) poich� nel marzo 1951 la Soc. OleiP.cio di Orzinuovi non fu autorizzata ad importare alcunch� di pi� di quel che gi� era stata autorizzata ad importare nel gennaio 1949, e poich� nel marzo 1951 il Ministero del commercio estero confermava che � detta autorizzazione � (cio� quella del 13 gennaio 1949) � era valida anche per merce importata successivamente alla data del 27 dicembre 1948 �, il provvedimento del marzo 1951 era meramente confermativo o, quanto meno, interpretativo del permesso d'importazione rilasciato nel gennaio 1949. La censura � infondata. A parte la ripetizione di rilievi relativi al momento in cui sorgeva il diritto all'imposizione del diritto di licenza, e dei quali � gi� stata dimostrata l'inconsistenza nell'esame del primo I mezzo del ricorso, 1'Amministrazione tende, in sostanza, ad impugnare I I,'. li� in b~se al rilievo <:he nel no �.E!~!EIJ $'Y,CcE~ss1va al 13 gennaio 1949) H Mit: i~~l��~c~te al Ministero per il commercio vog<il:na: <:l~��.l:J~!esi~~~� :�'it�l'�l:1be pot�~o consentire la nazionaliz~ �ᥥf!~~tt1f:r.ne1rce era passata dallo stato estero ~m~~�~~i,one in data posteriore all'autorizza13 gennaio 1949. La Corte di merito il Ministero delle Finanze aveva di appunto che in quel momento l'autoriznon era ancora i~tervenuta. La Corte, -non contestato -che �la dichiara �~UJ1po;in;;;1z:1;~;Jm~��:a m:.i.ru"' della temporanea, e l'accertamento delle prima autorizzazione era stata concessa, i/C:�onipiuti alla data del novembre 1950 ., in ci� ritr�:: curn:�er1na di fatto che la valida autorizzazione fu solo quella taJ:nr:.:11na1rzo 1951, successiva all'abrogazione del diritto di licenza. in base all'interpretazione degli atti e delle prove ra�CC<>W�, se un'autorizzazione sia mera conferma di identico provvedianteriore, o piuttosto un nuovo ed autonomo provvedimento,\ coistit;Ui~ice apprezzamento di fatto , insindacabile in sede di legittimit� se congruamente e correttamente motivato e nella motivazione or ora rias.sunta non si riscontra nessuno vizio o contraddittoriet�. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione �dell'art. 5, I. 26 gennaio 1961, n. 29 e sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito, la citata legge si riferisce esclusivamente alle tasse e imposte indirette sugli affari, e, pertanto, non � applicabile al diritt~ di licenza, il quale non rientra in tale cate > ..:��.:. ~oria di tributi, dovendosi ricomprendere tra le imposte dirette. / .A,ncbe tal censura � infondata. Anteriormente alla 1. 26 gennaio ������:��������������������������~-~'li6�2;�~~;1v~::li:i~~~~~i~~~;:~;: ;.~m::::i~id:i::~~:!ez!!~~~~ ~rt'. �QJ. 7 dicembre 1942, n. 1418, per l'imposta fondiaria ed il reddito �. i~~tj6~fsec-Ondo le quali non pu� farsi luogo al rimborso dell'imposta 4~~ I�; q~~#!ioJlon sia intervenuta una decisione definitiva, si desumeva ii ,tj#~i;Pi6 g�nerale, idtenuto applicabile anche in tema di imposte indirette/ eh.� I'anuninistrazione finanziaria non possa -ritener.si in mora prima/di. �tale decisione definitiva, e, pertanto, che solo da tale data siano dovuti gli interessi sulle somme corrisposte per i tributi indiretti dichiarati non dovuti. Con la nuova 1. n. 29 del 1961, che all'art. 5 dispone che � sulle somme pagate per tasse e imposte indirette sugli affari e ritenute non dovute a seguito di provvedimento in sede amministrativa o giudiziaTia 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spettano gli interessi di mora nella misura di cui al precedente art. 1 � (cio� tre per cento per ogni semestre compiuto dalla data della domanda), fermo restando il requisito che l'obbligo della restituzione risulti accertato da un provvedimento definitivo, la decorrenza degli interessi pu� essere anche anteriore alla data del provvedimento stesso, e coincidere con quella della domanda di rimborso. Su tali basi, in mancanza di una norma t~ansitoria, non pu� ritenersi che la nuova legge abbia annullato il diritto agli interessi acquisiti dal contribuente quale effetto del fatto compiuto sotto la legge precedente, dato che la nuova legge, se � indubbiamente innovativa circa la misura degli interessi, per il resto tende a confermare e disciplinare il detto diritto, .gi� ammesso in base alla legislazione precedente, in modo pi� favorevole al contribuente ed in conformit� delle norme del codice dvile (art. 1282 c. c.). In sostanza, il principio generale della decorrenza degli interessi moratori dalla domanda, nei confronti dell'Amministrazione finanziaria dello Stato (sempre fermo, s'intende, il requisito che l'obbligo della restituzione risulti accertato da provvedimenti definitivi in sede amministrativa o giudiziaria), se pure �enunciato per i tributi indiretti, deve ritenersi ormai applicabile a tutti i tributi, stante la sostanziale ragione (di cui � traccia nella Relazione alla I. n. 29 del 1961) che ha ispirato la nuova norma: porre la Finanza e il contribuente sullo stesso piano di uguaglianza rispetto al principio dell'obbligo della corresponsione degli interessi di mora (Cass. 6 agosto 1964, n. 2241; 30 gennaio 1964, n. 257; 8 luglio 1963, n. 1856). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 211 -Pres. Scarpello -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (conf.). Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Mini-Malmesi (n. c.). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Imposte indirette sui trasferimenti -Controversie di valutazione Decisioni della commissione provinciale -Ricorso alla commissione centrale -Inammissibilit� -Ricorso all'a.g.o., ai sensi dell'art. 29 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit� -Ricorso immediato in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 de11a Costituzione Ammissibilit�. (Cost., art. 111; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Le decisioni della commissione provinciale delle imposte, relative alLa determinazione del valore per l'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti, sono definitive, e contr.o di esse, mentre sono dati il ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 ricorso all'autorit�, giudiziaria, ai sensi dell'art. 2.9, terzo comma, del d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, ed il ricorso immediato alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 111 della. Costituzione, non � ammesso il ricorso aila commissione centrale, che difetta di giurisdizione nella materia (1). (1) Giurisprudenza pacifica. Cfr., tra le pi� recenti, Cass., Sez. Un., 7 ottobre 1965, n. 2087, in questa Rassegna, 1965, I, 1256, ed ivi ulteriori richiami in nota. In argomento, per l'inesistenza di una competenza generale di legittimit� della commissione centrale, quanto meno nelle controversie in tema di imposte indirette, cfr. Relaz. Avv. Stato, 196�1-65, II, 316 ss. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 415 -Pres. Favara -Est. Roperti -P. M. Gedda (conf.) -Rossi (avv. Gaiotti, Menghini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti reato -Norma che stabilisce la decorrenza del termine prescrizionale dalla data in cui la sentenza penale diviene irrevocabile -Applicabilit� al caso di sentenza penale che dichiara estinto il reato per prescrizione -Conseguenti poteri del giudice civile. (c. c., art. 2947; 1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27). Imposte doganali -Contrabbando -Indebito uso di merci importate con agevolazioni -Obbligazione civile per i diritti evasi -Individuazione del soggetto passivo -Conseguenze in ordine alla prescrizione. (I. 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 5, 16, 27, 102, 145). La dispos.izione dell'ultimo comma dell'art. 27 della l. 25 settembre 1940, n. 1424, secondo la quale la prescrizione, per i diritti doganali dovuti in relazione a fatti costituenti reato, decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, divengano irrevocabili, � applicabile anche nell'ipotesi che il procedimento si concluda con sentenza che dichiari estinto il reato per prescrizione. In tal caso, peraltro, spetta al giudice civile accertare la sussistenza o meno dei fatti che, se non fosse intervenuta la causa estintiva, sarebbe �ro stati penalmente perseguibili (1). (1) Del tutto correttamente la Corte Suprema ha rilevato che la disposizione dell'art. 27, ultimo comma, della legge doganale, sulla decorrenza della prescrizione del diritto dell'Amminist.razione per le imposte dovute 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In caso di contrabbando (per indebito uso o diversa destinazione di merci importate in franchigia o con riduzione dei diritti), l'obbUgazione civile del pagamento dei tributi fa carico al colpevole del reato ed al ricettatore, ai sensi dell'art. 145 della legge doganale, pi� che al proprietario della merce o a colui per conto del quale la merce stessa sia stata importata; sicch�, anche ai fini della prescrizione, e per la decorrenza del relativo termine, deve tenersi conto della norma di cui ail'ultimo comma dell'art. 27 delLa legge (2). (Omissis). -Con il primo e terzo mezzo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro interdipendenza, il ricorrente, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 23 e 27, comma primd, lett. a), e comma ultimo, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, in relazione all'art. 2947 c. c., si duole che la Corte di merito abbia escluso la prescrizione quinquennale del diritto della Finanza, che doveva, decorrere dalla data del verbale di accertamento dell'infrazione ai diritti doganali, e non da quella della sentenza che dichiarava prescritto il reato contestato per il relativo contrabbando, sostenendo, inoltre, che, comunque, con la estinzione del reato, avvenuta per prescrizione, si sarebbe pure estinto il diritto dello Stato alla percezione dei tributi evasi, che conserva il suo termine di prescrizione originario. La censura � infondata. Invero, poich�, in forza dell'ultimo comma in relazione a fatti costituenti reato, regola compiutamente e specialmente la materia, alla cui disciplina resta perci� estranea la norma dell'art. 2947 c. c., con la conseguenza che il termine prescrizionale deve ritenersi decorrente dalla data in cui divenga irrevocabile la sentenza penale, anche se questa sia di non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione. In generale, con riferimento al citato art. 2947 c. c., e nel senso che la decorrenza della prescrizione civile sia da riferirsi alla data di acquisita irre\Tl()cabilit� della sentenza penale, non soltanto se questa sia di condanna, ma anche se sia di assoluzione a seguito di giudizio, o di proscioglimento in istruttoria (ed il principio � indubbiamente valido, come nella sentenza in nota senz'altro si ammette, anche rispetto alla ricordata disposizione dell'art. 27 della legge doganale), cfr., da ultimo, Oass. 5 novembre 1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281, con nota di richiami. In ,ordine alla seconda parte della massima, e per ci� che attiene, in generale, ai poteri del giudice civile per l'accertamento della configurabilit� del fatto come reato, quando ci� comunque rilevi (come per le conseguenze in tema di prescrizione, o di risarcimento dei danni non patrimoniali), cfr., tra altre, Cass. 7 aprile 1957, n. 1011, Giust. civ., 1959, I, 1278; Cass. 2 aprile 1960, n. 736, Resp. civ. prev., 1960, 445; Cass. 2 aprile 1960, n. 746, Giust. civ. 1960, I, 1395; Cass. 7 aprile 1964, n. 770, Resp. civ. prev., 1964, 680. (2) La Cassazione ha sottolineato che, nei casi di contrabbando, il debitore d'imposta � da individuare piuttosto con riferimento alla disposizione dell'art. 145 della legge doganale, che a quella dell'art. 5. Il che pare 157/ / . > ./ ./ >/<>?.�.. �..�..� . . f de11'�art. 27 della l�g~e dogariale 25 set~tnbre 19'l0, n. H2'l, nel casoih ~�i �1 tri~cato �. pagamettt().�dei diritti.�.�doganali abbia causa da un reato...il terllline di..�prescrizione decorre dalla data in cui la sentenza pro!lW;�l}i~da nel.r$l~tiy<>. proceclimento penale. � divenuta irrevo.cabile, �~W~~~~�~3~"�p~d�-�te ~nnone �m ~��� P~i~~ ~~$i~ifij~, l.'1$ll'i:pote$i affermativa, trovando il mancato paga ..�.11111!:.::I:::::-:i:n.:::.::..:::~..:=: Nfil Ca$(), $ia il Tribunale che la Corte di appello hanno indagato .�.. ~~ P,~ijfoper~to d�l Rossi sussistessero gli estremi oggettivi e soggettivi �4~ff:~�to di contrabbando, al fine di accertare se fosse sorto a suo C:at~C:o, ex art. 145 legge doganale, l'obbligazione tributaria, traendone al riguardo un positivo convincimento. A tale conclusione i giudici di merito sono pervenuti considerando, sulla base degli elementi acquisiti �alla causa, che allo zucchero, introdotto nello Stato con speciale agevolazione fiscale siccome destinato, a prezzo di cail.miere, a scopi assistenziali (distribuzione ai reduci d'Africa), fu dal Rossi, in concorso con altri, d!'lto diverso uso da quello dichia. ra.to all'a.tto ('lell'importazione, essendo stato immesso nel libero mercato � � .~ ~q9Ji)~ $P~~tjlativo, fatto questo costituente, appunto, ipotesi delittuosa pf�V~$ta �q�t~'art; 102 della legge doganale. �. d(.lversi c�);t:ref;ta~e11te jn~ndere nel senso che lo stesso proprietario della �. me:t<C!eiP~#. �lt~ ~n q.a!)t!J< t11le, �. 1obbligato al pagamento dei diritti come (!<>11i~Wie� !'.lt,11 te<ito~ ml:\ s~a. es�tudersi, ove sia prospettabile una ipotesi �Cil l.'eSPQ?lsab~lit�.I!enaXe 11Qlta1lto Cii terzi, e non anche del proprietario, che quest'ultimo sia sempre tetl..to, per tale sua qualit�, e che nei suoi con:fl:<:> nt!la decorre:iiza c;lella. ptel!crizione sia ugualmente da valutare secondo i~ ?ior)tl.~ ct!!lll'.ltimc;> comma dell'art. 27 della legge, da ritenere posta con riguardo all'obie~tivit� del fatto'(� qualora il mancato pagamento dei diri. tti sia dipeso. da un rea~o... >) e perci� operante nei confronti di qualunque obbligato. � Nelsenso che il reato previsto dall'art. 102 della legge doganale (mutata destinazione .di merci agevolate) presuppop.e una situazione giuridica preesi 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Al riguardo la Corte di merito si � dato anche carico di esaminare se il fatto attribuito al Rossi dovesse ritenersi commesso in buona fede, escludendo, attraverso una coordinata serie di considerazioni, che il ricorrente, immettendo la merce nel libero mercato, non avesse avuto la coscienza e la volont� di dare alla stessa una destinazione diversa da quella per la quale era stata concessa la franchigia, e precisamente di commettere l'illecito penale previsto e punito dal citato art. 102 della legge doganale. E tale giudizio, involgendo degli apprezzamenti di fatto si sottrae al sindacato di questa Corte, sorretto, com'�, da una congrua motivazione, immune da vizi logici e giuridici. N� ha fondamento l'ulteriore deduzione del ricorrente, secondo cui essendo stato dichiarato estinto per prescrizione il reato di contrabbando deve ritenersi estinto, pure per prescrizione, il diritto della Finanza a percepire i tributi evasi, che, in forza dell'art. 2947 c. c., conserva il suo termine di prescrizione originario. Invero, il ricorrente si rif� ad una norma estranea al caso concreto, dimenticando l'ultimo comma del pi� volte menzionato art. 27 della legge doganale, in virt� del quale, nella specie, il termine di prescrizione decorre, per espressa volont� di legge, unicamente dalla data della sentenza che � stata pronunciata nel procedimento penale e che � divenuta irrevocabile. E tale sentenza non deve essere necessariamente di condanna, potendo, come nella specie, essere anche quella che dichiara di non doversi procedere per estinzione del reato, in quanto una tale pronunzia non fa certo venire meno le obbligazioni civili da esso nascenti. In tal caso, pertanto, l'imputato del reato di contrabbando bene pu� ritenersi soggetto al pagamento dei diritti evasi, anche se il reato sia dichiarato estinto per una qualsi�si causa prevista dalla legge, spettando, tuttavia, al giudice civile di accertare, come nel caso � avvenuto, con gli ordinari mezzi di prova, la sussistenza o meno dei fatti, produttivi di obbligazioni civili, che, se non fosse intervenuta la causa estintiva, avrebbero costituito reato. stente (rapporto tributario in ordine al quale � concessa l'agevolazione), e che ci� non esclude, tuttavia, la configurabilit� del concorso di persone alle quali la norma incriminatrice non � originariamente destinata, cfr. Cass. pen. 18 febbraio 1964, Urbinati, Cass. pen., Mass., 1965, 572. In generale, per il collegamento dell'obbligazione tributaria ai presup posti dell'art. 5 o dell'art. 145 della legge, e per le differenze riscontrabili, al fine, tra le ipotesi di irregolare passaggio della linea doganale e quelle di importazione ab origine legittima, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 674, ss. ed ivi riferimento, in particolare, a Cass. 17 novembre 1962, n. 3136 (Foro it., 1963, I, 832), ed a Cass. 10 giugno 1964, n. 1436 (in questa Rasse gna, 1964, I, 580, nonch�, in motivazione, in Giust C'iv., 1964, I, 2,281). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Col secondo mezzo il ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 27, ultimo comma, e 145 legge doganale, in relazione all'art. 185 c. p., censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto applicabile alla specie l'art. 145 della legge dogana~e, secondo il quale � obbligato al pagamento dei diritti doganali, insieme con il ricettatore, il colpevole del contrabbando, anzich� l'art. 5 della stessa legge, .il quale pone il pagamento dell'imposta a carico del proprietario della merce, indipendentemente dall'accertamento o meno del reato di contrabbando, il cui procedimento non sospende il diritto dello Stato a percepire i diritti doganali. Pertanto, una volta accertato, mediante il verbale della polizia tributaria, che la merce aveva avuto una destinazione diversa, la Finanza aveva il diritto di chiedere ed ottenere subito il pagamento del tributo evaso. Anche tale censura � priva di fondamento. L'art. 5 della legge doganale individua i soggetti passivi dell'imposta doganale in coloro che presentano la merce in dogana, o in coloro che la detengono al momento del passaggio della linea doganale, o per conto dei quali la merce stessa viene importata. Ora, nella fattispecie in esame, invece, alla merce importata con speciale agevolazione doganale, fu data dal ricorrente una diversa destinazione (che, se denunciata all'atto della introduzione della merce nello Stato, avrebbe comportato per l'importatore il pagamento di una diversa e ben maggiore imposta), facendo sorgere, per questo fatto, integrante gli estremi del reato di contrabbando previsto dall'art. 102 della legge doganale, il conseguente diritto dell'Amministrazione doganale al pagamento del tributo evaso; diritto che, discendendo da un fatto delittuoso, deve, come si � detto, per quanto attiene al termine prescrizionale, essere regolato dall'ultimo comma dell'art. 27 della legge doganale, mentre per tali fatti il debitore di imposta si identifica non tanto, ormai, con il proprietario della merce o con colui per conto del quale la merce era stata importata, ma unicamente con colui che, col dare alla merce importata una diversa destinazione, si � reso responsabile dell'evasione dei diritti doganali e del reato cosi previsto, e ci� in applicazione dell'art. 145 della legge doganale, che pone appunto a carico del colpevole di tale reato, e del ricettatore, il pagamento del tributo evaso. (Omissis). i i I SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 28 gennaio 1967, n. 1 -Pres. Reale -Est. Ferrati -Biondi Massii;niliano (avv. Barillaro) c. Soc. Canale di Collecchio (avv. Menoni). Acque pubbliche -Controversia tra privati -Riflessi della nuova le~slazione su anteriori convenzioni. -Competenza del Tribunale delle acque -Sussiste. Acque pubbliche -Dichiarazione di demanialit� -Effetti -Precedenti diritti di natura privata -Decadenza. Acque pubbliche -Riconoscimento di antica utenza -Obbligo di fornire acque a terzi -Costituzione di subutenza. Acque pubbliche -Subutenza -Posizione giuridica -Imposizione del canone all'utente -Conseguenza del subutente -Gratuit� -Esclusione. La controversia che sorga tra privati, titolari di precedenti titoli di derivazione, circa i riflessi della nuova legislazione in materia di acque sulle anteriori convenzioni, appartiene alla cognizione dei Tribunali delle Acque, anche se sia pacifica la natura pubblica dell'acqua, involgendo tale controversia una questione relativa all'influenza della demanialit� sui preesistenti contratti tra privati aventi per oggetto le acque medesime (1). La dichiarazione di demanialit� delle acque ha importato la decadenza dei diritti di propriet� e in genere di tutti i diritti di natura privata che comunque si fossero in precedenza costituiti, salva la loro trasfoirmazione in diritti di uso temporaneo qualora sia intervenuto li riconoscimento o la concessione da parte deUo Stato (2). (1) La giurisprudenza, in tal senso, pu� ritenersi pacifica: cfr. Trib. Sup. Acque, 3 settembre 1964, n. 23, in questa Rassegna 1964, I, 1166, con ampia nota cui si fa rinvio. (2) Sugli effetti della demanializzazione delle acque, che costituisce un acquisto a titol� originario, che esclude il riconoscimento di diritti eventualmente costituiti a favore di terzi, dr. Trib. Sup. Acque, fo aprile 1965, n. 8, ivi, 1965, I, 580 con nota. (3) In tal senso c:fr. Trib. Sup. 7 luglio 1958, n. 241 Acque bonifiche e costr. 1958, 494; 10 �aprile 196?, n. 8, cit.; Cass. sez. un., 31 marzo 1966, n. 846, in questa Rass�gna, 1966, I, 572. (4) Cfr. Trib. Sup. 2 dicembre 1949, n. 23. 13 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questione dell'influenza della demanialit� delle acque su preesistenti contratti tra privati aventi per oggetto le acque medesime. Non � sufficiente quindi ad escludere la competenza del giudice specializzato la circostanza che la natura pubblica dell'acqua sia pacifica tra i privati contendent~, giacch� ql.j.ella competenza sussiste sempre ove occorra stabilire quali siano le conseguenze che derivano, nei rapporti interni tra i privati, dalla demanialit� dell'acqua: ci� si verifica in modo particolare quando si debbano individuare gli eventuali riflessi della nuova legislazione in materia di acque sulle anteriori convenzioni tra privati, onde .spetta al giudice specializzato, per la necessit� sostanziale e processuale di una visione unitaria dei rapporti dipendenti e interferenti, giudicare delle questioni che, in relazione al nuovo stato di fatto e diritto creato dalla legislazione, sorgano tra coloro che per precedenti titoli derivavano ed utilizzavano quelle acque. Non Si deve del resto mai dimenticare che � la materia in contesa, l'oggetto della domanda o dell'eccezione che determina la competenza specializzata, poco importando la presenza, oppure no, della Pubblica Amministrazione. (Omissis). (Omissis). -Si deve ancora aggiungere che la contestazione tra le parti non verte sul fatto materiale dal godimento delle acque da parte del Consorzio -il diritto al godimento non � mai stato posto in discussione -bens� sulla natura del godimento medesimo, pi� precisamente se lo stesso debba continuare con la caratteristica della -gratuit� che aveva in passato e non va dimenticato che, come pi� volte � stato affermato da questo Tribunale Superiore, la dichiarazione di demanialit� delle acque ha importato la decadenza dei diritti di propriet� e in genere di tutti i diritti di natura privata che comunque si fossero costituiti su quelle acque, salvo la loro trasformazione in diritti di uso temporaneo qualora sia intervenuto il riconoscimento o la concessione da parte dello Stato. D'altronde quando .gli appellanti si fanno a sostenere che la menzione del loro diritto contenuta nel decreto di riconoscimento � stata fatta ai fini e per gli effetti dell'art. 40 del t. u. sulle acque pubbliche, per legittimare cio� la disposizione dell'acqua in loro favore, pongono in evidenza una circostanza idonea ad escludere la competenza del giudice ordinario, il quale � chiamato a risolvere esclusivamente controversie tra privati, nelle quali l'atto amministrativo si ponga come un presupposto fermo ed indiscusso. N� in tal modo .si fa discendere la risoluzione della questione di competenza da un'eccezione del convenuto, giacch� questa non serve che a maggiormente suffragare la conclusione cui si deve necessariamente pervenire in base all'esame dell'intera domanda dell'attrice. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 163 Risolta la questione di competenza, si deve scendere al merito della controversia e prendere quindi in esame il secondo motivo del gravame, con il quale gli appellanti insistono nel negare di essere tenuti a corrispondere alla Societ� una quota .delle spese che essa sopporta per la derivazione dell'acqua, poich� essi sarebbero titolari di un � diritto di derivazione gratuito in forza di una servit� privatistica derivante da fatti costituitivi non modificati dall'attuale legislazione�. � pacifico in fatto che gli appelianti in antico godevano dell'acqua gratuitamente, come del resto � certo che anche� l'utenza della Societ� era gratuita: � soltanto dal 1-0 luglio 1924 che essa � assoggettata al pagamento del canone in favore dello Stato. Ora si deve immediatamente rilevare che gli appellanti non sono stati in grado di identificare il titolo in forza del quale essi derivano l'acqua: neppure dalla perizia giudiziale eseguita il 30 giugno 1873 per la vendita all'incanto del Canale di San Martino Sinzano si traggono elementi precisi e sicuri per definire il rapporto giuridico in forza del quale avveniva la derivazione, giacch� risulta semplicemente che il Canale di San Martino si forma con acque del torrente Baganza e trae origine dal Canale di Collecchio ed era, in quel tempo, propriet� del marchese Dalla Rosa Prati, il quale affittava le acque a diversi proprietari della zona. � ovvio come simile deficienza debba necessariamente risolversi a danno degli appellanti, i quali, per suffragare la loro pretesa, non avrebbero dovuto limitarsi ad apodittiche enunciazioni, non sorrette da valida documentazione. Ad ogni modo sembra al Tribunale Superiore che la sentenza impugnata abbia correttamente deciso quando ha qualificato il Consorzio subutente di acqua pubblica. � noto invero che secondo le legislazioni degli Stati preunitari, che non escludevano la liceit� di convenzioni tra privati aventi ad oggetto l'acqua dei corsi pubblici ed ammettevano anzi la possibiUt� di costituzione di diritti sull'acqua per effetto di lungo uso, era possibile la costituzione di subutenze di acqua, mentre attualmente si deve ritenere quasi impossibile la costituzione di subutenze, poich� gli atti di concessione ed i relativi disciplinari regolano in modo preciso gli usi che il concessionario pu� fare dell'acqua. Si potrebbe piuttosto profilarsi il dubbio (e la stessa Societ� lo ha accennato nelle conclusioni assunte in prima istanza) se si tratti di coutenza, ma tale ipotesi va esclusa quando si rifletta che sussiste coutenza quando i vari interessati partecipano direttamente alla presa dell'acqua dal corso pubblico e all'esercizio delle relative opere e ciascuno � investito della titolarit� dell'utenza nei confronti dell'Amministrazione; nel caso concreto non ricorre sicuramente il primo requisito (la controversia � sorta proprio perch� � la sola Societ� a provvedere 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla presa dell'acqua del torrente) e non ricorre nemmeno il secondo, perch� l'atto amministrativo di riconoscimento � operato in modo diretto solo nei rapporti della Societ� in aderenza alla istanza da essa �sola presentata. Vero � che nel decreto di riconoscimento si menziona il Consorzio e si specifica il quantitativo d'acqua a lui spettante, ma ci� significa semplicemente che di fronte alla generica dichiarazione che la Societ� aveva fatto nell'istanza di riconoscimento la Amministrazione ha ritenuto necessario individuare il contenuto del diritto vantato dagli utenti di San Martino Sinzano, per tenerne conto nel determinare il quantitativo d'acqua oggetto del riconoscimento a favore della Societ�, a carico esclusivo della quale � stato posto il pagamento del canone per l'intero quantitativo: dal che si deduce come la clausola relativa agli utenti di San Martino non possa inquadrarsi nell'ipotesi prevista dal terzo comma dell'art. 40 t. u., la quale presuppone condizioni non verificatesi nel caso attuale. Ora la concessione dell'utenza di acqua pubblica in favore di chi ne godeva gi� in precedenza, con l'obbligo di fornire l'acqua a terzi, coi quali fossero intervenuti contratti di somministrazione, importa il costituirsi di una subutenza avente il suo titolo nella concessione stessa e regolata non ,Pi� dal contratto originariamente intervenuto tra le parti, ma dal disciplinare della concessione (cfr. Trib. Sup. 7 luglio 1958, n. 24). E che coloro i quali, in base alle antiche legislazioni, abbiano acquistato da chi ne aveva la disponibilit� diritti sull'acqua debbono, dopo la dichiarazione di demanialit� dell'acqua medesima, essere considerati subutenti lo ha recentemente ribadito fa .~prema Corte (sent. 31 marzo 1965, n. 846) nei riguardi dei compratori di acque dalla Societ� Acqua Pia Antica Marcia. Orbene, definito di subutenza il rapporto che intercorre tra la Societ� ed il Consorzio, la questione della gratuit� della subutenza medesima deve necessariamente risolversi in senso contrario all'assunto degli appellanti. Questi ammettono infatti che l'intervenuta pubblicit� delle acque abbia uniformato tutti i preesistenti rapporti di uso a quello di concessione, rendendo caduche tutte le svariate fonti costitutive di tali rapporti, ma non dimostrano come tale ammissione si concilii con la tesi che quel mutamento si sia verificato solo per gli utenti e non anche per i loro aventi causa, oggi qualificati subutenti (conci. pag. 16). Poich� invece la condizione del subutente rimane vincolata alla condizione giuridica dell'acqua formante oggetto del suo diritto, ne deriva che, dichiarata la demanialit� dell'acqua ed assoggettato l'utente al pagamento del canone, vien meno anche la gratuit� della subutenza. % Acque pubbliche -Alveo -Nozione .. Alveo mutevole e vagante -Limiti. L'alveo, anche per imprescindibili esigenze di sicurezza e protezione dei fondi Zatistanti, va determinato in relazione all'intera energia potenziale del fiume, del quale costituisce la naturale sede di espansione, a prescindere dalla situazione contingente dei diversi periodi 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di portata; di conseguenza, la relazione tra acqua corrente e terreno deve essere valutata non gi� in termini di immediata inerenza, ma secondo un criterio di normale e probabile asservimento, in guisa da ricomprendere in una pi� ampia nozione di complesso demaniale idrico sia le zone destinate ad essere sommerse in occasione delle piene ordinarie e normali e sia la intera superficie dei cosidetti alvei mutevoli o vaganti (1). (Omissis). -I primi giudizi hanno escluso la natura demaniale del bene sia in considerazione della situazione obiettiva dei luoghi, ma anche e sopratutto perch� influenzati dai titoli costitutivi della propriet�, esibiti dalla Flaccomio. Sul primo punto si �, molto sommariamente, ritenuto che l'immobile de quo non � identificabile con l'alveo propriamente detto, e cio�. con la parte concava nella quale scorrono le acque, in quanto trattasi di un'ampia superficie pianeggiante, ricoperta da uno strato di terreno coltivabile, con tracce di vegetazione spm1tanea e di oleandri, che, se anche pu� venire sommersa in occasione di pieno, � sita in una posizione di poco pi� elevata rispetto al letto del torrente e si presenta con pendenza verso il vecchio muro d'argine, esistente per un lungo tratto del confine est. In ordine alla legittima provenienza del bene, il Tribunale Regionale ha, poi, affermato che con i verbali in data 3 agosto 1868 e 21 gennaio 1869 del giudice delegato del Tribunale di Messina venivano concessi in enfiteusi a Natale Crisafulli i lotti nn. 43 o 46 del piano di ripartizione dell'ex feudo Sulleria, gi� appartenente al soppresso Monastero di S. Gregorio di quella citt� e passato al Demanio dello Stato per effetto della 1. 10 aprile 1862, comprendenti i terreni in contestazione; che con atto 1� aprile 1871 del Notaio Musciamisi il Crisafulli aveva affrancato il canone del lotto n. 43 e parte di quello n. 46; che, infine, porzione di detti lotti, e precisamente il terrc,mo denominato praia o ghiarine esistente nel torrente Mazzarr� S. Andrea, era pervenuto a seguito dell'atto di alienazione 6 marzo 1912 del Notaio Betto, dell'istrumento di divisione 11 agosto 1912 del Notaio Bonanno, del rogito di vendita 6 maggio 1917 per Notar Randazzo e del testamento di Cosimo Flaccomio pubblicato il 31 ottobre 1924, all'attuale appellata Tommasa Flaccomio. (1) La sentenza, con ampia e precisa motivazione, ha risolto un caso di specie delicato, nel quale l'alveo riguardava una c. d. fiumara, con letto � quasi sempre asciutto, ma mutevole e vagante e potenzialmente sottoposto I:: all'improvviso deflusso delle acque torrentizie, Per qualche precedente :: nelle no:z;ioni di ialveo cfr. Sez. Un., 11 maggio 1942, n. 1227, Foro it., 1962, I, 831; Trib. Sup. 30 gennaio 1965, n. 1, in questa Rassegna 1965, I, 233 1.�� " con nota. i PARTE I, SEZ. VI; GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 167 I rilievi anzidetti non possono essere condivisi, poich� in parte sono palesemente erronei e non aderenti alla reale situazione dei luoghi, mentre per il resto devono ritenersi del tutto ultronei in relazione alla concreta fattispecie. Invero � anzitutto evidente l'inattendibilit� del concetto di alveo, accolto in sentenza limitatamente alla parte concava nella quale scorrono le acque, con esclusione delle zone circostanti, anche se soggette ad essere sommerse in occasione di piene, neppure specificate se ordinarie o eccezionali, sol che si trovino in .posizione di poco pi� elevata rispetto al letto del fiume. Tale opinione si riallaccia a quella rigorosa teorica, secondo cui la natura pubblica del suolo in vista della sua funzione di alveo � circoscritta alla sola porzione la quale a fiumine tenetur, limitatamente al periodo di tempo in cui essa � attraversata dalle acque, mentre la caratteristica anzidetta viene meno non appena si modifica, per UU�� qualsiasi avvenimento, la su indicata realzione di stretta inerenza. Il successivo approfondimento dei fenomeni connessi al regime e alla struttura dei corsi d'acqua naturali ha, per�, dimostrato l'inaccettabilit� di una simile soluzione, specie in ordine a quelle zone di terreno, gi� attraversate dalle acque e soltanto temporaneamente riemerse. In realt� l'alveo, anche per imprescindibili esigenze di sicurezza e protezione dei fondi latistanti, va pi� esattamente determinato in relazione all'intera energia potenziale del fiume, dal quale costituisce la naturale sede di espansione, a prescindere dalla situazione contingente dei diversi periodi di portata. Sotto questo riflesso la relazione tra acqua corrente e terreno deve essere valutata, non gi� in termini di immediata inerenza, ma secondQ un criterio di normale e probabile asservimento, in guisa da ricomprendere in una pi� ampia nozione di complesso demaniale idrico sia le zone destinate ad essere sommerse in occasione delle piene ordinarie o normali e sia la intera superficie dei cosidetti alvei mutevoli o vaganti. Questo Tribunale Superiore ha gi� avuto occasione di precisare che l'estensione di terra, la quale non .sovrasti il livello delle piene ordinarie, si considera facente parte dall'alveo e ne segue la disciplina giuridica, pur s, in determinate stagioni dell'anno e a seguito di prolungati periodi di siccit�, non sia coperta dalle acque ed emerga da essa, presentando tracce di vegetazione (sent. 30 .gennaio 1965, n. 1). A maggior ragione la stessa interpretazione va accolta nel caso di alveo mutevole o vagante, che pi� direttamente interessa l'attuale controversia. Com'� noto, il letto dei corsi d'acqua a regime prevalentemente torrentizio �, di regola, costituito da un'ampia estensione di terreno pianeggiante, nella quale, anche in periodi di magra, si espandono i vari bracci o rami attivi della corrente in sedi sempre diverse secondo la naturale vis fiuminis, nonch� l'andamento e la sinussit� del terreno. In tale eventualit� e fino a quando non inter 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vengano opere artificiali di arginatura, tutta intera la superficie compresatra le opposte sponde deve ritenersi alveo del fiume, giacch� di fatto essa si presenta continuamente inserviente al sempre mutevole deflusso del corso d'acqua. Orbene nella specie � emerso dall� ispezione dei luoghi eseguita in questa sede che il letto del torrente Mazzarr� S. Andrea, per quanto riguarda la parte della sponda destra in contestazione, � in effetti costituito da un'ampia superficie pianeggiante, con diversa pendenza e altitudine, talora con una configurazione a �schiena d'asino, come risulta dalle due misurazioni praticate in loco; che detta zona, protetta da opere artificiali costruite in un primo tratto all'evidente scopo di sottrarre alla vis jluminis una porzione della sua originaria consistenza, non � per il resto delimitata all'infuori del vecchio muro d'argine, neppure continuo, sito ad est oltre i terreni, dei quali la Flaccomio pretende di essere proprietaria; che, infine, tale area presenta tracce di yegetazione spontanea e qualche oleandro ed � intervallata, in tutta la sua larghezza, da zone a fondo ghiaioso e sabbioso, con ciottoli, rinvenute anche tra i due spezzoni del vecchio muro d'argine e nella contigua particella 22. I rilievi anzidetti non lasciano dubbio alcuno sulla effettiva natura e funzionalit� della superficie come sopra considerata, la quale, in tutta la sua estensione fino al vecchio muro di argine, � obiettivamente destinata ad essere attraversata dai vari rami e bracci attivi del corso d'acqua e costituisce quindi il naturale alveo del torrente. Pi� specificatamente ricorre nella specie l'ipotesi di una di quelle � fiumare ., caratteristiche dell'Italia meridionale, con letto ampio e in prevalenza ghiaioso e ciottoloso, quasi sempre asciutto, ma tuttavia in atto inserviente nella sua integrit� all'improvviso e normale deflusso delle acque torrentizie. Da questo punto di vista del tutto ultronea si ravvisa la chiesta prova orale, essendo ovvio che la obiettiva conformazione dell'alveo mutevole o vagante non pu� essere alterata dal mancato attraversamento dell'acqua in una singola zona, anche se protratta per lungo tempo, ma dall'esecuzione di opere stabili di arginatura, le quali soltanto, a prescindere dalle conseguenze giuridiche circa la propriet� della parte di alveo artificialmente prosciugato, sottraggono, in maniera stabile e permanente, una porzione del letto del fiume alla sua naturale destinazione. � poi noto che per le superficie di terreno anzidetto non � configurabile un diritto di privata propriet� e, trattandosi di demanio necessario, assume esclusivamente e preminente importanza la conformazione naturale del bene, nonch� la sua attitudine all'uso pubblico (donec inservit flusini pubblico), con la conseguenza che nessun rilievo pu� riconoscersi ai negozi di diritto sostanziale, in precedenza compiuti dalla stessa amministrazione sul presupposto della natura patrimoniale del terreno (Cass. 15 gennaio 1952, n. 71). Ma, a parte l'assoluta irrile Arbitrato - dell'Anlministrazione. At~bi:tntto - ~iudizio. Arbitrato - dell'Anlministrazione. At~bi:tntto - ~iudizio. 169 le relative sentenze non spie- petitoria. ' fflinti<tu" di appello, deve, pertanto, dichia���� 1;1;~~1 J()el11 in diSP..ta, con il conseguente rigetto Flaccomio. precisato che, una volta riconosciuta la 11nm(1t)lJL1 dati in godimento all'Aiello, il relaimprecisa formulazione, deve ritenersi un annn.1ni:stt~atilvo di concessione, costituente l'unico mezzo � possibile nell'ordinamento positivo vigente il trad� uso relativi fllla propriet� pubblica. ( Omissis). ARBITRALE, 18 aprile 1966, n. 18 (Roma) -Pres. Ciasca - $oc. T.E.I. (avv. Fortini) c. Ministero P. I. (avv. Stato Zagari). Mancata decisione ammlnf.strativa delle riserve -Tempo, ranea improcedibilit� del giudizio arbitrale -Costituzione in mora Domanda arbitrale -Decisione delle riserve prima della ctit'UZllOQ.e del collegio arbitrale -Validit� della domanda e proce decisione delle riserve costituisce motivo di improe non di incompetenza del collegio arbitrale. all'inerzia dell'Amministrazione mediante e� rendere procedibile la lite con l'inutile decorso (1). . . (1)~:i;tlta ~fo~edlf,)fU~� del giudizio arbitrale prima della decisione del le riserve.�. l... l,1{~1 breve giro di poche proposizioni, il lodo � riuscito ad assommare molteplici e rilevanti errori. Prima di parlarne dettagliatamente, sembra ()pportuno osservare che i dubbi sul significato e la portata del 170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La domanda arbitrale � validamente proposta anche prima del provvedimento amministrativo sulle riserve, quando le stesse siano decise nelle more della costituzione del collegio arbitrale (2). (Omissis). -Passando all'esame della controversia, va preliminarmente valutata l'eccezione di carattere procedurale sollevata, in sede di costituzione, dal Ministero della P. I., in relazi�ne al disposto dell'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa. Tale norma stabilisce la facolt�, per le parti, di deferire ad un Collegio Arbitrale la soluzione delle vertenz�e che � non si siano potute definire in via amministrativa �; ed il Ministero della P. I. ne ha dedotto che, per potersi far luogo al giudizio arbitrale, sia condizione imprescindibile la previa emanazione di un provvedimento della Pubblica Amministrazione, che si pronunzi sulle vertenze insorte. Un tale provvedimento, prosegue l'Avvocatura, al momento della proposizione della domanda di arbitrato da parte della T.B.I., non v'era stato, n� sarebbe stato ravvisabile nel silenzio dell'Amministra l'art. 23 del capitolato generale della Gestione Ina Casa, erano ingiustificati. La norma sostanzialmente riproduce le disposizioni degli artt. 42, 43 e 44 del capitolato generale28 maggio 1895 sulle opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, al quale per il 2� comma dell'art. 6 del d. P. R. 27 giugno 1949, n. 340, quello della Gestione era tenuto ad uniformarsi. Secondo le disposizioni citate, il giudizio sulle contestazioni tra committente e appaltatore � subordinato non solo all'ultimazione dei lavori, ma al collaudo ed all'approvazione del collaudo. Le uniche eccezioni sono quelle di cui alle lettere a) e b) dell'art. 44; eccezioni che l'art. 23 del capitolato della Gestione riproduce testualmente. Del resto, poich� dopo tali eccezioni, lo stesso art. 23 in esame aggiunge che � per tutte le altre controversie il giudizio degli arbitri verrd emesso dopo l'approvazione del collaudo�, sembra assolutamente chiara l'impossibilit� di una lite anticipate fuori della ipotesi tassativamente previste. Occorre appena aggiungere, che il collaudo non ha solo il fine del controllo tecnico e contabile dell'opera e della gestione dei lavori, ma pure quello di esaminare le questioni oggetto di controversia con l'appaltatore e per le quali il medesimo abbia proposto riserva. Gli artt. 91, u. c., e 100, 2<> comma, del Regolamento approvato con r. d. 25 maggio 1895, n. 350 (a sua volta richiamato dal capitolato generale statale del 1895, al quale quello della Gestione rinvia con l'art. 101, u. c.), sono espliciti al riguardo. E poich� l'approvazione del collaudo si manifesta con il riscontro di tutta l'attivit� demandata ai collaudatori (art. 109, Reg. cit.), � del pari evidente che non si avr� collaudo approvato fin �quando l'Amministrazione non si sia pronunciata tanto sui profili tecnici che su quelli amministrativi e contenziosi risultanti dalle relazioni dei collaudatori. Infatti l'art. 109 sopra citato, al numero 2 del primo comma, richiamo testualmente le � relazioni di cui al precedente art. 100 � (e quindi, sia la relazione tecnica, che quella sulle controversie), ed all'ultimo comma definisce il contenuto del provvedimento di approvazione, consistente nella PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 171 rz:ione stessa in merito all'atto di diffida a provvedere sulle riserve, notificatole ai sensi dell'art. 5 t. u. 3 marzo 1934, n. 383, data l'applicabilit� di tale norma unicamente all'attivit� di imperio della P. A., e non a quella di gestione. Di qui l'asserita � improponibilit� della domanda di arbitrato � ed una � incompetenza � del collegio arbitrale. A riguardo si deve osservare, anzitutto, che le argoment~zioni del Ministero della P. I., anche in ipotesi di loro fondatezza, non danno luogo ad una eccezione di incompetenza del Collegio arbitrale, semmai soltanto ad una temporanea improcedibilit� della domanda di arbitrato. Innegabile �, infatti, la competenza del Collegio a conoscere della controversia in questione, solo che la sua attivit� sarebbe condizionata alla previa emanazione di un provvedimento della P. A. che si porrebbe, pertanto, come condizione di procedibilit�. Che la sussistenza di una tale precisa condizione possa desumersi dal disposto dell'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa non � tuttavia asseribile con certezza, data la genericit� delle espressioni usate da tale norma: impossibilit� di una definizione in via ammini deliberazione circa l'ammissibilit� del certificato di collaudo, e sul'le domande dell'appaltatore. Se manchi un collaudo apprnvato, nei sensi e nell'estensione che si sono illustrati, il giudizio sulle riserve � quindi impossibile. E tale impossibilit� � causata da una ragione di vera e propria improponibilit�, quando delle controversie debbano occuparsi gli arbitri. 2. -In proposito, a torto il lodo definisce la situazione processuale di mera improcedibilit�, sotto il profilo che la competenza degli arbitri gi� sussi!sterebbe in forza del negozio compromissorio. La giurisdizione civile � riservata dalla legge ai giudici ordinari che la esercitano secondo le rispettive competenze: essi sono i giudici naturali delle controversie. Gli arbitri hanno giurisdizione in via di deroga, a seguito di investitura delle parti: perci� cosi nell'ipotesi che all'arbitro non risulti conferito il potere di gitidicatl'e, come 1in quella in cui giudichi fuori dei limiti e dei termini del negozio compromissorio, egli � un non 'arbitro, e l'eventuale pronuncia � una non sentenza. In breve, nel giudizio arbitrale, la competenza coincide con la giurisdizione, poich� l'arbitro al di fuori della propria competenza non ha giurisdizione. Ora il capitolato generale della Gestione (come quello del Ministero dei lavori pubblici) attribuiscono potere decisorio agli arbitri subordinatamente alla tassativa condizione che si � ricordata, e cio� che sia intervenuta l'approvazione del collaudo. Se la condizione manchi, non esiste ancora la competenza degli arbitri. Ci� � tanto vero che nell'eccezionale ipotesi di giudizio anticipato di cui alla lettera b) dell'art. 23 del capitolato in esame, il penultimo comma dello stesso articolo espressamente rico. nosce agli arbitri la competenza a decidere sulla effettiva indifferibilit� della controversia. Senza questa norma gli arbitri non potrebbero giudicare su conte. stazioni in corso d'opera, poich� la clausola arbitrale espressa nel capi- I Ii ! I I 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativa non � sinonimo di provedimento necessario e pregiudiziale. A tal riguardo non sussistono i presupposti essenziali della condizione. quali il provvedimento dovuto e i termini per l'impugnativa. Anche ammessa, in via di ipotesi, l'esistenza dell'eccepita condizione di procedibilit�, � da rilevare tuttavia che, nella specie, essa si � indubbiamente realizzata. Si pu� prescindere infatti, nel caso, dall'uniforme indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato, che ritiene atto valido a costituire provvedimento di silenzio-rifiuto (idoneo a soddisfare la condizione di procedibilit�) la diffida diretta a conseguire dall'Amministrazione la pronuncia che questa ha il dovere giuridico di emettere (v. dee. n. 8 del 3 maggio 1960, Ad. Gen.). Si deve rilevare invece, che, con nota del 24 giugno 1965 -e cio� prima ancora della costituzione del Collegio Arbitrale -il Ministero della P. I. comunicava alle T.E.I. il rigetto delle riserve da essa formulate. tolato definisce la volont� delle parti non ,solo in relazione al contenuto della competenza degli arbitri, ma pure e rigorosamente circa il tempo e le condizioni per farsi luogo al giuaizio. Pertanto si ripete, quando nel caso concreto non sussista la situazione posta dal negozio compromissorio per l'esercizio del potere decisorio, gli arbitri sono privi di potere, mancano -cio� -di competenza. Ed il giudizio non � improcedibile, ma improponibile. 3. -Al fine di rimuovere l'ostacolo dell'improponibilit�, rappresentato nella specie dalla mancata decisione delle riserve, il lodo ha ritenuto adeguato il rimedio della costituzione in mora dell'Amministrazione,. attraverso cui giungere ad un provvedimento negativo implicito. Trattasi del noto istituto previsto dall'art. 5 della legge comunale e provinciale. Il richiamo, per�, non era pertinente, essendo l'applicabilit� di tale istituto limitata al campo del diritto pubblico, come si desume dalle fonti e dalla ragione giustificatrice, oltre che dalla struttura del silenzio-rifiuto e dalle modalit� attraverso cui si forma. Per le fonti, � noto che la norma � dettata per l'ipotesi della inerzia dell'Amministrazione nel decidere su un ricorso gerarchico. Quanto alla ragione giustificatrice, � stata esattamente identificata nella impossibilit� di usare dei mezzi di tutela dei dir.itti soggettivi, quando ,l'inerzia amministrativa leda posizioni di mero interesse. Infine, la struttura dell'istituto, il modo attraverso cui si forma il provvedimento amministrativo implicito, le conseguenze che gli sono proprie ed i limiti della tutela ulteriormente accordata all'interesse leso, sono strettamente legate all'ambiente pubblicistico in cui esso opera, ed alla consistenza delle situazioni soggettive che caratterizzano tale ambiente. � Negli appalti pubblici, invece, il rapporto tra le parti � prettamente contrattuale, anche se esistono peculiari posizioni di supremazia a favore dell'Amministrazione. Una situazione di inerzia della stessa, � perci� suscettibile di d�r luogo ad inadempimento contrattuale, per il quale gli PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 173 Non v'� dubbio, pertanto, che -prima ancora del momento nel quale il giudizio arbitrale prendeva inizio (Cass. Sez. I, 23 luglio 1964 n. 1989) -veniva rimosso quell'ostacolo alla procedibilit�, che si assume stabilito dall'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa. Il fatto, peraltro, che il concreto provvedimento sia stato comunicato dopo la notificazione della domanda di arbitrato, non potrebbe, comunque, inficiare la regolarit� del giudizio stesso e della decisione, giacch� � principio uniformemente seguito da giurisprudenza e dottrina quello di una economia dei giudizi per il quale, sotto il profilo della validit�, � sufficiente che taluni elementi, pur necessari all'atto della proposizione della domanda, sopravvengano, invece, in un momento successivo, ma pur sempre precedente a quello in cui possono e devono essere presi in considerazione. L'eccezion~, pertanto, va respinta. -(Omissis). eventuali rimedi non possono non ricercarsi che tra gli opportuni mezzi del diritto privato. Quello adeguato al caso in questione, � stato identificato dalla giuri sprudenza pi� autorevole nel ricorso al giudice, perch� fissi a norma del l'art. 1183 c. c. il termine entro il quale l'Amministrazione deve procedere alla esecuzione della prestazione, e cio� alla approvazione del collaudo. Scaduto il termine fissato, l'obbligazione si ha per inadempiuta, e l'osta colo processuale alla proponibilit� del giudizio � automaticamente rimosso, poich� viene a concretarsi una situazione di lite indifferibile (Cass., 11 aprile 1963, n. 927). Sembra il caso di aggiungere, .che il rimedio della costituzione in mora risulta inapplicabile anche sulla scorta dei principi propri d� tale istituto. Esso ha la funzione di far constatare l'inadempimento, attraverso l'inti mazione o la richiesta ad adempiere. Ora n� la legge, n� il capitolato generale prevedono un termine, entro cui l'Amministrazione deve appro vare il collaudo, e quindi decidere sulle riserve. Quando nemmeno nel ca pitolato speciale sia fissato un termine, trattasi di obbligazione senza termine; ed � impQISsibile costituire in mora chi non � inadempiente perch� la propria obbligazione non � ancora scaduta, n� il creditore ha diritto di intimare l'esecuuone di una prestazione senza termine, se un rtermine risulti indispensabile per la natura stessa della prestazione (cit. art. 1183 c. c.). 4. -L'ulteriore ragione di dissenso con il lodo annotato, � nella affermazione che intervenuta la decisione sulle riserve nelle more della costituzione del collegio, la domanda arbitrale deve considerarsi validamente proposta ed il giudizio senz'altro procedibile. L'atto di collaudo, ed il provvedimento che lo approva (e con ci� si ripete, viene fatto riferimento pure alla decisione delle riserve), costituiscono presupposti processuali della lite arbitrale (Cass., 22 dicembre 1964, n. 2968, in questa Rassegna, 1964, I, 222). Quindi essi devono sussistere al momento della proposizione della domanda (art. 5 c.p.c.), essendo al riguardo ogni successivo mutamento della situazione di :fatto del tutto �inconferente (cfr. sul punto, questa Rassegna, 1966, I, 1135, sub n. 2). G. DEL GRECO SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 marzo 1966, n. 5 -Pres. Foschini Rei. Bivona -P. M. Parlatore (conf.) -Rie. Casetta ed altro. Ingiuria e diffamazione -Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa Esimenti -Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere costituzione -Diritto di cronaca -Limiti. (cost., art. 21; c. p., artt. 51, 595). Ingiuria e diffamazione � Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa � Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. Diritto di cronaca -Limiti . -Eccesso colposo -Condizione. (c. p., artt. 51, 55 e 595). n diritto di cronaca giornalistica, co.nsiderato fra i diritti pubblici soggettivi inerenti ana libert� di pensiero e di stampa, riconosciuti dall'art. 21 della Costituzione, consiste essenzialmente nel potere-dovere conferito al pubblicista, di portare a conoscenza dei lettori fatti, notizie, vicende realmente interessanti la vita associata in modo che il pubblico,. esattamente informato, possa orientarsi meglio, esprimere un proprio giudizio sugli avvenimenti, trarne le� debite conclusioni e, ail'occorrenza~ assumere tutte quelle legittime iniziative per garantire il rispetto di quei principi giuridici, etici e morali, che sono alla base deUa comunit� organizzata in un determinato momento storico. Questi essendo il contenuto e le finalit� propri del diritto di cronaca giornalistica, per la sua sussistenza, e quindi, anche per il configurarsi della relativa causa di giustificazione prevista dall'art. 52 c. p., occorre, oltre l'interesse pubblico e l'appagamento dello stesso mediante una informazione mantenuta nei limiti della obiettivit� e della serenit�, che la notizia pubblicata sia vera od almeno seriamente accertata. Quando si trasmoda da questi limiti e l'informazione costituisca semplice occasione o, peggio ancora, pretesto per colpire nell'onore e nella reputazione un. avversario politico, o, comunque, un portatore di idee diverse e contrarie, e si sconfini nell'ingiuria, nella contumelia e nella gratuita denigrazione, l'esercizio del diritto di cronaca non � pi� configurabile� PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 175 e, conseguentemente, il fatto non pu� essere disc1�iminato, diventando in I tal caso la� pubblicazione semplice strumento di aggressione aUa altrui i reputazione, tanto pi� grave quando l'articolista abbia inventato di sana pianta i fatti narrati o li abbia addirittura taciuti, abbandonandosi I soltanto ad apprezzamenti e considerazioni offensivi e denigratori della l persona presa di mira (1). Ogni esorbitanza dai limiti di esercizio del diritto di cronaca gior I nalistica, sul piano logico e giuridico, che la pubblicazione nel suo insieme ed in rapporto al suo specifico contenuto possa qualificarsi seria l e concreta espressione di una attivit� giornalistica di informazione e I di orientamento della pubblica opinione, potendo entro questi limiti configurarsi un eccesso qualora il giornalista abbia imprudentemente ll dato colore ,alla notizia, pubblicata, narrandola con tinte vivaci e sugg~ stive e talora impiegando, a titolo di commento, espressioni superI flue che possano suonare offesa per l'altrui reputazione. Quando lo I stesso presupposto manca ed ogni limite viene superato e travolto dalla licenza, l'eccesso non pu� che essere esso stesso doloso, come nel caso I in cui volontariamente e scientemente siasi pubblicato un articolo contenente non gi� fatti concreti, bens� esclusivamente, insinuazi<?ni, contumelie ed offensive qualificazione per la persona presa particolar I mente di mira (2). ! li 1 I (1) Sui requisiti del diritto alla cronaca giornalistica, in relazione ali l'applicazione della causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c. p. la l giurisprudenza della Cassazione � conforme alla sentenza annotata, nel senso che, affinch� ci sia l'esercizio del diritto soggettivo di critica e di l censura garantita dall'art. 21 della Costituzione e non il reato di diffamazione a mezzo stampa �Occorre che : a) la notizia sia vera o almeno 1 seriamente accertata; b) che esista un interesse pubblico alla conoscenza I, dei fatti pubblicati, in modo che il pubblico esattamente informato possa 1 orientarsi meglio e valutare gli avvenimenti; c) che l'informazione sia mantenuta nei limiti della obiettivit� e serenit�. Nello stesso senso v. Cass. 14 giugno 1965, Relazione della Avvocatura dello Stato, anni 1960-1965, voi. III, 555; Cass., 6 novembre 1964, n. 359, I Giust. pen., 1965, II, 270; C1ass. 4 dicembre 1962, n. 1251, Giust. pen., 1963, I II, 844; Cass. 8 ottobre 1962, Giust. pen., 1964, II, 138, con nota di CARDAGNONE; Oass. 23 febbraio 1960, Giust. pen., 1960, II, 741; Cass. 5 marzo 1960, Giust. pen., 1961, II, 103. In dottrina cfr. PERETTI GRIVA, Diritto di I critica e diffamazione, in Rass. Diritto cinematografico, 1959, 71. (2) Giurisprudenza costante anche per la seconda massima sulla reI I sponsabilit� a titolo di dolo e non di colpa quando l'eccesso sia consapevole l e volontario, con l'esclusione dell'applicazione dell'art. 55 c.p. V. Cass. 14 i marzo 1962, n. 1089, Cass. pen., Mass., 1962, 607; Cass. 12 maggio 1955, Arch. pen., 1955, II, 675; Cass. 14 febbraio 1955, Riv. pen., 1955, II, 661. M. DI PACE i I I ! I. l! ! ] 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 giugno 1966, n. 2567 -Pres. Rosso -Rel. A. Leone -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. P. M. in proc. Trevisan. Reato -Sospensione condizionale della pena -Seconda concessione del beneficio -Impossibilit� di pagare la pena pecuniaria inflitta con precedente condanna -Non revocabilit� dell'ordinanza, emessa in sede d'esecuzione, che affermi la preclusione d'ogni indagine su tale impossibilit�. (c. p., art. 164). Emessa, in sede d'incidente d'esecuzione, una ordinanza che affermi la preclusione d'ogni indagine circa la possibiZit� di adempiere la condizione del pagamento di una precedente pena pecuniaria, cui sia stata subordinata la sospensione condizionale d'una pena detentiva, tale ordinanza fa stato riguardo la questione di. diritto decisa e non � revocabile. (Omissis). -Con sentenza 26 giugno 1963 il Pretore di Dolo condann� Trevisan Bruno alla pena di lire 100 mila di multa per emissione di assegno a vuoto, concedendo il beneficio della sospensione condizio nale dell'esecuzione della pena. Successivamente, con sentenza 18 novembre 1964 del Tribunale di Venezia e divenuta irrevocabile il 13 di (1) Ancora in tema d'interpretazione della legge 24 aprile 1962, n. 191, modificatrice dell'art. 164 c. p. sulla sospensione condizionale della pena. 1. -L'annotata decisione della Corte di Casazione, d'Lndrubbia esattezza (dato che le ordinanze risolutive d'incidenti d'esecuzione sono provvedimenti giurisdizionali, che ammettono quale unico mezzo d'impugnazione il ricorso per cassazione, a norma dell'art. 631 c.p.p.), non � entrata nel merito della .questione prospettata nella requisitoria del Procuratore Generale Detta requisitoria accenna, senza prendervi posizione, alla tesi del Procuratore della Repubblica di Venezia che, in contrasto con l'impugnata ordinanza del Pretore di .quella citt� aveva sostenuto la non deducibilit� 'in fase esecutiva dell'impossibilit� del pagamento di precedente pena pecuniaria, cui fosse stata condizionata la concessione della condizionale per una successiva condanna a pena detentiva. Secondo tale tesi, che trova conforto tn una decisione della Cassazione del 21 ottobre 1963 (rie. Servillo), spetta soltanto al giudice che pronuncia la seconda condanna valutare se la condizione (del pagamento della precedente pena pecuniaria) sia possibile e vada pertanto apposta alla nuova concessione della condizionale, mentre il giudice dell'esecuzione dovirebbe sempre limitarsi a prendere atto del mancato verificar.si della condizione ed a disporre la revoca del beneficio ai sensi dell'art. 590 c.p.p. 2. -Non sembra, tuttavia, che la soluzione del quesito possa essere unitaria, diversificandosi invece a seconda che esso riguardi l'impossibilit� materiale (risolventesi ne11'inca:i;>acit� economica assoluta) ovvero quella giuridica (rappresentata dall'estinzione del reato o de11a pena). ., ., , w. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 177 cembre 1964, il Trevisan fu condannato a quattro mesi di reclusione per bancarotta �semplice e, in applicazione dell'ultimo comma dell'art. 164 c. p. aggiunto con I. 24 aprile 1962, n. 191, fu concessa la sospensione condizionale dell'esecuzione di tale pena alla condizione che il Trevisan pagasse entro due mesi la multa di�100 mila lire inflitta con la prima sentenza. Non avendo il Trevisan eseguito tale pagamento, il Pretore di Venezia, con ordinanza 22 aprile 1965, revoc� il beneficio condizionato concesso con la propria sentenza 18 novembre 1963 (revoc� anche il beneficio concesso con la prima sentenza, in conseguenza della condanna inflitta con la .seconda). L'ordinanza fu notificata il 24 aprile 1965 'al Trevisan, che non la impugn�. Il 16 maggio 1965 il Trevisan fu tratto in arresto per l'esecuzione della pena di quattro mesi di reclusione. Con istanza presentata il 29 maggio 1965 (all'avvocato Mario Giantin nell'interesse del Trevisan e da quest'ultimo fatta propria con dichiarazione resa il 19 giugno 1965 al Pretore di Pinerolo, fu fatto presente che il Trevisan aveva il 7 maggio 1965, pagato la multa di lire 100 mila inflitta con la prima sentenza e, giustificandosi il ritardo con il fatto Per l'impossibilit� materiale sembra poi ulteriormente necessario distinguere tra impossibilit� pa-eesistente alla condanna condizionata ed impossibilit� �successiva. Quanto alla prima (impossibHit� materiale preesistente), la decisione del giudice di cognizione che la escluda (naturalmente siffatto giudizio, quale �logica e necessaria premessa, sar� normalmente desumibile dal dispo� sitivo della sentenza che statuisca l'obbligo, o pi� propriamente l'onere, del pagamento dell.a pena pecuniaria), essendo essa il risultato d'una valutazione di elementi di prova, non pu� essere modificata o posta nel nulla se non attraverso i normali mezzi d'impugnazione previsti per il processo di cognizione; ma, una volta divenuta irrevocabile la sentenza conclusiva della fase di cognizione, il giudice della esecuzione non pu� che applicare la sentenza ormai passata in cosa giudicata. Tale ipotesi si era verificata nel caso ogegtto della annotata decisione, che non sarebbe stata perci�, diversa qualora non vi fosse stata l'ulteriore preclusione rappresentata da una precedente ordinanza del giudice dell'esecuzione, che aveva confermato l'obbligo di adempiere la condizione di cui all'art. 164 u.c., �c.p. 3. -Passando all'esame della seconda ipotesi (impossibilit� materiale di adempiere la condizione insorta successivamente alla sentenza, ad esempio in conseguenza di fallimento del condannato), si deve rilevare che il principio, logico oltre che guiridico, espresso dal noto brocardo � ad impossibilia meno tenetur �, in mancanza della p�reclusione del giudicato, non pu� non trovare applicazione in fase esecutiva. Se nel diritto civile ed in particolal'e nel diritto del1le obbligazioni, improntato al rispetto delJ.a volont� negoziale, cio� di entrambe le parti (art. 1322 �e.e.) e del bilanciamento dei rispettivi interessi (arg. ex articolo 1371 e.e.), d1 cennato principio � pur tuttavia applicabile, in quanto l'impossibilit� sopravvenuta della prestazione estingue l'obbligazione (articolo 1256 e.e.), a maggior ragione esso deve ritenersi valido nel campo del 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 178 che il condannato si era trovato nell'impossibilit� di adempiere a causa della sua condizione di fallito, fu chiesta la revoca dell'ordinanza che aveva revocato il beneficio: e ci� richiamandosi alla disposizione dell'art. 164 c. p. p. che subordina la sospensione della pena detentiva al pagamento della precedente pena pecuniaria gi� sospesa, � salvo che il condannato si trovi nella impossibilit� di adempiervi �. Il Pretore di Venezia con ordinanza 12 luglio 1965 revoc� la precedente ordinanza 22 aprile 1965 e ordin� la scarcerazione del Trevisan osservando che l'impossibilit� sopravvenuta � deducibile in fase esecutiva, che dagli atti esibiti si desumeva l'assoluta impossibilit� di adem~ tonel termine fissato e che tale accertamento non era precluso c��la precedente ordinanza, sia perch� in quella sede l'interessato si era limitato a chiedere una proroga del termine, sia perch� l'impossibilit� dell'adempimento era stata allora .giustificata soltanto con il generico richiamo all'esistenza del fallimento, mentre dopo la presentazione della nuova istanza erano stati esibiti documenti idonei a dare la prova concreta della predetta impossibilit�. diritto penale, nel quale Le norme sono tutte a tutela unidirezionale (di interessi cio� della collettivit�, fatti propri dallo Stato). L'obbligazione aJ. cui adempimento venga condizionata l'operativit� d'un provvedimento favorevole al, condannato, qual � la sospensione condizionale della pena, deve perci� considerarsi . estinta e quindi la relativa condizione come non apposta, qualora sopravvenga la materiale impossibilit� di adempierla. Questa soluzione �, oltre tutto, in armonia con il principio del favO!/' rei, ricavabile dal nostro sistema di diritto penaile ed in particolare deUe norme sulla successione delle leggi nel tempo (art. 2 c.p.) e dalla previsione della formula assolutoria per insufficienza di prove. 4. -Diverso ragionamento richiede la soluzione del quesito nel caso in cui l'impedimento ad adempiere alfa condizione in esame si configuri come impossibilit� giuridica. Mentre l'incapacit� economiea, fonte deLl'impossibilit� materiale di pagare la pena pecunia!l'ia, si presta ad un apprezzamento per sua natura soggettivo, l'estinzione del reato precedente, che rende l'esecuzione della relativa pena giuridicamente impossibiJ.e, n�n pu� invece essere oggetto di apprezzamento ma soltanto di verificazione de1ila sua sussistenza. Perci�, se questo accertamento avrebbe dovuto essere positivo peir la effettiva preesistenza della causa estintiva, l'errore del giudice non pu� far rivivere ti reato, dato che le cause estinti.ve del medesimo operano irretrattabilmente nel momento in cui intervengono, a sensi dell'art. 183 p.p. c.p.p. (cfr. in proposito: SANTORo, L'estinzione del reato, in Nov. Dig., n. 13 ed il giudicato non � di ostacolo aUa loro applicazione anche in sede esecutiva (cfr. BucoLo, Il giudicato penale, in Gi�st. pen., 1963, III, 423). Ad una difforme conclusione si dovrebbe addivenire se si assegnasse all'obbligo di pagare la precedente pena pecuniaria, previsto dall'art. 164 u.p. c.p., una natura giuridica diversa dalla sua propria di adempimento d'una SaJilzione penale (cos�: SP1zuoco, Le innovazioni circa la sospensione ., T. DE CARLO 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il Pretore di Venezia, con la ricordata ordinanza del 22 aprile 1965, neg� che la impossibilit� di adempiere fosse insita nello stato di fallito, osservando che la possibilit� dell'adempimento � � presupposto demandato all'esame del giudice di merito al momento della pronuncia della decisione � e che non � possibile in sede esecutiva � fare degli accertamenti .che verrebbero o potrebbero contrastare con quanto in dibattimento dal giudice affermato �. In sostanza, l'ordinanza appariva �sostanzialmente giustificata con il rilievo in diritto della preclusione di ogni indagine in fase esecutiva circa la possibilit� dell'adempimento. Orbene, poich� le ordinanze risolutive di incidenti di esecuzione fanno �stato riguardo alle questioni di diritto decise, appare evidente che nella specie la medesima questione non poteva essere riproposta e decisa in modo diverso, come invece � stato fatto con la seconda ordinanza, la quale muove per l'appunto dal rilievo della possibilit� di allegare in fase di esecuzione l'impossibilit� sopravvenuta ( e ci� senza dire che appare altresi improprio qualificare come ��sopravvenuta � la impossibilit� di pagare la precedente pena pecuniaria nel termine assegnato, vale a dire dal 14 dicembre 1964 al 14 febbraio 1965, dal momento che in sostanza, anche in base ai documenti esibiti, il mancato pagamento troverebbe spiegazione esclusivamente nella situazione di fatto gi� esistente al momento della pronuncia della seconda sentenza di condanna, e cio� nello stato di fallimento senza attuale consistenza attiva e nella mancata corresponsione di alcun assegno alimentare al fallito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 luglio 1966, n. 918 -Pres. Rosso - Rel. Milone -P. M. Sullo (conf.) Rie. Baronchelli. Procedimento penale -Giudizio in contumacia -Impedimento a comparire -Tardiva alligazione dell'obbligo di comparire nello stesso giorno quale teste davanti a giudice diverso -Non costituisce legittimo impedimento -Ordinanza dichiarativa di contumacia Legittimit�. (c. p. p., artt. 497, 498). La persona che sia citata per lo stesso giorno a comparire a dibattimenti davanti a due giudici diversi nella veste rispettivamente di teste e di imputato, di guisa che possa ottemperare ad una sola intimazione, deve tempestivamente rappresentare al giudice davanti al quale deve presentarsi come imputato, la situazione: nel caso questi . . "' ., PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 181 PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 181 non conceda il differimento, ci� giustificher� la mancata comparizione quale teste davanti all'altro giudice. Ove ci� l'imputato non faccia, l'ordinanza dichiarativa di contumacia -che disattenda l'impedimento, addotto all'udienza, in considerazione del preminente dovere dell'imputato di comparire davanti al giudice che l'aveva citato in tale veste non � infirmata da l'allegato obbligo di dover comparire quale teste davanti a giudice diverso (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli art. 497 e 498, in relazione all'art. 148 comma 3<> c. p. c. e la iUegalit� dell'ordinanza dichiavativa della sua contumacia nel dibattimento di appello (con conseguente nullit� della sentenza) per (1) Un caso limite di contumacia dell'imputato. Non v'� dubbio che l'imputato aveva gravemente mancato nei confronti della Corte di appello: citato fin da un mese prima come testimone dinanzi ad un Pretore per il giorno stesso in cui, come imputato, doveva comparire dinanzi alla Corte di appello di Bologna, soltanto due gi-0rni prima del dibattimento aveva segnalato alla Corte il suo impedimento a comparire. Il riliievo dei g.i.udici di Bologna � stato condiviso dalla Cassazione con una m-0tivazione che per�, in diritto, lascia alquanto a desiderare, anche se la conclusione cui perviene � sostanzialmente esatta. Lascia perplessi innanzitutto l'affermazione di quel �preminente dovere � di presentarsi come imputato in un processo piuttosto che come testimone in un altro, sulla q.uale si infulcra la severa censura al comportamento del ricorrente. � noto infatti che dalla situazione di contumacia, fenomeno comune al processo civile e penale, esula ormai ogni elemento di illic0Lt� e di colpevolezza: in. omaggio al principio che il liberro esercizio dei diritti comporta anche la libert� di non esercitarli, nell'uno e nell'altro processo � riconosciuta la piena legittimit� dell'assenza volontaria, pur nella diversit� di regolamentazione (necessit� del contraddittorio, garantito dal difensore, nel processo penale). La partecipazione dell'imputato quindi nella fase dibattimentale non � essenziale, anche se la legge processuale tende a favorirla, a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa (art. 497, 498, 501 c. p. p.). La testimoninaza � viceversa un mezzo probatorio che diviene necessario quando sia stato disposto in concreto dal giudice, onde il testimone non pu� esimersi dal deporre -anche se poi la. sua deposizione non sia utile in concreto all'accertamento dei fatti -tanto � vero che opportune sanzioni tendono a garantirne la comparizione (c. p. c., art. 255; c. p. p., art. 144). Se quindi la presenza dell'imputato al dibattimento � utile, ma non necessaria, mentre quella del testimone � necessaria, anche se dovesse risultare inutile, sembrerebbe che preminente dovere sia quello di testimoniare e che la presenza dell'imputato al dibattimento non possa nemmeno considerarsi dovere, ma tutto al pi� onere. La verit� per� non � gi� nel rovesciamento della posizione di preminente dovere, ma nella constatazione di un'assoluta pariteticit� di situazioni: �cos� come il doverie di testimoniare in altro p['ocesso integra un 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avere la Corte di merito erroneamente ritenuto non giustificata l'assenza di esso Baronchelli, che nello stesso giorno doveva presentarsi, come in realt� avvenne, quale teste in altro procedimento in corso dinanzi al Pretore di Gallarate. In merito a tale doglianza, risulta in fatto che il Baronchelli segnal� la situazione al Presidente della Corte di Bologna con istanza del 3 luglio, allegando la .copia della citazione notificatagli per comparire innanzi al Pretore di Gallarate. Di tale istanza, evidentemente pervenuti nello stesso giorno del dibattimento, il Presidente dette notizia in udienza: ma la Corte escluse l'esistenza di un legittimo impedimento da parte del Baronchelli, in vista del suo � preminente dovere > di presentarsi come imputato, e ordin� quindi procedersi in sua contumacia. legittimo impedimelilto (ex art. 497 c. p. p.) dell'imputato a comparire in dibattimento, il diritto di essere presente all'udienza dibattimentale in cui si discute un processo a proprio carico integra per il testimone un legittimo impedimento (ex art. 144 c. p. p.) a presentarsi all'autorit� giudiziaria che ne abbia disposto la citazione. Entrambe le norme parlano infatti di legittimo impedimento e l'� assoluta impossibilit�� prevista dall'articolo 497 c. p. p., (mentre ha una sua specifica ragione d'essere, -come si dir� in seguito) pu� ben .consistere nel fatto che l'imputato si trova altrove per adempiere un obbligo ~uridico ed 31Ilzi ci� � sostenibile a fortiori, se � correttamente riconosciuta l'assoluta impossibilit� nel fatto che l'imputato :si trovi <altrove per una situaziOIIle del tutto volontaria. La scelta, quindi, dell'autorit� giudiziaa:iia, innanzi alla quale comparire, che il ricorrente ha operato e che la Suprema Corte ha censurato, era tanto poco criticabile, da essere insita nel sistema come unico mezzo per sopperire ia11a mancanza del dono dell'ubiquit�. Una volta accettato che le due situazioni (quella dell'imputato e quella del testimone) erano giuridicamente paritetiche, non restava che trame una logiCa conseguenza: la perfetta legittimitd della scelta operata in via alternativa, che, altrimenti ragionando, se dl ricol'T'ente avesse optato per J:a Corte di appello, il Pretore avrebbe potuto rdtenere, a sua volta (e forse con pi� a\rgomenti a suo favore) che il diritto dell'imputato �di �essere presente alla udienza non integra ex art. 144 c. p. p. il legittimo impedimento dello stesso a comparire come testimone in altro processo, poich� egli avrebbe ben potuto ottenere il rinvio del dibattimento a norma dell'art. 497 c. p. p. facolt�, quest'ultima, che viceversa per il testimone non � prevista. Sicch� con siffatta decisione pretorile, ipotetica, ma tutt'altro che inverosimile, il ricorrente si sarebbe trovato, nella sua veste di testimone inadempiente, in una situazione deteriore rispetto a quella che, come imputato, ha lamentato. � evidente che la possibilit� logica di queste .contrastanti soluzioni non depone a favore della motivazione adottata dalla Suprema Corte. Il fatto � che la Corte di Cassazione non si � data carico di a.pprofon-/ dire il concetto di legittimo impedimento (che � cosa ben diversa dalla PARTlii I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 183 Ci� posto, il Supremo Collegio osserva che, a prescindere dalla mancanza di ogni prova sul punto se in effetti il Baronchelli si present� oome teste innanzi al Pretore di Gallarate, il comportamento dell'impu'tato dinanzi alle due intimazioni giudiziali non fu legittimo. Essendogli stata, infatti, la citazione innanzi al Pretore notificata sin da un mese prima (5 giugno), egli non poteva di sua iniziativa operare la scelta dell'autorit� giudiziaria davanti alla quale presentarsi, astenendosi dal comparire davanti alla Corte e pretendendo cos� -col porre il collegio giudicante di fronte al fatto compiuto -di obbligarlo a ritenere giustificata, qualunque fossero le esigenze di trattazione del procedimento a suo carico, la sua assenza dal dibattimento: bens� avrebbe dovuto tempestivamente chiedere il rinvio del processo� portando a conoscenza della Corte la situazione in cui veniva a trovarsi e cos� valutazione della prova del medesimo e che, in quanto interpretazione di una norma, non pu� considerarsi sottratto al giudizio di legittimit�) ed � giunta ad una affermazione di intempestivit� ed irritualit� dell'istanza di rinvio che, cosi come espressa, non trova giusUficazione in alcuna norma di legge. Non vi � alcun dubbio infatti che l'istanza di rinvio era stata ritualmente proposta alla Corte di appello in virt� della generale disposi: zilone dell'art. 145 c. p. p. e tempestivamente presentata nella fase degli atti preliminari (anzi, con due giorni di anticipo), del dibattimento, in cui appunto .si �statuisce, :llra l'altro, deHa presenza, .assenza o contumacia de~l'J. mputato (c. p. p., artt. 430, 433, 497). Se per� la motivazione � inesatta, la conclusione cui la Corte Suprema � pervenuta �, ciononostante, pienamente conforme al sistema processuale adottato dal nostro legislatore il quale, messosi sulla via di favorire la presenza dell'imputato nella fase dibattimentale a garanzia dei diritti detla difesa e non per necessit� de�l processo, doveva esclusivamente in funzione di ci� prevedere � quella assoluta impossibilit� di comparire per legittimo impedimento � che giustifica la sospensione o il rinvio previsti dal primo comma dell'art. 497 c. p, p. Ci� significa che le situazioni che non consentono di procedere in contumacia sono esclusivamente quelle. in cui vi � una concreta ed assoluta impossibilit� di essere presenti e tale impossibilit� non � stata volontariamente causata n� era altrimenti evitabile. In ogni altra ipotesi, infatti, si tutelerebbe il diritto dell'imputato di essere presente al dibattimento pi� di quanto noh abbia fatto il suo titolare, il che, considerato il sistema al quale il legislatore si � ispirato nel disciplinare appunto la presenza dell'imputato nella fase dibattimentale, sarebbe non solo senza ragione, ma � contra tenorem rationis legis �. In virt� di queste considerazioni, esattamente si afferma che non solo non pu� tenersi conto di uno stato oggettivo di impossibilit� che sia stato preordinato per proorastinare la decisione (GIANZI, v. Contumacia in Enciclopedia del Diritto; VANNINI, Manuale dir. proc. pen. 1963, 293), ma che non pu� nemmeno tenersi conto di uno stato di impossibilit� che, pur attuale, avrebbe potuto tuttavia essere evitato (proponendo ad es., nel caso di spe - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 184 provocare in tempo utile un provvedimento formale che, se positivo (ossia di concessione del differimento) avrebbe risolto il dilemma, consentendo ad esso Baronchelli di adempiere all'ordine del Pretore, e se negativo (cio� di rigetto dell'istanza) per uno dei vari motivi che, nella valutazione dell'organo competente, imponevano o rendevano comunque opportuna la discussione del processo all'udienza fissata) avrebbe costituito idonea ragione di giustificazione della mancata comparizione innanzi al Pretore. Pertanto, essendo stato l'impedimento intempestivamente ed irritualmente dedotto, non poteva essere assunto a valida causa giustificativa dell'assenza dell'imputato in udienza: con la conseguenza che legittima � da ritenersi la dichiarazione di contumacia. -(Omissis). cie, e come la sentenza che si annota afferma, un'istanza in tempo utile ad ottenere l'emanazione di un c. d. decreto di controcitazione, o il suo rifiuto). Inoltre, poich� l'impedimento deve essere legittimo e poich� l'aggettivo deve intendersi sia nella sua accezione di �lecito, giustificato� sia in quella di � secondo la legge ., si deve procedere in contumacia quando l'impossibilit� derivi da una situazione in cui l'imputato sia venuto a trovarsi volontariamente per un fatto illegittimo (il MANZINI, v. Contumacia in Novissimo Dig. it., fa .l'esempio dell'espatrio clandestino). InJ�ne, � appena il caso di notare che l'impossibilit� assoluta a com parire per legittimo impedimento � tale, anche se causata da una condotta volontaria, purch� non sia stata voluta intenzionalmente (ch�, in tal caso, si rientrerebbe nell'ipotesi di una manovra dilatoria preordinata, che non avrebbe pi� nulla a che fare con l'esercizio di quel diritto di difesa che l'art. 497 c. p. p. favorisce). Ci� detto in ordine alla corertta interpretazione dell'art. 497 c. p. p., non pu� di conseguenza condividersi quanto affermato nella sentenza annotata e cio� che l'eventuale rigetto dell'istanza di rinvio proposta in tempo utile alla Corte di Appello avrebbe costituito idonea ragione di giustificazione della mancata comparizione innanzi al Pretore: baster�, infatti, ricordare quanto si � detto sopra sulla assoluta pariteticit� di situazioni del testimone e dell'imputato per quanto concerne il legittimo impedimento a comparire ed osservare che, in �questo caso -avendo l'imputato fatto tutto quanto era in suo potere per rendere concretamente possibile l'esercizio del suo diritto di difesa non si sarebbe potut� parlare di uno stato di impossibilit� evitabile, per dedurne conseguentemente .che la scelta della Autorit� giudiziaria innanzi alla quale comparire, effettuabile in modo esclusivo dall'interessato, sarebbe stato l'unico modo per risolvere il dilemma. Oltre tutto, quelle esigenze di trattazione del procedimento a carico dell'imputato, ricordate dalla sentenza che si annota, erano, per altro verso, ma con ugual forza di argomenti, presenti nell'altro processo a carico d'altri, in cui il ricorrente era testimone (v. infatti art. 452 c. p. p.). P. DI TARSIA DI BELMONTE f PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 185 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1464 -Pres. Michienzi -ReZ. Albanesi -P. M. Lenzi -(conf.) Rie. Terra Leandro. Procedimento penale -Procedimento per decreto -Opposizione -Decreto di citazione in giudizio -.Mancato richiamo al decreto opposto -Irrilevanza. (c. p. p., artt. 509, 185 comma 3�). Nessuna ai.sposizfone di legge fa Q'bbtigo al giudice di richiamare nel decreto di citazione, per ii dibattimento fissato a seguito di opposizione a decreto pe'!'l-ale, gli estremi di questo ultimo. N� per tale omissione pu� ritenersi violato il diritto deZla difesa, perch� il decreto di citazi01i~ a giudizio deve contenere, fra l'altro, l'enunciazione del fatto, <;lel tit9lo !:leZ reato, q,ezze circostanze aggravanti e le indicazioni degli articoli (ii fegge. L'imputato � posto, in tal modo, in condizione di conoscere che si tratta delle medesime imp�tazioni ascrittegli nel decreto di condanna e dalle quali egli si � difeso proponendo opposizione (1). (Omissis). -L'imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione dell'art. 185 n. 3. c. p. p. in quanto il decreto di citazione per il giudizio non recava.�alcun richiamo al decreto penale n� la comminatoria che, in mancanza di pr�sentazione al dibattimento, sarebbe stata ordinata l'esecuzione del decreto. D�duce inoltre l'erronea applicazione dell'art. 510 c. p. p. in quanto si sarebbe ordinata irritualmente l'esecuzione anzidetta, nonostante che il procedimento avesse subito gi� dei rinvii. DIRITTO Il ricorso � manifestamente infondato. Quanto al primo motivo � da osservare che nessuna disposizione di legge fa obbligo al giudice di richiamare nel decreto di citazione, per il dibattimento fissato a seguito d'opposizione a decreto penale, gli estremi di questo ultimo. N� per tale omissione pu� ritenersi (1) Non risultano precedenti giurisprudenziali editi. il invece, giurisprudenza .costante che non sussista la nullit� di cui all'art. 412 c. p. p. nel caso il decreto di citazione contenga soltanto una sintetica enunciazione del fatto, rinviando a quella pi� computamente esposta nel decreto penale opposto: v. Cass. 27 aprile 1964, rie. Stocca, 21 settembre 1964, rie. Quattroccio, Foro it., Rep. 1965, voce Decreto penale nn. 29, 30; 25 giugno 1957, rie. De Galta, Giust. pen., 1958, III, 36 ed ivi precedenti. 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� violato il diritto della difesa perch� il decreto di citazione a giudizio ~eve contenere, fra l'altro, l'enunciazione del fatto, del titolo del reato delle circostanze aggravanti e le indicazioni degli articoli di legge. L'imputato � posto in tal modo, in condizione di conoscere che si tratta delle medesime impugnazioni ascrittegli nel decreto di condanna e dalle quali egli si � difeso producendo opposizione. � quindi evidente il collegamento fra l'impugnazione anzidetta e il dibattimento. Le conseguenze della ingiustificata non comparizione all'udienza sono stabilite espressamente dalla legge e non � prescritto che il decreto di citazione contenga, al riguardo, alcuna particolare comminatoria o diffida. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 547 -Pres. D'Ari.enzo -'Rel. Borghese -Rel. Sebastio -P. M. Marucci (diff.) Rie. Nizzola. Reato -Reato continuato -Prove -Reato giudicato e altro reato -Configurabilit� della continuazione -Obbligo di accertamento del giudice in ordine ai presupposti della continuazione -Onere di allegazione della precedente condanna a carico dell'imputato. Pu� r�avvisarsi il nesso della continuazione anche tra un reato, per il quale sia gi� stata pronunciata condanna con sentenza passata in giudicato, e altre violazioni della stessa disposiizone d�' legge, costituenti oggetto di un giudizio in corso. Nella predetta situazione, profiZandosi la possibilit� dell'applicazione delle regole contenute nell'articolo 81 primo e secondo capoverso c. p., il giudice � tenuto ad.accertare anche d'ufficio l'esistenza dei presupposti e delle condizioni a tal fine necessari; l'onere della prova a tale riguardo non pu� essere posto a carico dell'imputato, il quale � tenuto soitanto ad indicare in modo particolareggiato le condanne relative ai reati rispetto ai quali viene sollecitato il riconoscimento del nesso della continuazione (1). (1-2) Le due sentenze in rassegna ribadiscono principi costantemente seguiti dalla Corte Suprema in materia di continuazione nel reato. Come � noto, la continuazione ex art. 81 c. p. � confi~abiJle anche fra reati per i quali sia stata pronunciata sentenza di condanna e reati non ancora accertati giudizialmente. (Cass. 23 aprile 1963, Giust. pen., 1964, Il, 87; Cass. 16 novembre 1964, Giust. pen., 1965, II, 290; Cass. 23 marzo 1962, Cass. pen., Mass., 1962, 790). Occorre tuttavia precisare che ila continuazione � esclusa quando il reato oggetto della sentenza gi� passata in giudicato PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 187 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 640 -Pres. MonGia11do -Rei. De Marco -P. M. Oliva (diff.) -Rie. Tedaldi. Reato -Reato continuato -Continuazione tra il reato da giudicare e reato gi� giudicato -Obbligo di esame da parte del giudice -Prove Presupposti di fatto della continuazione -Esistenza di sentenza irrevocabile -Accertamento di ufficio. \ Qualora l'imputato alleghi la esistenza del nesso della continuazione tra il reato per cui si procede e altro reato giudicato con sentenza irrevocabile di condanna, il giudice � obbligato a prendere in esame la questione in tal modo prospettata e deve indagare anche d'ufficio, 3Upplendo alla eventuale inerzia della parte, sugli elementi di fatto che assumono rilievo per l'applicazione dell'art. 81 secondo e terzo comma, applicazione che ha carattere obbligatorio e non meramente facoltativo; in particolare, lo stesso giudice � tenuto ad accertare anche �d'ufficio se vi sia stata in precedenza una sentenza di condanna e se tale sentenza sia passata in giudicato (2). I (Omissis). -Il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 81 c. p. sotto il profilo della mancata applicazione della continuazione, rispetto ad altri reati di truffa per i quali erano gi� intervenute due sentenze di condanna. Sostiene, in particolare, che, essendo stato in precedenza giudicato per altri delitti di truffa con sentenze passate in giudicato del Tri sia meno grave di quello oggetto del giudizio (Cass. 5 giugno 1964, Foro it., 1965, II, 476; Cass. 28 ottobre 1964, Riv. pen., 1965, Il, 167 con nota di NAPOLETANO .V.). La continuazione � altres� esclusa ove la commissione del nuovo reato avvenga dopo la condanna (o dopo l'arresto o la denuncia dell'imputato), essendo in tal caso l'identit� del disegno criminoso infranto dalla condanna che impose al colpevole di superare i motivi inibitori da es5a derivanti, ponendo in essere una ulteriore determinazione criminosa (Cass. 28 aprile 1966, n. 18, in questa Rassegna, 1966, I, 1431). Giurisprudenza costante anche ~elativamente all'obbligo deiJ. giudice di merito di accertare, anche ex officio, la esistenza delle condizioni e dei presupposti della continuazione e quindi, nel caso specifico, l'esistenza delle precedenti sentenze di condanna, purch� specificamente indicate dall'imputato (Cass. 21 novembre 1961, Giust. pen., 1962, II, 754, n. 661' con note di richiami). D. S. 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bunale di Chieti del 27 maggio 1963 e del Tribunale di Vicenza del 15 ottobre 1963, doveva ritenersi la continuazione fra i fatti oggetto del procedimento in corso e quelli giudicati nei suindicati procedimenti, con la conseguente appUcazione del solo aumento di pena sulla condanna precedentemente inflitta, invece della irrogazione di una pena autonoma. La censura � fondata. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte sussiste la ipotesi del reato continuato, subordinatamente, s'intende, alla unicit� del disegno criminoso, anche se per una delle plurime violazioni della stessa legge sia gi� intervenuta condanna con sentenza passata in cosa giudicata e per le altre l'imputato debba ancora essere giudicato. Allorch� quindi il giudice � p:Posto di fronte ad una situazione nella quale si delinei la possibilit� di ritenere la continuazione non pu� esonerarsi dall'accertare se ricorrono in concreto i requisiti posti dalla legge per farsi luogo alla applicazione del disposto dell'art. 81 e. p., al fine di consentire all'imputato quella mitigazione della pena che consegue alla unificazione dei vari reati, in luogo delle conseguenze estremamente rigorose e talvolta sproporzionate che deriverebbero dal cumulo materiale delle pene. N� appare valida la giustificazione addotta dalla sentenza impugnata, in merito al rigetto della richiesta del'appellante, e cio� che costui non avesse fornito la prova delle sentenze in base alle quali si potessero ritenere esistenti i presupposti della continuazione. Invero, non si pu� fondatamente assumere che la applicazione della disposizione dell'art. 81 c. p., in caso di precedente giudicato, sia condizionata all'assolvimento di un particolare onere della prova: poich�, a parte il quasi generale ripudio di tale concetto nel procedimento penale, per la ritenuta sua incompatibilit� con i principi ai quali esso � informato, nella specifica ipotesi del reato continuato la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto esistente l'obbligo del giudice di accertare anche ex officio la esistenza dei presupposti e delle condizioni necessarie per la sua applicabilit�. Tale indagine costituisce infatti un particolare aspetto della valutazione della entit� obiettiva e della gravit� del reato, che indubbiamente rientra nel potere-dovere di cognizione di ufficio del giudice penale. Deve pertanto considerarsi sufficiente, ai fini della applicazione dell'art. 81 c. p., la indicazione particolareggiate, da parte dell'attuale ricorrente, delle precedenti condanne rispetto alle quali chiedeva fosse ritenuta la continuazione; al che egai aveva adempiuto anche in maniera del tutto attendibile, avendo allegato un certificato autentico relativo alla emissione di vari ordini di carcerazione per le condanne PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 189 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 189 da lui indicate come base per il richiesto aumento conseguente alla eventuale continuazione. In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Padova per nuovo esame in relazfone alla applicabilit� della continuazione. ( Omissis). II (Omissis). -L'imputato, con i motivi di appello, aveva preci- 1=1ato che: a) con sentenza 7 dicembre 1962 del Tribunale di Sondrio era stato condannato per furti commessi nel marzo 1962; b) con sentenza 3 maggio 1963 dello stesso Tribunale era stato condannato per altri furti commessi dal maggio 1960 all'ottobre 1961; e) con sentenza 26 novembre 1962 del Tribunale di Lecco era stato condannato per furto commesso nel settembre 1962; d) con sentenza 7 giugno 1962 del Tribunale di Sondrio era stato condannato per furti commessi nell'agosto 1962; c;he la Corte d'Appello di Milano, con sen~enza in data 6 aprile 1964, aveva ritenuto che tutti i reati innanzi specificati costituivano un unico reato continuato e, ferma la sentenza 7 dicembre 1962 del Tribunale di Sondrio passata in giudicato, in riforma delle altre sentenze, aveva determinata la pena complessiva ,in tre anni di reclusione e ottantamila lire di multa. Premesso ci�, aveva chiesto che anche i reati di cui alla sentenza 16 ottobre 1964 del Tribunale di Sondrio, commessi nel febbraio e nel marzo 1960 e cio� prima degli altri per i quali aveva gi� riPQrtato condanna dalla Corte d'Appello, fossero considerati come commessi in esecuzione di un medesimo ,disegno criminoso. Ma la Corte di Appello non ha preso in esame il motivo di doglianza, perch� l'appellante non aveva prodotto la sentenza 6 aprile 1964 pi� innanzi citata, onde non era possibile addivenire al giudizio comparativo dei diversi fatti criminosi. Il vizio di siffatto ragionamento � evidente. L'applicazione della norma de1l'art. 81 c. p. relativa alla figura del reato continuato, � obbligatoria e non facoltativa, onde il giudice � tenuto ad indag,are e pronunziarsi sui presupposti di fatto della questione. Come, poi, � stato altre volte affermato, (Cass. I, 21 novembre 1961, rie. Giaveno) nel procedimento penale vige il principio inquisitorio, in virt� del quale ,il giudice deve supplire alla eventuaile inerzia della parte interessata a fornire la prova di un fatto giuridicamente rilevante, allegato e dedotto nei suoi precisi termini, onde non vi � dubbio che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 190 il magistrato penale � tenuto ad accertare, anche di ufficio, ove non risulti, se vi sia stata una precedente condanna e se la sentenza sia passata in giudicato. Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per mancanz�a di motivazione sull'applicazione dell'art. 81, capv. c. p. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE (Ordinanza), Sez. II, 31 agosto 1966, n. 2-019 -Pres. Mongiardo -Rel. Borghese -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. Torello. Esecuzione forzata -Costituzione -Incidenti -Ricorso contro il provvedimento che decide sull'incidente -Istanza di sospensione dell'esecuzione -Provvedimento di rigetto -Inoppugnabilit�. (Cost., art. 111; c. p. p., art. 1902� comma, 631, 3� comma). IZ provvedimento del giudice dell'esecuzione, che rigetti la istanza di sospensione dell'esecuzione proposta in pendenza di ricorso contro l'ordinanza emessa in sede di incidente, non pu� essere impugnato in base alle norme del codice di rito, n� in base all'art. 111 della Costitte. zione (1). (Omissis). -Osserva che il ricorso non � fondato. Invero, le contestazioni, sulle quali insiste il ricorrente, circa la legittimit� della dichiarazione di irreperibilit� emessa nella fase di cognizione del giudizio e circa la asserita estraneit� di esso condannato ai fatti oggetto dell'imputazione, non possono trovare ingresso in sede di incidente �di esecuzione, trattandosi di questioni, concernenti il merito dell'impugnazione e il rapporto giuridico processuale di cognizione, che rimangono coperte e superate dai!. giudicato venutosi a formare sulla �sentenza. In sede di esecuzione il giudice deve soltanto controllare l'esistenza e la validit� della sentenza irrevocabile e nella ipotesi -che ricorre nel caso in esame -di sentenza .contumaciale, dovr� esclusivamente verificare se la notifica dell'estratto di sentenza ai sensi d.ell'art. 500 c. p. p. in relazione all'art. 170 stesso codice sia stata legittimamente e regolarmente eseguita. Il che � stato fatto dal giudice a quo, il quale ha dato atto dell'ese.cuzione di detto controllo, risultato positivo, nell'ordinanza impugnata, laddove ha affermato (1) Nella stesso senso Cass. 12 aprile 1966, n. 890; 10 marzo 1961 (rie. Tafone, Giust. pen., 1961, III, 387; 2 luglio 1957 (rie. D'accardo, ivi 1957, III, 692; 27 maggio 1955, ivi 1956, III, 114; 16 dicembre 1952, ivi 1953, III, 343; 5 febbraio 1953, ivi 1953, III, 294; 6 febbraio 1953, ivi, 1953, 405. P.D.T. J PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 191 con esatto giudizio, rispondente pienamente alle risultanze degli atti che la notifica dell'estratto di sentenza, come le altre del procedimento di cognizione, venne regolarmente eseguita a norma dell'art. 170 citato in base a dichiarazione dii rreperibilit� ritualmente emessa nella fase di cognizione. Resta per ci� stesso esclusa ogni fondatezza della cen sura di difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata dedotta dal ricorrente anche sotto il profilo della violazione dell'art. 111 della Costituzione. Quanto, infine, alla doglianza relativa ad asserita violazione del l'ultimo comma dell'art. 631 c. p. c. -per mancata concessione della sospensione dell'esecuzione -� evidente che trattasi di censura inam missibile, giacch�, secondo la costante giurisprudenza di codesta S. C., il provvedimento del giudice dell'esecuzione che rigetta l'istanza di sospensione dell'esecuzione ai sensi della norma citata � inoppugnabile anche in base all'art. 111 della Costituzione della Repubblica. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 6 settembre 1966, n. 2255 -Pres. D'Amario -Rel. Mosillo -P. M. (conf.) -Rie. Tardio. Notificazioni -Notificazione presso la casa di abitazione dell'imputato Conse~ a ad una donna convivente -Mancanza di contestazioni sulla convivenza -Validit� della notificazione -Relazione di notifica -Mancata indicazione delle generalit� della consegnataria e erronea qualificazione della stessa come moglie -Irrilevanza. (c. p. p., art. 169). La notificazione eseguita p1�esso la casa di abitazione dell'imputato, mediante consegna a persona convivente, deve considerarsi valida -qualora non siano contestati n� ii luogo di abitazione dell'imputato, n� la convivenza della consegnataria -ancorch� nella relazione dell'ufficiale giudiziario non siano state indicate le generalit� della donna, o questa sia stata indicata, a causa di una sua falsa dichiarazione, o di una erronea supposizione dell'ufficiale giudizim�io, come moglie dell'imputato (1). (1) Le norme che disciplinano le notificazioni tendono a garantire, con ragionevole affidamento, che l'atto notificato giunga a conoscenza del destinatario e, d'altra parte, l'esigenza che il rapporto processuale si incardini validamente richiede che una presunzione iuris et de iure assiste le notificazioni espletate secondo le norme processuali. Fra queste due proposizioni si muove col"rettamente, la giurisprudenza della Suprema Corte quando, come in questa ordinanza, ritiene irrilevanti le inesattezze contenute nella relazione dell'ufficiale giudiziario, che non solo non sono previste dalla 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge come causa di nullit� dell'atto (c. p. c., art. 179; c. p. c., art. 160), ma che non impediscono a questo lo effettivo raggiungimento del suo scopo. Agli stessi principi � ispirata la giurisprudenza della Cassazione, quando riconosce che non � necesSM"io che la convivenza risulti dai dati anagrafici e, d'altro canto, che a provare la non convivenza non � sufficiente l'esibizione di certificati anagrafici attestanti che il consegnatario e il destinatario dell'atto abitano in luoghi diversi, essendo frequente il caso che congiunti convivano tempol'aneamente, pur avendo ciascuno una propria residenza -(Oass. 10 marzo 1963, Giust. pen., 1964, 222; 15 gennaio 1958, Riv. pen., 1958, II, 5911), o, .infine, che non costituisce causa di nullit� della notificazione l'omessa menzione della esistenza del rapporto di convivenza fra destinatario e consegnatario, quando quest'ultimo �sia la moglie o il figlio minorenne (Cass. 23 marzo 1964, Giust. pen., 1964, 490). � interessante notare -per arguire che la giurisprudenza va sempre pi� lodevolmente adeguandosi alle esigenze di sostanziale difesa dell'imputato che hanno ispirato, in armonia con il dettato costituzionale, la novella del 1955 -che a quest'ultima affermazione la Cassazione � pervenuta non sulla base di considerazioni formalistiche collegate con il domicilio legale dalla moglie e del minore, ma attraverso un corretto uso della presunzione .come elemento probatorio, che lascia quindi aperta la porta alla prova contraria. Nello stesso senso dell'ordinanza v. Cass. 22 giugno 1966, n. 1454; sulla non necessit� dell'indicazione della natura del rapporto di convivenza v. Cass. 10 febbraio 1966, n. 330. P.D.T. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 1� ottobre 1966, n. 2811 -Pres. D'Ama.rio -Rel. Sesta -P. M. (conf.) -Rie. Sena. Procedimento penale -Termini -Termine processuale in materia pe nale -Sospensione penale -1�: anno di applicazione -Decorrenza della sospensione. Inapplicabilit� della legge 14 luglio 1965, n. 818. (1. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). La legge 14 luglio 1965, n. 818, essendo entrata in vigore il successivo 4 agosto, non pu� considerarsi operante per i termini processuali scaduti nei primi tre giorni dello stesso mese (1). (1) La Cassazione, sia civile che penale, � decisamente orientata nel senso della massima. In materia penale, v. C'ass. 28 aprile 1966, rie. Piacente; 28 aprile 1966, P. M. c. Izzo; 13 luglio 1966, rie. Galeotti; in Mass. Uff. Cass. pen. 1966, 576, 581, 963. Contra, e per la decorrenza della sospensione del lo agosto anche per l'anno 1965, v. Cass. 31 marzo 1966, rie. Tombacco, ibidem, 479. In materia civile, conformi Cass. 18 gennaio 1967, n. 170; 13 luglio 1966, n. 1871 e 1869, For it., I, 239 e 663. Contra, Cass. 7 gennaio 1967, n. 74, ibidem, I, 239. In dottrina, si v. TARTAGLIONE, La sospensione dei termini per il periodo feriale: primi problemi di applicazione, Circolazione e Trasp., 1966, 158. PARTE SECONDA 15 RASSEGNA DI DOTTRINA M. NIGRo, Studi sulla funzicme organizzatrice della Pubblica Amministmzione, Giuffr�, Milano, 1966, pagg. 221. A differenza che nei regimi autoritari (monarchie assolute, moderne dittature), dove manca ogni � tensione � tra organi della legislazione ed organi dell'esecutivo, nelle monarchie parlamentari e nelle democrazie moderne, che si caratterizzano, invece, per la presenza della predetta � tensione �, il problema dell'esistenza, della giustificazione e dei limiti di una funzione auto-organizzatrice dell'Amministrazione assume un'importanza veramente notevole, perch� in esso' si ripercuotono rucune deUe pi� importanti istanze del nostro tempo. Consapevole dell'importanza della questione, l'A. l'affronta collocandola al centro di due dialettiche, entrambe decisive per fa nostra struttura costituzionale, la dialettica dei rapporti tra potere legislativo e potere esecutivo e la dialettica dei rapporti tra apparato statale e centri comunitari di interessi e di poteri, anche se poi l'indagine si concentra solo sul primo dei due profili. Dopo un'esplicita affermazione dei limiti del suo studio, dal quaJe esula ogni tentativo di costruire una teoria generale deJ.la funzione organizzatrice dell'Amministrazione, il N. dichiara, nella lucida premessa al testo, di voler solo identificare, attraverso un'interpretazione dell'art. 97, comma primo, della Costituzione, fondata su presupposti storici, dommatici, sistematici pi� complessi di queJ.li adoperati di consueto, i canoni fondamentali di attribuzione e di ripa:rtizione della predetta funzione. La trattazione inizia con un acuto esame della prospettiva storica in cui deve porsi il problema; prospettiva, cui l'A. assegna notevole importanza, perch� essa consente -a suo giudizio -di controllare in che senso e fino a qual punto sia esatto H corrente modo di vedere nella norma dell'art. 97 della Costituzione il ristabilimento di una tradizione costituzionale sovvertita dalla legge 31 gennaio 1926, n. 100, del periodo fascista. L'indagine non si ferma alle esperienze costituzionali del nostro paese ma si allarga e si estende alle esperienze della Germania e dell'Austria, per il parallelismo esistente, sotto questo profilo, tra la nostra storia e quella dei due paesi di lingua tedesca. Diciamo subito che l'excursus risulta molto interessante ed appare di indubbia efficacia ru fine di sottolineare che in Italia il tema della titolarit� della funzione organizzatrice dell'Amministrazione, pur essendo oggetto di lotte politiche e di discussioni dott;rinali non sempre prive di episodi drammatici, non ha mai presentato, ove si prescinda naturalmente dalla rottura operata nello sviluppo -costituzionale italiano dalla citata legge del 1926, le aspre antitesi proprie dei paesi di lingua tedesca. E ci� perch�, in sostanza, a parte posizioni veramente marginali, la controversia da noi non si � mai impiantata e svolta intorno alla titolaritd esclusiva della funzione di organizzazione, ma piuttosto intorno ai limiti deUa competenza e delle funzioni del parlamento e del potere esecutivo, riconosciuti, pi� o meno esplicitamente, contitolari della funzione medesima. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dopo il rilievo, indubbiamente convincente, della scarsa utilit� dei lavori preparatori per l'interpretazione dell'art. 97, primo comma; della Costituzione, a causa della poca attenzione dedicata dall'Assemblea Costituente al tema nei suoi aspetti pi� generali, il N. sposta la sua analisi sul contenuto letterale dell'articolo predetto per dedurne la sua natura di precetto fondamentale del sistema costituzfonale di attribuzione e distribuzione della funzione organizzatrice della pubblica Amministrazione. Soffermandosi sulla statuizione, secondo cui i pubblici uffici sono organizzati in base a disposizioni di legge in modo da assicurare il buon andamento e l"imparzialit� dell'Amministrazione, l'A'.. precisa che l'enunciazione costituzionale d� un principio di efficienza e d'imparzialit� deve necessariamente considerarsi il fondamento di un potere di auto-organizzazione riconosciuto all'Amministrazione. A giudizio del N., infatti, se il collegamento tra esigenze di buon andamento e di imparzialit� dell'Amministrazione e funzione di auto-organizzazione della medesima non � mai stato messo in evidenza dalla dottrina, ci� � dipeso unicamente dal fatto che � sempre mancata una lettura per cos� dire � gl'obale � del primo .comma dell'art. 97 della Costituzione. L'errore, in altri termini, � stato quello d'intendere il primo comma dell'art. 97 come se stabilisse, da una parte, una regola d'organizzazione (riserva di legge) e, dall'altra, due regole sostanziali consistenti nell'imposizione all'Amministrazione del dovere d'imparzialit� e del dovere di buon andamento, senza l'esistenza di alcun rapporto tra le due pa~ti della norma. Errore, per l'A., di ovvia evidenza perch�, non esistendo nel nostro ordinamento alcuna base normativa idonea a fondare un dovere d'imparzialit� ed un dovere d'efficienza dell'Amministrazione, l'art. 97, primo comma, non avrebbe potuto farvi riferimento. Dopo aver dedotto dalla posizione nella Carta Costituzionale dei principi di efficienza e di imparziaJ.it� il potere dell'autorit� amministrativa di organizzarsi in vista del raggiungimento dei fini che le sono attribuiti, H N. rileva che fo stesso art. 97, primo comma, ponendo una riserva di legge, non vuol proporsi altro fine se non quello di distribuire la funzione organizzatrice dell'Amministrazione tra potere legislativo e potere esecutivo, attribuendo la funzione medesima ad entrambi i poteri. E ci� perch� la riserva di legge, contenuta nell'articolo in esame, non �, per l'A., una riserva in senso puro e tecnico ma � piuttosto una riserva di direzione, da intendersi, cio�, come conferimento al Parlamento di un potere d'indirizzo sull'Amministrazione sotto il profilo dell'organizzazione. In definitiva, la riserva contenuta nell'art. 97, primo comma, pi� che come attribuzione esclusiva al potere legislativo del!la normazione in materia d'organizzazione e limitazione corrispondente del potere esecutivo, II si dovrebbe riguardare come una vera e propria spartizione del potere di organizzazione. Proseguendo nella trattazione l'A. precisa che la riserva in discorso rientra tra le c. d. riserve improprie, n cui concetto viene approfondito con una lunga analisi, densa di richiami dottrinali. ~ � chiaro, quindi, che il N., neil risolvere il problema propostosi, caffi povolge del tutto la tradizionale posizione della dottrina in materia. Per rn lui, infatti, la funzione di organizzazione, come funzione di direzione met ~=i diante il.'organizzazione, � potere generale ed originale dell'apparato esercutivo ed �, entro certi limiti, territorio di riserva di questo. Onde si !!1 dovrebbe dedurne che se, da un lato, vi � una riserva (relativa) di potere del parlamento (in termini usuali ed abbreviati: riserva di legge), v'�, l.:: . I . I PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA dall'altro, una riserva (limitata) di potere dell'apparato esecutivo (in termini usuali ed abbreviati: riserva di regolamento). Di qui la conferma -secondo l'A. -che ,l'art. 97, comma primo, della Costituzione deve essere interpretato ed inteso come canone di ripartizi,one della funzione organizzatrice dell'Amministrazione tra potere legislativo e potere esecutivo. Come si � gi� rilevato nel corso della rapida sintesi che precede, la tesi prospettata nel volume in rassegna urta in modo evidente contro la generale e tradizionale interpretazione dell'art. 97, primo comma, del1a Costituzione ed introduce un concetto di riserva dell'amministrazione come area di attivit� istituzionalmente attribuita in via esclusiva, quanto meno per una parte, alla competenza dell'esecutivo e corrispettivamente sottratta in tutto o in parte alla competenza della [egge e del parlamento che � negato dalla dottrina che fino ad ora si � occupata dell'argomento. In ordine a tale tesi, se pu� dirsi che essa si presenta forse ancora priva di contorni netti e in un certo senso anche lacunosa per la impossibilit� di individuare con certezza i confini tra i due territori di riserva (questa lacuna, d'altronde, � ammessa esplicitamente dallo stesso A. che si riserva di colmarla approfondendo il problema in successive indagini), non pu� negarsi che la stessa si fonda su argomenti la cui originalit� ed efficacia non pu� certamente disconoscersi. Bisogna ancora aggiungere che il libro in rassegna, a prescindere dalla considerazione delle tesi enunciatevi, ha il notevole merito di richiamare l'attenzione degli studiosi su di un tema forse troppo sbrigativamente esaminato dalla dottrina, e di apprestare per il cultore del diritto una tale quantit� di materiale storico, dommatico, esegetico, sistematico da far ritenere che la possibilit� di costruire una teoria generale positiva della funzione di organizzazione dell'Amministrazione sia oggi meno lontana di quanto si potesse, prima della pubblicazione del volume, ritenere. L. MAZZELLA D. DONATI, Scritti di diritto pubblico, Voll. 2, CEDAM, Padova, 1966, pagg. 905 complessive. Per onorare a ricordare Donato Donati nel ventesimo annivocsario daJ.la sua scomparsa, la casa editrice CEDAM ha raccolto e ripubblicato tutti i suoi scritti di diritto pubblico per cosi dire � minori �, ma solo quanto a mole, rispetto alle due note opere � I Trattati internazionali nel diritto co,stituzionale � e � Stato e Territorio �. L'iniziativa � stata condotta a termine sotto gli auspici delle Universit� di Modena e di Padova e si � avvalsa della collaborazione di tutti gli allievi del D., i �quali hanno espressamente richiesto all'editore che gli scritti del Maestro mantenessero la loro veste originale e fossero riprodotti anastaticamente. Il primo dei due volumi in rassegna, che si apre con una � Presentazione � di Egidi,o Tosato, seguita dalle parole rievocative pronunciate venti anni or sono da Enrico Guicciail"di, comprende le note monografie: � Il problema delle lacune dell'ordinamento giuridico ., � Il contenuto del priincipio di irretroattivit� del.la legge� e � Atto complesso, autorizzazione, approvazione �. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel secondo volume sono raccolti invece studi, monografie, recensioni, note a sentenze, articoli, pubblicati su varie Riviste giuridiche dal 1905 a1W3& ' Gli scritti che fanno parte dell'intera raccolta riguardano gli argomenti pi� vari e diversi anche se molti sono direttamente connessi alla materia del volume sui � Trattati internazionai~ � (ad es. � Gli organi dello Stato ed il diritto internazionale �, � I principi costitutzionali circa la competenza all'esecuzione dei trattati internazionali e l'art. 44 cpv. del t. u. deUe leggi sui diritti di autore �, � Competenza dell'autorit� giudiziaria circa l'inteTPretazione e l0applicazione dei Trattati internazionali �) ed altri, invece, hanno come tema centrale importanti capitoli della teoria generale della legge (ad es. �Il problema delle lacune dell'ordinamento giuridico ., � I carateri deLla legge in senso materiale ., � Il principio della retroattivit� della legge ed il diritto costituzionale �). Da segnalare., per l'importanza che ha avuto sulla dottrina italiana nella elaborazione della teoria generale dell.'atto amministrativo, iJ. gi� citato �Atto comple~so, autorizzaziione, approvazione�, laivoro iehe �, altres�, indicativo della perdurante fireschezza delle tesi elaborate dall'A. L.M. A. BENNATI -E. DI GIAMBATTISTA, Il nuovo statuto e la carriera degli impiegati civili dello Stato-Legislazione, giurisprudenza, commento, Jovene, Napoli, 1967, pagg. 840. � stata pubblicata di recente la terza edizione della nota opera del Bennati e del Di Giambattista sul nuovo statuto e sulla carriera degli im piegati civili dello Stato. Il lavoro, notevolmente rielaborato, giunge a distanza di sette anni dalla precedente �edizione e si presenta arricchito di richiaini ai pi� recenti contributi dottrinali e giurisprudenziali sulla materia. Nella �presentazione� del volume, dovuta alla penna del Presidente della Corte dei Conti, Ferdinando Carbone, viene esattamente posto in ��: luce che gJ:i AA., attravel'>So le varie edizioni � hanno sempre pi� affinato e Teso intenso lo sforzo costruttivo, volto a dare ordine alla materia, , tanto variamente stl"lltturata, dell'impiego pubblico � ed hanno sempre ;; pi� accentuato le caratteristiche pi� pregevoli dell'opera che sono quelle della � chiarezza di stile, precisione di concetto e facilit� di consultazione �. , I ~ L.M. �~ I I E. F. CARABBA -R. ALEsSANDRI, Codice penale e codice di procedura penale, Edizioni Ludus, Firenze, 1965, pagg. 1651. I Questo commento teorico-pratico, condotto articolo per articolo, si propone essenzialmente lo scopo di rendere accessibile ad ogni cittadino di I normale cultura la lettura del codice penale e del codice di procedura penale. I commentatori, per�, oltre ad affidarsi ad una copiosa esemplif�.c!azione r di scuola, per chiarire concetti e costruzioni della scienza giuridica, hanno I r PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 5 anche abbondantemente attinto a massime giurisprudenziali della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, facendo, sotto questo profilo, opera utile anche per gli operatori pratici del diritto. Nel commento del primo libro del codke penale, il Caa-abba ha trovato modo, prendendo spUJilto dai vari articoli, di indicare i principi generali della materia e di affrontare le pi� gravi questioni dottrinali e pratiche che a tali principi direttamente o indirettamente si ricollegano; nel commento degli altri libri, il medesimo sembra, invece, essersi essenzialmente preoccupato di suggerire al lettore l'ordine logico da seguire per accertare se il fatto commesso da unia determinata persona costituisca o meno reato. Anche l'Alessandri ha curato la sua parte (codice di procedura penale) con intenti prevalentemente pratici, facendo seguire ad un'esposizione della materia di carattere generale un commento a tutti gli articoli riguardanti la polizia giudiziarria. L.M. C. M. BIANCHI -P. L. CANZIANI, Codice veterinario e Raccolta delle circolari in materia veterinaria, 3 voll., Giuffr�, Milano, 1966. Nella nuova collana legale veterinaria, edita da Giuffr�, sono stati pubblicati il codice veterinario, in due tomi, e fa raccolta delle circolari in materia veterinaria, in unico volume. Entrambe le raccolte, quella delle nol'llll.e riguardanti la scienza veterinaria e quella delle circolari, intendono offrire UJilO strumento di consultazione pratico ed aggiornato e tendono a s&ddisfare una esigenza largamente avvertita oil.tre che dai veteirinari pratici anche dai cultori di studi giuddici e dagli Uffici amministrativi. Un unico indice per argomenti favorisce il lavoro di ricerca, rimandando contemporaneamente sia alle disposizioni legislative che alle circolari aventi il medesimo oggetto. L.M. SEGNALAZIONI (*) F. BATISTONI FERRARA, Imposte di trasferimento, decisioni di valutazione ed errores in procedendo, in Foro it., 1966, I, 1127. L'A. aderisce al recente indirlzzo delle S.U. che ritiene improponibile, contro le dedsioni emesse in grado ,di appello dalla Commissione provin ciale in materia di valutazione delJ.a base imponibile delle imposte indi rette, il ricorso alla Commissione Centrale e che ammette, invece, quello per Cassazione. La tesi contrasta con l'opinione dominante in dottrina, la quale, rile vando nel sistema del contenzioso tributario la mancanza di un mezzo atto a far valere gl:i eventuail.i errores in procedendo della Commissione pro (*) A cura degli avv.ti L. MAzZELLA, M. DI PACE, D. SALVEMINI, A. TALLARl\DA. - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 vinciale, afferma l'esperibilit� del ricorso alla Commissione Centrale, sulla base dell'asserita esistenza di un principio che attribuisce a questa Commissione un sindacato generale di leglttimit�. L'A. contesta anzitutto proprio questa presunta competenza generale della Commissione Centrale gi� in materia di imposte dirette, deducendo, da una esegesi delle norme in vigore, che trattasi invece di un � rimedio tipico�, ammesso nei soli casi contemplati dalla legge. In secondo luogo contesta, comunque, l'estensibilit� di questa eventuale attribuzione al contenzioso sulle imposte indirette, articolato sulla distinzione tra giudizio di valutazione e controversie sWl.'applioozione del tributo, diffondendosi sulla origine storica del primo, sorto come giudizio di stima (in cui evidentemente non rilevavano gli errores in procedendo) e recepito dal legislatore del 1936 nella configurazione originaria. Infine, dopo aver osservato che, in ogni modo, il rfoonoscimento della ammissibilit� del ricorso ana Commissione Centrale non gioverebbe ad alcuna ricostruzione sistematica, l'A. si sofferma sulla natura delle Commissioni tributarie per illustrare brevemente come molti inconvenienti verrebbero evitati se fosse loro riconosciuto carattere amministrativo (A.T.). A. CATELANI, Sul fondamento del divieto di dedurre davanti al Consiglio di Stato in s. g., motivi di gravame non proposti nel precedente ricprso gerarchico, in Foro amm., 1966, II, 122. Premesso che rorientamento del Supremo Consesso Amministrativo � ormai consolidato nel senso della indeducibilit� in sede giurisdizionale di motivi di gravame non proposti in via gerarchica, l'A, individua il fondamento di tale divieto nell'art. 34, primo comma del t.u. sul C.d.S., disciplinante <il rapporto tra ricorso giurisdizionale e gravami amministrativi. Secondo il C., questo rapporto sarebbe praticamente eluso se non si dovesse tener conto dei motivi effettiv>amente dedotti in via amministrativa, tanto pi� che � H motivo � elemento di identificazione del ricorso�. Infatti, se uno dei motivi successivamente proposti in sede giurisdizionale non lo fu anche in via gerarchica, non si pu� dire che su di esso si sia formato il provvedimento definitivo, dovendosi ritenere che anche per il ricorso gerarchico, a differenza di quanto affermano altri pur autorevoli Autori, vige la corrigpondenza tra chiesto e pronunciato. Il divieto, invece, non sussiste quando si impugnano avanti il Consiglio di Stato le decisioni che accolgono il ricorso gerarchico, le quali si sostituiscono al provvedimento originario, ovvero quando si deducano vizi del procedimento di formazione della decisione del ricorso gerarchico (A.T.). A. FrnoccHIARO, Competenza e poteri del giudice netla sospensione della esecuzione del lodo arbitrale, Giust. civ., 1966, I, 2069. Si tratta di una nota adesiva all'ordinanza 31 marzo 1966 della Corte di Appello di Lecce, con cui si � affermato che l'esecuzione delle sentenze arbitrali pu� sospendersi ogni qualvolta il giudice, nel suo prudente ap PARTE II, RAF"'EGNA DI DOTTRINA 7 prezzamento, lo ritenga rispondente ad esigenze di giustizia o anche di semplice opportunit�. La nota in rassegna esamina compiutamente tutte le varie posizioni giurisprudenziali e dottrinali in ordine all'argomento, raggruppandole come sue: a) teoria, secondo cui la sospensione della sentenza arbitrale pu� ~ concedersi solamente nei limiti di cui all'art. 373 c. p. c. e cio� in presenza di un grave ed irreparabile danno; b) teoria, secondo cui la sospenjsione pu� concedersi soltanto qualora r<isultino violate le norme di cui 1 all'art. 829 c. p. c.; c) teoria, secondo cui la sospensione pu� concedersi negli stessi limiti e con le stesse caratteristiche della sospensione della ! sentenza di cui all'art. 283 c. p. c.; d) rteoria, secondo. cui la sospensione ! pu� essere concessa con piena autonomia daJ. giudice e nei limiti della pi� ampia discrezionalit�, ponendosi essa come diversa da ogni altra so I spensione. l \ L'A. critica le prime due teorie, osservando che se il legislatore ha riconosciuto al giudice dell'impugnazione del lodo arbitra�le il potere di sospendere l'esecuzione, senza stabilire o fissare alcun limite a tale potere, ci� vuol dire che la disciplina della sospensione del lodo arbitrale deve ricavarsi dall'art. 830, comma 20, �C. p. c., e non anche da riferimenti ad l altre situazioni processuali o ad altre sentenze, e fa rilevare che tra le due ultime tesi sussiste una differenza pi� apparente che sostanziale, en I trambe riconoscendo al giudice il poter~ di sospendere il lodo arbitrale, nei pi� ampi limiti. I A conclusione nel suo scritto il F. aggiunge che il riconoscimento del ! J potere del giudice dii sospendere il lodo arbitrale nei pi� ampi limiti non pu� disconoscersi, perch� Ia lettera dell'art. 830, comma 20, del c. p. c. non � I consente altra interpretazione, facendo essa risultare ben chiara la scelta I al riguardo compiuta dal legislatore tra le varie soluzioni possibili (L. M.). I l jl C. GIANNATTASIO, Il contenzioso elettorale dopo la sentenza 27 dicembre I 1965, n. 93 della Corte Costituzionale, Giust. civ., 1966, I, 2091. ! L'A. annota adesivamente la sentenza 10 ottobre 1966, n. 2426, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in base alla quale, per effetto della sentenza 27 dicembre 1965, n. 93 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale delle norme che attribuiscono al Consiglio Comunale funzioni giurisdizionali in materia di elettorato passivo, le controversie relative all'eleggibilit� alla carica di consigliere comunale sono attribuite alla cognizione dei tribunali ordinari. E ci� pe:rch� -osserva il G. -la soppressione di un giudice speciaae fa rivivere le ordinarie norme sulla giurisdizione, tra cui vi � l'art. 2 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, che attribuisce la materia relativa ai di:ritti politici alla cognizione della giurisdizione ordinaria. A giudizio deH'A. -per accertare quale debba essere il giudice di primo grado nel:l'ambito dellia giurisdizione ordinaria -la norma dell'art. 2 della I. 20 marzo 1865, n. 2248 dev'essere coordinata con il disposto dell'art. 9 c. p. c. che fissa La competenza g�enerale del Tribunale per exlusionem, cio� relativamente a tutte le cause che non rientrano nella competenza del conciliatore e del pretore (L. M.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MARIO GAGLIARDI, Ancora sulla impugnazione delle decisioni provinciali nelle\,controversie di valutazione in materia di imposte indirette, Giust. civ., 1966, I, 62. L'A. annota sfavorevolmente la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, n. 2087, del 7 ottobre 1965, la quale, confermando l'orientamento giurisprudenziale innovativo della Cassazione 6 ottobre 1962, n. 2828, stabilisce l'inammissibilit� del ricorso alla Commissione Centrale delle Imposte, avverso le �decisioni rese nelle controversie di valutazione in materia di imposte indirette sui trasferimenti, dalle Commissioni provinciali, attribuendo alla competenza del!l'a. g. i ricorsi ex art. 29, comma 3, r. d. I. n. 1639 del 7 agosto 1936 e la possibilit� del ricorso alla Suprema Corte per violazione di legge (errores in procedendo) ex art. 111 Costituzione. Pur riconoscendo l'indubbio peso delle argomentazioni svolte nella sentenza che annota, il G. si dichiara perplesso sulla tesi della Cassazione, secondo cui in base alla norma della 1. n. 1639 del 1936 gli errores in procedendo sono devoluti alfa competenza dell'a. g. o., rilevando al contrario che secondo la pi� pacifica interpretazione dei poteri dei ~udici ex art. 29 del suddetto decreto gli errores in procedendo sarebbero rimasti �privi di giudice se non fosse dato il ricorso alla Commissione Oentrale, e ricorda che tale ricorso era altresi ammesso dal Ministro delle Finanze in una sua circolare n. 8478 del 21 giugno 1938. Infine, precisando che l'intenzione del legislatore � stata quella di ammettere un sindacato generale di legittimit� della Commissione Centrale sia in materia di imposte dirette che indirette, l'A. sostiene che il pl'incipio stabilito nell'art. 48 del t. u. n. 4021 del 1877 per l'imposta di R. M. si estende alle imposte indirette in forza del ri'chiamo contenuto nell'art. 31 d. I. n. 1639 del 1936. (Sull'1argomento e in senso contrario all'assunto dell'A.: Relazione Avvocatura dello Stato, n Contenzioso dello Stato, 1961-65, 352 segg.) (M. D.). A. GRECHI, La Costituzione Italiana con ta giurisprudenza della Corte Costituzionale, Noccioli editore, Firenze, 1965, pagg. 188. Si tratta di un commento della Costituzione condotto in base alle pronuncie della Corte Costituzionale di maggiore interesse generale. Le varie decisioni sono state inserite nel testo del commento, con riferimento agli argomenti trattati, sotto i vari articoli della Costituzione cui esse si� richiamano (L. M.). L. MANFELOTTo, Sul termine per la proposizione della domanda riconvenzionale, Giur. it., 1966, I, 2, 54. Lo setritto in Rassegna si pone i�n contrasto con la tesi prevalsa in giurisprudenza, secondo la quale e il convenuto pu� ritualmente proporre la domanda riconvenzionale successivamente alla prima udienza, purch� Io faccia con la comparsa di risposta. Secondo l'A. tale tesi � in con PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA trasto con il principio per :il quale il thema decidendi deve essere impostato in limine litis e, precisamente, e non oltre la prima udienza di comparizione; di conseguenza a parere del M. il convenuto contumace per poter proporre la domanda riconvenzionale, deve essere stato riammesso in termini ai sensi dell'art. 294 .c. p. p. (D. S.). A. MERCATALI, Osservazioni in tema di determinazione della base imponibile nella enunciazione della societ� di fatto, Giwr. civ., 1966, II. 133. La Ciommissione centrale deiJile imposte nella sentenza 12 maggio 1965, n. 2065, statuendo che la tassa di registro, di cui all'art. 81 tar. A, applicabile i!ll caso di enunciazione della societ� di fatto, colpisce solo e sempire i conferimenti originari, poich� rende esigibile la sola imposta di costituzione della societ�, si era alJ.ineata su principi ormai pacifici in dottrina e giurisprudenza. Affermando per� che quando esiste la prova certa della data della costituzione della societ�, e non anche quella dell'ammontare dei conferimenti originari, l'imposta di registro dovr� venire commisurata allo intero patrimonio sociale esistente all'atto di enunciazione, rapportato ai valori dell'epoca della costituzione, la Commissione ha compiuto un ulteriore ed innovativo passo avanti nella determinazione della base imponibile di detta imposta. L'A. annota sfavorevolmente ila decisione della Commissione Centrale, ritenendola viziata dall'errore di base, secondo cui l'imposta ex art. 81 tar. A della legge di registro sull'enunciazione della societ� equivalga alla tassazione dell'atto costitutivo. Con la tassazione dell'enunciazione della societ� di fatto, sostiene il M., non si costituisce una societ�, ma si porta a conoscenza legale della Finanza una societ� gi� costituita; ne deriva che l'imposta di registro ncin colpisce i soli conferimenti originari, ma anche quelli successivi e la foro valutazione deve essere fatta secondo i valori del tempo in cui � avvenuto il conferimento. Pertanto, legittimamente la Finanza, in mancanza di prova contraria, al momento della enunciazione prende a base della tassazione l'intero patrimonio sociale esistente, presumendo che tutto il patrimonio costituisca conferimento apportato in quel momento. In tal modo si evita la faciile frode fiscale da parte di coloro i quali costituiscono una societ� di fatto con un minimo di conferimenti originari, precostituendosi la prova in ordine alla data della costituzione e all'ammontare dei conferimenti, in tempi successivi operano altri conferimenti ed, infine, con l'enunciare la societ� pa~ano l'imposta sui soli conferimenti originari (M. D.). P. NASTI, Tras.crivibirit� e tempo della trascrizione degli atti soggetti a controllo governativo, in Foro amm., 1966, III, 198. L'A., premessa la trascrivibilit� in genere deg1i atti anche nulli, annullati, inefficaci, e stabilito il dies a quo per provvedere a tale trascrizione ai fini civilistici e tTibutari, passa ad esaminare l'applicabilit� di 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questi princ1p1 agli atti soggetti a controllo governativo, distinguendo tra atti posti in essere in seguito ad autorizzazione, atti in attesa di autorizzazione successiva, e atti posti in essere in seguito ad autorizzazione ma in attesa del visto di esecutivit�. Per i primi, nessuna questione particolare pu� porsi, in quanto seguono in tutto i principi generali. I secondi, comunque si consideri l'autorizzazione (come presupposto di validit� o di efficacia), sono pienamente trascrivibili anche prima che .qu'esta sia concessa ex post, mentre il termine iniziale per il pagamento delle imposte ipotecarie � differito al giorno in cui perviene all'ufficiale rogante la notizia del provvedimento autorizzativo. I terzi, infine, qualunque sia l'effetto della mancanza del visto (inefficacia o imperfezione dell'atto), sono anch'essi pienamente trascrivibili, con analogo differimento del termine iniziale per il pagamento delle imposte ipotecarie. Il N. termina la trattazione dell'argomento contestando l'esattezza dell'asserto, secondo cui gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione non potrebbero essere trascritti prima dell'approvazione prefettizia�, giusta lo art. 29 r. d. 2 dicembre 1929, n. 2262, in quanto detta norma subordina al controllo governativo solo l'esecuzione ed in essa non sembra potersi far rientrare la trascrizione dell'atto (A. T.). P. PAJARDI, Variazioni in tema di condanna deUa pubblica amministrazione aUe spese processuaH, Giur. it., 1966, I, 2, 66�1. Si tratta, pi� che di uno studio organico, di una rassegna di situazioni- tipo fatta nel tentativo di evidenziare i pi� recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di condanna del1a p. a. alle spese processuali. L'A. esamina anzitutto l'art. 148 della legge di registro, aderendo alla ~ tesi secondo la quale, perch� l'Amministrazione possa essere condannata ::alle spese, non � necessario che l'azione giudiziaria venga promossa dopo il decorso di 90 giorni dalla presentazione del ricorso amminiskativo, , . bens� � sufficiente che, al passaggio in decisione della causa, sia decorso tale termine senza che l'Amministrazione abbia adottato alcun provve, dimento. < I,:; Segue l'esame di altre situazioni, soffermandosi il P. particolarmente ' sulle possibili applicazioni della compensazione ex art. 92 c. p. c. in relazione alle esigenze di comportamento (e quindi ai ritardi) ap~ezzabili ' I perch� imposte dalJ.a legge o insite nella tecnologia degli organi dello I Stato (D. S.). II L. SINAGRA, Sul processo penale costituzionale, Ed. Ricerche Giuridiche, Roma, 1966, pag. 82. Nell'intento di individuare gli esatti contorni degli illeciti presiden Iili ziali e ministeriali, previsti dagli artt. 90 e 96 della Costituzione, l'A., dopo la rilevata assenza di un'elencazione delle varie ipotesi di reato, sostiene che '1e norme costituzionali suddette contengono un �chiaro rinvio alle leggi penali vigenti e sottindentono un'evidente facolt� della Corte Costituzionale � di appil.icare, anche nel massimo, le pene comminate dalle norme penali ordinarie >. ~I: -~~ < ~ I! I PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA li S. respinge, quindi, la tesi che assegna alla Corte Costituzionale discrezionalit� nella configurazione degli illeciti presidenziali e ministeriali e nella determinazione de1le relative sanzioni (qualit� e misura della pena), ritenendo inconciliabile fa predetta discrezionalit� con la natura di organo giurisdizionale della Corte. Dopo queste premesse, l'A. entra nel vivo dell'indagine propostasi ed esamina, da vicino, il congegno normativo previsto dalla legge 25 gennaio 1962 n. 20 per la comunicazione al Parlamento della notizia di un reato presidenziale o ministeriale. All'esame della natura e delle funzioni della Commissione interparlamentare d'inchiesta, il S. fa seguire l'indagine sulla natura giuridica della �messa in stato d'accusa� da parte del Parlamento in seduta comune, qualificando tale funzione come vero e proprio � promovimento di azione penale� e paragonabile a quella che esplica il P. M. nel processo penale ordinario. L'istruttoria penale costituzionale, il dibattimento, la sentenza e la sua definitivit�, l'amnistia, l'indulto e la grazia nel processo penale costituzionale costituiscono l'oggetto degli altri capitoli del volume in rassegna. Chiude il Ll.avoro l'esame di un problema che l'A. si prospetta in via di ipotesi: possibilit� che una questione di legittimit� costituzionaJ.e di una legge o di un atto avente forza di legge venga sollevata innanzi alla Corte Costituzionale convocata per il giudizio d'accusa. La soluzione per il S. � che la presenza dei giudici aggregati non fa mutare natura alla Corte e che essa, pertanto, ne1la stessa sede potr� ben giudicare anche sulla questione di costituzionalit� (L. M.). RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sui trattamento economico e normativo degLi operai e degLi impiegati addetti aize industrie ediLizie ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1� agosto 1959, per gli impiegati addetti all'industria ediilizia ed affini, che dispone l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione (articolo 76 della Costituzione) (1). Sentenza 4 febbraio 1967, n. 9, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 31 maggio 1966 del Tribunale di Catania, G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 257. NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione deila istruzione sommaria), primo comma, riguardo all'inciso � in quanto sono appiicabiii > (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (2). Sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di Cadore, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 101. � Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. (1) Il d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, � stato gi� dichiarato illegittimo per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 sul trattamento economico e normativo degli operai addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1965, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). (2) La disposizione, in quanto rende possibile non applicare alla istruzione sommaria le norme degli artt. 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura penale, � stata dichiarata incostituzionale con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. L'articolo 392, terzo comma, ultima parte, in quanto consente al Procuratore generale, che ha assunto o avocato a s� l'istruzione sommaria della causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria, � stato dichiarato illegittimo con sentenza .2 aprile 1964, n. 32. ' !:' :11ill:1m1mrn:@1mm:mm::::;;:::;:;::ili:;;~::1m:;:mmrmrm;mmm11rrn:rmm1m:,:1rm111mmmmmrnmmmmmmmmmmmmrr1ilimlEilifffi!mmmmmmmmmmmmmmrniil PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 13 legge 24 dicembre 1928, n. 3134 (Provvedimenti per la bonifica integrale), art. 13 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 21 gennaio 1967, n. 5, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza di rimessione 20 agosto 1965 del Conciliatore di Irsina, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e �Jll questa Rassegna, 1965, II, 143. r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi suli'ordinamento della Corte dei conti), art. 7 (artt. 100, terzo comma, 106, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 21 gennaio 1967, n. 1, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza di rimessione 3 giugno 1966 della Corte dei conti, sezioni riunite, G. U. 9 luglio 1966, n. 168, e in questa Rassegna, 1966, II, 205. legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma (artt. 24, secondo comma, �e 136, primo comma, della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ordinanze di rimessione 6 luglio 1965 del Tribunale di Ferrara (G~ U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 174); 30 dicembre 1965 del Tribunale di Varese (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 104); e 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di Cadore (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 104). legge reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37 (Sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie), art. 1. Sentenza 21 gennaio 1967, n. 4, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza �di rimessione 26 maggio 1965 del Tribunale di Palermo, G. U. 4 settembre 1965, n. 223. legge 30 dicembre 1962, n. 1859 (Istituzione ed ordinamento della scuola media statale), artt. 4 e 9 (artt. 34, secondo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1967, n. 7, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 16 luglio 1965 del Pretore �di Campo basso, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 145. legge 5 dicembre 1964, n. 1267 (Provvedimenti in materia di imposta di bollo) art. 1 (art. 53 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1966, n. 128, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ordinanza di rimessione 27 febbraio 1965 del Pretore di Pieve di Cadore, G. U. 13 novembre 1965, n. 284, e in questa Rassegna, 1965, II, 175. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) (artt. 73 e 76 della Costituzione). Sentenza 9 febbraio 1967, n. 13, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 15 luglio 1966 del Pretore di Latina, G. U. 15 ottobre 1966, n. 258, e in questa Rassegna, 1966, II, 260. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) art. 108 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 9 febbraio 1967, n. 14, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanze di rimessione 17 settembre 1966 e 22 settembre 1966 del Pretore di Lugo, G. U. 26 novembre 1966, n. 299, e in questa Rassegna, 1966, II, 292. legge reg. Friuli-Venezia Giulia approv. 11 marzo 1966 (Contingenti numerici provvisori del personale regionale) (artt. 67, primo e secondo comma, e 68, secondo comma, dello Statuto speciale per fa Regione Friuli-Venezia Giulia, ed art. 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1967, n. 8, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 1� aprile 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 164. NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, in quanto, con criterio diverso rispetto a quello stabilito per la moglie nel secondo comma della disposizione, impone al marito di somministrare alla moglie tutto , ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche della moglie (artt. 3, primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione) (3). Corte di appello di Messina, or�dinanza 13 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Codice civile, art. 151 (Cause di separazione personale), nella parte in cui, �Con disparit� di trattamento tra i coniugi, prevede che l'adulterio della moglie sia causa di separazione personale mentre quello del marito lo sia soltanto se costituisce ingiuria grave al coniuge (artt. 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 21 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. (3) Proprio sotto questo profilo� la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale dell'art. 156, primo comma, del codice civile (sentenza 23 maggio 1966, n. 46). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 15 codice civile, art. 2450 (Nomina e revoca dei liquidatori), terzo com� ma, se ed iin quanto attribuisce al Presidente del Tribunale il potere di nominare un liquidatore anche quando la ricorrenza dei presupposti dello scioglimento della societ� sia affermata solo da uno degli interessati in assenza o in contrasto con gli altri (art. 24 della Costituzione). Presidente del Tribunale di Milano, ordinanza 14 luglio 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. codice di procedura civile, �:omb. disp. art. 301 (Morte o impedimento del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine perentorio di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di interruzione per morte, radiazione o sospensione del procuratore, in cui il termine decorre da una data che pu� senza colpa rimanere ignota alle parti (art. 24 della Costituzione) (4). Tribunale di Roma, ordinanza 10 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nullit� verificatesi negli atti preliminari al giudizio), in quanto la sanatoria della nullit� del decreto di citazione a giudizio per omessa citazione della persona offesa dal reato e del querelante preclude la costituzione di parte civile (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 1966, n. 38. codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del pretore), o in quanto, pur prevedendo una fase processuale istruttoria, consente al Pretore di pronunciare condanna per decreto penale senza aver prima interrogato l'imputato o enunciato il fatto in un mandato rimasto senza effetto (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (5); oppure -in via alternativa, e per l'ipotesi che si debba escludere il presupposto della .presenza di uno stato del processo -in quanto rimette alla discrezione del Pretore la scelta tra la normale procedura ed il giudizio per decreto, con la conseguente disparit� di trattamento che, per casi simili, viene a determinarsi per (4) Questione gi� proposta dal Tribunale di Catania con ordinanza 17 gennaio 1966 (G.U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 100) e dalla Corte di cassazione con ordinanza 16 febbraio 1966 (G.U. 27 agosto 1966, n. 213, in questa Rassegna, 1966, II, 201). (5) Questione dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1966, n. 27. Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 506 del codice di procedura penale, in quanto consente di pronunciare decreto di condanna senza dibattimento, � stata dichiarata non fondata con sentenza 23 dicembre 1963, n. 170. 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 16 effetto della declaratoria di illegittimit� costituzionale dell'art. 398 del codice di procedura penale (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Todi, ordinanza 11 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. r. d. I. 19 �ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici serv~zi di trasporti in concessione), art. 16 delle disposizioni annesse, nel testo modificato dal r. d. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il diritto del J.avoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 30 giugno 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. r. d. I. 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessicme), cirt. 16 delle disposizioni annesse, che modifica l'art. 16 delle disposizioni annesse al r. d. 1. 19 ottobre 1923, n. 2328, prevedendo il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanaie (art. 36 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 30 giugno 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. r. d. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per la finanza locale), art. 48, secondo comma, in quanto esclude la condanna dell'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese giudiziali per l'ipotesi in cui l'opposizione in via giudiziaria sia proposta senza che siano stati esauriti tutti i gravami amministrativi (art. 3 della Costituzione) (6). Corte di cassazione, prima sezione civile, ordinanza 10 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 16 giugno 1932, n. 973 (Riposo settimanale e festivo nel commercio ed orari dei negozi ed esercizi di vendita), artt. 2 e 3, per la parte attualmente in vigore, in quanto attribuiscono all'autorit� amministrativa il potere discrezionale �di disciplinare, con norme la cui trasgressione � penalmente sanzionata, l'esercizio dell'iniziativa privata (art. 41, ultimo comma, della Costituzione), condizionando il potere discrezionale dell'autorit� amministrativa alla concorde richiesta delle organizzazioni sindacali dei datori �di lavoro e dei lavoratori, che sono prive di personalit� giuridica nell'attuale carenza di una legge generale nella materia (art. 39 della Costituzione). Pretore di Palmanova, ordinanza 29 settembre 1966, G. U. 14 gennaio 1966, n. 12. (6) Questione gi� proposta dal Tribunale di Lucera con ordinanza 23 marzo 1966 (G.U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 204). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 17 r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento della previdenza sociale), art. 40, n. 6, in quanto, sia pure in via indiretta, pone a carico di privati cittadini -che inoltre possono trovarsi nelle condizioni economiche di non poterlo assolvere -l'obbligo di prevedere ed assicurare adeguati mezzi per il caso di disoccupazione involontaria (art. 38 della Costituzione). Tribunale di Rovigo, ordinanza 18 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), artt. 20 e 21, se ed in quanto Ja notificazione dell'avviso di accertamento di valore ad uno dei condebitori solidali, ove non sia seguita da presentazione di ricorso alla Commissione distrettuale delle imposte entro i trenta giorni, faccia decadere dal diritto di contestare il valore accertato anche il contri!buente al quale l'avviso di accertamento non sia stato notificato (ar:tt. 24 e 113 della Costituzione). T�-ibunale di Torino, ordinanza 14 ottobre 1966; G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 139 (artt. 3, 10 e 27 della Costituzione) (7). Tribunale di Sondrio, ordinanza 16 dicembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), art. 7, secondo, terzo e quarto comma (recte: secondo c:omma, nn. 2. 3 e 4J, in quanto prevede l'imposizione, senza indennizzo, di vincoli e limitazioni del diritto di propriet� privata (art. 42, terzo comma della Costituzione) (8). Consiglio di giustizia amministrativa per Ja Regione siciliana, ordinanza 27 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. (7) Nell'ordinanza di rimessione la proposta questione di legittimit� costituzionale non risulta motivata. La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 139, secondo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 13, ultimo comma, della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 26. (8) La questione, proposta dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con cinque ordinanze del 14 gennaio 1964 (G.U. 2 maggio 1964, n. 108, 23 maggio 1964, n. 126, 25 luglio 1964, n. 182 e 29 agosto 1964, n. 212, e in questa Rassegna, 1964, II, 95 e 133), torna all'esame della Corte costituzionale che aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a quo con ordinanza 14 maggio 1966, n. 39. Analoga questione � stata proposta, anche con riferimento al secondo comma dell'art. 42 della Costituzione, dal Pretore di Campobasso (ordinanza 2 maggio 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, II, 206). Le questioni di legittimit� costituzionale dell'intera legge 17 agosto 1942, n. 1150, in riferimento agli artt. 16 e 42 della Costituzione e dell'art. 7, n. 2, in 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. sic. 7 febbraio 1957, n. 16 (Elezione dei Consigli deHe provincie siciliane), artt. 7 e 10, in quanto prevedono un sistema di elezione che non garantisce la eguaglianza, la libert� e la segretezza del voto (art. 48 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 1� luglio 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico deHe leggi suite imposte dirette), artt. 130 e 139, in quanto per i redditi superiori a lire 960.000 impongono di calcolare, ai fini della tassazione, anche la quota di lire 960.000; art. 138, in quanto prevede detrazioni (L. 240.000 e L. 50.000 per ciascun eomponente la famiglia a carico del contribuente) attualmente non idonee ad una effettiva discriminazione tra le varie categorie di contribuenti, con o senza carico di famiglia (art. :~ 53 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Viterbo, ordinanza 24 � ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sui trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti aUe industrie edilizie ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo �di lavoro 1<> agosto 1959 per gli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini, che dispone l'obbligatorio esperimento del tentativo di conciliazione quale condizione di procedibilit� della domdnda giudiziale (art. 76 della Costituzione) (9). Tribunale di Trento, ordinanza 13 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico deHe leggi per l'elezione dei consigli comunali nella Regione siciliana), artt. 55, 60, 61, e 62, in quanto attribuiscono competenza giurisdizionale ai Consigli comunali, la cui composizione non assicura l'indipendenza dei giudici riferimento all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, sono state dichiarate non fondate, rispettivamente, con sentenze 10 maggio 1963, n. 64 e 14 maggio 1966, n. 38. (9) La disposizione, sotto l'jndicato profilo, � stata dichiata illegittima con sentenza 4 febbraio 1967, n. 9. n d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, � stato gi� dichiarato illegittimo anche per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 relativo al trattamento economico e normativo degli operai addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1966, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 e l'mparzialit� delle decisioni (art. 108, secondo comma, della Costituzione) (10). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 26 maggio 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. legge 31 ottobre 1963, n. 1458 (Condono in materia tributaria delle sanzioni non aventi natura penale), art. 2, in quanto esclude l'applicazione del condono se non interviene la definizione dell'accertamento tributario nei sei mesi dall'entrata in vigore della legge (art. 3 della Costituzione) (11). Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia, ordinanza 23 giugno 1966, G. U. 14 genna.io 1967, n. 12. legge reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4 (Ripartizione dei prodotti agricoli), in quanto disciplina rapporti di diritto privato in materia d'agricoltura, senza che ricorrano gli estremi della temporaneit� e della eccezionalit�; vincola il diritto di propriet� e la libera iniziativa economica per un periodo di tempo non determinabile nella sua effettiva durata (art. 3 della Costituzione); prevede la ripartizione dei prodotti secondo proporzioni che possono risultare diverse da quelle gi� liberamente concordate (art. 41 della Costituzione); invade il campo di attivit� delle organizzazioni sindacali (art. 39 della Costituzione); e non l"ispetta i limiti dei princ:iipi generali stabiliti dalle leggi dello Stato (art. 117 della Costituzione); in particolare, art. 4, in quanto prevede una disciplina uniforme per situazioni che possono risultare diverse (art. 3 della Costituzione) e pregiudica la libert� della iniziativa privata nel campo economico (art. 41 della Costituzione). Pretore di Noto, ordinanza 27 ottobre 1966, G U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 12 dicembre (recte: ottobre) 1966, n. 1081 (Istituzione dell'albo dei consulenti del lavoro), art. 1, in quanto consente solo ai professionisti di cui all'art. 5 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 e ai consulenti del lavoro la tenuta e la regolarizzazione dei documenti delle aziende riguardanti materia di lavoro, previdenza ed assi (10) Sotto lo stesso profilo la Corte costituzionale, con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, ha dichiarato illegittime le analoghe disposizioni di cui agli artt. 82, 83 e 84 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, e all'art. 2 della legge 18 maggio 1951, n. 328, modificate poi con legge 23 dicembre 1966, n. 1147. La questione di legittimit� costituzionale degli artt. 60 e 61 del d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, � stata dichiarata manifestamente hl.fondata, ai sensi della sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, con ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16. (11) Con sentenza 22 dicembre 1965, n. 85 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima, sotto il profilo sopra indicato, l'analoga disposizione prevista all'art. 2, terzo comma, della legge 30 luglio 1959, n. 559. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stenza sociale, che non siano curate dal datore di lavoro o da suoi dipendenti (artt. 4 e 3 de11a Costituzione). Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 8 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale sul reddito dei fabbricati di lusso), art. 1, in quanto equipara alle abitazioni di lusso quelle censite o da censire nel .nuovo catasto edilizio urbano nelle categorie A/1 e A/8 (artt. 3 e 53 della Costituzione) e priva i possessori� di tali abitazioni, senza indennizzo, dell'esenzione venticinquennale daUa imposta sui fabbricati (art. 42, terzo comma, della Costituzione); art. 3, in quanto non consente il ricorso alle Commissioni tributarie prima dell'iscrizione a ruolo dell'imposta (art. 25, primo comma, della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Torino, ordinanza 24 maggio 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione deUe frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), per eccesso dai limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre 1964, n. 991, pubblicata con ritardo (12). Tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 20 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Tribunale di Acqui Terme, ordinanza 16 novembre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Pretore di Serravalle Scrivia, ordinanza 23 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Pretore di Canelli, ordinanza 5 dicembre 1966, G. U. 28 genm~ io 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Pretore di Verolanuova, ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38 (art. 76 della Costituzione). d. P~ R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 23, lettera a), in quanto attribuisce al Ministro per l'agricoltura ele foreste il potere di dettare norme integrative del d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Verolanuova, ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 35, per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 9 ottobre 1964, n. 991 (art. 76 della Costituzione). (12) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 13. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 21 Pretore di Serravalle Scrivia, ordinanza 23 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Pretore di Canelli, ordinanza 5 dicembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 108, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 2, terzo comma, della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto prevede le pene accessorie della pubblicazione e dell'affissione della sentenza di condanna (art. 76 della Costituzione) (13). Pretore di Imola, ordinanza 26 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Pretore di Pistoia, ordinanza 31 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), artt. 117 e 118, .per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto richiamano norme precedenti (art. 77 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 31 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. I. 18 novembre 1966, n. 979 (Ulteriori interventi e provvidenze per la ricostruzione e per la ripresa economica nei territori colpiti dalle alluvioni e mareggiate dell'autunno 1966), art. 80, ultimo comma, in quanto concerne la Sardegna (artt. 8, primo comma, 47, secondo comma, e 54, quarto comma, dello Statuto speciale per la Sardegna). Regione sarda, ricorso depositato il 24 dicembre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 16 dicembre 1966, n. 107-bis (Dotazione organica dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato del Friuli-Venezia Giulia e stato giuridico e trattamento economico del personale) (articolo 127 della Costituzione). Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge reg. sic. approv. 21 dicembre 1966 (Modifiche alla legge approvata dall'Assemblea regionale siciiiana nella seduta del 21 luglio 1966 concernente modifiche alla legge 25 giugno 1965, n. 16, recante provvedimenti di emergenza per fronteggiare pubbiiche cala mitd). Ricorso del Commissario dello Stato .per la Regione siciliana, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. (13) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 14. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE � STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione della istruzione sommaria), primo comma, riguardo all'inciso �in quanto sono appZicabiZi > -manifesta infondatezza (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (14). Ordinanza 4 febbraio 1967, n. 11, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di Cadore, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 101. codice di procedura penale. art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), nella parte in cui, nei procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti d'istruzione -manifesta infondatezza � per sopraggiunta inefficacia deZla norma ai sensi della sentenza n. 33 del 20 aprile 1966 � ('Pubblicata il 28 aprile 1966). I Ordinanza 4 febbraio 1967, n. 12, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanze di rimessione 16 dicembre 1965 del Pretore di Pietrasanta (G. U. 16 luglio 1966, n. 175, e in questa Rassegna, 1966, II, 202); 23 febbraio 1966 del Pretore di Bologna (G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 248); 21 aprile 1966 del Tribunale di Spoleto (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, Il, 202); 27 aprile 1966 del Tribunale di Melfi (G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, Il, 202). r. d. 12 febbraio 1911, n. 297 (Regolamento per la esecuzione della legge comunale e provinciale), art. 160 -manifesta infondatezza (15). Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 19, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Deliberazioni 19 gennaio 1966 del Consiglio comunale di Camaiore (G. U. 10 settembre 1926, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 251) e 5 agosto 1966 (cinque) del Consiglio comunale di Palo del Colle (G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 251). (14) Questione dichiarata non fondata con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. L'art. 392, primo comma, nella parte �in cui, con l'inciso �in quanto sono applicabili �, rende possibile non applicare alla istruzione sommaria le disposizioni degli artt. 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura penale, � stato dichiarato illegittimo con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. Il terzo comma, ultima parte, della disposizione, in quanto consente al Procuratore generale, che ha assunto o avocato a s� l'istruzione sommaria della causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria, � stato dichiarato illegittimo con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. (15) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 22 novembre 1962, n. 92, per la natura regolamentare della disposizione. PARTE II, RASSEGNA Xlt LEGISLAZIONE 23 r. d. 4 febbraio 1915, n. 148 (Testo unico della legge comunale provinciale), art. 149, nono comma -manifesta infondatezza. Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 19, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Deliberazione 19 gennaio 1966 del Consiglio Comunale di Ca maiore, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 251. r. cf. I. 15 �ottobre 1925, n. 2033 (Repressioni delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), art. 54 -manifesta infondatezza (art. 27, terzo comma, della Costituzione) (16). Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 17, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 22 aprile 1966 del Pretore di Biella, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 252. r. d. 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), artt. 11 e 59 -manifesta infondatezza (art. 23 del~a Costituzione) (17). Sentenza 21 gennaio 1967, n. 5, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza di rimessione 20 agosto 1965 del Conciliatore di Irsina, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 211 -manifesta infondatezza (artt. 76 e 77 della Costituzione) (18). Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 18, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 1 7 novembre 1964 del Tribunale di Bologna, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 257. legge reg. si.z:. approv. 4 aprile 1966 (Agevolazioni per l'attivit� edi lizia in Sicilia) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 29 dicembre 1966, n. 129, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciilana depositato il 22 aprile 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 164. legge 22 luglio 1966, n. 614 (Interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale) -inammissibilit� del ricorso per tardivit�. Sentenza 9 febbraio 1967, n. 15, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige depositato il 24 ottobre 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 292. (16) La questione di legittimit� costituzionale della disposizione -prospettata peraltro sotto un profilo diverso da quello che risultava nell'ordinanza del Pretore di Biella e con riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione -� stata dichiarata non fondata con sentenza 15 maggio 1963, n. 67. (17) Questione dichiarata non fondata con sentenza 3 maggio 1963, n. 55. (18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 10 giugno 1966, n. 64. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Canali di irrigazione e forza motrice. Se i regolamenti speciali per l'amministrazione, manutenzione e custodia dei canali di irrigazione e forza motrice appartenenti al patrimonio dello Stato, richiamati dalla tabella B allegata al r. d. 1 marzo 1896, n. 83, siano da considerare ancora in vigore (n. 89). AERONAUTICA E AEROMOBILI Limitazioni all'a propriet� nelle vicinanze degli aeroporti -Costituzionalit�. .s�e, in relazione aUa sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale relativa alle servit� militari, debbano continuare a ritenersi pienamente efficaci le disposizioni degli artt. 714 e segg. del Codice della Navigazione -sostituite con 1. 4 febbraio 1963, n. 58 -che stabiliscono l'assoggettamento a :limitazioni della propriet� nelle vicinanze degli aeroporti, senza prevedere alcun indennizzo (n. 18). AGRICOLTURA Contributi sull'acquisto di macchinari -Decorrenza. Se, ai sensi dell'art. 18, 1. 2 giugno 1961, n. 454 (c. d. Piano Verde), possano essere ammessi a contributo gli acquisti di macchinari agricoli effettuati anteriormente alla presentazione della domanda ed all'entrata in vigore della legge (25 giugno 1961) (n. 45). APPALTO Ammissibilit� offerte. Se siamo ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo di agenzie di recapito autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato che dovevano pervenire e esclusivamente mediante raccomandata postale � (n. 302). Se siano ammissibili ad un appalto concorso \le offerte inviate a mezzo del servizio postale il giorno dopo la scadenza del termine, qualora il giorno prima della scadenza del termine ci sia stato uno sciopero generale dei dipendenti del!l'amministrazione postale (n. 302). PARTE II, CONSULTAZIONI 25 Deroga delle norme di licitazione. iSe possa invocarsi la causa di forza maggiore in quei casi in cui, dovendo le offerte per una gara di appaUo essere inviate solo a mezzo del servizio postale, sia intervenuto sciopero delle poste e le offerte siano state presentate a mano tempestivamente (n. 303). ATTI AMMINISTRATIVI Decreto prefettizio e di espropriazione. Se in caso di mancata consegna del bene da parte dell'espropriato, possa farsi iluogo senz'altro -in sede di autotutela -all'impossessamento coattivo del bene a mezzo della forza pubblica (n. 12). BELLEZZE ARTISTIOHE E NATURALI Limiti e competenza professionale dei geometri. Se i progetti, presentati a norma dell'art. 7 della I. 29 giugno 1939, n. 1497 sulla protezione delile bellezze naturali, possano essere firmati da geometri, quando non si tratti di progetti � di modeste costruzioni civili � (ex art. 16, d. I. 11 febbraio 1929, n. 274) (n. 15). CIRCOLAZIONE STRADALE Sanzioni penati. Se la sanzione, prev.ista dall'art. 1, I. 1 giugno 1966, n. 416, per la contravvenzione al numero di persone che possono prendere posto sul sedile anteriore della vettura, sia applicabile al solo conducente o anche agli occupanti (n. 8). CONCORSI Appalto concorso -Ammissibilit� offerte. , s�e siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo di agenzie di recapito autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato che dovevano pervenire � esclusivamente mediante raccomandata postale � (n. 10). Se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo del servizio postale il giorno dopo !la scadenza del termine, qualora il giorno prima della scadenza del termine ci sia stato uno sciopero generale dei dipendenti dell'amministrazione postale (n. 10). 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO Conguagli. Se le espressioni usate nelle disposizioni di cui all'axt. 1 della legge 16 maggio 1956, n. 496, concernenti il trattamento economico del pe1'1SOnale rimasto nei territori d'Africa gi� di �sovranit� italiana, siano da intendere in senso proprio e tecnico (n. 217). Se possa effettuarsi, ai sensi degli artt. 406 e 496 del regolamento di contabilit� dello Stato e dell'art. �3 r. d. I. 19 gennaio 1939, n. 295, il conguaglio f(['a le somme gi� in precedenza percepite dall'interessato, a titolo di competenze coloniali arretrate e somme ancora da corrispondere a tale titolo (n. 217). Recupero somme -Interessi: Se sulle somme, recuperate a caxico di dipendenti dello Stato per erronei pagamenti a loro favore, decorrano gili interessi legali e se di tali interessi possano essere tenuti responsabili gli ufficiali ordinatori della spesa (n. 218). Se, ove per il recupero delle predette somme sia concesso il pagamento rateale, decorrano gli interessi per le �rate da scadere (n. 218). COSTITUZIONE Leggi regionali siciliane che esentano dat pagamento dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione. Se sia legittima la distinzione -in sede di liquidazione dell'imposta di consumo �sui materiali da costruzione -fra materiali utilizzati in vigore della legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, costituzionalmente legittima, e materiali utilizzati successivamente sotto l'impero delle successive leggi regionali, dichiarate incostituzionali, che proroga'." vano l'esenzione di cui alla precedente legge citata (n. 38). Proprietd -Sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 1966 sulle servit� militari. Se, in relazione alla sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale relativa alle servit� militari, debbano continuare a ritenersi pienamente efficaci le disposizioni degli artt. 714 e segg. del Codice della Nav- igazione -sostituite con 1. 4 febbraio 1963, n. 58 -che stabiliscono l'assoggettamento a limitazioni della propriet� nelle vicinanze degli aeroporti, senza prevedere alcun indennizzo (n. 39). �;' DEMANIO ' '. Concessioni ad istituti-autonomi statali -Canone. Se anche per le aziende e gli istituti autonomi statali viga il principio !!i che l'utilizzazione dei beni demaniali debba essere data sotto forma di concessione a tempo determinato e con pagamento del canone, seppur a titolo ricognitivo (n. 215). PARTE II, CONSULTAZIONI 27 DIFESA DELLO STATO Controversia tra due Enti pubblici che possono avvalersi del Patrocinio dell'Avvocatura. Se, qualora due Enti pubblici che possono avva!lersi del patrocinio legale dell'Avvocatura dello Stato controvertano tra loro, l'assunzione in concreto di tale patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato a favore di uno 'di essi possa giustificarsi solo se gli interessi ad esso pertinenti, implicati nel conflitto, siano direttamente connessi con interessi statali, mentre quelli dell'altro non si differenzino da quelli di qualsiasi altro soggetto (n. 2). Istituti di istruzione media tecnica. Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio degli Istituti di istruzione media tecnica aventi finalit� ed ordinamento speciali di cui all'art. 9 r. d. 1. 21 settembre 1938, numero 2038 (n. 3). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Concetto di �case di abitazione� -Legge 408/1949. Quale sia il significato da dare all'espressione �case di abitazione � adoperata dall'art. 13 della legge 408 del 1949 ai fini dell'applicazione del beneficio fiscale di cui al successivo art. 17 (n. 189). Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare. Se, nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 lugil.io 1965, n. 904, e cio� del valore venale dell'immobile espropriato, si deve tener conto della condizione del bene al momento dell'esproprio, e quindi della destinazione edilizia recata dal piano di zona, anche se costituisca una � plusvalenza � determinata dalla formazione e dall'attuazione del pd.ano ovvero una �minusvalenza� come nel caso di vincoli preclusivi od attenuati dell'edificabilit� disposti dal piano (n. 190). Se nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, in mancanza dei fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi sugli imponibili catastali (n. 190). Se proceduralmente la norma del!l'art. 12 della 1. n. 167 del 1962, 2� comma, del nuovo testo della 1. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel nor male procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e come autorit� che pronuncia l'esproprio il Prefetto (n. 190). Se sia opportuno che l'indennit� aggiuntiva, prevista dall.'art. 1, 30 comma, della 1. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici Era riali (n. 190). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se anche gli enti indicati nell'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, possano avvalersi del procedimento valutario della indennit� stabilita nell'art. 12 de1la il. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 190). ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI Imposizione servit� con clausola di inamovibilit�. Se, essendo gli elettrodotti da costruirsi daLl'ENEL a tensione superiore a 220.000 volt inamovibili per legge, comunque imposti, quelli a tensione inferiore possano essere amovibili o non secondo il prndente apprezzamento dell'autorit� amministrativa (Prefetto) competente ad imporire la servit� (n. 30). Personalit� giuridica dell'ENEL. Se l'ENEL sia un'Amministrazione deLlo Stato o sia comunque, agli effetti tributari, aissimiiabile a una Amministrazione dello Stato (n. 31). ESPROPRIAZIONE PER P. U. Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare. Se, nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 luglio 1965, n. 904, e cio� del valore venale dell'immobile espropriato, si deve tener conto della condizione del bene al momento dell'esproprio, e quindi della destinazione edilizia recata dal piano di zona, anche se costituisca una e plusvalenza > determdnata dalla formazione e dall'attuazione del piano ovvero una � minusvalenza > cmne nel caso di vincoli preclusivi od attenuati dall'edificabilit� disposti dal piano (n. 229). Se, nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, in mancanza dei :fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi sugli imponibili catastali (n. 229). Se proceduralmente ila norma dell'art. 12 della 1. 167 del 1962, 20 comma, del nuov'o testo della 1. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel normale procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e come autorit� che pronuncia i'esproprio il Prefetto (n. 229). Se �sia opportuno che l'iindennit� aggiuntiva, prevista dall'articolo 1, 30 comma, della 1. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici Eraria\Li (n. 229). Se anche gli enti indicati nell'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, possano avvalersi del procedimento� valutario della indennit� stabildta nell'art. 12 dela 1. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 229). Impossessamento coattivo del bene. Se, in caso di mancata consegna del bene da parte del proprietario, possa farsi luogo senz'altro -in sede di autotutela -all'impossessamento coattivo del bene a mezzo di forza pubblica (n. 230). PARTE II, CONSULTAZIONI 29 Pagamento indennit�. Se sui provvedimenti di volontaria giurisdizione con i quali l'Autorit� Giudiziada ordini il pagamento diretto della indennit� di espropriazione sia dovuto il contributo da versare a\lla Cassa di previdenza ed assistenw per avvocati e procuratori (n. 231). Piani di ricostruzione -Intervento statale. Se, sostituitosi il Ministero dei Lavori Pubblici al Comune per il'attuazione di un piano di ricostruzione dell'abitato, ed essendo compresi in detto piano terreni di propriet� dello stesso ,Comune, questi debbano essere espropriati con pagamento dell'indennit� in favore dell'Ente locale (n. 232). IiMPIEGO PUBBLICO Assistente straordinario a cattedra universitaria. Se lo status dell.'assistente universitario straordinario sia compatibile con 1a prestazione del servizio miiltare di leva (n. 642). Se, ove un assistente universitario straordinario rsubisca una condanna penale, esso debba �essere sottoposto a procedimento disciplinare, pur essendo decol'so il periodo annuale di nomina (n. 642). Se la condanna penale subita ,quale obiettore di coscienza escluda il requi �sito di buona condotta da ritenere necessario per ila nomina di assistente straordinario (n. 642). Personale in Africa -Trattamento economico. Se le espressioni usate nelle disposizioni di cui all'art. 1 della J.. 16 mag.gio 1956, n. 496, concernenti il trattamento economico del personale rimasto nei territori d'Africa gi� dii sovranit� italiana, siano da intendere in senso proprio e tecnico (n. 643). Se possa effettuarsi, ai sensi degli artt. 406 e 496 del regolamento di contabilit� defilo Stato e dell'art. 3 r. d. J.. 19 gennaio 1939, n. 295, il conguaglio fra le �somme gi� in precedenza percepite dali'interessato, a titolo di competenze �coloniali aNetrate e somme ancora da <Corrispondere a tale titolo (n. 643). Prescrizione di crediti di lavoro -Dipendenti delle Universit�. iSe decoNa la prescrizione biennale di cui alllart. 2 r. d. 1. n. 295 del 1939 per i crediti di stipendio dei dipendenti delle Universit� che non siano a carico dello Sta,to (n. 644). Risoluzione rapporto d'impiego per mal:attia. Se dovendosi risolvere il r:apporto d'impiego con un funzionario di Direzione dell'Ufficio Italiano Cambi, per malattia, alla scadenza del periodo di aspettativa, spetti al medesimo il'indennit� sostitutiva del preavviso (numero 645). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �Trattenute sugli assegni per pagamento canoni alloggio servizio. Se la P. A. possa valersi della facolt� di procedere d'ufficio, mediante ritenute dirette sugli assegni dei pubblici dipendenti, e nel Umite della met� di tali assegni, quando i dipendenti stessi si siano resi morosi nel pagamento dei canoni relativi all'alloggio assegnato, anche se l'Amministrazione stessa non sia proprietaria di detto alloggio ma ne goda a titolo personaJ.e (n. 646). , IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Tributi doganali. -Sbarco di merci e responsabilit� del capitano della nave. Se possa avanzarsi nei confronti del capitano della nave la pretesa al pagamento dei tributi doganali gravanti su merci sbarcate ed iscritte a manifesto ed andate perdute dopo il deposito nei capannoni di calata coperta, a sensi dell'art. 42 Legge doganale (n. 46). IMPOSTA DI REGISTRO Obblighi del cancelliere nella procedura esecutiva immobiliare. Se il Cancelliere sia tenuto a presentare il decreto di trasferimento ex art. 586 c. p. c. per la registrazione e la trascrizione e ad anticipare le relative imposte (n. 241). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Rivalutazione del conguaglio monetario Se, ai sensi dell'art. 2 della legge 11 febbraio 1951, n. 74, costituisca reddito assoggettabile all'imposta di R. M. la copertura delle perdite degli esercizi precedenti mediante l'utilizzo dei saldi attivi di rivalutazione monetaria iscritti in bilancio (n. 34). IMPOSTE E TASSE Imposta di consumo sui materiali da costruzione -�Esenzione in virt� di leggi regionali siciliane. Se sia legittima la discriminazione -in sede di liquidazione dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione -fra materiali utilizzati in vigore deHa legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, costituzionalmente legittima, e materiali utilizzati successivamente sotto l'impero delle successive leggi regionali, dichiara.te incostituzionali, che prorogavano l'esenzione di cui alla precedente legge citata (n. 431). PARTE II, CONSULTAZIONI InteresSi moratori Se il contribuente ammesso alla dilazione del pagamento di debito IGE sia obbligato al pagamento degli interessi di mora dal momento in cui, per suo inadempimento, la convenzione di dilazione debba consideral'si sca.:. duta ed il debito immediatamente esigibile, e ci� anche prima della entrata in vigore della legge n. 29 del 1961 (n. 432). Personalit� giuridica dell'ENEL Se l'ENEL sia un'Amministrazione �4ello Stato o sia comunque, agli effetti tributari, assimilabile a una Amministrazione dello Stato (n. 433). Tributi doganali -Sbarco di merci e responsabilit� del capitano della nave. Se possa avanzarsi nei con:fironti del capitano della nave la pretesa al pagamento dei tributi doganali gravanti su merci sbarcate ed andate smarrite dopo il deposito nei capannoni di calata coperta, a sensi dell'art. 42 Legge doganale (n. 434). LAVORO Prescrizione di crediti di lavoro -Dipendenti delle Universit�. Se decorra la prescrizione biennale di cui all'art. 2 d. I. n. 295 d�l 1939 per i crediti di stipendio dei dipendenti delle Universit� che non siano a carico dello Stato (n. 44). LOCAZIONE DI COSE Appalto di riscossione canoni nei villaggi ISES -Responsabilit� della ditta appaltatrice -Limiti. Se la ditta appaltatrice della riscossione dei canoni di locazione, nei villaggi ISES, possa essere .sgravata dalla responsabilit� del �non riscosso per riscosso �, per quanto riguarda le somme dovute dagli assegnatari morosi che hanno abbandonato l'alloggio e per quelle dovute dagli assegnatari di alloggi nei villaggi, le cui peculiari condizioni locali avevano indotto lo stesso Istituto a� concedere alla ditta di non versare dette somme e di non portare a termine le normali procedure esecutive (n. 128). NAVE Tributi doganali -Sbarco di merci e responsabilit� del capitano delfa nave. Se possa avanza.rsi nei confronti del capitano della nave la pretesa al pagamento dei tributi doganali gravanti su merci sbarcate ed iscritte a manifesto ed andate smavrite dopo il deposito nei capannoni di calata coperta, a sensi dell'art. 42 Legge doganale (n. 116). 17 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Contratto di fornitura. Se lo sciopero dei dipendenti sia configurabile quale caso di forza maggiore determinante l'impossibilit� sopravvenuta dell'adempimento da parte dell'imprenditore nei confronti dei terzi (n. 46). Se, comunaue, la norma dell'art. 28 del Capitolato di oneri per le forniture dell'A. M. (approvato con d. m. 6 marzo 1934), che prescrive la formale comunicazione in tempo utile alla P. A. appll\ltante dei fatti addotti a giustificazione di eventuali ::ritm'di, possa essere derogata nel caso di avvenimento di pubblica notoriet� (quale uno sciopero di categoria) (n. 4.6). OPERE PUBBLICHE Risarcimento danni per omessa ricostruzione di opere obbligatorie. Se la P. A, possa essere condannata al risarcimento dei danni qualora non provveda alla manutenzione e ricostruzione delle opere d'arte che assicurano le comunicazioni attraverso una ferrovia pubblica, ai sensi dell'artico 230, legge 20 maTzo 1865, n. 9248, all. F (n. 69). PENSIONI Pensioni di guerra -Cumulo. Se, ai sensi della legge 10 agosto 1950, n. 648, sia ammesso il cumulo tra la pensione di guerra e la pensione di invalidi�t� liquidata, per la stessa malattia invalidante, dall'I.N,P.S. in relazione alle norme di legge e di regolamento sulla assicurazione previdenziale ed assistenziale obbligatoria (numero 113). PIANI REGOLATORI Digposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare. Se nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 J.uglio 1965, n. 904, e cio� del valore venale dell'immobile espropriato, si deve tener conto della condizione del bene al momento dello esproprio, e quindi della desUnazione edilizia recata dal piano di zona, anche se cosUtuisce una e plusva�lenza � determinata dalla formazione e dalil'attuazione del piano ovvero una � minusvalenza � come nel caso di vincoli preclusivi od attenuati deU'edificabillt� digposti dal piano (n. 16). Se nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, in mancanza dei fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi sugli imponibili catastali (n. 16). Se proceduralmente la norma dell'art. 12 della 1. n. 167 del 1962, 20 comma, del nuovo testo della l. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel nor PARTE II, CONSULTAZIONI male procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e come autorit� che pronuncia l'esproprio del Prefetto (n. 16). Se sia opportuno che l'indennit� aggiuntiva, prevista daill'art. 1, 30 comma, della I. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici Era rf.ali (n. 16). Se anche gli enti indicati neli'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, possano avvalersi del procedimento valutario delila i�ndennit� stabilita nel l'art. 1'2 della 1. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 16). POLIZIA Trattamento economico degli ex dipendenti della potizia civile dell'ex territorio libero di Trieste. Se debbano estendersi a tutti gli ex dipendenti della polizia civile del Territorio Libero di Trieste ~e integrazioni di trattamento economico e di liquidazione disposte in favore di alcuni dal Consiglio di Stato con decisioni in data 3 e 15 febbraio 1961 (n. 37). POSTE E TELEGRAFI Offerte per appalto concorso inviate con raccomandata postale. Se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo di agenzie di recapit� autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato che dovevano pervenire � esclusivamente mediante raccomandata postale � (n. 123). Se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo del servizio postale il giorno dopo fa scadenza del termine, qualora il giorno prima della scadenza del itermine ci sia stato uno sciopero generale dei dipendenti dell'Amministrazione postale (n. 123). PRESCRIZIONE Applicabilit� della P. A. della prescrizione presuntiva. Se la Pubblica Amministrazione possa invocare in proprio favore le prescrizioni presuntive (n. 60). Prescrizione dei crediti di lavoro -Dipendenti delle Universit�. Se decorra la prescrizione biennale di cui aH'art. 2 r. d. 1. n. 295 del 1939 per i crediti di stipendio dei dipendenti de1le Universit� che non siano �a carico dello Stato (n. 61). 34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PROFESSIONI (Geometri) -Limiti competenza professionale. Se i progetti presentati a norma dell'art. 7 della 1. 29 giugno 1939, numero 1497 sulla protezione delle bellezze naturali, possano essere firmati da geometri, quando non si tratti di progetti di � modeste costruzioni civili � (ex a-rt. 16, d. 1. 11 febbraio 1929, n. 274) (n. 4). REGIONI Leggi regionali siciliane sull'esenzione dal pagamento della imposta di consumo sui materiali da costruzione. Se sia legittima la di,stinzione -in sede di liquidazione dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione -fra materiali utilizzati in vigore della legge regionale siciliana 18 iottobre 1954, n. 37, costituzionalmente legittima, e materiali utilizzati successiyamente sotto l'impero delle successive leggi regionali, dichiarate incostituzionali, che prorogavano l'esenzione di cui alla precedente legge citata (n. 144). RICORSI AMMINISTRATIVI Ricorso straordinario. I 1.� Se l'Amministrazione destinataria di un ricorso straordinario debba far luogo alle notifiche di atti successivi al ricorso ai controinteressati, a sensi dell'art. 61 r. d. 21 aprile 1942, n. 444, quando il ricorso stesso sia stato proposto dopo che erano scaduti i 60 giorni comminati dall'art. 36 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 e quando i controinteressati non hanno prodotto ~ opposizione n� controdeduzioni (n. 12). $. I l "' ~f; SEQUESTRO Sequestro a norma della legge 7 gennaio 1929, n. 4. ' Se per la conversione del sequestro fiscale (ex art. 26, \l. 7 gennaio 1929, I n. 4) in pignora.mento sia sufficiente che si verifichi la condizione della rn incontestabilit� del credito a presidio del quale la �cautela � stata disposta, ovvero sia necessaria una pronuncia giurisdizionale che accerti la converI Ir;:: sione del sequestro in pignoramento (n. 21). SERVITU' . I Imposizione di servit� con clausole di in~movibilit� elettrodottio. Se, essendo gli elettrodotti da costruirsi dall'ENEL a tensione superiore a 220.000 volt inamovibili per legge, comunque imposti, quelli a tensione inferiore possano essere amovibili o non secondo il prudente apprezzamento della autorit� amministrativa (Prefetto) competente ad imporre la servit� (n. 44). i~ : ': PARTE Il, CONSULTAZIONI 35 STRADE Segnal'etica per strada sdrucciolevole. Se con cartello di pericolo � strada sdrucciolevole � vadano segnalati anche i tratti di :>trada che presentino superfkie sdrucciolevole per cause estrinseche relative alla manutenzione (ristagni di acqua, formazione di ghiaccio e simili), oltre che i tratti di strada che presentino fa.li ca;ratteristiche per cause intrinseche, relative alfa struttura (malformazione, levigatezza del manto) (n. 64). Se l'apposizione del cartello � strada sdrucciolevole � esima l'ente proprietario della strada dal provvedere all'adozione dei mezzi necessari pe;r l'eliminazione delle formazioni di ghiaccio (n. 64). Se l'apposizione del cartello � �strada sdrucciolevole � e l'adozione di misure di manutenzione escludono l'obbligo per l'ente proprietario della strada di integrare la segnaletica con cartelli esplicativi (n. 64). TRANSAZIONE Se per un contratto di permuta, diretta a prevenire una lite, sia richiesto il parere del Consiglio di Stato, a sensi dell'art. 14 r. d. 18 novembre 1923, n. 2440 e quello dell'AvvocatUl'a dello Stato, di cui all'art. 13, t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611 (n. 15). TRASPORTI Carnet � TIR� -Distruzione del carico -Forza maggiore. Se, in caso di distruzione di un carico autotrasportato con carnet � TIR � ed andato distrutto a seguito di incendio conseguente a scoppio di gomme, debba ritenersi integrata la fattispecie della �forza maggiore� prevista dall'art. 16 della Convenzione internazionale resa esecutiva in ItaUa con 1. 12 agosto 1962, n. 1517 ai fini dell'esonero dal pagamento dei diritti doganali (n. 57). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Art. 16 Convenzione Internazionale resa esecutiva con l. 18 agosto 1962, n. 1517. Se, in caso di distruzione di un carico autotrasportato con carnet �TIR� ed andato distrutto a seguito di incendio conseguente a scoppio di gomme, debba ritenevsi integrata la fattispecie della � forza maggiore � prevista dall'art. 16 della Convenzione internazionale resa esecutiva in Italia con l. la agosto 1962, n. 1517 ai fini dell'esonero dal pagamento dei dtritti doganali (n. 31). NOTIZIARIO Nella .sede dell'Avvocatura Generale, il giorno 9 febbraio si � svolta una cerimonia di �commiato in onore di S. E. Pietrini Pallotta, collocato a riposo per raggiunti limiti di et�. L'Avvocato Generale, S. E. Giovanni Zappal�, ha ricordato ai numerosi avvocati e procuratori dello Stato intervenuti il validissimo contributo dato da S. E. Pietrini Pallotta durante i lunghi anni di servizio nell'Istituto. S. E. Pietrini Pallotta ha ringraziato con commosse parole l'Avvocato Generale e �tutti i colleghi. s. E. Pietdni Pallottia venne nominato Sostituto Avvocato il 3 gennaio 1932 presso l'Avvocatura distrettuale di Trieste e il 9 diceml�-e 1937 fu trasferito presso l'Avvocatura Generale. Promosso a scelta Vice Avvocato il 20 ottobre 1948, e poti Avvocato distretturue 1'8 settembre 1950, fu destinato presso l'Avvocatura di caltanissetta. Trasferito di nuovo presso l'Avvocatura Generale, il 4 aprile 1963, fu promosso Vice Avvocato Generale. �=j' ~ ~ ::; I" :iI < fil' P II;: '"} ~~.,,,~~4!!!'4r#A�iV~ftlllW)11!'.~J