ANNO XVIII -N. 1 

GENNAIO -FEBBRAIO 1966 

Fascicolo unico 
in attesa di autorizzazione 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


'



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

l 9 6 6 



ABBONAMENTI 

ANNO L. 5.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 900 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in ItaLy 

(5211801) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



Con questo numero la direzione di questa pubblicazione 
periodica viene assunta dal collega Avv.. UGO GARGIULO, 
che per due anni ha; gi� partecipato al coordinamento 
apportandovi un contributo attivissimo e molto 
apprezzato. 

La cura delle sezioni seconda e quinta viene assunta 
rispettivamente dai colleghi Avv. BENEDETTO BACCARI e 
MARIO FANELLI, mentre i colleghi Avv. LUIGI MAzzELLA e 
ARTURO MARZANO cureranno la rassegna di dottrina e 
legislazione. 

Ai colleghi che lasciano l'incarico lodevolmente espletato, 
Avv. LEONIDA CoRREALE e GIORGIO ZAGARI e, particolarmente, 
al collega Avv. ARISTIDE SALVATORI che, per 
molti anni ha curato il coordinamento della pubblicazione, 
va il pi� vivo ringraz~amento per la proficua attivit� 
svolta, nella certezza che essi continueranno a dare, anche 
in avvenire, al periodico la loro migliore collaborazione. 

Ai colleghi che continuano nell'incarico va il pi� sentito 
apprezzamento per l'opera fin qui svolta. A tutti, gli 
auguri migliori di buon lavoro. 

LA RASSEGNA 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTltTU:Z!l.ONALE 1E INTERNA


ZIONALE 
pag. 

Sezione seconda: 
GIURISP1RU DENZA su QUESTIONI DI GIUR,ISDI� 
ZIONE 32 

Sezione terza: 
Gl<U~liSPRUDENZA CIVll.!E )) 74 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINIST1RATIVA 137 

Sezione quint�a: 
GliUiRISP1RUDENZA rnlBUT MIA )) 153 

Sezione sesta: 
GIURISPIRUDENZA 'IN MATBRl'A DI ACQUE PUBBLKHE, 
APPALTI iE FORNITUR1E . 189 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA PENALE 248 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

QUESTIONI pag. 
RASSEGNA DI DOHRINA 8 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 18 
CONSULTAZIONI 26 

NOTIZll~!R,10 . . 
37 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag,li avvocati: 
Michele Savarese, Benedetto Saccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, 
Giuseppe 'Del Greco, Antonino Terranova 


Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Luigi Mazzella e Arturo Marzano 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


QUARANTA A., Osservazioni in tema di discrezionalit� e di 
responsabilit� della p. a. . . . . . . . . . . . . . . . 

CONTI M., In tema di improponibilit� assoluta della domanda . 

MANDO' G., Cumulabilit� del risarcimento del danno e della 
pensione privilegiata . . 

MANDO' G., Sulla nozione di � fatto di guerra � 

MANDO' G., Sulla decorrenza del termine di prescrizione dell'azione 
di risarcimento del danno derivante da reato perseguibile 
a querela . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

CARUSI F., Esecuzione d'ufficio di ordinanze del Sindaco in materia 
edilizia e responsabilit� per danni . . . . . . . . . 

DE LUCA F., Ancora in tema di opere di bonifica . 

QUARANTA A., Osservazioni sulla natura giuridica e sulla funzione 
dell'avviso di accertamento . . . . . . . . . . . . 

ALBISINNI G., I provvedimenti di determinazione dei bacini 
imbriferi montani e limiti del sindacato giudiziario . . . 

CARAMAZZA I. F., Mutata destinazione dei prodotti petroliferi 
e fraudolento procacciamento buoni speciali . . . . . . . 

MAZZELLA L., Sulla pretesa responsabilit� del docente di scuola 
pubblica per il fatto illecito commesso da un allievo in 
danno di un condiscepolo . . . . . . . . . . . . . . . 

I, 47 
I, 57 
I, 76 
I, 84 
I, 89 
I, 99 
I, 156 
I, 173 
I, 190 
I, 248 
II, 1 

I 


I 
I
ID 
~ 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Controversia fra privati -Competenza 
dei Tribunali delle acque 
pubbliche, 220. 

-Espropriazioni per le opere di 
raccolta e regolazione delle acque 
-Determinazione dell'indennit� 
-Perizia disposta dal Presidente 
del Tribunale -Inammissibilit� 
-Valutazione da parte 
del Genio Civile -Legittimit�, 

214. 
- 
Giudizi e procedimenti dinanzi 
ai Tribunali delle Acque -Norme 
processuali applicabili -Rinvio 
del t.u. n. 1775 del 1933 al 

c.p.c. del 1865 -Natura -Effetti 
-Estinzione del processo Inapplicabilit�, 
216. 
-Opere di utilizzazione delle acque 
pubbliche -Domanda di risarcimento 
dei danni -Ammissibilit�, 
222. 

-Sottensione totale di utenza Compenso 
-Determinazione della 
qualit� e quantit� della prestazione 
-Liquidazione del compenso 
in danaro -Rifiuto dell'Amministrazione 
dei LL. PP. a provvedervi 
-Illegittimit�, 210. 

Sovracanoni dovuti dai concessionari 
di grandi derivazioni d'acque 
per forza motrice le cui opere 
di presa siano site nell'ambito 
di bacini imbriferi montani -Decreto 
del Ministro dei Lavori 
Pubblici determinante il perimetro 
dei bacini imbriferi montani Provvedimento 
di perimetrazione 
adottato non sulla base di criteri 
tecnici sibbene per scopi di pubblico 
interesse -Illiceit� e disapplicazione, 
189. 

- 
Utenze di acque pubbliche attuate 
per il trentennio anteriore 
alla pubblicazione della 1. 10 agosto 
1884, n. 2644 e regolarmente 
riconosciute -Concessione di 
utenze in base alla legislazione 

vigente -Preferenza delle prime 
rispetto alle seconde, 216. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Potest� discrezionale della p. a. 
di sospendere durante lo stato 
di guerra l'esecuzione di opere in 
corso -Mancato o difettoso esercizio 
-Lesione diritti subiettivi Insussistenza 
-Azione giudiziaria 
risarcitoria -Improponibilit�, 

124. 
APPALTO 

-Appalto-concorso di opera d'arte 
-Perfezionamento -Scelta del 
progetto da parte della Commissione 
-Impugnativa -Esclusione 
-Provvedimento che approva 
la graduatoria, aggiudicando 
la esecuzione dell'opera -Impugnativa 
-Ammissibilit�, 137. 

-Appalto-concorso -Perfezionanamento 
-Scelta del progetto 
da parte della Commissione -Impugnativa 
-Esclusione -Provvedimento 
della p. a. che rende 
propria la scelta o che approva 
il contratto di appalto -Impugnativa 
-Ammissibilit�, 137. 

-Appalto di opere pubbliche Accertamenti 
relativi a danni da 
forza maggiore -Contestazioni 
dell'Impresa -Onere dell'immediata 
riserva, 233. 

-Appalto di opere pubbliche -Applicabilit� 
dell'art. 1664, 2� comma, 
cod. civ. -Condizioni, 225. 

-Appalto di opere pubbliche Cottimo 
fiduciario stipulato dal 
Ministero Difesa-Aeronautica Riserve 
-Scavo di sbancamento 
in terreno argilloso di eccezionale 
durezza -Allibramento dei 
relativi lavori ed apposizione, accanto 
alla firma dell'Impresa, della 
espressione � con riserva�, senza 
altra specificazione -Ratio 

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VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle norme sulla tempestivit� 
delle riserve -Controllo sul fatto 
conteso e controllo sul costo 
dell'opera -Tempestivit� della 
riserva -Condizioni -Fattispecie, 
244. 

-Appalto di opere pubbliche Danni 
dipendenti da opere idrauliche 
-Rischio -Imputazione, 

231. 
-Appalto di opere pubbliche Divieto 
di cessione di credito e 
di rilascio di procure per l'appaltatore 
-Limite temporale, 200. 

-Appalto di opere pubbliche Impreviste 
difficolt� di esecuzione 
-Oneri relativi -Riserva immediata, 
233. 

-Appalto di opere pubbliche Opere 
provvisionali -Definizione, 
231. 

-Appalto di opere pubbliche Ordine 
errato della Direzione dei 
lavori -Concorrente responsabilit� 
dell'Impresa, 233. 

- 
Appalto di opere pubbliche Opere 
di difesa delle piene fluviali 
-Morbide -Assimilazione 
a causa di forza maggiore Esclusione, 
231. 

-Appalto di opere pubbliche Riserve 
-Decadenza -Concetto 
e distinzioni, 225. 

-Appalto di opere pubbliche Riserve 
per prescrizioni difformi 
dalla normativa contrattuale Onere 
dell'immediata proposizione, 
233. 

-Appalto di opere pubbliche Riserve 
riguardanti controversie 
di diritto -Proposizione tardiva Ammissibilit�, 
233. 

-Appalto di opere pubbliche Termine 
di ultimazione -Proroghe 
-Condizioni e conseguenze, 

225. 
Difficolt� nell'esecuzione dei lavori 
-Applicabilit� dell'art. 1664 

e.e. -Estremi -Prezzo di scavo 
comprendente anche la roccia da 
mina -Rinvenimento, in quantit� 
eccezionale, di roccia di particolare 
durezza -Inapplicabilit� 
dell'art. 1664, 200. 
APPELLO 

-Domanda nuova -Quando sussiste, 
93. 

-Divieto di mutamento della domanda 
-Riduzione del contenuto 
giuridico della domanda origina


ria -Non rientra nel divieto Sostituzione 
di domanda di accertamento 
a domanda di condanna 
-Ammissibilit�, 106. 

ARBITRATO 

-Capitolato Generale della Cassa 
per il Mezzogiorno -Richiamo 
contenuto nell'art. 45 di detto 
capitolato all'art. 49 del Capitolato 
Generale dello Stato del 
1895 -Non vale ad introdurre 
nel capitolato della Cassa la rinunzia 
alle impugnazioni ivi previste, 
200. 

-Indivisibilt� del lodo -Nullit� 
di un capo -Estensione dell'invalidit� 
all'intera decisione, 200. 

-Mancata notifica della domanda 
arbitrale all'Avvocatura dello 
Stato -Nullit�, 202. 

-Nullit� del lodo -Inosservanza 
delle regole di diritto -Estremi, 

200. 
- 
Richiesta di deposito atti progettuali 
e relazioni riservate -Inam


missibilit�, 225. 

-Tempo del giudizio arbitrale Giudizio 
durante la esecuzione 
dei lavori e prima dell"approvazione 
del collaudo -Presupposti 
-Rilevanza economica della 
controversia -Valutazione -Se 
spetti ad una delle parti o al 
Collegio arbitrale, 206. 

ATTI AMMINISTRATIVI 

-Annull:amento di ufficio -Ricorso 
giurisdizionale -Ordinanza di 
sospensione -Rinnovazione dell'atto 
immune da vizio -Legittimit�, 
138. 

-Atti interni -Circolari -Differenza 
rispetto ai regolamenti, 124. 

-Atto confermativo -Nozione Fattispecie, 
139. 



INDICE 
IX 

-Atto definitivo -Atti del Sindaco 
-Requisizione ex art 7 legge 

n. 2248, all. E, del 1865 -Non � 
definitiva, 143. 
Comunicazfone -Comunicazione 
in copia fotostatica accompagnata 
da nota della p. a. -Legittimit�, 

138. 
Interpretazione -Criteri -Criteri 
previsti dal Codice civile per 
l'interpretazione dei contratti Applicabilit� 
-Giudizio di legittimit� 
-Incensurabilit�, 189. 

-Sanatoria -Deliberazione da parte 
di organi incompetenti -Ratifica 
da parte dell'organo competente 
-Legittimit�, 147. 

CACCIA E PESCA 

-Caccia -Inclusione coattiva di 
fondi nelle riserve -Oondizioni 
-Divieto di esercizio di caccia 
-Differenza, 152. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Competenza per valore -Cause 
relative a beni immobili -Eccezione 
di incompetenza per valore 
-Onere del convenuto che 
solleva l'eccezione di provare la 
non sottoposizione dell'immobile 
a tributo ed in genere di SV'Olgere 
l'attivit� probatoria necessaria 
per dimostrare quale sia il 
giudice competente, 115. 

-Consiglio di Giustizia amministrativa 
per la Regione siciliana 
-Commissione elettorale mandamentale 
-Natura -Ricorso per 
cassazione avverso la pronuncia 
resa dal Consiglio di giustizia 
amministrativa in ordine a delibera 
di detta Commissione Inammissibilit�, 
41. 

-Contratti stioulati dal Ministro Necessit� 
dell'approvazione ai fini 
della giurisdizione dell'a.g.o. Esclusione, 
con nota di M. CONTI, 
56. 

Contratti sottoposti ad approvazione 
-Configurabilit� di diritti 
soggettivi -Esclusione, con nota 
di M. CONTI, 56. 

-Contratto di acquisto di tabacco 
estero da parte dell'Amministrazione 
dei Monopoli -Domanda 
di adempimento formulata dal 
privato -Responsabilit� -Indagine 
sul se il contratto sia stato 
stipulato in Italia o all'estero Non 
� necessaria, con nota di M. 
CONTI, 56. 

-Danni di guerra -Indennizzo Contributo 
di ricostruzione -Pretesa 
del privato alla concessione 
ed alla misura -Inter�esse legittimo 
-Giurisdizione del Consiglio 
di Stato, 53. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Farmacie -Controversie 
per la determinazione 
indennit� di avviamento -Farmacie 
di nuova istituzione -Difetto 
di giurisdizione del'A.G.O., 

44. 
-Giustizia amministrativa -Decisione 
del Consiglio di Stato Contestazione 
dell'esistenza di interesse 
legittimo -Ricorso per 
Cassazione -Ammissibilit�, 36. 

-Improponibilit� della domanda Improponibilit� 
assoluta nei confronti 
della p. a. -Indagine sulla 
ipotizzabilit� in astratto di un 
diritto o interesse provvisto di 
azione o difesa giurisdizionale, 
con nota di M. CONTI, 56. 

-Requisizioni alleate -Indennit� 
ai sensi della legge n. 10 del 
1951 -Giurisdizione dell'A.G.O. Sussiste, 
143. 

- 
V. anche Acque pubbliche, Amministrazione 
dello Stato, Contratti 
pubblici, Demanio. 

COMUNE 

-Dichiarazione di Comune come 
localit� economicamente depressa 
ex legge n. 365 del 1957 -Comuni 
viciniori -Interesse legittimo all'impugnazione 
del provvedimento 
-Sussistenza, 36. 

-Spese di spedalit� -Procedura 
di riscossione privilegiata prevista 
dalla I. 3 dicembre 1931, 

n. 1580 -Applicabilit� nei confronti 
del proprietario di autoveicolo 
investitore per ottenere 
il rimborso delle spese ospeda

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 


liere sostenute per il ricovero 
dell'investito -Natura autonoma 
e non surrogatoria dell'azione 
-Prescrizione quinnquennale, 86. 

-V. anche Edilizia. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Idoneit� del concessionario a far 
fronte 'agli impegni assunti Diniego 
di approvazione -Legittimit�, 
138. 

V. anche Demanio. 
CONTRATTI DI GUERRA 

-Ritardo nella liquidazione e nel 
pagamento di somme dovute dalla 
P. A. -Azione di risarcimento 
danni -Svalutazione monetaria 
-Irrilevanza, 124. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Aggiudicazione -Interesse a ricorrere 
da parte di chi non sia 
precedente concessionario o non 
abbia partecipato alla gara -Non 
sussiste, 138. 

-Licitazione privata -Lettera d'invito 
-Clausole -Interpretazione 
-Competenza del Consiglio di 
Stato -Sussiste, 151. 

-V. anche Appalto, Competenza e 
giurisdizione. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Questione di legittimit� costituzionale 
sollevata in via incidentale 
-Necessit� di un giudizio Questione 
sollevata dal Presidente 
del Tribunale -Inammissibilit�, 
30. 

COSA GIUDICATA 

-Giudicato sul dedotto e sul deducibile 
-Limite -Identificazione 
delle azioni, 115. 

-Giudicato amministrativo -Esecuzione 
-Annullamento di graduatoria 
di un concorso -Necessit� 
di ulteriori provvedimenti 
-Posizioni dei dichiarati idonei 
-Retroattivit�, 150. 

-Giudicato amministrativo -Esecuzione 
-Rinnovazione dell'atto 
annullato -Vizi aceertati nel 
giudicato e rinnovazione dell'atto 
immune dai vizi stessi -Limiti, 

151. 
-V. anche Giustizia amministrativa. 


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Approvazione delle leggi da parte 
delle Camere -Esclusione della 
procedura davanti 'alle Commissioni 
permanenti -Legge di 
bilancio -Nozione, 1. 

-Leggi che importano nuove o 
maggiori spese -Indicazione dei 
mezzi per farvi fronte -Spese 
inserite in esercizi futuri -Legge 
per la sistemazione delle strade 
statali -Illegittimit� costituzionale, 
1. 

-V. anche Espropriazione per p. u., 
Nobilt�, Pena, Piano regolatore, 
Procedimento penale, Reato, Servit� 
militari, Sicilia, Trentino 
Alto Adige. 

DANNI 

-Risarcimento dei danni da fatto 
illecito -Interessi compensativi 
-Costituiscono elemento complementare 
dello stesso danno risarcibile 
per colpa aquiliana -Possono 
essere liquidati di ufficio dal 

I 

Giudice -Sentenza di condanna 
al risarcimento dei danni -Omissione 
di pronuncia in ordine agli 


I

interessi compensativi -Mancata 
impugnazione della sentenza per 
tale vizio -Giudicato sostanziale 
sulla concreta qualificazione del 
danno risarcibile -Sussiste, 111. 


DANNI DI GUERRA 

-V. Competenza e giurisdizione, 
Contratti di guerra. 

DEMANIO 

-Concessione -Imposizione del canone 
-Impugnativa -Giurisdizione 
del giudice amministrativo 
-Concessione di utilizzazione di 


INDICE Xl 

sponde lacuali -Canone -Giurisdizione 
del Tribunale Superiore 
delle Acque, 215. 

-Demanio marittimo -Delimitazione 
-Impugnativa -Posizione 
soggettiva dei privati -Diritto 
soggettivo -Giurisdizione dell'A.
G.O., 146. 

-Demanio storico e artistico -Prelazione 
-Notifica del provvedimento 
oltre il termine di legge 
-Illegittimit� -Emanazione entro 
il termine -Irrilevanza, 144. 

EDILIZIA 

-Comune -Esecuzione di ufficio 
di ordinanza del Sindaco che ingiunga 
al proprietario di eseguire 
urgenti lavori di assicurazione 
della statica di un fabbricato pecolante 
-Attivit� spiegata da organi 
e dipendenti comunali -Riferimento 
allo Stato e non al 
Comune -Colpevole operato di 
dipendente comunale che provochi 
il crollo dell'edificio -Responsabilit� 
dello Stato e non 
del Comune, con nota di F. CARUSI, 
98. 

-V. anche Giustizia amministrativa. 


ENTRATE PATRIMONIALI DELLO 
STATO 

-Procedimento di ingiunzione previsto 
dal t. u. 14 aprile 1910, 

n. 639 per la riscossione delle 
entrate patrimoniali dello Stato, 
delle Provincie, dei Comuni e 
di altri enti pubblici -Opposizione 
-Effetti -Instaurazione di 
un ordinario processo di cognizione 
-Sussiste, 86. 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Decreto di approvazione del progetto 
-Impugnativa fuori termine 
-Inammissibilit� -Censure 
relative ai conseguenziali decreti 
di accesso e di occupazione Inammissibilit�, 
139. 

-Discordanza, per la superficie da 
occupare, tra il decreto di accesso 
e il decreto di occupazione Adeguamento 
di questo ultimo 

alle risultanze dell'accesso -Le


gittimit�, 140. 

-Espropriazione parziale e totale 
-Differenza -Rapporto tra il 
fondo espropriato ed altro fondo 
contiguo, 211. 

-Giunta speciale per le espropriazioni 
nella citt� di Napoli Estensione 
anche alle espropriazioni 
nella provincia di Napoli Illegittimit� 
costituzionale, 9. 

-Notificazione del provvedimento 
ablativo al soggetto espropriato 
-Omissione -Non incide sulla 
validit� del decreto -Diritto all'indennit� 
-Lesione -Sussiste 
-Obbligo del risarcimento del 
danno, 106. 

-Occupazione -Stato di consistenza 
-Autorizzazione all'accesso su 
un fondo comune -Omessa indicazione 
e omessa notifica a un 
comproprietario -Partecipazione 
dello stesso comproprietario all'accesso 
-Irrilevanza delle omissioni, 
140. 

-Opera prevista nel piano -Dichiarazione 
implicita di p. u. Decreto 
di esproprio -Legittimit�, 
140. 

Opposizione alla stima dell'indennit� 
di espropriazione di fondo 
rustico comprensiva del valore 
del soprasuolo -Legittimazione 
autonoma del conduttore 
del fondo -Sussiste, 121. 

-Opposizione alla stima dell'indennit� 
-Termine di decadenza 
-Decorrenza dalla notificazione 
del decreto di espropriazione Equipollenti 
-Esclusione, 106. 

-Stima -Caratteristiche di suolo 
edificatorio -Elementi, 210. 

-V. anche Acque pubbliche. 

GIOCO D'AZZARDO 

-Esercizio di case da gioco di 
Taormina -Esercizio da parte 
della Societ� A. Zagara -Costituisce 
attivit� criminosa, 251. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Controinteressati -Bando di 
concorso -Impugnazione -One




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

ri 
di notifica ai controinteressati 

-Esclusione, 147. 

-Giudicato amministrativo -Esecuzione 
-Licenza edilizia -Annullamento 
-Costruzione eseguita 
in conformit� a licenza annullata 
-Poteri del Sindaco ai sensi 
dell'art. 32 1. 17 agosto 1942, 

n. 1150 -Discrezionalit� -Limiti, 
143. 
-Giudicato amministrativo -Esecuzione 
-Licenza edilizia -Annullamento 
in s. g. -Discrezionalit� 
ai sensi dell'art. 32 1. 1150 
del 1942 -Facolt� di non adottare 
alcun provvedimento -Esclusione, 
144. 

- 
Interesse ,a ricorrere -Interesse 
a impugnare norme regolamentari 
-Presupposti, 148. 

-Motivi di ricorso -Poteri del 
Giudice, 220. 

-Ricorso giurisdizionale -Notificazione 
alla autorit� che ha 
emesso il provvedimento -Omissione 
-Motivi di ricorso -Inammissibilit�, 
148. 

-Ricorso giurisdizionale -Ricorsi 
proposti avverso lo stesso atto 
dinanzi al Consiglio di Stato e 
dinanzi alla G.PA. -Litispendenza 
-Inapplicabilit�, 146. 

-Ricorso giurisdizionale -Ricorso 
cumulativo Ammissibilit� 
Presupposti, 139. 

-Ricorso in sede di legittimit� al 
Consiglio di Stato -Prova per 
testi -Ammissibilit� -Esclusione, 
152. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


GUERRA 

-Fatto di guerra -Nozione, con 
nota di G. MAND�, 83. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Commissione di epurazione 
Parere in ordine alla riassunzione 
di dipendenti licenziati per motivi 
politici -Carattere vincolante 

anche in ordine all'implicito accertamento 
della dipendenza dell'interessato 
dall'Azienda o dall'Ente 
-Trasformazione dell'interesse 
in diritto soggettivo del 
dipendente alla riassunzione, 32. 

-Concorsi -Mutilati ed invalidi 
di guerra e di servizio -Preferenze 
-Documentazione -Esibizione 
-Termine, 148. 

-Concorso -Documentazione -Regolarizzazione 
-Limiti, 148. 

-Ente pubblico economico -Assunzione 
dell'obbligo di riconoscere 
ad un dipendente anzianit� 
retrodatata -Recesso unilaterale 
-Inammissibilit�, 32. 

-Ente pubblico economico -Delibera 
di riassunzione di un dipendente 
licenziato per motivi politici 
-Errore circa la portata delle 
disposizioni concernenti la 
riassunzione -Sussistenza -Apprezzamento 
di fatto -Sindacabilit� 
in Cassazione -Esclusione, 

32. 
-Mutilati ed invalidi di servizio Assunzione 
obbligatoria -Documentazione 
-Prove della qualifica 
-Omessa esibizione del documento 
richiesto dalla p. a. Conseguenze, 
148. 

-Stipendi, assegni, indennit� 
Ripetibilit� di emolumenti non 
dovuti -Limiti -Fattispecie, 145. 

- 
Trasferimento -Elementi rilevanti 
per il trasferimento a domanda 
-Anzianit� di ruolo Irrilevanza 
-Condizioni di famiglia 
-Nozioni e limiti, 149. 

-Trasferimento in seguito a vacanza 
di sede o a domanda Modalit� 
-Regole proprie del 
concorso -Applicabilit� -Esclusione 
-Fattispecie, 149. 

IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE 

-Valutazione di titoli non quotati 
in borsa -Decisioni della Commissione 
provinciale delle imposte, 
sezione speciale -Ricorso 
all'Autorit� giudiziaria ai sensi 
dell'art. 29, terzo comma, del d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit�, 
164. 

Il 
' 

9 




INDICE 
XIII 


IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione fiscale ex articolo 
unico legge 28 giugno 1943, n. 666 
-Trasferimento di immobili soggetti 
a sistemazioni edilizie a 
carico di privati -Inapplicabilit� 
-Trasferimento in mancanza di 
convenzione diretta tra l'acquirente 
e il Comune -Inapplicabilit�, 
con nota di F. FAVARA, 153. 

-Agevolazioni per gli atti di assegnazione 
di beni a soci da parte 
di societ� immobiliari -Nozione 
di societ� immobiliare secondo la 
legge 18 ottobre 1955, n. 930, 169. 

-Agevolazioni per l'incremento 
delle costruzioni edilizie previste 
dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 
-Acquisto con unico atto di area 
destinata alla costruzione di una 
pluralit� di edifici -Ultimazione 
di una parte soltanto degli edifici 
entro il biennio dall'inizio dei 
lavori sull'area complessivamente 
considerata -Decadenza dalle 
agevolazioni -Si verifica, 183. 

Disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti per intrinseca 
loro natura le une dalle altre Nozione, 
179. 

Disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti per intrinseca 
loro natura le une dalle altre Nozione 
-Fattispecie, 179. 

-Opere di bonifica -Atti stipulati 
dai Consorzi di bonifica aventi 
ad oggetto lavori di riparazione 
e manutenzione delle opere di 
bonifica idraulica -Agevolazioni 
tributa:ie -Applicabilit�, con 
nota d1 F. DE LucA, 156. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Commissione tributaria -Procedimento 
davanti alle Commissioni 
-Decisione della Commissione 
Centrale -Ricorso in Cassazione 
ex art. 111 Cos.tituzione -Azione 
giudiziaria ex art. 120 r.d. 11 luglio 
1907, n. 560 -Autonomia 
funzionale, con nota di R. SEMBIANTE, 
161. 

-Commissione tributaria -Procedimento 
davanti alla Commissio


ne Centrale -Ricorso in Cassazione 
ex art. 111 Costituzione Contribuente 
vittorioso dinanzi 
Commissioni -Interesse a ricorrere 
-Insussistenza, con nota di 

R. 
SEMBIANTE, 161. 
-Imposte dirette -Accertamento 
-Avviso di accertamento -Natura 
nel sistema anteriore alla 
legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Poteri 
di accertamento delle Commissioni 
Distrettuali -Soppressione 
-Conseguenze in ordine alla natura 
deH'avviso, con nota di A. 
QUARANTA, 172. 

Imposte dirette -Avviso di accertamento 
-Legge 5 gennaio 
1956, n. 1 -Motivazione analitica 
-Necessit� -Sistema precedente 
-Superfluit�, con nota di A. 
QUARANTA, 172. 

Imposte dirette -Avviso di accertamento 
-Legge 5 gennaio 
1956, n. 1 -Necessit� della motivazione 
-Retroattivit� -Insussistenza, 
con nota di A. QUARANTA, 

172. 
- 
Imposte indirette -Controversie 
di valutazione -Decisioni della 
Commissione provinciale -Vizio 
logico di motivazione -Non deducibilit� 
con azione giudiziaria 
ex art. 29, terzo comma, d. l. 
7 agosto 1936, n. 1639 -'Deducibilit� 
con ricorso per cassazione, 
ex art. 111 Costituzione, 164. 

INGIUNZIONE 

-V. Entrate patrimoniali dello 
Stato. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Interpretazione della legge -Ricorso 
dell'interprete all'analogia 
-Quando � consentito, 93. 

-V. anche Costituzione della Repubblica. 


NOBILTA 

-Cognomizzazione dei predicati 
nobiliari di titoli esistenti prima 
del 28 ottobre 1922 -Riconoscimento 
incidenter tantum di tali 



XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

titoli dopo l'entrata in vigore della 
Costituzione Repubblicana Necessit� 
di applicazfone delle 
norme araldiche -Incompatibilit� 
delle norme araldiche con l'art. 3 
e con la dispos. trans. XIV della 
Costituzione -Non manifesta infondatezza 
della questione, con 
nota di V. PENTINACA, 129. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Transazione -Interpretazione Apprezzamento 
incensurabile del 
giudice di merito, con nota di 

A. 
FRENI, 74. 
OPERE PUBBLICHE 

- 
V. Acque pubbliche, Appalto. 

PENA 

-Pena pecuniaria -Contrasto con 
la finalit� di rieducazione del 
condannato -Esclusione, 28. 

PIANO REGOLATORE 

-Princ�pi generali -Vincoli di 
verde agricolo -di verde privato 
-di verde pubblico -Rapporti 
con la futura espropriazione Contrasto 
con l'art. 42 della Costituzione 
-Eccezione di incostituzionalit� 
-Manifesta infondatezza, 
141. 

-Princ�pi generali -Vincoli -Differenze 
con le espropriazioni e 
con le imposizioni di servit� Natura 
e finalit� -Contrasto con 
l'art. 42 della Costituzione -Eccezione 
di incostituzionalit� Manifesta 
infondatezza, 141. 

-Princ�pi generali -Vincoli -Verde 
pubblico -Destinazione della 
zona a verde pubblico -Implicita 
concreta designazione dell'area, 

141 . 
-Princ�pi generali -Vincoli -Verde 
pubblico -Imposizione su area 
ove esistono costruzioni -Legittimit�, 
141. 

- 
Princ�pi generali -Vincoli -Verde 
pubblico -Natura e finalit� 
-Suscettibilit� di indennizzo Necessit� 
di un piano finanziario 
Esclusione, 141. 

PRESCRIZIONE 

Sentenza penale recante condanna 
generica al risarcimento dei 
danni -Prescrizione del diritto 
al risarcimento -Prescrizione 
decennale da giudicato -Appli


cabilit� anche nei confronti del 
responsabile civile non citato nel 
processo penale e rimasto estraneo 
ad esso -Sussiste, con nota 
di F. CARUSI, 98. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Consulenza tecnica -Non � mezzo 
esonerativo della prova, 106. 

-Prove -Interrogatorio formale Rilevanza 
-Apprezzamento incensurabile 
del giudice di merito, 
con nota di A. FRENI, 74. 

-V. anche Acque pubbliche, Appello, 
Competenza e giurisdizione, 
E'n:trate patrimoniali dello Stato. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Tribunale per i minorenni Esclusione 
di competenza allorch� 
vi siano coimputati maggiori 
di anni 18 -Contrasto col principio 
di eguaglianza -Esclusione, 

22. 
PROPRIET� 

-Azione di regolamento di confini 
-Azione per apposizione di termini 
-Differenza -Modificazione 

necessaria della originaria domanda 
per apposizione di termini 
in domanda di regolamento di 
confini se nel corso del giudizio 
sorge contrasto sulla linea di 
confine, 115. 


-Unione e commissione -Cose 
inseparabili -Rapporto di accessoriet� 
-Proprietario della cosa 
principale -Acquisto della propriet� 
esclusiva del tutto -Obblighi, 
con nota di A. FRENI, 74. 

REATI FINANZIARI 

-Incetta di buoni per l'acquisto 
di carburante a prezzi ridotti Reato 
configurabile, con nota di 

I. F. CARAMAZZA 248. 

INDICE xv 

Incetta di buoni speciali per 
l'acquisto di carburante -Evasione 
dall'imposta di fabbricazione 
-Non sussiste -Fattispecie 
-Amnistia -Applicabilit�, 250. 

REATO 

-Disposizioni sul concorso formale 
di reati e sul reato continuato 
-Violazione del principio di 
eguaglianza -Esclusione, 20. 

-Reato e pena -Pene accessorie 
conseguenti all'interdizione dai 
pubblici uffici -Privazione degli 
stipendi, pensioni ed assegni, a 
carico dello Stato o di altro ente 
pubblico -Illegittimit� costituzionale, 
12. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Danni evitabili dal creditore Esclusione 
del risarcimento Presupposto 
-Colpa grave del 
danneggiato, 106. 

-Danni da reato perseguibile a 
querela -Decreto di archiviazione 
-Decorrenza del termine di 
prescrizione, 88. 

-Discrezionalit� della p. a. -Insindacabilit� 
da parte del G.0. Limiti 
-Scelta del mezzo tecnico 
-Rientra nella discrezionalit� 
tecnica -Sindacabilit� da 
parte del G.0. -Ricostruzione 
di strade con doppia inclinazione 
';lei piano stradale -'Deflusso del' 
acque contro un edificio priW 
-Responsabilit� della p. a. 
fatto illecito e non per ri


_, di sacrifici legittimamente 
..rtecati, con nota di A. QUARANTA, 
46. 

-Rapporto di causalit� tra azione 
ed evento dannoso -Principio 
contenuto nell'art. 41, cpv., c. p. 
Si applica anche nel campo 
della responsabilit� civile, 124. 

-Responsabilit� della pubblica 
amministrazione -Danno sub�to 
in servizio da dipendente statale 

-Compensatio lucri cum damno 

-Pensione privilegiata -Indetraibilit� 
dall'ammontare del risarcimento 
dovuto al dipendente 
del valore capitale della pensione 
privilegiata -Sussiste, con nota 
di G. MAND�, 76. 

-Responsabilit� della p.a. per fatto 
illecito -Responsabilit� della 

p.a. per attivit� lecita -Caratteristiche 
delle rispettive azioni 
-Concorso alternativo delle medesime, 
con nota di A. QUARANTA, 
46. 
SALUTE PUBBLICA 

-Attribuzioni del Prefetto del Medico 
e del Veterinario provinciale 
in materia di sanit� pubblica, 119. 

SENTENZA 

-Motivazione -Omissione o insufficienza 
-Sussistenza o esclusione 
del vizio, 93. 

SERVITU' 

-Servit� militari -Contrasto con 
la tutela della propriet� privata 
-Sussistenza nei casi in cui 
importino espropriazioni -Insussistenza 
negli altri casi, 15. 

SICILIA 

-Potere generale di annullamento 
del Governo -Conflitto di attribuzioni 
per violazione dello Statuto 
regionale -Infondatezza, 14. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-Case economiche e popolari -
Poterd decisori in materia di impiego 
del Fondo per l'incremento 
edilizio -Trasferimento alla Regione 
-Esclusione, 24. 

-Fondo per l'incremento edilizio 
-Illegittimit� costituzionale delle 
relative norme e delle norme 
di attuazione -Insussistenza, 24. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

10 gennaio 1966, n. 1 pag. 1 
10 gennaio 1966, n. 2 9 
13 gennaio 1966, n. 3 12 
13 gennaio 1966, n. 4 14 
20 gennaio 1966, n. 6 15 
8 febbraio 1966, n. 9 20 
8 febbraio 1966, n. 10 . 22 
12 febbrai'O 1966, n. 11 . 24 
12 febbraio 1966, n. 12 . 28 
12 febbraio 1966, n. 13 . 30 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 30 aprile 1965, n. 787 . pag. 32 
Sez. Un., 18 maggio 1965, n. 964 36 
Sez. III, 25 maggio 1965, n. 1005 74 
Sez. Un., 15 luglio 1965, n. 1520 41 
Sez. I, 27 luglio 1965, n. 1787 . 153 
Sez. Un., 11 ottobre 1965, n. 2113 44 
Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2231 . 156 
Sez. III, 25 ottobre 1965, n. 2248 . 76 
Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2271 . 83 
Sez. III, 29 ottobre 1965, n. 2295 . 86 

Sez. III, 8 novembre 1965, n. 2329 . 88 
Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2345 . 161 
Sez. I, 23 novembre 1965, n. 2404 . 93 
Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2482 . 46 
Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2490 . 53 
Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2494 . 164 
Sez. I, 4 gennaio 1966, n. 44 . 169 
Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 92 . 98 
Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 93 . 106 
Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 143 111 
Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 148 172 
Sez. Un., 12 gennaio 1966, n. 207 . 56 
Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 216 � 189 
Sez. II, 22 gennaio 1966, n. 268 . 115 
Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 332 179 

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Sez. I, 9 febbraio 1966, n. 414 . 119 

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. INDICE XVII 

Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 439 . pag. 121 
Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 440 . 124 
Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 496 . 179 
Sez. I, 21 febbraio 1966, n. 537 . 183 

CORTE DI APPELLO 

Messina, 21 maggio 1964 . . pag. 200 
Roma, 5 gennaio 1966, n. 1 . 202 

TRIBUNALE 

Roma, 6 agosto 1965, n. 5646 . . . . . . . . pag. 206 
Roma, Sez. I civ., 30 dicembre 1965 (ordinanza) 129 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

8 giugno 1965, n. 15 . pag. 210 
12 ottobre 1965, n. 21 . 210 
13 gennaio 1966, n. 1 . 214 
17 gennaio 1966, n. 2 . 215 
17 gennaio 1966, n. 4 . 216 
25 gennaio 1966, n. 6 . 220 
1 febbraio 1966, n. 9 . 222 

LODI ARBITRALI 

11 giugno 1965, n. 38 (Roma) . pag. 225 
22 giugno 1965, n. 46 (Roma) . 231 
20 ottobre 1965, n. 81 (Roma) . 233 
11 gennaio 1966, n. 9 (Roma) . 244 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 674 . pag. 137 
Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 675 . 138 
Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 676 . 139 
Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 677 . 139 
Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 679 141 
Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 691 143 
Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 702 143 
Sez. V, 13 novembre 1965, n. 1053 143 
Sez. VI, 3 novembre 1965, n. 758 . 144 



RASSEGNA DELL'AVVOCAT~RA DELLO STATO

XVIII 

770 . 
Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 788 
Sez. VI, 9 novembre 1965 n. 791 . 
Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 795 . 
Sez. VI, 19 novembre 1965, n. 839 
Sez. VI, 26 novembre 1965, n. 859 
Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 862 
Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 871 
Sez. VI, 30 mivembre 1965, n. 874 
Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 883 
Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 884 


Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 22 gennaio 1964, n. 81 
Sez. I, 23 marzo 1965, n. 502 


TRIBUNALE 
. 1966


Roma, Sez. IV, 16 gennaio . . . . . . . . � � � � 

pag. 

pag. 

pag.

� � 

145 
146 
146 
147 
147 
148 
148 
149 
150 
151 
151 

248 
250 

251 

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. 

. 

. 

~ . 

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SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
QUESTIONI 
SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
QUESTIONI 
MAZZELLA L., Sulla pretesa responsabilit� del docente di scuola 
pubblica per il fatto illecito commesso da un allievo in 
danno di un condiscepolo . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

PALADIN L., Il principio costituzionale d'eguaglianza Milano 
1965 (recensione) . . . . . . . . . . . . . . : . . . '. pag. 8 
PALERMO A., Enfiteusi, Superficie, Oneri reali Usi civici UTET � 
Torino, 1965 (recensione) ....... '. .... '... '. 13 
NOVISSIMO DIGESTO ITALIANO, Voll. XI (N-Ora) e XII (Ord-Pes) (
recensione) . . . . . . . . . . . . 13 
AUTORI VARI . . . . . . . , . , . . . . . . , 13 
BoBBIO N., Norma giuridica, Vol. XI, 330-337 . . . . 14 
FERRAR! C., Nulla osta amministrativo, Vol. XI, 450-455 14 
ZINGALI C., Obbligazione tributaria, Vol. XI, 685-693 . 16 
GALATERIA L., Ordine amministrativo, Vol. XII, 107-111 16 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . pag. 18 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

codice penale, art. 28, secondo comma, n. 5, e terzo 
comma . . . . . . . ... pag. 19 

r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 183, primo comma, 
lettera a), e terzo comma . . . . . . . . . . . . . 19 

r. d. l. 31 dicembre 1925, n. 2383, art. 29, primo comma 
lettera a), e quarto comma . . . . . . . . . . . . 19 

r. d. 11 �aprile 1926, n. 752, art. 2, secondo comma . . . 19 
legge 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 3, secondo comma 20 

r. d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 43, primo comma, n. 1, 
e secondo comma . . . . . . . . . . . . . . . . 20 
Legge 6 luglio 1939, n. 1035, art. 36, primo comma� 
art. 37, primo comma . . . . . . . . . . . . . . '. 20 
legg.e 25 luglio 1941, n. 934 ,art. 42, primo comma, n. 1, 
e secondo comma; art. 43 . . . . . . . . ..... 20 
legge 13 agosto 1959, n. 904, artt. 1 e 4 . . . . 20 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1019, articolo unico . . . . 20 



xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 


codice penale, art. 81, secondo e terzo comma . pag. 21 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 62 . 
21 

r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma, 
prima parte 21 

r. d. 14 luglio 1960, n. 1019, articolo unico . 
21 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale 21 

_ 
Norme delle quali il giudizio d_i _legitti1!1'i~� .c?stit~ziona~e 
� stato definito con pronunce di inammis~ibih~�, di ?Jla~ifesta 
infondatezza o di restituzione degli atti al Giudice 
di merito 25 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Amministrazione pub-Impiego pubblico pag. 30 
blica pag. 26 Importazioni -Esporta-
Appalto 26 zioni 32 
Assicurazioni 26 Imposta di bollo . 32 
Autoveicoli 26 Imposta di r.m.. 32 
Borsa 26 LG.E. 32 
Caccia e pesca 27 Imposte e tasse 32 
Cinematografi.a 27 Istruzione superiore 33 
Comuni ,e province 27 Mezzogiorno 33 
Compromesso ed arbitri 27 Monopoli 34 
Contabilit� generale Mutuo 34 
dello Stato 27 Opere pubbliche 34 
Contratti agrari 28 Poste 34 
Danni di guerra 28 Propriet� industriale 35 
Dazi doganali 28 Regioni 35 
Edilizia economica e po-Responsabilit� civile. 35 
polare . 28 

Scambi e valute . 35 

Ente e beni ecclesiastici � 29 

Spese giudiziali 35 

Espropriazione per p.u.. 30 

Trattati e convenzioni 
Fallimento 30 internazionali 36 
Ferrovie. 30 Trattato di pace 36 

NOTIZIARIO 

L'inaugurazione dell'anno giudiziario 1966 presso la Corte 
Suprema di Cassazione . pag. 37 
Convegno di studi 38 




PARTE PRIMA 




GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 10 gennaio 1966, n. 1 -Pres. Ambrosini R.
el. Cassandro -Piazza (avv. Dallari) c. Presidente Consiglio dei 
Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). 

Costituzione della Repubblica -Approvazione delle leggi da parte 
delle Camere -Esclusione della procedura davanti alle Commissioni 
permanenti -Legge di bilancio -Nozione. 
(Cost., art. 72 quarto comma; 1. 13 agosto 1959, n. 904). 

Costituzione della Repubblica -Leggi che importano nuove o maggiori 
spese -Indicazione dei mezzi per farvi fronte -Spese inserite in 
esercizi futuri -Legge per la sistemazione delle strade statali Illegittimit� 
costituzionale. 
(Cost., art. 81, quarto comma; I. 13 agosto 1959, n. 904, art. 1 e 4). 

La disposizione deil'art. 72, ult. comma, della Costituzione, che 
esclude dalla procedura abbreviata davanti alle Commissioni permanenti 
delle Camere l'approvazione delle leggi di bilancio, si riferisce 
soltanto alla legge di approvazione del bilancio vero e proprio, e non 
pure alle leggi che si pongono come un � prius � rispetto a questa, 
quale titolo giuridico della futura spesa (1). 

L'obbligo della copertura finanziaria delle leggi che importino 
nuove e maggiori spese deve essere osservato dal legislatore anche nei 
confronti di spese che la legge prevede siano inserite negli stati di 
previsione di �sercizi futuri. Tale obbligo va osservato con puntualit�, 
rigorosa nei confronti di spese che incidono sopra un esercizio in corso; 
mentre, per le spese riguardanti esercizi futuri, si pu� ammettere 

(1) La questione, come � noto, era stata sollevata con ordinanza 1(} 
aprile 1964 della IV Sezione del Consiglio di Stato (Gazzetta Ufficiale 
12 settembre 1964, n. 225). 
. Dopo la fondamentale sentenza 3 marzo 1959, n. 9 (Giur. it., 1959, I, 1, 
1015) con la quale la Corte affermava la propria competenza a sinaacare 
anche gli interna corporis parlamentari allorch� la loro osservanza sia 
collegata al rispetto di norme costituzionali l'esame dell'art. 72 ultimo 
comma, della Costituzione, era stato compiutb con riferimento ali~ � leggi 
costituzionali � (Cons. Sup. della Magistratura: sent. 23 dicembre 1963, 
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2 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ia possibilit� di copertura, oltre che con i mezzi consueti, anche con 
ia previsione di maggiori entrate, ivi compresa l'emissione di prestiti, 
tutte ie volte che essa si dimostri sufficientemente sicura, non arbitraria 
ed i1�razionaie (2). 

(Omissis). 

1. -Va dichiarata in primo luogo la non fondatezza della questione 
di costituzionalit� dell'art. 4 della legge, sollevata in riferimento 
all'ultimo comma dell'art. 72 della Costituzione, il quale prevede �la 
procedura normale di esame e di approvazione diretta � da parte delle 
Camere per i disegni di legge � di approvazione di bilanci e di consuntivi
�. La tesi della difesa della parte privata che l'art. 4 costituisca 
una norma di legge approvativa di uno stato di previsione della spesa 
� priva affatto di fondamento. In realt�, la norma impugnata non fa, 
da un lato, se non stabilire che le somme previste negli articoli primo 
e secondo della legge devono essere iscritte nello stato di previsione 
della spesa del Ministero dei LL. PP., e, dall'altro, se non autorizzare 
il Ministro dei LL. PP. ad assumere impegni fino alla concorrenza di 
lire 200 miliardi per i lavori previsti dall'art. 1, il solo degli altri 
articoli della legge che, insieme con quello ora citato, viene all'esame 
della Corte nel presente giudizio. E cosl disponendo, essa, com'� di 
tutta evidenza, non approva gi� un bilancio n� una norma di bilancio, 
ma autorizza il Governo ad inscrivere nei bilanci futuri determinate 
somme destinate a determinate spese, e il Ministro dei LL. PP. ad 
assumere impegni di spese entro limiti definiti e lungo un certo arco 
di tempo. Sicch� la norma impugnata si pone come un prius di fronte 
alla legge di approvazione del bilancio, quale titolo giuridico della 
futura spesa, e non ricade perci� tra quelle per le quali il precetto 
costituzionale impone la procedura normale di assemblea. La legge 
di bilancio nella quale queste spese saranno inscritte, ed essa soltanto, 
n. 168, in questa Rassegna, 1963, 174) e con riferimento alle Leggi di proroga 
di � delegazione legislativa � (sent. 10 aprile 1962, n. 32, Giur, it., 1962, I, 
1, 913). 
Con la decisione in rassegna la 'Corte 1afferma il principio che per 

� legge di approvazione di bilanci �, ai fini dell'art. 72, ult. comma, Cast., 
si deve intendere la legge di bilancio in senso formale, cio� il documento 
politico-legislativo che autorizza il Governo alla spesa, in conformit� alle 
previsioni delle leggi sostanziali che tali spese prevedono a carico dello 
Stato. E la decisione appare ineccepibile, in considerazione del fatto che 
solo la legge di bilancio cosl intesa importa una valutazione politica globale, 
tale da dover essere esaminata da ciascun ramo del Parlamento in 
Assemblea, e non in Commissione; senza contare, infine, �Che l'interpretazione 
contraria bloccherebbe l'attivit� del Parlamento, dato il gran numero 
di leggi di spesa, anche di iniziativa parlamentare, che trovano ordinato 
ed oculato esame, perfettamente ortodosso, in sede di Commissioni legislative 
permanenti delle Camere 
(2) Si segnala l'importanza di questa seconda massima, non tanto e 
solo sul piano giuridico, quanto su quello della politica legislativa, di diretta 
competenza del Parlamento. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

3 

deve essere approvata con la procedura dell'ultimo comma dell'art. 72. 
Non pu� asserirsi, quindi, che questa seconda questione sia parte o 
costituisca un aspetto della prima; o lo si pu� asserire soltanto nel 
significato, ben diverso, che la norma dell'art. 4 offre la riprova della 
mancanza di �copertura� della spesa e, pertanto, si pone in violazione 
anch'essa del quarto comma dell'art. 81 della Costituzione. 

�2. -Va respinta anche, preliminarmente, la tesi, svolta dalla 
Avvocatura negli iscritti difensivi, che il fine della legge impugnata 
altro non sia se non di � programmare � le spese che, istituzionalmente, 
corre l'obbligo all'A.N.A.S. di erogare per la costruzione e la manutenzione 
delle strade; dal che conseguirebbe che le norme delle quali 
� denunciata l'incostituzionalit� non si porrebbero in contrasto con 
l'ultimo comma dell'art. 81, limitate come sono ad autorizzare l'iscrizione 
nel bilancio preventivo, secondo una certa distribuzione nel 
tempo, di voci che vi dovrebbero figurare aliunde. Ora, tralasciando 
di esaminare il punto se, anche cosi interpretata, la legge dia luogo 
a una questione di costituzionalit�, sta di fatto che le spese che essa 
prevede sono spese straordinarie, cosi qualificate negli stati di previsione 
del Ministero dei LL. PP. (legge 26 ottobre 19>60, n. 1201, e successive), 
e straordinari sono qualificati i contributi versati all'A.N.A.S., 
negli stati di previsione dell'entrata e della spesa di questa Azienda 
allegati ai ricordati stati di previsione della spesa del Ministero dei 
LL. PP. (�Contributo straordinario per l'attuazione del programma di 
sistemazione, miglioramento e adeguamento delle strade statali rientranti 
fra gli itinerari internazionali e le arterie di grande circolazione 
� -art. 1 legge 13 agosto 1959, n. 904). 

3. -Pertanto la questione di costituzionalit�, che la Corte deve 
esaminare, si pu� dire sia soltanto quella che sorge dall'asserito contrasto 
delle norme contenute nei due articoli della legge 13 agosto 195,9, 
n. 904, con la norma del quarto comma dell'art. 81, che dispone lo 
obbligo del legislatore di indicare i mezzi per far fronte a nuove o 
maggiori spese. 
Si sa che l'interpretazione di questa norma ha dato luogo a discussioni 
e contrasti che non si possono dire, non gi� conclusi, ma 
nemmeno sopiti: sostenendosi da molti con vigore che l'obbligo di 

L'Avvocatura aveva dedotto, per sostenere la legittimit� costituzionale 
della legge denunciata, che essa non importava n� spese � nuove � n� spese

� maggiori �, e quindi era del tutto fuori della previsione dell'art. 81 Cost. 
Infatti, poich� l'ANAS ha il compito istituzionale sia di gestire le strade 
e le autostrade appartenenti allo Stato, curandone la manutenzione ordinaria 
o straordinaria, sia di realizzare il progressivo miglioramento delle 
strade statali e delle nuove autostrade (d. I. Pres. 27 giugno 1946, n. 38, 

leggi n. 59 del 1961 e n. 181 del 1962), la spesa prevista dalla legge in 
esame non poteva essere considerata nuova, trattandosi evidentemente di 
spesa diretta al raggiungimento di uno scopo gi� considerato espressamente 
dalla legislazione preesistente, nella quale veniva appunto a trovare il suo 
fondamento quale titolo di spesa. 



4 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indicare i mezzi per far fronte a nuove o maggiori spese riguardi esclusivamente 
le leggi che, promulgate dopo l'approvazione del bilancio 
preventivo, ne alterino l'equilibrio, e sostenendo altri che, viceversa, 
tale obbligo abbia riferimento e debba essere osservato nei confronti 
di qualsiasi altra legge che immuti in materia di spese non gi� di 
fronte alla legge di bilancio, o non soltanto di fronte a questa, ma di 
fronte alla legislazione preesistente. Nel primo caso si fa riferimento 
a un documento contabile quale � anche (seppure non soltanto), il 
bilancio annuale; nel secondo caso, viceversa, si tiene di vista l'insieme 
della vita finanziaria dello Stato, che, si sostiene, non pu� essere artificiosamente 
spezzata in termini annuali, ma va, viceversa, considerata 
nel suo insieme e nella sua continuit� temporale, segnatamente in un 
tempo, come il presente, nel quale gli interventi statali sempre pi� 
penetranti nella vita economica e sociale del Paese, i traguardi che, 
attraverso la rappresentanza parlamentare, la comunit� nazionale assegna 
a se stessa, impongono previsioni che vanno oltre il ristretto limite 
di un anno e rendono palese la necessit� di coordinare i mezzi 
e le energie disponibili per un pi� equilibrato sviluppo settoriale e 
territoriale dell'intera collettivit�. 

4. -Non si pu� dire che la prassi legislativa si sia ormai affatto 
consolidata nel senso sostenuto da coloro i quali difendono quella 
che ormai usa definire l'interpretazione restrittiva e rigorosa della 
norma dell'art. 81, sulla quale verte il presente giudizio. Vero � che 
sono assai frequenti i casi nei quali le spese nuove o maggiori vengono 
deliberate senza riferimento ai mezzi di copertura, mediante il 
rinvio alla iscrizione loro nei successivi stati di previsione della spesa. 
E vero � altrettanto che non meno frequenti sono gli altri casi, nei 
quali, indicati i mezzi di copertura per l'esercizio in corso -il pi� 
delle volte per una parte minima se non addirittura simbolica delle 
nuove o maggiori spese -, si tralascia affatto di esaminare e risolvere 
il problema dei mezzi che devono fronteggiare la spesa negli 
Che, poi, potessero dirsi � maggiori � rispetto agli esercizi futuri le 
spese previste dalla legge denunciata, diretta alla realizzazione, in un predeterminato 
periodo di tempo, del progressivo miglioramento di certe strade 
statali, era parimenti da escludere, nell'ambito del bilancio statale, dove alla 
normale espansione della spesa pubblica, in relazione alla illimitatezza 
dei fini statali, si fa fronte con il normale incremento delle entrate. 

La Corte ha ritenuto di poter superare questa impostazione facendo 

leva sul carattere � straordLnario � della spesa prevista nella legge de


nunciata. 

Ma -a parte il riUevo che tale qualifica non pu� trovare pi� riscontro 

nella legislazione, dopo che la legge 1 marzo 1964, n. 62 ha modificato la 

legge di contabilit� di Stato sopprimendo la distinzione fra spese ordi


narie e spese straordinarie, e distinguendo, invece, i titoli di spesa in 

titoli di parte corrente (o di funzionamento e mantenimento) e titoli in 

conto capitale (o di investimento) -non � detto che una spesa straordinaria 

(o di investimento) esuli dalla attivit� istituzionale dell'Amministrazione 

che � chiamata, per legge, ad intervenire, in maniera esclusiva e globale, 

in un determinato settore. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

5 

esercizi successivi a quello in corso. Ma non mancano tuttavia casi 
per i quali, viceversa, la legge reca l'indicazione dei mezzi per fronteggiare 
la nuova o maggiore spesa anche per gli esercizi futuri si 
tratti di spesa continuativa, si tratti di spesa straordinaria ripartita 
in un determinato numero di esercizi (cfr., ad esempio, legge 5 giugno 
1954, n. 380; legge 9 agosto 19'54, n. 632; legge 2;0 dicembre 1954, 

n. 1181). Mette conto di riferire in questa sede la legge 18 dicembre 
1962, n. 1748, la quale modific� parzialmente la legge impugnata, 
incrementando inoltre di 15 miliardi la spesa di 200 miliardi gi� stanziata 
e si preoccup� di assicurare la � copertura � della � maggiore � 
spesa non soltanto per l'esercizio in corso (196.2-63), ma anche per lo 
esercizio successivo (1963-64), autorizzando la riduzione del capitolo 
n. 52 dello stato di previsione. dell'A.N.A.S. di 10 miliardi nel primo 
e di 5 nel secondo dei due esercizi considerati. Non si pu� perci� sostenere 
che la prassi parlamentare sia stata costante ed univoca; e lo 
stesso si pu� dire dei dibattiti, degli studi e delle relazioni che si sono 
avute finora in sede parlamentare, che non sono giunti a conclusioni 
unanimemente condivise, n� hanno sfociato, sul punto che qui interessa, 
in provvedimenti legislativi chiarificatori. Ed � forse da dire 
che in parte a questa situazione possono essere attribuite le divergenze 
dottrinali sull'argomento. 
5. -La Corte ritiene che l'interpretazione cosiddetta estensiva 
dell'obbligo imposto dall'ultimo comma dell'art. 81 sia quella conforme 
alla lettera e allo spirito della Costituzione. Che la limitazione dell'obbligo 
della � copertura � al solo esercizio in corso si riduca in una 
vanificazione dell'obbligo stesso � di tutta evidenza ed � dimostrata 
dalla prassi sopra ricordata e dall'esempio della legge impugnata, nei 
confronti della quale il problema fu dibattuto in sede parlamentare 
e risolto spostando il termine a quo di efficacia della norma autorizzativa 
della spesa dall'esercizio in corso all'esercizio successivo. 
N� vale richiamare contro questa interpretazione le vicende legislative 
della norma costituzionale. Il fatto che si prevedesse come sua 
sede l'articolo che regola l'iniziativa legislativa (ora art. 71 Cost.) e 
che successivamente, invece, si trovasse opportuno inserirla nell'arti-

Per cui � sempre valida la negazione della � novit� � o dell'. �aumento � 
in tali spese, rispetto ad un complesso di interventi che spaziano dal campo 
meramente manutentivo a quello, di pi� ampio respiro, della costruzione 
e rammodernamento di importanti reti viarie. 

Quanto, poi, �ai mezzi finanziari coi quali la copertura deve essere 
assicurata, la Corte non ha potuto trascurare l'esigenza di salvaguardaregli interventi programmatici dello Stato -cosi come era stato prospettatodall'Avvocatura -esplicati necessariamente non nel limitato arco di un 
bilancio annuale, ma in pi� esercizi successivi, che trovano il naturale corrispettivo 
nella cosiddetta finanza ciclica. In questo ordine di idee, la Corte 
ha precisato la esigenza di una rigida copertura coi mezzi classici (nuove 
imposte, riduzione di spese, prestiti pubblici, ecc.) per quanto concerne 
l'esercizio corrente; ma ha riconosciuto la possibilit� di una copertura pi�variata con riferimento agli esercizi futuri. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

colo che prevede e regola le competenze in materia di formulazione di 
bilanci e di consuntivi e di approvazione di essi, non pu� comportare 
una riduzione dell'ambito della sua sfera di applicazione, che � svincolato 
dall'�annualit� � del bilancio, pur proclamata nel primo comma 
di quest'articolo. Vero � che il quarto comma, che � al centro del 
presente giudizio, segue immediatamente un terzo nel quale � disposto 
che �con la legge di approvazione del bilancio non si possono statuire 
nuovi tributi e nuove spese �, ma il legame tra i due commi, che � 
stato sottolineato in numerosi sentenze di questa Corte, non vuole 
significare che il quarto comma si ponga esclusivamente in relazione 
col bilancio in corso, ma soltanto questo: che una nuova o maggiore 
spesa per la quale la legge, che l'autorizza, non indichi i mezzi per 
farvi fronte, non pu� trovare la sua copertura mediante la iscrizione 
negli stati di previsione della spesa, siano quelli gi� approvati e in 
corso di attuazione, siano quelli ancora da predisporre dal Governo 
e da approvare dalle Camere. Il significato del termine adoperato 
dal quarto comma: �ogni altra legge �, non � tale che possa essere 
ricondotto, com'� stato sostenuto, ad ogni legge successiva al bilancio 
in corso e modificatrice in peius dell'equilibrio contabile di esso, ma, 
viceversa, attiene ad ogni altra legge che non sia la legge di bilanci�, 
senza alcuna connessione cronologica con questa. Nemmeno vale richiamare 
in proposito le norme della legge sulla contabilit� di Stato 
e del relativo regolamento (art. 27 del r.d. 18 novembre 192~, n. 2440, 
che considera le spese straordinarie ripartite in pi� esercizi, e art. 142 
del regolamento approvato con r.d. 23 maggio l9i2�4, n. 847, che stabilisce 
i modi di copertura di codeste spese straordinarie; art. 156 
del medesimo regolamento, che d� la definizione di spese nuove e di 
spese maggiori), non soltanto per l'ovvia considerazione che esse dovrebbero, 
se necessario, cedere di fronte alla norma gerarchicamente 
sopraordinata della Costituzione, e nemmeno per l'argomento testuale, 
che pure ha la sua importanza (quale si ricava dal confronto tra l'articolo 
43 di quella legge e il quarto comma dell'art. 81, dal quale � 
scomparsa la frase �dopo l'approvazione del bilancio �), ma soprat-

Per questi, infatti, mancando uno strumento rigido e definitivo come 
la legge di bilancio, il parallelismo fra nuova o maggiore spesa e la corrispondente 
copertura non deve necessariamente risolversi in appostazioni di 
carattere formale, ma pu� trovare riscontro anche in una previsione ragionevole 
del Governo, nella sua valutazione discrezionale della situazione 
economica del Paese e del suo programma di sviluppo. 

Affiora, a questo proposito, l'insegnamento dello EINAUDI (Princ�pi di 
scienza della finanza, Torino, 1945, pag. 337 segg.), il quale ravvisava una 
prima specie di imposte straordinarie nella pi� severa esazione delle imposte 
vigenti; lo stesso potrebbe dirsi, com'� ovvio, anche del maggiore 
introito tributario dovuto all'aumento della base imponibile, collegato con 
l'incremento del tasso di sviluppo del reddito nazionale. 

La precisazione ora detta a proposito di copertura di spesa nell'esercizio 
corrente e di quella negli esercizi futuri, e la motivazione logico-sistematica 
che ne � alla base, danno ragione, poi, deWappMcabilit� del principio alle 
sole leg.gi statali, e non pur.e a .quelle regionali, per le quali manca quella 
visione organica della situazione generale del Paese, che � compito esclu



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

7 

tutto per l'argomento, decisivo, che, laddove quelle norme attengono 
all'aspetto formale dei bilanci e dei consuntivi, ai modi e forme della 
contabilizzazione delle entrate e delle spese, il precetto costituzionale 
attiene ai limiti sostanziali che il legislatore ordinario � tenuto ad 
osservare nella sua politica di spesa, che deve essere contrassegnata 
non gi� dall'automatico pareggio del bilancio, ma dal tendenziale conseguimento 
dell'equilibrio tra le entrate e la spesa. 

6. -A questa interpretazione � stata mossa da pi� parti la critica 
che essa ricondurrebbe a forme arcaiche di gestione della spesa 
pubblica e che, assegnando a ciascun ufficio pubblico una fonte di 
finanziamento. colpirebbe a morte il fondamentale principio dell'unit� 
del bilancio, sostituendosi a un unico documento in cui spese ed entrate 
si fronteggiano nella loro interezza, per effetto di leggi susseguentisi 
l'una l'altra nel tempo, una fitta serie di minuti bilanci nei quali a 
ciascuna spesa sarebbe perpetuamente legata un'entrata, ponendosi a 
fronte puntualmente l'una con l'altra. 
Ma la critica � senza fondamento, perch� muove dall'errato presupposto 
che la norma contenuta nel quarto comma dell'art. 81 includa 
una precisa � appropriazione � di un'entrata ad una spesa, laddove, 
invece, l'indicazione dei mezzi che essa richiede per fronteggiare spese 
nuove o maggiori, si riduce a determinare e individuare un incremento 
dell'entrata che, in una visione globale del bilancio, nel quale 
tutte le spese si confrontano con tutte le entrate (effettive, straordinarie 
o per movimento di capitali che siano), assicuri il mantenimento 
dell'equilibrio complessivo del bilancio presente e di quelli futuri, senza 
pretendere di spezzarne l'unit�. 

Non pu� essere revocato in dubbio che il precetto costituzionale 
non ha inteso punto abrogare l'art. 39 della citata legge contenente 
�Norme sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale 
dello Stato�, giusta il quale Ǐ vietata l'assegnazione di qualsiasi 
provento per spese ed erogazioni speciali, rimanendo soppressa 
ogni destinazione gi� stabilita da particolari disposizioni�. 

7. -Nemmeno si pu� dire che la Corte abbia con la sua giurisprudenza 
risolto in termini la questione che ora le viene sottoposta. 
Tuttavia l'interpretazione che in vari casi essa ha dato del terzo e 
sivo del Governo nazionale. Il che basta anche a dimostrare la non fondatezza 
di taluni rilievi mossi �all'Avvocatura per la posizione assunta, nella 
soggetta materia, rispetto a leggi regionali (La voce repubbiicana, L'art. 81 
nel giudizio della Corte, 13 gennaio 1966), La diversa posizione dello Stato 
e delle Regioni rispetto alle previsioni globali interessanti l'intera nazione 
rende coerente una diversit� di prospettazione e di interpretazione costituzionale 
rispetto alla produzione legislativa dell'uno e delle altre. Del 
resto, ci� sembre confermato dalle stesse precedenti sentenze d~la Corte, 
citate nella motivazione, sull'art. 81 Cost., pronunciate su leggi regionali 
(sent. 19 dicembrre 1959, n. 66, Giur. it., 1960, I, 225; sent. 18 maggio 1959, 

n. 30, ivi, 1959, I, 1, 904; sent. 9 giugno 1961, n. 31 e sent. 24 giugno 1961, 
n. 36, ivi, 1961, I, 1, 853 e 1030). 

8 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
quarto comma dell'art. 81 �, come del resto � stato visto dalla dot


trina, nel senso che il precetto costituzionale riguardi anche gli esercizi 
successivi a quello nel quale ha iniziato una spesa che si pro


tragga nel tempo (cfr. sentenza n. 66 del 16 dicembre 1959; n. 31 del 
6 giugno 1961 e n. 36 del 20 giugno dello stesso anno). Anzi, in una 
sentenza del 30 aprile 1959, n. 30, pur toccando ihcidentalmente la 
questione, che non rientrava nell'ambito di quel giudizio, non nascose 
il suo pensiero favorevole all'interpretazione del precetto costituzionale 
nel senso sopraindicato. N� vale addurre in contrario, come fa l'Avvocatura 
dello Stato, la sentenza n. 33 del 12 maggio 1964, la quale non 
si propose il problema se la copertura, prevista dagli artt. 11 e 21 
della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, fosse conforme alla Costituzione, 
ma si limit� ad affermare che, non avendo la legge previsto o autorizzato 
la spesa per l'assistenza sanitaria a talune categorie di pensionati, 
non era tenuta, per conseguenza, a indicare i mezzi per far 
fronte a una spesa, n� nuova, n� maggiore, ma inesistente. 

8. -Si deve pertanto affermare, meglio precisando l'ora citata 
giurisprudenza, che l'obbligo della �copertura� deve essere osservato 
dal legislatore ordinario anche nei confronti di spese nuove o maggiori 
che la legge preveda siano inserite negli stati di previsione della spesa 
di esercizi futuri. � evidente che l'obbligo va osservato con puntualit� 
rigorosa nei confronti di spese, che incidano sopra un esercizio in corso, 
per il quale � stato consacrato con l'approvazione del Parlamento un 
equilibrio (che non esclude ovviamente l'ipotesi di un disavanzo), tra 
entrate e spese, nell'ambito di una visione generale dello sviluppo economico 
del Paese e della situazione finanziaria dello Stato. � altres� 
evidente che una puntualit� altrettanto rigorosa per la natura stessa 
delle cose non � richiesta dalla ratio della norma per gli esercizi futuri. 
Rispetto a questi, del resto, la legge di spesa si pone come autorizzazione 
al Governo, che la esercita non senza discrezionalit�, nel senso 
della predisposizione nel bilancio, le spese possono essere ridotte o addirittura 
non iscritte nei capitoli degli stati di previsione della spesa, salvi 
sempre l'approvazione e�n giudizio politico del Parlamento, quante volte 

In dottrina, in generale, per l'interpretazione dell'art. 81 Cost. cfr. 
MACCANICo, L'art. 81 nel sistema delle garanzie, ecc., Studi sulla Costituzione, 
Giuffr�, 1958, II, 510 segg.; CIANI, L'art. 81 Costituzione, Riv. Pol. Ec. 
1959, n. 786, segg.; PETRILLI e PARATORE, Relazione dei Presidenti delle Commissioni 
Finanze e Tesoro del Senato e della Camera sulla interpretazione 
deH'art. 81 della Costituzione, in Rass. Parl. 1959, V. 4; SICA, Osservazioni 
sulla legge di bilancio, Rass. Dir. Pubbl., 1960, 1, 6, segg.; RosINI, Riv. Fin.~ 
1961, 70; INGROSSO, L'art. 81 u. c. Cost. e le spese pluriennali, Rass. Fin. 
Pubbl., 1960, 1, 267; BENTIVEGNA, Elementi di contabilit� di Stato, Giuffr�, 
1955, 152; BuscEMA, Copertura e costituzionalit� delle leggi, Riv. Dir. Fin., 
1955, 1, !l7; GIANNINI A., Sulla legge di bilancio, Cons. Stato, 1954, II, 67; 
BuscEMA, Sugli stanziamenti di spesa non sorretti da norme sostanziali, 
Giur. Cost., 1961, 655; GARGIULO, Sulla costituzionalit� delle leggi che auto~: 
rizzano spese destinate a gravare sugli esercizi fututri, Giust. civ., 1955, 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

9 

l'esigenza dell'equilibrio finanziario e dello sviluppo economico-sociale 
consiglino una diversa impostazione globale del bilancio e la configurazione 
di un diverso equilibrio. Si deve pertanto ammettere la possibilit� 
di ricorrere, nei confronti della copertura di spese future, oltre 
che ai mezzi consueti, quali nuovi tributi o l'inasprimento di tributi 
.esistenti, la riduzione di spese gi� autorizzate, l'accertamento formale 
di nuove entrate, l'emissione di prestiti e via enumerando, anche alla 
previsione di maggiori entrate tutte le volte che essa si dimostri sufficientemente 
sicura, non arbitraria o irrazionale, in un equilibrato rapporto 
con la spesa che s'intende effettuare negli esercizi futuri, e non 
in contraddizione con le previsioni del medesimo Governo, quali risultano 
dalla relazione sulla situazione economica del Paese e dal programma 
di sviluppo del Paese; sui quali punti la Corte potr� portare 
il suo esame nei limiti della sua competenza. 

9. -Niente di tutto questo � dato ritrovare nella legge impugnata, 
la quale, senza alcuna indicazione dei mezzi di copertura, si � limitata 
ad autorizzare l'iscrizione di una spesa di 200 miliardi, ripartita in 
dieci rate di 20 miliardi ciascuna, in dieci esercizi successivi con inizio 
dall'esercizio 1960-61, ritenendo ci� sufficiente per sfuggire al precetto 
-0.ell'art. 81. 
� evidente, pertanto, al lume delle sovraesposte considerazioni, la 
illegittimit� costituzionale delle norme impugnate. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 gennaio 1966, n. 2 -Pres. Ambrosini -
Rel. Benedetti -Gestione Case per Lavoratori (Sost. Avv. Gen. Stato 
Albisinni). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Giunta speciale per le espropria


zioni nella citt� di Napoli -Estensione anche alle espropriazioni 

nella provincia di Napoli -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 77, comma primo; r. d. 11 aprile 1926, n. 752, art. 2, comma secondo; 

1. 24 dicembre 1925, n. 2299; d. 1. 1. 27 febbraio 1919, n. 219, art. 17). 
� costituzionalmente illegittima, per eccesso dai limiti della delega 
legislativa stabilita dalla legge 24 dicembre 1925, n. 222.9, la disposizione 
dell'art. 2 secondo comma, r.d. 11 aprile 1926, n. 752, nella parte in 
.cui estende anche alla Provincia di Napoli la competenza della Giunta 
per le espropriazioni della citt� di Napoli, stabilita con l'art. 17 del 

d.l.l. 27 febbraio 1919, n. 219 (1). 
(1) La questione ha tratto origine dalla ordinanza 26 novembre 1963 
-della Corte di Appello di Napoli (Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1964, n. 212). 
Non si � costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri. 
L'Avvocatura, peraltro, � intervenuta a sostegno delle ragioni della GESCAL, 



10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 

2. -La Giunta speciale delle espropriazioni presso la Corte di appello 
di Napoli -istituita in virt� dell'art. 17 del decreto legge luogotenenziale 
2'7 febbraio 1019, n. 219, concernente �Provvedimenti a favore 
della citt� di Napoli� convertito nella legge 24 agosto 1�921, n 1920 aveva, 
in origine, una potest� giurisdizionale territorialmente limitata 
al solo Comune di Napoli. In deroga alle disposizioni della legge generale 
sulle espropriazioni per pubblica utilit�, la citata norma attribuisce, 
infatti, alla Giunta -anzich� al giudice ordinario -la determinazione 
in via contenziosa, delle indennit� per le espropriazioni relative a beni 
immobili siti nel Comune di Napoli per le quali siano applicabili le 
d,isposizioni di cui agli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, 
n. 2.892, sul risanamento di Napoli. 
L'ambito territoriale di questa speciale giurisdizione sub�, per�, 
una estensione per effetto del r.d. 11 aprile 1926, n. 752, contenente 
�Poteri dell'Alto Commissariato per la citt� e la provincia di Napoli rn 
in materia di espropriazioni di pubblica utilit��. L'art. 2. di tale decreto, 
infatti, nell'attribuire all'Alto Commissariato la facolt� di dichiarare 
indifferibili ed urgenti le opere di pubblica utilit� da eseguirsi nella 
citt� e nella provincia di Napoli, richiama, nel secondo comma, l'art. 17 

I

del d.11.. 219 del 1919 riguardante la Giunta speciale, s� che dal coordii:; 


. 

namento tra le citate disposizioni � dato chiaramente inferire l'esten


l

sione della giurisdizione della Giunta alle procedure espropriative ese' 
guite nella Provincia di Napoli. 

3. -Ci� premesso, venendo all'esame di merito della questione 
prospettata, per giudicare circa la sussistenza o meno del dedotto eccesso 
di delega occorre accertare, attraverso un processo di raffronto tra la 
norma delegata e quella delegante, se vi sia conformit� o divergenza 
tra le due norme; se cio� rientri nella legge di delegazione il potere 
del Governo in ordine alla operata estensione della competenza terriritoriale 
della Gaunta. 
Il quesito trova facile risposta, in senso negativo, nel titolo e ancor 
pi� nel testo letterale della legge di delega 24 dicembre 192�5, n. 2299. 

la quale aveva -rettamente, secondo la decisione in rassegna -adito il 

giudice ordinario_ e non la Giunta speciale, trattandosi di controversia rela


tiva �ad espropriazione di beni siti in provincia, e non nella citt� di Napoli. 

In merito a tale discriminazione di competenza territoriale, si pu� osservare 
che -stante la pacifica interpretazione delle norme sulla giunta 
speciale, nel senso che esse dovevano riferirsi anche alle espropriazioni 
nella Provincia di Napoli, fossern o meno precedute da dichiarazioni di urgenza 
ed indifferibilit� (cfr. su ci� Rel'azione Avv. Gen. Stato per gli anni 
1956-60, vol. III, 383) -l'unica alternativa a tale interpretazione era data, 
sul piano della validit� costituzionale delle norme delegate, dalla riscontrabile 
sussistenza di u.n eccesso dai limiti della legge di delegazione. Il che 
si � verificato nella fattispecie. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11 

Con essa il legislatore dell'epoca, nell'intento di adottare � provvedimenti 
sull'organizzazione degli uffici per l'esecuzione di opere pubbliche 
nel mezzogiorno e nelle isole�, autorizzava il Governo (art. 1) �ad 
emanare disposizioni aventi vigore di legge per regolare... mediante 
modificazioni agli ordinamenti attuali il decentramento e l'unificazione 
delle funzioni ora esercitate dai diversi ministeri per l'esecuzione delle 
opere pubbliche nonch� per l'adozione di tutte le provvidenze comunque 
dirette al miglioramento delle condizioni economiche, igieniche e 
sociali delle provincie meridionali �. 

Trattavasi, com'� evidente, di un delega per la realizzazione di 
un largo decentramento e contemporanea unificazione di funzioni esclusivamente 
amministrative che il Governo intendeva attuare al fine di 
avviare a concreta soluzione l'annoso e grave problema del Mezzogiorno. 

La natura e l'estensione dei poteri delegati risultano, peraltro, evidenti 
al lume dei lavori preparatori della legge in esame in cui si 
parla di � decentrare i poteri amministrativi, per modo che la deliberazione 
sia pi� vicina alla realt� � di � decentramento limitato ad un 
campo amministrativo perfettamente identificato e determinato �, di 
creazione di nuovi istituti nei quali � dovranno essere concentrate le 
facolt� che in materia di lavori pubblici e di interventi statali... sono 
adesso distribuite tra le varie branche dell'Amministrazione centrale � 
e precisamente del � Ministero dei lavori pubblici, della Economia 
nazionale, dell'Interno e della Pubblica Istruzione �. 

Non poteva quindi il Governo, nell'attuazione di una delega riguardante 
esclusivamente gli ordinamenti amministrativi, dettare norme in 
materia di giurisdizione estendendo al territorio della Provincia di 
Napoli la competenza della Giunta speciale che l'art. 17 del d.1.1. 219 
del 19'19 aveva previsto solo per la citt� di Napoli. Cos� operando il 
legislatore ha esorbitato dai poteri conferitigli e, pertanto, l'art. 2, comma 
secondo, del r. d. n. 752 del 1926 va dichiarato costituzionalmente 
illegittimo in relazione al disposto dell'art. 77, comma primo, della 
Costituzione, secondo il quale il Governo non pu�, senza delegazione 
delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. 
(Omissis). 

Con la decisione di cui sopra, pertanto, resta ridimensionata la competenza 
della Giunta speciale per le espropriazioni per la citt� di Napoli,
la quale � limitata alle sole vertenze interessanti beni siti nell'ambito comunale. 


� De iure condendo ., tuttavia, sembra auspicabile una revisione anche 
di questa residua competenza, che non si vede quale pratica ragione abbia 
di sussistere, ora che gli interventi dello Stato, con l'istituzione e la proroga 
della Cassa per il Mezzogiorno, e le altre provvidenz�e a favore delle zone 
depresse del Centro-Nord, hanno assunto natura generale e programmatica, 
e lo stesso criterio della legge di Napoli per la determinazione delle indennit� 
di esproprio sta assurgendo a parametro di carattere generale (cfr. 
Relazione, cit., vol. III, 331). 

12 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 13 gennaio 1966, n. 3 -Pres. Ambrosini Rei. 
Sandulli -Zona (n. c.). 

Reato -Reato e pena -Pene accessorie conseguenti all'interdizione 
dai pubblici uffici -Privazione degli stipendi, pensioni ed assegni, 
a carico dello Stato o di altro ente pubblico -Illegittimit� costituzionale. 


(Cost., artt. 3, 36; c. p., art. 28, secondo comma, n. 5). 

� costituzionalmente iUegittima, per violazione sia del diritto alta 
retribuzione stabilito aU'art. 36 Cost., sia deU'uguaglianza dei cittadini, 
sancita neU'art. 3 Cost., la norma deU'art. 28, secondo comma, n. 5 
del c. p., la quale, all'interdizione dai pubblici uffici, fa seguire la 
'perdli;ta degli stipendi, della pensione o di altri assegni dovuti al 
condannato da parte dello Stato o di altro Ente pubblico (1). 

(Omissis). 
Entro i riferiti limiti la Corte ritiene fondata la questione, ai sensi 
degli artt. 36 e 3 della Costituzione. 

Con riferimento all'art. 36, � da osservare che la retribuzione dei 
lavoratori -tanto quella corrisposta nel corso del rapporto di lavoro, 
quanto quella differita, a fini previdenziali, alla cessazione di tale rapporto, 
e corrisposta, sotto forma di trattamento di liquidazione o di 
quiescenza, a seconda dei casi, allo stesso lavoratore o ai suoi aventi 
causa -rappresenta, nel vigente ordine costituzionale (che, tra l'altro, 
l'art. 1 della Costituzione definisce fondato sul lavoro), una entit� fatta 
oggetto, sul piano morale e su quello patrimoniale, di particolare 

(1) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Varese ,con ordinanza 
6 maggio 1965 (Gazzetta Ufficiale 3 luglio 1965 n. 163). 
Non essendovi stata costituzione in giudizio di alcuna parte, essa veniva 
decisa con procedimento in camera di Consiglio. 
In conformit� al disposto dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87, la Corte 
ha poi, nel dispositivo, dichiarato l'illegittimit� costituzionale di norme 
analoghe o dipendenti da quella denunciata, e precisamente: 

1) l'airt. 28, terzo comma cod. pen., nei limiti in cui i diritti del condannato 
traggono origine dal rapporto di lavoro; 
2) l'art. 183, primo comma, lett. a) e terzo comma, del t. u. 21 febbraio 
1895 n. 70, sulle pensioni civili e militari; 
3) l'art. 29, primo comma, lett. a) e quarto comma, r.d.1. 31 dicembre 
1925 n. 2383 sul trattamento di quiescenza dei salariati statali; 
4) 'l'airt. 43 primo comma, n 1, e quarto comma, del r.d.1. 3 marzo 1938 

n. 680, sulla Cassa di previdenza degli impiegati di Enti statali; 
5) l'art. 42, primo comma, n. 1, comma secondo, e l'art. 43 della legge 
25 luglio 1941 n..934 sulla Cassa di previdenza Salariati Enti locali; 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 

protezione. L'art. 36 garantisce espressamente il diritto ad una retribuzione 
proporzionata alla quantit� e qualit� del lavoro prestato ed 
in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia una 
esistenza libera e dignitosa. E non appare compatibile con i principi 
ispiratori di questo precetto costituzionale collegare indiscriminatamente 
(come fa l'art. 28, n. 5, c. p., integrato dall'art. 29), per il personale 
degli enti pubblici e i loro aventi causa, la perdita di tale diritto al 
fatto che il titolare di esso abbia riportato la condanna a una certa 
pena detentiva. 

La Corte non intende escludere in via assoluta la possibilit� di 
misure del genere di quella in esame a carico di trattamenti economici 
traenti titolo da un rapporto di lavoro. Non pu� ritenersi conforme alla 
Costituzione per� che una sanzione siffatta venga collegata puramente 
e semplicemente all'entit� della pena detentiva inflitta, cos� come 
attualmente dispone l'art. 29 del c. p. 

� da aggiungere poi, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
che la disposizione denunciata non appare conciliabile col fatto che il 
trattamento retributivo avente titolo in un rapporto di lavoro riveste 
carattere non dissimile, nella sostanza, -e anche a tale riguardo ha 
decisiva importanza l'art. 36 :-. a seconda che sia posto a carico di 
una pubblica amministrazione o di un soggetto privato. 

In tale situazione, la disparit� fatta dall'art. 28, n. 5, del c. p. 
correlato con l'art.. 29�, in danno delle persone retribuite a carico di enti 
pubblici e dei loro aventi causa, ai fini della automatica e indiscriminata 
perdita, in conseguenza della interdizione dai pubblici uffici per qualsiasi 
causa, del trattamento economico collegato al rapporto di lavoro, 
non appare ispirata a ragioni sufficienti a giustificarla, n� poggiata su 
idonea base. 

Ritiene perci� la Corte che, con riferimento ai diritti collegantisi 
a un rapporto di lavoro, la norma n. 5 dell'art. 28 del c. p. sia, nella 
attuale formulazione, costituzionalmente illegittima. (Omissis). 

6) l'art. 36, primo comma, e l'art. 37, primo comma, deUa legeg6 luglio 1939 n. 1035 sulla Cassa pensione ai sanitari. 

La giurisprudenza � ormai consolidata nel senso della precettivit�dell'art. 36 Cost. C:fu'. Cass. 11 marzo 1963, n. 1164, Foro it., Rep. 1964, voce 
Lavoro (rapp.), n. 300; 18 luglio 1961, n. 1745, Foro it., 1962, I, 530; 18 febbraio 
1960, n. 280, id. 1961, I, 677, con ampi richiami di P. SANDULLI. 

Per la dottrina, oltre gli AA. richiamati nella nota cit., si vedano, per 
il carattere programmatico di detta norma costituzionale, PETRACCONE, Su 
alcuni probl'emi fondamentali dell'art. 36 della Cost., Riv. dir. lav., 1963, I, 
89; DEL GIUDICE, La giurisprudenza arrischiata sull'art. 36, Boll. se. perf., 
TS, 1963, 52; SANTORO PASSARELLI, Nuove prospettive della giurisprudenza 
sulla retribuzione sufficiente, Riv. dir. comm., 1961, II, 211, PROSPERETTI, n 
principio della retribuzione sufficiente, Riv. dir. lav., 1956, I, 173; MAssAi:tr,: 
L'art. 36 della Cost. � principio programmatico e non norma precettiva, Mass. 
giur. lav., 1953, 65. 



14 I

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 13 gennaio 19616, n. 4 -Pres. Ambrosini Rei. 
Branca -F�residente Regione Siciliana (avv. Crisafulli, Sorren


' 

tino) �C. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. Stato 
Guglielmi). 


Sicilia -Potere generale di annullamento del Governo -Conflitto di 
attribuzioni per violazione dello Statuto regionale -Infondatezza. 
(Stat. reg. sic. art. 21; r. d. 3 marzo 19.34, n. 383, art. 6). 

L'annuilamento di ufficio di atti amministrativi �i comuni e pll'ovince 
della Regione Siciliana non � materia che interessi la Regione nel senso 
pll'evisto dall'art. 21 del suo Statuto, [trattandosi deU'esercizio di un potere 
�i aita amministrazione, di spettanza �el Governo de<Uo Stato, nel quale 
si manifesta l'unitariet� dell'ordinamento amministrativo statale (1). 

(Omissis). 

2. -Quanto al meriio, secondo la Corte !"annullamento di atti comunali 
e rp:rovinciali consentito al predetto iart. 6 non � materia �che 
interessi: la Regione nel senso previsto dall'art. 211 Stat. sfo. 'I1rattasi, 
come � noto, di attivit� �che non va �confusa .oo1 �controllo ordinario riservato 
all'enlte regionale (art. 130 Cost. e lo5 1Stat. sic.) e .che si .svolge in 
una sede ,sottratta alla Regione: un potere �di alta ammind:strazione, nel 
quale si manifesta la unitariet� dell'ordinamento amministra�tivo sfatale, 
in che, pO'i, s'armonizzano le �stesse autonomie degli enti locali (art. 15 
Stat. sic.), esclude di per Sl� che al proprio esercizio pa�r:tecdpino enti con 
cui si artilcola dnvece la pluralit� di strutture dello Stato. L'interesse, 
che leg~ttima e muove di volta in volta l'impiego di tale .strumento, � 
quello generale dell'intera comunit� e perci�, qualunque sia la materia 
ed il luogo del parUco:Jiare atto d'annullamento, � del tutto diverso dagli 
interessi tipici -delle singole regtcmi. 
Per lo stesso motivo per cui quel potere � rimasto al Governo dello 
Stato, non passando alle regioni, il suo esercizio resta estraneo a interventi 
regionali esterni od interni che ne comprometterebbero il carattere. 
N� basterebbe a giustificare l'intervento il rilievo che, nel caso 
di specie, si sono annullati provvedimenti di amministrazione comunali e 
provinciali di un'unica regione: la particolare situazione geografica degli 
enti, i cui atti vengono annullati, non modifica l'ispirazione unitaria del 
provvedimento che li annulla, mentre non � un interesse puramente territoriale 
quello a cui allude l'art. 21 dello Statuto siciliano. Rispetto al 
quale non si pu� sostenere, e neanche la Regione sostiene, che legittimi 
la presenza regionale allorch� il Governo dello Stato delibera su mate


(1) Decisione particolarmente delicata, che conferma l'attribuzione 
esclusiva allo Stato, nell'esercizio del potere esecutivo diretto all'attuazione 
del carattere unitario della comunit� nazionale, del poter.e di annullamento 
ex ofj�cio degli atti amministrativi, giusta l'art. 6 della legge 
eomunale e provinciale. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 

rie che, interessando l'intera comunit�, riguardano per ci� stesso le 
singole regioni; dimodoch� la legittimit� di tale presenza nei casi in cui 
quel potere si esplichi entro l'orbita d'una sola regione � del pari insostenibile 
poich� non per questo esso muta natura: tanto pi� quando il 
suo esercizio rientra, come � accaduto nella specie, nel disegno generale 
di risanamento delle finanze locali dell'intero paese. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1966, n. 6 -Pres. Ambrosini -

Rel. Papaldo -Cornetti (avv. Trabucchi) c. Ministero della Difesa 

(Sost. Avv. Gen. Stato Tracanna). 

Servit� -Servit� militari -Contrasto con la tutela della propriet� 

privata -Sussistenza nei casi in cui importino espropriazioni 


Insussistenza negli altri casi. 

(Cost., art. 42, terzo comma; I. 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 3, secondo 

comma). 

Il sistema coetituzionale a tutela della propriet� privata impone 
di considerare che la violazione della garanzia si avrebbe non soltanto 
nei casi in cui fosse posta in essere una traslazione totale o parziale del 
diritto, ma anche nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit�, il 
diritto di propriet� venisse annullato o menomato senza indennizzo. 

Conseguentemente, deve dichiararsi l'illegittimit� costituzionale dell'art. 
3, secondo comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, sulle 
servit� militari, limitatamente ai casi in cui l'imposizione di esse 
importi sostanziale espropriazione senza indennizzo, ma con esclusione 
dei casi in cui questo venga negato in relazione a sacrifici, previsti 
dalla legge, di natura non espropriativa (1). 

(Omissis). 

1. -La norma denunziata � contenuta nel secondo comma dell'art. 3 
della legge 20 dicembre 193<2, dal cui testo si evince, per omissione, 
l'esclusione di ogni indennizzo fuori dei casi di modificazione dello 
stato delle cose ai sensi del primo comma dello stesso articolo. 
Il principio trova precedenti conforme nelle sentenze 26 gennaio 1957, 

n. 24 (Giur. it., 1957, I, 1, 315) e 26 novembre 1959, n. 58 (ivi, 1960, I, 1, 235). 
Per considerazioni pi� ampie sul tema, si rinvia alla Relazione dell'Avvocatura 
deilo Stato per il quinquennio 1955-60, vol. I, (I giudizi di 
costituzionalit�), 488 e 582. 

(1) Ecco un'altra sentenza � condizionale � della Corte Costituzional.e, 
nella qwale � nettissima la scissione, operata sul piano delli'nterpretazionecostituzionale, fra il testo e la norma della legge ordinaria denunciata. Confronta, 
peraltro, per una critica di tale contrapposizione, la nota di V(irgilio) 
A(nacioli) a commento della sentenza, in Foro it., 1966, I, 203. 
4 



16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per giudicare se tale esclusione sia in contrasto con l'art. 42, terzo. 
comma, della Costituzione occorre vedere se le � servit� � indicate 
nell'art. 1 e specificate nell'art. 2 di tale legge comportino, in tutto o. 
in parte, una espropriazione ai sensi della invocata norma costituzionale. 

La difesa della parte privata sostiene che le servit� militari non 
pongono meri limiti al libero godimento della propriet�, ma si risolvono. 
in parziali espropriazioni, alle quali deve corrispondere un giusto indennizzo. 
Nella specie, le limitazioni sarebbero tali da ridurre il diritto. 
del proprietario ad un merum nomen. 

L'Avvocatura dello Stato nel presupposto che non si abbia espropriazione 
se non nel caso di trasferimento coattivo di un diritto delloespropriato 
allo espropriante, nega che possa parlarsi di espropriazione 
e quindi di indennizzabilit� rispetto all'imposizione di limitazioni, tranne 
che ricorra un danno permanente che produca la definitiva soppressione� 
del diritto. 

2. -� da premettere che questa Corte non � chiamata a risolvere 
la questione se spetti o no all'attore nel giudizio a quo un indennizzo. 
a causa delle � servit� � imposte nella sua propriet�: in questa sede 
si giudica della legittimit� delle norme, non dell'applicazione di esse 
ai casi concreti. '� 
� altresi da premettere che per risolvere la questione di legittimit� 
costituzionale non gioverebbe far ricorso ad un'altra questione: quella 
del carattere delle cosiddette servit� militari. Che trattisi di servit� 

o di limiti non ha influenza decisiva, come ha messo bene in luce 
l'ordinanza della Corte di Cassazione; tanto pi� che, non essendo chiarito 
a sufficienza nella legislazione, nella giurisprudenza e nella dottrina 
il significato dei due termini �servit�� e �limiti� (assunti come 
sinonimi ed intercambiabili i due termini � limiti � e � limitazioni �,. 
le cui differenze di significato, se pure esistono, non hanno rilievo 
ai fini della questione in esame), specialmente in rapporto alle servit� 
militari, il tentativo di una definizione di tale significato in questa 
sede non partirebbe da una base sicura e difficilmente approderebbe 
ad una sicura soluzione. 
Ma anche se fosse possibile giungere ad una appagante discriminazione, 
rispetto alle predette �servit��, dei due concetti di servit�_ 
e di limite, ci� non offrirebbe un criterio valevole per identificare i 
casi in cui sussista espropriazione e quindi diritto all'indennizzo. Difatti, 
non sarebbe esatto affermare che si abbia sempre espropriazione� 

La questione era stata sollevata con l'ordinanza 27 gennaio 1964 della 
Corte Suprema di Cassazione (Gazzetta UjJ�.ciale 29 agosto 1964, n. 212). La 
decisione non pu� essere esattamente intesa, se non attraverso l'attenta 
lettun della motivazione, cui, del resto, il dispositivo fa espresso rinvio. 

In base a ta<le coordinamento, pu� affermarsi che il dispositivo avrebbe 
potuto essere esattamente capovolto, con una dichiarazione di infondatezza 
della questione, solo che la norma denunciata si fosse interpretata come 
preclusiva di una espropriabiHt� sostanziale della propriet� privata senza. 
indennizzo. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 17 

nei casi di servit� e non si abbia mai espropriazione nei casi di limiti, 
giacch� possono esserci imposizioni di servit� che non importano espropriazione 
e imposizioni di limiti che hanno carattere di espropriazione, 
secondo la natura, l'incidenza, l'entit� del sacrificio che deriva dalla 
imposizione. 

3. -Giova, anzitutto, affermare che la nozione di espropriazione 
enunciata nell'art. 42, terzo comma, della Costituzione non pu� essere 
ristretta al concetto di trasferimento coattivo n� l'obbligo della indennizzabilit� 
pu� essere ricondotto esclusivamente a tale concetto. 
Gi� nel periodo anteriore alla Costituzione vigente era pacifica 
l'indennizzabilit� in alcuni casi nei quali non si aveva trasferimento, 
fossero o no tali casi classificabili sotto il concetto di espropriazione: 
si ricordino i casi di requisizione in uso, di occupazioni temporanee, 
di danno permanente conseguente alla esecuzione di opere pubbliche, 
la imposizione di talune servit�; la eliminazione di servit� senza il 
trasferimento della servit� stessa ad altri. Del resto anche nel caso 
previsto dall'art. 3, primo comma, della legge denunziata la legge 
stessa prevede il diritto ad indennit� anche se non si verifichino trasferimenti. 


Ora, se � vero che il Costituente nel parlare di espropriazioni si 
� riferito a questo istituto quale risultava dalla tradizione in atto, � 
pure certo, da un canto, che la tradizione conosceva espropriazioni 
non traslative e, dall'altro, che con l'art. 42, terzo comma, non fu 
esclusa l'indennizzabilit� per i casi in cui il diritto vigente ammetteva 
-ed ammette -l'indennizzabilit� anche se non sussista trasferimento 
di diritti. 

Lo Statuto albertino, mentre dichiarava inviolabile la propriet�, 

'\rmetteva, dato il suo carattere di flessibilit�, che la legge ordinaria 

i.tasse o addirittura sottraesse il diritto all'indennizzo. All'opposto, 

15tituzione vigente, per un verso accorda una minore tutela, ma, 

'�tro, stante il suo carattere rigido, non ammette la legittimit� 

'egge ordinaria che, disponendo o autorizzando misure espropria


\i l'indennizzo. 

{)Sa debba intendersi per espropriazione ai sensi del terzo 

, dell'art. 42 risulta dal confronto di questa norma con i due 

~itni precedenti dello stesso articolo. Con il primo comma e con la 
prima parte del secondo comma, si afferma, in correlazione con altri 
articoli, quali precipuamente il 41, il 43 ed il 44, il principio che 

Si sottolinea il concetto di espropriabilit� sostanziale, perch� -come 
la Oorte ha avvertito -non � tanto fa titolarit� nominale del bene che 
conta, quanto la possibilit� che esso venga concretamente utilizzata dal privato, 
sia pure a prezzo di notevoli limitazioni. 

In sostanza -se � qui fedelmente riportato il pensiero della Corte la 
non indennizzabilit� di pesi, vincoli o limitazioni pu� ammettersi a patto 
di non svuotare di pratico contenuto il diritto di propriet�, fino a renderlo 
un mero nomen iuris. 

La Corte, come si � detto, avrebbe potuto benissimo adottare una deci




18 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'istituto della propriet� privata � garantito; con la seconda parte del 
secondo comma si enuncia che la legge ne determina i modi di acquisto, 
di godimento e i limiti; nel terzo comma si prevede che la propriet� 
pu� essere espropriata, salvo indennizzo. Ci� comporta che la determinazione 
dei modi di acquisto e di godimento e dei limiti, volta, come 
deve essere, a regolare l'istituto della propriet� privata, a stabilirne, 
cio�, la configurazione nell'ordinamento positivo, non pu� violare la 
garanzia accordata dalla Costituzione al diritto di propriet�, sopprimendo 
l'istituto della propriet� privata o negando ovvero comprimendo 
singoli diritti senza indennizzo. La logica del sistema impone di considerare 
che la violazione della garanzia si avrebbe non soltanto nei casi in 
cui fosse posta in essere una traslazione totale o parziale del diritto, 
ma anche nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit�, il diritto 
di propriet� venisse annullato o menomato senza indennizzo. 

4. -Trattandosi di materia non regolata, in via generale, dal legislatore 
e ancora in elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza, 
non � possibile fissare criteri sicuri, valevoli a comprendere 
tutti i casi e a chiarire tutte le situazioni. � 
Tuttavia, si pu� affermare che la legge pu� non disporre indennizzi 
quando i modi ed i limiti che essa segna, nell'ambito della garanzia 
accordata dalla Costituzione, attengano al regime di appartenenza o ai 
modi di godimento dei beni in generale o di intere categorie di beni 
ovvero quando essa regoli la situazione che i beni stessi abbiano rispetto 
a beni o a interessi della pubblica Amministrazione; sempre che, la 
legge, sia destinata alla generalit� dei soggetti i cui beni si trovino 
nelle accennate situazioni, salva la possibilit� di accertare con singoli 
atti amministrativi l'esistenza di tali situazioni rispetto a singoli soggetti 
ed a singoli beni. Per questo pu� anche dirsi che le imposizioni 
devono avere carattere obiettivo, nel senso 'che devono scaturire da 
disposizioni che imprimano, per cosi dire, un certo carattere a determinate 
categorie di beni, identificabili a priori per caratteristiche intrinseche. 


Se le imposizioni non abbiano questo carattere generale ed obiettivo, 
in quanto comportino un sacrificio per singoli soggetti o gruppi 
di soggetti rispetto a beni che non si trovino nelle condizioni suindicate, 
allora sorge il problema dell'indennizzabilit�. In questi casi pu� dirsi 
che si ha espropriazione quando il godimento del bene (nel senso 

sione di infondatezza della questione, nei ,sensi sopra illustrati. Se ha accolto 
la �soluzione opposta, gli � forse perch� a ci� non sono 'state estranee considerazioni 
sulle recenti polemiche intorno all'artt. 392 c.p.p., che, per essere 
caducato, nell'inciso �in quanto applicabili�, ha avuto bisogno di due 
successive decisioni della Corte (sent. 4 febbraio 1965, n. 11, Giur. it., 1965, 
I, 1, 545; sent. 26 giugno 1965, n. 52, ivi, 1965, I, 1, 1280). 

Per evitare, probabilmente, il ripetersi di divergenze interpretative su 
di un testo formalmente in vigore, la Corte ha preferito adottare, tout court, 
un dispositivo di illegittimit� costituzionale, ma con le limitazioni ricordate 
nella motivazione. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 

di utilizzazione e di disposizione) sia in tutto o in parte sottratto al 
titolare del diritto, essendo senza decisiva importanza il fatto che titolare 
ne resti o no il proprietario. N� ha importanza il fatto che il 
sacrificio sia imposto direttamente dalla legge o con atto amministrativo 
in base alla legge, perch� non � la forma dell'atto di imposizione quella 
che d� all'atto stesso la sua caratteristica come atto di espropriazione. 

�, pertanto, da considerarsi come di carattere espropriativo anche 
l'atto che, pur non disponendo una traslazione totale o parziale di 
diritti, imponga limitazioni tali da svuotare di contenuto il diritto di 
propriet� incidendJ) sul godimento del bene tanto profondamente da 
renderlo inutilizzabile in rapporto alla destinazione inerente alla natura 
del bene stesso o determinando il venir meno o una penetrante incisione 
del suo valore di scambio. � altres� da considerare come di 
carattere espropriativo l'atto che costituisca servit� o imponga limiti 
a carico della propriet�, quando le une e gli altri siano di entit� apprezzabile, 
anche se non tali da svuotare di contenuto il diritto del proprietario. 


Non si pu� negare che nei criteri esposti ha parte notevole un 
elemento quantitativo, nel senso che il carattere espropriativo � fatto 
dipendere anche dalla maggiore o minore incidenza che il sacrificio 
imposto ha sul contenuto del diritto. Ma questo � un elemento insopprimibile 
del concetto di espropriazione, intesa non soltanto come trasferimento 
ma anche come sottrazione o menomazione del godimento del 
diritto: sottrazione o menomazione che deve essere prevista ed accertata 
anche in rapporto alla concretezza del sacrificio imposto. 

5. -Sulla base dei criteri enunciati, occorre ora tornare all'esame 
dell'art. 2 della legge denunziata. 
In primo luogo, � da dire che non trattasi di limitazioni (si qualifichino 
servit� o limiti) aventi carattere generale ed obbiettivo nei 
sensi sopra indicati. Trattasi di imposizioni da disporsi, in base alla 
legge, con atti amministrativi, improntati a criteri di larga discrezionalit� 
ed aventi contenuto �svariato. 

�, tuttavia, da notare che nessuna delle previsioni contenute nell'art. 
2 rappresenta, isolatamente considerata, un caso di espropriazione. 
Anche le prescrizioni che appaiono pi� impegnative -come quella di 
non impiantare linee elettriche o condotte di acqua o di gas o quella 
di non tenere fucine o altri impianti provvisti di focolare o quella di 
non fabbricare muri o edifici o quella, purch� temporanea, di non 
transitare o non sostare -non sono idonee, da sole ed in astratto, a 

Per le precedenti sentenze � interpretative �, o � condizionali � della 
Corte costituzionale, cfT. sent. 27 maggio 1961, n. 26, Giur. it., 1961, I, 1, 756; 
sent. 27 marzo 1962, n. 30, ivi 1962, I, 1, 1917, sent. 22 febbraio 1964, n. 9, 
in guesta Rassegna, 1964, I, 250, e nota di richiami. 

Sul merito della questione, cfr. in dottrina MoTzo e PmAs -Espropriazione 
e pubblica utilit�, Giur. cost. 1959, 151, segg.; e, per la differenza tra 
espropriazione ed asservimento a servit� militare cfr. Cons. St. Sez. IV, 
15 gennaio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 347. 



20 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costituire atti di espropriazione: tali sarebbero se, per fare due soli 
esempi, dalla imposizione di uno o pi� limiti risultasse impedita la 
coltivazione della terra e la raccolta dei frutti in un fondo agricolo o 
la possibilit� di abitazione (soggiorno, preparazione e consumazione dei 
pasti, etc.) in un edificio a ci� destinato. 

Ci� posto, mentre non si pu� dichiarare l'illegittimit� della norma 
denunziata in quanto nega l'indennizzo in relazione all'uno o all'altro 
dei sacrifici previsti dalla legge, tale dichiarazione si deve emettere 
in relazione ai casi in cui per effetto di uno o pi� di tali sacrifici si 
abbia espropriazione nel senso delineato nella motivazione di questa 
sentenza. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 8 febbraio 1966, n. 9 -Pres. Ambrosini -
Rel. Verzl. 

Reato -Disposizioni sul concorso formale di reati e sul reato continua


to -Violazione del principio di e~ua~lianza -Esclusione. 

(Cost. art.� 3; c. p. art. 81, commi secondo e terzo). 

Non contrastano col principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della 
Costituzione le digposizioni all'art. 81, secondo e terzo comma, codice 
penale, le quali -a differenza di quanto stabilito nel primo comma puniscono 
a titolo di reato continuato pi� violazioni della stessa disposizione 
di legge, dato che, secondo la prevalente giurisprudenza, a tale 
regime sono sottoposti anche i reati commessi con una sola azione od 
omissione (1). 

(Omissis). 

Secondo l'ordinanza di rimessione, la norma dell'art. 81, secondo 

e terzo comma, del Codice penale -nella parte in cui concede un trat


tamento favorevole a chi con pi� azioni od omissioni, e con lo stesso 

disegno criminoso, viola pi� volte la medesima disposizione di legge, 

ma esclude tale trattamento nel caso in cui la pluralit� di violazioni 

sia commessa con una sola azione od omissione -sarebbe in contrasto 

(1) Decisione che trae origine all'ordinanza del Pretore di Pesaro 
3 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 10 luglio 1965, n. 171) e che � stata adottata 
con procedimento in camera di consiglio non essendovi stata costituzione 
di alcuna parte in giudizio. 
� importante notare, nella sentenza in rassegna, che la C<>rte, per 
dichiarare non fondata la questione, ha scelto la via della interpretazioneadeguatrice, facendo proprio l'elaborato della d<>ttrina e della giurisprudenza 
prevalenti in tema di discriminazione tra le ipotesi di concorso forrmale 
di reati (art. 81, primo comma) e quelle del reato continuato (art. 81, 
secondo comma). 

Mentre una interpretazione meramente letterale e formalistica delle 
citate disposizioni potrebbe indurre a ritenere sussistente il reato conti


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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 

'Con l'art. 3 della Costituzione, che sancis�e l'eguaglianza di tutti i cittadini 
di fronte alla legge. La disparit� di trattamento non sarebbe, in 
:tal caso, dettata da una situazione particolare di fronte alla quale il 
legislatore possa ragionevolmente disporre una diversa disciplina. 

La questione non � fondata. 

L'ordinanza riconosce che nella giurisprudenza � prevalente l'opinione 
che il trattamento del reato continuato (art. 81, secondo comma, 
del c.p.) debba estendersi anche alla ipotesi in cui, con una unica azione 
ad effetto siano prodotte pi� violazioni simultanee della stessa disposizione 
di legge. Secondo questa interpretazione, il fondamento e la ragione 
della disposizione che, con una fi,ctio juris, considera come reato 
unico (continuato) questa pluralit� di reati, risiedono nella unicit� del 
disegno criminoso, che attenua la responsabilit� penale. Identica unit� 
di disegno criminoso � da riconoscersi per la ipotesi in cui una sola sia 
l'azione od omissione, alla quale consegua una pluralit� di beni violati 
e quindi una pluralit� di infrazioni giuridiche. Nell'affermare inoltre 
che il reato continuato pu� essere commesso anche con una sola azione 
od omissione, si aggiunge che l'art. 81 parla di pi� azioni od omissioni, 
non nel senso che esse debbano necessariamente essere plurime, ma 
piuttosto nel senso che possano essere anche pi� di una. 

Con siffatta interpretazione, le due ipotesi vengono equiparate sotto 
il riflesso che, sussistendo una violazione plurima della stessa disposizione 
di legge, non ha rilevanza -agli effetti dell'art. 81 c.p. -che 
una o pi� siano le azioni o le omissioni. E le due ipotesi vengono entrambe 
assunte sotto la disciplina del reato continuato, in quanto nell'uno 
e nell'altro caso sussiste quella unicit� di disegno criminoso che 

nuato, punito con la pena meno grave indicata nel terzo comma dell'art. 81 

c. p., solo in presenza di una pluralitd di azioni od omissioni violatrici 
della stessa disposizione di legge, una pi� razionale e sostanzialistica interpretazione 
ritiene assoggettabile al medesimo regime giuridieo anche reati 
che hanno origine da una sola azione od omissione. 
Non si vede, infatti, perch� dovrebbe essere punito in maniera pi� 

grave chi, ad esempio, in presenza di pi� persone riunite, pronunciasse

un'ingiuria collettiva nei loro confronti, rispetto a colui che ingiuriasse 

-eparatamente le stesse persone. 

Per ovviare a questa sperequazione, la dottrina e �giurisprudenza, come 

detto, hanno adottato una interpretazione pi� lata del reato continuato, 

mdo leva non tanto sull'elemento materiale ed estrinseco dell'unit� o del


uralit� delle azioni od omissioni, quanto sull'elemento psicotogico del


..dlit� del disegno criminoso (cfr. LEONE, Reato abituale, continuato e per


mamente, Napoli, 1933, 218; MoRo, Unitd e pluralitd di reati, Padova, 1954, 

208; Cass. 6 novembre 1961, Ricci, Giust. pen., 1962, II, 606; Cass. 26 giugno 

1961, rie. Scelsi, ivi, 1963, II, 871; Cass. 15 maggio 1962 rie. P. M., ivi, 1963, 

II, 425). Tale orientamento non �, per�, assoluto, essendosi tornati, in qual


che sentenza, alla tesi pi� rigorosa (Cass. 6 marzo 1964, rie. Benito, Giusfl. 

pen., 1964, II, 803). 

� augurabile che queste � punte � interpretative delle norme in esame 
si adeguino e rientrino in quella che � la loro interpretazione corrente, 
fatta propria anche dalla Corte Costituzionale con la decisione in rassegna;
in diversa ipotesi, apparirebbe difficile, per le ragioni gi� dette, contestare 
la sperequazione nella punizione di fattispecie legali sostanzialmente 
identiche. 



22 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ha indotto il legislatore a considerare i vari reati legati fra di loro, 
fino ad esere puniti come se fossero unico reato. 

Orbene, la prevalente interpretazione, alla quale questa Corte ritiene 
di aderire, esclude la differenza di trattamento lamentata dall'ordinanza 
e raggiunge altres� l'effetto di un armonico rapporto di 
proporzione fra il reato commesso e la misura della pena. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 8 febbraio 1966, n. 10 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali. 

Procedimento penale -Tribunale per i minorenni -Esclusione di com


petenza allorch� vi siano coimputati maggiori di anni 18 -Con


trasto col principio di eguaglianza Esclusione. 

(Cost. art. 3; r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma). 

Non contrasta col principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della 
Costituzione la disposizione contenuta nell'art. 9, secondo comma, del 

r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, istitutivo del Tribunale dei minorenni, la 
quale esclude la competenza di detto T1�ibunale anche per i minori 
allorch� con questi siano imputati maggiori degli anni 18, dato che la 
diversit� di trattamento che in tale ipotesi il minore riceve rispetto 
ad altri minori, dipende, sia quanto alla competenza, sia quanto al procedimento, 
da diversit� sostanziale di situazioni (1). 
(Omissis). 

La sentenza di questa Corte del 4 luglio 1963, n. 130, ha deciso che 
non contrasta con l'art. 2,5 della Costituzione la deroga alla competenza 
generale del Tribunale dei minorenni, quando siano coimputati maggiori 
e minori dei diciotto anni; e ci� sotto il riflesso che essa � ispirata 
alla necessit� del simultaneus processus per ogni caso di connessione, 
che � alla base di uno dei criteri fondamentali di attribuzione 
della competenza giurisdizionale. 

(1) Questione sollevata dal Pretore di Iseo con ordinanza 12 gennaio 
1965 (Gazzetta Ufficiale 27 febbraio 1965, n. 52), e decisa con procedimento 
in Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione di akuna parte. 
Con la precedente sentenza 13 luglio 1963 n. 130 (Giust. pen. 1963, 
I, 278), citata varie volte in motivazione, la Corte aveva dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale della stessa norma, nella parte in cui facultizzava 
discrezionalmente il Procuratore Generale a disporre lo strali.do del procedimento 
a carico dei coimputati maggiori degli anni 18. 

La violazione costituzionale era ravvisata con riferimento all'art. 25 
Cost., sulla competenza del Giudice �naturale (su di che cfr. PxzzoRusso, 
La competenza del giudice come materia coperta da riserva di legge, Giur. 
it., 1963, I, 1, 1313; SOMMA, La competenza del Tribunale per i minorenni 
e l'attuazione del principio di eguaglianza, Riv. it. dir. e pro,c. pen., 1963, 975). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 

Questa deroga non contraddice nemmeno alla norma dell'art. 3 
della Costituzione, come ora invece dubita il Pretore di Iseo. 

Non vi contraddice perch� la circostanza che il minore degli anni 
diciotto sia imputato in concorso con persone di et� maggiore, causa 
una situazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, 
e rende inevitabile una normativa particolare. L'unicit� del procedimento 
�, in questo caso, giustificata dalla esigenza di uniformit� nel 
giudizio sull'accertamento del fatto e sulla sua valutazione; che � 
una regola razionale di scelta legislativa, a preferenza dell'altra implicante 
la separazione dei procedimenti, la quale crea rischio di incoerenza 
o di contrasti di decisioni, oppure soltanto di incompletezza nell'esame 
dei fatti. Presupposta la necessit� di precostituire la competenza 
di uno solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero potuto 
avere l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre il minore 
nella competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni 
diciotto, anzich� portare quest'ultimo innanzi al giudice dei minorenni, 
sulla base di una valutazione della concreta idoneit� dei due organi 
all'esplicazione della rispettiva funzione nel procedimento unico. Questa 
Corte, nella citata sentenza del 4 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che 
la scelta compiuta dalla legge non pu� formare oggetto di sindacato 
di legittimit� costituzionale; e il giudizio cos� espresso deve ora essere 
confermato, sia perch� il simultaneus processus potrebbe talora essere 
imposto proprio da una esigenza di uguaglianza fra i coimputati ove 
si consideri il pericolo gi� accennato di difformit� di giudizio sulle 
medesime ipotesi di fatto, sia perch� la legge istitutiva del Tribunale 
dei minorenni d� la possibilit� della separazione dei processi ove l'unico 
processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma che permette tale 
divisione fu dichiarata illegittima con la suddetta sentenza 4 luglio 1963, 
soltanto nella parte in cui affidava al Procuratore generale della Corte 
di appello ogni decisione sull'opportunit� dello spostamento di competenza, 
e gli dava poteri espressamente qualificati come esenti da 
qualsiasi sindacato. La stessa sentenza � salva una nuova disciplina della 
materia �; ma la mancanza attuale di questa nuova normativa n� include 
l'illegittimit� costituzionale del principio di separabilit� dei procedimenti, 
n� travolge nell'illegittimit� costituzonale la regola che 
unifica il processo innanzi all'organo ordinario, ove debba essere ritenuto 
inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre di intendere il sistema 
nella sua completezza, per decidere se esso, quando, nella singola fat-

La sentenza in rassegna, invece, considera l'art. 9 sotto il diverso profilo 
visuale prospettato dall'ordinanza di remissione, quello della sperequazione 
di trattamento riservato ai minori � soli � rispetto a quelli coimputati 
con maggiori, specie con riferimento alle garanzie tecniche del giudice 
specializzato. Ma (la Corte ha espressamente fatto prevalere il ,principiodella connessione su quello della specializzazione, data la generalit� della 
sua applicazione. 

Sui problemi della competenza del Tribunale dei minorenni nella 
ipotesi di connessione cfr. in dottrina BAVIERA, Diritto minorile, Milano, 
1957, 23, segg,; CoNso, Prospettive in ordine alla legittimitd all'art. 9 legge 
minorile, Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, 251. 



24 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tispecie, l'unione non si giustifichi, solleciti l'ordinaria competenza del 
giudice a pronunciare sulla necessit� della scissione, per meglio realizzare 
la volont� della legge istitutiva del Tribunale dei minorenni. 

Non si vede pertanto come il principio di uguaglianza resti compromesso 
dalla norma denunciata, che contiene in s� un temperamento al 
rigore della regola di connessione. Quando questo temperamento non 
risulta attuabile, la diversit� di trattamento che il minore riceve rispetto 
ad altri minori dipende, sia quanto alla competenza sia quanto 
al procedimento e quindi alla specializzazione della difesa (sulla quale 
particolarmente si sofferma l'ordinanza di rimessione), da una diversit� 
sostanziale della situazione che si determina quando sono coimputati 
maggiori e minori di diciotto anni rispetto a quella che si concreta 
quando gli imputati hanno tutti una et� minore dei diciotto anni. Questa 
diversit� va considerata anche se implica il sottrarre competenza ad 
un giudice specializzato, perch� i principi della connessione non concernono 
soltanto problemi di ripartizione di competenza tra giudici 
ordinari, come invece ritiene il Pretore di Iseo (arg. art. 49 c.p.p.). 

(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 febbraio 1966, n. 11 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Bonifacio -Pres. Regione Trentino-Alto Adige (avv. 
Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello 
Stato Tracanna). 

Trentino-Alto Adige -Case economiche e popolari -Poteri decisori 
in materia di impiego del Fondo per l'incremento edilizio -Trasferimento 
alla Regione -Esclusione. 

(St. reg. Trentino-Alto Adige, art. 11, n. 11; D. P. R. 26 gennaio 1959, n. 28, 
art. 3; I. 10 agosto 1950, n. 715, artt. 12 e segg.). 

Trentino-Alto Adige -Fondo per l'incremento edilizio -Illegittimit� 
costituzionale delle relative norme e delle norme di attuazione Insussistenza. 


(St. Reg. Trentino-Alto Adige art. 11, nn. 11, 13, 59; D. P. R. 26 gennaio 1959, 

n. 28; I. 10 agosto 1950, n. 715). 
Appartengono agii organi dello Stato, e non a queUi deUe Provincie 
detia Regione Trentino-Atto Adige, i poteri decisori circa lo 
impiego del Fondo incremento edilizio di cui alla legge 10 agosto 1950, 

n. 715, e l'ammissione dei richiedenti alle provvidenze finanziarie ivi 
previste, dato che agli organi periferici sono state attribuite solo le 
competenze per l'accertamento dei requisiti richiesti dalla legge, con 
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esta deroga non contraddice nemmeno alla norma dell'art. 3 
ostituzione, come ora invece dubita il Pretore di Iseo. 
in vi contraddice perch� la circostanza che il minore degli anni 

:> sia imputato in concorso con persone di et� maggiore, causa 
tuazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, 
le inevitabile una normativa particolare. L'unicit� del procedi' 
�, in questo caso, giustificata dalla esigenza di uniformit� nel 
do sull'accertamento del fatto e sulla sua valutazione; che � 
:egola razionale di scelta legislativa, a preferenza dell'altra impli: 
la separazione dei procedimenti, la quale crea rischio di incoea 
o di contrasti di decisioni, oppure soltanto di incompletezza nelme 
dei fatti. Presupposta la necessit� di precostituire la competenza 
mo solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero potuto 
re l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre il minore 
la competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni 
iotto, anzich� portare quest'ultimo innanzi al giudice dei minorenni, 
la base di una valutazione della concreta idoneit� dei due organi 
.'esplicazione della rispettiva funzione nel procedimento unico. Questa 
>rte, nella citata sentenza del 4 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che 
scelta compiuta dalla legge non pu� formare oggetto d� sindacato 
l legittimit� costituzionale; e il giudizio cos� espresso deve ora essere 
onfermato, sia perch� il simultaneus processus potrebbe talora essere 

mposto proprio da una esigenza di uguaglianza fra i coimputati ove 
li consideri il pericolo gi� accennato di difformit� di giudizio sulle 
medesime ipotesi di fatto, sia perch� la legge istitutiva del Tribunale 
dei minorenni d� la possibilit� della separazione dei processi ove l'unico 
processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma che permette tale 
divisione :fu dichiarata illegittima con la suddetta sentenza 4 luglio 1963, 
soltanto nella parte in cui affidava al Procuratore generale della Corte 
di appello ogni decisione sull'opportunit� dello spostamento di competenza, 
e gli dava poteri espressamente qualificati come esenti da 
qualsiasi sindacato. La stessa sentenza �salva una nuova disciplina della 
materia �; ma la mancanza attuale d� questa nuova normativa �n� include 
l'illegittimit� costituzionale del principio di separabilit� dei procedimenti, 
n� travolge nell'illegittimit� costituzonale la regola che 
unifica il processo innanzi all'organo ordinario, ove debba essere ritenuto 
inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre di intendere il sistema 
nella sua completezza, per decidere se esso, quando, nella singola fat-

La sentenza in rassegna, invece, considera l'art. 9 sotto il diverso profilo 
visuale prospettato dall'ordinanza di remissione, quello della �sperequazione 
di trattamento riservato ai minori � soli � rispetto a quelli coimputati 
con maggiori, specie con riferimento alle garanzie tecniche del giudice 
specializzato. Ma (I.a Corte ha espressamente fatto prevalere il principiodella connessione su quello della specializzazione, data la generalit� della 
sua appUcazione. 

Sui problemi della competenza del Tribunale dei minorenni nella 
ipotesi di connessione cfr. in dottrina BAVIERA, Diritto minorile, Milano, 
1957, 23, segg.; CoNso, Prospettive in ordine alla legittimit� aU'art. 9 legge 
minorile, Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, 251. 



26 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si deve infatti disattendere, perch� non fondata su alcun valido argomento, 
la tesi subordinatamente sostenuta dalla ricorrente, secondo 
la quale, in virt� delle norme costituzionali dettate per la tutela delle 
autonomie locali, le attribuzioni trasferite dalle norme di attuazione 
debbano assumere una sfera pi� ampia rispetto a quella propria degli 

organi statali periferici. 

Ci� posto, � da osservare che nel sistema della legge 10 agosto 
1950, n. 715, tutti i poteri decisori circa l'impiego del fondo e la 
ammissione dei richiedenti alle provvidenze finanziarie sono inequivocabilmente 
riservati alla Commissione statale istituita dall'art. 12 (i 
provvedimenti della quale sono resi esecutivi con decreto del Ministro 
dei lavori pubblici), sicch� agli uffici periferici del Genio civile, come 
la Corte ebbe gi� ad osservare nella sentenza n. 71 del 1962, non sono 
riservati che poteri istruttori e di riscontro delle opere finanziate. Il 
che � puntualmente confermato dall'art. 6 della legge, il quale, interpretato 
nella sua necessaria connessione con l'art. 13 relativo alle funzioni 
demandate alla Commissione, non pu� non intendersi nel senso 
che l'accertamento della � possibilit� di eventuale accoglimento � delle 
domande, devoluto al Genio civile nella fase preparatoria di sua com


IIpetenza, riguarda esclusivamente la sussistenza dei requisiti richiesti 
dalla legge e non comporta affatto il potere di operare una compa:~ 


�.;.

razione o una graduatoria fra i vari richiedenti, destinata a vincolare� .< 
le determinazioni riservate alla Commissione. La provincia, invece, 
chiaramente rivendica poteri ampiamente discrezionali e sostanzialmente 
decisori, come emerge dalla circostanza che anche la pretesa 
alla previa conoscenza dell'entit� della somma annualmente destinata 
ai finanziamenti sul suo territorio vien fondata sulla sua assunta competenza 
ad operare una scelta fra le varie domande presentate nel 
corso dell'anno e sulla conseguente necessit� di elaborare, sia pure di 
intesa con lo Stato, criteri idonei a regolare tale selezione, in primo 
luogo tenendo conto dell'opportunit� di un'equa ripartizione dei fondi 
fra gli appartenenti a distinti gruppi linguistici. Con il che, come espressamente 
si afferma nell'atto introduttivo e si ribadisce nella memoria, 
la provincia intende condizionare attraverso la sua attivit� quella della 
Commissione statale: ma ci� non trova alcuna giustificazione nel sistema 
della legge. 

Da queste considerazioni, che assorbono tutte le altre osservazioni 
prospettate dalla Regione, emerge la non fondatezza del ricorso. E 
va aggiunto che sulla decisione non possono aver affatto incidenza n� 
la circostanza, a puro titolo di informazione resa nota dalla difesa 
della ricorrente, che nelle more del presente giudizio la Giunta di 
Bolzano ha stabilito vari criteri ai quali il Comitato urbanistico provinciale 
deve prestare osservanza, n� l'atteggiamento che di fronte 
a tale atto possa aver assunto lo Stato. 


26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si deve infatti disattendere, perch� non fondata su alcun valido argo


mento, la tesi subordinatamente sostenuta dalla ricorrente, secondo 
la quale, in virt� delle norme costituzionali dettate per la tutela delle 
autonomie locali, le attribuzioni trasferite dalle norme di attuazione 
debbano assumere una sfera pi� ampia rispetto a quella propria degli 
organi statali periferici. 

Ci� posto, � da osservare che nel sistema della legge 10 agosto 
1950, n. 715, tutti i poteri decisori circa l'impiego del fondo e la 
ammissione dei richiedenti alle provvidenze finanziarie sono inequi-� 
vocabilmente riservati alla Commissione statale istituita dall'art. 12 (i 
provvedimenti della quale sono resi esecutivi con decreto del Ministro 
dei lavori pubblici), sicch� agli uffici periferici del Genio civile, come 
la Corte ebbe gi� ad osservare nella sentenza n. 71 del 1962, non sono 
riservati che poteri istruttori e di riscontro delle opere finanziate. Il 
che � puntualmente confermato dall'art. 6 della legge, il quale, interpretato 
nella sua necessaria connessione con l'art. 13 relativo alle funzioni 
demandate alla Commissione, non pu� non intendersi nel senso 
che l'accertamento della �possibilit� di eventuale accoglimento � delle 
domande, devoluto al Genio civile nella fase preparatoria di sua competenza, 
riguarda esclusivamente la sussistenza dei requisiti richiesti 

I

dalla legge e non comporta affatto il potere di operare una comparazione 
o una graduatoria fra i vari richiedenti, destinata a vincolare 
le determinazioni riservate alla Commissione. La provincia, invece, 
chiaramente rivendica poteri ampiamente discrezionali e sostanzial


Imente decisori, come emerge dalla circostanza che anche la pretesa 
alla previa conoscenza dell'entit� della somma annualmente destinata 

II 
ai finanziamenti sul suo territorio vien fondata sulla sua assunta competenza 
ad operare una scelta fra le varie domande presentate nel 
corso dell'anno e sulla conseguente necessit� di elaborare, sia pure di 
intesa con lo Stato, criteri idonei a regolare tale selezione, in primo 
luogo tenendo conto dell'opportunit� di un'equa ripartizione dei fondi 
fra gli appartenenti a distinti gruppi linguistici. Con il che, come espressamente 
si afferma nell'atto introduttivo e si ribadisce nella memoria, 
la provincia intende condizionare attraverso la sua attivit� quella della. 
Commissione statale: ma ci� non trova alcuna giustificazione nel sistema 
della legge. 

Da queste considerazioni, che assorbono tutte le altre osservazioni 
prospettate dalla Regione, emerge la non fondatezza del ricorso. E 
va aggiunto che sulla decisione non possono aver affatto incidenza n� 
la circostanza, a puro titolo di informazione resa nota dalla difesa 

della ricorrente, che nelle more del presente giudizio la Giunta di 
Bolzano ha stabilito vari criteri ai quali il Comitato urbanistico provinciale 
deve prestare osservanza, n� l'atteggiamento che di fronte 
a tale atto possa aver assunto lo Stato. 



.\RTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 -�-... 

sta deroga non contraddice nemmeno alla norma dell'art. 3 
>stituzione, come ora invece dubita il Pretore di Iseo. 
a vi contraddice perch� la circostanza che il minore degli anni 


prosini 

, sia imputato in concorso con persone di et� maggiore, causa 

fi~istri 

.nazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, 
le inevitabile una normativa particolare. L'unicit� del procedi-
�, in questo caso, giustificata d�lla esigenza di uniformit� nel 
:io sull'accertamento del fatto e sulla sua valutazione; che � 
�egola razionale di scelta legislativa, a preferenza dell'altra impli' 
la separazione dei procedimenti, la quale crea rischio di incoea. 
o di contrasti di decisioni, oppure soltanto di incompletezza nelme 
dei fatti. Presupposta la necessit� di precostituire la competenza 
mo solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero potuto 
re l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre il minore 
la competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni 
:iotto, anzich� portare quest'ultimo innanzi al giudice dei minorenni, 
ila base di una valutazione della concreta idoneit� dei due organi 
l'esplicazione della rispettiva funzione nel procedimento unico. Questa 
orte, nella citata sentenza del 4 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che 
a scelta compiuta dalla legge non pu� formare oggetto di sindacato 
Li legittimit� costituzionale; e il giudizio cosi espresso deve ora essere 



~onfermato, sia perch� il simultaneus processus potrebbe talora essere 
imposto proprio da una esigenza di uguaglianza fra i coimputati ove 
si consideri il pericolo gi� accennato di difformit� di giudizio sulle 
medesime ipotesi d� :fatto, sia perch� la legge istitutiva del Tribunale 
dei minorenni d� la possibilit� della separazione dei processi ove l'unico 
processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma che permette tale 
divisione fu dichiarata illegittima con la suddetta sentenza 4 luglio 1963, 
soltanto nella parte in cui affidava al Procuratore generale della Corte 
di appello ogni decisione sull'opportunit� dello spostamento di competenza, 
e gli dava poteri espressamente qualificati come esenti da 
qualsiasi sindacato. La stessa sentenza �salva una nuova disciplina della 
materia�; ma la mancanza attuale di questa nuova normativa n� include 
l'illegittimit� costituzionale del principio di separabilit� dei procedimenti, 
n� travolge nell'illegittimit� costituzonale la regola che 
unifica il processo innanzi all'organo ordinario, ove debba essere ritenuto 
inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre di intendere il sistema 
nella sua completezza, per decidere se esso, quando, nella singola fat-

La sentenza in rassegna, invece, considera l'art. 9 sotto il diverso profilo 
visuale prospettato dall'ordinanza di remissione, quello della �sperequazione 
di trattamento riservato ai minori � soli � rispetto a quelli coimputati 
con maggiori, specie con riferimento alle garanzie tecniche del giudice 
specializzato. Ma Ila Corte ha espressamente fatto prevalere il principiodella connessione su quello della specializzazione, data la generalit� della 

sua applicazione. 

Sui problemi della competenza del Tribunale dei minorenni nella 
ipotesi di connessione cfr. in dottrina BAVIERA, Diritto minorile, Milano, 
1957, 23, segg.; CoNso, Prospettive in ordine alla legittimit� aU'art. 9 legge 
minorile, Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, 251. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 29 

sizione, il legislatore ha inteso soltanto segnare dei limiti, mirando 
essenzialmente ad impedire che l'affiittivit� superi il punto oltre il 
quale si pone in contrasto col senso di umanit�. 

Rimane in tal modo stabilita anche la vera portata del principio 
rieducativo, il quale, dovendo agire in concorso delle altre funzioni 
della pena, non pu� essere inteso in senso esclusivo ed assoluto. Rieducazione 
del condannato, dunque, ma nell'ambito della pena, umanamente 
intesa ed applicata. 

Del resto la portata e i limiti della funzione rieducativa voluta 
dalla Costituzione appaiono manifesti nei termini stessi del precetto. 
Il quale stabilisce che le pene � devono tendere � alla rieducazione 
del condannato: espressione che, nel suo significato letterale e logico, 
sta ad indicare unicamente l'obbligo per il legislatore di tenere costantemente 
di mira, nel sistema penale, la finalit� rieducativa e di disporre 
tutti i mezzi idonei a realizzarla. Ci�, naturalmente, l� dove la pena, 
per la sua natura ed entit�, si presti a tal fine. D'altra parte non � 
nemmeno da escludere che la pena pecuniaria possa, di per s�, per 
l'altro verso, adempiere a una funzione rieducativa. 

Di un diverso, e radicalmente diverso, indirizzo del legislatore 
�ostituente, tale cio� da dover alterare il sistema penale sino al punto 
da escluderne le pene pecuniarie, e con esse, in definitiva, quante 
altre fossero in analogo rapporto con la possibilit� della funzione rieducativa, 
non v'� indizio alcuno nei lavori preparatori della Costituzione. 
Ch� anzi da tali lavori, considerati nel loro insieme e nelle 
dichiarazioni -non contrastate -di singoli commissari, risulta 
chiaramente che il legislatore costituente, pur segnando i limiti e le 
finalit� di cui all'art. 27 terzo comma, non intese prendere posizione 
sul problema generale della funzione della pena, n�, tanto meno, 
pronunciarsi per l'uno o per l'altro dei vari orientamenti della dottrina; 
ma volle anzi proprio evitare che ci� avvenisse, sino al punto 
che ebbe perfino a manifestarsi la preoccupazione che formule imprecise 
potessero dare la apparenza del contrario. 

In conclusione, con la invocata norma della Costituzione si volle 
che il principio della rieducazione del condannato, per il suo alto 
significato sociale e morale, fosse elevato al rango di precetto costituzionale, 
ma senza con ci� negare la esistenza e la legittimit� della 
pena l� dove essa non contenga, o contenga minimamente, le condizioni 
idonee a realizzare tale finalit�. E ci�, evidentemente, in considerazione 
delle altre funzioni della pena che, al di l� della prospettiva 
del miglioramento del reo, sono essenziali alla tutela dei cittadini 
e dell'ordine giuridico contro la delinquenza, e da cui dipende 
la esistenza stessa della vita sociale. (Omissis). 

fondata la questione relativa alla conversione della pena pecuniaria in pena.
detentiva. 
In dottrina, sulla funzione della pena, VASSALLI, Funzioni ed insujJ�cienza 
della pena, Riv. it. dir. e proc. pen., 1961, 297. 



30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 febbraio 1966, n. 13 -Pres. Ambrosini 
Est. Verz� -Giansoldati (n. c.) c. Presidente del Consiglio dei 
Ministri (Vice Avv. Gen. Stato Foligno). 

Corte Costituzionale -Questione di le~ittimit� costituzionale sollevata 

in via incidentale -Necessit� di un ~iudizio -Questione sollevata 

dal Presidente del Tribunale -Inammissibilit�. 

(Cost. art. 136, 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953 n. 87, 
art. 23; c. p. c. art. 645; disp. attuaz. art. 43; 1. 25 febbraio 1963 n. 289, 
art. 3 e 4). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale degli 
artt. 3 e 4 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, recante modifiche alla 
Cassa previdenza e assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori, 
sollevata dal Presidente del Tribunale in sede di opposizione ad un 
atto ingiuntivo per il recupero delle spese di giustizia, dato che il Presidente 
non � autorizzato a prendere alcun provvedimento di natura 
decisoria sull'opposizione stessa (1). 

(Omissis). 

L'eccezione di inammissibilit� deve essere accolta perch� la questione 
di legittimit� costituzionale non � stata sollevata nel corso di 
un giudizio. 

Il principio ;fondamentale, secondo il quale la questione di costituzionalit� 
in via incidentale pu� essere sollevata soltanto nel corso di 
un giudizio, � stato affermato dalla legge costituzionale 9 febbraio 

(1) La questione era stata sollevata dal Presidente del Tribunale di 
Aosta con ordinanza 9 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1965, n. 47). 
La sentenza esattissima nel dispositivo e nella motivazione, costituisce 
una riconferma' della progressiva evoluzione della giurisprudenza della 
Corte verso un criterio di rigida interpretazione delle norme che disciplinano 
l'introduzione del giudizio di legittimit� costituzionale in via incidentale. 


Si ricorder�, infatti, che, con la fondamentale sentenza pronunciata 
sulla materia, la Corte aveva ammesso la proponibilit� della questione 
anche se sollevata in un procedimento di volontaria giurisdizione, facendo 
leva, pi� che sulla qualificazione strutturale dell'organo dal quale la questione 
veniva proposta, sulla sua funzione di � attuare la legge nel caso concreto> 
(sent. 12 dicembre 1957, n. 129, Giur. it., 1958, I, 1, 1). Il che non 
aveva mancato di sollevare le riserve dell'Avvocatura (Relazione per gli 
anni 1956-60, vol. I, I giudizi di costituzionalit� pag. 113) col rilievo che 
anche l'autorit� amministrativa � chiamata ad applicare la legge, senza che 
possa �ribellarvisi � contestandone la legittimit� costituzionale. 

L'orientamento della Corte, con motivazione pressoch� analoga, veniva 
comunque riconfermato con la successiva sentenza 11 marzo 1958, n. 24 
(Giur. it., 1958, I, 1, 533), pronunciata su questione sollevata dal Giudice 
dell'intavolazione di una Pretura del Trentino. 

Con le successive sentenze, tuttavia, del 20 dicembre 1962, n. 109 e 9 
aprile 1963, n. 44 (entrambe in Giur. it., 1963, I, 1, 708 e 938) la Corte escludeva 
che il Giudice istruttore nel processo civile fosse legittimato a pro




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 31 

1948, n. 1, e dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Il carattere 
incidentale del giudizio di costituzionalit� � ancora ribadito da due 
specifici obblighi imposti dallo stesso art. 23 del giudice a quo: quello 
di esaminare se il procedimento principale non possa essere definito 
indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit� costituzionale, 
e quello di sospendere � il giudizio in corso �. 

La sussistenza dunque di un procedimento principale condiziona 
il promovimento del giudizio di costituzionalit� davanti a questa Corte. 

Nella fattispecie, non sussiste tale condizione. 

Un esposto diretto al Presidente del Tribunale, definito nel contesto 
come � ricorso � e contenente la dichiarazione di proporre opposizione 
ad un atto ingiuntivo per il pagamento di spese di giudizio, fra 
le quali � compreso anche il contributo dovuto alla Cassa di previdenza 
per gli avvocati e procuratori, non � atto idoneo ad instaurare un 
giudizio e dare quindi luogo allo svolgimento di un procedimento. 

Infatti, a termini dell'art. 645 del Codice di procedura civile richiamato 
dall'art. 42 delle relative norme di attuazione, l'opposizione alla 
ingiunzione di pagamento di spese di giustizia si propone mediante 
atto di citazione � davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il 
giudice che ha emesso il decreto �; decreto che nel caso in esame � 
quello che ha reso esecutiva la parcella delle spese redatta dal 
Cancelliere. 

Per di pi�, il Presidente del Tribunale -al quale era diretto 
quell'esposto -non era autorizzato a prendere alcun provvedimento 
al riguardo e non era comunque legittimato a sollevare la questione di 
legittimit� costituzionale per difetto di ogni potere decisorio. (Omissis). 

porre questioni di legittimit� costituzionale in via incidentale. L'esclusione 
era motivata dal fatto, questa volta, che -bench� anche il G.I. sia chiamato 
ad applicare la legge, ed in particolare le norme di carattere fiscale nel 
processo, come nell'ipotesi della seconda sentenza -ogni potere decisorio 
spetta solo ed esclusivamente al Collegio. 

Questa puntualizzazione del parallelismo fra titolarit� del potere decisorio 
e legittimazione a proporre la questione (gi� ammesso dalla dottrina: 
BARALDI, La questione di legittimit� costituzionale e i provvedimenti del 
giudice nel processo civile, Giur. it, 1958, IV, 1; ABBAMONTE, n processo 
costituzionale italiano, Napoli, 1957, 31; CAPPELLETTI, La pregiudizialit� 
costituzionale nel processo civile, Milano, 1957, 100) � chiaramente ravvisabile 
anche nella decisione in rassegna. 

Il Presidente del Tribunale, invero, � ex se � non ha poteri diversi, nella 
materia della liquidazione delle spese giudiziali, indicate nell'art. 43 disp. 
attuaz. cod. proc. civ., da quelli del Capo del Collegio competente per l'opposizione 
ad un normale decreto monitorio. 

Anche ammessa, dunque, l'equivalenza della forma del � ricorso � a 
quella della � citazione � prescritta dalla legge, il Presidente del Tribunale 
avrebbe, al pi�, potuto assumere la figura di Giudice istruttore nel giudizio, 
sfornito di ogni potere decisorio rispetto alla questione di merito nella quale 
la questione di legittimit� costituzionale veniva ad innestarsi. E questa 
considerazione giustifica pienamente, in conformit� coi precedenti citati, la 
decisione di inammissibilit� adottata dalla Corte. 

5 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un, 30 aprile 1965, n. 787 -Pres. 
Lonardo -Est. Cesaroni -P. M. Tavolaro (conf.) -A.C.E.A. (avv. Toscano) 
c. Muzi (avv. Agostini) e c. Ministero Tesoro (avv. Stato 
Del Greco). 

Impiego pubblico -Commissione di epurazione -Parere in ordine alla 
riassunzione di dipendenti licenziati per motivi politici -Carattere 
vincolante anche in ordine all'implicito accertamento della dipendenza 
dell'interessato dall'Azienda o dall'Ente -Trasformazione 
dell'interesse in diritto soggettivo del dipendente alla riassunzione. 

(r. d. 1. 28 dicembre 1943, n. 29/B, art. 3; r. d. 1. 6 gennaio 1944, n. 9, art. 2). 
Impiego pubblico -Ente pubblico economico -Assunzione dell'obbligo 
di riconoscere ad un dipendente anzianit� retrodatata -Recesso 
unilaterale -Inammissibilit�. 

(c. c. artt. 2118 e 2119; r. d. 1. 13 novembre 1924, n. 1825 artt. 9 e 10). 
Impiego pubblico -Ente pubblico economico -Delibera di riassunzione 
di un dipendente licenziato per motivi politici -Errore circa la portata 
delle disposizioni concernenti la riassunzione -Sussistenza Apprezzamento 
di fatto -Sindacabilit� in Cassazione -Esclusione. 

(c. c. art. 1427; c. p. c., art. 360). 
La valutazione, da parte delle Commissioni provinciali di cui allo 
art. 3, lett. b, r.d.l. 28 dicembre 1943, n. 29/B, della sussistenza delle 
condizioni per la riassunzione in servizio delle persone dispensate o� 
licenziate per motivi politici, implica l'accertamento anche della dipendenza 
dell'interessato dall'Azienda o dall'Ente, costituente necessario 
presupposto della valutazione riguardante il motivo del licenziamento. 
Qualora il parere non sia impugnato avanti alla Commissione di secondo 
grado e divenga definitivo, esso vincola l'ente o l'azienda, essendo 
idoneo a trasformare l'interesse del dipendente in diritto sog� 
gettivo alla riassunzione (1). 

(1) Non si rinvengono precedenti specifici circa la portata della valutazione 
compiuta dalle Commissioni di epurazione con riferimento non 
soltanto all'accertamento dell'esistenza del motivo ,politico, ma anche all'accertamento 
della preesistenza del rapporto di impiego. Circa l'efficacia 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 33 

L'A.C.E.A., una volta riassunto il dipendente con attribuzione di 
anzianit� retrodatata, non pu� liberarsi unilateralmente da tale obbligo, 
attesa la sua qualit� di ente pubblico economico e la conseguente applicazione 
al rapporto di lavoro delle norme di diritto privato (2). 

L'esame sulla sussistenza e sui requisiti dell'errore -ai fini dell'annullamento 
dell'atto di assunzione -si risolve in un apprezzamento 
di fatto riservato al Giudice di merito onde la relativa questione 
sfugge al sindacato di legittimit� della Corte di Cassazione (3). 

(Omissis). 

Con il primo mezzo si denunciano i vizi di violazione di legge e 
di difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto 
la Corte, nel ritenere vincolante il parere della Commissione di epurazione, 
non avrebbe considerato che, per l'art. 3 del r.d.l. 6 gennaio 
1944, n. 9, alla detta Commissione era demandata solo la valutazione 
della sussistenza o meno del motivo di licenziamento, restando 
all'Amministrazione la potest� di valutare la sussistenza di tutte le 
altre condizioni richieste per la riassunzione in servizio dell'ex dipendente. 


Nella specie, quindi, mancando al Muzi il requisito base per essere 
riammesso in servizio non essendo mai stato un dipendente dell'Acea, 
nessun valore vincolate poteva attribuirsi, sotto questo aspetto, al parere 
della commissione di epurazione, basato, a sua volta, sul falso 
presupposto che il decreto del 1'944 potesse applicarsi anche a coloro 
che non erano stati assunti in servizio per motivi politici. 

II motivo � infondato. 

L'art. 2 della citata legge n. 9 del 1944 prevede la � riassunzione � 

in servizio di � coloro che possono dimostrare che la loro dispensa 

dal servizio o il loro licenziamento sia dovuto a motivi politici �. 

vincolante dell'accertamento della Commissione e la conseguente trasformazione 
dell'interesse legittimo dell'ex dipendente in diritto soggettivo alla 
riassunzione, conforme Oass., 18 marzo 1955, n. 823, Giust. civ., 1955, I, 
1324 (F. Battistoni). 

(2) La Corte di Cassazione ha costantemente affermato che i rapporti 
di lavoro con enti pubblici economici sono da ritenere disciplinati dalle 
norme di diritto privato, deducendo da tale principio la devoluzione alla 
Autorit� giudiziaria delle relative controversie. 
Cfr. Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1964, n. 362, Foro It., 1964, I, 666; 
Sez. Un., 12 ottobre 1962, n. 2966, Giust. civ., 1963, I. 561 .e, da ultimo, Sez. 
Un. 7 giugno 1965, n. 1120 e 25 maggio 1965, n. 1025 in questa Rassegna, 
1965, I, 659 ed ivi A. FRENI, Osservazioni sulle controversie relative ai rapporti 
di impiego dei dipendenti della pubblica economia. Al riguardo, � tuttavia 
da notare che il Consiglio di Stato ha invece ritenuto che le contro:versie 
concernenti il rapporto d'impiego con enti pubblici ed economici rientrino 
nella giurisdizione amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 dicembre 
1964, n. 991, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2273; Sez. V, 31 gennaio 
1964, n. 141, Foro it. Rep., 1964, voce �Impiegato dello Stato�, n. 659 (F.B.). 

(3) Massima pacifica:. Cfr. Cassazione, 16 dicembre 1960, n. 1177; 23 luglio 
1959, n. 2378, Sett. Cass. 1959, 470, 11 maggio 1955, n. 1349 (F.B.). 

34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il successivo art. 3 dispone, inoltre, che la valutazione � delle 
condizioni� di cui al precedente articolo � demandata, per i dipendenti 
delle Aziende esercenti pubblici servizi, alle Commissioni provinciali 
di cui alla lett. b) dell'art. 3 r.d.l. 28 dicembre 19i43, n. 29/b. 

Le dette norme, adunque, contengono ad un tempo un richiamo 
alle condizioni di fatto necessarie per farsi luogo alla riassunzione 

(fra cui, in primo luogo, che il lavoratore sia stato alle dipendenze 
dell'ente o dell'azienda alla quale chiede la riassunzione) e la determinazione 
dell'organo competente a valutare le predette condizioni, 
mediante un accertamento che non pu� quindi, limitarsi al solo motivo 
del licenziamento. 

Ci� risponde all'interpretazione letterale di dette norme ma la 
interpretazione logica e quella sistematica convengono, in realt�, nello 
stesso senso, giacch� l'accertamento del motivo politico non pu� avvenire 
che rispetto a un determinato licenziamento e all'azienda che lo 
ha disposto, cio� al fatto specificamente posto a base della domanda 
di riassunzione. Ed in rapporto a tale situazione non �, evidentemente, 
configurabile un giudizio sulla causa determinante di un fatto senza 
la prova, accertata o presunta, che il fatto si sia verificato. 

Da queste premesse discende che il giudizio della Commissione 
di epurazione, involgendo una valutazione di ordine amministrativo, 
oltre che politico, deve ritenersi vincolante su tutta la indagine di 
fatto, e, quindi, anche su quella che riguarda il requisito della dipendenza 
dell'interessato dall'ente o dall'azienda, il che, del resto, trova 
ulterior� conferma nell'art. 1 della legge, ove si richiede come unica 
condizione per il successivo provvedimento d1 ammissione, 11 possesso 

lei requisiti necessari ai sensi della legge e del regolamento, per la 
� permanenza � in servizio: condizione questa, necessariamente rimessa 
alla valutazione dell'Ente tenuto a riassumere l'ex dipendente licenziato. 
E poich� I'A.C.E.A., come giustamente ha osservato la Corte 
di merito, non impugn� il detto parere, davanti alla Commissione 
provinciale di II grado, ed anzi vi diede esecuzione con la delibera 
9 dicembre 1946, non poteva successivamente annullare l'atto di assunzione 
del Muzi, per pretesa inapplicabilit� della legge n. 9 del 1944, 
atteso il carattere vincolante di quel parere, atto a trasformare l'interesse 
dell'ex dipendente in un vero e proprio diritto soggettivo alla 
riassunzione in servizio (Cass. 18 marzo 195151, n. 823). E se cosi �. 
deve ugualmente disattendersi anche l'altra censura contenuta nel 
mezzo, rivolta a negare la validit� del parere emesso dalla Commissione 
provinciale, in quanto fondato, si dice, sull'erroneo presupposto 
che la legge del 1944 potesse applicarsi anche a coloro che, come 
il Muzi, anzich� licenziato non erano stati �assunti� per motivi politici. 

La definitivit� del provvedimento emesso dalla Commissione copre, 
evidentemente, anche la eccezione relativa alla violazione di legge, 
dovendo an�he essa proporsi nell'ambito delle impugnative all'uopo 

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previste. 

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Ma, a parte questo rilievo, per s� decisivo, l'eccezione deve ritenersi, 
in ogni caso, infondata, non potendosi prescindere da una cir-

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 35 

costanza peculiare alla specie, sulla quale si � essenzialmente fondata 
l'impugnata decisione, e cio� che la Commissione di epurazione (la 
quale in un primo tempo aveva espresso parere contrario alla riassunzione 
in servizio del Muzi) con delibera del 12 luglio 1946, sulla 
scorta di nuovi elementi prodotti, espresse parere favorevole alla 
�riassunzione�, avendo ritenuto che il �licenziamento� era stato determinato 
da motivi politici. Il che dimostra che la Commissione non 
manc�, in realt�, di esaminare la posizione anteatta del Muzi nei confronti 
dell'A.C.E.A., ritenendo che ricorrese il requisito della dipendenza 
da detta azienda. E, se cos� �, non pu� fondatamente sostenersi 
che la Commissione sia incorsa in errore nel ritenere applicabile, alla 
fattispecie, la legge del 1944. 

Rigettandosi, per tali considerazioni, il primo motivo del ricorso, 
ne consegue l'assorbimento del secondo, in quanto� proposto contro 
l'altro argomento addotto dalla Corte di Appello a base della sua decisione, 
e, cio�, che l'Azienda, avendo assunto nei confronti del Muzi, 
con la delibera del 1946, l'obbligo di riconoscergli l'anzianit� retrodatata 
al 1� luglio 1922, non poteva, con atto unilaterale, liberarsi da 
siffatto obbligo, attesa la sua qualit� di ente di natura economica 
e l'applicabilit� delle norme di diritto �privato, che regolano il contratto 
di lavoro. 

Col terzo mezzo si ripropongono, sotto altro profilo, le stesse doglianze 
esposte con il primo. Rilevato che il decreto del 1944 era 
applicabile solo a favore di coloro che erano stati dispensati dal servizio 
o licenziati per motivi politici dopo la instaurazione del regime 
fascista, si sostiene che il Muzi mai avrebbe potuto beneficiare della 
ricostruzione della carriera con effetto anteriore al 28 ottobre 1922. 
Donde, si rileva, la illegittimit� della delibera con la quale l'A.C.E.A., 
applicando erroneamente le disposizioni di legge, aveva concesso al 
Muzi l'anzianit� di servizio con effetto dal 10 luglio 1922,_ 

Ma anche tale motivo deve ritenersi assorbito dal carattere vincolante 
del parere espresso dalla Commissione di epurazione, e, comunque, 
sussisterebbe sempre il vincolo contrattuale assunto dalla 

A.C.E.A. con la delibera del 12 luglio 1946, vincolo che, come esattamente 
rilevato dalla Corte di merito, non poteva essere risolto senza 
il consenso del Muzi. 
N�, al riguardo, la ricorrente pu� invocare, ai fini dell'annullamento 
dell'atto di �assunzione, l'errore in cui essa sarebbe incorsa, circa 
la portata e i limiti di applicabilit� del decreto del 1944, avendo la 
Corte ritenuto che l'A.e.E.A. non aveva, in alcun modo, fornita la 
prova che l'errore fosse rilevabile dal Muzi. E poich� il giudizio sulla 
sussistenza o meno dell'errore e dei suoi requisiti si risolve in un 
apprezzamento di fatto, la relativa questione sfugge al sindacato di 
questa Corte Suprema. 

La ricorrente cerca, invero, di superare l'ostacolo, sostenendo in 
questa sede che l'errore sarebbe stato comune alle due parti, per cui 



36 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non sarebbe richiesto, nella specie, il requisito della riconoscibilit�. 
Ma a parte l'inammissibilit� del motivo implicante un nuovo esame 
del fatto, che non pu� essere compiuto dalla Corte Suprema, baster� 
rilevare che il Muzi, nell'invocare la legge del 1944, come appare 
delle delibere n. 1175 del 9 dicembre 1946 e n. 161 del 16 febbraio 1951 
dell'A.C.E.A., si era limitato a chiedere la riassunzione in servizio, 
senza formuJ.are alcuna specifica richiesta in ordine all'anzianit� che 
gli sarebbe spettata in base alla legge stessa. Non si vede, pertanto, 
come si possa affermare che fosse anche il Muzi in errore, nel pretendere 
l'anzianit� retroattiva al 10 luglio 1922, che, in realt�, non 
aveva chiesto. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 maggio 1965, n. 964 -Pres. 
Torrente -Est. Giannattasio -P. M. Criscuoli (conf.) -Comitato 
dei ministri per le opere straordinarie dell'Italia settentrionale e 
centrale (avv. Stato Agr�) c. Comuni di Fucecchio, Santa Croce 
sull'Arno, Santa Maria a Monte, San Miniato, Montopoli Valdarno 
(avv. Barile e Clarizia) e c. Comune di Castelfranco. 

Competenza e giurisdizione -Giustizia amministrativa -Decisione del 
Consiglio di Stato -Contestazione dell'esistenza di interesse legittimo 
-Ricorso per Cassazione -Ammissibilit�. 
(COl!t., art. 111; c. p. c., art. 362). 

Comune -Dichiarazione di Comune come localit� economicamente depressa 
ex legge n. 365del1957 -Comuni viciniori -Interesse legittimo 
all'impugnazione del provvedimento -Sussistenza. 

(L. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8). 
Quando si contesta l'esistenza di interesse legittimo abiLitante alla 
impugnazione del provvedimento amministrativo, interesse legittimo 
ritenuto sussistente dal Consiglio di Stato, si denuncia la violazione, 
da parte del Supremo Collegio amministrativo, dei limiti posti dalla 
legge alle sue attribuzioni, cio� un tipico vizio attinente alla giurisdizione, 
come tale suscettibile del sindacato della Corte di Cassazione 
(1). 

I Comuni limitrofi ad altro Comune, dichiarato locaLit� economicamente 
depressa, sono titolari di un interesse legittimo che li abilita 

(1) Sui limiti del sindacato delle Sezioni Unite riflettente le pronunce 
del Consiglio di Stato, cfr. da ultimo, in senso conforme, Cass. Sez., 30 settembre 
1965, n. 2070; 2 lugli'O 1965, n. 1372, Foro it. 1965, I, 1423; 22 settembre 
1964, n. 2952; 28 luglio 1964, n. 2124, Giust. civ. 1964, I, 1946. 
Un lontano precedente contrario si inviene in Cass., Sez. Un., 12 dicembre 
1953, n. 3701, Riv. Corte dei conti, 1954, IV, 163, secondo la quale il giu-

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 37 

a ricorrere avverso ii provvedimento emanato in dedotta violazione 
delle norme dettate dalla legge n. 635 del 1957, giacch� essi si trovano 
in situazione tale da subire un danno ove la dichiarazione sia stata 
illegittimamente emanata (2). 

(Omissis). 

Con l'unico motivo, il Comitato dei Ministri per le opere straordinarie 
nell'Italia settentrionale e centrale censura la decisione del 
Consiglio di Stato per difetto assoluto di giurisdizione, e ci� per avere 
ritenuto che i comuni limitrofi ad altro comune, dichiarato localit� 
economicamente depressa ai sensi dell'art. 8 della I. 28 luglio 1957, 

n. 635, sono portatori di un interesse legittimo che li abilita a chiedere 
l'annullamento del provvedimento ~mministrativo di attribuzione 
della qualifica, adottato nei confronti del loro vicino. 
Il ricorrente premette che, per sostenere che l'interesse I.fatto valere 
dai Comuni sia un interesse legittimo, gravitante nell'orbita dell'art. 
26 del t.u. delle leggi sul Consiglio ,di Stato, si adducono, nella 
decisione impugnata, tre argomenti: 

a) la titolarit� di un interesse legittimo in chi, pur essendo 
terzo rispetto ad un atto amministrativo, che amplia la sfera dei diritti 
di un altro soggetto, si trovi in situazione tale da subire un danno, 
ove l'atto sia stato emanato in difformit� della legge; 

b) la vicinanza quale elemento di differenziazione tra l'interesse 
legittimo e quello semplice; 

c) il mantenimento dello status quo fiscale (e di riflesso delle 
rispettive situazioni sul piano delle possibilit� produttive) quale interesse 
legittimo. 

Si obietta dal ricorrente che dei tre argomenti cos� riassunti, 
quello sub a) vale a definire un interesse alla legittimit� dell'atto e 
non vero e proprio interesse legittimo. Quando si parla di interesse 
legittimo si definisce una posizione giuridica soggettiva di vantaggio; 
fra l'interesse di fatto e le norme di azione che regolano l'operato della 

P. A., deve sussistere un collegamento giuridico, protezione occasionalmente 
accordata dalla legge per la considerazione che essa abbia del 
soggetto portatore di una certa pretesa; in altri termini, l'argomentazione 
concerne non la qualificazione dell'interesse come legittimo, bens� 
l'interesse a ricorrere. Relativamente all'argomento di cui alla lett. b) 
il ricorrente assume che si confonde nuovamente un elemento processuale 
con un elemento sostanziale: l'essere vicini all'attivit� molesta 
illegalmente autorizzata pu� valere ai fini dell'interesse a ricorrere, 
non vale invece a creare un nesso giuridico tra interesse di fatto e 
norma di azione, n� a far trovare nella legge il requisito della protedizio 
relativo alla qualificazione di un interesse come interesse legittimo ovvero 
come interesse semplice non atterrebbe alla giurisdizione poich� l'eventuale 
errore si risolverebbe in semplice vi-olazione di legge (F. Battistoni). 

(2) La sentenza .sembra riferirsi ad una nozione di interesse legittimo 
particolarmente ampia, poich� considera tale la posizione di coloro che si 

38 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione dell'interesse. Solo nell'argomento sub c) si dicono cose pertinenti, 
ma errate. Nella legge la possibile situazione di concorrenza 
tra comune e comune non � contemplata, e non viene lasciato il minimo 
spazio ad opposizione di terzi soggetti i cui interessi restano nell'ambito 
del mero fatto. Soggiunge il ricorrente che non soltanto non 
esiste un interesse legittimo, ma, sotto le apparenze di un sindacato 
di legittimit�, il Consiglio di Stato ha compiuto un giudizio di merito, 
giudicando come se tutte le attivit� economiche siano del tipo c.d. 
primario, e dimenticando l'esistenza di altre attivit� secondarie e terziarie 
(infrastrutture, servizi, ecc.), importanti una serie di impulsi 
economici che non si esauriscono nell'ambito territoriale del comune. 
Tuttavia l'esatta considerazione al riguardo non pu� essere compiuta 
nell'ambito di un giudizio di mera legittimit�. Il contrasto di interessi 
d� luogo esclusivamente ad una questione di merito. Se viene 
ad essere creato in sede giurisdizionale quel collegamento fra la norma 
e l'asserito interesse di fatto che non � nella legge, il giudizio dal 
piano della legittimit� strar}pa nel merito e questo straripamento determina, 
fra l'altro, una situazione quanto meno d'arbitrio nella identificazione 
dei presupposti processuali. 

I Comuni resistenti eccepiscono, preliminarmente, l'inammissibilit� 
del ricorso, a norma degli artt. 362 c.p.c. e 111 della Costituzione, 
percb� non sussisterebbe una ipotesi di difetto di giurisdizione, da 
farsi valere come motivo di ricorso per cassazione avverso la decisione 
del giudice amministrativo, ma l'eccezione � infondata. 

Secondo il disposto degli artt. 48 t.u. 26� giugno 1924, n. 1054, 
360 n. 1 e 362 primo comma c.p.c., e 111 comma terzo della Costituzione, 
le decisioni del Consiglio di Stato sono impugnabili in Cassazione 
solo per motivi inerenti alla giurisdizione, in quanto l'attivit� 
giurisdizionale del Consiglio di Stato (come, del resto, quella della 
Corte dei Conti), incide sull'atto amministrativo e quindi sul potere 
discrezionale che ne costituisce il motivo ispiratore. Il sindacato della 
Corte di Cassazione �, quindi, configurabile allorquando il Consiglio 
di Stato abbia giudicato fuori dei limiti che la legge pone alle sue 
specifiche attribuzioni, e va individuato in concreto con riferimento 
alla natura della controversia sottoposta all'esame del Consiglio ed alcontenuto 
della pronuncia stessa. Pertanto la impugnazione � ammissibile 
nei senguenti casi: a) il cosidetto eccesso di potere giurisdizionale, 
per avere il Consiglio invaso il campo riservato alla libera discrezionalit� 
della pubblica amministrazione; b) la invasione della sfera 
della altrui giurisdizione, sia essa propria di altri poteri dello Stato, 
ovvero di un giudice ordinario o speciale; c) l'esplicazione di un sindacato 
di merito, allorquando la potestas iudicandi limita l'indagine 

trovino in condizioni di subire danno in conseguenza dell'emanazione del 
provv.edimento amministrativo senza darsi cura di valutare se la .posizione 
stessa fruisca di una protezione accordata dall'ordinamento, .sia pure in 
maniera indiretta o riflessa. 

L'interesse legittimo viene ridotto, in tal modo, alla nozione di interesse 
di fatto differenziato, e non anche qualificato dall'ordinamento, in ultima 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 39 

esclusivamente alla leggittimit� dell'atto amministrativo; d) il rifiuto 
di giurisdizione sull'erroneo presupposto che la materia non possa 
essere oggetto di funzione giurisdizionale; e) la irregolare costituzione 
del collegio giudicante, in quanto la mancanza dei presupposti 
costitutivi essenziali dell'organo si inquadra anch'essa nel difetto di 
giurisdizione. Al di fuori delle ipotesi anzidette, restano escluse dalla 
impugnazione le violazioni di legge dipendenti, comunque, da erronea 
e falsa applicazione di norme giudiche, da vizio del processo logico 
della decisione, da manchevole valutazione delle prove e da inosservanza 
delle disposizioni che regolano lo svolgimento del processo 
(Corte Cass., Sez. Un., 2.S luglio 1964, n. 2124; 30 dicembre 1963, 

n. 3246; 29 marzo 1963, n. 791). 
Precisato, in tal modo, l'ambito del sindacato della Corte di 

Cassazione sulle decisioni pronunciate in sede giurisdizionale dal Con


siglio di Stato, si osserva che allorquando si contesti l'esistenza di un 

interesse legittimo, che abiliti a chiedere l'annullamento del provve


dimento amministrativo, interesse ritenuto invece sussistente dal Con


siglio di Stato, si denuncia che il supremo organo di giustizia am


ministrativa avrebbe giudicato fuori dei limiti posti dalla legge alle 

sue attribuzioni, cio� un tipico vizio attinente alla giurisdizione, come 

tale suscettibile del sindacato della Corte di Cassazione a sezioni unite, 

che � chiamata a riconoscere, in base alle posizioni soggettive dedotte 

in giudizio, se, nella fattispecie sottoposta all'esame di quell'organo 

giurisdizionale, siano stati osservati o meno i limiti esterni della 

giurisdizione, e ad individuare la materia che la legge assegna al


l'esame dell'organo e le controversie di cui esso pu� conoscere, nonch� 

il contenuto finale dell'atto che definisce il procedimento giurisdi


zionale amministrativo, atto finale predeterminato dalla legge, secondo 

che in relazione alla natura della controversia sia attribuita al Con


siglio di Stato giurisdizione di semplice legittimit� ovvero anche di 

merito. 

Ma se il ricorso � ammissibile, esso �, peraltro, da rigettare. In


vero, la tesi, secondo la quale � titolare di un interesse legittimo anche 

colui che, terzo rispetto ad un atto amministrativo, che allarga la 

.sfera dei diritti di un altro soggetto, s� trovi in una tale situazione 
da subire un danno, ove l'.atto sia stato emanato in diffo:c;mit� della 
legge, non merita alcuna censura e tanto meno pu� essere scalfita dall'adombrata 
distinzione tra interesse alla legittimit� e interesse legittimo, 
di cui si rinvengono traccie in letteratura, ma che non � 
mai stata accolta dal1a giurisprudenza. Questa ha sempre individuato 

analisi ad una posizione soggettiva a natura schiettamente processuale. Si 
considerino, al riguardo, le osservazioni di A. M. SANDULLI, Repressione di 
abusi edilizi ed interessi dei terzi, Giust. civ., 1963, II, 38 e segg. e di F. 
AGR�, Ancora sulla distinzione fra interesse legittimo e interesse a ricorrere, 
in questa Rassegna, 1964, I, 44. 

Non sembra, invero, che la posizione dei C:omuni limitrofi a quello 
dichiarato zona depressa sia qualificata dall'ordinamento in maniera di




40 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella giurisdizione amministrativa la garanzia alla legittimit� degli 
atti amministrativi, non gi� mediante la protezione di un supposto interesse 
astratto alla legittimit�, ma mediante la protezione di interessi 
individuali che trovano salvaguardia e soddisfazione nell'emanazione 
di atti legittimi. In realt�, non pu� seriamente contestarsi che sia 
titolare di un interesse occasionalmente protetto, e quindi di un interesse 
legittimo colui che, pur essendo nella posizione giuridica di 
terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti 
appartenenti ad una persona fisica o giuridica, si trovi in una 
situazione tale da subire un danno, ove l'atto medesimo sia stato 
emanato in difformit� dell'interesse pubblico perseguito da una norma 
di legge. 

In tal caso -com'� stato osservato -l'interesse del terzo coincide 
con l'interesse pubblico alla osservanza di detta norma e, pertanto, 
trova nella norma stessa una protezione occasionale o riflessa, differenziandosi 
dall'interesse generico di tutti i cittadini al buon andamento 
della pubblica amministrazione. 

N� � esatto che la situazione di vicinanza possa valere bens� ai 
fini dell'interesse a ricorrere, ma non giustifichi la protezione dell'interesse. 
Lo specifico interesse del terzo, coincidente, sia pure indirettamente, 
con l'interesse pubblico protetto dalla norma, ad impugnare 
il comportamento dell'Amministrazione, nel caso che esso violi il 
precetto di legge, e produca al terzo, di riflesso, una diminuzione giuridica, 
pu� avere origine proprio dalla particolare situazione di vicinanza, 
perch� � questa che, in presenza di una norma che prescriva 
all'Amministrazione un dato comportamento, pu� far sorgere nel terzo 
la situazione di vantaggio, qualificata e differenziata da quella di tutti 
gli altri cittadini. 

La decisione impugnata cita, ad esempio, l'ipotesi di colui che 
abita vicino ad un opificio industriale, dal quale sono emesse esalazioni 
nocive alla salute, a proposito del quale non si � mai dubitato 
che abbia un interesse legittimo di cui possa lamentare la lesione, 
ove l'impianto dell'opificio stesso sia stato autorizzato ad una distanza 
inferiore a quella stabilita dalla legge. Pu� aggiungersi l'ipotesi dell'interesse 
che � stato riconosciuto ad un istituto di credito a rilevare 
i vizi de~provvedimento amministrativo che autorizza l'apertura di 
nuovi sportelli bancari, nella localit� ove esso svolge la sua attivit�. 

N� pu� sostenersi che, sotto le apparenze di un sindacato di legittimit�, 
il Consiglio di Stato abbia compiuto un giudizio di merito 
per giungere all'affermazione della violazione dell'art. a. della legge 
27 luglio 1957, n. 635, con la quale sono state emanate disposizioni 
integrative della legge 10 agosto 1950, n. 647, per l'esecuzione di 
opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e 

versa, per esempio, dalle posizioni dei singoli che esercitano in tali Comuni 
industrie concorrenziali con quelle agevolate sul piano fiscale nelle 
zone depresse. Cfr., al riguado, le considerazioni di S. D'ALBERGO, Stato, 
enti pubblici, zone depresse e pianifi,cazi()l)t.e, Foro it., 1964, V, 25 e segg.,
specialmente, 30 e 31 CF. B.). 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 41 

centrale. Com'� noto, la competenza di merito � quella competenza 
in cui il Consiglio di Stato dispone come avrebbe dovuto disporre 
lAmministrazione attiva, sostituendosi ad essa nell'uso del potere 
discrezionale. 

Il giudice amministrativo, in sede di merito, giudica, cio�, non 
solo della legalit�, ma anche dell'opportunit� amministrativa e dell'equit�. 
Questo non ha assolutamente fatto il Consiglio di Stato nel 
caso in esame, perch� se anche ha esaminato la fattispecie concreta, 
l'ha fatto sempre per riscontrare la legittimit� dell'atto vincolato. In 
altri termini, il supremo organo di giudisdizione amministrativa ha 
ricostruiti i presupposti necessari per l'emanazione del provvedimento 
amministrativo, non gi� in base a criteri politici, ma sulla scorta dei 
lavori preparatori della legge di incentivazione, di cui si discute, lavori 
i quali, seppur non costituiscono interpretazione autentica, forniscono 
sempre autorevoli elementi di interpretazione della legge (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 luglio 1965, n. rn.20 -Pres. Lonardo 
-Est. Salemi -P.M. Criscuoli (conf.) -Cucchiara Guercio ed 
altri (avv. Fornario, Maniscalco Sangiorgio, Maniscalco Basile) c. 
Barone ed altri (avv. Ruffini e Casales) nonch� c. Commissione 
elettorale mandamentale di Partinico (avv. Stato Foligno). 

Competenza e giurisdizione -Consiglio di giustizia amministrativa per 
la regione siciliana -Commissione elettorale mandamentale -Natura 
-Ricorso per cassazione avverso la pronuncia resa dal Consiglio 
di giustizia amministrativa in ordine a delibera di detta 
Commissione -Inammissibilit�. 

(c. p. c., art. 362; d. I. 6 maggio 1948, n. 654, art. 5). 
La competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione 
siciliana � di unico grado nei riguardi dei provvedimenti definitivi 
degli organi amministrativi della regione e degli enti aventi 
$ede nel territorio di questa, esclusi quelli strumentali dello Stato; � 
di primo grado nei riguardi dei provvedimenti definitivi degli organi 
statali o regionali, ma nell'esercizio di funzioni statali, aventi sede 
nel territorio della regione; � di secondo grado nei riguardi delle 
controversie spettanti in primo grado alla competenza delle Giunte 
provinciali amministrative: pertanto, poich� la Commissione elettoTale 
mandamentale � organo statale, non di autorit� regionale, come 
si desume dalle sue funzioni (di interesse statale) dalla sua composizione 
(presieduta da un magistrato e composta da commissari designati 
dal Prefetto e dalla Giunta provinciale) dalle modalit� di costituzione 
(decreto del primo presidente della Corte di appello), e 
poich� il criterio per la determinazione della natura regionale o statale 
dei provvedimenti impugnati davanti al Consiglio di giustizia am




42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA PELLO STATO 

ministrativa � determinato non daita natura dell'atto impugnato, bens� 
dan'organo che lo ha emesso, la decisione resa in primo grado dal 
Consiglio di giustizia amministrativa in ordine a delibera di detta 
Commissione � appellabiLe all'Adunanza plenaria del Consiglio di 
Stato, ma non ricorribite in cassazione ai sensi dell'art. 362 cod. proc. 

civ. come � per le decisioni emanate in grado di appello o in unico 
grado (1). 
(Omissis). 

Si sostiene, dall'Avvocatura dello Stato, che, avendo il Consiglio 
di giustizia amministrativa, con la decisione investita col presente 
ricorso, pronunciato in primo (non in unico) grado, in giudizio di impugnazione 
di un atto emesso da organo dello Stato (qual'� appunto 
la Commissione elettorale mandamentale), la decisione medesima poteva 
essere impugnata soltanto con ricorso all'Adunanza plenaria del 
Consiglio di Stato. 

L'eccezione � fondata e va accolta. 

Com'� noto, il C.G.A. per la Regione siciliana ha un triplice ordine 
di competenza, in quanto decide in unico grado, in primo grado ed 
in grado di appello. 

La competenza in unico grado comprende le attribuzioni giurisdizionali 
del Consiglio di Stato, nei riguardi dei provvedimenti definitivi 
degli organi amministrativi della Regione e degli enti aventi la 
propria sede nel territorio di questa, esclusi gli enti strumentali dello 

(1) Conforme Cass., Sez. Un., 11 maggio 1964, n. 1120, nel senso che 
il Prefetto, pur quando opera nelle province facenti parte di re�gioni a 
statuto speciale in genere, non � organo regionale ma organo dello Stato, 
onde i provvedimenti da lui emessi nell'esercizio della competenza spettantegli 
pure in materia deferita alla regione per ragione di decentramento 
sono atti di natura amministrativa .statale e non regionale, impugnabili 
davanti all'Adunanza plenaria del C1onsiglio di Stato dopo la pronuncia 
del Consiglio di giustizia amministrativa (fattispecie in materia di espropriazione 
disposta dalla regione siciliana). Nella stessa sentenza si precisa 
che � le decisioni pronJUnciate dal Consiglio di giustizia amministativa presso 
la regione siciliana � (in unico grado o in secondo grado) � possono essere 
impugnate dinanzi alla Corte di Cassazione solo per difetto di giurisdizione 
e non per motivi di merito �. 
Nel senso che il C:onsiglio di giustizia amministrativa esercita le fun


zioni devolute dalla legge �al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei 

riguardi degli atti e provvedimenti definitivi dell'amministrazione regionale 

e delle altre autorit� amministrative aventi sede nel territorio della regione 

in genere, onde in un ricorso propostogli contro uno degli atti indicati il 

Consiglio di Stato deve dichiarare la propria incompetenza, v. Cons. di 

Stato, Sez. V, 26 settembre 1964, n. 1059, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 

1462 (m), e d� anche per quanto attiene ai ricorsi per esecuzione del 

giudicato dipen:diente da decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa 

(Cons. di Stato, Sez. V, 13 marzo 1964, n. 367, Il Consiglio d1. Stato, 

1964, I, 495). 

In materia, cfr. altres� le decisioni dell'Adunanza plenaria del Consiglio� 
di Stato 2 maggio 1960, n. 5, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 818 (particolarmente 
sull'appello avverso le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa), 
19 maggio 1960, n. 10, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 840 (parti




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 

Stato; la competenza di primo grado comprende le attribuzioni giurisdizionali 
nei riguardi dei provvedimenti definitivi degli organi amministrativi 
statali aventi sede nel territorio della Regione. Nella 
competenza di secondo (ed ultimo) grado, infine, rientrano i casi spettanti 
in primo grado alla competenza delle Giunte provinciali amministrative. 


Ai sensi dell'art. 5 -terzo comma -del citato decreto n. 654 
del 1948, qualora si tratti di decisioni adottate dal C.G.A. in sede di 
impugnativa di afti e provvedimenti delle autorit� amministrative 
dello Stato, � ammesso appello ali'Adunanza plenaria del Consiglio 
di Stato, mentre siffatto appello non � concesso allorch� le decisioni 
del C.G.A. siano state adottate in sede di impugnativa di atti e provvedimenti 
di autorit� regionali. 

Deve aggiungersi_ che la giurisprudenza (vedi, ad es., Cass. sent. 

n. 1601 dell'anno 195,8) ha interpretato la norma citata nel senso che 
l'appello al Consiglio di Stato in Adunanza plenaria � ammesso anche 
quando l'atto amministrativo sia stato adottato da un organo della 
Regione siciliana nell'eserdzio di funzioni statali. 
Orbene, nella specie, il provvedimento impugnato davanti al 

C.G.A. (deliberazione della Commissione elettorale mandamentale, relativa 
all'ammissione di liste, adottato ai sensi dell'art. 18 del t.u. delle 
leggi per le elezioni dei Consigli comunali nella Regione siciliana, 
approvato con D.P.R.S. 20 agosto 1960, n. 3) � certamente atto di 
autorit� amministrativa dello Stato. 
colarmente sulla competenza del Consiglio di giustizia amministrativa e 

sugli effetti del ricorso enroneamente proposto, al Consiglio di giustizia 

amministrativa: declaratoria di inammissibilit�, salva la facolt� di ripro


porre il ricorso al Giudice ,competente, che potr� eventualmente riconoscere 

l'errore scusabile), e 28 novembre 1960, n. 19, Il Consiglio di Stato, 1960, 

I, 1977 (particolarmente suil.la inammissibilit� del ricorso all'Adunanza ple


naria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato avverso decisioni 

del Consiglio di giustizia amministrativa che ha pronunciato sull'impu


gnativa di un atto riferibile soggettivamente ed oggettivamente ad una 

autorit� della regione e non dello Stato nonch� sul conflitto di competenza 

tra il Consiglio di giustizia amministrativa 1e le sezioni giurisdizionali del 

ConsigHo di Stato). 

Sulla natura del Consiglio di giustizia ammin~strativa e sull'ammis


sibilit� dell'appello all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato contro 

le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa pronunciate in primo 

grado sull'impugnativa di atti e provvedimenti di autorit� statali nonch� 

di atti e provvedimenti per la ,cui ,emanazione le autorit� regionali sicHiane 

abbiano agito in veste cli autorit� statali, v. pure Cass., Sez. Un., 17 mag


gio 1958, n. 1601 in Giur. it. 1958, I, 1, 1223. 

In dottrina, oltre a S. DE FINA, Consiglio di giustizia amministrativa 

per la regione siciliana, Enciclopedia del diritto, voi. IX, Milano, 1961, 227, 

ed a C. BozzI, Consiglio di giustizia amministrativa, Novissimo Digesto 

itaL'iano, voi. IV, T'orino, 1959, 142, nonch� alla bibliografia richiamata dai 

due Autori, v. C. MoRTATI, Sull'incostituzionalit� dell'art. 23, ultimo comma, 

Statuto Regione Siciliana, Giur. cost., 1960, 327, e F. TERESI, Appunti in 

tema di conflitti di competenza tra C.G.A. e sezioni giurisdizionali del Con


siglio di Stato, Giur. sic., 1962, 285. 

In argomento, cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1956-1960, voi. II, 127. 



44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per negare siffatta qualifica, cio� per sostenere che si tratterebbe 
sostanzialmente di un provvedimento di autorit� regionale (per cui 
non sarebbe ammesso appello all'Adunanza plenaria), non vale obiettare 
che la materia dell'elettorato comunale rientra nella potest� normativa 
della Regione siciliana. 

Questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di esaminare, 

con recente decisione (sent. n. 1120 dell'anno 1964), la questione del 
criterio per la determinazione della natura regionale o statale dei 
provvedimenti impugnati davanti al C.G.A., affermando il principio 
che, per la qualificazione dell'atto, deve aversi riguardo, non alla natura 
di esso, bens� all'organo che lo ha emesso. 

Relativamente alla Commissione elettorale mandamentale, qualora 
si considerino le sue funzioni (di interesse indubbiamente statale), 
la sua composizione (presieduta da un magistrato e composta da commissari 
designati dal prefetto e dalla giunta provinciale), le modalit� 
di costituzione (decreto del Primo Presidente della Corte d'Appello), 
non sembra potersi dubitare che si tratti di organo statale, non di 
autorit� regionale. 

Pertanto, deve ritenersi che il presente ricorso investe decisione 

del C.G.A. pronunciata in primo grado, senza che sia stato previamente 
proposto appello all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, com'� 
previsto dall'art..5. -terzo comma -citato, cio� di decisione di 
giudice speciale non ricorribile direttamente in Cassazione, ai sensi 
dell'art. 3621 cod. proc. civ., per cui occorre decisione emanata in 
grado di appello o in unico grado. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 11 ottobre 1965, n. 2113 -Pres. 
Torrente -Est. D'Armiento -P. M. Di Majo (concl. conf.) -De Gennaro 
Musti (avv. M. S. Giannini) c. Ministero Sanit� (avv. Stato 
Lancia). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Farmacie -Controversie per la determinazione indennit� di 
avviamento -Farmacie di nuova istituzione -Difetto di giurisdizione 
dell'A.G.O 

(t. u. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 110). 
Ai sensi deU'art. 110 del T.U. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, 

n. 1265, per aversi un diritto soggettivo perfetto, azionabile, come tale, 
avanti al Giudice ordinario, diretto a conseguire dal nuovo concessionario 
il rilievo degli arredi, provviste e dotazioni attinenti all'esercizio i[ 
farmaceutico ed il pagamento di un'indennit� di avviamento per la 
successione dell'esercizio stesso, occon�e che si tratti di farmacia non 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 45 

di nuova istituzione, -Difetta tale presupposto e difetta, di conseguenza, 
la giurisdizione dell'A.G.O., ove la apertura della farmacia sia stata 
autorizzata in base a graduatoria di concorso, dichiarata poi nulla (e 
per tanto, con effetto ex tunc) dal Consiglio di Stato ed il vincitore del 
concorso annullato agisca nei confronti di colui cui � stata poi regolarmente 
assegnata la farmacia per ottenere di esse1�e rilevato degli arredi 
e dell'indennit� suindicata (1). 

(1) Nel ca�so di specie -nel quale M concessionario di una farmacia di 
nuova istituzione assegnatagli in base a concorso annullato dal Consiglio 
di Stato agisca per il riconoscimento, nei confronti del nuovo concessionario 
della stessa farmacia nominato a seguito di nuovo concorso, della propria 
pretesa ad essere irilevato degli arredi ecc. ed ail pagamento dell'indennit� 
di avviamento ex art. 110 del t. u. 27 luglio 1934, n. 1265 -il s�. C. ha 
dichiarato il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. non perch�, in astratto, 
alla pretesa azionata dovesse negarsi la natura di diritto subbiettivo 
perfetto, bens� sul. rilievo della .insussistenza in concreto del diritto stesso, 
trattandosi di �farmacia di nuova istituzione�, la cui apertura era stata 
autorizzata in base a graduatoria di concorso dichiarata nulla, sicch� l'attore 
non ne era mai stato legittimo titolare. 
Che la pretesa del f'R["lllacista verso il nuovo concessionario dello 
esercizio per essere rilevato degli arredi ecc. nonch� per ottenere il pagamento 
dell'indennit� di avviamento non debba qualificarsi come interesse 
legirttimo, sibbene quaile diritto subbiettivo di natutra patrimoni�ale, pu� 
dirsi ormai questione pacifica, atteso il costante orientamento in tal senso 
della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa: cfr., infatti, in tal senso, 
Cass. 23 giugno 1964, n. 1646 e 12 maggio 1962, n. 983, Giust. civ., 1962, I, 
1913; App. Bologna 16 luglio 1960, Giur. it., 1960, I, 2, 794; Cons. Stato 
18 marzo 1960, n. 272, Foro amm., 1960, I, 113; id., 26 novembre 1952, n. 914, 
Racc. Cons. Stato, 1952, 1513; id., 4 aprile 1951, Foro amm., 1951, I, 271, ecc. 

�, poi, affermazione di indiscutibile e anche ovvia esattezza -fondata 
sul chiaro tenore dell'art. 110 del t. u. n. 1265 del 1934 sulle leggi sanitarie quella 
che in tanto pu� insorgere il rapporto obbligatorio tra il precedente 
ed il nuovo titolare della faa.-macta, avente per oggetto il cosiddetto � rilievo� 
degli arredi ed il pagamento del cOil"J:"ispettivo e dell'indennit� in 
esame, in quanto si tratti di farmacta � non di nuova istituzione � e cio� gi� 
in esercizio: cfr., in tal senso, conformemente alla sentenza in rassegna, 
Trib. Roma 3 maggio 1961, Riv. giur. umbro-abruzzese, 1961, 329. 

Per la suddetta ragione, la prescrizione di un bando di concorso farmaceutico 
che esclude per le farmacie di nuova istituzione il diritto ad 
indennit� di avviamento � pienamente [egittima (Cons. Stato 19 aprile 
1961, n. 217, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 663). 

� stato ancora ritenuto che �precedente titolare� agli effetti dell'art. 
110 in esame, non pu� qualificarsi il gestore provvisorio, nominato 
dal Prefetto ai sensi del!l'art. 61 del ireg. 30 settembire 1938, n. 1760, sicch� 
a tale g�estore non compete l'indennit� di avviamento di cui al cit. art. 110 
del t. u. n. 1265 del 1934 (Cass. 9 gennaio 1961, n. 22, Giust. Civ., 1961, I, 
629; contra Apip. L'Aquila 31 gerunaio 1959, Giust. Civ. Mass. app., 1959, 418). 

Nel caso di specie, � stato escluso -facendo coriretta applicazione del 
principio della retroattivit� dell'annullamento degli �atti amministrativi 
iUegittimi, dai qua[i non possono mai sorgere diritti quesiti (cfr., tra le 
innumerevoli. decisioni, Cass. Sez. Un. 4 luglio 1962, n. 1714, Foro amm., 1963, 
II, 36) -che il vincitore di un concorso per l'apertura e l'esercizio di 
una farmacia di poi annulJlato, possa essere considerato quale legittimo titolM'e 
del>la farmacia stessa che devesi, pertanto, continuare a qualificare 
come di nuova istituzione. 



RASSEGNA DE,LL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 248'2 -Pres. 
Tavolaro -Est. Iannelli -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero LL. PP. 
(avv. Stato Cafara) c. Comune di Granaglione (avv. Regard e Beorchia 
Nigris) e Marconi (avv. Becca e Valenza). 


Responsabilit� civile -Responsabilit� della p. a. per fatto illecito -Responsabilit� 
della p. a. per attivit� lecita -Caratteristiche delle 
rispettive azioni -Concorso alternativo delle medesime. 

(c. c., art. 2043, I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). 
Responsabilit� civile -Discrezionalit� della p. a. -Insindacabilit� da 
parte del G. O. Limiti -Scelta del mezzo tecnico -Rientra nella 
discrezionalit� tecnica -Sindacabilit� da parte del G. O. -Ricostruzione 
di strade con doppia inclinazione del piano stradale Deflusso 
delle acque contro un edificio privato -Responsabilit� 
della p. a. per fatto illecito e non per ristoro di sacrifici le~ittlmamente 
arrecati. 

(c. c., art. 2043, I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). 
Le azioni ex art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulla espro


I

priazione per pubblica utilit� ed ex art. 2043 e.e., se possono in astratto 

�~ 
concorrere, vanno tuttavia tenute distinte per la sostanziale diversit� :~ 
dei loro presupposti, giacch� esse si differenziano sia per il loro petitum, 
che nell'azione di risarcimento per fatto illecito si estende a tutto il 
pregiudizio economico derivato all'altrui sfera patrimoniale, mentre 
nell'azione ex art. 46 della legge .<rulle espropriazioni riguarda soltanto il 
detrimento arrecato, per l'esecuzione dell'opera pubblica, al patrimonio 
immobiliare, sia per la causa petendi, e cio� per il fatto giuridico costitutivo 
dell'azione che, per la prima ipotesi, va ravvisato nella illeceit� 
del fatto, mentre, per la seconda ipotesi, va ravvisato nella liceit� 
della condotta (1). 

Per l:a determinazione de1l'dndennit� di avviamento -nel senso che 
essa vada commisurata a tre annate del reddito medio imponibile della 
fal'lllacia accertato agli effetti dell'imposta di r. m. nel quinquennio anteriore 
aJila data di decadell2la del di'l'itto del precedente titolare -cfr. Cass. 
6 maggio 1960, n. 1032, Giust. civ., 1960, I, 1337 e in Temi nap., 1960, I, 475 
con nota di A.BBAMONTE: Surta determinazione della indennit� di avviamento 
delle farmacie; id., 9 gennaio 961, n. 22, cit. In materia, cfr. anche 
SoRGE, In tema di richiamo di disposizioni: indennit� di avviamento ne.Z 
rilievo di farmacie, Foro it., 1955, IV, 68. 

Pi� in generale, sulla natura della c. d. � autorizzazione � a:lla apertura 
dell'esercizio di una farmacia e sUi caratteri pubbilicistici della disciplina 
della relativa attivit�, cfr. CARUSI, nota a sent. n. 233 del 1964 della Cassazione, 
in questa Rassegna, 1964, I, 327 (G. MAND�). 

(1) In senso conforme Cass. Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039, in questaRassegna 1964, I, 713; Cass. 12 ottobre 1959, n. 2762, Foro amm. 1959, II, 1, 
549; Cass. 10 ottobre 1958, n. 3220, Giust. civ. 1958, I, 2048 (A. Q.). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 

Nell'ambito della discrezionalit� amministrativa, intesa come il 

potere di apprezzare liberamente l'interesse pubblico e la idoneit� dei 
mezzi per il suo soddisfacimento, al giudice ordinario � preclusa ogni 
indagine per la ricerca di elementi di colpa, ossia di sindacare se la 

p.a. abbia convenientemente apprezzato l'interesse e i bisogni della collettivit� 
e scelto i mezzi idonei per soddisfarli; peraltro, allorch� non 
siano in gioco l'interesse pubblico e l'interesse generale, la p.a. nell'esecuzione 
di un'opera pubblica incontra dei limiti nella scelta dei 
criteri meramente tecnici (c. d. discrezionalit� tecnica) in riferimento al 
principio del neminem laedere, secondo il quale l'Amministrazione ha 
il dovere di adottare le ordinarie misure e cautele atte a non mettere 
in pericolo l'incolumit� e i beni del cittadino. Sussiste, pertanto, la 
responsabilit� per fatto illecito ex art. 2043 e.e. allorch� la p.a., ricostruendo 
una strada la cui precedente pendenza era verso valle (displuvio 
unico), abbia tramutato la pendenza stessa verso valle e verso 
monte (displuvio duplice), qualora in conseguenza della doppia inclinazione 
del piano stradale, oltre che per l'omessa costruzione di apposite 
cunette laterali, le acque piovane, defluendo dalla strada, vadano a 
ristagnare contro un edificio privato provocando danni (2). 
(Omissis). 

Va precisato, anzitutto, che sebbene la Corte di Appello abbia fatto 
riferimento, riguardo all'azione esperita, sia ad una responsabilit� per 
atti legittimi che a quella per colpa, ossia all'azione fondata sull'art. 
46" della legge sulle espropriazioni per pubblica utilit� ed all'azione 

(2) In senso conforme, per -ci� che concerne la prima parte della massima, 
Cass. Sez. Un., 4 maggio 1964, n. 1061, Giust. civ., 1964 I 2314� Cass. 
Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039, in questa Rassegna, 1964, I, 713; Ca;s. Sez. 
Un., 13 febbraio 1963, n. 287, Giust. civ., 1963, I, 1622; Cass. 11 agosto 1962, 
n. 2575, Resp. civ. 1963, 131; Cass. 22 gennaio 1962, n. 103; ivi, 1962, 239; 
Cass. 12 luglio 1961, n. 1659, Giust. civ., 1961, I, 1563; Cass. Sez. Un. 28 
aprile 1961, n. 979, ivi, 1961, 424. ' 
In dottrina sul problema della discreziona:lit�: GIANNINI M. S., Il potere 
discrezionale derla p. a., Milano, 1939; GASPARRI, Considerazioni sulla discrezionalit� 
amministrativa, Studi Cagliari, 1946; CASETTA, Attivit� e atto amministrativo, 
Riv. trim. dir. pubb., 1956, 7, 253; .Al.ESSI, Su~ concetto di attivit� 
discrezionale della p. a., Foro amm., 1953, IV, 62; .Al.ESSI, La responsabilit� 
della p. a., Milano, 1955, 85 e segg.; VIRGA, Appunti sulla cosidetta 
discrezionalit� tecnica, Jus, 1957, 95; PIRAs, Discrezionalit� amministrativa, 
Enciclopedia del diritto, XIII; MoRTATI, Discrezionalit�, Nov. Dig. it., V 

(A. Q.). 
Osservazioni in tema di discrezionalit� e di responsabilit� della pubblica 
amministrazione. 

1. -Con la sentenza in :rassegna le Sezioni Unite hanno dtenuto che 
la ricostruzione di una strada da parte della p. a. con una doppia inclinazione 
del piano stradale (c. d. baulatura), rispetto ad una preesistente unica 
inclinazione, sia fonte di responsabilit� dell'Amministrazione, oltre che per 
l'omessa costruziione di apposite .cunette laterali, anche per la scelta del 
tipo di inclinazione il quale abbia provocato il deflusso delle acque piovane 
contro un edificio ,privato contiguo. Hanno ,cosi dedotto che la questione 
6 



48 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aquiliana di cui all'art. 2043 e.e., tuttavia essa ha finito col ricondurre 

la responsabilit� di entrambi i ricorrenti, per il fatto lamentato dagli 
istanti, sotto il profilo di quest'ultima norma. 

Infatti, se � possibile il concorso delle due azioni, non �, invece, 
concepibile la loro unificazione, per la diversit� dei loro presupposti, 
dato che, in sostanza, differiscono sia per il petitum, che nell'azione di 

risarcimento per fatto illecito si estende a tutto il pregiudizio derivato 
all'altrui sfera giuridico-patrimoniale, e non soltanto al detrimento arrecato 
dall'esecuzione dell'opera pubblica al patrimonio immobiliare, sia 
per la causa petendi, e cio� per il fatto giuridico costitutivo dell'azione, 
che va ravvisato, nel primo caso, nell'illiceit� del fatto e, nel secondo 
caso, invece, nella liceit� della condotta della pubblica amministrazione. 

E la Corte di Appello ha tenuto conto di ci�, avendo, conformemente 
al petitum della domanda, pronunciato condanna al normale 
risarcimento del danno anzich� al pagamento di un indennizzo, avente 
questo carattere pi� limiitato rispetto a quello, e tale da circoscrivere 
la sfera di efficacia. N'� riprova il fatto che tanto il Ministero dei 
LL. PP. quanto il Comune di Granaglione hanno impugnato, in effetti, 
coi loro ricorsi, l'applicazione, al caso in oggetto, dell'art. 2043 e.e. 

Col primo mezzo, comune ad entrambi i ricorsi, i ricorrenti denunciano 
il diifetto di giurisdizione del giudice ordinario, la violazione ed 
errata applicazione dei principi generali in tema di sindacato, da parte 
di quest'ultimo, dell'attivit� amministrativa, nonch� dei principi generali 
in tema di responsabilit� della pubblica amministrazione ed infine 

relativa alla scelta del tipo di inclinazione del piano stradale era attinente 
alla sfera della discrezionalit� tecnica dell'Amministrazione, come tale sindacabile 
dall'A.G.0..sotto il profilo della ricerca di elementi di colpa, e 
non alla sfera della discrezionalit� amministrativa, ed hanno, di conseguenza, 
affermato la responsabilit� per fatto illecito della p. a. ex art. 2043 

c. c. anzich� la responsabilit� per danni da attivit� lecita ex art. 46 della 
legge sull'espropriazione. 
2. -Traendo spunto da tale sentenza, ci sembra che possa istituirsi un 
interessante parallelo tra le dicotomie discrezionalit� pura -discrezionalit� 
tecnica e responsabilit� per atto lecito -responsabilit� per fatto illecito: 
ci� nel senso che in correlazione con manifestazioni di attivit� discrezionali 
non possono configurarsi fattispecie di illeciti, bens� soltanto, ove ne ricorrano 
i necessari presupposti, responsabilit� da atti leciti, mentre nel campe> 
governato dalle regole tecniche, essendo consentito al giudice ordinario la 
ricei'Ca di eventuali elementi di colpa nel comportamento dell'Amministrazione, 
� configurabile una vera e propria responsabilit� deHa p. a. per 
illecito extra contrattuale. Costituisce, infatti, principio pi� volte affermato 
tanto in dottrina (tra gli altri, ALESSI, La responsabilit� della pubblica amministrazione, 
Milano 1955, 85 e segg.), quanto in giurisprudenza (da ultime> 
Cass. Sez. Un. 4 maggio 1964 n. 1061, Giust. civ., 964, I, 2314; Cass. Sez. Un. 
29 aprile 1964 n. 1039, dn .questa Rassegna 1964, I, 713) quello secondo il 
quale il sindacato del giudice ordinario non pu� estendersi alla sfera della 
discrezionalit� amministrativa, intesa �Come la facolt� della p. a. di libero 
apprezzamento degli interessi pubblici e di libera scelta dei mezzi ritenuti 
idonei per soddisfarre detti interessi, a differenza, invece, di quanto accada 
laddove si faccia questione di discrezionalit� tecnica in relazione alla quale 
I

si ritiene consentito al giudice ordinario di valutare se �l'Amministrazione, 

I 

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~



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 

la illogicit� e contraddittoriet� della motivazione, in relazione all'art. 360 
nn. 1, 3 e 5 c.p.c. Premesso che la Corte di Appello ha basato, di fatto, 
la responsabilit� della pubblica amministrazione sul disposto della 
norma sopra citata, per essere l'opera stata eseguita senza l'osservanza 
di quei criteri che la tecnica e la comune prudenza avrebbero imposto, 
i ricorrenti lamentano che, malgrado la Corte avesse esattamente riconosciuto 
che al giudice ordinario non � consentito di sindacare la discrezionalit� 
in forza della quale la pubblica amministrazione pu�, nella 
costruzione o manutenzione di un'opera pubblica, adottare, a sua scelta, 
i criteri che crede per il soddisfacimento dell'interesse collettivo, abbia, 
poi, ritenuto di potere indagare se, nella specie, la pubblica amministrazione 
fosse in colpa, per il modo come la strada era stata riattata 
e quindi mantenuta, sul presupposto che ci� rientrasse nell'ambito 
della discrezionalit� puramente tecnca, suscettibile di sindacato da parte 

del giudice ordinario. 

Osservano, al riguardo, che la Corte avrebbe, in tal modo, fatto 
mal governo dei principi che, nella soggetta materia, sono ormai convalidati 
da un'autorevole dottrina e dalla consolidata giurisprudenza 
di questo Supremo Collegio, incorrendo, per giunta, in una palese contraddizione, 
avendo prima escluso ogni sindacato da parte del giudice 
ordinario sulla natura e sulle caratteristiche di un'opera realizzata dalla 
pubblica amministrazione e destinata ai bisogni della collettivit� ed 
essendosi, poi, attribuita la potest� di giudicare, relativamente al caso 

nella fase della tecnica esecutiva, cio� della concreta messa in opera del 

mezzo tecnico liberamente prescelto, abbia osservato i criteri tecnici che 

governano H funzionamento del mezzo stesso e le comuni norme di pru


denza e diligenza la cui violazione comporta responsabilit� per fatto illecito. 

� noto, d'altra parte, che soltanto impropriamente si parla di � .discre


zionalit� tecnica � (si vedano VmGA, Appunti sulla discrezionalit� tecnica, 

Jus, h157, 95, MoRTATI, Discrezionalit�, Nov. Dig. It., voi. V, 1099), giacch� 

quando vengono in considerazione accertamenti e valutazioni di carattere 

squisitamente tecnico, non pu� sussistere alcuna sfera di libero apprezza


mento, cio� di discrezionalit� nell'azione, per il vincolo che opera in rela


zione al !I'ispetto delle regole tecniche le quali non sono suscettibili di 

valutazione discrezionale. � corretto, quindi, parlare di discrezionalit� 

tecnka con riferimento ad una duplica fase di intervento della p. a.: in un 

primo momento la discrezionalit� opera nella valutazione del grado di 

pubblicit� dell'interesse da soddisfare e nella scelta del mezzo ritenuto 

pi� opportuno ed efficace per soddisfare detto interesse, sicch� in tale fase 

l'agire della Amministrazione � caratterizzato dalla libert� di apprezza


mento e cio� da vera e propria discrezionalit� amministrativa, mentre in 

un secondo momento, quando � stata effettuata la scelta del mezzo, si 

esaurisce il potere discrezionale e subentra la fase attinente alla tecnica 

esecutiva la quale � vincolata all'esigenza del rispetto delle regole fisse 

ed immutabili �Che governano la messa in opera del mezzo prescelto ed 

il 1suo concreto funzionamento. 

L'ibrida espressione � discrezionalit� tecnica� � sorta per il riferimento 

contemporaneo ad entrambe le fasi, le quali per� sul piano strutturale 

debbono essere tenute nettamente distinte, giacch� sono regolate da prin


cipi profondamente diversi. 

3, -La distinzione tra l'attivit� discrezionale in senso proprio dell'Am


ministrazione e quella attinente alla tecnica esecutiva, la quale, come si 



50 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

de quo, se la natura e le caratteristiche della strada fossero rispondenti 
ai criteri della tecnica e della comune prudenza: tanto da avere finito 
col rimproverare alla pubblica amministrazione che il rifacimento della 
strada con doppia incliinazione, ossia con la c.d. �baulatura � del piano 
stradale, qual'era stato operato, non fosse conforme ai suddetti criteri, 
in quanto avrebbe dovuto farsi in differente modo e precisamente col 
dare alla strada una sola inclinazione. 

Dalla censura cosi formulata il Ministero dei LL. PP. trae, infine, 
argomento per sostenere che l'annullamento della sentenza non definitiva, 
sul punto in parola, importi, come conseguenza, la mancanza di 
ogni obbligo dello Stato di rivalere il Comune, dato che questo ente, 
per essere il proprietario della strada, sarebbe l'unico responsabile, 
non dei danni per un'attivit� pretesamente illecita, bens� dell'indennizzo, 
ex art. 46 della legge sulle espropriazioni. 

La doglianza non ha fondamento. 

Per vero la Corte del merito, come dai ricorrenti, del resto, si 
riconosce, ha esattamente enunciati i principi di diritto relativi alla 
discrezionalit� della pubblica amministrazione, avendo inteso tale discrezionalit� 
come il potere di apprezzare liberamente l'interesse pubblico 
e la idoneit� dei mezzi per il suo soddisfacimento, entro il cui ambito 
al giudice ordinario �, pertanto, precluso di svolgere alcuna indagine 
per la ricerca di una colpa, ossia di sindacare se la pubblica amministrazione 
abbia convenientemente apprezzato l'interesse ed i bisogni 

� accennato, comporta accertamenti e valutazioni non libere, ma vincolate 
al Tispetto di criteri tecnici fissi, implica una differente valutazione del 
comportamento della p. a. particolarmente nell'esecuzione di opere pubbliche, 
nel senso che, laddove sussiste esercizio di vero e proprio potere 
discrezionale, ivi � configurabile al pi�� una eventuale �responsabilit� conseguente 
ad attivit� lecita �Sotto il profilo del ristoro di sacrifici legittimamente 
arrecati (art. 46 della legge sull'espropriazione); mentre la responsabilit� 
per fatto illecito, fondandosi sull'accertamento della colpa nel comportamento 
della p. a., pu� sorgere soltanto quando si tratti di valutare 
la conformit� dell'attivit� di messa in opera del mezzo tecnico, nella fase 
esecutiva, alle norme generali di �Comune prudenza e diligenza, ovvero a 
quelle SPeciali attinenti al particolare funzionamento del mezzo prescelto. 
La Suprema Corte, con la sentenza n. 1039 del 29 aprile 1964 (in questa 
Rassegna, 1964, I, 713) ha esattamente ritenuto che il giudice ordinario 
non pu� svolgere alcuna indagine per la rkerca di elementi di colpa quando 
si tratti dell'apprezzamento di bisogni della collettivit� e della scelta dei 
mezzi ritenuti idonei a soddisfarli; ha ritenuto, per�, che allorquando 
siano stati rispettati tali limiti, � �Consentito al giudice ordinario di indagare 
se i mezzi prescelti siano stati adeguatamente messi in opera ed abbiano 
funzionato in modo normale, ovvero se, per negligenza o imperizia, il loro 
funzionamento sia stato difettoso o anormale. 

In tal modo appare evidente, a nostro avviso, che la possibilit� di 
qualificare con le categorie del lecito e dell'illecito il comportamtnto del1a 

p. a. discende dall'esatto inquadramento dell'attivit� svolta nella sfera della 
discrezionalit� pura ovvero in quella della tecnica esecutiva. 
Per ci� che concerne, in particolare, il settoce delle opere pubbliche, 
siffatte osservazioni comportano che la fattispecie della responsabilit� da 
atto lecito ex art. 46 della legge sulla eSPropriazione, sempre che ne sussistano 
gli altri elementi costitutivi, trova ingresso allorch� l'attivit� am




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 

della collettivit� e scelti i mezzi idonei per soddisfarli. Da ci� essa, poi, 
ha argomentato, non meno correttamente, che tutte le volte in cui non 
sono in gioco l'interesse e le esigenze della generalit�, per il modo come 
un'opera pubblica deve essere realizzata, la pubblica amministrazione 
non pu� non incontrare dei limiti nella scelta dei criteri meramente 
tecnici per la esecuzione dell'opera. Infine, con riguardo al riattamento 
della strada in questione, dopo avere rilevato che il modo come questo 
era stato praticato non era in funzione del soddisfacimento di un interesse 
della collettivit�, e la pubblica amministrazione, come era risultato 
chiaramente dalla consulenza di ufficio, aveva seguito un criterio 
tecnico errato, non avendo mantenuto la preesistente inclinazione a 
valle e ~on avendo costruito le apposite cunette, che avrebbero eliminato 
le conseguenze dannose dell'anomala costruzione della sagomatura, 
ha ritenuto che ci� costituiva un comportamento colposo, lesivo 
di un diritto del privato; talch� la pubblica amministrazione non poteva 
sottrarsi all'obbligo del risarcimento dei danni, in base al principio 
del neminem iaedere, in forza del quale� il potere discrezionale 
spettante alla pubblica amministrazione circa la costruzione e la manutenzione 
di una strada, non esime l'amministrazione stessa dal dovere 
di adottare le ordinarie misure e cautele atte a non mettere in pericolo 
l'incolumit� ed i beni del cittadino. 

Non sussiste, pertanto, alcuna contraddittoriet�, nella motivazione 
della denunciata sentenza, tra le premesse in diritto e l'indagine, che 
la Corte ritenne giustamente non esserle preclusa in fatto, relativamente 
alle caratteristiche della strada, riconducibili alle modalit� di 

ministrativa concerne la fase discrezionale dell'attivit� diretta al soddisfa


cimento del pubblico interesse, anche quando la scelta del mezzo tecnico 

ritenuto pi� idoneo al fine da conseguire richieda l'applicazione di criteri 

tecnici e la comparazione tra pi� soluzioni tecniche possibili, mentre in fase 

di tecnica esecutiva, allorch� si tratta soltanto di dare attuazione concreta 

al mezzo prescelto, senza che necessiti alcuna ulterime attivit� valutativa, 

viene a mancare il profilo della discrezionalit�, sicch� pu� sorgere la 

fattispecie dell'illecito. In fase esecutiva, infatti, il carattere vincolato 

dall'azione deriva dal fatto che l'applicazione delle regole tecniche non 

lascia alcun margine di scelta all'agente, ma obbliga gli esecutori ad una 

attivit� il cui contenuto appare rigorosamente predeterminato. 

Qualche dubbio pu� affacciarsi in ordine all'elemento della scelta del 

mezzo tecnko, nel senso di stabilire se essa appartenga alla tecnica esecu


tiva, e quindi sia sindacabile dall'A.G.0. ovvero se attenga sempre alla 

fase dell'apprezzamento discrezionale del pubblico interesse che si intende 

soddisfare e del modo ritenuto al �riguardo pi� opportuno. 

Non sembra che sussistano valide ragioni per l'abbandono del criterio 

distintivo tra la fase caratterizzata della discrezionalit� amministrativa e 

quella appartenente alla tecnica esecutiva �che � dato, sul piano cronolo


gico, della messa in opera del mezzo. Tutto ci� che precede tale momento 

e che va dalla ponderazione comparativa dei vari interessi, al fine della 

valutazione dell'opportunit� di procedere all'opera pubbUca, sino alla scelta 

del mezzo tecnico, ritenuto idoneo a soddisfare il bisogno collettivo, tra le 

diverse soluzioni astrattamente possibili, rientra nell'ambito dell'attivit� 

discrezionale che come tale � insindacabile da parte del giudke ordinario; 

mentre dal momento della messa in opera del mezzo prescelto, e per tutto 

ci� che concerne il suo funzionamento, si � nella fase della esecuzione 



52 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esecuzione dell'opera, ossia all'inclinazione del piano stradale anche 
verso il fabbricato Marconi ed alla mancata costruzione delle cunette 
per il convogliamento delle acque piovane, trattandosi, in realt�, di . 
un'indagine tecnica, alla quale era estranea ogni discrezionalit� ammi. 
nistrativa, nel senso gi� detto, e che non comportava un sindacato del


Il 

l'uso del potere discrezionale della pubblica amministrazione, ma soltanto 
la conoscenza degli effetti del comportamento colposo di essa. 
L'affermazione dei ricorrenti che nella scelta indiscriminata delle 
caratteristiche dell'opera, si doveva far rientrare quella della sagoma


I

tura, ossia della c.d. baulatura della strada, in tanto avrebbe potuto 
essere condivisa, in quanto si fosse dimostrato che la detta modalit� 
di esecuzione dell'opera era collegata al soddisfacimento di un pubblico 
interesse. Ma, a parte che tale dimostrazione non � stata neanche 
tentata dai ricorrenti, non si � tenuto conto, da parte dei medesimi, che 
la Corte del merito ha configurato la colpa della pubblica amministrazione 
non soltanto nel modo come la strada � stata rifatta (a sezione 
convessa con un anormale displuvio), ma anche nell'omissione di quegli 
accorgimenti (mancanza di apposite cunette), volti ad impedire che le 
acque piovane, defluendo dal piano stradale, andassero a ristagnare 
contro il fabbricato Marconi, con conseguente danno per l'immobile. 
Secondo la denunciata sentenza, infatti, in qualunque sia modo la pubblica 
amministrazione avesse deciso di ricostruire la strada, saarebbe 
bastato l'apprestamento delle cunette ad ostacolare l'irregolare deflussa 

I; 

. 

tecnica nella quale possono essere ricercati, da parte del giudice ordinario, .

I

elementi di colpa nel comportamento della p. a. sotto il profilo dell'even., 


tuale difetto nella costruzione dell'opera o dell'anormalit� nel funziona=~ 


mento del mezzo tecnico. Va, peraltro, osservato che talvolta in fase esecu


tiva possono verificarsi fatti che comportano nuove scelte da parte del


1'A:mrrninistrazione; in tali ipotesi, limitatamente alle nuove scelte, torna 

ad opere il criterio della discrezionalit� cui consegue l'insindacabilit�, da 

parte del giudice oo:dinario, del comportamento della p. a. 

4. -Non sembra, quindi, che possa condividersi la .sentenza annotata 
nella parte in cui ha ritenuto di poter ricavare elementi di .colpa nel comportamento 
dell'Amministrazione in relazione al fatto che si era proceduto 
alla ricostruzione della strada mediante una doppia inclinazione del piano 
stradale (displuvio duplice) rispetto ad una precedente unica inclinazione 
da monte verso valle (displuvio unico). Ci sembra, cio�, �che la scelta 
dell'una anzich� dell'altra soluzione tecnica del problema non atteneva alla 
fase della messa in opera del mezzo e quindi alla tecnica esecutiva, per 
la quale � consentito il sindacato del giudice ordinario, ma alla fase 
discrezionale della scelta del criterio ritenuto pi� idoneo al soddisfacimento 
del pubblico interesse relativo alla ricostruzione della strada. 
L'insorgenza di un danno patrimoniale di natura permanente per la 
contigua propriet� privata era, quindi, da inquadrare nell'ambito della 
responsabilit� per attivit� lecita ex art. 46 della legge sull'espropriazione 
anzich� in quello dell'illecito ex art. 2043 c. c., giacch� il danno non derivava 
da un vizio della .costruzione o da errori commessi dai tecnici dell;
Amministrazione nell'esecuzione dell'opera, bensl dalla scelta del criterio 


tecnico di ricostruzione della strada ritenuto idoneo dall'Amministrazione. 
A. QUARANTA 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 
delle acque, produttivo dei rilevati inconvenienti, di guisa che, ai fini 
della sussistenza della colpa della pubblica amministrazione e quindi, 
della responsabilit� della medesima, ai sensi dell'art. 2043 e.e., doveva 
ritenersi sufficiente la sola omissione della costruzione delle cunette. 

Ed in proposito non sembra superfluo sottolineare che questo 
punto della decisione, malgrado la sua notevole rilevanza, �non risulta 
affatto confutato da parte dei ricorrenti. 

Dall'infondatezza della censura, test� esaminata, rimane, ovviamente, 
assorbito l'argomento di cui all'ultima parte del mezzo di ricorso 
del Ministero dei LL. PP., diretto a far ricadere esclsivamente sul Comune 
la responsabilit� non dei danni ma dell'indennizzo ex art. 46 
della legge sulle espropriazioni. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2490 -Pres. 
Scarpello -Est. Pratillo -P. M. di Majo (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Mazzanti (n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo -Contributo 
di ricostruzione -Pretesa del privato alla concessione ed alla 
misura -Interesse legittimo -Giurisdizione del Consiglio di Stato. 

(I. 27 dicembre 1963 n. 968, artt. 17, 25, 28). 
Ai sensi della vigente legislazione sui danni di guerra, come peraltro 
di quella precedente (l. 26 ottobre 1940, n. 1543), il privato in 
nessun caso pu� vantare diritti soggettivi nei confronti della pubblica 
amministrazione, sia riguardo alla concessione che alla misura dell'indennizzo 
o del contributo di ricostruzione, sibbene soltanto interessi 
legittimi, tutelabili esclusivamente in sede amministrativa e davanti al 
Consiglio di Stato, sicch� in materia non � concessa al privato azione 
davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria; le disposizioni di cui agli 
artt. 25 e 28 della l. 27 dicembre 1953, n. 968, che stabiliscono rispettivamente 
la base per la commisurazione dell'indennizzo riguardo a determinati 
beni indicati nell'art. 4 e i vari limiti entro cui l'indennizzo, 
per i beni medesimi, deve essere contenuto, sono certamente norme vincolanti 
per la pubblica amministrazione, ma, essendo inserite nel procedimento 
amministrativo di liquidazione dell'indennizzo, costituiscono 
norme d'azione e non di relazione, sicch� l'interesse del privato non 
assurge a diritto soggettivo, non essendo oggetto di tutela immediata e 
diretta (1). 

(Omissis). 

Ritenne la Corte del merito, che, contro il decreto dell'Intendente 
di Finanza, che stabilisce se l'indennizzo per danni di guerra sia do


(1) In materia, oltre alla Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 19561960, 
III, 812, v. da ultimo, Cass., Sez. Un., 3 febbraio 1964, in questa Rassegna, 
1964, I, 497 e Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63, ivi, 1965, I, 290, 
nonch� gli ampi richiami contenuti nelle relative note redazionali. 

54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vuto o no, e che ne determina, nel primo caso, l'ammontare, � dato 
ricorso al Ministro del Tesoro e, quindi, al Consiglio di Stato ex art. 17 
della 1. n. 968 del 27 dicembre 1953. Ritenne la Corte essere, per�, 
norme non di azione ma di relazione, vincolanti per la P.A., quelle 
contenute negli artt. 25 e 28 della legge stessa, stabilenti i criteri e le 
misure con cui si deve operare l'accertamento del quantum dell'indennizzo, 
cosicch� la loro violazione legittima il privato ad adire il giudice 
ordinario. 

Obietta l'Amministrazione ricorrente, nel denunciare la violazione 
dell'art. 2 della legge n. 2248 all. E del 20 marzo 1865 in rapporto agli 
artt. 17, 25 e 28 della 1. n. 968 del 1953 e 360, n. 1, del c.p.c., che tutte 
le norme disciplinanti l'indennizzo dei danni di guerra -anche quelle 
che stabiliscono i criteri in base ai quali deve essere liquidato l'indennizzo 
-sarebbero norme d'azione e, pertanto, non esisterebbero 
mai, in materia, a favore del privato, diritti soggettivi, sibbene soltanto 
interessi legittimi e, in conseguenza, sarebbe costantemente esclusa 
nella materia stessa la giurisdizione del giudice ordinario. 

L'Amministrazione rileva, altresl, che la Corte del merito avrebbe 
errato nel ritenere che l'ammontare dell'indennizzo determinato dall'Intendente 
di Finanza (art. 17 della 1. n. 968 del 1953) non s'identificherebbe 
con quello liquidato eseguendo i calcoli di commisurazione nei 
limiti fissati dagli artt. 25 e 28 della legge medesima. 

Il ricorso � fondato. Il Mazzanti ha chiesto all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria che gli fosse liquidato, a carico dell'Amministrazione Finanziaria, 
un indennizzo per danni di guerra superiore a quello concessogli 
dall'Intendente di Finanza di Milano, assumendo che i limiti dell'indennizzo 
stesso, stabiliti dall'art. 28 della I. n. 968 del 27 dicembre 
1953 per gli immobili adibiti, quale il suo, all'esercizio di attivit� industriali 
(art. 4 lett. b della legge), andavano applicati sull'entit� del 
danno, valutato ai prezzi vigenti al 30 giugno 1943, prima che questo 
fosse moltiplicato per il coefficiente cinque (art. 25); non dopo, come 
aveva operato l'Intendente di Finanza. 

Ora con ripetute decisioni, anche a Sezioni Unite (cfr. n. 491 del 22 
febbraio 1954; n. 1954, del 26 giugno 1959; n. 1293 del 29 maggio 1962; 

n. 63 del 12 gennaio 1965), Questo Supremo Collegio da tempo ha 
fissato e mantenuto il principio che, ai sensi della vigente legislazione 
sui danni di guerra (1. n. 968 del 27 dicembre 1953) -come, peraltro, 
di quella precedente (1. n. 1543 del 26 ottobre 1940) -il privato in 
nessun caso pu� vantare diritti soggettivi nei confronti della P .A., sia 
riguardo la concessione che la misura dell'indennizzo o del contributo 
di ricostruzione, sibbene soltanto interessi legittimi, tutelabili esclusivamente 
in sede amministrativa e avanti il Consiglio di Stato, sicch� 
non � concessa al privato mai, in materia, azione avanti 1 'Autorit� Giudiziaria 
ordinaria. �, tuttavia, ovvio -come peraltro � stato anche precisato 
in altre sentenze da questa Suprema Corte (n. 4399 del 15 novembre 
1957, n. 397 del 29 febbraio 1960, n. 1179 del 13 maggio 1963} 
-che il principio suddetto vale soltanto per il privato il quale chieda 
al giudice ordinario nei confronti della P.A. l'accertamento del suo di

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 55 

ritto all'indennizzo o al contributo di ricostruzione per danni di guerra 
negatogli dall'Amministrazione stessa; ovvero, se concesso, la liquidazione 
in misura diversa o superiore a quella accordatagli. Quando, invece, 
la controversia sia tra privati, legati da un rapporto contrattuale 
questo, anche se in relazione mediata o immediata con l'indennizzo o 
il contributo suddetto � disciplinato dal diritto civile. Invero, data la 
totale indipendenza tra il rapporto intercorrente tra soggetti privati 
e l'altro tra uno dei privati e la P.A. una volta esaurita la procedura 
amministrativa diretta ad accertare se ricorrano le condizioni per la 
concessione dell'indennizzo o del contributo e, in caso positivo, dopo 
che se ne sia definitivamente determinato l'ammontare, i soggetti privati 
ben possono far valere i diritti e gli oh\>lighi reciproci, relativi 
all'indennizzo o al contributo, innanzi il giudice ordinario, avendo essi 
natura di diritti soggettivi e non di interessi legittimi, dato che, in 
tale ipotesi, il giudice ordinario non � affatto chiamato a decidere sull'an 
o a determinare il quantum dell'indennizzo o del contributo preteso 
dal privato nei confronti della P.A. 

Nella specie, come si � visto, non ricorreva, per�, tale seconda 
ipotesi e la causa petendi posta a giustificazione della pretesa del Mazzanti, 
pur da questi prospettata come lesione d'un diritto soggettivo, 
in realt� data la intrinseca natura dell'interesse dedotto in giudizio, 
e la effettiva protezione accordata dalla legislazione speciale sui 
danni di guerra alla posizione del privato nei confronti della P.A. convenuta 
attingeva la sua esatta ragione giuridica soltanto nell'eventuale 
lesione d'un interesse legittimo. 

Evidente �, poi l'errore di diritto in cui, per giustificare la propria 
pronuncia, � incorsa la Corte del merito qualificando come norme di 
relazione e non d'azione quelle contenute negli artt. 25 e 28 della 

1. n. 968 del 1953 : errore tanto pi� palese in quanto la motivazione 
contraddice apertamente sul punto, con un'esatta affermazione che la 
precede. Invero la Corte, richiamandosi all'art. 17 della legge suddetta, 
dapprima ed esattamente, ha affermato che, contro il decreto dell'Intendente 
di Finanza che stabilisce se l'indennizzo o il contributo sia 
dovuto o non e che, nel primo caso, ne determina lo � ammontare �, � 
dato ricorso al Ministero del Tesoro il cui provvedimento, essendo definitivo, 
� impugnabile innanzi il Consiglio di Stato. Non ha, per�, considerato 
la Corte stessa che l'art. 25 della legge -il quale stabilisce 
la base per la commisurazione dell'indennizzo riguardo i beni indicati 
dall'art. 46 lett. b -e l'art. 28 -il quale stabilisce i vari limiti entro 
cui l'indennizzo, per i beni medesimi, deve essere contenuto ove si superino 
determinate somme -fissano i criteri ed i limiti che l'Intendente di 
Finanza deve osservare, e i calcoli che deve eseguire per la liquidazione 
dell'indennizzo, cio� per determinare proprio quell'ammontare (l'unico 
previsto dalla legge) che dovr� essere specificamente indicato, acquistando 
cosi rilevanza esterna, nel decreto che l'Intendente stesso emette 
ai sensi dell'art. 17 della legge. Trattasi, pertanto, di norme, certo vincolanti 
per la P.A., ma intimamente inserite -formando cosi un 
unicum con le altre -nel procedimento amministrativo di liquidazione 

56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'indennizzo previsto dalla legge, vale a dire di norme dirette a 
regolare, in materia, i modi, i tempi e i limiti dell'attivit� della P .A. e, 
quindi il corretto esercizio del suo potere in vista del perseguimento 
del pubblico interesse relativo alle provvidenze .da concedere a chi 
abbia subito danni dalla guerra, cio� di norme d'azione e non di relazione 
di fronte alle quali l'interesse del privato non assurge mai a 
diritto 'soggettivo, non essendo oggetto di tutela immediata e diretta 
(cfr. Cass. sent. n. 762 del 15 marzo 1962, n. 657 del 12 aprile 1965). 
Ed infatti nella specie, il procedimento amministrativo di liquidazione 
si perfeziona e si conclude con il decreto dell'Intendente di Finanza, 
quel provvedimento terminale che il privato esplicitamente, ma anche 
esclusivamente, � legittimato a impugnare nel modi previsti dall'art. 17 
della 1. n. 968 del 1953, a difesa, come si � visto, di un suo interesse 
legittimo anche se, come nel caso concreto, lamenti la violazione di 
norme vincolanti per la P.A. circa i criteri, i calcoli e i limiti in base 
ai quali deve essere determinato �l'ammontare � dell'indennizzo. 

Il ricorso deve essere, pertanto accolto e, negandosi in conseguenza 
la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria a decidere della lite, 
la sentenza della Corte di Appello di Milano va cassata senza rinvio. 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 gennaio 1966, n. 207 -Pres. Scarpello 
-Est. Tamburrino -P. M. Criscuoli (diff.) -Ministero Finanze 
e Azienda Autonoma dei Monopoli dello Stato (avv. Stato Carafa) 

c. Soc. Agricola Industriale Meridionale (avv. Resta). 
Competenza e giurisdizione -Improponibilit� della domanda -Improponibilit� 
assoluta nei confronti della p. a. -Indagine sulla ipotizzabilit� 
in astratto di un diritto o interesse provvisto di azione o 
difesa giurisdizionale. 

Competenza e giurisdizione -Contratto di acquisto di tabacco estero 
da parte dell'Amministrazione dei Monopoli -Domanda di adempimento 
formulata dal privato -Responsabilit� -Indagine sul se il 
contratto sia stato stipulato in Italia o all'estero -Non � necessaria. 

Competenza e giurisdizione -Contratti sottoposti ad approvazione Configurabilit� 
di diritti soggettivi -Esclusione. 

Competenza e giurisdizione -Contratti stipulati dal Ministro -Necessit� 
dell'approvazione ai fini della giurisdizione dell'a.g.o. -Esclusione. 

L'eccezione di improponibilit� assoluta della domanda nei confronti 
della pubblica Amministrazione comporta la necessit� di effettuare una 
preliminare indagine diretta a stabilire se, nei termini di fatto e di di




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 57 

ritto proposti dall'attore, sia ipotizzabile in astratto un diritto o un interesse 
provvisto di azione o di difesa giurisdizionale (1). 

� proponibile una domanda che pretenda di fondarsi su un contratto 
di acquisto, da parte dell'Amministrazione dei Monopoli, di tabacco estero, 
senza che occorra indagare se l'asserito contratto sia stato stipulato 
in Italia o all'estero (2). 

Non sono configurabili diritti soggettivi perfetti nascenti da un contratto 
con la pubblica Amministrazione ove non sia intervenuto il prescritto 
decreto di approvazione (3). 

La necessit� del decreto di approvazione, ai fini dell'affermazione 
della giurisdizione del giudice ordinario, viene meno ove il contratto 
sia stato stipulato dal Ministro (4). 

(1-4) In tema di improponibilit� assoluta della domanda. 

1. -I fatti di causa solo largamente noti. 
Nel 1962 il Ministro delle Finanze dell'epoca e due Societ� titolari di 
-concessioni per la coltivazione di tabacco addivennero ad un accordo, in 
base al quale le Societ� si impegnavano a consegnare annualmente al Monopolio 
una certa quantit� di tabacco estero per un prezzo da liquidare 
in base alle tariffe vigenti per i tabacchi nazionali. 

Questo accordo, che aveva assunto la veste di uno scambio di corrispondenza 
fra il Ministro ed i rappresentanti delle Societ�, ebbe esecuzione 
per un certo tempo, finch�, nel 1964, riesaminata attentamente la consistenza 
giuridica della convenzione e constatata la sua assoluta inammissibilit�, 
il Ministero decise di non darle pi� esecuzione in alcuna forma. 

Le Societ� reagirono impugnando dinanzi al Consiglio di Stato questo 
provvedimento e, contemporaneamente, citando dinanzi al giudice ordinario 
l'Amministrazione finanziaria per sentir dichiarare la piena validit� ed 
efficaca dell'accordo del 1962. 

In questa situazione, evidentemente, si imponeva il regolamento preventivo 
di giurisdizione. 

L'Avvocatura sostenne, in linea principale, l'improponibilit� assoluta 
delle domande delle Societ� e, in linea subordinata, la giurisdizione del 
Consiglio di Stato. 

La legge, che riserva a monopolio dello Stato la coltivazione, preparazione, 
introduzione e vendita dei tabacchi e dei prodotti derivati (art. 45 
legge 17 luglio 1942, n. 907), non consente in nessun caso l'introduzione da 
parte di privati di tabacco grezzo prodotto all'estero. Solo all'Amministrazione 
spetta, infatti, il potere di acquistare direttamente il tabacco estero 
nei luoghi di produzione e nei principali mercati stranieri (art. 10 r.d. 18 
novembre 1923, n. 2440). Si sostenne, perci�, che un rapporto contrattuale 
quale quello che le Societ� pretendevano di dedurre in giudizio non � assolutamente 
configurabile nel nostro ordinamento e che, quindi, la domanda 
non era proponibile. 

In ogni caso, poi, si dedusse che, non essendo mai intervenuto il decreto 
di approvazione del preteso contratto, la posizione giuridica delle Societ� 
non avrebbe potuto qualificarsi come diritto soggettivo perfetto, ma, semmai, 
solo come interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo 
di legittimit�. 

Le Sezioni Unite hanno respinto ambedue le tesi, affermando la giurisdizione 
del giudice ordinario. 

La decisione non appare pienamente convincente. 

Essa ha il merito di aver chiaramente riaffermato alcuni fondamentali 

principi in tema di limiti della giurisdizione nei confronti della pubblica 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 

Il regolamento di giurisdizione proposto dalle Amministrazioni ri
�= 
correnti si fonda su due ordini di considerazioni e di motivi ben distinti, 
l'uno anzi subordinato all'altro, in quanto si sostiene in primo luogo 
l'improponibilit� assoluta delle domande avanzate dalla Societ� attualmente 
resistente e cio� la carenza assoluta di giurisdizione su di esse sia 
da parte sia del giudice ordinario che di quello amministrativo, mentre 
in secondo luogo, e subordinatamente, si afferma che, ave non si potesse 
addivenire a quella improponibilit� assoluta, sussisterebbe esclusivamente 
la giurisdizione del giudice amministrativo e non mai quella del 
giudice ordinario. Entrambe le proposizioni, sebbene abilmente prospettate 
e sorrette, non possono, dopo un attento esame, essere accolte. 

Anzitutto, fermando l'attenzione sul primo dei suddetti due motivi, 
non pu� in alcun modo parlarsi di improponibilit� assoluta, di carenza 
assoluta di giurisdizione in ordine alle domande di cui trattasi. L'eccezione 
di improponibilit� assoluta della domanda importa certamente 
la preliminare indagine diretta a vedere se una determinata domanda 
sia in astratto configurabile nei termini di fatto e di diritto proposti 
dall'attore, sia cio�, sempre tenuto conto non della mera prospettazione 
soggettiva, sibbene del cosidetto petitum sostanziale, della necessaria 
connessione tra petitum e causa petendi, onde dedurne la effettiva consi-

Amministrazione, ma non sembra che da tali principi abbia tratto tutte le 
necessarie conseguenze rispetto al caso di specie. 

In particolare: � stato giustamente riconosciuto che ogni domanda giudiziale 
nei confronti della pubblica Amministrazione deve formare oggetto 
di una preliminare indagine (sempre necessaria, anche se, il pi� delle volte, 
resta nell'ombra) diretta a stabilire se, nei termini di fatto e di diritto proposti 
dall'attore, � sia ipotizzabile in astratto un diritto o un interesse 
provvisto di �azione o di difesa giurisdizionale�; ma, poi, nell'effettuare 
in concreto tale indagine rispetto alla domanda di cui si trattava, sono stati 
assegnati al giudizio sulla proponibilit� confini che ci sembrano eccessivamente 
ristretti rispetto al giudizio sul merito. 

E, ancora: � stato riaffermato il principio, ormai pacifico, per cui la 
mancanza dell'approvazione dei contratti stipulati con la pubblica Amministrazione 
esclude la configurabilit� di un diritto soggettivo perfetto in 
capo al contraente privato; ma si � poi ritenuto che l'approvazione non 
occorra, al fine di ritenere la giurisdizione del giudice ordinario, quando 
l'autorit� stipulante (Ministro) sia quella stessa alla quale competerebbe 
l'atto di approvazione. Il che non appare coerente col principio, generale 
e assoluto, confermato dalla stessa sentenza. 

Su questi punti, non ci sembra, perci�, superflua qualche breve osservazione. 


2. -Com'� noto, le questioni relative al giudizio sulla proponibilit� della 
domanda nei confronti della pubblica amministrazione, inteso come giudizio 
sui limiti del potere giurisdizionale, hanno formato oggetto, in passato, di 
una notevole elaborazione giurisprudenziale, che � pervenuta a fissare chiari 
principi, ricavati da un'esatta interpretazione degli artt. 2 e 4 della legge 
abolitiva del contenzioso amministrativo e delle norme della legge 31 marzo 
1877, n. 3761, poi trasfuse nel vigente codice di procedura civile (1). In 
tempi pi� recenti e, in particolare, dopo l'entrata in vigore della Costitu(
1) Cfr., in proposito, l'ampia trattazione contenuta nella Relazione della R. 
Avvocatura Erariale per gli anni 1926-1929, Roma, 1930, pag. 15 e segg. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 59 

stenza dell'intrinseco interesse dedotto in lite, ipotizzabile in astratto 
un diritto o un interesse provvisto di azione o di difesa giurisdizionale, 
salvo poi, all'esito positivo di questa prima indagine, passare alla seconda 
e vedere la natura di quell'interesse eventualmente sussistente e 
determinare, sempre sulla base del criterio del petitum sostanziale, se 
esso possa configurarsi come un vero diritto subbiettivo, azionabile innanzi 
il giudice ordinario, ovvero come un interesse legittimo deducibile 
innanzi il giudice amministrativo: la unicit� del criterio secondo 
cui vanno condotte le due indagini (petitum sostanziale) pu� portare 
anche ad una commistione di argomentazioni, nel senso che le stesse 
argomentazioni, possono essere utili per risolvere entrambe, ma resta 
sempre la loro differenziazione sul piano logico e giuridico. 

Ora, ponendo mente alle domande fatte valere dalla societ� resistente 
ed alla sostanza delle stesse, nonch� alle ragioni giuridiche poste 
a fondamento di esse, appar chiaro, indipendentemente dalle parole ed 
espressioni, talora improprie, usate, che si � dalla stessa dedotto un 
rapporto di natura convenzionale interceduto tra essa societ� e l'Amministrazione 
dello Stato per l'acquisto da parte di quest'ultima di tabacco 
estero. Convenzione che sarebbe stata consacrata dall'atto del 
Ministro delle Finanze e dalla successiva piena accettazione del privato, 
il primo del 10 gennaio 1962, la seconda dell'll gennaio dell'anno; convenzione 
in base alla quale la societ� avrebbe dovuto completare la 
sua produzione di tabacco in Italia con analoga produzione di tabacco 
all'estero ed avrebbe dovuto consegnare tale tabacco estero ali'Amministrazione 
italiana che lo avrebbe acquistato secondo precise condizioni 

zione, non risulta che le questioni stesse abbiano avuto occasione di essere 
riesaminate dalla Suprema Corte (2). La sentenza in esame assume, perci�, 
notevole importanza per aver nettamente ribadito i risultati raggiunti dalla 
precedente elaborazione giurisprudenziale, riconoscendone la validit� anche 
sotto il vigore della nuova Carta costituzionale. Tanto pi� che qualche pronuncia 
non molto recente (ad es.: Cass., S.U., 16 ottobre 1954, n. 3753, in 
Foro it., 1955,1, 493) poteva sembrare indirizzata nel senso di attribuire all'art. 
113 Cost. una portata che esso, invece, certamente non ha, quasi che 

(2) Va rilevato che, fin dal 1951 (a partire dalla sentenza S. U. 29 maggio 
1951, in Foro it., 1952, I, 701), si � andato consolidando un indirizzo volto ad assoggettare 
alla disciplina dell'improponibilit� assoluta domande attinenti a rapporti 
tra privati privi di qualunque tutela giuridica (cfr. tra le altre: Cass. S. U., 27 
gennaio 1959 n. 221, in Foro it., 1959, I, 216; 6 giugno 1960, n. 1484, ivi 1960, I, 906; 
8 luglio 1960, n. 1814, in Giust. civ., 1961, I, 109). Tale indirizzo (accolto con pareri 
discordi dalla dottrina: cfr., da un lato, ANDRIOLI, in Giur. compl. Cass. civ., 1952, 
I, 13; LIEBMAN, in Riv. dir. proc., 1953, Il, 35; e, dall'altro, SATTA, Commentario ai 
cod. proc. civ., Libro I, Milano 1959, pag. 164) non interessa direttamente il nostro 
tema. Va considerato, tuttavia, che alcuni principi affermati da questa recente 
giurisprudenza� (e cosi, in particolare, quello per cui l'indagine sulla proponibilit� 
dovrebbe essere condotta solo prima facie) possono comportare il pericolo di 
indebiti ritorni a concezioni del tutto superate ove dell'improponibilit� si discuta 
nel campo che � certamente suo proprio: quello dei rapporti fra potere giurisdizionale 
e pubblica Amministrazione. Non � da escludere che la sentenza in esame sia 
�stata indotta a restringere eccessivamente l'ambito del giudizio sulla proponibilit� 

(che, invece, com'� pacifico, suppone una piena cognizione dell'oggetto della controversia) 
proprio per l'influenza dell'indirizzo seguito dalla recente giurisprudenza 
in tema di domande tra privati. 



60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e prezzi. Non quindi concessione-contratto, come pure � adombrato, ma 
contratto stipulato tra un soggetto privato e la Pubblica Amministrazione, 
sottoposto, come tutte le parti in definitiva sono d'accordo, oltre 
che alle norme sul monopolio dei tabacchi, a quelle generali della 
legge sulla contabilit� generale dello Stato in ordine ai contratti 
riflettenti rapporti patrimoniali tra Amministrazione e privati. Questa 
� la convenzione dedotta in giudizio, della quale si chiede la piena 
declaratoria di validit� e di cui si chiede, con il risarcimento dei danni, 
la esecuzione. � Petit�m � � adunque la domanda di esecuzione della 
convenzione, con il risarcimento dei danni per la sua inesecuzione ad 
opera della Amministrazione, � causa petendi � la sussistenza del rapporto 
convenzionale tra la societ� privata e l'Amministrazione pubblica. 
E ben determinate sono anche le norme giuridiche concernenti la fattispecie 
astratta nella quale, secondo la domanda della societ�, dovrebbe 
rientrare il caso concreto. Invero, le norme sul Monopolio in materia 
di tabacchi (ed in ispecie quelle della legge 17 luglio 1942, n. 907 e 
successive modificazioni e quelle del R.D. 29 dicembre 1927, n. 2452) 
distinguono nettamente la coltivazione e produzione di tabacco in Italia 
che sono soggette, quando non effettuate direttamente dall'Amministrazione, 
ad un regime di concessioni a privati, dallo acquisto di tabacco 
all'estero, acquisto cui � abilitata direttamente I'Amministrazione attraverso 
una attivit� a caratttere patrimoniale, avente ad oggetto l'acquisto 
del tabacco estero: la legge generale sulla contabilit� dello Stato, che, 

l'azione amministrativa dovesse ormai ritenersi sempre soggetta al controllo 
giurisdizionale e la domanda contro la pubblica Amministrazione 

I

fosse, quindi, sempre proponibile. 

� chiaro, invece, che nell'art. 113 Cost. l'esercizio del potere giurisdizionale 
nei confronti deUa Pubblica Amministrazione � concepito (conformemente 
ai principi tradizionali) in funzione della tutela dei diritti 

Ie degli interessi legittimi dei privati ( � Contro gli atti della pubblica Amministrazione 
� sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli 
interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o ammi


I

nistrativa �). L'assoggettamento dell'azione amministrativa al controllo giu@
risdizionale incontra, quindi, un preciso limite funzionale: esso � ammissibile 
soltanto ove sia coordinato al fine di attuare la garanzia giurisdizionale 
di quella sfera di interessi dei privati ai quali la legge sostanziale attribui


I 

sce la dignit� di diritti soggettivi o di interessi legittimi. 
Si pone, in tal modo, il problema di identificare esattamente la sfera dei 
diritti soggettivi e degli interessi legittimi ai quali � costituzionalmente as


Isicurata la tutela giurisdizionale. In concreto, sul piano processuale, ci� si 

[

traduce nell'obbligo del giudice di stabilire preliminarmente se la pretesa 
dedotta in giudizio corrisponda ad un diritto o ad un interesse legittimo ipo~ 
tizzabile nei confronti della pubblica Amministrazione, e cio� di accertare 
se essa rientri nella sfera degli interessi privati giuridicamente protetti. 

L'esito negativo di tale indagine comporta il riconoscimento del difetto 
assoluto di giurisdizione e, quindi, dell'improponibilit� della domanda. 
Posto, infatti, che la potest� giurisdizionale nei confronti della Pubblica 
Amministrazione trova il suo limite invalicabile nella funzione esclusiva 
di garanzia dei diritti ~ degli interessi dei privati, ove non sia ipotizzabile 
in astratto alcuna posizione giuridica tutelata di fronte all'azione amministrativa, 
il giudice (qualunque giudice) deve ritenersi privo di ogni potere 
rispetto al merito della controversia. La violazione di questo principio as




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 61 

come � noto, regola la attivit� contrattuale patrimoniale della Pubblica 

Amministrazione, chiama esplicitamente, nell'art. 10, �convenzioni� 

siffatti atti diretti all'acquisto di tabacco all'estero. Onde � anche indi


viduata la fattispecie astratta entro cui, secondo la domanda fatta valere 

dalla societ�, dovrebbe inquadrarsi la fattispecie concreta. Da cui deriva, 

come ulteriore conseguenza, la piena configurabilit� in astratto di un 

diritto protetto. 

A questo punto le Amministrazioni ricorrenti immediatamente 

deducono �che le norme citate prevedono si la possibilit� e la concepi


bilit� di convenzioni stipulate dalla Pubblica Amministrazione per l'ac


quisto di tabacco estero, ma esse limitano tali convenzioni alla ipotesi 

in cui il tabacco sia coltivato e prodotto all'estero e la convenzione 

avvenga all'estero direttamente tra produttore estero e Amministra


zione, nel senso che cio� il potere di acquistare tabacco all'estero sareb


be ,subordinato alla ricorrenza di una duplice condizione, l'una integrata 

da un criterio di collegamento territoriale del genere da acquistare 

con il luogo in cui si trova, l'altra integrata da una attivit� diretta 

dell'Amministrazione a tale acquisto; laddove nella specie manchereb


bero entrambe le condizioni, essendo stata la � convenzione � assunta 

stipulata in Italia con una societ� italiana che avrebbe dovuto acqui


stare all'estero il tabacco e rivenderlo al Monopolio italiano. Qui si 

pone subito una precisazione che sempre queste Sezioni Unite sono 

costrette a fare, allorch� si discute in tema di proponibilit� della do


manda e di carenza di giurisdizione. La precisazione � che non occorre 

in alcun modo confondere il problema della proponibilit� astratta che 

sumerebbe il valore di un eccesso di potere giurisdizionale e di un'invasione 
della sfera costituzionalmente riservata al potere esecutivo (conflitto di 
attribuzione, deferito alla Corte Costituzionale a norma dell'art. 134 
Cost. (1) ). 

La valutazione giuridica di una pretesa dedotta in giudizio contro l'Amministrazione, 
va, quindi, sempre effettuata in due distinti momenti. Anzitutto, 
si pone un problema di configurabilit� in astratto di una posizione 
giuridica tutelata come fondamento della pretesa. La soluzione positiva di 
tale problema apre, quindi, l'adito al giudizio di merito (spettante al giudice 
individuato in base alla qualificazione -diritto soggettivo o interesse 
legittimo -attribuita alla posizione giuridica riconosciuta in astratto 
configurabile): giudizio rivolto all'accertamento della spettanza in concreto 
del diritto o dell'interesse legittimo all'attore e della sua eventuale lesione 
da parte della pubblica Amministrazione. Il primo giudizio attiene all'accertamento 
dell'esistenza del potere giurisdizionale; il secondo, all'esercizio 
in concreto del potere riconosciuto esistente. 

3. -La distinzione fra giudizio sulla proponibilit� della domanda e giudizio 
di merito �, quindi, in linea di principio, nettissima. 
Si comprende, tuttavia, come in concreto possa in qualche caso non 
apparire del tutto chiara la linea di separazione fra ci� che appartiene al 
primo giudizio e ci� che appartiene al secondo. La distinzione non �, infatti, 
nell'oggetto dell'indagine giudiziale (che � sempre la pretesa fatta valere 

(1) V., per tutti, GuGLIELMI, I conflitti di attribuzione tra i poteri detto 
Stato, in La Corte Costituzionale (Raccolta di studi), Roma 1958, pag. 397, e segg. 

62 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� l'unico che interessa in tema di giurisdizione ed il problema della 
proponibilit� e fondamento in concreto della domanda che � problema 
di merito, da esaminarsi dal giudice competente. Il primo problema si 
limita alla determinazione della sussistenza di una fattispecie astratta 
entro la quale possa in astratto rientrare la fattispecie concreta fatta 
valere sicch� sia, sempre in astratto, ipotizzabile un diritto o un interesse 
tutelato, nonch� alla qualificazione astratta di questo diritto od 
interesse, in relazione alla fattispecie astratta invocata ed alla fattispecie 
concreta fatta valere. Se si ritiene, sulla interpretazione della 
domanda con il criterio innanzi indicato, che sussista una siffatta fattispecie 
astratta invocata, una previsione legislativa, in cui possa in 
astratto ricomprendersi la fattispecie concreta, la domanda sar� proponibile 
e si tratter� allora di qualificare sempre in astratto l'interesse 
fatto valere, se cio� si sia in presenza di un interesse obbiettivamente 
ed effettivamente configurabile in astratto in virt� di una protezione 
diretta ed immediata (diritto subbiettivo azionabile innanzi al giudice 
ordinario) ovvero in presenza di un interesse protetto solo occasionalmente 
in relazione alla tutela di un interesse pubblico e dell'uso di 
poteri discrezionali da parte della Pubblica Amministrazione (interesse 
legittimo tutelabile innanzi il giudice amministrativo). Tutto il resto, 

in giudizio), ma nella prospettiva, o, se si vuole, nel punto di vista, trattandosi, 
in un caso, di accertare se la pretesa possa astrattamente ricondursi 
alla sfera dei diritti e degli interessi legittimi tutelati dalla legge nei confronti 
dell'azione amministrativa, e, nell'altro, di accertare se la pretesa 
trovi in concreto fondamento in un diritto o in un interesse legittimo leso 
dall'Amministrazione. 

Si avverte, quindi, la necessit� di un chiaro criterio di discriminazione 
fra i due giudizi. 

Sul punto, la sentenza in esame, premesso che � non occorre in alcun 
modo confondere il problema della proponibilit� astratta, che � l'unico che 
interessa in tema di giurisdizione, ed il problema della proponibilit� e fondamento 
in concreto della domanda, che � problema di merito, da esaminarsi 
dal giudice compentente., precisa che �il primo problema si limita 
alla determinazione della sussistenza di una fattispecie astratta entro la 
quale possa, in astratto, rientrare la fattispecie concreta fatta valere, sicch� 
sia, sempre in astratto, ipotizzabile un diritto o un interesse tutelato, nonch� 
alla qualificazione astratta di questo diritto od interesse, in relazione 
alla fattispecie astratta invocata ed alla fattispecie concreta fatta valere.... 
Tutto il resto, quando dalla proponibilit� astratta si passa a quella concreta, 
quando dalla configurabilit� astratta si passa alla configurazione concreta, 
fuoriesce dal problema di giurisdizione e diventa problema di merito �. 

In linea di principio, si pu� ben consentire con questa impostazione. La 
discriminazione dell'ambito del giudizio sulla proponibilit� e di quello del 
giudizio di merito sta tutta nella contrapposizione astratto-concreto. Il giudizio 
sulla proponibilit� riguarda la configurabilit� in astratto di una posizione 
giuridica tutelata del privato nei confronti della pubblica Amministrazione 
(trattandosi, appunto, di accertare se vi sia materia per l'esercizio 
della potest� giurisdizionale, che esiste solo in funzione della garanzia di 
posizioni 1giuridiche siffatte). Il giudizio sul merito riguarda, invece, la 
concreta esistenza, in capo all'attore, della posizione giuridica gi� ritenuta, 
in astratto, configurabile. 

Ma � chiaro che la semplice caratterizzazione dei due giudizi in termini 
di � astrattezza � e � concretezza � � ben lungi dall'essere idonea, da sola, a 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 63 
quando dalla proponibilit� astratta si passa a quella concreta, quando 

dalla configurabilit� astratta si passa alla configurazione concreta, fuoriesce 
dal problema di giurisdizione e diventa problema di merito. 

In base a siffatti principi � sufficiente stabilire nel caso in esame 
che � stata dedotta dalla societ� privata una convenzione, da essa stipulata 
con la Pubblica Amministrazione, e cio� un contratto regolabile 
nelle norme sulla contabilit� generale dello Stato, relativo all'acquisto 
di tabacco estero e del quale si chiede dal privato la esecuzione. Sussiste 
la fattispecie astratta in cui si chiede che sia inquadrata quella 
concreta e sussiste la configurabilit� astratta dell'interesse della societ� 
ad ottenere la protezione della sua posizione contrattuale da parte dell'ordinamento 
giuridico. Ci� basta perch� si debba concludere essersi 
in presenza di una domanda proponibile e di una domanda concernente 
un diritto subbiettivo della societ� in relazione ad un rapporto contrattuale 
con la Pubblica Amministrazione relativo ad acquisto di tabacco 
estero. Tutto il resto � merito. Cos� il dire che il preteso contratto non 
poteva essere stipulato dalla Amministrazione con una societ� italiana 
in Italia, perch� la legge prevede solo la possibilit� di contratti all'estero 
con soggetti stranieri significa porre il problema del fonda


mento concreto della domanda proposta, cio� dell'inquadramento concreto 
e preciso della fattispecie concreta nella fattispecie astratta invocata, 
il che spetta al giudice del merito stabilire. Vale a dire il giudice 
della giurisdizione deve limitarsi alla affermazione della sussistenza 

risolvere il problema. Essendo l'astrattezza un concetto eminentemente relativo 
e potendosene dare varie gradazioni, si tratta, in definitiva, di vedere 
da quali elementi esattamente si debba � fare astrazione � per giudicare 
sulla proponibilit� della domanda. 

Seguendo l'impostazione della sentenza in esame, sia il giudizio sulla 
proponibilit� che quello sul merito possono ricondursi al classico sillogismo 
giudiziale: sussunzione della fattispecie concreta nella fattispecie legale. 
Si tratta, cio�, sempre di stabilire se i fatti materiali dedotti in giudizio 
corrispondano ad una ipotesi legislativa alla quale sia collegato il sorgere 
di un diritto o di un interesse legittimo. Nel caso, per�, del giudizio sulla 
proponibilit�, questa indagine deve condursi solo in astratto. 

Non sembra dubbio che ci� null'altro pu� significare che il giudizio 
sulla proponibilit� della domanda deve limitarsi alla verifica della ricorrenza, 
nella fattispecie concreta, di alcuni soltanto degli elementi di una 
fattispecie legale idonea a far sorgere un diritto o un interesse legittimo, 
facendosi astrazione dagli elementi ulteriori. 

In termini pi� rigorosi, ci� equivale a dire che la fattispecie legale alla 
quale � collegata l'attribuzione al giudice della potest� giurisdizionale rispetto 
ad un rapporto fra privati e pubblica Amministrazione costituisce 
una sezione della stessa fattispecie contemplata dalla norma sostanziale che 
regola il rapporto e che attribuisce al privato un diritto soggettivo o un interesse 
legittimo nei confronti dell'Amministrazione. Alcuni elementi della 
fattispecie contemplata dalla norma sostanziale, mentre, da un lato, concorrono 
con gli altri 'alla produzione dell'effetto giuridico consistente nella 
proteziQne dell'interesse del privato, compongono, dall'altro, una distinta 
fattispecie alla quale � collegato il sorgere della potest� giurisdizionale 
rispetto al rapporto di cui si tratta. 

Individuare l'ambito del giudizio sulla proponibilit� della domanda 

significa, quindi, individuare, fra gli elementi di fatto presi in considera


7 



64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e configurabilit� in astratto di un diritto subbiettivo relativo ad una 
fattispecie concreta inquadrabile in una determinata fattispecie astratta, 
mentre spetta al giudice del merito interpretare la norma e determinare 

;)i requisiti e gli elementi della fattispecie astratta, nonch� fissare gli 
elementi di quella concreta e decidere se la seconda sia inquadrabile ' 
nella prima e se il diritto subbiettivo, astrattamente configurabile, esi'


I

.

sta effettivamente. Se sar� accertato che effettivamente la norma non 
consente un valido contratto in Italia con soggetto privato italiano 
circa l'acquisto e la produzione di tabacco estero con le condizioni 
nella specie fissate, si avr� invalidit�, nullit�, contrasto con le norme 

di legge, della convenzione e quindi rigetto nel merito delle domande 
attrici. Ma ci� non concerne il problema di giurisdizione. Anzi un giudice 
vi ha pur da essere, che decida sulla validit� di quella convenzione 
e sulla applicabilit� alla stessa della norma invocata e tale non pu� 
essere che il giudice ordinario, dacch� � fatto valere un diritto subbiettivo 
astrattamente configurabile come discendente da un rapporto contrattuale 
posto in essere dalla Amministrazione con il privato. Si dice 
dalle ricorrenti che potrebbe ammettersi la esistenza di � un giudice 
della controversia �, ma non mai di un � giudice del contratto �. Ma, 
se si � in presenza di un rapporto tra privato e Amministrazione in 
ordine al quale potrebbe in astratto configurarsi o una tutela diretta 
ed intima della posizione del privato ovvero una tutela indiretta an


zione dalla norma che disciplina il rapporto di cui si tratta, quegli elementi 
che non condizionano tanto l'attribuzione in concreto al privato di 
una posizione giuridica tutelata, quando la stessa possibilit� di una tutela 
siffatta e, quindi, l'esistenza della potest� giurisdizionale rispetto al merito 
della controversia. 

E poich� la possibilit� di una tutela dell'interesse del privato dipende 
dal modo in cui si atteggiano, nella materia di cui si tratta, i poteri della 
pubblica Amministrazione, appare chiaro che gli elementi rilevanti per il 
giudizio sulla proponibilit� della domanda sono appunto quelli (e tutti 
quelli) che, sul piano sostanziale, rilevano ai fini del concreto atteggiarsi 
dei poteri dell'Amministrazione rispetto al rapporto in contestazione. 

Se la legge sostanziale, in presenza di certi presupposti di fatto, attribuisce 
all'Amministrazione una potest� di azione tale da escludere che nel 
suo svolgimento possano configurarsi limiti segnati da posizioni giuridiche 
attribuite a privati, mentre, in presenza di altri presupposti, pone dei vincoli 
al potere dell'Amministrazione a garanzia (immediata o mediata) di 
interessi privati, il giudizio sulla proponibilit� di un'eventuale domanda 
nei confronti dell'Amministrazione deve rivolgersi, com'� evidente, proprio 
all'accertamento della ricorrenza, in concreto, dell'uno o dell'altro ordine 
di presupposti di fatto. 


E, ugualmente, se la legge fa dipendere dall'esistenza di certi elementi 

di fatto l'esistenza o l'inesistenza del potere dell'Amministrazione di porre 

in essere un'attivit� giuridica idonea .a far sorgere, essa stessa, una posizione 

giuridica tutelata del privato, l'accertamento in concreto di questi elementi 

di fatto non pu� non competere al giudizio sulla proponibilit� della do


manda. 

In una classificazione schematica, gli elementi rilevanti per il giudizio 

sulla proponibilit� della domanda possono, quindi, distinguersi in due 

i

gruppi:1) elementi dai� gual"1 d"1pende l'es1s� tenza o l'"ines1s� tenza d"1 l"1m1"t"1, ne1


l'interesse privato all'azione amministrativa; l~ 

,

. 

' 

II

�~ 

W/,/W///////////////,W///,W///////_.JJJffti..xw,;w~~~X.,..//,,@/~:X..XW.,..////iiY~~... 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 65 

corata a quella dell'interesse piubblico, sorge la questione della determinazione 
astratta di quella tutela, sorge quindi la questione della determinazione 
del � giudice della controversia �, con la conseguenza che 
se la questione � risolta nel primo senso (tutela diretta ed immediata 
della posizione contrattuale del privato) il giudice della controversia ' 
sar� il � giudice del contratto ., investito anche del potere di decisione 
sulla sua validit� ed efficacia. 

Queste conclusioni non sono toccate dalle considerazioni svolte 
dalle ricorrenti nel secondo motivo. Questo � proposto sulla base di una 
ormai costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio secondo cui, 
nei contratti stipulati tra il privato e la Pubblica Amministrazione, la 
mancanza della richiesta approvazione esclude la titolarit� da parte 
del privato di un diritto subiettivo perfetto verso la Amministrazione 
e l'azionabilit� di una valida pretesa di esecuzione o di risarcimento 
contro l'Amministrazione medesima (da ultimo sent. n. 932 del 1961 
di queste Sezioni Unite). Il che importa che il giudice della giurisdizione, 
nel suo potere di determinazione del giudice della controversia, 
deve stabilire se il contratto invocato sia soggetto all'approvazione di 
cui alla legge della contabilit� generale dello Stato e nell'affermativa 
se esso � stato o meno approvato. Contrariamente a quanto opina la 
difesa della societ� resistente (d'accordo peraltro con una recentissima 
corrente dottrinale) questo esame non impinge nel merito in relazione 

2) elementi dai quali dipende l'esistenza o l'inesistenza di un potere 
dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� giuridica costitutiva della 
posizione giuridica affermata dall'attore. 

L'accertamento di questi elementi di fatto dev'essere effettuato, ovviamente, 
anche ai fini del giudizio sulla proponibilit�, in concreto e con 
pienezza di cognizione. 

� chiaro, quindi, in che senso pu� parlarsi, a proposito del giudizio sulla 
proponibilit� della domanda, di accertamento della configurabilit� in 
astratto di una posizione giuridica tutelata del privato nei confronti del!'
Amministrazione: si tratta, invero, di accertare l'esistenza (ovviamente in 
concreto) di alcuni soltanto dei presupposti di fatto da cui discende l'attribuzione 
di un diritto o di un interesse legittimo all'attore; e precisamente 
di quei presupposti che, essendo rilevanti ai fini dell'atteggiarsi dei poteri 
dell'Amministrazione nel rapporto di cui si tratta, condizionano in generale, 
rispetto a chiunque e non solo rispetto all'attore, la possibilit� di una tutela 
giuridica degli interessi dei privati. 

4. -Applicando i principi esposti, che rappresentano il logico svolgimento 
dei postulati riaffermati anche dalla sentenza in esame, diversa -ci 
sembra -doveva essere la decisione nel caso di specie. 
Le Societ� attrici pretendevano di fondare le loro domande su un rapporto 
contrattuale avente ad oggetto la fornitura di tabacco estero all'Amministrazione. 
La configurabilit� � in astratto � di una posizione giuridica 
tutelata delle Societ� nei confronti dell'Amministrazione dipendeva, quindi, 
dalla configurabilit�, sempre in astratto, del preteso contratto. E, quindi, dipendeva 
dall'accertamento dell'esistenza del potere dell'Amministrazione 
di porre in essere l'attivit� costitutiva del contratto stesso. 

Non occorre qui esaminare se l'attivit� di diritto privato della pubblica 
Amministrazione debba trovare sempre il proprio presupposto in un potere 
espressamente riconosciuto dalla legge in relazione a figure contrattuali 
nominate, o se, invece, possa riconoscersi anche alla pubblica Amministra




66 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad una delle condizioni di efficacia del contratto, ma, secondo la richiamata 
giurisprudenza, l'approvazione � una delle condizioni e degli 
elementi che incide sulla qualificazione astratta della natura della posizione 
del privato e della sua tutela, vale a dire della qualificazione 

' astratta di tale posizione come di diritto subbiettivo o di mero interesse 
legittimo. 
Ci� posto, la discussione sul punto pacifico che nella specie manca 
un atto formale separato di approvazione del contratto posto in essere 
con le manifestazioni di volont� del 10 e dell'll gennaio 1962, � dalle 
parti concentrata sulla interpretazione ed applicazione dell'art. 10 della 
legge sulla contabilit� generale, la quale esclude la necessit� di approvazione 
per � le convenzioni � relative all'�acquisto di tabacco estero � 
cui l'Amministrazione provveda �direttamente nei luoghi di produzione 
e nei principali mercati stranieri �. Secondo le Amministrazioni 
ricorrenti, tale deroga al principio generale che i contratti tutti tra 
privati e Pubblica Amministrazione devono essere approvati nelle forme 
di legge, presuppone la stipula della � convenzione � riguardante il 
tabacco estero nel luogo di produzione o nel mercato straniero e non 
si estenderebbe alla convenzione stipulata in Italia con una societ� o 
soggetto privato italiano, sia pure avente ad oggetto acquisto di tabacco 

zione una generale capacit� in ordine agli atti di diritto privato. Anche se 
si segue quest'ultima opinione, non vi pu� esser dubbio che nel nostro ordinamento 
si rinvengono limiti peculiari alla libert� contrattuale della pubblica 
Amministrazione, sempre vincolata ad agire per il conseguimento dei 
fini che la legge le assegna e nei modi che la legge consente. 

Esiste, cio�, indubbiamente una serie pi� o meno ampia di rapporti 
contrattuali che l'Amministrazione non ha il potere di porre in essere e che, 
quindi, non sono assolutamente configurabili come rapporti interessanti 
l'Amministrazione. L'attivit� di un funzionario tendente a porre in essere 
un rapporto di questo tipo non potrebbe mai essere giuridicamente valutata 
come attivit� contrattuale riferibile all'Amministrazione. 

Di fronte ad una domanda che pretenda di fondarsi su un contratto 
stipulato con la pubblica Amministrazione non si pone, perci�, soltanto il 
priblema (di merito) relativo illla validit� del contratto invocato, ma si pone, 
pregiudizialmente, il problema (di giurisdizione) relativo all'ammissibilit�, 
in generale, di un contratto di quel tipo fra privati e pubblica Amministrazione. 


S'e si tratta di un contratto (es. donazione) che la legge 11011 consente in 
nessun caso all'Amministrazione di porre in essere, la dichiarazione dell'improponibilit� 
assoluta della domanda si impone con tutta evidenza. Se 
si tratta, invece, di un contratto che l'Amministrazione pu� porre in essere 
solo in presenza di determinati presupposti di fatto, il giudizio sulla propo:. 
nibilit� della domanda si risolve necessariamente nell'indagine sulla sussistenza 
in concreto di tali presupposti. 

Non basta cio�, come implicitamente hanno ritenuto le Sezioni Unite, 
accertare l'esistenza nell'ordinamento di una figura contrattuale interessante 
la pubblica Amministrazione, genericamente corrispondente a quella invocata 
dall'attore. Se la legge subordina a determinati presupposti il potere 
dell'Amministrazione di porre in essere il contratto di cui si tratta, il giudice 
non pu� esimersi dal dovere di verificare, ai fini del giudizio sulla 
proponibilit� della domanda, la sussistenza di tali presupposti. 

Fra l'ipotesi di un contratto sempre inammissibile fra privati e pubblica 
Amministrazione e l'ipotesi di un contratto inammissibile in determi



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 67 

estero, in quanto in quest'ultimo caso mancherebbe la �ratio � della 
deroga, costituita dalla impossibilit� ed inopportunit� di una approvazione 
di convenzione stipulata all'estero. Oppone la societ� resistente 
che tale deroga non pu� interpretarsi in senso cos� restrittivo e deve 
estendersi a tutte � le convenzioni � relative all'acquisto di tabacco 
estero, cio� prodotto all'estero e venduto nei principati mercati stranieri, 
anche se la convenzione stessa � formalmente stipulata in Italia, 

risiedendo la � ratio � della norma nell'oggetto della convenzione e nella 
circostanza che l'attivit� del Monopolio di Stato � soggetto a controlli 
generali preventivi e successivi. Ma, ad avviso di questa Suprema 
Corte, la risoluzione della questione non ha reale carattere decisivo: 
anche ad accettare la tesi ristretta e rigorosa, nella specie non potrebbesi 
giungere alle conclusioni volute dalle ricorrenti, per una considerazione 
diversa, questa di carattere decisivo. 

All'uopo � necessario fermarsi, sempre ai fini preliminari della , 
questione di giurisdizione, cio� ai fini della determinazione della necessariet� 
dell'approvazione separata come elemento condizionante della 
qualificazione astratta di diritto subbiettivo, su taluni aspetti peculiari 
della fattispecie concreta posti in essere tra le parti e risultanti dagli 
atti. In particolare, � dato rilevare: 

nate circostanze non sussiste, infatti, alcuna differenza che possa giustificare 
la diversit� di trattamento. Sia nell'un caso che nell'altro, l'inesistenza del 
potere dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� costitutiva del contratto 
esclude ogni possibilit� di configurare posizioni giuridiche tutelate del 
preteso contraente privato: esclude, cio�, in assoluto, la proponibilit� di una 
sua domanda giudiziale che sul contratto pretendesse di fondarsi. 

Altro �, infatti, un contratto invalido ed altro un contratto giuridicamente 
impossibile come contratto della pubblica Amministrazione. E la 
mancanza dei presupposti di fatto che condizionano il potere dell'Amministrazione 
di porre in essere l'attivit� costitutiva del contratto non ha per 
conseguenza la semplice invalidit�, ma esclude proprio la stessa possibilit� 
di configurare un rapporto contrattuale in cui l'Amministrazione sia impegnata. 
La situazione, cio�, � perfettamente identica a quella che si verifica 
allorch� la legge esclude sempre il potere dell'Amministrazione di concludere 
un contratto di un certo tipo. La circostanza che, in presenza di presupposti 
di fatto diversi da quelli sottoposti al giudice, il potere dell'Amministrazione 
possa sussistere non vale, infatti, certamente a stabilire alcuna 
differenza: l'accertamento della mancanza di un potere dell'Amministrazione 
di concludere il contratto invocato dall'attore deve sempre condurre 
alla stessa conclusione (dichiarazione dell'improponibilit� assoluta d,ella domanda), 
a nulla rilevando, evidentemente, che, in qualche ipotesi diversa da 
quella oggetto del giudizio, il potere dell'Amministrazione possa eventualmente 
sussistere. . 

Appare, quindi, arbitrario restringere l'ambito del giudizio sulla proponibilit� 
della domanda, ove si tratti di rapporti contrattuali con la pubblica 
Amministrazione, al semplice accertamento dell'esistenza del potere 
dell'Amministrazione di porre in essere, in qualche caso, contratti del tipo 
di quello invocato dall'attore. Accertare se nella fattispecie concreta dedotta 
in giudizio ricorra appunto uno di quei casi in cui il contratto � ammissibile 
non pu� non appartenere allo stesso giudizio sulla proponibilit�, dato che, 
incontestabilmente, il fine di questo non consiste nell'effettuare semplicemente 
una prima, sommaria delibazione del merito, ma nel verificare la 
sussistenza di tutti i presupposti di fatto che, condizionando la possibilit� di 



68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a) che la domanda delle societ� private, tra cui la resistente, 
per la effettuazione della complessa operazione relativa al tabacco estero, 
fu inoltrata direttamente al Ministro delle Finanze dell'epoca; 

b) che, dopo contatti interni con l'Amministrazione dei Monopoli 
di Stato, la quale prima espresse parere contrario alla operazione, 
poi parere eventualmente favorevole subordinato a condizioni di carattere 
tecnico ed economico, il Ministro, avendo intenzione di accogliere 
le dette domande, propose uno schema di convenzione che sottopose 
al consiglio di Amministrazione della Azienda dei Monopoli di Stato; 

c) che il detto Consiglio di Amministrazione esamin� le domande 
delle societ� interessate e lo schema predisposto dal Ministro sotto il 
profilo essenzialmente tecnico, ritenendo le questioni di c�rattere giuridico 
avocate a s� dal Ministro medesimo, e formul�� nuove condizioni 
di carattere tecnico cui il Ministro avrebbe dovuto adeguarsi nello stipulare 
la convenzione con le societ� richiedenti; 

d) che successivamente il Ministro, con la lettera di proposta 
del. 10 gennaio e con la accettazione delle societ� del giorno successivo 
11 gennaio 1962, stipul� la convenzione in oggetto. Ne consegue che 
nella specie si � in presenza della rilevante peculiarit� che la deliberazione 
a contrattare fu data non nei confronti di un funzionario o 

configurare posizioni giuridiche tutelate nei confronti dell'Amministrazione, 
condizionano, al contempo, la stessa estistenza del potere giurisdizionale 
rispetto alla controversia dedotta, in giudizio. 

5. -La sentenza in esame � incorsa proprio in questo errore, ritenendo, 
in sostanza, la proponibilit� della domanda sulla base della considerazione 
che un contratto di acquisto di tabacco estero da parte dell'Amministrazione 
� contemplato nel nostro ordinamento. Ogni questione relativa ai limiti 
entro i quali un tale contratto � ammesso dovrebbe qualificarsi come questione 
attinente alla validit� del contratto e sarebbe, quindi, rimessa al giudice 
di merito. 
Va premesso che la legislazione in materia di tabacchi distingue nettamente 
il regime della coltivazione e produzione del tabacco in Italia e il 
regime dell'introduzione nello Stato del tabacco prodotto all'estero. 

La coltivazione del tabacco in Italia pu� essere effettuata o direttamente 
da parte dell'Amministrazione dei Monopoli ovvero a mezzo di concessionari 
(art. 49, 1. 17 luglio 1942, n. 907). Rispetto al tabacco prodotto in 
Italia nessun rapporto contrattuale di diritto privato fra l'Amministrazione 
e privati fornitori �, quindi, possibile: la materia � interamente soggetta ad 
una rigorosa disciplina pubblicistica. 

Il tabacco grezzo prodotto all'estero pu� essere introdotto in Italia 
esclusivamente dall'Amministrazione, la quale, per approvvigionarsene, � 
abilitata a concludere contratti di acquisto nei luoghi di produzione e nei 
principali mercati esteri (art. 10 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 12, n. 2, 

r.d. 
29 dicembre 1927, n. 2452). 
Un contratto di acquisto da parte dell'Amministrazione di tabacco 
grezzo prodotto in Italia �, quindi, assolutamente escluso. 
Un contratto di acquisto di tabacco prodotto all'estero �, invece, ammesso 
a condizione che sia stipulato all'estero direttamente dal Monopolio. 
Trattandosi, evidentemente, di un sistema chiuso, non potrebbe ammettersi 
alcun'altra fattispecie contrattuale in questa materia. Cos�, � senz'altro 
da escludere che l'Amministrazione abbia il potere di acquistare tabacco 
estero in Italia, ossia di pattuire l'introduzione del tabacco nello Stato 
da parte di privati. L'attivit� esecutiva di un simile contratto integrerebbe, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 69 

del rappresentante della Azienda autonoma dei Monopoli, ma nei confronti 
del Ministro delle Finanze e che il contratto fu effettivamente 
stipulato per la Pubblica Amministrazione dal Ministro delle Finanze: 
il che vuol dire che, conformemente alla deliberazione a contrattare; 
la convenzione fu posta in essere da quello stesso organo cui compete 
per legge la funzione di approvare le convenzioni medesime; Ora, quale 
che sia la esatta definizione giuridica della approvazione ministeriale 
dei contratti e delle convenzioni stipulate da una Pubblica Amministrazione 
con un privato, � evidente, dal punto di vista sostanziale, che 
essa si concretizza in un controllo di merito dell'operato contrattuale 
dell'Amministrazione: sia essa un atto di volont� dell'Amministrazione 
attiva necessario per la completa formazione dell'iter contrattuale, sia 
un atto di volont� del Ministro come organo di controllo ponente una 

� condicio juris � per la efficacia del contratto, � evidente che essa si 
sostanzia in un esame della legittimit� ed opportunit� del contratto, 
che non pu� non essere emanazione, come atto separato, di organo diverso 
da quello che manifesta la volont� oggetto del controllo e del riesame. 
Tutta la legislazione e tutte le decisioni giurisprudenziali che concernono 
la approvazione come atto separato riguardano e presuppongono 
la circostanza normale che l'approvazione provenga da organo diverso 
da quello che ha stipulato il contratto. Ed invero non � possibile 
infatti, gli estremi del delitto di contrabbando (art. 65, 1. 17 luglio 1942, 

n. 907), n� la legge attribuisce in alcun caso all'Amministrazione il potere 
di legittimare, per mezzo di un contratto, l'attivit� stessa. 
� chiaro, perci�, che un rapporto contrattuale avente ad oggetto l'acquisto 
di tabacco da parte della Amministrazione � configurabile soltanto 
ove ricorrano i seguenti presupposti di fatto: che si tratti di tabacco estero 
e che l'acquisto abbia luogo all'estero direttamente da parte dell'Amministrazione. 
Mancando tali presupposti, viene a mancare radicalmente il potere 
dell'Amministrazione di porre in essere l'attivit� contrattuale e, quindi, 
in tal caso, la domanda del preteso contraente privato deve ritenersi assolutamente 
improponibile. 

La sentenza in esame, si �, invece, fermata all'accertamento che, nella 
specie, si trattasse di acquisto di tabacco estero, omettendo di prendere 
in considerazione la circostanza che l'acquisto fosse stato stipulato in Italia 

o all'estero, ossia che l'attivit� esecutiva del preteso contratto comportasse 
o meno l'introduzione nello Stato del tabacco estero da parte del contraente 
privato. 
E ci� perch� la sola circostanza della produzione all'estero del tabacco 
acquistato condizionerebbe la possibilit� di inquadrare in astratto la fattispecie 
concreta nella fattispecie contrattuale prevista dalla legge e, quindi, 
la configurabilit� di una posizione giuridica tutelata delle Societ� attrici: 
tutto il resto riguarderebbe, invece, il problema della validit� del preteso 
contratto. 

Ma tale distinzione non pu� reggersi. La legge condiziona il potere 
dell'Amministrazione di acquistare tabacco mediante contratti di diritto 
privato non solo alla circostanza che si tratti di tabacco estero, ma anche a 
quella che l'acquisto avvenga all'estero. Ambedue le condizioni sono perfettamente 
sullo stesso piano e non pu� giustificarsi che dalla mancanza 
della prima si faccia derivare il difetto di giurisdizione rispetto alla pretesa 
convenzione (assolutamente non configurabile come contratto interessante 
la pubblica Amministrazione), mentre dalla mancanza della seconda si faccia 
derivare soltanto l'invalidit� del contratto. 



70 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

concepire un'approvazione separata autonoma data a se stesso dallo 

organo medesimo che stipula la convenzione; non � possibile concepire 
un riesame della situazione di diritto e di fatto da parte dello stesso 
organo che nel decidere la stipulazione, nell'approvare la delibera a 
contrattare e nell'effettuare materialmente la stipulazione medesima 
ha gi� compiuto quello esame e l'ha risolto in un certo senso: viene 
meno la ratio dell'istituto dell'approvazione in materia contrattuale 
che � appunto la possibilit� di riesame da parte di diverso organo della 
situazione di fatto e di diritto gi� risolta in un certo senso dall'organo 
che ha stipulato il contratto. 

Siffatta difficolt� e siffatte ragioni non sono state disconosciute 
dall'abile difesa delle ricorrenti, la quale ripiega su un'altra costruzione 
giuridica, secondo la quale la approvazione sarebbe stata pur sempre 

necessaria e soltanto il fatto che nella specie il Ministro approva se 
stesso potrebbe portare al vizio della approvazione data dal Ministro 
ad un atto stipulato con se stesso. Di guisa che anche secondo la difesa 
delle ricorrenti non pu� concepirsi una autonoma approvazione da parte 
dello stesso organo stipulante, il che risulta anche dall'art. 103 del 

I

regolamento per la contabilit� generale dello Stato che vieta, nei casi 

I 
I
ffi

in cui � ammessa delega, di delegare lo stesso funzionario che ha 

Come abbiamo detto, la mancanza, nella fattispecie dedotta in giudizio 
dei presupposti di fatto che condizionano il potere dell'Amministrazione di 
stipulare un contratto di un certo tipo va equiparata, ai fini che qui interessano, 
alla radicale mancanza di potere rispetto allo stesso tipo contrattuale. 


Tanto pi�, poi, deve escludersi, nel caso in esame, la possibilit� di co


I

struire un � tipo � contrattuale � acquisto di tabacco estero ., rispetto al , 

I 
. 
quale l'Amministrazione sarebbe fornita di potere, escludendo arbitrariamente 
dagli elementi rilevanti per la costruzione del � tipo � quelli che 
attengono al luogo della stipulazione. 

I 

Se si ritiene, infatti, che la natura dell'oggetto valga ad individuare una 
ben' distinta fattispecie contrattuale, non si vede proprio perch� la stessa 
rilevanza non dovrebbe attribuirsi al luogo della stipulazione (che, del 
resto, condiziona la stessa configurazione dell'attivit� dedotta in contratto). . 

L'arbitrio non pu� evitarsi che partendo dal principio che nessuna di, 
stinzione � consentita fra gli elementi di fatto cui la legge subordina l'esistenza 
del potere dell'Amministrazione di porTe in essere un rapporto contrattuale 
con i privati. La mancanza di uno qualunque di tali presupposti 
(e, cosi, nella specie, la mancanza del presupposto della stipulazione del 
contratto all'estero), escludendo ogni possibilit� di configurare un vincolo 
contrattuale dell'Amministrazione, non pu� non escludere in assoluto la 
proponibilit� della domanda eventualmente avanzata dal preteso contraente 
privato. 

6. -Ritenuta la proponibilit� della domanda, le Sezioni Unite hanno 
affermato la competenza giurisdizionale del giudice ordinario, respingendo 
la tesi subordinata dell'Amministrazione, che si fondava sulla mancanza 
dell'atto di approvazione del contratto e, quindi, sull'impossibilit� di configurare, 
nella specie, diritti soggettivi perfetti in capo al contra.ente privato. 
� stata ritenuta decisiva, in proposito, la circostanza che la convenzione 
era stata posta in essere dal Ministro, ossia da quello stesso organo cui 
compete per legge l'emanazione dell'atto di approvazione. Mancherebbe, 
nella specie, � la ratio dell'istituto dell'approvazione in materia contrattuale, 
che � appunto la possibilit� di riesame da parte di diverso organo 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 71 

emesso l'atto e che ha stipulato il contratto ad approvare separatamente 
il contratto stesso: ma questa inconcepibilit� importa non un mero vizio 
formale della approvazione sibbene una sua sostanziale inutilit� come 
atto separato. Nel senso che deve ritenersi come nel caso, certamente 
anomalo, in cui, in vista della assunta gravit� del contratto o di altra 
ragione, l'organo deliberante dia una deliberazione a contrattare, debitamente 
approvata dal Ministro, in cui si demandi allo stesso Ministro 
di stipulare il contratto, non sia necessaria una ulteriore approvazione 
autonoma da parte dello stesso Ministro a se stesso, essendo essa 
implicita gi� nell'esame fatto a proposito dell'approvazione della deliberazione 
e della stipulazione effettiva, tanto pi� nel caso in cui l'attivit� 
del Ministro si inserisca in quella di una azienda, sottoposta a 
generali controlli preventivi e successivi. Ci� ai fini del sorgere astratto 
del diritto subiettivo, ch� certamente questa situazione anomala potrebbe 
anche ripercuotersi sulla validit� non del semplice e mero atto 
di approvazione ma di tutto il contratto stipulato da quell'organo ed in 
base a quella deliberazione, ma siffatte ripercussioni riguardano il 
merito, riguardano l'iter precontrattuale, la validit� della deliberazione 
a contrattare e la legittimazione a stipulare, nonch� la sostanza della 
stipulazione stessa, punti tutti sui quali pu� decidere solo il giudice 

della situazione di fatto e di diritto gi� risolta in un certo senso dall'organo 
che ha stipulato il contratto �. Inutile, quindi, sarebbe stata un'approvazione 
data con atto separato �essendo essa implicita gi� nell'esame fatto 
a proposito dall'approvazione della deliberazione (a contrarre) e della stipulazione 
effettiva �. 

Non ci sembra che tale soluzione sia coerente con i principi. 

La configurabilit� di un diritto contrattuale nei confronti della pubblica 
Amministrazione dipende dal perfezionamento dell'iter formativo del vincolo, 
che, come � noto, nella generalit� dei casi comprende e la stipulazione 
del contratto e l'emanazione del decreto di approvazione. Prima dell'approvazione 
non esiste alcun vincolo operante e, quindi, non pu� esistere alcun 
diritto del contraente privato. 

Di fronte a questa rigorosa disciplina � evidente che le particolarit� di 
singole fattispecie concrete non possono assumere alcuna rilevanza. Accertata 
l'esistenza di un contratto stipulato dalla pubblica Amministrazione, 
soggetto per s� ad approvazione, la decisione sulla giurisdizione del giudice 
ordinario o amministrativo non pu� che dipendere esclusivamente dall'esistenza 
o meno di un formale decreto di approvazione. Le modalit� particolari 
della stipulazione non possono in nessun caso eliminare l'esigenza, 
posta tassativamente dalla legge, che il contratto sia approvato perch� diventi 
obbligatorio per l'Amministrazione (art. 19 1. cont.). N� potrebbe 
ammettersi alcun equipollente, trattandosi di un atto eminentemente formale 
(decreto: art. 103 regolam. cont.), minutamente disciplinato anche 
nel contenuto (art. 110). 

In presenza di un contratto stipulato dal Ministro non pu�, quindi, 
affermarsi n� che l'approvazione � inutile n� che essa deve ritenersi implicita 
nella stessa stipulazione. 

La configurabilit� di una approvazione implicita va senz'altro esclusa 
per la semplice considerazione che, com'� ben noto, non pu� ammettersi 
manifestazione implicita o tacita di una volont� che, per assumere rilevanza 
giuridica, deve necessariamente esprimersi in una forma stabilita dalla 
legge. 



72 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

competente che nella specie non pu� non essere, per le considerazioni 

gi� fatte, il giudice ordinario. Aggiungasi che eventualmente le anomalie 
suddette potrebbero anche configurarsi come violazione delle 
norme che regolano l'iter precontrattuale dei contratti con la Pubblica 
Amministrazione nonch� dei principi della buona fede e della correttezza 
contrattuale sia del privato che della Pubblica Amministrazione, 

principi che vanno applicati anche nei contratti tra privati e Pubblica 
amministrazione, quei contratti che la pi� recente dottrina chiama 
contratti privati con evidenza pubblica: questo Supremo Collegio ha 
gi� ritenuto che l'esame della posizione precontrattuale sia del privato 
sia dell'Amministrazione e l'osservanza tanto delle norme specifiche 
quanto dei principi generali spetta al giudice ordinario (sent. n. 21 e 
1675 del 1961). Il che conferma che si � in presenza, in astratto, di 
diritti subbiettivi, cosa che basta -ripetesi -nell'attuale disamina. 
Anzi la citata decisione n. 21 del 1961 esplicitamente consente al giudice 
ordinario di esaminare se la mancata esplicazione dell'attivit� di controllo 
sia dovuta a dolo o colpa dell'Amministrazione: ne consegue 
che nella specie sar� compito del giudice ordinario esaminare se 
quella approvazione implicita da parte dello stesso organo che ha stipulato 
il contratto incida sulla validit� col contratto stesso e sull'iter 

Quanto, poi, alla pretesa � inutilit� � dell'approvazione di un contratto 
stipulato dal Ministro, � facile obiettare che, se la legge richiede incondizionatamente 
l'emanazione del decreto di approvazione per il completamento 
della fattispecie produttiva del vincolo contrattuale dell'Amministrazione, � 
assolutamente arbitrario ritenere che, quando l'altro elemento costitutivo 
della fattispecie (la stipulazione del contratto) si atteggi in un certo modo, 
esso possa acquistare l'idoneit� a produrre da solo l'effetto giuridico. 

E, invero, se la stipulazione del contratto da parte del Ministro dovesse 
ritenersi ammessa dalla legge, il fatto che tale ipotesi no:n ,sia affatto 
presa in considerazione, ai fini di un trattamento diverso, dalle norme sull'approvazione, 
escluderebbe senz'altro che questa possa diventare superflua, 
ossia che la fattispecie produttiva del vincolo contrattuale dell'Amministrazione 
possa atteggiarsi in modo diverso dalla regola. 

Se, invece, dovesse ritenersi che la legge esclude che il Ministro possa 
procedere alla stipulazione del contratto, � chiaro che la violazione di questa 

norma e la conseguente invalidit� del contratto non potrebbero mai valere 
a conferire al contratto stesso un'efficacia che esso, da solo, non pu� mai 
conseguire neppure quando � perfettamente valido. 

In nessun caso, quindi, pu� ritenersi che ad un contratto stipulato dal 
Ministro non si applichi la norma generale sulla necessit� dell'atto, formale 
ed autonomo, di approvazione ai fini dell'efficacia per l'Amministrazione. 


N� vale la considerazione che in tal caso, trattandosi di approvare 
un'attivit� propria, verrebbe meno la ratio dell'istituto dell'approvazione. Il 
decreto di approvazione, infatti, mentre, da un lato, � esplicazione di un 
potere di controllo sul contratto, costituisce, dall'altro, oggetto dei successivi 
necessari controlli di legittimit� (art. 19, 3� comma, 1. contabilit�). 

Ed � chiaro che, rispetto a questo secondo, essenziale aspetto della funzione 
del decreto di approvazione, nessuna rilevanza potrebbe mai assumere 
l'identit� dell'organo che ha stipulato il contratto: l'approvazione � sempre 
necessaria come presupposto dei successivi controlli. 

M. CONTI 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

precontrattuale nonch� sulla posizione reciproca delle parti in esso. 

Da ultimo, per confortare maggiormente la tesi della necessit� 
dell'approvazione separata, le Amministrazioni ricorrenti si richiamano 
al successivo atto del 1964 del Ministro, che esse tendono a definire 
� rifiuto dell'approvazione �. Ma tale definizione urta contro le stesse 
difficolt� accennate, in quanto esso proviene sempre dal medesimo 
organo che, sulla base della delibera del Consiglio di Amministrazione, 
ha stipulato, come organo attivo dell'Amministrazione, la convenzione, 
onde anche qui si avrebbe quella medesima contraddizione, avvertita 
pure dalle ricorrenti, del Ministro che controlla se stesso. E non si 
vede perch� questa contraddizione inciderebbe sull'atto positivo di 
controllo viziandolo e non sull'atto negativo che pure � manifestazione 
della medesima potest� di controllo. Il vero � che l'atto del 1964 deve 
qualificarsi giuridicamente come una manifestazione di volont� dello 
stesso organo stipulante ed influente sulla stipulazione medesima; poich� 
da questa � scaturita una posizione individuale astrattamente 
configurabile come diritto subbiettivo sar� il giudice del merito a 
decidere sulla validit� ed efficacia dell'atto e del comportamento contrattuale 
successivo, come egli sar� a decidere sulla validit� ed efficacia 
dell'originaria stipulazione o del comportamento tenuto in quel 
momento. 

In conclusione, tutta l'intera vicenda sorta dalla convenzione del 
1962, conformemente alle domande svolte dalla societ� oggi resistente, 
va sottoposta al giudice ordinario, che la esaminer� nei limiti e nello 
ambito a lui attribuiti dalla legge sull'abolizione del contenzioso Amministrativo, 
quando davanti a lui si discute su posizione individuale 
astrattamente configurabile come diritto subbiettivo. (Omissis). 


~ 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Ili, 25 maggio 1965, n. 1005 -Pres. Boccia 
-Est. Bartolomei -P. M. Silocchi (conf.) -Fea (avv. Durandi) e 
Universit� degli Studi di Torino (avv. Stato Albisinni) c. Ribet (avv.ti 

Nebbia e Gianogli). 

Popriet� -Unione e commistione -Cose inseparabili 
accessoriet� -Proprietario della cosa principale propriet� 
esclusiva del tutto -Obblighi. 

(c. c., art. 939). 
-Rapporto di 
Acquisto della 

I

~ 

Obbligazioni e contratti -Transazione -Interpretazione -Apprezzamento 
incensurabile del giudice di merito. 

I 

(c. c., artt. 1362, 1965). 
i 

l 
l 
r. 

Procedimento civile -Prove -Interrogatorio formale -Rilevanza -Apprezzamento 
incensurabile del giudice di merito. 

(c. p. c., artt. 116, 230). 
,

,

�: 

Ai sensi dell'art. 939 e.e., quando pi� cose, appartenenti a proprietari 
diversi, siano state unite, in guisa da formare un sol tutto, e non siano 
separabili senza notevole deterioramento, il proprietario della cosa 
principale o molto superiore per valore acquista la propriet� del tutto, 
pur avendo l'obbligo di pagare all'altro, in applicazione del principio 
che vieta l'indebito arricchimento, le somme previste dalla citata norma 
(1). 

(1) La massima riproduce pressocch� alla lettera la disposizione dell'art. 
939 c. c., di non frequente applicazione. 
Tale norma, nell'ipotesi di unione o commistione di cose appartenenti 
a proprietari diversi, distingue a ,seconda che le cose siano o non separabili 
senza notevole deterioramento, e, quando le cose non siano separabili, a 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 75 

L'interpretazione del giudice di merito, immune da erro'ri logici 
e giuridici, circa l'ambito obiettivo di una transazione, � incensurabile 
in Cassazione (2). 

L'apprezzamento del giudice di merito circa l'ultroneit� e la genericit� 
dell'interrogatorio formale dedotto da una delle parti � incensurabile 
in Cassazione (3). 

seconda che le cose ,si trovino o meno in rapporto di accessorio a principale. 
Se le cose sono separabili, il regime giuridico preesistente rimane immutato: 
ciascun proprietario conserva la propriet� della cosa sua e ha diritto 
di ottenerne la separazione. L'inseparabilit� determina invece una modificazione 
del regime preesistente, al quale subentra o il regime della comunione 
della res nova, o, quando sussista un rapporto di accessoriet� tra una 
cosa e l'altra, quello della propriet� esclusiva del tutto in favore del proprietario 
della cosa principale o superiore per valore. 

In ,argomento, cfr. BRANCA, voce Accessione, in Enciclopedia del diritto, 
I, 27, Milano, 1958; PIGA, voce Commistione, ivi, VII, 910 e segg., Milano, 
1960; PuGLIATTI, voce Cosa (teoria generale), ivi, XI, 59 e segg, e 69, 
Milano, 1960; MAIORCA, voce Commistione, in Novissimo Digesto Italiano, 
III, 656 e segg., Torino, 1959; DE MARTINO, Della Propriet�,, sub art. 939, in 
Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, 424 e 
segg., Bologna, 1954; ALBANO, Della Propriet�,, in Commentario del codice 
civile cit., III/1, 492 segg., Torino, 1958; BARASSI, I diritti reali nel nuovo 
codice civile, 50 e segg., Milano, 1943; BRUGI, Della Propriet�, II, 317 e 
segg., Torino, 1923. 

In dottrina si osserva che � nell'art. 939 � stato eliminato qualsiasi riferimento 
alla distinzione concettuale romanistica tra commistio ex valutate 
dominorum e mescolanza contro la volont� dei proprietari �. Ma ci� 
-si precisa -� perch� � evidente che, nel primo caso, il rapporto sar� 
disciplinato esclusivamente dalla volont� delle parti e, quindi, le parti ben 
potranno derogare allo stesso regime della comunione o della propriet� 
esclusiva � (cfr. PIGA, op. loc. cit.). 

Nel senso che l'accessione presupponga unioni, specificazioni, mescolanze 
di cose senza il consenso dei loro proprietari, cfr. BRUGI, op. cit., 
347; conf. BARASSI, op. cit.� 317. 

(2) Giurisprudenza costante. E' infatti ius receptum che l'interpretazione 
dei contratti si sottrae al sindacato di legittimit� della Cassazione, 
semprech� non risulti viziata da inosservanza dei canoni ermeneutici legali 
e sia sorretta da congrua motivazione. In tal senso, da ultimo, Cass., 28 febbraio 
1964, n. 444; 15 giugno 1964, n. 1512; 16 giugno 1964, n. 1531: Foro it., 
Mass., 1964, 107, 393, 398. In termini, con riferimento all'interpretazione 
della transazione: Cass. 1� dicembre 1962, n. 3252, ivi, 1962, 910. 
(3) Nel senso che l'apprezzamento del giudice di merito sulla influenza 
e pertinenza dell'interrogatorio costituisce giudizio di fatto, come tale incensurabile 
in Cassazione, semprech� sia sowetto da adeguata motivazione, 
cfr., da ultimo, Cass., 9 gennaio 1957, n. 34; 13 marzo 1957, n. 521: Foro it., 
Mass., 1957, 9, 102. 
A. FRENI 

76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 ottobre 1965, n. 2248 -Pres. 
Cannizzaro -Est. Speziale -P. M. Gentile (diff.). -Ministeri Interni 
e Difesa-Esercito (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Imparato (avv. 
Schir�) e Sartori (avv. Magrone). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della pubblica Amministrazione Danno 
sub�to in servizio da dipendente statale -� Compensatio 
lucri cum damno � -Pensione privilegiata -Indetraibilit� dall'ammontare 
del risarcimento dovuto al dipendente del valore capitale 
della pensione privilegiata -Sussiste. 

(c. c. artt. 1223, 1226, 1227, 2056; reg. 5 settembre 1895, n.603). 
n principio della compensatio lucri cum damno pu� valere solo 
quando il vantaggio, cos� come il danno, sia conseguenza diretta ed 
immediata dell'illecito, quando cio� il vantaggio ed il danno si presentino 
come effetti contrapposti di un medesimo fatto, avente in s� 
l'idoneit� a determinare, oltre al danno, anche l'effetto vantaggioso. 
Non pu� essere invocato il siiddetto p�rincipio e non pu� quindi operarsi 
la detrazione dal.t'ammontare del risarcimento dovuto daLla p.a. ai 
proprio dipendente rimasto infortunato in servizio del valore capitale 
della pensione privilegiata spettante ai medesimo, appunto perch� tale 
attribuzione patrimoniale -che, del resto, si ricollega ad un sacrificio 
economico sopportato dal dipendente, per le detrazioni operate sui suoi 
emolumenti -non � conseguenza diretta ed immediata del fatto illecito 
(1). 

(Omissis). 

Col primo mezzo i Ministeri ricorrenti, denunciando la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 cod. civ., si dolgono 
che la Corte di Appello abbia .ritenuto non doversi tener conto, 
nella liquidazione del danno sub�to dall'Imparato, della pensione pri


(1) Cumulabilit� del risarcimento del danno e della pensione privilegiata. 
I. -Confermando una giurisprudenza ormai costante (Cass., 29 luglio 
1955, n. 2442, Giust. civ., 1956, I, 68 e Foro it., 1956, I, 28, con nota favorevole 
di DE CuP1s, Risarcimento del danno e diritto a pensione; 8 aprile 
1959, n. 1041, Giust. civ., Mass., 1959, 349; 8 settembre 1960, n. 2442, id., 
1960, 918; 7 ottobre 1964, n. 2530, id., 1964, 1178; contra: Cass., 7 luglio 
1954, n. 2369, Giust. civ., 1954, 1620 e Giust. pen., 1955, III, 215, con nota 
favorevole di A. VENDITTI. Ancora a proposito della � compensatio lucri 
cum damno �. In dottrina, in senso favorevole all'indirizzo anche ora confermato 
dalla Cassazione, v. MoNTEL, Sulla non riducibilit� del risarcimento dei 
danni conseguenti ad uccisione per la coesistenza di un diritto a pensione da 
parte dei superstiti, Resp. civ., prev., 1956, 25 e, in senso critiro, ancora 
VENDITTI, Dei limiti di applicazione della � compensatio rucri cum damno., 
Giust. civ., 1956, I, 560), la sentenza in rassegna nega la detraibilit�, dall'ammontare 
del risarcimento del danno da corrispondersi dallo Stato, del rJ 
'

valore capitale della pensione privilegiata costituita a favore del dipen, 
dente statale danneggiato per causa di servizio, a tal fine richiamandosi , 

.

II 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 77 

vilegiata concessa allo stesso per l'invalidit� derivante da causa di 
servizio, conseguente all'infortunio � de quo �. 
La doglianza � infondata. Invero i giudici di merito si sono attenuti 
ad un principio gi� pi� volte affermato da questa Suprema Corte 

(v. Cass. n. 2442 del 1955, n. 1041 del 1959, n. 2442 del 1960); e, riesaminata 
la questione, questa Corte ritiene di non dovere pervenire 
a conclusioni diverse. 
E' ben vero che nella determinazione del danno derivante da colpa, 
sia contrattuale che extra-contrattuale, si deve tener presente l'eventuale 
vantaggio che l'inadempimento o il fatto illecito abbia procurato 
al danneggiato, non potendo il risarcimento risolversi in un 
lucro indebito; ma questo principio (� compensatio lucri cum damno �) 
pu� valere solo quando il vantaggio, cosi come il danno, sia conseguenza 
immediata e diretta dell'inadempienza o dell'illecito; quando, 
cio�, il vantaggio e il danno si presentino come effetti contrapposti di 
un medesimo fatto, avente in s� l'idoneit� a determinare, oltre il danno, 
anche l'effetto vantaggioso. 

Tale situazione non si verifica quando la persona offesa o i congiunti 
superstiti, in caso di morte della stessa, percepiscano una pensione, 
poich� questa ripete la sua fonte e la sua ragione giuridica da 
un titolo diverso e indipendente dal fatto illecito, il quale pone in 
essere solo la condizione perch� quel titolo spieghi la sua efficacia. 
Ora il porre in essere la condizione per il verificarsi di una conseguenza 
giuridica non significa averla determinata, mancando, per ci� 
solo, il rapporto di causalit� efficiente. 

I ricorrenti assumono che, se questo pu� valere per la pensione 
ordinaria, non vale, invece, per la pensione privilegiata, stante il pi� 

ai principi della compensatio lucri cum damno ed escludendone l'appli


cabilit� nella fattispecie, per un duplice ordine di ragioni, ciascuno suffi


ciente a precludere la prospettata detraibilit�. 

Sotto un primo profilo, il vantaggio rappresentato dal conseguimento 

della pensione non pu� considerarsi -secondo la sentenza che si com


menta -quale conseguenza diretta ed immediata del fatto illecito, traendo 

il relativo diritto fonte e ragione giuridica da un titolo diverso e indipen


dente da quel fatto, il quale realizza esclusivamente l'occasione perch� 

quel titolo possa esplicare la sua efficacia: sicch� la relativa conseguenza 

giuridica (conseguimento del diritto a pensione privilegiata) non potrebbe 

dirsi determinata, cio� legata da un rapporto di causalit� efficiente, con il 

fatto illecito. 

Sotto altro profilo, � da negarsi in radice -sempre secondo il S. C. 


la validit� del richiamo ai principi della compensatio lucri cum damno, 

perch� il vantaggio rappresentato dalla pensione privilegiata non costi


tuisce � lucro � in senso stretto, e cio� un gratuito incremento patrimo


niale, quale conseguenza dello stesso fatto illecito: il diritto a pensione 

trova, invero, la sua giustificazione in un correlativo, precedente sacrificio 

patrimoniale sopportato dal pubblico dipendente e rappresentato dalle de


trazioni a fini pensionistici operate mensilmente sui suoi emolumenti. 

II. -Appare opportuno dire subito che il primo ordine di ragioni nonostante 
l'autorit� di ripetuti giudicati -non convince, mentre la seconda 
serie di considerazioni pu� dar luogo a qualche perplessit�: ci� segna 

78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

intimo legame, che esiste tra il fatto illecito e la invalidit� o la morte, 

che danno diritto (rispettivamente alla persona offesa o ai congiunti & 

superstiti) alla pensione privilegiata. ~ 

L'assunto non pu� essere atteso, poich� la pensione privilegiata 9

1

non viene attribuita per il fatto che la persona offesa � stata vittima 1" 
di un fatto illecito, imputabile alla Pubblica Amministrazione o ad ~ 
un terzo, ma solo perch�, sussistendo le condizioni di legge (morte 

o invalidit� per causa di servizio), l'offeso o i superstiti hanno diritto 
a quel determinato tipo di pensione. Neanche in questo caso, dunque, 
il fatto illecito assurge a causa dell'attribuzione patrimoniale in cui 
la pensione consiste, poich� il diritto sorge indipendentemente dalla 
esistenza di un fatto illecito che abbia dato luogo alla morte o alla 
invalidit�, essendo sufficiente che la morte o l'invalidit� siano derivate 
da causa di servizio, cio� -secondo la nozione che della causa di 
servizio � data dalle norme sulle pensioni civili e militari dello Stato da 
un � qualunque fatto richiesto dal servizio, avente in s� il pericolo 
della lesione o infermit� riportata � (v. artt. 40 e 41 del Regolamento 
5 settembre 1895, n. 603). 
La situazione non � affatto uguale (sia detto � per incidens �) a 
quella che si verifica in presenza di un'assicurazione (volontaria od 
obbligatoria) contro i� danni alla persona, ove il diritto alla prestazione 
assicurativa (versamento di una somma di denaro o attribuzione 
di una pensione) non pu� sorgere, se non per il verificarsi di un infortunio 
alla persona: cosicch�, quando un infortunio si verifica, il rapporto 
causale si profila ben diversamente. 

i llimite della adesione che pu� essere data al princ1p10 enunciato dalla 
sentenza in esame e della validit� del medesimo nei vari casi di pensione 
privilegiata corrisposta ai dipendenti statali, rimasti danneggiati per fatto 
colposo attribuibile allo Stato. 

Sembra che, per la soluzione del problema che interessa, non abbia 
decisiva rilevanza la legge 6 marzo 1950, n. 104, abrogratrice del d.1. 21 ottobre 
1915, n. 1558 e del r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313: tale provvedimento, 
invero, si � limitato a togliere di mezzo la limitazfone del diritto del dipendente 
pubblico alla richiesta del solo trattamento pensionistico, ma non 
risolve la questione -da affrontare alla luce delle norme generali del diritto 
civile -se ed in che limiti la pensione privilegiata possa computarsi in 
detrazione dall'ammontare della somma dovuta dallo Stato a titolo di risarcimento 
del danno subito dal proprio dipendente. 

Come si � accennato, per escludere il rapporto causale tra il fatto 
illecito e la pensione privilegiata, la S. C. rileva che tale fatto � la semplice 
� condizione � od � occasione � dell'attribuzione del diritto a pensione, mentre 
la sua �causa. risiederebbe in un �titolo diverso ed indipendente� 
dall'illecito, essendo sufficiente che la morte o l'inabilit� siano derivate da 
una causa di servizio, condizione di legge per l'insorgere del relativo diritto 
a pensione. 

Ora, nessuno contesta che la morte o invalidit� per causa di servizio, 
fonte del diritto a pensione privilegiata, siano dalla legislazione pensionistica 
considerate indipendentemente dalla illiceit� che abbia causato 
l'evento lesivo: tale dato incontestabile �, peraltro, ininfluente a risolvere 
il problema che interessa e che consiste nell'accertare, in base ai 
principi generali sulla causalit� giuridica, se -nell'ipotesi in cui il detto 
evento lesivo verificatosi per causa di servizio sia da ricollegarsi ad un 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 79 

D'altra parte il diritto alla pensione dei pubblici dipendenti si 
ricollega ad un sacrificio economico, rappresentato dai contributi versati 
mensilmente dai dipendenti ai fini della corresponsione della pensione 
e quindi non costituisce un � lucro � nel senso proprio di questo 
termine. Affinch�, nell'ambito della responsabilit�, si produca una riduzione 
del danno risarcibile, � necessario che col danno prodotto 
dall'illecito concorra un gratuito vantaggio economico prodotto dallo 
stesso illecito: in tale caso � giusto che questo vantaggio, arrecato, 
insieme col danno, ad un soggetto, sia computato nella determinazione 
del risarcimento, che gli spetta. Ma, quando il fatto illecito fa semplicemente 
scattare il diritto ad una attribuzione patrimoniale, che trova 
la propria giustificazione in un correlativo, precedente sacrificio, non 
si riscontra quel lucro, cio� quel gratuito vantaggio, che pu� compensare 
il danno e ridurre la responsabilit�. Non si vede, infatti, perch� 
l'altrui responsabilit� debba essere limitata, per il sorgere, a favore 
del danneggiato, di un diritto, che trova alimento in un precedente 
sacrificio dello stesso danneggiato. 

Quanto s'� detto vale sia per la pensione ordinaria che per quella 
privilegiata, poich� il pubblico dipendente, per questa sua qualit�, 

fatto illecito riconducibile allo stesso Stato -il vantaggio economico conseguito, 
con la pensione, dal pubblico dipendente, pur trovando immediatamente 
il suo titolo nel distinto rapporto di pensione, sia da qualificarsi 
come una conseguenza, legata da un nesso di causalit�, anche indiretto 
(giurisprudenza costante: cfr., tra le altre, Cass., 9 luglio 1960, n. 1843, 
Giust. civ., Mass., 1960, 686; 9 febbraio 1962, n. 274, id., 1962, 129; 30 ottobre 
1963, n. 2909, Giust. civ., 1963, I, 2511: rispetto alle conseguenze dannose 
del fatto; ma, evidentemente, come, del resto, riconosce la sentenza 
in esame, identico principio deve valere per le conseguenze vantaggiose) 
allo stesso fatto illecito. 

� nozione, accettata anche dalla prevalente dottrina (cfr. DE CuPIS, 
Il danno, Milano 1954, 116 e segg., in particolare 120 segg.), nonch� dalla 
giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cass., 23 giugno 1964, n. 1629, Giur. it., Mass., 
1964, 534), quella, secondo cui, in tanto un evento pu� dirsi � causato � e 
cio� legato da un nesso di causalit� con un dato antecedente, in quanto 
esso costituisca effetto tipico o regolare del medesimo, sicch� non pu� 
imputarsi al comportamento di un soggetto solo quell'effetto, che si presenta, 
rispetto alla sua azione, come anomalo e atipico. 

Applicando la teorica della �regolarit� causale� alla ipotesi che interessa, 
si osserva che, non solo il fatto illecito, origine dell'evento lesivo, � 
in concreto la condizione sine qua non dell'insorgere del didtto a pensione 
privilegiata, ma anche che il vantaggio cos� conseguito dal dipendente non 
pu� dirsi effetto atipico od irregolare del fatto dannoso (in questo senso, 
cfr. Cass., 7 luglio 1954, n. 2369 cit. e VENDITTI, locc. citt.), non essendo 
affatto eccezionale che -essendosi verificato l'effetto lesivo originato da 
causa di servizio -lo stesS'O dipendente abbia diritto a ricevere, a titolo 
di pensione, il pagamento di una somma determinata (veggasi in tal senso 
per la ipotesi di preesistente contratto di assicurazione, che non sembra 
differire -sotto il profilo della causalit� -dalla fattispecie in esame, 
contrariamente a quanto indimostratamente afferma La sentenza in rassegna, 
DE CuPis, op. cit., 163). 

Se -per le considerazioni suesposte -non si possono fin qui condi


videre le considerazioni della sentenza, per escludere il richiamo ai prin


cipi della compensatio lucri cum damno, di maggior peso appare, invece, 

8 



80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ed in correlazione con le detrazioni operate sui suoi emolumenti, acquista, 
al verificarsi delle condizioni di legge, il diritto a percepire 
la pensione, che sar� ordinaria o privilegiata a seconda che si veri~ 
fichino le condizioni relative all'uno o all'altro tipo di pensione. Ne 
segue che anche la corresponsione della pensione privilegiata va ricollegata 
al sacrificio economico sopportato dal dipendente, che pu� 
essere anche minimo, se il servizio prestato sia di breve durata; ma a 
tal fine occorre tener presente che l'aggravio eventualmente derivante 
allo Stato, per la sproporzione tra i contributi percepiti e le somme 
da erogare, pu� trovare il suo compenso nei casi in cui i contributi 
vengano versati per un lungo periodo di tempo e la pensione venga 
goduta per breve tempo o non venga goduta affatto. 

Non v'� ragione di distinguere, ai fini della cumulabilit� della 
pensione (ordinaria o privilegiata) con il diritto al risarcimento, a 
seconda che i corrispondenti obblighi sorgano in capo a soggetti diversi 
ovvero in capo ad uno stesso soggetto, poich� trattasi, in ogni 
caso, di titoli diversi. Quindi, se un Ente pubblico � tenuto a rispondere 
di un evento lesivo, che ha colpito un suo dipendente, al quale 
spetta anche una pensione, l'Ente � tenuto, senza possibilit� di compensazione 
o riduzione, a risarcire il danno e a corrispondere la pensione. 


il rilievo (avente, del resto, carattere assorbente), che di �lucro� non pu� 
parlarsi in relazione alla pensione privilegiata, in quanto essa trova la sua 
giustificazione nella precedente corresponsione dei contributi, effettuata, 
ad opera del pubblico dipendente, proprio in vista dell'eventuale conseguimento 
della pensione stessa, mediante le detrazioni operate mensilmente 
sul suo stipendio. Il rilievo � indubbiamente esatto se riferito alla pensione 
ordinaria. In tal caso la ritenuta -che rappresenta la compensazione 
legale di una parte della somma dovuta all'impiegato con quella da 
lui dovuta all'Erario per fondo pensioni (cfr. ZANOBINI, Corso di dir. amm., 
vol. III, Milano, 1958, 335) -costituisce il presupposto per il riconoscimento 
del diritto a pensione, sicch� non vi � ragione perch� la responsabilit� 
dell'autore dell'illecito (anche se questi sia lo stesso Stato che corrisponde 
la pensione) possa essere limitata, per la esistenza, in capo al danneggiato, 
di un diritto ricollegandosi ad un precedente sacrificio economico sopportato 
dallo stesso danneggiato. 

Esatta appare, poi, l'ulteriore osservazione della sentenza circa l'irri


levanza della misura del contributo effettivamente corrisposto (a mezzo 

ritenute) dal pubblico dipendente infortunato, essendo tale misura fissata 

dalla legge (sia pure in misura modesta e non certo rapportata al rischio 

dell'evento che viene assunto dallo Stato) e non potendosi non conside


rare quel margine di aleatoriet� che ha il rapporto di pensione, essendo 

eventuale lo stesso verificarsi (oltrech� il1 momento del verificarsi) del


l'evento dal quale sorge il diritto a pensione. 

L'applicazione delle argomentazioni ora esposte alla pensione privi


legiata o, meglio, alla differenza fra l'ammontare di questa e della pen


sione ordinaria eventualmente spettante al dipendente infortunato pu� 

dare luogo, come si � accennato, a qualche perplessit� dovuta al fatto 

che la dottrina (cfr. VICARIO, La Corte dei Conti in Italia, 1913, 348; 

PErROZZIELLO, Il Rapporto di Pubblico impiego, 327, 385 e 386; .AI.ESSI, 

Responsabilit� deHa Pubblica Amministrazione, 1951, 306; AMORTH, Foro 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 81 

Una diversit� di trattamento esisteva in passato, in base alle disposizioni 
del decreto luogotenenziale 21 ottobre 1915, n. 1558 e del 

r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313, che limitavano i diritti spettanti verso 
lo Stato ai pubblici dipendenti ed ai superstiti aventi diritto, in relazione 
ad eventi lesivi della loro persona verificatisi nell'esercizio o 
in occasione delle loro funzioni, al solo trattamento previsto dalla legislazione 
sulle pensioni. Ma le menzionate disposizioni sono state abrogate 
dalla legge 6 marzo 1950, n. 104 e in conseguenza � pienamente 
ammissibile il cumulo della pensione con il diritto al risarcimento 
del danno, anche quando sia� tenuta al risarcimento la stessa Amministrazione 
che corrisponde la pensione. 
Non vale addurre che, in altri campi (ad esempio in materia di 
infortuni sul lavoro, di assicurazioni volontarie per danni alla persona), 
il cumulo non � ammesso. Particolari ragioni possono indurre 
il legislatore ad escludere la cumulabilit�, in quanto ritenute prevalenti 
su quelle atte a giustificarla. Ma, quando tali ragioni non trovano 
espressione nel testo della legge, resta valido ed operante il principio, 
secondo cui l'attribuzione patrimoniale basata sul precedente ed apposito 
sacrificio economico del danneggiato � ininfluente sulla misura 
del risarcimento, dovutogli quale soggetto passivo di un fatto illecito. 

della Lombardia, 1935, I, 657; CAO PINNA, voce Pensioni, Nuovo Digesto 
Italiano, n. 10) ha sempre sottolineato la diversa natura giuridica della 
pensione privilegiata nei confronti della pensione ordinaria, rilevando che 
la prima viene concessa indipendentemente dalla durata del servizio prestato 
e che il suo ammontare varia in relazione alla gravit� delle lesioni 
riportate dal dipendente (r. d. 7 dicembre 1923, n. 2950, art. 8; d. I. 20 maggio 
1917, n. 876; r. d. 23 ottobre 1919, n. 1970, art. 6) talch� si � ritenuto 
che il fondamento della pensione privilegiata sia una ragione di indennizzo 
di natura analoga a quella che ha ispirato la legislazione sulla assicurazione 
obbligatoria a favore degli operai. 

III. -Le suesposte argomentazioni della sentenza impugnata non 
valgono, peraltro, nei casi in cui la corresponsione della pensione privilegiata 
sia dalla legge prevista indipendentemente dalla ritenuta per la pensione 
stessa, come avviene per i militari (cfr. ZANOBINI, op., vol. citt., 361). 
In tal caso, invero, la detraibilit� dell'ammontare della pensione privilegiata 
dal risarcimento dovuto dallo Stato deve ammettersi, non solo 
ove si acceda alla critica suaccennata dell'indirizzo della Cassazione sulla 
mancanza di nesso causale tra illecito e corresponsione della pensione (in 
quanto che, la pensione -che costituisce vero e proprio lucro, non ricollegandosi 
ad un precedente sacrificio patrimoniale del beneficiario -appare 
essere conseguenza, sia pure mediata, del fatto illecito attribuibile allo 
stesso Stato), ma anche se -aderendo alla criticata interpretazione del 

S. C. -si voglia comunque escludere la validit� del richiamo, nella fattispecie, 
ai principi della compensatio lucri cum damno. 
Deve, infatti, considerarsi quel particolare modo di estinzione del


l'obbligazione, costituito dal conseguimento dello scopo (MEssINEo, Manuale 

dir. civ. e comm., vol. III, Milano, 1959, ed ivi richiaini; DE CUPIS, Risarci


mento del danno e diritto a pensione, cit., 31; GIORGIANNI, Obbligazione 

(diritto privato) in Novissimo Dig. Ital., voi. XI, 609). 

Tra le ipotesi da ricondursi all'istituto indicato, la dottrina (cfr. MEsSINEO, 
op. loc. citt.) indica come tipica quella in cui �il debitore adempia 
verso il creditore una diversa obbligazione, che, per�. tutela lo stesso inte




82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Viene, con ci�, a cadere l'argomento che le Amministrazioni ricorrenti 
credono di poter trarre dalla legge 10 agosto 1950, n. 648 
sulle pensioni di guerra, ove � stabilito (art. 11) che la pensione, lo 
assegno o l'indennit� di guerra non � cumulabile con qualsiasi altro 
indennizzo liquidato per lo stesso titolo, a meno che tale indennizzo 
derivi da atti di previdenza facoltativi esistenti a favore dell'interessato. 
Stante la diversit� dei principi e dei criteri a cui si ispirano, 
rispettivamente, le norme relative alle pensioni di guerra e quelle 
relative alle pensioni (ordinarie e privilegiate) dei pubblici dipendenti 
(si tenga presente, soprattutto, che la pensione di guerra viene corrisposta 
in base ad un principio di solidariet� nazionale, che prescinde 
del tutto da un precedente sacrificio economico del danneggiato), � da 
escludere che le disposizioni dettate per le pensioni di guerra possano 
in qualche modo influire nella decisione dell'attuale controversia. 

Per analoghe ragioni non possono essere invocate le disposizioni 
relative alle pensioni dei ferrovieri (r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590) e 
alle pensioni dei salariati statali (r.d.l. 31 dicembre 1925, n. 2383), che 
escludono la cumulabilit� della pensione eccezionale o speciale (corrispondenti 
a quella privilegiata degli impiegati statali) con altre forme 

resse det creditore (concorso di due cause lucrative): in tal caso, invero, 
sul presupposto che unico sia il creditore, il debitore � liberato (totalmente 

o parzialmente), se il creditore abbia ricevuto, per altra causa non onerosa, 
la medesima prestazione, realizzandosi cos� lo scopo della obbligazione, 
che non ha pi� ragione di esistere. 
Certamente, presupposto per invocare l'indicato modo di estinzione dell'obbligazione 
� che il detto scopo sia realizzato senza aggravio, cio� senza 
un corrispondente beneficio, per il debitore (causa lucrativa); eppertanto, 
� stato esattamente rilevato che all'istituto non pu� farsi utilmente richiamo 
ove il conseguimento della pensione sia in funzione del precedente 
sacrificio rappresentato dai contributi ritenuti al pubblico dipendente 

(DE CUPIS, op. loc. citt.). 

Ma, quando tale sacrificio non vi sia, ricorrono tutti i presupposti del 

c.d. conseguimento dello scopo e cio� sia la causa lucrativa del diritto a 
pensione, sia l'identit� del creditore (nonch� del debitore), sia la identit� 
dello scopo od interesse del creditore tutelato dalle due obbligazioni (per 
risarcimento e per pensione): a proposito di tale ultimo punto, non sembra 
possa esserci dubbio sul fatto che la pensione privilegiata, al pari 
del risarcimento, abbia natura e finalit� indennitaria, avendo anch'essa la 
funzione di riparare alla diminuzione patrimoniale verificatasi in danno 
del dipendente (o degli altri aventi diritto, ove trattisi di pensione di 
riversibilit�), sicch� entrambe le forme di indennizzo intendono alla tutela 
e realizzazione del medesimo interesse del creditore, senza che, evidentemente, 
possa avere rilievo in contrario la circostanza che le due obbligazioni 
siano dalla legge ricollegate a due diversi presupposti, costituiti, 
per l'obbligazione di risarcimento, dal fatto illecito e, per l'obbligazione di 
pensione, dalla morte od invalidit� per causa di servizio. 
Deve, quindi, concludersi che, nell'ipotesi considerata (pensione privilegiata 
senza previo pagamento di contributi da parte del beneficiario), 
l'ammontare del valore capitale della pensione stessa deve essere conteggiato 
in detrazione dalla somma dovuta a titolo di risarcimento dallo Stato 
al proprio dipendente, rimasto infortunato, per causa di servizio, a seguito 
di fatto illecito attribuibile allo Stato stesso. 

G. MANDO' 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 83 

di indennizzo. La mancanza di una disciplina uniforme impedisce che 
disposizioni relative ad una determinata categoria possano valere per 

categorie diverse. La eventuale situazione di sfavore di una determinata 
categoria, rispetto ad altre, pu� essere una buona ragione per 
rivedere la disciplina normativa che la riguarda, non per estendere 
la situazione sfavorevole ad altre categorie di dipendenti, che si giovano, 
in base alle disposizioni ad esse applicabili, di un trattamento 
migliore. 

Con il secondo mezzo le Amministrazioni ricorrenti, denunciando 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 2055 e 2043 e.e., sostengono 
che la Corte di merito erroneamente ha negato il diritto del 
Ministero della Difesa al rimborso, da parte dei Sartori, nei limiti del 
ritenuto concorso di colpa, dell'importo della pensione privilegiata corrisposta 
all'Imparato, convenientemente capitalizzata. Tale rimborso, 
secondo le ricorrenti, era dovuto sia che si ritenga che l'importo della 
pensione privilegiata corrisposta dallo Stato vada detratto dal danno 
da risarcire all'Imparato (in tal caso i Sartori sono tenuti, in forza 
del secondo comma dell'art. 2055 e.e., a rivalere lo Stato, in misura 
proporzionale alla colpa addebitata al conducente del loro automezzo, 
di quanto lo Stato ha gi� direttamente corrisposto per risarcire il 
danno), sia che si ritenga, invece, che della pensione privilegiata non 
debba tenersi conto nella liquidazione del danno (perch�, in tal caso, 
bisogner� dire che dallo stesso fatto illecito sono derivati due danni 
diversi a due diverse persone: all'Imparato per la menomazione fisica 
subita, allo Stato per l'insorgere dell'obbligo di pagamento della pensione 
privilegiata). 

Entrambe le tesi sono da respingere. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2271 -Pres. 
Rossano -Est. Ferrone Capano -P.M. Di Majo (conf.) -Nigro (avv. 
Romanelli) c. Ferrovie Stato (avv. Stato Gentile). 

Guerra -Fatto di guerra -Nozione. 

(I. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 3). 
Ai sensi den'art. 3 della legge 27 dicemb1�e 1953, n. 968, che ha 
ampliato ed integrato le precedenti disposizioni in materia, nella nozione 
di fatto di guerra rientra qualunque fatto delle forze armate nazionali, 
alleate o nemiche, comunque inerente alla preparazione od alla condotta 
delle operazioni belliche. Deve, pertanto, considerarsi quale fatto di 
guerra il taglio del costone di una collina, effettuato dalle truppe 



84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alleate ai fini della costruzione di una deviazione ferroviaria, in prossi


I .
.

mit� della zona di operazione, necessaria per convogliare su di essa 

I 

il traffico delle truppe e dei materiali bellici (1). 

~ 
::~ 

(1) Sulla nozione di � fatto di guerra �� 
Nella :llattispecie oggetto della decisione� in rassegna, il S. C., facendo 
corretta apPlicazione delle norme di legge, ha escluso ogni !responsabilit� 
dell'Amministrazione F. S. per i danni subiti da un privato in dipendenza 
delila distruzione di un immobile, cagionata -secondo l'insindacabile 
accertamento del giudice di merito -sia dallo �scoppio di mine poste dalle 
truppe tedesche nell'interno delle gallerie che attraversavano la collina al 
di sotto dell'immobfile, sia dal taglio della parte terminale del costone della 
collina stessa, operato dagli alleati per costruirvi una deviazione della 
linea ferroviaria, al fine di consentire il trasporto di mezzi e di truppe 
nella immediata vicinanza della prima linea. 

Per pervenire a tale esatta �Conclusione, la .Suprema Corte -riconfermando 
la <propria giurisprudenza sulla estensione della nozione �di � fatto 
di guerra �, ai sensi dell'art. 3 della ~egge '27 dicemblre 1953, n. 968 -ha 
ricompreso in tale concetto non solo l'espfosione di mine in galleria (come 
era incontestabile), sibbene anche d1 taglio del:la parte terminale della 
collina, in quanto .compiuto dalle forze alleate al fine primario ed essenzi�ale 
delle operazioni belliche allora in corso (trasporto di truppe a materiaii 
bellici), a nulla influendo in contrario la considerazione che, indirettamente 

o sussidi:ariamente, lo stesso fatto abbia potuto soddisfa!l'e anche gli interessi 
della collettivit� nazionale (per effetto della successiva riattivazione del 
traffico ferroviario normale sulla diramazione esterna, costruita dalle 
truppe alleate). 
Per le stesse considerazioni, il S. C. ha escluso che la responsabilit� della 
Amministrazione italiana potesse essere fondata sulle norme del r. d. 1. 
11 febbraio 1944, n. 31 e del d. lg. lgt. 20 luglio 1944, n. 162 -che riguardano 
il regime giuridico dei territori liberati e di quelli restituiti all'Ammini.
strazione itaiiana -attesoch� l'attribuzione agli organi dello Stato italiano 
degli atti o fatti compiuti dalle autorit� militari alleate durante il 
periodo di occupazione � da limitarsi all'attivit� meramente amministrativa 
e non comprende gli atti prettamente militari, n� i c. d. fatti di guerra, i 
cui danni non possono considerarsi come cagionati dalle Autorit� italiane. 

� noto che il concetto di fatto di guerra, originariamente fissato nell'art. 
2 della 1. 26 ottobre 1940, n. 1543, poi sostituito dall'al.'t. 1 del d. l. 
6 settembre 1946, n. 226, � stato ampliato ed integrato dall'al.'t. 3 della 
vigente 1. 27 dicemblre 1953, n. 968 (veggasi, pi� ampiamente, Rel'azione 
Avv. Stato 1956 -1960, vol. III, 811 segg.; id. 1951 -1955, vol. II, 775 segg.), 
il quale definiisce come tale (oltre ai rastrellamenti, rappresaglie, ecc., 
previsti nel secondo, terzo e .quarto comma e che qui non interessano) �il 
fatto delle forze armate nemiche, cobelligeranti, alleate o nazionali � � nella 
preparazione o nella coodotta delle operazioni belliche � : data l'amplissima 
dizione di tale norma, rientrano nel concetto in esame tutti i fatti delle 
forze armate nazionali, alleate o nemiche, che siano comunque inerenti 
alla preparazione od alla condotta delle operazioni belliche (come chiarisce 
fa sentenza in esame) o -come precisa la sent. della Cass., Sez. Un., 8 
luglio 1958, n. 2462, Giust. civ., 1958, I, 1960 -che siano in relazione sia 
pure occasionale con manifestazioni di attivit� belliche. 

Sulla nozione di fatto di guerra, c:llr. anche, di recente, Casi!., Sez. Un., 
6 luglio 1963, n. 1818, Giust. civ., 1964, I, 367, ed ivi richiami ai precedenti, 
cui adde Cass., S'ez. Un., 28 novembre 1961, n. 2749, Giust. civ., 1962, I, 255, 
che riconosce che anche un fatto di guerra pu� assumere caratteristiche 
di illecito, ove compiuto in violazione dei limiti imposti dalla legge alle 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 85 

attivit� belliche, e generare, pertanto, l'azione di risarcimento danni, proponibile 
avanti al Giudice ordinario. 

Per la precisazione che per fatto di guerra -di cui al cit. art. 3 della 
legge n. 968 del 1953 -deve intendersi una manifestazione materiale e 
concreta di forza da parte dei belligeranti, nella loro attivit� di offesa o di 
difesa e che abbia, nella materialit� della manifestazione, gi� insiti il fine 
bellico ed il carattere dell'antigiuridicit�, siccome posto in essere in violazione 
dei diritti dei singoli o della collettivit�, cfr. Cass., Sez. Un., 6 luglio 
1963, n. 1818, cit.; 8 luglio 1958, n. 2462, cit. 

Per l'ulteriore chiarimento che l'attivit� dannosa, per assumere la qualifica 
di fatto di guerra, deve essere stata compiuta � ad esclusivo vantaggio 
e nell'interesse di chi la ha posta in essere �, ricadendo altrimenti sotto la 
nozione e la disciplina del comune fatto ililecito, cui partecipa anche il 
terzo, �a cui vantaggio � stata esplicata l'attivit� violatrice dei diritti, cfr. 
Cass., 8 luglio 1958, n. 2462 cit.; 28 settembre 1955, n. 2657, Giur. it., 1955, 
I, 1, 1033. 

Per quanto attiene, poi, alla questione sui limiti della riferibilit� agli 
organi del'lo Stato italiano dell'attivit� esplicata dalle autorit� alleate 
ocOUJpanti (ai sensi dei dd. 11. n. 31 e n. 162 del 1944), non sembra dubbia 
l'esattezza della esclusione di tale attribuzione allo Stato italiano degli 
atti prettamente militari (e, quindi, dei fatti di guerra), posti in essere 
dalle truppe alleate. 

Ci� �si desume chiaramente da'l.la stessa lettera degli artt. 1, 2� comma, 
dei citt. dd. H. n. 31 e 162 de� 1944, con i quali viene mantenuta ferma 
l'efficacia degli atti o fatti compiuti dalle Autorit� Militari Alleate in virt� 
dei � proclami ed ordinanze � emesse dal Generale Governatore militare 

o dai suoi delegati, considerandosi tali atti o fatti � come se compiuti dal 
Governo italiano �. 
Con tali norme --secondo 'quanto ha costantemente affermato la giurisprudenza 
del S. C. (Cass., 3 marzo 1964, n. 477, Giust. civ., Mass., 1964, 207; 
6 maggio 1960, n. 1035, Giust. civ., 1960, I, 2149; 30 ottobre 1957, n. 4212, 
id., Mass., 1957, 1596; 6 maggio 1955, n. 1277, Giust. civ., 1955, I, 1638, ecc) si 
� operata la recezione nel nostro ordinamento degli atti e provvedimenti 
del G. IM. A., facendosi propria l'attivit� amministrativa posta in essere dall'Autorit� 
di occupazione, sicch� gli atti stessi perdono la loro originale 
provenienza, per assumere quella dei competenti organi dell'Amministrazione 
Italiana. 

�, cosi, chiaxo che i provvedimenti e gli atti riferiti agli organi della 
Amministrazione italiana sono quelli posti in essexe dal G. M. A. nella 
amministrazione civile del territorio occupato e sulla base di quei proc'lami 
ed ordinanze, attraverso i quali si era esplicata -giusta la Convenzione di 
Armistizio 29 settembre 1943 (artt. 20 e segg.) -l'attivit� normativa delle 
Autorit� Alleate nel territorio italiano; e lo scopo delle norme di cui ai 
cit. dd. ll. nn. 31 e 162 del 1944 fu proprio quello di inserire nell'ordinamento 
italiano, considerandoli come posti in essere dall'Amministrazione 
italiana, i provvedimenti emessi ed i fatti compiuti dal Governo Militare 
alleato e che sarebbero stati, altrimenti, per lo �stesso ordinamento, irrilevanti 
ed inefficaci. 

Se tale fu lo scopo delle norme di cui ai citati Decreti, � per ci� stesso 
evidente che l'esigenza deJ.la recezione nell'ordinamento giuridico italiano 
non si pone per gJ.i atti prettamenti militari, compiuti dalle truppe alleate 
combattenti, che rimangono giurridicamente attribuibili alle medesime: essi 
possono venire in considerazione solo quali � fatti di guenra � ai sensi 
dell'atrt. 3 della cit. legge n. 968 del 1953 ~la quale esplicitamente distingue 
il fatto-delle forze armate alleate da quello delile forze armate nazionali), 
in quanto produttivi di danni indennizzabili dallo Stato italiano ai sensi e 
nei limiti della vigente legislazione sui danni di guerra. 

G. MANDO' 

86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1965, n. 2295 -Pres. Cannizzaro 
-Est. Ginetti -P. M. De Marco (conf.) -Comune di Milano 
(avv.ti Consolini, Sartogo) c. Brianza (avv. Silenzi). 
Comune -Spese di spedalit� -Procedura di riscossione privilegiata 
prevista dalla 1. 3 dicembre 1931, n. 1580 -Applicabilit� nei confronti 
del proprietario di autoveicolo investitore per ottenere il 
rimborso delle spese ospedaliere sostenute per il ricovero dell'investito 
-Natura autonoma e non surrogatoria dell'azione -Prescrizione 
quinquennale. 
(I. 3 dicembre 1931, n. 1580, artt. 3 e segg.). 
Entrate patrimoniali dello Stato -Procedimento di ingiunzione previsto 
dal t. u. 14 aprile 1910, n. 639 per la riscossione delle entrate 
patrimoniali dello Stato, delle Province, dei Comuni e di altri 
enti pubblici Opposizione 
-Effetti Instaurazione 
di un ordinario 
processo di cognizione -Sussiste. 
(t. u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 1 e segg.). 
n Comune, per ottenere il rimborso delle spese ospedaliere sostenute 
in relazione al ricovero di persona vittima di investimento da autoveicolo, 
pu� avvalersi, nei confronti del proprietario dell'automezzo investitore, 
dello speciale procedimento monitorio previsto dalla legge 
3 dicembre 1931, n. 1580 e l'azione di rimborso attuata mediante il detto 
procedimento speciale � autonoma, non surrogatoria di quella che competerebbe 
all'infortunato per ottenere il risarcimento dei danni, epper� 
si prescrive in cinque anni, come disposto dalla citata legge speciale, e 
non gi�, in due anni, come quella del ricoverato, a norma dell'articolo 
2947 e.e. (1). 
Nel procedimento di riscossione previsto per le entrate partimoniali 
dello Stato e di altri enti pubblici l'ingiunzione ha in sostanza l'effetto 
di una intimazione di pagamento e l'opposizione dell'intimato introduce 
un ordinario processo di cognizione, volto a contestare ii diritto alla 
esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo da parte del giudice 
ed a favore del debitore, che assume, cos�, vera e propria veste di 
attore (2). 
(Omissis). 
Con il primo mezzo il ricorrente Comune di Milano denuncia 
violazione e falsa applicazione degli artt. 2946-2947 e.e. e 3 legge 3 dicembre 
1931, n. 1580, �precisando che il Tribunale aveva erroneamente 
(1) Cfr. Cass., 13 ottobr.e 1~60, n. 2719, Foro it., 19.6~, I,. 70. . 
(2) Sull'ambito di applicazione della procedura ~rivil~giata,d'previd~tt~
dal t.u. n. 639 del 1910, obiettivamente, anche alla riscossione i ere i i 
aventi natura tributaria, con esclusione dei soli tributi per i quali le apposite 
leggi impongono l'esazione a mezzo ruoli, nonch�, subiettivamente, a 
,i__;_ 
. 
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~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 87 

applicato, al caso di specie, la prescrizione biennale prevista dall'articolo 
2947, secondo comma, e.e., laddove andava applicata la prescrizione 
prevista dalla legge speciale del 1931, n. 1580; denuncia altres� insufficiente 
e contraddittoria motivazione su tal punto: art. 360, n. 3 e 5, 

c. p. c. 
La censura � foridata. 
La questione prospettata � stata gi� risolta da questa Suprema 
Corte con la sentenza n. 2719 del 13 ottobre 1960, Sez. I, la quale ha 
fissato il principio che, per ottenere il rimborso delle spese ospedaliere 
sostenute in relazione al ricovero di persona vittima di investimento 
da autoveicolo, il Comune pu� avvalersi, nei confronti del proprietario 
dell'automezzo investitore, dello speciale procedimento monitorio previsto 
dalla legge 3 dicembre 1931, n. 1580; l'azione di rivalsa per ottenere 
il rimborso delle spese ospedaliere, attuata mediante il detto procedimento 
speciale, � autonoma e non surrogatoria di quella, che competerebbe 
all'infortunato per ottenere il risarcimento dei danni, e si 
prescrive in cinque anni, come esplicitamente detto dalla citata legge 
spciale, e non in due anni, a norma dell'art. 2947 e.e., come quella del 
ricoverato. 

Ci� posto, poich� il Comune di Milano ha agito per la rivalsa di 
spese di spedalit� e si � scrupolosamente attenuto al dettato dell'art. 3 

favore degli enti pubblici in genere, pur se istituiti dopo l'entrata in vigore 
del t.u. medesimo; sulla natura di atto amministrativo e non giurisdizionale 
dell'ingiunzione; sugli elementi di validit� dell'atto., la forma, la notifica, 
il termine di opposizione, la posizione processuale delle parti e l'onere 
della prova v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, 
vol. II, Roma, 1961, 830 e segg, Sulla distinzione fra opposizioni ad ingiunzioni 
emesse per la riscossione di entrate patrimoniali ed opposizioni ad 
ingiunzioni emesse per la riscossione di tributi, col riconoscimento solo nei 
confronti delle seconde dell'operativit� della regola del foro dello Stato, 

v. Cass., 20 gennaio 1964, n. 147 e 27 gennaio 1964, n. 183, in questa Rassegna, 
1964, I, 3'56-357, con nota redazfonale (sul foro dello Stato nelle 
controversie tributarie v. anche Relazione cit., vol. III, Roma, 1961, 690 
e seg.); sull'ingiunzione fiscale ed in particolare sulla definitivit� dell'accertamento 
in materia di diritti doganali per l'inutile decorso del termine 
perentorio previsto dall'art. 24 l. 25 settembre 1940, n. 1424, con conseguente 
decadenza dell'opposizione e preclusione della possibilit� di ogni 
ulteriore contestazione, v. Cass., 23 gennaio 1964, n. 164, in questa Rassegna, 
1964, I, 358 ed ivi nota redazionale (in part., 360); sul termine dell'opposizione 
ad ingiunzione doganale v. Relazione cit., vol. II, Roma, 1961, 
770 e seg.; per l'avvertenza che la speciale procedura ingiunzionale � consentita, 
per la riscossione delle entrate patrimoniali, soltanto quando si 
tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili, in base a titolo precostituito, 
v. Cass., 16 luglio 1963, n. 1950, in Riv. leg. fisc., 1963, 2307 ed in questa 
Rassegna, 1963, 139. Sulla natura dell'ingiunzione di cui al t.u. n. 639 del 
1910 e sugli effetti processuali dell'opposizione dell'intimato v., altres�, 
nel senso di cui alla massima (sub 2) della sentenza in rassegna: Cass., 
8 giugno 1963, n. 1530, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 721 (ove si precisa che 
lo speciale procedimento � � apprestato per la spedita riscossione delle 
entrate patrimoniali dello Stato e degli aitri enti pubblici minori); da 
ultimo cfr., in argomento, Cass., 12 novembre 1965, n. 2356, in questa 
Rassegna, 1965, I, 1196, con nota di MAZZELLA. 

88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 3 dicembre 1931, n. 1580, facendo notificare al Brianza, il 26 giugno 
1958, l'elenco degli obbligati, reso esecutorio dal Prefetto, con 
ingiunzione coattiva di pagamento, prima della scadenza di cinque anni 
dalla cessazione del ricovero dell'infortunata, verificatasi il 2 ottobre 
1953, ben poteva il predetto Comune avvalersi della procedura 
privilegiata stabilita con la citata legge, non essendo applicabile al 
relateivo diritto la prescrizione biennale prevista dall'art. 2947, secondo 
comma, e.e. 

Col secondo mezzo il Comune ricorrente denuncia violazione e falsa 
applicazione degli artt. 112-115, 116 e 345 c.p.c., 2697 e 2054 e.e., 4 1. 
3 dicembre 1931, n. 1580, precisando che il tribunale aveva errato nel 
ritenere che l'onere di provare il nesso di causalit� tra l'incidente 
occorso alla Chist� ed il ricovero ospedaliero spettasse al Comune; 
denuncia inoltre insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione su 
tal punto: art. 3�60, n. 3 e 5, c.p.c. 

Anche questa censura � fondata. 

Anzitutto occorre considerare che il Brianza n� in primo grado e 
n� in appello ha mai contestato che il ricovero della donna in ospedale 
non fosse dovuto alle gravi lesioni riportate in seguito all'investimento 
patito ad opera del Brianza medesimo. 

Peraltro, a parte ogni questione sulla compatibilit� dell'eccezione 
di prescrizione �Con altre eccezioni, che tendano a vulnerare l'esistenza 
del relativo diritto, � decisivo il rilievo che, per costante giurisprudenza 
di questa Corte, il procedimento di ingiunzione previsto per le entrate 
patrimoniali dello Stato e di altri enti pubblici determina, nel caso di 
opposizione, un procedimento nel quale l'ingiunzione fiscale ha, in 
sostanza, l'effetto di una intimazione di pagamento, in modo da introdurre 
un ordinario processo di cognizione, volto a contestare il diritto 
all'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo da parte del 
giudice a favore del debitore, che assume, cosi, vera e propria veste di 
attore (sentenze 3269 del 1958, 1530 del 1963, 3065 del 1963). 

Perci� incombeva, se mai, al Brianza di dare la prova dell'infondatezza 
del credito da lui impugnato. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 8 novembre 1965, n. 2329 -Pres. 
Boccia -Est. Cortesani -P. M. Gedda (conf.) -Presidenza Regione 
Siciliana (avv. Stato Chiarotti) c. Schirru (avv. Scaduto). 

Responsabilit� civile -Danni da reato perse~uibile a querela -Decreto 
di archiviazione -Decorrenza del termine di prescrizione. 

{c. c., art. 2947; c. p., art. 590; c. p. p., art. 74). 
n termine biennale di prescrizione dell'azione di risarcimento danni 
di cui ait'art. 2947, 20 comma, c. c. -ove il procedimento penale per 
il reato di lesioni colpose sia stato definito con decreto di archiviazione 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 89 

ex art. 74 c.p.p., per mancanza di querela, 1�isultata necessm�ia a seguito 
del successivo accertamento della durata della malattia non superiore 
ai giorni quaranta -decorre dalla data del decreto stesso e non da 
quella del fatto (1). 

(1) Sulla decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di risarcimento 
del danno derivante da reato perseguibile a querela. 
a) La sommaria motivazione della 'sentenza in rassegna, che si legge 
anche in Giur. it., 1965, I, 1, 1473 (motivazione che, sulla questione principale, 
si esaurisce nell'affermazione che non ha alcuna base nella legge 1'. assunto 
dei ricorrenti secondo cui !l'inizio della decorrenza della prescrizione 
dovrebbe essere fissato alla data di scadenza del termine per la presentazione 
della querela �), impone un sia pur breve riesame, alla luce della 
recente dottrina e giurisprudenza, della questione della decorrenza del termine 
di prescrizione delil'azione di danno derivante da reato perseguibile 
a querela. 

Nel caso di specie, il Pretore, accertato che la durata della malattia 
sofferta dal danneggiato da un investimento automobilistico non aveva effettivamente 
,superato i gg. 40 (mentre, inizialmente, essa sembrava essere superiore 
a tale limite, sicch� si era proceduto di ufficio a carico dell'investitore 
per il reato di lesioni colpose gravi) e constatata la non tempestiva 
presentazione della necessa'l"ia querela, aveva pronunciato il decreto di archiviazione 
di cui all'art. 74, u. c., c. p. p. 

Sembra dubbio che la forma adottata per tale provvedimento dal Giudice 
penale fosse rituale: invero, poich� a seguito degli atti istruttori esperiti 
(ed in particolare della perizia) era rimasto accertato il difetto de:tla 
necessaria querela, il Pretore doveva emettere non gi� decreto di non promovibilit� 
dell'azione penale, ma piuttosto sentenza istruttoria di non doversi 
procedere, perch� l'azione penale non avrebbe potuto essere iniziata 

(art. 378 c. p. p.). Ci� chiarito, �, per�, altrettanto vero che, sia pur sommariamente 
motivato, l'adottato provvedimento aveva sostanzialmente la 
natura della sentenza, di cui avrebbe dovuto assumere forma e ne produceva 
gli effetti: sicch� l'irritualit� della forma adottata 'dal Giudice Penale non 
pone il problema che qui dnteressa in termini diversi dall'ipotesi in cui 
fosse stata pronunciata regolare sentenza (istruttoria o dibattimentale) di 
proscioglimento, per difetto di tempestiva querela. 

Sotto tale profilo, [e considerazioni della sentenza in rassegna sono da 

condividersi: la pronuncia trova un precedente puntualmente conforme 

nella sent. 31 luglio 1962, n. 2277, Resp. civ., prev., 1963, 290 (la quale, pur 

senza alcuna motivazione, fissa anche la decorrenza del termine biennale 

di prescrizione ana data del decreto di archiviazione). In senso conforme, 

si veda, in dottrina, BoERI, L'azione di danno nei sinistri stradal'i, vol. III, 

La prescrizione, Milano, 1965, 56. 

b) Ci� premesso, sono da riesaminare i termini della vexata quaestio, 

se il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno derivante 

da reato perseguibile a querela (non tempestivamente presentata) decorra 

dalla data del fatto, o dalla scadenza del termine per la presentazione della 

querela, o dalla data del provvedimento (sentenza di non doversi proce


dere o decreto di impromovibilit� dell'azione, che abbia natura ed effetti 

della detta sentenza), che accerti la mancata proposizione della tempestiva 

querela. 

La questione non trova uniforme soiuzione nella giurisprudenza. 

Con sentenza 29 gennaio 1957 n. 313, Giust. Civ., 1957, I, 397 (con ivi 
requisitoria del P. G. Toro), il S. C. si � posto, senza peraltro risolverlo 
perch� irrilevante nel caso concreto, il problema, se la decon-enza del termine 
prescrizionale iniziasse dailla data dell'evento dannoso, ovvero dalla 
data della scadenza del termine di decadenza per proporre querela, o da 



IJO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quello della rinuncia ad essa (senza, pertanto, neppure prospettarsi l'ipotesi 
che il termine potesse farsi decorrere dalla data della pronuncia giudiziale). 

Con successiva sentenza 27 marzo 1959, n. 937, Giust. Civ. 1959, I, 811 
(con nota di A. VENDITTI), la Cassazione ha, all'incontro, deciso che �il termine 
di prescrizione per il risarcimento del danno � queHo di anni due, 
previsto nel secondo comma dell'art. 2947 c. c., con decorrenza dalla data 
della sentenza di proscioglimento �. 

In conformit� a tale indirizzo, sembra essere Cass., 31 luglio 1962, 

n. 2277 citata, che, per l'ipotesi di intervenuto decreto di archiviazione, �fa 
decorrere la prescrizione� dalla data del medesimo provvedimento. 
Nello stesso senso, tra i giudici di merito, Trib. Padova, 18 giugno 1952, 
Dir. autom., 1952, 543; id., 3 luglio 1952, Corti Brescia e Venezia, 1953, 234; 
App. Milano, 3 aprile 1959, Foro Pad., 1959, I, 595; App. Firenze, 10 giugno 
1960, Giur. Tosc., 1960, 683. 

Con altra sentenza 29 agosto 1962, n. 2695, Resp. civ., prev., 1963, 157, 
la Cassazione ha mutato nuovamente avviso, decidendo che il termine biennale 
in parola decorre dal giorno in cui ebbe a verificarsi il fatto il.ilecito, 
nell'ipotesi in cui la necessaria querela non sia stata presentata. Nello stesso 
senso si era esplicitamente pronunciato il Tribunale di Genova, con sentenza 
13 aprile 1959, Riv. it. dir. proc. pen., 1960, 329. 

Nello stesso senso, cfr., anche, Trib. Firenze, 26 aprile 1954, Giur. Tosc., 
1954, 900; Pret. Roma, 5 marzo 1961, Arch. giur. circ., 1961, 1235; Trib. Parma, 
26 febbraio 1962, Nuovo Dir. 1962, 655. 

I

Alcune sentenze di giudici di merito fissano la decorrenza dell'azione 
civile di risarcimento alla data in cui si � verificata la decadenza dal diritto 
di proporre querela: cfr. Trib. Velletri, 21 aprile 1954, Giust. pen., 1955, II, 
73; App, Firenze, 27 gennaio 1959, Giur. Tosc., 1959, 173. 


I 

Per l'analoga fattispecie di reato, perseguibile su richiesta dell'autorit�, 
Cass., Sez. Un., 28 novembre 1961, n. 2749, Giust. civ., 1962, I, 255, fa decor' 
rere il termine di cui ai primi due commi dell'art. 2947 dalla data in cui 


. ' 

si � verificata la decadenza dal potere di richiesta. 
La dottrina si � interessata al problema che ne occupa, pervenendo, 


II

anch'essa, a conclusioni non uniformi. 

Il DE MARINI, Prescrizione breve e querela, Riv. trim. dir. proc. civ., ::

1955, 1278, in particolare 1292, ritiene che la � decadenza dal potere di 

querela o la rinunzia allo stesso determinino, per 'l'azione di risarcimento 

danno, l'inizio della prescrizione breve prevista dai .primi due commi del


l'art. 2947 .. 

Nello stesso senso conclude il GENTILE, Regime della prescrizione in 

materia di responsabilitd civile, Resp. civ., prev., 1958, n. 302, richiamandosi 

alla citata sentenza n. 312 del 1957, che, peraltro, come suaccennato, non 

risolve esplicitamente la questione. 

Il BoNETTO, Lesioni perseguibili a querela, danni alla persona, danni 

alle cose e prescrizione dei diritti ai relativi risarcimenti, Riv. it. dir. pen., 

1960, 329 e segg., fa decorrere il termine prescrizionale in parola dal gio:no 

del verificarsi del fatto lesivo ed alla stessa conclusione sembrano pervenire, 

pur 
dubitativamente, il CoRDERO, Procedibilitd, punibilitd, regime di pre


scrizione del credito di risarcimento del reato, Riv. dir. civ., 1959, 44 ss., 

specialmente 75, ed il VENDITTI, nella nota alla citata sent. n. 93 del 1959, 

in Giust. civ., 1959, I, 811. 

Non prende, invece, posizione sul punto il BoERI, L'azione di danno 

cit., 68 ss. 

c) Sembra che la soluzione della questione in esame sia strettamente 

dipendente da quella del connesso problema della applicabilit�, all'azione 

di danno derivante da un reato punibile �a querela, del termine di p;rescri


zione di cui ai primi due commi dell'art. 2947 c. c., ovvero di quello pi� 

lungo, previsto dal terzo comma dello stesso articolo, per 'l'ipotesi in cui 

� fil 
fatto sia �Considerato dalla legge come reato �. 
� noto come la ormai costante giurisprudenza (Cass., 29 gennaio 1957, 
n. 313 cit.; 29 agosto 1962, n. 2695, Resp. civ., prev., 1963, 157) si sia pro

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 91 

nunciata per l'applicabilit�, nella fattispecie, del termine previsto dai drue 
primi commi deWart. 2947 citato, e ci� ,soprattutto in considerazione della 
ratio della disposizione del terzo comma dell'articolo stesso, individuata nella 
necessit� di �accomunare la sorte della pretesa risarcitoria del privato 
danneggiato e della pretesa punitiva dello Stato, in guisa da evitare che 
l'autore di un reato dichiarato responsabile e condannato in sede penale 
resti esente dall'obbligo di risarcimento verso la vittima del reato, in conseguenza 
dell'avvenuta, pi� breve prescrizione civile�. Sicch�, �in difetto 
di tempestiva querela, l'azione penale � definitivamente preclusa... e l'applicazione 
della pi� lunga prescrizione prevista per il reato non ha pi� 
ragione di essere � (sent. n. 313 del 1959 cit.). 

Se � evidente il buon fondamento logico dell'accennato indirizzo giurisprudenziale, 
�, peraltro, non del tutto agevole conciliarlo con la lettera del 
terzo comma dell'art. 2947, il quale prevede l'ipotesi di �fatto considerato 
dalla legge come reato � : senza voler neppure sfiorare, in questa sede, il 
travagliato problema della natura giuridica della querela, � da ritenere 
comunque -anche a voler configurare la medesima come condizione di 
punibilit� -preferibile la teoria, fondata sulla lettera dell'art. 44 c. p., 
che qualifica la detta condizione come un elemento estrinseco, che si aggiunge 
e presuppone un reato gi� perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi 
{ANTOLISEI, Manuale dir. pen., vOll. I, Milano 1957, 518; GALLO, Il concetto 
unitario di colpevolezza, Milano, 1951, 24; BETTIOLI, Diritto penale, Palermo 
1950, 172; MAGGIORE, Principi di dir. penale, vol. I, Bologna, 1943, 200). 

A maggior ragione, la tesi giurisprudenziale sembra contrastare con il 
tenor.e letteraile del cit. terzo comma dell.'art. 2947, ove alfa querela si attribuisca 
natura meramente processuale (cfr., per tutti, in tal senso, ANTOLISEI, 
op. cit., 520 e segg.): ch�, se essa incide solo sulla procedibilit� dell'azione 
penale, la sua mancanza non esclude l'esistenza di un reato, perfetto in tutti 
i suoi elementi costitutivi. 

H vero � che -come esattamente posto in luce dal!la dottrina (CoRDERO, 
DE MARINI, BoNETTo, opp. locc. citt.) e come sembra ritenere, sia pure 
implicitamente, l'accennata giurisprudenza del S. C. -il termine �reato� 
di cui al terzo comma in esame va interpretato, in relazione alla suindicata 
ratio della disposizione, restrittivamente e cio� nel senso di �reato concretamente 
procedibile � o � reato punibile � : sicch�, ove tale concreta 
possibi!lit� di esercizio dell'azione penale (in concomitanza con quella 
civile) non vi 'sia, per la decadenza o rinuncia alla necessaria querela, la 
fattispecie esula dalla previsione del terzo comma dehl'art. 2947 e rientra 
in quella dei primi due commi deLlo stesso articolo. Principio questo che 
-come acutamente rileva il BoNETTO, op. cit., 338 -deve essere applicato 
in tutti i casi in cui fa procedibilit� dell'azione p�nale � subordinata 
all'avverarsi di una condizione, come la richiesta o l'istanza e -ritengo 
di aggiungere -anche nell'ipotesi di immunit� dalla giurisdizione penale 
italiana, come avviene per i cittadini stranieri appartenenti alla NATO, 
secondo la Convenzione di Londra, resa esecutiva con legge 30 novembre 
1955, n 1335 (airt. VII, par. 3, lett. a), salva la ipotesi di espressa rinuncia 
dell'autorit� dello Stato di origine (cui compete priorit� di giurisdizione) 
a favore dello Stato di soggiorno (lett. C., par. cit.) (contra, ma non convin


centemente, App, Venezia, 15 luglio 1965, in causa Benetti e M. D. E., 

inedita). 

d) A questo punto dell'indagine, � agevole la soluzione del problema 

della decorrenza del termine (quinquennale o biennale). 

Resta escluso -a tal fine -che possa aver rilievo ila sentenza di non 

doversi procedere perch� l'azione non poteva essere iniziata, appunto perch� 

la decorrenza da taile data (o pi� esattamente da quella della sua irrevo


cabilit�) � prevista dal terzo comma dell'art. 2947 (che ha chiaramente 

natura eccezionale rispetto al principio generale delil'art. 2935) solo per 

l'ipotesi di fatto-reato in esso contemplato e non quindi quando la necessaria 

querela non sia stata tempestivamente proposta. 



92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Del resto, � agevole rilevare a quali incongruenze logiche potrebbe dar 
luogo l'accoglimento della tesi della decoo:renza del termine prescTizionale 
dalla data della sentenza di proscioglimento. Infatti, nel caso, non infrequente 
(proprio iin relazione alla natura dei reati perseguiibili a querela), in 
cui n reato non sia ,stato mai portato a tempestiva conoscenza dell'A. G., 

il danneggiato avrebbe la possibilit� di presentare la querela i:n ogni tempo 
(e, quindi, anche a distanza di parecchi anni dal fatto), ben consapevole 
della �sua tardivi,t�, ma al solo fine di ottenere una pronuncia che dichiari 
appunto tale ta!t'divit�, ed allo scopo di far decorrere dalla data della 
sentenza l'azione di il."isarcimento danni. 

Non sembra, neppure, coriretto far iniziare li.I termine di prescrizione 
dalla data della intervenuta decadenza dalla querela (o della relativa 
rinuncia): e ci� in applicazione del principio generale di cui all'art. 2935 
cit., di cui � specifica applicazione l'ultima parte del primo comma del� 
l'airt. 2947. Invero, la pendenza del termine per la proposizione della querela 
non costituisce giuridico impedimento all'esercizio del dirritto ad ottenere 
il risarcimento del danno (n�, ovviamente, pottrebbe richiamarsi, in contrario, 
il disposto dell'art. 12 c. p. p., che si limita a dichiaTare inammissibile 
la querela dopo la proposizione dell'aziooe civile e che anzi, per �tal modo, 
viene implicitamente a confermare, per quanto non necessario, l'esperibilit� 
dell'azione di danno anche nel.la pendenza del termine di querela); sicch� � 
inammissibile il differimento del termine iniziale della prescrizione ad un 
momento successivo a quello della commissione del fatto illecito, da cui 
sorge la pretesa risarcitoria da avanzarsi a cura dell'avente diritto. 

Deve, quindi, ritenersi correttamente che J.a prescrizione dell'azione 
di danno, derivante da fatto astrattamente previsto come reato perseguibile 
a querela, non tempestivamente presentata, decorre dal giorno in cui il 
fatto stesso si � verificato: ed a tale conclusione deve pervenirsi anche 
quando -come nella fattispecie oggetto della decisione in rassegna -si 
sia originaa:-iamente proceduto di ufficio e -solo a seguito di ulteriori 
accertamenti o sulla base di nuovi elementi risultati nel corso deLl'istruttoria 
o del giudizio -si constati la necessit� della querela, in dipendenza 
della cosiddetta degradazione del titolo del reato originariamente contestato. 

La conttraria opinione della sentenza annotata (che ha un precedente 

conforme nella sent. n. 937 del 1959, cit.) sembra affidarsi prevalentemente 

a considerazioni di ordine equitativo, sul rilievo che � l'inattivit� del dan


neggiato .... si giustifichi in pendenza del procedimento penale in vista 

della possibilit� che una pi� lunga prescrizione stabilita per il ;reato sia 

riferibile al risarcimento del danno � (sent. 937 del 1959); sicch� il medesimo 

potrebbe vedersi inaspettatamente privato dell'esercizio del suo diritto 

(per l'intercorso periodo di prescrizione), a seguito del1a successiva pro


nuncia che degradi �a reato di azione privata il reato originariamente 

perseguito d'ufficio. 

Ma tale Tagionamento non pu� condividersi: inve�ro, nel caso frequente, 
ricorrente anche nella sp.ecie, in cui il reato di lesioni colpose gravi venga 
degradato a quello di lesioni lievi a seguito del successivo accertamento 
della durata della malattia, inferiore a gg. quaranta, non sussistono neppuTe 
quelle ragioni di equit�, cUi fa appello la giurisprudenza che 'si critica. 
InveTo, la persona offesa ben sa -e nessuno meglio della stessa pru� sapere 
-in quanti giorni � effettivamente guarita e dopo i quaranta giorni, limite 
delle lesioni lievi, ne ha altri cinquanta per meditare sul da farsi: se non 
propone querela, imputet sibi e non ilo imputi ad una diversa previsione 
della contestazione penale, che egli sa o deve sapere errata, sicch� non 
sussiste alcuna ragione di incolp.evole � affidamento �, che possa far derogaTe, 
per la fattispecie, �alla rigorosit� dei principi. 

In linea di stretto diritto, poi, l'indirizzo giurisprudenziale in esame 
appare non corretto. La disposizione dell'art. 2935 c. �c., consacrando il 
principio che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il 

1�

diritto pu� essere fatto valere, si riferisce .solo alla possibilit� .legale di 
esercitarlo (cfr., da ultimo, Cass., 29 ,settembre 1964, n. 2457, Giust. civ., 

�~ 

Wl.,�~ll�W.W� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 93 

Mass., 1964, 1146; 18 febbraio 1964, n 356; ibidem, 151; 8 gennaio 1964, 

n. 20, ibidem, 9), non avendo influenza sull'inizio e sul decorso della 
prescrizione n� gli impedimenti di fatto, n� J.'ignoranza, da parte del titOllare, 
del proprio diritto (Cass., 20 luglio 1963, n. 2002, id., Mass. 1963, 947), n� le 
valutazioni . personali e soggettive che la parte faccia sulla convenienza di 
propoNe, immediatamente oppure in un successivo momento, la propria 
domanda (Cass., 19 ottobre 1963, n. 2792, ibidem, 1315). 
In definitiva, condizione necessaria e sufficiente perch� la prescrizione 
cominci a decorrere � che il diritto, pur potendo essere giuridicamente 
esercitato dal titolare, non sia di fatto esercitato (Cass., 21 marzo 1963, 

n. 689, ibidem, 318): applicando tale principio, nel caso che interessa, 
� indubitabile che il danneggiato ben potesse, sin dal momento del fatto, 
azionare la propria pretesa di risarcimento, o con la costituzione di parte 
civile nel processo penale, o con l'azione civile autonoma (salvo la sua 
sospensione ex art. 295 c. p. c., in relazione all'art. 3 c. p. p.), o, comunque, 
ponendo in essere validi atti stragiudiziali, interruttivi della prescrizione. 
Eppertanto, il suo affidamento (che � del iresto, in ipotesi, affidamento sulla 
maggior durata del tempo necessario a prescrivere e non sulla posticipazione 
della decorrenza del termine di cui ai primi due commi dell'art. 2947 
c. c.) � del tutto ininfluente -quale atteggiamento soggettivo del titolare 
del diritto -ad impedire il decorso del termine di prescrizione, che, sempre 
e comunque, ha inizio dal giorno in cui si � verificato il fatto iJlecito, che 
� fonte del diritto al risarcimento. 
G. MANDO' 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 novembre 1965, n. 2404 -Pres. Fibbi 
Est. Arienzo -P. M. Tuttolomondo (parz. diff.) -D'Agata (avv. Foti) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). 
Sentenza -Motivazione -Omissione o insufficienza -Sussistenza o 
esclusione del vizio. 

(c. p. c., artt. 132, 276, arg. ex art. 360, n. 5; disp. att. c. p. c., art. 118). 
Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione della legge -Ricorso 

dell'interprete all'analogia -Quando � consentito. 

(disp. sulla legge in generale, art. 12). 

Appello -Domanda nuova -Quando sussiste. 

(c. p. c., art. 345). 
n vizio di omessa o insujj�ciente motivazione della sentenza sussiste 
soltanto nel caso di obliterazione, nel processo critico seguito per giungere 
alla decisione, di elementi di fatto prospettati dalle parti, che, se 
esaminati, avrebbero potuto condurre il giudice a diverse soluzioni, 
ma non anche quando tali elementi siano stati valutati in modo difforme 
da quello preteso dalla parte (1). 

(1) Cfr. Cass., 21 marzo 1964, n. 647, Foro it., Mass., 1964, 161; v. anche 
riferimenti di giurisprudenza sub nota 3 a Cass., 22 luglio 1965, n. 1715, 
in questa Rassegna, 1965, I, 727. Cass., 23 gennaio 1963, n. 96, Giust. Civ., 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

94 

n ricorso all'interpretazione analogica � consentito per regolare un 

:~

caso, non preveduto dalla legge, con la disciplina prevista per un caso 
analogo: che abbia, cio�, lo stesso razionale fondamento, e consiste in 
un processo logico, che faccia risalire dalle norme espresse e particolari 
ai principio che le governa, per accertare se in questo rientri anche 
il caso non previsto (2). 

Per aversi domanda nuova in appello � necessario che la pretesa 
fatta valere davanti al giudice di secondo grado alteri i presupposti 
della domanda formulata innanzi al primo giudice, in modo da introdurre 
nei p1�ocesso un diverso petitum, la decisione del quale, richiedendo 
nuove indagini su elementi diversi da quelli dedotti a giustificazione 
dell'istanza originaria, verrebbe a privare le parti della garanzia 
del doppio grado di giurisdizione (3). 

(Omissis). 
In via preliminare i ricorsi, princiipale e incidentale, proposti contro 
la stessa sentenza vanno riuniti (art. 335 cod. proc. civ.). 
Il ricorrente principale denuncia col primo mezzo la omessa e 
l'insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia 
(art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) e sostiene che la Corte del merito non 
avrebbe esaminato la domanda, proposta in appello, di provvedere 
secondo i principi generali del diritto o le norme che regolano materia 
analoga. Ravvisa, quindi, il fondamento giuridico del suo diritto ad 
ottenere un compenso per l'elaborazione del sistema di gioco, che 
sarebbe stato utilizzato dal Ministero delle Finanze, nella previsione 
legislativa (art. 1 d.p.r. 18 aprile 1951, n. 581) di una commissione 
istituita per esaminare tutti i progetti relativi ai giochi di abilit� e ai 
concorsi pronostici, monopolizzati col d.l. 14 aprile 1948, n. 496, e per 
segnalare al Ministero quelle attivit� che possono essere esercitate dallo 
Stato direttamente o mediante concessione a persone fisiche o giuridiche. 

La doglianza � infondata. 

Con riguardo al titolo dedotto in giudizio a sostegno della domanda 
di risarcimento del danno, la Corte del merito ha rilevato, in via generale, 
che, essendo l'opera dell'ingegno tutelata quanto alla sua espres


1963, I, 528, avverte che � il difetto di motivazione costituisce motivo di 
ricorso per cassazione contro le decisioni del giudice di merito solo quando 
attiene all'accertamento e alla valutazione dei fatti e non anche per le 
affermazioni di principi giuridici � (v., infatti, art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). 

(2) Sulla funzione di autointegrazione dell'ordinamento giuridico propria 
dell'analogia, sul fondamento e sui criteri dell'interpretazione analogica 
v. BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 
1949, 69 e segg., 75 e segg. Sul problema dell'interpretazione della norma 
tributaria v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, 
vol. II, Roma, 1961, 304 e segg.; in particolare, per l'esclusione della pos

PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 95PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 95
I, III, 

sione formale, l'utilizzazione compiuta dal Ministero non costituisce 
violazione del diritto di autore, per non essere stata riprodotta la rappresentazione 
del ritrovato. E, in particolare, ha negato che il concorso 
pronostici del D'Agata, realizzato attraverso un'agevole applicazione 
del calcolo attuariale, avesse quel carattere creativo, che conferisce un 
apporto al mondo culturale e che giustifica la tutela giuridica come 
opera dell'ingegno. 

La sentenza impugnata ha, quindi, preso in esame i fatti costitutivi 
del preteso diritto al risarcimento del danno e consistenti nella presentazione 
del progetto del D'Agata e nella istituzione dell'Enalotto, 
negando che il primo fosse caratterizzato dall'elemento creativo per 
rientrare nel paradigma legale delle opere dell'ingegno e che il secondo 
costituisse un'illecita utilizzazione del ritrovato. 

Orbene, col motivo in esame, il ricorrente non contesta che tali 
elementi di fatto siano stati considerati dalla sentenza impugnata, 
bensi si duole che non sarebbero stati correttamente valutati nell'ambito 
dei principi generali del diritto e di altre norme da applicare in via 
analogica. Ma il difetto -di motivazione costituisce motivo di ricorso per 
.cassazione contro le decisioni del giudice di merito solo per quanto attiene 
all'accertamento e alla valutazione dei fatti della causa, rilevanti 
per la decisione: esso non pu�, invece, dedursi come motivo di ricorso 
contro l� affermazioni di principi giuridici e le applicazioni di tali principi 
ai singoli casi concreti, contenute nelle decisioni di merito, che, 
per queste parti, sono denunciabili soltanto a norma dei nn. 1, 2, 3 e 4 
dell'art. 360 cod. proc. civ. In sostanza, il vizio di omessa o insufficiente 
motivazione della sentenza sussiste soltanto nel caso di obliterazione, 
nel processo critico seguito per giungere alla decisione, di elementi di 
fatto prospettati dalle parti, che, se esaminati, avrebbero potuto condurre 
il giudice a diverse soluzioni, ma non anche quando tali elementi 
siano stati valutati in modo difforme da quello preteso dalla parte 
(Cass., 21 marzo 1964, n. 647; 23 gennaio 1963, n. 96). 

Il mancato accoglimento della tesi giuridica, sostenuta dal D'Agata 
in sede di appello, che i fatti posti a base della domanda giustificassero 
l'applicazione delle norme sulla tutela del diritto di autore, non pu�, 
pertanto, essere dedotta in sede di Cassazione come vizio di omessa o 
insufficiente motivazione. 

sibilit� di interpretazione analogica e sui limiti di applicabilit� dell'interpretazione 
estensiva, ivi, 305-308 (a proposito dei benefici tributari, ad esempio, 
vi si avverte che �il minimo di elasticit�� dei medesimi � deve essere 
pur sempre condizionato al concorso dei presupposti di fatto tassativamente 
indicati, che debbono presentarsi nei precisi termini previsti dal legislatore 
., ivi, 307, e pi� in generale si sottolinea che � l� dove il legislatore 
dimostra di aver considerato una materia con criteri tutt'affatto particolari, 
rimane un margine assai ristretto per l'interpretazione estensiva., 
ibidem). Secondo la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione si 

9 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� la doglianza pu� ritenersi fondata sotto il profilo che la Corte 
del merito avrebbe omesso di far ricorso all'analogia (art. 12 delle 
preleggi) al fine di applicare le norme del d.l. 14 marzo 1948, n. 496 e del 
relativo regolamento di esecuzione approvato col d.P.R. 18 aprile 19151, 

n. 5'81, che istituiscono rispettivamente il monopolio sui concorsi pronostici 
e una commissione per esaminare e segnalare le attivit� che 
potrebbero essere esercitate dallo Stato e da persone fisiche o giuridiche 
per conto dello Stato. Infatti, il ricorso all'analogia � consentito per 
regolare un caso, non preveduto dalla legge, con la disciplina prevista 
per un caso analogo, che abbia, cio�, lo stesso razionale fondamento e 
consiste in un processo logico per risalire dall~ norme espresse e particolari 
al principio che le governa, per accertare se in questo rientri 
anche il caso non preveduto. Il.. ricorrente, invece, sostiene che il suo 
diritto al compenso economico era giustificato dall'utilizzazione concreta 
del suo progetto di concorso da parte del Ministero delle Finanze come 
effetto della istituzione del regime di monopolio e della segnalazione 
della Commissione preposta all'esame dei progetti di concorsi. Pertanto, 
con questa proposizione, egli sostituisce al titolo giuridico posto 
'~ 

a base della domanda dei danni, e consistente nella violazione del suo 
diritto di autore, un altro titolo, costituito dalla utilizzazione del suo ~ 
progetto di concorso pronostici mediante l'Enalotto; titolo di cui doveva < 
provare gli estremi di fatto costitutivi del diritto al compenso. ' 

1

Col secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa 

I

applicazione dell'art. 2578 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. ~ 

I 
.
.

proc. civ., e sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte 

I

del merito, il disposto dell'art. 2578 cod. civ. sia applicabile in via analogica 
alle soluzioni di problemi tecnici, quale sarebbe il suo progetto 
di concorso pronostici. Infatti, a differenza di quanto disponeva il 

r.d.l. 7 novembre 1925, n. 1950, la tutela del diritto d'autore non 
I

sarebbe pi� limitata ai soli progetti di ingegneria, perch� gli artt. 2 e 99 

I 
I 
ru 

1. 22 aprile 1941, n. 633 e l'art. 2578 cod. civ. tutelano l'opera dell'ingegno 
indipendentemente dal merito e dalla destinazione dell'opera 
stessa, prevedendo, inoltre, un equo compenso per le soluzioni originali 
di problemi tecnici. 
L'esame di questa doglianza � subordinato a quello del ricorso 
incidentale, che, se accolto, dispensa dall'indagine proposta col motivo 
di ricorso. Infatti, lAmministrazione delle Finanze -premesso che in 

riconferma che � anche in tema di leggi tributarie sussiste la possibilit�di ricorrere all'interpretazione estensiva, quando si ravvisino, nel caso 
non espressamente regolato dal legislatore, motivi e finalit� propri dello 
spirito della legge che si vuole applicare per estensione�: Cass., 27 lu:
g).io 1964, n. 2094, in questa Rassegna, 1964, I, 946 e segg., con nota di 
CoRREALE; per la critica di un'applicazione fattane da Cass., 23 marzo 1965, 

n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381, v. MANn�, Sui limiti di applicazione 
ecc., ivi, 382 e segg., in part. 384 (ove si avverte che � per dimo

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 97 

appello il D'Agata aveva chiesto in via subordinata la corresponsione 
di un equo compenso in applicazione analogica dell'art. 2578 cod. civ. 
e che, eccepita da essa Amministrazione la inammissibilit� di tale 
domanda perc.h� diversa da quella di risarcimento danni formulata in 
primo grado, aveva precisato che la richiesta si identificava con la 
domanda di danni proposta in primo grado, con la sola specificazione 
del riferimento alla liquidazione equitativa -sostiene che la Corte 
di merito avrebbe dovuto contenere il suo esame entro questi limiti, 
astenendosi dall'indagine circa l'applicabilit� alla specie dell'art. 2578 
cod. civ.; sic�h� � incorsa nel vizio di ultra petita e, comunque, ha pronunciato 
su una domanda nuova (violazione degli artt. 112 e 345 cod. 
proc. civ. con riferimento all'art. 360, n. 3, dello stesso� codice). 

II fondamento dell'esposta censura risulta di tutta evidenza dalla 
sua stessa esposizione. 

Invero, per aversi una domanda nuova � necessario che la pretesa, 
fatta valere davanti al giudice di secondo grado, alteri i presupposti 
della domanda formulata in primo grado, in modo da introdurre nel 
processo di appello un diverso petitum, la cui decisione, col richiedere 
nuove indagini su elementi diversi da quelli dedotti a giustificazione 
dell'istanza originaria, verrebbe a privare le parti della garanzia del 
doppio grado di giurisdizione (Cass., 20 luglio 1963, n. 1984). 

Nel caso concreto il D'Agata, dopo aver fondato la sua istanza di 

risarcimento del danno sugli artt. 2575 e 2,577 cod. civ. e sul presup


posto di fatto che la sua opera, avente carattere creativo, fosse stata 

utilizzata illecitamente dal Ministero delle Finanze, ha chiesto, in sede 

di appello, un equo compenso per il suo lavoro in quanto rientrante 

nel paradigma giuridico dell'art. 2578 cod. civ. Questa domanda, for


mulata in via subordinata, oltre che mutare il fondamento giuridico 

della originaria pretesa, introduceva un nuovo e diverso petitum, costi


tuito dall'equo compenso, che postulava accertamenti nuovi non pro


posti in primo grado. Pertanto, la Corte del merito, a seguito dell'ecce


zione dell'appellata Amministrazione, non doveva procedere all'esame 

della domanda, ma dichiararne l'inammissibilit�, cosi come � stato de


dotto col ricorso incidentale, che va accolto. In conseguenza, deve di


chiararsi assorbito il secondo motivo del ricorso principale, col quale 

si censura la parte della motivazione della sentenza di appello, che ha 

esaminato, peraltro rigettandola, la domanda nuova. (Omissis). 

strare... che viene operata una ammissibile interpretazione estensiva e non 
gi� una preclusa interpretazione analogica della norma di esenzione non 
ha... rilievo il sottolineare la identit� di ratio tra due fattispecie, ma � 
necessario accertare se il caso concreto, pur se non chiaramente espreSS'Odalla legge, � stato tuttavia da questa previsto (cfr. Cass., 15 aprile 1947, 

n. 564, Giur. it., Rep., 1944-1947, voce Leggi, n. 70), cos� da poter ritenere 
che il legislatore minus dixit quam voluit � ). 
(3) Cfr. Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1335, in questa Rassegna, 
1965, I, 945, sub 2, con nota di ulteriori riferimenti di giurisprudenza. 

98 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 92 -Pres. Vistoso 


-:-.�

:-;::

Est. Giannattasio -P. M. Raja (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. 

II* 

Stato Colletta) c. Petrilli ed altri (avv. Vece) e Bove (avv.ti Longo, 
Gaeta, Leone C.). . 


. 

Edilizia -Comune -Esecuzione di ufficio di ordinanza del Sindaco che d 
ingiunga al proprietario di eseguire urgenti lavori di assicurazione 
della statica di un fabbricato pericolante -Attivit� spiegata da 
organi e dipendenti comunali -Riferimento allo Stato e non al 
Comune -Colpevole operato di dipendente comunale che provochi 
il crollo dell'edificio -Responsabilit� dello Stato e non del Comune. 

(t. u. 1. com. e prov. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 153; t. u. l. com. e prov. 3 
marzo 1934, n. 383, art. 91, lett. b, n. 28; c. c., art. 2043). 
Prescrizione -Sentenza penale recante condanna generica al risarcimento 
dei danni -Prescrizione del diritto al risarcimento -Prescrizione 
decennale da giudicato -Applicabilit� anche nei confronti 
del responsabile civile non citato nel processo penale e rimasto 
estraneo ad esso -Sussiste. 

(c. p..p., artt. 27, 489; c. c., artt. 1306, 2953). 
'i'~

. 

.' 

Nel caso di esecuzione d'ufficio di un'ordinanza del sindaco, che 

t~ 

ingiunga al proprietario di un immobile pericolante di eseguirvi le neces


..

sarie opere di assicurazione della statica, l'attivit� da altri organi comu. 
nali spiegata a tal fine � conseguenziale all'ordinanza d'urgenza, di cui . 
rappresenta mezzo per il raggiungimento dello scopo, epper� non spezza 
il nesso di riferibilit� allo Stato dell'operato del dipendente comunale, 


l'-' 

che provvede all'esecuzione d'ufficio. Del risarcimento dei danni causati 

.

ai privati dal colpevole operato di tale dipendente risponde, pertanto, 
lo Stato e non il Comune (1). ,


i

[?

La conversione del termine prescrizionale prevista dall'art. 2953 

c. c. si riferisce al diritto e non alle singole pe1�sone degli obbligati e non M 
:~ 

(1) V., in senso conforme, Cass., 9 giugno 1959, n. 1718, Foro it., 1959, 
I, 915; per la critica di tale pronunzia v. LA TORRE, Provvedimenti del 
sindaco e responsabilit� dello Stato, in l'Amministrazione italiana, 1959, 
889 e segg.; CARUSI, Sulla pretesa responsabilit� dello Stato per l'esecuzione 
di ordinanze sindacali contingibili ed urgenti in materia edilizia, 
Foro it., 1959, IV, 265 e segg.; ID., � lo Stato responsabile per l'esecuzione 
delle ordinanze ex art. 153 l. com. e prov. t.u. 4 febbraio 1915, n. 148?, 
ivi, 1960, IV, 102 e segg.; da ultimo, v. FERRERO, In tema di responsabilit� ' 
I .
civile per i provvedimenti contingibili ed urgenti del sindaco, in questa Ras. 
segna, 1964, II, 56 e segg. 
Sui presupposti, sulla portata e sui requisiti delle ordinanze ex art. 153 

t.u. legge com. e prov. 4 fabbraio 1915, n. 148, v. Relazione dell'Avvocatura 
I

dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 205 e segg. Sulla 
questione di responsabilit� per l'esecuzione delle predette ordinanze v. Relazione 
cit., vol. II, Roma, 1961, 154 e segg. 

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.. . Ir~ 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 99 

� concepibile che si verifichi per il solo imputato condannato e non anche 
per il responsabile civile, solidalmente con lui obbligato, anche se 1�imasto 
estraneo al giudizio penale (2). 

Con il primo motivo lAmministrazione ricorrente denuncia violazione 
e falsa applicazione dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E, dell'art. 74 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, delPart. 111 
Reg. 12 febbraio 1911, n. 297, degli artt. 131, 152, 153, 217 t.u. 4 febbraio 
1915, n. 148 della legge comunale e provinciale, dell'art. 47 del 
Regolamento edilizio del Comune di Napoli, dell'art. 16 r. d. 8 dicembre 
1933, n. 1740, degli artt. 20, 91, 108 e 274 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383 e 
dell'art. 360, n. 3 e 5, cod. proc. civ., e sostiene che erroneamente la 
Corte di Napoli ha affermato la legittimazione del Ministero dell'Interno. 
Infatti -si afferma -la ordinanza del Sindaco con cui si 
intimava ai Bove di compiere opere di assicurazione alle fabbriche pericolanti 
non integrava un provvedimento contingibile ed urgente riferibile 
alla potest� del Governo, ma si atteneva precisamente al giudicato 
nascente dalla sentenza del Pretore 23 marzo 1945 (che condannava 
i Bove alla esecuzione dei lavori suddetti) e rientrava nella 

(2) In senso conforme, v. Cass., 20 ottobre 1964, n. 2633, in questa 
Rassegna, 1964, I, 900 e 17 agosto 1965, n. 1961, id., 1965, I, 960, con note 
critiche di CARUSI. Sulla questione della conversione della prescrizione 
breve in ordinaria v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 
1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 173 e seg. La sentenza in rassegna, a conforto 
del proprio insegnamento di massima, ricorda anche che per l'articolo 
27 c.p.p. la sentenza penale � fa stato anche contro il responsabile 
civile, se pur non citato n� intervenuto nel processo penale, per quanto 
attiene alla sussistenza del fatto dannoso, alla sua illiceit� e alla responsabilit� 
del condannato, perch� il responsabile civile � soltanto facultato 
a far accertare se debba o meno rispondere, a norma della legge civile, 
del danno cagionato dal reato, se cio� possa essere chiamato responsabile, 
in solido con l'imputato, dei danni gi� irrevocabilmente accertati anche nei 
suoi confronti �. Non pare, per�, che l'argomento sia persuasivo. Se la 
conversione del termine prescrizionale �, pel disposto dell'art. 2953 e.e., 
collegata ad una sentenza di condanna passata in giudicato, occorre considerare 
che, a norma dell'art. 489 c.p.p., la condanna alle restituzioni e 
al risarcimento dei danni cagionati dal reato � pronunciata anche nei 
confronti del responsabile civile �se... � stato citato o � intervenuto nel 
giudizio� e �quando la sua responsabilit� � riconosciuta�. N�, d'altra 
parte, pare producente alludere, sia pure senza avvertirne l'esatta portata, 
come fa la sentenza (sulla distinzione tra effetti secondari o indiretti ed 
effetti riflessi della sentenza v. LIEBMAN, Corso di diritto processuale civile, 
I, Milano, 1952, 237 e 242), al concetto di efficacia riflessa del giudicato, prescindeno 
dal considerare, poi, l'importanza decisiva dell'art. 1306 c. c. 
Si riporta la seguente annotazione sulla prima massima della sentenza 
in rassegna : 

Esecuzione d'ufficio di ordinanze del Sindaco in materia edilizia e responsabilit� 
per danni. 

I. -La giurisprudenza della Corte di Cassazione � ormai ferma nel 
riferire allo Stato la responsabilit� dell'esecuzione d'ufficio da parte del 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

potest� esclusiva del Comune cui varie leggi espressamente attribuiscono 
competenza in materia di edilit� e costituiva legittimo eserc1z10 
della normale potest� comunale di polizia edilizia. Comunque -si 
aggiunge -trattandosi di responsabilit� derivata dalla cattiva esecuzione 
dell'ordinanza, poich� la esecuzione di essa era dalla legge affidata 
al Comune, la responsabilit� farebbe carico al Comune anche se quell'ordinanza 
fosse stata emessa nell'esercizio della potest� di governo, 
onde illogica e contraddittoria � la motivazione della sentenza quando 
esclude la responsabilit� del Comune, adducendo trattarsi di spesa conseguente 
all'esecuzione. 

Le censure, con tale motivo formulate, sono prive di fondamento, 
come questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di affermare, 
con la sentenza 9 giugno 1959, n. 1718, resa in altra causa, relativa 
allo stesso disastro colposo, tra la stessa I'Amministrazione dell'Interno 
e il Comune di Napoli, e gli argomenti che furono allora addotti si 
attagliano perfettamente al caso in esame. 

L'art. 153 del t.u. della legge comunale e provinciale 4 febbraio 
1915, n. 148, richiamato in vigore dall'art. 10 del d.l. 7 gennaio 1946, 

n. 1 dispone: �Appartiene pure al Sindaco di fare i provvedimenti 
contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica sulle materie di cui al 
n. 9 dell'art. 217, nonch� di igiene pubblica, e di far eseguire gli ordini 
Comune di ordinanze emesse dal Sindaco, in materia edilizia, con formale 
riferimento all'art. 153 t.u. legge com. e prov. 4 febbraio 1915, n. 148, 
richiamato in vigore dall'art. 10 d.lg.lgt. 7 gennaio 1946, n. 1. Ma gi� era 
stato opportunamente ed autorevolmente rilevato, in sede dottrinale, che 
la reale, giuridica portata di un provvedimento � data dal suo contenuto 
sostanziale e non dall'articolo di legge enunciato e addotto, onde l'indagine 
preliminare, che sempre deve compiere il giudice, prima di affrontare 
la questione della riferibilit� allo Stato dell'esecuzione da parte del 
Comune di un provvedimento del Sindaco, effettivamente contingibile, oltre 
che urgente, attiene, appunto, alla sussistenza di un siffatto, concreto provvedimento, 
nel caso da decidere (LA TORRE, Provvedimenti del sindaco e 
responsabilit�. deHo Stato, L'Amministrazione Italiana, 1959, 890 ed ivi 
anche nota 2). La difesa dell'Amministrazione statale, nella specie, aveva 
negato che l'ordinanza sindacale, intimata ai proprietari, di eseguire urgenti 
opere di assicurazione della statica di un fabbricato dissestato, potesse considerarsi 
effettivamente un provvedimento contingibile, ossia relativo a 
casi imprevisti, contingenti e straordinari (LA TORRE, op. cit., 889). Dopo 
aver ricordato l'esistenza di un giudicato civile fra i proprietari e gli 
inquilini dell'immobile in discorso, recante condanna dei primi ad eseguire 
determinati urgenti lavori nei quartini abitati dai secondi, giudicato 
rimasto ineseguito, essa aveva, infatti, addotto che, a norma dell'art. 
47 del vigente Regolamento edilizio ciel Comune di Napoli, � ... ogni 
proprietario � responsabile direttamente della solidit� e stabilit� del fabbricato. 
Qualora per denunzia, reclamo od altra causa qualsiasi il Sindaco avesse 
motivo di ritenere a suo insindacabile giudizio che un fabbricato o parte 
di esso minacci rovina... egli potr� ordinare in via di urgenza tutte le opere, i 
provvedimenti, le precauzioni che fossero ritenuti necessari allo scopo di 


PARTE I, SEZ. III,,GIURISPRUDENZA CIVILE 101 

relativi, a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale in 
cui fossero incorsi>. La norma segue quella dell'art. 152, che espressamente 
qualifica il Sindaco, quale ufficiale del Governo,. allorch� egli 
provvede alla pubblicazione delle leggi, degli ordini e dei manifesti 
governativi; tiene i registri dello stato civile; provvede alla regolare 
tenuta del registro di popolazione ecc. Da tale collocazione e dal suo 
contenuto (disciplina dei provvedimenti intesi a prevenire situazioni di 
pericolo o di danno, per la sicurezza pubblica e per l'ordine pubblico, 
che costituiscono materia di esclusiva competenza statale) si evince che 
detta norma detta la regolamentazione di una potest� non propria del 
Sindaco, quale capo dell'Amministrazione comunale, ma attribuita a lui, 
per ragione di decentramento funzionale; e per l'immanenza della situazione 
di pericolo o di turbativa della sicurezza e dell'ordine pubblico. 
Nell'esercizio di tale potest� il Sindaco travalica i confini dell'attivit� 
propria dell'Amministrazione locale territoriale, perch� la difesa dal 
pericolo di crollo di un fabbricato interessa non soltanto gli abitanti 
del Comune, nel cui territorio il fabbricato sorge, ma chiunque si trovi, 
anche casualmente, a transitare per la strada sulla quale l'immobile � 
prospiciente, ossia interessa l'intera collettivit�. Ma la tutela degli interessi 
della collettivit� spetta all'ente sovrano, cio� allo Stato. � appena 
poi il caso di aggiungere che il decentramento funzionale in materia 

ovviare al pericolo temuto �. L'esecuzione d'ufficio, nel corso della quale, 
per colpa penalmente accertata del funzionario dell'Ufficio Tecnico comunale, 
direttore dei lavori, si erano verificati il crollo e i danni per cui era 
causa, atteneva, adunque, ad una normale ordinanza sindacale di polizia 
edilizia, ossia ad una funzione comunale e non statale. Nessuna risposta 
a tale assorbente obiezione sembra abbia fornito, per�, la sentenza in 
rassegna, la quale d� per acquisito che, nella specie, il provvedimento 
rappresentasse, invece, effettivo esercizio del diverso potere previsto dall'art. 
153 t.u. n. 148 del 1915, (su cui v. Cons. Stato, Sez. V, 9 gennaio 1954, 

n. 12, n Consiglio di Stato, 1954, I, 38, sub 2) e ritiene decisivo ribadire che 
� nell'esercizio di tale potest� il Sindaco travalica i confini dell'attivit� 
propria dell'Amministrazione locale territoriale, perch� la difesa dal pericolo 
di crollo di un fabbricato interessa non soltanto gli abitanti del Comune, 
nel cui territorio il fabbricato sorge, ma chiunque si trovi anche 
casualmente a transitare per la strada, sulla �quale l'immobile � prospiciente, 
ossia interessa l'intera collettivit�; ma la tutela degli interessi della 
collettivit� spetta all'ente sovrano, cio� allo Stato �. Questa argomentazione, 
tuttavia, oltre ad essere smentita dall'art. 20 t.u. legge com. e prov. n. 383 
del 1934, da cui si desume che le ordinanze contingibili ed urgenti in 
materia di edilit�, polizia locale e igiene � interessanti l'intera provincia 
o pi� comuni della medesima � non rientrano pi� nelle attribuzioni del 
Sindaco, ma in quelle del Prefetto, sembra provi troppo, poich�, stando ad 
essa, anche i provvedimenti adottati dal Sindaco a norma dell'art. 47 del 
Regolamento comunale edilizio finirebbero per travalicare i confini dell'attivit� 
propria dell'Amministrazione locale territoriale. Eppure, � proprio 
la legge ad attribuire al Comune potest� regolamentare in materia di 
edilizia (cfr. art. 31, n. 6, t.u. n. 148 del 1915 e, in relazione, art. 111 Reg. 
12 febbraio 1911, n. 297; art. 33 1. 17 agosto 1942, n. 1150), mentre, poi, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

102 

non pu� essere inteso come fatto alla persona singola del Sindaco, perch� 
ammettere ci� equivarrebbe a negare la possibilit� in concreto dell'esercizio 
della funzione decentrata: il decentramento � fatto all'amministrazione 
comunale nel suo complesso, onde tutti i dipendenti del 
Comune debbono assistere il Sindaco nell'esercizio della potest� demandatagli 
dalla legge nella sua veste di ufficiale del Governo. 

A tal punto vien fatto di sottolineare -e l'indagine � pertinente 
vertendosi in tema di legittimazione -che gi� con la prima ordinanza 
31 agosto 1945 il Sindaco, richiamando espressamente l'art. 153 della 
legge comunale e provinciale, ordin� ai Bove di fare eseguire una 
verifica tecnica al fabbricato e di provvedere alle necessarie opere di 
assicurazione, con formale avvertenza che, in caso di inottemperanza, 
si sarebbe proceduto all'esecuzione in danno e a spese degli intimati; 
che, con successiva ordinanza di pari data, venne ingiunto agli inquilini 
di allontanarsi dallo stabile durante l'esecuzione dei lavori; e che, con 
una terza ordinanza, a firma di un assessore nelle veci del Sindaco, dato 
atto che i lavori potevano essere eseguiti anche in presenza degli inquilini, 
si rinnov� l'ordine di esecuzione con l'avvertenza di provvedervi, 
in danno, in caso d'inadempimento. Ora, se l'intervento d'ufficio import� 
l'emanazione di provvedimenti di altri organi del Comune, l'attivit� 
c,osi spiegata � conseguenziale all'ordinanza d'urgenza, di cui rappre


� princ1p10 pacifico nella giurisprudenza amministrativa che non possa 
considerarsi contingibile il provvedimento adottato � per reprimere l'inosservanza 
del Regolamento comunale edilizio � (Cons. Stato, Sez. V, 9 gennaio 
1954, n. 12 cit., Il Consiglio di Stato, 1954, I, 38, sub 2, con nota di 
riferimenti; v. anche Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio 1950, n. 635; id., 1950, 
580, sub 2).

D'altronde, supposta la validit� del solo criterio dell'interesse (v. riserve 
anche in CASETTA, Sui principi general'i in materia di illecito degli enti pubblici 
e su alcune loro recenti applicazioni, Giur. it., 1954, I, 1, 834), su cui fa 
perno l'annotata sentenza, resta decisivo un problema di prospettiva, dovendosi 
guardare � non soltanto alla qualit�, ma anche alla quantit�, alla 
rilevanza � (LA TORRE, op. cit., 893), epper� � quando ... in un settore l'interesse 
� comune o diffuso... allora non ci pu� essere che un solo criterio, 
quello della prevalenza dell'interesse � (In., op. cit., 894). Alla stregua di 
tale principio, si spiega la formulazione del citato art. 20 1. com. e prov. 1934 
e si spiegano, altresi, in tema di sistemazione e manutenzione dei tronchi di 
strade all'interno degli abitati, le norme di cui all'art. 22, ult. comma, 1. 20 
marzo 1865, n. 2248, all. F ed all'art. 7, c), 1. 2 febbraio 1958, n. 126. Peraltro, 
proprio le Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice hanno ritenuto 
il Comune e non gi� !o Stato responsabile della mancata adozione 
di quei provvedimenti sindacali istantanei, necessari a tutela della pubblica 
incolumit� dei passanti (Cass., Sez. Un., 25 settembre 1953, n. 3065, 
Giur. it., 1954, I, 1, 830, con nota adesiva del CASETTA, il quale indica la 
norma attributiva del relativo potere al Sindaco, per le strade poste 
all'interno dell'abitato, nell'art. 20, ult. comma, r.d. 8 dicembre 1933, 

n. 1740). 
II. -Ammesso pure che si trattasse, r:el caso deciso, di provvedimentocontingibile, non si vede perch� anche la sua esecuzione d'ufficio doveva 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 
senta mezzo strumentale per il raggiungimento dello scopo e non spezza 

il nesso di riferibilit� dell'operato del dipendente comunale, che materialmente 
provvede all'esecuzione in danno, allo Stato, nel cui esclusivo 
interesse egli agisce, in esplicazione di una funzione, che non � propria 
dell'Amministrazione comunale, ma � propria ed esclusiva dello Stato. 

N� ha alcuna rilevanza che, a norma dell'art. 91, lett. b), n. 28 
del t.u. della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, l'onere 
finanziario di siffatta attivit� d'esecuzione sia posto a carico del Comune. 
Invero la norma, che pone a carico dei Comuni le spese per i servizi 
dello stato civile, per la tenuta dei registri di popolazione e per l'esecuzione 
dei. provvedimenti d'ufficio (art. 91, lett. b, citato t.u., n. 15, 
27 e 2�8) determina semplicemente l'incidenza dell'onere delle spese 
occorrenti all'esplicazione della funzione di Governo del Sindaco, cio� 
ha carattere meramente contabile; essa, per�, non pu� essere intesa 
come norma determinatrice della responsabilit� di un soggetto diverso 
da quello, nel cui interesse la funzione e l'attivit� vengono esplicate. 
Invero, � principio fondamentale del diritto pubblico quello per cui 
l'attivit� del dipendente pu� essere riferita all'ente pubblico soltanto 
quando essa costituisca ed appaia come esplicazione dell'attivit� dell'ente, 
cio� sia diretta all'attuazione degli scopi propri di questo. 

Con il secondo motivo I'Amministrazione ricorrente denuncia violazione 
e falsa applicazione degli artt. 26 e 27 cod. proc. pen., 13-06, 
2909, 2947 e 2953 cod. civ. ed afferma che la statuizione di condanna 

essere considerata ineluttabilmente attivit� statale, se � vero, anzitutto, 
che, come si � accennato, le ordinanze contingibili in materia di edilit�, 
polizia locale ed igiene, in tanto sono legittimamente emesse dal Sindaco, 
in quanto interessino precisamente l'ambito territoriale del Comune (articolo 
20 t.u. n. 383 del 1934). Ma, anche a voler prescindere da tale rilievo 
e a voler accettare, per un momento, il ragionamento dell'annotata sentenza, 
in ordine all'esistenza di un interesse generale, cui servirebbe il 
provvedimento, baster�, a parte ogni altra considerazione gi� fatta in altra 
sede (Foro it., 1959, IV, 265 e segg.; id., 1960, IV, 102 e segg.), ricordare 
che, se l'ordinanza sindacale in discorso deve essere, per il suo 
contenuto innovativo dell'ordine giuridico, ritenuta manifestazione di potest� 
sovrana, ossia statale, non per questo cessa di esser vero che carattere 
normale dell'autarchia � proprio quello di cooperare con la stessa 
Amministrazione governativa per il raggiungimento di finalit�, a cui l'ordinamento 
considera che l'ente pubblico minore non debba, comunque, 
restare estraneo (cfr., infatti, artt. 274 t.u. n. 383 del 1934 e 277 t.u. n. 148 
del 1915). Si ritiene, in ogni modo, opportuno sottolineare, in via conclusiva, 
che � la stessa sentenza in rassegna a fornire il criterio, che appare 
decisivo per la soluzione del problema in senso contrario a quello da essa 
ritenuto. Secondo l'insegnamento di massima della predetta pronuncia, � 
tutta intera la complessa attivit� giuridica e materiale, di organi deliberanti, 
esecutivi e meri agenti comunali, necessaria a realizzare l'esecuzione 
d'ufficio del provvedimento contingibile, a doversi considerare attivit� 
statale, siccome �conseguenziale all'ordinanza di urgenza�. Ma la 
stessa sentenza ricorda in pari tempo che � principio fondamentale quello 
per cui � l'attivit� del dipendente pu� essere riferita all'ente pubblico,
soltanto quando essa costituisca ed appaia come esplicazione dell'attivit� 



104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

generica dell'ing. Fulvio, emessa nel procedimento penale a favore delle 
parti civili, non � opponibile al responsabile civile, rimasto estraneo 
al processo, poich� l'azione civile, pur se esercitata nel processo penale, 
non perde la sua autonomia e rimangono pur sempre applicabili i principi 
della cosa giudicata civile sanciti nell'art. 2909 cod. civ., riaffermati 
nell'ultimo comma dell'art. 27 cod. proc. pen. e non derogati dal 
precedente art. 26 (che si riferisce solo all'azione esercitata contro 
l'imputato). Conseguentemente -afferma la ricorrente -l'azione proposta 
dall'Amendola era prescritta, dovendosi applicare, nei confronti 
del Ministero, non gi� l'art. 2953, ma l'art. 2947 cod. civ., e non doveva 
essere esclusa l'applicabilit�' dell'art. 1306 cod. civ. 


Anche tale censura � infondata. Per regola generale i diritti si 
estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni, salvi i casi in 
cui la legge disponga diversamente (art. 2946 cod. civ.). Tra tali casi 
� compreso il risarcimento del danno derivante da fatto illecito considerato 
dalla legge come reato, per il quale, se � intervenuta sentenza 
penale irrevocabile nel giudizio penale, la prescrizione si verifica nel 
termine di cinque anni dalla data in cui la sentenza � divenuta irrevo


I 

IF

cabile (art. 2947, terzo comma, cod. civ.). Tale disposizione, per�, deve 
essere interpretata in coordinamento con l'art. 2953 cod. civ., il quale 
dispone che i diritti, per i.quali la legge stabilisce una prescrizione pi� 

.

.

breve di dieci anni, si prescrivono in tale termine, quando riguardo ad 

I

essi sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato. Dal l? 
disposto combinato di tali articoli si desume che, quando il diritto � lli~ 

. 

.

stato gi� giudizialmente accertato, la prescrizione si verifica nel termine 

l. 
dell'ente, cio� sia diretta all'attuazione degli scopi di questo � : l'attivit� , 

.

che costituisca ed appaia esplicazione dell'attivit� di un ente diverso da 
quello di appartenenza sarebbe, adunque, riferibile al primo. Orbene, "

I. 
perch� l'interprete sia autorizzato a vincere la presunzione per cui ogni f:' 
ufficio agisce, di regola, per l'amministrazione nella quale � istituzional~ 
mente inquadrato (cfr., sul punto, Trib. Messina, 15 gennaio 1963, Ma


I 
I
w.
stroeni c. Provincia di Messina, Giur. sic.� 1963, 352), � necessario, come 
opportunamente � stato rilevato anche in sede dottrinale, che � dall'ordinamento 
si ricavi non soltanto una discriminazione di funzioni, ma anche e 
soprattutto una discriminazione di trattamento giuridico � delle medesime 
(SANDULLI R., In tema di ente economico della zootecnia ecc., Foro it., 
1949, I, 1173). A questo concetto corrisponde quell'insegnamento della 
Corte di Cassazione, secondo il quale, perch� si verifichi siffatto sposta.


I

mento dell'ordine delle imputazioni, occorre che l'attivit� del soggetto 

considerato si svolga, in relazione ad una situazione giurLdica eccezionale, 

<nell'orbita e nella sfera giuridica di attribuzione� del secondo ente, 

�con estraneit� assoluta dell'Amministrazione da cui il funzionario, l'organo 
o l'ufficio dipendono� (Cass., 27 maggio 1953, n. 1576, Resp. civ., 
1954, 28 (in part. 29). Se tutto ci� � vero, una sola obiezione sembra qui 
sufficiente a dimostrare-per non dilungarsi in una inutile ripetizione di 
tutti gli argomenti gi� addotti contro la giurisprudenza della Corte di 
I

Cassazione qui criticata -l'inattendibilit� dell'insegnamento di massima 

f

dell'annotata sentenza: l'art. 91, lett. A, n. 28, t.u. n. 383 del 1934 consi


!)j

dera come unica funzione comunale (sulla correlazione de jure condito 

fra spese e funzioni comunali v. VITTA, Dir. Amm., I, Torino, 1949, 529) 

quella de �l'esecuzione di provvedimenti d'ufficio�, senza alcuna di-

l

r: 

PARTE. I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 105 

ordinario, perch� il titolo, in forza del quale l'indennizzo � dovuto, � 
rappresentato dalla decisione giudiziaria, la quale, una volta emessa, 
vive di vita propria e autonoma. 

Deve perci� ritenersi che, se l'imputato, con la stessa sentenza 
penale di condanna, sia stato condannato anche al risarcimento dei 
danni, il diritto del danneggiato si prescrive in dieci anni con decorrenza 
dalla data in cui la sentenza � divenuta irrevocabile. 

N�, invocando l'art. 1306 cod. civ., secondo il quale la sentenza 
pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto 
contro gli altri debitori, pu� sostenersi che dalla sentenza di condanna 
irrevocabile del Fulvio al risarcimento dei danni in favore delle Amendola 
sia da escludere che derivi, nei confronti dell'Amministrazione dell'Interno, 
l'effetto di far decorrere un termine di prescrizione diverso 
dall'originario. La conversione del termine prescrizionale prevista dall'art. 
2953 si riferisce al diritto e non alle singole persone degli obbligati 
e non � concepibile che si verifichi per il solo imputato condannato e 
non anche per il responsabile civile, solidalmente con lui obbligato, 
anche se rimasto estraneo al giudizio penale. La conversione del termine, 
che s'inquadra tra gli effetti riflessi del giudicato, si verifica 
anche nel caso in cui il diritto sia stato accertato da sentenza penale, 
che per l'art. 27 cod. proc. pen. fa stato anche contro il responsabile 
civile, seppur non citato n� intervenuto nel processo penale, per quanto 
attiene alla sussistenza del fatto dannoso, alla sua illiceit� e alla responsabilit� 
del condannato, perch� il responsabile civile � soltanto facultato 
ad accertare se debba o meno rispondere, a norma delle leggi civili, 
del danno cagionato dal reato, se cio� possa essere chiamato responsabile, 
in solido con l'imputato, dei danni gi� irrevocabilmente accertati 
anche nei suoi confronti. In tali sensi si � gi�, del resto, pronunciato 
questo Supremo Collegio (Cass., 18 febbraio 1960, n: 269; 12 luglio 
1961, n. 1668, 6 ottobre 1962, n. 2819). (Omissis). 

stinzione -e quindi differenziazione di giuridica disciplina -fra 
esecuzione d'ufficio delle normali ordinanze adottate dal Sindaco come 
organo del Comune ed esecuzi'One d'ufficio di quelle dal predetto emesse 
nella veste di Ufficiale del Governo: trattasi, adunque, della stessa funzione, 
che la legge assoggetta alla stessa disciplina, a prescindere dalla natura 
comunale o statale del provvedimento, di cui quella ha da curare l'attuazione. 


N� si riesce a comprendere come questa funzione, invece, in rapporto

ai provvedimenti contingibili ed urgenti, possa successivamente cambiare 

natura, secundum eventum: essere, cio�, comunale, se esplicata lecitamente 

(� infatti il Comune che per legge deve erogare le somme occorrenti e sop


porta il rischio finanziario dell'esecuzione in danno, nel caso di irrecupe


rabilit� delle somme addebitate ai proprietari), per divenire statale, se 

esplicata in violazione dei diritti dei terzi. 

�, pertanto, vivamente auspicabile che la Suprema Corte regolatrice,

ripresentandosene l'occasione, non manchi di sciogliere tutti questi inter


rogativi. 

F. CARUSI 

106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 gennaio 1966, n. 93 -Pres. Fibbi 


={

Est. Spagnoletti -P. M. Gedda (conf.) -Caminiti (avv. Rizzo -�., 
Manganaro) c. A.N.A.S. (avv. Stato Peronaci). 

�$ 

]

Espropriazione per p. u. -Opposizione alla stima dell'indennit� -Terj;;: 
mine di decadenza -Decorrenza dalla notificazione del decreto di 
espropriazione -Equipollenti -Esclusione. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). 
Responsabilit� civile -Danni evitabili dal creditore -Esclusione del risarcimento 
-Presupposto -Colpa grave del danneggiato. 

(c. c., artt. 1227, comma secondo, 2056, comma primo). 
Espropriazione per p. u. -Notificazione del provvedimento ablativo al 
soggetto espropriato -Omissione -Non incide sulla validit� del 
decreto -Diritto all'indennit� -Lesione -Sussiste -Obbligo del 
risarcimento del danno. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). 
Appello -Divieto di mutamento della domanda -Riduzione del contenuto 
giuridico della domanda originaria -Non rientra nel divieto Sostituzione 
di domanda di accertamento a domanda di condanna Ammissibilit�. 


(C. p, C., art. 345). 
Procedimento civile -Consulenza tecnica -Non � mezzo esonerativo 
della prova. 

(c. p. c., artt. 61, 62, 115, 191, 194, 197). 
n termine di decadenza per l'opposizione alla stima dell'indennit� 
decorre soltanto dalla notificazione del decreto di espropriazione, non 
essendo ammessi in materia equipollenti. Non pu� ritenersi, pertanto, 
preclusa l'opposizione, in mancanza della prova della notificazione del 
predetto decreto (1). 

L'applicazione del secondo comma dell'art. 1221 c. c., a mente del 
quale il risarcimento non � dovuto pe1� i danni che il creditore avrebbe 

(1) v. Relazione deH'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, 
vol. III, Roma, 1961, 359 e seg.; cfr. anche Cass., 4 agost~ 1962, n. 2363, 
Giur. it., Mass., 1962, 813, sub a. Di recente Cass., 7 magg10 1.965, n. 8~6, 
id., Mass., 1965, 301, ha ribadito che �la notifica del decret~ d1 espr?pr1a
�: 
zione non � necessaria... per la validit� ed efficacia dell'atto d1 esproprio, ma ,~ 
opera solo ai fini delle impugnative concernenti le indennit� dovute 

I 1:

all'espropriato � . 

...,~~==:::�=':====--~~�:='~'�.:=�-~:=:��lll!aJ':�-=~:3 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 

potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, esige la colpa grave del 
danneggiato (2). 

Fino a quando l'ente espropriante non adempie aH'obbUgo di notificare 
ii decreto di espropriazione, la fonte generatrice deH'eventuale 
danno sofferto per il ritardo dall'avente diritto all'indennit� rimane 
attiva (3). 

In grado di appeno ben pu� la parte sostituire aUa domanda di 
condanna, proposta in primo grado, una domanda di accertamento, 
purch� ne sussista la condizione di ammissibilit� (e cio� che sia controversa 
l'esistenza o l'inesistenza di un diritto o rapporto giuridico), poich� 
tale mutamento importa una mera riduzione del contenuto giuridico 
deHa domanda originaria, chiedendosi con la nuova formulazione la 
declaratoria di un diritto, di cui originariamente si era chiesta l'attuazione 
(4). 

(2) Ma, secondo Cass., Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039, in questa Rassegna, 
1964, I, 712, sub 4 (715) � per aversi un comportamento del danneggiato, 
che sia idoneo ad eliminare o anche soltanto a ridurre il risarcimento 
del danno, � necessario che siano accertate a suo carico una condotta 
colposa ed un nesso di causalit� tra questa ed il prodursi, in tutto 
o in parte, del danno... L'art. 1227 e.e., richiamato dall'art. 2056, esige bensi 
che il creditore della prestazione usi l'ordinaria diligenza per evitare l'aggravarsi 
del danno, contenendolo entro i limiti che rappresentino una diretta 
conseguenza della colpa del debitore, ma non richiede che il danneggiato 
si assoggetti ad un'attivit� abnorme e particolarmente gravosa 
anche per l'onere di spesa che comporti>. I danni verificatisi successivamente 
all'inadempimento e che potevano essere evitati dal danneggiato con l'uso 
dell'ordinaria diligenza sono totalmente irrisarcibili, poich� v'� interruzione 
del nesso di causalit� tra inadempimento �ed evento dannoso: Cass:, 3 luglio 
1954, n. 2311, Riv. giur. citrc. trasp., 1955, 680, con nota (sub 1-2) di 
osservazioni. Beninteso, �mentre il concorso di colpa del creditore nella 
produzione del danno pu� essere rilevato anche d'ufficio, la colpa del creditore 
nel non aver evitato l'aggravamento del danno deve essere eccepita 
dalla parte �: Cass., 28 luglio 1953, n. 2543, Riv. giur. circ, e trasp., 1954, 827. 
Cass., 16 marzo 1963, n. 658, Giur. it., Mass., 1963, 212, sub a, avverte in 
generale che � la norma dell'art. 1227 e.e. consiste nell'applicazione del 
principio del rapporto di causalit� alla colpa del danneggiato. Questa pu� 
elidere o rompere il nesi;o di causalit� soltanto ove sia da s� sola idonea 
a produrre l'evento dannoso, e cio� quando sia la causa unica, diretta ed 
esclusiva del danno � e precisa che � il risarcimento dei danni non � ammesso, 
soltanto nel caso in cui questi trovino la loro causa unica, diretta 
ed esclusiva nel difetto dell'ordinaria diligenza da parte del danneggiato � 
(ivi, 213). Sull'onere a carico del debitore di provare le circostanze liberatorie 
previste dall'art. 1227 e.e., v. Cass., 7 gennaio 1965, n. 4, Giur. it., 
Mass., 1965, 1, sub. b. 

(3) Cfr. Cass., 4 agost'O 1962, n. 2363, Giur. it., Mass. 1962, 813, sub a: 
� l'eventuale, ingiustificato ritardo, dovuto all'inerzia dell'espropriante, nella 
notifica del decreto di espropriazione, la mancata o irregolare notificazione 
possono rendere, soltanto, l'espropriante responsabile per i danni, consistenti 
negli interessi e, se sussistono, per i danni nel ritardo nella riscossione 
dell'indennit� �; si vedano riferimenti in nota sub 1 a Cass., 21 ottobre 
1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 1182. 
(4) Cfr. Cass., 17 ottobre 1959, n. 2924, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 
988, sub l; 27 settembre 1948, n. 1640, Foro it., Rep., 1948, voce Appello 
civile, c. 91, nn. 134-135: � l'istanza dell'esplicita declaratoria di un diritto, 
di cui si sia chiesta l'attuazione, n'On costituisce domanda nuova �. 

108 108 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La consulenza tecnica d'ufficio non va intesa come un mezzo esonerativo 
della prova, che � retta dal principio della disponibilit� di cui 
all'art. 115 c.p.c., ma � solo un mezzo sussidiario, messo a disposizione 
del giudice per consentirgli, quando sia necessario, la possibilit� di 
ricevere chiarimenti in materia tecnica (5). 

(Omissis). 

Con il primo motivo del ricorso il Caminiti, denunciando violazione 
degli artt. 51 e 52 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e dell'art. 2697 
e.e., nonch� motivazione illogica e contraddittoria, in relazione all'articolo 
360, nn. 3 e 5, c.p.c., sostiene che la Corte di merito, ritenendo 
che esso Caminiti avesse fatto acquiescenza alla liquidazione dell'indennit�, 
nonostante la mancata notifica del decreto di espropriazione, 

� incorsa nella violazione di legge e nei vizi di motivazione denunciati. 
Osserva il S. C. che la stesura della sentenza impugnata offre, ma 
solo formalmente, il fianco vuoi alla predetta censura, vuoi ad alcune� 
delle successive. 
Senonch� se rettamente si interpreta, come va interpretato, l'iter 
logico seguito' dalla Corte di merito, si vede. che la sostanza della decisione 
� informata ad una giusta valutazione del ventennale comportamento 
del ricorrente. 
In effetti, a parte che la denunciata sentenza ha ritenuto poco 
attendibile l'assunto del Caminiti circa la mancata notificazione del 
decreto di esproprio e pi� verosimile l'assunto dell'A.N.A.S., di non 
aver p.otuto esibire la prova dell'avvenuta notifica, smarrita in conseguenza. 
degli eventi bellici, � nel vero il ricorrente, quando assume che 
il termine di decadenza per l'opposizione alla stima si inizia soltanto 
per effetto della notificazione del decreto di espropriazione e che non 
sono ammessi all'uopo equipollenti. 
Ma la Corte di merito ha riconosciuto tale principio, laddove ha 
ritenuto che l'esercizio del diritto di azione contro la stima non poteva, 
nella specie, ritenersi precluso, poich�, mancando la prova della notificazione, 
non era decorso il termine di trenta giorni stabilito dall'art. 51 
della legge fondamentale sull'espropriazione. 
Il riferimento all'inerzia ed alla acquiescenza alla stima, derivante 
dal fatto che fin dal 13 settembre 1942 il Caminiti ebbe notizia certa 
dell'avvenuta espropriazione attraverso la consegna della polizza, va 
interpretato come elemento di contorno, corroborante il gi� formatosi 
convincimento circa la congruit� della somma di L. 6.000, depositata 
dall'Ente espropriante in quel lontano periodo di tempo. 
(5) Cfr. Cass., 27 novembre 1964, n. 2817, Giur. it., Mass., 1964, 946, 
sub a� 15 ottobre 1963, n. 2755, Giust. civ.� Mass. Cass., 1963, 1295, sub 1: 
� la c~nsulenza tecnica � un particolare mezzo istruttorio, che tende ad 
illuminare il giudice, mediante l'opera di un ausiliare, su cognizioni tecniche 
e scientifiche; pertanto ad essa pu� farsi ricorso a_n~he senza un'esplicita 
richiesta delle parti �; 11 marzo 1963, n. 596, ivi, 276, sub 2, ove 
ulteriori riferimenti. Ma Cass., 30 luglio 1964, n. 2195, Giur. it., Mass., 
1964, 732, ritiene compatibile col principio di cui all'art. 115, comma primo, 

PARTE I, SEZ. III, .GIURISPRUDENZA CIVILE 109 

Ed invero la Corte di Messina, ammessa la proponibilit� dell'azione, 
ha proceduto, come doveva, alla valutazione del bene espropriato 
e, sulla scorta delle risultanze processuali, ha ritenuto che le seimila lire 
rappresentavano un compenso cospicuo in relazione � ai pochi metri 
quadrati di terreno agricolo e ad una minuscola casa rurale �. 

Solo ad un fine complementare di argomentazione, la Corte �ha 
aggiunto che potevasi trarre un ulteriore (ma non decisivo di per s�) 
indizio circa la congruit� della somma da tutto il complesso delle circostanze 
ed in particolare dal comportamento inerte del Caminiti, prolungato 
per si lungo lasso di tempo, che induceva a ritenere che lo 
stesso interessato si riteneva soddisfatto. 

Il primo motivo del rieorso si appalesa svuotato di contenuto, se si 
tiene presente l'impostazione fatta dalla denunziata sentenza. 

Conseguenza necessaria � la reiezione altresi del secondo motivo, 
relativo alla disattesa domanda di condanna dell'A.N.A.S. al risarcimento 
dei danni. 

Anche su tale punto la sentenza giustifica, ma solo formalmente, 
qualche appunto fatto dal ricorrente, che non incide per� sulla sostanziale 
esattezza ed insindacabilit� della decisione. 

Non si pu� infatti disconoscere l'erroneit� dell'applicazione del 
secondo comma dell'art. 1227 e.e., che esige la colpa grave del danneggiato, 
mentre non pu� ritenersi tale il fatto che il Caminiti non propose 
opposizione al decreto di espropriazione nell'epoca in cui gli venne 
consegnata la polizza, perch� in quell'epoca questa Suprema Corte a 
Sezioni Unite aveva ritenuto la inammissibilit� dell'opposizione prima 
che venisse notificato il decreto di espropriazione. 

D'altra parte, l'aggravarsi del danno non pu� essere imputato al 
comportamento del danneggiato, dal momento che, fino a quando l'Ente 
espropriante non adempie all'obbligo di notificare il decreto di espropriazione, 
la fonte generatrice del danno rimane attiva. 

Senonch�, nonostante l'erroneit� del predetto riferimento all'articolo 
1227 e.e., la sentenza regge, dappoich� i giudici di merito, senza 
negare la proponibilit� in astratto dell'azione, hanno ritenuto che nella 
specie nessuna prova del danno per il ritardo era stata offerta, con un 
apprezzamento di fatto, che sfugge al controllo di legittimit�. 

N� pu� addebitarsi alla Corte di merito di non aver considerato 
il punto decisivo, costituito dalla svalutazione monetaria, giacch� la 
doglianza del Caminiti era relativa ad un danno non collegabile con 
la svalutazione monetaria. 

c.p.c. affermare che � secondo il sistema probatorio accolto nel nostro ordinamento 
processuale, la consulenza tecnica costituisce uno strumento non 
soltanto Q.i valutazione tecnica, ma anche di accertamento e di ricostruzione 
storica dei fatti prospettati dalle parti, secondo il prudente apprezzamentodel giudice di merito�. Sembra, per�, pi� corretto l'insegnamento della 
sentenza in rassegna e della prevalente giurisprudenza, come sopra riferito. 
Occorre tener presente che la prova dei fatti allegati dalle parti non 
� necessaria solo se si tratti di fatti da esse concordemente ammessi, cio� 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il vero � che le censure proposte a sostegno del motivo tendono, 

sostanzialmente, ad un inammissibile riesame del giudizio di merito. 

Parimenti infondato � il terzo motivo, con il quale, denunciando 

violazione dell'art. 112 c.p.c., il ricorrente sostiene che, contrariamente 

a quanto ritenuto dalla Corte di merito, la domanda di accertamento 

dell'obbligo dell'A.N .A.S. di trascrivere il decreto di espropriazione e 

di provvedere alla voltura catastale del terreno espropriato, proposta 

in appello, non era nuova, perch� doveva ritenersi compresa nella do


manda di condanna proposta in primo grado. 

Anche in relazione alla predetta censura � d'uopo riconoscere che 
l'impugnata sentenza ha impropriamente argomentato ex art. 345 c.p.c. 
in quanto in grado di appello ben pu� la parte sostituire alla domanda 
di condanna, proposta in primo grado, una domanda di accertamento, 
poich� tale mutamento importa semplicemente una riduzione del contenuto 
giuridico della domanda originaria, chiedendosi con la nuova 
formulazione, la declaratoria di un diritto, di cui originariamente si era 
chiesta l'attuazione (Cass., 17 ottobre 1959, n. 2.924). 

Tuttavia, nonostante l'erroneo riferimento al divieto dello � jus 
novorum >, la pronuncia si regge sulla considerazione che nella specie 
nessuna azione di accertamento era stata proposta, n� era configurabile, 
in quanto � condizione per l'ammissibilit� dell'azione di accertamento 
che sia controversa l'esistenza o inesistenza di un diritto o rapporto 
giuridico. 

Nel caso sottoposto non c'era nessuna situazione incerta da accertare, 
dappoich� ci� che si chiedeva al giudice di dichiarare, e cio� il 
difetto di trascrizione e di volturazione, gi� risultava pacifico dai documenti 
esibiti. 

Lo stesso ricorrente, formulando nelle conclusioni avanti la Corte 
di Appello la richiesta di essere facultizzato a procedere esso stesso, a 
spese della convenuta A.N.A.S., a quelle operazioni di trascrizione e 
volturazione, che avrebbe senz'altro potuto compiere quando voleva, 
dimostra di non aver proposto una vera azione di accertamento, ma 
una nuova domanda di pagamento di quelle spese. 

Resta da esaminare il quarto ed ultimo motivo del ricorso, con il 
quale il Caminiti, denunciando violazione dell'art. 2697 e.e. e dell'art. 
115 c.p.c., sostiene che la Corte di merito, ritenendo che egli non 
avrebbe provato il suo diritto al rimborso dei tributi pagati a causa 
della mancata volturazione del terreno espropriato, sarebbe incorsa in 

di fatti pacifici in causa, ovvero se si tratti di fatti notori: � a parte queste 
eccezioni, vale in pieno la regola espressa dall'art. 115, medesimo comma 
primo, per cui il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove 
proposte dalle parti o dal Pubblico Ministero�: ZANzuccHI, Diritto processuale 
civile, vol. I, Milano, 1948, 330; la nomina del o dei consulenti 
tecnici da parte del G. I. � �un provvedimento in sede d'istruzione probatoria., 
ma non deve confondersi � con un provvedimento relativo atle 
prove � : ZANZUCCHI, op. cit., vol. II, Milano, 1948, 48. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE lll 

evidente errore, poich� la prova avrebbe dovuto essere arguita dal certificato 
di iscrizioni e trascrizioni, dal quale risultava che il decreto di 
espropriazione non era stato trascritto; per cui avrebbe dovuto la Corte 
di merito ammettere la consulenza tecnica per accertare l'ammontare 
dei tributi pagati dal Caminiti. 

La censura � destituita di giuridico fondamento. 

Rettamente la Corte di Appello ha osservato che spetta alle parti 
produrre le prove a sostegno delle domande e che non incombe al 
giudice di accertarle a mezzo della consulenza tecnica. 

Giova ricordare quanto gi� altre volte questa S. C. ha avuto occasione 
di rilevare, che, cio�, la consulenza tecnica non va intesa come 
un mezzo esonerativo della prova, che � retta dal principio della disponibilit� 
di cui all'art. 115 c.p.c., ma � solo un mezzo sussidiario, messo 
a disposizione del giudice, per avere, quando sia necessario, la possibilit� 
di ricevere chiarimenti in materia tecnica (come ad es. nella specie 
per accertare quanta �parte dei tributi, che si fossero dimostrati pagati, 
afferisse alla porzione d'immobile espropriata). (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 143 -Pres. ed 
Est. Favara -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero Difesa Esercito 
(avv. Stato Agr�) c. Menis e Di Braida (avv.ti Colle, Marpillero). 

Danni -Risarcimento dei danni da fatto illecito -Interessi compensativi 
-Costituiscono elemento complementare dello stesso danno 
risarcibile per colpa aquiliana -Possono essere liquidati di 
ufficio dal Giudice -Sentenza di condanna al risarcimento dei 
danni -Omissione di pronuncia in ordine agli interessi compensativi 
-Mancata impugnazione della sentenza per tale vizio -Giudicato 
sostanziale sulla concreta quantificazione del danno risarcibile 
Sussiste. 

(c. c., artt. 2043, 2056). 
Gli interessi compensativi non corrispondono ad un danno auto-
11,omo, successivo alla condanna, ma costituiscono un elemento complementare 
dello stesso danno risarcibile per colpa aquiliana, cosicch� come 
il giudice pu� conglobarli nella cifra liquidata per tale risarcimento, 
invece di farne oggetto di una distinta liquidazione e di un ulteriore 
capo di condanna, cos� egli pu� provvedere su di essi anche d'ufficio. 
La domanda relativa agli interessi, lungi daU'essere autonoma, � parte 
integmnte della domanda di liquidazione del danno, epper�, se la 
parte accetti come giusta la liquidazione del danno, che almeno formalmente 
prescinda da una separata liquidazione degli interessi com


10 



112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pensativi dal giorno deH'evento dannoso, essa non pu� pi� instaurare 
un separato giudizio per ottenere tale liquidazione, essendo questa coperta 
dal giudicato sostanziale, che si � formato suita concreta quantificazione 
del danno risarcibile (1). 

(Omissis). 

Col primo mezzo, nel dedurre la violazione e falsa applicazione 
dell'art. 2909 in relazione agli artt. 2043 e 1224 e.e. nonch� dei principi 
generali di diritto sulla res judicata, con difetto di motivazione su punti 
decisivi, il ricorrente si duole perch� la Corte di merito avrebbe errato 
nel ritenere rilevante l'argomento che gli interessi sulle somme liquidate 
a titolo di risarc~mento del danno per fatto illecito abbiano carattere 
compensativo e rappresentino una domanda accessoria rispetto a 
quella principale: secondo la ricorrente Amministrazione, tali argomenti 
non possono superare l'eccezione della cosa giudicata, nascente dalla 
precedente sentenza del Tribunale di Venezia in data 21 maggio 1958 in 
base agli elementi della eadem res et causa petendi. Si afferma che, nella 
specie, l'instaurazione del nuovo giudizio aveva per oggetto lo stesso 
petitum (interessi) e la stessa causa petendi (responsabilit� per colpa 
aquiliana) ed era perci� preclusa dal precedente giudicato, senza di 
che diveniva necessario rimettere in discussione l'intero oggetto e rapporto 
giuridica che gi� aveva formato oggetto del precedente giudizio. 

Col secondo mezzo, che pu� essere considerato insieme al primo, 
si deduce ancora violazione del giudicato, ma non solo sotto l'aspetto 
sostanziale pi� propriamente considerato nel primo mezzo, ma sotto 
quello del giudicato formale, di cui si deduce la sussistenza nella specie, 
come ulteriore e valida preclusione di ogni riesame della specie. 

(1) Cfr. Cass., 20 ottobre 1964, n. 2629, Foro it., Mass., 1964, 704; 22 ottobre 
1960, n. 2867, Giust. 'Civ., 1960, I, 2100, con nota di riferimenti ed 
osservazioni; 21 gennaio 1957, n. 146, Foro it., 1957, I, 563, con nota (sub 1-2) 
di A. ScIALOJA. Sul principio per cui la rivalutazione della somma liquidata a 
titolo di risarcimento � compensa tutto il danno e non sono perci� dovuti 
interessi per il periodo anteriore � v. Cass., 10 agosto 1948, n. 1455, in 
questa Rassegna, 1948, n. 9, 22, con nota di DI CIOMMo; per la critica dell'opposto 
insegnamento, secondo il quale �la liquidazione dei danni con 
valutazione delle conseguenze derivanti dal diminuito valore del denaro 
non assorbe il debito per gl'interessi, che ha carattere autonomo � (Cass., 
30 maggio 1949, n. 1380, Giur. it., 1950, I, 344) v. GRAZIANO, in questa Rassegna, 
1950, 222 e seg. Sul problema v. anche RUBINO, Decorrenza degli 
interessi ecc., Giur. compl. Cass. civ., 1951, I quadr., 429 e segg. (ove si 
censura il ricorso al concetto di interessi compensativi) ed ivi, altres�, note 
di DI STASO (432-434) e di MICCIO (434-442); adde DE MARTINI I#valutazione 
del danno da fatto illecito e danno per ritardato pagamento, id., 
1951, III quadr., 1619 e segg., con ampi riferimenti giurisprudenziali; DE 
FALco, Orientamenti ecc., Riv. giur. circ. e trasp., 1953, 1022 e segg., in 
nota a Cass., Sez. Un., 27 maggio 1953, n. 1584, secondo cui � la prestazione 
I 
.
I


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.

I


-9. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 

Deduce, infatti, il ricorrente Ministero che, producendo l'omissione 
di pronuncia la nullit� della sentenza in ordine alla domanda pretermessa 
e costituendo essa un vizio denunciabile in appello od in cassazione, 
qualora si ammettesse la proponibilit� di un autonomo giudizio, 
verrebbe a concedersi un ulteriore rimedio, che sarebbe del tutto svincolato 
dal sistema delle impugnazioni ed in pieno contrasto con esso. 

Le doglianze sono fondate. 
Questa Suprema Corte ha gi�, infatti, avuto occasione di affermare 
anche di recente (cfr. Cass., 20 ottobre 1964, n. 2629 e 21 gennaio 1957, 

n. 146) che la omessa pronunzia sulla richiesta degli interessi relativi 
alla somma domandata a titolo di risarcimento del danno d� luogo ad 
un motivo di nullit� della sentenza, che si converte in motivo di gravame, 
per cui, in difetto di impugnazione, la pronuncia passa in giudicato 
e preclude la riproposizione della domanda degli interessi in separata 
sede, stante il divieto del ne bis in idem, che il giudicato stesso 
comporta. 
Ci� perch� la domanda degli interessi forma il necessario complemento 
rispetto a quella relativa al risarcimento del danno (danno-interesse), 
cosicch�, come il giudice potrebbe ritenere gli interessi stessi conglobati 
nella cifra liquidata per il risarcimento del danno, anzich� farne 
un separato e distinto calcolo per un ulteriore capo di condanna, cos� 
pu� persino provvedere di ufficio su di essi, in quanto formanti, in definitiva, 
una voce dello stesso danno risarcibile per colpa aquiliana e 
per nulla un'ipotesi di danno autonomo, successivo alla condanna. 

Pertanto, in seguito all'omessa pronuncia rispetto alla domanda 
degli interessi compensativi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento 
del danno da colpa aquiliana ed alla mancata impugnazione della 
sentenza per una omessa pronunzia, si viene a formare un vero e proprio 
giudicato sostanziale intorno alla concretta quantificazione del 

degli interessi, pur essendo accessoria all'obbligazione principale, ha titolo 
e funzione economica sua propria, che non viene meno per effetto dell'adeguamento 
monetario dell'obbligazione principale: nel caso, quindi, 
di danni da fatto illecito, gli interessi sono dovuti sulla somma rivalutata 
con decorrenza dalla data dell'evento dannoso, tranne che nella liquidazione 
di detta somma ed indipendentemente dall'adeguamento monetario 
sia stato considerato il maggior danno derivante dal ritardo nell'adempimento, 
nel qual caso gli interessi decorrono dalla liquidazione�, ivi, 1022, 
sub 3; MARASCO M., Interessi compensativi nel risarcimento del danno da 
fatto illecito, Nuovo dir., 1958, 89; VIOLA, Svalutazione monetaria e risarcimento 
di danni, Giur, sic., 1958, 94. Quanto ai pi� recenti atteggiamentigiurisprudenziali, secondo Cass., 30 novembre 1963, n. 3069, in questa Rassegna, 
1964, I, 102, sub 5: � sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di 
danni per fatto illecito decorrono di pieno diritto gli interessi compensativi 
dal giorno dell'illecito. In particolare, per quanto riguarda il danno derivato 
dalla mancata utilizzazione d'un bene (lucro cessante), la decorrenza degli 
interessi sulla somma liquidata per risarcimento va stabilita con riferimento 
alle singole frazioni del reddito che si sarebbe periodicamente maturato, 



114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

danno risarcibile, del quale non � pi� possibile dolersi, non trattandosi 
di un capo autonomo di domanda (rispetto al quale, nell'ipotesi di 
omessa pronunzia non impugnata, rimane aperta la via di un nuovo giudizio: 
Cass. 2867 del 1960), ma di una domanda conseguenziale rispetto 
a quella principale di risarcimento del danno, di cui il danno-interesse 

forma una mera voce ed un necessario complemento. 

� precisamente l'errore su questo punto, che ha fuorviato la Corte 
del merito, facendole negare tanto l'esistenza del giudicato sostanziale, 
ehe di quello formale e permettendole di affermare, cosi, nuovamente 
esperibile l'azione per gli interessi compensativi, qualora su di . essi 
non si sia pronunziato il giudice, che ebbe, con sentenza passata in cosa 
giudicata, ad operare la liquidazione concreta del danno ed a calcolare 
il risarcimento dovuto dal danneggiante. In realt�, la domanda relativa 
agli interessi, lungi dall'essere staccata ed autonoma, � parte integrante 
della domanda di liquidazione del danno, cosicch� -se la parte accetti 
come giusta la liquidazione del danno, che, almeno formalmente, prescinda 
da una separata liquidazione degli interessi compensativi dal 

I giorno del sinistro -essa non pu� pi� instaurare un separato giudizio 
per la liquidazione degli interessi stessi, essendo la liquidazione dello 
intero danno, anche per quanto riguarda la voce relativa agli interessi 
ed al danno-interesse, coperta dal giudicato, cosi da precludere ogni 
ulteriore riesame del tema, deciso, ormai, definitivamente. 

L'accoglimento, per quanto di ragione, dei primi due motivi di 
ricorso assorbe e rende superfluo l'esame dei terzo, proposto in via 
subordinata, come ulteriore argomento dell'impugnativa per violazione 

i

del giudicato, sotto l'aspetto dell'acquiescenza. 

La sentenza denunziata deve, pertanto, essere cassata in relazione 
ai motivi cos� accolti, demandandosi alla Corte di rinvio ogni provvidenza 
anche sulle spese di Cassazione. (Omissis). 

I 

dal giorno della perdita del bene e fino a quello della liquidazione�; a sua 
volta: Cass., 13 luglio 1964, n. 1873, Giur. it., Mass., 1964, 612, avverte che 


I

�la liquidazione della somma dovuta a titolo di risarcimento per un danno 
~ 

juturo deve essere calcolata con riferimento al momento in cui tale evento 
si verificher� e, nell'ipotesi in cui si tratti di risarcimento di danno per 
lucro cessante, derivante da inabilit� permanente a persona che non sia 
ancora giunta all'et� della piena capacit� lavorativa, con riferimento alla 
data in cui questa avr� presumibilmente raggiunto tale capacit�. Pertanto, 
se si segue per il risarcimento del danno il sistema della corresponsione 
di una somma capitale una tantum, poich� questa andrebbe corrisposta al 
momento in cui il danneggiato avrebbe potuto esplicare un'utile attivit� 
lavorativa, nell'emettere la condanna al pagamento immediato di tale 
somma deve essere adottato un opportuno correttivo, atto ad evitare che 
si verifichi una ingiusta locupletazione in favore del danneggiato, nella 
misura corrispondente alla maggiore utilit�, che gli deriva dal fatto che r 
gli � stato messo a disposizione anticipata il capitale liquidato. Pertanto, 
il giudice, nel liquidare tale somma, non pu� comprendervi gli interessi 
compensativi dalla data del sinistro al momento della liquidazione�. 11 


I 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 115 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 22 gennaio 1966, n. 268 -Pres. La 
Via -Est. Modigliani -P. M. Cutrupia (conf.) -Casole (avv.ti Sensi, 
Novelli) c. Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato Gargiulo). 

Propriet� -Azione di regolamento di confini -Azione per apposizione 
di termini -Differenza -Modificazione necessaria della originaria 
domanda per apposizione di termini in domanda di regolamento 
di confini se nel corso del giudizio sorge contrasto sulla linea di 
confine. 

(c. c., artt. 950, 951). 
Competenza e giurisdizione -Competenza per valore -Cause relative a 
beni immobili -Eccezione di incompetenza per valore -Onere del 
convenuto che solleva l'eccezione di provare la non sottoposizione 
dell'immobile a tributo ed in genere di svolgere l'attivit� probatoria 
necessaria per dimostrare quale sia il giudice competente. 

(c. p. c., artt. 15, 115). 
Cosa giudi�ata -Giudicato sul dedotto e sul deducibile -Limite -Identificazione 
delle azioni. 

(C. C., art. 2909; c. p, C., art. 324). 
L'azione di regolamento di confini tende ad eliminare una situazione 
d'incertezza sul confine tra due fondi contigui, mentre quella per 
apposizione di termini tende alla materiale demarcazione, con segni 
visibili, di un confine incontroverso. Se, invece, proposta azione per 
apposizione di termini, sorge, nel corso del giudizio, contrasto sulla 
linea del confine, lungo la quale essi dovrebbero essere apposti, l'iniziale 
domanda resta necessariamente modificata ed assume la natura 
di un'azione per regolamento di confini (1). 

Le cause relative a beni immobili (azioni reali) non possono essere 
ritenute di valore indete1�minabile e, quindi, di competenza del tribunale, 
se non quando si verifichi una situazione realmente negativa (non 
sottoposizione dell'immobile a tributo), la quale non pu� essere presunta 
in base al solo fatto che l'attore abbia omesso di produrre il 
certificato catastale o di fornire la dimostrazione del tributo. Deve, 
invece, il convenuto, il quale eccepisca l'incompetenza per valore del 
pretore, svolgere l'attivit� probatoria necessaria a dimostrare quale sia 
il giudice realmente competente secondo i criteri stabiliti dall'art. 15 

c.p.c. Ove il convenuto abbia sollevato l'eccezione di incompetenza per 
valo1�e, ma non risulti la misura del tributo, n� risulti che l'immobile 
(!)"Sulla prima parte della massima, v. Cass., 29 dicembre 1964, n. 2976, 
Foro it., Mass., 1964, 781. Sulla seconda parte della massima, v. Cass., 
22 febbraio 1958, n. 591, id., Rep., 1958, voce Confini, c. 564, n. 26; 18 giugno 
1959, n. 1907, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 647, sub 1, con nota di 
richiami. 



116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ne sia esente, l'eccezione stessa dev'essere disattesa per difetto di 
prova (2). 

L'autorit� del giudicato � limitata a ci� che ha formato l'oggetto 
e la causa giuridica del giudizio e copre esclusivamente la decisione 
finale, in cui si concreta la volont� di legge da attuare. Per stabilire quei 
limiti non pu� che farsi richiamo agli elementi costitutivi dell'azione e 
cio�, oltre che all'identit� dei soggetti, al petitum ed alla causa petendi: 
solo quando tali elementi siano identici a quelli dedotti in un successivo 
giudizio, � inibito, in questo, il riesame della controversia gi� 
irretrattabilmente risolta. Pertanto, il giudicato sul dedotto, sul deducibile 
e sui presupposti logici della decisione o sui punti di fatto pregiudiziali 
deve essere contenuto nel limite insuperabile dell'identificazione 
dell'azione, oggetto della decisione, di cui si intende far valere l'autorit�. 
con quella. esperita nel giudizio, nel quale quell'autorit� viene invocata, 
al fine ultimo di evitare una nuova discussione sul bene o sulla pretesa, 
oggetto della prima decisione (3). 

I 

(Omissis). , 

'

Col primo mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione degli . 
artt. 948 e 951 e.e., in relazione all'art. 360 c.p.c., sostiene che la do


Imanda proposta dall'Amministrazione forestale dinanzi al Pretore era 
non gi� un'azione per apposizione di termini, come � stato erroneamente I. 
ritenuto dai giudici di appello, ma una revindica o un'azione per rego. 
lamento di confini, in quanto difettava l'estremo della certezza del 

I

/!:.'

confine, che costituisce il presupposto dell'azione per apposizione di 
termini. Deduce, poi, che non era consentito all'Amministrazione fore


I 

l f;; 
.

stale di addurre l'esistenza di una linea di confine diversa da quella 
accertata, con efficacia di cosa giudicata, dal Tribunale di Catanzaro 
con sentenza 14 dicembre 1960-30 gennaio 1961. 

,' 

.

La doglianza, nei termini che saranno in appresso precisati, � 
fondata. 
� noto, per averlo questa Suprema Corte ripetutamente statuito 
, 

I [(cfr., da ultimo, la sentenza n. 2976 del 1964), che l'azione per regola


(2) Conf. Cass., 24 aprile 1965, n. 729, Giust. civ., Mass. Cass.,, 1965, 
371, sub 2, con nota di ulteriori richiami; 13 luglio 1965, n. 1478, ibidem, 
759, sub 3. Osserva, invero, la sentenza in rassegna che: �mancando la 
prova del tributo, non pu� funzionare il criterio legale della moltiplicazione 
per il coefficiente di legge, ai sensi dell'art. 15, comma primo, c.p.c.; 
e, mancando la dimostrazione di quella situazione negativa di non sottoposizione 
a tributo, che costituisce il presupposto per l'applicazione dell'ultimo 
comma del citato art. 15, non pu� soccorrere, ai fini della determinazione 
del valore della causa, il criterio sussidiario della valutazione 
ex actis o la presunzione del valore indeterminabile �. 
(3) Conf. Cass., 4 maggio 1957, n. 1497, Giust. civ., 1957, I, 1952, con 
nota (sub 1) di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 1 agosto 1958, 
n. 2853, Foro it., Rep., 1958, voce Cosa giudicata civile, c. 663, nn. 32-35. 
Sul giudicato implicito, v. anche ass., 23 gennaio 1964, n. 163, in questa 
Rassegna, 1964, I, 324, sub 2, con nota di ulteriori riferimenti. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 117 

mento di confini tende a eliminare una situazione d'incertezza sul confine 
tra i due fondi contigui, mentre quella di apposizione dei termini 
tende alla materiale demarcazione con segni visibili di un confine incontroverso. 
� del pari noto (cfr. le sentenze nn. 1907 del 1959 e 591 
del 1958) che, proposta l'azione di apposizione dei termini, se nel corso 
del giudizio sorge contrasto in ordine alla linea di confine lungo la 
quale essi dovrebbero essere apposti, l'iniziale domanda resta necessariamente 
modificata e assume la natura di un'azione per regolamento 
di confini. Ora, nel caso in esame, la stessa Amministrazione attrice, 
pur avendo chiesto l'apposizione dei termini, ha accennato, nei suoi 
scritti difensivi, alla incertezza del confine e, comunque, la contestazione 
tra le parti � essenzialmente vertita, nella fase di merito, sulla determinazione 
della linea di confine. Si deve pertanto riconoscere che si 
� in presenza di un'azione per regolamento dei confini e non di una 
azione per apposizione dei termini, come � stato erroneamente ritenuto 
dalla denunziata sentenza. 

Stabilito ci�, va aggiunto che non pu� per� farsi adesione alla 
ulteriore tesi, sostenuta dal patrono del ricorrente nella discussione 
orale, secondo la quale, dovendosi escludere, data la natura della proposta 
azione, la competenza per materia del Pretore, si dovrebbe dichiarare 
la incompetenza dello stesso giudice per ragioni di valore, 
come era stato chiesto dal convenuto nella fase di merito. 

Infatti, � noto che le cause relative a beni immobili (azioni reali) 
non possono essere ritenute di valore indeterminabile e quindi di competenza 
del tribunale, se non quando si verifichi una situazione realmente 
negativa (non sottoposizione dell'immobile a tributo), la quale 
non pu� essere presunta in base al solo fatto che l'attore abbia omesso 
di produrre il certificato catastale o di fornire la dimostrazione del 
tributo. Deve il convenuto, il quale eccepisca l'incompetenza per valore 
del pretore, svolgere l'attivit� probatoria all'uopo necessaria, onde dimostrare 
quale sia il giudice realmente competente secondo i criteri 
stabiliti dall'art. 15 c.p.c. E ove il convenuto abbia sollevato l'eccezione 
di incompetenza per valore, ma non risulti la misura del tributo, 
n� risulti che l'immobile ne sia esente, l'eccezione stessa deve 
essere disattesa per difetto di prova: ci� in quanto, mancando la prova 
del tributo, non pu� funzionare il criterio legale della moltiplicazione 
per il coefficiente di legge, ai sensi dell'art. 15, primo comma, 
c.p.c., e, mancando la dimostrazione di quella situazione negativa di 
non sottoposizione a tributo, che costituisce il presupposto per l'applicazione 
dell'ultimo comma del citato art. 15, non pu� soccorrere, ai fini 
della determinazione del valore della causa, il criterio sussidiario della 
valutazione ex actis o la presunzione del valore indeterminabile. In 
tali sensi questo Collegio si � ripetutamente espresso e, da ultimo, con 
le sentenze nn. 729 e 1478 del 1965. 

Orbene, nel caso in esame, nella fase di merito, dal convenuto Casole 
era stata eccepita l'incompetenza per valore del giudice adito, senza 
che negli atti si riscontrasse il documento necessario per la determinazione 
del tributo (certificato catastale) o risultasse la mancanza del 

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118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

detto presupposto: conseguentemente, alla stregua del princ1p10 giurisprudenziale 
dianzi richiamato, l'eccezione di incompetenza per valore 
doveva essere disattesa, perch� mancante di prova. 

Circa l'ulteriore censura del primo mezzo, con la quale si sostiene 
che non era consentito all'Amministrazione forestale di addurre l'esistenza 
di una linea di confine diversa da quella, che, secondo l'assunto 
del ricorrente, sarebbe stata accertata, con efficacia di cosa giudicata, 
dalla sentenza del Tribunale di Catanzaro dei 14 dicembre 1960-30 gennaio 
1961, si fa presente che tale doglianza sar� presa in esame congiuntamente 
con il terzo mezzo, col quale � stata specificamente dedotta 
la questione relativa all'esistenza dell'anzidetto giudicato. 

Consegue da quanto si � esposto che il primo mezzo di annullamento 
deve essere accolto, per quanto di ragione. 

Con il secondo mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione 
dell'art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 5 dello stesso codice, lamenta 
che il Tribunale abbia omesso di prendere in esame la domanda, 
da lui proposta in via subordinata, per ottenere l'ammissione di un 
esame testimoniale diretto a dimostrare che l'appezzamento di terreno 
in controversia era stato da lui posseduto per oltre un trentennio. 

La doglianza � fondata. 

Infatti, sebbene il Casole, nel giudizio di appello, avesse, in effetti, 
invocato l'ammissione di un esame testimoniale diretto a dimostrare 
che egli aveva usucapito l'appezzamento di terreno in contesa, il Tribunale 
ha omesso di statuire su tale istanza ed � pertanto incorso nel 
vizio di omessa pronunzia. 

Col terzo mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione degli 
artt. 2909 e.e. e 324 c.p.c., lamenta che il Tribunale di Catanzaro abbia 
escluso che il confine tra i due fondi fosse stato accertato, con efficacia 
di cosa giudicata, con la sentenza 14 dicembre 1960-30 gennaio 1961, 
pronunciata in grado di appello dallo stesso Tribunale. 

La censura � priva di fondamento. 

Come questa Suprema Corte ha ripetutamente statuito (cfr., tra 
le altre, le sentenze nn. 1497 del 1957 e 2853 del 1958), l'autorit� del 
giudicato � limitata a ci� che ha formato l'oggetto e la causa giuridica 
del giudizio e copre, esclusivamente, la decisione finale in cui si concreta 
la volont� di legge da attuare. Per stabilire quei limiti non pu� 
che farsi richiamo agli elementi costitutivi dell'azione, e cio�, oltre che 
alla identit� dei soggetti, al petitum e alla causa petendi: solo quando 
tali elementi siano identici a quelli dedotti in un successivo giudizio, � 
inibito in quest'ultimo il riesame della controversia gi� irretrattabilmente 
risolta. Pertanto il giudicato sul dedotto e sul deducibile e sui 
presupposti logici della decisione o sui punti di fatto pregiudiziali deve 
essere contenuto nel limite insuperabile dell'identificazione dell'azione, 
oggetto della decisione di cui si-intende far valere l'autorit�, con 
l'azione esperita nel giudizio in cui quella autorit� s'invoca, al fine 
ultimo di evitare una nuova discussione sul bene e sulla pretesa oggetto 

della prima decisione. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 119 

Orbene, nel caso in esame, nella controversia definita con la ricordata 
sentenza 14 dicembre 1960-30 gennaio 1961 del Tribunale di Catanzaro, 
oggetto del giudizio era il risarcimento dei danni, che il Casole 
assumeva essergli derivati dall'abbattimento di alcuni alberi, effettuato 
dall'Amministrazione forestale in una zona che, in base alla linea di 
confine da lui indicata, si trovava nell'ambito del suo fondo; nell'attuale 
controversia il petitum consiste, invece, come si � visto, nell'accertamento 
del confine tra i due fondi. Sebbene in entrambi i giudizi occorresse 
accertare la linea di confine, nella presente controversia si 
discute, dunque, di effetti giuridici del tutto nuovi e diversi rispetto a 
quelli che furono oggetto della controversia definita con la sentenza 
passata in giudicato. E, stante la diversit� delle pretese fatte valere, dei 
beni della vita reclamati e delle azioni proposte, � decisamente da 
escludere che l'accertamento del confine, compiuto nel primo giudizio, 
possa assumere autorit� di giudicato nella presente controversia. 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1966, n. 414 -Pres. Stella 
Richter -Est. D'Amico -P. M. Toro (conf.) -Coghi (avv.ti Cordiali, 
Precoce) c. Prefetto Verona e Ministero Sanit� (avv. Stato 
Foligno). 

Salute pubblica -Attribuzioni del Prefetto, del Medico e del Veterinario 
Provinciale in materia di sanit� pubblica. 

(d. Ig. C. P. S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 19; d. P. R. 5 aprile 1950, n. 221, 
art. 68; I. 13 marzo 1958, n. 296, art. 6). 
Con L'istituzione del Ministero deHa Sanit�,, disposta con la legge 
13 marzo 1958, n. 296, tutte le attribuzioni del Prefetto in materia di 
sanit�, pubblica, ad eccezione dei provvedimenti relativi ano scioglimento 
dei Consigli di amministrazione degli enti pubblici con compiti 
di assistenza sanitaria nena provincia e dei provvedimenti contingibiU 
ed urgenti per mgioni di sanit�, pubblica ai sensi deH'art. 20 t.u. legge 
com. e p1�ov. n. 383 del 1934, sono state devolute al Medico ed al Veterinanrio 
provinciali, secondo le competenze dei rispettivi uffici (1). 

(Omissis). 
A norma dell'art. 68 del decreto del Presidente della Repubblica 
5 aprile 1950, n. 221, contenente disposizioni per la disciplina del


(1) Secondo Cass., 19 giugno 1962, n. 1551, Giust. civ., Mass. Cass., 
1962, 769, sub 1: � la Commissione Centrale esercenti professioni sanitarie 
� organo di giurisdizione speciale, le cui decisioni, emesse nei giudizi pre

120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'esercizio delle professioni sanitarie, nei giudizi di Cassazione, aventi 

I

per oggetto i ricorsi contro le decisioni della Commissione Centrale 

I ~ 

per gli Esercenti le Professioni predette, legittimo contraddittore era 
il Prefetto, oltre al Procuratore della Repubblica e agli Ordini Professionali. 


I 

Senonch�, con l'istituzione del Ministero della Sanit�, disposta con 
la legge 13 marzo 1958, n. 296, tutte le attribuzioni del Prefetto in 

I 
materia di sanit� pubblica -ad esclusione dei provvedimenti relativi 
allo scioglimento dei Consigli di amministrazione degli enti pubblici 
con compiti di assistenza sanitaria nella provincia e dei provvedimenti 
contingibili ed urgenti per ragioni di sanit� pubblica ai sensi dell'articolo 
20 t.u. della legge comunale e provinciale -sono state devolute 
al Medico provinciale ed al Veterinario provinciale, secondo le competenze 
dei rispettivi uffici (art. 6 della legge predetta). 

Poich�, di conseguenza, la decisione di questa Corte doveva essere 
emessa nei confronti non pi� del Prefetto, ma del Medico Provinciale, 
oltrech� degli altri soggetti sopraindicati, cui il ricorso era stato regolarmente 
notificato, fu disposta, ad integrazione del contraddittorio, la 
notificazione del ricorso al Medico Provinciale, con fissazione del termine. 
Ma a tale notificazione il ricorrente non ha in alcun modo provveduto, 
nonostante che fosse stato avvertito del provvedimento di integrazione 
con regolare comunicazione. 

Il ricorso dev'essere, pertanto, dichiarato inammissibile. (Omissis). 

visti dagli artt. 19 d.1. C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233 e 68 d.P.R. 5 aprile 
1950, n. 231, sono provvedimenti giurisdizionali, nei quali sono legittimi 
contraddittori l'interessato, gli Ordini professionali, il .Procuratore della 
Repubblica ed il Prefetto �. La sentenza in rassegna avverte, invece, che, 
per effetto della 1. 13 marzo 1958, n. 296, trattandosi nella specie di 
ricorso di un farmacista avverso decisione della cennata Commissione Centrale, 
il contraddittorio doveva svolgersi � nei confronti non pi� del Prefetto, 
ma del Medico Provinciale, oltrech� degli altri soggetti sopraindicati �. 
� opportuno ricordare, comunque, che, secondo Cass.; 28 luglio 1964, n. 2134, 
Giur. it., Mass., 1964, 709: � la disposizione dell'art. 68 del Regolamento 
5 aprile 1950, n. 221, che in proposito prescrive che il ricorso per cassazione 
pu� essere proposto dall'interessato, dal Prefetto o dal Procuratore della 
Repubblica, deve ritenersi illegittima e deve essere disapplicata dal Giudice 
ordinario, a norma dell'art. 5 della legge sull'abolizione del contenzioso 
amministrativo: trattasi, infatti, di norma regolamentare non conforme 
alla norma generale del nuovo sistema processuale (artt. 100, 102, 
331 c. p. c.), secondo cui ogni impugnazione pu� essere proposta dalla 
parte soccombente, che abbia interesse alla riforma o all'annullamento 
della decisione e, correlativamente, ogni impugnazione deve essere proposta 
nei confronti di tutti coloro, che sono stati parte nel giudizio in cui � stata 
pronunciata la decisione impugnata �. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 121 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 439 -Pres. Pece 
-Est. Cesaroni -P. M. Colonnese (conf.) -Puglisi (avv. Rizzo -
Manganaro) c. A.N.A.S. (avv. Stato Angelini -Rota). 

Espropriazione per p. u. -Opposizione alla stima dell'indennit� di 
espropriazione di fondo rustico comprensiva del valore del soprasuolo 
-Le~ittimazione autonoma del conduttore del fondo Sussiste. 


(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 27, comma terzo, 52, 54; c. c., art. 1638). 
Il conduttore di un fondo rustico assoggettato ad espropriazione 
per p. u. � legittimato a proporre autonoma opposizione giudiziale 
avverso la determinazione dell'indennitd, in ordine al valore dei frutti 
pendenti esistenti sul terreno espropriato (1). 

(Omissis). 

� da osservare, in proposito, che l'art. 27 della legge fondamentale 
sulle espropriazioni per pubblica utilit� 25 giugno 1865, n. 2359 espressamente 
menziona i conduttori fra coloro che possono impugnare la 
indennit� come insufficiente, a norma degli artt. 52 e segg. della stessa 
legge. ' 

Si tratta, quindi, di stabilire se i conduttori abbiano facolt� autonoma 
di impugnativa dell'indennit�, offerta al proprietario locatore 
anche per i frutti pendenti o se tale facolt� spetti soltanto per i diritti 
di natura reale, posto che l'indennit� di espropriazione, nella sua essenza, 
sostituisce il bene soppresso, col giusto prezzo che esso avrebbe 
avuto in una libera contrattazione. 

(1) La massima si ricollega all'insegnamento delle Sezioni Unite (Cass., 
Sez. Un., 23 novembre 1963, n. 3022, Giur. it., Mass., 1963, 1027, sub b), 
secondo il quale: �in tema di espropriazione per p.u., a norma dell'art. 27, 
terzo comma, legge n. 2359 del 1865, nel giudizio instaurato dal proprietario 
del fondo espropriato, per l'impugnazione della stima dell'indennit�, � 
ammissibile l'intervento autonomo dell'affittuario del fondo stesso, in quanto 
egli faccia valere delle ragioni che aderiscono a diritti reali (nella specie, 
valutazione .dei frutti pendenti, che sono in pari tempo accessori del suolo 
e propriet� dell'affittuario)�. Invece, secondo Cass., 11 febbraio 1960, n. 195, 
Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 73, sub 1: � i conduttori devono essere indennizzati 
dai proprietari e possono esperire le loro ragioni, solo in quanto ad 
essi spetti qualche diritto sugli immobili stessi�. Cass., 30 settembre 1955 
n. 2734, id., Mass. Cass., 1955, 1016, avverte, che in tema di espropriazione 
per p. u., ai sensi degli artt. 1638 e.e. e 27 1. 25 giugno 1865, n. 2359: � il proprietario 
del fondo � unico contraddittore nei confronti dell'Amministrazione 
espropriante e, quindi, nella relativa procedura non solo compare a 
tutela diretta delle proprie personali ragioni, ma funge, inoltre, da rappresentante 
ex lege delle ragioni di ogni altra persona avente diritti sul fondo; 

122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ora, secondo quanto stabilisce l'art. 821 e.e., i frutti �appartengono 
� al proprietario della cosa che li produce, salvo che la loro propriet� 
sia attribuita ad altri, il che pu� accadere o in virt� dell'esistenza 
di diritti reali o in virt� di rapporti di obbligazione, mediante 
i quali il proprietario trasferisca il � godimento � della cosa, come 
nelle locazioni (art. 1615 e.e.). 

Ben vero che i frutti naturali si acquistano con la separazione 
(art. 821, primo comma), in quanto prima di tale momento essi ancora 
non esistono nella loro individualit� giuridica, ma ci� non pregiudica 
la situazione di � appartenenza �, il che comporta nell'affittuario quel 
rapporto immediato con la cosa, che si concretizza in quella facolt� 
(agere iicere in re) di sfruttamento ed utilizzazione del fondo, con divieto 
di ingerenza per tutti, locatore e terzi, che la moderna dottrina 
distingue sia dai rapporti reali che dai rapporti di mero credito. 

Ed infatti, nemmeno il proprietario, prima della separazione, ha 
un diritto sui frutti e dopo la separazione essi diventano oggetto autonomo 
di propriet� della persona che in quel momento ha il godimento 
della cosa madre, per cui l'interesse del conduttore si realizza, dopo 
la consegna della cosa, con l'obbligo del locatore di lasciar godere e 
cio� con una mera astensione, analoga a quella che si riscontra in un 
qualsiasi diritto reale. Ci� spiega, ad avviso della Corte, la portata 
e il significato dell'art. 27 sopra citato, che, menzionando i conduttori 
fra coloro che possono far valere proprie ragioni nella stima 
dell'indennit� di esproprio, ha dimostrato di tener conto della particolare 
natura del rapporto di affitto, e del fatto che con l'espropriazione 
del fondo viene a risolversi sia il diritto di propriet� che ogni 
altro ius in 1�e, per cui questi diritti si trasferiscono sull'indennit�, che, 
rappresentando il fondo, rappresenta anche i particolari diritti spettanti 
su di esso ai terzi. 

accettando, come nella specie, l'indennizzo per conto dell'affittuario, assume, 
pertanto, l'obbligo di cederlo a lui�; v. anche, in senso conforme, Cass., 
19 gennaio 1948, n. 70, Giur. compl. Cass. civ., 1948, I quadr., 186. Quanto 
all'indennizzo ex art. 46 1. org. espr. p. u., Cass., 17 luglio 1953, n. 2352, Foro 
it., 1954, I, 1217, con nota redazionale, afferma (1218, nella motivazione riportata 
in nota) che: � il conduttore... che dall'esecuzione dell'opera pubblica 
abbia avuto una ripercussione economica nel suo patrimonio potr� agire nei 
confronti del propxietario dell'immobile per far sciogliere o far apportare 
modifiche al rapporto che lo lega al locatore, che pu� anche non essere 
il proprietario, ma non � legittimato in alcun caso ad esperire azione 
contro la P.A., tanto meno in luogo del proprietario. A conferma della 
quale conclusione sta proprio il disposto del secondo comma dell'art. 27 
della legge in discorso, giacch�, con lo stabilire che gli usufruttuari, i 
conduttori, i proprietari diretti ed altri a cui spettasse qualche diritto 

sugli stabili (da espropriare) sono fatti indenni dagli stessi proprietari ,-.�: 

o possono esperire le loro ragioni nel modo indicato dagli artt. 52, 53, 54, 
55 e 56, vale a dire possono far valere tale diritto sulla indennit�, il legislatore 
ha inteso scolpire ed ha scolpito che nessuna pretesa autonoma 
' 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 123 

In questo senso, pu� a ragione ammettersi la concorrenza del 
diritto del proprietario sulla cosa con quello dell'affittuario e la legittimazione 
di quest'ultimo a proporre opposizione avverso la determinazione 
dell'indennit�, in ordine al valore dei frutti pendenti, esistenti 
sul terreno espropriato. 

N� vale opporre, al riguardo, che, per il combinato disposto dell'art. 
27 e dell'art. 52 della legge, i soggetti legittimati all'impugnazione 
della stima sarebbero soltanto i titolari delle azioni di revindica, 
di usufrutto, di ipoteca, di diretto dominio e cio� di diritti di natura 
reale. Ben vero che, nel menzionare i conduttori fra i legittimati all'impugnazione, 
l'art. 27 stabilisce che essi possono esperire le loro 
ragioni nel modo indicato dai successivi artt. 52, 5'3, 54, 55 e 56, ma 
l'art. 52 si limita a stabilire che le azioni di rivendicazione, di usufrutto, 
di ipoteca, di diretto dominio e tutte le altre esperibili su fondi 
soggetti ad espropriazione non possono interrompere il corso di essa, 
n� impedirne gli effetti. 

Quest'ultima norma, pertanto, regola soltanto gli effetti della 
espropriazione riguardo ai terzi, ma non disconosce il diritto autonomo 
di impugnativa sancito dall'art. 27 a favore dei conduttori, i 
quali possono per il soddisfacimento delle loro spettanze, a loro volta, 

o rivolgersi al proprietario del terreno espropriato, oppure proporre 
opposizione alla stima nei modi e nei termini stabiliti dalle disposizioni 
citate. 
Ovvia si presenta, quindi, la conclusione che ogni conduttore, in 
quanto titolare del diritto di godimento del fondo e non di una mera 
aspettativa nei confronti del locatore, � legittimato a proporre opposizione 
giudiziale avverso la determinazione dell'indennit�. (Omissis). 

possa il conduttore sperimentare direttamente contro la pubblica Amministrazione, 
poich� esso � considerato terzo agli effetti della legge sulle 
espropriazioni per causa di pubblica utilit� e terzo � da considerarsi anche 
ai fini della risarcibilit� del danno permanente risentito dal fondo e che 
sia conseguenza diretta ed immediata dell'esecuzione o della manutenzione 
di un''Opera pubblica�. Secondo Cass., 26 maggio 1964, n. 1295, Foro Amm., 
1964, I, 410, in part. 411: � � controverso se il conduttore abbia facolt� 
autonoma d'impugnativa nei confronti dell'espropriante dell'indennit� offerta 
al proprietario locatore per i frutti pendenti, sembrando che tale facolt� 
competa al conduttore solo per i diritti che abbiano contenuto analogo ai 
diritti reali, come le migliorie �. � opportuno, infine, avvertire che, secondo 
Cons. Stato, iSez. V, 20 maggio 1950, n. 623, Giur. compl. Cass. civ., 1950, III 
quadr., 789: � � ammissibile il ricorso giurisdizionale avverso il decreto 
di espropriazione di un immobile anche da parte dei titolari di un diritto 
di natura personale sul bene colpito dal provvedimento autoritativo �: 
contra: ARDIZZONE, Questioni in tema di espropriazione per p. u., ivi, 791. 
Sulla questione dei diritti del conduttore sull'indennit� di espropriazione 
v., in dottrina, RossANO, L'espropriazione per p. u., Torino, 1964, 302 e seg.; 
CARUGNO, L'espropriazione pe�r p. u., Milano, 1958, 196 e seg. 



124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1966, n. 440 -Pres. Stella 
Richter -Est. D'Amico -P. M. Caccioppoli (conf.) -Impresa De 
Liguoro (avv.ti D'Elia, Ingrosso, Nicol�) c. Ministeri Tesoro e Difesa 
Esercito( avv. Stato Terranova). 

Contratti di guerra -Ritardo nella liquidazione e nel pagamento di somme 
dovute dalla P. A. -Azione di risarcimento danni -Svalutazione 
monetaria -Irrilevanza. 

(d. Ig. 25 marzo 1948, n. 674, art. 5). 
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Potest� discrezionale 
della P. A. di sospendere durante lo stato di guerra l'esecuzione 
di opere in corso -Mancato o difettoso esercizio -Lesione diritti 
subiettivi -Insussistenza -Azione giudiziaria risarcitoria -Improponibilit�. 


(I. 28 novembre 1940, n. 1772, art. 1). 
Atti amministrativi -Atti interni -Circolari -Differenza rispetto ai 
regolamenti. 
Responsabilit� civile -Rapporto di causalit� tra azione ed evento dan


I 

noso -Principio contenuto nell'art. 41, cpv., c. p. -Si applica anche 

I 
I'

nel campo della responsabilit� civile. ~ 

(c. c., art. 2043; c. p., art. 41, cpv.). "' 
I' 

A norma deH'm�t. 5 d. lg. 25 marzo 1948, n. 674, � esclusa la proponibilit� 
di qualsiasi domanda risarcitoria, fondata sul ritardo deHa P. A. 
nena liquidazione di contratti di guerra (1). 

~ 

L'art. 1 i. 28 novembre 1940, n. 1772 dispone che durante lo ~ 
stato di guerra �� in facolt�� dell'Amministrazione statale sospendere 
l'esecuzione di opere in corso. Si tratta, pertanto, di una tipica facolt� 
discrezionale deHa P. A., il mancafo o difettoso esercizio della quale non 

I 

d� luogo a lesione di diritti subiettivi e, quindi, ad azione di risarcimento 

danni (2). 

II 

A differenza dei regolamenti, i quali dettano norme anche per i 
terzi estranei aHa P. A., le circolari regolano soltanto il comportamento 

(1) Sulla nozione di contratto di guerra non ancora definito e sull~ 
relativa liquidazione v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli 
anni 1956-1960, voi. III, Roma, 1961, 118 e segg.; v. anche Cass., Sez. Un., 
28 dicembre 1957, n. 4771, I!'oro it., Mass., 1957, 966; sui rimedi giurisdizionali 
avverso i provvedimenti del Commissario liquidatore v. Cass., Sez. 
Un., 24 luglio 1964, n. 2031, in questa Rassegna, 1964, I, 1038 ed ivi nota 
(1-2) di ulteriori riferimenti. 
I

(2) In argomento, v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni < 
1956-1960, voi. II, Roma, 1961, 93 e segg.; v. anche Cass., Sez. Un., 29 
i

aprile 1964, n. 1039, in questa Rassegna, 1964, I, 712, sub l; 25 luglio 1964, 

n. 2064, ibidem, 861, sub 1-2; 7 aprile 1965, n. 593, id., 1965, I, 308, sub 2; 
12 aprile 1965, n. 657, ibidem, 318. 
I 

~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 125 

degli uffici dipendenti, con la conseguenza che, mentre i regolamenti 
emanati in conformit� della legge determinano il sorgere di diritti soggettivi 
del privato verso la P. A., ci� non avviene per le circolari, spiegando 
esse efficacia obbligatoria solo rispetto ai funzionari gerarchicamente 
dipendenti dall'ufficio che le ha emanate, cosicch� non � dato 
al privato di agire in via giudiziaria per la violazione di un suo preteso 
diritto in seguito alla disapplicazione di una circolare (3). 

Il principio contenuto nell'art. 41, cpv., c. p., secondo il quale le 
cause sopravvenute escludono il rapporto di causalit�, quando sono 
state da sole sufficienti a determinare l'evento, � applicabile anche nel 
campo della responsabilit� civile (4). 

(Omissis). , 

Col primo mezzo del ricorso principale il De Liguoro denuncia la 
violazione degli artt. 1218, 12,23, 1224, 1176, 1372 e segg., 2729 e.e. e 
dell'art. 5 del d.1. 25 marzo 1948, n. 674, nonch� il difetto di motivazione, 
e sostiene che la Corte di Appello ha errato nel negargli il diritto 
alla rivalutazione delle somme, dovutegli, per la revisione dei 
prezzi, l'importo delle riserve e la rata di saldo, in conseguenza della 
svalutazione monetaria postbellica; precisa al riguardo che erano state 
da lui poste in evidenza le molteplici vi�lazioni contrattuali commesse 
dall'Amministrazione della Difesa (l'erroneit� del progetto, con il conseguente 
ritardo nella consegna dei lavori, l'illegittimo diniego di recesso 
dal contratto, l'imposizione dell'esecuzione di imperio dei lavori fuori 
dei limiti di legge, l'ingiustificato diniego della revisione dei prezzi nel 
corso dell'appalto, il rifiuto della sospensione dei lavori in base alla 
circolare ministeriale del 19 luglio 1943), cosicch� nella specie non si 
trattava di ritardo nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria, ma 
di una tipica ipotesi di responsabilit� contrattuale a norma dell'art. 1218 
e.e.: era sorta cosi un'obbligazione di risarcimento costituente un indubbio 
debito di valore, con la conseguente inapplicabilit� degli articoli 
1224, comma 20, e.e. e 5 del decreto legislativo n. 674 del 1948 e 
l'applicabilit� invece dell'art. 1218 e.e. 

La censura deve essere disattesa. Il ricorrente infatti, come risulta 
chiaramente dalla sentenza impugnata, in base agli esaminati atti del 
processo, non ha chiesto il risarcimento del danno derivante dalle inadempienze 
come sopra addotte, ma la rivalutazione di una somma determinata 
di danaro (L. 13.526.375), costituita da specifici titoli di credito 
(revisione dei prezzi, riserve varie e quota saldo), adducendo i com


(3) Cfr. Cass., 12 luglio 1963, n. 1884, Foro it., Rep., 1964, voce Atto 
amministrativo, c. 195, n. 39. In dottrina, sulle circolari e sui regolamenti 
interni, v. SILVESTRI, L'attivit� interna della Pubblica Amministrazione, 
Milano, 1950, 234 e segg. 
(4) Cfr. Cass., 5 ottobre 1964, n. 2499, Giur. it., 1965, I, 1, 200 ed ivi 
nota (sub 1) di riferimenti di ulteriore giurisprudenza e di dottrina, cui 
adde: Cass., 26 luglio 1952, n. 2341, Foro it., 1952, I, 833 e, per la dottrina, 
BoNASI-BENUCCI, La res1.10nsabilit� civile, Milano, 1955, 95 e segg. 
I 


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126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

portamenti antigiuridici dell'Amministrazione della Difesa solo come 
cause del ritardo nella liquidazione e nel pagamento della somma pre


detta. t � � lt nto

N� vale addurre che nella svalutazione mone aria s1. er~ so a 
inteso indicare il criterio di liquidazione del dann?, cos~cche .i;on ne 
poteva risultare snaturata l'azione promossa, da qua~ificars~ perc10. cor_ne 
azione di risarcimento per colpe contrattuali, poic~� 1~ver ~iferito 
l'incidenza della svalutazione a ben determinate partite di credito sta 
sicuramente a significare, come in modo c~iaro ri.sulta .dalla senten~a 
�mpugnata che in tanto si chiedeva la rivalutaz10ne, m quanto: sia ~ure a cau'.sa dei fatti attribuiti all'Amministrazione, si era determinato 
un ritardo nella liquidazione e nell'esazione delle somme predette. Ma, 
se � cos�, si rientra indubbiamente nella previsione dell'~rt.. 5 del de: 
creto legislativo n. 67 4 del 1948, secondo cui, nei c~ntr.atti.di g.uerra, e 
esclusa qualsiasi pretesa fondata sul ritardo nella hqmda~ione. co~ l~ 
detta norma eccezionale si � voluto infatti negare, per i contratti di 
guerra, ogni rilevanza giuridica ai mutamenti intervenuti, a causa del 
ritardo, nel rapporto tra valore e valuta. . . , 

Col secondo e col terzo mezzo del ricorso principale, che. e opp?rtuno 
esaminare congiuntamente per l'identit� delle censure di maggior 
rilievo il De Liguoro, denunciando la violazione degli artt. 1218, 1221, 
122.3, i225, 1176, 2043 e.e. e il difetto di motivazione,. s.o~tiene, quanto 
al chiesto e negato risarcimento del danno per la reqmsiz~o?e ~ la conseguente 
distruzione del cantiere ad opera delle forze militari, alleate, 
che la Corte di Appello non si � occupata in alcun ~~do d~ll addo~t.o 
diniego di sospensione dei lavori da parte dell'~m~imst~azione ~ulltare 
a fine luglio 1943, nonostante le ripetute richieste di. esso ricorrente 
e l'evidente ordine di sospensione contenuto nella circolare del 
Ministero della Guerra 19 luglio 1943, essendosi limita~a a te~er conto 
soltanto della circostanza del ritardo nella consegna dei ~avori: I.a co~siderazione 
e l'accertamento del predetto diniego erano mvece di. d.e~i: 
siva rilevanza ai fini della pronuncia, poich� il giudizio di prev~dibihta 
del danno non doveva riferirsi, come ha fatto la Corte, al mag~~o ~9.41, 
tempo della conclusione del contratto, ma al luglio 1943, ben pm vicmo 
all'invasione e alla requisizione del cantiere da parte delle trupp~ 
alleate, ed ugualmente, per apprezzare l'esistenza o meno del nes70 d1 
causalit�, bisognava tener conto del predetto compor.tamento, dell A~,ministrazione 
della Difesa nel luglio 1943; assume moltre 1erroneita 
dell'interpretazione data dalla Corte di Appello agli artt. 1223 e.e. e 
41 c.p., poich� il nesso causale fra il fatto illecito e l'evento ~annoso 
pu� essere anche indiretto e mediato, come avviene, q~ando il fatto 
commissivo od omissivo abbia posto in essere uno stato di cose tale che 
senza di esso il danno non si sarebbe verificato. 

Le dette censure devono essere parimenti disattese. 

i: esatto che la Corte non ha esaminato l'addotto comportamento 
dell'Amministrazione della Difesa nel luglio 1943, ma la relativ.a i.n~agine 
di fatto � da ritenere inutile, non avendo alcuna rilevanza giuridica 
ai fini della decisione. 

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-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 127 

L'art. 1 della legge 28 novembre 1940, n. 1772 dispone che, durante 
lo stato di guerra, Ǐ in facolt� � dell'Amministrazione statale 
sospendere l'esecuzione di opere in corso. Si tratta pertanto di una tipica 
facolt� discrezionale della pubblica amministrazione (questione posta 
dall'Avvocatura dello Stato nelle comparse di risposta di primo grado 
e di appello 20 settembre 1958 e 19 gennaio 1960 e ripetuta nello 
stesso controricorso), il cui mancato o difettoso esercizio non pu� 
creare diritti soggettivi, per la cui lesione soltanto � ammessa l'azione 
giudiziaria. N� si dica che nella specie l'ordine di sospensione era stato 
disposto con la circolare 19 luglio 1943 del Ministero della Guerra e 
che alla circolare fu data esecuzione, dal direttore dei lavori, per erronea 
interpretazione della circolare stessa, per di pi� con ordine verbale 
e non scritto, soltanto a fine agosto 1943, poich� le circolari, a differenza 
dei regolamenti, i quali dettano norme anche per i terzi estranei alla 
pubblica amministrazione, regolano soltanto il comportamento degli 
uffici dipendenti, con la conseguenza che i regolamenti emanati in conformit� 
delle leggi determinano il sorgere di diritti soggettivi, che il 
privato pu� vantare nei confronti della pubblica amministrazione, mentre 
ad esso non � consentito di esercitare l'azione giudiziaria per violazione 
di un suo preteso diritto, in conseguenza della disapplicazione di 
una circolare, che spiega la sua efficacia obbligatoria solo rispetto ai 
funzionari gerarchicamente dipendenti dall'ufficio che l'ha emanata. 

Pertanto, essendo irrilevante la situazione di fatto come sopra 
dedotta dal ricorrente, con la conseguente inutilit� del suo accertamento 
in sede di merito, il comportamento dell'Amministrazione della Difesa 
nel luglio 1943 non pu� essere tenuto presente, n� ai fini del giudizio 
sulla prevedibilit� del danno (che peraltro la disposizione dell'art. 1225 

e.e. riferisce al tempo in cui � sorta l'obbligazione), n� ai fini dell'accertamento 
del nesso di causalit� tra fatto ingiusto ed evento dannoso. 
Invano ha opposto il ricorrente, nelle osservazioni scritte di replica 
alle conclusioni del Pubblico Ministero, che nella specie non si 
tratterebbe di accertare se il diritto alla sospensione sorgeva dalla circolare, 
ma piuttosto di valutare se, in base al contratto, l'appaltatore 
aveva il diritto di chiedere la sospensione dell'esecuzione dei lavori e 
l'Amministrazione l'obbligo di aderire a tale richiesta. Invero, dalla 
stessa esposizione dei fatti contenuta negli scritti difensivi del ricorrente 
in sede di merito e ripetuta nel ricorso con riferimento anche 
al contenuto della circolare, diramata dopo l'invasione del territorio 
nazionale in considerazione della nuova situazione politica e militare, 
risulta che la circolare stessa fu emanata in applicazione del potere 
discrezionale previsto dall'art. 1 della richiamata legge n. 1772 del 
1940, che concerne la sospensione, durante lo stato di guerra, di qualsiasi 
opera in corso. Ne risulta perci� anche confermata l'inutilit� del 
rinvio, poich� le considerazioni in diritto sopraesposte conseguono alla 
situazione di fatto cosi come � stata prospettata dallo stesso ricorrente. 

E poich� questi considera l'evento, consistito nella requisizione e 
nella distruzione del cantiere, come effetto non solo del ritardo nella 
consegna dei lavori, ma anche della mancata sospensione di essi nel 

Il 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

luglio 1943, particolarmente insistendo in quest'ultimo comportamento 
dell'Amministrazione, � ovvio che, dovendosi escludere il comportamento 
stesso dal nesso causale, per le ragioni gi� esposte, non pu� avere 
alcuna rilevanza la critica rivolta al criterio, che la Corte ha ritenuto 
di dover seguire, quanto al problema che riguarda il significato e la 
portata da attribuire al nesso di causalit�, come uno degli elementi 

indispensabili per l'affermazione della responsabilit� da illecito. Va 
tuttavia rilevato che il principio giurisprudenziale richiamato dal ricorrente 
(da ultimo Cass., 9 luglio 1960, n. 1843), secondo cui il nesso causale 
fra il fatto illecito e l'evento dannoso pu� essere non soltanto immediato 
e diretto, ma anche indiretto e mediato, ci� che si verifica quando 
il fatto commissivo od omissivo, pur non producendo di per s� quel 
determinato evento, tuttavia abbia posto in essere uno stato di cose 
tale che senza di esso il danno non si sarebbe prodotto, non pu� giovare 
nella specie a conferire fondamento alla censura, poich� la Corte di 
Appello, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, ha 

I

considerato la requisizione e la distruzione del cantiere come fatto 
autonomo e causa sopravvenuta, che ha interrotto il rapporto di causa


I

lit�, secondo il principio contenuto nell'art. 41, cpv., c.p., applicabile 
anche in tema di responsabilit� civile ed ha considerato il fatto remoto 

I della ritardata consegna dei lavori come un semplice antecedente materiale, 
inidoneo a produrre l'evento dannoso finale. 

I

In conseguenza del rigetto del secondo e del terzo mezzo del ricorso 

.

principale, va dichiarato assorbito il primo mezzo del ricorso inciden' 
tale condizionato, con cui sotto altro profilo, non accolto dalla Corte 

I 

~ 

(acquiescenza dell'appaltatore al provvedimento con cui l'Amministra. 
zione aveva ordinato l'inizio dei lavori), si sostiene l'infondatezza della ' 
pretesa a conseguire il danno per la perdita del cantiere. , 

~

Passando ad esaminare il quarto mezzo del ricorso principale ed 
il secondo mezzo del ricorso incidentale condizionato, che concernono 
la pronuncia su un medesimo capo di domanda, � da osservare che il 
Tribunale aveva negato al De Liguoro le maggiori aliquote previste 

II

dagli artt. 1 e 2 della legge 2'5 novembre 1940, n. 1772, perch� non era 
stato redatto un regolare verbale scritto di sospensione e perch� il De 
Liguoro non aveva chiesto la risoluzione del contratto. La Corte di 
Appello conferm� la sentenza di primo grado sotto il profilo della mancata 
istanza di risoluzione, attribuendo per� effetto all'ordine verbale 
di sospensione, poich� la redazione scritta del verbale stesso era stata 

I

~ 

resa impossibile dagli avvenimenti politici e militari sopravvenuti. 

Ora, col quarto mezzo del ricorso principale, il De Liguoro, denunciando 
la violazione degli artt. 1 e 2 della legge predetta e il difetto 
di motivazione, sostiene che la Corte, una volta che aveva escluso la 
necessit� dell'atto scritto per il verbale di sospensione dei lavori, doveva 
ritenere ormai cessato ogni rapporto, essendo divenuta impossibile la. 
prosecuzione dell'opera per l'intervenuto armistizio dell'S. settembre 

1�943 e per l'occupazione della zona da parte degli alleati. Da parte 
sua l'Amministrazione del Tesoro, denunciando la violazione delle stesse 
disposizioni di legge e il difetto di motivazione, sostiene col secondo 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 129 

mezzo del ricorso incidentale che la Corte di Appello non poteva escludere 
la necessit� dell'ordine scritto di sospensione dei lavori. 
Il predetto mezzo del ricorso incidentale deve essere respinto, mentre 
deve essere accolto il quarto mezzo del ricorso principale. 

Invero, l'avere ammesso che all'affrettato ordine verbale di sospensione 
dei lavori disposto a fine agosto 1943 non era potuta seguire da 
parte dell'Amministrazione la semplice formalit� della redazione per 
iscritto, a causa degli immediati gravi avvenimenti politici e militari, 
� apprezzamento di fatto dei giudici di merito, incensurabile in questa 
sede. Senonch�, e per tale ragione, il quarto mezzo del ricorso principale 
appare fondato, poich� � chiaro che la Corte, una volta che aveva dato 
rilievo, quanto al verbale di sospensione, ai predetti avvenimenti (armistizio 
dell'8 settembre 1943 e occupazione dell'Italia Meridionale da parte 
degli alleati), non poteva esimersi dall'esaminare se ormai una richiesta 
di risoluzione del contratto da parte del De Liguoro si fosse ridotta ad 
una mera formalit� e se, a causa dei predetti avvenimenti, che avevano 
reso del tutto inutile la prosecuzione dei lavori, il rapporto non dovesse 
ritenersi definitivamente troncato. (Omissis). 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I civ., ordinanza 30 dicembre 1965 -
Pres. ed Est. Elia -Gaetani Lovatelli (avv. Bracci) c. Presidenza 
Consiglio dei Ministri (avv. Stato Pentinaca). 

Nobilt� -Cognomizzazione dei predicati nobiliari di titoli esistenti 

prima del 28 ottobre 1922 -Riconoscimento� incidenter tantum� 

di tali titoli dopo l'entrata in vigore della Costituzione Repubbli


cana -Necessit� di applicazione delle norme araldiche -Incompa


tibilit� delle norme araldiche con l'art. 3 e con la disp. trans. XIV 

della Costituzione -Non manifesta infondatezza della questione. 

(Cost., art. 3, disp. trans. XIV; r. d. 11 dicembre 1887, n. 1550; r. d. 2 luglio 
1896, n. 313; r. d. 5 luglio 1896, n. 314; r. d. 23 marzo 1924, n. 442; r. d. 23 
dicembre 1924, n. 2337; 1. 17 aprile 1925, n. 473; r. d. 16 agosto 1926, n. 1489; 

r. d. 21 gennaio 1929, n. 61; r. d. 7 giugno 1943, n. 651). 
Non � manifestamente infondata e, pertanto, siccome altresi rilevante, 
va rimessa alla decisione della Corte Costituzionale la questione 
di legittimit� costituzionale delle norme dell'ordinamento araldico, anteriori 
e successive al 28 ottobre 1922, in rapporto con l'art. 3 e con la 
disp. trans. XIV della Costituzione, sollevata nel corso di un giudizio, in 
cui si chieda in via contenziosa ed in contraddittorio con lo stesso Ufficio 
stralcio della Consulta Araldica la cognomizzazione del predicato di 
un titolo nobiliare, esistente prima del 28 ottobre 1922 e non ancora 
riconosciuto all'atto dell'entrata in vigore della Costituzione (1). 

(1) Significativa importanza riveste l'ordinanza del Tribunale di Roma, 
in rassegna, dopo le sentenze della Corte di Cassazione nn. 986 e 987, in 
data 20 maggio 1965, a Sezioni Unite (v. in questa Rassegna, 1965, I, 516 

130 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 

Il Collegio osserva che la XIV disposizione transitoria della Costituzione, 
riconoscendo il diritto al predicato, per gli insigniti di 
titoli nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922, stabilisce che, dall'entrata 
in vigore della Carta Costituzionale, i titoli nobiliari non 
sono riconosciuti e la legge regola la soppressione della Consulta Araldica. 
Fu ritenuto in alcuni giudicati di merito che il diritto al predicato 
spettasse solo agli insigniti di titoli riconosciuti prima del 28 ottobre 
1922: ci� sia per la natura transitoria della disposizione XIV, sia 
per il carattere meramente giuridico, non biologico, dei titoli nobiliari 
(che vengono ad esistenza solo mediante un atto formale) e sia in considerazione 
del fatto che la stessa disposizione costituzionale prevedeva 
la soppressione della Consulta Araldica, cio� dell'organo statale 
preposto alle indagini necessarie per poter riconoscere i titoli araldici. 

e segg., con nota critica redazionale) e n. 3189, in data 18 dicembre 1963, 
a Sezione semplice (in questa Rassegna, 1964, I, 294 e segg., con nota critica 
di F. CARUSI). Qui si pubblicano, per estratto dalla memoria dell'avv. V. 
Pentinaca, le infrascritte: 

1. DEDUZIONI PER LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NEL GIUDIZIO 
DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE DELLE NORME DELL'ORDINAMENTO ARALDICO 
ANTERIORI E SUCCESSIVE AL 28 OTTOBRE 1922 IN RELAZIONE ALL'ART. 3 ED 
ALLA DISP. TRANS. XIV DELLA COSTITUZIONE. 
(Omissis). -Le sopraspecificate norme, della cui legittimit� costituzionale 
si discute, costituiscono il complesso di norme, emanate, dopo l'unificazione 
del Regno d'Italia, in attuazione degli artt. 79 ed 80 dello Statuto del 
Regno, i quali stabilivano: 

art. 79. -I titoli di nobilt� sono mantenuti a coloro che vi hanno 
diritto. Il Re pu� conferirne dei nuovi. 
airt. 80. -Niuno pu� ricevere decorazioni, titoli di nobilt� e pensioni 
da una potenza straniera, senza l'autorizzazione del Re. 

Non sembra, quindi, menomamente dubbia l'esistenza del denunciato 
contrasto costituzionale tra esse e la vigente Costituzione della Repubblica 
italiana, la quale stabilisce invece: 

art. 3. -Tutti i cittadini hanno pari dignit� sociale e sono eguali 
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, 
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 

XIV Disp. trans. e finale. -I titoli. nobiliari non sono riconosciuti. 
Le norme denunciate costituiscono il cosiddetto ordinamento araldico 
e vanno dal primo atto emanato in materia -il r.d. 10 ottobre 1869, 


n. 5318/II, istitutivo della Consulta Araldica (che suscit� l'ode del Carducci 
intitolata appunto � Consulta araldica �) -agli ultimi -i rr.dd. 
7 giugno 1943, nn. 651 e 652 sull'Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano 
e Regolamento per la Consulta Araldica del Regno. 
Le attuali raccolte di legislazione non le riportano, ritenendole praticamente 
� non pi� in vigore con la Costituzione repubblicana � (v. Repertorio 
Lex, alla voce � Araldica ., o Raccolta generale di legislazione, 
ed. Giuffr�, alla voce � Nobilt� � ), ma � evidente come non trattasi di un 
problema di abrogazione tacita od implicita, bens� di tipica legittimit� 
costituzionale (Corte Costituzionale, 14 giugno 1956, n. 1 e 16 gennaio 
1957, n. 3). 


PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 131 

Peraltro, la Corte di Cassazione ha, invece, rilevato che, potendo il 
giudice accertare se l'insignito avesse, prima del 28 ottobre 1922., diritto 
al titolo, indipendentemente da un riconoscimento anteriore a tale 
data, il predicato compete anche agli insigniti di titoli anteriori al 
28 ottobre 1922, ancorch� non riconosciuti. 

Osserva che, per accertare l'esistenza di un titolo non riconosciuto, 
� peraltro necessario applicare le leggi araldiche anteriori al vigente 
ordinamento costituzionale e sorge anche questione se siano applicabili 
le leggi araldiche emanate prima della Costituzione, ma dopo il 
28 ottobre 1922. Fra queste ultime, alcune norme condizionano lo 
stesso diritto al titolo al previo riconoscimento, in termini stabiliti, 
attualmente decorsi, ed escludono la trasmissibilit� in linea femminile. 
Sorge, infine, questione sulla permanenza, o meno, del diritto 
alla iscrizione del titolo in taluni pubblici registri e sulle modalit�, 

Correttamente, pertanto, il Tribunale di Roma ha deferito la questione 
a codesta Ecc.ma Corte Costituzionale, quale suo � giudice naturale �. 

Le norme in esame sono esattamente le seguenti e passono distinguersi 
-secondo l'osservazione formulata nella motivazione dell'ordinanza 
di rimessione al giudizio della Corte Costituzionale -in due periodi: 
quello anteriore e quello successiV'O al 28 ottobre 1922. 

Appartengono al primo: 

-il r.d. 10 ottobre 1869, n. 5318/II, istitutivo della Consulta Araldica 

�per dare parere al Governo in materia di titoli gentilizi, stemmi �ed 
altre pubbliche onorificenze � : alla Consulta veniva altres� affidato il censimento 
della nobilt� e la tenuta dei registri araldici; 
-il r.d. 8 maggio 1870, senza numero, costituente il regolamento del 
precedente e nel quale furono per la prima volta indicati i titoli gentilizi 
ammessi nel Regno in base alla tradizione degli antichi Stati preesistenti 
all'unificazione: principe, duca, marchese, conte, barone, nobile, cavaiiere 
e patrizio, ed eccezionalmente visconte; 

-il r.d. 11 dicembre 1887, n. 5138/III, che modificava il numero dei 

consultori, ne affidava la presidenza al Ministro dell'Interno, istituiva un 

comitato ristretto interno, denominato Giunta Araldica; 

-il r.d. 7 aprile 1889, n. 6093, che trasferiva i servizi araldici alla 

Presidenza del Consiglio dei Ministri; 

-il r.d. 23 luglio 1889, senza numero, riguardante le iscrizioni di 

ufficio nei registri della Consulta Araldica; 

-il r.d. 2 luglio 1896, n. 313, che creava nella Consulta Araldica i 

consultori onorari e ritrasferiva al Ministero dell'Interno le attribuzioni 

in materia; 

-il r.d. 5 luglio 1896, n. 314, che approvava le nuove norme regola


mentari. 

AppartengQno al secondo periodo: 

-il r.d. 11 febbraio 1923, n. 325, che trasferiva nuovamente al Pre


sidente del Consiglio dei Ministri ed agli uffici della Presidenza le attri


buzioni in materia; 

-il r.d. 24 gennaio 1924, n. 95, relativo alla composizione della Con


sulta araldica; 

-i dd.ll. 20 marzo 1924, n. 442 e 28 dicembre 1924, n. 2337, conte


nenti norme per disciplinare l'uso dei titoli ed attributi nobiliari, allo scopo 

di "impedire e reprimere gli abusi; 

-i rr.dd. 16 agosto 1926, n. 1489 e 16 giugno 1927, n. 1021, con cui 
fu dato avvio al riordino della materia; 
-il fondamentale r.d. 21 gennaio 1929, n. 61, il quale: abrog� �le 
antiche leggi, disposizioni e consuetudini, che, con norme diverse nei diversi 



132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

permanenti, dopo la Costituzione, per l'esercizio di tale eventuale diritto. 
Anche per tali questioni � necessario ricorrere alla legislazione 
araldica anteriore alla Costituzione e cio� stabilire quali norme anteriori 
alla Carta Costituzionale siano tuttora applicabili ed inoltre, 
se possano o meno applicarsi le norme successive al 28 ottobre 1922, 
essendo tale data richiamata, espressamente, dalla stessa disposizione 
costituzionale XIV. 

Osserva che l'Avvocatura dello Stato, con conclusioni cui ha aderito 
il P.M., ha dedotto che le norme araldiche anteriori alla Costituzione 
non possono applicarsi, per incompatibilit� con l'art. 3 della 
Carta Costituzionale. L'incompatibilit� delle norme araldiche, aventi 
natura di leggi ordinarie, con la norma costituzionale si risolve in una 
illegittimit� della legge ordinaria, subordinata al rispetto della norma 
costituzionale: il grado e l'efficacia diversa delle due norme non fanno 

Stati prima dell'unificazione politica, regolavano la concessione, il riconoscimento, 
la successione, l'uso e la perdita dei titoli e delle distinzioni 
nobiliari�; abrog� tutti gli anteriori decreti e tutte le disposizioni �contrarie 
al presente ordinamento dello stato nobiliare italiano �; lasci� salvi 
i dianzi citati dd.ll. relativi alla repressione degli abusi; approv� il nuovo 
Ordinamento formulato in 134 articoli; 

-i rr.dd. 14 febbraio 1930, n. 101, 10 luglio 1930, n. 974, 9 ottobre 
1930, n. 1405, contenenti modificazioni al precitato ordinamento; 

-infine i definitivi trr.dd. 7 giugno 1943, nn. 651 e 652, che riordinarono 
nuovamente l'intera materia, abrogarono ogni norma precedente (adeccezione, sempre, dei dd.ll. del 1924 relativi agli abusi) ed approvarono 
il nuovo Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano, formulato in 74 articoli, 
nonch� il Regolamento della Consulta Araldica, formulato in 128 
articoli. 

Ora, per quanto anacronistico possa sembrare l'insorgere di un pro


blema di applicazione attuale della suddetta legislazione di tipica prerogativa 
regia e di specifica quanto testuale attuazione dei soprariportati 
artt. 79 e 80 dello Statuto del Regno, � evidente l'inconciliabilit� e l'assoluto 
contrasto dell'intera legislazione stessa con gli opposti, soprariportati 
art. 3 e Disp. XIV della Costituzione �della Repubblica, la quale -come 
risulta anche dai lavori preparatori dell'Assemblea Costituente -volle 
definitivamente liquidare la materia nobiliare, negandole ogni rilevanza 
giuridica nel nuovo ordinamento dello Stato. 

Conseguentemente, tutti gli atti legislativi denunciati sono da dichiararsi 
incostituzionali, nel loro intero complesso, a norma dell'art. 27 della 

1. 11 marzo 1953, n. 87. 
Si obbietta che, per�, la XIV Disp. trans. della Costituzione, dopo aver 
affermato che �i titoli nobiliari non sono riconosciuti., ha affermato, nel 
secondo comma, che �i predicati di quelli esistenti prima del' 28 ottobre 
1922 valgono come parte del nome�: dal che si pretenderebbe far derivare 
la piena legittimit� costituzionale e la legale applicabilit� attuale della 
predetta legislazione araldica. 

Ma � evidente l'erroneit� dell'assunto, sol che si considerino: la lettera 

e la ratio della norma; la sua limitata natura di eccezione al principio 

sancito nel primo comma; il suo mero carattere transitorio; la sua ridotta 

portata, quale illustrata dai lavori preparatori dell'Assemblea Costituente; 

le assurde e paradossali conseguenze del contrario assunto. 

Con la norma de qua la Costituzione repubblicana, nel cancellare conformemente 
al principio dell'art. 3 -ogni distinzione nobiliare, ha 
semplicemente voluto far salvi, agli ex insigniti di quelle soppresse distin


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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 133 

sorgere, in ipotesi di contrasto fra loro, un problema di abrogazione, 
ma, invece, generano una questione di legittimit� costituzionale, devoluta, 
ove rilevante e non manifestamente infondata, alla competenza 
della Corte Costituzionale. 

Tale questione, appunto, sorge, per effetto delle deduzioni svolte 
dall'Avvocatura dello Stato e fatte proprie del P. M. 

La questione ha indubbia rilevanza nella causa, per poter stabilire 
quali norme araldiche, dell'ordinamento anteriore, siano da applicarsi 
e quali, invece, siano da ritenersi illegittime, per inconciliabilit� 
con l'art. 3 della Costituzione e, conseguentemente, per poter stabilire, 
dal punto di vista sostanziale, il contenuto attuale dei diritti 
delle parti e, dal punto di vista formale, i limiti del potere del 
giudice. L'Avvocatura ha osservato che, in ipotesi di affermazione del 
diritto al predicato relativo ad un titolo non riconosciuto (che, si sostiene, 
solo la prerogativa regia e, comunque, solo il potere ammini


zioni, il diritto, proprio di ogni cittadino, alla conservazione ed alla tutela 
del proprio nome. 

A prescindere da quale potesse essere la procedura pi� adatta allo 
scopo -(a noi, invero, � sempre parsa quella prevista dalla 1. 9 luglio 
1939, n. 1238 sull'ordinamento dello stato civile, artt. 153 e segg., dacch� 
non si comprende perch� le eventuali ag,giunte di cognomi, per motivi, 
diciamo cos�, nobiliari, dovessero trattarsi diversamente da quelle consuetamente 
determinate da motivi affettivi o di qualsiasi altro genere) -�, 
quindi, evidente che il cosiddetto diritto di cognomizzazione, fatto salvo dal 
secondo comma della XIV Disp. trans. della Costituzione, non poteva e non 
pu� che riferirsi a coloro, il cui titolo nobiliare e conseguente predicato 
cognomizzabile fosse gi� stato riconosciuto a recepito nell'ordinamento giuridico 
vigente alla data dell'entrata in vigore della Costituzione (ed anzi, 
pi� esattamente, alla data del 28 ottobre 1922, espressamente indicata dalla 
Disposizione), ma non gi�, assurdamente, a coloro, le cui pretese nobiliari 
intendessero -sotto il pretesto di volerne cognomizzare il sin allora sconosciuto 
predicato -ottenere inconcepibile, primo e nuovo riconoscimento, 
sotto il vigore della Costituzione repubblicana. 

Diversamente opinando, si attribuirebbe al detto secondo comma della 
XIV Disp. trans. l'effetto: 

a) di porre nel nulla il primo comma (dacch� si consentirebbe al 
Magistrato, o a chi per esso, di operare, sia pur in via incidentale o indiretta, 
il nuovo riconoscimento di titoli nobiliari, vietato invece tassativamente, 
dal primo comma, ad ogni Potere dello Stato, tanto in via diretta 
che indiretta, cosi in via esplicita che in via implicita); 

b) di trasformare in permanente la norma espressamente dichiarata 
transitoria (dacch� in ogni tempo sarebbe cosi possibile far valere, al fine 
di cognomizzarne i pretesi predicati, remoti e sconosciuti titoli nobiliari: 
la n01rma dice, infatti: � i predicati di quelli... � ossia dei titoli nobiliari); 

c) di tenere indefinitamente impegnati nelle vertenze del genere 
-sorprendentemente pullulanti dopo una interpretazione della Cassazione, 
favorevole. a quella tesi -uffici amministrativi (di cui la norma costituzionale 
prevedeva invece la soppressione: v. quarto comma della stessa 
XIV Disp.) ed uffici giudiziari (cos� distolti da ben altre esigenze di 
giustizia); 

d) di far raggiungere alla Carta Costituzionale Repubblicana il 
paradossale effetto di consentire -in regime di abolizione di ogni status 
ed ordinamento nobiliari -ci� che gli interessati non avevano mai raggiunto 
in regime di piena, ma ben rigorosa, rilevanza degli status del genere; 



134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strativo avrebbe potuto, e non potrebbe pi�, riconoscere), il giudice 
non si limita a dichiarare gli effetti gi� esauriti delle leggi araldiche 
ed a conservare tali effetti, ma, invece, attribuisce alle leggi antiche 
nuova ed attuale efficacia, modificando la situazione giuridica e c1oe 
conferendo, praticamente, un sostanziale riconoscimento al titolo non 
ancora riconosciuto. 

Al riguardo, poi, vi � contrasto fra le parti, se sia da applicare 
solo la legislazione araldica anteriore al 28 ottobre 1922, o anche la 
successiva e tale subordinata, senza risolvere la quale non � possibile 
decidere il giudizio presente, involge una questione di legittimit� 
costituzionale, quanto meno relativa alle norme araldiche successive 
alla data predetta. 

Osserva il Collegio che la questione riguarda, specificatamente, 
la legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
innanzi tutto delle norme successive al 28 ottobre 1922 (e cio� del 

r.d. 23 dicembre 1924, n. 2337, specie art. 127; del r.d. 23 marzo 1924, 
e) di rendere insomma -ci sia consentito il paradosso -incostituzionale... 
una norma della stessa Costituzione (dacch� il secondo comma 
-che � la diretta norma permissiva del diritto di cognomizzazione de quo 
-sarebbe, cos� malamente inteso ed avulso dal primo comma, in evidente 
contrasto con esso e con l'art. 3. 

Il labile motivo che viene addotto a sostegno della contraria tesi sempre 
contrastata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nelle vertenze 
del genere, con il pieno favore dei giudicati della Magistratura 
romana di merito (Trib. Roma, 30 giugno 1960, n. 2846; App. Roma, 21 maggio 
1962, in Rass. Avv. Stato, 1964, I, 295), ma con l'avverso giudizio definitivo 
della Cassazione (20 maggio 1965, nn. 986 e 987, in Rass. Avv. Stato, 
1965, I, 516) -� semplicemente costituito dall'uso fatto, nel secondo comma 
della XIV Disp. trans., del vocabolo � esistenti � invece di quello pi� inequivocabile 
� riconosciuti �. 

Ma, dopo quanto si � detto, � davvero palese l'inconferenza, se non 
pure la pretestuosit�, di siffatto argomento lessicale, assolutamente incapace 
di sovvertire i principi e le norme della Costituzione. 

Anzitutto, il termine stesso � esistenti � non pu� affatto riferirsi ad 
una mera esistenza fenomenica (o, come acutamente osserva l'ordinanza 
di rimessione, � biologica �), bens� �ad una esistenza giuridica: tamquam 
non esset si dice appunto, nel campo giuridico, di ci� che, pur in fatto 
esistendo, non ha rilevanza alcuna per l'ordinamento giuridico. 

Ed i titoli nobiliari, che non avessero ottenuto il debito riconoscimento 
-di grazia o di giustizia, da parte del Sovrano o da parte del 
Magistrato -non avevano appunto alcuna rilevanza giuridica secondo 
l'ordinamento araldico (che anzi ne perseguiva penalmente l'uso: v. i precitati 
dd.ll. del 1924): essi erano, cio�, giuridicamente inesistenti. 

Anche l'accusa d'imprecisione, fatta alla parola della Costituzione, 
sembra quindi potersi piuttosto ritorcere sull'interprete. 

Peraltro, dai lavori preparatori dell'Assemblea Costituente risulta 
chiaro che l'Assemblea stessa, nel formulare la disposizione, non distinse 
affatto -n�, come s'� detto, v'era alcuna seria ragione per farlo -tra 
� riconoscimento � ed � esistenza ., cosicch� l'uso del termine � esistenti � 
non indicava affatto una volont� politica e normativa di attribuire alla 
materia nobiliare la persistente e permanente, quanto anacronistica e 
contraria ai nuovi principi, rilevanza giuridica. 

Lo sbarazzarsi, poi, di cos� autorevoli lavori preparatori della norma, 
affermando che � le norme giuridiche, una volta legalmente emanate, vi




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 135 

n. 442, specie artt. 2, 3 e 4; della legge di conversione 17 aprile 1925, 
n. 473; del r.d. 21 gennaio 1929, n. 61, specie art. '5'3; del r.d. 16 agosto 
1926, n. 1489, specie art. 1; dell'art. 127 del citato r.d. n. 61 del 
1929 e del r.d. 7 giugno 1943, n. 651, specie artt. 63, 67, 72 e 73) e 
inoltre, anche con riferimento alla disposizione XIV citata, delle norme 
anteriori alla data predetta (r.d. 11 dicembre 1887, n. 5150; r.d. 2 luglio 
1896, n. 313; r.d. 5 luglio 1896, n. 314, specie artt. 1, lett. b, 
25 e 42). Indipendentemente dalla eccezione di parte, la questione dovrebbe 
essere sollevata anche di ufficio, essendo pregiudiziale alla 
decisione della causa. 
Osserva che la questione stessa non � manifestamente infondata. 
Invero, pur sussistendo seri dubbi, in ordine alla inapplicabilit� delle 
disposizioni predette ed in relazione alla loro incompatibilit� con lo 
art. 3 della Costituzione e con la citata disposizione XIV, nonch� sulle 
tesi svolte dall'Avvocatura dello Stato, cui ha fatta adesione il P. M., 
non si pu�, con certezza e senza esitazioni e perplessit� ragionevoli, 

vano una vita autonoma � e che i lavori preparatori hanno valore trascurabile 
� quando da essi si desuma una volont� del legislatore diversa da 
quella che risulta dal testo della norma., sembra errore assai grave (e, 
per quanto riguarda la seconda proposizione, una palese petizione di principio) 
al lume stesso dell'art. 12 delle Preleggi, che, nell'interpretazione 
della legge (ed ancor pi�, dovremo dire, della Carta Costituzionale), pone 
sullo stesso piano la parola della norma e l'intenzione del legislatore; senza 
parlare, poi, di quei principi generali dell'ordinamento giuridico dello 
Stato e di quei limiti dell'ordine pubblico, che pur debbono sovraintendere 
all'applicazione delle norme giuridiche e che, come si � visto, non 
possono C�er.tamente consentire, al pretesamente impreciso termine � esistenti 
� del secondo comma della norma costituzionale, l'assurdo effetto 
sovvertitore, che gli si pretenderebbe attribuire, riammettendo pretestuosamente 
con il secondo comma ci� che dal primo � assolutamente vietato. 

Spettando comunque alla Ecc.ma Corte Costituzionale -custode e 
garante, oltrech� interprete autentica, della Costituzione repubblicana definire 
l'esatta portata della XIV Disp. trans., ci sembra di poter confidare 
nel ritenere che, per le ragioni suesposte, il mero disposto del secondo 
comma della Disposizione non escluda affatto il dimostrato, insanabile contrasto 
della intera legislazione araldica preesistente con l'art. 3 e con la 
completa Disposizione trans. XIV: con l'ineluttabile conseguenza della 
dovuta declaratoria d'incostituzionalit� dell'intera legislazione stessa, senza 
distinzione alcuna tra quella anteriore e quella successiva al 28 ottobre 
1922, tutta costituendo, essa, espressione e manifestazione degli artt. 79 e 
80 dello Statuto del Regno, nonch� di poteri assolutamente incompatibili 
con la Costituzione repubblicana. 

L'incostituzionalit� dell'intero ordinamento araldico regio travolge pur 
le norme particolari di esso, in base alle quali si pretenderebbe attribuire 
agli Uffici della pubblica amministrazione oneri ed incombenze assolutamente 
esulanti dalle proprie attuali competenze, in materia priva oggi 
costituzionalmente di ogni rilevanza giuridica per il pubblico interesse: 
particolarmente quello di partecipare ai pretesi giudizi di cognomizzazione, 

�in rappresentanza della regia prerogativa�! (art. 72 dell'Ordinamento 
approvato con il r.d. 7 giugno 1943, n. 651) e nell'inammissibile posizione inconcepibile 
anche al lume dello stesso art. 100 c. p. c. -di convenuto di 
comodo o di parte-consulente, con relative condanne alle spese di causa! 
(v. Rass. Avv. Stato, in Z.c.). 
V. PENTINACA 

136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

escludere che il contrasto, eventuale, fra le citate norme ordinarie e 
il disposto costituzionale possa essere ritenuto sussistente dal giudice 
naturale, cio� dalla Corte Costituzionale, alla quale, quindi, questo 
Collegio non ritiene di avere il potere di sottrarre l'esame della questione 
stessa. E tale perplessit� � ancora pi� evidente, in ordine alla 
subordinata, attinente alla legittimit� delle norme successive al 28 ottobre 
1922, in relazione, anche, al testo della disposizione XIV della Carta 
Costituzionale. 

Pertanto, a sensi della legge 11 marzo 1953, n. 89, gli atti vanno 
rimessi alla Corte Costituzionale, mentre il presente processo deve 
essere sospeso, non potendosi, prima della risoluzione della questione 
di legittimit� costituzionale, emettere nella fattispecie alcun provvedimento, 
sulle istanze delle parti, a detta questione strettamente collegato. 


P.Q.M. 
Il Tribunale, uditi il P. M. ed i procuratori delle parti e vista 
la legge 11 marzo 1953, n. 89, ordina rimettersi gli atti alla Corte 
Costituzionale, perch� si pronunci sulla eventuale illegittimit� costituzionale, 
per contrasto con l'art. 3 de.Ila Costituzione e con la disposizione 
transitoria XIV della Costituzione, delle norme del r.d. 23 dicembre 
1924, n. 2337; del r.d. 23 marzo 1924, n. 442; della 1. 17 
aprile 1925, n. 473; del r.d. 21 gennaio 1929, n. 61; del r.d. 16 agosto 
1926, n. 1489; del r.d. 7 giugno 1943, n. 651; del r.d. 11 dicembre 
1887, n. 1550; del r.d. 2 luglio 1896, n. 313 e del r.d. 5 luglio 
1896, n. 314, sopra citate. Ordina sospendersi il giudizio fino 
alla decisione della Corte Costituzionale. Ordina che a cura della Cancelleria 
la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al 

P. M., nonch� al Presidente del Consiglio dei Ministri. Ordina che la 
presente ordinanza sia dalla Cancelleria comunicata al Presidente del 
Senato ed al Presidente della Camera. (Omissis). 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 674 -Pres. De 
Marco -Est. Granito -Garelli (avv. Bodda) c. Ministero Lavori 
Pubblici (avv. Stato Peronaci) e Scirocchi (avv. Barra Caracciolo). 

Appalti pubblici -Appalto-concorso -Perfezionamento -Scelta del 
progetto da parte della Commissione -Impugnativa -Esclusione Provvedimento 
della p. a. che rende propria la scelta o che approva 
il contratto di appalto -Impugnativa -Ammissibilit�. 

(R. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16, comma 4�; reg. 23 maggio 1924, 
n. 827, art. 91). 
Appalti pubblici -Appalto-concorso di opera d'arte -Perfezionamento 
-Scelta del pro~etto da parte della Commissione -Impugnativa 
-Esclusione -Provvedimento che approva la graduatoria, aggiudicando 
la esecuzione dell'opera -Impu~nativa -Ammissibilit�. 


(Reg. 23 maggio 1924, n. 827, art. 40; 1. 11 maggio 1942, n. 839; 1. 29 luglio 1949, 

n. 717; 1. 3 marzo 1960, n. 237, art. 3). 
n provvedimento dell'appalto-concorso, al pari della trattativa privata 
-e a differenza dei pubblici incanti e delle licitazioni private, 
che di regola si concludono con il processo verbale di definitiva aggiudicazione 
-termina con la stipula e l'approvazione del contratto di 
appalto. Pertanto la scelta del progetto operato dalla Commissione giudicatrice, 
consistendo in un parere obbligatorio e vincolante, � atto 
..nterno, che non pu� essere direttamente impugnato, neanche dai con'
rrenti, esclusi o non prescelti, mentre � direttamente impugnabile il 
~vedimento col quale la p.a. dichiara di far propria la scelta com.:
i, dalla Commissione o stipula ed approva il contratto di appalto (1). 

Nel provvedimento di appalto-concorso di opere d'arte, il giudizio 
della Commissione relativo alla scelta del progetto non � suscettibile 
di immediata impugnativa giurisdizionale, costituendo atto interno, mentre 
� impugnabile il provvedimento ministe1�iale che approva la graduatoria, 
dichiarando il vincitore (2). 

(1-2) In tema di formazione dei contratti dello Stato cfr. Cass. 30 gennaio 
1964 n. 263, in questa Rassegna, 1964 I, 489 con nota di CARUSI, che 
individua la natura e gli effetti del verbale di aggiudicazione, e sul parere 
espresso dalla Clommissione aggiudicatrice cfr. Relazione Avvocatura dello 
Stato, 1956-60, III, 95. 



138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 675 -Pres. De 
Marco -Est. Granito -Palazzi (avv. Nigro) c. Ministero DifesaAeronautica 
(avv. Stato Azzariti) e Soc. De Martis (avv. Soddu). 

Atto Amministrativo -Annullamento di ufficio -Ricorso giurisdizio


nale -Ordinanza di sospensione -Rinnovazione dell'atto, immune 

da vizio -Legittimit�. 

Concessione Amministrativa -Idoneit� del concessionario a far fronte 
agli impegni assunti -Diniego di approvazione -Legittimit�. 

Giustizia Amministrativa -Interesse a ricorrere -Annullamento di 
ufficio di un atto impugnato in s. g. -Difetto di interesse. 

Atto Amministrativo -Comunicazione -Comunicazione in copia fotostatica 
accompagnata da nota della p. a. -Legittimit�. 

Contratti pubblici -Aggiudicazione -Interesse a ricorrere da parte di 
chi non sia precedente concessionario o non abbia partecipato alla 
gara -Non sussiste. 

L'ordinanza di sospensione non preclude alla p.a. di annullm�e di 
ufficio il provvedimento impugnato e sospeso, senza attendere l'esito del 
giudizio, e di sostituirlo con altro provvedimento, formalmente e sostanzialmente 
diverso, quanto meno sotto l'aspetto giuridico e immune da 
vizi di illegittimit� rilevabili nel provvedimento impugnato (1). 

La p.a. pu� legittimamente non approvare il contratto qualora il 
contraente privato, gi� immesso nel possesso dei locali, non abbia provveduto 
al pagamento dei canoni, dimostrando cos� la sua inidoneit� a 
far fronte agli impegni assunti (inidoneit� confermata dalla dichiarazione 
di fallimento poscia inte1�venuta) (2). 

� inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnativa dell'annullamento 
di ufficio di un provvedimento, avverso il quale � stato proposto 
dallo stesso ricorrente ricorso giurisdizionale (3). 

(1) Esatta applicazione dei principi in tema di annullamento di ufficio; 
cfr. Relazione Avv. Stato 1956-60, III, 13 e giuds. ivi cit., in particolare, 
Cons. Stato, 23 agosto 1956, n. 282. 
(2) Cfr. Relazione, cit., III, 87, sui criteri di scelta del contraente privato 
e Cons. Stato, Sez. IV, 14 novembre 1962, n. 618, Foro amm., 1963, I, 
64; Sez. V 5 aprile 1963, n. 186, ivi, I, 694, sulla esclusione della ditta dalla 
trattativa privata e sull'i.n:teresse alla impUgnativa; e Relazione, cit. III, 
103 sul rifiuto di approvazione e sulla necessit� della motivazione. 
(3) Cfr. Relazione, cit., III, 26; e Ad. plen. 23 febbraio 1963, Foro amm., 
1963, I, 790 con nota di richiami. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139 

� legittima la comunicazione di un provvedimento, compiuto, ai 
fini deU'esecuzione, in copia fotostatica se questa � accompagnata, e 
quindi autenticata, da una nota della p.a., (4). 

� carente di interesse a ricorrere avverso l'aggiudicazione di un 
servizio pubblico colui che non sia pi� precedente concessionario, n� 
abbia partecipato alla nuova licitazione (5). 

(4) In applicazione dei principi della libert� di forma � stata ritenuta 
anch~ legi~tima la !redazione. di ~n p~o~vedimento su un {nodulo a stampa
o a ciclostile, purch� la motlvaZ>ione ivi contenuta aderisca alla fattispecie 
e giustifichi la .decisione (Sez. IV, 20 marzo 1963, n. 173, Foro amm., 1963(, 
I, 474); a maggior ragione � legittima la comunfoazione in copia fotostatica 
del provvedimento se accompagnata da una nota della p. a. 
(5) v. sopra nota 3. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 676 -Pres. De 
Marco -Est. Napolitano -Marchi (avv. Taddei) c. Ministero Difesa 
Esercito (avv. Stato Chiarotti). 

Atto amministrativo -Atto confermativo -Nozione -Fattispecie. 

� confermativo l'atto che sia privo di qualsiasi autonomo contenuto 
e che faccia perci� riferimento a precedenti determinazioni della 

P. A. Rientra in tale nozione l'atto che abbia un attergato, apposto successivamente 
alla formazione dell'atto stesso, dall'Autorit� (1). 
(1) � esatta la nozione di atto confermativo, che consiste nella riaff~
r~azione di un atto gi� adottato ~alla P. A., ed � perci� privo di qualsiasi 
autonomo contenuto. Laddove mvece abbia un solo elemento diverso 
da quello gi� adottato, non ricorre la figura dell'atto confermativo: ad 
~sempio. la motivazione (cfr. Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 683) o la 
istruttoria (Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 690). Per la indicazione di altri 
casi, cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 23. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 677 -Pres. De 
Marco -Est. Napolitano -Carmine e Giannini (avv. De Liberis) 

c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Casamassima). 
Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso cumulativo 
-Ammissibilit� -Presupposti. 

Espropriazione per p. u. -Decreto di approvazione del progetto -Impugnativa 
fuori termine -Inammissibilit� -Censure relative ai conseguenziali 
decreti di accesso e di occupazione -Inammissibilit�. 



140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per p. u. -Occupazione -Stato di consistenza -Autoriz zazione 
all'accesso su un fondo comune -Omessa indicazione e 
omessa notifica a un comproprietario -Partecipazione dello stesso 
comproprietario all'accesso -Irrilevanza delle omissioni. 

Espropriazione per p. u. -Discordanza, per la superficie da occupare, tra 

il decreto di accesso e il decreto di occupazione -Adeguamento di 

questo ultimo alle risultanze dell'accesso -Legittimit�. 

Espropriazione per p. u. -Opera prevista nel piano. -Dichiarazione implicit� 
di p. u. -Decreto di esproprio. -Legittimit�. 

� ammissibile un unico ricorso avverso pi� provvedimenti, ove 
questi riguardino lo stesso oggetto, si riferiscano agli stessi soggetti, 
incidano sul medesimo bene e per la loro interdipendenza funzionale 
si possano considerare elementi di un unico provvedimento (1). 

La inammissibilit� per tardivit� del ricorso, proposto contro il decreto 
di approvazione che dichiara i lavori urgenti ed indifferibili, 
determinando l'opera da realizza1�e, investe altresi le censure relative 
all'esistenza e alla validit� della dichiarazione di indifferibilit� e ur


I


genza, dedotte con riguardo ai conseguenziali decreti di accesso al 
fondo e di occupazione (2). 

I 

L'omessa indicazione, nel decreto di accesso al fondo, di un conf: 
domino e l'omessa notifica dell'avviso di sopraluogo devono ritenersi ' 

. 

superate e sanate dalla presenza del condominio alla formazione dello 
stato di consistenza, che fa fede a tutti gli effetti fino ad impugnazione 
di falso (3). 

l

La discordanza tra la superficie dell'area indicata nel decreto di 
accesso al fondo e quella indicata nel decreto di occupazione non costi-

I 

.

I

(1) Esatta applicazione dei principi: cfr. Relazione Avvocatura dello 
~ 

Stato, 1956-60, III, 46. 

(2) Massima esatta; non vi � dubbio che la dichiarazione di urgenza e 
indifferibilit� che determina l'opera da eseguire, � provvedimento autoI


nomo che va impugnato ex se, e perci� le censure che ad esso possono muoversi 
non possono farsi valere in occasione della impugnativa di altri provvedimenti 
conseguenziali alla predetta dichiarazione: cfr. su tale punto 
Cons. Stato, 22 dicembre 1964, n. 1573, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2186. 

I

(3) Negli stessi termini cfr. Cons. Giust. amm. Reg. Sic., 11 giugno 1956, 
n. 210; ivi, 1956, I, 810 che riguardava l'omissione dell'avviso ad un comproprietario. 
Se invece l'avviso non � stato eseguito e tuttavia il proprietario 
ha partecipato alle operazioni, il Consiglio di <Stato ha ritenuto illegittimo 
il decreto di occupazione con giurisprudenza pacifica: cfr. Cons. 
Giust. amm. Reg. Sic., 2 febbraio 1959, n. 58, ivi, 1959, I, 265; Sez. IV, 29 maggio 
1957, n. 596, ivi, 1947, I, 651. 
La soluzione adottata con la decisione in rassegna appare pi� esatta: se 
invero la funzione dell'avviso � quella strumentale di rendere possibile la 
partecipazione degli interessati alle operazioni di sopraluogo, la effettiva 
presenza di questi ultimi, anche in mancanza dell'avviso (a tutti o a uno 
solo), deve ritenersi decisiva per sanare la irregolarit�: v. anche Sez. IV, 
17 novembre 1965, n. 763. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 

tuisce causa di illegittimit�, perch� il primo atto, di carattere preparatorio, 
non poteva contenere l'esatta indicazione dell'area, accertata 
solo in seguito al sopraluogo, alle cui risultanze si � adeguato il decreto 
di occupazione (4). 

� legittimo il decreto di espropriazione qualora esso, attraverso il 
decreto di approvazione del p1�ogetto esecutivo, si basi su un piano di 
ricostruzione ed inerisca a particolari beni necessari per l'esecuzione 
di una sede stradale, la quale, essendo inclusa nel piano, venga dichiarata 
di pubblica utilit� ai sensi dell'art. 7 della legge 27 ottobre 1951, 

n. 1402 (5). 
(4) La soluzione adottata appare logica: infatti, solo attraverso la delimitazione 
dell'area, se ne pu� conoscere la effettiva consistenza, e il decreto 
di occupazione si deve basare su quest'ultima, non su quella, eventualmente 
pi� ampia, indicata nel decreto di accesso. 
(5) Massima esatta. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 679 -Pres. De 
Marco -Est. Tozzi -Soc. Costruzioni Opere Specializzate (avv. Duranti) 
c. Ministeri LL. PP. e Trasporti (avv. Stato Lancia) e Comune 
di Torino (avv. Bodda). 

Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -Differenze con le espropriazioni 
e con le imposizioni di servit� -Natura e finalit� -Contrasto 
con l'art. 42 della Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� 
-Manifesta infondatezza. 

Piano regolatore -Principi generali -Vincoli di verde agricolo -di verde 
privato -di verde pubblico -Rapporti con la futura espropriazione 
-Contrasto con l'art. 42 della Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� 
-Manifesta infondatezza. 

Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -verde pubblico -Natura 
e finalit� -Suscettibilit� di indennizzo -Necessit� di un piano 
finanziario -Esclusione. 

Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -verde pubblico -Destinazione 
della zona al verde pubblico -Implicita concreta designazione 
dell'area. 

Piano regolatore -Principi generali -Vincoli -verde pubblico -Imposizione 
su area ove esistono costruzioni -Legittimit�. 

I vincoli imposti con piani regolatori non costituiscono espropriazione, 
perch� non danno luogo al trattenimento coattivo dell'immobile; 
n� costituiscono imposizione di servit�, perch� non si risolvono nella 



142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
costituzione di un diritto reale sul fondo servente a favore di un fondo 
dominante. Sono puri e semplici limiti posti nell'interesse collettivo, i 
0 
@ 

quali riguardano non la titolarit� del diritto e delle facolt� in esso contenute, 
ma soltanto il modo di esercizio. Pertanto � manifestamente . 
infondata l'eccezione di incostituzionalit� della legge urbanistica 17 ago


. 
sto 1942, n. 1110, che prevede i predetti vincoli, per preteso contrasto ' 
con l'art. 42 della Costituzione, nella cui nozione i vincoli stessi non 

'

I

sono compresi (1). 

I vincoli di verde (agricolo, privato, publico) imposti dal piano 
regolatore hanno, tutti, la stessa efficacia immediata di impedire o 
ridm�re la edificabilit�. Soltanto in sede di esecuzione del piano, mediante 
la compilazione dei piani particolareggiati, i vincoli si differenziano 
tra di loro, in quanto il vincolo di verde privato o di verde agri


colo non ha bisogno di alcuna particolare esecuzione, rimanendo la 
propriet� del bene affidata al privato, mentre il vincolo di verde pubblico, 
richiedendo che il bene sia messo a disposizione della comunit�, 
postula necessariamente la sua espropriazione: la imposizione di verde 
pubblico non equivale cos� ad espropriazione. � pertanto manifestamente 
infondata l'eccezione di incostituzionalit� della legge urbanistica, 
che prevede i predetti vincoli, per preteso contrasto con L'art. 42 
della Costituzione, nella cui nozione il vincolo di verde pubblico non 
� compreso (2). 

I vincoli di ve1�de pubblico, come tutti i vincoli imposti dal piano 
regolatore, non costituiscono espropriazione, n� danno inizio alla procedura 
espropriativa, e pertanto non sono suscettibili di indennizzo, n� 
la loro previsione in sede di piano regolatore, richiede la esistenza del 
piano finanziario di cui all'art. 18 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (3). 

La destinazione di una data zona a verde pubblico importa, implicitamente 
ma necesariamente, la designazione concreta delle aree che 
sono sottoposte a vincolo, sicch� la differenza di espressione usata dal 
legislatore per i piani regolatori generali (aree da riservare) e per i 
piani regolatori particolareggiati (aree riservate) ha solo un valore temporaneo, 
nel senso che in sede di piano regolatore generale si ha riguardo 

I alla p1�evisione generale della zona, mentre in sede di piano particolareggiato 
si individuano e concretano le aree da vincolarsi, con la indi


I 

cazione dei proprietari (4). 
La esistenza di precedenti costruzioni sulla zona non rende incompatibile 
la destinazione della zona stessa a verde pubblico (5). 

(1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. V, 25 marzo 1964, n. 155, Il ConI


siglio di Stato, 1964, I, 448. V. tuttavia sulla nozione di vincoli, servit� ed 

~ 

espropriazioni, la recente sentenza della Corte Costituzionale... r 
(2-3) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. IV, 19 ottobre 1960, n. 855, ivi, 
1960, I, 1722. 
(4-5) Massime esatte; non risultano precedenti. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 143 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 691 -P1�es. De 

Marco -Est. Cuonzo -Marra (avv. Lanzara) c. Comune di Napoli. 

Atto amministrativo -Atto definitivo -Atti del Sindaco -Requisizione 
ex art. 7 L. n. 2248 all. E del 1865 -Non � definitiva. 

La requisizione adottata dal Sindaco ai sensi dell'art. 7 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, all. E non � atto definitivo, e pertanto � impugnabile 
con ricorso gerarchico al Prefetto (1). 

(1) Si tratta infatti di provvedimento emesso dal Sindaco nella veste 
di ufficiale di Governo, e perci� non pu� ritenersi definitivo. Dopo la 
decisione Ad. plen., 2 dicembre 1958, n. 24, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 
1421, la giurisprudenza � in tali sensi costante: cfr. Sez. IV, 31 marzo 1965, 
n. 210, ivi, 1965, I, 436. 
V. sui provvedimenti di urgenza, a contenuto libero o tipico, Relazione 
Av;vocatura dello Stato, 1956-60, III, 175. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 novembre 195�5., n. 702 -Pres. Polistina 
-Est. Urciuoli -Petris (avv. De Francesco) c. Ministero 
Tesoro (avv. Stato Casamassima). 

Competenza e giurisdizione -Requisizioni alleate -Indennit� ai sensi 
delJa legge n. 10 del 1951 -Giurisdizione della A.G.O. -Sussiste. 

Le controversie sulla determinazione dell'indennit� per requisizioni 
ed occupazioni ai sensi della legge 9 gennaio 1951, n. 10, sono devolute 
alla giurisdizione dell' A.G.O., ispirandosi detta determinazione a criteri 
rigidi che escludono qualsiasi discrezionalit�; e pertanto la pretesa 
del privato assume la consistenza d.i un diritto soggettivo (1). 

(1) La giurisprudenza del Consiglio di Stato � in tali sensi costante: 
cfr. Sez. IV, 5 giugno 1963, n. 426, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 888. V. anche, 
per precedenti pronunce della Cassazione, Relazione Avvocatura dello Stato, 
1956-60, III, 818. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 novembre 1965, n. 1053 -Pres. 
Chiofalo -Est. Laschena -Melone (avv. Iaccarino). 

Giustizia amministrativa -Giudicato amministrativo -Esecuzione Licenza 
edilizia -Annullamento -Costruzione eseguita in conformit� 
a licenza annullata -Poteri del Sindaco ai sensi dell art. 32 

L. 17 agosto 1942, n. 1150 -Discrezionalit� -Limiti. 
12 



144 RASSEGNA DSLL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giustizia amministrativa -Giudicato amministrativo -Esecuzione ~ 
Licenza edilizia -Annullamento in s. g. -Discrezionalit� ai sensi 
dell'art. 32 L. 1150 del 1942 -Facolt� di non adottare alcun provvedimento 
-Esclusione. 

Annullata in s. g. una licenza edilizia, il Sindaco, ai sensi dell'art. 
32 della legge urbanistica, non ha l'obbligo di ordinare senz'altro 
.la demoliz.ione dell'edificio costruito in base alla licenza annullata, ma 
deve valutare, secondo i suoi poteri discrezionali, quale sia la soluzione 

pi� idonea da adottare nell'interesse pubblico, emanando i provvedimenti 
pi� idonei (1). 

Annullata in s. g. una licenza edilizia, il Sindaco, ai sensi dell'art. 
32 della legge urbanistica, usufruisce di poteri discrezionali, in 
base ai quali pu� ordinare la demolizione dell'edificio, ma non pu� 
astenersi da adottare qualsiasi provvedimento, giacch� la richiamata 
norma impone al Sindaco di emanare un provvedimento, che � pertanto 
un atto dovuto (2). 

(1) Cfr. Ad. pl. 28 luglio 1965, n. 19, n Consiglio di Stato, 1965, I, 1069. 
La giurisprudenza, cos� orientata, �, in linea di massima, da condividere perch�, 
nella particolare materia di annullamento in s.g. di licenza edilizia, 
lascia integri i poteri della p.a., di valutare, ai fini della esecuzione del 
giudicato, la soluzione pi� idonea al pubblico interesse. Sui poteri del 
Consiglio di Stato in tema di esecuzione del giudicato di annullamento di 
licenza edilizia, cfr. in questa Rassegna, I, 1122. 
(2) Cfr. negli stessi sensi, Sez. IV, 16 dicembre 1964, n. 1468, ivi, 1964, 
I, 2170. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 3 novembre 1965, n. 758 -Pres. Breglia 
-Est. Benvenuto -Frizzarin (avv. Viola) c. Ministero P. I. 
(avv. Stato Azzariti). 

Demanio -Demanio storico e artistico -Prelazione -Notifica del prov� 
vedimento oltre il termine di legge -Illegittimit� -Emanazione 
entro il termine -Irrilevanza. 

� illegittimo il provvedimento col quale lo Stato esercita il diritto 
di acquisto, in via di prelazione, dei beni sottoposti alla tutela della 
legge 1 giugno 1939, n. 1049, concernente le cose di interesse storico ed 
artistico, qualora esso venga notificato oltre il termine di due mesi dalla 
data di denuncia, da parte dell'interessato, dell'alienazione, ed anche 
se sia emanato entro tale termine (1). 

(1) Appare dubbia la questione di giurisdizione, nella specie non 
affrontata, sul se sia competente il giudice amministrativo, qualora il 
potere di prelazione sia stato esercitato oltre il termine previsto dalla 
legge. Per la soluzione positiva della questione, v. Sez. VI, 2 febbraio 1965, 
n. 48, n Consiglio di Stato, 1965, I, 312, la quale ha deciso una specie 
identica: e, in particolare Ad. plen. 4 dicembre 1964, ivi, 1964, I, 2141, che 
espressamente risolve la questione affermando la giurisdizione del giudice 1:1 
I.� 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145 

amministrativo, in base al rilievo che nella specie si tratta, anche dopo la 
scadenza del termine, di esercizio illegittimo di una potest� amministrativa, 
che opera la degradazione a interesse legittimo del diritto di propriet�. ln 
senso contrario, anche se implicito, � la Cassazione: Cass. 23 gennaio 1953, 

n. 204, Giust. civ. 1963, I, 304; 26 giugno 1965, n. 2291, Foro amm. 1956, II, 
431; 21 agosto 1962, n. 2613, in questa Rassegna, 1963, I, 35. 
Non vi � poi alcun dubbio sulla natura di atto ll'icettizio che deve riconoscersi 
al provvedimento ex art. 32 I. 1 giugno 1939 n. 1089, di atto cio� 
che non produce effetti se non dal momento in cui i destinatari ne abbiano 
avuto notizia. Qualche perplessit�, invece, sor.ge sul termine entro il quale 
il provvedimento deve essere notificato. La giurisprudenza � orientata nel 
senso che il provvedimento non solo deve essere emanato nel termine di due 
mesi dalla data della denuncia (art. 32 cit.), ma deve essere anche notificato 
entro lo stesso termine ai sensi dell'art. 65 r. d. 30 gennaio 1913, n. 363', il 
quale dispone: � Quando il Governo decida di esercitare il diritto di prelazione 
notificher� tale sua decisione entro il termine di due o quattro mesi �. 
A codesto orientamento (v. anche la cit. dee. n. 48, e in particolare Cass.; 
23 gennaio 1953 n. 204 cit.) non si pu� aderire. Anche se appare chiara la 
norma dell'art. 65, pu� ritenersi che essa, essendo contenuta in un regolamento 
di esecuzione, si pone in contrasto con l'art. 32 della legge: questa 
infatti precisa il termine di due mesi per l'esercizio del diritto di prelazione, 
e cio� per l'emanazione dell'atto; quella invece precisa lo stesso termine 
per la notifica, limitando in tal modo il termine di due mesi, entro il quale, 
secondo la legge, l'atto va emanato, mentre secondo il regolamento va anche 
notificato. 

D'altra parte, che la data di emanazione del provvedimento sia decisiva 
per gli effetti traslativi che esso produce, si rileva dalla sua natura, che lo fa 
inquadrare nella categoria degli atti di espropriazione in senso lato, per la 
quale � irrilevante la notifica (Cass. sent. cit. n. 204 e n. 2613): infatti il 
passaggio del bene in propriet� della p. a. si verifica alla data del provvedimento 
ed a partire da tale data i diritti dei terzi costituiti sul bene si 
estinguono (App. Roma, 28 giugno 1955, Giur. it. 1956, I, 2, 806). 

Vedi anche Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 284, con 
altri richiami di giurisprudenza. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 770 -Pres. 
Stumpo -Est. Toro -Bruschi (avv. Serafini) c. Ministero Finanze 
{avv. Stato Faranda). 

'i;igo pubblico -Stipendi, assegni, indennit� -Ripetibilit� di emomenti 
non dovuti -Limiti -Fattispecie. 

Per il pagamento di assegni non dovuti, vige il principio generale 
della ripetibilitd, salvo i casi in cui la corresponsione sia stata eseguita 
in applicazione di un'inesatta interpretazione di leggi singole, adottata 
con risoluzione ministeriale, s� da creare e consolidare nei dipendenti la 
certezza del diritto alla riscossione. Pertanto � legittimo il recupero di 
somme indebitamente corrisposte a titolo di aggiunte di famiglia, qualora 
il pagamento sia stato effettuato per errore di fatto dagli uffici 
esecutivi (1). 

(1) Sulla ripetizione di indebito in materia di pagamento di assegni e 
stipendi e sui limiti in cui tale principio opera per il recupero dei crediti 
verso impiegati e pensionati, cfr., con ampia motivazione, Ad. plen., 

146 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

28 ottobre 1958, n. 19, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1033; per una analoga 
fattispecie (errore degli uffici esecutivi nel pagamento) cfr. Ad. plen., 8 novembre 
1953, n. 17, ivi, 1963, I, 1521. V. anche Sez. IV, 9 dicembre 1964, 

n. 1423, ivi, 1964, I, 2156; e per il caso di riscossione a titolo di trattamento 
economico provvisorio di somme maggiori di quelle dovute e quindi per 
l'ammissibilit� del recupero, cfr. Sez. VI, 26 novembre 1965, n. 851, ivi, 
1165, I, 1989. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 788 -Pres. De 
Martino Rossaroll -Est. Longo -Carta ed altri (avv. Guicciardi) 

c. Ministero Marina Mercantile (avv. Stato Carbone). 
Demanio -Demanio marittimo -Delimitazione -Impugnativa -Posizione 
soggettiva dei privati -Diritto soggettivo -Giurisdizione dell'A.
G.O. 

n procedimento di delimitazione dei beni del demanio marittimo, 
che acquistano it carattere di demanialitd ex lege, � diretta a dichiarare 
la delimitazione fra it demanio stesso e le proprietd private finitime, e 
si svolge pertanto su posizioni necessariamente gid individuate, di diritto 
soggettivo dominicale, pubblico e privato, concludendosi nelt'ambito 
dette medesime. La impugnativa per vizio del provvedimento di delimitazione 
rientra, di conseguenza, nena giurisdizione dell'A.G.O. (1). 

(1) In tal senso v. Sez. Un., 2 maggio 1962, n. 849, Giur. it., 1962, I, 1, 
796, con nota. Circa i problemi relativi alla competenza dell'autorit� marittima 
per la risoluzione delle questioni sulla propriet� delle spiagge e per 
la tutela del demanio marittimo, v. anche Cass., 7 febbraio 1955, n. 340, 
Giur. it. Mass., 1955, 78. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 196�5, n. 791 -Pres. Breglia 
-Est. Garofalo -Lucente (avv. Ingangi) c. Istituto Froebeliano 
Vittorio Emanuele II in Napoli (avv. D'Aiuto). 

Giustizia Amministrativa -Rlcorso giurisdizionale -Rlcorsi proposti 
avverso lo stesso atto dinanzi al Consiglio di Stato e dinanzi alla 

G. P. A. -Litispendenza -Inapplicabilit�. 
L'istituto della litispendenza, previsto datl'art. 39 c.p.c., non � 
applicabile al caso di ricorso, proposto, avverso lo stesso provvedimento, 
al Consiglio di Stato e, con atto anteriore, alla G.P.A. (1). 

(1) Massima esatta. La litispendenza non � applicabile al caso esaminato 
dalla decisione, data la diversa posizione del Consiglio di Stato e 
della G.P.A. La pronuncia di competenza, che venga emessa dal Consiglio, 
non pu� dar luogo ad un conflitto positivo che possa essere risolto 
da un giudice superiore, e si pone, perci�, nei riguardi della Giunta con 
la autorit� di cosa giudicata. Nello stesso senso cfr. Sez. V, 27 dicembre 
1956, n. 789, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 1064. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 147 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 795 -Pres. 
Toro -Est. Benvenuto -Orsini ed altri (avv. Scarnati) c. E.A.M. 
(avv. D'Amelio). 

Atto amministrativo -Sanatoria -Deliberazione da parte di organi incompetenti 
-Ratifica da parte dell'organo competente -Legitti� 
mit�. 

Non � illegittima, per incompetenza, la deliberazione di un organo 
di un ente pubblico, qualora essa, prima della notifica del ricorso, sia 
stata fatta propria dall'organo competente (1). 

(1) Non vi � dubbio che nella specie si tratta di ratifica e non di convalida: 
negli stessi sensi cfr. Sez. V, 16 ottobre 1965, n. 1015, Il Consiglio 
di Stato, 1965, I, 1670, con richiami; e da un punto di vista gener~le sulla 
sanatoria, cfr. Ad. plen., 26 febbraio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1965, 
I, 530. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 19 novembre 1965, n. 839 -Pres. Breglia 
-Est. Pezzana -Coletti (avv. Gasparri) c. Ministero Agricoltura 
e Foreste (avv. Stato Lancia). 

Giustizia amministrativa -Controinteressati -Bando di concorso Impugnazione 
-Oneri di notifica ai controinteressati -Esclusione. 

Deve escludersi che sussistano controinteressati nel caso di un 
ricorso proposto avverso il bando di un concorso per la concessione di 
borse di studio ai sensi della legge 30 giugno 1954, n. 493, e che di 
conseguenza sussista l'onere di notifica (1). 

(1) Coloro che hanno presentato domanda per un concorso a borsa di 
studio non possono, in linea di massima, qualificarsi rontrointeressati, non 
sussistendo nei confronti del loro interesse, al momento della impugnativa 
del bando, una lesione concreta ed attuale: cfr. in tal senso, e da un punto 
di vista generale, Ad. plen., 25 gennaio 1965, n. 4, Il Consiglio di Stato, 
1965, I. 11. 
La massima si ispira al principio, pi� volte affermato in giurisprudenza 
(cfr. Sez. V, 31 gennaio 1964, n. 132, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 78; Sez. 
IV, 1 dicembre 1965, n. 752, ivi, 1965, I, 2073), secondo il quale la nozione 
di controinteressato, di cui agli artt. 36 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 e 7 r. d. 
17 agosto 1907, n. 642, si identifica non solo con il soggetto che pu� ricevere 
vantaggio o pregiudizio dalla conservazione o dall'annullamento dell'atto 
impugnato, bensi anche con il soggetto a cui l'atto impugnato direttamente 
si riferisce; con la conseguenza che nel caso di impugnativa di regolamenti 

o di atti a contenuto generale -nei quali manca l'indicazione dei soggetti 
cui essi direttamente si riferiscono, ed essendo perci� problematica la loro 
individuazione -il contraddittorio � ritualmente instaurato con la notifica 
del ricorso alla sola autorit� emanante. 

148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 26 novembre 1965, n. 85~ ~ Pres.. Bre: 
glia _ Est. Chieppa -Pala (avv. D'Abbiero) c. Comm1ss1one r1cors1 

I 

Provveditorato Studi di Roma (avv. Stato Faranda). 

' 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -N~tificazione ~11~ ,. '

I

;:'..::. 

e 
autorit� che ha emesso il provvedimento -Omissione -Motivi di 
ricorso -Inammissibilit�. 


Devono dichiararsi inammissibili i motivi di ricorso relativi. all'impugnativa 
di un'ordinanza ministeriale, se il ricorso stesso non sia stato 
notificato ai Ministero che ha emesso il provvedimento (1). 

� 
(1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 9 luglio 1965, n. 525,, ~i 

e 
� ,. d' Stato 1965 I 1337� Sez VI 30 settembre 1964, n. 664, ivi,

onsig.io i ' � � ' �. . ' , t'fi t all'auto


1964 I 1566 Se il ricorso � inammiss1b1le, perche non no i ca o . . 
rit� 'che ha� emanato il provvedimento, eguale sorte devono . seguire 1 
motivi che siano stati even~ua~mente notificati alla stes~a. auto~1tfiiA~:1i~ 

� rilevante a superare l'omissione la spontanea comparizione e 

nistrazione. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965,, n. 86~ -Pres. B~eglia 
_ Est. Mastropasqua -Chiavarella (avv. P1ccard1) c. Comm .ssione 
ricorsi Provveditorato Studi di Roma (avv. Stato Peronac1). 

Impiego pubblico -Mutilati ed invalidi di servizio -Assunzione ~b~l~gatoria 
_ Documentazione -Prove della qualifica -Omessa esibizione 
del documento richiesto dalla P. A. -Conseguenze. 

Impiego pubblico _ Concorsi -Mutilati ed invalidi di guerra e di servizio 
_ Preferenze -Documentazione -Esibizione -Termine. 

Impiego pubblico _ Concorso -Documentazione -Regolarizzazione Limiti. 


Giustizia amministrativa -Interesse a ricorrere -Interesse a impugnare 
norme regolamentari -Presupposti. 

La norma dell'art. 6, n. 1, della legge 24 febraio 1953, n. 142 ~i riferisce 
alla documentazione che gli interessati devono presen~ar~ ai com: 
petenti uffici del lavoro per ia iscrizione nell'elenco provi?1'ciale degl~ 
aspiranti ai collocamento; ma non concerne la docume1'.'taz.ione che gl 
interessati devono esibire alla P. A. o ai p~ivat~ ~ator~ ~i lavoro .P.er 
l'assunzione nena aliquota dei posti riservati agli invalidi per servizio, 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 149 

con la conseguenza che la P. A. ben pu� prescrivire una speciale documentazione 
per tale assunzione (1). 

Il principio affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale la documentazione 
della qualit� di invalido di guerra pu� essere esibita 
anche prima che venga deliberata la nomina, non si applica laddove, 
come per gli invalidi di servizio, il bando di concorso disponga altrimenti 
(2). 

Il p.rincipio affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale � ammessa 
la regolarizzaione della documentazione, riguarda solo i documenti 
di rito, e non anche quelli relativi a titoli di merito e preferenziali, 
limitatamente per� ai casi di imperfezione formale (3). 

. La impugnativa di una norma regolamentare � inammissibile, per 
difetto di interesse, qualora essa prescriva l'esibizione di una certa 
documentazione, ed il 1�icorrente non ha adempiuto l'onere della esibizione 
nei modi richiesti dalla norma impugnata (4). 

(1-4) La prima massima riguarda la interpretazione di una norma 
di legge speciale per invalidi di servizio; la quarta massima � una applicazione 
dei principi generali sull'interesse a ricorrere (con particolare 
riguardo alle norme regolamentari). Entrambe sono esatte. 

La seconda massima concerne la prefissione di termini per la esibizione 
di documenti, in conformit� alla costante giurisprudenza: cfr. Sez. VI, 
3 luglio 1963, n. ~9?, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1083; Sez. VI, 30 giugno 
1954, n. 476, ivi, 1954, I, 641. La terza massima limita la possibilit� di 
reg.olarizzazione, in conformit� ai rilievi svolti dall'Avvocatura (cfr. Relazione 
Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 548), alle sole imperfezioni 
�formali dei documenti di rito: in tal senso Sez. VI, 4 dicembre 1963 n. 964 

' Consiglio di Stato, I, 1940. ' ' 

1LIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 871 -Pres. Bre
�~ Est. Chieppa -Rinaldi (avv. D'Abbiero) c. Ministero P. I. 
�c;>tato Savarese). 

,.oblico -Trasferimento in seguito a vacanza di sede o a do....
nda -Moralit� -Regole proprie del concorso -Applicabilit� Esclusione 
-Fattispecie. 

Impiego pubblico -Trasferimento -Elementi rilevanti per il trasferimento 
a domanda -Anzianit� di ruolo -Irrilevanza -Condizioni 
di famiglia -Nozione e limiti. 

Il procedimento di trasferimento, anche quando avviene a seguito 
deila dichiarazione di vacanza della sede o su istanze concorrenti di 
pi� interessati ai sensi dell'art. 32 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 (applicabile 
ai trasferimenti di direttori didattici), non d� luogo ad un procedimento 
concorsuale con le regole proprie dei concorsi, quali la pre




150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

determinazione dei criteri, del punteggio e della graduatoria, ma d� 
luogo ad una semplice valutazione comparativa, che termina con la 
scelta di colui che � ritenuto in possesso dei maggiori requisiti; e la 

P. A. non � tenuta ad enunciare nel decreto di trasferimento le ragioni 
della scelta, essendo sufficiente che risulti l'esame e la valutazione delle 
posizioni dei vari aspiranti ai trasferimento (1). 
Tra gli elementi rilevanti ai fini dei trasferimenti a domanda non 
rientra l'anzianit� di ruolo; mentre tra le condizioni di famiglia rientrano 
sia la necessit� di assistenza ai genitori o altri prossimi congiunti, 
pur se non costituenti un unico nucleo familiare, sia la necessit� 
di cure in un determinato centro, non potendosi esigere che il malato 
si sottoponga a frequenti viaggi, sia la circostanza di consentire ai figli 
dei dipendenti di non frequentare pi� scuole al di fuori della residenza 
di servizio del padre, in modo da evitare scissioni e smembramenti 
dannosi per la famiglia (2). 

(1-2) Le massime sono esatte: il trasferimento di sede ex art. 32 t.u. 

n. 3 non deve seguire la procedura del concorso, anche se per una sola 
sede vi sia una pluralit� di domande. � per� necessaria una motivazione 
che spieghi, in base ad un giudizio comparativo, le ragioni della scelta: 
Sez. VI 12 febbraio 1964, n. 123, n Consiglio di Stato, I, 343; Ad. Gen., 
15 mar~o 1962, n. 267, ivi, 1964, n. 232 (parere sul ricorso straordinario); 
Sez. VI 12 giugno 1963, n. 334, ivi, 1963, I, 1029; v. anche Relazione Avvocatur~ 
dello Stato, 1956-60, III, 561, sui limiti dell'obbligo di motivazione 
del provvedimento di trasferimento; e in particolare sull'obbligo di 
motivazione delle sole esigenze di servizio, v. Ad. Gen., 3 dicembre 1959, 
n. 565, ivi, 1963, I, 1283, con la precisazione che !'esigenze d~ servizio 
possono giustificare, da sole, il trasferimento in una sede, la cui vacanza 
non sia stata pubblicata sul bollettino, senza la necessit� di una valutazione 
comparativa di altre eventuali domande, mentre sia le esigenze di servizio 
sia gli altri criteri fissati dalla legge devono g�iustificare il trasferime~
to in una sede, la cui vacanza sia stata pubblicata: Sez. IV, 24 giugno 
1960, n. 684, ivi, 1960, I, 1149 ed anche Sez. VI, 23 maggio 1962, n. 424, 
ivi, 1962, I, 1030. La giurisprudenza ha infine precisato che la presc~izion~ 
di tener conto delle condizioni di famiglia si riferisce solo ai trasferimenti 
su domanda: Sez. IV, 30 agosto 1963, n. 466, ivi, 1963, I, 1237. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 874 -Pres. 
Toro -Est. Chieppa-Aletti (avv. Ughi) c. Ministero P. I. (avv. Stato 
Savarese). 

Giudicato -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Annullamento di 
graduatoria di un concorso -Necessit� di ulteriori provvedimenti Posizione 
dei dichiarati idonei -Retroattivit�. 

Se la decisione di annullamento richiede ulteriori provvedimenti 
amministrativi ai fini dell'esecuzione di giudicato, i provvedimenti stessi 
hanno una tendenziale retroattivit�, salvo che sussistano limiti derivanti 
dalla loro natura o dal loro oggetto (ad. es. la irrogazione di sanzioni 
disciplinari, la mancanza di effettivit� di una situazioine di servizio). 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 151 

Pertanto, annullata in s. g. una graduatoria di. concorsi per titoli, la 
rinnovazione della graduatoria per quanto riguarda il riconoscimento 
della idoneit� ha effe.tti retroattivi, in modo che i concorrenti risultati 
idonei nella seconda gmduatoria vengono ad ottenere una saldatura 
della loro posizione che fa loro acquisire la qualit� di idonei sin dalla 
prima graduatoria (1). 

(1) Sull'esecuzioe del giudicato v. Relazione Avvocatura dello Stato, 
1965-60, III, 66. Non vi � dubbio che nella specie i provvedimenti, emessi 
dalla p.a. in esecuzione del giudicato, producono effetti retroattivi per tutti 
coloro che vengono a subire la caducazione dell'atto annullato. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez.. VI, 30 novembre 1965, n. 883 -Pres. 
Stumpo -Est. Pezzana -ALPI (avv. Sorrentino) c. Ministero Trasporti 
(avv. Stato Pietrini). 

Contratti pubblici -Licitazione privata -Lettera d'invito -Clausole Interpretazione 
-Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste. 

Rientra nella competenza di legittimit� del Consiglio di Stato la 
interpretazione del contenuto della lettera di invito alla gara, in rapporto 
al giudizio sulla legittimit� del provvedimento di approvazione 
dei risultati sulla licitazione, al fine di accertare se le clausole in essa 
contenute siano cosi oscure ed equivoche da giustificare interpretazioni 
contrastanti che facciano venir meno la parit� di condizione dei concorrenti 
alla gara e la comparabilit� delle offerte (1). 

(1) La difficolt� di interpretazione di clausole oscure od equivoche, inserite 
in una lettera di invito alla gara, pu� influire sullo svolgimento e sul 
risultato della licitazione, e quindi � rilevante in sede di esame sulla legittimit� 
della gara. V. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 90. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 novembre 1965, n. 884 -Pres. 
Stumpo -Est. Pezzana -Mor� ed altri (avv. Parri) c. Ministeri 
Agricoltura e Foreste -Grazia e Giustizia (avv. Stato Faranda). 

Giudicato -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Rinnovazione del-_ 
l'atto annullato -Vizi accertati nel giudicato e rinnovazione dell'atto 
immune dai vizi stessi -Limiti. 



152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giustizia amministrativa -Ricorso in sede di le~ittimit� al Consi~lio 
di Stato -Prova per testi -Ammissibilit� -Esclusione. 

Caccia e pesca -Caccia -Inclusione coattiva di fondi nelle riserve Condizioni 
-Divieto di esercizio di caccia -Differenza. 

In seguito all'annullamento in sede giurisdizionale di un atto 
amministrativo, la p. a. non � tenuta a rinnovare l'intero precedimento, 
salvo quando l'annullamento sia stato determinato da vizi che inficiano 
tutto il procedimento; ma � tenuta a rinnovare gli atti prep�ratori, di 
cui sia stata accertata la iUegittimit�, e l'atto finale. Pertanto, annullato 
un provvedimento di inclusione coattiva di un fondo in una riserva 
di caccia, per vizi inerenti all'accertamento del pregiudizio all'agricoltura, 
la p. a. � tenuta a rinnovare l'istruttoria solo su tale punto (1). 

La prova per testi non � ammissibile nel giudi.zio di legittimit� 
dinanzi al Consiglio di Stato (2). 

La norma dell'art. 30 t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, non riguarda 
l'inclusione dei fondi nelle riserve (e tra l'altro tale inclusione � ammissibile 
anche se il fondo � recintato ai sensi del precedente art. 29), ma 
riguarda l'esercizio della caccia che viene vietato se il fondo fa parte 
di una riserva (3). 

(1-3) La prima massima costituisce un'esatta applicazione dei principi in 
tema di esecuzione di giudicato amministrativo. 
La seconda si uniforma ad una giurisprudenza costante sull'art. 44 t. u. 
26 giugno 1924, n. 1054; cfr. Sez. VI, 10 febbraio 1953, n. 20, Il Consiglio di 
-Stato, 1953, I, 122; Sez. VI, 19 aprile 1961, n. 362, ivi, 1961, I, 786. 
Per la terza massima cfr. Sez. VI, 18 dicembre 1963, n. 1020, ivi, 1963, 
I, 1990, con nota. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1965, n. 1787 -Pres. Pece Est. 
Gambogi -P. M. Toro (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Soprano) c. Giorgetti ed altri (avv. Arnabaldi, Mileto e Bonadia). 

Imposta di registro -Agevolazione fiscale ex articolo unico legge 28 
giugno 1943 n. 666 -Trasferimento di immobili soggetti a sistemazioni 
edilizie a carico di privati -Inapplicabilit� -Trasferimento 
in mancanza di convenzione diretta tra l'acquirente e il Comune Inapplicabilit�. 


(I. 17 agosto 1942, n. 1150; I. 28 giugno 1943, n. 666). 
Le agevolazioni fiscali previste dall'articolo unico della legge 28 giugno 
1943, n. 666, per gli atti di trapasso a favore di enti o privati, che 
provvedano in luogo e vece dei Comuni alle costruzioni per l'esecuzione 
dei piani regolato1�i, non sono applicabili agli atti di trasferimento 
di immobili, per i quali i piani particolareggiati prevedano sistemazioni 
edilizie a carico dei privati (che possono essere compiute dai 
Comuni soltanto in caso di inadempienza dei privati medesimi), n� 
comunque quando non si tratti di atti stipulati con i Comuni, in vece 
e nei riguardi dei quali i privati assumano gli obblighi di attuazione 
dei detti piani (1). 

(1) Decisione di indubbia esattezza. Dal piano regolatore particolareggiato 
(non � il caso di esaminare in questa sede se direttamente 'O per 
effetto dell'ingiunzione del sindaco) pu�, com'� noto, derivare l'obbligo 
del proprietario di un immobile di provvedere ad una determinata sistemazione 
edilizia dell'immobile stesso. A tale obbligo di � facere � il proprietari'O 
pu� ottemperare egli stesso, spontaneamente oppure in seguito 
all'ingiunzione ed eventualmente alla diffida previste dai primi due commi 
dell'art. 20 della legge urbanistica; in tal caso il � comando positivo � 
(cfr. SANDULLI, Profili giuridici in materia di urbanistica e di paesaggio 
napoletani, Amm. it., 1957, 955, e la nota della DmEZIONE della Rivista Giur. 
Edilizia, Sulle posizioni soggettive dei proprietari soggetti a trasformazioni 
per l'attuazione di piani regolatori, in detta Rivista, 1958, II, 51) dettato 
dal piano viene realizzato mediante l'esercizio da parte del proprietario 
delle ordinarie facolt� dominicali. 

L'inadempimento dell'obbligo di che trattasi non d� luogo a sanzione 
(in senso proprio), n� ad esecuzi'One coattiva in forma specifica, ma � costitutivo 
del potere dell'Amministrazione comunale di procedere all'espropriazione 
dell'immobile da sistemare (in ordine al sorgere di questo potere 
di esproprio cfr. Cass. 19 febbraio 1957, n. 591; 24 ottobre 1958, n. 3457; 



154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 

L'art. 20 della legge urbanistica dispone che il Sindaco ingiunga ai 
privati proprietari di immobili che, in esecuzione di un piano particolareggiato, 
debbano essere costruiti, ricostruiti o modificati, di eseguire 
i necessari lavori entro un congruo termine, decorso il quale senza che 
i lavori stessi siano stati compiuti, dovr� procedersi a nuova ingiunzione. 
Solo nel caso che anche la seconda diffida resti senza effetto, il Comune 
potr� procedere ad espropriazione per far direttamente eseguire le 
opere. 

Dall'esegesi di tale disposizione appare chiaro che chi ha l'obbligo 
primario di costruire, ricostruire o modificare gli edifici previsti dal 
piano regolatore � il proprietario dell'area o dell'edificio preesistente; 
la legge non proclama espressamente tale obbligo, ma lo presuppone 
necessariamente se d� al Comune il potere di costringere il proprietario 
al relativo facere sotto pena di espropriazione. 

Solo nel caso di inadempienza da parte dell'obbligato primario, 
dunque, sorge l'obbligo sussidiario del Comune, tenuto ad espropriare 
e costruire o ricostruire in esecuzione del piano regolatore. 

Pertanto, qualora pi� proprietari tenuti in via primaria a costruire 

o ricostruire sulle loro aree fabbricabili, od a modificare gli edifici 
preesistenti, sempre in esecuzione del piano, si accordino per cedere ~
i 

ad uno di loro, o ad un terzo, gli immobili sottoposti al vincolo, perch� 
detto cessionario adempia alle prescrizioni di legge e dell'Autorit� 

. 
amministrativa, il relativo atto di cessione degli immobili non pu� ' 

.

godere del beneficio fiscale previsto dalla legge n. 666 del 1943, non ,
potendosi dire, in tal caso, che il cessionario si sia obbligato ad edifi-

II 

10 gennaio 1959, n. 42; e 26 giugno 1962, n. 1657). Tuttavia, se � potere ~ 
del Comune il provocare la rimozione del soggetto inadempiente dalla 
posizione soggettiva di titolare del diritto di propriet� sull'immobile e la 

il sua sostituzione con altro soggetto disposto a compiere le opere di sistemazione 
edilizia (soggetto che non � prescritto debba necessariamente ,

. 

essere lo stesso Comune che ha promosso l'espropdo), non costituisce fun, 
zione amministrativa del Comune l'effettuare le sistemazioni edilizie di cui ' 
all'art. 20 citato, neppure in via eventuale ed in sostituzione dei proprie


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tari inadempienti ed espropriati; ed il Comune che eventualmente vi provveda, 
agisce uti dominus, in quanto cio� � divenuto ed � rimasto proprietario 
dell'immobile da sistemare. Diversamente, costituisce compito istituzionale 
del Comune il provvedere a quegli �impianti pubblici� (espressione 
questa usata in contrapposizione agli � edifici privati � e comprensiva 
di strade, piazze, parchi, scuole, fabbricati per pubblici uffici e servizi, 
etc.: cfr. TESTA, Funzione del piano regolatore particolareggiato, Atti del 
VII Convegno di Varenna, 1962, 185) la cui costruzione e manutenzione 
� dal legislatore posta a carico dei Comuni e perci� ritenuta funzione loro 
propria. 

� pertanto evidente che il privato il quale provvede alle sistemazioni 
edilizie in ottemperanza al piano regolatore particolareggiato esercita ordinarie 
facolt� dominicali, ancorch� in modo tale da porre in essere una 
situazione di fatto conforme alle previsioni del piano, e non svolge una 
attivit� attribuita alla competenza degli organi del Comune o comunque 
una attivit� � in luogo e vece � (cos� il testo della legge n. 666 del 1943) 
del Comune, cosa che invece si ha quando � enti o privati � provvedono a 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 

care o riedificare in luogo e vece del Comune, che nella pattuizione 
non � in alcuna veste intervenuto. 
Va in proposito ancora rilevato che questa Suprema Corte ,decidendo 
analoga fattispecie con sentenza n. 70 del 19 gennaio 1963, ebbe 

ad affermare che, perch� sorga la situazione di favore fiscale prevista 
dalla legge, occorre la sussistenza di una apposita convenzione che 
ponga di fronte, in modo immediatamente diretto, da un lato il Comune, 
cui incombe l'attuazione del piano regolatore, e dall'altro il privato, 
col quale viene stipulato l'atto di trasferimento e che nei riguardi 
del Comune medesimo assume tale obbligo. 

Nella specie, la pattuizione tra il Giorgetti e gli altri proprietari 
privati fa parte di un unico complesso di convenzioni. 

Alcune di dette convenzioni sono state stipulate col Comune, che 
acquista le aree destinate a pubblica via ed affida al Giorgetti i lavori 
relativi alla sistemazione stradale. Ed a tali convenzioni � stata pacificamente 
concessa la registrazione a tassa fissa. Al contrario, il Comune 
� estraneo alla vendita del terreno dagli altri proprietari al Giorgetti 
stesso, che costituisce un contratto autonomo e ben distinto dagli altri 
sopra menzionati, nonostante la formale unicit� del rogito. 

Anche sotto il profilo gi� indicato da questa Suprema Corte, quindi, 
la fattispecie non pu� essere inquadrata nella previsione di legge. 
I controricorrenti osservano che se non si concedesse il beneficio 
fiscale in casi del genere di cui � causa, la disposizione della legge 

n. 666 del 1943, a favore di chi compri del terreno dal Comune per 
costruirvi �in luogo e vece� del Comune stesso, resterebbe senza applicazione, 
perch�, una volta escluso il caso del proprietario che venda 
al terzo, a costruire � in luogo ed in vece � dell'Amministrazione resterebbero 
solo gli appaltatori, che non comprano il terreno su cui edificano. 
quelle opere di urbanizzazione la cui costruzione rientra nei compiti istituzionali 
dell'ente pubblico Comune. 

Sulla questione sin qui esaminata non constano precedenti pronuncie 
della Corte di Cassazione. Sulla questione invece di cui all'ultima partedella massima che si commenta, la Corte regolatrice si � gi� pronunciata 
in senso conforme nella sentenza 19 gennaio 1963, n. 70 (Giust. civ. 1963, 
I, 536; Mon. trib., 1963, 892 con nota di SALAFIA), affermando il principio 
di diritto per cui l'agevolazione di che trattasi � spetta solo nel caso in cui 
l'impegno di attuazione del piano regolatore sia assunto dall'ente o dal 
privato (acquirente dell'immobile) verso il Comune� e non anche se tale 
impegno venga assl.lnto verso altri privati. 

In ordine alle condizioni per l'applicazione dell'agevolazione di che 
trattasi, possono segnalarsi la sentenza della Corte di Appello di Milano, 
17 gennaio 1961, Finanze c. Soc. Casa della Scienza e della Tecnica 
(Giust. civ., 1961, I, 1289) e le decisioni della Comm. Centr. 9 giugno 1959, 

n. 17748 "(Riv. leg. fi,sc. 1960, 1426) e 8 febbraio 1954, n. 57095 (Riv. leg. 
fi,sc. 1954, 1173). Che la analoga agevolazione prevista dalla legge 19 febbraio 
1934, n. 433 relativa al piano regolatore di Milano non possa essere 
concessa, in base ai principi generali in tema di tributo di registro, per 
un contratto di permuta, � stato affermato dalla sentenza della Corte di 
Cassazione n. 2150 del 20 giugno 1958 (Foro It., 1958, I, 1814). 
F. FAVARA 

156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il rilievo non � esatto, perch� l'art. 23 della legge urbanistica prevede 
il sistema della riedificazione per comparti (normalmente usato 
nella pratica), mediante il quale il Comune, qualora i proprietari non 
provvedano direttamente alle opere previste dal piano regolatore, procede, 
previa espropriazione, all'assegnazione del comparto da riedificare 
con una gara indetta tra i proprietari espropriati o, occorrendo, tra 
tutti i terzi interessati. Non � difficile identificare in coloro che acquistino 
alla gara i terreni facenti parte del comparto da edificare i destinatari 
pi� ovvi del beneficio fiscale previsto dalla seconda parte della 
legge n. 666 del 1943, trattandosi appunto di persone che non appaltano 
i lavori spettanti al Comune, ma da questo acquistano il terreno per 
edificarci �in luogo ed in vece� del Comune stesso. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2231 -Pres. Fibby 
-Est. Roperti -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Masi) c. Consorzio Bonifica Osa Albegna (avv. Cortesi). 

Imposta di registro -Opere di bonifica -Atti stipulati dai Consorzi di 
bonifica aventi ad oggetto lavori di riparazione e manutenzione 

I 

delle opere di bonifica idraulica -Agevolazioni tributarie -Ap


I 
' 

plicabilit�. 

I 

(t. u. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 88; t. u. 30 dicembre 1923, n. 3256, 
artt. 66, 67). 
~ 

' 

Ai sensi deU'art. 88 del t.u. 13 febbraio 1933, n. 215, godono deHe 

I '

Iagevolazioni tributarie sia gii atti che hanno per oggetto l'esecuzione 
di opere originarie di bonifica idraulica, sia gii atti che hanno per 
oggetto opere di riparazione e manutenzione deUe stesse, concorrendo 
entrambe aHa realizzazione deUe finalit� specifiche deHa legge che ha 
io scopo non solo di favorire la creazione di opere di bonifica, ma anche 

I 

di conservarle e mantenerle in efficienza (1). 

~ 

(Omissis). 

I

Con unico mezzo di annullamento la Amministrazione ricorrente 
deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 88 del t.u. 13 febbraio 
1933, n. 215, degli artt. 33, 56, 66 del t.u. 30 dicembre 1923, 

n. 3256, in relazione agli artt. 9, 17, 24, 104 t.u. 30 dicembre 1923, nu(
1) Ancora in tema di opere di bonifica. 
� gi� apparsa su questa Rassegna, 1957, 197, a commento di una sentenza 
del!la Corte di Appello di Catania, una breve nota avente sostanzialmente 
lo scopo di faxe il � punto � sulilo stato delila dottrina e della giuri


~;

sprudenza riguardanti il regime fiscale in materia di bonifica; ma all'ultima 
delle conclusioni al:le quali si era allora pervenuti (pagg. 199-200), si op


I

pone oca la recente decisione della S. C. in esame: la quale per� ha con


I ~?

fermato -per altro verso -alcune affermazioni di principio rilevanti sia 

~ 

������:�:,.,,':.. ,u:.~.r:~:�=�=~:::=:~'.::~:;:'.~:::~::,.:_�~~.::~~=:��:�~:~;~�:�rn:��..~=~::,::"'"~




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 

mero 3256; 4 e 6 legge 24 dicembre 1928, n. 3134 in relazione all'articolo 
360, n. 3 c.p.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, 
omesso esame di punto decisivo in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c. In 
particolare si sostiene che la Corte di Appello ha errato nel ritenere 
che il privilegio oggettivo spettante alle opere di bonifica idraulica e 
di sistemazione montana si estenda anche ai lavori di manutenzione e 
riparazione delle opere stesse. Dette opere godono del privilegio soggettivo 
se ed in quanto ne �gode il Consorzio stipulante, ma non godono 
del privilegio oggettivo che � limitato alle opere di bonifica di prima 
categoria tra cui non rientrano quelle di manutenzione. 

Il mezzo � infondato. Come � noto l'art. 88 del t.u. 13 febbraio 1933, 

n. 215 sulla bonifica integrale, pur avendo sottoposto al normale trattamento 
tributario tutti gli atti compiuti in materia di bonifica integrale, 
ha tuttavia mantenuto in vigore i privilegi tributari stabiliti nelle 
leggi anteriori sia a favore dei Consorzi (privilegio soggettivo) sia a 
favore delle opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana da 
chiunque eseguite (privilegio oggettivo). Da ci� deriva che ai fini dell'individuazione 
ed applicazione di detti benefici (registrazione degli 
atti a tassa fissa) bisogna richiamarsi alle norme della legislazione 
'nteriore. Ora mentre il privilegio soggettivo � disciplinato dalle norme 
cui 
agli art. 66 e 67 del t.u. 30 dicembre 1923-, n. 3256 e 8 della ta' 
ali. B alla legge di registro ed � soggetto al limite temporale decen


'liti dello specifico argomento della bonifica, sia agli effetti della 

-~gistro in generale. 

"(;lassazione ha infatti ribadito l'esigenza della distinzione tra 

'?iettivo ed obiettivo, necessaria al fine di una corretta applica


~vo1azioni fiscali in genere, e nella specie non disconoscibile 

'I -al chiaro dettato della legge speciale (art. 88 t. u. 1933; 

''-1923). Ha altresi ribadito ehe i .privilegi medesimi spet


-�~mbito dell'originario concetto di �bonificazione delle 

'litato cio� alla legislazione anteriore al t. u. 1933 sulla 

(Ca:ss. 17 giugno 1959, n. 1886; Cass. 27 luglio 1965, 

" Jl'mai ddvenuto fermci � quello delia applicabilit� del-..., 
legge del registro, e della conseguente limitazione tempo.:
dnio) di ogni privilegio subiettivo, anche a quei benefici fiscaAi 
in voci delle ta!t'iffe allegate alla legge organica: con ci� con., 
(Cass. 22 ottob:re 1958, n. 3391) la fondatezza della tesi dell'Avvo,., 
con la quale si era .sostellJUto -non senza suscitaTe dissensi -che 


�'� -29 cit. valeva appunto a limitare nel tempo 'l'efficacia del favore tri.
rutario accordato non soltanto con leg~ speciali.
3) Rilevante � altres� l'ultima parte della sentenza in esame, la qualeha ripudiato la tesi sostenuta nell'interesse della p. a., affermando sostanzialmente 
che non pu� pa:rlal'sd comunque di lavori di manutenzione fino a 
quando non sia sopravvenuta la dichiarazione ministeTiale dd ultimazione 
dei lavori di bonifica e q.uesti non siano stati di conseguenza consegnati 
al Consoo-zio per la manutenmone. L'aspetto negativo di questo capo della 
pTonuncia sta in ci�: che tutti i relativi atti e contratti continuerebbero 
a godere del privilegio obiettivo, -anche �se le opere di bonifica siano ulltimaite 
di fatto ma non ancora ufficialmente dichiarate tali. Essendo notodo che 
quasi sempre un lungo lasso di tempo intercorre tra l'ultimazione effettiva 
ed il funzionamento delle opere, e l'emanazione del relativo provvedimento 
ministeriale di affidamento al Consorzio, ci� comporterebbe la sottrazione 

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~



158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nale dell'art. 29 della stessa legge di registro, il privilegio oggettivo 
resta sempre in vigore e poi�h� esso a norma dell'art. 88 del citato 

t.u. n. 215 del 1933 non � applicabile a tutte le opere di bonifica, ma 
soltanto alle opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana, 
classificate di prima categoria e, di conseguenza, a totale carico dello 
Stato, occorre dimostrare, per dedurne l'applicabilit� del privilegio, che 
le opere di cui trattasi appartengono a quest'ultima categoria. 
Nella specie non si dubita che si verte in tema di bonifica idraulica 
quale � quella di OSA Albegna e, partendo da questo presupposto certo, 
la Corte di merito ha ritenuto competere al Consorzio di bonifica il trattamento 
tributario di favore sotto il profilo oggettivo in quanto l'atto 
registrato riguarda opere di bonifica rientranti nella seconda parte del 
secondo comma dell'art. 88 del t.u. 13 febbraio 1933, n. 215�. Sostanzialmente 
la Corte di Bologna ha considerato che le opere, oggetto dello 
appalto, anche se di riparazione e di manutenzione dell'opera pubblica 
di bonifica idraulica, godono della agevolazione fiscale in quanto la 
legge non distingue tra opere originarie di bonifica idraulica ed opere 
di riparazione e manutenzione delle stesse, concorrendo entrambe alla 
realizzazione delle finalit� specifiche della legge che mira evidentemente 
non solo a favorire la creazione di opere di bonifica, ma anche 
a conservarle e a mantenerle in efficienza. 

alla normale imposta di un cospicuo numero di contratti (in genere di finanziamento 
e di appalto).

Resta inoltre da considerare -relativamente ail caso deciso -se la 
Cassazione ormai orientata per il rigetto del ricorso dell'Amministrazione, 
non siaisi impegnata in una affermazion.e criitica~ile anche ?-al punto ~i 
vista processuale dell'onere probatorio. C1 ~embra mfatti che i:1 S. p. fa.cc1a 
carico alla Finanza di non aver dimostrato in causa .che le opere d1 borufi.ca 
dei cui lavol'li di manutenzione trattavasi, erano gi� state oggetto di riconoscimento 
ministeriale di ultimazione. 

4) Afl'argomento che precede si. allaccia strettamente ?n ~ltro punto 
-il pi� grave -della decisione m ras~gna, .che non ir1teruamo poss~ 
venire condiviso: non solo per una questione di fondo ma anche perche 
foriero di conseguenze imponenti per rilievo econo~co. . 

Se per avventura l'orientamento della S. C. rimanesse fermo, diverrebbe 
irrilevante, agli effetti fiscali, anche la ~OI1;Si~er!'2'ione �sopra :sposta 
sub 3), perch� irrilevante ~ebbe ~p~unto. ogm d~s~1nzi<;>ne tr~ lav?r1 a.~tecedenti 
e lavori susseguenti fa d1ch1acraz10ne m1ruster1ale d1 ultimazione 
delle opere di bonifica idraulica. 

Tutti i lavori di manutenzione, infatti, secondo la sentenza (ch7 ?On


-~

trasta con l'orientamento assunto della giwrisprudenza della Comnuss10!1;e 
Centrale) rientrano nel privilegio obiettivo ex art. 33 t.u. 19.23: perch�-dice 
il s. c.'-l'interpretazione restrittiva propugnata.dalla Fma~za_non � ad~: 
rente alla legge� perch� anche i lavol'i di manutenzlone sono indispensabili 
alla funzionalit� delle opere di bonifica; perch� lo stesso t .. u. 1923. preved:
all'art. 9 (che parla delle opere eseguibili media:i;te conc�essione) dei �lavori 
sostanzialmente classificabili come di manutenzion~.�. . . . 

Sarebbe bastato spingere un po' pi� a fondo 1indagine per discopr1re 
la debo1ez2)a di .consimili affermazioni. . . . 

Il t. u. 1923 prevede al Titolo I le opere di bonifica e ne d1sc1i>lma le 
modalit� di progettazione e di esecuzione( airtt. 1 a 55); mentre parla della 
loro manutenzione ed eser.cizio soltanto nel Titolo III (~rtt: 102 e .segg.). 
L'art. 33 che prevede il privilegio obiettivo -incluso, qumd1, nel T1t. I 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 159 

Cos� giudicando la Corte di merito ha fatto corretta applicazione 
della norma non sembrando che la interpretazione restrittiva, propugnata 
dalla Finanza, sia aderente alla lettera ed allo spirito della legge. 

Poich� la legge all'art. 88 parla di opere di bonifica in genere, 
nessun dubbio che in esse siano da comprendere anche le opere di riparazione 
e manutenzione delle stesse, non essendo esse meno importanti 
e necessarie delle opere destinate all'attuazione dell'originario piano di 
bonifica. Trattandosi, come nella specie, di opere di canalizzazione, esse 
perderebbero tutta la loro funzionalit� se non venissero assoggettate a 
quei lavori di manutenzione e di riparazione che sono necessari per 
tenerle in efficienza, posto che un'opera di bonifica resa non funzionale 
per mancata manutenzione sarebbe come se non esistesse. Appare 
pertanto esatto il criterio interpretativo adottato .dall'impugnata sentenza 
dovendosi ritenere che nella norma dell'art. 88 il legislatore 
abbia voluto includere anche i lavori di riparazione e di manutenzione, 

stante la stretta e necessaria connessione tra questi ultimi e le opere 
di esecuzione. 

testualmente recita: � ai concessionaa.-i di opere di bonifica di prima categoria 
si applicano le disposizioni degli artt. 65 e 66 del presente t. u .�. 
Tutto sta dunque a vedere se tra le opere di bonifica di I categoria 
eseguibili mediante concessione, rientrano anche i lavori di manutenzione. 

Gi� l'espressione legislativa: � opera di bonifica � (aa.-tt. 2 e segg.; 
art. 88 t. u. 1933) dmplica, dal semplice punto di vista lessicale, un concetto 
diverso dall'altra: (lavori di) �manutenzione� (aa.-tt. 103 e segg.); e non 
vediamo come la Cassazione abbia potuto affermare che e i lavori di sistemazione 
degli alvei e di arginazione dei corsi d'acqua in pianura� (art. 9, 
lett. c), nonch� �le opere occorrenti ad assicurare il grado di umidi1:� 
necessaria per le colture e il movimento delle acque nei canali� (art. 9, 
lett. d), debbano ritenersi in sostanza lavori di manutenzione: e ci� non 
solo perch� ci semb:ra chiaro trattarsi invece di lavori di primo intervento 
in zone pianeggianti attraversate da corsi d'acqua da irregimentare onde 
assicurare lo stabHe risanamento e la coltivabilit� delle terre; ma anche 
e sopratutto perch� -sotto un profilo di stretta ermeneutica -queste 
previsioni del Tit. I della legge non possono che riguardare soltanto e certamente 
i progetti di costruzione di opere di bonifica, poich� non vi � ancora 
luogo a parlare della disciplina della loro manutenzione che la corretta 
sistematica del t. u. rimanda ad un momento successivo alla loro ultimazione 

(Tit. III della :legge). 

Di pi�: posto il principio che il privilegio obiettivo spettante alle 
opere di bonifica di I cat. si attua a vantaggio dei concessionari di esse 
(art. 33 cit.}, ne discende ineluttabile ila conclusione che oggetto della concessione 
non possono che essere soltanto quelle opere e quei lavori la cui 
esecuzione � riservata alla competenza dell'Amministrazione dell'Agricoltura 
e delle Foreste e da questa, appunto, data in concessione a terzi (la stessa 
Cassazione aveva gi� affermato che il privilegio obiettivo riguarda le opereche possono essere eseguite in concessione: 8 ottobre 1958, n. 3156 e 3157). 

Orbene, i lavori di manutenzione non possono formare oggetto di concessione 
per il'assorbente ragione che essi sono gid di esclusiva competenza 
dei consorzi (artt. 103 e 104), a meno che un consorzio non esista e non 
possa costituirsi (art. 105). Pe:rtanto non � previsto da questa parte del t. u. 
intervento alcuno dell'Amministrazione dell'Agricoltura e delle Foreste n� 
mediante concessione n� altrimenti, salva facendosi -tutt'al pi�, in determinate 
circostanze ed in base a particolari disposizioni -la mera ipotesi di 
un eventuale concorso finanziario alla spesa per la manutenzione da parte 

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160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� giova richiamarsi -come fa l'Amministrazione Finanziaria all'art. 
9 del t.u. 30 dicembre 19213, n. 3256, perch� tale norma non fa 
che confermare l'ambito di applicazione del privilegio oggettivo, ritenuto 
dalla Corte di merito, dal momento che tra le opere di bonifica 
la norma stessa prevede alle lettere e) e d) anche lavori sostanzialmente 
classificabili come di manutenzione. 

Non sono del pari invocabili le norme di cui agli art. 56 e 78 del 

t.u. n. 325,6 del 1923 secondo cui la manutenzione delle opere di bonifica 
di prima categoria spetta ai consorzi ai quali l'Amministrazione 
d� in consegna le opere eseguite a mano a mano che siano ultimate 
(art. 104), perch� nella specie non risulta che sia ancora intervenuta la 
apposita dichiarazione ministeriale di riconoscimento dell'ultimazione 
delle stesse, onde le spese di manutenzione non possono gravare sui 
proprietari interessati. (Omissis). 
defila p. a. -La Cassazione aveva gi� del resto confermato (25 gennaio 1953, 

n. 208, Giur. 00. PP. 1953, II, 35) che le spese per la manutenzione gravano 
-proporzionalmente -sui proprietari consorzdsti. 
La tesi disattesa dalla Cassazione � dunque frutto di interpretazione 
della norma non restrittiva, bensi correttamente conseguente al sistema 
della legge. 

N� infine -dal punto di vista finalistico -la motivazione del:la decisione 
si sorregge, in quanto scopo della legge speciale � quello di facilitare 
l'esecuzione di apere di bonifica che operino la prima, necessaria trasformazione 
delle tea:-re paludose; ma quando la spinta iniziale � stata ormai 
data, l'ulteTiore impulso per la manutenzione e la continua efficienza di 
quanto � stato fatto compete diK"ettamente ai proprietari consorziati i 
quali traggono dalla nuova vita delle loro terre sia interesse personale e 
diretto a curare i lavori necessari alla conservazione del complesso loro 
affidato dallo Stato, sia vantaggio finanziario dallo sfruttamento delle 
nuove fonti di reddito e di lavoro. Ed � aLlora legge economica che siano i 
redditi di tale lavoro (o meglio, quota parte di essi) a dover venire reinvestiti 
per la efficiente conservazione nel tempo di quel capitale che costitudsce 
la base del nuovo ciclo produttivo. 

D'altra parte, poich� all'interesse della co11ettivit� (e dunque, dello 
Stato) si sovr�appone e si sostituisce ben p!l'esto il prepond&ante, diretto, 
tangibile interesse dei singoli, � evidente che la Pubblica Amministrazione 
limiti il proprio intervento a quelle sole opere -di tutto il complesso dei 
lavori occorrenti all'attuazione di quel vasto, e diremmo onnicomprensivo, 
concetto qruale � oggi quello della bonifica inte~ale --che ne costituiscono 
il pi� profondo e vitale substrato, il tessuto connettivo: a quelle 
opere primigenie e basilari che la tecnica della bonificazione aveva indicato 
gi� al legislatore del secolo scorso, e che erano state fissate nel nostro diritto 
positivo con la nota legge del 30 dicembre 1923, n. 3256. Ecco perch� il 
nuovo t. u. 1933, se da un lato assoggetta all'ordinario trattamento fiscale� 
gli atti compiuti da consorzi ed esecutori di opere di bonifica integrale, 
dall'altro tiene ferme le agevolazioni gi� concesse ai consorzi ed agli esecutori 
delle opere di bonificamento delle paludi (c. d. bonifica idraulica 
stricto sensu). Ed � in questa stessa ragione che va ricercato il fondamento. 
del perch� il privilegio subiettivo spettante ai consorzi di bonifica viene 
limitato ad un decennio dalla lmo costituzione; ad un lasso di tempo, cio�, 
largamente sufficiente a permettere ai proprietari consorziati di cominciare� 
a raccogliere i frutti nascenti dall'investimento produttivo del capitale� 
concesso dallo Stato. 

F. DE LUCA. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 161 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2345� -Pres. 
Pece -Est. Roperti -P. M. Cutrupia (conf.) -Consorzio Autonomo 
del porto di Genova (avv. Ukmar e Cavallo) c. Ministero Finanze 
(avv. Stato Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Commissione tributaria -Procedimento 
davanti alla Commissione Centrale -Ricorso in Cassazione ex 
art. 111 Costituzione -Contribuente vittorioso dinanzi alle Commissioni 
-Interesse a ricorrere -Insussistenza. 
(Cost., art. 111). 

Imposte e tasse in genere -Commissione tributaria -Procedimento davanti 
alle Commissioni -Decisione della Commissione Centrale Ricorso 
in Cassazione ex art. 111 Costituzione -Azione giudiziaria 
ex art. 120 r. d. 11 luglio 1907 n. 560 -Autonomia funzionale. 
(Cost., art. 111; r. d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 120). 

Poich� l'esercizio del diritto di impugnazione � condizionato dalla 
esistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile a proporla, che 
sussiste quando da una determinata pronuncia possa derivare alle parti 
un concreto pregiudizio, difetta di interesse -ad impugnare in Cassazione 
una decisione della Commissione centrale -la parte che sia 
riuscita sostanzialmente vittoriosa nella precedente fase, anche se ii rigetto 
delle istanze avversarie sia fondato su ragioni di diritto diverse 
da quelle dedotte a propria difesa dalla parte vittoriosa (1). 

It procedimento davanti alla Corte di Cassazione, a seguito di 
ricorso ex art. 111 Costituzione, avverso la pronunzia della Commissione 
centrale delle imposte, costituisce una prosecuzione del procedimento 
svoltosi innanzi agli organi di giustizia amministrativa tributaria. Sussiste, 
invece, autonomia funzionale fra il processo giurisdizionale tributario 
e quello proposto ex novo in primo grado dinanzi alla autorit� 
giudiziaria, nei sei mesi della definizione del processo amministrativo 
tributario. Pertanto, la questione della tempestivit� o meno dell'azione 
ex novo proposta dinanzi al giudice ordinario non pu� essere introdotta, 
direttamente o indirettamente, dinanzi alla Corte di Cassazione in sede 
di ricorso ex art. 111 della Costituzione, spettando la decisione di 
tale questione unicamente al giudice investito con l'azione ex novo (2). 

(1) Il principio di cui alla prima massima trovandosi enunciato, con 
espressioni praticamente identiche, nelle precedenti sentenze del 14 maggio 
1963, n. 1197, Brissolese c. Cassanello, e 9 aprile 1965, n. 628, Ente 
Valorizzazione del Fucino c. Saturno, deve considerarsi pacifico. � tuttavia 
oppOII'tuno soggiungere che con sentenza 5 novtmbre 1963, n. 3083, 
Piazza c. Campo (Giur. it., 1964, I, 1. 143), � stato precisato che all'accertamento 
dell'interesse ad agire deve provv.edeve d'ufficio la stessa Cocte 
cui compete l'indagine preliminare cir.ca l'ammissibilit� o meno del ricmso. 
(2) La seconda massima ribadisce la duplice funzione attribuita alla 
Autorit� Giudiziaria Ordinaria nella vigente sistematica del contenzioso 
tributario: in alcuni casi, �infatti, il procedimento dinanzi ad essa, introdotto 

162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 

L'amministrazione finanziaria solleva, in via pregiudiziale, la eccezione 
di inammissibilit� del ricorso principale del Consorzio Autonomo 
del Porto di Genova per difetto di interesse di detto Consorzio a 
propol'lo. 

Deduce essa Amministrazione che, avendo la Commissione provinciale 
delle imposte respinto l'appello dell'ufficio avverso la decisione 
della Commissione distrettuale che aveva dichiarato non tassabili a 
carico del Consorzio i redditi accertati dall'ufficio, ed avendo, questo 
ultimo, del tutto soccombente, rinunciato al proprio ricorso innanzi la 
Commissione Centrale, il Consorzio, restato totalmente vittorioso, era 
carente di interesse a proseguire il giudizio davanti a questa Corte di 
Cassazione, a sensi dell'art. 111 della Costituzione, pur avendo la Commissione 
centrale con la definitiva decisione del 9 novembre 1962 respinto 
il ricorso incidentale del predetto Consorzio. 

L'eccezione � fondata. � risaputo che l'esercizio del diritto di impugnazione 
� condizionato dalla esistenza di un interesse giuridicamente 
apprezzabile a proporla e che tale interesse sussiste quando da una 
determinata pronuncia possa derivar,e alle parti un concreto pregiudizio. 

Ora, � evidente che difetta l'interesse all'impugnazione nella parte 
che sia riuscita sostanziamente vittoriosa nella precedente fase, anche 
se il giudice, nel rigettare le istanze avversarie, si sia fondato su ragioni 
di diritto diverse da quelle dedotte dalla parte vittoriosa a propria 

difesa. 

Posti questi principi, ripetutamente ribaditi da questa Corte regolatrice, 
non vi � dubbio che il Consorzio, essendo riuscito pienamente 
vittorioso nel merito per essere stato annullato l'accertamento tributario 
effettuato nei suoi confronti dall'ufficio delle imposte di Genova, non 
poteva impugnare, in via principale, la decisione della Commissione 
Centrale del 9 novembre 1962, che aveva respinto il ricorso incidentale 
di esso Consorzio. 

I con un vero e proprio �ricorso ., costituisce una prosecuzione di quello 
svoltosi dinanzi alle Commissioni delle imposte: in altri, invece, trattasi di 
azione giudiziaria funzionalmente autonoma rispetto ad un processo amministrativo 
tributario ormai definito. 

II

La fattispecie in esame, decisa sulla scorta di precedenti della stessa 
Corte (10 agosto 1961, n. 1949, Finanze c. Gambino, Riv. teg. fi,sc., 1962, 286; 
6 febbraio 1961, n. 242, Massa c. Finanze, Riv. leg. fi,sc., 1961, 1022), non 
esaurisce, peraltro, le i.potesi del prri.mo tipo. Infatti 'le Sezioni Uni.te, con 
sentenz,a 6 ottobre 1962, n. 2828 (Perrier c. Finanze, Rass. Avv. Stato, 1963, 

I

44), hanno !ritenuto che anche il ricorso ex art. 29, 3� comma r. d. 1. 7 agosto 
1936, n. 1639, deve considerarsi come una fase ,eventuale del giudizio ammini.,
strartivo di accertamento dell'imposta e �quindi come una fase ,del 
procedimento avanti le commissioni tributarie� (conf., in motivazione, 

I

Cass. Sez. Un. 17 luglio 1965, n. 1594, Finanze c. Cammarata e Taocmina, 
Rass. Avv. Stato, 1965, I, 1070). iDiverse sono peraltro le :ragioni che, nei due casi, g,iustificano \la cennata 
configurazione del � ricorso � al giudice ordinario. ~ 
Nel primo, infatti, l'inteo:-vento della Cocrte Suprema deriva dall'esi! 


I f

genza, consacrata neH'art. 111 Cost., di assicurare, nei conf�ronti della 

! 

--�--IIi 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 163 

E ci� perch� il vincitore, anche se siano state disattese alcune sue 
eccezioni ed abbia avuto ragione per altra via, non pu� proporre impugnazione 
in via principale. Egli pu� avere solo interesse a riproporre 
le dette eccezioni al giudice della impugnativa, adito in via principale 
dalla controparte. 

Il Consorzio ha dedotto che, nella specie, l'interesse di esso Consorzio 
al presente ricorso avverso l'impugnata decisione della Commissione 
centrale sarebbe fornito dal particolare che qualora la predetta 
decisione (come a suo tempo sostenuto dal Consorzio con il proprio 
ricorso incidentale in quella sede) avesse dichiarato inammissibile l'appello 
della Finanza alla Commissione provinciale avverso la decisione 
della Commissione distrettuale, quest'ultima decisione sarebbe passata 
in cosa giudicata; sicch� l'azione innanzi al giudice ordinario (Tribunale 
di Genova) promossa dalla Finanza con la citazione 16 novembre 196,2 
sarebbe -a giudizio di esso Consorzio -improponibile perch� proposta 
oltre il termine di sei mesi, di cui all'art. 120 r.d. 11 luglio 1907, n. 560. 
E cio�, in sintesi, il Consorzio vorrebbe ricavare il proprio interesse allo 
odierno ricorso in Cassazione dalla asserita influenza che l'esito di detto 
ricorso dovrebbe avere sulla tempestivit� o meno della azione promossa 
dalla Finanza, per la stessa pretesa tributaria, innanzi al giudice 
ordinario, a seguito della rinuncia, effettuata dalla Finanza, al proprio 
ricorso innanzi la Commissione centrale. 

L'assunto del Consorzio non pu� essere condiviso e va ribadita la 
inammissibilit�, per difetto di interesse, del ricorso del Consorzio in 
Cassazione, di cui qui si discute. 

A contrastare la riassunta tesi del ricorrente � sufficiente richiamare 
e rilevare schematicamente, che: a), il procedimento presso questa 
Corte Suprema, a seguito del ricorso ex art. 111 Cost., avverso le pronunzie 
della Commissione Centrale per le imposte, non � che una prosecuzione 
del procedimento svoltosi innanzi agli organi di giustizia tribu


't1S10tne tenninale del ciclo giurisdizionale speciale, il pieno controlilo 

'gittimit� demandato �appunto aJ.la Oassazdone; nel secondo, invece, deve 

~~a!rsi un'eccezione al fondamentale principio, 'sancito nell'art. 6 della 

~O maTzo 1865, n. 2248 aJ.1. E e disposizioni successive, secondo cui le 

.ni di estimazdone semplice sono devolute all'esclusiva competenza 

giudici speciali; eccezione confermata dai limiti del potere attribuito 
"'fil'A. G. O. che, come � noto, pu� solo sindacall'.'e la legittimit� della decisione 
della Commissione, ma non decidere i!I. merito della vertenza. 

Dal riaffermato principio dell'autonomia funzionale dell'azione giudiziaria 
p!roposta ex novo, entro iil termine dii legge deco11re:Q.te dalla definizione 
del processo amministrativo tributario (conf. Cass. 6 dicembre 1963, 

n. 3111, Duse c. Finanze, Rass. Avv. Stato, 1964, I, 168), la Corte ha dedotto 
l'ineccepibile CO!rOllaTio che 1J.e questioni concernenti l'ammissibHit� e la 
propon~bilit� di essa a:i;ione debbono essere dedse dal giudice �che ne � 
investito. Il che, evidentemente, non esclude il controllo, da parte della 
Corte Suprema, della tempestivit� dell'azione giudiziaria in discorso, purch� 
rkhiesto, in sede di .impugnativa 'Secondo le norme de[ codice di rito, 
nell'ambito del IllUovo giudizio, diver,so e distinto da quello vertito dinanzi 
alle Commissioni tributarie. 
R. SEMBIANTE 

164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

taria (sent. 242 del 1961 di questa stessa Sezione); b) sussiste autonomia 
funzionale tra il processo giurisdizionale tributario e quello innanzi al 
giudice ordinario (Sez. Un. n. 128 del 1957 e n. 133 del 1963). Di qui 
la conseguenza che la tempestivit� dell'azione proposta (dal contribuente 

o dalla Amministrazione finanziaria), innanzi al giudice ordinario, al 
fine di fare accertare la legittimit� o meno della pretesa tributaria 
della Finanza, deve essere controllata dallo stesso giudice ordinario, 
la cui decisione sar� suscettibile dei normali gravami, tra questi incluso 
il ricorso per cassazione. 

Consegue, ancora, che non pu� essere anticipata, direttamente o 
indirettamente, in sede di ricorso per Cassazione (ex art. 111 della 
Costituzione) dalla decisione della Commissione centrale per le imposte, 
la discussione sulla tempestivit� o meno della possibile e distinta azione 
ex novo (del contribuente o della Finanza) innanzi al giudice ordinario 
per la stessa pretesa tributaria. E tale anticipazione non � possibile 
anche perch� (come gi� notato con la menzionata sentenza delle Sezioni 
Unite n. 128 del 1957) la posizione della Corte Suprema di Cassazione 
non consente una duplicit� di giudizio di legittimit�, da parte di essa 
Corte Suprema, sulla stessa questione (nella specie, sulla tempestivit� 

o meno dell'azione gi� promossa dalla Finanza per la stessa pretesa 
tributaria, innanzi al Tribunale di Genova ove il relativo processo � 
tuttora pendente). (Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2494 -Pres. 
Scarpello -Est. Giannattasio -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Mataloni) c. Societ� Zuccherificio di Avezzano 
(avv. Rufini). 

Imposta di negoziazione -Valutazione di titoli non quotati in borsa Decisioni 
della Commissione provinciale delle imposte, sezione 
speciale -Ricorso all'Autorit� giudiziaria ai sensi dell'art. 29, 
terzo comma, del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit�. 

(d. 1. 25 maggio 1945, n. 301, art. 1; r. d. 15 dicembre 1938, n. 1975, art. 10; 
d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, art. 29). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie di valutazione 
-Decisioni della Commissione provinciale -Vizio logico di 
motivazione -Non deducibilit� con azione giudiziaria ex art. 29, 
terzo comma, d. 1. 7 agosto 1936 n. 1639 -Deducibilit� con ricorso 
per cassazione, ex art. 111 Costituzione. 

(Cost., art. 111; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 

Le decisioni della Commissione provinciale delle imposte, sezione 
speciale, in tema di valutazione di titoli non quotati in borsa, ai fini 
dell'imposta di negoziazione, sono impugnabili dinanzi all'Autorit� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 

giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore di apprezzamento 

o per mancanza o insufficienza di calcolo, ai sensi dell'art. 29, terzo 
comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (1). 
Il vizio logico di motivazione delle decisioni delle Commissioni 
provinciali delle imposte, in tema di valutazione, non � denunciabile 
col ricorso all'Autorit� giudiziaria, ai sensi dell'art. 29, terzo comma, 
del d.l. 7 agosto 1936, ma � soltanto deducibile col ricorso in Cassazione, 
proponibile a norma dell'art. 111 della Costituzione (2). 

L'imposta di negoziazione, ora abolita dagli artt. 26 e 27 della 

I. 6 agosto 1954, n. 603, era stata istituita con la remota 1. 21 aprile 
1862, n. 588, come equivalente, per i titoli azionari ed obbligazionari, 
delle imposte di trasferimento relative agli altri beni mobili. Per i 
titoli quotati in borsa, la base imponibile era data dal valore medio 
di borsa; per quelli non quotati era determinata da un certificato 
rilasciato da un sindacato di pubblici mediatori, divenuto in seguito 
comitato direttivo degli agenti di cambio. Anche dopo l'entrata in 
vigore della legge tributaria 30 dicembre 1923, n. 3280, detto certificato 
fu sempre ritenuto sottratto a qualsiasi impugnazione. 
Il regime dell'imposta di negoziazione sui titoli delle societ� veniva 
per� modificato con r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975. La valutazione, 
da parte del comitato direttivo degli agenti di cambio (art. 4), 
diveniva in certi casi facoltativa, prendendosi, in difetto, per base, 
il valore nominale del titolo (art. 5) ed era ammesso in ogni caso reclamo 
ad un collegio peritale centrale (art. 9). Contro le decisioni del 
Collegio peritale non era ammesso alcun gravame, n� in sede amministrativa, 
n� in sede giudiziaria (art. 10). 

(1) In ordine all'impugnabilit� -ai sensi dell'art. 29, terzo comma, 
del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 -delle decisioni della Commissione provinciale, 
sezione speciale, in tema di valutazione di titoli non quotati in 
borsa, ai fini della ora soppressa imposta di negoziazione, le Sezioni 
Unite confermano il proprfo precedente orientamento (sent. 15 gennaio 
1960, n. 21, Finanze-soc. Edil Spes, Giust. Civ., 1960, I, 233), rispetto 
al quale si vedano le osservazioni contenute nella Relazione deH'Avvocatura 
dello Stato, 1956-60, II, 667 ss. 
Argomento ritenuto decisivo, anche nell'attuale incontro, per la conclusione 
di ammissibilit� dell'impugnativa delle decisioni, dinanzi al giudice 
ordinario, per grave ed evidente errore di apprezzamento o per 
mancanza o insufficienza di calcolo, � quello desunto dall'art. 1 del d.l. 
25 maggio 1945, n. 301, col quale, stabilendosi la competenza delle Commissioni, 
in sostituzione di quella del Collegio peritale previsto dall'art. 9 
del r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975, nelle controversie di valutazione in 
discorso, si faceva rinvio, per il funzionamento delle commissioni stesse 
e � ...le decisioni in materia... �, alle disposizioni del citato d.1. 1639 del 
1936; il quale rinvio, secondo la Corte Suprema, non essendo altrimenti 
limitato, deve ritenersi fatto anche alle disposizioni concernenti i mezzi 
di impugnazione delle pronunce richiamate. 

Ma sembra potersi osservare, in contrario, ed in primo luogo, che il 
richiamo pu� intendersi riferito alle sole norme relative al procedimento, 
come pu� dedursi anche dal rilievo che un parallelo rinvio era fatto, dal




166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Una ulteriore riforma della disciplina legislativa dell'imposta di 
negoziazione si aveva con il d.l. 5 settembre 1947, n. 1173, modificato 
con 1. 12 marzo 1948, n. 326, ma il nuovo sistema non entr� mai in 
vigore, perch� l'applicazione ne fu ripetutamente differita. Occorre, 
perci�, sempre riportarsi al ricordato r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975, le 
cui disposizioni, peraltro, furono integrate dal d.l. 25 maggio 1945, 

n. 301. Quest'ultimo, nel devolvere temporaneamente ad una speciale 
sezione della Commissione provinciale delle imposte la competenza 
gi� attribuita ai collegi peritali in materia di imposta di negoziazione, 
stabiliva nel comma quarto dell'art. 1 che �per il funzionamento della 
Commissione e le decisioni in materia ... si osservano le disposizioni 
di cui al r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 �. 
Il rinvio, per quanto attiene al funzionamento delle commissioni 
e alle decisioni, al r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, senza alcuna specificazione 
o limitazione, implica necessariamente il rinvio anche all'art. 29 
di quel decreto, il quale, dopo aver determinato nel secondo comma 
quali sono gli organi competenti a decidere sulle controversie in materia 
di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, che si riferiscono 
alla determinazione del valore, stabilisce nel terzo comma: 

� Il giudizio delle commissioni provinciali sulle questioni di cui al 
comma precedente (cio� sulla determinazione del valore) � definitivo, 
salvo ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed evidente errore dj 
apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione 
del valore�. Non appare dubbio, quindi, data la genericit� 
e la chiarezza del richiamo, che la regola rigorosa dell'art. 10 
l'art. 9 del citato r.d. 1975, per il Collegio peritale, alle disposizioni sul 
funzionamento della Commissione centrale, e come in via pi� generale pu� 
ritenersi in base alla considerazione che il rinvio in parola, per quanto 
ampio, non potrebbe comunque riguardare, in mancanza di ulteriori specificazioni, 
che le sole norme dell'ordinamento nel cui ambito si collocano 
le decisioni oggetto del richiamo, e cio� soltanto quelle proprie del procedimento 
dinanzi alle Commissioni, e quindi con esclusione di quanto 
relativo all'azione giudiziaria, la quale, pur se avente carattere di impugnazione, 
nei casi di cui al terzo comma dell'art. 29 citato, non pu� tuttavia 
dirsi strutturalmente inserita in quel sistema processuale. 

Ci� posto, e poich� lo stesso d.1. n. 301 del 1945, disponendo che la 
competenza del Collegio peritale era devoluta alle Commissioni, non altrimenti 
innovava al precedente sistema di cui al d.1. 1975 del 1938, l'articolo 
10 del quale escludeva ogni gravame, anche in via giudiziaria, avverso 
le decisioni di quel collegio, non dovrebbero vedersi ostacoli per ritenere 
la ulteriore vigenza anche di tale norma, ovviamente da intendere riferita 
-~ 

' 

alle decisioni del nuovo organo sostitutivamente investito della cognizione 
delle controversie di valutazione di cui si discute, e tanto dovrebbe anzi 
ritenersi in linea col sistema voluto e considerato dallo stesso legislatore 
del 1945, che una conforme esclusione da gravami, e proprio per le decisioni 
delle Commissioni, espressamente prevedeva (art. 4).

Le Sezioni Unite hanno osservato che la non impugnabilit� precisata 
dalla ricordata norma riguardava soltanto le decisioni relative alla valu



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 167 

del d. del 1938 � stata attenuata dal decreto del 1945., e che, in tema 
di determinazione del valore dei titoli non quotati in borsa, la valutazione 
annuale, ad opera del comitato direttivo degli agenti di cambio, era 
suscettibile di reclamo alla sezione speciale della commissione provinciale 
delle imposte e contro le decisioni di questa era ammesso ricorso 
all'autorit� giudiziaria ordinaria nei precisi limiti fissati dal terzo 
comma dell'art. 29 del d. n. 1639 del 1936. 

N� giova, in contrario, far richiamo al secondo comma dell'art. 4 
del ricordato d. 25 maggio 1945, n. 301, il quale esclude ogni possibilit� 
di gravame, in sede amministrativa o giudiziaria, contro le 
determinazioni delle competenti commissioni provinciali delle imposte, 
perch� questa disciplina specifica, com'� detto espressamente nel primo 
comma dell'art. 4 e come � dato rilevare dal coordinamento tra le 
varie disposizioni del d. n. 301, riguarda la valutazione delle commissioni 
provinciali aventi per oggetto le valutazioni eseguite in conformit� 
degli articoli 2 e 3, e questi due articoli riguardano soltanto 
i titoli azionari quotati in borsa (art. 2) e le obbligazioni e gli altri 
titoli a reddito fisso quotati in borsa (art. 3) e non � perci� applicabile 
alle decisioni della Commissione provinciale emesse in base all'art. I, 
rispetto alle quali la facolt� d'impugnativa avanti al giudice ordinario, 
e nei limiti indicati, si desume dal coordinamento con le disposizioni 
del d. 7 agosto 1936, n. 1639. 

Nulla, poi, autorizza ad affermare che quando l'art. 1, quarto comma, 
del d. del 1945 richiama le norme del d. del 1936 per il � funzionamento 
� della Commissione provinciale e per le � decisioni � in materia, 
intenda riferirsi, per le decisioni, soltanto alle modalit� delle 

tazione di titoli quotati in borsa, nei casi di cui ai precedenti articoli 2 e 3 

'\el d.1. 301. 

� Ed in proposito, per�, sembra potersi rilevare: che per i titoli quotati 
regola era quella della determinazione dell'imponibile sulla base dei 
'�zi ufficiali di compenso, sicch� restava esclusa la stessa competenza 
commissioni; che le disposizioni dei citati articoli 2 e 3, consentendo 
\ eccezionale, per la liquidazfone del tributo per alcuni specificati 
di richiedere l'applicazione dell'imposta in base al valore venale 
...1i, anzich� a quello ufficiale, coerentemente prevedevano la com~
nza delle Commissioni, per il giudizio su quel valore medesimo, e cio� 
1a competenza degli organi normalmente competenti nelle controversie di 
estimazione per i titoli non quotati, e cosi sostanzialmente evidenziavano 
che, una volta esclus� quella che potrebbe dirsi la valutazione automatica, 
di ugual natura e portata sarebbe stata l'indagine valutativa, per i titoli 
quotati e per quelli non quotati; che, conseguentemente, la espressa esclusione 
anche del gravame giudiziario, disposta dal citato art. 4 del d.l. n. 301 
del 1945, lungi dal potersi intendere in funzione di una peculiarit� delle 
controversie ivi contemplate, appare piuttosto espressione di un principio 
considerato per tutte le controversie di valutazione, nella S'Oggetta materia, 
e pu� costituire elemento di controllo della interpretazione innanzi vista, 
alla stregua del coordinato disposto dell'art. 10 del d.l. n. 1975 e dell'art. 1 
del d.l. n. 301, in ordine alla non impugnabilit�, ai sensi del terzo comma 



168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

deliberazioni ed alla forma delle decisioni e non anche al sistema delle 

.

impugnazioni. Trattasi di una interpretazione restrittiva e arbitraria, 

,

giacch� il d. del 1936, nel titolo IV, non contiene soltanto la disciplina 
delle forme e delle modalit� delle decisioni (di cui � pi� specifica re,


IIgolamentazione nel r.d. 8 luglio 1937, n. 1516), ma anche quella delle 
impugnazioni, per cui il richiamo alle decisioni va inteso come richiamo 
all'intera disciplina di queste pronunce, ivi compresa la facolt� del 
ricorso al giudice ordinario per grave ed evidente errore di apprezzamento 
ovvero per mancanza od insufficienza di calcolo nella determinazione 
del valore. 

Ad identica conclusione erano, del resto, gi� pervenute queste Sezioni 
Unite, con la sentenza 15 gennaio 1960, n. 21, e con la successiva 
sentenza 13 ottobre 1960, n. 2689, non contradette dalle sentenze 10 
ottobre 1961, n. 2225 e 3 maggio 1962, n. 858. 

Gli stessi criteri sono quelli che hanno guidato la Corte di merito 
nella sua decisione, la quale ha rilevato che la Commissione provinciale 
delle imposte, nella valutazione dei titoli si � limitata ad una 
apodittica e non dimostrata attribuzione di valore alle azioni, incorrendo 
nella omissione di calcolo nella determinazione dei valori e cio� 
proprio in uno dei vizi che la rende censurabile secondo la previsione 
del terzo comma dell'art. 29 del d. del 1936, in quanto, dalla motivazione, 
non � possibile individuare l'iter logico-giuridico della Commissione 
e quali siano gli elementi di fatto sui quali � stato impostato il 
calcolo a fini della determinazione dei valori imponibili. 

dell'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, delle decisioni delle commissioni 

relative ai titoli non quotati. 

Tale non impugnabilit�, � appena il caso di rilevarlo, non d� luogo a 
pregiudizio dei diritti di difesa delle parti, poich� le Commissioni, come 
� noto, sono da ritenere organi di natura giurisdizionale, ed avverso le loro 
decisioni definitive, e perci� non impugnabili dinanzi alla Commissione centrale, 
� poi sempre ammesso il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 
della Costituzione: sul qual punto, cfr., tra altre, Cass., 10 ottobre 1961, 

n. 2225, soc. Vigo-Finanze, in questa Rassegna, 1962, 96; id., 3 maggio 1962, 
n. 858, soc. SIALVA-Finanze, Riv. Leg. Fisc., 1962, 1616. Per altre questioni 
(in tema di procedimento: natura dei deliberati dei Comitati degli 
agenti di cambio e condizioni per l'ammissibilit� del gravame dinanzi alla 
Commissione provinciale), cfr. la recente Sez. Un., 2 ottobre 1965, n. 2072, 
soc. Imm. Agr.-Finanze, in questa Rassegna, 1965, I, 1251, con nota di 
A. ROSSI. 
(2) Decisione ineccep~bile. Il difetto di motivazione, quale vizio in 
procedendo, pu� essere indubbiamente denunciato col ricorso in Cassazione 
ex art. 111 della Costituzione, ma non � deducibile nel giudizio dinanzi 
all'Autorit� giudiziaria ordinaria, quando non si risolva in uno dei 
vizi di cui all'art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Sul sindacat'O 
del giudice ordinario, nella soggetta materia, si veda la Relazione 
dell'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 357; cfr., inoltre, L. CoRREALE, Limiti 
dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni delle commissioni provinciali 
in tema di valutazione, in questa Rassegna, 1964, I, 169, in nota a Cass., 
6 dicembre 1963, n. 3111. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 169 

La sentenza impugnata rimprovera alla Commissione anche un 
vizio logico di motivazione, andando in tal modo al di l� dei limiti 
1�ssati dall'art. �29, e di ci� si duole l'Amministrazione ricorrente, os.
servando che tale censura avrebbe giustificato, semmai, il ricorso diretto 
alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. 

Il rilievo della ricorrente � esatto, ma non pu� portare alla cassazione 
della sentenza, perch� la decisione di merito � conforme al diritto 
-e si sorregge sugli esatti argomenti gi� indicati. 

L'affermazione esuberante e non necessaria ai fini della pronuncia 
va considerata come non esistente, in forza dell'ius corrigendi ricono.
sciuto alla Corte di Cassazione dal secondo comma dell'art. 384 c.p.c. 

-CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 gennaio 19-6.6, n. 44 -Pres. Pece Est. 
Arienzo -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Masi) c. Laurent ed altri (avv. Romanelli). 

1mposta di registro -Agevolazioni per gli atti di assegnazione di beni 
a soci da parte di societ� immobiliari -Nozione di societ� immobiliare 
secondo la legge 18 ottobre 1955 n. 930. 

(L. 18 ottobre 1955 n. 930, art. unico; 1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 30). 
A norma dell'articolo unico della legge 18 ottobre 1955, n. 930, 
-ed ai fini delle agevolazioni fiscali ivi previste (anche con proroga del 
termine di applicacabilitd dei benefici previsti dall'art. 30 della legge 
6 agosto 1954, n. 603) devono intendersi societ� immobiliari anche 
quelle che abbiano proceduto, nel periodo edittale, alla costruzione di 
fabbricati, su aree a tal fine acquistate, quando la relativa attivit� sia 
da ritenere diretta alla costituzione del patrimonio sociale e sia escluso 
-ogni intento speculativo (1). 

(1) La legge 18 ottobre 1955, n. 930 definisce societ� immobiliari, per 
i fini da essa previsti (estensione e proroga di agevolazioni fiscali) le societ� 
che negli ultimi cinque esercizi (anteriori all'entrata in vigore della legge 
.medesima) �abbiano svolto una attivit� limitata esclusivamente alla propriet� 
ed alla gestione di beni immobili, anche se nell'atto costit:utivo siano 
.state previste operazioni di commercio�, E poich� � chiaro, cosi, che non 
si vollero comprendere nella previsione normativa le societ� che avessero 
.svolto attivit� commerciale, nel periodo considerato, del tutto corretto � da 
ritenere il criterio discretivo di base assunto dalla Cassazione, secondo cui 
l'attivit�, non ostativa ai fini dei benefici fiscali, era soltanto quella a carattere 
non speculativo. 
Riserve debbono esprimersi, invece, quanto all'ulteriore specificazione 
-di cui alla sentenza in nota, la quale fa posto, per l'individuazione di quel 
�carattere, ad un elemento finalistico soggettivo, cos� considerando, con riguardo 
all'ipotesi di costruzione di fabbricati su aree a tale scopo acquistate, 
.che la relativa attivit� pu� anche essere attinente alla semplice �propriet� 



170 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 

La ricorrente amministrazione, sotto il profilo della violazione e 
falsa applicazione dell'art. 30 legge 6 agosto 1954, n. 603 e dell'articolo 
unico della legge 18 ottobre 1955, n. 930, e dell'omessa e contraddit
�:&

.-:-;

toria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver erronea


~ 
mente interpretato la norma che concede l'agevolazione fiscale di cui ���:� ~ 
si discute e per avere disatteso il convincimento del Tribunale, secondo 
cui la societ� non si era limitata alla gestione dei propri beni ma 
aveva svolto attivit� commerciale mediante atti intesi alla produzione 
di nuovi beni. 
Stante la dizione della norma agevolatrice, afferma la ricorrente, 
la societ� deve essere formalmente commerciale e non aver, in concreto, 
compiuto atti di commercio. E, anche ad ammettere che il primo 
acquisto di immobili diretto alla costituzione di un patrimonio sociale 
non faccia venir meno il beneficio dell'agevolazione tributaria, non 
pu� configurarsi tale la costruzione di un grosso edificio mediante 
ricorso a finanziamenti, trattandosi di tipica attivit� imprenditoriale di 
costruzione. 
La doglianza � infondata. 
L'applicabilit� o meno al caso concreto dell'agevolazione fiscale di 
registrare a tassa fissa gli atti di assegnazione ai soci, secondo le singole 
quote, dell'immobile sociale, postula l'accertamento della natura 
immobiliare o meno della societ� Dora Valdocco secondo la nozione 
contenuta nella legge 18 ottobre 1955, n. 930. L'articolo unico di detta 
legge dispone che, ai fini perseguiti, si debbano intendere per societ� 
immobiliari quelle che, nei cinque esercizi chiusi anteriormente all'entrata 
in vigore della legge, abbiano svolto un'attivit� limitata esclusivamente 
�alla propriet� e alla gestione di beni immobili �, anche se 
nell'atto costitutivo siano state previste operazioni di commercio. 
La sentenza impugnata, pervenendo a conclusioni opposte, ha disatteso 
il convincimento del primo giudice che aveva ravvisato, nell'acquisto 
di un'area fabbricabile e nella successiva costruzione di un fabbricato, 
una attivit� dinamica di natura commerciale in contrasto con 
quella statica diretta soltanto alla gestione del patrimonio. Ha ritenuto 
la Corte che il criterio di identificazione della mera attivit� di gestione 

e gestione ., e perci� non speculativa, quando sia volta alla costituzione o 
all'incremento del patrimonio sociale e non al fine della rivendita a terzi. 

Alla individuazione della natura dell'attivit�, invero, dovrebbe procedersi 
con criteri obiettivi ed univoci, e perci� un'attivit� diretta alla 
produzione di beni, quale indubbiamente � anche quella, tipicamente dina-� 
mica ed imprenditoriale, volta alla realizzazione di 'Opere edilizie, dovrebbe� 
sempre ritenersi ostativa ai fini di cui si tratta. 

Per altro, una discriminazione in funzione del fine -di incremento 
del patrimonio o di rivendita -si presenta in contrasto con la stessa ratio� 
legislativa, nella specie ravvisabile (come emerge dal coordinamento delle 
disposizioni della legge n. 930 del 1955 con quelle della legge n. 603 del 
1954) nell'intento di agevolare lo scioglimento delle sole societ�, che non. 
avessero svolto, nel periodo edittale, un'attivit� produttiva, limitandosi 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 171 

si debba cogliere nella mancanza di finalit� speculative e che costituisca 
appunto atto di gestione di propriet� immobiliare, il quale caratterizza 
le societ� come immobiliari, l'acquisto di beni non destinati 
allo scambio. A conforto di tale assunto ha richiamato la costante interpretazione 
della stessa amministrazione finanziaria, la quale ha inteso 
il concetto di gestione �in senso piuttosto lato�, si da comprendervi 
atti che abbiano determinato variazioni nella consistenza patrimoniale 
(circolare 1� dicembre 1955, n. 352750) e ha precisato, inoltre, che il 
beneficio fiscale non possa negarsi nel caso che vi siano stati trasferimenti 
dei titoli azionari della societ� immobiliare dai soci a terzi 
(circolare 21 marzo 1956, n. 350540) ovvero nel caso che finanziamenti, 
provenienti da fonti esterne nel quinquennio di riferimento, abbiano 
avuto per scopo il primo acquisto di immobili diretto alla costituzione 
di quel patrimonio immobiliare rappresentante il necessario presupposto 
per lo svolgimento dell'attivit� di gestione (circolare 21 marzo 
1956, n. 350540). La sentenza impugnata ha, quindi, concluso, con 
accertamento di merito aderente al caso concreto, che gli avvenuti 
trasferimenti delle quote e l'unicit� dell'acquisto, con relativa costruzione, 
di un solo edificio, erano diretti alla costituzione del patrimonio 
da gestire, con esclusione di ogni intento speculativo. 

Le conclusioni della sentenza impugnata, conformi alla interpretazione 
data alla norma anche in sede amministrativa, resistono alle 
censure della ricorrente, la quale sostanzialmente non contesta che il 
primo acquisto di beni immobili, destinati non ad attivit� speculative 
di commercio bensi alla costituzione del patrimonio sociale, non privi 
la societ� immobiliare del beneficio fiscale. 

Su questa esatta premessa di diritto, la successiva indagine della 
sentenza impugnata, circa l'unicit� dell'operazione compiuta dalla So~
iet� Dora Valdocco, di acquisto del terreno in funzione della costru\
one da eseguirsi per la costituzione del patrimonio sociale, attiene 
valutazione del merito ed � sottratto al sindacato di legittimit� attesa 
~gicit� della congrua motivazione. L'acquisto di un'area fabbrica~
ulla quale successivamente venga costruito dalla societ� acqui'
m immobile sociale, � funzionalmente diretto alla costruzione e 

~.i'attivit� statica, di semplice godimento ed amministrazione dei beni: 
..,.:1diment'O ed amministrazione, del resto, che devono appunto .ritenersi 
corrispondenti alla attivit� di �propriet� e gestione� enunciata nel testo 
della legge, come la stessa Corte Suprema, in riferimento a simili espressioni 
adoperate altra volta dal legislatore, per definire ugualmente le 
societ� immobiliari (t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 78), ha avuto di recente 
occasione di riconoscere, anzi puntualizzando che quella endiadi esprime i 
ooncetti � della conservazione della propriet� immobiliare e della gestione 
di essa... � (Cass., 14 gennaio 1965, n. 70, Soc. Ed. Centrale-Finanze, in 
questa Rassegna, 1965, I, 769, con nota di ANGELINI RoTA), e cio� concetti, 
dovrebbe conseguentemente ritenersi, nei quali non potrebbero rientrare 
le attivit� di incremento del patrimonio, e tanto meno quelle non di mero 
acquisto di altri beni, ma di diretta produzione, oon relativi rischi di 
impresa, degli stessi. 



172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tutta l'attivit� deve essere unitariamente considerata con riguardo alle 
finalit� di commercio, nel caso di rivendita per fini speculativi, o, nel 
caso opposto, di costituzione del patrimonio sociale da gestire. Ordunque, 
essendosi nel caso concreto verificata la seconda ipotesi, confermata, 
inoltre, dalla destinazione del patrimonio sociale ai soci, titolari delle 
quote azionarie, mediante proporzionale assegnazione dei beni, la So


ciet� Dora Valdocco e, per essa, i soci dovevano godere dell'agevola


zione tributaria, di cui alla legge n. 930 del 1955, registrando gli atti 

di assegnazione a tassa fissa. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 148 -Pres. Favara 
-Est. Gambogi -P. M. Trotta (conf.) -Falconi (avv. Piccarozzi) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Accertamento -Avviso 
di accertamento -Natura nel sistema anteriore alla legge 5 gennaio 
1956 n. 1 -Poteri di accertamento delle Commissioni Distrettuali 
-Soppressione -Conseguenze in ordine alla natura dell'avviso. 


(1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 1, e segg.; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 31 e 
segg.: t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 43; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 39). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Avviso di accertamento 
-Legge 5 gennaio 1956 n.1 -Motivazione analitica -Necessit� Sistema 
precedente -Superfluit�. 

(1. 5 gennaio 1956, n. 1; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 37; t. u. 24 agosto 
1877, n. 4021; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 39). 
Imposte e tasse in genere -Imposte Dirette -Avviso di accertamento Legge 
5 gennaio 1956 n. 1 -Necessit� della motivazione -Retroat


tivit� -Insussistenza. 

(l. 5 gennaio 1956, n. 1; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 37). 
In materia di imposte dirette gli artt. 1 e segg. della legge 5 gennaio 
1956, n. 1, trasfusi negli artt. 31 e segg. del t.u. 29 gennaio 1958, 

n. 645, hanno apportato un radicale mutamento al sistema di accertamento 
preesistente alla istituzione della dichiarazione unica dei redditi, 
in quanto hanno soppresso la facolt� delle Commissioni distrettuali 
delle imposte, prevista dagli artt. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 e 
39 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, di aumentm�e i redditi accertati dall'Ufficio. 
Pertanto, l'accertamento tributario delle imposte dirette si � 
trasformato da un atto introduttivo (suscettibile di successiva variazione) 
del giudizio di valutazione, in un presupposto che fissa irrevocabilmente 
il quantum e la specificazione dei redditi imponibili, salva la 
I 

1 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 173 

possibilit� di altro accertamento integrativo ai sensi dell'art. 35 del t.u. 
645 del 1958 (1). 

In base all'art. 1 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (art. 37 del t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645) l'avviso di accertamento deve contenere, a 
pena di nullit�, una analitica motivazione la quale, nel sistema precedente 
all'entrata in vigore della legge, poteva considerarsi superfiua, 
in considerazione del fatto che era prevista la facolt� delle Commissioni 
distrettuaU, ora soppressa, di aumentare i redditi accertati (2). 

Il principio legislativo che impone la motivazione analitica dell'avviso 
di accertamento non ha efficacia retroattiva, sicch� esso non 
trova applicazione in riferimento agli accertamenti effettuati prima 
dell'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1, anche se soltanto 
successivamente sono pronunciate le relative decisioni delle Commissioni 
distrettuali (3). 

(Omissis). 

� noto che, per quanto concerne i requisiti di validit� dell'accertamento 
fiscale in materia di imposte dirette gli artt. 1 e segg. della 
legge 5 gennaio 1956, n. 1, successivamente trasfusi negli artt. 31 e 
segg. del t.u. 2�9 gennaio 1958, n. 6�45, hanno apportato al sistema precedente 
alla istituzione della dichiarazione unica dei redditi un radicale 
mutamento, essendo stata soppressa quella facolt� di aumentare i red


(1-3) Osservazioni sulla natura giuridica e sulla funzione dell'avviso di 
accertamento. 

1. Con la sentenza in rassegna la Cassazione, al fine di risolvere il 
problema di diritto transitorio concernente i requisiti di validit� degli 
avvisi di accertamento notificati prima dell'entrata in vigore della legge 
5 gennaio 1956, n. 1, ed in relazione ai quali le relative pronunce delle 
Commissioni tributarie, in sede di opposizione proposta dal contribuente, 
siano di data posteriore, ha posto in rilievo, per quanto concerne le imposte 
dirette, il mutamento di disciplina giuridica dell'accertamento tributario 
in conseguenza dell'entrata in vigore della citata legge poi trasfusa 
nel t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. 
Gli artt. 31 e segg. del t.u. n. 645 del 1958 (artt. 1 e segg. della legge 
5 gennaio 1956, n. 1) hanno, infatti, soppressa la facolt� di diretto accertamento 
delle Commissioni distrettuali p1revista dagli artt. 43 del t.u. 24 agosto 
1877, n. 4021 e 39 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 ed hanno demandato 
agli uffici finanziari, in via esclusiva,, di procedere in maniera autorita�� 
tiva o mediante accordo con il contribuente alla rettifica degli imponibili 
dichiarati e all'accertamento di quelli omessi. Il relativo avviso di accertamento, 
con il quale l'Amministrazione � tenuta a comunicare al contribuente 
i risultati del controllo eseguito e le sue valutazioni della base 
imponibile, deve essere motivato (art. 37 t.u. 1958, n. 645), a pena di nullit� 
deducibile entro breve termine dal contribuente nel rkorso alla commissione 
di primo grado, con indicazione analitica delle fonti produttive 
e degli elementi in base ai quali viene determinato l'imponibile stesso, 
mediante espresso riferimento alla dichiarazione del contribuente, se presentata. 


Dalle norme innanzi indicate, le quali hanno apportato un effettivo 
e radicale mutamento al sistema precedente alla dichiarazione unica dei 
redditi, la Suprema Corte ha ritenuto di poter trarre l'illazione, avente 
rilievo esclusivamente teorico e che riecheggia note teorie del BERLmI, 
che l'accertamento di ufficio si � trasformato, da un mero atto introdut




174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diti accertati dall'Ufficio delle Imposte che l'art. 43 del t.u. n. 4021 del 
1877 riservava alle Commissioni distrettuali per le imposte dirette, con 
disposizione confermata (sia pure con un limite temporale) dall'art. 39 
del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, ed essendosi, quindi, trasformato 
l'accertamento di ufficio da un mero atto introduttivo, suscettibile di 
successiva variazione, in un presupposto che irrevocabilmente fissa 

(salva la possibilit� di altro accertamento integrativo ai sensi dell'art. 35 
del t.u. 645 del 1958, per il quale valgono, naturalmente, gli stessi principi) 
il quantum e la specificazione dei cespiti imponibili per quanto 
concerne la pretesa dell'ufficio. 

Coerentemente a tale nuova natura dell'accertamento, l'art. 1 della 
legge 5 gennaio 1956, n. 1 (art. 37 del t.u. del 1958) richiede, a pena di 
nullit�, l'analitica motivazione dell'avviso di accertamento; analitica 
motivazione del tutto superflua, o quanto meno priva di sostanziale 
importanza, nel precedente sistema, in cui quella che si potrebbe definire 
la contestatio litis del procedimento fiscal~ si verificava nel giudizio 

tivo del .giudizio di valutazione, in un presupposto che fissa irrevocabilmente 
il quantum e la specificazione del cespiti imponibili. 
Tale affermazione offre lo spunto per alcune brevi osservazioni sulla 
natura giuridica e sulla funzione deH'avviso di accertamento considerato 

I

come un atto del complesso procedimento volto all'accertamento dell'imposta. 
In tale indagine, � bene subito precisare, si prescinde in maniera 

i

assoluta dalla dibattuta questione circa la natura dell'accertamento tributario, 
cio� la sua efficacia dichiarativa o costitutiva (1). Si intende soltanto, 
invece, portare l'esame specificamente sull'avviso di accertamento e sul 

I 

problema della sua natura giuridica. 

II

2. L'indagine sulla natura giuridica dell'avviso di accertamento appare 
di attualit� in relazione al fatto che, ancora una volta, � stata sostenuta 
I 
,

in dottrina (2) l'opinione secondo la quale l'accertamento del presupposto 
costituirebbe una mera operazione logica per giungere alla liquidazione 
del tributo, al pari ad esempio dell'accertamento della causa di un atto 
amministrativo. 

N� prima, n� tantomeno dopo la liquidazione del tributo, tale accertamento 
avrebbe una vita propria, costituirebbe cio� un atto giuridico di 
per s� stante, capace, come tale, di effetti giuridici propri, giacch� l'unico 

atto rilevante sarebbe 1'� atto di imposizione �. Il BERLmI (3) distingue a 
tal fine l'avviso di accertamento, inteso come l'atto con il quale l'Amministrazione 
porta a conoscenza dell'interessato la individuazione da essa 
compiuta degli elementi da porre a base dell'imposizione, tanto dall'ac
�certamento definitivo, con il quale si determinano appunto in via definitiva 
gli elementi contestati al contribuente con l'avviso, quanto dall'accer


Iteamento come situazione giuridica nascente dall'atto definitivo, definita 
come �cosa accertata�. Per ci� che attiene al primo di tali momenti, cio� 
all'avviso di accertamento, oggetto specifico di queste brevi osservazioni, il 
BERLmI ritiene che esso, lungi dal porsi come atto autonomo del proce


(1) Sul problema, in vario senso: GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto tributario, 
Milano 1960, 143 e segg.; id. Rapporto giuridico d'imposta, Milano 1937, 229~ TEsoao, 
Principi di diritto tributario, Bari 1938, 180, e segg.; PUGLIESE, Istituzioni di diritto 
.finanziario, Padova 1937, 130; ALLORIO, Diritto processuale tributario, Torino 1962, 
60 e segg.; CocivERA, Accertamento tributario, Enc. del dir., Milano 1958, I; BERLIRI,' 
Processo amministrativo tributario, Reggio Emilia 1940, I, 115; id. Principi di diritto 
�tributario, vol. Ill, L'accertamento, Mlano 1964. 
(2) BEBLIRI, Principi di diritto tributario, vol. Ili, L'accertamento, Milano 1964. 
(3) Op, ult. cit., 29. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 175 

dinanzi alla Commissione distrettuale, anche indipendentemente dal 
precedente avviso di accertamento. 
Nella specie, pertanto, sorge una questione di diritto transitorio, 

perch� l'avviso di accertamento fu notificato nel dicembre 195.3, quando 
il sistema poi instaurato dalla legge n. 1 del 1956 ancora non vigeva. 
Ma trattasi di questione di breve momento, perch� sia che si consideri 
la natura processuale dell'avviso di accertamento, che introduce, appunto, 
il procedimento fiscale, sia che si inquadri la questione stessa 
dal punto di vista della forma prevista a pena di nullit� per questo atto, 
la conclusione pu� esere una sola: l'applicazione del principio tempus 
regit actum che regola gli atti processuali e i requisiti di forma di 
qualsiasi atto giuridico. 

dimento, avente propria autonomia funzionale, costituisca una semplice 
proposta dell'Amministrazione finanziaria diretta al contribuente ed avente 
lo scopo di sollecitare quest'ultimo ad aderire all'accertamento dell'Ufficio, 
in quanto giammai l'Ufficio stesso potrebbe procedere, con i suoi poteri 
autoritativi, ad un accertamento unilaterale che prescinda dal consenso 
del contribuente. In tal modo la mancata opposizione del contribuente 
avrebbe il valore di assenso all'operato dell'Ufficio, mentre in presenza 
di una opposizione verrebbe ad instaurarsi il procedimento giurisdizionale, 
il quale costituirebbe l'unica alternativa alla soluzione consensuale mediante 
concordato, e, d'altra parte, alla mancata opposizione del contribuente 
dovrebbe attribuirsi il valore di adesione implicita all'operato del1'
Amministrazione finanziaria. 

In siffatta visione del fenomeno l'avviso di accertamento, inteso come 
proposta dell'Amministrazione al contribuente, verrebbe ad assumere la 
natura dell'atto iniziale del procedimento avente ad oggetto la valutazione 
della base imponibile. 

L'annotata sentenza, peraltro, senza nessuna pretesa di inquadramento 

'9rico del problema e piuttosto come un'affermazione di carattere mera


v.te incidentale, sembra implicitamente riferirsi a tale teoria allorch� 

''\fica l'avviso di accertamento, sia pure con esclusivo riferimento alla 

\Una precedente alla legge 5 gennaio 1956, n. 1, come un atto intro


\ di un procedimento, suscettibile di successiva variazione. 

'l,uesta Ra~seg'f!'U {4).l'op~ni<;me. de,l BERLmI, esaminata n~l}e su~ 

�one ed 1mphcaz1om prmc1pal1, e stata sottoposta a critica. S1 

\fatti, in evidenza che non � assolutamente accettabile la quali


il'avviso di accertamento come semplice proposta con la quale 

vidua e comunica gli elementi concernenti il presupposto di 

__.fe nemmeno pu� condividersi l'affermazione che la mancata 

AOne del contribuente costituisca un'accettazione tacita dell'accer


.di.to operato dall'Ufficio. 

In realt� non sembra potersi negare, particolarmente sulla base della 
nuova disciplina dettata dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, una autonoma 
rilevanza giuridica all'avviso di accertamento inteso come atto autoritativo 
con il quale l'Amministrazione fissa una situazione giuridicamente 
rilevante del tl'apporto d'imposta. 

Con tale atto l'Amministrazione puntualizza in maniera autoritativa 
un momento del complesso procedimento di accertamento dell'imposta 
non soltanto identificando il soggetto passivo del rapporto, ma principalmente 
determinando e qualificando i cespiti imponibili e l'ammontare 
della base sulla quale dovr� essere commisurato il tasso d'imposta. 

La sua autonomia trova decisiva conferma nel fatto che � concesso al 

.contribuente la possibilit� di proporre un'impugnativa avverso l'avviso din


(4) FANELLI, Recensione a BERLIRI, op, ult. cit., Rass. Avv. Stato 1964, II, 193. 

176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Conseguentemente il principio legislativo che impone la motivazione 
analitica dell'avviso di accertamento non pu� avere efficacia retroattiva 
ed essere applicato all'accertamento de quo, notificato, ripetesi, 
nel 1953. Vero � che il giudizio dinanzi alla Commissione distrettuale 
si svolse poi, dopo ben sei anni, nel 1959, quando gi� erano entrate in 

vigore sia la legge n. 1 del 1956 che il t.u. del 1958, e che, quindi, pi� 
non sussisteva, in tale momento, quel potere di nuovo accertamento da 
parte della commissione di prima istanza che rendeva, come si � premesso, 
non essenziale la specificazione motivata dell'avviso di accertamento. 
Ma questo rilievo non pu� influire sulla applicabilit� alla specie 
del principio tempus regit actum; se i successivi mutamenti legislativi 
diretti non possono caducare l'atto processuale o l'atto formale 

nanzi alle competenti Commissioni tributarie (5), nell'esigenza legislativa-� 
mente sancita della necessaria analitica motivazione, la cui mancanza ne 
determina l'invalidit� deducibile ad istanza del contribuente medesimo 
entro un termine di decadenza, e nella definitivit� �ed inoppugnabilit�, in. 
relazione all'inutile decorso dei termini d'impugnativa, le quali caratterizzano 
l'avviso al pari degli altri atti amministrativi autoritativi. Le indicate 
caratteristiche strutturali �e funzionali dell'avviso di accertamento mal 
si conciliano con la sua asserita natura di semplice proposta la quale non 
potrebbe giammai essere considerata come atto autoritativo, bens� soltanto i::�

I 

come atto paritetico della Pubblica Amministrazione. � noto, d'altra parte, 
che gli elementi della inoppugnabilit� per decorso dei termini di decadenza ' 
per l'impugnativa, dell'annullabilit� da parte di appositi organi giurisdi-. 

l

zionali e della necessit�, a pena di nullit�, di una analitica motivazione, 
non possono considerarsi come caratterizzanti gli atti c.d. paritetici delle� 

p. A., ma soltanto gli atti amministrativi in senso tecnico, emanati cio�� 
nell'esercizio di una pubblica funzione e ai quali consegue l'efficacia pro' 
. 

pria degli atti amministrativi (presunzione di legittimit� ed esecutoriet�) 
fino a quando non siano annullati dagli organi giurisdizionali competenti. 

Data la sua rilevanza esterna e la produttivit� di effetti giuridici che 

Igli � propria, l'avviso di accertamento ha carattere di atto recettizio" 
giacch� � destinato a rendere il contribuente legalmente edotto del valore 
che l'Amministrazione autoritativamente attribuisce ai cespiti tassabili (6)~ 

I

Sembra, quindi, che all'avviso di accertamento debba riconoscersi la 

I f: natura di atto amministrativo in senso tecnico avente ad oggetto l'identificazione 
del soggetto passivo dell'imposta, la specificazione dei cespiti 
da sottoporre ad imposizione e la determinazione quantitativa della base 
imponibile, sulla quale dovr� essere commisurato il tasso d'imposta. 

3. Precisata la natura dlel'avviso di accertamento come atto amministrativo 
e non come semplice proposta dell'Amministrazione al contribuente, 
appare necessario procedere all'inquadramento dell'avviso nelle 
note categorie degli atti amministrativi elaborate dalla dottrina. 
Generalmente l'avviso viene classificato nella categoria degli accertamenti 
amministrativi; dubbi sono sorti soltanto sulla questione se esso 
costituisca un atto di accertamento semplice o di accertamento costitutivo, 
e ci� in quanto si � attribuita all'avviso la stessa natura riconosciuta 
all'atto finale del procedimento amministrativo di accertamento tributario, 

(5) �Il rico~so tempestivo alla Commissione di prima istanza � l'unico rime-.. 
dio per impugnare l'accertamento dell'Ufficio impositore ed impedire la definitivit� 
del reddito accertato� (Cass. 20 ottobre 1965 n. 2155). 
(6) Sulla natura della comunicazione dell'avviso come � operazione amministrativa 
�� vedesi Cass. 15 luglio 1965, n. 1537, in questa Rassegna 1965, 1046, con. 
nota redazionale adesiva. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 177 

posti in essere secondo i canoni della legge precedente, anche se detti 
atti debbano spiegare efficacia sotto il nuovo regime legislativo, a maggiore 
ragione sar�, a tale effetto, irrilevante la novatio legis che riguardi 
soltanto un presupposto logico della cessata regolamentazione legislativa 
dell'atto processuale o formale; e cio�, nella specie, il potere diretto 
di accertamento conferito alla commissione di prima istanza. 

Del resto, il vero presupposto logico della relativa libert� di forma 

e di sostanza che, nel sistema precedente a quello della dichiarazione 
unca dei redditi, vigeva per l'avviso di accertamento di ufficio, doveva 
ravvisarsi nella possibilitd di difesa concessa per altra via al contribuente 
contro la contestazione di cespiti o redditi non contenuta o 
specificata in detto avviso. 

Il meno rigido e formale sistema, infatti, consentiva codesta possibilit�, 
e nella specie il Falconi pienamente la ebbe, secondo quanto 
rileva la decisione impugnata, perch� subito dopo l'avviso di accertamento, 
fu verbalmente informato dall'ufficio che tra i cespiti non specificati 
rientravano i beni della moglie ed il denaro presunto. 

Tale considerazione circa l'esistenza di specifica possibilit� di difesa 
era quindi quella che contava nella specie; e poich�, ripetesi, essa 
si rinviene, sia pure in forma concisa, nella decisione impugnata, viene 

senza tener conto del fatto che esso rappresenta soltanto un momento, e 
non certo quello finale, sia pure dotato di autonomia funzionale e di efficacia 
autoritativa esterna, del complesso procedimento volto all'accertamento 
dei tributi. 

Il problema quindi della classificazione dell'atto in questione nell'ambito 
degli atti amimnistrativi non � influenzato, a nostro avviso, da quello 
diverso che concerne la natura, dichiarativa o costitutiva del rapporto di 
imposta, dell'accertamento tributario nel suo complesso. 

Sgombrato cosi il campo da tale possibile equivoco, va precisato che 
non sembra possa farsi rientrare l'avviso di accertamento nella categoria 
degli atti amministrativi di accertamento in senso stretto. 

La pi� recente dottrina, sia con riferimento al problema dell'accertamento 
nella teoria generale del diritto (7), sia pi� specificamente per quanto 
attiene agli atti amministrativi (8), ha chiarito che i fatti e gli atti di 
accertamento, oltre a comportare come minimo irriducibile una dichiarazione 
di scienza (pur potendo contenere per� un ulteriore elemento 
volitivo), sono caxatterizzati dalla loro efficacia preclusiva e dalla funzione 
diretta alla eliminazione di un possibile conflitto di apprezzamenti 
intorno ad una realt� giuridica precedente che presenti obbiettivi caratteri 
di incertezza. Intesa in tal modo la categoria degli atti e fatti di accertamento, 
quelli che generalmente sono ritenuti tali, in realt� non lo sono, 
in quanto rientrano nella categoria degli atti e fatti di certazione � nei 
quali ha rilievo pi� che il processo intellettuale dell'accertamento, nel senso 
pregiuridico di acclaramento dei fatti -nelle varie pi� precise forme che 
esso pu� assumere -il fine di determinare una realt� giuridica per l'innanzi 
non esistente � (9). 

Cosi precisata la nozione degli atti di certazione, consegue che essi 
non sono diretti, come gli atti di accertamento, ad eliminare, con efficacia 

(7) FALZEA, Accertamento (teoria generale), Enc. det dir. Milano 1958, I, 205. 
(8) GIANNINI M. S., Accertamento (diritto costituzionale e amministrativo). 
Enc. det dir., Milano 1958, I, 219 e segg. 
(9) GIANNINI M. s., op. toc. cit. 

178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cosi meno ogni fondamento anche alla censura di omessa pronunzia su 

di un punto decisivo, mossa con l'ultima parte del mezzo. 

� poi appena il caso di osservare che se anche alla presente con


troversia si volesse in via di ipotesi applicare il nuovo regime legisla


tivo in tema di nullit� dell'avviso di accertamento, bisognerebbe allora, 

ovviamente, applicare integralmente l'art. 37 del t.u. del 1958, che 

prevede la decadenza dal diritto di eccepire tale nullit� se l'eccezione 

non venga proposta �nel ricorso alla commissione di primo grado �; 

il che non fu fatto nella fattispecie, perch� lo stesso ricorrente rico


nosce di aver sollevato la questione di nullit� solo in sede di discus


sione orale dinanzi alla commissione; fatto questo che non soddisfa, 

evidentemente, il voto di legge. Il primo mezzo di ricorso deve essere 

quindi, comunque riguardato, respinto. (Omissis). 

preclusiva, preesistenti incertezze, ma hanno la funzione di porre delle 
statuizioni nuove che producano mutamenti nella realt� giuridica. 

Il loro effetto non � quindi di carattere preclusivo, ma � qualificatorio �, 
cio� a dire di creazione di modi di essere della realt� giuridica per fini 
rilevanti per il diritto. 

L'atto di certazione pu�, pertanto, definirsi come l'atto della p. A. 
che nel mondo del diritto opera una qualificazione giuridica della realt� 
preesistente. 

In relazione aUa sua natura ed alla sua funzione, appare sterile la 
polemica imperniata sulla dicotomia efficacia dichiarativa-efficacia costitutiva, 
giacch� l'effetto tipico dell'atto di certazione � quello di far assumere 
ad una certa realt� una qualificazione giuridica (effetto qualificatorio). 

Ci sembra, facendo applicazione dei concetti innanzi precisati, che, 
data la funzione dell'avviso di accertamento nell'ambito del procedimento 
di accertamento tributario, possa ad esso riconoscersi la ulteriore qualifica 
di atto di certazione mediante il quale l'Amministrazione finanziaria puntualizza 
un dato di fatto rilevante ai fini della tassazione identificando il 
contribuente, identificando e qualificando il cespite tassabile, e quantificando 
la base imponibile per la successiva applicazione del tasso d'imposta. 

Data la sua incidenza nel procedimento complesso diretto all'accertamento 
del tributo, esso assume un carattere neutro, non potendo ritenersi 
dotato n� di efficacia dichirativa n� di efficacia costitutiva del rapporto 
d'imposta, e consiste in una esplicazione del pubblico potere diretta 
alla puntualizzazione, ai fini dell'imposizione, ,di una certa realt� nel mondo 
del diritto; puntualizzazione operata in via autoritativa ed unilaterale 
attraverso un'attivit� formalmente e sostanzialmente amministrativa. 

Non sembrano in contrasto con siffatta qualificazione le caratteristiche, 
pi� sopra messe in rilievo, dell'avviso di accertamento (autoritativit�, presunzione 
di legittimit�, inoppugnabilit� per decorso dei termini di impugnativa) 
giacch� esse non contrastano con la natura di atto di certazione 
volto, nella specie, autoritativamente, alla determinazione qualitativa e 
quantitativa di uno degli elementi incidenti nel procedimento amministrativo 
di accertamento tributario. 

Nella categoria, infine, delle certazioni di conoscenza e delle certazioni 
di scienza, ci sembra che l'avviso di accertamento debba farsi rientrare 
nell'ambito delle certazioni di scienza, giacch� esso costituisce una manifestazione 
di giudizio avente carattere descrittivo-valutativo, cui consegue 
la sussunzione nella realt� giuridica, ai fini del procedimento di accertamento 
tributario, di dati di fatto preesistenti nella realt� materiale. 

A.QUARANTA 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 179 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 332 -Pres. Pece 
-Est. Saya -P. M. di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Masi) c. Societ� Bombrini Parodi-Delfino (avv. Pieroni). 

Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per intrinseca loro natura le une dalle altre -Nozione -Fattispecie. 


(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). 
Le disposizioni, necessariamente connesse e derivanti per intrinseca 
loro natura le une delle altre, soggette all'imposta di registro per la 
sola disposizione che d� luogo all'imposta pi� grave, ai sensi dell'art. 9 
cpv. del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sono soltanto quelle tra loro 
collegate -e non per mera volont� delle parti, bens� in forza di legge 
-da un nesso di causalit� necessaria ed oggettiva, che le renda elementi 
indispensabili dell'unico rapporto imponibile. Pertanto, � soggetta 
autonomamente all'imposta la fidejussione collegata ad un contratto di 
fornitura, anche se questo sia stipulato con un'Amministrazione dello 
Stato, non sussistendo alcun precetto legislativo che quella garanzia 
imponga, in via generale o rispetto alla pubblica amministrazione (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 496 -Pres. Fibbi 
-Est. Gambogi -P. M. Raja (conf.) -Benedetti (avv. Spartano) c. 
Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). 

Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per intrinseca loro natura le une dalle altre -Nozione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). 
Le disposizioni, necessariamente connesse e derivanti per l'intrinseca 
loro natura le une dalle altre, soggette all'imposta di registro per 
la sola disposizione che d� luogo all'imposta pi� grave, ai sensi dell'art. 
9 cpv. del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sono soltanto quelle tra 
le quali esista -e non per mera volont� delle parti, bens� in forza di 
legge -una concatenazione logica necessaria, tale che esse possano 
essere tutte riassorbite, quali elementi indispensabili, nell'unico rapporto 
giuridico tassabile, restando cos� esclusa dalla previsione normativa 
l'ipotesi di connessione, tra disposizioni contrattuali, che non dipenda 
dall'astratta configurazione giuridica, di ciascuna di esse, bens� dall'impossibilit� 
materiale o addirittura dalla mancanza di convenienza economica 
di una stipulazione distinta ed autonoma (2). 

(1-2) Giurisprudenza consolidata, nei sensi che la connessione tra le 
varie disposizioni deve essere voluta dalla legge ed in termini tali da dar 
luogo ad una concatenazione o compenetrazione di carattere oggettivo, che 



180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

(Omissis). 

Con il primo mezzo la ricorrente Amministrazione delle Finanze 
lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 9 e 53 della legge 
di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) e dell'art. 54 ali. A a detta 
legge in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. per avere la Corte di merito 
ritenuto non suscettibile di distinta imposizione la fidejussione consentita 
dal Banco di Sicilia perch� connessa al contratto di fornitura intercorso 
tra la societ� resistente e il Polverificio dell'Esercito Fontana 
Liri. 

La censura � fondata. 

Ai sensi dell'art. 9 della legge di registro, se in un atto sono comprese 
pi� disposizioni indipendenti e non derivanti necessariamente le 
une dalle altre, ciascuna � sottoposta a tassazione come se formasse un 

I 

atto distinto, mentre, se esse sono necessariamente connesse e derivanti 
per la loro intrinseca natura le una dalle altre, si procede ad unica 

I

tassazione in base alla disposizione che importa l'imposta pi� grave. 
La norma citata si riferisce al caso di una pluralit� di negozi giuridici 

I 

contenuti nel medesimo documento, in tali sensi dovendosi interpretare 
il termine � disposizioni � da essa usato, giacch�, se si trattasse di pattuizioni 
o clausole concernenti un solo negozio giuridico, sia pure misto, 
l'unicit� della tassazione discenderebbe evidente dai principi generali 
che informano la legge medesima. Ed appunto per il caso considerato 
� stato posto il criterio discretivo fondato su un particolare tipo di con' 
nessione tra i vari negozi giuridici contenuti nello stesso documento, in 
base al quale il negozio, che importa la tassazione pi� grave, esclude 
una distinta tassazione degli altri solo quando questi ultimi, come chiaramente 
discende dalla formula legislativa, debbano in base a una norma 
giuridica e perci� necessariamente essere compiuti insieme al primo. 
Non � quindi sufficiente un qualsiasi rapporto di connessione, ed in 
particolare quello dipendente dalla volont� delle parti, ma � richiesto 
che per legge vi sia tra la pluralit� dei negozi giuridici posti in essere 
un collegamento necessario, cosi da potere essere tutti riassorbiti per 

valga a riassorbire tutte le disposizioni in un unico negozio: cfr., in argomento, 
anche per ampia casistica, la Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 
1956-60, II, 488; cfr., inoltre, la recente Cass., 12 marzo 1965, n. 416, in 
questa Rassegna, 1965, I, 781, con nota di L. CoRREALE. 

Potrebbero lasciare perplessi, peraltro, le ulteriori considerazioni contenute 
nella seconda parte della prima delle sentenze in nota, l� dove, 
osservandosi che una connessione ai sensi dell'art. 9, cpv., della legge del 
registro non pu� ravvisarsi, tra un contratto di fornitura ed una collegata 
fideiussione, e ci� nel rilievo che nessuna norma prevede un tale collegamento 
con carattere di necessit�, n� in via generale n� per contratti stipulati 
con la pubblica amministrazione, potrebbe ritenersi implicitamente 
affermata la possibile ricorrenza di disposizioni non imponibili autonoma



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 181 

la loro intrinseca natura quali elementi indispensabili nell'unico rapporto 
tassabile ai fini dell'imposta di registro (cfr. Cass. 3 ottobre 1958, numero 
3087, 12 marzo 1965, n. 416). Se manca il rilevato nesso di causalit� 
necessaria e obbiettiva, la tassazione dovr� essere operata distintamente 
e separatamente per ogni singolo negozio. posto in essere, a 
nulla rilevando un qualsiasi altro nesso che tra i negozi medesimi possa 
esistere. Di ci� non ha tenuto conto l'impugnata sentenza, la quale 
-sul semplice rilievo che la fidejussione era connessa al negozio fondamentale 
di fornitura; che dava luogo all'impost� maggiore -ha 
ritenuto che essa non era soggetta a distinta imposizione tributaria. 
Mentre era necessario porsi il quesito se insieme alla fornitura, per cui 
era stata corrisposta un'anticipazione del prezzo -secondo la qualificazione 
del rapporto che � stata data dalla Corte di merito e che rimane 
ferma -, doveva necessariamente coesistere per legge una garanzia 
da parte del somministrante per l'eventualit� della mancata esecuzione 
del contratto, quesito che andava intuitivamente risolto in senso negativo, 
non sussistendo alcun precetto legislativo che tale garenzia imponga 
n� in via generale n� rispetto alla Pubblica Amministrazione. 
Sicch� non era dubbio che nella specie la fidejussione doveva distintamente 
essere tassata a norma dell'art. 53 della legge di registro e dell'art. 
54 della Tariffa all. A a detta legge, risultando pertanto destituita 
di giuridico fondamento su tale punto l'opposizione proposta dalla 

societ� Bombrini Parodi-Delfino. 

II 

(Omissis). 

Con l'unico motivo di ricorso il Benedetti denunzia la violazione 
degli artt. 8 e 9 della legge organica del registro, la falsa applicazione 
degli artt. 7 e 52 della stessa legge, la difettosa ed erronea motivazione, 
lamentando che la sentenza impugnata abbia erroneamente valutato la 
fattispecie, non tenendo conto del fatto che la concessione del terreno 
ad uso di sfalcio d'erba e pascolo si trovava collegata con i lavori di 
sistemazione agraria del terreno stesso non solo da un vincolo sog


mente nel caso che un collegamento tra i due negozi, ed eventualmente 

anche soltanto per particolari ipotesi, sia dalla legge voluto. 

Tale conclusione, per vero, non sarebbe accettabile, poich�, come del 

resto � ribadito nella stessa sentenza in esame, � richiesto non soltanto 

che la connessione sia imposta dalla legge, ma anche che essa sia tale, e 

sempre per volont� legislativa, che le varie disposizioni rappresentino gli 

� elementi indispensabili dell'unico rapporto tassabile ., e cio�, in definitiva, 
che si tratti di disposizioni che non siano concepibili per una propria 
autonoma funzione, restando cos� da qualificare come indipendenti, e perci� 
separatamente soggette al tributo, � tutte le disposizioni che non rientrano 
nel paradigma normale dell'atto� (GuGLIELMI e AzzARITI, Le imposte di 

182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gettivo, e cio� voluto dalla libera scelta delle parti, ma anche da un 
vincolo obiettivo, costituito dalla dipendenza causale tra sfalcio d'erba, 
pascolo e lavori di sistemazione. 

In proposito va ricordato che la giurisprudenza di questa Suprema 
Corte ha affermato ripetutamente che, agli effetti previsti dall'art. 9 
della legge di registro, la ipotesi delle � disposizioni necessariamente 
connesse e derivanti, per l'intrinseca loro natura, le une dalle altre � 
si verifica solo allorquando tra dette disposizioni esista, in forza della 
legge e non per mera volont� delle parti, uria concatenazione logica 
necessaria, cosi da poter essere tutte riassorbite, per la loro intrinseca 
natura, quali elementi indispensabili, nell'unico rapporto giuridico tassabile 
ai fini del registro (da ultimo, sentenze n. 3087 del 3 ottobre 1958, 

n. 1520 del 9 maggio 1956). Basta il richiamo di tale consolidata giurisprudenza 
per dimostrare che nella ipotesi da essa configurata non pu� 
rientrare il caso di una connessione tra disposizioni contrattuali che 
dipenda non gi� dalla astratta configurazione giuridica di ciascuna di 
esse, bensi dalla impossibilit� materiale, o, addirittura, dalla mancanza 
di convenienza economica di una stipulazione distinta ed autonoma 
delle due convenzioni. Ora, nella specie, proprio questo il ricorrente 
I,

deduce: e cio� la impossibilit� materiale di concedere lo sfalcio ed il 
pascolo sui terreni senza che il concessionario si assumesse contemporaneamente 
l'obbligo di sistemare i terreni, � date le condizioni in cui . 
erano ridotti i campi di volo �. Tale impossibilit� materiale, anche se 
in realt� fosse stata rigorosamente obiettiva, e cio� dovuta a necessit� 

.

contingenti assolute e non alla semplice considerazione degli interessi 

Ijeconomici delle parti, non potrebbe mai assimilarsi, agli effetti di cui � 
causa, a quella impossibilit� giuridica di concepire le due convenzioni 
distinte ed autonome tra di loro che, come si � premesso, la giurispru


I 

denza di questa Corte all'uopo richiede. (Omissis). 

I 

I

registro, Torino, 1959, p. 83), senza alcuna possibilit� di distinguere in 
rapporto alle concrete stipula:ziioni, siano esse poste in essere per volont� 
delle parti ovvero per obbedire ad un particolare precetto, che non riguardi 
la fattispecie normativa tipica. 

E le ragioni di perplessit�, per�, devono ritenersi fugate dalla pi� completa 
enunciazione contenuta nella seconda delle sentenze in rassegna, 
dalla quale, col rilievo che la necessit� della connessione dipenda esclusivamente 
� dalla astratta configurazione giuridica � delle varie disposizioni, 
risulta chiarito che appunto allo schema legale generale deve sempre aversi 
riguardo, e non gi� a concrete situazioni, nelle quali, per avventura, ed 
anche se in dipendenza di particolari disposizioni di legge, pi� negozi, ciascuno 
in via generale autonomamente da considerare per una propria 
rilevanza giuridica, s� trovino ad essere collegati. � 

Sulla questione specifica della fideiussione, che pu� dirsi del resto testualmente 
risolta (art. 53 legge del registro), cfr. Sez. Un., 15 aprile 1937, 

n. 1134 (Foro It., 1938, I. 44). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 183 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 febbraio 1966, n. 537 -Pres. Fibbi 
-Est. Giannattasio -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Varvesi) c. Soc. Ugo Milici (avv. Traverso). 

Imposta di registro -Agevolazioni per l'hlcremento delle costruzioni 
edilizie previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 -Acquisto con 
unico atto di a:i;ea desthlata alla costruzione di una pluralit� di 
edifici -Ultimazione di una parte soltanto degli edifici entro il 
biennio dall'hlizio dei lavori sull'area complessivamente considerata 
-Decadenza dalle agevolazioni -Si verifica. 

(1. 2 luglio 1949 n. 408, art. 14; r. d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 9). 
Nell'ipotesi di acquisto con unico atto di un'area destinata alla costruzione 
di una pluralit� di edifici, � necessario, per l'applicabilit� dei 
benefici di cui all'art. 14 della l. 2 luglio 1949, n. 408, che l'intero complesso 
edilizio venga ultimato entro il biennio dall'inizio dell'attivit� 
costruttiva relativa al terreno unitariamente considerato, cio� entro il 
biennio dall'inizio della prima costruzione, e tanto anche in vista della 
stessa unitariet� ed inscindibilit� del rapporto tributario cui le agevolazioni 
andrebbero riferite (1). 

(Omissis). 

L'Amministrazione ricorrente, con un unico motivo, censura la 
denunciata sentenza lamentando violazione e falsa applicazione degli 
artt. 13 e 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, e dell'art. 9 del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per 
avere ritenuto che, quando l'area edificabile acquistata con unico atto 
sia destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici, per fruire delle 
agevolazioni per l'imposta di registro relativa all'acquisto delle aree, 
di cui alla citata I. n. 408 del 1949, non � necessario che l'intero complesso 
edilizio venga portato a compimento entro il biennio dall'inizio 
dei lavori edificatori, ma basta che ogni singola costruzione sia ultimata 
entro due anni dall'inizio dei relativi lavori; 

(1) Alle conclusioni, di cui alla massima, la Corte Suprema � pervenuta 
attraverso un completo e rigoroso esame dei vari profili della questione, 
che per la prima volta veniva al suo esame. 
La ineccepibile ed esauriente motivazione, non limitata all'indicazione 
delle ragioni essenziali del decidere, ma estesa alla analitica confutazione 
degli argomenti che la Corte del merito aveva ritenuto rilevanti ai fini di 
opposta soluzione (App. Genova, 24 gennaio 1964, Dir. Prat. Trib., 1964, 
II, 337, ove anche Trib. Genova, 10 gennaio 1963, nella stessa causa, in 
senso favorevole alla tesii dell'Amministrazione, e Comm. centr., 20 giugno 
1962, n. 89668, contraria, nonch� nota di S. Dus), dispensa da ogni pi�ampio commento. 

Baster�, dunque, osservare: a) che l'autonomia di disciplina, quanto ai 
benefici in tema di imposte di registro (ed ipotecarie), dii cui all'art. 14 



184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo la ricorrente, degli argomenti addotti dalla Corte di merito, 
quello letterale, desunto dall'impiego al singolare del termine 

� costruzione � nel contesto dell'art. 14, appare poco probante, in quanto 
pu� essere ugualmente riferibile al complesso dei lavori da farsi nell'area; 
se poi detto termine si inquadra nell'insieme della disposizione, 
appare chiaro che nell'art. 14 della 1. n. 408 � stato fissato un termine 
acceleratorio a se stante. Dopo aver rilevato che l'ulteriore argomentazione 
della sentenza si risolve in una petizione di principio, perch� parte 
dal presupposto della diversit� di disciplina, la ricorrente sostiene che, 
dopo l'entrata in vigore della 1. 2 febbraio 1960, n. 35, la considerazione 
di una causa di decadenza in relazione al mancato rispetto del 
termine acceleratorio biennale si pone soltanto con riguardo alle agevolazioni 
sulle imposte indirette. 
E, quanto al secondo comma dell'art. 14, l'affermazione della Corte 
di merito, che esso mira a determinare il limite del concetto di pertinenza 
per estendere anche alla parte del suolo che vi � destinata i benefici 
riservati alla costruzione, non modifica la portata effettiva della 
disposizione, che impone di tassare il valore dell'area residua a costruzione 
ultimata, e non supera l'obiezione della Finanza, che, se il legislatore 
avesse voluto lasciare arbitro il privato di iniziare separatamente 
costruzioni distinte su di un'area acquistata con unico contratto, 
avrebbe dovuto subordinare la riscossione dell'imposta ordinaria non 
all'ultimazione della costruzione, ma alla scadenza del termine utile 
per l'inizio delle costruzioni. La tesi della Corte di merito -si osserva 
infine -trova ostacolo nella norma dell'art. 9 della legge di registro, 
imponendo separate tassazioni per separati lotti dell'area stessa, con la 
possibilit� che la decadenza risulti limitata solo ad una frazione di 
area, laddove � principio generale di diritto tributario che anche lo 
inadempimento parziale delle condizioni poste dalla legge porta alla 
decadenza totale delle agevolazioni gi� applicate. 

Il ricorso � fondato. A norma dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, 

n. 408 sull'incremento delle costruzioni edilizie il beneficio dell'imposta 
fissa di registro � concesso �per gli acquisti di aree fabbricabili e per 
i contratti di appalto, quando abbiano per oggetto la costruzione delle 
case di cui al precedente art. 13 � (e cio� case di abitazione non aventi 
della legge 2 luglio 1949, n. 408, ed a quelli per l'imposta sui fabbricati, 
di cui all'art. 13 della stessa legge, trova la sua ragione giustificativa, come 
� sottolineato nella sentenza in nota, nella diversit� stessa dei presupposti 
obiettivi dell'imposizione, poich� nel primo caso i tributi (e le correlative 
agevolazioni) sono indubbiamente ed esclusivamente riferibili all'atto, nella 
sua struttura unitaria, mentre nel secondo, riguardando l'imposta fondiaria 
il reddito di ciascuna delle unit� immobiliari, ognuna di queste pu�, anche 
ai fini dell'esenzione, essere separatamente considerata; b) che quella considerazione 
unitaria, del resto, � imposta anche dalla regola che si desume 
dall'art. 9 della legge organica del registro, in vista della quale lo stesso 
rapporto tributario, che si riferisca ad una � disposizione � unica, non pu� 
subire scissioni di sorta, ed evidentemente anche per ci� che attiene all'adempimento 
delle condizioni volute per l'applicabilit� dei benefici, posto 
che la situazione conforme alla fattispecie contemplata dalla norma di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 185 

earattere di lusso) � purch� la costruzione sia iniziata e ultimata entro 
i termini stabiliti nello stesso art. 13 �. Detto art. 13 dispone che le 
costruzioni debbono essere iniziate entro il 31 dicembre 1953 (termine 
pi� volte prorogato con leggi successive e, da ultimo, sino al 31 dicembre 
1967 con legge 2 febbraio 1960, n. 35) e compiute entro il biennio 
dall'inizio dei lavori. Di fronte a tali disposizioni si pone il quesito se, 
-qualora nell'area compravenduta siano da effettuare diverse costruzioni, 
per il computo del biennio di ultimazione si debba aver riguardo alla 
data d'inizio di ciascuna costruzione, oppure alla data di inizio dell'attivit� 
costruttiva su tutto il terreno, unitariamente considerato (praticamente 
alla data d'inizio della prima costruzione). � 

Che la tesi esatta sia quest'ultima e che, cio�, anche chi si rende 
acquirente di un'area per effettuarvi la costruzione di pi� case di abitazione 
non di lusso debba essere in condizione di ultimare l'edificazione 
dell'area acquistata entro il biennio dall'inizio dei lavori, per godere 
dei benefici fiscali di cui si discute, si ricava dall'ultimo comma 
dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 cos� formulato: � Sulla parte 
del suolo attigua al fabbricato, la quale ecceda il doppio dell'area co-
perta, � dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta ordinaria di registro 
e ipotecaria �. Tale disposizione precisa il criterio della strumentalit� 
diretta dell'atto di acquisto dell'area rispetto all'attivit� economica volta 
alla costruzione, nel senso che tutta l'area con l'atto compravenduta 
-0.ev'essere effettivamente destinata, entro un certo termine, all'edificazione, 
da eseguirsi, una volta iniziata, nello spazio di due anni. Il 
-termine biennale dall'inizio della costruzione serve a garantire quel 
�collegamento strumentale diretto, or ora ricordato, che il legislatore 
ba voluto per far si che le costruzioni abbiano inizio ed esecuzione con 
la maggiore rapidit� possibile. Il legislatore, cio�, lascia all'acquirente 
dell'area la scelta del momento dell'inizio della costruzione -e ci� 
per ovvie considerazioni, principale fra tutte: per consentirgli il reperimento 
dei mezzi finanziari necessari -purch� questo abbia luogo 
i:!ntro un termine massimo (non oltre il 31 dicembre 1967), ma vuole 
�che il programma di costruzione -sia esso di una sola casa come di 
pi� case -venga portato a termine senza indugi, perch� intende incoraggiare, 
con un trattamento fiscale di favore, programmi biennali di 

favore non pu� dirsi verificata, se non quando gli elementi della fattispecie 
medesima siano realizzati nella loro integrit�; e) che lo stesso intento per:
seguito dal legislatore, esattamente rilevato dalla Cassazfone, di favorire 
� programmi biennali di costruzione �, idonei a sopperire con la dovuta 
:sollecitudine ai considerati bisogni, sicuramente induce a respingere ogni 
�pi� lata interpretazione, e consente, all'opposto, di individuare la funzione 
.del previsto termine biennale (anche in relazione alla strumentalit� dell'atto 
di acquisto ai fini dell'attivit� costruttiva); d) che sarebbe, infine, del 
tutto incongruente ogni diversa conclusione, la quale avesse riguardo non 
-ostativamente ad un'attivit� costruttiva frazionata nel tempo, poich� quell'intento 
vale anche ad evidenziare che i benefici furono appunto previsti 
per ottenere un rapido sviluppo edilizio, ed ai costi pi� economici (onde 
la riduzione o eliminazione degli oneri fiscali), nell'interesse delle categorie 
:meno abbienti (ed i benefici furono concessi, invero, soltanto per la costru




186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costruzione che contribuiscano con rapidit� a dare sollievo ad uno dei 
pi� urgenti bisogni della collettivit�. E' evidente che se il legislatore 
avesse voluto lasciare arbitra la parte privata d'iniziare costruzioni 
distinte su un'area acquistata con un unico contratto, avrebbe dovuto 
subordinare la riscossione delle imposte ordinarie non alla mancata 
ultimazione della costruzione, ma alla scadenza del termine finale ultimo 

per l'inizio delle costruzioni (al 31 dicembre 1953, secondo la legge 

n. 408 del 1949, e al 31 dicembre 1967, secondo la vigente legge n. 35 
del 1960), perch� lo spirare del termine finale utile avrebbe comportato 
la definitiva non realizzazione delle finalit� economiche strumentalmente 
collegate alla contrattazione. 
Ma altri decisivi argomenti a sostegno della tesi della ricorrente si 
ricavano dalla confutazione dei motivi che la Corte di merito ha ritenuto 
di poter trarre dal suo approfondito esame. 

La sentenza impugnata appoggia la tesi che ricollega il biennio 
all'inizio delle singole frazionate costruzioni innanzi tutto alla dizione 
letterale dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, che subordina il beneficio 
alla ultimazione della � costruzione �, intesa, a suo dire, come 

� singolo fabbricato �, e non come � complesso di edifici �. Senonch�, 
se si considera che nell'art. 14 il legislatore fa un uso promiscuo di singolari 
e di plurali, parlando di � acquisti � e di � contratti � laddove 
avrebbe potuto benissimo riferirsi ad un singolo acquisto di aree o ad 
un singolo contratto d'appalto, e fa seguire al sostantivo � costruzione � 
la specificazione � delle case �, che rende la complessiva espressione 
� costruzione delle case � per lo meno ambigua, proprio se si considera 
questa espressione adoperata al singolare, si pu� dedurre da essa la 
interpretazione contraria a quella accolta dalla corte del merito, e cio� 
che il legislatore abbia inteso riferirsi, per tutto l'oggetto del contratto 
di acquisto, ad un unico termine iniziale, intendendo per costruzione 
il complesso dell'edificazione da compiersi sull'area, indipendentemente 
dalla circostanza che essa fosse comprensiva di uno o pi� edifici. 
Agevole � anche la confutazione dell'altro argomento, contenuto 

r

nella denunciata sentenza, e secondo il quale nell'art. 14 della legge 

ID

n. 408 del 1949 non � stato fissato un termine acceleratorio a se stante, 
con riferimento alla fattispecie disciplinata in quella norma, ma si sia 
semplicemente richiamato, per gli stessi effetti per i quali � stabilito 
nell'art. 13 della legge, il termine ivi contemplato. Vien dato di obietzione 
di case non di lusso), e non certamente per agevolare la speculazione 
sulle aree, per gli acquisti relativi alle quali, perci�, ciascun interessato 
avrebbe potuto fruire dei benefici nei limiti in cui gli acquisti medesimi 
fossero stati proporzionati ai programmi costT'uttivi effettivamente realizzabili, 
~ da realizzare, nel termine acceleratorio all'uopo fissato. 

Sulla decadenza dai benefici in caso di ultimazione delle costruzioni, 
sia pure nel termine biennale, ad opera di un successivo acquirente dell'area, 
cfr. Cass., 21 dicembre 1962, n. 3398 (Riv. Leg. Fisc., 1963, 692),. 
ricordata nella stessa annotata sentenza, che, inoltre, sul punto della decadenza 
dai benefici per inadempimento anche parziale delle condizioni di 
legge, richiama Cass., 10 luglio 1961, n. 1650 (Riv. Leg. Fisc., 1961, 1960). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 187 
tare che se davvero nell'art. 14 non si fosse voluto prescrivere un ter


mine, corrispondente nella misura ma autonomo, dal punto di vista 
obiettivo, rispetto a quello stabilito nel precedente art. 13, sarebbe 
bastato precisare che i benefici fiscali erano concessi anche per gli acquisti 
di aree e per i contratti di appalto � quando abbiano per oggetto la 
costruzione di case di cui al precedente art. 13 � (che sono appunto 
quelle costruite come unit� singole nel termine di due anni dall'inizio), 
e non sarebbe stato affatto necessario aggiungere l'inciso, che pur deve 
avere un concreto significato, � purch� la costruzione sia iniziata od 
ultimata entro i termini stabiliti nello stesso art. 13 �. In realt�, poich� 
gli artt. 13 e 14 regolano fattispecie completamente diverse, e cio� lo 
art. 13 attivit� materiale di costruzione e l'art. 14 attivit� giuridica 
di contrattazione, i due termini, anche se quantitativamente corrispondenti, 
sono autonomi rispetto all'oggetto, e il termine dell'art. 14 opera 
non gi� sul singolo fabbricato, ma sull'area compravenduta ai fini della 

costruzione. 

La sentenza impugnata contrasta la tesi, or ora enunciata, del diverso 
riferimento oggettivo del termine acceleratorio rispetto alle fattispecie 
regolate dall'art. 13 e dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949, 
osservando che, qualora si attribuisse all'art. 14 un'interpretazione tale 
da ricavarne la prefissione di un termine acceleratorio applicabile con 
riguardo ad una entit� distinta rispetto a quella cui si � riferito il corrispondente 
termine dell'art. 13, si verrebbe a creare una dissociazione 
tra il regime giuridico delle agevolazioni rispetto all'imposta diretta 
sui fabbricati e rispetto alle imposte indirette. In questo ragionamento 
si annida un'evidente petizione di principio, perch� si d� per dimostrato 
quello che attende ancora dimostrazione: il problema da risolvere � 
proprio quello di stabilire se, con riferimento alla previsione di un 
termine di esecuzione, dall'esame delle disposizioni risulti o meno una 
diversit� di disciplina; n�, d'altro canto, esistono ragioni logiche o 
giuridiche per le quali debba esservi necessariamente una corrispondenza 
perfetta tra il regime giuridico delle agevolazioni in tema di 
imposte dirette e quello delle agevolazioni in materia di imposte indirette. 
Basterebbe tener presente la differente natura dei tributi, per 
cui l'imposta diretta sui fabbricati ha per oggetto il reddito del fabbricato 
in se stesso considerato, mentre le imposte indirette hanno per 
oggetto attivit� economico-giuridiche; e considerare inoltre che per 
una situazione di fatto originaria, o per cause sopravvenute, pu� mancare 
in pratica la concorrenza delle due agevolazioni. Soprattutto la 
previsione di un regime autonomo e dissociato delle due agevolazioni 
si ricava dal principio affermato da questo Supremo Collegio in tema 
di decadenza dalle agevolazioni, quando � stato precisato che il beneficio 
fiscale della registrazione a tassa fissa degli atti di acquisto di 
aree edificabili, concesso dalla I. 2 luglio 1949, n. 408, a condizione 
che la costruzione dei fabbricati sia iniziata e compiuta entro determinati 
termini, non pu� essere invocato nell'ipotesi che, a seguito di atto 
di scioglimento consensuale e transattivo del trasferimento stesso, il 
fabbricato sia stato ultimato da un successivo acquirente della stessa 



188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

area, sia pure prima della scadenza dei termini di legge (Cass. 21 dicembre 
1962, n. 3398). Se davvero il regime giuridico delle agevolazioni 
sulle imposte dirette sui fabbricati e sulle imposte indirette sui 
contratti escludesse la possibilit� di cause distinte di decadenza, dovrebbe 
concludersi che in ogni caso in cui ricorre la decadenza dalle 
agevolazioni sui contratti d'acquisto o d'appalto, ricorre altres� la decadenza 
dal beneficio dell'esenzione venticinquennale dall'imposta sui 
fabbricati, il che � ovviamente illogico ed antigiuridico. 

N� maggior pregio ha l'altro q,rgomento, sul quale fa leva l'impugnata 
sentenza, secondo cui alla tesi dell'Amministrazione finanziaria 
farebbe contrasto l'art. 20 della legge n. 408 del 1949, che stabilisce 
decadenze dai benefici rispetto ai termini contemplati negli artt. 13 e 19 
e non di quelli posti autonomamente dall'art. 14, perch� il fatto che 
non siano previste dall'art. 20 specifiche cause di decadenza per l'art. 14 
non esclude che la materia in tale articolo regolata non possa avere 
una particolare disciplina, resa necessaria, come gi� si � rilevato, dalla 
diversit� dell'oggetto e dei tipi di imposta. ;, 

Infine � da sottolineare l'argomento che si ricava dall'art. 9 della 
legge di registro 30 dicembre 1923 n. 3269, secondo il quale la tassazione 
di un atto � sempre unitaria, anche se esso contenga pi� disposizioni, 
a meno che queste non siano indipendenti o non derivanti necessariamente 
le une dalle altre. Nel caso di un'unica compravendita 
di una sola area (in cui certamente non ricorrono queste ultime ipotesi) 
si avrebbero, ove fosse esatta la tesi accolta dalla corte di merito, 
distinte tassazioni per separati lotti dell'area medesima, e, mentre per 
il primo si sarebbe gi� realizzata la condizione di esenzione per il compimento 
della relativa costruzione, per gli altri la condizione sarebbe 
ancora sospesa e l'applicazione della tassa incerta. La possibilit� di 
.separati termini iniziali e di distinti periodi biennali consentirebbe, poi, 
qualora venisse superato il primo bienno senza l'ultimazione della relativa 
costruzione, che la decadenza fosse limitata alla sola tassa relativa 
a quella frazione di area, mentre resterebbero pendenti separate 
condizioni per le altre frazioni. Tutto ci� in contrasto evidente con 
il principio vigente in materia tributaria che l'inadempimento, anche 
parziale, delle condizioni poste dalla legge porta alla decadenza totale 
delle agevolazioni gi� applicate (Cass. 10 luglio 1961, n. 1650). 

Il ricorso va, pertanto, accolto; l'impugnata sentenza va cassata e 

la causa va rinviata, per nuovo esame, ad altra Corte d'appello che 

dovr� uniformarsi al seguente criterio di diritto: � Quando un'area edi


ficabile acquistata con unico atto sia destinata alla costruzione di una 

pluralit� di edifici, per fruire delle agevolazioni per l'imposta di regi


stro, di cui all'art. 14 della I. 2 luglio 1949, n. 408, � necessario che 

l'intero complesso edilizio venga portato a compimento entro il biennio 

dall'inizio dell'attivit� costruttiva di tutto il terreno unitariamente 

considerato, pi� precisamente dalla data di inizio della prima co


struzione �. (Omissis). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 216 -Pres. 
Lonardo -Est. Iannelli -P. M. Di Majo (concl. diff.) -Ministero 
Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni) c. S.p.A. Montecatini (avv. 
Tumedei e Mazzullo). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Sovracanoni dovuti dai concessionari 
di grandi derivazioni d'acqua perforza motrice le cui opere di presa 
siano site nell'ambito di bacini imbriferi montani -Decreto del 
Ministro dei Lavori Pubblici determinante il perimetro dei bacini 
imbriferi montani -Provvedimento di perimetrazione adottato 
non sulla base di criteri tecnici sibbene per scopi di pubblico interesse 
-Illiceit� e disapplicazione. 

(L. 27 dicembre 1953, n. 959, art.1; l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 4 e 5). 
Atti amministrativi -Interpretazione -Criteri -Criteri previsti dal 
Codice civile per l'interpretazione dei contratti -Applicabilit� Giudizio 
di legittimit� -Incensurabilit�. 

L'onere della contribuzione, di cui all'art. 1 della legge 27 dicembre 
1953, n. 959, non sorge immediatamente dalla legge, sibbene dalla. 
esistenza del provvedimento ministeriale, in quanto � il Ministro dei Lavori 
Pubblici che stabilisce, con proprio decreto, quali sono i bacini 
imbriferi montani, con il risultato di individuare, in tal modo, sia i 
Comuni beneficiari del sovracanone, sia i concessionari di grandi derivazioni 
di acqua per produzione di forza motrice, che ne vengono onerati 
per il solo fatto di avere le opere di presa, in tutto o in parte, situate 
nell'ambito del perimetro del bacino. Il Ministro dei Lavori Pubblici 
deve, nella determinazione del perimetro di un bacino imbriferomontano, 
seguire criteri di ordine eminentemente tecnico e non scegliere, 
invece, una soluzione che, astraendo da tali criteri, sia diretta. 
a meglio favorire gli scopi di pubblico interesse che la legge intende 
perseguire. Dal che deve inferirsi che, ove l'alternativa venga risolta. 
in tale ultimo senso, il Ministro procede ad una individuazione non. 
tecnica del bacino, esercitando, all'uopo una discrezionalit� amministrativa 
che non gli compete. Il provvedimento, quindi, di perimetrazione� 
viene ispirato, di fatto, daila intenzione di agevolare le zone ad economia 
montana e tale intento, determinato dall'interesse pubblico liberamente 
apprezzato, viene a risolversi, in concreto, nella violazione del.. 



190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diritto soggettivo dell'Ente concessionario. Tale violazione � rilevabile 
dal Giudice ordinario agli effetti della disapplicazione dell'atto 
amministrativo (1). 

(Omissis). 

Con l'unico mezzo di ricorso il Ministero dei Lavori Pubblici denuncia 
la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma primo della 
legge 7 dicembre 1953, n. 959 e l'omessa, insufficiente o contraddittoria 
motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione allo 
art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. 

Premesso l'aspetto storico della menzionata legge, istitutiva del 
sovracanone, con le ragioni che l'avrebbero ispirata e le finalit� da 
essa perseguite, rileva che la perimetrazione del bacino imbrifero montano 
in questione, contrariamente al giudizio, all'uopo, espresso dal 
Tribunale Superiore, � stata effettuata con criterio tecnico, giacch� devesi 
ritenere tale l'apprezzamento, anche se sintetico, in base al quale 
� stato fissato il livello inferiore del bacino ad una quota che, per 
comune nozione, non escludeva n� la sussistenza di caratteristiche fisiche 
montane n�, comunque, quelle di un territorio montano. Sostiene, 
al riguardo, che la guida tecnica tracciata nei due voti del Consiglio 
Superiore dei LL.PP. organo eminentemente tecnico, ai fini di un'esatta 
perimetrazione dei bacini imbriferi montani, era proprio quella a cui 
la legge aveva inteso riferirsi e che il contenuto del secondo voto non 
era divergente, sostanzialmente, da quello del voto precedente, anche 
se con questo si era suggerita l'adozione di criteri analitici, posto che 

I

si era dovuto, con il successivo voto, ripiegare necessariamente sulla 
adozione di un criterio sintetico, peraltro egualmente esatto, attesa la 
brevit� del tempo (appena un anno) concesso al Ministero per l'emana


I 

zione dei provvedimenti. 

Il 

(1) I provvedimenti di determinazione dei bacini imbriferi montani e ' 
limiti del sindacato giudiziario. ili 
�

La parte della sentenza da cui � stata estratta la prima massima lascia, 
per verit�, seriamente perplessi. 

I termini di fatto della delicata controversia, analoga a numerosissime 
altre interessanti l'applicazione della J.egge 27 dicembre 1953, n. 959, emanata 
per venire incontro a:lla depressa economia delle zone montane, 
erano i seguenti. 

Il Ministro dei LavOII'i Pubblici, in applicazione dell'art. 1 della leggeindicata, provvide, con propri decreti, a determinare il perimetro dei 
bacini imbriferi montani. I decreti furono emanati dopo che il Ministro 
aveva richiesto ed ottenuto il parere del Consiglio Superiore dei LL. PP., 
bench� tale parere non fosse prescritto dalla legge. Il Consiglio Superiore 
si p!l'onunzi� con un primo voto -n. 700 dell'S apriJ.e 1954 -, con il qualeespresse l'avviso che fossero da considerare montane le parti dei bacini 
imbriferi definite dalle sezdoni fluviali aventi J.a quota 500 sul livello del 
mare e che il compito delle indagini e della conseguente individuazione 
dei bacini dovesse essere affidato agli Uffici idrografici, i cUi elaborati 
avrebbero dovuto essere riveduti dall'Ufficio idrografico centrale e dalla 
furono proposti da parte di Concessionari ricorsi al Tribunale Superiore 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 191 

Le no1�me dettate dal codice civile per l'inte1�pretazione dei contratti 
devono considerarsi comuni a tutti gli atti consistenti in manifestazioni 
di volont� e, quindi, anche ai provvedimenti amministrativi. 
Ne consegue che valgono gli stessi principi per quanto attiene alla incensurabilit� 
dell'interpretazione stessa nel giudizio di legittimit�, per 
l'ovvia ragione che non trnttandosi deZL'interpretazione di norme giuridiche, 
quella degli atti suddetti si risolve in un giudizio di fatto insindacabile 
in Cassazione, se non inficiato da vizi logici e giuridici. 

Affermato, poi, che il vero criterio suggerito dal legislatore sarebbe 
quello teleologico, in relazione, cio�, allo scopo di assicurare determinate 
provvidenze alle zone ad economia montana, obietta che il secondo 
voto, al quale il decreto impugnato aveva fatto richiamo, si era ispirato 
al criterio anzidetto e che se col primo voto si era detto che la 
tecnica da adottare doveva essere anche quella morfologica, in base 
alla quale le caratteristiche per la perimetrazione dei bacini potevano, 
in via di massima, ritenersi presenti, in ogni caso, a partire da quota 
500, salve diverse risultanze delle indagini svolte per singoli casi, non 
per questo poteva sostenersi fondatamente che col secondo voto fosse 
stata tracciata una tecnica diversa. 

Infatti se, con quest'ultimo voto, altro non si era fatto che riassumere 
i risultati delle indagini suggerite col precedente voto, stando ai 
quali, data la ripartizione del territorio nazionale in zone orografiche 
differenti, per alcune di queste la quota 500 poteva essere confermata 
e stabilizzata e per altre, invece, la si doveva abbassare a quota 300, 
era evidente che non si era abbandonato, in tal modo, il criterio morfologico; 
n� a far ritenere diversamente poteva influire il fatto che tale 
criterio, anzich� analitico, come si era inteso �suggerire in un primo 
momento, avesse assunto, dopo, un carattere sintetico. 

Presidenza della IV Sezione del Consiglio Superiore, per poi tornare 

all'esame del Consiglio medesimo. Con il secondo voto -n. 1930 del 12 

ottobre 1954 -, il Consiglio Superiore, premesso che erano stati trasmessi 

gli elaborati degli Uffici idrografici riguardanti 78 corsi di acqua, con i 

quali era stata determinata la sezione fluviale avente la quota 500 suI mare, 

che la Direzione Generale delle Acque aveva trasmesso numerose richieste, 

osservazioni e proposte di Enti o di Comuni ad essa pervenute, esprimeva 

l'avviso che la quota di metri 500 sul livello del mare dovesse essere 

abbassata a metri 300 per i corsi d'acqua del Veneto, ad eccezione della 

Drava, nonch� per d corsi d'acqua del versante appenninico del Po e di 

tutta la parte peninsulare d'Italia; che la indicata quota di metri 500 sul 

livello del mai!"e dovesse irimanere ferma invece per i corsi d'acqua della 

Lombardia e del Piemonte. � 

Al voto del Consiglio 8uperiore venivano allegate, per formarne parte 

integrante, le tabelle, in cui venivano riportati tutti i corsi di acqua, per 

i quali veniva proposta la delimitazione del bacino imbrifero montano, 

con la indicazione delle quote sul livello del mare, a cui il bacino si sarebbe 

dovuto chiude["e a valle. 

Il Ministro dei Lavori Pubblici si attenne al secondo voto, che irichiam� 

nei provvedimenti di perimetrazione dei bacini. Avverso i provvedimenti

delle Acque, sostenendosi che i provvedimenti fossero infici,ati di eccesso 

15 

I 


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I 

' 



192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Lamenta, quindi, il Ministero ricorrente che il Tribunale Superiore, 
col qualificare non tecnico il criterio adottato, nella specie, con il decreto 
de quo, abbia anzitutto, interpretato erroneamente la legge e sia,. 
inoltre, pervenuto a siffatto risultato senza una motivazione adeguata 
ma, piuttosto, con una affermazione apodittica, non avendo precisato 
affatto quali dovevano essere i criteri tecnici che il Ministero avrebbe 
dovuto seguire, perch� il proprio provvedimento fosse legittimo e, sotto 
quale profilo, tali criteri si discostavano da quelli che, suggeriti dal 
duplice voto del Consiglio Superiore dei LL.PP. erano stati fatti propri 
dal provvedimento ministeriale. 

La censura � priva di fondamento. Essa, sebbene si estrinsechi in 
due diversi aspetti, attinenti l'uno all'asserita violazione o falsa applicazione 
dell'art. 1 comma primo della legge 27 dicembre 19�53, n. 9,5.9 e 
l'altro all'attivit� del giudice per preteso vizio di motivazione, prospetta, 
tuttavia, un'unica questione, concernente l'interpretazione della 
menzionata norma di legge in relazione a quello che � stato l'atto amministrativo 
(decreto ministeriale di perimetrazione del bacino imbrifero 
montano), emanato in base alla norma medesima. 

di potere, in quanto il Ministro si sarebbe avvalso di una discrezionalit� 
amministrativa, non consentita dalla Legge, per stabilire la chiusura a 
valle dei bacini imbriferi montani ad altitudini inferiori a quelle a cui 
la mon tagna perveniva. L'Avvocatura Generale dello Stato, in difesa del 
Ministro dei Lavori Pubblici, eccepi il difetto di giurisdizione del Giudice 
amministrativo, deducendo che il Ministro aveva proceduto alla determinazione 
del perimetro dei bacini sulla base di criteri tecnici e di comune 
esperienza e che l'eventuale errore in cui fosse incorso nella adozione di 
tali criteri poteva, in ipotesi, determinare la violazione del diritto subiettivo 
del concessionario, diTitto subiettivo che non risultava affievolito 
dalJla legge n. 959 del 1953, in quanto la legge stessa non attribuiva al 
Ministro il potere di determinare la peTimetrazione dei bacini imbriferi 
montani in relazione al pubblico interesse. 

I ricorrenti sollevarono anche innanzi al Tribunale Superiore delle 
AA. PP. una eccezione di illegittimit� costituzionale della legge, per avere 
questa attribuito al Ministro dei Lavori Pubblici la determinazione in 
concreto dei sovracanoni, in violazione del precetto contenuto nell'art. 23' 
della Costituzione. 

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 122 dell'8 luglio 1957, dichiar� 
infondata la questione di legittimit� costituzionale sollevata, affermando 
che era del tutto conforme al J)Tecetto costituzionale, di cui si 
denuciava la violazione, l'attribuzione al Ministro di un potere amministrativo 
di determinazione, sulla base di criteri tecnici, del perimetro dei bacini 
imbrifeTi montani. 

Conseguentemente, il Tribunale Superiore delle Acque dichiar� il 
proprio difetto di giurisdizione a conoscere dei ricorsi innanzi ad esso 
proposti. 

Le Ditte concessionarie trasferirono allora le proprie doglianze innanzi 

al Giudi-ce dei diritti (Tribunale Regionale delle AA. PP.), proponendo� 

opposizioni alle ingiunzioni di pagamento che, nel frattempo, in attesa 

della -:ostituzione dei consor:zii previsti dall'art. 1 della legge, il Ministro


dei Lavori pubblici aveva emesso, nell'ambito di poteri dalla legge stessa 

attribuiti. Sostennero le opponenti che il Ministero non si era attenuto, 

nella determinazione del perimetro dei bacini imbriferi montani a criteri 

tecnici, sibbene a criteri di discrezionalit� amministrativa e che, perci�




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 193 

Ora, per quanto concerne il primo aspetto della doglianza, � da 
rilevare, anzitutto, che l'onere della contribuzione di che trattasi sorge 
non dalla legge immediatamente ma dall'esistenza del provvedimento 
ministeriale, in quanto � il Ministero dei Lavori Pubblici che stabilisce, 
con proprio decreto, quali sono i bacini imbriferi montani, determinando 
il perimetro di ognuno, col risultato di individuare, in tal 
modo, sia i Comuni beneficiari del sovracanone, sia i concessionari di 
grandi derivazioni di acqua per produzione di forza motrice che ne 
vengono onerati per il solo fatto di avere le opere di presa, in tutto 
od in parte, situate nell'ambito del perimetro del bacino. V'� da aggiungere, 
come la stessa denunciata sentenza ha sottolineato, che la 
Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi se, col congegno della legge 
in esame, fosse stato violato l'art. 23 della Costituzione (secondo il quale 
nessuna prestazione patrimoniale pu� essere imposta se non in base alla 
legge) e si dovesse, pertanto, negare la legittimit� costituzionale della 
attribuzione alla pubblica amministrazione del potere di determinazione 
dei bacini imbriferi montani, ha ritenuto, dopo aver qualificato il decreto 
ministeriale come un atto amministrativo, la legittimit� costituzionale 
del rinvio della legge all'organo amministrativo ma che tale 

stesso, i decreti medesimi non fossero conformi a legge e vfolassero i 
diritti subiettivi dei vari concessionari. 

Tali i .termini generali delle numerose controversie, delle quali parte 

sono tuttora pendenti innanzi al Tribunale Regionale delle Acque, altra 

parte sono pendenti innanzi a�l Tribunale Superiore Acque, in grado di 

appello, ed altre infine .sono state decise dalla Corte di Cassazfone Sez. Un. 

con sentenze del tutto analoghe a quelle che ora si annota. 

Nella controversia decisa con la sentenza sopraindicata la opponente

Soc. Montecatini aveva, fu-a l'altro, chiesto al Tribunale Regionale delle 

Acque di Roma che fosse dichiarata � la illegittimit� del decreto ministe


riale 14 dicembre 1954, delimitativo det perimetro del bacino imbrifero 

montano e conseguente illegittimit� della ingiunzione. per avere il Ministero 

fatto uso di una discrezionalit� amministrativa che gli era vietata e per 

non aver tracciato il perimetro del bacino montano anzidetto secondo esatti 

criteri tecnici �. 

A nostro avviso, di fronte a tale conclusione, di fronte a tale prospettazione 
del:I'azione, il Tribunale Regionale delle Acque, Giudice dei diritti, 
avirebbe dovuto esaminare se la perimetrazione del bac�:no fosse stata 
appunto fatta secondo criteri tecnici esatti oppure no e, nel caso che avesse 
ritenuto che vi fossero stati in detta perimetrazione errori di carattere 
tecnico, in dipendenza dei quali erano state illecitamente comprese nel 
perimetro del bacino imbrifero montano anche le opere di presa dell'impianto 
oggetto della controversia, avrebbe dovuto dichiarare, nell'ambito 
dei poteri .spettantigli ai sensi del:I'art. 5 della legge 20 marzo 1865 -, 

n. 2248 -ali. E, la non conformit� 1a legge del decreto, in relazione al caso 
in discussione, e disapplicarlo. Il Tribunale Regionale, invece, per pervenire 
alla conclusione di dichiarare � illegittimo il decreto col quale il 
Ministero dei Lavori Pubblici ha delimitato il perimetro del bacino imbrifero 
montano ., affermava: � Ai fini della decisione del giudizio presente 
� sufficiente, infatti, avere accertato che il Ministro, attenendosi ai voti 
esaminati, che ha richiamati nel proprio decreto, ha decampato dai limiti 
della discrezionalit� tecnica, che la legge gli imponeva, ed ha fatto uso di� 
una discrezionalit� amministrativa che gli era vietata, allo scopo di includere 
nel perimetro montano gli impianti da assoggettare al sovracanone �. 

194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

organo, tuttavia, non disponeva, nella perimetrazione dei bacini, di una 
discrezionalit� amministrativa, bensi di una discrezionalit� tecnica, risolventesi 
nell'applicazione di un criterio tecnico, escludendo che esso 
avesse una facolt� di scelta tra le varie soluzioni possibili in funzione 
degli scopi di pubblico interesse, perseguiti dalla legge. 

Premesso ci� ed una volta escluso che lo indicato decreto potesse, 
conseguentemente, avere l'effetto di degradare il diritto soggettivo del 
concessionario ad interesse o a diritto affievolito, dato che esso � tale, 
invece, da influire sulla sfera del diritto soggettivo, va osservato, in 
relazione all'impostazione dei termini di risoluzione della controversia, 
che l'indagine devoluta al Tribunale Superiore doveva essere diretta 
a stapilire la liceit� o meno del provvedimento adottato nel caso concreto, 
essendo al risultato di una siffatta indagine collegata la legittimit� 
o meno della pretesa del Ministero alla riscossione del sovracanone. 
Incombeva, pertanto, a quel Collegio controllare se il Ministero 
avesse determinato il bacino imbrifero montano, nell'ambito del quale 
sono situate le opere di presa della concessione in oggetto, in base ad 
un criterio di ordine eminentemente tecnico, ossia attraverso un'atto di 
accertamento che avesse tenuto conto delle strutture e delle caratteristiche 
dei settori montani interessati o non avesse, piuttosto, scelto una 
soluzione che, astraendo da tale criterio era diretta a meglio favorire 
gli scopi di pubblico interesse che la legge in esame intendeva perse-

Perdippi�, lo stesso Tribunale Regionale affermava: �Vero � che, dalla 
indagine tecnica disposta da questo Tribunale � risultato che la linea di 
perimetrazione della parte montana del bacino imbrifero del Tirino potrebbe, 
secondo criteri tecnici, essere posta a valle della zona ove trovasi 
l'opera di presa dell'impianto in questione. Ma l'indagine non sembra decisiva 
in difetto dei cennati accertamenti, che, come si � detto, sono nei compiti 
dell'Amministrazione e che questa, affidando il suo giudizio ad un 
criterio di discrezionalit� amministrativa, ha trascurato>, 

Ora, appaiono evidenti i vizi in cui era incorso il Tribunale Regionalenella impostazione della controversia e, conseguentemente nel procedimentologko seguito per pervenire alla sua soluzione. Il Giudice dei diritti, nella 
sostanza, tratto in inganno dalla prospettazione della controversia da partedella Societ� opponente, aveva esercitato sull'atto amministrativo sottoposto 
al suo esame un controllo sotto il P!l.'Ofilo della motivazione, che, 
peraltro, poteva anche non esserci; sotto il profilo, a ben considerare, 
dell'eccesso di potere, in quanto avere usato di una non consentita discrezionaliit� 
amministrativa, invece che attenersi ad esatti criteri tecnici, costituisce 
-a nostro avviso -vizio nell'esercizio del potere. Aveva, cio�, �n 
definitiva, il Giudice dei dkitti usato dei poteri attribuiti al Giudice degli 
interessi legittimi, esercitando sull'atto amministrativo un contrnllo, al 
Giudke dei diritti non consentito, sull'eccesso di potere.

Avrebbe dovuto, invece, il Tribunale Regionale trarre proprio dagli 

accertamenti tecnici disposti ed effettuarti le conseguenze del caso, per

stabilire se, a parte la motivazione dell'atto, la perimetrazione del bacino 

ccmrispondeva oppure no a quella che le norme tecniche e di comune espe


rienza suggerivano. Ci� facendo, il Tribunale Regionale non si sarebbe 

sostituito, come erroneamente mostvava di ritenere, alla Amministrazione, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 195 

guire. Dal che dove inferirsi che, ove l'alternativa fosse stata risolta 
in quest'ultimo senso, non poteva il Tribunale Superiore non pervenire 
alla conclusione alla quale � pervenuto di fatto, che cio� il Ministero 
ha proceduto ad una individuazione non tecnica del bacino, avendo 
esercitato, all'uopo una discrezionalit� amministrativa, che non gli competeva. 


Orbene il Tribunale Superiore, dopo avere ribadito il carattere vincolato, 
nel senso test� indicato, del provvedimento amministrativo, uniformandosi, 
in tal modo, alla decisione della Corte Costituzione ha 
accertato, in esito all'indagine avente il mentovato contenuto, cos� interpretando 
il provvedimento stesso, che, con questo, si era pervenuti alla 
determinazione del bacino montano in questione, in base all'adozione 
di un criterio puramente teleologico (tale chiaramente espresso nel secondo 
voto del Consiglio Superiore dei LL.PP.), prescindendo, quindi, 
dalle caratteristiche orografiche e morfologiche del bacino e senza alcuna 
indagine concreta, che avrebbe dovuto essere condotta, per aversi un 
risultato utile, con l'impiego di strumenti di accertamento analitico, 
come, infatti, era stato suggerito col primo voto dell'organo tecnico 
suddetto. Invero, la perimetrazione del bacino era stata fissata presuntivamente, 
col semplice riferimento all'elemento altimetrico, nel senso 
che le condizioni per la determinazione del bacino si sarebbe dovuto 
ritenere presenti per il fatto stesso che si fosse ad un certo livello, cor


ma avrebbe effettuato il controllo che gli competeva sulla attivit� tecnica 

del:l'Ammindstrazione; non avrebbe, quindi, dovuto annullare il provvedi


mento di perimetrazione, in ipotesi non conforme a legge, per sostituire 

ad esso altra perimetrazione da esso effettuata, ma avrebbe dovuto dichia


rare, in ipotesi, la non conformit� a legge della perimefu:azione effettuata 

dall'Amministrazione e disapplicarla nel caso concreto. 

Spettava, se mai, poi alla Amministrazione di trarne le conseguenze

dovute, sostituendo, ad una perimetrazione non conforme a legge, altra 

conforme. 

Avverso la decisione del Tribunale Regionale fu proposto dall' Ammini


strazione dei Lavori Pubblicd appello al Tribunale Superiore, ma questo

si \I.asci� prendere dalla stessa suggestione da cui non aveva saputo man


tenersi indenne il Tribunale Regionale, e, richiamati i due voti, in pre


cedenza citati, del Consdglio Superiore n. 700 deH.'8 aprile 1954 e n. 1830 

del 12 ottobre de'llo stesso anno, che costituivano la motivazione per rela


tionem del decreto ministeriale di perimetrazione, afferm�: � Ora appare 

evidente che cos� operando l'Amministrazione non si � ispirata soltanto a 

criteri tecnici, ma anche e prevalentemente a criteri di discrezionalit� am


ministrativa �. E dalla sentenza del Tribunale Superiore appare ancora pi�

evidente come H. Giudice dei diritti avesse, nel caso in contestazione, trava


licato dai poteri ad esso attribuiti dagli artt. 4 e 5 della leg.ge abolitiva 

del contenzioso amministrativo, effettuando un'inammissibile controllo su 

di un asserito vizio di eccesso di potere. Il Tribunale Superiore, infatti, 

affermava, nella sua decisione: �Infondata � la tesi della appellante, 

secondo la quale il Giudice avrebbe il potere-dovere di compiere indagini 

tecniche per accertare se i decreti stessi, ancorch� adottati in virt� di un 

procedimento illegittimo, siano eventualmente conformi nel risultato a 



196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rispondente ad una linea tracciata a quota 300 di altitudine, quale 
confine tra la montagna-collina e la pianura. 

Ma il criterio teleologico, che sarebbe stato quello adottato nella 
specie, non era tale, ad avviso del Tribunale Superiore, da garantire 
che la perimetrazione del bacino fosse avvenuta conformemente ad un 
sistema tecnico, dato che avrebbe dovuto tenersi conto, oltre che dell'accertamento 
altimetrico, degli elementi orografici e morfologici, previo 
le indagini del caso, e ci� proprio in vista delle differenze notevoli di 
struttura dei settori montani, le quali, lungi dall'essere state considerate 
dal provvedimento ministeriale, erano state invece pretermesse 
completamente, dato l'abbassamento a 300 metri della quota di altitudine 
per la definizione della montanit�, tipica, piuttosto, nella nozione 
comune, di quella che � la collina. 

Avendo, rilevato, pertanto, che il provvedimento era stato ispirato, 
di fatto, dall'intento di agevolare le zone ad economia montana (per 
essere stata assunta la nozione di bacino montano nella pi� ampia 
accezione) e che tale intento (del quale era esplicita e chiara conferma 
il parere in data 15 dicembre 1961 del Consiglio Superiore dei LL.PP.), 
in funzione dell'interesse pubblico apprezzato liberamente, veniva a risolversi, 
in concreto, nella violazione dei diritto soggettivo dell'ente concessionario, 
il Tribunale Superiore ha disatteso giustamente la tesi del 
Ministero ricorrente, secondo la quale doveva ritenersi sufficiente il criterio 
teleologico, in quanto, dalle finalit� stesse della legge, si sarebbero 
dovute enucleare quei criteri tecnici in base ai quali la perimetrazione 
del bacino doveva essere fatta, non senza avere, puntualmente, osser


quelli che si sarebbero ottenuti seguendo criteri tecnici. La legge non 
richiede soltanto che i presupposti della qualificazione di �montano� ~a 
attribuirsi ad un bacino realmente sussistano, ma vuole anche che la sussistenza 
di essi sia riconosciuta da un decreto del Ministro dei LL. PP. permodo che se it Giudice esercitando il controllo di legittimit� sul decreto, 
ne abbia 'dichiarato l'illegittimit�, � necessario che un nuovo decreto sia 
emanato dallo stesso Ministro e non da altra Autorit� amministrativa o 
giudiziaria ~. 

Ora per come dicevamo in precedenza, non vi � dubbio che non potesse 
il Giudi~e dei diritti sostituire la propria perimetrazione a quella, in ipotesi 
non conforme a legge, effettuata dal Ministro, ma doveva quel Giudice 
proprio controllare i risultati, per stabilire se, malg>t~ado la motivazione 
dell'atto le opere di presa di quel determinato impianto fo.ssero oppure 
no in z~na compresa nel bacino imbrifero montano, per come la natura e 
la tecnica !o indicavano. 


Il potere attribuito al Ministro dei Lavori Pubblici, per la determina


zione del perimetro del bacino imbrifero montano, dall'art. 1 della legge 

27 dicembre 1953, n. 959 � del tutto analogo a quello relativo alla formazione 

degld elenchi delle Acque Pubbliche, di cui all'art. 1 del t. u. sulle acque 

e gli impianti elettrici, approvato con r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775. Il 

Tribunale delle Acque chiamato a pronunziarsi se un determinato corso 

di acqua, iscritto in uZ:: elenco di acque pubbliche, abbia od acquisti atti


tudine ad usi di pubblico generale interesse, deve esaminare obiettivamente 

la situazione dell'acqua, non interessando stabilire se il Ministro dei Lavori 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 197 

vate che la c.d. tecnica teleologica (cui con la suddetta tesi si fa tuttora 
richiamo) altro non fosse, dopo tutto, che una discrezionalit� amministrativa, 
intesa questa come il potere della pubblica amministrazione 
di apprezzare liberamente l'interesse pubblico. 

La quota di 300 metri, come livello del bacino, era stata assunta, 

infatti, non in base a regole tecniche, ma in base a criteri di mera opportunit� 
politico-sociale, che avrebbero dovuto, invece esulare completamente 
dalla valutazione, all'uopo, richiesta dalla legge. Ed al riguardo 
� appena il caso di avvertire che, discostandosi la interpretazione del 
provvedimento de quo, data dal Ministero ricorrente, dall'interpretazione 
cui � pervenuta la sentenza denunciata, la doglianza �, sotto questo 
secondo aspetto, irricevibile. 

Escluso, infatti, il vizio di motivazione, lamentato col mezzo di 
ricorso, data la completezza dell'ineccepibile procedimento logico che 
sta a base della decisione, avendo il Tribunale Superiore, una volta 
sceso all'esame del contenuto del decreto, precisato in che cosa esso 
fosse manchevole rispetto a quello che avrebbe dovuto contenere in 
effetti, va rilevato che l'interpretazione del decreto medesimo, per essere 
stata condotta con la osservanza delle norme di ermeneutica dettate 
per i contratti, � incensurabile in questa sede. 

Pubblici si sia ispirato a criteri di accertamento tecnico oppure a discrezionalit� 
amministrativa. Nello stesso modo il Tribunale delle Acque, nel 
controllare la perimetrazione di un bacino imbrifero montano, deve darsi 
carico di esaminare se quella perimetrazione sia obiettivamente oppur non 
esatta, senza occuparsi n� della motivazione dell'atto n�, tanto meno, del 
proceddmento seguito per pervenire a quelle determinate conclusioni. 

Avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque l'Ammini


strazione dei Lavori Pubblici propose ricorso in Cassazione denunciando 

violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma lo della legge 27 dicem


bre 1953, n. 959, nonch� omessa insufficiente o contradittorfa motivazione 

circa un punto decisivo del1a controversia. Il difetto di motivazione si con


cretava e si sostanziava nella circostanza che non soltanto, attraverso 

una motivazione del tutto insufficiente e inadeguata, non appariva assoluta


mente quale fosse stato n procedimento logico seguito ma appariva, anzi, 

che .si fosse seguito, nella impostazione e nella \risoluzione della contro


versia, un procedimento logico .erroneo e falso. 

Ma le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza che 

si -annota, hanno escluso che sussistesse la denunciata violazione di legge 

ed hanno, altresi, escluso il vizio di motivazione, e data la completezza del


l'ineccepibile procedimento logico che sta a base della decisione, avendo 

il Tribunale Superiore, una volta sceso all'esame del contenuto del decreto, 

precisato in che cosa fosse manchevole rispetto a quello che avrebbe dovuto 

contenere in effetti... � e risolto, poi, la questione in relazione alla dnter


pretazione data all'atto amministrativo dal Giudice di merito e non cen


surabile dal Giudice di legittimit� (cfr. la motivazione, sopra riportata,

della decisione). � per questo che abbiamo, all'inizio di questa nota, detto 

che la senten2'la delle Sezioni Unite ci lascia assai perplessi. 

Illustrando, in memoria i motivi del ricorso, noi avevamo rilevato che 

il Tribunale Superiore, usando dei poteri attr.ibuiti al Giudice degli interessi 

legittdmi, era incorso in un eccesso di potere giurisdizionale, avendo violato 

gli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, an. E. A tale nostro rilievo, 



198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� pu� dirsi che il processo interpretativo doveva essere operato 
con criteri diversi, posto che, per principio ormai consolidato nella 
giurisprudenza di questo Supremo Collegio, le norme dettate dal codice 
civile per l'interpretazione dei contratti devono considerarsi comuni a 
tutti gli atti consistenti in manifestazioni di volont�, quindi, anche ai 
provvedimenti amministrativi, egualmente per quanto attiene all'ncensurabilit� 
dell'interpretazione stessa nel giudizio di legittimit�, per la 
ovvia ragione che, non trattandosi dell'interpretazione di norme giuridiche, 
quella degli suddetti si risolva in un giudizio di fatto insindacabile, 
in cassazione se non sia inficiato da vizi logici o giuridici. 

E, come non pu� fondatamente sostenersi che il Tribunale Superiore 
abbia violato o falsamente applicato l'art. 1 della legge n. 959 
del 195,3, dal momento che esso, come gi� detto, sulla guida della pronuncia 
della Corte Costituzionale, ha ritenuto che quella concernente 
l'emanazione del decreto di perimetrazione del bacino dovesse essere 
una discrezionalit� diversa dalla discrezionalit� esercitata, nella specie, 
dalla pubblica amministrazione, parimenti non pu� dirsi che quel Collegio 
avrebbe dovuto fare di pi� di quanto ha fatto e, pi� specialmente, 
procedere alla ricostruzione, in concreto, secondo il suo giudizio tecnico, 
della perimetrazione del bacino, indipendentemente dalla motivazione 
del provvedimento in questione, per compararne, poi, il risultato con 
quello al quale si sarebbe pervenuti in forza del provvedimento mede-

la ;sentenza che si annota ha rispo.sto che quanto da noi dedotto non era 
esatto, � ove si consideri che le dette norme non contengono un divieto 
assoluto di sindacato del Giudice ordinario sugli atti della pubblica amministrazione, 
ma stabiliscono soltanto i limiti entro i quali tale sindacato va 
esercitato, disponendo che il Giudice Ordinario, pur potendo portare la sua 
indagine sulla legittimit� di un atto amministrativo, denunziato come lesivo 
di un diritto soggettivo, deve, tuttavia, conoscere dei soli effetti lesivi dello 
stesso atto, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, senza mai SPingersi 
fino a sostituire la propria volont� a quella della Pubblica Amministrazione, 
alla quale soltanto � riservato il potere di revocare, annullare o modificare 
gli atti amministrativi emanati dai suoi organi. Ed infatti it Tribunale Superiore, 
dopo avere rilevato l'illegittimit� del Decreto in questione, non lo 
ha revocato n� annullato e tanto meno modificato ma soltanto lo ha disapplicato, 
non senza aver considerato, nell'ultima parte della sua pronuncia, 
che gli era inibito sostituirsi alla pubblica Amministrazione, fissando un 
diverso criterio per la perimetrazione del bacino, dato che non rientrava 
nei suoi poteri �. Ma in tal modo la sentenza, resa sulle difformi conclusioni 
del P. M., il quale aveva richiesto l'accoglimento del nostro ricorso, non 
ha risposto all'interrogativo, che costituiva la questione centrale ed essenziale 
da noi proposta, e cio� se censurare l'atto sotto il profilo che il Ministro 
avesse usato di una discrezionalit� amministrativa non consentita 
significava portare l'esame su di un vizio attinente all'esercizio del potere 
e se, in tal caso, la conoscenza di tale vizio rientrasse nel potere giurisdizionale 
attribuito al Giudice ordinario dagli artt. 4 e 5 della legge abolitiva 
del contenzioso amministrativo. 

A noi pare, in conclusione, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
si siano lasciate attrarre dalla stessa suggestione da cui erano stati 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 199 

simo, e, indi, concludere che l'atto di perimetrazione fosse legittimo, 
se conforme al tipo, ovvero illegittimo, se da questo difforme. 

Per vero, i limiti del giudizio erano quelli del sindacato del provvedimento, 
esercitato, di fatto, dal Tribunale Superiore; vedere, cio�, 
se il Ministero avesse proceduto alla perimetrazione del bacino in base 
a criteri tecnici o, invece, si fosse avvalso di criteri diversi, la qual 
cosa richiedeva soltanto l'esame del provvedimento, perch� solo dalla 
valutazione del contenuto dello stesso era possibile rendersi ragione 
dei criteri adottati per accettarli, se tecnici, e respingerli, se differenti, 
disapplicando, in tal guisa, il provvedimento medesimo. 

N� �, infine, esatto quanto sostenuto dal Ministero, nella memoria 
illustrativa e poi ampiamente ribadito durante la discussione orale, 
ossia che il Tribunale Superiore sia incorso in un eccesso di potere 
giurisdizionale, avendo violato gli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, ali. E, ove si consideri che le dette norme non contengono un 
divieto assoluto di sindacato del giudice ordinario sugli atti della pubblica 
amministrazione, ma stabiliscono soltanto i limiti entro i quali 
tale sindacato va esercitato, disponendo che il giudice ordinario, pur 
potendo portare la sua indagine sulla legittimit� di un atto amministrativo, 
denunziato come lesivo di diritti soggettivi, deve tuttavia, 
conoscere dei soli effetti lesivi dello stesso atto, in relazione all'oggetto 
dedotto in giudizio, senza mai spingersi fino a sostituire la propria 
volont� a quella della pubblica amministrazione, alla quale soltanto � 
riservato il potere di revocare, annullare o modificare gli atti amministrativi 
emanati dai suoi organi. Ed infatti il Tribunale Superiore, 
dopo avere rilevato l'illegittimit� del decreto in questione, non lo ha 
revocato, n� annullato e tanto meno modificato ma soltanto lo ha 
disapplicato, non senza avere considerato, nell'ultima parte della propria 
pronuncia, che gli era inibito sostituirsi alla pubblica amministrazione. 
fissando un diverso criterio per la perimetrazione del bacino, dato che 
ci� non rientrava nei suoi poteri. 
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato... (Omissis). 

attratti il Tribunale Regionale prima e il Tribunale Superiore delle acque 
poi. A noi pare che il procedimento logico seguito dal Giudice del merito 
fosse del tutto erroneo e falso e denotasse proprio l'uso di un potere giurisdizionale 
ddverso da quello attribuito; un potere che, nella sostanza, era 
potexe di annullamento, anche se, in concreto, nelle singole fattispecie, 
l'annullamento dei decreti di perimetrazione non � stato disposto. Censurare 
l'atto in questione, cos� come � stato o censurato, sotto il profilo dell'esercizio 
del potere significa che, poich� li. voti del Consiglio Superiore dei LL. 
PP. sono gli stessi per tutti i provvedimenti di determinazione del perimetro 
dei bacini imbriferi montani adottati, debbono ritenersi non conformi 
a legge e, quindi, da disapplicare, anche quelli irelativi ai bacini 
alpini. Questo � l'assurdo pratico a cui la erronea impostazione e definizione 
della controversia verrebbe a portare. 

G. ALBISINNI 

200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE D'APPELLO DI MESSINA, 21 maggio 1964 -Pres. Luciani Est. 
Scribano -Provincia Regionale di Messina (avv. Pollicino) c. 
Panarello (avv. Bonfiglio). 

Arbitrato -Capitolato Generale della Cassa per il Mezzogiorno -Richiamo 
contenuto nell'art. 45 di detto capitolato all'art. 49 del Capitolato 
generale dello Stato del 1895 -Non vale ad introdurre nel 
capitolato della Cassa la rinunzia alle impugnazioni ivi previste. 
(Cap. gen. Cassa Mezzogiorno, art. 45; Cap. Gen. Stato 1895, art. 49). 

Arbitrato -Nullit� del lodo -Inosservanza delle regole di diritto Estremi. 
((c. p. c., artt. 360, n. 3, 829). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Divieto di cessione di credito e 
di rilascio di procure per l'appaltatore -Limite temporale. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lav. pubblici, art. 339). 
Appalto -Difficolt� nell'esecuzione dei lavori -Applicabilit� dell'art. 
1664 c. c. -Estremi -Prezzo di scavo comprendente anche la roccia 
da mina -Rinvenimento, in quantit� eccezionale, di roccia di particolare 
durezza -Inapplicabilit� dell'art. 1664. 

(c. c., art. 1664). 
Arbitrato -Indivisibilit� del lodo -Nullit� di un capo -Estensione dell'invalidit� 
all'intera decisione. 

(c. p. c., art. 829). 
Le norme del capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno 
hanno regolato ex novo e compiutamente la materia della definizione 
delle controversie, senza lasciare lacune da colmare mediante disposizioni 
tratte aliunde, con la conseguenza che il rinvio generico dell'art. 
45 di detto capitolato all'art. 49 del capitolato generale dello 
Stato del 1845 non � sufficiente ad introdurre nel primo capitolato 
la 1�inunzia ai rimedi dell'appello e del ricorso per Cassazione (1). 

(1) La giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 19 gennaio 1963, 
n. 67, Riv. giur. edil., 1963, I, 239 e Giust. civ., 1963, I, 270; Cass. 23 giugno 
1958, n. 2219, Foro It., 1958, I, 1450, con nota di E. CAPACCIOLI e di alcune 
nagistrature di merito (Trib. Firenze 3 luglio 1963, Giur Tosc., 1963, 828 
e Riv. giur. edil., 1964, I, 110; App. Catanzaro 9 maggio 1959, Riv. giur. 
umbro-abruzzese, 1962, 137) ha ritenuto che, in forza del disposto dello 
art. 8, ultimo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 646, istitutiva della 
Cassa per il Mezzogiorno, le norme vigenti per l'esecuzione delle opere di 
competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, e quindi anche quelle del 
capitolato generale di appalto, approvato con D. M. 28 maggio 1895, devono 
ritenersi applicabili agli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzo

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 201 

L'inosservanza delle regole di diritto che, a norma dell'uitimo 
comma dell'art. 829 c.p.c., rende ammissibile l'impugnazione per nullit� 
della sentenza arbitrale, dev'essere intesa nello stesso senso della 
violazione o falsa applicazione di norme di diritto, di cui alt'art. 360 

c.p.c. (2). 
Il divieto posto all'appaltatore dall'art. 339 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici, di effettuare cessioni di 
credito o rilasciare procure non riconosciute dalt' A mministradione interessata 
viene meno quando sia intervenuto il collaudo, che, accertando 
l'esatto compimento delle opere e la loro conformit� ai patti 
del contratto ed alle regole dell'arte, esaurisce il contenuto dell'appalto 
e rende superflua ogni cautela circa i mezzi finanziari dell'appaltatore 
(3). 

Nel contratto d'appalto, per il riconoscimento del diritto ad un 
equo compenso, ai sensi dell'art. 1664 e.e., � necessario che le cause 
produttive delle difficolt� di esecuzione dei lavori, insorte nel corso 
dell'opera, non siano state previste dalle parti, nel senso cio� che siano 
rimaste assolutamente estranee alla loro rappresentazione ed alla disciplina 
del contratto. Di conseguenza non spetta alcun compenso se 
nel contratto il prezzo previsto per lo scavo comprende anche la roccia 
da mina, senza alcuna distinzione di qualit� e quantit� (secondo l'abituale 
dizione: �scavo di materiali di qualsiasi natura e consistenza, 
asciutta e bagnata, ovvero in presenza di acque, compresa la roccia 
da mina �) e durante l'esecuzione dei lavori � stata rinvenuta roccia 
di pm�ticolare durezza ed in quantit� eccezionale. D'altra parte la dichiarazione, 
rilasciata dall'appaltatore, di essersi recato sul luogo dei 
lavori e di avere preso conoscenza delle circostanze generali e speciali 
influenti sulla determinazione dei prezzi fa si che vengano riversate 
sull'appaltatore stesso le conseguenze derivanti da una pi� gravosa 

giorno (o da altro ente pubblico per affidamento avutone dalla Cassa). Sul 
punto e per altri aspetti del problema del rinvio alle norme del Capitolato 
generale 00.PP. si v. l'ampia nota di CARUSI, Spunti in tema di 
efficacia regotamentare del apitolato generale 00.PP. e di rinvio alle sue 

norme, in questa Rass., 1965, I, 224. 

(2) Giurisprudenza costante. Negli stessi termini della massima si 
vedano: Cass. 23 luglio 1964, n. 1986, Giust. civ. Mass. 1964, 1900, Cass. 
8 agosto 1959, n 2501, Giust. civ 1960, I, 131, Cass. 11 dicembre 1956, n. 4403, 
Giust. civ. Mass. 1956, 1518, Cass. 19 agosto 1950, n. 2479, Giur. It. Mass., 
1950, 595. 
Dal principio enunciato la sentenza in rassegna fa discendere la conseguenza 
che l'impugnazione per nullit� del lodo arbitrale, prevista dall'ultimo 
comma dell'art. 829, c.p.c., consente di denunciare non solo la 
erronea enunciazione del principio di divitto ma anche l'inesatta applicazione 
al caso concreto del principio di diritto correttamente enunciato. 
Ci�, peraltro, non comporterebbe -secondo App, Napoli 17 marzo 1959, 
Giust. civ. Mass. App. 1959, 23 -che, in sede rescindente, !i.I giudice della 
nullit� possa toccare aspetti di merito della controversia. La dottrina che 
si � occupata dell'argomento trovasi richiamata in Giust. civ. 1960, I, 131, 
nota. 

(3) Sul punto si v. App. Napoli 29 settembre 1962, Dir. giur. 1964, 227, 
Trib. Napoli 28 febbraio 1961, ibidem. 

202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esecuzione dei lavori, senza che possa riconoscirsi il diritto ad un 
equo compenso (4). 

Per il principio d'indivisibilitd del lodo arbitrale la nullitd di uno 
dei suoi capi si estende a tutti gli altri, sicch� 1�isultano invalidi l'intero 
giudizio arbitrale e tutta la decisione (5). 

(4) La prima parte della massima costituisce giurisprudenza costante. 
La motivazione della decisione sulla seconda par.te presenta notevole interesse 
per l'applicazione che si � fatta dei principi costantemente enunciati 
dalla Suprema Corte all'ipotesi di rinvenimento di �roccia di particolare 
durezza (ed in quantit� eccezionale) durante l'esecuzione di scavi per cui 
era stato previsto un prezzo comprendente anche la roccia da mina 
Sulla legittimit� della clausola, inserita in un contratto di appalto di 
opere pubbliche, con cui si limiti o si escluda la revisione del prezzo, 

v. Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 1962, n. 775, in questa Rass., 1963, 50. 
(5) Giurisprudenza pacifica. Negli stessi termini della massima il principio 
si trova affermato in Cass. 18 dicembre 1964, n. 2906, Giust. civ., 
Mass., 1964, 1348; Cass. 24 febbraio 1964, n. 396, Foro It., 1964, I, 489; Cas!j. 
7 ottobre 1963, n. 2666, Riv. giur. edH., 1964, I, 318; Cass. 21 ottobre 1961, 
n. 276, Giust. civ., 1962, I, 518. 
CORTE DI APPELLO DI ROMA, 5 gennaio 1966, n. 1 -Pres. De Rosa Est. 
Venditti -Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Lancia) c. Soc. 

S.B.A.R.E.C. (avv. Palandri). 
Arbitrato -Mancata notifica della domanda arbitrale all'Avvocatura 
dello Stato -Nullit�. 

(1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). 
Nell'ipotesi di clausola compromissoria, l'atto istitutivo del giudizio 
m�bitrale � costituito da quello in cui viene precisata la controversia. 
Questo atto ha funzione analoga a quella della citazione; ed � cio� di 
promuovimento dell'attivitd giurisdizionale, rispetto a un determinato 
tema controverso. Pertanto nel sistema dei pubblici appalti, la domanda 
arbitrale costituisce l'atto istitutivo del relativo giudizio, e deve essere 
notificata a pena di nullitd presso l'Avvocatura dello Stato (1). 

(Omissis). 

Con il secondo motivo dell'impugnazione viene riproposta l'eccezione 
di nullit� del giudizio arbitrale, per essere stata la relativa 
domanda notificata direttamente all'Amministrazione anzich� all'Avvocatura 
Generale dello Stato, e ci� in violazione dell'art. 1 della legge 
25 marzo 1958, n. 260, secondo cui debbono essere notificati al compe


(1) Il lodo annullato � stato riportato, e criticamente annotato, in 
questa Rassegna, 1965, 836. La sentenza della Cassazione 6 ottobre 1964, numero 
2523, richiamata nel testo, risulta anch'essa riportata ed annotata in 
questa Rassegna, 1964, 973. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 203 

tente ufficio dell'Avvocatura anche gli atti istitutivi di giudizi che si 
svolgono dinanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, ed innanzi 
agli arbitri �. 

L'eccezione fu disattesa dal collegio arbitrale, il quale rilev� che, 
agli effetti della richiamata disposizione, la domanda di arbitrato non 
pu� essere considerata istitutiva del giudizio arbitrale, perch� questo 
s'instaura soltanto con l'accettazione dell'incarico da parte degli arbitri; 
prima di tale accettazione non v'� organo giudicante, e quindi non pu� 
esservi processo. 

Contesta 1'Avvocatura il fondamento di una tale tesi, ed assume 
che nei giudizi arbitrali rituali i Collegi giudicanti sono organi sostitutivi 
del magistrato ordinario, da considerarsi precostituiti in base alle 
norme del capitolato, o, comunque, della clausola compromissoria, che 
stabiliscono il numero dei componenti del collegio e, in particolare, per 
quanto attiene ai contratti della Pubblica Amministrazione, indicano 
anche le qualifiche che detti componenti debbono rivestire per poter 
far parte del collegio. N�, secondo l'impugnante, ha rilievo il fatto che 
la costituzione del collegio � avvenuta dopo la proposizione della 
domanda di arbitrato, perch� devono tenersi distinti l'ufficio, esistente 
per norma di capitolato e indipendentemente dal suo funzionamento, 
dall'organo che prende vita dopo la nomina delle persone fisiche. 

L'eccezione dedotta con il motivo � fondata, anche se non esatta


mente per le ragioni prospettate. 

Ad avviso di questa Corte, infatti, l'errore in cui � incorsa la sentenza 
arbitrale non consiste nell'avere ritenuto necessaria la costituzione 
del collegio arbitrale per l'instaurazione del rapporto processuale arbitrale 
(perch� la particolare predeterminazione delle qualifiche per la 
nomina degli arbitri se garantisce la costituzione dell'organo, non equi
�Vale gi� a sua precostituzione); ma, pi� precisamente consiste nell'avere 
condizionato ad una tale instaurazione l'osservanza della norma che, 
a tutela della difesa giudiziaria dell'Amministrazione, prescrive a chi 
debbono essere notificati gli atti introduttivi di qualsiasi giudizio nei 

suoi confronti. 

� noto che la identificazione del momento genetico della contro


versia, nella sua rilevanza processuale, ha spesso dato adito a dubbi sia 

con riferimento al procedimento ordinario che a quello arbitrale. Con 

particolare riferimento alla litispendenza, si � sostenuto che tale momento 

� successivo a quello in cui una delle parti porta a conoscenza dell'altra 

la sua determinazione di chiedere al giudice una decisione, essa verifi


candosi solo quando sia compiuto l'atto con il quale il giudice � investito 

della lite. � stato, quindi, deciso, che come nel giudizio ordinario, 

perch� esso possa intendersi instaurato, occorre che la domanda sia 

portata a conoscenza del giudice mediante la costituzione di una 

delle parti, cosi deve ritenersi che il giudizio arbitrale abbia il suo 

inizio con la nomina degli arbitri e la conseguente costituzione del 

relativo collegio (Cass. 23 luglio 1964, n. 1989). 

A questa costruzione si � attenuta la sentenza impugnata, la quale 

infatti ha ritenuto valida la notificazione della domanda di arbitrato fatta 



204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

direttamente all'Amministrazione per il motivo che, non essendosi 
ancora costituito il collegio arbitrale, alla domanda stessa non poteva 
essere riconosciuto il valore di atto istitutivo del relativo giudizio. 

Il quesito, ora, che si pone all'esame di questa Corte � se il principio 
innanzi enunciato, secondo cui il procedimento arbitrale inizi soltanto 
con la costituzione del collegio decidente, costituisca una regola tale 
da escludere ogni rilevanza processuale della domanda di arbitrato. 

La clausola compromissoria, com'� noto, differisce dal compromesso 
in quanto non demanda agli arbitri la decisione di controversie gi� sorte, 
ma stabilisce preventivamente che viene demandato ad arbitri nominati 

o da nominare la decisione di controversie future ed eventuali. Tanto 
nel compromesso che nella clausola compromissoria vanno individuati 
un accordo basilare tra le parti contendenti, dal quale gi� scaturiscono 
effetti in ordine all'esercizio dell'azione, ed un rapporto nei confronti 
degli arbitri, rapporto che si istituisce con l'accettazione da parte di 
costoro, e da cui prende a decorrere il termine per emettere la decisione 
(art. 820 c. p. c.). 
Perch� gli arbitri siano investiti dalla controversia � opinione 
dominante che non occorra una domanda giudiziale in senso tecnico. 
Se vi � compromesso, questo contiene anche la formulazione dei quesiti, 
ed allora dall'accettazione degli arbitri, opportunamente sollecitati, sorge 
a tutti gli effetti il procedimento arbitrale. Se invece si tratta di clausola 
compromissoria occorrer�, oltre alla costituzione del collegio, anche un 
atto integrativo della clausola, volto a formulare i quesiti da sottoporre 
agli arbitri (artt. 823, 825 c. p. c.). 

Nell'uno e nell'altro caso, tuttavia, � individuabile un atto di 
iniziativa o di primo impulso processuale. Nell'ipotesi di compromesso, 
tale atto normalmente coincide con quello in cui � chiesta la nomina 
degli arbitri. Nell'ipotesi di clausola compromissoria, l'atto � costituito 
dalla precisazione della controversia, che, si noti, deve necessariamente 

precedere l'accettazione degli arbitri, perch� questa deve riferirsi ad 
una controversia determinata. 

Fermando l'esame al caso della clausola compromissoria, deve quindi 
dirsi che l'atto con cui si specifica la controversia, e si manifesta la 
determinazione di dar corso al giudizio arbitrale, ha rilevanza diretta 
ed esclusiva in relazione al processo, e quindi adempie ad una funzione 
analoga a quella della citazione, di promovimento, cio�, dell'attivit� 
giurisdizionale rispetto ad un precisato tema controverso (art. 2907 c. c.; 
art. 99 c. p. c.). 

La concorrenza di tali requisiti certamente � dato riscontrare nella 

� domanda di arbitrato � in questione, a proposito della quale non � 
fuori luogo rilevare che la stessa denominazione indica un significativo 
accostamento alla domanda giudiziale. 
La costituzione del Collegio arbitrale, quindi, segna il momento� 
genetico del rapporto processuale, inteso come rapporto tra le parte e 
il giudice, e fissa l'inizio del termine per la decisione ai sensi dell'art. 820 

c. p. c., ond'� che appunto facendo richiamo a questa disposizione, e� 
al rigore della sua osservanza (art. 813, capv. 829, n. 6 c. p. c.), la, 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 205' 

giurisprudenza ha desunto la necessit� della nomina e costituzione del 
collegio arbitrale per poter considerare sorto il rapporto processuale 
arbitrale e decorrente il termine per il relativo espletamento (Cass. 29� 
luglio 1963, n. 2127; Cass. 22 febbraio 1961, n. 409). Ma quando si 
tratta di stabilire se un determinato atto sia idoneo a dar vita al giudizio 
arbitrale, e cio� se contenga la necessaria delimitazione e contestazione 
del temo controverso, e se con esso si manifesti la volont� di una parte 
di richiedere la decisione arbitrale nei confronti di un'altra, non v'� 
dubbio che la circostanza dell'essere l'organo decidente precostituito o 
meno � priva di rilevanza, perch� la mancata costituzione dell'organo, 
tanto pi� se il suo funzionamento � garantito dalle prescrizioni del 
capitolato, non esclude nell'atto considerato la rilevanza processuale di 
una domanda giudiziale. 

Ritiene pertanto la Corte che la domanda di arbitrato in esame si 
pone tra quegli atti istitutivi di giudizio ai quali si riferisce l'art. 1 
della legge 25 marzo 1958, n. 260. 

Conferma tale convincimento il rilievo che con la citata norma si 
� inteso assicurare alla Pubblica Amministrazione una particolare ed 
ampia tutela giudiziaria, intesa a garantire l'immediata difesa da parte 
dell'Avvocatura in ogni tipo di controver;oiia in cui gli interessi da quella 
rappresentati possono comunque formare oggetto di giudizio da parte 
di organi ai quali, ancorch� in via di costituzione, risulti gi� attribuito 
il potere di decidere. 

Rafforza, inoltre, l'avviso espresso, la considerazione che se alla 

domanda di arbitrato non si riconoscesse il valore di atto introduttivo 

del giudizio agli effetti qui considerati, non si vedrebbe a quale altro 

atto, fornito dei necessari requisiti, poter attribuire un siffatto carattere. 

N� varrebbe opporre, come fa la diligente difesa della Societ�, che 

all'arbitrato la determinazione della lite avviene sempre con un atto 

negoziale e non processuale, se da una tale affermazione si vuol fare� 

conseguire che non sarebbe configurabile un onere di notifica dell' Am


ministrazione, oppure che per una tale notifica possa prescindersi dalle 

prescrizioni in esame. Premesso che nell'istituto dell'arbitrato, per la 

presenza di elementi privatistici e guirisdizionalistici che vi confluiscono 

la distinzione tra attivit� negoziale e processuale si configura in maniera 

necessariamente meno tipica di quanto avviene in altri campi, deve 

rilevarsi che la natura negoziale della clausola compromissoria, e cos�, 

anche se meno nettamente, dell'atto integrativo che delimita la contro


versia, non e�sclude, come innanzi s'� detto, che la domanda di arbitrato,. 

che quell'integrazione contiene, si ponga altresi quale atto di propul


sione del procedimento, in una fase prodromica rispetto al giudizio 

arbitrale, alla cui costituzione � diretto; fase nella quale ognuna delle 

parti ha poteri di impulso coordinati e diretti al fine predetto. 

Diversamente ritenendo, come si � accennato, la stessa prescrizione 

della legge del 1958, che espressamente riferisce � ad atti istitutivi 

di giudizi che si svolgono dinanzi ad arbitri � resterebbe priva d'effetto, 

e l'Amministrazione non sarebbe assicurata quella tutela che invece� 

la legge ha voluto garantire anche nei giudizi arbitrali. 



206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� chiaro, quindi, che per la particolarit� delle forme del procedimento 
arbitrale, e per le finalit� perseguite dalla norma sulla difesa 
giudiziaria dell'amministrazione, deve adottarsi sul punto la soluzione 
opposta a quella accolta nell'impugnata sentenza arbitraJe, in tal modo 
questo Corte uniformandosi all'insegnamento del Supremo Collegio (sent. 
6 ottobre 1964, n. 2523) e allo stesso esplicito orientamento legislativo 

(v. art. 46, D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1603). 
Ritenuto, pertanto, che la notificazione della domanda di arbitrato 
� colpita dalla nullit� di cui all'art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
in relazione all'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260, e che trattasi 
di nullit� assoluta non sanabile neppure con la costituzione dell'Amministrazione 
citata (Cass. 18 maggio 1964, n. 1215), segue che deve 
essere dichiarata la nullit� del lodo e del relativo giudizio arbitrale. 

Stante la causa di tale nullit�, resta precluso ogni esame del merito 
della controversia, perch� se da un lato l'invalidit� ha inficiato l'intero 
pr~cedimento arbitrale, il quale non avrebbe potuto avere svolgimento 
e quindi non pu� costituire il necessario presupposto di una pronuncia 
di merito in questa sede (Cass. 11 dicembre 1956, n. 4408), dall'altro 
l'invalidit� medesima non ha impedito il verificarsi della scadenza dei 
termini di cui all'art. 60 dei capitolati d'oneri, con la conseguente decadenza 
della societ� convenuta dal diritto di far valere in questa sede 
le pretese invalidamente proposte in sede arbitrale. (Omissis). 

TRIBUNALE DI ROMA, 6 agosto 1965, n. 5646 -Pres. Maccarone Est. 
Virgilio -Impresa A. Farsura (avv. Dedin e Vescovin) c. Ministero 
LL. PP. (avv. Stato Pentinaca). 

Arbitrato -Tempo del giudizio arbitrale -Giudizio durante la escuzione 
dei lavori e prima dell'approvazione del collaudo -Presupposti Rilevanza 
economica della controversia -Valutazione -Se spetti 
ad una delle parti o al Collegio arbitrale. 

(D. P. R. 16 luglio 1962 n. 1063, artt. 44 lett. b), 47). 
Nel caso di giudizio arbitrate promosso durante l'esecuzione dei 
lavori e prima dell'approvazione del collaudo, in deroga al principio 
generale che rimette la risoluzione di ogni controversia ad epoca successiva 
a detta approvazione, la valutazione della rilevanza economica 
della controversia la cui soluzione non pu� essere differita spetta non 
alla parte che ha promosso il giudizio, bens� agli arbitri (1). 

(1) � la prima sentenza dell'A.G.0. che -dopo l'entrata in vigore del 
nuovo Cap. Gen. Dpp. LL. PP. -esamina a precisa i limiti delle controversie, 
che -in deToga al principio generale secondo cui il giudizio con~enzioso 
in materia di <pubblico appalto deve avere luogo dopo l'approvazione 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 207 

(Omissis). 

Come si � accennato nell'esposizione che procede, l'Amministrazione 
ha in via preliminare eccepito l'impromovibilit� del giudizio in corso 
d'opera. Considerato il carattere della eccezione stessa, il Collegio deve 
esaminarla prima di ogni altra questione. 

Secondo la tesi dell'attrice, l'art. 44, lett. B del Capitolato Generale 
d'Appalto 16 luglio 1962, n. 106, che autorizza il procedimento arbitrale 
durante la esecuzione dei lavori per quelle controversie �la cui 
natura o rilevanza economica, ad avviso di una delle parti, non consenta 
che la loro risoluzione sia differita �, andrebbe interpretato nel senso 
che, in sede di esame pregiudiziale relativo all'effettiva promovibilit� 
del giudizio immediato, gli arbitri non possano in alcun modo esaminare 
la fondatezza delle pretese attrici, essendo sufficiente, per legittimare 
il procedimento, l'opinamento dell'istante circa la rilevanza economica 
della vertenza e la conseguente indifferibilit� della sua risoluzione. Lo 
stesso principio varebbe, sempre secondo l'assunto dell'attrice, quando, 
essendo stata declinata la competenza arbitrale, la domanda fosse stata 
proposta al giudice ordinario. 

Oppore la difesa dell'Amministrazione che, per ritenere realizzata 
'~ condizione eccezionale richiesta dall'ordinamento al fine di derogare 
\Ili norma generale secondo la quale ogni decisione deve essere rin.., 
ad un momento successivo all'approvazione del collaudo, non 
�-che l'attore formuli pretese di una certa rilevanza economica, 
�wece indispensabile che gli arbitri, o rispettivamente il giudice, 
se nella specie ricorra effettivamente la condizione predetta. 

'?ione � fondata. 

dal coordinamento delle norme che disciplinano la defini


�'Q.troversie tra il Ministero dei Lavori Pubblici e l'appal


e seguenti del Capitolato), si evince chiaramente come 

'i cui all'art. 44, che prevede i casi tassativi in cui 

"re luogo durante l'esecuzione dei lavori, costituisca 

'eroga al principio di carattere generale per cui la 

,.tenza � rimessa ad epoca successiva all'approva


....:ome � stato acutamente ritenuto in dottrina, la 

...cipio va infatti ravvisata nell'interesse, proprio della 

/de, a che l'esecuzione dei lavori si svolga nel modo pi� 

.!ollaudo -possono essere �risolte durante l'esecuzione dei Lavori e 

.~tma di detta approvazione. La soluzione accolta dal Tribunale � esatta. 
Non vi � dubbio, invero, che il giudizio sulla rilevanza economica della 
controvel'sia spetta al. giudice, e non alla parte che l'ha promossa.

La diver.sa formulazione prevista nel Capitolato abrogato (che enunciava 
solo le controversie e la cui natura, ad avviso di una delle parti, non 
consente che la loro risoluzione sia differita �) aveva fatto sorgere qualchedubbio sul se la valutazione della natura dovesse svolgersi in senso soggettivo 
(in relazione cio� alle condizioni dell'appaltatore) o soltanto in senso 
oggettivo: ma la seconda interpretazione era prevalente (CIANFLONE, L'appalto 
di opere pubbliche, 790, al quale si rinvia per richiami di giurisprudenza) 
ed ha trovato nel nuovo Cap. Gen. espresso riconoscimento. 

Vedi, in sede arbitrale, in questa R.a,ssegna, 1965, 850. 

16 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

piano (senza quello stato di animosit� che tende fatalmente a determinarsi 
nelle discussioni in sede giudiziaria), e inoltre nelle maggiori 
probabilit�, che in tal modo vengono a sussistere, di un bonario componimento, 
in quanto le parti, esaminando le questioni complessivamente, 
sono pi� facilmente indotte ad una conciliazione. 

Nel quadro di queste regole va esaminata ed interpretata la norma 
di cui all'art. 44, lett. b, la quale, opportunamente innovando rispetto 
al corrispondente art. 44, lett. b) del precedente Capitolo Generale di 
Appalto, 28 maggio 189�5, che prevedeva l'immediato giudizio arbitrale 
solo per quelle controversie la cui natura, ad avviso di una delle parti, 
non ne consentisse il differimento (onde era controverso in dottrina e 
in giurisprudenza se il concetto di �natura � dovesse essere inteso oggettivamente 
o anche soggettivamente, in relazione alle condizioni economiche 
dell'appaltatore), ha espressamente stabilito che si possa far ricorso 
al procedimento predetto anche quando la rilevanza economica 
della controversia, sempre ad avviso di una delle parti, non consenta 
che la sua risoluzione venga differita. Detta disposizione va peraltro 
coordinata con quella dell'ultimo comma dello stesso articolo, nonch� 
con l'altra dell'art. 47, II cpv., le quali rimettono rispettivamente agli 
arbitri e al magistrato competente la decisione circa l'effettiva indifferibilit� 
del giudizio: da tale coordinamento si evince che il legislatore, 
non potendo adottare una formula rigida che limitasse le possibilit� di 
applicazione della norma, ha inteso lasciare al prudente apprezzamento 
degli arbitri o del giudice di valutare volta per volta se le circostanze 
siano effettivamente tali da imporre la maggiore sollecitudine del giudizio 
e la conseguente deroga al principio generale (in tali sensi esplicitamente 
ha chiarito la portata della norma la relazione ministeriale 
al nuovo Capitolato). 

Pertanto, l'inciso di cui alla lett. b dell'art. 44, � ad avviso di una 
delle parti., non intende gi� rimettere a questa ogni valutazione 
come assume l'istante, bensi semplicemente riferirsi al potere di iniziativa 
nella richiesta di arbitrato, ed in questo senso costituisce il caso 
contrapposto a quello dell' �accordo � delle parti, previsto sotto la precedente 
lett. a). 

La diversa interpretazione dell'espressione predetta (prospettata 
dall'attrice) non solo contrasta con il chiarissimo disposto dei citati 
ultimi capoversi degli artt. 44 e 47, ma determinerebbe l'effetto di capovolgere 
la portata della norma, rimettendo in definitiva il giudizio 
sulla sua applicabilit� in concreto all'apprezzamento e all'arbitrio di 
una delle parti. 

Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve il Collegio 
esaminare se nella specie la rilevanza economica della controversia, da 
valutare in relazione all'importo totale dell'appalto, sia effettivamente 
tale da non consentire il differimento della sua risoluzione e da portare 
notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori, come dispone l'articolo 
44, lett. b. A' questo scopo occorre necessariamente procedere ad 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 209 

una sommaria deliberazione circa la fondatezza delle pretese attrici, 
al limitato fine di accertare, in concorso con ogni altro elemento di 
giudizio, la sussistenza dei requisiti di promovibilit� della domanda in 
corso d'opera. 

L'oggetto di tale indagine nella specie si riduce sostanzialmente 
all'esame della riserva indicata al n. 3 (relativa al compenso per il 
ritardo nell'inizio dei lavori e per la sospensione di essi, il cui ammonmontare 
� di lire 238.82.7.55-0), sia perch� per alcune delle altre riserve 
� venuta a cessare totalmente o parzialmente la materia del contendere 
in seguito al nuovo atto di sottomissione stipulato il 21 dicembre 
1964, sia perch� non si palesano comunque tali da integrare di 
per s� solo gli estremi richiesti dall'art. 44, lett. b. 

Osserva il Collegio che la richiesta predetta non denota la sussistenza 
dei requisiti previsti dalla norma. 

Notevole rilievo va innanzitutto attribuito a tale proposito alla relazione 
del collaudatore nominato in corso d'opera, il quale ha ritenuto 
del tutto fantastiche le pretese formulate dall'attrice. Dalla documentazione 
esibita dall'Amministrazione si � inoltre indotti a desumere che 
il ritardo nell'inizio dei lavori �, almeno in gran parte, imputabile alla 
stessa Impresa, la quale omise di presentare puntualmente il programma 
dei lavori stessi, con palese violazione dell'art. 7 del Capitolato Speciale 
d'appalto 23 maggio 1960. 

Di non minore importanza, sempre ai fini della valutazione del fondamento 
della riserva in esame, � ancora la considerazione che l'appaltatrice, 
in attesa della risoluzione delle difficolt� sopravvenute, non rimase 
affatto inattiva, in quanto, essendo impegnata nella costruzione 
degli altri lotti della ferrovia (che avevano costituito oggetto di distinti 
appalti), ebbe egualmente la possibilit� di utilizzare sia il personale 
che il materiale da costruzione e gli attrezzi. 

Va altresi tenuto presente che l'attrice, nonostante l'insorgere dei 
pretesi fatti dannosi, ha regolarmente continuato i lavori per oltre 
due anni: circostanza questa che costituisce un sintomo rivelatore della 
concreta mancanza, nella controversia di cui si discute, di quei caratteri 
di gravit� e di incidenza sul proseguimento dell'opera, che sono 
indispensabili per la richiesta della risoluzione immediata della vertenza. 
Va infine, considerato (anche tale argomento � di intuitiva efficacia) 
che nel corso del presente giudizio l'Impresa e l'Amministrazione 
hanno stipulato un nuovo atto di sottomissione, che non solo ha fissato 
nuovi accordi delle parti, eliminando pertanto la materia del contendere 
per alcune delle riserve gi� formulate, ma ha addirittura aumentato 
l'importo iniziale dell'appalto di L. 602.012.943. 

Da quanto precede appare evidente che nel caso difetta la condi


zione cui la legge subordina la possibilit� di risoluzione giurisdizionale 

immediata della controversia. (Omissis). 



210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 giugno 1965, n. 15 -Pres. Reale Est. 
Granito -Nasuti e Ciarrapico (avv. Conte) c. Ministero LL. PP. 
(avv. Stato Carbone) ed ACEA (avv. Mazzullo). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Sottensione totale di utenza -Compenso 
-Determinazione della qualit� e quantit� della prestazione Liquidazione 
del compenso in danaro -Rifiuto dell'Amministrazione 
dei LL.PP. a provvedervi -Ille~ittimit�. 

(T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). 
Nell'ipotesi di sottensione totale di utenza, l'Amministrazione dei 
Lavori Pubblici, oltre a stabilire il modo in cui l'utenza sottesa debba 
essere compensata -se mediante fornitura di acqua o di energia ovvero 
mediante pagamento di una somma di danaro -deve, aitres�, procedere 
alla determinazione quantitativa dell'una o dell'altra prestazione: pertanto, 
deve ritenersi illegittimo il rifiuto della p. a. a provvedere alla 
liquidazione dei compenso in danaro (1). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 ottobre 1965, n. 21 -Pres. Reale 
-Est. Giannattasio -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carafa) c. 
Romano Maria (avv. Maglione). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Stima -Caratteristica di suolo 
edificatorio -Elementi. 

(L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39). 
(1) Per le sottensioni par2Jiali la giurisprudenza ha sempre statuito che 
il compenso spettante al concessionario sotteso dev'essere stabilito prima o 
contestualmente al provvedimento che dispone la sottensione. La necessit� 
deil.la determinaztione quantitativa del �compenso trovasi affermata pure nelil:a 
motivazione della senten:z:a 27 luglio 1963, n. 24 del Tribunale Superioredelle AA. PP., :riprodotta a pag. 206 e segg. di questa Rassegna, 1964. Per lo 
stesso principio, massimato, si veda: Trib. Sup. AA. PP., 9 luglio 1960, n. 22, 
Acque, bonif. costr., 1960, 375, Tdb. Sup. AA. PP., 24 ottobre 1960, n. 30, 
ivi, 463. Secondo la giur.iisprudenza ora citata, la mancata determinazione 
del compenso produce il.'illegittitmit� del decreto deil. Ministro dei LL. PP. 
Secondo, invece, la pi� recente sentenza del Trib. Sup. AA. PP., 8 novembre 
1963, n. 30, Foro Amm., �1964, I, 1, 444, la mancata fissazione del quantum/ 
non rende illegittimo il decreto di cui s'� detto n� ne comporta la disapplicazione 
da parte del giudice ordinario, ma postula solo la integrazione dello 
stesso ad opera della p. a. Per le sottensioni totali la statuizione contenuta 
nella decisione in rassegna non ha, per quello che ci consta, precedenti. La 
massima desta perplessit� perch� urta contro la lettera della legge che se 
all'art. 47, per le sotten:sioni parziali, impone esp:licitamente alla p. a. di 
determinare il compenso che il nuovo utente deve corrispondere a quello 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 211 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione parziale e totale Differenza 
-Rapporto tra il fondo espropriato ed altro fondo contiguo. 


(L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40). 
La posizione marginale di un terreno 1�ispetto ai centro abitato non 
esclude di per s� il carattere edificatorio del fondo, potendosi tale 
carattere anche desumere, in via riflessa, da un complesso di elementi 
certi ed obbiettivi quali l'ubicazione, l'accessibilit�, io sviluppo edilizio, 
l'esistenza di servizi pubblici di muminazione, riscaldamento e rifornimento 
idrico, che attestino un'attuale e concreta abitabilit� deUa 

.zona; tuttavia, non � da ritenere edificatorio un terreno che non � situato 
ai margini di una grande citt�, ma a notevole distanza da un 
centro abitato di provincia ed in piena zona agricola e sopratutto sfornito 
delle c.d. opere di urbanizzazione sopraricordate (1). 

Si versa nell'ipotesi dell'espropriazione parziale quando iL fondo 

espropriato rappresenta un elemento insostituibile per l'organizzazione 

ed iL funzionamento di un'impresa agricola o, quanto meno, � posto in 

modo durevole, per un'esigenza tecnica, ai servizio di un altro fondo 

preesistente, all'art. 45, per le sottensioni totali, Si Limita a disporre che il 
Ministro dei LL.PP. deve stabilire in quai modo -se mediante fornitura 
di acqua o energia o mediante compenso in denaro -l'utenza sottesa debba 
essere compensata, senza accennare minimamenrte ad un obbligo di detetrminaziione 
del quantum. E ci� senza dire che il principio affermato non 
tiene afllatto conto della sostanziale diversit� di presupposti e di disciplinaesiostente tra le due ipotesi di sottensione. 

(1) Il principio secondo il quale il carattere edificatorio di un suolo si 
pu� desumere da un complesso di elementi certi ed obbiettivi di ubicazione, 
accessibilit�, sviluppo edilizio, esistenza di servizi pubblici (c. d. opere di 
urbanizzazione) � stato, in questi ultimi tempi, afllermato ripetutamente 
dalla Corte di Cassazione, della quale costituisce giurisprudenza consolidata. 
Si cfr. Cass. 30 marzo 1965, n. 557, Gimt. civ., 1965, I, 1137; Cass. 18 maggio 
1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, 729 (con nota di ll"ichiami); Cass. 3 
giugno 1963 n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839; C'ass. 21 dicembre 1962 n. 647, 
Giust. civ. Mass., 1962, 317; Cass. 9 agosto 1962, n. 2490, ivi, 1962, 371; 
Cass. 25 maggio 1962, n. 1239, Foro it. Mass., 1962, 1378; Cass. 16 mag:gio 
1962, n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1004; Cass. Sez. Un. 28 marzo 1962, n. 647, 
Foro amm., 1962, II, 363. 
La sentenza in rassegna ha escluso recisamente che ad un terreno, sulla 
considerazione di una sua remota �possibilit� di urbanizzazione, si possa 
attribui.Te un valore intermedio tll"a suolo agricolo e suolo edificatorio; e 
ci� perch� l'indennit� di esproprio dev'essere commisurata al valore attuale 
del bene e non a quello che il fondo potr� avere in futuro se si realizzeranno 
alcuni fattori di natntra puramente aleatoria. Se il terreno, quindi, 
non pu� ritenersi edificatorio per mancanza dei requisiti necessari per tale 
qualifica, attribuire ad esso una stima superiore a quelila dei terreni agricoli 

(anche se inferiore a quella dei terreni edificatori urbani) significa dare al 
bene un valore che esso ancora non ha ed operare un ingiustificato arricchimento 
a favore dell'espropriato, di cui la legg:e intende compensare H 
sacrificio ma non certo favorire la speculazione. 



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212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cosi da costituirne una necessaria pertinenza; in mancanza di un tale 
nesso fra le varie parti di un fondo, l'espropriazione di una parte 
di terreno configura l'ipotesi dell'espropriazione totale anche se al proprietario 
espropriato 1�esti in propriet� altro terreno contiguo (2). 

(Omissis). 

L'appellante lamenta l'illogicit� della sentenza impugnata, per aver 
ritenuto la natura edificatoria della fascia di terreno espropriata, e ci� 
in contrasto non soltanto con le risultanze degli atti, ma con le stesse 
proposizioni della sentenza. 

La censura � fondata. La sentenza del Tribunale Regionale, dopo 
aver riconosciuto da un lato la rilevante distanza del terreno in questione 
dal centro abitato di Pomigliano d'Arco (un chilometro) e dall'altro 
l'assoluta mancanza di ogni opera di urbanizzazione (assenza di 
acquedotto, fognatura, illuminazione pubblica, ecc.), ha tuttavia, fondato 
il giudizio su di una remota possibilit� di urbanizzazione per 
negare al terreno il valore agricolo e stabilire un valore intermedio 
tra quello fissato dal Consulente, come suolo agricolo e quello reclamato 
dalla � Romano come suolo edificatorio urbano. Cosi ragionando, 
l'appellata sentenza si � discostata dai criteri costantemente seguiti nell'accertamento 
del carattere edificatorio di un terreno in tema di espropriazione 
per pubblica utilit�. 

Invero, anche a voler accettare in via astratta la distinzione tra 
edificabilit� e possibilit� edificatoria ed anche a concedere che la posizione 
marginale del terreno rispetto al centro abitato, non esclude il 
carattere edificatorio del terreno stesso, che si pu� desumere, in via 
riflessa, da un complesso di elementi certi e obiettivi, quali l'ubicazione, 
l'accessibilit�, lo sviluppo edilizio, i servizi pubblici di illuminazione, di 
riscaldamento e di rifornimento idrico e cosi via, che attestano una 
attuale e concreta abitabilit� (Cass. 30 marzo 19615, n. 537, 3 giugno 
1963, n. 1483; 16 maggio 1962, n. 1105); tuttavia, non � consentito qualificare 
edificatorio un terreno che non � situato ai margini di una 
grande citt�, ma a notevole distanza da un centro abitato di provincia 
e in piena zona agricola, e soprattutto non fornito di quelle opere, or 
ora ricordate, che sono state definite di urbanizzazione. 

(2) Sull'espropriazione parziale si cfr. Cass. 15 luglio 1964, n. 1909, 
Giust. civ. Mass., 1964, 864, ed in questa Rassegna 1964, 730; Cass. 18 maggio 
1964 n. 1213, in questa Rassegna 1964, 719; cass. 15 maggio 1964, n. 1184, 
Riv. giur. ed., 1964, I, 1061; Foro amm., 1964, I, 1, 378; Cass. 3 marzo 1962, 
n. 396, Foro amm., 1962, II, 213; 'fiib. Lecco, 29 aprile 1960, Foro it., 1961, 
I, 164; Cass. 19 dicembre 1934, n. 3622, Foro it., Rep. 1934, v. Espr. p. u. n. 76. 
In dottrina si vedano: CARUGNO, L'espropriazione per pubblica utilit�, Milano, 
1958, 227 segg.; RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit�, Torino,
1964, 251, segg. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 213 

In siffatta situazione l'attribuire al terreno una stima che superi 
di gran lunga quella corrispondente ai terreni agricoli, sia pure tenendosi 
a mezza strada tra la stima del terreno agricolo e quello edificatorio.
�urbano significa attribuire al bene espropriato un valore che esso 
non ha ed operare un ingiusto arricchimento a favore dell'espropriato 
e in danno dell'ente espropriante. 

Non merita, invece, censura il criterio di stima, suggerito dai periti 
nominati ai sensi dell'art. 32 legge 25 giugno 1865, n. 2359 e seguito 
dal Tribunale Regionale, relativo all'occupazione parziale (art. 40 stessa 
legge) e non all'occupazione totale (art. 39). Invero si versa nel caso 
di espropriazione parziale quando il fondo espropriato � elemento insostituibile 
per l'organizzazione ed il funzionamento dell'impresa agricola 
o, quanto meno, � posto in modo durevole, per un'esigenza tecnica, a 
servizio di altro fondo, cosi da costituire una pertinenza necessaria; ove 
invece il nesso fra le varie parti non esiste, si ha espropriazione totale, 
nulla rilevando che al proprietario espropriato rimanga altro terreno 
contiguo. Nel primo caso la parte residua � sicuramente soggetta a deperimento 
e di questo occorrer� tener conto, a norma dell'art. 40, nella 
determinazione dell'indennit� di espropriazione; nel secondo caso, pur 
non potendosi negare, in via assoluta, che il fondo residuo possa subire 
una diminuzione di valore, di regola non si ha riguardo ad essa e la 
indennit� di espropriazione � determinata, a norma dell'art. 39, in base 
al valore venale dell'immobile espropriato. Nel caso in esame, il fondo 
della Romano, della superficie complessiva di mq. 14.n2 � risultato 
diviso, a seguito della espropriazione, nella striscia di mq. 12..392 e 
nell'altra di mq. 1.500. Quest'ultima, di forma triangolare, sebbene conservi 
la comunicazione con la strada, viene ad essere priva di comunicazione 
diretta con la maggior parte del fondo, si da subire un evidente 
deprezzamento del quale deve tenersi conto. 

Ora, prendendo a base i valori attribuiti agli altri fondi contigui 
dalla perizia giudiziale, e la dichiarazione di accettazione di Beneduce 
Pasquale, che ha concordato il valore di L. �62�5 al mq., pu� fissarsi in 

L. 7-00 al mq. il valore del terreno in contestazione, sicch� l'intero fondo 
della Romano, valeva all'epoca dell'espropriazione L. 9.9'20.000 (mq. 
14.172 X 700). Per effetto dell'espropriazione di mq. 280, la residua 
parte di mq. 13.892 ha conservato, per l'estensione di mq. 12.392 lo 
stesso valore di L. 700 al mq. e vale quindi L. 8.674.400 (mq. 12.392 X 
700), mentre la parte separata di mq. 1.500 � stata come si � detto 
deprezzata, valutando il deprezzamento di L. 300 a mq., si ha un valore 
residuo di L. 600.000. 
Detraendo, perci�, dal giusto prezzo che avrebbe avuto il terreno 
avanti l'occupazione (L. �9.920.400) il giusto prezzo che potr� avere la 
residua parte di esso dopo l'occupazione (L. 8.674.400 X 600.000 = 
9.274.000) si ottiene l'indennit� di espropriazione pari a L. 646.000. 
(Omissis). 



214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 13 gennaio 1966, n. 1 -Pres. Reale Est. 
Tozzi -Iavarone (avv. di Maio e Marotta) c. Cassa per il Mezzogiorno 
ed il Prefetto di Napoli (avv. Stato Carafa). 

Acque pubbliche -Espropriazioni per le opere di raccolta e re~olazione 
delle acque -Determinazione dell'indennit� -Perizia disposta 
dal Presidente del Tribunale -Inammissibilit� -Valutazione 
da parte del Genio Civile -Le~ittimit�. 

{L. 20 giugno 1865, n. 2359, artt. 31, 32; t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 33). 
Ai sensi dell'art. 33 del t.u. n. 1775 del 1933 sulle espropriazioni 
per le opere di raccolta e di regolazione delle acque, la determinazione 
delle somme da depositarsi a titolo di indennit� di. espropriazione nei 
confronti dei proprietari che non accettarono la indennit�, deve essere 
effettuata dal Genio Civile e non tramite una perizia disposta dal Presidente 
del Tribunale (1). 

(Omissis). 

Deve invece ritenersi ammissibile il primo ricorso in quanto rivolto 
avverso il decreto di espropriazione emesso dal Prefetto di Napoli e 
notificato il 17 ottobre 1962, che si assume il legittimo perch� la indennit� 
sarebbe stata liquidata in base ad una consulenza tecnica disposta 
dal Tribunale di Napoli, mentre nella specie la indennit� avrebbe dovuto 
essere determinata dal Genio Civile a norma dell'art. 33 del t.u. 

n. 1775 del 1933. 
E invero, secondo la costante giurisprudenza, rientrano nella competenza 
del giudice ordinario soltanto le controversie riguardanti il 
quantum della indennit� offerta, mentre il giudice di legittimit� � competente 
a conoscere delle controversie che hanno per oggetto i criteri 
mediante i quali il Prefetto ha determinato l'indennit� stessa nei confronti 
dei proprietari, con le quali in sostanza si deducono vizi del procedimento 
conclusosi con l'atto di espropriazione impugnato (v. per tutte 
decc. IV Sez., n. 777 del 1960 e n. 515 del 1957). 

N� ha maggior fondamento l'altro profilo di inammissibilit� dedotto 
dall'Avvocatura dello Stato, secondo cui i ricorrenti non avrebbero 
interesse a dedurre che la stima della indennit� � stata fatta dal perito 
nominato dal Tribunale anzich� dal Genio Civile, in quanto l' Amministrazione 
avrebbe comunque rispettato il principio fondamentale 
dettato dalla legge fondamentale sulle espropriazioni per pubblica utilit�. 
Qui infatti i ricorrenti non lamentano la violazione del principio 
che la determinazione della indennit� debba essere effettuata mediante 
una stima, ma si limitano a dedurre la incompetena dell'organo al 
quale la stima � stata demandata e non pu� dubitarsi che abbiano un 
interesse a dedurre il vizio di incompetenza, sia perch� il riconosci


I

mento dell'esistenza di esso farebbe loro raggiungere lo scopo di ottenere 
l'annullamento dell'atto impugnato, sia perch� non si pu� a priori 

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(1) Massima esatta. Non risultano precedenti. 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 215 

e in astratto escludere che la stima effettuata dall'organo competente 
sarebbe stata pi� favorevole (v. per tutte decc. Consiglio di Stato, V 
Sez., n. 826 del 1960 e IV Sez., n. 585 del 1961). 

Ci� premesso, ritiene il Tribunale che la censura sia fondata. 

E invero, ai sensi dell'art. 33 del t.n. n. 1775 del 1933, sulle espropriazioni 
per le opere di raccolta e di regolazione delle acque, come 
quella cui il decreto di espropriazione impugnato si riferisce, la determinazione 
della somma da depositarsi a titolo di indennit� di espropriazione 
nei confronti dei proprietari che non accettarono la indennit� 
offerta deve essere effettuata dal Genio Civile. Nella specie, invece, 
� stato erroneamente applicato l'art. 32 della legge del 1865 e la indennit� 
� stata determinata mediante una consulenza tecnica disposta dal 
Tribunale di Napoli, il che � evidentemente illegittimo. Deve pertanto 
essere accolto il primo ricorso in quanto rivolto avverso il decreto di 
espropriazione, che deve essere annullato. (Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 17 gennaio 1966, n. 2 -Pres. Reale Est. 
Daniele -Soc. Finlago (avv. Ferri e Scarpa) c. Ministero Finanze 
(avv. Stato Carbone). 

Demanio -Concessione -Imposizione del canone -Impugnativa -Giurisdizione 
del giudice amministrativo -Concessione di utilizzazione 
di sponde lacuali -Canone -Giurisdizione del Tribunale Superiore 
delle Acque. 

(T. u. 11 dicembre 193.3, n. 1775, art. 143 lett. a). 
Le controversie sulla legittimit� dell'imposizione del canone, relativo 
alla concessione in uso di un bene, demaniale, rientrano nella 
competenza del giudice amministrativo. Pertanto sono di competenza 
del Tribunale Superiore delle Acque in sede di legittimit� i ricorsi 
contro provvedimenti definitivi determinativi del canone di concessione 
di sponde lacuali (1). 

(Omissis). 
L'eccezione di difetto di giurisdizione di questo Tribunale, sollevata 
dall'Avvocatura Generale dello Stato, non � fondata. 
Non � contestato fra le parti che le controversie, relative alle 
legittimit� dell'imposizione del canone relativo ad una concessione in 

(1) Nello stesso senso, cfr.: Cass Sez. Un. 21giugno1963, n. 1666, in questa 
Rassegna 1963, 135, secondo cui � nel caso in cui il privato, che ha ottenuto 
dalla Pubblica Amministrazione la concessione in uso di un bene demaniale, 
contesti la legittimit� dell'imposizione di un canone relativo alla 
concessione stessa, la controversia, investendo la maniera con la quale la 
P.A. ha esercitato in concreto il proprio potere discrezionale, rientra nella 
competenza del giudice amministrativo e non gi� in quella del giudiceordinario �. V. pure CARUSI, In tema di concessione d'uso di beni pubblici, 
ivi, 1964, 1066). 

216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

uso di un bene demaniale, rientrano (come ha anche ritenuto la suprema 
Corte di Cassazione -Sez. Un. con sentenza 21 giugno 1963, n. 1666) 
nella competenza del giudice amministrativo e non in quella del giudice 
ordinario. 

Eccepisce per� l'Avvocatura dello Stato, che, nella specie, la controversia 
esulerebbe dalla giurisdizione del Tribunale Superiore delle 
Acque Pubbliche in quanto non rientrerebbe in alcuna delle ipotesi 
previste dall'art. 143 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. 

Osserva il Tribunale che, nel caso in esame, -l'oggetto della concessione 
sarebbe stato costituito da un'area, qua-si tutta coperta, del 
Lago Maggiore costituente uno specchio d'acqua (cfr. lettera Ministero 
delle Finanze 8 aprile 1964, n. 103891) da destinarsi alla costruzione 
di una darsena coperta e di due moli in calcestruzzo. 

Non solo, quindi, l'oggetto della richiesta concessione era costituito 
da una parte del lago (alveo e relative acque) ma la finalit� della 
concessione era quella dell'utilizzazione delle acque del lago stesso, 
per mezzo della costruzione di una darsena e di due moli. 

Ci� posto, la controversia rientra nella previsione dell'art. 143, 
lett. a) del t. u, 11 dicembre 1933, n. 177-5 il quale deferisce alla 
cognizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in sede di 
giurisdizione amministrativa, i ricorsi, per motivi di legittimit�, avverso 
i provvedimenti definitivi in materia di acque pubbliche, fra le 
quali sono comprese, ai sensi dell'art. 1 del citato testo unico, le 
acque lacuali. (Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 17 gennaio 1966, n. 4 -Pres. Reale Est. 
Giannattasio -Consorzio Verdia Passolargo (avv. C. Selvaggi) 

c. Ministero LL. PP. e Assessorato LL. PP. presso la Regione Siciliana 
(avv. Stato Del Greco) e Zuccarello (avv. Conte e A. C. 
Jemolo). 
Acque pubbliche -Giudizi e procedimenti dinanzi ai Tribunali delle 
Acque -Norme processuali applicabili -Rinvio del t. u. n. 1775 
del 1933 al c.p.c. del 1865 -Natura -Effetti -Estinzione del processo 
-Inapplicabilit�. 

(T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 191 e 202; c. p. c. abr., art. 338). 
Acque pubbliche -Utenze di acque pubbliche attuate per il trentennio 
anteriore alla pubblicazione della 1. 10 agosto 1884 n. 2644 e regolarmente 
riconosciute -Concessione di utenze in base alla legislazione 
vigente -Preferenza delle prime rispetto alla seconda. 

(T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 2, lett. a) e b), e 19). 
Anche dopo t'e_ntrata in vigore dei nuovo codice di procedura civile, 
il sistema processuaie reiativo aUe controversie in materia di 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 217 

acque pubbliche rimane collegato, nella sua interezza, attraverso i riferimenti 
di cui al t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, azze norme contenute 
nel codice di rito del 1865; le quali devono considerarsi come recepite 
dal testo unico medesimo, rimanendo estranee azza materia le modificazioni 
deZZa procedura ordinaria apportate dal nuovo codice. Pertanto 
non � applicabile al processo dinanzi al Tribunale delle acque l'istituto 
deZZ'estinzione del processo (1). 

I titolari di utenze di acque pubbliche, che risultino derivate ed 
utilizzate per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della 

l. 10 agosto 1884, n. 2644, e che abbiano ottenuto iZ riconoscimento dell'utenza 
daZZa p. a., sono posti sullo stesso piano giuridico (salva naturalmente 
la differenza del quantitativo di acqua, che ciascuno ha ottenuto 
di poter continuare a derivare e che corrisponde al quantitativo 
utilizzato nel detto trentennio), con possibilitd di essere ridotte in modo 
proporzionale, e sono preferiti ai titolari di concessioni, Ze quali hanno 
effetto daZZa data del decreto (2). 
(Omissis). 

Gli appellanti incidentali Cancelliere propongono, in via preliminare, 
il problema se sia applicabile al processo innanzi ai Tribunali 
delle Acque l'art. 305 c.p.c., secondo il quale il processo interrotto 
(per una delle cause previste nei precedenti artt. 299, 300 e 301) 
deve essere proseguito e riassunto entro il termine perentorio di sei 
mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue. La questione, risolta negativamente 
dal Tribunale Regionale, ha pratica rilevanza, perch� dinanzi 
a quel Tribunale fu dichiarata l'interruzione del processo per 
morte .di uno dei difensori il 18 settembre 1956 e la riassunzione avvenne 
il 10 agosto 1957, dopo cio� oltre sei mesi. 

Questo Tribunale Superiore, nel ritenere non applicabile al processo 
dinanzi ai Tribunali delle acque l'istituto dell'estinzione del processo, 
non fa che riconfermare la propria giurisprudenza, secondo la 
quale, in armonia a quanto � stato ritenuto dalle Sezioni Unite della 
Corte di Cassazione (Cass. 6 novembre 195'8, n. 3619), pur dopo l'entrata 
in vigore del nuovo codice di procedura civile, il sistema processuale 
relativo alle controversie in materia di acque pubbliche rimane 
collegato, nella sua interezza alle norme del codice di rito del 1865, 
attraverso i riferimenti di cui al t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, le quali 
norme devono considerarsi come recepite dal testo unico medesimo, 
rimanendo estranee alla materia le modificazioni della procedura ordinaria 
apportate dal nuovo codice (Trriib. Sup. 30 gennaio 1965, nn. 3 e 4; 
22 gennaio 1964, n. 5). 

(1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Trib. Sup. Acque 30 gennaio 1965, n. 1, 
in questa Rassegna, 1965, I, 233 con nota; 30 gennaio 1965, n. 4, ivi, 1965, 
I, 575, con nota. 
(2) Esatta applicazione delle norme di cui agli artt. 2 e 19 del 
t. u. n. 1775. 

218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La giurisprudenza, che ha fatto applicazione di questo principio, 
non sempre si � espressa in termini di integralit�, ma anzi, in vari casi 
(Cass. Sez. Un. 7 aprile 1953, n. 2.675; 22 marzo 1953, n. 765; 27 luglio 
1948, n. 1244) ha pronunciato su fattispecie, per le quali, nel testo unico 
sulle acque e sugli impianti elettrici v'era un rinvio recettizio ad una 
precisa norma dell'abrogato codice di procedura civile del 1865; pi� 
precisamente, all'art. 518 delativo al termine per ricorrere alle sezioni 
unite della Corte di Cassazione, richiamato dall'art. 202 quarto comma 
del testo unico; o all'art. 493 relativo alla pronuncia sulla competenza 
da parte del giudice d'appello, richiamato dall'art. 191 del testo unico. 
Anche inteso in questi pi� ristretti limiti, il principio sopra enunciato 
trova specifica applicazione nel caso in esame, perch� l'istituto della 
perenzione di istanza (art. 338 c.p.c. 186�5), che il Tribunale Regionale 
ha applicato in luogo dell'estinzione del processo, � richiamato dall'art. 
186 del t.u. del 1933. 

I ricorrenti incidentali sostengono, per�, che la soluzione contraria 
dovrebbe ritrovarsi nell'art.208 del pi� volte ricordato t.u. del 1933, 
che, se fa rinvio al codice di procedura civile allora vigente, cio� al 
codice del 1865, estende poi il rinvio anche alle �successive leggi 
modificatrici ed integratrici�, tra le quali sarebbe da annoverare il 
codice di procedura civile del 1940-42. 

Il rilievo non appare fondato. Allorquando fu emanato il testo unico 
sulle acque e sugli impianti elettrici, i criteri ai quali doveva informarsi 
il codice allora in gestazione, avevano gi� trovato accoglimento 
nella pi� autorevole dottrina, onde il regolamento processuale in tema 
di acque (titolo IV del t.u.) volle costituire una anticipazione della 
riforma in corso. Nel testo unico trovarono cosi collocazione norme innovatrici 
rispetto al comune processo civile (si pensi, ad es. alla preventiva 
fase istruttoria dinanzi al giudice delegato e alla successiva 
rimessione al collegio, artt. 157 e 180) ed una serie di rinvii ricettizi 
al codice di procedura civile del 1865, il che significa che si attu� un 
sistema processuale autonomo, comprensivo di criteri gi� sperimentati 
e di criteri nuovi. L'art. 208 del testo unico dice appunto questo, quando 
precisa che nel processo in materia di acque pubbliche si ha riguardo 
in primo luogo a � tutto ci� che sia regolato dalle disposizioni del 
titolo IV � del testo unico, e, per quanto non regolato da quelle disposizioni, 
si applica il codice di procedura civile allora vigente, con la 
precisazione, del resto ovvia, che tale codice non doveva intendersi 
richiamato nell'originaria stesura, ma tenuto conto �delle successive 
leggi modificatrici ed integratrici�. (Omissis). 

A tal punto, prima di esaminare se � fondata la censura dell'appellante 
principale, devesi senz'altro escludere che abbia fondamento l'appello 
incidentale sul punto di una pretesa precedenza a titolo preferenziale 
in forza di antichi titoli prodotti in causa, o da esibire, dietro 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 219 

ordine, dall'amministrazione dei LL. PP., che permetterebbero di considerare 
gli utenti di acqua pubblica della riva sinistra quali possessori 
di un titolo legittimo (art. 2 lett. a del t.u.) o comunque utenti per 
tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 ago.
sto 1884, n. 2644 (art. 2 lett. b) con particolare modalit� di esercizio. 
� agevole obiettare che non solo non v'� stato alcun riconoscimento 
di un titolo preferenziale a favore di Cancelliere e C., ma tale riconoscimento 
non venne neppure da loro richiesto allorch� invocarono ed 
ottennero il decreto 31 gennaio 1939, il quale non fece che accogliere 
la richiesta di riconoscimento di ls. 20,5�58 per antica utenza. Tale decreto, 
che corrispondeva all'istanza degli interessati non fu, naturalmente, 
impugnato da questi ultimi, per cui l'accertamento � divenuto 
definitivo nei loro confronti, senza riconoscimento di preferenziali modalit� 
di esercizio. 

Ma non esiste neppure un titolo preferenziale del Consorzio Verdia 
Passalongo rispetto agli utenti di sinistra, anteriore al 1939, che il 
decreto 31 gennaio 1939 avrebbe violato. 

Invero, la scrittura 6 settembre 193�9, a parte che � firmata dal 
.solo Gaetano Cancelliere e non anche dagli altri utenti, per cui, in mancanza 
di procura, sarebbe vincolativa solo per il sottoscrittore (n� 
potrebbe, naturalmente, parlarsi di convalida di un atto per mancanza 
della forma richiesta ab substantiam) non contiene alcun riconoscimento 
a favore del Consorzio n� correlativa di diritti sostanziali. 
Dalla ragione che indusse le parti presenti a rilasciare le rispettive 
dichiarazioni e dallo stesso loro tenore ( � Il Consorzio non si oppone 
all'assegnazione a Cancelliere... �; �I ricorrenti non intendono pregiudicare 
le assegnazioni fatte al Consorzio ... �) emerge chiaramente che 
con esse le parti vollero regolare il loro comportamento nel processo 
in corso per favorirsi a vicenda, in modo che i ricorrenti potessero 
vedersi riconoscere il diritto di utilizzare un maggior quantitativo di 
acqua, senza che venissero rimessi in discussione il diritto di antica 
utenza riconosciuto al Consorzio e la concessione fatta allo stesso ente. 
Se un riconoscimento a titolo preferenziale dovesse ravvisarsi in quella 
scrittura, dovrebbe trattarsi di un riconoscimento reciproco, il che � 
assolutamente inconcepibile, perch� assurdo. 

Ma se la scrittura del 1933 non � fonte di riconoscimento di un 
titolo preferenziale a favore del Consorzio tanto meno pu� esserlo la 
sentenza 9 giugno 1937 del Tribunale regionale di Palermo, per aver 
fatto proprio il contenuto di quella scrittura, tanto pi� che questa venne 
presa in considerazione unicamente ai fini della dichiarazione di cessazione 
della materia del contendere. � noto che quando il Giudice dichiara 
cessata la materia del contendere per fatti sopravvenuti nel corso 
del giudizio (e nel caso in esame la dichiarazione � avvenuta ex officio) 
egli ritiene, a torto o a ragione, che sia sopraggiunto un fatto, che, 
incidendo sul diritto sostanziale dedotto in causa, elimini la ragione 
stessa del contendere fra le parti e, quindi, sia venuta meno oggettivamente 
la necessit� di affermare la concreta volont� giurisdizionale, 
.sicch� la cessazione della materia del contendere si risolve in una pro




220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nuncia di declaratoria che pone fine al processo, facendo venir meno 
perisno le sentenze gi� pronunciate. 

Una volta esclusa la ricorrenza di una ragione preferenziale a 
favore dell'uno o dell'altro gruppo di utenti, in caso di insufficienza 
d'acqua i riconoscimenti di utenza a favore del Consorzio e del gruppo 
Cancelliere devono ridursi proporzionalmente ed in tal caso si fa luogo 
alla riduzione dei riconoscimenti dopo che sono state sacrificate le concessioni. 
Infatti i titolari di utenze di acque pubbliche, che risultino 
derivate ed utilizzate per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione 
della legge 10 agosto 1884, n. 2644 e che abbiano ottenuto il riconoscimento 
dell'utenza dall'Amministrazione, sono posti sullo stesso piano 
giuridico, salva, naturalmente, la differenza del quantitativo di acqua, 
che ciascuno ha ottenuto di poter continuare a derivare e che corrisponde 
al quantitativo utilizzato nel detto trentennio. I riconoscimenti 
di uso trentennale, invero, avendo tutti effetto dalla stessa data (e cio� 
dall'entrata in vigore della legge del 18'84, qualunque sia la data del 
riconoscimento) debbono considerarsi tutti di pari grado. L'antica 
utenza, invece, � preferita, com'� pacifico fra le parti, alla concessione, 
che prende data dalla data del decreto e tale preferenza si desume 
chiaramente dall'art. 19 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, per 
n quale �la concessione si intende fatta entro i limiti di disponibilit� 
dell'acqua � ed il concessionario � sempre responsabile di qualsiasi 
lesione che, in conseguenza della concessione, possa essere arrecata ai 
diritti dei terzi. (Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 25 gennaio 1966, n. 6 -Pres. Reale Est. 
Ferrati -A.C.E.A. (avv. Carugno) c. Consorzio acquedotto del 
Peschiera (avv. Carloni) e Tesoriere Comune di Roma (avv. D'Angelantonio). 


Acque pubbliche -Controversia fra privati -Competenza dei Tribunali 
delle acque pubbliche. 

(T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140; lett. e). 
Giustizia amministrativa -Motivi di ricorso -Poteri del Giudice. 

Ai sensi deH'art. 140 lett. c. del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, 
secondo il quale sono devolute alta cognizione dei Tribunali delle 
acque pubbliche � le controversie aventi ad oggetto qualunque diritto 
relativo alle derivazioni ed utilizzazione di acque pubbliche�, ricorre 
la competenza di detti Tribunali quando, pur vertendo la lite tra 
privati, sia in discussione il contenuto e la portata del provvedimento 
amministrativo di derivazione e di concessione, giacch� le relative contestazioni 
involgono necessariamente quegli interessi di ordine pubblico, 
in vista dei quali � stato costituito il giudice specializzato (1). 

(1) L'affermazione che le controversie tra privati, relativamente alla 
materia delle acque pubbliche, sono di competenza dei Tribunali specia

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 221 

In materia di ricorsi giurisdizionali amministrativi il giudice � vincolato 
ai motivi ed alle istanze dedotte dalla parte, nel senso che non 
gli � consentito di procedere per ragioni diverse all'annullamento del 
provvedimento impugnato (2). 

Piuttosto si deve considerare che ai sensi dell'art. 140 lett. c) del 

t. u. 11 dicembre 1933, n. 1175 sono devolute alla cognizione dei Tribunali 
Regionali delle Acque Pubbliche �le controversie aventi ad 
oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di 
acqua pubblica � e che secondo la costante interpetrazione giurisprudenziale 
ricorre la competenza di quei Tribunali quando, pur vertendo 
la lite tra privati, sia in discussione il contenuto e la portata del provvedimento 
amministrativo di derivazione e di concessione di un'acqua 
pubblica giacch� le relative contestazioni involgono necessariamente 
quegli interessi d'ordine pubblico, in vista dei quali � stato costituito 
il giudice specializzato. 
Ora nella specie tutta la controversia s'impernia proprio sulla interpretazione 
di provvedimenti amministrativi riguardanti l'acqua pubblica, 
giacch� la pretesa del Consorzio del Peschiera di pi� nulla 
pagare alla ACEA per l'acqua goduta ed anzi di aver in restituzione 
le somme precedentemente gi� corrisposte, presuppone che si accerti 
la sua qualit� di diretto concessionario dallo Stato fin dal momento 

lizza ti, ricorre molto spesso in giurisprudenza: cfr. Trib. Sup. Acque, 
3 settembre 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 1166, con ampia nota 
redazionale in cui � dato conto degli orientamenti giurisprudenziali pi� 
rilevanti. Il collegamento degli interessi privati con quelli di ordine pubblico, 
che giustifica siffatta soluzione, viene di volta in volta individuato 
nelle peculiarit� della fattispecie in esame. La decisione si inquadra nell'orientamento, 
che identifica tale collegamento nella necessaria presa in 
considerazione del �contenuto e dei limiti del povvedimento di concessione: 
cfr., oltre alle decisioni di cui alla nota ricordata, Cass. 30 luglio 1964, 

n. 2170, Foro it., Rep. 1964, voce acque, n. 111, in cui � pure precisato, 
che la questione coinvolgente l'interesse pubblico deve costituire premessa 
necessaria per la risoluzione della questione insorta fra i privati. 
(2) Massima consolidata. Cfr.: Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 1964, 
n. 247, in questa Rassegna, 1965, I, 751, con nota critica di LA PORTA, id., 
Sez. V, 29 maggio 1964, n. 593, Xl Consigl'io di Stato, 1964, I ,980. 
Peraltro la giurisprudenza ammette la possibilit� di annullare un atto 
per un vizio formale che, pur non essendo stato denunciato, sia tuttavia 
rilevabile di ufficio (cfr.: Cons .Stato, Sez. V, 27 aprile 1964, n. 511, Il 
Consiglio di Stato, 1964, I, 738): casi del genere sono stati !ravvisati nelle 
questioni pregiudiziali attinenti .alla validit� della costituzione del rapporto 
processuale (Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 1964, n. 251, ivi, 1964, I, 
753); e nella rilevanza di una questione di illegittimit� costituzionale dell'atto 
(cfr. oltre alla decisione 247/64 citata, Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 
1964, n. 930, Foro amm., 1964, I, 2,837). 

� stato, per altro, correttamente precisato �Che �non costituisce pronuncia 
extra petita quella che abbia avuto ad oggetto il contenuto esatto 
della doglianza, ma abbia riconosciuto fondata la pretesa sulla base di 
norme diverse da quelle indicate dal ricorrente� (Cons. Stato, Sez. V, 
3 luglio 1964, n. 861, Il Consiglio di Sato, 1964, I, 1226). 



222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cm m1z10 l'utilizzazione da parte sua dell'acqua pubblica, e m funzione 
quindi della interpretazione che vien data sia al decreto prefettizio 
che ha autorizzato in via provvisoria il prelievo dell'acqua dalla 
vasca di Salicano dell' ACEA, riconoscendo a quest'ultima il diritto 
al reintegro in natura e alla percezione di un corrispettivo, sia al decreto 
ministeriale di concessione, che ne ha stabilito la decorrenza 
a tutti gli effetti dal 5 luglio 1947 e cio� dalla data del precedente 
decreto prefettizio. 

Qutisto rilievo � pi� che sufficiente per giustificare la devoluzione 
della lite al Tribunale Regionale delle acque pubbliche anzich� al giudice 
ordinario. (Omissis). 

� noto invero che in materia di ricorsi giurisdizionali amm1mstrativi 
al giudice � dato pronunciarsi soltanto sui motivi e sulle istanze 
dedotte dalla parte e non gli � consentito procedere ad annullamento 
del provvedimento impugnato per ragioni diverse (cfr. Cass. 25 maggio 
1965, n. 1029): ci� significa che l'annullamento opera nei limiti 
della impugnazione e non incide nei rapporti dei terzi, che, pur potendolo, 
non avevano proposto l'impugnazione. (Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 10 febbraio 1966, n. 9 -Pres. Reale 
-Est. Cortesani -Bonarrigo (avv. Ferlito) c. E.N.E.L. (avv. Piacitelli) 
e A.C.E.A. (avv. AmbrosioJ. 

Acque pubbliche -Opere di utilizzazione delle acque pubbliche -Domanda 
di risarcimento dei danni -Ammissibilit�. 

(T. u. 11 luglio 1913, n. 959, art. 51). 
Ai sensi dell'art. 51 t. u. 11 luglio 1913 n. 959, secondo il quale 
� spetta esclusivamente all'autorit� amministrativa lo statuire e provvedere, 
anche in caso di contestazioni, sulle opere di qualunque natura 
ed in generale sugli usi, atti e fatti, anche consuetudinari, che 
possono avere relazione col buon regime delle acque navigabili e con 
l'esercizio della navigazione�, la necessit� del ricorso all'autorit� amministrativa 
concerne la sola ipotesi che la controversia investa il 
regime dell'acqua pubblica e la sua utilizzazione, venendo cosi ad incidere 
su interessi di carattere generale: al contrario l'immediato 
esperimento dell'azione giudiziaria deve ritenersi pienamente consentito, 
ogni qual volta la lite si presenti circoscritta alla valutazione 
delle modalit� di esercizio della concessione e all'accertamento degli 
effetti che ne conseguono nella ben delimitata sfera delle parti private 
contendenti (1). 

(1) Le decisioni richiamate nel testo (Cass. 9 febbraio 1963, n. 254, 
Giust. Civ., 1963, I, 1630, e Cass. 10 settembre 1956, n. 3197, ivi, 1957, I, 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 223 

(Omissis). 

Orbene dispone il citato art. 51 che �Spetta esclusivamente all'autorit� 
amministrativa lo statuire e provvedere, anche in caso di 
contestazioni, sulle opere di qualunque natura e in generale sugli usi, 
atti o fatti, anche consuetudinari, che possono avere relazione col buon 
regime delle acque navigabili e con l'esercizio della navigazione. 

�Quando dette opere, usi, atti, siano riconosciuti dall'autorit� amministrativa 
dannosi al regime dalle linee navigabili, essa sola sar� 
~ompetente per ordinare la modificazione, cassazione, la distruzione. 
Tutte le contestazioni relative saranno regolate dall'autorit� amministrativa, 
salvo il disposto dell'art. 23, n. 6 t. u. Cons. di Stato del 
1907, n. 638. 

� Tuttavolta che vi sia inoltre ragione a risarcimento di danni la 
:relativa azione sar� promossa dinanzi ai giudici ordinari, i quali non 
potranno discutere le questioni gi� risolute in via amministrativa�. 

La norma in esame recepisce nella sostanza il contenuto precettivo 
dell'art. 2 t. u. n. 523 del 1904, sicch�, ai fini interpretativi, ben 
pu� tenersi presente la pi� diffusa e recente elaborazione giurisprudenziale, 
consolidatasi in ordine all'analoga disposizione vigente in 
tema di opere idrauliche. Al riguardo il S. C., con le sentenze 16 gennaio 
1966, n. 91; 10 settembre 1956, n. 3197; 11 novembre 1959, n. 3341 
e 9 febbraio 1963, n. 354, ha avuto occasione di precisare che la ne-
cessit� del preventivo ricorso all'autorit� amministrativa concerne la 
.sola ipotesi che la controversia investa il regime dall'acqua pubblica 

e la sua utilizzazione, venendo cosi ad incidere su interessi di carattere 
generale. In considerazione del contenuto pubblicistico e del limite 
:funzionale del citato art. 2, la improponibilit� della domanda davanti 
.all'autorit� giudiziaria ordinaria e specializzata presuppone, adunque, 
.che la contestazione abbia ad oggetto opere, usi, atti o fatti, che alte
�rino il modo di essere del corso d'acqua, inteso in ogni sua parte, in 
_guisa da restare pregiudicato, in modo concreto e attuale, l'uso della 
massa fluente nei riguardi della generalit� dei cittadini. 

Al contrario l'immediato esperimento dell'azione giudiziaria deve 
ritenersi pienamente consentito, ogni qual volta la lite si presenti 
circoscritta alla valutazione delle modalit� di esercizio della conces


264), argomentavano sulla scorta dell'art. 2, t. u. 25 luglio 1904, n. 523; 

che, come avverte esattamente la sentenza, deve intendersi sostanzialmente 

recepito nell'art. 51 del testo unic9 11 luglio 1913, n. 959. 

Nel senso che la competenza dell'autorit� amministrativa, di cui al


l'art. 2 del dtato testo unico del 1904, ricorre solo quando la controversia 

incida su interessi di natura pubblicistica, cfr.: Cass. 11 novembre 1959, 

n. 3341, Giust. civ., 1960, I, 509, e Acque bonif. costr., 1960, 43 con nota�di 
SANGIORGIO, In tema di danni arrecati dall'esecuzione di un'opera di pubblica 
utilit�; Oass. 18 gennaio 1956, n. 111, Giust. civ. Reip. 1956, voce acque, n. 23. 
In precedenza la Corte Suprema aveva affermato che, prima che il 
giudice possa decidere le controrversie sul risarcimento del danno che sia 

17 



224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione e all'accertamento degli effetti, che ne conseguono nella ben 
delimitata sfera delle parti contendenti. 
Eguale interpretazione va ovviamente accolta in ordine all'art. 51. 

t. u. n. 959 del 1913, che, come gi� accennato, sostanzialmente riproduce 
la disciplina predisposta in materia di opere idrauliche. Del restala 
norma in questione costituisce la implicazione logica del generaleprecetto, 
sancito dall'art. 38 del t. u. sulla navigazione interna, cheesplicitamente 
riserva all'autorit� amministrativa �la suprema tutela 
sulle vie navigabili e la ispezione sui relativi lavori�, riconoscendo, 
per ci� stesso, la esistenza di un amplissimo potere discrezionale di. 
apprezzamento e disposizione quanto al modo di utilizzare l'acqua 
pubblica e alla adozione delle provvidenze e cautele necessarie persalvaguardarne 
il regime. 
Ora la istanza di danni, in quanto prospettata sotto il profilo del 
pregiudizio arrecato dall'esercizio dei serbatoi esistenti nel bacino del 
Nera-Velino, al regime di navigabilit� del Tevere, investe direttamente� 
il modo di essere del corso d'acqua, e quindi incide su interessi di carat-� 
tere generale e pubblicistico, donde la necessit�, ai sensi del tassativo� 
disposto del citato art. 51, del preventivo esame da parte dell'autorit� 
amministrativa, neppure sindacabile in sede giudiziaria, della conformit� 
o meno delle su indicate opere idrauliche alle esigenze del buon 
governo dell'acqua pubblica. 

� evidente quindi l'infondatezza del primo motivo dell'appelloprincipale, 
con il quale il Bonarrigo, senza punto considerare la sfera. 
di specifica competenza dell'amministrazione, pretende in definitiva 
dal giudice ordinario specializzato che sia accertata, attraverso le� 
informazioni della Capitaneria di Porto e l'espletamento di consulenza 
tecnica, la dannosit� delle opere idrauliche nei riguardi della sicurezza. 
e libert� di navigazione del fiume Tevere. 

Passando all'esame dell'altra causa petendi posta a fondamento� 
della medesima istanza di danni, si � gi� precisato che con essa il Bo-. 
narrigo denuncia l'improvviso abbassamento delle acque del fiume, 
verificatosi in un giorno imprecisato della fine di giugno 1957, in se-guito 
all'irregolare esercizio delle derivazioni da parte delle societ� 
appellata. Con questa seconda e diversa prospettazione della domanda, 
il thema decidendum si esaurisce nell'accertare il modo di esercizi0> 

derivato dal compimento di un'opera pubblica in materia di acque pub-


bliche, � sempre necessario che l'autorit� amministrativa si 'Pronunci sulla 

liceit� dell'opera, restando sospesa nel frattempo l'esercizio della giurisdi


zione (Cass. 14 maggio 1955, n. 1402, Giust, Civ. Mass., 1955, 509). Il prin-� 

cipio era stato applicato anche nei rapporti fra 'Privati (Cass. 25 giub1lo

1952, n. 1877, Foro it. Rep. 1952, voce: acque, n. 63). 

Per quanto concerne la fattispecie risolta, la domanda di risarcimento� 

era stata prospettata anche in relazione ad un improvviso abbassamento


del livello dell'acqua, a seguito di presunto irregolare esercizio della societ� 

concessionaria. Il Tribunale Superiore ha esattamente ritenuto, che la circo-� 

stanza non implicava una valutazione relativa al buon governo dell'acqua

pubblica, riguardando semplicemente le modalit� di esercizio della con


cessione. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 225 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 225 
della concessione, la sussistenza dell'episodico abbassamento improvviso 
delle acque e le eventuali conseguenze pregiudiziali derivatene nella 
sfera patrimoniale del ricorrente, restando esclusa la necessit� e rilevanza, 
ai fini del decidere, di una ulteriore valutazione relativa al buon 

governo dell'acqua pubblica. E poich�, ai sensi dell'art. 51 t. u. n. 9,39 
del 1913, quest'ultima indagine soltanto � riservata alla competenza 
dell'amministrazione, esattamente i primi giudici, sia pure con motivazione 
non del tutto soddisfacente, hanno disatteso la eccezione di 
improponibilit�, sollevata dalle societ� appellate. (Omissis). 

LODO ARBITRALE, 11 giugno 1965, n. 318 (Roma) -Pres. Mastropasqua 
-Impresa Mellucci (avv. Pistolese) c. Ministero LL. PP. 
(avv. Stato Zagari). 

Arbitrato -Richiesta di deposito atti progettuali e relazioni riservate Inammissibilit�. 


(r. d. 24 maggio 1895, n. 350, art. 100; c. p. c., art. 210). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Applicabilit� dell'art. 1664, 
2, comma cod. civ. -Condizioni. 

(r. d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 20, 21; c. c. art. 1664, 2� comma). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Termine di ultimazione -Proroghe 
-Condizioni e conseguenze. 

r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 17). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Decadenza .. Concetto 
e distinzioni. 

(r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54). 
L'Amministrazione non � tenuta a produrre nel giudizio arbitrale 
i documenti di progetto e gli atti interni, che non rientrano tra quelli 
destinati a provare i fatti attinenti all'appalto (1). 

Gli artt. 21 e 22 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, regolano la formazione 
dei prezzi per le specie di lavoro non previste in contratto : 
l'art. 1664, 20 comma e.e., stabilisce, invece, i limiti ai rischi che l'appaltatore 
deve affrontare nella esecuzione dell'opera, escludendo a 
carico del medesimo i maggiori oneri conseguenti a circostanze che 
non siano state obiettivamente previste (2). 

(1) I documenti di cui l'impresa aveva chiesto l'esibizione erano gli 
atti relativi alla compilazione del progetto, quelli di controllo del progetto; 
la corrispondenza intercorsa tra il geno civile ed il Provveditorato alle 
oo.pp.; le relazioni riservate del collaudatore e del direttore dei lavori. 
Si trattava, quindi, di atti interni e riservati, e non comuni all'appaltatore. 
Al riguardo, nello stesso senso, cfr.: lodo 26 marzo 1964, in questa Rassegna 
1964, 1175; CIANFLONE, L'app, di oo.pp., 1957, 797. 

226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quando ii termine di ultimazione dei lavori deve essere prolungato 
per l'impossibilit� di osservarlo in cui venga a trovarsi l'appaltatore 
per fatto a lui non imputabile, il medesimo ha un diritto al 
prolungamento del termine. Ed anche se il nuovo termine � :fissato 
sotto forma di proroga, non si tratta di vera e propria proroga (la 
quale presuppone un potere discrezionale della p.a. nel concederla o 
meno), ma di termine suppletivo dovuto, che non pu� essere di ostacolo 
al diritto dell'appaltatore ai connessi maggiori compensi (3). 

Le riserve che, in virt� dell'art. 54 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 
devono inserirsi, sotto comminatoria di decadenza, nel registro di contabilit� 
all'atto di presentazione per la firma dell'appaltatore, sono 
quelle riguardanti le contestazioni relative ai fatti registrati. Le riserve 
aventi riferimento a fatti continuativi, o quelle che danno luogo 
a pretese di carattere generale sono, invece, deducibili anche all'atto 
della chiusura della contabilit� (4). 

(Omissis). 

La documentazione esibita dall'Amministrazione � sufficiente a lumeggiare 
i termini della controversia e consente una adeguata valutazione 
delle tesi sostenute dalle parti. 

(2) La giurisprudenza arbitrale, sulla scorta di alcuni precedenti dottrinali 
(e, in particolare, CIANFLONE, op. cit., 1957, 436 ss.; BIAMONTI, Sulla 
eccessiva onerosit� sopravveniente nel corso di concessioni amministrative 
di servizi e degli appalti pubblici, Foro it., 1949, I, 772 ss.), continua a ritenere 
l'applicabilit� del secondo comma dell'art. 1664 e.e. a situazioni che, 
secondo la tesi costantemente sostenuta dall'Avvocatura, andrebbero ricomprese 
piuttosto nell'ambito degli artt. 21 e 22 del regolamento 25 maggio 
1895, n. 350. Negli stessi sensi si era di recente espresso il lodo arbitrale 
24 febbraio 1964, n. 11 (in questa Rassegna, 1964, I, 414). Nella nota a 
quest'ultima decisione non si era mancato di rilevare, come la delicatezza 
della questione rendesse auspicabile un approfondimento di indagine ad opera 
dei collegi giudicanti: il che, occorre dire, non pu� ritenersi compiuto dal 
lodo in rassegna, il quale motiva sul punto in maniera alquanto apodittica, 
limitandosi a richiamare l'opposto orientamento di dottrina e giurisprudenziale. 
Quanto al merito della questione, la tesi dell'Avvocatura, come risulta 
gi� dalla ricordata nota, � che la legislazione sui lavori pubblici (della 
cui specialit� rispetto all'art. 1664 e.e. non dubita la stessa giurisprudenza: 
cfr. per qualche riferimento, il lodo 12 novembre 1962, Arbitrati e appalti, 
1964, 6, che fa parola di funzione � in certo senso surrogatoria � di tale 
norma rispetto ad altra norma o patti) appresti ogni opportuno rimedio 
per ovviare alle situazioni previste nel secondo comma dell'art. 1664 e.e.; 
e ci� perch� le difficolt� di esecuzione previste da tale norma, quando non 
trovano possibilit� di compenso nelle voci di tariffa, si risolvono necessariamente 
in una � specie di lavoro non prevista �, che integra appunto 
l'ipotesi cui hanno riguardo gli artt. 21 e 22 del regolamento del 1895. 

Qui sembra opportuno aggiungere, che la sostanziale fondatezza di 
questa tesi risulta confermata dalla sterilt� del tentativo, operato con la 
decisione in esame, di determinare per il secondo comma dell'art. 1664 un 
ambito di applicazione concettualmente distinto da quello della � specie 
di lavoro non prevista �. Sembra chiaro, infatti, che la formula prescelta 
di � limitazione del rischio nell'esecuzione dell'opera � non possa avere, sul 

15 
..;.: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 227 

Non pu� disporsi l'esibizione degli altri documenti di cui ha fatto 
richiesta l'Impresa, perch� l'Amministrazione non pu� essere costretta 
a fornire atti di carattere interno che essa non produca spontaneamente, 
applicando anche nei confronti di essa il principio generale che nessun 
nemo tenetur laedere contra se. (Omissis). � 

(Omissis). 

L'Impresa fonda il diritto al chiesto maggiore compenso, anzitutto 
sull'art. 1664 2� comma e.e. 

L'Avvocatura oppone in proposito che tale articolo non sarebbe 
applicabile perch� i casi da esso regolati troverebbero specifica ed 
autonoma disciplina negli artt. 21 e 22 del regolamento 25 maggio 
1895, n. 350. 

Tale tesi, per�, in contrasto con la pi� autorevole dottrina e giurisprudenza, 
non � fondata. 
I due citati articoli del regolamento regolano la formazione dei 
prezzi per le specie di lavoro non previste in contratto. 

L'art. 1664 e.e., invece, stabilisce dei limiti ai rischi che l'appaltatore 
deve affrontare nell'esecuzione dell'opera, escludendo che le 
difficolt� in esso considerate facciano parte della prestazione cui lo 
appaltatore � tenuto, e che quindi, sono coperte dal prezzo pattuito. 

Trattasi, come � evidente di � oggetti � diversi. 

Orbene, l'art. 1664 2� comma e.e. stabilisce che se nel corso della 
opera si manifestano difficolt� di esecuzione, gi� esistenti al momento 
del contratto e non previste dalle parti, derivanti da cause geologiche, 

piano obbiettivo, altro significato che quello di escludere ogni nuovo e 
diverso lavoro, che non rientri in quelli cui l'appaltatore � tenuto. Dunque, 
per tener ferma la distinzione, occorrerebbe poter dimostrare un qualche 
collegamento fra le opere resesi necessarie per effetto delle difficolt� sopravvenute 
e l'originaria formulazione della prestazione. Esclusa, come si � visto, 
ogni possibilit� di collegamento sul piano obbiettivo, non rimarrebbe che 
far leva sull'elemento soggettivo del rapporto; in riferimento, cio�, alla 
prevedibilit� o meno della difficolt� sopravvenuta dopo la conclusione dell'appalto, 
ed in diretta connessione con l'oggetteo tipico di quest'ultimo. 
Ma il lodo, escludendo ogni riferimento alla prevedibilit� dell'evento sopravvenuto, 
ha ribadito anche sul piano soggettivo l'assoluta autonomia 
del lavoro resosi necessario in corso di esecuzione, rispetto alla originaria 
prospettazione della prestazione: ha finito, cio�, col tornare in pieno in 
quel concetto di � lavoro nuovo � che in tesi avrebbe dovuto essere escluso. 

Sul punto specifico, la giurisprudenza arbitrale � prevalentemente 
orientata in senso contrario alla decisione annotata: cos� il lodo 27 dicembre 
1963, Foro It., Rep., 1964, voce: appalto, n. 25, richiede la imprevedibilit� 
dell'evento sopravvenuto; cosi pure implicitamente, il lodo 15 marzo 
1961, ivi 1963, voce cit., n. 109. Il lodo 23 giugno 1960, Acque, bonif. 
costruz. 1961, 506, ha ritenuto che si rende applicabile il 2� comma dell'art. 
1664 e.e. nell'ipotesi di impiego di pali di fondazione, resi necessari 

� dalla presenza nel sottosuolo, non prevista e non prevedibile all'inizio 
dei lavori, di rocce e ruderi di antiche murature �. In dottrina, nello stesso 
senso, MIRABELLI, Dei singoli contratti, in Commentario e.e., Torino, 1960. 
sub. art. 1664. 

228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

idriche e simili, le quali rendano notevolmente pi� onerosa la prestazione 
dell'appaltatore, questi ha diritto ad un equo compenso. 

L'indicazione delle cause di difficolt� dell'esecuzione non � tassativa 
(come emerge dalla aggiunta � e simili>); e si riferisce anche 
alle altre cause naturali, e come generalmente si ammette, non naturali 
(la relazione ministeriale parla di cause � obbiettive � ). 

Dette cause debbono comportare difficolt� di esecuzione che, anche 
se prevedibili, non siano previste dalle parti, e debbono altresi 
comportare un aggravio � notevole � dell'onerosit� delle prestazioni 
dell'appaltatore. 

Non pu� quindi ritenersi fondata l'eccezione che l'Avvocatura 
oppone in subordine che cio�, le difficolt� invocate dall'Impresa appaltante 
si riferiscano a circostanze che potevano e dovevano essere accertate 
dall'Impresa al momento dell'appalto. Per l'invocabilit� della disposizione 
in esse � sufficiente che le difficolt� non siano state � previste� 
dalle parti; e ci� si � verificato nella fattispecie. 

Oggetto infatti dell'appalto, come si evince dall'art. 1 del Capitolato 
speciale, fu la costruzione di alloggi nella borgata semirurale 

� Cappuccini � in agro di Matera. 
La costruzione della borgata era stata decisa nel quadro degli 
interventi previsti dalla legge 17 maggio 1952, n. 619 sul risanamento 
dei rioni � sassi � di Matera: legge che costituisce uno dei presupposti 
dell'appalto. 

L'Impresa accett� di costruire gli alloggi in una borgata semirurale; 
e non in una campagna priva di sistemazioni idrologiche e 
stradali e con pali telegrafici e telefonici sparsi anche nelle zone in 
cui le costruzioni dovevano essere effettuate. 

Stante, come � pacifico in dottrina e giurisprudenza, la natura 
contrattuale del Capitolato speciale, e dovendosi il contratto interpretare 
secondo la comune intenzione delle parti (art. 1362 e.e.) e secondo 
buona fede (art. 1366 stesso codice), deve ritenersi giuridicamente 
fondata la presunzione, da parte dell'Impresa appaltatrice, che la sistemazione 
della zona a borgata sarebbe seguita, quanto meno, in concomitanza 
ed in rapporto alla costruzione degli alloggi. 

(3) Nella fattispecie, la concessione della proroga era stata subordinata 
alla dichiarazione, che essa non costituiva riconoscimento per pretese o 
indennizzi, conseguenti alla maggior durata dei lavori. Il lodo ha escluso 
che la formula importasse rinuncia alle pretese ed agli indennizzi, poich� 
il relativo diritto dell'impresa ad ottenerli conseguiva obbiettivamente dalla 
constatata necessit� di un prolungamento del termine di ultimazione, a 
causa di circostanza non imputabile all'appaltatore. 
(4) La massima ripete concetti consolidati nella giurisprudenza arbitrale. 
Sulla nozione di fatto continuativo, cfr. il lodo 15 ottobre 1964, n. 69, in 
questa Rassegna, 1964, I, 1178, con nota del DEL GRECO, In tema di tempestiI


vit� deUe riserve; lodo 27 giugno 1960, Riv. giur. ed., 1961, I, 763; lodo 24 novembre 
1960, ivi, 1961, I, 535; lodo 25 maggio 1960, Acque, bonif., costr., 
1960, 522. 

In senso conforme alla prima parte della massima, cfr.: Corte dei Conti, 
8 febbraio 1962, n. 695, Riv. giur. ed., 1962, I, 1105; lodo 3 dicembre 1962, 
Foro it., Rep., 1963, voce: opere pubbliche, nn. 147-150. 

I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 229 

E che tale evento fosse presupposto anche dall'Amministrazione � 
:provato dal fatto che non fu previsto alcun compenso a corpo per oneri 
di carattere generale. 

Accanto a tale voce, nel Capitolato speciale, sono apposti due 
trattini: il che significa che il compenso venne escluso, contrariamente 
a quanto si sostiene dall'Impresa con la formulazione del terzo 
quesito. 

L'esclusione appare spiegata dalla circostanza che all'Impresa si 
assicurarono dei notevoli vantaggi (in ordine alle spese di impianto, 
di costruzione, di impianto del cantiere) con l'appalto simultaneo dei 
quattro lotti di lavori nella stessa zona, nonch� col fissare per i lavori 
da svolgere prezzi corrispondenti a quelli normalmente corrisposti 
in quell'epoca con previsioni autonome rispetto a ciascuno dei 
contratti relativi ai vari lotti. 

Orbene, la situazione che, con ogni ragionevole previsione, doveva 
tradursi in economia notevole di tempo e denaro per l'Impresa, si 
tradusse, invece, in grave dispendio ed in grave perdita di giornate 
lavorative per le ragioni esposte dall'impresa stessa e sopra specificate. 

Il difetto di sistemazione idrologica e stradale, la natura argillosa 
del terreno fecero s� che le piogge torrenziali abbattutesi con insolita 
frequenza durante l'esecuzione dei lavori trasformassero la zona in 
un enorme pantano; furono necessarie, in aggiunta alle normali opere 
provvisionali a carico dell'Impresa appaltatrice, urgenti opere di sistemazione 
provvisoria per la protezione dei fabbricati, lo scolo delle 
acque, la creazione di piste di passaggio, la formazione di massicciate 
ed inghiaiate per l'accesso al cantiere. 

Ed i danni furono aggravati dalla esistenza nelle zone in cui le 

costruzioni dovevano sorgere, dei pali telegrafici e telefonici che le 

Societ� interessate tardavano a rimuovere. 

Questi eventi non sono addebitabili a colpa dell'Amministrazione, 

perch� il ritardo fu la conseguenza di normali difficolt� di ordine buro


cratico dovute in massima parte al ritardo della concessione delle sov


venzioni da parte della Cassa per il Mezzogiorno. 

Ma le conseguenze non possono perci� ricadere a carico del solo 

appaltatore, cui la stessa Amministrazione appaltante non addebita 

alcuna colpa, per un ritardo nell'ultimazione dei lavori tanto notevole 

da potersi giudicare eccezionale: un anno e mesi cinque di proroghe, 

In senso contrario alla prevalente giurispurudenza v. per�, lodo 

15 febbraio 1964, in questa Rassegna, 1964, I, 410. 

In base alla citata giurisprudenza, il lodo in rassegna ha ritenuto che 

l'impresa fosse decaduta dalla riserva per i maggiori oneri degli scavi a 

causa della natura dell'argilla (compatta) che era stata rinvenuta in corso 

d'opera. E ci� perch� la riserva si riferiva � a lavori registrati nei registri

di contabilit� senza alcuna osservazione all'atto della firma da parte della 

impresa, ed era stata proposta solo ad avvenuta ultimazione dei lavori 

stessi, e non in relazione alle singole partite di lavoro contabilizzate nei 

registri anzidetti �. 



230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aggiunto all'anno previsto contrattualmente per i lavori principali, 
ai mesi tre per i lavori aggiuntivi ed a mesi cinque e giorni 18 di 
sospensioni. 

Qualora nella esecuzione dei lavori si verifichino eccezionali ritardi 
ed intralci con passivo prolungamento della gestione per cause 
non attribuibili all'appaltatore, bensi a nuove esigenze sopravvenute 
che hanno modificato l'andamento dell'esecuzione dell'opera appaltata, 
ed il contratto non assegni alcun compenso a corpo per oneri di 
carattere generale a carico dell'appaltatore, deve ritenersi che l'insorgere 
di detti intralci e difficolt� di esecuzione costituisca un evento 
di forza maggiore che, col mantenimento delle condizioni dell'ordinaria 
gestione, dia diritto all'impresa di ottenere la corresponsione 
del compenso previsto dal nominato art. 1664 2-0 comma e.e.; compenso 
destinato non ad assicurare all'impresa appaltante l'iniziale sperato 
vantaggio, ma a non far ricadere da una parte sola, in omaggio 
a principi di equit� e di diritto comune, le conseguenze dannose di 
circostanze non previste sorte a modificare i presupposti di fatto 
in base ai quali sorse il contratto. 

N� vale obiettare, come fa l'Avvocatura Generale dello Stato, 
che il prolungamento del termine di ultimazione dei lavori � collegato 
a due proroghe concesse dall'Amministrazione, su richiesta dell'impresa 
�alla espressa condizione che le predette concessioni non costituivano 
riconoscimento alcuno di eventuali indennizzi o pretese �; 
e ad altre due proroghe convenute consensualmente con gli atti aggiuntivi 
relativi ai supplementi di lavoro che l'impresa era tenuta 
a compiere come aumento del quinto. 

Quando il prolungamento del termine deriva, come nella fattispecie, 
dall'impossibilit� di osservarlo in cui venga a trovarsi l'appaltatore 
per fatto a lui non imputabile, questi ha un diritto al prolungamento 
del termine; e se anche il nuovo termine � fissato sotto forma 
di proroga, non si tratta di vera e propria proroga (la quale presuppone 
un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione nel concederla 
o meno), ma di termine suppletivo dovuto all'appaltatore, termine 
che, come � ovvio, non pu� essere di ostacolo al diritto dello 
appaltatore stesso all'ulteriore compenso. 

N�, infine, alla richiesta di un compenso pu� essere di ostacolo 
il rilievo opposto dall'Avvocatura, che con le riserve relative a tali 
oneri non furono fatte all'Impresa all'atto della firma dei documenti 
amministrativi di sospensione e ripresa dei lavori. 

Le riserve che sotto comminatoria di decadenza debbono, in virt� 
dell'art. 54 del Regolamento, inserirsi nel registro di contabilit� allo 
atto di presentazione per la firma dell'appaltatore sono quelle relative 
all'esecuzione dei lavori per i quali sorge contestazione, sui fatti registrati, 
tra Direzione dei lavori ed Impresa. 

Le riserve aventi riferimento a fatti continuativi che danno luogo 
a pretese di� carattere generale sono deducibili come tali, anche all'atto 
della chiusura della contabilit�, come ha fatto l'impresa. (Omissis). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 231 

LODO ARBITRALE, 22 giugno 1965, n. 46 (Roma) -Pres. Zingale -Soc. 
Marchini (avv. Lessona e Marucchi) c. Ministero LL. PP. (avv. 
Stato Zagari). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Opere provvisionali -Defini


zione. 

(Cap. gen. 00. PP. 28 maggio 1895, art. 21; cap. gen 00. PP. 16 luglio 1962, 

n. 1063, art. 16). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Opere di difesa dalle piene fluviali 
-Morbide -Assimilazione a causa di forza maggiore -Esclusione. 


Appalto -Appalto di opere pubbliche -Danni dipendenti da opere 
idrauliche -Rischio -Imputazione. 

Le c. d. opere provvisionali sono soltanto quelle aventi carattere 
preparatorio e strumentale rispetto alla esecuzione dei lavori appaltati, 
e pertanto non rientrano fra esse quei lavori che non hanno un siffatto 
carattere in quanto rappresentano varianti dell'originario progetto (1). 

Le �morbide � di acque fluviali costituiscono fenomeni ordinari 
di variazione idrometrica, e pertanto rientrano nella normale prevedibilit� 
all'atto della formulazione deli'offerta per l'aggiudicazione dell'appalto; 
per conseguenza, i danni prodotti dalle piene del fiume non 
possono essere assimilati a danni di forza maggiore, imprevedibili e inevitabili 
che, come tali, siano suscettibili di risarcimento da parte della 
stazione appaltante (2). 

Anche i mutamenti di regime idrico connessi al funzionamento di 
opere idrauliche esistenti lungo il corso di un fiume sono eventi prevedibili, 
che vanno, come tali, compresi nel rischio contrattuale assunto 
dall'impresa appaltatrice con l'aggiudicazione dei lavori: in ogni caso 
una eventuale responsabilit� per danni derivati a terzi da fatti conseguenti 
al funzionamento di dette opere non sarebbe mai ipotizzabile 
nei confronti della p. a. concedente, ma semmai del concessionario 
delle opere stesse (3). 

(Omissis). 

Le opere provvisionali (cui si riferisce la predetta disposizione) 
sono soltanto quelle aventi carattere preparatorio e strumentale rispet


(1) Sul concetto di opera provvisionale, cfr. in dottrina: ClANFALONE, 
L'appalto di opere pubbliche, 1950, Milano, 322 ss. Per qualche riferimento, 
v. pure: Coll. arb. Roma, 12 gennaio 1960, Foro it., 1963, voce appalto, 
n. 14. 
La decisione ha ribadito, in via di massima, la nozione tradizionale di 
opera provvisionale, ma ne ha fatto un'applicazione non �convincente a11a 
fattispecie, ritenendo che costituisse vera e propria variante al progetto 
originario �il maggior scavo di splateamento resosi necessario in seguito 
all'arretramento del muro di difesa ed al piazzamento a ridosso di esso 



232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

to alla esecuzione dei lavori appaltati, e pertanto non rientrano fra 
esse quei lavori che non hanno un siffatto carattere in quanto rappresentano 
varianti dell'originario progetto, che nel caso di specie � il 
maggior scavo di spalteamento resosi necessario in seguito all'arretramento 
del muro di difesa ed al piazzamento a ridosso di esso delle 
macchine battipalo. 

(Omissis). 

La seconda riserva, riguardante la richiesta da parte dell'Impresa 
di un compenso per la rimozione delle frane verificatesi nella scarpata 
a causa delle � morbide � del fiume Arno, si appalesa giuridicamente 
infondata e, come tale, va rigettata. 

Devesi al riguardo rilevare che le �morbide� del fiume costituiscono 
fenomeni ordinari di variazione idrometrica e pertanto rientrano 
nella normale prevedibilit� all'atto della formulazione dell'offerta 
per l'aggiudicazione dell'appalto dei lavori, onde i danni prodotti 
dalle piene del fiume non possono essere assimilati a danni di 
forza maggiore, imprevedibili ed inevitabili, che, come tali, siano 
suscettibili di risarcimento da parte della stazione appaltante. (Omissis). 

(Omissis). 

Ne pu� avere alcuna rilevanza il fatto che i mutamenti di regime 

idrico furono provocati, nel caso di specie, � da cacciate di acque � 

eseguite dai bacini idroelettrici di Levane e Penna in concessione alla 

Societ� Elettrica Valdarno. 

Ed invero vale pur sempre il rilievo che anche i mutamenti di 

regime idrico connessi al funzionamento delle opere idroelettriche 

esistenti lungo il corso del fiume erano eventi prevedibili e come tali 

vanno compresi nel rischio contrattuale assuntosi dall'Impresa con 

l'aggiundicazione dei lavori in appalto. D'altra parte non � dato rav


visare su qule fondamento giuridico possa ipotizzarsi una eventuale 

responsabilit� della Pubblica Amministrazione concedente per fatti 

compiuti dalla Societ� Valdarno, concessionaria dei bacini idroelet


trici, e solamente quest'ultima Societ� potrebbe rispondere di tali fatti 

nei confronti dei terzi, ove in ipotesi essi non fossero stati legittimati 

dall'atto di concessione e rivestissero i caratteri dell'illiceit�. 

Una riprova della infondatezza della pretesa avanzata dall'Im


presa con la seconda riserva si deduce indirettamente dalla circostanza 

delle macchine battipalo �. Data la specifi.ca natura delle opere appaltate, 
ed essendo a carico dell'appaltatore tutti gli apprestamenti di cantiere per
l'esecuzione delle stesse, dovevano intendersi come provvisionali anche i 
lavori in questione, che costituivano necessario presupposto per l'esecuzione 
delle opere.


(2) La massima � puntuale conseguenza dell'affermazione della normalit� 
del fenomeno delle � morbide � e del principio dell'assunzione del 
rischio da parte dell'appaltatore (sul quale, dr.: CIANFLONE, op. cit. 406 ss.). 
(3) Cfr., nello stesso senso, Trib. Sup. acque 23 settembre 1964, n. 24, l.' 
Il Consiglio di Stato, 1964, II, 339. ! 
!t 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 233 

che, allorch� durante l'esecuzione dei lavori avvennero per fattori 
naturali improvvise piene del fiume Arno, che per la loro rilevante 
entit� potevano essere considerate fenomeni eccezionali e imprevedibili, 
l'Impresa fece denuncia dei danni subiti e la Amministrazione non 
ebbe difficolt� a riconoscere all'Impresa il diritto ad essere risarcita 
(erosioni alle arginature e scarpate con conseguente riempimento dei 
cavi), come risulta dai verbali 13 ottobre 1960, 12 gennaio 1961, 8 maggio 
1961, richiamati nel verbale di collaudo, ed il predetto risarcimento 
fu regolarmente corrisposto, come risulta dal registro di contabilit�: 
invece per gli ulteriori danni verificatisi a causa di normali mutamenti 
del regime idrico del fiume, l'Impresa nel corso dei lavori non 
avanz� mai alcuna pretesa risarcitoria, implicitamente riconoscendo 
che essi rientravano nell'ambito del rischio contrattuale. (Omissis). 

LODO ARBITRALE 20 ottobre 1965, n. 81 (Roma) -Pres. Landi -Istituto 
Bancario Romano (avv. Piaggio) c. Ministero Difesa-Aeronautica 
(avv. Stato Pentinaca). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Ordine errato della Direzione 
dei lavori -Concorrente responsabilit� dell'Impresa. 

{r. d. 17 marzo 1932 n. 366, art. 18). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve riguardanti controversie 
di diritto -Proposizione tardiva -Ammissibilit�. 

{r. d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 17 e 33; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 54~. 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve per prescrizioni difformi 
dalla normativa contrattuale -Onere dell'immediata proposizione. 


{r. d. 17 marzo 1932 n. 366, art. 17; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 23). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Accertamenti relativi a danni da 
forza maggiore -Contestazioni dell'Impresa -Onere dell'immediata 
riserva. 

{r. d. 17 marzo 1932 n. 366, artt. 30 e 33; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 25). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Impreviste difficolt� di esecuzione 
-Oneri relativi -Riserva immediata. 

{r. d. 17 marzo 1932 n. 366, artt. 17 e 33; r. d. 25 maggio 1895 n. 350, art. 37). 
L'esecuzione di un'errata prescrizione della Direzione dei lavori, 
.costituisce in colpa concorrente l'appaltatore. Il quale ha il diritto ed 
il dovere di controllare gli atti, attraverso i quali si esplica la ingerenza 
collaboratrice dell'Amministrazione, al fine di contestare, ed eventualmente 
rifiutare di eseguire, quelli ritenuti incompatibili con la regolare 
e puntuale esecuzione dell'opera o considerati di impossibile attuazione. 



234 RASSEG;NA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Conseguentemente l'omessa segnalazione di vizi od errori di cui siano 

inficiati gli ordini impartiti daH'Amministrazione, induce l'appaltatore 
in responsabilit� per i difetti che derivano aH'opera (1). 

Quando ia riserva non riguardi ia materiale esecuzione dei lavori, 
n� abbia riferimento a specifiche contabilizzazioni o ad ordini o prescrizioni 
di servizio, ed invece riguardi una controversia di puro diritto 

che non trovi rispondenza neHe registrazioni contabili, non � soggetta 
a decadenza e pu� essere proposta anche a lavori ultimati (2). 

Nel caso, invece, che si controverta su prescrizioni od ordini di 
servizio che si assumono difformi daHa normativa contrattuale, la riserva 
deve essere immediatamente proposta a pena di decadenza (3). 

Anche neH'ipotesi di danni di forza maggiore, l'appaltatore � tenuto 
a proporre immediata riserva, quando intende contestare i risultati degli 
accertamenti ai riguardo disposti daH'Amministrazione (4). 

Se nei corso dei lavori si manifestino aggravi o difficolt� determinanti 
impreviste onerosit�, l'appaltatore � tenuto a proporre riserva nei 
documento immediatamente successivo ai verificarsi dei fatti generatori 
deHe pretese (5). 

(Omissis). 

Con il primo quesito si chiede il riaccredito della somma di lire 

I 

7.510.813,20, in un primo tempo corrisposte alla Impresa per la � for


I

mazione di mq. 125.180, 22 di coltre vegetativa� sugli argini dei canali 
Ascolano e Pratica di Mare ed in seguito detratta �per mancato attecchimento 
di detta coltre �. '

I

Si assume al riguardo dall'Istituto Bancario Romano che l'operata 8' 
detrazione non sarebbe giustificata n� a norma delle condizioni del i 
capitolato, n� in relazione al reale svolgersi dei fatti, in quanto mentre 
le condizioni tecniche allegate al capitolato speciale prevedevano per 
la formazione della � coltre vegetativa � operazioni molteplici e com


I plesse, non certo realizzabili su degli argini, la Direzione dei lavori si 
era limitata ad ordinare il semplice spandimento del seme, determinando� 
il tempo in cui tale lavoro doveva effettuarsi ed applicando, inoltre, 
J;l.On gi� il prezzo dovuto secondo tariffa, ma un terzo di esso. 

I

~ 

(1) � noto che l'appaltatore, quando non sia nudus minister del c~mmittente, 
ha responsabilit� piena ed esclusiva nella condotta dei lavori, e 
nel risultato dell'opera. In sede di opere pubbliche, data la competenza del 
committente quanto meno pari a quella dell'appaltatore, il principio non 
viene rovesciato, ma attenuato; nel senso che l'ingerenza dell'Amministrazione, 
per quanto intensa e penetrante, non annulla ogni funzione dell'appaltatore 
la cui obbligazione fondamentale � di eseguire l'opera secondo� 
il contratto 'e le regole dell'arte. Di qui l'obbligo dell'appaltatore di segnalare 
i vizi progettuali, o gli eventuali errori negli ordini dati in sede 
esecutiva; con la conseguenza che, la responsabilit� dell'appaltatore resta 
esclusa (nei riguardi dell'Amministrazione, ma -ovviamente -non nei 
confronti di terzi), solo quando la segnalazione venga respinta, e siano confermati 
il progetto o l'ordine. In dottrina (con richiami giurisprudenziali), 
cfr.: C1ANFLONE: L'appalto di opere pubbliche, 1950, 328 e segg. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 235 

Dall'Amministrazione si oppone che la pretesa � priva di fondamento 
in quanto in base ai principi generali in tema di appalto, l'appaltatore 
� responsabile della esecuzione a regola d'arte della buona riuscita 
dell'opera a lui commessa, e che se anche l'ordine impartito fosse stato 
errato, ci� in alcun modo avrebbe potuto esimere da responsabilit� 
l'Impresa, in quanto per esplicita clausola contrattuale � la responsabilit� 
� della buona riuscita delle opere spetta unicamente all'Impresa 
sempre che essa non abbia presentato riserva scritta agli ordini ricevuti. 

Osserva il Collegio che ai fini della risoluzione della controversia in 
ordine alla prospettata questione giova rammentare che, come chiaramente 
emerge dalle Condizioni tecniche allegate al Capitolato speciale, 
per la formazione della � coltre vegetativa ., per la quale la voce n. 10 
della tariffa stabilisce un prezzo di lire sessanta al metro quadrato, 
riguarda: � la costituzione di uno strato uniforme e continuo di terreno, 
avente caratteristiche fisiche e chimiche tali da assicurare un ottimo 
sviluppo del prato stabile �, per quest'ultimo, invece, previsto dalla voce 

n. 16 della tariffa con l'applicazione di un prezzo di lire centoventi al 
metro quadrato, si intende la concimazione, la semina, l'erpicatura ed 
altre molteplici operazioni necessarie � all'attecchimento e lo sviluppo 
di un tappeto verde fitto, uniforme, esente da erbe infestanti ed in 
perfetto stato di vegetazione �. 
La distinzione delle due opere risulta, quindi, evidente dalle predette 
Condizioni tecniche, avendo la coltre vegetativa per oggetto la preparazione 
del solo terreno, da destinare, in seguito, a prato stabile, con 
esclusione della inseminazione, prevista, invece, unitamente ad altre 
operazioni, dalla seconda. 

Nel caso di specie si � verificato che la Direzione dei lavori, pur 
avendo, per l'opera di cui trattasi, applicato e contabilizzato il prezzo 

n. 10 relativo alla coltre vegetativa (e non gi� due terzi di esso come 
si afferma dalla difesa dell'Istituto), aveva in realt� disposta la esecuzione, 
non g� di tale lavoro, ma il semplice spandimento del seme da 
prato sugli argini di due canali per una estensione di mq. 125.180,20; 
e poich� era mancata una preparazione del terreno cos� come prevista 
dall'art. 10, mentre non erano state disposte ed effettuate tutte le altre 
operazioni previste dal successivo art. 16 e destinate ad assicurare l'at~ 
tecchimento e lo sviluppo del seme. Tale attecchimento e tale sviluppo 
(2) L'opinione della difesa dell'Amministrazione sul punto � nettamente 
diversa. Essa � stata illustrata nella nota riportata in questa Rassegna, 
1964, 1179. 
(3) L'affermazione costituisce puntuale applicazione dell'art. 23 del 
Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, ed � di particolare interesse per l'ipotesi 
di ritardo nella consegna dei lavori, o di varianti ordinate senza la 
prescritta procedura. L'affermazione istessa per quanto collegata a precise 
disposizione di legge, deve essere segnalata con favore, essendosi frequentemente 
nella giurisprudenza arbitrale superata l'eccezione di tardivit� anche 
in casi del genere, con riferimento al principio del cosidetto onere rilevabile 
in ogni tempo. 

236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non si sono verificati con la conseguenza che la Direzione dei lavori, 
in sede di contabilit� finale, ha detratto l'importo di lire 7.510.813,20, 
gi� accreditato all'Impresa. 

Cosi stando le cose si tratta nella specie di accertare se l'accettazione 
pura e semplice dell'ordine errato e la sua esecuzione da parte 

dell'appaltatore abbia lasciato permanere in lui quella responsabilit� 
che gli deriva in relazione alla illimitata assunzione del rischio inerente 
a tale specie di contratto, o se, invece, per effetto della errata 
prescrizione si sia verificato, in tutto o in parte un trasferimento delle 
responsabilit� dall'Impresa appaltatrice all'Ente appaltante. 

Ed al riguardo va rilevato che mentre l'arbitro nominato dall'Istituto 
Bancario, aderendo alla tesi prospettata dalla difesa del predetto 
Istituto, ha sostenuto che le conseguenze dell'errata prescrizione dovrebbe 
far carico interamente all'Amministrazione trattandosi di ordine 
la cui erroneit� non era facilmente rilevabile, l'arbitro da questa ultima 
nominato ha, invece, affermato che all'Impresa nulla competerebbe per 
l'eseguito lavoro, trattandosi di una �variante� non prevista in contratto 
ed eseguita dall'Impresa senza l'ordine scritto di cui all'art. 18 
delle Condizioni Generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare. 

Il Collegio, a maggioranza, mentre non pu� non escludere che nella 

..:

specie possa trovare applicazione la norma dell'art. 18 delle richiamate 
Condizioni Generali, giacch�, come chiaramente emerge dagli stessi 
scritti difensionali dell'Amministrazione e dai documenti acquisiti al 
processo, non vi � stata una variazione dei lavori contrattualmente previsti, 
ma un'errata interpretazione da parte della Direzione dei lavori 
delle disposizioni contenute nelle condizioni tecniche allegate al Capitolato 
speciale e della tariffa contrattuale, ritiene che in ordine alla 
mancata riuscita dell'opera debba essere affermata la responsabilit� 
concorrente dell'Amministrazione e dell'Impresa. 

Ed invero se nessun dubbio pu� sorgere sul comportamento negligente 
e colpevole della Direzione dei lavori, per aver disposto l'esecuzione 
di un lavoro di impossibile attuazione, altrettanto indubbia appare 
la responsabilit� dell'Impresa. 

E' noto che la responsabilit� dell'appaltatore per il buon risultato 
dell'opera, mentre gli impone di prendere ogni pi� opportuna iniziativa 
per eseguire l'opera appaltata, indipendentemente da qualsiasi in


(4-5) Il lodo esattamente identifica la ragione della necessit� della riserva 
immediata, tanto nella inderogabile esigenza di consentire all'Amministrazione 
il controllo dell'esistenza delle circostanze e condizioni su cui 
la riserva � fondata; quanto nella esigenza di calcolare l'aggravio economico, 
che dalla riserva consegue, al fine dell'eventuale esercizio della facolt� 
di recesso. Di questi principi, il secondo � stato finora del tutto trascurato 
nella giurisprudenza arbitrale; mentre deve ritenersi che costituisca uno 
dei cardini fondamentali di tutto il sistema relativo alle riserve, che va 
considerato nel pi� vasto problema del finanziamento dell'opera pubblica, 
nel quadro delle peculiari esigenze di un pubblico bilancio. Al riguardo, 
cfr. la nota ricordata, in questa Rassegna, 1964, 1179. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 237 

tervento dell'appaltante, gli attribuisce d'altra parte un diritto, che � 
poi anche un dovere, di controllare gli atti attraverso i quali si esplica 
l'ingerenza collaboratrice del committente al fine di contestare, ed eventualmente 
rifiutare di eseguire, quelli da lui ritenuti incompatibili con 
la regolare e puntuale esecuzione dell'opera o considerati di impossibile 
attuazione. ~ 



Conseguentemente, la omessa segnalazione di vizi o di errori di 
cui siano eventualmente inficiati gli ordini impartiti dal committente 
induce l'appaltatore in responsabilit� per i difetti che ne derivano alla 
opera. 

Vero � che nei contratti di appalto di opere pubbliche il cennato 
diritto-dovere del controllo dell'appaltatore sulle prescrizioni del com


I mittente ha, come si � ritenuto dalla giurisprudenza, un'attenuante 
possibilit� di estrinsecazione, in quanto l'appaltatore viene a trovarsi 
di fronte ad un committente avente una competenza da presumersi 
almeno pari alla propria, ma rileva il Collegio che nella fattispecie lo 
errore da cui era inficiata la impartita disposizione era facilmente rilevabile, 
dato che la voce relativa alla coltre vegetativa non comprendeva 
la operazione dell'inseminagione, mentre � noto ed �, comunque, 
dato di comune esperienza, come il semplice spandimento del seme,. 
specie se operato, come nel caso, durante i mesi estivi ed in terreno 
non adeguatamente preparato, rimane sterile di risultati, qualora non 
vengano eseguite tutte quelle ulteriori lavorazioni, come la concimazione, 
l'erpicatura e l'irrigazione, necessarie per l'attecchimento e lo� 
sviluppo del seme. 

L'errore, quindi, non poteva sfuggire all'attezione di un appaltatore 
di diligenza e perizia normali, n� tanto meno alla C.A.I., la cui 
capacit� tecnica, come si assume dalla stessa difesa dell'Istituto Bancario, 
sarebbe stata superiore a quella comune. 

Si deve, pertanto, concludere che nella specie non possa attribuirsi 
all'Amministrazione appaltante la esclusiva responsabilit� per la mancata 
riuscita dell'opera, dovendosi riconoscere che alla produzione di 
tale evento abbia concorso, in pari misura, il comportamento negligente 
e colpevole dell'Impresa. (Omissis). 

Con la quarta riserva l'Istituto ha avanzato una pretesa di indennizzo 
di lire 81.000.000 e ci� sia per l'apportata riduzione dell'importo� 
dell'appalto da lire 2.610.000.000, quale indicato nell'invito alla gara, 
a lire 1.900.000.000, quale previsto in contratto, sia per l'avvento stralcio 
di lavori di sistemazione idraulica, facenti parte dell'appalto, per 
un importo di lire 100.000.000. 

Sostiene al riguardo l'Istituto Bancario che, essendo stato il notevole 
ribasso offerto in funzione dell'importo posto a base dell'asta, la 
avvenuta riduzione di questo ultimo, dopo l'aggiudicazione, aveva gravemente 
sovvertito l'equilibrio contrattuale, come del pari tale equilibrio 
era stato turbato con i lavori fatti eseguire in gestione diretta 
.dall'Amministrazione. 



238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La pretesa� stata contestata dall'Amministrazione in via pregiudiziale, 
in quanto la relativa riserva sarebbe stata tardivamente iscri:ta 
in violazione degli artt. 17 e 33 delle Condizioni Generali, e nel merito 
in quanto il contratto di cottimo fiduciario intervenuto tra le parti non 
era stato proceduto da alcuna gara formale, ma da una semplice esplorativa 
e l'importo dell'appalto era esclusivamente quello indicato e 
convenuto nel contratto liberamente accettato e sottoscritto dalla e.A.I., 
e non quello presuntivamente indicato nell'indagine esplorativa, mentre 
lo stralcio dei lavori di sistemazione idraulica era avvenuto quando 
gi� la e.A.I. era caduta in dissesto. e d'a.ltra parte l'Ammi~ist~az~one 
aveva pieno diritto di effettuarlo a1 sensi della nota facolta d1 riduzione 
del quinto. . 

Indubbiamente infondata � l'eccezione di inammissibilit� della richiesta 
per tardiva proposizione della relativa riserva. 

Il richiamato art. 33 delle Condizioni Generali, sulla traccia del 
ben noto art. 54 del regolamento 25 maggio 1895, n. 450, stabilisce che 
nel caso in cui l'appaltatore firmi il libretto delle misure senza riserve 
o, dopo averlo firmato con riserva, non esplichi la riserva nel termine 
ivi previsto � s'intende che abbia rinunciato ad ogni riserva ed ~c~et: 
tata la eseguita contabilit� ., mentre l'art. 17 delle stesse Cond1z1om 
contempla il caso di prescrizioni date per iscritto e di ordini di servizio 
della Direzione dei lavori relativi all'esecuzione dei lavori, e consente 
all'appaltatore di elevare riserva contro tali prescrizioni ed ordini, 
qualora li ritenga non corrispondenti alle condizioni contrattuali. 

Ora nella fattispecie ove si consideri che le due questioni sollevate 
con la richiesta in esame dall'Istituto Bancario non riguardano in alcun 
modo la materiale esecuzione dei lavori, n� hanno riferimento con specifiche 
contabilizzazioni o con ordini o prescrizioni di servizio, concernendo 
una di esse una controversia di puro diritto che non trova 
alcun~ rispondenza ~elle registrazioni contabili, mentre l'altra riguarda 
la valutazione di un fatto ai puri effetti giuridici, non � chi non veda 
come non sussista motivo che suffraghi la dedotta ragione preclusiva 
della indagine di merito. 

Costante � al riguardo il prevalente indirizzo della giurisprud~~z~ 
arbitrale che ha ognora respinto la ragione di decadenza per tard1v1ta 
di riserva, anche se formulata a lavori ultimati, ove si tratti di pretese 
strettamente collegate alla interpretazione della volont� contrattuale 
0 di questioni la cui soluzione non presupponga l'accertamento dei fatti, 
posti a base delle singole pretese, ma involga semplicemente una loro 
valutazione ai soli effetti giuridici. (Omissis). 

Con la quinta riserva l'Istituto Bancario Romano, deduce~do eh~, 
pur avendo la e.A.I. iniziato, prima ancora della consegna dei lavori, 
avvenuta il 30 giugno 1955, tutti i lavori di apprestamento del cantiere 
l'Amministrazione appaltante era stata in grado di ordinare 
l'ini;io dei lavori soltanto il 15 luglio 1955, ha chiesto, a titolo di risar




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 239 

cimento del danno per la forzata inattivit� di numerosi macchinari gi� 

predisposti per l'immediato impiego, la somma di lire 12.000.000. 

Anche tale richiesta � stata contestata dall'Amministrazione sia 
in via pregiudiziale in quanto la relativa riserva sarebbe stata tardivamente 
iscritta, sia nel merito in quanto il lamentato intervallo di 
tempo tra la consegna dei lavori e l'ordine di inizio dei lavori stessi 
non sarebbe imputabile ad essa Amministrazione, essendo dipeso dalla 
ritardata approvazione da parte delle competenti autorit� amministrative 
dei progetti esecutivi predisposti dall'Impresa per la deviazione del 
canale Ascolano, e che d'altra parte, l'Impresa aveva diritto di provvedere 
alla redazione dei progetti esecutivi fino a due mesi dopo la consegna 
dei lavori e correlativamente l'Amministrazione aveva quello di 
approvarli nell'adeguato tempo necessario. Aggiunge che, in ogni caso, 
nessun danno sarebbe derivato all'Impresa dal lamentato ritardo. 

Il Collegio ritiene pienamente fondata l'eccezione pregiudiziale di 
inammissibilit� della domanda. 

Come dianzi detto l'art. 17 delle Condizioni Generali, analogamente 
all'art. 23 del regolamento del 1895, regola le contestazioni tra 
direttore dei lavori ed appaltatore in ordine alle prescrizioni ed agli 
ordini di servizio con riferimento all'ipotesi in cui il secondo lamenti 
la difformit� delle prescrizioni medesime della normativa contrattuale. 

Esso dispone che in tale ipotesi l'appaltatore deve presentare per 
iscritto le sue osservazioni al Direttore dei lavori entro il termine di 
tre giorni dalla data dell'ordine �a pena di decadenza �. 

Ora nella fattispecie � pacifico che avverso l'ordine di servizio 

n. 1 del 15 luglio 1955, con il quale la Direzione dei lavori disponeva 
l'inizio dei lavori appaltati interessanti la deviazione del canale Ascolano, 
nessuna osservazione venne formulata dall'Impresa nel termine 
e nei modi previsti dal citato art. 17. 
Ne consegue che, ai sensi della citata disposizione non pu� non 
.considerarsi preclusa ogni richiesta di indennizzo fondata sull'asserita 
illegittimit� dell'impartito ordine di servizio. 

Con la sesta riserva l'Istituto Bancario ha chiesto la somma di 
trenta milioni a titolo di risarcimento dei danni subiti dalle opere nel 
<Corso di esecuzione dei lavori in dipendenza da eventi di forza maggiore. 


Esplicando la riserva l'Istituto ha sostenuto che, pur avendo l'Impresa 
regolarmente denunciato con lettere del 15 settembre 1955, 8 otiobre 
1955, 25 settembre 1956 e 20 novembre 1956 i gravi danni derivati 
alle opere in corso di esecuzione a seguito delle piogge eccezionali 
verificatesi in quei periodi di tempo e che avevano determinato anche 
lunghe sospensioni dei lavori, l'Amministrazione appaltante nessun 
indennizzo aveva liquidato per la prima e per la quarta domanda, mentre, 
quanto alla seconda denunzia, dopo aver valutato i lamentati danni 
in tredici milioni di lire, aveva in seguito arbitrariamente ridotto tale 
importo a sole lire 8.512.090, come del pari arbitrariamente aveva ridotto 
da lire 500.000 a lire 448.974 l'importo dei danni lamentati con 
la terza denuncia. 



240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Alla richiesta l'Amministrazione, in via pregiudiziale, ha eccepito 
la tardivit� dell'iscrizione della riserva e nel merito ha osservato che 
i danni denunciati con la lettera del 15 settembre 1955 erano inesistenti 
e quelli denunciati con la lettera del 20 novembre 1956 erano 
imputabili a negligenza dell'Impresa, mentre la riduzione degli importi 
relativi alle altre due denuncie era stata effettuata in mera rettifica. 
di conformit� ai relativi prezzi contrattuali. 

Il Collegio osserva, quanto alle denuncie di danni di cui alle lettere 
15 settembre 1955 e 20 novembre 1956 che la richiesta formulata 
dall'Istituto si ravvisa inammissibile perch� le circostanze al riguardo 
accertate dalla Direzione dei lavori dovevano formare oggetto di tem-pestiva 
riserva. 

Risulta, invero, dai documenti acquisti al processo che, a seguito. 
delle predette denuncie, la Direzione dei lavori procedette regolarmente, 
a norma dell'art. 30 delle Condizioni Generali, alla verifica dei 
lamentati danni, redigendo appositi verbali nei quali diede atto che, 
mentre i danni di cui alla lettera 15 settembre 1955, pur se causati 
da precipitazioni a carattere temporalesco, erano di trascurabile entit�, 
quelli invece di cui alla lettera del 20 novembre 1956 non potevano. 
considerarsi dovuti ad eventi di forza maggiore, avendo concorso alla 
loro produzione la colpevole omissione da parte dell'Impresa di quei 
semplici accorgimenti suggeriti dalla comune prudenza e diligenza che: 
ne avrebbero impedito il verificarsi. 

Ora non vi � dubbio che tali determinazioni della Direzione dei 
lavori e la conseguente omessa contabilizzazione dei richiesti indennizzi 
avrebbero dovuto, ai sensi dell'art. 33 delle Condizioni generali, formare 
oggetto di tempestiva riserva da parte dell'Impresa, per cui la. 
inosservanza di tale obbligo non pu� non importare decadenza della. 
stessa Impresa dal diritto di reclamare compensi. 

Non sar� del resto inopportuno osservare nel merito che l'affer-mazione 
della difesa dell'Istituto secondo cui i danni lamentati con la. 
lettera del settembre 1955 non sarebbero stati di trascurabile entit�, 
mentre quelli lamentati con la lettera del novembre 1956 non sarebbero 
imputabili a negligenza dell'Impresa, � rimasta meramente tale� 
perch� sfornita di qualsiasi dimostrazione, tanto pi� doverosa dinanzi 
alla mancanza di riserva in sede di verbale di contestazione. 

Per quanto, poi, concerne i danni denunciati con le lettere 8 ottobre 
1955 e 23 settembre 1956, si osserva come la richiesta dell'Istituto� 
intesa ad ottenere la condanna dell'Amministrazione al pagamento della 
differenza tra l'importo indicato nei due verbali di constatazione e 
quello determinato in sede di chiusura della contabilit� si ravvisi. 
infondata. 

Ed invero come chiaramente si evince dai due verbali di constatazione 
redatti, a norma dell'art. 30 delle Condizioni generali e dello. 
art. 42 del regolamento, lo stesso giorno dell'avvenuta denuncia, mentre� 
la verifica dei lamentati danni venne effettuata dalla Direzione dei lavori 
in maniera dettagliata e precisa, con la minuziosa indicazione delle� 
opere distrutte o danneggiate, la determinazione invece dell'indennizzo.. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 241 

spettante all'Impresa fu effettuata come testualmente si afferma nei relativi 
verbali �in modo approssimativo ., attesa la materiale impossibilit� 
di commisurare, come prescritto dal citato art. 30 delle Condizioni 
generali, il complessivo importo delle opere di ripristino ai prezzi di 
capitolato. 

Tale commisurazione venne in seguito effettuata in sede di chiusura 
della contabilit� e dalla stessa risulta (libretto delle misure n. 11) 
che l'importo dei lavori di riparazione delle opere distrutte o danneggiate 
� stato calcolato nei modi previsti dall'art. 30 delle Condizioni 
generali, applicando a ciascun lavoro i prezzi del contratto, i prezzi, 
cio�, della mano d'opera e delle materie prime portati nella tariffa 
annessa al capitolato speciale. 

Ora tale preciso ed analitico computo non ha trovato specifiche 
contestazioni da parte dell'Istituto, il quale si � limitato a svolgere 
deduzioni generiche in ordine alla necessit� di liquidare i lamentati 
danni nella misura indicata in maniera approssimativa nei verbali di 
verifica, sicch� la richiesta in esame non pu� non essere rigettata. 

Il settimo ed ultimo quesito � volto ad accertare il diritto della 
Impresa alla corresponsione di un indennizzo di lire 177.100.000 per 
i maggiori oneri sopportati nella esecuzione dei lavori in dipendenza 
delle condizioni di soggezione e di vincolo determinata dall'intensissima 
attivit� addestrativa svolta dai reparti aerei presenti nella zona dei 
lavori. 

L'Istituto, premesso che la programmazione del ritmo dei lavori, 
la predisposizione dei mezzi e delle attrezzature, le previsioni sull'andamento 
sul coordinamento delle singole categorie di lavori appartengono 
al dominio esclusivo dell'appaltatore, espone che nella fattispecie 
la presenza in sito di un'intera aerobrigata aveva reso assolutamente 
impossibile alla e.A.I. di svolgere i lavori secondo un preciso proprio 
programma con piena utilizzazione delle proprie possibilit� organizzative 
e tecniche e ci� a seguito delle continue variazioni dei programmi 
esecutivi imposte dalla Direzione dei lavori per aderire alle necessit� 
del Comando Aeroportuale, dei divieti di circolazione dei mezzi della 
Impresa disposti dalla stessa Direzione per le medesime esigenze e delle 
limitazioni e conseguenti restrizioni apportate alla condotta dei lavori. 

L'Istituto, pertanto, ha chiesto di essere indennizzato della somma 
complessiva di lire 177.100.000 determinata in via presuntiva, tenendo 
conto della maggior lentezza del ritmo produttivo, del maggior costo 
della mano d'opera, del maggior impiego e maggior costo unitario ed 
orario dei mezzi di trasporto e della parziale utilizzazione della loro 
portata. 

L'Amministrazione oppone in via pregiudiziale la tardivit� della 
iscrizione della riserva, mentre nel merito ha osservato che l'Impresa, 
per espressa previsione contrattuale, era tenuta ad eseguire i lavori 

� anche in presenza di attivit� aerea �. 
Il Collegio ritiene, che l'eccezione di inammissibilit� sollevata dal1'
Amministrazione per l'intempestiva formulazione della riserva sia 
fondata. 



242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Come � noto l'Impresa che intenda far valere il diritto ad un equo 
compenso per la eccessiva onerosit� dell'impegno assunto determinata 
da aggravi o difficolt� incontrati durante l'esecuzione dei lavori a causa 
di determinati fatti deve formulare apposita riserva per questo titolo 
nel corso dell'appalto e precisamente all'atto dello stato dei lavori immediatamente 
successivo al verificarsi dei fatti generatori delle pretese 
oggetto delle riserve stesse. Trattasi di un onere che investe ogni pretesa 
che, qualunque ne sia il titolo, si concreti in una richiesta di maggiori 
compensi e di indennizzi in aggiunta ai corrispettiv contabilizzati 
dalla Amministrazione. Tale principio, fondato sull'interpretazione letterale 
e logica degli artt. 23 e 25 del regolamento 25 maggio 1895, 

n. 350 e dei pi� volte richiamati artt. 17 e 33 delle condizioni generali 
per l'appalto dei lavori del Genio Militare (r.d. 17 marzo 1932, n. 366) 
trova giustificazione nell'esigenza di consentire all'Amministrazione di 
controllare l'esistenza delle circostanze e delle condizioni sulle quali 
l'appaltatore fonda le proprie richieste e di rendersi conto del conseguente 
aggravio economico che dalle richieste stesse pu� derivare, cos� -=i 
da provvedere ad ulteriori provviste di fondi o al recesso di cui allo il 
art. 345 della legge fondamentale sulle opere pubblich�, espressamente 
richiamato dall'art. 47 delle suaccennate Condizioni Generali. 
I

Ora che nella specie la e.A.I., in conseguenza della notevolissima d 
attivit� addestrativa svolta, nel corso dei lavori, dai reparti aerei gra


l~:~ 

dualmente immessi nell'aeroporto di Pratica di Mare fino a raggiunim, 


i .
gere, come � emerso dalle richieste informazioni scritte, l'entit� di 
una brigata, sia stata assoggettata ad interferenze ed a limitazioni nello 
svolgimento del programma di lavoro e nella esecuzione stessa delle 
singole lavorazioni, costituisce affermazione sulla cui esattezza non � 
lecito dubitare. (Omissis). % 

Senonch� sta di fatto che la e.A.I., non soltanto alcuna osserva' 


' 

zione, nei modi e nei termini stabiliti dall'art. 17 delle Condizioni Ge


I1I 
. 
nerali ebbe a formulare avverso tali prescrizioni, a suo dire, �contrarie 
ai patti del contratto ., ma, pur ripercuotendosi quelle prescrizioni in 
aggravi economici che trovavano corrispondenza, almeno, per implicazione, 
nelle successive registrazioni contabili, mai una idonea riserva, 
a norma dell'art. 33 delle stesse Condizioni ebbe a sollevare in occasione 
della sottoscrizione dei singoli stati di avanzamento o dei libretti 
delle misure, i quali, come � noto, hanno, per le Amministrazioni Militari, 
le funzioni che, ai fini delle riserve, adempie, negli appalti della 
Amministrazione dei lavori pubblici, il registro di contabilit�. 

Solamente dopo la comunicazione dell'ordine di servizio n. 13 del 

I25 maggio 1956, la C.A.I., con lettera in data 8 giugno 1956 diretta ,J 
alla Direzione dei lavori, nel denunciare l'incompatibilit� tra il programma 
di lavoro impostole con quell'ordine di servizio e �l'inatteso !; 

~:

sviluppo � assunto dall'attivit� aerea nell'aeroporto, ebbe a lamentare ~ 

genericamente l'eccessiva onerosit� insorta nell'adempimento degli ob-

I I.i 
~= 
,,~ 

-4fi*1WA%WJR'.-,@'<W-�?%Mfir__

J 

-



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 243 

blighi contrattuali, riservandosi di indicare in seguito l'ammontare 
dell'equo indennizzo che riteneva dovuto a tale titolo. 

Ma � chiaro come a tale generica protesta, formulata a circa un 
mese di distanza dalla impartita prescrizione, non possa essere attribuito 
alcun valore, essendo la riserva forma essenziale delle � osservazioni 
� e delle contestazioni dei dati contabili da parte dell'appaltatore. 
Le richieste, le domande ed i reclami dell'Impresa su tutto quanto forma 
oggetto delle scritture contabili debbono, infatti, per acquisire esistenza 
giuridica, esprimersi nella forma della riserva, scritta nei documenti 
contabili e tempestivamente esplicata. Ci� chiaramente si evince dalle 
richiamate disposizioni delle Condizioni generali, nonch� nell'art. 41 
del regolamento. 

Non pu�, quidi, non ritenersi, in ordine all'avanzata richiesta di 
indennizzo, efficace ed operante la preclusione derivante dal mancato 
inserimento in occasione delle firme man mano apposte nei libri contabili 
successivamente ai fatti generatori della pretesa oggetto della riserva 
di cui trattasi. 

N� vale obiettare, come si obietta dalla difesa dell'Istituto, che la 
giurisprudenza arbitrale ha da tempo attenuato la rigorosit� del principio 
sancito nelle richiamate disposizioni, affermando l'inesistenza di 
un onere della immediata riserva relativamente ai fatti che durano nel 
tempo o i cui effetti nel tempo si potraggono. 

Pu� invero, senz'altro essere condivisa l'opinione che le riserve 
attinenti ad aggravi di carattere continuativo, se omesse non importano 
decandenza per quei lavori che si appalesano accertabili in ogni 
tempo e computabili nel loro ammontare. 

Ma sarebbe contro legge estendere detta mitigazione nel caso in 
cui, come nella specie indubbiamente si verifica, i lavori non sono 
pi� accertabili, almeno che non si voglia minare il fondamento stesso 
delle suaccennate disposizioni sancite appositamente a favore dell'Amministrazione 
per una pi� pronta ed efficace difesa di fronte a richieste 
di compensi addizionali ingiustificate ed incontrollabili. 

D'altra parte, nella specie, trattavasi di fatti che, se anche di carattere 
continuativo, concernevano direttamente le partite di lavoro 
che risultavano riportate nei libretti delle misure al momento stesso 
in cui l'Impresa veniva invitata alla firma. Nel caso, quindi, l'asserita 
impossibilit� avrebbe potuto incidere sulla possibilit� di precisare le 
cifre di compenso cui credeva di avere diritto, ma tale impossibilit� 
non poteva costituire motivo idoneo per dispensarla dall'onere della 
formale riserva al momento della sottoscrizione dei registri contabili, 
nei quali erano riportate le partite di lavoro a cui il fatto continuativo 
si riferiva e sulle quali esso si ripercuoteva. 

Si assume, ancora, dalla difesa dell'Istituto che i lamentati maggiori 
oneri sarebbero stati determinati, non soltanto dalle arbitrarie 
prescrizioni impartite dalla Direzione per l'esecuzione dei singoli lavori, 
ma anche e soprattutto dalle numerosissime sospensioni dello svolgimento 
dei lavori, sospensioni determinate, a dire dei relativi provvedimenti 
che le imponevano, dalle cattive condizioni atmosferiche, ma 



244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in realt� dovute, per la massima parte, alla presenza nella zona dei 
lavori di attivit� aerea che impegnava le giornate di bel tempo, proprio 
quelle, cio�, pi� utili e produttive per il lavoro. 

Senonch� l'inconsistenza di siffatto assunto risulta evidente, ove si 
consideri che dai documenti acquisiti al processo risulta che di ogni 

sospensione e della conseguente ripresa dei lavori venne redatto apposito 
e regolare verbale sul quale la e.A.I., a norma del secondo comma 
dell'art. 34 delle Condizioni generali, aveva facolt� di esprimere riserva 
da svilupparsi nei termini e nei modi del precedente art. 33. 

Non avendo la C.A.I. ritenuto di esercitare tale facolt�, � chiaro 
come ci� precluda ora all'Istituto la facolt� di proporre utilmente richieste 
e domande comunque afferenti alla legittimit� delle disposte 
sospensioni e della loro durata. (Omissis). 

LODO ARBITRALE, 11 gennaio 1966, n. 9 (Roma) -Pres. Fortini Impresa 
Otello Torsello (avv. Dino Ambrosio) c. Ministero Difesa-
Aeronautica (avv. Stato Gargiulo). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Cottimo fiduciario stipulato 

dal Ministero Difesa-Aeronautica -Riserve -Scavo di sbanca


mento in terreno argilloso di eccezionale durezza. -Allibramento 

dei relativi lavori ed apposizione, accanto alla firma dell'Impresa, 

dell'espressione �con riserva�, senza altra specificazione -Ratio ii 

delle norme sulla tempestivit� delle riserve -Controllo sul fatto 

conteso e controllo sul costo dell'opera -Tempestivit� della riser


.. 

va -Condizioni -Fattispecie. 

l

(Condizioni generali di appalto approvate con r. d. 17 marzo 1932, n. 377, 
artt. 32 e 33; Regolamento approvato con r. d. 17 marzo 1932, n. 365, art. 41). 

Se durante L'esecuzione dei lavori di sbancamento si rinviene un 
terreno argilloso di eccezionale durezza, affinch� le riserve, che l'Impresa 
intende formula1�e per richiedere un compenso per i maggiori 
oneri eventualmente subiti, possano ritenersi tempestive, non � sufficiente 
l'apposizione, accanto alla firma, dell'espressione e con riserva�, 
ma � necessaria anche la specificazione sia delle ragioni che giustificano 
.le riserve stesse, sia del compenso che d� volta in voita viene 
richiesto, in quanto la ratio delle norme relative alla decadenza delle 
riserve va individuata non solo nella necessitd da parte della p.a. di 
esercitare un immediato controllo sul fatto conteso e di impedire che 
il trascorrere del tempo ne renda pi� difficile o improbabile l'accertamento, 
ma sopratutto nella necessitd di eseguire il controllo costante 

I 

sul costo dell'opera onde mantenerlo nel previsto limite di spesa. Va 

j 
I 

I 

! 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI A-CQUE, APPALTI ECC. 245 

pertanto dichiarata la decadenza laddove l'impresa abbia firmato sol.
tanto �con riserva �, senza sviluppare le ragion.i della ri.serva e 
l'importo dei compensi nei dieci giorni successivi alla firma (1). 

(Omissis). 

Passando all'esame del secondo quesito il Collegio osserva che la 
Impresa ha richiesto il compenso di L. 117.095.777 per i maggiori oneri 
ehe essa assume aver subito durante l'esecuzione dei lavori di sbaneamento 
specificando di avere trovato un terreno argilloso di ecce:
zione durezza che avrebbe richiesto l'uso dei mezzi eccezionali e straordinariamente 
onerosi, nonch� per aver dovuto eseguire gli scavi per 
la costruzione dei fognoli senza l'uso delle mine, impeditole dalla p. a. 

La difesa dell'Amministrazione ha eccepito la inammissibilit� delle 
riserve perch� intempestive, nonch� la loro infondatezza perch� la natura 
della terra scavata rientrava nella categoria prevista dall'art. 16 
Cap. gen. (il quale, nel descrivere la nozione �di terra e materiali�, 
vi comprende la terra di qualsiasi consistenza, argilla compatta compresa): 
in ogni caso aggiunge l'Avvocatura dello Stato, i mezzi impiegati 
per lo scavo come risulta dallo stesso memoriale dell'Impresa in 
data 25 ottobre 1961 furono mezzi normali di scavo e non. mezzi 
eccezionali. 

Il Collegio ritiene che l'eccezione di inammissibilit� delle riserve 
perch� intempestive, sia fondata. 

Giova ricordare infatti che, in conformit� ai principi fondamentali 
in materia di esecuzione di opere pubbliche, gli artt. 3,2 e 33 delle 
Condizioni generali di appalto approvate con il r.d. 17 marzo 1932, 

n. 367 e l'art. 41 del Regolamento approvato con r.d. in pari data 
n. 365 tassativamente stabiliscono l'obbligo per l'appaltatore di� firmare 
con riserva le contabilizzazioni delle partite di lavori relativamente 
alle quali pretende maggiori compensi, nonch� di sviluppare 
entro il termine di 10 giorni le ragioni della riserva indicando anche 
l'importo dei compensi cui ritiene di avere diritto: �trascorso tale 
termine s'intende che abbia rinunziato ad ogni riserva ed accettata 
la eseguita contabilizzazione�. 
Or bene, dal libretto della misura (che negli appalti militari 
adempie alle funzioni del registro di contabilit� per gli appalti civili) 
risulta che dei 34 allibramenti relativi a scavi compiuti in date diverse 
(ma tutte comprese nel periodo che va dal 15 luglio 1961 al 14 dicembre 
dello stesso anno) ben 32 risultano firmati genericamente �con riserva 
� e 2 senza riserva: risulta per� dalla documentazione esibita 

(1) Esatta applicazione dei principi sulla tempestivit� delle riserve, 
in conformit� alla tesi sostenuta dall'Avvocatura (v. in particolare, DEL 
Gni;;co, In tema di tempestivit�, delle riserv.e, in questa Rassegna, 1964, I, 
1179) e gi� accolta in una non recente sentenza della Corte Suprema (23 
marzo 1943, n. 719, Sett. Cass., 1943, 611). 

246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.che l'Impresa ha specificato e sviluppato le sue riserve con due soli 

memoriali: l'uno in data 25 ottobre 1961 e l'altro in data 20 dicembre 
1961. 

Di guisa che i due memoriali avrebbero reso efficaci -giusta 
le norme dianzi richiamate -soltanto le riserve annotate sul libretto 
delle misure entro i dieci giorni antecedenti, e cio� soltanto quelle 
segnate sotto la data del 16 e 19 ottobre nonch� del 13 e 14 dicembre 
1961, mentre invece per tutti gli allibramenti precedenti alla data 
del 16 ottobre 1961, avendo l'Impresa Torsello semplicemente e genericamente 
apposto la firma � con riserva � senza giammai esplicare la 
riserva stessa nei termini stabiliti dall'art. 33 delle Condizioni Generali 
succitate, dovr� ritenersi decaduto l'appaltatore dal diritto di far 
valere in qualsiasi tempo e modo le riserve e le domande che ad essi 
si riferiscono. 

Contesta l'Impresa la eccepita decadenza deducendo che la tardivit� 
dell'esplicazione pu� considerarsi, nella specie, superata dalla circostanza 
che �la vicenda dell'argilla dura� era a conoscenza dell'Amministrazione 
poich� durante i lavori erano stati interessati il Laboratorio 
Geodetico dell'Aereonautica nonch� i rappresentanti della stessa 
Direzione dei Lavori: aggiunge ancora che le ripetute riserve riguardavano 
l'esecuzione � continuata � di lavori difficoltosi data la 
imprevedibile presenza della argilla dura, per cui il semplice allibramento 
� con riserva � ed una specificazione sia pure tardiva potevano 
bastare allo scopo, trattandosi di �fatti continuativi�. 

Ma le suddette obiezioni non resistono ad una seria critica. 

� bene precisare innanzitutto che le riserve di cui al secondo 
quesito riguardano gli artt. 6/5,80-7/581-8/586-10/5'95-11-12-13-15-17 
dell'estimativo, in ordine ai quali i compensi indicati in contabilit� 
ammontano a complessive lire 20.079.500, mentre l'enorme maggior 
pretesa dell'Impresa (in ben 117.095.777) non avrebbe potuto giammai 
prevedersi ricompresa in una generica riserva, apposta per anco a 
contabilizzazioni comprensive di altre categorie di lavori e di voci 

diverse dall'estimativo. "" 

Giova ricordare che la ratio della tempestiva esplicazione della 
riserva viene individuata non soltanto nella necessit� da parte del1'
Amministrazione di esercitare un immediato controllo sul fatto conteso 
ed impedire che il trascorrere del tempo ne renda difficile e addirittura 
impossibile l'accertamento, ma soprattutto per il rispetto e controllo 
costante del costo dell'opera onde mantenerlo nel previsto limite 
di spesa. 

Ci� viene imposto dal principio di gestione di un bilancio pubblico, 
dal divieto di aumentare i prezzi senza autorizzazione o d.i mutare 
i limiti dei lavori, dalla responsabilit� personale dei tecnici in caso di 
inosservanza, dalle modalit� per la determinazione di prezzi di categoria, 
dall'obbligo della immediata denuncia delle contestazioni suscettibili 
di causare un onere per l'Amministrazione e infine, dalla facolt� 
per quest'ultima di risolvere in ogni tempo l'appalto dietro pagamento 
del decimo dell'importo dei lavori da eseguire secondo contratto. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 247 

Espressamente la Corte di Cassazione (23 marzo 1943, n. 719, 
Sett. Cass., 1943, 611) riconobbe essere la causa giustificatrice del precetto 
della decadenza dalle riserve quella �che gli organi della p.a. 
siano prontamente messi al corrente di domande, che tendano ad alterare 
le basi economiche del contratto per poterle esaminare e fronteggiare 
con adeguati provvedimenti... �, precisando altresi che il termine 
di decadenza riguarda tanto le riserve relative a fatti transeunti 
che quelli relativi a fatti continuativi. 

� da aggiungere, infine, che la cosiddetta continuit� potrebbe esimere 
l'Impresa dall'obbligo di specificare l'importo del compenso complessivo 
preteso, ma giammai da quello di esplicar le ragioni, della 
apposta generica riserva. Non avendo l'Impresa ci� adempiuto, la decadenza 
sancita dalle citate norme appare certamente fondata. 

Rimangono da esaminare nel merito quelle parti di riserve che 
per essere state esplicate nel termine di giorni dieci non sono precluse. 
(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 gennaio 1964, n. 81 -Pres. D'Aniello 
-Est. Peronaci -P. M. Biscotti -Rie. Piccolo. 

Reati :finanziari -Incetta di buoni per l'acquisto di carburante a prezzi 
ridotti -Reato confi.~urabile. 

(1. 2 luglio 1957, n. 474, art. 12 bis). 
L'acquisto di buoni turistici di benzina da parte del gestore di u~ 
distributore di carburante, con successiva vendita di carbur~nte a prezzi 
ordinari richiesta di rimborso dei buoni e lucro della differenza fra 
prezzo drdinario e prezzo pagato per l'illecito acquisto, configura l'ip?tesi 
delittuosa di cui all'art. 12 bis deHa L. 2 luglio 1957, n. 474, e non gi� 
quelle pi� gmvi di cui all'art. .1 O della legge, che punisce la desti.nazione 
di speciali carburanti agevolati ad uso diverso da quello previsto per 
l'agevolazione (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 23 marzo 1965 n. 502 -Pres. Valillo Est. 
Ferrero -P. M. Peluso -Rie. Piccolo. 

Reati :finanziari -Incetta di buoni speciali per l'acquisto di carburante Evasione 
dall'imposta di fabbricazione -Non sussiste -Fattispecie 
-Amnistia -Applicabilit�. 

(1. 2 luglio 1957, n. 474, art. 12 bis). 
Chi si sia reso responsabile del reato di cui all'art. 12 bis della 
legge 2 luglio 1957, n. 474, non � per questo solo fatto soggetto passivo 
del rapporto tributario relativo all'imposta di fabbricazione del carburante 
-Non osta pertanto all'applicazione dell'amnistia il mancato pagamento 
del tributo (2). 



PAl'l'l'E I, SEZ. VII, GIUl'IISPl'IUDENZA PENALE 249 

I 

(Omissis). 
La Corte osserva che, in accoglimento dell'unico motivo di ricorso, 


l'impugnata sentenza dev'essere annullata con rinvio per erronea applicazione 
della legge penale. 

L'imputato, era stato, tra l'altro, ritenuto responsabile dell'ipotesi 
delittuosa prevista dall'art. 10 della L. 2 luglio 1957, n. 474, per avere 
acquistato buoni turistici (soprattutto SETAF) di benzina, per l'ammontare 
complessivo di Litri 86.854. 

Ed era stata, nella specie, ritenuta applicabile, in contrasto con la 
tesi difensiva, la norma sopra citata, in quanto l'imputato avrebbe erogato 
il quantitativo di benzina corrispondente ai buoni a prezzo normale, 
lucrando la differenza tra questo prezzo e quello pagato per i buoni. 

Di questo l'imputato si duole e sostiene, giustamente, che sia applicabile 
invece le norma specifica dell'art. 12 bis della citata legge n. 474. 

Ed ,linvero tale norma punisce il fatto di chi � procura a s� gli 
speciali buoni che danno titolo al ritiro della benzina col pagamento 
di imposta in misura ridotta �. 

Di tal che, tale appunto essendo _il fatto ritenuto dalla Corte di 
merito, questa norma e non quella dell'art. 10, era applicabile al caso 
in esame, in virt� dell'art. 15 c. p. 

Ed infatti l'errore della Corte di merito � stato quello di aver ritenuto 
che vi sia uno speciale carburante destinato ad usi turistici, il 
quale sarebbe stato venduto come carburante comune sottraendolo cosi 
alla sua specifica destinazione. 

A prescindere dal secondo pronunciato, che rappresenta il logico svolgimento 
dell'affermazione di diritto contenuta nella prima sentenza, e su cui 
non giova pertanto soffermarsi, si rileva come il punto controverso deciso 
dalla Corte regolatrice sia se il mutamento di destinazione dei carburanti 

� agevolati � ai fini della perfezione del reato di cui all'art. 10 legge 2 luglio 
1957, n. 474, debba intendersi sotto il profilo naturalistico ovvero sotto 
quello giuridico. 

I giudici di merito avevano acceduto alla seconda soluzione, ravvisando 
nel comportamento del gestore di una pompa di carburante che, 
procuratosi i buoni turistici, avesse venduto a prezzi normali il carburante, 
lucrando il rimborso a prezzo pieno, un mutamento � giuridico � della destinazione 
del carburante idoneo ad integrare il reato in esame. 

La Suprema Corte, accedendo invece ad una interpretazione � naturalistica 
., ha affermato che per la perfezione della fattispecie prevista dalla 
norma incriminatrice � necessario il concreto storno di un oggetto individuato 
dall'una all'altra destinazione. Esempio tipico potrebbe essere quello 
della nafta per usi agricoli (fra l'altro, diversamente colorata) che venisse 
adibita a rifornimento di veicoli stradali. 

Conseguentemente nel comportamento dell'imputato ha affermato non 
potersi ravvisare altro che il particolare reato a consumazione anticipata 
previsto dall'art. 12 bis della stessa legge: il procacciamento dei buoni con 
mezzi fraudolenti. 

L'orientamento della Suprema Corte sembra meritevole di approvazione 
oltre che sotto un profilo equitativo anche sotto un profilo di logicaformale. � 

Potrebbe sembrare a prima vista un'incongruenza il punire con la 

stessa pena cosi colui che si sia limitato a procacciarsi i buoni (o abbia solo 



250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Invece il sistema di agevolazione per i turisti � ben diverso. Essi 

I 
acquistano, previa prova della loro qualit� di turisti, i buoni benzina, 
a prezzo speciale, e possono spenderli presso qualsiasi distributore, ricevendone 
benzina comune. Tali buoni vengono poi rimborsati dallo Stato� 

I

al venditore della benzina. . 

.

Mancando quindi il presupposto giuridico dell'art. 10 della legge 
(destinazione di benzina agevolata ad uso diverso da quello previsto . 
per la agevolazione), e ricorrendo, viceversa, la fattispecie prevista specificamente 
dall'art. 12 bis, � quest'ultima norma che dev'essere applicata. 

I

(Omissis). 

II 

(Omissis). 

Osserva la Corte che il motivo dedotto in via principale � fondato. 

Infatti, per l'applicazione dell'amnistia al reato ritenuto a carico 

del ricorrente, non sussiste la causa ostativa del pagamento del tributo. 
L'art. 12 bis della legge 2 luglio 1957, n. 474, sotto la cui disciplina 
ricade il reato per il quale il ricorrente � stato condannato, prevede 
e punisce il fatto meramente formale di procurarsi mediante frode i 
buoni la cui esibizione d� titolo al ritiro di benzina ammessa ad 

I 

aliquota ridotta di imposta di� fabbricazione, indipendentemente dal 

I

fatto che vi sia o meno evasione dell'obbligo fiscale. 

I

if� 

tentato di farlo, trattandosi di reato a consumazione anticipata) come colui 

~ltfi.

che, oltre a ci�, abbia utilizzato i buoni stessi lucrando in frode allo Stato. 

. 

A ben vedere si pu� rilevare come una tale incongruenza sia per� soltanto 
apparente, e si ponga anzi in linea con una costante del nostro ordinamento . 
punitivo. 

L'attivit� delittuosa fraudolenta non � i)lfatti mai fine a s� stessa, ma r1: 

.

mira ad un risultato ulteriore, costituisce un mezzo a fine. Sembra equo . 
dunque non colpire ulteriormente il reo quando quel fine si realizzi, avendolo 
assoggettato previamente a pena per il solo fatto della frode. 

l.,

Cosi ad e.sempio il falsario (in atti o in moneta) non � pi� gravemente 
punito se usa l'atto falso o spende la moneta non genuina (art. 455 e 489' . 
cod. pen.) proprio perch� tale utilizzazione � il naturale epilogo della azione 

:~

Icriminosa (ANTOLISEI, Manuale, Giuffr�, 1954, Parte Speciale, II, 456). 

Un'altra considerazione ancora pu� essere fatta in sostegno della sen. 
tenza annotata. 

I

Accogliendo la tesi dei giudici di merito in ordine alla concezione � formale 
� del mutamento di destinazione, il problema non sarebbe pi� di 
applicabilit� dell'art. 10 invece dell'art. 12 bis, ma di applicabilit� dell'articolo 
10 oltre all'art. 12 bis. 

I

La conseguenzialit� logica ed il disposto degli artt. 15 e 71 ss. cod. pen. 
non consentono altra impostazione. Le due fattispecie previste dalle norme 
incriminatrici sono infatti del tutto distinte, onde non � configurabile, a 
mente del principio di specialit�, un concorso apparente di norme, tra le 
quali non � ipotizzabile un rapporto di genere a specie. D'altronde, poich� 

Iil reato di cui all'art. 12 bis � integrato dalla semplice acquisizione (o tentata 
acquisizione) fraudolenta dei coupons, ove si ritenga di ravvisare nella 
utilizzazione degli stessi da parte del gestore, un � mutamento di destinazione 
� del carburante a sensi dell'art. 10, non resterebbe conseguenzialmente 
che ravvisare la sussistenza, in concorso, di entrambi i reati. f:

I

Il che, non si pu� non riconoscerlo, sarebbe una severit� eccessiva, ~ 
non giustificata dal dettato legislativo. 

I. F. CARAMAZZA ~ 
I f: 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 251 

Poich� l'imposta di fabbricazione colpisce esclusivamente la produ:
zione, ne deriva che il soggetto passivo del rapporto tributario � soltanto 
il produttore della merce mentre non lo sono gli altri soggetti ai quali 
sono imposti obblighi, sia pure penalmente sanzionati, per prevenire 
le frodi o per garantire la certezza della eseguita prestazione tributaria. 

Conseguentemente, per l'applicazione dell'amnistia di cui al D.P. 
24 gennaio 1963, n. 5, a questi ultimi reati, non sussiste l'obbligo dello 
adempimento tributario che presuppone, per espressa disposizione di 
legge contenuta nell'art. 6 del D.P. di amnistia, la qualit� di soggetto 
passivo del rapporto tributario che nel caso in esame manca nel ricorrente. 
(Omissis). 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. IV, 16 gennaio 1966 -Pres. ed Est. Testi 
-Imp. Guarnaschelli. 

Gioco d'azzardo -Esercizio di case da gioco.di Taormina -Esercizio 
da parte della Societ� A. Zagara -Costituisce attivit� criminosa. 

L'esercizio del gioco d'azzardo in Taormina, da parte della Societ� 

A. Zagara, quale avente causa dell'E.T.A.L., costituisce attivit� criminosa 
secondo le leggi dello Stato, non potendo la predetta Societ� essere 
titolare di alcun diritto all'esercizio del gioco di azzardo in Italia n� 
in base a provvedimenti regionali assolutamente privi di effetti esimenti 
(dee. ass. 27 aprile 1949, n. 1; dee. reg. 31 maggio 1961, n. 36/A; 
15 febbraio 1960, n. 55/A), n� in base a precedenti provvedimenti statali 
che sono stati o revocati o dichiarati privi di efficacia (dee. interm. 
30 aprile 1947, rev. con dee. 3 marzo 1951 e con l. 30 febbraio 1952, 
n. 1301 (1). 
(Omissis). 
In data 8 novembre 1962 tal Sorbello Rosario, amministratore e 
mandatario della Signora Marjorie Varaschini, proprietaria della Villa 

� Mon Repos � di Taormina, immobile a suo tempo locato alla Soc. p. A. 
� a' Zagara ., in persona del suo Consigliere Delegato Guarnaschelli 
Domenico, denunciava costui al Pretore di Taormina, lamentando il 
fatto della istituzione di una casa da giuoco nei locali della Villa. 
Lo stesso giorno il Guarnaschelli, dicendosi � edotto � della presentazione 
della denuncia, si presentava spontaneamente al Magistrato, 
ammetteva pienamente il fatto denunciato, peraltro assumendo con 
dettagliato esposto e in base ad una copiosa documentazione la liceit� 
dell'intrapreso esercizio e comunque indicando al Pretore quali dovevano 
essere le modalit� e il contenuto dell'eventuale emanando decreto 
di sequestro. 

(1) La parte della motivazione, relativa all'esercizio della casa da giocoin Taormina qui pubbUcata, accoglie integralmente le tesi dell'Avvocatura, 
riportate in precedenza in questa Rassegna, 1964, I, 223; 1964, I, 801; 
1964, I, 1190. 

252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il Pretore promuovendo l'azione penale nei confronti del Guarnaschelli 
in ordine al reato di cui agli artt. 718 e 719, nn. 1 e 2, c.p., 
emetteva infatti in pari data decreto di sequestro a sensi dell'art. 337� 

c.p.c. in relazione all'art. 722 c.p. delle attrezzature e degli oggetti 
destinati al giuoco d'azzardo, peraltro come richiesto -autorizzando� 
la prosecuzione del giuoco stesso fino all'esito del procedimento penale, 
sotto la gestione della predetta societ�, in persona del suo consigliere 
delegato. 
Conseguentemente disponeva il Pretore il sequestro � del 50 % 
dei proventi lordi derivati dalla esecuzione del giuoco �, con l'obbligo� 
per il Guarnaschelli del versamento mensile e del deposito di tali 
proventi in un libretto di risparmio della locale Agenzia della Cassa 
di Risparmio Vittorio Emanuele, libretto a lui intestato e col vincologiudiziario. 


Avocava a s�, a norma dell'art. 392 c.p.p. l'Istruttoria sommaria il 
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Messina con provvedimento 
del 5 novembre e in pari data -ritenuto che il decreto 
emesso dal Pretore era in contrasto col disposto dell'art. 337 c.p.p. in 
quanto, mentre ordinava il sequestro di cose pertinenti a reato, consentiva 
nel contempo che le stesse restassero in possesso dell'imputato, 
al fine di essere ulteriormente usate per l'esercizio del giuoco� 
d'azzardo -revocava il predetto decreto e disponeva il sequestro 
degli arnesi e degli oggetti � destinati al giuoco d'azzardo esistenti 
nei locali del � Casin� � di Taormina, denominato � A Zagara Kursaal �. 

Cessava cosi di funzionare appena inaugurato e aperto detto Casin�. 

Con sentenza del 30 gennaio 1963, peraltro, la Corte di Cassazione, 
Sez. IV, annullava senza rinvio, su ricorso dell'imputato, il provvedimento 
di avocazione e conseguentemente il decreto di sequestro 
9 novembre 1962. 

Veniva cos� ripristinata la situazione giuridica processuale messa 
in essere dal decreto Pretorile. 

Tratto dunque a giudizio del Pretore di Taormina per rispondere� 
del reato � di cui agli artt. 718 e 718, nn. 1 e 2, c.p. per aver istituito 
una casa da giuoco di azzardo, approntando il banco e gli arnesi da 
giuoco in luogo aperto al Pubblico in Taormina il giorno 8 novembre 
1962 ., reato peraltro amnistiabile a norma degli artt. 1 e ss. d.p.r.

24 gennaio 1963, n. 5, il Guarnaschelli con sentenza del 19 febbraio 
1963 (quando gi� da dieci giorni era ripresa, alle condizioni fissate� 
dal decreto 8 novembre 1962, l'attivit� del Casin�, interrotta il 9 novembre 
1962), veniva assolto dalla ascrittagli contravvenzione � trattandosi 
di persona non punibile perch� il fatto non costituisce reato �, 
a norma dell'art. 51 c.p. e in applicazione del cpv. dell'art. 152 c.p.p. 

Proponeva tempestivo appello il Procuratore della Repubblica 
presso il Tribunale di Messina, e il Tribunale de lAquila (al quale il 
procedimento era stato, su istanza dell'imputato, rimesso dalla Corte 
di Cassazione, ai sensi dell'art. 55 c.p.p. con ordinanza del 3 giugno 
1963), confermava �in ogni sua parte � l'impugnata decisione pretorile, 
con sentenza del 18 aprile 1964. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 253 

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale de L'Aquila, 
ricorreva per Cassazione avverso detta sentenza e in data 14 novembre 
1963, il Supremo Collegio a Sezioni Unite emetteva sentenza 
nella quale, ritenuta la eccepita inammissibilit� del ricorso per omessa 
indicazione nella copia dell'atto di impugnazione notificato all'imputato 
del mezzo di gravame proposto, osservava peraltro come la sentenza 
del Tribunale de L'Aquila -non ancora irrevocabile -fosse 
parzialmente affetta da nullit� assoluta � rilevabile d'ufficio in ogni 
stato e grado del procedimento �. 

Invero -rilev� la Corte -i giudici di appello, previa distinzione 
del giuoco d'azzardo tenuto nella villa � Mon Repos ., in due 
distinti periodi: 7-8 novembre 1962 e 5 febbraio 1963 in poi, avevano 
dichiarato, quanto al primo periodo non punibile l'imputato per avere 
agito � nella convinzione della liceit� del fatto �, e, quanto al secondo 
periodo, avevano assolto il medesimo per essere il fatto stesso divenuto 
lecito a partire dalla data di pubblicazione della legge 18 febbraio 
1962, n. 67, che, aveva imposto un diritto addizionale di L. 3500> 
a favore dello Stato, su ogni biglietto di ingresso alle case da giuoco. 

Ora -osserv� la Corte -poich� il Pretore aveva giudicato del 
fatto commesso il 7 e 1'8 novembre 1962, non poteva il Tribunale de 
L'Aquila, in grado di appello, giudicare dei � fatti � successivi non 
presi in esame dal Pretore, senza violare l'art. 185, n. 2 in relazione 
all'art. 211 c.p.p. poich� l'osservanza della prima norma � stabilita 
a pena di nullit� assoluta, questa doveva essere dichiarata, nonostante 
l'inammissibilit� del ricorso. 

Concludeva pertanto la Corte nel senso che la sentenza del Tribunale 
de L'Aquila, nella parte in cui aveva giudicato in grado di 
appello sul fatto gi� contestato al Guarnaschelli dal Pretore di Taormina, 
era intangibile, stante appunto l'inammissibilit� del gravame e 
che quindi il proscioglimento dell'imputato dal reato ascrittogli per 
difetto dell'elemento soggettivo, cosi come ritenuto dal Giudice di appello 
(e non gi� per aver esercitato un diritto, come ritenuto dal Pretore), 
passava in cosa giudicata, mentre doveva dichiararsi la nullit� 
della sentenza nella parte in cui aveva esaminato la responsabilit� 
del Guarnaschelli per il giuoco d'azzardo esercitato successivamente 
all'8 novembre 1962. 

Conseguentemente la citata sentenza delle Sezioni Unite ordinava 
la trasmissione degli atti al P. M. competente e cio� al Procuratore 
della Repubblica presso il Tribunale di Messina per l'ulteriore corso 
di giustizia in ordine ai fatti dal Guarnaschelli commessi � dal 5 febbraio 
1963 in poi �. 

Promuoveva pertanto l'azione penale il Procuratore della Repubblica 
di Messina nei confronti del Guarnaschelli, non solo, in ordine 
alla contravvenzione ex artt. 718 e 719 c.p. (di competenza pretorile), 
per avere tenuto una casa da giuoco di azzardo nella Villa � Mon Repos � 
di Taormina dal 5 febbraio 1963 e anche successivamente alla sentenza 
emessa dalle Sezioni Unite della Cassazione, ma altresi, in ordine al 
delitto di omissione continuata di atti di ufficio per avere in tempi di




254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

versi omesso di depositare presso la Cancelleria della Pretura di Taormina 
il rendiconto mensile relativo al sequestro del 50 % dei proventi 
del giuoco esercitato nei locali della predetta villa, di cui era custode 
sequestratario; in ordine al delitto di peculato continuato per essersi in 
tempi dipersi appropriato della somma costituita dal 50 % dei proventi 
lordi dell'esercizio del giuoco d'azzardo tenuto nella Villa � Mon Repos 
�, somme in giudiziale sequestro e delle quali egli aveva il possesso 
nella succitata qualit�, in Taormina dall'8 novembre 1962, nonch� 
in ordine al delitto di peculato continuato per essersi in tempi diversi 

appropriato del 50 % delle somme provenienti dall'esercizio del giuoco 
d'azzardo, costituite dall'incasso per mance e biglietti di ingresso, somme 
in giudiziale sequestro e delle quali aveva il possessa nella precisata 
qualit� di custode giudiziario. In Taormina dal 5 febbraio 163 e 
successivamente. 

Veniva pertanto il 7 gennaio 1965 emesso a carico del Guarnaschelli 
ordine di comparizione e contestualmente decreto di sequestro, _, 
a norma dell'art. 337 c.p.p. in relazione all'art. 722 c.p., degli arnesi 
e degli oggetti destinati all'esercizio del giuoco, del denaro da esso 
proveniente anche se in giudiziale deposito, nonch� dei registri, dei 
documenti e di quanto altro connesso alla tenuta del giuoco stesso, e 

� ci� sia per garantire l'esecuzione della misura di sicurezza della 
I

confisca, sia per impedire che il reato sia ulteriormente consumato �. ~ 

Veniva cos� interrotta, a partire dal 7 gennaio 1965 e dopo 23 
mesi di esercizio, l'attivit� del Casin� di Taormina, ripresa e proseguita 
in virt� del decreto del Pretore dell'8 novembre 1962, a partire 

I

dal 9 (e non gi�' dal 5) febbraio 1963, come pacificamente risulta 
dagli atti. 

I

In data 14 gennaio 1965, a mezzo della Avvocatura dello Stato, 
i Ministeri di Grazia e Giustizia e del Tesoro si costituivano parte 

I.
-civile e il successivo 16 gennaio, su istanza dell'imputato e del Pro,


.curatore Generale presso la Corte di Cassazione, avanzate ai sensi e 
per gli effetti dell'art. 55 c.p.p., questa con ordinanza designava il ' , 
Tribunale di Roma quale giudice competente per il procedimento pe, 
nale pendente presso l'Ufficio del P. M. di Messina, e ordinava per'


Itanto la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso 
.questo Tribunale, peraltro dichiarando che conservavano validit� tutti 
gli atti della istruttoria sommaria fino allora compiuta, ivi compreso 
il decreto di sequestro 7 gennaio 1965. 

Iu Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma di:
Sponeva in data 16 febbraio 1965 il sequestro dei libri di commercio, 

II

registri e atti contabili, compresi quelli-relativi alle spese di gestione 
della casa da giuoco � Mon Repos � della Soc. A. Zagara e la Polizia 
Tributaria di Roma dava esecuzione al disposto sequestro, inoltrando 
pure alla Autorit� Giudiziaria -a seguito degli esperiti accertamenti 
-rapporto giudiziario n. 535 9/9/474 in data 22 marzo 1965. 
Completata la istruttoria sommaria con l'interrogatorio in data 

I

7 aprile 1965 del Guarnaschelli, che presentava, in aggiunta a quello,


~ 

gi� esibito dai suoi difensori, memoria scritta, in cui ribadiva la pro-

I li 
I 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 255 

pria innocenza in ordine a tutti i reati ascrittigli, di cui alla epigrafe, 
l'imputato veniva tratto a giudizio di questo Tribunale, competente 
anche per materia, per rispondere della contravvenzione ex 
artt. 718 e 719 c.p. e dei delitti di cui agli artt. 81 cpv. e 328 c.p. e 
81 cpv. e 334 c.p.p., cos� come meglio e pi� dettagliatamente in 
rubrica precisati, reati commessi a partire dal 9 febbraio 1963 e fino 
al 7 gennaio 1965. 

All'udienza del 3 dicembre 1965, ritualmente costituitosi il rapporto 
giuridico processuale e dichiarata su eccezione della difesa dell'imputato, 
l'inammissibilit� della costituzione di parte civile dell'Amministrazione 
dello Stato. limitatamente al reato contravvenzionale 
per le ragioni indicate nella relativa ordinanza, il Guarnaschelli rendeva 
il proprio interrogatorio e veniva raccolta la deposizione del verbalizzante 
Boi Ennio, capitano del Corpo delle Guardie di Finanza. 

All'odierna pubblica udienza, cui il processo veniva rinviato per 
acquisire agli atti il fascicolo del ricorso del Guarnaschelli proposto 
davanti al Pretore di Taormina nel maggio 1962, nonch�, in copia o 
in originale, i contratti di locazione della Villa � Mon Repos �, a suo 
tempo stipulato tra la Veraschini e il Consigliere Delegato della Soc. 

� A Zagara ., veniva escusso su richiesta del P. M. il verbalizzante 
Giuliano Oliva, ufficiale superiore del Corpo delle Guardie di Finanza, 
si dava atto dell'acquisizione dei documenti richiesti e si disponeva 
l'acquisizione, ritenutane l'utilit� al fine di decidere, di alcuni documenti 
dalla parte civile esibiti e provenienti dalle Amministrazioni 
del Tesoro e delle Finanze nonch� della sentenza 14 dicembre 1965, 
n. 87 della Corte Costituzionale. 
Veniva infine dichiarato chiuso il dibattimento e la parte civile 
e il P. M. concordemente concludevano perch� venisse affermata la 
penale responsabilit� del Guarnaschelli, in ordine a tutti i reati ascrittigli, 
per i quali la difesa invocava invece l'assoluzione del giudicabile, 
trattandosi di persona non punibile perch� il fatto non costituisce 
reato, in particolare insistendo, perch�, circa la contravvenzione, venisse 
dichiarata al liceit� ex art. 51 c.p. della condotta del Guarnaschelli. 


MOTIVI DELLA DECISIONE 

Osserva il Collegio che le conclusioni del P. M. meritano integrale 
accoglimento. 

Come si � accennato in narrativa, l'imputato � stato assolto dalla 
nota contravvenzione, limitatamente al periodo 7-8 novembre 1962, 
perch� il fatto non costituisce reato sotto il profilo della carenza 
-nella ritenuta e indiscussa materialit� del fatto contestato -dell'elemento 
soggettivo del reato. 

Quanto precede, perch� la sentenza in grado di appello del Tribunale 
de L'Aquila, che in ordine a quel fatto ritenne, sia pur confermando 
nel dispositivo la sentenza del primo giudice, che il Guarnaschelli 
avesse agito nella � convinzione della liceit� del fatto �, � 

19 



256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

passata in cosa giudicata, stante appunto l'inammissibilit� del proposto 
gravame, che non consent� al Supremo Collegio di entrare nel 
merito del proscioglimento stesso (cfr. Cass., Sez. Un., 14 novembre 
1964). 

Osserv� peraltro la Cassazione nella citata sentenza, alla stregua 
di una logica e corretta interpretazione delle norme di rito e sostanziali, 
che per il periodo di funzionamento del Casin� di Taormina 
successivamente all'8 novembre 1962, ancora insoluto doveva considerarsi 
il problema della liceit� obiettiva dell'esercizio del giuoco 
d'azzardo, che, nonostante il disposto sequestro, il Pretore aveva consentito, 
cos� in pratica autorizzando proprio la prosecuzione di quel 
reato, che del sequestro era il presupposto. 

Di qui l'esatto, se pur non necessario, provvedimento da parte 
delle Sezioni Unite della Cassazione di trasmissione degli atti al P. M. 
perch� procedesse per il giuoco d'azzardo successivo a quello oggetto 
della sentenza del Pretore (cfr. Cass. S.U. 13 febbraio 1965 in C. 
Guarnaschelli). 

Di qui la competenza di questo Tribunale a conoscere e giudicare 
anche della contravvenzione di cui alla lett. A) della rubrica, per il 
periodo compreso tra il 9 febbraio 1963 (giorno in cui il Casin� di 
Taormina inizi� praticamente le attivit�) e il 6 gennaio 1965 (giorno 
in cui ad essa pose fine il decreto di sequestro disposto dal Procuratore 
della Repubblica presso il Tribunale di Messina). 

E a nulla giova rilevare che, _per essere stata la sentenza assolutoria 
del Pretore di Taormina emessa il 19 febbraio 19�63, dovevasi 
nel presente giudizio contestare al Guarnaschelli il reato ex art. 718 

c.p. a partire dal giorno successivo 20 febbraio, giacch� in tema di 
reato permanente la contestazione del reato stesso concerne i fatti 
successivi alla data della sentenza di primo grado, a meno che non 
sia espressamente specificato che la permanenza sia cessata anteriormente 
a quella data. 
� noto infatti che la contravvenzione de quo � reato commissivo, 
eventualmente permanente e che -ove sussista -la permanenza 
cessa con l'interruzione dell'attivit� e cio� con la chiusura della casa 
da giuoco non autorizzata o comunque con la cessazione del giuoco. 

Nel caso di specie, ci� �S� verific� in virt� del noto decreto di 
sequestro del Procuratore Generale di Messina del 9 novembre 1962 
(cfr. Cass., 13 febbraio 1965, citata). 

Ora, ai fini della cessazione della permanenza quel che ha rilevanza 
non sono i motivi -siano essi spontanei o forzosi -che hanno 
determinato la interruzione dell'attivit�, ma il fatto obbiettivo della 
interruzione dell'attivit� stessa. 

D'altra parte � fuori discussione che la sentenza del Pretore atteso 
il relativo capo di imputazione, si � -senza possibilit� di equivoco limitata 
(non importa se a torto o a ragione), a considerare il fatto 
della istituzione e dell'esercizio del giuoco d'azzardo, circoscritto nel 
breve lasso di tempo del 7-8 novembre 1962 (come la stessa difesa 
ebbe giustamente a sostenere, per eccepire la inammissibilit� di uno 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 257 

di motivi dell'appello proposto dal P. M. di Messina avverso appunto 
quella sentenza e quindi la relativa pronuncia di assoluzione, 
poi fondata, in virt� della sentenza di appello -passata in giudicato 
-sull'asserito difetto dell'elemento psicologico del reato, non 
pu� davvero costituire causa di immunit� per l'ulteriore illecita attivit� 
del Guarnaschelli. 

� principio generale -del resto -pacifico in dottrina e in giurisprudenza, 
che la permanenza, una volta interrotta, importa che 
l'ulteriore stato di permanenza oltre il provvedimento e il fatto interruttivo 
� perseguibile a titolo di nuovo reato (cfr. Cass., Sez. Un., 
13 febbraio 1965 citata e sent. Trib. L'Aquila 18 aprile 1964). 

Il fatto poi che deve escludersi, per le ragioni indicate nella sentenza 
delle Sez. Un. della Cassazione 14 novembre 1964, ragioni che 
questo Collegio ampiamente condivide e di cui in narrativa si � fatto 
cenno, che sia passata in cosa giudicata la sentenza del Pretore di 
Taormina, la quale aveva ritenuto la liceit� della istituzione della casa 
da giuoco impedisce che allo stato possa conseguentemente affermarsi, 
come ha fatto la difesa, partendo appunto da questa errata premessa, 
la legalit� della tenuta del Casin� e quindi la legalit� dell'esercizio 
di esso. 

Ci� posto, il Collegio � dell'avviso che nessun diritto (reale o putativo) 
aveva l'imputato nel 1962 e antecedentemente che gli consentisse 
di poter aprire e gestire una casa da giuoco e pertanto di svolgere una 
attivit� in contrasto col precetto penale e che di ci� il Guarnaschelli 
era fin da epoca precedente ben consapevole. 

Anzi, pu� aggiungersi che nel 1962 la condotta del Consigliere 
Delegato della S.p.A. � A Zagara �, protesa alla realizzazione dell'apertura 
del Casin� in Taormina, chiaramente si manifest� come la risultante 
condizionata della consapevolezza di versare in illicita, del che 
pi� sotto ampiamente si dir�. 

E neppure il Collegio ritiene che successivamente al 19612 siano 
intervenute norme di legge o atti giuridicamente rilevanti dello Stato, 
che abbiano potuto, sia pur per via indiretta, attribuire alla condotta 
criminosa del Guarnaschelli (esercizio abusivo di una casa da giuoco) 
il crisma della liceit�, sotto il profilo dell'abolitio criminis e infine 
che abbiano potuto discriminare le condotta del Guarnaschelli le cosiddette 
� autorizzazioni � pretorili del 24 maggio e dell'8 novembre 1962. 

In realt�, non sembra difficile al Collegio dimostrare sul piano di 
fatto e giuridico la infondatezza delle molteplici tesi al riguardo dall'imputato 
suggestivamente addotte (Omissis). 

Contravvenzione ex art. 718 e 719, nn. 1 e 2 c.p. 

1) Liceit� del Casin� di Taormina. 
Sotto il profilo della validit� dei titoli accampati dal Guarnaschelli, 
e che a suo avviso avrebbero reso legittimi e leciti l'apertura del Ca




258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sino di Taormina e l'esercizio del giuoco d'accordo, tali titoli secondo 
la difesa andrebbero identificati nella legge costitutiva dell'E.T.A.L. 
(Ente Turistico Alberghiero della Libia): RG 31 maggio 1935, n. 1410; 
nel decreto interministeriale 30 aprile 1947, in relazione alla legge 
l!.8 maggio 1942, n. 669 e al r.d. 22 aprile 1943, n. 560; nella transazione 
E.T.A.L. -Guarnaschelli dell'll aprile 1949 e nel decreto del1'
Assessore per il Turismo e lo Spettacolo della Regione Siciliana, 27 
aprile 1949, n. 1. 

Ma � appena il caso di rilevare che la questione relativa alla validit� 
di tali titoli � stata ampiamente e ripetutamente esaminata e definitivamente 
risolta in senso negativo dalla Corte Costituzionale. 

Vero � che con r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 venne istituito l'Ente 
Turistico e Alberghiero per la Libia (E.T.A.L.), persona giuridica di 
diritto pubblico, con il compito di esercitare in quel territorio alcune 
attivit� economiche per lo sviluppo e l'incremento del turismo locale. 

Vero � che con provvedimento del 10 agosto 1937 (approvato dal 
Governatorato Generale per la Libia, con delibere nn. 22328 e 30762 
del 17 agosto e del 6 novembre 1937) il Municipio di Tripoli revocava 
la concessione rilasciata il 2'7 aprile 1935 alla S.C.I.T.A. (Societ� Coloniale 
Incremento Turismo Anonima) di cui era amministratore delegato 
il Guarnaschelli e autorizzava l'E.T.A.L. a gestire una casa da giuoco 
in Tripoli. 

Al riguardo pu� anzi aggiungersi che la relativa vertenza giudiziaria 
intercorsa tra la S.C.I.T.A. e il Guarnaschelli da un lato e 
l'E.T.A.L. e il Municipio di Tripoli dall'altro, si concluse favorevolmente 
per l'Ente con sentenza della Corte di Appello di Tripoli del 18 aprile 
1939, passata in giudicato. 

Vero ancora � che, qualche anno dopo il suo trasferimento in Italia 
per le note vicende belliche, l'E.T.A.L. fu autorizzata con decreto 
interministeriale del 30 aprile 1947 -della cui legittimit� -per la 
data in cui fu emanato -pu� fortemente dubitarsi, atteso che le leggi 
del 1942 e del 1943 consentivano che gli enti gi� operanti nei Paesi 
di oltremare fossero autorizzati a esercitare in Italia le attivit� svolte 
nei predetti territori � fino alla data di cessazione dello stato di guerra � 
-ad espletare in Patria le attivit� economiche gi� esercitate in Libia. 

Vero � che, successivamente a tale autorizzazione, il Commissario 
dell'Ente stipulava col Guarnaschelli in data 11 aprile 1949 una transazione 
per effetto della quale l'Ente si obbligava ad affidare all'avente 
causa della S.C.I.T.A. come subconcessionario la gestione del giuoco di 
azzardo per la durata di anni 20 �dovunque -in Italia o in Libia l'E.
T.A.L. (cosi peraltro si precisava nell'atto) potr� esercitarla in virt� 
dei propri titoli e degli accordi che porr� in essere con organi statali 
e regionali, comuni, enti e privati�. 

Vero �, infine, che con decreto 17 aprile 1949, n. 1, pubblicato sulla 

G.U.R.S. del 30 aprile 1949, n. 19 (decreto chiaramente permissivo, nello 
spirito e nella lettera, dell'esercizio del gioco d'azzardo), 1'Assessore 
al Turismo e allo Spettacolo della Regione Siciliana, autorizzata l'E.T. 
A.L., conformemente alla clausola n. 3 dell'atto transattivo, a svolgere 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 259 

in Sicilia direttamente o �a mezzo organi dipendenti o di subconcessionari 
� i programmi inerenti al proprio scopo di incremento turistico 
e alberghiero e quindi � tutte le attivit� connesse con lo scopo anzidetto, 
gi� esercitati in Libia, ivi compreso l'esercizio del giuoco di az2ardo � 
e che nel relativo contestuale regolamento si facoltizzava il subconcessionario 
dell'E.T.A.L., sig. Guarnaschelli a sostituire a s� una societ.�, 
purch� in essa egli detenesse, almeno per i primi cinque anni, la maggioranza 
delle quote o delle azioni (onde la immediata costituzione della 

S.p.A. �A. Zagara�). 
Senonch�, al predetto decreto assessoriale non fu data mai esecuzione, 
in quanto privo, giova subito rilevare, di qualsiasi efficacia giuridica 
(del che pi� avanti ancora si dir�). 

Invece sulla G.U.R.S. del 4 maggio 1949, n. 20, si dette notizia che 
�agli effetti della efficacia esecutiva del decreto n. 1 dell'assessorato 
questo trovasi al vaglio della Corte dei Conti per la registrazione, ma 
successivamente tale decreto, restituito alla Regione con rilievi, non 
fu pi� inoltrato alla detta Corte dei Conti. 

E cos� fino al 1959 non si parl� pi� dell'apertura della casa da 
giuoco in Taormina, apertura a cui si era sempre opposto l'Esecutivo 
dello Stato, a mezzo dei suoi organi centrali e periferici. 

Infatti solo nel 1959, ovviamente su richiesta del Guarnaschelli, 
il Presidente della Regione Siciliana, con decreto n. 203/A del 28 
maggio, confermava per la durata di anni 20 alla S.p.A. �A. Zagara�, 
quale avente causa dall'E.T.A.L. e per essa al Guaranschelli, l'autorizzazione 
concessa col sopra citato decreto 27 aprile 1949 e a seguito 
dell'annullamento di quel provvedimento operato con decreto del Presidente 
della Repubblica 25 giugno 1959, n. 1098. Il Presidente della 
Regione emanava il d.l. 1� luglio 1959 (�provvidenze a favore del Comune 
di Taormina�), avente lo stesso contenuto del precedente decreto 

n. 203/A. 
Ora -� bene tenere presente -con due distinte sentenze rispettivamente 
in data 29 luglio e 26 novembre 1959, n. 58, la Corte Costituzionale, 
su ricorso rispettivamente del Commissario dello Stato presso 
la Regione Siciliana (contro il decreto legge regionale), del Presidente 
del Consiglio dei Ministri (contro il decreto regionale 203 I A) nonch� 
del Presidente della Regione Siciliana (contro il decreto di annullamento 
n. 1098) ha -statuito che la Regione eccede la propria competenza 
legislativa non soltanto se legifera in materia non compresa nella specifica 
elencazione delle norme statutarie, ma anche quando emana disposizioni 
legislative in contrasto con la Costituzione, che lo Statuto 
Speciale della Regione Siciliana non prevede l'emanazione di decreto 
legge (sent. 29 luglio 19�59) e, infine, che alle Regioni � precluso di 
emanare provvedimenti in materia penale, la quale invece � riservata 
alla competenza dello Stato (Parlamento), preclusione esistente anche 
nel senso di divieto di emanare provvedimenti che rendono lecite attivit� 
considerate illecito penale (giuoco d'azzardo). (Omissis). 



260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 
Chiaramente dunque si evincono dalle citate sentenze della Corte ' 
Costituzionale del luglio e del novembre 1959 e del maggio 1961: 
' 


' 
1) che la Regione Siciliana non pu� emanare provvedimenti in ' 
materia di giuoco d'azzardo che, quale materia penale, esula dalla sua .' 
competenza; . 
2) che la Societ� � A. Zagara � neppure quale avente causa dell'ETAL 
pu� vantare diritto alcuno di esercitare in Italia il giuoco 
d'azzardo n� in base a provvedimenti regionali assolutamente privi di 
effetti esimenti e comunque regolarmente posti nel nulla (cfr. Cass., 
Sez. Un., 14 novembre 1964, Guarnaschelli e Sez. Un., 7 dicembre 1963, 
Zorli + 2) n� in base a precedenti provvedimenti statali che anche 
a volerli ritenere riguardanti il giuoco d'azzardo, sono stati revocati o 
hanno cessato di avere efficacia. 
Pu� aggiungersi che il Decreto Interministeriale 30 aprile 1947, 
revocato con successivo decreto del 3 marzo 1951, risult� comunque 
ulteriormente caducato per effetto della legge 30 febbraio 1952, n. 1301, 
che pose fuori dell'ordinamento giuridico italiano l'ETAL, Ente poi 
soppresso e messo in liquidazione con d.P. 14 febbraio 1958 ai sensi 
della legge 4 gennaio 1956, n. 1404. 
Come � dunque agevole desumere, il Guarnaschelli nel 1962 sapeva 
-senza alcuna possibilit� di equivoco -che non aveva alcun diritto 
di esercitare il giuoco d'azzardo e quindi di istituire e gestire una casa 
da giuoco in Taormina, come ben sapeva la Regione Siciliana di non 
avere la potest�, n� con decreto assessoriale, n� con decreto presidenziale, 
n� con quello legislativo n� con atto ricognitorio, di consentire 
alla Soc. � A. Zagara � e per essa al suo Consigliere Delegato, di esercitare 
una attivit� ritenuta criminosa dalle leggi dello Stato. 
Nessun credito merita pertanto l'assunto difensivo secondo cui la 
Corte Costituzionale non avrebbe affrontato se non indirettamente la 
legittimit� e la liceit� dell'esercizio del Casin� di Taormina. 
Tanto meno � fondata la tesi del Guarnaschelli che l'esame e la 
valutazione in senso negativo della questione era comunque preclusa 
alla Corte. 
Vero � che questa era stata chiamata di volta in volta a decidere 
della legittimit� e quindi dell'annullamento o meno di atti o decreti 
regionali, anche nella forma del decreto legge, ma � pur vero che, per 
pervenire al loro annullamento, l'organo costituzionale si � necessariamente 
preso cura di dimostrare la infondatezza della tesi prospettata 
dalla Regione, che aveva implicitamente riconosciuto alla S.p.A. 

� A. Zagara � il diritto, quale avente causa dell'ETEL, di poter lecitamente 
gestire una casa da giuoco sul territorio nazionale. 
D'altra parte le argomentazioni giuridiche addotte, per ci� che 
attiene alla presente fattispecie, nelle citate sentenze della Corte Costituzionale, 
sono pienamente condivise, attesa la loro esattezza, dal Collegio, 
il quale, pertanto, non ha motivo di discostarsi dalle conclusioni cui, 
al riguardo, quel sovrano Collegio � pervenuto, e a nulla giova rilevare 




PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 261 

peraltro erroneamente che questo eserciterebbe funzioni non giurisdizionali. 


Circa poi l'asserita estraneit� del Guarnaschelli e della sua Societ� 
ai giudizi svoltisi dinanzi alla Corte, baster� osservare, a parte il 
fatto che in sostanza i vari decreti regionali concernevano direttamente 
la Societ� amministrata dall'imputato, che di volta in volta essi decreti 
avevano autorizzato all'esercizio del giuoco d'azzardo, che la piena validit� 
giuridica delle osservazioni e conclusioni espresse nelle citate sentenze 
per negare alla Regione la potest� di riconoscere un diritto che 
doveva sotto ogni profilo ritenersi inesistente, non viene meno cos� 
perch� il Guarnaschelli non era parte (n� poteva esserlo) nei sopraricordati 
giudizi. 

Ma, osserva il Collegio, v'ha di pi�, giacch�, come implicitamente 
hanno pure fatto intendere la Corte di Cassazione a Sezioni Unite 
(Sent. del 14 novembre 1964) e il Tribunale di L'Aquila, � da escludersi 
qualsiasi analogia tra la situazione giuridica riflettente la casa 
da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionaria dei rispettivi 
Comuni e quella attinente al Guarnaschelli, subconcessionario, per 
effetto della transazione 11 aprile 1949 dell'ETAL, giacch� nessuna 
analogia pu� riscontrarsi tra i rr.dd.ll. 22 dicembre 1927, n. 2448 (Casin� 
di San Remo); 2 marzo 1933, n. 201 (Casin� di Campione) e 
16 luglio 1936, n. 1404 (Casin� di Venezia), da un lato, e il r.d. 31 maggio 
1935, n. 1410, istitutivo dell'ETAL dall'altro. 

Infatti, anche se ambigua, generica e poco chiara � la formula in 
quelli adottata e tortuoso e ipocrita l'iter previsto, anche se, cio�, in 
nessuno di tali provvedimenti il legislatore espressamente autorizz�, 
per ragioni di politica legislativa, l'apertura di casa da giuoco, � fuori 
discussione che Egli, proprio loro mezzo, intese autorizzare l'esercizio 
del giuoco d'azzardo nei tre menzionati Comuni per un complesso di 
ragioni d'ordine soprattutto economico (vedansi i lavori preparatori in 
occasione della conversione in legge (27 dicembre 1928) del r.d. 22 dicembre 
1927, n. 2448), ed � indubitabile che presupposto giuridico necessario 
di ci�, fu l'espressa facolt� data per legge al Ministero dell'Interno 
di autorizzare i suddetti Comuni ad adottare tutti i provvedimenti 
necessari a sanare il bilancio � anche in deroga alle leggi 
vigenti�. 

Per contro, il provvedimento legislativo istitutivo dell'ETEL, non 
contiene alcuna autorizzazione a derogare alle leggi vigenti, e tanto 
meno a quelle penali; pertanto � da escludere che in esso possa riscontrarsi, 
come erroneamente ritenuto dal Pretore di Taormina, la fonte 
normativa derogativa al divieto penale. 

Vero � -come si � sopra ricordato -che con delibera n. 55 del 
10 giugno 1937 la Consulta Municipale di Tripoli, peraltro non facendo 
richiamo esplicito al p:reambolo del r.d. 1935, n. 1400, provvide a revocare 
alla SCITA, la concessione 27 aprile 1935 dell'esercizio dei giuochi 
d'azzardo �ammessi al Casin� Municipale di San Remo., attribuendola 
alla ETAL. 



262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Vero � che con sentenza 18 aprile 1939 la Corte di Appello di 
Tripoli ritenne pienamente legittimo l'operato dell'Autorit� Comunale, 
affermando che a norma dell'art. 1 del r.d. n. 1410, atteso l'oggetto di 
tale provvedimento legislativo e poich� l'ETAL aveva lo scopo di promuovere 
e incrementare il movimento turistico in Libia, di gestire 
alberghi e di svolgere ogni altra attivit� attinente a quello scopo, essa 
.� era di certo naturalmente adatta ad assolvere quella attivit� (l'esercizio 
del giuoco d'azzardo) fin qui svolta dalla SCITA �. 

Tutto ci� non toglie che la pretesa asserita analogia -da escludere 
per il difetto della menzione nel r.d. n. 1410 della deroga alle 
leggi vigenti -tra la situazione giuridica delle societ� che gestiscono 
le case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionarie 
dei rispettivi Comuni, e il Guarnaschelli, subconcessionario della ETAL 
per effetto della transazione 11 aprile 1949, non avrebbe comunque mai 
portato alla conseguenza di un legittimo esercizio della concessione 
dopo la revoca del decreto Interministeriale 30 aprile 1947 e dopo la 
soppressione dell'Ente. 

A riprova dell'esattezza delle argomentazioni sopra esposte baster� 
poi rilevare, che, ove si volesse ritenere il contrario, si avrebbe l'illogico 
e antigiuridico effetto che mentre in precedenza il destinatario della 
deroga era un Ente pubblico (l'ETAL), che aveva l'obbligo di soddisfare 
a uno scopo specifico (incremento turistico della Libia), destina


.j Itario della stessa, con l'estinzione dell'Ente, risulterebbe il Guarna


.

schelli, privato cittadino che non avrebbe alcun obbligo giuridico nei 
confronti sia della Regione che del Comune di Taormina. 
A nulla giova far presente sotto questo profilo che nelle more del '


I

presente giudizio (luglio 1965), certamente nel tentativo di moralizzare 
la questione e di dar vita almeno nelle apparenze, a una situazione 

I

analoga a quella concernente le altre case da giuoco, debitamente auto


rizzate, si sia concordata e attuata la cessione da parte del Guarna


schelli � del diritto (sic) � per l'esercizio del giuoco di azzardo nel Ca


sin� di Taormina al locale Comune e correlativamente l'affidamento 

da parte di questo della gestione ventennale di quel Casin� ad esso 

cedente (vedasi convenzione 4 luglio 1965), giacch� tale cessione non � 

certo idonea a rendere lecita una attivit� di per s� illegittima, nel di


fetto assoluto dei presupposti indispensabili per la sua liceit�. 

Pu� dunque concludersi -a parte che il r.d. n. 1410 neppure 

implicitamente autorizzava l'ETAL (come acutamente sostenne il Guar


naschelli nel giudizio innanzi alla Corte di �ppello di Tripoli) a svol


gere al giuoco d'azzardo in deroga agli artt. 718 e 719 c.p. -che l'auto


rizzazione rilasciata all'Ente suddetto dalle autorit� libiche e comunque 

localizzate in Libia, perch� connessa all'interesse turistico di quella 

zona, non poteva avere efficacia discriminante altrove, giacch� una 

discriminazione concessa eccezionalmente a un soggetto e per un inte


resse pubblico determinato e localizzato, non potrebbe essere estesa 

per atti negoziali -recanti addirittura deroghe a una norma del Co


dice penale -ad altri soggetti (vedasi atto di transazione 11 aprile 

1949), per di pi� privati cittadini e per un interesse diverso; e che, 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 261 

peraltro erroneamente che questo eserciterebbe funzioni non giurisdizionali. 


Circa poi l'asserita estraneit� del Guarnaschelli e della sua Societ� 
ai giudizi svoltisi dinanzi alla Corte, baster� osservare, a parte il 
fatto che in sostanza i vari decreti regionali concernevano direttamente 
la Societ� amministrata dall'imputato, che di volta in volta essi decreti 
avevano autorizzato all'esercizio del giuoco d'azzardo, che la piena validit� 
giuridica delle osservazioni e conclusioni espresse nelle citate sentenze 
per negare alla Regione la potest� di riconoscere un diritto che 
doveva sotto ogni profilo ritenersi inesistente, non viene meno cos� 
perch� il Guarnaschelli non era parte (n� poteva esserlo) nei sopraricordati 
giudizi. 

Ma, osserva il Collegio, v'ha di pi�, giacch�, come implicitamente 
hanno pure fatto intendere la Corte di Cassazione a Sezioni Unite 
(Sent. del 14 novembre 1964) e il Tribunale di L'Aquila, � da escludersi 
qualsiasi analogia tra la situazione giuridica riflettente la casa 
da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionaria dei rispettivi 
Comuni e quella attinente al Guarnaschelli, subconcessionario, per 
effetto della transazione 11 aprile 1949 dell'ETAL, giacch� nessuna 
analogia pu� riscontrarsi tra i rr.dd.ll. 22 dicembre 1927, n. 2448 (Casin� 
di San Remo); 2 marzo 1933, n. 201 (Casin� di Campione) e 
16 luglio 1936, n. 1404 (Casin� di Venezia), da un lato, e il r.d. 31 maggio 
1935, n. 1410, istitutivo dell'ETAL dall'altro. 

Infatti, anche se ambigua, generica e poco chiara � la formula in 
quelli adottata e tortuoso e ipocrita l'iter previsto, anche se, cio�, in 
nessuno di tali provvedimenti il legislatore espressamente autorizz�, 
per ragioni di politica legislativa, l'apertura di casa da giuoco, � fuori 
discussione che Egli, proprio loro mezzo, intese autorizzare l'esercizio 
del giuoco d'azzardo nei tre menzionati Comuni per un complesso di 
ragioni d'ordine soprattutto economico (vedansi i lavori preparatori in 
occasione della conversione in legge (27 dicembre 1928) del r.d. 22 dicembre 
1927, n. 2.448), ed � indubitabile che presupposto giuridico necessario 
di ci�, fu l'espressa facolt� data per legge al Ministero dell'Interno 
di autorizzare i suddetti Comuni ad adottare tutti i provvedimenti 
necessari a sanare il bilancio � anche in deroga alle leggi 
vigenti�, 

Per contro, il provvedimento legislativo istitutivo dell'ETEL, non 
contiene alcuna autorizzazione a derogare alle leggi vigenti, e tanto 
meno a quelle penali; pertanto � da escludere che in esso possa riscontrarsi, 
come erroneamente ritenuto dal Pretore di Taormina, la fonte 
normativa derogativa al divieto penale. 

Vero � -come si � sopra ricordato -che con delibera n. 55 del 
10 giugno 1937 la Consulta Municipale di Tripoli, peraltro non facendo 
richiamo esplicito al p;reambolo del r.d. 1935, n. 1400, provvide a revocare 
alla SCITA, la concessione 27 aprile 1935 dell'esercizio dei giuochi 
d'azzardo � ammessi al Casin� Municipale di San Remo �, attribuendola 
alla ETAL. 



264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
della addizionale era stata compresa nella formazione del bilancio, 

anche il Casin� di Taormina, per l'importo di L. 330.984.920. 

E poich�, ha incalzato la difesa, � principio fondamentale delle 
leggi sulla contabilit� dello Stato che l'entrata iscritta in bilancio sia 
vera e legittima, derivi cio� da un titolo idoneo a procurarla secondo 
l'ordinamento giuridico sostanziale vigente, ne consegue che anche 

se fino al 18 febbraio 1963 si volesse considerare reato l'esercizio del 
giuoco di azzardo nel Casin� di Taormina, con la pubblicazione della 
legge n. 67 e delle leggi di bilancio 28 giugno 1964, n. 444 e 27 febbraio 
1965, n. 49, nei cui rispettivi capitoli nn. 67 e 1226 � stata appunto 
presunta l'entrata, calcolando gli ingressi delle 5 case da giuoco 
esistenti (compresa Taormina), si sarebbe verificata senza ombra di 
dubbio una abolitio criminis che concellerebbe dal novero dei reati, 
per il Casin� di Taormina, l'esercizio del giuoco per tutto il periodo 
successivo >. 

Onde, a parere della difesa, l'indiscussa efficacia di fonte primaria 
della legge 18 febbraio 1963, n. 67, con l'effetto di derogare alle norme 
del Codice penale. 

Se infatti l'imposta deve colpire una attivit� lecita, permessa nel 
territorio dello Stato, non potendosi pensare che il legislatore abbia 
inteso assoggettare a tributo ci� che � vietato e se il Casin� di Taornwia 
era compreso nella previsione legislativa, come in pratica ha 
dimostrato l'applicazione di quella legge, l'esercizio in esso del giuoco 
di azzardo-ha concluso la difesa -non pu� non considerarsi, per 
effetto della legge stessa, pienamente lecito; anzi deve considerarsi la 
attivit� del giuoco del Comune di Taormina un fatto non previsto dalla 
legge come reato. 

Ha infine la difesa osservato che non ha importanza che le leggi 11 
di bilancio abbiano carattere puramente formale, siano cio� � inidonee 
ad emanare dei precetti di legge forniti di forza imperativa � , 

I

giacch�, nel caso di specie, non � che con la legge di bilancio si � 
imposto, nei capitoli dianzi citati un nuovo tributo (si che peraltro 
osterebbe il dievieto di cui all'art. 81, n. 3, della Costituzione), che 

I

implicitamente avrebbe legittimato -in deroga alla legge penale un'attivit� 
criminosa del soggetto, sul quale quel tributo andrebbe a 

I 

gravare, ma in esso � solo precisata la fonte dell'entrata, gi� autorizzata, 
nel caso in esame, dalla legge n. 67. 
Si � sopra detto che la tesi test� prospettata, seppur suggestiva, 

I

va disattesa. 

Non si vuol contestare infatti l'esattezza del principio affermato 
dalla Corte di Appello di Firenze nella sentenza 14 dicembre 1962, 
Zorli e ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 
7 dicembre 1963, secondo cui deve escludere la punibilit� del reato 
ex art. 718 c.p. ogni qualvolta possa ritrovare nell'insieme dell'ordinamento 
giuridico una norma che ne riconosca la liceit�, dell'esercizio 
del giuoco d'azzardo, qualunque possa essere l'ubicazione della 
norma autorizzativa e anche in altri testi legislativi, in una concezione 
necessariamente unitaria del diritto, che non pu� essere disconosciuta �� 



264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della addizionale era stata compresa nella formazione del bilancio, 
anche il Casin� di Taormina, per l'importo di L. 330.984.920. 

E poich�, ha incalzato la difesa, � principio fondamentale delle 
leggi sulla contabilit� dello Stato che l'entrata iscritta in bilancio sia 
vera e legittima, derivi cio� da un titolo idoneo a procurarla secondo 

I


l'ordinamento giuridico sostanziale vigente, ne consegue che anche @ 
se fino al 18 febbraio 1963 si volesse considerare reato l'esercizio del 
giuoco di azzardo nel Casin� di Taormina, con la pubblicazione della 
legge n. 67 e delle leggi di bilancio 28 giugno 1964, n. 444 e 27 febbraio 
1965, n. 49, nei cui rispettivi capitoli nn. 67 e 1226 � stata appunto 
presunta l'entrata, calcolando gli ingressi delle 5 case da giuoco 
esistenti (compresa Taormina), si sarebbe verificata senza ombra di 
dubbio una abolitio criminis che concellerebbe dal novero dei reati, 
per il Casin� di Taormina, l'esercizio del giuoco per tutto il periodo 
successivo �. 

Onde, a parere della difesa, l'indiscussa efficacia di fonte primaria 
della legge 18 febbraio 1963, n. 67, con l'effetto di derogare alle norme 
del Codice penale. 

Se infatti l'imposta deve colpire una attivit� lecita, permessa nel 
territorio dello Stato, non potendosi pensare che il legislatore abbia 
inteso assoggettare a tributo ci� che � vietato e se il Casin� di Taorn:
wia era compreso nella previsione legislativa, come in pratica ha 
dimostrato l'applicazione di quella legge, l'esercizio in esso del giuoco 
di azzardo-ha concluso la difesa -non pu� non considerarsi, per 
effetto della legge stessa, pienamente lecito; anzi deve considerarsi la 
attivit� del giuoco del Comune di Taormina un fatto non previsto dalla 
legge come reato. 

Ha infine la difesa osservato che non ha importanza che le leggi 
di bilancio abbiano carattere puramente formale, siano cio� � inidonee 
ad emanare dei precetti di legge forniti di forza imperativa � , 
giacch�, nel caso di specie, non � che con la legge di bilancio si � 
imposto, nei capitoli dianzi citati un nuovo tributo (si che peraltro 
osterebbe il dievieto di cui all'art. 81, n. 3, della Costituzione), che 
implicitamente avrebbe legittimato -in deroga alla legge penale un'attivit� 
criminosa del soggetto, sul quale quel tributo andrebbe a 
gravare, ma in esso � solo precisata la fonte dell'entrata, gi� autorizzata, 
nel caso in esame, dalla legge n. 67. 

Si � sopra detto che la tesi test� prospettata, seppur suggestiva, 
va disattesa. 

Non si vuol contestare infatti l'esattezza del principio affermato 
dalla Corte di Appello di Firenze nella sentenza 14 dicembre 1962, 
Zorli e ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 
7 dicembre 1963, secondo cui deve escludere la punibilit� del reato 
ex art. 718 c.p. ogni qualvolta possa ritrovare nell'insieme dell'ordinamento 
giuridico una norma che ne riconosca la liceit�, dell'esercizio 
del giuoco d'azzardo, qualunque possa essere l'ubicazione della 
norma autorizzativa e anche in altri testi legislativi, in una concezione 
necessariamente unitaria del diritto, che non pu� essere disconosciuta �. 


~66 ll;ASS;E(;N"A :OELI/AVVOCA'l'Ull;;\ DELJ.,O STNFO 

Ora; quel �� l'apido .e�� fugace �.accenno . � ��davvero troppo � poca cosa 
perch�i si pos$a affermare, come ha fatto il Tribunale de L'Aquila, . che 

� nell'iter formativo della legge 18 febbraio 1963, n. 67, si era tenuto 
presente e si era volut() sanare . legislativamente l'esercizio del giuoco 
d'azzardoa Taormina. 
. ln. .altre .parole, . da questa�� m.odestissima circostanza in relazione. 
alla quale � fuori �dll110go invocare l'illlportanza e itval<!re dei lavori 
preParatod~� inlin~. di .generale�pr~dpio non contestati.-� nessun 
fc:m..dato arg()l�ento p.Q. trar~ che n~ll'iter .parl.am~ntare. della legge 

n. 67 si sia fatto conto e� qt.�ndi che la lE!gge abbia tenuto conto delle 
entrate derivanti dall:appUca,zione delle .imposte1 tasse e addizionali, 
sulle attivit� che di fatto.si stavano svolgendo -e pel'.altro solo. da qualche 
giorno ~nella casa c:la. giuoco di Taormina� . 
� Sul punto si pu� quindi. concludere che n� la legge 18 febbraio 
��..... . 1963,�.n;~~7~ ��!'�.� i suoi; pr:esupposti�. ftessen~iali, n�. la. relazione c}Je accom
��.��� ��..... pagn 1~ re1atiy0 .disegno n� in ne ,1. lavori prepar,atori,. consentono 
�... � . . tnin�mamente . di �.poter. aft'erma:re che il�legislatore .abbia .. voluto cb,e 

� � ~<�9,ddetta�� legge . riguarda$se .. anche il Casin�.� di . Taormina e con essa 
.,"'"'-0.li.tto legittimare l'esercizio deLgiu9co di azzardo in quel pub


��-:-;,.,......... .� .


. 

'-~. da stabilire il valore giuridico, con riferimento 
��"'"~;w azzardi) in Taormina, delle due leggi di bi"
� ,_,,~nno,. percn� a nulla rileva .. nella relazione 
.,.,;:~~igne delle spese del Ministero delle 
.. '*<..Jl~��.�s~ �. Commissi9ne . ,PE!)."manente 
��-~ di legge avente per ogito 
per l'anno finanziario 
Aza . -si noti bene _:_ il 
/case da giuoco esistenti in 
Aie quella di Taormina -in 
J$i aveva cessato di funzionare, 
,Aie aveva sottoposto a .procedi~ 


i/proposito che la Corte�.. costitu~ 
/ dicembre 1965, pronunciando . sul 
/dello St.ato presso la Regione . SiciJ 
aprile 1965 con Ja . quaie erano stati 
.~� per� l'eserCizio finanziario � dell'anno 
)freritrata contemplava i proventi del}
do nel Casin� di Taormina, ha d�chia/
�1tendere per �ssere. sfata dalla Assemblea 
I ottobre 1965 approvat� Uri� nota di va~
ui, tra Jfaltro, � stato appunto soppresso
le per essere stata pubblicata sulla G.U.R;S . 
.fressivo la relativa legge col n. 32 (Variazioni 


/O.ell'eitr�ta; ecc,) . 
.falore e il� significato, �ai nostri fini delle due 
/1, nn. 444 e 49,. va subito rilevato che nei rispet


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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 267 

tivi capitoli nn. 67 e 1226, pur essendovi un richiamo implicito alle 
case da giuoco in genere, stante la citazione della legge 18 febbraio 
1963, n. 67, non � inserito il richiamo nominativo alle case da giuoco 
contribuenti e ci� perch�, come � noto, il provento della addizionale 

ha carattere globale per tutti i casin� che operano nel territorio dello 
Stato. 

Del resto, neanche lo stato di previsione delle entrate e delle 
spese della Regione Siciliana per l'esercizio 1 luglio 1963-30 giugno 
1964, approvato con legge regionale 6 dicembre 1963, n. 33, fornisce 
alcuno elemento di identificazione del Casin� di Taormina, giacch� 
in esse sono previsti capitoli di entrata che in analogia con quelli del 
bilancio dello Stato riguardano genericamente diritti erariali sugli 
ingressi agli spettacoli e su altre scommesse in genere, a' sensi della 
legge 26 novembre 1955, n. 1109, mentre si � sopra visto che il tentativo, 
tardivo, della Regione di inserire i proventi del Casin� di Taormina, 
peraltro non funzionante, nello stato di previsione delle entrate 
per l'esercizio finanziario 1965, � subito rientrato con la soppressione 
del cap. 77 bis. 

Inoltre, non � certamente elemento rivelatore di una abolitio criminis 
il fatto che, come risulta dalla lettera 21 marzo 1964, n. 65437, 
e dalla nota 26 maggio 1965, n. 16436, del Ministero delle Finanze, 
lo Stato e la Regione abbiano riscosso dal Casin� di Taormina, i diritti 
erariali nonch� quelli addizionali di cui alla legge n. 67. 

� noto infatti che lo Stato assoggetta a imposta tutte le attivit� 
pi� disparate senza per questo sollevare chi le esercita dall'obbligo 
di fornirsi delle autorizzazioni richieste, cos� l'accettazione del pagamento 
non costituisce riconoscimento di liceit� giuridica. 

Il pagamento da parte della gestione del Casin� di Taormina del 
tributo e le relative doverose certificazioni degli organi finanziari 
-periferici e centrali -in quanto riflettono elementi di fatto noti 
e pacifici, non possono da soli rendere dunque lecita una attivit� criminosa 
che non sia o non sia stata, per altra via, debitamente legittimata, 
in deroga alla legge penale. 

Come si � sopra gi� accennato risponde infatti ad un principio 
fondamentale delle leggi fiscali che le attivit� anche illecite, che diano 
comunque luogo alla manifestazione di una base imponibile, siano 
colpite ai fini tributari per il solo fatto di prodursi (cfr. Cass, Sez. I, 
30 luglio 1952, n. 2402 e la decisione della Commissione Centrale, 
Sez. I, del 15 marzo 1955, n. 69752, che ha ribadito il concetto affermando 
circa la pretesa intassabilit� delle entrate sotto il profilo della 
sua illiceit�, che la giurisprudenza � pacifica � nel riconoscere la piena 
assoggettabilit� all'imposta mobiliare dei redditi derivanti anche da 
attivit� non consentite dalla legge, giacch� tale illiceit� � irrilevante 
ai fini della imposizione tributaria, la quale trae il suo presupposto 
dalla esistenza di un reddito prodotto nel territorio dello Stato, che 
come incremento di ricchezza di un determinato soggetto, costituisce 
materia imponibile assoggettata alla imposta dei redditi � ). 



268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con particolare riferimento al Casin� di Taormina, come � stato 
precisato nella nota 20 agosto 1965, n. 7893, del Ministero delle Finanze, 
va osservato: 

1) che da esso non fu mai riscossa la tassa di concessione governativa 
proprio perch� mancava l'atto e il provvedimento amministrativo 
(avente la natura di quelli tassativamente indicati nella tabella 
all. A al vigente t. u. approvato con d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121), che 
ne legittimasse l'esercizio, mentre furono accertati, per le ragioni sopradette, 
i diritti erariali sul prezzo di ingresso alla casa da giuoco; 

2) che in presenza di materia imponibile indicata dalle leggi 
d'imposta, l'amministrazione finanziaria non poteva esimersi dall'accertamento 
del tributo, imposto dall'ordinamento giuridico con disposizioni 
imperative, oltre che per i soggetti passivi, anche per gli organi 
dello Stato, essendo ad essa precluso -a tale specifico fine -ogni 
esame sulla liceit� della manifestazione o comunque sull'attivit� 
(peraltro nel caso in esame addirittura permessa dalla autorit� giudiziaria: 
. vedasi decreto pretorio 8 novembre 1962) che crea materia 
imponibile da assoggettare in ogni caso a tributo; 

3) che, comunque, il diritto erariale e relative addizionali colpiscono 
lo spettatore o partecipante alla manifestazione e quindi il 
pubblico e non gi� l'organizzatore e che, anche sotto questo profilo, 
non � consentito alla amministrazione finanziaria considerare la liceit� 

o meno dell'attivit� posta in essere dal detto organizzatore; 
4) che l'iscrizione del provento nel bilancio dello Stato ha 
carattere globale, che prescinde per quello, come per altre entrate, 
dai singoli soggetti contributivi. 

Ritiene dunque il Collegio che nessuna norma di legge abbia autorizzato 
o autorizzi direttamente o implicitamente il Guarnaschelli a 
gestire una casa per lo esercizio del giuoco di azzardo, onde � evidente 
la sussistenza della materialit� della contravvenzione ascrittagli, stante 
il fatto indiscusso che il Casin� di Taormina, istituito e organizzato 
dall'imputato e sotto la sua gestione, ha abusivamente funzionato dal 
9 febbraio 1963 al 6 gennaio 1965. 

Il Collegio, cio�, � dell'avviso che il Guarnaschelli, in tale sua attivit�, 
non ha esercitato un diritto (art. 51 c.p.), n� in suo favore si � 
verificata alcuna ipotesi di abolitio criminis. 

3) Casin� di Saint Vincent. 

Ha sostenuto per� la difesa che la fattispecie concernente l'eser


cizio del giuoco di azzardo nel Casin� di Taormina sarebbe identica 

a quella del Casin� di Saint Vincent, sulla legittimit� del quale ha 

deciso la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la gi� citata sen


tenza 7 dicembre 1963. Anche questo assunto appare al Collegio in


fondato. 

Ed invero baster� infatti osservare al riguardo innanzitutto che 
-come giustamente rilevato dalla Cassazione e diversamente da quanto 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 269 

� accaduto per il Casin� di Taormina (gestito da privati) nei confronti 
della Regione Siciliana, che le leggi dello Stato concernenti la 
finanza della Regione Valdostana con contributi dello Stato per integrare 
le entrate regionali insufficienti ai bisogni normali della Regione 
(legge 29 luglio 1949, n. 486; legge 28 dicembre 1950, n. 1206; 
legge 2 marzo 1954, n. 27; legge 3 maggio 1955, n. 397; legge 29 novembre 
1955, n. 1179, quest'ultima regolatrice dell'ordinamento finanziario 
delle Regioni), hanno recepito, necessariamente come premessa 
indispensabile, i bilanci regionali, dato che quei bilanci hanno determinato 
il contenuto economico delle leggi citate, non altrimenti giustificate 
di fronte ai limiti vincolanti della Costituzione e della legge 
Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, sullo Statuto della Valle d'Aosta, 
contenuto cui � legato l'equilibrio fra bilancio regionale e bilancio 
dello Stato integratore. 

Inoltre va osservato che in quei bilanci regionali diversamente 
da quanto � accaduto in Sicilia sono state considerate anche le entrate 
relative al Casin� di Saint Vincent e, ancora, che nei lavori preparatori 
delle leggi citate si � fatto esplicito richiamo ai proventi del 
Casin� suddetto come entrate primarie della Regione, appare dunque 
corretto interpretare le leggi dello Stato sopracitate, per effetto dello 
anzidetto rigoroso collegamento tra le stesse e i bilanci regionali, nel 
senso che esse esprimono, con procedimento non abituale, ma tuttavia 
inequivocabile, la manifestazione di volont� che determinate entrate 
(relative alla casa di giuoco di Saint Vincent) concorrono al complesso 
della disciplina finanziaria che regola la vita economica della 
Nazione e contemporaneamente della Regione, nella distribuzione di 
entrate tributarie tra l'una e l'altra. 

Da qui la ritenuta esimente ex art. 51 c.p. nei confronti dei gestori 
del Casin� valdostano a partire dal periodo successivo alle mentovate 
leggi (della legge 29 luglio 1949, n. 486), operando le stesse 
come riconoscimento ex nunc della liceit� per il futuro dell'esercizio 
della casa da giuoco e non gi� sotto il profilo (giuridicamente incompatibile 
con il principio di diritto pubblico), di ratifica ex tunc di un 
atto amministrativo regionale invalido, quale devesi considerare il 
decreto 3 marzo 1946 del Presidente della Val d'Aosta, autorizzante 
l'istituzione per la durata di anni 20 nel Comune di Saint Vincent di 
una casa da giuoco, nella quale � permesso anche il giuoco di azzardo 
(cfr. Cass., 7 dicembre 1963, citata; Corte Costituzionale, 26 febbraio 
1959, citata). 

Ci� chiarito � certamente indagine che non rileva, che esula dai 
limiti della presente fattispecie e che comunque non spetta al Collegio, 
quella che fosse diretta a stabilire perch�, nei confronti del 
Casin� di Saint Vincent, il Governo Italiano non solo non ebbe ad 
impugnare il decreto del marzo 1946 con denuncia di conflitto di attribuzioni 
fra lo Stato e la Regione, dopo l'entrata in vigore della Costituzione 
e l'inizio del funzionamento della Corte Costituzionale (come 
consentivano le disposizioni transitorie) ma ebbe anzi, a dimostrare un 
interesse collaterale a quello della Regione con la accertata tolleranza 



270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei vari organi del potere esecutivo -centrali e periferici -che mai 
intervennero per reprimere la esistenza della casa da giuoco. 

Devesi, per� ,registrare il fatto obbiettivo che ragioni di perequazione 
di trattamento inducono molti italiani a domandarsi perch� 
lo Stato -il quale gi� altre volte e contro l'interese protetto dall'art. 
718 c.p. ha ritenuto di autorizzare il giuoco d'azzardo (che di 
per s� costituisce non soltanto un'offesa al lavoro e al risparmio, ma 
altresi una forma di parassitismo e di sperpero) -non abbia finora 
voluto sanare legislativamente una situazione che a parte gli evidenti 
scopi di lucro del Guarnaschelli, sta a cuore, sotto molteplici e non 
trascurabili aspetti e presumibilmente per le stesse ragioni che determinarono 
la istituzione, in Italia, di altri Casin� a diversi enti autarchici 
della Regione Siciliana. 

4) Auto1�izzazioni p1�etorili -iL dolo ex art. 716 c.p. 

� noto che per la imputabilit� del reato preveduto dall'art. 718 

c.p. � necessaria quella volontariet� del fatto che di regola � sufficiente 
per l'imputabilit� di ogni altra contravvenzione. 
Occorre cio� la volont� cosciente e libera di tenere il giuoco, 
conoscendone la specie. 
Ora, non pu� davvero affermarsi che il Guarnaschelli per il periodo 
contestato 9 febbraio 1963-6 gennaio 1965, abbia agito nella 
convinzione della liceit� del fatto e che, per avere il Pretore �autozirrato 
� l'esercizio del giuoco col decreto 8 novembre 1962, esuli dalla 
di lui condotta l'elemento psicologico del reato ascrittogli. 

Al riguardo la difesa ha fatto riferimento anche all'ordinanza 
emessa dal Pretore di Taormina il 24 maggio precedente, a seguito 
del ricorso ex artt. 689-700 e 703 c.p.c. proposto dal Guarnaschelli, 
nella qualit� di locatario della Villa � Mon Repos � nei confronti di 
Serbello Rosario (mandatario della locatrice signora Maraschini) che, 
a suo dire gli avrebbe impedito l'installazione e sistemazione nei locali 
delle attrezzature tecniche e di quant'altro necessario all'esercizio del 
giuoco di .azzardo, nonostante la legittimit� dell'attivit� da esercitare 
e il fatto che questa era stata prevista nel contratto di locazione. In 
effetti il Pretore ritenute pienamente fondate le ragioni del ricorrente, 
ordin� come � noto al Sorbello e � a chiunque (ivi compresi 
dunque gli organi amministrativi e di polizia -Prefettura e Questura 
di Messina -preposti al rispetto e alla osservanza delle leggi e alla 
prevenzione dei reati), di desistere dagli atti di turbativa diretti a 
impedire l'installazione e l'attivazione da parte del Guarnaschelli, nel 
nome delle attivit� tutte previste dal DARTS 27 aprile 1949, n. 1 � 
e alla forza pubblica di prestare la necessaria assistenza per l'osservanza 
del provvedimento. 

Senonch� come sopra si � ampiamente dimostrato, il Guarnaschelli 
fin dal 1961 era perfettamente edotto della nessuna consistenza giuridica 
dei titoli che a suo dire lo legittimavano ad esercitare in Italia 
il giuoco di azzardo. 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 271 

Anzi, dubbiamente abile e scaltra l'iniziativa dell'imputato mirante 
a conseguire, con l'ausilio del giudice ordinario, ci� che non gli era 
stato possibile ottenere a mezzo dei provvedimenti regionali, stante 
la tenace e fondata opposizione dello Stato. 

Da qui, dunque, nel maggio 1962 lo strumentale ricorso in sede 
civile, la cui pretestuosit� � evidenziata dal comportamento e dalle 
dichiarazioni delle parti in causa (vedansi gli atti relativi, acquisiti 
al processo), col conseguente provvedimento pretorile che consente al 
Guarnaschelli -indisturbato -di completare la sistemazione delle 
attrezzature di giuoco. Di qui, appena aperto il Casin�, il procedimento 
penale ex art. 718 c.p., che -si noti bene -ebbe inizio con la presentazione 
spontanea, concomitante alla denuncia contro di lui sporta 
dal Serbello (anch'egli evidentemente non pago dell'ordinanza pretoria 
del maggio 1962), del Consigliere Delegato della soc. � A Zagara � 
al magistrato, cui si premur� far pervenire un lungo ed elaborato 
esposto difensivo, nel quale, dopo aver riaffermato la propria legittimazione 
ad intraprendere il giuoco d'azzardo, chiedeva che il Pretore, 
con ampia sentenza di proscioglimento ribadisse in sede pi� propria 
il di lui diritto ad esercitare un'attivit� altrimenti criminosa e altres�, 
che nelle more del giudizio, fosse consentita la prosecuzione dell'attivit� 
del Casin�, sia pur previo sequestro -meramente formale delle 
attrezzature e di parte dei proventi. 

Di qui dunque il noto decreto di sequestro 8 novembre 1962, cosi 
anomalo ed abnorme nella sua struttura e concezione, che, in pendenza 
di reato, non solo autorizzava l'esercizio del giuoco d'azzardo e 
quindi la prosecuzione nella consumazione del reato, ma sanciva addirittura 
nella parte motiva, la legittimit� di quell'attivit�, cosi anticipando 
un giudizio proprio della fase cognitiva. 

Cosi stando le cose e poich� il Guarnaschelli sapeva bene di versare 
in re illicita per avere la Corte Costituzionale annullato quelle 
autorizzazioni regionali da lui richieste, nella carenza di altri titoli, 
legittimati, per aprire la casa di giuoco, e ciononostante ebbe a provocare 
manifestamente in mala fede i provvedimenti del Pretore, simulando 
fatti e circostanze, invocando atti amministrativi che egli sapeva 
essere stati dichiarati inefficaci, ed esibendo documenti senza rendere 
noto che la loro efficacia e validit� avevano formato oggetto di ripetute 
valutazioni negative da parte della Corte Costituzionale, nessuna 
idoneit� ad escludere la sussistenza dell'elemento psicologico della 
contravvenzione contestata, possono aver le dette � autorizzazioni � del 
maggio e del novembre 1962, frutto palese dell'inganno e della frode 
dell'imputato. 

D'altra parte, � noto che nessun organo dello Stato e nemmeno 
il magistrato con i propri provvedimenti e le proprie sentenze pu� 
derogare o consentire che si deroghi ad una legge penale e in particolare 
n� il decreto n� successivamente la sentenza assolutoria del 
Pretore possano tenr luogo di una legge autorizzativa del giuoco di 
azzardo in Taormina. 



272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il decreto 8 novembre 1962 che -sia chiaro -non � un ordine 
al quale il Guarnaschelli non poteva sottrarsi, bensi una autorizzazione 
di natura amministrativa da lui stesso sollecitata, non pu� dunque 
essere richiamato per invocare la buona fede dell'imputato. Invero, 
a parte quanto si � gi� detto che gi� consente di poter affermare che 
il Guarnaschelli abbia gestito la casa di giuoco nella convinzione della 
illeceit� della sua attivit�, sol permesse da un provvedimento abnorme 
che egli sapeva antigiuridico anche nella sostanza, non fosse altro 
perch� si fondava su presupposti di fatto giuridici che l'imputato 
sapeva essere stato pi� volte -in sede autorevolissima -disattesi, 
quelle autorizzazioni (l'una implicita, l'altra diretta) vanno considerate, 
oltre che pienamente sindacabili, del tutto inidonee a colorare 
di buona fede la condotta del giudicabile, come quelle che si risolvono 
nel consenso al compimento e alla consumazione del reato. 

Tali autorizzazioni non servono dunque ad eliminare l'elemento 
morale del reato perch�, a prescindere dalla considerazione che in 
materia contravvenzionale basta solo la volontariet� del fatto, se mai 
esse sarebbero valse soltanto a determinare un errore di diritto che, 
per il principio fissato nell'art. 5 del c.p. non esclude la responsabilit� 
di chi ha commesso il reato (Cass., 4 aprile 19515, Riv. It. Dir. Pen. 
1955, 683). 

Va dunque affermata la penale responsabilit� del Guarnaschelli 
in ordine al reato sub A) nel quale come contestato, concorrono, attese 
le accertate modalit� del fatto, le due circostanze aggravanti di cui ai 
nn. 1 e 2 dell'art. 719 c.p. per avere l'imputato istituito e tenuto una 
casa da giuoco e per aver commesso il fatto in un pubblico esercizio. 
(Omissis). 



PARTE SECONDA 




QUESTIONI 



SULLA PRETESA RESPONSABILITA DEL DOCENTE DI 
SCUOLA PUBBLICA PER IL FATTO ILLECITO COMMESSO 
DA UN ALLIEVO IN DANNO DI UN CONDISCEPOLO 


L'orientamento giurisprudenziale che afferma la responsabilit� del docente 
di scuola pubblica nelle ipotesi in cui, durante una momentanea e 
giustificata assenza del medesimo dall'aula, un allievo minore d'et� ma 
naturalmente capace d'intendere e di volere cagiona un danno ingiusto 
ad un condiscepolo, va sempre pi� consolidandosi, specialmente tra le magistrature 
di merito (1). 

La statuizione non ci sembra, per�, convincente ed intendiamo, pertanto, 
dare qui di seguito le ragioni del nostro dissenso. 

Com'� noto, l'art. 2048 e.e., nel suo primo comma, dispone che il padre 
e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto 
illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, 
che abitano con essi, e che la stessa nomna si applica all'affiliante; nel secondo 
comma, aggiunge che i precettori e �coloro che insegnano un mestiere 

o un'arte �sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro 
allievi ed apprendisti, nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. 
Gi� dal tenore letterale della norma risulta chiaro che sia il fatto dei 
minori non emancipati (o delle persone sottoposte a tutela), nel primo 
comma, sia quello degli allievi e degli apprendisti, nel secondo comma, � 
qualificato iHecito, e cio� produttivo, di per s�, dell'obbligo del risarcimento 
del danno per il suo autore. 

La qualifica si spiega agevolmente se si considera che l'articolo 2046 

e.e. sancisce la piena responsabilit� dei minori, per le conseguenze dannose 
del loro operato, se sono capaci d'intendere e di volere (2). Ancor pi� la 
(1) Cfr. Trib. Napoli 16 ottobre 1964 (ined.); App. Milano 8 giugno 1962, 
Riv. dir. sport. 1963, 351; Trib. L'Aquila 31 dicembre 1962, Foro It., 1963, I, 1804; 
Trib. Firenze 30 novembre 1961, Giur. it., 1963, 1, 2, 107; Trib. Venezia 22 agosto 
1958, Giust. civ. 1958, I, 1984 (nota); Nuovo Dir. 1959, 129; Arch. resp. civ., 1963, 
577. Contra: App. Genova 11 Zuglio 1962, Arch. resp. civ., 1962, 608 ma in fattispecie 
diversa. Sull'argomento si vedano, da ultimo: Cass. 19 ottobre 1965, n. 2132, 
Giust. civ. Mass., 1965, 1097; Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Giust. civ. 1966, 1, 297. 
Cfr. pure: Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-60, m, 197. 
(2) Sul punto cfr. Trib. Aosta 2 maggio 1964, Arch. resp. civ., 1964, 329; App. 
Milano 29 febbraio 1955, ivi, 1963, 638. Circa la esclusione, in sede civile, di ogni 
riferimento ai criteri dettati dall'art. 97 c. p. sull'imputabilit� dei minori e circa la 
necessit� di un accertamento, caso per caso, della capacit� d'intendere e di volere 
del minore per l'affermazione della sua personale responsabilit�, v. Cass. 10 agosto 
1964, n. 2291, Giust. civ., 1964, I, 2190; Cass. 4 aprile 1959, n. 1006, Giur. it., 1959, 
I, 1, 619; Cass. 7 luglio 1958, n. 2435, Giust. civ. Mass., 1958, 866; Cass. 18 giugno 
1953 n. 1812, Foro it. 1953, I, 1432 (nota di A. TABET); App. Firenze 13 marzo 1964, 
Giur. Tosc., 1964, 598; Trib. Piacenza 4 marzo 1961, Arch. resp. civ., 1963, 639. 
Per la dottrina v., per tutti, MEssINEO (Manuale di diritto civile e commerciale, 
Vol. III, parte I, tomo 2, Milano 1954, 498-9) il quale afferma che ad integrare gli 
estremi dell'atto illecito occorre quella che si chiama capacitd d'intendere e di volere, 
senza che sia necessaria la capacitd legale e che, quindi, anche l'incapace legale 
per et�, purch� non sia incapace d'intendere e di volere, risponde dell'atto illecito. 
L'A. aggiunge che sia il principio racchiuso nell'art. 97 c. p. -per cui il minore 
di 14 anni � inimputabile -e sia l'analogo principio civilistico, risultante dal 
comb-disp. degli artt. 2, cpv. e 1425, I comma, c, c, ed operante in materia contrattuale, 
non sono applicabili in tema di responsabilit� aquiliana e che, quindi, il 
soggetto � sempre responsabile, salvo che si possa dimostrare, in concreto ed indipendentemente 
dalZ'etd, l'incapacit� d'intendere e di volere, ai sensi dell'art. 2046 c. c. 

21 



2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stessa qualifica si spiega per gli atlievi e per gli apprendisti, potendosi dare 
addirittura il caso che essi siano maggiori d'et�, e, come tali, responsabili 
direttamente per il disposto dell'art. 2043 e.e. 

Da tutto quanto precede si evince che la responsabilit� posta dalla 
legge a carico dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte non elimina 
ma si aggiunge a quella gravante sui soggetti autori del fatto illecito. 

Non pu� condividersi, perci�, la tesi, secondo cui nelle ipotesi previste 
dall'art. 2048 e.e. si avrebbe una sostituzione di responsabilitd, o pi� precisamente 
una disseparazione tra l'atto illecito e la responsabilit�, !Per cui un 
soggetto sarebbe l'autore dell'ingiusto danno ed un altro sarebbe esposto 
all'obbligo di risarcirlo (1). 

� vero, invece, che nella specie la responsabilit�, a seconda dei casi, 
dei genitori, del tutore, del precettore o del maestro d'arte concorre, in maniera 
ovviamente atternativa, e non cumulativa o parziale, con quella dell'autore 
del fatto dannoso. 

Senonch�, mentre la responsabilit� di quest'ultimo � diretta o per 
fatto proprio, quella degli altri soggetti !t'itenuti responsabili dai primi due 
commi dell'art. 2048 c. c. � indiretta o per fatto altrui. 

Che la responsabilit� dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte sia 
indiretta o per fatto altrui lo chiarisce, a tacer di altro, in modo inequivocabile 
il raffronto con la situazione giuridica disciplinata dall'art. 2047 e.e. 
Qui il fatto dell'incapace d'intendere e di volere, minore o maggiore d'et�, 
viene considerato come un mero fatto fisico, non rivestibile dalla qualifica 
di illecito rispetto al suo autore e viene direttamente riferito dalla legge 
alla persona tenuta alla sorveglianza dell'incapace, la quale deve rispondere 
dell.e conseguenze del fatto dannoso imputando a sua colpa, a suo difetto 
di sorveglianza materiale il verificarsi dell'evento (2). 

Volendo qui usare la distinzione, recentemente introdotta in materia 
aquiliana da un chiaro Autore (3h diremo che mentre l'art. 2047 e.e. � norma 
di e nascita � della responsabilit� per fatto illecito, l'art. 2048 e.e. contiene 
solo norme di e propagazione� della predetta responsabilit�.

Il presupposto logico ed eziologico dell'art. 2047 e.e. � palesemente 
l'art. 2046, a tenor del quale non � imputabile chi non abbia la capacit� 
d'intendere e di volere. Il principio, dunque, � che non nascendo responsabilit� 
a carico dell'incapace, l'unica responsabilit� che pu� nascere � ap


(1) MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. Ili, p. I, t. 2, Milano 
1954, 498 e segg. 
(2) L'osservazione contenuta nel testo � rilevante anche in tema di azione di regresso. 
A nostro avviso, se pu� affermarsi che le persone dichiarate responsabili dai primi 
due commi dell'art. 2048 c. c. sono tenute solidamente con l'autore del fatto illecito 
a risarcire il danno nei confronti del danneggiato, non pu� negarsi, d'altro canto, 
che le medesime, nei rapporti interni, abbiano regresso verso l'autore medesimo. 
:e solo questi che, essendo l'autore ed il diretto responsabile del fatto illecito, non 
pu� avere rivalsa alcuna, se adempie al suo obbligo di risarcire. In tal senso, v. 
App. Milano 16 maggio 1941, Riv. resp. civ. 1941, 186. 
In altri termini, si verifica, secondo noi, nella specie una situazione analoga a 
quella prevista dall'art. 2049 c. c. per la responsabilit� dei padroni e committenti. 
Sul punto cfr. Cass. 17 maggio 1955, n. 388, Rassegna di giurisprudenza sut codice 
civile, Milano, 1958, n. 1015. In maniera diversa stanno le cose nell'ipotesi disciplinata 
dall'art. 2047 c. c. Qui la persona tenuta alla sorveglianza dell'incapace d'intendere 
e di volere che ha risarcito il danno non ha rivalsa alcuna nei confronti dell'incapace, 
avendo essa risposto a titolo di responsabilitd diretta o per ilatto proprio. Su quanto 
ora detto v. ancora infra, nel testo. 

(3) BARBERO, Criterio di � nascita � e criterio di � propagazione � della responsabilitd 
per fatto illecito, Studi in onore di B. BIONDI, ripubblicato in Riv. dir. civ., 
1960, 572 e riassunto in e Sistema Istituzionale del diritto privato italiano >, vol. II, 
Torino, 1965, pagg. 815 e segg, 
Secondo il B., tutte le norme del codice sulla disciplina dei fatti illeciti si 
ripartiscono in due sfere: norme di nascita e norme di propagazione della responsabilit�, 
dovendosi intendere per nascita il momento in cui la responsabilit� � originariamente 
collegata ad un fatto determinato e per propagazione il momento in cui 

la stessa responsabilit�, gi� nata in capo ad un soggetto, si estende ad uno o pi� altri. ~; 



PARTE II, QUESTIONI 3 

punto quella che l'art. 2047 pone a carico di chi � tenuto alla sua sorveglianza 
(1). 

Premesso il principio della non imputabilit� dell'incapace di intendere 
e di volere (art. 2046 e.e.), la sola colpa ravvisabile nella specie diventa 
quella, eventuale, della persona tenuta alla sua sorveglianza che � chiamata 
a risnondere direttamente (come avverte la stessa relazione al codice civile), 
perch� la responsabilit� �nasce� originariamente in essa. In altri termini, 
data l'incapacit� naturale dell'autore del fatto, il fatto medesimo non pu� 
essere considerato -pi� che il fatto dell'animale -come factum humanum 
in relazione al suo autore; la causa umana di quest'operato � riferita alla 
persona tenuta alla sorveglianza, ragion per cui un nesso di causalit� diretta 
viene cosi ad interporsi tra l'inadempimento del dovere di sorveglianza materiale 
(inadempimento presunto fino a prova di non aver potuto impedire il 
fatto) ed il fatto stesso che ha prodotto il danno. 

L'art. 2048 e.e. presuppone, invece, una responsabilit� gi� nata per 
colpa di un soggetto ed il suo obbiettivo � solo quello di estenderla ad altri 
soggetti, diversi da quello che � il responsabile diretto. Considerato che la 
capacit� di assumere la responsabilit� dei propri fatti illeciti non � commisurata 
alla capacit� legale di agire ma alla capacit� naturale, l'art. 2048 
muove dal presupposto della imputabilit� innanzitutto dell'autore del fatto 
e, quindi, dal presupposto che il fatto stesso sia ascrivibile a dolo o colpa 
dello stesso autore, bench� persona minore o soggetta a tutela. La prova 
di ci� � offerta dal fatto che, mentre l'art. 2046 ed il successivo art. 2047 
parlano, rispettivamente, di fatto dannoso e di danno cagionato da persona 
incapace d'intendere e di volere, ma nessuna delle due norme parla di 
fatto illecito, perch� la contraddizione non consente di parlare di illecito 
con riferimento a persona naturalmente incapace, di fatto illecito parlano, 
invece, come si � gi� rilevato supra, entrambi i commi dell'art. 2048 e.e., 
con ci� presupponendo, sempre per quella contraddizione che non consente 
di parlare d'illecito senza colpa, che i fatti di cui sono chiamati a rispondere 
tanto i genitori ed i tutori, quanto i precettori ed i maestri d'arte, siano 

prima imputabili ai loro autori come illeciti, cio� in ragione d'una loro 
colpa (2). 

(1) Su ci� e su tutto quanto precisato innanzi, in tema di distinzione tra norme 
di nascita e norme di propagazione della responsabilit� per fatto illecito, v. sempre 
BARBERO, Sistema istituzionale dei diritto privato italiano, Milano, 1965, voi. II, 
819 e segg. 

(2) Da quanto precisato nel testo risulta chiaro che non pu� assolutamente 
condividersi la tesi fatta propria dalla Suprema Corte in una recente sentenza 
(Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Giust. civ. 1966, I, 297; ma v. pure App. Napoli 3 
novembre 1965, inedita), ed in base alla quale la responsabilit� dei genitori, 
tutori, precettori e maestri d'arte dovrebbe ritenersi diretta per l'esistenza di 
un preteso nesso di causalit� tra il comportamento di quei soggetti e l'evento 
dannoso. Dire, infatti, che in ipotesi del tipo di quella in esame l'evento dannoso 
� conseguenza tanto dell'.azione del soggetto che ha materialmente commesso 
il fatto, quanto dell'omissione del genitore, tutore, precettore o maestro d'arte, che 
quel fatto aveva l'obbligo di impedire e che non ha impedito, ed aggiungere che il 
predetto obbligo di impedire l'evento trova la sua fonte, per il genitore (o il tutore)', 
nell'art. 147 c. c. che impone il dovere di educare ed istruire la prole, e per il 
precettore, nel trasferimento a lui, per accordo contrattuale, dello stesso dovere 
previsto dal citato art. 147, significa, a nostro avviso, enunciare un'affermazione del 
tutto inesatta. A parte, infatti, l'impossibilit� logica e giuridica (di cui si dir�, infrw, 
nel testo) di far derivare dal dovere di educare ed istruire la prole sancito dall'art. 147 
un obbligo di sorveglianza materiale, da svolgersi cotidie et singulis momentis, assolutamente 
fuori luogo, peraltro, per soggetti che sono pienamente capaci d'intendere 
e di volere, anche se minori (ma abbiamo visto che potrebbero essere, nel caso degli 

allievi e degli apprendisti, anche maggiorenni), v'� da aggiungere che la tesi criticata 
intende il rapporto di causalit� tra il fatto e l'evento dannoso in modo tale da far 
scolorire ogni differenza concettuale tra causa in senso proprio ed occasione o 
condizione. L'assenza della persona, ritenuta responsabile accanto al minore, all'allievo 
o all'apprendista, dall'art. 2048 c. c., dal luogo di commissione dell'illecito 



4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Accertato, dunque, che con l'articolo 2048 e.e. il Legislatore ha voluto 
solo aggiungere altri responsabili a quelli gi� considerati e qualificati tali 
da altre norme del codice (norme di � nascita �: artt. 2043 e 2046), dobbiamo 
ora chiederci quale sia stata la ratio ispiratrice della normativa, 
di cui ci stiamo occupando. Non sembra dubbio che la norma dell'art. 2048 
abbia il fine di perseguire una maggiore certezza di tutela del danneggiato, 
per evidenti ragioni politico-sociali. Data la qualit� del soggetto danneggiante 
(minore d'et�, persona sub-tutela, allievo od apprendista maggiorenne 
o minorenne ma verosimilmente in stato di personale inopia), senza 
una tale norma, il danneggiato rischierebbe di restare, in pratica, privo di 
�effettivo ristoro. 


Ma bisogna ancora chiedersi: in ragione di che cosa il Legislatore ha 
fatto �propagare�, estendere la responsabilit� dei minori naturalmente capaci 
ai genitori, tutori, precettori e maestri di arte? 

La risposta a questo quesito �, a nostro avviso, di somma importanza 
perch� da essa dovranno trarsi gli elementi utili per determinare, in modo 
retto, il contenuto della -prova liberatoria, prevista dal terzo comma dell'articolo 
2048 e.e. 

Se si rtiene, infatti, che la responsabilit� indiretta, di cui � discorso, 
.. si propaga � sul filo di una � colpa � dei genitori, tutori, precettori e 
maestri d'arte (colpa, ovviamente del tutto indipendente e diversa da quella 
determinante l'evento dannoso) � in relazione a tale � colpa � che dovr� essere 
stabilito il contenuto della prova liberatoria, in quanto i soggetti ritenuti 
responsabili in via indiretta dovranno appunto dimostrare l'assenza 
in loro di quella � colpa� adottata dal legislatore come criterio di � propagazione 
� della responsabilit� del minore naturalmente caipace. 

Orbene, anche in questa indagine dev'essere tenuta presente la differenza 
esistente tra la situazione giuridica disciplinata dall'art. 2048 e.e. e 
quella regoiata dall'art. 2047, perch�, se � vero che in entrambi gli articoli 
ora menzionati � detto che la urova liberatoria deve conststere nella dimostrazione 
di non aver potuto impedire il fatto, � altrettanto incontestabile 
che nell'ipotesi del �danno cagionato da minore naturalmente incapace la presenza 
di un obbligo di sorveglianza materiale nella persona tenuta, obbligata 
a ci� fa ritenere necessariamente che la prova debba consistere nella dimostrazione 
che il fatto dannoso siasi verificato nonostante il diligente 
esercizfo della predetta sorveglianza (ovvero che l'omissione della sorveglianza 
sia stata determinata da un impedimento legittimo), mentre nel caso 
di danno cagionato da persona capace d'intendere e di volere, non potendosi 
desumere da alcuna norma un obbligo di stretta sorveglianza su di essa, la 
prova liberatoria non pu� non avere diverso contenuto. La contraria tesi che 
fa derivare un tale obbligo di sorveglianza materiale sui minori naturalmente 
capaci e sugli allievi, .per i genitori ed i tuttori dal dovere di educare 
ed ~struire la prole, sancito dall'art. 147 e.e. e per i precettori dal trasferimento 
ad essi, per accordo negoziale, dello stesso dovere (1) non ci sembra 
convincente per diverse ragioni. 


pu� ritenersi, al pi�, una circostanza favorevole che invita all'azione ma giammai una 

causa determinante e diretta deU'evento dannoso, al pari dell'azione dell'autore 

materiale dell'illecito. Essa non � che un'occasione, una condizione ma, proprio in 

quanto tale, non pu� e non deve essere mai confusa con la causa determinante, alla 

quale soltanto � veramente connesso l'evento. Dire che la condizione dell'assenza 

della persona sopradetta � condicio sine qua non, senza la quale, cio�, il fatto non 

avrebbe potuto essere commesso, � affermazione inesatta, anche dal punto di vista 

che stiamo qui criticando, non potendosi certamente escludere che la commissione 

dell'illecito sarebbe potuta avvenire anche in presenza della persona di cui � discorso. 

L'errore di fondo, in cui ��caduta la giurisprudenza qui criticata, � stato quello 

di non aver tenuto presente che la responsabilit� dei genitori, tutori, precettori e 

maestri d'arte presuppone una responsabilit� gi� nata e definita in tutti i suoi 

Ielementi costitutivi, l'esistenza di un fatto gi� imputato in base a dolo o colpa ad 
un autore capace pienamente di assumere la responsabilit� dei propri fatti illeciti. 

(1) In tal senso, v. Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Giust. Civ., 1966, I, 297. 
I 

f

' 


PARTE II, QUESTIONI 5 

Innanzitutto, perch� se un obbligo di sorveglianza materiale da svolgersi 
cotidie et singulis momentis � giustificato rispetto a persone incapaci d'intendere 
e di volere, lo stesso appare inconcepibile dspetto a soggetti che la 
legge stessa ritiene pienamente capaci di assumere le responsabHit� dei 
propri fatti illeciti. In secondo luogo, perch� da un obbligo di educare, sia 
esso sancito dalla legge o contrattualmente assunto, �pu� derivare un dovere 
di � vigilare � sull'educazione del minore o dell'allievo, al fine di individuare 
subito le eventuali cattive inclinazioni del medesimo per coNeggerle, 
ma non pu� certo scaturire un obbligo di �:sorvegliare� istante per 
istante la condotta del soggetto da educare. 

Opinare diversamente significherebbe, in definitiva, parificare del tutto, 
quanto a necessit� di essere �sorvegliate�, persone ritenute pienamente 
capaci d'intendere e di volere (minori d'et� o addirittura maggiorenni, come 
pu� avvenire per gli allievi) �e persone alle cui azioni si nega perfino la 
qualificazione di � fatti umani �. 

Orbene, poich� una tale parificazione appare in contrasto sia con la 
logica che con il nostro diritto vigente, si deve necessiariamente ritenere 
che se una persona tenuta a � sorvegliare � un incapace di intendere e di 
volere deve dimostrare, per essere esente da responsabilit�, di avere adempiuto 
al suo obbligo (o di non averlo potuto fare per legittimo impedimento), 
una persona tenuta ad � educare � un sogg�etto naturalmente capace deve 
solo dimostrare, per l'esonero dalla sua responsabilit�, di avere assolto 
adeguatamente l'obbligo di educare. 

La giurisprudenza ha certamente intuito tutto ci� quando ha statuito 
che � alle persone cui incombono compiti di educazione di minori si deve 
richiedere la prova di aver fatto tutto il possibile, in Telazione alle condizioni 
sociali ed all'ambiente dei minori medesimi, per avviarli ad una 
corretta vita di relazione nel consorzio sociale, per�ch� � da ritenere verosimile 
che il comportamento illecito del minore non si sarebbe verificato 
se egli fosse stato sottoposto ad una pi� completa educazione � (1), ma erroneamente, 
a nostro avviso, ha parlato anche di una � culpa in vigilando ., 
analoga a quella prevista per la persona tenuta alla sorveglianza dell'incapace, 
a proposito dei soggetti indicati dall'art. 2048 e.e. 

Stabilito che la responsabilit� dei minori naturalmente capaci e degli 
allievi si �propaga � rispettivamente ai genitori (o tutori) ed ai precettori in 
ragione di una � culpa in educando � e che la prova liberatoria, prevista 
dal terzo comma dell'art. 2048, deve avere per contenuto la dimostrazione 
di aver fatto tutto il possibile per impartire al minore una sana ed adeguata 
educazione, dobbiamo aggiungere che non v'� alcun motivo di ritenere 
che la prova liberatoria di cui sopra non debba essere la stessa per genitori 
e tutori da un lato e precettori dall'altro. E ci� per due ordini di 
ragioni. Innanzitutto, perch� nel terzo comma dell'art. 2048 non si rinviene 
alcuna distinzione, quanto alla prova liberatoria, tra i vari soggetti indicati 
come �responsabili indiretti nei primi due commi. 

(1) Cosi, testualmente, Cass. 15 gennaio 1943, n. 68, Foro It. Rep., 1943, v. 
resp. civ. 45, ma sul punto. v. pure: Cass. 16 giugno 1964, Cass. pen. Mass., 19~, 
1061; Cass. 26 luglio 1962, Resp. civ. prev., 1963, 281; Cass. 9 giugno 1960, Resp. civ. 
prev., 1961, 85. Per la dottrina cfr. CAPACCIOLI, Responsabilit� del genitore per it 
fatto it!ecito del figlio minore, Riv. dir. comm. 1946, Il, 257; CONTURBI LISI, Responsabilit� 
civile dei genitori e violazione dell'obbligo di educare la prole, Riv. trim. dir. 
e proc. civ., 1949, 977; PASETTI, In tema di responsabilit� del genitore per mancat~ 
educazione del figlio, Giur. It., 1949, I, 2. 291; AUBERT, La responsabilit� per il fatto 
illecito dei genitori, dei precettori, dei tutori, Arch. ricerche giur., 1950, 757; TABET, 
Questioni in tema di fatti illeciti dei minori, Foro It., 1953, I, 1432; BRASIELLO, Responsabilit� 
del genitore per il fatto commesso dal minore capace o incapace, Foro pad. 
1954, I, 377; VENDITTI. Il dovere dei genitori di educare e vigilare la prole in relazione 
alla prova liberatoria della responsabilit� per i fatti illeciti commessi dai figli 
minori, Giust. civ. 1955, I, 1620; PERETTI-GRIVA, Sulla responsabilit� dei genitori per 
il fatto lesivo dei figli minori, Riv. giur. circ. trasp., 1956, 39. 

6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
In secondo luogo, perch� non v'� alcun motivo per dubitare che la culpa 
6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
In secondo luogo, perch� non v'� alcun motivo per dubitare che la culpa 
ID 

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del precettore sia stata colta dal legislatore proprio come inosservanza dello 
stesso obbligo di educare, che genitori e tutori possono ad esso contrattualmente 
trasferire. Dallo stesso significato letterale del termine si ricava che 

. 

precettore � proprio chi svolge, per incarico ricevutone, quelle funzioni 

1 
.educative e correttive che in via normale vengono esercitate nell'ambito . 
familiare. Precettore � parola che ha origine dal latino � praeceptum � 

l w 
(=precetto, regola di vita, norma morale o di buona educazione) che indica 
con chiarezza il contenuto della funzfone. Precettore � l'aio, l'educatore 
di giovani in case s~gnorili, il rettore, il censore, l'istitutore nei luoghi 
di educazione (istituti, colleg-i, convitti, educandati), cui si affidano i minori 
perch� siano educati, perch� sia opportunamente corretta la loro condotta, 
spesso non buona, anche con mezzi punitivi di varia natura. Il precettore, 
quando assume l'impegno di � vigilare � sull'educazione dei minor-i, per il 
tempo in cui esercita la predetta vigilanza, finisce con il sottra.rre totalmente 
i medesimi alla sfera d'influenza dei genitori (o del tutore) e con il 
sostituirsi completamente a quelli nell'esercizio delle funzioni educative 
previste dall'art. 147 e.e. �, pertanto, perfettamente comprensibile che egli, 
limitatamente al tempo di esercizio delle predette funzioni (1) risponda 
dei fatti illeciti dei minori affidatigli, a norma dell'art. 2048, in luogo dei 
genitori (o del tutore). Con il trasferimento dei compiti educativi passa al 
precettore anche l'obbUgo di rispondere per � culpa in educando � dei 
fatti illeciti degli allievi. 

Ma, se la � ratio � dell'art. 2048 e.e. � quella da noi indicata, se il contenuto 
dell:a prova liberatoria richiesta dal terzo comma del medesimo articolo 
� quello delineato innanzi, non si pu� ora non convenire nella duplice 
affermazione che tra i precettori non possono assolutamente rieomprendersi 
i docenti di scuola pubblica (2) e che a questi ultimi, pertanto, il disposto 
dell'art. 2048 risulta del tutto inapplicabile. 

A parte, infatti, le considerazioni di natura letterale che gi� chiaramente 
escludono un'identificazione concettuale tra �precettore� e �docente., v'� 
da rilevare che i gravosi compiti di istruzione affidati ai docenti di scuola 
pubblica, specie in relazione alla vastit� dei programmi d'insegnamento, la 
limitatezza del tempo e dei mezzi di cui gli insegnanti dispongono, appena 
sufficienti per assolvere alla loro funzione specifica, che � quella d'insegnare 
nozioni scientifiche, impediscono del tutto ai docenti di valutare l'educazione 
degli allievi, ed eventualmente di correggerla, se non nei limiti ristretti 
in cui questa � connessa con l'attivit� scolastica. 

E ci� senza dire che la valutazione e la eventuale correzione della 

educazione degli allievi, specie se minori, si potrebbe ritenere addirittura 

sottratta, se non per i limitati fini di cui s'� detto, ai docenti di scuola pubblica 
dalla stessa Costituzione che demanda ad essi unicamente l'attivit� 
d'istruzione (artt. 33-34) mentre riserva esclusivamente alla famiglia ed agli 
appositi istituti privati l'attivit� educativa (art. 30). 

I docenti di scuola pubblica non vivono, come i precettori, in costante, 
continuo e diuturno contatto con i loro alunni ma li frequentano solo le 
ore strettamente necessarie all'insegnamento delle nozioni comprese nei 

(1) In tal senso deve intendersi l'espressione � nel tempo in cui i minori sono 
sotto la sua vigilanza � contenuta nel II comma dell'art. 2048 c. c. 
(2) Sul punto cfr. App. Genova 29 aprile 1938, Mon. TTib., 1939, 302. In dottrina, 
MEssmEo (op. loc. cit.) afferma che il termine allievo va inteso in maniera da ricomprendere 
i casi in cui un'azione educativa sia esercitata sull'autore del danno, anche 
se l'allievo sia maggiore d'et�. Anche il termine pTecettoTe � da intendere -secondo 
il chiaro A. -nel senso di persona che abbia funzioni educative (prima ed oltre 
che didattiche). Il MEssINEO sostiene, ancora, che � immune da responsabilitt� ex 
art. 2048 chi insegni senza specifiche funzioni educative o insegni qualcosa di diverso 
dal mestiere o dall'arte; cosi il maestro, l'insegnante (pubblico o privato che sia) 
perch� a tali soggetti non incombe obbligo di sorveglianza (e, secondo noi, di 
educazione). 

PARTE II, QUESTIONI 7 

programmi di studio; ad essi gli allievi non vengono affidati per l'esercizio 
di quelle funzioni educative proprie dei genitori e dei tutori. Come conseguenza 
di ci� appare pienamente naturale che essi non siano tenuti a rispondere 
degli atti illeciti commessi dall'allievo per la inadeguata ed incompleta 
educazione ricevuta in famiglia. 

Da tutto quanto precede risulta chiaro che la giurisprudenza, parificando 
l'affidamento di un allievo alla vigilanza di un precettore e l'iscrizione di un 
alunno in una scuola pubblica, si � posta su di una strada sbagliata. � di 
ovvia evidenza, infatti, che se, nel primo caso, si demanda all'aio, per un 
tempo continuativo e contrattualmente determinato, il compito di educare 
(ed eventualmente anche di istruire) l'allievo, nel secondo caso, si realizza 
solo, attraverso un classico atto amministrativo di ammissione, l'utilizzazione 
da parte del cittadino di un pubblico servizio, secondo la disciplina 
giuridica dello stesso, al limitato fine di consentire all'alunno di istruirsi, 
fermo restando l'obbligo dell'educazione a carico dei genitori e del tu


tore (1). 

Ne consegue che se il minore, per difetto d'educazione, danneggia altri 
in una scuola pubblica, assente l'insegnante, il caso non potr� essere 
regolato diversamente da come si farebbe se l'evento fosse avvenuto 
in altro luogo: ritenendo, cio�, responsabile in primo luogo ed in via diretta 
il minore naturalmente capace, in secondo luogo ed in via indiretta, per 

� propagazione � di responsabilit�, i genitol'i (o il tutore), in caso di coabitazione 
del minore con essi, il precettore, nel senso da noi precisato supra, in 
caso di affidamento del minore alle sue cure per l'educazione (2), ma giammai 
il docente di scuola pubblica. 
In conclusione, possiamo dire che le maggiori esigenze di tutela del 
danneggiato, che evidentemente la giurisprudenza intende perseguire ricomprendendo 
il docente di scuola pubblica tra i precettori, si ottengono 
al prezzo di una patente violazione della lettera e dello spirito della legge, 
con un'estensione della responsabilit� indiretta 'Prevista dall'art. 2048 a soggetti 
certamente estranei alla previsione del Legislatore. 

L. MAZZELLA 
(1) Sul punto cfr. Cass. Sez. un. 14 luglio 1961, n. 1714, Giur. It., 1962, I, l, 347 
(nota); Trib. L'Aquila 31 dice.mbre 1962, Foro It., 1963, I, 1804. 
(2) Si faccia l'esempio di un minore che viva in collegio. 

RASSEGNA DI DOTTRINA 


-~ 
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. 
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.

L. PALADIN, Il principio costituzionale d'eguaglianza, Editore A. Giuffr�, ' 
'(-:~

Milano, 1965, pagg. 346. 

Nell'esaminare il volume XIV dell'Enciclopedia del Diritto (v. questa 
Rassegna 1965, II, 133) abbiamo omesso deliberatamente di segnalare la 
voce relativa al principio di Eguaglianza in diritto costituzionale, curata 
da L. Paladin (pagg. 519-551), avendo, fin d'allora, in animo di recensire 
per i lettori il libro sopraindicato, che verte sul medesimo argomento ma 
presenta, per motivi ovvi, maggiori pregi di completezza. 

L'opera, che ora segnaliamo, consta di due parti nettamente distinte: 
la prima, riguardante gli sviluppi storici dell'idea di eguaglianza giuridica, 

;)dalle prime Carte Costituzionali francesi e nord-americane fino alle Costituzioni 
del XIX secolo ed alle attuali tendenze; la seconda, relativa all'esame 
dettagliato del principio di parit� giuridica nel nostro ordinamento costi


I 'tuzionale. 

I

Nella prima parte, l'A. inizia la trattazione osservando che -a differenza 
della massa delle libert� costituzionali, enunciate e disciplinate, per 
la prima volta nella storia, nelle carte nord-americane -il principio di 

' 

eguaglianza, inteso nella sua moderna accezione di limite alla stessa potest� 

' 

legislativa, ha manifestamente origini francesi e trova le sue radici nel 
pensiero filosofico di G. G. Rousseau. 

w.
La dimostrazione di tale assunto viene data, nel testo, con un'accurata 
disamina dei testi costituzionali nord-americani, statali e federali, antecedenti 
al 1789, i quali -secondo il P. -rendono evidente l'assoluta inade. 
guatezza di tutte le formule in essi espresse a porre ed a svolgere integral;;. 
mente il principio di parit� giuridica, qual'� inteso oggi. 

~ . 

L'A., per�, aggiunge che, se di ci� non � lecito dubitare, � da ritenere 
altrettanto vero che, mentre in Francia la mancanza di un consapevolesviluppo degli assunti dogmatici della Rivoluzione fin� per fare scadere il Il::;; 
principio d'eguaglianza da imperativo di leggi generali ed astratte a mutellif:
jvole e vaga direttiva di giustizia, nel Nord-America l'assenza di una formulazione, 
in termini generali, del principio nel senso anzidetto non 
impedi affatto l'applicazione egualitaria di moltissime norme, grazie alla 
esistenza di numerose clausole costituzionali, limitative dei poteri del legi, 
' 
slatore statale e federale, variamente collegate al principio di cui si discorre. 
I successivi, molteplici tentativi, da pi� parti compiuti, di ridurre il prin, 
cipio d'eguaglianza a mera espressione del principio di legalit� e di identi


lcarlo con la necessit� di una codificazione sono ricordati dall'A. nel capitolo 
in cui egli esamina la diffusione del principio medesimo nella maggior parte 
degli Stati dell'Europa Continentale. 

Secondo il P., invece, una maggiore aderenza all'essenza del principio 
si ebbe nel nostro ordinamento giuridico, dove l'art. 24 dello Statuto Albertino 
fu sempre considerato dalla dottrina come un imperativo alla legge, 
non solo materiale ma anche formale, di uniformarsi a determinati criteri 
di giustizia; cosi come direttive al legislatore furono sempre intese le specificazioni 
statutarie del principio. Solo il carattere flessibile dello Statuto 
impedi che il vincolo avesse una portata effettiva e fece si che esso restasse 
piuttosto un limite, non assoluto, un'imprecisa raccomandazione etica, un 
avvertimento, sia pure solenne. 

L'A. rileva, poi, che la potenziale, vastissima portata del principio 
potette concretarsi in modo pieno solo in Nord-America ed in Svizzera, 
perch� questi due paesi furono i primi a darsi una Costituzione rigida, giu


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esame delle disposizioni costituzionali dei due ordinamenti, soffermandosi, i'i. 

risdizionalmente garentita. A tal proposito il P. si diffonde in un ampio 

~ 

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PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 9 

in particolare, sul XIV emendamento alla Carta Nord-Americana, sul due 
process clause e sull'equal protection clause. 

La prima parte termina con una disamina delle norme costituzionali 
della IV Repubblica di Francia, del Regno di Gran� Bretagna, delle Repubbliche 
di Weimar e di Bonn, le quali tutte mostrerebbero ,a giudizio dell'A., 
quanto vasta e palese sia stata, in questi ultimi tempi, la rivalutazione del 
principio d'eguaglianza per effetto del mutato concetto del valore delle 
Carte Costituzionali e delle Dichiarazioni che solitamente le precedono, 
intese, entrambe, non pi� come formulazioni di principi estranei all'Ordinamento 
ma come testi interamente positivi, cui deve riconoscersi il massimo 
tra i significati giuridicamente possibili. 

Passando ad esaminare gli aspetti del problema del principio d'eguaglianza 
nel nostro ordinamento costituzionale vigente, l'A. confuta, innanzitutto, 
la tesi che vorrebbe ridurre il principio a norma generale della 
funzione giurisdizionale o di �quella amministrativa e ribadisce che esso si 
presenta nella nostra Carta Costituzionale come limite della potest� legislativa. 


Quanto alla determinazione del modo e della sfera in cui il principio 
d'eguaglianza, cosi inteso, debba operare, il P. ritiene che il disposto dell'art. 
3, comma 1�, della Costituzione, non si riferisca ad un preciso gruppo 
di materie, ad una cerchia comunque definita di classificazioni normative, 
ma costituisca piuttosto una norma generale concernente l'intero ordinamento 
giuridico o, quanto meno, l'intera funzione legislativa ordinaria. In 
conseguenza, l'efficacia precettiva del principio non potrebbe risolversi in 
quella dei suoi contestuali corollari e neppure dovrebbe ritenersi che la 
legge sia perfettamente libera di differenziare soggetti e rapporti dove la 
Costituzione non frapponga specifici divieti di classificazione. Le particolari 
affermazioni costituzionali della parit� giuridica non rappresenterebbero 
limitazioni al principio della parit� giuridica ma rafforzamenti che lascerebbero 
intatta la sua normale efficacia per tutta la sfera residua delle 
discipline e delle situazioni. 

Circa l'individuazione dei criteri, in base ai quali si possa, nel caso 
concreto, stabilire l'eguaglianza o la diseguaglianza delle norme, l'A. rileva 
che il nostro principio di parit� giuridica riguarda sia l'eguaglianza soggettiva. 
intesa come parit� di trattamento delle persone, e sia l'eguaglianza 
oggettiva, intesa come pari disciplina delle situazioni e dei rapporti. Da 
qui la conseguenza di dover ritenere parimenti vietate sia le leggi personali 
e sia quelle speciali o eccezionali mancanti di fondamento giustificativo. 

Sul divieto delle leggi personali, il .P. osserva che sia la proclamazione 
d'eguaglianza fatta in termini generali dall'art. 3, comma 1�, della Costituzione 
e sia l'esclusione di classificazioni fondate sulle condizioni personali, 
sancita nella stessa disposizione, postulano chiaramente norme poste in 
termini astratti o, quanto meno, del tutto impersonali. 

In altri termini, principio di parit� giuridica e divieto particolare delle 
distinzioni personali, [ungi dall'elidersi a vicenda, concorrerebbero insieme 
a determinare un medesimo vincolo per il legislatore. Pi� precisamente, 
secondo il P ., tra le due disposizioni non passerebbe quel rapporto di sostituzione 
o sovrapposizione della norma speciale a quella generale -rapporto 
che contraddistingue, a suo giudizio, tutte le altre specificazioni enumerate 
dall'art. 3, comma 1�, rispetto al principio d'eguaglianza giuridica -ma 
piuttosto il divieto delle distinzioni personali varrebbe a ribadire e precisare 
il limite di tutta la legislazione posto dalla precedente affermazione 
di parit� giuridica dei cittadini. 

L'A. aggiunge che, per determinare esattamente il criterio di individuazione 
delle leggi personali, bisogna porsi sul medesimo piano di operativit� 
dell'intero principio di parit� giuridica e qualificare personali le sole 
disposizioni concrete mancanti di oggettiva giustificazione ed in tal senso 
praticamente emanate per determinate persone. Non sarebbero, invece, tali 
quelle norme che, pur rivolgendosi a soggetti ben determinati, disciplinino 
un'intera e per s� stante categoria di situazioni, oppure siano meramente 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esecutive d'una precedente legge astratta. In questi casi, infatti, la mancanza 
d'imputazione, in via generale, a soggetti distinti per mezzo di caratteri 
oggettivi non determinerebbe alcuna incompatibilit� della disposizione con 
l'art. 3, comma 1�, della Costituzione. 

Circa il divieto delle leggi speciali o di eccezione, il P. precisa che non 
tutte le eccezioni o deroghe apportate dal legislatore alle regole ed agli 
orientamenti complessivi del diritto vigente debbano ritenersi escluse dal 
principio d'eguaglianza. Contrastano con tale principio, secondo l'A., solo 
quelle leggi speciali o eccezioni che non rispondano a criteri di giustifi,catezza 
e ragionevolezza.

Dopo un'ulteriore precisazione sulla nozione di leggi speciali o eccezionali 
e dopo una serie di considerazioni sulla sfera soggettiva ed oggettiva 
del sindacato costituzionale di eguaglianza (considerazioni sulle quali avremo 
modo di ritornare appresso, in sede di commento alle tesi esposte nel 
testo) l'A. conclude l'esame del principio nella sua formulazione generale, 
accennando agli strumenti attraverso i quali si svolge il controllo della 
Corte Costituzionale sulle leggi, 

Nel capitolo dedicato alle specificazioni del principio di eguaglianza, 
il P., dopo aver precisato che, a suo avviso, le specificazioni medesime devono 
assumersi -fino a prova contraria -non quali conferme, bensi quali 
norme a s� stanti, che si sovrappongono al principio d'eguaglianza formale 
ed in tal senso vi apportano deroga, sebbene allo scopo d'una pi� radicale 
parificazione giuridica, esamina, innanzitutto, i problemi connessi all'affermazione 
costituzionale della eguaglianza di sesso. 

Sul problema derivante dall'interferenza con l'art. 3, comma 1�, dell'art. 
51, comma 1�, della Costituzione, in tema di accesso ai pubblici uffici, 
l'A. si sofferma solo brevemente, per la considerazione che la legge 9 febbraio 
1963, n. 66, abrogando le norme della legge 17 luglio 1919, n. 1176, 
ed ammettendo le donne ad ogni pubblico ufficio e professione, con la sola 
eccezione dell'arruolamento nelle forze armate e nei corpi speciali, ha 
troncato, in gran parte, il vivace dibattito sull'interpretazione dell'articolo. 
Secondo il P., la soluzione da dare alle questioni riguardanti l'obbligo del 
servizio ed il correlativo accesso agli uffici militari si trova nell'apposita 
disciplina prevista dalla Costituzione per le Forze Armate. Difatti, egli 
aggiunge, l'art. 52 della Costituzione riconoscendo, nel suo terzo comma, 
che l'ordinamento militare ha natura speciale e pu�, conseguentemente, 
derogare al sistema complessivo e. definendo, nel secondo comma, obbligatorio 
il servizio militare solo nei modi e limiti stabiliti dalla legge, senza 
ripetere l'affermazione d'eguaglianza di sesso, comprova che nel settore 
in esame non vige la norma dell'art. 51, comma 1�: sicch� il problema 
degli obblighi militari va risoluto secondo opportunit�, fermo soltanto il 
divieto di arbitrarie differenziazioni, imposto, anche in tale materia, dal 
principio dell'art. 3, comma 1�. 

A proposito dell'art. 37, comma 1�, della Costituzione, che pone il 
problema della parit� di retribuzione relativamente al lavoro femminile, 
l'A. fa rilevare la diversa portata e la differente destinazione di quest'articolo 
rispetto all'art. 3, comma 1�, per dedurne la mancanza di ogni �interferenza 
tra le due norme. 

Secondo il P., mentre il principio d'eguaglianza riguarderebbe le funzioni, 
specialmente normative, dei pubblici poteri, oggetto principale dell'art. 
37, comma 1�, sarebbero i contratti di lavoro, collettivi e forse anche 
individuali, e quindi, in definitiva, l'autonomia privata; la destinazione alla 
funzione normativa di quest'ultima norma si avrebbe soltanto, a suo giudizio, 
nei casi di disciplina legislativa dell'ammontare dei salari e degli 
stipendi come, ad esempio, nelle ipotesi di disposizioni in tema di diritti 
patrimoniali nel pubblico impiego; casi certamente non problematici, attesa 
l'assoluta parit� di retribuzione vigente tra il personale maschile e quello 
femminile dello Stato. 

Maggiore interesse l'A. dedica al problema dell'eguaglianza dei coniugi 
nel matrimonio, posto dall'art. 29 cpv. della Costituzione, esaminandolo sia 

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PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 11 

sotto il profilo civilistico (organizzazione dell'unit� familiare ed istituto 
della potest� maritale e paterna) sia sotto quello penalistico (conseguenze 
dell'inosservanza degli obblighi di fedelt� coniugale). Relativamente a 
questo secondo aspetto del problema, il P. critica la nota sentenza della 
Corte Costituzionale che ha ritenuta infondata la questione di illegittimit� 
costituzionale dell'art. 559 del codice penale. 

Altri problemi esaminati nel testo sono quelli relativi all'eguaglianza 
di razza, di lingua, di opinioni politiche e di religione. A proposito di 
quest'ultimo problema, l'A. sostiene che nell'art. 3, comma 1 �, la proclamazione 
di eguaglianza religiosa comporta la piena parit� di trattamento sia 
delle religioni che dei rispettivi fedeli ma aggiunge che la presenza nella 
Carta Costituzionale dell'art. 19, che garantisce a tutti la pari professione 
della propria fede religiosa, fa sl che si possa ricorrere all'art. 3, comma 1�, 
in difesa dell'individuale parit� di religione, isolo nelle rare ipotesi in cui 
non si faccia -parallelamente -questione della libert� di culto. 

Altri problemi di diritto costituzionale ecclesiastico sarebbero poi sottratti, 
secondo il P., alla sfera di applicazione dell'art. 3, comma 1 �, dalle 
disposizioni contenute negli artt. 7 cpv, ed 8, comma 1 �, della Costituzione 
(disciplina dei rapporti tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica e pari libert� 
di tutte le confessioni religiose esistenti in Italia). 

Nell'ultimo capitolo del volume in rassegna, il P. punta l'attenzione sul 
secondo comma dell'art. 3 ed aggiunge alle considerazioni svolte in tema di 
egu�glianza formale quelle necessarie a determinare l'esatta portata positiva, 
nel nostro ordinamento, dell'eguaglianza sociale. 

Come altri commentatori dell'articolo, l'A. ritiene la disposizione del 
secondo comma di natura � programmatica � in contrapposto a quella del 
comma precedente di carattere immediatamente �precettivo�. Essa, per�, 
avrebbe un valore normativo proprio, tale da renderla potenzialmente molto 
importante. In primo luogo, la collocazione del disposto tra � i principi fondamentali 
della Carta � la renderebbe determinante ai fini dell'interpretazione 
del restante ordinamento, Costituzione compresa; in secondo luogo, 
sarebbe innegabile, per la norma in esame, un effetto limitativo delle 
pubbliche funzioni, preclusivo, cio�, di normazione e di qualsiasi altra attivit� 
degli organi dello Stato in contrasto con la programmata necessit� di 
ottenere l'eguaglianza sostanziale o di fatto. 

� Il P. nega, per�, che dall'art. 3, comma 2�, .si possa ricavare un principio 
di eguaglianza diverso e pi� vasto di quello fissato dal comma precedente, 
perch�, a suo giiudizio, la portata del vincolo derivante dalla disposizione 
in esame non incide sull'ambito o sul contenuto della norma generale di 
eguaglianza davanti alla legge e la disposizione dell'art. 3, comma 2�, mostrerebbe 
chiaramente come alla generalit� della prima previsione si contrapponga 
la relativa determinatezza della seconda norma, che non ha per 
beneficiari � i cittadini � ma i � lavoratori � (sia pure nel senso pi� vasto 
del termine) e non si propone il generico scopo d'imporre una certa struttura 
all'intero ordinamento giuridico ma il fine pi� specifico di una giustizia 
sociale, per favordre il � pieno sviluppo della persona umana � e � l'effettiva 
partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale 
del Paese�. In definitiva, secondo l'A., la norma del secondo comma dell'art. 
3, lungi dal trasformare la nozione d'.eguaglianza fino a farla coincidere 
con la giustizia distributiva, vigerebbe in una sfera diversa da quella 
del primo comma e tenderebbe solo a produrre effetti sussidiari di un 
principio altrove compiutamente stabilito. 

Le considerazioni sul rapporto tra l'eguaglianza davanti alla legge e 
l'eguaglianza sociale portano l'A. ad affrontare anche il problema della c. d. 
crisi dello Stato di Diritto. 

Le opinioni di coloro che ritengono superato il concetto di Stato fondato 
sul valore dell'eguaglianza formale o giuridica e contrappongono ad esso 
lo Stato sociale (o amministrativo), ispirato all'opposto criterio dell'eguaglianza 
sostanziale o di fatto sono vivamente criticate dal P., il quale ritiene 
che nel nostro ordinamento la riforma sociale non deve ritener.si incompa




12 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tibile con la conservazione della parit� giuridica, ma dev'esserle associata 
in modo da realizzare la rimozione degli ostacoli frapposti all'effettiva 
eguaglian21a e libert� dei lavoratori nelle forme dello Stato di Diritto. 

Esposto, in rapida sintesi, il contenuto del libro in rassegna, ci sia 
consentito un breve, e necessariamente sommario, commento. 
Indubbiamente la notevole gamma di interpretazioni cui ha dato luogo 

il principio d'eguaglianza nel nostro ordinamento giuridico e le rilevanti 
conseguenze che a tali interpretazioni direttamente si connettono rendono 
la lettura del volume molto interessante. Chiari ed indiscutibili pregi dell'opera 
ci sembrano, poi, quelli della ricchezza dell'informazione e della 
completezza dell'indagine svolta: ed infatti, nella prima parte del volume, 
il panorama delle legislazioni, presenti e passate, dei maggiori Stati Europei 
e della Repubblica Nord-Americana sul principio di eguaglianza � veramente 
vasto e convenientemente approfondito, cos� come del tutto soddisfacente 
appare, nelle note, il richiamo alle opere pi� significative dei maggiori 
studiosi dell'argomento; nella seconda met� del libro, il principio di 
eguaglianza nel nostro ordinamento giuddico viene esaminato, sempre con 
numerosi ed utili richiami alla pi� qualificata dottrina, in tutti i suoi possibili 
aspetti. 

Ma se pu�, tranquillamente, affermarsi che l'opera del P. soddisfa pienamente 
l'esigenza, da pi� parti avvertita, di avere, in un campo di estrema 
delicatezza e suscettibile di estese applicazioni in ogni ramo del diritto, una 
organica sistemazione teorica dei concetti fino ad oggi elaborati dalla dottrina 
e dalla giurisprudenza costituzionale, non pu� certo dirsi che le opinioni 
espresse dall'A. nel testo possano accettarsi da coloro che, nell'interpretazione 
del principio d'eguaglianza, si rifiutano di operare richiami a 
valori, per definizione, metagiuridici (quali giustifi,catezza e ragionevolezza 
delle leggi, arbitrio del legislatore et similia). 

Per gli stessi Umiti del presente scritto, non possiamo addentrarci, in 
questa sede, nel vivo dei numerosi problemi trattati dall'A. nella parte 
relativa alle specificazioni del principio d'eguaglianza ed esprimere il nostro 
avviso sulle soluzioni di volta in volta adottate. Per tale parte, facciamo 
rinvio alle tesi esposte, con riguardo alla maggior parte delle questioni 
affrontate nel testo, nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli 
anni 1956-60, vol. I (I giudizi di costituzionalit�), pagg, 91 segg. e 345 segg. 

Poche osservazioni vogliamo aggiungere, invece, sul problema dei limiti 
del sindacato della Corte Costituzionale sulle leggi, nell'ipotesi di asserita 
violazdone del principio d'eguaglianza, anche al fine di sciogliere una 
riserva fatta supra. 

A completamento dell'esposizione del pensiero del P., dobbdamo aggiungere 
che il medesimo critica, nel suo libro, la sentenza 26 g.ennaio 1957, 

n. 28 in cui la Corte Costituzionale ha affermato che � il legislatore pu� 
sempre dettare norme diverse per regolare situazioni che esso considera 
diverse�, purch� la sua disciplina si riveli �obbiettiva� e �senza alcun 
riferimento alle persone� e ritiene, sulla scia del MoRTATI, che, lasciando 
libero il legislatore di valutare la diversit� delle situazioni per ritenerla 
sufficiente a consentire una differente disciplina normativa, si finisce con 
lo svuotare in gran parte del suo valore il principio d'eguaglianza. In altri 
termini, secondo l'A., la legge potrebbe disporre una differenziata disciplina 
solo in presenza di una peculiarit� di rapporti regolati in modo speciale, 
non priva dei caratteri di giustifi,catezza e di ragionevolezza. 

L'unica sentenza della Corte Costituzionale fatta salva nel testo, tra le 
tante criticate, � quella del 29 marzo 1960, n. 16, secondo cui non solo le 
differenziazioni su basi soggettive, ma tutti i casi, in cui l'attivit� legislativa 
di classificazione, comunque, si concreti in manifesto arbitrio ovvero 
sia vi:data per patente irragionevolezza, non sono conformi al principio 
di eguaglianza. 

� chiaro che la stesura del libro in rassegna � stata anteriore al pi� 
recente orientamento, in materia, del giudke di costituzionalit�, se l'A. 
non cita anche quelle decisioni che hanno, pi� o meno negli stessi termini, 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 
13 

affermato che mentre � da ritenere implicita nel principio d'eguaglianza 
l'esigenza di disporre trattamenti differenziali per situazioni obbiettive 
diveme, rimane tuttavia aperto alla Corte Costituzionale l'accertamento 
delle circostanze dalle quali si possa desumere l'idoneit� dei presupposti a 
giustificare la diversit� di trattamento e la non arbitrariet� del trattamento 
differenziato. 

Ora a noi sembra che, aderendo a tesi del tipo di quella propugnata 
dal P., si viene a dare alla Corte Costituzionale la possibilit� di sindacare 
a suo piacimento l'apprezzamento compiuto dal legislatore circa le caratteristiche 
differenziali di certi rapporti o istituti al fine di sottoporli ad una 
disciplina diversa da quella disposta per altri e si consentono allo stesso 
giudice della costituzionalit� valutazioni di natura prettamente politica 
sull'uso del potere discrezionale da parte del Parlamento che assolutamente, 
anche alla luce dell'art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non rientrano 
nella sua competenza. 

Che la Corte Costituzionale possa e debba accertare che il trattamento 
differenziato corrisponda a situazioni differenti e che la diversit� delle situazioni 
non sia fondata su uno dei criteri enunciati dall'art. 3, comma 1� 
(sesso, razza, lingua, ecc), nessuno contesta. 

Ma che essa possa assumersi il compito di sindacare l'idoneit� della 
giustificazione di tutte le norme speciali che pongano una disciplina particolare 
per situazioni differenziate, ci sembra assolutamente di dover escludere 
se si vuoJ.e evitare che il controllo della Corte assuma una coloritura 
politica, del tutto inammissibile alla luce del disposto dell'art. 3, comma 1�, 
della Costituzione. 

L. MAZZELLA 
A. 
PALERMO, Enfiteusi, Supe�rficie, Oneri reali, Usi civici, UTET, Torino, 
1965, pagg. 1107. 
Il libro in rassegna, frutto dell'esperienza di un valoroso magistrato 
-che ha partecipato, in questi ultimi anni, quale rappresentante dell'ufficio 
del P.M., nelle controversie per l'accertamento e la liquidazione degli 
usi civici presso la sezione speciale della Corte d'appello di Roma -fa 
parte della Collana dell'UTET � Giurisprudenza sistematica civile e commerciale�, 
diretta da W. BIGIAVI. 

Le finalit� della collana -che, come l'Editore ha cura d'avvertirci, sono 

quelle di fissare i principi teorici dai quali muovono i magistrati per ri


solvere le singole questioni, di vedere se tali principi si accordino con quelli 

fissati dalla dottrina e di illustrare le applicazioni pratiche dei principi 

medesimi attraverso l'esposizione di una esauriente casistica -ci sembra 

che 
siano state ampiamente raggiunte dall'A. 

I dati teorici di tutti gli istituti presi in esame sono esposti con no


tevole chiarezza e risultano sempre corredati da una ampia indicazione 

bibliografica e da un'adeguata indagine storica, risalente fino al diritto 

romano attraverso le varie fasi del diritto intermedio. Numerose e perti


nenti sono le citazioni giurisprudenziali. 

Il volume � arricchito da tre indici -analitico-alfabetico, degli autori 

e della legislazione -che risultano molto accurati e di grandissima utilit� 

per una pi� agevole consultazione dell'opera. 

L. M. 
AUTORI VARI, Novissimo Digesto Italiano, Voll. XI (N-Ora) e XII (Ord-Pes), 
UTET, Torino, 1965. 

Limiti di spazio ci impongono di soffermare la nostra attenzione soltanto 
su alcune � voci � di maggiore interesse per i lettori di questa Rassegna tra 



14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le tante, veramente di notevole rilievo, contenute nei due volumi in esame 
del � Novissimo Digesto Italiano�. 

Solo di sfuggita ricordiamo, pertanto, che nell'undicesimo volume E. 
BETTI ha curato la voce Negozio giuridico (pagg. 208-220), dandoci una ::a 
breve ma efficace sintesi della sua nota opera sul Negozio, aggiornata con 

.

l'indicazione bibliografica dei pi� recenti �Contributi dottrinali sull'argo. 
mento; M. GioRGIANNI ha svolto, con la consueta chiarezza espositiva, i due . 
temi della Obbligazione, in diritto privato (pagg. 581-614) e della Obbli


lgazione solidale e parziaria (pagg. 674-685); F. SANToRo-PAssARELLI ha 
trattato l'argomento del contratto di Opera (pagg. 982-989) e che altre voci 
meritevoli di 'menzione sono: Novazione, in diritto civile (pagg. 431-438) a 
cura di P. RESCIGNo; Nullit� ed annullabilit�, in diritto civile (pagg. 455


I

467) a cura di R. SAcco; Obbligazione divisibile ed indivisibile (pagg. 636654) 
a cura di R. CICALA; Opposizione, in diritto amministrativo (pagine 
1055-1060) a cura di s. LESSONA. 

Nel secondo dei volumi in rassegna segnaliamo come voci di maggiore 
interesse quelle relative a: Ordinanze e provvedimenti di necessit� 
e di urgenza (dir. cost. e amm.vo) (pagg. 89-103) a cura di G. U. RESCIGNO 
Ordine pubbtico {pagg. 130-135) a cura di L. PALADIN; Organo delle persone 
giuridiche pubbliche (pagg. 216-233) a cura di S. FoDERARo; Parte civile 
(pagg. 464-492) a cura di E. CAPALozzA; Pegno, (diritto vigente) {pagg. 772798) 
a cura di A. MoNTEL; Pegno irregolare (pagg. 798-807) a cura di A. 
DALMARTELLO. 

A parte esaminiamo le voci: Norma giuridica (pagg. 330-337) a cura di 

N. BoBBIO; Nullaosta amministrativo (pagg. 450-455) a cura di C. FERRARI; 
Obbligazione tributaria (pagg. 685-693) a cura di G. ZINGALI, tutte contenute 
nel volume undecimo; ed Ordine amministrativo (pagg. 107-111) a 
cura di L. GALATERIA, compresa nel volume decimo secondo. 
N. BoBBIO, Norma giuridica, vol. XI, pag. 330-337. 
I 

Sulla definizione e sulle pi� rilevanti classificazioni delle norme giuridiche 
verte questo studio di NORBERTO BoBBio, che si segnala ai lettori per 

I

i notevoli nessi che presenta con il contenuto del libro di HERBERT L. A. �~ 
HART, Il Concetto di diritto, da noi recensito tempo addietro (V. questa 

Rassegna 1965, II, 67). 

L'A. ci offre, condensato in poche pagine, un vastissimo panorama delle 
pi� importanti ed interessanti teorie contemporanee sul tema: dalla dottrina 
italiana (CARNELUTTI, PERASSI, DEL VECCHIO, SCARPELLI) a quella francese 
(RouBIER), da quella tedesca (KELSEN) a quella inglese (HART) e scandinava 
(OLIVECRONA, Ross). 

Non mancano accenni, necessariamente sommari per ragioni di spazio, 

ai problemi del linguaggio normativo. 

C. FERRARI, Nulla osta amministrativo, vol. XI, pagg. 450-455. 
I

Di questo studio ricordiamo qui di seguito solo il nucleo essenziale, 
relativo alla natura giuridica del nullaosta amministrativo, tralasciando 
sia il problema dell'autonoma impugnabilit� di tale atto (risolto, peraltro, 
negativamente dall'A.) sia quello della sua differenziazione dalle figure affini, 
ma distinte, dell'abilitazione, dell'approvazione e del parere. 

Contrariamente a auesto affermato dall:a dominante dottrina (che, per�, 
non si � mai occupata -ex professo dell'argomento, fatta eccezione per uno 
studio del DEL Pozzo, edito a Bari nel 1959 ed intitolato, appunto, � Il nullaosta 
amministrativo�), il F. esclude, nel lavoro in rassegna, che il nullaosta 
possa ricomprendersi tra i �provvedimenti autorizzativi�. Per far rilevare 

I !

la differenza esistente tra le due figure dell'autorizzazione e del nullaosta, 
l'A. comincia con il richiamare l'attenzione degli studiosi sul fatto che, 

I ! 

I 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 15 

nella sfera di azione istituzionalmente libera dei soggetti, privati e pubblici, 
vi sono: a) comportamenti la cui attuazione � �Condizionata, oltre che all'accertamento 
dell'esistenza di determinati presupposti, ad una loro diretta 
valutazione discrezionale, in relazione alle esigenze del pubblico interesse, 
da parte degli organi amministrativi e b) comportamenti, invece, la cui 
attuazione � subordinata solo all'accertamento da parte della competente 
autorit� amministrativa della sussistenza di dati presupposti di fatto. 

Orbene -egli aggiunge -mentre relativamente ai primi comportamenti 
gli organi amministrativi, dopo aver valutata la loro legittimit� ed 
opportunit�, la loro conformit� al pubblico interesse, devono emettere, se 
del caso, una manifestazione di volont� che ha, rispetto ad essi, un effetto 
direttamente permissivo, relativamente ai secondi, invece, l'autorit� amministrativa 
competente non deve compiere alcuna valutazione della loro 
conformit� al pubblico interesse, perch� una tale valutazione � stata gi� 
fatta in sede normativa, ma deve solo emettere una dichiarazione di conoscenza 
o di scienza attestante la conformit� di determinati dati di fatto 
al disposto normativo, il quale, in conseguenza, � il solo a produrre realmente 
l'effetto permissivo. 

Tutto ci� significa che mentre per l'attuazione dei comportamenti del 
primo tipo sono necessari dei veri e propri provvedimenti amministrativi, 
dei negozi di diritto pubblico, quali sono le manifestazoni di volont�, per 
l'attuazione dei comportamenti della seconda specie bastano dei meri atti 
di accertamento (o fatti di certazione, secondo la terminologia del GIANNINI 
M. S.) quali sono le dichiarazioni di conoscenza o di scienza. 

Secondo il F., i provvedimenti richiesti per l'attuazione del primo 
tipo di comportamenti sono le autorizzazioni, i fatti di certazione Tichiesti, 
invece, per l'attuazione dell'altro tipo di comportamenti sono i nullaosta. 

Da quanto precede si ricava che la distinzione tra autorizzazione e nullaosta 
si pone, per l'A., sotto un duplice profilo: a) da un lato, mentre le 
autorizzazioni sono veri e propri provvedimenti amministrativi, come tali 
consistenti in manifestazioni di volont�, i nullaosta sono meri fatti di certazione, 
consistenti in dichiarazioni di conoscenza o di scienza; b) da un 
altro lato, mentre le autorizzazioni hanno un effetto direttamente permissivo 
in quanto � l'autorit� amministrativa con la sua pronuncia a consentire il 
comportamento, i nullaosta hanno effetti solo indirettamente permissivi, 
perch� tali effetti, anzicch� essere voluti dagli organi ammin1strativi, sono 
direttamente ricollegati dalla norma giuridica all'accertamento dell'esistenza 
dei presupposti di fatto dalla stessa norma previsti. 

Dopo aver cosi differenziato il nullaosta dall'autorizzazione, il F. aggiunge 
che il fatto di certazione, costituente l'essenza del nullaosta, pu� 
implicare sia accertamenti semplici, vale a dire da compiersi secondo 
regole rigidamente prefissate dalla legge, sia accertamenti valutativi, da 
compiersi, cio�, con discrezionalit� mista, amministrativa e tecnica insieme. 
In quest'ultima ipotesi -aggiunge l'A. -non pu� ritenersi estraneo al 
nullaosta un elemento votitivo, dato dall'autonomia di determinazione dell'organo 
agente, sia pure svolgentesi � nell'ambito del conoscere e non in 
quello dell'agire�; elemento che finisce con il conferire al nullaosta carattere 
discrezionale amministrativo. 

Dalla presenza di un elemento volitivo cos� inteso il F. fa derivare 
una .duplice conseguenza: a) la possibilit� di apporre al nullaosta clausole 
accidentali (condizioni, termini, modi) idonee a limitare o ad ampliare indirettamente 
gli effetti ad esso ricollegati; b) la possibilit� che l'atto risulti 
invalido, oltre che per vizi di legittimit�, anche per vizi di merito. 

Esposto nelle sue linee essenziali il pensiero dell'A. sull'argomento 
ci sembra di poter dire che non sempre le tesi enunciate riescono a con~ 
vincere. L'asserita �presenza nel nullaosta di una discrezionalit� amministrativa 
dovrebbe far escludere, a nostro avviso, che il medesimo possa 
ricomprendersi tra i meri fatti di certazione, i quali possono, al pi� ritenersi 
discrezionali quanto alla loro emanazione (quanto all'an, seco~do la 
nota formula del GIANNINI M. S.), ma giammai quanto al loro contenuto: 
qui non pu� ammettersi altra discrezionalit� che non sia meramente tecnica. 



16 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In tal senso, d'altronde, � tutta la migliore dottrina amministrativistica e 
non ci sembra che il F. sia riuscito, con lo scritto in rassegna, a fugare le 
perplessit� che suscita la tesi contraria. 

Ci sembra, poi, di poter aggiungere che l'affermazione dell'A. -secondo 
cui nel nullaosta, per la presenza di un elemento volitivo, si possono 
inserire clausole dirette a limitare od ampliare gli effetti permissivi contraddica 
chiaramente alle premesse del suo ragionamento, in base alle 
quali nel nullaosta gli effetti permissivi dovrebbero ricollegarsi direttamente 
alla norma giuridica, senza alcuna mediazione della volont� dell'organo 
amministrativo agente. Ci pare, infatti, che, se l'autorit� amministrativa 
pu� limitare od ampliare gli effetti permissivi del nullaosta, la sua 
volont� non pu� dirsi del tutto fuori causa. E se non � fuori causa, ci� 
altro non vuol dire che anche il nullaosta rientra tra le manifestazioni 
di volont� della p. A., cio�, tra i provvedimenti amministrativi di natura 
autorizzativa, cosi come ha sempre ritenuto la dottrina. ~ doveroso aggiungere, 
comunque, che lo studio in rassegna, anche se non del tutto convincente 
per i motivi ora esposti, ha il merito di aver sottoposto all'attenzbne 
degli studiosi la figura giuridica del nullaosta, che, poco approfondita in 
dottrina, ha nella pratica una rilevante frequenza, cosi com'� fatto chiaro 
anche dalle note esemplificative poste dall'A. in calce al suo scritto. 

G. ZINGALt, Obbligazione tributaria, vol. XI, pagg. 685-693. 
Lo studio in rassegna contiene una piana esposizione dei lineamenti 
generali dell'obbligazione tributaria con deliberata esclusione di ogni approfondimento 
delle pi� vive dispute dommatiche (ma ricche di pratiche 
implicazioni -aggiungiamo noi) che si sono avute e �Continuano ad aversi 
sul delicato argomento. 

Per il carattere stesso dello scritto, ci limitiamo, in questa sede, ad 
accennare unicamente al problema della c. d. solidariet� formale nel rapporto 
giuridico tributario che, in contrasto con le premesse, viene vivacemente 
affrontato dall'A. e risolto in senso contrario alla tesi sostenuta 
dall'Amministrazione finanziaria e sempre condivisa dalla Giurisprudenza. 

In proposito dobbiamo rilevare che le osservazioni dello Z. si riducono, 
per la verit�, ad un'elencazione di pretesi inconvenienti pratic~ per ci� 
stesso assolutamente irrilevanti ed inadeguati a contrastare le solide argomentazioni 
da pi� parti svolte in favore della solidariet� formale (Sul 
punto si v. la Relazione dell'Avv.ra dello Stato per gli anni 1956-1960, II, 
341, nonch� AzzAfUTI Gms., La solidariet� nelle obbligazioni tributarie, 
Scritti giuridici, CEDAM, 1963, 502). . . . � 

Non ci sembra, infatti, che l'affermazione -secondo cm l~ sohdarieta 
formale consente agli uffici fiscali di � scegliere � per lo svolgimento dell'intero 
rapporto tributario � il contribuente pi� malleabile, pi� abulico, 
meno preparato ed eventualmente in rotta con gli altri condebitori (!) e 
trovare in tale scelta un motivo per avere risultati vantaggiosi � -possa 
avere qualche valore sul piano strettamente giuridico. 

Sul delicato tema dell'accertamento tributario lo scritto in rassegna 
fa rinvio, per motivi di coordinamento, all'apposita � voce � contenuta nel 
primo volume dell'opera. 

L. GALATERIA, Ordine amministrativo, vol. XII, pagg. 107-111. 
In nucleo centrale la parte pi� interessante, del breve scritto in rassegna 
� dato dall'esam'e del noto problema dell'obbedienza all'ordine ~mministrativo 
da parte del destinatario; problema che per la scarsa ed im.perfetta 
regolamentazione giuridica della m~teria ha ric.evuto,. fi~o a~ oggi, 
soluzioni contrastanti, non di rado suggerite da cons1deraz10m etiche e 
politiche del tutto estranee al tema. 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 17 

L'A. alle dottrine che controvertono sull'ammissibilit� di un sindacato 
solo formale o anche sostanziale sull'ordine da parte del soggetto passivo 
oppone una sua teoria, secondo cui la valutazione della giuridicit� dell'atto 
amministrativo operata dal destinatario di esso non pu� assolutamente 
rientrare in una forma di �sindacato., se questo viene rettamente inteso. 

A tal proposito il G. rileva che il sindacato, per sua stessa natura, non 
pu� che essere esercitato da un soggetto che occupa una posizione di 
supremazia rispetto all'autore dell'atto, ovvero da un terzo che si pone 
super partes. Esso presuppone l'esistenza di una potest� speciale attribuita 
dall'ordinamento giuridico solo ad alcuni organi, i quali rivestono una particolare 
posizione di autonomia e di indipendenza ed hanno, normalmente, 
poteri inquirenti, intesi in senso molto lato. Il suo effetto �, poi, quello 
di agire sulla volont� dell'organo sottoposto ad esso o impedendole di venire 
giuridicamente in vita o annullandola. 

il chiaro -prosegue l'A. -che nessuno dei caratteri propri del sindacato, 
forma tipica di eterovalutazione, si riscontra nella valutazione dell'ordine 
da parte del suo destinatario; valutazione che si appalesa come mera 
autovalutazione, svolgentesi tutt'intera in un ambito �strettamente psicologico 

Difatti, la posizione di soggetto ipassivo del rapporto autoritario, propria 
del destinatario dell'ordine, la mancanza in lui del potere di compiereoperazioni dirette a procurargli la certezza giuridica intorno agli elementi 
di fatto che stanno a base dell'atto da valutare, l'assoluta inidoneit� dell'autovalutazione 
ad incidere positivamente sulla volont� del soggettoattivo dell'atto fanno si che la valutazione del destinatario,. oltre ad agireesclusivamente sulla stessa volont� del soggetto che la compie, si presenti 
con carattere di incompletezza, parzialit� e superficialit� che sono in apertocontrasto con l'essenza di ogni forma di sindacato. 

Per accertare l'esistenza dei fatti che stanno alla base dell'ordine amministrativo, 
delle norme da cui scaturisce la potest� ordinatoria del soggetto 
attivo e degli stessi elementi costitutivi dell'atto, il destinatario secondo 
l'A. -pu� solo compiere quegli accertamenti dei fatti che cadono 
sotto la sua osservazione immediata e diretta, pu� solo fondarsi, cio�, su 
quelle prove storiche, che, per loro stessa natura, non potranno mai dargli 
una vera e propria certezza giuridica. 

Oltre alla critica delle teorie che ammettono un sindacato formale o 
sostanziale del destinatario .sull'ordine amministrativo, lo scritto in rassegnacontiene, a mo' di premessa all'accennato �problema, un'analisi degli elementi 
costitutivi dell'atto in esame ed una descrizione delle sue principali 
classificazioni. 

L. MAZZELLA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI * 


d. P. R. 18 novembre 1965, nn. 1477�1485. -Sono nove decreti emanati 
(in virt� della delega conferita al Governo con legge 9 ottobre 1964, 
n. 1058) per il riordinamento e la organizzazione dell'Amministrazione 
della difesa e del relativo personale, anche civile (G. U. 15 gennaio 1966, 
n. 11, Suppl.). 
d. P. R. 22 n�ovembre 1965, n. 1646. -Modifica l'articolo 9 del regolamento 
generale dei servizi postali (parte seconda -servizi a danaro) 
approvato con r. d. 30 maggio 1940, n. 775, specificando la documentazione 
necessaria per ottenere il pagamento di somme dall'Amministrazione 
postale (G. U. 18 febbraio 1966, n. 43). 
d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1531. -Disciplina l'attuazione dello Statuto 
speciale per la Sardegna in materia di turismo e di industria alberghiera 
(G. U. 29 gennaio 1966, n. 24). 
d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1532. -Disciplina l'attuazione dello Statuto 
speciale per la Sardegna in materia di biblioteche e di musei di 
Enti locali (G. U. 29 gennaio 1966, n. 24). 
d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1562. -Disciplina l'attuazione dello Statuto 
speciale per la Sardegna in materia di espropriazione per pubblica 
utilit� (G. U. 2 febbraio 1966, n. 28). 
d. P. R. 24 novembre 1965, n. 1563. -Sostituisce il quarto comma dell'articolo 
420 del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato 
approvato con r. d. 23 maggio 1924, n. 827 (comma aggiunto con l'articolo 
31 del d. P. R. 30 giugno 1955, n. 1544 e gi� modificato dall'articolo 
3 del d. P. R. 25 gennaio 1962, n. 71), elevando, fra l'altro, a lire 
600.000 l'importo delle somme il cui pagamento pu� essere effettuato 
su esibizione degli indicati documenti di identit� personale (G. U. 2 febbraio 
1966, n. 28). 
legge 20 di.:embre 1965, n. 1443. -Modifica l'articolo 139 del testo 
unico sullo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con 

d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, disponendo una diversa composizione del 
Consiglio superiore della pubblica amministrazione (G. U. 5 gennaio 
1966, n. 3). 
d. P. R. 30 dicembre 1965, n. 1498. -Apporta variazioni al regime daziario 
della tariffa doganale, in applicazione de~li articoli 14 e 23. del 
Trattato di Roma (G. U. 24 gennaio 1966, n. 19, Suppi.). 
d�.p, R. 30 dicembre 1965, n. 1655. -Dispone, in attuazione dell'articolo 
221 del Trattato istitutivo della Comunit� Economica Europea, che 

� Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 

il terzo comma dell'articolo 26 della legge 7 marzo 1938, n. 141 (con 
prescrizioni per i cittadini e gli Enti stranieri portatori di azioni delle 
Banche dichiarate di interesse nazionale) non si applica nei confronti dei 
cittadini ed Enti degli Stati membri della Comunit� Economica Europea 

(G. U. 28 febbraio 1966, n. 52). 
NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice penale, art. 28 (Interdizione dai pubblici uffici) sec�ondo com� 
ma, .n. 5, e terzo c:omma, limitatamente alla parte in cui i diritti in essi 
previsti traggono titolo da un rapporto di lavoro (1). 

Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 
Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, 

G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106. 
r. d. 
21 febbraio 1895, n. 70 CTesto unico delle leggi sulle pensioni 
civili 
e militari), art. 183, primo comma, lettera aJ, e terzo comma (2). 
Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 
(Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, 

G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). 
r. d. I. 31 dicembre 1925, n. 2383 (Norme per il trattamento di quiescenza 
dei salariati statali), art 29, primo comma, lettera aJ, e quarto 
comma (2). 
Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 
(Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, 

G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). 
r. d. 11 aprile 1926, n. 752 (Poteri dell'alto Commissario per la citt� 
e la provincia di Napoli in materia di espropriazioni per pubblica 
utilit�), art. 2, secondo comma, nella parte in cui estende la competenza 
della Giunta speciale presso la Corte di appello di Napoli alle procedure 
espropriative riguardanti beni immobili situati nella provincia 
di Napoli (art. 77, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 10 gennaio 1966, n. 2, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 

Ordinanza di rimessione 29 novembre 1963 della Corte di appello 
di Napoli, G. U. 29 agosto 1944, n. 212 e in questa Rassegna, 1964, 
II, 132. 

� Fra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
quali sono state sollevate o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 
(1) L'illegittimit� costituzionale del terzo comma � stata dichiarata a norma 
dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
(2) Illegittimit� costituzionale dichiarata a norma dell'art. 27 della legge 11 
marzo 1953, n. 87. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 dicembre 1932, n. 1849 (Riforma deZ testo unico deUe Zeggi 
suHe servit� militari), art. 3, secondo comma, in quanto non prevede 
l'indennizzo per limitazioni della propriet� privata di natura espropriativa 
(art. 42, terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 20 gennaio 1966, n. 6, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. 
Ordinanza di rimessione 27 gennaio 1964 della Corte di Cassazione, 
G. U. 29 agosto 1964, n. 212 e in questa Rassegna, 1964, II, 132. 

r. d. I. 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento deZla cassa di previdenza 
per Ze pensioni agii impiegati degli enti ZocaZi), art. 43, primo comma, 
n. 1, e secondo comma (1). 
Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 
(Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, 

G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). 
legge 6 luglio 1939, n. 1035 (Approvazione deU'ordinamento deUa 
cassa di previdenza per Ze pensioni dei sanitari), art. 36, prim�o comma; 
art. 37, primo comma (1). 

Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 
(Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, 

G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). 
legge 25 luglio 1941, n. 934 (Ordinamento deUa cassa di previdenza 
per Ze pensioni ai salariati degZi enti locali), art. 42, primo comma, n. 1, 

� secondo comma; art. 43 (1). 
Sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 
(Ordinanza di rimessione 6 maggio 1965 del Tribunale di Varese, 

G. U. 3 luglio 1965, n. 163 e in questa Rassegna, 1965, II, 106). 
legge 13 agosto 1959, n. 904 (Sistemazione, migZioramento ed adeguamento 
deUe strade statali di primaria importanza e integrazione 
di fondi per Z'esecuzione deZ programma autostradale), artt. 1 e 4 (articolo 
81, quarto comma, della Costituzione). 

Sentenza 10 gennaio 1966, n. 1, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 
Ordinanza di rimessione 10 aprile 1964 del Consiglio di Stato, 

G. U. 12 settembre 1964, n. 225 e in questa Rassegna, 1964, II, 180. 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1019 (Norme sui licenziamenti per riduzione 
di personale dei Zavoratori dipendenti daHe imprese industriali), arti� 
~olo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes l'Accordo interconfederale 
del 20 dicembre 1950 per la parte in cui prescrive l'obbligo 
di un previo procedimento di conciliazione fra le organizzazioni sindacali. 
Sentenza 8 febbraio 1966, n. 8, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. 

Ordinanze di rimessione 23 e 31 marzo 1964 del Pretore di Monsummano 
Terme (G. U. 13 giugno 1964, n. 144 e in questa Rassegna, 
1964, II, 97) e 9 marzo 1965 del Pretore di Firenze (G. U. 30 aprile 
1965, n. 109 e in questa Rassegna, 1965, II, 50). 

(1) Illegittimit� costituzionale dichiarata a norma dell'art. 27 della legge 11 
marzo 1953, n. 87. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
21 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice penale, art. 81 (Pi� violazioni di una o di dive1�se disposizioni 
di legge con una o pi� azioni. Reato continuato), secondo e terzo 
comma (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 8 febbraio 1966, n. 9, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. 
Ordinanza di rimessione 3 marzo 1965 del Pretore di Pesaro, G. U. 
10 luglio 1965, n. 171 e in questa Rassegna, 1965, II, 106. 

r. d. 
18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 62 (artt. 4 e 35 della Costituzione). 
Sentenza 8 febbraio 1966, n. 7, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. 
Ordinanza di rimessione 16 ottobre 1964 del Pretore di Torino, 

G. U. 3 aprile 1965, n. 85 e in questa Rassegna, 1965, II, 48. 
r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale 
dei Minorenni), art. 9, secondo comma, prima parte (art. 3 della 
Costituzione). 
Sentenza 8 febbraio 1966, n. 10, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. 

Ordinanza di rimessione 12 gennaio 1965 del Pretore di Iseo, G. U. 
27 febbraio 1965, n. 52 e in questa Rassegna, 1965, II, 14, con richiamo 
ai precedenti. 

r. d. 14 luglio 1960, n. 1019 (Norme sui licenziamenti per riduzione 
di personale dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), arti� 
colo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 2, lettera e) 
(salvo per quanto concerne l'inciso � tanto in caso di accordo, come 
in caso di insuccesso della procedura conciliativa � ), 4, 5 e relativa 
clausola di chiarimento dell'Accordo interconfederale del 20 dicembre 
1950 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 8 febbraio 1966, n. 8, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. 

Ordinanze di rimessione 23 e 31 marzo 1964 del Pretore di Monsummano 
Terme (G. U. 13 giugno 1964, n. 144 e in questa Rassegna, 
1964, II, 97) e 9 marzo 1965 del Pretore di Firenze (G. U. 30 aprile 
1965, n. 109 e in questa Rassegna, 1965, II, 50) . 

. NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice penale, art. 11 (Rinnovamento del giudizio), primo co1nma, 
in quanto incompatibile con il principio ne bis in idem, cui deve riconoscersi 
natura di norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta 
(art. 10 della Costituzione). 

Corte di assise di La Spezia, ordinanza 5 novembre 1965, G. U. 
15 gennaio 1966, n. 12. 



22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Codice penale, art. 204 (Accertamento di pericolositd. Pericolositd 
sociale presunta), seo:ondo comma; art. 222 (Ricovero in un manicomio 
giudiziario), primo comma, in quanto, nel contemplare e disciplinare 
ipotesi di pericolosit� sociale presunta, rendono possibile il ricovero 
in manicomio di persone attualmente sane di mente ed impediscono 
al giudice l'esercizio del potere di discrezionale apprezzamento sulla 
ricorrenza dei presupposti di fatto per la restrizione della libert� personale 
(art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sezione istruttoria presso la Corte di appello di Genova, ordinanza 
16 novembre 1965, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12 (1) 

Codice penale., art. 222 (Ricovero in manicomio giudiziario), in 
quanto, in relazione all'art. 204 del codice penale, rende possibile il 
ricovero in manicomio di persone attualmente sane di mente (art. 32 
della Costituzione), comporta una indiscriminata applicazione della misura 
di sicurezza (art. 27, terzo comma, della Costituzione), impedisce 
al giudice di valutare se applicare o meno la sanzione (art. 13, secondo 
comma, della Costituzione) e pregiudica il diritto dell'imputato alla 
difesa (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Giudice istruttore del Tribunale di Siena, ordinanza 9 novembre 
1965, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12 (1) 

Codice penale, art. 559 (Adulterio), in quanto punisce l'adulterio 
solo della moglie (artt. 3 e 29 della Costituzione) (2). 

Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 13 ottobre 1965, G. U. 29 gennaio 
1965, n. 25. 

Codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del Pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto implicitamente 
consente al Pretore di emettere decreto di citazione a giudizio 
senza che l'imputato sia stato interrogato. 

Pretore di Ferrara, ordinanza 30 novembre 1965, G. U. 12 feb


braio 1966, n. 38 (art. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Ferrara, ordinanze 26 ottobre 1965, G. U. 29 gennaio 
1966, n. 25; 9 novembre 1965 (due), G. U. 15 gennaio 1966, n. 12; 
16 novembre 1965 (due), G. U. 29 gennaio 1966, n. 25 e 12 febbraio 
1966, n. 38; 23 novembre 1965 (tre), G. U. 12 febbraio 1966, n. 38 
(art. 24, secondo comma, della Costituzione) (3). 

Codice di procedura penale, art. 435 (Reati commessi in udienza; 
giudizio immediato), secondo comma, in quanto non concede termine 

(1) Per altre ordinanze di rimessione cfr. in questa Rassegna, 1965, II, 13 
e 173. 
(2) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 559 del codice penale 
� stata gi� dichiarata non fondata con sentenza 28 novembre 1961, n. 64 della 
Corte Costituzionale. 
(3) Per altre ordinanze di rimessione cfr. in questa Rassegna, 1965, II, 78, 107, 
142 e 173. Analoga questione � stata sollevata per r,art. 506 del codice di procedura 
p�nale dal Pretore di Padova (ord. 19 luglio 1965, Gazzetta Ufficiale 30 ottobre 
1965, n. 273 e in questa Rassegna, 1965, II, 142). 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 23 

per la difesa in ipotesi di giudizio immediato (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
(1). 
Tribunale di Belluno, ordinanza 10 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 
1966, n. 38. 

Codice di procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), 
ultima parte, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione 
di un termine per preparare la difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Tribunale di Belluno, ordinanza 10 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 
1966, n. 38. 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F (Legge sui lavori pubblici), arti� 
colo 317, in quanto conferisce al Governo il potere di emanare norme 
penali nell'esercizio di una potest� regolamentare (artt. 1, secondo 
comma, 70, 76, 77 e 25, secondo comma, della Costituzione) (2) 

Pretore di Caltanissetta, ordinanza 6 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 
1966, n. 38. 

legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), art. 8, 
ultimo comma, in quanto impone l'adempimento del servizio militare 
anche a persone che non siano attualmente cittadini italiani (art. 52 
della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1965, G. U. 
12 febbraio 1966, n. 38. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione 
in materia di boschi e di terreni montani), se ed in quanto 
conferisca ai comitati provinciali forestali il potere di dettare norme 
per la previsione e la repressione di reati (artt. 25 e 77 della Costituzione) 
(3). 
Pretore di Troina, ordinanza 11 novembre 1965, G. U. 29 gennaio 
1966, n. 25. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 15, in quanto consente all'autorit� di pubblica sicurezza 
di privare temporaneamente il cittadino della libert� personale, senza 
atto motivato dell'autorit� giudiziaria (art. 13, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 31 maggio 1965, G. U. 29 
gennaio 1966, n. 25. 

(1) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 435 del codice di procedura 
penale, proposta con riferimento all'art. 25 della Costituzione, � stata 
dichiarata non fondata con sentenza 9 luglio 1963, n. 122 della Corte Costituzionale. 
(2) La questione � stata gi� sollevata, in riferimento al solo art. 25, secondo 
comma, della Costituzione, con ordinanza 23 giugno 1965 del Pretore di Borgo San 
Lorenzo, (Gazzetta Ufficiale 31 luglio 1965, n. 191 e in questa Rassegna, 1965, 
Il, 107). 
(3) Dal testo dell'ordinanza di rimessione la questione di legittimit� costituzionale 
risulta proposta, in riferimento al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, per gli 
artt. 27 e 30 delle prescrizioni di massima e di polizia forestale per la provincia 
di Enna. 

24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 136, sia per eccesso dai limiti della delega conferita con 
l'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 in quanto, limitando la detraibilit�, 
ai fini dell'imposta complementare, ai soli oneri afferenti 
i redditi, innova restrittivamente all'art. 8 della legge 30 dicembre 
1923, n. 3062 (art. 76 della Costituzione), sia perch�, escludendosi 
la detraibilit� di altri oneri, non viene ad essere presa in seria ed 
adeguata considerazione, ai fini della determinazione dell'imposta complementare, 
la capacit� contributiva del soggetto passivo (art. 53 della 
Costituzione) (1). 
Commissione distrettuale delle imposte di Polistena, ordinanza 
9 novembre 1965, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. 

d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 15, n. 6 (artt. 1, 3 e 51 della Costituzione) (2). 
Consiglio comunale di Chieuti, deliberazioni 5 marzo 1965 (due) 

G. U. 29 gennaio 1966, n. 25. 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 93, in quanto prevede, per il fatto di chi sottoscrive pi� di una 
dichiarazione di presentazione di candidatura, una pena pi� grave rispetto 
a quella prevista, per Io stesso fatto, dall'art. 106 del d. P. R. 
30 marzo 1957, n. 361 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Caltanissetta, ordinanze 21 novembre 1965, G. U. 15 gennaio 
1966, n. 12, e 6 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. 

d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio 
nell'esercito, nella marina e nell'aeronautica), art. 1, lettera b, in quanto, 
per il richiamo alle leggi vigenti in materia di cittadinanza e quindi 
anche all'art. 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, 
impone l'adempimento del servizio militare a persone che non siano 
attualmente cittadini italiani (art. 52 della Costituzione). 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1965, G. U. 
12 febbraio 1966, n. 38. 

(1) Sotto il primo profilo, in riferimento, cio�, all'art. 76 della Costituzione, 
la questione � stata gi� sollevata dalla Commissione provinciale delle imposte di 
Genova con ordinanza 20 novembre 1964 (Gazzetta Ufficiale 1965, n. 65 e in 
questa Rassegna, 1965, II, 48). 
(2) La questione, recentemente riproposta in riferimento agli artt. 51, 24 e 
113 della Costituzione (Consiglio comunale di Cassala, deliberazione 24 febbraio 
1965, Gazzetta Ufficiale 17 aprile 1965, n. 98 e in questa Rassegna, 1965, II, 49) 
e in riferimento agli artt. 3, 24, 51 e 113 della Costituzione (Consiglio comunale 
di Reggio Emilia, deliberazione 25 marzo 1965, Gazzetta Ufficiale 5 giugno 1965, 
n. 139 e in questa Rassegna, 1965, II, 80), � stata gi� dichiarata non fondata in 
riferimento agli artt. 24 e 113 della Co11tituzione (sentenza 11 luglio 1961, n. 42), in 
riferimento agli artt. 24, 25, 48 e 113 della Costituzione (ordinanza 7 luglio 1962, 
n. 81) e in riferimento agli artt. 24, 25, 51 e 113 della Costituzione (ordinanza 
20 dicembre 1962, n. 119). Per le altre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 
15 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (nei vari numeri della disposizione) 
cfr. in questa Rassegna, 1964, II, 134 e 1965, II, 49, 80, 110, 143, con richiamo alle 
relative pronunce della Corte costituzionale. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 25 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSIBILITA, 
DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codice civile, art. 274 (Ammissibilit� dell'azione) -manifesta infon


datezza (artt. 24 e 111 della Costituzione) (1). 

Ordinanza 13 gennaio 1966, n. 5, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12. 

Ordinanza di rimessione 29 dicembre 1964 del Tribunale di Siracura, 
G. U. 17 luglio 1965, n. 178 e in questa Rassegna, 1965, II, 106. 

Codl�:e penale, art. 509 (Inosservanza delle norme disciplinanti i 
rapporti di lavoro e delle decisioni dei magistrati del lavoro), primo 
comma -manifesta infondatezza (art. 39 della Costituzione) (2). 

Sentenza 8 febbraio 1966, n. 8, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38. 

Ordinanze di rimessione 24 e 31 marzo 1964 del Pretore di Monsummano 
Terme, G. U. 13 giugno 1964, n. 141 e in questa Rassegna, 
1964, II, 91. 

(1) L'art. 274 del codice civile � stato gi� dichiarato illegittimo con sentenza 
12 luglio 1965, n. 70 della Corte Costituzionale. 
(2) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenza 17 aprile 1957, n. 55 
della Corte coatituzionale. 

CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Responsabilit� per annullamento di illegittima iscrizione all'Universit�. 

Se una studentessa, iscritta all'Universit� nonostante che il suo titolo 
di studio non fosse idoneo, possa richiedere il risarcimento dei danni subiti 
in conseguenza dell'annullamento, da parte del Rettore, dell'esame di ammissione 
e dell'iscrizione ai primi due anno di corso (n. 307). 

APPALTO 

Legittimazione attiva all'azione ex art. 1668 c. c. nei confronti dell'appaltatore. 


Se l'Amministrazione che abbia agito quale stazione appaltante dietro 
incarico della soppressa gestione INA-Casa, a norma degli artt. 11 1. n. 43 
del 1949, 2 1. n. 1148 del 1955, 6 e 7 d. P. R. n. 1265 del 1956, per la costruzione 
di un certo edificio, che sia stato collaudato e consegnato alla predetta 
Gestione giusta le leggi di cui sopra, sia legittimato attivamente alla 
azione di responsabilit� decennale nei confronti dello appaltatore a sensi 
dell'art. 1669 c. c. (n. 291). 

ASSICURAZIONI 

Crediti all'esportazione -Garanzia assicurativa -Pagamento dell'indennizzo. 


Se il pagamento, da parte dell'Istituto Nazionale Assicurazioni, dell'indennizzo 
derivante da un contratto di assicurazione dei crediti alle esportazioni 
di merci e servizi soggetti a rischi speciali, debba essere effettuato 
al soggetto in cui favore e quale creditore pignoratizio siano stati vincolati 
tutti i diritti nascenti dal contratto di assicurazione, ovvero all'assicurato 
(n. 68). 

AUTOVEICOLI 

Ipoteca. 

Se, in caso di distruzione per eventi bellici dell'autoveicolo gravato da 

I diritto reale di garanzia, sia operativo l'art. 2, 5� comma del r.d(.l. 15 )mar-, 
zo 1927 n. 436, relativo alla disciplina del termine quinquennale n. 68. 

Se sia opponibile ai terzi la decadenza dell'ex proprietario da diritti 
ed azioni derivanti da contratti di guerra non denunciati entro il termine 
utile di cui al d. 1. 25 marzo 1948 n. 674 art. 1 (n. 68). 

BORSA 

Agente di cambio -Compatibilit� con la professione di cambiavalute Compatibilit� 
con qualifica di socio accomandante in ditta esercente atti


vit� di cambiavalute. 

Se la professione di agente di cambio sia compatibile con quella di 
cambiavalute (n. 20). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 27 

Se la professione di agente di cambio sia compatibile con la qualifica 
di socio accomandante in ditta esercente attivit� di cambiavalute (n. 20). 

CACCIA E PESCA 

Licenze. 

Se l'obbligo di munirsi della licenza di pesca valga anche per gli utenti 
di un uso civico di pesca (n. 30). 

CINEMATOGRAFIA 

Premi governativi -Sequestro. 

Se, nel pagamento dei premi e contributi governativi concessi ad un 
film, l'Amministrazione sia obbligata a tener conto di un atto di sequestro 
di detti crediti, annotato sul Pubblico Registro Cinematografico, ma non 
notificato all'Amministazione medesima (n. 34). 

COMUNI E PROVINCIE 

Decadenza dalla carica di consigliere comunale, per cancellazione dalle liste 

elettorali. 

Se l'impugnazione avanti la G.P.A. della delibera del Consiglio Comunale 
in sede giurisdizionale, con la quale sia stato dichiarato decaduto dalla 
cadca di consigliere comunale uno dei suoi membri, perch� cancellato 
dalle liste elettorali, abbia carattere sospensivo agli effetti della decadenza, 
in attesa delle decisioni della G.P.A. (n. 118). 

Enti e beni eccl'esiastici. 

Se per i fabbricati ex conventuali devoluti al Demanio dello Stato e 
. concessi ai Comuni in forza dei provvedimenti eversivi del periodo napo'
eonico, il Comune abbia diritto verso lo Stato al rimborso delle spese di 

\anutenzione straordinaria (n. 119). 

'1:.PROMESSO ED ARBITRI 

�to -Nuovo capitolato generale. 

'ia illegittima la costituzione di un collegio arbitrale composto 
.'art. 42 del capitolato generale del 1895, quando la domanda del.
esa sia stato notificata successivamente alla data di entrata in vigore 

JL 

nuovo capitolato generale di appalto (n. 22). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 

Limiti originari di somma. 

Se l'adeguamento dei limiti originari di somma (60 volte i limiti inizali), 
comunque indicati nella legge e nel regolamento di contabilit� generale 
dello Stato, nelle leggi e nei regolamenti contabili speciali o in disposizioni 
correlative, e di quelli stabiliti dall'art. 18 del t.u. delJ.e leggi sull'ordinamento 
della Corte dei conti, sia applicabile all'art. 11, lett. b) del 
Regolamento per la coltivazione indigena del tabacco (r.d. 12 ottobre 1924, 

n. 1590), relativo alle garanzie pecuniarie da prestare per l'esatto adempimento 
degli obblighi inerenti alla coltivazione (n. 210). 

28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Riconoscimento di debito -Mancanza del capitolo di bilancio. 

Se possa provvedersi a riconoscimento di debito per regolarizzare una 
convenzione stipulata tra la Amministrazione ed un privato quando del 
decreto di approvazione di tale convenzione sia stata negata la registrazione 
per mancanza del capitolo di bilancio cui imputare la spesa (n. 211). 

CONTRATTI AGRARI 

Mezzadria. 

Se vi sia interferenza tra la norma che sancisce l'improrogabilit� del 
contratto di mezzadria, nel caso in cui il concedente voglia attuare sul 
fondo trasformazioni radicali, incompatibili .con la continuazione dello stesso 
contratto, e la norma che accorda al mezzadro la facolt� di eseguire 
innovazioni anche se il concedente vi si opponga (n. 18). 

DANNI DI GUERRA 

Sfruttamento di brevetto. 

Se sia assoggettabile ad imposta di R.M. l'indennizzo liquidato di concerto 
dai Ministeri del Tesoro e dell'Industria e Commercio ad una So


Iciet� italiana per un danno di guerra consistente nella confisca da parte 
degli U.S.A., a danno di detta Societ�, dei canoni maturati nel periodo bellico 
per lo sfruttamento di un brevetto della Societ� stessa (n. 119). 

DAZI DOGANALI 

Spedizioniere doganale -Fallimento. 

I

Se uno spedizioniere doganale dichiarato fallito debba essere sospeso 

dalle sue funzioni (n. 30). 

Quali siano, ai sensi dell'art. 37 del Regolamento per la esecuzione 

della legge doganale (app. con r.d. 13 febbraio 1896 n. 65), le condizioni per 

I 

essere riammesso nell'esercizio della patente di spedizioniere o di altro 
rappresentante doganale (n. 30). 


I 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi popolari -cessione in propriet� -spese contrattuali. 

I 

Se le spese contrattuali che il d. P. R. 17 gennaio 1959 n. 2 (art. 10) e 
la legge 27 aprile 1962, n. 231 (art. 7) pongono a carico degli acquirenti 
degli alloggi popolari soggetti alle disposizioni delle norme suindicate, siano 
costituite soltanto dagli oneri strettamente connessi con la stipula degli 
atti di compravendita (n. 170). 

Alloggi popolari -cessione in propriet� -spese successive alla stipulazione 
dei contratti. 

Se le spese che l'Ente proprietario o gestore di alloggi popolari, soggetti 
alle disposizioni del d. P. R. 17 gennaio 1959, n. 2 e successive modificazioni, 
deve sostenere per le operazioni successive alla stipulazione dei contratti 
di vendita si possano porre a carico degli assegnatari degli alloggi (n. 171). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 29 

Se le suddette spese possano invece trovare idonea copertura sul 
prezzo di vendita secondo il disposto dell'art. 21 (lett. b) d. P. R. 17 gennaio 
1959, n. 2, modificato dall'art. 11 della 1. 27 aprile 1962, n. 231 (n. 171). 

Appalto -Legittimazione attiva all'azione ex art. 1669 c. c. nei confronti. 
dell'appaltatore. 

Se l'Amministrazione che abbia agito quale stazione appaltante dietro 
incaricato della soppressa Gestitone INA-Casa, a norma degli artt. 111. n. 43 
del 1949, 2 1. n. 1148 del 1955, 6 e 7 D. P. R. n. 1265 del 1956, per la costruzione 
di un certo edificio, che sia stato gi� collaudato e consegnato alla predetta 
Gestione giusta le leggi di cui sopra, sia legittimato attivamente all'azione 
di responsabilit� decennale nei confronti dell'appaltatore a sensi 
dell'art. 1669 c. c. (n. 172). 

Assegnazione di alloggi con patto di futura vendita. 

Quale sia la natura del contratto di assegnazione degli alloggi con 
patto di futura vendita (n. 173). 

Se, in presenza di tale contratto ed in pendenza di una procedura di 
liquidazione coatta' amministrativa, competa al Commissario Liquidatore la 
facolt� ex art. 72 L. F. di scegliere fra l'esecuzione e lo scioglimento del 
negozio od invece la natura pubblicistica della destinazione prevista per gli 
alloggi precluda l'applicabilit� di tale norma (n. 173). 

EsproPriazioni. 

Se in virt� della 1. 29 febbraio 1965, n. 217 possa la Gescal procedere 
ad espropriazioni di aree comprese in piani di zona (di cui alla 1. 167) 
adottati ma non ancora approvati dal Ministero LL. PP., entro il termine 
triennale prescritto (n. 174). 

Se con la legge 21 luglio 1965, n. 940, sia stato modificato anche l'art. 25 

1. 14 febbraio 1963, n. 60, nel �senso che si sia voluto dare valore esclusivo 
al procedimento di espropriazione previsto dalla legge 167 (n. 174). 
Se, nel caso di occupazione d'urgenza prima dell'approvazione del piano 
di zona, possa ritenersi che l'espropriazione sia stata iniziata prima dell'approvazione 
del piano stesso (n. 174). 

Gescal -Appalti. 

Se per i contratti di appalto della Gestione INA-Casa dopo l'emissione 
del nuovo capitolato generale del 1962, la disciplina sia rimasta immutata 
ovvero abbia subito una modifica nel senso che concorra a stabilirla, con il 
capitolato della Gestione, quello del 1962, anzich� quello del 1895 del Ministero 
LL. PP. (175). . 

Se il nuovo e futuro capitolato della Gestione si applicher�, oltre che 
per il piano decennale della Gescal, anche per i precedenti piani settennali 

(n. 175). 
Se all'ultima parte dei lavori per il completamento del secondo .settennio 
si applichi il capitolato del Ministero LL. PP. del 1962 in quanto richiamato, 
in virt� dell'art. 36 1. 14 febbraio 1963, n. 60, nei singoli contratti (n. 175). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

Fabbricati ex conventuali. 

Se 1per i fabbricati ex conventuali devoluti al Demanio dello Stato e 
concessi ai Comuni in forza dei provvedimenti eversivi del periodo napoleonico, 
il Comune abbia diritto verso lo Stato al rimborso delle �spese di 
manutenzione straordinaria (n. 42). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

30 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Cessione gratuita del bene da espropriare. 

Se sia possibile giuridicamente l'espropriazione per pubblica utilit� 
ove il proprietario del bene, in sede di accordo amichevole, abbia ceduto 
gratuitamente il bene stesso all'Amministrazione espropriante (n. 214). 

Gescat. 

Se in virt� della 1. 29 febbraio 1965, n. 217 possa la Gescal procedere 
ad espropriazioni di aree comprese in piani di zona (di cui alla 1. 167) adottati 
ma non ancora approvati dal Ministero LL. PP., entro il termine 
triennale prescritto (n. 215). 

Se con la 1. 21 luglio 1965, n. 904 sia stato modificato anche l'art. 25 

1. 14 febbraio 1963, n. 60, nel senso che !S� sia voluto dare valore esclusivo 
al procedimento di espropriazione previsto dalla 1. 167 (n. 215). 
Se, nel caso di occupazione d'urgenza prima dell'approvazione del piano 
di zona, possa ritenersi che l'espropriazione sia stata iniziata prima dell'approvazione 
del piano stesso (n. 215). 

FALLIMENTO 

Interessi moratori. 

Se i crediti d'imposta assistiti da privilegio generale continuino a 
produrre interessi dopo la dichiarazione di fallimento (n. 95). 
Se tali interessi siano anch'essi assistiti da privilegio (n. 95), 

Penale per forniture inadempiute. 

Se la penale prevista per l'inampimento del fornitore possa essere 
applicata anche quando il contratto non abbia esecuzione per effetto della 
dichiarazione di fallimento del fornitore stesso (n. 96). 

Spedizioni doganali. 

Se uno spedizioniere doganale dichiarato fallito debba essere sospeso 
dalle sue funzioni (n. 97). 

Quali siano, ai sensi dell'art. 37 del Regolamento per la esecuzione 
della legge doganale (approvata con r. d. 13 febbraio 1896, n. 65), le 
condizioni per essere riammesso nell'esercizio della patente di spedizioniere 

o di altro rappresentante doganale (n. 97). 
FERROVIE 

Poteri di vigilanza sui concessionari di linee ferroviarie. 

Se l'Amministrazione dei Trasporti nell'esercizio del suo potere di 
vigilanza �sui concessionari di linee ferroviarie possa adottare qualsiasi 
provvedimento che, nel suo discrezionale apprezzamento di merito, ritenga 
necessario, ancorch� non previsto da alcuna norma, salvo che si tratti 
di provvedimenti espressamente vietati dalla legge (n. 372). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Aumento anticipato di stipendio. 

Se .sia legittima la revoca dell'atto con cui � stato attribuito l'aumento 
anticipato di stipendio per la nascita di un figlio, in base unicamente alla 
espressa rinuncia fatta dall'impiegato dello Stato a percepire il suddetto 
emolumento (n. 598). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 31 

Benefici di carriera. 

Se ai pubblici dipendenti che, beneficiando della I. 2 febbraio 1962 

n. 37, siano stati inquadrati nelle qualifiche dell'ex gruppo A con decor~ 
renza dal 1� gennaio 1957 possano essere riconosciuti anche i benefici di 
carriera previsti dalla 1. 16 luglio 1960, n. 705 (riconoscimento nei limiti 
di legge, ai fini dell'anticipata ammissione agli scrutini per la promozione 
ad ispettore di 1 � classe del servizio precedentemente prestato nel gruppo 
di concetto o in quello dei dirigenti dell'esercizio) (n. 599). 
Combattenti -Benefici. 

Se l'attribuzione della qualifica di combattente integri una questionedi diritti soggettivi ovvero di interessi legittimi (n. 600). 

Dipendenti dell'Ufficio Italiano Cambi -Compilazione dell'e note di qualifica 
-Criteri da seguire. 

Se ai fini della compilazione delle note di qualifica dei dipendenti 
dell'Ufficio Italiano Cambi, il requisito dell'assiduit�, e cio� della regolarit� 
e puntualit� della presenza in servizio, debba essere valutato in senso 
relativo o assoluto, vale a dire indipendentemente o meno da quelle 
situazioni legittimamente riconosciute che giustifichino un'assenza dal servizio 
(n. 601). 

Se il requisito della produttivit�, sempre al medesimo fine, nel caso 
di assenza giustificata dal servizio, vada valutato in rapporto ad una 
situazione obbiettiva, e cio� da un punto di vista prevalentemente quantitativo 
(n. 601). 

Equo indennizzo. 

Se l'equo indennizzo previsto dall'art. 68 t. u. n. 3 del 1957 a favore 
dell'impiegato che sia rimasto infortunato per ragioni di servizio, sia da 
decurtare della somma che l'interessato abbia conseguito o potr� conseguire 
a titolo di risarcimento del danno da parte di un terzo (n. 602). 

E.N.P.A.S. -Concessione mutui. 
Se l'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dipendenti 
Statali (E.N.P.A.S.) possa concedere mutui al di fuori delle ipotesi previste 
dall'art. 29 1. 19 gennaio 1942, n. 22 e successive modifiche (n. 603). 

Impiegati del Poligrafico dello Stato. 

Se la diversa misura dell'assegno forfettario da corrispondere ai graduati 
del personale dell'Istituto Poligrafico dello Stato addetto al controllo 
ed alla vigilanza sulla produzione dei valori dipenda dalle mansioni concretamente 
esercitate dal personale stesso ovvero dall'appartenenza alle 
particolari qualifiche tecniche previste nella delibera istitutiva (n. 604). 

Lavoro a cottimo -Sanzioni disciplinari. 

Se sia legittima la disposizione dell'Amministrazione PP. TT. che 

impone l'obbligo di apporre la firma di presenza con l'indicazione dell'ora 

di inizio e termine del lavoro a coloro che eseguono prestazioni a cottimo, 

anche straordinarie (n. 605). 

Se al personale che incorra in atti di indisciplina fuori dell'orario 

d'obbligo, ma in occasione delle prestazioni straordinarie a cottimo, possano 

irrogarsi le sanzioni disciplinari stabilite dal D. P. R. 10 gennaio 1957, 

n. 3 (n. 605).
Se sia legittima l'applicazione della sanzione pecuniaria per errori 
contabili involontari anche nei confronti del personale di concetto che 
esegua prestazioni straordinarie cottimizzate di carattere esecutivo (n. 605). 



32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPORTAZIONI -ESPORTAZIONI 

Assicurazione crediti all'esportazione. 

Se il pagamento, da parte dell'Istitut? Na;zional~ Assic1;1razio~i: dell'indennizzo 
derivante da un contratto di assicurazione dei crediti alle 
esportazioni di merci e servizi soggetti a rischi. specia.li, deb):>~ es_sere 
effettuato al soggetto in cui favore e quale cr�editore p1gnoi;atizio siano 
stati vincolati tutti i diritti nascenti dal contratto di assicurazione, ovvero 
all'assicurato (n. 37). 

IMPOSTA DI BOLLO 

Istanze in materia di applicazione di norme sul lavoro. 

S'e devono redigersi in bollo, ai sensi dell'art. 38 della tariffa. a~l. A 
alla legge sul bollo di cui al D. P. R. 25 giugno 1953, n. 492, le richieste 
che vengono rivolte da ditte e privati datori di lavoro per ottenere proroghi;
di termini fissati per la regolarizzazione delle inosservanze alle norme di 
legge, la cui applicazione � affidata alla vigilanza degli Ispettorati del 
Lavoro, ai sensi dell'art. 9 del D. P. R. 19 marzo 1955, n. 5~2, no~ch� per 
la proroga dei termini fissati per l'adempimento d:i ~ltre disposizio~i che 
i detti organi possono impartire in altri casi previsti dalla legge (n. 28). 

IMPOSTA DI R. M. 

Sfruttamento di brevetto. 

Se sia assoggettabile ad imposta di R. M. l'indennizzo liquidato di 
concerto dai Ministeri del Tesoro e dell'Industria e Commercio ad una 
Societ� italiana per un danno di guerra consistente nella confisca da P.arte 
degli U. S. A., a danno di detta Societ�, dei canoni m!iturati nel periodo 
bellico per lo sfruttamento di un brevetto della Societ� stessa (n. 31). 

I.G.E. 
Prova del presupposto tributario. 

Se possa essere assoggettabile ad I. G. E. una ~ttivit� svolta. in c<?ntropartita 
di un corrispettivo virtuale (nella specie �contropartita di una 
concessione accordata da Societ� che gestiva un'aeroporto) (n. 110). . . 

Se sia ammissibile la prova per testi ai fini di indiV:iduare ur:'attivit� 
in concreto svolta per stabilire il modo di cor:responSione dell'imposta, 
estraneo restando al thema decidendum sia l'an che il quantum debeatur 

(n. 110). 
Societ� cooperative -Contributi ver ispezioni. 

Se il contributo dovuto dalle Societ� cooperative per le spese relative 
alle ispezioni ordinarie sia da assoggettare ad I. G. E. (n. 111). 

IMPOSTE E TASSE 

Condono tributario. 

S'e la concessione del condono in materia tributaria pr7visto. dalla 1. 31 
ottobre 1963, n. 1458 sia condizionata anche alla espressa rmunc1a del contribuente 
alla pretesa di rimborso dell'imposta pagata (n. 401). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 33 

Fallimento del contribuente. 

Se i crediti d'imposta assistiti da privilegio generale continuino a produrre 
interessi dopo la dichiarazione di fallimento (n. 402). 

Se tali interessi siano anch'essi assistiti da privilegio (n. 402). 

Imposta di fabbricazione sulla saccarina. 

Se debbano applicarsi le sanzioni previste dall'art. 9 1. 2 luglio 1902, 

n. 238 quando la saccarina assegnata dalla Direzione Generale Dogane per 
esclusivo uso farmaceutico sia stata impiegata per uso diverso da quello 
consentito (n. 403). 
Pena pecuniaria. 

Se l'obbligazione di pagamento della pena pecuniaria inflitta per le 
violazioni delle norme tributarie che non costituiscono reato, ai sensi della 

1. 1929, n. 4, art. 3, si trasmette agli eredi del trasgressore (n. 404). 
Ripetizione di somme indebitamente versate a titolo di imposta. 

Se l'Amministrazione Finanziaria debba restituire le somme percette 
indebitamente a titolo di imposta nel loro esatto ammontare, quando vi 
sia staJta una tempestiva richiesta in tal senso da parte del contribuente, 
anche se, nella richiesta, sia indicata erroneamente una somma inferiore 
a quella indebitamente versata (n. 405). 

Agevolazioni fiscali di cui al d.l. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598. 

Se la definizione contenuta nell'art. 2 del d. 1. C. P. S. 14 dicembre 
1947, n. 1598, dei soggetti agevolati come stabilimenti industriali tecnicamente 
organizzati e costruzioni annesse comprenda o meno l'impianto industriale 
di trasporto del gas naturale, comunemente denominato metanodotto 

(n. 406). 
ISTRUZIONE SUPERIORE 

Iscrizione all'Universitd -Annullamento -Danni. 

Se una studentessa, iscritta all'Universit� nonostante che il suo titolo di 
studio non fosse idoneo, possa richiedere il risarcimento dei danni subiti 
in conseguenza dell'annullamento, da parte del Rettocre, dell'esame di 
ammissione e dell'iscrizione ai primi due anni di corso (n. 18). 

MEZZOGIORNO 

Cassa per il Mezzogiorno -Contributi agli imprenditori artigiani -Revoca. 

Se, nel caso di cancellazione, dal relativo ,albo, dello imprenditore artigiano 
operante nel Mezzogiorno o nelle Isole, possa essere revocato il 
contributo .concesso dalla Cassa per il Mezzogiorno al fine della trasformazione, 
ammodernamento e meccanizzazione della azienda o per le opere 
murarie (n. 32). 

Stabilimenti industriali -Gasdotti. 

Se la definizione contenuta nell'art. 2 del d.1. C. P. 8'. 14 dicembre 
1947, n. 1598, dei soggetti agevolati come stabilimenti industriali tecnicamente 
organizzati e costruzioni annesse, comprenda o meno l'impianto industriale 
di trasporto del gas naturale, comunemente denominato metanodotto 

(n. 33). 

34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MONOPOLI 

Apparecchi di accensione. 

Se la norma di cui all'art. 4 1. 11 gennaio 1956, n. 2, che ha degradato 
ad illecito amministrativo il fatto della detenzione di apparecchi di accensione, 
debba rHenersi innovatrice nell'intera materia de qua od invece 
abbia la pi� limitata portata di modificare la disciplina legislativa in relazione 
al sopradetto specifico fatto (n. 47). 

Cessione di rivendita di generi di monopolio a trattativa privata. 

Se l'Amministrazione dei Monopoli dello Stato possa legittimamente 
rifiutarsi di acconsentire acch� una rivendita di generi di monopolio venga 
ceduta ad 'altri a trattativa privata (art. 31 1. 22 dicembre 1957, n. 1293), 
ove il cessionario sia il coniuge di noto e pericoloso contrabbandiere (n. 48). 

Coltivazione di tabacchi. 

Se l'adeguamento dei limiti originari di somma (60 volte i limiti iniziali), 
comunque indicati nella legge e nel regolamento di contabilit� generale 
dello Stato, nelle leggi e nei regolamenti contabili speciali o in disposizioni 
correlative, e di quelli stabiliti dall'art. 18 del t.u. delle leggi 
sull'ordinamento deLla Corte dei Conti, sia applicabile all'art. 11, lett. b')1 
del Regolamento per la coLtivazione indigena del tabacco (r.d. 12 ottobre 
1924, n. 1590), relativo alle garanzie pecuniarie da prestare per l'esatto 
adempimento degli obblighi inerenti alla coltivazione (n. 49). 

MUTUO 

E.N.P.A.S. -Concessione di mutui. 
Se l'Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per i Dipendenti 
Statali (E.N.P.A.S.) possa concedere mutui al di fuori delle ipotesi previste 
dall'art. 29 1. 19 gennaio 1942, n. 22, e successive modifiche (n. 4). 

OPERE PUBBLICHE 

Capitolato generale -Gescal. 

Se per i contratti di appalto della Gestione INA-Casa, dopo l'emissione 

del nuovo capitolato generale del 1962, la disciplina sia rimasta immutata 

ovvero abbia subito una modifica nel senso che concorra a stabilirla, con 

il capitolato della Gestione, quello del 1962, anzich� quello del 1895 del 

Ministero LL. PP. (n. 66). 

Se il nuovo e futuro capitolato della Gestione si applicher�, oltre che 

per il piano decennale della Gescal, anche per i precedenti piani setten


nali (n. 66). 

S'e all'ultima parte dei lavori per il completamento del secondo set


tennio si applichi il Capitolato del Ministero dei LL. PP. del 1962 in quanto 

richiamato, in virt� dell'art. 36, 1. 14 febbraio 1963, n. 60, nei singoli con


tratti (n. 66). 

POSTE 

Pubblicit� su!la corrispondenza. 

Se, irn tema di pubblicit� effettuata mediante stampigliatura sulla corrispondenza, 
ed in considerazione della concessione in monopolio delle 


. PARTE II, CONSULTAZIONI. 35 

forme pubblicitarie industriali, cotnm�rciali e professionali ~fatta alla Soc. 
Publipost, debba !ritenersi nullo il contratto stipulato dalla P. A. con detta 
Societ� per una propaganda di carattere solidaristico (nella specie divulgazione 
di norme del codice deLla strada) e quindi ripetibili le somme a 
tali fini corrisposte (n. 119). 

PROPRIETA INDUSTRIALE 

Danni di guerra. 

Se sia assoggettabile ad imposta di R. M. l'indennizzo liquidato di 
concerto dai Ministeri del Tesoro e dell'Industria e Commercio ad una 
Societ� italiana per un danno di guerra consistente nella confisca da parte 
degli U.S.A., a danno di detta Societ�, dei canoni maturati nel periodo 
bellico per lo sfruttamento di un brevetto della Societ� stessa (n. 6). 

REGIONI 

'~gione Trentino-Alto Adige -Casse rurali. 

$e la Regfone Trentino-Alto Adige pu� istLtuire o autorizzare l'istitu\
di istituti di credito con provvedimento regionale (n. 133). 

~ABILITA CIVILE 

'TtA.T.O. adibiti a conduzione di autoveicoli. 

' dicembre 1962, n. 1833, che attiene alla disciplina della 
\i dipendenti dello Stato italiano, abiliti alla conduzione di 
\plicabile ai dipendenti della N.A.T.O. (n. 222). 

' la Turchia. 

li accordi di consolidamento in vigore con la 

.1trisposto l'interesse moratorio del 3 %, convenuto 

,., sui versamenti fatti da debitori turchi al Banco 

��a per il successivo trasferimento a favore di creditori 

,, a favor.e di tali creditori sia stato stipulato nei singoli 

1fiteresse di mora c.d. contrattuale da corrispondersi per tutto 

., coJ:'ll'ente da1la scadenza fino all'effettivo trasferimento (n. 21). 

, gli interessi moratori c.d. contrattuali debbano essere calcolati in 

, �aso sul costo della fornitura (n. 21). 

SPESE GIUDIZIALI 

Condanna del querelante nelle spese. 

Se la condanna alle spese del querelante sia titolo per la iscrizione 
di ipoteca legale a favore dello Stato (n. 18). 

Se tale condanna, in caso di querela proposta dal legale rappresentante 
dell'offeso, debba intendersi far carico al rappresentato od invece al rappresentante 
(n. 18). 



36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Accordo multilaterale d� Parigi -Interessi moratori. 

Se, in base a:gli attuali accordi di consolidamento in vigore con la 
Turchia, debba essere corrisposto l'interesse moratorio del 3 % , convenuto 
con gli accordi stessi, sui versamenti fatti da debitori turchi al Banco 
Centrale di Turchia, per il successivo trasferimento a favore di creditori 
italiani, quando a favore di tali creditori sia stato stipulato nei singoli 
contratti un interesse di mora c.d. contrattuale da cOTTispondersi per tutto 
il periodo corrente dalla scadenza fino all'effettivo trasferimento (n. 23). 

Convenzione di Londra per la N.A.T.O. 

Se la particolar.e procedura di risarcimento dei danni stabilita daJ.l'aTt. 
VIII della Convenzione di Londra ratificata con la 1. 30 novembre 1955, 

n. 1335 sia applicabile anche ai casi di responsabilit� contrattuale (n. 24). 
TRATTATO DI PACE 

Accordo con l'India. 

Se, alla luce dello scambio di note tva l'Italia e l'India del 17 marzo 
1959, il blocco dei saldi di cassa in contanti si possa considerare come 
una pura e semplice misura di difesa valutaria da parte del Governo Indiano 
dell'epoca, occasionata dalla guer.ra e destinata a cessare automaticamente 
con il riattivarsi dei normali rapporti, sicch� il suddetto accordo 
andxebbe inteso come una messa a disposizione delle somme a favore dei 
titolari, di cui l'art. 4 dell'Annesso Il verrebbe a dare al nostro Governo 
piena libert� d'apprezzamento amministrativo e politico per il riparto, sia 
per quanto gi� conseguito, sia per quanto ancora da conseguire dall'India 
(n. 86). 



NOTIZIARIO 


L'INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 1966 
PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

All'apertura del nuovo anno giudiziario presso la Suprema Corte di 
Cassazione il consueto interesse ha destat'O la Relazione Annuale del Procuratore 
Generale della Repubblica. 

Il dott. Poggi, dopo essersi brevemente soffermato sull'esame dei dati 
statistici relativi all'andamento degli affari presso i vari uffici giudiziari e 
dopo aver rilevato la crisi dell'istituto della Conciliazi'One, ha fatto constatare 
il progressivo accrescersi del numero dei procedimenti civili esauriti, 
nell'ambito dello stesso grado, oltre il triennio dal loro inizio ed un 
costante aumento delle pendenze, presso quasi tutti gli uffici giudiziari, 
nonostante la generale diminuzione deg1i affari .civili e penali sopravvenuti 
nel corso dell'anno. 

Una parziale spiegazione del mancato pareggio annuale tra cause 
sopravvenute e cause esaurite � stata trovata dal P. G., per la materia 
civile, nel tempo vanamente impiegato dai magistrati per la preparazione 
e nel corso delle udienze istruttorie, e, per la materia penale, nella frequenza 
di sospensioni o rinvii dei dibattimenti per omessa o irregolare 
citazione o per difetto di altri adempimenti di legge causati dall'imperfetta 
organizzazione dei servizi di cancelleria, degli uffici giudiziari ed anagrafici. 


Sugli aspetti sostanziali della litigiosit� civile, il dott. Poggi ha rilevato 
che non vi sono state variazioni notevoli rispetto agli anni precedenti, 
salvo l'aumento delle dichiarazioni di fallimento, dei protesti cambiari, 
dei pignoramenti e delle separazioni personali tra coniugi. 

Nel campo della criminalit�, invece, all'aumento di alcuni reati (adulterio, 
concubinato, atti osceni, omicidio preterintenzionale o colposo, truffa 
e contravvenzioni in genere) ha fatto riscontro una diminuzione di altri 
(lesioni personali colpose, ingiurie, minacce, violazioni di domicilio, violenze 
carnali, omicidi, lesioni personali volontarie, risse, estorsioni ed 
emissioni di assegni a vuoto). 

Dopo un rapido ma particolare accenno al problema della mafia siciliana 
e dopo un esame delle ben note questioni relative alla carriera dei 
magistrati ed alla riforma dell'ordinamento giudiziario, il P. G. � entrato 
nel vivo dei temi dibattuti sia nel Congresso dei Mag�istrati, organizzato 
dall'Associazione Nazionale Magistrati a Gardone Riviera nel settembre 
del decorso anno e sia nel Convegno organizzato dal Centro internazionale 
di studi giuridici a Monza nell'ottobre sucessivo. 

Il dott. Poggi si � occupato cosi del disegno di legge-delega per la 
riforma del codice di procedura penale, dichiarandosi favorevole alla sottrazione 
della funzione istruttoria al P. M. e del delicato problema della 
funzione giurisdizionale in relazione all'indirizzo politico della Costituzione, 
negando all'interpretazione del giudice carattere di vera e propria 
partecipazione alla produzione del diritto. 

Richiamandosi al concetto tradizionale proprio della cosidetta giu


risprudenza concettuale e del positivismo giuridico, il dott. P'Oggi ha 

riaffermato il concetto dell'inammissibilit� di lacune nell'ordinamento giu


ridico e del carattere meramente conoscitivo o dichiarativo della attivit� 

interpretativa, definita tipicamente vincolata. 



RASS'EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La relazione s'� conclusa con l'auspicio, formulato dal P. G., di un 
perfezionamento nel metodo della massimazion~ dell~ s~ntenze del~a !'~-m 
prema Corte, nel senso do� di far precedere ail.l enuncia~ione del iprmc1pio ~ 
di diritto una sintetica esposizione del fatto accertato m sede di ~erito! @ 
per meglio individuare la ratio decidendi specifica e concreta ed i reali d 
confini del contenuto della pronuncia. 

CONVEGNO DI STUDI 

Organizzato dall'Istituto di Architettura e di Urba~istic~ e dalla Ca~tedra 
di materie giuridiche della Facolt� d'Ingegneria, si svolger� m 
Napoli, il giorno 12 marzo 1966, un convegno di studi.avente per oggetto 
i riflessi giuridici ed econoin:ici della .sent~nza 2~ ,geru:~io ~966, n. 6 emessa 
dalla Corte Costituzionale m materia di servitu militari. . . 

Al convegno parteciperanno eminenti giuristi e noti cultori d! ur~anistica 
e di estimo per esaminare quali conseguenze potr� avere. il p~mcipio 
affermato dal giudice di costituzionalit� circ~ la c. d. general~zzaz~one 
'dell'indennfazo nella materia relativa alla formazione ed alla realizzazione 
dei piani urbanistici. 

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