ANNO XVIII -N. 1 GENNAIO -FEBBRAIO 1966 Fascicolo unico in attesa di autorizzazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO l 9 6 6 ABBONAMENTI ANNO L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in ItaLy (5211801) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. Con questo numero la direzione di questa pubblicazione periodica viene assunta dal collega Avv.. UGO GARGIULO, che per due anni ha; gi� partecipato al coordinamento apportandovi un contributo attivissimo e molto apprezzato. La cura delle sezioni seconda e quinta viene assunta rispettivamente dai colleghi Avv. BENEDETTO BACCARI e MARIO FANELLI, mentre i colleghi Avv. LUIGI MAzzELLA e ARTURO MARZANO cureranno la rassegna di dottrina e legislazione. Ai colleghi che lasciano l'incarico lodevolmente espletato, Avv. LEONIDA CoRREALE e GIORGIO ZAGARI e, particolarmente, al collega Avv. ARISTIDE SALVATORI che, per molti anni ha curato il coordinamento della pubblicazione, va il pi� vivo ringraz~amento per la proficua attivit� svolta, nella certezza che essi continueranno a dare, anche in avvenire, al periodico la loro migliore collaborazione. Ai colleghi che continuano nell'incarico va il pi� sentito apprezzamento per l'opera fin qui svolta. A tutti, gli auguri migliori di buon lavoro. LA RASSEGNA INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTltTU:Z!l.ONALE 1E INTERNA ZIONALE pag. Sezione seconda: GIURISP1RU DENZA su QUESTIONI DI GIUR,ISDI� ZIONE 32 Sezione terza: Gl<U~liSPRUDENZA CIVll.!E )) 74 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINIST1RATIVA 137 Sezione quint�a: GliUiRISP1RUDENZA rnlBUT MIA )) 153 Sezione sesta: GIURISPIRUDENZA 'IN MATBRl'A DI ACQUE PUBBLKHE, APPALTI iE FORNITUR1E . 189 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE 248 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. RASSEGNA DI DOHRINA 8 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 18 CONSULTAZIONI 26 NOTIZll~!R,10 . . 37 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag,li avvocati: Michele Savarese, Benedetto Saccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, Giuseppe 'Del Greco, Antonino Terranova Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI QUARANTA A., Osservazioni in tema di discrezionalit� e di responsabilit� della p. a. . . . . . . . . . . . . . . . CONTI M., In tema di improponibilit� assoluta della domanda . MANDO' G., Cumulabilit� del risarcimento del danno e della pensione privilegiata . . MANDO' G., Sulla nozione di � fatto di guerra � MANDO' G., Sulla decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno derivante da reato perseguibile a querela . . . . . . . . . . . . . . . . . . CARUSI F., Esecuzione d'ufficio di ordinanze del Sindaco in materia edilizia e responsabilit� per danni . . . . . . . . . DE LUCA F., Ancora in tema di opere di bonifica . QUARANTA A., Osservazioni sulla natura giuridica e sulla funzione dell'avviso di accertamento . . . . . . . . . . . . ALBISINNI G., I provvedimenti di determinazione dei bacini imbriferi montani e limiti del sindacato giudiziario . . . CARAMAZZA I. F., Mutata destinazione dei prodotti petroliferi e fraudolento procacciamento buoni speciali . . . . . . . MAZZELLA L., Sulla pretesa responsabilit� del docente di scuola pubblica per il fatto illecito commesso da un allievo in danno di un condiscepolo . . . . . . . . . . . . . . . I, 47 I, 57 I, 76 I, 84 I, 89 I, 99 I, 156 I, 173 I, 190 I, 248 II, 1 I I I ID ~ INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� -Controversia fra privati -Competenza dei Tribunali delle acque pubbliche, 220. -Espropriazioni per le opere di raccolta e regolazione delle acque -Determinazione dell'indennit� -Perizia disposta dal Presidente del Tribunale -Inammissibilit� -Valutazione da parte del Genio Civile -Legittimit�, 214. - Giudizi e procedimenti dinanzi ai Tribunali delle Acque -Norme processuali applicabili -Rinvio del t.u. n. 1775 del 1933 al c.p.c. del 1865 -Natura -Effetti -Estinzione del processo Inapplicabilit�, 216. -Opere di utilizzazione delle acque pubbliche -Domanda di risarcimento dei danni -Ammissibilit�, 222. -Sottensione totale di utenza Compenso -Determinazione della qualit� e quantit� della prestazione -Liquidazione del compenso in danaro -Rifiuto dell'Amministrazione dei LL. PP. a provvedervi -Illegittimit�, 210. Sovracanoni dovuti dai concessionari di grandi derivazioni d'acque per forza motrice le cui opere di presa siano site nell'ambito di bacini imbriferi montani -Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici determinante il perimetro dei bacini imbriferi montani Provvedimento di perimetrazione adottato non sulla base di criteri tecnici sibbene per scopi di pubblico interesse -Illiceit� e disapplicazione, 189. - Utenze di acque pubbliche attuate per il trentennio anteriore alla pubblicazione della 1. 10 agosto 1884, n. 2644 e regolarmente riconosciute -Concessione di utenze in base alla legislazione vigente -Preferenza delle prime rispetto alle seconde, 216. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Potest� discrezionale della p. a. di sospendere durante lo stato di guerra l'esecuzione di opere in corso -Mancato o difettoso esercizio -Lesione diritti subiettivi Insussistenza -Azione giudiziaria risarcitoria -Improponibilit�, 124. APPALTO -Appalto-concorso di opera d'arte -Perfezionamento -Scelta del progetto da parte della Commissione -Impugnativa -Esclusione -Provvedimento che approva la graduatoria, aggiudicando la esecuzione dell'opera -Impugnativa -Ammissibilit�, 137. -Appalto-concorso -Perfezionanamento -Scelta del progetto da parte della Commissione -Impugnativa -Esclusione -Provvedimento della p. a. che rende propria la scelta o che approva il contratto di appalto -Impugnativa -Ammissibilit�, 137. -Appalto di opere pubbliche Accertamenti relativi a danni da forza maggiore -Contestazioni dell'Impresa -Onere dell'immediata riserva, 233. -Appalto di opere pubbliche -Applicabilit� dell'art. 1664, 2� comma, cod. civ. -Condizioni, 225. -Appalto di opere pubbliche Cottimo fiduciario stipulato dal Ministero Difesa-Aeronautica Riserve -Scavo di sbancamento in terreno argilloso di eccezionale durezza -Allibramento dei relativi lavori ed apposizione, accanto alla firma dell'Impresa, della espressione � con riserva�, senza altra specificazione -Ratio ..-C..-iff@@l?'~11f@I%r.~~1-rwgx:::::.:::==w=ii::;::":rzryc.0==--f.,.&::::m==vrr-:r.:f&:f�ffw:Xv:&:<�rW":::r�=n==<gw..::rfi::::] VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle norme sulla tempestivit� delle riserve -Controllo sul fatto conteso e controllo sul costo dell'opera -Tempestivit� della riserva -Condizioni -Fattispecie, 244. -Appalto di opere pubbliche Danni dipendenti da opere idrauliche -Rischio -Imputazione, 231. -Appalto di opere pubbliche Divieto di cessione di credito e di rilascio di procure per l'appaltatore -Limite temporale, 200. -Appalto di opere pubbliche Impreviste difficolt� di esecuzione -Oneri relativi -Riserva immediata, 233. -Appalto di opere pubbliche Opere provvisionali -Definizione, 231. -Appalto di opere pubbliche Ordine errato della Direzione dei lavori -Concorrente responsabilit� dell'Impresa, 233. - Appalto di opere pubbliche Opere di difesa delle piene fluviali -Morbide -Assimilazione a causa di forza maggiore Esclusione, 231. -Appalto di opere pubbliche Riserve -Decadenza -Concetto e distinzioni, 225. -Appalto di opere pubbliche Riserve per prescrizioni difformi dalla normativa contrattuale Onere dell'immediata proposizione, 233. -Appalto di opere pubbliche Riserve riguardanti controversie di diritto -Proposizione tardiva Ammissibilit�, 233. -Appalto di opere pubbliche Termine di ultimazione -Proroghe -Condizioni e conseguenze, 225. Difficolt� nell'esecuzione dei lavori -Applicabilit� dell'art. 1664 e.e. -Estremi -Prezzo di scavo comprendente anche la roccia da mina -Rinvenimento, in quantit� eccezionale, di roccia di particolare durezza -Inapplicabilit� dell'art. 1664, 200. APPELLO -Domanda nuova -Quando sussiste, 93. -Divieto di mutamento della domanda -Riduzione del contenuto giuridico della domanda origina ria -Non rientra nel divieto Sostituzione di domanda di accertamento a domanda di condanna -Ammissibilit�, 106. ARBITRATO -Capitolato Generale della Cassa per il Mezzogiorno -Richiamo contenuto nell'art. 45 di detto capitolato all'art. 49 del Capitolato Generale dello Stato del 1895 -Non vale ad introdurre nel capitolato della Cassa la rinunzia alle impugnazioni ivi previste, 200. -Indivisibilt� del lodo -Nullit� di un capo -Estensione dell'invalidit� all'intera decisione, 200. -Mancata notifica della domanda arbitrale all'Avvocatura dello Stato -Nullit�, 202. -Nullit� del lodo -Inosservanza delle regole di diritto -Estremi, 200. - Richiesta di deposito atti progettuali e relazioni riservate -Inam missibilit�, 225. -Tempo del giudizio arbitrale Giudizio durante la esecuzione dei lavori e prima dell"approvazione del collaudo -Presupposti -Rilevanza economica della controversia -Valutazione -Se spetti ad una delle parti o al Collegio arbitrale, 206. ATTI AMMINISTRATIVI -Annull:amento di ufficio -Ricorso giurisdizionale -Ordinanza di sospensione -Rinnovazione dell'atto immune da vizio -Legittimit�, 138. -Atti interni -Circolari -Differenza rispetto ai regolamenti, 124. -Atto confermativo -Nozione Fattispecie, 139. INDICE IX -Atto definitivo -Atti del Sindaco -Requisizione ex art 7 legge n. 2248, all. E, del 1865 -Non � definitiva, 143. Comunicazfone -Comunicazione in copia fotostatica accompagnata da nota della p. a. -Legittimit�, 138. Interpretazione -Criteri -Criteri previsti dal Codice civile per l'interpretazione dei contratti Applicabilit� -Giudizio di legittimit� -Incensurabilit�, 189. -Sanatoria -Deliberazione da parte di organi incompetenti -Ratifica da parte dell'organo competente -Legittimit�, 147. CACCIA E PESCA -Caccia -Inclusione coattiva di fondi nelle riserve -Oondizioni -Divieto di esercizio di caccia -Differenza, 152. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Competenza per valore -Cause relative a beni immobili -Eccezione di incompetenza per valore -Onere del convenuto che solleva l'eccezione di provare la non sottoposizione dell'immobile a tributo ed in genere di SV'Olgere l'attivit� probatoria necessaria per dimostrare quale sia il giudice competente, 115. -Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana -Commissione elettorale mandamentale -Natura -Ricorso per cassazione avverso la pronuncia resa dal Consiglio di giustizia amministrativa in ordine a delibera di detta Commissione Inammissibilit�, 41. -Contratti stioulati dal Ministro Necessit� dell'approvazione ai fini della giurisdizione dell'a.g.o. Esclusione, con nota di M. CONTI, 56. Contratti sottoposti ad approvazione -Configurabilit� di diritti soggettivi -Esclusione, con nota di M. CONTI, 56. -Contratto di acquisto di tabacco estero da parte dell'Amministrazione dei Monopoli -Domanda di adempimento formulata dal privato -Responsabilit� -Indagine sul se il contratto sia stato stipulato in Italia o all'estero Non � necessaria, con nota di M. CONTI, 56. -Danni di guerra -Indennizzo Contributo di ricostruzione -Pretesa del privato alla concessione ed alla misura -Inter�esse legittimo -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 53. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Farmacie -Controversie per la determinazione indennit� di avviamento -Farmacie di nuova istituzione -Difetto di giurisdizione del'A.G.O., 44. -Giustizia amministrativa -Decisione del Consiglio di Stato Contestazione dell'esistenza di interesse legittimo -Ricorso per Cassazione -Ammissibilit�, 36. -Improponibilit� della domanda Improponibilit� assoluta nei confronti della p. a. -Indagine sulla ipotizzabilit� in astratto di un diritto o interesse provvisto di azione o difesa giurisdizionale, con nota di M. CONTI, 56. -Requisizioni alleate -Indennit� ai sensi della legge n. 10 del 1951 -Giurisdizione dell'A.G.O. Sussiste, 143. - V. anche Acque pubbliche, Amministrazione dello Stato, Contratti pubblici, Demanio. COMUNE -Dichiarazione di Comune come localit� economicamente depressa ex legge n. 365 del 1957 -Comuni viciniori -Interesse legittimo all'impugnazione del provvedimento -Sussistenza, 36. -Spese di spedalit� -Procedura di riscossione privilegiata prevista dalla I. 3 dicembre 1931, n. 1580 -Applicabilit� nei confronti del proprietario di autoveicolo investitore per ottenere il rimborso delle spese ospeda RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X liere sostenute per il ricovero dell'investito -Natura autonoma e non surrogatoria dell'azione -Prescrizione quinnquennale, 86. -V. anche Edilizia. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Idoneit� del concessionario a far fronte 'agli impegni assunti Diniego di approvazione -Legittimit�, 138. V. anche Demanio. CONTRATTI DI GUERRA -Ritardo nella liquidazione e nel pagamento di somme dovute dalla P. A. -Azione di risarcimento danni -Svalutazione monetaria -Irrilevanza, 124. CONTRATTI PUBBLICI -Aggiudicazione -Interesse a ricorrere da parte di chi non sia precedente concessionario o non abbia partecipato alla gara -Non sussiste, 138. -Licitazione privata -Lettera d'invito -Clausole -Interpretazione -Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste, 151. -V. anche Appalto, Competenza e giurisdizione. CORTE COSTITUZIONALE -Questione di legittimit� costituzionale sollevata in via incidentale -Necessit� di un giudizio Questione sollevata dal Presidente del Tribunale -Inammissibilit�, 30. COSA GIUDICATA -Giudicato sul dedotto e sul deducibile -Limite -Identificazione delle azioni, 115. -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Annullamento di graduatoria di un concorso -Necessit� di ulteriori provvedimenti -Posizioni dei dichiarati idonei -Retroattivit�, 150. -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Rinnovazione dell'atto annullato -Vizi aceertati nel giudicato e rinnovazione dell'atto immune dai vizi stessi -Limiti, 151. -V. anche Giustizia amministrativa. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Approvazione delle leggi da parte delle Camere -Esclusione della procedura davanti 'alle Commissioni permanenti -Legge di bilancio -Nozione, 1. -Leggi che importano nuove o maggiori spese -Indicazione dei mezzi per farvi fronte -Spese inserite in esercizi futuri -Legge per la sistemazione delle strade statali -Illegittimit� costituzionale, 1. -V. anche Espropriazione per p. u., Nobilt�, Pena, Piano regolatore, Procedimento penale, Reato, Servit� militari, Sicilia, Trentino Alto Adige. DANNI -Risarcimento dei danni da fatto illecito -Interessi compensativi -Costituiscono elemento complementare dello stesso danno risarcibile per colpa aquiliana -Possono essere liquidati di ufficio dal I Giudice -Sentenza di condanna al risarcimento dei danni -Omissione di pronuncia in ordine agli I interessi compensativi -Mancata impugnazione della sentenza per tale vizio -Giudicato sostanziale sulla concreta qualificazione del danno risarcibile -Sussiste, 111. DANNI DI GUERRA -V. Competenza e giurisdizione, Contratti di guerra. DEMANIO -Concessione -Imposizione del canone -Impugnativa -Giurisdizione del giudice amministrativo -Concessione di utilizzazione di INDICE Xl sponde lacuali -Canone -Giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque, 215. -Demanio marittimo -Delimitazione -Impugnativa -Posizione soggettiva dei privati -Diritto soggettivo -Giurisdizione dell'A. G.O., 146. -Demanio storico e artistico -Prelazione -Notifica del provvedimento oltre il termine di legge -Illegittimit� -Emanazione entro il termine -Irrilevanza, 144. EDILIZIA -Comune -Esecuzione di ufficio di ordinanza del Sindaco che ingiunga al proprietario di eseguire urgenti lavori di assicurazione della statica di un fabbricato pecolante -Attivit� spiegata da organi e dipendenti comunali -Riferimento allo Stato e non al Comune -Colpevole operato di dipendente comunale che provochi il crollo dell'edificio -Responsabilit� dello Stato e non del Comune, con nota di F. CARUSI, 98. -V. anche Giustizia amministrativa. ENTRATE PATRIMONIALI DELLO STATO -Procedimento di ingiunzione previsto dal t. u. 14 aprile 1910, n. 639 per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, delle Provincie, dei Comuni e di altri enti pubblici -Opposizione -Effetti -Instaurazione di un ordinario processo di cognizione -Sussiste, 86. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Decreto di approvazione del progetto -Impugnativa fuori termine -Inammissibilit� -Censure relative ai conseguenziali decreti di accesso e di occupazione Inammissibilit�, 139. -Discordanza, per la superficie da occupare, tra il decreto di accesso e il decreto di occupazione Adeguamento di questo ultimo alle risultanze dell'accesso -Le gittimit�, 140. -Espropriazione parziale e totale -Differenza -Rapporto tra il fondo espropriato ed altro fondo contiguo, 211. -Giunta speciale per le espropriazioni nella citt� di Napoli Estensione anche alle espropriazioni nella provincia di Napoli Illegittimit� costituzionale, 9. -Notificazione del provvedimento ablativo al soggetto espropriato -Omissione -Non incide sulla validit� del decreto -Diritto all'indennit� -Lesione -Sussiste -Obbligo del risarcimento del danno, 106. -Occupazione -Stato di consistenza -Autorizzazione all'accesso su un fondo comune -Omessa indicazione e omessa notifica a un comproprietario -Partecipazione dello stesso comproprietario all'accesso -Irrilevanza delle omissioni, 140. -Opera prevista nel piano -Dichiarazione implicita di p. u. Decreto di esproprio -Legittimit�, 140. Opposizione alla stima dell'indennit� di espropriazione di fondo rustico comprensiva del valore del soprasuolo -Legittimazione autonoma del conduttore del fondo -Sussiste, 121. -Opposizione alla stima dell'indennit� -Termine di decadenza -Decorrenza dalla notificazione del decreto di espropriazione Equipollenti -Esclusione, 106. -Stima -Caratteristiche di suolo edificatorio -Elementi, 210. -V. anche Acque pubbliche. GIOCO D'AZZARDO -Esercizio di case da gioco di Taormina -Esercizio da parte della Societ� A. Zagara -Costituisce attivit� criminosa, 251. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Controinteressati -Bando di concorso -Impugnazione -One RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII ri di notifica ai controinteressati -Esclusione, 147. -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Licenza edilizia -Annullamento -Costruzione eseguita in conformit� a licenza annullata -Poteri del Sindaco ai sensi dell'art. 32 1. 17 agosto 1942, n. 1150 -Discrezionalit� -Limiti, 143. -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Licenza edilizia -Annullamento in s. g. -Discrezionalit� ai sensi dell'art. 32 1. 1150 del 1942 -Facolt� di non adottare alcun provvedimento -Esclusione, 144. - Interesse ,a ricorrere -Interesse a impugnare norme regolamentari -Presupposti, 148. -Motivi di ricorso -Poteri del Giudice, 220. -Ricorso giurisdizionale -Notificazione alla autorit� che ha emesso il provvedimento -Omissione -Motivi di ricorso -Inammissibilit�, 148. -Ricorso giurisdizionale -Ricorsi proposti avverso lo stesso atto dinanzi al Consiglio di Stato e dinanzi alla G.PA. -Litispendenza -Inapplicabilit�, 146. -Ricorso giurisdizionale -Ricorso cumulativo Ammissibilit� Presupposti, 139. -Ricorso in sede di legittimit� al Consiglio di Stato -Prova per testi -Ammissibilit� -Esclusione, 152. -V. anche Competenza e giurisdizione. GUERRA -Fatto di guerra -Nozione, con nota di G. MAND�, 83. IMPIEGO PUBBLICO -Commissione di epurazione Parere in ordine alla riassunzione di dipendenti licenziati per motivi politici -Carattere vincolante anche in ordine all'implicito accertamento della dipendenza dell'interessato dall'Azienda o dall'Ente -Trasformazione dell'interesse in diritto soggettivo del dipendente alla riassunzione, 32. -Concorsi -Mutilati ed invalidi di guerra e di servizio -Preferenze -Documentazione -Esibizione -Termine, 148. -Concorso -Documentazione -Regolarizzazione -Limiti, 148. -Ente pubblico economico -Assunzione dell'obbligo di riconoscere ad un dipendente anzianit� retrodatata -Recesso unilaterale -Inammissibilit�, 32. -Ente pubblico economico -Delibera di riassunzione di un dipendente licenziato per motivi politici -Errore circa la portata delle disposizioni concernenti la riassunzione -Sussistenza -Apprezzamento di fatto -Sindacabilit� in Cassazione -Esclusione, 32. -Mutilati ed invalidi di servizio Assunzione obbligatoria -Documentazione -Prove della qualifica -Omessa esibizione del documento richiesto dalla p. a. Conseguenze, 148. -Stipendi, assegni, indennit� Ripetibilit� di emolumenti non dovuti -Limiti -Fattispecie, 145. - Trasferimento -Elementi rilevanti per il trasferimento a domanda -Anzianit� di ruolo Irrilevanza -Condizioni di famiglia -Nozioni e limiti, 149. -Trasferimento in seguito a vacanza di sede o a domanda Modalit� -Regole proprie del concorso -Applicabilit� -Esclusione -Fattispecie, 149. IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE -Valutazione di titoli non quotati in borsa -Decisioni della Commissione provinciale delle imposte, sezione speciale -Ricorso all'Autorit� giudiziaria ai sensi dell'art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit�, 164. Il ' 9 INDICE XIII IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione fiscale ex articolo unico legge 28 giugno 1943, n. 666 -Trasferimento di immobili soggetti a sistemazioni edilizie a carico di privati -Inapplicabilit� -Trasferimento in mancanza di convenzione diretta tra l'acquirente e il Comune -Inapplicabilit�, con nota di F. FAVARA, 153. -Agevolazioni per gli atti di assegnazione di beni a soci da parte di societ� immobiliari -Nozione di societ� immobiliare secondo la legge 18 ottobre 1955, n. 930, 169. -Agevolazioni per l'incremento delle costruzioni edilizie previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 -Acquisto con unico atto di area destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici -Ultimazione di una parte soltanto degli edifici entro il biennio dall'inizio dei lavori sull'area complessivamente considerata -Decadenza dalle agevolazioni -Si verifica, 183. Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre Nozione, 179. Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre Nozione -Fattispecie, 179. -Opere di bonifica -Atti stipulati dai Consorzi di bonifica aventi ad oggetto lavori di riparazione e manutenzione delle opere di bonifica idraulica -Agevolazioni tributa:ie -Applicabilit�, con nota d1 F. DE LucA, 156. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissione tributaria -Procedimento davanti alle Commissioni -Decisione della Commissione Centrale -Ricorso in Cassazione ex art. 111 Cos.tituzione -Azione giudiziaria ex art. 120 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 -Autonomia funzionale, con nota di R. SEMBIANTE, 161. -Commissione tributaria -Procedimento davanti alla Commissio ne Centrale -Ricorso in Cassazione ex art. 111 Costituzione Contribuente vittorioso dinanzi Commissioni -Interesse a ricorrere -Insussistenza, con nota di R. SEMBIANTE, 161. -Imposte dirette -Accertamento -Avviso di accertamento -Natura nel sistema anteriore alla legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Poteri di accertamento delle Commissioni Distrettuali -Soppressione -Conseguenze in ordine alla natura deH'avviso, con nota di A. QUARANTA, 172. Imposte dirette -Avviso di accertamento -Legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Motivazione analitica -Necessit� -Sistema precedente -Superfluit�, con nota di A. QUARANTA, 172. Imposte dirette -Avviso di accertamento -Legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Necessit� della motivazione -Retroattivit� -Insussistenza, con nota di A. QUARANTA, 172. - Imposte indirette -Controversie di valutazione -Decisioni della Commissione provinciale -Vizio logico di motivazione -Non deducibilit� con azione giudiziaria ex art. 29, terzo comma, d. l. 7 agosto 1936, n. 1639 -'Deducibilit� con ricorso per cassazione, ex art. 111 Costituzione, 164. INGIUNZIONE -V. Entrate patrimoniali dello Stato. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Interpretazione della legge -Ricorso dell'interprete all'analogia -Quando � consentito, 93. -V. anche Costituzione della Repubblica. NOBILTA -Cognomizzazione dei predicati nobiliari di titoli esistenti prima del 28 ottobre 1922 -Riconoscimento incidenter tantum di tali XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO titoli dopo l'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana Necessit� di applicazfone delle norme araldiche -Incompatibilit� delle norme araldiche con l'art. 3 e con la dispos. trans. XIV della Costituzione -Non manifesta infondatezza della questione, con nota di V. PENTINACA, 129. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Transazione -Interpretazione Apprezzamento incensurabile del giudice di merito, con nota di A. FRENI, 74. OPERE PUBBLICHE - V. Acque pubbliche, Appalto. PENA -Pena pecuniaria -Contrasto con la finalit� di rieducazione del condannato -Esclusione, 28. PIANO REGOLATORE -Princ�pi generali -Vincoli di verde agricolo -di verde privato -di verde pubblico -Rapporti con la futura espropriazione Contrasto con l'art. 42 della Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� -Manifesta infondatezza, 141. -Princ�pi generali -Vincoli -Differenze con le espropriazioni e con le imposizioni di servit� Natura e finalit� -Contrasto con l'art. 42 della Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� Manifesta infondatezza, 141. -Princ�pi generali -Vincoli -Verde pubblico -Destinazione della zona a verde pubblico -Implicita concreta designazione dell'area, 141 . -Princ�pi generali -Vincoli -Verde pubblico -Imposizione su area ove esistono costruzioni -Legittimit�, 141. - Princ�pi generali -Vincoli -Verde pubblico -Natura e finalit� -Suscettibilit� di indennizzo Necessit� di un piano finanziario Esclusione, 141. PRESCRIZIONE Sentenza penale recante condanna generica al risarcimento dei danni -Prescrizione del diritto al risarcimento -Prescrizione decennale da giudicato -Appli cabilit� anche nei confronti del responsabile civile non citato nel processo penale e rimasto estraneo ad esso -Sussiste, con nota di F. CARUSI, 98. PROCEDIMENTO CIVILE -Consulenza tecnica -Non � mezzo esonerativo della prova, 106. -Prove -Interrogatorio formale Rilevanza -Apprezzamento incensurabile del giudice di merito, con nota di A. FRENI, 74. -V. anche Acque pubbliche, Appello, Competenza e giurisdizione, E'n:trate patrimoniali dello Stato. PROCEDIMENTO PENALE -Tribunale per i minorenni Esclusione di competenza allorch� vi siano coimputati maggiori di anni 18 -Contrasto col principio di eguaglianza -Esclusione, 22. PROPRIET� -Azione di regolamento di confini -Azione per apposizione di termini -Differenza -Modificazione necessaria della originaria domanda per apposizione di termini in domanda di regolamento di confini se nel corso del giudizio sorge contrasto sulla linea di confine, 115. -Unione e commissione -Cose inseparabili -Rapporto di accessoriet� -Proprietario della cosa principale -Acquisto della propriet� esclusiva del tutto -Obblighi, con nota di A. FRENI, 74. REATI FINANZIARI -Incetta di buoni per l'acquisto di carburante a prezzi ridotti Reato configurabile, con nota di I. F. CARAMAZZA 248. INDICE xv Incetta di buoni speciali per l'acquisto di carburante -Evasione dall'imposta di fabbricazione -Non sussiste -Fattispecie -Amnistia -Applicabilit�, 250. REATO -Disposizioni sul concorso formale di reati e sul reato continuato -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione, 20. -Reato e pena -Pene accessorie conseguenti all'interdizione dai pubblici uffici -Privazione degli stipendi, pensioni ed assegni, a carico dello Stato o di altro ente pubblico -Illegittimit� costituzionale, 12. RESPONSABILIT� CIVILE -Danni evitabili dal creditore Esclusione del risarcimento Presupposto -Colpa grave del danneggiato, 106. -Danni da reato perseguibile a querela -Decreto di archiviazione -Decorrenza del termine di prescrizione, 88. -Discrezionalit� della p. a. -Insindacabilit� da parte del G.0. Limiti -Scelta del mezzo tecnico -Rientra nella discrezionalit� tecnica -Sindacabilit� da parte del G.0. -Ricostruzione di strade con doppia inclinazione ';lei piano stradale -'Deflusso del' acque contro un edificio priW -Responsabilit� della p. a. fatto illecito e non per ri _, di sacrifici legittimamente ..rtecati, con nota di A. QUARANTA, 46. -Rapporto di causalit� tra azione ed evento dannoso -Principio contenuto nell'art. 41, cpv., c. p. Si applica anche nel campo della responsabilit� civile, 124. -Responsabilit� della pubblica amministrazione -Danno sub�to in servizio da dipendente statale -Compensatio lucri cum damno -Pensione privilegiata -Indetraibilit� dall'ammontare del risarcimento dovuto al dipendente del valore capitale della pensione privilegiata -Sussiste, con nota di G. MAND�, 76. -Responsabilit� della p.a. per fatto illecito -Responsabilit� della p.a. per attivit� lecita -Caratteristiche delle rispettive azioni -Concorso alternativo delle medesime, con nota di A. QUARANTA, 46. SALUTE PUBBLICA -Attribuzioni del Prefetto del Medico e del Veterinario provinciale in materia di sanit� pubblica, 119. SENTENZA -Motivazione -Omissione o insufficienza -Sussistenza o esclusione del vizio, 93. SERVITU' -Servit� militari -Contrasto con la tutela della propriet� privata -Sussistenza nei casi in cui importino espropriazioni -Insussistenza negli altri casi, 15. SICILIA -Potere generale di annullamento del Governo -Conflitto di attribuzioni per violazione dello Statuto regionale -Infondatezza, 14. TRENTINO-ALTO ADIGE -Case economiche e popolari - Poterd decisori in materia di impiego del Fondo per l'incremento edilizio -Trasferimento alla Regione -Esclusione, 24. -Fondo per l'incremento edilizio -Illegittimit� costituzionale delle relative norme e delle norme di attuazione -Insussistenza, 24. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 10 gennaio 1966, n. 1 pag. 1 10 gennaio 1966, n. 2 9 13 gennaio 1966, n. 3 12 13 gennaio 1966, n. 4 14 20 gennaio 1966, n. 6 15 8 febbraio 1966, n. 9 20 8 febbraio 1966, n. 10 . 22 12 febbrai'O 1966, n. 11 . 24 12 febbraio 1966, n. 12 . 28 12 febbraio 1966, n. 13 . 30 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 30 aprile 1965, n. 787 . pag. 32 Sez. Un., 18 maggio 1965, n. 964 36 Sez. III, 25 maggio 1965, n. 1005 74 Sez. Un., 15 luglio 1965, n. 1520 41 Sez. I, 27 luglio 1965, n. 1787 . 153 Sez. Un., 11 ottobre 1965, n. 2113 44 Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2231 . 156 Sez. III, 25 ottobre 1965, n. 2248 . 76 Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2271 . 83 Sez. III, 29 ottobre 1965, n. 2295 . 86 Sez. III, 8 novembre 1965, n. 2329 . 88 Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2345 . 161 Sez. I, 23 novembre 1965, n. 2404 . 93 Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2482 . 46 Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2490 . 53 Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2494 . 164 Sez. I, 4 gennaio 1966, n. 44 . 169 Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 92 . 98 Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 93 . 106 Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 143 111 Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 148 172 Sez. Un., 12 gennaio 1966, n. 207 . 56 Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 216 � 189 Sez. II, 22 gennaio 1966, n. 268 . 115 Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 332 179 I Sez. I, 9 febbraio 1966, n. 414 . 119 li fil ~ ~ ~l l'iff{ifijfil ~� 4.ri'i.illf.f?t.Wif.W&f"l/�.:<Y:=(~-ffef%0i:����~~ ~�~-�@IW�1fffilW&it!1Wlilli:?Z.t.iitlWI ~',W////;h.�W/Z~/~A//,~~;//~~/khW/-/~///;/0'~,,../~� y;~/k~:,~,mv,.,,,,. . INDICE XVII Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 439 . pag. 121 Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 440 . 124 Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 496 . 179 Sez. I, 21 febbraio 1966, n. 537 . 183 CORTE DI APPELLO Messina, 21 maggio 1964 . . pag. 200 Roma, 5 gennaio 1966, n. 1 . 202 TRIBUNALE Roma, 6 agosto 1965, n. 5646 . . . . . . . . pag. 206 Roma, Sez. I civ., 30 dicembre 1965 (ordinanza) 129 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 8 giugno 1965, n. 15 . pag. 210 12 ottobre 1965, n. 21 . 210 13 gennaio 1966, n. 1 . 214 17 gennaio 1966, n. 2 . 215 17 gennaio 1966, n. 4 . 216 25 gennaio 1966, n. 6 . 220 1 febbraio 1966, n. 9 . 222 LODI ARBITRALI 11 giugno 1965, n. 38 (Roma) . pag. 225 22 giugno 1965, n. 46 (Roma) . 231 20 ottobre 1965, n. 81 (Roma) . 233 11 gennaio 1966, n. 9 (Roma) . 244 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 674 . pag. 137 Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 675 . 138 Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 676 . 139 Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 677 . 139 Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 679 141 Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 691 143 Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 702 143 Sez. V, 13 novembre 1965, n. 1053 143 Sez. VI, 3 novembre 1965, n. 758 . 144 RASSEGNA DELL'AVVOCAT~RA DELLO STATO XVIII 770 . Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 788 Sez. VI, 9 novembre 1965 n. 791 . Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 795 . Sez. VI, 19 novembre 1965, n. 839 Sez. VI, 26 novembre 1965, n. 859 Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 862 Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 871 Sez. VI, 30 mivembre 1965, n. 874 Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 883 Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 884 Sez. VI, 9 novembre 1965, n. GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 22 gennaio 1964, n. 81 Sez. I, 23 marzo 1965, n. 502 TRIBUNALE . 1966 Roma, Sez. IV, 16 gennaio . . . . . . . . � � � � pag. pag. pag. � � 145 146 146 147 147 148 148 149 150 151 151 248 250 251 --~ . . . ~ . .-:; SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI MAZZELLA L., Sulla pretesa responsabilit� del docente di scuola pubblica per il fatto illecito commesso da un allievo in danno di un condiscepolo . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 RASSEGNA DI DOTTRINA PALADIN L., Il principio costituzionale d'eguaglianza Milano 1965 (recensione) . . . . . . . . . . . . . . : . . . '. pag. 8 PALERMO A., Enfiteusi, Superficie, Oneri reali Usi civici UTET � Torino, 1965 (recensione) ....... '. .... '... '. 13 NOVISSIMO DIGESTO ITALIANO, Voll. XI (N-Ora) e XII (Ord-Pes) ( recensione) . . . . . . . . . . . . 13 AUTORI VARI . . . . . . . , . , . . . . . . , 13 BoBBIO N., Norma giuridica, Vol. XI, 330-337 . . . . 14 FERRAR! C., Nulla osta amministrativo, Vol. XI, 450-455 14 ZINGALI C., Obbligazione tributaria, Vol. XI, 685-693 . 16 GALATERIA L., Ordine amministrativo, Vol. XII, 107-111 16 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . pag. 18 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice penale, art. 28, secondo comma, n. 5, e terzo comma . . . . . . . ... pag. 19 r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 183, primo comma, lettera a), e terzo comma . . . . . . . . . . . . . 19 r. d. l. 31 dicembre 1925, n. 2383, art. 29, primo comma lettera a), e quarto comma . . . . . . . . . . . . 19 r. d. 11 �aprile 1926, n. 752, art. 2, secondo comma . . . 19 legge 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 3, secondo comma 20 r. d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 43, primo comma, n. 1, e secondo comma . . . . . . . . . . . . . . . . 20 Legge 6 luglio 1939, n. 1035, art. 36, primo comma� art. 37, primo comma . . . . . . . . . . . . . . '. 20 legg.e 25 luglio 1941, n. 934 ,art. 42, primo comma, n. 1, e secondo comma; art. 43 . . . . . . . . ..... 20 legge 13 agosto 1959, n. 904, artt. 1 e 4 . . . . 20 d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1019, articolo unico . . . . 20 xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale: codice penale, art. 81, secondo e terzo comma . pag. 21 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 62 . 21 r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma, prima parte 21 r. d. 14 luglio 1960, n. 1019, articolo unico . 21 -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale 21 _ Norme delle quali il giudizio d_i _legitti1!1'i~� .c?stit~ziona~e � stato definito con pronunce di inammis~ibih~�, di ?Jla~ifesta infondatezza o di restituzione degli atti al Giudice di merito 25 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Amministrazione pub-Impiego pubblico pag. 30 blica pag. 26 Importazioni -Esporta- Appalto 26 zioni 32 Assicurazioni 26 Imposta di bollo . 32 Autoveicoli 26 Imposta di r.m.. 32 Borsa 26 LG.E. 32 Caccia e pesca 27 Imposte e tasse 32 Cinematografi.a 27 Istruzione superiore 33 Comuni ,e province 27 Mezzogiorno 33 Compromesso ed arbitri 27 Monopoli 34 Contabilit� generale Mutuo 34 dello Stato 27 Opere pubbliche 34 Contratti agrari 28 Poste 34 Danni di guerra 28 Propriet� industriale 35 Dazi doganali 28 Regioni 35 Edilizia economica e po-Responsabilit� civile. 35 polare . 28 Scambi e valute . 35 Ente e beni ecclesiastici � 29 Spese giudiziali 35 Espropriazione per p.u.. 30 Trattati e convenzioni Fallimento 30 internazionali 36 Ferrovie. 30 Trattato di pace 36 NOTIZIARIO L'inaugurazione dell'anno giudiziario 1966 presso la Corte Suprema di Cassazione . pag. 37 Convegno di studi 38 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 10 gennaio 1966, n. 1 -Pres. Ambrosini R. el. Cassandro -Piazza (avv. Dallari) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). Costituzione della Repubblica -Approvazione delle leggi da parte delle Camere -Esclusione della procedura davanti alle Commissioni permanenti -Legge di bilancio -Nozione. (Cost., art. 72 quarto comma; 1. 13 agosto 1959, n. 904). Costituzione della Repubblica -Leggi che importano nuove o maggiori spese -Indicazione dei mezzi per farvi fronte -Spese inserite in esercizi futuri -Legge per la sistemazione delle strade statali Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 81, quarto comma; I. 13 agosto 1959, n. 904, art. 1 e 4). La disposizione deil'art. 72, ult. comma, della Costituzione, che esclude dalla procedura abbreviata davanti alle Commissioni permanenti delle Camere l'approvazione delle leggi di bilancio, si riferisce soltanto alla legge di approvazione del bilancio vero e proprio, e non pure alle leggi che si pongono come un � prius � rispetto a questa, quale titolo giuridico della futura spesa (1). L'obbligo della copertura finanziaria delle leggi che importino nuove e maggiori spese deve essere osservato dal legislatore anche nei confronti di spese che la legge prevede siano inserite negli stati di previsione di �sercizi futuri. Tale obbligo va osservato con puntualit�, rigorosa nei confronti di spese che incidono sopra un esercizio in corso; mentre, per le spese riguardanti esercizi futuri, si pu� ammettere (1) La questione, come � noto, era stata sollevata con ordinanza 1(} aprile 1964 della IV Sezione del Consiglio di Stato (Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1964, n. 225). . Dopo la fondamentale sentenza 3 marzo 1959, n. 9 (Giur. it., 1959, I, 1, 1015) con la quale la Corte affermava la propria competenza a sinaacare anche gli interna corporis parlamentari allorch� la loro osservanza sia collegata al rispetto di norme costituzionali l'esame dell'art. 72 ultimo comma, della Costituzione, era stato compiutb con riferimento ali~ � leggi costituzionali � (Cons. Sup. della Magistratura: sent. 23 dicembre 1963, I i I 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ia possibilit� di copertura, oltre che con i mezzi consueti, anche con ia previsione di maggiori entrate, ivi compresa l'emissione di prestiti, tutte ie volte che essa si dimostri sufficientemente sicura, non arbitraria ed i1�razionaie (2). (Omissis). 1. -Va dichiarata in primo luogo la non fondatezza della questione di costituzionalit� dell'art. 4 della legge, sollevata in riferimento all'ultimo comma dell'art. 72 della Costituzione, il quale prevede �la procedura normale di esame e di approvazione diretta � da parte delle Camere per i disegni di legge � di approvazione di bilanci e di consuntivi �. La tesi della difesa della parte privata che l'art. 4 costituisca una norma di legge approvativa di uno stato di previsione della spesa � priva affatto di fondamento. In realt�, la norma impugnata non fa, da un lato, se non stabilire che le somme previste negli articoli primo e secondo della legge devono essere iscritte nello stato di previsione della spesa del Ministero dei LL. PP., e, dall'altro, se non autorizzare il Ministro dei LL. PP. ad assumere impegni fino alla concorrenza di lire 200 miliardi per i lavori previsti dall'art. 1, il solo degli altri articoli della legge che, insieme con quello ora citato, viene all'esame della Corte nel presente giudizio. E cosl disponendo, essa, com'� di tutta evidenza, non approva gi� un bilancio n� una norma di bilancio, ma autorizza il Governo ad inscrivere nei bilanci futuri determinate somme destinate a determinate spese, e il Ministro dei LL. PP. ad assumere impegni di spese entro limiti definiti e lungo un certo arco di tempo. Sicch� la norma impugnata si pone come un prius di fronte alla legge di approvazione del bilancio, quale titolo giuridico della futura spesa, e non ricade perci� tra quelle per le quali il precetto costituzionale impone la procedura normale di assemblea. La legge di bilancio nella quale queste spese saranno inscritte, ed essa soltanto, n. 168, in questa Rassegna, 1963, 174) e con riferimento alle Leggi di proroga di � delegazione legislativa � (sent. 10 aprile 1962, n. 32, Giur, it., 1962, I, 1, 913). Con la decisione in rassegna la 'Corte 1afferma il principio che per � legge di approvazione di bilanci �, ai fini dell'art. 72, ult. comma, Cast., si deve intendere la legge di bilancio in senso formale, cio� il documento politico-legislativo che autorizza il Governo alla spesa, in conformit� alle previsioni delle leggi sostanziali che tali spese prevedono a carico dello Stato. E la decisione appare ineccepibile, in considerazione del fatto che solo la legge di bilancio cosl intesa importa una valutazione politica globale, tale da dover essere esaminata da ciascun ramo del Parlamento in Assemblea, e non in Commissione; senza contare, infine, �Che l'interpretazione contraria bloccherebbe l'attivit� del Parlamento, dato il gran numero di leggi di spesa, anche di iniziativa parlamentare, che trovano ordinato ed oculato esame, perfettamente ortodosso, in sede di Commissioni legislative permanenti delle Camere (2) Si segnala l'importanza di questa seconda massima, non tanto e solo sul piano giuridico, quanto su quello della politica legislativa, di diretta competenza del Parlamento. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 3 deve essere approvata con la procedura dell'ultimo comma dell'art. 72. Non pu� asserirsi, quindi, che questa seconda questione sia parte o costituisca un aspetto della prima; o lo si pu� asserire soltanto nel significato, ben diverso, che la norma dell'art. 4 offre la riprova della mancanza di �copertura� della spesa e, pertanto, si pone in violazione anch'essa del quarto comma dell'art. 81 della Costituzione. �2. -Va respinta anche, preliminarmente, la tesi, svolta dalla Avvocatura negli iscritti difensivi, che il fine della legge impugnata altro non sia se non di � programmare � le spese che, istituzionalmente, corre l'obbligo all'A.N.A.S. di erogare per la costruzione e la manutenzione delle strade; dal che conseguirebbe che le norme delle quali � denunciata l'incostituzionalit� non si porrebbero in contrasto con l'ultimo comma dell'art. 81, limitate come sono ad autorizzare l'iscrizione nel bilancio preventivo, secondo una certa distribuzione nel tempo, di voci che vi dovrebbero figurare aliunde. Ora, tralasciando di esaminare il punto se, anche cosi interpretata, la legge dia luogo a una questione di costituzionalit�, sta di fatto che le spese che essa prevede sono spese straordinarie, cosi qualificate negli stati di previsione del Ministero dei LL. PP. (legge 26 ottobre 19>60, n. 1201, e successive), e straordinari sono qualificati i contributi versati all'A.N.A.S., negli stati di previsione dell'entrata e della spesa di questa Azienda allegati ai ricordati stati di previsione della spesa del Ministero dei LL. PP. (�Contributo straordinario per l'attuazione del programma di sistemazione, miglioramento e adeguamento delle strade statali rientranti fra gli itinerari internazionali e le arterie di grande circolazione � -art. 1 legge 13 agosto 1959, n. 904). 3. -Pertanto la questione di costituzionalit�, che la Corte deve esaminare, si pu� dire sia soltanto quella che sorge dall'asserito contrasto delle norme contenute nei due articoli della legge 13 agosto 195,9, n. 904, con la norma del quarto comma dell'art. 81, che dispone lo obbligo del legislatore di indicare i mezzi per far fronte a nuove o maggiori spese. Si sa che l'interpretazione di questa norma ha dato luogo a discussioni e contrasti che non si possono dire, non gi� conclusi, ma nemmeno sopiti: sostenendosi da molti con vigore che l'obbligo di L'Avvocatura aveva dedotto, per sostenere la legittimit� costituzionale della legge denunciata, che essa non importava n� spese � nuove � n� spese � maggiori �, e quindi era del tutto fuori della previsione dell'art. 81 Cost. Infatti, poich� l'ANAS ha il compito istituzionale sia di gestire le strade e le autostrade appartenenti allo Stato, curandone la manutenzione ordinaria o straordinaria, sia di realizzare il progressivo miglioramento delle strade statali e delle nuove autostrade (d. I. Pres. 27 giugno 1946, n. 38, leggi n. 59 del 1961 e n. 181 del 1962), la spesa prevista dalla legge in esame non poteva essere considerata nuova, trattandosi evidentemente di spesa diretta al raggiungimento di uno scopo gi� considerato espressamente dalla legislazione preesistente, nella quale veniva appunto a trovare il suo fondamento quale titolo di spesa. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indicare i mezzi per far fronte a nuove o maggiori spese riguardi esclusivamente le leggi che, promulgate dopo l'approvazione del bilancio preventivo, ne alterino l'equilibrio, e sostenendo altri che, viceversa, tale obbligo abbia riferimento e debba essere osservato nei confronti di qualsiasi altra legge che immuti in materia di spese non gi� di fronte alla legge di bilancio, o non soltanto di fronte a questa, ma di fronte alla legislazione preesistente. Nel primo caso si fa riferimento a un documento contabile quale � anche (seppure non soltanto), il bilancio annuale; nel secondo caso, viceversa, si tiene di vista l'insieme della vita finanziaria dello Stato, che, si sostiene, non pu� essere artificiosamente spezzata in termini annuali, ma va, viceversa, considerata nel suo insieme e nella sua continuit� temporale, segnatamente in un tempo, come il presente, nel quale gli interventi statali sempre pi� penetranti nella vita economica e sociale del Paese, i traguardi che, attraverso la rappresentanza parlamentare, la comunit� nazionale assegna a se stessa, impongono previsioni che vanno oltre il ristretto limite di un anno e rendono palese la necessit� di coordinare i mezzi e le energie disponibili per un pi� equilibrato sviluppo settoriale e territoriale dell'intera collettivit�. 4. -Non si pu� dire che la prassi legislativa si sia ormai affatto consolidata nel senso sostenuto da coloro i quali difendono quella che ormai usa definire l'interpretazione restrittiva e rigorosa della norma dell'art. 81, sulla quale verte il presente giudizio. Vero � che sono assai frequenti i casi nei quali le spese nuove o maggiori vengono deliberate senza riferimento ai mezzi di copertura, mediante il rinvio alla iscrizione loro nei successivi stati di previsione della spesa. E vero � altrettanto che non meno frequenti sono gli altri casi, nei quali, indicati i mezzi di copertura per l'esercizio in corso -il pi� delle volte per una parte minima se non addirittura simbolica delle nuove o maggiori spese -, si tralascia affatto di esaminare e risolvere il problema dei mezzi che devono fronteggiare la spesa negli Che, poi, potessero dirsi � maggiori � rispetto agli esercizi futuri le spese previste dalla legge denunciata, diretta alla realizzazione, in un predeterminato periodo di tempo, del progressivo miglioramento di certe strade statali, era parimenti da escludere, nell'ambito del bilancio statale, dove alla normale espansione della spesa pubblica, in relazione alla illimitatezza dei fini statali, si fa fronte con il normale incremento delle entrate. La Corte ha ritenuto di poter superare questa impostazione facendo leva sul carattere � straordLnario � della spesa prevista nella legge de nunciata. Ma -a parte il riUevo che tale qualifica non pu� trovare pi� riscontro nella legislazione, dopo che la legge 1 marzo 1964, n. 62 ha modificato la legge di contabilit� di Stato sopprimendo la distinzione fra spese ordi narie e spese straordinarie, e distinguendo, invece, i titoli di spesa in titoli di parte corrente (o di funzionamento e mantenimento) e titoli in conto capitale (o di investimento) -non � detto che una spesa straordinaria (o di investimento) esuli dalla attivit� istituzionale dell'Amministrazione che � chiamata, per legge, ad intervenire, in maniera esclusiva e globale, in un determinato settore. II , ...� .�� .? :: b w .~ ' . ' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 esercizi successivi a quello in corso. Ma non mancano tuttavia casi per i quali, viceversa, la legge reca l'indicazione dei mezzi per fronteggiare la nuova o maggiore spesa anche per gli esercizi futuri si tratti di spesa continuativa, si tratti di spesa straordinaria ripartita in un determinato numero di esercizi (cfr., ad esempio, legge 5 giugno 1954, n. 380; legge 9 agosto 19'54, n. 632; legge 2;0 dicembre 1954, n. 1181). Mette conto di riferire in questa sede la legge 18 dicembre 1962, n. 1748, la quale modific� parzialmente la legge impugnata, incrementando inoltre di 15 miliardi la spesa di 200 miliardi gi� stanziata e si preoccup� di assicurare la � copertura � della � maggiore � spesa non soltanto per l'esercizio in corso (196.2-63), ma anche per lo esercizio successivo (1963-64), autorizzando la riduzione del capitolo n. 52 dello stato di previsione. dell'A.N.A.S. di 10 miliardi nel primo e di 5 nel secondo dei due esercizi considerati. Non si pu� perci� sostenere che la prassi parlamentare sia stata costante ed univoca; e lo stesso si pu� dire dei dibattiti, degli studi e delle relazioni che si sono avute finora in sede parlamentare, che non sono giunti a conclusioni unanimemente condivise, n� hanno sfociato, sul punto che qui interessa, in provvedimenti legislativi chiarificatori. Ed � forse da dire che in parte a questa situazione possono essere attribuite le divergenze dottrinali sull'argomento. 5. -La Corte ritiene che l'interpretazione cosiddetta estensiva dell'obbligo imposto dall'ultimo comma dell'art. 81 sia quella conforme alla lettera e allo spirito della Costituzione. Che la limitazione dell'obbligo della � copertura � al solo esercizio in corso si riduca in una vanificazione dell'obbligo stesso � di tutta evidenza ed � dimostrata dalla prassi sopra ricordata e dall'esempio della legge impugnata, nei confronti della quale il problema fu dibattuto in sede parlamentare e risolto spostando il termine a quo di efficacia della norma autorizzativa della spesa dall'esercizio in corso all'esercizio successivo. N� vale richiamare contro questa interpretazione le vicende legislative della norma costituzionale. Il fatto che si prevedesse come sua sede l'articolo che regola l'iniziativa legislativa (ora art. 71 Cost.) e che successivamente, invece, si trovasse opportuno inserirla nell'arti- Per cui � sempre valida la negazione della � novit� � o dell'. �aumento � in tali spese, rispetto ad un complesso di interventi che spaziano dal campo meramente manutentivo a quello, di pi� ampio respiro, della costruzione e rammodernamento di importanti reti viarie. Quanto, poi, �ai mezzi finanziari coi quali la copertura deve essere assicurata, la Corte non ha potuto trascurare l'esigenza di salvaguardaregli interventi programmatici dello Stato -cosi come era stato prospettatodall'Avvocatura -esplicati necessariamente non nel limitato arco di un bilancio annuale, ma in pi� esercizi successivi, che trovano il naturale corrispettivo nella cosiddetta finanza ciclica. In questo ordine di idee, la Corte ha precisato la esigenza di una rigida copertura coi mezzi classici (nuove imposte, riduzione di spese, prestiti pubblici, ecc.) per quanto concerne l'esercizio corrente; ma ha riconosciuto la possibilit� di una copertura pi�variata con riferimento agli esercizi futuri. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colo che prevede e regola le competenze in materia di formulazione di bilanci e di consuntivi e di approvazione di essi, non pu� comportare una riduzione dell'ambito della sua sfera di applicazione, che � svincolato dall'�annualit� � del bilancio, pur proclamata nel primo comma di quest'articolo. Vero � che il quarto comma, che � al centro del presente giudizio, segue immediatamente un terzo nel quale � disposto che �con la legge di approvazione del bilancio non si possono statuire nuovi tributi e nuove spese �, ma il legame tra i due commi, che � stato sottolineato in numerosi sentenze di questa Corte, non vuole significare che il quarto comma si ponga esclusivamente in relazione col bilancio in corso, ma soltanto questo: che una nuova o maggiore spesa per la quale la legge, che l'autorizza, non indichi i mezzi per farvi fronte, non pu� trovare la sua copertura mediante la iscrizione negli stati di previsione della spesa, siano quelli gi� approvati e in corso di attuazione, siano quelli ancora da predisporre dal Governo e da approvare dalle Camere. Il significato del termine adoperato dal quarto comma: �ogni altra legge �, non � tale che possa essere ricondotto, com'� stato sostenuto, ad ogni legge successiva al bilancio in corso e modificatrice in peius dell'equilibrio contabile di esso, ma, viceversa, attiene ad ogni altra legge che non sia la legge di bilanci�, senza alcuna connessione cronologica con questa. Nemmeno vale richiamare in proposito le norme della legge sulla contabilit� di Stato e del relativo regolamento (art. 27 del r.d. 18 novembre 192~, n. 2440, che considera le spese straordinarie ripartite in pi� esercizi, e art. 142 del regolamento approvato con r.d. 23 maggio l9i2�4, n. 847, che stabilisce i modi di copertura di codeste spese straordinarie; art. 156 del medesimo regolamento, che d� la definizione di spese nuove e di spese maggiori), non soltanto per l'ovvia considerazione che esse dovrebbero, se necessario, cedere di fronte alla norma gerarchicamente sopraordinata della Costituzione, e nemmeno per l'argomento testuale, che pure ha la sua importanza (quale si ricava dal confronto tra l'articolo 43 di quella legge e il quarto comma dell'art. 81, dal quale � scomparsa la frase �dopo l'approvazione del bilancio �), ma soprat- Per questi, infatti, mancando uno strumento rigido e definitivo come la legge di bilancio, il parallelismo fra nuova o maggiore spesa e la corrispondente copertura non deve necessariamente risolversi in appostazioni di carattere formale, ma pu� trovare riscontro anche in una previsione ragionevole del Governo, nella sua valutazione discrezionale della situazione economica del Paese e del suo programma di sviluppo. Affiora, a questo proposito, l'insegnamento dello EINAUDI (Princ�pi di scienza della finanza, Torino, 1945, pag. 337 segg.), il quale ravvisava una prima specie di imposte straordinarie nella pi� severa esazione delle imposte vigenti; lo stesso potrebbe dirsi, com'� ovvio, anche del maggiore introito tributario dovuto all'aumento della base imponibile, collegato con l'incremento del tasso di sviluppo del reddito nazionale. La precisazione ora detta a proposito di copertura di spesa nell'esercizio corrente e di quella negli esercizi futuri, e la motivazione logico-sistematica che ne � alla base, danno ragione, poi, deWappMcabilit� del principio alle sole leg.gi statali, e non pur.e a .quelle regionali, per le quali manca quella visione organica della situazione generale del Paese, che � compito esclu PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 7 tutto per l'argomento, decisivo, che, laddove quelle norme attengono all'aspetto formale dei bilanci e dei consuntivi, ai modi e forme della contabilizzazione delle entrate e delle spese, il precetto costituzionale attiene ai limiti sostanziali che il legislatore ordinario � tenuto ad osservare nella sua politica di spesa, che deve essere contrassegnata non gi� dall'automatico pareggio del bilancio, ma dal tendenziale conseguimento dell'equilibrio tra le entrate e la spesa. 6. -A questa interpretazione � stata mossa da pi� parti la critica che essa ricondurrebbe a forme arcaiche di gestione della spesa pubblica e che, assegnando a ciascun ufficio pubblico una fonte di finanziamento. colpirebbe a morte il fondamentale principio dell'unit� del bilancio, sostituendosi a un unico documento in cui spese ed entrate si fronteggiano nella loro interezza, per effetto di leggi susseguentisi l'una l'altra nel tempo, una fitta serie di minuti bilanci nei quali a ciascuna spesa sarebbe perpetuamente legata un'entrata, ponendosi a fronte puntualmente l'una con l'altra. Ma la critica � senza fondamento, perch� muove dall'errato presupposto che la norma contenuta nel quarto comma dell'art. 81 includa una precisa � appropriazione � di un'entrata ad una spesa, laddove, invece, l'indicazione dei mezzi che essa richiede per fronteggiare spese nuove o maggiori, si riduce a determinare e individuare un incremento dell'entrata che, in una visione globale del bilancio, nel quale tutte le spese si confrontano con tutte le entrate (effettive, straordinarie o per movimento di capitali che siano), assicuri il mantenimento dell'equilibrio complessivo del bilancio presente e di quelli futuri, senza pretendere di spezzarne l'unit�. Non pu� essere revocato in dubbio che il precetto costituzionale non ha inteso punto abrogare l'art. 39 della citata legge contenente �Norme sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato�, giusta il quale Ǐ vietata l'assegnazione di qualsiasi provento per spese ed erogazioni speciali, rimanendo soppressa ogni destinazione gi� stabilita da particolari disposizioni�. 7. -Nemmeno si pu� dire che la Corte abbia con la sua giurisprudenza risolto in termini la questione che ora le viene sottoposta. Tuttavia l'interpretazione che in vari casi essa ha dato del terzo e sivo del Governo nazionale. Il che basta anche a dimostrare la non fondatezza di taluni rilievi mossi �all'Avvocatura per la posizione assunta, nella soggetta materia, rispetto a leggi regionali (La voce repubbiicana, L'art. 81 nel giudizio della Corte, 13 gennaio 1966), La diversa posizione dello Stato e delle Regioni rispetto alle previsioni globali interessanti l'intera nazione rende coerente una diversit� di prospettazione e di interpretazione costituzionale rispetto alla produzione legislativa dell'uno e delle altre. Del resto, ci� sembre confermato dalle stesse precedenti sentenze d~la Corte, citate nella motivazione, sull'art. 81 Cost., pronunciate su leggi regionali (sent. 19 dicembrre 1959, n. 66, Giur. it., 1960, I, 225; sent. 18 maggio 1959, n. 30, ivi, 1959, I, 1, 904; sent. 9 giugno 1961, n. 31 e sent. 24 giugno 1961, n. 36, ivi, 1961, I, 1, 853 e 1030). 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quarto comma dell'art. 81 �, come del resto � stato visto dalla dot trina, nel senso che il precetto costituzionale riguardi anche gli esercizi successivi a quello nel quale ha iniziato una spesa che si pro tragga nel tempo (cfr. sentenza n. 66 del 16 dicembre 1959; n. 31 del 6 giugno 1961 e n. 36 del 20 giugno dello stesso anno). Anzi, in una sentenza del 30 aprile 1959, n. 30, pur toccando ihcidentalmente la questione, che non rientrava nell'ambito di quel giudizio, non nascose il suo pensiero favorevole all'interpretazione del precetto costituzionale nel senso sopraindicato. N� vale addurre in contrario, come fa l'Avvocatura dello Stato, la sentenza n. 33 del 12 maggio 1964, la quale non si propose il problema se la copertura, prevista dagli artt. 11 e 21 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, fosse conforme alla Costituzione, ma si limit� ad affermare che, non avendo la legge previsto o autorizzato la spesa per l'assistenza sanitaria a talune categorie di pensionati, non era tenuta, per conseguenza, a indicare i mezzi per far fronte a una spesa, n� nuova, n� maggiore, ma inesistente. 8. -Si deve pertanto affermare, meglio precisando l'ora citata giurisprudenza, che l'obbligo della �copertura� deve essere osservato dal legislatore ordinario anche nei confronti di spese nuove o maggiori che la legge preveda siano inserite negli stati di previsione della spesa di esercizi futuri. � evidente che l'obbligo va osservato con puntualit� rigorosa nei confronti di spese, che incidano sopra un esercizio in corso, per il quale � stato consacrato con l'approvazione del Parlamento un equilibrio (che non esclude ovviamente l'ipotesi di un disavanzo), tra entrate e spese, nell'ambito di una visione generale dello sviluppo economico del Paese e della situazione finanziaria dello Stato. � altres� evidente che una puntualit� altrettanto rigorosa per la natura stessa delle cose non � richiesta dalla ratio della norma per gli esercizi futuri. Rispetto a questi, del resto, la legge di spesa si pone come autorizzazione al Governo, che la esercita non senza discrezionalit�, nel senso della predisposizione nel bilancio, le spese possono essere ridotte o addirittura non iscritte nei capitoli degli stati di previsione della spesa, salvi sempre l'approvazione e�n giudizio politico del Parlamento, quante volte In dottrina, in generale, per l'interpretazione dell'art. 81 Cost. cfr. MACCANICo, L'art. 81 nel sistema delle garanzie, ecc., Studi sulla Costituzione, Giuffr�, 1958, II, 510 segg.; CIANI, L'art. 81 Costituzione, Riv. Pol. Ec. 1959, n. 786, segg.; PETRILLI e PARATORE, Relazione dei Presidenti delle Commissioni Finanze e Tesoro del Senato e della Camera sulla interpretazione deH'art. 81 della Costituzione, in Rass. Parl. 1959, V. 4; SICA, Osservazioni sulla legge di bilancio, Rass. Dir. Pubbl., 1960, 1, 6, segg.; RosINI, Riv. Fin.~ 1961, 70; INGROSSO, L'art. 81 u. c. Cost. e le spese pluriennali, Rass. Fin. Pubbl., 1960, 1, 267; BENTIVEGNA, Elementi di contabilit� di Stato, Giuffr�, 1955, 152; BuscEMA, Copertura e costituzionalit� delle leggi, Riv. Dir. Fin., 1955, 1, !l7; GIANNINI A., Sulla legge di bilancio, Cons. Stato, 1954, II, 67; BuscEMA, Sugli stanziamenti di spesa non sorretti da norme sostanziali, Giur. Cost., 1961, 655; GARGIULO, Sulla costituzionalit� delle leggi che auto~: rizzano spese destinate a gravare sugli esercizi fututri, Giust. civ., 1955, I fil I, 849. ,,� ..,..., ....~~~:%~:-~::~:.:~~:::=~~-~~~=:;:::::=.::.:::~~-'.::~'.:: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 9 l'esigenza dell'equilibrio finanziario e dello sviluppo economico-sociale consiglino una diversa impostazione globale del bilancio e la configurazione di un diverso equilibrio. Si deve pertanto ammettere la possibilit� di ricorrere, nei confronti della copertura di spese future, oltre che ai mezzi consueti, quali nuovi tributi o l'inasprimento di tributi .esistenti, la riduzione di spese gi� autorizzate, l'accertamento formale di nuove entrate, l'emissione di prestiti e via enumerando, anche alla previsione di maggiori entrate tutte le volte che essa si dimostri sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in un equilibrato rapporto con la spesa che s'intende effettuare negli esercizi futuri, e non in contraddizione con le previsioni del medesimo Governo, quali risultano dalla relazione sulla situazione economica del Paese e dal programma di sviluppo del Paese; sui quali punti la Corte potr� portare il suo esame nei limiti della sua competenza. 9. -Niente di tutto questo � dato ritrovare nella legge impugnata, la quale, senza alcuna indicazione dei mezzi di copertura, si � limitata ad autorizzare l'iscrizione di una spesa di 200 miliardi, ripartita in dieci rate di 20 miliardi ciascuna, in dieci esercizi successivi con inizio dall'esercizio 1960-61, ritenendo ci� sufficiente per sfuggire al precetto -0.ell'art. 81. � evidente, pertanto, al lume delle sovraesposte considerazioni, la illegittimit� costituzionale delle norme impugnate. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 gennaio 1966, n. 2 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Gestione Case per Lavoratori (Sost. Avv. Gen. Stato Albisinni). Espropriazione per pubblica utilit� -Giunta speciale per le espropria zioni nella citt� di Napoli -Estensione anche alle espropriazioni nella provincia di Napoli -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 77, comma primo; r. d. 11 aprile 1926, n. 752, art. 2, comma secondo; 1. 24 dicembre 1925, n. 2299; d. 1. 1. 27 febbraio 1919, n. 219, art. 17). � costituzionalmente illegittima, per eccesso dai limiti della delega legislativa stabilita dalla legge 24 dicembre 1925, n. 222.9, la disposizione dell'art. 2 secondo comma, r.d. 11 aprile 1926, n. 752, nella parte in .cui estende anche alla Provincia di Napoli la competenza della Giunta per le espropriazioni della citt� di Napoli, stabilita con l'art. 17 del d.l.l. 27 febbraio 1919, n. 219 (1). (1) La questione ha tratto origine dalla ordinanza 26 novembre 1963 -della Corte di Appello di Napoli (Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1964, n. 212). Non si � costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri. L'Avvocatura, peraltro, � intervenuta a sostegno delle ragioni della GESCAL, 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). 2. -La Giunta speciale delle espropriazioni presso la Corte di appello di Napoli -istituita in virt� dell'art. 17 del decreto legge luogotenenziale 2'7 febbraio 1019, n. 219, concernente �Provvedimenti a favore della citt� di Napoli� convertito nella legge 24 agosto 1�921, n 1920 aveva, in origine, una potest� giurisdizionale territorialmente limitata al solo Comune di Napoli. In deroga alle disposizioni della legge generale sulle espropriazioni per pubblica utilit�, la citata norma attribuisce, infatti, alla Giunta -anzich� al giudice ordinario -la determinazione in via contenziosa, delle indennit� per le espropriazioni relative a beni immobili siti nel Comune di Napoli per le quali siano applicabili le d,isposizioni di cui agli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2.892, sul risanamento di Napoli. L'ambito territoriale di questa speciale giurisdizione sub�, per�, una estensione per effetto del r.d. 11 aprile 1926, n. 752, contenente �Poteri dell'Alto Commissariato per la citt� e la provincia di Napoli rn in materia di espropriazioni di pubblica utilit��. L'art. 2. di tale decreto, infatti, nell'attribuire all'Alto Commissariato la facolt� di dichiarare indifferibili ed urgenti le opere di pubblica utilit� da eseguirsi nella citt� e nella provincia di Napoli, richiama, nel secondo comma, l'art. 17 I del d.11.. 219 del 1919 riguardante la Giunta speciale, s� che dal coordii:; . namento tra le citate disposizioni � dato chiaramente inferire l'esten l sione della giurisdizione della Giunta alle procedure espropriative ese' guite nella Provincia di Napoli. 3. -Ci� premesso, venendo all'esame di merito della questione prospettata, per giudicare circa la sussistenza o meno del dedotto eccesso di delega occorre accertare, attraverso un processo di raffronto tra la norma delegata e quella delegante, se vi sia conformit� o divergenza tra le due norme; se cio� rientri nella legge di delegazione il potere del Governo in ordine alla operata estensione della competenza terriritoriale della Gaunta. Il quesito trova facile risposta, in senso negativo, nel titolo e ancor pi� nel testo letterale della legge di delega 24 dicembre 192�5, n. 2299. la quale aveva -rettamente, secondo la decisione in rassegna -adito il giudice ordinario_ e non la Giunta speciale, trattandosi di controversia rela tiva �ad espropriazione di beni siti in provincia, e non nella citt� di Napoli. In merito a tale discriminazione di competenza territoriale, si pu� osservare che -stante la pacifica interpretazione delle norme sulla giunta speciale, nel senso che esse dovevano riferirsi anche alle espropriazioni nella Provincia di Napoli, fossern o meno precedute da dichiarazioni di urgenza ed indifferibilit� (cfr. su ci� Rel'azione Avv. Gen. Stato per gli anni 1956-60, vol. III, 383) -l'unica alternativa a tale interpretazione era data, sul piano della validit� costituzionale delle norme delegate, dalla riscontrabile sussistenza di u.n eccesso dai limiti della legge di delegazione. Il che si � verificato nella fattispecie. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11 Con essa il legislatore dell'epoca, nell'intento di adottare � provvedimenti sull'organizzazione degli uffici per l'esecuzione di opere pubbliche nel mezzogiorno e nelle isole�, autorizzava il Governo (art. 1) �ad emanare disposizioni aventi vigore di legge per regolare... mediante modificazioni agli ordinamenti attuali il decentramento e l'unificazione delle funzioni ora esercitate dai diversi ministeri per l'esecuzione delle opere pubbliche nonch� per l'adozione di tutte le provvidenze comunque dirette al miglioramento delle condizioni economiche, igieniche e sociali delle provincie meridionali �. Trattavasi, com'� evidente, di un delega per la realizzazione di un largo decentramento e contemporanea unificazione di funzioni esclusivamente amministrative che il Governo intendeva attuare al fine di avviare a concreta soluzione l'annoso e grave problema del Mezzogiorno. La natura e l'estensione dei poteri delegati risultano, peraltro, evidenti al lume dei lavori preparatori della legge in esame in cui si parla di � decentrare i poteri amministrativi, per modo che la deliberazione sia pi� vicina alla realt� � di � decentramento limitato ad un campo amministrativo perfettamente identificato e determinato �, di creazione di nuovi istituti nei quali � dovranno essere concentrate le facolt� che in materia di lavori pubblici e di interventi statali... sono adesso distribuite tra le varie branche dell'Amministrazione centrale � e precisamente del � Ministero dei lavori pubblici, della Economia nazionale, dell'Interno e della Pubblica Istruzione �. Non poteva quindi il Governo, nell'attuazione di una delega riguardante esclusivamente gli ordinamenti amministrativi, dettare norme in materia di giurisdizione estendendo al territorio della Provincia di Napoli la competenza della Giunta speciale che l'art. 17 del d.1.1. 219 del 19'19 aveva previsto solo per la citt� di Napoli. Cos� operando il legislatore ha esorbitato dai poteri conferitigli e, pertanto, l'art. 2, comma secondo, del r. d. n. 752 del 1926 va dichiarato costituzionalmente illegittimo in relazione al disposto dell'art. 77, comma primo, della Costituzione, secondo il quale il Governo non pu�, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. (Omissis). Con la decisione di cui sopra, pertanto, resta ridimensionata la competenza della Giunta speciale per le espropriazioni per la citt� di Napoli, la quale � limitata alle sole vertenze interessanti beni siti nell'ambito comunale. � De iure condendo ., tuttavia, sembra auspicabile una revisione anche di questa residua competenza, che non si vede quale pratica ragione abbia di sussistere, ora che gli interventi dello Stato, con l'istituzione e la proroga della Cassa per il Mezzogiorno, e le altre provvidenz�e a favore delle zone depresse del Centro-Nord, hanno assunto natura generale e programmatica, e lo stesso criterio della legge di Napoli per la determinazione delle indennit� di esproprio sta assurgendo a parametro di carattere generale (cfr. Relazione, cit., vol. III, 331). 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 13 gennaio 1966, n. 3 -Pres. Ambrosini Rei. Sandulli -Zona (n. c.). Reato -Reato e pena -Pene accessorie conseguenti all'interdizione dai pubblici uffici -Privazione degli stipendi, pensioni ed assegni, a carico dello Stato o di altro ente pubblico -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 36; c. p., art. 28, secondo comma, n. 5). � costituzionalmente iUegittima, per violazione sia del diritto alta retribuzione stabilito aU'art. 36 Cost., sia deU'uguaglianza dei cittadini, sancita neU'art. 3 Cost., la norma deU'art. 28, secondo comma, n. 5 del c. p., la quale, all'interdizione dai pubblici uffici, fa seguire la 'perdli;ta degli stipendi, della pensione o di altri assegni dovuti al condannato da parte dello Stato o di altro Ente pubblico (1). (Omissis). Entro i riferiti limiti la Corte ritiene fondata la questione, ai sensi degli artt. 36 e 3 della Costituzione. Con riferimento all'art. 36, � da osservare che la retribuzione dei lavoratori -tanto quella corrisposta nel corso del rapporto di lavoro, quanto quella differita, a fini previdenziali, alla cessazione di tale rapporto, e corrisposta, sotto forma di trattamento di liquidazione o di quiescenza, a seconda dei casi, allo stesso lavoratore o ai suoi aventi causa -rappresenta, nel vigente ordine costituzionale (che, tra l'altro, l'art. 1 della Costituzione definisce fondato sul lavoro), una entit� fatta oggetto, sul piano morale e su quello patrimoniale, di particolare (1) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Varese ,con ordinanza 6 maggio 1965 (Gazzetta Ufficiale 3 luglio 1965 n. 163). Non essendovi stata costituzione in giudizio di alcuna parte, essa veniva decisa con procedimento in camera di Consiglio. In conformit� al disposto dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87, la Corte ha poi, nel dispositivo, dichiarato l'illegittimit� costituzionale di norme analoghe o dipendenti da quella denunciata, e precisamente: 1) l'airt. 28, terzo comma cod. pen., nei limiti in cui i diritti del condannato traggono origine dal rapporto di lavoro; 2) l'art. 183, primo comma, lett. a) e terzo comma, del t. u. 21 febbraio 1895 n. 70, sulle pensioni civili e militari; 3) l'art. 29, primo comma, lett. a) e quarto comma, r.d.1. 31 dicembre 1925 n. 2383 sul trattamento di quiescenza dei salariati statali; 4) 'l'airt. 43 primo comma, n 1, e quarto comma, del r.d.1. 3 marzo 1938 n. 680, sulla Cassa di previdenza degli impiegati di Enti statali; 5) l'art. 42, primo comma, n. 1, comma secondo, e l'art. 43 della legge 25 luglio 1941 n..934 sulla Cassa di previdenza Salariati Enti locali; PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 protezione. L'art. 36 garantisce espressamente il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantit� e qualit� del lavoro prestato ed in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa. E non appare compatibile con i principi ispiratori di questo precetto costituzionale collegare indiscriminatamente (come fa l'art. 28, n. 5, c. p., integrato dall'art. 29), per il personale degli enti pubblici e i loro aventi causa, la perdita di tale diritto al fatto che il titolare di esso abbia riportato la condanna a una certa pena detentiva. La Corte non intende escludere in via assoluta la possibilit� di misure del genere di quella in esame a carico di trattamenti economici traenti titolo da un rapporto di lavoro. Non pu� ritenersi conforme alla Costituzione per� che una sanzione siffatta venga collegata puramente e semplicemente all'entit� della pena detentiva inflitta, cos� come attualmente dispone l'art. 29 del c. p. � da aggiungere poi, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, che la disposizione denunciata non appare conciliabile col fatto che il trattamento retributivo avente titolo in un rapporto di lavoro riveste carattere non dissimile, nella sostanza, -e anche a tale riguardo ha decisiva importanza l'art. 36 :-. a seconda che sia posto a carico di una pubblica amministrazione o di un soggetto privato. In tale situazione, la disparit� fatta dall'art. 28, n. 5, del c. p. correlato con l'art.. 29�, in danno delle persone retribuite a carico di enti pubblici e dei loro aventi causa, ai fini della automatica e indiscriminata perdita, in conseguenza della interdizione dai pubblici uffici per qualsiasi causa, del trattamento economico collegato al rapporto di lavoro, non appare ispirata a ragioni sufficienti a giustificarla, n� poggiata su idonea base. Ritiene perci� la Corte che, con riferimento ai diritti collegantisi a un rapporto di lavoro, la norma n. 5 dell'art. 28 del c. p. sia, nella attuale formulazione, costituzionalmente illegittima. (Omissis). 6) l'art. 36, primo comma, e l'art. 37, primo comma, deUa legeg6 luglio 1939 n. 1035 sulla Cassa pensione ai sanitari. La giurisprudenza � ormai consolidata nel senso della precettivit�dell'art. 36 Cost. C:fu'. Cass. 11 marzo 1963, n. 1164, Foro it., Rep. 1964, voce Lavoro (rapp.), n. 300; 18 luglio 1961, n. 1745, Foro it., 1962, I, 530; 18 febbraio 1960, n. 280, id. 1961, I, 677, con ampi richiami di P. SANDULLI. Per la dottrina, oltre gli AA. richiamati nella nota cit., si vedano, per il carattere programmatico di detta norma costituzionale, PETRACCONE, Su alcuni probl'emi fondamentali dell'art. 36 della Cost., Riv. dir. lav., 1963, I, 89; DEL GIUDICE, La giurisprudenza arrischiata sull'art. 36, Boll. se. perf., TS, 1963, 52; SANTORO PASSARELLI, Nuove prospettive della giurisprudenza sulla retribuzione sufficiente, Riv. dir. comm., 1961, II, 211, PROSPERETTI, n principio della retribuzione sufficiente, Riv. dir. lav., 1956, I, 173; MAssAi:tr,: L'art. 36 della Cost. � principio programmatico e non norma precettiva, Mass. giur. lav., 1953, 65. 14 I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 13 gennaio 19616, n. 4 -Pres. Ambrosini Rei. Branca -F�residente Regione Siciliana (avv. Crisafulli, Sorren ' tino) �C. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. Stato Guglielmi). Sicilia -Potere generale di annullamento del Governo -Conflitto di attribuzioni per violazione dello Statuto regionale -Infondatezza. (Stat. reg. sic. art. 21; r. d. 3 marzo 19.34, n. 383, art. 6). L'annuilamento di ufficio di atti amministrativi �i comuni e pll'ovince della Regione Siciliana non � materia che interessi la Regione nel senso pll'evisto dall'art. 21 del suo Statuto, [trattandosi deU'esercizio di un potere �i aita amministrazione, di spettanza �el Governo de<Uo Stato, nel quale si manifesta l'unitariet� dell'ordinamento amministrativo statale (1). (Omissis). 2. -Quanto al meriio, secondo la Corte !"annullamento di atti comunali e rp:rovinciali consentito al predetto iart. 6 non � materia �che interessi: la Regione nel senso previsto dall'art. 211 Stat. sfo. 'I1rattasi, come � noto, di attivit� �che non va �confusa .oo1 �controllo ordinario riservato all'enlte regionale (art. 130 Cost. e lo5 1Stat. sic.) e .che si .svolge in una sede ,sottratta alla Regione: un potere �di alta ammind:strazione, nel quale si manifesta la unitariet� dell'ordinamento amministra�tivo sfatale, in che, pO'i, s'armonizzano le �stesse autonomie degli enti locali (art. 15 Stat. sic.), esclude di per Sl� che al proprio esercizio pa�r:tecdpino enti con cui si artilcola dnvece la pluralit� di strutture dello Stato. L'interesse, che leg~ttima e muove di volta in volta l'impiego di tale .strumento, � quello generale dell'intera comunit� e perci�, qualunque sia la materia ed il luogo del parUco:Jiare atto d'annullamento, � del tutto diverso dagli interessi tipici -delle singole regtcmi. Per lo stesso motivo per cui quel potere � rimasto al Governo dello Stato, non passando alle regioni, il suo esercizio resta estraneo a interventi regionali esterni od interni che ne comprometterebbero il carattere. N� basterebbe a giustificare l'intervento il rilievo che, nel caso di specie, si sono annullati provvedimenti di amministrazione comunali e provinciali di un'unica regione: la particolare situazione geografica degli enti, i cui atti vengono annullati, non modifica l'ispirazione unitaria del provvedimento che li annulla, mentre non � un interesse puramente territoriale quello a cui allude l'art. 21 dello Statuto siciliano. Rispetto al quale non si pu� sostenere, e neanche la Regione sostiene, che legittimi la presenza regionale allorch� il Governo dello Stato delibera su mate (1) Decisione particolarmente delicata, che conferma l'attribuzione esclusiva allo Stato, nell'esercizio del potere esecutivo diretto all'attuazione del carattere unitario della comunit� nazionale, del poter.e di annullamento ex ofj�cio degli atti amministrativi, giusta l'art. 6 della legge eomunale e provinciale. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 rie che, interessando l'intera comunit�, riguardano per ci� stesso le singole regioni; dimodoch� la legittimit� di tale presenza nei casi in cui quel potere si esplichi entro l'orbita d'una sola regione � del pari insostenibile poich� non per questo esso muta natura: tanto pi� quando il suo esercizio rientra, come � accaduto nella specie, nel disegno generale di risanamento delle finanze locali dell'intero paese. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1966, n. 6 -Pres. Ambrosini - Rel. Papaldo -Cornetti (avv. Trabucchi) c. Ministero della Difesa (Sost. Avv. Gen. Stato Tracanna). Servit� -Servit� militari -Contrasto con la tutela della propriet� privata -Sussistenza nei casi in cui importino espropriazioni Insussistenza negli altri casi. (Cost., art. 42, terzo comma; I. 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 3, secondo comma). Il sistema coetituzionale a tutela della propriet� privata impone di considerare che la violazione della garanzia si avrebbe non soltanto nei casi in cui fosse posta in essere una traslazione totale o parziale del diritto, ma anche nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit�, il diritto di propriet� venisse annullato o menomato senza indennizzo. Conseguentemente, deve dichiararsi l'illegittimit� costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, sulle servit� militari, limitatamente ai casi in cui l'imposizione di esse importi sostanziale espropriazione senza indennizzo, ma con esclusione dei casi in cui questo venga negato in relazione a sacrifici, previsti dalla legge, di natura non espropriativa (1). (Omissis). 1. -La norma denunziata � contenuta nel secondo comma dell'art. 3 della legge 20 dicembre 193<2, dal cui testo si evince, per omissione, l'esclusione di ogni indennizzo fuori dei casi di modificazione dello stato delle cose ai sensi del primo comma dello stesso articolo. Il principio trova precedenti conforme nelle sentenze 26 gennaio 1957, n. 24 (Giur. it., 1957, I, 1, 315) e 26 novembre 1959, n. 58 (ivi, 1960, I, 1, 235). Per considerazioni pi� ampie sul tema, si rinvia alla Relazione dell'Avvocatura deilo Stato per il quinquennio 1955-60, vol. I, (I giudizi di costituzionalit�), 488 e 582. (1) Ecco un'altra sentenza � condizionale � della Corte Costituzional.e, nella qwale � nettissima la scissione, operata sul piano delli'nterpretazionecostituzionale, fra il testo e la norma della legge ordinaria denunciata. Confronta, peraltro, per una critica di tale contrapposizione, la nota di V(irgilio) A(nacioli) a commento della sentenza, in Foro it., 1966, I, 203. 4 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per giudicare se tale esclusione sia in contrasto con l'art. 42, terzo. comma, della Costituzione occorre vedere se le � servit� � indicate nell'art. 1 e specificate nell'art. 2 di tale legge comportino, in tutto o. in parte, una espropriazione ai sensi della invocata norma costituzionale. La difesa della parte privata sostiene che le servit� militari non pongono meri limiti al libero godimento della propriet�, ma si risolvono. in parziali espropriazioni, alle quali deve corrispondere un giusto indennizzo. Nella specie, le limitazioni sarebbero tali da ridurre il diritto. del proprietario ad un merum nomen. L'Avvocatura dello Stato nel presupposto che non si abbia espropriazione se non nel caso di trasferimento coattivo di un diritto delloespropriato allo espropriante, nega che possa parlarsi di espropriazione e quindi di indennizzabilit� rispetto all'imposizione di limitazioni, tranne che ricorra un danno permanente che produca la definitiva soppressione� del diritto. 2. -� da premettere che questa Corte non � chiamata a risolvere la questione se spetti o no all'attore nel giudizio a quo un indennizzo. a causa delle � servit� � imposte nella sua propriet�: in questa sede si giudica della legittimit� delle norme, non dell'applicazione di esse ai casi concreti. '� � altresi da premettere che per risolvere la questione di legittimit� costituzionale non gioverebbe far ricorso ad un'altra questione: quella del carattere delle cosiddette servit� militari. Che trattisi di servit� o di limiti non ha influenza decisiva, come ha messo bene in luce l'ordinanza della Corte di Cassazione; tanto pi� che, non essendo chiarito a sufficienza nella legislazione, nella giurisprudenza e nella dottrina il significato dei due termini �servit�� e �limiti� (assunti come sinonimi ed intercambiabili i due termini � limiti � e � limitazioni �,. le cui differenze di significato, se pure esistono, non hanno rilievo ai fini della questione in esame), specialmente in rapporto alle servit� militari, il tentativo di una definizione di tale significato in questa sede non partirebbe da una base sicura e difficilmente approderebbe ad una sicura soluzione. Ma anche se fosse possibile giungere ad una appagante discriminazione, rispetto alle predette �servit��, dei due concetti di servit�_ e di limite, ci� non offrirebbe un criterio valevole per identificare i casi in cui sussista espropriazione e quindi diritto all'indennizzo. Difatti, non sarebbe esatto affermare che si abbia sempre espropriazione� La questione era stata sollevata con l'ordinanza 27 gennaio 1964 della Corte Suprema di Cassazione (Gazzetta UjJ�.ciale 29 agosto 1964, n. 212). La decisione non pu� essere esattamente intesa, se non attraverso l'attenta lettun della motivazione, cui, del resto, il dispositivo fa espresso rinvio. In base a ta<le coordinamento, pu� affermarsi che il dispositivo avrebbe potuto essere esattamente capovolto, con una dichiarazione di infondatezza della questione, solo che la norma denunciata si fosse interpretata come preclusiva di una espropriabiHt� sostanziale della propriet� privata senza. indennizzo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 17 nei casi di servit� e non si abbia mai espropriazione nei casi di limiti, giacch� possono esserci imposizioni di servit� che non importano espropriazione e imposizioni di limiti che hanno carattere di espropriazione, secondo la natura, l'incidenza, l'entit� del sacrificio che deriva dalla imposizione. 3. -Giova, anzitutto, affermare che la nozione di espropriazione enunciata nell'art. 42, terzo comma, della Costituzione non pu� essere ristretta al concetto di trasferimento coattivo n� l'obbligo della indennizzabilit� pu� essere ricondotto esclusivamente a tale concetto. Gi� nel periodo anteriore alla Costituzione vigente era pacifica l'indennizzabilit� in alcuni casi nei quali non si aveva trasferimento, fossero o no tali casi classificabili sotto il concetto di espropriazione: si ricordino i casi di requisizione in uso, di occupazioni temporanee, di danno permanente conseguente alla esecuzione di opere pubbliche, la imposizione di talune servit�; la eliminazione di servit� senza il trasferimento della servit� stessa ad altri. Del resto anche nel caso previsto dall'art. 3, primo comma, della legge denunziata la legge stessa prevede il diritto ad indennit� anche se non si verifichino trasferimenti. Ora, se � vero che il Costituente nel parlare di espropriazioni si � riferito a questo istituto quale risultava dalla tradizione in atto, � pure certo, da un canto, che la tradizione conosceva espropriazioni non traslative e, dall'altro, che con l'art. 42, terzo comma, non fu esclusa l'indennizzabilit� per i casi in cui il diritto vigente ammetteva -ed ammette -l'indennizzabilit� anche se non sussista trasferimento di diritti. Lo Statuto albertino, mentre dichiarava inviolabile la propriet�, '\rmetteva, dato il suo carattere di flessibilit�, che la legge ordinaria i.tasse o addirittura sottraesse il diritto all'indennizzo. All'opposto, 15tituzione vigente, per un verso accorda una minore tutela, ma, '�tro, stante il suo carattere rigido, non ammette la legittimit� 'egge ordinaria che, disponendo o autorizzando misure espropria \i l'indennizzo. {)Sa debba intendersi per espropriazione ai sensi del terzo , dell'art. 42 risulta dal confronto di questa norma con i due ~itni precedenti dello stesso articolo. Con il primo comma e con la prima parte del secondo comma, si afferma, in correlazione con altri articoli, quali precipuamente il 41, il 43 ed il 44, il principio che Si sottolinea il concetto di espropriabilit� sostanziale, perch� -come la Oorte ha avvertito -non � tanto fa titolarit� nominale del bene che conta, quanto la possibilit� che esso venga concretamente utilizzata dal privato, sia pure a prezzo di notevoli limitazioni. In sostanza -se � qui fedelmente riportato il pensiero della Corte la non indennizzabilit� di pesi, vincoli o limitazioni pu� ammettersi a patto di non svuotare di pratico contenuto il diritto di propriet�, fino a renderlo un mero nomen iuris. La Corte, come si � detto, avrebbe potuto benissimo adottare una deci 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'istituto della propriet� privata � garantito; con la seconda parte del secondo comma si enuncia che la legge ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti; nel terzo comma si prevede che la propriet� pu� essere espropriata, salvo indennizzo. Ci� comporta che la determinazione dei modi di acquisto e di godimento e dei limiti, volta, come deve essere, a regolare l'istituto della propriet� privata, a stabilirne, cio�, la configurazione nell'ordinamento positivo, non pu� violare la garanzia accordata dalla Costituzione al diritto di propriet�, sopprimendo l'istituto della propriet� privata o negando ovvero comprimendo singoli diritti senza indennizzo. La logica del sistema impone di considerare che la violazione della garanzia si avrebbe non soltanto nei casi in cui fosse posta in essere una traslazione totale o parziale del diritto, ma anche nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit�, il diritto di propriet� venisse annullato o menomato senza indennizzo. 4. -Trattandosi di materia non regolata, in via generale, dal legislatore e ancora in elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza, non � possibile fissare criteri sicuri, valevoli a comprendere tutti i casi e a chiarire tutte le situazioni. � Tuttavia, si pu� affermare che la legge pu� non disporre indennizzi quando i modi ed i limiti che essa segna, nell'ambito della garanzia accordata dalla Costituzione, attengano al regime di appartenenza o ai modi di godimento dei beni in generale o di intere categorie di beni ovvero quando essa regoli la situazione che i beni stessi abbiano rispetto a beni o a interessi della pubblica Amministrazione; sempre che, la legge, sia destinata alla generalit� dei soggetti i cui beni si trovino nelle accennate situazioni, salva la possibilit� di accertare con singoli atti amministrativi l'esistenza di tali situazioni rispetto a singoli soggetti ed a singoli beni. Per questo pu� anche dirsi che le imposizioni devono avere carattere obiettivo, nel senso 'che devono scaturire da disposizioni che imprimano, per cosi dire, un certo carattere a determinate categorie di beni, identificabili a priori per caratteristiche intrinseche. Se le imposizioni non abbiano questo carattere generale ed obiettivo, in quanto comportino un sacrificio per singoli soggetti o gruppi di soggetti rispetto a beni che non si trovino nelle condizioni suindicate, allora sorge il problema dell'indennizzabilit�. In questi casi pu� dirsi che si ha espropriazione quando il godimento del bene (nel senso sione di infondatezza della questione, nei ,sensi sopra illustrati. Se ha accolto la �soluzione opposta, gli � forse perch� a ci� non sono 'state estranee considerazioni sulle recenti polemiche intorno all'artt. 392 c.p.p., che, per essere caducato, nell'inciso �in quanto applicabili�, ha avuto bisogno di due successive decisioni della Corte (sent. 4 febbraio 1965, n. 11, Giur. it., 1965, I, 1, 545; sent. 26 giugno 1965, n. 52, ivi, 1965, I, 1, 1280). Per evitare, probabilmente, il ripetersi di divergenze interpretative su di un testo formalmente in vigore, la Corte ha preferito adottare, tout court, un dispositivo di illegittimit� costituzionale, ma con le limitazioni ricordate nella motivazione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 di utilizzazione e di disposizione) sia in tutto o in parte sottratto al titolare del diritto, essendo senza decisiva importanza il fatto che titolare ne resti o no il proprietario. N� ha importanza il fatto che il sacrificio sia imposto direttamente dalla legge o con atto amministrativo in base alla legge, perch� non � la forma dell'atto di imposizione quella che d� all'atto stesso la sua caratteristica come atto di espropriazione. �, pertanto, da considerarsi come di carattere espropriativo anche l'atto che, pur non disponendo una traslazione totale o parziale di diritti, imponga limitazioni tali da svuotare di contenuto il diritto di propriet� incidendJ) sul godimento del bene tanto profondamente da renderlo inutilizzabile in rapporto alla destinazione inerente alla natura del bene stesso o determinando il venir meno o una penetrante incisione del suo valore di scambio. � altres� da considerare come di carattere espropriativo l'atto che costituisca servit� o imponga limiti a carico della propriet�, quando le une e gli altri siano di entit� apprezzabile, anche se non tali da svuotare di contenuto il diritto del proprietario. Non si pu� negare che nei criteri esposti ha parte notevole un elemento quantitativo, nel senso che il carattere espropriativo � fatto dipendere anche dalla maggiore o minore incidenza che il sacrificio imposto ha sul contenuto del diritto. Ma questo � un elemento insopprimibile del concetto di espropriazione, intesa non soltanto come trasferimento ma anche come sottrazione o menomazione del godimento del diritto: sottrazione o menomazione che deve essere prevista ed accertata anche in rapporto alla concretezza del sacrificio imposto. 5. -Sulla base dei criteri enunciati, occorre ora tornare all'esame dell'art. 2 della legge denunziata. In primo luogo, � da dire che non trattasi di limitazioni (si qualifichino servit� o limiti) aventi carattere generale ed obbiettivo nei sensi sopra indicati. Trattasi di imposizioni da disporsi, in base alla legge, con atti amministrativi, improntati a criteri di larga discrezionalit� ed aventi contenuto �svariato. �, tuttavia, da notare che nessuna delle previsioni contenute nell'art. 2 rappresenta, isolatamente considerata, un caso di espropriazione. Anche le prescrizioni che appaiono pi� impegnative -come quella di non impiantare linee elettriche o condotte di acqua o di gas o quella di non tenere fucine o altri impianti provvisti di focolare o quella di non fabbricare muri o edifici o quella, purch� temporanea, di non transitare o non sostare -non sono idonee, da sole ed in astratto, a Per le precedenti sentenze � interpretative �, o � condizionali � della Corte costituzionale, cfT. sent. 27 maggio 1961, n. 26, Giur. it., 1961, I, 1, 756; sent. 27 marzo 1962, n. 30, ivi 1962, I, 1, 1917, sent. 22 febbraio 1964, n. 9, in guesta Rassegna, 1964, I, 250, e nota di richiami. Sul merito della questione, cfr. in dottrina MoTzo e PmAs -Espropriazione e pubblica utilit�, Giur. cost. 1959, 151, segg.; e, per la differenza tra espropriazione ed asservimento a servit� militare cfr. Cons. St. Sez. IV, 15 gennaio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 347. 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costituire atti di espropriazione: tali sarebbero se, per fare due soli esempi, dalla imposizione di uno o pi� limiti risultasse impedita la coltivazione della terra e la raccolta dei frutti in un fondo agricolo o la possibilit� di abitazione (soggiorno, preparazione e consumazione dei pasti, etc.) in un edificio a ci� destinato. Ci� posto, mentre non si pu� dichiarare l'illegittimit� della norma denunziata in quanto nega l'indennizzo in relazione all'uno o all'altro dei sacrifici previsti dalla legge, tale dichiarazione si deve emettere in relazione ai casi in cui per effetto di uno o pi� di tali sacrifici si abbia espropriazione nel senso delineato nella motivazione di questa sentenza. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 8 febbraio 1966, n. 9 -Pres. Ambrosini - Rel. Verzl. Reato -Disposizioni sul concorso formale di reati e sul reato continua to -Violazione del principio di e~ua~lianza -Esclusione. (Cost. art.� 3; c. p. art. 81, commi secondo e terzo). Non contrastano col principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione le digposizioni all'art. 81, secondo e terzo comma, codice penale, le quali -a differenza di quanto stabilito nel primo comma puniscono a titolo di reato continuato pi� violazioni della stessa disposizione di legge, dato che, secondo la prevalente giurisprudenza, a tale regime sono sottoposti anche i reati commessi con una sola azione od omissione (1). (Omissis). Secondo l'ordinanza di rimessione, la norma dell'art. 81, secondo e terzo comma, del Codice penale -nella parte in cui concede un trat tamento favorevole a chi con pi� azioni od omissioni, e con lo stesso disegno criminoso, viola pi� volte la medesima disposizione di legge, ma esclude tale trattamento nel caso in cui la pluralit� di violazioni sia commessa con una sola azione od omissione -sarebbe in contrasto (1) Decisione che trae origine all'ordinanza del Pretore di Pesaro 3 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 10 luglio 1965, n. 171) e che � stata adottata con procedimento in camera di consiglio non essendovi stata costituzione di alcuna parte in giudizio. � importante notare, nella sentenza in rassegna, che la C<>rte, per dichiarare non fondata la questione, ha scelto la via della interpretazioneadeguatrice, facendo proprio l'elaborato della d<>ttrina e della giurisprudenza prevalenti in tema di discriminazione tra le ipotesi di concorso forrmale di reati (art. 81, primo comma) e quelle del reato continuato (art. 81, secondo comma). Mentre una interpretazione meramente letterale e formalistica delle citate disposizioni potrebbe indurre a ritenere sussistente il reato conti -~ ' ' . . . IIl ~ i' I li PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 'Con l'art. 3 della Costituzione, che sancis�e l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La disparit� di trattamento non sarebbe, in :tal caso, dettata da una situazione particolare di fronte alla quale il legislatore possa ragionevolmente disporre una diversa disciplina. La questione non � fondata. L'ordinanza riconosce che nella giurisprudenza � prevalente l'opinione che il trattamento del reato continuato (art. 81, secondo comma, del c.p.) debba estendersi anche alla ipotesi in cui, con una unica azione ad effetto siano prodotte pi� violazioni simultanee della stessa disposizione di legge. Secondo questa interpretazione, il fondamento e la ragione della disposizione che, con una fi,ctio juris, considera come reato unico (continuato) questa pluralit� di reati, risiedono nella unicit� del disegno criminoso, che attenua la responsabilit� penale. Identica unit� di disegno criminoso � da riconoscersi per la ipotesi in cui una sola sia l'azione od omissione, alla quale consegua una pluralit� di beni violati e quindi una pluralit� di infrazioni giuridiche. Nell'affermare inoltre che il reato continuato pu� essere commesso anche con una sola azione od omissione, si aggiunge che l'art. 81 parla di pi� azioni od omissioni, non nel senso che esse debbano necessariamente essere plurime, ma piuttosto nel senso che possano essere anche pi� di una. Con siffatta interpretazione, le due ipotesi vengono equiparate sotto il riflesso che, sussistendo una violazione plurima della stessa disposizione di legge, non ha rilevanza -agli effetti dell'art. 81 c.p. -che una o pi� siano le azioni o le omissioni. E le due ipotesi vengono entrambe assunte sotto la disciplina del reato continuato, in quanto nell'uno e nell'altro caso sussiste quella unicit� di disegno criminoso che nuato, punito con la pena meno grave indicata nel terzo comma dell'art. 81 c. p., solo in presenza di una pluralitd di azioni od omissioni violatrici della stessa disposizione di legge, una pi� razionale e sostanzialistica interpretazione ritiene assoggettabile al medesimo regime giuridieo anche reati che hanno origine da una sola azione od omissione. Non si vede, infatti, perch� dovrebbe essere punito in maniera pi� grave chi, ad esempio, in presenza di pi� persone riunite, pronunciasse un'ingiuria collettiva nei loro confronti, rispetto a colui che ingiuriasse -eparatamente le stesse persone. Per ovviare a questa sperequazione, la dottrina e �giurisprudenza, come detto, hanno adottato una interpretazione pi� lata del reato continuato, mdo leva non tanto sull'elemento materiale ed estrinseco dell'unit� o del uralit� delle azioni od omissioni, quanto sull'elemento psicotogico del ..dlit� del disegno criminoso (cfr. LEONE, Reato abituale, continuato e per mamente, Napoli, 1933, 218; MoRo, Unitd e pluralitd di reati, Padova, 1954, 208; Cass. 6 novembre 1961, Ricci, Giust. pen., 1962, II, 606; Cass. 26 giugno 1961, rie. Scelsi, ivi, 1963, II, 871; Cass. 15 maggio 1962 rie. P. M., ivi, 1963, II, 425). Tale orientamento non �, per�, assoluto, essendosi tornati, in qual che sentenza, alla tesi pi� rigorosa (Cass. 6 marzo 1964, rie. Benito, Giusfl. pen., 1964, II, 803). � augurabile che queste � punte � interpretative delle norme in esame si adeguino e rientrino in quella che � la loro interpretazione corrente, fatta propria anche dalla Corte Costituzionale con la decisione in rassegna; in diversa ipotesi, apparirebbe difficile, per le ragioni gi� dette, contestare la sperequazione nella punizione di fattispecie legali sostanzialmente identiche. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ha indotto il legislatore a considerare i vari reati legati fra di loro, fino ad esere puniti come se fossero unico reato. Orbene, la prevalente interpretazione, alla quale questa Corte ritiene di aderire, esclude la differenza di trattamento lamentata dall'ordinanza e raggiunge altres� l'effetto di un armonico rapporto di proporzione fra il reato commesso e la misura della pena. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 8 febbraio 1966, n. 10 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali. Procedimento penale -Tribunale per i minorenni -Esclusione di com petenza allorch� vi siano coimputati maggiori di anni 18 -Con trasto col principio di eguaglianza Esclusione. (Cost. art. 3; r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma). Non contrasta col principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione la disposizione contenuta nell'art. 9, secondo comma, del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, istitutivo del Tribunale dei minorenni, la quale esclude la competenza di detto T1�ibunale anche per i minori allorch� con questi siano imputati maggiori degli anni 18, dato che la diversit� di trattamento che in tale ipotesi il minore riceve rispetto ad altri minori, dipende, sia quanto alla competenza, sia quanto al procedimento, da diversit� sostanziale di situazioni (1). (Omissis). La sentenza di questa Corte del 4 luglio 1963, n. 130, ha deciso che non contrasta con l'art. 2,5 della Costituzione la deroga alla competenza generale del Tribunale dei minorenni, quando siano coimputati maggiori e minori dei diciotto anni; e ci� sotto il riflesso che essa � ispirata alla necessit� del simultaneus processus per ogni caso di connessione, che � alla base di uno dei criteri fondamentali di attribuzione della competenza giurisdizionale. (1) Questione sollevata dal Pretore di Iseo con ordinanza 12 gennaio 1965 (Gazzetta Ufficiale 27 febbraio 1965, n. 52), e decisa con procedimento in Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione di akuna parte. Con la precedente sentenza 13 luglio 1963 n. 130 (Giust. pen. 1963, I, 278), citata varie volte in motivazione, la Corte aveva dichiarato l'illegittimit� costituzionale della stessa norma, nella parte in cui facultizzava discrezionalmente il Procuratore Generale a disporre lo strali.do del procedimento a carico dei coimputati maggiori degli anni 18. La violazione costituzionale era ravvisata con riferimento all'art. 25 Cost., sulla competenza del Giudice �naturale (su di che cfr. PxzzoRusso, La competenza del giudice come materia coperta da riserva di legge, Giur. it., 1963, I, 1, 1313; SOMMA, La competenza del Tribunale per i minorenni e l'attuazione del principio di eguaglianza, Riv. it. dir. e pro,c. pen., 1963, 975). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 Questa deroga non contraddice nemmeno alla norma dell'art. 3 della Costituzione, come ora invece dubita il Pretore di Iseo. Non vi contraddice perch� la circostanza che il minore degli anni diciotto sia imputato in concorso con persone di et� maggiore, causa una situazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, e rende inevitabile una normativa particolare. L'unicit� del procedimento �, in questo caso, giustificata dalla esigenza di uniformit� nel giudizio sull'accertamento del fatto e sulla sua valutazione; che � una regola razionale di scelta legislativa, a preferenza dell'altra implicante la separazione dei procedimenti, la quale crea rischio di incoerenza o di contrasti di decisioni, oppure soltanto di incompletezza nell'esame dei fatti. Presupposta la necessit� di precostituire la competenza di uno solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero potuto avere l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre il minore nella competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni diciotto, anzich� portare quest'ultimo innanzi al giudice dei minorenni, sulla base di una valutazione della concreta idoneit� dei due organi all'esplicazione della rispettiva funzione nel procedimento unico. Questa Corte, nella citata sentenza del 4 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che la scelta compiuta dalla legge non pu� formare oggetto di sindacato di legittimit� costituzionale; e il giudizio cos� espresso deve ora essere confermato, sia perch� il simultaneus processus potrebbe talora essere imposto proprio da una esigenza di uguaglianza fra i coimputati ove si consideri il pericolo gi� accennato di difformit� di giudizio sulle medesime ipotesi di fatto, sia perch� la legge istitutiva del Tribunale dei minorenni d� la possibilit� della separazione dei processi ove l'unico processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma che permette tale divisione fu dichiarata illegittima con la suddetta sentenza 4 luglio 1963, soltanto nella parte in cui affidava al Procuratore generale della Corte di appello ogni decisione sull'opportunit� dello spostamento di competenza, e gli dava poteri espressamente qualificati come esenti da qualsiasi sindacato. La stessa sentenza � salva una nuova disciplina della materia �; ma la mancanza attuale di questa nuova normativa n� include l'illegittimit� costituzionale del principio di separabilit� dei procedimenti, n� travolge nell'illegittimit� costituzonale la regola che unifica il processo innanzi all'organo ordinario, ove debba essere ritenuto inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre di intendere il sistema nella sua completezza, per decidere se esso, quando, nella singola fat- La sentenza in rassegna, invece, considera l'art. 9 sotto il diverso profilo visuale prospettato dall'ordinanza di remissione, quello della sperequazione di trattamento riservato ai minori � soli � rispetto a quelli coimputati con maggiori, specie con riferimento alle garanzie tecniche del giudice specializzato. Ma (la Corte ha espressamente fatto prevalere il ,principiodella connessione su quello della specializzazione, data la generalit� della sua applicazione. Sui problemi della competenza del Tribunale dei minorenni nella ipotesi di connessione cfr. in dottrina BAVIERA, Diritto minorile, Milano, 1957, 23, segg,; CoNso, Prospettive in ordine alla legittimitd all'art. 9 legge minorile, Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, 251. 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tispecie, l'unione non si giustifichi, solleciti l'ordinaria competenza del giudice a pronunciare sulla necessit� della scissione, per meglio realizzare la volont� della legge istitutiva del Tribunale dei minorenni. Non si vede pertanto come il principio di uguaglianza resti compromesso dalla norma denunciata, che contiene in s� un temperamento al rigore della regola di connessione. Quando questo temperamento non risulta attuabile, la diversit� di trattamento che il minore riceve rispetto ad altri minori dipende, sia quanto alla competenza sia quanto al procedimento e quindi alla specializzazione della difesa (sulla quale particolarmente si sofferma l'ordinanza di rimessione), da una diversit� sostanziale della situazione che si determina quando sono coimputati maggiori e minori di diciotto anni rispetto a quella che si concreta quando gli imputati hanno tutti una et� minore dei diciotto anni. Questa diversit� va considerata anche se implica il sottrarre competenza ad un giudice specializzato, perch� i principi della connessione non concernono soltanto problemi di ripartizione di competenza tra giudici ordinari, come invece ritiene il Pretore di Iseo (arg. art. 49 c.p.p.). (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 febbraio 1966, n. 11 -Pres. Ambrosini -Rel. Bonifacio -Pres. Regione Trentino-Alto Adige (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Tracanna). Trentino-Alto Adige -Case economiche e popolari -Poteri decisori in materia di impiego del Fondo per l'incremento edilizio -Trasferimento alla Regione -Esclusione. (St. reg. Trentino-Alto Adige, art. 11, n. 11; D. P. R. 26 gennaio 1959, n. 28, art. 3; I. 10 agosto 1950, n. 715, artt. 12 e segg.). Trentino-Alto Adige -Fondo per l'incremento edilizio -Illegittimit� costituzionale delle relative norme e delle norme di attuazione Insussistenza. (St. Reg. Trentino-Alto Adige art. 11, nn. 11, 13, 59; D. P. R. 26 gennaio 1959, n. 28; I. 10 agosto 1950, n. 715). Appartengono agii organi dello Stato, e non a queUi deUe Provincie detia Regione Trentino-Atto Adige, i poteri decisori circa lo impiego del Fondo incremento edilizio di cui alla legge 10 agosto 1950, n. 715, e l'ammissione dei richiedenti alle provvidenze finanziarie ivi previste, dato che agli organi periferici sono state attribuite solo le competenze per l'accertamento dei requisiti richiesti dalla legge, con l-:~ t ' ' .�� .>ARTE I, SEZ. I, G!URIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE esta deroga non contraddice nemmeno alla norma dell'art. 3 ostituzione, come ora invece dubita il Pretore di Iseo. in vi contraddice perch� la circostanza che il minore degli anni :> sia imputato in concorso con persone di et� maggiore, causa tuazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, le inevitabile una normativa particolare. L'unicit� del procedi' �, in questo caso, giustificata dalla esigenza di uniformit� nel do sull'accertamento del fatto e sulla sua valutazione; che � :egola razionale di scelta legislativa, a preferenza dell'altra impli: la separazione dei procedimenti, la quale crea rischio di incoea o di contrasti di decisioni, oppure soltanto di incompletezza nelme dei fatti. Presupposta la necessit� di precostituire la competenza mo solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero potuto re l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre il minore la competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni iotto, anzich� portare quest'ultimo innanzi al giudice dei minorenni, la base di una valutazione della concreta idoneit� dei due organi .'esplicazione della rispettiva funzione nel procedimento unico. Questa >rte, nella citata sentenza del 4 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che scelta compiuta dalla legge non pu� formare oggetto d� sindacato l legittimit� costituzionale; e il giudizio cos� espresso deve ora essere onfermato, sia perch� il simultaneus processus potrebbe talora essere mposto proprio da una esigenza di uguaglianza fra i coimputati ove li consideri il pericolo gi� accennato di difformit� di giudizio sulle medesime ipotesi di fatto, sia perch� la legge istitutiva del Tribunale dei minorenni d� la possibilit� della separazione dei processi ove l'unico processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma che permette tale divisione :fu dichiarata illegittima con la suddetta sentenza 4 luglio 1963, soltanto nella parte in cui affidava al Procuratore generale della Corte di appello ogni decisione sull'opportunit� dello spostamento di competenza, e gli dava poteri espressamente qualificati come esenti da qualsiasi sindacato. La stessa sentenza �salva una nuova disciplina della materia �; ma la mancanza attuale d� questa nuova normativa �n� include l'illegittimit� costituzionale del principio di separabilit� dei procedimenti, n� travolge nell'illegittimit� costituzonale la regola che unifica il processo innanzi all'organo ordinario, ove debba essere ritenuto inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre di intendere il sistema nella sua completezza, per decidere se esso, quando, nella singola fat- La sentenza in rassegna, invece, considera l'art. 9 sotto il diverso profilo visuale prospettato dall'ordinanza di remissione, quello della �sperequazione di trattamento riservato ai minori � soli � rispetto a quelli coimputati con maggiori, specie con riferimento alle garanzie tecniche del giudice specializzato. Ma (I.a Corte ha espressamente fatto prevalere il principiodella connessione su quello della specializzazione, data la generalit� della sua appUcazione. Sui problemi della competenza del Tribunale dei minorenni nella ipotesi di connessione cfr. in dottrina BAVIERA, Diritto minorile, Milano, 1957, 23, segg.; CoNso, Prospettive in ordine alla legittimit� aU'art. 9 legge minorile, Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, 251. 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si deve infatti disattendere, perch� non fondata su alcun valido argomento, la tesi subordinatamente sostenuta dalla ricorrente, secondo la quale, in virt� delle norme costituzionali dettate per la tutela delle autonomie locali, le attribuzioni trasferite dalle norme di attuazione debbano assumere una sfera pi� ampia rispetto a quella propria degli organi statali periferici. Ci� posto, � da osservare che nel sistema della legge 10 agosto 1950, n. 715, tutti i poteri decisori circa l'impiego del fondo e la ammissione dei richiedenti alle provvidenze finanziarie sono inequivocabilmente riservati alla Commissione statale istituita dall'art. 12 (i provvedimenti della quale sono resi esecutivi con decreto del Ministro dei lavori pubblici), sicch� agli uffici periferici del Genio civile, come la Corte ebbe gi� ad osservare nella sentenza n. 71 del 1962, non sono riservati che poteri istruttori e di riscontro delle opere finanziate. Il che � puntualmente confermato dall'art. 6 della legge, il quale, interpretato nella sua necessaria connessione con l'art. 13 relativo alle funzioni demandate alla Commissione, non pu� non intendersi nel senso che l'accertamento della � possibilit� di eventuale accoglimento � delle domande, devoluto al Genio civile nella fase preparatoria di sua com IIpetenza, riguarda esclusivamente la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge e non comporta affatto il potere di operare una compa:~ �.;. razione o una graduatoria fra i vari richiedenti, destinata a vincolare� .< le determinazioni riservate alla Commissione. La provincia, invece, chiaramente rivendica poteri ampiamente discrezionali e sostanzialmente decisori, come emerge dalla circostanza che anche la pretesa alla previa conoscenza dell'entit� della somma annualmente destinata ai finanziamenti sul suo territorio vien fondata sulla sua assunta competenza ad operare una scelta fra le varie domande presentate nel corso dell'anno e sulla conseguente necessit� di elaborare, sia pure di intesa con lo Stato, criteri idonei a regolare tale selezione, in primo luogo tenendo conto dell'opportunit� di un'equa ripartizione dei fondi fra gli appartenenti a distinti gruppi linguistici. Con il che, come espressamente si afferma nell'atto introduttivo e si ribadisce nella memoria, la provincia intende condizionare attraverso la sua attivit� quella della Commissione statale: ma ci� non trova alcuna giustificazione nel sistema della legge. Da queste considerazioni, che assorbono tutte le altre osservazioni prospettate dalla Regione, emerge la non fondatezza del ricorso. E va aggiunto che sulla decisione non possono aver affatto incidenza n� la circostanza, a puro titolo di informazione resa nota dalla difesa della ricorrente, che nelle more del presente giudizio la Giunta di Bolzano ha stabilito vari criteri ai quali il Comitato urbanistico provinciale deve prestare osservanza, n� l'atteggiamento che di fronte a tale atto possa aver assunto lo Stato. 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si deve infatti disattendere, perch� non fondata su alcun valido argo mento, la tesi subordinatamente sostenuta dalla ricorrente, secondo la quale, in virt� delle norme costituzionali dettate per la tutela delle autonomie locali, le attribuzioni trasferite dalle norme di attuazione debbano assumere una sfera pi� ampia rispetto a quella propria degli organi statali periferici. Ci� posto, � da osservare che nel sistema della legge 10 agosto 1950, n. 715, tutti i poteri decisori circa l'impiego del fondo e la ammissione dei richiedenti alle provvidenze finanziarie sono inequi-� vocabilmente riservati alla Commissione statale istituita dall'art. 12 (i provvedimenti della quale sono resi esecutivi con decreto del Ministro dei lavori pubblici), sicch� agli uffici periferici del Genio civile, come la Corte ebbe gi� ad osservare nella sentenza n. 71 del 1962, non sono riservati che poteri istruttori e di riscontro delle opere finanziate. Il che � puntualmente confermato dall'art. 6 della legge, il quale, interpretato nella sua necessaria connessione con l'art. 13 relativo alle funzioni demandate alla Commissione, non pu� non intendersi nel senso che l'accertamento della �possibilit� di eventuale accoglimento � delle domande, devoluto al Genio civile nella fase preparatoria di sua competenza, riguarda esclusivamente la sussistenza dei requisiti richiesti I dalla legge e non comporta affatto il potere di operare una comparazione o una graduatoria fra i vari richiedenti, destinata a vincolare le determinazioni riservate alla Commissione. La provincia, invece, chiaramente rivendica poteri ampiamente discrezionali e sostanzial Imente decisori, come emerge dalla circostanza che anche la pretesa alla previa conoscenza dell'entit� della somma annualmente destinata II ai finanziamenti sul suo territorio vien fondata sulla sua assunta competenza ad operare una scelta fra le varie domande presentate nel corso dell'anno e sulla conseguente necessit� di elaborare, sia pure di intesa con lo Stato, criteri idonei a regolare tale selezione, in primo luogo tenendo conto dell'opportunit� di un'equa ripartizione dei fondi fra gli appartenenti a distinti gruppi linguistici. Con il che, come espressamente si afferma nell'atto introduttivo e si ribadisce nella memoria, la provincia intende condizionare attraverso la sua attivit� quella della. Commissione statale: ma ci� non trova alcuna giustificazione nel sistema della legge. Da queste considerazioni, che assorbono tutte le altre osservazioni prospettate dalla Regione, emerge la non fondatezza del ricorso. E va aggiunto che sulla decisione non possono aver affatto incidenza n� la circostanza, a puro titolo di informazione resa nota dalla difesa della ricorrente, che nelle more del presente giudizio la Giunta di Bolzano ha stabilito vari criteri ai quali il Comitato urbanistico provinciale deve prestare osservanza, n� l'atteggiamento che di fronte a tale atto possa aver assunto lo Stato. .\RTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 -�-... sta deroga non contraddice nemmeno alla norma dell'art. 3 >stituzione, come ora invece dubita il Pretore di Iseo. a vi contraddice perch� la circostanza che il minore degli anni prosini , sia imputato in concorso con persone di et� maggiore, causa fi~istri .nazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, le inevitabile una normativa particolare. L'unicit� del procedi- �, in questo caso, giustificata d�lla esigenza di uniformit� nel :io sull'accertamento del fatto e sulla sua valutazione; che � �egola razionale di scelta legislativa, a preferenza dell'altra impli' la separazione dei procedimenti, la quale crea rischio di incoea. o di contrasti di decisioni, oppure soltanto di incompletezza nelme dei fatti. Presupposta la necessit� di precostituire la competenza mo solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero potuto re l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre il minore la competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni :iotto, anzich� portare quest'ultimo innanzi al giudice dei minorenni, ila base di una valutazione della concreta idoneit� dei due organi l'esplicazione della rispettiva funzione nel procedimento unico. Questa orte, nella citata sentenza del 4 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che a scelta compiuta dalla legge non pu� formare oggetto di sindacato Li legittimit� costituzionale; e il giudizio cosi espresso deve ora essere ~onfermato, sia perch� il simultaneus processus potrebbe talora essere imposto proprio da una esigenza di uguaglianza fra i coimputati ove si consideri il pericolo gi� accennato di difformit� di giudizio sulle medesime ipotesi d� :fatto, sia perch� la legge istitutiva del Tribunale dei minorenni d� la possibilit� della separazione dei processi ove l'unico processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma che permette tale divisione fu dichiarata illegittima con la suddetta sentenza 4 luglio 1963, soltanto nella parte in cui affidava al Procuratore generale della Corte di appello ogni decisione sull'opportunit� dello spostamento di competenza, e gli dava poteri espressamente qualificati come esenti da qualsiasi sindacato. La stessa sentenza �salva una nuova disciplina della materia�; ma la mancanza attuale di questa nuova normativa n� include l'illegittimit� costituzionale del principio di separabilit� dei procedimenti, n� travolge nell'illegittimit� costituzonale la regola che unifica il processo innanzi all'organo ordinario, ove debba essere ritenuto inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre di intendere il sistema nella sua completezza, per decidere se esso, quando, nella singola fat- La sentenza in rassegna, invece, considera l'art. 9 sotto il diverso profilo visuale prospettato dall'ordinanza di remissione, quello della �sperequazione di trattamento riservato ai minori � soli � rispetto a quelli coimputati con maggiori, specie con riferimento alle garanzie tecniche del giudice specializzato. Ma Ila Corte ha espressamente fatto prevalere il principiodella connessione su quello della specializzazione, data la generalit� della sua applicazione. Sui problemi della competenza del Tribunale dei minorenni nella ipotesi di connessione cfr. in dottrina BAVIERA, Diritto minorile, Milano, 1957, 23, segg.; CoNso, Prospettive in ordine alla legittimit� aU'art. 9 legge minorile, Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, 251. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 29 sizione, il legislatore ha inteso soltanto segnare dei limiti, mirando essenzialmente ad impedire che l'affiittivit� superi il punto oltre il quale si pone in contrasto col senso di umanit�. Rimane in tal modo stabilita anche la vera portata del principio rieducativo, il quale, dovendo agire in concorso delle altre funzioni della pena, non pu� essere inteso in senso esclusivo ed assoluto. Rieducazione del condannato, dunque, ma nell'ambito della pena, umanamente intesa ed applicata. Del resto la portata e i limiti della funzione rieducativa voluta dalla Costituzione appaiono manifesti nei termini stessi del precetto. Il quale stabilisce che le pene � devono tendere � alla rieducazione del condannato: espressione che, nel suo significato letterale e logico, sta ad indicare unicamente l'obbligo per il legislatore di tenere costantemente di mira, nel sistema penale, la finalit� rieducativa e di disporre tutti i mezzi idonei a realizzarla. Ci�, naturalmente, l� dove la pena, per la sua natura ed entit�, si presti a tal fine. D'altra parte non � nemmeno da escludere che la pena pecuniaria possa, di per s�, per l'altro verso, adempiere a una funzione rieducativa. Di un diverso, e radicalmente diverso, indirizzo del legislatore �ostituente, tale cio� da dover alterare il sistema penale sino al punto da escluderne le pene pecuniarie, e con esse, in definitiva, quante altre fossero in analogo rapporto con la possibilit� della funzione rieducativa, non v'� indizio alcuno nei lavori preparatori della Costituzione. Ch� anzi da tali lavori, considerati nel loro insieme e nelle dichiarazioni -non contrastate -di singoli commissari, risulta chiaramente che il legislatore costituente, pur segnando i limiti e le finalit� di cui all'art. 27 terzo comma, non intese prendere posizione sul problema generale della funzione della pena, n�, tanto meno, pronunciarsi per l'uno o per l'altro dei vari orientamenti della dottrina; ma volle anzi proprio evitare che ci� avvenisse, sino al punto che ebbe perfino a manifestarsi la preoccupazione che formule imprecise potessero dare la apparenza del contrario. In conclusione, con la invocata norma della Costituzione si volle che il principio della rieducazione del condannato, per il suo alto significato sociale e morale, fosse elevato al rango di precetto costituzionale, ma senza con ci� negare la esistenza e la legittimit� della pena l� dove essa non contenga, o contenga minimamente, le condizioni idonee a realizzare tale finalit�. E ci�, evidentemente, in considerazione delle altre funzioni della pena che, al di l� della prospettiva del miglioramento del reo, sono essenziali alla tutela dei cittadini e dell'ordine giuridico contro la delinquenza, e da cui dipende la esistenza stessa della vita sociale. (Omissis). fondata la questione relativa alla conversione della pena pecuniaria in pena. detentiva. In dottrina, sulla funzione della pena, VASSALLI, Funzioni ed insujJ�cienza della pena, Riv. it. dir. e proc. pen., 1961, 297. 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 12 febbraio 1966, n. 13 -Pres. Ambrosini Est. Verz� -Giansoldati (n. c.) c. Presidente del Consiglio dei Ministri (Vice Avv. Gen. Stato Foligno). Corte Costituzionale -Questione di le~ittimit� costituzionale sollevata in via incidentale -Necessit� di un ~iudizio -Questione sollevata dal Presidente del Tribunale -Inammissibilit�. (Cost. art. 136, 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 23; c. p. c. art. 645; disp. attuaz. art. 43; 1. 25 febbraio 1963 n. 289, art. 3 e 4). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 3 e 4 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, recante modifiche alla Cassa previdenza e assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori, sollevata dal Presidente del Tribunale in sede di opposizione ad un atto ingiuntivo per il recupero delle spese di giustizia, dato che il Presidente non � autorizzato a prendere alcun provvedimento di natura decisoria sull'opposizione stessa (1). (Omissis). L'eccezione di inammissibilit� deve essere accolta perch� la questione di legittimit� costituzionale non � stata sollevata nel corso di un giudizio. Il principio ;fondamentale, secondo il quale la questione di costituzionalit� in via incidentale pu� essere sollevata soltanto nel corso di un giudizio, � stato affermato dalla legge costituzionale 9 febbraio (1) La questione era stata sollevata dal Presidente del Tribunale di Aosta con ordinanza 9 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1965, n. 47). La sentenza esattissima nel dispositivo e nella motivazione, costituisce una riconferma' della progressiva evoluzione della giurisprudenza della Corte verso un criterio di rigida interpretazione delle norme che disciplinano l'introduzione del giudizio di legittimit� costituzionale in via incidentale. Si ricorder�, infatti, che, con la fondamentale sentenza pronunciata sulla materia, la Corte aveva ammesso la proponibilit� della questione anche se sollevata in un procedimento di volontaria giurisdizione, facendo leva, pi� che sulla qualificazione strutturale dell'organo dal quale la questione veniva proposta, sulla sua funzione di � attuare la legge nel caso concreto> (sent. 12 dicembre 1957, n. 129, Giur. it., 1958, I, 1, 1). Il che non aveva mancato di sollevare le riserve dell'Avvocatura (Relazione per gli anni 1956-60, vol. I, I giudizi di costituzionalit� pag. 113) col rilievo che anche l'autorit� amministrativa � chiamata ad applicare la legge, senza che possa �ribellarvisi � contestandone la legittimit� costituzionale. L'orientamento della Corte, con motivazione pressoch� analoga, veniva comunque riconfermato con la successiva sentenza 11 marzo 1958, n. 24 (Giur. it., 1958, I, 1, 533), pronunciata su questione sollevata dal Giudice dell'intavolazione di una Pretura del Trentino. Con le successive sentenze, tuttavia, del 20 dicembre 1962, n. 109 e 9 aprile 1963, n. 44 (entrambe in Giur. it., 1963, I, 1, 708 e 938) la Corte escludeva che il Giudice istruttore nel processo civile fosse legittimato a pro PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 31 1948, n. 1, e dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Il carattere incidentale del giudizio di costituzionalit� � ancora ribadito da due specifici obblighi imposti dallo stesso art. 23 del giudice a quo: quello di esaminare se il procedimento principale non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit� costituzionale, e quello di sospendere � il giudizio in corso �. La sussistenza dunque di un procedimento principale condiziona il promovimento del giudizio di costituzionalit� davanti a questa Corte. Nella fattispecie, non sussiste tale condizione. Un esposto diretto al Presidente del Tribunale, definito nel contesto come � ricorso � e contenente la dichiarazione di proporre opposizione ad un atto ingiuntivo per il pagamento di spese di giudizio, fra le quali � compreso anche il contributo dovuto alla Cassa di previdenza per gli avvocati e procuratori, non � atto idoneo ad instaurare un giudizio e dare quindi luogo allo svolgimento di un procedimento. Infatti, a termini dell'art. 645 del Codice di procedura civile richiamato dall'art. 42 delle relative norme di attuazione, l'opposizione alla ingiunzione di pagamento di spese di giustizia si propone mediante atto di citazione � davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto �; decreto che nel caso in esame � quello che ha reso esecutiva la parcella delle spese redatta dal Cancelliere. Per di pi�, il Presidente del Tribunale -al quale era diretto quell'esposto -non era autorizzato a prendere alcun provvedimento al riguardo e non era comunque legittimato a sollevare la questione di legittimit� costituzionale per difetto di ogni potere decisorio. (Omissis). porre questioni di legittimit� costituzionale in via incidentale. L'esclusione era motivata dal fatto, questa volta, che -bench� anche il G.I. sia chiamato ad applicare la legge, ed in particolare le norme di carattere fiscale nel processo, come nell'ipotesi della seconda sentenza -ogni potere decisorio spetta solo ed esclusivamente al Collegio. Questa puntualizzazione del parallelismo fra titolarit� del potere decisorio e legittimazione a proporre la questione (gi� ammesso dalla dottrina: BARALDI, La questione di legittimit� costituzionale e i provvedimenti del giudice nel processo civile, Giur. it, 1958, IV, 1; ABBAMONTE, n processo costituzionale italiano, Napoli, 1957, 31; CAPPELLETTI, La pregiudizialit� costituzionale nel processo civile, Milano, 1957, 100) � chiaramente ravvisabile anche nella decisione in rassegna. Il Presidente del Tribunale, invero, � ex se � non ha poteri diversi, nella materia della liquidazione delle spese giudiziali, indicate nell'art. 43 disp. attuaz. cod. proc. civ., da quelli del Capo del Collegio competente per l'opposizione ad un normale decreto monitorio. Anche ammessa, dunque, l'equivalenza della forma del � ricorso � a quella della � citazione � prescritta dalla legge, il Presidente del Tribunale avrebbe, al pi�, potuto assumere la figura di Giudice istruttore nel giudizio, sfornito di ogni potere decisorio rispetto alla questione di merito nella quale la questione di legittimit� costituzionale veniva ad innestarsi. E questa considerazione giustifica pienamente, in conformit� coi precedenti citati, la decisione di inammissibilit� adottata dalla Corte. 5 SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un, 30 aprile 1965, n. 787 -Pres. Lonardo -Est. Cesaroni -P. M. Tavolaro (conf.) -A.C.E.A. (avv. Toscano) c. Muzi (avv. Agostini) e c. Ministero Tesoro (avv. Stato Del Greco). Impiego pubblico -Commissione di epurazione -Parere in ordine alla riassunzione di dipendenti licenziati per motivi politici -Carattere vincolante anche in ordine all'implicito accertamento della dipendenza dell'interessato dall'Azienda o dall'Ente -Trasformazione dell'interesse in diritto soggettivo del dipendente alla riassunzione. (r. d. 1. 28 dicembre 1943, n. 29/B, art. 3; r. d. 1. 6 gennaio 1944, n. 9, art. 2). Impiego pubblico -Ente pubblico economico -Assunzione dell'obbligo di riconoscere ad un dipendente anzianit� retrodatata -Recesso unilaterale -Inammissibilit�. (c. c. artt. 2118 e 2119; r. d. 1. 13 novembre 1924, n. 1825 artt. 9 e 10). Impiego pubblico -Ente pubblico economico -Delibera di riassunzione di un dipendente licenziato per motivi politici -Errore circa la portata delle disposizioni concernenti la riassunzione -Sussistenza Apprezzamento di fatto -Sindacabilit� in Cassazione -Esclusione. (c. c. art. 1427; c. p. c., art. 360). La valutazione, da parte delle Commissioni provinciali di cui allo art. 3, lett. b, r.d.l. 28 dicembre 1943, n. 29/B, della sussistenza delle condizioni per la riassunzione in servizio delle persone dispensate o� licenziate per motivi politici, implica l'accertamento anche della dipendenza dell'interessato dall'Azienda o dall'Ente, costituente necessario presupposto della valutazione riguardante il motivo del licenziamento. Qualora il parere non sia impugnato avanti alla Commissione di secondo grado e divenga definitivo, esso vincola l'ente o l'azienda, essendo idoneo a trasformare l'interesse del dipendente in diritto sog� gettivo alla riassunzione (1). (1) Non si rinvengono precedenti specifici circa la portata della valutazione compiuta dalle Commissioni di epurazione con riferimento non soltanto all'accertamento dell'esistenza del motivo ,politico, ma anche all'accertamento della preesistenza del rapporto di impiego. Circa l'efficacia PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 33 L'A.C.E.A., una volta riassunto il dipendente con attribuzione di anzianit� retrodatata, non pu� liberarsi unilateralmente da tale obbligo, attesa la sua qualit� di ente pubblico economico e la conseguente applicazione al rapporto di lavoro delle norme di diritto privato (2). L'esame sulla sussistenza e sui requisiti dell'errore -ai fini dell'annullamento dell'atto di assunzione -si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al Giudice di merito onde la relativa questione sfugge al sindacato di legittimit� della Corte di Cassazione (3). (Omissis). Con il primo mezzo si denunciano i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto la Corte, nel ritenere vincolante il parere della Commissione di epurazione, non avrebbe considerato che, per l'art. 3 del r.d.l. 6 gennaio 1944, n. 9, alla detta Commissione era demandata solo la valutazione della sussistenza o meno del motivo di licenziamento, restando all'Amministrazione la potest� di valutare la sussistenza di tutte le altre condizioni richieste per la riassunzione in servizio dell'ex dipendente. Nella specie, quindi, mancando al Muzi il requisito base per essere riammesso in servizio non essendo mai stato un dipendente dell'Acea, nessun valore vincolate poteva attribuirsi, sotto questo aspetto, al parere della commissione di epurazione, basato, a sua volta, sul falso presupposto che il decreto del 1'944 potesse applicarsi anche a coloro che non erano stati assunti in servizio per motivi politici. II motivo � infondato. L'art. 2 della citata legge n. 9 del 1944 prevede la � riassunzione � in servizio di � coloro che possono dimostrare che la loro dispensa dal servizio o il loro licenziamento sia dovuto a motivi politici �. vincolante dell'accertamento della Commissione e la conseguente trasformazione dell'interesse legittimo dell'ex dipendente in diritto soggettivo alla riassunzione, conforme Oass., 18 marzo 1955, n. 823, Giust. civ., 1955, I, 1324 (F. Battistoni). (2) La Corte di Cassazione ha costantemente affermato che i rapporti di lavoro con enti pubblici economici sono da ritenere disciplinati dalle norme di diritto privato, deducendo da tale principio la devoluzione alla Autorit� giudiziaria delle relative controversie. Cfr. Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1964, n. 362, Foro It., 1964, I, 666; Sez. Un., 12 ottobre 1962, n. 2966, Giust. civ., 1963, I. 561 .e, da ultimo, Sez. Un. 7 giugno 1965, n. 1120 e 25 maggio 1965, n. 1025 in questa Rassegna, 1965, I, 659 ed ivi A. FRENI, Osservazioni sulle controversie relative ai rapporti di impiego dei dipendenti della pubblica economia. Al riguardo, � tuttavia da notare che il Consiglio di Stato ha invece ritenuto che le contro:versie concernenti il rapporto d'impiego con enti pubblici ed economici rientrino nella giurisdizione amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 dicembre 1964, n. 991, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2273; Sez. V, 31 gennaio 1964, n. 141, Foro it. Rep., 1964, voce �Impiegato dello Stato�, n. 659 (F.B.). (3) Massima pacifica:. Cfr. Cassazione, 16 dicembre 1960, n. 1177; 23 luglio 1959, n. 2378, Sett. Cass. 1959, 470, 11 maggio 1955, n. 1349 (F.B.). 34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il successivo art. 3 dispone, inoltre, che la valutazione � delle condizioni� di cui al precedente articolo � demandata, per i dipendenti delle Aziende esercenti pubblici servizi, alle Commissioni provinciali di cui alla lett. b) dell'art. 3 r.d.l. 28 dicembre 19i43, n. 29/b. Le dette norme, adunque, contengono ad un tempo un richiamo alle condizioni di fatto necessarie per farsi luogo alla riassunzione (fra cui, in primo luogo, che il lavoratore sia stato alle dipendenze dell'ente o dell'azienda alla quale chiede la riassunzione) e la determinazione dell'organo competente a valutare le predette condizioni, mediante un accertamento che non pu� quindi, limitarsi al solo motivo del licenziamento. Ci� risponde all'interpretazione letterale di dette norme ma la interpretazione logica e quella sistematica convengono, in realt�, nello stesso senso, giacch� l'accertamento del motivo politico non pu� avvenire che rispetto a un determinato licenziamento e all'azienda che lo ha disposto, cio� al fatto specificamente posto a base della domanda di riassunzione. Ed in rapporto a tale situazione non �, evidentemente, configurabile un giudizio sulla causa determinante di un fatto senza la prova, accertata o presunta, che il fatto si sia verificato. Da queste premesse discende che il giudizio della Commissione di epurazione, involgendo una valutazione di ordine amministrativo, oltre che politico, deve ritenersi vincolante su tutta la indagine di fatto, e, quindi, anche su quella che riguarda il requisito della dipendenza dell'interessato dall'ente o dall'azienda, il che, del resto, trova ulterior� conferma nell'art. 1 della legge, ove si richiede come unica condizione per il successivo provvedimento d1 ammissione, 11 possesso lei requisiti necessari ai sensi della legge e del regolamento, per la � permanenza � in servizio: condizione questa, necessariamente rimessa alla valutazione dell'Ente tenuto a riassumere l'ex dipendente licenziato. E poich� I'A.C.E.A., come giustamente ha osservato la Corte di merito, non impugn� il detto parere, davanti alla Commissione provinciale di II grado, ed anzi vi diede esecuzione con la delibera 9 dicembre 1946, non poteva successivamente annullare l'atto di assunzione del Muzi, per pretesa inapplicabilit� della legge n. 9 del 1944, atteso il carattere vincolante di quel parere, atto a trasformare l'interesse dell'ex dipendente in un vero e proprio diritto soggettivo alla riassunzione in servizio (Cass. 18 marzo 195151, n. 823). E se cosi �. deve ugualmente disattendersi anche l'altra censura contenuta nel mezzo, rivolta a negare la validit� del parere emesso dalla Commissione provinciale, in quanto fondato, si dice, sull'erroneo presupposto che la legge del 1944 potesse applicarsi anche a coloro che, come il Muzi, anzich� licenziato non erano stati �assunti� per motivi politici. La definitivit� del provvedimento emesso dalla Commissione copre, evidentemente, anche la eccezione relativa alla violazione di legge, dovendo an�he essa proporsi nell'ambito delle impugnative all'uopo I . previste. . Ma, a parte questo rilievo, per s� decisivo, l'eccezione deve ritenersi, in ogni caso, infondata, non potendosi prescindere da una cir- I;:,~ ' I rwtt&r111tmz~w-�m1,_11twaffllfillfifil11 - �t RJMY"',.. ~-~p;g� �:ww����dmwr&��=r'Wm'=���,;-ww�.-AmNP'1Wf.iffe~'===M=i==�{' .. .. ��''� ,,@.%{{,,.AV.fW4fa.,..w.tl�Ji&f,Z.4&(,.if~.lf~Jf-*.~::\:l�rl PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 35 costanza peculiare alla specie, sulla quale si � essenzialmente fondata l'impugnata decisione, e cio� che la Commissione di epurazione (la quale in un primo tempo aveva espresso parere contrario alla riassunzione in servizio del Muzi) con delibera del 12 luglio 1946, sulla scorta di nuovi elementi prodotti, espresse parere favorevole alla �riassunzione�, avendo ritenuto che il �licenziamento� era stato determinato da motivi politici. Il che dimostra che la Commissione non manc�, in realt�, di esaminare la posizione anteatta del Muzi nei confronti dell'A.C.E.A., ritenendo che ricorrese il requisito della dipendenza da detta azienda. E, se cos� �, non pu� fondatamente sostenersi che la Commissione sia incorsa in errore nel ritenere applicabile, alla fattispecie, la legge del 1944. Rigettandosi, per tali considerazioni, il primo motivo del ricorso, ne consegue l'assorbimento del secondo, in quanto� proposto contro l'altro argomento addotto dalla Corte di Appello a base della sua decisione, e, cio�, che l'Azienda, avendo assunto nei confronti del Muzi, con la delibera del 1946, l'obbligo di riconoscergli l'anzianit� retrodatata al 1� luglio 1922, non poteva, con atto unilaterale, liberarsi da siffatto obbligo, attesa la sua qualit� di ente di natura economica e l'applicabilit� delle norme di diritto �privato, che regolano il contratto di lavoro. Col terzo mezzo si ripropongono, sotto altro profilo, le stesse doglianze esposte con il primo. Rilevato che il decreto del 1944 era applicabile solo a favore di coloro che erano stati dispensati dal servizio o licenziati per motivi politici dopo la instaurazione del regime fascista, si sostiene che il Muzi mai avrebbe potuto beneficiare della ricostruzione della carriera con effetto anteriore al 28 ottobre 1922. Donde, si rileva, la illegittimit� della delibera con la quale l'A.C.E.A., applicando erroneamente le disposizioni di legge, aveva concesso al Muzi l'anzianit� di servizio con effetto dal 10 luglio 1922,_ Ma anche tale motivo deve ritenersi assorbito dal carattere vincolante del parere espresso dalla Commissione di epurazione, e, comunque, sussisterebbe sempre il vincolo contrattuale assunto dalla A.C.E.A. con la delibera del 12 luglio 1946, vincolo che, come esattamente rilevato dalla Corte di merito, non poteva essere risolto senza il consenso del Muzi. N�, al riguardo, la ricorrente pu� invocare, ai fini dell'annullamento dell'atto di �assunzione, l'errore in cui essa sarebbe incorsa, circa la portata e i limiti di applicabilit� del decreto del 1944, avendo la Corte ritenuto che l'A.e.E.A. non aveva, in alcun modo, fornita la prova che l'errore fosse rilevabile dal Muzi. E poich� il giudizio sulla sussistenza o meno dell'errore e dei suoi requisiti si risolve in un apprezzamento di fatto, la relativa questione sfugge al sindacato di questa Corte Suprema. La ricorrente cerca, invero, di superare l'ostacolo, sostenendo in questa sede che l'errore sarebbe stato comune alle due parti, per cui 36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non sarebbe richiesto, nella specie, il requisito della riconoscibilit�. Ma a parte l'inammissibilit� del motivo implicante un nuovo esame del fatto, che non pu� essere compiuto dalla Corte Suprema, baster� rilevare che il Muzi, nell'invocare la legge del 1944, come appare delle delibere n. 1175 del 9 dicembre 1946 e n. 161 del 16 febbraio 1951 dell'A.C.E.A., si era limitato a chiedere la riassunzione in servizio, senza formuJ.are alcuna specifica richiesta in ordine all'anzianit� che gli sarebbe spettata in base alla legge stessa. Non si vede, pertanto, come si possa affermare che fosse anche il Muzi in errore, nel pretendere l'anzianit� retroattiva al 10 luglio 1922, che, in realt�, non aveva chiesto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 maggio 1965, n. 964 -Pres. Torrente -Est. Giannattasio -P. M. Criscuoli (conf.) -Comitato dei ministri per le opere straordinarie dell'Italia settentrionale e centrale (avv. Stato Agr�) c. Comuni di Fucecchio, Santa Croce sull'Arno, Santa Maria a Monte, San Miniato, Montopoli Valdarno (avv. Barile e Clarizia) e c. Comune di Castelfranco. Competenza e giurisdizione -Giustizia amministrativa -Decisione del Consiglio di Stato -Contestazione dell'esistenza di interesse legittimo -Ricorso per Cassazione -Ammissibilit�. (COl!t., art. 111; c. p. c., art. 362). Comune -Dichiarazione di Comune come localit� economicamente depressa ex legge n. 365del1957 -Comuni viciniori -Interesse legittimo all'impugnazione del provvedimento -Sussistenza. (L. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8). Quando si contesta l'esistenza di interesse legittimo abiLitante alla impugnazione del provvedimento amministrativo, interesse legittimo ritenuto sussistente dal Consiglio di Stato, si denuncia la violazione, da parte del Supremo Collegio amministrativo, dei limiti posti dalla legge alle sue attribuzioni, cio� un tipico vizio attinente alla giurisdizione, come tale suscettibile del sindacato della Corte di Cassazione (1). I Comuni limitrofi ad altro Comune, dichiarato locaLit� economicamente depressa, sono titolari di un interesse legittimo che li abilita (1) Sui limiti del sindacato delle Sezioni Unite riflettente le pronunce del Consiglio di Stato, cfr. da ultimo, in senso conforme, Cass. Sez., 30 settembre 1965, n. 2070; 2 lugli'O 1965, n. 1372, Foro it. 1965, I, 1423; 22 settembre 1964, n. 2952; 28 luglio 1964, n. 2124, Giust. civ. 1964, I, 1946. Un lontano precedente contrario si inviene in Cass., Sez. Un., 12 dicembre 1953, n. 3701, Riv. Corte dei conti, 1954, IV, 163, secondo la quale il giu- I , ' ' I f: 1 I I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 37 a ricorrere avverso ii provvedimento emanato in dedotta violazione delle norme dettate dalla legge n. 635 del 1957, giacch� essi si trovano in situazione tale da subire un danno ove la dichiarazione sia stata illegittimamente emanata (2). (Omissis). Con l'unico motivo, il Comitato dei Ministri per le opere straordinarie nell'Italia settentrionale e centrale censura la decisione del Consiglio di Stato per difetto assoluto di giurisdizione, e ci� per avere ritenuto che i comuni limitrofi ad altro comune, dichiarato localit� economicamente depressa ai sensi dell'art. 8 della I. 28 luglio 1957, n. 635, sono portatori di un interesse legittimo che li abilita a chiedere l'annullamento del provvedimento ~mministrativo di attribuzione della qualifica, adottato nei confronti del loro vicino. Il ricorrente premette che, per sostenere che l'interesse I.fatto valere dai Comuni sia un interesse legittimo, gravitante nell'orbita dell'art. 26 del t.u. delle leggi sul Consiglio ,di Stato, si adducono, nella decisione impugnata, tre argomenti: a) la titolarit� di un interesse legittimo in chi, pur essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo, che amplia la sfera dei diritti di un altro soggetto, si trovi in situazione tale da subire un danno, ove l'atto sia stato emanato in difformit� della legge; b) la vicinanza quale elemento di differenziazione tra l'interesse legittimo e quello semplice; c) il mantenimento dello status quo fiscale (e di riflesso delle rispettive situazioni sul piano delle possibilit� produttive) quale interesse legittimo. Si obietta dal ricorrente che dei tre argomenti cos� riassunti, quello sub a) vale a definire un interesse alla legittimit� dell'atto e non vero e proprio interesse legittimo. Quando si parla di interesse legittimo si definisce una posizione giuridica soggettiva di vantaggio; fra l'interesse di fatto e le norme di azione che regolano l'operato della P. A., deve sussistere un collegamento giuridico, protezione occasionalmente accordata dalla legge per la considerazione che essa abbia del soggetto portatore di una certa pretesa; in altri termini, l'argomentazione concerne non la qualificazione dell'interesse come legittimo, bens� l'interesse a ricorrere. Relativamente all'argomento di cui alla lett. b) il ricorrente assume che si confonde nuovamente un elemento processuale con un elemento sostanziale: l'essere vicini all'attivit� molesta illegalmente autorizzata pu� valere ai fini dell'interesse a ricorrere, non vale invece a creare un nesso giuridico tra interesse di fatto e norma di azione, n� a far trovare nella legge il requisito della protedizio relativo alla qualificazione di un interesse come interesse legittimo ovvero come interesse semplice non atterrebbe alla giurisdizione poich� l'eventuale errore si risolverebbe in semplice vi-olazione di legge (F. Battistoni). (2) La sentenza .sembra riferirsi ad una nozione di interesse legittimo particolarmente ampia, poich� considera tale la posizione di coloro che si 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione dell'interesse. Solo nell'argomento sub c) si dicono cose pertinenti, ma errate. Nella legge la possibile situazione di concorrenza tra comune e comune non � contemplata, e non viene lasciato il minimo spazio ad opposizione di terzi soggetti i cui interessi restano nell'ambito del mero fatto. Soggiunge il ricorrente che non soltanto non esiste un interesse legittimo, ma, sotto le apparenze di un sindacato di legittimit�, il Consiglio di Stato ha compiuto un giudizio di merito, giudicando come se tutte le attivit� economiche siano del tipo c.d. primario, e dimenticando l'esistenza di altre attivit� secondarie e terziarie (infrastrutture, servizi, ecc.), importanti una serie di impulsi economici che non si esauriscono nell'ambito territoriale del comune. Tuttavia l'esatta considerazione al riguardo non pu� essere compiuta nell'ambito di un giudizio di mera legittimit�. Il contrasto di interessi d� luogo esclusivamente ad una questione di merito. Se viene ad essere creato in sede giurisdizionale quel collegamento fra la norma e l'asserito interesse di fatto che non � nella legge, il giudizio dal piano della legittimit� strar}pa nel merito e questo straripamento determina, fra l'altro, una situazione quanto meno d'arbitrio nella identificazione dei presupposti processuali. I Comuni resistenti eccepiscono, preliminarmente, l'inammissibilit� del ricorso, a norma degli artt. 362 c.p.c. e 111 della Costituzione, percb� non sussisterebbe una ipotesi di difetto di giurisdizione, da farsi valere come motivo di ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice amministrativo, ma l'eccezione � infondata. Secondo il disposto degli artt. 48 t.u. 26� giugno 1924, n. 1054, 360 n. 1 e 362 primo comma c.p.c., e 111 comma terzo della Costituzione, le decisioni del Consiglio di Stato sono impugnabili in Cassazione solo per motivi inerenti alla giurisdizione, in quanto l'attivit� giurisdizionale del Consiglio di Stato (come, del resto, quella della Corte dei Conti), incide sull'atto amministrativo e quindi sul potere discrezionale che ne costituisce il motivo ispiratore. Il sindacato della Corte di Cassazione �, quindi, configurabile allorquando il Consiglio di Stato abbia giudicato fuori dei limiti che la legge pone alle sue specifiche attribuzioni, e va individuato in concreto con riferimento alla natura della controversia sottoposta all'esame del Consiglio ed alcontenuto della pronuncia stessa. Pertanto la impugnazione � ammissibile nei senguenti casi: a) il cosidetto eccesso di potere giurisdizionale, per avere il Consiglio invaso il campo riservato alla libera discrezionalit� della pubblica amministrazione; b) la invasione della sfera della altrui giurisdizione, sia essa propria di altri poteri dello Stato, ovvero di un giudice ordinario o speciale; c) l'esplicazione di un sindacato di merito, allorquando la potestas iudicandi limita l'indagine trovino in condizioni di subire danno in conseguenza dell'emanazione del provv.edimento amministrativo senza darsi cura di valutare se la .posizione stessa fruisca di una protezione accordata dall'ordinamento, .sia pure in maniera indiretta o riflessa. L'interesse legittimo viene ridotto, in tal modo, alla nozione di interesse di fatto differenziato, e non anche qualificato dall'ordinamento, in ultima PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 39 esclusivamente alla leggittimit� dell'atto amministrativo; d) il rifiuto di giurisdizione sull'erroneo presupposto che la materia non possa essere oggetto di funzione giurisdizionale; e) la irregolare costituzione del collegio giudicante, in quanto la mancanza dei presupposti costitutivi essenziali dell'organo si inquadra anch'essa nel difetto di giurisdizione. Al di fuori delle ipotesi anzidette, restano escluse dalla impugnazione le violazioni di legge dipendenti, comunque, da erronea e falsa applicazione di norme giudiche, da vizio del processo logico della decisione, da manchevole valutazione delle prove e da inosservanza delle disposizioni che regolano lo svolgimento del processo (Corte Cass., Sez. Un., 2.S luglio 1964, n. 2124; 30 dicembre 1963, n. 3246; 29 marzo 1963, n. 791). Precisato, in tal modo, l'ambito del sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni pronunciate in sede giurisdizionale dal Con siglio di Stato, si osserva che allorquando si contesti l'esistenza di un interesse legittimo, che abiliti a chiedere l'annullamento del provve dimento amministrativo, interesse ritenuto invece sussistente dal Con siglio di Stato, si denuncia che il supremo organo di giustizia am ministrativa avrebbe giudicato fuori dei limiti posti dalla legge alle sue attribuzioni, cio� un tipico vizio attinente alla giurisdizione, come tale suscettibile del sindacato della Corte di Cassazione a sezioni unite, che � chiamata a riconoscere, in base alle posizioni soggettive dedotte in giudizio, se, nella fattispecie sottoposta all'esame di quell'organo giurisdizionale, siano stati osservati o meno i limiti esterni della giurisdizione, e ad individuare la materia che la legge assegna al l'esame dell'organo e le controversie di cui esso pu� conoscere, nonch� il contenuto finale dell'atto che definisce il procedimento giurisdi zionale amministrativo, atto finale predeterminato dalla legge, secondo che in relazione alla natura della controversia sia attribuita al Con siglio di Stato giurisdizione di semplice legittimit� ovvero anche di merito. Ma se il ricorso � ammissibile, esso �, peraltro, da rigettare. In vero, la tesi, secondo la quale � titolare di un interesse legittimo anche colui che, terzo rispetto ad un atto amministrativo, che allarga la .sfera dei diritti di un altro soggetto, s� trovi in una tale situazione da subire un danno, ove l'.atto sia stato emanato in diffo:c;mit� della legge, non merita alcuna censura e tanto meno pu� essere scalfita dall'adombrata distinzione tra interesse alla legittimit� e interesse legittimo, di cui si rinvengono traccie in letteratura, ma che non � mai stata accolta dal1a giurisprudenza. Questa ha sempre individuato analisi ad una posizione soggettiva a natura schiettamente processuale. Si considerino, al riguardo, le osservazioni di A. M. SANDULLI, Repressione di abusi edilizi ed interessi dei terzi, Giust. civ., 1963, II, 38 e segg. e di F. AGR�, Ancora sulla distinzione fra interesse legittimo e interesse a ricorrere, in questa Rassegna, 1964, I, 44. Non sembra, invero, che la posizione dei C:omuni limitrofi a quello dichiarato zona depressa sia qualificata dall'ordinamento in maniera di 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella giurisdizione amministrativa la garanzia alla legittimit� degli atti amministrativi, non gi� mediante la protezione di un supposto interesse astratto alla legittimit�, ma mediante la protezione di interessi individuali che trovano salvaguardia e soddisfazione nell'emanazione di atti legittimi. In realt�, non pu� seriamente contestarsi che sia titolare di un interesse occasionalmente protetto, e quindi di un interesse legittimo colui che, pur essendo nella posizione giuridica di terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti appartenenti ad una persona fisica o giuridica, si trovi in una situazione tale da subire un danno, ove l'atto medesimo sia stato emanato in difformit� dell'interesse pubblico perseguito da una norma di legge. In tal caso -com'� stato osservato -l'interesse del terzo coincide con l'interesse pubblico alla osservanza di detta norma e, pertanto, trova nella norma stessa una protezione occasionale o riflessa, differenziandosi dall'interesse generico di tutti i cittadini al buon andamento della pubblica amministrazione. N� � esatto che la situazione di vicinanza possa valere bens� ai fini dell'interesse a ricorrere, ma non giustifichi la protezione dell'interesse. Lo specifico interesse del terzo, coincidente, sia pure indirettamente, con l'interesse pubblico protetto dalla norma, ad impugnare il comportamento dell'Amministrazione, nel caso che esso violi il precetto di legge, e produca al terzo, di riflesso, una diminuzione giuridica, pu� avere origine proprio dalla particolare situazione di vicinanza, perch� � questa che, in presenza di una norma che prescriva all'Amministrazione un dato comportamento, pu� far sorgere nel terzo la situazione di vantaggio, qualificata e differenziata da quella di tutti gli altri cittadini. La decisione impugnata cita, ad esempio, l'ipotesi di colui che abita vicino ad un opificio industriale, dal quale sono emesse esalazioni nocive alla salute, a proposito del quale non si � mai dubitato che abbia un interesse legittimo di cui possa lamentare la lesione, ove l'impianto dell'opificio stesso sia stato autorizzato ad una distanza inferiore a quella stabilita dalla legge. Pu� aggiungersi l'ipotesi dell'interesse che � stato riconosciuto ad un istituto di credito a rilevare i vizi de~provvedimento amministrativo che autorizza l'apertura di nuovi sportelli bancari, nella localit� ove esso svolge la sua attivit�. N� pu� sostenersi che, sotto le apparenze di un sindacato di legittimit�, il Consiglio di Stato abbia compiuto un giudizio di merito per giungere all'affermazione della violazione dell'art. a. della legge 27 luglio 1957, n. 635, con la quale sono state emanate disposizioni integrative della legge 10 agosto 1950, n. 647, per l'esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e versa, per esempio, dalle posizioni dei singoli che esercitano in tali Comuni industrie concorrenziali con quelle agevolate sul piano fiscale nelle zone depresse. Cfr., al riguado, le considerazioni di S. D'ALBERGO, Stato, enti pubblici, zone depresse e pianifi,cazi()l)t.e, Foro it., 1964, V, 25 e segg., specialmente, 30 e 31 CF. B.). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 41 centrale. Com'� noto, la competenza di merito � quella competenza in cui il Consiglio di Stato dispone come avrebbe dovuto disporre lAmministrazione attiva, sostituendosi ad essa nell'uso del potere discrezionale. Il giudice amministrativo, in sede di merito, giudica, cio�, non solo della legalit�, ma anche dell'opportunit� amministrativa e dell'equit�. Questo non ha assolutamente fatto il Consiglio di Stato nel caso in esame, perch� se anche ha esaminato la fattispecie concreta, l'ha fatto sempre per riscontrare la legittimit� dell'atto vincolato. In altri termini, il supremo organo di giudisdizione amministrativa ha ricostruiti i presupposti necessari per l'emanazione del provvedimento amministrativo, non gi� in base a criteri politici, ma sulla scorta dei lavori preparatori della legge di incentivazione, di cui si discute, lavori i quali, seppur non costituiscono interpretazione autentica, forniscono sempre autorevoli elementi di interpretazione della legge (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 luglio 1965, n. rn.20 -Pres. Lonardo -Est. Salemi -P.M. Criscuoli (conf.) -Cucchiara Guercio ed altri (avv. Fornario, Maniscalco Sangiorgio, Maniscalco Basile) c. Barone ed altri (avv. Ruffini e Casales) nonch� c. Commissione elettorale mandamentale di Partinico (avv. Stato Foligno). Competenza e giurisdizione -Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana -Commissione elettorale mandamentale -Natura -Ricorso per cassazione avverso la pronuncia resa dal Consiglio di giustizia amministrativa in ordine a delibera di detta Commissione -Inammissibilit�. (c. p. c., art. 362; d. I. 6 maggio 1948, n. 654, art. 5). La competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana � di unico grado nei riguardi dei provvedimenti definitivi degli organi amministrativi della regione e degli enti aventi $ede nel territorio di questa, esclusi quelli strumentali dello Stato; � di primo grado nei riguardi dei provvedimenti definitivi degli organi statali o regionali, ma nell'esercizio di funzioni statali, aventi sede nel territorio della regione; � di secondo grado nei riguardi delle controversie spettanti in primo grado alla competenza delle Giunte provinciali amministrative: pertanto, poich� la Commissione elettoTale mandamentale � organo statale, non di autorit� regionale, come si desume dalle sue funzioni (di interesse statale) dalla sua composizione (presieduta da un magistrato e composta da commissari designati dal Prefetto e dalla Giunta provinciale) dalle modalit� di costituzione (decreto del primo presidente della Corte di appello), e poich� il criterio per la determinazione della natura regionale o statale dei provvedimenti impugnati davanti al Consiglio di giustizia am 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA PELLO STATO ministrativa � determinato non daita natura dell'atto impugnato, bens� dan'organo che lo ha emesso, la decisione resa in primo grado dal Consiglio di giustizia amministrativa in ordine a delibera di detta Commissione � appellabiLe all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ma non ricorribite in cassazione ai sensi dell'art. 362 cod. proc. civ. come � per le decisioni emanate in grado di appello o in unico grado (1). (Omissis). Si sostiene, dall'Avvocatura dello Stato, che, avendo il Consiglio di giustizia amministrativa, con la decisione investita col presente ricorso, pronunciato in primo (non in unico) grado, in giudizio di impugnazione di un atto emesso da organo dello Stato (qual'� appunto la Commissione elettorale mandamentale), la decisione medesima poteva essere impugnata soltanto con ricorso all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. L'eccezione � fondata e va accolta. Com'� noto, il C.G.A. per la Regione siciliana ha un triplice ordine di competenza, in quanto decide in unico grado, in primo grado ed in grado di appello. La competenza in unico grado comprende le attribuzioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, nei riguardi dei provvedimenti definitivi degli organi amministrativi della Regione e degli enti aventi la propria sede nel territorio di questa, esclusi gli enti strumentali dello (1) Conforme Cass., Sez. Un., 11 maggio 1964, n. 1120, nel senso che il Prefetto, pur quando opera nelle province facenti parte di re�gioni a statuto speciale in genere, non � organo regionale ma organo dello Stato, onde i provvedimenti da lui emessi nell'esercizio della competenza spettantegli pure in materia deferita alla regione per ragione di decentramento sono atti di natura amministrativa .statale e non regionale, impugnabili davanti all'Adunanza plenaria del C1onsiglio di Stato dopo la pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa (fattispecie in materia di espropriazione disposta dalla regione siciliana). Nella stessa sentenza si precisa che � le decisioni pronJUnciate dal Consiglio di giustizia amministativa presso la regione siciliana � (in unico grado o in secondo grado) � possono essere impugnate dinanzi alla Corte di Cassazione solo per difetto di giurisdizione e non per motivi di merito �. Nel senso che il C:onsiglio di giustizia amministrativa esercita le fun zioni devolute dalla legge �al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei riguardi degli atti e provvedimenti definitivi dell'amministrazione regionale e delle altre autorit� amministrative aventi sede nel territorio della regione in genere, onde in un ricorso propostogli contro uno degli atti indicati il Consiglio di Stato deve dichiarare la propria incompetenza, v. Cons. di Stato, Sez. V, 26 settembre 1964, n. 1059, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1462 (m), e d� anche per quanto attiene ai ricorsi per esecuzione del giudicato dipen:diente da decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa (Cons. di Stato, Sez. V, 13 marzo 1964, n. 367, Il Consiglio d1. Stato, 1964, I, 495). In materia, cfr. altres� le decisioni dell'Adunanza plenaria del Consiglio� di Stato 2 maggio 1960, n. 5, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 818 (particolarmente sull'appello avverso le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa), 19 maggio 1960, n. 10, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 840 (parti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 Stato; la competenza di primo grado comprende le attribuzioni giurisdizionali nei riguardi dei provvedimenti definitivi degli organi amministrativi statali aventi sede nel territorio della Regione. Nella competenza di secondo (ed ultimo) grado, infine, rientrano i casi spettanti in primo grado alla competenza delle Giunte provinciali amministrative. Ai sensi dell'art. 5 -terzo comma -del citato decreto n. 654 del 1948, qualora si tratti di decisioni adottate dal C.G.A. in sede di impugnativa di afti e provvedimenti delle autorit� amministrative dello Stato, � ammesso appello ali'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, mentre siffatto appello non � concesso allorch� le decisioni del C.G.A. siano state adottate in sede di impugnativa di atti e provvedimenti di autorit� regionali. Deve aggiungersi_ che la giurisprudenza (vedi, ad es., Cass. sent. n. 1601 dell'anno 195,8) ha interpretato la norma citata nel senso che l'appello al Consiglio di Stato in Adunanza plenaria � ammesso anche quando l'atto amministrativo sia stato adottato da un organo della Regione siciliana nell'eserdzio di funzioni statali. Orbene, nella specie, il provvedimento impugnato davanti al C.G.A. (deliberazione della Commissione elettorale mandamentale, relativa all'ammissione di liste, adottato ai sensi dell'art. 18 del t.u. delle leggi per le elezioni dei Consigli comunali nella Regione siciliana, approvato con D.P.R.S. 20 agosto 1960, n. 3) � certamente atto di autorit� amministrativa dello Stato. colarmente sulla competenza del Consiglio di giustizia amministrativa e sugli effetti del ricorso enroneamente proposto, al Consiglio di giustizia amministrativa: declaratoria di inammissibilit�, salva la facolt� di ripro porre il ricorso al Giudice ,competente, che potr� eventualmente riconoscere l'errore scusabile), e 28 novembre 1960, n. 19, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 1977 (particolarmente suil.la inammissibilit� del ricorso all'Adunanza ple naria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato avverso decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa che ha pronunciato sull'impu gnativa di un atto riferibile soggettivamente ed oggettivamente ad una autorit� della regione e non dello Stato nonch� sul conflitto di competenza tra il Consiglio di giustizia amministrativa 1e le sezioni giurisdizionali del ConsigHo di Stato). Sulla natura del Consiglio di giustizia ammin~strativa e sull'ammis sibilit� dell'appello all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato contro le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa pronunciate in primo grado sull'impugnativa di atti e provvedimenti di autorit� statali nonch� di atti e provvedimenti per la ,cui ,emanazione le autorit� regionali sicHiane abbiano agito in veste cli autorit� statali, v. pure Cass., Sez. Un., 17 mag gio 1958, n. 1601 in Giur. it. 1958, I, 1, 1223. In dottrina, oltre a S. DE FINA, Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, Enciclopedia del diritto, voi. IX, Milano, 1961, 227, ed a C. BozzI, Consiglio di giustizia amministrativa, Novissimo Digesto itaL'iano, voi. IV, T'orino, 1959, 142, nonch� alla bibliografia richiamata dai due Autori, v. C. MoRTATI, Sull'incostituzionalit� dell'art. 23, ultimo comma, Statuto Regione Siciliana, Giur. cost., 1960, 327, e F. TERESI, Appunti in tema di conflitti di competenza tra C.G.A. e sezioni giurisdizionali del Con siglio di Stato, Giur. sic., 1962, 285. In argomento, cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1956-1960, voi. II, 127. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per negare siffatta qualifica, cio� per sostenere che si tratterebbe sostanzialmente di un provvedimento di autorit� regionale (per cui non sarebbe ammesso appello all'Adunanza plenaria), non vale obiettare che la materia dell'elettorato comunale rientra nella potest� normativa della Regione siciliana. Questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di esaminare, con recente decisione (sent. n. 1120 dell'anno 1964), la questione del criterio per la determinazione della natura regionale o statale dei provvedimenti impugnati davanti al C.G.A., affermando il principio che, per la qualificazione dell'atto, deve aversi riguardo, non alla natura di esso, bens� all'organo che lo ha emesso. Relativamente alla Commissione elettorale mandamentale, qualora si considerino le sue funzioni (di interesse indubbiamente statale), la sua composizione (presieduta da un magistrato e composta da commissari designati dal prefetto e dalla giunta provinciale), le modalit� di costituzione (decreto del Primo Presidente della Corte d'Appello), non sembra potersi dubitare che si tratti di organo statale, non di autorit� regionale. Pertanto, deve ritenersi che il presente ricorso investe decisione del C.G.A. pronunciata in primo grado, senza che sia stato previamente proposto appello all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, com'� previsto dall'art..5. -terzo comma -citato, cio� di decisione di giudice speciale non ricorribile direttamente in Cassazione, ai sensi dell'art. 3621 cod. proc. civ., per cui occorre decisione emanata in grado di appello o in unico grado. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 11 ottobre 1965, n. 2113 -Pres. Torrente -Est. D'Armiento -P. M. Di Majo (concl. conf.) -De Gennaro Musti (avv. M. S. Giannini) c. Ministero Sanit� (avv. Stato Lancia). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Farmacie -Controversie per la determinazione indennit� di avviamento -Farmacie di nuova istituzione -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O (t. u. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 110). Ai sensi deU'art. 110 del T.U. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, per aversi un diritto soggettivo perfetto, azionabile, come tale, avanti al Giudice ordinario, diretto a conseguire dal nuovo concessionario il rilievo degli arredi, provviste e dotazioni attinenti all'esercizio i[ farmaceutico ed il pagamento di un'indennit� di avviamento per la successione dell'esercizio stesso, occon�e che si tratti di farmacia non PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 45 di nuova istituzione, -Difetta tale presupposto e difetta, di conseguenza, la giurisdizione dell'A.G.O., ove la apertura della farmacia sia stata autorizzata in base a graduatoria di concorso, dichiarata poi nulla (e per tanto, con effetto ex tunc) dal Consiglio di Stato ed il vincitore del concorso annullato agisca nei confronti di colui cui � stata poi regolarmente assegnata la farmacia per ottenere di esse1�e rilevato degli arredi e dell'indennit� suindicata (1). (1) Nel ca�so di specie -nel quale M concessionario di una farmacia di nuova istituzione assegnatagli in base a concorso annullato dal Consiglio di Stato agisca per il riconoscimento, nei confronti del nuovo concessionario della stessa farmacia nominato a seguito di nuovo concorso, della propria pretesa ad essere irilevato degli arredi ecc. ed ail pagamento dell'indennit� di avviamento ex art. 110 del t. u. 27 luglio 1934, n. 1265 -il s�. C. ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. non perch�, in astratto, alla pretesa azionata dovesse negarsi la natura di diritto subbiettivo perfetto, bens� sul. rilievo della .insussistenza in concreto del diritto stesso, trattandosi di �farmacia di nuova istituzione�, la cui apertura era stata autorizzata in base a graduatoria di concorso dichiarata nulla, sicch� l'attore non ne era mai stato legittimo titolare. Che la pretesa del f'R["lllacista verso il nuovo concessionario dello esercizio per essere rilevato degli arredi ecc. nonch� per ottenere il pagamento dell'indennit� di avviamento non debba qualificarsi come interesse legirttimo, sibbene quaile diritto subbiettivo di natutra patrimoni�ale, pu� dirsi ormai questione pacifica, atteso il costante orientamento in tal senso della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa: cfr., infatti, in tal senso, Cass. 23 giugno 1964, n. 1646 e 12 maggio 1962, n. 983, Giust. civ., 1962, I, 1913; App. Bologna 16 luglio 1960, Giur. it., 1960, I, 2, 794; Cons. Stato 18 marzo 1960, n. 272, Foro amm., 1960, I, 113; id., 26 novembre 1952, n. 914, Racc. Cons. Stato, 1952, 1513; id., 4 aprile 1951, Foro amm., 1951, I, 271, ecc. �, poi, affermazione di indiscutibile e anche ovvia esattezza -fondata sul chiaro tenore dell'art. 110 del t. u. n. 1265 del 1934 sulle leggi sanitarie quella che in tanto pu� insorgere il rapporto obbligatorio tra il precedente ed il nuovo titolare della faa.-macta, avente per oggetto il cosiddetto � rilievo� degli arredi ed il pagamento del cOil"J:"ispettivo e dell'indennit� in esame, in quanto si tratti di farmacta � non di nuova istituzione � e cio� gi� in esercizio: cfr., in tal senso, conformemente alla sentenza in rassegna, Trib. Roma 3 maggio 1961, Riv. giur. umbro-abruzzese, 1961, 329. Per la suddetta ragione, la prescrizione di un bando di concorso farmaceutico che esclude per le farmacie di nuova istituzione il diritto ad indennit� di avviamento � pienamente [egittima (Cons. Stato 19 aprile 1961, n. 217, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 663). � stato ancora ritenuto che �precedente titolare� agli effetti dell'art. 110 in esame, non pu� qualificarsi il gestore provvisorio, nominato dal Prefetto ai sensi del!l'art. 61 del ireg. 30 settembire 1938, n. 1760, sicch� a tale g�estore non compete l'indennit� di avviamento di cui al cit. art. 110 del t. u. n. 1265 del 1934 (Cass. 9 gennaio 1961, n. 22, Giust. Civ., 1961, I, 629; contra Apip. L'Aquila 31 gerunaio 1959, Giust. Civ. Mass. app., 1959, 418). Nel caso di specie, � stato escluso -facendo coriretta applicazione del principio della retroattivit� dell'annullamento degli �atti amministrativi iUegittimi, dai qua[i non possono mai sorgere diritti quesiti (cfr., tra le innumerevoli. decisioni, Cass. Sez. Un. 4 luglio 1962, n. 1714, Foro amm., 1963, II, 36) -che il vincitore di un concorso per l'apertura e l'esercizio di una farmacia di poi annulJlato, possa essere considerato quale legittimo titolM'e del>la farmacia stessa che devesi, pertanto, continuare a qualificare come di nuova istituzione. RASSEGNA DE,LL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 248'2 -Pres. Tavolaro -Est. Iannelli -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero LL. PP. (avv. Stato Cafara) c. Comune di Granaglione (avv. Regard e Beorchia Nigris) e Marconi (avv. Becca e Valenza). Responsabilit� civile -Responsabilit� della p. a. per fatto illecito -Responsabilit� della p. a. per attivit� lecita -Caratteristiche delle rispettive azioni -Concorso alternativo delle medesime. (c. c., art. 2043, I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). Responsabilit� civile -Discrezionalit� della p. a. -Insindacabilit� da parte del G. O. Limiti -Scelta del mezzo tecnico -Rientra nella discrezionalit� tecnica -Sindacabilit� da parte del G. O. -Ricostruzione di strade con doppia inclinazione del piano stradale Deflusso delle acque contro un edificio privato -Responsabilit� della p. a. per fatto illecito e non per ristoro di sacrifici le~ittlmamente arrecati. (c. c., art. 2043, I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). Le azioni ex art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulla espro I priazione per pubblica utilit� ed ex art. 2043 e.e., se possono in astratto �~ concorrere, vanno tuttavia tenute distinte per la sostanziale diversit� :~ dei loro presupposti, giacch� esse si differenziano sia per il loro petitum, che nell'azione di risarcimento per fatto illecito si estende a tutto il pregiudizio economico derivato all'altrui sfera patrimoniale, mentre nell'azione ex art. 46 della legge .<rulle espropriazioni riguarda soltanto il detrimento arrecato, per l'esecuzione dell'opera pubblica, al patrimonio immobiliare, sia per la causa petendi, e cio� per il fatto giuridico costitutivo dell'azione che, per la prima ipotesi, va ravvisato nella illeceit� del fatto, mentre, per la seconda ipotesi, va ravvisato nella liceit� della condotta (1). Per l:a determinazione de1l'dndennit� di avviamento -nel senso che essa vada commisurata a tre annate del reddito medio imponibile della fal'lllacia accertato agli effetti dell'imposta di r. m. nel quinquennio anteriore aJila data di decadell2la del di'l'itto del precedente titolare -cfr. Cass. 6 maggio 1960, n. 1032, Giust. civ., 1960, I, 1337 e in Temi nap., 1960, I, 475 con nota di A.BBAMONTE: Surta determinazione della indennit� di avviamento delle farmacie; id., 9 gennaio 961, n. 22, cit. In materia, cfr. anche SoRGE, In tema di richiamo di disposizioni: indennit� di avviamento ne.Z rilievo di farmacie, Foro it., 1955, IV, 68. Pi� in generale, sulla natura della c. d. � autorizzazione � a:lla apertura dell'esercizio di una farmacia e sUi caratteri pubbilicistici della disciplina della relativa attivit�, cfr. CARUSI, nota a sent. n. 233 del 1964 della Cassazione, in questa Rassegna, 1964, I, 327 (G. MAND�). (1) In senso conforme Cass. Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039, in questaRassegna 1964, I, 713; Cass. 12 ottobre 1959, n. 2762, Foro amm. 1959, II, 1, 549; Cass. 10 ottobre 1958, n. 3220, Giust. civ. 1958, I, 2048 (A. Q.). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 Nell'ambito della discrezionalit� amministrativa, intesa come il potere di apprezzare liberamente l'interesse pubblico e la idoneit� dei mezzi per il suo soddisfacimento, al giudice ordinario � preclusa ogni indagine per la ricerca di elementi di colpa, ossia di sindacare se la p.a. abbia convenientemente apprezzato l'interesse e i bisogni della collettivit� e scelto i mezzi idonei per soddisfarli; peraltro, allorch� non siano in gioco l'interesse pubblico e l'interesse generale, la p.a. nell'esecuzione di un'opera pubblica incontra dei limiti nella scelta dei criteri meramente tecnici (c. d. discrezionalit� tecnica) in riferimento al principio del neminem laedere, secondo il quale l'Amministrazione ha il dovere di adottare le ordinarie misure e cautele atte a non mettere in pericolo l'incolumit� e i beni del cittadino. Sussiste, pertanto, la responsabilit� per fatto illecito ex art. 2043 e.e. allorch� la p.a., ricostruendo una strada la cui precedente pendenza era verso valle (displuvio unico), abbia tramutato la pendenza stessa verso valle e verso monte (displuvio duplice), qualora in conseguenza della doppia inclinazione del piano stradale, oltre che per l'omessa costruzione di apposite cunette laterali, le acque piovane, defluendo dalla strada, vadano a ristagnare contro un edificio privato provocando danni (2). (Omissis). Va precisato, anzitutto, che sebbene la Corte di Appello abbia fatto riferimento, riguardo all'azione esperita, sia ad una responsabilit� per atti legittimi che a quella per colpa, ossia all'azione fondata sull'art. 46" della legge sulle espropriazioni per pubblica utilit� ed all'azione (2) In senso conforme, per -ci� che concerne la prima parte della massima, Cass. Sez. Un., 4 maggio 1964, n. 1061, Giust. civ., 1964 I 2314� Cass. Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039, in questa Rassegna, 1964, I, 713; Ca;s. Sez. Un., 13 febbraio 1963, n. 287, Giust. civ., 1963, I, 1622; Cass. 11 agosto 1962, n. 2575, Resp. civ. 1963, 131; Cass. 22 gennaio 1962, n. 103; ivi, 1962, 239; Cass. 12 luglio 1961, n. 1659, Giust. civ., 1961, I, 1563; Cass. Sez. Un. 28 aprile 1961, n. 979, ivi, 1961, 424. ' In dottrina sul problema della discreziona:lit�: GIANNINI M. S., Il potere discrezionale derla p. a., Milano, 1939; GASPARRI, Considerazioni sulla discrezionalit� amministrativa, Studi Cagliari, 1946; CASETTA, Attivit� e atto amministrativo, Riv. trim. dir. pubb., 1956, 7, 253; .Al.ESSI, Su~ concetto di attivit� discrezionale della p. a., Foro amm., 1953, IV, 62; .Al.ESSI, La responsabilit� della p. a., Milano, 1955, 85 e segg.; VIRGA, Appunti sulla cosidetta discrezionalit� tecnica, Jus, 1957, 95; PIRAs, Discrezionalit� amministrativa, Enciclopedia del diritto, XIII; MoRTATI, Discrezionalit�, Nov. Dig. it., V (A. Q.). Osservazioni in tema di discrezionalit� e di responsabilit� della pubblica amministrazione. 1. -Con la sentenza in :rassegna le Sezioni Unite hanno dtenuto che la ricostruzione di una strada da parte della p. a. con una doppia inclinazione del piano stradale (c. d. baulatura), rispetto ad una preesistente unica inclinazione, sia fonte di responsabilit� dell'Amministrazione, oltre che per l'omessa costruziione di apposite .cunette laterali, anche per la scelta del tipo di inclinazione il quale abbia provocato il deflusso delle acque piovane contro un edificio ,privato contiguo. Hanno ,cosi dedotto che la questione 6 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aquiliana di cui all'art. 2043 e.e., tuttavia essa ha finito col ricondurre la responsabilit� di entrambi i ricorrenti, per il fatto lamentato dagli istanti, sotto il profilo di quest'ultima norma. Infatti, se � possibile il concorso delle due azioni, non �, invece, concepibile la loro unificazione, per la diversit� dei loro presupposti, dato che, in sostanza, differiscono sia per il petitum, che nell'azione di risarcimento per fatto illecito si estende a tutto il pregiudizio derivato all'altrui sfera giuridico-patrimoniale, e non soltanto al detrimento arrecato dall'esecuzione dell'opera pubblica al patrimonio immobiliare, sia per la causa petendi, e cio� per il fatto giuridico costitutivo dell'azione, che va ravvisato, nel primo caso, nell'illiceit� del fatto e, nel secondo caso, invece, nella liceit� della condotta della pubblica amministrazione. E la Corte di Appello ha tenuto conto di ci�, avendo, conformemente al petitum della domanda, pronunciato condanna al normale risarcimento del danno anzich� al pagamento di un indennizzo, avente questo carattere pi� limiitato rispetto a quello, e tale da circoscrivere la sfera di efficacia. N'� riprova il fatto che tanto il Ministero dei LL. PP. quanto il Comune di Granaglione hanno impugnato, in effetti, coi loro ricorsi, l'applicazione, al caso in oggetto, dell'art. 2043 e.e. Col primo mezzo, comune ad entrambi i ricorsi, i ricorrenti denunciano il diifetto di giurisdizione del giudice ordinario, la violazione ed errata applicazione dei principi generali in tema di sindacato, da parte di quest'ultimo, dell'attivit� amministrativa, nonch� dei principi generali in tema di responsabilit� della pubblica amministrazione ed infine relativa alla scelta del tipo di inclinazione del piano stradale era attinente alla sfera della discrezionalit� tecnica dell'Amministrazione, come tale sindacabile dall'A.G.0..sotto il profilo della ricerca di elementi di colpa, e non alla sfera della discrezionalit� amministrativa, ed hanno, di conseguenza, affermato la responsabilit� per fatto illecito della p. a. ex art. 2043 c. c. anzich� la responsabilit� per danni da attivit� lecita ex art. 46 della legge sull'espropriazione. 2. -Traendo spunto da tale sentenza, ci sembra che possa istituirsi un interessante parallelo tra le dicotomie discrezionalit� pura -discrezionalit� tecnica e responsabilit� per atto lecito -responsabilit� per fatto illecito: ci� nel senso che in correlazione con manifestazioni di attivit� discrezionali non possono configurarsi fattispecie di illeciti, bens� soltanto, ove ne ricorrano i necessari presupposti, responsabilit� da atti leciti, mentre nel campe> governato dalle regole tecniche, essendo consentito al giudice ordinario la ricei'Ca di eventuali elementi di colpa nel comportamento dell'Amministrazione, � configurabile una vera e propria responsabilit� deHa p. a. per illecito extra contrattuale. Costituisce, infatti, principio pi� volte affermato tanto in dottrina (tra gli altri, ALESSI, La responsabilit� della pubblica amministrazione, Milano 1955, 85 e segg.), quanto in giurisprudenza (da ultime> Cass. Sez. Un. 4 maggio 1964 n. 1061, Giust. civ., 964, I, 2314; Cass. Sez. Un. 29 aprile 1964 n. 1039, dn .questa Rassegna 1964, I, 713) quello secondo il quale il sindacato del giudice ordinario non pu� estendersi alla sfera della discrezionalit� amministrativa, intesa �Come la facolt� della p. a. di libero apprezzamento degli interessi pubblici e di libera scelta dei mezzi ritenuti idonei per soddisfarre detti interessi, a differenza, invece, di quanto accada laddove si faccia questione di discrezionalit� tecnica in relazione alla quale I si ritiene consentito al giudice ordinario di valutare se �l'Amministrazione, I ::;:::,,:,~J,;:;;'.",~.':"%X~;,:;,f.;,:w0::;,,:,:;;'�:w.::x;;;%;w.;;::,:;;,;;;;,-,;,:w.,-,;_._w.;_.W/._:;;_._///..,:~,~~... ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 la illogicit� e contraddittoriet� della motivazione, in relazione all'art. 360 nn. 1, 3 e 5 c.p.c. Premesso che la Corte di Appello ha basato, di fatto, la responsabilit� della pubblica amministrazione sul disposto della norma sopra citata, per essere l'opera stata eseguita senza l'osservanza di quei criteri che la tecnica e la comune prudenza avrebbero imposto, i ricorrenti lamentano che, malgrado la Corte avesse esattamente riconosciuto che al giudice ordinario non � consentito di sindacare la discrezionalit� in forza della quale la pubblica amministrazione pu�, nella costruzione o manutenzione di un'opera pubblica, adottare, a sua scelta, i criteri che crede per il soddisfacimento dell'interesse collettivo, abbia, poi, ritenuto di potere indagare se, nella specie, la pubblica amministrazione fosse in colpa, per il modo come la strada era stata riattata e quindi mantenuta, sul presupposto che ci� rientrasse nell'ambito della discrezionalit� puramente tecnca, suscettibile di sindacato da parte del giudice ordinario. Osservano, al riguardo, che la Corte avrebbe, in tal modo, fatto mal governo dei principi che, nella soggetta materia, sono ormai convalidati da un'autorevole dottrina e dalla consolidata giurisprudenza di questo Supremo Collegio, incorrendo, per giunta, in una palese contraddizione, avendo prima escluso ogni sindacato da parte del giudice ordinario sulla natura e sulle caratteristiche di un'opera realizzata dalla pubblica amministrazione e destinata ai bisogni della collettivit� ed essendosi, poi, attribuita la potest� di giudicare, relativamente al caso nella fase della tecnica esecutiva, cio� della concreta messa in opera del mezzo tecnico liberamente prescelto, abbia osservato i criteri tecnici che governano H funzionamento del mezzo stesso e le comuni norme di pru denza e diligenza la cui violazione comporta responsabilit� per fatto illecito. � noto, d'altra parte, che soltanto impropriamente si parla di � .discre zionalit� tecnica � (si vedano VmGA, Appunti sulla discrezionalit� tecnica, Jus, h157, 95, MoRTATI, Discrezionalit�, Nov. Dig. It., voi. V, 1099), giacch� quando vengono in considerazione accertamenti e valutazioni di carattere squisitamente tecnico, non pu� sussistere alcuna sfera di libero apprezza mento, cio� di discrezionalit� nell'azione, per il vincolo che opera in rela zione al !I'ispetto delle regole tecniche le quali non sono suscettibili di valutazione discrezionale. � corretto, quindi, parlare di discrezionalit� tecnka con riferimento ad una duplica fase di intervento della p. a.: in un primo momento la discrezionalit� opera nella valutazione del grado di pubblicit� dell'interesse da soddisfare e nella scelta del mezzo ritenuto pi� opportuno ed efficace per soddisfare detto interesse, sicch� in tale fase l'agire della Amministrazione � caratterizzato dalla libert� di apprezza mento e cio� da vera e propria discrezionalit� amministrativa, mentre in un secondo momento, quando � stata effettuata la scelta del mezzo, si esaurisce il potere discrezionale e subentra la fase attinente alla tecnica esecutiva la quale � vincolata all'esigenza del rispetto delle regole fisse ed immutabili �Che governano la messa in opera del mezzo prescelto ed il 1suo concreto funzionamento. L'ibrida espressione � discrezionalit� tecnica� � sorta per il riferimento contemporaneo ad entrambe le fasi, le quali per� sul piano strutturale debbono essere tenute nettamente distinte, giacch� sono regolate da prin cipi profondamente diversi. 3, -La distinzione tra l'attivit� discrezionale in senso proprio dell'Am ministrazione e quella attinente alla tecnica esecutiva, la quale, come si 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO de quo, se la natura e le caratteristiche della strada fossero rispondenti ai criteri della tecnica e della comune prudenza: tanto da avere finito col rimproverare alla pubblica amministrazione che il rifacimento della strada con doppia incliinazione, ossia con la c.d. �baulatura � del piano stradale, qual'era stato operato, non fosse conforme ai suddetti criteri, in quanto avrebbe dovuto farsi in differente modo e precisamente col dare alla strada una sola inclinazione. Dalla censura cosi formulata il Ministero dei LL. PP. trae, infine, argomento per sostenere che l'annullamento della sentenza non definitiva, sul punto in parola, importi, come conseguenza, la mancanza di ogni obbligo dello Stato di rivalere il Comune, dato che questo ente, per essere il proprietario della strada, sarebbe l'unico responsabile, non dei danni per un'attivit� pretesamente illecita, bens� dell'indennizzo, ex art. 46 della legge sulle espropriazioni. La doglianza non ha fondamento. Per vero la Corte del merito, come dai ricorrenti, del resto, si riconosce, ha esattamente enunciati i principi di diritto relativi alla discrezionalit� della pubblica amministrazione, avendo inteso tale discrezionalit� come il potere di apprezzare liberamente l'interesse pubblico e la idoneit� dei mezzi per il suo soddisfacimento, entro il cui ambito al giudice ordinario �, pertanto, precluso di svolgere alcuna indagine per la ricerca di una colpa, ossia di sindacare se la pubblica amministrazione abbia convenientemente apprezzato l'interesse ed i bisogni � accennato, comporta accertamenti e valutazioni non libere, ma vincolate al Tispetto di criteri tecnici fissi, implica una differente valutazione del comportamento della p. a. particolarmente nell'esecuzione di opere pubbliche, nel senso che, laddove sussiste esercizio di vero e proprio potere discrezionale, ivi � configurabile al pi�� una eventuale �responsabilit� conseguente ad attivit� lecita �Sotto il profilo del ristoro di sacrifici legittimamente arrecati (art. 46 della legge sull'espropriazione); mentre la responsabilit� per fatto illecito, fondandosi sull'accertamento della colpa nel comportamento della p. a., pu� sorgere soltanto quando si tratti di valutare la conformit� dell'attivit� di messa in opera del mezzo tecnico, nella fase esecutiva, alle norme generali di �Comune prudenza e diligenza, ovvero a quelle SPeciali attinenti al particolare funzionamento del mezzo prescelto. La Suprema Corte, con la sentenza n. 1039 del 29 aprile 1964 (in questa Rassegna, 1964, I, 713) ha esattamente ritenuto che il giudice ordinario non pu� svolgere alcuna indagine per la rkerca di elementi di colpa quando si tratti dell'apprezzamento di bisogni della collettivit� e della scelta dei mezzi ritenuti idonei a soddisfarli; ha ritenuto, per�, che allorquando siano stati rispettati tali limiti, � �Consentito al giudice ordinario di indagare se i mezzi prescelti siano stati adeguatamente messi in opera ed abbiano funzionato in modo normale, ovvero se, per negligenza o imperizia, il loro funzionamento sia stato difettoso o anormale. In tal modo appare evidente, a nostro avviso, che la possibilit� di qualificare con le categorie del lecito e dell'illecito il comportamtnto del1a p. a. discende dall'esatto inquadramento dell'attivit� svolta nella sfera della discrezionalit� pura ovvero in quella della tecnica esecutiva. Per ci� che concerne, in particolare, il settoce delle opere pubbliche, siffatte osservazioni comportano che la fattispecie della responsabilit� da atto lecito ex art. 46 della legge sulla eSPropriazione, sempre che ne sussistano gli altri elementi costitutivi, trova ingresso allorch� l'attivit� am PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 della collettivit� e scelti i mezzi idonei per soddisfarli. Da ci� essa, poi, ha argomentato, non meno correttamente, che tutte le volte in cui non sono in gioco l'interesse e le esigenze della generalit�, per il modo come un'opera pubblica deve essere realizzata, la pubblica amministrazione non pu� non incontrare dei limiti nella scelta dei criteri meramente tecnici per la esecuzione dell'opera. Infine, con riguardo al riattamento della strada in questione, dopo avere rilevato che il modo come questo era stato praticato non era in funzione del soddisfacimento di un interesse della collettivit�, e la pubblica amministrazione, come era risultato chiaramente dalla consulenza di ufficio, aveva seguito un criterio tecnico errato, non avendo mantenuto la preesistente inclinazione a valle e ~on avendo costruito le apposite cunette, che avrebbero eliminato le conseguenze dannose dell'anomala costruzione della sagomatura, ha ritenuto che ci� costituiva un comportamento colposo, lesivo di un diritto del privato; talch� la pubblica amministrazione non poteva sottrarsi all'obbligo del risarcimento dei danni, in base al principio del neminem iaedere, in forza del quale� il potere discrezionale spettante alla pubblica amministrazione circa la costruzione e la manutenzione di una strada, non esime l'amministrazione stessa dal dovere di adottare le ordinarie misure e cautele atte a non mettere in pericolo l'incolumit� ed i beni del cittadino. Non sussiste, pertanto, alcuna contraddittoriet�, nella motivazione della denunciata sentenza, tra le premesse in diritto e l'indagine, che la Corte ritenne giustamente non esserle preclusa in fatto, relativamente alle caratteristiche della strada, riconducibili alle modalit� di ministrativa concerne la fase discrezionale dell'attivit� diretta al soddisfa cimento del pubblico interesse, anche quando la scelta del mezzo tecnico ritenuto pi� idoneo al fine da conseguire richieda l'applicazione di criteri tecnici e la comparazione tra pi� soluzioni tecniche possibili, mentre in fase di tecnica esecutiva, allorch� si tratta soltanto di dare attuazione concreta al mezzo prescelto, senza che necessiti alcuna ulterime attivit� valutativa, viene a mancare il profilo della discrezionalit�, sicch� pu� sorgere la fattispecie dell'illecito. In fase esecutiva, infatti, il carattere vincolato dall'azione deriva dal fatto che l'applicazione delle regole tecniche non lascia alcun margine di scelta all'agente, ma obbliga gli esecutori ad una attivit� il cui contenuto appare rigorosamente predeterminato. Qualche dubbio pu� affacciarsi in ordine all'elemento della scelta del mezzo tecnko, nel senso di stabilire se essa appartenga alla tecnica esecu tiva, e quindi sia sindacabile dall'A.G.0. ovvero se attenga sempre alla fase dell'apprezzamento discrezionale del pubblico interesse che si intende soddisfare e del modo ritenuto al �riguardo pi� opportuno. Non sembra che sussistano valide ragioni per l'abbandono del criterio distintivo tra la fase caratterizzata della discrezionalit� amministrativa e quella appartenente alla tecnica esecutiva �che � dato, sul piano cronolo gico, della messa in opera del mezzo. Tutto ci� che precede tale momento e che va dalla ponderazione comparativa dei vari interessi, al fine della valutazione dell'opportunit� di procedere all'opera pubbUca, sino alla scelta del mezzo tecnico, ritenuto idoneo a soddisfare il bisogno collettivo, tra le diverse soluzioni astrattamente possibili, rientra nell'ambito dell'attivit� discrezionale che come tale � insindacabile da parte del giudke ordinario; mentre dal momento della messa in opera del mezzo prescelto, e per tutto ci� che concerne il suo funzionamento, si � nella fase della esecuzione 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esecuzione dell'opera, ossia all'inclinazione del piano stradale anche verso il fabbricato Marconi ed alla mancata costruzione delle cunette per il convogliamento delle acque piovane, trattandosi, in realt�, di . un'indagine tecnica, alla quale era estranea ogni discrezionalit� ammi. nistrativa, nel senso gi� detto, e che non comportava un sindacato del Il l'uso del potere discrezionale della pubblica amministrazione, ma soltanto la conoscenza degli effetti del comportamento colposo di essa. L'affermazione dei ricorrenti che nella scelta indiscriminata delle caratteristiche dell'opera, si doveva far rientrare quella della sagoma I tura, ossia della c.d. baulatura della strada, in tanto avrebbe potuto essere condivisa, in quanto si fosse dimostrato che la detta modalit� di esecuzione dell'opera era collegata al soddisfacimento di un pubblico interesse. Ma, a parte che tale dimostrazione non � stata neanche tentata dai ricorrenti, non si � tenuto conto, da parte dei medesimi, che la Corte del merito ha configurato la colpa della pubblica amministrazione non soltanto nel modo come la strada � stata rifatta (a sezione convessa con un anormale displuvio), ma anche nell'omissione di quegli accorgimenti (mancanza di apposite cunette), volti ad impedire che le acque piovane, defluendo dal piano stradale, andassero a ristagnare contro il fabbricato Marconi, con conseguente danno per l'immobile. Secondo la denunciata sentenza, infatti, in qualunque sia modo la pubblica amministrazione avesse deciso di ricostruire la strada, saarebbe bastato l'apprestamento delle cunette ad ostacolare l'irregolare deflussa I; . tecnica nella quale possono essere ricercati, da parte del giudice ordinario, . I elementi di colpa nel comportamento della p. a. sotto il profilo dell'even., tuale difetto nella costruzione dell'opera o dell'anormalit� nel funziona=~ mento del mezzo tecnico. Va, peraltro, osservato che talvolta in fase esecu tiva possono verificarsi fatti che comportano nuove scelte da parte del 1'A:mrrninistrazione; in tali ipotesi, limitatamente alle nuove scelte, torna ad opere il criterio della discrezionalit� cui consegue l'insindacabilit�, da parte del giudice oo:dinario, del comportamento della p. a. 4. -Non sembra, quindi, che possa condividersi la .sentenza annotata nella parte in cui ha ritenuto di poter ricavare elementi di .colpa nel comportamento dell'Amministrazione in relazione al fatto che si era proceduto alla ricostruzione della strada mediante una doppia inclinazione del piano stradale (displuvio duplice) rispetto ad una precedente unica inclinazione da monte verso valle (displuvio unico). Ci sembra, cio�, �che la scelta dell'una anzich� dell'altra soluzione tecnica del problema non atteneva alla fase della messa in opera del mezzo e quindi alla tecnica esecutiva, per la quale � consentito il sindacato del giudice ordinario, ma alla fase discrezionale della scelta del criterio ritenuto pi� idoneo al soddisfacimento del pubblico interesse relativo alla ricostruzione della strada. L'insorgenza di un danno patrimoniale di natura permanente per la contigua propriet� privata era, quindi, da inquadrare nell'ambito della responsabilit� per attivit� lecita ex art. 46 della legge sull'espropriazione anzich� in quello dell'illecito ex art. 2043 c. c., giacch� il danno non derivava da un vizio della .costruzione o da errori commessi dai tecnici dell; Amministrazione nell'esecuzione dell'opera, bensl dalla scelta del criterio tecnico di ricostruzione della strada ritenuto idoneo dall'Amministrazione. A. QUARANTA PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 delle acque, produttivo dei rilevati inconvenienti, di guisa che, ai fini della sussistenza della colpa della pubblica amministrazione e quindi, della responsabilit� della medesima, ai sensi dell'art. 2043 e.e., doveva ritenersi sufficiente la sola omissione della costruzione delle cunette. Ed in proposito non sembra superfluo sottolineare che questo punto della decisione, malgrado la sua notevole rilevanza, �non risulta affatto confutato da parte dei ricorrenti. Dall'infondatezza della censura, test� esaminata, rimane, ovviamente, assorbito l'argomento di cui all'ultima parte del mezzo di ricorso del Ministero dei LL. PP., diretto a far ricadere esclsivamente sul Comune la responsabilit� non dei danni ma dell'indennizzo ex art. 46 della legge sulle espropriazioni. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2490 -Pres. Scarpello -Est. Pratillo -P. M. di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Coronas) c. Mazzanti (n.c.). Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo -Contributo di ricostruzione -Pretesa del privato alla concessione ed alla misura -Interesse legittimo -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (I. 27 dicembre 1963 n. 968, artt. 17, 25, 28). Ai sensi della vigente legislazione sui danni di guerra, come peraltro di quella precedente (l. 26 ottobre 1940, n. 1543), il privato in nessun caso pu� vantare diritti soggettivi nei confronti della pubblica amministrazione, sia riguardo alla concessione che alla misura dell'indennizzo o del contributo di ricostruzione, sibbene soltanto interessi legittimi, tutelabili esclusivamente in sede amministrativa e davanti al Consiglio di Stato, sicch� in materia non � concessa al privato azione davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria; le disposizioni di cui agli artt. 25 e 28 della l. 27 dicembre 1953, n. 968, che stabiliscono rispettivamente la base per la commisurazione dell'indennizzo riguardo a determinati beni indicati nell'art. 4 e i vari limiti entro cui l'indennizzo, per i beni medesimi, deve essere contenuto, sono certamente norme vincolanti per la pubblica amministrazione, ma, essendo inserite nel procedimento amministrativo di liquidazione dell'indennizzo, costituiscono norme d'azione e non di relazione, sicch� l'interesse del privato non assurge a diritto soggettivo, non essendo oggetto di tutela immediata e diretta (1). (Omissis). Ritenne la Corte del merito, che, contro il decreto dell'Intendente di Finanza, che stabilisce se l'indennizzo per danni di guerra sia do (1) In materia, oltre alla Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 19561960, III, 812, v. da ultimo, Cass., Sez. Un., 3 febbraio 1964, in questa Rassegna, 1964, I, 497 e Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63, ivi, 1965, I, 290, nonch� gli ampi richiami contenuti nelle relative note redazionali. 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vuto o no, e che ne determina, nel primo caso, l'ammontare, � dato ricorso al Ministro del Tesoro e, quindi, al Consiglio di Stato ex art. 17 della 1. n. 968 del 27 dicembre 1953. Ritenne la Corte essere, per�, norme non di azione ma di relazione, vincolanti per la P.A., quelle contenute negli artt. 25 e 28 della legge stessa, stabilenti i criteri e le misure con cui si deve operare l'accertamento del quantum dell'indennizzo, cosicch� la loro violazione legittima il privato ad adire il giudice ordinario. Obietta l'Amministrazione ricorrente, nel denunciare la violazione dell'art. 2 della legge n. 2248 all. E del 20 marzo 1865 in rapporto agli artt. 17, 25 e 28 della 1. n. 968 del 1953 e 360, n. 1, del c.p.c., che tutte le norme disciplinanti l'indennizzo dei danni di guerra -anche quelle che stabiliscono i criteri in base ai quali deve essere liquidato l'indennizzo -sarebbero norme d'azione e, pertanto, non esisterebbero mai, in materia, a favore del privato, diritti soggettivi, sibbene soltanto interessi legittimi e, in conseguenza, sarebbe costantemente esclusa nella materia stessa la giurisdizione del giudice ordinario. L'Amministrazione rileva, altresl, che la Corte del merito avrebbe errato nel ritenere che l'ammontare dell'indennizzo determinato dall'Intendente di Finanza (art. 17 della 1. n. 968 del 1953) non s'identificherebbe con quello liquidato eseguendo i calcoli di commisurazione nei limiti fissati dagli artt. 25 e 28 della legge medesima. Il ricorso � fondato. Il Mazzanti ha chiesto all'Autorit� giudiziaria ordinaria che gli fosse liquidato, a carico dell'Amministrazione Finanziaria, un indennizzo per danni di guerra superiore a quello concessogli dall'Intendente di Finanza di Milano, assumendo che i limiti dell'indennizzo stesso, stabiliti dall'art. 28 della I. n. 968 del 27 dicembre 1953 per gli immobili adibiti, quale il suo, all'esercizio di attivit� industriali (art. 4 lett. b della legge), andavano applicati sull'entit� del danno, valutato ai prezzi vigenti al 30 giugno 1943, prima che questo fosse moltiplicato per il coefficiente cinque (art. 25); non dopo, come aveva operato l'Intendente di Finanza. Ora con ripetute decisioni, anche a Sezioni Unite (cfr. n. 491 del 22 febbraio 1954; n. 1954, del 26 giugno 1959; n. 1293 del 29 maggio 1962; n. 63 del 12 gennaio 1965), Questo Supremo Collegio da tempo ha fissato e mantenuto il principio che, ai sensi della vigente legislazione sui danni di guerra (1. n. 968 del 27 dicembre 1953) -come, peraltro, di quella precedente (1. n. 1543 del 26 ottobre 1940) -il privato in nessun caso pu� vantare diritti soggettivi nei confronti della P .A., sia riguardo la concessione che la misura dell'indennizzo o del contributo di ricostruzione, sibbene soltanto interessi legittimi, tutelabili esclusivamente in sede amministrativa e avanti il Consiglio di Stato, sicch� non � concessa al privato mai, in materia, azione avanti 1 'Autorit� Giudiziaria ordinaria. �, tuttavia, ovvio -come peraltro � stato anche precisato in altre sentenze da questa Suprema Corte (n. 4399 del 15 novembre 1957, n. 397 del 29 febbraio 1960, n. 1179 del 13 maggio 1963} -che il principio suddetto vale soltanto per il privato il quale chieda al giudice ordinario nei confronti della P.A. l'accertamento del suo di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 55 ritto all'indennizzo o al contributo di ricostruzione per danni di guerra negatogli dall'Amministrazione stessa; ovvero, se concesso, la liquidazione in misura diversa o superiore a quella accordatagli. Quando, invece, la controversia sia tra privati, legati da un rapporto contrattuale questo, anche se in relazione mediata o immediata con l'indennizzo o il contributo suddetto � disciplinato dal diritto civile. Invero, data la totale indipendenza tra il rapporto intercorrente tra soggetti privati e l'altro tra uno dei privati e la P.A. una volta esaurita la procedura amministrativa diretta ad accertare se ricorrano le condizioni per la concessione dell'indennizzo o del contributo e, in caso positivo, dopo che se ne sia definitivamente determinato l'ammontare, i soggetti privati ben possono far valere i diritti e gli oh\>lighi reciproci, relativi all'indennizzo o al contributo, innanzi il giudice ordinario, avendo essi natura di diritti soggettivi e non di interessi legittimi, dato che, in tale ipotesi, il giudice ordinario non � affatto chiamato a decidere sull'an o a determinare il quantum dell'indennizzo o del contributo preteso dal privato nei confronti della P.A. Nella specie, come si � visto, non ricorreva, per�, tale seconda ipotesi e la causa petendi posta a giustificazione della pretesa del Mazzanti, pur da questi prospettata come lesione d'un diritto soggettivo, in realt� data la intrinseca natura dell'interesse dedotto in giudizio, e la effettiva protezione accordata dalla legislazione speciale sui danni di guerra alla posizione del privato nei confronti della P.A. convenuta attingeva la sua esatta ragione giuridica soltanto nell'eventuale lesione d'un interesse legittimo. Evidente �, poi l'errore di diritto in cui, per giustificare la propria pronuncia, � incorsa la Corte del merito qualificando come norme di relazione e non d'azione quelle contenute negli artt. 25 e 28 della 1. n. 968 del 1953 : errore tanto pi� palese in quanto la motivazione contraddice apertamente sul punto, con un'esatta affermazione che la precede. Invero la Corte, richiamandosi all'art. 17 della legge suddetta, dapprima ed esattamente, ha affermato che, contro il decreto dell'Intendente di Finanza che stabilisce se l'indennizzo o il contributo sia dovuto o non e che, nel primo caso, ne determina lo � ammontare �, � dato ricorso al Ministero del Tesoro il cui provvedimento, essendo definitivo, � impugnabile innanzi il Consiglio di Stato. Non ha, per�, considerato la Corte stessa che l'art. 25 della legge -il quale stabilisce la base per la commisurazione dell'indennizzo riguardo i beni indicati dall'art. 46 lett. b -e l'art. 28 -il quale stabilisce i vari limiti entro cui l'indennizzo, per i beni medesimi, deve essere contenuto ove si superino determinate somme -fissano i criteri ed i limiti che l'Intendente di Finanza deve osservare, e i calcoli che deve eseguire per la liquidazione dell'indennizzo, cio� per determinare proprio quell'ammontare (l'unico previsto dalla legge) che dovr� essere specificamente indicato, acquistando cosi rilevanza esterna, nel decreto che l'Intendente stesso emette ai sensi dell'art. 17 della legge. Trattasi, pertanto, di norme, certo vincolanti per la P.A., ma intimamente inserite -formando cosi un unicum con le altre -nel procedimento amministrativo di liquidazione 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'indennizzo previsto dalla legge, vale a dire di norme dirette a regolare, in materia, i modi, i tempi e i limiti dell'attivit� della P .A. e, quindi il corretto esercizio del suo potere in vista del perseguimento del pubblico interesse relativo alle provvidenze .da concedere a chi abbia subito danni dalla guerra, cio� di norme d'azione e non di relazione di fronte alle quali l'interesse del privato non assurge mai a diritto 'soggettivo, non essendo oggetto di tutela immediata e diretta (cfr. Cass. sent. n. 762 del 15 marzo 1962, n. 657 del 12 aprile 1965). Ed infatti nella specie, il procedimento amministrativo di liquidazione si perfeziona e si conclude con il decreto dell'Intendente di Finanza, quel provvedimento terminale che il privato esplicitamente, ma anche esclusivamente, � legittimato a impugnare nel modi previsti dall'art. 17 della 1. n. 968 del 1953, a difesa, come si � visto, di un suo interesse legittimo anche se, come nel caso concreto, lamenti la violazione di norme vincolanti per la P.A. circa i criteri, i calcoli e i limiti in base ai quali deve essere determinato �l'ammontare � dell'indennizzo. Il ricorso deve essere, pertanto accolto e, negandosi in conseguenza la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria a decidere della lite, la sentenza della Corte di Appello di Milano va cassata senza rinvio. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 gennaio 1966, n. 207 -Pres. Scarpello -Est. Tamburrino -P. M. Criscuoli (diff.) -Ministero Finanze e Azienda Autonoma dei Monopoli dello Stato (avv. Stato Carafa) c. Soc. Agricola Industriale Meridionale (avv. Resta). Competenza e giurisdizione -Improponibilit� della domanda -Improponibilit� assoluta nei confronti della p. a. -Indagine sulla ipotizzabilit� in astratto di un diritto o interesse provvisto di azione o difesa giurisdizionale. Competenza e giurisdizione -Contratto di acquisto di tabacco estero da parte dell'Amministrazione dei Monopoli -Domanda di adempimento formulata dal privato -Responsabilit� -Indagine sul se il contratto sia stato stipulato in Italia o all'estero -Non � necessaria. Competenza e giurisdizione -Contratti sottoposti ad approvazione Configurabilit� di diritti soggettivi -Esclusione. Competenza e giurisdizione -Contratti stipulati dal Ministro -Necessit� dell'approvazione ai fini della giurisdizione dell'a.g.o. -Esclusione. L'eccezione di improponibilit� assoluta della domanda nei confronti della pubblica Amministrazione comporta la necessit� di effettuare una preliminare indagine diretta a stabilire se, nei termini di fatto e di di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 57 ritto proposti dall'attore, sia ipotizzabile in astratto un diritto o un interesse provvisto di azione o di difesa giurisdizionale (1). � proponibile una domanda che pretenda di fondarsi su un contratto di acquisto, da parte dell'Amministrazione dei Monopoli, di tabacco estero, senza che occorra indagare se l'asserito contratto sia stato stipulato in Italia o all'estero (2). Non sono configurabili diritti soggettivi perfetti nascenti da un contratto con la pubblica Amministrazione ove non sia intervenuto il prescritto decreto di approvazione (3). La necessit� del decreto di approvazione, ai fini dell'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, viene meno ove il contratto sia stato stipulato dal Ministro (4). (1-4) In tema di improponibilit� assoluta della domanda. 1. -I fatti di causa solo largamente noti. Nel 1962 il Ministro delle Finanze dell'epoca e due Societ� titolari di -concessioni per la coltivazione di tabacco addivennero ad un accordo, in base al quale le Societ� si impegnavano a consegnare annualmente al Monopolio una certa quantit� di tabacco estero per un prezzo da liquidare in base alle tariffe vigenti per i tabacchi nazionali. Questo accordo, che aveva assunto la veste di uno scambio di corrispondenza fra il Ministro ed i rappresentanti delle Societ�, ebbe esecuzione per un certo tempo, finch�, nel 1964, riesaminata attentamente la consistenza giuridica della convenzione e constatata la sua assoluta inammissibilit�, il Ministero decise di non darle pi� esecuzione in alcuna forma. Le Societ� reagirono impugnando dinanzi al Consiglio di Stato questo provvedimento e, contemporaneamente, citando dinanzi al giudice ordinario l'Amministrazione finanziaria per sentir dichiarare la piena validit� ed efficaca dell'accordo del 1962. In questa situazione, evidentemente, si imponeva il regolamento preventivo di giurisdizione. L'Avvocatura sostenne, in linea principale, l'improponibilit� assoluta delle domande delle Societ� e, in linea subordinata, la giurisdizione del Consiglio di Stato. La legge, che riserva a monopolio dello Stato la coltivazione, preparazione, introduzione e vendita dei tabacchi e dei prodotti derivati (art. 45 legge 17 luglio 1942, n. 907), non consente in nessun caso l'introduzione da parte di privati di tabacco grezzo prodotto all'estero. Solo all'Amministrazione spetta, infatti, il potere di acquistare direttamente il tabacco estero nei luoghi di produzione e nei principali mercati stranieri (art. 10 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440). Si sostenne, perci�, che un rapporto contrattuale quale quello che le Societ� pretendevano di dedurre in giudizio non � assolutamente configurabile nel nostro ordinamento e che, quindi, la domanda non era proponibile. In ogni caso, poi, si dedusse che, non essendo mai intervenuto il decreto di approvazione del preteso contratto, la posizione giuridica delle Societ� non avrebbe potuto qualificarsi come diritto soggettivo perfetto, ma, semmai, solo come interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo di legittimit�. Le Sezioni Unite hanno respinto ambedue le tesi, affermando la giurisdizione del giudice ordinario. La decisione non appare pienamente convincente. Essa ha il merito di aver chiaramente riaffermato alcuni fondamentali principi in tema di limiti della giurisdizione nei confronti della pubblica RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). Il regolamento di giurisdizione proposto dalle Amministrazioni ri �= correnti si fonda su due ordini di considerazioni e di motivi ben distinti, l'uno anzi subordinato all'altro, in quanto si sostiene in primo luogo l'improponibilit� assoluta delle domande avanzate dalla Societ� attualmente resistente e cio� la carenza assoluta di giurisdizione su di esse sia da parte sia del giudice ordinario che di quello amministrativo, mentre in secondo luogo, e subordinatamente, si afferma che, ave non si potesse addivenire a quella improponibilit� assoluta, sussisterebbe esclusivamente la giurisdizione del giudice amministrativo e non mai quella del giudice ordinario. Entrambe le proposizioni, sebbene abilmente prospettate e sorrette, non possono, dopo un attento esame, essere accolte. Anzitutto, fermando l'attenzione sul primo dei suddetti due motivi, non pu� in alcun modo parlarsi di improponibilit� assoluta, di carenza assoluta di giurisdizione in ordine alle domande di cui trattasi. L'eccezione di improponibilit� assoluta della domanda importa certamente la preliminare indagine diretta a vedere se una determinata domanda sia in astratto configurabile nei termini di fatto e di diritto proposti dall'attore, sia cio�, sempre tenuto conto non della mera prospettazione soggettiva, sibbene del cosidetto petitum sostanziale, della necessaria connessione tra petitum e causa petendi, onde dedurne la effettiva consi- Amministrazione, ma non sembra che da tali principi abbia tratto tutte le necessarie conseguenze rispetto al caso di specie. In particolare: � stato giustamente riconosciuto che ogni domanda giudiziale nei confronti della pubblica Amministrazione deve formare oggetto di una preliminare indagine (sempre necessaria, anche se, il pi� delle volte, resta nell'ombra) diretta a stabilire se, nei termini di fatto e di diritto proposti dall'attore, � sia ipotizzabile in astratto un diritto o un interesse provvisto di �azione o di difesa giurisdizionale�; ma, poi, nell'effettuare in concreto tale indagine rispetto alla domanda di cui si trattava, sono stati assegnati al giudizio sulla proponibilit� confini che ci sembrano eccessivamente ristretti rispetto al giudizio sul merito. E, ancora: � stato riaffermato il principio, ormai pacifico, per cui la mancanza dell'approvazione dei contratti stipulati con la pubblica Amministrazione esclude la configurabilit� di un diritto soggettivo perfetto in capo al contraente privato; ma si � poi ritenuto che l'approvazione non occorra, al fine di ritenere la giurisdizione del giudice ordinario, quando l'autorit� stipulante (Ministro) sia quella stessa alla quale competerebbe l'atto di approvazione. Il che non appare coerente col principio, generale e assoluto, confermato dalla stessa sentenza. Su questi punti, non ci sembra, perci�, superflua qualche breve osservazione. 2. -Com'� noto, le questioni relative al giudizio sulla proponibilit� della domanda nei confronti della pubblica amministrazione, inteso come giudizio sui limiti del potere giurisdizionale, hanno formato oggetto, in passato, di una notevole elaborazione giurisprudenziale, che � pervenuta a fissare chiari principi, ricavati da un'esatta interpretazione degli artt. 2 e 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo e delle norme della legge 31 marzo 1877, n. 3761, poi trasfuse nel vigente codice di procedura civile (1). In tempi pi� recenti e, in particolare, dopo l'entrata in vigore della Costitu( 1) Cfr., in proposito, l'ampia trattazione contenuta nella Relazione della R. Avvocatura Erariale per gli anni 1926-1929, Roma, 1930, pag. 15 e segg. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 59 stenza dell'intrinseco interesse dedotto in lite, ipotizzabile in astratto un diritto o un interesse provvisto di azione o di difesa giurisdizionale, salvo poi, all'esito positivo di questa prima indagine, passare alla seconda e vedere la natura di quell'interesse eventualmente sussistente e determinare, sempre sulla base del criterio del petitum sostanziale, se esso possa configurarsi come un vero diritto subbiettivo, azionabile innanzi il giudice ordinario, ovvero come un interesse legittimo deducibile innanzi il giudice amministrativo: la unicit� del criterio secondo cui vanno condotte le due indagini (petitum sostanziale) pu� portare anche ad una commistione di argomentazioni, nel senso che le stesse argomentazioni, possono essere utili per risolvere entrambe, ma resta sempre la loro differenziazione sul piano logico e giuridico. Ora, ponendo mente alle domande fatte valere dalla societ� resistente ed alla sostanza delle stesse, nonch� alle ragioni giuridiche poste a fondamento di esse, appar chiaro, indipendentemente dalle parole ed espressioni, talora improprie, usate, che si � dalla stessa dedotto un rapporto di natura convenzionale interceduto tra essa societ� e l'Amministrazione dello Stato per l'acquisto da parte di quest'ultima di tabacco estero. Convenzione che sarebbe stata consacrata dall'atto del Ministro delle Finanze e dalla successiva piena accettazione del privato, il primo del 10 gennaio 1962, la seconda dell'll gennaio dell'anno; convenzione in base alla quale la societ� avrebbe dovuto completare la sua produzione di tabacco in Italia con analoga produzione di tabacco all'estero ed avrebbe dovuto consegnare tale tabacco estero ali'Amministrazione italiana che lo avrebbe acquistato secondo precise condizioni zione, non risulta che le questioni stesse abbiano avuto occasione di essere riesaminate dalla Suprema Corte (2). La sentenza in esame assume, perci�, notevole importanza per aver nettamente ribadito i risultati raggiunti dalla precedente elaborazione giurisprudenziale, riconoscendone la validit� anche sotto il vigore della nuova Carta costituzionale. Tanto pi� che qualche pronuncia non molto recente (ad es.: Cass., S.U., 16 ottobre 1954, n. 3753, in Foro it., 1955,1, 493) poteva sembrare indirizzata nel senso di attribuire all'art. 113 Cost. una portata che esso, invece, certamente non ha, quasi che (2) Va rilevato che, fin dal 1951 (a partire dalla sentenza S. U. 29 maggio 1951, in Foro it., 1952, I, 701), si � andato consolidando un indirizzo volto ad assoggettare alla disciplina dell'improponibilit� assoluta domande attinenti a rapporti tra privati privi di qualunque tutela giuridica (cfr. tra le altre: Cass. S. U., 27 gennaio 1959 n. 221, in Foro it., 1959, I, 216; 6 giugno 1960, n. 1484, ivi 1960, I, 906; 8 luglio 1960, n. 1814, in Giust. civ., 1961, I, 109). Tale indirizzo (accolto con pareri discordi dalla dottrina: cfr., da un lato, ANDRIOLI, in Giur. compl. Cass. civ., 1952, I, 13; LIEBMAN, in Riv. dir. proc., 1953, Il, 35; e, dall'altro, SATTA, Commentario ai cod. proc. civ., Libro I, Milano 1959, pag. 164) non interessa direttamente il nostro tema. Va considerato, tuttavia, che alcuni principi affermati da questa recente giurisprudenza� (e cosi, in particolare, quello per cui l'indagine sulla proponibilit� dovrebbe essere condotta solo prima facie) possono comportare il pericolo di indebiti ritorni a concezioni del tutto superate ove dell'improponibilit� si discuta nel campo che � certamente suo proprio: quello dei rapporti fra potere giurisdizionale e pubblica Amministrazione. Non � da escludere che la sentenza in esame sia �stata indotta a restringere eccessivamente l'ambito del giudizio sulla proponibilit� (che, invece, com'� pacifico, suppone una piena cognizione dell'oggetto della controversia) proprio per l'influenza dell'indirizzo seguito dalla recente giurisprudenza in tema di domande tra privati. 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e prezzi. Non quindi concessione-contratto, come pure � adombrato, ma contratto stipulato tra un soggetto privato e la Pubblica Amministrazione, sottoposto, come tutte le parti in definitiva sono d'accordo, oltre che alle norme sul monopolio dei tabacchi, a quelle generali della legge sulla contabilit� generale dello Stato in ordine ai contratti riflettenti rapporti patrimoniali tra Amministrazione e privati. Questa � la convenzione dedotta in giudizio, della quale si chiede la piena declaratoria di validit� e di cui si chiede, con il risarcimento dei danni, la esecuzione. � Petit�m � � adunque la domanda di esecuzione della convenzione, con il risarcimento dei danni per la sua inesecuzione ad opera della Amministrazione, � causa petendi � la sussistenza del rapporto convenzionale tra la societ� privata e l'Amministrazione pubblica. E ben determinate sono anche le norme giuridiche concernenti la fattispecie astratta nella quale, secondo la domanda della societ�, dovrebbe rientrare il caso concreto. Invero, le norme sul Monopolio in materia di tabacchi (ed in ispecie quelle della legge 17 luglio 1942, n. 907 e successive modificazioni e quelle del R.D. 29 dicembre 1927, n. 2452) distinguono nettamente la coltivazione e produzione di tabacco in Italia che sono soggette, quando non effettuate direttamente dall'Amministrazione, ad un regime di concessioni a privati, dallo acquisto di tabacco all'estero, acquisto cui � abilitata direttamente I'Amministrazione attraverso una attivit� a caratttere patrimoniale, avente ad oggetto l'acquisto del tabacco estero: la legge generale sulla contabilit� dello Stato, che, l'azione amministrativa dovesse ormai ritenersi sempre soggetta al controllo giurisdizionale e la domanda contro la pubblica Amministrazione I fosse, quindi, sempre proponibile. � chiaro, invece, che nell'art. 113 Cost. l'esercizio del potere giurisdizionale nei confronti deUa Pubblica Amministrazione � concepito (conformemente ai principi tradizionali) in funzione della tutela dei diritti Ie degli interessi legittimi dei privati ( � Contro gli atti della pubblica Amministrazione � sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o ammi I nistrativa �). L'assoggettamento dell'azione amministrativa al controllo giu@ risdizionale incontra, quindi, un preciso limite funzionale: esso � ammissibile soltanto ove sia coordinato al fine di attuare la garanzia giurisdizionale di quella sfera di interessi dei privati ai quali la legge sostanziale attribui I sce la dignit� di diritti soggettivi o di interessi legittimi. Si pone, in tal modo, il problema di identificare esattamente la sfera dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi ai quali � costituzionalmente as Isicurata la tutela giurisdizionale. In concreto, sul piano processuale, ci� si [ traduce nell'obbligo del giudice di stabilire preliminarmente se la pretesa dedotta in giudizio corrisponda ad un diritto o ad un interesse legittimo ipo~ tizzabile nei confronti della pubblica Amministrazione, e cio� di accertare se essa rientri nella sfera degli interessi privati giuridicamente protetti. L'esito negativo di tale indagine comporta il riconoscimento del difetto assoluto di giurisdizione e, quindi, dell'improponibilit� della domanda. Posto, infatti, che la potest� giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione trova il suo limite invalicabile nella funzione esclusiva di garanzia dei diritti ~ degli interessi dei privati, ove non sia ipotizzabile in astratto alcuna posizione giuridica tutelata di fronte all'azione amministrativa, il giudice (qualunque giudice) deve ritenersi privo di ogni potere rispetto al merito della controversia. La violazione di questo principio as PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 61 come � noto, regola la attivit� contrattuale patrimoniale della Pubblica Amministrazione, chiama esplicitamente, nell'art. 10, �convenzioni� siffatti atti diretti all'acquisto di tabacco all'estero. Onde � anche indi viduata la fattispecie astratta entro cui, secondo la domanda fatta valere dalla societ�, dovrebbe inquadrarsi la fattispecie concreta. Da cui deriva, come ulteriore conseguenza, la piena configurabilit� in astratto di un diritto protetto. A questo punto le Amministrazioni ricorrenti immediatamente deducono �che le norme citate prevedono si la possibilit� e la concepi bilit� di convenzioni stipulate dalla Pubblica Amministrazione per l'ac quisto di tabacco estero, ma esse limitano tali convenzioni alla ipotesi in cui il tabacco sia coltivato e prodotto all'estero e la convenzione avvenga all'estero direttamente tra produttore estero e Amministra zione, nel senso che cio� il potere di acquistare tabacco all'estero sareb be ,subordinato alla ricorrenza di una duplice condizione, l'una integrata da un criterio di collegamento territoriale del genere da acquistare con il luogo in cui si trova, l'altra integrata da una attivit� diretta dell'Amministrazione a tale acquisto; laddove nella specie manchereb bero entrambe le condizioni, essendo stata la � convenzione � assunta stipulata in Italia con una societ� italiana che avrebbe dovuto acqui stare all'estero il tabacco e rivenderlo al Monopolio italiano. Qui si pone subito una precisazione che sempre queste Sezioni Unite sono costrette a fare, allorch� si discute in tema di proponibilit� della do manda e di carenza di giurisdizione. La precisazione � che non occorre in alcun modo confondere il problema della proponibilit� astratta che sumerebbe il valore di un eccesso di potere giurisdizionale e di un'invasione della sfera costituzionalmente riservata al potere esecutivo (conflitto di attribuzione, deferito alla Corte Costituzionale a norma dell'art. 134 Cost. (1) ). La valutazione giuridica di una pretesa dedotta in giudizio contro l'Amministrazione, va, quindi, sempre effettuata in due distinti momenti. Anzitutto, si pone un problema di configurabilit� in astratto di una posizione giuridica tutelata come fondamento della pretesa. La soluzione positiva di tale problema apre, quindi, l'adito al giudizio di merito (spettante al giudice individuato in base alla qualificazione -diritto soggettivo o interesse legittimo -attribuita alla posizione giuridica riconosciuta in astratto configurabile): giudizio rivolto all'accertamento della spettanza in concreto del diritto o dell'interesse legittimo all'attore e della sua eventuale lesione da parte della pubblica Amministrazione. Il primo giudizio attiene all'accertamento dell'esistenza del potere giurisdizionale; il secondo, all'esercizio in concreto del potere riconosciuto esistente. 3. -La distinzione fra giudizio sulla proponibilit� della domanda e giudizio di merito �, quindi, in linea di principio, nettissima. Si comprende, tuttavia, come in concreto possa in qualche caso non apparire del tutto chiara la linea di separazione fra ci� che appartiene al primo giudizio e ci� che appartiene al secondo. La distinzione non �, infatti, nell'oggetto dell'indagine giudiziale (che � sempre la pretesa fatta valere (1) V., per tutti, GuGLIELMI, I conflitti di attribuzione tra i poteri detto Stato, in La Corte Costituzionale (Raccolta di studi), Roma 1958, pag. 397, e segg. 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � l'unico che interessa in tema di giurisdizione ed il problema della proponibilit� e fondamento in concreto della domanda che � problema di merito, da esaminarsi dal giudice competente. Il primo problema si limita alla determinazione della sussistenza di una fattispecie astratta entro la quale possa in astratto rientrare la fattispecie concreta fatta valere sicch� sia, sempre in astratto, ipotizzabile un diritto o un interesse tutelato, nonch� alla qualificazione astratta di questo diritto od interesse, in relazione alla fattispecie astratta invocata ed alla fattispecie concreta fatta valere. Se si ritiene, sulla interpretazione della domanda con il criterio innanzi indicato, che sussista una siffatta fattispecie astratta invocata, una previsione legislativa, in cui possa in astratto ricomprendersi la fattispecie concreta, la domanda sar� proponibile e si tratter� allora di qualificare sempre in astratto l'interesse fatto valere, se cio� si sia in presenza di un interesse obbiettivamente ed effettivamente configurabile in astratto in virt� di una protezione diretta ed immediata (diritto subbiettivo azionabile innanzi al giudice ordinario) ovvero in presenza di un interesse protetto solo occasionalmente in relazione alla tutela di un interesse pubblico e dell'uso di poteri discrezionali da parte della Pubblica Amministrazione (interesse legittimo tutelabile innanzi il giudice amministrativo). Tutto il resto, in giudizio), ma nella prospettiva, o, se si vuole, nel punto di vista, trattandosi, in un caso, di accertare se la pretesa possa astrattamente ricondursi alla sfera dei diritti e degli interessi legittimi tutelati dalla legge nei confronti dell'azione amministrativa, e, nell'altro, di accertare se la pretesa trovi in concreto fondamento in un diritto o in un interesse legittimo leso dall'Amministrazione. Si avverte, quindi, la necessit� di un chiaro criterio di discriminazione fra i due giudizi. Sul punto, la sentenza in esame, premesso che � non occorre in alcun modo confondere il problema della proponibilit� astratta, che � l'unico che interessa in tema di giurisdizione, ed il problema della proponibilit� e fondamento in concreto della domanda, che � problema di merito, da esaminarsi dal giudice compentente., precisa che �il primo problema si limita alla determinazione della sussistenza di una fattispecie astratta entro la quale possa, in astratto, rientrare la fattispecie concreta fatta valere, sicch� sia, sempre in astratto, ipotizzabile un diritto o un interesse tutelato, nonch� alla qualificazione astratta di questo diritto od interesse, in relazione alla fattispecie astratta invocata ed alla fattispecie concreta fatta valere.... Tutto il resto, quando dalla proponibilit� astratta si passa a quella concreta, quando dalla configurabilit� astratta si passa alla configurazione concreta, fuoriesce dal problema di giurisdizione e diventa problema di merito �. In linea di principio, si pu� ben consentire con questa impostazione. La discriminazione dell'ambito del giudizio sulla proponibilit� e di quello del giudizio di merito sta tutta nella contrapposizione astratto-concreto. Il giudizio sulla proponibilit� riguarda la configurabilit� in astratto di una posizione giuridica tutelata del privato nei confronti della pubblica Amministrazione (trattandosi, appunto, di accertare se vi sia materia per l'esercizio della potest� giurisdizionale, che esiste solo in funzione della garanzia di posizioni 1giuridiche siffatte). Il giudizio sul merito riguarda, invece, la concreta esistenza, in capo all'attore, della posizione giuridica gi� ritenuta, in astratto, configurabile. Ma � chiaro che la semplice caratterizzazione dei due giudizi in termini di � astrattezza � e � concretezza � � ben lungi dall'essere idonea, da sola, a PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 63 quando dalla proponibilit� astratta si passa a quella concreta, quando dalla configurabilit� astratta si passa alla configurazione concreta, fuoriesce dal problema di giurisdizione e diventa problema di merito. In base a siffatti principi � sufficiente stabilire nel caso in esame che � stata dedotta dalla societ� privata una convenzione, da essa stipulata con la Pubblica Amministrazione, e cio� un contratto regolabile nelle norme sulla contabilit� generale dello Stato, relativo all'acquisto di tabacco estero e del quale si chiede dal privato la esecuzione. Sussiste la fattispecie astratta in cui si chiede che sia inquadrata quella concreta e sussiste la configurabilit� astratta dell'interesse della societ� ad ottenere la protezione della sua posizione contrattuale da parte dell'ordinamento giuridico. Ci� basta perch� si debba concludere essersi in presenza di una domanda proponibile e di una domanda concernente un diritto subbiettivo della societ� in relazione ad un rapporto contrattuale con la Pubblica Amministrazione relativo ad acquisto di tabacco estero. Tutto il resto � merito. Cos� il dire che il preteso contratto non poteva essere stipulato dalla Amministrazione con una societ� italiana in Italia, perch� la legge prevede solo la possibilit� di contratti all'estero con soggetti stranieri significa porre il problema del fonda mento concreto della domanda proposta, cio� dell'inquadramento concreto e preciso della fattispecie concreta nella fattispecie astratta invocata, il che spetta al giudice del merito stabilire. Vale a dire il giudice della giurisdizione deve limitarsi alla affermazione della sussistenza risolvere il problema. Essendo l'astrattezza un concetto eminentemente relativo e potendosene dare varie gradazioni, si tratta, in definitiva, di vedere da quali elementi esattamente si debba � fare astrazione � per giudicare sulla proponibilit� della domanda. Seguendo l'impostazione della sentenza in esame, sia il giudizio sulla proponibilit� che quello sul merito possono ricondursi al classico sillogismo giudiziale: sussunzione della fattispecie concreta nella fattispecie legale. Si tratta, cio�, sempre di stabilire se i fatti materiali dedotti in giudizio corrispondano ad una ipotesi legislativa alla quale sia collegato il sorgere di un diritto o di un interesse legittimo. Nel caso, per�, del giudizio sulla proponibilit�, questa indagine deve condursi solo in astratto. Non sembra dubbio che ci� null'altro pu� significare che il giudizio sulla proponibilit� della domanda deve limitarsi alla verifica della ricorrenza, nella fattispecie concreta, di alcuni soltanto degli elementi di una fattispecie legale idonea a far sorgere un diritto o un interesse legittimo, facendosi astrazione dagli elementi ulteriori. In termini pi� rigorosi, ci� equivale a dire che la fattispecie legale alla quale � collegata l'attribuzione al giudice della potest� giurisdizionale rispetto ad un rapporto fra privati e pubblica Amministrazione costituisce una sezione della stessa fattispecie contemplata dalla norma sostanziale che regola il rapporto e che attribuisce al privato un diritto soggettivo o un interesse legittimo nei confronti dell'Amministrazione. Alcuni elementi della fattispecie contemplata dalla norma sostanziale, mentre, da un lato, concorrono con gli altri 'alla produzione dell'effetto giuridico consistente nella proteziQne dell'interesse del privato, compongono, dall'altro, una distinta fattispecie alla quale � collegato il sorgere della potest� giurisdizionale rispetto al rapporto di cui si tratta. Individuare l'ambito del giudizio sulla proponibilit� della domanda significa, quindi, individuare, fra gli elementi di fatto presi in considera 7 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e configurabilit� in astratto di un diritto subbiettivo relativo ad una fattispecie concreta inquadrabile in una determinata fattispecie astratta, mentre spetta al giudice del merito interpretare la norma e determinare ;)i requisiti e gli elementi della fattispecie astratta, nonch� fissare gli elementi di quella concreta e decidere se la seconda sia inquadrabile ' nella prima e se il diritto subbiettivo, astrattamente configurabile, esi' I . sta effettivamente. Se sar� accertato che effettivamente la norma non consente un valido contratto in Italia con soggetto privato italiano circa l'acquisto e la produzione di tabacco estero con le condizioni nella specie fissate, si avr� invalidit�, nullit�, contrasto con le norme di legge, della convenzione e quindi rigetto nel merito delle domande attrici. Ma ci� non concerne il problema di giurisdizione. Anzi un giudice vi ha pur da essere, che decida sulla validit� di quella convenzione e sulla applicabilit� alla stessa della norma invocata e tale non pu� essere che il giudice ordinario, dacch� � fatto valere un diritto subbiettivo astrattamente configurabile come discendente da un rapporto contrattuale posto in essere dalla Amministrazione con il privato. Si dice dalle ricorrenti che potrebbe ammettersi la esistenza di � un giudice della controversia �, ma non mai di un � giudice del contratto �. Ma, se si � in presenza di un rapporto tra privato e Amministrazione in ordine al quale potrebbe in astratto configurarsi o una tutela diretta ed intima della posizione del privato ovvero una tutela indiretta an zione dalla norma che disciplina il rapporto di cui si tratta, quegli elementi che non condizionano tanto l'attribuzione in concreto al privato di una posizione giuridica tutelata, quando la stessa possibilit� di una tutela siffatta e, quindi, l'esistenza della potest� giurisdizionale rispetto al merito della controversia. E poich� la possibilit� di una tutela dell'interesse del privato dipende dal modo in cui si atteggiano, nella materia di cui si tratta, i poteri della pubblica Amministrazione, appare chiaro che gli elementi rilevanti per il giudizio sulla proponibilit� della domanda sono appunto quelli (e tutti quelli) che, sul piano sostanziale, rilevano ai fini del concreto atteggiarsi dei poteri dell'Amministrazione rispetto al rapporto in contestazione. Se la legge sostanziale, in presenza di certi presupposti di fatto, attribuisce all'Amministrazione una potest� di azione tale da escludere che nel suo svolgimento possano configurarsi limiti segnati da posizioni giuridiche attribuite a privati, mentre, in presenza di altri presupposti, pone dei vincoli al potere dell'Amministrazione a garanzia (immediata o mediata) di interessi privati, il giudizio sulla proponibilit� di un'eventuale domanda nei confronti dell'Amministrazione deve rivolgersi, com'� evidente, proprio all'accertamento della ricorrenza, in concreto, dell'uno o dell'altro ordine di presupposti di fatto. E, ugualmente, se la legge fa dipendere dall'esistenza di certi elementi di fatto l'esistenza o l'inesistenza del potere dell'Amministrazione di porre in essere un'attivit� giuridica idonea .a far sorgere, essa stessa, una posizione giuridica tutelata del privato, l'accertamento in concreto di questi elementi di fatto non pu� non competere al giudizio sulla proponibilit� della do manda. In una classificazione schematica, gli elementi rilevanti per il giudizio sulla proponibilit� della domanda possono, quindi, distinguersi in due i gruppi:1) elementi dai� gual"1 d"1pende l'es1s� tenza o l'"ines1s� tenza d"1 l"1m1"t"1, ne1 l'interesse privato all'azione amministrativa; l~ , . ' II �~ W/,/W///////////////,W///,W///////_.JJJffti..xw,;w~~~X.,..//,,@/~:X..XW.,..////iiY~~... PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 65 corata a quella dell'interesse piubblico, sorge la questione della determinazione astratta di quella tutela, sorge quindi la questione della determinazione del � giudice della controversia �, con la conseguenza che se la questione � risolta nel primo senso (tutela diretta ed immediata della posizione contrattuale del privato) il giudice della controversia ' sar� il � giudice del contratto ., investito anche del potere di decisione sulla sua validit� ed efficacia. Queste conclusioni non sono toccate dalle considerazioni svolte dalle ricorrenti nel secondo motivo. Questo � proposto sulla base di una ormai costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio secondo cui, nei contratti stipulati tra il privato e la Pubblica Amministrazione, la mancanza della richiesta approvazione esclude la titolarit� da parte del privato di un diritto subiettivo perfetto verso la Amministrazione e l'azionabilit� di una valida pretesa di esecuzione o di risarcimento contro l'Amministrazione medesima (da ultimo sent. n. 932 del 1961 di queste Sezioni Unite). Il che importa che il giudice della giurisdizione, nel suo potere di determinazione del giudice della controversia, deve stabilire se il contratto invocato sia soggetto all'approvazione di cui alla legge della contabilit� generale dello Stato e nell'affermativa se esso � stato o meno approvato. Contrariamente a quanto opina la difesa della societ� resistente (d'accordo peraltro con una recentissima corrente dottrinale) questo esame non impinge nel merito in relazione 2) elementi dai quali dipende l'esistenza o l'inesistenza di un potere dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� giuridica costitutiva della posizione giuridica affermata dall'attore. L'accertamento di questi elementi di fatto dev'essere effettuato, ovviamente, anche ai fini del giudizio sulla proponibilit�, in concreto e con pienezza di cognizione. � chiaro, quindi, in che senso pu� parlarsi, a proposito del giudizio sulla proponibilit� della domanda, di accertamento della configurabilit� in astratto di una posizione giuridica tutelata del privato nei confronti del!' Amministrazione: si tratta, invero, di accertare l'esistenza (ovviamente in concreto) di alcuni soltanto dei presupposti di fatto da cui discende l'attribuzione di un diritto o di un interesse legittimo all'attore; e precisamente di quei presupposti che, essendo rilevanti ai fini dell'atteggiarsi dei poteri dell'Amministrazione nel rapporto di cui si tratta, condizionano in generale, rispetto a chiunque e non solo rispetto all'attore, la possibilit� di una tutela giuridica degli interessi dei privati. 4. -Applicando i principi esposti, che rappresentano il logico svolgimento dei postulati riaffermati anche dalla sentenza in esame, diversa -ci sembra -doveva essere la decisione nel caso di specie. Le Societ� attrici pretendevano di fondare le loro domande su un rapporto contrattuale avente ad oggetto la fornitura di tabacco estero all'Amministrazione. La configurabilit� � in astratto � di una posizione giuridica tutelata delle Societ� nei confronti dell'Amministrazione dipendeva, quindi, dalla configurabilit�, sempre in astratto, del preteso contratto. E, quindi, dipendeva dall'accertamento dell'esistenza del potere dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� costitutiva del contratto stesso. Non occorre qui esaminare se l'attivit� di diritto privato della pubblica Amministrazione debba trovare sempre il proprio presupposto in un potere espressamente riconosciuto dalla legge in relazione a figure contrattuali nominate, o se, invece, possa riconoscersi anche alla pubblica Amministra 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad una delle condizioni di efficacia del contratto, ma, secondo la richiamata giurisprudenza, l'approvazione � una delle condizioni e degli elementi che incide sulla qualificazione astratta della natura della posizione del privato e della sua tutela, vale a dire della qualificazione ' astratta di tale posizione come di diritto subbiettivo o di mero interesse legittimo. Ci� posto, la discussione sul punto pacifico che nella specie manca un atto formale separato di approvazione del contratto posto in essere con le manifestazioni di volont� del 10 e dell'll gennaio 1962, � dalle parti concentrata sulla interpretazione ed applicazione dell'art. 10 della legge sulla contabilit� generale, la quale esclude la necessit� di approvazione per � le convenzioni � relative all'�acquisto di tabacco estero � cui l'Amministrazione provveda �direttamente nei luoghi di produzione e nei principali mercati stranieri �. Secondo le Amministrazioni ricorrenti, tale deroga al principio generale che i contratti tutti tra privati e Pubblica Amministrazione devono essere approvati nelle forme di legge, presuppone la stipula della � convenzione � riguardante il tabacco estero nel luogo di produzione o nel mercato straniero e non si estenderebbe alla convenzione stipulata in Italia con una societ� o soggetto privato italiano, sia pure avente ad oggetto acquisto di tabacco zione una generale capacit� in ordine agli atti di diritto privato. Anche se si segue quest'ultima opinione, non vi pu� esser dubbio che nel nostro ordinamento si rinvengono limiti peculiari alla libert� contrattuale della pubblica Amministrazione, sempre vincolata ad agire per il conseguimento dei fini che la legge le assegna e nei modi che la legge consente. Esiste, cio�, indubbiamente una serie pi� o meno ampia di rapporti contrattuali che l'Amministrazione non ha il potere di porre in essere e che, quindi, non sono assolutamente configurabili come rapporti interessanti l'Amministrazione. L'attivit� di un funzionario tendente a porre in essere un rapporto di questo tipo non potrebbe mai essere giuridicamente valutata come attivit� contrattuale riferibile all'Amministrazione. Di fronte ad una domanda che pretenda di fondarsi su un contratto stipulato con la pubblica Amministrazione non si pone, perci�, soltanto il priblema (di merito) relativo illla validit� del contratto invocato, ma si pone, pregiudizialmente, il problema (di giurisdizione) relativo all'ammissibilit�, in generale, di un contratto di quel tipo fra privati e pubblica Amministrazione. S'e si tratta di un contratto (es. donazione) che la legge 11011 consente in nessun caso all'Amministrazione di porre in essere, la dichiarazione dell'improponibilit� assoluta della domanda si impone con tutta evidenza. Se si tratta, invece, di un contratto che l'Amministrazione pu� porre in essere solo in presenza di determinati presupposti di fatto, il giudizio sulla propo:. nibilit� della domanda si risolve necessariamente nell'indagine sulla sussistenza in concreto di tali presupposti. Non basta cio�, come implicitamente hanno ritenuto le Sezioni Unite, accertare l'esistenza nell'ordinamento di una figura contrattuale interessante la pubblica Amministrazione, genericamente corrispondente a quella invocata dall'attore. Se la legge subordina a determinati presupposti il potere dell'Amministrazione di porre in essere il contratto di cui si tratta, il giudice non pu� esimersi dal dovere di verificare, ai fini del giudizio sulla proponibilit� della domanda, la sussistenza di tali presupposti. Fra l'ipotesi di un contratto sempre inammissibile fra privati e pubblica Amministrazione e l'ipotesi di un contratto inammissibile in determi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 67 estero, in quanto in quest'ultimo caso mancherebbe la �ratio � della deroga, costituita dalla impossibilit� ed inopportunit� di una approvazione di convenzione stipulata all'estero. Oppone la societ� resistente che tale deroga non pu� interpretarsi in senso cos� restrittivo e deve estendersi a tutte � le convenzioni � relative all'acquisto di tabacco estero, cio� prodotto all'estero e venduto nei principati mercati stranieri, anche se la convenzione stessa � formalmente stipulata in Italia, risiedendo la � ratio � della norma nell'oggetto della convenzione e nella circostanza che l'attivit� del Monopolio di Stato � soggetto a controlli generali preventivi e successivi. Ma, ad avviso di questa Suprema Corte, la risoluzione della questione non ha reale carattere decisivo: anche ad accettare la tesi ristretta e rigorosa, nella specie non potrebbesi giungere alle conclusioni volute dalle ricorrenti, per una considerazione diversa, questa di carattere decisivo. All'uopo � necessario fermarsi, sempre ai fini preliminari della , questione di giurisdizione, cio� ai fini della determinazione della necessariet� dell'approvazione separata come elemento condizionante della qualificazione astratta di diritto subbiettivo, su taluni aspetti peculiari della fattispecie concreta posti in essere tra le parti e risultanti dagli atti. In particolare, � dato rilevare: nate circostanze non sussiste, infatti, alcuna differenza che possa giustificare la diversit� di trattamento. Sia nell'un caso che nell'altro, l'inesistenza del potere dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� costitutiva del contratto esclude ogni possibilit� di configurare posizioni giuridiche tutelate del preteso contraente privato: esclude, cio�, in assoluto, la proponibilit� di una sua domanda giudiziale che sul contratto pretendesse di fondarsi. Altro �, infatti, un contratto invalido ed altro un contratto giuridicamente impossibile come contratto della pubblica Amministrazione. E la mancanza dei presupposti di fatto che condizionano il potere dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� costitutiva del contratto non ha per conseguenza la semplice invalidit�, ma esclude proprio la stessa possibilit� di configurare un rapporto contrattuale in cui l'Amministrazione sia impegnata. La situazione, cio�, � perfettamente identica a quella che si verifica allorch� la legge esclude sempre il potere dell'Amministrazione di concludere un contratto di un certo tipo. La circostanza che, in presenza di presupposti di fatto diversi da quelli sottoposti al giudice, il potere dell'Amministrazione possa sussistere non vale, infatti, certamente a stabilire alcuna differenza: l'accertamento della mancanza di un potere dell'Amministrazione di concludere il contratto invocato dall'attore deve sempre condurre alla stessa conclusione (dichiarazione dell'improponibilit� assoluta d,ella domanda), a nulla rilevando, evidentemente, che, in qualche ipotesi diversa da quella oggetto del giudizio, il potere dell'Amministrazione possa eventualmente sussistere. . Appare, quindi, arbitrario restringere l'ambito del giudizio sulla proponibilit� della domanda, ove si tratti di rapporti contrattuali con la pubblica Amministrazione, al semplice accertamento dell'esistenza del potere dell'Amministrazione di porre in essere, in qualche caso, contratti del tipo di quello invocato dall'attore. Accertare se nella fattispecie concreta dedotta in giudizio ricorra appunto uno di quei casi in cui il contratto � ammissibile non pu� non appartenere allo stesso giudizio sulla proponibilit�, dato che, incontestabilmente, il fine di questo non consiste nell'effettuare semplicemente una prima, sommaria delibazione del merito, ma nel verificare la sussistenza di tutti i presupposti di fatto che, condizionando la possibilit� di 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a) che la domanda delle societ� private, tra cui la resistente, per la effettuazione della complessa operazione relativa al tabacco estero, fu inoltrata direttamente al Ministro delle Finanze dell'epoca; b) che, dopo contatti interni con l'Amministrazione dei Monopoli di Stato, la quale prima espresse parere contrario alla operazione, poi parere eventualmente favorevole subordinato a condizioni di carattere tecnico ed economico, il Ministro, avendo intenzione di accogliere le dette domande, propose uno schema di convenzione che sottopose al consiglio di Amministrazione della Azienda dei Monopoli di Stato; c) che il detto Consiglio di Amministrazione esamin� le domande delle societ� interessate e lo schema predisposto dal Ministro sotto il profilo essenzialmente tecnico, ritenendo le questioni di c�rattere giuridico avocate a s� dal Ministro medesimo, e formul�� nuove condizioni di carattere tecnico cui il Ministro avrebbe dovuto adeguarsi nello stipulare la convenzione con le societ� richiedenti; d) che successivamente il Ministro, con la lettera di proposta del. 10 gennaio e con la accettazione delle societ� del giorno successivo 11 gennaio 1962, stipul� la convenzione in oggetto. Ne consegue che nella specie si � in presenza della rilevante peculiarit� che la deliberazione a contrattare fu data non nei confronti di un funzionario o configurare posizioni giuridiche tutelate nei confronti dell'Amministrazione, condizionano, al contempo, la stessa estistenza del potere giurisdizionale rispetto alla controversia dedotta, in giudizio. 5. -La sentenza in esame � incorsa proprio in questo errore, ritenendo, in sostanza, la proponibilit� della domanda sulla base della considerazione che un contratto di acquisto di tabacco estero da parte dell'Amministrazione � contemplato nel nostro ordinamento. Ogni questione relativa ai limiti entro i quali un tale contratto � ammesso dovrebbe qualificarsi come questione attinente alla validit� del contratto e sarebbe, quindi, rimessa al giudice di merito. Va premesso che la legislazione in materia di tabacchi distingue nettamente il regime della coltivazione e produzione del tabacco in Italia e il regime dell'introduzione nello Stato del tabacco prodotto all'estero. La coltivazione del tabacco in Italia pu� essere effettuata o direttamente da parte dell'Amministrazione dei Monopoli ovvero a mezzo di concessionari (art. 49, 1. 17 luglio 1942, n. 907). Rispetto al tabacco prodotto in Italia nessun rapporto contrattuale di diritto privato fra l'Amministrazione e privati fornitori �, quindi, possibile: la materia � interamente soggetta ad una rigorosa disciplina pubblicistica. Il tabacco grezzo prodotto all'estero pu� essere introdotto in Italia esclusivamente dall'Amministrazione, la quale, per approvvigionarsene, � abilitata a concludere contratti di acquisto nei luoghi di produzione e nei principali mercati esteri (art. 10 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 12, n. 2, r.d. 29 dicembre 1927, n. 2452). Un contratto di acquisto da parte dell'Amministrazione di tabacco grezzo prodotto in Italia �, quindi, assolutamente escluso. Un contratto di acquisto di tabacco prodotto all'estero �, invece, ammesso a condizione che sia stipulato all'estero direttamente dal Monopolio. Trattandosi, evidentemente, di un sistema chiuso, non potrebbe ammettersi alcun'altra fattispecie contrattuale in questa materia. Cos�, � senz'altro da escludere che l'Amministrazione abbia il potere di acquistare tabacco estero in Italia, ossia di pattuire l'introduzione del tabacco nello Stato da parte di privati. L'attivit� esecutiva di un simile contratto integrerebbe, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 69 del rappresentante della Azienda autonoma dei Monopoli, ma nei confronti del Ministro delle Finanze e che il contratto fu effettivamente stipulato per la Pubblica Amministrazione dal Ministro delle Finanze: il che vuol dire che, conformemente alla deliberazione a contrattare; la convenzione fu posta in essere da quello stesso organo cui compete per legge la funzione di approvare le convenzioni medesime; Ora, quale che sia la esatta definizione giuridica della approvazione ministeriale dei contratti e delle convenzioni stipulate da una Pubblica Amministrazione con un privato, � evidente, dal punto di vista sostanziale, che essa si concretizza in un controllo di merito dell'operato contrattuale dell'Amministrazione: sia essa un atto di volont� dell'Amministrazione attiva necessario per la completa formazione dell'iter contrattuale, sia un atto di volont� del Ministro come organo di controllo ponente una � condicio juris � per la efficacia del contratto, � evidente che essa si sostanzia in un esame della legittimit� ed opportunit� del contratto, che non pu� non essere emanazione, come atto separato, di organo diverso da quello che manifesta la volont� oggetto del controllo e del riesame. Tutta la legislazione e tutte le decisioni giurisprudenziali che concernono la approvazione come atto separato riguardano e presuppongono la circostanza normale che l'approvazione provenga da organo diverso da quello che ha stipulato il contratto. Ed invero non � possibile infatti, gli estremi del delitto di contrabbando (art. 65, 1. 17 luglio 1942, n. 907), n� la legge attribuisce in alcun caso all'Amministrazione il potere di legittimare, per mezzo di un contratto, l'attivit� stessa. � chiaro, perci�, che un rapporto contrattuale avente ad oggetto l'acquisto di tabacco da parte della Amministrazione � configurabile soltanto ove ricorrano i seguenti presupposti di fatto: che si tratti di tabacco estero e che l'acquisto abbia luogo all'estero direttamente da parte dell'Amministrazione. Mancando tali presupposti, viene a mancare radicalmente il potere dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� contrattuale e, quindi, in tal caso, la domanda del preteso contraente privato deve ritenersi assolutamente improponibile. La sentenza in esame, si �, invece, fermata all'accertamento che, nella specie, si trattasse di acquisto di tabacco estero, omettendo di prendere in considerazione la circostanza che l'acquisto fosse stato stipulato in Italia o all'estero, ossia che l'attivit� esecutiva del preteso contratto comportasse o meno l'introduzione nello Stato del tabacco estero da parte del contraente privato. E ci� perch� la sola circostanza della produzione all'estero del tabacco acquistato condizionerebbe la possibilit� di inquadrare in astratto la fattispecie concreta nella fattispecie contrattuale prevista dalla legge e, quindi, la configurabilit� di una posizione giuridica tutelata delle Societ� attrici: tutto il resto riguarderebbe, invece, il problema della validit� del preteso contratto. Ma tale distinzione non pu� reggersi. La legge condiziona il potere dell'Amministrazione di acquistare tabacco mediante contratti di diritto privato non solo alla circostanza che si tratti di tabacco estero, ma anche a quella che l'acquisto avvenga all'estero. Ambedue le condizioni sono perfettamente sullo stesso piano e non pu� giustificarsi che dalla mancanza della prima si faccia derivare il difetto di giurisdizione rispetto alla pretesa convenzione (assolutamente non configurabile come contratto interessante la pubblica Amministrazione), mentre dalla mancanza della seconda si faccia derivare soltanto l'invalidit� del contratto. 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concepire un'approvazione separata autonoma data a se stesso dallo organo medesimo che stipula la convenzione; non � possibile concepire un riesame della situazione di diritto e di fatto da parte dello stesso organo che nel decidere la stipulazione, nell'approvare la delibera a contrattare e nell'effettuare materialmente la stipulazione medesima ha gi� compiuto quello esame e l'ha risolto in un certo senso: viene meno la ratio dell'istituto dell'approvazione in materia contrattuale che � appunto la possibilit� di riesame da parte di diverso organo della situazione di fatto e di diritto gi� risolta in un certo senso dall'organo che ha stipulato il contratto. Siffatta difficolt� e siffatte ragioni non sono state disconosciute dall'abile difesa delle ricorrenti, la quale ripiega su un'altra costruzione giuridica, secondo la quale la approvazione sarebbe stata pur sempre necessaria e soltanto il fatto che nella specie il Ministro approva se stesso potrebbe portare al vizio della approvazione data dal Ministro ad un atto stipulato con se stesso. Di guisa che anche secondo la difesa delle ricorrenti non pu� concepirsi una autonoma approvazione da parte dello stesso organo stipulante, il che risulta anche dall'art. 103 del I regolamento per la contabilit� generale dello Stato che vieta, nei casi I I ffi in cui � ammessa delega, di delegare lo stesso funzionario che ha Come abbiamo detto, la mancanza, nella fattispecie dedotta in giudizio dei presupposti di fatto che condizionano il potere dell'Amministrazione di stipulare un contratto di un certo tipo va equiparata, ai fini che qui interessano, alla radicale mancanza di potere rispetto allo stesso tipo contrattuale. Tanto pi�, poi, deve escludersi, nel caso in esame, la possibilit� di co I struire un � tipo � contrattuale � acquisto di tabacco estero ., rispetto al , I . quale l'Amministrazione sarebbe fornita di potere, escludendo arbitrariamente dagli elementi rilevanti per la costruzione del � tipo � quelli che attengono al luogo della stipulazione. I Se si ritiene, infatti, che la natura dell'oggetto valga ad individuare una ben' distinta fattispecie contrattuale, non si vede proprio perch� la stessa rilevanza non dovrebbe attribuirsi al luogo della stipulazione (che, del resto, condiziona la stessa configurazione dell'attivit� dedotta in contratto). . L'arbitrio non pu� evitarsi che partendo dal principio che nessuna di, stinzione � consentita fra gli elementi di fatto cui la legge subordina l'esistenza del potere dell'Amministrazione di porTe in essere un rapporto contrattuale con i privati. La mancanza di uno qualunque di tali presupposti (e, cosi, nella specie, la mancanza del presupposto della stipulazione del contratto all'estero), escludendo ogni possibilit� di configurare un vincolo contrattuale dell'Amministrazione, non pu� non escludere in assoluto la proponibilit� della domanda eventualmente avanzata dal preteso contraente privato. 6. -Ritenuta la proponibilit� della domanda, le Sezioni Unite hanno affermato la competenza giurisdizionale del giudice ordinario, respingendo la tesi subordinata dell'Amministrazione, che si fondava sulla mancanza dell'atto di approvazione del contratto e, quindi, sull'impossibilit� di configurare, nella specie, diritti soggettivi perfetti in capo al contra.ente privato. � stata ritenuta decisiva, in proposito, la circostanza che la convenzione era stata posta in essere dal Ministro, ossia da quello stesso organo cui compete per legge l'emanazione dell'atto di approvazione. Mancherebbe, nella specie, � la ratio dell'istituto dell'approvazione in materia contrattuale, che � appunto la possibilit� di riesame da parte di diverso organo PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 71 emesso l'atto e che ha stipulato il contratto ad approvare separatamente il contratto stesso: ma questa inconcepibilit� importa non un mero vizio formale della approvazione sibbene una sua sostanziale inutilit� come atto separato. Nel senso che deve ritenersi come nel caso, certamente anomalo, in cui, in vista della assunta gravit� del contratto o di altra ragione, l'organo deliberante dia una deliberazione a contrattare, debitamente approvata dal Ministro, in cui si demandi allo stesso Ministro di stipulare il contratto, non sia necessaria una ulteriore approvazione autonoma da parte dello stesso Ministro a se stesso, essendo essa implicita gi� nell'esame fatto a proposito dell'approvazione della deliberazione e della stipulazione effettiva, tanto pi� nel caso in cui l'attivit� del Ministro si inserisca in quella di una azienda, sottoposta a generali controlli preventivi e successivi. Ci� ai fini del sorgere astratto del diritto subiettivo, ch� certamente questa situazione anomala potrebbe anche ripercuotersi sulla validit� non del semplice e mero atto di approvazione ma di tutto il contratto stipulato da quell'organo ed in base a quella deliberazione, ma siffatte ripercussioni riguardano il merito, riguardano l'iter precontrattuale, la validit� della deliberazione a contrattare e la legittimazione a stipulare, nonch� la sostanza della stipulazione stessa, punti tutti sui quali pu� decidere solo il giudice della situazione di fatto e di diritto gi� risolta in un certo senso dall'organo che ha stipulato il contratto �. Inutile, quindi, sarebbe stata un'approvazione data con atto separato �essendo essa implicita gi� nell'esame fatto a proposito dall'approvazione della deliberazione (a contrarre) e della stipulazione effettiva �. Non ci sembra che tale soluzione sia coerente con i principi. La configurabilit� di un diritto contrattuale nei confronti della pubblica Amministrazione dipende dal perfezionamento dell'iter formativo del vincolo, che, come � noto, nella generalit� dei casi comprende e la stipulazione del contratto e l'emanazione del decreto di approvazione. Prima dell'approvazione non esiste alcun vincolo operante e, quindi, non pu� esistere alcun diritto del contraente privato. Di fronte a questa rigorosa disciplina � evidente che le particolarit� di singole fattispecie concrete non possono assumere alcuna rilevanza. Accertata l'esistenza di un contratto stipulato dalla pubblica Amministrazione, soggetto per s� ad approvazione, la decisione sulla giurisdizione del giudice ordinario o amministrativo non pu� che dipendere esclusivamente dall'esistenza o meno di un formale decreto di approvazione. Le modalit� particolari della stipulazione non possono in nessun caso eliminare l'esigenza, posta tassativamente dalla legge, che il contratto sia approvato perch� diventi obbligatorio per l'Amministrazione (art. 19 1. cont.). N� potrebbe ammettersi alcun equipollente, trattandosi di un atto eminentemente formale (decreto: art. 103 regolam. cont.), minutamente disciplinato anche nel contenuto (art. 110). In presenza di un contratto stipulato dal Ministro non pu�, quindi, affermarsi n� che l'approvazione � inutile n� che essa deve ritenersi implicita nella stessa stipulazione. La configurabilit� di una approvazione implicita va senz'altro esclusa per la semplice considerazione che, com'� ben noto, non pu� ammettersi manifestazione implicita o tacita di una volont� che, per assumere rilevanza giuridica, deve necessariamente esprimersi in una forma stabilita dalla legge. 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO competente che nella specie non pu� non essere, per le considerazioni gi� fatte, il giudice ordinario. Aggiungasi che eventualmente le anomalie suddette potrebbero anche configurarsi come violazione delle norme che regolano l'iter precontrattuale dei contratti con la Pubblica Amministrazione nonch� dei principi della buona fede e della correttezza contrattuale sia del privato che della Pubblica Amministrazione, principi che vanno applicati anche nei contratti tra privati e Pubblica amministrazione, quei contratti che la pi� recente dottrina chiama contratti privati con evidenza pubblica: questo Supremo Collegio ha gi� ritenuto che l'esame della posizione precontrattuale sia del privato sia dell'Amministrazione e l'osservanza tanto delle norme specifiche quanto dei principi generali spetta al giudice ordinario (sent. n. 21 e 1675 del 1961). Il che conferma che si � in presenza, in astratto, di diritti subbiettivi, cosa che basta -ripetesi -nell'attuale disamina. Anzi la citata decisione n. 21 del 1961 esplicitamente consente al giudice ordinario di esaminare se la mancata esplicazione dell'attivit� di controllo sia dovuta a dolo o colpa dell'Amministrazione: ne consegue che nella specie sar� compito del giudice ordinario esaminare se quella approvazione implicita da parte dello stesso organo che ha stipulato il contratto incida sulla validit� col contratto stesso e sull'iter Quanto, poi, alla pretesa � inutilit� � dell'approvazione di un contratto stipulato dal Ministro, � facile obiettare che, se la legge richiede incondizionatamente l'emanazione del decreto di approvazione per il completamento della fattispecie produttiva del vincolo contrattuale dell'Amministrazione, � assolutamente arbitrario ritenere che, quando l'altro elemento costitutivo della fattispecie (la stipulazione del contratto) si atteggi in un certo modo, esso possa acquistare l'idoneit� a produrre da solo l'effetto giuridico. E, invero, se la stipulazione del contratto da parte del Ministro dovesse ritenersi ammessa dalla legge, il fatto che tale ipotesi no:n ,sia affatto presa in considerazione, ai fini di un trattamento diverso, dalle norme sull'approvazione, escluderebbe senz'altro che questa possa diventare superflua, ossia che la fattispecie produttiva del vincolo contrattuale dell'Amministrazione possa atteggiarsi in modo diverso dalla regola. Se, invece, dovesse ritenersi che la legge esclude che il Ministro possa procedere alla stipulazione del contratto, � chiaro che la violazione di questa norma e la conseguente invalidit� del contratto non potrebbero mai valere a conferire al contratto stesso un'efficacia che esso, da solo, non pu� mai conseguire neppure quando � perfettamente valido. In nessun caso, quindi, pu� ritenersi che ad un contratto stipulato dal Ministro non si applichi la norma generale sulla necessit� dell'atto, formale ed autonomo, di approvazione ai fini dell'efficacia per l'Amministrazione. N� vale la considerazione che in tal caso, trattandosi di approvare un'attivit� propria, verrebbe meno la ratio dell'istituto dell'approvazione. Il decreto di approvazione, infatti, mentre, da un lato, � esplicazione di un potere di controllo sul contratto, costituisce, dall'altro, oggetto dei successivi necessari controlli di legittimit� (art. 19, 3� comma, 1. contabilit�). Ed � chiaro che, rispetto a questo secondo, essenziale aspetto della funzione del decreto di approvazione, nessuna rilevanza potrebbe mai assumere l'identit� dell'organo che ha stipulato il contratto: l'approvazione � sempre necessaria come presupposto dei successivi controlli. M. CONTI I I I ::! ~ ~ --�~����1r��&rttr.x��trt1mr�1fl -~.,,~~11111~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE precontrattuale nonch� sulla posizione reciproca delle parti in esso. Da ultimo, per confortare maggiormente la tesi della necessit� dell'approvazione separata, le Amministrazioni ricorrenti si richiamano al successivo atto del 1964 del Ministro, che esse tendono a definire � rifiuto dell'approvazione �. Ma tale definizione urta contro le stesse difficolt� accennate, in quanto esso proviene sempre dal medesimo organo che, sulla base della delibera del Consiglio di Amministrazione, ha stipulato, come organo attivo dell'Amministrazione, la convenzione, onde anche qui si avrebbe quella medesima contraddizione, avvertita pure dalle ricorrenti, del Ministro che controlla se stesso. E non si vede perch� questa contraddizione inciderebbe sull'atto positivo di controllo viziandolo e non sull'atto negativo che pure � manifestazione della medesima potest� di controllo. Il vero � che l'atto del 1964 deve qualificarsi giuridicamente come una manifestazione di volont� dello stesso organo stipulante ed influente sulla stipulazione medesima; poich� da questa � scaturita una posizione individuale astrattamente configurabile come diritto subbiettivo sar� il giudice del merito a decidere sulla validit� ed efficacia dell'atto e del comportamento contrattuale successivo, come egli sar� a decidere sulla validit� ed efficacia dell'originaria stipulazione o del comportamento tenuto in quel momento. In conclusione, tutta l'intera vicenda sorta dalla convenzione del 1962, conformemente alle domande svolte dalla societ� oggi resistente, va sottoposta al giudice ordinario, che la esaminer� nei limiti e nello ambito a lui attribuiti dalla legge sull'abolizione del contenzioso Amministrativo, quando davanti a lui si discute su posizione individuale astrattamente configurabile come diritto subbiettivo. (Omissis). ~ SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Ili, 25 maggio 1965, n. 1005 -Pres. Boccia -Est. Bartolomei -P. M. Silocchi (conf.) -Fea (avv. Durandi) e Universit� degli Studi di Torino (avv. Stato Albisinni) c. Ribet (avv.ti Nebbia e Gianogli). Popriet� -Unione e commistione -Cose inseparabili accessoriet� -Proprietario della cosa principale propriet� esclusiva del tutto -Obblighi. (c. c., art. 939). -Rapporto di Acquisto della I ~ Obbligazioni e contratti -Transazione -Interpretazione -Apprezzamento incensurabile del giudice di merito. I (c. c., artt. 1362, 1965). i l l r. Procedimento civile -Prove -Interrogatorio formale -Rilevanza -Apprezzamento incensurabile del giudice di merito. (c. p. c., artt. 116, 230). , , �: Ai sensi dell'art. 939 e.e., quando pi� cose, appartenenti a proprietari diversi, siano state unite, in guisa da formare un sol tutto, e non siano separabili senza notevole deterioramento, il proprietario della cosa principale o molto superiore per valore acquista la propriet� del tutto, pur avendo l'obbligo di pagare all'altro, in applicazione del principio che vieta l'indebito arricchimento, le somme previste dalla citata norma (1). (1) La massima riproduce pressocch� alla lettera la disposizione dell'art. 939 c. c., di non frequente applicazione. Tale norma, nell'ipotesi di unione o commistione di cose appartenenti a proprietari diversi, distingue a ,seconda che le cose siano o non separabili senza notevole deterioramento, e, quando le cose non siano separabili, a PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 75 L'interpretazione del giudice di merito, immune da erro'ri logici e giuridici, circa l'ambito obiettivo di una transazione, � incensurabile in Cassazione (2). L'apprezzamento del giudice di merito circa l'ultroneit� e la genericit� dell'interrogatorio formale dedotto da una delle parti � incensurabile in Cassazione (3). seconda che le cose ,si trovino o meno in rapporto di accessorio a principale. Se le cose sono separabili, il regime giuridico preesistente rimane immutato: ciascun proprietario conserva la propriet� della cosa sua e ha diritto di ottenerne la separazione. L'inseparabilit� determina invece una modificazione del regime preesistente, al quale subentra o il regime della comunione della res nova, o, quando sussista un rapporto di accessoriet� tra una cosa e l'altra, quello della propriet� esclusiva del tutto in favore del proprietario della cosa principale o superiore per valore. In ,argomento, cfr. BRANCA, voce Accessione, in Enciclopedia del diritto, I, 27, Milano, 1958; PIGA, voce Commistione, ivi, VII, 910 e segg., Milano, 1960; PuGLIATTI, voce Cosa (teoria generale), ivi, XI, 59 e segg, e 69, Milano, 1960; MAIORCA, voce Commistione, in Novissimo Digesto Italiano, III, 656 e segg., Torino, 1959; DE MARTINO, Della Propriet�,, sub art. 939, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, 424 e segg., Bologna, 1954; ALBANO, Della Propriet�,, in Commentario del codice civile cit., III/1, 492 segg., Torino, 1958; BARASSI, I diritti reali nel nuovo codice civile, 50 e segg., Milano, 1943; BRUGI, Della Propriet�, II, 317 e segg., Torino, 1923. In dottrina si osserva che � nell'art. 939 � stato eliminato qualsiasi riferimento alla distinzione concettuale romanistica tra commistio ex valutate dominorum e mescolanza contro la volont� dei proprietari �. Ma ci� -si precisa -� perch� � evidente che, nel primo caso, il rapporto sar� disciplinato esclusivamente dalla volont� delle parti e, quindi, le parti ben potranno derogare allo stesso regime della comunione o della propriet� esclusiva � (cfr. PIGA, op. loc. cit.). Nel senso che l'accessione presupponga unioni, specificazioni, mescolanze di cose senza il consenso dei loro proprietari, cfr. BRUGI, op. cit., 347; conf. BARASSI, op. cit.� 317. (2) Giurisprudenza costante. E' infatti ius receptum che l'interpretazione dei contratti si sottrae al sindacato di legittimit� della Cassazione, semprech� non risulti viziata da inosservanza dei canoni ermeneutici legali e sia sorretta da congrua motivazione. In tal senso, da ultimo, Cass., 28 febbraio 1964, n. 444; 15 giugno 1964, n. 1512; 16 giugno 1964, n. 1531: Foro it., Mass., 1964, 107, 393, 398. In termini, con riferimento all'interpretazione della transazione: Cass. 1� dicembre 1962, n. 3252, ivi, 1962, 910. (3) Nel senso che l'apprezzamento del giudice di merito sulla influenza e pertinenza dell'interrogatorio costituisce giudizio di fatto, come tale incensurabile in Cassazione, semprech� sia sowetto da adeguata motivazione, cfr., da ultimo, Cass., 9 gennaio 1957, n. 34; 13 marzo 1957, n. 521: Foro it., Mass., 1957, 9, 102. A. FRENI 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 ottobre 1965, n. 2248 -Pres. Cannizzaro -Est. Speziale -P. M. Gentile (diff.). -Ministeri Interni e Difesa-Esercito (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Imparato (avv. Schir�) e Sartori (avv. Magrone). Responsabilit� civile -Responsabilit� della pubblica Amministrazione Danno sub�to in servizio da dipendente statale -� Compensatio lucri cum damno � -Pensione privilegiata -Indetraibilit� dall'ammontare del risarcimento dovuto al dipendente del valore capitale della pensione privilegiata -Sussiste. (c. c. artt. 1223, 1226, 1227, 2056; reg. 5 settembre 1895, n.603). n principio della compensatio lucri cum damno pu� valere solo quando il vantaggio, cos� come il danno, sia conseguenza diretta ed immediata dell'illecito, quando cio� il vantaggio ed il danno si presentino come effetti contrapposti di un medesimo fatto, avente in s� l'idoneit� a determinare, oltre al danno, anche l'effetto vantaggioso. Non pu� essere invocato il siiddetto p�rincipio e non pu� quindi operarsi la detrazione dal.t'ammontare del risarcimento dovuto daLla p.a. ai proprio dipendente rimasto infortunato in servizio del valore capitale della pensione privilegiata spettante ai medesimo, appunto perch� tale attribuzione patrimoniale -che, del resto, si ricollega ad un sacrificio economico sopportato dal dipendente, per le detrazioni operate sui suoi emolumenti -non � conseguenza diretta ed immediata del fatto illecito (1). (Omissis). Col primo mezzo i Ministeri ricorrenti, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 cod. civ., si dolgono che la Corte di Appello abbia .ritenuto non doversi tener conto, nella liquidazione del danno sub�to dall'Imparato, della pensione pri (1) Cumulabilit� del risarcimento del danno e della pensione privilegiata. I. -Confermando una giurisprudenza ormai costante (Cass., 29 luglio 1955, n. 2442, Giust. civ., 1956, I, 68 e Foro it., 1956, I, 28, con nota favorevole di DE CuP1s, Risarcimento del danno e diritto a pensione; 8 aprile 1959, n. 1041, Giust. civ., Mass., 1959, 349; 8 settembre 1960, n. 2442, id., 1960, 918; 7 ottobre 1964, n. 2530, id., 1964, 1178; contra: Cass., 7 luglio 1954, n. 2369, Giust. civ., 1954, 1620 e Giust. pen., 1955, III, 215, con nota favorevole di A. VENDITTI. Ancora a proposito della � compensatio lucri cum damno �. In dottrina, in senso favorevole all'indirizzo anche ora confermato dalla Cassazione, v. MoNTEL, Sulla non riducibilit� del risarcimento dei danni conseguenti ad uccisione per la coesistenza di un diritto a pensione da parte dei superstiti, Resp. civ., prev., 1956, 25 e, in senso critiro, ancora VENDITTI, Dei limiti di applicazione della � compensatio rucri cum damno., Giust. civ., 1956, I, 560), la sentenza in rassegna nega la detraibilit�, dall'ammontare del risarcimento del danno da corrispondersi dallo Stato, del rJ ' valore capitale della pensione privilegiata costituita a favore del dipen, dente statale danneggiato per causa di servizio, a tal fine richiamandosi , . II ,_._ if[_..�:�..~:-~,~..:..,�,.�..-:*.~......._.~�:;::-.�:::...�_,.....~:::..:=:.-�::.1rr1~~� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 77 vilegiata concessa allo stesso per l'invalidit� derivante da causa di servizio, conseguente all'infortunio � de quo �. La doglianza � infondata. Invero i giudici di merito si sono attenuti ad un principio gi� pi� volte affermato da questa Suprema Corte (v. Cass. n. 2442 del 1955, n. 1041 del 1959, n. 2442 del 1960); e, riesaminata la questione, questa Corte ritiene di non dovere pervenire a conclusioni diverse. E' ben vero che nella determinazione del danno derivante da colpa, sia contrattuale che extra-contrattuale, si deve tener presente l'eventuale vantaggio che l'inadempimento o il fatto illecito abbia procurato al danneggiato, non potendo il risarcimento risolversi in un lucro indebito; ma questo principio (� compensatio lucri cum damno �) pu� valere solo quando il vantaggio, cosi come il danno, sia conseguenza immediata e diretta dell'inadempienza o dell'illecito; quando, cio�, il vantaggio e il danno si presentino come effetti contrapposti di un medesimo fatto, avente in s� l'idoneit� a determinare, oltre il danno, anche l'effetto vantaggioso. Tale situazione non si verifica quando la persona offesa o i congiunti superstiti, in caso di morte della stessa, percepiscano una pensione, poich� questa ripete la sua fonte e la sua ragione giuridica da un titolo diverso e indipendente dal fatto illecito, il quale pone in essere solo la condizione perch� quel titolo spieghi la sua efficacia. Ora il porre in essere la condizione per il verificarsi di una conseguenza giuridica non significa averla determinata, mancando, per ci� solo, il rapporto di causalit� efficiente. I ricorrenti assumono che, se questo pu� valere per la pensione ordinaria, non vale, invece, per la pensione privilegiata, stante il pi� ai principi della compensatio lucri cum damno ed escludendone l'appli cabilit� nella fattispecie, per un duplice ordine di ragioni, ciascuno suffi ciente a precludere la prospettata detraibilit�. Sotto un primo profilo, il vantaggio rappresentato dal conseguimento della pensione non pu� considerarsi -secondo la sentenza che si com menta -quale conseguenza diretta ed immediata del fatto illecito, traendo il relativo diritto fonte e ragione giuridica da un titolo diverso e indipen dente da quel fatto, il quale realizza esclusivamente l'occasione perch� quel titolo possa esplicare la sua efficacia: sicch� la relativa conseguenza giuridica (conseguimento del diritto a pensione privilegiata) non potrebbe dirsi determinata, cio� legata da un rapporto di causalit� efficiente, con il fatto illecito. Sotto altro profilo, � da negarsi in radice -sempre secondo il S. C. la validit� del richiamo ai principi della compensatio lucri cum damno, perch� il vantaggio rappresentato dalla pensione privilegiata non costi tuisce � lucro � in senso stretto, e cio� un gratuito incremento patrimo niale, quale conseguenza dello stesso fatto illecito: il diritto a pensione trova, invero, la sua giustificazione in un correlativo, precedente sacrificio patrimoniale sopportato dal pubblico dipendente e rappresentato dalle de trazioni a fini pensionistici operate mensilmente sui suoi emolumenti. II. -Appare opportuno dire subito che il primo ordine di ragioni nonostante l'autorit� di ripetuti giudicati -non convince, mentre la seconda serie di considerazioni pu� dar luogo a qualche perplessit�: ci� segna 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO intimo legame, che esiste tra il fatto illecito e la invalidit� o la morte, che danno diritto (rispettivamente alla persona offesa o ai congiunti & superstiti) alla pensione privilegiata. ~ L'assunto non pu� essere atteso, poich� la pensione privilegiata 9 1 non viene attribuita per il fatto che la persona offesa � stata vittima 1" di un fatto illecito, imputabile alla Pubblica Amministrazione o ad ~ un terzo, ma solo perch�, sussistendo le condizioni di legge (morte o invalidit� per causa di servizio), l'offeso o i superstiti hanno diritto a quel determinato tipo di pensione. Neanche in questo caso, dunque, il fatto illecito assurge a causa dell'attribuzione patrimoniale in cui la pensione consiste, poich� il diritto sorge indipendentemente dalla esistenza di un fatto illecito che abbia dato luogo alla morte o alla invalidit�, essendo sufficiente che la morte o l'invalidit� siano derivate da causa di servizio, cio� -secondo la nozione che della causa di servizio � data dalle norme sulle pensioni civili e militari dello Stato da un � qualunque fatto richiesto dal servizio, avente in s� il pericolo della lesione o infermit� riportata � (v. artt. 40 e 41 del Regolamento 5 settembre 1895, n. 603). La situazione non � affatto uguale (sia detto � per incidens �) a quella che si verifica in presenza di un'assicurazione (volontaria od obbligatoria) contro i� danni alla persona, ove il diritto alla prestazione assicurativa (versamento di una somma di denaro o attribuzione di una pensione) non pu� sorgere, se non per il verificarsi di un infortunio alla persona: cosicch�, quando un infortunio si verifica, il rapporto causale si profila ben diversamente. i llimite della adesione che pu� essere data al princ1p10 enunciato dalla sentenza in esame e della validit� del medesimo nei vari casi di pensione privilegiata corrisposta ai dipendenti statali, rimasti danneggiati per fatto colposo attribuibile allo Stato. Sembra che, per la soluzione del problema che interessa, non abbia decisiva rilevanza la legge 6 marzo 1950, n. 104, abrogratrice del d.1. 21 ottobre 1915, n. 1558 e del r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313: tale provvedimento, invero, si � limitato a togliere di mezzo la limitazfone del diritto del dipendente pubblico alla richiesta del solo trattamento pensionistico, ma non risolve la questione -da affrontare alla luce delle norme generali del diritto civile -se ed in che limiti la pensione privilegiata possa computarsi in detrazione dall'ammontare della somma dovuta dallo Stato a titolo di risarcimento del danno subito dal proprio dipendente. Come si � accennato, per escludere il rapporto causale tra il fatto illecito e la pensione privilegiata, la S. C. rileva che tale fatto � la semplice � condizione � od � occasione � dell'attribuzione del diritto a pensione, mentre la sua �causa. risiederebbe in un �titolo diverso ed indipendente� dall'illecito, essendo sufficiente che la morte o l'inabilit� siano derivate da una causa di servizio, condizione di legge per l'insorgere del relativo diritto a pensione. Ora, nessuno contesta che la morte o invalidit� per causa di servizio, fonte del diritto a pensione privilegiata, siano dalla legislazione pensionistica considerate indipendentemente dalla illiceit� che abbia causato l'evento lesivo: tale dato incontestabile �, peraltro, ininfluente a risolvere il problema che interessa e che consiste nell'accertare, in base ai principi generali sulla causalit� giuridica, se -nell'ipotesi in cui il detto evento lesivo verificatosi per causa di servizio sia da ricollegarsi ad un PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 79 D'altra parte il diritto alla pensione dei pubblici dipendenti si ricollega ad un sacrificio economico, rappresentato dai contributi versati mensilmente dai dipendenti ai fini della corresponsione della pensione e quindi non costituisce un � lucro � nel senso proprio di questo termine. Affinch�, nell'ambito della responsabilit�, si produca una riduzione del danno risarcibile, � necessario che col danno prodotto dall'illecito concorra un gratuito vantaggio economico prodotto dallo stesso illecito: in tale caso � giusto che questo vantaggio, arrecato, insieme col danno, ad un soggetto, sia computato nella determinazione del risarcimento, che gli spetta. Ma, quando il fatto illecito fa semplicemente scattare il diritto ad una attribuzione patrimoniale, che trova la propria giustificazione in un correlativo, precedente sacrificio, non si riscontra quel lucro, cio� quel gratuito vantaggio, che pu� compensare il danno e ridurre la responsabilit�. Non si vede, infatti, perch� l'altrui responsabilit� debba essere limitata, per il sorgere, a favore del danneggiato, di un diritto, che trova alimento in un precedente sacrificio dello stesso danneggiato. Quanto s'� detto vale sia per la pensione ordinaria che per quella privilegiata, poich� il pubblico dipendente, per questa sua qualit�, fatto illecito riconducibile allo stesso Stato -il vantaggio economico conseguito, con la pensione, dal pubblico dipendente, pur trovando immediatamente il suo titolo nel distinto rapporto di pensione, sia da qualificarsi come una conseguenza, legata da un nesso di causalit�, anche indiretto (giurisprudenza costante: cfr., tra le altre, Cass., 9 luglio 1960, n. 1843, Giust. civ., Mass., 1960, 686; 9 febbraio 1962, n. 274, id., 1962, 129; 30 ottobre 1963, n. 2909, Giust. civ., 1963, I, 2511: rispetto alle conseguenze dannose del fatto; ma, evidentemente, come, del resto, riconosce la sentenza in esame, identico principio deve valere per le conseguenze vantaggiose) allo stesso fatto illecito. � nozione, accettata anche dalla prevalente dottrina (cfr. DE CuPIS, Il danno, Milano 1954, 116 e segg., in particolare 120 segg.), nonch� dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cass., 23 giugno 1964, n. 1629, Giur. it., Mass., 1964, 534), quella, secondo cui, in tanto un evento pu� dirsi � causato � e cio� legato da un nesso di causalit� con un dato antecedente, in quanto esso costituisca effetto tipico o regolare del medesimo, sicch� non pu� imputarsi al comportamento di un soggetto solo quell'effetto, che si presenta, rispetto alla sua azione, come anomalo e atipico. Applicando la teorica della �regolarit� causale� alla ipotesi che interessa, si osserva che, non solo il fatto illecito, origine dell'evento lesivo, � in concreto la condizione sine qua non dell'insorgere del didtto a pensione privilegiata, ma anche che il vantaggio cos� conseguito dal dipendente non pu� dirsi effetto atipico od irregolare del fatto dannoso (in questo senso, cfr. Cass., 7 luglio 1954, n. 2369 cit. e VENDITTI, locc. citt.), non essendo affatto eccezionale che -essendosi verificato l'effetto lesivo originato da causa di servizio -lo stesS'O dipendente abbia diritto a ricevere, a titolo di pensione, il pagamento di una somma determinata (veggasi in tal senso per la ipotesi di preesistente contratto di assicurazione, che non sembra differire -sotto il profilo della causalit� -dalla fattispecie in esame, contrariamente a quanto indimostratamente afferma La sentenza in rassegna, DE CuPis, op. cit., 163). Se -per le considerazioni suesposte -non si possono fin qui condi videre le considerazioni della sentenza, per escludere il richiamo ai prin cipi della compensatio lucri cum damno, di maggior peso appare, invece, 8 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ed in correlazione con le detrazioni operate sui suoi emolumenti, acquista, al verificarsi delle condizioni di legge, il diritto a percepire la pensione, che sar� ordinaria o privilegiata a seconda che si veri~ fichino le condizioni relative all'uno o all'altro tipo di pensione. Ne segue che anche la corresponsione della pensione privilegiata va ricollegata al sacrificio economico sopportato dal dipendente, che pu� essere anche minimo, se il servizio prestato sia di breve durata; ma a tal fine occorre tener presente che l'aggravio eventualmente derivante allo Stato, per la sproporzione tra i contributi percepiti e le somme da erogare, pu� trovare il suo compenso nei casi in cui i contributi vengano versati per un lungo periodo di tempo e la pensione venga goduta per breve tempo o non venga goduta affatto. Non v'� ragione di distinguere, ai fini della cumulabilit� della pensione (ordinaria o privilegiata) con il diritto al risarcimento, a seconda che i corrispondenti obblighi sorgano in capo a soggetti diversi ovvero in capo ad uno stesso soggetto, poich� trattasi, in ogni caso, di titoli diversi. Quindi, se un Ente pubblico � tenuto a rispondere di un evento lesivo, che ha colpito un suo dipendente, al quale spetta anche una pensione, l'Ente � tenuto, senza possibilit� di compensazione o riduzione, a risarcire il danno e a corrispondere la pensione. il rilievo (avente, del resto, carattere assorbente), che di �lucro� non pu� parlarsi in relazione alla pensione privilegiata, in quanto essa trova la sua giustificazione nella precedente corresponsione dei contributi, effettuata, ad opera del pubblico dipendente, proprio in vista dell'eventuale conseguimento della pensione stessa, mediante le detrazioni operate mensilmente sul suo stipendio. Il rilievo � indubbiamente esatto se riferito alla pensione ordinaria. In tal caso la ritenuta -che rappresenta la compensazione legale di una parte della somma dovuta all'impiegato con quella da lui dovuta all'Erario per fondo pensioni (cfr. ZANOBINI, Corso di dir. amm., vol. III, Milano, 1958, 335) -costituisce il presupposto per il riconoscimento del diritto a pensione, sicch� non vi � ragione perch� la responsabilit� dell'autore dell'illecito (anche se questi sia lo stesso Stato che corrisponde la pensione) possa essere limitata, per la esistenza, in capo al danneggiato, di un diritto ricollegandosi ad un precedente sacrificio economico sopportato dallo stesso danneggiato. Esatta appare, poi, l'ulteriore osservazione della sentenza circa l'irri levanza della misura del contributo effettivamente corrisposto (a mezzo ritenute) dal pubblico dipendente infortunato, essendo tale misura fissata dalla legge (sia pure in misura modesta e non certo rapportata al rischio dell'evento che viene assunto dallo Stato) e non potendosi non conside rare quel margine di aleatoriet� che ha il rapporto di pensione, essendo eventuale lo stesso verificarsi (oltrech� il1 momento del verificarsi) del l'evento dal quale sorge il diritto a pensione. L'applicazione delle argomentazioni ora esposte alla pensione privi legiata o, meglio, alla differenza fra l'ammontare di questa e della pen sione ordinaria eventualmente spettante al dipendente infortunato pu� dare luogo, come si � accennato, a qualche perplessit� dovuta al fatto che la dottrina (cfr. VICARIO, La Corte dei Conti in Italia, 1913, 348; PErROZZIELLO, Il Rapporto di Pubblico impiego, 327, 385 e 386; .AI.ESSI, Responsabilit� deHa Pubblica Amministrazione, 1951, 306; AMORTH, Foro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 81 Una diversit� di trattamento esisteva in passato, in base alle disposizioni del decreto luogotenenziale 21 ottobre 1915, n. 1558 e del r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313, che limitavano i diritti spettanti verso lo Stato ai pubblici dipendenti ed ai superstiti aventi diritto, in relazione ad eventi lesivi della loro persona verificatisi nell'esercizio o in occasione delle loro funzioni, al solo trattamento previsto dalla legislazione sulle pensioni. Ma le menzionate disposizioni sono state abrogate dalla legge 6 marzo 1950, n. 104 e in conseguenza � pienamente ammissibile il cumulo della pensione con il diritto al risarcimento del danno, anche quando sia� tenuta al risarcimento la stessa Amministrazione che corrisponde la pensione. Non vale addurre che, in altri campi (ad esempio in materia di infortuni sul lavoro, di assicurazioni volontarie per danni alla persona), il cumulo non � ammesso. Particolari ragioni possono indurre il legislatore ad escludere la cumulabilit�, in quanto ritenute prevalenti su quelle atte a giustificarla. Ma, quando tali ragioni non trovano espressione nel testo della legge, resta valido ed operante il principio, secondo cui l'attribuzione patrimoniale basata sul precedente ed apposito sacrificio economico del danneggiato � ininfluente sulla misura del risarcimento, dovutogli quale soggetto passivo di un fatto illecito. della Lombardia, 1935, I, 657; CAO PINNA, voce Pensioni, Nuovo Digesto Italiano, n. 10) ha sempre sottolineato la diversa natura giuridica della pensione privilegiata nei confronti della pensione ordinaria, rilevando che la prima viene concessa indipendentemente dalla durata del servizio prestato e che il suo ammontare varia in relazione alla gravit� delle lesioni riportate dal dipendente (r. d. 7 dicembre 1923, n. 2950, art. 8; d. I. 20 maggio 1917, n. 876; r. d. 23 ottobre 1919, n. 1970, art. 6) talch� si � ritenuto che il fondamento della pensione privilegiata sia una ragione di indennizzo di natura analoga a quella che ha ispirato la legislazione sulla assicurazione obbligatoria a favore degli operai. III. -Le suesposte argomentazioni della sentenza impugnata non valgono, peraltro, nei casi in cui la corresponsione della pensione privilegiata sia dalla legge prevista indipendentemente dalla ritenuta per la pensione stessa, come avviene per i militari (cfr. ZANOBINI, op., vol. citt., 361). In tal caso, invero, la detraibilit� dell'ammontare della pensione privilegiata dal risarcimento dovuto dallo Stato deve ammettersi, non solo ove si acceda alla critica suaccennata dell'indirizzo della Cassazione sulla mancanza di nesso causale tra illecito e corresponsione della pensione (in quanto che, la pensione -che costituisce vero e proprio lucro, non ricollegandosi ad un precedente sacrificio patrimoniale del beneficiario -appare essere conseguenza, sia pure mediata, del fatto illecito attribuibile allo stesso Stato), ma anche se -aderendo alla criticata interpretazione del S. C. -si voglia comunque escludere la validit� del richiamo, nella fattispecie, ai principi della compensatio lucri cum damno. Deve, infatti, considerarsi quel particolare modo di estinzione del l'obbligazione, costituito dal conseguimento dello scopo (MEssINEo, Manuale dir. civ. e comm., vol. III, Milano, 1959, ed ivi richiaini; DE CUPIS, Risarci mento del danno e diritto a pensione, cit., 31; GIORGIANNI, Obbligazione (diritto privato) in Novissimo Dig. Ital., voi. XI, 609). Tra le ipotesi da ricondursi all'istituto indicato, la dottrina (cfr. MEsSINEO, op. loc. citt.) indica come tipica quella in cui �il debitore adempia verso il creditore una diversa obbligazione, che, per�. tutela lo stesso inte 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Viene, con ci�, a cadere l'argomento che le Amministrazioni ricorrenti credono di poter trarre dalla legge 10 agosto 1950, n. 648 sulle pensioni di guerra, ove � stabilito (art. 11) che la pensione, lo assegno o l'indennit� di guerra non � cumulabile con qualsiasi altro indennizzo liquidato per lo stesso titolo, a meno che tale indennizzo derivi da atti di previdenza facoltativi esistenti a favore dell'interessato. Stante la diversit� dei principi e dei criteri a cui si ispirano, rispettivamente, le norme relative alle pensioni di guerra e quelle relative alle pensioni (ordinarie e privilegiate) dei pubblici dipendenti (si tenga presente, soprattutto, che la pensione di guerra viene corrisposta in base ad un principio di solidariet� nazionale, che prescinde del tutto da un precedente sacrificio economico del danneggiato), � da escludere che le disposizioni dettate per le pensioni di guerra possano in qualche modo influire nella decisione dell'attuale controversia. Per analoghe ragioni non possono essere invocate le disposizioni relative alle pensioni dei ferrovieri (r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590) e alle pensioni dei salariati statali (r.d.l. 31 dicembre 1925, n. 2383), che escludono la cumulabilit� della pensione eccezionale o speciale (corrispondenti a quella privilegiata degli impiegati statali) con altre forme resse det creditore (concorso di due cause lucrative): in tal caso, invero, sul presupposto che unico sia il creditore, il debitore � liberato (totalmente o parzialmente), se il creditore abbia ricevuto, per altra causa non onerosa, la medesima prestazione, realizzandosi cos� lo scopo della obbligazione, che non ha pi� ragione di esistere. Certamente, presupposto per invocare l'indicato modo di estinzione dell'obbligazione � che il detto scopo sia realizzato senza aggravio, cio� senza un corrispondente beneficio, per il debitore (causa lucrativa); eppertanto, � stato esattamente rilevato che all'istituto non pu� farsi utilmente richiamo ove il conseguimento della pensione sia in funzione del precedente sacrificio rappresentato dai contributi ritenuti al pubblico dipendente (DE CUPIS, op. loc. citt.). Ma, quando tale sacrificio non vi sia, ricorrono tutti i presupposti del c.d. conseguimento dello scopo e cio� sia la causa lucrativa del diritto a pensione, sia l'identit� del creditore (nonch� del debitore), sia la identit� dello scopo od interesse del creditore tutelato dalle due obbligazioni (per risarcimento e per pensione): a proposito di tale ultimo punto, non sembra possa esserci dubbio sul fatto che la pensione privilegiata, al pari del risarcimento, abbia natura e finalit� indennitaria, avendo anch'essa la funzione di riparare alla diminuzione patrimoniale verificatasi in danno del dipendente (o degli altri aventi diritto, ove trattisi di pensione di riversibilit�), sicch� entrambe le forme di indennizzo intendono alla tutela e realizzazione del medesimo interesse del creditore, senza che, evidentemente, possa avere rilievo in contrario la circostanza che le due obbligazioni siano dalla legge ricollegate a due diversi presupposti, costituiti, per l'obbligazione di risarcimento, dal fatto illecito e, per l'obbligazione di pensione, dalla morte od invalidit� per causa di servizio. Deve, quindi, concludersi che, nell'ipotesi considerata (pensione privilegiata senza previo pagamento di contributi da parte del beneficiario), l'ammontare del valore capitale della pensione stessa deve essere conteggiato in detrazione dalla somma dovuta a titolo di risarcimento dallo Stato al proprio dipendente, rimasto infortunato, per causa di servizio, a seguito di fatto illecito attribuibile allo Stato stesso. G. MANDO' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 83 di indennizzo. La mancanza di una disciplina uniforme impedisce che disposizioni relative ad una determinata categoria possano valere per categorie diverse. La eventuale situazione di sfavore di una determinata categoria, rispetto ad altre, pu� essere una buona ragione per rivedere la disciplina normativa che la riguarda, non per estendere la situazione sfavorevole ad altre categorie di dipendenti, che si giovano, in base alle disposizioni ad esse applicabili, di un trattamento migliore. Con il secondo mezzo le Amministrazioni ricorrenti, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2055 e 2043 e.e., sostengono che la Corte di merito erroneamente ha negato il diritto del Ministero della Difesa al rimborso, da parte dei Sartori, nei limiti del ritenuto concorso di colpa, dell'importo della pensione privilegiata corrisposta all'Imparato, convenientemente capitalizzata. Tale rimborso, secondo le ricorrenti, era dovuto sia che si ritenga che l'importo della pensione privilegiata corrisposta dallo Stato vada detratto dal danno da risarcire all'Imparato (in tal caso i Sartori sono tenuti, in forza del secondo comma dell'art. 2055 e.e., a rivalere lo Stato, in misura proporzionale alla colpa addebitata al conducente del loro automezzo, di quanto lo Stato ha gi� direttamente corrisposto per risarcire il danno), sia che si ritenga, invece, che della pensione privilegiata non debba tenersi conto nella liquidazione del danno (perch�, in tal caso, bisogner� dire che dallo stesso fatto illecito sono derivati due danni diversi a due diverse persone: all'Imparato per la menomazione fisica subita, allo Stato per l'insorgere dell'obbligo di pagamento della pensione privilegiata). Entrambe le tesi sono da respingere. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2271 -Pres. Rossano -Est. Ferrone Capano -P.M. Di Majo (conf.) -Nigro (avv. Romanelli) c. Ferrovie Stato (avv. Stato Gentile). Guerra -Fatto di guerra -Nozione. (I. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 3). Ai sensi den'art. 3 della legge 27 dicemb1�e 1953, n. 968, che ha ampliato ed integrato le precedenti disposizioni in materia, nella nozione di fatto di guerra rientra qualunque fatto delle forze armate nazionali, alleate o nemiche, comunque inerente alla preparazione od alla condotta delle operazioni belliche. Deve, pertanto, considerarsi quale fatto di guerra il taglio del costone di una collina, effettuato dalle truppe 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alleate ai fini della costruzione di una deviazione ferroviaria, in prossi I . . mit� della zona di operazione, necessaria per convogliare su di essa I il traffico delle truppe e dei materiali bellici (1). ~ ::~ (1) Sulla nozione di � fatto di guerra �� Nella :llattispecie oggetto della decisione� in rassegna, il S. C., facendo corretta apPlicazione delle norme di legge, ha escluso ogni !responsabilit� dell'Amministrazione F. S. per i danni subiti da un privato in dipendenza delila distruzione di un immobile, cagionata -secondo l'insindacabile accertamento del giudice di merito -sia dallo �scoppio di mine poste dalle truppe tedesche nell'interno delle gallerie che attraversavano la collina al di sotto dell'immobfile, sia dal taglio della parte terminale del costone della collina stessa, operato dagli alleati per costruirvi una deviazione della linea ferroviaria, al fine di consentire il trasporto di mezzi e di truppe nella immediata vicinanza della prima linea. Per pervenire a tale esatta �Conclusione, la .Suprema Corte -riconfermando la <propria giurisprudenza sulla estensione della nozione �di � fatto di guerra �, ai sensi dell'art. 3 della ~egge '27 dicemblre 1953, n. 968 -ha ricompreso in tale concetto non solo l'espfosione di mine in galleria (come era incontestabile), sibbene anche d1 taglio del:la parte terminale della collina, in quanto .compiuto dalle forze alleate al fine primario ed essenzi�ale delle operazioni belliche allora in corso (trasporto di truppe a materiaii bellici), a nulla influendo in contrario la considerazione che, indirettamente o sussidi:ariamente, lo stesso fatto abbia potuto soddisfa!l'e anche gli interessi della collettivit� nazionale (per effetto della successiva riattivazione del traffico ferroviario normale sulla diramazione esterna, costruita dalle truppe alleate). Per le stesse considerazioni, il S. C. ha escluso che la responsabilit� della Amministrazione italiana potesse essere fondata sulle norme del r. d. 1. 11 febbraio 1944, n. 31 e del d. lg. lgt. 20 luglio 1944, n. 162 -che riguardano il regime giuridico dei territori liberati e di quelli restituiti all'Ammini. strazione itaiiana -attesoch� l'attribuzione agli organi dello Stato italiano degli atti o fatti compiuti dalle autorit� militari alleate durante il periodo di occupazione � da limitarsi all'attivit� meramente amministrativa e non comprende gli atti prettamente militari, n� i c. d. fatti di guerra, i cui danni non possono considerarsi come cagionati dalle Autorit� italiane. � noto che il concetto di fatto di guerra, originariamente fissato nell'art. 2 della 1. 26 ottobre 1940, n. 1543, poi sostituito dall'al.'t. 1 del d. l. 6 settembre 1946, n. 226, � stato ampliato ed integrato dall'al.'t. 3 della vigente 1. 27 dicemblre 1953, n. 968 (veggasi, pi� ampiamente, Rel'azione Avv. Stato 1956 -1960, vol. III, 811 segg.; id. 1951 -1955, vol. II, 775 segg.), il quale definiisce come tale (oltre ai rastrellamenti, rappresaglie, ecc., previsti nel secondo, terzo e .quarto comma e che qui non interessano) �il fatto delle forze armate nemiche, cobelligeranti, alleate o nazionali � � nella preparazione o nella coodotta delle operazioni belliche � : data l'amplissima dizione di tale norma, rientrano nel concetto in esame tutti i fatti delle forze armate nazionali, alleate o nemiche, che siano comunque inerenti alla preparazione od alla condotta delle operazioni belliche (come chiarisce fa sentenza in esame) o -come precisa la sent. della Cass., Sez. Un., 8 luglio 1958, n. 2462, Giust. civ., 1958, I, 1960 -che siano in relazione sia pure occasionale con manifestazioni di attivit� belliche. Sulla nozione di fatto di guerra, c:llr. anche, di recente, Casi!., Sez. Un., 6 luglio 1963, n. 1818, Giust. civ., 1964, I, 367, ed ivi richiami ai precedenti, cui adde Cass., S'ez. Un., 28 novembre 1961, n. 2749, Giust. civ., 1962, I, 255, che riconosce che anche un fatto di guerra pu� assumere caratteristiche di illecito, ove compiuto in violazione dei limiti imposti dalla legge alle PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 85 attivit� belliche, e generare, pertanto, l'azione di risarcimento danni, proponibile avanti al Giudice ordinario. Per la precisazione che per fatto di guerra -di cui al cit. art. 3 della legge n. 968 del 1953 -deve intendersi una manifestazione materiale e concreta di forza da parte dei belligeranti, nella loro attivit� di offesa o di difesa e che abbia, nella materialit� della manifestazione, gi� insiti il fine bellico ed il carattere dell'antigiuridicit�, siccome posto in essere in violazione dei diritti dei singoli o della collettivit�, cfr. Cass., Sez. Un., 6 luglio 1963, n. 1818, cit.; 8 luglio 1958, n. 2462, cit. Per l'ulteriore chiarimento che l'attivit� dannosa, per assumere la qualifica di fatto di guerra, deve essere stata compiuta � ad esclusivo vantaggio e nell'interesse di chi la ha posta in essere �, ricadendo altrimenti sotto la nozione e la disciplina del comune fatto ililecito, cui partecipa anche il terzo, �a cui vantaggio � stata esplicata l'attivit� violatrice dei diritti, cfr. Cass., 8 luglio 1958, n. 2462 cit.; 28 settembre 1955, n. 2657, Giur. it., 1955, I, 1, 1033. Per quanto attiene, poi, alla questione sui limiti della riferibilit� agli organi del'lo Stato italiano dell'attivit� esplicata dalle autorit� alleate ocOUJpanti (ai sensi dei dd. 11. n. 31 e n. 162 del 1944), non sembra dubbia l'esattezza della esclusione di tale attribuzione allo Stato italiano degli atti prettamente militari (e, quindi, dei fatti di guerra), posti in essere dalle truppe alleate. Ci� �si desume chiaramente da'l.la stessa lettera degli artt. 1, 2� comma, dei citt. dd. H. n. 31 e 162 de� 1944, con i quali viene mantenuta ferma l'efficacia degli atti o fatti compiuti dalle Autorit� Militari Alleate in virt� dei � proclami ed ordinanze � emesse dal Generale Governatore militare o dai suoi delegati, considerandosi tali atti o fatti � come se compiuti dal Governo italiano �. Con tali norme --secondo 'quanto ha costantemente affermato la giurisprudenza del S. C. (Cass., 3 marzo 1964, n. 477, Giust. civ., Mass., 1964, 207; 6 maggio 1960, n. 1035, Giust. civ., 1960, I, 2149; 30 ottobre 1957, n. 4212, id., Mass., 1957, 1596; 6 maggio 1955, n. 1277, Giust. civ., 1955, I, 1638, ecc) si � operata la recezione nel nostro ordinamento degli atti e provvedimenti del G. IM. A., facendosi propria l'attivit� amministrativa posta in essere dall'Autorit� di occupazione, sicch� gli atti stessi perdono la loro originale provenienza, per assumere quella dei competenti organi dell'Amministrazione Italiana. �, cosi, chiaxo che i provvedimenti e gli atti riferiti agli organi della Amministrazione italiana sono quelli posti in essexe dal G. M. A. nella amministrazione civile del territorio occupato e sulla base di quei proc'lami ed ordinanze, attraverso i quali si era esplicata -giusta la Convenzione di Armistizio 29 settembre 1943 (artt. 20 e segg.) -l'attivit� normativa delle Autorit� Alleate nel territorio italiano; e lo scopo delle norme di cui ai cit. dd. ll. nn. 31 e 162 del 1944 fu proprio quello di inserire nell'ordinamento italiano, considerandoli come posti in essere dall'Amministrazione italiana, i provvedimenti emessi ed i fatti compiuti dal Governo Militare alleato e che sarebbero stati, altrimenti, per lo �stesso ordinamento, irrilevanti ed inefficaci. Se tale fu lo scopo delle norme di cui ai citati Decreti, � per ci� stesso evidente che l'esigenza deJ.la recezione nell'ordinamento giuridico italiano non si pone per gJ.i atti prettamenti militari, compiuti dalle truppe alleate combattenti, che rimangono giurridicamente attribuibili alle medesime: essi possono venire in considerazione solo quali � fatti di guenra � ai sensi dell'atrt. 3 della cit. legge n. 968 del 1953 ~la quale esplicitamente distingue il fatto-delle forze armate alleate da quello delile forze armate nazionali), in quanto produttivi di danni indennizzabili dallo Stato italiano ai sensi e nei limiti della vigente legislazione sui danni di guerra. G. MANDO' 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1965, n. 2295 -Pres. Cannizzaro -Est. Ginetti -P. M. De Marco (conf.) -Comune di Milano (avv.ti Consolini, Sartogo) c. Brianza (avv. Silenzi). Comune -Spese di spedalit� -Procedura di riscossione privilegiata prevista dalla 1. 3 dicembre 1931, n. 1580 -Applicabilit� nei confronti del proprietario di autoveicolo investitore per ottenere il rimborso delle spese ospedaliere sostenute per il ricovero dell'investito -Natura autonoma e non surrogatoria dell'azione -Prescrizione quinquennale. (I. 3 dicembre 1931, n. 1580, artt. 3 e segg.). Entrate patrimoniali dello Stato -Procedimento di ingiunzione previsto dal t. u. 14 aprile 1910, n. 639 per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, delle Province, dei Comuni e di altri enti pubblici Opposizione -Effetti Instaurazione di un ordinario processo di cognizione -Sussiste. (t. u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 1 e segg.). n Comune, per ottenere il rimborso delle spese ospedaliere sostenute in relazione al ricovero di persona vittima di investimento da autoveicolo, pu� avvalersi, nei confronti del proprietario dell'automezzo investitore, dello speciale procedimento monitorio previsto dalla legge 3 dicembre 1931, n. 1580 e l'azione di rimborso attuata mediante il detto procedimento speciale � autonoma, non surrogatoria di quella che competerebbe all'infortunato per ottenere il risarcimento dei danni, epper� si prescrive in cinque anni, come disposto dalla citata legge speciale, e non gi�, in due anni, come quella del ricoverato, a norma dell'articolo 2947 e.e. (1). Nel procedimento di riscossione previsto per le entrate partimoniali dello Stato e di altri enti pubblici l'ingiunzione ha in sostanza l'effetto di una intimazione di pagamento e l'opposizione dell'intimato introduce un ordinario processo di cognizione, volto a contestare ii diritto alla esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo da parte del giudice ed a favore del debitore, che assume, cos�, vera e propria veste di attore (2). (Omissis). Con il primo mezzo il ricorrente Comune di Milano denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2946-2947 e.e. e 3 legge 3 dicembre 1931, n. 1580, �precisando che il Tribunale aveva erroneamente (1) Cfr. Cass., 13 ottobr.e 1~60, n. 2719, Foro it., 19.6~, I,. 70. . (2) Sull'ambito di applicazione della procedura ~rivil~giata,d'previd~tt~ dal t.u. n. 639 del 1910, obiettivamente, anche alla riscossione i ere i i aventi natura tributaria, con esclusione dei soli tributi per i quali le apposite leggi impongono l'esazione a mezzo ruoli, nonch�, subiettivamente, a ,i__;_ . f:;I ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 87 applicato, al caso di specie, la prescrizione biennale prevista dall'articolo 2947, secondo comma, e.e., laddove andava applicata la prescrizione prevista dalla legge speciale del 1931, n. 1580; denuncia altres� insufficiente e contraddittoria motivazione su tal punto: art. 360, n. 3 e 5, c. p. c. La censura � foridata. La questione prospettata � stata gi� risolta da questa Suprema Corte con la sentenza n. 2719 del 13 ottobre 1960, Sez. I, la quale ha fissato il principio che, per ottenere il rimborso delle spese ospedaliere sostenute in relazione al ricovero di persona vittima di investimento da autoveicolo, il Comune pu� avvalersi, nei confronti del proprietario dell'automezzo investitore, dello speciale procedimento monitorio previsto dalla legge 3 dicembre 1931, n. 1580; l'azione di rivalsa per ottenere il rimborso delle spese ospedaliere, attuata mediante il detto procedimento speciale, � autonoma e non surrogatoria di quella, che competerebbe all'infortunato per ottenere il risarcimento dei danni, e si prescrive in cinque anni, come esplicitamente detto dalla citata legge spciale, e non in due anni, a norma dell'art. 2947 e.e., come quella del ricoverato. Ci� posto, poich� il Comune di Milano ha agito per la rivalsa di spese di spedalit� e si � scrupolosamente attenuto al dettato dell'art. 3 favore degli enti pubblici in genere, pur se istituiti dopo l'entrata in vigore del t.u. medesimo; sulla natura di atto amministrativo e non giurisdizionale dell'ingiunzione; sugli elementi di validit� dell'atto., la forma, la notifica, il termine di opposizione, la posizione processuale delle parti e l'onere della prova v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 830 e segg, Sulla distinzione fra opposizioni ad ingiunzioni emesse per la riscossione di entrate patrimoniali ed opposizioni ad ingiunzioni emesse per la riscossione di tributi, col riconoscimento solo nei confronti delle seconde dell'operativit� della regola del foro dello Stato, v. Cass., 20 gennaio 1964, n. 147 e 27 gennaio 1964, n. 183, in questa Rassegna, 1964, I, 3'56-357, con nota redazfonale (sul foro dello Stato nelle controversie tributarie v. anche Relazione cit., vol. III, Roma, 1961, 690 e seg.); sull'ingiunzione fiscale ed in particolare sulla definitivit� dell'accertamento in materia di diritti doganali per l'inutile decorso del termine perentorio previsto dall'art. 24 l. 25 settembre 1940, n. 1424, con conseguente decadenza dell'opposizione e preclusione della possibilit� di ogni ulteriore contestazione, v. Cass., 23 gennaio 1964, n. 164, in questa Rassegna, 1964, I, 358 ed ivi nota redazionale (in part., 360); sul termine dell'opposizione ad ingiunzione doganale v. Relazione cit., vol. II, Roma, 1961, 770 e seg.; per l'avvertenza che la speciale procedura ingiunzionale � consentita, per la riscossione delle entrate patrimoniali, soltanto quando si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili, in base a titolo precostituito, v. Cass., 16 luglio 1963, n. 1950, in Riv. leg. fisc., 1963, 2307 ed in questa Rassegna, 1963, 139. Sulla natura dell'ingiunzione di cui al t.u. n. 639 del 1910 e sugli effetti processuali dell'opposizione dell'intimato v., altres�, nel senso di cui alla massima (sub 2) della sentenza in rassegna: Cass., 8 giugno 1963, n. 1530, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 721 (ove si precisa che lo speciale procedimento � � apprestato per la spedita riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli aitri enti pubblici minori); da ultimo cfr., in argomento, Cass., 12 novembre 1965, n. 2356, in questa Rassegna, 1965, I, 1196, con nota di MAZZELLA. 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 3 dicembre 1931, n. 1580, facendo notificare al Brianza, il 26 giugno 1958, l'elenco degli obbligati, reso esecutorio dal Prefetto, con ingiunzione coattiva di pagamento, prima della scadenza di cinque anni dalla cessazione del ricovero dell'infortunata, verificatasi il 2 ottobre 1953, ben poteva il predetto Comune avvalersi della procedura privilegiata stabilita con la citata legge, non essendo applicabile al relateivo diritto la prescrizione biennale prevista dall'art. 2947, secondo comma, e.e. Col secondo mezzo il Comune ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112-115, 116 e 345 c.p.c., 2697 e 2054 e.e., 4 1. 3 dicembre 1931, n. 1580, precisando che il tribunale aveva errato nel ritenere che l'onere di provare il nesso di causalit� tra l'incidente occorso alla Chist� ed il ricovero ospedaliero spettasse al Comune; denuncia inoltre insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione su tal punto: art. 3�60, n. 3 e 5, c.p.c. Anche questa censura � fondata. Anzitutto occorre considerare che il Brianza n� in primo grado e n� in appello ha mai contestato che il ricovero della donna in ospedale non fosse dovuto alle gravi lesioni riportate in seguito all'investimento patito ad opera del Brianza medesimo. Peraltro, a parte ogni questione sulla compatibilit� dell'eccezione di prescrizione �Con altre eccezioni, che tendano a vulnerare l'esistenza del relativo diritto, � decisivo il rilievo che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il procedimento di ingiunzione previsto per le entrate patrimoniali dello Stato e di altri enti pubblici determina, nel caso di opposizione, un procedimento nel quale l'ingiunzione fiscale ha, in sostanza, l'effetto di una intimazione di pagamento, in modo da introdurre un ordinario processo di cognizione, volto a contestare il diritto all'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo da parte del giudice a favore del debitore, che assume, cosi, vera e propria veste di attore (sentenze 3269 del 1958, 1530 del 1963, 3065 del 1963). Perci� incombeva, se mai, al Brianza di dare la prova dell'infondatezza del credito da lui impugnato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 8 novembre 1965, n. 2329 -Pres. Boccia -Est. Cortesani -P. M. Gedda (conf.) -Presidenza Regione Siciliana (avv. Stato Chiarotti) c. Schirru (avv. Scaduto). Responsabilit� civile -Danni da reato perse~uibile a querela -Decreto di archiviazione -Decorrenza del termine di prescrizione. {c. c., art. 2947; c. p., art. 590; c. p. p., art. 74). n termine biennale di prescrizione dell'azione di risarcimento danni di cui ait'art. 2947, 20 comma, c. c. -ove il procedimento penale per il reato di lesioni colpose sia stato definito con decreto di archiviazione PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 89 ex art. 74 c.p.p., per mancanza di querela, 1�isultata necessm�ia a seguito del successivo accertamento della durata della malattia non superiore ai giorni quaranta -decorre dalla data del decreto stesso e non da quella del fatto (1). (1) Sulla decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno derivante da reato perseguibile a querela. a) La sommaria motivazione della 'sentenza in rassegna, che si legge anche in Giur. it., 1965, I, 1, 1473 (motivazione che, sulla questione principale, si esaurisce nell'affermazione che non ha alcuna base nella legge 1'. assunto dei ricorrenti secondo cui !l'inizio della decorrenza della prescrizione dovrebbe essere fissato alla data di scadenza del termine per la presentazione della querela �), impone un sia pur breve riesame, alla luce della recente dottrina e giurisprudenza, della questione della decorrenza del termine di prescrizione delil'azione di danno derivante da reato perseguibile a querela. Nel caso di specie, il Pretore, accertato che la durata della malattia sofferta dal danneggiato da un investimento automobilistico non aveva effettivamente ,superato i gg. 40 (mentre, inizialmente, essa sembrava essere superiore a tale limite, sicch� si era proceduto di ufficio a carico dell'investitore per il reato di lesioni colpose gravi) e constatata la non tempestiva presentazione della necessa'l"ia querela, aveva pronunciato il decreto di archiviazione di cui all'art. 74, u. c., c. p. p. Sembra dubbio che la forma adottata per tale provvedimento dal Giudice penale fosse rituale: invero, poich� a seguito degli atti istruttori esperiti (ed in particolare della perizia) era rimasto accertato il difetto de:tla necessaria querela, il Pretore doveva emettere non gi� decreto di non promovibilit� dell'azione penale, ma piuttosto sentenza istruttoria di non doversi procedere, perch� l'azione penale non avrebbe potuto essere iniziata (art. 378 c. p. p.). Ci� chiarito, �, per�, altrettanto vero che, sia pur sommariamente motivato, l'adottato provvedimento aveva sostanzialmente la natura della sentenza, di cui avrebbe dovuto assumere forma e ne produceva gli effetti: sicch� l'irritualit� della forma adottata 'dal Giudice Penale non pone il problema che qui dnteressa in termini diversi dall'ipotesi in cui fosse stata pronunciata regolare sentenza (istruttoria o dibattimentale) di proscioglimento, per difetto di tempestiva querela. Sotto tale profilo, [e considerazioni della sentenza in rassegna sono da condividersi: la pronuncia trova un precedente puntualmente conforme nella sent. 31 luglio 1962, n. 2277, Resp. civ., prev., 1963, 290 (la quale, pur senza alcuna motivazione, fissa anche la decorrenza del termine biennale di prescrizione ana data del decreto di archiviazione). In senso conforme, si veda, in dottrina, BoERI, L'azione di danno nei sinistri stradal'i, vol. III, La prescrizione, Milano, 1965, 56. b) Ci� premesso, sono da riesaminare i termini della vexata quaestio, se il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno derivante da reato perseguibile a querela (non tempestivamente presentata) decorra dalla data del fatto, o dalla scadenza del termine per la presentazione della querela, o dalla data del provvedimento (sentenza di non doversi proce dere o decreto di impromovibilit� dell'azione, che abbia natura ed effetti della detta sentenza), che accerti la mancata proposizione della tempestiva querela. La questione non trova uniforme soiuzione nella giurisprudenza. Con sentenza 29 gennaio 1957 n. 313, Giust. Civ., 1957, I, 397 (con ivi requisitoria del P. G. Toro), il S. C. si � posto, senza peraltro risolverlo perch� irrilevante nel caso concreto, il problema, se la decon-enza del termine prescrizionale iniziasse dailla data dell'evento dannoso, ovvero dalla data della scadenza del termine di decadenza per proporre querela, o da IJO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quello della rinuncia ad essa (senza, pertanto, neppure prospettarsi l'ipotesi che il termine potesse farsi decorrere dalla data della pronuncia giudiziale). Con successiva sentenza 27 marzo 1959, n. 937, Giust. Civ. 1959, I, 811 (con nota di A. VENDITTI), la Cassazione ha, all'incontro, deciso che �il termine di prescrizione per il risarcimento del danno � queHo di anni due, previsto nel secondo comma dell'art. 2947 c. c., con decorrenza dalla data della sentenza di proscioglimento �. In conformit� a tale indirizzo, sembra essere Cass., 31 luglio 1962, n. 2277 citata, che, per l'ipotesi di intervenuto decreto di archiviazione, �fa decorrere la prescrizione� dalla data del medesimo provvedimento. Nello stesso senso, tra i giudici di merito, Trib. Padova, 18 giugno 1952, Dir. autom., 1952, 543; id., 3 luglio 1952, Corti Brescia e Venezia, 1953, 234; App. Milano, 3 aprile 1959, Foro Pad., 1959, I, 595; App. Firenze, 10 giugno 1960, Giur. Tosc., 1960, 683. Con altra sentenza 29 agosto 1962, n. 2695, Resp. civ., prev., 1963, 157, la Cassazione ha mutato nuovamente avviso, decidendo che il termine biennale in parola decorre dal giorno in cui ebbe a verificarsi il fatto il.ilecito, nell'ipotesi in cui la necessaria querela non sia stata presentata. Nello stesso senso si era esplicitamente pronunciato il Tribunale di Genova, con sentenza 13 aprile 1959, Riv. it. dir. proc. pen., 1960, 329. Nello stesso senso, cfr., anche, Trib. Firenze, 26 aprile 1954, Giur. Tosc., 1954, 900; Pret. Roma, 5 marzo 1961, Arch. giur. circ., 1961, 1235; Trib. Parma, 26 febbraio 1962, Nuovo Dir. 1962, 655. I Alcune sentenze di giudici di merito fissano la decorrenza dell'azione civile di risarcimento alla data in cui si � verificata la decadenza dal diritto di proporre querela: cfr. Trib. Velletri, 21 aprile 1954, Giust. pen., 1955, II, 73; App, Firenze, 27 gennaio 1959, Giur. Tosc., 1959, 173. I Per l'analoga fattispecie di reato, perseguibile su richiesta dell'autorit�, Cass., Sez. Un., 28 novembre 1961, n. 2749, Giust. civ., 1962, I, 255, fa decor' rere il termine di cui ai primi due commi dell'art. 2947 dalla data in cui . ' si � verificata la decadenza dal potere di richiesta. La dottrina si � interessata al problema che ne occupa, pervenendo, II anch'essa, a conclusioni non uniformi. Il DE MARINI, Prescrizione breve e querela, Riv. trim. dir. proc. civ., :: 1955, 1278, in particolare 1292, ritiene che la � decadenza dal potere di querela o la rinunzia allo stesso determinino, per 'l'azione di risarcimento danno, l'inizio della prescrizione breve prevista dai .primi due commi del l'art. 2947 .. Nello stesso senso conclude il GENTILE, Regime della prescrizione in materia di responsabilitd civile, Resp. civ., prev., 1958, n. 302, richiamandosi alla citata sentenza n. 312 del 1957, che, peraltro, come suaccennato, non risolve esplicitamente la questione. Il BoNETTO, Lesioni perseguibili a querela, danni alla persona, danni alle cose e prescrizione dei diritti ai relativi risarcimenti, Riv. it. dir. pen., 1960, 329 e segg., fa decorrere il termine prescrizionale in parola dal gio:no del verificarsi del fatto lesivo ed alla stessa conclusione sembrano pervenire, pur dubitativamente, il CoRDERO, Procedibilitd, punibilitd, regime di pre scrizione del credito di risarcimento del reato, Riv. dir. civ., 1959, 44 ss., specialmente 75, ed il VENDITTI, nella nota alla citata sent. n. 93 del 1959, in Giust. civ., 1959, I, 811. Non prende, invece, posizione sul punto il BoERI, L'azione di danno cit., 68 ss. c) Sembra che la soluzione della questione in esame sia strettamente dipendente da quella del connesso problema della applicabilit�, all'azione di danno derivante da un reato punibile �a querela, del termine di p;rescri zione di cui ai primi due commi dell'art. 2947 c. c., ovvero di quello pi� lungo, previsto dal terzo comma dello stesso articolo, per 'l'ipotesi in cui � fil fatto sia �Considerato dalla legge come reato �. � noto come la ormai costante giurisprudenza (Cass., 29 gennaio 1957, n. 313 cit.; 29 agosto 1962, n. 2695, Resp. civ., prev., 1963, 157) si sia pro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 91 nunciata per l'applicabilit�, nella fattispecie, del termine previsto dai drue primi commi deWart. 2947 citato, e ci� ,soprattutto in considerazione della ratio della disposizione del terzo comma dell'articolo stesso, individuata nella necessit� di �accomunare la sorte della pretesa risarcitoria del privato danneggiato e della pretesa punitiva dello Stato, in guisa da evitare che l'autore di un reato dichiarato responsabile e condannato in sede penale resti esente dall'obbligo di risarcimento verso la vittima del reato, in conseguenza dell'avvenuta, pi� breve prescrizione civile�. Sicch�, �in difetto di tempestiva querela, l'azione penale � definitivamente preclusa... e l'applicazione della pi� lunga prescrizione prevista per il reato non ha pi� ragione di essere � (sent. n. 313 del 1959 cit.). Se � evidente il buon fondamento logico dell'accennato indirizzo giurisprudenziale, �, peraltro, non del tutto agevole conciliarlo con la lettera del terzo comma dell'art. 2947, il quale prevede l'ipotesi di �fatto considerato dalla legge come reato � : senza voler neppure sfiorare, in questa sede, il travagliato problema della natura giuridica della querela, � da ritenere comunque -anche a voler configurare la medesima come condizione di punibilit� -preferibile la teoria, fondata sulla lettera dell'art. 44 c. p., che qualifica la detta condizione come un elemento estrinseco, che si aggiunge e presuppone un reato gi� perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi {ANTOLISEI, Manuale dir. pen., vOll. I, Milano 1957, 518; GALLO, Il concetto unitario di colpevolezza, Milano, 1951, 24; BETTIOLI, Diritto penale, Palermo 1950, 172; MAGGIORE, Principi di dir. penale, vol. I, Bologna, 1943, 200). A maggior ragione, la tesi giurisprudenziale sembra contrastare con il tenor.e letteraile del cit. terzo comma dell.'art. 2947, ove alfa querela si attribuisca natura meramente processuale (cfr., per tutti, in tal senso, ANTOLISEI, op. cit., 520 e segg.): ch�, se essa incide solo sulla procedibilit� dell'azione penale, la sua mancanza non esclude l'esistenza di un reato, perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi. H vero � che -come esattamente posto in luce dal!la dottrina (CoRDERO, DE MARINI, BoNETTo, opp. locc. citt.) e come sembra ritenere, sia pure implicitamente, l'accennata giurisprudenza del S. C. -il termine �reato� di cui al terzo comma in esame va interpretato, in relazione alla suindicata ratio della disposizione, restrittivamente e cio� nel senso di �reato concretamente procedibile � o � reato punibile � : sicch�, ove tale concreta possibi!lit� di esercizio dell'azione penale (in concomitanza con quella civile) non vi 'sia, per la decadenza o rinuncia alla necessaria querela, la fattispecie esula dalla previsione del terzo comma dehl'art. 2947 e rientra in quella dei primi due commi deLlo stesso articolo. Principio questo che -come acutamente rileva il BoNETTO, op. cit., 338 -deve essere applicato in tutti i casi in cui fa procedibilit� dell'azione p�nale � subordinata all'avverarsi di una condizione, come la richiesta o l'istanza e -ritengo di aggiungere -anche nell'ipotesi di immunit� dalla giurisdizione penale italiana, come avviene per i cittadini stranieri appartenenti alla NATO, secondo la Convenzione di Londra, resa esecutiva con legge 30 novembre 1955, n 1335 (airt. VII, par. 3, lett. a), salva la ipotesi di espressa rinuncia dell'autorit� dello Stato di origine (cui compete priorit� di giurisdizione) a favore dello Stato di soggiorno (lett. C., par. cit.) (contra, ma non convin centemente, App, Venezia, 15 luglio 1965, in causa Benetti e M. D. E., inedita). d) A questo punto dell'indagine, � agevole la soluzione del problema della decorrenza del termine (quinquennale o biennale). Resta escluso -a tal fine -che possa aver rilievo ila sentenza di non doversi procedere perch� l'azione non poteva essere iniziata, appunto perch� la decorrenza da taile data (o pi� esattamente da quella della sua irrevo cabilit�) � prevista dal terzo comma dell'art. 2947 (che ha chiaramente natura eccezionale rispetto al principio generale delil'art. 2935) solo per l'ipotesi di fatto-reato in esso contemplato e non quindi quando la necessaria querela non sia stata tempestivamente proposta. 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Del resto, � agevole rilevare a quali incongruenze logiche potrebbe dar luogo l'accoglimento della tesi della decoo:renza del termine prescTizionale dalla data della sentenza di proscioglimento. Infatti, nel caso, non infrequente (proprio iin relazione alla natura dei reati perseguiibili a querela), in cui n reato non sia ,stato mai portato a tempestiva conoscenza dell'A. G., il danneggiato avrebbe la possibilit� di presentare la querela i:n ogni tempo (e, quindi, anche a distanza di parecchi anni dal fatto), ben consapevole della �sua tardivi,t�, ma al solo fine di ottenere una pronuncia che dichiari appunto tale ta!t'divit�, ed allo scopo di far decorrere dalla data della sentenza l'azione di il."isarcimento danni. Non sembra, neppure, coriretto far iniziare li.I termine di prescrizione dalla data della intervenuta decadenza dalla querela (o della relativa rinuncia): e ci� in applicazione del principio generale di cui all'art. 2935 cit., di cui � specifica applicazione l'ultima parte del primo comma del� l'airt. 2947. Invero, la pendenza del termine per la proposizione della querela non costituisce giuridico impedimento all'esercizio del dirritto ad ottenere il risarcimento del danno (n�, ovviamente, pottrebbe richiamarsi, in contrario, il disposto dell'art. 12 c. p. p., che si limita a dichiaTare inammissibile la querela dopo la proposizione dell'aziooe civile e che anzi, per �tal modo, viene implicitamente a confermare, per quanto non necessario, l'esperibilit� dell'azione di danno anche nel.la pendenza del termine di querela); sicch� � inammissibile il differimento del termine iniziale della prescrizione ad un momento successivo a quello della commissione del fatto illecito, da cui sorge la pretesa risarcitoria da avanzarsi a cura dell'avente diritto. Deve, quindi, ritenersi correttamente che J.a prescrizione dell'azione di danno, derivante da fatto astrattamente previsto come reato perseguibile a querela, non tempestivamente presentata, decorre dal giorno in cui il fatto stesso si � verificato: ed a tale conclusione deve pervenirsi anche quando -come nella fattispecie oggetto della decisione in rassegna -si sia originaa:-iamente proceduto di ufficio e -solo a seguito di ulteriori accertamenti o sulla base di nuovi elementi risultati nel corso deLl'istruttoria o del giudizio -si constati la necessit� della querela, in dipendenza della cosiddetta degradazione del titolo del reato originariamente contestato. La conttraria opinione della sentenza annotata (che ha un precedente conforme nella sent. n. 937 del 1959, cit.) sembra affidarsi prevalentemente a considerazioni di ordine equitativo, sul rilievo che � l'inattivit� del dan neggiato .... si giustifichi in pendenza del procedimento penale in vista della possibilit� che una pi� lunga prescrizione stabilita per il ;reato sia riferibile al risarcimento del danno � (sent. 937 del 1959); sicch� il medesimo potrebbe vedersi inaspettatamente privato dell'esercizio del suo diritto (per l'intercorso periodo di prescrizione), a seguito del1a successiva pro nuncia che degradi �a reato di azione privata il reato originariamente perseguito d'ufficio. Ma tale Tagionamento non pu� condividersi: inve�ro, nel caso frequente, ricorrente anche nella sp.ecie, in cui il reato di lesioni colpose gravi venga degradato a quello di lesioni lievi a seguito del successivo accertamento della durata della malattia, inferiore a gg. quaranta, non sussistono neppuTe quelle ragioni di equit�, cUi fa appello la giurisprudenza che 'si critica. InveTo, la persona offesa ben sa -e nessuno meglio della stessa pru� sapere -in quanti giorni � effettivamente guarita e dopo i quaranta giorni, limite delle lesioni lievi, ne ha altri cinquanta per meditare sul da farsi: se non propone querela, imputet sibi e non ilo imputi ad una diversa previsione della contestazione penale, che egli sa o deve sapere errata, sicch� non sussiste alcuna ragione di incolp.evole � affidamento �, che possa far derogaTe, per la fattispecie, �alla rigorosit� dei principi. In linea di stretto diritto, poi, l'indirizzo giurisprudenziale in esame appare non corretto. La disposizione dell'art. 2935 c. �c., consacrando il principio che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il 1� diritto pu� essere fatto valere, si riferisce .solo alla possibilit� .legale di esercitarlo (cfr., da ultimo, Cass., 29 ,settembre 1964, n. 2457, Giust. civ., �~ Wl.,�~ll�W.W� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 93 Mass., 1964, 1146; 18 febbraio 1964, n 356; ibidem, 151; 8 gennaio 1964, n. 20, ibidem, 9), non avendo influenza sull'inizio e sul decorso della prescrizione n� gli impedimenti di fatto, n� J.'ignoranza, da parte del titOllare, del proprio diritto (Cass., 20 luglio 1963, n. 2002, id., Mass. 1963, 947), n� le valutazioni . personali e soggettive che la parte faccia sulla convenienza di propoNe, immediatamente oppure in un successivo momento, la propria domanda (Cass., 19 ottobre 1963, n. 2792, ibidem, 1315). In definitiva, condizione necessaria e sufficiente perch� la prescrizione cominci a decorrere � che il diritto, pur potendo essere giuridicamente esercitato dal titolare, non sia di fatto esercitato (Cass., 21 marzo 1963, n. 689, ibidem, 318): applicando tale principio, nel caso che interessa, � indubitabile che il danneggiato ben potesse, sin dal momento del fatto, azionare la propria pretesa di risarcimento, o con la costituzione di parte civile nel processo penale, o con l'azione civile autonoma (salvo la sua sospensione ex art. 295 c. p. c., in relazione all'art. 3 c. p. p.), o, comunque, ponendo in essere validi atti stragiudiziali, interruttivi della prescrizione. Eppertanto, il suo affidamento (che � del iresto, in ipotesi, affidamento sulla maggior durata del tempo necessario a prescrivere e non sulla posticipazione della decorrenza del termine di cui ai primi due commi dell'art. 2947 c. c.) � del tutto ininfluente -quale atteggiamento soggettivo del titolare del diritto -ad impedire il decorso del termine di prescrizione, che, sempre e comunque, ha inizio dal giorno in cui si � verificato il fatto iJlecito, che � fonte del diritto al risarcimento. G. MANDO' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 novembre 1965, n. 2404 -Pres. Fibbi Est. Arienzo -P. M. Tuttolomondo (parz. diff.) -D'Agata (avv. Foti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). Sentenza -Motivazione -Omissione o insufficienza -Sussistenza o esclusione del vizio. (c. p. c., artt. 132, 276, arg. ex art. 360, n. 5; disp. att. c. p. c., art. 118). Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione della legge -Ricorso dell'interprete all'analogia -Quando � consentito. (disp. sulla legge in generale, art. 12). Appello -Domanda nuova -Quando sussiste. (c. p. c., art. 345). n vizio di omessa o insujj�ciente motivazione della sentenza sussiste soltanto nel caso di obliterazione, nel processo critico seguito per giungere alla decisione, di elementi di fatto prospettati dalle parti, che, se esaminati, avrebbero potuto condurre il giudice a diverse soluzioni, ma non anche quando tali elementi siano stati valutati in modo difforme da quello preteso dalla parte (1). (1) Cfr. Cass., 21 marzo 1964, n. 647, Foro it., Mass., 1964, 161; v. anche riferimenti di giurisprudenza sub nota 3 a Cass., 22 luglio 1965, n. 1715, in questa Rassegna, 1965, I, 727. Cass., 23 gennaio 1963, n. 96, Giust. Civ., RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 94 n ricorso all'interpretazione analogica � consentito per regolare un :~ caso, non preveduto dalla legge, con la disciplina prevista per un caso analogo: che abbia, cio�, lo stesso razionale fondamento, e consiste in un processo logico, che faccia risalire dalle norme espresse e particolari ai principio che le governa, per accertare se in questo rientri anche il caso non previsto (2). Per aversi domanda nuova in appello � necessario che la pretesa fatta valere davanti al giudice di secondo grado alteri i presupposti della domanda formulata innanzi al primo giudice, in modo da introdurre nei p1�ocesso un diverso petitum, la decisione del quale, richiedendo nuove indagini su elementi diversi da quelli dedotti a giustificazione dell'istanza originaria, verrebbe a privare le parti della garanzia del doppio grado di giurisdizione (3). (Omissis). In via preliminare i ricorsi, princiipale e incidentale, proposti contro la stessa sentenza vanno riuniti (art. 335 cod. proc. civ.). Il ricorrente principale denuncia col primo mezzo la omessa e l'insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) e sostiene che la Corte del merito non avrebbe esaminato la domanda, proposta in appello, di provvedere secondo i principi generali del diritto o le norme che regolano materia analoga. Ravvisa, quindi, il fondamento giuridico del suo diritto ad ottenere un compenso per l'elaborazione del sistema di gioco, che sarebbe stato utilizzato dal Ministero delle Finanze, nella previsione legislativa (art. 1 d.p.r. 18 aprile 1951, n. 581) di una commissione istituita per esaminare tutti i progetti relativi ai giochi di abilit� e ai concorsi pronostici, monopolizzati col d.l. 14 aprile 1948, n. 496, e per segnalare al Ministero quelle attivit� che possono essere esercitate dallo Stato direttamente o mediante concessione a persone fisiche o giuridiche. La doglianza � infondata. Con riguardo al titolo dedotto in giudizio a sostegno della domanda di risarcimento del danno, la Corte del merito ha rilevato, in via generale, che, essendo l'opera dell'ingegno tutelata quanto alla sua espres 1963, I, 528, avverte che � il difetto di motivazione costituisce motivo di ricorso per cassazione contro le decisioni del giudice di merito solo quando attiene all'accertamento e alla valutazione dei fatti e non anche per le affermazioni di principi giuridici � (v., infatti, art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). (2) Sulla funzione di autointegrazione dell'ordinamento giuridico propria dell'analogia, sul fondamento e sui criteri dell'interpretazione analogica v. BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949, 69 e segg., 75 e segg. Sul problema dell'interpretazione della norma tributaria v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 304 e segg.; in particolare, per l'esclusione della pos PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 95PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 95 I, III, sione formale, l'utilizzazione compiuta dal Ministero non costituisce violazione del diritto di autore, per non essere stata riprodotta la rappresentazione del ritrovato. E, in particolare, ha negato che il concorso pronostici del D'Agata, realizzato attraverso un'agevole applicazione del calcolo attuariale, avesse quel carattere creativo, che conferisce un apporto al mondo culturale e che giustifica la tutela giuridica come opera dell'ingegno. La sentenza impugnata ha, quindi, preso in esame i fatti costitutivi del preteso diritto al risarcimento del danno e consistenti nella presentazione del progetto del D'Agata e nella istituzione dell'Enalotto, negando che il primo fosse caratterizzato dall'elemento creativo per rientrare nel paradigma legale delle opere dell'ingegno e che il secondo costituisse un'illecita utilizzazione del ritrovato. Orbene, col motivo in esame, il ricorrente non contesta che tali elementi di fatto siano stati considerati dalla sentenza impugnata, bensi si duole che non sarebbero stati correttamente valutati nell'ambito dei principi generali del diritto e di altre norme da applicare in via analogica. Ma il difetto -di motivazione costituisce motivo di ricorso per .cassazione contro le decisioni del giudice di merito solo per quanto attiene all'accertamento e alla valutazione dei fatti della causa, rilevanti per la decisione: esso non pu�, invece, dedursi come motivo di ricorso contro l� affermazioni di principi giuridici e le applicazioni di tali principi ai singoli casi concreti, contenute nelle decisioni di merito, che, per queste parti, sono denunciabili soltanto a norma dei nn. 1, 2, 3 e 4 dell'art. 360 cod. proc. civ. In sostanza, il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza sussiste soltanto nel caso di obliterazione, nel processo critico seguito per giungere alla decisione, di elementi di fatto prospettati dalle parti, che, se esaminati, avrebbero potuto condurre il giudice a diverse soluzioni, ma non anche quando tali elementi siano stati valutati in modo difforme da quello preteso dalla parte (Cass., 21 marzo 1964, n. 647; 23 gennaio 1963, n. 96). Il mancato accoglimento della tesi giuridica, sostenuta dal D'Agata in sede di appello, che i fatti posti a base della domanda giustificassero l'applicazione delle norme sulla tutela del diritto di autore, non pu�, pertanto, essere dedotta in sede di Cassazione come vizio di omessa o insufficiente motivazione. sibilit� di interpretazione analogica e sui limiti di applicabilit� dell'interpretazione estensiva, ivi, 305-308 (a proposito dei benefici tributari, ad esempio, vi si avverte che �il minimo di elasticit�� dei medesimi � deve essere pur sempre condizionato al concorso dei presupposti di fatto tassativamente indicati, che debbono presentarsi nei precisi termini previsti dal legislatore ., ivi, 307, e pi� in generale si sottolinea che � l� dove il legislatore dimostra di aver considerato una materia con criteri tutt'affatto particolari, rimane un margine assai ristretto per l'interpretazione estensiva., ibidem). Secondo la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione si 9 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N� la doglianza pu� ritenersi fondata sotto il profilo che la Corte del merito avrebbe omesso di far ricorso all'analogia (art. 12 delle preleggi) al fine di applicare le norme del d.l. 14 marzo 1948, n. 496 e del relativo regolamento di esecuzione approvato col d.P.R. 18 aprile 19151, n. 5'81, che istituiscono rispettivamente il monopolio sui concorsi pronostici e una commissione per esaminare e segnalare le attivit� che potrebbero essere esercitate dallo Stato e da persone fisiche o giuridiche per conto dello Stato. Infatti, il ricorso all'analogia � consentito per regolare un caso, non preveduto dalla legge, con la disciplina prevista per un caso analogo, che abbia, cio�, lo stesso razionale fondamento e consiste in un processo logico per risalire dall~ norme espresse e particolari al principio che le governa, per accertare se in questo rientri anche il caso non preveduto. Il.. ricorrente, invece, sostiene che il suo diritto al compenso economico era giustificato dall'utilizzazione concreta del suo progetto di concorso da parte del Ministero delle Finanze come effetto della istituzione del regime di monopolio e della segnalazione della Commissione preposta all'esame dei progetti di concorsi. Pertanto, con questa proposizione, egli sostituisce al titolo giuridico posto '~ a base della domanda dei danni, e consistente nella violazione del suo diritto di autore, un altro titolo, costituito dalla utilizzazione del suo ~ progetto di concorso pronostici mediante l'Enalotto; titolo di cui doveva < provare gli estremi di fatto costitutivi del diritto al compenso. ' 1 Col secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa I applicazione dell'art. 2578 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. ~ I . . proc. civ., e sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte I del merito, il disposto dell'art. 2578 cod. civ. sia applicabile in via analogica alle soluzioni di problemi tecnici, quale sarebbe il suo progetto di concorso pronostici. Infatti, a differenza di quanto disponeva il r.d.l. 7 novembre 1925, n. 1950, la tutela del diritto d'autore non I sarebbe pi� limitata ai soli progetti di ingegneria, perch� gli artt. 2 e 99 I I ru 1. 22 aprile 1941, n. 633 e l'art. 2578 cod. civ. tutelano l'opera dell'ingegno indipendentemente dal merito e dalla destinazione dell'opera stessa, prevedendo, inoltre, un equo compenso per le soluzioni originali di problemi tecnici. L'esame di questa doglianza � subordinato a quello del ricorso incidentale, che, se accolto, dispensa dall'indagine proposta col motivo di ricorso. Infatti, lAmministrazione delle Finanze -premesso che in riconferma che � anche in tema di leggi tributarie sussiste la possibilit�di ricorrere all'interpretazione estensiva, quando si ravvisino, nel caso non espressamente regolato dal legislatore, motivi e finalit� propri dello spirito della legge che si vuole applicare per estensione�: Cass., 27 lu: g).io 1964, n. 2094, in questa Rassegna, 1964, I, 946 e segg., con nota di CoRREALE; per la critica di un'applicazione fattane da Cass., 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381, v. MANn�, Sui limiti di applicazione ecc., ivi, 382 e segg., in part. 384 (ove si avverte che � per dimo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 97 appello il D'Agata aveva chiesto in via subordinata la corresponsione di un equo compenso in applicazione analogica dell'art. 2578 cod. civ. e che, eccepita da essa Amministrazione la inammissibilit� di tale domanda perc.h� diversa da quella di risarcimento danni formulata in primo grado, aveva precisato che la richiesta si identificava con la domanda di danni proposta in primo grado, con la sola specificazione del riferimento alla liquidazione equitativa -sostiene che la Corte di merito avrebbe dovuto contenere il suo esame entro questi limiti, astenendosi dall'indagine circa l'applicabilit� alla specie dell'art. 2578 cod. civ.; sic�h� � incorsa nel vizio di ultra petita e, comunque, ha pronunciato su una domanda nuova (violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ. con riferimento all'art. 360, n. 3, dello stesso� codice). II fondamento dell'esposta censura risulta di tutta evidenza dalla sua stessa esposizione. Invero, per aversi una domanda nuova � necessario che la pretesa, fatta valere davanti al giudice di secondo grado, alteri i presupposti della domanda formulata in primo grado, in modo da introdurre nel processo di appello un diverso petitum, la cui decisione, col richiedere nuove indagini su elementi diversi da quelli dedotti a giustificazione dell'istanza originaria, verrebbe a privare le parti della garanzia del doppio grado di giurisdizione (Cass., 20 luglio 1963, n. 1984). Nel caso concreto il D'Agata, dopo aver fondato la sua istanza di risarcimento del danno sugli artt. 2575 e 2,577 cod. civ. e sul presup posto di fatto che la sua opera, avente carattere creativo, fosse stata utilizzata illecitamente dal Ministero delle Finanze, ha chiesto, in sede di appello, un equo compenso per il suo lavoro in quanto rientrante nel paradigma giuridico dell'art. 2578 cod. civ. Questa domanda, for mulata in via subordinata, oltre che mutare il fondamento giuridico della originaria pretesa, introduceva un nuovo e diverso petitum, costi tuito dall'equo compenso, che postulava accertamenti nuovi non pro posti in primo grado. Pertanto, la Corte del merito, a seguito dell'ecce zione dell'appellata Amministrazione, non doveva procedere all'esame della domanda, ma dichiararne l'inammissibilit�, cosi come � stato de dotto col ricorso incidentale, che va accolto. In conseguenza, deve di chiararsi assorbito il secondo motivo del ricorso principale, col quale si censura la parte della motivazione della sentenza di appello, che ha esaminato, peraltro rigettandola, la domanda nuova. (Omissis). strare... che viene operata una ammissibile interpretazione estensiva e non gi� una preclusa interpretazione analogica della norma di esenzione non ha... rilievo il sottolineare la identit� di ratio tra due fattispecie, ma � necessario accertare se il caso concreto, pur se non chiaramente espreSS'Odalla legge, � stato tuttavia da questa previsto (cfr. Cass., 15 aprile 1947, n. 564, Giur. it., Rep., 1944-1947, voce Leggi, n. 70), cos� da poter ritenere che il legislatore minus dixit quam voluit � ). (3) Cfr. Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1335, in questa Rassegna, 1965, I, 945, sub 2, con nota di ulteriori riferimenti di giurisprudenza. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 92 -Pres. Vistoso -:-.� :-;:: Est. Giannattasio -P. M. Raja (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. II* Stato Colletta) c. Petrilli ed altri (avv. Vece) e Bove (avv.ti Longo, Gaeta, Leone C.). . . Edilizia -Comune -Esecuzione di ufficio di ordinanza del Sindaco che d ingiunga al proprietario di eseguire urgenti lavori di assicurazione della statica di un fabbricato pericolante -Attivit� spiegata da organi e dipendenti comunali -Riferimento allo Stato e non al Comune -Colpevole operato di dipendente comunale che provochi il crollo dell'edificio -Responsabilit� dello Stato e non del Comune. (t. u. 1. com. e prov. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 153; t. u. l. com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383, art. 91, lett. b, n. 28; c. c., art. 2043). Prescrizione -Sentenza penale recante condanna generica al risarcimento dei danni -Prescrizione del diritto al risarcimento -Prescrizione decennale da giudicato -Applicabilit� anche nei confronti del responsabile civile non citato nel processo penale e rimasto estraneo ad esso -Sussiste. (c. p..p., artt. 27, 489; c. c., artt. 1306, 2953). 'i'~ . .' Nel caso di esecuzione d'ufficio di un'ordinanza del sindaco, che t~ ingiunga al proprietario di un immobile pericolante di eseguirvi le neces .. sarie opere di assicurazione della statica, l'attivit� da altri organi comu. nali spiegata a tal fine � conseguenziale all'ordinanza d'urgenza, di cui . rappresenta mezzo per il raggiungimento dello scopo, epper� non spezza il nesso di riferibilit� allo Stato dell'operato del dipendente comunale, l'-' che provvede all'esecuzione d'ufficio. Del risarcimento dei danni causati . ai privati dal colpevole operato di tale dipendente risponde, pertanto, lo Stato e non il Comune (1). , i [? La conversione del termine prescrizionale prevista dall'art. 2953 c. c. si riferisce al diritto e non alle singole pe1�sone degli obbligati e non M :~ (1) V., in senso conforme, Cass., 9 giugno 1959, n. 1718, Foro it., 1959, I, 915; per la critica di tale pronunzia v. LA TORRE, Provvedimenti del sindaco e responsabilit� dello Stato, in l'Amministrazione italiana, 1959, 889 e segg.; CARUSI, Sulla pretesa responsabilit� dello Stato per l'esecuzione di ordinanze sindacali contingibili ed urgenti in materia edilizia, Foro it., 1959, IV, 265 e segg.; ID., � lo Stato responsabile per l'esecuzione delle ordinanze ex art. 153 l. com. e prov. t.u. 4 febbraio 1915, n. 148?, ivi, 1960, IV, 102 e segg.; da ultimo, v. FERRERO, In tema di responsabilit� ' I . civile per i provvedimenti contingibili ed urgenti del sindaco, in questa Ras. segna, 1964, II, 56 e segg. Sui presupposti, sulla portata e sui requisiti delle ordinanze ex art. 153 t.u. legge com. e prov. 4 fabbraio 1915, n. 148, v. Relazione dell'Avvocatura I dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 205 e segg. Sulla questione di responsabilit� per l'esecuzione delle predette ordinanze v. Relazione cit., vol. II, Roma, 1961, 154 e segg. !~ ~ .. . Ir~ �-�.�wif&tl1'i.ltr0r�1&IfilrwffEfiilf�1m.rswtafwrtznmrmr&:ti1rr1! �1.atl~�,_,.W~I� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 99 � concepibile che si verifichi per il solo imputato condannato e non anche per il responsabile civile, solidalmente con lui obbligato, anche se 1�imasto estraneo al giudizio penale (2). Con il primo motivo lAmministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, dell'art. 74 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, delPart. 111 Reg. 12 febbraio 1911, n. 297, degli artt. 131, 152, 153, 217 t.u. 4 febbraio 1915, n. 148 della legge comunale e provinciale, dell'art. 47 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli, dell'art. 16 r. d. 8 dicembre 1933, n. 1740, degli artt. 20, 91, 108 e 274 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383 e dell'art. 360, n. 3 e 5, cod. proc. civ., e sostiene che erroneamente la Corte di Napoli ha affermato la legittimazione del Ministero dell'Interno. Infatti -si afferma -la ordinanza del Sindaco con cui si intimava ai Bove di compiere opere di assicurazione alle fabbriche pericolanti non integrava un provvedimento contingibile ed urgente riferibile alla potest� del Governo, ma si atteneva precisamente al giudicato nascente dalla sentenza del Pretore 23 marzo 1945 (che condannava i Bove alla esecuzione dei lavori suddetti) e rientrava nella (2) In senso conforme, v. Cass., 20 ottobre 1964, n. 2633, in questa Rassegna, 1964, I, 900 e 17 agosto 1965, n. 1961, id., 1965, I, 960, con note critiche di CARUSI. Sulla questione della conversione della prescrizione breve in ordinaria v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 173 e seg. La sentenza in rassegna, a conforto del proprio insegnamento di massima, ricorda anche che per l'articolo 27 c.p.p. la sentenza penale � fa stato anche contro il responsabile civile, se pur non citato n� intervenuto nel processo penale, per quanto attiene alla sussistenza del fatto dannoso, alla sua illiceit� e alla responsabilit� del condannato, perch� il responsabile civile � soltanto facultato a far accertare se debba o meno rispondere, a norma della legge civile, del danno cagionato dal reato, se cio� possa essere chiamato responsabile, in solido con l'imputato, dei danni gi� irrevocabilmente accertati anche nei suoi confronti �. Non pare, per�, che l'argomento sia persuasivo. Se la conversione del termine prescrizionale �, pel disposto dell'art. 2953 e.e., collegata ad una sentenza di condanna passata in giudicato, occorre considerare che, a norma dell'art. 489 c.p.p., la condanna alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato � pronunciata anche nei confronti del responsabile civile �se... � stato citato o � intervenuto nel giudizio� e �quando la sua responsabilit� � riconosciuta�. N�, d'altra parte, pare producente alludere, sia pure senza avvertirne l'esatta portata, come fa la sentenza (sulla distinzione tra effetti secondari o indiretti ed effetti riflessi della sentenza v. LIEBMAN, Corso di diritto processuale civile, I, Milano, 1952, 237 e 242), al concetto di efficacia riflessa del giudicato, prescindeno dal considerare, poi, l'importanza decisiva dell'art. 1306 c. c. Si riporta la seguente annotazione sulla prima massima della sentenza in rassegna : Esecuzione d'ufficio di ordinanze del Sindaco in materia edilizia e responsabilit� per danni. I. -La giurisprudenza della Corte di Cassazione � ormai ferma nel riferire allo Stato la responsabilit� dell'esecuzione d'ufficio da parte del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO potest� esclusiva del Comune cui varie leggi espressamente attribuiscono competenza in materia di edilit� e costituiva legittimo eserc1z10 della normale potest� comunale di polizia edilizia. Comunque -si aggiunge -trattandosi di responsabilit� derivata dalla cattiva esecuzione dell'ordinanza, poich� la esecuzione di essa era dalla legge affidata al Comune, la responsabilit� farebbe carico al Comune anche se quell'ordinanza fosse stata emessa nell'esercizio della potest� di governo, onde illogica e contraddittoria � la motivazione della sentenza quando esclude la responsabilit� del Comune, adducendo trattarsi di spesa conseguente all'esecuzione. Le censure, con tale motivo formulate, sono prive di fondamento, come questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di affermare, con la sentenza 9 giugno 1959, n. 1718, resa in altra causa, relativa allo stesso disastro colposo, tra la stessa I'Amministrazione dell'Interno e il Comune di Napoli, e gli argomenti che furono allora addotti si attagliano perfettamente al caso in esame. L'art. 153 del t.u. della legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148, richiamato in vigore dall'art. 10 del d.l. 7 gennaio 1946, n. 1 dispone: �Appartiene pure al Sindaco di fare i provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica sulle materie di cui al n. 9 dell'art. 217, nonch� di igiene pubblica, e di far eseguire gli ordini Comune di ordinanze emesse dal Sindaco, in materia edilizia, con formale riferimento all'art. 153 t.u. legge com. e prov. 4 febbraio 1915, n. 148, richiamato in vigore dall'art. 10 d.lg.lgt. 7 gennaio 1946, n. 1. Ma gi� era stato opportunamente ed autorevolmente rilevato, in sede dottrinale, che la reale, giuridica portata di un provvedimento � data dal suo contenuto sostanziale e non dall'articolo di legge enunciato e addotto, onde l'indagine preliminare, che sempre deve compiere il giudice, prima di affrontare la questione della riferibilit� allo Stato dell'esecuzione da parte del Comune di un provvedimento del Sindaco, effettivamente contingibile, oltre che urgente, attiene, appunto, alla sussistenza di un siffatto, concreto provvedimento, nel caso da decidere (LA TORRE, Provvedimenti del sindaco e responsabilit�. deHo Stato, L'Amministrazione Italiana, 1959, 890 ed ivi anche nota 2). La difesa dell'Amministrazione statale, nella specie, aveva negato che l'ordinanza sindacale, intimata ai proprietari, di eseguire urgenti opere di assicurazione della statica di un fabbricato dissestato, potesse considerarsi effettivamente un provvedimento contingibile, ossia relativo a casi imprevisti, contingenti e straordinari (LA TORRE, op. cit., 889). Dopo aver ricordato l'esistenza di un giudicato civile fra i proprietari e gli inquilini dell'immobile in discorso, recante condanna dei primi ad eseguire determinati urgenti lavori nei quartini abitati dai secondi, giudicato rimasto ineseguito, essa aveva, infatti, addotto che, a norma dell'art. 47 del vigente Regolamento edilizio ciel Comune di Napoli, � ... ogni proprietario � responsabile direttamente della solidit� e stabilit� del fabbricato. Qualora per denunzia, reclamo od altra causa qualsiasi il Sindaco avesse motivo di ritenere a suo insindacabile giudizio che un fabbricato o parte di esso minacci rovina... egli potr� ordinare in via di urgenza tutte le opere, i provvedimenti, le precauzioni che fossero ritenuti necessari allo scopo di PARTE I, SEZ. III,,GIURISPRUDENZA CIVILE 101 relativi, a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale in cui fossero incorsi>. La norma segue quella dell'art. 152, che espressamente qualifica il Sindaco, quale ufficiale del Governo,. allorch� egli provvede alla pubblicazione delle leggi, degli ordini e dei manifesti governativi; tiene i registri dello stato civile; provvede alla regolare tenuta del registro di popolazione ecc. Da tale collocazione e dal suo contenuto (disciplina dei provvedimenti intesi a prevenire situazioni di pericolo o di danno, per la sicurezza pubblica e per l'ordine pubblico, che costituiscono materia di esclusiva competenza statale) si evince che detta norma detta la regolamentazione di una potest� non propria del Sindaco, quale capo dell'Amministrazione comunale, ma attribuita a lui, per ragione di decentramento funzionale; e per l'immanenza della situazione di pericolo o di turbativa della sicurezza e dell'ordine pubblico. Nell'esercizio di tale potest� il Sindaco travalica i confini dell'attivit� propria dell'Amministrazione locale territoriale, perch� la difesa dal pericolo di crollo di un fabbricato interessa non soltanto gli abitanti del Comune, nel cui territorio il fabbricato sorge, ma chiunque si trovi, anche casualmente, a transitare per la strada sulla quale l'immobile � prospiciente, ossia interessa l'intera collettivit�. Ma la tutela degli interessi della collettivit� spetta all'ente sovrano, cio� allo Stato. � appena poi il caso di aggiungere che il decentramento funzionale in materia ovviare al pericolo temuto �. L'esecuzione d'ufficio, nel corso della quale, per colpa penalmente accertata del funzionario dell'Ufficio Tecnico comunale, direttore dei lavori, si erano verificati il crollo e i danni per cui era causa, atteneva, adunque, ad una normale ordinanza sindacale di polizia edilizia, ossia ad una funzione comunale e non statale. Nessuna risposta a tale assorbente obiezione sembra abbia fornito, per�, la sentenza in rassegna, la quale d� per acquisito che, nella specie, il provvedimento rappresentasse, invece, effettivo esercizio del diverso potere previsto dall'art. 153 t.u. n. 148 del 1915, (su cui v. Cons. Stato, Sez. V, 9 gennaio 1954, n. 12, n Consiglio di Stato, 1954, I, 38, sub 2) e ritiene decisivo ribadire che � nell'esercizio di tale potest� il Sindaco travalica i confini dell'attivit� propria dell'Amministrazione locale territoriale, perch� la difesa dal pericolo di crollo di un fabbricato interessa non soltanto gli abitanti del Comune, nel cui territorio il fabbricato sorge, ma chiunque si trovi anche casualmente a transitare per la strada, sulla �quale l'immobile � prospiciente, ossia interessa l'intera collettivit�; ma la tutela degli interessi della collettivit� spetta all'ente sovrano, cio� allo Stato �. Questa argomentazione, tuttavia, oltre ad essere smentita dall'art. 20 t.u. legge com. e prov. n. 383 del 1934, da cui si desume che le ordinanze contingibili ed urgenti in materia di edilit�, polizia locale e igiene � interessanti l'intera provincia o pi� comuni della medesima � non rientrano pi� nelle attribuzioni del Sindaco, ma in quelle del Prefetto, sembra provi troppo, poich�, stando ad essa, anche i provvedimenti adottati dal Sindaco a norma dell'art. 47 del Regolamento comunale edilizio finirebbero per travalicare i confini dell'attivit� propria dell'Amministrazione locale territoriale. Eppure, � proprio la legge ad attribuire al Comune potest� regolamentare in materia di edilizia (cfr. art. 31, n. 6, t.u. n. 148 del 1915 e, in relazione, art. 111 Reg. 12 febbraio 1911, n. 297; art. 33 1. 17 agosto 1942, n. 1150), mentre, poi, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 102 non pu� essere inteso come fatto alla persona singola del Sindaco, perch� ammettere ci� equivarrebbe a negare la possibilit� in concreto dell'esercizio della funzione decentrata: il decentramento � fatto all'amministrazione comunale nel suo complesso, onde tutti i dipendenti del Comune debbono assistere il Sindaco nell'esercizio della potest� demandatagli dalla legge nella sua veste di ufficiale del Governo. A tal punto vien fatto di sottolineare -e l'indagine � pertinente vertendosi in tema di legittimazione -che gi� con la prima ordinanza 31 agosto 1945 il Sindaco, richiamando espressamente l'art. 153 della legge comunale e provinciale, ordin� ai Bove di fare eseguire una verifica tecnica al fabbricato e di provvedere alle necessarie opere di assicurazione, con formale avvertenza che, in caso di inottemperanza, si sarebbe proceduto all'esecuzione in danno e a spese degli intimati; che, con successiva ordinanza di pari data, venne ingiunto agli inquilini di allontanarsi dallo stabile durante l'esecuzione dei lavori; e che, con una terza ordinanza, a firma di un assessore nelle veci del Sindaco, dato atto che i lavori potevano essere eseguiti anche in presenza degli inquilini, si rinnov� l'ordine di esecuzione con l'avvertenza di provvedervi, in danno, in caso d'inadempimento. Ora, se l'intervento d'ufficio import� l'emanazione di provvedimenti di altri organi del Comune, l'attivit� c,osi spiegata � conseguenziale all'ordinanza d'urgenza, di cui rappre � princ1p10 pacifico nella giurisprudenza amministrativa che non possa considerarsi contingibile il provvedimento adottato � per reprimere l'inosservanza del Regolamento comunale edilizio � (Cons. Stato, Sez. V, 9 gennaio 1954, n. 12 cit., Il Consiglio di Stato, 1954, I, 38, sub 2, con nota di riferimenti; v. anche Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio 1950, n. 635; id., 1950, 580, sub 2). D'altronde, supposta la validit� del solo criterio dell'interesse (v. riserve anche in CASETTA, Sui principi general'i in materia di illecito degli enti pubblici e su alcune loro recenti applicazioni, Giur. it., 1954, I, 1, 834), su cui fa perno l'annotata sentenza, resta decisivo un problema di prospettiva, dovendosi guardare � non soltanto alla qualit�, ma anche alla quantit�, alla rilevanza � (LA TORRE, op. cit., 893), epper� � quando ... in un settore l'interesse � comune o diffuso... allora non ci pu� essere che un solo criterio, quello della prevalenza dell'interesse � (In., op. cit., 894). Alla stregua di tale principio, si spiega la formulazione del citato art. 20 1. com. e prov. 1934 e si spiegano, altresi, in tema di sistemazione e manutenzione dei tronchi di strade all'interno degli abitati, le norme di cui all'art. 22, ult. comma, 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F ed all'art. 7, c), 1. 2 febbraio 1958, n. 126. Peraltro, proprio le Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice hanno ritenuto il Comune e non gi� !o Stato responsabile della mancata adozione di quei provvedimenti sindacali istantanei, necessari a tutela della pubblica incolumit� dei passanti (Cass., Sez. Un., 25 settembre 1953, n. 3065, Giur. it., 1954, I, 1, 830, con nota adesiva del CASETTA, il quale indica la norma attributiva del relativo potere al Sindaco, per le strade poste all'interno dell'abitato, nell'art. 20, ult. comma, r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740). II. -Ammesso pure che si trattasse, r:el caso deciso, di provvedimentocontingibile, non si vede perch� anche la sua esecuzione d'ufficio doveva PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 senta mezzo strumentale per il raggiungimento dello scopo e non spezza il nesso di riferibilit� dell'operato del dipendente comunale, che materialmente provvede all'esecuzione in danno, allo Stato, nel cui esclusivo interesse egli agisce, in esplicazione di una funzione, che non � propria dell'Amministrazione comunale, ma � propria ed esclusiva dello Stato. N� ha alcuna rilevanza che, a norma dell'art. 91, lett. b), n. 28 del t.u. della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, l'onere finanziario di siffatta attivit� d'esecuzione sia posto a carico del Comune. Invero la norma, che pone a carico dei Comuni le spese per i servizi dello stato civile, per la tenuta dei registri di popolazione e per l'esecuzione dei. provvedimenti d'ufficio (art. 91, lett. b, citato t.u., n. 15, 27 e 2�8) determina semplicemente l'incidenza dell'onere delle spese occorrenti all'esplicazione della funzione di Governo del Sindaco, cio� ha carattere meramente contabile; essa, per�, non pu� essere intesa come norma determinatrice della responsabilit� di un soggetto diverso da quello, nel cui interesse la funzione e l'attivit� vengono esplicate. Invero, � principio fondamentale del diritto pubblico quello per cui l'attivit� del dipendente pu� essere riferita all'ente pubblico soltanto quando essa costituisca ed appaia come esplicazione dell'attivit� dell'ente, cio� sia diretta all'attuazione degli scopi propri di questo. Con il secondo motivo I'Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 27 cod. proc. pen., 13-06, 2909, 2947 e 2953 cod. civ. ed afferma che la statuizione di condanna essere considerata ineluttabilmente attivit� statale, se � vero, anzitutto, che, come si � accennato, le ordinanze contingibili in materia di edilit�, polizia locale ed igiene, in tanto sono legittimamente emesse dal Sindaco, in quanto interessino precisamente l'ambito territoriale del Comune (articolo 20 t.u. n. 383 del 1934). Ma, anche a voler prescindere da tale rilievo e a voler accettare, per un momento, il ragionamento dell'annotata sentenza, in ordine all'esistenza di un interesse generale, cui servirebbe il provvedimento, baster�, a parte ogni altra considerazione gi� fatta in altra sede (Foro it., 1959, IV, 265 e segg.; id., 1960, IV, 102 e segg.), ricordare che, se l'ordinanza sindacale in discorso deve essere, per il suo contenuto innovativo dell'ordine giuridico, ritenuta manifestazione di potest� sovrana, ossia statale, non per questo cessa di esser vero che carattere normale dell'autarchia � proprio quello di cooperare con la stessa Amministrazione governativa per il raggiungimento di finalit�, a cui l'ordinamento considera che l'ente pubblico minore non debba, comunque, restare estraneo (cfr., infatti, artt. 274 t.u. n. 383 del 1934 e 277 t.u. n. 148 del 1915). Si ritiene, in ogni modo, opportuno sottolineare, in via conclusiva, che � la stessa sentenza in rassegna a fornire il criterio, che appare decisivo per la soluzione del problema in senso contrario a quello da essa ritenuto. Secondo l'insegnamento di massima della predetta pronuncia, � tutta intera la complessa attivit� giuridica e materiale, di organi deliberanti, esecutivi e meri agenti comunali, necessaria a realizzare l'esecuzione d'ufficio del provvedimento contingibile, a doversi considerare attivit� statale, siccome �conseguenziale all'ordinanza di urgenza�. Ma la stessa sentenza ricorda in pari tempo che � principio fondamentale quello per cui � l'attivit� del dipendente pu� essere riferita all'ente pubblico, soltanto quando essa costituisca ed appaia come esplicazione dell'attivit� 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO generica dell'ing. Fulvio, emessa nel procedimento penale a favore delle parti civili, non � opponibile al responsabile civile, rimasto estraneo al processo, poich� l'azione civile, pur se esercitata nel processo penale, non perde la sua autonomia e rimangono pur sempre applicabili i principi della cosa giudicata civile sanciti nell'art. 2909 cod. civ., riaffermati nell'ultimo comma dell'art. 27 cod. proc. pen. e non derogati dal precedente art. 26 (che si riferisce solo all'azione esercitata contro l'imputato). Conseguentemente -afferma la ricorrente -l'azione proposta dall'Amendola era prescritta, dovendosi applicare, nei confronti del Ministero, non gi� l'art. 2953, ma l'art. 2947 cod. civ., e non doveva essere esclusa l'applicabilit�' dell'art. 1306 cod. civ. Anche tale censura � infondata. Per regola generale i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni, salvi i casi in cui la legge disponga diversamente (art. 2946 cod. civ.). Tra tali casi � compreso il risarcimento del danno derivante da fatto illecito considerato dalla legge come reato, per il quale, se � intervenuta sentenza penale irrevocabile nel giudizio penale, la prescrizione si verifica nel termine di cinque anni dalla data in cui la sentenza � divenuta irrevo I IF cabile (art. 2947, terzo comma, cod. civ.). Tale disposizione, per�, deve essere interpretata in coordinamento con l'art. 2953 cod. civ., il quale dispone che i diritti, per i.quali la legge stabilisce una prescrizione pi� . . breve di dieci anni, si prescrivono in tale termine, quando riguardo ad I essi sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato. Dal l? disposto combinato di tali articoli si desume che, quando il diritto � lli~ . . stato gi� giudizialmente accertato, la prescrizione si verifica nel termine l. dell'ente, cio� sia diretta all'attuazione degli scopi di questo � : l'attivit� , . che costituisca ed appaia esplicazione dell'attivit� di un ente diverso da quello di appartenenza sarebbe, adunque, riferibile al primo. Orbene, " I. perch� l'interprete sia autorizzato a vincere la presunzione per cui ogni f:' ufficio agisce, di regola, per l'amministrazione nella quale � istituzional~ mente inquadrato (cfr., sul punto, Trib. Messina, 15 gennaio 1963, Ma I I w. stroeni c. Provincia di Messina, Giur. sic.� 1963, 352), � necessario, come opportunamente � stato rilevato anche in sede dottrinale, che � dall'ordinamento si ricavi non soltanto una discriminazione di funzioni, ma anche e soprattutto una discriminazione di trattamento giuridico � delle medesime (SANDULLI R., In tema di ente economico della zootecnia ecc., Foro it., 1949, I, 1173). A questo concetto corrisponde quell'insegnamento della Corte di Cassazione, secondo il quale, perch� si verifichi siffatto sposta. I mento dell'ordine delle imputazioni, occorre che l'attivit� del soggetto considerato si svolga, in relazione ad una situazione giurLdica eccezionale, <nell'orbita e nella sfera giuridica di attribuzione� del secondo ente, �con estraneit� assoluta dell'Amministrazione da cui il funzionario, l'organo o l'ufficio dipendono� (Cass., 27 maggio 1953, n. 1576, Resp. civ., 1954, 28 (in part. 29). Se tutto ci� � vero, una sola obiezione sembra qui sufficiente a dimostrare-per non dilungarsi in una inutile ripetizione di tutti gli argomenti gi� addotti contro la giurisprudenza della Corte di I Cassazione qui criticata -l'inattendibilit� dell'insegnamento di massima f dell'annotata sentenza: l'art. 91, lett. A, n. 28, t.u. n. 383 del 1934 consi !)j dera come unica funzione comunale (sulla correlazione de jure condito fra spese e funzioni comunali v. VITTA, Dir. Amm., I, Torino, 1949, 529) quella de �l'esecuzione di provvedimenti d'ufficio�, senza alcuna di- l r: PARTE. I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 105 ordinario, perch� il titolo, in forza del quale l'indennizzo � dovuto, � rappresentato dalla decisione giudiziaria, la quale, una volta emessa, vive di vita propria e autonoma. Deve perci� ritenersi che, se l'imputato, con la stessa sentenza penale di condanna, sia stato condannato anche al risarcimento dei danni, il diritto del danneggiato si prescrive in dieci anni con decorrenza dalla data in cui la sentenza � divenuta irrevocabile. N�, invocando l'art. 1306 cod. civ., secondo il quale la sentenza pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori, pu� sostenersi che dalla sentenza di condanna irrevocabile del Fulvio al risarcimento dei danni in favore delle Amendola sia da escludere che derivi, nei confronti dell'Amministrazione dell'Interno, l'effetto di far decorrere un termine di prescrizione diverso dall'originario. La conversione del termine prescrizionale prevista dall'art. 2953 si riferisce al diritto e non alle singole persone degli obbligati e non � concepibile che si verifichi per il solo imputato condannato e non anche per il responsabile civile, solidalmente con lui obbligato, anche se rimasto estraneo al giudizio penale. La conversione del termine, che s'inquadra tra gli effetti riflessi del giudicato, si verifica anche nel caso in cui il diritto sia stato accertato da sentenza penale, che per l'art. 27 cod. proc. pen. fa stato anche contro il responsabile civile, seppur non citato n� intervenuto nel processo penale, per quanto attiene alla sussistenza del fatto dannoso, alla sua illiceit� e alla responsabilit� del condannato, perch� il responsabile civile � soltanto facultato ad accertare se debba o meno rispondere, a norma delle leggi civili, del danno cagionato dal reato, se cio� possa essere chiamato responsabile, in solido con l'imputato, dei danni gi� irrevocabilmente accertati anche nei suoi confronti. In tali sensi si � gi�, del resto, pronunciato questo Supremo Collegio (Cass., 18 febbraio 1960, n: 269; 12 luglio 1961, n. 1668, 6 ottobre 1962, n. 2819). (Omissis). stinzione -e quindi differenziazione di giuridica disciplina -fra esecuzione d'ufficio delle normali ordinanze adottate dal Sindaco come organo del Comune ed esecuzi'One d'ufficio di quelle dal predetto emesse nella veste di Ufficiale del Governo: trattasi, adunque, della stessa funzione, che la legge assoggetta alla stessa disciplina, a prescindere dalla natura comunale o statale del provvedimento, di cui quella ha da curare l'attuazione. N� si riesce a comprendere come questa funzione, invece, in rapporto ai provvedimenti contingibili ed urgenti, possa successivamente cambiare natura, secundum eventum: essere, cio�, comunale, se esplicata lecitamente (� infatti il Comune che per legge deve erogare le somme occorrenti e sop porta il rischio finanziario dell'esecuzione in danno, nel caso di irrecupe rabilit� delle somme addebitate ai proprietari), per divenire statale, se esplicata in violazione dei diritti dei terzi. �, pertanto, vivamente auspicabile che la Suprema Corte regolatrice, ripresentandosene l'occasione, non manchi di sciogliere tutti questi inter rogativi. F. CARUSI 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 93 -Pres. Fibbi ={ Est. Spagnoletti -P. M. Gedda (conf.) -Caminiti (avv. Rizzo -�., Manganaro) c. A.N.A.S. (avv. Stato Peronaci). �$ ] Espropriazione per p. u. -Opposizione alla stima dell'indennit� -Terj;;: mine di decadenza -Decorrenza dalla notificazione del decreto di espropriazione -Equipollenti -Esclusione. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). Responsabilit� civile -Danni evitabili dal creditore -Esclusione del risarcimento -Presupposto -Colpa grave del danneggiato. (c. c., artt. 1227, comma secondo, 2056, comma primo). Espropriazione per p. u. -Notificazione del provvedimento ablativo al soggetto espropriato -Omissione -Non incide sulla validit� del decreto -Diritto all'indennit� -Lesione -Sussiste -Obbligo del risarcimento del danno. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). Appello -Divieto di mutamento della domanda -Riduzione del contenuto giuridico della domanda originaria -Non rientra nel divieto Sostituzione di domanda di accertamento a domanda di condanna Ammissibilit�. (C. p, C., art. 345). Procedimento civile -Consulenza tecnica -Non � mezzo esonerativo della prova. (c. p. c., artt. 61, 62, 115, 191, 194, 197). n termine di decadenza per l'opposizione alla stima dell'indennit� decorre soltanto dalla notificazione del decreto di espropriazione, non essendo ammessi in materia equipollenti. Non pu� ritenersi, pertanto, preclusa l'opposizione, in mancanza della prova della notificazione del predetto decreto (1). L'applicazione del secondo comma dell'art. 1221 c. c., a mente del quale il risarcimento non � dovuto pe1� i danni che il creditore avrebbe (1) v. Relazione deH'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 359 e seg.; cfr. anche Cass., 4 agost~ 1962, n. 2363, Giur. it., Mass., 1962, 813, sub a. Di recente Cass., 7 magg10 1.965, n. 8~6, id., Mass., 1965, 301, ha ribadito che �la notifica del decret~ d1 espr?pr1a �: zione non � necessaria... per la validit� ed efficacia dell'atto d1 esproprio, ma ,~ opera solo ai fini delle impugnative concernenti le indennit� dovute I 1: all'espropriato � . ...,~~==:::�=':====--~~�:='~'�.:=�-~:=:��lll!aJ':�-=~:3 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, esige la colpa grave del danneggiato (2). Fino a quando l'ente espropriante non adempie aH'obbUgo di notificare ii decreto di espropriazione, la fonte generatrice deH'eventuale danno sofferto per il ritardo dall'avente diritto all'indennit� rimane attiva (3). In grado di appeno ben pu� la parte sostituire aUa domanda di condanna, proposta in primo grado, una domanda di accertamento, purch� ne sussista la condizione di ammissibilit� (e cio� che sia controversa l'esistenza o l'inesistenza di un diritto o rapporto giuridico), poich� tale mutamento importa una mera riduzione del contenuto giuridico deHa domanda originaria, chiedendosi con la nuova formulazione la declaratoria di un diritto, di cui originariamente si era chiesta l'attuazione (4). (2) Ma, secondo Cass., Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039, in questa Rassegna, 1964, I, 712, sub 4 (715) � per aversi un comportamento del danneggiato, che sia idoneo ad eliminare o anche soltanto a ridurre il risarcimento del danno, � necessario che siano accertate a suo carico una condotta colposa ed un nesso di causalit� tra questa ed il prodursi, in tutto o in parte, del danno... L'art. 1227 e.e., richiamato dall'art. 2056, esige bensi che il creditore della prestazione usi l'ordinaria diligenza per evitare l'aggravarsi del danno, contenendolo entro i limiti che rappresentino una diretta conseguenza della colpa del debitore, ma non richiede che il danneggiato si assoggetti ad un'attivit� abnorme e particolarmente gravosa anche per l'onere di spesa che comporti>. I danni verificatisi successivamente all'inadempimento e che potevano essere evitati dal danneggiato con l'uso dell'ordinaria diligenza sono totalmente irrisarcibili, poich� v'� interruzione del nesso di causalit� tra inadempimento �ed evento dannoso: Cass:, 3 luglio 1954, n. 2311, Riv. giur. citrc. trasp., 1955, 680, con nota (sub 1-2) di osservazioni. Beninteso, �mentre il concorso di colpa del creditore nella produzione del danno pu� essere rilevato anche d'ufficio, la colpa del creditore nel non aver evitato l'aggravamento del danno deve essere eccepita dalla parte �: Cass., 28 luglio 1953, n. 2543, Riv. giur. circ, e trasp., 1954, 827. Cass., 16 marzo 1963, n. 658, Giur. it., Mass., 1963, 212, sub a, avverte in generale che � la norma dell'art. 1227 e.e. consiste nell'applicazione del principio del rapporto di causalit� alla colpa del danneggiato. Questa pu� elidere o rompere il nesi;o di causalit� soltanto ove sia da s� sola idonea a produrre l'evento dannoso, e cio� quando sia la causa unica, diretta ed esclusiva del danno � e precisa che � il risarcimento dei danni non � ammesso, soltanto nel caso in cui questi trovino la loro causa unica, diretta ed esclusiva nel difetto dell'ordinaria diligenza da parte del danneggiato � (ivi, 213). Sull'onere a carico del debitore di provare le circostanze liberatorie previste dall'art. 1227 e.e., v. Cass., 7 gennaio 1965, n. 4, Giur. it., Mass., 1965, 1, sub. b. (3) Cfr. Cass., 4 agost'O 1962, n. 2363, Giur. it., Mass. 1962, 813, sub a: � l'eventuale, ingiustificato ritardo, dovuto all'inerzia dell'espropriante, nella notifica del decreto di espropriazione, la mancata o irregolare notificazione possono rendere, soltanto, l'espropriante responsabile per i danni, consistenti negli interessi e, se sussistono, per i danni nel ritardo nella riscossione dell'indennit� �; si vedano riferimenti in nota sub 1 a Cass., 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 1182. (4) Cfr. Cass., 17 ottobre 1959, n. 2924, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 988, sub l; 27 settembre 1948, n. 1640, Foro it., Rep., 1948, voce Appello civile, c. 91, nn. 134-135: � l'istanza dell'esplicita declaratoria di un diritto, di cui si sia chiesta l'attuazione, n'On costituisce domanda nuova �. 108 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La consulenza tecnica d'ufficio non va intesa come un mezzo esonerativo della prova, che � retta dal principio della disponibilit� di cui all'art. 115 c.p.c., ma � solo un mezzo sussidiario, messo a disposizione del giudice per consentirgli, quando sia necessario, la possibilit� di ricevere chiarimenti in materia tecnica (5). (Omissis). Con il primo motivo del ricorso il Caminiti, denunciando violazione degli artt. 51 e 52 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e dell'art. 2697 e.e., nonch� motivazione illogica e contraddittoria, in relazione all'articolo 360, nn. 3 e 5, c.p.c., sostiene che la Corte di merito, ritenendo che esso Caminiti avesse fatto acquiescenza alla liquidazione dell'indennit�, nonostante la mancata notifica del decreto di espropriazione, � incorsa nella violazione di legge e nei vizi di motivazione denunciati. Osserva il S. C. che la stesura della sentenza impugnata offre, ma solo formalmente, il fianco vuoi alla predetta censura, vuoi ad alcune� delle successive. Senonch� se rettamente si interpreta, come va interpretato, l'iter logico seguito' dalla Corte di merito, si vede. che la sostanza della decisione � informata ad una giusta valutazione del ventennale comportamento del ricorrente. In effetti, a parte che la denunciata sentenza ha ritenuto poco attendibile l'assunto del Caminiti circa la mancata notificazione del decreto di esproprio e pi� verosimile l'assunto dell'A.N.A.S., di non aver p.otuto esibire la prova dell'avvenuta notifica, smarrita in conseguenza. degli eventi bellici, � nel vero il ricorrente, quando assume che il termine di decadenza per l'opposizione alla stima si inizia soltanto per effetto della notificazione del decreto di espropriazione e che non sono ammessi all'uopo equipollenti. Ma la Corte di merito ha riconosciuto tale principio, laddove ha ritenuto che l'esercizio del diritto di azione contro la stima non poteva, nella specie, ritenersi precluso, poich�, mancando la prova della notificazione, non era decorso il termine di trenta giorni stabilito dall'art. 51 della legge fondamentale sull'espropriazione. Il riferimento all'inerzia ed alla acquiescenza alla stima, derivante dal fatto che fin dal 13 settembre 1942 il Caminiti ebbe notizia certa dell'avvenuta espropriazione attraverso la consegna della polizza, va interpretato come elemento di contorno, corroborante il gi� formatosi convincimento circa la congruit� della somma di L. 6.000, depositata dall'Ente espropriante in quel lontano periodo di tempo. (5) Cfr. Cass., 27 novembre 1964, n. 2817, Giur. it., Mass., 1964, 946, sub a� 15 ottobre 1963, n. 2755, Giust. civ.� Mass. Cass., 1963, 1295, sub 1: � la c~nsulenza tecnica � un particolare mezzo istruttorio, che tende ad illuminare il giudice, mediante l'opera di un ausiliare, su cognizioni tecniche e scientifiche; pertanto ad essa pu� farsi ricorso a_n~he senza un'esplicita richiesta delle parti �; 11 marzo 1963, n. 596, ivi, 276, sub 2, ove ulteriori riferimenti. Ma Cass., 30 luglio 1964, n. 2195, Giur. it., Mass., 1964, 732, ritiene compatibile col principio di cui all'art. 115, comma primo, PARTE I, SEZ. III, .GIURISPRUDENZA CIVILE 109 Ed invero la Corte di Messina, ammessa la proponibilit� dell'azione, ha proceduto, come doveva, alla valutazione del bene espropriato e, sulla scorta delle risultanze processuali, ha ritenuto che le seimila lire rappresentavano un compenso cospicuo in relazione � ai pochi metri quadrati di terreno agricolo e ad una minuscola casa rurale �. Solo ad un fine complementare di argomentazione, la Corte �ha aggiunto che potevasi trarre un ulteriore (ma non decisivo di per s�) indizio circa la congruit� della somma da tutto il complesso delle circostanze ed in particolare dal comportamento inerte del Caminiti, prolungato per si lungo lasso di tempo, che induceva a ritenere che lo stesso interessato si riteneva soddisfatto. Il primo motivo del rieorso si appalesa svuotato di contenuto, se si tiene presente l'impostazione fatta dalla denunziata sentenza. Conseguenza necessaria � la reiezione altresi del secondo motivo, relativo alla disattesa domanda di condanna dell'A.N.A.S. al risarcimento dei danni. Anche su tale punto la sentenza giustifica, ma solo formalmente, qualche appunto fatto dal ricorrente, che non incide per� sulla sostanziale esattezza ed insindacabilit� della decisione. Non si pu� infatti disconoscere l'erroneit� dell'applicazione del secondo comma dell'art. 1227 e.e., che esige la colpa grave del danneggiato, mentre non pu� ritenersi tale il fatto che il Caminiti non propose opposizione al decreto di espropriazione nell'epoca in cui gli venne consegnata la polizza, perch� in quell'epoca questa Suprema Corte a Sezioni Unite aveva ritenuto la inammissibilit� dell'opposizione prima che venisse notificato il decreto di espropriazione. D'altra parte, l'aggravarsi del danno non pu� essere imputato al comportamento del danneggiato, dal momento che, fino a quando l'Ente espropriante non adempie all'obbligo di notificare il decreto di espropriazione, la fonte generatrice del danno rimane attiva. Senonch�, nonostante l'erroneit� del predetto riferimento all'articolo 1227 e.e., la sentenza regge, dappoich� i giudici di merito, senza negare la proponibilit� in astratto dell'azione, hanno ritenuto che nella specie nessuna prova del danno per il ritardo era stata offerta, con un apprezzamento di fatto, che sfugge al controllo di legittimit�. N� pu� addebitarsi alla Corte di merito di non aver considerato il punto decisivo, costituito dalla svalutazione monetaria, giacch� la doglianza del Caminiti era relativa ad un danno non collegabile con la svalutazione monetaria. c.p.c. affermare che � secondo il sistema probatorio accolto nel nostro ordinamento processuale, la consulenza tecnica costituisce uno strumento non soltanto Q.i valutazione tecnica, ma anche di accertamento e di ricostruzione storica dei fatti prospettati dalle parti, secondo il prudente apprezzamentodel giudice di merito�. Sembra, per�, pi� corretto l'insegnamento della sentenza in rassegna e della prevalente giurisprudenza, come sopra riferito. Occorre tener presente che la prova dei fatti allegati dalle parti non � necessaria solo se si tratti di fatti da esse concordemente ammessi, cio� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il vero � che le censure proposte a sostegno del motivo tendono, sostanzialmente, ad un inammissibile riesame del giudizio di merito. Parimenti infondato � il terzo motivo, con il quale, denunciando violazione dell'art. 112 c.p.c., il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, la domanda di accertamento dell'obbligo dell'A.N .A.S. di trascrivere il decreto di espropriazione e di provvedere alla voltura catastale del terreno espropriato, proposta in appello, non era nuova, perch� doveva ritenersi compresa nella do manda di condanna proposta in primo grado. Anche in relazione alla predetta censura � d'uopo riconoscere che l'impugnata sentenza ha impropriamente argomentato ex art. 345 c.p.c. in quanto in grado di appello ben pu� la parte sostituire alla domanda di condanna, proposta in primo grado, una domanda di accertamento, poich� tale mutamento importa semplicemente una riduzione del contenuto giuridico della domanda originaria, chiedendosi con la nuova formulazione, la declaratoria di un diritto, di cui originariamente si era chiesta l'attuazione (Cass., 17 ottobre 1959, n. 2.924). Tuttavia, nonostante l'erroneo riferimento al divieto dello � jus novorum >, la pronuncia si regge sulla considerazione che nella specie nessuna azione di accertamento era stata proposta, n� era configurabile, in quanto � condizione per l'ammissibilit� dell'azione di accertamento che sia controversa l'esistenza o inesistenza di un diritto o rapporto giuridico. Nel caso sottoposto non c'era nessuna situazione incerta da accertare, dappoich� ci� che si chiedeva al giudice di dichiarare, e cio� il difetto di trascrizione e di volturazione, gi� risultava pacifico dai documenti esibiti. Lo stesso ricorrente, formulando nelle conclusioni avanti la Corte di Appello la richiesta di essere facultizzato a procedere esso stesso, a spese della convenuta A.N.A.S., a quelle operazioni di trascrizione e volturazione, che avrebbe senz'altro potuto compiere quando voleva, dimostra di non aver proposto una vera azione di accertamento, ma una nuova domanda di pagamento di quelle spese. Resta da esaminare il quarto ed ultimo motivo del ricorso, con il quale il Caminiti, denunciando violazione dell'art. 2697 e.e. e dell'art. 115 c.p.c., sostiene che la Corte di merito, ritenendo che egli non avrebbe provato il suo diritto al rimborso dei tributi pagati a causa della mancata volturazione del terreno espropriato, sarebbe incorsa in di fatti pacifici in causa, ovvero se si tratti di fatti notori: � a parte queste eccezioni, vale in pieno la regola espressa dall'art. 115, medesimo comma primo, per cui il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal Pubblico Ministero�: ZANzuccHI, Diritto processuale civile, vol. I, Milano, 1948, 330; la nomina del o dei consulenti tecnici da parte del G. I. � �un provvedimento in sede d'istruzione probatoria., ma non deve confondersi � con un provvedimento relativo atle prove � : ZANZUCCHI, op. cit., vol. II, Milano, 1948, 48. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE lll evidente errore, poich� la prova avrebbe dovuto essere arguita dal certificato di iscrizioni e trascrizioni, dal quale risultava che il decreto di espropriazione non era stato trascritto; per cui avrebbe dovuto la Corte di merito ammettere la consulenza tecnica per accertare l'ammontare dei tributi pagati dal Caminiti. La censura � destituita di giuridico fondamento. Rettamente la Corte di Appello ha osservato che spetta alle parti produrre le prove a sostegno delle domande e che non incombe al giudice di accertarle a mezzo della consulenza tecnica. Giova ricordare quanto gi� altre volte questa S. C. ha avuto occasione di rilevare, che, cio�, la consulenza tecnica non va intesa come un mezzo esonerativo della prova, che � retta dal principio della disponibilit� di cui all'art. 115 c.p.c., ma � solo un mezzo sussidiario, messo a disposizione del giudice, per avere, quando sia necessario, la possibilit� di ricevere chiarimenti in materia tecnica (come ad es. nella specie per accertare quanta �parte dei tributi, che si fossero dimostrati pagati, afferisse alla porzione d'immobile espropriata). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 143 -Pres. ed Est. Favara -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Agr�) c. Menis e Di Braida (avv.ti Colle, Marpillero). Danni -Risarcimento dei danni da fatto illecito -Interessi compensativi -Costituiscono elemento complementare dello stesso danno risarcibile per colpa aquiliana -Possono essere liquidati di ufficio dal Giudice -Sentenza di condanna al risarcimento dei danni -Omissione di pronuncia in ordine agli interessi compensativi -Mancata impugnazione della sentenza per tale vizio -Giudicato sostanziale sulla concreta quantificazione del danno risarcibile Sussiste. (c. c., artt. 2043, 2056). Gli interessi compensativi non corrispondono ad un danno auto- 11,omo, successivo alla condanna, ma costituiscono un elemento complementare dello stesso danno risarcibile per colpa aquiliana, cosicch� come il giudice pu� conglobarli nella cifra liquidata per tale risarcimento, invece di farne oggetto di una distinta liquidazione e di un ulteriore capo di condanna, cos� egli pu� provvedere su di essi anche d'ufficio. La domanda relativa agli interessi, lungi daU'essere autonoma, � parte integmnte della domanda di liquidazione del danno, epper�, se la parte accetti come giusta la liquidazione del danno, che almeno formalmente prescinda da una separata liquidazione degli interessi com 10 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pensativi dal giorno deH'evento dannoso, essa non pu� pi� instaurare un separato giudizio per ottenere tale liquidazione, essendo questa coperta dal giudicato sostanziale, che si � formato suita concreta quantificazione del danno risarcibile (1). (Omissis). Col primo mezzo, nel dedurre la violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 in relazione agli artt. 2043 e 1224 e.e. nonch� dei principi generali di diritto sulla res judicata, con difetto di motivazione su punti decisivi, il ricorrente si duole perch� la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere rilevante l'argomento che gli interessi sulle somme liquidate a titolo di risarc~mento del danno per fatto illecito abbiano carattere compensativo e rappresentino una domanda accessoria rispetto a quella principale: secondo la ricorrente Amministrazione, tali argomenti non possono superare l'eccezione della cosa giudicata, nascente dalla precedente sentenza del Tribunale di Venezia in data 21 maggio 1958 in base agli elementi della eadem res et causa petendi. Si afferma che, nella specie, l'instaurazione del nuovo giudizio aveva per oggetto lo stesso petitum (interessi) e la stessa causa petendi (responsabilit� per colpa aquiliana) ed era perci� preclusa dal precedente giudicato, senza di che diveniva necessario rimettere in discussione l'intero oggetto e rapporto giuridica che gi� aveva formato oggetto del precedente giudizio. Col secondo mezzo, che pu� essere considerato insieme al primo, si deduce ancora violazione del giudicato, ma non solo sotto l'aspetto sostanziale pi� propriamente considerato nel primo mezzo, ma sotto quello del giudicato formale, di cui si deduce la sussistenza nella specie, come ulteriore e valida preclusione di ogni riesame della specie. (1) Cfr. Cass., 20 ottobre 1964, n. 2629, Foro it., Mass., 1964, 704; 22 ottobre 1960, n. 2867, Giust. 'Civ., 1960, I, 2100, con nota di riferimenti ed osservazioni; 21 gennaio 1957, n. 146, Foro it., 1957, I, 563, con nota (sub 1-2) di A. ScIALOJA. Sul principio per cui la rivalutazione della somma liquidata a titolo di risarcimento � compensa tutto il danno e non sono perci� dovuti interessi per il periodo anteriore � v. Cass., 10 agosto 1948, n. 1455, in questa Rassegna, 1948, n. 9, 22, con nota di DI CIOMMo; per la critica dell'opposto insegnamento, secondo il quale �la liquidazione dei danni con valutazione delle conseguenze derivanti dal diminuito valore del denaro non assorbe il debito per gl'interessi, che ha carattere autonomo � (Cass., 30 maggio 1949, n. 1380, Giur. it., 1950, I, 344) v. GRAZIANO, in questa Rassegna, 1950, 222 e seg. Sul problema v. anche RUBINO, Decorrenza degli interessi ecc., Giur. compl. Cass. civ., 1951, I quadr., 429 e segg. (ove si censura il ricorso al concetto di interessi compensativi) ed ivi, altres�, note di DI STASO (432-434) e di MICCIO (434-442); adde DE MARTINI I#valutazione del danno da fatto illecito e danno per ritardato pagamento, id., 1951, III quadr., 1619 e segg., con ampi riferimenti giurisprudenziali; DE FALco, Orientamenti ecc., Riv. giur. circ. e trasp., 1953, 1022 e segg., in nota a Cass., Sez. Un., 27 maggio 1953, n. 1584, secondo cui � la prestazione I . I '/'...... . I -9. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 Deduce, infatti, il ricorrente Ministero che, producendo l'omissione di pronuncia la nullit� della sentenza in ordine alla domanda pretermessa e costituendo essa un vizio denunciabile in appello od in cassazione, qualora si ammettesse la proponibilit� di un autonomo giudizio, verrebbe a concedersi un ulteriore rimedio, che sarebbe del tutto svincolato dal sistema delle impugnazioni ed in pieno contrasto con esso. Le doglianze sono fondate. Questa Suprema Corte ha gi�, infatti, avuto occasione di affermare anche di recente (cfr. Cass., 20 ottobre 1964, n. 2629 e 21 gennaio 1957, n. 146) che la omessa pronunzia sulla richiesta degli interessi relativi alla somma domandata a titolo di risarcimento del danno d� luogo ad un motivo di nullit� della sentenza, che si converte in motivo di gravame, per cui, in difetto di impugnazione, la pronuncia passa in giudicato e preclude la riproposizione della domanda degli interessi in separata sede, stante il divieto del ne bis in idem, che il giudicato stesso comporta. Ci� perch� la domanda degli interessi forma il necessario complemento rispetto a quella relativa al risarcimento del danno (danno-interesse), cosicch�, come il giudice potrebbe ritenere gli interessi stessi conglobati nella cifra liquidata per il risarcimento del danno, anzich� farne un separato e distinto calcolo per un ulteriore capo di condanna, cos� pu� persino provvedere di ufficio su di essi, in quanto formanti, in definitiva, una voce dello stesso danno risarcibile per colpa aquiliana e per nulla un'ipotesi di danno autonomo, successivo alla condanna. Pertanto, in seguito all'omessa pronuncia rispetto alla domanda degli interessi compensativi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da colpa aquiliana ed alla mancata impugnazione della sentenza per una omessa pronunzia, si viene a formare un vero e proprio giudicato sostanziale intorno alla concretta quantificazione del degli interessi, pur essendo accessoria all'obbligazione principale, ha titolo e funzione economica sua propria, che non viene meno per effetto dell'adeguamento monetario dell'obbligazione principale: nel caso, quindi, di danni da fatto illecito, gli interessi sono dovuti sulla somma rivalutata con decorrenza dalla data dell'evento dannoso, tranne che nella liquidazione di detta somma ed indipendentemente dall'adeguamento monetario sia stato considerato il maggior danno derivante dal ritardo nell'adempimento, nel qual caso gli interessi decorrono dalla liquidazione�, ivi, 1022, sub 3; MARASCO M., Interessi compensativi nel risarcimento del danno da fatto illecito, Nuovo dir., 1958, 89; VIOLA, Svalutazione monetaria e risarcimento di danni, Giur, sic., 1958, 94. Quanto ai pi� recenti atteggiamentigiurisprudenziali, secondo Cass., 30 novembre 1963, n. 3069, in questa Rassegna, 1964, I, 102, sub 5: � sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni per fatto illecito decorrono di pieno diritto gli interessi compensativi dal giorno dell'illecito. In particolare, per quanto riguarda il danno derivato dalla mancata utilizzazione d'un bene (lucro cessante), la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata per risarcimento va stabilita con riferimento alle singole frazioni del reddito che si sarebbe periodicamente maturato, 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO danno risarcibile, del quale non � pi� possibile dolersi, non trattandosi di un capo autonomo di domanda (rispetto al quale, nell'ipotesi di omessa pronunzia non impugnata, rimane aperta la via di un nuovo giudizio: Cass. 2867 del 1960), ma di una domanda conseguenziale rispetto a quella principale di risarcimento del danno, di cui il danno-interesse forma una mera voce ed un necessario complemento. � precisamente l'errore su questo punto, che ha fuorviato la Corte del merito, facendole negare tanto l'esistenza del giudicato sostanziale, ehe di quello formale e permettendole di affermare, cosi, nuovamente esperibile l'azione per gli interessi compensativi, qualora su di . essi non si sia pronunziato il giudice, che ebbe, con sentenza passata in cosa giudicata, ad operare la liquidazione concreta del danno ed a calcolare il risarcimento dovuto dal danneggiante. In realt�, la domanda relativa agli interessi, lungi dall'essere staccata ed autonoma, � parte integrante della domanda di liquidazione del danno, cosicch� -se la parte accetti come giusta la liquidazione del danno, che, almeno formalmente, prescinda da una separata liquidazione degli interessi compensativi dal I giorno del sinistro -essa non pu� pi� instaurare un separato giudizio per la liquidazione degli interessi stessi, essendo la liquidazione dello intero danno, anche per quanto riguarda la voce relativa agli interessi ed al danno-interesse, coperta dal giudicato, cosi da precludere ogni ulteriore riesame del tema, deciso, ormai, definitivamente. L'accoglimento, per quanto di ragione, dei primi due motivi di ricorso assorbe e rende superfluo l'esame dei terzo, proposto in via subordinata, come ulteriore argomento dell'impugnativa per violazione i del giudicato, sotto l'aspetto dell'acquiescenza. La sentenza denunziata deve, pertanto, essere cassata in relazione ai motivi cos� accolti, demandandosi alla Corte di rinvio ogni provvidenza anche sulle spese di Cassazione. (Omissis). I dal giorno della perdita del bene e fino a quello della liquidazione�; a sua volta: Cass., 13 luglio 1964, n. 1873, Giur. it., Mass., 1964, 612, avverte che I �la liquidazione della somma dovuta a titolo di risarcimento per un danno ~ juturo deve essere calcolata con riferimento al momento in cui tale evento si verificher� e, nell'ipotesi in cui si tratti di risarcimento di danno per lucro cessante, derivante da inabilit� permanente a persona che non sia ancora giunta all'et� della piena capacit� lavorativa, con riferimento alla data in cui questa avr� presumibilmente raggiunto tale capacit�. Pertanto, se si segue per il risarcimento del danno il sistema della corresponsione di una somma capitale una tantum, poich� questa andrebbe corrisposta al momento in cui il danneggiato avrebbe potuto esplicare un'utile attivit� lavorativa, nell'emettere la condanna al pagamento immediato di tale somma deve essere adottato un opportuno correttivo, atto ad evitare che si verifichi una ingiusta locupletazione in favore del danneggiato, nella misura corrispondente alla maggiore utilit�, che gli deriva dal fatto che r gli � stato messo a disposizione anticipata il capitale liquidato. Pertanto, il giudice, nel liquidare tale somma, non pu� comprendervi gli interessi compensativi dalla data del sinistro al momento della liquidazione�. 11 I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 115 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 22 gennaio 1966, n. 268 -Pres. La Via -Est. Modigliani -P. M. Cutrupia (conf.) -Casole (avv.ti Sensi, Novelli) c. Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato Gargiulo). Propriet� -Azione di regolamento di confini -Azione per apposizione di termini -Differenza -Modificazione necessaria della originaria domanda per apposizione di termini in domanda di regolamento di confini se nel corso del giudizio sorge contrasto sulla linea di confine. (c. c., artt. 950, 951). Competenza e giurisdizione -Competenza per valore -Cause relative a beni immobili -Eccezione di incompetenza per valore -Onere del convenuto che solleva l'eccezione di provare la non sottoposizione dell'immobile a tributo ed in genere di svolgere l'attivit� probatoria necessaria per dimostrare quale sia il giudice competente. (c. p. c., artt. 15, 115). Cosa giudi�ata -Giudicato sul dedotto e sul deducibile -Limite -Identificazione delle azioni. (C. C., art. 2909; c. p, C., art. 324). L'azione di regolamento di confini tende ad eliminare una situazione d'incertezza sul confine tra due fondi contigui, mentre quella per apposizione di termini tende alla materiale demarcazione, con segni visibili, di un confine incontroverso. Se, invece, proposta azione per apposizione di termini, sorge, nel corso del giudizio, contrasto sulla linea del confine, lungo la quale essi dovrebbero essere apposti, l'iniziale domanda resta necessariamente modificata ed assume la natura di un'azione per regolamento di confini (1). Le cause relative a beni immobili (azioni reali) non possono essere ritenute di valore indete1�minabile e, quindi, di competenza del tribunale, se non quando si verifichi una situazione realmente negativa (non sottoposizione dell'immobile a tributo), la quale non pu� essere presunta in base al solo fatto che l'attore abbia omesso di produrre il certificato catastale o di fornire la dimostrazione del tributo. Deve, invece, il convenuto, il quale eccepisca l'incompetenza per valore del pretore, svolgere l'attivit� probatoria necessaria a dimostrare quale sia il giudice realmente competente secondo i criteri stabiliti dall'art. 15 c.p.c. Ove il convenuto abbia sollevato l'eccezione di incompetenza per valo1�e, ma non risulti la misura del tributo, n� risulti che l'immobile (!)"Sulla prima parte della massima, v. Cass., 29 dicembre 1964, n. 2976, Foro it., Mass., 1964, 781. Sulla seconda parte della massima, v. Cass., 22 febbraio 1958, n. 591, id., Rep., 1958, voce Confini, c. 564, n. 26; 18 giugno 1959, n. 1907, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 647, sub 1, con nota di richiami. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ne sia esente, l'eccezione stessa dev'essere disattesa per difetto di prova (2). L'autorit� del giudicato � limitata a ci� che ha formato l'oggetto e la causa giuridica del giudizio e copre esclusivamente la decisione finale, in cui si concreta la volont� di legge da attuare. Per stabilire quei limiti non pu� che farsi richiamo agli elementi costitutivi dell'azione e cio�, oltre che all'identit� dei soggetti, al petitum ed alla causa petendi: solo quando tali elementi siano identici a quelli dedotti in un successivo giudizio, � inibito, in questo, il riesame della controversia gi� irretrattabilmente risolta. Pertanto, il giudicato sul dedotto, sul deducibile e sui presupposti logici della decisione o sui punti di fatto pregiudiziali deve essere contenuto nel limite insuperabile dell'identificazione dell'azione, oggetto della decisione, di cui si intende far valere l'autorit�. con quella. esperita nel giudizio, nel quale quell'autorit� viene invocata, al fine ultimo di evitare una nuova discussione sul bene o sulla pretesa, oggetto della prima decisione (3). I (Omissis). , ' Col primo mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione degli . artt. 948 e 951 e.e., in relazione all'art. 360 c.p.c., sostiene che la do Imanda proposta dall'Amministrazione forestale dinanzi al Pretore era non gi� un'azione per apposizione di termini, come � stato erroneamente I. ritenuto dai giudici di appello, ma una revindica o un'azione per rego. lamento di confini, in quanto difettava l'estremo della certezza del I /!:.' confine, che costituisce il presupposto dell'azione per apposizione di termini. Deduce, poi, che non era consentito all'Amministrazione fore I l f;; . stale di addurre l'esistenza di una linea di confine diversa da quella accertata, con efficacia di cosa giudicata, dal Tribunale di Catanzaro con sentenza 14 dicembre 1960-30 gennaio 1961. ,' . La doglianza, nei termini che saranno in appresso precisati, � fondata. � noto, per averlo questa Suprema Corte ripetutamente statuito , I [(cfr., da ultimo, la sentenza n. 2976 del 1964), che l'azione per regola (2) Conf. Cass., 24 aprile 1965, n. 729, Giust. civ., Mass. Cass.,, 1965, 371, sub 2, con nota di ulteriori richiami; 13 luglio 1965, n. 1478, ibidem, 759, sub 3. Osserva, invero, la sentenza in rassegna che: �mancando la prova del tributo, non pu� funzionare il criterio legale della moltiplicazione per il coefficiente di legge, ai sensi dell'art. 15, comma primo, c.p.c.; e, mancando la dimostrazione di quella situazione negativa di non sottoposizione a tributo, che costituisce il presupposto per l'applicazione dell'ultimo comma del citato art. 15, non pu� soccorrere, ai fini della determinazione del valore della causa, il criterio sussidiario della valutazione ex actis o la presunzione del valore indeterminabile �. (3) Conf. Cass., 4 maggio 1957, n. 1497, Giust. civ., 1957, I, 1952, con nota (sub 1) di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 1 agosto 1958, n. 2853, Foro it., Rep., 1958, voce Cosa giudicata civile, c. 663, nn. 32-35. Sul giudicato implicito, v. anche ass., 23 gennaio 1964, n. 163, in questa Rassegna, 1964, I, 324, sub 2, con nota di ulteriori riferimenti. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 117 mento di confini tende a eliminare una situazione d'incertezza sul confine tra i due fondi contigui, mentre quella di apposizione dei termini tende alla materiale demarcazione con segni visibili di un confine incontroverso. � del pari noto (cfr. le sentenze nn. 1907 del 1959 e 591 del 1958) che, proposta l'azione di apposizione dei termini, se nel corso del giudizio sorge contrasto in ordine alla linea di confine lungo la quale essi dovrebbero essere apposti, l'iniziale domanda resta necessariamente modificata e assume la natura di un'azione per regolamento di confini. Ora, nel caso in esame, la stessa Amministrazione attrice, pur avendo chiesto l'apposizione dei termini, ha accennato, nei suoi scritti difensivi, alla incertezza del confine e, comunque, la contestazione tra le parti � essenzialmente vertita, nella fase di merito, sulla determinazione della linea di confine. Si deve pertanto riconoscere che si � in presenza di un'azione per regolamento dei confini e non di una azione per apposizione dei termini, come � stato erroneamente ritenuto dalla denunziata sentenza. Stabilito ci�, va aggiunto che non pu� per� farsi adesione alla ulteriore tesi, sostenuta dal patrono del ricorrente nella discussione orale, secondo la quale, dovendosi escludere, data la natura della proposta azione, la competenza per materia del Pretore, si dovrebbe dichiarare la incompetenza dello stesso giudice per ragioni di valore, come era stato chiesto dal convenuto nella fase di merito. Infatti, � noto che le cause relative a beni immobili (azioni reali) non possono essere ritenute di valore indeterminabile e quindi di competenza del tribunale, se non quando si verifichi una situazione realmente negativa (non sottoposizione dell'immobile a tributo), la quale non pu� essere presunta in base al solo fatto che l'attore abbia omesso di produrre il certificato catastale o di fornire la dimostrazione del tributo. Deve il convenuto, il quale eccepisca l'incompetenza per valore del pretore, svolgere l'attivit� probatoria all'uopo necessaria, onde dimostrare quale sia il giudice realmente competente secondo i criteri stabiliti dall'art. 15 c.p.c. E ove il convenuto abbia sollevato l'eccezione di incompetenza per valore, ma non risulti la misura del tributo, n� risulti che l'immobile ne sia esente, l'eccezione stessa deve essere disattesa per difetto di prova: ci� in quanto, mancando la prova del tributo, non pu� funzionare il criterio legale della moltiplicazione per il coefficiente di legge, ai sensi dell'art. 15, primo comma, c.p.c., e, mancando la dimostrazione di quella situazione negativa di non sottoposizione a tributo, che costituisce il presupposto per l'applicazione dell'ultimo comma del citato art. 15, non pu� soccorrere, ai fini della determinazione del valore della causa, il criterio sussidiario della valutazione ex actis o la presunzione del valore indeterminabile. In tali sensi questo Collegio si � ripetutamente espresso e, da ultimo, con le sentenze nn. 729 e 1478 del 1965. Orbene, nel caso in esame, nella fase di merito, dal convenuto Casole era stata eccepita l'incompetenza per valore del giudice adito, senza che negli atti si riscontrasse il documento necessario per la determinazione del tributo (certificato catastale) o risultasse la mancanza del ~//o/,(~.Y/U.F/.-:4-7.:=t{F.:::-:-7.o/.if�M"�"�"/@"R/.-W:-:&"gfu/.zy@.;:-w.:?..?-7-fil.~ff~g-�-::--@:--f.'ff.::::ff.:":.f@"{{-:::?.".:"2:f.9.:'"{::':.'{{4.:f."ef.Q.ffe'.=I%f:o/.4:f:fi=:::;:f{=%r.~ - 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO detto presupposto: conseguentemente, alla stregua del princ1p10 giurisprudenziale dianzi richiamato, l'eccezione di incompetenza per valore doveva essere disattesa, perch� mancante di prova. Circa l'ulteriore censura del primo mezzo, con la quale si sostiene che non era consentito all'Amministrazione forestale di addurre l'esistenza di una linea di confine diversa da quella, che, secondo l'assunto del ricorrente, sarebbe stata accertata, con efficacia di cosa giudicata, dalla sentenza del Tribunale di Catanzaro dei 14 dicembre 1960-30 gennaio 1961, si fa presente che tale doglianza sar� presa in esame congiuntamente con il terzo mezzo, col quale � stata specificamente dedotta la questione relativa all'esistenza dell'anzidetto giudicato. Consegue da quanto si � esposto che il primo mezzo di annullamento deve essere accolto, per quanto di ragione. Con il secondo mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione dell'art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 5 dello stesso codice, lamenta che il Tribunale abbia omesso di prendere in esame la domanda, da lui proposta in via subordinata, per ottenere l'ammissione di un esame testimoniale diretto a dimostrare che l'appezzamento di terreno in controversia era stato da lui posseduto per oltre un trentennio. La doglianza � fondata. Infatti, sebbene il Casole, nel giudizio di appello, avesse, in effetti, invocato l'ammissione di un esame testimoniale diretto a dimostrare che egli aveva usucapito l'appezzamento di terreno in contesa, il Tribunale ha omesso di statuire su tale istanza ed � pertanto incorso nel vizio di omessa pronunzia. Col terzo mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione degli artt. 2909 e.e. e 324 c.p.c., lamenta che il Tribunale di Catanzaro abbia escluso che il confine tra i due fondi fosse stato accertato, con efficacia di cosa giudicata, con la sentenza 14 dicembre 1960-30 gennaio 1961, pronunciata in grado di appello dallo stesso Tribunale. La censura � priva di fondamento. Come questa Suprema Corte ha ripetutamente statuito (cfr., tra le altre, le sentenze nn. 1497 del 1957 e 2853 del 1958), l'autorit� del giudicato � limitata a ci� che ha formato l'oggetto e la causa giuridica del giudizio e copre, esclusivamente, la decisione finale in cui si concreta la volont� di legge da attuare. Per stabilire quei limiti non pu� che farsi richiamo agli elementi costitutivi dell'azione, e cio�, oltre che alla identit� dei soggetti, al petitum e alla causa petendi: solo quando tali elementi siano identici a quelli dedotti in un successivo giudizio, � inibito in quest'ultimo il riesame della controversia gi� irretrattabilmente risolta. Pertanto il giudicato sul dedotto e sul deducibile e sui presupposti logici della decisione o sui punti di fatto pregiudiziali deve essere contenuto nel limite insuperabile dell'identificazione dell'azione, oggetto della decisione di cui si-intende far valere l'autorit�, con l'azione esperita nel giudizio in cui quella autorit� s'invoca, al fine ultimo di evitare una nuova discussione sul bene e sulla pretesa oggetto della prima decisione. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 119 Orbene, nel caso in esame, nella controversia definita con la ricordata sentenza 14 dicembre 1960-30 gennaio 1961 del Tribunale di Catanzaro, oggetto del giudizio era il risarcimento dei danni, che il Casole assumeva essergli derivati dall'abbattimento di alcuni alberi, effettuato dall'Amministrazione forestale in una zona che, in base alla linea di confine da lui indicata, si trovava nell'ambito del suo fondo; nell'attuale controversia il petitum consiste, invece, come si � visto, nell'accertamento del confine tra i due fondi. Sebbene in entrambi i giudizi occorresse accertare la linea di confine, nella presente controversia si discute, dunque, di effetti giuridici del tutto nuovi e diversi rispetto a quelli che furono oggetto della controversia definita con la sentenza passata in giudicato. E, stante la diversit� delle pretese fatte valere, dei beni della vita reclamati e delle azioni proposte, � decisamente da escludere che l'accertamento del confine, compiuto nel primo giudizio, possa assumere autorit� di giudicato nella presente controversia. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1966, n. 414 -Pres. Stella Richter -Est. D'Amico -P. M. Toro (conf.) -Coghi (avv.ti Cordiali, Precoce) c. Prefetto Verona e Ministero Sanit� (avv. Stato Foligno). Salute pubblica -Attribuzioni del Prefetto, del Medico e del Veterinario Provinciale in materia di sanit� pubblica. (d. Ig. C. P. S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 19; d. P. R. 5 aprile 1950, n. 221, art. 68; I. 13 marzo 1958, n. 296, art. 6). Con L'istituzione del Ministero deHa Sanit�,, disposta con la legge 13 marzo 1958, n. 296, tutte le attribuzioni del Prefetto in materia di sanit�, pubblica, ad eccezione dei provvedimenti relativi ano scioglimento dei Consigli di amministrazione degli enti pubblici con compiti di assistenza sanitaria nena provincia e dei provvedimenti contingibiU ed urgenti per mgioni di sanit�, pubblica ai sensi deH'art. 20 t.u. legge com. e p1�ov. n. 383 del 1934, sono state devolute al Medico ed al Veterinanrio provinciali, secondo le competenze dei rispettivi uffici (1). (Omissis). A norma dell'art. 68 del decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221, contenente disposizioni per la disciplina del (1) Secondo Cass., 19 giugno 1962, n. 1551, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 769, sub 1: � la Commissione Centrale esercenti professioni sanitarie � organo di giurisdizione speciale, le cui decisioni, emesse nei giudizi pre 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'esercizio delle professioni sanitarie, nei giudizi di Cassazione, aventi I per oggetto i ricorsi contro le decisioni della Commissione Centrale I ~ per gli Esercenti le Professioni predette, legittimo contraddittore era il Prefetto, oltre al Procuratore della Repubblica e agli Ordini Professionali. I Senonch�, con l'istituzione del Ministero della Sanit�, disposta con la legge 13 marzo 1958, n. 296, tutte le attribuzioni del Prefetto in I materia di sanit� pubblica -ad esclusione dei provvedimenti relativi allo scioglimento dei Consigli di amministrazione degli enti pubblici con compiti di assistenza sanitaria nella provincia e dei provvedimenti contingibili ed urgenti per ragioni di sanit� pubblica ai sensi dell'articolo 20 t.u. della legge comunale e provinciale -sono state devolute al Medico provinciale ed al Veterinario provinciale, secondo le competenze dei rispettivi uffici (art. 6 della legge predetta). Poich�, di conseguenza, la decisione di questa Corte doveva essere emessa nei confronti non pi� del Prefetto, ma del Medico Provinciale, oltrech� degli altri soggetti sopraindicati, cui il ricorso era stato regolarmente notificato, fu disposta, ad integrazione del contraddittorio, la notificazione del ricorso al Medico Provinciale, con fissazione del termine. Ma a tale notificazione il ricorrente non ha in alcun modo provveduto, nonostante che fosse stato avvertito del provvedimento di integrazione con regolare comunicazione. Il ricorso dev'essere, pertanto, dichiarato inammissibile. (Omissis). visti dagli artt. 19 d.1. C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233 e 68 d.P.R. 5 aprile 1950, n. 231, sono provvedimenti giurisdizionali, nei quali sono legittimi contraddittori l'interessato, gli Ordini professionali, il .Procuratore della Repubblica ed il Prefetto �. La sentenza in rassegna avverte, invece, che, per effetto della 1. 13 marzo 1958, n. 296, trattandosi nella specie di ricorso di un farmacista avverso decisione della cennata Commissione Centrale, il contraddittorio doveva svolgersi � nei confronti non pi� del Prefetto, ma del Medico Provinciale, oltrech� degli altri soggetti sopraindicati �. � opportuno ricordare, comunque, che, secondo Cass.; 28 luglio 1964, n. 2134, Giur. it., Mass., 1964, 709: � la disposizione dell'art. 68 del Regolamento 5 aprile 1950, n. 221, che in proposito prescrive che il ricorso per cassazione pu� essere proposto dall'interessato, dal Prefetto o dal Procuratore della Repubblica, deve ritenersi illegittima e deve essere disapplicata dal Giudice ordinario, a norma dell'art. 5 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo: trattasi, infatti, di norma regolamentare non conforme alla norma generale del nuovo sistema processuale (artt. 100, 102, 331 c. p. c.), secondo cui ogni impugnazione pu� essere proposta dalla parte soccombente, che abbia interesse alla riforma o all'annullamento della decisione e, correlativamente, ogni impugnazione deve essere proposta nei confronti di tutti coloro, che sono stati parte nel giudizio in cui � stata pronunciata la decisione impugnata �. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 121 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 439 -Pres. Pece -Est. Cesaroni -P. M. Colonnese (conf.) -Puglisi (avv. Rizzo - Manganaro) c. A.N.A.S. (avv. Stato Angelini -Rota). Espropriazione per p. u. -Opposizione alla stima dell'indennit� di espropriazione di fondo rustico comprensiva del valore del soprasuolo -Le~ittimazione autonoma del conduttore del fondo Sussiste. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 27, comma terzo, 52, 54; c. c., art. 1638). Il conduttore di un fondo rustico assoggettato ad espropriazione per p. u. � legittimato a proporre autonoma opposizione giudiziale avverso la determinazione dell'indennitd, in ordine al valore dei frutti pendenti esistenti sul terreno espropriato (1). (Omissis). � da osservare, in proposito, che l'art. 27 della legge fondamentale sulle espropriazioni per pubblica utilit� 25 giugno 1865, n. 2359 espressamente menziona i conduttori fra coloro che possono impugnare la indennit� come insufficiente, a norma degli artt. 52 e segg. della stessa legge. ' Si tratta, quindi, di stabilire se i conduttori abbiano facolt� autonoma di impugnativa dell'indennit�, offerta al proprietario locatore anche per i frutti pendenti o se tale facolt� spetti soltanto per i diritti di natura reale, posto che l'indennit� di espropriazione, nella sua essenza, sostituisce il bene soppresso, col giusto prezzo che esso avrebbe avuto in una libera contrattazione. (1) La massima si ricollega all'insegnamento delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 23 novembre 1963, n. 3022, Giur. it., Mass., 1963, 1027, sub b), secondo il quale: �in tema di espropriazione per p.u., a norma dell'art. 27, terzo comma, legge n. 2359 del 1865, nel giudizio instaurato dal proprietario del fondo espropriato, per l'impugnazione della stima dell'indennit�, � ammissibile l'intervento autonomo dell'affittuario del fondo stesso, in quanto egli faccia valere delle ragioni che aderiscono a diritti reali (nella specie, valutazione .dei frutti pendenti, che sono in pari tempo accessori del suolo e propriet� dell'affittuario)�. Invece, secondo Cass., 11 febbraio 1960, n. 195, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 73, sub 1: � i conduttori devono essere indennizzati dai proprietari e possono esperire le loro ragioni, solo in quanto ad essi spetti qualche diritto sugli immobili stessi�. Cass., 30 settembre 1955 n. 2734, id., Mass. Cass., 1955, 1016, avverte, che in tema di espropriazione per p. u., ai sensi degli artt. 1638 e.e. e 27 1. 25 giugno 1865, n. 2359: � il proprietario del fondo � unico contraddittore nei confronti dell'Amministrazione espropriante e, quindi, nella relativa procedura non solo compare a tutela diretta delle proprie personali ragioni, ma funge, inoltre, da rappresentante ex lege delle ragioni di ogni altra persona avente diritti sul fondo; 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora, secondo quanto stabilisce l'art. 821 e.e., i frutti �appartengono � al proprietario della cosa che li produce, salvo che la loro propriet� sia attribuita ad altri, il che pu� accadere o in virt� dell'esistenza di diritti reali o in virt� di rapporti di obbligazione, mediante i quali il proprietario trasferisca il � godimento � della cosa, come nelle locazioni (art. 1615 e.e.). Ben vero che i frutti naturali si acquistano con la separazione (art. 821, primo comma), in quanto prima di tale momento essi ancora non esistono nella loro individualit� giuridica, ma ci� non pregiudica la situazione di � appartenenza �, il che comporta nell'affittuario quel rapporto immediato con la cosa, che si concretizza in quella facolt� (agere iicere in re) di sfruttamento ed utilizzazione del fondo, con divieto di ingerenza per tutti, locatore e terzi, che la moderna dottrina distingue sia dai rapporti reali che dai rapporti di mero credito. Ed infatti, nemmeno il proprietario, prima della separazione, ha un diritto sui frutti e dopo la separazione essi diventano oggetto autonomo di propriet� della persona che in quel momento ha il godimento della cosa madre, per cui l'interesse del conduttore si realizza, dopo la consegna della cosa, con l'obbligo del locatore di lasciar godere e cio� con una mera astensione, analoga a quella che si riscontra in un qualsiasi diritto reale. Ci� spiega, ad avviso della Corte, la portata e il significato dell'art. 27 sopra citato, che, menzionando i conduttori fra coloro che possono far valere proprie ragioni nella stima dell'indennit� di esproprio, ha dimostrato di tener conto della particolare natura del rapporto di affitto, e del fatto che con l'espropriazione del fondo viene a risolversi sia il diritto di propriet� che ogni altro ius in 1�e, per cui questi diritti si trasferiscono sull'indennit�, che, rappresentando il fondo, rappresenta anche i particolari diritti spettanti su di esso ai terzi. accettando, come nella specie, l'indennizzo per conto dell'affittuario, assume, pertanto, l'obbligo di cederlo a lui�; v. anche, in senso conforme, Cass., 19 gennaio 1948, n. 70, Giur. compl. Cass. civ., 1948, I quadr., 186. Quanto all'indennizzo ex art. 46 1. org. espr. p. u., Cass., 17 luglio 1953, n. 2352, Foro it., 1954, I, 1217, con nota redazionale, afferma (1218, nella motivazione riportata in nota) che: � il conduttore... che dall'esecuzione dell'opera pubblica abbia avuto una ripercussione economica nel suo patrimonio potr� agire nei confronti del propxietario dell'immobile per far sciogliere o far apportare modifiche al rapporto che lo lega al locatore, che pu� anche non essere il proprietario, ma non � legittimato in alcun caso ad esperire azione contro la P.A., tanto meno in luogo del proprietario. A conferma della quale conclusione sta proprio il disposto del secondo comma dell'art. 27 della legge in discorso, giacch�, con lo stabilire che gli usufruttuari, i conduttori, i proprietari diretti ed altri a cui spettasse qualche diritto sugli stabili (da espropriare) sono fatti indenni dagli stessi proprietari ,-.�: o possono esperire le loro ragioni nel modo indicato dagli artt. 52, 53, 54, 55 e 56, vale a dire possono far valere tale diritto sulla indennit�, il legislatore ha inteso scolpire ed ha scolpito che nessuna pretesa autonoma ' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 123 In questo senso, pu� a ragione ammettersi la concorrenza del diritto del proprietario sulla cosa con quello dell'affittuario e la legittimazione di quest'ultimo a proporre opposizione avverso la determinazione dell'indennit�, in ordine al valore dei frutti pendenti, esistenti sul terreno espropriato. N� vale opporre, al riguardo, che, per il combinato disposto dell'art. 27 e dell'art. 52 della legge, i soggetti legittimati all'impugnazione della stima sarebbero soltanto i titolari delle azioni di revindica, di usufrutto, di ipoteca, di diretto dominio e cio� di diritti di natura reale. Ben vero che, nel menzionare i conduttori fra i legittimati all'impugnazione, l'art. 27 stabilisce che essi possono esperire le loro ragioni nel modo indicato dai successivi artt. 52, 5'3, 54, 55 e 56, ma l'art. 52 si limita a stabilire che le azioni di rivendicazione, di usufrutto, di ipoteca, di diretto dominio e tutte le altre esperibili su fondi soggetti ad espropriazione non possono interrompere il corso di essa, n� impedirne gli effetti. Quest'ultima norma, pertanto, regola soltanto gli effetti della espropriazione riguardo ai terzi, ma non disconosce il diritto autonomo di impugnativa sancito dall'art. 27 a favore dei conduttori, i quali possono per il soddisfacimento delle loro spettanze, a loro volta, o rivolgersi al proprietario del terreno espropriato, oppure proporre opposizione alla stima nei modi e nei termini stabiliti dalle disposizioni citate. Ovvia si presenta, quindi, la conclusione che ogni conduttore, in quanto titolare del diritto di godimento del fondo e non di una mera aspettativa nei confronti del locatore, � legittimato a proporre opposizione giudiziale avverso la determinazione dell'indennit�. (Omissis). possa il conduttore sperimentare direttamente contro la pubblica Amministrazione, poich� esso � considerato terzo agli effetti della legge sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit� e terzo � da considerarsi anche ai fini della risarcibilit� del danno permanente risentito dal fondo e che sia conseguenza diretta ed immediata dell'esecuzione o della manutenzione di un''Opera pubblica�. Secondo Cass., 26 maggio 1964, n. 1295, Foro Amm., 1964, I, 410, in part. 411: � � controverso se il conduttore abbia facolt� autonoma d'impugnativa nei confronti dell'espropriante dell'indennit� offerta al proprietario locatore per i frutti pendenti, sembrando che tale facolt� competa al conduttore solo per i diritti che abbiano contenuto analogo ai diritti reali, come le migliorie �. � opportuno, infine, avvertire che, secondo Cons. Stato, iSez. V, 20 maggio 1950, n. 623, Giur. compl. Cass. civ., 1950, III quadr., 789: � � ammissibile il ricorso giurisdizionale avverso il decreto di espropriazione di un immobile anche da parte dei titolari di un diritto di natura personale sul bene colpito dal provvedimento autoritativo �: contra: ARDIZZONE, Questioni in tema di espropriazione per p. u., ivi, 791. Sulla questione dei diritti del conduttore sull'indennit� di espropriazione v., in dottrina, RossANO, L'espropriazione per p. u., Torino, 1964, 302 e seg.; CARUGNO, L'espropriazione pe�r p. u., Milano, 1958, 196 e seg. 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 440 -Pres. Stella Richter -Est. D'Amico -P. M. Caccioppoli (conf.) -Impresa De Liguoro (avv.ti D'Elia, Ingrosso, Nicol�) c. Ministeri Tesoro e Difesa Esercito( avv. Stato Terranova). Contratti di guerra -Ritardo nella liquidazione e nel pagamento di somme dovute dalla P. A. -Azione di risarcimento danni -Svalutazione monetaria -Irrilevanza. (d. Ig. 25 marzo 1948, n. 674, art. 5). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Potest� discrezionale della P. A. di sospendere durante lo stato di guerra l'esecuzione di opere in corso -Mancato o difettoso esercizio -Lesione diritti subiettivi -Insussistenza -Azione giudiziaria risarcitoria -Improponibilit�. (I. 28 novembre 1940, n. 1772, art. 1). Atti amministrativi -Atti interni -Circolari -Differenza rispetto ai regolamenti. Responsabilit� civile -Rapporto di causalit� tra azione ed evento dan I noso -Principio contenuto nell'art. 41, cpv., c. p. -Si applica anche I I' nel campo della responsabilit� civile. ~ (c. c., art. 2043; c. p., art. 41, cpv.). "' I' A norma deH'm�t. 5 d. lg. 25 marzo 1948, n. 674, � esclusa la proponibilit� di qualsiasi domanda risarcitoria, fondata sul ritardo deHa P. A. nena liquidazione di contratti di guerra (1). ~ L'art. 1 i. 28 novembre 1940, n. 1772 dispone che durante lo ~ stato di guerra �� in facolt�� dell'Amministrazione statale sospendere l'esecuzione di opere in corso. Si tratta, pertanto, di una tipica facolt� discrezionale deHa P. A., il mancafo o difettoso esercizio della quale non I d� luogo a lesione di diritti subiettivi e, quindi, ad azione di risarcimento danni (2). II A differenza dei regolamenti, i quali dettano norme anche per i terzi estranei aHa P. A., le circolari regolano soltanto il comportamento (1) Sulla nozione di contratto di guerra non ancora definito e sull~ relativa liquidazione v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, voi. III, Roma, 1961, 118 e segg.; v. anche Cass., Sez. Un., 28 dicembre 1957, n. 4771, I!'oro it., Mass., 1957, 966; sui rimedi giurisdizionali avverso i provvedimenti del Commissario liquidatore v. Cass., Sez. Un., 24 luglio 1964, n. 2031, in questa Rassegna, 1964, I, 1038 ed ivi nota (1-2) di ulteriori riferimenti. I (2) In argomento, v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni < 1956-1960, voi. II, Roma, 1961, 93 e segg.; v. anche Cass., Sez. Un., 29 i aprile 1964, n. 1039, in questa Rassegna, 1964, I, 712, sub l; 25 luglio 1964, n. 2064, ibidem, 861, sub 1-2; 7 aprile 1965, n. 593, id., 1965, I, 308, sub 2; 12 aprile 1965, n. 657, ibidem, 318. I ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 125 degli uffici dipendenti, con la conseguenza che, mentre i regolamenti emanati in conformit� della legge determinano il sorgere di diritti soggettivi del privato verso la P. A., ci� non avviene per le circolari, spiegando esse efficacia obbligatoria solo rispetto ai funzionari gerarchicamente dipendenti dall'ufficio che le ha emanate, cosicch� non � dato al privato di agire in via giudiziaria per la violazione di un suo preteso diritto in seguito alla disapplicazione di una circolare (3). Il principio contenuto nell'art. 41, cpv., c. p., secondo il quale le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalit�, quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento, � applicabile anche nel campo della responsabilit� civile (4). (Omissis). , Col primo mezzo del ricorso principale il De Liguoro denuncia la violazione degli artt. 1218, 12,23, 1224, 1176, 1372 e segg., 2729 e.e. e dell'art. 5 del d.1. 25 marzo 1948, n. 674, nonch� il difetto di motivazione, e sostiene che la Corte di Appello ha errato nel negargli il diritto alla rivalutazione delle somme, dovutegli, per la revisione dei prezzi, l'importo delle riserve e la rata di saldo, in conseguenza della svalutazione monetaria postbellica; precisa al riguardo che erano state da lui poste in evidenza le molteplici vi�lazioni contrattuali commesse dall'Amministrazione della Difesa (l'erroneit� del progetto, con il conseguente ritardo nella consegna dei lavori, l'illegittimo diniego di recesso dal contratto, l'imposizione dell'esecuzione di imperio dei lavori fuori dei limiti di legge, l'ingiustificato diniego della revisione dei prezzi nel corso dell'appalto, il rifiuto della sospensione dei lavori in base alla circolare ministeriale del 19 luglio 1943), cosicch� nella specie non si trattava di ritardo nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria, ma di una tipica ipotesi di responsabilit� contrattuale a norma dell'art. 1218 e.e.: era sorta cosi un'obbligazione di risarcimento costituente un indubbio debito di valore, con la conseguente inapplicabilit� degli articoli 1224, comma 20, e.e. e 5 del decreto legislativo n. 674 del 1948 e l'applicabilit� invece dell'art. 1218 e.e. La censura deve essere disattesa. Il ricorrente infatti, come risulta chiaramente dalla sentenza impugnata, in base agli esaminati atti del processo, non ha chiesto il risarcimento del danno derivante dalle inadempienze come sopra addotte, ma la rivalutazione di una somma determinata di danaro (L. 13.526.375), costituita da specifici titoli di credito (revisione dei prezzi, riserve varie e quota saldo), adducendo i com (3) Cfr. Cass., 12 luglio 1963, n. 1884, Foro it., Rep., 1964, voce Atto amministrativo, c. 195, n. 39. In dottrina, sulle circolari e sui regolamenti interni, v. SILVESTRI, L'attivit� interna della Pubblica Amministrazione, Milano, 1950, 234 e segg. (4) Cfr. Cass., 5 ottobre 1964, n. 2499, Giur. it., 1965, I, 1, 200 ed ivi nota (sub 1) di riferimenti di ulteriore giurisprudenza e di dottrina, cui adde: Cass., 26 luglio 1952, n. 2341, Foro it., 1952, I, 833 e, per la dottrina, BoNASI-BENUCCI, La res1.10nsabilit� civile, Milano, 1955, 95 e segg. I i Ii t ! l 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO portamenti antigiuridici dell'Amministrazione della Difesa solo come cause del ritardo nella liquidazione e nel pagamento della somma pre detta. t � � lt nto N� vale addurre che nella svalutazione mone aria s1. er~ so a inteso indicare il criterio di liquidazione del dann?, cos~cche .i;on ne poteva risultare snaturata l'azione promossa, da qua~ificars~ perc10. cor_ne azione di risarcimento per colpe contrattuali, poic~� 1~ver ~iferito l'incidenza della svalutazione a ben determinate partite di credito sta sicuramente a significare, come in modo c~iaro ri.sulta .dalla senten~a �mpugnata che in tanto si chiedeva la rivalutaz10ne, m quanto: sia ~ure a cau'.sa dei fatti attribuiti all'Amministrazione, si era determinato un ritardo nella liquidazione e nell'esazione delle somme predette. Ma, se � cos�, si rientra indubbiamente nella previsione dell'~rt.. 5 del de: creto legislativo n. 67 4 del 1948, secondo cui, nei c~ntr.atti.di g.uerra, e esclusa qualsiasi pretesa fondata sul ritardo nella hqmda~ione. co~ l~ detta norma eccezionale si � voluto infatti negare, per i contratti di guerra, ogni rilevanza giuridica ai mutamenti intervenuti, a causa del ritardo, nel rapporto tra valore e valuta. . . , Col secondo e col terzo mezzo del ricorso principale, che. e opp?rtuno esaminare congiuntamente per l'identit� delle censure di maggior rilievo il De Liguoro, denunciando la violazione degli artt. 1218, 1221, 122.3, i225, 1176, 2043 e.e. e il difetto di motivazione,. s.o~tiene, quanto al chiesto e negato risarcimento del danno per la reqmsiz~o?e ~ la conseguente distruzione del cantiere ad opera delle forze militari, alleate, che la Corte di Appello non si � occupata in alcun ~~do d~ll addo~t.o diniego di sospensione dei lavori da parte dell'~m~imst~azione ~ulltare a fine luglio 1943, nonostante le ripetute richieste di. esso ricorrente e l'evidente ordine di sospensione contenuto nella circolare del Ministero della Guerra 19 luglio 1943, essendosi limita~a a te~er conto soltanto della circostanza del ritardo nella consegna dei ~avori: I.a co~siderazione e l'accertamento del predetto diniego erano mvece di. d.e~i: siva rilevanza ai fini della pronuncia, poich� il giudizio di prev~dibihta del danno non doveva riferirsi, come ha fatto la Corte, al mag~~o ~9.41, tempo della conclusione del contratto, ma al luglio 1943, ben pm vicmo all'invasione e alla requisizione del cantiere da parte delle trupp~ alleate, ed ugualmente, per apprezzare l'esistenza o meno del nes70 d1 causalit�, bisognava tener conto del predetto compor.tamento, dell A~,ministrazione della Difesa nel luglio 1943; assume moltre 1erroneita dell'interpretazione data dalla Corte di Appello agli artt. 1223 e.e. e 41 c.p., poich� il nesso causale fra il fatto illecito e l'evento ~annoso pu� essere anche indiretto e mediato, come avviene, q~ando il fatto commissivo od omissivo abbia posto in essere uno stato di cose tale che senza di esso il danno non si sarebbe verificato. Le dette censure devono essere parimenti disattese. i: esatto che la Corte non ha esaminato l'addotto comportamento dell'Amministrazione della Difesa nel luglio 1943, ma la relativ.a i.n~agine di fatto � da ritenere inutile, non avendo alcuna rilevanza giuridica ai fini della decisione. 11�&rtl1YM1I���1-���tl'��11mrwt10~11.u1�1:111~ - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 127 L'art. 1 della legge 28 novembre 1940, n. 1772 dispone che, durante lo stato di guerra, Ǐ in facolt� � dell'Amministrazione statale sospendere l'esecuzione di opere in corso. Si tratta pertanto di una tipica facolt� discrezionale della pubblica amministrazione (questione posta dall'Avvocatura dello Stato nelle comparse di risposta di primo grado e di appello 20 settembre 1958 e 19 gennaio 1960 e ripetuta nello stesso controricorso), il cui mancato o difettoso esercizio non pu� creare diritti soggettivi, per la cui lesione soltanto � ammessa l'azione giudiziaria. N� si dica che nella specie l'ordine di sospensione era stato disposto con la circolare 19 luglio 1943 del Ministero della Guerra e che alla circolare fu data esecuzione, dal direttore dei lavori, per erronea interpretazione della circolare stessa, per di pi� con ordine verbale e non scritto, soltanto a fine agosto 1943, poich� le circolari, a differenza dei regolamenti, i quali dettano norme anche per i terzi estranei alla pubblica amministrazione, regolano soltanto il comportamento degli uffici dipendenti, con la conseguenza che i regolamenti emanati in conformit� delle leggi determinano il sorgere di diritti soggettivi, che il privato pu� vantare nei confronti della pubblica amministrazione, mentre ad esso non � consentito di esercitare l'azione giudiziaria per violazione di un suo preteso diritto, in conseguenza della disapplicazione di una circolare, che spiega la sua efficacia obbligatoria solo rispetto ai funzionari gerarchicamente dipendenti dall'ufficio che l'ha emanata. Pertanto, essendo irrilevante la situazione di fatto come sopra dedotta dal ricorrente, con la conseguente inutilit� del suo accertamento in sede di merito, il comportamento dell'Amministrazione della Difesa nel luglio 1943 non pu� essere tenuto presente, n� ai fini del giudizio sulla prevedibilit� del danno (che peraltro la disposizione dell'art. 1225 e.e. riferisce al tempo in cui � sorta l'obbligazione), n� ai fini dell'accertamento del nesso di causalit� tra fatto ingiusto ed evento dannoso. Invano ha opposto il ricorrente, nelle osservazioni scritte di replica alle conclusioni del Pubblico Ministero, che nella specie non si tratterebbe di accertare se il diritto alla sospensione sorgeva dalla circolare, ma piuttosto di valutare se, in base al contratto, l'appaltatore aveva il diritto di chiedere la sospensione dell'esecuzione dei lavori e l'Amministrazione l'obbligo di aderire a tale richiesta. Invero, dalla stessa esposizione dei fatti contenuta negli scritti difensivi del ricorrente in sede di merito e ripetuta nel ricorso con riferimento anche al contenuto della circolare, diramata dopo l'invasione del territorio nazionale in considerazione della nuova situazione politica e militare, risulta che la circolare stessa fu emanata in applicazione del potere discrezionale previsto dall'art. 1 della richiamata legge n. 1772 del 1940, che concerne la sospensione, durante lo stato di guerra, di qualsiasi opera in corso. Ne risulta perci� anche confermata l'inutilit� del rinvio, poich� le considerazioni in diritto sopraesposte conseguono alla situazione di fatto cosi come � stata prospettata dallo stesso ricorrente. E poich� questi considera l'evento, consistito nella requisizione e nella distruzione del cantiere, come effetto non solo del ritardo nella consegna dei lavori, ma anche della mancata sospensione di essi nel Il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO luglio 1943, particolarmente insistendo in quest'ultimo comportamento dell'Amministrazione, � ovvio che, dovendosi escludere il comportamento stesso dal nesso causale, per le ragioni gi� esposte, non pu� avere alcuna rilevanza la critica rivolta al criterio, che la Corte ha ritenuto di dover seguire, quanto al problema che riguarda il significato e la portata da attribuire al nesso di causalit�, come uno degli elementi indispensabili per l'affermazione della responsabilit� da illecito. Va tuttavia rilevato che il principio giurisprudenziale richiamato dal ricorrente (da ultimo Cass., 9 luglio 1960, n. 1843), secondo cui il nesso causale fra il fatto illecito e l'evento dannoso pu� essere non soltanto immediato e diretto, ma anche indiretto e mediato, ci� che si verifica quando il fatto commissivo od omissivo, pur non producendo di per s� quel determinato evento, tuttavia abbia posto in essere uno stato di cose tale che senza di esso il danno non si sarebbe prodotto, non pu� giovare nella specie a conferire fondamento alla censura, poich� la Corte di Appello, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, ha I considerato la requisizione e la distruzione del cantiere come fatto autonomo e causa sopravvenuta, che ha interrotto il rapporto di causa I lit�, secondo il principio contenuto nell'art. 41, cpv., c.p., applicabile anche in tema di responsabilit� civile ed ha considerato il fatto remoto I della ritardata consegna dei lavori come un semplice antecedente materiale, inidoneo a produrre l'evento dannoso finale. I In conseguenza del rigetto del secondo e del terzo mezzo del ricorso . principale, va dichiarato assorbito il primo mezzo del ricorso inciden' tale condizionato, con cui sotto altro profilo, non accolto dalla Corte I ~ (acquiescenza dell'appaltatore al provvedimento con cui l'Amministra. zione aveva ordinato l'inizio dei lavori), si sostiene l'infondatezza della ' pretesa a conseguire il danno per la perdita del cantiere. , ~ Passando ad esaminare il quarto mezzo del ricorso principale ed il secondo mezzo del ricorso incidentale condizionato, che concernono la pronuncia su un medesimo capo di domanda, � da osservare che il Tribunale aveva negato al De Liguoro le maggiori aliquote previste II dagli artt. 1 e 2 della legge 2'5 novembre 1940, n. 1772, perch� non era stato redatto un regolare verbale scritto di sospensione e perch� il De Liguoro non aveva chiesto la risoluzione del contratto. La Corte di Appello conferm� la sentenza di primo grado sotto il profilo della mancata istanza di risoluzione, attribuendo per� effetto all'ordine verbale di sospensione, poich� la redazione scritta del verbale stesso era stata I ~ resa impossibile dagli avvenimenti politici e militari sopravvenuti. Ora, col quarto mezzo del ricorso principale, il De Liguoro, denunciando la violazione degli artt. 1 e 2 della legge predetta e il difetto di motivazione, sostiene che la Corte, una volta che aveva escluso la necessit� dell'atto scritto per il verbale di sospensione dei lavori, doveva ritenere ormai cessato ogni rapporto, essendo divenuta impossibile la. prosecuzione dell'opera per l'intervenuto armistizio dell'S. settembre 1�943 e per l'occupazione della zona da parte degli alleati. Da parte sua l'Amministrazione del Tesoro, denunciando la violazione delle stesse disposizioni di legge e il difetto di motivazione, sostiene col secondo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 129 mezzo del ricorso incidentale che la Corte di Appello non poteva escludere la necessit� dell'ordine scritto di sospensione dei lavori. Il predetto mezzo del ricorso incidentale deve essere respinto, mentre deve essere accolto il quarto mezzo del ricorso principale. Invero, l'avere ammesso che all'affrettato ordine verbale di sospensione dei lavori disposto a fine agosto 1943 non era potuta seguire da parte dell'Amministrazione la semplice formalit� della redazione per iscritto, a causa degli immediati gravi avvenimenti politici e militari, � apprezzamento di fatto dei giudici di merito, incensurabile in questa sede. Senonch�, e per tale ragione, il quarto mezzo del ricorso principale appare fondato, poich� � chiaro che la Corte, una volta che aveva dato rilievo, quanto al verbale di sospensione, ai predetti avvenimenti (armistizio dell'8 settembre 1943 e occupazione dell'Italia Meridionale da parte degli alleati), non poteva esimersi dall'esaminare se ormai una richiesta di risoluzione del contratto da parte del De Liguoro si fosse ridotta ad una mera formalit� e se, a causa dei predetti avvenimenti, che avevano reso del tutto inutile la prosecuzione dei lavori, il rapporto non dovesse ritenersi definitivamente troncato. (Omissis). TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I civ., ordinanza 30 dicembre 1965 - Pres. ed Est. Elia -Gaetani Lovatelli (avv. Bracci) c. Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Pentinaca). Nobilt� -Cognomizzazione dei predicati nobiliari di titoli esistenti prima del 28 ottobre 1922 -Riconoscimento� incidenter tantum� di tali titoli dopo l'entrata in vigore della Costituzione Repubbli cana -Necessit� di applicazione delle norme araldiche -Incompa tibilit� delle norme araldiche con l'art. 3 e con la disp. trans. XIV della Costituzione -Non manifesta infondatezza della questione. (Cost., art. 3, disp. trans. XIV; r. d. 11 dicembre 1887, n. 1550; r. d. 2 luglio 1896, n. 313; r. d. 5 luglio 1896, n. 314; r. d. 23 marzo 1924, n. 442; r. d. 23 dicembre 1924, n. 2337; 1. 17 aprile 1925, n. 473; r. d. 16 agosto 1926, n. 1489; r. d. 21 gennaio 1929, n. 61; r. d. 7 giugno 1943, n. 651). Non � manifestamente infondata e, pertanto, siccome altresi rilevante, va rimessa alla decisione della Corte Costituzionale la questione di legittimit� costituzionale delle norme dell'ordinamento araldico, anteriori e successive al 28 ottobre 1922, in rapporto con l'art. 3 e con la disp. trans. XIV della Costituzione, sollevata nel corso di un giudizio, in cui si chieda in via contenziosa ed in contraddittorio con lo stesso Ufficio stralcio della Consulta Araldica la cognomizzazione del predicato di un titolo nobiliare, esistente prima del 28 ottobre 1922 e non ancora riconosciuto all'atto dell'entrata in vigore della Costituzione (1). (1) Significativa importanza riveste l'ordinanza del Tribunale di Roma, in rassegna, dopo le sentenze della Corte di Cassazione nn. 986 e 987, in data 20 maggio 1965, a Sezioni Unite (v. in questa Rassegna, 1965, I, 516 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). Il Collegio osserva che la XIV disposizione transitoria della Costituzione, riconoscendo il diritto al predicato, per gli insigniti di titoli nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922, stabilisce che, dall'entrata in vigore della Carta Costituzionale, i titoli nobiliari non sono riconosciuti e la legge regola la soppressione della Consulta Araldica. Fu ritenuto in alcuni giudicati di merito che il diritto al predicato spettasse solo agli insigniti di titoli riconosciuti prima del 28 ottobre 1922: ci� sia per la natura transitoria della disposizione XIV, sia per il carattere meramente giuridico, non biologico, dei titoli nobiliari (che vengono ad esistenza solo mediante un atto formale) e sia in considerazione del fatto che la stessa disposizione costituzionale prevedeva la soppressione della Consulta Araldica, cio� dell'organo statale preposto alle indagini necessarie per poter riconoscere i titoli araldici. e segg., con nota critica redazionale) e n. 3189, in data 18 dicembre 1963, a Sezione semplice (in questa Rassegna, 1964, I, 294 e segg., con nota critica di F. CARUSI). Qui si pubblicano, per estratto dalla memoria dell'avv. V. Pentinaca, le infrascritte: 1. DEDUZIONI PER LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NEL GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE DELLE NORME DELL'ORDINAMENTO ARALDICO ANTERIORI E SUCCESSIVE AL 28 OTTOBRE 1922 IN RELAZIONE ALL'ART. 3 ED ALLA DISP. TRANS. XIV DELLA COSTITUZIONE. (Omissis). -Le sopraspecificate norme, della cui legittimit� costituzionale si discute, costituiscono il complesso di norme, emanate, dopo l'unificazione del Regno d'Italia, in attuazione degli artt. 79 ed 80 dello Statuto del Regno, i quali stabilivano: art. 79. -I titoli di nobilt� sono mantenuti a coloro che vi hanno diritto. Il Re pu� conferirne dei nuovi. airt. 80. -Niuno pu� ricevere decorazioni, titoli di nobilt� e pensioni da una potenza straniera, senza l'autorizzazione del Re. Non sembra, quindi, menomamente dubbia l'esistenza del denunciato contrasto costituzionale tra esse e la vigente Costituzione della Repubblica italiana, la quale stabilisce invece: art. 3. -Tutti i cittadini hanno pari dignit� sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. XIV Disp. trans. e finale. -I titoli. nobiliari non sono riconosciuti. Le norme denunciate costituiscono il cosiddetto ordinamento araldico e vanno dal primo atto emanato in materia -il r.d. 10 ottobre 1869, n. 5318/II, istitutivo della Consulta Araldica (che suscit� l'ode del Carducci intitolata appunto � Consulta araldica �) -agli ultimi -i rr.dd. 7 giugno 1943, nn. 651 e 652 sull'Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano e Regolamento per la Consulta Araldica del Regno. Le attuali raccolte di legislazione non le riportano, ritenendole praticamente � non pi� in vigore con la Costituzione repubblicana � (v. Repertorio Lex, alla voce � Araldica ., o Raccolta generale di legislazione, ed. Giuffr�, alla voce � Nobilt� � ), ma � evidente come non trattasi di un problema di abrogazione tacita od implicita, bens� di tipica legittimit� costituzionale (Corte Costituzionale, 14 giugno 1956, n. 1 e 16 gennaio 1957, n. 3). PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 131 Peraltro, la Corte di Cassazione ha, invece, rilevato che, potendo il giudice accertare se l'insignito avesse, prima del 28 ottobre 1922., diritto al titolo, indipendentemente da un riconoscimento anteriore a tale data, il predicato compete anche agli insigniti di titoli anteriori al 28 ottobre 1922, ancorch� non riconosciuti. Osserva che, per accertare l'esistenza di un titolo non riconosciuto, � peraltro necessario applicare le leggi araldiche anteriori al vigente ordinamento costituzionale e sorge anche questione se siano applicabili le leggi araldiche emanate prima della Costituzione, ma dopo il 28 ottobre 1922. Fra queste ultime, alcune norme condizionano lo stesso diritto al titolo al previo riconoscimento, in termini stabiliti, attualmente decorsi, ed escludono la trasmissibilit� in linea femminile. Sorge, infine, questione sulla permanenza, o meno, del diritto alla iscrizione del titolo in taluni pubblici registri e sulle modalit�, Correttamente, pertanto, il Tribunale di Roma ha deferito la questione a codesta Ecc.ma Corte Costituzionale, quale suo � giudice naturale �. Le norme in esame sono esattamente le seguenti e passono distinguersi -secondo l'osservazione formulata nella motivazione dell'ordinanza di rimessione al giudizio della Corte Costituzionale -in due periodi: quello anteriore e quello successiV'O al 28 ottobre 1922. Appartengono al primo: -il r.d. 10 ottobre 1869, n. 5318/II, istitutivo della Consulta Araldica �per dare parere al Governo in materia di titoli gentilizi, stemmi �ed altre pubbliche onorificenze � : alla Consulta veniva altres� affidato il censimento della nobilt� e la tenuta dei registri araldici; -il r.d. 8 maggio 1870, senza numero, costituente il regolamento del precedente e nel quale furono per la prima volta indicati i titoli gentilizi ammessi nel Regno in base alla tradizione degli antichi Stati preesistenti all'unificazione: principe, duca, marchese, conte, barone, nobile, cavaiiere e patrizio, ed eccezionalmente visconte; -il r.d. 11 dicembre 1887, n. 5138/III, che modificava il numero dei consultori, ne affidava la presidenza al Ministro dell'Interno, istituiva un comitato ristretto interno, denominato Giunta Araldica; -il r.d. 7 aprile 1889, n. 6093, che trasferiva i servizi araldici alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; -il r.d. 23 luglio 1889, senza numero, riguardante le iscrizioni di ufficio nei registri della Consulta Araldica; -il r.d. 2 luglio 1896, n. 313, che creava nella Consulta Araldica i consultori onorari e ritrasferiva al Ministero dell'Interno le attribuzioni in materia; -il r.d. 5 luglio 1896, n. 314, che approvava le nuove norme regola mentari. AppartengQno al secondo periodo: -il r.d. 11 febbraio 1923, n. 325, che trasferiva nuovamente al Pre sidente del Consiglio dei Ministri ed agli uffici della Presidenza le attri buzioni in materia; -il r.d. 24 gennaio 1924, n. 95, relativo alla composizione della Con sulta araldica; -i dd.ll. 20 marzo 1924, n. 442 e 28 dicembre 1924, n. 2337, conte nenti norme per disciplinare l'uso dei titoli ed attributi nobiliari, allo scopo di "impedire e reprimere gli abusi; -i rr.dd. 16 agosto 1926, n. 1489 e 16 giugno 1927, n. 1021, con cui fu dato avvio al riordino della materia; -il fondamentale r.d. 21 gennaio 1929, n. 61, il quale: abrog� �le antiche leggi, disposizioni e consuetudini, che, con norme diverse nei diversi 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO permanenti, dopo la Costituzione, per l'esercizio di tale eventuale diritto. Anche per tali questioni � necessario ricorrere alla legislazione araldica anteriore alla Costituzione e cio� stabilire quali norme anteriori alla Carta Costituzionale siano tuttora applicabili ed inoltre, se possano o meno applicarsi le norme successive al 28 ottobre 1922, essendo tale data richiamata, espressamente, dalla stessa disposizione costituzionale XIV. Osserva che l'Avvocatura dello Stato, con conclusioni cui ha aderito il P.M., ha dedotto che le norme araldiche anteriori alla Costituzione non possono applicarsi, per incompatibilit� con l'art. 3 della Carta Costituzionale. L'incompatibilit� delle norme araldiche, aventi natura di leggi ordinarie, con la norma costituzionale si risolve in una illegittimit� della legge ordinaria, subordinata al rispetto della norma costituzionale: il grado e l'efficacia diversa delle due norme non fanno Stati prima dell'unificazione politica, regolavano la concessione, il riconoscimento, la successione, l'uso e la perdita dei titoli e delle distinzioni nobiliari�; abrog� tutti gli anteriori decreti e tutte le disposizioni �contrarie al presente ordinamento dello stato nobiliare italiano �; lasci� salvi i dianzi citati dd.ll. relativi alla repressione degli abusi; approv� il nuovo Ordinamento formulato in 134 articoli; -i rr.dd. 14 febbraio 1930, n. 101, 10 luglio 1930, n. 974, 9 ottobre 1930, n. 1405, contenenti modificazioni al precitato ordinamento; -infine i definitivi trr.dd. 7 giugno 1943, nn. 651 e 652, che riordinarono nuovamente l'intera materia, abrogarono ogni norma precedente (adeccezione, sempre, dei dd.ll. del 1924 relativi agli abusi) ed approvarono il nuovo Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano, formulato in 74 articoli, nonch� il Regolamento della Consulta Araldica, formulato in 128 articoli. Ora, per quanto anacronistico possa sembrare l'insorgere di un pro blema di applicazione attuale della suddetta legislazione di tipica prerogativa regia e di specifica quanto testuale attuazione dei soprariportati artt. 79 e 80 dello Statuto del Regno, � evidente l'inconciliabilit� e l'assoluto contrasto dell'intera legislazione stessa con gli opposti, soprariportati art. 3 e Disp. XIV della Costituzione �della Repubblica, la quale -come risulta anche dai lavori preparatori dell'Assemblea Costituente -volle definitivamente liquidare la materia nobiliare, negandole ogni rilevanza giuridica nel nuovo ordinamento dello Stato. Conseguentemente, tutti gli atti legislativi denunciati sono da dichiararsi incostituzionali, nel loro intero complesso, a norma dell'art. 27 della 1. 11 marzo 1953, n. 87. Si obbietta che, per�, la XIV Disp. trans. della Costituzione, dopo aver affermato che �i titoli nobiliari non sono riconosciuti., ha affermato, nel secondo comma, che �i predicati di quelli esistenti prima del' 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome�: dal che si pretenderebbe far derivare la piena legittimit� costituzionale e la legale applicabilit� attuale della predetta legislazione araldica. Ma � evidente l'erroneit� dell'assunto, sol che si considerino: la lettera e la ratio della norma; la sua limitata natura di eccezione al principio sancito nel primo comma; il suo mero carattere transitorio; la sua ridotta portata, quale illustrata dai lavori preparatori dell'Assemblea Costituente; le assurde e paradossali conseguenze del contrario assunto. Con la norma de qua la Costituzione repubblicana, nel cancellare conformemente al principio dell'art. 3 -ogni distinzione nobiliare, ha semplicemente voluto far salvi, agli ex insigniti di quelle soppresse distin ~ I .:.. fil I,'. ~ � 1;=.. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 133 sorgere, in ipotesi di contrasto fra loro, un problema di abrogazione, ma, invece, generano una questione di legittimit� costituzionale, devoluta, ove rilevante e non manifestamente infondata, alla competenza della Corte Costituzionale. Tale questione, appunto, sorge, per effetto delle deduzioni svolte dall'Avvocatura dello Stato e fatte proprie del P. M. La questione ha indubbia rilevanza nella causa, per poter stabilire quali norme araldiche, dell'ordinamento anteriore, siano da applicarsi e quali, invece, siano da ritenersi illegittime, per inconciliabilit� con l'art. 3 della Costituzione e, conseguentemente, per poter stabilire, dal punto di vista sostanziale, il contenuto attuale dei diritti delle parti e, dal punto di vista formale, i limiti del potere del giudice. L'Avvocatura ha osservato che, in ipotesi di affermazione del diritto al predicato relativo ad un titolo non riconosciuto (che, si sostiene, solo la prerogativa regia e, comunque, solo il potere ammini zioni, il diritto, proprio di ogni cittadino, alla conservazione ed alla tutela del proprio nome. A prescindere da quale potesse essere la procedura pi� adatta allo scopo -(a noi, invero, � sempre parsa quella prevista dalla 1. 9 luglio 1939, n. 1238 sull'ordinamento dello stato civile, artt. 153 e segg., dacch� non si comprende perch� le eventuali ag,giunte di cognomi, per motivi, diciamo cos�, nobiliari, dovessero trattarsi diversamente da quelle consuetamente determinate da motivi affettivi o di qualsiasi altro genere) -�, quindi, evidente che il cosiddetto diritto di cognomizzazione, fatto salvo dal secondo comma della XIV Disp. trans. della Costituzione, non poteva e non pu� che riferirsi a coloro, il cui titolo nobiliare e conseguente predicato cognomizzabile fosse gi� stato riconosciuto a recepito nell'ordinamento giuridico vigente alla data dell'entrata in vigore della Costituzione (ed anzi, pi� esattamente, alla data del 28 ottobre 1922, espressamente indicata dalla Disposizione), ma non gi�, assurdamente, a coloro, le cui pretese nobiliari intendessero -sotto il pretesto di volerne cognomizzare il sin allora sconosciuto predicato -ottenere inconcepibile, primo e nuovo riconoscimento, sotto il vigore della Costituzione repubblicana. Diversamente opinando, si attribuirebbe al detto secondo comma della XIV Disp. trans. l'effetto: a) di porre nel nulla il primo comma (dacch� si consentirebbe al Magistrato, o a chi per esso, di operare, sia pur in via incidentale o indiretta, il nuovo riconoscimento di titoli nobiliari, vietato invece tassativamente, dal primo comma, ad ogni Potere dello Stato, tanto in via diretta che indiretta, cosi in via esplicita che in via implicita); b) di trasformare in permanente la norma espressamente dichiarata transitoria (dacch� in ogni tempo sarebbe cosi possibile far valere, al fine di cognomizzarne i pretesi predicati, remoti e sconosciuti titoli nobiliari: la n01rma dice, infatti: � i predicati di quelli... � ossia dei titoli nobiliari); c) di tenere indefinitamente impegnati nelle vertenze del genere -sorprendentemente pullulanti dopo una interpretazione della Cassazione, favorevole. a quella tesi -uffici amministrativi (di cui la norma costituzionale prevedeva invece la soppressione: v. quarto comma della stessa XIV Disp.) ed uffici giudiziari (cos� distolti da ben altre esigenze di giustizia); d) di far raggiungere alla Carta Costituzionale Repubblicana il paradossale effetto di consentire -in regime di abolizione di ogni status ed ordinamento nobiliari -ci� che gli interessati non avevano mai raggiunto in regime di piena, ma ben rigorosa, rilevanza degli status del genere; 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativo avrebbe potuto, e non potrebbe pi�, riconoscere), il giudice non si limita a dichiarare gli effetti gi� esauriti delle leggi araldiche ed a conservare tali effetti, ma, invece, attribuisce alle leggi antiche nuova ed attuale efficacia, modificando la situazione giuridica e c1oe conferendo, praticamente, un sostanziale riconoscimento al titolo non ancora riconosciuto. Al riguardo, poi, vi � contrasto fra le parti, se sia da applicare solo la legislazione araldica anteriore al 28 ottobre 1922, o anche la successiva e tale subordinata, senza risolvere la quale non � possibile decidere il giudizio presente, involge una questione di legittimit� costituzionale, quanto meno relativa alle norme araldiche successive alla data predetta. Osserva il Collegio che la questione riguarda, specificatamente, la legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, innanzi tutto delle norme successive al 28 ottobre 1922 (e cio� del r.d. 23 dicembre 1924, n. 2337, specie art. 127; del r.d. 23 marzo 1924, e) di rendere insomma -ci sia consentito il paradosso -incostituzionale... una norma della stessa Costituzione (dacch� il secondo comma -che � la diretta norma permissiva del diritto di cognomizzazione de quo -sarebbe, cos� malamente inteso ed avulso dal primo comma, in evidente contrasto con esso e con l'art. 3. Il labile motivo che viene addotto a sostegno della contraria tesi sempre contrastata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nelle vertenze del genere, con il pieno favore dei giudicati della Magistratura romana di merito (Trib. Roma, 30 giugno 1960, n. 2846; App. Roma, 21 maggio 1962, in Rass. Avv. Stato, 1964, I, 295), ma con l'avverso giudizio definitivo della Cassazione (20 maggio 1965, nn. 986 e 987, in Rass. Avv. Stato, 1965, I, 516) -� semplicemente costituito dall'uso fatto, nel secondo comma della XIV Disp. trans., del vocabolo � esistenti � invece di quello pi� inequivocabile � riconosciuti �. Ma, dopo quanto si � detto, � davvero palese l'inconferenza, se non pure la pretestuosit�, di siffatto argomento lessicale, assolutamente incapace di sovvertire i principi e le norme della Costituzione. Anzitutto, il termine stesso � esistenti � non pu� affatto riferirsi ad una mera esistenza fenomenica (o, come acutamente osserva l'ordinanza di rimessione, � biologica �), bens� �ad una esistenza giuridica: tamquam non esset si dice appunto, nel campo giuridico, di ci� che, pur in fatto esistendo, non ha rilevanza alcuna per l'ordinamento giuridico. Ed i titoli nobiliari, che non avessero ottenuto il debito riconoscimento -di grazia o di giustizia, da parte del Sovrano o da parte del Magistrato -non avevano appunto alcuna rilevanza giuridica secondo l'ordinamento araldico (che anzi ne perseguiva penalmente l'uso: v. i precitati dd.ll. del 1924): essi erano, cio�, giuridicamente inesistenti. Anche l'accusa d'imprecisione, fatta alla parola della Costituzione, sembra quindi potersi piuttosto ritorcere sull'interprete. Peraltro, dai lavori preparatori dell'Assemblea Costituente risulta chiaro che l'Assemblea stessa, nel formulare la disposizione, non distinse affatto -n�, come s'� detto, v'era alcuna seria ragione per farlo -tra � riconoscimento � ed � esistenza ., cosicch� l'uso del termine � esistenti � non indicava affatto una volont� politica e normativa di attribuire alla materia nobiliare la persistente e permanente, quanto anacronistica e contraria ai nuovi principi, rilevanza giuridica. Lo sbarazzarsi, poi, di cos� autorevoli lavori preparatori della norma, affermando che � le norme giuridiche, una volta legalmente emanate, vi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 135 n. 442, specie artt. 2, 3 e 4; della legge di conversione 17 aprile 1925, n. 473; del r.d. 21 gennaio 1929, n. 61, specie art. '5'3; del r.d. 16 agosto 1926, n. 1489, specie art. 1; dell'art. 127 del citato r.d. n. 61 del 1929 e del r.d. 7 giugno 1943, n. 651, specie artt. 63, 67, 72 e 73) e inoltre, anche con riferimento alla disposizione XIV citata, delle norme anteriori alla data predetta (r.d. 11 dicembre 1887, n. 5150; r.d. 2 luglio 1896, n. 313; r.d. 5 luglio 1896, n. 314, specie artt. 1, lett. b, 25 e 42). Indipendentemente dalla eccezione di parte, la questione dovrebbe essere sollevata anche di ufficio, essendo pregiudiziale alla decisione della causa. Osserva che la questione stessa non � manifestamente infondata. Invero, pur sussistendo seri dubbi, in ordine alla inapplicabilit� delle disposizioni predette ed in relazione alla loro incompatibilit� con lo art. 3 della Costituzione e con la citata disposizione XIV, nonch� sulle tesi svolte dall'Avvocatura dello Stato, cui ha fatta adesione il P. M., non si pu�, con certezza e senza esitazioni e perplessit� ragionevoli, vano una vita autonoma � e che i lavori preparatori hanno valore trascurabile � quando da essi si desuma una volont� del legislatore diversa da quella che risulta dal testo della norma., sembra errore assai grave (e, per quanto riguarda la seconda proposizione, una palese petizione di principio) al lume stesso dell'art. 12 delle Preleggi, che, nell'interpretazione della legge (ed ancor pi�, dovremo dire, della Carta Costituzionale), pone sullo stesso piano la parola della norma e l'intenzione del legislatore; senza parlare, poi, di quei principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato e di quei limiti dell'ordine pubblico, che pur debbono sovraintendere all'applicazione delle norme giuridiche e che, come si � visto, non possono C�er.tamente consentire, al pretesamente impreciso termine � esistenti � del secondo comma della norma costituzionale, l'assurdo effetto sovvertitore, che gli si pretenderebbe attribuire, riammettendo pretestuosamente con il secondo comma ci� che dal primo � assolutamente vietato. Spettando comunque alla Ecc.ma Corte Costituzionale -custode e garante, oltrech� interprete autentica, della Costituzione repubblicana definire l'esatta portata della XIV Disp. trans., ci sembra di poter confidare nel ritenere che, per le ragioni suesposte, il mero disposto del secondo comma della Disposizione non escluda affatto il dimostrato, insanabile contrasto della intera legislazione araldica preesistente con l'art. 3 e con la completa Disposizione trans. XIV: con l'ineluttabile conseguenza della dovuta declaratoria d'incostituzionalit� dell'intera legislazione stessa, senza distinzione alcuna tra quella anteriore e quella successiva al 28 ottobre 1922, tutta costituendo, essa, espressione e manifestazione degli artt. 79 e 80 dello Statuto del Regno, nonch� di poteri assolutamente incompatibili con la Costituzione repubblicana. L'incostituzionalit� dell'intero ordinamento araldico regio travolge pur le norme particolari di esso, in base alle quali si pretenderebbe attribuire agli Uffici della pubblica amministrazione oneri ed incombenze assolutamente esulanti dalle proprie attuali competenze, in materia priva oggi costituzionalmente di ogni rilevanza giuridica per il pubblico interesse: particolarmente quello di partecipare ai pretesi giudizi di cognomizzazione, �in rappresentanza della regia prerogativa�! (art. 72 dell'Ordinamento approvato con il r.d. 7 giugno 1943, n. 651) e nell'inammissibile posizione inconcepibile anche al lume dello stesso art. 100 c. p. c. -di convenuto di comodo o di parte-consulente, con relative condanne alle spese di causa! (v. Rass. Avv. Stato, in Z.c.). V. PENTINACA 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO escludere che il contrasto, eventuale, fra le citate norme ordinarie e il disposto costituzionale possa essere ritenuto sussistente dal giudice naturale, cio� dalla Corte Costituzionale, alla quale, quindi, questo Collegio non ritiene di avere il potere di sottrarre l'esame della questione stessa. E tale perplessit� � ancora pi� evidente, in ordine alla subordinata, attinente alla legittimit� delle norme successive al 28 ottobre 1922, in relazione, anche, al testo della disposizione XIV della Carta Costituzionale. Pertanto, a sensi della legge 11 marzo 1953, n. 89, gli atti vanno rimessi alla Corte Costituzionale, mentre il presente processo deve essere sospeso, non potendosi, prima della risoluzione della questione di legittimit� costituzionale, emettere nella fattispecie alcun provvedimento, sulle istanze delle parti, a detta questione strettamente collegato. P.Q.M. Il Tribunale, uditi il P. M. ed i procuratori delle parti e vista la legge 11 marzo 1953, n. 89, ordina rimettersi gli atti alla Corte Costituzionale, perch� si pronunci sulla eventuale illegittimit� costituzionale, per contrasto con l'art. 3 de.Ila Costituzione e con la disposizione transitoria XIV della Costituzione, delle norme del r.d. 23 dicembre 1924, n. 2337; del r.d. 23 marzo 1924, n. 442; della 1. 17 aprile 1925, n. 473; del r.d. 21 gennaio 1929, n. 61; del r.d. 16 agosto 1926, n. 1489; del r.d. 7 giugno 1943, n. 651; del r.d. 11 dicembre 1887, n. 1550; del r.d. 2 luglio 1896, n. 313 e del r.d. 5 luglio 1896, n. 314, sopra citate. Ordina sospendersi il giudizio fino alla decisione della Corte Costituzionale. Ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al P. M., nonch� al Presidente del Consiglio dei Ministri. Ordina che la presente ordinanza sia dalla Cancelleria comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera. (Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 674 -Pres. De Marco -Est. Granito -Garelli (avv. Bodda) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Peronaci) e Scirocchi (avv. Barra Caracciolo). Appalti pubblici -Appalto-concorso -Perfezionamento -Scelta del progetto da parte della Commissione -Impugnativa -Esclusione Provvedimento della p. a. che rende propria la scelta o che approva il contratto di appalto -Impugnativa -Ammissibilit�. (R. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16, comma 4�; reg. 23 maggio 1924, n. 827, art. 91). Appalti pubblici -Appalto-concorso di opera d'arte -Perfezionamento -Scelta del pro~etto da parte della Commissione -Impugnativa -Esclusione -Provvedimento che approva la graduatoria, aggiudicando la esecuzione dell'opera -Impu~nativa -Ammissibilit�. (Reg. 23 maggio 1924, n. 827, art. 40; 1. 11 maggio 1942, n. 839; 1. 29 luglio 1949, n. 717; 1. 3 marzo 1960, n. 237, art. 3). n provvedimento dell'appalto-concorso, al pari della trattativa privata -e a differenza dei pubblici incanti e delle licitazioni private, che di regola si concludono con il processo verbale di definitiva aggiudicazione -termina con la stipula e l'approvazione del contratto di appalto. Pertanto la scelta del progetto operato dalla Commissione giudicatrice, consistendo in un parere obbligatorio e vincolante, � atto ..nterno, che non pu� essere direttamente impugnato, neanche dai con' rrenti, esclusi o non prescelti, mentre � direttamente impugnabile il ~vedimento col quale la p.a. dichiara di far propria la scelta com.: i, dalla Commissione o stipula ed approva il contratto di appalto (1). Nel provvedimento di appalto-concorso di opere d'arte, il giudizio della Commissione relativo alla scelta del progetto non � suscettibile di immediata impugnativa giurisdizionale, costituendo atto interno, mentre � impugnabile il provvedimento ministe1�iale che approva la graduatoria, dichiarando il vincitore (2). (1-2) In tema di formazione dei contratti dello Stato cfr. Cass. 30 gennaio 1964 n. 263, in questa Rassegna, 1964 I, 489 con nota di CARUSI, che individua la natura e gli effetti del verbale di aggiudicazione, e sul parere espresso dalla Clommissione aggiudicatrice cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 95. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 675 -Pres. De Marco -Est. Granito -Palazzi (avv. Nigro) c. Ministero DifesaAeronautica (avv. Stato Azzariti) e Soc. De Martis (avv. Soddu). Atto Amministrativo -Annullamento di ufficio -Ricorso giurisdizio nale -Ordinanza di sospensione -Rinnovazione dell'atto, immune da vizio -Legittimit�. Concessione Amministrativa -Idoneit� del concessionario a far fronte agli impegni assunti -Diniego di approvazione -Legittimit�. Giustizia Amministrativa -Interesse a ricorrere -Annullamento di ufficio di un atto impugnato in s. g. -Difetto di interesse. Atto Amministrativo -Comunicazione -Comunicazione in copia fotostatica accompagnata da nota della p. a. -Legittimit�. Contratti pubblici -Aggiudicazione -Interesse a ricorrere da parte di chi non sia precedente concessionario o non abbia partecipato alla gara -Non sussiste. L'ordinanza di sospensione non preclude alla p.a. di annullm�e di ufficio il provvedimento impugnato e sospeso, senza attendere l'esito del giudizio, e di sostituirlo con altro provvedimento, formalmente e sostanzialmente diverso, quanto meno sotto l'aspetto giuridico e immune da vizi di illegittimit� rilevabili nel provvedimento impugnato (1). La p.a. pu� legittimamente non approvare il contratto qualora il contraente privato, gi� immesso nel possesso dei locali, non abbia provveduto al pagamento dei canoni, dimostrando cos� la sua inidoneit� a far fronte agli impegni assunti (inidoneit� confermata dalla dichiarazione di fallimento poscia inte1�venuta) (2). � inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnativa dell'annullamento di ufficio di un provvedimento, avverso il quale � stato proposto dallo stesso ricorrente ricorso giurisdizionale (3). (1) Esatta applicazione dei principi in tema di annullamento di ufficio; cfr. Relazione Avv. Stato 1956-60, III, 13 e giuds. ivi cit., in particolare, Cons. Stato, 23 agosto 1956, n. 282. (2) Cfr. Relazione, cit., III, 87, sui criteri di scelta del contraente privato e Cons. Stato, Sez. IV, 14 novembre 1962, n. 618, Foro amm., 1963, I, 64; Sez. V 5 aprile 1963, n. 186, ivi, I, 694, sulla esclusione della ditta dalla trattativa privata e sull'i.n:teresse alla impUgnativa; e Relazione, cit. III, 103 sul rifiuto di approvazione e sulla necessit� della motivazione. (3) Cfr. Relazione, cit., III, 26; e Ad. plen. 23 febbraio 1963, Foro amm., 1963, I, 790 con nota di richiami. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139 � legittima la comunicazione di un provvedimento, compiuto, ai fini deU'esecuzione, in copia fotostatica se questa � accompagnata, e quindi autenticata, da una nota della p.a., (4). � carente di interesse a ricorrere avverso l'aggiudicazione di un servizio pubblico colui che non sia pi� precedente concessionario, n� abbia partecipato alla nuova licitazione (5). (4) In applicazione dei principi della libert� di forma � stata ritenuta anch~ legi~tima la !redazione. di ~n p~o~vedimento su un {nodulo a stampa o a ciclostile, purch� la motlvaZ>ione ivi contenuta aderisca alla fattispecie e giustifichi la .decisione (Sez. IV, 20 marzo 1963, n. 173, Foro amm., 1963(, I, 474); a maggior ragione � legittima la comunfoazione in copia fotostatica del provvedimento se accompagnata da una nota della p. a. (5) v. sopra nota 3. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 676 -Pres. De Marco -Est. Napolitano -Marchi (avv. Taddei) c. Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Chiarotti). Atto amministrativo -Atto confermativo -Nozione -Fattispecie. � confermativo l'atto che sia privo di qualsiasi autonomo contenuto e che faccia perci� riferimento a precedenti determinazioni della P. A. Rientra in tale nozione l'atto che abbia un attergato, apposto successivamente alla formazione dell'atto stesso, dall'Autorit� (1). (1) � esatta la nozione di atto confermativo, che consiste nella riaff~ r~azione di un atto gi� adottato ~alla P. A., ed � perci� privo di qualsiasi autonomo contenuto. Laddove mvece abbia un solo elemento diverso da quello gi� adottato, non ricorre la figura dell'atto confermativo: ad ~sempio. la motivazione (cfr. Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 683) o la istruttoria (Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 690). Per la indicazione di altri casi, cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 23. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 677 -Pres. De Marco -Est. Napolitano -Carmine e Giannini (avv. De Liberis) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Casamassima). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso cumulativo -Ammissibilit� -Presupposti. Espropriazione per p. u. -Decreto di approvazione del progetto -Impugnativa fuori termine -Inammissibilit� -Censure relative ai conseguenziali decreti di accesso e di occupazione -Inammissibilit�. 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per p. u. -Occupazione -Stato di consistenza -Autoriz zazione all'accesso su un fondo comune -Omessa indicazione e omessa notifica a un comproprietario -Partecipazione dello stesso comproprietario all'accesso -Irrilevanza delle omissioni. Espropriazione per p. u. -Discordanza, per la superficie da occupare, tra il decreto di accesso e il decreto di occupazione -Adeguamento di questo ultimo alle risultanze dell'accesso -Legittimit�. Espropriazione per p. u. -Opera prevista nel piano. -Dichiarazione implicit� di p. u. -Decreto di esproprio. -Legittimit�. � ammissibile un unico ricorso avverso pi� provvedimenti, ove questi riguardino lo stesso oggetto, si riferiscano agli stessi soggetti, incidano sul medesimo bene e per la loro interdipendenza funzionale si possano considerare elementi di un unico provvedimento (1). La inammissibilit� per tardivit� del ricorso, proposto contro il decreto di approvazione che dichiara i lavori urgenti ed indifferibili, determinando l'opera da realizza1�e, investe altresi le censure relative all'esistenza e alla validit� della dichiarazione di indifferibilit� e ur I genza, dedotte con riguardo ai conseguenziali decreti di accesso al fondo e di occupazione (2). I L'omessa indicazione, nel decreto di accesso al fondo, di un conf: domino e l'omessa notifica dell'avviso di sopraluogo devono ritenersi ' . superate e sanate dalla presenza del condominio alla formazione dello stato di consistenza, che fa fede a tutti gli effetti fino ad impugnazione di falso (3). l La discordanza tra la superficie dell'area indicata nel decreto di accesso al fondo e quella indicata nel decreto di occupazione non costi- I . I (1) Esatta applicazione dei principi: cfr. Relazione Avvocatura dello ~ Stato, 1956-60, III, 46. (2) Massima esatta; non vi � dubbio che la dichiarazione di urgenza e indifferibilit� che determina l'opera da eseguire, � provvedimento autoI nomo che va impugnato ex se, e perci� le censure che ad esso possono muoversi non possono farsi valere in occasione della impugnativa di altri provvedimenti conseguenziali alla predetta dichiarazione: cfr. su tale punto Cons. Stato, 22 dicembre 1964, n. 1573, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2186. I (3) Negli stessi termini cfr. Cons. Giust. amm. Reg. Sic., 11 giugno 1956, n. 210; ivi, 1956, I, 810 che riguardava l'omissione dell'avviso ad un comproprietario. Se invece l'avviso non � stato eseguito e tuttavia il proprietario ha partecipato alle operazioni, il Consiglio di <Stato ha ritenuto illegittimo il decreto di occupazione con giurisprudenza pacifica: cfr. Cons. Giust. amm. Reg. Sic., 2 febbraio 1959, n. 58, ivi, 1959, I, 265; Sez. IV, 29 maggio 1957, n. 596, ivi, 1947, I, 651. La soluzione adottata con la decisione in rassegna appare pi� esatta: se invero la funzione dell'avviso � quella strumentale di rendere possibile la partecipazione degli interessati alle operazioni di sopraluogo, la effettiva presenza di questi ultimi, anche in mancanza dell'avviso (a tutti o a uno solo), deve ritenersi decisiva per sanare la irregolarit�: v. anche Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 763. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 tuisce causa di illegittimit�, perch� il primo atto, di carattere preparatorio, non poteva contenere l'esatta indicazione dell'area, accertata solo in seguito al sopraluogo, alle cui risultanze si � adeguato il decreto di occupazione (4). � legittimo il decreto di espropriazione qualora esso, attraverso il decreto di approvazione del p1�ogetto esecutivo, si basi su un piano di ricostruzione ed inerisca a particolari beni necessari per l'esecuzione di una sede stradale, la quale, essendo inclusa nel piano, venga dichiarata di pubblica utilit� ai sensi dell'art. 7 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 (5). (4) La soluzione adottata appare logica: infatti, solo attraverso la delimitazione dell'area, se ne pu� conoscere la effettiva consistenza, e il decreto di occupazione si deve basare su quest'ultima, non su quella, eventualmente pi� ampia, indicata nel decreto di accesso. (5) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 679 -Pres. De Marco -Est. Tozzi -Soc. Costruzioni Opere Specializzate (avv. Duranti) c. Ministeri LL. PP. e Trasporti (avv. Stato Lancia) e Comune di Torino (avv. Bodda). Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -Differenze con le espropriazioni e con le imposizioni di servit� -Natura e finalit� -Contrasto con l'art. 42 della Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� -Manifesta infondatezza. Piano regolatore -Principi generali -Vincoli di verde agricolo -di verde privato -di verde pubblico -Rapporti con la futura espropriazione -Contrasto con l'art. 42 della Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� -Manifesta infondatezza. Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -verde pubblico -Natura e finalit� -Suscettibilit� di indennizzo -Necessit� di un piano finanziario -Esclusione. Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -verde pubblico -Destinazione della zona al verde pubblico -Implicita concreta designazione dell'area. Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -verde pubblico -Imposizione su area ove esistono costruzioni -Legittimit�. I vincoli imposti con piani regolatori non costituiscono espropriazione, perch� non danno luogo al trattenimento coattivo dell'immobile; n� costituiscono imposizione di servit�, perch� non si risolvono nella 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costituzione di un diritto reale sul fondo servente a favore di un fondo dominante. Sono puri e semplici limiti posti nell'interesse collettivo, i 0 @ quali riguardano non la titolarit� del diritto e delle facolt� in esso contenute, ma soltanto il modo di esercizio. Pertanto � manifestamente . infondata l'eccezione di incostituzionalit� della legge urbanistica 17 ago . sto 1942, n. 1110, che prevede i predetti vincoli, per preteso contrasto ' con l'art. 42 della Costituzione, nella cui nozione i vincoli stessi non ' I sono compresi (1). I vincoli di verde (agricolo, privato, publico) imposti dal piano regolatore hanno, tutti, la stessa efficacia immediata di impedire o ridm�re la edificabilit�. Soltanto in sede di esecuzione del piano, mediante la compilazione dei piani particolareggiati, i vincoli si differenziano tra di loro, in quanto il vincolo di verde privato o di verde agri colo non ha bisogno di alcuna particolare esecuzione, rimanendo la propriet� del bene affidata al privato, mentre il vincolo di verde pubblico, richiedendo che il bene sia messo a disposizione della comunit�, postula necessariamente la sua espropriazione: la imposizione di verde pubblico non equivale cos� ad espropriazione. � pertanto manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit� della legge urbanistica, che prevede i predetti vincoli, per preteso contrasto con L'art. 42 della Costituzione, nella cui nozione il vincolo di verde pubblico non � compreso (2). I vincoli di ve1�de pubblico, come tutti i vincoli imposti dal piano regolatore, non costituiscono espropriazione, n� danno inizio alla procedura espropriativa, e pertanto non sono suscettibili di indennizzo, n� la loro previsione in sede di piano regolatore, richiede la esistenza del piano finanziario di cui all'art. 18 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (3). La destinazione di una data zona a verde pubblico importa, implicitamente ma necesariamente, la designazione concreta delle aree che sono sottoposte a vincolo, sicch� la differenza di espressione usata dal legislatore per i piani regolatori generali (aree da riservare) e per i piani regolatori particolareggiati (aree riservate) ha solo un valore temporaneo, nel senso che in sede di piano regolatore generale si ha riguardo I alla p1�evisione generale della zona, mentre in sede di piano particolareggiato si individuano e concretano le aree da vincolarsi, con la indi I cazione dei proprietari (4). La esistenza di precedenti costruzioni sulla zona non rende incompatibile la destinazione della zona stessa a verde pubblico (5). (1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. V, 25 marzo 1964, n. 155, Il ConI siglio di Stato, 1964, I, 448. V. tuttavia sulla nozione di vincoli, servit� ed ~ espropriazioni, la recente sentenza della Corte Costituzionale... r (2-3) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. IV, 19 ottobre 1960, n. 855, ivi, 1960, I, 1722. (4-5) Massime esatte; non risultano precedenti. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 143 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 691 -P1�es. De Marco -Est. Cuonzo -Marra (avv. Lanzara) c. Comune di Napoli. Atto amministrativo -Atto definitivo -Atti del Sindaco -Requisizione ex art. 7 L. n. 2248 all. E del 1865 -Non � definitiva. La requisizione adottata dal Sindaco ai sensi dell'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E non � atto definitivo, e pertanto � impugnabile con ricorso gerarchico al Prefetto (1). (1) Si tratta infatti di provvedimento emesso dal Sindaco nella veste di ufficiale di Governo, e perci� non pu� ritenersi definitivo. Dopo la decisione Ad. plen., 2 dicembre 1958, n. 24, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1421, la giurisprudenza � in tali sensi costante: cfr. Sez. IV, 31 marzo 1965, n. 210, ivi, 1965, I, 436. V. sui provvedimenti di urgenza, a contenuto libero o tipico, Relazione Av;vocatura dello Stato, 1956-60, III, 175. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 novembre 195�5., n. 702 -Pres. Polistina -Est. Urciuoli -Petris (avv. De Francesco) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Casamassima). Competenza e giurisdizione -Requisizioni alleate -Indennit� ai sensi delJa legge n. 10 del 1951 -Giurisdizione della A.G.O. -Sussiste. Le controversie sulla determinazione dell'indennit� per requisizioni ed occupazioni ai sensi della legge 9 gennaio 1951, n. 10, sono devolute alla giurisdizione dell' A.G.O., ispirandosi detta determinazione a criteri rigidi che escludono qualsiasi discrezionalit�; e pertanto la pretesa del privato assume la consistenza d.i un diritto soggettivo (1). (1) La giurisprudenza del Consiglio di Stato � in tali sensi costante: cfr. Sez. IV, 5 giugno 1963, n. 426, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 888. V. anche, per precedenti pronunce della Cassazione, Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 818. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 novembre 1965, n. 1053 -Pres. Chiofalo -Est. Laschena -Melone (avv. Iaccarino). Giustizia amministrativa -Giudicato amministrativo -Esecuzione Licenza edilizia -Annullamento -Costruzione eseguita in conformit� a licenza annullata -Poteri del Sindaco ai sensi dell art. 32 L. 17 agosto 1942, n. 1150 -Discrezionalit� -Limiti. 12 144 RASSEGNA DSLL'AVVOCATURA DELLO STATO Giustizia amministrativa -Giudicato amministrativo -Esecuzione ~ Licenza edilizia -Annullamento in s. g. -Discrezionalit� ai sensi dell'art. 32 L. 1150 del 1942 -Facolt� di non adottare alcun provvedimento -Esclusione. Annullata in s. g. una licenza edilizia, il Sindaco, ai sensi dell'art. 32 della legge urbanistica, non ha l'obbligo di ordinare senz'altro .la demoliz.ione dell'edificio costruito in base alla licenza annullata, ma deve valutare, secondo i suoi poteri discrezionali, quale sia la soluzione pi� idonea da adottare nell'interesse pubblico, emanando i provvedimenti pi� idonei (1). Annullata in s. g. una licenza edilizia, il Sindaco, ai sensi dell'art. 32 della legge urbanistica, usufruisce di poteri discrezionali, in base ai quali pu� ordinare la demolizione dell'edificio, ma non pu� astenersi da adottare qualsiasi provvedimento, giacch� la richiamata norma impone al Sindaco di emanare un provvedimento, che � pertanto un atto dovuto (2). (1) Cfr. Ad. pl. 28 luglio 1965, n. 19, n Consiglio di Stato, 1965, I, 1069. La giurisprudenza, cos� orientata, �, in linea di massima, da condividere perch�, nella particolare materia di annullamento in s.g. di licenza edilizia, lascia integri i poteri della p.a., di valutare, ai fini della esecuzione del giudicato, la soluzione pi� idonea al pubblico interesse. Sui poteri del Consiglio di Stato in tema di esecuzione del giudicato di annullamento di licenza edilizia, cfr. in questa Rassegna, I, 1122. (2) Cfr. negli stessi sensi, Sez. IV, 16 dicembre 1964, n. 1468, ivi, 1964, I, 2170. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 3 novembre 1965, n. 758 -Pres. Breglia -Est. Benvenuto -Frizzarin (avv. Viola) c. Ministero P. I. (avv. Stato Azzariti). Demanio -Demanio storico e artistico -Prelazione -Notifica del prov� vedimento oltre il termine di legge -Illegittimit� -Emanazione entro il termine -Irrilevanza. � illegittimo il provvedimento col quale lo Stato esercita il diritto di acquisto, in via di prelazione, dei beni sottoposti alla tutela della legge 1 giugno 1939, n. 1049, concernente le cose di interesse storico ed artistico, qualora esso venga notificato oltre il termine di due mesi dalla data di denuncia, da parte dell'interessato, dell'alienazione, ed anche se sia emanato entro tale termine (1). (1) Appare dubbia la questione di giurisdizione, nella specie non affrontata, sul se sia competente il giudice amministrativo, qualora il potere di prelazione sia stato esercitato oltre il termine previsto dalla legge. Per la soluzione positiva della questione, v. Sez. VI, 2 febbraio 1965, n. 48, n Consiglio di Stato, 1965, I, 312, la quale ha deciso una specie identica: e, in particolare Ad. plen. 4 dicembre 1964, ivi, 1964, I, 2141, che espressamente risolve la questione affermando la giurisdizione del giudice 1:1 I.� . ' I ,:~ ' JI ~ 7.tf.=%'{ffe-@....,.,.dff/f"f~4filif{fil'f.'ftf.�i:':":>"..::0w@f"x.:"fil[{"W"'�"" W, J PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145 amministrativo, in base al rilievo che nella specie si tratta, anche dopo la scadenza del termine, di esercizio illegittimo di una potest� amministrativa, che opera la degradazione a interesse legittimo del diritto di propriet�. ln senso contrario, anche se implicito, � la Cassazione: Cass. 23 gennaio 1953, n. 204, Giust. civ. 1963, I, 304; 26 giugno 1965, n. 2291, Foro amm. 1956, II, 431; 21 agosto 1962, n. 2613, in questa Rassegna, 1963, I, 35. Non vi � poi alcun dubbio sulla natura di atto ll'icettizio che deve riconoscersi al provvedimento ex art. 32 I. 1 giugno 1939 n. 1089, di atto cio� che non produce effetti se non dal momento in cui i destinatari ne abbiano avuto notizia. Qualche perplessit�, invece, sor.ge sul termine entro il quale il provvedimento deve essere notificato. La giurisprudenza � orientata nel senso che il provvedimento non solo deve essere emanato nel termine di due mesi dalla data della denuncia (art. 32 cit.), ma deve essere anche notificato entro lo stesso termine ai sensi dell'art. 65 r. d. 30 gennaio 1913, n. 363', il quale dispone: � Quando il Governo decida di esercitare il diritto di prelazione notificher� tale sua decisione entro il termine di due o quattro mesi �. A codesto orientamento (v. anche la cit. dee. n. 48, e in particolare Cass.; 23 gennaio 1953 n. 204 cit.) non si pu� aderire. Anche se appare chiara la norma dell'art. 65, pu� ritenersi che essa, essendo contenuta in un regolamento di esecuzione, si pone in contrasto con l'art. 32 della legge: questa infatti precisa il termine di due mesi per l'esercizio del diritto di prelazione, e cio� per l'emanazione dell'atto; quella invece precisa lo stesso termine per la notifica, limitando in tal modo il termine di due mesi, entro il quale, secondo la legge, l'atto va emanato, mentre secondo il regolamento va anche notificato. D'altra parte, che la data di emanazione del provvedimento sia decisiva per gli effetti traslativi che esso produce, si rileva dalla sua natura, che lo fa inquadrare nella categoria degli atti di espropriazione in senso lato, per la quale � irrilevante la notifica (Cass. sent. cit. n. 204 e n. 2613): infatti il passaggio del bene in propriet� della p. a. si verifica alla data del provvedimento ed a partire da tale data i diritti dei terzi costituiti sul bene si estinguono (App. Roma, 28 giugno 1955, Giur. it. 1956, I, 2, 806). Vedi anche Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 284, con altri richiami di giurisprudenza. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 770 -Pres. Stumpo -Est. Toro -Bruschi (avv. Serafini) c. Ministero Finanze {avv. Stato Faranda). 'i;igo pubblico -Stipendi, assegni, indennit� -Ripetibilit� di emomenti non dovuti -Limiti -Fattispecie. Per il pagamento di assegni non dovuti, vige il principio generale della ripetibilitd, salvo i casi in cui la corresponsione sia stata eseguita in applicazione di un'inesatta interpretazione di leggi singole, adottata con risoluzione ministeriale, s� da creare e consolidare nei dipendenti la certezza del diritto alla riscossione. Pertanto � legittimo il recupero di somme indebitamente corrisposte a titolo di aggiunte di famiglia, qualora il pagamento sia stato effettuato per errore di fatto dagli uffici esecutivi (1). (1) Sulla ripetizione di indebito in materia di pagamento di assegni e stipendi e sui limiti in cui tale principio opera per il recupero dei crediti verso impiegati e pensionati, cfr., con ampia motivazione, Ad. plen., 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 28 ottobre 1958, n. 19, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1033; per una analoga fattispecie (errore degli uffici esecutivi nel pagamento) cfr. Ad. plen., 8 novembre 1953, n. 17, ivi, 1963, I, 1521. V. anche Sez. IV, 9 dicembre 1964, n. 1423, ivi, 1964, I, 2156; e per il caso di riscossione a titolo di trattamento economico provvisorio di somme maggiori di quelle dovute e quindi per l'ammissibilit� del recupero, cfr. Sez. VI, 26 novembre 1965, n. 851, ivi, 1165, I, 1989. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 788 -Pres. De Martino Rossaroll -Est. Longo -Carta ed altri (avv. Guicciardi) c. Ministero Marina Mercantile (avv. Stato Carbone). Demanio -Demanio marittimo -Delimitazione -Impugnativa -Posizione soggettiva dei privati -Diritto soggettivo -Giurisdizione dell'A. G.O. n procedimento di delimitazione dei beni del demanio marittimo, che acquistano it carattere di demanialitd ex lege, � diretta a dichiarare la delimitazione fra it demanio stesso e le proprietd private finitime, e si svolge pertanto su posizioni necessariamente gid individuate, di diritto soggettivo dominicale, pubblico e privato, concludendosi nelt'ambito dette medesime. La impugnativa per vizio del provvedimento di delimitazione rientra, di conseguenza, nena giurisdizione dell'A.G.O. (1). (1) In tal senso v. Sez. Un., 2 maggio 1962, n. 849, Giur. it., 1962, I, 1, 796, con nota. Circa i problemi relativi alla competenza dell'autorit� marittima per la risoluzione delle questioni sulla propriet� delle spiagge e per la tutela del demanio marittimo, v. anche Cass., 7 febbraio 1955, n. 340, Giur. it. Mass., 1955, 78. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 196�5, n. 791 -Pres. Breglia -Est. Garofalo -Lucente (avv. Ingangi) c. Istituto Froebeliano Vittorio Emanuele II in Napoli (avv. D'Aiuto). Giustizia Amministrativa -Rlcorso giurisdizionale -Rlcorsi proposti avverso lo stesso atto dinanzi al Consiglio di Stato e dinanzi alla G. P. A. -Litispendenza -Inapplicabilit�. L'istituto della litispendenza, previsto datl'art. 39 c.p.c., non � applicabile al caso di ricorso, proposto, avverso lo stesso provvedimento, al Consiglio di Stato e, con atto anteriore, alla G.P.A. (1). (1) Massima esatta. La litispendenza non � applicabile al caso esaminato dalla decisione, data la diversa posizione del Consiglio di Stato e della G.P.A. La pronuncia di competenza, che venga emessa dal Consiglio, non pu� dar luogo ad un conflitto positivo che possa essere risolto da un giudice superiore, e si pone, perci�, nei riguardi della Giunta con la autorit� di cosa giudicata. Nello stesso senso cfr. Sez. V, 27 dicembre 1956, n. 789, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 1064. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 147 CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 795 -Pres. Toro -Est. Benvenuto -Orsini ed altri (avv. Scarnati) c. E.A.M. (avv. D'Amelio). Atto amministrativo -Sanatoria -Deliberazione da parte di organi incompetenti -Ratifica da parte dell'organo competente -Legitti� mit�. Non � illegittima, per incompetenza, la deliberazione di un organo di un ente pubblico, qualora essa, prima della notifica del ricorso, sia stata fatta propria dall'organo competente (1). (1) Non vi � dubbio che nella specie si tratta di ratifica e non di convalida: negli stessi sensi cfr. Sez. V, 16 ottobre 1965, n. 1015, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1670, con richiami; e da un punto di vista gener~le sulla sanatoria, cfr. Ad. plen., 26 febbraio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1965, I, 530. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 19 novembre 1965, n. 839 -Pres. Breglia -Est. Pezzana -Coletti (avv. Gasparri) c. Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato Lancia). Giustizia amministrativa -Controinteressati -Bando di concorso Impugnazione -Oneri di notifica ai controinteressati -Esclusione. Deve escludersi che sussistano controinteressati nel caso di un ricorso proposto avverso il bando di un concorso per la concessione di borse di studio ai sensi della legge 30 giugno 1954, n. 493, e che di conseguenza sussista l'onere di notifica (1). (1) Coloro che hanno presentato domanda per un concorso a borsa di studio non possono, in linea di massima, qualificarsi rontrointeressati, non sussistendo nei confronti del loro interesse, al momento della impugnativa del bando, una lesione concreta ed attuale: cfr. in tal senso, e da un punto di vista generale, Ad. plen., 25 gennaio 1965, n. 4, Il Consiglio di Stato, 1965, I. 11. La massima si ispira al principio, pi� volte affermato in giurisprudenza (cfr. Sez. V, 31 gennaio 1964, n. 132, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 78; Sez. IV, 1 dicembre 1965, n. 752, ivi, 1965, I, 2073), secondo il quale la nozione di controinteressato, di cui agli artt. 36 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 e 7 r. d. 17 agosto 1907, n. 642, si identifica non solo con il soggetto che pu� ricevere vantaggio o pregiudizio dalla conservazione o dall'annullamento dell'atto impugnato, bensi anche con il soggetto a cui l'atto impugnato direttamente si riferisce; con la conseguenza che nel caso di impugnativa di regolamenti o di atti a contenuto generale -nei quali manca l'indicazione dei soggetti cui essi direttamente si riferiscono, ed essendo perci� problematica la loro individuazione -il contraddittorio � ritualmente instaurato con la notifica del ricorso alla sola autorit� emanante. 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 26 novembre 1965, n. 85~ ~ Pres.. Bre: glia _ Est. Chieppa -Pala (avv. D'Abbiero) c. Comm1ss1one r1cors1 I Provveditorato Studi di Roma (avv. Stato Faranda). ' Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -N~tificazione ~11~ ,. ' I ;:'..::. e autorit� che ha emesso il provvedimento -Omissione -Motivi di ricorso -Inammissibilit�. Devono dichiararsi inammissibili i motivi di ricorso relativi. all'impugnativa di un'ordinanza ministeriale, se il ricorso stesso non sia stato notificato ai Ministero che ha emesso il provvedimento (1). � (1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 9 luglio 1965, n. 525,, ~i e � ,. d' Stato 1965 I 1337� Sez VI 30 settembre 1964, n. 664, ivi, onsig.io i ' � � ' �. . ' , t'fi t all'auto 1964 I 1566 Se il ricorso � inammiss1b1le, perche non no i ca o . . rit� 'che ha� emanato il provvedimento, eguale sorte devono . seguire 1 motivi che siano stati even~ua~mente notificati alla stes~a. auto~1tfiiA~:1i~ � rilevante a superare l'omissione la spontanea comparizione e nistrazione. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965,, n. 86~ -Pres. B~eglia _ Est. Mastropasqua -Chiavarella (avv. P1ccard1) c. Comm .ssione ricorsi Provveditorato Studi di Roma (avv. Stato Peronac1). Impiego pubblico -Mutilati ed invalidi di servizio -Assunzione ~b~l~gatoria _ Documentazione -Prove della qualifica -Omessa esibizione del documento richiesto dalla P. A. -Conseguenze. Impiego pubblico _ Concorsi -Mutilati ed invalidi di guerra e di servizio _ Preferenze -Documentazione -Esibizione -Termine. Impiego pubblico _ Concorso -Documentazione -Regolarizzazione Limiti. Giustizia amministrativa -Interesse a ricorrere -Interesse a impugnare norme regolamentari -Presupposti. La norma dell'art. 6, n. 1, della legge 24 febraio 1953, n. 142 ~i riferisce alla documentazione che gli interessati devono presen~ar~ ai com: petenti uffici del lavoro per ia iscrizione nell'elenco provi?1'ciale degl~ aspiranti ai collocamento; ma non concerne la docume1'.'taz.ione che gl interessati devono esibire alla P. A. o ai p~ivat~ ~ator~ ~i lavoro .P.er l'assunzione nena aliquota dei posti riservati agli invalidi per servizio, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 149 con la conseguenza che la P. A. ben pu� prescrivire una speciale documentazione per tale assunzione (1). Il principio affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale la documentazione della qualit� di invalido di guerra pu� essere esibita anche prima che venga deliberata la nomina, non si applica laddove, come per gli invalidi di servizio, il bando di concorso disponga altrimenti (2). Il p.rincipio affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale � ammessa la regolarizzaione della documentazione, riguarda solo i documenti di rito, e non anche quelli relativi a titoli di merito e preferenziali, limitatamente per� ai casi di imperfezione formale (3). . La impugnativa di una norma regolamentare � inammissibile, per difetto di interesse, qualora essa prescriva l'esibizione di una certa documentazione, ed il 1�icorrente non ha adempiuto l'onere della esibizione nei modi richiesti dalla norma impugnata (4). (1-4) La prima massima riguarda la interpretazione di una norma di legge speciale per invalidi di servizio; la quarta massima � una applicazione dei principi generali sull'interesse a ricorrere (con particolare riguardo alle norme regolamentari). Entrambe sono esatte. La seconda massima concerne la prefissione di termini per la esibizione di documenti, in conformit� alla costante giurisprudenza: cfr. Sez. VI, 3 luglio 1963, n. ~9?, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1083; Sez. VI, 30 giugno 1954, n. 476, ivi, 1954, I, 641. La terza massima limita la possibilit� di reg.olarizzazione, in conformit� ai rilievi svolti dall'Avvocatura (cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 548), alle sole imperfezioni �formali dei documenti di rito: in tal senso Sez. VI, 4 dicembre 1963 n. 964 ' Consiglio di Stato, I, 1940. ' ' 1LIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 871 -Pres. Bre �~ Est. Chieppa -Rinaldi (avv. D'Abbiero) c. Ministero P. I. �c;>tato Savarese). ,.oblico -Trasferimento in seguito a vacanza di sede o a do.... nda -Moralit� -Regole proprie del concorso -Applicabilit� Esclusione -Fattispecie. Impiego pubblico -Trasferimento -Elementi rilevanti per il trasferimento a domanda -Anzianit� di ruolo -Irrilevanza -Condizioni di famiglia -Nozione e limiti. Il procedimento di trasferimento, anche quando avviene a seguito deila dichiarazione di vacanza della sede o su istanze concorrenti di pi� interessati ai sensi dell'art. 32 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 (applicabile ai trasferimenti di direttori didattici), non d� luogo ad un procedimento concorsuale con le regole proprie dei concorsi, quali la pre 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinazione dei criteri, del punteggio e della graduatoria, ma d� luogo ad una semplice valutazione comparativa, che termina con la scelta di colui che � ritenuto in possesso dei maggiori requisiti; e la P. A. non � tenuta ad enunciare nel decreto di trasferimento le ragioni della scelta, essendo sufficiente che risulti l'esame e la valutazione delle posizioni dei vari aspiranti ai trasferimento (1). Tra gli elementi rilevanti ai fini dei trasferimenti a domanda non rientra l'anzianit� di ruolo; mentre tra le condizioni di famiglia rientrano sia la necessit� di assistenza ai genitori o altri prossimi congiunti, pur se non costituenti un unico nucleo familiare, sia la necessit� di cure in un determinato centro, non potendosi esigere che il malato si sottoponga a frequenti viaggi, sia la circostanza di consentire ai figli dei dipendenti di non frequentare pi� scuole al di fuori della residenza di servizio del padre, in modo da evitare scissioni e smembramenti dannosi per la famiglia (2). (1-2) Le massime sono esatte: il trasferimento di sede ex art. 32 t.u. n. 3 non deve seguire la procedura del concorso, anche se per una sola sede vi sia una pluralit� di domande. � per� necessaria una motivazione che spieghi, in base ad un giudizio comparativo, le ragioni della scelta: Sez. VI 12 febbraio 1964, n. 123, n Consiglio di Stato, I, 343; Ad. Gen., 15 mar~o 1962, n. 267, ivi, 1964, n. 232 (parere sul ricorso straordinario); Sez. VI 12 giugno 1963, n. 334, ivi, 1963, I, 1029; v. anche Relazione Avvocatur~ dello Stato, 1956-60, III, 561, sui limiti dell'obbligo di motivazione del provvedimento di trasferimento; e in particolare sull'obbligo di motivazione delle sole esigenze di servizio, v. Ad. Gen., 3 dicembre 1959, n. 565, ivi, 1963, I, 1283, con la precisazione che !'esigenze d~ servizio possono giustificare, da sole, il trasferimento in una sede, la cui vacanza non sia stata pubblicata sul bollettino, senza la necessit� di una valutazione comparativa di altre eventuali domande, mentre sia le esigenze di servizio sia gli altri criteri fissati dalla legge devono g�iustificare il trasferime~ to in una sede, la cui vacanza sia stata pubblicata: Sez. IV, 24 giugno 1960, n. 684, ivi, 1960, I, 1149 ed anche Sez. VI, 23 maggio 1962, n. 424, ivi, 1962, I, 1030. La giurisprudenza ha infine precisato che la presc~izion~ di tener conto delle condizioni di famiglia si riferisce solo ai trasferimenti su domanda: Sez. IV, 30 agosto 1963, n. 466, ivi, 1963, I, 1237. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 874 -Pres. Toro -Est. Chieppa-Aletti (avv. Ughi) c. Ministero P. I. (avv. Stato Savarese). Giudicato -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Annullamento di graduatoria di un concorso -Necessit� di ulteriori provvedimenti Posizione dei dichiarati idonei -Retroattivit�. Se la decisione di annullamento richiede ulteriori provvedimenti amministrativi ai fini dell'esecuzione di giudicato, i provvedimenti stessi hanno una tendenziale retroattivit�, salvo che sussistano limiti derivanti dalla loro natura o dal loro oggetto (ad. es. la irrogazione di sanzioni disciplinari, la mancanza di effettivit� di una situazioine di servizio). I ,, I ' . ' . . i' ' ~ .; :;: I: , ' . < l~~bx, �~fjf _:~-ili-,~~;,~.....-�:,��,~~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 151 Pertanto, annullata in s. g. una graduatoria di. concorsi per titoli, la rinnovazione della graduatoria per quanto riguarda il riconoscimento della idoneit� ha effe.tti retroattivi, in modo che i concorrenti risultati idonei nella seconda gmduatoria vengono ad ottenere una saldatura della loro posizione che fa loro acquisire la qualit� di idonei sin dalla prima graduatoria (1). (1) Sull'esecuzioe del giudicato v. Relazione Avvocatura dello Stato, 1965-60, III, 66. Non vi � dubbio che nella specie i provvedimenti, emessi dalla p.a. in esecuzione del giudicato, producono effetti retroattivi per tutti coloro che vengono a subire la caducazione dell'atto annullato. CONSIGLIO DI STATO, Sez.. VI, 30 novembre 1965, n. 883 -Pres. Stumpo -Est. Pezzana -ALPI (avv. Sorrentino) c. Ministero Trasporti (avv. Stato Pietrini). Contratti pubblici -Licitazione privata -Lettera d'invito -Clausole Interpretazione -Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste. Rientra nella competenza di legittimit� del Consiglio di Stato la interpretazione del contenuto della lettera di invito alla gara, in rapporto al giudizio sulla legittimit� del provvedimento di approvazione dei risultati sulla licitazione, al fine di accertare se le clausole in essa contenute siano cosi oscure ed equivoche da giustificare interpretazioni contrastanti che facciano venir meno la parit� di condizione dei concorrenti alla gara e la comparabilit� delle offerte (1). (1) La difficolt� di interpretazione di clausole oscure od equivoche, inserite in una lettera di invito alla gara, pu� influire sullo svolgimento e sul risultato della licitazione, e quindi � rilevante in sede di esame sulla legittimit� della gara. V. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 90. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 884 -Pres. Stumpo -Est. Pezzana -Mor� ed altri (avv. Parri) c. Ministeri Agricoltura e Foreste -Grazia e Giustizia (avv. Stato Faranda). Giudicato -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Rinnovazione del-_ l'atto annullato -Vizi accertati nel giudicato e rinnovazione dell'atto immune dai vizi stessi -Limiti. 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giustizia amministrativa -Ricorso in sede di le~ittimit� al Consi~lio di Stato -Prova per testi -Ammissibilit� -Esclusione. Caccia e pesca -Caccia -Inclusione coattiva di fondi nelle riserve Condizioni -Divieto di esercizio di caccia -Differenza. In seguito all'annullamento in sede giurisdizionale di un atto amministrativo, la p. a. non � tenuta a rinnovare l'intero precedimento, salvo quando l'annullamento sia stato determinato da vizi che inficiano tutto il procedimento; ma � tenuta a rinnovare gli atti prep�ratori, di cui sia stata accertata la iUegittimit�, e l'atto finale. Pertanto, annullato un provvedimento di inclusione coattiva di un fondo in una riserva di caccia, per vizi inerenti all'accertamento del pregiudizio all'agricoltura, la p. a. � tenuta a rinnovare l'istruttoria solo su tale punto (1). La prova per testi non � ammissibile nel giudi.zio di legittimit� dinanzi al Consiglio di Stato (2). La norma dell'art. 30 t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, non riguarda l'inclusione dei fondi nelle riserve (e tra l'altro tale inclusione � ammissibile anche se il fondo � recintato ai sensi del precedente art. 29), ma riguarda l'esercizio della caccia che viene vietato se il fondo fa parte di una riserva (3). (1-3) La prima massima costituisce un'esatta applicazione dei principi in tema di esecuzione di giudicato amministrativo. La seconda si uniforma ad una giurisprudenza costante sull'art. 44 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054; cfr. Sez. VI, 10 febbraio 1953, n. 20, Il Consiglio di -Stato, 1953, I, 122; Sez. VI, 19 aprile 1961, n. 362, ivi, 1961, I, 786. Per la terza massima cfr. Sez. VI, 18 dicembre 1963, n. 1020, ivi, 1963, I, 1990, con nota. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1965, n. 1787 -Pres. Pece Est. Gambogi -P. M. Toro (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Giorgetti ed altri (avv. Arnabaldi, Mileto e Bonadia). Imposta di registro -Agevolazione fiscale ex articolo unico legge 28 giugno 1943 n. 666 -Trasferimento di immobili soggetti a sistemazioni edilizie a carico di privati -Inapplicabilit� -Trasferimento in mancanza di convenzione diretta tra l'acquirente e il Comune Inapplicabilit�. (I. 17 agosto 1942, n. 1150; I. 28 giugno 1943, n. 666). Le agevolazioni fiscali previste dall'articolo unico della legge 28 giugno 1943, n. 666, per gli atti di trapasso a favore di enti o privati, che provvedano in luogo e vece dei Comuni alle costruzioni per l'esecuzione dei piani regolato1�i, non sono applicabili agli atti di trasferimento di immobili, per i quali i piani particolareggiati prevedano sistemazioni edilizie a carico dei privati (che possono essere compiute dai Comuni soltanto in caso di inadempienza dei privati medesimi), n� comunque quando non si tratti di atti stipulati con i Comuni, in vece e nei riguardi dei quali i privati assumano gli obblighi di attuazione dei detti piani (1). (1) Decisione di indubbia esattezza. Dal piano regolatore particolareggiato (non � il caso di esaminare in questa sede se direttamente 'O per effetto dell'ingiunzione del sindaco) pu�, com'� noto, derivare l'obbligo del proprietario di un immobile di provvedere ad una determinata sistemazione edilizia dell'immobile stesso. A tale obbligo di � facere � il proprietari'O pu� ottemperare egli stesso, spontaneamente oppure in seguito all'ingiunzione ed eventualmente alla diffida previste dai primi due commi dell'art. 20 della legge urbanistica; in tal caso il � comando positivo � (cfr. SANDULLI, Profili giuridici in materia di urbanistica e di paesaggio napoletani, Amm. it., 1957, 955, e la nota della DmEZIONE della Rivista Giur. Edilizia, Sulle posizioni soggettive dei proprietari soggetti a trasformazioni per l'attuazione di piani regolatori, in detta Rivista, 1958, II, 51) dettato dal piano viene realizzato mediante l'esercizio da parte del proprietario delle ordinarie facolt� dominicali. L'inadempimento dell'obbligo di che trattasi non d� luogo a sanzione (in senso proprio), n� ad esecuzi'One coattiva in forma specifica, ma � costitutivo del potere dell'Amministrazione comunale di procedere all'espropriazione dell'immobile da sistemare (in ordine al sorgere di questo potere di esproprio cfr. Cass. 19 febbraio 1957, n. 591; 24 ottobre 1958, n. 3457; 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). L'art. 20 della legge urbanistica dispone che il Sindaco ingiunga ai privati proprietari di immobili che, in esecuzione di un piano particolareggiato, debbano essere costruiti, ricostruiti o modificati, di eseguire i necessari lavori entro un congruo termine, decorso il quale senza che i lavori stessi siano stati compiuti, dovr� procedersi a nuova ingiunzione. Solo nel caso che anche la seconda diffida resti senza effetto, il Comune potr� procedere ad espropriazione per far direttamente eseguire le opere. Dall'esegesi di tale disposizione appare chiaro che chi ha l'obbligo primario di costruire, ricostruire o modificare gli edifici previsti dal piano regolatore � il proprietario dell'area o dell'edificio preesistente; la legge non proclama espressamente tale obbligo, ma lo presuppone necessariamente se d� al Comune il potere di costringere il proprietario al relativo facere sotto pena di espropriazione. Solo nel caso di inadempienza da parte dell'obbligato primario, dunque, sorge l'obbligo sussidiario del Comune, tenuto ad espropriare e costruire o ricostruire in esecuzione del piano regolatore. Pertanto, qualora pi� proprietari tenuti in via primaria a costruire o ricostruire sulle loro aree fabbricabili, od a modificare gli edifici preesistenti, sempre in esecuzione del piano, si accordino per cedere ~ i ad uno di loro, o ad un terzo, gli immobili sottoposti al vincolo, perch� detto cessionario adempia alle prescrizioni di legge e dell'Autorit� . amministrativa, il relativo atto di cessione degli immobili non pu� ' . godere del beneficio fiscale previsto dalla legge n. 666 del 1943, non , potendosi dire, in tal caso, che il cessionario si sia obbligato ad edifi- II 10 gennaio 1959, n. 42; e 26 giugno 1962, n. 1657). Tuttavia, se � potere ~ del Comune il provocare la rimozione del soggetto inadempiente dalla posizione soggettiva di titolare del diritto di propriet� sull'immobile e la il sua sostituzione con altro soggetto disposto a compiere le opere di sistemazione edilizia (soggetto che non � prescritto debba necessariamente , . essere lo stesso Comune che ha promosso l'espropdo), non costituisce fun, zione amministrativa del Comune l'effettuare le sistemazioni edilizie di cui ' all'art. 20 citato, neppure in via eventuale ed in sostituzione dei proprie I ' tari inadempienti ed espropriati; ed il Comune che eventualmente vi provveda, agisce uti dominus, in quanto cio� � divenuto ed � rimasto proprietario dell'immobile da sistemare. Diversamente, costituisce compito istituzionale del Comune il provvedere a quegli �impianti pubblici� (espressione questa usata in contrapposizione agli � edifici privati � e comprensiva di strade, piazze, parchi, scuole, fabbricati per pubblici uffici e servizi, etc.: cfr. TESTA, Funzione del piano regolatore particolareggiato, Atti del VII Convegno di Varenna, 1962, 185) la cui costruzione e manutenzione � dal legislatore posta a carico dei Comuni e perci� ritenuta funzione loro propria. � pertanto evidente che il privato il quale provvede alle sistemazioni edilizie in ottemperanza al piano regolatore particolareggiato esercita ordinarie facolt� dominicali, ancorch� in modo tale da porre in essere una situazione di fatto conforme alle previsioni del piano, e non svolge una attivit� attribuita alla competenza degli organi del Comune o comunque una attivit� � in luogo e vece � (cos� il testo della legge n. 666 del 1943) del Comune, cosa che invece si ha quando � enti o privati � provvedono a PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 care o riedificare in luogo e vece del Comune, che nella pattuizione non � in alcuna veste intervenuto. Va in proposito ancora rilevato che questa Suprema Corte ,decidendo analoga fattispecie con sentenza n. 70 del 19 gennaio 1963, ebbe ad affermare che, perch� sorga la situazione di favore fiscale prevista dalla legge, occorre la sussistenza di una apposita convenzione che ponga di fronte, in modo immediatamente diretto, da un lato il Comune, cui incombe l'attuazione del piano regolatore, e dall'altro il privato, col quale viene stipulato l'atto di trasferimento e che nei riguardi del Comune medesimo assume tale obbligo. Nella specie, la pattuizione tra il Giorgetti e gli altri proprietari privati fa parte di un unico complesso di convenzioni. Alcune di dette convenzioni sono state stipulate col Comune, che acquista le aree destinate a pubblica via ed affida al Giorgetti i lavori relativi alla sistemazione stradale. Ed a tali convenzioni � stata pacificamente concessa la registrazione a tassa fissa. Al contrario, il Comune � estraneo alla vendita del terreno dagli altri proprietari al Giorgetti stesso, che costituisce un contratto autonomo e ben distinto dagli altri sopra menzionati, nonostante la formale unicit� del rogito. Anche sotto il profilo gi� indicato da questa Suprema Corte, quindi, la fattispecie non pu� essere inquadrata nella previsione di legge. I controricorrenti osservano che se non si concedesse il beneficio fiscale in casi del genere di cui � causa, la disposizione della legge n. 666 del 1943, a favore di chi compri del terreno dal Comune per costruirvi �in luogo e vece� del Comune stesso, resterebbe senza applicazione, perch�, una volta escluso il caso del proprietario che venda al terzo, a costruire � in luogo ed in vece � dell'Amministrazione resterebbero solo gli appaltatori, che non comprano il terreno su cui edificano. quelle opere di urbanizzazione la cui costruzione rientra nei compiti istituzionali dell'ente pubblico Comune. Sulla questione sin qui esaminata non constano precedenti pronuncie della Corte di Cassazione. Sulla questione invece di cui all'ultima partedella massima che si commenta, la Corte regolatrice si � gi� pronunciata in senso conforme nella sentenza 19 gennaio 1963, n. 70 (Giust. civ. 1963, I, 536; Mon. trib., 1963, 892 con nota di SALAFIA), affermando il principio di diritto per cui l'agevolazione di che trattasi � spetta solo nel caso in cui l'impegno di attuazione del piano regolatore sia assunto dall'ente o dal privato (acquirente dell'immobile) verso il Comune� e non anche se tale impegno venga assl.lnto verso altri privati. In ordine alle condizioni per l'applicazione dell'agevolazione di che trattasi, possono segnalarsi la sentenza della Corte di Appello di Milano, 17 gennaio 1961, Finanze c. Soc. Casa della Scienza e della Tecnica (Giust. civ., 1961, I, 1289) e le decisioni della Comm. Centr. 9 giugno 1959, n. 17748 "(Riv. leg. fi,sc. 1960, 1426) e 8 febbraio 1954, n. 57095 (Riv. leg. fi,sc. 1954, 1173). Che la analoga agevolazione prevista dalla legge 19 febbraio 1934, n. 433 relativa al piano regolatore di Milano non possa essere concessa, in base ai principi generali in tema di tributo di registro, per un contratto di permuta, � stato affermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 2150 del 20 giugno 1958 (Foro It., 1958, I, 1814). F. FAVARA 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il rilievo non � esatto, perch� l'art. 23 della legge urbanistica prevede il sistema della riedificazione per comparti (normalmente usato nella pratica), mediante il quale il Comune, qualora i proprietari non provvedano direttamente alle opere previste dal piano regolatore, procede, previa espropriazione, all'assegnazione del comparto da riedificare con una gara indetta tra i proprietari espropriati o, occorrendo, tra tutti i terzi interessati. Non � difficile identificare in coloro che acquistino alla gara i terreni facenti parte del comparto da edificare i destinatari pi� ovvi del beneficio fiscale previsto dalla seconda parte della legge n. 666 del 1943, trattandosi appunto di persone che non appaltano i lavori spettanti al Comune, ma da questo acquistano il terreno per edificarci �in luogo ed in vece� del Comune stesso. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2231 -Pres. Fibby -Est. Roperti -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. Consorzio Bonifica Osa Albegna (avv. Cortesi). Imposta di registro -Opere di bonifica -Atti stipulati dai Consorzi di bonifica aventi ad oggetto lavori di riparazione e manutenzione I delle opere di bonifica idraulica -Agevolazioni tributarie -Ap I ' plicabilit�. I (t. u. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 88; t. u. 30 dicembre 1923, n. 3256, artt. 66, 67). ~ ' Ai sensi deU'art. 88 del t.u. 13 febbraio 1933, n. 215, godono deHe I ' Iagevolazioni tributarie sia gii atti che hanno per oggetto l'esecuzione di opere originarie di bonifica idraulica, sia gii atti che hanno per oggetto opere di riparazione e manutenzione deUe stesse, concorrendo entrambe aHa realizzazione deUe finalit� specifiche deHa legge che ha io scopo non solo di favorire la creazione di opere di bonifica, ma anche I di conservarle e mantenerle in efficienza (1). ~ (Omissis). I Con unico mezzo di annullamento la Amministrazione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 88 del t.u. 13 febbraio 1933, n. 215, degli artt. 33, 56, 66 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 3256, in relazione agli artt. 9, 17, 24, 104 t.u. 30 dicembre 1923, nu( 1) Ancora in tema di opere di bonifica. � gi� apparsa su questa Rassegna, 1957, 197, a commento di una sentenza del!la Corte di Appello di Catania, una breve nota avente sostanzialmente lo scopo di faxe il � punto � sulilo stato delila dottrina e della giuri ~; sprudenza riguardanti il regime fiscale in materia di bonifica; ma all'ultima delle conclusioni al:le quali si era allora pervenuti (pagg. 199-200), si op I pone oca la recente decisione della S. C. in esame: la quale per� ha con I ~? fermato -per altro verso -alcune affermazioni di principio rilevanti sia ~ ������:�:,.,,':.. ,u:.~.r:~:�=�=~:::=:~'.::~:;:'.~:::~::,.:_�~~.::~~=:��:�~:~;~�:�rn:��..~=~::,::"'"~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 mero 3256; 4 e 6 legge 24 dicembre 1928, n. 3134 in relazione all'articolo 360, n. 3 c.p.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, omesso esame di punto decisivo in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c. In particolare si sostiene che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che il privilegio oggettivo spettante alle opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana si estenda anche ai lavori di manutenzione e riparazione delle opere stesse. Dette opere godono del privilegio soggettivo se ed in quanto ne �gode il Consorzio stipulante, ma non godono del privilegio oggettivo che � limitato alle opere di bonifica di prima categoria tra cui non rientrano quelle di manutenzione. Il mezzo � infondato. Come � noto l'art. 88 del t.u. 13 febbraio 1933, n. 215 sulla bonifica integrale, pur avendo sottoposto al normale trattamento tributario tutti gli atti compiuti in materia di bonifica integrale, ha tuttavia mantenuto in vigore i privilegi tributari stabiliti nelle leggi anteriori sia a favore dei Consorzi (privilegio soggettivo) sia a favore delle opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana da chiunque eseguite (privilegio oggettivo). Da ci� deriva che ai fini dell'individuazione ed applicazione di detti benefici (registrazione degli atti a tassa fissa) bisogna richiamarsi alle norme della legislazione 'nteriore. Ora mentre il privilegio soggettivo � disciplinato dalle norme cui agli art. 66 e 67 del t.u. 30 dicembre 1923-, n. 3256 e 8 della ta' ali. B alla legge di registro ed � soggetto al limite temporale decen 'liti dello specifico argomento della bonifica, sia agli effetti della -~gistro in generale. "(;lassazione ha infatti ribadito l'esigenza della distinzione tra '?iettivo ed obiettivo, necessaria al fine di una corretta applica ~vo1azioni fiscali in genere, e nella specie non disconoscibile 'I -al chiaro dettato della legge speciale (art. 88 t. u. 1933; ''-1923). Ha altresi ribadito ehe i .privilegi medesimi spet -�~mbito dell'originario concetto di �bonificazione delle 'litato cio� alla legislazione anteriore al t. u. 1933 sulla (Ca:ss. 17 giugno 1959, n. 1886; Cass. 27 luglio 1965, " Jl'mai ddvenuto fermci � quello delia applicabilit� del-..., legge del registro, e della conseguente limitazione tempo.: dnio) di ogni privilegio subiettivo, anche a quei benefici fiscaAi in voci delle ta!t'iffe allegate alla legge organica: con ci� con., (Cass. 22 ottob:re 1958, n. 3391) la fondatezza della tesi dell'Avvo,., con la quale si era .sostellJUto -non senza suscitaTe dissensi -che �'� -29 cit. valeva appunto a limitare nel tempo 'l'efficacia del favore tri. rutario accordato non soltanto con leg~ speciali. 3) Rilevante � altres� l'ultima parte della sentenza in esame, la qualeha ripudiato la tesi sostenuta nell'interesse della p. a., affermando sostanzialmente che non pu� pa:rlal'sd comunque di lavori di manutenzione fino a quando non sia sopravvenuta la dichiarazione ministeTiale dd ultimazione dei lavori di bonifica e q.uesti non siano stati di conseguenza consegnati al Consoo-zio per la manutenmone. L'aspetto negativo di questo capo della pTonuncia sta in ci�: che tutti i relativi atti e contratti continuerebbero a godere del privilegio obiettivo, -anche �se le opere di bonifica siano ulltimaite di fatto ma non ancora ufficialmente dichiarate tali. Essendo notodo che quasi sempre un lungo lasso di tempo intercorre tra l'ultimazione effettiva ed il funzionamento delle opere, e l'emanazione del relativo provvedimento ministeriale di affidamento al Consorzio, ci� comporterebbe la sottrazione W%.fWf4fuf7t.W%'..4.E'ft:tf:f%fy~--.ff%Mfn$ff%.fffiVff..-Z@rflWf.fffe.[9'9."4tfWi@!-#.i@fff.'iff&.f$lfif@fj ~ 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nale dell'art. 29 della stessa legge di registro, il privilegio oggettivo resta sempre in vigore e poi�h� esso a norma dell'art. 88 del citato t.u. n. 215 del 1933 non � applicabile a tutte le opere di bonifica, ma soltanto alle opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana, classificate di prima categoria e, di conseguenza, a totale carico dello Stato, occorre dimostrare, per dedurne l'applicabilit� del privilegio, che le opere di cui trattasi appartengono a quest'ultima categoria. Nella specie non si dubita che si verte in tema di bonifica idraulica quale � quella di OSA Albegna e, partendo da questo presupposto certo, la Corte di merito ha ritenuto competere al Consorzio di bonifica il trattamento tributario di favore sotto il profilo oggettivo in quanto l'atto registrato riguarda opere di bonifica rientranti nella seconda parte del secondo comma dell'art. 88 del t.u. 13 febbraio 1933, n. 215�. Sostanzialmente la Corte di Bologna ha considerato che le opere, oggetto dello appalto, anche se di riparazione e di manutenzione dell'opera pubblica di bonifica idraulica, godono della agevolazione fiscale in quanto la legge non distingue tra opere originarie di bonifica idraulica ed opere di riparazione e manutenzione delle stesse, concorrendo entrambe alla realizzazione delle finalit� specifiche della legge che mira evidentemente non solo a favorire la creazione di opere di bonifica, ma anche a conservarle e a mantenerle in efficienza. alla normale imposta di un cospicuo numero di contratti (in genere di finanziamento e di appalto). Resta inoltre da considerare -relativamente ail caso deciso -se la Cassazione ormai orientata per il rigetto del ricorso dell'Amministrazione, non siaisi impegnata in una affermazion.e criitica~ile anche ?-al punto ~i vista processuale dell'onere probatorio. C1 ~embra mfatti che i:1 S. p. fa.cc1a carico alla Finanza di non aver dimostrato in causa .che le opere d1 borufi.ca dei cui lavol'li di manutenzione trattavasi, erano gi� state oggetto di riconoscimento ministeriale di ultimazione. 4) Afl'argomento che precede si. allaccia strettamente ?n ~ltro punto -il pi� grave -della decisione m ras~gna, .che non ir1teruamo poss~ venire condiviso: non solo per una questione di fondo ma anche perche foriero di conseguenze imponenti per rilievo econo~co. . Se per avventura l'orientamento della S. C. rimanesse fermo, diverrebbe irrilevante, agli effetti fiscali, anche la ~OI1;Si~er!'2'ione �sopra :sposta sub 3), perch� irrilevante ~ebbe ~p~unto. ogm d~s~1nzi<;>ne tr~ lav?r1 a.~tecedenti e lavori susseguenti fa d1ch1acraz10ne m1ruster1ale d1 ultimazione delle opere di bonifica idraulica. Tutti i lavori di manutenzione, infatti, secondo la sentenza (ch7 ?On -~ trasta con l'orientamento assunto della giwrisprudenza della Comnuss10!1;e Centrale) rientrano nel privilegio obiettivo ex art. 33 t.u. 19.23: perch�-dice il s. c.'-l'interpretazione restrittiva propugnata.dalla Fma~za_non � ad~: rente alla legge� perch� anche i lavol'i di manutenzlone sono indispensabili alla funzionalit� delle opere di bonifica; perch� lo stesso t .. u. 1923. preved: all'art. 9 (che parla delle opere eseguibili media:i;te conc�essione) dei �lavori sostanzialmente classificabili come di manutenzion~.�. . . . Sarebbe bastato spingere un po' pi� a fondo 1indagine per discopr1re la debo1ez2)a di .consimili affermazioni. . . . Il t. u. 1923 prevede al Titolo I le opere di bonifica e ne d1sc1i>lma le modalit� di progettazione e di esecuzione( airtt. 1 a 55); mentre parla della loro manutenzione ed eser.cizio soltanto nel Titolo III (~rtt: 102 e .segg.). L'art. 33 che prevede il privilegio obiettivo -incluso, qumd1, nel T1t. I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 159 Cos� giudicando la Corte di merito ha fatto corretta applicazione della norma non sembrando che la interpretazione restrittiva, propugnata dalla Finanza, sia aderente alla lettera ed allo spirito della legge. Poich� la legge all'art. 88 parla di opere di bonifica in genere, nessun dubbio che in esse siano da comprendere anche le opere di riparazione e manutenzione delle stesse, non essendo esse meno importanti e necessarie delle opere destinate all'attuazione dell'originario piano di bonifica. Trattandosi, come nella specie, di opere di canalizzazione, esse perderebbero tutta la loro funzionalit� se non venissero assoggettate a quei lavori di manutenzione e di riparazione che sono necessari per tenerle in efficienza, posto che un'opera di bonifica resa non funzionale per mancata manutenzione sarebbe come se non esistesse. Appare pertanto esatto il criterio interpretativo adottato .dall'impugnata sentenza dovendosi ritenere che nella norma dell'art. 88 il legislatore abbia voluto includere anche i lavori di riparazione e di manutenzione, stante la stretta e necessaria connessione tra questi ultimi e le opere di esecuzione. testualmente recita: � ai concessionaa.-i di opere di bonifica di prima categoria si applicano le disposizioni degli artt. 65 e 66 del presente t. u .�. Tutto sta dunque a vedere se tra le opere di bonifica di I categoria eseguibili mediante concessione, rientrano anche i lavori di manutenzione. Gi� l'espressione legislativa: � opera di bonifica � (aa.-tt. 2 e segg.; art. 88 t. u. 1933) dmplica, dal semplice punto di vista lessicale, un concetto diverso dall'altra: (lavori di) �manutenzione� (aa.-tt. 103 e segg.); e non vediamo come la Cassazione abbia potuto affermare che e i lavori di sistemazione degli alvei e di arginazione dei corsi d'acqua in pianura� (art. 9, lett. c), nonch� �le opere occorrenti ad assicurare il grado di umidi1:� necessaria per le colture e il movimento delle acque nei canali� (art. 9, lett. d), debbano ritenersi in sostanza lavori di manutenzione: e ci� non solo perch� ci semb:ra chiaro trattarsi invece di lavori di primo intervento in zone pianeggianti attraversate da corsi d'acqua da irregimentare onde assicurare lo stabHe risanamento e la coltivabilit� delle terre; ma anche e sopratutto perch� -sotto un profilo di stretta ermeneutica -queste previsioni del Tit. I della legge non possono che riguardare soltanto e certamente i progetti di costruzione di opere di bonifica, poich� non vi � ancora luogo a parlare della disciplina della loro manutenzione che la corretta sistematica del t. u. rimanda ad un momento successivo alla loro ultimazione (Tit. III della :legge). Di pi�: posto il principio che il privilegio obiettivo spettante alle opere di bonifica di I cat. si attua a vantaggio dei concessionari di esse (art. 33 cit.}, ne discende ineluttabile ila conclusione che oggetto della concessione non possono che essere soltanto quelle opere e quei lavori la cui esecuzione � riservata alla competenza dell'Amministrazione dell'Agricoltura e delle Foreste e da questa, appunto, data in concessione a terzi (la stessa Cassazione aveva gi� affermato che il privilegio obiettivo riguarda le opereche possono essere eseguite in concessione: 8 ottobre 1958, n. 3156 e 3157). Orbene, i lavori di manutenzione non possono formare oggetto di concessione per il'assorbente ragione che essi sono gid di esclusiva competenza dei consorzi (artt. 103 e 104), a meno che un consorzio non esista e non possa costituirsi (art. 105). Pe:rtanto non � previsto da questa parte del t. u. intervento alcuno dell'Amministrazione dell'Agricoltura e delle Foreste n� mediante concessione n� altrimenti, salva facendosi -tutt'al pi�, in determinate circostanze ed in base a particolari disposizioni -la mera ipotesi di un eventuale concorso finanziario alla spesa per la manutenzione da parte JS 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N� giova richiamarsi -come fa l'Amministrazione Finanziaria all'art. 9 del t.u. 30 dicembre 19213, n. 3256, perch� tale norma non fa che confermare l'ambito di applicazione del privilegio oggettivo, ritenuto dalla Corte di merito, dal momento che tra le opere di bonifica la norma stessa prevede alle lettere e) e d) anche lavori sostanzialmente classificabili come di manutenzione. Non sono del pari invocabili le norme di cui agli art. 56 e 78 del t.u. n. 325,6 del 1923 secondo cui la manutenzione delle opere di bonifica di prima categoria spetta ai consorzi ai quali l'Amministrazione d� in consegna le opere eseguite a mano a mano che siano ultimate (art. 104), perch� nella specie non risulta che sia ancora intervenuta la apposita dichiarazione ministeriale di riconoscimento dell'ultimazione delle stesse, onde le spese di manutenzione non possono gravare sui proprietari interessati. (Omissis). defila p. a. -La Cassazione aveva gi� del resto confermato (25 gennaio 1953, n. 208, Giur. 00. PP. 1953, II, 35) che le spese per la manutenzione gravano -proporzionalmente -sui proprietari consorzdsti. La tesi disattesa dalla Cassazione � dunque frutto di interpretazione della norma non restrittiva, bensi correttamente conseguente al sistema della legge. N� infine -dal punto di vista finalistico -la motivazione del:la decisione si sorregge, in quanto scopo della legge speciale � quello di facilitare l'esecuzione di apere di bonifica che operino la prima, necessaria trasformazione delle tea:-re paludose; ma quando la spinta iniziale � stata ormai data, l'ulteTiore impulso per la manutenzione e la continua efficienza di quanto � stato fatto compete diK"ettamente ai proprietari consorziati i quali traggono dalla nuova vita delle loro terre sia interesse personale e diretto a curare i lavori necessari alla conservazione del complesso loro affidato dallo Stato, sia vantaggio finanziario dallo sfruttamento delle nuove fonti di reddito e di lavoro. Ed � aLlora legge economica che siano i redditi di tale lavoro (o meglio, quota parte di essi) a dover venire reinvestiti per la efficiente conservazione nel tempo di quel capitale che costitudsce la base del nuovo ciclo produttivo. D'altra parte, poich� all'interesse della co11ettivit� (e dunque, dello Stato) si sovr�appone e si sostituisce ben p!l'esto il prepond&ante, diretto, tangibile interesse dei singoli, � evidente che la Pubblica Amministrazione limiti il proprio intervento a quelle sole opere -di tutto il complesso dei lavori occorrenti all'attuazione di quel vasto, e diremmo onnicomprensivo, concetto qruale � oggi quello della bonifica inte~ale --che ne costituiscono il pi� profondo e vitale substrato, il tessuto connettivo: a quelle opere primigenie e basilari che la tecnica della bonificazione aveva indicato gi� al legislatore del secolo scorso, e che erano state fissate nel nostro diritto positivo con la nota legge del 30 dicembre 1923, n. 3256. Ecco perch� il nuovo t. u. 1933, se da un lato assoggetta all'ordinario trattamento fiscale� gli atti compiuti da consorzi ed esecutori di opere di bonifica integrale, dall'altro tiene ferme le agevolazioni gi� concesse ai consorzi ed agli esecutori delle opere di bonificamento delle paludi (c. d. bonifica idraulica stricto sensu). Ed � in questa stessa ragione che va ricercato il fondamento. del perch� il privilegio subiettivo spettante ai consorzi di bonifica viene limitato ad un decennio dalla lmo costituzione; ad un lasso di tempo, cio�, largamente sufficiente a permettere ai proprietari consorziati di cominciare� a raccogliere i frutti nascenti dall'investimento produttivo del capitale� concesso dallo Stato. F. DE LUCA. ' I "' ! I ' I I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 161 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2345� -Pres. Pece -Est. Roperti -P. M. Cutrupia (conf.) -Consorzio Autonomo del porto di Genova (avv. Ukmar e Cavallo) c. Ministero Finanze (avv. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Commissione tributaria -Procedimento davanti alla Commissione Centrale -Ricorso in Cassazione ex art. 111 Costituzione -Contribuente vittorioso dinanzi alle Commissioni -Interesse a ricorrere -Insussistenza. (Cost., art. 111). Imposte e tasse in genere -Commissione tributaria -Procedimento davanti alle Commissioni -Decisione della Commissione Centrale Ricorso in Cassazione ex art. 111 Costituzione -Azione giudiziaria ex art. 120 r. d. 11 luglio 1907 n. 560 -Autonomia funzionale. (Cost., art. 111; r. d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 120). Poich� l'esercizio del diritto di impugnazione � condizionato dalla esistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile a proporla, che sussiste quando da una determinata pronuncia possa derivare alle parti un concreto pregiudizio, difetta di interesse -ad impugnare in Cassazione una decisione della Commissione centrale -la parte che sia riuscita sostanzialmente vittoriosa nella precedente fase, anche se ii rigetto delle istanze avversarie sia fondato su ragioni di diritto diverse da quelle dedotte a propria difesa dalla parte vittoriosa (1). It procedimento davanti alla Corte di Cassazione, a seguito di ricorso ex art. 111 Costituzione, avverso la pronunzia della Commissione centrale delle imposte, costituisce una prosecuzione del procedimento svoltosi innanzi agli organi di giustizia amministrativa tributaria. Sussiste, invece, autonomia funzionale fra il processo giurisdizionale tributario e quello proposto ex novo in primo grado dinanzi alla autorit� giudiziaria, nei sei mesi della definizione del processo amministrativo tributario. Pertanto, la questione della tempestivit� o meno dell'azione ex novo proposta dinanzi al giudice ordinario non pu� essere introdotta, direttamente o indirettamente, dinanzi alla Corte di Cassazione in sede di ricorso ex art. 111 della Costituzione, spettando la decisione di tale questione unicamente al giudice investito con l'azione ex novo (2). (1) Il principio di cui alla prima massima trovandosi enunciato, con espressioni praticamente identiche, nelle precedenti sentenze del 14 maggio 1963, n. 1197, Brissolese c. Cassanello, e 9 aprile 1965, n. 628, Ente Valorizzazione del Fucino c. Saturno, deve considerarsi pacifico. � tuttavia oppOII'tuno soggiungere che con sentenza 5 novtmbre 1963, n. 3083, Piazza c. Campo (Giur. it., 1964, I, 1. 143), � stato precisato che all'accertamento dell'interesse ad agire deve provv.edeve d'ufficio la stessa Cocte cui compete l'indagine preliminare cir.ca l'ammissibilit� o meno del ricmso. (2) La seconda massima ribadisce la duplice funzione attribuita alla Autorit� Giudiziaria Ordinaria nella vigente sistematica del contenzioso tributario: in alcuni casi, �infatti, il procedimento dinanzi ad essa, introdotto 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). L'amministrazione finanziaria solleva, in via pregiudiziale, la eccezione di inammissibilit� del ricorso principale del Consorzio Autonomo del Porto di Genova per difetto di interesse di detto Consorzio a propol'lo. Deduce essa Amministrazione che, avendo la Commissione provinciale delle imposte respinto l'appello dell'ufficio avverso la decisione della Commissione distrettuale che aveva dichiarato non tassabili a carico del Consorzio i redditi accertati dall'ufficio, ed avendo, questo ultimo, del tutto soccombente, rinunciato al proprio ricorso innanzi la Commissione Centrale, il Consorzio, restato totalmente vittorioso, era carente di interesse a proseguire il giudizio davanti a questa Corte di Cassazione, a sensi dell'art. 111 della Costituzione, pur avendo la Commissione centrale con la definitiva decisione del 9 novembre 1962 respinto il ricorso incidentale del predetto Consorzio. L'eccezione � fondata. � risaputo che l'esercizio del diritto di impugnazione � condizionato dalla esistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile a proporla e che tale interesse sussiste quando da una determinata pronuncia possa derivar,e alle parti un concreto pregiudizio. Ora, � evidente che difetta l'interesse all'impugnazione nella parte che sia riuscita sostanziamente vittoriosa nella precedente fase, anche se il giudice, nel rigettare le istanze avversarie, si sia fondato su ragioni di diritto diverse da quelle dedotte dalla parte vittoriosa a propria difesa. Posti questi principi, ripetutamente ribaditi da questa Corte regolatrice, non vi � dubbio che il Consorzio, essendo riuscito pienamente vittorioso nel merito per essere stato annullato l'accertamento tributario effettuato nei suoi confronti dall'ufficio delle imposte di Genova, non poteva impugnare, in via principale, la decisione della Commissione Centrale del 9 novembre 1962, che aveva respinto il ricorso incidentale di esso Consorzio. I con un vero e proprio �ricorso ., costituisce una prosecuzione di quello svoltosi dinanzi alle Commissioni delle imposte: in altri, invece, trattasi di azione giudiziaria funzionalmente autonoma rispetto ad un processo amministrativo tributario ormai definito. II La fattispecie in esame, decisa sulla scorta di precedenti della stessa Corte (10 agosto 1961, n. 1949, Finanze c. Gambino, Riv. teg. fi,sc., 1962, 286; 6 febbraio 1961, n. 242, Massa c. Finanze, Riv. leg. fi,sc., 1961, 1022), non esaurisce, peraltro, le i.potesi del prri.mo tipo. Infatti 'le Sezioni Uni.te, con sentenz,a 6 ottobre 1962, n. 2828 (Perrier c. Finanze, Rass. Avv. Stato, 1963, I 44), hanno !ritenuto che anche il ricorso ex art. 29, 3� comma r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, deve considerarsi come una fase ,eventuale del giudizio ammini., strartivo di accertamento dell'imposta e �quindi come una fase ,del procedimento avanti le commissioni tributarie� (conf., in motivazione, I Cass. Sez. Un. 17 luglio 1965, n. 1594, Finanze c. Cammarata e Taocmina, Rass. Avv. Stato, 1965, I, 1070). iDiverse sono peraltro le :ragioni che, nei due casi, g,iustificano \la cennata configurazione del � ricorso � al giudice ordinario. ~ Nel primo, infatti, l'inteo:-vento della Cocrte Suprema deriva dall'esi! I f genza, consacrata neH'art. 111 Cost., di assicurare, nei conf�ronti della ! --�--IIi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 163 E ci� perch� il vincitore, anche se siano state disattese alcune sue eccezioni ed abbia avuto ragione per altra via, non pu� proporre impugnazione in via principale. Egli pu� avere solo interesse a riproporre le dette eccezioni al giudice della impugnativa, adito in via principale dalla controparte. Il Consorzio ha dedotto che, nella specie, l'interesse di esso Consorzio al presente ricorso avverso l'impugnata decisione della Commissione centrale sarebbe fornito dal particolare che qualora la predetta decisione (come a suo tempo sostenuto dal Consorzio con il proprio ricorso incidentale in quella sede) avesse dichiarato inammissibile l'appello della Finanza alla Commissione provinciale avverso la decisione della Commissione distrettuale, quest'ultima decisione sarebbe passata in cosa giudicata; sicch� l'azione innanzi al giudice ordinario (Tribunale di Genova) promossa dalla Finanza con la citazione 16 novembre 196,2 sarebbe -a giudizio di esso Consorzio -improponibile perch� proposta oltre il termine di sei mesi, di cui all'art. 120 r.d. 11 luglio 1907, n. 560. E cio�, in sintesi, il Consorzio vorrebbe ricavare il proprio interesse allo odierno ricorso in Cassazione dalla asserita influenza che l'esito di detto ricorso dovrebbe avere sulla tempestivit� o meno della azione promossa dalla Finanza, per la stessa pretesa tributaria, innanzi al giudice ordinario, a seguito della rinuncia, effettuata dalla Finanza, al proprio ricorso innanzi la Commissione centrale. L'assunto del Consorzio non pu� essere condiviso e va ribadita la inammissibilit�, per difetto di interesse, del ricorso del Consorzio in Cassazione, di cui qui si discute. A contrastare la riassunta tesi del ricorrente � sufficiente richiamare e rilevare schematicamente, che: a), il procedimento presso questa Corte Suprema, a seguito del ricorso ex art. 111 Cost., avverso le pronunzie della Commissione Centrale per le imposte, non � che una prosecuzione del procedimento svoltosi innanzi agli organi di giustizia tribu 't1S10tne tenninale del ciclo giurisdizionale speciale, il pieno controlilo 'gittimit� demandato �appunto aJ.la Oassazdone; nel secondo, invece, deve ~~a!rsi un'eccezione al fondamentale principio, 'sancito nell'art. 6 della ~O maTzo 1865, n. 2248 aJ.1. E e disposizioni successive, secondo cui le .ni di estimazdone semplice sono devolute all'esclusiva competenza giudici speciali; eccezione confermata dai limiti del potere attribuito "'fil'A. G. O. che, come � noto, pu� solo sindacall'.'e la legittimit� della decisione della Commissione, ma non decidere i!I. merito della vertenza. Dal riaffermato principio dell'autonomia funzionale dell'azione giudiziaria p!roposta ex novo, entro iil termine dii legge deco11re:Q.te dalla definizione del processo amministrativo tributario (conf. Cass. 6 dicembre 1963, n. 3111, Duse c. Finanze, Rass. Avv. Stato, 1964, I, 168), la Corte ha dedotto l'ineccepibile CO!rOllaTio che 1J.e questioni concernenti l'ammissibHit� e la propon~bilit� di essa a:i;ione debbono essere dedse dal giudice �che ne � investito. Il che, evidentemente, non esclude il controllo, da parte della Corte Suprema, della tempestivit� dell'azione giudiziaria in discorso, purch� rkhiesto, in sede di .impugnativa 'Secondo le norme de[ codice di rito, nell'ambito del IllUovo giudizio, diver,so e distinto da quello vertito dinanzi alle Commissioni tributarie. R. SEMBIANTE 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO taria (sent. 242 del 1961 di questa stessa Sezione); b) sussiste autonomia funzionale tra il processo giurisdizionale tributario e quello innanzi al giudice ordinario (Sez. Un. n. 128 del 1957 e n. 133 del 1963). Di qui la conseguenza che la tempestivit� dell'azione proposta (dal contribuente o dalla Amministrazione finanziaria), innanzi al giudice ordinario, al fine di fare accertare la legittimit� o meno della pretesa tributaria della Finanza, deve essere controllata dallo stesso giudice ordinario, la cui decisione sar� suscettibile dei normali gravami, tra questi incluso il ricorso per cassazione. Consegue, ancora, che non pu� essere anticipata, direttamente o indirettamente, in sede di ricorso per Cassazione (ex art. 111 della Costituzione) dalla decisione della Commissione centrale per le imposte, la discussione sulla tempestivit� o meno della possibile e distinta azione ex novo (del contribuente o della Finanza) innanzi al giudice ordinario per la stessa pretesa tributaria. E tale anticipazione non � possibile anche perch� (come gi� notato con la menzionata sentenza delle Sezioni Unite n. 128 del 1957) la posizione della Corte Suprema di Cassazione non consente una duplicit� di giudizio di legittimit�, da parte di essa Corte Suprema, sulla stessa questione (nella specie, sulla tempestivit� o meno dell'azione gi� promossa dalla Finanza per la stessa pretesa tributaria, innanzi al Tribunale di Genova ove il relativo processo � tuttora pendente). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2494 -Pres. Scarpello -Est. Giannattasio -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Mataloni) c. Societ� Zuccherificio di Avezzano (avv. Rufini). Imposta di negoziazione -Valutazione di titoli non quotati in borsa Decisioni della Commissione provinciale delle imposte, sezione speciale -Ricorso all'Autorit� giudiziaria ai sensi dell'art. 29, terzo comma, del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit�. (d. 1. 25 maggio 1945, n. 301, art. 1; r. d. 15 dicembre 1938, n. 1975, art. 10; d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, art. 29). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie di valutazione -Decisioni della Commissione provinciale -Vizio logico di motivazione -Non deducibilit� con azione giudiziaria ex art. 29, terzo comma, d. 1. 7 agosto 1936 n. 1639 -Deducibilit� con ricorso per cassazione, ex art. 111 Costituzione. (Cost., art. 111; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Le decisioni della Commissione provinciale delle imposte, sezione speciale, in tema di valutazione di titoli non quotati in borsa, ai fini dell'imposta di negoziazione, sono impugnabili dinanzi all'Autorit� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore di apprezzamento o per mancanza o insufficienza di calcolo, ai sensi dell'art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (1). Il vizio logico di motivazione delle decisioni delle Commissioni provinciali delle imposte, in tema di valutazione, non � denunciabile col ricorso all'Autorit� giudiziaria, ai sensi dell'art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, ma � soltanto deducibile col ricorso in Cassazione, proponibile a norma dell'art. 111 della Costituzione (2). L'imposta di negoziazione, ora abolita dagli artt. 26 e 27 della I. 6 agosto 1954, n. 603, era stata istituita con la remota 1. 21 aprile 1862, n. 588, come equivalente, per i titoli azionari ed obbligazionari, delle imposte di trasferimento relative agli altri beni mobili. Per i titoli quotati in borsa, la base imponibile era data dal valore medio di borsa; per quelli non quotati era determinata da un certificato rilasciato da un sindacato di pubblici mediatori, divenuto in seguito comitato direttivo degli agenti di cambio. Anche dopo l'entrata in vigore della legge tributaria 30 dicembre 1923, n. 3280, detto certificato fu sempre ritenuto sottratto a qualsiasi impugnazione. Il regime dell'imposta di negoziazione sui titoli delle societ� veniva per� modificato con r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975. La valutazione, da parte del comitato direttivo degli agenti di cambio (art. 4), diveniva in certi casi facoltativa, prendendosi, in difetto, per base, il valore nominale del titolo (art. 5) ed era ammesso in ogni caso reclamo ad un collegio peritale centrale (art. 9). Contro le decisioni del Collegio peritale non era ammesso alcun gravame, n� in sede amministrativa, n� in sede giudiziaria (art. 10). (1) In ordine all'impugnabilit� -ai sensi dell'art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 -delle decisioni della Commissione provinciale, sezione speciale, in tema di valutazione di titoli non quotati in borsa, ai fini della ora soppressa imposta di negoziazione, le Sezioni Unite confermano il proprfo precedente orientamento (sent. 15 gennaio 1960, n. 21, Finanze-soc. Edil Spes, Giust. Civ., 1960, I, 233), rispetto al quale si vedano le osservazioni contenute nella Relazione deH'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 667 ss. Argomento ritenuto decisivo, anche nell'attuale incontro, per la conclusione di ammissibilit� dell'impugnativa delle decisioni, dinanzi al giudice ordinario, per grave ed evidente errore di apprezzamento o per mancanza o insufficienza di calcolo, � quello desunto dall'art. 1 del d.l. 25 maggio 1945, n. 301, col quale, stabilendosi la competenza delle Commissioni, in sostituzione di quella del Collegio peritale previsto dall'art. 9 del r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975, nelle controversie di valutazione in discorso, si faceva rinvio, per il funzionamento delle commissioni stesse e � ...le decisioni in materia... �, alle disposizioni del citato d.1. 1639 del 1936; il quale rinvio, secondo la Corte Suprema, non essendo altrimenti limitato, deve ritenersi fatto anche alle disposizioni concernenti i mezzi di impugnazione delle pronunce richiamate. Ma sembra potersi osservare, in contrario, ed in primo luogo, che il richiamo pu� intendersi riferito alle sole norme relative al procedimento, come pu� dedursi anche dal rilievo che un parallelo rinvio era fatto, dal 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Una ulteriore riforma della disciplina legislativa dell'imposta di negoziazione si aveva con il d.l. 5 settembre 1947, n. 1173, modificato con 1. 12 marzo 1948, n. 326, ma il nuovo sistema non entr� mai in vigore, perch� l'applicazione ne fu ripetutamente differita. Occorre, perci�, sempre riportarsi al ricordato r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975, le cui disposizioni, peraltro, furono integrate dal d.l. 25 maggio 1945, n. 301. Quest'ultimo, nel devolvere temporaneamente ad una speciale sezione della Commissione provinciale delle imposte la competenza gi� attribuita ai collegi peritali in materia di imposta di negoziazione, stabiliva nel comma quarto dell'art. 1 che �per il funzionamento della Commissione e le decisioni in materia ... si osservano le disposizioni di cui al r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 �. Il rinvio, per quanto attiene al funzionamento delle commissioni e alle decisioni, al r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, senza alcuna specificazione o limitazione, implica necessariamente il rinvio anche all'art. 29 di quel decreto, il quale, dopo aver determinato nel secondo comma quali sono gli organi competenti a decidere sulle controversie in materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, che si riferiscono alla determinazione del valore, stabilisce nel terzo comma: � Il giudizio delle commissioni provinciali sulle questioni di cui al comma precedente (cio� sulla determinazione del valore) � definitivo, salvo ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed evidente errore dj apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore�. Non appare dubbio, quindi, data la genericit� e la chiarezza del richiamo, che la regola rigorosa dell'art. 10 l'art. 9 del citato r.d. 1975, per il Collegio peritale, alle disposizioni sul funzionamento della Commissione centrale, e come in via pi� generale pu� ritenersi in base alla considerazione che il rinvio in parola, per quanto ampio, non potrebbe comunque riguardare, in mancanza di ulteriori specificazioni, che le sole norme dell'ordinamento nel cui ambito si collocano le decisioni oggetto del richiamo, e cio� soltanto quelle proprie del procedimento dinanzi alle Commissioni, e quindi con esclusione di quanto relativo all'azione giudiziaria, la quale, pur se avente carattere di impugnazione, nei casi di cui al terzo comma dell'art. 29 citato, non pu� tuttavia dirsi strutturalmente inserita in quel sistema processuale. Ci� posto, e poich� lo stesso d.1. n. 301 del 1945, disponendo che la competenza del Collegio peritale era devoluta alle Commissioni, non altrimenti innovava al precedente sistema di cui al d.1. 1975 del 1938, l'articolo 10 del quale escludeva ogni gravame, anche in via giudiziaria, avverso le decisioni di quel collegio, non dovrebbero vedersi ostacoli per ritenere la ulteriore vigenza anche di tale norma, ovviamente da intendere riferita -~ ' alle decisioni del nuovo organo sostitutivamente investito della cognizione delle controversie di valutazione di cui si discute, e tanto dovrebbe anzi ritenersi in linea col sistema voluto e considerato dallo stesso legislatore del 1945, che una conforme esclusione da gravami, e proprio per le decisioni delle Commissioni, espressamente prevedeva (art. 4). Le Sezioni Unite hanno osservato che la non impugnabilit� precisata dalla ricordata norma riguardava soltanto le decisioni relative alla valu PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 167 del d. del 1938 � stata attenuata dal decreto del 1945., e che, in tema di determinazione del valore dei titoli non quotati in borsa, la valutazione annuale, ad opera del comitato direttivo degli agenti di cambio, era suscettibile di reclamo alla sezione speciale della commissione provinciale delle imposte e contro le decisioni di questa era ammesso ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria nei precisi limiti fissati dal terzo comma dell'art. 29 del d. n. 1639 del 1936. N� giova, in contrario, far richiamo al secondo comma dell'art. 4 del ricordato d. 25 maggio 1945, n. 301, il quale esclude ogni possibilit� di gravame, in sede amministrativa o giudiziaria, contro le determinazioni delle competenti commissioni provinciali delle imposte, perch� questa disciplina specifica, com'� detto espressamente nel primo comma dell'art. 4 e come � dato rilevare dal coordinamento tra le varie disposizioni del d. n. 301, riguarda la valutazione delle commissioni provinciali aventi per oggetto le valutazioni eseguite in conformit� degli articoli 2 e 3, e questi due articoli riguardano soltanto i titoli azionari quotati in borsa (art. 2) e le obbligazioni e gli altri titoli a reddito fisso quotati in borsa (art. 3) e non � perci� applicabile alle decisioni della Commissione provinciale emesse in base all'art. I, rispetto alle quali la facolt� d'impugnativa avanti al giudice ordinario, e nei limiti indicati, si desume dal coordinamento con le disposizioni del d. 7 agosto 1936, n. 1639. Nulla, poi, autorizza ad affermare che quando l'art. 1, quarto comma, del d. del 1945 richiama le norme del d. del 1936 per il � funzionamento � della Commissione provinciale e per le � decisioni � in materia, intenda riferirsi, per le decisioni, soltanto alle modalit� delle tazione di titoli quotati in borsa, nei casi di cui ai precedenti articoli 2 e 3 '\el d.1. 301. � Ed in proposito, per�, sembra potersi rilevare: che per i titoli quotati regola era quella della determinazione dell'imponibile sulla base dei '�zi ufficiali di compenso, sicch� restava esclusa la stessa competenza commissioni; che le disposizioni dei citati articoli 2 e 3, consentendo \ eccezionale, per la liquidazfone del tributo per alcuni specificati di richiedere l'applicazione dell'imposta in base al valore venale ...1i, anzich� a quello ufficiale, coerentemente prevedevano la com~ nza delle Commissioni, per il giudizio su quel valore medesimo, e cio� 1a competenza degli organi normalmente competenti nelle controversie di estimazione per i titoli non quotati, e cosi sostanzialmente evidenziavano che, una volta esclus� quella che potrebbe dirsi la valutazione automatica, di ugual natura e portata sarebbe stata l'indagine valutativa, per i titoli quotati e per quelli non quotati; che, conseguentemente, la espressa esclusione anche del gravame giudiziario, disposta dal citato art. 4 del d.l. n. 301 del 1945, lungi dal potersi intendere in funzione di una peculiarit� delle controversie ivi contemplate, appare piuttosto espressione di un principio considerato per tutte le controversie di valutazione, nella S'Oggetta materia, e pu� costituire elemento di controllo della interpretazione innanzi vista, alla stregua del coordinato disposto dell'art. 10 del d.l. n. 1975 e dell'art. 1 del d.l. n. 301, in ordine alla non impugnabilit�, ai sensi del terzo comma 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deliberazioni ed alla forma delle decisioni e non anche al sistema delle . impugnazioni. Trattasi di una interpretazione restrittiva e arbitraria, , giacch� il d. del 1936, nel titolo IV, non contiene soltanto la disciplina delle forme e delle modalit� delle decisioni (di cui � pi� specifica re, IIgolamentazione nel r.d. 8 luglio 1937, n. 1516), ma anche quella delle impugnazioni, per cui il richiamo alle decisioni va inteso come richiamo all'intera disciplina di queste pronunce, ivi compresa la facolt� del ricorso al giudice ordinario per grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero per mancanza od insufficienza di calcolo nella determinazione del valore. Ad identica conclusione erano, del resto, gi� pervenute queste Sezioni Unite, con la sentenza 15 gennaio 1960, n. 21, e con la successiva sentenza 13 ottobre 1960, n. 2689, non contradette dalle sentenze 10 ottobre 1961, n. 2225 e 3 maggio 1962, n. 858. Gli stessi criteri sono quelli che hanno guidato la Corte di merito nella sua decisione, la quale ha rilevato che la Commissione provinciale delle imposte, nella valutazione dei titoli si � limitata ad una apodittica e non dimostrata attribuzione di valore alle azioni, incorrendo nella omissione di calcolo nella determinazione dei valori e cio� proprio in uno dei vizi che la rende censurabile secondo la previsione del terzo comma dell'art. 29 del d. del 1936, in quanto, dalla motivazione, non � possibile individuare l'iter logico-giuridico della Commissione e quali siano gli elementi di fatto sui quali � stato impostato il calcolo a fini della determinazione dei valori imponibili. dell'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, delle decisioni delle commissioni relative ai titoli non quotati. Tale non impugnabilit�, � appena il caso di rilevarlo, non d� luogo a pregiudizio dei diritti di difesa delle parti, poich� le Commissioni, come � noto, sono da ritenere organi di natura giurisdizionale, ed avverso le loro decisioni definitive, e perci� non impugnabili dinanzi alla Commissione centrale, � poi sempre ammesso il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione: sul qual punto, cfr., tra altre, Cass., 10 ottobre 1961, n. 2225, soc. Vigo-Finanze, in questa Rassegna, 1962, 96; id., 3 maggio 1962, n. 858, soc. SIALVA-Finanze, Riv. Leg. Fisc., 1962, 1616. Per altre questioni (in tema di procedimento: natura dei deliberati dei Comitati degli agenti di cambio e condizioni per l'ammissibilit� del gravame dinanzi alla Commissione provinciale), cfr. la recente Sez. Un., 2 ottobre 1965, n. 2072, soc. Imm. Agr.-Finanze, in questa Rassegna, 1965, I, 1251, con nota di A. ROSSI. (2) Decisione ineccep~bile. Il difetto di motivazione, quale vizio in procedendo, pu� essere indubbiamente denunciato col ricorso in Cassazione ex art. 111 della Costituzione, ma non � deducibile nel giudizio dinanzi all'Autorit� giudiziaria ordinaria, quando non si risolva in uno dei vizi di cui all'art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Sul sindacat'O del giudice ordinario, nella soggetta materia, si veda la Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 357; cfr., inoltre, L. CoRREALE, Limiti dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni delle commissioni provinciali in tema di valutazione, in questa Rassegna, 1964, I, 169, in nota a Cass., 6 dicembre 1963, n. 3111. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 169 La sentenza impugnata rimprovera alla Commissione anche un vizio logico di motivazione, andando in tal modo al di l� dei limiti 1�ssati dall'art. �29, e di ci� si duole l'Amministrazione ricorrente, os. servando che tale censura avrebbe giustificato, semmai, il ricorso diretto alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. Il rilievo della ricorrente � esatto, ma non pu� portare alla cassazione della sentenza, perch� la decisione di merito � conforme al diritto -e si sorregge sugli esatti argomenti gi� indicati. L'affermazione esuberante e non necessaria ai fini della pronuncia va considerata come non esistente, in forza dell'ius corrigendi ricono. sciuto alla Corte di Cassazione dal secondo comma dell'art. 384 c.p.c. -CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 gennaio 19-6.6, n. 44 -Pres. Pece Est. Arienzo -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. Laurent ed altri (avv. Romanelli). 1mposta di registro -Agevolazioni per gli atti di assegnazione di beni a soci da parte di societ� immobiliari -Nozione di societ� immobiliare secondo la legge 18 ottobre 1955 n. 930. (L. 18 ottobre 1955 n. 930, art. unico; 1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 30). A norma dell'articolo unico della legge 18 ottobre 1955, n. 930, -ed ai fini delle agevolazioni fiscali ivi previste (anche con proroga del termine di applicacabilitd dei benefici previsti dall'art. 30 della legge 6 agosto 1954, n. 603) devono intendersi societ� immobiliari anche quelle che abbiano proceduto, nel periodo edittale, alla costruzione di fabbricati, su aree a tal fine acquistate, quando la relativa attivit� sia da ritenere diretta alla costituzione del patrimonio sociale e sia escluso -ogni intento speculativo (1). (1) La legge 18 ottobre 1955, n. 930 definisce societ� immobiliari, per i fini da essa previsti (estensione e proroga di agevolazioni fiscali) le societ� che negli ultimi cinque esercizi (anteriori all'entrata in vigore della legge .medesima) �abbiano svolto una attivit� limitata esclusivamente alla propriet� ed alla gestione di beni immobili, anche se nell'atto costit:utivo siano .state previste operazioni di commercio�, E poich� � chiaro, cosi, che non si vollero comprendere nella previsione normativa le societ� che avessero .svolto attivit� commerciale, nel periodo considerato, del tutto corretto � da ritenere il criterio discretivo di base assunto dalla Cassazione, secondo cui l'attivit�, non ostativa ai fini dei benefici fiscali, era soltanto quella a carattere non speculativo. Riserve debbono esprimersi, invece, quanto all'ulteriore specificazione -di cui alla sentenza in nota, la quale fa posto, per l'individuazione di quel �carattere, ad un elemento finalistico soggettivo, cos� considerando, con riguardo all'ipotesi di costruzione di fabbricati su aree a tale scopo acquistate, .che la relativa attivit� pu� anche essere attinente alla semplice �propriet� 170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). La ricorrente amministrazione, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 30 legge 6 agosto 1954, n. 603 e dell'articolo unico della legge 18 ottobre 1955, n. 930, e dell'omessa e contraddit �:& .-:-; toria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver erronea ~ mente interpretato la norma che concede l'agevolazione fiscale di cui ���:� ~ si discute e per avere disatteso il convincimento del Tribunale, secondo cui la societ� non si era limitata alla gestione dei propri beni ma aveva svolto attivit� commerciale mediante atti intesi alla produzione di nuovi beni. Stante la dizione della norma agevolatrice, afferma la ricorrente, la societ� deve essere formalmente commerciale e non aver, in concreto, compiuto atti di commercio. E, anche ad ammettere che il primo acquisto di immobili diretto alla costituzione di un patrimonio sociale non faccia venir meno il beneficio dell'agevolazione tributaria, non pu� configurarsi tale la costruzione di un grosso edificio mediante ricorso a finanziamenti, trattandosi di tipica attivit� imprenditoriale di costruzione. La doglianza � infondata. L'applicabilit� o meno al caso concreto dell'agevolazione fiscale di registrare a tassa fissa gli atti di assegnazione ai soci, secondo le singole quote, dell'immobile sociale, postula l'accertamento della natura immobiliare o meno della societ� Dora Valdocco secondo la nozione contenuta nella legge 18 ottobre 1955, n. 930. L'articolo unico di detta legge dispone che, ai fini perseguiti, si debbano intendere per societ� immobiliari quelle che, nei cinque esercizi chiusi anteriormente all'entrata in vigore della legge, abbiano svolto un'attivit� limitata esclusivamente �alla propriet� e alla gestione di beni immobili �, anche se nell'atto costitutivo siano state previste operazioni di commercio. La sentenza impugnata, pervenendo a conclusioni opposte, ha disatteso il convincimento del primo giudice che aveva ravvisato, nell'acquisto di un'area fabbricabile e nella successiva costruzione di un fabbricato, una attivit� dinamica di natura commerciale in contrasto con quella statica diretta soltanto alla gestione del patrimonio. Ha ritenuto la Corte che il criterio di identificazione della mera attivit� di gestione e gestione ., e perci� non speculativa, quando sia volta alla costituzione o all'incremento del patrimonio sociale e non al fine della rivendita a terzi. Alla individuazione della natura dell'attivit�, invero, dovrebbe procedersi con criteri obiettivi ed univoci, e perci� un'attivit� diretta alla produzione di beni, quale indubbiamente � anche quella, tipicamente dina-� mica ed imprenditoriale, volta alla realizzazione di 'Opere edilizie, dovrebbe� sempre ritenersi ostativa ai fini di cui si tratta. Per altro, una discriminazione in funzione del fine -di incremento del patrimonio o di rivendita -si presenta in contrasto con la stessa ratio� legislativa, nella specie ravvisabile (come emerge dal coordinamento delle disposizioni della legge n. 930 del 1955 con quelle della legge n. 603 del 1954) nell'intento di agevolare lo scioglimento delle sole societ�, che non. avessero svolto, nel periodo edittale, un'attivit� produttiva, limitandosi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 171 si debba cogliere nella mancanza di finalit� speculative e che costituisca appunto atto di gestione di propriet� immobiliare, il quale caratterizza le societ� come immobiliari, l'acquisto di beni non destinati allo scambio. A conforto di tale assunto ha richiamato la costante interpretazione della stessa amministrazione finanziaria, la quale ha inteso il concetto di gestione �in senso piuttosto lato�, si da comprendervi atti che abbiano determinato variazioni nella consistenza patrimoniale (circolare 1� dicembre 1955, n. 352750) e ha precisato, inoltre, che il beneficio fiscale non possa negarsi nel caso che vi siano stati trasferimenti dei titoli azionari della societ� immobiliare dai soci a terzi (circolare 21 marzo 1956, n. 350540) ovvero nel caso che finanziamenti, provenienti da fonti esterne nel quinquennio di riferimento, abbiano avuto per scopo il primo acquisto di immobili diretto alla costituzione di quel patrimonio immobiliare rappresentante il necessario presupposto per lo svolgimento dell'attivit� di gestione (circolare 21 marzo 1956, n. 350540). La sentenza impugnata ha, quindi, concluso, con accertamento di merito aderente al caso concreto, che gli avvenuti trasferimenti delle quote e l'unicit� dell'acquisto, con relativa costruzione, di un solo edificio, erano diretti alla costituzione del patrimonio da gestire, con esclusione di ogni intento speculativo. Le conclusioni della sentenza impugnata, conformi alla interpretazione data alla norma anche in sede amministrativa, resistono alle censure della ricorrente, la quale sostanzialmente non contesta che il primo acquisto di beni immobili, destinati non ad attivit� speculative di commercio bensi alla costituzione del patrimonio sociale, non privi la societ� immobiliare del beneficio fiscale. Su questa esatta premessa di diritto, la successiva indagine della sentenza impugnata, circa l'unicit� dell'operazione compiuta dalla So~ iet� Dora Valdocco, di acquisto del terreno in funzione della costru\ one da eseguirsi per la costituzione del patrimonio sociale, attiene valutazione del merito ed � sottratto al sindacato di legittimit� attesa ~gicit� della congrua motivazione. L'acquisto di un'area fabbrica~ ulla quale successivamente venga costruito dalla societ� acqui' m immobile sociale, � funzionalmente diretto alla costruzione e ~.i'attivit� statica, di semplice godimento ed amministrazione dei beni: ..,.:1diment'O ed amministrazione, del resto, che devono appunto .ritenersi corrispondenti alla attivit� di �propriet� e gestione� enunciata nel testo della legge, come la stessa Corte Suprema, in riferimento a simili espressioni adoperate altra volta dal legislatore, per definire ugualmente le societ� immobiliari (t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 78), ha avuto di recente occasione di riconoscere, anzi puntualizzando che quella endiadi esprime i ooncetti � della conservazione della propriet� immobiliare e della gestione di essa... � (Cass., 14 gennaio 1965, n. 70, Soc. Ed. Centrale-Finanze, in questa Rassegna, 1965, I, 769, con nota di ANGELINI RoTA), e cio� concetti, dovrebbe conseguentemente ritenersi, nei quali non potrebbero rientrare le attivit� di incremento del patrimonio, e tanto meno quelle non di mero acquisto di altri beni, ma di diretta produzione, oon relativi rischi di impresa, degli stessi. 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tutta l'attivit� deve essere unitariamente considerata con riguardo alle finalit� di commercio, nel caso di rivendita per fini speculativi, o, nel caso opposto, di costituzione del patrimonio sociale da gestire. Ordunque, essendosi nel caso concreto verificata la seconda ipotesi, confermata, inoltre, dalla destinazione del patrimonio sociale ai soci, titolari delle quote azionarie, mediante proporzionale assegnazione dei beni, la So ciet� Dora Valdocco e, per essa, i soci dovevano godere dell'agevola zione tributaria, di cui alla legge n. 930 del 1955, registrando gli atti di assegnazione a tassa fissa. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 148 -Pres. Favara -Est. Gambogi -P. M. Trotta (conf.) -Falconi (avv. Piccarozzi) c. Ministero Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Accertamento -Avviso di accertamento -Natura nel sistema anteriore alla legge 5 gennaio 1956 n. 1 -Poteri di accertamento delle Commissioni Distrettuali -Soppressione -Conseguenze in ordine alla natura dell'avviso. (1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 1, e segg.; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 31 e segg.: t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 43; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 39). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Avviso di accertamento -Legge 5 gennaio 1956 n.1 -Motivazione analitica -Necessit� Sistema precedente -Superfluit�. (1. 5 gennaio 1956, n. 1; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 37; t. u. 24 agosto 1877, n. 4021; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 39). Imposte e tasse in genere -Imposte Dirette -Avviso di accertamento Legge 5 gennaio 1956 n. 1 -Necessit� della motivazione -Retroat tivit� -Insussistenza. (l. 5 gennaio 1956, n. 1; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 37). In materia di imposte dirette gli artt. 1 e segg. della legge 5 gennaio 1956, n. 1, trasfusi negli artt. 31 e segg. del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, hanno apportato un radicale mutamento al sistema di accertamento preesistente alla istituzione della dichiarazione unica dei redditi, in quanto hanno soppresso la facolt� delle Commissioni distrettuali delle imposte, prevista dagli artt. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 e 39 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, di aumentm�e i redditi accertati dall'Ufficio. Pertanto, l'accertamento tributario delle imposte dirette si � trasformato da un atto introduttivo (suscettibile di successiva variazione) del giudizio di valutazione, in un presupposto che fissa irrevocabilmente il quantum e la specificazione dei redditi imponibili, salva la I 1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 173 possibilit� di altro accertamento integrativo ai sensi dell'art. 35 del t.u. 645 del 1958 (1). In base all'art. 1 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (art. 37 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) l'avviso di accertamento deve contenere, a pena di nullit�, una analitica motivazione la quale, nel sistema precedente all'entrata in vigore della legge, poteva considerarsi superfiua, in considerazione del fatto che era prevista la facolt� delle Commissioni distrettuaU, ora soppressa, di aumentare i redditi accertati (2). Il principio legislativo che impone la motivazione analitica dell'avviso di accertamento non ha efficacia retroattiva, sicch� esso non trova applicazione in riferimento agli accertamenti effettuati prima dell'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1, anche se soltanto successivamente sono pronunciate le relative decisioni delle Commissioni distrettuali (3). (Omissis). � noto che, per quanto concerne i requisiti di validit� dell'accertamento fiscale in materia di imposte dirette gli artt. 1 e segg. della legge 5 gennaio 1956, n. 1, successivamente trasfusi negli artt. 31 e segg. del t.u. 2�9 gennaio 1958, n. 6�45, hanno apportato al sistema precedente alla istituzione della dichiarazione unica dei redditi un radicale mutamento, essendo stata soppressa quella facolt� di aumentare i red (1-3) Osservazioni sulla natura giuridica e sulla funzione dell'avviso di accertamento. 1. Con la sentenza in rassegna la Cassazione, al fine di risolvere il problema di diritto transitorio concernente i requisiti di validit� degli avvisi di accertamento notificati prima dell'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1, ed in relazione ai quali le relative pronunce delle Commissioni tributarie, in sede di opposizione proposta dal contribuente, siano di data posteriore, ha posto in rilievo, per quanto concerne le imposte dirette, il mutamento di disciplina giuridica dell'accertamento tributario in conseguenza dell'entrata in vigore della citata legge poi trasfusa nel t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. Gli artt. 31 e segg. del t.u. n. 645 del 1958 (artt. 1 e segg. della legge 5 gennaio 1956, n. 1) hanno, infatti, soppressa la facolt� di diretto accertamento delle Commissioni distrettuali p1revista dagli artt. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 e 39 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 ed hanno demandato agli uffici finanziari, in via esclusiva,, di procedere in maniera autorita�� tiva o mediante accordo con il contribuente alla rettifica degli imponibili dichiarati e all'accertamento di quelli omessi. Il relativo avviso di accertamento, con il quale l'Amministrazione � tenuta a comunicare al contribuente i risultati del controllo eseguito e le sue valutazioni della base imponibile, deve essere motivato (art. 37 t.u. 1958, n. 645), a pena di nullit� deducibile entro breve termine dal contribuente nel rkorso alla commissione di primo grado, con indicazione analitica delle fonti produttive e degli elementi in base ai quali viene determinato l'imponibile stesso, mediante espresso riferimento alla dichiarazione del contribuente, se presentata. Dalle norme innanzi indicate, le quali hanno apportato un effettivo e radicale mutamento al sistema precedente alla dichiarazione unica dei redditi, la Suprema Corte ha ritenuto di poter trarre l'illazione, avente rilievo esclusivamente teorico e che riecheggia note teorie del BERLmI, che l'accertamento di ufficio si � trasformato, da un mero atto introdut 174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diti accertati dall'Ufficio delle Imposte che l'art. 43 del t.u. n. 4021 del 1877 riservava alle Commissioni distrettuali per le imposte dirette, con disposizione confermata (sia pure con un limite temporale) dall'art. 39 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, ed essendosi, quindi, trasformato l'accertamento di ufficio da un mero atto introduttivo, suscettibile di successiva variazione, in un presupposto che irrevocabilmente fissa (salva la possibilit� di altro accertamento integrativo ai sensi dell'art. 35 del t.u. 645 del 1958, per il quale valgono, naturalmente, gli stessi principi) il quantum e la specificazione dei cespiti imponibili per quanto concerne la pretesa dell'ufficio. Coerentemente a tale nuova natura dell'accertamento, l'art. 1 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (art. 37 del t.u. del 1958) richiede, a pena di nullit�, l'analitica motivazione dell'avviso di accertamento; analitica motivazione del tutto superflua, o quanto meno priva di sostanziale importanza, nel precedente sistema, in cui quella che si potrebbe definire la contestatio litis del procedimento fiscal~ si verificava nel giudizio tivo del .giudizio di valutazione, in un presupposto che fissa irrevocabilmente il quantum e la specificazione del cespiti imponibili. Tale affermazione offre lo spunto per alcune brevi osservazioni sulla natura giuridica e sulla funzione deH'avviso di accertamento considerato I come un atto del complesso procedimento volto all'accertamento dell'imposta. In tale indagine, � bene subito precisare, si prescinde in maniera i assoluta dalla dibattuta questione circa la natura dell'accertamento tributario, cio� la sua efficacia dichiarativa o costitutiva (1). Si intende soltanto, invece, portare l'esame specificamente sull'avviso di accertamento e sul I problema della sua natura giuridica. II 2. L'indagine sulla natura giuridica dell'avviso di accertamento appare di attualit� in relazione al fatto che, ancora una volta, � stata sostenuta I , in dottrina (2) l'opinione secondo la quale l'accertamento del presupposto costituirebbe una mera operazione logica per giungere alla liquidazione del tributo, al pari ad esempio dell'accertamento della causa di un atto amministrativo. N� prima, n� tantomeno dopo la liquidazione del tributo, tale accertamento avrebbe una vita propria, costituirebbe cio� un atto giuridico di per s� stante, capace, come tale, di effetti giuridici propri, giacch� l'unico atto rilevante sarebbe 1'� atto di imposizione �. Il BERLmI (3) distingue a tal fine l'avviso di accertamento, inteso come l'atto con il quale l'Amministrazione porta a conoscenza dell'interessato la individuazione da essa compiuta degli elementi da porre a base dell'imposizione, tanto dall'ac �certamento definitivo, con il quale si determinano appunto in via definitiva gli elementi contestati al contribuente con l'avviso, quanto dall'accer Iteamento come situazione giuridica nascente dall'atto definitivo, definita come �cosa accertata�. Per ci� che attiene al primo di tali momenti, cio� all'avviso di accertamento, oggetto specifico di queste brevi osservazioni, il BERLmI ritiene che esso, lungi dal porsi come atto autonomo del proce (1) Sul problema, in vario senso: GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto tributario, Milano 1960, 143 e segg.; id. Rapporto giuridico d'imposta, Milano 1937, 229~ TEsoao, Principi di diritto tributario, Bari 1938, 180, e segg.; PUGLIESE, Istituzioni di diritto .finanziario, Padova 1937, 130; ALLORIO, Diritto processuale tributario, Torino 1962, 60 e segg.; CocivERA, Accertamento tributario, Enc. del dir., Milano 1958, I; BERLIRI,' Processo amministrativo tributario, Reggio Emilia 1940, I, 115; id. Principi di diritto �tributario, vol. Ill, L'accertamento, Mlano 1964. (2) BEBLIRI, Principi di diritto tributario, vol. Ili, L'accertamento, Milano 1964. (3) Op, ult. cit., 29. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 175 dinanzi alla Commissione distrettuale, anche indipendentemente dal precedente avviso di accertamento. Nella specie, pertanto, sorge una questione di diritto transitorio, perch� l'avviso di accertamento fu notificato nel dicembre 195.3, quando il sistema poi instaurato dalla legge n. 1 del 1956 ancora non vigeva. Ma trattasi di questione di breve momento, perch� sia che si consideri la natura processuale dell'avviso di accertamento, che introduce, appunto, il procedimento fiscale, sia che si inquadri la questione stessa dal punto di vista della forma prevista a pena di nullit� per questo atto, la conclusione pu� esere una sola: l'applicazione del principio tempus regit actum che regola gli atti processuali e i requisiti di forma di qualsiasi atto giuridico. dimento, avente propria autonomia funzionale, costituisca una semplice proposta dell'Amministrazione finanziaria diretta al contribuente ed avente lo scopo di sollecitare quest'ultimo ad aderire all'accertamento dell'Ufficio, in quanto giammai l'Ufficio stesso potrebbe procedere, con i suoi poteri autoritativi, ad un accertamento unilaterale che prescinda dal consenso del contribuente. In tal modo la mancata opposizione del contribuente avrebbe il valore di assenso all'operato dell'Ufficio, mentre in presenza di una opposizione verrebbe ad instaurarsi il procedimento giurisdizionale, il quale costituirebbe l'unica alternativa alla soluzione consensuale mediante concordato, e, d'altra parte, alla mancata opposizione del contribuente dovrebbe attribuirsi il valore di adesione implicita all'operato del1' Amministrazione finanziaria. In siffatta visione del fenomeno l'avviso di accertamento, inteso come proposta dell'Amministrazione al contribuente, verrebbe ad assumere la natura dell'atto iniziale del procedimento avente ad oggetto la valutazione della base imponibile. L'annotata sentenza, peraltro, senza nessuna pretesa di inquadramento '9rico del problema e piuttosto come un'affermazione di carattere mera v.te incidentale, sembra implicitamente riferirsi a tale teoria allorch� ''\fica l'avviso di accertamento, sia pure con esclusivo riferimento alla \Una precedente alla legge 5 gennaio 1956, n. 1, come un atto intro \ di un procedimento, suscettibile di successiva variazione. 'l,uesta Ra~seg'f!'U {4).l'op~ni<;me. de,l BERLmI, esaminata n~l}e su~ �one ed 1mphcaz1om prmc1pal1, e stata sottoposta a critica. S1 \fatti, in evidenza che non � assolutamente accettabile la quali il'avviso di accertamento come semplice proposta con la quale vidua e comunica gli elementi concernenti il presupposto di __.fe nemmeno pu� condividersi l'affermazione che la mancata AOne del contribuente costituisca un'accettazione tacita dell'accer .di.to operato dall'Ufficio. In realt� non sembra potersi negare, particolarmente sulla base della nuova disciplina dettata dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, una autonoma rilevanza giuridica all'avviso di accertamento inteso come atto autoritativo con il quale l'Amministrazione fissa una situazione giuridicamente rilevante del tl'apporto d'imposta. Con tale atto l'Amministrazione puntualizza in maniera autoritativa un momento del complesso procedimento di accertamento dell'imposta non soltanto identificando il soggetto passivo del rapporto, ma principalmente determinando e qualificando i cespiti imponibili e l'ammontare della base sulla quale dovr� essere commisurato il tasso d'imposta. La sua autonomia trova decisiva conferma nel fatto che � concesso al .contribuente la possibilit� di proporre un'impugnativa avverso l'avviso din (4) FANELLI, Recensione a BERLIRI, op, ult. cit., Rass. Avv. Stato 1964, II, 193. 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Conseguentemente il principio legislativo che impone la motivazione analitica dell'avviso di accertamento non pu� avere efficacia retroattiva ed essere applicato all'accertamento de quo, notificato, ripetesi, nel 1953. Vero � che il giudizio dinanzi alla Commissione distrettuale si svolse poi, dopo ben sei anni, nel 1959, quando gi� erano entrate in vigore sia la legge n. 1 del 1956 che il t.u. del 1958, e che, quindi, pi� non sussisteva, in tale momento, quel potere di nuovo accertamento da parte della commissione di prima istanza che rendeva, come si � premesso, non essenziale la specificazione motivata dell'avviso di accertamento. Ma questo rilievo non pu� influire sulla applicabilit� alla specie del principio tempus regit actum; se i successivi mutamenti legislativi diretti non possono caducare l'atto processuale o l'atto formale nanzi alle competenti Commissioni tributarie (5), nell'esigenza legislativa-� mente sancita della necessaria analitica motivazione, la cui mancanza ne determina l'invalidit� deducibile ad istanza del contribuente medesimo entro un termine di decadenza, e nella definitivit� �ed inoppugnabilit�, in. relazione all'inutile decorso dei termini d'impugnativa, le quali caratterizzano l'avviso al pari degli altri atti amministrativi autoritativi. Le indicate caratteristiche strutturali �e funzionali dell'avviso di accertamento mal si conciliano con la sua asserita natura di semplice proposta la quale non potrebbe giammai essere considerata come atto autoritativo, bens� soltanto i::� I come atto paritetico della Pubblica Amministrazione. � noto, d'altra parte, che gli elementi della inoppugnabilit� per decorso dei termini di decadenza ' per l'impugnativa, dell'annullabilit� da parte di appositi organi giurisdi-. l zionali e della necessit�, a pena di nullit�, di una analitica motivazione, non possono considerarsi come caratterizzanti gli atti c.d. paritetici delle� p. A., ma soltanto gli atti amministrativi in senso tecnico, emanati cio�� nell'esercizio di una pubblica funzione e ai quali consegue l'efficacia pro' . pria degli atti amministrativi (presunzione di legittimit� ed esecutoriet�) fino a quando non siano annullati dagli organi giurisdizionali competenti. Data la sua rilevanza esterna e la produttivit� di effetti giuridici che Igli � propria, l'avviso di accertamento ha carattere di atto recettizio" giacch� � destinato a rendere il contribuente legalmente edotto del valore che l'Amministrazione autoritativamente attribuisce ai cespiti tassabili (6)~ I Sembra, quindi, che all'avviso di accertamento debba riconoscersi la I f: natura di atto amministrativo in senso tecnico avente ad oggetto l'identificazione del soggetto passivo dell'imposta, la specificazione dei cespiti da sottoporre ad imposizione e la determinazione quantitativa della base imponibile, sulla quale dovr� essere commisurato il tasso d'imposta. 3. Precisata la natura dlel'avviso di accertamento come atto amministrativo e non come semplice proposta dell'Amministrazione al contribuente, appare necessario procedere all'inquadramento dell'avviso nelle note categorie degli atti amministrativi elaborate dalla dottrina. Generalmente l'avviso viene classificato nella categoria degli accertamenti amministrativi; dubbi sono sorti soltanto sulla questione se esso costituisca un atto di accertamento semplice o di accertamento costitutivo, e ci� in quanto si � attribuita all'avviso la stessa natura riconosciuta all'atto finale del procedimento amministrativo di accertamento tributario, (5) �Il rico~so tempestivo alla Commissione di prima istanza � l'unico rime-.. dio per impugnare l'accertamento dell'Ufficio impositore ed impedire la definitivit� del reddito accertato� (Cass. 20 ottobre 1965 n. 2155). (6) Sulla natura della comunicazione dell'avviso come � operazione amministrativa �� vedesi Cass. 15 luglio 1965, n. 1537, in questa Rassegna 1965, 1046, con. nota redazionale adesiva. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 177 posti in essere secondo i canoni della legge precedente, anche se detti atti debbano spiegare efficacia sotto il nuovo regime legislativo, a maggiore ragione sar�, a tale effetto, irrilevante la novatio legis che riguardi soltanto un presupposto logico della cessata regolamentazione legislativa dell'atto processuale o formale; e cio�, nella specie, il potere diretto di accertamento conferito alla commissione di prima istanza. Del resto, il vero presupposto logico della relativa libert� di forma e di sostanza che, nel sistema precedente a quello della dichiarazione unca dei redditi, vigeva per l'avviso di accertamento di ufficio, doveva ravvisarsi nella possibilitd di difesa concessa per altra via al contribuente contro la contestazione di cespiti o redditi non contenuta o specificata in detto avviso. Il meno rigido e formale sistema, infatti, consentiva codesta possibilit�, e nella specie il Falconi pienamente la ebbe, secondo quanto rileva la decisione impugnata, perch� subito dopo l'avviso di accertamento, fu verbalmente informato dall'ufficio che tra i cespiti non specificati rientravano i beni della moglie ed il denaro presunto. Tale considerazione circa l'esistenza di specifica possibilit� di difesa era quindi quella che contava nella specie; e poich�, ripetesi, essa si rinviene, sia pure in forma concisa, nella decisione impugnata, viene senza tener conto del fatto che esso rappresenta soltanto un momento, e non certo quello finale, sia pure dotato di autonomia funzionale e di efficacia autoritativa esterna, del complesso procedimento volto all'accertamento dei tributi. Il problema quindi della classificazione dell'atto in questione nell'ambito degli atti amimnistrativi non � influenzato, a nostro avviso, da quello diverso che concerne la natura, dichiarativa o costitutiva del rapporto di imposta, dell'accertamento tributario nel suo complesso. Sgombrato cosi il campo da tale possibile equivoco, va precisato che non sembra possa farsi rientrare l'avviso di accertamento nella categoria degli atti amministrativi di accertamento in senso stretto. La pi� recente dottrina, sia con riferimento al problema dell'accertamento nella teoria generale del diritto (7), sia pi� specificamente per quanto attiene agli atti amministrativi (8), ha chiarito che i fatti e gli atti di accertamento, oltre a comportare come minimo irriducibile una dichiarazione di scienza (pur potendo contenere per� un ulteriore elemento volitivo), sono caxatterizzati dalla loro efficacia preclusiva e dalla funzione diretta alla eliminazione di un possibile conflitto di apprezzamenti intorno ad una realt� giuridica precedente che presenti obbiettivi caratteri di incertezza. Intesa in tal modo la categoria degli atti e fatti di accertamento, quelli che generalmente sono ritenuti tali, in realt� non lo sono, in quanto rientrano nella categoria degli atti e fatti di certazione � nei quali ha rilievo pi� che il processo intellettuale dell'accertamento, nel senso pregiuridico di acclaramento dei fatti -nelle varie pi� precise forme che esso pu� assumere -il fine di determinare una realt� giuridica per l'innanzi non esistente � (9). Cosi precisata la nozione degli atti di certazione, consegue che essi non sono diretti, come gli atti di accertamento, ad eliminare, con efficacia (7) FALZEA, Accertamento (teoria generale), Enc. det dir. Milano 1958, I, 205. (8) GIANNINI M. S., Accertamento (diritto costituzionale e amministrativo). Enc. det dir., Milano 1958, I, 219 e segg. (9) GIANNINI M. s., op. toc. cit. 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cosi meno ogni fondamento anche alla censura di omessa pronunzia su di un punto decisivo, mossa con l'ultima parte del mezzo. � poi appena il caso di osservare che se anche alla presente con troversia si volesse in via di ipotesi applicare il nuovo regime legisla tivo in tema di nullit� dell'avviso di accertamento, bisognerebbe allora, ovviamente, applicare integralmente l'art. 37 del t.u. del 1958, che prevede la decadenza dal diritto di eccepire tale nullit� se l'eccezione non venga proposta �nel ricorso alla commissione di primo grado �; il che non fu fatto nella fattispecie, perch� lo stesso ricorrente rico nosce di aver sollevato la questione di nullit� solo in sede di discus sione orale dinanzi alla commissione; fatto questo che non soddisfa, evidentemente, il voto di legge. Il primo mezzo di ricorso deve essere quindi, comunque riguardato, respinto. (Omissis). preclusiva, preesistenti incertezze, ma hanno la funzione di porre delle statuizioni nuove che producano mutamenti nella realt� giuridica. Il loro effetto non � quindi di carattere preclusivo, ma � qualificatorio �, cio� a dire di creazione di modi di essere della realt� giuridica per fini rilevanti per il diritto. L'atto di certazione pu�, pertanto, definirsi come l'atto della p. A. che nel mondo del diritto opera una qualificazione giuridica della realt� preesistente. In relazione aUa sua natura ed alla sua funzione, appare sterile la polemica imperniata sulla dicotomia efficacia dichiarativa-efficacia costitutiva, giacch� l'effetto tipico dell'atto di certazione � quello di far assumere ad una certa realt� una qualificazione giuridica (effetto qualificatorio). Ci sembra, facendo applicazione dei concetti innanzi precisati, che, data la funzione dell'avviso di accertamento nell'ambito del procedimento di accertamento tributario, possa ad esso riconoscersi la ulteriore qualifica di atto di certazione mediante il quale l'Amministrazione finanziaria puntualizza un dato di fatto rilevante ai fini della tassazione identificando il contribuente, identificando e qualificando il cespite tassabile, e quantificando la base imponibile per la successiva applicazione del tasso d'imposta. Data la sua incidenza nel procedimento complesso diretto all'accertamento del tributo, esso assume un carattere neutro, non potendo ritenersi dotato n� di efficacia dichirativa n� di efficacia costitutiva del rapporto d'imposta, e consiste in una esplicazione del pubblico potere diretta alla puntualizzazione, ai fini dell'imposizione, ,di una certa realt� nel mondo del diritto; puntualizzazione operata in via autoritativa ed unilaterale attraverso un'attivit� formalmente e sostanzialmente amministrativa. Non sembrano in contrasto con siffatta qualificazione le caratteristiche, pi� sopra messe in rilievo, dell'avviso di accertamento (autoritativit�, presunzione di legittimit�, inoppugnabilit� per decorso dei termini di impugnativa) giacch� esse non contrastano con la natura di atto di certazione volto, nella specie, autoritativamente, alla determinazione qualitativa e quantitativa di uno degli elementi incidenti nel procedimento amministrativo di accertamento tributario. Nella categoria, infine, delle certazioni di conoscenza e delle certazioni di scienza, ci sembra che l'avviso di accertamento debba farsi rientrare nell'ambito delle certazioni di scienza, giacch� esso costituisce una manifestazione di giudizio avente carattere descrittivo-valutativo, cui consegue la sussunzione nella realt� giuridica, ai fini del procedimento di accertamento tributario, di dati di fatto preesistenti nella realt� materiale. A.QUARANTA PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 179 I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 332 -Pres. Pece -Est. Saya -P. M. di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. Societ� Bombrini Parodi-Delfino (avv. Pieroni). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre -Nozione -Fattispecie. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Le disposizioni, necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une delle altre, soggette all'imposta di registro per la sola disposizione che d� luogo all'imposta pi� grave, ai sensi dell'art. 9 cpv. del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sono soltanto quelle tra loro collegate -e non per mera volont� delle parti, bens� in forza di legge -da un nesso di causalit� necessaria ed oggettiva, che le renda elementi indispensabili dell'unico rapporto imponibile. Pertanto, � soggetta autonomamente all'imposta la fidejussione collegata ad un contratto di fornitura, anche se questo sia stipulato con un'Amministrazione dello Stato, non sussistendo alcun precetto legislativo che quella garanzia imponga, in via generale o rispetto alla pubblica amministrazione (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 496 -Pres. Fibbi -Est. Gambogi -P. M. Raja (conf.) -Benedetti (avv. Spartano) c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre -Nozione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Le disposizioni, necessariamente connesse e derivanti per l'intrinseca loro natura le une dalle altre, soggette all'imposta di registro per la sola disposizione che d� luogo all'imposta pi� grave, ai sensi dell'art. 9 cpv. del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sono soltanto quelle tra le quali esista -e non per mera volont� delle parti, bens� in forza di legge -una concatenazione logica necessaria, tale che esse possano essere tutte riassorbite, quali elementi indispensabili, nell'unico rapporto giuridico tassabile, restando cos� esclusa dalla previsione normativa l'ipotesi di connessione, tra disposizioni contrattuali, che non dipenda dall'astratta configurazione giuridica, di ciascuna di esse, bens� dall'impossibilit� materiale o addirittura dalla mancanza di convenienza economica di una stipulazione distinta ed autonoma (2). (1-2) Giurisprudenza consolidata, nei sensi che la connessione tra le varie disposizioni deve essere voluta dalla legge ed in termini tali da dar luogo ad una concatenazione o compenetrazione di carattere oggettivo, che 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I (Omissis). Con il primo mezzo la ricorrente Amministrazione delle Finanze lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 9 e 53 della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) e dell'art. 54 ali. A a detta legge in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto non suscettibile di distinta imposizione la fidejussione consentita dal Banco di Sicilia perch� connessa al contratto di fornitura intercorso tra la societ� resistente e il Polverificio dell'Esercito Fontana Liri. La censura � fondata. Ai sensi dell'art. 9 della legge di registro, se in un atto sono comprese pi� disposizioni indipendenti e non derivanti necessariamente le une dalle altre, ciascuna � sottoposta a tassazione come se formasse un I atto distinto, mentre, se esse sono necessariamente connesse e derivanti per la loro intrinseca natura le una dalle altre, si procede ad unica I tassazione in base alla disposizione che importa l'imposta pi� grave. La norma citata si riferisce al caso di una pluralit� di negozi giuridici I contenuti nel medesimo documento, in tali sensi dovendosi interpretare il termine � disposizioni � da essa usato, giacch�, se si trattasse di pattuizioni o clausole concernenti un solo negozio giuridico, sia pure misto, l'unicit� della tassazione discenderebbe evidente dai principi generali che informano la legge medesima. Ed appunto per il caso considerato � stato posto il criterio discretivo fondato su un particolare tipo di con' nessione tra i vari negozi giuridici contenuti nello stesso documento, in base al quale il negozio, che importa la tassazione pi� grave, esclude una distinta tassazione degli altri solo quando questi ultimi, come chiaramente discende dalla formula legislativa, debbano in base a una norma giuridica e perci� necessariamente essere compiuti insieme al primo. Non � quindi sufficiente un qualsiasi rapporto di connessione, ed in particolare quello dipendente dalla volont� delle parti, ma � richiesto che per legge vi sia tra la pluralit� dei negozi giuridici posti in essere un collegamento necessario, cosi da potere essere tutti riassorbiti per valga a riassorbire tutte le disposizioni in un unico negozio: cfr., in argomento, anche per ampia casistica, la Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 488; cfr., inoltre, la recente Cass., 12 marzo 1965, n. 416, in questa Rassegna, 1965, I, 781, con nota di L. CoRREALE. Potrebbero lasciare perplessi, peraltro, le ulteriori considerazioni contenute nella seconda parte della prima delle sentenze in nota, l� dove, osservandosi che una connessione ai sensi dell'art. 9, cpv., della legge del registro non pu� ravvisarsi, tra un contratto di fornitura ed una collegata fideiussione, e ci� nel rilievo che nessuna norma prevede un tale collegamento con carattere di necessit�, n� in via generale n� per contratti stipulati con la pubblica amministrazione, potrebbe ritenersi implicitamente affermata la possibile ricorrenza di disposizioni non imponibili autonoma PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 181 la loro intrinseca natura quali elementi indispensabili nell'unico rapporto tassabile ai fini dell'imposta di registro (cfr. Cass. 3 ottobre 1958, numero 3087, 12 marzo 1965, n. 416). Se manca il rilevato nesso di causalit� necessaria e obbiettiva, la tassazione dovr� essere operata distintamente e separatamente per ogni singolo negozio. posto in essere, a nulla rilevando un qualsiasi altro nesso che tra i negozi medesimi possa esistere. Di ci� non ha tenuto conto l'impugnata sentenza, la quale -sul semplice rilievo che la fidejussione era connessa al negozio fondamentale di fornitura; che dava luogo all'impost� maggiore -ha ritenuto che essa non era soggetta a distinta imposizione tributaria. Mentre era necessario porsi il quesito se insieme alla fornitura, per cui era stata corrisposta un'anticipazione del prezzo -secondo la qualificazione del rapporto che � stata data dalla Corte di merito e che rimane ferma -, doveva necessariamente coesistere per legge una garanzia da parte del somministrante per l'eventualit� della mancata esecuzione del contratto, quesito che andava intuitivamente risolto in senso negativo, non sussistendo alcun precetto legislativo che tale garenzia imponga n� in via generale n� rispetto alla Pubblica Amministrazione. Sicch� non era dubbio che nella specie la fidejussione doveva distintamente essere tassata a norma dell'art. 53 della legge di registro e dell'art. 54 della Tariffa all. A a detta legge, risultando pertanto destituita di giuridico fondamento su tale punto l'opposizione proposta dalla societ� Bombrini Parodi-Delfino. II (Omissis). Con l'unico motivo di ricorso il Benedetti denunzia la violazione degli artt. 8 e 9 della legge organica del registro, la falsa applicazione degli artt. 7 e 52 della stessa legge, la difettosa ed erronea motivazione, lamentando che la sentenza impugnata abbia erroneamente valutato la fattispecie, non tenendo conto del fatto che la concessione del terreno ad uso di sfalcio d'erba e pascolo si trovava collegata con i lavori di sistemazione agraria del terreno stesso non solo da un vincolo sog mente nel caso che un collegamento tra i due negozi, ed eventualmente anche soltanto per particolari ipotesi, sia dalla legge voluto. Tale conclusione, per vero, non sarebbe accettabile, poich�, come del resto � ribadito nella stessa sentenza in esame, � richiesto non soltanto che la connessione sia imposta dalla legge, ma anche che essa sia tale, e sempre per volont� legislativa, che le varie disposizioni rappresentino gli � elementi indispensabili dell'unico rapporto tassabile ., e cio�, in definitiva, che si tratti di disposizioni che non siano concepibili per una propria autonoma funzione, restando cos� da qualificare come indipendenti, e perci� separatamente soggette al tributo, � tutte le disposizioni che non rientrano nel paradigma normale dell'atto� (GuGLIELMI e AzzARITI, Le imposte di 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gettivo, e cio� voluto dalla libera scelta delle parti, ma anche da un vincolo obiettivo, costituito dalla dipendenza causale tra sfalcio d'erba, pascolo e lavori di sistemazione. In proposito va ricordato che la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha affermato ripetutamente che, agli effetti previsti dall'art. 9 della legge di registro, la ipotesi delle � disposizioni necessariamente connesse e derivanti, per l'intrinseca loro natura, le une dalle altre � si verifica solo allorquando tra dette disposizioni esista, in forza della legge e non per mera volont� delle parti, uria concatenazione logica necessaria, cosi da poter essere tutte riassorbite, per la loro intrinseca natura, quali elementi indispensabili, nell'unico rapporto giuridico tassabile ai fini del registro (da ultimo, sentenze n. 3087 del 3 ottobre 1958, n. 1520 del 9 maggio 1956). Basta il richiamo di tale consolidata giurisprudenza per dimostrare che nella ipotesi da essa configurata non pu� rientrare il caso di una connessione tra disposizioni contrattuali che dipenda non gi� dalla astratta configurazione giuridica di ciascuna di esse, bensi dalla impossibilit� materiale, o, addirittura, dalla mancanza di convenienza economica di una stipulazione distinta ed autonoma delle due convenzioni. Ora, nella specie, proprio questo il ricorrente I, deduce: e cio� la impossibilit� materiale di concedere lo sfalcio ed il pascolo sui terreni senza che il concessionario si assumesse contemporaneamente l'obbligo di sistemare i terreni, � date le condizioni in cui . erano ridotti i campi di volo �. Tale impossibilit� materiale, anche se in realt� fosse stata rigorosamente obiettiva, e cio� dovuta a necessit� . contingenti assolute e non alla semplice considerazione degli interessi Ijeconomici delle parti, non potrebbe mai assimilarsi, agli effetti di cui � causa, a quella impossibilit� giuridica di concepire le due convenzioni distinte ed autonome tra di loro che, come si � premesso, la giurispru I denza di questa Corte all'uopo richiede. (Omissis). I I registro, Torino, 1959, p. 83), senza alcuna possibilit� di distinguere in rapporto alle concrete stipula:ziioni, siano esse poste in essere per volont� delle parti ovvero per obbedire ad un particolare precetto, che non riguardi la fattispecie normativa tipica. E le ragioni di perplessit�, per�, devono ritenersi fugate dalla pi� completa enunciazione contenuta nella seconda delle sentenze in rassegna, dalla quale, col rilievo che la necessit� della connessione dipenda esclusivamente � dalla astratta configurazione giuridica � delle varie disposizioni, risulta chiarito che appunto allo schema legale generale deve sempre aversi riguardo, e non gi� a concrete situazioni, nelle quali, per avventura, ed anche se in dipendenza di particolari disposizioni di legge, pi� negozi, ciascuno in via generale autonomamente da considerare per una propria rilevanza giuridica, s� trovino ad essere collegati. � Sulla questione specifica della fideiussione, che pu� dirsi del resto testualmente risolta (art. 53 legge del registro), cfr. Sez. Un., 15 aprile 1937, n. 1134 (Foro It., 1938, I. 44). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 183 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 febbraio 1966, n. 537 -Pres. Fibbi -Est. Giannattasio -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Varvesi) c. Soc. Ugo Milici (avv. Traverso). Imposta di registro -Agevolazioni per l'hlcremento delle costruzioni edilizie previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 -Acquisto con unico atto di a:i;ea desthlata alla costruzione di una pluralit� di edifici -Ultimazione di una parte soltanto degli edifici entro il biennio dall'hlizio dei lavori sull'area complessivamente considerata -Decadenza dalle agevolazioni -Si verifica. (1. 2 luglio 1949 n. 408, art. 14; r. d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 9). Nell'ipotesi di acquisto con unico atto di un'area destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici, � necessario, per l'applicabilit� dei benefici di cui all'art. 14 della l. 2 luglio 1949, n. 408, che l'intero complesso edilizio venga ultimato entro il biennio dall'inizio dell'attivit� costruttiva relativa al terreno unitariamente considerato, cio� entro il biennio dall'inizio della prima costruzione, e tanto anche in vista della stessa unitariet� ed inscindibilit� del rapporto tributario cui le agevolazioni andrebbero riferite (1). (Omissis). L'Amministrazione ricorrente, con un unico motivo, censura la denunciata sentenza lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, e dell'art. 9 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per avere ritenuto che, quando l'area edificabile acquistata con unico atto sia destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici, per fruire delle agevolazioni per l'imposta di registro relativa all'acquisto delle aree, di cui alla citata I. n. 408 del 1949, non � necessario che l'intero complesso edilizio venga portato a compimento entro il biennio dall'inizio dei lavori edificatori, ma basta che ogni singola costruzione sia ultimata entro due anni dall'inizio dei relativi lavori; (1) Alle conclusioni, di cui alla massima, la Corte Suprema � pervenuta attraverso un completo e rigoroso esame dei vari profili della questione, che per la prima volta veniva al suo esame. La ineccepibile ed esauriente motivazione, non limitata all'indicazione delle ragioni essenziali del decidere, ma estesa alla analitica confutazione degli argomenti che la Corte del merito aveva ritenuto rilevanti ai fini di opposta soluzione (App. Genova, 24 gennaio 1964, Dir. Prat. Trib., 1964, II, 337, ove anche Trib. Genova, 10 gennaio 1963, nella stessa causa, in senso favorevole alla tesii dell'Amministrazione, e Comm. centr., 20 giugno 1962, n. 89668, contraria, nonch� nota di S. Dus), dispensa da ogni pi�ampio commento. Baster�, dunque, osservare: a) che l'autonomia di disciplina, quanto ai benefici in tema di imposte di registro (ed ipotecarie), dii cui all'art. 14 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la ricorrente, degli argomenti addotti dalla Corte di merito, quello letterale, desunto dall'impiego al singolare del termine � costruzione � nel contesto dell'art. 14, appare poco probante, in quanto pu� essere ugualmente riferibile al complesso dei lavori da farsi nell'area; se poi detto termine si inquadra nell'insieme della disposizione, appare chiaro che nell'art. 14 della 1. n. 408 � stato fissato un termine acceleratorio a se stante. Dopo aver rilevato che l'ulteriore argomentazione della sentenza si risolve in una petizione di principio, perch� parte dal presupposto della diversit� di disciplina, la ricorrente sostiene che, dopo l'entrata in vigore della 1. 2 febbraio 1960, n. 35, la considerazione di una causa di decadenza in relazione al mancato rispetto del termine acceleratorio biennale si pone soltanto con riguardo alle agevolazioni sulle imposte indirette. E, quanto al secondo comma dell'art. 14, l'affermazione della Corte di merito, che esso mira a determinare il limite del concetto di pertinenza per estendere anche alla parte del suolo che vi � destinata i benefici riservati alla costruzione, non modifica la portata effettiva della disposizione, che impone di tassare il valore dell'area residua a costruzione ultimata, e non supera l'obiezione della Finanza, che, se il legislatore avesse voluto lasciare arbitro il privato di iniziare separatamente costruzioni distinte su di un'area acquistata con unico contratto, avrebbe dovuto subordinare la riscossione dell'imposta ordinaria non all'ultimazione della costruzione, ma alla scadenza del termine utile per l'inizio delle costruzioni. La tesi della Corte di merito -si osserva infine -trova ostacolo nella norma dell'art. 9 della legge di registro, imponendo separate tassazioni per separati lotti dell'area stessa, con la possibilit� che la decadenza risulti limitata solo ad una frazione di area, laddove � principio generale di diritto tributario che anche lo inadempimento parziale delle condizioni poste dalla legge porta alla decadenza totale delle agevolazioni gi� applicate. Il ricorso � fondato. A norma dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 sull'incremento delle costruzioni edilizie il beneficio dell'imposta fissa di registro � concesso �per gli acquisti di aree fabbricabili e per i contratti di appalto, quando abbiano per oggetto la costruzione delle case di cui al precedente art. 13 � (e cio� case di abitazione non aventi della legge 2 luglio 1949, n. 408, ed a quelli per l'imposta sui fabbricati, di cui all'art. 13 della stessa legge, trova la sua ragione giustificativa, come � sottolineato nella sentenza in nota, nella diversit� stessa dei presupposti obiettivi dell'imposizione, poich� nel primo caso i tributi (e le correlative agevolazioni) sono indubbiamente ed esclusivamente riferibili all'atto, nella sua struttura unitaria, mentre nel secondo, riguardando l'imposta fondiaria il reddito di ciascuna delle unit� immobiliari, ognuna di queste pu�, anche ai fini dell'esenzione, essere separatamente considerata; b) che quella considerazione unitaria, del resto, � imposta anche dalla regola che si desume dall'art. 9 della legge organica del registro, in vista della quale lo stesso rapporto tributario, che si riferisca ad una � disposizione � unica, non pu� subire scissioni di sorta, ed evidentemente anche per ci� che attiene all'adempimento delle condizioni volute per l'applicabilit� dei benefici, posto che la situazione conforme alla fattispecie contemplata dalla norma di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 185 earattere di lusso) � purch� la costruzione sia iniziata e ultimata entro i termini stabiliti nello stesso art. 13 �. Detto art. 13 dispone che le costruzioni debbono essere iniziate entro il 31 dicembre 1953 (termine pi� volte prorogato con leggi successive e, da ultimo, sino al 31 dicembre 1967 con legge 2 febbraio 1960, n. 35) e compiute entro il biennio dall'inizio dei lavori. Di fronte a tali disposizioni si pone il quesito se, -qualora nell'area compravenduta siano da effettuare diverse costruzioni, per il computo del biennio di ultimazione si debba aver riguardo alla data d'inizio di ciascuna costruzione, oppure alla data di inizio dell'attivit� costruttiva su tutto il terreno, unitariamente considerato (praticamente alla data d'inizio della prima costruzione). � Che la tesi esatta sia quest'ultima e che, cio�, anche chi si rende acquirente di un'area per effettuarvi la costruzione di pi� case di abitazione non di lusso debba essere in condizione di ultimare l'edificazione dell'area acquistata entro il biennio dall'inizio dei lavori, per godere dei benefici fiscali di cui si discute, si ricava dall'ultimo comma dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 cos� formulato: � Sulla parte del suolo attigua al fabbricato, la quale ecceda il doppio dell'area co- perta, � dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta ordinaria di registro e ipotecaria �. Tale disposizione precisa il criterio della strumentalit� diretta dell'atto di acquisto dell'area rispetto all'attivit� economica volta alla costruzione, nel senso che tutta l'area con l'atto compravenduta -0.ev'essere effettivamente destinata, entro un certo termine, all'edificazione, da eseguirsi, una volta iniziata, nello spazio di due anni. Il -termine biennale dall'inizio della costruzione serve a garantire quel �collegamento strumentale diretto, or ora ricordato, che il legislatore ba voluto per far si che le costruzioni abbiano inizio ed esecuzione con la maggiore rapidit� possibile. Il legislatore, cio�, lascia all'acquirente dell'area la scelta del momento dell'inizio della costruzione -e ci� per ovvie considerazioni, principale fra tutte: per consentirgli il reperimento dei mezzi finanziari necessari -purch� questo abbia luogo i:!ntro un termine massimo (non oltre il 31 dicembre 1967), ma vuole �che il programma di costruzione -sia esso di una sola casa come di pi� case -venga portato a termine senza indugi, perch� intende incoraggiare, con un trattamento fiscale di favore, programmi biennali di favore non pu� dirsi verificata, se non quando gli elementi della fattispecie medesima siano realizzati nella loro integrit�; e) che lo stesso intento per: seguito dal legislatore, esattamente rilevato dalla Cassazfone, di favorire � programmi biennali di costruzione �, idonei a sopperire con la dovuta :sollecitudine ai considerati bisogni, sicuramente induce a respingere ogni �pi� lata interpretazione, e consente, all'opposto, di individuare la funzione .del previsto termine biennale (anche in relazione alla strumentalit� dell'atto di acquisto ai fini dell'attivit� costruttiva); d) che sarebbe, infine, del tutto incongruente ogni diversa conclusione, la quale avesse riguardo non -ostativamente ad un'attivit� costruttiva frazionata nel tempo, poich� quell'intento vale anche ad evidenziare che i benefici furono appunto previsti per ottenere un rapido sviluppo edilizio, ed ai costi pi� economici (onde la riduzione o eliminazione degli oneri fiscali), nell'interesse delle categorie :meno abbienti (ed i benefici furono concessi, invero, soltanto per la costru 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costruzione che contribuiscano con rapidit� a dare sollievo ad uno dei pi� urgenti bisogni della collettivit�. E' evidente che se il legislatore avesse voluto lasciare arbitra la parte privata d'iniziare costruzioni distinte su un'area acquistata con un unico contratto, avrebbe dovuto subordinare la riscossione delle imposte ordinarie non alla mancata ultimazione della costruzione, ma alla scadenza del termine finale ultimo per l'inizio delle costruzioni (al 31 dicembre 1953, secondo la legge n. 408 del 1949, e al 31 dicembre 1967, secondo la vigente legge n. 35 del 1960), perch� lo spirare del termine finale utile avrebbe comportato la definitiva non realizzazione delle finalit� economiche strumentalmente collegate alla contrattazione. Ma altri decisivi argomenti a sostegno della tesi della ricorrente si ricavano dalla confutazione dei motivi che la Corte di merito ha ritenuto di poter trarre dal suo approfondito esame. La sentenza impugnata appoggia la tesi che ricollega il biennio all'inizio delle singole frazionate costruzioni innanzi tutto alla dizione letterale dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, che subordina il beneficio alla ultimazione della � costruzione �, intesa, a suo dire, come � singolo fabbricato �, e non come � complesso di edifici �. Senonch�, se si considera che nell'art. 14 il legislatore fa un uso promiscuo di singolari e di plurali, parlando di � acquisti � e di � contratti � laddove avrebbe potuto benissimo riferirsi ad un singolo acquisto di aree o ad un singolo contratto d'appalto, e fa seguire al sostantivo � costruzione � la specificazione � delle case �, che rende la complessiva espressione � costruzione delle case � per lo meno ambigua, proprio se si considera questa espressione adoperata al singolare, si pu� dedurre da essa la interpretazione contraria a quella accolta dalla corte del merito, e cio� che il legislatore abbia inteso riferirsi, per tutto l'oggetto del contratto di acquisto, ad un unico termine iniziale, intendendo per costruzione il complesso dell'edificazione da compiersi sull'area, indipendentemente dalla circostanza che essa fosse comprensiva di uno o pi� edifici. Agevole � anche la confutazione dell'altro argomento, contenuto r nella denunciata sentenza, e secondo il quale nell'art. 14 della legge ID n. 408 del 1949 non � stato fissato un termine acceleratorio a se stante, con riferimento alla fattispecie disciplinata in quella norma, ma si sia semplicemente richiamato, per gli stessi effetti per i quali � stabilito nell'art. 13 della legge, il termine ivi contemplato. Vien dato di obietzione di case non di lusso), e non certamente per agevolare la speculazione sulle aree, per gli acquisti relativi alle quali, perci�, ciascun interessato avrebbe potuto fruire dei benefici nei limiti in cui gli acquisti medesimi fossero stati proporzionati ai programmi costT'uttivi effettivamente realizzabili, ~ da realizzare, nel termine acceleratorio all'uopo fissato. Sulla decadenza dai benefici in caso di ultimazione delle costruzioni, sia pure nel termine biennale, ad opera di un successivo acquirente dell'area, cfr. Cass., 21 dicembre 1962, n. 3398 (Riv. Leg. Fisc., 1963, 692),. ricordata nella stessa annotata sentenza, che, inoltre, sul punto della decadenza dai benefici per inadempimento anche parziale delle condizioni di legge, richiama Cass., 10 luglio 1961, n. 1650 (Riv. Leg. Fisc., 1961, 1960). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 187 tare che se davvero nell'art. 14 non si fosse voluto prescrivere un ter mine, corrispondente nella misura ma autonomo, dal punto di vista obiettivo, rispetto a quello stabilito nel precedente art. 13, sarebbe bastato precisare che i benefici fiscali erano concessi anche per gli acquisti di aree e per i contratti di appalto � quando abbiano per oggetto la costruzione di case di cui al precedente art. 13 � (che sono appunto quelle costruite come unit� singole nel termine di due anni dall'inizio), e non sarebbe stato affatto necessario aggiungere l'inciso, che pur deve avere un concreto significato, � purch� la costruzione sia iniziata od ultimata entro i termini stabiliti nello stesso art. 13 �. In realt�, poich� gli artt. 13 e 14 regolano fattispecie completamente diverse, e cio� lo art. 13 attivit� materiale di costruzione e l'art. 14 attivit� giuridica di contrattazione, i due termini, anche se quantitativamente corrispondenti, sono autonomi rispetto all'oggetto, e il termine dell'art. 14 opera non gi� sul singolo fabbricato, ma sull'area compravenduta ai fini della costruzione. La sentenza impugnata contrasta la tesi, or ora enunciata, del diverso riferimento oggettivo del termine acceleratorio rispetto alle fattispecie regolate dall'art. 13 e dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949, osservando che, qualora si attribuisse all'art. 14 un'interpretazione tale da ricavarne la prefissione di un termine acceleratorio applicabile con riguardo ad una entit� distinta rispetto a quella cui si � riferito il corrispondente termine dell'art. 13, si verrebbe a creare una dissociazione tra il regime giuridico delle agevolazioni rispetto all'imposta diretta sui fabbricati e rispetto alle imposte indirette. In questo ragionamento si annida un'evidente petizione di principio, perch� si d� per dimostrato quello che attende ancora dimostrazione: il problema da risolvere � proprio quello di stabilire se, con riferimento alla previsione di un termine di esecuzione, dall'esame delle disposizioni risulti o meno una diversit� di disciplina; n�, d'altro canto, esistono ragioni logiche o giuridiche per le quali debba esservi necessariamente una corrispondenza perfetta tra il regime giuridico delle agevolazioni in tema di imposte dirette e quello delle agevolazioni in materia di imposte indirette. Basterebbe tener presente la differente natura dei tributi, per cui l'imposta diretta sui fabbricati ha per oggetto il reddito del fabbricato in se stesso considerato, mentre le imposte indirette hanno per oggetto attivit� economico-giuridiche; e considerare inoltre che per una situazione di fatto originaria, o per cause sopravvenute, pu� mancare in pratica la concorrenza delle due agevolazioni. Soprattutto la previsione di un regime autonomo e dissociato delle due agevolazioni si ricava dal principio affermato da questo Supremo Collegio in tema di decadenza dalle agevolazioni, quando � stato precisato che il beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa degli atti di acquisto di aree edificabili, concesso dalla I. 2 luglio 1949, n. 408, a condizione che la costruzione dei fabbricati sia iniziata e compiuta entro determinati termini, non pu� essere invocato nell'ipotesi che, a seguito di atto di scioglimento consensuale e transattivo del trasferimento stesso, il fabbricato sia stato ultimato da un successivo acquirente della stessa 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO area, sia pure prima della scadenza dei termini di legge (Cass. 21 dicembre 1962, n. 3398). Se davvero il regime giuridico delle agevolazioni sulle imposte dirette sui fabbricati e sulle imposte indirette sui contratti escludesse la possibilit� di cause distinte di decadenza, dovrebbe concludersi che in ogni caso in cui ricorre la decadenza dalle agevolazioni sui contratti d'acquisto o d'appalto, ricorre altres� la decadenza dal beneficio dell'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati, il che � ovviamente illogico ed antigiuridico. N� maggior pregio ha l'altro q,rgomento, sul quale fa leva l'impugnata sentenza, secondo cui alla tesi dell'Amministrazione finanziaria farebbe contrasto l'art. 20 della legge n. 408 del 1949, che stabilisce decadenze dai benefici rispetto ai termini contemplati negli artt. 13 e 19 e non di quelli posti autonomamente dall'art. 14, perch� il fatto che non siano previste dall'art. 20 specifiche cause di decadenza per l'art. 14 non esclude che la materia in tale articolo regolata non possa avere una particolare disciplina, resa necessaria, come gi� si � rilevato, dalla diversit� dell'oggetto e dei tipi di imposta. ;, Infine � da sottolineare l'argomento che si ricava dall'art. 9 della legge di registro 30 dicembre 1923 n. 3269, secondo il quale la tassazione di un atto � sempre unitaria, anche se esso contenga pi� disposizioni, a meno che queste non siano indipendenti o non derivanti necessariamente le une dalle altre. Nel caso di un'unica compravendita di una sola area (in cui certamente non ricorrono queste ultime ipotesi) si avrebbero, ove fosse esatta la tesi accolta dalla corte di merito, distinte tassazioni per separati lotti dell'area medesima, e, mentre per il primo si sarebbe gi� realizzata la condizione di esenzione per il compimento della relativa costruzione, per gli altri la condizione sarebbe ancora sospesa e l'applicazione della tassa incerta. La possibilit� di .separati termini iniziali e di distinti periodi biennali consentirebbe, poi, qualora venisse superato il primo bienno senza l'ultimazione della relativa costruzione, che la decadenza fosse limitata alla sola tassa relativa a quella frazione di area, mentre resterebbero pendenti separate condizioni per le altre frazioni. Tutto ci� in contrasto evidente con il principio vigente in materia tributaria che l'inadempimento, anche parziale, delle condizioni poste dalla legge porta alla decadenza totale delle agevolazioni gi� applicate (Cass. 10 luglio 1961, n. 1650). Il ricorso va, pertanto, accolto; l'impugnata sentenza va cassata e la causa va rinviata, per nuovo esame, ad altra Corte d'appello che dovr� uniformarsi al seguente criterio di diritto: � Quando un'area edi ficabile acquistata con unico atto sia destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici, per fruire delle agevolazioni per l'imposta di regi stro, di cui all'art. 14 della I. 2 luglio 1949, n. 408, � necessario che l'intero complesso edilizio venga portato a compimento entro il biennio dall'inizio dell'attivit� costruttiva di tutto il terreno unitariamente considerato, pi� precisamente dalla data di inizio della prima co struzione �. (Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 216 -Pres. Lonardo -Est. Iannelli -P. M. Di Majo (concl. diff.) -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni) c. S.p.A. Montecatini (avv. Tumedei e Mazzullo). Acque pubbliche ed elettricit� -Sovracanoni dovuti dai concessionari di grandi derivazioni d'acqua perforza motrice le cui opere di presa siano site nell'ambito di bacini imbriferi montani -Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici determinante il perimetro dei bacini imbriferi montani -Provvedimento di perimetrazione adottato non sulla base di criteri tecnici sibbene per scopi di pubblico interesse -Illiceit� e disapplicazione. (L. 27 dicembre 1953, n. 959, art.1; l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 4 e 5). Atti amministrativi -Interpretazione -Criteri -Criteri previsti dal Codice civile per l'interpretazione dei contratti -Applicabilit� Giudizio di legittimit� -Incensurabilit�. L'onere della contribuzione, di cui all'art. 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, non sorge immediatamente dalla legge, sibbene dalla. esistenza del provvedimento ministeriale, in quanto � il Ministro dei Lavori Pubblici che stabilisce, con proprio decreto, quali sono i bacini imbriferi montani, con il risultato di individuare, in tal modo, sia i Comuni beneficiari del sovracanone, sia i concessionari di grandi derivazioni di acqua per produzione di forza motrice, che ne vengono onerati per il solo fatto di avere le opere di presa, in tutto o in parte, situate nell'ambito del perimetro del bacino. Il Ministro dei Lavori Pubblici deve, nella determinazione del perimetro di un bacino imbriferomontano, seguire criteri di ordine eminentemente tecnico e non scegliere, invece, una soluzione che, astraendo da tali criteri, sia diretta. a meglio favorire gli scopi di pubblico interesse che la legge intende perseguire. Dal che deve inferirsi che, ove l'alternativa venga risolta. in tale ultimo senso, il Ministro procede ad una individuazione non. tecnica del bacino, esercitando, all'uopo una discrezionalit� amministrativa che non gli compete. Il provvedimento, quindi, di perimetrazione� viene ispirato, di fatto, daila intenzione di agevolare le zone ad economia montana e tale intento, determinato dall'interesse pubblico liberamente apprezzato, viene a risolversi, in concreto, nella violazione del.. 190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diritto soggettivo dell'Ente concessionario. Tale violazione � rilevabile dal Giudice ordinario agli effetti della disapplicazione dell'atto amministrativo (1). (Omissis). Con l'unico mezzo di ricorso il Ministero dei Lavori Pubblici denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma primo della legge 7 dicembre 1953, n. 959 e l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione allo art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. Premesso l'aspetto storico della menzionata legge, istitutiva del sovracanone, con le ragioni che l'avrebbero ispirata e le finalit� da essa perseguite, rileva che la perimetrazione del bacino imbrifero montano in questione, contrariamente al giudizio, all'uopo, espresso dal Tribunale Superiore, � stata effettuata con criterio tecnico, giacch� devesi ritenere tale l'apprezzamento, anche se sintetico, in base al quale � stato fissato il livello inferiore del bacino ad una quota che, per comune nozione, non escludeva n� la sussistenza di caratteristiche fisiche montane n�, comunque, quelle di un territorio montano. Sostiene, al riguardo, che la guida tecnica tracciata nei due voti del Consiglio Superiore dei LL.PP. organo eminentemente tecnico, ai fini di un'esatta perimetrazione dei bacini imbriferi montani, era proprio quella a cui la legge aveva inteso riferirsi e che il contenuto del secondo voto non era divergente, sostanzialmente, da quello del voto precedente, anche se con questo si era suggerita l'adozione di criteri analitici, posto che I si era dovuto, con il successivo voto, ripiegare necessariamente sulla adozione di un criterio sintetico, peraltro egualmente esatto, attesa la brevit� del tempo (appena un anno) concesso al Ministero per l'emana I zione dei provvedimenti. Il (1) I provvedimenti di determinazione dei bacini imbriferi montani e ' limiti del sindacato giudiziario. ili � La parte della sentenza da cui � stata estratta la prima massima lascia, per verit�, seriamente perplessi. I termini di fatto della delicata controversia, analoga a numerosissime altre interessanti l'applicazione della J.egge 27 dicembre 1953, n. 959, emanata per venire incontro a:lla depressa economia delle zone montane, erano i seguenti. Il Ministro dei LavOII'i Pubblici, in applicazione dell'art. 1 della leggeindicata, provvide, con propri decreti, a determinare il perimetro dei bacini imbriferi montani. I decreti furono emanati dopo che il Ministro aveva richiesto ed ottenuto il parere del Consiglio Superiore dei LL. PP., bench� tale parere non fosse prescritto dalla legge. Il Consiglio Superiore si p!l'onunzi� con un primo voto -n. 700 dell'S apriJ.e 1954 -, con il qualeespresse l'avviso che fossero da considerare montane le parti dei bacini imbriferi definite dalle sezdoni fluviali aventi J.a quota 500 sul livello del mare e che il compito delle indagini e della conseguente individuazione dei bacini dovesse essere affidato agli Uffici idrografici, i cUi elaborati avrebbero dovuto essere riveduti dall'Ufficio idrografico centrale e dalla furono proposti da parte di Concessionari ricorsi al Tribunale Superiore PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 191 Le no1�me dettate dal codice civile per l'inte1�pretazione dei contratti devono considerarsi comuni a tutti gli atti consistenti in manifestazioni di volont� e, quindi, anche ai provvedimenti amministrativi. Ne consegue che valgono gli stessi principi per quanto attiene alla incensurabilit� dell'interpretazione stessa nel giudizio di legittimit�, per l'ovvia ragione che non trnttandosi deZL'interpretazione di norme giuridiche, quella degli atti suddetti si risolve in un giudizio di fatto insindacabile in Cassazione, se non inficiato da vizi logici e giuridici. Affermato, poi, che il vero criterio suggerito dal legislatore sarebbe quello teleologico, in relazione, cio�, allo scopo di assicurare determinate provvidenze alle zone ad economia montana, obietta che il secondo voto, al quale il decreto impugnato aveva fatto richiamo, si era ispirato al criterio anzidetto e che se col primo voto si era detto che la tecnica da adottare doveva essere anche quella morfologica, in base alla quale le caratteristiche per la perimetrazione dei bacini potevano, in via di massima, ritenersi presenti, in ogni caso, a partire da quota 500, salve diverse risultanze delle indagini svolte per singoli casi, non per questo poteva sostenersi fondatamente che col secondo voto fosse stata tracciata una tecnica diversa. Infatti se, con quest'ultimo voto, altro non si era fatto che riassumere i risultati delle indagini suggerite col precedente voto, stando ai quali, data la ripartizione del territorio nazionale in zone orografiche differenti, per alcune di queste la quota 500 poteva essere confermata e stabilizzata e per altre, invece, la si doveva abbassare a quota 300, era evidente che non si era abbandonato, in tal modo, il criterio morfologico; n� a far ritenere diversamente poteva influire il fatto che tale criterio, anzich� analitico, come si era inteso �suggerire in un primo momento, avesse assunto, dopo, un carattere sintetico. Presidenza della IV Sezione del Consiglio Superiore, per poi tornare all'esame del Consiglio medesimo. Con il secondo voto -n. 1930 del 12 ottobre 1954 -, il Consiglio Superiore, premesso che erano stati trasmessi gli elaborati degli Uffici idrografici riguardanti 78 corsi di acqua, con i quali era stata determinata la sezione fluviale avente la quota 500 suI mare, che la Direzione Generale delle Acque aveva trasmesso numerose richieste, osservazioni e proposte di Enti o di Comuni ad essa pervenute, esprimeva l'avviso che la quota di metri 500 sul livello del mare dovesse essere abbassata a metri 300 per i corsi d'acqua del Veneto, ad eccezione della Drava, nonch� per d corsi d'acqua del versante appenninico del Po e di tutta la parte peninsulare d'Italia; che la indicata quota di metri 500 sul livello del mai!"e dovesse irimanere ferma invece per i corsi d'acqua della Lombardia e del Piemonte. � Al voto del Consiglio 8uperiore venivano allegate, per formarne parte integrante, le tabelle, in cui venivano riportati tutti i corsi di acqua, per i quali veniva proposta la delimitazione del bacino imbrifero montano, con la indicazione delle quote sul livello del mare, a cui il bacino si sarebbe dovuto chiude["e a valle. Il Ministro dei Lavori Pubblici si attenne al secondo voto, che irichiam� nei provvedimenti di perimetrazione dei bacini. Avverso i provvedimenti delle Acque, sostenendosi che i provvedimenti fossero infici,ati di eccesso 15 I I I I I I ' 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Lamenta, quindi, il Ministero ricorrente che il Tribunale Superiore, col qualificare non tecnico il criterio adottato, nella specie, con il decreto de quo, abbia anzitutto, interpretato erroneamente la legge e sia,. inoltre, pervenuto a siffatto risultato senza una motivazione adeguata ma, piuttosto, con una affermazione apodittica, non avendo precisato affatto quali dovevano essere i criteri tecnici che il Ministero avrebbe dovuto seguire, perch� il proprio provvedimento fosse legittimo e, sotto quale profilo, tali criteri si discostavano da quelli che, suggeriti dal duplice voto del Consiglio Superiore dei LL.PP. erano stati fatti propri dal provvedimento ministeriale. La censura � priva di fondamento. Essa, sebbene si estrinsechi in due diversi aspetti, attinenti l'uno all'asserita violazione o falsa applicazione dell'art. 1 comma primo della legge 27 dicembre 19�53, n. 9,5.9 e l'altro all'attivit� del giudice per preteso vizio di motivazione, prospetta, tuttavia, un'unica questione, concernente l'interpretazione della menzionata norma di legge in relazione a quello che � stato l'atto amministrativo (decreto ministeriale di perimetrazione del bacino imbrifero montano), emanato in base alla norma medesima. di potere, in quanto il Ministro si sarebbe avvalso di una discrezionalit� amministrativa, non consentita dalla Legge, per stabilire la chiusura a valle dei bacini imbriferi montani ad altitudini inferiori a quelle a cui la mon tagna perveniva. L'Avvocatura Generale dello Stato, in difesa del Ministro dei Lavori Pubblici, eccepi il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, deducendo che il Ministro aveva proceduto alla determinazione del perimetro dei bacini sulla base di criteri tecnici e di comune esperienza e che l'eventuale errore in cui fosse incorso nella adozione di tali criteri poteva, in ipotesi, determinare la violazione del diritto subiettivo del concessionario, diTitto subiettivo che non risultava affievolito dalJla legge n. 959 del 1953, in quanto la legge stessa non attribuiva al Ministro il potere di determinare la peTimetrazione dei bacini imbriferi montani in relazione al pubblico interesse. I ricorrenti sollevarono anche innanzi al Tribunale Superiore delle AA. PP. una eccezione di illegittimit� costituzionale della legge, per avere questa attribuito al Ministro dei Lavori Pubblici la determinazione in concreto dei sovracanoni, in violazione del precetto contenuto nell'art. 23' della Costituzione. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 122 dell'8 luglio 1957, dichiar� infondata la questione di legittimit� costituzionale sollevata, affermando che era del tutto conforme al J)Tecetto costituzionale, di cui si denuciava la violazione, l'attribuzione al Ministro di un potere amministrativo di determinazione, sulla base di criteri tecnici, del perimetro dei bacini imbrifeTi montani. Conseguentemente, il Tribunale Superiore delle Acque dichiar� il proprio difetto di giurisdizione a conoscere dei ricorsi innanzi ad esso proposti. Le Ditte concessionarie trasferirono allora le proprie doglianze innanzi al Giudi-ce dei diritti (Tribunale Regionale delle AA. PP.), proponendo� opposizioni alle ingiunzioni di pagamento che, nel frattempo, in attesa della -:ostituzione dei consor:zii previsti dall'art. 1 della legge, il Ministro dei Lavori pubblici aveva emesso, nell'ambito di poteri dalla legge stessa attribuiti. Sostennero le opponenti che il Ministero non si era attenuto, nella determinazione del perimetro dei bacini imbriferi montani a criteri tecnici, sibbene a criteri di discrezionalit� amministrativa e che, perci� PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 193 Ora, per quanto concerne il primo aspetto della doglianza, � da rilevare, anzitutto, che l'onere della contribuzione di che trattasi sorge non dalla legge immediatamente ma dall'esistenza del provvedimento ministeriale, in quanto � il Ministero dei Lavori Pubblici che stabilisce, con proprio decreto, quali sono i bacini imbriferi montani, determinando il perimetro di ognuno, col risultato di individuare, in tal modo, sia i Comuni beneficiari del sovracanone, sia i concessionari di grandi derivazioni di acqua per produzione di forza motrice che ne vengono onerati per il solo fatto di avere le opere di presa, in tutto od in parte, situate nell'ambito del perimetro del bacino. V'� da aggiungere, come la stessa denunciata sentenza ha sottolineato, che la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi se, col congegno della legge in esame, fosse stato violato l'art. 23 della Costituzione (secondo il quale nessuna prestazione patrimoniale pu� essere imposta se non in base alla legge) e si dovesse, pertanto, negare la legittimit� costituzionale della attribuzione alla pubblica amministrazione del potere di determinazione dei bacini imbriferi montani, ha ritenuto, dopo aver qualificato il decreto ministeriale come un atto amministrativo, la legittimit� costituzionale del rinvio della legge all'organo amministrativo ma che tale stesso, i decreti medesimi non fossero conformi a legge e vfolassero i diritti subiettivi dei vari concessionari. Tali i .termini generali delle numerose controversie, delle quali parte sono tuttora pendenti innanzi al Tribunale Regionale delle Acque, altra parte sono pendenti innanzi a�l Tribunale Superiore Acque, in grado di appello, ed altre infine .sono state decise dalla Corte di Cassazfone Sez. Un. con sentenze del tutto analoghe a quelle che ora si annota. Nella controversia decisa con la sentenza sopraindicata la opponente Soc. Montecatini aveva, fu-a l'altro, chiesto al Tribunale Regionale delle Acque di Roma che fosse dichiarata � la illegittimit� del decreto ministe riale 14 dicembre 1954, delimitativo det perimetro del bacino imbrifero montano e conseguente illegittimit� della ingiunzione. per avere il Ministero fatto uso di una discrezionalit� amministrativa che gli era vietata e per non aver tracciato il perimetro del bacino montano anzidetto secondo esatti criteri tecnici �. A nostro avviso, di fronte a tale conclusione, di fronte a tale prospettazione del:I'azione, il Tribunale Regionale delle Acque, Giudice dei diritti, avirebbe dovuto esaminare se la perimetrazione del bac�:no fosse stata appunto fatta secondo criteri tecnici esatti oppure no e, nel caso che avesse ritenuto che vi fossero stati in detta perimetrazione errori di carattere tecnico, in dipendenza dei quali erano state illecitamente comprese nel perimetro del bacino imbrifero montano anche le opere di presa dell'impianto oggetto della controversia, avrebbe dovuto dichiarare, nell'ambito dei poteri .spettantigli ai sensi del:I'art. 5 della legge 20 marzo 1865 -, n. 2248 -ali. E, la non conformit� 1a legge del decreto, in relazione al caso in discussione, e disapplicarlo. Il Tribunale Regionale, invece, per pervenire alla conclusione di dichiarare � illegittimo il decreto col quale il Ministero dei Lavori Pubblici ha delimitato il perimetro del bacino imbrifero montano ., affermava: � Ai fini della decisione del giudizio presente � sufficiente, infatti, avere accertato che il Ministro, attenendosi ai voti esaminati, che ha richiamati nel proprio decreto, ha decampato dai limiti della discrezionalit� tecnica, che la legge gli imponeva, ed ha fatto uso di� una discrezionalit� amministrativa che gli era vietata, allo scopo di includere nel perimetro montano gli impianti da assoggettare al sovracanone �. 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO organo, tuttavia, non disponeva, nella perimetrazione dei bacini, di una discrezionalit� amministrativa, bensi di una discrezionalit� tecnica, risolventesi nell'applicazione di un criterio tecnico, escludendo che esso avesse una facolt� di scelta tra le varie soluzioni possibili in funzione degli scopi di pubblico interesse, perseguiti dalla legge. Premesso ci� ed una volta escluso che lo indicato decreto potesse, conseguentemente, avere l'effetto di degradare il diritto soggettivo del concessionario ad interesse o a diritto affievolito, dato che esso � tale, invece, da influire sulla sfera del diritto soggettivo, va osservato, in relazione all'impostazione dei termini di risoluzione della controversia, che l'indagine devoluta al Tribunale Superiore doveva essere diretta a stapilire la liceit� o meno del provvedimento adottato nel caso concreto, essendo al risultato di una siffatta indagine collegata la legittimit� o meno della pretesa del Ministero alla riscossione del sovracanone. Incombeva, pertanto, a quel Collegio controllare se il Ministero avesse determinato il bacino imbrifero montano, nell'ambito del quale sono situate le opere di presa della concessione in oggetto, in base ad un criterio di ordine eminentemente tecnico, ossia attraverso un'atto di accertamento che avesse tenuto conto delle strutture e delle caratteristiche dei settori montani interessati o non avesse, piuttosto, scelto una soluzione che, astraendo da tale criterio era diretta a meglio favorire gli scopi di pubblico interesse che la legge in esame intendeva perse- Perdippi�, lo stesso Tribunale Regionale affermava: �Vero � che, dalla indagine tecnica disposta da questo Tribunale � risultato che la linea di perimetrazione della parte montana del bacino imbrifero del Tirino potrebbe, secondo criteri tecnici, essere posta a valle della zona ove trovasi l'opera di presa dell'impianto in questione. Ma l'indagine non sembra decisiva in difetto dei cennati accertamenti, che, come si � detto, sono nei compiti dell'Amministrazione e che questa, affidando il suo giudizio ad un criterio di discrezionalit� amministrativa, ha trascurato>, Ora, appaiono evidenti i vizi in cui era incorso il Tribunale Regionalenella impostazione della controversia e, conseguentemente nel procedimentologko seguito per pervenire alla sua soluzione. Il Giudice dei diritti, nella sostanza, tratto in inganno dalla prospettazione della controversia da partedella Societ� opponente, aveva esercitato sull'atto amministrativo sottoposto al suo esame un controllo sotto il P!l.'Ofilo della motivazione, che, peraltro, poteva anche non esserci; sotto il profilo, a ben considerare, dell'eccesso di potere, in quanto avere usato di una non consentita discrezionaliit� amministrativa, invece che attenersi ad esatti criteri tecnici, costituisce -a nostro avviso -vizio nell'esercizio del potere. Aveva, cio�, �n definitiva, il Giudice dei dkitti usato dei poteri attribuiti al Giudice degli interessi legittimi, esercitando sull'atto amministrativo un contrnllo, al Giudke dei diritti non consentito, sull'eccesso di potere. Avrebbe dovuto, invece, il Tribunale Regionale trarre proprio dagli accertamenti tecnici disposti ed effettuarti le conseguenze del caso, per stabilire se, a parte la motivazione dell'atto, la perimetrazione del bacino ccmrispondeva oppure no a quella che le norme tecniche e di comune espe rienza suggerivano. Ci� facendo, il Tribunale Regionale non si sarebbe sostituito, come erroneamente mostvava di ritenere, alla Amministrazione, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 195 guire. Dal che dove inferirsi che, ove l'alternativa fosse stata risolta in quest'ultimo senso, non poteva il Tribunale Superiore non pervenire alla conclusione alla quale � pervenuto di fatto, che cio� il Ministero ha proceduto ad una individuazione non tecnica del bacino, avendo esercitato, all'uopo una discrezionalit� amministrativa, che non gli competeva. Orbene il Tribunale Superiore, dopo avere ribadito il carattere vincolato, nel senso test� indicato, del provvedimento amministrativo, uniformandosi, in tal modo, alla decisione della Corte Costituzione ha accertato, in esito all'indagine avente il mentovato contenuto, cos� interpretando il provvedimento stesso, che, con questo, si era pervenuti alla determinazione del bacino montano in questione, in base all'adozione di un criterio puramente teleologico (tale chiaramente espresso nel secondo voto del Consiglio Superiore dei LL.PP.), prescindendo, quindi, dalle caratteristiche orografiche e morfologiche del bacino e senza alcuna indagine concreta, che avrebbe dovuto essere condotta, per aversi un risultato utile, con l'impiego di strumenti di accertamento analitico, come, infatti, era stato suggerito col primo voto dell'organo tecnico suddetto. Invero, la perimetrazione del bacino era stata fissata presuntivamente, col semplice riferimento all'elemento altimetrico, nel senso che le condizioni per la determinazione del bacino si sarebbe dovuto ritenere presenti per il fatto stesso che si fosse ad un certo livello, cor ma avrebbe effettuato il controllo che gli competeva sulla attivit� tecnica del:l'Ammindstrazione; non avrebbe, quindi, dovuto annullare il provvedi mento di perimetrazione, in ipotesi non conforme a legge, per sostituire ad esso altra perimetrazione da esso effettuata, ma avrebbe dovuto dichia rare, in ipotesi, la non conformit� a legge della perimefu:azione effettuata dall'Amministrazione e disapplicarla nel caso concreto. Spettava, se mai, poi alla Amministrazione di trarne le conseguenze dovute, sostituendo, ad una perimetrazione non conforme a legge, altra conforme. Avverso la decisione del Tribunale Regionale fu proposto dall' Ammini strazione dei Lavori Pubblicd appello al Tribunale Superiore, ma questo si \I.asci� prendere dalla stessa suggestione da cui non aveva saputo man tenersi indenne il Tribunale Regionale, e, richiamati i due voti, in pre cedenza citati, del Consdglio Superiore n. 700 deH.'8 aprile 1954 e n. 1830 del 12 ottobre de'llo stesso anno, che costituivano la motivazione per rela tionem del decreto ministeriale di perimetrazione, afferm�: � Ora appare evidente che cos� operando l'Amministrazione non si � ispirata soltanto a criteri tecnici, ma anche e prevalentemente a criteri di discrezionalit� am ministrativa �. E dalla sentenza del Tribunale Superiore appare ancora pi� evidente come H. Giudice dei diritti avesse, nel caso in contestazione, trava licato dai poteri ad esso attribuiti dagli artt. 4 e 5 della leg.ge abolitiva del contenzioso amministrativo, effettuando un'inammissibile controllo su di un asserito vizio di eccesso di potere. Il Tribunale Superiore, infatti, affermava, nella sua decisione: �Infondata � la tesi della appellante, secondo la quale il Giudice avrebbe il potere-dovere di compiere indagini tecniche per accertare se i decreti stessi, ancorch� adottati in virt� di un procedimento illegittimo, siano eventualmente conformi nel risultato a 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rispondente ad una linea tracciata a quota 300 di altitudine, quale confine tra la montagna-collina e la pianura. Ma il criterio teleologico, che sarebbe stato quello adottato nella specie, non era tale, ad avviso del Tribunale Superiore, da garantire che la perimetrazione del bacino fosse avvenuta conformemente ad un sistema tecnico, dato che avrebbe dovuto tenersi conto, oltre che dell'accertamento altimetrico, degli elementi orografici e morfologici, previo le indagini del caso, e ci� proprio in vista delle differenze notevoli di struttura dei settori montani, le quali, lungi dall'essere state considerate dal provvedimento ministeriale, erano state invece pretermesse completamente, dato l'abbassamento a 300 metri della quota di altitudine per la definizione della montanit�, tipica, piuttosto, nella nozione comune, di quella che � la collina. Avendo, rilevato, pertanto, che il provvedimento era stato ispirato, di fatto, dall'intento di agevolare le zone ad economia montana (per essere stata assunta la nozione di bacino montano nella pi� ampia accezione) e che tale intento (del quale era esplicita e chiara conferma il parere in data 15 dicembre 1961 del Consiglio Superiore dei LL.PP.), in funzione dell'interesse pubblico apprezzato liberamente, veniva a risolversi, in concreto, nella violazione dei diritto soggettivo dell'ente concessionario, il Tribunale Superiore ha disatteso giustamente la tesi del Ministero ricorrente, secondo la quale doveva ritenersi sufficiente il criterio teleologico, in quanto, dalle finalit� stesse della legge, si sarebbero dovute enucleare quei criteri tecnici in base ai quali la perimetrazione del bacino doveva essere fatta, non senza avere, puntualmente, osser quelli che si sarebbero ottenuti seguendo criteri tecnici. La legge non richiede soltanto che i presupposti della qualificazione di �montano� ~a attribuirsi ad un bacino realmente sussistano, ma vuole anche che la sussistenza di essi sia riconosciuta da un decreto del Ministro dei LL. PP. permodo che se it Giudice esercitando il controllo di legittimit� sul decreto, ne abbia 'dichiarato l'illegittimit�, � necessario che un nuovo decreto sia emanato dallo stesso Ministro e non da altra Autorit� amministrativa o giudiziaria ~. Ora per come dicevamo in precedenza, non vi � dubbio che non potesse il Giudi~e dei diritti sostituire la propria perimetrazione a quella, in ipotesi non conforme a legge, effettuata dal Ministro, ma doveva quel Giudice proprio controllare i risultati, per stabilire se, malg>t~ado la motivazione dell'atto le opere di presa di quel determinato impianto fo.ssero oppure no in z~na compresa nel bacino imbrifero montano, per come la natura e la tecnica !o indicavano. Il potere attribuito al Ministro dei Lavori Pubblici, per la determina zione del perimetro del bacino imbrifero montano, dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959 � del tutto analogo a quello relativo alla formazione degld elenchi delle Acque Pubbliche, di cui all'art. 1 del t. u. sulle acque e gli impianti elettrici, approvato con r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775. Il Tribunale delle Acque chiamato a pronunziarsi se un determinato corso di acqua, iscritto in uZ:: elenco di acque pubbliche, abbia od acquisti atti tudine ad usi di pubblico generale interesse, deve esaminare obiettivamente la situazione dell'acqua, non interessando stabilire se il Ministro dei Lavori PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 197 vate che la c.d. tecnica teleologica (cui con la suddetta tesi si fa tuttora richiamo) altro non fosse, dopo tutto, che una discrezionalit� amministrativa, intesa questa come il potere della pubblica amministrazione di apprezzare liberamente l'interesse pubblico. La quota di 300 metri, come livello del bacino, era stata assunta, infatti, non in base a regole tecniche, ma in base a criteri di mera opportunit� politico-sociale, che avrebbero dovuto, invece esulare completamente dalla valutazione, all'uopo, richiesta dalla legge. Ed al riguardo � appena il caso di avvertire che, discostandosi la interpretazione del provvedimento de quo, data dal Ministero ricorrente, dall'interpretazione cui � pervenuta la sentenza denunciata, la doglianza �, sotto questo secondo aspetto, irricevibile. Escluso, infatti, il vizio di motivazione, lamentato col mezzo di ricorso, data la completezza dell'ineccepibile procedimento logico che sta a base della decisione, avendo il Tribunale Superiore, una volta sceso all'esame del contenuto del decreto, precisato in che cosa esso fosse manchevole rispetto a quello che avrebbe dovuto contenere in effetti, va rilevato che l'interpretazione del decreto medesimo, per essere stata condotta con la osservanza delle norme di ermeneutica dettate per i contratti, � incensurabile in questa sede. Pubblici si sia ispirato a criteri di accertamento tecnico oppure a discrezionalit� amministrativa. Nello stesso modo il Tribunale delle Acque, nel controllare la perimetrazione di un bacino imbrifero montano, deve darsi carico di esaminare se quella perimetrazione sia obiettivamente oppur non esatta, senza occuparsi n� della motivazione dell'atto n�, tanto meno, del proceddmento seguito per pervenire a quelle determinate conclusioni. Avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque l'Ammini strazione dei Lavori Pubblici propose ricorso in Cassazione denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma lo della legge 27 dicem bre 1953, n. 959, nonch� omessa insufficiente o contradittorfa motivazione circa un punto decisivo del1a controversia. Il difetto di motivazione si con cretava e si sostanziava nella circostanza che non soltanto, attraverso una motivazione del tutto insufficiente e inadeguata, non appariva assoluta mente quale fosse stato n procedimento logico seguito ma appariva, anzi, che .si fosse seguito, nella impostazione e nella \risoluzione della contro versia, un procedimento logico .erroneo e falso. Ma le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza che si -annota, hanno escluso che sussistesse la denunciata violazione di legge ed hanno, altresi, escluso il vizio di motivazione, e data la completezza del l'ineccepibile procedimento logico che sta a base della decisione, avendo il Tribunale Superiore, una volta sceso all'esame del contenuto del decreto, precisato in che cosa fosse manchevole rispetto a quello che avrebbe dovuto contenere in effetti... � e risolto, poi, la questione in relazione alla dnter pretazione data all'atto amministrativo dal Giudice di merito e non cen surabile dal Giudice di legittimit� (cfr. la motivazione, sopra riportata, della decisione). � per questo che abbiamo, all'inizio di questa nota, detto che la senten2'la delle Sezioni Unite ci lascia assai perplessi. Illustrando, in memoria i motivi del ricorso, noi avevamo rilevato che il Tribunale Superiore, usando dei poteri attr.ibuiti al Giudice degli interessi legittdmi, era incorso in un eccesso di potere giurisdizionale, avendo violato gli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, an. E. A tale nostro rilievo, 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N� pu� dirsi che il processo interpretativo doveva essere operato con criteri diversi, posto che, per principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questo Supremo Collegio, le norme dettate dal codice civile per l'interpretazione dei contratti devono considerarsi comuni a tutti gli atti consistenti in manifestazioni di volont�, quindi, anche ai provvedimenti amministrativi, egualmente per quanto attiene all'ncensurabilit� dell'interpretazione stessa nel giudizio di legittimit�, per la ovvia ragione che, non trattandosi dell'interpretazione di norme giuridiche, quella degli suddetti si risolva in un giudizio di fatto insindacabile, in cassazione se non sia inficiato da vizi logici o giuridici. E, come non pu� fondatamente sostenersi che il Tribunale Superiore abbia violato o falsamente applicato l'art. 1 della legge n. 959 del 195,3, dal momento che esso, come gi� detto, sulla guida della pronuncia della Corte Costituzionale, ha ritenuto che quella concernente l'emanazione del decreto di perimetrazione del bacino dovesse essere una discrezionalit� diversa dalla discrezionalit� esercitata, nella specie, dalla pubblica amministrazione, parimenti non pu� dirsi che quel Collegio avrebbe dovuto fare di pi� di quanto ha fatto e, pi� specialmente, procedere alla ricostruzione, in concreto, secondo il suo giudizio tecnico, della perimetrazione del bacino, indipendentemente dalla motivazione del provvedimento in questione, per compararne, poi, il risultato con quello al quale si sarebbe pervenuti in forza del provvedimento mede- la ;sentenza che si annota ha rispo.sto che quanto da noi dedotto non era esatto, � ove si consideri che le dette norme non contengono un divieto assoluto di sindacato del Giudice ordinario sugli atti della pubblica amministrazione, ma stabiliscono soltanto i limiti entro i quali tale sindacato va esercitato, disponendo che il Giudice Ordinario, pur potendo portare la sua indagine sulla legittimit� di un atto amministrativo, denunziato come lesivo di un diritto soggettivo, deve, tuttavia, conoscere dei soli effetti lesivi dello stesso atto, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, senza mai SPingersi fino a sostituire la propria volont� a quella della Pubblica Amministrazione, alla quale soltanto � riservato il potere di revocare, annullare o modificare gli atti amministrativi emanati dai suoi organi. Ed infatti it Tribunale Superiore, dopo avere rilevato l'illegittimit� del Decreto in questione, non lo ha revocato n� annullato e tanto meno modificato ma soltanto lo ha disapplicato, non senza aver considerato, nell'ultima parte della sua pronuncia, che gli era inibito sostituirsi alla pubblica Amministrazione, fissando un diverso criterio per la perimetrazione del bacino, dato che non rientrava nei suoi poteri �. Ma in tal modo la sentenza, resa sulle difformi conclusioni del P. M., il quale aveva richiesto l'accoglimento del nostro ricorso, non ha risposto all'interrogativo, che costituiva la questione centrale ed essenziale da noi proposta, e cio� se censurare l'atto sotto il profilo che il Ministro avesse usato di una discrezionalit� amministrativa non consentita significava portare l'esame su di un vizio attinente all'esercizio del potere e se, in tal caso, la conoscenza di tale vizio rientrasse nel potere giurisdizionale attribuito al Giudice ordinario dagli artt. 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo. A noi pare, in conclusione, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si siano lasciate attrarre dalla stessa suggestione da cui erano stati I ID I�:. i . . . . I ~ ~ ' PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 199 simo, e, indi, concludere che l'atto di perimetrazione fosse legittimo, se conforme al tipo, ovvero illegittimo, se da questo difforme. Per vero, i limiti del giudizio erano quelli del sindacato del provvedimento, esercitato, di fatto, dal Tribunale Superiore; vedere, cio�, se il Ministero avesse proceduto alla perimetrazione del bacino in base a criteri tecnici o, invece, si fosse avvalso di criteri diversi, la qual cosa richiedeva soltanto l'esame del provvedimento, perch� solo dalla valutazione del contenuto dello stesso era possibile rendersi ragione dei criteri adottati per accettarli, se tecnici, e respingerli, se differenti, disapplicando, in tal guisa, il provvedimento medesimo. N� �, infine, esatto quanto sostenuto dal Ministero, nella memoria illustrativa e poi ampiamente ribadito durante la discussione orale, ossia che il Tribunale Superiore sia incorso in un eccesso di potere giurisdizionale, avendo violato gli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, ove si consideri che le dette norme non contengono un divieto assoluto di sindacato del giudice ordinario sugli atti della pubblica amministrazione, ma stabiliscono soltanto i limiti entro i quali tale sindacato va esercitato, disponendo che il giudice ordinario, pur potendo portare la sua indagine sulla legittimit� di un atto amministrativo, denunziato come lesivo di diritti soggettivi, deve tuttavia, conoscere dei soli effetti lesivi dello stesso atto, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, senza mai spingersi fino a sostituire la propria volont� a quella della pubblica amministrazione, alla quale soltanto � riservato il potere di revocare, annullare o modificare gli atti amministrativi emanati dai suoi organi. Ed infatti il Tribunale Superiore, dopo avere rilevato l'illegittimit� del decreto in questione, non lo ha revocato, n� annullato e tanto meno modificato ma soltanto lo ha disapplicato, non senza avere considerato, nell'ultima parte della propria pronuncia, che gli era inibito sostituirsi alla pubblica amministrazione. fissando un diverso criterio per la perimetrazione del bacino, dato che ci� non rientrava nei suoi poteri. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato... (Omissis). attratti il Tribunale Regionale prima e il Tribunale Superiore delle acque poi. A noi pare che il procedimento logico seguito dal Giudice del merito fosse del tutto erroneo e falso e denotasse proprio l'uso di un potere giurisdizionale ddverso da quello attribuito; un potere che, nella sostanza, era potexe di annullamento, anche se, in concreto, nelle singole fattispecie, l'annullamento dei decreti di perimetrazione non � stato disposto. Censurare l'atto in questione, cos� come � stato o censurato, sotto il profilo dell'esercizio del potere significa che, poich� li. voti del Consiglio Superiore dei LL. PP. sono gli stessi per tutti i provvedimenti di determinazione del perimetro dei bacini imbriferi montani adottati, debbono ritenersi non conformi a legge e, quindi, da disapplicare, anche quelli irelativi ai bacini alpini. Questo � l'assurdo pratico a cui la erronea impostazione e definizione della controversia verrebbe a portare. G. ALBISINNI 200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE D'APPELLO DI MESSINA, 21 maggio 1964 -Pres. Luciani Est. Scribano -Provincia Regionale di Messina (avv. Pollicino) c. Panarello (avv. Bonfiglio). Arbitrato -Capitolato Generale della Cassa per il Mezzogiorno -Richiamo contenuto nell'art. 45 di detto capitolato all'art. 49 del Capitolato generale dello Stato del 1895 -Non vale ad introdurre nel capitolato della Cassa la rinunzia alle impugnazioni ivi previste. (Cap. gen. Cassa Mezzogiorno, art. 45; Cap. Gen. Stato 1895, art. 49). Arbitrato -Nullit� del lodo -Inosservanza delle regole di diritto Estremi. ((c. p. c., artt. 360, n. 3, 829). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Divieto di cessione di credito e di rilascio di procure per l'appaltatore -Limite temporale. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lav. pubblici, art. 339). Appalto -Difficolt� nell'esecuzione dei lavori -Applicabilit� dell'art. 1664 c. c. -Estremi -Prezzo di scavo comprendente anche la roccia da mina -Rinvenimento, in quantit� eccezionale, di roccia di particolare durezza -Inapplicabilit� dell'art. 1664. (c. c., art. 1664). Arbitrato -Indivisibilit� del lodo -Nullit� di un capo -Estensione dell'invalidit� all'intera decisione. (c. p. c., art. 829). Le norme del capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno hanno regolato ex novo e compiutamente la materia della definizione delle controversie, senza lasciare lacune da colmare mediante disposizioni tratte aliunde, con la conseguenza che il rinvio generico dell'art. 45 di detto capitolato all'art. 49 del capitolato generale dello Stato del 1845 non � sufficiente ad introdurre nel primo capitolato la 1�inunzia ai rimedi dell'appello e del ricorso per Cassazione (1). (1) La giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 19 gennaio 1963, n. 67, Riv. giur. edil., 1963, I, 239 e Giust. civ., 1963, I, 270; Cass. 23 giugno 1958, n. 2219, Foro It., 1958, I, 1450, con nota di E. CAPACCIOLI e di alcune nagistrature di merito (Trib. Firenze 3 luglio 1963, Giur Tosc., 1963, 828 e Riv. giur. edil., 1964, I, 110; App. Catanzaro 9 maggio 1959, Riv. giur. umbro-abruzzese, 1962, 137) ha ritenuto che, in forza del disposto dello art. 8, ultimo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 646, istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno, le norme vigenti per l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, e quindi anche quelle del capitolato generale di appalto, approvato con D. M. 28 maggio 1895, devono ritenersi applicabili agli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzo PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 201 L'inosservanza delle regole di diritto che, a norma dell'uitimo comma dell'art. 829 c.p.c., rende ammissibile l'impugnazione per nullit� della sentenza arbitrale, dev'essere intesa nello stesso senso della violazione o falsa applicazione di norme di diritto, di cui alt'art. 360 c.p.c. (2). Il divieto posto all'appaltatore dall'art. 339 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici, di effettuare cessioni di credito o rilasciare procure non riconosciute dalt' A mministradione interessata viene meno quando sia intervenuto il collaudo, che, accertando l'esatto compimento delle opere e la loro conformit� ai patti del contratto ed alle regole dell'arte, esaurisce il contenuto dell'appalto e rende superflua ogni cautela circa i mezzi finanziari dell'appaltatore (3). Nel contratto d'appalto, per il riconoscimento del diritto ad un equo compenso, ai sensi dell'art. 1664 e.e., � necessario che le cause produttive delle difficolt� di esecuzione dei lavori, insorte nel corso dell'opera, non siano state previste dalle parti, nel senso cio� che siano rimaste assolutamente estranee alla loro rappresentazione ed alla disciplina del contratto. Di conseguenza non spetta alcun compenso se nel contratto il prezzo previsto per lo scavo comprende anche la roccia da mina, senza alcuna distinzione di qualit� e quantit� (secondo l'abituale dizione: �scavo di materiali di qualsiasi natura e consistenza, asciutta e bagnata, ovvero in presenza di acque, compresa la roccia da mina �) e durante l'esecuzione dei lavori � stata rinvenuta roccia di pm�ticolare durezza ed in quantit� eccezionale. D'altra parte la dichiarazione, rilasciata dall'appaltatore, di essersi recato sul luogo dei lavori e di avere preso conoscenza delle circostanze generali e speciali influenti sulla determinazione dei prezzi fa si che vengano riversate sull'appaltatore stesso le conseguenze derivanti da una pi� gravosa giorno (o da altro ente pubblico per affidamento avutone dalla Cassa). Sul punto e per altri aspetti del problema del rinvio alle norme del Capitolato generale 00.PP. si v. l'ampia nota di CARUSI, Spunti in tema di efficacia regotamentare del apitolato generale 00.PP. e di rinvio alle sue norme, in questa Rass., 1965, I, 224. (2) Giurisprudenza costante. Negli stessi termini della massima si vedano: Cass. 23 luglio 1964, n. 1986, Giust. civ. Mass. 1964, 1900, Cass. 8 agosto 1959, n 2501, Giust. civ 1960, I, 131, Cass. 11 dicembre 1956, n. 4403, Giust. civ. Mass. 1956, 1518, Cass. 19 agosto 1950, n. 2479, Giur. It. Mass., 1950, 595. Dal principio enunciato la sentenza in rassegna fa discendere la conseguenza che l'impugnazione per nullit� del lodo arbitrale, prevista dall'ultimo comma dell'art. 829, c.p.c., consente di denunciare non solo la erronea enunciazione del principio di divitto ma anche l'inesatta applicazione al caso concreto del principio di diritto correttamente enunciato. Ci�, peraltro, non comporterebbe -secondo App, Napoli 17 marzo 1959, Giust. civ. Mass. App. 1959, 23 -che, in sede rescindente, !i.I giudice della nullit� possa toccare aspetti di merito della controversia. La dottrina che si � occupata dell'argomento trovasi richiamata in Giust. civ. 1960, I, 131, nota. (3) Sul punto si v. App. Napoli 29 settembre 1962, Dir. giur. 1964, 227, Trib. Napoli 28 febbraio 1961, ibidem. 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esecuzione dei lavori, senza che possa riconoscirsi il diritto ad un equo compenso (4). Per il principio d'indivisibilitd del lodo arbitrale la nullitd di uno dei suoi capi si estende a tutti gli altri, sicch� 1�isultano invalidi l'intero giudizio arbitrale e tutta la decisione (5). (4) La prima parte della massima costituisce giurisprudenza costante. La motivazione della decisione sulla seconda par.te presenta notevole interesse per l'applicazione che si � fatta dei principi costantemente enunciati dalla Suprema Corte all'ipotesi di rinvenimento di �roccia di particolare durezza (ed in quantit� eccezionale) durante l'esecuzione di scavi per cui era stato previsto un prezzo comprendente anche la roccia da mina Sulla legittimit� della clausola, inserita in un contratto di appalto di opere pubbliche, con cui si limiti o si escluda la revisione del prezzo, v. Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 1962, n. 775, in questa Rass., 1963, 50. (5) Giurisprudenza pacifica. Negli stessi termini della massima il principio si trova affermato in Cass. 18 dicembre 1964, n. 2906, Giust. civ., Mass., 1964, 1348; Cass. 24 febbraio 1964, n. 396, Foro It., 1964, I, 489; Cas!j. 7 ottobre 1963, n. 2666, Riv. giur. edH., 1964, I, 318; Cass. 21 ottobre 1961, n. 276, Giust. civ., 1962, I, 518. CORTE DI APPELLO DI ROMA, 5 gennaio 1966, n. 1 -Pres. De Rosa Est. Venditti -Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Lancia) c. Soc. S.B.A.R.E.C. (avv. Palandri). Arbitrato -Mancata notifica della domanda arbitrale all'Avvocatura dello Stato -Nullit�. (1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). Nell'ipotesi di clausola compromissoria, l'atto istitutivo del giudizio m�bitrale � costituito da quello in cui viene precisata la controversia. Questo atto ha funzione analoga a quella della citazione; ed � cio� di promuovimento dell'attivitd giurisdizionale, rispetto a un determinato tema controverso. Pertanto nel sistema dei pubblici appalti, la domanda arbitrale costituisce l'atto istitutivo del relativo giudizio, e deve essere notificata a pena di nullitd presso l'Avvocatura dello Stato (1). (Omissis). Con il secondo motivo dell'impugnazione viene riproposta l'eccezione di nullit� del giudizio arbitrale, per essere stata la relativa domanda notificata direttamente all'Amministrazione anzich� all'Avvocatura Generale dello Stato, e ci� in violazione dell'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260, secondo cui debbono essere notificati al compe (1) Il lodo annullato � stato riportato, e criticamente annotato, in questa Rassegna, 1965, 836. La sentenza della Cassazione 6 ottobre 1964, numero 2523, richiamata nel testo, risulta anch'essa riportata ed annotata in questa Rassegna, 1964, 973. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 203 tente ufficio dell'Avvocatura anche gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono dinanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, ed innanzi agli arbitri �. L'eccezione fu disattesa dal collegio arbitrale, il quale rilev� che, agli effetti della richiamata disposizione, la domanda di arbitrato non pu� essere considerata istitutiva del giudizio arbitrale, perch� questo s'instaura soltanto con l'accettazione dell'incarico da parte degli arbitri; prima di tale accettazione non v'� organo giudicante, e quindi non pu� esservi processo. Contesta 1'Avvocatura il fondamento di una tale tesi, ed assume che nei giudizi arbitrali rituali i Collegi giudicanti sono organi sostitutivi del magistrato ordinario, da considerarsi precostituiti in base alle norme del capitolato, o, comunque, della clausola compromissoria, che stabiliscono il numero dei componenti del collegio e, in particolare, per quanto attiene ai contratti della Pubblica Amministrazione, indicano anche le qualifiche che detti componenti debbono rivestire per poter far parte del collegio. N�, secondo l'impugnante, ha rilievo il fatto che la costituzione del collegio � avvenuta dopo la proposizione della domanda di arbitrato, perch� devono tenersi distinti l'ufficio, esistente per norma di capitolato e indipendentemente dal suo funzionamento, dall'organo che prende vita dopo la nomina delle persone fisiche. L'eccezione dedotta con il motivo � fondata, anche se non esatta mente per le ragioni prospettate. Ad avviso di questa Corte, infatti, l'errore in cui � incorsa la sentenza arbitrale non consiste nell'avere ritenuto necessaria la costituzione del collegio arbitrale per l'instaurazione del rapporto processuale arbitrale (perch� la particolare predeterminazione delle qualifiche per la nomina degli arbitri se garantisce la costituzione dell'organo, non equi �Vale gi� a sua precostituzione); ma, pi� precisamente consiste nell'avere condizionato ad una tale instaurazione l'osservanza della norma che, a tutela della difesa giudiziaria dell'Amministrazione, prescrive a chi debbono essere notificati gli atti introduttivi di qualsiasi giudizio nei suoi confronti. � noto che la identificazione del momento genetico della contro versia, nella sua rilevanza processuale, ha spesso dato adito a dubbi sia con riferimento al procedimento ordinario che a quello arbitrale. Con particolare riferimento alla litispendenza, si � sostenuto che tale momento � successivo a quello in cui una delle parti porta a conoscenza dell'altra la sua determinazione di chiedere al giudice una decisione, essa verifi candosi solo quando sia compiuto l'atto con il quale il giudice � investito della lite. � stato, quindi, deciso, che come nel giudizio ordinario, perch� esso possa intendersi instaurato, occorre che la domanda sia portata a conoscenza del giudice mediante la costituzione di una delle parti, cosi deve ritenersi che il giudizio arbitrale abbia il suo inizio con la nomina degli arbitri e la conseguente costituzione del relativo collegio (Cass. 23 luglio 1964, n. 1989). A questa costruzione si � attenuta la sentenza impugnata, la quale infatti ha ritenuto valida la notificazione della domanda di arbitrato fatta 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO direttamente all'Amministrazione per il motivo che, non essendosi ancora costituito il collegio arbitrale, alla domanda stessa non poteva essere riconosciuto il valore di atto istitutivo del relativo giudizio. Il quesito, ora, che si pone all'esame di questa Corte � se il principio innanzi enunciato, secondo cui il procedimento arbitrale inizi soltanto con la costituzione del collegio decidente, costituisca una regola tale da escludere ogni rilevanza processuale della domanda di arbitrato. La clausola compromissoria, com'� noto, differisce dal compromesso in quanto non demanda agli arbitri la decisione di controversie gi� sorte, ma stabilisce preventivamente che viene demandato ad arbitri nominati o da nominare la decisione di controversie future ed eventuali. Tanto nel compromesso che nella clausola compromissoria vanno individuati un accordo basilare tra le parti contendenti, dal quale gi� scaturiscono effetti in ordine all'esercizio dell'azione, ed un rapporto nei confronti degli arbitri, rapporto che si istituisce con l'accettazione da parte di costoro, e da cui prende a decorrere il termine per emettere la decisione (art. 820 c. p. c.). Perch� gli arbitri siano investiti dalla controversia � opinione dominante che non occorra una domanda giudiziale in senso tecnico. Se vi � compromesso, questo contiene anche la formulazione dei quesiti, ed allora dall'accettazione degli arbitri, opportunamente sollecitati, sorge a tutti gli effetti il procedimento arbitrale. Se invece si tratta di clausola compromissoria occorrer�, oltre alla costituzione del collegio, anche un atto integrativo della clausola, volto a formulare i quesiti da sottoporre agli arbitri (artt. 823, 825 c. p. c.). Nell'uno e nell'altro caso, tuttavia, � individuabile un atto di iniziativa o di primo impulso processuale. Nell'ipotesi di compromesso, tale atto normalmente coincide con quello in cui � chiesta la nomina degli arbitri. Nell'ipotesi di clausola compromissoria, l'atto � costituito dalla precisazione della controversia, che, si noti, deve necessariamente precedere l'accettazione degli arbitri, perch� questa deve riferirsi ad una controversia determinata. Fermando l'esame al caso della clausola compromissoria, deve quindi dirsi che l'atto con cui si specifica la controversia, e si manifesta la determinazione di dar corso al giudizio arbitrale, ha rilevanza diretta ed esclusiva in relazione al processo, e quindi adempie ad una funzione analoga a quella della citazione, di promovimento, cio�, dell'attivit� giurisdizionale rispetto ad un precisato tema controverso (art. 2907 c. c.; art. 99 c. p. c.). La concorrenza di tali requisiti certamente � dato riscontrare nella � domanda di arbitrato � in questione, a proposito della quale non � fuori luogo rilevare che la stessa denominazione indica un significativo accostamento alla domanda giudiziale. La costituzione del Collegio arbitrale, quindi, segna il momento� genetico del rapporto processuale, inteso come rapporto tra le parte e il giudice, e fissa l'inizio del termine per la decisione ai sensi dell'art. 820 c. p. c., ond'� che appunto facendo richiamo a questa disposizione, e� al rigore della sua osservanza (art. 813, capv. 829, n. 6 c. p. c.), la, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 205' giurisprudenza ha desunto la necessit� della nomina e costituzione del collegio arbitrale per poter considerare sorto il rapporto processuale arbitrale e decorrente il termine per il relativo espletamento (Cass. 29� luglio 1963, n. 2127; Cass. 22 febbraio 1961, n. 409). Ma quando si tratta di stabilire se un determinato atto sia idoneo a dar vita al giudizio arbitrale, e cio� se contenga la necessaria delimitazione e contestazione del temo controverso, e se con esso si manifesti la volont� di una parte di richiedere la decisione arbitrale nei confronti di un'altra, non v'� dubbio che la circostanza dell'essere l'organo decidente precostituito o meno � priva di rilevanza, perch� la mancata costituzione dell'organo, tanto pi� se il suo funzionamento � garantito dalle prescrizioni del capitolato, non esclude nell'atto considerato la rilevanza processuale di una domanda giudiziale. Ritiene pertanto la Corte che la domanda di arbitrato in esame si pone tra quegli atti istitutivi di giudizio ai quali si riferisce l'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260. Conferma tale convincimento il rilievo che con la citata norma si � inteso assicurare alla Pubblica Amministrazione una particolare ed ampia tutela giudiziaria, intesa a garantire l'immediata difesa da parte dell'Avvocatura in ogni tipo di controver;oiia in cui gli interessi da quella rappresentati possono comunque formare oggetto di giudizio da parte di organi ai quali, ancorch� in via di costituzione, risulti gi� attribuito il potere di decidere. Rafforza, inoltre, l'avviso espresso, la considerazione che se alla domanda di arbitrato non si riconoscesse il valore di atto introduttivo del giudizio agli effetti qui considerati, non si vedrebbe a quale altro atto, fornito dei necessari requisiti, poter attribuire un siffatto carattere. N� varrebbe opporre, come fa la diligente difesa della Societ�, che all'arbitrato la determinazione della lite avviene sempre con un atto negoziale e non processuale, se da una tale affermazione si vuol fare� conseguire che non sarebbe configurabile un onere di notifica dell' Am ministrazione, oppure che per una tale notifica possa prescindersi dalle prescrizioni in esame. Premesso che nell'istituto dell'arbitrato, per la presenza di elementi privatistici e guirisdizionalistici che vi confluiscono la distinzione tra attivit� negoziale e processuale si configura in maniera necessariamente meno tipica di quanto avviene in altri campi, deve rilevarsi che la natura negoziale della clausola compromissoria, e cos�, anche se meno nettamente, dell'atto integrativo che delimita la contro versia, non e�sclude, come innanzi s'� detto, che la domanda di arbitrato,. che quell'integrazione contiene, si ponga altresi quale atto di propul sione del procedimento, in una fase prodromica rispetto al giudizio arbitrale, alla cui costituzione � diretto; fase nella quale ognuna delle parti ha poteri di impulso coordinati e diretti al fine predetto. Diversamente ritenendo, come si � accennato, la stessa prescrizione della legge del 1958, che espressamente riferisce � ad atti istitutivi di giudizi che si svolgono dinanzi ad arbitri � resterebbe priva d'effetto, e l'Amministrazione non sarebbe assicurata quella tutela che invece� la legge ha voluto garantire anche nei giudizi arbitrali. 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � chiaro, quindi, che per la particolarit� delle forme del procedimento arbitrale, e per le finalit� perseguite dalla norma sulla difesa giudiziaria dell'amministrazione, deve adottarsi sul punto la soluzione opposta a quella accolta nell'impugnata sentenza arbitraJe, in tal modo questo Corte uniformandosi all'insegnamento del Supremo Collegio (sent. 6 ottobre 1964, n. 2523) e allo stesso esplicito orientamento legislativo (v. art. 46, D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1603). Ritenuto, pertanto, che la notificazione della domanda di arbitrato � colpita dalla nullit� di cui all'art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, in relazione all'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260, e che trattasi di nullit� assoluta non sanabile neppure con la costituzione dell'Amministrazione citata (Cass. 18 maggio 1964, n. 1215), segue che deve essere dichiarata la nullit� del lodo e del relativo giudizio arbitrale. Stante la causa di tale nullit�, resta precluso ogni esame del merito della controversia, perch� se da un lato l'invalidit� ha inficiato l'intero pr~cedimento arbitrale, il quale non avrebbe potuto avere svolgimento e quindi non pu� costituire il necessario presupposto di una pronuncia di merito in questa sede (Cass. 11 dicembre 1956, n. 4408), dall'altro l'invalidit� medesima non ha impedito il verificarsi della scadenza dei termini di cui all'art. 60 dei capitolati d'oneri, con la conseguente decadenza della societ� convenuta dal diritto di far valere in questa sede le pretese invalidamente proposte in sede arbitrale. (Omissis). TRIBUNALE DI ROMA, 6 agosto 1965, n. 5646 -Pres. Maccarone Est. Virgilio -Impresa A. Farsura (avv. Dedin e Vescovin) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Pentinaca). Arbitrato -Tempo del giudizio arbitrale -Giudizio durante la escuzione dei lavori e prima dell'approvazione del collaudo -Presupposti Rilevanza economica della controversia -Valutazione -Se spetti ad una delle parti o al Collegio arbitrale. (D. P. R. 16 luglio 1962 n. 1063, artt. 44 lett. b), 47). Nel caso di giudizio arbitrate promosso durante l'esecuzione dei lavori e prima dell'approvazione del collaudo, in deroga al principio generale che rimette la risoluzione di ogni controversia ad epoca successiva a detta approvazione, la valutazione della rilevanza economica della controversia la cui soluzione non pu� essere differita spetta non alla parte che ha promosso il giudizio, bens� agli arbitri (1). (1) � la prima sentenza dell'A.G.0. che -dopo l'entrata in vigore del nuovo Cap. Gen. Dpp. LL. PP. -esamina a precisa i limiti delle controversie, che -in deToga al principio generale secondo cui il giudizio con~enzioso in materia di <pubblico appalto deve avere luogo dopo l'approvazione PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 207 (Omissis). Come si � accennato nell'esposizione che procede, l'Amministrazione ha in via preliminare eccepito l'impromovibilit� del giudizio in corso d'opera. Considerato il carattere della eccezione stessa, il Collegio deve esaminarla prima di ogni altra questione. Secondo la tesi dell'attrice, l'art. 44, lett. B del Capitolato Generale d'Appalto 16 luglio 1962, n. 106, che autorizza il procedimento arbitrale durante la esecuzione dei lavori per quelle controversie �la cui natura o rilevanza economica, ad avviso di una delle parti, non consenta che la loro risoluzione sia differita �, andrebbe interpretato nel senso che, in sede di esame pregiudiziale relativo all'effettiva promovibilit� del giudizio immediato, gli arbitri non possano in alcun modo esaminare la fondatezza delle pretese attrici, essendo sufficiente, per legittimare il procedimento, l'opinamento dell'istante circa la rilevanza economica della vertenza e la conseguente indifferibilit� della sua risoluzione. Lo stesso principio varebbe, sempre secondo l'assunto dell'attrice, quando, essendo stata declinata la competenza arbitrale, la domanda fosse stata proposta al giudice ordinario. Oppore la difesa dell'Amministrazione che, per ritenere realizzata '~ condizione eccezionale richiesta dall'ordinamento al fine di derogare \Ili norma generale secondo la quale ogni decisione deve essere rin.., ad un momento successivo all'approvazione del collaudo, non �-che l'attore formuli pretese di una certa rilevanza economica, �wece indispensabile che gli arbitri, o rispettivamente il giudice, se nella specie ricorra effettivamente la condizione predetta. '?ione � fondata. dal coordinamento delle norme che disciplinano la defini �'Q.troversie tra il Ministero dei Lavori Pubblici e l'appal e seguenti del Capitolato), si evince chiaramente come 'i cui all'art. 44, che prevede i casi tassativi in cui "re luogo durante l'esecuzione dei lavori, costituisca 'eroga al principio di carattere generale per cui la ,.tenza � rimessa ad epoca successiva all'approva ....:ome � stato acutamente ritenuto in dottrina, la ...cipio va infatti ravvisata nell'interesse, proprio della /de, a che l'esecuzione dei lavori si svolga nel modo pi� .!ollaudo -possono essere �risolte durante l'esecuzione dei Lavori e .~tma di detta approvazione. La soluzione accolta dal Tribunale � esatta. Non vi � dubbio, invero, che il giudizio sulla rilevanza economica della controvel'sia spetta al. giudice, e non alla parte che l'ha promossa. La diver.sa formulazione prevista nel Capitolato abrogato (che enunciava solo le controversie e la cui natura, ad avviso di una delle parti, non consente che la loro risoluzione sia differita �) aveva fatto sorgere qualchedubbio sul se la valutazione della natura dovesse svolgersi in senso soggettivo (in relazione cio� alle condizioni dell'appaltatore) o soltanto in senso oggettivo: ma la seconda interpretazione era prevalente (CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, 790, al quale si rinvia per richiami di giurisprudenza) ed ha trovato nel nuovo Cap. Gen. espresso riconoscimento. Vedi, in sede arbitrale, in questa R.a,ssegna, 1965, 850. 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piano (senza quello stato di animosit� che tende fatalmente a determinarsi nelle discussioni in sede giudiziaria), e inoltre nelle maggiori probabilit�, che in tal modo vengono a sussistere, di un bonario componimento, in quanto le parti, esaminando le questioni complessivamente, sono pi� facilmente indotte ad una conciliazione. Nel quadro di queste regole va esaminata ed interpretata la norma di cui all'art. 44, lett. b, la quale, opportunamente innovando rispetto al corrispondente art. 44, lett. b) del precedente Capitolo Generale di Appalto, 28 maggio 189�5, che prevedeva l'immediato giudizio arbitrale solo per quelle controversie la cui natura, ad avviso di una delle parti, non ne consentisse il differimento (onde era controverso in dottrina e in giurisprudenza se il concetto di �natura � dovesse essere inteso oggettivamente o anche soggettivamente, in relazione alle condizioni economiche dell'appaltatore), ha espressamente stabilito che si possa far ricorso al procedimento predetto anche quando la rilevanza economica della controversia, sempre ad avviso di una delle parti, non consenta che la sua risoluzione venga differita. Detta disposizione va peraltro coordinata con quella dell'ultimo comma dello stesso articolo, nonch� con l'altra dell'art. 47, II cpv., le quali rimettono rispettivamente agli arbitri e al magistrato competente la decisione circa l'effettiva indifferibilit� del giudizio: da tale coordinamento si evince che il legislatore, non potendo adottare una formula rigida che limitasse le possibilit� di applicazione della norma, ha inteso lasciare al prudente apprezzamento degli arbitri o del giudice di valutare volta per volta se le circostanze siano effettivamente tali da imporre la maggiore sollecitudine del giudizio e la conseguente deroga al principio generale (in tali sensi esplicitamente ha chiarito la portata della norma la relazione ministeriale al nuovo Capitolato). Pertanto, l'inciso di cui alla lett. b dell'art. 44, � ad avviso di una delle parti., non intende gi� rimettere a questa ogni valutazione come assume l'istante, bensi semplicemente riferirsi al potere di iniziativa nella richiesta di arbitrato, ed in questo senso costituisce il caso contrapposto a quello dell' �accordo � delle parti, previsto sotto la precedente lett. a). La diversa interpretazione dell'espressione predetta (prospettata dall'attrice) non solo contrasta con il chiarissimo disposto dei citati ultimi capoversi degli artt. 44 e 47, ma determinerebbe l'effetto di capovolgere la portata della norma, rimettendo in definitiva il giudizio sulla sua applicabilit� in concreto all'apprezzamento e all'arbitrio di una delle parti. Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve il Collegio esaminare se nella specie la rilevanza economica della controversia, da valutare in relazione all'importo totale dell'appalto, sia effettivamente tale da non consentire il differimento della sua risoluzione e da portare notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori, come dispone l'articolo 44, lett. b. A' questo scopo occorre necessariamente procedere ad PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 209 una sommaria deliberazione circa la fondatezza delle pretese attrici, al limitato fine di accertare, in concorso con ogni altro elemento di giudizio, la sussistenza dei requisiti di promovibilit� della domanda in corso d'opera. L'oggetto di tale indagine nella specie si riduce sostanzialmente all'esame della riserva indicata al n. 3 (relativa al compenso per il ritardo nell'inizio dei lavori e per la sospensione di essi, il cui ammonmontare � di lire 238.82.7.55-0), sia perch� per alcune delle altre riserve � venuta a cessare totalmente o parzialmente la materia del contendere in seguito al nuovo atto di sottomissione stipulato il 21 dicembre 1964, sia perch� non si palesano comunque tali da integrare di per s� solo gli estremi richiesti dall'art. 44, lett. b. Osserva il Collegio che la richiesta predetta non denota la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma. Notevole rilievo va innanzitutto attribuito a tale proposito alla relazione del collaudatore nominato in corso d'opera, il quale ha ritenuto del tutto fantastiche le pretese formulate dall'attrice. Dalla documentazione esibita dall'Amministrazione si � inoltre indotti a desumere che il ritardo nell'inizio dei lavori �, almeno in gran parte, imputabile alla stessa Impresa, la quale omise di presentare puntualmente il programma dei lavori stessi, con palese violazione dell'art. 7 del Capitolato Speciale d'appalto 23 maggio 1960. Di non minore importanza, sempre ai fini della valutazione del fondamento della riserva in esame, � ancora la considerazione che l'appaltatrice, in attesa della risoluzione delle difficolt� sopravvenute, non rimase affatto inattiva, in quanto, essendo impegnata nella costruzione degli altri lotti della ferrovia (che avevano costituito oggetto di distinti appalti), ebbe egualmente la possibilit� di utilizzare sia il personale che il materiale da costruzione e gli attrezzi. Va altresi tenuto presente che l'attrice, nonostante l'insorgere dei pretesi fatti dannosi, ha regolarmente continuato i lavori per oltre due anni: circostanza questa che costituisce un sintomo rivelatore della concreta mancanza, nella controversia di cui si discute, di quei caratteri di gravit� e di incidenza sul proseguimento dell'opera, che sono indispensabili per la richiesta della risoluzione immediata della vertenza. Va infine, considerato (anche tale argomento � di intuitiva efficacia) che nel corso del presente giudizio l'Impresa e l'Amministrazione hanno stipulato un nuovo atto di sottomissione, che non solo ha fissato nuovi accordi delle parti, eliminando pertanto la materia del contendere per alcune delle riserve gi� formulate, ma ha addirittura aumentato l'importo iniziale dell'appalto di L. 602.012.943. Da quanto precede appare evidente che nel caso difetta la condi zione cui la legge subordina la possibilit� di risoluzione giurisdizionale immediata della controversia. (Omissis). 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 giugno 1965, n. 15 -Pres. Reale Est. Granito -Nasuti e Ciarrapico (avv. Conte) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Carbone) ed ACEA (avv. Mazzullo). Acque pubbliche ed elettricit� -Sottensione totale di utenza -Compenso -Determinazione della qualit� e quantit� della prestazione Liquidazione del compenso in danaro -Rifiuto dell'Amministrazione dei LL.PP. a provvedervi -Ille~ittimit�. (T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). Nell'ipotesi di sottensione totale di utenza, l'Amministrazione dei Lavori Pubblici, oltre a stabilire il modo in cui l'utenza sottesa debba essere compensata -se mediante fornitura di acqua o di energia ovvero mediante pagamento di una somma di danaro -deve, aitres�, procedere alla determinazione quantitativa dell'una o dell'altra prestazione: pertanto, deve ritenersi illegittimo il rifiuto della p. a. a provvedere alla liquidazione dei compenso in danaro (1). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 ottobre 1965, n. 21 -Pres. Reale -Est. Giannattasio -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carafa) c. Romano Maria (avv. Maglione). Espropriazione per pubblica utilit� -Stima -Caratteristica di suolo edificatorio -Elementi. (L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39). (1) Per le sottensioni par2Jiali la giurisprudenza ha sempre statuito che il compenso spettante al concessionario sotteso dev'essere stabilito prima o contestualmente al provvedimento che dispone la sottensione. La necessit� deil.la determinaztione quantitativa del �compenso trovasi affermata pure nelil:a motivazione della senten:z:a 27 luglio 1963, n. 24 del Tribunale Superioredelle AA. PP., :riprodotta a pag. 206 e segg. di questa Rassegna, 1964. Per lo stesso principio, massimato, si veda: Trib. Sup. AA. PP., 9 luglio 1960, n. 22, Acque, bonif. costr., 1960, 375, Tdb. Sup. AA. PP., 24 ottobre 1960, n. 30, ivi, 463. Secondo la giur.iisprudenza ora citata, la mancata determinazione del compenso produce il.'illegittitmit� del decreto deil. Ministro dei LL. PP. Secondo, invece, la pi� recente sentenza del Trib. Sup. AA. PP., 8 novembre 1963, n. 30, Foro Amm., �1964, I, 1, 444, la mancata fissazione del quantum/ non rende illegittimo il decreto di cui s'� detto n� ne comporta la disapplicazione da parte del giudice ordinario, ma postula solo la integrazione dello stesso ad opera della p. a. Per le sottensioni totali la statuizione contenuta nella decisione in rassegna non ha, per quello che ci consta, precedenti. La massima desta perplessit� perch� urta contro la lettera della legge che se all'art. 47, per le sotten:sioni parziali, impone esp:licitamente alla p. a. di determinare il compenso che il nuovo utente deve corrispondere a quello PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 211 Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione parziale e totale Differenza -Rapporto tra il fondo espropriato ed altro fondo contiguo. (L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40). La posizione marginale di un terreno 1�ispetto ai centro abitato non esclude di per s� il carattere edificatorio del fondo, potendosi tale carattere anche desumere, in via riflessa, da un complesso di elementi certi ed obbiettivi quali l'ubicazione, l'accessibilit�, io sviluppo edilizio, l'esistenza di servizi pubblici di muminazione, riscaldamento e rifornimento idrico, che attestino un'attuale e concreta abitabilit� deUa .zona; tuttavia, non � da ritenere edificatorio un terreno che non � situato ai margini di una grande citt�, ma a notevole distanza da un centro abitato di provincia ed in piena zona agricola e sopratutto sfornito delle c.d. opere di urbanizzazione sopraricordate (1). Si versa nell'ipotesi dell'espropriazione parziale quando iL fondo espropriato rappresenta un elemento insostituibile per l'organizzazione ed iL funzionamento di un'impresa agricola o, quanto meno, � posto in modo durevole, per un'esigenza tecnica, ai servizio di un altro fondo preesistente, all'art. 45, per le sottensioni totali, Si Limita a disporre che il Ministro dei LL.PP. deve stabilire in quai modo -se mediante fornitura di acqua o energia o mediante compenso in denaro -l'utenza sottesa debba essere compensata, senza accennare minimamenrte ad un obbligo di detetrminaziione del quantum. E ci� senza dire che il principio affermato non tiene afllatto conto della sostanziale diversit� di presupposti e di disciplinaesiostente tra le due ipotesi di sottensione. (1) Il principio secondo il quale il carattere edificatorio di un suolo si pu� desumere da un complesso di elementi certi ed obbiettivi di ubicazione, accessibilit�, sviluppo edilizio, esistenza di servizi pubblici (c. d. opere di urbanizzazione) � stato, in questi ultimi tempi, afllermato ripetutamente dalla Corte di Cassazione, della quale costituisce giurisprudenza consolidata. Si cfr. Cass. 30 marzo 1965, n. 557, Gimt. civ., 1965, I, 1137; Cass. 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, 729 (con nota di ll"ichiami); Cass. 3 giugno 1963 n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839; C'ass. 21 dicembre 1962 n. 647, Giust. civ. Mass., 1962, 317; Cass. 9 agosto 1962, n. 2490, ivi, 1962, 371; Cass. 25 maggio 1962, n. 1239, Foro it. Mass., 1962, 1378; Cass. 16 mag:gio 1962, n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1004; Cass. Sez. Un. 28 marzo 1962, n. 647, Foro amm., 1962, II, 363. La sentenza in rassegna ha escluso recisamente che ad un terreno, sulla considerazione di una sua remota �possibilit� di urbanizzazione, si possa attribui.Te un valore intermedio tll"a suolo agricolo e suolo edificatorio; e ci� perch� l'indennit� di esproprio dev'essere commisurata al valore attuale del bene e non a quello che il fondo potr� avere in futuro se si realizzeranno alcuni fattori di natntra puramente aleatoria. Se il terreno, quindi, non pu� ritenersi edificatorio per mancanza dei requisiti necessari per tale qualifica, attribuire ad esso una stima superiore a quelila dei terreni agricoli (anche se inferiore a quella dei terreni edificatori urbani) significa dare al bene un valore che esso ancora non ha ed operare un ingiustificato arricchimento a favore dell'espropriato, di cui la legg:e intende compensare H sacrificio ma non certo favorire la speculazione. :~.;.., ' :~.;.., ' 212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cosi da costituirne una necessaria pertinenza; in mancanza di un tale nesso fra le varie parti di un fondo, l'espropriazione di una parte di terreno configura l'ipotesi dell'espropriazione totale anche se al proprietario espropriato 1�esti in propriet� altro terreno contiguo (2). (Omissis). L'appellante lamenta l'illogicit� della sentenza impugnata, per aver ritenuto la natura edificatoria della fascia di terreno espropriata, e ci� in contrasto non soltanto con le risultanze degli atti, ma con le stesse proposizioni della sentenza. La censura � fondata. La sentenza del Tribunale Regionale, dopo aver riconosciuto da un lato la rilevante distanza del terreno in questione dal centro abitato di Pomigliano d'Arco (un chilometro) e dall'altro l'assoluta mancanza di ogni opera di urbanizzazione (assenza di acquedotto, fognatura, illuminazione pubblica, ecc.), ha tuttavia, fondato il giudizio su di una remota possibilit� di urbanizzazione per negare al terreno il valore agricolo e stabilire un valore intermedio tra quello fissato dal Consulente, come suolo agricolo e quello reclamato dalla � Romano come suolo edificatorio urbano. Cosi ragionando, l'appellata sentenza si � discostata dai criteri costantemente seguiti nell'accertamento del carattere edificatorio di un terreno in tema di espropriazione per pubblica utilit�. Invero, anche a voler accettare in via astratta la distinzione tra edificabilit� e possibilit� edificatoria ed anche a concedere che la posizione marginale del terreno rispetto al centro abitato, non esclude il carattere edificatorio del terreno stesso, che si pu� desumere, in via riflessa, da un complesso di elementi certi e obiettivi, quali l'ubicazione, l'accessibilit�, lo sviluppo edilizio, i servizi pubblici di illuminazione, di riscaldamento e di rifornimento idrico e cosi via, che attestano una attuale e concreta abitabilit� (Cass. 30 marzo 19615, n. 537, 3 giugno 1963, n. 1483; 16 maggio 1962, n. 1105); tuttavia, non � consentito qualificare edificatorio un terreno che non � situato ai margini di una grande citt�, ma a notevole distanza da un centro abitato di provincia e in piena zona agricola, e soprattutto non fornito di quelle opere, or ora ricordate, che sono state definite di urbanizzazione. (2) Sull'espropriazione parziale si cfr. Cass. 15 luglio 1964, n. 1909, Giust. civ. Mass., 1964, 864, ed in questa Rassegna 1964, 730; Cass. 18 maggio 1964 n. 1213, in questa Rassegna 1964, 719; cass. 15 maggio 1964, n. 1184, Riv. giur. ed., 1964, I, 1061; Foro amm., 1964, I, 1, 378; Cass. 3 marzo 1962, n. 396, Foro amm., 1962, II, 213; 'fiib. Lecco, 29 aprile 1960, Foro it., 1961, I, 164; Cass. 19 dicembre 1934, n. 3622, Foro it., Rep. 1934, v. Espr. p. u. n. 76. In dottrina si vedano: CARUGNO, L'espropriazione per pubblica utilit�, Milano, 1958, 227 segg.; RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit�, Torino, 1964, 251, segg. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 213 In siffatta situazione l'attribuire al terreno una stima che superi di gran lunga quella corrispondente ai terreni agricoli, sia pure tenendosi a mezza strada tra la stima del terreno agricolo e quello edificatorio. �urbano significa attribuire al bene espropriato un valore che esso non ha ed operare un ingiusto arricchimento a favore dell'espropriato e in danno dell'ente espropriante. Non merita, invece, censura il criterio di stima, suggerito dai periti nominati ai sensi dell'art. 32 legge 25 giugno 1865, n. 2359 e seguito dal Tribunale Regionale, relativo all'occupazione parziale (art. 40 stessa legge) e non all'occupazione totale (art. 39). Invero si versa nel caso di espropriazione parziale quando il fondo espropriato � elemento insostituibile per l'organizzazione ed il funzionamento dell'impresa agricola o, quanto meno, � posto in modo durevole, per un'esigenza tecnica, a servizio di altro fondo, cosi da costituire una pertinenza necessaria; ove invece il nesso fra le varie parti non esiste, si ha espropriazione totale, nulla rilevando che al proprietario espropriato rimanga altro terreno contiguo. Nel primo caso la parte residua � sicuramente soggetta a deperimento e di questo occorrer� tener conto, a norma dell'art. 40, nella determinazione dell'indennit� di espropriazione; nel secondo caso, pur non potendosi negare, in via assoluta, che il fondo residuo possa subire una diminuzione di valore, di regola non si ha riguardo ad essa e la indennit� di espropriazione � determinata, a norma dell'art. 39, in base al valore venale dell'immobile espropriato. Nel caso in esame, il fondo della Romano, della superficie complessiva di mq. 14.n2 � risultato diviso, a seguito della espropriazione, nella striscia di mq. 12..392 e nell'altra di mq. 1.500. Quest'ultima, di forma triangolare, sebbene conservi la comunicazione con la strada, viene ad essere priva di comunicazione diretta con la maggior parte del fondo, si da subire un evidente deprezzamento del quale deve tenersi conto. Ora, prendendo a base i valori attribuiti agli altri fondi contigui dalla perizia giudiziale, e la dichiarazione di accettazione di Beneduce Pasquale, che ha concordato il valore di L. �62�5 al mq., pu� fissarsi in L. 7-00 al mq. il valore del terreno in contestazione, sicch� l'intero fondo della Romano, valeva all'epoca dell'espropriazione L. 9.9'20.000 (mq. 14.172 X 700). Per effetto dell'espropriazione di mq. 280, la residua parte di mq. 13.892 ha conservato, per l'estensione di mq. 12.392 lo stesso valore di L. 700 al mq. e vale quindi L. 8.674.400 (mq. 12.392 X 700), mentre la parte separata di mq. 1.500 � stata come si � detto deprezzata, valutando il deprezzamento di L. 300 a mq., si ha un valore residuo di L. 600.000. Detraendo, perci�, dal giusto prezzo che avrebbe avuto il terreno avanti l'occupazione (L. �9.920.400) il giusto prezzo che potr� avere la residua parte di esso dopo l'occupazione (L. 8.674.400 X 600.000 = 9.274.000) si ottiene l'indennit� di espropriazione pari a L. 646.000. (Omissis). 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 13 gennaio 1966, n. 1 -Pres. Reale Est. Tozzi -Iavarone (avv. di Maio e Marotta) c. Cassa per il Mezzogiorno ed il Prefetto di Napoli (avv. Stato Carafa). Acque pubbliche -Espropriazioni per le opere di raccolta e re~olazione delle acque -Determinazione dell'indennit� -Perizia disposta dal Presidente del Tribunale -Inammissibilit� -Valutazione da parte del Genio Civile -Le~ittimit�. {L. 20 giugno 1865, n. 2359, artt. 31, 32; t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 33). Ai sensi dell'art. 33 del t.u. n. 1775 del 1933 sulle espropriazioni per le opere di raccolta e di regolazione delle acque, la determinazione delle somme da depositarsi a titolo di indennit� di. espropriazione nei confronti dei proprietari che non accettarono la indennit�, deve essere effettuata dal Genio Civile e non tramite una perizia disposta dal Presidente del Tribunale (1). (Omissis). Deve invece ritenersi ammissibile il primo ricorso in quanto rivolto avverso il decreto di espropriazione emesso dal Prefetto di Napoli e notificato il 17 ottobre 1962, che si assume il legittimo perch� la indennit� sarebbe stata liquidata in base ad una consulenza tecnica disposta dal Tribunale di Napoli, mentre nella specie la indennit� avrebbe dovuto essere determinata dal Genio Civile a norma dell'art. 33 del t.u. n. 1775 del 1933. E invero, secondo la costante giurisprudenza, rientrano nella competenza del giudice ordinario soltanto le controversie riguardanti il quantum della indennit� offerta, mentre il giudice di legittimit� � competente a conoscere delle controversie che hanno per oggetto i criteri mediante i quali il Prefetto ha determinato l'indennit� stessa nei confronti dei proprietari, con le quali in sostanza si deducono vizi del procedimento conclusosi con l'atto di espropriazione impugnato (v. per tutte decc. IV Sez., n. 777 del 1960 e n. 515 del 1957). N� ha maggior fondamento l'altro profilo di inammissibilit� dedotto dall'Avvocatura dello Stato, secondo cui i ricorrenti non avrebbero interesse a dedurre che la stima della indennit� � stata fatta dal perito nominato dal Tribunale anzich� dal Genio Civile, in quanto l' Amministrazione avrebbe comunque rispettato il principio fondamentale dettato dalla legge fondamentale sulle espropriazioni per pubblica utilit�. Qui infatti i ricorrenti non lamentano la violazione del principio che la determinazione della indennit� debba essere effettuata mediante una stima, ma si limitano a dedurre la incompetena dell'organo al quale la stima � stata demandata e non pu� dubitarsi che abbiano un interesse a dedurre il vizio di incompetenza, sia perch� il riconosci I mento dell'esistenza di esso farebbe loro raggiungere lo scopo di ottenere l'annullamento dell'atto impugnato, sia perch� non si pu� a priori il (1) Massima esatta. Non risultano precedenti. i @ ~ fl fl ~6�;.~~'.:;r1~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 215 e in astratto escludere che la stima effettuata dall'organo competente sarebbe stata pi� favorevole (v. per tutte decc. Consiglio di Stato, V Sez., n. 826 del 1960 e IV Sez., n. 585 del 1961). Ci� premesso, ritiene il Tribunale che la censura sia fondata. E invero, ai sensi dell'art. 33 del t.n. n. 1775 del 1933, sulle espropriazioni per le opere di raccolta e di regolazione delle acque, come quella cui il decreto di espropriazione impugnato si riferisce, la determinazione della somma da depositarsi a titolo di indennit� di espropriazione nei confronti dei proprietari che non accettarono la indennit� offerta deve essere effettuata dal Genio Civile. Nella specie, invece, � stato erroneamente applicato l'art. 32 della legge del 1865 e la indennit� � stata determinata mediante una consulenza tecnica disposta dal Tribunale di Napoli, il che � evidentemente illegittimo. Deve pertanto essere accolto il primo ricorso in quanto rivolto avverso il decreto di espropriazione, che deve essere annullato. (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 17 gennaio 1966, n. 2 -Pres. Reale Est. Daniele -Soc. Finlago (avv. Ferri e Scarpa) c. Ministero Finanze (avv. Stato Carbone). Demanio -Concessione -Imposizione del canone -Impugnativa -Giurisdizione del giudice amministrativo -Concessione di utilizzazione di sponde lacuali -Canone -Giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque. (T. u. 11 dicembre 193.3, n. 1775, art. 143 lett. a). Le controversie sulla legittimit� dell'imposizione del canone, relativo alla concessione in uso di un bene, demaniale, rientrano nella competenza del giudice amministrativo. Pertanto sono di competenza del Tribunale Superiore delle Acque in sede di legittimit� i ricorsi contro provvedimenti definitivi determinativi del canone di concessione di sponde lacuali (1). (Omissis). L'eccezione di difetto di giurisdizione di questo Tribunale, sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato, non � fondata. Non � contestato fra le parti che le controversie, relative alle legittimit� dell'imposizione del canone relativo ad una concessione in (1) Nello stesso senso, cfr.: Cass Sez. Un. 21giugno1963, n. 1666, in questa Rassegna 1963, 135, secondo cui � nel caso in cui il privato, che ha ottenuto dalla Pubblica Amministrazione la concessione in uso di un bene demaniale, contesti la legittimit� dell'imposizione di un canone relativo alla concessione stessa, la controversia, investendo la maniera con la quale la P.A. ha esercitato in concreto il proprio potere discrezionale, rientra nella competenza del giudice amministrativo e non gi� in quella del giudiceordinario �. V. pure CARUSI, In tema di concessione d'uso di beni pubblici, ivi, 1964, 1066). 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO uso di un bene demaniale, rientrano (come ha anche ritenuto la suprema Corte di Cassazione -Sez. Un. con sentenza 21 giugno 1963, n. 1666) nella competenza del giudice amministrativo e non in quella del giudice ordinario. Eccepisce per� l'Avvocatura dello Stato, che, nella specie, la controversia esulerebbe dalla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in quanto non rientrerebbe in alcuna delle ipotesi previste dall'art. 143 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. Osserva il Tribunale che, nel caso in esame, -l'oggetto della concessione sarebbe stato costituito da un'area, qua-si tutta coperta, del Lago Maggiore costituente uno specchio d'acqua (cfr. lettera Ministero delle Finanze 8 aprile 1964, n. 103891) da destinarsi alla costruzione di una darsena coperta e di due moli in calcestruzzo. Non solo, quindi, l'oggetto della richiesta concessione era costituito da una parte del lago (alveo e relative acque) ma la finalit� della concessione era quella dell'utilizzazione delle acque del lago stesso, per mezzo della costruzione di una darsena e di due moli. Ci� posto, la controversia rientra nella previsione dell'art. 143, lett. a) del t. u, 11 dicembre 1933, n. 177-5 il quale deferisce alla cognizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in sede di giurisdizione amministrativa, i ricorsi, per motivi di legittimit�, avverso i provvedimenti definitivi in materia di acque pubbliche, fra le quali sono comprese, ai sensi dell'art. 1 del citato testo unico, le acque lacuali. (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 17 gennaio 1966, n. 4 -Pres. Reale Est. Giannattasio -Consorzio Verdia Passolargo (avv. C. Selvaggi) c. Ministero LL. PP. e Assessorato LL. PP. presso la Regione Siciliana (avv. Stato Del Greco) e Zuccarello (avv. Conte e A. C. Jemolo). Acque pubbliche -Giudizi e procedimenti dinanzi ai Tribunali delle Acque -Norme processuali applicabili -Rinvio del t. u. n. 1775 del 1933 al c.p.c. del 1865 -Natura -Effetti -Estinzione del processo -Inapplicabilit�. (T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 191 e 202; c. p. c. abr., art. 338). Acque pubbliche -Utenze di acque pubbliche attuate per il trentennio anteriore alla pubblicazione della 1. 10 agosto 1884 n. 2644 e regolarmente riconosciute -Concessione di utenze in base alla legislazione vigente -Preferenza delle prime rispetto alla seconda. (T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 2, lett. a) e b), e 19). Anche dopo t'e_ntrata in vigore dei nuovo codice di procedura civile, il sistema processuaie reiativo aUe controversie in materia di PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 217 acque pubbliche rimane collegato, nella sua interezza, attraverso i riferimenti di cui al t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, azze norme contenute nel codice di rito del 1865; le quali devono considerarsi come recepite dal testo unico medesimo, rimanendo estranee azza materia le modificazioni deZZa procedura ordinaria apportate dal nuovo codice. Pertanto non � applicabile al processo dinanzi al Tribunale delle acque l'istituto deZZ'estinzione del processo (1). I titolari di utenze di acque pubbliche, che risultino derivate ed utilizzate per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della l. 10 agosto 1884, n. 2644, e che abbiano ottenuto iZ riconoscimento dell'utenza daZZa p. a., sono posti sullo stesso piano giuridico (salva naturalmente la differenza del quantitativo di acqua, che ciascuno ha ottenuto di poter continuare a derivare e che corrisponde al quantitativo utilizzato nel detto trentennio), con possibilitd di essere ridotte in modo proporzionale, e sono preferiti ai titolari di concessioni, Ze quali hanno effetto daZZa data del decreto (2). (Omissis). Gli appellanti incidentali Cancelliere propongono, in via preliminare, il problema se sia applicabile al processo innanzi ai Tribunali delle Acque l'art. 305 c.p.c., secondo il quale il processo interrotto (per una delle cause previste nei precedenti artt. 299, 300 e 301) deve essere proseguito e riassunto entro il termine perentorio di sei mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue. La questione, risolta negativamente dal Tribunale Regionale, ha pratica rilevanza, perch� dinanzi a quel Tribunale fu dichiarata l'interruzione del processo per morte .di uno dei difensori il 18 settembre 1956 e la riassunzione avvenne il 10 agosto 1957, dopo cio� oltre sei mesi. Questo Tribunale Superiore, nel ritenere non applicabile al processo dinanzi ai Tribunali delle acque l'istituto dell'estinzione del processo, non fa che riconfermare la propria giurisprudenza, secondo la quale, in armonia a quanto � stato ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. 6 novembre 195'8, n. 3619), pur dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura civile, il sistema processuale relativo alle controversie in materia di acque pubbliche rimane collegato, nella sua interezza alle norme del codice di rito del 1865, attraverso i riferimenti di cui al t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, le quali norme devono considerarsi come recepite dal testo unico medesimo, rimanendo estranee alla materia le modificazioni della procedura ordinaria apportate dal nuovo codice (Trriib. Sup. 30 gennaio 1965, nn. 3 e 4; 22 gennaio 1964, n. 5). (1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Trib. Sup. Acque 30 gennaio 1965, n. 1, in questa Rassegna, 1965, I, 233 con nota; 30 gennaio 1965, n. 4, ivi, 1965, I, 575, con nota. (2) Esatta applicazione delle norme di cui agli artt. 2 e 19 del t. u. n. 1775. 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La giurisprudenza, che ha fatto applicazione di questo principio, non sempre si � espressa in termini di integralit�, ma anzi, in vari casi (Cass. Sez. Un. 7 aprile 1953, n. 2.675; 22 marzo 1953, n. 765; 27 luglio 1948, n. 1244) ha pronunciato su fattispecie, per le quali, nel testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici v'era un rinvio recettizio ad una precisa norma dell'abrogato codice di procedura civile del 1865; pi� precisamente, all'art. 518 delativo al termine per ricorrere alle sezioni unite della Corte di Cassazione, richiamato dall'art. 202 quarto comma del testo unico; o all'art. 493 relativo alla pronuncia sulla competenza da parte del giudice d'appello, richiamato dall'art. 191 del testo unico. Anche inteso in questi pi� ristretti limiti, il principio sopra enunciato trova specifica applicazione nel caso in esame, perch� l'istituto della perenzione di istanza (art. 338 c.p.c. 186�5), che il Tribunale Regionale ha applicato in luogo dell'estinzione del processo, � richiamato dall'art. 186 del t.u. del 1933. I ricorrenti incidentali sostengono, per�, che la soluzione contraria dovrebbe ritrovarsi nell'art.208 del pi� volte ricordato t.u. del 1933, che, se fa rinvio al codice di procedura civile allora vigente, cio� al codice del 1865, estende poi il rinvio anche alle �successive leggi modificatrici ed integratrici�, tra le quali sarebbe da annoverare il codice di procedura civile del 1940-42. Il rilievo non appare fondato. Allorquando fu emanato il testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici, i criteri ai quali doveva informarsi il codice allora in gestazione, avevano gi� trovato accoglimento nella pi� autorevole dottrina, onde il regolamento processuale in tema di acque (titolo IV del t.u.) volle costituire una anticipazione della riforma in corso. Nel testo unico trovarono cosi collocazione norme innovatrici rispetto al comune processo civile (si pensi, ad es. alla preventiva fase istruttoria dinanzi al giudice delegato e alla successiva rimessione al collegio, artt. 157 e 180) ed una serie di rinvii ricettizi al codice di procedura civile del 1865, il che significa che si attu� un sistema processuale autonomo, comprensivo di criteri gi� sperimentati e di criteri nuovi. L'art. 208 del testo unico dice appunto questo, quando precisa che nel processo in materia di acque pubbliche si ha riguardo in primo luogo a � tutto ci� che sia regolato dalle disposizioni del titolo IV � del testo unico, e, per quanto non regolato da quelle disposizioni, si applica il codice di procedura civile allora vigente, con la precisazione, del resto ovvia, che tale codice non doveva intendersi richiamato nell'originaria stesura, ma tenuto conto �delle successive leggi modificatrici ed integratrici�. (Omissis). A tal punto, prima di esaminare se � fondata la censura dell'appellante principale, devesi senz'altro escludere che abbia fondamento l'appello incidentale sul punto di una pretesa precedenza a titolo preferenziale in forza di antichi titoli prodotti in causa, o da esibire, dietro PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 219 ordine, dall'amministrazione dei LL. PP., che permetterebbero di considerare gli utenti di acqua pubblica della riva sinistra quali possessori di un titolo legittimo (art. 2 lett. a del t.u.) o comunque utenti per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 ago. sto 1884, n. 2644 (art. 2 lett. b) con particolare modalit� di esercizio. � agevole obiettare che non solo non v'� stato alcun riconoscimento di un titolo preferenziale a favore di Cancelliere e C., ma tale riconoscimento non venne neppure da loro richiesto allorch� invocarono ed ottennero il decreto 31 gennaio 1939, il quale non fece che accogliere la richiesta di riconoscimento di ls. 20,5�58 per antica utenza. Tale decreto, che corrispondeva all'istanza degli interessati non fu, naturalmente, impugnato da questi ultimi, per cui l'accertamento � divenuto definitivo nei loro confronti, senza riconoscimento di preferenziali modalit� di esercizio. Ma non esiste neppure un titolo preferenziale del Consorzio Verdia Passalongo rispetto agli utenti di sinistra, anteriore al 1939, che il decreto 31 gennaio 1939 avrebbe violato. Invero, la scrittura 6 settembre 193�9, a parte che � firmata dal .solo Gaetano Cancelliere e non anche dagli altri utenti, per cui, in mancanza di procura, sarebbe vincolativa solo per il sottoscrittore (n� potrebbe, naturalmente, parlarsi di convalida di un atto per mancanza della forma richiesta ab substantiam) non contiene alcun riconoscimento a favore del Consorzio n� correlativa di diritti sostanziali. Dalla ragione che indusse le parti presenti a rilasciare le rispettive dichiarazioni e dallo stesso loro tenore ( � Il Consorzio non si oppone all'assegnazione a Cancelliere... �; �I ricorrenti non intendono pregiudicare le assegnazioni fatte al Consorzio ... �) emerge chiaramente che con esse le parti vollero regolare il loro comportamento nel processo in corso per favorirsi a vicenda, in modo che i ricorrenti potessero vedersi riconoscere il diritto di utilizzare un maggior quantitativo di acqua, senza che venissero rimessi in discussione il diritto di antica utenza riconosciuto al Consorzio e la concessione fatta allo stesso ente. Se un riconoscimento a titolo preferenziale dovesse ravvisarsi in quella scrittura, dovrebbe trattarsi di un riconoscimento reciproco, il che � assolutamente inconcepibile, perch� assurdo. Ma se la scrittura del 1933 non � fonte di riconoscimento di un titolo preferenziale a favore del Consorzio tanto meno pu� esserlo la sentenza 9 giugno 1937 del Tribunale regionale di Palermo, per aver fatto proprio il contenuto di quella scrittura, tanto pi� che questa venne presa in considerazione unicamente ai fini della dichiarazione di cessazione della materia del contendere. � noto che quando il Giudice dichiara cessata la materia del contendere per fatti sopravvenuti nel corso del giudizio (e nel caso in esame la dichiarazione � avvenuta ex officio) egli ritiene, a torto o a ragione, che sia sopraggiunto un fatto, che, incidendo sul diritto sostanziale dedotto in causa, elimini la ragione stessa del contendere fra le parti e, quindi, sia venuta meno oggettivamente la necessit� di affermare la concreta volont� giurisdizionale, .sicch� la cessazione della materia del contendere si risolve in una pro 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nuncia di declaratoria che pone fine al processo, facendo venir meno perisno le sentenze gi� pronunciate. Una volta esclusa la ricorrenza di una ragione preferenziale a favore dell'uno o dell'altro gruppo di utenti, in caso di insufficienza d'acqua i riconoscimenti di utenza a favore del Consorzio e del gruppo Cancelliere devono ridursi proporzionalmente ed in tal caso si fa luogo alla riduzione dei riconoscimenti dopo che sono state sacrificate le concessioni. Infatti i titolari di utenze di acque pubbliche, che risultino derivate ed utilizzate per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 agosto 1884, n. 2644 e che abbiano ottenuto il riconoscimento dell'utenza dall'Amministrazione, sono posti sullo stesso piano giuridico, salva, naturalmente, la differenza del quantitativo di acqua, che ciascuno ha ottenuto di poter continuare a derivare e che corrisponde al quantitativo utilizzato nel detto trentennio. I riconoscimenti di uso trentennale, invero, avendo tutti effetto dalla stessa data (e cio� dall'entrata in vigore della legge del 18'84, qualunque sia la data del riconoscimento) debbono considerarsi tutti di pari grado. L'antica utenza, invece, � preferita, com'� pacifico fra le parti, alla concessione, che prende data dalla data del decreto e tale preferenza si desume chiaramente dall'art. 19 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, per n quale �la concessione si intende fatta entro i limiti di disponibilit� dell'acqua � ed il concessionario � sempre responsabile di qualsiasi lesione che, in conseguenza della concessione, possa essere arrecata ai diritti dei terzi. (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 25 gennaio 1966, n. 6 -Pres. Reale Est. Ferrati -A.C.E.A. (avv. Carugno) c. Consorzio acquedotto del Peschiera (avv. Carloni) e Tesoriere Comune di Roma (avv. D'Angelantonio). Acque pubbliche -Controversia fra privati -Competenza dei Tribunali delle acque pubbliche. (T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140; lett. e). Giustizia amministrativa -Motivi di ricorso -Poteri del Giudice. Ai sensi deH'art. 140 lett. c. del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, secondo il quale sono devolute alta cognizione dei Tribunali delle acque pubbliche � le controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni ed utilizzazione di acque pubbliche�, ricorre la competenza di detti Tribunali quando, pur vertendo la lite tra privati, sia in discussione il contenuto e la portata del provvedimento amministrativo di derivazione e di concessione, giacch� le relative contestazioni involgono necessariamente quegli interessi di ordine pubblico, in vista dei quali � stato costituito il giudice specializzato (1). (1) L'affermazione che le controversie tra privati, relativamente alla materia delle acque pubbliche, sono di competenza dei Tribunali specia PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 221 In materia di ricorsi giurisdizionali amministrativi il giudice � vincolato ai motivi ed alle istanze dedotte dalla parte, nel senso che non gli � consentito di procedere per ragioni diverse all'annullamento del provvedimento impugnato (2). Piuttosto si deve considerare che ai sensi dell'art. 140 lett. c) del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1175 sono devolute alla cognizione dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche �le controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica � e che secondo la costante interpetrazione giurisprudenziale ricorre la competenza di quei Tribunali quando, pur vertendo la lite tra privati, sia in discussione il contenuto e la portata del provvedimento amministrativo di derivazione e di concessione di un'acqua pubblica giacch� le relative contestazioni involgono necessariamente quegli interessi d'ordine pubblico, in vista dei quali � stato costituito il giudice specializzato. Ora nella specie tutta la controversia s'impernia proprio sulla interpretazione di provvedimenti amministrativi riguardanti l'acqua pubblica, giacch� la pretesa del Consorzio del Peschiera di pi� nulla pagare alla ACEA per l'acqua goduta ed anzi di aver in restituzione le somme precedentemente gi� corrisposte, presuppone che si accerti la sua qualit� di diretto concessionario dallo Stato fin dal momento lizza ti, ricorre molto spesso in giurisprudenza: cfr. Trib. Sup. Acque, 3 settembre 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 1166, con ampia nota redazionale in cui � dato conto degli orientamenti giurisprudenziali pi� rilevanti. Il collegamento degli interessi privati con quelli di ordine pubblico, che giustifica siffatta soluzione, viene di volta in volta individuato nelle peculiarit� della fattispecie in esame. La decisione si inquadra nell'orientamento, che identifica tale collegamento nella necessaria presa in considerazione del �contenuto e dei limiti del povvedimento di concessione: cfr., oltre alle decisioni di cui alla nota ricordata, Cass. 30 luglio 1964, n. 2170, Foro it., Rep. 1964, voce acque, n. 111, in cui � pure precisato, che la questione coinvolgente l'interesse pubblico deve costituire premessa necessaria per la risoluzione della questione insorta fra i privati. (2) Massima consolidata. Cfr.: Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 247, in questa Rassegna, 1965, I, 751, con nota critica di LA PORTA, id., Sez. V, 29 maggio 1964, n. 593, Xl Consigl'io di Stato, 1964, I ,980. Peraltro la giurisprudenza ammette la possibilit� di annullare un atto per un vizio formale che, pur non essendo stato denunciato, sia tuttavia rilevabile di ufficio (cfr.: Cons .Stato, Sez. V, 27 aprile 1964, n. 511, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 738): casi del genere sono stati !ravvisati nelle questioni pregiudiziali attinenti .alla validit� della costituzione del rapporto processuale (Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 1964, n. 251, ivi, 1964, I, 753); e nella rilevanza di una questione di illegittimit� costituzionale dell'atto (cfr. oltre alla decisione 247/64 citata, Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1964, n. 930, Foro amm., 1964, I, 2,837). � stato, per altro, correttamente precisato �Che �non costituisce pronuncia extra petita quella che abbia avuto ad oggetto il contenuto esatto della doglianza, ma abbia riconosciuto fondata la pretesa sulla base di norme diverse da quelle indicate dal ricorrente� (Cons. Stato, Sez. V, 3 luglio 1964, n. 861, Il Consiglio di Sato, 1964, I, 1226). 222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cm m1z10 l'utilizzazione da parte sua dell'acqua pubblica, e m funzione quindi della interpretazione che vien data sia al decreto prefettizio che ha autorizzato in via provvisoria il prelievo dell'acqua dalla vasca di Salicano dell' ACEA, riconoscendo a quest'ultima il diritto al reintegro in natura e alla percezione di un corrispettivo, sia al decreto ministeriale di concessione, che ne ha stabilito la decorrenza a tutti gli effetti dal 5 luglio 1947 e cio� dalla data del precedente decreto prefettizio. Qutisto rilievo � pi� che sufficiente per giustificare la devoluzione della lite al Tribunale Regionale delle acque pubbliche anzich� al giudice ordinario. (Omissis). � noto invero che in materia di ricorsi giurisdizionali amm1mstrativi al giudice � dato pronunciarsi soltanto sui motivi e sulle istanze dedotte dalla parte e non gli � consentito procedere ad annullamento del provvedimento impugnato per ragioni diverse (cfr. Cass. 25 maggio 1965, n. 1029): ci� significa che l'annullamento opera nei limiti della impugnazione e non incide nei rapporti dei terzi, che, pur potendolo, non avevano proposto l'impugnazione. (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 10 febbraio 1966, n. 9 -Pres. Reale -Est. Cortesani -Bonarrigo (avv. Ferlito) c. E.N.E.L. (avv. Piacitelli) e A.C.E.A. (avv. AmbrosioJ. Acque pubbliche -Opere di utilizzazione delle acque pubbliche -Domanda di risarcimento dei danni -Ammissibilit�. (T. u. 11 luglio 1913, n. 959, art. 51). Ai sensi dell'art. 51 t. u. 11 luglio 1913 n. 959, secondo il quale � spetta esclusivamente all'autorit� amministrativa lo statuire e provvedere, anche in caso di contestazioni, sulle opere di qualunque natura ed in generale sugli usi, atti e fatti, anche consuetudinari, che possono avere relazione col buon regime delle acque navigabili e con l'esercizio della navigazione�, la necessit� del ricorso all'autorit� amministrativa concerne la sola ipotesi che la controversia investa il regime dell'acqua pubblica e la sua utilizzazione, venendo cosi ad incidere su interessi di carattere generale: al contrario l'immediato esperimento dell'azione giudiziaria deve ritenersi pienamente consentito, ogni qual volta la lite si presenti circoscritta alla valutazione delle modalit� di esercizio della concessione e all'accertamento degli effetti che ne conseguono nella ben delimitata sfera delle parti private contendenti (1). (1) Le decisioni richiamate nel testo (Cass. 9 febbraio 1963, n. 254, Giust. Civ., 1963, I, 1630, e Cass. 10 settembre 1956, n. 3197, ivi, 1957, I, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 223 (Omissis). Orbene dispone il citato art. 51 che �Spetta esclusivamente all'autorit� amministrativa lo statuire e provvedere, anche in caso di contestazioni, sulle opere di qualunque natura e in generale sugli usi, atti o fatti, anche consuetudinari, che possono avere relazione col buon regime delle acque navigabili e con l'esercizio della navigazione. �Quando dette opere, usi, atti, siano riconosciuti dall'autorit� amministrativa dannosi al regime dalle linee navigabili, essa sola sar� ~ompetente per ordinare la modificazione, cassazione, la distruzione. Tutte le contestazioni relative saranno regolate dall'autorit� amministrativa, salvo il disposto dell'art. 23, n. 6 t. u. Cons. di Stato del 1907, n. 638. � Tuttavolta che vi sia inoltre ragione a risarcimento di danni la :relativa azione sar� promossa dinanzi ai giudici ordinari, i quali non potranno discutere le questioni gi� risolute in via amministrativa�. La norma in esame recepisce nella sostanza il contenuto precettivo dell'art. 2 t. u. n. 523 del 1904, sicch�, ai fini interpretativi, ben pu� tenersi presente la pi� diffusa e recente elaborazione giurisprudenziale, consolidatasi in ordine all'analoga disposizione vigente in tema di opere idrauliche. Al riguardo il S. C., con le sentenze 16 gennaio 1966, n. 91; 10 settembre 1956, n. 3197; 11 novembre 1959, n. 3341 e 9 febbraio 1963, n. 354, ha avuto occasione di precisare che la ne- cessit� del preventivo ricorso all'autorit� amministrativa concerne la .sola ipotesi che la controversia investa il regime dall'acqua pubblica e la sua utilizzazione, venendo cosi ad incidere su interessi di carattere generale. In considerazione del contenuto pubblicistico e del limite :funzionale del citato art. 2, la improponibilit� della domanda davanti .all'autorit� giudiziaria ordinaria e specializzata presuppone, adunque, .che la contestazione abbia ad oggetto opere, usi, atti o fatti, che alte �rino il modo di essere del corso d'acqua, inteso in ogni sua parte, in _guisa da restare pregiudicato, in modo concreto e attuale, l'uso della massa fluente nei riguardi della generalit� dei cittadini. Al contrario l'immediato esperimento dell'azione giudiziaria deve ritenersi pienamente consentito, ogni qual volta la lite si presenti circoscritta alla valutazione delle modalit� di esercizio della conces 264), argomentavano sulla scorta dell'art. 2, t. u. 25 luglio 1904, n. 523; che, come avverte esattamente la sentenza, deve intendersi sostanzialmente recepito nell'art. 51 del testo unic9 11 luglio 1913, n. 959. Nel senso che la competenza dell'autorit� amministrativa, di cui al l'art. 2 del dtato testo unico del 1904, ricorre solo quando la controversia incida su interessi di natura pubblicistica, cfr.: Cass. 11 novembre 1959, n. 3341, Giust. civ., 1960, I, 509, e Acque bonif. costr., 1960, 43 con nota�di SANGIORGIO, In tema di danni arrecati dall'esecuzione di un'opera di pubblica utilit�; Oass. 18 gennaio 1956, n. 111, Giust. civ. Reip. 1956, voce acque, n. 23. In precedenza la Corte Suprema aveva affermato che, prima che il giudice possa decidere le controrversie sul risarcimento del danno che sia 17 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione e all'accertamento degli effetti, che ne conseguono nella ben delimitata sfera delle parti contendenti. Eguale interpretazione va ovviamente accolta in ordine all'art. 51. t. u. n. 959 del 1913, che, come gi� accennato, sostanzialmente riproduce la disciplina predisposta in materia di opere idrauliche. Del restala norma in questione costituisce la implicazione logica del generaleprecetto, sancito dall'art. 38 del t. u. sulla navigazione interna, cheesplicitamente riserva all'autorit� amministrativa �la suprema tutela sulle vie navigabili e la ispezione sui relativi lavori�, riconoscendo, per ci� stesso, la esistenza di un amplissimo potere discrezionale di. apprezzamento e disposizione quanto al modo di utilizzare l'acqua pubblica e alla adozione delle provvidenze e cautele necessarie persalvaguardarne il regime. Ora la istanza di danni, in quanto prospettata sotto il profilo del pregiudizio arrecato dall'esercizio dei serbatoi esistenti nel bacino del Nera-Velino, al regime di navigabilit� del Tevere, investe direttamente� il modo di essere del corso d'acqua, e quindi incide su interessi di carat-� tere generale e pubblicistico, donde la necessit�, ai sensi del tassativo� disposto del citato art. 51, del preventivo esame da parte dell'autorit� amministrativa, neppure sindacabile in sede giudiziaria, della conformit� o meno delle su indicate opere idrauliche alle esigenze del buon governo dell'acqua pubblica. � evidente quindi l'infondatezza del primo motivo dell'appelloprincipale, con il quale il Bonarrigo, senza punto considerare la sfera. di specifica competenza dell'amministrazione, pretende in definitiva dal giudice ordinario specializzato che sia accertata, attraverso le� informazioni della Capitaneria di Porto e l'espletamento di consulenza tecnica, la dannosit� delle opere idrauliche nei riguardi della sicurezza. e libert� di navigazione del fiume Tevere. Passando all'esame dell'altra causa petendi posta a fondamento� della medesima istanza di danni, si � gi� precisato che con essa il Bo-. narrigo denuncia l'improvviso abbassamento delle acque del fiume, verificatosi in un giorno imprecisato della fine di giugno 1957, in se-guito all'irregolare esercizio delle derivazioni da parte delle societ� appellata. Con questa seconda e diversa prospettazione della domanda, il thema decidendum si esaurisce nell'accertare il modo di esercizi0> derivato dal compimento di un'opera pubblica in materia di acque pub- bliche, � sempre necessario che l'autorit� amministrativa si 'Pronunci sulla liceit� dell'opera, restando sospesa nel frattempo l'esercizio della giurisdi zione (Cass. 14 maggio 1955, n. 1402, Giust, Civ. Mass., 1955, 509). Il prin-� cipio era stato applicato anche nei rapporti fra 'Privati (Cass. 25 giub1lo 1952, n. 1877, Foro it. Rep. 1952, voce: acque, n. 63). Per quanto concerne la fattispecie risolta, la domanda di risarcimento� era stata prospettata anche in relazione ad un improvviso abbassamento del livello dell'acqua, a seguito di presunto irregolare esercizio della societ� concessionaria. Il Tribunale Superiore ha esattamente ritenuto, che la circo-� stanza non implicava una valutazione relativa al buon governo dell'acqua pubblica, riguardando semplicemente le modalit� di esercizio della con cessione. " I I I z I ~ I I -r�~�lftr.,1rr~tff't-�1rawmrrut�w�rt1m1.9 rlllM8'AVlFMWIAM.~;.::=:===:=~t~�:=:~WIAr� PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 225 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 225 della concessione, la sussistenza dell'episodico abbassamento improvviso delle acque e le eventuali conseguenze pregiudiziali derivatene nella sfera patrimoniale del ricorrente, restando esclusa la necessit� e rilevanza, ai fini del decidere, di una ulteriore valutazione relativa al buon governo dell'acqua pubblica. E poich�, ai sensi dell'art. 51 t. u. n. 9,39 del 1913, quest'ultima indagine soltanto � riservata alla competenza dell'amministrazione, esattamente i primi giudici, sia pure con motivazione non del tutto soddisfacente, hanno disatteso la eccezione di improponibilit�, sollevata dalle societ� appellate. (Omissis). LODO ARBITRALE, 11 giugno 1965, n. 318 (Roma) -Pres. Mastropasqua -Impresa Mellucci (avv. Pistolese) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Zagari). Arbitrato -Richiesta di deposito atti progettuali e relazioni riservate Inammissibilit�. (r. d. 24 maggio 1895, n. 350, art. 100; c. p. c., art. 210). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Applicabilit� dell'art. 1664, 2, comma cod. civ. -Condizioni. (r. d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 20, 21; c. c. art. 1664, 2� comma). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Termine di ultimazione -Proroghe -Condizioni e conseguenze. r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 17). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Decadenza .. Concetto e distinzioni. (r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54). L'Amministrazione non � tenuta a produrre nel giudizio arbitrale i documenti di progetto e gli atti interni, che non rientrano tra quelli destinati a provare i fatti attinenti all'appalto (1). Gli artt. 21 e 22 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, regolano la formazione dei prezzi per le specie di lavoro non previste in contratto : l'art. 1664, 20 comma e.e., stabilisce, invece, i limiti ai rischi che l'appaltatore deve affrontare nella esecuzione dell'opera, escludendo a carico del medesimo i maggiori oneri conseguenti a circostanze che non siano state obiettivamente previste (2). (1) I documenti di cui l'impresa aveva chiesto l'esibizione erano gli atti relativi alla compilazione del progetto, quelli di controllo del progetto; la corrispondenza intercorsa tra il geno civile ed il Provveditorato alle oo.pp.; le relazioni riservate del collaudatore e del direttore dei lavori. Si trattava, quindi, di atti interni e riservati, e non comuni all'appaltatore. Al riguardo, nello stesso senso, cfr.: lodo 26 marzo 1964, in questa Rassegna 1964, 1175; CIANFLONE, L'app, di oo.pp., 1957, 797. 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quando ii termine di ultimazione dei lavori deve essere prolungato per l'impossibilit� di osservarlo in cui venga a trovarsi l'appaltatore per fatto a lui non imputabile, il medesimo ha un diritto al prolungamento del termine. Ed anche se il nuovo termine � :fissato sotto forma di proroga, non si tratta di vera e propria proroga (la quale presuppone un potere discrezionale della p.a. nel concederla o meno), ma di termine suppletivo dovuto, che non pu� essere di ostacolo al diritto dell'appaltatore ai connessi maggiori compensi (3). Le riserve che, in virt� dell'art. 54 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, devono inserirsi, sotto comminatoria di decadenza, nel registro di contabilit� all'atto di presentazione per la firma dell'appaltatore, sono quelle riguardanti le contestazioni relative ai fatti registrati. Le riserve aventi riferimento a fatti continuativi, o quelle che danno luogo a pretese di carattere generale sono, invece, deducibili anche all'atto della chiusura della contabilit� (4). (Omissis). La documentazione esibita dall'Amministrazione � sufficiente a lumeggiare i termini della controversia e consente una adeguata valutazione delle tesi sostenute dalle parti. (2) La giurisprudenza arbitrale, sulla scorta di alcuni precedenti dottrinali (e, in particolare, CIANFLONE, op. cit., 1957, 436 ss.; BIAMONTI, Sulla eccessiva onerosit� sopravveniente nel corso di concessioni amministrative di servizi e degli appalti pubblici, Foro it., 1949, I, 772 ss.), continua a ritenere l'applicabilit� del secondo comma dell'art. 1664 e.e. a situazioni che, secondo la tesi costantemente sostenuta dall'Avvocatura, andrebbero ricomprese piuttosto nell'ambito degli artt. 21 e 22 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350. Negli stessi sensi si era di recente espresso il lodo arbitrale 24 febbraio 1964, n. 11 (in questa Rassegna, 1964, I, 414). Nella nota a quest'ultima decisione non si era mancato di rilevare, come la delicatezza della questione rendesse auspicabile un approfondimento di indagine ad opera dei collegi giudicanti: il che, occorre dire, non pu� ritenersi compiuto dal lodo in rassegna, il quale motiva sul punto in maniera alquanto apodittica, limitandosi a richiamare l'opposto orientamento di dottrina e giurisprudenziale. Quanto al merito della questione, la tesi dell'Avvocatura, come risulta gi� dalla ricordata nota, � che la legislazione sui lavori pubblici (della cui specialit� rispetto all'art. 1664 e.e. non dubita la stessa giurisprudenza: cfr. per qualche riferimento, il lodo 12 novembre 1962, Arbitrati e appalti, 1964, 6, che fa parola di funzione � in certo senso surrogatoria � di tale norma rispetto ad altra norma o patti) appresti ogni opportuno rimedio per ovviare alle situazioni previste nel secondo comma dell'art. 1664 e.e.; e ci� perch� le difficolt� di esecuzione previste da tale norma, quando non trovano possibilit� di compenso nelle voci di tariffa, si risolvono necessariamente in una � specie di lavoro non prevista �, che integra appunto l'ipotesi cui hanno riguardo gli artt. 21 e 22 del regolamento del 1895. Qui sembra opportuno aggiungere, che la sostanziale fondatezza di questa tesi risulta confermata dalla sterilt� del tentativo, operato con la decisione in esame, di determinare per il secondo comma dell'art. 1664 un ambito di applicazione concettualmente distinto da quello della � specie di lavoro non prevista �. Sembra chiaro, infatti, che la formula prescelta di � limitazione del rischio nell'esecuzione dell'opera � non possa avere, sul 15 ..;.: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 227 Non pu� disporsi l'esibizione degli altri documenti di cui ha fatto richiesta l'Impresa, perch� l'Amministrazione non pu� essere costretta a fornire atti di carattere interno che essa non produca spontaneamente, applicando anche nei confronti di essa il principio generale che nessun nemo tenetur laedere contra se. (Omissis). � (Omissis). L'Impresa fonda il diritto al chiesto maggiore compenso, anzitutto sull'art. 1664 2� comma e.e. L'Avvocatura oppone in proposito che tale articolo non sarebbe applicabile perch� i casi da esso regolati troverebbero specifica ed autonoma disciplina negli artt. 21 e 22 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350. Tale tesi, per�, in contrasto con la pi� autorevole dottrina e giurisprudenza, non � fondata. I due citati articoli del regolamento regolano la formazione dei prezzi per le specie di lavoro non previste in contratto. L'art. 1664 e.e., invece, stabilisce dei limiti ai rischi che l'appaltatore deve affrontare nell'esecuzione dell'opera, escludendo che le difficolt� in esso considerate facciano parte della prestazione cui lo appaltatore � tenuto, e che quindi, sono coperte dal prezzo pattuito. Trattasi, come � evidente di � oggetti � diversi. Orbene, l'art. 1664 2� comma e.e. stabilisce che se nel corso della opera si manifestano difficolt� di esecuzione, gi� esistenti al momento del contratto e non previste dalle parti, derivanti da cause geologiche, piano obbiettivo, altro significato che quello di escludere ogni nuovo e diverso lavoro, che non rientri in quelli cui l'appaltatore � tenuto. Dunque, per tener ferma la distinzione, occorrerebbe poter dimostrare un qualche collegamento fra le opere resesi necessarie per effetto delle difficolt� sopravvenute e l'originaria formulazione della prestazione. Esclusa, come si � visto, ogni possibilit� di collegamento sul piano obbiettivo, non rimarrebbe che far leva sull'elemento soggettivo del rapporto; in riferimento, cio�, alla prevedibilit� o meno della difficolt� sopravvenuta dopo la conclusione dell'appalto, ed in diretta connessione con l'oggetteo tipico di quest'ultimo. Ma il lodo, escludendo ogni riferimento alla prevedibilit� dell'evento sopravvenuto, ha ribadito anche sul piano soggettivo l'assoluta autonomia del lavoro resosi necessario in corso di esecuzione, rispetto alla originaria prospettazione della prestazione: ha finito, cio�, col tornare in pieno in quel concetto di � lavoro nuovo � che in tesi avrebbe dovuto essere escluso. Sul punto specifico, la giurisprudenza arbitrale � prevalentemente orientata in senso contrario alla decisione annotata: cos� il lodo 27 dicembre 1963, Foro It., Rep., 1964, voce: appalto, n. 25, richiede la imprevedibilit� dell'evento sopravvenuto; cosi pure implicitamente, il lodo 15 marzo 1961, ivi 1963, voce cit., n. 109. Il lodo 23 giugno 1960, Acque, bonif. costruz. 1961, 506, ha ritenuto che si rende applicabile il 2� comma dell'art. 1664 e.e. nell'ipotesi di impiego di pali di fondazione, resi necessari � dalla presenza nel sottosuolo, non prevista e non prevedibile all'inizio dei lavori, di rocce e ruderi di antiche murature �. In dottrina, nello stesso senso, MIRABELLI, Dei singoli contratti, in Commentario e.e., Torino, 1960. sub. art. 1664. 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO idriche e simili, le quali rendano notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto ad un equo compenso. L'indicazione delle cause di difficolt� dell'esecuzione non � tassativa (come emerge dalla aggiunta � e simili>); e si riferisce anche alle altre cause naturali, e come generalmente si ammette, non naturali (la relazione ministeriale parla di cause � obbiettive � ). Dette cause debbono comportare difficolt� di esecuzione che, anche se prevedibili, non siano previste dalle parti, e debbono altresi comportare un aggravio � notevole � dell'onerosit� delle prestazioni dell'appaltatore. Non pu� quindi ritenersi fondata l'eccezione che l'Avvocatura oppone in subordine che cio�, le difficolt� invocate dall'Impresa appaltante si riferiscano a circostanze che potevano e dovevano essere accertate dall'Impresa al momento dell'appalto. Per l'invocabilit� della disposizione in esse � sufficiente che le difficolt� non siano state � previste� dalle parti; e ci� si � verificato nella fattispecie. Oggetto infatti dell'appalto, come si evince dall'art. 1 del Capitolato speciale, fu la costruzione di alloggi nella borgata semirurale � Cappuccini � in agro di Matera. La costruzione della borgata era stata decisa nel quadro degli interventi previsti dalla legge 17 maggio 1952, n. 619 sul risanamento dei rioni � sassi � di Matera: legge che costituisce uno dei presupposti dell'appalto. L'Impresa accett� di costruire gli alloggi in una borgata semirurale; e non in una campagna priva di sistemazioni idrologiche e stradali e con pali telegrafici e telefonici sparsi anche nelle zone in cui le costruzioni dovevano essere effettuate. Stante, come � pacifico in dottrina e giurisprudenza, la natura contrattuale del Capitolato speciale, e dovendosi il contratto interpretare secondo la comune intenzione delle parti (art. 1362 e.e.) e secondo buona fede (art. 1366 stesso codice), deve ritenersi giuridicamente fondata la presunzione, da parte dell'Impresa appaltatrice, che la sistemazione della zona a borgata sarebbe seguita, quanto meno, in concomitanza ed in rapporto alla costruzione degli alloggi. (3) Nella fattispecie, la concessione della proroga era stata subordinata alla dichiarazione, che essa non costituiva riconoscimento per pretese o indennizzi, conseguenti alla maggior durata dei lavori. Il lodo ha escluso che la formula importasse rinuncia alle pretese ed agli indennizzi, poich� il relativo diritto dell'impresa ad ottenerli conseguiva obbiettivamente dalla constatata necessit� di un prolungamento del termine di ultimazione, a causa di circostanza non imputabile all'appaltatore. (4) La massima ripete concetti consolidati nella giurisprudenza arbitrale. Sulla nozione di fatto continuativo, cfr. il lodo 15 ottobre 1964, n. 69, in questa Rassegna, 1964, I, 1178, con nota del DEL GRECO, In tema di tempestiI vit� deUe riserve; lodo 27 giugno 1960, Riv. giur. ed., 1961, I, 763; lodo 24 novembre 1960, ivi, 1961, I, 535; lodo 25 maggio 1960, Acque, bonif., costr., 1960, 522. In senso conforme alla prima parte della massima, cfr.: Corte dei Conti, 8 febbraio 1962, n. 695, Riv. giur. ed., 1962, I, 1105; lodo 3 dicembre 1962, Foro it., Rep., 1963, voce: opere pubbliche, nn. 147-150. I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 229 E che tale evento fosse presupposto anche dall'Amministrazione � :provato dal fatto che non fu previsto alcun compenso a corpo per oneri di carattere generale. Accanto a tale voce, nel Capitolato speciale, sono apposti due trattini: il che significa che il compenso venne escluso, contrariamente a quanto si sostiene dall'Impresa con la formulazione del terzo quesito. L'esclusione appare spiegata dalla circostanza che all'Impresa si assicurarono dei notevoli vantaggi (in ordine alle spese di impianto, di costruzione, di impianto del cantiere) con l'appalto simultaneo dei quattro lotti di lavori nella stessa zona, nonch� col fissare per i lavori da svolgere prezzi corrispondenti a quelli normalmente corrisposti in quell'epoca con previsioni autonome rispetto a ciascuno dei contratti relativi ai vari lotti. Orbene, la situazione che, con ogni ragionevole previsione, doveva tradursi in economia notevole di tempo e denaro per l'Impresa, si tradusse, invece, in grave dispendio ed in grave perdita di giornate lavorative per le ragioni esposte dall'impresa stessa e sopra specificate. Il difetto di sistemazione idrologica e stradale, la natura argillosa del terreno fecero s� che le piogge torrenziali abbattutesi con insolita frequenza durante l'esecuzione dei lavori trasformassero la zona in un enorme pantano; furono necessarie, in aggiunta alle normali opere provvisionali a carico dell'Impresa appaltatrice, urgenti opere di sistemazione provvisoria per la protezione dei fabbricati, lo scolo delle acque, la creazione di piste di passaggio, la formazione di massicciate ed inghiaiate per l'accesso al cantiere. Ed i danni furono aggravati dalla esistenza nelle zone in cui le costruzioni dovevano sorgere, dei pali telegrafici e telefonici che le Societ� interessate tardavano a rimuovere. Questi eventi non sono addebitabili a colpa dell'Amministrazione, perch� il ritardo fu la conseguenza di normali difficolt� di ordine buro cratico dovute in massima parte al ritardo della concessione delle sov venzioni da parte della Cassa per il Mezzogiorno. Ma le conseguenze non possono perci� ricadere a carico del solo appaltatore, cui la stessa Amministrazione appaltante non addebita alcuna colpa, per un ritardo nell'ultimazione dei lavori tanto notevole da potersi giudicare eccezionale: un anno e mesi cinque di proroghe, In senso contrario alla prevalente giurispurudenza v. per�, lodo 15 febbraio 1964, in questa Rassegna, 1964, I, 410. In base alla citata giurisprudenza, il lodo in rassegna ha ritenuto che l'impresa fosse decaduta dalla riserva per i maggiori oneri degli scavi a causa della natura dell'argilla (compatta) che era stata rinvenuta in corso d'opera. E ci� perch� la riserva si riferiva � a lavori registrati nei registri di contabilit� senza alcuna osservazione all'atto della firma da parte della impresa, ed era stata proposta solo ad avvenuta ultimazione dei lavori stessi, e non in relazione alle singole partite di lavoro contabilizzate nei registri anzidetti �. 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aggiunto all'anno previsto contrattualmente per i lavori principali, ai mesi tre per i lavori aggiuntivi ed a mesi cinque e giorni 18 di sospensioni. Qualora nella esecuzione dei lavori si verifichino eccezionali ritardi ed intralci con passivo prolungamento della gestione per cause non attribuibili all'appaltatore, bensi a nuove esigenze sopravvenute che hanno modificato l'andamento dell'esecuzione dell'opera appaltata, ed il contratto non assegni alcun compenso a corpo per oneri di carattere generale a carico dell'appaltatore, deve ritenersi che l'insorgere di detti intralci e difficolt� di esecuzione costituisca un evento di forza maggiore che, col mantenimento delle condizioni dell'ordinaria gestione, dia diritto all'impresa di ottenere la corresponsione del compenso previsto dal nominato art. 1664 2-0 comma e.e.; compenso destinato non ad assicurare all'impresa appaltante l'iniziale sperato vantaggio, ma a non far ricadere da una parte sola, in omaggio a principi di equit� e di diritto comune, le conseguenze dannose di circostanze non previste sorte a modificare i presupposti di fatto in base ai quali sorse il contratto. N� vale obiettare, come fa l'Avvocatura Generale dello Stato, che il prolungamento del termine di ultimazione dei lavori � collegato a due proroghe concesse dall'Amministrazione, su richiesta dell'impresa �alla espressa condizione che le predette concessioni non costituivano riconoscimento alcuno di eventuali indennizzi o pretese �; e ad altre due proroghe convenute consensualmente con gli atti aggiuntivi relativi ai supplementi di lavoro che l'impresa era tenuta a compiere come aumento del quinto. Quando il prolungamento del termine deriva, come nella fattispecie, dall'impossibilit� di osservarlo in cui venga a trovarsi l'appaltatore per fatto a lui non imputabile, questi ha un diritto al prolungamento del termine; e se anche il nuovo termine � fissato sotto forma di proroga, non si tratta di vera e propria proroga (la quale presuppone un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione nel concederla o meno), ma di termine suppletivo dovuto all'appaltatore, termine che, come � ovvio, non pu� essere di ostacolo al diritto dello appaltatore stesso all'ulteriore compenso. N�, infine, alla richiesta di un compenso pu� essere di ostacolo il rilievo opposto dall'Avvocatura, che con le riserve relative a tali oneri non furono fatte all'Impresa all'atto della firma dei documenti amministrativi di sospensione e ripresa dei lavori. Le riserve che sotto comminatoria di decadenza debbono, in virt� dell'art. 54 del Regolamento, inserirsi nel registro di contabilit� allo atto di presentazione per la firma dell'appaltatore sono quelle relative all'esecuzione dei lavori per i quali sorge contestazione, sui fatti registrati, tra Direzione dei lavori ed Impresa. Le riserve aventi riferimento a fatti continuativi che danno luogo a pretese di� carattere generale sono deducibili come tali, anche all'atto della chiusura della contabilit�, come ha fatto l'impresa. (Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 231 LODO ARBITRALE, 22 giugno 1965, n. 46 (Roma) -Pres. Zingale -Soc. Marchini (avv. Lessona e Marucchi) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Zagari). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Opere provvisionali -Defini zione. (Cap. gen. 00. PP. 28 maggio 1895, art. 21; cap. gen 00. PP. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 16). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Opere di difesa dalle piene fluviali -Morbide -Assimilazione a causa di forza maggiore -Esclusione. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Danni dipendenti da opere idrauliche -Rischio -Imputazione. Le c. d. opere provvisionali sono soltanto quelle aventi carattere preparatorio e strumentale rispetto alla esecuzione dei lavori appaltati, e pertanto non rientrano fra esse quei lavori che non hanno un siffatto carattere in quanto rappresentano varianti dell'originario progetto (1). Le �morbide � di acque fluviali costituiscono fenomeni ordinari di variazione idrometrica, e pertanto rientrano nella normale prevedibilit� all'atto della formulazione deli'offerta per l'aggiudicazione dell'appalto; per conseguenza, i danni prodotti dalle piene del fiume non possono essere assimilati a danni di forza maggiore, imprevedibili e inevitabili che, come tali, siano suscettibili di risarcimento da parte della stazione appaltante (2). Anche i mutamenti di regime idrico connessi al funzionamento di opere idrauliche esistenti lungo il corso di un fiume sono eventi prevedibili, che vanno, come tali, compresi nel rischio contrattuale assunto dall'impresa appaltatrice con l'aggiudicazione dei lavori: in ogni caso una eventuale responsabilit� per danni derivati a terzi da fatti conseguenti al funzionamento di dette opere non sarebbe mai ipotizzabile nei confronti della p. a. concedente, ma semmai del concessionario delle opere stesse (3). (Omissis). Le opere provvisionali (cui si riferisce la predetta disposizione) sono soltanto quelle aventi carattere preparatorio e strumentale rispet (1) Sul concetto di opera provvisionale, cfr. in dottrina: ClANFALONE, L'appalto di opere pubbliche, 1950, Milano, 322 ss. Per qualche riferimento, v. pure: Coll. arb. Roma, 12 gennaio 1960, Foro it., 1963, voce appalto, n. 14. La decisione ha ribadito, in via di massima, la nozione tradizionale di opera provvisionale, ma ne ha fatto un'applicazione non �convincente a11a fattispecie, ritenendo che costituisse vera e propria variante al progetto originario �il maggior scavo di splateamento resosi necessario in seguito all'arretramento del muro di difesa ed al piazzamento a ridosso di esso 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to alla esecuzione dei lavori appaltati, e pertanto non rientrano fra esse quei lavori che non hanno un siffatto carattere in quanto rappresentano varianti dell'originario progetto, che nel caso di specie � il maggior scavo di spalteamento resosi necessario in seguito all'arretramento del muro di difesa ed al piazzamento a ridosso di esso delle macchine battipalo. (Omissis). La seconda riserva, riguardante la richiesta da parte dell'Impresa di un compenso per la rimozione delle frane verificatesi nella scarpata a causa delle � morbide � del fiume Arno, si appalesa giuridicamente infondata e, come tale, va rigettata. Devesi al riguardo rilevare che le �morbide� del fiume costituiscono fenomeni ordinari di variazione idrometrica e pertanto rientrano nella normale prevedibilit� all'atto della formulazione dell'offerta per l'aggiudicazione dell'appalto dei lavori, onde i danni prodotti dalle piene del fiume non possono essere assimilati a danni di forza maggiore, imprevedibili ed inevitabili, che, come tali, siano suscettibili di risarcimento da parte della stazione appaltante. (Omissis). (Omissis). Ne pu� avere alcuna rilevanza il fatto che i mutamenti di regime idrico furono provocati, nel caso di specie, � da cacciate di acque � eseguite dai bacini idroelettrici di Levane e Penna in concessione alla Societ� Elettrica Valdarno. Ed invero vale pur sempre il rilievo che anche i mutamenti di regime idrico connessi al funzionamento delle opere idroelettriche esistenti lungo il corso del fiume erano eventi prevedibili e come tali vanno compresi nel rischio contrattuale assuntosi dall'Impresa con l'aggiundicazione dei lavori in appalto. D'altra parte non � dato rav visare su qule fondamento giuridico possa ipotizzarsi una eventuale responsabilit� della Pubblica Amministrazione concedente per fatti compiuti dalla Societ� Valdarno, concessionaria dei bacini idroelet trici, e solamente quest'ultima Societ� potrebbe rispondere di tali fatti nei confronti dei terzi, ove in ipotesi essi non fossero stati legittimati dall'atto di concessione e rivestissero i caratteri dell'illiceit�. Una riprova della infondatezza della pretesa avanzata dall'Im presa con la seconda riserva si deduce indirettamente dalla circostanza delle macchine battipalo �. Data la specifi.ca natura delle opere appaltate, ed essendo a carico dell'appaltatore tutti gli apprestamenti di cantiere per l'esecuzione delle stesse, dovevano intendersi come provvisionali anche i lavori in questione, che costituivano necessario presupposto per l'esecuzione delle opere. (2) La massima � puntuale conseguenza dell'affermazione della normalit� del fenomeno delle � morbide � e del principio dell'assunzione del rischio da parte dell'appaltatore (sul quale, dr.: CIANFLONE, op. cit. 406 ss.). (3) Cfr., nello stesso senso, Trib. Sup. acque 23 settembre 1964, n. 24, l.' Il Consiglio di Stato, 1964, II, 339. ! !t PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 233 che, allorch� durante l'esecuzione dei lavori avvennero per fattori naturali improvvise piene del fiume Arno, che per la loro rilevante entit� potevano essere considerate fenomeni eccezionali e imprevedibili, l'Impresa fece denuncia dei danni subiti e la Amministrazione non ebbe difficolt� a riconoscere all'Impresa il diritto ad essere risarcita (erosioni alle arginature e scarpate con conseguente riempimento dei cavi), come risulta dai verbali 13 ottobre 1960, 12 gennaio 1961, 8 maggio 1961, richiamati nel verbale di collaudo, ed il predetto risarcimento fu regolarmente corrisposto, come risulta dal registro di contabilit�: invece per gli ulteriori danni verificatisi a causa di normali mutamenti del regime idrico del fiume, l'Impresa nel corso dei lavori non avanz� mai alcuna pretesa risarcitoria, implicitamente riconoscendo che essi rientravano nell'ambito del rischio contrattuale. (Omissis). LODO ARBITRALE 20 ottobre 1965, n. 81 (Roma) -Pres. Landi -Istituto Bancario Romano (avv. Piaggio) c. Ministero Difesa-Aeronautica (avv. Stato Pentinaca). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Ordine errato della Direzione dei lavori -Concorrente responsabilit� dell'Impresa. {r. d. 17 marzo 1932 n. 366, art. 18). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve riguardanti controversie di diritto -Proposizione tardiva -Ammissibilit�. {r. d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 17 e 33; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 54~. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve per prescrizioni difformi dalla normativa contrattuale -Onere dell'immediata proposizione. {r. d. 17 marzo 1932 n. 366, art. 17; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 23). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Accertamenti relativi a danni da forza maggiore -Contestazioni dell'Impresa -Onere dell'immediata riserva. {r. d. 17 marzo 1932 n. 366, artt. 30 e 33; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 25). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Impreviste difficolt� di esecuzione -Oneri relativi -Riserva immediata. {r. d. 17 marzo 1932 n. 366, artt. 17 e 33; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 37). L'esecuzione di un'errata prescrizione della Direzione dei lavori, .costituisce in colpa concorrente l'appaltatore. Il quale ha il diritto ed il dovere di controllare gli atti, attraverso i quali si esplica la ingerenza collaboratrice dell'Amministrazione, al fine di contestare, ed eventualmente rifiutare di eseguire, quelli ritenuti incompatibili con la regolare e puntuale esecuzione dell'opera o considerati di impossibile attuazione. 234 RASSEG;NA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Conseguentemente l'omessa segnalazione di vizi od errori di cui siano inficiati gli ordini impartiti daH'Amministrazione, induce l'appaltatore in responsabilit� per i difetti che derivano aH'opera (1). Quando ia riserva non riguardi ia materiale esecuzione dei lavori, n� abbia riferimento a specifiche contabilizzazioni o ad ordini o prescrizioni di servizio, ed invece riguardi una controversia di puro diritto che non trovi rispondenza neHe registrazioni contabili, non � soggetta a decadenza e pu� essere proposta anche a lavori ultimati (2). Nel caso, invece, che si controverta su prescrizioni od ordini di servizio che si assumono difformi daHa normativa contrattuale, la riserva deve essere immediatamente proposta a pena di decadenza (3). Anche neH'ipotesi di danni di forza maggiore, l'appaltatore � tenuto a proporre immediata riserva, quando intende contestare i risultati degli accertamenti ai riguardo disposti daH'Amministrazione (4). Se nei corso dei lavori si manifestino aggravi o difficolt� determinanti impreviste onerosit�, l'appaltatore � tenuto a proporre riserva nei documento immediatamente successivo ai verificarsi dei fatti generatori deHe pretese (5). (Omissis). Con il primo quesito si chiede il riaccredito della somma di lire I 7.510.813,20, in un primo tempo corrisposte alla Impresa per la � for I mazione di mq. 125.180, 22 di coltre vegetativa� sugli argini dei canali Ascolano e Pratica di Mare ed in seguito detratta �per mancato attecchimento di detta coltre �. ' I Si assume al riguardo dall'Istituto Bancario Romano che l'operata 8' detrazione non sarebbe giustificata n� a norma delle condizioni del i capitolato, n� in relazione al reale svolgersi dei fatti, in quanto mentre le condizioni tecniche allegate al capitolato speciale prevedevano per la formazione della � coltre vegetativa � operazioni molteplici e com I plesse, non certo realizzabili su degli argini, la Direzione dei lavori si era limitata ad ordinare il semplice spandimento del seme, determinando� il tempo in cui tale lavoro doveva effettuarsi ed applicando, inoltre, J;l.On gi� il prezzo dovuto secondo tariffa, ma un terzo di esso. I ~ (1) � noto che l'appaltatore, quando non sia nudus minister del c~mmittente, ha responsabilit� piena ed esclusiva nella condotta dei lavori, e nel risultato dell'opera. In sede di opere pubbliche, data la competenza del committente quanto meno pari a quella dell'appaltatore, il principio non viene rovesciato, ma attenuato; nel senso che l'ingerenza dell'Amministrazione, per quanto intensa e penetrante, non annulla ogni funzione dell'appaltatore la cui obbligazione fondamentale � di eseguire l'opera secondo� il contratto 'e le regole dell'arte. Di qui l'obbligo dell'appaltatore di segnalare i vizi progettuali, o gli eventuali errori negli ordini dati in sede esecutiva; con la conseguenza che, la responsabilit� dell'appaltatore resta esclusa (nei riguardi dell'Amministrazione, ma -ovviamente -non nei confronti di terzi), solo quando la segnalazione venga respinta, e siano confermati il progetto o l'ordine. In dottrina (con richiami giurisprudenziali), cfr.: C1ANFLONE: L'appalto di opere pubbliche, 1950, 328 e segg. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 235 Dall'Amministrazione si oppone che la pretesa � priva di fondamento in quanto in base ai principi generali in tema di appalto, l'appaltatore � responsabile della esecuzione a regola d'arte della buona riuscita dell'opera a lui commessa, e che se anche l'ordine impartito fosse stato errato, ci� in alcun modo avrebbe potuto esimere da responsabilit� l'Impresa, in quanto per esplicita clausola contrattuale � la responsabilit� � della buona riuscita delle opere spetta unicamente all'Impresa sempre che essa non abbia presentato riserva scritta agli ordini ricevuti. Osserva il Collegio che ai fini della risoluzione della controversia in ordine alla prospettata questione giova rammentare che, come chiaramente emerge dalle Condizioni tecniche allegate al Capitolato speciale, per la formazione della � coltre vegetativa ., per la quale la voce n. 10 della tariffa stabilisce un prezzo di lire sessanta al metro quadrato, riguarda: � la costituzione di uno strato uniforme e continuo di terreno, avente caratteristiche fisiche e chimiche tali da assicurare un ottimo sviluppo del prato stabile �, per quest'ultimo, invece, previsto dalla voce n. 16 della tariffa con l'applicazione di un prezzo di lire centoventi al metro quadrato, si intende la concimazione, la semina, l'erpicatura ed altre molteplici operazioni necessarie � all'attecchimento e lo sviluppo di un tappeto verde fitto, uniforme, esente da erbe infestanti ed in perfetto stato di vegetazione �. La distinzione delle due opere risulta, quindi, evidente dalle predette Condizioni tecniche, avendo la coltre vegetativa per oggetto la preparazione del solo terreno, da destinare, in seguito, a prato stabile, con esclusione della inseminazione, prevista, invece, unitamente ad altre operazioni, dalla seconda. Nel caso di specie si � verificato che la Direzione dei lavori, pur avendo, per l'opera di cui trattasi, applicato e contabilizzato il prezzo n. 10 relativo alla coltre vegetativa (e non gi� due terzi di esso come si afferma dalla difesa dell'Istituto), aveva in realt� disposta la esecuzione, non g� di tale lavoro, ma il semplice spandimento del seme da prato sugli argini di due canali per una estensione di mq. 125.180,20; e poich� era mancata una preparazione del terreno cos� come prevista dall'art. 10, mentre non erano state disposte ed effettuate tutte le altre operazioni previste dal successivo art. 16 e destinate ad assicurare l'at~ tecchimento e lo sviluppo del seme. Tale attecchimento e tale sviluppo (2) L'opinione della difesa dell'Amministrazione sul punto � nettamente diversa. Essa � stata illustrata nella nota riportata in questa Rassegna, 1964, 1179. (3) L'affermazione costituisce puntuale applicazione dell'art. 23 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, ed � di particolare interesse per l'ipotesi di ritardo nella consegna dei lavori, o di varianti ordinate senza la prescritta procedura. L'affermazione istessa per quanto collegata a precise disposizione di legge, deve essere segnalata con favore, essendosi frequentemente nella giurisprudenza arbitrale superata l'eccezione di tardivit� anche in casi del genere, con riferimento al principio del cosidetto onere rilevabile in ogni tempo. 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non si sono verificati con la conseguenza che la Direzione dei lavori, in sede di contabilit� finale, ha detratto l'importo di lire 7.510.813,20, gi� accreditato all'Impresa. Cosi stando le cose si tratta nella specie di accertare se l'accettazione pura e semplice dell'ordine errato e la sua esecuzione da parte dell'appaltatore abbia lasciato permanere in lui quella responsabilit� che gli deriva in relazione alla illimitata assunzione del rischio inerente a tale specie di contratto, o se, invece, per effetto della errata prescrizione si sia verificato, in tutto o in parte un trasferimento delle responsabilit� dall'Impresa appaltatrice all'Ente appaltante. Ed al riguardo va rilevato che mentre l'arbitro nominato dall'Istituto Bancario, aderendo alla tesi prospettata dalla difesa del predetto Istituto, ha sostenuto che le conseguenze dell'errata prescrizione dovrebbe far carico interamente all'Amministrazione trattandosi di ordine la cui erroneit� non era facilmente rilevabile, l'arbitro da questa ultima nominato ha, invece, affermato che all'Impresa nulla competerebbe per l'eseguito lavoro, trattandosi di una �variante� non prevista in contratto ed eseguita dall'Impresa senza l'ordine scritto di cui all'art. 18 delle Condizioni Generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare. Il Collegio, a maggioranza, mentre non pu� non escludere che nella ..: specie possa trovare applicazione la norma dell'art. 18 delle richiamate Condizioni Generali, giacch�, come chiaramente emerge dagli stessi scritti difensionali dell'Amministrazione e dai documenti acquisiti al processo, non vi � stata una variazione dei lavori contrattualmente previsti, ma un'errata interpretazione da parte della Direzione dei lavori delle disposizioni contenute nelle condizioni tecniche allegate al Capitolato speciale e della tariffa contrattuale, ritiene che in ordine alla mancata riuscita dell'opera debba essere affermata la responsabilit� concorrente dell'Amministrazione e dell'Impresa. Ed invero se nessun dubbio pu� sorgere sul comportamento negligente e colpevole della Direzione dei lavori, per aver disposto l'esecuzione di un lavoro di impossibile attuazione, altrettanto indubbia appare la responsabilit� dell'Impresa. E' noto che la responsabilit� dell'appaltatore per il buon risultato dell'opera, mentre gli impone di prendere ogni pi� opportuna iniziativa per eseguire l'opera appaltata, indipendentemente da qualsiasi in (4-5) Il lodo esattamente identifica la ragione della necessit� della riserva immediata, tanto nella inderogabile esigenza di consentire all'Amministrazione il controllo dell'esistenza delle circostanze e condizioni su cui la riserva � fondata; quanto nella esigenza di calcolare l'aggravio economico, che dalla riserva consegue, al fine dell'eventuale esercizio della facolt� di recesso. Di questi principi, il secondo � stato finora del tutto trascurato nella giurisprudenza arbitrale; mentre deve ritenersi che costituisca uno dei cardini fondamentali di tutto il sistema relativo alle riserve, che va considerato nel pi� vasto problema del finanziamento dell'opera pubblica, nel quadro delle peculiari esigenze di un pubblico bilancio. Al riguardo, cfr. la nota ricordata, in questa Rassegna, 1964, 1179. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 237 tervento dell'appaltante, gli attribuisce d'altra parte un diritto, che � poi anche un dovere, di controllare gli atti attraverso i quali si esplica l'ingerenza collaboratrice del committente al fine di contestare, ed eventualmente rifiutare di eseguire, quelli da lui ritenuti incompatibili con la regolare e puntuale esecuzione dell'opera o considerati di impossibile attuazione. ~ Conseguentemente, la omessa segnalazione di vizi o di errori di cui siano eventualmente inficiati gli ordini impartiti dal committente induce l'appaltatore in responsabilit� per i difetti che ne derivano alla opera. Vero � che nei contratti di appalto di opere pubbliche il cennato diritto-dovere del controllo dell'appaltatore sulle prescrizioni del com I mittente ha, come si � ritenuto dalla giurisprudenza, un'attenuante possibilit� di estrinsecazione, in quanto l'appaltatore viene a trovarsi di fronte ad un committente avente una competenza da presumersi almeno pari alla propria, ma rileva il Collegio che nella fattispecie lo errore da cui era inficiata la impartita disposizione era facilmente rilevabile, dato che la voce relativa alla coltre vegetativa non comprendeva la operazione dell'inseminagione, mentre � noto ed �, comunque, dato di comune esperienza, come il semplice spandimento del seme,. specie se operato, come nel caso, durante i mesi estivi ed in terreno non adeguatamente preparato, rimane sterile di risultati, qualora non vengano eseguite tutte quelle ulteriori lavorazioni, come la concimazione, l'erpicatura e l'irrigazione, necessarie per l'attecchimento e lo� sviluppo del seme. L'errore, quindi, non poteva sfuggire all'attezione di un appaltatore di diligenza e perizia normali, n� tanto meno alla C.A.I., la cui capacit� tecnica, come si assume dalla stessa difesa dell'Istituto Bancario, sarebbe stata superiore a quella comune. Si deve, pertanto, concludere che nella specie non possa attribuirsi all'Amministrazione appaltante la esclusiva responsabilit� per la mancata riuscita dell'opera, dovendosi riconoscere che alla produzione di tale evento abbia concorso, in pari misura, il comportamento negligente e colpevole dell'Impresa. (Omissis). Con la quarta riserva l'Istituto ha avanzato una pretesa di indennizzo di lire 81.000.000 e ci� sia per l'apportata riduzione dell'importo� dell'appalto da lire 2.610.000.000, quale indicato nell'invito alla gara, a lire 1.900.000.000, quale previsto in contratto, sia per l'avvento stralcio di lavori di sistemazione idraulica, facenti parte dell'appalto, per un importo di lire 100.000.000. Sostiene al riguardo l'Istituto Bancario che, essendo stato il notevole ribasso offerto in funzione dell'importo posto a base dell'asta, la avvenuta riduzione di questo ultimo, dopo l'aggiudicazione, aveva gravemente sovvertito l'equilibrio contrattuale, come del pari tale equilibrio era stato turbato con i lavori fatti eseguire in gestione diretta .dall'Amministrazione. 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La pretesa� stata contestata dall'Amministrazione in via pregiudiziale, in quanto la relativa riserva sarebbe stata tardivamente iscri:ta in violazione degli artt. 17 e 33 delle Condizioni Generali, e nel merito in quanto il contratto di cottimo fiduciario intervenuto tra le parti non era stato proceduto da alcuna gara formale, ma da una semplice esplorativa e l'importo dell'appalto era esclusivamente quello indicato e convenuto nel contratto liberamente accettato e sottoscritto dalla e.A.I., e non quello presuntivamente indicato nell'indagine esplorativa, mentre lo stralcio dei lavori di sistemazione idraulica era avvenuto quando gi� la e.A.I. era caduta in dissesto. e d'a.ltra parte l'Ammi~ist~az~one aveva pieno diritto di effettuarlo a1 sensi della nota facolta d1 riduzione del quinto. . Indubbiamente infondata � l'eccezione di inammissibilit� della richiesta per tardiva proposizione della relativa riserva. Il richiamato art. 33 delle Condizioni Generali, sulla traccia del ben noto art. 54 del regolamento 25 maggio 1895, n. 450, stabilisce che nel caso in cui l'appaltatore firmi il libretto delle misure senza riserve o, dopo averlo firmato con riserva, non esplichi la riserva nel termine ivi previsto � s'intende che abbia rinunciato ad ogni riserva ed ~c~et: tata la eseguita contabilit� ., mentre l'art. 17 delle stesse Cond1z1om contempla il caso di prescrizioni date per iscritto e di ordini di servizio della Direzione dei lavori relativi all'esecuzione dei lavori, e consente all'appaltatore di elevare riserva contro tali prescrizioni ed ordini, qualora li ritenga non corrispondenti alle condizioni contrattuali. Ora nella fattispecie ove si consideri che le due questioni sollevate con la richiesta in esame dall'Istituto Bancario non riguardano in alcun modo la materiale esecuzione dei lavori, n� hanno riferimento con specifiche contabilizzazioni o con ordini o prescrizioni di servizio, concernendo una di esse una controversia di puro diritto che non trova alcun~ rispondenza ~elle registrazioni contabili, mentre l'altra riguarda la valutazione di un fatto ai puri effetti giuridici, non � chi non veda come non sussista motivo che suffraghi la dedotta ragione preclusiva della indagine di merito. Costante � al riguardo il prevalente indirizzo della giurisprud~~z~ arbitrale che ha ognora respinto la ragione di decadenza per tard1v1ta di riserva, anche se formulata a lavori ultimati, ove si tratti di pretese strettamente collegate alla interpretazione della volont� contrattuale 0 di questioni la cui soluzione non presupponga l'accertamento dei fatti, posti a base delle singole pretese, ma involga semplicemente una loro valutazione ai soli effetti giuridici. (Omissis). Con la quinta riserva l'Istituto Bancario Romano, deduce~do eh~, pur avendo la e.A.I. iniziato, prima ancora della consegna dei lavori, avvenuta il 30 giugno 1955, tutti i lavori di apprestamento del cantiere l'Amministrazione appaltante era stata in grado di ordinare l'ini;io dei lavori soltanto il 15 luglio 1955, ha chiesto, a titolo di risar PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 239 cimento del danno per la forzata inattivit� di numerosi macchinari gi� predisposti per l'immediato impiego, la somma di lire 12.000.000. Anche tale richiesta � stata contestata dall'Amministrazione sia in via pregiudiziale in quanto la relativa riserva sarebbe stata tardivamente iscritta, sia nel merito in quanto il lamentato intervallo di tempo tra la consegna dei lavori e l'ordine di inizio dei lavori stessi non sarebbe imputabile ad essa Amministrazione, essendo dipeso dalla ritardata approvazione da parte delle competenti autorit� amministrative dei progetti esecutivi predisposti dall'Impresa per la deviazione del canale Ascolano, e che d'altra parte, l'Impresa aveva diritto di provvedere alla redazione dei progetti esecutivi fino a due mesi dopo la consegna dei lavori e correlativamente l'Amministrazione aveva quello di approvarli nell'adeguato tempo necessario. Aggiunge che, in ogni caso, nessun danno sarebbe derivato all'Impresa dal lamentato ritardo. Il Collegio ritiene pienamente fondata l'eccezione pregiudiziale di inammissibilit� della domanda. Come dianzi detto l'art. 17 delle Condizioni Generali, analogamente all'art. 23 del regolamento del 1895, regola le contestazioni tra direttore dei lavori ed appaltatore in ordine alle prescrizioni ed agli ordini di servizio con riferimento all'ipotesi in cui il secondo lamenti la difformit� delle prescrizioni medesime della normativa contrattuale. Esso dispone che in tale ipotesi l'appaltatore deve presentare per iscritto le sue osservazioni al Direttore dei lavori entro il termine di tre giorni dalla data dell'ordine �a pena di decadenza �. Ora nella fattispecie � pacifico che avverso l'ordine di servizio n. 1 del 15 luglio 1955, con il quale la Direzione dei lavori disponeva l'inizio dei lavori appaltati interessanti la deviazione del canale Ascolano, nessuna osservazione venne formulata dall'Impresa nel termine e nei modi previsti dal citato art. 17. Ne consegue che, ai sensi della citata disposizione non pu� non .considerarsi preclusa ogni richiesta di indennizzo fondata sull'asserita illegittimit� dell'impartito ordine di servizio. Con la sesta riserva l'Istituto Bancario ha chiesto la somma di trenta milioni a titolo di risarcimento dei danni subiti dalle opere nel <Corso di esecuzione dei lavori in dipendenza da eventi di forza maggiore. Esplicando la riserva l'Istituto ha sostenuto che, pur avendo l'Impresa regolarmente denunciato con lettere del 15 settembre 1955, 8 otiobre 1955, 25 settembre 1956 e 20 novembre 1956 i gravi danni derivati alle opere in corso di esecuzione a seguito delle piogge eccezionali verificatesi in quei periodi di tempo e che avevano determinato anche lunghe sospensioni dei lavori, l'Amministrazione appaltante nessun indennizzo aveva liquidato per la prima e per la quarta domanda, mentre, quanto alla seconda denunzia, dopo aver valutato i lamentati danni in tredici milioni di lire, aveva in seguito arbitrariamente ridotto tale importo a sole lire 8.512.090, come del pari arbitrariamente aveva ridotto da lire 500.000 a lire 448.974 l'importo dei danni lamentati con la terza denuncia. 240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alla richiesta l'Amministrazione, in via pregiudiziale, ha eccepito la tardivit� dell'iscrizione della riserva e nel merito ha osservato che i danni denunciati con la lettera del 15 settembre 1955 erano inesistenti e quelli denunciati con la lettera del 20 novembre 1956 erano imputabili a negligenza dell'Impresa, mentre la riduzione degli importi relativi alle altre due denuncie era stata effettuata in mera rettifica. di conformit� ai relativi prezzi contrattuali. Il Collegio osserva, quanto alle denuncie di danni di cui alle lettere 15 settembre 1955 e 20 novembre 1956 che la richiesta formulata dall'Istituto si ravvisa inammissibile perch� le circostanze al riguardo accertate dalla Direzione dei lavori dovevano formare oggetto di tem-pestiva riserva. Risulta, invero, dai documenti acquisti al processo che, a seguito. delle predette denuncie, la Direzione dei lavori procedette regolarmente, a norma dell'art. 30 delle Condizioni Generali, alla verifica dei lamentati danni, redigendo appositi verbali nei quali diede atto che, mentre i danni di cui alla lettera 15 settembre 1955, pur se causati da precipitazioni a carattere temporalesco, erano di trascurabile entit�, quelli invece di cui alla lettera del 20 novembre 1956 non potevano. considerarsi dovuti ad eventi di forza maggiore, avendo concorso alla loro produzione la colpevole omissione da parte dell'Impresa di quei semplici accorgimenti suggeriti dalla comune prudenza e diligenza che: ne avrebbero impedito il verificarsi. Ora non vi � dubbio che tali determinazioni della Direzione dei lavori e la conseguente omessa contabilizzazione dei richiesti indennizzi avrebbero dovuto, ai sensi dell'art. 33 delle Condizioni generali, formare oggetto di tempestiva riserva da parte dell'Impresa, per cui la. inosservanza di tale obbligo non pu� non importare decadenza della. stessa Impresa dal diritto di reclamare compensi. Non sar� del resto inopportuno osservare nel merito che l'affer-mazione della difesa dell'Istituto secondo cui i danni lamentati con la. lettera del settembre 1955 non sarebbero stati di trascurabile entit�, mentre quelli lamentati con la lettera del novembre 1956 non sarebbero imputabili a negligenza dell'Impresa, � rimasta meramente tale� perch� sfornita di qualsiasi dimostrazione, tanto pi� doverosa dinanzi alla mancanza di riserva in sede di verbale di contestazione. Per quanto, poi, concerne i danni denunciati con le lettere 8 ottobre 1955 e 23 settembre 1956, si osserva come la richiesta dell'Istituto� intesa ad ottenere la condanna dell'Amministrazione al pagamento della differenza tra l'importo indicato nei due verbali di constatazione e quello determinato in sede di chiusura della contabilit� si ravvisi. infondata. Ed invero come chiaramente si evince dai due verbali di constatazione redatti, a norma dell'art. 30 delle Condizioni generali e dello. art. 42 del regolamento, lo stesso giorno dell'avvenuta denuncia, mentre� la verifica dei lamentati danni venne effettuata dalla Direzione dei lavori in maniera dettagliata e precisa, con la minuziosa indicazione delle� opere distrutte o danneggiate, la determinazione invece dell'indennizzo.. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 241 spettante all'Impresa fu effettuata come testualmente si afferma nei relativi verbali �in modo approssimativo ., attesa la materiale impossibilit� di commisurare, come prescritto dal citato art. 30 delle Condizioni generali, il complessivo importo delle opere di ripristino ai prezzi di capitolato. Tale commisurazione venne in seguito effettuata in sede di chiusura della contabilit� e dalla stessa risulta (libretto delle misure n. 11) che l'importo dei lavori di riparazione delle opere distrutte o danneggiate � stato calcolato nei modi previsti dall'art. 30 delle Condizioni generali, applicando a ciascun lavoro i prezzi del contratto, i prezzi, cio�, della mano d'opera e delle materie prime portati nella tariffa annessa al capitolato speciale. Ora tale preciso ed analitico computo non ha trovato specifiche contestazioni da parte dell'Istituto, il quale si � limitato a svolgere deduzioni generiche in ordine alla necessit� di liquidare i lamentati danni nella misura indicata in maniera approssimativa nei verbali di verifica, sicch� la richiesta in esame non pu� non essere rigettata. Il settimo ed ultimo quesito � volto ad accertare il diritto della Impresa alla corresponsione di un indennizzo di lire 177.100.000 per i maggiori oneri sopportati nella esecuzione dei lavori in dipendenza delle condizioni di soggezione e di vincolo determinata dall'intensissima attivit� addestrativa svolta dai reparti aerei presenti nella zona dei lavori. L'Istituto, premesso che la programmazione del ritmo dei lavori, la predisposizione dei mezzi e delle attrezzature, le previsioni sull'andamento sul coordinamento delle singole categorie di lavori appartengono al dominio esclusivo dell'appaltatore, espone che nella fattispecie la presenza in sito di un'intera aerobrigata aveva reso assolutamente impossibile alla e.A.I. di svolgere i lavori secondo un preciso proprio programma con piena utilizzazione delle proprie possibilit� organizzative e tecniche e ci� a seguito delle continue variazioni dei programmi esecutivi imposte dalla Direzione dei lavori per aderire alle necessit� del Comando Aeroportuale, dei divieti di circolazione dei mezzi della Impresa disposti dalla stessa Direzione per le medesime esigenze e delle limitazioni e conseguenti restrizioni apportate alla condotta dei lavori. L'Istituto, pertanto, ha chiesto di essere indennizzato della somma complessiva di lire 177.100.000 determinata in via presuntiva, tenendo conto della maggior lentezza del ritmo produttivo, del maggior costo della mano d'opera, del maggior impiego e maggior costo unitario ed orario dei mezzi di trasporto e della parziale utilizzazione della loro portata. L'Amministrazione oppone in via pregiudiziale la tardivit� della iscrizione della riserva, mentre nel merito ha osservato che l'Impresa, per espressa previsione contrattuale, era tenuta ad eseguire i lavori � anche in presenza di attivit� aerea �. Il Collegio ritiene, che l'eccezione di inammissibilit� sollevata dal1' Amministrazione per l'intempestiva formulazione della riserva sia fondata. 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Come � noto l'Impresa che intenda far valere il diritto ad un equo compenso per la eccessiva onerosit� dell'impegno assunto determinata da aggravi o difficolt� incontrati durante l'esecuzione dei lavori a causa di determinati fatti deve formulare apposita riserva per questo titolo nel corso dell'appalto e precisamente all'atto dello stato dei lavori immediatamente successivo al verificarsi dei fatti generatori delle pretese oggetto delle riserve stesse. Trattasi di un onere che investe ogni pretesa che, qualunque ne sia il titolo, si concreti in una richiesta di maggiori compensi e di indennizzi in aggiunta ai corrispettiv contabilizzati dalla Amministrazione. Tale principio, fondato sull'interpretazione letterale e logica degli artt. 23 e 25 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350 e dei pi� volte richiamati artt. 17 e 33 delle condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare (r.d. 17 marzo 1932, n. 366) trova giustificazione nell'esigenza di consentire all'Amministrazione di controllare l'esistenza delle circostanze e delle condizioni sulle quali l'appaltatore fonda le proprie richieste e di rendersi conto del conseguente aggravio economico che dalle richieste stesse pu� derivare, cos� -=i da provvedere ad ulteriori provviste di fondi o al recesso di cui allo il art. 345 della legge fondamentale sulle opere pubblich�, espressamente richiamato dall'art. 47 delle suaccennate Condizioni Generali. I Ora che nella specie la e.A.I., in conseguenza della notevolissima d attivit� addestrativa svolta, nel corso dei lavori, dai reparti aerei gra l~:~ dualmente immessi nell'aeroporto di Pratica di Mare fino a raggiunim, i . gere, come � emerso dalle richieste informazioni scritte, l'entit� di una brigata, sia stata assoggettata ad interferenze ed a limitazioni nello svolgimento del programma di lavoro e nella esecuzione stessa delle singole lavorazioni, costituisce affermazione sulla cui esattezza non � lecito dubitare. (Omissis). % Senonch� sta di fatto che la e.A.I., non soltanto alcuna osserva' ' zione, nei modi e nei termini stabiliti dall'art. 17 delle Condizioni Ge I1I . nerali ebbe a formulare avverso tali prescrizioni, a suo dire, �contrarie ai patti del contratto ., ma, pur ripercuotendosi quelle prescrizioni in aggravi economici che trovavano corrispondenza, almeno, per implicazione, nelle successive registrazioni contabili, mai una idonea riserva, a norma dell'art. 33 delle stesse Condizioni ebbe a sollevare in occasione della sottoscrizione dei singoli stati di avanzamento o dei libretti delle misure, i quali, come � noto, hanno, per le Amministrazioni Militari, le funzioni che, ai fini delle riserve, adempie, negli appalti della Amministrazione dei lavori pubblici, il registro di contabilit�. Solamente dopo la comunicazione dell'ordine di servizio n. 13 del I25 maggio 1956, la C.A.I., con lettera in data 8 giugno 1956 diretta ,J alla Direzione dei lavori, nel denunciare l'incompatibilit� tra il programma di lavoro impostole con quell'ordine di servizio e �l'inatteso !; ~: sviluppo � assunto dall'attivit� aerea nell'aeroporto, ebbe a lamentare ~ genericamente l'eccessiva onerosit� insorta nell'adempimento degli ob- I I.i ~= ,,~ -4fi*1WA%WJR'.-,@'<W-�?%Mfir__ J - PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 243 blighi contrattuali, riservandosi di indicare in seguito l'ammontare dell'equo indennizzo che riteneva dovuto a tale titolo. Ma � chiaro come a tale generica protesta, formulata a circa un mese di distanza dalla impartita prescrizione, non possa essere attribuito alcun valore, essendo la riserva forma essenziale delle � osservazioni � e delle contestazioni dei dati contabili da parte dell'appaltatore. Le richieste, le domande ed i reclami dell'Impresa su tutto quanto forma oggetto delle scritture contabili debbono, infatti, per acquisire esistenza giuridica, esprimersi nella forma della riserva, scritta nei documenti contabili e tempestivamente esplicata. Ci� chiaramente si evince dalle richiamate disposizioni delle Condizioni generali, nonch� nell'art. 41 del regolamento. Non pu�, quidi, non ritenersi, in ordine all'avanzata richiesta di indennizzo, efficace ed operante la preclusione derivante dal mancato inserimento in occasione delle firme man mano apposte nei libri contabili successivamente ai fatti generatori della pretesa oggetto della riserva di cui trattasi. N� vale obiettare, come si obietta dalla difesa dell'Istituto, che la giurisprudenza arbitrale ha da tempo attenuato la rigorosit� del principio sancito nelle richiamate disposizioni, affermando l'inesistenza di un onere della immediata riserva relativamente ai fatti che durano nel tempo o i cui effetti nel tempo si potraggono. Pu� invero, senz'altro essere condivisa l'opinione che le riserve attinenti ad aggravi di carattere continuativo, se omesse non importano decandenza per quei lavori che si appalesano accertabili in ogni tempo e computabili nel loro ammontare. Ma sarebbe contro legge estendere detta mitigazione nel caso in cui, come nella specie indubbiamente si verifica, i lavori non sono pi� accertabili, almeno che non si voglia minare il fondamento stesso delle suaccennate disposizioni sancite appositamente a favore dell'Amministrazione per una pi� pronta ed efficace difesa di fronte a richieste di compensi addizionali ingiustificate ed incontrollabili. D'altra parte, nella specie, trattavasi di fatti che, se anche di carattere continuativo, concernevano direttamente le partite di lavoro che risultavano riportate nei libretti delle misure al momento stesso in cui l'Impresa veniva invitata alla firma. Nel caso, quindi, l'asserita impossibilit� avrebbe potuto incidere sulla possibilit� di precisare le cifre di compenso cui credeva di avere diritto, ma tale impossibilit� non poteva costituire motivo idoneo per dispensarla dall'onere della formale riserva al momento della sottoscrizione dei registri contabili, nei quali erano riportate le partite di lavoro a cui il fatto continuativo si riferiva e sulle quali esso si ripercuoteva. Si assume, ancora, dalla difesa dell'Istituto che i lamentati maggiori oneri sarebbero stati determinati, non soltanto dalle arbitrarie prescrizioni impartite dalla Direzione per l'esecuzione dei singoli lavori, ma anche e soprattutto dalle numerosissime sospensioni dello svolgimento dei lavori, sospensioni determinate, a dire dei relativi provvedimenti che le imponevano, dalle cattive condizioni atmosferiche, ma 244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in realt� dovute, per la massima parte, alla presenza nella zona dei lavori di attivit� aerea che impegnava le giornate di bel tempo, proprio quelle, cio�, pi� utili e produttive per il lavoro. Senonch� l'inconsistenza di siffatto assunto risulta evidente, ove si consideri che dai documenti acquisiti al processo risulta che di ogni sospensione e della conseguente ripresa dei lavori venne redatto apposito e regolare verbale sul quale la e.A.I., a norma del secondo comma dell'art. 34 delle Condizioni generali, aveva facolt� di esprimere riserva da svilupparsi nei termini e nei modi del precedente art. 33. Non avendo la C.A.I. ritenuto di esercitare tale facolt�, � chiaro come ci� precluda ora all'Istituto la facolt� di proporre utilmente richieste e domande comunque afferenti alla legittimit� delle disposte sospensioni e della loro durata. (Omissis). LODO ARBITRALE, 11 gennaio 1966, n. 9 (Roma) -Pres. Fortini Impresa Otello Torsello (avv. Dino Ambrosio) c. Ministero Difesa- Aeronautica (avv. Stato Gargiulo). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Cottimo fiduciario stipulato dal Ministero Difesa-Aeronautica -Riserve -Scavo di sbanca mento in terreno argilloso di eccezionale durezza. -Allibramento dei relativi lavori ed apposizione, accanto alla firma dell'Impresa, dell'espressione �con riserva�, senza altra specificazione -Ratio ii delle norme sulla tempestivit� delle riserve -Controllo sul fatto conteso e controllo sul costo dell'opera -Tempestivit� della riser .. va -Condizioni -Fattispecie. l (Condizioni generali di appalto approvate con r. d. 17 marzo 1932, n. 377, artt. 32 e 33; Regolamento approvato con r. d. 17 marzo 1932, n. 365, art. 41). Se durante L'esecuzione dei lavori di sbancamento si rinviene un terreno argilloso di eccezionale durezza, affinch� le riserve, che l'Impresa intende formula1�e per richiedere un compenso per i maggiori oneri eventualmente subiti, possano ritenersi tempestive, non � sufficiente l'apposizione, accanto alla firma, dell'espressione e con riserva�, ma � necessaria anche la specificazione sia delle ragioni che giustificano .le riserve stesse, sia del compenso che d� volta in voita viene richiesto, in quanto la ratio delle norme relative alla decadenza delle riserve va individuata non solo nella necessitd da parte della p.a. di esercitare un immediato controllo sul fatto conteso e di impedire che il trascorrere del tempo ne renda pi� difficile o improbabile l'accertamento, ma sopratutto nella necessitd di eseguire il controllo costante I sul costo dell'opera onde mantenerlo nel previsto limite di spesa. Va j I I ! PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI A-CQUE, APPALTI ECC. 245 pertanto dichiarata la decadenza laddove l'impresa abbia firmato sol. tanto �con riserva �, senza sviluppare le ragion.i della ri.serva e l'importo dei compensi nei dieci giorni successivi alla firma (1). (Omissis). Passando all'esame del secondo quesito il Collegio osserva che la Impresa ha richiesto il compenso di L. 117.095.777 per i maggiori oneri ehe essa assume aver subito durante l'esecuzione dei lavori di sbaneamento specificando di avere trovato un terreno argilloso di ecce: zione durezza che avrebbe richiesto l'uso dei mezzi eccezionali e straordinariamente onerosi, nonch� per aver dovuto eseguire gli scavi per la costruzione dei fognoli senza l'uso delle mine, impeditole dalla p. a. La difesa dell'Amministrazione ha eccepito la inammissibilit� delle riserve perch� intempestive, nonch� la loro infondatezza perch� la natura della terra scavata rientrava nella categoria prevista dall'art. 16 Cap. gen. (il quale, nel descrivere la nozione �di terra e materiali�, vi comprende la terra di qualsiasi consistenza, argilla compatta compresa): in ogni caso aggiunge l'Avvocatura dello Stato, i mezzi impiegati per lo scavo come risulta dallo stesso memoriale dell'Impresa in data 25 ottobre 1961 furono mezzi normali di scavo e non. mezzi eccezionali. Il Collegio ritiene che l'eccezione di inammissibilit� delle riserve perch� intempestive, sia fondata. Giova ricordare infatti che, in conformit� ai principi fondamentali in materia di esecuzione di opere pubbliche, gli artt. 3,2 e 33 delle Condizioni generali di appalto approvate con il r.d. 17 marzo 1932, n. 367 e l'art. 41 del Regolamento approvato con r.d. in pari data n. 365 tassativamente stabiliscono l'obbligo per l'appaltatore di� firmare con riserva le contabilizzazioni delle partite di lavori relativamente alle quali pretende maggiori compensi, nonch� di sviluppare entro il termine di 10 giorni le ragioni della riserva indicando anche l'importo dei compensi cui ritiene di avere diritto: �trascorso tale termine s'intende che abbia rinunziato ad ogni riserva ed accettata la eseguita contabilizzazione�. Or bene, dal libretto della misura (che negli appalti militari adempie alle funzioni del registro di contabilit� per gli appalti civili) risulta che dei 34 allibramenti relativi a scavi compiuti in date diverse (ma tutte comprese nel periodo che va dal 15 luglio 1961 al 14 dicembre dello stesso anno) ben 32 risultano firmati genericamente �con riserva � e 2 senza riserva: risulta per� dalla documentazione esibita (1) Esatta applicazione dei principi sulla tempestivit� delle riserve, in conformit� alla tesi sostenuta dall'Avvocatura (v. in particolare, DEL Gni;;co, In tema di tempestivit�, delle riserv.e, in questa Rassegna, 1964, I, 1179) e gi� accolta in una non recente sentenza della Corte Suprema (23 marzo 1943, n. 719, Sett. Cass., 1943, 611). 246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .che l'Impresa ha specificato e sviluppato le sue riserve con due soli memoriali: l'uno in data 25 ottobre 1961 e l'altro in data 20 dicembre 1961. Di guisa che i due memoriali avrebbero reso efficaci -giusta le norme dianzi richiamate -soltanto le riserve annotate sul libretto delle misure entro i dieci giorni antecedenti, e cio� soltanto quelle segnate sotto la data del 16 e 19 ottobre nonch� del 13 e 14 dicembre 1961, mentre invece per tutti gli allibramenti precedenti alla data del 16 ottobre 1961, avendo l'Impresa Torsello semplicemente e genericamente apposto la firma � con riserva � senza giammai esplicare la riserva stessa nei termini stabiliti dall'art. 33 delle Condizioni Generali succitate, dovr� ritenersi decaduto l'appaltatore dal diritto di far valere in qualsiasi tempo e modo le riserve e le domande che ad essi si riferiscono. Contesta l'Impresa la eccepita decadenza deducendo che la tardivit� dell'esplicazione pu� considerarsi, nella specie, superata dalla circostanza che �la vicenda dell'argilla dura� era a conoscenza dell'Amministrazione poich� durante i lavori erano stati interessati il Laboratorio Geodetico dell'Aereonautica nonch� i rappresentanti della stessa Direzione dei Lavori: aggiunge ancora che le ripetute riserve riguardavano l'esecuzione � continuata � di lavori difficoltosi data la imprevedibile presenza della argilla dura, per cui il semplice allibramento � con riserva � ed una specificazione sia pure tardiva potevano bastare allo scopo, trattandosi di �fatti continuativi�. Ma le suddette obiezioni non resistono ad una seria critica. � bene precisare innanzitutto che le riserve di cui al secondo quesito riguardano gli artt. 6/5,80-7/581-8/586-10/5'95-11-12-13-15-17 dell'estimativo, in ordine ai quali i compensi indicati in contabilit� ammontano a complessive lire 20.079.500, mentre l'enorme maggior pretesa dell'Impresa (in ben 117.095.777) non avrebbe potuto giammai prevedersi ricompresa in una generica riserva, apposta per anco a contabilizzazioni comprensive di altre categorie di lavori e di voci diverse dall'estimativo. "" Giova ricordare che la ratio della tempestiva esplicazione della riserva viene individuata non soltanto nella necessit� da parte del1' Amministrazione di esercitare un immediato controllo sul fatto conteso ed impedire che il trascorrere del tempo ne renda difficile e addirittura impossibile l'accertamento, ma soprattutto per il rispetto e controllo costante del costo dell'opera onde mantenerlo nel previsto limite di spesa. Ci� viene imposto dal principio di gestione di un bilancio pubblico, dal divieto di aumentare i prezzi senza autorizzazione o d.i mutare i limiti dei lavori, dalla responsabilit� personale dei tecnici in caso di inosservanza, dalle modalit� per la determinazione di prezzi di categoria, dall'obbligo della immediata denuncia delle contestazioni suscettibili di causare un onere per l'Amministrazione e infine, dalla facolt� per quest'ultima di risolvere in ogni tempo l'appalto dietro pagamento del decimo dell'importo dei lavori da eseguire secondo contratto. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 247 Espressamente la Corte di Cassazione (23 marzo 1943, n. 719, Sett. Cass., 1943, 611) riconobbe essere la causa giustificatrice del precetto della decadenza dalle riserve quella �che gli organi della p.a. siano prontamente messi al corrente di domande, che tendano ad alterare le basi economiche del contratto per poterle esaminare e fronteggiare con adeguati provvedimenti... �, precisando altresi che il termine di decadenza riguarda tanto le riserve relative a fatti transeunti che quelli relativi a fatti continuativi. � da aggiungere, infine, che la cosiddetta continuit� potrebbe esimere l'Impresa dall'obbligo di specificare l'importo del compenso complessivo preteso, ma giammai da quello di esplicar le ragioni, della apposta generica riserva. Non avendo l'Impresa ci� adempiuto, la decadenza sancita dalle citate norme appare certamente fondata. Rimangono da esaminare nel merito quelle parti di riserve che per essere state esplicate nel termine di giorni dieci non sono precluse. (Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 gennaio 1964, n. 81 -Pres. D'Aniello -Est. Peronaci -P. M. Biscotti -Rie. Piccolo. Reati :finanziari -Incetta di buoni per l'acquisto di carburante a prezzi ridotti -Reato confi.~urabile. (1. 2 luglio 1957, n. 474, art. 12 bis). L'acquisto di buoni turistici di benzina da parte del gestore di u~ distributore di carburante, con successiva vendita di carbur~nte a prezzi ordinari richiesta di rimborso dei buoni e lucro della differenza fra prezzo drdinario e prezzo pagato per l'illecito acquisto, configura l'ip?tesi delittuosa di cui all'art. 12 bis deHa L. 2 luglio 1957, n. 474, e non gi� quelle pi� gmvi di cui all'art. .1 O della legge, che punisce la desti.nazione di speciali carburanti agevolati ad uso diverso da quello previsto per l'agevolazione (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 23 marzo 1965 n. 502 -Pres. Valillo Est. Ferrero -P. M. Peluso -Rie. Piccolo. Reati :finanziari -Incetta di buoni speciali per l'acquisto di carburante Evasione dall'imposta di fabbricazione -Non sussiste -Fattispecie -Amnistia -Applicabilit�. (1. 2 luglio 1957, n. 474, art. 12 bis). Chi si sia reso responsabile del reato di cui all'art. 12 bis della legge 2 luglio 1957, n. 474, non � per questo solo fatto soggetto passivo del rapporto tributario relativo all'imposta di fabbricazione del carburante -Non osta pertanto all'applicazione dell'amnistia il mancato pagamento del tributo (2). PAl'l'l'E I, SEZ. VII, GIUl'IISPl'IUDENZA PENALE 249 I (Omissis). La Corte osserva che, in accoglimento dell'unico motivo di ricorso, l'impugnata sentenza dev'essere annullata con rinvio per erronea applicazione della legge penale. L'imputato, era stato, tra l'altro, ritenuto responsabile dell'ipotesi delittuosa prevista dall'art. 10 della L. 2 luglio 1957, n. 474, per avere acquistato buoni turistici (soprattutto SETAF) di benzina, per l'ammontare complessivo di Litri 86.854. Ed era stata, nella specie, ritenuta applicabile, in contrasto con la tesi difensiva, la norma sopra citata, in quanto l'imputato avrebbe erogato il quantitativo di benzina corrispondente ai buoni a prezzo normale, lucrando la differenza tra questo prezzo e quello pagato per i buoni. Di questo l'imputato si duole e sostiene, giustamente, che sia applicabile invece le norma specifica dell'art. 12 bis della citata legge n. 474. Ed ,linvero tale norma punisce il fatto di chi � procura a s� gli speciali buoni che danno titolo al ritiro della benzina col pagamento di imposta in misura ridotta �. Di tal che, tale appunto essendo _il fatto ritenuto dalla Corte di merito, questa norma e non quella dell'art. 10, era applicabile al caso in esame, in virt� dell'art. 15 c. p. Ed infatti l'errore della Corte di merito � stato quello di aver ritenuto che vi sia uno speciale carburante destinato ad usi turistici, il quale sarebbe stato venduto come carburante comune sottraendolo cosi alla sua specifica destinazione. A prescindere dal secondo pronunciato, che rappresenta il logico svolgimento dell'affermazione di diritto contenuta nella prima sentenza, e su cui non giova pertanto soffermarsi, si rileva come il punto controverso deciso dalla Corte regolatrice sia se il mutamento di destinazione dei carburanti � agevolati � ai fini della perfezione del reato di cui all'art. 10 legge 2 luglio 1957, n. 474, debba intendersi sotto il profilo naturalistico ovvero sotto quello giuridico. I giudici di merito avevano acceduto alla seconda soluzione, ravvisando nel comportamento del gestore di una pompa di carburante che, procuratosi i buoni turistici, avesse venduto a prezzi normali il carburante, lucrando il rimborso a prezzo pieno, un mutamento � giuridico � della destinazione del carburante idoneo ad integrare il reato in esame. La Suprema Corte, accedendo invece ad una interpretazione � naturalistica ., ha affermato che per la perfezione della fattispecie prevista dalla norma incriminatrice � necessario il concreto storno di un oggetto individuato dall'una all'altra destinazione. Esempio tipico potrebbe essere quello della nafta per usi agricoli (fra l'altro, diversamente colorata) che venisse adibita a rifornimento di veicoli stradali. Conseguentemente nel comportamento dell'imputato ha affermato non potersi ravvisare altro che il particolare reato a consumazione anticipata previsto dall'art. 12 bis della stessa legge: il procacciamento dei buoni con mezzi fraudolenti. L'orientamento della Suprema Corte sembra meritevole di approvazione oltre che sotto un profilo equitativo anche sotto un profilo di logicaformale. � Potrebbe sembrare a prima vista un'incongruenza il punire con la stessa pena cosi colui che si sia limitato a procacciarsi i buoni (o abbia solo 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Invece il sistema di agevolazione per i turisti � ben diverso. Essi I acquistano, previa prova della loro qualit� di turisti, i buoni benzina, a prezzo speciale, e possono spenderli presso qualsiasi distributore, ricevendone benzina comune. Tali buoni vengono poi rimborsati dallo Stato� I al venditore della benzina. . . Mancando quindi il presupposto giuridico dell'art. 10 della legge (destinazione di benzina agevolata ad uso diverso da quello previsto . per la agevolazione), e ricorrendo, viceversa, la fattispecie prevista specificamente dall'art. 12 bis, � quest'ultima norma che dev'essere applicata. I (Omissis). II (Omissis). Osserva la Corte che il motivo dedotto in via principale � fondato. Infatti, per l'applicazione dell'amnistia al reato ritenuto a carico del ricorrente, non sussiste la causa ostativa del pagamento del tributo. L'art. 12 bis della legge 2 luglio 1957, n. 474, sotto la cui disciplina ricade il reato per il quale il ricorrente � stato condannato, prevede e punisce il fatto meramente formale di procurarsi mediante frode i buoni la cui esibizione d� titolo al ritiro di benzina ammessa ad I aliquota ridotta di imposta di� fabbricazione, indipendentemente dal I fatto che vi sia o meno evasione dell'obbligo fiscale. I if� tentato di farlo, trattandosi di reato a consumazione anticipata) come colui ~ltfi. che, oltre a ci�, abbia utilizzato i buoni stessi lucrando in frode allo Stato. . A ben vedere si pu� rilevare come una tale incongruenza sia per� soltanto apparente, e si ponga anzi in linea con una costante del nostro ordinamento . punitivo. L'attivit� delittuosa fraudolenta non � i)lfatti mai fine a s� stessa, ma r1: . mira ad un risultato ulteriore, costituisce un mezzo a fine. Sembra equo . dunque non colpire ulteriormente il reo quando quel fine si realizzi, avendolo assoggettato previamente a pena per il solo fatto della frode. l., Cosi ad e.sempio il falsario (in atti o in moneta) non � pi� gravemente punito se usa l'atto falso o spende la moneta non genuina (art. 455 e 489' . cod. pen.) proprio perch� tale utilizzazione � il naturale epilogo della azione :~ Icriminosa (ANTOLISEI, Manuale, Giuffr�, 1954, Parte Speciale, II, 456). Un'altra considerazione ancora pu� essere fatta in sostegno della sen. tenza annotata. I Accogliendo la tesi dei giudici di merito in ordine alla concezione � formale � del mutamento di destinazione, il problema non sarebbe pi� di applicabilit� dell'art. 10 invece dell'art. 12 bis, ma di applicabilit� dell'articolo 10 oltre all'art. 12 bis. I La conseguenzialit� logica ed il disposto degli artt. 15 e 71 ss. cod. pen. non consentono altra impostazione. Le due fattispecie previste dalle norme incriminatrici sono infatti del tutto distinte, onde non � configurabile, a mente del principio di specialit�, un concorso apparente di norme, tra le quali non � ipotizzabile un rapporto di genere a specie. D'altronde, poich� Iil reato di cui all'art. 12 bis � integrato dalla semplice acquisizione (o tentata acquisizione) fraudolenta dei coupons, ove si ritenga di ravvisare nella utilizzazione degli stessi da parte del gestore, un � mutamento di destinazione � del carburante a sensi dell'art. 10, non resterebbe conseguenzialmente che ravvisare la sussistenza, in concorso, di entrambi i reati. f: I Il che, non si pu� non riconoscerlo, sarebbe una severit� eccessiva, ~ non giustificata dal dettato legislativo. I. F. CARAMAZZA ~ I f: PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 251 Poich� l'imposta di fabbricazione colpisce esclusivamente la produ: zione, ne deriva che il soggetto passivo del rapporto tributario � soltanto il produttore della merce mentre non lo sono gli altri soggetti ai quali sono imposti obblighi, sia pure penalmente sanzionati, per prevenire le frodi o per garantire la certezza della eseguita prestazione tributaria. Conseguentemente, per l'applicazione dell'amnistia di cui al D.P. 24 gennaio 1963, n. 5, a questi ultimi reati, non sussiste l'obbligo dello adempimento tributario che presuppone, per espressa disposizione di legge contenuta nell'art. 6 del D.P. di amnistia, la qualit� di soggetto passivo del rapporto tributario che nel caso in esame manca nel ricorrente. (Omissis). TRIBUNALE DI ROMA, Sez. IV, 16 gennaio 1966 -Pres. ed Est. Testi -Imp. Guarnaschelli. Gioco d'azzardo -Esercizio di case da gioco.di Taormina -Esercizio da parte della Societ� A. Zagara -Costituisce attivit� criminosa. L'esercizio del gioco d'azzardo in Taormina, da parte della Societ� A. Zagara, quale avente causa dell'E.T.A.L., costituisce attivit� criminosa secondo le leggi dello Stato, non potendo la predetta Societ� essere titolare di alcun diritto all'esercizio del gioco di azzardo in Italia n� in base a provvedimenti regionali assolutamente privi di effetti esimenti (dee. ass. 27 aprile 1949, n. 1; dee. reg. 31 maggio 1961, n. 36/A; 15 febbraio 1960, n. 55/A), n� in base a precedenti provvedimenti statali che sono stati o revocati o dichiarati privi di efficacia (dee. interm. 30 aprile 1947, rev. con dee. 3 marzo 1951 e con l. 30 febbraio 1952, n. 1301 (1). (Omissis). In data 8 novembre 1962 tal Sorbello Rosario, amministratore e mandatario della Signora Marjorie Varaschini, proprietaria della Villa � Mon Repos � di Taormina, immobile a suo tempo locato alla Soc. p. A. � a' Zagara ., in persona del suo Consigliere Delegato Guarnaschelli Domenico, denunciava costui al Pretore di Taormina, lamentando il fatto della istituzione di una casa da giuoco nei locali della Villa. Lo stesso giorno il Guarnaschelli, dicendosi � edotto � della presentazione della denuncia, si presentava spontaneamente al Magistrato, ammetteva pienamente il fatto denunciato, peraltro assumendo con dettagliato esposto e in base ad una copiosa documentazione la liceit� dell'intrapreso esercizio e comunque indicando al Pretore quali dovevano essere le modalit� e il contenuto dell'eventuale emanando decreto di sequestro. (1) La parte della motivazione, relativa all'esercizio della casa da giocoin Taormina qui pubbUcata, accoglie integralmente le tesi dell'Avvocatura, riportate in precedenza in questa Rassegna, 1964, I, 223; 1964, I, 801; 1964, I, 1190. 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il Pretore promuovendo l'azione penale nei confronti del Guarnaschelli in ordine al reato di cui agli artt. 718 e 719, nn. 1 e 2, c.p., emetteva infatti in pari data decreto di sequestro a sensi dell'art. 337� c.p.c. in relazione all'art. 722 c.p. delle attrezzature e degli oggetti destinati al giuoco d'azzardo, peraltro come richiesto -autorizzando� la prosecuzione del giuoco stesso fino all'esito del procedimento penale, sotto la gestione della predetta societ�, in persona del suo consigliere delegato. Conseguentemente disponeva il Pretore il sequestro � del 50 % dei proventi lordi derivati dalla esecuzione del giuoco �, con l'obbligo� per il Guarnaschelli del versamento mensile e del deposito di tali proventi in un libretto di risparmio della locale Agenzia della Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele, libretto a lui intestato e col vincologiudiziario. Avocava a s�, a norma dell'art. 392 c.p.p. l'Istruttoria sommaria il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Messina con provvedimento del 5 novembre e in pari data -ritenuto che il decreto emesso dal Pretore era in contrasto col disposto dell'art. 337 c.p.p. in quanto, mentre ordinava il sequestro di cose pertinenti a reato, consentiva nel contempo che le stesse restassero in possesso dell'imputato, al fine di essere ulteriormente usate per l'esercizio del giuoco� d'azzardo -revocava il predetto decreto e disponeva il sequestro degli arnesi e degli oggetti � destinati al giuoco d'azzardo esistenti nei locali del � Casin� � di Taormina, denominato � A Zagara Kursaal �. Cessava cosi di funzionare appena inaugurato e aperto detto Casin�. Con sentenza del 30 gennaio 1963, peraltro, la Corte di Cassazione, Sez. IV, annullava senza rinvio, su ricorso dell'imputato, il provvedimento di avocazione e conseguentemente il decreto di sequestro 9 novembre 1962. Veniva cos� ripristinata la situazione giuridica processuale messa in essere dal decreto Pretorile. Tratto dunque a giudizio del Pretore di Taormina per rispondere� del reato � di cui agli artt. 718 e 718, nn. 1 e 2, c.p. per aver istituito una casa da giuoco di azzardo, approntando il banco e gli arnesi da giuoco in luogo aperto al Pubblico in Taormina il giorno 8 novembre 1962 ., reato peraltro amnistiabile a norma degli artt. 1 e ss. d.p.r. 24 gennaio 1963, n. 5, il Guarnaschelli con sentenza del 19 febbraio 1963 (quando gi� da dieci giorni era ripresa, alle condizioni fissate� dal decreto 8 novembre 1962, l'attivit� del Casin�, interrotta il 9 novembre 1962), veniva assolto dalla ascrittagli contravvenzione � trattandosi di persona non punibile perch� il fatto non costituisce reato �, a norma dell'art. 51 c.p. e in applicazione del cpv. dell'art. 152 c.p.p. Proponeva tempestivo appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina, e il Tribunale de lAquila (al quale il procedimento era stato, su istanza dell'imputato, rimesso dalla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 55 c.p.p. con ordinanza del 3 giugno 1963), confermava �in ogni sua parte � l'impugnata decisione pretorile, con sentenza del 18 aprile 1964. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 253 Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale de L'Aquila, ricorreva per Cassazione avverso detta sentenza e in data 14 novembre 1963, il Supremo Collegio a Sezioni Unite emetteva sentenza nella quale, ritenuta la eccepita inammissibilit� del ricorso per omessa indicazione nella copia dell'atto di impugnazione notificato all'imputato del mezzo di gravame proposto, osservava peraltro come la sentenza del Tribunale de L'Aquila -non ancora irrevocabile -fosse parzialmente affetta da nullit� assoluta � rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento �. Invero -rilev� la Corte -i giudici di appello, previa distinzione del giuoco d'azzardo tenuto nella villa � Mon Repos ., in due distinti periodi: 7-8 novembre 1962 e 5 febbraio 1963 in poi, avevano dichiarato, quanto al primo periodo non punibile l'imputato per avere agito � nella convinzione della liceit� del fatto �, e, quanto al secondo periodo, avevano assolto il medesimo per essere il fatto stesso divenuto lecito a partire dalla data di pubblicazione della legge 18 febbraio 1962, n. 67, che, aveva imposto un diritto addizionale di L. 3500> a favore dello Stato, su ogni biglietto di ingresso alle case da giuoco. Ora -osserv� la Corte -poich� il Pretore aveva giudicato del fatto commesso il 7 e 1'8 novembre 1962, non poteva il Tribunale de L'Aquila, in grado di appello, giudicare dei � fatti � successivi non presi in esame dal Pretore, senza violare l'art. 185, n. 2 in relazione all'art. 211 c.p.p. poich� l'osservanza della prima norma � stabilita a pena di nullit� assoluta, questa doveva essere dichiarata, nonostante l'inammissibilit� del ricorso. Concludeva pertanto la Corte nel senso che la sentenza del Tribunale de L'Aquila, nella parte in cui aveva giudicato in grado di appello sul fatto gi� contestato al Guarnaschelli dal Pretore di Taormina, era intangibile, stante appunto l'inammissibilit� del gravame e che quindi il proscioglimento dell'imputato dal reato ascrittogli per difetto dell'elemento soggettivo, cosi come ritenuto dal Giudice di appello (e non gi� per aver esercitato un diritto, come ritenuto dal Pretore), passava in cosa giudicata, mentre doveva dichiararsi la nullit� della sentenza nella parte in cui aveva esaminato la responsabilit� del Guarnaschelli per il giuoco d'azzardo esercitato successivamente all'8 novembre 1962. Conseguentemente la citata sentenza delle Sezioni Unite ordinava la trasmissione degli atti al P. M. competente e cio� al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina per l'ulteriore corso di giustizia in ordine ai fatti dal Guarnaschelli commessi � dal 5 febbraio 1963 in poi �. Promuoveva pertanto l'azione penale il Procuratore della Repubblica di Messina nei confronti del Guarnaschelli, non solo, in ordine alla contravvenzione ex artt. 718 e 719 c.p. (di competenza pretorile), per avere tenuto una casa da giuoco di azzardo nella Villa � Mon Repos � di Taormina dal 5 febbraio 1963 e anche successivamente alla sentenza emessa dalle Sezioni Unite della Cassazione, ma altresi, in ordine al delitto di omissione continuata di atti di ufficio per avere in tempi di 254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO versi omesso di depositare presso la Cancelleria della Pretura di Taormina il rendiconto mensile relativo al sequestro del 50 % dei proventi del giuoco esercitato nei locali della predetta villa, di cui era custode sequestratario; in ordine al delitto di peculato continuato per essersi in tempi dipersi appropriato della somma costituita dal 50 % dei proventi lordi dell'esercizio del giuoco d'azzardo tenuto nella Villa � Mon Repos �, somme in giudiziale sequestro e delle quali egli aveva il possesso nella succitata qualit�, in Taormina dall'8 novembre 1962, nonch� in ordine al delitto di peculato continuato per essersi in tempi diversi appropriato del 50 % delle somme provenienti dall'esercizio del giuoco d'azzardo, costituite dall'incasso per mance e biglietti di ingresso, somme in giudiziale sequestro e delle quali aveva il possessa nella precisata qualit� di custode giudiziario. In Taormina dal 5 febbraio 163 e successivamente. Veniva pertanto il 7 gennaio 1965 emesso a carico del Guarnaschelli ordine di comparizione e contestualmente decreto di sequestro, _, a norma dell'art. 337 c.p.p. in relazione all'art. 722 c.p., degli arnesi e degli oggetti destinati all'esercizio del giuoco, del denaro da esso proveniente anche se in giudiziale deposito, nonch� dei registri, dei documenti e di quanto altro connesso alla tenuta del giuoco stesso, e � ci� sia per garantire l'esecuzione della misura di sicurezza della I confisca, sia per impedire che il reato sia ulteriormente consumato �. ~ Veniva cos� interrotta, a partire dal 7 gennaio 1965 e dopo 23 mesi di esercizio, l'attivit� del Casin� di Taormina, ripresa e proseguita in virt� del decreto del Pretore dell'8 novembre 1962, a partire I dal 9 (e non gi�' dal 5) febbraio 1963, come pacificamente risulta dagli atti. I In data 14 gennaio 1965, a mezzo della Avvocatura dello Stato, i Ministeri di Grazia e Giustizia e del Tesoro si costituivano parte I. -civile e il successivo 16 gennaio, su istanza dell'imputato e del Pro, .curatore Generale presso la Corte di Cassazione, avanzate ai sensi e per gli effetti dell'art. 55 c.p.p., questa con ordinanza designava il ' , Tribunale di Roma quale giudice competente per il procedimento pe, nale pendente presso l'Ufficio del P. M. di Messina, e ordinava per' Itanto la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso .questo Tribunale, peraltro dichiarando che conservavano validit� tutti gli atti della istruttoria sommaria fino allora compiuta, ivi compreso il decreto di sequestro 7 gennaio 1965. Iu Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma di: Sponeva in data 16 febbraio 1965 il sequestro dei libri di commercio, II registri e atti contabili, compresi quelli-relativi alle spese di gestione della casa da giuoco � Mon Repos � della Soc. A. Zagara e la Polizia Tributaria di Roma dava esecuzione al disposto sequestro, inoltrando pure alla Autorit� Giudiziaria -a seguito degli esperiti accertamenti -rapporto giudiziario n. 535 9/9/474 in data 22 marzo 1965. Completata la istruttoria sommaria con l'interrogatorio in data I 7 aprile 1965 del Guarnaschelli, che presentava, in aggiunta a quello, ~ gi� esibito dai suoi difensori, memoria scritta, in cui ribadiva la pro- I li I PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 255 pria innocenza in ordine a tutti i reati ascrittigli, di cui alla epigrafe, l'imputato veniva tratto a giudizio di questo Tribunale, competente anche per materia, per rispondere della contravvenzione ex artt. 718 e 719 c.p. e dei delitti di cui agli artt. 81 cpv. e 328 c.p. e 81 cpv. e 334 c.p.p., cos� come meglio e pi� dettagliatamente in rubrica precisati, reati commessi a partire dal 9 febbraio 1963 e fino al 7 gennaio 1965. All'udienza del 3 dicembre 1965, ritualmente costituitosi il rapporto giuridico processuale e dichiarata su eccezione della difesa dell'imputato, l'inammissibilit� della costituzione di parte civile dell'Amministrazione dello Stato. limitatamente al reato contravvenzionale per le ragioni indicate nella relativa ordinanza, il Guarnaschelli rendeva il proprio interrogatorio e veniva raccolta la deposizione del verbalizzante Boi Ennio, capitano del Corpo delle Guardie di Finanza. All'odierna pubblica udienza, cui il processo veniva rinviato per acquisire agli atti il fascicolo del ricorso del Guarnaschelli proposto davanti al Pretore di Taormina nel maggio 1962, nonch�, in copia o in originale, i contratti di locazione della Villa � Mon Repos �, a suo tempo stipulato tra la Veraschini e il Consigliere Delegato della Soc. � A Zagara ., veniva escusso su richiesta del P. M. il verbalizzante Giuliano Oliva, ufficiale superiore del Corpo delle Guardie di Finanza, si dava atto dell'acquisizione dei documenti richiesti e si disponeva l'acquisizione, ritenutane l'utilit� al fine di decidere, di alcuni documenti dalla parte civile esibiti e provenienti dalle Amministrazioni del Tesoro e delle Finanze nonch� della sentenza 14 dicembre 1965, n. 87 della Corte Costituzionale. Veniva infine dichiarato chiuso il dibattimento e la parte civile e il P. M. concordemente concludevano perch� venisse affermata la penale responsabilit� del Guarnaschelli, in ordine a tutti i reati ascrittigli, per i quali la difesa invocava invece l'assoluzione del giudicabile, trattandosi di persona non punibile perch� il fatto non costituisce reato, in particolare insistendo, perch�, circa la contravvenzione, venisse dichiarata al liceit� ex art. 51 c.p. della condotta del Guarnaschelli. MOTIVI DELLA DECISIONE Osserva il Collegio che le conclusioni del P. M. meritano integrale accoglimento. Come si � accennato in narrativa, l'imputato � stato assolto dalla nota contravvenzione, limitatamente al periodo 7-8 novembre 1962, perch� il fatto non costituisce reato sotto il profilo della carenza -nella ritenuta e indiscussa materialit� del fatto contestato -dell'elemento soggettivo del reato. Quanto precede, perch� la sentenza in grado di appello del Tribunale de L'Aquila, che in ordine a quel fatto ritenne, sia pur confermando nel dispositivo la sentenza del primo giudice, che il Guarnaschelli avesse agito nella � convinzione della liceit� del fatto �, � 19 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO passata in cosa giudicata, stante appunto l'inammissibilit� del proposto gravame, che non consent� al Supremo Collegio di entrare nel merito del proscioglimento stesso (cfr. Cass., Sez. Un., 14 novembre 1964). Osserv� peraltro la Cassazione nella citata sentenza, alla stregua di una logica e corretta interpretazione delle norme di rito e sostanziali, che per il periodo di funzionamento del Casin� di Taormina successivamente all'8 novembre 1962, ancora insoluto doveva considerarsi il problema della liceit� obiettiva dell'esercizio del giuoco d'azzardo, che, nonostante il disposto sequestro, il Pretore aveva consentito, cos� in pratica autorizzando proprio la prosecuzione di quel reato, che del sequestro era il presupposto. Di qui l'esatto, se pur non necessario, provvedimento da parte delle Sezioni Unite della Cassazione di trasmissione degli atti al P. M. perch� procedesse per il giuoco d'azzardo successivo a quello oggetto della sentenza del Pretore (cfr. Cass. S.U. 13 febbraio 1965 in C. Guarnaschelli). Di qui la competenza di questo Tribunale a conoscere e giudicare anche della contravvenzione di cui alla lett. A) della rubrica, per il periodo compreso tra il 9 febbraio 1963 (giorno in cui il Casin� di Taormina inizi� praticamente le attivit�) e il 6 gennaio 1965 (giorno in cui ad essa pose fine il decreto di sequestro disposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina). E a nulla giova rilevare che, _per essere stata la sentenza assolutoria del Pretore di Taormina emessa il 19 febbraio 19�63, dovevasi nel presente giudizio contestare al Guarnaschelli il reato ex art. 718 c.p. a partire dal giorno successivo 20 febbraio, giacch� in tema di reato permanente la contestazione del reato stesso concerne i fatti successivi alla data della sentenza di primo grado, a meno che non sia espressamente specificato che la permanenza sia cessata anteriormente a quella data. � noto infatti che la contravvenzione de quo � reato commissivo, eventualmente permanente e che -ove sussista -la permanenza cessa con l'interruzione dell'attivit� e cio� con la chiusura della casa da giuoco non autorizzata o comunque con la cessazione del giuoco. Nel caso di specie, ci� �S� verific� in virt� del noto decreto di sequestro del Procuratore Generale di Messina del 9 novembre 1962 (cfr. Cass., 13 febbraio 1965, citata). Ora, ai fini della cessazione della permanenza quel che ha rilevanza non sono i motivi -siano essi spontanei o forzosi -che hanno determinato la interruzione dell'attivit�, ma il fatto obbiettivo della interruzione dell'attivit� stessa. D'altra parte � fuori discussione che la sentenza del Pretore atteso il relativo capo di imputazione, si � -senza possibilit� di equivoco limitata (non importa se a torto o a ragione), a considerare il fatto della istituzione e dell'esercizio del giuoco d'azzardo, circoscritto nel breve lasso di tempo del 7-8 novembre 1962 (come la stessa difesa ebbe giustamente a sostenere, per eccepire la inammissibilit� di uno PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 257 di motivi dell'appello proposto dal P. M. di Messina avverso appunto quella sentenza e quindi la relativa pronuncia di assoluzione, poi fondata, in virt� della sentenza di appello -passata in giudicato -sull'asserito difetto dell'elemento psicologico del reato, non pu� davvero costituire causa di immunit� per l'ulteriore illecita attivit� del Guarnaschelli. � principio generale -del resto -pacifico in dottrina e in giurisprudenza, che la permanenza, una volta interrotta, importa che l'ulteriore stato di permanenza oltre il provvedimento e il fatto interruttivo � perseguibile a titolo di nuovo reato (cfr. Cass., Sez. Un., 13 febbraio 1965 citata e sent. Trib. L'Aquila 18 aprile 1964). Il fatto poi che deve escludersi, per le ragioni indicate nella sentenza delle Sez. Un. della Cassazione 14 novembre 1964, ragioni che questo Collegio ampiamente condivide e di cui in narrativa si � fatto cenno, che sia passata in cosa giudicata la sentenza del Pretore di Taormina, la quale aveva ritenuto la liceit� della istituzione della casa da giuoco impedisce che allo stato possa conseguentemente affermarsi, come ha fatto la difesa, partendo appunto da questa errata premessa, la legalit� della tenuta del Casin� e quindi la legalit� dell'esercizio di esso. Ci� posto, il Collegio � dell'avviso che nessun diritto (reale o putativo) aveva l'imputato nel 1962 e antecedentemente che gli consentisse di poter aprire e gestire una casa da giuoco e pertanto di svolgere una attivit� in contrasto col precetto penale e che di ci� il Guarnaschelli era fin da epoca precedente ben consapevole. Anzi, pu� aggiungersi che nel 1962 la condotta del Consigliere Delegato della S.p.A. � A Zagara �, protesa alla realizzazione dell'apertura del Casin� in Taormina, chiaramente si manifest� come la risultante condizionata della consapevolezza di versare in illicita, del che pi� sotto ampiamente si dir�. E neppure il Collegio ritiene che successivamente al 19612 siano intervenute norme di legge o atti giuridicamente rilevanti dello Stato, che abbiano potuto, sia pur per via indiretta, attribuire alla condotta criminosa del Guarnaschelli (esercizio abusivo di una casa da giuoco) il crisma della liceit�, sotto il profilo dell'abolitio criminis e infine che abbiano potuto discriminare le condotta del Guarnaschelli le cosiddette � autorizzazioni � pretorili del 24 maggio e dell'8 novembre 1962. In realt�, non sembra difficile al Collegio dimostrare sul piano di fatto e giuridico la infondatezza delle molteplici tesi al riguardo dall'imputato suggestivamente addotte (Omissis). Contravvenzione ex art. 718 e 719, nn. 1 e 2 c.p. 1) Liceit� del Casin� di Taormina. Sotto il profilo della validit� dei titoli accampati dal Guarnaschelli, e che a suo avviso avrebbero reso legittimi e leciti l'apertura del Ca 258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sino di Taormina e l'esercizio del giuoco d'accordo, tali titoli secondo la difesa andrebbero identificati nella legge costitutiva dell'E.T.A.L. (Ente Turistico Alberghiero della Libia): RG 31 maggio 1935, n. 1410; nel decreto interministeriale 30 aprile 1947, in relazione alla legge l!.8 maggio 1942, n. 669 e al r.d. 22 aprile 1943, n. 560; nella transazione E.T.A.L. -Guarnaschelli dell'll aprile 1949 e nel decreto del1' Assessore per il Turismo e lo Spettacolo della Regione Siciliana, 27 aprile 1949, n. 1. Ma � appena il caso di rilevare che la questione relativa alla validit� di tali titoli � stata ampiamente e ripetutamente esaminata e definitivamente risolta in senso negativo dalla Corte Costituzionale. Vero � che con r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 venne istituito l'Ente Turistico e Alberghiero per la Libia (E.T.A.L.), persona giuridica di diritto pubblico, con il compito di esercitare in quel territorio alcune attivit� economiche per lo sviluppo e l'incremento del turismo locale. Vero � che con provvedimento del 10 agosto 1937 (approvato dal Governatorato Generale per la Libia, con delibere nn. 22328 e 30762 del 17 agosto e del 6 novembre 1937) il Municipio di Tripoli revocava la concessione rilasciata il 2'7 aprile 1935 alla S.C.I.T.A. (Societ� Coloniale Incremento Turismo Anonima) di cui era amministratore delegato il Guarnaschelli e autorizzava l'E.T.A.L. a gestire una casa da giuoco in Tripoli. Al riguardo pu� anzi aggiungersi che la relativa vertenza giudiziaria intercorsa tra la S.C.I.T.A. e il Guarnaschelli da un lato e l'E.T.A.L. e il Municipio di Tripoli dall'altro, si concluse favorevolmente per l'Ente con sentenza della Corte di Appello di Tripoli del 18 aprile 1939, passata in giudicato. Vero ancora � che, qualche anno dopo il suo trasferimento in Italia per le note vicende belliche, l'E.T.A.L. fu autorizzata con decreto interministeriale del 30 aprile 1947 -della cui legittimit� -per la data in cui fu emanato -pu� fortemente dubitarsi, atteso che le leggi del 1942 e del 1943 consentivano che gli enti gi� operanti nei Paesi di oltremare fossero autorizzati a esercitare in Italia le attivit� svolte nei predetti territori � fino alla data di cessazione dello stato di guerra � -ad espletare in Patria le attivit� economiche gi� esercitate in Libia. Vero � che, successivamente a tale autorizzazione, il Commissario dell'Ente stipulava col Guarnaschelli in data 11 aprile 1949 una transazione per effetto della quale l'Ente si obbligava ad affidare all'avente causa della S.C.I.T.A. come subconcessionario la gestione del giuoco di azzardo per la durata di anni 20 �dovunque -in Italia o in Libia l'E. T.A.L. (cosi peraltro si precisava nell'atto) potr� esercitarla in virt� dei propri titoli e degli accordi che porr� in essere con organi statali e regionali, comuni, enti e privati�. Vero �, infine, che con decreto 17 aprile 1949, n. 1, pubblicato sulla G.U.R.S. del 30 aprile 1949, n. 19 (decreto chiaramente permissivo, nello spirito e nella lettera, dell'esercizio del gioco d'azzardo), 1'Assessore al Turismo e allo Spettacolo della Regione Siciliana, autorizzata l'E.T. A.L., conformemente alla clausola n. 3 dell'atto transattivo, a svolgere PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 259 in Sicilia direttamente o �a mezzo organi dipendenti o di subconcessionari � i programmi inerenti al proprio scopo di incremento turistico e alberghiero e quindi � tutte le attivit� connesse con lo scopo anzidetto, gi� esercitati in Libia, ivi compreso l'esercizio del giuoco di az2ardo � e che nel relativo contestuale regolamento si facoltizzava il subconcessionario dell'E.T.A.L., sig. Guarnaschelli a sostituire a s� una societ.�, purch� in essa egli detenesse, almeno per i primi cinque anni, la maggioranza delle quote o delle azioni (onde la immediata costituzione della S.p.A. �A. Zagara�). Senonch�, al predetto decreto assessoriale non fu data mai esecuzione, in quanto privo, giova subito rilevare, di qualsiasi efficacia giuridica (del che pi� avanti ancora si dir�). Invece sulla G.U.R.S. del 4 maggio 1949, n. 20, si dette notizia che �agli effetti della efficacia esecutiva del decreto n. 1 dell'assessorato questo trovasi al vaglio della Corte dei Conti per la registrazione, ma successivamente tale decreto, restituito alla Regione con rilievi, non fu pi� inoltrato alla detta Corte dei Conti. E cos� fino al 1959 non si parl� pi� dell'apertura della casa da giuoco in Taormina, apertura a cui si era sempre opposto l'Esecutivo dello Stato, a mezzo dei suoi organi centrali e periferici. Infatti solo nel 1959, ovviamente su richiesta del Guarnaschelli, il Presidente della Regione Siciliana, con decreto n. 203/A del 28 maggio, confermava per la durata di anni 20 alla S.p.A. �A. Zagara�, quale avente causa dall'E.T.A.L. e per essa al Guaranschelli, l'autorizzazione concessa col sopra citato decreto 27 aprile 1949 e a seguito dell'annullamento di quel provvedimento operato con decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, n. 1098. Il Presidente della Regione emanava il d.l. 1� luglio 1959 (�provvidenze a favore del Comune di Taormina�), avente lo stesso contenuto del precedente decreto n. 203/A. Ora -� bene tenere presente -con due distinte sentenze rispettivamente in data 29 luglio e 26 novembre 1959, n. 58, la Corte Costituzionale, su ricorso rispettivamente del Commissario dello Stato presso la Regione Siciliana (contro il decreto legge regionale), del Presidente del Consiglio dei Ministri (contro il decreto regionale 203 I A) nonch� del Presidente della Regione Siciliana (contro il decreto di annullamento n. 1098) ha -statuito che la Regione eccede la propria competenza legislativa non soltanto se legifera in materia non compresa nella specifica elencazione delle norme statutarie, ma anche quando emana disposizioni legislative in contrasto con la Costituzione, che lo Statuto Speciale della Regione Siciliana non prevede l'emanazione di decreto legge (sent. 29 luglio 19�59) e, infine, che alle Regioni � precluso di emanare provvedimenti in materia penale, la quale invece � riservata alla competenza dello Stato (Parlamento), preclusione esistente anche nel senso di divieto di emanare provvedimenti che rendono lecite attivit� considerate illecito penale (giuoco d'azzardo). (Omissis). 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). Chiaramente dunque si evincono dalle citate sentenze della Corte ' Costituzionale del luglio e del novembre 1959 e del maggio 1961: ' ' 1) che la Regione Siciliana non pu� emanare provvedimenti in ' materia di giuoco d'azzardo che, quale materia penale, esula dalla sua .' competenza; . 2) che la Societ� � A. Zagara � neppure quale avente causa dell'ETAL pu� vantare diritto alcuno di esercitare in Italia il giuoco d'azzardo n� in base a provvedimenti regionali assolutamente privi di effetti esimenti e comunque regolarmente posti nel nulla (cfr. Cass., Sez. Un., 14 novembre 1964, Guarnaschelli e Sez. Un., 7 dicembre 1963, Zorli + 2) n� in base a precedenti provvedimenti statali che anche a volerli ritenere riguardanti il giuoco d'azzardo, sono stati revocati o hanno cessato di avere efficacia. Pu� aggiungersi che il Decreto Interministeriale 30 aprile 1947, revocato con successivo decreto del 3 marzo 1951, risult� comunque ulteriormente caducato per effetto della legge 30 febbraio 1952, n. 1301, che pose fuori dell'ordinamento giuridico italiano l'ETAL, Ente poi soppresso e messo in liquidazione con d.P. 14 febbraio 1958 ai sensi della legge 4 gennaio 1956, n. 1404. Come � dunque agevole desumere, il Guarnaschelli nel 1962 sapeva -senza alcuna possibilit� di equivoco -che non aveva alcun diritto di esercitare il giuoco d'azzardo e quindi di istituire e gestire una casa da giuoco in Taormina, come ben sapeva la Regione Siciliana di non avere la potest�, n� con decreto assessoriale, n� con decreto presidenziale, n� con quello legislativo n� con atto ricognitorio, di consentire alla Soc. � A. Zagara � e per essa al suo Consigliere Delegato, di esercitare una attivit� ritenuta criminosa dalle leggi dello Stato. Nessun credito merita pertanto l'assunto difensivo secondo cui la Corte Costituzionale non avrebbe affrontato se non indirettamente la legittimit� e la liceit� dell'esercizio del Casin� di Taormina. Tanto meno � fondata la tesi del Guarnaschelli che l'esame e la valutazione in senso negativo della questione era comunque preclusa alla Corte. Vero � che questa era stata chiamata di volta in volta a decidere della legittimit� e quindi dell'annullamento o meno di atti o decreti regionali, anche nella forma del decreto legge, ma � pur vero che, per pervenire al loro annullamento, l'organo costituzionale si � necessariamente preso cura di dimostrare la infondatezza della tesi prospettata dalla Regione, che aveva implicitamente riconosciuto alla S.p.A. � A. Zagara � il diritto, quale avente causa dell'ETEL, di poter lecitamente gestire una casa da giuoco sul territorio nazionale. D'altra parte le argomentazioni giuridiche addotte, per ci� che attiene alla presente fattispecie, nelle citate sentenze della Corte Costituzionale, sono pienamente condivise, attesa la loro esattezza, dal Collegio, il quale, pertanto, non ha motivo di discostarsi dalle conclusioni cui, al riguardo, quel sovrano Collegio � pervenuto, e a nulla giova rilevare PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 261 peraltro erroneamente che questo eserciterebbe funzioni non giurisdizionali. Circa poi l'asserita estraneit� del Guarnaschelli e della sua Societ� ai giudizi svoltisi dinanzi alla Corte, baster� osservare, a parte il fatto che in sostanza i vari decreti regionali concernevano direttamente la Societ� amministrata dall'imputato, che di volta in volta essi decreti avevano autorizzato all'esercizio del giuoco d'azzardo, che la piena validit� giuridica delle osservazioni e conclusioni espresse nelle citate sentenze per negare alla Regione la potest� di riconoscere un diritto che doveva sotto ogni profilo ritenersi inesistente, non viene meno cos� perch� il Guarnaschelli non era parte (n� poteva esserlo) nei sopraricordati giudizi. Ma, osserva il Collegio, v'ha di pi�, giacch�, come implicitamente hanno pure fatto intendere la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sent. del 14 novembre 1964) e il Tribunale di L'Aquila, � da escludersi qualsiasi analogia tra la situazione giuridica riflettente la casa da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionaria dei rispettivi Comuni e quella attinente al Guarnaschelli, subconcessionario, per effetto della transazione 11 aprile 1949 dell'ETAL, giacch� nessuna analogia pu� riscontrarsi tra i rr.dd.ll. 22 dicembre 1927, n. 2448 (Casin� di San Remo); 2 marzo 1933, n. 201 (Casin� di Campione) e 16 luglio 1936, n. 1404 (Casin� di Venezia), da un lato, e il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410, istitutivo dell'ETAL dall'altro. Infatti, anche se ambigua, generica e poco chiara � la formula in quelli adottata e tortuoso e ipocrita l'iter previsto, anche se, cio�, in nessuno di tali provvedimenti il legislatore espressamente autorizz�, per ragioni di politica legislativa, l'apertura di casa da giuoco, � fuori discussione che Egli, proprio loro mezzo, intese autorizzare l'esercizio del giuoco d'azzardo nei tre menzionati Comuni per un complesso di ragioni d'ordine soprattutto economico (vedansi i lavori preparatori in occasione della conversione in legge (27 dicembre 1928) del r.d. 22 dicembre 1927, n. 2448), ed � indubitabile che presupposto giuridico necessario di ci�, fu l'espressa facolt� data per legge al Ministero dell'Interno di autorizzare i suddetti Comuni ad adottare tutti i provvedimenti necessari a sanare il bilancio � anche in deroga alle leggi vigenti�. Per contro, il provvedimento legislativo istitutivo dell'ETEL, non contiene alcuna autorizzazione a derogare alle leggi vigenti, e tanto meno a quelle penali; pertanto � da escludere che in esso possa riscontrarsi, come erroneamente ritenuto dal Pretore di Taormina, la fonte normativa derogativa al divieto penale. Vero � -come si � sopra ricordato -che con delibera n. 55 del 10 giugno 1937 la Consulta Municipale di Tripoli, peraltro non facendo richiamo esplicito al p:reambolo del r.d. 1935, n. 1400, provvide a revocare alla SCITA, la concessione 27 aprile 1935 dell'esercizio dei giuochi d'azzardo �ammessi al Casin� Municipale di San Remo., attribuendola alla ETAL. 262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vero � che con sentenza 18 aprile 1939 la Corte di Appello di Tripoli ritenne pienamente legittimo l'operato dell'Autorit� Comunale, affermando che a norma dell'art. 1 del r.d. n. 1410, atteso l'oggetto di tale provvedimento legislativo e poich� l'ETAL aveva lo scopo di promuovere e incrementare il movimento turistico in Libia, di gestire alberghi e di svolgere ogni altra attivit� attinente a quello scopo, essa .� era di certo naturalmente adatta ad assolvere quella attivit� (l'esercizio del giuoco d'azzardo) fin qui svolta dalla SCITA �. Tutto ci� non toglie che la pretesa asserita analogia -da escludere per il difetto della menzione nel r.d. n. 1410 della deroga alle leggi vigenti -tra la situazione giuridica delle societ� che gestiscono le case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionarie dei rispettivi Comuni, e il Guarnaschelli, subconcessionario della ETAL per effetto della transazione 11 aprile 1949, non avrebbe comunque mai portato alla conseguenza di un legittimo esercizio della concessione dopo la revoca del decreto Interministeriale 30 aprile 1947 e dopo la soppressione dell'Ente. A riprova dell'esattezza delle argomentazioni sopra esposte baster� poi rilevare, che, ove si volesse ritenere il contrario, si avrebbe l'illogico e antigiuridico effetto che mentre in precedenza il destinatario della deroga era un Ente pubblico (l'ETAL), che aveva l'obbligo di soddisfare a uno scopo specifico (incremento turistico della Libia), destina .j Itario della stessa, con l'estinzione dell'Ente, risulterebbe il Guarna . schelli, privato cittadino che non avrebbe alcun obbligo giuridico nei confronti sia della Regione che del Comune di Taormina. A nulla giova far presente sotto questo profilo che nelle more del ' I presente giudizio (luglio 1965), certamente nel tentativo di moralizzare la questione e di dar vita almeno nelle apparenze, a una situazione I analoga a quella concernente le altre case da giuoco, debitamente auto rizzate, si sia concordata e attuata la cessione da parte del Guarna schelli � del diritto (sic) � per l'esercizio del giuoco di azzardo nel Ca sin� di Taormina al locale Comune e correlativamente l'affidamento da parte di questo della gestione ventennale di quel Casin� ad esso cedente (vedasi convenzione 4 luglio 1965), giacch� tale cessione non � certo idonea a rendere lecita una attivit� di per s� illegittima, nel di fetto assoluto dei presupposti indispensabili per la sua liceit�. Pu� dunque concludersi -a parte che il r.d. n. 1410 neppure implicitamente autorizzava l'ETAL (come acutamente sostenne il Guar naschelli nel giudizio innanzi alla Corte di �ppello di Tripoli) a svol gere al giuoco d'azzardo in deroga agli artt. 718 e 719 c.p. -che l'auto rizzazione rilasciata all'Ente suddetto dalle autorit� libiche e comunque localizzate in Libia, perch� connessa all'interesse turistico di quella zona, non poteva avere efficacia discriminante altrove, giacch� una discriminazione concessa eccezionalmente a un soggetto e per un inte resse pubblico determinato e localizzato, non potrebbe essere estesa per atti negoziali -recanti addirittura deroghe a una norma del Co dice penale -ad altri soggetti (vedasi atto di transazione 11 aprile 1949), per di pi� privati cittadini e per un interesse diverso; e che, PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 261 peraltro erroneamente che questo eserciterebbe funzioni non giurisdizionali. Circa poi l'asserita estraneit� del Guarnaschelli e della sua Societ� ai giudizi svoltisi dinanzi alla Corte, baster� osservare, a parte il fatto che in sostanza i vari decreti regionali concernevano direttamente la Societ� amministrata dall'imputato, che di volta in volta essi decreti avevano autorizzato all'esercizio del giuoco d'azzardo, che la piena validit� giuridica delle osservazioni e conclusioni espresse nelle citate sentenze per negare alla Regione la potest� di riconoscere un diritto che doveva sotto ogni profilo ritenersi inesistente, non viene meno cos� perch� il Guarnaschelli non era parte (n� poteva esserlo) nei sopraricordati giudizi. Ma, osserva il Collegio, v'ha di pi�, giacch�, come implicitamente hanno pure fatto intendere la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sent. del 14 novembre 1964) e il Tribunale di L'Aquila, � da escludersi qualsiasi analogia tra la situazione giuridica riflettente la casa da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionaria dei rispettivi Comuni e quella attinente al Guarnaschelli, subconcessionario, per effetto della transazione 11 aprile 1949 dell'ETAL, giacch� nessuna analogia pu� riscontrarsi tra i rr.dd.ll. 22 dicembre 1927, n. 2448 (Casin� di San Remo); 2 marzo 1933, n. 201 (Casin� di Campione) e 16 luglio 1936, n. 1404 (Casin� di Venezia), da un lato, e il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410, istitutivo dell'ETAL dall'altro. Infatti, anche se ambigua, generica e poco chiara � la formula in quelli adottata e tortuoso e ipocrita l'iter previsto, anche se, cio�, in nessuno di tali provvedimenti il legislatore espressamente autorizz�, per ragioni di politica legislativa, l'apertura di casa da giuoco, � fuori discussione che Egli, proprio loro mezzo, intese autorizzare l'esercizio del giuoco d'azzardo nei tre menzionati Comuni per un complesso di ragioni d'ordine soprattutto economico (vedansi i lavori preparatori in occasione della conversione in legge (27 dicembre 1928) del r.d. 22 dicembre 1927, n. 2.448), ed � indubitabile che presupposto giuridico necessario di ci�, fu l'espressa facolt� data per legge al Ministero dell'Interno di autorizzare i suddetti Comuni ad adottare tutti i provvedimenti necessari a sanare il bilancio � anche in deroga alle leggi vigenti�, Per contro, il provvedimento legislativo istitutivo dell'ETEL, non contiene alcuna autorizzazione a derogare alle leggi vigenti, e tanto meno a quelle penali; pertanto � da escludere che in esso possa riscontrarsi, come erroneamente ritenuto dal Pretore di Taormina, la fonte normativa derogativa al divieto penale. Vero � -come si � sopra ricordato -che con delibera n. 55 del 10 giugno 1937 la Consulta Municipale di Tripoli, peraltro non facendo richiamo esplicito al p;reambolo del r.d. 1935, n. 1400, provvide a revocare alla SCITA, la concessione 27 aprile 1935 dell'esercizio dei giuochi d'azzardo � ammessi al Casin� Municipale di San Remo �, attribuendola alla ETAL. 264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della addizionale era stata compresa nella formazione del bilancio, anche il Casin� di Taormina, per l'importo di L. 330.984.920. E poich�, ha incalzato la difesa, � principio fondamentale delle leggi sulla contabilit� dello Stato che l'entrata iscritta in bilancio sia vera e legittima, derivi cio� da un titolo idoneo a procurarla secondo l'ordinamento giuridico sostanziale vigente, ne consegue che anche se fino al 18 febbraio 1963 si volesse considerare reato l'esercizio del giuoco di azzardo nel Casin� di Taormina, con la pubblicazione della legge n. 67 e delle leggi di bilancio 28 giugno 1964, n. 444 e 27 febbraio 1965, n. 49, nei cui rispettivi capitoli nn. 67 e 1226 � stata appunto presunta l'entrata, calcolando gli ingressi delle 5 case da giuoco esistenti (compresa Taormina), si sarebbe verificata senza ombra di dubbio una abolitio criminis che concellerebbe dal novero dei reati, per il Casin� di Taormina, l'esercizio del giuoco per tutto il periodo successivo >. Onde, a parere della difesa, l'indiscussa efficacia di fonte primaria della legge 18 febbraio 1963, n. 67, con l'effetto di derogare alle norme del Codice penale. Se infatti l'imposta deve colpire una attivit� lecita, permessa nel territorio dello Stato, non potendosi pensare che il legislatore abbia inteso assoggettare a tributo ci� che � vietato e se il Casin� di Taornwia era compreso nella previsione legislativa, come in pratica ha dimostrato l'applicazione di quella legge, l'esercizio in esso del giuoco di azzardo-ha concluso la difesa -non pu� non considerarsi, per effetto della legge stessa, pienamente lecito; anzi deve considerarsi la attivit� del giuoco del Comune di Taormina un fatto non previsto dalla legge come reato. Ha infine la difesa osservato che non ha importanza che le leggi 11 di bilancio abbiano carattere puramente formale, siano cio� � inidonee ad emanare dei precetti di legge forniti di forza imperativa � , I giacch�, nel caso di specie, non � che con la legge di bilancio si � imposto, nei capitoli dianzi citati un nuovo tributo (si che peraltro osterebbe il dievieto di cui all'art. 81, n. 3, della Costituzione), che I implicitamente avrebbe legittimato -in deroga alla legge penale un'attivit� criminosa del soggetto, sul quale quel tributo andrebbe a I gravare, ma in esso � solo precisata la fonte dell'entrata, gi� autorizzata, nel caso in esame, dalla legge n. 67. Si � sopra detto che la tesi test� prospettata, seppur suggestiva, I va disattesa. Non si vuol contestare infatti l'esattezza del principio affermato dalla Corte di Appello di Firenze nella sentenza 14 dicembre 1962, Zorli e ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 7 dicembre 1963, secondo cui deve escludere la punibilit� del reato ex art. 718 c.p. ogni qualvolta possa ritrovare nell'insieme dell'ordinamento giuridico una norma che ne riconosca la liceit�, dell'esercizio del giuoco d'azzardo, qualunque possa essere l'ubicazione della norma autorizzativa e anche in altri testi legislativi, in una concezione necessariamente unitaria del diritto, che non pu� essere disconosciuta �� 264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della addizionale era stata compresa nella formazione del bilancio, anche il Casin� di Taormina, per l'importo di L. 330.984.920. E poich�, ha incalzato la difesa, � principio fondamentale delle leggi sulla contabilit� dello Stato che l'entrata iscritta in bilancio sia vera e legittima, derivi cio� da un titolo idoneo a procurarla secondo I l'ordinamento giuridico sostanziale vigente, ne consegue che anche @ se fino al 18 febbraio 1963 si volesse considerare reato l'esercizio del giuoco di azzardo nel Casin� di Taormina, con la pubblicazione della legge n. 67 e delle leggi di bilancio 28 giugno 1964, n. 444 e 27 febbraio 1965, n. 49, nei cui rispettivi capitoli nn. 67 e 1226 � stata appunto presunta l'entrata, calcolando gli ingressi delle 5 case da giuoco esistenti (compresa Taormina), si sarebbe verificata senza ombra di dubbio una abolitio criminis che concellerebbe dal novero dei reati, per il Casin� di Taormina, l'esercizio del giuoco per tutto il periodo successivo �. Onde, a parere della difesa, l'indiscussa efficacia di fonte primaria della legge 18 febbraio 1963, n. 67, con l'effetto di derogare alle norme del Codice penale. Se infatti l'imposta deve colpire una attivit� lecita, permessa nel territorio dello Stato, non potendosi pensare che il legislatore abbia inteso assoggettare a tributo ci� che � vietato e se il Casin� di Taorn: wia era compreso nella previsione legislativa, come in pratica ha dimostrato l'applicazione di quella legge, l'esercizio in esso del giuoco di azzardo-ha concluso la difesa -non pu� non considerarsi, per effetto della legge stessa, pienamente lecito; anzi deve considerarsi la attivit� del giuoco del Comune di Taormina un fatto non previsto dalla legge come reato. Ha infine la difesa osservato che non ha importanza che le leggi di bilancio abbiano carattere puramente formale, siano cio� � inidonee ad emanare dei precetti di legge forniti di forza imperativa � , giacch�, nel caso di specie, non � che con la legge di bilancio si � imposto, nei capitoli dianzi citati un nuovo tributo (si che peraltro osterebbe il dievieto di cui all'art. 81, n. 3, della Costituzione), che implicitamente avrebbe legittimato -in deroga alla legge penale un'attivit� criminosa del soggetto, sul quale quel tributo andrebbe a gravare, ma in esso � solo precisata la fonte dell'entrata, gi� autorizzata, nel caso in esame, dalla legge n. 67. Si � sopra detto che la tesi test� prospettata, seppur suggestiva, va disattesa. Non si vuol contestare infatti l'esattezza del principio affermato dalla Corte di Appello di Firenze nella sentenza 14 dicembre 1962, Zorli e ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 7 dicembre 1963, secondo cui deve escludere la punibilit� del reato ex art. 718 c.p. ogni qualvolta possa ritrovare nell'insieme dell'ordinamento giuridico una norma che ne riconosca la liceit�, dell'esercizio del giuoco d'azzardo, qualunque possa essere l'ubicazione della norma autorizzativa e anche in altri testi legislativi, in una concezione necessariamente unitaria del diritto, che non pu� essere disconosciuta �. ~66 ll;ASS;E(;N"A :OELI/AVVOCA'l'Ull;;\ DELJ.,O STNFO Ora; quel �� l'apido .e�� fugace �.accenno . � ��davvero troppo � poca cosa perch�i si pos$a affermare, come ha fatto il Tribunale de L'Aquila, . che � nell'iter formativo della legge 18 febbraio 1963, n. 67, si era tenuto presente e si era volut() sanare . legislativamente l'esercizio del giuoco d'azzardoa Taormina. . ln. .altre .parole, . da questa�� m.odestissima circostanza in relazione. alla quale � fuori �dll110go invocare l'illlportanza e itval<!re dei lavori preParatod~� inlin~. di .generale�pr~dpio non contestati.-� nessun fc:m..dato arg()l�ento p.Q. trar~ che n~ll'iter .parl.am~ntare. della legge n. 67 si sia fatto conto e� qt.�ndi che la lE!gge abbia tenuto conto delle entrate derivanti dall:appUca,zione delle .imposte1 tasse e addizionali, sulle attivit� che di fatto.si stavano svolgendo -e pel'.altro solo. da qualche giorno ~nella casa c:la. giuoco di Taormina� . � Sul punto si pu� quindi. concludere che n� la legge 18 febbraio ��..... . 1963,�.n;~~7~ ��!'�.� i suoi; pr:esupposti�. ftessen~iali, n�. la. relazione c}Je accom ��.��� ��..... pagn 1~ re1atiy0 .disegno n� in ne ,1. lavori prepar,atori,. consentono �... � . . tnin�mamente . di �.poter. aft'erma:re che il�legislatore .abbia .. voluto cb,e � � ~<�9,ddetta�� legge . riguarda$se .. anche il Casin�.� di . Taormina e con essa .,"'"'-0.li.tto legittimare l'esercizio deLgiu9co di azzardo in quel pub ��-:-;,.,......... .� . . '-~. da stabilire il valore giuridico, con riferimento ��"'"~;w azzardi) in Taormina, delle due leggi di bi" � ,_,,~nno,. percn� a nulla rileva .. nella relazione .,.,;:~~igne delle spese del Ministero delle .. '*<..Jl~��.�s~ �. Commissi9ne . ,PE!)."manente ��-~ di legge avente per ogito per l'anno finanziario Aza . -si noti bene _:_ il /case da giuoco esistenti in Aie quella di Taormina -in J$i aveva cessato di funzionare, ,Aie aveva sottoposto a .procedi~ i/proposito che la Corte�.. costitu~ / dicembre 1965, pronunciando . sul /dello St.ato presso la Regione . SiciJ aprile 1965 con Ja . quaie erano stati .~� per� l'eserCizio finanziario � dell'anno )freritrata contemplava i proventi del} do nel Casin� di Taormina, ha d�chia/ �1tendere per �ssere. sfata dalla Assemblea I ottobre 1965 approvat� Uri� nota di va~ ui, tra Jfaltro, � stato appunto soppresso le per essere stata pubblicata sulla G.U.R;S . .fressivo la relativa legge col n. 32 (Variazioni /O.ell'eitr�ta; ecc,) . .falore e il� significato, �ai nostri fini delle due /1, nn. 444 e 49,. va subito rilevato che nei rispet ,. /" / ( ( ( / / ( PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 267 tivi capitoli nn. 67 e 1226, pur essendovi un richiamo implicito alle case da giuoco in genere, stante la citazione della legge 18 febbraio 1963, n. 67, non � inserito il richiamo nominativo alle case da giuoco contribuenti e ci� perch�, come � noto, il provento della addizionale ha carattere globale per tutti i casin� che operano nel territorio dello Stato. Del resto, neanche lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Regione Siciliana per l'esercizio 1 luglio 1963-30 giugno 1964, approvato con legge regionale 6 dicembre 1963, n. 33, fornisce alcuno elemento di identificazione del Casin� di Taormina, giacch� in esse sono previsti capitoli di entrata che in analogia con quelli del bilancio dello Stato riguardano genericamente diritti erariali sugli ingressi agli spettacoli e su altre scommesse in genere, a' sensi della legge 26 novembre 1955, n. 1109, mentre si � sopra visto che il tentativo, tardivo, della Regione di inserire i proventi del Casin� di Taormina, peraltro non funzionante, nello stato di previsione delle entrate per l'esercizio finanziario 1965, � subito rientrato con la soppressione del cap. 77 bis. Inoltre, non � certamente elemento rivelatore di una abolitio criminis il fatto che, come risulta dalla lettera 21 marzo 1964, n. 65437, e dalla nota 26 maggio 1965, n. 16436, del Ministero delle Finanze, lo Stato e la Regione abbiano riscosso dal Casin� di Taormina, i diritti erariali nonch� quelli addizionali di cui alla legge n. 67. � noto infatti che lo Stato assoggetta a imposta tutte le attivit� pi� disparate senza per questo sollevare chi le esercita dall'obbligo di fornirsi delle autorizzazioni richieste, cos� l'accettazione del pagamento non costituisce riconoscimento di liceit� giuridica. Il pagamento da parte della gestione del Casin� di Taormina del tributo e le relative doverose certificazioni degli organi finanziari -periferici e centrali -in quanto riflettono elementi di fatto noti e pacifici, non possono da soli rendere dunque lecita una attivit� criminosa che non sia o non sia stata, per altra via, debitamente legittimata, in deroga alla legge penale. Come si � sopra gi� accennato risponde infatti ad un principio fondamentale delle leggi fiscali che le attivit� anche illecite, che diano comunque luogo alla manifestazione di una base imponibile, siano colpite ai fini tributari per il solo fatto di prodursi (cfr. Cass, Sez. I, 30 luglio 1952, n. 2402 e la decisione della Commissione Centrale, Sez. I, del 15 marzo 1955, n. 69752, che ha ribadito il concetto affermando circa la pretesa intassabilit� delle entrate sotto il profilo della sua illiceit�, che la giurisprudenza � pacifica � nel riconoscere la piena assoggettabilit� all'imposta mobiliare dei redditi derivanti anche da attivit� non consentite dalla legge, giacch� tale illiceit� � irrilevante ai fini della imposizione tributaria, la quale trae il suo presupposto dalla esistenza di un reddito prodotto nel territorio dello Stato, che come incremento di ricchezza di un determinato soggetto, costituisce materia imponibile assoggettata alla imposta dei redditi � ). 268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con particolare riferimento al Casin� di Taormina, come � stato precisato nella nota 20 agosto 1965, n. 7893, del Ministero delle Finanze, va osservato: 1) che da esso non fu mai riscossa la tassa di concessione governativa proprio perch� mancava l'atto e il provvedimento amministrativo (avente la natura di quelli tassativamente indicati nella tabella all. A al vigente t. u. approvato con d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121), che ne legittimasse l'esercizio, mentre furono accertati, per le ragioni sopradette, i diritti erariali sul prezzo di ingresso alla casa da giuoco; 2) che in presenza di materia imponibile indicata dalle leggi d'imposta, l'amministrazione finanziaria non poteva esimersi dall'accertamento del tributo, imposto dall'ordinamento giuridico con disposizioni imperative, oltre che per i soggetti passivi, anche per gli organi dello Stato, essendo ad essa precluso -a tale specifico fine -ogni esame sulla liceit� della manifestazione o comunque sull'attivit� (peraltro nel caso in esame addirittura permessa dalla autorit� giudiziaria: . vedasi decreto pretorio 8 novembre 1962) che crea materia imponibile da assoggettare in ogni caso a tributo; 3) che, comunque, il diritto erariale e relative addizionali colpiscono lo spettatore o partecipante alla manifestazione e quindi il pubblico e non gi� l'organizzatore e che, anche sotto questo profilo, non � consentito alla amministrazione finanziaria considerare la liceit� o meno dell'attivit� posta in essere dal detto organizzatore; 4) che l'iscrizione del provento nel bilancio dello Stato ha carattere globale, che prescinde per quello, come per altre entrate, dai singoli soggetti contributivi. Ritiene dunque il Collegio che nessuna norma di legge abbia autorizzato o autorizzi direttamente o implicitamente il Guarnaschelli a gestire una casa per lo esercizio del giuoco di azzardo, onde � evidente la sussistenza della materialit� della contravvenzione ascrittagli, stante il fatto indiscusso che il Casin� di Taormina, istituito e organizzato dall'imputato e sotto la sua gestione, ha abusivamente funzionato dal 9 febbraio 1963 al 6 gennaio 1965. Il Collegio, cio�, � dell'avviso che il Guarnaschelli, in tale sua attivit�, non ha esercitato un diritto (art. 51 c.p.), n� in suo favore si � verificata alcuna ipotesi di abolitio criminis. 3) Casin� di Saint Vincent. Ha sostenuto per� la difesa che la fattispecie concernente l'eser cizio del giuoco di azzardo nel Casin� di Taormina sarebbe identica a quella del Casin� di Saint Vincent, sulla legittimit� del quale ha deciso la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la gi� citata sen tenza 7 dicembre 1963. Anche questo assunto appare al Collegio in fondato. Ed invero baster� infatti osservare al riguardo innanzitutto che -come giustamente rilevato dalla Cassazione e diversamente da quanto PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 269 � accaduto per il Casin� di Taormina (gestito da privati) nei confronti della Regione Siciliana, che le leggi dello Stato concernenti la finanza della Regione Valdostana con contributi dello Stato per integrare le entrate regionali insufficienti ai bisogni normali della Regione (legge 29 luglio 1949, n. 486; legge 28 dicembre 1950, n. 1206; legge 2 marzo 1954, n. 27; legge 3 maggio 1955, n. 397; legge 29 novembre 1955, n. 1179, quest'ultima regolatrice dell'ordinamento finanziario delle Regioni), hanno recepito, necessariamente come premessa indispensabile, i bilanci regionali, dato che quei bilanci hanno determinato il contenuto economico delle leggi citate, non altrimenti giustificate di fronte ai limiti vincolanti della Costituzione e della legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, sullo Statuto della Valle d'Aosta, contenuto cui � legato l'equilibrio fra bilancio regionale e bilancio dello Stato integratore. Inoltre va osservato che in quei bilanci regionali diversamente da quanto � accaduto in Sicilia sono state considerate anche le entrate relative al Casin� di Saint Vincent e, ancora, che nei lavori preparatori delle leggi citate si � fatto esplicito richiamo ai proventi del Casin� suddetto come entrate primarie della Regione, appare dunque corretto interpretare le leggi dello Stato sopracitate, per effetto dello anzidetto rigoroso collegamento tra le stesse e i bilanci regionali, nel senso che esse esprimono, con procedimento non abituale, ma tuttavia inequivocabile, la manifestazione di volont� che determinate entrate (relative alla casa di giuoco di Saint Vincent) concorrono al complesso della disciplina finanziaria che regola la vita economica della Nazione e contemporaneamente della Regione, nella distribuzione di entrate tributarie tra l'una e l'altra. Da qui la ritenuta esimente ex art. 51 c.p. nei confronti dei gestori del Casin� valdostano a partire dal periodo successivo alle mentovate leggi (della legge 29 luglio 1949, n. 486), operando le stesse come riconoscimento ex nunc della liceit� per il futuro dell'esercizio della casa da giuoco e non gi� sotto il profilo (giuridicamente incompatibile con il principio di diritto pubblico), di ratifica ex tunc di un atto amministrativo regionale invalido, quale devesi considerare il decreto 3 marzo 1946 del Presidente della Val d'Aosta, autorizzante l'istituzione per la durata di anni 20 nel Comune di Saint Vincent di una casa da giuoco, nella quale � permesso anche il giuoco di azzardo (cfr. Cass., 7 dicembre 1963, citata; Corte Costituzionale, 26 febbraio 1959, citata). Ci� chiarito � certamente indagine che non rileva, che esula dai limiti della presente fattispecie e che comunque non spetta al Collegio, quella che fosse diretta a stabilire perch�, nei confronti del Casin� di Saint Vincent, il Governo Italiano non solo non ebbe ad impugnare il decreto del marzo 1946 con denuncia di conflitto di attribuzioni fra lo Stato e la Regione, dopo l'entrata in vigore della Costituzione e l'inizio del funzionamento della Corte Costituzionale (come consentivano le disposizioni transitorie) ma ebbe anzi, a dimostrare un interesse collaterale a quello della Regione con la accertata tolleranza 270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei vari organi del potere esecutivo -centrali e periferici -che mai intervennero per reprimere la esistenza della casa da giuoco. Devesi, per� ,registrare il fatto obbiettivo che ragioni di perequazione di trattamento inducono molti italiani a domandarsi perch� lo Stato -il quale gi� altre volte e contro l'interese protetto dall'art. 718 c.p. ha ritenuto di autorizzare il giuoco d'azzardo (che di per s� costituisce non soltanto un'offesa al lavoro e al risparmio, ma altresi una forma di parassitismo e di sperpero) -non abbia finora voluto sanare legislativamente una situazione che a parte gli evidenti scopi di lucro del Guarnaschelli, sta a cuore, sotto molteplici e non trascurabili aspetti e presumibilmente per le stesse ragioni che determinarono la istituzione, in Italia, di altri Casin� a diversi enti autarchici della Regione Siciliana. 4) Auto1�izzazioni p1�etorili -iL dolo ex art. 716 c.p. � noto che per la imputabilit� del reato preveduto dall'art. 718 c.p. � necessaria quella volontariet� del fatto che di regola � sufficiente per l'imputabilit� di ogni altra contravvenzione. Occorre cio� la volont� cosciente e libera di tenere il giuoco, conoscendone la specie. Ora, non pu� davvero affermarsi che il Guarnaschelli per il periodo contestato 9 febbraio 1963-6 gennaio 1965, abbia agito nella convinzione della liceit� del fatto e che, per avere il Pretore �autozirrato � l'esercizio del giuoco col decreto 8 novembre 1962, esuli dalla di lui condotta l'elemento psicologico del reato ascrittogli. Al riguardo la difesa ha fatto riferimento anche all'ordinanza emessa dal Pretore di Taormina il 24 maggio precedente, a seguito del ricorso ex artt. 689-700 e 703 c.p.c. proposto dal Guarnaschelli, nella qualit� di locatario della Villa � Mon Repos � nei confronti di Serbello Rosario (mandatario della locatrice signora Maraschini) che, a suo dire gli avrebbe impedito l'installazione e sistemazione nei locali delle attrezzature tecniche e di quant'altro necessario all'esercizio del giuoco di .azzardo, nonostante la legittimit� dell'attivit� da esercitare e il fatto che questa era stata prevista nel contratto di locazione. In effetti il Pretore ritenute pienamente fondate le ragioni del ricorrente, ordin� come � noto al Sorbello e � a chiunque (ivi compresi dunque gli organi amministrativi e di polizia -Prefettura e Questura di Messina -preposti al rispetto e alla osservanza delle leggi e alla prevenzione dei reati), di desistere dagli atti di turbativa diretti a impedire l'installazione e l'attivazione da parte del Guarnaschelli, nel nome delle attivit� tutte previste dal DARTS 27 aprile 1949, n. 1 � e alla forza pubblica di prestare la necessaria assistenza per l'osservanza del provvedimento. Senonch� come sopra si � ampiamente dimostrato, il Guarnaschelli fin dal 1961 era perfettamente edotto della nessuna consistenza giuridica dei titoli che a suo dire lo legittimavano ad esercitare in Italia il giuoco di azzardo. r1-1�-1rm�1111r����1,1.r�1w&r8'lfff&&&.rr�rlf�xz�!WI -�~JlarllBl61Jrl~~ PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 271 Anzi, dubbiamente abile e scaltra l'iniziativa dell'imputato mirante a conseguire, con l'ausilio del giudice ordinario, ci� che non gli era stato possibile ottenere a mezzo dei provvedimenti regionali, stante la tenace e fondata opposizione dello Stato. Da qui, dunque, nel maggio 1962 lo strumentale ricorso in sede civile, la cui pretestuosit� � evidenziata dal comportamento e dalle dichiarazioni delle parti in causa (vedansi gli atti relativi, acquisiti al processo), col conseguente provvedimento pretorile che consente al Guarnaschelli -indisturbato -di completare la sistemazione delle attrezzature di giuoco. Di qui, appena aperto il Casin�, il procedimento penale ex art. 718 c.p., che -si noti bene -ebbe inizio con la presentazione spontanea, concomitante alla denuncia contro di lui sporta dal Serbello (anch'egli evidentemente non pago dell'ordinanza pretoria del maggio 1962), del Consigliere Delegato della soc. � A Zagara � al magistrato, cui si premur� far pervenire un lungo ed elaborato esposto difensivo, nel quale, dopo aver riaffermato la propria legittimazione ad intraprendere il giuoco d'azzardo, chiedeva che il Pretore, con ampia sentenza di proscioglimento ribadisse in sede pi� propria il di lui diritto ad esercitare un'attivit� altrimenti criminosa e altres�, che nelle more del giudizio, fosse consentita la prosecuzione dell'attivit� del Casin�, sia pur previo sequestro -meramente formale delle attrezzature e di parte dei proventi. Di qui dunque il noto decreto di sequestro 8 novembre 1962, cosi anomalo ed abnorme nella sua struttura e concezione, che, in pendenza di reato, non solo autorizzava l'esercizio del giuoco d'azzardo e quindi la prosecuzione nella consumazione del reato, ma sanciva addirittura nella parte motiva, la legittimit� di quell'attivit�, cosi anticipando un giudizio proprio della fase cognitiva. Cosi stando le cose e poich� il Guarnaschelli sapeva bene di versare in re illicita per avere la Corte Costituzionale annullato quelle autorizzazioni regionali da lui richieste, nella carenza di altri titoli, legittimati, per aprire la casa di giuoco, e ciononostante ebbe a provocare manifestamente in mala fede i provvedimenti del Pretore, simulando fatti e circostanze, invocando atti amministrativi che egli sapeva essere stati dichiarati inefficaci, ed esibendo documenti senza rendere noto che la loro efficacia e validit� avevano formato oggetto di ripetute valutazioni negative da parte della Corte Costituzionale, nessuna idoneit� ad escludere la sussistenza dell'elemento psicologico della contravvenzione contestata, possono aver le dette � autorizzazioni � del maggio e del novembre 1962, frutto palese dell'inganno e della frode dell'imputato. D'altra parte, � noto che nessun organo dello Stato e nemmeno il magistrato con i propri provvedimenti e le proprie sentenze pu� derogare o consentire che si deroghi ad una legge penale e in particolare n� il decreto n� successivamente la sentenza assolutoria del Pretore possano tenr luogo di una legge autorizzativa del giuoco di azzardo in Taormina. 272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il decreto 8 novembre 1962 che -sia chiaro -non � un ordine al quale il Guarnaschelli non poteva sottrarsi, bensi una autorizzazione di natura amministrativa da lui stesso sollecitata, non pu� dunque essere richiamato per invocare la buona fede dell'imputato. Invero, a parte quanto si � gi� detto che gi� consente di poter affermare che il Guarnaschelli abbia gestito la casa di giuoco nella convinzione della illeceit� della sua attivit�, sol permesse da un provvedimento abnorme che egli sapeva antigiuridico anche nella sostanza, non fosse altro perch� si fondava su presupposti di fatto giuridici che l'imputato sapeva essere stato pi� volte -in sede autorevolissima -disattesi, quelle autorizzazioni (l'una implicita, l'altra diretta) vanno considerate, oltre che pienamente sindacabili, del tutto inidonee a colorare di buona fede la condotta del giudicabile, come quelle che si risolvono nel consenso al compimento e alla consumazione del reato. Tali autorizzazioni non servono dunque ad eliminare l'elemento morale del reato perch�, a prescindere dalla considerazione che in materia contravvenzionale basta solo la volontariet� del fatto, se mai esse sarebbero valse soltanto a determinare un errore di diritto che, per il principio fissato nell'art. 5 del c.p. non esclude la responsabilit� di chi ha commesso il reato (Cass., 4 aprile 19515, Riv. It. Dir. Pen. 1955, 683). Va dunque affermata la penale responsabilit� del Guarnaschelli in ordine al reato sub A) nel quale come contestato, concorrono, attese le accertate modalit� del fatto, le due circostanze aggravanti di cui ai nn. 1 e 2 dell'art. 719 c.p. per avere l'imputato istituito e tenuto una casa da giuoco e per aver commesso il fatto in un pubblico esercizio. (Omissis). PARTE SECONDA QUESTIONI SULLA PRETESA RESPONSABILITA DEL DOCENTE DI SCUOLA PUBBLICA PER IL FATTO ILLECITO COMMESSO DA UN ALLIEVO IN DANNO DI UN CONDISCEPOLO L'orientamento giurisprudenziale che afferma la responsabilit� del docente di scuola pubblica nelle ipotesi in cui, durante una momentanea e giustificata assenza del medesimo dall'aula, un allievo minore d'et� ma naturalmente capace d'intendere e di volere cagiona un danno ingiusto ad un condiscepolo, va sempre pi� consolidandosi, specialmente tra le magistrature di merito (1). La statuizione non ci sembra, per�, convincente ed intendiamo, pertanto, dare qui di seguito le ragioni del nostro dissenso. Com'� noto, l'art. 2048 e.e., nel suo primo comma, dispone che il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi, e che la stessa nomna si applica all'affiliante; nel secondo comma, aggiunge che i precettori e �coloro che insegnano un mestiere o un'arte �sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi ed apprendisti, nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Gi� dal tenore letterale della norma risulta chiaro che sia il fatto dei minori non emancipati (o delle persone sottoposte a tutela), nel primo comma, sia quello degli allievi e degli apprendisti, nel secondo comma, � qualificato iHecito, e cio� produttivo, di per s�, dell'obbligo del risarcimento del danno per il suo autore. La qualifica si spiega agevolmente se si considera che l'articolo 2046 e.e. sancisce la piena responsabilit� dei minori, per le conseguenze dannose del loro operato, se sono capaci d'intendere e di volere (2). Ancor pi� la (1) Cfr. Trib. Napoli 16 ottobre 1964 (ined.); App. Milano 8 giugno 1962, Riv. dir. sport. 1963, 351; Trib. L'Aquila 31 dicembre 1962, Foro It., 1963, I, 1804; Trib. Firenze 30 novembre 1961, Giur. it., 1963, 1, 2, 107; Trib. Venezia 22 agosto 1958, Giust. civ. 1958, I, 1984 (nota); Nuovo Dir. 1959, 129; Arch. resp. civ., 1963, 577. Contra: App. Genova 11 Zuglio 1962, Arch. resp. civ., 1962, 608 ma in fattispecie diversa. Sull'argomento si vedano, da ultimo: Cass. 19 ottobre 1965, n. 2132, Giust. civ. Mass., 1965, 1097; Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Giust. civ. 1966, 1, 297. Cfr. pure: Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-60, m, 197. (2) Sul punto cfr. Trib. Aosta 2 maggio 1964, Arch. resp. civ., 1964, 329; App. Milano 29 febbraio 1955, ivi, 1963, 638. Circa la esclusione, in sede civile, di ogni riferimento ai criteri dettati dall'art. 97 c. p. sull'imputabilit� dei minori e circa la necessit� di un accertamento, caso per caso, della capacit� d'intendere e di volere del minore per l'affermazione della sua personale responsabilit�, v. Cass. 10 agosto 1964, n. 2291, Giust. civ., 1964, I, 2190; Cass. 4 aprile 1959, n. 1006, Giur. it., 1959, I, 1, 619; Cass. 7 luglio 1958, n. 2435, Giust. civ. Mass., 1958, 866; Cass. 18 giugno 1953 n. 1812, Foro it. 1953, I, 1432 (nota di A. TABET); App. Firenze 13 marzo 1964, Giur. Tosc., 1964, 598; Trib. Piacenza 4 marzo 1961, Arch. resp. civ., 1963, 639. Per la dottrina v., per tutti, MEssINEO (Manuale di diritto civile e commerciale, Vol. III, parte I, tomo 2, Milano 1954, 498-9) il quale afferma che ad integrare gli estremi dell'atto illecito occorre quella che si chiama capacitd d'intendere e di volere, senza che sia necessaria la capacitd legale e che, quindi, anche l'incapace legale per et�, purch� non sia incapace d'intendere e di volere, risponde dell'atto illecito. L'A. aggiunge che sia il principio racchiuso nell'art. 97 c. p. -per cui il minore di 14 anni � inimputabile -e sia l'analogo principio civilistico, risultante dal comb-disp. degli artt. 2, cpv. e 1425, I comma, c, c, ed operante in materia contrattuale, non sono applicabili in tema di responsabilit� aquiliana e che, quindi, il soggetto � sempre responsabile, salvo che si possa dimostrare, in concreto ed indipendentemente dalZ'etd, l'incapacit� d'intendere e di volere, ai sensi dell'art. 2046 c. c. 21 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stessa qualifica si spiega per gli atlievi e per gli apprendisti, potendosi dare addirittura il caso che essi siano maggiori d'et�, e, come tali, responsabili direttamente per il disposto dell'art. 2043 e.e. Da tutto quanto precede si evince che la responsabilit� posta dalla legge a carico dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte non elimina ma si aggiunge a quella gravante sui soggetti autori del fatto illecito. Non pu� condividersi, perci�, la tesi, secondo cui nelle ipotesi previste dall'art. 2048 e.e. si avrebbe una sostituzione di responsabilitd, o pi� precisamente una disseparazione tra l'atto illecito e la responsabilit�, !Per cui un soggetto sarebbe l'autore dell'ingiusto danno ed un altro sarebbe esposto all'obbligo di risarcirlo (1). � vero, invece, che nella specie la responsabilit�, a seconda dei casi, dei genitori, del tutore, del precettore o del maestro d'arte concorre, in maniera ovviamente atternativa, e non cumulativa o parziale, con quella dell'autore del fatto dannoso. Senonch�, mentre la responsabilit� di quest'ultimo � diretta o per fatto proprio, quella degli altri soggetti !t'itenuti responsabili dai primi due commi dell'art. 2048 c. c. � indiretta o per fatto altrui. Che la responsabilit� dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte sia indiretta o per fatto altrui lo chiarisce, a tacer di altro, in modo inequivocabile il raffronto con la situazione giuridica disciplinata dall'art. 2047 e.e. Qui il fatto dell'incapace d'intendere e di volere, minore o maggiore d'et�, viene considerato come un mero fatto fisico, non rivestibile dalla qualifica di illecito rispetto al suo autore e viene direttamente riferito dalla legge alla persona tenuta alla sorveglianza dell'incapace, la quale deve rispondere dell.e conseguenze del fatto dannoso imputando a sua colpa, a suo difetto di sorveglianza materiale il verificarsi dell'evento (2). Volendo qui usare la distinzione, recentemente introdotta in materia aquiliana da un chiaro Autore (3h diremo che mentre l'art. 2047 e.e. � norma di e nascita � della responsabilit� per fatto illecito, l'art. 2048 e.e. contiene solo norme di e propagazione� della predetta responsabilit�. Il presupposto logico ed eziologico dell'art. 2047 e.e. � palesemente l'art. 2046, a tenor del quale non � imputabile chi non abbia la capacit� d'intendere e di volere. Il principio, dunque, � che non nascendo responsabilit� a carico dell'incapace, l'unica responsabilit� che pu� nascere � ap (1) MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. Ili, p. I, t. 2, Milano 1954, 498 e segg. (2) L'osservazione contenuta nel testo � rilevante anche in tema di azione di regresso. A nostro avviso, se pu� affermarsi che le persone dichiarate responsabili dai primi due commi dell'art. 2048 c. c. sono tenute solidamente con l'autore del fatto illecito a risarcire il danno nei confronti del danneggiato, non pu� negarsi, d'altro canto, che le medesime, nei rapporti interni, abbiano regresso verso l'autore medesimo. :e solo questi che, essendo l'autore ed il diretto responsabile del fatto illecito, non pu� avere rivalsa alcuna, se adempie al suo obbligo di risarcire. In tal senso, v. App. Milano 16 maggio 1941, Riv. resp. civ. 1941, 186. In altri termini, si verifica, secondo noi, nella specie una situazione analoga a quella prevista dall'art. 2049 c. c. per la responsabilit� dei padroni e committenti. Sul punto cfr. Cass. 17 maggio 1955, n. 388, Rassegna di giurisprudenza sut codice civile, Milano, 1958, n. 1015. In maniera diversa stanno le cose nell'ipotesi disciplinata dall'art. 2047 c. c. Qui la persona tenuta alla sorveglianza dell'incapace d'intendere e di volere che ha risarcito il danno non ha rivalsa alcuna nei confronti dell'incapace, avendo essa risposto a titolo di responsabilitd diretta o per ilatto proprio. Su quanto ora detto v. ancora infra, nel testo. (3) BARBERO, Criterio di � nascita � e criterio di � propagazione � della responsabilitd per fatto illecito, Studi in onore di B. BIONDI, ripubblicato in Riv. dir. civ., 1960, 572 e riassunto in e Sistema Istituzionale del diritto privato italiano >, vol. II, Torino, 1965, pagg. 815 e segg, Secondo il B., tutte le norme del codice sulla disciplina dei fatti illeciti si ripartiscono in due sfere: norme di nascita e norme di propagazione della responsabilit�, dovendosi intendere per nascita il momento in cui la responsabilit� � originariamente collegata ad un fatto determinato e per propagazione il momento in cui la stessa responsabilit�, gi� nata in capo ad un soggetto, si estende ad uno o pi� altri. ~; PARTE II, QUESTIONI 3 punto quella che l'art. 2047 pone a carico di chi � tenuto alla sua sorveglianza (1). Premesso il principio della non imputabilit� dell'incapace di intendere e di volere (art. 2046 e.e.), la sola colpa ravvisabile nella specie diventa quella, eventuale, della persona tenuta alla sua sorveglianza che � chiamata a risnondere direttamente (come avverte la stessa relazione al codice civile), perch� la responsabilit� �nasce� originariamente in essa. In altri termini, data l'incapacit� naturale dell'autore del fatto, il fatto medesimo non pu� essere considerato -pi� che il fatto dell'animale -come factum humanum in relazione al suo autore; la causa umana di quest'operato � riferita alla persona tenuta alla sorveglianza, ragion per cui un nesso di causalit� diretta viene cosi ad interporsi tra l'inadempimento del dovere di sorveglianza materiale (inadempimento presunto fino a prova di non aver potuto impedire il fatto) ed il fatto stesso che ha prodotto il danno. L'art. 2048 e.e. presuppone, invece, una responsabilit� gi� nata per colpa di un soggetto ed il suo obbiettivo � solo quello di estenderla ad altri soggetti, diversi da quello che � il responsabile diretto. Considerato che la capacit� di assumere la responsabilit� dei propri fatti illeciti non � commisurata alla capacit� legale di agire ma alla capacit� naturale, l'art. 2048 muove dal presupposto della imputabilit� innanzitutto dell'autore del fatto e, quindi, dal presupposto che il fatto stesso sia ascrivibile a dolo o colpa dello stesso autore, bench� persona minore o soggetta a tutela. La prova di ci� � offerta dal fatto che, mentre l'art. 2046 ed il successivo art. 2047 parlano, rispettivamente, di fatto dannoso e di danno cagionato da persona incapace d'intendere e di volere, ma nessuna delle due norme parla di fatto illecito, perch� la contraddizione non consente di parlare di illecito con riferimento a persona naturalmente incapace, di fatto illecito parlano, invece, come si � gi� rilevato supra, entrambi i commi dell'art. 2048 e.e., con ci� presupponendo, sempre per quella contraddizione che non consente di parlare d'illecito senza colpa, che i fatti di cui sono chiamati a rispondere tanto i genitori ed i tutori, quanto i precettori ed i maestri d'arte, siano prima imputabili ai loro autori come illeciti, cio� in ragione d'una loro colpa (2). (1) Su ci� e su tutto quanto precisato innanzi, in tema di distinzione tra norme di nascita e norme di propagazione della responsabilit� per fatto illecito, v. sempre BARBERO, Sistema istituzionale dei diritto privato italiano, Milano, 1965, voi. II, 819 e segg. (2) Da quanto precisato nel testo risulta chiaro che non pu� assolutamente condividersi la tesi fatta propria dalla Suprema Corte in una recente sentenza (Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Giust. civ. 1966, I, 297; ma v. pure App. Napoli 3 novembre 1965, inedita), ed in base alla quale la responsabilit� dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte dovrebbe ritenersi diretta per l'esistenza di un preteso nesso di causalit� tra il comportamento di quei soggetti e l'evento dannoso. Dire, infatti, che in ipotesi del tipo di quella in esame l'evento dannoso � conseguenza tanto dell'.azione del soggetto che ha materialmente commesso il fatto, quanto dell'omissione del genitore, tutore, precettore o maestro d'arte, che quel fatto aveva l'obbligo di impedire e che non ha impedito, ed aggiungere che il predetto obbligo di impedire l'evento trova la sua fonte, per il genitore (o il tutore)', nell'art. 147 c. c. che impone il dovere di educare ed istruire la prole, e per il precettore, nel trasferimento a lui, per accordo contrattuale, dello stesso dovere previsto dal citato art. 147, significa, a nostro avviso, enunciare un'affermazione del tutto inesatta. A parte, infatti, l'impossibilit� logica e giuridica (di cui si dir�, infrw, nel testo) di far derivare dal dovere di educare ed istruire la prole sancito dall'art. 147 un obbligo di sorveglianza materiale, da svolgersi cotidie et singulis momentis, assolutamente fuori luogo, peraltro, per soggetti che sono pienamente capaci d'intendere e di volere, anche se minori (ma abbiamo visto che potrebbero essere, nel caso degli allievi e degli apprendisti, anche maggiorenni), v'� da aggiungere che la tesi criticata intende il rapporto di causalit� tra il fatto e l'evento dannoso in modo tale da far scolorire ogni differenza concettuale tra causa in senso proprio ed occasione o condizione. L'assenza della persona, ritenuta responsabile accanto al minore, all'allievo o all'apprendista, dall'art. 2048 c. c., dal luogo di commissione dell'illecito 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Accertato, dunque, che con l'articolo 2048 e.e. il Legislatore ha voluto solo aggiungere altri responsabili a quelli gi� considerati e qualificati tali da altre norme del codice (norme di � nascita �: artt. 2043 e 2046), dobbiamo ora chiederci quale sia stata la ratio ispiratrice della normativa, di cui ci stiamo occupando. Non sembra dubbio che la norma dell'art. 2048 abbia il fine di perseguire una maggiore certezza di tutela del danneggiato, per evidenti ragioni politico-sociali. Data la qualit� del soggetto danneggiante (minore d'et�, persona sub-tutela, allievo od apprendista maggiorenne o minorenne ma verosimilmente in stato di personale inopia), senza una tale norma, il danneggiato rischierebbe di restare, in pratica, privo di �effettivo ristoro. Ma bisogna ancora chiedersi: in ragione di che cosa il Legislatore ha fatto �propagare�, estendere la responsabilit� dei minori naturalmente capaci ai genitori, tutori, precettori e maestri di arte? La risposta a questo quesito �, a nostro avviso, di somma importanza perch� da essa dovranno trarsi gli elementi utili per determinare, in modo retto, il contenuto della -prova liberatoria, prevista dal terzo comma dell'articolo 2048 e.e. Se si rtiene, infatti, che la responsabilit� indiretta, di cui � discorso, .. si propaga � sul filo di una � colpa � dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte (colpa, ovviamente del tutto indipendente e diversa da quella determinante l'evento dannoso) � in relazione a tale � colpa � che dovr� essere stabilito il contenuto della prova liberatoria, in quanto i soggetti ritenuti responsabili in via indiretta dovranno appunto dimostrare l'assenza in loro di quella � colpa� adottata dal legislatore come criterio di � propagazione � della responsabilit� del minore naturalmente caipace. Orbene, anche in questa indagine dev'essere tenuta presente la differenza esistente tra la situazione giuridica disciplinata dall'art. 2048 e.e. e quella regoiata dall'art. 2047, perch�, se � vero che in entrambi gli articoli ora menzionati � detto che la urova liberatoria deve conststere nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, � altrettanto incontestabile che nell'ipotesi del �danno cagionato da minore naturalmente incapace la presenza di un obbligo di sorveglianza materiale nella persona tenuta, obbligata a ci� fa ritenere necessariamente che la prova debba consistere nella dimostrazione che il fatto dannoso siasi verificato nonostante il diligente esercizfo della predetta sorveglianza (ovvero che l'omissione della sorveglianza sia stata determinata da un impedimento legittimo), mentre nel caso di danno cagionato da persona capace d'intendere e di volere, non potendosi desumere da alcuna norma un obbligo di stretta sorveglianza su di essa, la prova liberatoria non pu� non avere diverso contenuto. La contraria tesi che fa derivare un tale obbligo di sorveglianza materiale sui minori naturalmente capaci e sugli allievi, .per i genitori ed i tuttori dal dovere di educare ed ~struire la prole, sancito dall'art. 147 e.e. e per i precettori dal trasferimento ad essi, per accordo negoziale, dello stesso dovere (1) non ci sembra convincente per diverse ragioni. pu� ritenersi, al pi�, una circostanza favorevole che invita all'azione ma giammai una causa determinante e diretta deU'evento dannoso, al pari dell'azione dell'autore materiale dell'illecito. Essa non � che un'occasione, una condizione ma, proprio in quanto tale, non pu� e non deve essere mai confusa con la causa determinante, alla quale soltanto � veramente connesso l'evento. Dire che la condizione dell'assenza della persona sopradetta � condicio sine qua non, senza la quale, cio�, il fatto non avrebbe potuto essere commesso, � affermazione inesatta, anche dal punto di vista che stiamo qui criticando, non potendosi certamente escludere che la commissione dell'illecito sarebbe potuta avvenire anche in presenza della persona di cui � discorso. L'errore di fondo, in cui ��caduta la giurisprudenza qui criticata, � stato quello di non aver tenuto presente che la responsabilit� dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte presuppone una responsabilit� gi� nata e definita in tutti i suoi Ielementi costitutivi, l'esistenza di un fatto gi� imputato in base a dolo o colpa ad un autore capace pienamente di assumere la responsabilit� dei propri fatti illeciti. (1) In tal senso, v. Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Giust. Civ., 1966, I, 297. I f ' PARTE II, QUESTIONI 5 Innanzitutto, perch� se un obbligo di sorveglianza materiale da svolgersi cotidie et singulis momentis � giustificato rispetto a persone incapaci d'intendere e di volere, lo stesso appare inconcepibile dspetto a soggetti che la legge stessa ritiene pienamente capaci di assumere le responsabHit� dei propri fatti illeciti. In secondo luogo, perch� da un obbligo di educare, sia esso sancito dalla legge o contrattualmente assunto, �pu� derivare un dovere di � vigilare � sull'educazione del minore o dell'allievo, al fine di individuare subito le eventuali cattive inclinazioni del medesimo per coNeggerle, ma non pu� certo scaturire un obbligo di �:sorvegliare� istante per istante la condotta del soggetto da educare. Opinare diversamente significherebbe, in definitiva, parificare del tutto, quanto a necessit� di essere �sorvegliate�, persone ritenute pienamente capaci d'intendere e di volere (minori d'et� o addirittura maggiorenni, come pu� avvenire per gli allievi) �e persone alle cui azioni si nega perfino la qualificazione di � fatti umani �. Orbene, poich� una tale parificazione appare in contrasto sia con la logica che con il nostro diritto vigente, si deve necessiariamente ritenere che se una persona tenuta a � sorvegliare � un incapace di intendere e di volere deve dimostrare, per essere esente da responsabilit�, di avere adempiuto al suo obbligo (o di non averlo potuto fare per legittimo impedimento), una persona tenuta ad � educare � un sogg�etto naturalmente capace deve solo dimostrare, per l'esonero dalla sua responsabilit�, di avere assolto adeguatamente l'obbligo di educare. La giurisprudenza ha certamente intuito tutto ci� quando ha statuito che � alle persone cui incombono compiti di educazione di minori si deve richiedere la prova di aver fatto tutto il possibile, in Telazione alle condizioni sociali ed all'ambiente dei minori medesimi, per avviarli ad una corretta vita di relazione nel consorzio sociale, per�ch� � da ritenere verosimile che il comportamento illecito del minore non si sarebbe verificato se egli fosse stato sottoposto ad una pi� completa educazione � (1), ma erroneamente, a nostro avviso, ha parlato anche di una � culpa in vigilando ., analoga a quella prevista per la persona tenuta alla sorveglianza dell'incapace, a proposito dei soggetti indicati dall'art. 2048 e.e. Stabilito che la responsabilit� dei minori naturalmente capaci e degli allievi si �propaga � rispettivamente ai genitori (o tutori) ed ai precettori in ragione di una � culpa in educando � e che la prova liberatoria, prevista dal terzo comma dell'art. 2048, deve avere per contenuto la dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per impartire al minore una sana ed adeguata educazione, dobbiamo aggiungere che non v'� alcun motivo di ritenere che la prova liberatoria di cui sopra non debba essere la stessa per genitori e tutori da un lato e precettori dall'altro. E ci� per due ordini di ragioni. Innanzitutto, perch� nel terzo comma dell'art. 2048 non si rinviene alcuna distinzione, quanto alla prova liberatoria, tra i vari soggetti indicati come �responsabili indiretti nei primi due commi. (1) Cosi, testualmente, Cass. 15 gennaio 1943, n. 68, Foro It. Rep., 1943, v. resp. civ. 45, ma sul punto. v. pure: Cass. 16 giugno 1964, Cass. pen. Mass., 19~, 1061; Cass. 26 luglio 1962, Resp. civ. prev., 1963, 281; Cass. 9 giugno 1960, Resp. civ. prev., 1961, 85. Per la dottrina cfr. CAPACCIOLI, Responsabilit� del genitore per it fatto it!ecito del figlio minore, Riv. dir. comm. 1946, Il, 257; CONTURBI LISI, Responsabilit� civile dei genitori e violazione dell'obbligo di educare la prole, Riv. trim. dir. e proc. civ., 1949, 977; PASETTI, In tema di responsabilit� del genitore per mancat~ educazione del figlio, Giur. It., 1949, I, 2. 291; AUBERT, La responsabilit� per il fatto illecito dei genitori, dei precettori, dei tutori, Arch. ricerche giur., 1950, 757; TABET, Questioni in tema di fatti illeciti dei minori, Foro It., 1953, I, 1432; BRASIELLO, Responsabilit� del genitore per il fatto commesso dal minore capace o incapace, Foro pad. 1954, I, 377; VENDITTI. Il dovere dei genitori di educare e vigilare la prole in relazione alla prova liberatoria della responsabilit� per i fatti illeciti commessi dai figli minori, Giust. civ. 1955, I, 1620; PERETTI-GRIVA, Sulla responsabilit� dei genitori per il fatto lesivo dei figli minori, Riv. giur. circ. trasp., 1956, 39. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In secondo luogo, perch� non v'� alcun motivo per dubitare che la culpa 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In secondo luogo, perch� non v'� alcun motivo per dubitare che la culpa ID ~:::: del precettore sia stata colta dal legislatore proprio come inosservanza dello stesso obbligo di educare, che genitori e tutori possono ad esso contrattualmente trasferire. Dallo stesso significato letterale del termine si ricava che . precettore � proprio chi svolge, per incarico ricevutone, quelle funzioni 1 .educative e correttive che in via normale vengono esercitate nell'ambito . familiare. Precettore � parola che ha origine dal latino � praeceptum � l w (=precetto, regola di vita, norma morale o di buona educazione) che indica con chiarezza il contenuto della funzfone. Precettore � l'aio, l'educatore di giovani in case s~gnorili, il rettore, il censore, l'istitutore nei luoghi di educazione (istituti, colleg-i, convitti, educandati), cui si affidano i minori perch� siano educati, perch� sia opportunamente corretta la loro condotta, spesso non buona, anche con mezzi punitivi di varia natura. Il precettore, quando assume l'impegno di � vigilare � sull'educazione dei minor-i, per il tempo in cui esercita la predetta vigilanza, finisce con il sottra.rre totalmente i medesimi alla sfera d'influenza dei genitori (o del tutore) e con il sostituirsi completamente a quelli nell'esercizio delle funzioni educative previste dall'art. 147 e.e. �, pertanto, perfettamente comprensibile che egli, limitatamente al tempo di esercizio delle predette funzioni (1) risponda dei fatti illeciti dei minori affidatigli, a norma dell'art. 2048, in luogo dei genitori (o del tutore). Con il trasferimento dei compiti educativi passa al precettore anche l'obbUgo di rispondere per � culpa in educando � dei fatti illeciti degli allievi. Ma, se la � ratio � dell'art. 2048 e.e. � quella da noi indicata, se il contenuto dell:a prova liberatoria richiesta dal terzo comma del medesimo articolo � quello delineato innanzi, non si pu� ora non convenire nella duplice affermazione che tra i precettori non possono assolutamente rieomprendersi i docenti di scuola pubblica (2) e che a questi ultimi, pertanto, il disposto dell'art. 2048 risulta del tutto inapplicabile. A parte, infatti, le considerazioni di natura letterale che gi� chiaramente escludono un'identificazione concettuale tra �precettore� e �docente., v'� da rilevare che i gravosi compiti di istruzione affidati ai docenti di scuola pubblica, specie in relazione alla vastit� dei programmi d'insegnamento, la limitatezza del tempo e dei mezzi di cui gli insegnanti dispongono, appena sufficienti per assolvere alla loro funzione specifica, che � quella d'insegnare nozioni scientifiche, impediscono del tutto ai docenti di valutare l'educazione degli allievi, ed eventualmente di correggerla, se non nei limiti ristretti in cui questa � connessa con l'attivit� scolastica. E ci� senza dire che la valutazione e la eventuale correzione della educazione degli allievi, specie se minori, si potrebbe ritenere addirittura sottratta, se non per i limitati fini di cui s'� detto, ai docenti di scuola pubblica dalla stessa Costituzione che demanda ad essi unicamente l'attivit� d'istruzione (artt. 33-34) mentre riserva esclusivamente alla famiglia ed agli appositi istituti privati l'attivit� educativa (art. 30). I docenti di scuola pubblica non vivono, come i precettori, in costante, continuo e diuturno contatto con i loro alunni ma li frequentano solo le ore strettamente necessarie all'insegnamento delle nozioni comprese nei (1) In tal senso deve intendersi l'espressione � nel tempo in cui i minori sono sotto la sua vigilanza � contenuta nel II comma dell'art. 2048 c. c. (2) Sul punto cfr. App. Genova 29 aprile 1938, Mon. TTib., 1939, 302. In dottrina, MEssmEo (op. loc. cit.) afferma che il termine allievo va inteso in maniera da ricomprendere i casi in cui un'azione educativa sia esercitata sull'autore del danno, anche se l'allievo sia maggiore d'et�. Anche il termine pTecettoTe � da intendere -secondo il chiaro A. -nel senso di persona che abbia funzioni educative (prima ed oltre che didattiche). Il MEssINEO sostiene, ancora, che � immune da responsabilitt� ex art. 2048 chi insegni senza specifiche funzioni educative o insegni qualcosa di diverso dal mestiere o dall'arte; cosi il maestro, l'insegnante (pubblico o privato che sia) perch� a tali soggetti non incombe obbligo di sorveglianza (e, secondo noi, di educazione). PARTE II, QUESTIONI 7 programmi di studio; ad essi gli allievi non vengono affidati per l'esercizio di quelle funzioni educative proprie dei genitori e dei tutori. Come conseguenza di ci� appare pienamente naturale che essi non siano tenuti a rispondere degli atti illeciti commessi dall'allievo per la inadeguata ed incompleta educazione ricevuta in famiglia. Da tutto quanto precede risulta chiaro che la giurisprudenza, parificando l'affidamento di un allievo alla vigilanza di un precettore e l'iscrizione di un alunno in una scuola pubblica, si � posta su di una strada sbagliata. � di ovvia evidenza, infatti, che se, nel primo caso, si demanda all'aio, per un tempo continuativo e contrattualmente determinato, il compito di educare (ed eventualmente anche di istruire) l'allievo, nel secondo caso, si realizza solo, attraverso un classico atto amministrativo di ammissione, l'utilizzazione da parte del cittadino di un pubblico servizio, secondo la disciplina giuridica dello stesso, al limitato fine di consentire all'alunno di istruirsi, fermo restando l'obbligo dell'educazione a carico dei genitori e del tu tore (1). Ne consegue che se il minore, per difetto d'educazione, danneggia altri in una scuola pubblica, assente l'insegnante, il caso non potr� essere regolato diversamente da come si farebbe se l'evento fosse avvenuto in altro luogo: ritenendo, cio�, responsabile in primo luogo ed in via diretta il minore naturalmente capace, in secondo luogo ed in via indiretta, per � propagazione � di responsabilit�, i genitol'i (o il tutore), in caso di coabitazione del minore con essi, il precettore, nel senso da noi precisato supra, in caso di affidamento del minore alle sue cure per l'educazione (2), ma giammai il docente di scuola pubblica. In conclusione, possiamo dire che le maggiori esigenze di tutela del danneggiato, che evidentemente la giurisprudenza intende perseguire ricomprendendo il docente di scuola pubblica tra i precettori, si ottengono al prezzo di una patente violazione della lettera e dello spirito della legge, con un'estensione della responsabilit� indiretta 'Prevista dall'art. 2048 a soggetti certamente estranei alla previsione del Legislatore. L. MAZZELLA (1) Sul punto cfr. Cass. Sez. un. 14 luglio 1961, n. 1714, Giur. It., 1962, I, l, 347 (nota); Trib. L'Aquila 31 dice.mbre 1962, Foro It., 1963, I, 1804. (2) Si faccia l'esempio di un minore che viva in collegio. RASSEGNA DI DOTTRINA -~ l l rn . ' . L. PALADIN, Il principio costituzionale d'eguaglianza, Editore A. Giuffr�, ' '(-:~ Milano, 1965, pagg. 346. Nell'esaminare il volume XIV dell'Enciclopedia del Diritto (v. questa Rassegna 1965, II, 133) abbiamo omesso deliberatamente di segnalare la voce relativa al principio di Eguaglianza in diritto costituzionale, curata da L. Paladin (pagg. 519-551), avendo, fin d'allora, in animo di recensire per i lettori il libro sopraindicato, che verte sul medesimo argomento ma presenta, per motivi ovvi, maggiori pregi di completezza. L'opera, che ora segnaliamo, consta di due parti nettamente distinte: la prima, riguardante gli sviluppi storici dell'idea di eguaglianza giuridica, ;)dalle prime Carte Costituzionali francesi e nord-americane fino alle Costituzioni del XIX secolo ed alle attuali tendenze; la seconda, relativa all'esame dettagliato del principio di parit� giuridica nel nostro ordinamento costi I 'tuzionale. I Nella prima parte, l'A. inizia la trattazione osservando che -a differenza della massa delle libert� costituzionali, enunciate e disciplinate, per la prima volta nella storia, nelle carte nord-americane -il principio di ' eguaglianza, inteso nella sua moderna accezione di limite alla stessa potest� ' legislativa, ha manifestamente origini francesi e trova le sue radici nel pensiero filosofico di G. G. Rousseau. w. La dimostrazione di tale assunto viene data, nel testo, con un'accurata disamina dei testi costituzionali nord-americani, statali e federali, antecedenti al 1789, i quali -secondo il P. -rendono evidente l'assoluta inade. guatezza di tutte le formule in essi espresse a porre ed a svolgere integral;;. mente il principio di parit� giuridica, qual'� inteso oggi. ~ . L'A., per�, aggiunge che, se di ci� non � lecito dubitare, � da ritenere altrettanto vero che, mentre in Francia la mancanza di un consapevolesviluppo degli assunti dogmatici della Rivoluzione fin� per fare scadere il Il::;; principio d'eguaglianza da imperativo di leggi generali ed astratte a mutellif: jvole e vaga direttiva di giustizia, nel Nord-America l'assenza di una formulazione, in termini generali, del principio nel senso anzidetto non impedi affatto l'applicazione egualitaria di moltissime norme, grazie alla esistenza di numerose clausole costituzionali, limitative dei poteri del legi, ' slatore statale e federale, variamente collegate al principio di cui si discorre. I successivi, molteplici tentativi, da pi� parti compiuti, di ridurre il prin, cipio d'eguaglianza a mera espressione del principio di legalit� e di identi lcarlo con la necessit� di una codificazione sono ricordati dall'A. nel capitolo in cui egli esamina la diffusione del principio medesimo nella maggior parte degli Stati dell'Europa Continentale. Secondo il P., invece, una maggiore aderenza all'essenza del principio si ebbe nel nostro ordinamento giuridico, dove l'art. 24 dello Statuto Albertino fu sempre considerato dalla dottrina come un imperativo alla legge, non solo materiale ma anche formale, di uniformarsi a determinati criteri di giustizia; cosi come direttive al legislatore furono sempre intese le specificazioni statutarie del principio. Solo il carattere flessibile dello Statuto impedi che il vincolo avesse una portata effettiva e fece si che esso restasse piuttosto un limite, non assoluto, un'imprecisa raccomandazione etica, un avvertimento, sia pure solenne. L'A. rileva, poi, che la potenziale, vastissima portata del principio potette concretarsi in modo pieno solo in Nord-America ed in Svizzera, perch� questi due paesi furono i primi a darsi una Costituzione rigida, giu I f esame delle disposizioni costituzionali dei due ordinamenti, soffermandosi, i'i. risdizionalmente garentita. A tal proposito il P. si diffonde in un ampio ~ I PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 9 in particolare, sul XIV emendamento alla Carta Nord-Americana, sul due process clause e sull'equal protection clause. La prima parte termina con una disamina delle norme costituzionali della IV Repubblica di Francia, del Regno di Gran� Bretagna, delle Repubbliche di Weimar e di Bonn, le quali tutte mostrerebbero ,a giudizio dell'A., quanto vasta e palese sia stata, in questi ultimi tempi, la rivalutazione del principio d'eguaglianza per effetto del mutato concetto del valore delle Carte Costituzionali e delle Dichiarazioni che solitamente le precedono, intese, entrambe, non pi� come formulazioni di principi estranei all'Ordinamento ma come testi interamente positivi, cui deve riconoscersi il massimo tra i significati giuridicamente possibili. Passando ad esaminare gli aspetti del problema del principio d'eguaglianza nel nostro ordinamento costituzionale vigente, l'A. confuta, innanzitutto, la tesi che vorrebbe ridurre il principio a norma generale della funzione giurisdizionale o di �quella amministrativa e ribadisce che esso si presenta nella nostra Carta Costituzionale come limite della potest� legislativa. Quanto alla determinazione del modo e della sfera in cui il principio d'eguaglianza, cosi inteso, debba operare, il P. ritiene che il disposto dell'art. 3, comma 1�, della Costituzione, non si riferisca ad un preciso gruppo di materie, ad una cerchia comunque definita di classificazioni normative, ma costituisca piuttosto una norma generale concernente l'intero ordinamento giuridico o, quanto meno, l'intera funzione legislativa ordinaria. In conseguenza, l'efficacia precettiva del principio non potrebbe risolversi in quella dei suoi contestuali corollari e neppure dovrebbe ritenersi che la legge sia perfettamente libera di differenziare soggetti e rapporti dove la Costituzione non frapponga specifici divieti di classificazione. Le particolari affermazioni costituzionali della parit� giuridica non rappresenterebbero limitazioni al principio della parit� giuridica ma rafforzamenti che lascerebbero intatta la sua normale efficacia per tutta la sfera residua delle discipline e delle situazioni. Circa l'individuazione dei criteri, in base ai quali si possa, nel caso concreto, stabilire l'eguaglianza o la diseguaglianza delle norme, l'A. rileva che il nostro principio di parit� giuridica riguarda sia l'eguaglianza soggettiva. intesa come parit� di trattamento delle persone, e sia l'eguaglianza oggettiva, intesa come pari disciplina delle situazioni e dei rapporti. Da qui la conseguenza di dover ritenere parimenti vietate sia le leggi personali e sia quelle speciali o eccezionali mancanti di fondamento giustificativo. Sul divieto delle leggi personali, il .P. osserva che sia la proclamazione d'eguaglianza fatta in termini generali dall'art. 3, comma 1�, della Costituzione e sia l'esclusione di classificazioni fondate sulle condizioni personali, sancita nella stessa disposizione, postulano chiaramente norme poste in termini astratti o, quanto meno, del tutto impersonali. In altri termini, principio di parit� giuridica e divieto particolare delle distinzioni personali, [ungi dall'elidersi a vicenda, concorrerebbero insieme a determinare un medesimo vincolo per il legislatore. Pi� precisamente, secondo il P ., tra le due disposizioni non passerebbe quel rapporto di sostituzione o sovrapposizione della norma speciale a quella generale -rapporto che contraddistingue, a suo giudizio, tutte le altre specificazioni enumerate dall'art. 3, comma 1�, rispetto al principio d'eguaglianza giuridica -ma piuttosto il divieto delle distinzioni personali varrebbe a ribadire e precisare il limite di tutta la legislazione posto dalla precedente affermazione di parit� giuridica dei cittadini. L'A. aggiunge che, per determinare esattamente il criterio di individuazione delle leggi personali, bisogna porsi sul medesimo piano di operativit� dell'intero principio di parit� giuridica e qualificare personali le sole disposizioni concrete mancanti di oggettiva giustificazione ed in tal senso praticamente emanate per determinate persone. Non sarebbero, invece, tali quelle norme che, pur rivolgendosi a soggetti ben determinati, disciplinino un'intera e per s� stante categoria di situazioni, oppure siano meramente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esecutive d'una precedente legge astratta. In questi casi, infatti, la mancanza d'imputazione, in via generale, a soggetti distinti per mezzo di caratteri oggettivi non determinerebbe alcuna incompatibilit� della disposizione con l'art. 3, comma 1�, della Costituzione. Circa il divieto delle leggi speciali o di eccezione, il P. precisa che non tutte le eccezioni o deroghe apportate dal legislatore alle regole ed agli orientamenti complessivi del diritto vigente debbano ritenersi escluse dal principio d'eguaglianza. Contrastano con tale principio, secondo l'A., solo quelle leggi speciali o eccezioni che non rispondano a criteri di giustifi,catezza e ragionevolezza. Dopo un'ulteriore precisazione sulla nozione di leggi speciali o eccezionali e dopo una serie di considerazioni sulla sfera soggettiva ed oggettiva del sindacato costituzionale di eguaglianza (considerazioni sulle quali avremo modo di ritornare appresso, in sede di commento alle tesi esposte nel testo) l'A. conclude l'esame del principio nella sua formulazione generale, accennando agli strumenti attraverso i quali si svolge il controllo della Corte Costituzionale sulle leggi, Nel capitolo dedicato alle specificazioni del principio di eguaglianza, il P., dopo aver precisato che, a suo avviso, le specificazioni medesime devono assumersi -fino a prova contraria -non quali conferme, bensi quali norme a s� stanti, che si sovrappongono al principio d'eguaglianza formale ed in tal senso vi apportano deroga, sebbene allo scopo d'una pi� radicale parificazione giuridica, esamina, innanzitutto, i problemi connessi all'affermazione costituzionale della eguaglianza di sesso. Sul problema derivante dall'interferenza con l'art. 3, comma 1�, dell'art. 51, comma 1�, della Costituzione, in tema di accesso ai pubblici uffici, l'A. si sofferma solo brevemente, per la considerazione che la legge 9 febbraio 1963, n. 66, abrogando le norme della legge 17 luglio 1919, n. 1176, ed ammettendo le donne ad ogni pubblico ufficio e professione, con la sola eccezione dell'arruolamento nelle forze armate e nei corpi speciali, ha troncato, in gran parte, il vivace dibattito sull'interpretazione dell'articolo. Secondo il P., la soluzione da dare alle questioni riguardanti l'obbligo del servizio ed il correlativo accesso agli uffici militari si trova nell'apposita disciplina prevista dalla Costituzione per le Forze Armate. Difatti, egli aggiunge, l'art. 52 della Costituzione riconoscendo, nel suo terzo comma, che l'ordinamento militare ha natura speciale e pu�, conseguentemente, derogare al sistema complessivo e. definendo, nel secondo comma, obbligatorio il servizio militare solo nei modi e limiti stabiliti dalla legge, senza ripetere l'affermazione d'eguaglianza di sesso, comprova che nel settore in esame non vige la norma dell'art. 51, comma 1�: sicch� il problema degli obblighi militari va risoluto secondo opportunit�, fermo soltanto il divieto di arbitrarie differenziazioni, imposto, anche in tale materia, dal principio dell'art. 3, comma 1�. A proposito dell'art. 37, comma 1�, della Costituzione, che pone il problema della parit� di retribuzione relativamente al lavoro femminile, l'A. fa rilevare la diversa portata e la differente destinazione di quest'articolo rispetto all'art. 3, comma 1�, per dedurne la mancanza di ogni �interferenza tra le due norme. Secondo il P., mentre il principio d'eguaglianza riguarderebbe le funzioni, specialmente normative, dei pubblici poteri, oggetto principale dell'art. 37, comma 1�, sarebbero i contratti di lavoro, collettivi e forse anche individuali, e quindi, in definitiva, l'autonomia privata; la destinazione alla funzione normativa di quest'ultima norma si avrebbe soltanto, a suo giudizio, nei casi di disciplina legislativa dell'ammontare dei salari e degli stipendi come, ad esempio, nelle ipotesi di disposizioni in tema di diritti patrimoniali nel pubblico impiego; casi certamente non problematici, attesa l'assoluta parit� di retribuzione vigente tra il personale maschile e quello femminile dello Stato. Maggiore interesse l'A. dedica al problema dell'eguaglianza dei coniugi nel matrimonio, posto dall'art. 29 cpv. della Costituzione, esaminandolo sia I I I r PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 11 sotto il profilo civilistico (organizzazione dell'unit� familiare ed istituto della potest� maritale e paterna) sia sotto quello penalistico (conseguenze dell'inosservanza degli obblighi di fedelt� coniugale). Relativamente a questo secondo aspetto del problema, il P. critica la nota sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuta infondata la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 559 del codice penale. Altri problemi esaminati nel testo sono quelli relativi all'eguaglianza di razza, di lingua, di opinioni politiche e di religione. A proposito di quest'ultimo problema, l'A. sostiene che nell'art. 3, comma 1 �, la proclamazione di eguaglianza religiosa comporta la piena parit� di trattamento sia delle religioni che dei rispettivi fedeli ma aggiunge che la presenza nella Carta Costituzionale dell'art. 19, che garantisce a tutti la pari professione della propria fede religiosa, fa sl che si possa ricorrere all'art. 3, comma 1�, in difesa dell'individuale parit� di religione, isolo nelle rare ipotesi in cui non si faccia -parallelamente -questione della libert� di culto. Altri problemi di diritto costituzionale ecclesiastico sarebbero poi sottratti, secondo il P., alla sfera di applicazione dell'art. 3, comma 1 �, dalle disposizioni contenute negli artt. 7 cpv, ed 8, comma 1 �, della Costituzione (disciplina dei rapporti tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica e pari libert� di tutte le confessioni religiose esistenti in Italia). Nell'ultimo capitolo del volume in rassegna, il P. punta l'attenzione sul secondo comma dell'art. 3 ed aggiunge alle considerazioni svolte in tema di egu�glianza formale quelle necessarie a determinare l'esatta portata positiva, nel nostro ordinamento, dell'eguaglianza sociale. Come altri commentatori dell'articolo, l'A. ritiene la disposizione del secondo comma di natura � programmatica � in contrapposto a quella del comma precedente di carattere immediatamente �precettivo�. Essa, per�, avrebbe un valore normativo proprio, tale da renderla potenzialmente molto importante. In primo luogo, la collocazione del disposto tra � i principi fondamentali della Carta � la renderebbe determinante ai fini dell'interpretazione del restante ordinamento, Costituzione compresa; in secondo luogo, sarebbe innegabile, per la norma in esame, un effetto limitativo delle pubbliche funzioni, preclusivo, cio�, di normazione e di qualsiasi altra attivit� degli organi dello Stato in contrasto con la programmata necessit� di ottenere l'eguaglianza sostanziale o di fatto. � Il P. nega, per�, che dall'art. 3, comma 2�, .si possa ricavare un principio di eguaglianza diverso e pi� vasto di quello fissato dal comma precedente, perch�, a suo giiudizio, la portata del vincolo derivante dalla disposizione in esame non incide sull'ambito o sul contenuto della norma generale di eguaglianza davanti alla legge e la disposizione dell'art. 3, comma 2�, mostrerebbe chiaramente come alla generalit� della prima previsione si contrapponga la relativa determinatezza della seconda norma, che non ha per beneficiari � i cittadini � ma i � lavoratori � (sia pure nel senso pi� vasto del termine) e non si propone il generico scopo d'imporre una certa struttura all'intero ordinamento giuridico ma il fine pi� specifico di una giustizia sociale, per favordre il � pieno sviluppo della persona umana � e � l'effettiva partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese�. In definitiva, secondo l'A., la norma del secondo comma dell'art. 3, lungi dal trasformare la nozione d'.eguaglianza fino a farla coincidere con la giustizia distributiva, vigerebbe in una sfera diversa da quella del primo comma e tenderebbe solo a produrre effetti sussidiari di un principio altrove compiutamente stabilito. Le considerazioni sul rapporto tra l'eguaglianza davanti alla legge e l'eguaglianza sociale portano l'A. ad affrontare anche il problema della c. d. crisi dello Stato di Diritto. Le opinioni di coloro che ritengono superato il concetto di Stato fondato sul valore dell'eguaglianza formale o giuridica e contrappongono ad esso lo Stato sociale (o amministrativo), ispirato all'opposto criterio dell'eguaglianza sostanziale o di fatto sono vivamente criticate dal P., il quale ritiene che nel nostro ordinamento la riforma sociale non deve ritener.si incompa 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tibile con la conservazione della parit� giuridica, ma dev'esserle associata in modo da realizzare la rimozione degli ostacoli frapposti all'effettiva eguaglian21a e libert� dei lavoratori nelle forme dello Stato di Diritto. Esposto, in rapida sintesi, il contenuto del libro in rassegna, ci sia consentito un breve, e necessariamente sommario, commento. Indubbiamente la notevole gamma di interpretazioni cui ha dato luogo il principio d'eguaglianza nel nostro ordinamento giuridico e le rilevanti conseguenze che a tali interpretazioni direttamente si connettono rendono la lettura del volume molto interessante. Chiari ed indiscutibili pregi dell'opera ci sembrano, poi, quelli della ricchezza dell'informazione e della completezza dell'indagine svolta: ed infatti, nella prima parte del volume, il panorama delle legislazioni, presenti e passate, dei maggiori Stati Europei e della Repubblica Nord-Americana sul principio di eguaglianza � veramente vasto e convenientemente approfondito, cos� come del tutto soddisfacente appare, nelle note, il richiamo alle opere pi� significative dei maggiori studiosi dell'argomento; nella seconda met� del libro, il principio di eguaglianza nel nostro ordinamento giuddico viene esaminato, sempre con numerosi ed utili richiami alla pi� qualificata dottrina, in tutti i suoi possibili aspetti. Ma se pu�, tranquillamente, affermarsi che l'opera del P. soddisfa pienamente l'esigenza, da pi� parti avvertita, di avere, in un campo di estrema delicatezza e suscettibile di estese applicazioni in ogni ramo del diritto, una organica sistemazione teorica dei concetti fino ad oggi elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale, non pu� certo dirsi che le opinioni espresse dall'A. nel testo possano accettarsi da coloro che, nell'interpretazione del principio d'eguaglianza, si rifiutano di operare richiami a valori, per definizione, metagiuridici (quali giustifi,catezza e ragionevolezza delle leggi, arbitrio del legislatore et similia). Per gli stessi Umiti del presente scritto, non possiamo addentrarci, in questa sede, nel vivo dei numerosi problemi trattati dall'A. nella parte relativa alle specificazioni del principio d'eguaglianza ed esprimere il nostro avviso sulle soluzioni di volta in volta adottate. Per tale parte, facciamo rinvio alle tesi esposte, con riguardo alla maggior parte delle questioni affrontate nel testo, nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-60, vol. I (I giudizi di costituzionalit�), pagg, 91 segg. e 345 segg. Poche osservazioni vogliamo aggiungere, invece, sul problema dei limiti del sindacato della Corte Costituzionale sulle leggi, nell'ipotesi di asserita violazdone del principio d'eguaglianza, anche al fine di sciogliere una riserva fatta supra. A completamento dell'esposizione del pensiero del P., dobbdamo aggiungere che il medesimo critica, nel suo libro, la sentenza 26 g.ennaio 1957, n. 28 in cui la Corte Costituzionale ha affermato che � il legislatore pu� sempre dettare norme diverse per regolare situazioni che esso considera diverse�, purch� la sua disciplina si riveli �obbiettiva� e �senza alcun riferimento alle persone� e ritiene, sulla scia del MoRTATI, che, lasciando libero il legislatore di valutare la diversit� delle situazioni per ritenerla sufficiente a consentire una differente disciplina normativa, si finisce con lo svuotare in gran parte del suo valore il principio d'eguaglianza. In altri termini, secondo l'A., la legge potrebbe disporre una differenziata disciplina solo in presenza di una peculiarit� di rapporti regolati in modo speciale, non priva dei caratteri di giustifi,catezza e di ragionevolezza. L'unica sentenza della Corte Costituzionale fatta salva nel testo, tra le tante criticate, � quella del 29 marzo 1960, n. 16, secondo cui non solo le differenziazioni su basi soggettive, ma tutti i casi, in cui l'attivit� legislativa di classificazione, comunque, si concreti in manifesto arbitrio ovvero sia vi:data per patente irragionevolezza, non sono conformi al principio di eguaglianza. � chiaro che la stesura del libro in rassegna � stata anteriore al pi� recente orientamento, in materia, del giudke di costituzionalit�, se l'A. non cita anche quelle decisioni che hanno, pi� o meno negli stessi termini, PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 13 affermato che mentre � da ritenere implicita nel principio d'eguaglianza l'esigenza di disporre trattamenti differenziali per situazioni obbiettive diveme, rimane tuttavia aperto alla Corte Costituzionale l'accertamento delle circostanze dalle quali si possa desumere l'idoneit� dei presupposti a giustificare la diversit� di trattamento e la non arbitrariet� del trattamento differenziato. Ora a noi sembra che, aderendo a tesi del tipo di quella propugnata dal P., si viene a dare alla Corte Costituzionale la possibilit� di sindacare a suo piacimento l'apprezzamento compiuto dal legislatore circa le caratteristiche differenziali di certi rapporti o istituti al fine di sottoporli ad una disciplina diversa da quella disposta per altri e si consentono allo stesso giudice della costituzionalit� valutazioni di natura prettamente politica sull'uso del potere discrezionale da parte del Parlamento che assolutamente, anche alla luce dell'art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non rientrano nella sua competenza. Che la Corte Costituzionale possa e debba accertare che il trattamento differenziato corrisponda a situazioni differenti e che la diversit� delle situazioni non sia fondata su uno dei criteri enunciati dall'art. 3, comma 1� (sesso, razza, lingua, ecc), nessuno contesta. Ma che essa possa assumersi il compito di sindacare l'idoneit� della giustificazione di tutte le norme speciali che pongano una disciplina particolare per situazioni differenziate, ci sembra assolutamente di dover escludere se si vuoJ.e evitare che il controllo della Corte assuma una coloritura politica, del tutto inammissibile alla luce del disposto dell'art. 3, comma 1�, della Costituzione. L. MAZZELLA A. PALERMO, Enfiteusi, Supe�rficie, Oneri reali, Usi civici, UTET, Torino, 1965, pagg. 1107. Il libro in rassegna, frutto dell'esperienza di un valoroso magistrato -che ha partecipato, in questi ultimi anni, quale rappresentante dell'ufficio del P.M., nelle controversie per l'accertamento e la liquidazione degli usi civici presso la sezione speciale della Corte d'appello di Roma -fa parte della Collana dell'UTET � Giurisprudenza sistematica civile e commerciale�, diretta da W. BIGIAVI. Le finalit� della collana -che, come l'Editore ha cura d'avvertirci, sono quelle di fissare i principi teorici dai quali muovono i magistrati per ri solvere le singole questioni, di vedere se tali principi si accordino con quelli fissati dalla dottrina e di illustrare le applicazioni pratiche dei principi medesimi attraverso l'esposizione di una esauriente casistica -ci sembra che siano state ampiamente raggiunte dall'A. I dati teorici di tutti gli istituti presi in esame sono esposti con no tevole chiarezza e risultano sempre corredati da una ampia indicazione bibliografica e da un'adeguata indagine storica, risalente fino al diritto romano attraverso le varie fasi del diritto intermedio. Numerose e perti nenti sono le citazioni giurisprudenziali. Il volume � arricchito da tre indici -analitico-alfabetico, degli autori e della legislazione -che risultano molto accurati e di grandissima utilit� per una pi� agevole consultazione dell'opera. L. M. AUTORI VARI, Novissimo Digesto Italiano, Voll. XI (N-Ora) e XII (Ord-Pes), UTET, Torino, 1965. Limiti di spazio ci impongono di soffermare la nostra attenzione soltanto su alcune � voci � di maggiore interesse per i lettori di questa Rassegna tra 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le tante, veramente di notevole rilievo, contenute nei due volumi in esame del � Novissimo Digesto Italiano�. Solo di sfuggita ricordiamo, pertanto, che nell'undicesimo volume E. BETTI ha curato la voce Negozio giuridico (pagg. 208-220), dandoci una ::a breve ma efficace sintesi della sua nota opera sul Negozio, aggiornata con . l'indicazione bibliografica dei pi� recenti �Contributi dottrinali sull'argo. mento; M. GioRGIANNI ha svolto, con la consueta chiarezza espositiva, i due . temi della Obbligazione, in diritto privato (pagg. 581-614) e della Obbli lgazione solidale e parziaria (pagg. 674-685); F. SANToRo-PAssARELLI ha trattato l'argomento del contratto di Opera (pagg. 982-989) e che altre voci meritevoli di 'menzione sono: Novazione, in diritto civile (pagg. 431-438) a cura di P. RESCIGNo; Nullit� ed annullabilit�, in diritto civile (pagg. 455 I 467) a cura di R. SAcco; Obbligazione divisibile ed indivisibile (pagg. 636654) a cura di R. CICALA; Opposizione, in diritto amministrativo (pagine 1055-1060) a cura di s. LESSONA. Nel secondo dei volumi in rassegna segnaliamo come voci di maggiore interesse quelle relative a: Ordinanze e provvedimenti di necessit� e di urgenza (dir. cost. e amm.vo) (pagg. 89-103) a cura di G. U. RESCIGNO Ordine pubbtico {pagg. 130-135) a cura di L. PALADIN; Organo delle persone giuridiche pubbliche (pagg. 216-233) a cura di S. FoDERARo; Parte civile (pagg. 464-492) a cura di E. CAPALozzA; Pegno, (diritto vigente) {pagg. 772798) a cura di A. MoNTEL; Pegno irregolare (pagg. 798-807) a cura di A. DALMARTELLO. A parte esaminiamo le voci: Norma giuridica (pagg. 330-337) a cura di N. BoBBIO; Nullaosta amministrativo (pagg. 450-455) a cura di C. FERRARI; Obbligazione tributaria (pagg. 685-693) a cura di G. ZINGALI, tutte contenute nel volume undecimo; ed Ordine amministrativo (pagg. 107-111) a cura di L. GALATERIA, compresa nel volume decimo secondo. N. BoBBIO, Norma giuridica, vol. XI, pag. 330-337. I Sulla definizione e sulle pi� rilevanti classificazioni delle norme giuridiche verte questo studio di NORBERTO BoBBio, che si segnala ai lettori per I i notevoli nessi che presenta con il contenuto del libro di HERBERT L. A. �~ HART, Il Concetto di diritto, da noi recensito tempo addietro (V. questa Rassegna 1965, II, 67). L'A. ci offre, condensato in poche pagine, un vastissimo panorama delle pi� importanti ed interessanti teorie contemporanee sul tema: dalla dottrina italiana (CARNELUTTI, PERASSI, DEL VECCHIO, SCARPELLI) a quella francese (RouBIER), da quella tedesca (KELSEN) a quella inglese (HART) e scandinava (OLIVECRONA, Ross). Non mancano accenni, necessariamente sommari per ragioni di spazio, ai problemi del linguaggio normativo. C. FERRARI, Nulla osta amministrativo, vol. XI, pagg. 450-455. I Di questo studio ricordiamo qui di seguito solo il nucleo essenziale, relativo alla natura giuridica del nullaosta amministrativo, tralasciando sia il problema dell'autonoma impugnabilit� di tale atto (risolto, peraltro, negativamente dall'A.) sia quello della sua differenziazione dalle figure affini, ma distinte, dell'abilitazione, dell'approvazione e del parere. Contrariamente a auesto affermato dall:a dominante dottrina (che, per�, non si � mai occupata -ex professo dell'argomento, fatta eccezione per uno studio del DEL Pozzo, edito a Bari nel 1959 ed intitolato, appunto, � Il nullaosta amministrativo�), il F. esclude, nel lavoro in rassegna, che il nullaosta possa ricomprendersi tra i �provvedimenti autorizzativi�. Per far rilevare I ! la differenza esistente tra le due figure dell'autorizzazione e del nullaosta, l'A. comincia con il richiamare l'attenzione degli studiosi sul fatto che, I ! I PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 15 nella sfera di azione istituzionalmente libera dei soggetti, privati e pubblici, vi sono: a) comportamenti la cui attuazione � �Condizionata, oltre che all'accertamento dell'esistenza di determinati presupposti, ad una loro diretta valutazione discrezionale, in relazione alle esigenze del pubblico interesse, da parte degli organi amministrativi e b) comportamenti, invece, la cui attuazione � subordinata solo all'accertamento da parte della competente autorit� amministrativa della sussistenza di dati presupposti di fatto. Orbene -egli aggiunge -mentre relativamente ai primi comportamenti gli organi amministrativi, dopo aver valutata la loro legittimit� ed opportunit�, la loro conformit� al pubblico interesse, devono emettere, se del caso, una manifestazione di volont� che ha, rispetto ad essi, un effetto direttamente permissivo, relativamente ai secondi, invece, l'autorit� amministrativa competente non deve compiere alcuna valutazione della loro conformit� al pubblico interesse, perch� una tale valutazione � stata gi� fatta in sede normativa, ma deve solo emettere una dichiarazione di conoscenza o di scienza attestante la conformit� di determinati dati di fatto al disposto normativo, il quale, in conseguenza, � il solo a produrre realmente l'effetto permissivo. Tutto ci� significa che mentre per l'attuazione dei comportamenti del primo tipo sono necessari dei veri e propri provvedimenti amministrativi, dei negozi di diritto pubblico, quali sono le manifestazoni di volont�, per l'attuazione dei comportamenti della seconda specie bastano dei meri atti di accertamento (o fatti di certazione, secondo la terminologia del GIANNINI M. S.) quali sono le dichiarazioni di conoscenza o di scienza. Secondo il F., i provvedimenti richiesti per l'attuazione del primo tipo di comportamenti sono le autorizzazioni, i fatti di certazione Tichiesti, invece, per l'attuazione dell'altro tipo di comportamenti sono i nullaosta. Da quanto precede si ricava che la distinzione tra autorizzazione e nullaosta si pone, per l'A., sotto un duplice profilo: a) da un lato, mentre le autorizzazioni sono veri e propri provvedimenti amministrativi, come tali consistenti in manifestazioni di volont�, i nullaosta sono meri fatti di certazione, consistenti in dichiarazioni di conoscenza o di scienza; b) da un altro lato, mentre le autorizzazioni hanno un effetto direttamente permissivo in quanto � l'autorit� amministrativa con la sua pronuncia a consentire il comportamento, i nullaosta hanno effetti solo indirettamente permissivi, perch� tali effetti, anzicch� essere voluti dagli organi ammin1strativi, sono direttamente ricollegati dalla norma giuridica all'accertamento dell'esistenza dei presupposti di fatto dalla stessa norma previsti. Dopo aver cosi differenziato il nullaosta dall'autorizzazione, il F. aggiunge che il fatto di certazione, costituente l'essenza del nullaosta, pu� implicare sia accertamenti semplici, vale a dire da compiersi secondo regole rigidamente prefissate dalla legge, sia accertamenti valutativi, da compiersi, cio�, con discrezionalit� mista, amministrativa e tecnica insieme. In quest'ultima ipotesi -aggiunge l'A. -non pu� ritenersi estraneo al nullaosta un elemento votitivo, dato dall'autonomia di determinazione dell'organo agente, sia pure svolgentesi � nell'ambito del conoscere e non in quello dell'agire�; elemento che finisce con il conferire al nullaosta carattere discrezionale amministrativo. Dalla presenza di un elemento volitivo cos� inteso il F. fa derivare una .duplice conseguenza: a) la possibilit� di apporre al nullaosta clausole accidentali (condizioni, termini, modi) idonee a limitare o ad ampliare indirettamente gli effetti ad esso ricollegati; b) la possibilit� che l'atto risulti invalido, oltre che per vizi di legittimit�, anche per vizi di merito. Esposto nelle sue linee essenziali il pensiero dell'A. sull'argomento ci sembra di poter dire che non sempre le tesi enunciate riescono a con~ vincere. L'asserita �presenza nel nullaosta di una discrezionalit� amministrativa dovrebbe far escludere, a nostro avviso, che il medesimo possa ricomprendersi tra i meri fatti di certazione, i quali possono, al pi� ritenersi discrezionali quanto alla loro emanazione (quanto all'an, seco~do la nota formula del GIANNINI M. S.), ma giammai quanto al loro contenuto: qui non pu� ammettersi altra discrezionalit� che non sia meramente tecnica. 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In tal senso, d'altronde, � tutta la migliore dottrina amministrativistica e non ci sembra che il F. sia riuscito, con lo scritto in rassegna, a fugare le perplessit� che suscita la tesi contraria. Ci sembra, poi, di poter aggiungere che l'affermazione dell'A. -secondo cui nel nullaosta, per la presenza di un elemento volitivo, si possono inserire clausole dirette a limitare od ampliare gli effetti permissivi contraddica chiaramente alle premesse del suo ragionamento, in base alle quali nel nullaosta gli effetti permissivi dovrebbero ricollegarsi direttamente alla norma giuridica, senza alcuna mediazione della volont� dell'organo amministrativo agente. Ci pare, infatti, che, se l'autorit� amministrativa pu� limitare od ampliare gli effetti permissivi del nullaosta, la sua volont� non pu� dirsi del tutto fuori causa. E se non � fuori causa, ci� altro non vuol dire che anche il nullaosta rientra tra le manifestazioni di volont� della p. A., cio�, tra i provvedimenti amministrativi di natura autorizzativa, cosi come ha sempre ritenuto la dottrina. ~ doveroso aggiungere, comunque, che lo studio in rassegna, anche se non del tutto convincente per i motivi ora esposti, ha il merito di aver sottoposto all'attenzbne degli studiosi la figura giuridica del nullaosta, che, poco approfondita in dottrina, ha nella pratica una rilevante frequenza, cosi com'� fatto chiaro anche dalle note esemplificative poste dall'A. in calce al suo scritto. G. ZINGALt, Obbligazione tributaria, vol. XI, pagg. 685-693. Lo studio in rassegna contiene una piana esposizione dei lineamenti generali dell'obbligazione tributaria con deliberata esclusione di ogni approfondimento delle pi� vive dispute dommatiche (ma ricche di pratiche implicazioni -aggiungiamo noi) che si sono avute e �Continuano ad aversi sul delicato argomento. Per il carattere stesso dello scritto, ci limitiamo, in questa sede, ad accennare unicamente al problema della c. d. solidariet� formale nel rapporto giuridico tributario che, in contrasto con le premesse, viene vivacemente affrontato dall'A. e risolto in senso contrario alla tesi sostenuta dall'Amministrazione finanziaria e sempre condivisa dalla Giurisprudenza. In proposito dobbiamo rilevare che le osservazioni dello Z. si riducono, per la verit�, ad un'elencazione di pretesi inconvenienti pratic~ per ci� stesso assolutamente irrilevanti ed inadeguati a contrastare le solide argomentazioni da pi� parti svolte in favore della solidariet� formale (Sul punto si v. la Relazione dell'Avv.ra dello Stato per gli anni 1956-1960, II, 341, nonch� AzzAfUTI Gms., La solidariet� nelle obbligazioni tributarie, Scritti giuridici, CEDAM, 1963, 502). . . . � Non ci sembra, infatti, che l'affermazione -secondo cm l~ sohdarieta formale consente agli uffici fiscali di � scegliere � per lo svolgimento dell'intero rapporto tributario � il contribuente pi� malleabile, pi� abulico, meno preparato ed eventualmente in rotta con gli altri condebitori (!) e trovare in tale scelta un motivo per avere risultati vantaggiosi � -possa avere qualche valore sul piano strettamente giuridico. Sul delicato tema dell'accertamento tributario lo scritto in rassegna fa rinvio, per motivi di coordinamento, all'apposita � voce � contenuta nel primo volume dell'opera. L. GALATERIA, Ordine amministrativo, vol. XII, pagg. 107-111. In nucleo centrale la parte pi� interessante, del breve scritto in rassegna � dato dall'esam'e del noto problema dell'obbedienza all'ordine ~mministrativo da parte del destinatario; problema che per la scarsa ed im.perfetta regolamentazione giuridica della m~teria ha ric.evuto,. fi~o a~ oggi, soluzioni contrastanti, non di rado suggerite da cons1deraz10m etiche e politiche del tutto estranee al tema. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 17 L'A. alle dottrine che controvertono sull'ammissibilit� di un sindacato solo formale o anche sostanziale sull'ordine da parte del soggetto passivo oppone una sua teoria, secondo cui la valutazione della giuridicit� dell'atto amministrativo operata dal destinatario di esso non pu� assolutamente rientrare in una forma di �sindacato., se questo viene rettamente inteso. A tal proposito il G. rileva che il sindacato, per sua stessa natura, non pu� che essere esercitato da un soggetto che occupa una posizione di supremazia rispetto all'autore dell'atto, ovvero da un terzo che si pone super partes. Esso presuppone l'esistenza di una potest� speciale attribuita dall'ordinamento giuridico solo ad alcuni organi, i quali rivestono una particolare posizione di autonomia e di indipendenza ed hanno, normalmente, poteri inquirenti, intesi in senso molto lato. Il suo effetto �, poi, quello di agire sulla volont� dell'organo sottoposto ad esso o impedendole di venire giuridicamente in vita o annullandola. il chiaro -prosegue l'A. -che nessuno dei caratteri propri del sindacato, forma tipica di eterovalutazione, si riscontra nella valutazione dell'ordine da parte del suo destinatario; valutazione che si appalesa come mera autovalutazione, svolgentesi tutt'intera in un ambito �strettamente psicologico Difatti, la posizione di soggetto ipassivo del rapporto autoritario, propria del destinatario dell'ordine, la mancanza in lui del potere di compiereoperazioni dirette a procurargli la certezza giuridica intorno agli elementi di fatto che stanno a base dell'atto da valutare, l'assoluta inidoneit� dell'autovalutazione ad incidere positivamente sulla volont� del soggettoattivo dell'atto fanno si che la valutazione del destinatario,. oltre ad agireesclusivamente sulla stessa volont� del soggetto che la compie, si presenti con carattere di incompletezza, parzialit� e superficialit� che sono in apertocontrasto con l'essenza di ogni forma di sindacato. Per accertare l'esistenza dei fatti che stanno alla base dell'ordine amministrativo, delle norme da cui scaturisce la potest� ordinatoria del soggetto attivo e degli stessi elementi costitutivi dell'atto, il destinatario secondo l'A. -pu� solo compiere quegli accertamenti dei fatti che cadono sotto la sua osservazione immediata e diretta, pu� solo fondarsi, cio�, su quelle prove storiche, che, per loro stessa natura, non potranno mai dargli una vera e propria certezza giuridica. Oltre alla critica delle teorie che ammettono un sindacato formale o sostanziale del destinatario .sull'ordine amministrativo, lo scritto in rassegnacontiene, a mo' di premessa all'accennato �problema, un'analisi degli elementi costitutivi dell'atto in esame ed una descrizione delle sue principali classificazioni. L. MAZZELLA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * d. P. R. 18 novembre 1965, nn. 1477�1485. -Sono nove decreti emanati (in virt� della delega conferita al Governo con legge 9 ottobre 1964, n. 1058) per il riordinamento e la organizzazione dell'Amministrazione della difesa e del relativo personale, anche civile (G. U. 15 gennaio 1966, n. 11, Suppl.). d. P. R. 22 n�ovembre 1965, n. 1646. -Modifica l'articolo 9 del regolamento generale dei servizi postali (parte seconda -servizi a danaro) approvato con r. d. 30 maggio 1940, n. 775, specificando la documentazione necessaria per ottenere il pagamento di somme dall'Amministrazione postale (G. U. 18 febbraio 1966, n. 43). d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1531. -Disciplina l'attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di turismo e di industria alberghiera (G. U. 29 gennaio 1966, n. 24). d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1532. -Disciplina l'attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di biblioteche e di musei di Enti locali (G. U. 29 gennaio 1966, n. 24). d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1562. -Disciplina l'attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di espropriazione per pubblica utilit� (G. U. 2 febbraio 1966, n. 28). d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1563. -Sostituisce il quarto comma dell'articolo 420 del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato approvato con r. d. 23 maggio 1924, n. 827 (comma aggiunto con l'articolo 31 del d. P. R. 30 giugno 1955, n. 1544 e gi� modificato dall'articolo 3 del d. P. R. 25 gennaio 1962, n. 71), elevando, fra l'altro, a lire 600.000 l'importo delle somme il cui pagamento pu� essere effettuato su esibizione degli indicati documenti di identit� personale (G. U. 2 febbraio 1966, n. 28). legge 20 di.:embre 1965, n. 1443. -Modifica l'articolo 139 del testo unico sullo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, disponendo una diversa composizione del Consiglio superiore della pubblica amministrazione (G. U. 5 gennaio 1966, n. 3). d. P. R. 30 dicembre 1965, n. 1498. -Apporta variazioni al regime daziario della tariffa doganale, in applicazione de~li articoli 14 e 23. del Trattato di Roma (G. U. 24 gennaio 1966, n. 19, Suppi.). d�.p, R. 30 dicembre 1965, n. 1655. -Dispone, in attuazione dell'articolo 221 del Trattato istitutivo della Comunit� Economica Europea, che � Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 il terzo comma dell'articolo 26 della legge 7 marzo 1938, n. 141 (con prescrizioni per i cittadini e gli Enti stranieri portatori di azioni delle Banche dichiarate di interesse nazionale) non si applica nei confronti dei cittadini ed Enti degli Stati membri della Comunit� Economica Europea (G. U. 28 febbraio 1966, n. 52). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice penale, art. 28 (Interdizione dai pubblici uffici) sec�ondo com� ma, .n. 5, e terzo c:omma, limitatamente alla parte in cui i diritti in essi previsti traggono titolo da un rapporto di lavoro (1). Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106. r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 CTesto unico delle leggi sulle pensioni civili e militari), art. 183, primo comma, lettera aJ, e terzo comma (2). Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. (Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). r. d. I. 31 dicembre 1925, n. 2383 (Norme per il trattamento di quiescenza dei salariati statali), art 29, primo comma, lettera aJ, e quarto comma (2). Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. (Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). r. d. 11 aprile 1926, n. 752 (Poteri dell'alto Commissario per la citt� e la provincia di Napoli in materia di espropriazioni per pubblica utilit�), art. 2, secondo comma, nella parte in cui estende la competenza della Giunta speciale presso la Corte di appello di Napoli alle procedure espropriative riguardanti beni immobili situati nella provincia di Napoli (art. 77, primo comma, della Costituzione). Sentenza 10 gennaio 1966, n. 2, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. Ordinanza di rimessione 29 novembre 1963 della Corte di appello di Napoli, G. U. 29 agosto 1944, n. 212 e in questa Rassegna, 1964, II, 132. � Fra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state sollevate o decise le questioni di legittimit� costituzionale. (1) L'illegittimit� costituzionale del terzo comma � stata dichiarata a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. (2) Illegittimit� costituzionale dichiarata a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 20 dicembre 1932, n. 1849 (Riforma deZ testo unico deUe Zeggi suHe servit� militari), art. 3, secondo comma, in quanto non prevede l'indennizzo per limitazioni della propriet� privata di natura espropriativa (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 20 gennaio 1966, n. 6, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. Ordinanza di rimessione 27 gennaio 1964 della Corte di Cassazione, G. U. 29 agosto 1964, n. 212 e in questa Rassegna, 1964, II, 132. r. d. I. 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento deZla cassa di previdenza per Ze pensioni agii impiegati degli enti ZocaZi), art. 43, primo comma, n. 1, e secondo comma (1). Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. (Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). legge 6 luglio 1939, n. 1035 (Approvazione deU'ordinamento deUa cassa di previdenza per Ze pensioni dei sanitari), art. 36, prim�o comma; art. 37, primo comma (1). Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. (Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). legge 25 luglio 1941, n. 934 (Ordinamento deUa cassa di previdenza per Ze pensioni ai salariati degZi enti locali), art. 42, primo comma, n. 1, � secondo comma; art. 43 (1). Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. (Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). legge 13 agosto 1959, n. 904 (Sistemazione, migZioramento ed adeguamento deUe strade statali di primaria importanza e integrazione di fondi per Z'esecuzione deZ programma autostradale), artt. 1 e 4 (articolo 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 10 gennaio 1966, n. 1, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. Ordinanza di rimessione 10 aprile 1964 del Consiglio di Stato, G. U. 12 settembre 1964, n. 225 e in questa Rassegna, 1964, II, 180. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1019 (Norme sui licenziamenti per riduzione di personale dei Zavoratori dipendenti daHe imprese industriali), arti� ~olo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes l'Accordo interconfederale del 20 dicembre 1950 per la parte in cui prescrive l'obbligo di un previo procedimento di conciliazione fra le organizzazioni sindacali. Sentenza 8 febbraio 1966, n. 8, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. Ordinanze di rimessione 23 e 31 marzo 1964 del Pretore di Monsummano Terme (G. U. 13 giugno 1964, n. 144 e in questa Rassegna, 1964, II, 97) e 9 marzo 1965 del Pretore di Firenze (G. U. 30 aprile 1965, n. 109 e in questa Rassegna, 1965, II, 50). (1) Illegittimit� costituzionale dichiarata a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. j }i I f PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 21 NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice penale, art. 81 (Pi� violazioni di una o di dive1�se disposizioni di legge con una o pi� azioni. Reato continuato), secondo e terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 febbraio 1966, n. 9, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. Ordinanza di rimessione 3 marzo 1965 del Pretore di Pesaro, G. U. 10 luglio 1965, n. 171 e in questa Rassegna, 1965, II, 106. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 62 (artt. 4 e 35 della Costituzione). Sentenza 8 febbraio 1966, n. 7, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. Ordinanza di rimessione 16 ottobre 1964 del Pretore di Torino, G. U. 3 aprile 1965, n. 85 e in questa Rassegna, 1965, II, 48. r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale dei Minorenni), art. 9, secondo comma, prima parte (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 febbraio 1966, n. 10, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. Ordinanza di rimessione 12 gennaio 1965 del Pretore di Iseo, G. U. 27 febbraio 1965, n. 52 e in questa Rassegna, 1965, II, 14, con richiamo ai precedenti. r. d. 14 luglio 1960, n. 1019 (Norme sui licenziamenti per riduzione di personale dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), arti� colo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 2, lettera e) (salvo per quanto concerne l'inciso � tanto in caso di accordo, come in caso di insuccesso della procedura conciliativa � ), 4, 5 e relativa clausola di chiarimento dell'Accordo interconfederale del 20 dicembre 1950 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 8 febbraio 1966, n. 8, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. Ordinanze di rimessione 23 e 31 marzo 1964 del Pretore di Monsummano Terme (G. U. 13 giugno 1964, n. 144 e in questa Rassegna, 1964, II, 97) e 9 marzo 1965 del Pretore di Firenze (G. U. 30 aprile 1965, n. 109 e in questa Rassegna, 1965, II, 50) . . NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice penale, art. 11 (Rinnovamento del giudizio), primo co1nma, in quanto incompatibile con il principio ne bis in idem, cui deve riconoscersi natura di norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta (art. 10 della Costituzione). Corte di assise di La Spezia, ordinanza 5 novembre 1965, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Codice penale, art. 204 (Accertamento di pericolositd. Pericolositd sociale presunta), seo:ondo comma; art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziario), primo comma, in quanto, nel contemplare e disciplinare ipotesi di pericolosit� sociale presunta, rendono possibile il ricovero in manicomio di persone attualmente sane di mente ed impediscono al giudice l'esercizio del potere di discrezionale apprezzamento sulla ricorrenza dei presupposti di fatto per la restrizione della libert� personale (art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). Sezione istruttoria presso la Corte di appello di Genova, ordinanza 16 novembre 1965, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12 (1) Codice penale., art. 222 (Ricovero in manicomio giudiziario), in quanto, in relazione all'art. 204 del codice penale, rende possibile il ricovero in manicomio di persone attualmente sane di mente (art. 32 della Costituzione), comporta una indiscriminata applicazione della misura di sicurezza (art. 27, terzo comma, della Costituzione), impedisce al giudice di valutare se applicare o meno la sanzione (art. 13, secondo comma, della Costituzione) e pregiudica il diritto dell'imputato alla difesa (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Siena, ordinanza 9 novembre 1965, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12 (1) Codice penale, art. 559 (Adulterio), in quanto punisce l'adulterio solo della moglie (artt. 3 e 29 della Costituzione) (2). Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 13 ottobre 1965, G. U. 29 gennaio 1965, n. 25. Codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del Pretore nel procedimento con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto implicitamente consente al Pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza che l'imputato sia stato interrogato. Pretore di Ferrara, ordinanza 30 novembre 1965, G. U. 12 feb braio 1966, n. 38 (art. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanze 26 ottobre 1965, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25; 9 novembre 1965 (due), G. U. 15 gennaio 1966, n. 12; 16 novembre 1965 (due), G. U. 29 gennaio 1966, n. 25 e 12 febbraio 1966, n. 38; 23 novembre 1965 (tre), G. U. 12 febbraio 1966, n. 38 (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (3). Codice di procedura penale, art. 435 (Reati commessi in udienza; giudizio immediato), secondo comma, in quanto non concede termine (1) Per altre ordinanze di rimessione cfr. in questa Rassegna, 1965, II, 13 e 173. (2) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 559 del codice penale � stata gi� dichiarata non fondata con sentenza 28 novembre 1961, n. 64 della Corte Costituzionale. (3) Per altre ordinanze di rimessione cfr. in questa Rassegna, 1965, II, 78, 107, 142 e 173. Analoga questione � stata sollevata per r,art. 506 del codice di procedura p�nale dal Pretore di Padova (ord. 19 luglio 1965, Gazzetta Ufficiale 30 ottobre 1965, n. 273 e in questa Rassegna, 1965, II, 142). ~:::�ft"Jllif-W.~?&::"...-/.-=:::.:.::::-=:@"x::.:0:.:=:.:::-.::.:..:-::::::g:=<::u=::?.W...:.:...-x::=::..-w.-%".t:w%::%.-=-==---:::::::-=-:.:w-.?-w.�-:m::-=--=-.::..~::-:.-...-x:-=--=-�x:�:--..:-:-:::..-=-=-=::...:..x:-=-=�=-=.:::=r.::::::.:;=;�.::==-%~-=-0.r.-:-:.:-:-w.-//.-x::!:::::::x:w PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 23 per la difesa in ipotesi di giudizio immediato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (1). Tribunale di Belluno, ordinanza 10 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. Codice di procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), ultima parte, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione di un termine per preparare la difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Belluno, ordinanza 10 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F (Legge sui lavori pubblici), arti� colo 317, in quanto conferisce al Governo il potere di emanare norme penali nell'esercizio di una potest� regolamentare (artt. 1, secondo comma, 70, 76, 77 e 25, secondo comma, della Costituzione) (2) Pretore di Caltanissetta, ordinanza 6 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), art. 8, ultimo comma, in quanto impone l'adempimento del servizio militare anche a persone che non siano attualmente cittadini italiani (art. 52 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani), se ed in quanto conferisca ai comitati provinciali forestali il potere di dettare norme per la previsione e la repressione di reati (artt. 25 e 77 della Costituzione) (3). Pretore di Troina, ordinanza 11 novembre 1965, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 15, in quanto consente all'autorit� di pubblica sicurezza di privare temporaneamente il cittadino della libert� personale, senza atto motivato dell'autorit� giudiziaria (art. 13, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 31 maggio 1965, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. (1) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 435 del codice di procedura penale, proposta con riferimento all'art. 25 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 9 luglio 1963, n. 122 della Corte Costituzionale. (2) La questione � stata gi� sollevata, in riferimento al solo art. 25, secondo comma, della Costituzione, con ordinanza 23 giugno 1965 del Pretore di Borgo San Lorenzo, (Gazzetta Ufficiale 31 luglio 1965, n. 191 e in questa Rassegna, 1965, Il, 107). (3) Dal testo dell'ordinanza di rimessione la questione di legittimit� costituzionale risulta proposta, in riferimento al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, per gli artt. 27 e 30 delle prescrizioni di massima e di polizia forestale per la provincia di Enna. 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 136, sia per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 in quanto, limitando la detraibilit�, ai fini dell'imposta complementare, ai soli oneri afferenti i redditi, innova restrittivamente all'art. 8 della legge 30 dicembre 1923, n. 3062 (art. 76 della Costituzione), sia perch�, escludendosi la detraibilit� di altri oneri, non viene ad essere presa in seria ed adeguata considerazione, ai fini della determinazione dell'imposta complementare, la capacit� contributiva del soggetto passivo (art. 53 della Costituzione) (1). Commissione distrettuale delle imposte di Polistena, ordinanza 9 novembre 1965, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 15, n. 6 (artt. 1, 3 e 51 della Costituzione) (2). Consiglio comunale di Chieuti, deliberazioni 5 marzo 1965 (due) G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 93, in quanto prevede, per il fatto di chi sottoscrive pi� di una dichiarazione di presentazione di candidatura, una pena pi� grave rispetto a quella prevista, per Io stesso fatto, dall'art. 106 del d. P. R. 30 marzo 1957, n. 361 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanze 21 novembre 1965, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12, e 6 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'esercito, nella marina e nell'aeronautica), art. 1, lettera b, in quanto, per il richiamo alle leggi vigenti in materia di cittadinanza e quindi anche all'art. 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, impone l'adempimento del servizio militare a persone che non siano attualmente cittadini italiani (art. 52 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. (1) Sotto il primo profilo, in riferimento, cio�, all'art. 76 della Costituzione, la questione � stata gi� sollevata dalla Commissione provinciale delle imposte di Genova con ordinanza 20 novembre 1964 (Gazzetta Ufficiale 1965, n. 65 e in questa Rassegna, 1965, II, 48). (2) La questione, recentemente riproposta in riferimento agli artt. 51, 24 e 113 della Costituzione (Consiglio comunale di Cassala, deliberazione 24 febbraio 1965, Gazzetta Ufficiale 17 aprile 1965, n. 98 e in questa Rassegna, 1965, II, 49) e in riferimento agli artt. 3, 24, 51 e 113 della Costituzione (Consiglio comunale di Reggio Emilia, deliberazione 25 marzo 1965, Gazzetta Ufficiale 5 giugno 1965, n. 139 e in questa Rassegna, 1965, II, 80), � stata gi� dichiarata non fondata in riferimento agli artt. 24 e 113 della Co11tituzione (sentenza 11 luglio 1961, n. 42), in riferimento agli artt. 24, 25, 48 e 113 della Costituzione (ordinanza 7 luglio 1962, n. 81) e in riferimento agli artt. 24, 25, 51 e 113 della Costituzione (ordinanza 20 dicembre 1962, n. 119). Per le altre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 15 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (nei vari numeri della disposizione) cfr. in questa Rassegna, 1964, II, 134 e 1965, II, 49, 80, 110, 143, con richiamo alle relative pronunce della Corte costituzionale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 25 NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE � STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice civile, art. 274 (Ammissibilit� dell'azione) -manifesta infon datezza (artt. 24 e 111 della Costituzione) (1). Ordinanza 13 gennaio 1966, n. 5, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. Ordinanza di rimessione 29 dicembre 1964 del Tribunale di Siracura, G. U. 17 luglio 1965, n. 178 e in questa Rassegna, 1965, II, 106. Codl�:e penale, art. 509 (Inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro e delle decisioni dei magistrati del lavoro), primo comma -manifesta infondatezza (art. 39 della Costituzione) (2). Sentenza 8 febbraio 1966, n. 8, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. Ordinanze di rimessione 24 e 31 marzo 1964 del Pretore di Monsummano Terme, G. U. 13 giugno 1964, n. 141 e in questa Rassegna, 1964, II, 91. (1) L'art. 274 del codice civile � stato gi� dichiarato illegittimo con sentenza 12 luglio 1965, n. 70 della Corte Costituzionale. (2) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenza 17 aprile 1957, n. 55 della Corte coatituzionale. CONSULTAZIONI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Responsabilit� per annullamento di illegittima iscrizione all'Universit�. Se una studentessa, iscritta all'Universit� nonostante che il suo titolo di studio non fosse idoneo, possa richiedere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'annullamento, da parte del Rettore, dell'esame di ammissione e dell'iscrizione ai primi due anno di corso (n. 307). APPALTO Legittimazione attiva all'azione ex art. 1668 c. c. nei confronti dell'appaltatore. Se l'Amministrazione che abbia agito quale stazione appaltante dietro incarico della soppressa gestione INA-Casa, a norma degli artt. 11 1. n. 43 del 1949, 2 1. n. 1148 del 1955, 6 e 7 d. P. R. n. 1265 del 1956, per la costruzione di un certo edificio, che sia stato collaudato e consegnato alla predetta Gestione giusta le leggi di cui sopra, sia legittimato attivamente alla azione di responsabilit� decennale nei confronti dello appaltatore a sensi dell'art. 1669 c. c. (n. 291). ASSICURAZIONI Crediti all'esportazione -Garanzia assicurativa -Pagamento dell'indennizzo. Se il pagamento, da parte dell'Istituto Nazionale Assicurazioni, dell'indennizzo derivante da un contratto di assicurazione dei crediti alle esportazioni di merci e servizi soggetti a rischi speciali, debba essere effettuato al soggetto in cui favore e quale creditore pignoratizio siano stati vincolati tutti i diritti nascenti dal contratto di assicurazione, ovvero all'assicurato (n. 68). AUTOVEICOLI Ipoteca. Se, in caso di distruzione per eventi bellici dell'autoveicolo gravato da I diritto reale di garanzia, sia operativo l'art. 2, 5� comma del r.d(.l. 15 )mar-, zo 1927 n. 436, relativo alla disciplina del termine quinquennale n. 68. Se sia opponibile ai terzi la decadenza dell'ex proprietario da diritti ed azioni derivanti da contratti di guerra non denunciati entro il termine utile di cui al d. 1. 25 marzo 1948 n. 674 art. 1 (n. 68). BORSA Agente di cambio -Compatibilit� con la professione di cambiavalute Compatibilit� con qualifica di socio accomandante in ditta esercente atti vit� di cambiavalute. Se la professione di agente di cambio sia compatibile con quella di cambiavalute (n. 20). PARTE II, CONSULTAZIONI 27 Se la professione di agente di cambio sia compatibile con la qualifica di socio accomandante in ditta esercente attivit� di cambiavalute (n. 20). CACCIA E PESCA Licenze. Se l'obbligo di munirsi della licenza di pesca valga anche per gli utenti di un uso civico di pesca (n. 30). CINEMATOGRAFIA Premi governativi -Sequestro. Se, nel pagamento dei premi e contributi governativi concessi ad un film, l'Amministrazione sia obbligata a tener conto di un atto di sequestro di detti crediti, annotato sul Pubblico Registro Cinematografico, ma non notificato all'Amministazione medesima (n. 34). COMUNI E PROVINCIE Decadenza dalla carica di consigliere comunale, per cancellazione dalle liste elettorali. Se l'impugnazione avanti la G.P.A. della delibera del Consiglio Comunale in sede giurisdizionale, con la quale sia stato dichiarato decaduto dalla cadca di consigliere comunale uno dei suoi membri, perch� cancellato dalle liste elettorali, abbia carattere sospensivo agli effetti della decadenza, in attesa delle decisioni della G.P.A. (n. 118). Enti e beni eccl'esiastici. Se per i fabbricati ex conventuali devoluti al Demanio dello Stato e . concessi ai Comuni in forza dei provvedimenti eversivi del periodo napo' eonico, il Comune abbia diritto verso lo Stato al rimborso delle spese di \anutenzione straordinaria (n. 119). '1:.PROMESSO ED ARBITRI �to -Nuovo capitolato generale. 'ia illegittima la costituzione di un collegio arbitrale composto .'art. 42 del capitolato generale del 1895, quando la domanda del. esa sia stato notificata successivamente alla data di entrata in vigore JL nuovo capitolato generale di appalto (n. 22). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO Limiti originari di somma. Se l'adeguamento dei limiti originari di somma (60 volte i limiti inizali), comunque indicati nella legge e nel regolamento di contabilit� generale dello Stato, nelle leggi e nei regolamenti contabili speciali o in disposizioni correlative, e di quelli stabiliti dall'art. 18 del t.u. delJ.e leggi sull'ordinamento della Corte dei conti, sia applicabile all'art. 11, lett. b) del Regolamento per la coltivazione indigena del tabacco (r.d. 12 ottobre 1924, n. 1590), relativo alle garanzie pecuniarie da prestare per l'esatto adempimento degli obblighi inerenti alla coltivazione (n. 210). 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Riconoscimento di debito -Mancanza del capitolo di bilancio. Se possa provvedersi a riconoscimento di debito per regolarizzare una convenzione stipulata tra la Amministrazione ed un privato quando del decreto di approvazione di tale convenzione sia stata negata la registrazione per mancanza del capitolo di bilancio cui imputare la spesa (n. 211). CONTRATTI AGRARI Mezzadria. Se vi sia interferenza tra la norma che sancisce l'improrogabilit� del contratto di mezzadria, nel caso in cui il concedente voglia attuare sul fondo trasformazioni radicali, incompatibili .con la continuazione dello stesso contratto, e la norma che accorda al mezzadro la facolt� di eseguire innovazioni anche se il concedente vi si opponga (n. 18). DANNI DI GUERRA Sfruttamento di brevetto. Se sia assoggettabile ad imposta di R.M. l'indennizzo liquidato di concerto dai Ministeri del Tesoro e dell'Industria e Commercio ad una So Iciet� italiana per un danno di guerra consistente nella confisca da parte degli U.S.A., a danno di detta Societ�, dei canoni maturati nel periodo bellico per lo sfruttamento di un brevetto della Societ� stessa (n. 119). DAZI DOGANALI Spedizioniere doganale -Fallimento. I Se uno spedizioniere doganale dichiarato fallito debba essere sospeso dalle sue funzioni (n. 30). Quali siano, ai sensi dell'art. 37 del Regolamento per la esecuzione della legge doganale (app. con r.d. 13 febbraio 1896 n. 65), le condizioni per I essere riammesso nell'esercizio della patente di spedizioniere o di altro rappresentante doganale (n. 30). I EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggi popolari -cessione in propriet� -spese contrattuali. I Se le spese contrattuali che il d. P. R. 17 gennaio 1959 n. 2 (art. 10) e la legge 27 aprile 1962, n. 231 (art. 7) pongono a carico degli acquirenti degli alloggi popolari soggetti alle disposizioni delle norme suindicate, siano costituite soltanto dagli oneri strettamente connessi con la stipula degli atti di compravendita (n. 170). Alloggi popolari -cessione in propriet� -spese successive alla stipulazione dei contratti. Se le spese che l'Ente proprietario o gestore di alloggi popolari, soggetti alle disposizioni del d. P. R. 17 gennaio 1959, n. 2 e successive modificazioni, deve sostenere per le operazioni successive alla stipulazione dei contratti di vendita si possano porre a carico degli assegnatari degli alloggi (n. 171). PARTE II, CONSULTAZIONI 29 Se le suddette spese possano invece trovare idonea copertura sul prezzo di vendita secondo il disposto dell'art. 21 (lett. b) d. P. R. 17 gennaio 1959, n. 2, modificato dall'art. 11 della 1. 27 aprile 1962, n. 231 (n. 171). Appalto -Legittimazione attiva all'azione ex art. 1669 c. c. nei confronti. dell'appaltatore. Se l'Amministrazione che abbia agito quale stazione appaltante dietro incaricato della soppressa Gestitone INA-Casa, a norma degli artt. 111. n. 43 del 1949, 2 1. n. 1148 del 1955, 6 e 7 D. P. R. n. 1265 del 1956, per la costruzione di un certo edificio, che sia stato gi� collaudato e consegnato alla predetta Gestione giusta le leggi di cui sopra, sia legittimato attivamente all'azione di responsabilit� decennale nei confronti dell'appaltatore a sensi dell'art. 1669 c. c. (n. 172). Assegnazione di alloggi con patto di futura vendita. Quale sia la natura del contratto di assegnazione degli alloggi con patto di futura vendita (n. 173). Se, in presenza di tale contratto ed in pendenza di una procedura di liquidazione coatta' amministrativa, competa al Commissario Liquidatore la facolt� ex art. 72 L. F. di scegliere fra l'esecuzione e lo scioglimento del negozio od invece la natura pubblicistica della destinazione prevista per gli alloggi precluda l'applicabilit� di tale norma (n. 173). EsproPriazioni. Se in virt� della 1. 29 febbraio 1965, n. 217 possa la Gescal procedere ad espropriazioni di aree comprese in piani di zona (di cui alla 1. 167) adottati ma non ancora approvati dal Ministero LL. PP., entro il termine triennale prescritto (n. 174). Se con la legge 21 luglio 1965, n. 940, sia stato modificato anche l'art. 25 1. 14 febbraio 1963, n. 60, nel �senso che si sia voluto dare valore esclusivo al procedimento di espropriazione previsto dalla legge 167 (n. 174). Se, nel caso di occupazione d'urgenza prima dell'approvazione del piano di zona, possa ritenersi che l'espropriazione sia stata iniziata prima dell'approvazione del piano stesso (n. 174). Gescal -Appalti. Se per i contratti di appalto della Gestione INA-Casa dopo l'emissione del nuovo capitolato generale del 1962, la disciplina sia rimasta immutata ovvero abbia subito una modifica nel senso che concorra a stabilirla, con il capitolato della Gestione, quello del 1962, anzich� quello del 1895 del Ministero LL. PP. (175). . Se il nuovo e futuro capitolato della Gestione si applicher�, oltre che per il piano decennale della Gescal, anche per i precedenti piani settennali (n. 175). Se all'ultima parte dei lavori per il completamento del secondo .settennio si applichi il capitolato del Ministero LL. PP. del 1962 in quanto richiamato, in virt� dell'art. 36 1. 14 febbraio 1963, n. 60, nei singoli contratti (n. 175). ENTI E BENI ECCLESIASTICI Fabbricati ex conventuali. Se 1per i fabbricati ex conventuali devoluti al Demanio dello Stato e concessi ai Comuni in forza dei provvedimenti eversivi del periodo napoleonico, il Comune abbia diritto verso lo Stato al rimborso delle �spese di manutenzione straordinaria (n. 42). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 30 ESPROPRIAZIONE PER P. U. Cessione gratuita del bene da espropriare. Se sia possibile giuridicamente l'espropriazione per pubblica utilit� ove il proprietario del bene, in sede di accordo amichevole, abbia ceduto gratuitamente il bene stesso all'Amministrazione espropriante (n. 214). Gescat. Se in virt� della 1. 29 febbraio 1965, n. 217 possa la Gescal procedere ad espropriazioni di aree comprese in piani di zona (di cui alla 1. 167) adottati ma non ancora approvati dal Ministero LL. PP., entro il termine triennale prescritto (n. 215). Se con la 1. 21 luglio 1965, n. 904 sia stato modificato anche l'art. 25 1. 14 febbraio 1963, n. 60, nel senso che !S� sia voluto dare valore esclusivo al procedimento di espropriazione previsto dalla 1. 167 (n. 215). Se, nel caso di occupazione d'urgenza prima dell'approvazione del piano di zona, possa ritenersi che l'espropriazione sia stata iniziata prima dell'approvazione del piano stesso (n. 215). FALLIMENTO Interessi moratori. Se i crediti d'imposta assistiti da privilegio generale continuino a produrre interessi dopo la dichiarazione di fallimento (n. 95). Se tali interessi siano anch'essi assistiti da privilegio (n. 95), Penale per forniture inadempiute. Se la penale prevista per l'inampimento del fornitore possa essere applicata anche quando il contratto non abbia esecuzione per effetto della dichiarazione di fallimento del fornitore stesso (n. 96). Spedizioni doganali. Se uno spedizioniere doganale dichiarato fallito debba essere sospeso dalle sue funzioni (n. 97). Quali siano, ai sensi dell'art. 37 del Regolamento per la esecuzione della legge doganale (approvata con r. d. 13 febbraio 1896, n. 65), le condizioni per essere riammesso nell'esercizio della patente di spedizioniere o di altro rappresentante doganale (n. 97). FERROVIE Poteri di vigilanza sui concessionari di linee ferroviarie. Se l'Amministrazione dei Trasporti nell'esercizio del suo potere di vigilanza �sui concessionari di linee ferroviarie possa adottare qualsiasi provvedimento che, nel suo discrezionale apprezzamento di merito, ritenga necessario, ancorch� non previsto da alcuna norma, salvo che si tratti di provvedimenti espressamente vietati dalla legge (n. 372). IMPIEGO PUBBLICO Aumento anticipato di stipendio. Se .sia legittima la revoca dell'atto con cui � stato attribuito l'aumento anticipato di stipendio per la nascita di un figlio, in base unicamente alla espressa rinuncia fatta dall'impiegato dello Stato a percepire il suddetto emolumento (n. 598). I I I . . " I;~~ I PARTE II, CONSULTAZIONI 31 Benefici di carriera. Se ai pubblici dipendenti che, beneficiando della I. 2 febbraio 1962 n. 37, siano stati inquadrati nelle qualifiche dell'ex gruppo A con decor~ renza dal 1� gennaio 1957 possano essere riconosciuti anche i benefici di carriera previsti dalla 1. 16 luglio 1960, n. 705 (riconoscimento nei limiti di legge, ai fini dell'anticipata ammissione agli scrutini per la promozione ad ispettore di 1 � classe del servizio precedentemente prestato nel gruppo di concetto o in quello dei dirigenti dell'esercizio) (n. 599). Combattenti -Benefici. Se l'attribuzione della qualifica di combattente integri una questionedi diritti soggettivi ovvero di interessi legittimi (n. 600). Dipendenti dell'Ufficio Italiano Cambi -Compilazione dell'e note di qualifica -Criteri da seguire. Se ai fini della compilazione delle note di qualifica dei dipendenti dell'Ufficio Italiano Cambi, il requisito dell'assiduit�, e cio� della regolarit� e puntualit� della presenza in servizio, debba essere valutato in senso relativo o assoluto, vale a dire indipendentemente o meno da quelle situazioni legittimamente riconosciute che giustifichino un'assenza dal servizio (n. 601). Se il requisito della produttivit�, sempre al medesimo fine, nel caso di assenza giustificata dal servizio, vada valutato in rapporto ad una situazione obbiettiva, e cio� da un punto di vista prevalentemente quantitativo (n. 601). Equo indennizzo. Se l'equo indennizzo previsto dall'art. 68 t. u. n. 3 del 1957 a favore dell'impiegato che sia rimasto infortunato per ragioni di servizio, sia da decurtare della somma che l'interessato abbia conseguito o potr� conseguire a titolo di risarcimento del danno da parte di un terzo (n. 602). E.N.P.A.S. -Concessione mutui. Se l'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dipendenti Statali (E.N.P.A.S.) possa concedere mutui al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 29 1. 19 gennaio 1942, n. 22 e successive modifiche (n. 603). Impiegati del Poligrafico dello Stato. Se la diversa misura dell'assegno forfettario da corrispondere ai graduati del personale dell'Istituto Poligrafico dello Stato addetto al controllo ed alla vigilanza sulla produzione dei valori dipenda dalle mansioni concretamente esercitate dal personale stesso ovvero dall'appartenenza alle particolari qualifiche tecniche previste nella delibera istitutiva (n. 604). Lavoro a cottimo -Sanzioni disciplinari. Se sia legittima la disposizione dell'Amministrazione PP. TT. che impone l'obbligo di apporre la firma di presenza con l'indicazione dell'ora di inizio e termine del lavoro a coloro che eseguono prestazioni a cottimo, anche straordinarie (n. 605). Se al personale che incorra in atti di indisciplina fuori dell'orario d'obbligo, ma in occasione delle prestazioni straordinarie a cottimo, possano irrogarsi le sanzioni disciplinari stabilite dal D. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3 (n. 605). Se sia legittima l'applicazione della sanzione pecuniaria per errori contabili involontari anche nei confronti del personale di concetto che esegua prestazioni straordinarie cottimizzate di carattere esecutivo (n. 605). 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPORTAZIONI -ESPORTAZIONI Assicurazione crediti all'esportazione. Se il pagamento, da parte dell'Istitut? Na;zional~ Assic1;1razio~i: dell'indennizzo derivante da un contratto di assicurazione dei crediti alle esportazioni di merci e servizi soggetti a rischi. specia.li, deb):>~ es_sere effettuato al soggetto in cui favore e quale cr�editore p1gnoi;atizio siano stati vincolati tutti i diritti nascenti dal contratto di assicurazione, ovvero all'assicurato (n. 37). IMPOSTA DI BOLLO Istanze in materia di applicazione di norme sul lavoro. S'e devono redigersi in bollo, ai sensi dell'art. 38 della tariffa. a~l. A alla legge sul bollo di cui al D. P. R. 25 giugno 1953, n. 492, le richieste che vengono rivolte da ditte e privati datori di lavoro per ottenere proroghi; di termini fissati per la regolarizzazione delle inosservanze alle norme di legge, la cui applicazione � affidata alla vigilanza degli Ispettorati del Lavoro, ai sensi dell'art. 9 del D. P. R. 19 marzo 1955, n. 5~2, no~ch� per la proroga dei termini fissati per l'adempimento d:i ~ltre disposizio~i che i detti organi possono impartire in altri casi previsti dalla legge (n. 28). IMPOSTA DI R. M. Sfruttamento di brevetto. Se sia assoggettabile ad imposta di R. M. l'indennizzo liquidato di concerto dai Ministeri del Tesoro e dell'Industria e Commercio ad una Societ� italiana per un danno di guerra consistente nella confisca da P.arte degli U. S. A., a danno di detta Societ�, dei canoni m!iturati nel periodo bellico per lo sfruttamento di un brevetto della Societ� stessa (n. 31). I.G.E. Prova del presupposto tributario. Se possa essere assoggettabile ad I. G. E. una ~ttivit� svolta. in c<?ntropartita di un corrispettivo virtuale (nella specie �contropartita di una concessione accordata da Societ� che gestiva un'aeroporto) (n. 110). . . Se sia ammissibile la prova per testi ai fini di indiV:iduare ur:'attivit� in concreto svolta per stabilire il modo di cor:responSione dell'imposta, estraneo restando al thema decidendum sia l'an che il quantum debeatur (n. 110). Societ� cooperative -Contributi ver ispezioni. Se il contributo dovuto dalle Societ� cooperative per le spese relative alle ispezioni ordinarie sia da assoggettare ad I. G. E. (n. 111). IMPOSTE E TASSE Condono tributario. S'e la concessione del condono in materia tributaria pr7visto. dalla 1. 31 ottobre 1963, n. 1458 sia condizionata anche alla espressa rmunc1a del contribuente alla pretesa di rimborso dell'imposta pagata (n. 401). PARTE II, CONSULTAZIONI 33 Fallimento del contribuente. Se i crediti d'imposta assistiti da privilegio generale continuino a produrre interessi dopo la dichiarazione di fallimento (n. 402). Se tali interessi siano anch'essi assistiti da privilegio (n. 402). Imposta di fabbricazione sulla saccarina. Se debbano applicarsi le sanzioni previste dall'art. 9 1. 2 luglio 1902, n. 238 quando la saccarina assegnata dalla Direzione Generale Dogane per esclusivo uso farmaceutico sia stata impiegata per uso diverso da quello consentito (n. 403). Pena pecuniaria. Se l'obbligazione di pagamento della pena pecuniaria inflitta per le violazioni delle norme tributarie che non costituiscono reato, ai sensi della 1. 1929, n. 4, art. 3, si trasmette agli eredi del trasgressore (n. 404). Ripetizione di somme indebitamente versate a titolo di imposta. Se l'Amministrazione Finanziaria debba restituire le somme percette indebitamente a titolo di imposta nel loro esatto ammontare, quando vi sia staJta una tempestiva richiesta in tal senso da parte del contribuente, anche se, nella richiesta, sia indicata erroneamente una somma inferiore a quella indebitamente versata (n. 405). Agevolazioni fiscali di cui al d.l. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598. Se la definizione contenuta nell'art. 2 del d. 1. C. P. S. 14 dicembre 1947, n. 1598, dei soggetti agevolati come stabilimenti industriali tecnicamente organizzati e costruzioni annesse comprenda o meno l'impianto industriale di trasporto del gas naturale, comunemente denominato metanodotto (n. 406). ISTRUZIONE SUPERIORE Iscrizione all'Universitd -Annullamento -Danni. Se una studentessa, iscritta all'Universit� nonostante che il suo titolo di studio non fosse idoneo, possa richiedere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'annullamento, da parte del Rettocre, dell'esame di ammissione e dell'iscrizione ai primi due anni di corso (n. 18). MEZZOGIORNO Cassa per il Mezzogiorno -Contributi agli imprenditori artigiani -Revoca. Se, nel caso di cancellazione, dal relativo ,albo, dello imprenditore artigiano operante nel Mezzogiorno o nelle Isole, possa essere revocato il contributo .concesso dalla Cassa per il Mezzogiorno al fine della trasformazione, ammodernamento e meccanizzazione della azienda o per le opere murarie (n. 32). Stabilimenti industriali -Gasdotti. Se la definizione contenuta nell'art. 2 del d.1. C. P. 8'. 14 dicembre 1947, n. 1598, dei soggetti agevolati come stabilimenti industriali tecnicamente organizzati e costruzioni annesse, comprenda o meno l'impianto industriale di trasporto del gas naturale, comunemente denominato metanodotto (n. 33). 34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MONOPOLI Apparecchi di accensione. Se la norma di cui all'art. 4 1. 11 gennaio 1956, n. 2, che ha degradato ad illecito amministrativo il fatto della detenzione di apparecchi di accensione, debba rHenersi innovatrice nell'intera materia de qua od invece abbia la pi� limitata portata di modificare la disciplina legislativa in relazione al sopradetto specifico fatto (n. 47). Cessione di rivendita di generi di monopolio a trattativa privata. Se l'Amministrazione dei Monopoli dello Stato possa legittimamente rifiutarsi di acconsentire acch� una rivendita di generi di monopolio venga ceduta ad 'altri a trattativa privata (art. 31 1. 22 dicembre 1957, n. 1293), ove il cessionario sia il coniuge di noto e pericoloso contrabbandiere (n. 48). Coltivazione di tabacchi. Se l'adeguamento dei limiti originari di somma (60 volte i limiti iniziali), comunque indicati nella legge e nel regolamento di contabilit� generale dello Stato, nelle leggi e nei regolamenti contabili speciali o in disposizioni correlative, e di quelli stabiliti dall'art. 18 del t.u. delle leggi sull'ordinamento deLla Corte dei Conti, sia applicabile all'art. 11, lett. b')1 del Regolamento per la coLtivazione indigena del tabacco (r.d. 12 ottobre 1924, n. 1590), relativo alle garanzie pecuniarie da prestare per l'esatto adempimento degli obblighi inerenti alla coltivazione (n. 49). MUTUO E.N.P.A.S. -Concessione di mutui. Se l'Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per i Dipendenti Statali (E.N.P.A.S.) possa concedere mutui al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 29 1. 19 gennaio 1942, n. 22, e successive modifiche (n. 4). OPERE PUBBLICHE Capitolato generale -Gescal. Se per i contratti di appalto della Gestione INA-Casa, dopo l'emissione del nuovo capitolato generale del 1962, la disciplina sia rimasta immutata ovvero abbia subito una modifica nel senso che concorra a stabilirla, con il capitolato della Gestione, quello del 1962, anzich� quello del 1895 del Ministero LL. PP. (n. 66). Se il nuovo e futuro capitolato della Gestione si applicher�, oltre che per il piano decennale della Gescal, anche per i precedenti piani setten nali (n. 66). S'e all'ultima parte dei lavori per il completamento del secondo set tennio si applichi il Capitolato del Ministero dei LL. PP. del 1962 in quanto richiamato, in virt� dell'art. 36, 1. 14 febbraio 1963, n. 60, nei singoli con tratti (n. 66). POSTE Pubblicit� su!la corrispondenza. Se, irn tema di pubblicit� effettuata mediante stampigliatura sulla corrispondenza, ed in considerazione della concessione in monopolio delle . PARTE II, CONSULTAZIONI. 35 forme pubblicitarie industriali, cotnm�rciali e professionali ~fatta alla Soc. Publipost, debba !ritenersi nullo il contratto stipulato dalla P. A. con detta Societ� per una propaganda di carattere solidaristico (nella specie divulgazione di norme del codice deLla strada) e quindi ripetibili le somme a tali fini corrisposte (n. 119). PROPRIETA INDUSTRIALE Danni di guerra. Se sia assoggettabile ad imposta di R. M. l'indennizzo liquidato di concerto dai Ministeri del Tesoro e dell'Industria e Commercio ad una Societ� italiana per un danno di guerra consistente nella confisca da parte degli U.S.A., a danno di detta Societ�, dei canoni maturati nel periodo bellico per lo sfruttamento di un brevetto della Societ� stessa (n. 6). REGIONI '~gione Trentino-Alto Adige -Casse rurali. $e la Regfone Trentino-Alto Adige pu� istLtuire o autorizzare l'istitu\ di istituti di credito con provvedimento regionale (n. 133). ~ABILITA CIVILE 'TtA.T.O. adibiti a conduzione di autoveicoli. ' dicembre 1962, n. 1833, che attiene alla disciplina della \i dipendenti dello Stato italiano, abiliti alla conduzione di \plicabile ai dipendenti della N.A.T.O. (n. 222). ' la Turchia. li accordi di consolidamento in vigore con la .1trisposto l'interesse moratorio del 3 %, convenuto ,., sui versamenti fatti da debitori turchi al Banco ��a per il successivo trasferimento a favore di creditori ,, a favor.e di tali creditori sia stato stipulato nei singoli 1fiteresse di mora c.d. contrattuale da corrispondersi per tutto ., coJ:'ll'ente da1la scadenza fino all'effettivo trasferimento (n. 21). , gli interessi moratori c.d. contrattuali debbano essere calcolati in , �aso sul costo della fornitura (n. 21). SPESE GIUDIZIALI Condanna del querelante nelle spese. Se la condanna alle spese del querelante sia titolo per la iscrizione di ipoteca legale a favore dello Stato (n. 18). Se tale condanna, in caso di querela proposta dal legale rappresentante dell'offeso, debba intendersi far carico al rappresentato od invece al rappresentante (n. 18). 36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Accordo multilaterale d� Parigi -Interessi moratori. Se, in base a:gli attuali accordi di consolidamento in vigore con la Turchia, debba essere corrisposto l'interesse moratorio del 3 % , convenuto con gli accordi stessi, sui versamenti fatti da debitori turchi al Banco Centrale di Turchia, per il successivo trasferimento a favore di creditori italiani, quando a favore di tali creditori sia stato stipulato nei singoli contratti un interesse di mora c.d. contrattuale da cOTTispondersi per tutto il periodo corrente dalla scadenza fino all'effettivo trasferimento (n. 23). Convenzione di Londra per la N.A.T.O. Se la particolar.e procedura di risarcimento dei danni stabilita daJ.l'aTt. VIII della Convenzione di Londra ratificata con la 1. 30 novembre 1955, n. 1335 sia applicabile anche ai casi di responsabilit� contrattuale (n. 24). TRATTATO DI PACE Accordo con l'India. Se, alla luce dello scambio di note tva l'Italia e l'India del 17 marzo 1959, il blocco dei saldi di cassa in contanti si possa considerare come una pura e semplice misura di difesa valutaria da parte del Governo Indiano dell'epoca, occasionata dalla guer.ra e destinata a cessare automaticamente con il riattivarsi dei normali rapporti, sicch� il suddetto accordo andxebbe inteso come una messa a disposizione delle somme a favore dei titolari, di cui l'art. 4 dell'Annesso Il verrebbe a dare al nostro Governo piena libert� d'apprezzamento amministrativo e politico per il riparto, sia per quanto gi� conseguito, sia per quanto ancora da conseguire dall'India (n. 86). NOTIZIARIO L'INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 1966 PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE All'apertura del nuovo anno giudiziario presso la Suprema Corte di Cassazione il consueto interesse ha destat'O la Relazione Annuale del Procuratore Generale della Repubblica. Il dott. Poggi, dopo essersi brevemente soffermato sull'esame dei dati statistici relativi all'andamento degli affari presso i vari uffici giudiziari e dopo aver rilevato la crisi dell'istituto della Conciliazi'One, ha fatto constatare il progressivo accrescersi del numero dei procedimenti civili esauriti, nell'ambito dello stesso grado, oltre il triennio dal loro inizio ed un costante aumento delle pendenze, presso quasi tutti gli uffici giudiziari, nonostante la generale diminuzione deg1i affari .civili e penali sopravvenuti nel corso dell'anno. Una parziale spiegazione del mancato pareggio annuale tra cause sopravvenute e cause esaurite � stata trovata dal P. G., per la materia civile, nel tempo vanamente impiegato dai magistrati per la preparazione e nel corso delle udienze istruttorie, e, per la materia penale, nella frequenza di sospensioni o rinvii dei dibattimenti per omessa o irregolare citazione o per difetto di altri adempimenti di legge causati dall'imperfetta organizzazione dei servizi di cancelleria, degli uffici giudiziari ed anagrafici. Sugli aspetti sostanziali della litigiosit� civile, il dott. Poggi ha rilevato che non vi sono state variazioni notevoli rispetto agli anni precedenti, salvo l'aumento delle dichiarazioni di fallimento, dei protesti cambiari, dei pignoramenti e delle separazioni personali tra coniugi. Nel campo della criminalit�, invece, all'aumento di alcuni reati (adulterio, concubinato, atti osceni, omicidio preterintenzionale o colposo, truffa e contravvenzioni in genere) ha fatto riscontro una diminuzione di altri (lesioni personali colpose, ingiurie, minacce, violazioni di domicilio, violenze carnali, omicidi, lesioni personali volontarie, risse, estorsioni ed emissioni di assegni a vuoto). Dopo un rapido ma particolare accenno al problema della mafia siciliana e dopo un esame delle ben note questioni relative alla carriera dei magistrati ed alla riforma dell'ordinamento giudiziario, il P. G. � entrato nel vivo dei temi dibattuti sia nel Congresso dei Mag�istrati, organizzato dall'Associazione Nazionale Magistrati a Gardone Riviera nel settembre del decorso anno e sia nel Convegno organizzato dal Centro internazionale di studi giuridici a Monza nell'ottobre sucessivo. Il dott. Poggi si � occupato cosi del disegno di legge-delega per la riforma del codice di procedura penale, dichiarandosi favorevole alla sottrazione della funzione istruttoria al P. M. e del delicato problema della funzione giurisdizionale in relazione all'indirizzo politico della Costituzione, negando all'interpretazione del giudice carattere di vera e propria partecipazione alla produzione del diritto. Richiamandosi al concetto tradizionale proprio della cosidetta giu risprudenza concettuale e del positivismo giuridico, il dott. P'Oggi ha riaffermato il concetto dell'inammissibilit� di lacune nell'ordinamento giu ridico e del carattere meramente conoscitivo o dichiarativo della attivit� interpretativa, definita tipicamente vincolata. RASS'EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La relazione s'� conclusa con l'auspicio, formulato dal P. G., di un perfezionamento nel metodo della massimazion~ dell~ s~ntenze del~a !'~-m prema Corte, nel senso do� di far precedere ail.l enuncia~ione del iprmc1pio ~ di diritto una sintetica esposizione del fatto accertato m sede di ~erito! @ per meglio individuare la ratio decidendi specifica e concreta ed i reali d confini del contenuto della pronuncia. CONVEGNO DI STUDI Organizzato dall'Istituto di Architettura e di Urba~istic~ e dalla Ca~tedra di materie giuridiche della Facolt� d'Ingegneria, si svolger� m Napoli, il giorno 12 marzo 1966, un convegno di studi.avente per oggetto i riflessi giuridici ed econoin:ici della .sent~nza 2~ ,geru:~io ~966, n. 6 emessa dalla Corte Costituzionale m materia di servitu militari. . . Al convegno parteciperanno eminenti giuristi e noti cultori d! ur~anistica e di estimo per esaminare quali conseguenze potr� avere. il p~mcipio affermato dal giudice di costituzionalit� circ~ la c. d. general~zzaz~one 'dell'indennfazo nella materia relativa alla formazione ed alla realizzazione dei piani urbanistici. I I r