ANNO XVI � N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione di servizio ARTI GRAFICHE MllllLO � ROMA Con questo numero la Rassegna dell'Avvocatura dello Stato assume, dopo sedici anni, una nuova veste, cui si accompagna una riorganizzazione redazionale con la costituzione di un corpo di redattori, composto di colleghi, a ciascuno dei quali � affidata la cura di una rubrica. Questa specifica assunzione di responsabilit� ha, ovviamente, solo lo scopo di permettere il pi� agevole conseguimento dei fini propri , della Rassegna che restano pur sempre quelli indicati fin dal primo numero: la Rassegna, cio�, vuol continuare ad essere, sopratutto, un razionale strumento per il perfezionamento tecnico dell'organizzazione istituzionale e per la migliore preparazione professionale degli avvocati dello Stato. Perci� l'affidamento delle rubriche a singoli colleghi non solo non esclude la collaborazione di tutti gli altri, ma anzi tende a stimolarla e renderla pi� organica e sistematica. Il bilancio di questi sedici anni, che costituiscono la prima fase, prevalentemente sperimentale, pu� considerarsi positivo; spesso, infatti, nella difesa degli interessi fondamentali della Amministrazione dello Stato (che sono poi gli interessi di tutti i cittadini) sia in sede giurisdizionale sia qualche volta anche in altra sede, la possibilit� di far conoscere le nostre tesi ha concorso, in misura notevole, a far conseguire utili risultati. Ricordando e confermando l'impegno assunto nel 1948 diamo inizio a questa nuova fase della vita del nostro periodico, con la certezza che al suo successo tutti i colleghi si sentiranno personalmente impegnati. Elenco delle principali annotazioni a sentenze: La redazione, La incostituzionalit� del ricorso straordinario pag. 3 F. AGR�, Ancora sulla distinzione tra interesse legittimo e interesse a ricorrere . � 44 F. CARUSI, Tutela del diritto del richiedente su titolo intrasferibile all'ordine di prenditore cartolare inesistente � 60 F. CARUSI, In tema di liquidazione delle indennit� per requisizione alleate � � 68 F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� delle norme sulla composizione delle sezioni specializzate agrarie )) 79 F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� di decreti di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria )) 87 F. CARUSI, In tema di prowedimenti cautelari innominati . )) 97 F. CARUSI, In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre di riforma )) 100 U. GARGIULO, In tema di definitivit� del bando di concorso per conferimento di sedi farmaceutiche . � 121 U. GARGIULO, Sul termine per ricorrere avverso i decreti prefettizi emananti nell'esercizio del potere di vigilanza sulle opere pie . )) 127 U. GARGIULO, In tema di applicabilit� delle agevolazioni della l. n. 408 del 1949 ai contratti anteriori alla legge . )) 147 L. CORREALE, Poteri del giudice ordinario di disporre, con l'annullamento della decisione della Commissione provinciale in tema di valutazione, la restituzione di somme gi� pagate )) 167 L. CORREALE, Limiti dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni delle Commissioni provinciali in tema di valutazione )) 169 G. GUGLIELMI, Competenza della Commssione Centrale delle imposte nei giudizi di valutazione )) 185 G. DEL GRECO, Sul ritardo nel pagamento dei corrispettivi nell'appalto pubblico, e sulla natura giuridica del decimo in caso di rescissione )) 193 G. GUGLIELMI, S�lla liceit� del Casin� di Taormina . )) 223 - INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE pag. 3 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE � 22 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE � 58 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � 116 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � 147 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE AP� PALTI E FORNITURE � 188 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE � 217 Parte seconda: RASSEGNE� QUESTIONI � CONSULTAZIONI RASSEGNA DI DOTTRINA pag. 3 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 6 CONSULTAZIONI . � 15 Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, Giuseppe del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Saccari e Mario Fanelli. Coordinamento generale: avvocati Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA. ACQUE PUBBLICHE �-Sottensione parziale -Presupposti di legittimit� del provvedimento, 205. -Sottensione totale e perziale di utenza -DiscipHna delle due ipotesi, 205. ALBERGHI -Regolamenti edilizi comunali Prescrizione di altezza degli edifici -Provvedimento di deroga Motivazione � Comparazione tra l'interesse albel'ghiero e l'interesse urbanistico -Necessit�, 119. APPALTO� -Appalto di opere delle Ferrovie dello Stato -Rescissione dell'appalto -Decimo da pagarsi all'appaltatore -Calcolo -Riferimento ai prezzi revisionati, con nota di G. DEL GRECO, 192. -Aippalto di opere delle Ferrovie dello Stato _ Ritardo nei pagamenti -Responsabilit� della p.a. -Liquidazione dei danni in via preventiva e forfettaria, con nota di G. DEL GRECO, 192. APPELLO -Riserva facoltativa di appello contro sentenza non definitiva -Appello congiunto a quello contro la sentenza definitiva, 102. ARBITRATO -Deposito del lodo -Ordinanza del Presidente del Tribunale che ne. ga l'esecutoriet� _ Ricorribilit� in Cassazione, 188. ATTO AMMINISTRATIVO -Omesso o errato richiamo a norme di legge -Non � ragione di illegittimit�, 205. -Piena conoscenza anteriore alla notif�.ca -Irricevibilit� del ricorso giurisdizionale, 209. AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA - Diiniego Le!jione dii interesse legittimo _ Danno ai sensi dell'art. 2043 e.e. -Insussistenza Domanda di risal'cimento -Difetto assoluto di giurisdizione, 32. CASSAZIONE -Ricorso per Cassazione -Erronea indicazione dl norme violate -Irrilevanza _ Ammissibilit�, 102. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Consiglio di Stato -Decisione Ricorso alle S.U. della Cassazione -Motivi -Difetto di giurisdizione -Estremi, 37. -Consiglio di Stato -Decisione Impugnabilit� per Cassazione -Difetto di motivazione -Non deducibtlit�, 38. -Decisione del Consiglio di Stato Impugnabilit� per Cassazione Motivi attinenti alla giurisdizione Decisione d'inammissibilit� .od improcedibilit� -Non impugnabilit� per Cassazione, 38. ~ Impiego pubblico -Diritti patrimoniali conseguenziali -Controversie -Giurisdizione ordinaria, 22. -Impieg0 pubblico _ Controversie - Restitutio in integrum -Emolu� menti accessori allo stipendio Competenza del Consiglio di Stato, 38. -Impiego pubbilico -Controversie in dipendenza diretta e immediata del rapporto di impiego -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, 22. -Ricorso contro la sentenza di appello e contro quella sulla revocazione -Indagine preliminare sui presupposti della 1giurisdizione, 31. COMUNE -D1ohiarazione di Comune come lo �Calit� economicamente depressa ex 1. n. 365 del 1957 -Comuni viciniori -Interesse, da parte di questi ultimi, a ricorrere. Ammissibilit�, con nota di F. AGRO', 44. CONCESSIONI AMMINISTIRATIVE -Concessione di servizio pubblico di ferrovia -Riscatto -Aree espropriate o acquistate con fondi forniti dallo Stato a 1forfait -Dev� luzione gratuita a favore dello Stato, 140. II i ' I I iili I ~ INDICE IX -Concessioni provvisorie -Inadempimento del concessionario -Decadenza -Controversie _ Competenza, 54. -Sopravvenuta eccessiva onerosit� della prestazione -Risoluzione - Inaommissibilit� -Sopravvenuta eccessiva onerosit� di una sol!\ clausola -Sua eliminazione -lnamsibilit�, 139. -Trasporti in concessione -Autolinee ~ Preferenze -Nuova coneessione -Posizioni dei precedenti concessionari -Preferenze -Limiti, 136. CONTENZIOSO TRIBUTARIO -Registro -Controversie di valutazione Decisione delle Commissioni proviuciali -Ricorso alla Commissione Centrale, con nota di G. GUGLIELMI, 185. CONTRATTI . AGRARI --Norme relative alla composizione delle sezioni specializzate agrarie -E}Lfetti della dichiarazione di incostituzionalit� _ Procedimento civile -Vizio attinente ai presupposti processuali -Difetto di costituzione del giudice -Nullit� insanabi�e -Rinvio al giudice di I grado, con nofa di F. CARUSI, 78. CORTE COSTITUZIONALE -Decisioni dei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale -Natura ed eJ!fetti nei giudizi principali ed � erga omnes �, con nota di F. CARUSI, 84. -Giudizi incidentali di legittimit� costituzionale -Decisione di rigetto -E:tlfetti, 108. -pronuncia di illegittimit� costitu-. zionale -Natura -Efficacia retroattiva -Sussistenza -Limiti, con nota d� F. CARUSI, 78. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Obbligatoriet� delle norme incostituzionali prima (dell'efficacia) della pronuncia della Corte Costituzionale, con nota di F. CARUSI, 84. --Previdenza e assistenza -Termine per la proposizione dei ricorsi in tema di assegni familiari _ De<' orrenza dalla data di spedizione della decisione impugnata -Illegittimit� costituzionale, � 9. DEMANIO -Demanio storico ed artistico -Vin colo di interesse storico e artistico -Notifica precedente alla 1. n. 1089 del 1939 -Rinnovazione Autonomia rispetto al precedente vincolo -Presupposti -Accertamento � Necessit�, 13!!. -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e artistico -Contenuto -Indeterminatezza -IHegittimit�, 139. DEPOSITO -Depositi bancari e cassette di .sicurezza -Sblocco Istanza di sblocco -Rigetto -Impugnativa Lesione di diritti soggettivi -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Sttao, 57. -Depositi consolari -Deposito regolare -Obbligo � di convertire le somme depositate nella nuova carta moneta, 72. -Depositi consolari -Responsabilit� dello Stato italiano, 72. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Alloggi cooperativi -Assegnazione -Ricorso di soggetto estraneo alla cooperativa -Pronunzia della Commissione -Illegittimit�, 137. -Commissione di vigilanza -Attribuzioni di vigilanza e di decisione -Distinzione .� Pronunzia Motivazione � Perplessit� -Illegittimit�, 138. ESECUZIONE FISCALE -Riscossione delle imposte dirette -Delegato governativo per la gestione esattoriale -Diretta riferibilit� dell'attivit� del delegato al1' Amministrazione delle Finanze Conseguenza circa l'onere delle spese dei giudizi relativi alla riscossione e circa la legittimazione a proseguire i giudizi in corso all'atto della cessazione dell'attivit� del delegato, 154. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Espropriazione ai sensi della 1. 15 gennaio 1885 n. 2892 -Interpellanza ai sensi dell'art. 23 1. Urbanistica _ Non necessaria -Sussistenza del potere espropriativo -Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato, 25. � - Indennit� -Danno risarcibile per protrazione ultrabiennale senza titolo di occupazione di urgenza Destinazione dell'area a �sede di opera pubblica prevista nel piano RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X di ricostruz:one -Irrilevanza, 113. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Occupazione in via d'urgenza da -Decisione del Consiglio di Stato parte della Pubblica Amministrasu eccezione di illegittimit� costi zione -Protrazione ultrabiennale tuzionale dichiarata in decisione, della medesima senza il perfezioanzich� con separata ordinanza namento della procedura esproIncensurabilit� da parte della Cas prl�tiva -Trasformazione dell'imsazione, 28. mobile in seguito a :costruzione IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE dell'opera pubblica -Risarcimento -Accertamento dell'Jmposta comple dei danni -Liquidazione, 113. mentare da parte dell'Ufficio del -Opere eseguite dallo Stato -ComRegistro -Previa valutazione dei pilazione e pubblicazione del protitoli da parte del Comitato diretgetto di massima -Non necessativo Agenti di cambio -Natura rie, 209. di tale Comitato -Imprescrittibi -Prefissione del termine per le elit� del diritto di accertamento delspropriazioni con decorrenza dall'imposta prima che sia compiuta la consegna dei lav�ri _ Illegittidetta valutazione _ Inapplicabilit� mit�, 210. della decadenza di cui all'art. 34 -Urgenza ed indifferibilit� non dir. d. n. 3269 e della prescrizione� di chiarata ex lege -Necessit� di cui all'art. 16 d.l. n. 1975 del 1938, specifica dimostrazione, 210. 163. IMPOSTA DI REGISTRO FALSO -Aumenti di capitale per fusione o -Falso documentale in atto pubbli concentrazione di aziende -Con co -Soggetto passivo -Danneg temporaneit� e strumentalit� delle giato dal reato -Distinzione, con operazioni ai fini dei benefici fi nota di A. TERRANOVA, 217. scali -Nozione -Fattispecie, 157. FARMACIE -C3se di nuova costruzione -Age -Bando di concorso per sede far volazioni previste dall'art. 18 dt'll maceutica -Sospensione del con la l. n. 498 del 1949 -Contratti corso -Successivo decreto prefet di mutuo stipulati, per la �costru tizio di abrogazione del provvedi zione di case di abitazione, prima mento di sospensione -Definiti dell'entrata in vigore della legge� vit�, con nota di U. GARGIULO, ma dopo l'entrata in vigore del 120. d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350 -Ap- Competenza in materia di concor-� plicabilit�, con nota di U. GAR so farma�ceutico -Assegnazione al GIULO, 147. medico provinciale, con nota di -Decisione della Commissione pro U. GARGIULO, 120. vinciale in tema di valutazione -Farmacie comunali -Autorizzazio Azione giudiziaria -Limiti, con� ne -Motivazione -Valutazione deL nota di L. CORREALE, 168. le ragioni giustificanti la deroga -Decisioni della Commissione pro Necessit�, 124. v~nciale in tema di valutazione GIUDIZIO CIVILE E PENALE Annullamento da parte del �giu- Giudice penale di secondo grado dice ordinario -Restituzione delle -Liquidazione dei danni -Refor-somme pagate in esecuzione della matio in peius -Inapplicabilit�, decisione annullata -Ammissibicon nota di A. TERRANOVA, 217. lit� nello stesso giudizio, con nota -Giudice� penale di secondo grado di L. CORREALE, 161. -Impossibilit� di liquidazione del -Privilegio fiscale _ Permuta di bedanno -Rimessione giudice civile, ni dotali .-Pignorabilit� per de con nota di A. TERRANOVA, 217. bito di imposta, 183.6 GIUOCO D'AZZARDO -Societ� -Concentrazione di azien- R.D. 31 maggio '1935, n. 1410, code -Benefici previsti dall'art. 29 stitutivo � dell'Ente turistico alberdella 1. 6 agosto 1954 n. 603 glhiero per la Libia CE.T.A.L.) -P:i;esupposti -Limiti, 172. Efficacia discriminante -Esercizio -Societ� -Aumenti di capitale per di casa da giuoco in Taormina, con fusione di societ� o concentrazione nota di G. GUGLIELMI, 230. di aziende sociali -Tassa fissa INDICE Xl Presupposti, 157. -Strumentalit� dell'aumento di capitale rispetto alla fusione di so �Ciet� e alla concentrazione di aziende sociali -Necessit� che la prova del requisito, ai fini dei benefici fiscali, risulti dall'atto sottoposto a registrazione -Insussistenza, 157. -Trasferimenti immobiliari -Accessioni -Presunzione ex art. 47 della legge 3269 del 1923 -Prova contraria, 180. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Societ� ed altri soggetti tassabili in base a bilancio -Accertamento induttivo -Condizioni, 175. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Fondi rustici -Accertamento automatico del valore _ Applicabilit� -Limiti, 167. IMPOSTE E TASSE -Controversie giudiziarie -Foro erariale -Opposizione agli atti ese' Cutivi -Applicabilit�, 168. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Cessione di beni -Restituzione degli stessi beni al venditore contro restituzione o accredito del relativo importo -Atto economico autonomamente imponibile -Limiti, 151. -Entrate a titolo di capitale non soggette all'imposta -Nozione, 151. -Movimento di danaro soggetto all'imposta -Presupposti e condizioni -Inesistenza di un aumento di ricchezza per l'accipiens e concreta non esercitabilit� del diritto di rivalsa -Irrilevanza, 151. -Uso d'atti irregolari ai fini dell'imposta generale entrata _ Obbligo di pagamento -Prescrizione, 178. INVENZIONI INDUSTRIALI -Brevetti -Medicamenti -Divieti di lbrevettabilit� Anestetici Rientrano fra i medicamenti, 108. ISTRUZIONE PUBBLICA - .Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit� -Annullamento del concorso _ Bando di un concorso magistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguita idoneit� poi annullata -Esclusione dal concorso Legittimit�, 136. -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit� _ Annullamento del concorso -Bando di un concorso maigistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguita i�oneit� poi annullata -E'sclusione dal concorso Legittimit�, 135. LEGGE -Illegittimit� costituzionale di norme di legge -Eccezione ritenuta manifestamente infondata -Impugnazione limitata alla sola questione di legittimit� costituzionale -Inammiss~.bilit�, 28. OPERA PIA� -Provvedimenti di vigilanza dell'au. torit� Prefettizia -Ricorso gerarchico -Termine di 1giorni 15 ~ Inapplicabilit�, con nota di U. GARGIULO, 126. OPERE PUBBLICHE -Direttore dei lavori -Attribuzioni -Attivit� svolta al di fuori di tali attribuzioni _ Non impegna la p.a. committente, 214. -Zone depresse -Riconoscimento Criteri e procedimento, con nota di F. AGRO', 44. PRESCRIZIONE ESTINTIVA -Atti interruttivi, 102. PREZZI -Disciplina dei prezzi Organi competenti C.l.P. e C.P.P. Provvedimento di perequazione dei prezzi -Presupposti, 116. � -Dis'Ciplina dei prezzi -Provvedimenti del C.I.P. -Fine di perequazione -Indagine sui costi _ Omissione -Illegittimit�, 116. PROCEDIMENTO CIVILE -Consulente tecnico -Valutazione �consulenza -Poteri del giudice di merito, 102. - Provvedimenti di urgenza -Autonoma impugnabilit� -Esclusione, �con nota di F. CARUSI, 97. -Sentenza non definitiva -"Jus superveniens � -Applicabilit� da parte del giudice di appello, 102. PROFITTI DI REGIME -Profitti avocabili ai sensi deli'art. 5 del d.1.1. n. 134 del 1946 _ Accertamento -Richiamo alle norme per l'accertamento dei redditi di ric �chezza mobile -Limiti, 175. SARDEGNA -Regione Sarda -Statuto speciale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII Piano regolatore generale degli acquedotti e legge di delega al Governo ad emanare le relative norme -Contrasto con lo Statuto della regione Sarda -Esclusione, 15 SICILIA -Ragione SLciliana -Conflitto di attribuzioni -Istruzione pubblica Decisione dei ricorsi gerarchici degli insegnanti elementari in materh di concorsi banditi nelle provincie siciliane -Competenza del1' Assessore alla P.I. della Regione -Esclusione,� 12. -Regione Siciliana -Maestrl elementari -Passaggio dei serv1z1 dallo Sbto alla Regione -Non � ancora intervenuto -Incomp1!tenza della Regione ad emettere norme di immediata applicazione sullo stato giuridico degli insegnanti elementari, 137. SPESE GIUDIZIALI -Distrazione a favore del difensore Omessa pronuncia sulla distrazione -Legittimazione all'impugna�� zione del solo difensore, 72. REGOLAMENTO ED.ILIZIO -Procedimento -Approvazione della G.P.A. -E' necessaria -Parere del Consiglio di Stato -Non � obbligatorio, 125. -Procedimento -Intervento del solo Ministro per la Sanit� in sostituzione del Ministro dell'Interno Legittimit�, 125. REQUISIZIONE -Provvedimenti emanati sotto il governo della repubblica sociale italiana da organi statuali preesistenti -Efficacia, 103. -Requisizioni alleate di immobili Indennit� -Liquidazione -Criteri, con nota di F. CARUSI, 68. -Requisizioni alleate -Procedimento amministrativo -Azione giudiziaria -Rapporti -Conseguenze, con nota di F. CARUSI, 68. RESPONSABILITA' CIVILE -Lucro cessante -Decorrenza interessi, 102. -Responsabilit� della p.a. -Condotta dolosa del dipendente -Difetto di sorveglianza da parte degli organi dell'Amministrazione, con nota di A TERRANOVA, 217. -Responsabilit� della p.a. -Respon sabilit� diretta in caso di colpa o dolo del funzionario -Rapporto di occasionalit� necessaria tra atto illecito e attribuzione del funzionario, 103. RIOORSO STRAORDINARIO -T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34 cvp. 2� e 3� -Illegittimit� costituzionale, con nota redazionale, 3. RIFORMA FONDIARIA -Assegnazione di terre ~ Diritto dell'assegnatario Controversia tra due soggetti sulla spettanza di un terreno quali assegnatari, con nota di F. CARUSI, 99. -Controversie tra pretesi asseignatari dello stesso fondo -Intervento in giudizio dell'Ente di riforma, con nota di F. CARUSI, 99. -Di!ohiarazione di illegittimit� costituzionale di legigi delegate di espropriazione -Conseguenze -A I zione di risarcimento -Legittimazione pa1ssiva, con nota di F. CARUSI, 85. TASSE E IMPOSTE COMUNALI , I -Aumento delle aliquote massime legali -Deliberazioni comunali istitutive di sovraimposte -Successiva autorizzazione -Legittimit�, 130. -Sovraimposte -Deliberazione istitutiva -Valutazione dei presupposti -Ri!ferimento a�le esigenze del bilancio -Illegittimit�, 131. TITOLI DI CREDITO I -Assegno circolare emesso con la .clausola di intrasferibilit� .a favore di soggetto diverso dal richieden I te -Rapporto di emissione -Rapporto cambiario -Errore di persona nel pagamento -Responsabilita �cambiaria della Banca emittente -Legittimazione del prenditore e non del richiedente, con nota di F. CARUSI, 58. -Vaglia della Banca d'Italia emessi con la clausola di intrasferibilit� a favore di prenditori cartolari inesistenti in commutazione di ordinativi ministeriali di pa.gamento falsificati -Riscossione dei medesimi da parte dei truffatori a mezzo banchiere giratario per l'incasso che manc� di identificarli -Esclusione di responsabilita del medesimo nei confronti del richiedente, 1con nota di F. CARUSI, 59. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE (24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 1 (24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 2 (24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 3 (24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 4 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I 17 maggio 1963 n. 1269 Sez. I 22 maggio 1963 n. 1343 Sez. I 30 luglio 1963 n. 2174 Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2194 Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195 Sez. I 29 agosto 1963 n. 2392 Sez. Un. 16 settembre 1963 n. 2528 Sez. III 3 ottobre 1963 n. 2620 Sez. II 5 ottobre 1963 n. 2650 . Sez. Un. 5 ottobre 1963 n. 2661 Sez. I 9 ottobre 1963 n. 2683 Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2737 Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2744 Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2745 Sez. Un. 15 ottobre 1963 n. 2769 Sez. Un. 17 ottobre 1963 n. 2770 Sez. I 17 ottobre 1963 n. 2773 Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2854 Sez. I 29 ottobre 1963 n. 2887 Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2897 . Sez. I 25 novembre 1963 n. 3034 Sez. L 29 novembre 1963 n. 3062 Sez. III 30 novembre 1963 n. 3069 Sez. I 6 dicembre 1963 n. 3rll l Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3159 Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3166 Sez. I 18 dicembre 1963 n. 3188 Sez. I 20 dicembre 1963 n. 3201 Sez. Un. 30 dicembre 1963 n. 3246 pag. 3 )) 9 }) 12 � 15 � 147 � 58 )) 68 � 22 )) 22 )) 72 )) 25 � 78 )) 188 � 27 )) 84 � 151 � 154 � 157 � 161 }) 31 )) 163 }) 97 � 99 )) 192 }) 168 )) 167 )) 102 )) 168 � 108 � 113 )) 172 � 174 � 37 XIV RASSEGNA D�LL'AVVOCATURA .DELLO STATO TRIBUNALI Milano, Sez. I 16 maggio 1963 Napoli, Sez. I 28 maggio 1963 Bologna, Sez. I 14 giugno 1963 n. 504 Catania, Sez. I 28 giugno 1963 n. 843 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE 27 luglio 1963 n. 24 8 novembre 1963 n. 26 LODI ARBITRALI 30 novembre 1963 30 dicembre 1963 n. 64 GIURISDIZIONI AMllfINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV 4 ottobre 1963 n. 600 Sez. IV 23 ottobre 1963 n. 620 Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 650 Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 654 Sez. V 30 marzo 1963 n. 170 Sez. V 27 aprile 1963 n. 541 Sez. V 21 giugno 1963 n. 794 Sez. V 8 luglio 1963 n. 547 Sez. V 25 settembre 1963 n. 773 Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 513 Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 535 �Sez. VI 16 ottobre 1963 n. 739 Sez. VI 16 ottobre 1963. n. 743 Sez. VI 23 ottobre 1963 n. 619 Sez. VI 30 ottobre 1963 n. 797 Sez. VI 31 ottobre 1963 n. 798 COMMISSIONI TRIBUTARIJ!: COMMISSIONE CENTRALE Se:i XI 20 giugno 1962 n. 89695 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 5 marzo 1963 (Milano) PRETURE Taormina, 19 febbraio 1963 (Guarnaschelli) )) 178 )) 58 )) 180 )) 183 pag. 205 )) 209 pag. 139 )) 214 )) 116 )) 119 )) 120 )) 124 )) 43 )) 125 )) 126 )) 130 )) 135 )) 54 )) 137 )) 136 )) 136 )) 57 )) 138 )) 139 pag. 185 pag. 217 pag. 223 - SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare (recensione) . . RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit� del vettore (recensione) . RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Provvedimenti legislativi Disegni e proposte di legge Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit� CONSULTAZIONI Indice sistematico delle consultazioni pag. 3 � 4 )) 6 )) 6 )) 10 )) . 15 ~ 1 ! t 1 ! l I I I - PARTE PRIMA i i fil . ~ ~ II I I , I . I, t I w ~ GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 1� febbraio 1964, n. 1 -Pres. Ambrosini -Rei. Fragali -Ordine dei Geometri c. Ordine degli Ingegneri e Collegio degli Architetti e Min. dei Lavori Pubblici. Ricorso straordinario -T. u. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34, cpv. 2� e 3� -Illegittimit� costituzionale. Il secondo e terzo comma dell'art. 34 del r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 sono affetti da illegittimit� costituzionale, in quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura ai controinteressati la possibilit� della tutela giurisdiziQnale (1). (1) La incostituzionalit� del ricorso straordinario. La sentenza, che si annota, � la prima, che abbia esaminato, sebbe� ne sotto un profilo particolare, che, per il macroscopico contrasto con la Costituzione, non pu� considerarsi il pi� delicato, la legittimit� costituzionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato, residuo storico della �giustizia ritenuta� (1) che ci si ostina a mantenere in piedi, nonostante i gravi inconvenienti e gl'insanabili contrasti cui d� luogo, a sollievo di qualche ritardatario. La Rassegna dell'Avvocatura (2) non aveva mancato di richiamare sul tema l'attenzione degli studiosi fin dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che, sopprimendo il presupposto essenziale della giustizia ritenuta ed assicurando al cittadino �sempre � la tutela giuri� sdizionale degl'interessi legittimi (art. 113) e da parte del suo giudicenaturale, ha travolto ineluttabilmente il ricorso straordinario. Un duro colpo al vetusto istituto, con disappunto dei suoi sostenitori, , peraltro, l'aveva gi� dato la Corte di Cassazione con le sentenze 8 luglio 1953 e 2 ottobre 1953 (in .questa Rassegna, 1953, pag. 278), interrompendo bruscamente ed inesorabilmente il cammino intrapreso per condurre, attraverso l'applicazione del ricorso ex-art. 27, n. 4 t. u. 1054 del 1924, alla affermazione della natura giurisdizionale o para� (1) Vedasi in proposito l'ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, pubblicata in calce. (2) Vedasi 1948, fase. IX, 1 seg.; 1951, 40 seg.; 1953, 7 e 278 seg.; 1961, 53 seg.; 1962, 3 seg., autori ivi citati. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ;) ,_.@ I __ (Omissis). -1. -L'ordinanza della Corte di cassazione richiaI. . ma soltanto il secondo e il terzo comma dell'art. 34 r.d. 26 giugno . 1924, n. 1054, contenente il testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato. Viceversa, l'Ordine dei geometri chiede, sia nell'atto di ' costituzione, sia nella memoria, .che sia dichiarato illegittimo l'art. 34 predetto, e quindi anche il suo primo comma. Questa Corte deve per� stare ai termini della questione cos� come � I stata proposta dalla Cassazione. Deve stare a tali termini anche per escludere che possa es- giurisdizionale del decreto del Capo dello Stato, che decide il ricorso straordinario. La sentenza che si annota, ha posto, a nostro avviso, la parola �' �fine � all'istituto, che � insanabilmente in contrasto con l'art. 113 Cost., e solo una fugace lettura di essa potrebbe far ritenere possibile l'adozione di rimedi atti a farlo sopravvivere. E' esatto, infatti, che la Corte ha dichiarato la illegittimit� costituzionale del secondo e del terzo comma dell'art. 34 r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 solo in quanto, cio�, nelle parti in cui non assicu.rano ai controinteressati la possibilit� della tutela giurisdizionale; ma la sentenza ha avuto cura di precisare che solo questo era il thema decidendum. A proposito della scelta imposta ai cointeressati, infatti, la Corte ha espressamente affermato che la questione della sua legittimit� costituzionale � non era stata proposta (per il giudizio a quo era del tutto irrilevante e, perci�, non poteva essere proposta) e, passando a trattare dei controinteressati -unica questione rimessa al suo esame e, perci�, unica questione sulla � quale la Corte poteva e doveva decidere -ha dichiarato la illegittimit� costituzionale delle norme, perch� hanno loro negato �financo quel modo di tutela che comunque esse avevano ritenuto sufficiente per i cointeressati �. L'espressione non ha bisognodi commenti e non � difficile prevedere la sorte delle norme stesse relativamente ai cointeressati, allorquando alla prima occasione saranno rimesse al giudizio della Corte costituzionale anche sotto questo profilo. Ma alla dichiarazione di incostituzionalit�, a nostro avviso, non possonosfuggire i nebulosi s�condo e terzo comma dell'art. 34 neppure con riguardo all'unico interessato, perch� anche ad esso l'art. 113 Cost. assicura la tutela giurisdizionale (non para o quasi giurisdizionale) degli interessi legittimi contro gli atti della P. A. e tale � anche il provvedimento, che decide il ricorso straordinario. D'altra parte il principio dell'alternativit�, contrastante con la Costituzione, � un corollario del principio, fondamentale per una serena ed obiettiva giustizia, che un giudice non si pronunzi due volte sullo stesso affare e questo principio sarebbe violato manifestamente se si ricorresse all'espediente di far assentare dalla Adunanza Generale tutti i magistrati addetti ad una Sezione, i quali potrebbero, cosi, pronunziarsi, sfuggendo alla ricusazione, sul ricorso avverso il decreto, che decide il ricorso straordinario (LANDI, Trasposizione del ricorso straordinario alla sede giurisdizionale, Giur. it., 1964, VI, 4). Il principio riguarda il giudice, non.solo i suoi componenti, e la Adunanza Generale assorbe in s� tutte le Sezioni del Consiglio di Stato. In queste condizioni riteniamo auspicabile un intervento legislativo, che sopprima, prima che gli ultimi due commi dell'art. 34 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi nella loro interezza, il ricorso straordinario, istituto che, nell'attuale ordinamento, potrebbe sopravvivere solo riducendosi ad un inutile rimedio amministrativo di terzo grado, spesso dannoso, fra l'altro, perch� in contrasto con il principio PARTE I, s::::. I, G:URISPRUDBNZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 sere seguita l'impostazione data alla questione dal Ministero dei Lavori Pubblici, il quale ha discusso ampiamente se le disposizioni denunciate contrastano con l'art. 113 della Costituzione, in quanto in via generale pongono al soggetto leso da un atto amministrativo definitivo l'alternativa fra il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato e quello straordinario al Presidente della Repubblica. Tale metodo ha indotto l'Ordine dei geometri ad intratten�rsi sull'argomento, sia pure con brevi cenni; ma il dubbio proposto dalla Corte di cassazione riguarda soltanto il della definitivit� degli atti amministrativi e con l'esigenza che, attraverso la conseguita inoppugnabilit� degli stessi per effetto della decorrenza del breve termine fissato dalla legge, le situazioni giuridiche amministrative diventino al pi� presto certe e definite. L'intervento legislativo -che dia piena attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale -�, a nostro avviso, indispensabile per assicurare ai cittadini, che abbiano incautamente scelto la via del ricorso straordinario, quella tutela degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione, che solo il ricorso giurisdizionale pu� dare e che la Costituzione assicura esclusivamente attraverso quest'ultimo, come si evince in modo inconfutabile dal combinato disposto degli artt. 24, 100, I comma (che enuncia le due distinte funzioni del Consiglio di Stato, la consultiva e la giurisdizionale), 103, I comma, e 113 della Carta Costituzionale (3). La legge, perci�, dovrebbe sopprimere il ricorso straordinario, assegnando un termine perentorio ai ricorrenti per la trasposizione del ricorso stesso nella sede giurisdizionale. Allo stato, infatti, essendo stata dichiarata costituzionalmente illegittima, sia purein parte, una norma procedurale, questa deve ritenersi inapplicabile �n toto, con la conseguenza che nessun ricorso straordinario pu� essere proposto o deciso, neppure se il provvedimento non riguardi affatto persona, diversa dal ricorrente, fino a quando il legislatore non abbia provveduto a sostituire la norma dichiarata incostituzionale. D'altra parte, la lacuna legislativa, creatasi per effetto della sentenza, che si annota, non potrebbe essere colmata diversamente, attribuendo, ad esempio, ai controinteressati �quel modo di tutela� che l'art. 34 aveva ritenuto � comunque � sufficiente per i cointeressati. A prescindere dalle considerazioni fatte dianzi sull'assoluta inefficienza di questo modo di tutela -che la Corte non ha approvato affatto, espressamente astenendosi dall'esaminare la questione, ad essa non proposta -non � chi non veda come la posizione del controinteressato sia del tutto diversa e non raffrontabile con quella del cointeressato. L'interesse legittimo di questi era stato leso dal provvedimento definitivo, avverso il quale egli aveva il potere e l'onere di proporre ricorso giurisdizionale entro il termine perentorio fissato dalla legge. Se non l'ha f.atto imputet sibi e, almeno sul piano etico, non avr� da dolersi se altri proponga un rimedio, del quale egli potr� avvalersi e dal quale, comunque, almeno in via generale ed astratta, pu� prevedersi ch'egli non subir� danno. L'interesse legittimo del controinteressato, invece, � leso e per la prima volta dal provvedimento, che decide il ricorso straordinario. Ora, imporgli l'onere di insorgere contro il ricorso straordinario a lui notificato e di richiedere espressamente, entro un breve termine perentorio, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale, con la sanzione, in caso d'inadempimento, della perdita di quella tutela giurisdi (3) In questi sensi � la proposta di legge degli onn. ALBERTINI e altri presentata 1'11 ottobre 1963 (A. C. 568). 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale la possibilit� di impugnare in Consiglio di Stato la decisione 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale la possibilit� di impugnare in Consiglio di Stato la decisione che accoglie il ricorso straordinario � preclusa a coloro che avevano un interesse contrario a tale accoglimento. 2. -L'esistenza di questo precetto � stata messa in dubbio dall'Ordine dei geometri; ma esso risulta dal significato generalmente attribuito alle disposizioni in esame. E' per� fondato l'assunto della sua illegittimit� costituzionale. zionale degl'interessi legittimi, che l'art. 113 assicura in ogni caso, � in contrasto con la Costituzione. A prescindere dalla legittimit� della im-" posizione di questo onere, dal suo mancato adempimento (che potrebbe I anc~e ricol~egar~i a f~tto. ~ton imputabdi~e"ttal tertz?t) !lon pu�t mai de-�:?:. durs1 una rinunzia -imp1ic1 a -a un iri o cos i uz1ona 1men e garan tito, peraltro, ancora non sorto. Pu� a nostro avviso, dubitarsi, cio�, se , sia costituzionalmente legittimo presumere da un comportamento omis-1� sivo (non ricollegantesi ad un preesistente obbligo di agire) la rinunzia , a un diritto; ma � fuor di dubbio che sia contrario alla Costituzione presumere la rinunzia ad un diritto, che questa garantisce, e; sopra u o, ~ .. � t tt l�r_,i,� ad un diritto non ancora sorto. L'art. 113 Cost. assicura sempre contro gli atti della P. A. la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi; per = il controinteressato il diritto a questa tutela sorge soltanto dopo che il [_~_'. suo interesse legittimo sia stato leso dal provvedimento, che accoglie i:; il ricorso straordinario; a questo diritto -si ripete -costituzionalmen-f.~ te garantito egli non pu� rinunziare prima che sorga, essendo esclusa 1�==_: dall'ordinamento la rinunzia preventiva e, per di pi�, a diritti indisponibili (4); meno che mai questa rinunzia preventiva pu� essere presunta o ricollegata alla omissione di un'iniziativa, cui non era tenuto. D'altra parte -e questo si dice solo per dimostrare l'assurdit� della ~-' ipotesi da noi formulata -che cosa accadrebbe se il ricorso straordi� W nario non fosse notificato personalmente a tutti i controinteressati (� ~' da escludere, infatti, una notifica per pubblici proclami, che non dareb-�i== be neppure la certezza della conoscenza dell'atto, che minaccia gl'inte-fil ressi legittimi dei controinteressati) o fosse notificato irritualmente ad ~~ alcuni di essi, senza che ci� risultasse chiaramente dagli atti? potrebbe il controinteressato trascurato proporre ricorso giurisdizionale pieno ~ senza incorrere nella violazione del principio dell'alternativit�? e quale I sorte avrebbe �1 ricorso proposto a un giudice, che gi� si � pronunziatosulla questione? ~� La risposta, implicita in queste domande, che possono considerarsi fil retoriche o scolastiche, induce a ritenere che la unica soluzione della ~� questione sia quella prospettata da tempo dall'Avvocatura ed auspicata ~~,:::::~:::g:::l:.::~n~::�p::p::,:~:.~::::�:~:~. I rinunce e le transazioni del lavoratore �, pag. 155-57; D1sTAso, � Un luogo !jl comune in tema di rinuncia >>, Giur. Cass. Civ. 1948, II, pag. 126; Cass. t; 15 gennaio 1957, n. 79; id. 8 giugno 1957, n. 269; id. 24 ottobre 1961, n. r 2355); essa, che � considerata un sottotipo del potere di disposizione, ii_,_�, non � ammessa per i diritti futuri .(Cass. 15 novembre 1954, n. 4233 �, ~ Anp. Napoli 11 ottobre 1956, Rep Foro it., v. Rinuncia, n. 10; nonch� 1~_=, Bozzi A., voce Rinunzia, N.D.I., vol. XI, pag. 713 e autori citati a nota 10) e, tanto meno, per i diritti indisponibili. � I J: cwrw:rtrmmtITBffiffwfW.i0rtrMrw1,;nrtrFfmK1Wftlf@JH11wwwwwwewJiillfrrurawrmrrKtt111wffefifr.tw.rrwrr:w*w""mF& �~�.-r~~�-�==~=:~::=-=~�=:~w� . 93~rar~~~---.� -~W%f1MmtL=--~��-W"f~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE '2 Il principio si suole spiegare osservandosi, per un verso, che la tutela dei controinteressati contro l'istanza proposta con il ricorso straordinario � assicurata dalla presenza, nel procedimento instaurato da quel ricorso, dell'organo dell'amministrazione che ha formato l'atto impugnato, e, per altro verso, che i controinteressati sono vincolati dalla scelta esercitata dai cointeressati, fra la via amministrativa e quella giurisdizionale, . ai sensi delle norme richiamate. A parte che non sempre nel procedimento � presente la amministrazione da cui promana l'atto denunciato per l'annullamento, come si pu� intendere considerando il caso in cui questo atto non promana dallo stesso Ministro competente per la decisione, � incontestabile che l'interesse legittimo, cadendo nella sfera giuridica del singolo, si differenzia da quello della amministrazione, e deve perci� comportare una possibilit� di difesa ind�pendente dalle ragioni che pu� esporre l'autorit� alla quale l'atto si deve imputare; il che � riconosciuto quando si esige la notifica del ricorso ai controinteressati. Tanto pi� la posizione di costoro deve ritenersi autonoma nei riguardi della pubblica amministrazione in quanto nemmeno � sempre vero che gli uni e l'altra possono dedurre difese identiche. Quanto alla scelta spett�nte ai cointeressati fra il ricorso straordinario � il ricorso al Consiglio di Stato, scelta che la Corte di cassazione, non avendo proposto la questione della sua legittimit�, ha ritenuto non contrastante con il dettato dell'art. �3 della Costituzione, essa non potrebbe mai pregiudicare i controinteressati, la cui posizione soggettiva � del tutto contrapposta a quella dei cointeressati, e ai quali quindi non possono non spettare poteri propri. Non accordandoli, le norme predette hanno negato ai controinteressati financo quel modo di tutela che comunque esse� avevano ritenuto sufficiente per i cointeressati. 3. -Deve pertanto ritenersi fondata la questione proposta dalla Corte di cassazione e deve decidersi in conformit�, senza che (ex art. 27 1. 11 marzo 1953, n. 87) si possa dichiarare l'illegittimit� costituzionale dell'intero contenuto delle norme denunciate, come domanda l'Ordine dei geometri nella sua memoria, non essendo di ordine conseguenziale la questione che concerne il ricorrente e i cointeressati. � Ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, 4 aprile 1963 -Pres. Torrente -Est. Rossano: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO FATTO E DIRITTO. -Con atto del 14 gennaio 1960 Tata Nardini, in nome proprio e come presidente del Consiglio dell'Ordine dei geometri, proponeva ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale contro il decreto del Presidente della Repubblica, in data 26 agosto 1959 (cfr. G. U. del 21 novembre 1959), con il ,quale era stato accolto il riesame straordinario proposto dall'Ordine degli ingegneri di Venezia e dal Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia contro una circolare del Ministero dei lavori pubblici, in data 5 maggio 1955, circa i limiti dell'attivit� professionale dei geometri. Il Nardini, con il predetto ricorso giurisdizionale, denunciava la violazione degli artt. 61 reg. 21 aprile 1941, n. 444, 24 Cost. e 5 legge comunale e provinciale. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione del 24 maggio 1961, n. 12, ammesso l'interesse a ricorrere del Nardini, in proprio e nella qualit�, dichiarava inamissibile il ricorso per i vizi denunciati in quanto proposto contro la decisione del Presidente della Repubblica che pronunciava sul ricorso straordinario. Il Consiglio dell'Ordine dei geometri e il Nardini hanno proposto ricorso a queste Sezioni Unite per difetto di giurisdizione sotto due distinti aspetti, L'Ordine degli ingegneri della Provincia di Venezia e il Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia sostengono che il ricorso a queste Sezioni Unite sia inammissibile in quanto concerne non un difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato ma l'nterpretazione delle norme che disciplinano la impugnabilit� della decisione sul ricorso straordinario in relazione al ricorso giurisdizionale. L'interpretazione accolta dalla impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo i resistenti, anche se erronea, sarebbe sottratta al sindacato di queste Sezioni Unite per disposizione di legge. E' sufficiente considerare in contrario che la decisione impugnata ha negato la tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo dedotto dai controinteressati sulla base dell'interpretazione dell'art. 34 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato; conseguentemente il ricorso a queste Sezioni Unite dei controinteressati � ammissibile a norma dell'art. 362 c.p.c. per motivi attinenti alla giurisdizione, tra i quali � compreso anche il diniego di tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo. I ricorrenti, nel primo motivo di ricorso, sostengono che il difetto di giurisdizione debba senz'altro rilevarsi, in mancanza di una norma di legge che esplicitamente escluda il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ai sensi dell'art. 26 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; soltanto per il caso che la esclusione del ricorso si ritenga fondata su i commi secondo e terzo dell'art. 34 del predetto t.u. sollevano la questione di legittimit� costituzionale per violazione dell'art. 113 della Costituzione. Ma deve considerarsi che la impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria ha negato l'ammissibilit� del ricorso giurisdizionale contro il decreto del Presidente della Repubblica, che decide sul ricorso in sede amministrativa, a meno che non siano dedotti vizi di procedimento o di forma suoi propri (omesso parere del Consiglio di Stato, omessa deliberazione del Consiglio dei Ministri, omessa menzione di tali adempimenti, omessa motivazione della difforme deliberazione del Consiglio dei Ministri su alcuni motivi non presi in esame dal Consiglio di Stato, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE incompetenza del Ministro proponente, pronuncia nel merito anzich� sulla legittimit�, etc.), conformemente ad una interpretazione dei menzionati commi secondo e terzo dell'art. 34, che risale alla stessa istituzione del Consiglio di Stato come giudice di legittimit� per la tutela degli interessi legittimi. Tale interpretazione, se si ha riguardo alla formula delle disposizioni, si fonda sulla previsione del menzionato secondo comma, il quale esclude, in generale, l'ammissibilit� del ricorso giurisdizionale � quando, contro il provvedimento definitivo, siasi presentato ricorso in sede amministrativa, secondo la legge vigente �; e, in connessione con la previsione medesima, ha riguardo a quella . del terzo comma, che disciplina il principio dell'alternativit� � quando il provvedimento si riferisce direttamente ad altri interessati� senza considerare il caso di terzi che abbiano interesse opposto al ricorrente ( controinteressati), giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento, e ai quali questo direttamente si riferisca. L'interpretazione medesima poi storicamente ha origine nella distinzione tra giustizia ritenuta e giustizia delegata �ed � stata costantemente affermata dal Consiglio di Stato� in sede giurisdizionale e ritenuta esatta dagli studiosi della materia. Un mutamento di essa da parte di queste Sezioni Unite, sia pure per quanto concerne l'ammissibilit� del ricorso da parte dei controinteressati attuali ricorrenti, lascerebbe dubbi sulla sua esattezza e sullo stesso mantenimento di una diversa interpretazione, dati il peso degli argomenti che sono apparsi efficaci fino all'attuale Costituzione e alla previsione dell'art. 113 della stessa circa la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Non ravvisandosi pertanto di compiere un riesame approfondito della questione con riguardo particolare agli argomenti addotti nella decisione dell'Adunanza Plenaria, una pronuncia di illegittimit� costituzionale dei su citati commi secondo e terzo dell'art. 34, per quanto attengono a controinteressati e alle conseguenze che ne deriverebbero circa la scindibilit� delle posizioni soggettive degli interessati ricorrenti in relazione ai loro rispettivi interessi legittimi, avrebbe influenza decisiva sul fondamento del ricorso per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato sull'interesse legittimo che si assume violato; e non � affatto manifestatamente infondato, in quanto le disposizioni medesime giustificano dubbi sulla previsione di inammissibilit�, dato il contenuto dell'art. 113 per quanto attiene alla tutela giurisdizionale degli interessi legittimi e alla ammissibilit� di limiti della stessa. CORTE COSTITUZIONALE, 1� febbraio 1964 n. 2 -Pres. Ambro sini -Rel. Fragali -Porcelli c. Istituto Nazionale Previdenza Sociale. Costituzione della Repubblica -Previdenza e assistenza -Termine per la proposizione dei ricorsi in tema di assegni familiari -Decorren za dalla data di spedizione della decisione impugnata -Illegitti mit� costituzionale. (Cost. artt. 24, 113; t.u. d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 58, 4� comma). - 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E' costituzionalmente illegittima, per contrasto con gli artt. 113 e 24 della Costituzione, la norma di cui all'art. 58, IV comma d.P.R. 30 maggio 1955 n. 797, che fa decorrere a carico dell'interessato il termine per proporre il ricorso al Ministero del Lavoro e l'azione giudiz~aria, non dalla data di recezione del provvedimento impugnabile, ma dalla data di consegna ali'ufficio postale della lettera contenente la comunicazione del provvedimento stesso (1). (Omissis). -1. -Il Tribunale di Matera ha osservato che � breve il termine stabilito per la proposizione dell'azione giudiziaria in materia di assegni familiari. Ma � addivenuto a tale rilievo soltanto per farne conseguire la maggiore gravit� degli inconvenienti che produce la norma sancita nel IV comma dell'art. 5& del t.u., che regola la materia oggetto specifico della questione di legittimit� costituzionale proposta, secondo la quale quel termine decorre dalla data della spedizione postale della lettera di comunicazione delle decisioni amministrative. Infatti, nel dispositivo, l'ordinanza non fa richiamo al I e al II comma dello stesso articolo, che fissa quel termine; e nei motivi ammette che un termine breve potrebbe talora essere necessario, ad avviso discrezionale del legislatore. Ritiene perci� la Corte che non possa discutersi in questa sede della congruit� del termine in esame; del resto, solitamente giustificata con l'esigenza di rendere rapida la definizione di controversie, che, come quelle relative agli assegni familiari, hanno contenuto spiccatamente sociale. E limita quindi il suo giudizio alla norma che statuisce sulla decorrenza del termine predetto. 2. -Questa norma non si accorda con l'art. 113 della Costituzione. A parte che essa deroga senza alcuna giustificazione al sistema cui � ispirato quello generale delle notificazioni e delle comunicazioni a mezzo del servizio postale, il quale aderisce al criterio della recezione, � decisivo osservare che l'altro principio, quello della spedizione, adottato nella norma denunciata, fa decorrere il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria (1) Decisione di indubbia esattezza, che pone rimedio ad una palese anomalia rispetto ai princip� generali in tema di conoscenza del provvedimento impugnato: art 5, legge comunale e provinciale; art. 36, t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato; artt. 1 e 3, reg. 17 agosto 1907, n. 642, e disposizioni analoghe per la G.P.A. L'ordinanza di rimessione 17 gennaio 1963 del Tribunale di Matera � pubblicata in Gazz. Uff., 6 luglio 1963, n. 180. fJ PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11 dall'avverarsi di un fatto che si manifesta fuori della sfera giuridica dell'interessato, e del cui verificarsi questi � in grado di avere notizia solo se e quando ne riceva comunicazione. Ma la conoscenza della decisione del Ministro pu� ritardare, a causa degli impedimenti che possono colpire la sfera dell'ufficio postale, ed allora il termine per ricorrere al giudice potrebbe in fatto ridursi o financo restare eliminato, e rimarrebbe condizionata alla diligenza di quell'ufficio, e comunque al fatto delle persone addette ad esso, la possibilit� di una reazione giurisd�zionale del destinatario o di una reazione adeguata. Questa Corte ha deciso altra volta (sentenza 22 novembre 1962, n. 93) che il diritto di difesa deve essere regolato dalla legge ordinaria in modo da assicurarne l'effettivit� o da non renderne l'esercizio estremamente difficile; e la particolare natura delle controversie relative agli assegni familiari non pu� essere motivo di pregiudizio all'esplicazione di un diritto garantito costituzionalmente. Assicura invece questa esplicazione il principio che fa esaurire nella recezione il procedimento di notificazione o di comunicazione a mezzo del servizio postale dell'atto contro cui la parte pu� avere interesse a reclamare. E' ovviamente di nessun rilievo l'obiettare che, secondo la prevalente interpretazione del sistema, per il disposto dell'art. 98 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, richiamato nell'art. 58 del testo unico sugli assegni familiari, la parte pu� esperire l'azione giudiziaria dopo che siano trascorsi sessanta giorni dalla presentazione del ricorso al Ministro, ove entro tale termine il ricorso non sia stato deciso. Tale facolt� non � data per rendere possibile quella azione quando la parte abbia ricevuto in ritardo o non abbia ricevuto la comunicazione della decisione ministeriale, e quindi quale mezzo di protezione contro il pericolo che l'interessato decada dall'azione giudiziaria per avere ignorato che gli � stata spedita la comunicazione predetta. E' data per stimolare il Ministro all'esame sollecito del ricorso contro la decisione del comitato; tanto vero che non viene meno il diritto dell'interessato alla tutela giurisdizionale se egli, confidando nella fondatezza delle sue �stanze, attendesse il completarsi del procedimento che ha iniziato (arg. art. 460 cod. proc. civ.). 3. -La norma impugnata deve dichiararsi illegittima anche per quanto si riferisce alla decorrenza del termine per il ricorso al Ministro. Infatti la regola che fa iniziare tale termine dalla consegna all'ufficio postale della lettera con cui si comunica all'interessato la decisione sfavorevole del comitato speciale � pure lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale, perch� un ir 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~ 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~ denza dal ricorso al Ministro, rendendo immutabile la pronunzia del comitato, precluderebbe l'azione giudiziaria. Non � dubbio che, se si applica alla specie il ricordato art. 98 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, la parte, come dopo il decorso di un uguale termine, pu� agire in via giudiziaria ove il Ministro non si sia pronunziato sul ricorso contro la deliberazione del comitato, cos� ha facolt� di ricorrere al Ministro se il comitato non avr� deciso entro sessanta giorni sull'istanza ad esso proposta. Ma le considerazioni sopra svolte circa le finalit� della norma che attribuisce quel potere valgono a convincere che la sua attribuzione non elimina nemmeno il vizio di illegittimit� della disposizione che fa decorrere dalla data di spedizione postale anche il termine per il ricorso al Ministro contro la decisione del comitato speciale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964 n. 3 -Pres. Ambrosini -Rel. Castelli Avolio -Regione Siciliana c. Pres. Consiglio dei Ministri e Ministero P .I. Sicilia -Regione Siciliana -Conflitto di attribuzioni -Istruzione pub blica -Decisione dei ricorsi gerarc~ici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle provincie siciliane -Compe tenza dell'Assessore alla P.I. della Regione -Esclusione. (Statuto regione sic., artt. 14, 17, 20). Spetta al Ministro della P. I. e non all'Assessore alla P. I. della Regione Siciliana la competenza a decidere i ricorsi gerarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle provincie della Sicilia (1). (1) La Corte Costituzionale, in accoglimento delle difese svolte dall'Avvocatura, ha accolto il principio gi� espresso dal Ministero della P.I. con la circolare 30 novembre 1962, n. 7325, che anche nelle provincie siciliane la competenza a decidere i ricorsi gerarchici per i concorsi magistrali spetti agli organi dell'Amministrazione dello Stato e non alla Regione. La sentenza della stessa Corte Costituzionale 30 dicembre 1958, n. 77, richiamata nel testo, � pubblicata in Giur. it. 1959, I, 389. La presente sentenza, trattando ancora della controversa interpretazione dell'art. 20 dello Statuto siciliano (cfr. DE FINA, Il passaggio delle funzioni amministrative dello Stato alla Regione Siciliana, Foro it. 1955, IV, 145) precisa che, affinch� possa esplicarsi in concreto l'attivit� am- X PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 (Omissis). -La difesa della Regione sostiene che il Presidente della Guinta regionale o l'Assessore alla P.I. abbiano, in base all'art. 20 dello Statuto, una competenza amministrativa generale e permanente, che si riferirebbe �non solo alle materie demandate alla competenza legislativa della Regione, tassativamnte indicate nello Statuto, ma anche a quelle destinate a rimanere di pertinenza dello Stato �, Per sorreggere questa affermazione si richiama, innanzi tutto, ad un elemento storico, cio� ai precedenti legislativi rappresentati dal d.l. 18 marzo 1944, n. 91, e dal d.l. lg. 28 dicembre 1944, n. 416, modificato col d.l. lg. 1� febbraio 1945, n. 50. Con questi decreti fu creato in Sicilia l'Alto Commissariato il quale, salvo alcune esclusioni, era competente ad esercitare nell'Isola tutte le attribuzioni delle Amministrazioni centrali. Soppresso l'Alto Commissariato e entrato in vigore lo Statuto speciale, � sarebbe inverosimile -scrive la difesa della Regione -pensare che lo Statuto, norma fondamentale dell'autonomia siciliana, abbia voluto togliere alla Sicilia ci� che la Sicilia gi� aveva: sarebbe contraddittorio concludere che lo Statuto, atto emanato per approfondire e sviluppare il solco iniziato col d.l. 1944, n. 91, abbia introdotto restrizioni rispetto alla disciplina preesistente �. Ma questo riferimento e l'illazione che se ne trae non valgono, perch� � appunto il d.l. del 1944, n. 91 che, nello stabilire, con l'art. 2, le attribuzioni dell'Alto Commissariato per la Sicilia, espressamente eccettuava, nell'ultimo comma, la materia riguardante gli impiegati dello Stato (e non si � mai dubitato che gli insegnanti elementari siano impiegati dello Stato) e quelli degli enti di diritto pubblico. E questa esclusione veniva confermata nell'art. 1 del pure invocato d.l. lg. 28 dicembre 1944, n. 416. Il d.l. lg. 1� febbraio 1945, n. 50, concerne modificazioni riguardanti soltanto la composizione della Consulta regionale e non contiene alcuna ministrativa della Regione, nelle materie indicate nell'art. 20, 1� comma, 2� parte dello Statuto, occorrono i due fondamentali requisiti della attribuzione del potere da parte dello Stato, e delle direttive per l'esercizio di tale potere. Mancando anche uno solo di tali requisiti, non pu� attuarsi la previsione astrattamente indicata nello Statuto. N� pu� parlarsi di esercizio, da parte della Regione, dei poteri amministrativi non delegati, ma primari, (i poteri, cio�, della prima parte dell'art. 20, 1� comma, nella materia in cui la Regione ha legislazione esclusiva), perch� ci� presuppone il trasferimento delle relative attribuzioni, legislative ed amministrative, dallo Stato alla Regione, e fin tanto tale trasferimento non abbia luogo, � illegittima ogni ingerenza della Regione (Corte Cost., 15 luglio 1959, n. 44, Giur. it., 1959, I, 1302). - 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma che si riferisca alle attribuzioni dell'Alto Commissariato, mentre col cl.I. 30 giugno 1947, n. 567, che reca norme transitorie per l'attuazione dello Statuto siciliano, veniva stabilito che: � fino a quando non sar� attuato completamente il passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, e fino a quando non saranno emanate tutte le norme occorrenti per l'attuazione dello Statuto della Regione siciliana, continuano ad osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni del r.d.I. 18 marzo 1944 n. 91, e successive aggiunte e modificazioni�, Si � riportati, quindi, alla eccettuazione espressamente contenuta nel richiamato precedente decreto. Bisogna pertanto riandare all'art. 20 dello Statuto speciale � per accertare se questo, per se stesso, in qualche guisa ., giustifichi l'attribuzione della materia in esame agli organi della Regione. La difesa della Regione sostiene che i suoi organi sarebbero competenti in base alla disposizione del I comma, II parte, dell'articolo 20, e che nel caso in esame ricorrerebbe una fattispecie analoga a quella della Corte con la menzionata sentenza n. 77 del 1958. Ma va subito osservato che la controversia decisa con questa sentenza era del tutto particolare. La Corte, limitando il proprio esame, in relazione al caso da decidere, alla materia dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie di insegnanti elementari disposto dall'Assessore regionale alla P.I., ebbe a rilevare che il Ministero aveva � sempre� inviato all'Assessore i relativi atti e che non erano mancate le direttive della Amministrazione centrale. E concludeva : � Di conseguenza, si deve dichiarare che la Regione ha operato nella materia della presente controversia non jure proprio, bens� quale organo decentrato dell'Amministrazione statale, la quale rimane titolare di questi poteri fino a quando non passeranno alla Regione con il procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto siciliano o in altra guisa giuridicamente efficace. In tale veste l'Amministrazione regionale � tenuta a sottostare alle direttive dell'Amministrazione centrale dello Stato�. In questo modo la Corte, mentre decideva un caso particolare, chiaramente precisava il concetto -che va ribadito anche rispetto all'attuale controversia -eh~, per aversi una competenza decentrata della Regione in virt� della 2� parte del 1� comma dell'articolo 20 dello Statuto speciale, occorre, come del resto si desume dal detto articolo, che vi sia l'attribuzione del potere da parte del competente organo dello Stato -attribuzione sia pure desumibile da fatti concreti -e che da quello vengano date le diret PARTE J, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB E INTERNAZIONALE 15 tive. Diviene una quaestio facti ii modo come tali direttive siano date. Nel caso attuale la materia � diversa da quella esaminata nella ricordata sentenza, trattandosi di proposizione e risoluzione di ricorsi gerarchici; non sono stati inviati per la decisione all'organo regionale tutti i ricorsi inoltrati al Ministero della P.I. (i due, soltanto, trasmessi dal Ministero all'Assore dopo l'ordinanza del 1961, potrebbero anche essere stati inviati per errore); mancano del tutto le direttive, le quali non � escluso che possano essere date anche in questa materia. Si deve dunque risolvere la presente controversia affermandosi la competenza del Ministro per la P .I. a decidere i ricorsi 'gerarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle provincie della Sicilia, e respingersi, di conseguenza, il ricorso della Regione. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964, n. 4 -Pres. Ambrosini :: Rel. Cassandra -Regione Sarda c. Presidenza Consiglio dei Ministri. Sardegna -Regione Sarda -Statuto speciale -Piano regolatore generale degli acquedotti e legge di delega al Governo ad emanare le relative norme -Contrasto con Io Statuto della Regione Sarda Esclusione. (1. 4 febbraio 1963, n. 129; Statuto regione sarda, artt. 3, 4, 6, 14). Non contrasta con le disposizioni dello Statuto speciale per la Regione Sarda la l .. 4 febbraio 1963, n. 129 che detta norme per la compilazione di un piano regolatore generale degli acquedotti e delega il Governo ad emanare le relative norme di attuazione, in quanto essa prevede la normalizzazione del rifornimento idrico dell'intero territorio nazionale, secondo un piano che non pu� essere impostato se non con una visione generale delle necessit� del Paese con riferimento ai mezzi finanziari necessari a risolvere il problema, con un ordine di preferenza che pu� essere fissato solo dal legislatore statale (l). (1) E' la prima volta, a quanto risulta, che la Corte Costituzionale ha dovuto occuparsi della legittimit� costituzionale, con riferimento alla autonomia regionale, di una legge contenente l'enunciazione di un � programma � tecnico-economico, valevole per .l'intero territorio nazionale. E, nel �leddere l'impugnativa sollevata dalla Regione sarda, la Corte ha chiaramente precisato la subordinazione dell'autonomia re 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La questione fondamentale, e che assorbe tutte le altre sottoposte all'esame della Corte, � questa: se lo Stato sia, oppure non, competente a emanare leggi che abbiano per loro contenuto la formulazione di programmi e piani, riguardanti l'intero territorio statale, comprese in questo le Regioni a statuto speciale, e relativi all'intera economia del Paese o a questo o a quel settore di essa. Posta in questi termini, la questione non pu� non essere risolta se non positivamente, nel senso, cio�, che � lo Stato ad avere una competenza siffatta; e non pu� non averla, perch� soltanto ad esso spetta la tutela degli interessi generali. Detto diversamente, l'efficacia della legge statale non si arresta, in questi casi, ai confini della Regione sia a statuto ordinari�, sia a statuto speciale. La Corte ha gi� affermato questo principio nella sentenza n. 12 del 1963 proprio con riferimento alla Sardegna. Esso ha il suo fondamento nell'altro dell'unit� dello Stato, della quale le autonomie regionali sono un'articolazione, e trova espressione nel rispetto degli interessi nazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, imposto esplicitamente o implicitamente come limite della potest� legislativa regionale e sancito per la Sardegna negli artt. 3 e 4 dello Statuto. gionale -che, gi� di per s�, pu� svolgersi solo nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e sempre che non contrasti con l'interesse nazionale o con quello di altre Regioni (art. 117 Cost.) -alle esigenze pi� ampie di una programmazione a carattere nazionale, pur non trascurando di porre in evidenza la necessit� del coordinamento con le esigenze regionali. Che tale soluzione sia ineccepibile basterebbe a dimostrare gi� solo l'art. 41, ultimo comma, della Costituzione, il quale prevede, appunto, � programmi � e controlli opportuni disposti, in base alla legge, perch�, l'attivit� economica pubblica e privata possa essere coordinata a fini sociali. Trattasi di una norma valevole per gli Enti pubbl�ci non meno che per i privati. Limite formale a tale potere programmatico dello Stato � la riserva di legge, la quale, peraltro, non va intesa in senso assoluto, come da taluno si propende a ritenere (Fms, Osservazioni sui limiti dell'impugnativa costituzionale e sulla riserva di l�gge prevista dall'art. 41 Cast., Giur. cost., 1958, 25), bens� in senso relativo (PREDIERI, Profili costituzionali, natura ed effetti dei piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle decisioni giurisprudenziali, Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 240; SANTANIELLO, Gli atti amministrativi generali a contenuto non normativo, Milano, 1963, 171), nel senso, cio�, che il legislatore determina il programma, il quale viene successivamente attuato mediante uno o pi� atti amministrativi- piani. Nella precedente sentenza 24 giugno 1961, n. 35, (Giur. it. 1961, I, 1032, e PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE l� Che il piano generale degli acquedotti sia un piano ispirato a un preminente e fondamentale interesse nazionale e che esso possa essere collegato, entro certi limiti, con le riforme economico- sociali, delle quali � parola nelle previsioni legislative sopra ricordate degli statuti speciali, non pare possa essere revocato in dubbio. Vero � che la difesa della Regione ha tentato di distinguere tra � programmazione economica � e � pianificazio ne tecnico-urbanistica � collegata ad una parallela e complementare programmazione di interventi finanziari, per ammettere la competenza statale ad emanare soltanto norme che abbiano ad oggetto la prima, vale a dire la � programmazione economica �. Ma, a prescindere dalla fondatezza di una distinzione siffatta, che pu� accettarsi assegnando alla �programmazione economica � una significazione ampia e generica, tale, cio�, da abbracciare l'intera economia del Paese al fine di segnare le grandi linee direttive dello sviluppo economico della collettivit�, non ritiene la Corte che essa possa essere invocata per giustificare una dichiarazione di illegittimit� della legge impugnata. In realt�, un piano generale per gli acquedotti, che si proponga di assicurare i rifornimenti idrici a tutta la popolazione della Repubblica, o, come dicono i tecni�i, di �normalizzare� con riferimento a certi parametri quantitativi e temporali, la richiami di dottrina ivi indicati) la stessa Corte Costituzionale aveva chiaramente precisato i limiti e le modalit� del �programma� che, nella fattispecie allora decisa, era ben pi� settoriale che non il piano degli acquedotti, e cos� testualmente affermava: � Non basta, dunque, che la legge determini genericamente i fini che con i detti programmi si vogliono raggiungere. Occorre la specificazione dei fini, la precisazione dei criteri da seguire per il raggiungimento di questi fini, l'indicazione dei mezzi, la determinazione degli organi che sono chiamati ad attuare i programmi o che sorto stabiliti per esercitare i controlli. Non basta attribuire un potere in 'vista del raggiungimento dei fini, ma bisogna anche stabilire i limiti e l'estensione del potere e prevedere gli. effetti che con gli atti, derivanti da tale potere, si producono. In concreto, talvolta la legge stessa attraverso le sue disposizioni determiner�, col programma, le finalit�, fisser� i criteri di attuazione, gli organi, i poteri e le limitazioni dei poteri degli organi, l'estensione della libert� che pur bisogna lasciare agli operatori ed ogni altra particolarit� atta a meglio disciplinare il programma, altra volta sar� pi� opportuno che la legge approvi semplicemente un programma o piano, separatamente formato nei suoi particolari, ma discusso con la legge stessa e allegato alla medesima, e quindi di essa facente parte integrante, salvo a modificare, con. legge, questa legge di approvazione o il piano allegato, soltanto quando circostanze di tempo o mutazioni economiche lo richiederanno. L'organo legislativo � in ci� sovrano e, a seconda dei casi, presceglier� forma e sostanza, salvi per� sempre i dettami della Carta costituzionale �. 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO soddisfazione di un bisogno primario e fondamentale degli abitanti, non pu� essere impostato� se non secondo una visione generale delle necessit� del Paese e con riferimento ai mezzi firiaru ziari necessari a risolvere il problema e alla assegnazione di codesti mezzi ai vari settori secondo un ordine di preferenze che non pu� essere fissato se non dal legislatore statale. E d'altra parte � difficile negare che un piano, il quale si proponga le finalit� sopra enunciate, non sia riconducibile a quelle modificazioni delle �infrastrutture� (come usa dire), che sono condizione e, insieme, parte delle riforme economico-sociali che lo Stato � tenuto a perseguire secondo gli indiiizzi e col rispetto dei limiti posti dalla Costituzione. Ci�, tuttavia, non significa che la competenza statale in questo campo sia cos� assorbente da limitare ogni altra competenza regionale fino ad eliminarla affatto. Qualora si affermasse un principio di questo genere, si correrebbe il rischio di vedere compromessa l'autonomia regionale e perfino negate la stessa sua ragione d'essere, che � quella di dare soluzioni appropriate ai problemi particolari di ciascuna Regione e tutela adeguata ai relativi interessi. Occorre perci� che in questo campo il preminente interesse generale, del quale � portatore lo Stato, si coordini e si concilii con l'interesse particol�re del quale � portatrice la Regione, quando dalla impostazione generale del piano si scenda alla sua La 1. 4 febbraio 1963, n. 129, risponde pienamente a tali limiti ed a tali modalit�, con la previsione specifica degli organi chiamati ad elaborare il piano, del suo contenuto analiticamente determinato, delle forme . di pubblicit�, delle osservazioni ed opposizioni, delle conseguenze giuridiche vincolanti per i terzi (riserva delle acque incluse nel piano), ed, infine, delle norme di attuazione del piano stesso, da adottare con la forma dei decreti legislativi delegati, secondo principi direttivi e termine perentorio predisposti nella stessa legge, in ottemperanza all'art. 76 della Costituzione. Di conseguenza per quanto riguarda le specifiche norme di legge impugnate la Corte ha dichiarato assorbite le censure di legittimit� costituzionale mosse dalla Regione, in quanto esse pongono solo i criteri direttivi del piano regolatore costituendone la premessa necessaria, mandando all'Esecutivo ed al Legislatore di stabilire, rispettivamente, il contenuto del piano e le norme per la sua attuazione. Questa affermazione della Corte sembra particolarmente importante perch� pone a fuoco, se pure non espressamente, il problema della ammisI,: . .[ sibilit� dell'impugnativa costituzionale avverso leggi deleganti non ancora seguite dalle leggi delegate. Finora, infatti a partire dalla fondamentale sentenza 24 gennaio 1957, r wi n. 3 (Giur. cost. 1957, 11), la Corte aveva ritenuto la propria competenza a conoscere delle leggi deleganti solo come mezzo per giudicare della .. -�Il . . . 5�::1��JW#1-.;.rr.rrr.11111._11,,r�� :'.1'mms'-~ ;....,J@f:illf!IBW.w.efl..4.f&:Ai.M.. ~.;..t>L.~&fill..�y,�)b:./)t.y,;�.�:.,,,,,.. M .; ~.,. ,~---~� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 specificazione concreta. Soprattutto in questa fase, che � la fase di realizzazione del piano generale attraverso piani regionali, deve intervenire il necessario coordinamento dell'opera statale con quella regionale, nell'ambito e nel rispetto delle competenze statutarie delle singole regioni. E' stata questa, del resto, la via seguita dal legislatore per la formulazione del piano organico di rinascita della Sardegna, itJ:revisto dall'art. 13 dello Statuto speciale e per gli interventi straordinari nell'Italia meridionale e insulare ad opera della Cassa del Mezzogiorno. Nel primo caso il piano � disposto dal Comitato dei Ministri. per il Mezzogiorno col concorso della Regione autonoma della Sardegna, concorso che si realizza mediant� la partecipazione del Presidente della Giunta regionale con voto deliberativo alle deliberazioni del Comitato dei Ministri, e mediante l'intesa tra gli organi tecnici della Regione per la Cassa per il Mezzogiorno nella fase di predisposizioni del piano generale e dei programmi annuali e pluriennali nell'ambito di quello, tutti sottoposti, poi, all'approvazione del Comitato dei Ministri come sopra integrato (artt. 1, 3 e 4 della I. 11 giugno 1962, n. 588). Nel secondo caso, i programmi particolari delle opere relative alla Sicilia e alla Sardegna sono predisposti dalle Amministrazioni delle Regioni d'intesa con la Cassa per il Mezzogiorno, competente poi ad approvarli, e nell'ambito di un piano o programma generale predisposto e approvato �lal Co- validit� delle relative leggi delegate; e cos�, nell'esercizio di tali poteri, la Corte aveva affermata la sua competenza a sindacare anche la validit� del procedimento . formale per l'approvazione della legge delegante, della sussistenza e dell'ampiezza dei principi direttivi, della prefissione del termine, della sua eventuale proroga, ecc. Ma non era ancora avvenuto che s'impugnasse una legge delegante prima ancora che -con l'emanazione del decreto delegato -fosse concretamente manifestata e resa attualmente operante verso tutti i cittadini la volont� del legislatore. Di fronte ad una situazione siffatta � lecito il dubbio sull'ammissibilit� dell'impugnazione. La legge di delegazione, invero, � legge strumentale, come fonte del potere del Governo; ed � solo indirettamente o mediatamente legge materiale (LIGNOLA, La delegazione legislativa, Milano, 1950, 151), anzi, ;pu� dirsi, lo � solo condizionatamente all'effettivo esercizio della delega da parte del Governo. Se quest'organo lascia scadere il termine stabilito, la legge delegante, bench� formalmente e sostanzialmente valida, � � inutiliter data �. Cosicch� il controllo di legittimit� costituzionale, che � ammesso per le leggi formali recanti disposizioni in senso materiale (REDENTI, Legittimit� delle leggi e Corte costituzionale, Milano, 1957, 20) non sembra esercitabile in ipotesi del genere, dove le conseguenze sostanziali connesse all'esercizio della funzione legislativa sono addirittura quiescenti e condizionate. - 20 li RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I~ mitato dei Ministri (art. 25, 1. 10 agosto 1950, n. 646). In virt� di questa legge e delle successive che l'hanno modificata e integrata (segnatamente quella 29 luglio 1957, n. 634), � stato 'f.1 predisposto e approvato ed � gi� in fase di avanzata attuazione il � piano di normalizzazione � dei rifornimenti idrici per tutti i �centri abitati� della Sardegna (come fu ricordato al Senato durante la discussione della legge impugnata); sulla base del quale sono state poste a carico totale dello Stato le opere principali di raccolta e di adduzione delle acque, ivi compresi i serbatoi, nonch�, per la maggior parte dei centri abitati, quelle di distribuzione interna e degli impianti e reti di fognatura, che la legislazione precedente poneva a carico dei Comuni (artt. 5, 1. 10 agosto 1950, n. 646 e 6 1. 29 luglio 1957, n. 634). i N� si pu� dire che la legge impugnata abbia seguito una ra via diversa, trascurando l'esigenza che l'opera d'intervento statale si coordini con quella regionale per assicurare che l'attivit� pianificatrice dello Stato non si compia col sacrificio del I. l'autonomia regionale, ma, al contrario, mediante questa e nel , I rispetto delle competenze della Regione, nell'ambito del quale @ gli Statuti le riconoscono e delimitano. Il piano generale, infatti, deve essere in primo luogo formulato sentite le Regioni, e, trat' tandosi appunto di un piano generale, non poteva essere disposto altrimenti. Pretendere, come sostiene la difesa regionale, , che in questa� fase si dovesse procedere d'intesa con la Regione, , ,, significherebbe rendere impossibile la definitiva redazione del f;:; ~, I " piano generale, che, necessariamente, deve operare una sintesi ru delle diverse esigenze locali e fondarsi su criteri unitari. In sem condo luogo le norme di attuazione del piano che, per la delega contenuta nell'art. 5, devono essere emanate dal Governo, entro il termine di tre anni dall'entrata in vigore della legge, devono tener conto delle competenze delle Regioni, ovviamente non soltanto di quelle a statuto ordinario, ma altres�, e a mag It gior ragione, di quelle a statuto speciale (nel che, del resto, le parti concordano), e, per quel che riguarda la Sardegna, di quanto � gi� stato legittimamente predisposto e compiuto dalla ro legislazione precedente ed � in via di attuazione nel territorio w ili dell'Isola, mediante l'opera concorde dello Stato e della Regione. l!i! Da quanto precede risulta chiaro che le questioni sollevate ~' dalla difesa regionale nei confronti delle� norme contenute ner gli articoli impugnati della legge devono ri~enersi assorbite. 1r Quelle norme, infatti, pongono soltanto i criteri direttivi del !~ piano regolatore, ne costituiscono, cio�, la premessa necessa-m i:~ l l ~ < ::; J! ~ PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 ria o, come quella dell'art. 3, 2� comma, relativa alla riserva delle acque ai sensi dell'art. 51 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, lo strumento temporaneo e indispensabile per rendere possibile a suo tempo la attuazione del piano, e sono pertanto esplicazione puntuale e legittima dei poteri che, come si � visto, lo Stato ha in questa materia. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI <;ASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963, n. 2194 -Pres. Tavolarq -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri c. Finanze. � CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195 -Pres. Tavolaro -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri c. Finanze. Competenza .e giurisdizione -Impiego pubblico -.Controversie in di pendenza diretta e immediata del rapporto di impiego -Giuri sdizione esclusiva del Consiglio di Stato. Competenza e giurisdizione � Impiego pubblico -Diritti patrimoniali conseguenziali -Controversie -Giurisdizione ordinaria. La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego comprende tutte le controversie derivanti dal rapporto, non escluse quelle che abbiano per oggetto il pagamento di stipendi o di altri assegni in dipendenza diretta ed immediata di esso. (1). Se sia stato impugnato per illegittimit� l'atto amministra� tivo (pur se concretamente consistente in un comportamento negativo o in un rifiuto della p.a., che non abbia corrisposto o che si sia rifiutata di corrispondere al suo dipendente i com� pensi dovuti) e se dalla impugnazione sia derivata una pronun� eia di illegittimit� dell'atto,. sorge, correlativamente all'obbligo della p.a. di conformarsi alla decisione del. giudice amministra� tivo la possibilit� per il dipendente di agire in giudizio davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria soltanto al fine di far valere i pr~pri diritti patrimoniali conseguenziali (2). (1-2) Le due annotate sentenze del Supremo Collegio confermano l'indirizzo delle Sezioni Unite nel senso che le questioni di ordine patrimoniale, strutturalmente e funzionalmente collegate col rapporto di pubblico impiego rientrano nella competenza del giudice amministrativo, in ossequio al principio� della restitutio in integrum (cfr. da ultimo, Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1962, n. 2827, Foro it., 1962, I, 1036; Cass., Sez. Un., 22 gennaio 1957, n. 167, Giur. it. 1957, I, 223). Per effetto di tale principio � stato esattamente ritenuto che tutte le PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 23 (Omissis). -La ricorrente denunzia la violazione dello art. 30, cpv. t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., per avere il Consiglio di Stato respinto senza riserve e considerazioni il suo ricorso anche per quel che rifletteva la domanda specifica, formulata in via subordinata, diretta ad ottenere il riconoscimento del suo diritto agli� emolumenti fino alla data di notificazione del provvedimento� ministeriale impugnato, pur trattandosi di questione attinente a diritti patrimoniali conseguenziali alla legittimit� o meno del provvedimento medesimo: questione, che, anche nelle materie deferite alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, � da ritenersi compresa fra quelle riservate alla cognizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. La censura � infondata. �L'art. 30 del t.u. sul Consiglio di Stato 26 giugno n. 1054, dopo aver stabilito che nelle questioni deferite alla giurisdizione esclusiva del Consiglio medesimo, questo conosce anche di tutte le questioni relative a diritti, riserva, � vero, all'Autorit� giudiziaria ordinaria le que � voci � costituenti la retribuzione dell'impiegato, comprese quelle di carattere accessorio, trovano collocazione sotto il pi� ampio paradigma della retribuzione, come erogazione dovuta da parte della p.a. (Cass., Sez. Un., 18 luglio 1961, n. 1750, Foro amm., 1961, II, 417; Cass., Sez. Un., 1� febbraio 1961, ivi, II, 201); e che tali voci non possono essere richieste, nemmeno a titolo di risarcimento danni, all'a.g.o. (Cass., Sez. Un., 23 febbraio 1956~ n. 512, Foro it., 1956, I, 1319; Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1962, n. 2827, cit.). Per converso, il Consiglio di Stato pur ammettendo il principio dell'automatismo della restitutio in integrum, aveva ritenuto fossero da escludere dalla propria giurisdizione le richieste di indennit� accessorie, come, ad esempio, il premio di presenza (Ad. PI. 27 febbraio 1954, n. 12, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 107; Sez. IV, 30 dicembre 1958, n. 996, ivi, 1535). In dottrina, per un riassunto della questione, cfr. TROCCOLI, La "resti� tutio in integrum" dei pubblici dipendenti ingiustamente licenziati, Foro amm., 1961, 770). Coerentemente alle premesse, le Sezioni Unite riaffermano poi, con la seconda massima, la necessit� di una pronuncia sul merito della pretesa dell'impiegato, per la successiva proposizione dell'azione risarcitoria, per la parte in cui questa sia ammessa. L'art. 30 t. u. sul Consiglio di Stato -e cos� l'art. 5. t.u. sulla G.P.A. -espressamente richiede, infatti, una pronuncia sulla legittimit� dell'atto amministrativo impugnato dal pubblico dipendente, pronunc;a che non pu� essere sostituita, neppure incidenter tantum, da un accertamento del giudice ordinario. Per cui, allorquando, a causa di decadenza o di preclusioni, il ricorso sia dichia I rato inammissibile o irricevibile, o, qualora, per qualsiasi causa, il giu I dice amministrativo non abbia potuto esaminare la legittimit� dell'atto impugnato, non pu� dirsi sorto il presupposto per l'esercizio dell'azione I di risarcimento su diritti patrimoniali conseguenziali. I ! 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stioni patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di legittimit� j�.�. dell'atto o provvedimento impugnato. Ma, a prescindere che, nella specie, manca del tutto una pronunzia di legittimit� o meno I:-:� . . del provvedimento impugnato, in quanto il Consiglio di Stato si � limitato a dichiarare inammissibile il ricorso della Passeri per mancanza d'interesse; a parte, ancora, il rilievo che la doglianza mossa davanti a queste Sezioni Unite avverso la decisione del Consiglio di Stato per avere quell'Alto Consesso respinto, senza riserve e condizioni, il ricorso della Passeri (anche in relazione alla domanda della stessa diretta a ottenere in via subordinata il riconoscimento del suo diritto agli emolumenti fino alla data della notificazione del provvedimento ministeriale impugnato) non ha il contenuto di motivo meritevole di considerazione, giacch� ogni diritto ha la sua tutela indipendentemente dalla riserva che ne possa essere fatta in una pronunzia avente carattere giurisdizionale, � da Ficordare come gi� altre volte hanno deciso queste Sezioni Unite, davanti alle quali le decisioni del Consiglio di Stato possono essere impugnate soltanto per motivi attinenti alla giurisdizione (art. 48 t.u. predetto, in relaz. agli artt. 3, 4 e 5 della legge 31 marzo 1877 n. 3761, nonch� in relazione all'art. 111, 2� comma, della Costituzione della Repubblica), che il ricorso potrebbe trovare accoglimento soltanto se il Consiglio di Stato si fosse pronunziato su materia sottrat~a, per legge, alla sua cognizione sotto ogni aspetto, cio� sotto ogni profilo, sia in ordine all'oggetto della controversia, sia in ordine alla formazione del provvedimento impugnato, per quel che concerne la distribuzione della competenza interna degli organi della giustizia amministrativa. Ora, nella specie, non si verifica alcuna delle predette ipotesi perch� la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego comprende tutte le controversie derivanti dal rapporto, anche quelle che abbiano contenuto patrimoniale se, come nel caso in esame, la pretesa abbia necessariamente per titolo il rapporto medesimo. Ditalch�, se la controversia abbia per oggetto il pagamento di stipendi, indennit� o altri assegni, in dipendenza diretta ed immediata del rapporto, la cognizione spetta sempre al giudiCe amministrativo, il quale, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, conosce anche di qualsiasi questione pur se relativa a diritti. E ancora: se sia stato impugnato per illegittimit� l'atto amministrativo, pur se concretamente consistente in un comportamento negativo o in un rifiuto della pubblica amministrazione (o ente pubblico, in genere); che non PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 25 abbia corrisposto o che si sia rifiutata di corrispondere al suo dipendente, alla scadenza, i compensi dovuti, e, se dalla impugnazione sia derivata una pronunzia di illegittimit� dell'atto, correlativamente all'obbligo della pubblica amministrazione (o dell'ente) di conformarsi alla decisione del giudice amministrativo, sorge per il dipendente la possibilit� di agire in giudizio davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria soltanto al fine di fare valere i propri diritti patrimoniali conseguenziali. Ma, si ripete, una pronunzia del genere di quelle sopra specificate, nel caso in esame, manca del tutto, ond'� che per nessun verso la decisione del Consiglio di Stato merita censura in questa sede sotto il profilo del difetto di giurisdizione. (Omi~sis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 settembre 1993, n. 2528 - Pres. Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Pepe (conf.) -Consiglio Istituti Ospedalieri di Milano, Scuotto Antonio ed altri c. Comune di Napoli, Ministero dei LL.PP. e dell'Interno, Soc. ICE ed altri. Espropriazione per p.u. -Espropriazione ai sensi della I. 15 gennaio 1885 n. 2892 -Interpellanza ai sensi dell'art. 23 I. urbanistica Non necessaria -Sussistenza del potere espropriativo -Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato. (1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 23). Se ancor prima della disposizione contenuta nell'art. 23 della legge urbanistica e nell'art. 870 e.e. non si poteva disconoscere il principio generale, in materia di espropriazione per p.u., secondo cui il potere espropriativo della p.a, ed il conseguente affievolimento del diritto del proprietario sorge solo allorch� questi, previamente interpellato, non provveda alle costruzioni in conformit� dei piani approvati dall'autorit� amministrativa, tale principio trova tuttavia una deroga nell'art. 13 della legge 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della citt� di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che prevedono sempre la procedura di urgenza, che non ~ compatibile con l'interpellanza. (1). (1) La sentenza richiamata nel testo � pubblicata in Foro it., 1961, I, 320, con nota redazionale di richiami. �La decisione confermata del Consiglio di Stat,o 12 febbraio 1960, n. 115, � pubblicata in Il Consiglio di Stato, 1960, 168. In via generale, la posizione del privato al quale non sia stato noti - 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di� 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di� fetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, dato che sarebbe mancato il potere di espropriazione, il quale sorge, giusta lo art. 23 della legge urbanistica, solo dopo che sia decorso inutilmente il termine fissato ai proprietari per dichiarare se intendono procedere, da soli, se proprietari dell'intero comporto edificatorio, o riuniti in consorzio, all'edificazione dell'area e alle trasformazioni degli immobili in esso compresi, secondo speciali prescrizioni. La questione non � nuova, perch� � gi� venuta all'esame di questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, il quale ha ritenuto che non trova applicazione la legge urbanistica allorch� si tratti non di attuazione di piani regolatori, ma di piani di risana mento edilizio, che si distinguono da� primi per. il diverso specifico scopo che perseguono, in presenza dei quali il potere di espropriazione della P. A. sorge immediatamente connesso all'opera. di risanamento, e, una volta esercitato,� attua il trasferimento del bene all'espropriante, con la conseguenza che questi non pu� essere tenuto ad interpellare ai sensi dell'art. 23 legge urbanistica (Cass. 21 gennaio 1960 n. SO). Invero, se si tiene presente che il piano di risanamento (ed in particolare quello della citt� di Napoli, la cui legislazione speciale ebbe inizio a pochi mesi dalla tremenda epidemia di colera del 1884), in quanto ispirato essenzialmente a fini di igiene e di sanit�, ha per scopo soprattutto la demolizione di un quartiere, con l'eliminazione di tutti gli agglomerati insalubri, e la ricostruzione del quartiere su basi completamente diverse, e che si ha pertanto una fattispecie totalmente diversa da quella di una normale espropriazione, non � possibile concepire, in presenza di un piano di risanamento, un diritto a riedificare dei proprietari, i cui edifici siano destinati ad essere irrimediabilmente demoliti, senza possibilit� di ricostruzione, in quanto destinati ad essere sostituiti da vie, da piazze, da giardini. Inoltre nel piano di risanamento, a differenza del piano regolatore, � prevalente l'interesse pubblico, per cui viene attuato direttamente dall'ente pubblico. Il problema, semmai, si pone unicamente per i proprietari ficato l'interpello di cui all'art. 23 della legge urbanistica, � stata configurata come un vero e proprio diritto soggettivo (cfr. Cass., Sez. Un., 19 otto. bre 1962, n. 3047, Foro it., 1963, I, 559; id. 20 giugno 1962, n. 1657, Giust. civ., 1962, 1169; id., 9 dicembre 1960, n. 3212, ivi, 1961, 223; e in dottrina, SoNARELLI, Espropriazione per l'edificazione dei comparti di p.u. e competenza giurisdizionale, ivi). PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE dei beni compresi nelle zone attigue all'opera pubblica, e c10e delle zone, contigue alle vie, alle piazze, ai giardini, ma in proposito soccorre anzitutto la norma di cui al 3� comma dello art. 34 del r.d. 8 febbraio 1923 n. 422, per cui; quando i proprietari si obblighino a dare essi alle zone attigue la prevista nuova destinazione, l'Amministrazione espropriante pu� rinunciare all'espropriazione, il che presuppone evidentemente l'esistenza del potere stesso, potere cui la P.A. pu� solo, nella sua facolt� discrezionale, rinunciare. Ma soccorre soprattutto, in particolare, la norma dell'art. 13 della I. 15 gennaio 1885, n. 2892 per il risanamento della citt� di Napoli, richiamato dall'art. 2 della I. 12 luglio 1912, n. 783, relativa alla bonifica del Rione San Giuseppe-Carit�. Secondo il ricordato art. 13, �nel piano di cui all'art. 1, sar� determinata l'area di zone, laterali alle nuove strade, che il municipio potr� espropriare per pubblica utilit� �. E l'art. 2 della I. 783 del 1912, dopo aver dichiarato di pubblica utilit� le opere necessarie al bonificamento del rione S. Giuseppe-Carit� della citt� di Napoli, ed aver richiamato al riguardo la disposizione contenuta nella I. del 1885, afferma al 3� comma: � Il Comune di Napoli � autorizzato a concedere l'esecuzione delle opere stesse a trattativa privata alla Societ� per il risanamento di Napoli�. Tale possibilit� di concessione, non soggetta a limiti e a condizioni, non � assolutamente compatibile con il diritto preferenziale dei proprietari delle zone attigue. La decisione impugnata del Consiglio di Stato ha fatto, quindi, esatta applicazione dei principi, allorch� ha rilevato che, se non potevasi, ancor prima che ci� venisse consacrato legislativamente nell'art. 23 della legge urbanistica e nell'art. 870 cod. civ., disconoscere il principio generale in materia di espropriazione per pubblica utilit�, secondo cui il proprietario pu� sottrarsi all'espropriazione dei beni, obbligandosi a provvedere alle costruzioni in conformit� dei piani approvati dall'autorit� amministrativa, tale principio trova tuttavia una deroga nell'art. 13 della I. 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della citt� di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che prevedono sempre la procedura d'urgenza, che non � compatibile con l'interpellanza (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 ottobre 1963, n. 2661 - Pres. Torrente -Est. Favara -P. M. Pepe (conf.) -Ditta Garrone c. Sanguineti e Ministeri Industria e Commercio, Finanze e Marina Mercantile. - 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Legge -Illegittimit� costituzionale di norme di legge -Eccezione ritenuta manifestamente infondata -Impugnazione limitata alla sola questione di legittimit� costituzionale -Inammissibilit�. Giustizia amministrativa -Decisione del Consiglio di Stato su eccezione di illegittimit� cos~ituzionale dichiarata in decisione, anzich� con separata ordinanza -Incensurabilit� da parte della Cassazione ( Cost. art 111; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23 e 24). Ritenuta la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimit� costituzionale di 'Una disposizione di legge, da parte del giudice inferiore, non � ammissibile, tenute presenti le norme degli artt. 23 e 24 della l. 11 marzo 1953, n. 87, un'impugnazione limitata soltanto alla questione di legittimit� costituzionale, senza che sia, cio�, riproposto anche il giudizio nelle ulteriori sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui decisione soltanto l'eccezione pu�, sempre in via incidentale, essere ammessa, in quanto, cio�, si accerti preliminarmente che il giudizio stesso, cos� devoluto al giudice superiore, non possa da questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit� costituzionale; col riesame, pertanto, sia del giudizio sulla rilevanza che di quello relativo alla manifesta infondatezza della eccezione stessa. (1). La circostanza che il Consiglio di Stato si pronunci, dichiarandola infondata, sull'eccezione di illegittimit� costituzionale di una norma di legge, proposta da una delle parti, nel corso della stessa decisione, anzich� con separata ordinanza motivata ai sensi dell'art. 24 della legge 11 marzo 1953 n. 87, pu� costituire, al pi�, una violazione di legge d'ordine processuale che, in s� stessa considerata, non d� luogo a motivo di ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte, in quanto i limiti dei poteri assegnati, anche dall'art. 111 della Costituziow, ne, alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in ordine alle decisioni del Consiglio di Stato, riguardano solo l'indagine avente per oggetto motivi attinenti od inerenti alla giurisdizione, ma non anche le eventuali violazioni di norme giuridiche in cui sia eventualmente incorso il Consiglio di Stato nella propria decisione (2). (1-2) La decisione delle Sezioni Unite fa esatta applicazione dei principi generali, sia in tema di riproposizione della eccezione di illegittimit� costituzionale, sia in tema di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato. Sotto il primo profilo, invero, � da ritenere che anche le eccezioni PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 29 (Omissis). -Il ricorso, cos� come � proposto, esclusivamente per quanto attiene al rigetto, da parte del Consiglio di Stato, dell'eccezione d'illegittimit� costituzionale dell'art. 19 del r.d. 2 novembre 1939, n. 1741 per asserito contrasto con gli artt. 3, 24, 41 e 42 della Costituzione (per di pi� sollevata, in quella sede, dagli attuali resistenti e non dagli attuali ricorrenti) e per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in quanto esso, nel dichiarare infondata, anzich� manifestamente infondata, l'eccezione anzidetta d'illegittimit� costituzionale avrebbe ecceduto dai limiti della propria giurisdizione, � inammissibile. A sensi, infatti, dell'art. 24 della I. 11 marzo 1953 n. 87 allorquando l'eccezione d'illegittimit� costituzionale viene respinta per manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ordinanza del giudice davanti al quale essa � stata proposta, l'eccezione stessa pu� essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo, nella stessa guisa in cui poteva, ai sensi dell'art. 23 della stessa I. n. 87 del 1953, essere proposta, nel corso del giudizio davanti all'autorit� giurisdizionale nei gradi precedenti e, perci�, solo in via incidentale e, con obbligo da parte d_el giudice superiore, di rivalutarne dapprima la rilevanza e, cio�, la necessit� della sua risoluzione per la definizione del giudizio proposto, e, questa ritenuta, l'eventuale sua respinte dai giudici diversi dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, per i quali, cio�, sia ammesso il sindacato di legittimit� per violazione di legge o per difetto di motivazione, non possono essere riproposte che congiuntamente al merito, o a quei capi di merito della decisione impugnata per i quali l'eccezione assume giuridica �rilevanza�. Cos� com'� strutturato il nostro processo costituzionale, per vero, � da escludersi -tranne nelle ipotesi dei conflitti di attribuzione un'impugnativa di norme legislative fine a se stessa; essa opera sempre, invece, (o dovrebbe operare), come� strumento per la decisione della causa di merito. La riserva non � senza rilievo, di fronte a non impegnanti ordinanze di rimessi�ne da parte di giudici minori, talvolta anche minimi, di questioni evidentemente sproporzionate all'economia della causa di merito. Si potrebbe forse parlare di processo simulato, e di ordinanza in "fraudem legis", ma ci� esula dai limiti delle presenti osservazioni. Ammessa, dunque, in via generale la riproponibilit� dell'eccezione respinta in grado superiore, � peraltro necessario che essa s'accompagni all'impugnazione degli aspetti di merito della vertenza (cfr. in conformit�, LAVAGNA, Sulla possibilit� di riproporre in Cassazione le questioni di legittimit� costituzionale, Foro it., 1961, I, 471; e, per l'impugnabilit� in via autonoma dell'ordinanza di rigetto dell'eccezione di incostituzionalit�: C�ss., Sez. Un., 30 giugno 1960, n. 1722, Giur. it., 1962, I, 477, con nota di ANGELICI). La questione si sposta, cos�, sotto il secondo profilo, cio� sui limiti - 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO manifesta infondatezza, senza che tale suo rinnovato giudizio abbia il valore ed il contenuto d'una revisione del precedente apprezzamento del giudice inferiore al riguardo, trattandosi d'una � renovatio � e non di una vera e propria � revisio prioris instantiae �. Ritenuta, pertanto, la manifesta infondatezza della eccezione d'illegittimit� costituzionale d'una disposizione di legge, da parte del giudice inferiore, non � ammissibile una impugnazione limitata soltanto alla questione di legittimit� costituzionale, senza che sia, cio�, riproposto anche il giudizio nelle ulteriori sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui decisione soltanto l'eccezione pu� essere, sempre in via incidentale, ammessa, in quanto, cio�, si accerti preliminarmente che il giudizio stesso, cos� devoluto al giudice superiore, non possa .da questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit� costituzionale, col riesame, pertanto, sia del giudizio sulla rilevanza, che di quello relativo alla infondatezza manifesta dell'eccezione stessa. E' questo il motivo per il quale il legislatore ha disposto, nel ricordato art. 24 della I. n. 87 del 1953, che l'eccezione d'illegittimit� costituzionale deve dal giudice essere eventualmente respinta per la sua manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ord�- dell'impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato per motivi ine renti alla giurisdizione (Cost., art. 111). La Corte Suprema ha ripetutamente affermato, a questo proposito, che il sindacato sulla giurisdizione del Consiglio di Stato � ammesso solo quando questo organo abbia invaso la sfera di attribuzione propria di uno degli altri poteri dello Stato, ovvero abbia invaso la sfera di attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario, o di un organo di giurisdi zione speciale, ovvero� abbia dichiarato di non poter decidere perch� la materia non pu� essere oggetto di funzione giurisdizionale, o della giurisdizione del Consiglio di Stato (Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1963, n. 3246, in questa Rassegna, 1964, 16; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2480, Foro it., Mass., 1961, 655; Cass., Sez. Un., 18 giugno 1962, n. 1532, ivi, 1962, 462). In tale prospettiva, esattamente la Corte Suprema ha ritenuto, da un lato, inammissibile la censura contro il denunciato error in procedendo, per essere stata la questione decisa nel testo della stessa sen-� tenza anzich� con separata ordinanza, trattandosi, al pi�, di una mera violazione <li �egge processuale; e dall'altro inammissibile la censura, avendo il capo della decisione dichiarata infondata, e non soltanto, manifestamente infondata, l'eccezione di illegittimit� costituzionale. A parte il fatto, invero, che la terminologia usata non attribuisce al giudice un potere che egli istituzionalmente non ha, basta considerare che l'efficacia del giudicato sull'infondatezza delle questioni non � riconosciuto nemmeno alle sentenze della Corte Costituzionale, davanti alla quale possono essere riproposte, sia pure sotto profili diversi, le relative eccezioni. . PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 31 nanza adeguatamente motivata, appunto perch� sul punto non viene a formarsi giudicato alcuno, cos� da permettere all'eccezione stessa di essere liberamente riproposta, senza preclusione di sorta, in ogni grado ulteriore del processo. La circostanza, poi, che il Consiglio di Stato abbia nella specie ritenuto di pronunziarsi sull'eccezione proposta da una delle parti nel corso della stessa sentenza, anzich�, come avrebbe dovuto, con separata ordinanza motivata, ai sensi dell'art. 24 della ricordata I. 11 marzo 1953, n. 87, pu� costituire, al pi�, una violazione di legge d'ordine processuale che, in se stessa considerata, non d� luogo a motivo di ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte in quanto, come � noto, i limiti dei poteri assegnati anche dall'art. 111 della Costituzione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in ordine alle decisioni del Consiglio di Stato, riguardano solo l'indagine avente per oggetto motivi attinenti od inerenti alla giurisdizione, ma non anche le eventuali violazioni di norme giuridiche in cui sia eventualmente incorso il Consiglio di Stato nella propria decisione. In ogni caso, poi, la pronunzia del Consiglio di Stato sul punto, anche se contenuta e trasfusa nella sentenza, ha sempre valore sostanziale d'ordinanza e non. �, comunque, suscettibile di passare in cosa giudicata, cosicch� non vi pu� essere sconfinamento giurisdizionale nella competenza riservata alla Corte Costituzionale per la sola circostanza che il Consiglio di Stato abbia dichiarato infondata la eccezione, anzich� manifestamente infondata, come meglio avrebbe dovuto dire, chiaro essendo che mai una tale pronunzia (sostanzialmente intesa soltanto a respingere la chiesta remissione della questione al giudizio della Corte Costituzionale) potrebbe assumere quel valore di giudicato sulla costituzionalit� che solo pu� essere attribuita, secondo la Costituzione vigente, alle pronunzie della Corte Costituzionale. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un., 17 ottobre 1963 n. 2770-Pres. Torrente -Est. Stella Richter -P. M. Pepe (conf.) -Soc. Industria Pesca c. Min. Difesa-Esercito. Competenza e giurisdizione -Ricorso contro la sentenza di appello e contro quella sulla revocazione -Indagine preliminare sui presup posti della giurisdizione. (c.p.c., artt. 37, 360). 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Autorizzazione amministrativa -Diniego -Lesione di interesse legitti mo -Danno ai sensi dell'art. 2043 e.e. -Insussi$tenza -Domanda di risarcimento -Difetto assoluto di giurisdizione. (C.c., art. 43; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, art. 2). Investita di ricorso per Cassazione tanto la sentenza pro nunciata in grado di appello quanto quella che ha deciso sulla istanza di revocazione della medesima, ove si discuta sul se la cognizione della controversia appartenga o non all'autorit� giu diziaria ordinaria, l'indagine della Corte regolatrice sui presup posti di fatto non pu� essere successiva, rispetto all'esame delle questioni sulla revocazione, ed eventuale, in relazione alla deci fiione di esse, ma deve essere effettuata unitariamente, tenendo conto anche dei motivi dedotti con l'istanza di revocazione (1). Non pu� esservi danno ingiusto, suscettibile cio� di risar cimento, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., se non vi sia la le sione di un diritto soggettivo, e non esiste un diritto soggettivo dell'interessato ad ottenere un'autorizzazione amministrativa, che (1) La sentenza richiamata nella motivazione leggesi in Foro it., 1960, I, 1103. Per quanto riguarda il problema della � precedenza� fra decisione della questione di giurisdizione e decisione sulla revocazione, � da richiamare Cass., Sez. Un., 4 giugno 1960, n. 1443 (Zoe. cit;), la quale, a proposito di una decisione del Consiglio di Stato impugnata per motivi inerenti alla giurisdizione e contemporaneamente per revocazione, stabil� che il giudizio sulla prima impugnazione poteva proseguire, anche in pendenza del giudizio sulla revocazione. Infatti, affermarono le Sezioni Unite, malgrado l'art. 398 c.p.c. disponga (u[t. comma) che h proposizione della revocazione sospende il termine per proporre il ricorso per Cassazione ed il procedimento relativo, esso ha scarsissim::t possibilit� di applicazione per le decisioni del Consiglio di Stato, � perch� � � mai la Corte Suprema potrebbe giudicare di censure relative al me � rito delle decisioni stesse, n� il merito potrebbe pregiudicare la pro � nunzia sulla giurisdizione, salvo le ipotesi, rarissime, che l'istanza in �revocazione sia diretta proprio contro una decisione o contro il capo � relativo alla giurisdizione�. La decisione annotata � un corollario di tale principio, applicata all'ipotesi che sia gi� pervenuta all'esame della Corte Suprema anche l'impugnazione della sentenza che ha pronunciato sulla revocazione. In tal caso, infatti, l'indagine sulla giurisdizione deve precedere quella sulla revocazione allorch� questa investa solo il merito dell� vertenza, dato che esso � subordinato alla questione di giurisdizione. Nel caso, invece, -come quello di specie -in cui la revocazione investa essa ste~sa la questione di giurisdizione, allora l'esame da parte del Supremo Collegio dovr� essere unitariamente condotto, trattandosi di questioni che si condizionano vicendevolmente. PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 33 rientra nel potere discrezionale .della p.a per la tutela di un interesse generale (2). (Omissis). -Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei due ricorsi, proposti dalle stesse parti: l'uno, contro la sentenza pronunciata in grado di appello, e, l'altro, contro quella che ha deciso sull'istanza di revocazione. Infatti la giurisprudenza di questo Supremo Collegio am mette che le due impugnazioni possano essere contenute in un unico ricorso (Cass. 4 marzo 1960, n. 405): � opportuno quindi, che, qualora siano proposte separatamente, i due ricorsi ven gano riuniti. Normalmente si presenta .come preliminare l'esame delle censure alla sentenza che ha pronunciato sulla revocazione, poich�, se esse fossero accolte e quindi dovesse cassarsi tale sentenza, resterebbero assorbiti i motivi che investono quella emessa in grado di appello. Senonch� nella specie la decisione attiene alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, che la Corte di merito ha esclusa, e quindi queste Sezioni Unite (2) La seconda massima � corretta applicazione dei princ�pi generali circa l'insussistenza di un diritto soggettivo ad ottenere un'autorizzazione amministrativa, la quale, per sua natura, � atto squisitamente discrezio. nale a presidio di esigenze di interesse pubblico. In tal senso cfr. anche SANDULLI, Notazioni in tema di provvedimenti autorizzativi, Riv. trim. dir. pubbl., 1957, 784 segg. Di questo autore, peraltro, non pu� condividersi l'ulteriore conclusione secondo cui � sic � come la potest� autorizzativa impinge nella sfera dei diritti sogget � tivi (in quanto questi ultimi subiscono una limitazione proprio in �conseguenza della necessit� dell'autorizzazione), e siccome la potest� � .stessa pu� esprimersi in un provvedimento di contenuto negativo solo � in quanto il rifiuto venga pronunciato in funzione dell'interesse pub � blico a tutela del quale la limitazione venne posta dall'ordinamento, � l'eventuale diniego dell'autorizzazione in nessun modo correlato con lo � interesse o comunque posto in essere contra ius, venendo in sostanza � ad incidere, sacrificandolo, su un diritto soggettivo, d� diritto al tito � lare di questo di essere ristorato del danno derivatogliene (art. 2043 � Cod. civ.) � (pag. 802). Contro tale impostazione la giurisdizione � fermissima nel negare l'azione di risarcimento (cfr. fra le pi� recenti sentenze, Cass., Sez. Un., 18 giugno 1959, n. 1918, Foro it., 1960, I, 432; Cass., Sez. Un., 28 luglio 1962, n. 2210, Foro it., 1962, I, 1650; Cass., Sez. Un., 16 ottobre 1962, n. 2998, Foro it., Mass., 1962, 833, riguardante proprio l'azione conseguente ad una denegata autorizzazione amministrativa, dichiarata illegittima dagli organi di giustizia amm.va; Cass., Sez. Un., 23 ottobre 1961, n. 2348, Foro it., 1962, 53; Cass., Sez. Un., 10 agosto 1962, n. 2418, Foro it., 1963, I, 64). Quest'ultima sentenza (e cfr., in conformit�, anche DE VALLES, Lesione di interessi legittimi e risarcimento dei danni, Foro it., RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 34 non possono esimersi dal provvedere in ordine alla giurisdizione, compiendo le necessarie indagini anche sui presupposti di fatto, in virt� dei pi� lati poteri ad esse spettanti in tale materia. Siffatta indagine non pu� essere successiva, rispetto allo esame delle questioni sulla revocazione, ed eventuale, in relazione alla decisione di esse, ma deve essere effettuata unitariamente, tenendo conto anche dei motivi dedotti con l'istanza di revocazione. Posto che si discute se le societ� ricorrenti fossero portatrici di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, s'impone la qualificazione della posizione ad esse attribuita dallo ordinamento giuridico e la valutazione della rilevanza che su di essa possono avere le prove offerte nel giudizio di revocazione. Come si � riferito nella precedente espos1z1one, la societ� S.A.I.P. ,era proprietaria del piroscafo Gualdi, requisito dalla Marina Militare, affondato nel porto di Palermo per azioni di guerra. Essa fece l'abbandono della nave, riscuotendo l'indennit� di perdita. Successivamente, chiese ed ottenne, ai sensi del d.1.1. 10 agosto 1945 n. 618, modificato dal d. 1. 3 maggio 1948 n. 668, il trasferimento della propriet� della nave, condizionato dalle dette norme alla remissione dell'unit� in perfetta efficienza ed 1962, I, 1000) accetta la distinzione delle conseguenze dell'annullamento di atti illegittimi, distinzione secondo la quale all'affievolimento di un diritto soggettivo perfetto fa da contraltare l'effetto retroattivo della pronuncia di annullamento, abilita il suo titolare a richiedere il risarcimento dei danni; mentre in ogni altro caso, avendo il privato soltanto un interesse legittimo alla legittimit� dell'azione amministrativa, dall'annullamento dell'atto invalido non deriva altro effetto che quello della sua eliminazione. Per l'eliminazione di ogni distinzione, invece, fra diritti affievoliti o condizionati e interessi legittimi e la subsunzione dei primi nei secondi, cfr. il recente tentativo del MIELE, Risarcibilit� dei danni derivati da ingiusta lesione di interessi legittimi ad opera della P.A. (Foro it., 463, IV, 23). Teoria confutata, nella sua generalit�, dal MONTESANO (Sulla riparazione dei sacrifici patrimoniali imposti da atti amministrativi illegittimi, ivi, 1963, IV, 41), secondo il quale, viceversa, la giustificazione del risarcimento dovrebbe ricercarsi �non dall'atto illegittimo ma dalla valida conservazione �. Il tent�tivo del Miele � stato poi vigorosamente contrastato dal FOLIGNO (La pretesa responsabilit� della P.A. per la lesione di interessi legittimi, in questa Rassegna, 1963, 1 segg., e Foro it., 1963, IV, 81, segg.). Per una esposizione sintetica delle varie teorie, cfr. anche SEPE, In tema di interessi legittimi e di risarcimento derivante dalla lesione di essi,, PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 35 in condizioni di navigabilit� nel termine fissato dall'Ammini strazione. L'esecuzione dei lavori necessari fu da essa affidata alla so ciet� Sicilia. Questa, il 30 novembre 1948, chiese alla Capita neria di porto di Palermo l'autorizzazione ad impi~gare cariche di dinamite ed ad effettuare il taglio elettrico per pe,netrare nel lo scafo sommerso. E poich� tale autorizzazione Ii venne dap prima negata e poi data con molto ritardo, ha proposto, unita mente alla S.A.I.P., un'azione di risarcimento di danni contro i Ministeri della Difesa-Marina e della Marina Mercantile. Tale essendo la situazione di fatto, appare evidente l'esat� tezza della decisione della Corte di Appello, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, per la consi� derazione che non pu� esservi un danno ingiusto, suscettibile cio� di risarcimento, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., se non vi sia la lesione di un diritto soggettivo, e che non esiste uno diritto soggettivo dell'interessato ad ottenere un'autorizzazione amministrativa, che rientra nel potere discrezionale della pubblica amministrazione per la tutela di un interesse generale. Le ricorrenti non contestano il principio, seguito costantamente dalla giurisprudenza, secondo il quale non � risarcibile il danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo; ma deducono che, per effetto della concessione di recuperare la �nave, esse avevano un diritto soggettivo ad effettuare tale recu- Foro it., 1963, IV, 109, il quale riconosce che �il problema della risar � cibilit� delle lesioni � di difficile soluzione in via generale � e merita di essere esaminato attraverso l'analisi delle varie ipotesi, circa l'uso illegittimo di poteri discrezionali, ovvero il comportamento della P.A., � in cui vi siano tratti a cui si addicano giustificazioni privatistiche che � prevalgano su quelle pubblicistiche �. A parte talune situazioni particolari in cui pu� veramente riscontrarsi la presenza di giustificazioni � privatistiche � prevalenti su quelle pubblicistiche, non pu� negarsi -in questa stessa prospettiva -che il regime delle autorizzazioni amministrative � ben lontano dall'incidere minimamente su diritti soggettivi. Bench� si affermi comunemente, infatti, che l'autorizzazione rimuove solo un limite ad un (altrimenti) diritto libero di autoesplicarsi, � proprio questo il punto da dimostrare, _che, cio�, si tratti di un diritto assoluto e primario, pari, ad esempio, a quello di propriet�, a proposito del quale possa parlarsi di affievolimento. In realt� cos� non �, perch� i � diritti � soggetti ad autorizzazione amministrativa non nascono tali, ma tali diventano dopo l'intervenuta autorizzazione. E, se anche il diniego a provvedere in merito viene dichiarato. illegittimo da parte del giudice amministrativo, ci si trova pur sempre di fronte ad un diritto non ancora nato, e come tale non suscettibile di essere violato, e quindi reintegrato nella forma risar citoria di cui all'art. 2043 Cod. civ. 36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pero e quindi l'Amministrazione doveva garantire l'esercizio del diritto medesimo. L'assunto poggia su di un equivoco: alla S.A.I.P. fu data la possibilit� di riacquistare la propriet� del piroscafo, a condizione che essa provvedesse, a propria cura e spesa, a recuperarlo. Questa facolt� non importava che essa potesse compiere per il recupero qualsiasi operazione, anche la pi� pericolosa, e cio� che non dovesse sottostare a quelle prescrizioni e limitazioni che le autorit� competenti ritenessero di dover dettare, nell'interesse �generale, per esigenza di sicurezza. Quindi il diritto di riacquistare la propriet� non po-~ teva importare un diritto ad ottenere l'autorizzazione ad effettuare particolari operazioni di recupero, che presentassero carattere di pericolosit�. Si sostiene ancora dalle ricorrenti che non esiste un poIl ~ I 00 tere di autorizzazione per l'uso di cariche di dinamite o per il taglio elettrico, ma esiste solo un generico potere di vigilanza e di polizia, attribuito alle Capitanerie di porto. Questa tesi � in contrasto con il comportamento delle ricorrenti e con l'im!:~ postazione da loro stesse data alla causa. La societ� Sicilia, , "' infatti, ha chiesto l'autorizzazione ed ha poi, unitamente alla ~ S.A.I.P., fondato la domanda di risarcimento sulla mancata o ritardata autorizzazione. ~ ' Inoltre la tesi � infondata, perch� nei generali poteri di viIffigilanza e di polizia delle autorit� preposte ai porti rientra neces � sariamente quello di impedire il compimento di operazioni che r possano essere pericolose, e correlativamente di autorizzarlo !i~ quando sia salvaguardata la sicurezza generale. ~ Si deduce ancora che le operazioni di esplosione della dinamite e di taglio elettrico, in tanto sarebbero state pericolose, in quanto nella nave si fossero trovati materiali esplosivi o I aggressivi chimici; ora la presenza di un carico di questa spe II cie fu affermata dall'Amministrazione in contrasto con la realt� risultante dai suoi atti, ed anzi con dolo. S'innestano cos� le questioni prospettate nel giudizio di revocazione. m Si sostiene, infatti, che, dopo la pronuncia� della sentenza di appello, risult� che il carico della nave non conteneva afj! f fatto esplosivo o aggressivi chimici, ma altro materiale, come ebf; be a dichiarare l'ufficio storico dello Stato Maggiore della Ma~= ( rina con la sua lettera 12 marzo 1960. E si censura la sentenza r::f: che ha negato l'idoneit� di tale lettera a costituire un documento decisivo � trovato dopo la decisione� e che la parte non ' ' l l~ ' -' 1 I ~-lrl.lfll~-~fJ--:lif���:r1-ftfJf~YIJ-=iff~.Jlr.-~ :�.�. ,,�:.� ~,-.JM~-.,.0.-:X-W41illf�,.lf.1F&rJl&l+lfilmw~ .Wll~,d'!~, "' .,,.,;;-:JL.,~,6~,~=- PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 37 aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario, ai sensi dell'art. 395, n. 3, c.p.c. Ora � di tutta evidenza che la dedotta circostanza dell'inesistenza di esplosivi e di aggressivi chimici nel carico della nave non ha alcuna rilevanza ai fini della soluzione della questione di giurisdizione. Se il privato non ha un diritto soggettivo ad ottenere un'autorizzazione amministrativa e quindi non pu� lamentare la lesione di un diritto qualora questa gli sia negata o data con ritardo, la sua posizione non muta per la circbstanza che il diniego od il ritardo siano ingiustificati. In tal caso l'Amministrazione avr� fatto un cattivo.uso del suo potere discrezionale, incorrendo in un eccesso di potere, ma avr� sempre leso un interesse legittimo e non un diritto soggettivo. E l'interessato potr� ottenere tutela avanti al giudice amministrativo, non avanti al giudice ordinario, al quale � inibito il sindacato dell'esercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione. Invano la difesa delle ricorrenti sostiene che l'autorizzazione, in tanto era necessaria, in quanto nel carico della nave esistessero esplosivi o aggressivi chimici, per modo che l'assenza di tali materiali escludeva il potere di impedire l'uso della dinamite e del taglio elettrico. Al contrario, l'uso di tali mezzi richiede in ogni caso la preventiva autorizzazione,� in quanto �, sia pure eventualmente, pericoloso. Perci� spetta alla Capi~ taneria di porto di accertare e valutare la situazione di specie, per poi concedere o meno l'autorizzazione o prescrivere opportune cautele, in modo che la sicurezza generale sia assicurata. E non � consentito all'autorit� giudiziaria di escludere la necessit� dell'autorizzazione, in base ad un indagine ~ui presupposti di fatto della ricorrenza del pericolo, rimessa insindacabilmente all'autorit� amministrativa. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1963, n. 3246 -Pres. Celentano -Est. Ferrati -P. M. Criscuoli (conf.) - Civitach c. Ospedale Civico di Treviso. Competenza e giurisdizione -Consiglio di Stato -Decisioni -Ricorso alle S.U. della Cassazione -Motivi -Difetto di giurisdizione Estremi. (Cost., art. 111; c.p.c., art. 342). Competenza e giurisdizione -Decisione del Consiglio di Stato -Impugnabilit� per Cassazione -Motivi attinenti alla giurisdizione �' 38 RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Decisione d'inammissibilit� od improcedibilit� -Non impugnabilit� per Cassazione. Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Controversie -Restitutio in integrum -Emolumenti accessori allo stipendio -Competenza del Consiglio di Stato. (t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 30). Competenza e giurisdizione -Consiglio di Stato -Decisione -Impugnabilit� per Cassazione -Difetto di motivazione -Non deducibilit�. f.. Le decisioni del Consiglio di Stato possono essere impugnate davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione -secondo quanto dispone l'art. 111 della Costituzione con formula identica a quella dell'art. 362 cod. proc. civ. e sostanzialmente equivalente a quella di � difetto assoluto di giurisdizione � dell'art. 48 T. U. 26 giugno 1924 n. 1064 -, quando cio�, con la decisione impugnata, il Consiglio di Stato abbia invaso la sfera di attribuzione propria di uno degli altri poteri dello Stato, ovvero abbia invaso la sfera di attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario o di un organo di giurisdizione speciale, ovvero abbia dichiarato di non poter decidere perch� la materia non pu� essere oggetto di funzione giurisdizionale o della giurisdizione del Consiglio di Stato. Non ricorre, quindi, difetto di giurisdizione di cui possano conoscere le Sezioni Unite della Cassazione quando il Consiglio di Stato, senza valicare i limiti sopraesposti, incorra in � errores in iudicando � per errata applicazione di norme giuridiche, per vizio logico della motivazione, per manchevole valutazione delle prove o per violazione di norme di natura processuale che regolano lo svolgimento del processo. (1). (1-2-3) Le Sezioni Unite riconfermano una ferma giurisprudenza sui limiti dell'impugnabilit� delle decisioni del Consiglio di Stato per motivi inerenti alla giurisdizione. In questo senso, oltre la sentenza citata nel testo, e gi� richiamata nella nota dalla sentenza che precede, cfr. Cass. Sez. Un., 24 settembre 1959, n. 2608, Foro Mass. it., 1959, 493; Cass. Sez. Un., 18 settembre 1959, n. 2592, Giust. civ., 1959, 1883; Cass. Sez. Un., 2 marzo 1957, n. 741, Giur. cost., 1957, 1164; Cass. Sez. Un., 2 marzo 1957, n. 745, Foro Mass. it., 1957, 150 (con riferimento a una decisione della Corte dei Conti). In dottrina, cfr. !1 le ampie monografie del TORRENTE, Riv. trim. pubbl., 1954, I, 252; e ivi, 1!'~ 1957, 249. 1 11 Alle Sezioni Unite era stato prospettato il dubbio che 'art. 111 de a i Costituzione, adottando la formula � per motivi inerenti alla giurisdizione � avesse attribuito alla Corte Suprema poteri pi� ampi di quelli cori.. feritile dall'art. 84 t.u. sul Consiglio di Stato. Ma � stato agevole repli.. .. . i''. � �I PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 39 La decisione del Consiglio di Stato d'inammissibilit� od improcedibilit� del -ricorso non � censurabile sotto il profilo del difetto di giurisdizione, giacch� qualsiasi organo giurisdizio� nale, in quanto tale, ha la potest� fondamentale di giudicare delle condizioni formali di ammissibilit� delle istanze che ad esso vengono proposte. (2). Il difetto di motivazione (c.p.c. art. 360 n. 5) non � dedu cibile nei riguardi delle decisioni del Consiglio di Stato, in quan to lo stesso implica soltanto violazione di una norma di legge, e si risolve in una censura sul modo con cui in concreto il giudice .ha esercitato la propria giurisdizione (3). Per stabilire la giurisdizione _sulle questioni concernenti il rapporto di impiego pubblico basta che la domanda concerna diritti che trovino il loro titolo necessario nel rapporto mede simo, onde non ha rilevanza il fatto che la controversia abbia contenuto patrimoniale, ovvero si faccia questione intorno a di ritti soggettivi, poich� � sufficiente, invece, che sussista un col legamento causale tra il rapporto d'impiego pubblico e la pre tesa dedotta in giudizio, collegamento che va ravvisato tutte le volte che il rapporto, considerato nella sua costituzione e nel suo svolgimento, funziona da momento genetico diretto ed immediato della pretesa, e si contenda con l'ente pubblico sulla sussistenza e sull'estensione di diritti immediatamente deri vanti da quel rapporto che sarebbero stati disconosciuti o lesi dall'atto amministrativo (4). care, nella sentenza annotata, che l'art. 111 Cost., riproduce nella lettera e nella sostanza l'art. 362 c.p.c., e che quindi nessun mutamento � stato introdotto dalla Costituzione rispetto alla precedente disciplina. Giova rilevare, peraltro, che le stesse Sezioni Unite, oltre alla casi stica ipotizzata sulla sentenza annotata, hanno riconosciuto il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato: a) allorch� questi sia stato irregolarmente composto. Si � ritenuto, in tal caso, inesistente la sentenza, e carente di giurisdizione l'organo che l'ha pronunciata (Cass., Sez., Un., 11 ottobre 1952, n. 3008, Foro it., 1952, I, 1321, con la requisitoria del P. G. EuLA); b) allorch� questi abbia esercitato la giurisdizione di merito fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. In tal caso, la Corte Suprema ha ritenuto ammissibile un controllo di natura contenutistico sulla decisione impugnata, al fine di esaminare se sia stato rispettato il limite della giurisdizione generale di legittimit� e pre cisando, peraltro, che la giurisdizione non � limitata al solo giudizio di diritto in ordine �l provvedimento impugnato, ma pu� ben essere esteso, se necessario ai fini della decisione, al giudizio di fatto, per rilevarne alla luce di questi gli eventuali difetti (Cass., Sez., Un., 8 maggio, 1959, n. 1350, Giust. civ., 1959, 386). (4) V. le note di richiamo alla sentenza che precede. 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Il sindacato demandato alla Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato � strettamente circoscritto alle questioni di giurisdizione, poich� esse soltanto sono deducibili come motivo di ricorso per cassazione ai sensi sia dell'art. 48 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 sia dell'art. 111 Cost. E, secondo l'ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, l'assoluto difetto di giurisdizione consiste in una forma di errore in procedendo che implica esorbitanza dai confini tracciati dalla legge all'attivit� esteriore dell'organo: esso quindi riguarda anzitutto la determinazione della materia che la legge assegna all'esame dell'organo, la individuazione delle controversie di cui esso pu� conoscere e anche il contenuto finale dell'atto che definisce il procedimento giurisdizionale, atto finale predeterminato dalla legge a seconda che, in relazione alla natura della controversia, sia attribuita al Consiglio di Stato ,;/ giurisdizione di semplice legittimit� ovvero anche di merita (sent. 28 ottobre 1961, n. 2480). In altri termini, sussiste difetto I di giurisdizione quando con la decisione impugnata il Consim glio di Stato abbia invaso la sfera di attribuzione propria di 1:~: ' , . uno degli altri poteri dello Stato ovvero abbia invaso la sfera . di attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario o di un organo 1 di giurisdizione speciale ovvero abbia dichiarato di non poter decidere perch� la materia non pu� essere oggetto di funzione ~I giurisdizionale o della giurisdizione del Consiglio di Stato ( sent. I ~~ 18 giugno 1962, n. 1532). r9. !ili Non ricorre quindi difetto di giurisdizione di cui possano !i� r conoscere le Sezioni Unite della Corte di Cassazione quando il Consiglio di Stato, senza valicare i limiti sopraesposti, incorra ili in errores in iudicando per errata applicazione di norme giu' ridiche, per vizio logico della motivazione, per manchevole va I lutazione delle prove o per violazione di norme di natura processuale che regolano lo svolgimento del processo. Erroneamente il ricorrente vuol trarre argomento dalla I diversa formulazione degli artt. 48 t. u. cit. e 111 Cost. per sostenere che, per effetto della norma costituzionale, il sinda II cato della Corte di Cassazione attualmente � pi� ampio che ~ @ in passato. Difetto assoluto di giurisdizione e motivi inerenti alla giurisdizione sono formule sostanzialmente equivalenti, on" de deve escludersi che il Legislatore costituente abbia inteso modificare la disciplin� delle impugnazioni delle decisioni del ~' Consiglio di Stato. Devesi in proposito considerare che il secondo comma dell'art. 111 Cost. enuncia il principio generale dell'ammissibilit� del ricorso per cassazione per violazione di I l'J, i: J PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE legge contro tutte le sentenze degli organi giurisdizionali ordinari e speciali, mentre il successivo comma limita la portata di quel principio per le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, consentendo il ricorso per Cassazione contro di esse per i soli motivi inerenti alla giurisdizione; � stata in tal modo riprodotta la disposizione dell'art. 362 cod. proc. civ., che consente appunto l'impugnazione delle decisioni di un giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso e cio� soltanto per il motivo previsto nel numero 1 del precedente art. 360, il che, per un verso, significa che non � data impugnazione per tutti gli altri motivi elencati nell'art. 360 e, ,:per altro verso, che quello contemplato nel n. 1 ha un campo di applicazione ben preciso e delimitato. Ora, quando si rifletta alla materia intorno alla quale � insorta la contestazione, � facile scorgere l'errore che vizia tutto il ragionamento del ricorrente. Si controverte infatti sull'esatta misura della pensione spettante al Civitach in dipendenza del � rapporto d'impiego intercorso con le cessate Opere Pie Riunite Ospedale Civile ed Istituto Esposti di Treviso, assumendosi che a:l ricorrente compete una diversa e maggiore riliquidazione della pensione stessa per effetto della rivalutazione delle pensioni dei dipendenti statali operata con il D.P. 11 gennaio 1956, n. 20: e siccome non v'� dubbio sulla natura pubblica delle suddette Istituzioni di benef�cienza, la controversia inerisce ad un rapporto di impiego pubblico, in ordine al quale il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva. Invero la competenza giurisdizionale esclusiva del giudice amministrativo si estende a tutte le controversie che derivano dal rapporto di pubblico impiego sia che esse riguardino l'esistenza e lo stesso ambito oggettivo dei diritti che nel rapporto hanno causa, sia che riguardino interessi l~gittimi derivanti immediatamente dal rapporto stesso : per affermare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Consiglio di Stato o Giunta Provinciale Amministrativa) nelle questioni concernenti il rapporto d'impiego pubblico basta che la domanda concerna diritti che trovino il loro titolo necessario nel rapporto mede-� simo, onde non ha rilevanza il fatto che la controversia abbia contenuto patrimoniale ovvero si faccia questione intorno a diritti soggettivi poich� � sufficiente, invece, che sussista un collegamento causale tra il rapporto d'impiego pubblico e la pretesa dedotta in giudizio, collegamento che va ravvisato tutte le volte .che il rapporto, considerato nella sua costituzione e nel - 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO suo svolgimento, funziona da momento genetico diretto ed immediato della pretesa e si contenda con l'ente pubblico sulla sussistenza e sull'estensione di diritti immediatamente derivanti da quel rapporto che sarebbero stati disconosciuti o lesi dall'atto amministrativo (sent. 14 febbraio 1963, n. 327, 6 ottobre 1962, n. 2823). E' pertanto certo che il ricorrente, ritenendosi leso nei suoi diritti per l'insufficiente riliquidazione della pensione, non poteva che rivolgersi al giudice amministrativo ed in effetti lo stesso Civitach non pone neppure un dubbio che della questione dovesse essere investita prima la Giunta Provinciale Amministrativa e poi, in sede di gravame, il Consiglio di Stato. Ed allora nessun problema di giurisdizione pu� proporsi in ordine ad una decisione che � stata emessa proprio nel campo riservato al giudice amministrativo. Tutte le questioni che il ricorrente solleva riflettono invece il modo di esercizio della giurisdizione, in ordine al quale la Corte di Cassazione non pu� esercitare alcun sindacato; il ricorrente in sostanza si duole che i giudici amministrativi non abbiano esattamente interpretato il contenuto della sua doglianza in quanto egli avrebbe fatto principalmente questione di validit� del provvedimento che lo riguarda sotto il profilo della competenza delio organo che lo ha adottato, ma ci� non ha rilevanza ai fini della giurisdizione, postoch� lo scopo perseguito dal ricorrente era proprio quello di far eliminare un provvedimento che avrebbe leso i suoi diritti. E' noto che, mentre alla parte � rimessa la sola deduzione della situazione di fatto, rientra nella funzione istituzionale del giudice il problema giuridico della esatta qualificazione del rapporto nei limiti della obbiettivit� della domanda ed il vizio di extrapetizione ricorre quando il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello demandato, onde non ricorre il vizio suddetto quando il giudice, fermi restando i fatti dedotti dalle parti nelle rispet� tive domande ed eccezioni, adotti a sostegno della sua decisione argomenti giuridici diversi da quelli prospettati dalle parti ovvero dia la prevalenza a quelli dedotti in subordine. In proposito va considerato che nella specie la controversia si � polarizzata in entrambi i gradi di giurisdizione sulla tempestivit� della proposizione della domanda: tanto la Giunta Provinciale Amministrativa �quanto il Consiglio di Stato han� PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 no ritenuto di dover risolvere il problema in senso sfavorevole al ricorrente, affermando che questi era ormai decaduto dal diritto di impugnare l'atto amministrativo emesso nei suoi confronti e siffatta decisione non pu� certo essere impugnata per motivi inerenti alla giurisdizione, giacch� qualsiasi organo giurisdizionale, in quanto tale, ha la potest� fondamentale di giudicare delle condizioni formali di ammissibilit� delle istanze che ad esso vengono proposte (sent. 14 maggio 1955, n. 1398). Gli � che la reiezione della domanda in conseguenza di una pronuncia d'inammissibilit� o di improcedibilit�, anche se possa essere stata determinata da una inesatta interpretazione della legge sostanziale o processuale o da una errata valutazione degli elementi di fatto, non � censurabile sotto il profilo del difetto di giurisdizione, giacch� quella pronuncia � conseguenza diretta dell'affermazione, sia pure implicit�, del potere giurisdizionale dell'organo che l'ha emessa. Appare quindi evidente come l'impugnata decisione del Consiglio di Stato sfugga� ad ogni sindacato da parte di questa Corte, essendosi la stessa limitata a verificare se la controversia, rientrante indubbiamente nell'ambito della giurisdizione del giudice adito, fosse stata tempestivamente introdotta. Le considerazioni sin qui fatte valgono a dimostrare anche l'infondatezza del secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta mancata motivazione sulla questione fondamentale se cio� il titolo alla pensione derivasse da un rapporto di impiego che non poteva permettere alla riliquidazione spettantegli la qualificazione e tanto meno la considerazione di riliquidazione di pen~ sione interna, come risulta dal verbale della deliberazione 7 giugno 1957 e se tale titolo implicasse comunque un atto autoritativo delle parti debitrici. Invero il difetto di motivazione, previsto come motivo di ricorso per Cassazione dal n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., non � deducibile nei riguardi delle decisioni del Consiglio di Stato, in quanto lo stesso implica soltanto violazione di una norma di � legge (sent. 20 aprile 1962 n. 812) e si risolve in una censura sul modo con cui in concreto il giudice ha esercitato la propria giurisdizione. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 30 marzo 1963, n. 170 -Pres. Vozzi -Est. De Marco -Comune di Fucecchio ed altri c. Comitato dei Ministri per le opere straordinarie per l'Italia settentrionale e centrale e Comune di Castelfranco di Sotto. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Comune -Dichiarazione di Comune come localit� economicamente de pressa ex J. n. 365 del 1957 -Comuni viciniori -Interesse, da parte di questi ultimi, a ricorrere -Ammissibilit�. Opere pubbliche -Zone depresse -Riconoscimento -Criteri e proceclimento. (1. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8). E' titolare di un interesse occasionalmente protetto, e quindi legittimo, colui che, pur essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti di una persona fisica o giuridica, si trovi in una situazione tale da subire danno, ove l'atto medesimo sia stato emanato in difformit� dall'interesse pubblico perseguito da una norma di legge. I Comuni limitrofi ad altro Comune dichiarato localit� economicamente depressa, sono titolari di un interesse protetto al fine di fare osservare le prescrizioni della l. n. 635 del 1957, giacch� si trovano in una situazione tale da subire danno immediato e diretto ove il beneficio sia stato concesso illegittimamente (1). Il riconoscimento di localit� economicamente depressa non pu� essere espresso direttamente ad una parte del territorio comunale, essendo questa priva di personalit� giuridica, ma deve essere espresso nei confronti del Comune; tuttavia l'efficacia del provvedimento pu� essere limitata a quella zona del territorio comunale che in effetti sia economicamente depressa (2). (1�2) Ancora sulla distinzione tra interesse legittimo e interesse a ricorrere. 1. -Come risulta dalla decisione sopra trascritta, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato si � trovata di fronte al problema: se i Comuni, limitrofi ad altro Comune, dichiarato localit� economicamente depressa ai sensi dell'art. 8 della I. 28 luglio 1957, n. 635, siano portatori di un interesse legittimo che li abiliti a chiedere l'annullamento del provvedimento amministrativo di attribuzione della qualifica, adottato a favore del loro vicino. E tale problema ha risolto affermativamente. Non si pu� dire che in proposito il Consiglio di Stato abbia detto troppo poco. Anzi, � da rilevare che forse ha detto troppo, s� da contornare di un alone di incertezza tutta quanto la motivazione sul punto in que� !>tione. In effetti, e per rispondere allo specifico quesito. se l'interesse fatto valere dai Comuni limitrofi fosse legittimo (gravitante -cio� -nell'orbita dell'art. 26 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato), si adducono tre argomenti diversi, il cui reciproco rapporto -che non � certo di complementariet� -non � del tutto chiaro. Pi� precisamente: a) � titolare di un interesse legittimo chi, pur essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti di altro soggetto, PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 45 (Omissis). -In via preliminare deve essere poi esam1nata l'altra eccezione che la stessa Avvocatura dello Stato e la difesa del Comune di Castelfranco di Sotto hanno sollevato, sostenendo che il ricorso � inamissibile, in quanto i Comuni ricorrenti non hanno un interesse legittimo, di cui possono lamentare la lesione, ma hanno un semplice interesse di fatto, che la legge non ha inteso prendere in considerazione. Procedendo, quindi, a tale esame si rileva: Non pu� dubitarsi che sia titolare di un interesse occasionalmente protetto e, quindi, legittimo colui che, pur � essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti appartenenti ad una persona fisica o giuridica, si trovi in una situazione tale da subire un danno ove l'atto me si trovi in situazione tale da subire un danno, ove l'atto sia stato emanato in difformit� dalla legge; b) la vicinanza pu� costituire elemento differenziatore fra l'interesse legittimo e quello semplice. Chi abita vicino ad uno stabilimento industriale ha un interesse legittimo a veder rispettate le distanze di legge, per ci� che ha tratto alle esalazioni, rumori, ed in genere immissioni. e) il mantenimento dello status quo e -di riflesso -delle rispettive situazioni sul piano delle� possibilit� produttive � un interesse legittimo. Un incentivo male accordato determina una lesione rilevante sul piano della legittimit�. 2. -Si esaminino distintamente i tre pilastri logici della parte di motivazione che qui interessa. E' chiaro che l'argomento indicato sub a) vale a definire un � interesse alla legittimit� � dell'atto, ma non un vero e proprio interesse legittimo. E' vero che ad ogni posizione di interesse legittimo ne soggiace una di interesse alla legittimit�; ma non � affatto vera la proposizione reciproca e cio� che ogni interesse alla legittimit� sia perci� solo un interesse legittimo a' sensi dell'art. 26 del t.u. sul Consiglio di Stato. La verit� � che quando si parla di interesse legittimo, si definisce una vera e propria situazione giuridica soggettiva di vantaggio (cos�, p. es., CASETTA, Diritto soggettivo ed interesse legittimo: problemi della loro tutela giurisdizionale, Riv. trim. dir. � pubbl., 1952, 611 sgg., spec. 618 sgg. e 623, ed autori ivi citati). Tra l'interesse di fatto e le norme d'azione che regolano l'operato della pubblica amministrazione deve sussistere un collegamento giuridico. Si parla qui talvolta di � fissazione dell'interesse alla legittimit� dell'atto in un soggetto�, ovvero -con maggiore semplicit� di termini -di protezione occasionale, dove l'aggettivo non oblitera il sostantivo : occasionale s�, ma pur sempre protezione, e protezione accordata dalla legge, con la considerazione che essa abbia del soggetto, portatore di una certa pretesa (cos�, Sez. Un., 14 agosto 1951, n. 2519). Va notato che queste ovvie verit� sono sempre state chiarissime agli occhi del Supremo Consesso Amministrativo. Senza andare tanto lontano, sar� sufficiente considerare quel che � accaduto quando detentori di attivit� economiche in regime di oligopolio (o, addirittura, di monopolio 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO desimo sia stato emanato in difformit� dall'interesse pubblico perseguito da una norma di legge. In tal caso, infatti, l'interesse del terzo coincide con l'interesse pubblico alla osservanza di detta norma e, pertanto, trova nella norma stessa una protezione occasionale o riflessa, differenziandosi dall'interesse generico di tutti i cittadini al buon andamento della pubblica amministrazione. Ad individuare poi la particolare situazione da cui deriva l'esistenza dell'interesse legittimo, nella figura dell'interesse occasionalmente protetto, spesso si ricorre al criterio della vicinanza. Cos�, ad esempio, si � sempre ritenuto che chi abita vicino a un opificio industriale, dal quale sono emesse esalazioni nocive alla salute, abbia un interesse legittimo di cui possa la- di fatto) hanno proposto ricorso in sede di legittimit� in tema di autorizzazione all'esercizio data ad imprese concorrenti: per es. assicurazioni, sportelli bancari, raffinerie di ol� minerali. Prima di porsi il problema se le dedotte violazioni di legge fossero state effettivamente commesse, il Consig�io di Stato ha esaminato la questione (ritenuta decisiva ai fini della propria giurisdizione) se la situazione del titolare dell'(asserito) interesse apparisse, nella fattispecie normativa, come giuridicamente rilevante agli effetti dell'emanazione del provvedimento, denunciato come lesivo. In altri termini, se il legislatore si fosse preoccupato di tutelare, ancorch� di riflesso, oppure occasionalmente, l'interesse dedotto in giudizio, non apparendo sufficiente la pura e semplice esistenza di una normativa, sia sostantiva che di procedimento, dettata al fine di regolare l'attivit� dell'Amministrazione. Cos� si � negato che il titolare� d'una raffineria di oli minerali fosse portatore di un interesse legittimo, che Io abilitasse ad opporsi ad una nuova autorizzazione, pur se illegittima (Cons. Stato, V, 24 luglio 1959, Foro amm., 1959, I, 2, 861, dove viene fatto il �punto in giurisprudenza). Ma vi ha di pi�: lo stesso si � detto per le Compagnie cl'assicurazione, pur essendo innegabile che v'ha un pubblico interesse notevolmente inienso alla prosperit� di questo tipo d'imprese, tale da rendere pi� che plausibile la configurazione di un collegamento giuridico tra posizione della singola Compagnia e tutela dell'interesse pubblico (cos� Cons. Stato, Sez. VI, 17 febbraio 1953, n. 445, Relaz. Avv.ra Stato 1951-55, I, pag. 81). Ma tant'�: requisito indefettibile perch� un interesse sia considerato legittimo � -secondo la giurisprudenza costante del Consiglio di Stato -la considerazione che della posizione del suo titolare abbia la legge (Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 1958, n. 576). Solo allora l'asserita lesione sar� giuridicamente rilevante, ed uscir� dal limbo del mero fatto eco:~ nomico (e valga qui -a rovescio -l'esempio delle farmacie, delle sale cinematografiche, et similia). jii Sia chiaro che l'argomentazione della Quinta Sezione, in s� e per s�, non � sbagliata. Ma concerne non la qualificazione dell'interesse come !,,�1 legittimo, bens� l'interesse a ricorrere. -J Ed invero, l'indagine sul punto se� il ricorrente dall'ampliamento della sfera giuridica di altro soggetto risenta un pregiudizio, che possa '-~ , I: � � . j . . ~s~�~�llJ.1.�~,"''r-&va.,.,,.,,,:,.;;,,,:.,R~llJIL,,.,.~===� �Jfilff�-~-fr����- PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 mentare la lesione, ove l'impianto dell'opificio stesso sia stato autorizzato a una distanza inferiore a quella stabilita dalla legge. Nella specie, con il provvedimento impugnato in questa sede, il Comitato dei Ministri per le Opere Straordinarie nell'Ha� lia settentrionale e centrale ha dichiarato il Comune �ai Castelfranco di Sotto localit� economicamente depressa ai sensi e per gli effetti _di cui all'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635. ;Ora non � contestato che i Comuni ricorrenti sono limitrofi al Comune di Castelfranco di Sotto. Essi, pertanto, si trovano indubbiamente in una situazione tale da subire un danno immediato e diretto, qualora il beneficio di cui trattasi sia stato concesso illegittimamente. Come � noto, infatti, le nuove industrie che vengono a co essere riparato dalla decisione di annullamento, si risolve -in realt� -nel vedere se sussista un vantaggio potenziale derivante al ricorrente medesimo dalla vittoria giudiziale. Cio� avvia a soluzione il problema del� l'interesse a ricorrere, ma non l'altro se la lesione sia tale in senso giuridico od un mero pregiudizio di fatto. Anzi, c'f! qualche cosa di pi� da osservare. E cio� che l'argomentazione in parola porta diritto filato a dire che l'interesse � semplice ed il giudizio � di merito. Ed infatti solo in un giudizio che abbia come � thema decidendi � un interesse semplice l'indagine preliminare deve essere circoscritta all'interesse a ricorrere, senza che si passi a vedere che cosa di sostantivo soggiaccia al presupposto processuale. 3. -Analoghe osservazioni possono muoversi al secondo argomento, che svolge il criterio della vicinanza. Anche qui si confonde un elemento processuale con un elemento sostanziale: l'essere vicini all'attivit� molesta illegalmente autorizzata pu� valere ai fini della legittimazione a ricorrere, in quanto serve a differenziare la posizione del ricorrente da quella della generalit� degli individui. Non vale, invece, a creare un nesso giuridico tra interesse interesse �di fatto e norme di azione, n� a far trovare nella legge il requisito della protezione dell'interesse. Si deve soggiungere che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato non ha, forse, avuta la mano troppo felice nello scegliere, il caso dei rumori o delle esalazioni da stabilimenti industriali. Lasciando da parte quanto non persuade nel merito dell'argomento, va detto che l'esempio � inap� propriato perch� in queste ipotesi chi ricorre o � il proprietario contiguo, in nome dell'interesse legittimo (strumentale rispetto al diritto di propriet�) a non vedere considerate lecite immissioni nocive sulla base di provvedimenti illegittimi, oppure -in estrema ipotesi -chi agisce a tutela della propria integrit� fisica (anche questa diritto soggettivo), che non pu� essere compromessa da un atto illegittimo (su questo tipo di interessi legittimi, cfr. per tutti MoRTATI, Istituz. di diritto pubblico, VI ediz., pag. 55, e gli autori ivi citati a nota 1), spec. CANNADA BARTOLI e BENVENUTI). 4. -Solo con� rargomento indicato sub e) si dicono cose pertinenti. Ma, a nostro avviso, errate. Gi�, istintivamente, ci si trova nell'imbarazzo quando -senza tor 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stituirsi nella localit� dichiarata economicamente depressa godono notevoli agevolazioni fiscali. Ci� nonostante,� nelle predette localit�, che siano in effetti economicamente depresse, stentano a sorgere nuove industrie, in quanto le agevolazioni fiscali . spesso non compensano in misura adeguata gli svantaggi derivanti dalle condizioni ambientali che ostacolano il normale svi luppo delle attivit� produttive. E' certo, invece, che se il riconoscimento di localit� econo micamente depressa viene dato a una zona che tale in realt� non sia, in contrasto con le finalit� perseguite dalla legge n. 635 del 1957, come si assume nel caso di specie, le nuove industrie preferiranno impiantarsi in questa zona anzich� nei territori dei comuni vicini. Per effetto della violazione di tale legge, quindi, tuose circonlucuzioni -si ienta di esprimere l'oggetto ed il contenuto di questo preteso interesse legittimo in tema di persistenza dello status quo ante. Interesse legittimo a... a che? Al mantenimento in istato di disagio economico del prossimo, cos� da convalidare la massima tanto manchesteriana, quanto poco cristiana, che la ricchezza di ognuno di noi � per met� fatta della povert� del nostro vicino? Ad ogni modo, dando per ammesso che qui una situazione di � non svantaggio,, (?!) sussista in realt�, che questa situazione sia definibile, e che si dia una lesione, quanto meno potenziale, di essa, resta da vedere se la medesima sia giuridica. Si �, infatti, osservato che non bastano le due serie parallele: interesse di fatto -normativa, per dar luogo al fenomeno giuridico dell'interesse legittimo. Occorre, invece, che i due termini siano collegati da un nesso giuridico, costituito dalla rilevanza attribuita dalla legge alla posizione del terzo: in altre parole dalla pro tezione che questo terzo trovi nella legge, protezione che -pur se occa sionale o riflessa -deve in ogni modo essere giuridica. Occorre, perlanto, esaminare i testi legislativi qui applicabili e vedere se l'eventualit� di una competizione fra Comune e Comune sia conside rata in un modo qualsiasi. Mancando questo, � chiaro che si resta nella t.ona ambigua dell'interesse alla legittimit� e non si assurge all'interesse legittimo. Orbene, va detto senz'altro che la possibile situazione di concorrenza fra Comune e Comune � fuori da ogni previsione del corpus di norme che partono dalla legge 10�agosto 1950, n. 647, e culminano nella legge 29 lu glio 1957, n. 635. Qui � solo questione di un dialogo tra il Comune istante e lo Stato. Rileva unicamente se il Comune chieda fondatamente o infon datamente e se lo Stato accordi o dinieghi legittimamente o illegittima, mente. E ci�, senza che sia lasciato il minimo spazio ad opposizioni di terzi soggetti, che non troverebbero nessuna possibile sistemazione nel l'e�onomia della legge. Solo il Comune istante potr� ricorrere in sede di legittimit� avverso l'ingiusto diniego, e soltanto lo Stato potr� procedere ad annullare d'ufficio il beneficio a torto accordato. Gli eventuali inte ressi di terzi soggetti restano nell'ambito del mero fatto, dato che la legge non solo non Ii protegge, ma addirittura li ignora. C'� di pi�. E cio� che nella specie quella normativa, alla quale si vorrebbe collegare l'inte, PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 i comuni vicini vengono a subire un danno immediato e diretto, consistente nell'arresto o, comunque, nella diminuzione del normale incremento delle attivit� produttive nell'ambito dei loro territori, con un conseguente arresto o, comunque, con una diminuzione del normale incremento delle attivit� produttive nell'ambito dei loro territori, con un conseguente arresto o diminu:. zione dell'incremento delle entrate dei rispettivi bilanci. Da quanto precede consegue che la dedotta eccezione deve essere disattesa, giacch� l'interesse sostanziale che le Amministrazioni ricorrenti intendono far valere nel presente giudizio non pu� non essere qualificato come un interesse legittimo. Consegue inoltre, che la denunciata lesione di tale interesse non � eventuale, ma ha il requisito dell'attualit�. Viene, quindi, a ca- resse dei ricorrenti, non esiste. Le condizioni per l'atto dichiarativo sono deostruite dalla Sezione sulla base di affermazioni _politiche! Se mai (e -diciamolo francamente -con uno sforzo d'immagina� zione giuridica) si volesse trovare in questa intricata materia una situazione d'interesse legittimo in Comuni terzi, limitrofi e non limitrofi, questa, se pure in casi ben delimitati, sarebbe � ad adiuvandum � e non � ad opponendum � quanto al riconoscimento della qualifica nel Comune istante. In effetti, la legge 29 luglio 1957, n. 635, contiene pi� di un riferimento alla legge 25 luglio 1952, n. 991 (p. es. all'art. 5,, all'art. 7, etc.), portante provvedimenti in favore dei territori montani. Ora, per l'art. 1 della legge del 1925 citata, oltre ai Comuni aventi le caratteristiche di territori montani, possono essere ammessi ai benefici di legge altri Comuni � anche non limitrofi� in parit� di condizioni economico-agrarie. Il che -se non andiamo errati -pu� determinare solidariet� e non certo antagonismo d'interessi, quanto meno l� dove il riconoscimento di area depressa sia. conseguenza immediata della qualificazione del territorio come montano. Ci rendiamo conto che, in linea d'ortodossia giuridica, neanche in questa ipotesi pu� fondatamente discorrersi di protezione all'interesse di Comuni terzi, ed in particolare di protezione appropriata ai fini della legge del 1957: comunque l'argomento colorisce �a contrariis � l'irrilevanza di una situazione di concorrenza competitiva, che opponga Comune a Comune. 5. -Sin qui si � visto come, in difetto di un collegamento giuridico tra normativa e pretesa dei Comuni confinanti a quello di Castelfranco di Sotto, l'interesse di questi ultimi debba qualificarsi come interesse semplice, sottratto alla giurisdizione del Consiglio di Stato. Ma lo sguardo pu� spingersi pi� a fondo. Ed allora � possibile scorgere come, sotto le ingannevoli apparenze di un sindacato di legittimit�, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato abbia compiuto un giudizio di merito. Anzi, data la falsa impostazione data alla questione dalla forma disadatta, in cui essa si presentava (pseudo sindacato di legittimit� su di un provvedimento amministrativo), qui non si � avuto neppure un giudizio di merito completo, ma un giudizio di merito a met�, cio� un esame della controversia condotto unicamente in considerazione delle deduzioni dei ricorrenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 50 dere anche l'ulteriore eccezione d'inammissibilit� del ricorso sollevato al riguardo dal patrocinio del Comune di Castelfranco di Sotto. Superate queste questioni pregiudiziali, per quanto attiene al merito della controversia si osserva che i ricorrenti deducono, fra l'altro, che l'atto impugnato � illegittimo per violazione dell'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, con la quale sono state emanate disposizioni integrative della legge 10 agosto 1950, n. 647, per l'esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale. Ora questa censura si appalesa fondata. Ed invero, n� la legge del 1950, n� quella del 1957, come � ammesso dagli stessi ricorrenti, stabiliscono le condizioni ne- In realt�, quanto si diceva nel ricorso al Consiglio di Stato costituiva la denuncia di un contrasto d'interessi fra Comune e Comune, determinatosi per effetto dell'atto amministrativo di qualificazione di area depressa: il vantaggio dato a Castelfranco di Sotto pone questo Comune in una situazione differente e � migliore rispetto a quella delle localit� limitrofe e gli conferisce maggiori possibilit� di sviluppo industriale; le nuove attivit� produttive della zona si orienteranno di preferenza su Castelfranco; l'esenzione dal tributo statale determiner� l'assorbimento di ogni incremento industriale e commerciale, etc. etc. Ora, � chiaro che, per potere verificare tutte quante tali proposizioni, o�correva fare taluni apprezzamenti per i quali la sede giurisdizionale, in genere, e, peggio che mai, quella limitata al sindacato di pura legittimit�, era la pi� inappropriata ed incongrua. In effetti non era possibile giudicare senza avere prima di tutto stabilito che gli eventi paventati dai ricorrenti si sarebbero effettivamente avverati, non solo, ma che non avrebbero prodotto altri eventi, per avventura di gran lunga pi� vantaggiosi per i ricorrenti, di quanto non fossero nocivi quelli temuti e denunciati al Consiglio di Stato. � Giacch� la Quinta Sezione ha giudicato come se tutte quante le attivit� economiche siano del tipo c.d. � primario �, dimenticando l'esistenza di attivit� � secondarie� e � terziarie� (infrastruttura, servizi, etc.). Verissimo: le fabbriche andranno a Castelfranco. E poi? Chiaro che occorrer� una migliore viabilit�, che occorreranno alloggi, che la produzione agricola, artigiana, di servizi etc. della zona avr� nuovi sbocchi, che sar� necessaria nuova mano d'opera, che i beni prodotti dovranno essere commerciati, etc. etc. E' mai possibile che questi nuovi impulsi economici si esauriscano nella cerchia delle mura del Comune di Castelfranco e non si estendano ai Comuni limitrofi.? Ed in che misura? E come si apprezza tutto questo nell'ambito di un giudizio di pura legittimit�? E' appunto per ragioni di questo genere che il Costituente, nel prevedere all'art. 127, terzo e quarto comma, della Costituzione, la possibilit� di� un conflitto di interesse tra Regione e Stato o tra Regione e Regione, ha accolto -con valore di principio generale -la verit� che il contrasto d'interesse d� luogo esclusivamente ad una questione di merito. PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 cessarie per la dichiarazione di localit� economicamente depres sa. Tuttavia, dai lavori preparatori relativi alla prima di tali leggi effettivamente risulta che per identificare una zona depressa si deve tener conto degli elementi indicati nel ricorso e specificati in narrativa. Nel caso concreto, avuto riguardo a tali elementi, non pu� ritenersi giustificato il beneficio concesso dal Comune di Castelfranco di Sotto. Difatti, come hanno posto in rilievo le Amministrazioni ricorrenti e come del resto risulta dagli atti, nel Comune di Castelfranco di Sotto -che, in base all'ultimo censimento ha una popolazione di appena 8.085 abitanti -esistono ben 60 opifici, di cui 36 calzaturifici con una produzione giornaliera di L. 6.000/6.500 paia di scarpe. Tali opifici impiegano di- Si noti bene che, una volta eretto l'argine dell'interesse nazionale e delle altre Regioni dall'art. 117 Cost. a fronte dell'attivit� legislativa regionale, si � istituito -in sostanza -un requisito di legittimit� costituzionale per le leggi regionali: queste saranno legittime in quanto, oltre tutto il resto, non contrastino all'interesse nazionale o di altre Regioni. Ma, con tutto questo, il relativo giudizio � di merito: la questione di legittimit� costituzionale per violazione dell'art. 117 cost., pur configurabile astrattamente come primaria, si considera come giudicabile solo in sede di composizione del contrasto di merito, nella sede competente e responsabile per le decisioni di merito: il Parlamento. 6. -Siamo arrivati al punto di concludere. E' di pien� evidenza che quando la legge prende in considerazione la situazione giuridica di soggetti terzi rispetto all'emanazione di un dato provvedimento amministrativo, ed in tal guisa dispone-una forma di protezione, pur se occasionale o riflessa, dei loro interessi, essa opera una scelta ed un giudizio di prevalenza. Per es�mpio, tornando al caso dianzi cennato delle farmacie, la legge considera prevalente l'interesse del farmacista che si trovi a meno di cinquecento metri dalla farmacia di nuova istituzione su quello del nuovo esercente, ed a tale interesse accorda un certo tipo di protezione, funzionale rispetto alla pubblica esigenza a che l� legge venga osservata. In altre parole, J'apprezzamento di merito � fatto dal legislatore, ed il Giudice di legittimit� � dispensato da ogni esame sull'effettivo prevalere di un interesse -privato e pubblico -su di un altro; anzi -addirittura -sulla reale sussistenza della lesione (pu� ben darsi, in certe circostanze, che una farmacia illegittimamente autorizzata giovi pi� che non nuoccia all'esercizio viciniore, ma l'argomento sarebbe irrilevante ai fini del giudizio di legittimit�). Altro � da dire nel caso in cui la figura del terzo � estranea alla previsione legislativa, nel caso in cui, cio�, l'asserito interesse �del terzo a che un certo provvedimento amministrativo non sia emanato non si trovi in una posizione di collegamento giuridico con i precetti che regolano l'attivit� della pubblica Amministrazione, s� da riceverne protezione. Allora, se � vero che giurisdizione � giurisdizione e non controllo di legittimit�, se � vero che giurisdizione di diritto subiettivo, qual'� appunto 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rettamente 1.700 operai e indirettamente altre numerose persone che lavorano a domicilio. Inoltre, intorno a queste attivit� industriali vi sono varie attivit� commerciali, che d�nno occu~ pazione e reddito ad altri lavoratori, cosicch� l'intera mano d'opera locale pu� ritenersi completamente assorbita. Ci� posto, di fronte a questi concreti e precisi dati di fatto che non sono smentiti dalle Amministrazioni resistenti, devesi riconoscere che sussiste la lamentata violazione di legge. N� vale sostenere, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, che il provvedimento in contestazione � in ogni caso giustificato dalle peculiari condizioni in cui si trova una parte del Comune di Castelfranco di Sotto e precisamente la frazione di Orentano, che occupa circa la met� del territorio comunale. Sta di fatto, invero, che lo stesso Comune di Castelfranco di Sotto richiese il riconoscimento di localit� depressa non per l'intero territorio comunale, ma limitatamente alla suddetta frazione. Senonch� il Comitato dei Ministri, ritenuto che la legge non consentisse �la possibilit� di operare il riconoscimento di lo- quella delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, � giurisdizione di diritto subiettivo, che non pu� -cio� -prescindere dall'accertam�nto del torto da riparare, con l'eliminazione del provvedimento illegittimo, e non giurisdizione di diritto obiettivo, che si limiti ad esaminare se sia stata commessa una violazione della norma, indipendentemente dall'indagine circa la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, il Giudice di pura legittimit�, al quale il sullodato terzo si rivolga, non pu� non dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. In caso contrario, ove -cio� -venga creato in sede giurisdizionale quel collegamento tra la norma e !'(asserito) interesse di fatto, che non � nella legge, il giudizio dal piano della legittimit� straripa nel merito. Giacch� � merito lo stabilire se e quali sono quegli interessi di fatto che assurgano al livello di � pretesa � a fronte di norme dettate unicamente nei confronti della pubblica Amministrazione, ed � merito identificare se lesione questi interessi abbiano sub�to dall'inosservanza delle norme predette. L'esempio fatto nel paragrafo precedente circa il � giudizio di merito a met� � � abbastanza istruttivo. Si pu� soggiungere che questo straripamento nel merito della giurisdizione di legittimit� determina una situazione, quanto meno di arbitrio, nell'identificazione dei presupposti processuali. I Comuni limitrofi sono legittimati ed hanno interesse a ricorrere; perch� non le industrie in situazione di concorrenza, attuale o potenziale, con quelle che profitteranno dell'esenzione tributaria? Ed, in genere, perch� non i contribuenti dei Comuni vicini? E quanto vicini? Etc. etc. Risulta, infatti, evidente che, ove si prescinda da un collegamento giuridico tra situazione di vantaggio .asserita dal ricorrente e normativa, si pu� pervenire a qualsiasi soluzione. FRANCESCO AGRO' PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE calit� economicamente depressa se non con riferimento alla circoscrizione amministrativa espressamente indicata (comune)� deliber� di estendere tale riconoscimento a tutto il territorio del comune, considerando che la depressione economica che investiva oltre la met� di quel territorio rappresentava uno squilibrio per l'intera economia comunale che, di fatto, era inferiore per molti aspetti alla media della provincia di Pisa. Al riguardo � per� agevole opporre quanto segue : 1) Pu� anche ammettersi che il riconoscimento di localit� economicamente depressa non possa essere espresso direttamente ad una parte del territorio comunale, essendo questa priva di personalit� giuridica e che, quindi, il relativo provvedimento debba essere emanato nei confronti del Comune. Ci�, pertanto, non impedisce che l'efficacia di tale provvedimento venga limitata a quella zona del territorio comunale, che in effetti sia economicamente depressa. Questa limitazione anzi appare pienamente conforme alla volont� della legge . . 2) Come � stato chiarito dall'Avvocatura dello Stato, la frazione di Orentano � esclusivamente agricola, essendo priva di ogni altra risorsa economica, perch� lontana dalle strade di grande comunicazione e tagliata fuori da ogni possibilit� di diretto e celere contatto con il capoluogo del Comune per la interposizione della frazione Stappali del Comune di S. Croce sull'Arno e delle colline boscose delle Cernaie. Ora, di fronte a questa situazione, � ovvio che il provvedimento 'in esame non pu� raggiungere lo scopo a cui � diretto, cio� lo scopo di promuovere lo sviluppo economico della frazione suddetta, giacch� le nuove industrie avranno interesse a costituirsi nel capoluogo del comune, in quanto oltre a conse. guire le stesse agevolazioni :fiscali, beneficeranno delle pi� favorevoli condizioni locali. Di conseguenza lo squilibrio esistente fra la zona di Orentano e il rimanente territorio del comune non solo non sar� eliminato, ma con ogni probabilit� diventer� sempre maggiore. N� per smentire questa logica previsione vale affermare che, dopo l'emanazione dell'atto impugnato, nella frazione di Orentano si sono costituite alcune piccole industrie, giacch�, anche a voler ritenere esatta tale affermazione, devesi presumere che si tratti di casi eccezionali che non sono destinati a ripetersi. 3) Con nota del 21 maggio 1961 il Comune di Castelfranco di Sotto ha fatto presente al Comitato dei Ministri che il Ministero delle Finanze aveva espresso parere sfavorevole al riconoscimento della localit� di Orentano come zona economica 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente depressa, in quanto, anzich� tenere conto di questa sola localit�, aveva preso in esame l'intero territorio comunale. Appare quindi evidente che con questa nota lo stesso Comune interessato ha implicitamente ma chiaramente ammesso che il suo intero territorio, anche avuto riguardo alle particolari condizioni della zona di Orentano, non poteva essere riconosciuto come economicamente depresso. Per le considerazioni che precedono la deliberazione impugnata deve ravvisarsi in ogni caso illegittima e, quindi, il ricorso deve essere senz'altro accolto, rimanendo superfluo soffermarsi sulle altre censure dedotte dai ricorrenti, perch� quella gi� esaminata, oltre ad essere fondata, ha carattere assorbente rispetto alle cennate ulteriori censure. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 ottobre 1963, n. 513 -Pres. D'Avino -Est. Russo -Societ� Maresole c. Ministero Marina Mercantile. ~. Concessioni amministrative -Concessioni provvisorie -Inadempimento del concessionario -Decadenza -Controversie -Competenza. (cod. nav., art. 38). . L'occupazione anticipata di un'area demaniale marittima con contemporanea emissione di atti di sottomissione, d� luogo a una I. specie di concessione provvisoria, la cui risoluzione per inadempimento del privato di una delle clausole del contratto (nella specie versamento del deposito cauzionale) importa una controversia che sfugge alla competenza del giudice amministrativo per rientrare in quella del giudice ordinario (1). (1) Giurisprudenza costante. Con questa sentenza il Consiglio di Stato, �~ nel precisare che la concessione provvisoria assicura al concessionario il diritto al godimento del bene demaniale e perci� le relative controversie sono sottratte alla propria competenza, si informa agli esatti criteri - ormai consolidati -di discriminazione fra giurisdizione ordinaria e amministrativa in materia di concessioni. Secondo tali criteri rientrano nellffi la competenza del giudice ordinario soltanto le controversie che abbiano per oggetto la interpretazione e l'adempimento di clausole relative al re. golamento convenzionale (concessione-contratto) (nella specie es~minata, :!.! inadempimento per mancato versamento di cauzione), mentre rientrano .�: nella competenza del giudice amministrativo le controversie che riguar �:: dano la interpretazione e l'applicazione dell'atto di concessione, inteso ~ come espressione del potere discrezionale amministrativo. In tal senso cfr. " Cass. 10 ottobre 1962, n. 2930, Foro it. Mass., 1962, 829'; Cons. Stato, -~ sez. VI, 25 luglio 1959, n. 509, Foro am1n., 1959, I, 1059, con nota; 18 .-; .. -I:; -~ " PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 55 (Omissis). -Passando all'esame di merito del ricorso, il Collegio deve dichiarare, come si � detto, il proprio difetto di giurisdizione. La Societ� ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Ministero della Marina Mercantile ha revocato l'atto di sottomissione relativo alla concessione provvisoria di un bene del demanio marittimo per non avere la ricorrente ottemperato all'obbligo che discendeva dell'articolo 4 dell'atto medesimo, concernente il pagamento di una somma a ga��anzia dei canoni per l'uso del ben� demaniale. Gi� questo Consiglio, in analoga fattispecie, (Sez. VI, 18 aprile 1956, n. 258), ebbe a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione sulla considerazione che, una volta precisate in un atto contrattuale le clausole di risoluzione di un rapporto, l'averlo risolto per inadempimento del privato ad una delle clausole del contratto, importa una controversia che sfugge alla competenza del giudice amministrativo per rientrare in quella del giudice ordinario. La Corte di Cassazione, confermando detta pronuncia (Sez. Un. 10 ottobre 1962, n. 2930), ha individuato nell'occupazione anticipata di un'area demaniale marittima con contemporanea emissione di un atto di sottomissione una specie di aprile 1956, n. 258, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 422. Di recente la Cassa� zione, con la sentenza n. 1666/63, in questa Rassegna, 1963, 135, ha fatto esatta applicazione del richiamato criterio di discriminazione delle competenze, laddove ha affermato che la controversia, avente ad oggetto la legittimit� dell'imposizione di un canone per la concessione, rientra nella competenza del giudice amm.vo, in quanto essa investe la maniera con la quale fa p.a. ha esercitato il potere discrezionale. Ci� premesso, non pu� condividersi l'orientamento, che talvolta, come nella specie, il Consiglio di Stato assume allorch� con la decisione definitiva declina la propria competenza, mentre con l'ordinanza, in via preliminare, sospende l'esecuzione dell'atto impugnato, ritenendosi cos�, sia pure ai soli effetti della pronuncia cautelare, implicitamente competente. Se, infatti, il Consiglio di Stato non ha il potere di decidere il merito del ricorso per difetto di giurisdizione, non ha neanche il potere di sospendere l'atto impugnato. E ci� perch�, in sede di giudizio preliminare{ sulla sospensione, il predetto organo giurisdizionale ben pu� delibare la propria competenza, specie quando, come nel caso deciso, dall'oggetto essenziale dell� pretesa dedotta in giudizio col ricorso (inadempimento, da parte del privato, della concessione provvisoria, per mancato versamento della cauzione) si rilevava, ictu oculi, la lesione di un diritto soggettivo e non di un interesse legittimo. Codesta osservazione �, peraltro, conforme alla giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, il quale ha affermato il proprio difetto di giurisdizione, se rilevabile ictu oculi in sede di delibazione sulla domanda di sospensione (Cons. Stato, Sez. V, 19 ~ (.,~ 56 R<\.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .' concessione provvisoria che, pur importando, rispetto a quella !) definitiva, un pi� ampio potere di revoca, da parte della pub ~ f blica Amministrazione per ragioni di pubblico interesse, tuttavia assicura ugualmente al concessionario provvisorio nei conIfronti dell'Amministrazione concedente e nell'ambito del rapporto contrattuale inerente alla concessione, un diritto al godimento dello stesso, diritto tutelabile innanzi al giudice ordinario. I Nella specie, invero, come si � detto, con atto di sottomissione 10 aprile 1952, il Ministero della Marina Mercantile, premesso che la Societ� ricorrente aveva chiesto la concessione di una zona di arenile, richiedendo altres� che, nelle more della I istruttoria per la concessione richiesta, le fossero assentiti la I I ru immediata occupazione della �zona e l'immediato inizio dei lavori, autorizzava l'occupazione stessa, purch� il richiedente sottoscrivesse l'atto di s�ttomissione. Con tale atto la societ� ricorrente assumeva diversi obblighi, fra cui (articolo 4) quello �di versare la somma di L. 500.000 a garanzia dell'osservanza di tutti gli obblighi assunti con il presente atto, restando l'Ammi I nistrazione marittima facoltizzata ad incamerare,� in tutto o in i!. t parte, il suddetto deposito, senza bisogno di alcun provvedimen to, dell'autorit� giudiziaria... e restando, altres�, obbligata ad ~11 eseguire i depositi suppletivi, che nel corso della validit� del :: presente atto fossero ritenuti dall'Amministrazione necessari, I I r. ~ dicembre 1959, n. 1423, Foro it., Rep., voce Giust. amm.va n. 408), ed alla giurisprudenza della Cassazione, la quale, nel riesaminare la questione, ha affermato che il Consiglio di Stato, giudice della propria competenza, nel pronunciarsi sull'istanza di sospensione, pu� riconoscere implicita3 mente o esplicitamente la propria giurisdizione e che, tuttavia, la pronuncia sulla sospensione non � immediatamente impugnabile con ricorso per Cassazione (il che per� non pu� essere condiviso, .data la natura giurisdizionale dell'ordinanza affermata dallo stesso S.C.; v. in tale senso I'MoRTATI, Sulla impugnabilit� per difetto di giurisdizione delle pronunce ' I M 'di sospensione degli atti amministrativi, Giuris. it., 1950, 1, 3, 80) e non � quindi proclusa dalla regiudicata il ricorso contro la decisione definitiva per motivi attinenti alla giurisdizione (Sez. Un., 9 maggio 1949, n. 1110, Foro amm., 1949, II, l, 135; v. anche VARVESI, Osservazioni sull'incidente , di sospensione nei giudizi innanzi al Consiglio di Stato, in questa Rivista ' I .1949, 1; GARGIULO, La sospensione dell'atto amministrativo da parte del Consiglio di Stato, 126; NIGRO, Sospensione dell'esecutoriet� del provvedimento impugnato e istanza per regolamento di giurisdizione, Foro amm. 1956, I, 3, 22). Le premesse osservazioni non hanno solo rilevanza teorica, giacch� non pu� disconoscersi, da un punto di vista logico e giuridico, la inam 1~: missibilit� della sospensione di un provvedimento da parte di un giudice che si riconosce poi incompetente, ed il pregiudizio per l'interesse pubI blico derivante dalla concessa sospensione che viene poi caducata. --1m PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 57 ecc.�, Col provvedimento impugnato l'Amministrazione ha revocato l'atto di sottomissione non avendo la Societ� � ottemperato all'ingiunzione di versare un deposito suppletivo di lire 20.000.000 a garanzia del pagamento dei canoni arretrati� (resosi necessario per il lungo decorso della occupazione provvisoria). E' evidente che il provvedimento si basa unicamente sull'inadempimento ad un preciso obbligo che la Societ� si era assunto con l'atto di sottomissione. Nel rapporto complesso, instaurato tra l'Amministrazione e il concessionario, con il menzionato atto di sottomissione, non c'� dubbio che la questione sollevata col ricorso attiene alla lesione di un diritto soggettivo e come tale, in base alle considerazioni svolte dalla Cassazione, e condivise dal Collegio, sottratta alla competenza di questo Consiglio. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 23 ottobre 1963, n. 619 -Pres. De Marco -Est. Meregazzi -Soc. Antonelli e Orlandi c. Ministero Tesoro. Deposito -Depositi bancari e cassette di sicurezza -Sblocco � Istanza di sblocco � Rigetto -Impugnativa � Lesione di diritti soggettivi Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. (1. 2 luglio 1952, n. 911, art:t. 1 e segg). Le controversie che sorgono in materia di sblocco di assegni bancari vertono su lesione di diritti soggettivi, e pertanto il Consiglio di Stato difetta di giurisdizione a conoscere della impugnativa di un provvedimento col quale il Ministero del Tesoro ha rigettato l'istanza di sblocco sul presupposto che il 'conto corrente sarebbe stato estinto dagli alleati (i). (1) Massima esatta. Non risultano precedenti; cfr. tuttavia, Cass. Sez. Un. 3'0 ottobre 1961, n. 2507, le quali hanno affermato la pregiudizialit�, rispetto alla proposizione dell'azione giudiziaria in materia di sblocco di depositi bancari, della procedura amm.va disciplinata dagli artt. 1 e segg. della I. n. 911 del 1952, con la conseguenza che, fino a quando detta prq� cedura non sia espletata, l'a.g.o. difetta di giurisdizione a conoscere delle domande degli interessati intesa ad ottenere la disponibilit� delle somme depositate nei conti correnti bancari. - SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1963, n. 1343 -Pres. Torrente -Est. D'Armiento -P. M. Pisano (conf.) -Sacconi c. Banco di Santo Spirito. Titoli di credito -Assegno circolare emesso con la clausola di intrasferibilit� a favore di soggetto diverso dal richiedente -Rapporto di emissione -Rapporto cambiario -Erl'ore di persona nel pagamento -Responsabilit� cambiaria della Banca emittente -Legittimazione del prenditore e non del richiedente. (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 43, 86). Il rapporto di emissione di un assegno circolare intrasferibile si esaurisce con la creazione del titolo avente i caratteri pattuiti e la consegna dello stesso al richiedente. Distinto �, invece, il rapporto che intercorre fra emittente e prenditore e dal quale scaturisce per il primo la responsabilit�, nei confronti del secondo, per il pagamento malamente eseguito a favore di persona diversa (1). II TRIBUNALE DI NAPOLI, 28 maggio 1963 -Pres. Mazzacane Est. Mastrocinque -Ministeri dei Lavori Pubblici e del Te soro c. Banca d'America e d'Italia. (1) Conf. Cass. 26 aprile 1954, n. 1276, Banca, borsa e titoli di credito, 1954, II, 184; 18 luglio 1956, n. 2783, Id., 1956, II, 523; 7 ottobre 1958, n. 3133, Foro it., 1959, I, 73. Molteplici sono le opinioni dibattute in dottrina e giurisprudenza sulla natura giuridica del rapporto di emissione dell'assegno circolare: deposito irregolare, con l'obbligo dell'emittente di restituire la somma ricevuta al richiedente o ad un terzo da lui indicato (MESSINEO, Assegno circo� lare e azione ex causa, in Banca, borsa e titoli di credito, 1940, I, 34; FIORENTINO, Il rapporto fondamentale nell'assegno circolare, Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 130; Trib. Milano, 2 aprile 1951, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, II, 228); mandato (App. Milano, 14 gennaio 1955, Giust. Civ., Mass. Appello Milano, 1955, 2); compravendita {SALANDRA, Assegno circolare e pagamento, Dir. e prat. comm., 1939, I, 197); contratto misto di compravendita e d'opera (PELLIZZI, In tema di rapporto fondamentale nell'assegno circolare, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, II, 228); contratto sui generis di emissione (DE STIMO, D�ritto cambiario, Milano, 1953, 799). 59 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Titoli di credito -Vaglia della Banca d'Italia emessi con la clausola di intrasferibili.t� a favore cli prenditori cartolari inesistenti in commutazione di ordinativi ministeriali di pagamento falsificati -Riscossione dei medesimi da parte clei truffatori a mezzo banchiere giratario per l'incasso che manc� di identificarli . -Esclusione cli responsabilit� del medesimo nei confronti del richiedente. (r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, artt. 43 e� 92; e.e., artt. 948, 1994 e 2043). Il richiedente di vaglia bancario intrasferibile a favore di prenditore cartolare, di cui fu accertata l'inesistenza con giudicato penale, non ha azione contro il banchiere, che, avendolo ricevuto per l'incasso dal truffatore del richiedente, sedicente prenditore, di cui manc� l'identificazione, ne abbia provocato il pagamento liberatorio e l'estinzione da parte dell'emittente (2). I (Omissis). -Con il primo motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 43-73-86 R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736; 1176, 1375 cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 5 e 3 c.p.c., assumendo che la sentenza impugnata non abbia esaminato la causa sotto il profilo dedotto. E si argomenta che, se i principi affermati in materia di responsabilit� della Banca emittente possono valere in caso di normale assegno circolare, i principi stessi non riguardano e non possono riguardare l'assegno non trasferibile, posto che con la emissione di un titolo di tal genere la banca assume lo obbligo di non pagare a favore di altri che non sia l'intestatario dell'assegno, sostanzialmente non trasferibile. Conseguentemente -si conclude -la Banca deve usare una diligenza maggiore nell'accertatore la identificazione dell'intestatario, e se commette un errore, deve imputarlo a sua colpa e risponderne nei confronti del richiedente l'assegno, a titolo di responsabilit� contrattuale. (2) Sulla preclusione ex art. 28, c.p.p., v. GUARNERI, Limiti soggettivi ed oggettivi all'efficacia del giudicato penale nel giudizio civile, Giur. it., 1957, I, l, 192; v. anche Cass. 14 aprile 1961, n. 801, in Temi napoletana, 1961, I, 551; Cass. 27 dicembre 1963, n. 3229, Giur. it., Mass. 1963, 1088. Sul concetto di danno come fatto: DE CuPis, v. Danno, in Enciclopedia del diritto, vol. XI, Milano, 1962, 623 e gi�, dello stesso A., Il danno, Milano 1946, 5 e segg.; PETROCELLI, L'antigiuridicit�, Padova 1951, 119 e segg., in particolare 123. Sul concetto di danno ingiusto v. SACCO, L'ingiustizia di cui all'art. 2043, in Foro Pad., 1960, I, 1420 e segg. 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura � infondata. Come questa Corte regolatrice ha avuto occasione di precisare ripetutamente (sentt. 26 aprile 1954, n. 1276; 18 luglio 1956, n. 2783; 7 ottobre 1958, n. 3133), le obbligazioni della banca, una volta versata la provvista, si riassumono nell'emettere l'assegno avente le caratteristiche volute dal richiedente, e nel consegnarlo allo stesso o al prenditore. Con la consegna dell'assegno, la banca adempie agli obblighi sorgenti dal contratto e, se deve rispondere verso il richiedente, come tale, per l'inadempimento, nel caso che l'assegno non sia regolar�, non pu� rispondere per le successive vicende del titolo, e perci� neanche per l'illegittimo pagamento. Una volta esaurita l'azione derivante dal rapporto che diede causa all'emissione dell' assegno (con l'effettiva emissione e consegna dello stesso), sorge un nuovo rapporto (cambiario) fra isti I tuto e prenditore, il quale soltanto pu� far valere i suoi diritti @ verso la Banca. ID Orbene, essendosi perfettamente adeguata a tali principi la f:J �i. Corte di merito ed avendone fatta corretta ed esatta applica~ zione, la sentenza non presta il fianco ad alcun giusto rilievo. ~< . Dopo avere richiamato puntualmente i detti principi, la CorI., te di appello, con impeccabile logica, ha detto che il Sacconi non f era legittimato a sperimentare l'azione proposta contro la Ban, ca (per asserito, irregolare pagamento dell'assegno a persona di. i versa dall'intestatario e malamente identificata), giacch� si era . limitato a chiedere l'assegno all'ordine del Barbarulo, senza per ' I II 0-2) Tutela del !li.ritto del richiedente su titolo intrasferibile all'or� dine di prenditore cartolare inesistente. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, qualunque configurazione giuridica voglia attribuirsi al rapporto di emissione, � certo che, con la consegna del titolo, creato regolarmente, con le caratteristiche volute dal richiedente, la banca emittente ha completamente adempiuto agli obblighi nascenti dal contratto nei confronti dell'altra parte. Restano estranee al rapporto di emissione, se il richiedente non sia anche prenditore, le successive vicende del rapporto cambiario. E la ragione di tutto ci� � I quella confermata anche dalla prima sentenza in rassegna: l'emittente non , , ffi pu� rispondere dell'irregolare pagamento a due persone diverse: al prenditore legittimato ai sensi dell'art. 43 1. ass. banc. (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), ovvero al portatore legittimato ex cartula nei casi ordinari, ed in pari tempo al richiedente, legittimato per la pretesa azione nascente dal contratto di emissione. La banca � deve rispondere del mancato adempimento nei confronti di una sola persona, che � il titolare del diritto cambiario � I(cos� la predetta sentenza), e, se il titolo � intrasferibile, la mancata identificazione del vero prenditore costituisce elemento impeditivo della sua liberazione (cfr. PELLIZZI, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, 555 e seg.), ossia la responsabilit� cambiaria permane. ijr: ~ ~~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 61 nulla figurare nel titolo. Il rapporto cambiario era sorto, perci�, esclusivamente fra il banco ed il detto Barbarulo, il quale, solo, poteva chiedere conto all'emittente dell'esatto adempimento dell'obbligazione portata dal titolo. La mancanza di legittimazione da parte del richiedente non intestatario dell'assegno risulta evidente per la distinzione fra contratto di emissione e contratto cambiario; peraltro trova conferma nel fatto che la banca pu� e deve rispondere del mancato adempimento nei confronti di una sola persona che � il titolare del diritto cambiario. N� giova opporre che i principi ricordati varrebbero solo in tema di assegno circolare normale e non pure nella ipotesi di assegno circolare non trasferibile, come si asserisce dal ricorrente avrebbe ritenuto questa Suprema Corte con la sentenza 7 ottobre 1958, n. 3133, in quanto il richiamo non risulta esatto. Nella detta sentenza, invero, che pure concerneva la responsabilit� per pagamento di assegno circolare non trasferibile a persona diversa dal prenditore intestatario, questo Collegio espressamente conferm�, testualmente, riferendosi anche ai precedenti in materia (costituiti dalle sentenze 26-4-1954 n. 1276 e 18-7-1956, n. 2783), che il rapporto di emissione di un assegno circolare si esaurisce con l'emissione del titolo, avente i caratteri pattuiti. e la consegna di esso al richiedente; successivamente sorge un nuovo rapporto, cambiario, fra la banca e il prendi~ tore, che � autonomo rispetto al primo. Basta per poco considerare, ora, la fattispecie decisa dal Tribunale di Napoli con la seconda sentenza in rassegna (conforme ad essa � altra, di pari data, emessa dallo stesso Tribunale, in causa Ministeri dei Lavori Pubblici e dd Tesoro contro Banca Nazionale del Lavoro), per accorgersi agevolmente come nessun conforto rechi l'insegnamento della Corte di Cassazione alle conclusioni cui � pervenuto quel Giudice di merito. Risultava, infatti, accertato da giudicato penale che gli ordinativi di pagamento, commutati in vaglia intrasferibili della Banca d'Italia, erano stati falsamente intestati al nome di fittizi ed inesistenti creditori dello Stato, mentre sotto tali falsi nomi i falsari avevano acceso un conto corrente presso la filiale di Napoli deUa Banca d'America e d'Italia, facendosi accreditare sullo stesso l'importo dei vaglia, a quella girati per l'incasso, e con tale sistema avevano consumato la truffa in danno dello Stato. Peraltro la stessa sentenza in rassegna ha ritenuto acquisito un dato fondamentale, e cio� che � il richiedente aveva il diritto di rivendicare gli assegni nei confronti del possessore di mala fede�. Ma, se questa premessa era esatta (art. 1994 e.e., art. 20, cpv., I. camb. appr. con R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669; cfr. FERRI, I titoli di credito, Torino, 1950, 116 e 118), se la propriet� dei titoli intrasferibili, emessi all'ordine di un terzo prenditore cartolare inesistente, non era passata nel possessore di mala fede, ma era rimasta del richiedente, che ebbe a riceverli dall'emittente contro versa - 62 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO E solo stabil�, in relazione ai punti controversi: a) che negli assegni non trasferibili la identificazione del l'intestatario assume un'importanza speciale, anzi un valore essenziale, tale cio� da escludere che possa discutersi sulla dili genza usata dal banchiere, il quale si libera solo se paga bene, mentre, se cade in errore nell'identificazione, deve pagare una seconda volta; b) che la responsabilit� della banca, la quale paghi malamente, non � configurabile come risarcimento del danno, bensi come inadempimento dell'originaria obbligazione cambiaria. -(Omissis). II (Omissis). -Gli elementi di fatto posti a base della domanda spiegata dai Ministeri del Tesoro e dei Lavori pubblici contro la Banca d'America e d'Italia sono sostanzialmente pacifici ed emergono dalle sentenze pronunziate contro il funzionario del Ministero del Tesoro Benedetto Mercurio ed altri correi, nel procedimento penale contro questi ultimi, in ordine ai reati di truffa e di falso continuati. Il suddetto funzionario compil� una serie di falsi mandati di pagamento, a carico del Ministero dei LL.PP., sul capitolo relativo a lavori per nuove costruzioni ferroviarie, per il complessivo importo di L. 164.712.300, a favore della ditta Ing. Biagio Castelli e Mario Lipari. Parte di tali mandati, commutati in vaglia intrasferibili della Banca d'Italia, furono riscossi a mezzo stanza di compensazione dalla Banca d'America e d'Italia, cui erano stati girati per lo incasso mento delle provviste, non si vede come possa negarsi che, avendo certamente la Banca emittente -una volta accertata giudizialmente la truffa e l'inesistenza del rapporto cambiario -l'obbligo di restituire le provviste al richiedente, che le avesse restituito i titoli (sulla incorporazione dell'obbligazione unilaterale dell'emittente nel titolo, anche se intrasferibile, v. BurrARO, in Banca, borsa e titoli di credito, 1950, II, 105), sia stato precisa:~ mente l'operato della Banca girataria per l'incasso, col provocarne colposamente il pagamento e l'estinzione da parte dell'emittente (cfr. cit. art. 43, comma secondo, I. ass.), a pregiudicare tale restituzione. N� sembra lecito sostenere, come fa il Tibunale, che � il diritto al risarcimento presuppone il correlativo obbligo del responsabile al rispetto del diritto offeso >>, mentre � non sussiste alcun rapporto giuridico tra richiedente e banchiere giratario per l'incasso, in cui possa inquadarsi la violazione di tale diritto di credito�. Qui non si trattava di tutela aquiliana di un diritto di credito (in senso negativo v., infatti, Cass. 7 luglio 1962, ~:: � n. 1760, Giur. it., Mass. 1962, 636; 6 novembre 1957, n. 4257, Id., 1957, 952. 1~ Per la posizione del problema ed un esame di diritto comparato v. TEDI!SCHI, !:: La tutela aquiliana del creditore contro i terzi, Riv. dir. civ., 1955, I, 291 e segg.), ma l'operato della banca, girataria per l'incasso per conto dei posm l l ~~ sessori di mala fede, aveva pregiudicato, invece, un diritto assoluto: quello lll -e� ... . . 63 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE dal Mercurio e dal suo complice Giovanni Russo, presentatisi come gli intestatari dei titoli. Le Amministrazioni attrici chiedono dra alla convenuta banca la restituzione delle somme corrisposte in L. 119.592.100, osservando che, essendo stati emessi i vaglia intrasferibili a favore di un prenditore inesistente, la perdita patrimoniale subita dallo Stato si � verificata per l'incauto pagamento da parte del banchiere, cui furono presentati i vaglia per l'incasso, al Mercurio e al Russo, che non erano i prenditori dell'assegno. Si precisa al riguardo dalla difesa erariale che, essendo stati emessi gli assegni a favore di prenditori fittizi, poich� il Mercurio e il Russo ebbero cura di nascondere i loro nomi, l'unica obbligazione che si profilava a carico dell'emittente era quella di restituire la provvista, che non poteva essere versata ad un creditore cambiario inesistente; e che, trattandosi peraltro di titoli emessi con la clausola di intrasferibilit�, il richiedente, in quanto proprietario dei titoli, avrebbe potuto rivendicarli nei confronti di qualsiasi portatore, che non poteva essere che di mala fede, in quanto l'assegno intrasferibile non d� luogo a trasferibilit� del titolo, ma solo della legittimazione cartolare ad un banchiere, che lo possiede a nome del prenditore (art. 43 I. assegno bancario), in modo da documentare all'emittente la mancata estinzione del titolo e abilitarlo alla restituzione della provvista. Poich� con l'accettazione dell'assegno per lo incasso il banchiere ha provocato il pagamento dell'assegno, senza colpa del- del richiedente sui titoli (cfr. FEDELE, Il problema della responsabilit� del terzo per pregiudizio del credito, Milano 1954, 105 e seg. ed ivi bibliografia). Sembra, pertanto, un fuor d'opera sottolineare, come fa la seconda sentenza in rassegna, la responsabilit� cambiaria del banchiere giratario per l'incasso ed affermare, segnatamente, che � l'attivit� intermediatrice della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi non a favore di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno, abbia a lei consegnato e girato il titolo per l'incasso, ma a vantaggio del vero prenditore cartolare, in virt� del principio della letteralit� dei titoli di credito>>, per negare, comunque, la legittimazione del richiedente ad agire, se non ex art. 1189, almeno ex art. 2043 e.e., e certo non in via cambiaria, allegando la colpa del banchiere per la mancata identificazione dei presentatori dei titoli e la lesione del proprio diritto sui titoli, cos� come sarebbe un fuor d'opera fare riferimento all'insegnamento contenuto nella prima sentenza in rassegna. Nella specie, infatti, l'obbligo dell'emittente di restituire al richiedente le provviste, a fronte della restituzione dei titoli, nasceva, appunto, dall'inestistenza, accertata dal giudicato penale, dei prenditori letterali dei titoli medesimi (trattandosi di nominativi fittizi, sotto i quali riuscirono a celarsi i falsari, proprio per la negligenza della Banca, perfezionando, cos�, la truffa in danno dello Stato). FRANCO CARUSI 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'emittente, che non era tenuto all'onere di identificare il girante, ma solo ad accertare la regolarit� formale della girata per lo incasso ed il banchiere legittimato dall'apparente procura cartolare (art. 46, 2" cpv., 1. camb.; art. 43, cpv., 1. ass. banc.), il primo � obbligato a rispondere verso il vero legittimato, secondo le regole della ripetizione dell'indebito (art. 1189, cpv., cod. civ.), ovvero secondo le regole del risarcimento del danno per fatto illecito (art. 2043 e.e.), qualora sia incorso in negligenza nella identificazione del presentatore. Le tesi difensive delle Amministrazioni attrici non appaiono fondate. Che il Banchiere giratario per l'incasso debba rispondere del pagamento eseguito .a persona diversa del prenditore, in luogo dell'emittente, � cosa che non pu� revocarsi in dubbio, I posto che l'art. 43, secondo comma, della legge sull'assegno bancario, richiamato, insieme ad altre disposizioni, dall'art. 86, I che detta norme particolari sull'assegno circolare, esime esprest i;amente l'emittente da ogni responsabilit� per il pagamento [~ dell'assegno non trasferibile fatto al prenditore dell'assegno o I~ al banchiere giratario per l'incasso. :~; Ed in realt�, se la legge consente che l'assegno non trasferiI bile pu� essere girato per l'incasso ad un banchiere, appare . . evidente come non possa parlarsi di inadempimento da parte I dell'emittente che paga appunto al giratario, che � legittimato malla riscossione e non �, dunque, creditore apparente. Si deve aggiungere che la Banca convenuta non pag� l'assegno in base I ad una convenzione di corrispondenza con l'Istituto emittente, lJ per cui avrebbe agito, nel caso, come mandataria di questo, ma come girataria per lo incasso, onde � indiscutibile, in ipotesi, la sua diretta responsabilit�, alla stregua dell'art. 43 della legge , sull'assegno bancario, che anzi deve essere interpretato in senso pi� rigoroso di quanto le stesse amministrazioni statali pro' ' lI spettano. La disposizione in argomento costituisce, infatti, una norma speciale in tema di pagamento a creditore apparente regolato dall'art. 1189 e.e., poich� pi:evede l'ipotesi particolare del pagamento di un assegno a persona diversa dal prenditore o II dal banchiere giratario per l'incasso. Stabilendo senz'altro, in questo caso, la responsabilit� del pagatore nei confronti del vero creditore, la norma implicitamente esclude la possibilit� di invocare la buona fede, che comporta, in via generale, per il paga mento al creditore apparente, la liberazione del creditore, onde appare addirittura superfluo stabilire se e come l'Istituto ban. I!~; :~ J~ lf74ll�mw64fJiL.,.......%".,Al0..,.fa.-,:�.,-~~,..,... ~� 65 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE cario non abbia provveduto all'onere di identificare il prenditore, una volta che non abbia soddisfatto l'obbligazione cambiaria, il cui adempimento � garantito in modo del tutto tranquillante dalla legge,� per il creditore dell'assegno bancario non trasferibile. E' evidente, tuttavia, che tale responsabilit� non ha carattere di illecito extracontrattuale, ma discende direttamente dall'obbligazione cambiaria assunta. Per restare nel campo dell'assegno circolare, l'emittente, che paghi a un creditore apparente, � tenuto a rinnovare il pagamento al creditore cartolare, non a titolo di colpa, ma per effetto dell'obbligazione cambiaria assunta con l'emissione de] titolo e non soddisfatta. Analogo carattere cambiario ha, poi, l'obbligazione del banchiere giratario per l'incasso: quest'ultimo, invero, se riscuote il titolo dall'emittente e paga a persona diversa dal prenditore, non adempie alla obbligazione assunta con la girata per l'incasso, che ha l'efficacia del mandato, in quanto l'attivit� intermediatrice della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi non a favore di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno, abbia a lei consegnato e girato il titolo per l'incasso, ma a vantaggio del vero prenditore cartolare, in virt� del principio della letteralit� dei titoli di credito. Cos� identificata la natura dell'obbligazione a carico del banchiere giratario per l'incasso, � facile dedurre che le Amministrazioni attrici, in quanto richiedenti degli assegni circolari e non portatori dei titoli, sono carenti di legittimazione attiva, in ordine alla pretesa di rimborso delle somme riscosse dal Mercurio, e art. 1189 cod. civ. E' principio pacifico in dottrina e giurisprudenza che il rapporto di emissione si esaurisce con l'emissione del titolo avente i caratteri pattuiti e con la consegna di esso al richiedente e che quest'ultimo � estraneo ai successivi rapporti cambiari ed in particolare che solo il portatore e mai il richiedente pu� far valere i suoi diritti per il mancato o per l'erroneo pagamento dell'�ssegno (cfr. Cass. 7 ottobre 1958, n. 3133). N� si deve pervenire a diversa conclusione per il fatto che il prenditore era inesistente. Senza che sia necessario approfondire il problema relativo alla asserita inesistenza del creditore, il che implica la inesistenza del credito -mentre nella specie, per effetto del doloso comportamento del funzionario, l'assegno era stato emesso a favore del medesimo falsificatore con lo pseudonimo con cui aveva aperto un conto corrente sulla banca girataria -si pu� riconoscere che, in ogni caso, il richiedente aveva il diritto di rivendicare gli assegni nei confronti del possessore di 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mala fede, come appunto si sostiene dall'Avvocatura dello Stato. Ma, una volta che tale revindica non fu esercitata, non si vede perch� la Banca girataria per l'incasso debba rispondere del danno che � derivato alle Amministrazioni e che si ricollega in modo esclusivo e diretto all'emissione e alla consegna degli assegni al possessore di mala fede e non. al preteso comportamento colpevole della Banca. Ed infatti, ammesso che il richiedente non perda il possesso del titolo emesso dal banchiere a fronte di un ordine erroneo o falso, ovvero che ne rientri in possesso rivendicandolo dal possessore di mala fede prima del pagamento, non pu� sostenersi che alcun pregiudizio patrimoniale sia derivato al richiedente per l'emissione ovvero che tale pregiudizio sia diverso da quello conseguente al successivo pagamento del titolo. E' il c�so di tenere presente, invero, che la emissione di un assegno circolare postula il preventivo versamento della provvista dal richiedente all'emittente e d� vita all'obbligazione autonoma e diretta dell'emittente, nei confronti del portatore, di pagare l'assegno. Non � chi non veda, dunque, che, negoziandosi il titolo in cambio del denaro, il nocumento per la richiesta di emissione di un assegno per soddisfare un credito inesistente coincide con il versamento della provvista alla Banca e non con il pagamento dell'assegno al portatore, giacch�, fin dal momento dell'emissione, il richiedente perde ogni diritto oltre che l'effettiva disponibilit� sulla provvista. Pur riconoscendosi che al richiedente non potrebbe negarsi in tutti i casi di mancato trasferimento del titolo _al portatore, di prescrizione del titolo o di inesistenza del portatore -una azione di arricchimento verso l'Istituto emittente, non pu� am mettersi per� che tale azione sorga da un diritto soggettivo del richiedente in virt� del rapporto di emissione. Si ha conferma, invece, che, potendosi sperimentare l'azione di arricchimento solo a condizione che sussista un danno (art. 2041 e.e.), la le sione del diritto patrimoniale per la richiesta dell'assegno per un credito inesistente si � definitivamente concretata con� la richiesta di emissione del titolo e che, per essere ammissibile :~ l'azione nel presupposto che alcun'altra azione spetti al danneg giato, essa non � posta a presidio del diritto offeso, ma per mera ragione di equit�. Da questa premessa consegue che la condotta della Banca, la quale avrebbe omesso di procedere all'identificazione del cliente con la dovuta circospezione, non ha inciso nella sfera dei diritti patrimoniali delle Amministra zioni attrici, gi� compromessi all'epoca della riscossione degli assegni, ma ha pregiudicato soltanto l'azione di arricchimento PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE nei confronti dell'Istituto emittente, il quale, avendo pagato i vaglia cambiari, non ha tratto dall'operazione bancaria alcun illecito arricchimento. Deriva, altres�, che l'azione di risarcimento nei confronti del banchiere giratario per l'incasso � inammissibil~, sia perch� il diritto al risarcimento presuppone il correlativo~obbligo del responsabile al rispetto del diritto offeso -e non{'sussiste alcun rapporto giuridico tra richiedente e banchiere giratario per l'incasso in cui possa inquadrarsi la violazione di tale diritto di credito -sia perch� dal pregiudizio dell'azione di arricchimento, che, come si � detto ha carattere sussidiario, presupponendo la impossibilit� della tutela giuridica del diritto offeso, non pu� sorgere un'azione di contenuto pi� ampio, qual'� la pretesa ri� sarcitoria ex art. 2043 e.e. A tale conclusione non osta il giudicato penale richiamato dalle attrici e dal quale risulta che il momento consumativo dei reati di truffa commessi in danno dello Stato coincise con la riscossione degli assegni da parte de . gli imputati, tramite l'Istituto bancario convenuto, e non con il conseguimento del possesso dei titoli. L'efficacia da riconoscersi alla sentenza penale in questione non � quella prevista dall'art. 27 c.p.p., che si riferisce al rapporto tra la sentenza penale di condanna e il conseguente giudizio di risarcimento del danno nei confronti del colpevole o del responsabile civile, ma quella richiamata dal successivo art. 28, che regola il rapporto tra giudicato penale e la controversia civile o amministrativa, in cui il riconoscimento del diritto � strettamente connesso all'accertamento dei fatti materiali accertati nel giudizio . penale. Infatti, la banca � chiamata a rispondere del danno sub�to dallo Stato a titolo del tutto autonomo e diverso dal rapporto giuridico per il quale i colpevoli sono tenuti a rispondere del reato. E' chiaro, quindi, che l'indagine preclusa in questa sede attiene al meccanismo delle truffe, alle modalit� di realizzazione del profitto, all'ammontare del danno subito dalle pubbliche amministrazioni, ma non si estende alle valutazioni di ordine giuridico effettuate dal giudice in rapporto allo specifico accertamento della responsabilit� penale del colpevole e che devono essere compiute con piena libert� dal giudice civile, con riguardo alla diversa incidenza che i medesimi fatti materiali, definitivamente accertati in .sede penale, assumono nel rapporto in contestazione tra soggetti div�rsi. -(Omissis). 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 luglio 1963 n. 2174 -Pres. . Torrente -Est. Perrone Capano -P.M. Trotta (conf.) -Min. ' I Tesoro c. Forquet. ~J Requisizione -Requisizioni alleate -Procedimento amministrativo � Azione giucliziaria -Rapporti -Conseguenze. (1. 9 gennaio 1951, n. 10, art.t. 1, 2, 4, 5; c.p.c., art. 353). Requisizione -Requisizioni alleate cli immobili -Indennit� -Liquidazione -Criteri. (1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 2, 4), Il procedimento amministrativo prescritto dalla legge 9 gennaio 1951 n. 10 per la liquidazione delle indennit� ivi previste � obbligatorio e deve precedere l'azione giudiziaria. Esso costituisce un presupposto processuale� e la sua mancanza non importa difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma � solo circostanza impeditiva del suo esercizio. Epper� il giudice di appello, che riconosca erronea la declaratoria del primo giudice di inammissibilit�t. della domanda, perch� accerti l'espletamento della procedura amministrativa, da quegli ritenuto mancato, non pu� e non deve applicare l'art. 353 c.p.c. (1). La liquidazione con criterio equitativo a norma dell'art. 4 della legge n. 10 del 1951 delle indennit� di requisizione in uso 'disposte dalle forze armate alleate deve aver riguardo al reddito che l'immobile avrebbe prodotto se non fosse stato requisito (2). (1�2) In tema di liquidazione delle indennit� per requisizioni al� leate. I. -La preoccupazione di riaffermare il carattere di diritto soggettivo perfetto della pretesa agli indennizzi ex art. 11. 9 gennaio 1951, n. 10 (cfr. Cass., Sez. Un., 28 novembre 1953, n. 3624 e 19 gennaio 1954, n. 102, Giur. it., 1955, I, 1, c. 113 e seg., ed ivi nota di richiami; 2 dicembre 1959, n. 3487, Foro it., Rep. 1959, v. Requisizioni, c. 2087, n. 12; 12 ottobre 1962, n. 2965, Foro it., Mass., 1962, c. 836, Rep. 1962, v. Requisizioni, c. 2492, n. 17) ha fatto pervenire la sentenza in rassegna al singolare risultato di restringere la tutela dello stesso interesse del privato, togliendo a questi un grado di giurisdizione sul merito. ;L'Avvocatura aveva sostenuto che la Corte di Appello, posto che il procedimento amministrativo dovesse ritenersi espletato (ma contro l'applicabilit� alla specie dell'istituto del silenzio-rifiuto v. GUGLIELMI, in questa Rassegna, 1954, 189), avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo giudice, a norma dell'art. 353 c.p.c. La tesi trovava appoggio, peraltro, nella stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite della C.S., secondo cui la potest� del G.0. di conoscere delle domande di liquidazione delle indennit� previste dalla 1. n. 10 del 1951 sorge solo � dopo il procedimento amministrativo � (Sez. Un., 29 giugno 1953, n. 3078, Giur. Compl. Cass. Civ., 69 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE (Omissis). -Col primo motivo, nel denunciare la violazione dell'art. 353 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 dello stesso codice, il ricorrente deduce che il Tribunale, dichiarando inammissibile la domanda del Forquet per mancato esaurimento del procedimento amministrativo, avrebbe ritenuto il proprio difetto di giurisdizione, sicch� la Corte d'appello -la quale accert�, invece, che il procedimento amministrativo era stato espletato -non avrebbe dovuto giudicare nel merito, ma avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo giudice, a norma dell'art. 353 del codice di rito. La censura � infondata. Il tribunale non dichiar� il proprio difetto di giurisdizione, n� avrebbe potuto dichiararlo in base alla 1. 9 gennaio 1951 n. 10, la quale ha disciplinato in modo autonomo ed integrale tutta la materia relativa agli indennizzi per le requisizioni operate dalle forze armate alleate, o per conto delle stesse, nonch� per i danni arrecati con azioni non di combattimento. Il procedimento amministrativo prescritto da tale legge, diretto all'accertamento ed alla determinazione dell'indennit�, � senza dubbio obbligatorio, ed ovviamente deve precedere l'azione giudiziaria (che venga promossa dagli interessati, titolari di diritti sogget" tivi perfetti), ma esso ha efficacia di mero preliminare al giudizio davanti al magistrato ordinario, come le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno gi� precisato con sentenze 2 di-� cembre 1959, n. 3487 e 12 ottobre 1962, n. 2965. Esso rappresenta, cio�, un mero presupposto processuale, che non importa 1953, n. 3041; 8 luglio 1953, n. 2149, n. 2150, n. 2151, n. 2152, Giust. Civ., 1953, 2392 e segg. e in questa Rassegna, 1954, 189). Ma la sentenza annotata non ha ritenuto di condividere tale insegnamento, affermando che la mancanza del procedimento amministrativo previsto dalla I. n. 10 del 1951 si traduce nel difetto di un presupposto processuale e non gi� della giurisdizione del G.O. Senonch� � agevole obiettare che la nozione dei presupposti processuali (ZANZUCCHI, Dir. Proc. Civ., vol. I, Milano 1948, 58 e 67 e seg.), o requisiti del processo di merito (ALLORIO, Dir. Proc. Trib., Torino, 1953, 326), o condizioni della decisione di merito (JAEGER, Dir. Proc. Civ., Torino 1943, 98) comprende anche quella di giurisdizione (cfr., fin da epoca meno recente, Cass. 2 marzo 1934, Riv. Proc. Civ., 1934, II, 170 e seg.; artt. 5 e 187, comma terzo, c.p.c.; ZANZUCCHI, op. cit., 45, 67 e 70; ALLORIO, op. cit., 330; da ultimo, Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359 e seg., ove si riconosce che il vizio di costituzione dell'organo giudicante, assimilabile al difetto non assoluto di giurisdizione, � attiene ai presupposti del processo �; cos� anche Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620, in questa Rassegna, 1964, 78-79 ed infine Cass. Sez. Un., 13 gennaio 1964, n. 77, Giur. it., Mass. 1964, 25). Peraltro, posto che: a) diritto soggettivo ed azione giudiziaria sono concetti autonomi� (cfr. per tutti ZANzuccHI, op. cit., 47 e seg.); b) � questione di giurisdizione anche quella 70 RASSEGNA� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma ne impedisce solo l'esercizio finch� quel presupposto non siasi avverato. In -~ sostanza, il giudice ordinario non pu� pronunciare sulla doman~ � da di liquidazione dell'indennit�, in ordine alla quale � investito di giurisdizione, finch� non venga espletato il procedimento amministrativo previsto dalla citata legge. Ove il giudice di primo grado, ritenendo erroneamente che sia mancato il procedimento amministratjvo, dichiari inammissibile la domanda, il giudice di appello, Glie accerti invece l'avvenuto espletamento della procedura amml.nistrativa, non pu� e non deve applicare l'art. 353 cod. proc. civ., appunto perch� il primo giudice non ha negato (n� esplicitamente, n� implicitamente) la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria. E poich� i casi in-cui la causa pu� essere rimessa al primo giudice sono soltanto quelli stabiliti tassativamente dalla legge (articoli 353 e 354 c.p.c.), esattamente, nella specie, la Corte di Appello, dopo aver rilevato l'errore in cui era incorso il Tribunale, ha giudicato nel merito, procedendo alla liquidazione dell'indennit� spettante ai Forquet. ~ Col secondo motivo si deduce che la Corte di merito, nel procedere alla liquidazione della indennit�, avrebbe applicato i , i principii concernenti il risarcimento di danni da fatto illecito, anzich� adottare i criteri equitativi prescritti dalla citata legge . 9 gennaio 1951, n. 10. , Anche questa censura � infondata. l @ E' certo che la liquidazione dell'Indennit� (per le requlSlzioni disposte dalle forze armate alleate) deve essere improntata a spirito di equit�, giusta il disposto dell'art. 4 della legge del dei rapporti del G.O. con la P.A. (artt. 37 e 41 c.p.c.); e) la discrezionalit� � solo un aspetto della azione amministrativa (sulla contrapposizione fra attivit� vincolata e attivit� discrezionale della P.A. v. VITTA, Dir. Amm.vo, Torino, 1954, 322; ALESSI, Dir. Amm.vo, Milano 1949, 269; SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 234), dire che l'esistenza e la consistenza del diritto del privato all'indennit� ex art. 1 L. 9 gennaio 1951, n. 10 non possono essere accertate dal G.O., finch� su di esse non siasi previamente pronunciata la P.A. a norma degli artt. 4 e 5 della ripetuta legge, significa riconoscere, precisamente, il temporaneo difetto di juris dictio del G.O., il quale, se pronunciasse ugualmente, pur in mancanza del provvedimento amministrativo definitivo di liquidazione, usurperebbe, senza alcun dubbio, attribuzioni della P.A. (cfr. sul vizio di difetto di giurisdizione ex art. 360, n. 1, c.p.c. come conseguenza dello � esercizio da parte del giudice di una potest� riservata dalla legge ad organi amministrativi... �: CALAMANDREI e FuRNO, voce Cassazione Civile, Novissimo Digesto Italiano, vol. Il, Torino, 1958, 1071). II. -Affermando che l'indennizzo di requisizione in uso deve essere determinato �con riguardo allo stato dei beni ed all'entit� del danno� e 71 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1951. Ma non � esatto quanto sostiene il ricorrente, e cio� che �il COlijl<penso equitativo va commisurato all'utilit� conseguita dall'autorit� requirente merc� l'uso del bene �, L'indennizzo de� ve essere determinato, invece, con riguardo allo stato dei beni ed all'entit� del danno, ossia con riguardo al reddito, che l'immobile �vrebbe prodotto, se non fosse stato requisito, come si desume dalle disposizioni dell'art. 2 della predetta legge. Il criterio equitativo, di cui � cenno nel successivo art. 4, non esclude che la liquidazione debba farsi � in base ai criteri indicati nello art. 2 �, come stabilisce lo stesso art. 4 e come precis� il Mini� stro del Tesoro nella sua relazione al Senato sul disegno di legge, nella quale fu spiegato che � la liquidazione, pur se effet� tuata in base a criteri obbiettivamente predeterminati, va sem~ pre improntata a spirito di equit� �. Il criterio equitativo, quindi, deve incidere sulla valutazione degli elementi che concorrono a determinare il danno, ma non pu� e non deve prescindere da codesti elementi, che, ove siano accertati nella loro obiettiva entit�, devono pur sempre essere posti a base della liquidazione. Lo stesso Ministero del Tesoro, del resto, con circolare 15 marzo 1951, diretta a tutte le Intendenze di Finanza ed agli uffici tecnici erariali, ebbe a stabilire che � l'indennit� per la liquidazione in uso dei terreni agrari va ragguagliata al loro reddito ordinario, al lordo delle imposte, sovrimposte ed ogni altro contributo dovuto dal proprietario, riferito ai successivi periodi di requisizione; e, nelle localit� ove � in uso il sistema dell'affitto, riconoscendo dovuta, per la requisizione in uso di terreni dati in affitto al tempo della requisizione stessa, una somma corrispondente ai canoni contrattuali, la Corte di Cassazione ha finito per trasformare l'indennit� in vero e proprio risarcimento, in contrasto col suo stesso .insegnamento, secondo il quale � nessuna indennit� per lucro cessante � prevista nella legge 9 gennaio 1'951, n. 10 in conseguenza di requisizioni operate in Italia dalle forze armate alleate� (Cass. 18 ottobre 1957, n. 3935, Foro it., Rep. 1957, v. Requisizioni, c. 215'9, n. 29. Appunto perch� non si tratta di risarcimento di danni �il credito della indennit� di requisizione � di valuta fin dall'origine �: Cass. 25 settembre 1953, n. 3075, Foro it., Rep. 1953, v. Requisizioni, c. 1'942, n. 32). Il richiamo fatto nella sentenza in rassegna della circolare 15 marzo 1951, n. 100735 del Ministero del Tesoro non sembra producente, poich� in essa non si fa riferimento al concreto lucro cessante, ma al reddito obiettivamente ritraibile secondo un criterio tipico di normalit�. . Sembra quasi superfluo avvertire, peraltro, che l'indennizzo di requisizione in uso (art. 1, lett. a, 1. n. 10 del 1951) va distinto da quello per danni immediati e diretti da requisizioni alleate (art. 1, lett. d, e, per gli immobili, art. 2, n. 2, legge citata). FRANCO CARUSI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 72 il detto reddito fondiario va determinato in base al fitto ritraibile, tenendo presenti le disposizioni di legge vigenti-.in ma teria ȥ. A tali criteri si � attenuta la Corte di merito, la quale ha determinato l'indennit� dovuta per i terreni concessi in affitto al tempo della requisizione in una somma corrispondente al canone pattuito per i terreni stessi, canone stabilito in natura (canapa) e risultante dai contratti di affitto e dai listini dei prezzi all'uopo esibiti, mentre ha liquidato con criteri equitativi l'indennit� dovuta per il terreno (frutteto) condotto in economia dai Forquet, in ordine al quale mancavano concreti ed obiettivi elementi di valutazione. Cosi giudicando, la Corte di merito si � ispirata ad esatti criteri giuridici e non � incorsa nelle violazioni di legge denunciate dal ricorrente. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 agosto 1963, n. 2392 -Pres. Celentano -Est. Stella Richter -P. M. Cutrupia (concl. parz. diff.) -Lomani c. Ministero Affari Esteri. Deposito � Depositi consolari � Responsabilit� dello Stato italiano. (r.d. 7 giugno 1866, n. 2996, art. 114; r.d. 10 agosto 1890 n. 7087, art. 2; Tariffa annessa, paragr. 75). Deposito -Depositi consolari �-Deposito regolare -Obbligo di convertire le somme depositate nella nuova carta moneta. (r.d. 7 giugno 1866, n. 2996, artt. 115-116; e.e. artt. 1218, 1766, 1768, 1770, epv.). Spese giudiziali -Distrazione a favore del difensore -Omessa pronuncia sulla distrazione -Legittimazione all'impugnazione del solo difensore. (e.p.e., artt. 93, 100). -�~ Lo Stato. Italiano risponde dei depositi eseguiti presso i consoli all'estero a norma dell'art. 114 del regolamento consolare 7 giugno 1866, n. 2996 (1). Il regolamento consolare 7 giugno 1866, n. 2996 prevede esclusivamente depositi regolari. Ci� esclude che il console possa servirsi delle somme, accreditando al deponente l'equivalente. (1) Conf. Cass. 15 maggio 1959, n. 1445 Giust. civ., 1959, I, 1240 e segg. Gli argomenti che si leggono nelle due sentenze non sembrano, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 'i'3 Il console, in rappresentanza dell'Amministrazione, deve conservare e restituire le stesse somme nel luogo in cui sono state depositate, e cio� all'estero, e pu� e deve provvedere, usando la normale diligenza, a cambiare la carta moneta vecchia nella nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il tempo stabilito per la conversione, sia priva di. ogni valore (2). Soltanto il difensore antistatario ha interesse alla pronuncia di distrazione delle spese e non anche la parte assistita, la quale, anzi, pu� eventualmente opporsi alla distrazione. Legittimato all'impugnazione per l'omessa pronunzia sulla distrazione �, pertanto, solo il difensore e l'impugnazione proposta per�, decisivi. La Corte di Cassazione non si � dato carico di spiegare come si concili il concetto di pubblico servizio statale ( cfr. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, vol. V, Milano 1959, 348) con la piena libert� che i consoli hanno di ricevere � sotto la loro responsabilit� � i depositi previsti dall'art. 114 del Regolamento d'esecuzione della legge consolare. N� � esatto affermare che il corrispettivo di quei contratti vada allo Stato. A norma dell'art. 2 del R.D. 10 agosto 1890, n. 7087, citato dalla sentenza in rassegna, all'Erario viene devoluta soltanto una percentuale di tutti i diritti consolari. Che poi, decorso un biennio, i depositi consolari di somme, valori ed effetti del debito pubblico dello Stato, non reclamati dagli interessati, debbano essere rimessi, tramite il Ministero degli Esteri, alla Cassa DD.PP., non esclude che, nella specie, un nuovo rapporto subentri a quello originario, n� influisce sulla qualificazione giuridica del primo, ai fini della quale sembra assorbente la citata norma regolamentare. Per questo l'Avvocatura aveva prospettato la tesi che si trattasse di un rapporto fiduciario, non riferibile all'Amm.ne. Sulle funzioni dei consoli v. BALLADORE PALLIERI, Diritto Internazionale pubblico, Milano, 1948, 334 e segg.; MARESCA, voce Consolare (ordinamento), in Il Novissimo Digesto !tal., val. IV, Torino 1959, 229 e seg.; BISCOTTINI, voce Console, Enciclopedia del diritto, val. IX, Milano 1961, 362 e seg. Sulla questione delle immunit� consolari ed in senso negativo, in linea di mas sima, v. BALLADORE-PALLIERI, op. cit., 283, ed ivi giurisprudenza. (2) A proposito della seconda massima � opportuno avvertire che i depositi consolari non sono � chiusi � ( cfr. art. 1847, cod. civ. 1865), ma aperti ed �accertati� (art. 115 regol. consolare), attenendo la chiusura in appositi sacchi od involti suggellati alle modalit� della custodia da parte del console (art. 116 regol. cit.). L'affermazione della sentenza in rassegna, che il console, � se non poteva disporre della somma, poteva e doveva, anzi, provvedere, usando la normale diligenza, a cambiare la moneta vecchia nella nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il tempo stabilito per la conversione, sarebbe stata priva di ogni valore�, si ricollega al principio che il depositario deve restituire la cosa nello stato in cui la riceve e risponde delle cause estranee, evitabili (sul punto v. FIORENTINO, Del deposito, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Libro Quarto, Bologna, 1953, 55 e 68; MAJELLO, Custodia e deposito, Napoli, 1958, 93 e 98; FUNAIOLI, Il contratto di deposito in generale, Riv. Dir. Civ., 1960, I, 18 e segg. 74 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO dalla parte � inammissibile, anche quando il difensore abbia sottoscritto l'atto di impugnazione, ma tale sottoscrizione sia I stata da lui effettuata in veste di difensore (3). ~ (Omissis) . ..,._ Deve preliminarmente disporsi la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, che sono iscritti sotto distinti numeri di ruolo. Deve esaminarsi, poi, il ricorso incidentale, che, con il suo unico motivo, censura la sentenza, per avere ritenuta la legittimazione passiva del Ministero degli Affari Esteri. L'Amministrazione, denunciando la� violazione e la falsa applicazione degli artt. 113, 114, 115, 116, 117, 118, 119 del regolamento per l'esecuzione della legge consolare, approvato con R. D. 7 giugno 1866, n. 2996, in relazione all'art. 28 della Costituzione ed al R.D.L. 5 dicembre 1938, n. 1928, il tutto in relazione agli IIartt. 100 e 360, n. 1, 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che il deposito in questione erroneamente � stato considerato riferibile ad essa. Invero i consoli, quando accettano � sotto la loro re.' sponsabilit� �, ai sensi dell'art. 114 del detto regolamento, de I positi da parte di connazionali, adempiono una funzione che i>.' Ifil non rientra tra quelle proprie dell'Amministrazione degli Este . ri, ma che li riguarda personalmente. Il contratto di deposito, ' per essere riferibile all'Amministrazione, deve essere stipulato con le rigorose ed inderogabili formalit� stabilite dalla legge e ~ dal regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, mentre I il deposito presso il console avviene mediante il rilascio di una ~ semplice ricevuta. In particolare, poi, nella specie, sarebbe sta1= 1 ta omessa ogni formalit� ed i funzionari si sarebbero assunto ~ l'obbligo di trasferire i rubli in Italia, il che era vietato dalle leggi russe, ovvero di negoziare la conversione dei rubli in lire, il che era vietato dalle leggi italiane (r.d.l. del 1938 citato e successive modificazioni). Il ricorso � infonda.to. Come questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di statuire (sentenza 15 maggio 1959, n. 1445), lo Stato italiano � responsabile dei depositi eseguiti presso i consoli, a norma dell'art. 114 del regolamento consolare 7 giugno 1866, n. 2996. Invero gli articoli 113 e seguenti di tale regolamento prevedono depositi volontari o n~cessari, la cui differenza consiste sol (3) In senso conforme v. Cass. 21 marzo 1960, n. 580, Giust. civ., 1960, I, 2005; v. anche Cass. 23 marzo 1963, n. 721, ivi, 1963, I, 1007 F. C. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE tanto nell'obbligatoriet� di questi ultimi, tutti regolati dalla stessa disciplina: essi sono accertati mediante verbali di iscri� zione in apposito registro, in cui sono indicate le monete ed i valori od oggetti depositati (o ritirati), la provenienza e la causa del deposito (art. 115); le somme, gli oggetti preziosi o valori depositati sono cust�diti sotto chiave, dopo essere stati chiusi e suggellati in appositi sacchi ed involti, con un'etichetta indicante il numero del deposito, il nome del deponente, la natura degli oggetti e l'ammontare della somma depositata (art. 116); nel concorso di determinate circostanze, i consoli possono ordinare la vendita delle merci od effetti depositati (art. 117); i consoli alla fine di ogni semestre devono inviare al Ministero degli Affari Esteri un elenco dei depositi eseguiti (art. 119); inoltre devono spedire al Ministero gli oggetti e valori depositati, se nel corso di un biennio non ne sia domandata la restituzione dagli aventi diritto (art. 118). E' da ricordare poi che, a norma dell'art. 2 della tariffa consolare approvata con r.d. 10 agosto 1890, n. 7087, i depositi non sono gratuiti, ma retribuiti con una percentuale del 2% , che si devolve in parte a pro.fitto dello Stato. Da questa disciplina risulta in modo univoco che i depositi sono fatti ai consoli a causa e nell'esercizio delle loro funzioni e che, quindi, il contratto interviene tra il deponente e lo Stato, il quale risponde della perdita della cosa depositata. Naturalmente, una qualsiasi colpa o negligenza da parte del console rende questo responsabile verso lo Stato, oltre che verso il deponente, ma ci� non esclude la responsabilit� diretta dello Stato, per conto del quale il console agisce. Questo � il significato dell'espressione dell'art. 114 � sotto la loro responsabilit� �, riferita ai consoli. La responsabilit� dei consoli � affermata anche dall'articolo 113, che riguarda i depositi fatti di ufficio, il che conferma l'insussistenza di una diversa regolamentazione dei depositi volontari e di quelli necessari. Quanto alle forme d.a osservarsi, esse sono quelle indicate dal regolamento e non altre. Che nella specie siano state osservate, si deve presumere, dato che il Ministero degli Affari Esteri ha restituito ai Lomani la valigetta dei preziosi ed ha dichiarato, con la lettera 1� aprile 1948, di tenere a disposizione i rubli, sia pure nella misura ridotta di 1.000, per effetto dell'intervenuto cambio della moneta. Le promesse, che sarebbero state fatte dai funzionari, di trasferire i rubli in Italia, convertendoli in lire, non sono state accertate dai giudici del merito. Comunque, esse non potevano im - 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pegnare l'Amministrazione, la quale, in base al contratto di deposito, � tenuta a restituire le medesime cose depositate, nello stesso luogo, e cio� a Mosca, non gi� in Italia. Il Ministero, senza esservi tenuto, ha consegnato la valigetta in Italia e si � interessato presso il Ministero del Tesoro per ottenere la conversione dei rubli, ma ci� in via di mera agevolazione, e non per un obbligo legale. � Le promesse del personale consolare, se intervenute, devono essere interpretate nello stesso senso, e cio� quello di adoperarsi, in quanto possibile, per consentire ai Lomani, non solo di salvare i loro beni, ma anche di poterli ritirare in Italia. Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere respinto. I primi sei mezzi del ricorso principale denunciano, sotto vari aspetti, la violazione degli stessi articoli del regolamento consolare, degli artt. 1766, 1768, 1770, 1771, 1774, 1782, 1219, 1277, 1278 cod. civ., nonch� dell'art. 7 del d.l. 6 giugno 1956, n. 1476, per avere la Corte ritenuto che si trattasse di un deposito regolare, anzich� di un deposito irregolare, che importava l'obbligo di restituire l'equivalente in lire italiane della somma depositata, al cambio �el giorno dell'effettuato deposito. Si sostiene che questa era l'essenza del contratto concluso; che il cambio si sarebbe dovuto compiere mediante la commutazione in dollari americani, i quali mantennero fermo il loro valore, rispetto al rublo, dopo l'emissione dei nuovi rubli; che il Ministero fu posto in mora con la ripetuta richiesta fatta dai Lomani, prima della detta operazione monetaria russa; che �la Corte non poteva condannare il Ministero al pagamento di rubli diversi da quelli depositati, n� ad eseguire il pagamento in Italia di una somma di danaro in una moneta estera non avente corso nello Stato Italiano, emanando, cos�, una pronuncia insuscettibile di esecuzione. Questo assunto, illustrato con dovizia di particolari, � contrastato alla radice dalla considerazione che il regolamento consolare sopra esaminato prevede esclusivamente un deposito regolare, posto che impone allo Stato, che opera attraverso il console, di custodire le somme, gli oggetti preziosi ed i valori depositati sotto chiave, dopo essere stati chiusi e suggellati in appositi sacchi od involucri. Ci� esclude nel modo pi� certo che il console possa servirsi delle somme, per poi accreditare al deponente l'equivalente. Il console, in rappresentanza dell'Amm.ne, deve conservare e restituire le stesse somme, nel luogo in cui sono state depositate, e, cio�, nella specie, a Mosca e non in Italia. L'interessamento del Ministero per l'utilizzo da parte ~ ' . I f�-:' �="� i!:i ' I . I ---j~ i =~= . -~ ~illff.f{:f-%.f"ff.if-W-=ilimf%{==""::f%:C:-:��"W<-=''='="'='=''''-"'=':!W'::f$%'80W-<:::::>if:f"$0:<�'"-�0."$},f'-='f=''-='%f%.f!,.:&."f.:t.:iW-='U{%'=""''''/.��':<-:'�:.>l'f'<f.":::'�.::=~>:.w;:::?-"::::r{--& PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE della nostra rappresentanza a Mosca della somma in rubli, in teressamento rimasto infruttuoso per la opposizione del Mi� nistero del Tesoro (lettera del 23 gennaio 1948), non pu� rite nersi fatto che in via di graziosa agevolazione, non gi� per un obbligo legale. Il Ministero, del resto, non ha riconosciuto di dover effettuare una restituzione in Italia, ma ha dichiarato solo, nella lettera del 1� aprile 1948, che l'Ambasciata a Mosca aveva comunicato che la somma si era ridotta a 1.000 rubli, per effetto del cambio della moneta, il che dimostra che la somma si trovava ancora a Mosca. Quindi, esattamente, la Corte d'Appello ha dichiarato che il Ministero � tenuto alla restituzione dalla eadem res, vale a dire degli stessi rubli depositati. La circostanza che si siano convertiti i rubli vecchi nei nuovi non costituisce violazione del detto principio, poich� l'autorit� consolare, se non poteva disporre della somma, poteva e doveva anzi provvedere, usan� do la normale diligenza, a cambiare la moneta vecchia nella nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il tempo stabilito per la conversione, sarebbe stata priva di ogni valore. , Nessun dovere aveva, invece, di effettuare il cambio in dollari, ed anzi non ne aveva neppure il potere, perch�, ripetesi, doveva restituire ai deponenti rubli e non altre valute. La sentenza non ha pronunciato condanna al pagamento dei rubli, condanna che non era stata neppure richiesta; la domanda era di declaratoria dell'effettuato deposito e del di ritto dei Lomani di ricevere l'equivalente della conversione dei 10.000 rubli in lire italiane; la sentenza ha dichiarato che � stato compiuto il deposito e che, trattandosi di deposito regolare, i deponenti hanno diritto di ottenere in restituzione 1.000 nuovi rubli, in sostituzione dei vecchi 10.000. La sentenza, cio�, non � di condanna, ma di mero accertamento, conformemente alla domanda. Non hanno ragion d'essere, quindi, le censure sulla inammissibilit� di una condanna a pagare una somma non avente corso nello Stato e sulla in�seguibilit� della sentenza. La insussistenza di un obbligo dell'Amm.ne di effettuare la restituzione in Italia rende ultronea ogni questione sulla pre tesa mora dell'Amm.ne medesima. I primi sei motivi del ricorso principale devono, perci�, es sere respinti. Con il settimo si lamenta che la Corte non abbia provveduto sulla domanda di distrazione delle spese a favore dello avv. Luigi Supino, che ne aveva fatta richiesta. Al riguardo � da osservare che tale motivo di ricorso doveva essere proposto 78 ].ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO �STATO dallo stes~o avvocato Supino e non gi� dai coniugi Lomani, posto che le contestazioni sulla distrazione fanno divenire parte j del processo il difensore antistatario. Questi soltanto ha interesse alla pronuncia di distrazione, non la parte assistita, la quale, anzi, pu� eventualmente opporsi alla distrazione. Quindi, legittimato all'impugnazione per la omessa pronuncia sulla distrazione era esclusivamente l'avv. Supino. L'impugnazione proposta dai Lomani � inammissibile. Vero � che il detto difensore ha sottoscritto il ricorso, ma tale sottoscrizione � avvenuta� nella veste, appunto, di difensore, non in proprio, mentre il ricorso risulta proposto, in tutti i suoi motivi, esclusivamente dai Lomani. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 ottobre 1963 n. 2620 - Pres. Mastropasqua -Rel. Bartolomei -P. M. Maccarone (d.)Filocamo c. Calcaterra. Corte Costituzionale -Pronuncia di illegittimit� costituzionale -Natura -Efficacia retroattiva -Sussistenza -Limiti. (Cast., art. 136; 1. cast. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; I. 11 marzo 1953 n. 87, art. 30, comma terzo). Contratti agrari -Norme relative alla compos1z1one delle sezioni specializzate agrarie -Effetti della dichiarazione di incostituzionalit� Procedimento civile -Vizio attinente ai presupposti processuali Difetto di costituzione del giudice -Nullit� insanabile -Rinvio al giudice di I grado. (Cast., artt. 102, comma 2� e 108, comma 2�; 1. 4 agosto 1948, n. 1094, art. 7, comma 1� e 2�; 1. 18 agosto 1948, n. 1440, art. 5; 1. 25 giugno 1949 n. 353, art. 6; 1. 3 giugno 1950 n. 392, art. 1 sostitutivo del testo dell'art. 2 1. 25 giugno 1949, n. 3'53; 1. 2 marzo 1963 n. 320, art. 6; c.p.c., artt. 158, 161, comma 2", 354, 383, comma 3�). La decisione della Corte Costituzionale, che dichiara l'illegittimit� .costituzionale di norme di legge od atti aventi forza di legge, si inquadra nella categoria degli accertamenti costitutivi, poich� realizza il presupposto cui conseguono ope constitutionis alcuni effetti risalenti al passato ed assimila .. bili a quelli dell'annullamento. L'efficacia retroattiva della pro.:. nuncia non solo opera, necessariamente, nel giudizio in cui incidentalmente sorge la questione, ma si estende a tutti i giudizi relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione, purch�, 79 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE. beninteso, non ancora esauriti. Con tale limite il giudice deve tener conto della pronuncia di illegittimit� costituzionale, sia nel procedimento di primo grado, che nel procedimento d'impugna zione, sia relativamente alle questioni prospettate dalle parti, sia rispetto a quelle rilevabili di ufficio (1). La accertata illegittimit� costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate in controversie agra rie si traduce in un vizio del procedimento, rilevabile d'ufficio, perch� attinente ai presupposti processuali, e cio� nella caren za della legittimazione del giudice all'esercizio della potestas decidendi, assimilabile quoad effectus al difetto non assoluto di giurisdizione ed inquadrabile obiettivamente nella fattispe cie prevista dall'art. 158 c.p.c. In conseguenza, la causa dev'es sere rimessa al giudice di primo grado (ossia alla competente Sezione specializzata per le controversie in materia di contrat ti agrari, istituita ai sensi della l. 2 marzo 1963, n. 320) in ap plicazione del principio, secondo cui il rinvio al giudice di primo grado prescritto dall'ari. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi con templata dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va dispo sto anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia nulla ai sensi dell'art. 158 per difetto di costituzione del giu dice, trattandosi appunto di nullit� insanabile (2). (1) Sull'efficacia delle sentenze della Corte Cost., che dichiarano l'illegittimit� costituzionale di norme di leggi o di altri atti aventi forza di legge, cfr. Cass., 16 settembre 1957, n. 3492, Foro it., 1957, I, c. 1607; 16 ottobre 1957, n. 3884, id. Rep. 1957, voce Corte Cost., n. 99; 29 ottobre �1957, n. 4186, ibid., n. 101; 23 marzo 1959, n. 876, id., Rep. 1959, voce cit., n. 49; 22 luglio 1'960, n. 2077, a Sez. Un., id. Rep. 1960, voce cit., nn. 66-68; 30 maggio 1961, n. 1271, id. 1961, I, 1483; 30 maggio 1961, n. 1273, id., Rep. 1961, voce cit., n. 110; 3 novembre 1961, n. 2565, ibid., n. 110 bis; 7 luglio 1962, n. 1749, id., 1963, I, 111 ed infine Sez; Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, ibid., 1352 e seg., sulle orme della quale si muovono le argomentazioni della sentenza in rassegna; v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 27 febbraio 1963, n. 115, Foro it., 1963, III, c. 197 ed Ad. Plen., 10 aprile 1963, n. 8, ibid., III; c. 282, nonch� Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa Rassegna, .1964, 84. (2) cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, in Foro it., 1963, I, c. 1356 e segg. (1-2) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate agrarie. I -Notevole nella sentenza in rassegna il sostanziale riconoscimento che il giudizio di legittimit� costituzionale ex artt. 1 I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 I. 11 marzo 1953, n. 87, non ha per oggetto un'azione di annullamento della legge, ma si esaurisce in una pronuncia di accertamento, destinata a produrre effetti pratici nel giudizio a quo e costituente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 80 (Omissis). -A seguito della pronuncia della illegittimit� costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate per le controversie in materia di contratti agrari, data dalla Corte Costituzionale con le sentenze 11 dicembre 1962, n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 2, si pone la questione, rilevabile di ufficio, perch� attinente ai presupposti processuali, della regolarit� del rapporto processuale. La sua decisione importa pregiudizialmente la soluzione dell'altra questione relativa alla efficacia della pronuncia della Corte Costituzionale dell'illegittimit� costituzionale di norme od atti aventi forza di legge, sui rapporti sorti anteriormente ad essa, ma non ancora esauriti. solo il presupposto (ossia un fatto), cui conseguono ape constitutionis eventuali effetti anche erga omnes. Con tale premessa, si comprende anche che il riconoscimento dell'esigenza, pur avvertita dalla sentenza 22 giugno 1963, n. 1707 delle Sezioni Unite (in Foro it., 1963, I, c. 1356), di cogliere neil'istituto le � caratteristiche peculiari che lo distinguono nettamente da istituti tradizionali e non permettono di qualificarlo o di chiarirne la portata e gli effetti attraverso il riferimento a schemi e concetti elaborati a proposito di tali istituti� (ivi, c. 1357), debba indurre a sottolineare, attraverso un maggior approfondimento del problema, l'impropriet� dello stesso ricorso ai concetti di invalidit� e di annullamento per spiegare la retroattivit� degli effetti della pronuncia nel giudizio a quo e quella degli effetti erga omnes ex art. 136 Cost. La prima non � che la logica conseguenza del fatto che la decisione della Corte Costituzionale � stata appunto destinata, de jure condito, (cfr. art. 1, 1. cost. n. 1 del 1948), come riconosce la Corte di Cassazione, a produrre i suoi effetti proprio nel giu� dizio a quo. La seconda si ritiene conseguenza del disposto degli artt. 136 Cost. e 30, comma terzo, I. 11 marzo 1953, n. 87, senza che con ci� possa dirsi che da queste norme si tragga addirittura una sanzione di invali� dit� nei confronti della legge incostituzionale. Non di sanzione contro l'at� to si tratta, ma di semplice inefficacia delle norme dichiarate incosti tuzionali nei confronti di tutti i fatti e rapporti non ancora esauriti fino al giorno successivo a quello della pubblicazione della decisione della Corte (il limite della retroattivit� sarebbe . costituito dagli � effetti che la norma incostituzionale abbia irrevocabilmente prodotti, quale � il caso delle situazioni e dei rapporti divenuti incontrovertibili per il maturarsi cli termini di prescrizione o di decadenza, o perch� definiti con giudicato, ecc. �, cos� Cons. Stato, Ad. Plen., 10 aprile 1'963, n. 8, cit., Foro it., 1963, III, c. 282; v. anche Cass. Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, cit., ibid., I, c. 1359, ove si parla di situazioni giuridiche ormai esaurite � ossia consolidate ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente regolate attraverso una situai:ione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale: il che pu� verificarsi o per la preclusione nascente dal giudicato o per effetto di atti amministrativi che abbiano esaurito i loro effetti, o in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti che siano rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante l'inefficacia di quella norma � ). Se fosse vero che dalla pronuncia di incostituzionalit� consegua un effetto di annullamento dell'atto legislativo in s�, do 81 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE La Corte ritiene che la detta pronuncia abbia efficl;l.cia retrattiva e che essa spieghi i suoi effetti rispetto a rapporti, atti, fatti anteriori, qualora sia rilevante ai fini della individuazione del precetto applicabile per la decisione di questioni sostanziali o processuali, sulle quali il giudice ha il potere-dovere di pronunciare. E ci� in considerazione che il precetto in contrasto con le norme della Costituzione o di altre leggi costituzionali � affetto da un vizio intrinseco, sostanziale e originario -che risale cio� al momento della entrata in vigore della norma incostituzionale o del precetto costituzionale violato, a seconda che si tratti di norma emanata posteriormente od anteriormente a quest'ultimo -e che tale vizio, per il suo carattere di originariet� e di imvrebbe, con l'eliminazione di questo, rivivere il diritto abolito, il che non �, onde la stessa Corte di Cassazione (nella citata sentenza a Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707) parla di eliminazione di norme e non di atti (Foro it., 1963, I, c. 1357). Sulla distinzione fra l'effetto proprio della pronuncia nel giudizio a quo e quello ex art. 136 Cost., conseguente ad una pi� ampia fattispecie: v. SANDULLI, Natura, funzioni ed effetti delle pronunce della Corte Costituzionale sulla legittimit� delle leggi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1'959, 40. Sulla duplicit� di funzioni del processo costituzionale v. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1957, 523. Infine, sulla critica della nozione di invalidit� come mera disformit� dell'atto alla fattispecie legale, v. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, 369 e seg., in particolare v. a pag. 401. Per una maggiore informazione sulla problematica a cui si � fatto cenno ci permettiamo di rinviare ai nostri studi: Gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale ecc., La Corte Costituzionale (Raccolta di studi a cura dell'Avvocatura dello Stato), Roma 1957, 216 e segg., nonch�: Decisioni di rigetto della Corte Costituzionale ed estinzione del processo d'appello incidentato, in questa Rassegna, 1963, 165 e segg., ed ivi bibliografia, Si veda anche in questa Rassegna 1964, 87, in nota a Cass. 9 ottobre 1963, n. 2683. II -Alla regola che i motivi di nullit� si convertono in motivi di gravame (art. 161, comma primo, c.p.c.) fa riscontro la tassativit� delle ipotesi di rimessione della causa al giudice di primo grado, in seguito alla constatazione da parte del giudice d'appello di nullit� della sentenza o del procedimento (ANDRIOLI, Commento al Codice di Procedura Civile, vol. Il, Napoli, 1956, 478 e seg.). Da lungo tempo, per�, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ammesso una interpretazione estensiva della ipotesi prevista dal congiunto disposto degli artt. 354, comma primo e 161, comma secondo, cod. proc. civ. (rimessione al primo giudice per nullit� della sentenza, per mancata sottoscrizione del giudice), pel rilievo che � se l'inesistenza della sentenLa per mancanza di sottoscrizione, essendo da considerar.si quale mancata pronuncia del giudice di primo grado, rende necessario il ritorno davanti al giudice medesimo, per provocarlo ad emanare una sentenza idonea ed eseguibile secondo la legge, la stessa esigenza, ancor pi� imperiosa, si ha allorquando si riconosca che nel Collegio che si � pronunciato non si identifica l'organo costituito nel senso voluto dalla legge per l'esercizio del potere giurisdizionale� (Sez. 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO manenza, produca la invalidit� della norma in contrasto ed importi la esclusione della sua obbligatoriet�, tanto pi� che esso � dedotto in via incidentale dalle parti o � rilevato di ufficio. Per i rilievi che precedono, la Corte ritiene che la decisione della Corte Costituzion~le si inquadri nella categoria dei cosi- detti �accertamenti costitutivi�, poich� realizza il presupposto cui conseguono ape constitutionis alcuni effetti, i quali sono assimilabili a quelli dell'annullamento, che opera la eliminazione degli atti invalidi ex tunc. Conferma della efficacia retroattiva della pronuncia della Corte Costituzionale si ricava dalla disposizione dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, la quale, stabilendo che la questione di illegittimit� costituzionale debba essere sol- Un., 7 febbraio 1953, n. 313, Foro it., 1953, I, 322; v. anche Cass., 24 giugno 1942, n. 1779, id., Rep., 1942, voce Appello Civile n. 261; 15 marzo 1949, n. 559, id., Rep. 1949, voce cit., n. 289). Peraltro, il vizio di costituzione delle Sezioni specializzate agrarie, per l'accertata incostituzionalit� delle norme sulla loro composizione, � stato dalla C.S. assimilato quoad effectus al ., ..: difetto non assoluto di giurisdizione (in ordine alla tendenza. della Corte di Cassazione ad allargare il concetto di vizio di giurisdizione attraendovi i casi di �irregolare costituzione del giudice v. CALAMANDREI e FURNO, voce Cassazione Civile, in Novissimo Digesto Italiano, vol. II, Torino 1958, 1071 e seg.) ed inquadrato nella previsione dell'art. 158 c.p.c., ossia considerato causa, non gi�. addirittura di inesistenza� della sentenza (che non soggiacerebbe ad alcuna preclusione e potrebbe essere fatta valere anche fuori del processo, mediante azione di accertamento negativo o in sede di opposizione all'esecuzione), ma di nullit� c.d. insanabile, ossia rilevabile d'ufficio � anche nei giudizi d'impugnazione eventualmente proposti per altri motivi, purch� i giudizi stessi siano stati tempestivamente e ritualmente instaurati� (ch�, altrimenti, a differenza dell'ine sistenza, la nullit� di cui trattasi sarebbe pur sempre sanata dal giudicato: cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1360). A questa giurisprudenza, per l'appunto, si adegua la sentenza in rassegna. In senso contrario � stato gi� rilevato in dottrina che la partecipazione ai giudizi in materia di controversie agrarie degli esperti estranei all'Ordine giudiziario, che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima, cagiona un vizio relativo alla costituzione del giudice: � che, pur essen,do insanabile e rilevabile d'ufficio, pu� esser fatto valere soltanto nei limiti e con le modalit� dell'appello e del ricorso per cassazione (art. 158, 161 c.p.c.) �: cos� l'ANDRIOLI. (Effetti della incostituzionalit� delle Sezioni Agrarie, in Giur. Cast. 1962, 1342). Al citato studio si rimanda per un utile ' excursus sulle vicende del contenzioso agrario e per la conoscenza della portata delle sentenze 20 dicembre 1962, n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 5 . . della Corte Costituzionale (rispettivamente, in Giur. Cost., 1962, 1451 e . seg. e Id., 1963, 47 e seg.). Sulla problematica processuale del diritto agra, . rio, in generale, si veda CAPPELLETTI, Il problema processuale del diritto agrario alla luce delle tendenze pianificatrici delle costituzioni moderne, Riv. dir. proc., 1963, 550 e seg. 'FRANCO CARUSI -~ -1:. IJ. ......_11 :\n�;Tit�i�.rw�W.;L�j!lfr-=wrxswff.~@r~Ifr�&f.&f.t�-==:r2Fmw;.r�rrr-*smwiwiJ y/,:::::: .:X.L . , Y/.. Yh,::;:~%,.,,..�.,Jl.BI,,....fil.�L. h.-x-Jf..L. ,, , �._./;,._;,:,,.,.�...,,.,..Y,,� .� ;,:.�,J~l 83 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE levata, in via incidentale, nel corso di un giudizio, porta a ritenere che la �eventuale decisione operi per il giudizio in cui � stata sollevata, ancorch� relativo ad un rapporto precostituito. La stessa portata di ordine generale e di efficacia erga omnes della pronuncia di incostituzionalit� importa che i suoi effetti si verifichino sia rispetto al processo in cui la questione fu sollevata che in altri processi. N� pu� essere trascurato di considerare il disposto dell'art. 30, III comma, della I. n. 87 del 1953, il quale vieta tassativamente l'applicazione� delle norme incostituzionali a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte Costituzionale ed � applicabile anche nei giudizi relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione. Ritiene, per�, la Corte che il principio della retroattivit� incontri dei limHi per la interferenza di altre norme nella disciplina della fattispecie concreta, e che pertanto la pronuncia della illegittimit� costituzionale non abbia effetto per quelle situazioni giuridiche ormai esaurite, consolidate ed intangibili, e cio� o per la preclusione nascente da giudicato civile, o per effetto di atti amministrativi, che abbiano esaurito i loro effetti, o in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti, che siano rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante la inefficacia della norma incostituzionale. � Fuori di questi casi, la pronuncia di incostituzionalit� spieC" fl. i rnoi effetti rispetto ad atti o fatti o rapporti anche anteriori. Ci� importa (v. Cass., Sez. Unite, sent. 22 giugno 1963, numero 1707) che il giudice debba tener conto della pronuncia di illegittimit� costituzionale sia nel procedimento di primo grado, che nel procedimento di impugnazione, sia relativamente alle questioni prospettate dalle parti, sia rispetto a quelle rilevanti d'ufficio, come quella in esame. � La accertata illegittimit� costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate in controversie agrarie si traduce, dal punto di vista funzionale, in un vizio del procedimento, che si concreta nella carenza della legittimazione del giudice all'esercizio della potestas decidendi, pur nei limiti fissati dalle norme sulla ripartizione della giurisdizione e della competenza, assimilabile, quoad effectus, al difetto non assoluto di giurisdizione e, a parte obiecti, inquadrabile nella fattispecie prevista dall'art. 158. cod. proc. civ., trattandosi di inosservanza di norme, che si riferiscono ai requisiti soggettivi di idoneit�, che deve possedere il giudice per l'esercizio delle sue funzioni. 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Trattasi di nullit� insanabile, che incide sulla sentenza di primo grado o su quella di appello e si riflette su tutte le statuizioni di merito, poich� rispetto ad esse non si verificano gli effetti del giudicato. Tali principi trovano applicazione anche in tema di regolamento di competenza, di cui nella specie si tratta, dovendo, anche in tal caso, questa Corte rilevare la nullit� dipendente dal difetto dei requisiti soggettivi del giudice. In conseguenza, la causa dev'essere rimessa al Giudice di primo grado, in applicazione del principio, pi� volte ribadito da questa Corte, secondo cui il rinvio al giudice di primo grado, prescritto dall'art. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi contemplata dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va disposto anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia .< nulla, ai sensi dell'art. 158, per difetto di costituzfone del giu ~ dice, trattandosi appunto di nullit� insanabile. I ~ La dichiarata nullit� della sentenza impugnata preclude a questa Corte l'esame del regolamento di competenza, poich� la decisione della questione di competenza, prospettata col regolamento, spetta ex novo al giudi�e di primo grado cui }a causa va rinviata. I,. Il giudice di rinvio � la Sezione specializzata per le con. troversie in materia di contratti agrari, ricostituita a norma della ' I , I I. 2 marzo 1963, n. 320, presso il Tribunale di Palmi. -(Omissis). I ' . CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1963, n. 2683 - Pres. Torrente -Est. Stella Richter -P. M. Pedace I (conf.). Ente Colonizzazione Maremma Tosco Laziale c. Ministero Agricoltura e Foreste c. Ricci. Corte costituzionale -Decisioni dei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale -Natura ed effetti nei giudizi principali ed �erga omnes�. (Cost., art:t. 134, comma primo, 136, comma primo; 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23, 27 e 30, comma 3�). Costituzione della Repubblica -Obbligatoriet� delle norme incostituzionali prima (dell'efficacia) della pronuncia della Corte costituzionale (Cost., arg. art. 136, comma primo). 85 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Riforma fondiaria -Dichiarazione di illegittimit� costituzionale di leggi delegate di espropriazione -Conseguenze -Azione di risar cimento -. Legittimazione passiva. (Cost. artt. 76, 77 e 136, comma 1�; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 4; 1. 15 marzo 1956 n. 156; d.P.R. 29 novembre 1952 n. 2717; 1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 30, comma 3�; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Nei giudizi �ncidentali di legittimit� costituzionale la sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale accerta e dichiara il contrasto tra la norma ordinaria ed il precetto costituzionale. La pronuncia opera nel giudizio a quo come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia di un giudicato. Qu�sto effetto si produce sia per le sentenze di accoglimento che per quelle di rigetto. Per le prime l'effetto viene esteso erga omnes a norma dell'art. 136 Cost., il quale deve essere interpretato, come indicato dall'art. 30, comma terzo, l. 11 marzo 1953, n. 87, nel senso che dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzicnale la norma dichiarata incostituzionale non pu� avere pi� applicazione ai rapporti anteriori, purch� non esauriti (1). � Sia le autorit� amministrative sia, almeno in via di regola, i privati sono tenuti ad osservare la norma di legge incostitu (1) v. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706, Foro it., 1963, I, c. 1366 e seg. -v. anche Cass., 3 ottobre 1963, n, 2620, in questa Rassegna, 1964, 78, ed ivi nota. Sull'efficacia delle pronuncie di rigetto della Corte Costituzionale v. Cass., Sez. Un., 22 gennaio 1958, n. 147, Giust. Civ., 1958, I, 1093 e seg. ed ivi nota di riferimenti; 18 aprile 1962, n. 770, Id., 1962, III, 253. Sulla mancanza di autonomia dell'oggetto del processo costituzionale incidentale, ch'� giudicato dalla Corte unicamente nella sua qualit� di premessa logica per la decisione del caso concreto, v. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv, dir. proc., 1957, 521; v. anche Corte Cost., 25 maggio 1957, n. 59, Giur. Cost., 1957, 676 e segg., ove si sottolinea (683) che la pronuncia della Corte costituisce la premessa maggiore del sillogismo giudiziale. . La tesi del LIEBMAN (v. anche ANDRIOLI, Profili processuali del controllo giurisdizionale delle leggi, Riv. di dir. pubbl., 1950, I, 35 e segg.; GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, voi. IV, Padova 1950, 196 e segg., 210) � stata ritenuta dal CARNELUTTI (Una pezza all'art. 136 della Costituzione?, Riv. dir. proc., 1958, 243) l'unica idonea a superare fondamentali difficolt� esegetiche e pratiche. Lo JAEGER (Sui limiti di efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1958, 369, nota 1) ne ha riconosciuto la rigorosit� di impostazione sul piano processua 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale, finch� non divenga operativa la pronuncia di accoglimento della Corte Costituzionale (2). Per effetto della dichiarazione di incostituzionalit� di una legge delegata di espropriazione per l'attuazione della riforma fondiaria l'Ente di Riforma e non gi� lo Stato � legittimato a risponde:re della illegittima espropriazione ed a prescindere dalla colposit� del suo comportamento va condannato al risarcimento del danno a favore del privato, consistente, in difetto di restituzione dell'immobile, nel valore attuale di esso, nonch� nell'eventuale deprezzamento dei beni contigui non espropriati ed, infine, nella perdita dei frutti percepiti e percipiendi con l'ordinaria diligenza dopo la domanda giudiziale (3). listico (ossia in quanto la pronuncia della Corte Costituzionale sia considerata come atto di esercizio di funzione giurisdizionale vera e propria), ammettendo la peculiare diversit� della c.d. pregiudiziale costituzionale dalle altre proponibili in via autonoma e convenendo che la Corte 'Costituzionale la esamina come semplice premessa logica della controversia concreta. Questo risultato si coglie con maggiore evidenza (e la stessa Corte Costituzionale lo ha fatto, con la pronuncia 25 maggio 1957, n. 59 sopracitata), allorch� il giudizio di costituzionalit� riguardi -delle leggi-provvedimento, come quelle delegate di espropriazione _per l'attuazione della riforma fondiaria. Posta � l'inesistenza di destinatari della norma provvedimento diversi dalle parti del giudizio a quo � (ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di riforma fondaria, Giur. cast., 1959, 643), apparir� sottolineata l'estraneit� alla funzione giurisdizionale propria della Corte dell'effetto erga omnes ex art. 136 Cost. ed anche se a proposito di esso dovr� parlarsi di una ulteriore funzione indiretta ed eventuale del processo costituzionale, non per questo l'interprete scrupoloso de lege lata potr� disconoscere (come ha fatto ad es. il Tribunale di Napoli nella sentenza 7 settembre 1962, Giur. it., 1963, I, 2, c. 204 e seg.) che quel processo rappresenti naturalmente una fase del giudizio a quo. (2) Sulla seconda massima si vedano Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706 citate sub. (1), ove si legge (Foro it., 1963, I, c. 1370) che � la norma incostituzionale, prima della pronuncia di incostituzionalit� � obbligatoria e deve essere osservata come legge�. Ma, invece, in senso contrario, pu� vedersi, delle stesse Sezioni Unite, la sentenza 22 giugno 1963, n. 1707, ove si accoglie (Foro it., 1963, I, c. 1356--1357), la dottrina dell'EsPosuo (Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalit� delle leggi in Italia, in La Costituzione Italiana, Saggi, Padova 1954, 27'0; v. anche dello stesso A., Illegittimit� costituzionale e abrogazione, Giur. Cast., 1958, 831), secondo cui la legge incostituzionale sarebbe nulla e non obbligatoria per i subditi, ma solo esecutoria per le autorit� esecutive e giurisdizionali, e si parla, tuttavia, di � annullamento � (per la critica della dottrina dell' ESPOSITO v. PIERANDREI, Corte Costituzionale, in Enciclopedia del diritto, voi. X, Milano 1962, 972). (3) Per l'inapplicabilit� dell'istituto della retrocessione v. MORTATI, Sull'efficacia delle decisioni di accoglimento in materia di riforma fondia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 87 (Omissis). -Deve preliminarmente disporsi la riunione del ricorso principale e di quello incidentale condizionato, che sono iscritti sotto distinti numeri di ruolo. Devono esaminarsi, poi, il primo e il secondo motivo del ricorso principale, intimamente connessi tra loro. Con il primo, denunciandosi la violazione e la falsa applicazione degli artt. 136 della Costituzione e 30 della 1. 11 mar- ria, Giur. Cast;, 1957, 735 e seg.). Interessanti considerazioni sull'inquadramento della pretesa del proprietario, nei confronti del quale fu emanato il decreto presidenziale di scorporo oggetto della questione di costituzionalit� in ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di riforma fondiaria cit., 635 e segg. (1-3) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� di decreti di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria. I -La sentenza in rassegna, che si adegua a Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706 sopracitate, bene 'riconferma che la pronuncia della Corte Costituzionale, come decisione giurisdizionale, opera nel giudizio a quo. e precisa che potest� della Corte � quella di � accertare il contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale�, realizzando cos� � il presupposto cui conseguono in virt� della Costituzione det~rminati effetti �. Non sembra, per�, esatto attribuire alla pronuncia della Corte � natura di un annullamento �. In proposito si sono svolte gi� brevi considerazioni in nota a Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620, in questa Rassegna 1964, 79 e segg. Sembra il caso di ribadire il concetto che l'invalidit�, come negazione del valore giuridico di un atto, � sempre di diritto positivo e non mera categoria logica. Questo � pacifico in dottrina per l'annullabilit�. La dottrina amministrativistica fonda sull'attribuzione del potere ex articoli 26 e 45 I. org. sul Consiglio di Stato la invalidit� dell'atto amministrativo illegittimo e parla di � illegittimit� legale � per spiegare, in forma icastica, che l'invalidit� diventa positiva annullabilit� solo in quanto assuma la veste particolare propria delle tre figure enumerate dal cit. art. 26 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 (cfr. ALESSI, Sistema istituzionale del diritto amministrativo italiano, Milano 1953, 303). Ora, poich� nessuna sanzione di invalidit� dell'atto legislativo incostituzionale si trova comminata nel nostro ordinamento, per stabilire la condizione di quell'atto -non resta che considerare il potere di cui esso munisce l'organo di controllo (cfr. PIERANDREI, voce Corte Costituzionale in Enciclopedia del diritto, voi. X, Milano 1962, 971); e, se questo potere � limitato all'accertamento del rapporto di conformit� o disformit� dell'atto legislativo alle norme superiori, da cui deriva la perdita di efficacia delle norme inferiori riconosciute e dichiarate difformi, non sembra che ci� autorizzi a fare della giurisdizione costituzionale una giuriSdizione di annullamento degli atti del Legislatore, quando � chiaro, peraltro, che il processo costituzionale incidentale ricalca i limiti soggettivi di quello incidentato e non pu� avere altro obietto che quello ricavato dal processo principale, come una parte dall'intero (e la conclusione � valida anche per i giudizi in via principale ex art. 2 I. cost., n. 1 del 1948: cfr. GARGIULO, Gli effetti delle pronunce RA�SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 88 zo 1953, n. 87, nonch� degli artt. 73 e 87 della Costituzione, 10, 12 e 15 delle preleggi, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., si lamenta che la Corte di appello abbia attribuito efficacia retroattiva alla pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale del decreto presidenziale quale avente forza di legge, nella parte in cui ha disposto lespropriazione dei terreni del Ricci in misura superiore emesse dalla Corte Costituzionale su questioni di legittimit� costituzionale sollevate in via principale, La Corte Costituzionale, Raccolta di Studi a cura dell'Avvocatura dello Stato, Roma, 1957, 264; v. anche SANDULLI, Sulla discriminazion� delle competenze tra Corte Costituzionale e Alta Corte per la Regione Siciliana, Foro it., 1956, IV, c. 50 e seg., nota 3). La retroattivit� delle pronunzie della Corte Costituzionale nei giudizi di cui trattasi si spiega non gi� come conseguenza dell'annullamento dell'atto legislativo, ma deriva dal fatto che quelle pronunce sono positivamente preordinate ad operare nei giudizi incidentati. Essa � fondata, insomma, sull'art. 1 I. cost., n. 1 del 1948 (cfr. PIERANDREI, voce Corte Costituzionale cit., Encicl. del Diritto, vol.-x cit., 971). E quella che si voglia attribuire all'effetto erga omnes ex art. 136 Cost. -sul rilievo che l'inapplicabilit� della norma dichiarata incostituzionale non pu� non riferirsi anche ai rapporti sorti anteriormente, poich� � proprio in relazione ad uno di essi che viene sollevata la questione e la pronuncia di illegittimit� costituzionale deve spiegare la sua efficacia giurisdizionale -nel tener conto del dettato dell'art. 30, comma terzo, 1. n. 87 del 1953, come ha fatto la sentenza in rassegna, non pare possa configurarsi prescindendo dall'autorevole rilievo che �non si pu� interpretare la Costituzione secondo la legge ordinaria, ma si deve interpretare quest'ultima secondo la Costituzionale. Non � la formula della disapplicazione che pu� chiarire il significato della perdita di efficacia, ma, viceversa, questa formula determina il valore di quella� (CARNELUTTI, Una pezza all'art. 136 della Costituzione? Riv. dir. proc., 1958, 241; cfr. JAEGER, Sui limiti di efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Ibidem, 371, nota 1: �le norme ordinarie ... debbono essere interpretate in senso compatibile con i principi di questa [Costituzione] �, Il rilievo vale anche, ad es., per l'interpretazione dell'art. 22 del Regolamento interno della Corte Costituzionale, che non sempre � stato inteso in armonia con gli artt. 1 I. cost., n. 1 del 1948 e I. cost., 11 marzo 1953, n. 1). Si ricordi, infine, che il concetto di disapplicazione, come elaborato dalla dottrina amministrativista, �riguarda soltanto gli effetti dell'atto e non anche l'atto� (CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit� degli atti amministrativi, Milano 1950, 163. L'art. 136 della Cost., in ogni caso, nel prevedere che la norma in costituzionale perda efficacia dopo la pubblicazione della decisione della Corte e la vacatio prevista dall'articolo medesimo, sembra chiaramente presupporre che, anteriormente alla decisione, la norma stessa abbia pro dotto degli effetti che vanno rispettati. La sentenza in rassegna ha rico nosciuto questo limite, parlando ancora una volta (v., infatti, Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359) di situazioni esaurite. Ma pu� dirsi problema tuttora aperto quello di una sicura determina zione di tale concetto (cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale cit., 973 e seg. ed ivi bibliografia), alla soluzione del quale la sentenza annotata reca il 89 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE a quella consentita ai sensi dell'art. 4 della 1. 21 ottobre 1950, n. 841. Si sostiene che, se la norma dichiarata costituzionalmente illegittima cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136 Costituzione) e non pu� avere applicazione dalla stessa data (art. 30 della 1. 11 marzo 1953, n. 87), la pronuncia di illegittimit� costituzionale pu� operare contributo di una significativa allusione ad � atti e rapporti precostituiti �, in relazione ai quali si siano determinate �situazioni giuridiche consolidate ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente regolate attraverso una statuizione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale�. II -A proposito degli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� di decreti di scorporo, il Consiglio di Stato (Sez. IV, 22 marzo 1961, n.. 198, in Il Consiglio di Stato, 1961, I, 487 e seg.) ha affermato che la reintegrazione in forma specifica costituisce il contenuto di un obbligo giuridico incombente sugli enti di riforma: l'adempimento di siffatto obbligo sarebbe affidato alla stessa Amministrazione e, in sostituzione o surrogazione di essa e nel presupposto della sua inerzia, allo stesso Consiglio � di Stato, con le modalit� e nei limiti di cui all'art. 27, n. 4 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054. Esattamente la sentenza annotata ha chiarito esplicitamente il punto relativo alla legittimazione passiva all'azione di risarcimento, escludendo quella dello Stato ed affermando quella dell'ente di riforma, poich� � non dalla corresponsione dell'indennit�, ma dalla � illegittima espropriazione in favore dell'ente consegue l'obbligo della restituzione del bene o del risarcimento del danno �. Il richiamo del primo comma dell'art. 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, per fondare l'obbligo di tale risarcimento, a prescindere da qualsiasi colpa, esclusivamente sulla illegittimit� del provvedimento di scorporo dichiarata dalla Corte Costituzionale, non pu�, tuttavia, non lasciare perplessi, se � vero che qui non si tratta di un atto amministrativo, n� soggettivamente, n� oggettivamente, ma legislativo (cfr. Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1953, n. 107 e 108, Foro it., 1953, I, c. 173) e precisamente di un atto avente forza di legge e natura politica (GUARINO, Profili costituzionali, ecc., Foro it., 1952, IV, 82 e 92), al quale, perci�, non pu� applicarsi quella norma, che prevede la potest� del G.0. di conoscere, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, degli effetti di � un atto dell'autorit� amministrativa�, che si assuma lesivo di un diritto subiettivo (cfr. Trib. Rovigo, 20 ottobre 1955, Foro Pad., 1956, IV, 7; Trib. Locri, 30 luglio 1955, Giur. Compl. Cass. Civ., 1955, VI, 583; App. Catanzaro, 12 maggio 1955, Foro it., 1956, I, 258). D'altra parte, se si voglia aver riguardo, invece, all'attivit� amministrativa posta in essere dall'ente espropriante (sull'appartenenza degli Enti di Riforma alla P.A. v. Trib. Grosseto, 1 luglio 1954, cit. da ASTUTI, Giur. Cast., 1958, 691; v. anche, sulla natura pubblicistica di tali enti, Cass. Sez. Un., 17 maggio 1958, n. 1607, Giur. Cast., 1958, 676), per eseguire l'ordine, contenuto nel decreto di scorporo, di procedere alla immediata occupazione dei terreni indicati, ai fini dell'ulteriore attivit� istituzionale di trasformazione, miglioramento, appoderamento o quotizzazione ed assegnazione delle terre, sembra difficile considerarla ex post attivit� illegittima, poich� � in ordine alla validit� dell'atto occorre aver riguardo 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO solo ex nun� e non ex tunc. Si soggiunge che la irretroattivit� tanto pi� si impone, quando si tratti, come nella specie, non gi� di una legge-norma, ossia di un comando generale ed astratto, rispetto al quale la disapplicazione anche per fatti anteriori alla pronuncia di illegittimit� costituzionale potrebbe affermarsi in modo analogo a quello proprio del cos� detto ius superveniens, bens� di una legge-provvedimento, e cio� di un atto il alle norme vigenti al momento della sua emanazione� (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1955, 254) e poich�, si � gi� visto, nulla autorizza l'interprete fedele del diritto positivo a concepire una invalidazione successiva, ossia una eliminazione dello stesso atto legi� stativo, fonte della norma attributiva del potere-dovere di compiere tale� attivit� (cfr. ROMANO, Osservazioni sulla invalidit� successiva degli atti amministrativi, in Scritti minori, vol. II, Milano 1950, 337. Per la critica del concetto di invalidit� successiva introdotto dal ROMANO v. ROMANELLI, Sulla c.d. invalidit� successiva degli atti amministrativi, in Scritti giuridici per il centenario della Casa editrice Jovene, Napoli 1954, 381 e segg.), visto che de jure condito la conseguenza della illegittimit� costituzionale di quell'atto � soltanto la perdita di efficacia (si vedano le pertinenti considerazioni dello ScoGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del ne� gozio giuridico, Napoli 1950, 401, ed anche 371 e segg.). Al mome;nto di disporre e far eseguire l'occupazione (intimazione all'espropriato e formale presa di possesso) l'ente aveva, certo, il potere di compiere tali atti, non avendo senso negare il potere ed affermare contemporaneamnte il dovere di adempiere al precetto legale, n� potendo configurarsi una ca� ducazione dell'atto, se non a patto di ritenere che quel requisito dovesse permanere anche dopo la sua emanazione, ossia... quando il pote:re era stato gi� esercitato, ovvero di riscontrare in esso la mancanza di un nuovo requisito retroattivamente richiesto (di �esercizio di un potere viziato per riflesso del vizio di costituzionalit�, che inficia la norma attributiva� parla il Consiglio di Stato, nella decisione dell'Adunanza Plenaria 8 aprile 1963, n. 8, riportata, con nota del LA VALLE, in Giur. it., 1'964, III, 67 e segg., ammettendo, per�, che � la dichiarazione d'illegittimit�, costituzionale si estende ai fatti interiori, salvo il limite... degli effetti prodottisi in modo definitivo �. La tesi dell'annotatore della decisione che � l'attribuzione del potere deve considerarsi, al sopravvenire della caducazione della norma, come non avvenuta � postula che l'eff�. cacia della norma poscia dichiarata incostituzionale possa e debba � cancellarsi dalla scena giuridica�, concezione radicale ed eccessiva, in contrasto col positivo dettato dell'art. 136 Cost.). Deve, anzi, soggiungersi che, intervenuta l'assegnazione delle terre occupate, quegli atti avrebbero ormai esaurito i loro effetti, subentrando alla fase esecutiva del provvedimento di scorporo quella, distinta e di� versa (cfr. PACE, Espropri incostituzionali: restituzioni e responsabilit� civili della Pubblica amministrazione per l'applicazione di leggi illegitti� me, Giur. Cast., 1962, 1235), della redistribuzione delle terre tra i conta� dini. Epper�, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la c.d. retroattivit� della pronuncia di incostituzionalit� del decreto di scorporo dovrebbe rispettare la legittimit� di una situazione ormai consolidata �per effetto di atti amministrativi che abbia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 91 cui contenuto normativo � costituito da un comando particolare e concreto, quale il trasferimento della propi"iet� da un soggetto ad un altro. Si conclude che il decreto legislativo in oggetto ha cessato di avere efficacia dal giorno s-uc�essivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale e, quindi, solo da tale data deve essere disapplicato dal giudice. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza im no esaurito i loro effetti� (Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359). Per venire, infine, a parlare dell'assegnazione, proprio il suo carattere di atto distinto dall'esecuzione del provvedimento di scorporo, avente autonoma e diversa funzione, dovrebbe costituire ulteriore argomento per dimostrare l'intangibilit� delle situazioni fondate su quel provvedimento, il quale non pu� essere ridotto, peraltro, ad un mero componente della fattispecie pr�duttiva dell'acquisto (differito) del diritto di propriet� in capo al contadino, come si fa da chi (PACE, op. cit., 1237) ne vorrebbe inficiata la portata, contro lo stesso disposto dell'art. 4 I. n. 2248 all. E, dalla eventuale, tempestiva trascrizione della domanda giudiziale di restituzione proposta dal proprietario espropriato, dimentico in tal modo che esso persegue autonome finalit� di interesse pubblico (stabilimento di equi rapporti sociali e razionale sfruttamento delle terre, cfr. art. 44 Cost.), che trascendono la mera funzione traslativa del bene (cfr. ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per l'attuazione della riforma fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 7; v. anche Cass., 19 giugno 1957, Foro it., 1957, I, 1170; Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, Il Consiglio di Stato, 1957, 1279). Se sono esatti i rilievi svolti anche sub I, la retroattivit� della pronuncia dichiarativa della incostituzionalit� di un provvedimento di scorporo, da non confondere con una pro,nuncia di annullamento (perch�, si ripete, nessun potere del genere il legislatore costituzionale ha attribuito all'Organo di controllo, cos� come ad es. !"ordinamento ha attribuito al 1Consiglio di Stato, per gli atti amministrativi viziati da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con i ricordati artt. 26 e 45 T.V. 26 giugno 1924, n. 1054), lasciando intatt� la legittimit�' di atti amministrativi ormai definitivi non potrebbe inficiare la validit� dell'atto di assegnazione (le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella gi� ricordata sentenza 22 giugno 1963, n. 1706, Foro it., 1963, I, c. 1366 e segg., parlano, ibid., c. 1373, di � perdita della propriet� dei terreni come conseguenza dell'assegnazione dei terreni ai contadini �), ma dovrebbe comportare unicamente l'obbligo dell'Ente -e non, certo, dello Stato, trattandosi di conseguenza di attivit� del primo -di corrispondere al proprietario espropriato il valore venale del bene al momento dell'assegnazione (al quale proposito � da avvertire che non manca chi sostiene l'applicazione alla specie dell'art. 2038 e.e.: cfr. ASTUTI, Memoria difensiva dell'Ente Maremma, in Giur. Cast., 1958, 692. Per un caso di applicazione di tale norma, v. Cass., 4 ottobre 1957, n. 3605, Foro it., Rep. 1957, voce Israeliti, c. 1328,� n. 6). Di un comportamento illecito dell'Ente, nei confronti dell'e~propriato, potrebbe, insomma, parlarsi soltanto con decorrenza ex nunc dalla pronuncia della Corte Costituzionale (sulla inammissibilit� del concetto di un comportamento retroattivamente colposo v. LA VALLE, La rilevanza nel giudizio amministrativo della incostituzionalit� delle leggi, Giur. it., EASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 92 pugnata per violazione dell'art. 136 della Costituzione, 100 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 8 della I. 12 maggio 1950, n. 230, 18 della I. 21 ottobre 1950 n. 841, alle disposizioni del d. m. 28 giugno 1951 e delle I. 1� marzo 1953, n. 224 e 15 marzo 1956, n. 156, nonch� per violazione dell'art. 2043, cod. civ., e 4 I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ. La complessa doglianza riguarda: a) la ritenuta legittimazione passiva dell'Ente Maremma, mentre legittimato passivo per tutte le questioni di indennizzo � il Ministero dell'Agricoltura e Foreste; b) la ritenuta responsabilit� dello stesso ente, non solo per il pagamento di un indennizzo pari al valore venale dei terreni espropriati in eccesso, ma anche per il risarci.=:. mento di tutti gli altri danni subiti dal Ricci, a far tempo dal giorno dell'occupazione; c) la effettuata condanna al risarcimento senza il preventivo accertamento della sussistenza della espropriazione in eccesso e quindi del danno, e senza comunque la concessione della facolt� alternativa di restituzione dei terreni in luogo del pagamento del loro valore. A sostegno di queste censure si sostiene che il provvedimento espropriativo era pienamente efficace e non meramente esecutivo fino alla pronuncia di incostituzionalit�; che in conseguenza non pu� parlarsi di un'occupazione illegittima ab ori 1964, III, 69) e con riguardo alla lesione del diritto, non gi� alla restituzione del bene, ma al pagamento del suo equivalente economico, all'atto dell'accennato fenomeno di conversione necessaria (su cui vedasi cenno in Trib. Bari, 17 marzo 1959, Giur. Cost., 1962, 1236). Queste notazioni, che non pretendono di esaurire l'arduo problema, sembrano accordarsi anche con la tesi di chi, parlando di legge incostituzionale esecutoria, pur se nu,lla e quindi non obbligatoria (ma come potrebbe una legge essere esecutoria per le Pubbliche Autorit�, se non fosse anche obbligatoria per i subditi?), afferma coerentemente che �la legge incostituzionale anche dopo la dichiarazione di illegittimit� costituzionale conserva ... il carattere di legge esecutoria per il periodo in cui essa non era stata ancora dichiarata illegittima: e perci� ne resta esclusa ogni responsabilit� delle Autorit� amministrative o dello Stato amministratore [o dell'Ente Pubblico] che vi abbia dato esecuzione � (ESPOSITO, Il controllo giurisdizionale, ecc.; cit., L.a Costituzione Italiana, Saggi, Padova 1954, 271; nel senso della irresponsabilit� dei pubblici funzionari e della responsabilit� della P.A. v. PALADIN, Cenni sul sistema delle responsabilit� civili per l'applicazione di leggi incostituzionali, Giur. Cost., 1960, 1029 e segg., il quale -ivi, 1032 -prospetta una �impugnativa degli atti esecutivi della legge incostituzionale� ed una �chiamata in causa della pubblica amministrazione, che pure poteva non avere nessuna alternativa di comportamento >>, come � l'indispensabile espediente � ( ?) per far rispondere � il legislatore � ). FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 93 gine, n� equipararsi la dichiarazione di illegittimit� costitunale del decreto legislativo all'annullamento di un decreto prefettizio di espropriazione; che nessuna responsabilit� � addebitabile all'ente, ma solo il Ministero dell'Agricoltura e Foreste, quale organo dello Stato cui spetta di corrispondere l'indennit� di espropriazione, � tenuto al pagamento dell'indenniz~o e di altri eventuali danni, a far tempo dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale. Le questioni prospettate hanno gi� formato oggetto di esame da parte di questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, nelle cause tra lo stesso Ente Maremma, Settimio Sacchini e la Societ� � Il solco �, decise il 14 marzo 1963. La Sezione semplice ritiene di dover seguire gli stessi criteri, tenendo conto anche della successiva pronuncia delle Sezioni Unite del 18 aprile 1963, nella causa tra Perrone e il Comune di Bron, la quale, pur riferendosi ad altro oggetto, concerne la questione degli effetti della pronuncia di illegittimit� costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge. L'art. 136 della Costituzione, secondo il quale la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, deve essere interpretato nel senso indicato dallo art. 30, comma 3�, della 1. 11 marzo 1953, n. 87, e cio� che da quel momento la norma non pu� pi� avere applicazione. Ora che tale disapplicazione non si riferisca solo ai rapporti futuri, ma anche a quelli passati, si desume dalla legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. La Costituzione non prevedeva le condizioni e le forme per la proposizione dei giudizi di legittimit� costituzionale. A ci� ha provveduto appunto la detta legge costituzionale n. 1 del 1948, la quale con l'art. 1 ha introdotto il giudizio incidentale di legittimit� costituzionale, attribuendo carattere pregiudiziale alla relativa questione. Essa, come � noto, impone al giudice, quando la questione sorga nel corso di un giudizio e non sia manifestamente infondata, di rimetterne la decisione alla Corte Costituzionale. E l'art. 23 della citata 1. 11 marzo 1953, n. 87 aggiunge che il giudizio rimane sospeso fino alla pronuncia della Corte. Ci� importa che tale pronuncia opera nel giudizio a quo come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia di un giudicato; questo effetto si produce sia per le pronuncie di accoglimento, sia per quelle di rigetto. Per le prime l'effetto si produce, non solo all'interno, ma anche all'esterno, e cio� erga omnes. i I I I I 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .jj Posto c10, l'inapplicabilit� della norma dichiarata incostituzionale non pu� non riferirsi anche ai rapporti passati, poich� � proprio in relazione ad essi che viene sollevata la questione e che la pronuncia di illegittimit� costituzionale deve spiegare effetti nel giudizio a quo.� E tali effetti non possono non avere la stessa portata e la stessa estensione rispetto al processo in cui la questione fu proposta e rispetto ad ogni altro processo, dato c;he la dichiarazione di illegittimit� costituzionale ha valore erga omnes. Deve indagarsi, ora, quale sia il carattere della detta dichiarazione. Indubbiamente esso non � abrogativo, in quanto l'abrogazione � disposta dal legislatore per ragioni di mera opportunit� e costituisce una manifestazione tipica di discrezionalit� politica, mentre il fenomeno della perdita di efficacia previsto dall'art. 136 della Costituzione � ontologicamente diverso, coordinandosi ad una pronuncia che � di mera legittimit�, giacch� prescinde da qualsiasi valutazione . politico-discrezionale ed � impostata sull'accertamento di una causa preesistente di invalidit� della norma. Che tale fenomeno non sia assimilabile all'abrogazione � confermato dalla considerazione che la formula dell'art. 136 della Costituzione � nettamente diversa da quella dell'art. 75, che prevede l'abrogazione a seguito di referendum popolare, mentre � conforme a quella dell'art. 77, che riguarda i decreti legge, non convertiti in legge. La sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale accerta il contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale e dichiara tale vizio con efficacia erga omnes. Essa si inquadra nella categoria dei cos� detti accertamenti costitutivi, perch� realizza il presupposto, cui conseguono, in virt� della Costituzione, determinati effetti. Prima della pronuncia della Corte Costituzionale la norma non � affetta da nullit� assoluta o inesistenza, perch�, al contrario, in quanto promana da organi investiti del potere legislativo ed ha tutti i requisiti che caratterizzano l'essenza della leg'tge, ha il carattere dell'esecutoriet�, nel senso che sia le autorit� amministrative, sia, almeno in via di regola, i privati sono tenuti ad osservarla. Essa peraltro � affetta da un vizio, che la invalida. Quindi la pronuncia della Corte Costituzionale, che accerta e dichiara tale invalidit�, ha la natura di un annullamento. Tale annullamento non pu� peraltro equipararsi all'annullamento di un negozio giuridico, che cancella tutti gli effetti gi� prodotti. In PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE vero la nozione generale di inefficacia si distingue in specie particolari, di modo che non � possibile estendere i principi propri di una specie ad un'altra. Mentre l'efficacia provvisoria del negozio viziato � riferibile soltanto alla sfera di autonomia delle parti che lo posero in essere, quella della norma di legge viziata � riferibile ad una disciplina di interessi eteronomi e vincolante in forza dell'ordinamento giuridico. Da queste premesse consegue che la dichiarazione di illegittimit� costituzionale � retroattiva, con il limite, peraltro, del rispetto delle situazioni esaurite. Quando, cio�, in relazione agli atti e rapporti precostituiti, si erano determinate situazioni giuridiche consolidate ed intangibili, e come tali insuscettibili di essere . rimosse o diversamente regolate attraverso una sta~ uizione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale, come nel caso in cui si sia formato il giudicato, la retroattivit� non pu� operare. E non vale distinguere tra legge-norma e legge-provvedimento, dato che la parziale retroattivit� � suscettibile di applicazione rispetto a concreti rapporti non esauriti, e la possibilit� di applicazione deve stabilirsi nei singoli casi. Altra conseguenza della esecutoriet� della norma precedentemente alla dichiarazione di incostituzionalit� � quella che non possa .considerarsi illecito il comportamento dell'amministrazione o dei privati, imposto dall'obbligo dell'osservanza della norma medesima, e che quindi non possa configurarsi una responsabilit� per danni causati da fatto illecito. La disapplicazione per incostituzionalit� dell'atto legislativo che ha disposto una espropriazione importa il diritto alla restituzione del bene espropriato; ma se del bene � stato disposto ai fini pubblici, e quindi il giudice non pu� ordinare tale restituzione, il privato ha diritto al risarcimento del danno per la mancata restituzione. E tale danno consiste nell'equivalente economico del bene, vale a dire nel valore attuale di esso, nonch� nell'eventuale deprezzamento dei beni contigui non espropriati, nonch�, infine, nella perdita del reddito. Quest'ultima, peraltro, deve essere limitata, fissandosene la decorreni:a dal giorno della domanda : infatti, non sussistendo una responsabilit� per dolo o per colpa, � appli . cabile l'art. 1148 cod. civ., secondo cui il possessore di buona fede risponde dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando la diligenza di un buon padre di famiglia. E' da escludere, invece, la risarcibilit� di ogni altro even tuale danno. Legittimato passivamente all'azione di risarcimento � lo 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ente Maremma, al quale i beni furono trasmessi con il provvedimento di espropriazione, ente che sarebbe in grado di restituirli e che, in difetto, deve pagare l'equivalente, con gli accessori. L'organo dello Stato che corrisponde l'indennit� non � passivamente legittimato, perch� non dalla corresponsione dell'indennit�, ma dalla illegittima espropriazione in favore dello ente consegue l'obbligo della restituzione del bene o del risarcimento del danno. Nella specie, in cui il rapporto non si � certamente esaurito, la retroattivit� della pronuncia di illegittimit� costituzionale importa che l'Ente Maremma debba risarcire il danno nei sensi e nei limiti suindicati. Per le esposte considerazioni, deve essere respinto il primo mezzo del ricorso, nonch� la censura del secondo sopra indicata sub a), mentre deve essere accolta quella sub b). Quanto alla censura sub c), essa. � palesemente infondata. Invero la sussistenza di un'espropriazione in eccesso costituisce l'indispensabile presupposto di fatto, in base al quale � stata ritenuta rilevante la questione di legittimit� costituzionale. Ogni contestazione in proposito � quindi preclusa. Quanto alla facolt� dell'Ente di restituire il terreno anzich� pagarne il valore, basta rilevare che il terreno stesso era gi� stato trasmesso ai contadini, e cio� aveva avuta la destinazione di pubblico interesse per la quale era stato espropriato. Non vi era ragione, quindi, che il giudice prendesse in considerazione la possibilit� di una restituzione. Poich� il ricorso principale viene respinto nella parte in cui censura la ritenuta legittimazione passiva dell'Ente Maremm�, deve considerarsi assorbito il ricorso incidentale, che � stato proposto dal Ricci condizionatamente all'accoglimento di quella censura. L'accoglimento, sia pure parziale, del secondo motivo del ricorso principale importa l'assorbimento del terzo motivo dello stesso ricorso, che concerne la pronuncia sulle spese. L'accoglimento medesimo importa la cassazione della denunciata sentenza ed il rinvio della causa ad altro giudice dello stesso grado per il riesame alla stregua degli enunciati principii di diritto. E' opportuno demandare allo stesso giudice di provvedere anche sulle spese della presente fase del giu�lizio. Entrambi i ricorrenti hanno diritto alla restituzione dei depositi. -(Omissis). I" , I .� .~ 97 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1963, n. 2854 - Pres. Mastropasqua -Est. Forlenza -P. M. Colli (conf.) - Torrisi c. Fiorentino. Procedimento civile -Provvedimenti cl'urgenza -Autonoma impugna bilit� ~ Esclusione. (c.p.c., artt. 700-702). J provvedimenti d'urgenza non sono suscettibili di autonoma impugnazione, poich�, avendo carattere strumentale, rimangono di necessit� assorbiti dalla decisione della causa di merito, della quale seguono la sorte (1). (1) Sulla inoppugnabilit� del provvedimento di reiezione (salva la possibilit� di proporre nuova istanza al giudice, adducendo nuovi elementi o nuove prove) v. DINI, I provvedimenti d'urgenza, S. Maria C. V., 1950, 77-78. Sottolinea che la cessazione della misura cautelare consegue non solo alla decisione di merito, ma anche alla sentenza che chiuda il processo, negando il potere del giudice di decidere sul merito, il MONTESANO (Sulla durata dei provvedimenti d'urgenza, Riv. dir. proc., 1956, II, 8), il quale avverte, per�, (ibidem) che, nell'ipotesi di sentenza dichiarativa d'incompetenza, salvo il caso dell'estinzione del processo con la conseguente inefficacia del provvedimento d'urgenza, spetter� al giudice dichiarato competente, innanzi al quale il processo prosegue, il potere di revocare o modificare la gi� ottenuta misura cautelare. Sulla suscettibilit� di esecuzione forzata dei provvedimenti urgenti v. REDENTI, Dir. Proc. Civ., voi. III, Milano 1954, 95 e seg. In tema di provvedimenti cautelari innominati. Il principio affermato nella sentenza in rassegna si ricollega a precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione, ove si precisa che, se l'esistenza del diritto � esclusa, il provvedimento d'urgenza viene meno, se invece l'esistenza del diritto � accertata, il provvedimento d'urgenza � sostituito dalla decisione di merito (cfr. Cass. 5 agosto 1960, n. 2299, in Acque, bonifiche e costruzioni, 1960, 361; 1� luglio 1958, n. 2343, Foro Padano, 1958, I, 1134; 21 maggio 1955, n. 1499, Riv. Dir. Proc., 1956, II, 1 e segg., con nota di MONTESANO, e Giur. it., 1957, I, 1, c. 197 e segg., con nota di MOSETTO). A questa giurisprudenza fa riscontro l'indirizzo dottrinale, che, nell'ambito delle misure cautelari, assegna ai provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. la funzione strumentale di assicurazione provvisoria degli effetti della decisione di merito, a cautela del risultato con-� creto del processo di cognizione ed in attuazione, sul terreno dei fatti, dello stesso principio realizzato, sul piano del diritto, dai c.d. effetti sostanziali della domanda -e cio� che la necessit� del processo non torni a danno di chi ha ragione -e nega che quelle misure possano avere �funzione alcuna, dopo l'accertamento giurisdizionale, definitivo o non, sull'esistenza del diritto da cautelarsi, poich� ... un provvedimento, che sia preordinato a quell'assicurazione, non pu� evidentemente servire (per di pi�, attraverso una cognizione sommaria) a rimediare al pregiudizio de 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo mezzo si muove alla sentenza impugnata la censura di non avere adeguatamente e correttamente ragionato sulla legittimit� del provvedimento ex art. 700 c.p.c., con cui il Pretore di Taormina av�va sospeso la raccolta dei frutti che gli acquirenti Torrisi e D'Angelo stavan_o effettuando. La Corte d'Appello si sarebbe limitata a dire genericamente che � lasciata al Pretore la facolt� di valutare le ragioni di opportunit� dei provvedimenti di urgenza, mentre avrebbe dovuto controllare se nel caso ricorrevano gli estremi per la concessione del provvedimento. rivabile da una sentenza gi� pronunciata in seguito ad un processo di cognizione ordinaria, cio� piena� (MONTESANO, op. cit., 2; ID., I provve� dimenti d'urgenza nel processo civile, Napoli, 1955, cap. II. Contro la possibilit� di servirsi del provvedimento ex art. 700 c.p.c. per sosp,en� dere l'esecuzione di una sentenza v. PERETTI-GRIVA, in Foro Padano, 1950, I, 93 e seg.; in senso restrittivo v. anche FRONTIERI, Prime applicazioni del provvedimento cautelare innominato, Giur. it., 1948, IV, c. 89 e segg.). Una precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Ord. 28 aprile 1948, Giur. Compl. Cass. Civ., 1948, II, 79, con nota critica di CONIGLIO) riteneva applicabile analogicamente, alla materia, l'art. 683 l c.p.c. ed insegnava, quindi, che � anche i provvedimenti d'urgenza con� templati nell'art. 700, quali misure cautelari, non perdono la loro effiI cacia sino � quando la sentenza che dichiari inesistente il diritto cautelato non sia passata in giudicato �. Correlativamente, in dottrina non manca chi (DINI, op. cit., 82), per analogia �l sequestro, ammette la applicabilit� dell'ultimo comma dell'art. 683 c.p.c. (dichiarazione di inefficacia del provvedimento d'urgenza con decreto del Giudice, su ricorso della parte interessata). Contro tale analogia (su cui v. anche CALVOSA, IRiv. dir. proc., 1949, II, 218) �, invece, altra tesi dottrinale, che ha sottolineato il carattere speciale della norma in questione (MosETTO, Su alcuni caratteri dei provvedimenti cautelari d'urgenza, Giur. it., 1957, I. l, c. 202, il quale, peraltro, si pronuncia, conseguentemente, per la possibilit� di � revisione � del provvedimento urgente, ossia di riesame da parte del giudice che lo ha emesso, in caso di mutamento della situazione di fatto che costituisce il presupposto della cautela; v. anche MONTESANO, Sulla durata ecc., cit., Riv. dir. proc., 1956, II, 4, che ritiene, invece, applicabile analogicamente l'art. 708, comma quarto, c.p.c.). Pu�, in conclusione, giustamente osservarsi che, come esistono argomenti contrari alla tesi della durata dei provvedimenti interinali urgenti fino al passaggio in giudicato della decisione di merito, cos� ne esistono altri contro la tesi dell'immediata inefficacia di quei provvedimenti, al sopraggiungere della decisione di primo grado. In proposito, si � rilevato che l'eventualit� dell'inconveniente che, dopo aver tolto �di mezzo il provvedimento cautelare, la sentenza di merito venga a sua volta riformata, � non solo procrastinata, ma anche sensibilmente ridotta, ove si ammetta che la perdita di efficacia del provvedimento segua non gi� � alla semplice emissione del provvedimento principale, bens� alla sua esecutoriet�, che pu� derivare ex� lege dal giudizio di appello, oppure essere concessa ponderatamente dal giudice di primo grado� (MosETro, op. cit., c, 206). FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 99 Il mezzo � inattendibile. Al riguardo importa, innanzi tutto, rilevare che, secondo ci� che la Suprema Corte ha avuto occasione di affermare (sent. 1" luglio 1958, n. 2343), i provvedimenti di urgenza in s� presi non sono suscettibili di un autonomo riesame. Essi, avendo carattere strumentale, sono vincolati al clir.itto che si vuol far valere e rimangono, di necessit�, assorbiti:~ dalla decisione della causa di merito (della quale seguono la sorte), che l'istante � tenuto ad iniziare nel termine perentorio fissatogli dal giudice. D'altro canto, nella fattispecie, per quanto attiene al momento della concessione e all'esistenza delle condizioni obiettive, cui l'istituto � condizionato, non � vero che la Corte d'Appello non si sia di queste occupata. Ha preso, invece, in esame la. situazione, che allora si era presentata ed anticipando in certo qual modo il giudizio di merito ha ritenuto che il provvedimento era stato tempestivo, dal momento che era stata intrapresa una raccolta di frutti con modalit� contrastanti con gli accordi fra le parti e con gli usi locali, ed era perci� sorto nel venditore il .fondato timore di perdere le garanzie della interdipendenza tra fasi di raccolta e versamenti degli acconti sul prezzo. (Omissis). -~1~~\~t;.i:. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1963, n. 2887 -Pres. Varallo -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Pedote (conf.) -Cannone c. Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria in Puglia, Lucania e Molise. Riforma fondiaria -Assegnazione di terre -Diritto dell'assegnatario Controversia tra due soggetti sulla spettanza di un terreno quali assegnatari. (1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 17-23; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 21; e.e. art. 1380). Riforma fondiaria -Controversie tra pretesi assegnatari dello stesso fondo � -Intervento in giudizio dell'Ente di riforma. (e.p.e., art. 105). L'assegnazione delle terre di riforma fondiaria costituisce uno speciale negozio, per effetto del quale, durante il periodo trentennale stabilito per l'ammortamento del prezzo, l'assegnatario � un semplice detentore e pu� vantare solo diritti di carattere personale. In caso di controversia fra due soggetti assegnatari 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I, .. dello stesso fondo � preferito, a norma dell'art. 1380 e.e., chi per primo ne abbia conseguito il godimento (1). ~, Intervenendo in un giudizio in cui si discute a quale dei due .. soggetti spettino i diritti dell'assegnatario su un fondo, l'Ente di riforma fa valere il suo diritto di propriet� sul fondo medesimo, ossia un diritto relativo all'oggetto dedotto in giudizio e, di conseguenza, l'intervento ha carattere e natura di intervento principale e l'interveniente ha la pi� ampia facolt� di proporre, in modo autonomo, domande ed eccezioni contro i soggetti originari del processo (2). (Omissis). -Egualmente infondati sono gli ultimi due motivi del ricorso, riguardanti la decisione nel merito. La Corte d'appello ha ritenuto infondata la domanda proposta dal Cannone contro il Lamanna, per un duplice ordine di motivi : a) perch� il Lamanna, nel conflitto fra due soggetti che vantano uno stesso diritto di godimento sulla stessa cosa, doveva essere preferito, avendo per primo conseguito il godimento del fondo n. 0120, di cui era mezzadro prima dell'espropriazione (ed avendo, quindi, il diritto alla preferenza nell'assegnazione); b) perch� l'assegnazione al Cannone fu, comunque, revocata dalla Sezione di Riforma Fondiaria. L'una e l'altra argomentazione (ed ognuna di esse sarebbe stata sufficiente a giustificare la decisione di rigetto delle domande del Cannone), sono esatte. Indiscutibile � che il Lamanna � stato immesso nel godimento del fondo prima del Cannone (il quale, anzi, non vi � mai stato immesso); onde applicabile nella specie � l'art. 1380, primo comma, una volta ammesso che l'Ente di riforma abbia assegnato al Lamanna la quota in contestazione. E tale dato di fatto, accertato dalla Corte di merito, non pu� essere riesaminato in sede di legittimit�, come non pu� essere pi� ridiscussa la questione (anche essa forman( 1-2) In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre di riforma. Nel caso di specie, al soggetto soccombente nel conflitto, secondo il criterio privatistico ex art. 1380 e.e., era gi� stata dall'Ente di riforma revocata l'assegnazione, epper� la decisione appare, praticamente, esatta. Non sembra, per�, da condividerne la sia pur succinta motivazione, laddove essa riconosce esatta autosufficienza ad ognuno dei due argomenti addotti dalla Corte di merito, per giustificare il rigetto della domanda attrice: a) priorit� del conseguimento del godimento del fondo da parte del convenuto; b) avvenuta, esplicita revoca dell'assegnazione all'attore, da parte dell'Ente di riforma, autorizzando, cos�, la formulazione del principio sopra massimato sub (1). Come � stato efficasemente dimostrato (ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per 101 PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE te oggetto di accertamento di� fatto), se il Lamanna fosse mezzadro del precedente proprietario, e quindi, avendo in corso un contratto miglioratario sul fondo, poteva vantare la preferenza..,. nell'assegnazione, ai sensi dell'art. 21 legge 21 ottobre 1950, � n. 841. Del resto, anche a non voler tener conto di tali considerazioni, il rigetto delle domande del. Cannone rimaneva pienamente giustificato, per la circostanza che, con deliberazione 10-101957, l'Ente di riforma, in applicazione dell'art. 18 legge 12-51950, n. 30, revoc� l':;i.ssegnazione del fondo al Cannone medesi l'attuazione della riforma fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 5 e segg.), sarebbe semplicistico ed erroneo ridurre l'assegnazione ad un puro schema privastico, se � incontestabile che essa � un rapporto �mediante il quale enti e assegnatari realizzano, in comunit� di intenti, i due fini previsti nell'art. 44 della Costituzione della Repubblica: razionale sfruttamento del suolo; stabilimento di equi rapporti sociali � (ANDRIOLI, op. cit., 10; cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, Il Consiglio di Stato, 1957, I, 1279). Per quanto ha tratto alla facolt� di godimento �del fondo, basta por mente all'obbligo previsto dall'art. 23 I. 12 maggio 1950, n. 230 (partecipazione ventennale dell'assegnatario alle Cooperative o ai Consorzi promossi o costituiti dall'Ente di riforma a fini di assistenza tecnica ed economico-finanziaria) ed alla sanzione di decadenza dall'assegnazione, dalla stessa norma sancita a carico degli inadempienti, per comprendere che � nel periodo ventennale il rapporto corrente tra ente e assegnatario non differisce dalla concessione d'uso di beni pubblici � (ANDRIOLI, op. cit., 11), col che � dimostrata anche la inadeguatezza di una configurazione meramente privatistica della clausola contrattuale prevista dall'art. 18 della legge n. 230 del 1950 (periodo di prova di tre anni sotto condizione risolutiva espressa). Essa � non integra gli estremi della clausola risolutiva espressa, di cui all'art. 1456 e.e. e nemmeno si configura come condizione sospensiva della efficacia del contratto, ma attribuisce all'Ente il potere di operare gli effetti abrogativi dell'assegnazione ipso jure, senza bisogno di una dichiarazione giudiziale e, comunque, produce l'effetto di sottrarre il potere discrezionale dell'Ente al sindacato del giudice ordinario (Trib. Roma 5 novembre 1954, Riv. dir. agr., 1955, II, 13). Tale potere discrezionale, in tanto, appunto, sus� siste, in quanto vi siano fini pubblici da conseguire � (Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, cit., Il Consiglio di Stato, cit., 1957, I, 1281, ove si avverte che l'assegnazione consta di due atti, � l'uno pubblicistico e l'altro privatistico �, sia pure contemporanei e contestuali). Ci� premesso, appare evidente che, in caso di difetto di revoca esplicita della prima assegnazione, il problema deve essere posto non gi� col ricorso al criterio privatistico ex art. 1380 cod. civ., ma alla stregua dei principi valevoli in tema di incompatibilit� di atti amministrativi. A questo proposito pu� ricordarsi che, mentre nella dottrina amministrativa si ammette, per il caso di incompatibilit� fra concessioni onerose, l'applicabilit� del principio della priorit� (cfr. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative, Parte III, Torino 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mo, s� che, per effetto di tale deliberazione, erano venuti a cessare anche quei diritti personali di godimento, in base ai quali l'attore aveva proposto le sue domande. Si tratta, come � chiaro, ~ :-:-:-:-: .�:� di un atto amministrativo, fondato su ragioni di merito (l'Ente ha considerato che il Cannone ha coltivato in modo assolutamente irrazionale la quota a lui affidata), che perci� il giudice ordinario non ha facolt� di sindacare. Non essendo stato tale atto impug.ato, la sua efficacia non pu� essere disconosciuta nell'attualdgiudizio; onde non hanno fondamento le censure formulate, contro tale punto della sentenza impugnata, �col quarto motivo del ricorso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 novembre 1963, n. 3069 - Pres. Laporta -Est. Salerni -P.M. Cutrupia (conf.) Amm. Interni c. Petacci-Persichetti. Prescrizione estintiva -Atti interruttivi. (c. c., art. 2943). Cassazione -Ricorso per cassazione -Erronea indicazione norme violate -Irrilevanza -Ammissibilit�. (c.p.c., art. 366, n. 4). Procedimento civile -Consulente tecnico Valutazione consulenza Poteri del giudice di merito. (c.p.c., artt. 61, 62, 132, 191, 194-197; Disp. att. c.p.c., art. 118). Procedimento civile -Sentenza non definitiva -� Jus superveriiens � - Applicabilit� da parte del giudice di appello. (c.p.c., art. 345). Responsabilit� civile -Lucro cessante -Decorrenza interessi. ."j e.e., art. 2056). Appello -Riserva facoltativa di appello contro sentenza non definitiva -Appello� congiunto a quello contro la sentenza clefinitiva. (c.p.c., art. 340). 1897, 225; RESTA, La revoca degli atti amministrativi, Milano, 1935, 160) e d� in deroga all'opposto principio della posterit�, valevole per il conflitto fra atti amministrativi, tale deroga non appare pi� giustificata, allorch� sia previsto dalla legge un potere discrezionale dell'Ente conce" dente di operare ipso jure la cessazione del rapporto e tale potere sia legittimamente esercitato con la revoca implicita del primo provvedimento, di modo che il successivo atto amministrativo, incompatibile col primo, si sottragga al sindacato occasionale del G.O. ai fini della eventuale disapplicazione ex art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (sulla particolare ipotesi di tale disapplicazione v. CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit� degli� atti amministrativi, Milano 1950, 166). FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 Responsabilit� civile -R,esponsabilit� della P.A. -Responsabilit� diretta in caso di colpa o dolo del funzionario -Rapporto di occasionalit� necessaria tra atto illecito e attribuzione del funzionario. (Cost., art.. 28; c.c.1 art. 2043; d. lg. 1� gennaio 1956, n. 17, art. 12, comma secondo). Requisizione -Provvedimenti emanati sotto. il governo della repubblica sociale italiana da organi statuali preesistenti -Efficacia. (d. lg. I. 5 ottobre 1944, n. 249, artt. 1 e 2; d. lg. 1. 4 gennaio 1946, n. 3, art. 1, comma secondo). La idoneit� d� un atto ad interrompere la prescrizione va stabilita con un'indagine di fatto, da compiersi caso per caso dal giudice di merito, per accertare la effettiva volont� della parte di far valere tempestivamente il proprio diritto. Ad interrompere la prescrizione estintiva � sufficiente qualsiasi atto che manifesti, comunque, contro la presunzione implicita nel decorso del tempo, la chiara volont� del creditore di sollecitare il soddisfacimento del suo diritto (1). L'erronea indicazione nei motivi di ricorso per cassazione delle norme, che si assumono violate, non costituisce causa di inammissibilit� del ricorso, quando possa identificarsi, attraverso il contesto delle ragioni addotte dal ricorrente, il motivo della censura (2). Il giudice di merito, che riconosca esatte e condivida le con (1) cfr. Cass. 8 marzo 1963, n. 559, Giur. it., Mass. 1963, 182, ove si precisa non essere necessario che l'atto abbia carattere intimatorio (diffida a pagare), ma sufficiente che esso manifesti �contro la presunzione di rinuncia, implicita nel decorso del tempo, la chiara volont� del creditore, diretta a sollecitare il soddisfacimento del suo diritto�; v. anche Cass. 21 febbraio 1961, n. 392, Foro it., Rep. 1961, voce Prescrizione in materia civile, n. 35, c. 1916, ove si afferma che l'atto pu� essere idoneo all'interruzione, anche se non reca indicazioni � sulla misura e modalit� del credito �; Cass. 9 agosto 1961, n. 1930, Ibidem, voce cit., n. 30, c. 1915, ove si avverte, invece, che �la semplice, generica riserva di far valere in separato giudizio un determinato diritto, contenuta in uno scritto difensivo, non equivale a manifestazione ferma ed univoca di volont�, diretta a quello scopo: perci� non vale a costituire in mora il debitore e non spiega alcuna efficacia di atto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, 4 comma, e.e. �, (2) Conf. Cass. 19 giugno 1962, n. 1567, Foro it., Mass. 1962, 473 e Rep. 1962, voce Cassazione in materia civile, n. 213; 20 aprile� 1959, n. 1174, Giust. civ., Rep. 1959, voce Cassazione civile, n. 103; 29 luglio 1958, n. 2753, id., Rep. 1958, voce cit., n. 112; 20 novembre 1957, n. 4448, id., Rep. 1957, voce cit. n. 176. 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO elusioni del consulente tecnico d'ufficio, non � tenuto ad espri mere particolari ragioni di tale suo convincimento (3). Il giudice di primo grado, davanti al quale sia proseguito il processo, per la decisione di altri capi di domanda, non pu� riesaminare le questioni gi� decise con sentenza non definitiva, neppure al fine di applicare al rapporto controverso nuove norme sopravvenute in corso di causa. Tale potere-dovere spetta al giudice d'appello, qualora la sentenza non definitiva venga impugnata, essendo ammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c. dedurre in appello la nuova regolamentazione giuridica del rapporto (4 ). Sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni per fatto illecito decorrono di pieno diritto gli interessi compensativi dal giorno dell'illecito. In particolare, per quanto riguarda il danno derivato dalla mancata utilizzazione d'un bene (lucro cessante), la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata per risarcimento va stabilita con riferimento alle singole fra 1 I ~ (3) Conf. Cass. 13 aprile 1963, n. 939, Giur. it., Mass. 1963, 312; 6 otto~:: bre 1962, n. 2856, Foro it., Mass. 1962, 806 e Rep. 1962, voce Consulente tecnico, n. 52. Se si discosta dalle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, il giudice � � tenuto... a spiegare con esauriente e I corretta motivazione le ragioni del suo dissenso >>, cos� Cass. 9 novembre 1962, n. 3101, Foro it., Mass. 1962, 872. Ma nelle cause d'ap~ pello, in cui si renda necessaria la rinnovazione della consulenza tecnica, se il giudice ritenga di uniformarsi al parere del consulente di secondo , I grado, difforme da quello del consulente di primo grado, egli � non � tenuto a compiere una previa confutazione degli argomenti e delle conclusioni di quest'ultimo, del resto implicita nell'accettazione �dei risultati della nuova consulenza�; Cass. 6 agosto 1962, n. 2390, Foro it., Mass. 1962, 687. In ordine all'obbligo della motivazione della decisione, I che, ritenendo convincenti le conclusioni del consulente d'ufficio, disattenda le diverse risultanze della consulenza di parte, v. Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 1963, n. 394, Giur. it., Mass. 1963, 129, ove si stabilisce che tale obbligo sussiste � soltanto nell'ipotesi che i rilievi di quest'ultima consulenza fossero tali da condurre, se fondati, ad una diversa soluzione I della causa �. (4) cfr. Cass. 30 marzo 1963, n. 803, Giur. it., Mass. 1963, 264: �Ai sensi dell'art. 345 c.p.c. � consentito proporre in appello nuove ecceI zioni e dedurre l'jus superveniens, inteso questo, non solo come una . nuova regolamentazione giuridica del rapporto dedotto in causa, bens� I �nche come fatto nuovo intervenuto nel corso del giudizio, a condizione che quest'ultimo caso, quando si verifichi nel corso del giudizio di f: appello, non importi violazione del divieto di mutamento della domant: da �; Cass. 15 ottobre 1957, n. 3847, Foro Pad. 1958, I, 558 e Riv. I . l dir. proc., 1959, 157: � lo jus superveniens � di immediata applicazione � da parte del giudice, ma detta applicazione deve essere coordinata con i principi relativi alla competenza funzionale tra i diversi gradi di giurisdizione�. Questa decisione � stata criticata, per ragione di spe fJ cie, dal Cmcco, Appunti sullo � jus superveniens �, Foro it., -~9~9, I, . . . . Jl 105 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE zioni del reddito, che si sar.ebbe periodicamente maturato, dal giorno della perdita del bene e fino a quello della liquidazione (5). 1 La norma dell'art. 340 c.p.c., precisando che, quando sia fatta riserva di appello contro sentenza non definitiva, l'appello deve essere proposto insieme a quello contro la sentenza che definisce il giudizio, attua il principio della concentrazione dei gravami. In virt� di tale principio, qualora appellante sia la medesima parte che ha fatto la riserva, l'appello contro la sentenza definitiva e quello contro la non definitiva vanno proposti con il medesimo atto. Qualora, invece, l'appello sia proposto da parte diversa da quella che ha fatto la riserva, occorre distinguere il caso che detta parte abbia impugnato soltanto la sentenza definitiva, da quello in cui essa abb.ia impugnato anche la sentenza non defin�- c. 90 e, pi� generalmente, dal PROVINCIALI, Applicazione del � jus superveniens � dopo sentenza non definitiva, Foro padano, 1958, I, c. 557 e segg., il quale obietta che il principio della preclusione patisce delle eccezioni, fra cui � evidente ed intuitiva� � quella del jus superveniens: � quando sia variata la premessa, perch� � mutata la legge, non vi � nuova e diversa pronunzia sugli stessi presupposti (il che � vietato), bens� una nuova decisione ed un nuovo sillogismo, giustificati e resi doverosi dalla diversit� delle premesse� (c. 558). Contra ed in senso favorevole all'insegnamento della Cassazione, VELLANI, Sentenza non definitiva e legge sopravvenuta, Riv. dir. proc., 1959, 157 e segg., il quale,' a sua volta, osserva che, per quanto concerne la legge nuova, emanata mentre � in corso un giudizio, � di essa il giudice di quella causa deve tener conto non in ogni caso, bens� soltanto quando risulti applicabile ai fatti su cui si contende, anteriori al giudizio; ed � applicabile ai fatti compiuti soltanto quando sia una legge retroattiva, come per es. una legge interpretativa. E quindi di jus superveniens non si dovrebbe parlare a proposito di ogni legge nuova, bens�, appunto, soltanto con riferimento a quella che retroagisce nel senso sopra precisato� (op. cit., 167168) e che � quando il legislatore... statuisce... l'applicabilit� della nuova legge anche� ai fatti su cui si contende, siano o no gi� stati decisi con sentenza, purch� non ancora passata in giudicato..., le nuove norme vanno, si, applicate, anche d'ufficio, pur dopo che � stata emanata una sentenza non definitiva, ma dal giudice che solo pu�, ormai, modificare tale sentenza, cio� dal giudice dell'impugnazione (se, s'intende, venga adito)� (op. cit., 168). Ma gi� il CHICCO (op. cit., 90), aveva sottolineato che � la lex superveniens agisce nel processo solo quando essa o � retroattiva in senso proprio, oppure colpisce gli effetti in corso di un rapporto giuridico, che non viene, tuttavia, intaccato direttamente �. (5) La sentenza in rassegna fa riferimento a Cass. 13 ottobre 1960, n. 2723, Foro it., Rep. 1960, voce Responsabilit� civile, n. 421, c. 2281, ove si parla di � compenso per il ritardo nel risarcimento �; sulla decorrenza degli interessi, con riferimento alle singole frazioni di reddito che si sarebbero maturate periodicamente, v. Cass. 13 settembre 1963, n. 2503, in Giur. it., Mass. 1963, 848. Si parla di interessi compensativi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni da fatto illecito, con de 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA !JELLO STATO tiva, sulla quale � caduta la riserva. Nel primo caso il riservante dovr� proporre appello nei confronti della sentenza non definitiva con atto autonomo,� nel secondo caso dovr� proporlo in via incidentale (6). Non pu� escludersi la responsabilit� della P.A. per i danni arrecati dai suoi dipendenti con abuso di poteri, poich� tale attivit� (fuori dell'ipotesi in cui il dipendente agisca come semplice privato, per finalit� meramente egoistiche, nel qual caso l'attivit� si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni) � pur sempre ricollegabile al pubblico servizio, che il dipendente � chiamato a prestare e deve ritenersi che la P.A. risponda, sempre in via diretta, in caso di colpa o di dolo del funzionario, qualora sussista un rapporto di occasionalit� ,necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al fun~ zionario, sicch� queste abbiano reso possibile l'attivit� dannosa (7). correnza di pieno diritto dal giorno del commesso illecito, da Cass. 17 dicembre 1962, n. 3383, Giur. it., Mass. 1962, 1129, mentre Cass. 17 novembre 1962, n. 3133, Ibidem, 1048, precisa che �nelle obbligazioni ex delicto la mora del debitore risale al verificarsi dell'evento dannoso, con la conseguenza che da questo debbono farsi decorrere gli interessi dovuti per il ritardo del risarcimento�. In Cass. 30 maggio 1942, n. 1508, Foro it., Mass. 1942, 361, si parla di interessi compensativi, come sottospecie di interessi moratori, con riguardo al capoverso dell'articolo 1224 e.e..(cos�, in dottrina, v. MESSINEO, Manuale di dir. civ. e comm., val. II, p. 2, Milano 1952, 341). La nozione di interes'si compensativi, quale adottata dal codice civile vigente (art. 1499), prescinde ,invece, dalla colpa e dalla mora. Essi si distinguerebbero dagli stessi interessi corrispettivi e sarebbero dovuti anche prima della scadenza dell'obbligazione (MESSINEO, op. cit., vol. cit., 341). (6) In argomento cfr. Cass. 19 luglio 1961, n. 1762, Foro it., Rep. 1961, voce Appello civ., n. 14. La proposizione della riserva salvaguarda il diritto di appello inci. dentale differito contro sentenza non definitiva, se da altra parte venga appellata in via principale la sentenza definitiva, anche se il riservante, appellante incidentale, sia carente di interesse ad impugnare quest'ultima: Cass. 30 ottobre 1956, n. 4061, Foro it. 1957, I, 804-805. (7) conf. Cass. 20 aprile 1962, n. 792, in Giur. it., Mass. 1962, 285 : � Alla " Pubblica Amministrazione va riferito ogni atto del dipendente, se comX piuto nella veste di organo dell'Amministrazione medesima, nell'esplicazione delle funzioni a lui demandate, quale conseguenza del rapporto organico che lega il funzionario all'ente. Pertanto, una frattura del rapporto organico con esclusione di responsabilit� della Pubblica Amministrazione ha luogo soltanto quando il funzionario agisca come semplice privato, per finalit� egoistiche, nel qual caso l'attivit� di lui si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni. Al di li. ~ : I~ . �: qua di tale limite (attivit� personale), ogni altro atto, anche se illegittimo e compiuto con abuso di poteri, deve farsi risalire alla Pubblica PARTE I, SEZ, .III, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 Alla sanzione d'inefficacia comminata per i provvedimenti di requisizione adottati sotto il governo della repubblica sociale si sottraggono gli atti di requisizione disposti da organi Amministrazione, dato che � ricollegabile al pubblico servizio, che il dipendente � chiamato a svolgere �. Ma, se il criterio di tale collegamento, come esplicitamente afferma la sentenza in rassegna, � costituito dal rapporto di occasionalit� necessaria tra l'atto illecito e le incombenze del funzionario, deve dirsi che esso � assolutamente inadeguato e contraddittorio con la premessa della responsabilit� diretta della P.A., a cui la Corte di Cassazione � tuttora ancorata (cfr. Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 3, Giur. it., Mass. 1964, 2). Questa sorta di responsabilit� non pu� essere in alcun modo conciliata col dolo, anche se generico, dell'agente, poich� esso spezza sempre il rapporto organico. Bene � stato osservato, in proposito, che � l'attivit� maliziosa � con~ettualmente estranea alle attribuzioni dell'organo, cos� come il fine illecito � per definizione estraneo ai fini della Pubblica Amministrazione� (GUGLIELMI, L'art. 28 della Costituzione e la responsabilit� dello Stato e degli enti pubblici, in questa Rassegna, 1949, 171). Il problema si pu� porre, allora, soltanto nei termini avvertiti dal TORRENTE (La responsabilit� indiretta della Pubblica amministrazione, in Riv. dir. civ., 1958, I, 285), ossia che la rottura del rapporto organico non valga ad escludere la possibilit� di una responsabilit� indiretta della PA. Ma il merito della giurisprudenza della Corte di Cassazione consiste precisamente nella esclusione de jure condito di tale altro tipo di responsabilit� per la Pubblica Amministrazione (cfr. anche Cass., Sez. Unite, 29 maggio 1963, n. 1422, in Giur. it., Mass. 1963, 490 e, meno di recente, Cass. 13 novembre 1957, n. 4377, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vo}. II, Roma 1961, 147; 19 giugno 1958, n. 2109, Foro it., 1959, I, 1732; 23 settembre 1958, numero 3029, Foro it., 1959, I, 406; 31 marzo 1960, n. 708, Relaz. Avvocatura dello Stato cit., vol. cit., 147. Pur al cospetto della norma di cui al secondo comma dell'art. 12 D. Lg. 1 gennaio 1956 n. 17, il TORRENTE ritiene di potere affermare che � in base alle norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento giuridico � sussista accanto alla responsabilit� diretta della P.A. anche un tipo di responsabilit� indiretta �a titolo di garanzia� del danneggiato, per la quale funzionerebbe, appunto, il limite costituito dal legame di occasionalit� necessaria dell'atto con le incombenze del dipendente. Tale responsabilit� sussidiaria sarebbe sancita dall'art. 28 Cost., mentre la responsabilit� diretta sarebbe sancita dall'art. 113 Cost.: �una volta identificata nell'art. 113 della Costituzione la norma che sancisce � la responsabilit� della pubblica amministrazione, l'estensione della responsabilit� del dipendente alla pubblica amministrazione, affermata nell'art. 28 della stessa Costituzione, non� ha significato. se non riferendola all'ipotesi di dolo del dipendente. Esclusa questa ipotesi ,ove si interpretasse l'estensione della responsabilit� alla sola fattispecie della colpa, il precetto che sancisce siffatta estensione non costituirebbe che una duplicazione della regola contenuta nell'art. 113 �. Questo ragionamento non convince e, comunque, si fonda su una premessa indimostrata. L'art. 113 Cost. non ha inteso regolare affatto la responsabilit� della P.A., ma soltanto abrogare le norme che escludevano o limitavano la sindacabilit� degli atti amministrativi in s.g., riconoscendo tutela giurisdizionale contro gli atti della P.A. (Cass., Sez. Unite, 31 gennaio 1948, 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Pubblica Amministrazione preesistenti alla repubblica sociale italiana, che abbiano continuato in quel periodo a funzionare secondo le leggi dello Stato (8). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3159 - Pres. Vistoso -Est. di Majo -P. M. Gentile (conf.) -Imperia! Chemical Industries Ltd. c. Ministero dell'Industria e Commercio. Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit� costituzionale Decisioni di rigetto -Effetti. (Cost., art. 134; 1. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23, 29). Invenzioni industriali -Brevetti -Medicamenti -Divieti di brevettabilit� -Anestetici -Rientrano fra i medicamenti. (r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, art:. 14). Le decisioni della Corte Costituzionale, che dichiarano infondata la questione di costituzionalit� di una norma di legge o di atto avente forza di legge, sollevata nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorit� giudiziaria, non implicano un accertamento assoluto della legittimit� della norma, ma soltanto relativo alla questione sollevata ed in tali limiti spiegano n. 157, Giur. compl. Cass. Civ., XXVII, 1948, I, 210; Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre 1948, n. 610, Foro Amm., 1949, I, 2, 135; 12 novembre 1948, n. 732, Id., 1949, I, 2, 151; 8 ottobre 1949, n. 612, Id., 1949, I, 2, 142 e 151; Sez. V, 30 dicembre. 1949, n. 442, Id., 1950, I, 1, 152; 30 dicembre 1949, n. 452, Rass. dir. pubbl., 1950, 841; Cass. 27 giugno 1955, n. 1993, Il Consiglio di Stato, 1955, II, 137). Quella norma concerne, cio�, � il tema specifico dei poteri e dell'attivit� dell'Autorit� giudiziaria, mentre della responsabilit� dello Stato e degli enti pubblici, come dei funzionari dagli stessi dipendenti, si occupa specificamente l'articolo 28 � (Dr CIOMMO, La responsabilit� civile del dipendente statale e dell'Amministrazione dello Stato, in questa Rassegna, 1957, 35, ove si citano anche gli Atti Parlamentari, I, Sottocommissione, seduta 1 ottobre 1946, p. 162; v. anche, sui lavori preparatori, GUGLIELMI, op. cit., 174-175). La problematica della responsabilit� degli enti pubblici � stata trattata, di recente, da ALESSI, La responsabilit� degli enti pubblici, Milano, 1964, studio che sar� recensito nel prossimo numero di questa Rassegna. (8) Conf. Cass. 25 ottobre 1960, n. 2897; cfr. Cass. 12 luglio 1951, n. 1922, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1951-1955, vol. II, Roma 1957, 873: �fatta eccezione per le requisizioni di alloggi disposte a favore di pri� vati sinistrati o sfollati, sono prive di efficacia giuridica, a norma del primo comma dell'art. 1 del d.1.l. 4 gennaio 1946, n. 3, tutti gli altri provvedimenti di requisizione in propriet� o in uso, adottati da organi istituiti sotto la r.s.i. e non preesistenti ad essa �. F. C. PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE lO!J influenza sulla valutazione della medesima questione in altri giudizi (1). A norma della legislazione vigente, non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione di medicamenti. Medicamento � quel farmaco che riesce di giovamento diretto o indiretto all'uomo, epper� anche l'anestetico non pu� non essere considerato medicamento (2). (1) La questione di incostituzionalit� dell'art. 14, comma primo, r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 (secondo il quale non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione dei medicamenti), per essere questa norma in contrasto con la delega legislativa conferita al Governo con il r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317, convertito nella I. 2 giugno 1939, n. 739, era stata gi� sollevata in numerose controversie fra altre parti e rimessa dalla stessa Corte di Cassazione alla Corte Costituzionale, che la dichiar� non fondata, con sentenza 26 gennaio 1957 N. 37 (Giur. Cast., 1957, 454 e segg., con nota del MORTATI). Essendo stata la medesima questione riproposta anche dalla ricorrente Societ� Imperlai Chemical Industries, la Corte di Cassazione, nella sentenza in rassegna, l'ha ritenuta infondata, formulando il principio, sopra massimato, che la questione debba essere risolta nello stesso modo, se non siano prospettati nuovi profili o addotti argomenti nuovi (cfr. gi� Cass., Sez. Un., 20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1335). Non si tratta di estensione erga omnes dell'efficacia delle decisioni di rigetto, poich� tale estensione vale soltanto per le pronunce di accoglimento (art. 136 Cost.; art. 30 1. 11 marzo 1953 N. 87), e ci� conferma che il giudizio incidentale di costituzionalit� non si trasforma in un giudizio sulla validit� della legge in s�; ma si tratta di un precedente giurisprudenziale, che induce la stessa Corte Costituzionale a dichiarare man�festamente infondata la questione, che abbia ad oggetto la medesima norma, se non vi siano ragioni per adottare una diversa pronunzia (cfr. Corte Cost., Ordinanze 30 ottobre 1956, n. 30 e 31, Giur. Cast., 1957, 86 e 87). Sull'efficacia vincolante delle decisioni di rigetto nel processo a quo ed in tutti quelli futuri, che possano insorgere, fra le stesse parti, in ordine alla medesima controversia di merito, per il principio relativo al ne bis in idem, cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, Encicl. del Diritto, Voi. X, Milano 1962, 978 e segg.; CHIEPPA, Ancora sulla riproponibilit� di questione di legittimit� costituzionale, ecc., in Giur. Cast., 1961, 1063; v. anche Cass. Sez. Un., 22 gennaio 1958, N. 147, Giust. Civ., 1958, I, 1093 e segg.; Cass., Sez. Un., 18 aprile 1962, N. 770, Giust. Civ., 1962, III, 253, ove si insegna che la decisione della Corte Costituzionale che dichiari l'infondatezza della questione �si deve ritenere emessa dal giudice a quo del processo e deve avere la stessa portata di una sua decisione incidentale sulla questione�. (2) Sulla brevettabilit� dei procedimenti per la produzione dei medicinali ed in senso negativo, de jure condito, v. gi� Cass., Sez. Un., 20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1334 e segg. Conformi alla sentenza in rassegna sono anche le sentenze della Corte di Cassazione, di pari data e della stessa Sezione, recanti i numeri 3158 e 3160, emesse su ricorso della societ� Deutsche Gold -u. Silber Scheideanstalt vormals Roessler, nonch� quella in data 29 novembre 1963, della stessa 1� Sezio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 110 (Omissis) . .,..-Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione .dell'art. 14 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 e degli artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., assume che la Commissione non ha considerato che il legislatore, introducendo una deroga al principio generale che . riconosce ad ogni inventore un temporaneo monopolio dello oggetto della sua invenzione, ha inteso limitare il divieto di brevettabilit� ai medicamenti veri e propri e ai processi per la loro produzione, e cio� a tutti i rimedi capaci di ridare la salute ai sofferenti, di curarne le malattie e di prevenirle; sicch� sono brevettabili g�i anestetici ed i processi per la loro produzione, le quali sostanze non possono farsi rientrare tra i medicinali, perch� non hanno alcun potere curativo. La censura � infondata. La ricorrente riconosce nelle sue difese che � esatto il principio affermato dalla Commissione dei brevetti che � la nozione di medicamento � inscindibilmente legata ad un effetto terapeutico�, ma sostiene sostanzialmente che tale effetto non possa attribuirsi all'anestetico, che a suo avviso sarebbe solo un mezzo, alla stessa stregua dello strumento chirurgico, insieme al quale viene di norma usato, rivolto ad abolire la sensibilit� del paziente, sottoposto ad intervento chirurgico, senza apportare alcun beneficio al male del paziente stesso. Ora, su questo punto, esattamente la Commissione ha rilevato che, se il medicamento � quel farmaco che riesce di giovamento diretto o indiretto all'uomo, anche l'anestetico non pu� non essere considerato medicamento. Perch�, e il rilievo � di facile intuizione, la speciale propriet� dell'anestetico, di abolire la sensibilit�, specialmente quelfo dolorifica, viene utilizzata a scopo terapeutico, sia come mezzo diretto, nel caso in cui ne venga fatto uso per eliminare o attenuare un dolore conseguente a uno stato morboso, sia come mezzo indiretto, quando ven ne Civile, recante il n. 3064 ed emessa su ricorso della Societ� Imperia! Chemical Industries Ltd. In dottrina v., in senso parimenti negativo, ROTONDI, Sulla brevettabilit� dei procedimenti per la produzione di medicinali, in Riv. dir. comm. 1952, I, 275 e segg.; REDENTI, In tema di brevettabilit� dei processi di produzione di medicamenti, Id., 1955, II, 199 e segg., con ampie citazioni; JEMOLO, Interpretazione o distorsione di norme, Riv. dir. industriale, 1955, II, 120; CALAMANDREI, Sulla brevettabilit� o meno dei processi di produzione dei medicamenti, in Foro padano, 1956, I, c. 52 e segg.; contra: EuLA, Brevettabilit� dei processi, ecc., Riv. dir. comm., 1946, I, �27; A.NDRIOLI, L'incostituzionalit� dell'art. 14 della legge 20 giugno 1939, n. 1127, in Scritti giuridici raccolti per il centenario della casa editrice Jovene, Napoli 1954, 623 e segg. F. C. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE ~a usato, nella terapia chirurgica, per eliminare il dolore cagionato dall'intervento. Con il s.econdo mezzo la ricorrente -denunciando violazione degli artt. 2 n. 3 e 6 n. 4 I. 30 ottobre 1859, n. 3731, in relazione all'art. 3 r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317 e all'art. 360, n. 3, c.p.c., e violazione dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 in contrasto con l'art. 14 stesso r. d., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. -assume che: a) -contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 14 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 � fondata e va, quindi, rimessa alla Corte Costituzionale. L'art. 16 r.d. 13 settembre 1934, n. 1602, che riconosceva la brevettabilit� dei processi per la produzione dei medicamenti, aveva valore di interpretazione autentica dell'art. 2, n. 3, legge 30 ottobre 1859, n. 3731, che ammetteva in generale la brevettabilit� dei processi o metodi di produzione industriale, senza esclusione dei processi di produzione dei medicamenti; e poich� il legislatore delegante aveva demandato al Governo di riunire nei tre testi -in cui andava diviso il testo del 1934 -le rispettive disposizioni della legge del 1934, da mettere in attuazione per prime, �nonch� le disposizioni delle leggi e dei decreti vigenti, che restano in vigore � in luogo e vece delle disposizioni da attuarsi in tempi successivi (art. 3 r.d. I. 24 febbraio 1939, n. 317), il legislatore delegato, negando la brevettabilit� dei processi per la produzione dei medicamenti, ha ecceduto dalla delega conferitagli, perch� ha modificato in senso diametralmente opposto la norma dell'art. 16 r.d. n. 1602 del 1934, che era stata semplicemente differita, e cos� ha modificato indebitamente ed arbitrariamente anche lo stato di diritto e di fatto preesistente secondo la legge del 1859; b) contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, la norma dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 � in insanabile contrasto con la norma del successivo art. 14; l'art. 2, disponendo che il brevetto concernente un nuovo metodo o processo industriale si estende anche al prodotto ottenuto, purch� questo sia brevettabile, si riferisce soltanto ai processi per la produzione dei medicamenti, ammettendone la brevettabilit�, perch� il prodotto non brevettabile � solo il medicamento, e quindi � in contrasto con l'art. 14, che invece nega la brevettabilit� dei processi per la produzione dei medicamenti. Poich� tale contrasto comporta una questione di interpretazione, risolubile con la interpretatio abrogans, come esattamente rilevato - 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dalla Commissione, va accordata prevalenza alla norma dello art. 2, che pi� risponde alle esigenze e finalit� dell'argomento. Anche queste censure non colgono nel segno. La ricorrente ripropone la questione circa la incostituzionalit� dell'art. 14 del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, che nel suo contenuto esorbiterebbe dalla delega legislativa, di cui al r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317. La questione, come � ben noto, � stata gi� decisa dalla Corte Costituzionale; che, con sentenza n. 37 del 26 gennaio 1957, si � pronunciata per la manifesta infondatezza della questione stessa e, quindi, per la costituzionalit� del divieto della brevettabilit� dei procedimenti per la produzione dei medicamenti, sancito nella indicata norma. Ora, � esatto che le pronunce della Corte Costituzionale, le quali dichiarino infondata una questione di illegittimit� costituzionale, non hanno l'efficacia vincolante di quelle che dichiarino l'illegittimit� costituzionale di una norma, in quanto dette pronunce non implicano un accertamento assoluto ed immutabile della legittimit� della norma, ma spiegano influenza solo sulla valutazione della questione, nel senso che questa deve essere risolta nello cStesso modo, se non. esistono ragioni per adottare una soluzione diversa; e che, quindi, se si prospettino nuovi profili o si adducano argomenti nuovi, eventualmente desunti da ulteriori svolgimenti dei principi informatori dello ordinamento giuridico, la questione pu� essere riconosciuta fondata (sent. 1522 e 1702 del 1959; 770 e 1918 del 1962). Ma la ricorrente non adduce argomenti diversi� da quelli gi� vagliati e che hanno determinato l'indirizzo -che qui si riconferma -secondo cui, a norma della legislazione vigente, non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione di medicamenti (sent. 763, 1522 e 1702 del 1959; 2073 del 1960). E' sufficiente qui ricordare che l'art. 2 del R. D. 29 giugno 1939 n. 1127, nello estendere il brevetto di un metodo o processo al prodotto ottenuto, alla condizione che questo possa formare oggetto di brevetto, si coordina perfettamente con il divieto della brevettabilit� dei medicinali. Non � vero che, esclusa la applicabilit� ai medicamenti, la norma non potrebbe avere applicazione, poich� pu� ipotizzarsi il caso di un procedimento nuovo, riferentesi ad un prodotto, che abbia gi� formato oggetto di privativa; quello di un procedimento, che dia luogo ad un prodotto avente i caratteri di modello industriale; quello di un procedimento, che possa por PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 tare a prodotti differenti, alcuno lecito ed altro no, perch� nocivo alla salute pubblica o contrario al buon costume. E si deve, perci�, concludere che la disposizione dell'art. 2 della I. n. 1127 del 1939 ha una portata di carattere generale, perch� si riferisce genericamente ai metodi e processi industriali e non ai particolari procedimenti per la produzione dei medicamenti, regolati nel successivo art. 14 della stessa legge, che ne sancisce la non brevettabilit�. Il ricorso deve, in conseguenza, essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3166 - Pres. Pece -Est. Pece -P.M. Colonnese (conf.) -Comune di Palermo c. Portinaio. Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione in via d'urgenza da parte della Pubblica Amministrazione -Protrazione ultrabiennale della medesima senza. il perfezionamento della procedura espropriativa -Trasformazione dell'immobile in seguito a costruzione dell'opera pubblica -Risarcimento dei danni -Liquidazione. CL 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056, 2058). Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� -Danno risarcibile per protrazione ultrabiennale senza titolo di occupazione d'urgenza Destinazione dell'area a sede di opera pubblica prevista nel piano cli Ricostruzione -Irrilevanza. Cl. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; I. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 9). Il risarci1nento del danno subito dal proprietario di un immobile occupato dalla pubblica amministrazione e trasformato in sede stabile di un'opera pubblica, senza che sia intervenuto successivamente il decreto di espropriazione, � sostitutivo del diritto alla reintegrazione in forma specifica nella disponibilit� del bene, attesa la impossibilit� della sua restituzione, epper� deve essere liquidato con riferimento al valore dell'immobile al momento della decisione (1). La determinazione dell'in�l.ennit� di espropriazione, ovvero quella del risarcimento del danno, sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile, nel caso che esso sia stato trasformato in sede stabile dell'opera pubblica senza che sia intervenuto il decreto d'espropriazione, devono aver luogo -ove non sia applicabile alla specie una eccezionale disposizione di piano regola (1) Conf. Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Giur. it., 1962, I, 1, 1380, ove si legge (Ibidem, 1382) che� poich� l'azione di restituzione ha indubbiamente natura reale, tale deve ritenersi-anche quella (nel caso, sostitutiva ed 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 tore -senzu tener conto del vincolo co�ituito dalla destinazione .. prevista nel piano di ricostruzione. La legge regolatrice dei . . 1 piani di ricostruzione richiama, infatti, l'art. 39 della legge 25 �::: giugno 1865 n. 2359, che, interpretato in coordinazione col successivo art. 42, sancisce il principio per cui l'indennit� d'espropriazione deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento e ad ogni ingiusto sacrificio da parte del soggetto espropriato (2). (Omissis). -In quanto alla seconda censura (mancata rilevanza della incidenza negativa del piano di ricostruzione in relazione al valore del terreno espropriato), va richiamato che, per fermo indirizzo di questa Corte Suprema (sent. n. 1644 del 1961, n. 1560 del 1962, n. 206 del 1963) .� vero che, ai fini del vincolo alla destinazione prevista nel piano di ricostruzione, quest'ultimo ha l'efficacia di un piano regolatore particolareggiato, ma che la determinazione della indennit� di espropriazione non ne resta influenzata. Tale insensibilit� � giustificata dal richiamo che la legge regolatrice dei piani di ricostruzione (legge n. 1402 del 1951) fa all'art. 39 della legge fondamentale del� 25 giugno 1865, n. 2359, postoch�, a sua volta, l'art. 39 predetto � pacificamente interpretato (in coordinazione con il successivo art. 42) nel senso equipollente) di attribuzione dell'indennizzo, per l'identica finalit� a cui si ispira �. Per cenni critici v. AGOSTINO, in n�ta alla medesima sentenza, Ibidem, 1381 e seg. Si vedano anche, in senso conforme alla sentenza in rassegna, Cass. 10 ottobre 1962, n. 2919, Giur. it., Mass. 1962, 984, ove si avverte che il risarcimento sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile (oltre all'indennizzo per il mancato godimento) � soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti a tal titolo al proprietario, al quale, pertanto, non compete alcun altro compenso per il successivo trasferimento del diritto di propriet��; 19 maggio 1962, n. 1153, Foro it., Mass. 1962, 356; 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099; 14 maggio 1962, n. 1002, Foro Amm. 1962, II, 313; 19 giugno 1962, n. 1560, Giur. Sic., 1962, �454. Sul rapporto fra l'azione risarcitoria del privato proprietario dell'immobile occupato dalla P.A. senza titolo ed il potere di quest'ultima di procedere ugualmente a regolare espropriazione del bene v. Cass. 18 aprile 1962, n. 753, Giur. it., Mass. 1962, 267; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. Civ. 1963, I, 147; 24 gennaio 1962, n. 118, Giust. Civ., 1962, I, 1542; Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, Foro it., 1961, I, 1699, con ampia nota di richiami; Id., 24 ottobre 1960, n. 2892, Foro it., 1961, I, 61; Id., 22 luglio 1960, n. 2087, 14 luglio 1960, n. 1918 e 30 ottobre 1959, n. 3204, Foro it., 1960, I, 1702 e 1703. (2) Conf. Cass. 10 luglio 1961, n. 1644, Giust. Civ., 1961, I, 1564 e seg., ove si mette in evidenza che il principio generale � quello del giusto prezzo e che le ipotesi eccettuative devono essere espressamente stabilite e sono di stretta interpretazione; Cass. 19 giugno 1962, n. 1560, Sett. Cass., 1962, 689 e, con la motivazione, Giur. Sic., 1962, 454, ove si sottolinea il carattere eccezionale delle norme, che sanciscono PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 115� che la liquidazione della indennit� di esproprio deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento e ad ogni ingiusto sacrificio da parte del soggetto espropriato. Di qui la conseguenza che, come l'espropriato non pu� avvantaggiarsi dell'aumento di valore dipendente dall'opera pubblica in vista della quale egli sub� l'espropriazione, cos� non pu� risentire dello svantaggio dipendente dal vincolo dettato dalla legge in previsione del compimento dell'opera pubblica. �Ora, i principi di cui sopra, vigenti in tema di regolare procedimento di espropriazione, a maggior ragione devono essere applicati, come gi� notato altra volta da questa stessa Sezione (sent. n. 206 del 1963), quando, come nella specie in esame, si verta in tema di illegittima occupazione del bene (sine titulo) da parte della pubblica amministrazione. D'altra parte, quando le leggi di approvazione di determinati piani regolatori (ad es. il r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981, riguardante il piano regolatore per la citt� di Roma) hanno voluto che la destinazione dell'area (a piazze o strade di pubblico uso) incidesse negativamente sul calcolo del valore venale del bene espropriato, ci� hanno sancito esplicitamente. Donde la conseguenza che, in mancanza di un espresso disposto di legge, la determinazione della indennit� di esproprio e, a maggior ragione e come si � gi� detto, la determinazione del danno risarcibile, nella ipotesi di occupazione sine titulo, non restano influenzate negativamente dall'eventuale declassamento del terreno per effetto del piano di ricostruzione. -(Omissis). la rilevanza del vincolo di inedificabilit� al fine della determinazione delle indennit� espropriative, contenute nelle leggi di approvazione di piani regolatori; Cass. 7 febbraio 1963, n. 206, Giur. it., Mass. 1963, 67; Id., 7 maggio 1963, n. 1124, Ibidem, 382. In argomento, si veda anche la motivazione della sentenza 3 gennaio 1963 del Tribunale di Firenze, in Giur. it., 1963, I, 2, 61 e seg. Sulla parallela regola ex art. 42 1. 25 giugno 1865, n. 2359 d'esclusione dal calcolo dell'indennit� espropriativa dell'aumento di valore che deriverebbe all'immobile espropriato per effetto dell'esecuzione dell'opera pubblica e sulla applicabilit� di tale principio (v. art. 38 I. 17 agosto 1942, n. 1150, per quanto riguarda gli incrementi di valore derivati dalla esecuzione dei piani regolatori) ai piani di sviluppo delle zone industriali, quando si tratti di espropriazioni disposte a favore della Pubblica Amministrazione, v. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 335-337. In dottrina, sui piani regolatori, v. PREDIERI, Profili costituzionali, natura ed effetti dei piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle decisioni giurisprudenziali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 224 e segg.; sui piani di ricostruzione � v. VIGNOCCHI, Piani di ricostruzione, in Studi in onore di A. D. Giannini, Milano 1962. F. C. ~I SEZIONE QUAI<TA . . GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA .�;: CONSIGLIO DI STATO, 'Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 600 -Pres. Polistina -Est. Battara -Associazione Veneziana Albergatori (A.V.A.) c. Comitato Prov. Prezzi e Ente Prov. del Turismo di Venezia. Prezzi -Disciplina dei prezzi -Organi competenti -.C.I.P. e C.P.P. Provvedin1ento di perequazione dei prezzi -Presupposti. Prezzi -Disciplina dei prezzi -Provvedimento del C.I.P. -Fine di perequazione -Indagine sui costi -Omissione -Illegittimit�. (d.l. 19 ottobre 1944, n. 347; d.l. 15 settembre 1947, n. 896). Il Comitato interministeriale dei prezzi (C.I.P.) pu� effettuare la perequazione dei prezzi, livellando~ con carattere di generalit�, � questi ultimi solo se sul territorio nazionale si verifichino condizioni di mercato relativamente uniformi in ordine alle merci, servizi e prestazioni considerati, dovendo, in caso contrario, accompagnare alla determinazione dei prezzi uniformi o perequati la istituzione di casse di conguaglio, le quali presuppongono appunto una disparit� di costi tali da esigere un intervento compensativo a favore di chi pu� offrire merci, servizi o prestazioni a costi pi� elevati (1). � E' illegittimo un provvedimento di perequazione dei prezzi nella materia delle tariffe alberghiere, O"".e esso non sia stato preceduto da un'indagine sui costi al fine di accertare se esistevano, e in quale misura, sperequazioni fra le tariffe vigenti nelle varie provincie (2). (1-2) La giurisprudenza, che gi� si � pronunciata a proposito di provvedimenti di perequazione dei prezzi in materia di tariffe alberghiere, � costante nel senso indicato dalle massime sopra riportate: cfr. Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 160, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 363, con nota. Due rilievi occorre per� svolgere: 1) non � esatto affermare che il C.I.P. abbia l'obbligo di istituire casse di conguaglio nel caso di sensibile disparit� dei costi, in quanto, come � chiaramente previsto dall'art. 1 del d.l. 15 settembre 1947, n. 896, il predetto Comitat� ha solo un potere discrezionale, il quale, in relazione all'effettivo dislivello dei costi che ne giustificano l'esercizfo, non pu� essere sindacato in sede giurisdizionale; 2) non vi � dubbio poi che per la disciplina dei prezzi provinciali il C.I.P. ha il potere di impartire direttive (ad es. coordinamento) al C.P.P., tra le quali potrebbero ben rientrare anche gli atti di indirizzo (da non confondere con gli PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 117 (Omissis). -Sono invece fondati i motivi con i quali i ricorrenti denunciano la illegittimit� del cos� detto �piano di perequazione nazionale� delle tariffe alberghiere, l'illegittimit� della circolare 12 agosto 1962, n. 11001, e delle comunicazioni del CIP al C.P.P. di Venezia. La difesa dell'Amministrazione assume che il fatto di aver per � mera compiacenza verbale � definito � piano di perequazione nazionale� le direttive di massima impartite dal C.I.P. ai CC.PP.PP. non pu� costituire motivo di illegittimit� dei provvedimenti impugnati. Senonch� dagli atti depositati in giudizio, appare del tutto evidente la natura delle � Istruzioni � impartite dal Ministro delegato in una materia che la legge riserva alla competenza specifica dei Comitati Provinciali. La circolare del 12 agosto 1961, n. 11001, richiamata ripetutamente dalla nota 9 agosto 1962, a firma del Ministro, e della nota 10 ottobre 1962, a firma del Segretario del CIP, contiene al n. 2 disposizioni che hanno natura assolutamente vincolante e che in quanto tali int�rferiscono illegittimamente nei poteri che la legge attribuisce ai CC.PP.PP. L'affermazione, infatti, che �i Comitati Provinciali provvederanno a deliberare le nuove tariffe entro ii 30 settembre p.v., nel caso di revisione, non superando i livelli che risultano contenuti nelle tabelle allegate e riportanti i massimi stabiliti dal piano della perequazione nazionale; gli eventuali aggiornamenti saranno adottati con cri-. teri di gradualit��, presuppone l'esercizio di un potere normativo sull'attivit� dei Comitati provinciali dei prezzi da parte del ordini), esaminati dalla decisione, in materia di tariffe alberghiere, ed essi sarebbero stati legittimi se emessi dall'organo competente (e cio� dal C.P.P., e non dal relativo Presidente, il quale, peraltro, pu� emanare soltanto norme esecutive delle deliberazioni del Comitato quando ne sia delegato: d.l. cit., art. 4). Sull'aspetto della motivazione dei provvedimenti del Comitato, nel senso che essi devono essere congrua~ente motivati al. fine di consentire un ampio sindacato di legittimit� -nel quale la Corte Costituzionale ha riscontrato l'elemento decisivo che rende compatibile la vigente disciplina dei prezzi con le norme della Costituzione: Corte Cost., 8 luglio 1957, n. 103, Giur, cost. 1957, 796, -cfr. Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 152, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 355, con richiami; Sez. IV, 27 febbraio 1963, n. 101, ivi, I, 174. Per la dottrina sul carattere generale dei prezzi cfr. GUICCIARDI, La natura e specialit� dei provvedimenti-prezzi del C.I.P., Giur. it. 1955, III, 85; ROMANO, Sulla c.d. � generalit�� dei provvedimenti-prezzi del C.I.P., Foro amm. 1960, I, 690; Sulla natura dei provvedimenti cfr., oltre la sentenza n. 103 della Corte cost., GASPARRI, Il sistema costituzionale delle fonti normative ed i provvedimenti dei comitati dei prezzi, Studi per A.. GIANNINI, 1961, 609. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CIP che non rientra in quelle � facolt� di impartire ai Comitati provinciali dei prezzi direttive per il coordinamento e la disci plina dei prezzi provinciali e locali� (art. 4, comma 2�, d.1.1. n. 347 del 1944) o nell'attivit� del CIP rivolta all'unificazione o perequazione dei prezzi (art. 1, d.l. CPS n. 896 del 1947). Questa Sezione ha gi� avuto occasione al riguardo di affermare che il CIP �pu� effettuare tale perequazione livellando, e.on carattere di generalit�, i prezzi, solo se sul territorio nazionale si verifichino condizioni di mercato relativamente uniformi in ordine alle merci ed ai servizi e prestazioni consideratj, dovendo, in caso� contrario, accompagnare alla determinazione dei prezzi uniformi o perequati l'istituzione di casse di conguaglio, le quali presuppongono appunto una disparit� di costi tale da esigere un intervento compensativo a favore di chi pu� offrire merci, servizi o prestazioni a costi pi� elevati� (Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 160). ,Ma per poter aaottare un provvedimento di livellamento aei prezzi nella specifica materia delle tariffe alberghiere il CIP avrebbe dovuto in primo luogo effettuare un'indagine sui costi al fine di accertare se esistevano ed in quale misura sperequazioni fra le tariffe vigenti nelle varie province, e quindi esaminare le possibilit� di una perequazione delle tariffe. Non risulta che il CIP abbia compiuto una istruttoria del genere e le istruzioni impartite dal Ministro delegato e dal Segretario del CIP con le note sopracitate mancano di una qualsiasi motivazione. Ma il cos� detto � piano di perequazione delle tariffe � � illegittimo anche sotto un altro profilo. A parte l'incompetenza del Segretario del CIP ad impartire istruzioni ai CC.PP.PP., in quanto, come pi� volte � stato affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, nessun potere al riguardo gli � conferito dalla legge, anche il Ministro delegato � carente di potere e non pu� sostituirsi al Comitato nell'impartire disposizioni vincolanti in materia di regolamentazione dei prezzi. Soltanto in caso di urgenza, che per evidenti ragioni non ricorreva nel caso in esame, al Comitato pu� sostituirsi, ai sensi dell'art. 3 del d.l. CPS numero 896-1947, la Giunta, le cui deliberazioni devono peraltro essere sottoposte a ratifica del Comitato nella riunione immediatamente successiva al giorno in cui esse sono prese. Ne consegue che non avendo mai il CIP deliberato sulla perequazione nazionale delle tariffe alberghiere i provvedimenti impugnati sono viziati in radice in quanto viene meno il pre. supposto in base al quale essi sono stati adottati. . . Infatti, dagli atti depositati in giudizio, risulta che la Com-. I:: , ' J PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 119 missione consultiva del Comitato provinciale dei prezzi di Venezia ha esaminato la richiesta d� aumento delle tariffe alberghiere e dopo un esame ed una discussione sulle varie componenti dei costi era pervenuta alla proposta, da sottoporre al CPP, di liberalizzazione delle tariffe per gli alberghi di lusso e di I categoria e di aumento del 15-20% per le altre categorie. Di tale proposta, citata nel verbale del 14 novembre 1963, il C.I.P. di Venezia non ha tenuto alcun conto, senza fornire altra motivazione plausibile; se non che con nota telegrafica del 9 novembre 1962 il Segretario del CIP aveva richiamato il Comitato stesso all'osservanza delle istruzioni impartite con lettera del 10 ottobre e della tabella allegata sui prezzi massimi e minimi di cui alla circolare n. 11001 del 12 agosto 1961. Lettera e circolare, giova ripetere, illegittime per quanto � stato detto pi� sopra. Dal verbale del 12 dicembre 1962 relativo alla riunione del Comitato provinciale risulta che il provvedimento n. 115 del 14 novembre 1962 � stato modificato a seguito della lettera n. 13533 del 27 novembre 1962, a firma del Ministero delegato, con la quale si trasmetteva una nuova tabella dei prezzi massimi e minimi. Nello stesso verbale � detto � la nuova tariffa consente alcune maggiorazioni rispetto ai valori massimi stabiliti dal Comitato Provinciale Prezzi con la deliberazione n. 115 �. Appare pertanto che anche la seconda deliberazione del CPP di Venezia � stata adottata unicamente sulla base delle disposizioni illegittime per quanto gi� si � detto, senza tener alcun conto delle risultanze delle indagini compiute dalla Commissione consultiva sulle variazioni intervenute nelle componenti dei costi alberghieri. Pertanto anche il motivo del ricorso relativo alla illegittimit� delle deliberazioni del Comitato Provinciale dei prezzi di Venezia � fondato. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 ottobre 1963, n. 620 -Pres. Polistina -Est. Potenza -Piuina Carlo ed altri c. Ministero LL.PP. e Comune di Genova. Alberghi -Regolamenti edilizi comunali -Prescrizione di altezza degli edifici -Provvedimento di deroga -Motivazione -Comparazione tra l'interesse alberghiero e l'interesse urbanistico -Necessit�. (r.d.l. 8 novembre 1938, n. 1908, art. 1). 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I.,. , Il provvedimento, che ai sensi dell'art. 1 del r.d.l. 8 novem, bre 1938, n. 1908 il Ministro dei LL.PP. emana di concerto col .� Ministro per il Turismo e lo Spettacolo (e talvolta per le opere soggette a vincolo paesistico, di concerto anche col Ministro della P.l.), deve essere sorretto, in relazione al suo contenuto derogativo alla disciplina generale urbanistzca (e talvolta paesistica), da un'attenta valutazione sia degli interessi concreti che s'intendono conseguire sia degli interessi che vengono sacrificati: in particolare deve essere preceduto da una adeguata valutazione comparativa, confrontando le utilit� che si intendono conseguire nel quadro delle particolari esigenze turistiche lo-! cali e le prescrizioni di altezza dettate nel'interesse urbanistico (anche se non imposte in correlazione all'ampiezza delle strade o delle piazze o ai distacchi fra gli edifici) che si derogano (1). (1) Non risultano precedenti. La massima, pur prescindendo dalla sua applicazione al caso deciso, appare esatta e conforme alla ratio legis cui si � ispirata la deroga disposta dalFart. 1 r.d.l. 8 novembre 1938, n. 1908. I Non vi � dubbio, infatti, che se determinate prescrizioni sono, in via generale, disposte per la tutela dell'interesse urbanistico o per la tutela dell'interesse paesistico, esse possono essere derogate per soddisfare il ' I particolare interesse alberghiero insieme con le esigenze turistiche, ove all'intenso flusso turistico non risponda una sufficiei;i.te ricettivit� locale, ~ ma a condizione che l'interesse generale e l'interesse particolare vengano r adeguatamente valutati in via comparativa in modo da giustificare il I ~ sacrificio dei primi in funzione della tutela del secondo. ij CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 ottobre 1963, n. 650 -Pres. i D'Avino -Est. Granito -Comune di Bologna c. Prefetto. I Farmacie -Bando di concorso per sede farmaceutica -Sospensione del concorso -Successivo decreto prefettizio di abrogazione del prov I vedimento di sospensione -Definitivit�. Farmacie -Competenza in materia di concorso farmaceutico -Assegnazion( l al medico provinciale. < �1'.. (t.u. 1. san.; reg. 30 settembre 1938, n. 1706; 1. 13marzo1958, n. 296). ~~ < Ha carattere definitivo il provvedimento col quale il Prefetto I. -una volta sospeso il concorso per il conferimento di sedi farmaceutiche -abbia revocato con effetti ex nunc la precedente !' sospensione, giacch� egli, nell'intento di assicurare l'immediato conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti ai sensi dell' arti i colo 105 t.u. l. san. e dell'art. 2 reg. 30 settembre 1938, n. 1706, 0 . ' 1 . ~ J �-lS-jiffiff___ lif@UUffi![.f@l.41fffITfJ[f~ ........ L@ik�,;.~.,mr..,, ,lmPll~1'1ii.,-/,,,,,._,_ 121 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ha fatto uso dello stesso potere in base al quale il concorso era stato indetto e poi temporaneamente sospeso: potere riservato alla competenza specifica ed esclusiva dell'autorit� sanitaria provinciale (1). La competenza in materia di concorsi farmaceutici � stata sottratta, in seguito alla legge 13 marzo 1958 n. 296, al Prefetto e devoluta al Medico provinciale (2). (Omissis). -L'Avvocatura dello Stato ha eccepito preliminarmente che il ricorso � inammissibile, in quanto diretto avverso un provvedimento non avente carattere definitivo. L'eccezione va disattesa. (1-2) In tema di definitivit� del bando di concorso per conferimento di sedi farmaceutiche. . Esattamente il Consiglio di Stato ha ritenuto che il provvedimento, col quale l'autorit� sanitaria provinciale (prima era il Prefetto, ora il Medico provinciale) -una volta sospeso il concorso per conferimento -di sedi farmaceutiche -ha revocato (rectius: abrogato) con effetti ex nunc la precedente sospensione, riattivando cos� la relativa procedura, � manifestazione del potere alla stessa autorit� conferito, in materia di concorso, con la conseguenza che quel provvedimento riveste le stesse caratteristiche proprie degli atti emanati nell'esercizio di tale potere. Non altrettanto esattamente, per�, il Consiglio di Stato, nell'individuare codeste caratteristiche, ha qualificato definitivo il provvedimento che l'autorit� locale emana al fine di indire (sospendere o revocare) il concorso per il conferimento di sedi farmaceutiche. Se, .infatti, il bando di concorso, insieme con gli altri atti di competenza delle autorit� locali, s'inquadra nel sistema armonico delle norme che disciplinano le varie attribuziqni in materia sanitaria, la conclusione sulla natura del relativo provvedimento non pu� essere che diversa; e cio� il provvedimento che indice il bando non � definitivo, specie se interpretato al lume della nuova disciplina disposta dalla legge di riforma 13 marzo 1958, n. 296. � Il t.u. 27 luglio 1934, n. 1265 stabilisce, all'art. 1, un rapporto di dipendenza (gerarchica), per la tutela della sanit� pubblica, tra il Ministro per l'Interno, i Prefetti ed i Sindaci, ponendo poi alla dipendenza del Prefetto, che � l'autorit� sanitaria della provincia, il medico provinciale ed il veterinario provinciale (art. 1, 2� comma), e alle dipendenze del Sindaco, che � l'autorit� sanitaria del Comune, l'ufficiale sanitario (3J comma). Le norme contenute nei successivi articoli (limitando la disamina a quelli che disciplinano la competenza dei Prefetti) precisano i compiti di questi ultimi in materia di consorzi del servizio di vigilanza igienica e di profilassi (artt. 33 e segg.), e per la nomina in seguito a concorso dell'ufficiale sanitario; per l'assistenza medico-chirurgica e per la nomina dei sanitari condotti (artt. 55 e segg.); per il servizio farmaceutico (art. 104), - �"' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 Come s1 � esposto nella narrativa, il Prefetto di Bologna, con decreto del 12 aprile 1958, aveva sospeso l'espletamento dei concorsi banditi per il conferimento di n. 7 sedi farmaceutiche recentemente istituite in Bologna, in attesa che la G.P.A. si pronunciasse in merito alla delibera dell'Amministrazione comunale di assumere direttamente l'impianto e l'esercizio delle predette farmacie. Avendo l'autorit� tutoria negato la sua approvazione alla delibera consiliare, il Prefetto, con l'impugnato decreto del 9 luglio 1959, ha �revocato� il suo precedente provvedimento sul per l'autorizzazione ad aprire ed esercitare farmacie (art. 105), per i con-~ corsi relativi (artt. 106 e segg.), per il trasferimento di farmacie (art. 109), per l'assistenza farmaceutica (art. 129); per l'esercizio delle arti ausiliarie alle professioni sanitarie (art. 140); per l'esercizio della vigilanza sanitaria sulle attivit� che vi sono soggette (artt. 143 e segg., 158, 161, 185, 193, 194, 199); per la tutela igienica degli abitati (artt. 218 e segg.); per la tutela igienica dell'alimentazione (artt. 242 e segg.); e per le misure contro la diffusione delle malattie infettive i(artt. 253 e segg.). Data la dipendenza gerarchica, stabilita, come si � detto, nell'art. 1 del cit. t.u., tutti i provvedimenti prefettizi, emessi nelle indicate materie, sono impugnabili con ricorso al Ministro, tranne quando, per varie ragioni, il legislatore ha dichiarato i provvedimenti espressamente definitivi e tranne quando, per ragioni contingenti e di carattere locale, il legislatore stesso ha attribuito la competenza in modo esclusivo all'autorit� inferiore, dichiarando cos� i provvedimenti implicitamente definitivi. E infatti le eccezioni, cos� individuate, spesso si rinvengono nelle richiamate norme che disciplinano la competenza delle autorit� locali. Talvolta il provvedimento (prefettizio) � stato in via espressa dichiarato definitivo: cos� ad es, sono definitivi i provvedimenti in materia di consorzi e di nomina di ufficiali sanitari (art. 37), in materia di assistenza medico-chirurgica e di nomina del medico condotto (art. 57, 69), per l'apertura, esercizio e trasferimento di farmacia (artt. 105, 109), per la vigilanza sulle arti ausiliarie alle professioni sanitarie (art. 141), per la vigilanza sulle attivit� connesse con la sanit� pubblica (artt. 144, 158, 161, 188, 199); talvolta il provvedimento � stato ritenuto in modo implicito definitivo: cos� ad es. i provvedimenti contingibili ed urgenti (t.u. c. e p. art. 20). Se si escludono l'una e l'altra eccezione, i provvedimenti dell'autorit� sanitaria locale, in considerazione della rilevata dipendenza gerarchica, sono, per principio generale, impugnabili con ricorso alla autorit� superiore; e cio� tutti gli atti del Prefetto (ora del medico provinciale) sono impugnabili con ricorso al Ministro per l'Interno (ora per la Sanit�). Rientra in tale categoria l'atto col quale l'autorit� locale bandisce (ed eventualmente sospende o revoca) il concorso per il conferimento di sedi farmaceutiche. Nessuna argomentazione, che sia al di fuori di quelle riferite, pu� giustificare una conclusione diversa, e quindi qualificare definitivo il bando di concorso. Priva di consistenza deve ritenersi la motivazione, per la parte che qui interessa, della annotata decisione, la quale si riporta e quindi rende propria la pronunzia dell'Adunanza Plenaria, 6 febbraio 1959, Il Consigli� di Stato, 1959, I, 125. " j~ 123 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA riflesso che erano � venute a cessare le ragioni che determinarono a suo tempo la sospensione dei concorsi �. E' chiaro che il provvedimento del 1958 non � stato revocato per vizi di merito originarii, a seguito di una nuova e diversa valutazione di esigenze e circostanze contemporanee all'emanazione dell'atto, bens� per sopravvenute ragioni di merito, per mutate condizioni di fatto che hanno indotto l'Amministrazione a farne cessare ex nunc l'efficacia. Non v'� stata, cio�, una � revoca � in senso proprio, ma una mera �abrogazione� dell'atto. E Tale pronunzia ha affermato che la competenza a indire il bando � riservata �ll'a�torit� locale, e in tal modo il provvedimento relativo � stato implicitamente dichiarato definitivo. Non � infatti senza motivo che il t.u. ed il reg. non qualificano in modo espresso come definitivo il provvedimento predetto. Il bando, sia� dei concorsi farmaceutici, sia di quelli aventi per oggetto materie diverse, non sempre � -aggiunge la decisione -impugnabile in modo autonomo, perch� talvolta � idoneo, talvolta non � idoneo a ledere, di per s�, in modo diretto e immediato un interesse altrui, ed � quindi impugnabile indipendentemente dagli altri atti del concorso; dire perci� che esso era definitivo, poteva far sorgere l'erronea opinione che fosse sempre impugnabile di per s�. Ora tale ragionamento, a parte la sua fragilit�, non ha alcuna base nel diritto positivo. Proprio in relazione al t.u. delle leggi sanitarie deve affermarsi il contrario, e cio� che talvolta il legislatore ha dichiarato, in modo espresso, definitivo il bando di concorso; cos� ad esempio il concorso per ufficiale sanitario (artt. 34 e 36). Ma, come si � accennato, la esclusione della definitivit� trova conferma nelle nuove disposizioni contenute nella I. 13 marzo 1958, n. 296, la quale, all'art. 4, elenca gli organi periferici del Ministero della Sanit�, indicando il medico provinciale (cui sono state devolute le attribuzioni del Prefetto: art. 6, 4� comma) e cos� dispone la dipendenza gerarchica dello stesso rispetto agli organi centrali (nella specie, rispetto al Ministro della Sanit�). Il lato organizzativo, cos� previsto espressamente dalla legge sul decentramento burocratico, lascia intendere che, in materia di bandi di concorsi per l'assegnazione di farmacie, sussiste, tra organi diversi, una comunanza, anzi una coincidenza di competenza materiale; e poich� gli organi fanno capo a un'unica direzione e sono su gradi diversi, tra gli stessi si stabilisce un rapporto gerarchico (cfr., per tutti, AMORTH, La nozione di gerarchia, 80; S1\NDULLI, Manuale, 123; mentre sul tema specifico dei poteri, e della posizione giuridica, del medico provinciale, la dottrina non ha affrontato l'argomento: BIAGI, Gli organi locali del Ministero della Sanit�, Riv. trim. dir. pubbl. 1959, I, 59.6). Non sussiste, poi, alcuna ragione che possa far ritenere riservata all'autorit� locale la competenza a provvedere in materia di concorsi, con la esclusione .quindi di qualsiasi ingerenza dell'autorit� gerarchicamente superiore (in senso contrario alla decisione annotata, cfr. Sez. IV, 16 settembre 1955, n. 616, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 1028; 4 maggio 1956, n. 471, ivi, 1956, I, 555). U. GARGIULO 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non trova, perci�, applicazione nella specie il principio giurispru --~ -:-:; denziale (v. Sez. IV, 25 ottobre 1961, n. 472; Sez. V, 21 ottobre 1961 ��:� n. 551 e 9 maggio 1959, n. 282) secondo cui la definitivit�, esplicita o implicita, di un atto amministrativo emanato dall'autorit� governativa locale non si estende al successivo provvedimento con il quale tale atto venga revocato o annullato di ufficio, dalla stessa autorit�, nell'esercizio di un potere (autot�tela della P.A.) diverso da quello in virt� del quale fu emesso l'atto revocato o annullato. Revocando ex nunc la sospensione dei concorsi e riattivando cos� la relativa procedura, il Prefetto -com'� dato rilevare anche dai � considerando � del decreto impugnato -ha inteso �assicurare, nell'interesse del servizio, l'immediato conferimento delle sedi farmaceutiche� vacanti, ai sensi dell'articolo 105 t.u. leggi sanitarie e dell'art. 2 del reg. 30 settembre 1938, n. 1706 (�il concorso � indetto dal Prefetto della provincia in cui ha o dovr� avere sede la farmacia entro due mesi dal giorno in cui l'esercizio sia rimasto vacante o da quello in cui sia stato istituito �); ha fatto uso cio� dello stesso potere in base al quale erano stati indetti, e poi temporaneamente sospesi, i concorsi: potere riservato alla competenza specifica e esclusiva dell'autorit� sanitaria provinciale. Al decreto impugnato va riconosciuto, pertanto, carattere definitivo, analogamente a quanto ritenuto dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio per i bandi di concorso indetti �ai sensi delle norme sopra citate e immediatamente lesivi di interessi legittimi (v. Ad. pl., 6 febbraio 1959, n. 3). Nel merito, manifestamente fondato risulta il r motivo di ricorso (incompetenza del Prefetto), essendo ormai iiJs receptum che, per effetto della legge 13 marzo 1958, n. 296, la competenza in materia di concorsi farmaceutici � stata sottratta al Prefetto e devoluta al Medico provinciale (Ad. pl., 27 feb~ braio 1961, n. 7; Sez. IV, 11 dicembre 1962, n. 774). (Omissis). ' ;) ;) ' X ' ;) I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 ottobre 1963, n. 654 -Pres. (:~ De Marco -Est. De Capua -Lari c. Medico prov. di Lucca e Comune di Viareggio. Farmacie -Farmacie comunali -Autorizzazione -Motivazione -Valutazione delle ragioni giustificanti la deroga -Necessit�. -1'.: (1. 9 giugno 1947, n. 530, art. 27, t.u. 1. san.). �.� ' j I ~ i [" I ~~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 125 Il provvedimento di deroga, previsto dall'art. 27 della l. 9 giugno 1947, n. 530, alle norme del t.u. delle leggi sanitarie, deve essere adeguatamente motivato non solo con riferimento alle esigenze sanitarie che si intendono soddisfare, ma anche in ordine alle ragioni che possono consentire l'inosservanza del procedimento disposto di regola per l'istituzione di nuove sedi farmaceutiche e che giustificano la preferenza in favore del Comune tra pi� domande concorrenti e dirette a promuovere la selezione derivante dal concorso (1). (1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV, 2 dicembre 1960, n. 1004, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2222, con nota. E' esatto il principio, affermato dalla decisione, secondo il quale la deroga (il cui provvedimento rientra or::i nella competenza del medico provinciale) deve essere giustificata specie con riguardo alle ragioni che possono consentire la inapplicabilit� delle norme relative al concorso per l'istituzione di nuove farmacie e quindi autorizzare il Comune a gestire in economia una farmacia. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 aprile 1963, n. 541 -Pres. Gallo -Est. Laschena -Soc. Effetti Sauze c. Ministeri Lavori Pubblici e Sanit�. Regolamento edilizio -Procedimento -Approvazione della G.P.A. -E' necessaria -Parere del Consiglio di Stato -Non � obbligatorio. Regolamento edilizio -Procedimento -Intervento del s�lo Ministro per la Sanit� in sostituzione del Ministro dell'Interno -Legit timit�. (1. 17 agosto 1942, n. 1150; 1. 9 giugno 1947, n. 530, artt. 5 e seg,; 1. 13 marzo 1958, n. 296). I regolamenti edilizi, adottati, secondo l'attuale legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, con deliberazione del Consiglio comunale, devono essere approvati prima dalla G.P.A. in virt� della l. 9 giugno 1947, n. 530 artt. 5 e seg., e poi dal Ministro dei Lavori Pubblici di concerto col Minis~ro per l'Interno (ora, in seguito alla l. 13 marzo 1958, n. 296, di concerto col Ministro per la Sanit�), previo parere del Consiglio superiore dei LL. PP. e del Consiglio superiore di Sanit�, senza necessit� del previo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 126 parere del Consiglio di Stato, il quale peraltro era richiesto dall'art. 102 t.u~ c. e p. del 1934 n. 383 (modificato dalla legge urbanistica) soltanto prima dell'esercizio del potere repressivo di annullamento da parte dell'autorit� ministeriale (1). E' pertanto legittimo un regolamento edilizio che in seguito all'entrata in vigore della legge urbanistica non sia stato preceduto dal parere del Consiglio di Stato e che, essendo stato approvato dal Ministro per la Sanit�, non sia stato riproposto anche all'approvazione del Ministro per l'Interno, il quale non esercita un controllo di carattere generale sulla potest� regolamentare degli Enti locali (2). (1-2) Le massime, sulle quali non risultano precedenti, interpretano e descrivono esattamente il procedimento previsto dalle leggi in vigore tll;, per l'emanazione dei regolamenti edilizi. . l. m ' , . . CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 21 giugno 1963 n. 794 -Pres. Lu. go -Est. Fortini del Giglio -Provincia e Comune di Parma c. Ministero Interni e Ospedali Riuniti di Parma. ~ ~ Opera Pia -Provvedimenti di vigilanza dell'autorit� Prefettizia -Ri �' corso gerarchico -Termine di giorni 15 -Inapplicabilit�. (1. 17 luglio 1890 n. 6972, art 42; r.d. 30 dicembre 1923 n. 2841, art. 42; d.l. 22 marzo 1945 n. 173, art. 16; t.u. c. e p. art. 5). In seguito alla riforma disposta col d.l. 22 marzo 1945 n. 173, che ha istituito i Comitati provinciali di assistenza e beneficenza pubblica, il termine di giorni 30, previsto espressamente per il ricorso gerarchic� (improprio) da proporsi al Ministro per l'Interno contro i provvedimenti dei Comitati, deve ritenersi implicitamente esteso al ricorso gerarchico (proprio) che si propone allo stesso Ministro contro i provvedimenti del Prefetto. Pertanto � illegittimo il decreto del Ministro che dichiara irricevibile il ricorso perch� proposto, dopo la scadenza del quindicesimo giorno e prima che sia decorso il trentesimo giorno, contro un decreto prefettizio emesso nell'ambito della vigilanza e ingerenw governativa ai sensi del titolo V l. n. 6972 del 1890 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 127 (nella specie scioglimento del Consiglio di Amministrazione dell'ente e nomina di un Commissario prefettizio) (1). (Omissis). -La Provincia e il Comune di Parma sostengono che il Ministero ha errato nel dichiarare irricevibili i loro ricorsi gerarchici per inosservanza dell'art. 42 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 2841. Secondo i ricorrenti sarebbe, nella specie, applicabile il termine normale stabilito dall'art. 5 della 1. com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383, in quanto il cit. art. 42 del r.d. del 1923 costituirebbe eccezione alla predetta regola generale soltanto nei riguardi di quegli atti di controllo adottati dal Prefetto ai sensi e nei limiti dell'art. 26 del cit. r.d. del 1923 n. 2841, che sono del tutto diversi dai provvedimenti di sospensione e sciogliment9 delle amministrazioni degli Enti di assistenza e beneficenza. Questa Sezione non pu� condividere siffatta interpretazione. Dalla collocazione dell'art. 42 nel complesso delle norme contenute nel r.d. del 1923 n. 2841, non si desume alcun elemento per limitarne l'applicazione soltanto ai provvedimenti ex art. 26. Con la riforma del 1923, in armonia con la nuova norma dell'art. 113 del r.d. 30_dicembre 1923, n. 2339 modifi (1) Sul termine per ricorrere avverso i decreti prefettizi emanati nell'esercizio del potere di vigilanza sulle opere pie. La massima non pu� condividersi. Essa non solo appare in contrasto con la precedente costante giurisprudenza, ma non offre nella sua motivazione argomenti sicuri e validi per giustificare il diverso orientamento. La decisione prende le mosse dalla riforma attuata dal d.I. 22 marzo 1945 n. 173, il quale, nell'istituire i Comitati provinciali di assistenza e beneficenza, cui ha devoluto gran parte delle attribuzioni della G.P.A. (I. n. 6972, artt. 35 e segg.) e parte delle attribuzioni del Prefetto, ha previsto un ricorso gerarchico improprio al Ministro per l'Interno contro gli atti dei Comitati (d.I. n. 173, art. 16; cos� assorbendo la norma racchiusa nell'art. 42 della I. n. 6972), precisando il termine in giorni 30 (e non pi� in giorni 15, come �n detta norma era sancito). Ci� posto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, siccome si tratta di un ricorso gerarchico improprio, perch� previsto contro atti di organi �collegiali, esso non poteva essere ammesso se non per -legge. Fin qui il ragionamento pu� condividersi. Non si pu� essere d'accordo I laddove la decisione, dopo aver precisato che i Comitati hanno assorbito parte della competenza prefettizia, trae la conseguenza che anche il termine per il ricorso contro gli atti del Prefetto, previsto in giorni I 15 dall'art. 42 r.d. 30 dicembre 1923 n. 2841, � stato modificato in giorni 30. Vero � che in tal caso, trattandosi di ricorso gerarchico proprio, non era necessaria la espressa previsione legislativa. Vero � del pari I 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cato dall'art. 328 del t.u. com. prov. del 1915, e per un principio di maggiore sollecitudine nel disbrigo degli affari, come avvenne anche per altre materie, si volle ridurre il termine dei ricorsi gerarchici da trenta a quindici giorni. Non vi � alcun motivo di ordine sistematico e razionale per ammettere la dedotta discriminazione che non trova riscontro nella disciplina della materia, la quale in sede di legge istitutiva o di riforme generali ha accumunato, ai fini della impugnativa in via gerarchica, i provvedimenti di controllo sugli organi con i provvedimenti di controllo sugli atti. Non � quindi sotto il prospettato profilo che va risolta la questione. La giurisprudenza, anche in seguito alla emanazione della nuova I. com. e prov. del 1934 che all'art. 5 riportava a 30 giorni il t�rmine in generale per i ricorsi gerarchici (propri e impropri) ha costantemente affermato che tale regola non fosse applicabile nelle ipotesi in cui le leggi tassativamente stabiliscano per tali ricorsi termini diversi. .Tuttavia con l'emanazione del cl.I.I. 22 marzo 1945 n. 173, che all'art. 16 stabilisce il termine di 30 giorni (conformandosi cos� alla norma della I. com. e prov.) per i ricorsi contro i provvedimenti dell'istituito Comitato provinciale di assistenza e be- che la norma del cit. art. 16, prevista per il ricorso contro gli atti dei Comitati, non pu� estendersi al ricorso contro gli atti del Prefetto: essa, nel sistema della disciplina dei ricorsi gerarchici, ha carattere eccezionale, e, come tale, non pu� applicarsi n� in via analogica, n� in via estensiva, al diverso ricorso che in linea generale � ammesso contro gli atti del Prefetto, per il quale altra norma (r.d. n. 2841, art. 42) prevede un termine diverso, di 15 giorni. N� l'applicazione estensiva dell'art. 16 pu� ammettersi per il fatto che i Comitati hanno assorbito alcune attribuzioni prefettizie: a parte la poco attendibilit� di tale rilievo, non vi � dubbio che � rimasta ferma la vigilanza governativa (I. n. 6972, artt. 44 e segg.), che viene attuata �on l'intervento del Prefetto, i cui atti pertanto restano regolati secondo il sistema precedente alla riforma, che non � incompatibile con la successiva disciplina prevista dal d.I. n. 173. D'altra� parte, il Consiglio di Stato ha mutato orientamento senza tener conto della sua precedente giurisprudenza (Sez. IV, 30 gennaio 1'959 n. 129, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 44; Sez. V, 14 ottobre 1961 n. 484, ivi, 1961, I, 1618). Ci� precisato ai fini dell'esatta interpretazione delle richiamate norme, in tema di termini, ci� che pi� interessa sono la chiarezza e la uniformit� di indirizzo. Si pu� cos�, in definitiva, anche condividere l'orientamento attuale del Consiglio di Stato, purch� esso si mantenga costante; e ci� ai fini della certezza della tutela degli interessi pubblici e privati. U. GARGIULO II ID 'l''' . 1 .�.� PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 129 neficenza pubblica -al quale sono state deferite anche le funzioni di tutela gi� spettanti alla G.P.A. sugli atti degli Enti di assistenza e beneficenza -la questione se ai ricorsi contro i provvedimenti prefettizi nella soggetta materia sia ancora applicabile il termine breve di 15 giorni, � rimasta di incerta valutazione e merita, pertanto, di essere approfondita. Sembra alla Sezione che il principio affermato dalla giurisprudenza e che deve qui confermarsi in linea generale, per cui il termine di 30 giorni valga solo allorch� manchi una disciplina normativa speciale e diversa, sia applicabile soltanto in quei casi in cui si tratti veramente di termini speciali (pi� brevi o pi� lunghi) stabiliti per ricorsi che abbiano una propria e distinta caratteristica e funzione in rapporto alla materia cui si riferiscono. Non vi � dubbio alcuno che, ad esempio, restino fermi il termine pi� breve di 10 giorni per i ricorsi contro i provvedimenti dell'autorit� di p.s., o quello di 15 giorni contro alcuni provvedimenti del Provveditore agli Studi o quello pi� lungo di 90 giorni contro alcune decisioni dell'Intendenza di Finanza etc.. Peraltro, l'ordinamento dei controlli sugli organi e sugli atti, di legittimit� o di merito nel campo degli Enti di assistenza e beneficenza pubblica, come in quello dei Comuni e delle Provincie, costituisce un complesso organico ed armonico di norme in cui i vari ricorsi amministrativi contro detti atti -di cui completano il meccanismo e la funzione -riguardano tutte materie omogenee e spesso sono dirette contro provvedimenti attribuiti alla diversa competenza dell'organo di vigilanza o di tutela soltanto in base al semplice criterio del valore. Da ci� discende che la variazione del termine di ricorso contro una sola categoria di tali controlli anche se sia stata in� trodotta in occasione di riforme parziali non pu� non ripercuotersi su tutto il sistema. E deve escludersi che il legislatore abbia voluto provvedere in modo frammentario senza preoccuparsi di tener presente tutto l'ordinamento per le rispondenze e correlazioni che lo formano. Onde � necessario, nella interpretazione di norme sparse e parziali esaminare in base anche ad argomenti logici, quale sia stato il pensiero e la tacita volont� del legislatore rispetto a quella parte del sistema che esso non abbia espressamente disciplinato. � La riforma del 1945, come si � detto, nell'istituire il comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica, ha stabilito il termine di giorni 30 per i ricorsi contro i suoi provvedi I ] 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO menti. Nulla ha invece statuito espressamente per i ricorsi con I tro gli atti di controllo in generale di competenza prefettizia. La limitazione della espressa previsione ai ricorsi avverso I i primi provvedimenti si spiega anche per il fatto che il ricorso gerarchico (improprio) avverso gli atti di un organo collegiale non pu� essere ammesso se non per legge. Ma ove si consideri che i provvedimenti del cosiddetto comitato non sono soltanto quelli gi� attribuiti alla competenza tutoria della G.P.A., ma parte anche di quelli gi� di spettanza del Prefetto (art. 3, lett. a) b) e d) della I. 1945, n. 173) ed ove si tenga presente che tra di essi ve ne sono alcuni che si ravvisano sicuramente meno rilevanti di altri �di competenza del Prefetto, come, ad esempio, proprio quelli di soppressione e di scioglimento delle amministrazioni degli Enti di assistenza e beneficenza -che richiedono un complesso e non di certo rapido studio -sarebbe del tutto assurdo ritenere che per questi ultimi provvedimenti fa legge abbia considerato ancora fermo il termine breve di 15 giorni. Sembra invece pi� logico ritenere che il legislatore del 1945 non abbia giudicato necessario fissare con norma espressa il termine di 30 giorni anche per i ricorsi contro gli atti di controllo rimasti alla competenza del Prefetto, sul presupposto che per essi, anche in relazione allo stato della giuridisprudenza dell'epoca, dovesse applicarsi la regola dell'art. 5 della I. com. e prov. In tale senso questa Sezione ritiene corretta l'interpretazione delle vigenti disposizioni nella soggetta materia. E poich� i ricorsi gerarchici della Provincia e del Comune di Parma furono proposti al Ministero nel termine di giorni trenta, essi erano ricevibili. Pertanto i ricorsi di detti Enti innanzi a questo Consiglio devono essere accolti e i decreti ministeriali impugnati devono essere annullati; e, quindi, il Ministero dovr� nuovamente pronunciarsi sui ricorsi ad esso proposti. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 8 luglio 1963, n. 547 -Pres. Voz zi ,. Est. Laschena -Soc. Concessioni e Costruzioni Auto strade c. Ministero Interni e Comune di S. Benedetto Val di Sambro. Tasse e imposte comunali -Aumento delle aliquote massime legali Deliberazioni comunali istitutive di sovraimposte -Successiva au torizzazione -Legittimit�. (1. 6 ottobre 1962, n. 1468, artt. 1 e segg.). ::; Il: ~ z �' rm!it"tt.1�fl'2.:*f'.�JF��:-fffy��r?.:fF�/~ll-J4'-:IJG!%flljr.rrfi�&f,_%$I&!fFll.eJ )~ftlL,..;;..)@t'a...WM!...,.9==~..~Jim,R�.tLtrifJf'.. .,. ~..� >L...,,., fo.�;:";,,b�......�"" ..�=-..< PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 131 Tasse e imposte comunali -Sovraimposte -Deliberazione istitutiva Valutazione dei presupposti -Riferimento alle esigenze del bilan cio -Illegittimit�. (t.u. c. e p. del 1934, artt. 306 e 332; 1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 24; 1. 6 ottobre 1962 n. 1468). Gli atti deliberativi dei Comuni in materia di~ aumenti di imposte oltre la tariffa massima diventano esecutivi per effetto dell'autorizzazione, anche se concessa successivamente, della Commissione Centrale della Finanza locale e della G. P. A. E' valida, pertanto, la c.d. autorizzazione successiva ai fini� della legittimit� (e della esecutoriet�) delle deliberazioni comunali (1). La deliberazione istitutiva di sovraimposte, incidendo in modo grave sugli interessi patrimoniali dei contribuenti, deve essere adottata in base a un ponderato esame della situazione economico -finanziaria. E' pertanto illegittima la deliberazione che, nell'istituire la supercontribuzione, faccia generico riferimento alle esigenze del bilancio, anche se formulate nel senso di ottenerne il pareggio (2). (Omissis). -Censure analoghe a quelle dedotte con gli altri motivi sono state gi� esaminate dalla Sezione con decisione in pari data, emessa su ricorso proposto dalla stessa Soc. Autostrade nei confronti del Comune di S. Benedetto Val di Sam (1) Puntuale applicazione delle norme interpretative contenute nella I. 6 ottobre 1962, n. 1468. In precedenza la Cassazione si era pronunciata nel senso della illegittimit� della deliberazione relativa a una tariffa superiore al massimo e adottata prima dell'autorizzazione, e .nel senso della invalidit� della c,d. autorizzazione successiva: Cass. 20 febbraio 1961, n. 370, Foro it., Mass., 1961, 82. (2) Esatta delimitazione del potere attribuito ai Comuni per imporre sovrimposte ai sensi degli artt. 306 e 332 t.u. c. e p. del 1934 ed ai sensi dell'art. 95 t.u. fin. loc. modificato dall'art. 24 l. 2 luglio 1952, n. 703. Non � infatti sufficiente un generico riferimento alle esigenze del bilancio per giustificare la imposizione di sovrimposte; n� � sufficiente uno specifico riferimento alle esigenze di ottenere il pareggio del bilancio. E' invece necessaria, dato che le richiamate norme delimitano le circostanze (accertate necessit�, casi eccezionali) nel cui concorso quel potere va esercitato, una completa valutazione della situazione economico-finanziaria e, se s'intende conseguire il pareggio, occorre, in particolare, considerare l'entit� del gettito delle entrate ordinarie, che deve apparire insufficiente per le esigenze dell'ente e ~iustificare cos� l'adozione della maggiorazione delle imposte. (Il 5� comma dell'art. 332 t.u. c. e p. -prima della modifica di cui alla I. 16 settembre 1960 n. 1014, art. 23 -� stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 30 gennaio 1962 n. 2, Giuris. Cast., 1962, 15). �La Cassazione si � occupata dell'impugnabilit� della deliberazione comunal.'I: istitutiva di tributo speciale, da altro aspetto; e cio� se avverso 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bro avverso la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni per l'anno 1960, dalla quale il Collegio ritiene di non doversi discostare. In particolare, si osserva che il secondo motivo, con il quale viene denunciata la violazione degli artt. 95, ultimo comma, t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, e 306 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, � infondato. Nelle more del presente giudizio � entrata in vigore la.1. 6 ottobre 1962, n. 1468, dal titolo � Interpretazione autentica degli articoli 306 e 332 del testo unico della 1. com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni, e dell'art. 95 del t. u. per la fin. loc. 14 settembre 1931, n. 1175, e successive modificazioni�. Il dichiarato carattere di interpretazione autentica delle disposizioni legislative in materia, proprio della citata legge, ed espressamente ribadito nel testo della medesima, preclude ogni indagine circa l'effettiva portata della nuova norma. Come risulta dalla stessa sua formulazione e si desume dai lavori preparatori (v. relazione sulla proposta di I. n. 3671, presentata alla Camera dei Deputati il 22 marzo 1962), essa ha voluto stabilire che �gli atti deliberativi dei Comuni in materia di aumenti di imposte -oltre la tariffa massima -di di essa, prima ancora che sia stato compiuto l'accertamento nei confronti dei singoli contribuenti, sia ammissibile, da parte di costoro, l'impugnativa, ed il S.C. (Sez. Un. sent. n. 2519/51, in questa Rassegna, 1952, 41, con nota di A. Cmcco) ha formulato la seguente massima: � La deliberazione comunale istitutiva di un tributo speciale non ancora accertato nei confronti dei singoli contribuenti non spiega la sua incidenza su determinati soggetti dell'obbligazione tributaria, che possano, per ci� solo, ritenersi lesi in un loro diritto. Non pu�, quindi, parlarsi in tale ipotesi, di diritto soggettivo, che si ha solo con riferimento a posizioni individuali, assunte lese non potenzialmente ed eventualmente, ma concretamente, dall'imposizione. Conseguentemente non � sufficiente invocare la possibilit� astratta di una lesione, in dipendenza del provvedimento generale amministrativo che istituisca il tributo, per chiedere davanti al giudice ordinario l'attuazione di una concreta volont� di legge che si assume esistente a proprio favore, restandosi sempre nel campo della tutela di un interesse legittimo ma non gi� di un diritto soggettivo. � Fino a quando l'imposizione del tributo ha una illimitata latitudine della sua possibilit� di espansione sui soggetti passivi del tributo, svincolata da ogni riferibilit� personale, diretta e attuale, non si ha lesione in atto. In tal caso, l'interesse del cittadino non diventa autonomo con autonomia di mezzi di tutela, ma rimane conglobato con l'interesse collettivo, e rimesso pertanto, come interesse generale di tutti e di ciascuno della regolarit� dell'azione amministrativa, alla tutela dello stesso ente pubblico. � In tale situazione manca al cittadino l'interesse qualificato ad agire e la relativa questione si risolve in questione di giurisdizione �. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 133 ventano esecutivi per effetto dell'autorizzazione, anche se concessa successivamente, della Commissione Centrale per la Finanza Locale, delle Giunte Provinciali Amministrative e dei corrispondenti organi delle Regioni a statuto speciale � e che � non si fa luogo a restituzione di somme gi� pagate in base a deliberazioni comunali per le quali sia comunque intervenuta l'autorizzazione �. La legge in esame riconosce, quindi, la validit� della c.d. autorizzazione successiva ai fini della legittimit� (e della esecutoriet�) delle deliberazioni comunali istitutive delle sovraimposizioni. E poich�, per il suo carattere interpretativo, ha effetto retroattivo, � .sicuramente applicabile nel caso in esame. Consegue che la deliberazione comunale che ha approvato la tariffa ordinaria e ha istituito le maggiorazioni delle imposte di consumo, approvata dalla G.P.A. �con autorizzazione alla applicazione delle supercontribuzioni �, si sottrae alla censura dedotta sotto tale profilo. Sul terzo e sul quarto� motivo osserva la Sezione che, ai sensi dell'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, modificato dall'art. 24 della 1. 2 luglio 1952, n. 703, i Comuni possono essere autorizzati ad aumentare le tariffe delle imposte di consumo �in caso di accertata necessit��. Le modalit� e i criteri di applicazione della norma suddetta sono stabiliti dall'art. 306 t.u. n. 383 del 1934, secondo il quale (sesto comma) la G.P.A., in casi eccezionali, pu� autorizzare ulteriori aumenti delle tariffe massime fino al limite del 50%. L'esercizio di siffatto potere � vincolato a precisi presupposti, onde non � consentito all'Amministrazione prescindere dalla considerazione delle particolari circostanze (� accertata necessit� � ed � eccezionalit� del caso � ), che, sole, giustificano la sovraimposizione. Ne deriva che non � sufficiente il generico riferimento alle esigenze del bilancio, che si legge nella deliberazione comunale in questione. � Nel corso della discussione orale, la difesa del Comune ha obiettato che la� censura di difetto di motivazione, dedotta sotto tale profilo, � inconferente, perch� l'Amministrazione non si sarebbe avvalsa del potere di cui all'art. 95 t.u. fin. loc. ma �li quello conferitole dall'art. 332, quinto comma, t.u. c. e p. e successive modificazioni appunto in relazione all'esigenza di conseguire il pareggio del bilancio. E il riferimento alla detta esigenza, contenuto nella deliberazione comunale, costituirebbe idonea motivazione. . Si sostiene cio� che la vigente legislazione contempla due 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO poteri di maggiorazione delle imposte di consumo: l'uno, previsto dall'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, ha per oggetto l'aumento delle tariffe massime, in caso di accertata necessit� e dietro autorizzazione della G.P.A.; l'altro, contemplato al 5� comma dell'art. 332 suddetto, concerne i soli Comuni, che non siano in grado di assicurare il pareggio economico del proprio bilancio ed ha per oggetto l'aumento delle imposte in genere e, in ispecie, d.i quelle di consumo. Ma, anche ammesso che i due poteri siano assolutamente diversi per le finalit� che si propongono e che il Comune di S. Benedetto Val di Sambro si sia avvalso del potere di cui all'art. 332, 5� comma, t.u. 3 marzo 1934, n. 383, il semplice riferimento alle esigenze di bilancio, ripetendo tautologicamente le parole della legge, si palesa quale una mera clausola di stile, insufficiente a giustificare l'esercizio di un potere, previsto pur sempre, nel sistema della finanza locale, per casi eccezionali. In ogni modo, la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni, che cos� gravemente incide sugli interessi patrimoniali dei contribuenti, deve essere adottata in base a un ponderato esame della situazione economico -finanziaria del Comune. E le necessit� del bilancio, invocate nel provvedimento impugnato, non potrebbero, a stretto rigore, essere accertate se non in occasione della formazione e dell'approvazione del bilancio ; il che non � avvenuto nella speci�. La ricorrente deduce, ulteriormente, che il Comune non ha tenuto conto delle ripercussioni che sul bilancio avrebbero avuto le entrate provenienti dall'applicazione della tariffa massima ordinaria delle imposte di consumo sui materiali da impiegare nella costruzione dell'autostrada. Anche tale censura � fondata. La valutazione della sovraimposizione derivante dal gettito ordinario delle imposte di consumo costituisce effettivamente il presupposto delle deliberazioni istitutive delle so. vraimposizioni. La �necessit�� dell'applicazione delle medesime �, infatti, determinata proprio dalla insufficienza delle entrate ordinarie a fare fronte a certe esigenze. Occorre, pertanto, che il Comune consideri anzitutto l'entit� del gettito di queste ultime, al fine di stabilire se debba, tuttavia, ricorrere all'adozione delle maggiorazioni delle imposte. Le sovraimposizioni, poi, costituendo nel sistema della finanza locale un rimedio eccezionale, vanno contenute -entro i limiti massimi stabiliti dalla legge -nella misura indi- Il . . �: ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 135 spensabile ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze, in relazione alle quali sono deliberate. Nella specie, la maggiorazione della tariffa � stata adottata �ai fini del pareggio del bilancio �. Dunque, lo stesso Comune, con tale formula, ha inequivocamente affermato di volere contenere l'aumento nei limiti occorrenti al ripiano del bilancio. Ma, a tale fine, avrebbe dovuto, in primo luogo, tenere conto dell'entit� della sovraimposizione attiva derivante dal gettito ordinario delle imposte e, poi, se fosse stato tuttavia necessario, avrebbe potuto procedere alla sovraimposizione nei limiti suindicati. L'Amministrazione obietta che, in quel momento, il credito per le imposte ordinarie non era certo, essendo stata contestata dalla Societ� ricorrente la stessa assoggettabilit� dei materiali occorrenti per l'esecuzione dei lavori all'imposta di consumo. Ma l'argomento non ha pregio. I bilanci comunali sono, infatti, bilanci di competenza e non di cassa e, pertanto, nella previsione non poteva non tenersi conto del credito in questione. D'altra parte, il Comune aveva gi� in deposito il terzo presunto dell'imposta, onde era in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare �l'entit� della sovraimposizione e le sue ripercussioni sul bilancio. Il ricorso deve essere, quindi, accolto. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 25 settembre 1963, n. 773 . , Pres. Chiofalo -Est. Scotto -Moscatelli c. Ministero In terni e Opera pia Fondazione � Figlio di Mamma Rosa �. Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit� -�Annullamento del concorso -Bando di un cocorso magistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguit� idoneit� poi annullata Esclusione dal concorso ~ Legittimit�. (1. 17 luglio 1890, n. 6972, art. 46; t.u. c. e p. del 1934, art. 19; 1. 8 marzo 1947, n. 277). � E' legittimo il provv~dimento col quale il Prefetto, avvalendosi del potere eccezionale di urgente necessit�, fatto salvo dalla prima parte dell'art. 46 l. 17 luglio 1890, n. 6972 e da esercitarsi con funzione surrogatoria non soltanto sugli uffici pubblici, ma anche sugli enti pubblici che svolgano com~ piti di carattere ausiliario a quelli dello Stato (nella specie opera pia), abbia nominato un Commissario straordinario per procedere ad una completa normalizzazione amministrativa e patrimoniale dell'ente, la cui attivit� era stata paralizzata in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 136 ,seguito alle dimissioni, sebbene non ancora accettate, della, maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazio ne (1). (1) Massima esatta; cfr. per un caso analogo Sez. IV, 30 ottobre 1951, n. 719. Non vi � dubbio infatti che l'art. 46 I. n. 6972, nel disciplinare uno speciale procedimento per lo scioglimento delle amministrazioni delle opere pie, abbia fatto salvi i provvedimenti di urgente necessit�, tra i quali rientmno appunto quelli previsti dall'art. 19 t.u. c. e p., modificato dalla I. 8 marzo 1949, n. 277, che attribt1isce all'autorit� prefettizia una funzione surrogatoria nei riguardi degli enti pubblici che esercitano attivit� ausiliaria a quella dello Stato e che per circostanze contingenti e imprevedibili non sono in grado di funzionare (come nel caso di dimissioni della maggioranza dell'organo deliberante). Deve peraltro ritenersi che il provvedimento prefettizio, essendo stato emanato ai sensi della I. n. 277, doveva, come in effetti � stato, conside~ rarsi definitivo. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 739 -Pres. Stumpo -Est. Melito -Soc. Turismo e Autolinee Roma (S.T.E.A.R.) c. Ministero Trasporti. Concessioni amministrative -Trasporti in concessione -Autolinee Preferenze -Nuova concessione -Posizioni dei precedenti concessionari -Preferenze -Limiti. Cl. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 5). I, diritti di preferenza, ai sensi dell'art. 5, della l. 28 settembre 1939, n. 1822, hanno finalit� conservative, nel senso che essi intendono, con la conservazione del traffico gi� acquisito, tutelare le posizioni precostituite dei precedenti concessionari ed il contenuto economico delle concessioni, ma non nel senso di favorire un indefinito ampliamento delle sfere concessionali esistenti (1 ). � �) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV 18 maggio 1956, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 578; Sez. IV, 18 maggio 1956, n. 511, ivi, I, 579; Sez. IV, 6 giugno 1956, n. 581, ivi, I, 615. -:~ CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 743 -Pres. Stumpo -Est. Daniele -Russo c. Ministero P. I. Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare in soprannumero -Conseguita idoneit� -Annullamento del concorso -Bando di un concorso magistrale per titoli -Esibizione del certificato della conseguita idoneit� poi annullata -Esclus1one � dal concorso -Legittimit�. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 137 . Regione siciliana -Maestri elementari -Passaggio dei servizi dallo Stato alla Regione -Non � ancora intervenuto -Incompetenza della Regione ad emettere norme di immediata applicazione sullo stato giuridico degli insegnanti elementari. (Statuto spec. per la Reg. sicil., art. 14, lett. q.; art. 3). In seguito all'annullamento del concorso a posti di maestri in soprannumero, nel quale sia stata conseguita la idoneit�, � legittima la esclusione di un aspirante dal concorso magistrale per� titoli, in cui sia stato esibito, quale titolo di ammissione, il certificato della annullata idoneit� (1 ). Le Regione Siciliana ha competenza legislativa esclusiva in materia di istruzione elementare; ma il relativo potere non pu� essere esercitato prima del passaggio delle funzioni dallo Stato alla Regione. Di conseguenza, le norme emanate dalla Regione in materia di stato giuridico dei maestri sono legittime solo in quanto non siano dirette a produrre �immediata modificazione. della condizione giuridica del personale; esse devono ritenersi emanate in vista del futuro passaggio delle funzioni e non sono quindi applicabili immediatamente ai maestri, i quali restano amministrati dalla Regione, quale organo decentrato dello Stato (2). {1-2) La prima massima valuta con esattezza le conseguenze giuridiche che sono derivate dall'annullamento della 1. reg. sic. 6 maggio 1955, n. 40 (pronunciato dalla Corte Costituzionale, 8 luglio 1959, n. 44, Giuris. cast. 1959, 724), in base alla quale il concorso per maestro in soprannumero era stato espletato. La seconda massima s'informa al principio gi� affermato dalla Corte Costituzionale (19 dicembre 1959, n. 63, riv. cit. 1959, 1148), secondo il quale la Regione Siciliana '11.0n pu� emanare norme relative allo stato giuridico degli insegnanti elementari prima che, con l'osservanza del procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto, gli insegnanti stessi siano passati dallo Stato alla Regione (cfr. anche Corte Cost. 24 gennaio 1964, n. 3, retro, 12; Ad plen. 23 giugno 1953, n. 1, Il Consiglio di Stato, 1953, 761). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 535 -Pres. D'Avino -Est. Manzari -Ammendola c. Ministero Lavori Pubblici. Edilizia popolare ed economica � Alloggi cooperativi -Assegnazione Ricorso 'di soggetto estraneo alla cooperativa -Pronunzia della Commissione -Illegittimit�. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Attribu zioni di vigilanza e di decisione -Distinzione -Pronunzia -Moti vazione -Perplessit� -Illegittimit�. (t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 111, 131). Non � legittimato a ricorrere alla Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economic�, al fine di far dichiarare la decadenza dell'assegnazione di alloggio cooperativo, chi non sia socio n� aspirante socio della cooperativa (dovendosi ritenere estraneo alla cooperativa colui che, in dipendenza dell'avvenuta locazione di alloggio cooperativo, sia un semplice affittuario) (1). � La Commissione di vigilanza ha attribuzioni di vigilanza, che esercita di ufficio a tutela dell'interesse pubblico, ed attribuzioni decisorie che esercita su ricorso degli interessati: le due funzioni non si confondono tra di loro, ma devono rimanere distinte ed autonome, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima la pronunzia nella quale la Commissione non dichiari espressamente, o quanto meno non � possibile determinare con assoluta certezza, se essa sia stata emessa ex officio o su ricorso (2). (1-2) Su entrambe le massime la giurisprudenza � costante: sulla prima cfr. Sez. IV, 11 marzo 1959, n. 368, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 345 e giuris. ivi cit.; sulla seconda cfr. Sez. VI, 7 novembre 1962, n. 779, ivi, 1962, I, 1884. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 ottobre 1963, ri.. 797 Pres. De Martino Rosaroll -Est. -Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi di Brescia c. Ministero P. I. .Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e ru artistico -Notifica precedente alla 1. n, 1089 del 1939 -Rinnovazione -Autonomia rispetto al precedente vincolo -Presupposti -Accertamento -Necessit�. (1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21). ' l t L'atto di rinnovo, ai sensi dell'art. 21 l. 1� giugno 1939, ~! n. 1089, di vincolo storico e artistico precedentemente notifi~ i; cato deve essere motivato con l'indicazione, diretta o per rela. tionem delle concrete ragioni giustificative del provvedimento. ' Esso � autonomo rispetto al precedente vincolo : la rinnovaziol ne, infatti, deve essere valutata sulla base delle condizioni di ~ ~ f.i;; . ' irn . [~ lllffllrefif.8tr-rl'1IJBW'Wl{ftff.:4'ITWf~-;WfJi-.;t.f011rw11mzJW...~ ~~,Al-;;, "~ m ftK... ;;,~~;-��. ",-. tL Yp ,,#h :..illlw.0ffiill.ll,, Y. y,.;;:},,%',Y. )j PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139 fatto alla data della rinnovazione, e l'atto deve enunciare la natura dell'interesse particolarmente importante, nonch� il pubblico interesse alla conservazione del vincolo (1 ). (1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 27 gennaio 1960, n. 22, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 93; 25 gennaio 1961, 51, ivi, 1961, I. 127.. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 31 ottobre 1963, n. 798 -Pres. D'Avino -Est. Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi. di Brescia c. Mi nistro P. I. Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e artistico -Contenuto -Indeterminatezza -Illegittimit�. (1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21). Il potere, attribuito al Ministro della P. I. dall'art. 21 l. 1� giugno 1939, n. 1089, � rivolto a prescrivere distanze, misure ed altre norme al fine di evitare che sia messa in pericolo l'integrit� delle cose immobili aventi valore storico e artistico, ne sia danneggiata la prospettiva e la linea e ne siano alterate le condizioni di ambiente e di� decoro, imponendo cos� dei vincoli alla propriet� privata non in considerazione del valore intrinseco dei beni (c.d. vincolo diretto), ma per la relazione ambientale che i beni stessi hanno con gli immobili di valore storico e artistico (c.d. vincolo indiretto). Il relativo provvedimento, a seconda della natura dell'interesse da tutelare, deve con precisione determinare il contenuto del vincolo, che � attribuito alla competenza esclusiva de,l Ministro (1). E' pertanto illegittima l'imposizione del vincolo quando il Ministro non abbia specificato gli oneri imposti al proprietario e ne abbia rimesso la futura determina?,ione al soprintendente (2). (1-2) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 14 ottobre 1959, n. 595, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 1385; Sez. VI, 31 maggio 1961, n. 489, ivi, 1961, I, 1003; Sez. VI, 31 ottobre 1961, n. 811, ivi, 1961, I, 1795; 15 ottobre 1963, n. 516; 23 ottobre 1963, n. 788. LODO 30 novembre 1963 (Roma) -Pres. ed Est. Meregazzi - Soc. it. strade ferrate del Mediterraneo c. Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione civile. Concessioni amministrative -Sopravvenuta eccessiva onerosit� della prestazione ~ Risoluzione ~ Inammissibilit� -Sopravvenuta eccessiva onerosit� di una sola clausola. -Sua eliminazione -Inammissibilit�. - 140 R<\SiEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Concessioni amministrative -Concessione di servizio pubblico di ferrovia -Riscatto -Aree espropriate o acquistate con fondi forniti dallo Stato a forfait -Devoluzione gratuita a favore dello Stato. (r.d. 1. 29 luglio 1926, n. 1450; r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186; e.e. art. 1467). In tema di concessioni amministrative (nella specie: concessione di un pubblico servizio di ferrovie) la sopravvenuta eccessiva onerosit� della prestazione non pu� comportare la risoluzione della concessione. In nessun caso, comunque, l'eccessiva onerosit� di una clausola pu� dar luogo alla sua eliminazione, ma comporterebbe in ogni caso la risoluzione del contratto nella sua interezza; e pertanto le norme sull'eccessiva onerosit� non possono essere invocate quando, eseguito� ormai tutto il contratto, resta da eseguire quella sola parte di esso che si assume essere divenuta eccessivamente onerosa (1). In caso di riscatto di una concessione a favore di una industria privata, avente ad oggetto un servizio pubblico di trasporto in ferrovia, le aree, che siano state, con fondi forniti dallo. Stato a forfait, espropriate a favore del concessionario ovvero da costui acquistate per la costruzione ed il funzionamento della ferrovia, debbono interamente e gratuitamente essere devolute allo Stato al momento del riscatto, ai sensi dell'art. 186 t. u. 9 maggio 1912, n. 1447, dovendo le stesse considerarsi pertinenze della ferrovia, di cui seguono le sorti (2). (1-2) Non risultano precedenti della Cassazione sulla questione (v., tuttavia, in senso contrario lodo 23 giugno 1948, Foro it., 1949, I, 772 con nota di L. BTAMONTI). La Cassazione invece ha esaminato l'ammissibilit� della risoluzione per eccessiva operosit� per i contratti di pubblici appalti e di pubbliche forniture, escludendola (cfr., per gli appalti, Cass. 30 luglio' 1957, n. 3233, Foro it., 1957, I, 738; per le forniture, Cass. 16 luglio 1956, n. 2719, Giust. civ., 1956, I, 2037, con nota di DI SALVO, I contratti di pubbliche forniture e la risoluzione per eccessiva onerosit�). Non vi � dubbio poi, che l'eccessiva onerosit� di una sola clausola non pu� dar luogo alla sua eliminazione, dovendo il contratto considerarsi ed eseguirsi nella sua interezza. La questione � sorta, nella specie, in relazione alla clausola contenuta nell'art. 42 della convenzione: � decorsi venti anni dal giorno dell'apertura dell'intera rete al pubblico servizio, lo Stato avr� diritto al riscatto della rete stessa: ... b) rilevando il materiale rotabile al prezzo originario di acquisto sotto deduzione delle spese occorrenti per renderlo in condizioni normali di manutenzione �. Al riguardo la difesa della societ� ha sostenuto che il prezzo originario di acquisto va inteso come valore originario di acquisto, sul quale non dovrebbero incidere i deprezz�menti conseguenti all'uso; valore che, in linea di massima, � destinato a diminuire col crescere dell'uso d�lla cosa, ma che, eccezionalmente, pu� anche aumentare se intervengono cause ec PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 (Omissis). -In via subordinata, la Societ� nell'ipotesi dimostratasi fondata -che fosse esatta l'interpretazione data dall'Amministrazione alla clausola contenuta nella lettera b) dell'art. 42 della Convenzione, ritiene che nel caso si applicherebbe l'art. 1467 del e.e., perch�, trattandosi di un contratto ad esecuzione differita, la prestazione di una delle parti sarebbe divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili. In linea di principio la stessa difesa della Societ� -la cui profonda competenza ed esp<;!rienza nel campo del diritto pubblico � ben nota -si rende conto che ci si trova di fronte ad una concessione amministrativa, ad un rapporto, cio�, di diritto pubblico, regolato in gran parte direttamente dalla legge; e in tale considerazione sarebbe indotta ad escludere che la sopravvenuta eccessiva onerosit� della prestazione possa comportare la risoluzione dell'intero contratto. Il Collegio non pu� che condividere tale esattissima opinione, nel rilievo che in materia di concessione di pubblici servizi, tutte le disposizioni di legge e le clausole dei disciplinari sono intese ad assicurarne comunque l'espletamento anche contro lo interesse del concessionario ed in qualsiasi evenienza. Applicazione di tale principio � l'art. 79, r comma, del T.U. 9 maggio 1912, n. 1447, a mente del quale �i concessionari delle ferrovie pubbliche debbono provvedere a tutti i casi e sottostare a tutti gli eventi, cos� ordinari come straordinari, senza potersi esicezionali, di cui la pi� nota � la svalutazione monetaria. Insomma, secondo la societ�, si deve considerare quanta moneta, secondo il valore attuale di essa, occorre per acquistare materiale identico a quello a suo tempo acquistato dalla :mciet�, unica esigenza da osservare essendo quella di consegnare materiale in normali condizioni di manutenzione. Se al contrario, � ha aggiunto la societ�, il prezzo originario di acquisto. dovesse intendersi, in conformit� alla tesi dell'Amministrazione, come prezzo che si corrisponde all'atto di acquisto di tUJ;a cosa, potrebbe eccepirsi la non esecuzione deJ.la clausola di consegna del materiale mobile, �per sopravvenuta eccessiva onerosit�. La tesi � stata esattamente respinta dal Collegio, sia perch� una clausola non pu� scindersi dal complessivo contenuto del contratto, che va interpretato nella sua interezza, sia perch� l'eccessiva onerosit� presuppone l'attuale esecuzione del� contratto stesso, e non la risoluzione o la estinzione, che ha luogo in virt� del riscatto. La seconda massima individua e delimita le conseguenze che discendono dal riscatto di una concessione di pubblico servizio, ponendone in rilievo gli effetti devolutivi, in virt� dei quali tutte le aree, espropriate (salvo restando. il diritto di retrocessione, ove ne ricorrano i presupposti) o acquistate con fondi forniti dallo Stato a forfait, sono trasferite allo Stato stesso gratuitamente ai sensi dell'art. 186 t.u. n. 1447 del 1912. 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mere dagli obblighi contratti in forza della loro concessione e senza acquistare diritto a speciali compensi che non fossero espressamente pattuiti negli atti di concessione�. Ritiene, tuttavia, la Societ� che in questo caso il problema cos� enunciato ha scarsa rilevanza; applicandosi la risoluzione ad un rapporto continuativo (cio� avente per oggetto prestazioni di carattere continuativo), nel momento in cui q�esto viene a cessare, la risoluzione non avrebbe effetto nei riguardi delle prestazioni gi� adempiute, a norma del 1� comma dello art. 1458 e.e. Ma anche con tale impostazione non si supera la preclusione di principio sopraindicata, perch� sempre si tratta di una clausola del rapporto concessionale di diritto pubblico, n� si evita l'obiezione che la risoluzione colpirebbe una sola clausola del contratto, e non l'intero contratto. Ora n� la dottrina n� la giurisprudenza ammettono che la risoluzione per eccessiva onerosit� possa applicarsi ad una sola clausola del contratto. In altri termini, la eccessiva onerosit� di una clausola di un contratto non pu� dare luogo alla sua eliminazione, ma comporterebbe semmai la risoluzione del contratto nella sua interezza. L'acuta difesa della Societ� osserva che nel caso sarebbe l'intero contratto a venir meno nella sola clausola che rimane da eseguire, poich� -come si � detto -ai sensi dell'art. 1458 e.e. la risoluzione non ha effetto nei confronti delle prestazioni gi� eseguite, nei contratti ad esecuzione continuata. E poich� non si nasconde le gravi conseguenze di tale pronuncia, la difesa della Societ� si affretta a riconoscere che essa non potrebbe comunque incidere sul potere di riscatto della P. A. che deriva direttamente dalla legge (art. 188 e seguenti del t.u. 9 maggio 1912 n. 1447) e non dalla clausola contrattuale ed � pertanto inderogabile e irrinunciabile perch� conferito istituzionalmente nel pubblico interesse. Il risultato della soppressione dell'art. 42 (poich� tutto l'articolo scomparirebbe e non soltanto la clausola di cui alla lettera b) consisterebbe, come ritiene la societ�, nell'applicazione delle modalit� di riscatto previste in via generale dalla legge (art. 190 e segg. del predetto t.u., il che � inesatto perch�, semmai, si applicherebbe l'art. 188 in relazione all'art. 191, n. 1) in sostituzione di quelle dell'art. 42 della Convenzione che vi avevano derogato. Fermo restando il potere della P. A. di disporre il riscatto, sarebbero annullate soltanto le speciali e onerose modalit� previste dalla Convenzione. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 143 Ma anche in presenza di codesta ingegnosa costruzione dogmatica (che tuttavia, come si � gi� accennato, contrasta con la richiesta principale della Societ� che vuole il materiale rivalutato sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi all'ingrosso, e non al prezzo di stima) il Collegio osserva che nella specie non si tratterebbe di una delle prestazioni periodiche e continuative che per eventi straordinari e imprevedibili sarebbe diventata eccessivamente onerosa, ma della clausola che pone fine allo stesso rapporto contrattuale e concerne gli effetti di tale estinzione. Sarebbe una contraddizione in termini, dichiarare risoluto un contratto, nel momento stesso in cui esso � gi� estinto in virt� del riscatto. Inoltre, essendo ormai -in tutto quel che non riguarda il riscatto -completamente esaurito nelle reciproche prestazioni il contenuto dell'intero rapporto contrattuale e finito il suo specifico oggetto, non � possibile isolare la clausola finale dall'economia contrattuale e non � nemmeno pensabile una sua eventuale eccessiva onerosit� quando non possa pi� riferirsi all'equilibrio sinallagmatico che regge ogni rapporto contrattuale con prestazioni corrispettive, ormai, nella specie, del. tutto adempiute nel passato. L'onerosit� di una clausola non pu� essere valutata in senso assoluto, ma soltanto in rapporto a tutte le prestazioni contrattuali di ambedue le parti; prestazioni che, nella fattispecie, non sono omogenee, ma sono di diversa natura e ormai esaurite completamente. Manca pertanto ogni presupposto per l'applicazione dello art. 1467 e.e. In realt� l'applicazione della norma inciderebbe proprio sul potere della P.A., poich� potrebbe portare all'assurda conseguenza di riconoscere il diritto della Societ� a non consegnare allo Stato il materiale rotabile, svuotando cos� di contenuto il potere di riscatto. Che se poi, secondo la tesi prospettata dalla Societ�, il potere sussistesse ancora e con esso l'obbligo della Societ� di consegnare il materiale rotabile, mutandosi soltanto le modalit� e la misura dell'indennit�, non si avrebbe una risoluzione della clausola, ma soltanto una sua modificazione consistente in una reductio ad aequitatem non consentita dall'art. 1467 e tanto meno rientrante nella competenza del Collegio che, per espresso patto della Convenzione (art. 48 ultimo comma), deve giudicare soltanto secondo le regole di diritto. (Omissis). (Omissis). -La societ� ha sottoposto al Collegio la questione se le aree a suo tempo acquistate o espropriate, ma ri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sultate p01 m realt� esuberanti alle necessit� della rete ferroviaria e pertanto non utilizzate, debbano essere consegnate all'Amministrazione al momento del riscatto, ovvero debbano rimanere alla societ�, costituendo -essa ritiene -una sua pro' priet� privata. Nel merito occorre in primo luogo osservare che la questione non concerne -per concorde riconoscimento delle parti i terreni acquistati dalla societ� per la costruzione delle linee a rimborso di spesa, intestati in catasto alla societ� con vincolo di riversibilit� allo Stato; ma riguarda soltanto le aree espropriate o acquistate per la costruzione di linee con fondi forniti dallo Stato a forfait (art. 5, 11 e 13 della Convenzione) per i quali tale vincolo non � iscritto. Nessun dubbio che l'intera rete ferroviaria, senza distin zione fra tronchi costruiti a rimborso di spesa e tronchi co struiti a forfait, � devoluta ipso jure e gratuitamente allo Stato per effetto del riscatto, ai sensi dell'art. 186 del t.u. 9 mag gio 1912, n. 1447. I Ma quid per le aree non utilizzate? I' Anzitutto il Collegio osserva che la circostanza che attualmente dette aree non siano utilizzate non comporta una presunzione assoluta della loro inutilizzabilit� nel futuro, poich� non � detto che diversi criteri _organizzativi e nuove necessit� del traffico non rendano necessari per le pili varie esigenze quegli ' stessi terreni. Per individuare tali terreni la societ�, mentre in un primo tempo li ha identificati in quelli contemplati nell'art. 60 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 (e per analogia anche in quelli acquistati e non espropriati che si trovano nella stessa situa zione), in un secondo tempo li ha in parte indicati come quelle frazioni residue dei terreni, di cui il proprietario ha diritto di chiedere l'espropriazione perch� ridotte dall'espropriazione dell'area principale in modo tale da non poter pi� avere una utile destinazione, come previsto dall'art. 23 della stessa legge del �1865. Senonch�, nel primo caso non si vede come e perch� possa sostituirsi al proprietario espropriato nel promuovere la di chiarazione prefettizia che i beni pi� non servono all'opera pubblica come previsto nell'ultimo comma della ripetuta legge del 1865, quando di tale dichiarazione dovrebbe beneficiare non l'originario proprietario dell'area ma la societ� stessa espro priante; inoltre � chiaro che la inutilit� deve risultare da una valutazione tecnico-discrezionale e da un decreto formale della � PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145 autorit� governativa e non pu� giuridicamente fondarsi su una semplice, apodittica opinione della societ�. Nel secondo caso la societ� non ha dimostrato che alcuna delle aree, che assume inutilizzate, sia proprio una di quelle di cui il proprietario ha imposto l'esproprio, non sapendo pi� che farsene, valendosi della facolt� prevista dall'art. 23 della legge 1865. D'altra parte, anche per queste aree -non comprese nel primitivo piano per la costruzione della rete -non si pu� escludere in modo assoluto che non possano servire in futuro alle necessit� della ferrovia. Ma siffatte osservazioni marginali non colpiscono ancora lessenza della questione. Per l'art. 186 del t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, e successive modificazioni, alla scadenza della concessione -e quindi anche al momento del riscatto -la societ� �deve consegnare al Governo in buono stato la Strada ferrata, le opere componenti la medesima e le sue dipendenze �, tra le quali annovera espressamente � in generale qualunque altro immobile che non abbia per destinazione distinta e speciale il servizio dei tn1.sporti �. Quanto alle aree espropriate in base alla dichiarazione di pubblica utilit� emessa implicitamente col decreto di concessione, ai sensi dell'art. 21 del citato t.u. per gli effetti dello art. 438 (ora 834) del e.e. e delle leggi 25 giugno 1865, n. 2359 e 18 dicembre 1879, n. 5188 sulle espropriazioni, � chiaro che la societ� non potrebbe mai conservare, dalla data di trasferimento allo Stato della rete ferroviaria, la propriet� di terreni a suo tempo espropriati per una causa di pubblico interesse e da considerarsi pertinenza della ferrovia, di cui seguono le sorti. Che se poi fosse intervenuto il decreto prefettizio che dichiarasse che i beni suddetti non pi� servivano all'opera pubblica, � altrettanto evidente -come si disse -che ne beneficierebbe l'antico proprietario espropriato, ma non la societ�. Comunque l'osservazione decisiva � la seguente: Le aree in questione furono tutte, senza distinzione, acquistate a forfait con fondi dello Stato, sia quelle espropriate, sia quelle acquisite dalla societ� con comuni contratti di compravendita. Se anche le previsioni del piano di costruzione della rete fossero state formulate con una certa larghezza e conseguentemente anche i fondi messi a disposizione dallo Stato fossero serviti a procurare terreni di ampiezza che oggi si pretende superiore a quelle che poi si manifestarono le reali esigenze del servizi� ferroviario, in linea di diritto non � dubbio che tutti gli immobili acquisiti coi fondi dello Stato a forfait RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ 146 . per il fine pubblico della costruzione d�lle ferrovie debbano i~ i 'blocco trasferirsi gratuitamente allo Stato al momento del ri' I, scatto (cos� come sarebbe avvenuto alla scadenza della concessione per l'art. 186 del t.u.) senza po~sibilit�, sotto il p;of�lo giuridico, di una prova contraria circa la loro effettiva destinazione ed utilizzazione. (Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, .17 maggio 1963, n. 1269 - Pres. Varallo -Est. Favara -P.M. Colli -Ministero Finanze c. Sinigaglia. Imposta di registro -Case di nuova costruzione -Agevolazioni previste dall'art. 18 della legge n. 408 del 1949 -Contratti_di mutuo stipulati, per la costruzione di case di abitazione, prima dell'entrata in vigore. della legge ma dopo l'entrata in vigore del d.1.1. 2<,l aprile 1946 n. 350 -Applicabilit�. Per la ultrattivit� prevista dall'art. 4 del d.l.l. 24 aprile 1946, n. 350, col quale gli edifici costruiti dopo l'entrata in vigore del decreto medesimo vennero ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura che avrebbero potuto essere concesse con successivi provvedimenti, va dichiarata l'applicabilit� dei benefici previsti dall'art. 18 della legge 2 luglio 1949 n. 408 anche ai contratti di mutuo, per la costruzione di quegli edifici, stipulati prima dell'entrata in vigore della legge stessa (1). (Omissis). -Devesi, pertanto, passare all'esame dell'unico motivo del ricorso principale con cui si censura la sentenza, denunziando violazione ed errata applicazione degli artt. 18 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, delle disposizioni sulla legge in genere e 4 del d.l. 24 aprile 1946, n. 350 e si sostiene che la sentenza avrebbe errato nel ritenere applicabili ai contratti di mutuo in questione, per la ricostruzione di immobili, la maggiore (1) In tema di applicabilit� delle agevolazioni della L. n. 408 tlel 1949 ai contratti anteriori alla legge. Con questa sentenza la Cassazione ha ritenuto applicabili le agevolazioni tributarie previste dall'art. 18 I. 2 luglio 1949 n. 408 ai contratti di mutuo, relativi ad edifici per uso di abitazione, anche se stipulati prima dell'entrata in vigore della legge, ma dopo l'entrata �in vigore del cl.l.l 24 aprile 1946 n. 350. Il ragionamento � stato il seguente: l'applicazione delle agevolazioni discende non da una retroattivit� della I. n. 408, bens� da una ultrattivit� dell'art. 4 del d.1.1. n. 350, secondo il quale �gli edifici (costruiti dopo l'entrata in vigore di tale decreto) saranno ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potranno essere concesse per le nuove costruzioni con successivi provvedimenti �: - 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agevolazione prevista dall'art. 18 della legge n. 480 del 1949, quando questa non era ancora entrata in vigore al momento della stipulazione del mutuo. Sarebbe, perci�, a parere della ricorrente Amministrazione, stato violato il principio dell'irretroattivit� della legge, non giovando il richiamo all'art. 4 del 'd.l. 24 aprile 1946 n. 350, la sua entrata in vigore, cosicch� potrebbe venire in considerazione solo l'esenzione venticinquennale dell'imposta fabbricati, di cui all'art. 13 della L. n. 408 del 1949, al quale soltanto si riferisce l'articolo 23 successivo nello stabilire la eccezione alla regola della irretroattivit�; ci� risulterebbe ancora pi� manifesto dal testo modificato, di cui alla legge n. 1082 del 1954. Le censure del mezzo sono infondate. Poich�, infatti, per effetto dell'art. 4 del d.l. 24 aprile 1946, n. 350, le costruzioni di edifici effettuate dopo l'entrata in vigore del decreto stesso dovevano ritenersi ammesse a go- In tal modo l'art. 4 sarebbe una norma in bianco (cos� definito dalla Commissione Centrale, 13 novembre 1957 n. 98072, Riv. giur. ed., 1959, I, 175, con nota di U. GARGIULO), che opera un rinvio ricettizio di tutte le agevolazioni che norme successive all'entrata in vigore del d.l. n. 350 po tranno prevedere, rinviando cos�, in particolare, ai benefici concessi alle costruzioni ad uso di abitazione dalla 1. n. 408 (art. 18). Codesto ragionamento non pu� condividersi per due decisivi rilievi. Anzitutto la legge, laddove prevede che gli edifici saranno ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura, ha inteso, evidentemente, riferirsi ai benefici dal pagamento di imposte di qualsiasi natura che colpiscono gli edifici; e la imposta che colpisce l'edificio � l'imposta fabbricati, con le relative sovraimposte, cio� l'imposta che colpisce l'im mobile, non l'imposta che inerisce al contratto di mutuo o di trasfe.. rimento dell'immobile. Ci� � confermato dal criterio di collegamento, che il legislatore ha inteso poi stabilire, tra la norma di rinvio (d. n. 350) e la norma cui si rinvia (1. n. 408), avendo precisato nella 1. 29 ottobre 1954, n. 1082 che il beneficio (di cui al precedente articolo 13) � esteso alle costruzioni, ampliamenti, ricostruzioni, la cui esecuzione sia iniziata dopo l'entrata in vigore del d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350. In tal modo, attra verso la norma di collegamento, l'agevolazione tributaria � stata limitata al beneficio dell'art. 13, e cio� all'esenzione dall'imposta fabbricati. � Occorre poi osservare (e cos� veniamo al secondo rilievo) che l'esten sione del rinvio, intesa dalla Cassazione, anche alle agevolazioni che ine riscono ai contratti (imposte di registro, ipotecaria) darebbe al citato art. 4 del d. n. 350 un significato quanto mai ampio e impreciso, che il legislatore, in materia di benefici fiscali, non ha mai usato. Se infatti si esaminano le varie norme che prevedono agevolazioni tributarie, esse, anche in relazione alla loro interpretazione restrittiva, indicano in modo tassativo l'atto cui si riferiscono e la specie dell'imposta, di cui inten dono concedere una riduzione o l'esenzione; cos� ad es. r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, art. 166: � per le compravendite di case costruite entro il 31 dicembre 1938 la tassa di registro � ridotta ad un quarto della misura �~ PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 dere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potevano essere concesse per le nuove costruzioni in virt� di successivi provvedimenti, alle costruzioni degli anzidetti edifici si deve altres� ritenere estesa -fra le altre -l'agevolazione di cui all'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408, per la quale i contratti di mutuo stipulati per le costruzioni stesse, alle condizioni IVI previste, sono assoggettati al pagamento dell'imposta di registro e di quella ipotecaria ridotte ad un quarto. � Nella specie, infatti, la Corte di Torino non ha mancato di accertare, con insindacabile giudizio di merito, che le costruzioni in parola si riferivano ad un edificio sinistrato per eventi bellici, in relazione al quale l'attuale resistente non si era limitato soltanto alla ricostruzione della parte distrutta, ma aveva, altres�, ampliato l'edificio� stesso, costruendo vari alloggi in piano sopraelevato, per uso di abitazione non di lusso. La Corte ha perci� verificato l'esistenza, in punto di fat ordinaria �; art. 169: � la tassa di registro sui contratti di appalto... � ridotta alla met� della misura normale �; I. 9 agosto 1954 n. 640, art. 14: �gli atti ed i contratti occorrenti per l'attuazione della presente legge sono esenti dall'imposta di bollo ... �; art. 15 : � sono concessi il beneficio dell'imposta fissa di registro e quella della riduzione al quarto dell'imposta ipotecaria per gli acquisti di aree e per i contratti di appalto ... �. E' infine da rilevare che la ultrattivit�, nel significato inteso dalla Cassazione, si risolverebbe in una applicazione indefinita dei benefici, quasi a catena, di cui sarebbe difficile individuare la fine. Infatti l'agevolazione dovrebbe riguardare anche l'imposta sul contratto di appalto dei lavori; e poi le imposte relative agli atti di garanzia, e quindi agli atti di finanziamento; e poi ancora l'imposta sul contratto di acquisto dell'area edificabile, che, una volta eseguita la costmzione, fa parte dell'edificio (!"area � stata inspiegabilmente esclusa dal beneficio dalla Comm.ne Centrale con la citata decisione); e cos� via. Codesta interpretazione � ben lontana dal significato proprio racchiuso nell'art. 4 e in generale espresso, come si � visto, nelle norme che prevedono benefici fiscali. Non � superfluo rilevare che il principio affermato dal Supremo Collegio porterebbe, nella sua applicazione pratica, alla seguente situa� zione abnorme: nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del d. n. 350 del 1946 e l'entrata in vigore della 1. n. 408 del 1949, vi possono essere contratti di mutuo, di trasferimento, di appalto, riguardanti edifici per uso di abitazione, sui quali legittimamente la p.a. ha applicato la tassa di registro ordinaria e ne ha richiesto il pagamento, definendo cos� H rapporto tributario, e contratti della stessa specie, dello stesso oggetto, sui quali la p.a. ha applicato la tassa e ne ha richiesto il pagamento che, in seguito all'opposizione del contribuente, non ha avuto luogo, rendendo cos� ancora controverso il rapporto tributario. Ora, seguendo il ragionamento della Cassazione, per effetto di una affe~~ta 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to, di tutti gli estremi richiesti dall'art. 4 del d.l. 24 aprile 1946 n. 350, per la applicabilit� delle successive agevolazioni fiscali, nonch� h sussistenza dei requisiti posti dall'art. 18 della legge 2 .luglh; 1949, n. 408 ed invano, perci�, la ricorrente Amministrazione contesta gli accertamenti medesimi, insindacabili in questa sede, perch� correttamente motivati, ed esenti da ogni errore di diritto. �In queste circostanze, non � a parlare di una irretroattivit� della legge fiscale (e, si noti, che uno dei mutui in questione era del 13 luglio, quando la legge n. 408 era del 2 lu �glio, anche se entrata successivamente in vigore), quanto di una applicazione delle agevolazioni da essa previste a costruzioni eseguite dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 350 del 1946, per effetto della ultrattivit� stabilita dall'art. 4 del provvedimento stesso e dell'estensione alle costruzioni stesse d'ogni ulteriore beneficio di legge fiscale successivamente concesso, di ultrattivit� del d. n. 350, limitata al periodo sopraccennato, la p.a., in relazione alla prima categoria di contratti, si troverebbe costretta ad accogliere istanze di rimborso di imposte, le quali, se �si ha riferimento al momento della loro applicazione, sono state legittimamente pagate, perch� non ancora emanata la 1. n. 408 (e ci� ripropone in discussione rapporti ormai esauriti, superando anche il termine entro il quale il rimborso va chiesto); mentre, per la seconda categoria di contratti, sol perch�.� il contribuente ha proposto opposizione all'ingiunzione di pagamento, che � stato cos� ritardato, la p.a. si troverebbe costretta a revisionare l'applicazione della imposta in base alle nuove norme della 1. n. 408, successive alla di;ita di stipulazione dell'atto (e ci�, tra l'altro, contrasta col principio che tien conto della data dell'atto ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, che � tassa di atto). E' appena il caso di aggiungere che la Comm.ne Centrale, con la richiamata decisione, si � resa conto delle accennate difficolt�, teoriche e pratiche, e le ha risolte, ,in modo sommario, affermando l'ammissibilit� in ogni caso del rimborso e l'applicazione, ai rapporti controversi, dei benefici della I. n. 408. La questione verr� pertanto riproposta all'esame del Supremo Collegio, limitatamente per� a quegli atti che siano stati stipulati prima del .l'entrata in vigore della 1. n. 408. In ordine ad essi, infatti, si potr� sostenere che, colpendo l'imposta di registro l'atto, i benefici di cui agli artt. 14, 17, 18, non ancora in vigore quando l'atto fu stipulato, non sono applicabili. Ove mai l'atto sia stato posto in essere dopo l'entrata in vigore, della 1. n. 408, e la costruzione dell'edificio sia stata iniziata prima di tale entrata in vigore, la tesi sovraesposta� non appare sostenibile, sia perch� i benefici degli artt. 14, 17 e 18 erano gi� in vigore, sia perch� l'art. 13 (cui l'art. 17 rinvia), nel sancire che la costruzione sia iniziata entro Il 31 dicembre 1963, non ha inteso, con certezza, escludere dal beneficio le costruzioni iniziate prima della sua entrata in vigore. U. GARGIULO 151 PARTE I, SEZ V, GIUIUSPRUDENZA TRIBUTARIA cui, se m�i, l'art. 23 della legge n. 408, del 1949, forma un'applicazione (con lievi varianti nei requisiti temporali) e non lina i;estrizione, con un'estensione ulteriore a tutte le abitazioni considerate nell'art. 13, anche se non formanti (come quelle di specie) unico edificio. Comunque considerato, perci�, il mezzo in esame � privo di fondamento e va respinto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963, n. 2737 -Pres. Vistoso -Est. Malf�tano -P.M. Gedda (conf.) -Soc. Borovier Toso c. Finanze Stf!rn Imposta generale sull'entrata -Movimento di danaro soggetto all'imposta -Presupposti e condizioni -Inesistenza di un aumento di ricchezza per l'accipiens e concreta non esercitabilit� del diritto di rivalsa � -Irrilevanza. (1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1 e segg.). �Imposta generale sull'entrata -Cessione di beni -Restituzione degli stessi beni al venditore contro restituzione o accredito del relativo importo -Atto economico autonomamente imponibile -Limiti. (1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1, 2). Imposta generale sull'entrata -Entrate a titolo di capitale non soggette all'imposta -Nozione. (1. 19 giugno 1940 n. 762, art. 1, 3" co., lett. a). E' soggetto all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento di danaro, al lordo, che abbia luogo in collegamento od in occasione di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, indipendentemente dall'aumento di ricchezza che ne derivi all'accipiens ed indipendentemente dalla concreta esercitabilit� del diritto alla rivalsa. L'accredito all'acquirente dell'importo di merci dallo stesso restituite al venditore (produttore o commerciante) d� luogo ad entrata imponibile, quando non avvenga nell'ambito dello stesso atto economico, non ancora esaurito, che legittim� la prima consegna delle merci stesse, ma rappresenti l'esecuzione, da parte di uno dei contraenti, di un atto economico diverso e distinto (1). (1-2) Dato il principio per il quale il fatto generatore del diritto alla percezione dell'ige � l'entrata in danaro, conseguita in corrispondenza della - 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La disposizione dell'art. 1 lett. a) della legge 19 giugno 1940, n. 762, che dichiara non soggette all'imposta le somme introitate� a titolo di capitale, riguarda i corrispettivi riscossi per la vendita di beni, che siano stati in precedenza acquistati a scopo di inve1stimento, e cio� i corrispettivi che rappresentino il recupero di capitali impiegati in un determinato modo (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la societ� Barovier e Toso fosse obbligata a corrispondere l'imposta generale sull'entrata sulle somme da essa accreditate ai propri clienti a seguito della restituzione di oggetti di vetro rotti, fuori moda o invendibili agli stessi forniti. Al riguardo si deduce che, in coerenza con il principio I sancito nella legge istitutiva dell'I.G.E., secondo cui non vi � I" entrata imponibile se non in corrispondenza d'una cessione '. di beni o d'una prestazione di servizi, non pu� dar luogo ad entrata imponibile la restituzione di merci al venditore di-I pendente dalla risoluzione del contratto di vendita, in quanto r tale restituzione non costituisce una cessione di beni, ma un � � facere � dovuto all'annullamento di questa, il quale, se com-Wl cessione di beni o di servizi ricevuti o da ricevere, indipendentemente dalla ~j ricorrenza in concreto di un effettivo aumento di ricchezza (cfr. Cass., ,~ n. 13'9/63; 803/59; 474/53; 2994/63; 1884/52; 2059/52), la soluzione adottata � la conseguenza necessitata di due dati obiettivi. � L'uno dato dal mancato condizionamento del rapporto giuridico di ~?: imposta� al rapporto di rivalsa sancito dall'art. 6 della I. 19 giugno 1940 ~:: n. 762; l'altro dato dalla esclusione, per i casi presi in esame, di entrata ru,=:.: a titolo di capitale. ~== Il rapporto di rivalsa �, nell'economia dell'art. 6 citato, concepito lli come una conseguenza del rapporto di imposta gi� sorto, giacch�, mentre ~ quest'ultimo � collegato al verificarsi dell'entrata, il primo trova il suo ~ antecedente logico e giuridico nel rapporto d'imposta e nel conseguen-~ ziale pagamento del debito. ffi N� la disciplina legislativa relativa all'imposta entrata contiene di-!fil sposizione alcuna che, in contrasto con la rilevata natura dei rapporti, I possa portare a ritenere il contestato condizionamento (cfr. Cass., Sez. I, n. 765/60; 59�8/62; 803/59). � Il presupposto della entrata a titolo di capitale � l'acquisto di un 1�== bene allo scopo di investimento. Tale presupposto, in caso di rivendita, :i si verifica solo quando, a seguito di quest'ultima, si attua il recupero llji del capitale prima impiegato. Nulla di tutto ci� nei casi in cui si pone t' in essere un atto economico uguale e contrario a quello che ebbe a ;:~= formare materia tassabile. i~== L'assoluta identit� dell'attivit� economica -retrocessione e cessio-~=~ ne -esclude, infatti, che, per l'inversione della posizione dei soggetti, f,.~, si possa avere un diverso regime giuridico di una medesima imposta. "' .. -~~ -~ "., �=~ PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA porta la restituzione da parte del venditore delle somme ricevute come corrispettivo della cessione, d� luogo non ad un'entrata in senso tecnico, ma a un semplice movimento di capitali che secondo la disposizione di cui all'art. 1 della citata legge non costituisce entrata. La censura � infondata. Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, la legge assoggetta all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento di danaro, al lordo, sempre che sia collegato od occasionato da una cessione di beni o da una prestazione di servizi, ab~ bia, poi, arrecato o non all'accipiens un aumento di ricchezza; e la circostanza che il diritto alla rivalsa n:on sia o non possa. essere esercitato non pu� avere alcuna giuridica rilevanza ai fini dell'insorgenza dell'obbligazione tributaria (v. sent. n. 803 del 1959 e 589 del 1962). In coerenza con questi principi deve ritenersi che la restituzione di merci a un produttore o a un commerciante da parte di colui che le ha acquistate non costituisce un atto che in ogni caso d� luogo a una entrata imponibile. Invero, ci� si verifica soltanto nell'ipotesi in cui la restituzione non avvenga nell'ambito dello stesso atto economico, non ancora esaurito, che legittim� la prima consegna della merce, ma rappresenti l'esecuzione, da parte di uno dei contraenti, d'un atto economico diverso e distinto da quello che dette luogo a tale consegna, � perch� in tal caso si � in presenza d'un nuovo atto economico che produce una nuova entrata, la quale giustifica una nuova � imposizione. Nella specie, la Corte di merito si � uniformata a questi principi perch�, accertato con incensurabile apprezzamento di fatto che la restituzione di merci alla Barovier e Toso, avvenuta dopo molti anni dalla consegna, non si era verificata nell'ambito economico che determin� tale consegna il quale aveva avuto piena e intera esecuzione ma costituiva un nuovo atto economico, diverso dal primo, per effetto del quale la Barovier e Toso aveva corrisposto ai restituenti delle somme di danaro, ha ritenuto che questo movimento di danaro fosse assoggettabile all'imposta sull'entrata. . N� pu� sostenersi che, nella specie, non si sarebbe verificata un'entrata suscettibile d'imposizione, trattandosi di somme introitate a titolo di capitale e, in quanto tali, non assoggettabili al tributo per la disposizione di cui all'art. 1 lett. a) della I. 19 giugno 1940, n. 762, perch� presupposto di questa norma � che il bene sia stato acquistato allo scopo di investimento di capitali, sicch� la successiva vendita, con conseguente - 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma sol154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma soltanto il recupero di un capitale impiegato in un determinato modo, mentre nel caso in esame si � verificata una retrocessione di merci con recupero di danaro, cio� un atto identico alla cessione verso danaro. Non vale, poi, rilevare che la ricorrente non pu� esercitare pi� il diritto di rivalsa dell'imposta nei confronti dei clienti che le restituirono le merci, perch� tale impossibilit�, come si � affermato innanzi, non ha giuridica rilevanza ai :l;�ni dell'insorgenza dell'obbligo d'imposta. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2744 -Pres. Vistoso -Est. Malfitano -P.M. Gentile (conf.) Caravita c. Finanze Stato. Esecuzione fiscale -Riscossione delle imposte dirette -Delegato governativo per la gestione esattoriale -Diretta riferibilit� dell'attivit� del delegato all'Amministrazione delle Finanze -.conseguenze circa l'onere delle spese dei giudizi relativi alla riscossione e circa la legittimazione a proseguire i giudizi in corso all'atto della cessazione dell'attivit� del delegato. (r.d. 15 settembre 1923 n. 2090; d.l. C.P.S. 5 ottobre 1947 n. 1233). Il delegato governativo per la riscossione delle imposte dirette, a differenza dell'esattore, il quale � un appaltatore che agisce in nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante dell'Amministrazione dello Stato, ed il rapporto che si instaura tra questa ed il delegato medesimo deve ritenersi non diverso da quello, di rappresentanza organica, che sussiste relativamente agli altri funzionari. Conseguentemente; l'Amministrazione d,elle Finanze risponde delle spese, cui sia condannato il delegato nei giudizi relativi alla riscossione, ed alla stessa - 1e non gi� all'esattore successivamente nominato -spetta la legittimazione a proseguire detti giudizi in sostituzione del delegato la cui attivit� sia cessata (1). (1) �Le soluzioni di carattere processuale adottate nella riportata sentenza sono la conseguenza necessitata della figura giuridica riconosciuta al delegato per la riscossione nella gestione delle esattorie vacanti. Investito delle funzioni a norma degli artt. 23 e segg. del reg. approvato con il r..d. 15 settembre 1~23 n. 2090 e 1 e segg. del d.l. 5 ottobre 1947 il delegato per la� riscossione � legato alla Amministrazione da un rapporto che, differenziandosi, nella sostanza e nella forma, da quello dell'esattore, richiama l'istituto della rappresentanza organica. Chiamato PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 (Omissis). -Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per aver respinto la eccezione di inammissibilit� dell'appello sul rilievo che la cessazione della gestione provvisoria del delegato governativo di un'esattoria non d� luogo a successione. Al riguardo si deduce che il titolare dell'esattoria che succede al delegato governativo assume � ope legis � le rate di imposte e di tasse scadute e non riscosse durante l'esercizio del delegato ed ha, quindi, interesse nel giudizio concernente la sussistenza del credito di imposta e la nullit� dell'avviso di mora.� Si aggiunge che il nuovo titolare dell'esattoria non � un cessionario di tanti crediti quanti sono quelli da riscuotere, �ma il titolare del rapporto di esattoria con tutte le conseguenze che ne derivano e che, cessata la gestione del delegato governativo, si ripristina automaticamente il rapporto� � ordinario di riscossione delle imposte al quale � interessato il nuovo esattore. La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto ritenere che, nella specie, si versasse nell'ipotesi d1 successione universale nel processo prevista dall'art. 110 cod. proc. ad agire non in rappresentanza dell'esattore, ma in mancanza di esso, � nominato con decreto ministeriale, � passibile di revoca o di sostituzi�ne, � sottoposto alla � continua vigilanza � del Prefetto e dell'Intendente di finanza. E' scelto. nell'ambito dell'Amministrazione Finanziaria, � retribuito in misura fissa mensile e, per l'attivit� svolta, � tenuto al rendiconto mensile delle riscossioni e dei versamenti, nonch�, a chiusura dell'anno fornnziario, al rendiconto della gestione, con l'osservanza, per la parte�� erariale, delle norme di contabilit� di Stato, da sottoporsi al giudizio della Corte dei Conti. Non presta cauzione, non risponde del non riscosso per riscosso e svolge la sua attivit� con le modalit� prescritte dal Ministro delle Finanze nella normale n. 29 del 1929 (Giustizia Tributaria, 1929, 608) che, nel ribadire il richiamo alla contabilit� mensile, dispongono in ordine alla spettanza agli enti impositori delle multe per mora. Dal che la necessaria catalogazione del delegato fra i rappresentanti dell'Amm.ne, per conto e nell'interesse diretto della quale svolge la sua funzione, e la conseguente riferibilit� all'Amm.ne stessa dell'attivit� in concreto svolta. La qual �cosa, affermata da~la Cassazione romana nel lontano 1911 nella sentenza Finanze c. Pistolesi, Giur. it. 1911, I, I, 410, ha trovat� conferma nella sentenza n. 3506 del 1955 della Corte di Cassazione: riportata� con nota di SCANDALE, Giur. it., 1956, 1, 416 ed � condivisa dalla dottrina. In particolare BERLIRI, Principi di diritto tributario, 1, 173, 175; LA PORIA, La .riscossione delle impo$te dirette, 341-343; SCANDALE, La riscossione delle imposte dirette, VIII ed., 85 e segg.; Coc1VERA, Guida alle imposte dirette, III ed., 141. - 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO civ. e, conseguentemente, dichiarare inammissibile l'appello per non avere l'Amministrazione provveduto, nel termine di legge, alla riassunzione del processo interrotto nei confronti dell'Esattore. La censura � infondata. La Corte di merito ha esattamente respinto la eccezione di inammissibilit� dell'appello per la mancata riassunzione del processo nei confronti dell'esattore succeduto al delegato governativo in quanto, cessata nel corso del processo l'attivit� di quest'ultimo, legittimata alla prosecuzione del processo, in sostituzione di lui, era la stessa Amministrazione delle Finanze, per conto e nell'interesse della quale il delegato agiva. Invero, dalle varie disposizioni del Regolamento approvato con il r.d. 15 settembre 1923 n. 2090, concernenti i delegati per la riscossione delle imposte, si desume che il delegato, a differenza dell'esattore il quale � un appaltatore che agisce in nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante dell'Amministrazione dello Stato, incaricato della riscossione delle imposte, la cui attivit� � ad essa direttamente riferibile. Le disposizioni, infatti, secondo le quali il delegato pu� essere revocato dall'incarico in qualsiasi momento, non risponde del non riscosso per riscosso, non presta cauzione, deve rendere il conto delle riscossioni e dei versamenti ogni mese e deve, alla chiusura dell'anno finanziario, rendere il conto della gestione per la parte erariale, secondo le norme della contabilit� generale dello Stato, conto che viene poi sottoposto all'esame della Corte dei Conti, sono chiaramente indicative dell'affermata figura giuridica del delegato per la riscossione delle imposte e pongono in evidenza la differenza tra tale figura e quella dell'esattore. La figura giuridica di rappresentante dell'Amministrazione dello Stato, peraltro, � stata gi� riconosciuta al delegato per la riscossione dei tributi dalla dottrina e da questa Corte Suprema, la quale nella sentenza n. 3506 del 1955 ha affermato la responsabilit� dell'Amministrazione delle Finanze per le spese giudiziali, alle quali sia stato condannato il delegato nei giudizi relativi alla riscossione, sul presupposto che tra lo Stato e il delegato alla riscossione dei tributi si instaura un rapporto di rappresentanza organica, che non � diverso da quello che sussiste relativamente agli altri funzionari. Nella specie, quindi, cessata la gestione del delegato nel corso del giudizio, i poteri conferiti a quest'ultimo venivano riassorbiti dall'Amministrazione dello Stato delegante e, poi- I I @ ~=i ' ' ' . ;::; II ~ !~ I Iij IiI ~ ru I ~; i i 1:: f?i !;! ~ i I fil f�l ~ ~ ~ ~ ~ ID I ~ I f:1 i:= ~l ~.....M?#llMlr��l��t�..;:::8 PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 ch� questa era costituita in giudizio, nessuna influenza poteva avere sulla prose�uzione del processo il fatto che la gestione del delegato era venuta a cessare. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2745 - Pres. Torrente -Est. Caporaso -P.M. Tavolaro (conf.) -Soc. Manifatture Tessile di Sovico c. Finanze Stato. Imposta di registro -Societ� -Aumenti di capitale per fusione di societ� o concentrazione di aziende sociali -Tassa fissa -Presupposti. O. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). Imposta di registro -Aumenti di capitale per fusione o concentrazione di aziende -Contemporaneit� e strumentalit� delle operarazioni ai fini dei benefici fiscali -Nozione -Fattispecie. (1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). Imposta di registro ~ Strumentalit� dell'aumento di capitale rispetto alla fusione di societ� o alla concentrazione di aziende sociali Necessit� che la prova del requisito, ai fini dei benefici fiscali, risulti dall'atto sottoposto a registrazione -Insussistenza. (1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 8). Il beneficio della registrazione a tassa fissa delle deliberazioni di aumento di capitale sociale, adottate in contemplazione della fusione con altra societ� o di concentrazione di aziende sociali, � subordinato a due presupposti essenziali: che siano contemporaneamente deliberati l'aumento di capitale e la fusione o concentrazione,� che l'aumento di capitale sia in funzione esclusiva della fusione o concentrazione (1). {1-3) Nella riportata sentenza l'affermazione per la quale la contemporaneit� fra aumento di capitale e fusione di societ� possa ricavarsi indifferentemente dalla deliberazione societaria sulla fusione ovvero dall'atto conclusivo della fusione stessa, determina qualche perplessit�. Tale affermazione parte del presupposto che la contemporaneit� fra aumento di capitale e assorbimento delle due societ� sia stata richiesta dalla legge n. 603 del 1954 al solo scopo di acquisire la certezza del carattere strumentale dell'aumento di capitale, con la conseguenza che, deliberato l'aumento stesso, la registrazione beneficiata opera anche se [a fusione segue a distanza di tempo, e sia fornita la prova della effettiva e reale sua destinazione. Ci� � indubbiamente vero, ma, ai fini del trattamento di favore fi� - 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La contemporaneit� dell'aumento di capitale e della fusione di societ� o concentrazione di aziende sociali, richiesta dalla legge ai fini del beneficio dell'applicabilit� delle tasse fisse di registro (ed ipotecarie) non va intesa in senso rigorosamente cronologico e deve �ritenersi sussistente anche se rilevabile rispetto ad atti che costituiscano antecedente logico e necessario di quelli conclusivi dell'operazione che il legislatore ha inteso favorire (E' stata ritenuta sussistente la contemporaneit� per un aumento di capitale deliberato in concomitanza con la deliberazione assembleare di fusione anzich� con il contratto relativo alla fusione medesima) (2). La prova che l'aumento di capitale sia effettivamente diretto ed idoneo ad agevolare la fusione di societ�, e ci� ai fini dei benefici fiscali concessi a tale scopo, pu� essere acqui~ sita, oltre che sulla base degli elementi risultanti dalla deliberazione sottoposta a registrazione, anche con autonomi mezzi. 'come in ogni ipotesi in cui devesi provare l'esistenza di determinati presupposti di fatto cui sia subordinata la concessionP di un beneficio, semprech� la legge non fissi un termine di decadenza per esibire la documentazione giustificativa (3). (Omissis). -Contro la sentenza hanno proposto ricorso sia il contribuente (allegando la regolare bolletta di deposito n. 713 oltre quella n. 715 che riguarda le spese di giustizia nelle fasi precedenti), che l'Amministrazione delle Finanze, reciprocamente contestando la interpretazione che la Corte ha dato all'art. 29 della legge fiscale 6 agosto 1954 n. 603. I due ricorsi devono necessariamente essere riuniti e possono essere trattati contemporaneamente, poich� sia l'uno che l'altro sono diretti a stabilire quali siano i requisiti obiettivi "(>er poter fruire della registrazione a tassa fissa delle delibe scale, lo scopo va armonizzato con la lettera della legge e con la inter pretazione, che alle singole norme va data secondo l'art. 14 delle dispo sizioni sulla legge in generale. � La lettera della legge, infatti, laddove postula il trattamento di favore per gli atti di fusione e per i contemporanei aumenti di capitali delibe rati in funzione esclusiva e diretta della fusione, posta in relazione alla disciplina civilistica dell'istituto della fusione delle societ� e partico larmente degli atti conclusivi del procedimento di fusione, � indicativa nel senso che la contemporaneit� debba sussistere con l'atto che attua l� !'usione e non con quella che la prevede, con manifestazione di volont� interna di una delle societ�, soggetto della fusione stessa. Il contesto dello� articolo di legge precisa, che beneficiati sono l'atto di fusione ed il con temporaneo aumento di capitale ed atto di fusione � auella conclusivo. -�~ ��.. Wfi.[@fffe7#f1ff.f"'W='-�tt@?�X<'".@::1'~7"".<''<Wif.ft'=7.,."'"="'ff'""""'''%f:WI-="fl"~W/.'Wf-:Yfl"7t/.W.fff�""='='*"'h'/.'�"1jifW:W%0.''"'f,:FWP"0'W"='='"%'�' 159 PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA razioni di aumento di capitale sociale adottate in contemplazione e per attuare la fusione con altra societ�. La norma richiamata dalle parti � del seguente tenore: � gli atti di fusione... sono soggetti all'imposta di registro o � ipotecaria in misura fissa; l'imposta fissa � applicabile anche �ai contemporanei aumenti di capitali deliberati per facilitare �le fusioni e le concentrazioni e in occasione di queste�. Tale trattamento di favore � dunque subordinato a due presupposti essenziali: a) che .siano contemporaneamente deliberatt l'aumento di capitale e la fusione o concentrazione; b) che l'aumento di capitale sia in funzione esclusiva e diretta della fusione. Secondo la Corte di appello, nella specie, sussisteva il primo requisito (contemporaneit�), mancava per� l'altro (finalit�): secondo la societ� ricorrente sussisteva, invece, anche quest'ultimo requisito, mentre secondo l'Amministrazione Finanziaria difettava altres��il primo. La tesi dell'Avvocatura dello Stato � che la contempora-_ neit� deve essere riferita non gi� alla deliberazione societaria, ma al contratto di fusione, che -come � noto -deve farsi per atto notarile e che � quello che perfeziona ed opera la fusione. Non sembra, per�, che la lettera e lo spirito del citato art. 29 autorizzino un cos� formalistico e restrittivo concetto dell'elemento della simultaneit� tra aumento di capitale ed assorbimento delle due societ�. In fondo, la contemporaneit� � dalla legge richiesta perch� sia pi� sicura la funzione strumentale del deliberato aumento di capitale, essendo il benefizio fiscale concesso proprio ed esclusivamente per favorire le fusioni di societ� e le concentrazioni di aziende sociali. E' vero che il nesso di causalit�, che deve intercorrere tra le due operazioni, deve essere effettivo e deve risultare in ma niera univoca anche attraverso l'elemento cronologico, ma non per questo � necessario, perch� sia contemporaneo, che l'au mento di capitale venga deliberato solo ed esclusivamente in concomitanza con l'atto terminale e conclusivo del complesso negozio di fusione. E' sufficiente anche che esso sia deliberato contemporaneamente al verbale di assemblea societaria con cui viene decisa la fusione. La deliberazione assembleare di fusione � difatti l'ante cedente logico e necessario del successivo contratto di fusione ed essa � intimamente collegata con questo, sicch� la funzione 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strumentale dell'aumento di capitale rispetto alla fusione � compiutamente palesata e posta in essere sin dalla deliberazione societaria, come � avvenuto nella specie. Ci� � sufficiente per l'applicabilit� del menzionato art. 29, il quale nel secondo comma, sia pure per stabilire la sfera di applicazione temporale della legge, prevede e comprende nel trattamento di favore anche la ipotesi in cui la deliberazione con l'aumento di capitale sia stata adottata entro l'anno dall'entrata in vigore della legge e l'atto di fusione sia stato invece stipulato successivamente. Il che sta a confermare che il legislatore, nel formulare l'art. 29 della legge del 1954 e nel porre come condizione del benefizio il requisito della contemporaneit�, non ha inteso riferirsi rigidamente all'atto formale conclusivo della procedura di fusione, ma indifferentemente all'atto iniziale e per� essenziale del medesimo (deliberazione societaria) od a quello terminale (atto di. fusione). Poich� la sentenza impugnata � conforme alla interpretazione come sopra accolta, non pu� ritenersi fondato il ricorso incidentale condizionato proposto dall'Amministrazione delle Finanze contro questa parte della sentenza stessa. Fondata � vicevers~ l'impugnazione della societ�. Senza dubbio il privilegio � concesso in quanto il nuovo capitale serva e sia effettivamente destinato ad agevolare la fusione, come � stato giustamente osservato nella discussione orale della causa. Ma da ci� non consegue che la prova della realt� di tale intento, dichiarato nella deliberazione assembleare di aumento del capitale, come � nella specie, e risultante anche dalla contemporanea deliberazione di fusione, debba emergere immediatamente ed esclusivamente dallo stesso atto che viene presentato alla registrazione e non da altri documenti. La regola di cui all'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, invocata dalla denunciata sentenza, vale per la individuazione del negozio posto in essere, ma qui erano fuori discussione la natura e la sostanza del negozio voluto, trattandosi soltanto di controllare la finalit� ossia il motivo specifico del deliberato aumento di capitale, motivo cui la particolare norma di legge (art. 29) condiziona e subordina il beneficio tributario in questione. Ben poteva l'Ufficio del Registro ritenere non sufficiente la dichiarazione contenuta nella deliberazione, che cio� l'aumento di capitale era necessario alla realizzazione della fusione coevamente deliberata, ma la prova di ci� poteva sempre essere integrata con autonomi mezzi di prova, come � per ogni ipo PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 161 tesi in cui' devesi provare l'esistenza di un determinato presupposto di fatto cui sia subordinata la concessione di un benefizio fiscale, semprech� la legge non fissi un termine di decadenza per esibire la documentazione giustificativa del benefizio medesimo (Cass. 27 febbraio 1962 n. 376; 14 luglio 1961 n. 1710). D'altra parte, la fusione si attua, come si � gi� accennato, attraverso un procedimento complesso costituito da una serie di atti e formalit�, sicch� l'accertamento che effettivamente l'aumento di capitale � diretto ed idoneo ad agevolare la fusione dell� societ�, deve essere fatto con riferimento ai vari e diversi atti costituenti il procedimento di fusione; quindi nella specie -anche con riferimento alla deliberazione della societ� incorporata, dalla cui situazione debitoria si traeva subito la ragione e la necessit� dell'aumento di capitale della incorporante. . Da notare che, nel caso concreto, le due deliberazioni vennero presentate assieme all'ufficio :finanziario e registrate una di seguito all'altra. Comunque, la prova della potenzialit� dell'aumento di capitale della societ� R. Cusini ad agevolare la fusione di questa con la soc. Tosco-Lombarda poteva essere fornita anche con atti diversi da quello presentato per la registrazione.. Conseguentemente, il ricorso della Cusini deve essere accolto e la causa rimessa ad altro giudice per essere decisa sulla base del principio ora enunciato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 ottobre 1963 n. 2769-Pres. Torrente -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Criscuoli (diff.) - Amm. finanziaria c. Platoni. Imposta di registro -Decisioni della Commissione provinciale in tema di valutazione -Annullamento da parte del giudice ordinario Restituzione delle somme pagate in esecuzione della decisione annullata -Ammissibilit� nello stesso giudizio. (r.d.l. 7 agosto 1936, art. 29; r.d. 9 marzo 1942 n. 186, art. 4; I. 20 20 marzo 1865 n. 2248, All. E, art. 2). Annullata dal giudice ordinario la decisione della Commissione provinciale delle Imposte in controversia relativa alla determinazione del valore imponibile del bene trasferito, appartiene alla competenz� giurisdizionale dello stesso giudice la cognizione della domanda di restituzione delle maggiori somme 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pagate a titolo di imposta di registro in esecuzione della decisione annullata (1). � (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente non impugna la sentenza della Corte d'Appello di Perugia, per quanto riguarda la pronunzia con cui la Corte stessa annull� la decisione della Commissione Provinciale delle Imposte, relativa alla determinazione del valore imponibile degli immobili acquistati dai fratelli Platani; essa, invece, con i due motivi del ricorso, censura la sentenza medesima, per avere disposto la restituzione ai contribuenti delle somme da essi pagate, dopo la decisione della Commissione, a titolo d'imposta complementare. (1) Poteri del giudice ordinario di dispo1�re, con l'annullamento della decisione della Commissione provinciale in tema di valutazione, la restituzione di somme gi� pagate. Tornate sull'argomento relativo alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario, adito a norma dell'art. 29 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, a conoscere della domanda di restituzione delle maggiori somme pagate, in esecuzione della decisione annullata, le Sezioni Unite della Cas sazione hanno confermato l'orientamento positivo al riguardo assunto con la sentenza 3265 del 1956, ricordata in motivazione. Le perplessit� che detto orientamento ebbe a sollevare nel 1956, riportate nella Rel. Avv. Stato, 1956-60, Vol. II, nn. 122-123-181, non sono state, per�, con la sentenza annotata, del tutto dissipate. L'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, sul quale � centrata la soluzione adottata, non esaurisce il campo d'indagine, perch� ragioni di carattere processuale e sostanziale al tempo stesso, senza intaccare il principio nell'articolo predetto contenuto, spiegano e giustificano l'opposta soluzione propu gnata dalla p.a. II ricorso all'a.g.o. previsto dall'art. 29, 3� comma del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, si inserisce nel procedimento amministrativo di accertamento del valore dei beni trasferiti e, attribuendo all'a.g.o. predetta un sindacato di mera legittimit� sulla decisione della Comm. Prov., introduce un iudicium rescindens che verte sulla esistenza, nel caso particolare, dei due vizi espressamente all'uopo contemplati: difetto di calcolo e grave ed evidente errore di apprezzamento. Detto giudizio si conclude con una pronunzia di annullamento, con remissione della controversia alla medesima Commissione Prov. che, fornita di competenza esclusiva, procede allo iudicium rescissorium, con conseguente riesame del . merito. Da ci� derivano due dati obiettivi: l'uno per il quale l'a.g.o. con l'annullamento della decisione esaurisce i poteri al riguardo conferitile; l'altro per il quale il procedimento amministrativo di valutazione perdura con conseguente mancanza, allo stato, di una decisione definitiva che, nella particolare materia, segna la nascita del diritto soggettivo alla re& tituzione della maggiore imposta eventualmente pagata. L'art. 4 del d.l. 186 del 1942 tassativamente prescrive che � resasi definitiva la decisione di secondo grado si far� luogo alla restituzione o alla riscossione delle imposte o diritti che saranno per risultare pagati in pi� o in meno �. L. CORREALE ~ ' ' rn PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 163 Ma il ricorso � infondato. Col primo motivo di esso, sostiene che l'Autorit� giudiziaria ordinaria difetterebbe di giurisdizione -una volta annullata la decisione della Commissione -per condannare l'Amministrazione alla restituzione delle somme pagate. La questione fu gi� risolta da queste Sezioni Unite (sentenza 26 settembre 1956 n. 3265), in senso contrario all'assunto dell'Amministrazione ricorrente, n� questa ultima oggi prospetta argomenti nuovi, tali da indurre a modificare quel precedente orientamento. Che -come sostiene l'Amministrazione stessa -la cognizione demandata al giudice ordinario dall'art. 29 r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, sia di mera legittimit�, non vi � dubbio; se con ci� s'intenda che il giudice, che accerti l'invalidit� della decisione della Commissione tributariar non ha egli stesso il potere di rivedere nel merito l'oggetto della controversia, cio� la determinazione del valore imponibile. Ma tale considerazione non esclude che il giudice ordinario, in applicazione del principio che, ha competenza giurisdizionale a conoscere di ogni materia in cui si faccia questione di diritti soggettivi (art. 2 I. 20 marzo 1865, n. 2248), possa e debba conoscere delle conseguenze da trarsi dall'annul-� lamento della decisione invalida, se queste incidono su diritto. Nella specie, l'imposta complementare, per la maggiore determinazione del valore, non � dovuta se non a seguito dell'accertamento rimesso -nel caso di contestazione -alle Commissioni tributarie. E' evidente perci� che, venuta meno con la pronuncia di. nullit� di una decisione, la situazione di diritto in base alla quale si era concretato ed era divenuto esigibile il debito d'imposta, si verificano le condizioni per la ripetizione delle somme pagate in esecuzione della decisione annullata. Poich�, in proposito, era stata formulata dagli attuali resistenti al giudice di merito una specifica domanda, e si verteva incontestabilmente in tema di diritti soggettivi, era nei poteri del giudice il decidere sulla domanda stessa. Il primo motivo del ricorso va dunque respinto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 ottobre 1963, n. 2773 -Pres. Vistosa -Est. Bianchi d'Espinosa -P. M. Caldarera (conf.) Soc. Ind. Oerlikon Italiana c. Finanze Stato. Imposta di negoziazione -Accertamento dell'imposta� complementare da parte dell'Ufficio del Registro -Previa valutazione dei titoli da parte del Comitato direttivo Agenti di cambio -Natura di tale 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Comitato -Imprescrittibilit� del diritto di accertamento dell'im posta prima che sia compiuta detta valutazione -Inapplicabilit� della decadenza di cui all'art. 34 r.d. 11. 3269 del 1923 e della pre scrizione di cui all'art. 16 d.I. n 1975 del 1938. (r.d.l. n. 1975/1938, artt. 4, 5, 6; cod. civ., art. 2935). Poich� l'Ufficio del Registro pu� procedere all'accertamento dell'imposta complementare di negoziazione, dopo quello provvisorio, soltanto sulla base della valutazione dei titoli effettuata dal Comitato direttivo degli agenti di cambio, l'accertamento suddetto non pu� essere soggetto a prescrizione. Tenendo presente, infatti, la disciplina della imposta di negoziazione (artt. 4 e 5 r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975 e art. 1 r.d.l. 25 maggio 1945 n. 301), ora soppressa per effetto� della legge 6 agosto 1954, n. 603, e considerando che il Comitato direttivo degli agenti di cambio non � organo dell'Amministrazione dello Stato, ma un collegio al di fuori della struttura della stessa, che deve procedere secondo un autonomo procedimento, deve negarsi che la valutazione costituisca atto interno dell'Amministrazione e "deve, invece, affermarsi che essa, prima che sia compiuta, � un ostacolo previsto dalla legge stessa che impedisce l'esercizio del diritto di accertamento e, perci�, l'inizio stesso della prescrizione del diritto dell'Amministrazione all'accertamento (articolo 2935 e.e.). La imprescrittibilit� del diritto di accertamento prima della valutazione esclude, di conseguenza, che possano ritenersi applicabili, per analogia, i singoli termini di de""' cadenza e di prescrizione di cui, rispettivamente, all'art. 34 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (termine di decadenza previsto per la notificazione delnmposta complementare di registro) ed all'art. 16 del d.l. n. 1975 del 1938 (prescrizione di cinque anni dell'azione dell'Amministrazione per il conseguimento dell'impo �sta di negoziazione, decorrente dalla scadenza del termine stabi-~ lito per il pagamento dell'imposta o dal giorno dell'effettuato pagamento). (1). (1) Con la sentenza annotata la Corte di Cassazione � tornata sulle questioni affrontate e risolte con la precedente sentenza 141 del 1963 e, riprese in esame le particolari norme di legge in relazione sia 'all'istituto della prescrizione che alla posizione giuridica del Comitato Direttivo degli agenti di cambio, ha confermato l'indirizzo prima assunto. L'esattezza di tale indirizzo � fuori dubbio. Unica limitazione, infatti, posta dalla legge all'attivit� di accertamento del valore complementare, in materia di imposte di negoziazione, � la richiesta al Comitato direttivo degli agenti di cambio da prodursi PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 (Omissis)..-Infondato � per� del pari il ricorso principale proposto dalla Societ� Oerlikon, che propone a questa Corte Suprema la questione, se e quale termine di prescrizione sia applicabile alla facolt� dell'Amministrazione di accertare l'imposta complementare di negoziazione sui titoli. La questione stessa � gi� stata risolta, recentemente, da questa stessa Corte (sentenza 28 gennaio 1963, n. 141), nel senso che, poich� l'Ufficio del Registro pu� procedere all'accertamento dell'imposta, dopo quello provvisorio, soltanto sulla base della valutazione dei titoli effettuata dal Comitato direttivo degli agenti di cambio, l'acce~tamento di cui sopra non pu� essere soggetto a prescrizione: n� la societ� ricorrente prospetta oggi nuovi e diversi argomenti, tali che possano indurre a modificare l'orientamento cos� adottato. Secondo la disciplina della imposta di negoziazione, ora soppressa per effetto della L. 6 agosto 1954, n. 603, la liquidazione provvisoria dell'imposta veniva fatta in base al valore dei titoli accertato per l'anno precedente. L'Ufficio del registro ed il contribuente avevano facolt� di chiedere, nei primi mesi dell'anno, la valutazione al Comitato direttivo degli agenti di cambio; dopo la valutazione da parte del Comitato, l'Ufficio doveva procedere all'accertamento della imposta, ed a notificare al contribuente tanto il valore determinato, quanto l'ammontare dell'imposta dovuta (artt. 4 e 5 r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975), salva la facolt� di ricorrere alla Commissione provinciale delle imposte (sezione speciale) contro la valutazione cos� eseguita (art. 1 d.I. 25 maggio 1945, n. 301). Secondo la disciplina ora riassunta, quindi, sia l'Ufficio del entro l'anno successivo a quello di riferimento dell'imposta. La pronun cia del Comitato direttivo, pertanto, costituisce il presupposto necessario dell'accertamento e la sua mancanza � un ostacolo posto dalla legge, che impedisce l'esercizio del diritto e conseguentemente impedisce l'inizio della prescrizione. Da ci� consegue: a) fra i due termini -produzione della domanda di valutazione e pronuncia del Comitato con eventuale decisione della Speciale Comm.ne, alla qua1e la pronuncia stessa pu� essere impugnata -non � dato inserire alcun terzo termine non espressamente previsto; b) il ritardo con il quale gli organi predetti emettono le loro pronunzie non pu� essere ritorto a danno dell'Amm.ne Il Comitato -nella pronuncia della Corte di Cassazione � detto a chiare note -non � un organo dello Stato, ma �un Collegio nominato con il sistema elettivo da parte dell'Assemblea degli agenti di cambio, al quale, in ragione della particolare competenza dei suoi componenti, la legge attribuisce funzioni di diritto pubblico�. Esso, perci�, agisce in maniera del tutto separata e distinta dalla A.mm.ne, con procedimento au tonomo, sul quale nessuna interferenza l'Amm.ne predetta � abilitata ad eseguire. ; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 166 registrn che il contribuente, dopo la liquidazione provvisoria, avevano facolt� di richiedere la valutazione dei titoli al Comi tato direttivo degli agenti di cambio. Questo non � affatto organo della Amministrazione dello Stato, come afferma la societ� ricorrente, e tanto meno dell'Amministrazione finanziaria; ma un collegio, nominato col sistema elettivo da parte dell'assemblea degli agenti di cambio, al quale, in ragione della particolare competenza dei suoi componenti, la legge attribuisce funzioni di diritto pubblico. Non � il caso di stabilire (la questione � controversa in dottrina), se il Comitato � formato da un insieme di persone, le quali debbono espletare le funzioni pubbliche ad esse attribuite, osservando le regole del procedimento collegiale; ovvero se esso � un ente di diritto pubblico munito di personalit� giuridica: la questione ha importanza per altri riflessi (responsabilit� nei casi di danni a terzi arrecati nell'eser I cizio delle funzioni del Comitato), ma non per l'applicabilit� della prescrizione. Infatti, poich� l'Ufficio del registro pu� pro I . cedere all'accertamento dell'imposta complementare solo sulla I base della valutazione dei titoli effettuata dal Comitato, e dato che tale Comitato non � organo dell'Amministrazione dello Stato, ma un collegio ai di fuori della struttura della stessa, che deve pro�edere secondo un autonomo procedimento, non pu� l;i!! . affermarsi che la valutazione costituisca atto interno dell'Amministrazione; essa, prima che sia compiuta, � un ostacolo pre' . visto dalla legge stessa, che impedisce l'esercizio del diritto di ' , accertamento, e perci� l'inizio della prescrizione (art. 2935 cod. civ.). @' ' f''' La imprescrittibilit� del diritto di accertamento prima della valutazione esclude di conseguenza che siano applicabili per ana: logia i singoli termini, di prescrizione e di decadenza, cui ha , fatto riferimento la societ� ricorrente; non, in particolare, il termine di decadenza previsto per la notificazione dell'impo li sta complementare di registro dall'art. 34 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, poich�, a differenza che per la imposta di negoziazioI ne, nell'imposta di registro l'accertamento del maggior valore avviene ad opera della stessa Amministrazione finanziaria, e I ! ffi non di un collegio estraneo ad essa., N� ha fondamento la tesi subordinata della ricorrente, che debba ricevere applicazione ~. ~ l'art. 16 del decreto legge n. 1975 del 1938. Secondo tale norma, l'azione dell'Amministrazione �per il conseguimento della i ~ imposta di negoziazione e delle sovraimposte relative� dovute i a norma del detto decreto, si prescrive nel termine di cinque anni, computabile dalla scadenza di quello stabilito per il paga-,; �1~ ~ ~ t J J Ili PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 167 mento, o dal giorno in cui il pagamento fu effettuato. Secondo la ricorrente, la norma avrebbe riferimento anche all'azione di accertamento dell'imposta complementare; ma la norma stessa stabilisce espressamente che l'azione riguarda il �conseguimento della imposta di negoziazione e delle sovraimposte relative dovute � e presuppone quindi che l'imposta sia stata gi� accertata. Il ricorso principale deve essere perci� respinto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1963, n. 3062 - Pres. Fibbi -Est. Fresa -P. M. Pedote (conf.) -Carniglia c. Amministrazione delle Finanze. Imposta di successione -Fondi rustici -Accertamento automatico del valore -Applicabilit� -Limiti. (1. 22 novembre 1962 n. 1706, artt:. 1 e 2; 1. 20 ottobre 1954 n. 1044, .art. 1; r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639). A norma degli art.. 1 e 2 della legge 22 novembre 1962, n. 1706, contenente interpretazione autentica della l. 20 ottobre 1954 n. 1044 si fa luogo all'applicazione delle norme in detta legge previste quando nella denuncia di successione non sia stata dichiarato, per i fondi rustici, alcun valore e non sia stato espressamente dichiarato che i fondi stessi abbiano un valore inferiore a quello risultante dall'applicazione dell'art. 1 della legge del 1954. -Quando, invece, il denunciante la successione abbia dichiarato un valore inferiore ed abbia fatto esplicita richiesta mento deve essere fatto secondo le norme del r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 e suceessive modifiche. (1). (1) I contrasti di interpretazione sorti in dottrina ed in giurispni~ denza, in sede di applicazione della I. 1044/54 per l'imposta di successione e 355/59 per l'imposta di registro, sui limiti in cui, con l'entrata in vigore delle leggi predette, il sistema dell'accertamento automatico del valore era stato chiamato ad operare in luogo dell'accertamento del valore venale, sono stati eliminati, radicalmente, dalla 1. 1706/62 che con interpretazione autentica ha precisato i limiti stessi. Nella sentenza annotata, la Corte di Cassazione, dopo aver ricordato che ogni dubbio sulla legittimit� costituzionale della I. 1044/54, richiamata, ai fini dell'imposta di registro, dall'art. 3 della I. 355/59, era stato dissipato dalla sentenza n. 48/61 della Corte Costituzionale, d� atto della intervenuta interpretazione autentica ed alla stessa, testualmente, si adegua. Nello stesso senso, oltre alla sentenza ricordata in motivazione, 1480/63, sono le sentenze nn. 1478/63; 1479/63; 1759/63; 3061163 tutte della I' Sezione Civile della Corte di Cassazione. - 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1963, n. 3034 - Pres. Pece -Est. Del Conte -P. M. Maccarone (conf.) -Fi nanze c. Ambrosini. Imposte e tasse -Controversie giudiziarie -Foro erariale -Opposizione agli atti esecutivi -Applicabilit�. <t.u. 30 ottobre 1933 n. 1611, art. 1; c.p.c., artt. 9 e 25). Tutte le controversie che si svolgono tra i due soggetti del rapporto tributario appartengono alla competenza esclusiva del Tribunale del luogo ove ha sede l'ufficio della Avvocatura dello Stato nel cui distretto trovasi l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione, sia che la lite riguardi la spettanza del tributo, sia che essa concerna la regolarit� delle forme seguite per la relativa riscossione. (1 ). (Omissis). -Il ricorso � fondato. Invero, come ripetutamente � stato affermato da questo Supremo Collegio (v. da ultimo la sentenza 18 febbraio 1690, numero 3034 relativa ad analoga fattispecie), tutte le controversie che si svolgono tra i due soggetti del rapporto tributario appartengono alla competenza esclusiva del Tribunale, sia che la lite riguardi la spettanza o,l'ammontare del tributo, sia che concerna la regolarit� delle forme seguite per la relativa riscossione. Pertanto, nella specie, anche la opposizione agli atti esecutivi, con la quale si eccepiva la inefficacia del pignoramento per non essere stata chiesta la vendita nel termine di 90 giorni stabilito dall'art. 497 c.p.c., rientra nella competenza esclusiva del Tribunale di Ancona, foro erariale. (Omissis). (1) Giurisprudenza costante. Il chiaro disposto dell'art. 8 t.u. 30 ottobre 1933 n. 1611, nel quale � trasfusa la norma interpretativa contenuta nell'art. 1 del r.d. 10 novembre 1924 n. 2107, non lascia adito a dubbi, dato che la sua applicazione, al pari delle altre leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio, � tassativamente disposta dall'art. 25 del c.p.c.; cfr. Rel. Avv. Stato, 1956-60, 691, e giur. ivi cit. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 dicembre 1963, n. 3111 - Pres. Celentano -Est. Pece -P. M. Trotta (conf.) -Duse c. Finanze. Imposta di registro -Decisione della Commissione �provinciale in te ma di valutazione -Azione giudiziaria -Limiti. (r.d.l. 7 agosto 1936, art. 29; r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, art. 42; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, All. E, art. 2). I ,: -~ PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 169 L'autonomia funzionale, in materia tributaria, fra la giurisdizione delle Commissioni amministrative e quella successivamente esplicata � ex novo � dal giudice ordinario trova un limite nel potere fondamentale che compete al predetto giu . dice in materia di tutela dei diritti soggettivi, ex art. 2 l. n. 2248 del 1865, all. E. Ne consegue che il ricorso all'a.g.o. avverso le decisioni delle Commissioni provinciali, relative alla valutazione dei beni oggetto di imposta indiretta sui trasferimenti (comma 3� art. 29 r.d. n. 1639 del 1936, convertito nella legge n. 1016 del 1937, e art. 43 r.d. n. 1516 del 1937) � ammesso anche nei casi in cui la decisione della Commissione sia stata determinata dall'adozione di criteri di valutazione non conformi alla legge. -Ci� in quanto l'adozione di simili criteri importa la violazione del diritto soggettivo del contribuente a che la imposizione fiscale venga contenuta nei limiti tassativi di legge. (1). (1) Limiti dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni delle Commissioni provinciali in tema di valutazione. A) L'ad�zione da parte della Commissione provinciale delle Imposte, nei giudizi di valutazione sui trasferimenti della ricchezza, di criteri di valutazione non conformi a legge, �, nell'annotata sentenza, considerato motivo idoneo, in via generale e di principio, a radicare il ricorso all'a.g.o. previsto dal 3� comma dell'art. 29 del r.d.l. 1639/36. Ci� con richiamo al fatto che l'adozione dei criteri predetti incide sul diritto soggettivo del contribuente alla rispondenza della imposizione fiscale ai dettami di legge e che, in materia di diritto soggettivo, il potere conferito all'a.g.o. dall'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, costituisce un limite invalicabile per l'autonomia funzionale, in materia tributaria, fra la giurisdizione delle Commissioni Amministrative e quella successivamente esplicata ex novo dall'a.g.o. Ragioni di diritto� processuale e sostanziale al tempo stesso non consentono di aderire senza riserve a tali affermazioni. L'adozione, da parte delb Commissione Provinciale delle Imposte, nei giudizi di valutazione sui trasferimenti della ricchezza, di criteri di valutazione non conformi a legge costituisce motivo idoneo a radicare il ricorso. all'a.g.o., previsto dal 3� comma dell'art. 29 del r.d.l. 1639/36, solo nel caso in cui la stessa, nella peculiare sua concreta manifestazione, si risolva in un difetto di calcolo ovvero in un grave ed evidente errore di apprezzamento. In caso contrario il ricorso non � consentito, non risultando decisivo il richiamo al principio recato dallo art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo. B) Il ricorso all'a.g.o. previsto dall'art. 29, 3� comma del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, si inserisce nel procedimento amministrativo di accertamento del valore dei beni trasferiti, e, attribuendo all'a.g.o. predetta un sindacato di mera legittimit� sulla decisione della Commissione Provinciale, introduce un iudicium rescindens che verte sulla esistenza, nel 170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso viene denunziato che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuta la legittimit� della procedura di accertamento, laddove quest'ultima non aveva tenuto conto dell'art. 13 del d.l. n. 1639 del 1936, secondo cui, ai fini della determinazione del valore dei beni per la imposta di registro, deve farsi ricorso ai criteri e coefficienti di massima stabiliti dagli Ispettorati Compartimentali delle Imposte indirette, sentite le Unioni dei lavoratori competenti per ragione di materia, e di accordo con le Unioni provinciali o interprovinciali dei datori di lavoro e dei professio� nisti ed artisti. La censura deve essere disattesa. Per giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (sent. n. 242, n. 1949, n. 2745 del 1961) l'autonomia funzionale, in materia tributaria, fra la giurisdizione delle Commissioni Amministrative e quella successivamente esplicata ex novo dal giucaso particolare, dei due vizi espressamente all'uopo contemplati, difetto di calcolo e grave ed evidente errore di apprezzamento. Detto giudizio si conclude con una pronunzia di annullamento, con remissione della cc�ntroversia alla medesima Commissione Provinciale che, fornita di com� petenza esclusiva, procede allo iudicium rescissorium, con conseguente riesame del merito. La ragione � riposta nel fatto che la materia relativa all'accerta. mento di valore partecipa dell'estimazione semplice, la quale, in via gene� rale e di principio, � sottratta alla giurisdizione dell'a.g.o. Nella regola mentazione al riguardo posta dal r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che ha com piutamente disciplinato l'intero arco del procedimento d'accertamento di valore, il ricorso all'a.g.o. �, perci�, consentito in via eccezionale, e attuando una interferenza fra giurisdizione speciale e giurisdizione ordi naria, con deroga espressa all'autonomia dei due procedimenti, � con� cepito come sindacato di mera legittimit�, in funzione dell'annullamento della decisione in relazione ai soli due vizi per i quali l'interferenza e conseguente deroga � stata tassativamente prevista, disciplinata e limitata. Le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza 2828/62, in questa Rassegna 1963, nn. 1-2-3, nel precisare, con nettezza di contorni, la disciplina del Contenzioso tributario attuato dal r.d.1. 7 agosto 1936, n. 1639 e del r.d.l. 8 luglio 1937 n. 1516, hanno affermato che il giudizio conseguente al ricorso ex art. 29, 3� comma � stato dalla giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione configurato come una fase eventuale del giudizio amministrativo di accertamento dell'imposta e �quindi come una fase del procedimento avanti le Commissioni tributarie� (cfr. anche Cass. 828/58; 3818/58; 21/60 e Rel. Avv. Stato, 1956-60, vol. II, 366, 525). C) Il diritto soggettivo del contribuente a che l'imposizione fiscale venga contenuta, ai fini della valutazione, nei limiti tassativi di legge �, pertanto, tutelato, nella sua interezza, dai mezzi giurisdizionali apprestati, dal ricordato r.d.l. 1639/36. In esso, infatti, il legislatore ha avuto riguardo alla diversit� di questioni che possono insorgere in ordine all'an ed al quantum debeatur, creando, per ciascuno, il giudice ritenuto idoneo: 171 PARTE I, SEZ V,� GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dice ordinario trova un limite nel potere fondamentale che compete al predetto giudice in materia di tutela dei diritti soggettivi (ex art. 2 della I. n. 2248 del 1865, all. E). Ne consegue che, come gi� altre volte affermato da questa stessa Sezione (sent. n. 828 del 1955; n. 1626 del 1958), il ricorso all'autorit� giudiziaria avverso le decisioni delle Commissioni provinciali, relative alla valutazione dei beni oggetto di imposta indiretta sui trasferimenti (comma 3� dell'art. 29 del r.d. n. 1639 del 1936, convertito nella legge 7 giugno 1937, n. 1016, art. 42 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516), � ammesso anche nei casi in cui la decisione della Commissione sia stata determinata dalla adozione di criteri di valutazione non conformi alla legge. Tale adozione, infatti, importa la violazione del diritto sog- Commissioni Distrettuale e Provinciale nella composizione ordinaria per le controversie di valutazione con successivo ricorso all'a.g.o. nei limiti del 3� comma dell'art. 29 e Commissione provinciale nella composizione prevista dal successivo art. 30, per le controversie di diritto, con possibilit� di ricorso all'a.g.o. in via autonoma. In tale operazione il legislatore si � preoccupato dei casi; tutt'altre che rari, della questione di diritto insorta o puntualizzata in sede di valutazione, ed ha precisato, con la norma posta nell'art. 37 del r.d.l. 1516/37, che il contribuente pu� ricorrere sia alla Commissione di valutazione che a quella di diritto. Dal che � stata dedotta la conseguenza che, insorta, in sede di appello, alla Commissione provinciale questione di diritto in ordine alle modalit� dell'accertamento di valore, la Commissione stessa � tenuta a rimetterne la cognizione alla competente Sezione speciale, sospendendo il proprio giudizio fino alla risoluzione della que& tione stessa. Dal che la cennata necessit� di ritenere che l'adozione di criteri non conformi a legge nella determinazione del valore, abilita al ricorsq previsto del 3� comma dell'art. 29 del r.d.l. 1639-36, solo nei casi in cui la stessa determina un difetto di calcolo o un grave ed evidente errore di apprezzamento. Negli altri casi il contribuente, in sede di giudizio di gravame � tenuto a sollevare la questione, investendo in via diretta o in via di richiesta di rimessione degli atti, il giudice naturale rappresentato dalla Sezione speciale. D) Le considerazioni svolte negano, di per s�, utile ingresso, nel particolare settore, al limite che, nella economia della riportata sentenza sarebbe rappresentato, per l'autonomia funzionale dei due procedimenti, dal potere conferito all'a.g.o. dall'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo. Il peculiare carattere del ricorso previsto dall'art. 29, 3� comma del r.d.l. 1639-36 inoltre e l'inserimento dello stesso nel procedimento amministrativo di accertamento come fase eventuale del procedimento . stesso, impediscono che, per il ricorso predetto, possa configurarsi un giudizio autonomo con conseguente necessit� di ricercarne i limiti istituzionali rispetto al giudizio della Commissione, per includervi, in via di norma generale, ci� che � escluso in via di norma speciale. L. CORREALE 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r1�'~. gettivo del contribuente a che la imposizione fiscale venga con .,::" tenuta nei limiti tassativi di legge. . . Ci� premesso, va rilevato -per� -che nessuna violazione . del genere si � verificata, nella specie, in pregiudizio dell'odierno ricorrente, sia perch� la abrogazione dell'ordinamento corporativo aveva gi� reso impossibile il ricorso agli organismi (Unio I ni dei lavoratori e Unioni dei datori di lavoro) previsti dallo art. 13 del r.d.l. n. 1639 del 1936, sia perch� lo stesso art. 13 espressamente statuiva il carattere meramente indicativo dei criteri conseguenti all'interpello degli organismi sopra menzio~ nati (sicch� i predetti criteri non venivano ad incidere, i1e1Fiter formativo del procedimento amministrativo di imposizione, con l'efficacia essenziale che � propria -invece -dei criteri obbligatori di valutazione, previsti dagli art. 16 e seg.ti dello stesso r.d.l.); sia perch� la valutazione dell'organo impositore era restata assorbita dalle successive decisioni delle Commissioni, che avevano determinato l'effettivo valore venale dei fondi utilizzando i. sopra ricordati criteri obbligatori, di cui agli artt. 15 e 16 del citato r.d.l. n. 1639 del 1936. Il primo mezzo del ricorso deve essere quindi rigettato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 dicembre 1963, n. 3188 - Pres. Vistoso -Est. Capaccioli -P.M. Silocchi (conf.) -Soc. ,Immobiliare Sabotino ed altri c. Finanze. Imposta di registro -Societ� -Concentrazione di aziende -Benefici previsti dall'art. 29 della I. 6 agosto 1954 n. 603 ~ Presupposti Limiti. (1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). Perch� si verifichi una concentrazione di aziende sociali, ai ~ fini dei benefici previsti dall'art. 29 della l. 6 agosto 1954 n. 603, . non � necessario il conferimento, da una societ� all'altra, del I. l'intera azienda, essendo sufficiente che si abbia un apporto di I.::. attivit�, ma � coessenziale che, a seguito dell'apporto medesimo, la societ� concentrataria veda accresciuta la propria dotazione : ~ di beni destinati all'esercizio della sua industria o del suo com~ mercio, e che le dimensioni dell'azienda della societ� concentrante i ne rimangano, quanto meno, ridotte: c.os� anche evidenziandosi la caratteristica. differenziale della concentrazione rispetto ad .,~ .' . --�-� .-~ J :::; PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA .un comune conferimento di beni, al quale la legge non ha inteso concedere il beneficio (1). (Omissis). -Le societ� ricorrenti lamentano la violazione del citato art. 29, che dovrebbe trovare applicazione nel caso. La norma stabilisce, fra l'altro, che gli atti di fusione delle societ� � nonch� le concentrazioni di aziende sociali effettuate mediante apporto di attivit� in societ� esistenti, e da costituire, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecarie in misura fissa ... �. ,Risulta, dunque, gi� dalla lettera della legge, che se � vero �che non occorre, ai fini del beneficio fiscale, il conferimento, da una societ� all'altra, dell'intera azienda, dato che vi si parla soltanto di � apporto di attivit� �, peraltro questo apporto vi � configurato �come mezzo per attuare la �concentrazione di aziende sociali � (appartenenti a societ�). La ratio, poi, � pacificamente conforme al senso letterale: favorire, cogliendo l'occasione di una importante riforma tributaria (introduzione dell'imposta sulle societ�), la razionalizzazione delle imprese sociali, mediante la eliminazione, o almeno il ridimensionamento, di quelle economicamente improduttive ed ingiustificate, e, invece, il potenziamento di quelle fondate su effettive e serie basi economiche. (1) La sentenza annotata, con interj)retazione corretta del trattamento di favore riservato, ai fini della imposta di registro ed ipotecaria, dall'art. 29 della I. 6 agosto.1954, n. 603, alle concentrazioni di aziende sociali, effettuate medfante apporti di attivit� in societ� costituite o da costituire, fornisce un parametro certo per la differenziazione dell'apporto utile ai fini del trattamento predetto. Dopo aver chiarito che, ai fini della concentrazione, non � necessario l'apporto della intera azienda concentrante, nella nozione datane dall'articolo 2555 e.e., essendo sufficiente l'apporto di detemiinati cespiti, forniti di idoneit� funzionale e tecnica all'esercizio delle rispettive attivit� statutarie, precisa che detto apporto deve essere caratterizzato dai due dati obiettivi: dall'accrescimento, nella societ� concentrataria, costituita o da costituire, delle dotazioni di beni destinati all'esercizio dell'attivit� statutaria, e dal correlativo depauperamento, nella societ� concentrante, della dotazione di beni gi� destinati all'esercizio dell'attivit� statutaria. Indubbia la esattezza della pre.;isazione relativa all'entit� dell'apporto, recepita da tempo nella giurisprudenza ddla Corte di Cassazione (cfr. Sent. n. 3086/59; 3374/56 e 1389/48); per 1,1 Jisciplina tributaria dell'istituto della concentrazione, le caratteristiche richieste ai singoli apporti sono la conseguenza necessitata, non solo della esigenza di distinzione dal puro e semplice conferimento di beni in societ�, che non � beneficiato, ma anche delle finalit� della legge di favore, diretta a facilitare il ridimensionamento delle imprese sociali. La qual cosa �, naturalmente, collegata non solo �on l'aspetto patrimoniale, ma anche con l'aspetto funzionale dell'apporto sia nel� l'azienda che si lascia che in quella, in cui si entra. 174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma se la norma in esame ha inteso agevolare l'apporto che si attui in guisa da dar luogo ad una concentrazione aziendale, perch�, poi, questa ricorra � necessario, per un verso, che la soi:-: ciet� concentrataria veda accresciuta la propria dotazione di beni destinati all'esercizio della sua industria o del suo commercio e, per l'altro, che le dimensioni dell'azienda della societ� concentrante ne rimangano, quanto meno, ridotte. Questo secondo aspetto �' da ritenere coessenziale, perch� solo cos� pu� tenersi separata l'ipotesi del comune conferimento di beni in una societ�, che � ipotesi rispetto alla quale la legge non ha concesso il beneficio. Invero, quando si tratta di conferimento si verifica ugualmente il primo aspetto (potenziamento dell'azienda appartenente alla societ� che riceve l'apporto), ma non si attua, appunto, il secondo. Tali essendo il senso e la portata dell'art. 29, la Corte di Milano non � caduta in errore n� nell'interpretare la legge n� nel qualificare giuridicamente il fatto. Senza dubbio nel caso la societ� concentrataria (Immobiliare Sabotino 1IA) ha visto aumentati i propri cespiti attivi; ma, anche se l'immobile in og-. getto fosse da considerare elemento aziendale rispetto ad essa, m certo non si � verificato che la societ� concentrante (Aversa Ricostruzioni) abbia perduto, almeno in parte, gli elementi della i propria azienda. E' stato infatti accertato incensurabilmente dalla Corte di Milano, e del resto � pacifico, che la soc. Aversa aveva per oggetto la riparazione e ricostruzione di immobili, tanto I che la cessione del fabbricato de quo � stata proprio giustificata, nella stessa delibera assembleare, con il motivo della estra . . neit�, rispetto all'oggetto sociale, della conservazione di un edi , ficio ormai gi� ricostruito. Ora, non � nemmeno configurabile che costituisca elemento dell'azienda di una societ� un cespite I che � addirittura estraneo alla sfera statutaria della. sua attivit�. Le ricorrenti richiamano l'attenzione sul fatto che l'edificio ricostruito costituiva la quasi totalit� dei beni della soc. Aversa; ~ ma � un fatto che non ha rilevanza, perch� non incide su ci� che il cespite non era aziendale, ossia non era un cespite mediante I ~ il cui apporto si potesse attuare una concentrazione di aziende. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 dicembre 1963, Pres. -Fibbi -Est. lannuzzi -P. M. Pedate (conf.) relli c. Finanze. II f': n. 3201 -!~ -Soc. Pir I I . . J @J:f.&"%\f�.t?::Wff:f@rf(f1.ff.J.:~Iffi'~:W.-~Ciff%:f%WYfW:f%%.$7%~-wI-=-%frC:w.zw-:r~w.jf:f:{:W::'7-{f.'{:::f.":$%f:"7:0'.:'!:m::r.::::::-@ �ffiilJJ1&11lflffl fa:.A;;:,,.ifa&.,,,.,,.)ft::~.~~�::mJlx~�~~ 175 PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Imposta di ricchezza mobile -Societ� ed altri soggetti tassabili in base a bilancio -. Accertamento induttivo -Condizioni. (t.u. 24 agosto 1877 n. 3021; 1. 8 giugno 1936 n. 1231, art. 20). Profitti di regime -Profitti avocabili ai sensi dell'art. 5 del d.I.I. n. 134 del 1946 -Accertamento -Richiamo alle norme per l'accertamento dei redditi di ricchezza mobile -Limiti. ed.1.1. 26 marzo 1946 n. 134, art. 5; r.d. 3 giugno 1946 n. 598, art. 13; t.u. 24 agosto 1877 n. 3021; 1. 8 giugno 1936 n. 1231, art. 20). In tema di accertamento dei redditi di ricchezza mobile, per i soggetti tassabili in base a bilancio, l'ufficio pu� procedere in via induttiva alla determinazione del reddito imponibile, quando le risultanze del bilancio non sono attendibili, perch� vi � motivo di ritenere che esse non rispecchiano la reale situazione dell'azienda e l'intero reddito conseguito (1). Per l'accertamento dei profitti avocabili ai sensi dell'art. 5 del d.l.l. n. 134 del 1946, e cio� nell'ipotesi di profitti considerati illeciti, ricavati da forniture o da atti di commercio in genere col tedesco invasore, sono ugualmente applicabili le disposizioni dettate per l'accertamento d�i redditi di ricchezza mobile, ma non incondizionatamente, dovendo i profitti in questione essere accertati in via autonoma e tenuti distinti dagli altri normali redditi del soggetto, senza possibilit� di operare la compensazione con le eventuali perdite di gestione relative ad altre attivit� sociali (2). (Omissis). -Con il primo motivo la Societ� ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 19 d.1.1 26 marzo 1946 n. 134, in relazione all'art. 13 r.d. 3 giugno 1943 n. 598 ed alle disposizioni vigenti in tema di accertamento dei redditi ai fini dell'imposta di R.M. (t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, reg. 11 luglio 1907 n. 560, ari. 20 1. 8 giugno 1936 (1-2) L'esattezza della sentenza non pu� revocarsi in dubbio. Il ricorso al �istema induttivo di accertamento che, per l'imposta di r.m.1 � stato, a norma dell'art. 20 della I. 8 giugno 1936, n. 1231, costantemente ammes~o, per gli enti tassabili in base a bilaneio, nei casi in cui le risultanze di quest'ultimo non risultano attendibili (cfr. Cass. Sez. I, n. 1577/61; id. 656/61; id. 2526/59; id. 872/57) non pu� non essere ammesso anche per l'accertamento dei profitti di regime, dato il preciso disposto dell'art. 19 del" d.l. 26 marzo 1946, n. 134 in relazione all'art. 13 del r.d. 3 giugno 1943, n. 598. L'esigenza, inoltre, per la quale l'accertamento dei profitti avocabili venga effettuato in modo compatibile con le disposizioni speciali contenute nel d.l. 134/46, posto a disciplina della particolare materia, 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 1231 e successive modificazioni), deduce che, in virt� delle citate disposizioni, si sarebbe dovuto procedere alla determinazione del profitto avocabile in base alle risultanze del bilancio, e non mediante un procedimento induttivo, il quale � ammesso solo quando vi siano ragioni per contestare� la veridicit� del bilancio stesso e della contabilit� sociale. Nella specie, invece, osserva la ricorrente, l'Ufficio finanziario ha pretermesso l'esame analitico delle risultanze del bilancio e della contabi. lit�, e la Commissione Centrale delle imposte ha approvato il sistema erroneo di accertamento senza che fosse stata contestata e dimostrata l'inattendibilit� dei predetti documenti. E' connesso il secondo motivo, con il quale si denuncia l'insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione impugnata sul criterio segu�to ai fini dello accertamento del profitto e l'illogicit� nella valutazione delle prove. La ricorrente deduce di avere, fra l'altro, chiesto una ulteriore istruttoria mediante l'audizione dell'ispettore dell'Amministrazione Finanziaria che aveva a suo tempo proceduto a verifiche ed indagini sui negozi compiuti con i tedeschi, ovvero mediante richiesta di informazioni all'Amministrazione stessa. Tale istanza sarebbe stata respinta senza una adeguata giustificazione. Inoltre la decisione impugnata, osserva la. ricorrente, anzich� dimostrare o asserire espressamente l'inattendibilit� del bilancio, si � limitata ad esprimere qualche dubbio, peraltro ingiustificato, sulla sua veridicit�, e pertanto ha affermato apoditticamente la necessit� di far ricorso a procedimento induttivo. In particolare rileva la .ricorrente, il dubbio sulla veridicit� del bilancio � stato determinato da un evidente equivoco, in quanto le due diverse cifre relative alla partita rimasta insoluta si riferivano a momenti diversi, essendo avvenuto nel frattempo un pagamento parziale. Le censure non sono fondate. rende il ricorso al sistema induttivo assolutamente legittimo per i profitti conseguiti dopo 1'8 settembre 1'943 in dipendenza ed in occasione di atti di commercio compiuti con il tedesco invasore (art. 5 d:I. 134/46). Ci� per due ordini di ragioni: l'uno dato dal fatto che le operazioni del genere non vengono normalmente distinte dall'attivit� complessiva della Societ�; l'altro dal fatto che la natura illecita del conseguito profitto, impedisce la compensazione con eventuali perdite o disavanzi di gestione subiti in altri negozi compiuti nell'ambito consentito dal legittimo esercizio dell'attivit� sociale. Nelle sentenze ricordate in motivazione � traccia sicura di ci� e cos� anche nella sentenza 1503/56, nella quale l'argomento � stat9 affrontato e deciso ex professo. ��'. , . . . ~. I I . I.I, 1il ffi i ;, .�: .�: PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 177 La decisione impugnata non ha negato che siano applicabili, ai fini della determinazione del profitto avocabile ai sensi dell'art. 5 d.1.1. 26 marzo 1946, n. 134, le disposizioni di legge dettate per l'accertamento del reddito in tema di imposta di ricchezza mobile, e quindi, per gli enti tassabili in base a bilancio, avendosi riguardo alle risultanze del bilancio stesso nonch� del conto dei profitti e delle perdite. La Commissione Centrale ha per� esattamente osservato, in via di premessa, che le disposizioni predette non potevano trovare incondizionata applicazione, trattandosi di accertare il profitto considerato illecito, ricavato da forniture o da atti di commercio in genere con il tedesco invasore, e non il reddito della normale gestione di una impresa; pertanto la Commissione ha ritenuto che il profitto stesso doveva essere accertato in via autonoma e tenuto distinto dagli altri normali redditi della societ�, senza la possibilit� di operare una compensazione con le eventuali perdite o disavanzi di gestione relativi ad altre attivit� sociali. Tale principio, che � affermato anche dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (sent. n. 2477 del 6 luglio 1956 e n. 3864 del 19 ottobre 1954), non � contestato dalla societ� ricorrente, la. quale rileva che il profitto doveva essere determinato in base alle risultanze del bilancio e della contabilit� relativa alle forniture effettuate ai tedeschi, all'uopo tenendosi conto non solo del ricavo, ma anche della spesa ad esse inerente. Ma al riguardo la decisione impugnata ha osservato che i dati ed i calcoli offerti dalla societ� per la determinazione in via analitica del profitto non erano attendibili, perch� non sorretti da alcuna dimostrazione, ed inoltre perch� contraddetti da altri elementi acquisiti agli atti. Infatti, contrariamente a quanto asseriva la ricorrente societ�, i prezzi delle merci non erano imposti dai tedeschi, ma richiesti dalla societ� stessa, e da quelli approvati; inoltre venivano riconosciute ed ammesse le richieste di aggiornamento dei prezzi in relazione all'aumento dei costi di produzione. Ha osservato ancora la Commissione Centrale che vi era ragione di nutrire qualche dubbio sulla rigorosa esattezza della contabilit� sociale anche perch� l'esposizione dello importo delle forniture rimasto insoluto non era stata costante ed uniforme, essendo stato tale importo dapprima indicato in L. 29.886.460,74 e poi ridotto a L. 18.169.859. Tali considerazioni sono apparse sufficienti a far ritenere non attendibili le risultanze contabili e perci� a far ritenere legittima l'applicazione del criterio induttivo, in luogo di quello analitico, per la determinazione del profitto avocabile. 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora tale procedimento e la giustificazione che se ne adduce sono del tutto conformi alle disposizioni vigenti in materia, avendo questa Corte Suprema gi� deciso, in tema di accertamento dei redditi soggetti all'imposta di ricchezza mobile e quindi dei profitti avocabili a norma delle leggi speciali, che, quando le risultanze del bilancio non sono attendibili perch� vi � motivo di ritenere che esse non rispecchiano la reale situazione dell'azienda e l'intero reddito conseguito, l'ufficio pu� procedere in via induttiva alla determinazione del reddito e quindi del profitto tassabile (sent. 30 giugno 1961 n. 1577; 14 marzo 1957 n. 872). .~ La Societ� ricorrente si duole che non vi sia stata l'audizione dell'ispettore che procedette alle indagini; deduce inoltre che la diversa indicazione dell'importo di forniture rimasto insoluto si giustificava con un pagamento parziale : ci� sempre al fine di sostenere che le risultanze del bilancio sarebbero state esatte. Ma tali rilievi attengono al merito; peraltro la Commissione Centrale ha reputato ininfluente� l'audizione del predetto ispettore, per la considerazione che questi non avrebbe potuto che ripetere quanto gi� dichiarato per iscritto, riconfermando, cio�, quelle circostanze, le quali, a giudizio della Commissione, non erano state reputate idonee a dare ingresso ad un accertamento analitico. Pertanto il ricorso deve essere respinto, con la condanna della Societ� ricorrente alle spese. (Omissis). TRIBUNALE DI MILANO, Sez. I, 16 maggio 1963 -Pres. Usai -Est. Jucci -Gerloni c. Finanze Stato. Imposta generale entrata -Uso d'atti irregolari ai fini dell'imposta generale entrata -Obbligo di pagamento -Prescrizione. (1. 19 giugno 1940 n. 762, art. 45). L'uso o la produzione di un qualsiasi atto scritto, che documenti un atto economico assoggettabile all'imposta generale en I trata, rientra nella sfera di applicazione dell'art. 45, 2� comma, I~ l. 19 giugno 1940, n. 762. I il I documenti previsti dall'art. 8 della l. cit. sono richiesti ai fini strumentali dell'accertamento e non del sorgere del tributo, che � collegato al verificarsi dell'atto economico tassabile. L'uso e la produzione dell'atto tassabile, avvenuto dopo il I I ~ ' ,' 179 PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA decorso della prescrizione fissata dall'art. 45, 1� comma, della l. n. 762 abilita lo Stato a realizzare il credito non assolto in -violazione dell'art. 45 2� comma stessa legge, ed il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui si � verificato l'uso o la produzione. .;:;. (Omissis). -Unico motivo fatto valere dall~pponente a fondamento della denunciata illegittimit� dell'ing�tmzione � la estinzione per prescrizione del diritto dell'ente creditore alla riscossione della imposta accertata e della relativa pena pecuniaria inflitta. L'eccezione � solo in parte fondata, ossia con riferimento alla pena pecuniaria, ma non anche per quanto ha tratto alla imposta, diversi essendo i termini di prescrizione prefissi per la riscossione di detti crediti. Ed invero � pacifico in causa che l'atto economico soggetto alla imposta in contestazione � stato posto in essere in data 14 settembre 1945 (data di stipulazione della compravendita GerloniValcalebre) ed � dunque da detta data che ha inizio il corso decennale della prescrizione stabilito dall'art. 45 della legge istitutiva della IGE. . Dispone, peraltro, il medesimo articolo, al secondo comma, che � la compiuta prescrizione non autorizza l'uso o la produzione degli atti e scritti, irregolari agli effetti della presente legge, senza l'effettivo pagamento della imposta, delle sopratasse e del minimo delle pene pecuniarie dalla stessa stabilite �. La disposizione va, ad avviso del Tribunale, interpretata nel senso che, pur compiuta la prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione dell'imposta, della sopratassa e della pena pecuniaria, l'uso o la produzione degli atti o scritti rappresentativi degli atti economici soggetti alla imposta prescritta fa sorgere nuovamente il diritto dell'Erario a pretendere l'assolvimento dell'imposta medesima: Ponendo infatti la norma il divieto di fare uso o di produrre i detti atti o scritti irregolari agli effetti della legge, consegue che � il fatto dell'uso o della produzione in s� che origina ex-novo il diritto alla percezione dell'imposta. Ed � quindi dal momento in cui tale fatto si verifica che inizia un nuovo corso della prescrizione. Nella specie risulta documentalmente provato che l'atto di compravendita 14-9-1945 e l'atto di transazione 2 aprile 1946 furono prodotti in giudizio al pi� tardi in data 14 dicembre 1955, secondo emerge dalla narrativa della sentenza del Tribunale di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Milano 31-10/22-11-1956 (doc. 5 conv.), talch� il termine decennale della prescrizione � tuttora in corso. L'opponente sostiene peraltro che nell'ambito della disposizione esaminata non pu� essere ricondotta anche la produzione, di atti della specie suddetta, in quanto i documenti rilevanti agli effetti della legge sulla IGE (art. 8), espressamente specificati nel relativo regolamento, sono soltanto la nota, il ..::onto, le fattu� re, la quietanza e simili. L'argomento � palesemente privo di pregio. L'art. 8 del d.l. 9-1-1940 n. 2 detta invero l'obbligo per gli operatori di far risultare ogni atto economico che d� luogo ad una entrata imponibile da un apposito documento che deve indicare � l'importo dei corrispettivi costituenti l'entrata ed ogni altro elemento idoneo a identificare i singoli� atti economici�. Ma � del tutto evidente che oggetto dell'imposta � l'atto economico, che d� luogo all'entrata, laddove il documento � richiesto dalla legge soltanto a fini strument�lli per agevolare l'accertamento. Di guisa che la prova della verificazione dell'atto economico non � necessariamente, n� esclusivamente fornita da uno dei documenti indicati dal regolamento, sibbene pu� essere acquisita aliunde. E quindi l'uso o la produzione di un qualsiasi atto scritto che documenti un atto economico assoggettabile all'imposta sull'entrata rientra nella sfera di applicazione del cit. art. 45, 2� comma. :~ Inconferente � poi il richiamo alla giurisprudenza della Corte di Cassazione citata dall'opponente, riguardando la massima riprodotta la prova del negozio, che sicuramente � regolata dalle disposizioni del codice civile, e non pu� di certo essere ricavata ii~ da uno dei documenti che la legge speciale esige al solo scopo del pi� sicuro accertamento dell'entrata imponibile. La prescrizione si � invece compiuta per quanto concerne . la pena pecuniaria, giacch� il primo atto interruttivo dopo la ' I~ suddetta data del 14-12-1955 si � prodotto con la notifica deli:~ l'atto di accertamento della trasgressione avvenuta il 22 dicem ~~ r~ bre 1~60, vale a dire dopo la scadenza del quinquennio di cui al t;; l'art. 17 1. 7 gennaio 1929, n. 4. (Omissis). h B i:; ::: TRIBUNALE DI BOLOGNA, Sez. I, 14 giugno 1963, n. 504 - Pres. Belli -Est. Di Santo -Finanze c. Comune di Medesano. l~~j~ Imposta di registro -Trasferimenti immobiliari -Accessioni -Presuni �== ~::: zione ex art. 47 della legge 3269-23 -Prova contraria. (1. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 47; 1. 24 gennaio 1962 n. 23). '�'~ ' ' ::: PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 181 Le norme contenute nella l. 24 gennaio 1962, n. 23 sugli atti posti in essere dai Comuni, idonei a vincere la presunzione di accessione, concernono le vendite da parte dei Comuni di terreni non edificati e non gli acquisti, che restano sottoposti alla disciplin04 dell'art. 47 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (1). (Omissis). -La domanda � fondata e deve essere accolta. Com'� noto, l'accessione � un modo di acquisto originario, giacch� l'acquisizione del diritto di propriet� del bene incorporato, a �favore del proprietario del suolo, deriva dal mero fatto dell'in. corporazione. L'accessione, cio�, determina una naturale espansione del dominio perch� si fonda non su un fatto umano, ma semplicemente sull'evento esteriore della connessione materiale delle cose. E' vero che l'acquisizione� ipso jure � del.la propriet� super ficiaria al titolare del diritto di propriet� sul suolo si presume � juris tantum�, e perci� pu� essere vinta dalla prova contraria. Tuttavia, non solo per diritto speciale tributario, ma anche per diritto comune, la presunzione di accessione al suolo della costruzione che vi sia stata inedificata o che debba inedificarsi pu� essere vinta solamente da un atto scritto, mediante il quale il proprietario del suolo abbia costituito a favore di un terzo il diritto di superficie previsto dai due commi dell'art. 952 e.e. Generalmente tale costituzione avviene per contratto, ma � ammissibile la costituzione del diritto di superficie anche per testamento. In ogni caso, per�, trattandosi di costituire un nuovo diritto, separando la propriet� del suolo da quella della costru.. zione che � ipso jure � si acquisirebbe o si � gi� acquisita al proprietario del suolo, la relativa dichiarazione di volont� non potrebbe che provenire da chi � legittimato a costituirla, cio� dalla persona a cui favore si verificherebbe o si � verificata l'accessione stessa, ossia dal proprietario del suolo, futuro ven ditore, non mai dal futuro acquirente del suo stesso, il quale non potrebbe mai assumere la veste di costituente del diritto. Per il diritto speciale tributario (art. 47 della legge di regi stro), inoltre, a vincere la presunzione di accessione agli effetti fiscali non basta che le parti diano atto, contestualmente al tra sferimento del suolo, che l'alienante aveva gi� concesso (verbal mente o tacitamente, e perci� con negozio invalido per difetto (1) Il carattere eccezionale della I. 24 gennaio 1962, n. 23, interpretata secondo i criteri di ermeneutica posti dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, non consente altra soluzione. Nello stesso senso cfr. Tribunale di Brescia 16 dicembre 1963 Comune di Pisogne c. Finanze: .. 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della forma � ad essent�am � prescritta dall'art. 1350, n. 2 e.e.) l'edificazione sul suolo stesso dell'acquirente, gi� prima della stipulazione; ma occorre che l'acquisizione del diritto di superficie sia provata dall'acquirente del suolo mediante un atto anteriore �registrato, idoneo a costituire il diritto stesso. La delibera adottata dal Comune convenuto per provvedere all'acquisto fl.ell'area � de qua�, allo scopo di costruirvi case popolari, � certamente anteriore alla compravendita, ed � veritiera, ma non i! atto idoneo a vincere la presunzione di accessione giacch�, anche � volere prescindere dalla sua natura di atto puramente interno di formazione della volont� dell'ente, essa de�ibera proviene non dal futuro alienante, ma dal futuro acquirente che, non essendo ancora proprietario dell'area, non poteva costituire una concessione �ad aedificandum � a favore di s� stesso, spettando la legittimazione sostanziale alla costituzione del diritto di superficie esclusivamente al proprietario del suolo. Il convenuto richiama la 1. 24 gennaio 1962, n. 23, che ha testualmente sancito: �In deroga all'art. 47, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro) e successive modificazioni, sono idonee a vincere la presunzione di accessione le deliberazioni adottate prima dell'entrata in vigore della presente legge,, con le quali le Province e i Comuni abbiano autorizzato la vendita di terreni non edificati a coloro che successivamente hanno stipulato il contratto di acquisto, consentendo nel frattempo all'edificazione, nonch� i contratti di appalto stipulati dagli Istituti autonomi per le case popolari per costruzioni su terreni successivamente acquistati �. Ma la trascritta norma di diritto singolare non pu� applicarsi alla specie, giacch� essa concerne le sole deliberazioni (provincia li e comunali) di vendita, e non anche quelle di acquisto. La limitazione della previsione alle sole ipotesi di vendita � certamente dovuta al principio logico-giuridico, secondo cui la accessione non pu� essere impedita �se non da una dichiarazione di volont� del soggetto a favore del quale si verificherebbe o si � verificata l'accessione stessa, e cio� del proprietario dell'area edilizia che sia in procinto di venderla ad altro soggetto. N�, contrariamente a quanto sostiene la difesa del convenuto, la citata norma, di carattere eccezionale, pu� essere interpretata analogicamente, ostandovi l'art. 14 delle preleggi. Non � neppure suscettibile di interpretazione estensiva, perch� la fattispecie del la deliberazione di acquisto non �� per nulla implicita, ma � anzi implicitamente esclusa dalla portata della norma stessa. La difesa del Comune, richiamandosi alla seconda parte della PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 183 norma di cui alla I. 24-1-1962, n. 23, secqndo cui, oltre alle delibere delle Province e dei Comuni autorizzanti la vendita, sono idonei a vincere la presunzione di accessione � i contratti di appalto stipulati dagli Istituti Autonomi per le case popolari per costruzioni su terreni successivamente acquistati �, sostiene che il contratto di appalto per la costruzione della casa popolare sul terreno acquistato, stipulato dal Comune di Medesano il 4-9-1952 e registrato il 23-10-1952, consente egualmente di vincere la presunzione posta dall'art. 47 della legge di registro, dovendosi ritenere il Comune, che � il primo degli enti di edilizia popolare, compreso nella previsione della I. n. 23 del 1962. Ma neanche tale tesi pu� essere accolta. Non � possibile, infatti, interpretare la I. n. 23 nel senso che i contratti di appalto, stipulati dai Comuni per costruzioni di case popolari su terreni successivamente acquistati, siano idonei a vincere la presunzione di accessione. Ed infatti, se la legge avesse voluto comprendere nella disposizione anche i contratti di appalto dei Comuni, lo avrebbe detto; invece non lo ha fatto, bench� nella prima parte della norma abbia menzionato proprio i Comuni in relazione alle delibere di vendita. Una interpretazione che comprendesse nella disposizione, dettata per gli Istituti Autonomi per le case popolari, i contratti di appalto dei Comuni relativi a costruzioni su terreni acquistati sarebbe, in realt�, non una interpretazione estensiva (mirante cio� a fare esattamente coincidere la norma con il pensiero e la volont� del legislatore, applicandola ad un numero di casi pi� ampio di quella che la dizione letterale comporterebbe), ma una interpretazione analogica (mirante cio� a sviluppare nella sua espressione logica la � ratio legis � cos� da adottarla a casi diversi, se pur consimili nell'elemento di fatto decisivo per il trattamento giuridico); ed � st�to gi� rilevato che l'art. 14 delle preleggi vieta l'interpretazione analogica delle leggi eccezionali. (Omissis). TRIBUNALE DI CATANIA, 28 giugno 1963, n. 843 -Pres. Nicosia Est. Russo -Di Stefano c. Finanze. Imposta di registro -Privilegio fiscale -Permuta di beni dotali -Pignorabilit� per debito d'imposta. (1. 30 die. 1923, n. 3269, art. 97; e.e., artt. 189, 2758, 2772). Il credito dello Stato per l'imposta di registro sull'atto relativo alle permute di beni dotali � assistito, al pari degli altri crediti per l'imposta di registro in genere, dal privilegio speciale' 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :=:~ I I , . previsto dall'art. 97 della legge organica 3269/23. I beni pertanto . sui quali � trasferito il vincolo dotale sono, in attuazione del privilegio predetto, pignorabili, (Omissis). -Eccepisce l'opponente che i beni pignorati dall'Amministrazione Finanziaria in data 15 giugno 1955 erano di natura dotale, giusta l'atto di permuta del 23 aprile 1946 in notar Musumeci e, quindi, non potevano essere sottoposti a pignoramento. Col predetto atto di permuta, i coniugi Arena Orazio e Distefano Salvatrice (attuale opponente) �cedevano e trasferivano a titolo di permuta all'altro contraente Arena Pietro l'intero fondo per 92/214 di natura dotale e nel resto di propriet� comune fra essi coniugi. Arena Pietro cedeva e trasferiva allo stesso titolo di permuta ai medesimi coniugi Distefano e Arena il mulino San Giovanni Bosco con tutti i macchinari ivi esistenti di cui appresso... Ora, dato che il fondo ceduto in permuta dai coniugi Distefano-Arena � per 92/214 di natura dotale, in tale proporzione il fabbricato e i macchinari tutti del Mulino divengono per 92/214 dotali della Distefano Salvatrice e nel resto in parti comuni fra essi coniugi�. Vero � che la dote, durante il matrimonio � inespropriabile da parte dei creditori, come risulta sicuramente, se pure implicitamente dall'art. 191 e.e.: � Sciolto il matrimonio, si pu� procedere sui beni che costituivano la dote anche per le obbligazioni contratte durante il matrimonio �, tuttavia il credito tributario dello Stato, che colpisce i beni che hanno formato oggetto della costituzione di dote (nella specie con l'atto di permuta sopra cennato il vincolo dotale era stato trasferito dal fondo rustico, sul quale originariamente era stato costituito, anche sui macchinari pignorati dall'Amm.ne Finanziaria), preesiste logicamente se non temporalmente al sorgere del vincolo dotale, in quanto attiene all'obbligazione tributaria dovuta dalle parti in relazione all'atto stesso che le parti I, pongono in essere. In conseguenza di ci� la stessa legge di registro (art. 97), richiamando le norme contenute nel codice ' civile, attribuisce allo Stato dei privilegi sui beni sia mobili che immobili oggetto della contrattazione (artt. 2758 e 2772). , Si potrebbe obbiettare che le norme di cui agli artt. 2758 e J~ 2772 e.e. parlano di � tributi indiretti � e non di imposte di . . registro. Ma ormai � pacifico ed � stato riconosciuto anche dal . legislatore (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 e 8 luglio 1937, n. 1516), I che le stesse hanno natura di imposte indirette e quindi non . g'~.. . i w. ~,,,%,_.,.,,,.,y,,>:-:---~l--~/8:4817~1..,~ PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 185 pu� dubitarsi che la predetta norma riguardi anche la imposta di registro. Del resto l'art. 61 della stessa legge di registro (modificato dall'art. 3 d.l. 8 marzo 1945, n. 90) disciplina proprio la tassazione del contratto di costituzione di dote, e l'art. 18 1. 16 giugno 1939, n. 942 prevede la possibilit� che la dote possa essere gravata da tributi. � Da quanto sopra esposto viene, cos�, dimostrato che la opposizione proposta dalla Distefano Salvatrice avverso l'ingiunzione notificatale dall'Ufficio del Registro di Vizzini � infondata, perch�, nella specie i macchinari sui quali era stato trasferito il vincolo dotale in virt� dell'atto di permuta in notar Musumeci del 23 aprile 1946, potevano essere staggiti per il soddisfacimento dell'imposta complementare di registro che riguardava, proprio, detto atto di permuta, di cui i macchinari stessi costituivano l'oggetto. (Omissis). ~~:?~:;�3z~i~1\~~-(...;~~~�-�-~ __ � COMMISSIONE CENTRALE, Sez. XI, 20 giugno 1962, n. 89695 -Morasso Mario c. Finanze. Contenzioso tributario -Registro -Controversie di valutazione -De cisione delle Commissioni provinciali -Ricorso aIIa Commissione Centrale. L'obbligo della motivazione, di cui all'art. 42 r.d. 8 luglio 1937, n. _1516, non � soddisfatto da un generico richiamo alla consistenza, posizione, manutenzione e valore in comune commercio del cespite da valutare (1). (1) Competenza deIIa giudizi di valutazione. � Commissione Centrale delle imposte nei Con la decisione, che si annota, la Commissione Centrale, in conformit� della sua precedente giurisprudenza, si � pronunziata, ritenendosi competente, su ricorso proposto avverso decisione resa dalla Commissione provinciale in grado di appello, annullandola per difetto di motivazione. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha, peraltro, escluso l'ammissione del ricorso alla Commissione Centrale avverso le decisioni rese dalle Commissioni Provinciali in tema di valutazione, affermando che queste decisioni, emesse in grado di appello, sono definitive salvo il ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria, ai sensi dell'art. 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 o il ri�orso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. La decisione annotata �, pertanto, in contrasto con la giurisprudenza della Corte regolatrice ed avverso di essa si sarebbe potuto opporre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 186 (Omissis). -L'art. 42 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, fa obbligo alle Commissioni delle Imposte per le controversie di valutazione di enunciare nelle loro decisioni una sommaria motivazione dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella determinazione dei valori imponibili. Tale obbligo non � certo soddisfatto quando, come nella specie, la decisione si limiti ad un richiamo generico alla consistenza, posizione, manutenzione e valore in comune commercio del cespite da valu ricorso per Cassazione al fine di ottenerne l'annullamento. Non essendo stato esperito siffatto rimedio, riteniamo che la decisione spieghi tutta la sua efficacia, imponendo il rinnovamento del giudizio di appello innanzi la Commissione provinciale, salvi, ovviamente, gli ulteriori rimedi previsti dalla legge avverso la nuova decisione di quest'ultima. Le decisioni della Commissione Centrale in materia di valutazione, essendo pronunciate fuori dei limiti di competenza di quest'organo, sono, perci�, viziate di incompetenza. Potrebbe dirsi che, trattandosi di organo di giurisdizione speciale, organizzato peraltro per gradi, l'incompetenza s'identifichi con il difetto di giurisdizione, implicando essa esorbitanza dai limiti di attribuzione dell'organo. Ma in nessun caso pu� pervenirsi alla conclusione che le decisioni emanate dalla Commissione Centrale, sia pure in ipotesi non previste dalla legge, siano inesistenti. Esse sono viziate, ma esistono e spiegano tutta la loro efficacia di atto giurisdizionale, suscettibile di passaggio in giudicato, finch� non siano annullate dalla Corte di Cassazione, unico organo, posto al vertice dell'ordinamento giudiziario, competente a sindacare il vizio d'incompetenza o il difetto di giurisdizione degli organi giurisdizionali speciali. Questa soluzione � confermata -a nostro avviso in modo incontestabile -dalla circostanza che la Corte di Cassazione, la quale ha avuto occasione di pronunziarsi pi� volte sulla questione (Cass. Sez. Un., 13 ottobre 1960, n. 2689; id. 18 ottobre 1961, n. 2925 in questa Rassegna 1962, p. 93; id. 6 ottobre 1962, n. 2828, ivi, 1963, p. 44), ha cassato senza rinvio le impugnate decisioni della Commissione Centrale, ritenendole cos� viziate ma giuridicamente esistenti, e non ha, invece, dichiarato inammissibili i ricorsi, come avrebbe dovuto fare se le avesse considerate inesistenti. N� alla specie sembra applicabile il disposto degli artt. 22, 3� e 4� comma, e 29, 4� comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che consente l'azione giudiziaria nel termine di sei mesi dalla decisione definitiva delle commissioni, perch� questa norma attiene alla prosecuzione della controversia sulla debenza del tributo innanzi l'autorit� giudiziaria ordinaria e la sua applicazione � limitata alle questioni di diritto, in materia di imposte indirette, o di valutazione complessa, in tema di imposte dirette. In tali casi l'azione giudiziaria, diversamente da com'� previsto per l'ipotesi di cui al 3� comma dell'art. 29 cit., non � concepita come gravame rispetto alla decisione della Commissione; essa � autonoma e limitata alla questione sostanziale, con esclusione di ogni riesame degli eventuali errori in procedendo, in cui siano incorse le Commissioni. In materia di valutazione l'azione giudiziaria ex art. 29, 3� comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cast., sono gli unici rimedi esperibili per l'annullamento delle decisioni delle Com PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 187 tare occorrendo invece dati concreti e specifici sia pure sommari, riferiti alle reali condizioni dell'immobile ed al calcolo che ne consegue. Ancora, nella specie, il generico riferimento anzidetto � per dippi� contenuto in un modulo a stampa, che toglie ogni garanzia di specifico esame dei dati obbiettivi da valutare. Evidente � quindi il difetto di motivazione della decisione impugnata, che conseguentemente va annullata. (Omissis). missioni, le quali, in mancanza dell'esperimento di quei rimedi, acquistano efficacia di cosa giudicata, ancorch� viziate d'incompetenza. Ben pi� delicata � la questione, che si esamina brevement� per completezza d'indagine, nelle ipotesi, in cui 1a Commissione Centrale respinga il ricorso del contribuente, confermando la decisione della Commissione provinciale, o, come speriamo che faccia d'ora innanzi, lo dichiari inammissibile, adeguandosi, cos�, all'insegnamento della Corte di Cassazione. Nell'ipotesi considerata da ultimo non v'� dubbio che debba consic;lerarsi definitiva la decisione della Commissione provinciale, con la conseguente decadenza del contribuente e dell'Amministrazione finanziaria dal diritto di proporre ricorso all'autorit� giudiziaria previsto dall'art. 29, 3� comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Ma a tale conseguenza riteniamo che debba pervenirsi anche nella prima ipotesi perch� l'esperimento di un rimedio non previsto dall'ordinamento giuridico, qual'� il ricorso alla Commissione Centrale nei giudizi di valutazione, non � certamente idoneo ad impedire il verificarsi della decadenza per il decorso del termine perentorio di sei mesi, fissato dal citato art. 29, che inizia dalla notificazione della decisione della Commissione provinciale. G. GUGLIELMI - SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 5 ottobre 1963, n. 2650 - Pres. La Via -Est. Corduas -P.M. Trotta (conf.) -Impresa Rancilio c. Gestione Ina-Casa. Arbitrato -Deposito del lodo -Ordinanza del Presidente del Tribu nale che nega l'esecutoriet� -RicorribiJit� in Cassazione. (Cost., art. 111, 2� comma; cod. civ., art. 825). L'ordinanza del Presidente del Tribunale, con la quale viene respinto il reclamo avverso il decreto pretorile che nega l' esecutoriet� del lodo, ha carattere giurisdizionale. Pertanto la stessa � impugnabile con ricorso alla Cassazione per violazione di legge. (1). (Omissis). -FATTO. Con lodo arbitrale in data 6 giugno 1960 veniva decisa una controversia, insorta tra l'Impresa Gervasio Rancilio, la Gestione Ina Casa e l'Istituto della Previdenza Sociale. Il lodo veniva depositato nella cancelleria della Pretura (1) Dopo la sentenza 30 luglio 1953, n. 2593 (Foro it., 1953, I, 1248), la Corte Suprema ha costantemente ria:ffermafo il principio, per il quale l'espressione �sentenza� di cui al 2� comma dell'art. 111 della costituzione, ha significato di provvedimento di natura decisoria. La tendenza � stata recentemente criticata da parte della dottrina (ANDRIOLI, Incidenza della Costituzione in materia fallimentare, Banca, borsa, ecc., 1960, I, 391; 'FURNO, voce Cass. civ., Noviss. Digesto it., I, 1053, 20, aggiornamento; contra: BIANCHI D'EsPINOSA, La Costituzione e il ricorso per cassazione, Riv. dir. proc., 1962, pag. 218 e ss.), rilevandosi che per le norme di diritto processuale, e quindi di natura formale, la lettera della legge pone all'interprete limiti pi� rigorosi e ristretti, che non per le norme di diritto sostanziale. Pertanto, non la Costituzione -che non d� una propria nozione di sentenza -ma le leggi disciplinatrici delle procedure nelle quali i singoli provvelimenti sono adottati, sarebbero l'unico parametro formale di collegamento per l'applicazione del 2� comma dell'art. 111. E' da rilevare, che l'esame di legittimit� costituzionale delle disposizioni escludenti l'impugnazione per violazione di legge di determinate sentenze, o di ordinanze e decreti di riconosciuta natura e contenuto decisorio, � stato fin'ora effettuato solo dalla Corte Suprema, che persiste nella prassi di ritenerle abrogate per contrasto con la norma costituzionale. Ci� sembra giustificato solo in parte; poich� se � vero, che la stessa ' PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 189 di Milano; ma il Pretore, con decreto 10 giugno 1960, negava la dichiarazione di esecutivit� al lodo, perch� non erano stati depositati il contratto contenente la clausola compromissoria, e. gli atti con i quali erano stati proposti i quesiti, come prescritto dall'art. 825 c.p.c. L'impresa reclamava al Presidente del Tribunale di Milano, il quale, per�, con ordinanza 10 ottobre 1960, respingeva il reclamo. Osservava �l presidente: 1) che la produzione dei documenti eseguita dopo la decisione del pretore e dopo il decorso del termine perentorio di cui all'art. 825, 1� comma, c.p.c. non poteva supplire alla mancata produzione degli stessi; 2) che, relativamente agli atti contenenti i quesiti, doveva riconoscersi che il mancato tempestivo deposito dei medesimi non aveva rilevanza, in quanto i quesiti sottoposti agli arbitri risultavano integralmente riportati nel lodo; 3) che, invece, riguardo all'atto contenente la clausola compromissoria, esso non era stato depositato, n� tale deficienza poteva essere ovviata per il fatto che, tempestivamente, era stato depositato unitamente al lodo copia autentica del Capitolato generale per la Gestione Ina-Casa, contenente una clausola compromissoria, posto che non esisteva alcuna prova che le disposizioni di tale capitolato dovessero applicarsi ai rapporti giuridici che avevano formato oggetto del lodo. (Omissis). giurisprudenza costituzionale ha ammesso la possibilit� dell'abrogazione implicita delle foggi anteriori alla costituzione, � anche vero che, data la notevole diversit� delle conseguenze tra abrogazione e dichiarazione di illegittimit�� costituzionale (sulla distinzione, cfr.: Corte Cost. 27 gennaio 1959, n. 1, Giust. civ., 1959, III, 37; 27 giugno 1958, n. 40, Giur. cost., 1958, 925), sarebbe opportuno avere un definitivo chiarimento dall'Organo costituzionale sul significato dell'espressione � sentenza '" usata nel 2� comma dall'art. 111. Tanto non certamente nel caso di provvedimenti che risultino sentenze in senso formale e sostanziale; ma nell'ipotesi delle ordinanze o decreti, che sono impugnabili unicamente se l'espressione sentenza viene intesa nel senso di provvedimenti a carattere decisorio, cos� rifiutando l'interpretazione che alla stessa assegna portata puramente formale (in questi sensi: BIANCHI n'EsPINOSA, op. cit., 239-240). La questione di merito � stata risolta, sul presupposto del C<!rattere giurisdizionale del decreto che conferisce al lodo efficacia esecutiva; essendo ovvio che all'ordinanza del presidente del Tribunale in sede di reclamo, non pu� essere attribuita natura diversa. E' stata cos� seguita una tesi che non pu� ancora dirsi del tutto pacifica, (contra: AMAR, Dei giudizi arbitrali, Torino, 1879, n. 197, pag. 293; Rocco, Trattato dir. proc. civ., 1957, voi. I, pagg. 154 e ss.; REDENTI, Dir. proc. civ. 1954, voi. III, pag. 481; e, pi� recentemente: CARNANCINI, Arbitrato rituale, n. 39, Novissimo digesto italiano. Nel senso della sentenza, cfr.: VECCHIONE, L'arbitrato, 1953, n. 129). 190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DIRITTO. -Con il ricorso la ricorrente Impresa, premesso che l'ordinanza con la quale il presidente del tribunale ha deciso il reclamo, avendo contenuto a valore decisorio di sentenza, deve ritenersi impugnabile in cassazione ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione, non ostante che il codice (art. 825 e.e.) la dichiari non impugnabile, osserva, relativamente alla ritenuta mancanza di prova, che la clausola compromissoria fosse stata depositata, unitamente al lodo, nella cancelleria del Pretore, che la denunciata ordinanza ha omesso di rilevare che con lettera 19 marzo 1960 l'Avvocatura dello Stato aveva trasmesso al Presidente del Collegio arbitrale, su richiesta del medesimo, due copie del rogito Parisella 13 lugli0 1950 con l'allegato capitolato generale di appalto contenente la clausola compromissoria. La quale circostanza, deduce la ricorrente, costituiva la prova evidente che il capitolato generale e, in particolare, la clausola compromissoria in esso contenuta, fosse applicabile ai rapporti giuridici che avevano formato oggetto del lodo. All'esame del merito del ricorso � preliminare accertare la ammissibilit� del ricorso in cassazione avverso l'ordinanza presidenziale. L'art. 825 c.p.c. stabilisce che il lodo arbitrale, con l'atto di Icompromesso o con quello contenente la clausola compromissoria, e gli atti con i quali sono stati proposti i quesiti, deve esser depositato nella cancelleria della pretura entro il termine pe I rentorio di cinque giorni dalla sottoscrizione del lodo, e che il ~ pretore, accertata la tempestivit� del deposito e la regolarit� formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto, contro il I quale � ammesso reclamo al presidente del tribunale, che provvede con ordinanza non impugnabile. E' noto che, a seguito dell'entrata in vigore dall'art. 111 Idella Costituzione ed all'interpretazione che di tale precetto ha f� dato questo Supremo Collegio, tutti i provvedimenti decisori, ancorch� siano dichiarati sentenze non impugnabili o siano definiti ordinanze e decreti dalle leggi anteriori, sono impugnabili in cassazione per violazione di legge. L'Avvocatura dello Stato, pur condividendo l'indicato principio, sostiene che il decreto del pretore, con il quale l'accertamento � limitato alla tempestivit� del deposito ed alla regolarit� formale del lodo, � l'espressione di una attivit� amministrativa e costituisce un provvedimento di volontaria giurisdi I zione, privo di carattere decisorio; e che l'ordinanza del pre- I % PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 191 sidente del tribunale, emessa in sede di reclamo contro il rifiuto di esecutoriet�, ha ovviamente la medesima natura. La Corte non condivide questa tesi. Compito degli arbitri � quello di conoscere delle controversie _sottoposte dalle parti al loro giudizio e di decidere osservando le forme ed i termini prescritti dalla legge o dal compromesso. Il procedimento formativo della decisione, per�, che si conclude con la emanazione del lodo, in tanto acquista una efficacia processuale di accertamento, in quanto il pretore, esaminata la regolarit� formale ed estrinseca del lodo, lo renda esecutivo. Dispone infatti il 3� comma dell'art. 825 c.p.c. con espressione assai significativa, che il decreto del Pretore conferisce al lodo �efficacia di sentenza�, e da ci� deriva che il compromesso, che � un negozio di diritto privato, non attribuisce agli arbitri l'esercizio di una funzione giurisdizionale, ma che questo carattere viene impresso alla decisione -ed a tutto il procedimento anteriore -dopo il riconoscimento, da parte del pretore, che gli arbitri hanno legittimamente adempiuto al mandato loro conferito. Alla formazione della sentenza arbitrale, che assume la fisionomia di un atto complesso, concorrono pertanto, sia pure attraverso funzioni tra loro diverse e distinte, gli arbitri ed il pretore. Se, quindi, il decreto del pretore � un atto formativo della sentenza, non si vede come possa ad esso negarsi un carattere giurisdizionale, a meno di non voler consentire la possibilit� -palesemente inaccettabile -di far derivare la sostanza giurisdizionale dell'arbitrato da un atto amministrativo. E giova altres� considerare che il decreto del pretore, come l'ordinanza del Presidente in sede di reclamo, non essendo revocabili, sono privi di quel carattere di provvisoriet� e non de �finitivit� che contraddistinguono, invece, gli atti di volontaria giurisdizione. N� vale obiettare che l'indagine del pretore (come del presidente del tribunale in sede di reclamo), � limitata all'�ccertamento della regolarit� formale del lodo attraverso un procedimento di camera di consiglio e non contenzioso; infatti, i criteri fissati dall'art. 825 c.p.c. al sindacato del pretore non escludono che il compito affidatogli dalla legge abbia: un contenuto giurisdizionale, sia pure circoscritto al controllo di una regolare attivit� degli arbitri; e se vero, che i provvedimenti camerali hanno normalmente carattere amministrativo, � altrettanto vero che il legislatore consente, in alcuni casi, per ragioni di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO opportunit� procedurale, che si svolgano con il rito della camera di consiglio anche procedimenti di carattere giurisdizionale, che si concludono con provvedimenti di eguale natura, quali, ad esempio, la sentenza dichiarativa di fallimento o quella diretta a regolare la competenza. Infine, non � esatto che il contenuto amministrativo del decreto del pretore possa dedursi dal fatto, che il diniego di esecutoriet� del lodo non importerebbe un pregiudizio irreparabile, potendo, secondo l'Avvocatura, sempre essere riproposto il giudizio arbitrale o iniziato un comune procedimento dinanzi al giudice, giacch� questa possibilit�, a prescindere da ogni altra considerazione, occorrerebbe fosse dimostrata, mentre possono essersi verificate decadenze e prescrizioni per cui il diniego di esecutoriet� del lodo comprometterebbe in modo definitivo il diritto soggettivo della parte interessata. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1963, n. 2897 - Pres. Pellettieri -Est. Capaccioli -P.M. Maccarone (conf.) Impresa Rancilio c. Ferrovie dello Stato. Appalto -Appalto di opere delle Ferrovie dello Stato -Ritardo nei pagamenti -R.esponsabilit� della p.a. -Liquidazione dei danni in via preventiva e forfettaria. (C'apitolato generale di appalto ~ielle opere ferroviarie, art. 40). Appalto -Appalto di opere delle Ferrovie dello Stato -Rescissione dell'appalto -Decimo da pagarsi all'appaltatore -Calcolo -IUferimento ai prezzi revisionati. <I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 345; Capitolato generale di appalto delle opere ferroviarie, art. 56). L'art. 40 del Capitolato generale amministrativo delle Ferrovie dello Stato non tanto esclude la responsabilit� da ritardo (nei pagamenti) della P.A., quanto disciplina la fattispecie del ritardo in modo autonomo e compiuto ed in base al criterio, non di negarne la rilevanza, ma di fissarne, in via preventiva, semplificata e forfettaria, gli effetti. Da un lato, infatti, l'art. 40 annette al ritardo l'unica conseguenza dell'obbligo della P.A. di corrispondere gli interessi legali; dall'altro, il presupposto dell'obbligazione vi risulta costituito dal solo dato oggettivo del ritardo nei pagamenti, senza :-: .p che rilevino i motivi del ritardo medesimo e quindi l'aspetto ., PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 193 soggettivo (colpa o meno) della condotta dell'Amministrazione. La decorrenza degli interessi � fissata in relazione alle diverse ipotesi contemplate (dopo 90, 120, 60 giorni, a seconda che si tratti di acconti o di rata di saldo, a proposito della quale si distingue se il conto finale sia stato accettato dall'appaltatore o contestato; o, infine, di somme dovute a seguito di decisione sulle riserve). Gli interessi sono sempre dovuti, con decorrenze fisse, sia nelle ipotesi in cui, alla stregua dei principi di diritto� comune, sussiste la responsabilit� (anche al di l� del limite degli interessi), sia nei casi in cui, invece, in base agli stessi principi, nulla spetta all'appaltatore; ma a nessun'altra prestazione le Ferrovie sono tenute (1-2). A norma del quinto comma dell'art. 56 del capitolato generale amministrativo delle Ferrovie dello Stato, secondo il quale il decimo delle opere non eseguite, da pagarsi all'appaltato., re ai sensi dell'art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, � calcolato nella differenza fra l'importo dei qu�ttro quinti del prezzo che ha servito di base al contratto depurato del ribasso convenuto in contratto e l'ammontare netto dei lavori eseguiti, � necessaria l'omogeneit� dei due termini, in quanto il risultato della sottrazione sarebbe falsato in caso contrario.. Pertanto, nell'ipotesi di revisione dei prezzi, intervenuta in corso di rapporto, tali termini vanno espressi in cifre revisionate. Le norme, contenute n�gli artt. 345 della legge sui lavori pubblici e 56, 5� comma, del Capitolato generale amministrativo delle Ferrovie dello Stato, sono dettate al fine di indennizzare l'appaltatore per la perdita che subisce a causa dello scioglimento anticipato del contratto, prima che le opere eseguite raggiungano i quattro quinti: si tratta perci�, di una ratio di indennizzo. Attenendosi ai valori contrattuali non si risarcisce il danno attuale (che l'appaltatore subisce all'atto dello scioglimento), ma quello del tempo della conclusione del contratto. Si rispetta la ratio solo facendo riferimento ai valori revisionati. Ci� s'inquadra nel principio generale, per cui il credito di risarcimento � un credito di valore e deve essere espresso in termini monetari attuali (3-6 ). Sul ritardo nel pagamento dei corrispettivi nell'appalto pubblico, e sulla natura giuridica del decimo; in caso di rescissione. (1-2) Il principio � di ineccepibile esattezza, e conferma con larghezza di argomenti, l'indirizzo affermato a proposito delle analoghe disposizioni dell'art. 40 dell'abrogato Capitolato generale 28 maggio 1895 sui . 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Col primo motivo del suo ricorso l'ing. Rancilio assume che la Corte di Milano, escludendo la rilevanza del ritardo ai fini della risarcibilit� del relativo danno, avrebbe violato l'art. 40 del Capitolato generale amministrativo delle Ferrovie dello Stato. Questa norma, ad avviso del ricorrente, negherebbe il risarcimento solo in relazione al ritardo (nei pagamenti) dovuto ai normali indugi burocratici; non comporterebbe, invece, l'esclusione della responsabilit� dell'Amministrazione ferroviaria nei casi in cui questa abbia proceduto al col- lavori dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici (v. Cass., 26 marzo 1949, n. 932). Anche in tale occasione, la Cassazione aveva avvertito, che l'accennato art. 40 esprimeva una regolamentazione legale e particolare per tutte le somme comunque in contestazione; principio che chiaramente derogava a quelli generali, escludendo in caso di inadempienza il diritto al risarcimento del danno, rappresentato dalla possibilit� di conseguire un tasso di interesse superiore a quello legale e con decorrenza dalla messa in mora. L'indirizzo, inoltre, rappresenta una evoluzione rispe~ to alla consolidata opinione, secondo cui gli interessi in questione avrebbero natura compensativa, e non moratoria (Cass., 31 luglio 1944, n. 457, Giur. compl. Cass. civ., 1944, pag. 371, con ampia nota di DE MARTINO; cfr. CIANFLONE, L'appalto di oo. pp., 1947, pagg. 617 e ss.). E' interessante rilevare che il principio stesso si avvicina per le pra' tiche conseguenze, alla disciplina dettata dal nuovo Capitolato generale per gli appalti del Ministero dei LL. PP. Il d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063, agli artt. 35 e 36 capovolgendo l'opinione riferita, espressamente definisce moratori gli interessi da ritardo, e comprensivi del risarcimento del dannd � ai sensi dell'art. 1224, del 2~ comma, del c. c. �. Come risulta dalla Relazione ministeriale al decreto suddetto (capo III, n. 4), a tanto si � pervenuto in via di compromesso con le pretese degli appaltatori; che avrebbero voluto vedere fissati gli interessi nella misura � pari a quella pagata alle banche � e con la tassativa precisazione, che negli stessi non restava assorbito il risarcimento dei danni. A questo riguardo, la Relazione aggiunge che non si era creduto di poter accogliere le richieste, perch� eccessivamente gravose; e che si era seguita una soluzione intermedia � applicando l'art. 1224, 2� comma del c. c. agli interessi da ritardo, e � stabilendo che la misura dell'interesse doveva essere pari a quella prati � cata dagli istituti di credito di diritto pubblico�, al tasso accertato di anno in anno con decreto dei Ministri del Tesoro e dei Lavori Pubblici. Con ci� sembra superata anche l'ulteriore questione, esplicitamente prospettata nella sentenza, secondo cui la particolare disciplina in esame, sarebbe applicabile ai soli ritardi nel pagamento di somme di danaro; con esclusione, quindi, di altre ipotesi di ritardo nella liquidazione dei compensi (ritardo nella contabilizzazione dei lavori, nella redazione dello stato finale, nell'esecuzione del collaudo, nella sua approvazione, e nell'emissione dei titoli per il pagamento delle ritenute e della rata di saldo). Infatti, mentre l'art. 33 del nuovo Capitolato generale fissa precisi termini per l'emissione dei certificati di acconto, il cit. art. 35 esplicitamente fa parola di ritardi causati da � mancata tempestiva contabilizzazione dei lavori o per qualsiasi altro motivo attribuibile all'Amministra . . . . 1:% PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 195 laudo ed alla successiva liquidazione del corrispettivo dell'appaltatore superando oltre misura i limiti normali di tempo, come nella specie,' in cui il collaudo � intervenuto otto anni dopo la sospensione dei lavori. La censura non ha fondamento. La interpretazione data all'art. 40 cit. dal ricorrente, appare inesatta. L'art. 40, invero, non tanto esclude la responsabilit� da ritardo (nei pagamenti), quanto disciplina la fattispecie del ritardo in modo autonomo e compiuto ed in base al� criterio, non zione �. Inoltre il successivo art. 36 prevede sia il ritardo colpevole nel rilascio del certificato di collaudo (2� comma); che il ritardo nell'emi~sione del titolo di pagamento (1� comma), accordando in entrambi i casi i soli interessi in misura legale bancaria secondo l'entit� del ritardo. (3) Va subito detto che l'art. 56 del Capitolato generale alle opere ferroviarie fa esplicito rinvio all'art. 345 della legge sui lavori pubblici; e che la disciplina � regolata in modo identico nell'art. 35 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, nell'art. 54 dell'abrogato Capitolato generale 28 maggio 1895, nell'art. 41 del Capitolato generale in vigore 16 luglio 1962 n. 1063, e nell'art. 46 delle condizioni generali del Genio militare. Trattasi, quindi, di questione la cui soluzione riguarda ugualmente tutte le Amministrazioni accenna te. La sentenza ha affermato che l'indennizzo spettante all'Impresa a norma del cit. art. 345 deve essere espresso in termini monetari revisionati; ed � pervenuta a questo risultato, muovendo sostanzialmente dal presupposto che, altrimenti, la ragione della norma non sarebbe aderente alla realt�; e che l'indennizzo esprime un credito di risarcimento, e perci� di valore. La critica degli argomenti addotti dall'Amministrazione, � in funzione di tali presupposti; e, per quanto sia svolta con larga ed accurata motivazione, non pu� essere condivisa. Infatti, che la rigida applicazione della norma condurrebbe a risultati contrari alla realt�, non � certamente un rilievo valido; poich� bisognerebbe anzitutto definire con esattezza quale sia la �realt�� voluta dalla norma. N� � sostenibile che si sia di fronte ad una assoluta carenza di previsione legislativa, in vista dell'epoca di emanazione della norma; perch�, come si � ricordato, identica disciplina � stata seguita dal nuovo Capitolato generale del 1962, predisposto ed approvato quando in materia di revisione esisteva una esperienza quasi trentennale, ormai di applicazione quasi . costante. Tanto meno, infine, risulta esatto, che proprio in relazione al dettato dell'art. 345 -l'ammontare esatto dei lavori eseguiti, sarebbe espresso in termini monetari eterogenei, perch� rappresentato dai prezzi revisionati: infatti, l'importo revisionale non risulta nemmeno in parte dallo stato finale, come assume la decisione, poich� la relativa procedura ha inizio successivamente all'ultimazione dell'appalto (art. 3 del d.LC.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, come modificato dall'art. 3 della legge di ratifica 9 maggio 1950, n. 329); in coerenza con il presupposto essenziale alla cui sussistenza la revisione stessa � vincolata, e cio� che le variazioni nei prezzi abbiano causato un aumento superiore al dieci per cento nel costo complessivo. Il quale costo complessivo, non pu� essere altro che l'importo totale lordo del lavoro ai 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di negarne la rilevanza, ma di fissarne in via preventiva, semplificata e, per cos� dire, forfettaria, gli effetti. Da un lato, infatti, l'art. 40 annette al ritardo l'unica conseguenza dell'ob bligo di corrispondere gli interessi legali; dall'altro, il presupposto dell'obbligazione vi risulta costituito dal solo dato oggettivo del ritardo nei pagamenti, senza che rilevino i motivi del ritardo medesimo e quindi l'aspetto soggettivo (colpa o no) della condotta dell'Amministrazione (cfr., sul punto, Cass. 31 luglio 1944, n. 457); nel medesimo ordine d'idee, la decorrenza prezzi di capitolato, risultante appunto dallo stato finale. N�, ovviament �, pu� avere importanza che sulla revisione siano stati corrisposti acconti in corso d'opera; trattandosi solo di acconti, da contabilizzarsi a parte ed esclusivamente in sede revisionale. ,, (4) Ci� posto, � opportuno ricordare che �il decimo dell'importo ,. � delle opere non eseguite � di cui all'art. 345 della legge sullle opere pub-1�; bliche, va calcolato sulla � differenza fra l'importo dei quattro quinti del ~,,�,,� � prezzo che � servito di base al contratto, depurato del ribasso d'asta, . �e l'ammontare netto dei lavori eseguiti� (art. 41 del nuovo Capitolato generale). Trattasi, quindi, di una valutazione meramente aritmetica, per '' la quale non si assume affatto il valore delle opere non eseguite, ma si I.� tiene semplicemente conto del loro importo desunto con riferimento I a termini fissi, indiscutibilmente precisati nella loro oggettivit�. Per accettare la tesi che si contrasta, bisognerebbe apertamente contraddire l'indicazione legislativa, che pone quale minuendo dell'operazione il prezzo di �=: base dell'appalto, ed affidarsi alla ricerca del valore di esso, secondo i 1~.' prezzi correnti al momento del recesso: ma ci� evidentemente significherebbe ripudiare il sistema di calcolo preseritto, sostituendo all'importo ~ presunto dell'appalto (il quale, a norma dell'art. 14 del Capitolato gene-~ rale in vigore, equivale alla somma di aggiudicazione, aumentata dei com-t~ pensi e sopraprezzi eventualmente assegnati all'appaltatore in aggiunta fil ai corrispettivi stabiliti in contratto e con tassativa esclusione delle varia-,., zioni dipendenti dalle revisioni dei prezzi), la probabile ricostruzione del .; consuntivo, fondata per di pi� su un elemento non solo giuridicamente I ev�ntuale ed incerto (la revisione) sia nell'an che nel quantum., ma ammesso ' soltanto, con limiti e condizioni particolari (previa eliminazione di ogni margine di utile per l'appaltatore, e con l'esclusione del dieci per cento del-~ l'utile contrattuale). Ora ci� � assolutamente inammissibile: l'accennato ca� I' rattere meramente eventuale della revisione, e l'impossibilit� di ipotizzarla :~: �riguardo a lavori non eseguiti (e che non possono essere del resto compiuti per il sopravvenuto recesso), costituiscono -insieme con la formulazione letterale e tassativa del citato art. 14 del Capitolato generale I,_' -una decisiva ed insuperabile ragione per negare la possibilit� logica e giuridica di tener conto nel computo dell'indennizzo ex art. 345, di un ~= prezzo di appalto maggiorato del probabile importo revisionale. !;) (5) Ulteriore conferma della tesi qui sostenuta, si ottiene dall'esame -: dell'altro presupposto tenuto di base nella decisione annotata; che, in �: realt�, rappresenta la ragione ispiratrice della opinione seguita dal Su-~'.,_:. premo Collegio. In proposito l'indagine non pu� prescindere dal raffronto con l'altra ipotesi considerata da! legislatore in materia di recesso ~= .. . I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 197 degli interessi � fissa, in relazione alle diverse ipotesi contemplate (dopo 90, 120, 60 giorni, a seconda che si tratti di acconti; o di rata di saldo, a �proposito della quale si distingue se il conto finale sia stato accettato dall'appaltatore o contestato; o infine di somme dovute a seguito di decisione sulle riserve). Anche quando si afferma che questi interessi hanno carattere compensativo e non moratorio, si dice bens� cosa in s� non inesatta, perch� la mora, ossia la colpevolezza del ritardo, � aspetto reso irrilevante dalla. norma in esame; ma la dal contratto d'appalto, e cio� dall'art. 1671 c. c. Infatti il potere di recesso spetta al committente sia privato (cit. art. 1671 e.e.), che pubblico (art. 345, legge sulle oo.pp.); e pu� essere esercitato anche quando sia stata iniziata l'esecuzione dell'opera. Assolutamente diverse sono per� nelle due ipotesi la disciplina dell'istituto, e le conseguenze economiche che ne derivano; poich� mentre nell'appalto privato il committente non pu� recedere se non tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno (art. cit.); in quello pubblico l'appaltatore ha solo diritto al pagamento dei lavori eseguiti e del valore delle opere provvJ.sionali e degli impianti di cantiere, oltre che al decimo dell'importo delle opere non eseguite, calcolato nella differenza tra i quattro quinti del prezzo che � servito di base al contratto, depurato del ribasso d'asta, e l'ammontare netto dei lavori eseguiti (cit. arti� coli 345 legge oo.pp., e 41 Cap. gen.). Ora, dal confronto delle diverse disposizioni, si desume chiaramente che mentre la disciplina relativa agli appalti privati � ispirata al concetto di assicurare all'appaltatore un i.:11..lennizzo che rappresenti la piena e specifica reintegrazione del suo diritto; per gli appalti pubblici la legge stabilisce in via preventiva un determinato compenso, calcolato in relazione ad alcune regole prestabilite ed automaticamente corrisposto all'Impresa al verificarsi del recesso, abbia o meno la stessa ricevuto un danno. Ci� � confermatoi dai seguenti rilievi: a) nell'appalto privato, l'Impresa ha diritto al rimborso delle spese sostenute, qualunque esse siano e purch� ne venga data in concreto la dimostrazione. Quindi compete pure un indennizzo per le spese di natura strumentale, come sono quelle occorrenti per opere provvisionali, e in genere per gli impianti e l'organizzazione di mezzi utilizzabili solo per l'esecuzione dell'opera. Ci� nell'appalto pubblico � ora consentito solo per le opere e gli impianti non ammortizzati, e nella minor somma fra il costo di costruzione e quello corrente al momento del recesso (u. c. cit. art. 41); b) nell'appalto privato, l'appaltatore ha diritto al rimborso dei materiali tutti acquistati per l'esecuzione del lavoro e ad esso destinati. In quello pubblico, invece, � previsto il pagamento dei materiali utili esistenti in cantiere, e cio� -al prezzo di stima -dei materiali non soltanto approntati e destinati all'esecuzione dell'opera, ma effettivamente introdotti in cantiere, che si trovino ancora quivi depositati e siano riconosciuti utili anche in riferimento all'epoca di risoluzione dell'appalto (art. 35 del Regolamento 25 maggio 1895). e) nei contratti privati all'appaltatore spetta un indennizzo per i 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO portata dell'art. 40 � pregnante proprio nel senso e perch� la sua � specialit� � non consiste nella .. esclusione della responsabilit� ma nella disciplina autonoma e compiuta della fattispecie. La precisazione si rivela opportuna nel caso, perch�, mentre se si trattasse di regola di eselusione della responsabilit� sarebbe, almeno in via logica, concepibile una distinzione per cui, superandosi certi limiti nella condotta colposa dell'Amministrazione, non dovrebbe pi� ammettersi l'operativit� della regola medesima, l'autonomo ed uniforme regime di indennizzo, lavori eseguiti, che pu� essere inteso -in conformit� allo scopo perseguito dall'art. 1671 e.e. -nel senso che i lavori siano valutati a prezzo di stima e non di contratto, tenuto conto che il prezzo dell'appalto � determinato in relazione al complesso dell'opera e non alle singole categorie di lavoro, le quali isolatamente prese possono risultare pi� o meno rimunerative. Nell'appalto di opera pubblica, al contrario, all'Impresa spetta solo il pagamento dei lavori eseguiti; e tale pagamento deve intendersi in rapporto ai prezzi del contratto, e non gi� alla stima di essi al momento della liquidazione. Ci� � confermato dalle stesse esigenze aritmetiche dell'operazione prevista dall'art. 41' del Cap. gen.; ed, inoltre, da tutto il sistema delle disp�sizioni vigenti in materia, tra le quali il ricordato art. 35 del Regolamento 25 maggio 1895, secondo cui l'Amministrazione, nel� riprendere in consegna i lavori dopo il recesso, ne far� eseguire il collaudo (il quale per il disposto dell'art. 91, n. 4 di esso Regolamento, ha per scopo anche di verificare e certificare se i prezzi attribuiti ed i compensi determinati nella liquidazione finale per accertare l'importo netto dei lavori, siano regolati secondo la stipulazione del contratto); d) nell'appalto privato � riconosciuto all'appaltatore� il diritto ad essere compensato del mancato guadagno, senza limitazione di sorta. In quello pubblico il compenso � invece liquidato preventivamente, in una misura fissa, media e forfetizzata. �E' del tutto evidente, pertanto, l'assoluta diversit� delle conseguenze del recesso nei due sistemi. In uno si vuole che l'appaltatore sia tenuto indenne del pregiudizio subito, ed il calcolo viene effettuato dopo del recesso, in diretto e concreto riferimento all'effettivo impoverimento cau sato. Nell'altro non si intende affatto tenere indenne l'appaltatore, ma preventivamente si stabilisce in modo espresso la facolt� di recesso, e sempre preventivamente per lo stesso si assicura un compenso, calcolato con criterio fisso ed uniforme, che prescinde dalla concreta dimostra zione del danno e eh('.! deve essere corrisposto pure nell'ipotesi di asso luta mancanza di danno. Bisogna quindi dire, che tale compenso funzio na quale corrispettivo del recesso e deue perci� essere ricondotto alla analoga nozione della caparra penitenziale, cui la funzione in parola � espressamente attribuita dall'art. 1386 e.e. Ed allora, non pu� davvero dubitarsi che una obbligazione del ge nere sia non di valore, ma � di valuta�. Come, cio�, il recesso rappre senta per l'amministrazione una facolt� inerente al contratto di appalto; cos� dal contratto consegue l'obbligo di pagare il compenso, determinato secondo. una misura e con criteri di calcolo prestabiliti: trattasi di una PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURP. 199 che esce fuori dall'ordine d'idee della responsabilit� per colpa, preclud,e in modo assoluto che si formuli una distinzione del genere, alla quale si ispira il motivo di ricorso dell'ing. Rancilio. Gli interessi sono sempre dovuti, con decorrenze fisse, sia nelle ipotesi in cui, alla stregua dei principi di diritto comune, sussisterebbe (anche di l� del limite degli interessi) la responsabilit�, sia nei casi in cui invece, in base agli stessi principi, nulla spetterebbe all'appaltatore; ma a nessun altra prestazione le Ferrovie sono tenute. obbligazione dalla quale esula completamente qualsiasi elemento di colpa contrattuale o extracontrattuale, di un debito pecuniario liquidabile con criterio uniforme e generale, fissato dal contratto di appalto in applicazione di tassative norme di legge. (6) Per completezza va aggiunto, che anche se in ipotesi volesse attribuirsi una funzione risarcitoria al decimo stabilito dall'art. 345 della legge sui lavori pubblici, non per questo sarebbe possibile senz'altro definire la relativa obbligazione come di � valore � e perci� tassabile nei termini monetari correnti al momento della liquidazione. La dottrina ha da tempo definito come debito di valore, solo qu�llo in cui � la prestazione non ha per diretto oggetto la dazione di una somma di danaro � ; in cui cio� -sebbene in ultima analisi debba essere pagato danaro -si � tuttavia pi� rettamente di fronte ad un problema di valutazione, nel quale la moneta non funziona quale oggetto del debito, ma come misura di valore, perch� effettivo oggetto del debito � invece un � valore astratto � che deve ancora essere liquidato (ASCARELLI, I. debiti di valOre, in Saggi giuridici, 1949, pag. 377 e 389). Ed il miglior criterio diagnostico per esattamente distinguere tra debiti di valore e di moneta (oltre che un mezzo per sfuggire nel processo logico di definizione, all'inconsapevole suggestione equitativa di considerare il debito di danaro valoristicamente, quando si verifichi una svalutazione), � rappresentato dell'esame delle conclusioni cui si perviene ipotizzando anche il caso contrario a quello della svalutazione, e cio� il caso della rivalutazione monetaria: � evi.dente, infatti, che in tale ipotesi per i debiti di valore si dovr� giungere a conclusioni giuridicamente identiche a quelle alle quali si perviene quando vi sia diminuzione del potere di acquisto della moneta. Il fatto cio� che invece di una maggior somma di n:i.oneta, il creditore riceva una somma minore, giuridicamente non potr� avere significato, poich� la minor somma corrisponder� sempre ad un identico valore, sar� sempre la. traduzione in termini monetari dell'oggetto dell'obbligazione. Ora riferendo i concetti esposti alla fattispecie, subito � chiaro che con il recesso l'Amministrazione committente � tenuta a pagare non un �valore � da tradurre in moneta, ma una somma di danaro determinata sulla scorta di elementi fissi e prestabili (differenza tra l'importo dei quattro quinti dell'appalto, e l'importo netto dei lavori compiuti). E tale determinazione non impone alcuna valutazione, ma viene eseguita con il semplice raffronto aritmetico tra due cifre, delle quali l'una � gi� indicata in contratto (importo dell'appalto), e l'altra risulta dallo stato finale delle opere eseguite, calcolate ai prezzi di contratto. Quindi parlare di debito 200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .; ::= Nella specie, poi, manca finanche la deduzione di una qualche colpa specifica dell'Amministrazione: onde il motivo di ri' I corso va disatteso a fortiori. E' opportuno infine dare atto che ben diversa sarebbe la soluzione, anche con riguardo alle lagnanze successive del ricorrente, ove si potesse tener conto dell'impostazione seguita dal Isuo difensore nella memoria scritta e nella discussione. Ma siffatta impostazione (che si incentra sull'inadempimento delle Ferrovie alla prestazione di facere consistente nel collaudo e prescinde dal fatto del ritardo nel pagamento di somme di de- di valore � inesatto, poich� oggetto dell'obbligazione nascente dal recesso � la dazione di una somma di danaro gi� specificata. Inoltre, e facendo riferimento all'accennata ipotesi della rivalutazione monetaria, � evidente che -dato il sistema dettato dalla legge -l'Amministrazione non potrebbe assolutamente, in caso di rivalutazione, pagare all'appaltatore una somma minore del decimo della differenza anzidetta, poich� la rivalutazione non avr� inciso -riducendolo -n� sull'ammontare dell'appalto, n� su quello delle opere eseguite. Ed allora, essendo illogico sostenere, che sia debito di valore quello soggetto alla svalutazione ma non pure alla rivalutazione monetaria, bisogna concludere che la natura della obbligazione in esame � puramente e semplicemente pecunaria. Con il che, ovviamente, non si sostiene che sia essa del tutto insensibile alle oscillazioni monetarie; ma si sostiene semplicemente l'inammissibilit� di effettuare la tassazione dell'obbligazione secondo i mutati valori mo netari correnti all'atto della liquidazione; mutati valori che potranno -~ eventualmente -incidere nella liquidazione nei soli limiti del maggior danno successivo alla costituzione in mora, dipendente dalla mancata di sponibilit� della somma da parte del creditore e previa concreta dimo strazione sia del danno che della mora. Pertanto, anche a voler attribuire una funzione risarcitoria al decimo in questione, si resta sempre nel campo delle obbligazioni di valuta; ci� perch� -si ripete -l'ammontare del risarcimento � gi� determinato per norma di legge e di contratto, e l'obbligazione dell'Amministrazione � rappresentata non dall'obbligo di risarcire un danno, previa valutazio ne di esso, ma da quello di pagare una somma di danaro, nella quale forfettariamente ed in via preventiva � stato calcolato il danno. Ipotesi non dissimile si verifica in materia di assicurazione contro i danni alle cose, quando si sia stabilito un massimale di liquidazione, e cio� il va lore �del danno da risarcire. In tale caso, e nel caso in discussione, og getto della prestazione � infatti non gi� il danno in s� (e quindi un va lore), ma una somma di danaro, che rappresenta l'importo del danno, stabilito in via preventiva. Perci� pu� essere tenuta presente la giuri sprudenza assolutamente pacifica, per la quale � quando oggetto della pre " stazione, quale che sia la fonte all'obbligazione (legge, contratto, atto �lecito o illecito) � una somma di danaro, si applica il principio nomi nalistico �: Cass. 30 luglio� 1952, n. 2381, Foro it., 1953, I, 815. V. da ultimo: Cass. 30 maggio 1959, n. 1633). G. DEL GRECO PARTB I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 201 naro e perci� dalla sfera di applicazione dell'art. 40 del Capitolato) � fuori dall'ambito �del ricorso e quindi integra una censura nuova, che non pu� essere presa in �same. Il ricorso dell'ing. Rancilio merita, dunque, completo rigetto. Occorre ora esaminare il ricorso incidentale delle Ferrovie. Con esso si lamenta violazione dell'art. 56 del Capitolato generale amministrativo, assumendosi che la Corte di Milano, da un lato avrebbe esattamente ritenuto che i due termini fra i quali va posto il raffronto, ai sensi del quinto comma, debbano essere omogenei, ma dall'altro avrebbe errato nel presupporre che uno di detti termini (l'ammontare netto dei lavori eseguiti) debba essere necessariamente .espresso in cifre revisionate e quindi nell'apportare fittiziamente la revisione anche all'altro termine (il prezzo contrattuale). Ad avviso dell'Amministra;_ zione, dovrebbe ritenersi precisamente il contrario, e cio� la necessit� di esprimere .uno dei termini in moneta non revisionata (il prezzo contrattuale) e quindi di rapportare anche lo altro termine (importo dei lavori eseguiti) alla stessa misura. Pur questa censura si appalesa priva di fondamento. E', in effetti, vero che la sentenza impugnata sembra, a rigore, aver postulato che il prezzo dei lavori eseguiti non possa essere espresso se non nelle cifre revisionate, che sono quelle reali, corrisposte dall'Amministrazione medesima. Ed � altres� vero che non sussistono ostacoli assoluti, d'ordine contabile, al calcolo di tale prezzo secondo il metro monetario proprio del contratto. Senonch�, gi� il fatto che la Corte di Milano non si sia limitata ad una siffatta considerazione (che per s� sarebbe stata da sola sufficiente, in via logica, a legittimare la sua conclusione, dato che non � poi controverso, n� dubitabile, che i due termini debbano essere omogenei), lascia comprendere che la ragione del decidere � stata, per i giudici di appello, sostanzialmente diversa. Ed invero dalla stessa sentenza risulta che l'idea guida � stata quella per cui, senza riferirsi ai valori revisionati, la pronuncia non si sarebbe mantenuta aderente alla realt�. Ed � questa un'idea fondamentalmente giusta. Per dimostrarne l'attendibilit�, anche e proprio dal punto di vista strettamente giuridico, � da rilevare, in primo luogo, che l'unico elemento che ai fini che qui interessano pu� desumersi direttamente dal quinto comma dell'art. 56 (�Il decimo delle opere non eseguite da pagarsi all'appaltatore a sensi dell'art. 345 della legge citata (all. F alla legge n. 2248 del 1865) � calcolato sulla differenza fra l'importo dei quattro quinti del prezzo 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I che ha servito di base al contratto, depurato del ribasso con i :.:: �=�� venuto in contratto e l'ammontare netto dei lavori eseguiti�), e la gi� menzionata necessaria omogeneit� dei due termini, ov� vio essendo che il risultato della sottrazione sarebbe falsato in caso contrario. Per quanto invece attiene al punto se, nell'ipotesi di revisione dei prezzi intervenuta in corso di rapporto, detti termini vadano espressi in cifre �contrattuali o revisionate, � chiaro che la norma non offre per s� elementi di risposta, il quesito essend� palesemente estraneo alla sua diretta previsione. Ci� � tanto vero che la lettera suggerirebbe proprio l'unica -~ soluzione che deve essere sicuramente esclusa, ossia quella della espressione del diminuendo e del diminutore in termini monetari eterogenei. Infatti, mentre a proposito del prezzo contrattuale (diminuendo) imporrebbe di riferirsi alla misura contrattuale (�prezzo che ha servito di base al contratto�), per il diminutore, al contrario, indicherebbe il riferimento ai prezzi revisionati, perch� �l'ammontare netto dei lavori eseguiti� non � altro che la cifra risultante dal conto finale, e in questo_ si tiene inevitabilmente calcolo della o delle revisioni intervenute, trattandosi di liquidazione del compenso effettivamente dovuto all'appaltatore. Le Ferrovie affidano la loro tesi a tre argomenti: a) nello art. 56 vi sarebbe, oltre a quello della omogeneit� dei due termini, un secondo principio, e cio� quello della concretezza (non opinabilit� di detti termini con conseguente necessit� di tener conto delle misure monetarie contrattuali); b) il criterio non potrebbe, nella specie, essere diverso da quello in base al quale si determina il quinto, in pi� o in meno, agli effetti dell'art. 344; e a questo riguardo il riferimento ai prezzi contrattuali sarebbe inevitabile; c) qualora si effettuasse il rapporto tra cifre tutte revisionate, si finirebbe -col riconoscere all'appaltatore la quota di utile anche � sull'ipotetico ammontare per revisione contrattuale relativa alle opere non eseguite�, e ci� costituirebbe un paradosso. Nessuno dei tre argomenti pu� essere condiviso. f: Circa il primo � da osservare che effettivam�nte l'art. 56, ' 5� comma fa riferimento, di per s�, a due termini entrambi [ ugualmente concreti; ma ci� per l'accennata ragione che ad es-Il so sfugge la previsione dell'ipotesi della revisione dei prezzi �� in corso di rapporto, ed anzi vi si postula la immutabilit�, se-~~: condo il principio che � proprio, in linea di massima, anche I~ del diritto comune (arg. ex art. 1664 cod. civ.). Ma se la revi-::1 .,. :;; :: -~ i'ARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 20:J sione viene introdotta, allora, dovendosi rispettare, proprio ai fini dell'art. 56, 5� comma, la omogeneit� dei termini di confronto (diminuendo e diminutore), uno di questi non pu� pi� essere concreto. Ch� non ci si allontana dal dato concreto solo se si esprimono i due termini in moneta revisionata: in questo caso ci� si verifica per il prezzo contrattuale, ma fenomeno analogo si attua, questa volta per l'importo netto delle opere effettivamente compiute, anche se, al contrario, i due termini si esprimono, come vorrebbe l'Amministrazione, in moneta non revisionata (contrattuale), occorrendo allora prescindere dalla somma recata dal conto finale (che � il dato concreto) e procedere ad una astratta ricostruzione contabile di quello che sarebbe stato l'importo delle opere eseguite se non fossero intervenute le revisioni dei prezzi. � Quanto poi al secondo argomento, per cui si dovrebbe seguire il medesimo criterio che si adotta onde determinare, agli effetti dell'art. 344 il quinto in pi� o in meno, criterio che ivi consisterebbe appunto nel riferimento ai valori contrattuali, la tesi risulta sostenuta anche in dottrina ma non pu� ritenersi centrata. In ordine all'art. 344, il centro focale � che, nel calcolare quella riduzione delle opere fino ai quattro quinti, o quello aumento fino ai sei quinti dell'importo previsto in contratto, che l'amministrazione pu� sempre disporre unilateralmente e l'appaltatore deve subire, non si verifichino alterazioni rispetto alla so~tanza della previsione contrattuale. Quanto dire che se intervengano revisioni dei prezzi in corso di rapporto, si dovr�, agli effetti dell'art. 344, avere essenziale riguardo all'osservanza dei rapporti di quattro quinti e sei quinti. Pertanto, occorrer� prima ricercare la quantit� di opere corrispondenti, in base ai prezzi contrattuali, al quinto dell'importo originariamente previsto; ma poi si dovr� inevitabilmente tradurre detta quantit� di opere in valori revisionati; e ci� proprio al fine di tutelare il diritto dell'amministrazione appaltante, perch�, se i lavori in meno o in pi� dovessero limitarsi a quelli corrispondenti al quinto dei prezzi contrattuali, la loro entit� sarebbe inferiore alla dovuta a causa dell'intervenuto aumento dei prezzi medesimi. Risulta cos�, per un verso che non � nemmeno esatto che ai fini dell'art. 344 si operi esclusivamente sui prezzi contrattuali, e per l'altro, e soprattutto, che il problema � ivi diverso. L� si tratta di identificare e tener fermo un rapporto (il quinto); qui si tratta invece di liquidare una somma di denaro, la 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .~ quale � suscettibile di variare quando pure il rapporto per. manga identico. Fra 1000 e 500 il rapporto � di due a uno co. me fra un milione e mezzo milione ; ma se si deve corrispon dere la differenza, nell'un caso si pagano 500 lire, e nell'altro mezzo milione. Del che non si pu� non tenere essenziale cal colo ai fini presenti, perch� proprio di pagare la differenza si tratta nella specie. Quanto infine all'argomento sub c), sembra che le Ferro vie abbiano inteso dedurre che, tenendo conto della revisione dei prezzi, si finirebbe con lo applicare gli aumenti (in sede di pagamento del decimo delle opere ineseguite) non solo rispet to ai costi dei materiali e della mano d'opera, ma anche allo utile dell'impresa, questo trovandosi, nei prezzi contrattuali, non indicato separatamente ma conglobato nei prezzi medesimi; ci� che sarebbe addirittura paradossale perch� la revisione in aumen to dell'utile di impresa non competeva neppure relativamente ai lavori effettivamente eseguiti. Se ci� si sia inteso eccepire, e poich� non si deve qui en. trare nel merito della questione, che � dedotta soltanto sul piano dei principi giuridici onde dimostrare che i termini del rapporto dovrebbero essere necessariamente espressi in valori non revisionati, � sufficiente osservare che non vi sarebbero nep pure a questo proposito, ostacoli insuperabili per scorporare, in via di calcolo, la parte dei prezzi contrattuali, afferente allo utile d'impresa, in modo da impedire che questo entrasse in gioco nel computo dei valori in cifre revisionate. In conclusione si possono pertanto, fissare questi punti: a) la lettera dell'art. 56, 5� comma, non impone n� l'una n� l'altra soluzione, ed anzi mostra di non essere per s� in grado di for nire una qualsiasi soluzione; b) non vi sono argomenti decisivi per ritenere che l'importo contrattuale (il diminuendo) debba essere espresso in valori non revisionati, sicch� anche l'altro termine ne debba seguire le sorti in forza del principio della loro necessaria omogeneit�; c) per contro, quanto ad ostacoli materiali (di ricostruzione contabile) occorre dare atto che non ve ne sono nemmeno per esprimere l'importo delle opere ese guite in valori contrattuali, anzich� riferirsi alla liquidazione del conto finale, che per s� � condotta sulla base dei prezzi re visionati; d) nell'esame critico delle argomentazioni, tanto im pegnate quanto serie, dedotte dall'Amministrazione, � balzato evidente il rilievo circa la grave disparit� di conseguenze pra tiche che derivano dall'adottare l'una' via o l'altra (valori con trattuali o revisionati) quando il raffronto tra i due termini PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 205 interessi come sottrazione, la cui differenza costituisca la somma di denaro da corrispondere all'appaltatore. Ebbene, proprio quest'ultima notazione, in rapporto alla ratio delle norme in esame (art. 345 all. F, e 56, 5� comma del Capitolato), sembra suggerire la soluzione esatta. Tali norme sono invero dettate al fine di indennizzare l'appaltatore per la perdita che subisce a causa dello scioglimento anticipato del contratto, prima che le opere eseguite raggiungano i quattro quinti: ratio di indennizzo, dunque. Ora, se ci si attiene ai valori contrattuali non si risarcisce il danno attuale (che l'appaltatore subisce all'atto dello scioglimento), ma quello del tempo della conclusione del contratto. Al limite, l'indennizzo potrebbe ridursi ad una cifra simbolica (rapporto di lunga durata; svalutazione massiccia). Vuol dire che si rispetta la ratio solo facendo riferimento ai valori revisionati. Ci� che, del resto, s'inquadra nel principio generale per cui il credito di risarcimento � un credito di valore e deve essere espresso in termini monetari attuali. Anche il ricorso incidentale delle Ferrovie deve essere perci� disatteso. (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE DELLE AA. PP., 27 luglio 1963, n. 24. -Pres. Reale -Est. Daniele -Consorzio Sorgente Alloro c. Assessorato ai LL. PP. Regione Siciliana e Comune di Belmonte Mezzagno. Acque pubbliche -Sottensione totale e parziale di utenza -Disciplina delle due ipotesi. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 45 e 47). Acque pubbliche -Sottensione parziale -Presupposti di legittimit� del provvedimento. <t.u. cit., art. 47). Atto amministrativo -Omesso o errato richiamo a norme di legge Non � ragione di illegittimit�. Nelle richieste di nuove utenze di acqua pubblica, considerate dall'Amministrazione di prevalente interesse rispetto a concessioni in atto, va esaminato e distinto se esse siano totalmente o parzialmente incompatibili. con le precedenti. (1). ' (1-2) Nel senso della illegittimit� della sottensione valutata in rapporto all'art. 45 del t._u. 11 dicembre 1933, n. 1775, quando si versi nella ipotesi del successivo art. 47, cfr. il precedente citato nel testo 8 giugno 1960, n. 20 (Acque, bonifiche e costruzioni, 1960, pag. 369). - 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se l'incompatibilit� � totale, deve essere applicato l'art. 45 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, con indennizzo dell'intera utenza. Se, invece,� l'incompatibilit� risulti parziale, va applicato il successivo art. 47; e la sottensione pu� essere limitata ad una parte delle acque, con contestuale determinazione del compenso spettante al concessionario sotteso. (2) La mancata o inesatta .indicazione della norma, in base alla quale l'atto amministrativo � emanato, non costituisce ragione di illegittimit�, se dalla motivazione � possibile identificare il potere concretamente esercitato. (3) (Omissis). -Con domanda 23 ottobre 1925 il Consorzio sorgente Alloro chiese il riconoscimento per uso ultratrentennal�, antecedente alla 1. 10 �agosto 1884, del diritto di derivare l'intera portata della sorgente Alloro, per irrigare 60 salme di d , terreno. Con istanza 29 agosto 1927 il Comune di Belmonte . . Mezzagno chiese a sua volta la concessione di derivare dalla I detta sorgente litri 3,50 di acqua al secondo, per l'approvvigiof'. namento idrico del proprio centro abitato. ; 1:1:11. =~ Sulla necessit�, che, nell'ipotesi ex art. 47, la sottensione sia accompagnata dalla determinazione del compenso spettante all'utente sotteso, cfr.: Trib. Sup. AA.PP. 9 luglio 1960, n. 22, e 24 ottobre 1960, n. 30 (Acque, ecc., 1960, pagg. 375 e 463), anch'esse richiamate nel testo. L'affermazione, J per altro, � in contrasto con la sentenza n. 20 del 1960; nella quale si . ammette la possibilit�, che �le cautele ed i compensi previsti nell'art. 47 ,,, I possono essere stabiliti anche con un successivo provvedimento �; sempre che risulti � negli atti istruttori accenno o riserva in tal senso � ru (loc. cit., pag. 372). fl E' giurisprudenza ormai costante, che l'art. 47 attribuisce all'Amministrazione un potere discrezionale, determinando le condizioni e le moJl Ii dalit� per il suo esercizio. Di qui l'affievolimento dei diritti dell'utente sotteso; la cui tutela � consentita, anche relativamente ai compensi, solo sotto il profilo della legittimit�, ed innanzi al Tribunale Superiore. L'indi~ rizzo, gi� delineato nelle sentenze 19 agosto 1949, n. 17, e 14 ottobre 1949, n. 16 (Acque, ecc., 1950, pagg. 455 e 458), � stato riaffermato con larJ ghezza di motivazione nella citata sentenza n. 30 del 1960, annotata cri, ticamente da CORSARO, Acque, ecc., 1960, pag. 467 e ss. ~ Sulla sottensione, totale e parziale, in dottrina, cfr.: Mrnou, Le acque pubbliche, 1958, pagg. 203, e 219 e ss. (3) La qualificazione dell'atto amministrativo deve essere effettuata I: i:;con riferimento al suo contenuto. Da tanto consegue, che non rimane viziato n� dall'erronea o omessa indicazione, della norma di legge che si I dichiara applicata, n� dall'omessa indicazione della disposizione attribu~ 1 tiva del potere effettivamente esercitato. Al riguardo la giurisprudenza � del tutto pacifica. Oltre ai denti citati nel testo, cfr.: Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1962, Mass. amm., II, 179, con nota di richiami. ~:: prece l~ n. 219, ti;. 1 j r~,-.-amr~~._,,~==--=�~ PAHTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 207 Nel frattempo le acque della sorgente Alloro venivano iscritte nell'elenco delle acque pubbliche approvato con r.d. 4 luglio 1929 n. 5565. Con decreto 9 febbraio 1950 l'Assessore ai LL. PP. per la Regione Siciliana riconosceva al Consorzio anzidetto il diritto alla derivazione di 8 litri al secondo di acqua, pari all'intera portata della sorgente Alloro. Con decreto del detto Assessore 17 febbraio 1961, poi, veniva concesso al Comune di Belmonte Mezzagno in sanatoria la concessione di litri 3,50 al secondo per approvvigionamento idrico; con obbligo di indennizzo, ai sensi dell'art. 45 del T. U. sulle acque, a favore del Consorzio Alloro. Avverso il citato decreto ha prodotto ricorso a questo Tribunal� superiore il Consorzio Sorgente Alloro. (Omissis). (DIRITTO). -L'art. 45 del T. U. sulle acque prevede l'ipotesi di una concessione di acqua pubblica, che sia totalmente incompatibile con altra concessione legittimamente costituita: l'ipotesi � quella di una concessione pi� importante che non possa ~ssere assentita senza il sacrificio di altre utilizzazioni meno importanti. In tali ipotesi rientrano sia le concessioni che comportino l'integrale assorbimento delle minori utenze, sia quelle che richiedano una quantit� d'acqua tale da rendere praticamente svuotate di contenuto le precedenti concessioni, alterandone l'economia e le finalit�. Non � dubbio che la sottensione totale debba essere disposta anche in questi ultimi casi, atteso che il concessionario sotteso non ha interesse a ricevere la residua acqua, non utilizzabile per le finalit� per le quali la concessione era stata a suo tempo assentita. In caso di sottensione totale le legge prevede che il concessionario sotteso debba essere indennizzato. Tale indennizzo di regola � in natura e consiste nella fornitura di �una corrispondente quantit� di acqua e, nel caso di impianti per forza motrice, di una quantit� di energia corrispondente a quella effettivamente utilizzata� (art. 45 secondo comma). L'indennizzo in natura � normale nel caso che il nuovo concessionario e quello sotteso utilizzino l'acqua per scopi idroelettrici; e anche normale quando, . dopo lo sfruttamento idroelettrico, l'acqua possa essere fornita al concessionario sotteso per finalit� irrigue. Ma quando l'utilizzazione dell'acqua comporti il const: u:no della stessa (es. scopo potabile o irriguo) la somministrazione in natura � eccezionale: essa � possibile solo se il sottendente disponga di altre acque non utili allo scopo che intende perseguire (es. alimentazione potabile della popolazione), ma - RdSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO utili agli scopi che il concessionario sotteso si prefigge (es. irrigazione, produzione energia elettrica). La legge quindi prevede che, quando la pi� importante concessione non possa es sere esercitata o diventi eccessivamente gravosa per effetto dell'indennizzo in natura, il concessionario sotteso possa essere indennizzato in denaro, ai sensi della legge sulle espropriazioni (terzo comma art. 45). Anche in questo caso l'indennizzo si riferisce per� all'intera utenza; poich� questa � sacrificata interamente � ovvio che tale sacrificio debba essere integralmente indennizzato. � .La sottensione parziale � prevista dall'art. 47 secondo comma del t. u. sulle acque. Tale sottensione � subordinata alle seguenti condizioni: a) che manchi il modo di soddisfare altrimenti il nuovo richiedente; b) che la nuova concessione non alteri l'economia e la finalit� dell'utenza sottesa; c) che sia stabilito un compenso per il sacrificio imposto al concessionario sotteso. Da quanto � stato premesso si desume dunque che il sistema stabilito dalla legge � il seguente: nel caso che vengano richieste utenz� di acque pubbliche, che siano dall'Amministrazione ritenute di prevalente interesse pubblico rispetto ad altre utenze gi� concesse, deve distinguersi a seconda che la nuova utenza sia totalmente o parzialmente incompatabile con quelle preesistenti. Se l'incompatibilit� sia totale deve essere applicato l'art. 45 con indennizzo del sacrificio dell'intera utenza; se l'incompatibilit� sia parziale va applicato l'art. 47, e la s�ttensione pu� essere limitata ad una parte sola delle acque, con determinazione di un compenso a favore del proprietario sotteso. Ci� premesso considera il Collegio che, nella specie, l'Amministrazione si � avvalsa dell'art. 45 del T. U. sulle acque per disporre una sottensione parziale, che il predetto articolo non consente. N� pu� ritenersi che in sostanza l'Amministrazione si sia avvalsa del potere di sottensione parziale previsto nello art. 47. La circostanza che negli atti di istruttoria e nel provvedimento impugnato sia richiamato soltanto l'art. 45 non sarebbe di per s� decisivo per affermare l'illegittimit� dell'atto impugnato. Invero, per costante giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 12 febbraio 1957 n. 167; Sez. V, 15 marzo 1958, n. 97; Sez V, 27 giugno 1958, n. 467; Sez. V, 12 luglio 1958, n. 531; Sez. V, 14 novembre 1958, n. 863; Sez. VI, 8 aprile 1959, n. 228) l'errata citazione di un articolo di legge non determina l'invalidit� .j PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 20!) dell'atto quando dal contesto di esso appaia chiaro di quale potere la P. A. abbia fatto uso. Ma nella specie il Collegio non ritiene che dall'atto possa desumersi che l'Amministrazione abbia valutato i presupposti e le circostanze che legittimano la sottensione parziale. In particolare � mancato un giudizio circa l'incompatibilit� solo parziale della nuova utenza con la vecchia; inoltre nel provv�dimento non viene determinato il compenso che, come questo Tribunale ha ritenuto in altri casi (sent. � 24. ottobre 1960, n. 30; 9 luglio 1960, n. 22 e n. 23) deve essere stabilito prima o contestualmente al provvedimento che dispone la sottensione. La considerazione che negli atti del procedimento amministrativo e nell'impugnato provvedimento, conclusivo del medesimo si parli sempre di sottensione ex art. 45 e che il provvedimento stesso preveda l'indennit� ai sensi della legge sulle espropriazioni, di cui al terzo comma dell'art. 45 (indennit� che, come questo Tribunale ha ritenuto nelle citate sentenze, nettamente si differenzia dal compenso ex art. 47) induce il Collegio a ritenere che l'Amministrazione non si sia, nella spede, avvalsa dal potere di cui all'art. 47. E' pertanto da aggiungere che, se anche si volesse ritenere che l'Amministrazione abbia applicato l'art. 47, l'atto sarebbe ugualmente illegittimo, per mancata determinazione del compenso ivi previsto; invero questo Tribunale ha pi� volte affermato, che � illegittimo il provvedimento� di sottensione parziale emanato ai sensi dell'art. 47 del T. U. sulle acque, senza la previa determinazione del relativo compenso (sent. 9 luglio 1960, n. 22 e n. 23; sent. 24 ottobre 1960, n. 30). (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE DELLE AA. PP., 8 novembre 1963, numero 26. -Pres. Gualtieri -Est. Tozzi -Bonetti c. Ministero LL. PP. e Prefetto di Sondrio. Atto amministrativo -Piena conoscenza anteriore alla notifica -Irricevibilit� del ricorso giurisdizionale. (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 1). Espropriazione i>er pubblica utilit� -Opere eseguite dallo Stato -Compilazione e pubblicazione del progetto di massima -Non necessarie. (legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 4; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, art. 30). 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i l l . Espropriazione per pubblica utilit� -Prefissione del termine per le [ espropriazioni con decorrenza dalla consegna dei lavori -Illegittimit�. [~ili (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). ��:� Espropriazione per pubblica utilit� -Urgenza ed indifferibilit� non dichiarata ex lege -Necessit� di specifica dimostrazione. (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, art. 32). La piena conoscenza del provvedimento amministrativo � da considerare equipollente alla notifica, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione giurisdizionale. (1) La compilazione e la pubblicazione del progetto di massima, come anche le formalit� preliminari di cui al titolo 2�, capo I della legge 25 giugno 1865, n. 2359, non sono necessarie per le espropriazioni preordinate all'esecuzione di opere pubbliche eseguite dallo Stato. (2) L'indicazione che i termini per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni decorreranno dalla data di consegna dei lavori, non � sufficiente ai fini dell'art. 13 della legge fondamentale del 1865. (3). (1) L'ammissibilit� di equipollenti della notifica di un provvedimento amministrativo, � prevista nell'art. 1 del r.d. 23 ottobre 1924, n. 1672 (come modificato dall'art. 1 della I. 8 febbraio 1925, n. 88), che ha introdotto l'elemento della �piena conoscenza� dell'atto da impugnare, ai fini di stabilire Ja decorrenza del termine utile. La giurisprudenza � particolarmente ampia e varia ( cfr. : Massimario della giurisprudenza del Cons. Stato, 1932 -1961, vol. II, pagg. 4292 e ss.); e la sua caratteristica -ovviamente -� proprio quella di essere una giurisprudenza d� specie. La tendenza � diretta ad estendere l'ambito .di applicazione della norma, ben oltre i limiti dell'accertamento specifico e diretto della conoscenza effettiva; consentendo largo impiego delle presunzioni, attraverso cui giungere alla legittima conclusione della estrema probabilit� (se non della certezza) di tale conoscenza. Tuttavia, � ben fermo il principio della necessit� della cognizione degli elementi essenziali dell'atto; intendendosi per tali quegli elementi, in base ai quali il soggetto possa individuare la lesione di un suo in teresse, e cio� la precisazione dell'organo che ha emanato l'atto, la data di esso, e l'oggetto. Per richiami in dottrina, cfr.: op. cit., pag. 4277, n. 5. (2-3) Giurisprudenza costante, dopo la decisione del Cons. Stato, Sezione IV, 15 luglio 1955, n. 547 (Il Consiglio di Stato, 1955, I, 850); nella quale � una disamina completa anche. dei principi relativi alla dichiarazione di pubblica utilit�, fatta direttamente dalla legge; ed alla disciplina prevista dall'art. 30 r.d. n. 422 del 1923 per le opere eseguite dallo Stato. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 211 L'urgenza ed indifferibilit� dei lavori, quando non derivi direttamente dalla legge o non sia contestuale alla dichiarazione di pubblica utilit�, deve essere motivata e dimostrata concretamente, (4 ). La sig.ra Giuseppina Bonetti in Vismara ha prop9sto ricorso a questo Tribunale Superiore avverso il decreto 10 dttobre 1961, con il quale il Prefetto di Sondrio ha autorizzato !~occupazione di urgenza di un fondo di sua propriet�, necessaria per i lavori di sistemazione della valletta � Solco �, affluente in sinistra dell'Adda in Comune di Valdisotto; nonch� avverso i decreti 29 febbraio 1960 e 3 agosto 1961 del Magistrato del Po, con i quali � stato approvato il progetto e sono stati dichiarati urgenti e indifferibili i lavori suddetti. (Omissis). E' infondata l'eccezione di irricevibilit� sollevata dalla resistente Amministrazione in ordine all'impugnativa avverso il de- Per ulteriori riferimenti, cfr.: LANDI, Rassegna di giurisprudenza sulle espropr. per p.u., Appendice 1962, nn. 52, 239 e 322). Interessante quesito � se sia possibile fissare con successivo provvedimento, ad integrazione di quello impugnato, i termini in questione. Un accenno in proposito � nelle decisioni del Cons. Stato, Sez. IV, n. 786 del 22 settembre 1960 (Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2, pag. 1502), e Sez. V, n. 554 del 16 giugno 1949 (Foro amm., 1950, I, 2, col. 12), che -per� non � affrontano specificamente il problema. La dottrina (CARUGNO, L'espr. per p.u., 1958, pag. 107) si pronuncia in senso negativo, facendo riferimento al carattere formale del provvedimento dichiarativo di pubblica utilit�. Sembra, per�, che l'obbiezione non sia conferente; dovendosi piuttosto avere riguardo alla circostanza, se la prefissione dei termini condizioni la stessa esistenza giuridica del provvedimento, o non detem1ini piuttosto un vizio del procedimento espropriativo ( cfr.: Cons. Stato, Sezione V, n. 158 del 12 marzo 1948, Foro amm., 1948, I, 2, 228). (4) La decisione non sembra rispondente ad esatti principi. Poich� non pu� dubitarsi che il Tribunale Superiore abbia tenuto presente che la dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza, nella specie, era regolata dall'art. 39 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422 (in relazione all'art. 8, 2� comma del d.p.r. 30 giugno 1955, n. 1534, ed all'art. 6 della legge 18 marzo 1958, n. 240), andava considerato che il relativo potere aveva carattere ampiamente discrezionale. Infatti, a differenza della facolt� conferita ai Prefetti dall'art. 71, primo comma, prima parte, della legge 25 giugno 1865, n. 2359, l'esercizio del potere in questione � unicamente in funzione della natura oggettiva dei lavori, e delle normali esigenze dell'Amministrazione interessata ( cfr. LANDI, op. cit., pag. 149; ed Appendice 1962, pag. 95). N� sembra sostenibile che l'omessa valutazione della situazione d'urgenza, in sede di dichiarazione di pubblica utilit�, renda illegittima la successiva pronuncia di indifferibilit�; poich�, a prescindere dalle eventuali necessit� sopravvenute, trattasi di valutazioni tra loro indipendenti e preordinate a fini diversi. - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO creta 29 febbraio 1960, con il quale il Magistrato del Po ha approvato e autorizzato l'esecuzione dei lavori di sistemazione della Valletta � Solco �, affluente in sinistra dell'Adda in Comune di Valdisotto. Se � vero, infatti, che la cognizione del provvedimento da parte dell'interessato � da considerare equipollente alla notificazione, ai fini del decorso del termine per proporre l'impugnativa, non � men vero che la conoscenza del provvedimento idonea a segnare l'inizio della decorrenza del termine suddetto deve essere piena, nel senso che il provvedimento stesso deve essere conosciuto nei suoi elementi essenziali. Nella specie, invece, dalla lettera 18 novembre 1960 diretta dalla ricorrente al Ministro dei Lavori Pubblici e posta dall'Avvocatura dello Stato a sostegno dell'eccezione di irricevibilit�, non risulta affatto provata la piena conoscenza del provvedimen-, to 29 febbraio 1960 del Magistrato del Po: la ricorrente infatti in detta lettera dichiara di aver saputo dall'Ufficio del Genio civile di Sondrio, che la sua propriet� doveva essere occupata, e aggiunge che all'albo comunale di Valdisotto, era stato affisso il piano di esecuzione dei lavori per la costruzione del canale e la relativa espropriazione dei terreni soggetti ai lavori stessi, ma in nessun punto di detta lettera fa cenno al decreto di approvazione del Magistrato del Po, del quale evidentemente ignorava la esistenza, come � facile del resto desumere dalla circostanza che in detta lettera la ricorrente continua ancora a ritenere che i lavori siano stati illegittimamente iniziati prima dell'approvazione (intervenuta invece con il decreto 29 febbraio 1960), e che il piano pubblicato all'albo comunale sia soltanto il piano di massima, che, a norma dell'articolo 4 della legge del 1865 sulle espropriazioni, deve essere pubblicato prima della dichiarazione di pubblica utilit�. Passando dopo ci� all'esame dei motivi di ricorso rivolti contro il pi� volte richiamato decreto 29-2-1960 del Magistrato del Po, osserva il Collegio, che tutte le censure contenute nel primo motivo sono infondate. E' invero, non pu� parlarsi di violazione dell'art. 4 della legge del 1865 sulle espropriazioni, per mancata compilazione e pubblicazione del progetto di massima, perch�, come � noto, le espropriazioni relative ad opere pubbliche da eseguirsi dallo Stato non richiedono l'espl�tamento delle formalit� preliminari stabilite dal titolo I capo I della legge 25 giugno 1865, n. 2359, dato che la dichiarazione di pubblica utilit� � implicita nell'approvazione dei relativi progetti (v. per tutte, la decisione del Con PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 213 siglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 13 febbraio 1952, n. 15). (Omissis). Fondato appare invece il terzo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la mancata prefissione dei termini per l'inizio e il compimento delle espropriazioni e dei lavori. E' vero che nel decreto impugnato il termine per l'esecuzione degli esproprii viene fissato in due anni, con decorrenza dalla data di consegna dei lavori, ma ci� non soddisfa il precetto dell'art. 13 della legge del 1865 sulle espropriazioni, il quale richiede che il termine � suddetto sia fissato in modo certo, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento che faccia decorrere l'inizio dei lavori da un termine incerto, qual'� quello della consegna dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 ottobre 1956, n. 1150). Deve essere pertanto accolto in base al motivo. suddetto, il ricorso avverso il decreto 29 febbraio 1960 del Magistrato del Po, che va annullato. Ugualmente fondato � il ricorso avverso il decreto 3 agosto 1961, con il quale il Magistrato del Po ha dichiarato urgenti e indifferibili i lavori dichiarati di pubblica utilit� con il precedente decreto. Ed invero, nei casi, come quello in esame, in cui la dichiarazione di urgenza e di indifferibilit� non derivi direttamente dalla legge, occorre che l'urgenza e l'indifferibilit� effettivamente esistano e siano dimostrate. Nella specie, invece, tra il decreto di approvazione del prog�tto e la dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza sono decorsi ben 18 mesi, il che dimostra che i lavori da effettuare non erano n� urgenti n� indifferibili. N� pu� dirsi che potrebbero l'urgenza e l'indifferibilit� essere sopravvenute, perch� i motivi posti q base della dichiarazione chiaramente lo escludono. Detti motivi, contenuti nel parere 15-7-1961 del Comitato Tecnico Amministrativo richiamato nel provvedimento impugnato, sono indicati nella necessit� di assicurare la difesa idraulica, nell'aumento del rischio dei danni che potrebbe derivare dal ritardo nella esecuzione delle opere, nella opposizione della ricorrente che ha ritardato il corso dei lavori e nella necessit� di evitare il pagamento dei danni per la forzata inattivit� del cantiere, richiesti dalla ditta appaltatrice dei lavori. Ora, la necessit� della difesa idraulica � la stessa che port� all'approvazione del progetto, mentre l'aumento del rischio dei danni che potrebbe derivare dal ritardo nella esecuzione delle opere, a prescindere dalla considerazione che si tratta di una affermazione generica e non dimostrata, � un elemento che po RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 214 teva e doveva valutarsi al momento dell'approvazione del progetto, e non si pu� presumere che in quel momento non sia stato valutato : il fatto che non sia stata subito emanata la dichiarazione di indifferibilit� e di urgenza dimostra che nella specie i lavori potevano effettuarsi nel termine necessario per compiere le espropriazioni, senza che ci� comportasse un pericolo. Pi� precisamente i due motivi della urgenza e indiffe-� ribilit� sin qui esaminati, se esistenti, avrebbero dovuto portare subito � alla dichiarazione di indifferibilit� e di urgenza: il fatto che detta dichiarazione sia intervenuta dopo diciotto mesi dall'approvazione del progetto, dimostra che essi non esistono, almeno nella intensit� che possa legittimare le dichiarazione a distanza di tanto tempo. Per quel che riguarda invece la opposizione della ricorrente e la richiesta dei danni per inattivit� del cantiere avanzata dalla ditta appaltatrice dei lavori, � facile osservare che detti motivi non hanno a che vedere con l'urgenza e l'indifferibilit� delle opere da eseguire, a prescindere dalla considerazione che gli inconvenienti addotti dipendono esclusivamente dalla ii:ieriia della amministrazione, la quale nei diciotto mesi lasciati inutilmente trascorrere avrebbe ben potuto portare a termine l'espropriazione nelle forme ordinarie. Deve pertanto ritenersi illegittima la dichiarazione di urgenza e indifferibilit� impugnata, perch� emanata a lunga distanza di tempo in base. a motlvi che si devono ritenere o ingiustificati o inconferenti e ad ogni modo gi� esistenti e valutati diversamente sin dal momento dell'approvazione delle opere; con la conseguenza che la dichiarazione suddetta deve essere �annullata, cos� come deve essere annullato il successivo decreto di occupazione di urgenza che la presuppone e che di essa costituisce l'esecuzione. (Omissis). LODO 30 dicembre 1963, n. 64 (Roma) -Pres. Pinchera -Est. Girelli -Impresa Falchi c. Amministrazione provinciale di Sassari e Gestione case per lavoratori. ~ Opere Pubbliche -Direttore dei lavori -Attribuzioni -Attivit� svolta : al di fuori di tali attribuzioni -Non impegna la p.a. committente. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sulla direzione, contabilit� e collau<. I dazione� dei lavori dello Stato; artt. 2, 3, 13 e 63). t I ~ . 1~1 .:0: ;,:;: :,;:; J'-?.'-:;.:; "J'F.(J;.� J' O"F.J'.' ..-.-... NJ'.~J' N.I'. !I': r....... -~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 215 Il Direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali somministrati dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale esecuzione dei lavori. Egli non � che lo strumento di cui si avvale il capo dell'organo tecnico dell'Amministrazione committente; ed agisce in posizione meramente subordinata, alle dipendenze di quest'ultimo. Pertanto un comportamento che ecceda le attribuzioni demandategli, o che sia in contrasto con la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna il committente. (1) (Omissis). -A sostegno delle proprie ragioni, l'Impresa ha prodotto una lettera in data 27 febbraio 1963 dell'ex direttore dei lavori, con la quale lo scrivente, che in sede di controdeduzioni delle riserve inserite nel registro di contabilit� si era praticamente pronunciato per il rigetto di tutte le istanze avanzate dall'appaltatore, esprime parere favorevole all'accoglimento delle stesse. Le convenute Amministrazioni hanno contestato la vali (1) L'attivit� di ingerenza, direzione e collaborazione, che nell'esecuzione di un'opera pubblica � riservata all'Amministrazione appaltante, � di competenza del dirigente del proprio organo tecnico. Negli appalti statali, questa competenza � dell'Ingegnere capo del Genio Civile (reg. 25 maggio 1895, n. 350, art. 1); negli appalti di altre amministrazioni, che richiamino o comunque applichino il cennato regolamento, secondo un'ovvio criterio di adattamento della norma, non pu� non essere attribuita che al dirigente dell'ufficio tecnico. Il Direttore dei lavori � solo lo strumento, di cui esso dirigente si avvale; agisce alle sue dipendenze e ne riceve gli ordini, e le istruzioni necessarie per la condotta dei lavori. La sua figura, quindi, � meramente subordinata; e tanto ci� � vero, che qualunque suo ordine, deve essere approvato e vistato dal Capo dell'Ufficio dal quale dipende (artt. 2, 6, 7 e 13, reg. cit.). Ci� posto, � chiaro che l'opinione del Direttore dei lavori su controversie insorte con l'Impresa, � espressione di convincimento esclusivamente personale, che in nessun modo impegna l'Amministrazione appaltante nemmeno sotto il profilo tecnico. E' ovvio che in tale considerazione si prescinde dalla eventualit�, che le affermazioni del Direttore dei lavori siano fatte in sede di istruttoria assunta dall'organo giudicante. In questo caso, la situazione giuridica � diversa, sia in relazione al contenuto delle affermazioni (non rappresentate da meri giudizi, ma dal riferimento di fatti obbiettivi), che in rapporto alla diversa veste del dichiarante. Sulla figura del Direttore dei lavori, sulle modalit� di esercizio dei suoi compiti, sulle sue responsabilit� verso l'Amministrazione e nei confronti dell'appaltatore e di terzi, cfr.: CIANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1957, 138 e 374 e ss.; nonch�, Cass. 20 luglio 1960, n. 2035, Foro amm. 1961, II, 304, con nota di richiami. - 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dit� di tale parere, osservando che l'opinione dell'ex direttore dei lavori deve ritenersi espressione di un convincimento puramente personale, in nessun modo impegnativo per la committente, nemmeno sotto il profilo tecnico. Il Collegio rileva che il reg. 25 maggio 1895, n. 350 al quale il capitolato generale della Gestione si richiama, nel precisare le incombenze e le responsabilit� delle persone preposte alla vigilanza sulla esecuzione delle opere, stabilisce in sostanza che il direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali somministrati dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale esecuzione dei lavori, in conformit� dei patti contrattuali. Egli pertanto non � che lo strumento di cui il capo dell'organo tecnico dell'Amministrazione committente si avvale, e che agisce, in I posizione meramente subordinata, alle dipendenze di questo ultimo. E ci� risulta tanto pi� vero quando si consideri, che �1-~ I ~ qualunque ordine del direttore dei lavori deve essere appro. vato e vistato dal capo dell'ufficio dal quale dipende. Il direttore dei lavori, perci�, non ha la rappresentanza ' dell'Ente appaltante, e un suo eventuale comportamento che ~~ ecceda le attribuzioni demandategli o che sia in contrasto con la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna in alcun modo il committente. Nella specie � pacifico, che lo ing. Flores, a norma dell'art. 63 del regolamento citato, forI ��: mul� le sue controdeduzioni nel registro di contabilit�, relati.' I vamente alle riserve dell'impresa; che le controdeduzioni furono esaminate dal collaudatore, il quale -a sua volta -rifer� con propria relazione all'Amministrazione committente; :~~ I che quest'ultima, infine, sulla scorta degli elementi a disposi. zione, ritenne di adottare determinate decisioni, per altro non . accettate dall'impresa, che instaur� il presente giudizio. , Alla luce di quanto innanzi deve concludersi che al diret Itore dei lavori era a questo punto inibito di assumere qualsiasi autonoma iniziativa, e di intervenire spontaneamente con lo esprimere opinioni, che non possono non qualificarsi di natura puramente soggettiva, nella controversia in atto. Il Collegio, I pertanto, ritiene di non attribuire valore probatorio alla ri fil chiamata lettera; ma di dover prendere in considerazione solo ili le controdeduzioni a suo tempo inserite dal direttore dei lavori ~: nel registro di contabilit�. (Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 marzo 1963, Pres. Auriemmo -Est. Rosso -P. M. Reviglio della Venezia (conf.) -rie. Milano Giuseppe -Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni -(C. A. Napoli 27 gennaio 1962). Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Liquidazione dei danni -Reformatio in peius -Inapplicabilit�. (Art. 515 c.ri.c.). Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Impossibilit� liquidazione del danno -Rimessione giudice civile. (Art. 489-519, c.p.c.). Falso -Falso documentale in atto pubblico -Soggetto passivo -Danneggiato dal reato -Distinzione. Responsabilit� civile -Responsabilit� della pubblica Amministrazione -Condotta dolosa del dipendente -Difetto di sorveglianza da parte degli organi dell'Amministrazione. (Cost., art. 28). Non � applicabile l'articolo 515 c.p.p. nella ipotesi in cui il giudice di secondo grado, avendo riformato la decisione del primo giudice in punto alla liquidazione dei danni, abbia ordinato la rimessione delle parti dinanzi al giudice civile per la liquidazione di interessi non previsti nella sentenza del primo giudice (1). L'ordinamento processuale penale prevede la rimessione al giudice civile non solo nella fase di primo grado, ma anche in quella di appello, quando non possa essere immediatamente deciso sul quantum secondo l'apprezzamento discrezionale del giudice penale (2). (1) Sulla prima massima non vi sono osservazi�ni da formulare dato che, in realt�, l'art. 515 c.p.c. si riferisce all'impugnazione dei capi penali della sentenza. (2) Esatto appare anche il principio indicato nella seconda massima e che trova riscontro nella sentenza della Corte suprema 18 febbraio 1959 (Giust. pen. 1959, III, 533), citata in motivazione. - 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �' Nel reato di falso documentale in atto pubblico ravvisabile come soggetto passivo del reato la persona non � priva .ta: in questo caso, tal� persona pu� assumere la posizione di danneggiato dal reato con diritto ad ottenere il risarcimento nei confronti dell'autore del falso e del responsabile civile (3). Vanno tenute distinte la figura della persona offesa dal reato e quella del danneggiato dal reato : la prima si identifica nel titolare del bene giuridieo leso dalla condotta criminosa, la seconda nel soggetto che ha riportato conseguenze svantaggiose dalla condotta criminosa dell'autore del reato (4). La pubblica Amministrazione risponde anche del comportamento doloso del proprio dipendente oltre che nel caso in cui questi abbia agito per fini non privati, anche nella ipotesi in cui l'atto doloso che abbia recato danno, pur in contrasto con l'attivit� propria della pubblica Amministrazione, sia stato reso possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi della stessa pubblica Amministrazione alla quale risale la responsabilit� civile proprio per la colpa degli organi preposti alla vigilanza ~ alla sorveglianza dei pubblici uffici (5). (3-4) La terza e la quarta massima costituiscono applicazione di principi ormai costanti in giurisprudenza, ed, in particolare, la distinzione fra persona offesa dal reato e soggetto danaeggiato dal reato-trova riscontro nella precedente sentenza della Corte suprema 7 marzo 1962 (Rep Foro it., voce parte civile, 1962, n. 20). (5) Qualche osservazione va, invece, formulata con riguardo alla quinta massima. Come � noto, la Corte suprema, con la sentenza 23 settembre 1958, n. 3029, mut� il costante indirizzo giurisprudenziale in ordine al principio che veniva, ormai, indicato con la nota formula che � il dolo rompe il nesso eziologico� fra l'azione del dipendente e la posizione dell'Amministrazione. In quella occasione, la Corte suprema ritenne, pur riconfermando il principio della responsabilit� diretta della pubblica Amministrazione, che la frattura del rapporto organico, con conseguente irresponsabilit� della pubblica Amministrazione, si determina solo quando il funzionario agisca come semplice privato per finalit� egoistiche, per modo che l'attivit� si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni. Il Supremo Collegio ha avuto occasione di riconfermare il principio indicato (v., fra le altre, 31 marzo 1960, n. 708, Foro it., 1961, I, 688; S.U. 28 novembre 1961, n. 2749, ibd., 1790; 20 aprile 1962, n. 792, Rep. Foro it., 1962, voce Resp. civ., 172-174; 30 novembre 1963, n. 3069, Mass. Foro it., 1963, n. 3069). La sentenza annotata si riferisce non solo alla indicazione giurispru denziale predetta, ma ad altro principio che trova riscontro in prece denti sentenze del Supremo collegio, citate in motivazione. In particolare, con la sentenza 2 agosto 1954, n. 2831, la Corte suprema, pur riaffermando il principio che � il dolo (salvo casi eccezionali espres PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 21!1 (Omissis). -Nessuna sostituzione sostanziale e radicale del decidere si � verificata ma solo precisazione dell'oggetto dell'an debatur in riferimento alla iniziale domanda -integralmente ac~ colta dal tribunale -nell'ambito del compito istituzionale del giudice di secondo grado. Tanto meno potrebbe ravvisarsi una re/ormatio in pejus, come sembrerebbe adombrare la difesa _della pubblica Amministrazione, per avere il giudice di secondo grado -riformando al riguardo la decisione del tribunale che aveva provveduto alla immediata liquidazione dei danni -ordinato la rimessione delle parti davanti di detta difesa circa la possibilit� in prosieguo di giudizio della liquidazione anche di interessi non previsti con la decisione del tribunale non potrebbe richiamarsi all'art. 515 cod. proc. pen. che si riferisce al divieto di inasprimento della pena e comunque � estraneo alla fase del processo penale -in cui si inserisce l'azione civile dei danneggiati dal reato. L'ordinamento di rito prevede la rimessione al giudice civile non solo nella fase di primo grado, ma anche in quella di appello (Sez. I, 18 febbraio 1959, samente �regolati dalla legge) spezza ogni rapporto organico�, riteneva che, ove l'atto doloso e dannoso del pendente fosse stato reso possibile dalla mancanza di qualsiasi vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione pubblica, questa ultima verrebbe a rispondere delle conseguenze della condotta illecita del dipendente. La sentenza applic� tali principi nella ipotesi di un dipendente che aveva falsificato buoni di prelevamento di merce al fine di ottenere la consegna della merce stessa da parte della ditta fornitrice dell'Amministrazione. Nonostante la riconferma dell'indirizzo, ormai costante, del Supremo collegio, vale ugualmente formulare le relative riserve in ordine ai principi sopra indicati. E' evidente che la sussistenza dell'attivit� dolosa del dipendente non pu� far considerare come riferibile all'Amministrazione l'attivit� illecita del dipendente medesimo: siffatta riferibilit� si � resa in concreto possibile solo forse in difetto di un richiamo all'art. 43 del codice penale nel quale � chiaramente descritta la configurazione del delitto doloso. Se, infattl, il delitto � doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che � il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, � dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione, � chiaro che non � sufficiente la coscienza e volontariet� dell'azione ad integrare gli estremi del dolo, ma occorre la volont� dell'evento e, quindi, la inten zione di determinare una specifica modificazione del mondo es~erno, il che appare del tutto estraneo alle attribuzioni ed alle finalit� che la norma indica per quel detereminato dipendente che ha posto in essere la condotta illecita, informata a dolo. L'indirizzo giurisprudenziale che, pur considerando riferibile all'Am - 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Baroni) quando non possa essere immediatamente deciso sul quantum liquidatorio secondo l'apprezzamento discrezionale del giudice penale che nella specie, per quanto si riferisce alla sentenza impugnata, mostra peraltro di ispirarsi a principii' non di ampliamento dell'obbligo risarcitorio del responsabile civile, ma a sua precisazione limitando l'ambito dell'obbligo medesimo in confronto alla decisione del tribunale. Del pari infondato � il secondo motivo di gravame. Nei reati di falso documentale in atto pubblico non � ravvisabile soggetto passivo del reato persona privata, ma ci� non equi ministrazione il comportamento doloso del dipendente, si � sempre premurato di limitare la riferibilit� ai casi in cui l'illecito non sia stato commes!)o per finalit� meramente egoistiche richiedendo che sussista un rapporto di occasionalit� necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al funzionario, sicch� queste abbiano reso possibile l'attivit� dannosa, ha tenuto conto, soltanto in modo parziale, della configurazione che il codice penale d� del dolo. E' chiaro, infatti, che se il dipendente ha posto in essere l'attivit� delittuosa con la coscienza e la volont� di realizzare quel determinato evento, si �, con ci� stesso, fuori dai limiti di un'attivit� pubblicistica riferibile all'Amministrazione. E cos�, al fine di superare l'ostacolo frapposto dall'art. 43 del codice penale, la giurisprudenza sia prima del mutamento di indirizzo verificatosi nel 1958 (v. Cass. 2 agosto 1954, n. 2831 ), sia successivamente (v. sentenza annotata) ha fatto ricorso ad un elemento, quale la mancata necessaria vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione con riguardo all'attivit� del dipendente che ha posto in essere l'azione delittuosa, elemento che � del tutto estraneo alla economia dell'attivit� criminosa considerata e trova, ai fini della responsabilit�, un titolo diverso da quello (responsabilit� diretta) che pur viene riconfermato con riferimento alla attivit� illecita del dipendente. E' evidente, infatti, che, in questo caso, l'Amministrazione non viene a rispondere dell'attivit� delittuosa di quel determinato dipendente che ha posto in essere un'azione criminosa dolosa, ma risponde, in realt�, della negligenza di altri dipendenti, i quali, probabilmente a titolo di colpa, (poich�, diversamente, concorrerebbero con: la attivit� delittuosa dal dipendente considerato), non hanno esercitato in modo sufficiente ed adeguato i necessari controlli sull'attivit� del dipendente che ha posto in essere quella determinata attivit� delittuosa. In base a tale rilievo, deve allora convenirsi che non appare del tutto esatto il principio secondo il quale l'Amministrazione risponde anche per l'attivit� dolosa dei propri funzionari, onde appare pi� conforme ai principi, e non soltanto a quelli amministrativi, ma, sostanzialmente, a quelli accolti dal codice penale, che, in realt�, il dolo determina una frattura nel rapporto di immedesimazione organica, e ci� proprio perch�, ripetesi, l� ove sussiste la intenzione di conseguire un evento illecito si � gi� fuori dalle attribuzioni del dipendente e si versa nel campo dell'interesse privato dcl dipendente cio� in quella meramente stesso e �== �:; ... -:::: :~ ~ �~~ < PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 221 vale a negare la configurabilit� in quest'ultima di danneggiato dal reato con diritto a pretese risarcitorie nei confronti dallo autore del falso e del responsabile civile. Secondo ormai comune accezione, si deve necessariamente distinguere tra persona offesa dal reato che � il titolare del bene giuridico leso dalla condotta criminosa e danneggiato dal reato per avere riportato conseguenze per lui svantaggiose dalla detta condotta criminosa dell'autore del reato. Nessun dubbio che nella specie tale danno deve ravvisarsi come generico an debeatur ai fini del diritto al risarcimento a prescindere dal quantum ipotesi in cui, come indicato, dalla giurisprudenza, il dipendente ha agito per motivi privati o per finalit� meramente egoistiche. Cos� intesa la responsabilit� della pubblica Amministrazione appare, altres�, evidente la inutilit� di far riferimento al concetto del � rapporto di occasionalit� necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al funzionario >>, in modo che queste abbiano reso possibile l'attivit� dannosa. E' evidente, infatti, che il riferimento a tale rapporto di occasionalit� necessaria si rende indispensabile quando, come nell� giurisprudenza considerata, si ritiene di dover consentire la proponibilit� dell'azione di responsabilit� pur in presenza di un'attivit� dolosa del funzionario. Senonch�, il concetto di rapporto di occasionalit� necessaria � stato indicato dalla giurisprudenza (v. sul punto TORRENTE, La responsabilit� indiretta della pubblica Amministrazione, Riv. dir. civ. 1958, 278), con riferimento ad una disciplina della responsabilit� indiretta ex art. 2049 e.e. � la quale esige perch� sussista la responsabilit� dei padroni e dei committenti che il fatto illecito sia commesso nell'esercizio delle incombenze a cui i domestici ed i commessi sono adibiti �, Siffatta indicazione, per�, si rendeva necessaria da parte della giurisprudenza, proprio perch�, altrimenti, l'attivit� dolosa del domestico o commesso, in quanto propria del soggetto che la poneva in essere, sarebbe rimasta estranea alla sfera giuridica del padrone e del committente, i quali proprio perch� la loro responsabilit� � a titolo indiretto, sono tenuti per c�lpa in vigilando o in eligendo. Senonch�, nel settore della responsabilit� della pubblica Amministrazione, proprio perch� la responsabilit� � diretta, stante il rapporto di immedesimazione organica, non vi � posto per un riferimento ad un rapporto di occasionalit� necessaria, poich�, diversamente, si vertirebbe nel campo della responsabilit� indiretta. Non appare, forse, del tutto infondato il rilievo secondo il quale, in sostanza, la giurisprudenza, pur riaffermando da un lato che la pubblica Amministrazione risponde a titolo diretto, in realt� viene gi� ad introdurre nella disciplina dell'istituto anche il titolo della responsabilit� indiretta, venendo, cos�, ad accogliere quella distinzione che una parte della dottrina (v. TORRENTE, op. cit.) fa d�rivare dalla contrapposizione degli artt. 113 e 28 della Costituzione. ANTONINO TERRANOVA 222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che sar� oggetto di accertamento nella successiva fase di remissione al giudice civile, nella indisponibilit� dei propri beni come conseguenza delle falsit� commesse sui titoli rappresentativi del credito del privato verso la pubblica Amministrazione. Tale diritto risarcitorio delle parti civili si ripercuote, oltre che sull'autore materiale pubblico dipendente, anche sulla pubblica Amministrazione, secondo la costante giurisprudenza pacifica nel senso di duplice responsabilit� in proposito anche in riferimento all'art. 28 della Costituzione, precisando ancora l'esistenza di responsabilit� immediata e diretta della pubblica Amministrazione anche se il funzionario o il pubblico dipendente abbia agito per dolo (da ultimo sez. un. civ. 28 novembre 1961 n. 2749). Nessun valore ha quindi l'accenno difensivo -peraltro del tutto generico e con riferimento esclusivo a preteso errore giuridico e non difetto di motivazione e inoltre solo con i motivi di ricorso e non con quelli di appello -che nella specie la responsabilit� civile della pubblica Amministrazione sarebbe stata affermata per �un delitto doloso quale quello di cui si tratta, che costituisce un caso limite in quanto il fatto del dipendente � determinato in modo tipico da un fine strettamente egoistico e strettamente privato �. Non � per� esatto che la pubblica Amministrazione non risponda mai per il comportamento doloso del proprio dipendente perch� all'incontro le Sezioni civili di questo Collegio hanno affermato la responsabilit� civile della pubblica Amministrazione per il fatto doloso del dipendente oltre che quando egli abbia agito per fini non privati (Sez. III, 23 settembre 1958, n. 3029; 31 marzo 1960, n. 708) nonch� allorquando l'atto doloso e dannoso del dipendente -pur in contrasto con l'attivit� propria della pubblica Amministrazione -sia stato reso possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi della pubblica Amministrazione con negligenza da parte di quest'ultima alla quale ultima risale la responsabilit� civile proprio per colpa degli organi preposti alla vigilanza e sorveglianza dei pubblici uffici (Sez. I, 14 aprile 1953, n. 970; 2 agosto 1954, n. 2831). E ci� � stato ritenuto proprio per la responsabilit� civile della pubblica Amministrazione per falsi documentali dolosamente redatti dal pubblico dipendente che con essi abbia leso terzi. 223 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE ,PRETURA DI TAORMINA, 19 febbraio 1963, imp. Guarnaschelli. Giuoco d'azzardo -R.D. 31 maggio 1935, n. 1410, costitutivo dell'Ente turistico alberghiero per la Libia (E.T.A.L.) -Efficacia discriminante -Esercizio di casa da giuoco in Taormina. (r.d. 31 maggio 1935, n. 1410; r.d. 22 aprile 1943, n. 560). L'apertura e l'esercizio di una casa da giuoco in Taormina da parte della societ� A. Zagara, quale avente causa dell'E.T.A.L., ~ono penalmente leciti per effetto del r.d. 31 maggio 1935, numero 1410, in relazione al r. d. 22 aprile 1943, n. 560 (1). (Omissis). -Con dettagliato esposto in data 8 novembre 1962, tale Sorbello Rosario, residente in Fiumefreddo Sicilia, denunciava a questo Pretore che in Taormina, presso la Villa � Mon Repos �, di propriet� della, signora Marjorie Varaschini, della quale il denunciante assumeva essere mandatario, era stata istituita, ad opera della S.p.A. � A. Zagara �, conduttrice dello immobile, una casa da giuoco in violazione alle norme del Codice Penale che reprimono il giuoco d'azzardo. Lo stesso giorno 8 novembre 1962, si presentava al Pretore tale Guarnaschelli Domenico, nella asserita sua qualit� di consigliere delegato della S.p.A. �A. Zagara�. Costui dicendosi edotto della presentazione della denuncia a suo carico da parte del Sorbello, ammetteva pienamente i fatti dem,J.nciati, assumeva, per�, la liceit� dell'intrapreso esercizio della casa da giuo (1) Sulla li~eit� del Casin� di Taormina. Alcune premesse di fatto serviranno a chiarire l'erroneit� della sen tenza, con la quale il Pretore di Taormina ha ritenuto di poter conclu dere l'annosa vicenda, pi� volte portata all'esame della Corte Costitu zionale. Con r.d. 31 maggio 1935, n. 1410, era istituito l'Ente turistico alber ghiero per la Libia (E.T.A.L.), persona giuridica di diritto pubblico, con il compito di esercitare in Libia alcune attivit� economiche per lo svi luppo e l'incremento del turismo in quella regione. Con deliberazione 10 agosto 1937, approvata dal Governatore Generale per la Libia con deli bere 22328 e 30762 del 17 agosto e 6 novembre 1937, il Municipio di Tripoli revocava la concessione assentita il 27 aprile 1935 alla Scita (societ� con trollata dal Guarnaschelli) ed autorizzava l'ETAL a gestire una casa da giuoco in Tripoli. Di qui una lunga vertenza fra il Guarnaschelli e la Scita contro l'ETAL e il Municipio di Tripoli, conclusa favorevolmente per l'ente. Nel 1943, a seguito dell'evacuazione della Libia, l'ultimo commissa rio dell'E.T.A.L., si trasferiva in Italia e otteneva, con decreto intermini steriale 20 aprile 1947, che l'Ente fosse autorizzato ad esplicare in Italia le attivit� economiche gi� esercitate in Libia. Il decreto di autorizzazione - 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO co in quanto sorretto da titoli idonei a legittimarlo; precisava fra l'altro, che l'apertura della casa da giuoco era stata notificata tanto alla Regione Siciliana quanto al Ministero del Tesoro, cointeressati alla gestione; presentava, infine, memoria scritta con allegati documenti, diretti a dimostrare l'assunto di legittimit�. Con decreto 8 novembre 1962, il Pretore ordinava il sequestro penale delle attrezzature ed oggetti inservienti al giuoco, che affidava in custodia allo stesso Guarnaschelli, ordinava il sequestro del 50% dei proventi lordi derivanti dall'esercizio del giuoco, esercizio di cui consentiva la continuazione fino allo esito del procedimento penale; dettava, infine, ulteriori disposizioni di esecuzione del provvedimento. Con decreto 9 novembre 1962, il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Messina avocava a s� la istruzione sommaria del procedimento penale in forza dell'art. 392 ult. parte c.p.p.; con altro coevo decreto revocava quello in data 8 novembre 1962 del Pretore ed ordinava il sequestro, con modalit� diverse, degli arnesi e degli oggetti della �A. Zagara�. faceva espresso riferimento alle sole attivit�, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 e, pertanto, doveva ritenersi escluso il giuoco d'azzardo. Successivamente a tale autorizzazione (1'11 aprile 1949), il Commissario dell'Ente stipulava con il Guarnaschelli una transazione, per effetto della quale l'Ente s'impegnava a sub-concedere al Guarnaschelli l'esercizio del giuoco d'azzardo in Italia qualora fosse stato a ci� autorizzato. La predetta autorizzazione, di cui entrambe le parti a quel tempo sentivano la necessit�, non � mai intervenuta: Con decreto 27 aprile 1949, n. 1, pubblicato sulla G.U.R.S. 30 aprile 1949, n. 19, l'Assessore al turismo ed allo spettacolo della Regione siciliana, infatti, autorizzava l'E.T.A.L. a svolgere in Sicilia, direttamente o a mezzo di sub-concessionari, i programmi inerenti al proprio scopo d'incremento turistico e alberghiero e ad esercitare tutte le attivit� connesse con lo scopo anzidetto, gi� esercitate in Libia, ivi compreso l'esercizio del giuoco d'azzardo. Il predetto decreto assessoriale, peraltro, non ebbe esecuzione e sulla G.U.R.S. 4 maggio 1949, n. 20 fu pubblicato il seguente avviso: � Agli effetti dell'efficacia esecutiva del decreto n. 1 dell'Assessorato per il turismo e lo spettacolo in data 27 aprile 1949, pubblicato sulla G.U. 30 aprile 1949, _n. 19, si rende noto che il predetto decreto � all'esame della Corte dei Conti per la registrazione �. Il predetto decreto assessoriale, restituito con rilievo, non fu pi� inoltrato alla Corte dei Conti. Successivamente interveniva la Risoluzione delle Nazioni Unite 15 dicembre 1950, relativa alla sorte dei beni italiani in Libia, in esecuzione ~~jr r:: della quale erano stipulati l'Accordo 28 giugno 1951 fra l'Italia e la Gran Bretagna, ratificato con 1. 30 luglio 1952, n. 1301 e l'Accordo italo-libico 2 ottobre 1956, ratificato con 1. 17 agosto 1957, n. 843. In questi Accordi (art. 5, punto 5) l'E.T.A.L. � compreso fra gli enti libici da liquidarsi in confor-I- -, glI~:, rj 1~~ ~ - 225 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE A seguito di ricorso proposto dal Guarnaschelli, la Suprema Corte di Cassazi�ne sezione IV penale, con sentenza 30 gennaio -2 febbraio 1963, annullava senza rinvio i detti provvedimenti del Procuratore Generale di Messina. In data 6 febbraio 1963, gli atti del procedimento venivano restituiti a questo Pretore, che, a seguito di formale istanza della difesa del Guarnaschelli ed in ossequio al combinato disposto degli artt. i52 e 421 c.p.p. emetteva 1'11 febbraio 1963 decreto di citazione a giudizio dell'imputato Guarnaschelli, cui veniv� contestato il reato di che in epigrafe, per l'udienza del 19 febbraio 1963. All'odierno pubblico dibattimento, l'imputato si � riportato, confermandole, alle dichiarazioni rese spontaneamente a questo Pretore in data 8 novembre 1962. Il P. M. e la difesa hanno concluso chiedendo la assoluzione dell'imputato perch� il fatto non costituisce reato. � DIRITTO Osserva pregiudizialmente il decidente che il reato ascritto al Guarnaschelli rientra nella previsione del recente decreto mit� delle leggi in vigore nel Regno di Libia (in effetti l'ente � stato/posto in liquidazione con provvedimento del Governo Libico, a cui sono stati devoluti i beni). Su questo punto ed in questi sensi si � pro:mnziato il Consiglio di Stato, con decisione 19 giugno 1954, n. 409 su ricorso Rabitti. In esecuzione della citata Risoluzione e dei conseguenti Accordi internazionali il Governo iialiano ha adottato, nei confronti dell'E.T.A.L., i seguenti provvedimenti: a) con decreto interministeriale 3 marzo 1951 � stata revocata l'autorizzazione concessagli con decreto interministeriale 30 aprile 1947; b) con d.p. 14 febbraio 1958, pubblicato sulla G.U. 10 marzo 1960, n. 60, l'E.T.A.L. � stato soppresso e messo in liquidazione, ai sensi della legge 4 dicembre 1956, n. 1404; c) la chiusura delle operazioni di liquidazione dell'ente, avocate al Ministero del Tesoro con d.m. 21 marzo 1958, pubblicato sulla G.U. 16 aprile 1958, n. 92, � stata approvata con d.m. 22 maggio 1962, pubblicato sulla G.U. 2 agosto 1962, n. 194. Il residuo patrimonio dell'ente in Italia, definitivamente estinto, � stato devoluto allo Stato. Con decreto 28 maggio 1959, n. 203/A, il Presidente della Regione siciliana confermava per la durata di 20 anni alla societ� � A' Zagara �, costituita dal Guarnaschelli, quale avente causa dell'E.T.A.L., l'autorizzazione concessa con il decreto assessoriale 27 aprile 1949, n. 1 e concretamente disciplinava l'esercizio del giuoco d'azzardo. Con decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, h. 1098 il dianzi citato provvedimento regionale era annullato ai sensi dell'art. 6 t.u. com. e prov. Il Presidente del Consiglio impugnava, altres�, il decreto del Presidente della Regione con ricorso alla Corte Costituzionale, che dal 1956 era entrata in funzione. Al fine di eliminare gli effetti dell'annullamento il Presidente della ~ 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubbli226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 22 del 25 gennaio 1963, con cui � stata concessa amnistia. Osserva altres� il decidente che alla applicazione della detta causa estintiva del reato � pregiudiziale, per il chiaro disposto dell'art. 152 cpv. c.p.p., il proscioglimento in merito quante volte esistano gi� prove le quali � rendono evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non � preveduto dalla legge come reato �. Osserva ancora il decidente che, in tali ipotesi, il giudice deve procedere al dibattimento e prosciogliere con la formula relativa: infatti l'art. 421 c.p.p; fa appunto salva espressamente la disposizione del cpv. dell'art. 152 c.p.p. condizionando la possibilit� del proscioglimento nel periodo degli atti preliminari al dibattimento alla inesistenza di una causa che determini il giudizio di merito, il quale non pu� avvenire che in seguito al dibattimento (MANZJNI, Trattato di diritto processuale penale, Voi. IV, ediz. III, 1949, pag. 317; Cass. 16 dicembre 1943, Riv. dir. penit. 1943, 575; Cass. 2 aprile 1946, Giur. Regione emanava il decreto legge 1� luglio 1959, avente lo stesso contenuto del precedente decreto 28 maggio 1959, n. 203/A e proponeva anch'egli ricorso alla Corte Costituzionale avverso il d.p. 25 giugno 1959, n. 1098. li decreto . legge regionale 1� luglio 1959, su ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, era annullato, con sentenza 29 luglio 1959, dalla Corte Costituzionale, la quale negava al Presidente ed alla Giunta regionale il potere di emanare decreti aventi valore di legge. Con successiva sentenza n . 58 del 26 novembre 1959 la Corte Costituzionale annullava il decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, n. 1098, negando al Governo dello Stato il potere di annullare, ex-art. 6 t.u. com. e prov., provvedimenti regionali, che ponessero in essere conflitti di attribuzione, ed annullava, altres�, il decreto 28 maggio 1959, n. 203-A del Presidente della Regione nella parte relativa al giuoco d'azzardo, negando alla Regione ogni potest�, legislativa o amministrativa, nella materia, che deve considerarsi penale e, come tale, riservata allo Stato (Parlamento). Il successivo decreto 15 febbraio 1960, n. 55/A, emanato dal Presidente della Regione siciliana nella pretesa veste di organo decentrato dello Stato e riproducente il gi� annullato decreto 28 maggio 1959, numero 203/A, era annuilato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 23 del 1961, mentre l'ultimo provvedimento regionale (decreto del Presidente della Regione 31 maggio 1961, n. 36/A), in seguito al ricorso proposto dal Presidente del Consiglio alla Corte Costituzionale, era annullato dallo stesso Presidente della Regione con decreto 20 giugno 1961 e la Corte, con sentenza n. 3 del 1962, dichiarava cessata la materia del contendere. Intervenivano, poi, il provvedimento di sequestro del Pretore di Taormina e la successiva sentenza di assoluzione del Guamaschelli, che qui si annota. -~ fil PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 227 Completa della C. S. XXIII, 2 1068; nonch�, sia pure implicicitamente, Cass. Sez. Unite 24 giugno 1950, Giustizia penale 1951, III, col. 36 M. 26). Osserva altres� il decidente che, per consolidata giurisprudenza, la formula che �il fatto non � preveduto dalla legge come reato �, usata dal legislatore nell'art. 152 cpv. c.p.p., richiama e comprende non solo il caso in cui non sussista incriminazione del fatto (art. 1, 2 del co. pen.), ma anche quello in cui il fatto, pur essendo astrattamente incriminato, non costituisce tuttavia in concreto reato per la sussistenza di una causa generica o specifica di non punibilit�. Invero, la formula del proscioglimento perch� il fatto non costituisce reato � da ritenere compresa nella pi� ampia formula usata dal legislatore nel cpv. dell'art. 152 c.p.p. Siffatta formula, tipicamente riferibile alla ipotesi di assenza del precetto, comprende anche per necessit� di sintesi il caso in cui la legge penale, per qualsiasi causa, non com.mini una sanzione (Cass. Sez. III, 27 giugno 1955, Giustizia penale 1956, III, 286, n. 309; Cass. sez. III, 23 gennaio 1956, ivi, 1957, III, 30; Cass. Sez. Il, Dalle tre citate sentenze della Corte Costituzionale risulta evidente: a) che la Regione non pu� emanare provvedimenti in materia di giuoco d'azzardo, che, quale materia penale, esula dalla sua competenza l (sentenza n. 58 del 1959); I b) che la societ� �A. Zagara�, neppure quale avente causa del1. l'E.T.A.L., pu� vantare alcun diritto ad esercitare in Italia il giuoco d'azzardo . (sentenza n. 23 del 1961) n� in base a provvedimenti regionali, as.solutamente privi di effetti esimenti, n� in base a precedenti provvedimenti 1 l1 statali. �1 A quest'ultimo proposito � opportuno precisare che il decreto interministeriale 30 aprile 1947, revocato col successivo decreto 3 marzo 1951 e, in realt�, caducato per effetto della legge 30 luglio 1952, n. 1301, che poneva I'E.T.A.L. fuori dell'ordinamento giuridico italiano, non aveva mai 1I autorizzato n� poteva autorizzare l'E.T.A.L. ad esercitare in Italia il giuoco d'azzardo. II citato decreto 30 aprile 1947 autorizzava I'E.T.A.L. ad eserci, tare le attivit�, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio 1935, prendono il giuoco d'azzardo. n. 1410, che non com� II Esso, inoltre, fu emanato in base all'art. 17 I. 18 maggio 1942, n. 669 ed al r.d. 22 aprile 1943, n. 560, i quali consentivano agli enti gi� ope' I ranti nei territori d'oltremare di esercitare in Italia fino alla data di cessazione dello stato di guerra, le attivit� svolte nei predetti territori coI consenso dei Ministri per l'A.I., per le finanze e per le corporazioni, osservate le disposizioni vigenti in materia. II consenso delle amministrazioni vigilanti aveva l'effetto di derogare ai limiti territoriali fissati agli Enti 1I iII dai rispettivi statuti, ma non sostituiva le autorizzazioni, concessioni o licenze, eventualmente� necessarie per lo svolgimento di determinate attivit�, da rilasciarsi dalle autorit� competenti. In questi sensi, peraltro, espressamente dispongono la legge 25 giugno 1940, n. 1066, il r.d. 17 ago E 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 19 dicembre 1956, ivi, 1957, lii, 317, Cass. Sez. III, 5 febbraio 1957, ivi, 1957 Ili, 265). Osserva, infine, il decidente che la � �videnza �, richiesta dall'art. 152 cpv. come presupposto dell'obbligo di proscioglimento nel merito nonostante la esistenza di una causa di estinzione del reato, non riguarda il mezzo di prova considerato per se stesso, ma piuttosto la conclusione logico-giuridica cui conduce l'uso dello stesso mezzo. In altri termini, perch� il Giudice sia tenuto a pronunciarsi in merito, non � necessario che la prova, valutata prima facie, dia la certezza della innocenza dell'imputato o della insussistenza del fatto o del reato, ma basta che sicuro sia il giudizio al quale. si perviene attraverso l'adueguata valutazione degli elementi probatori gi� acquisiti agli atti. La Suprema Corte Sez. III 29 gennaio 1958, Riv. it. dir. proc. pen. 1959, 1081, ha statuito: la pronuncia di merito emanata ai sensi dell'art. 152 cpv c.p.p. dove ritenersi pienamente legittima anche quando il Giudice, per giungere ad un convincimento interiore di innocenza evidente, abbia dovuto compiere un esame, pi� o meno approfondito, delle prove sto 1941, n. 1269 e la legge 4 marzo 1952, n. 137, che hanno dettato norme per disciplinare l'analoga situazione dei cittadini rimpatriati in seguito ai noti eventi bellici dai territori gi� soggetti alla sovranit� italiana, prevedendo il rilascio, da parte della competente autorit�, delle necessarie licenze ed autorizzazioni o l'iscrizione negli albi. N� pu� trascurarsi la considerazione che, a differenza di queste leggi, riguardanti le persone fisiche, quelle relative agli enti non potevano non subire restrizioni o modificazioni per effetto del Trattato di pace e dei successivi accordi bilaterali, relativi alla situazione degli enti pubblici gi� esistenti nei predetti territori. Le predette leggi, cio�, hanno cessato di essere applicabili agli enti, che gli Accordi infernazionali hanno ritenuto localizzati nel territorio non pi� soggetto alla sovranit� italiana e, perci�, fuori dell'ordinamento giuridico italiano. Alla stregua di queste premesse risulta evidente l'erroneit� della sen tenza, che si annota, la quale, dopo aver posto in luce che i tre provve dimenti legislativi (rr.dd.Il. 22 dicembre 1927, n. 2448, 2 marzo 1933, n. 201 e 16 luglio 1936, n. 1404), in base ai quali sono state aperte le case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, derogano agli artt. 718 e 720 c.p. con formulazione ambigua, ma sempre al fine di soddisfare concrete finalit� pubbliche, crede di riscontrare nel r.d. 31 maggio 1935, �-n. 1410, istitutivo dell'E.T.A.L., una deroga analoga e, sulla base del r.d. 22 aprile 1943, n. 560 e del decreto interministeriale 30 aprile 1947, ritiene autorizzata legislativamente e, quindi, lecita l'attivit� del Guarnaschelli. Gli errori della sentenza possono cos� riassumersi: 1) l'analogia fra i rr.dd.ll. n. 2248 del 1927, n. 201 del 1933 e n. 1404 del 1936 da una parte e il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non sussiste. Anche se ambigua la formula e tortuoso l'iter previsto dai primi tre, la deroga alle leggi penali � espressa. I citati tre provvedimenti legislativi, infatti, . -1��� . . v��� PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 229 gi� acquisite; invero, rispetto alla esigenza cui la norma � ispirata, non importa tanto il modo in cui quel risultato si � raggiunto, quanto la essenza del suo specifico contenuto �. Tutto ci� osservato in via preliminare, ritiene il decidente che le prove offerte e gi� acquisite agli atti rendono evidente che il fatto ascritto al{O,Guarnaschelli non � costitutivo di reato e, quindi, in applicazione del cpv. del pi� volte citato art. 152 c.p.p., l'imputato va assolto nel merito con la formula relativa. Ed invero: prima di passare all'esame particolare del caso sub judice mette conto rilevare quale sia nell'ordinamento giuridico italiano la disciplina del giuoco d'azzardo. In via generale esso � perseguito penalmente dagli artt. 718 e 720 c.p.: quello punisce come reato contravvenzionale il fatto del tenere un giuoco d'azzardo, questo, correlativamente, punisce il fatto di chi partecipa al giuoco. L'art. 721 c.p., poi, definisce come � giuochi d'azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita � interamente o quasi interamente aleatoria�. Chiara e palese � la obiettivit� giuridica della norma incriminatrice: con essa si � inteso proteggere l'inte d�nno facolt� al Ministro per l'Interno di autorizzare i Comuni di San Remo, Campione e Venezia ad adottare tutti i provvedimenti necessari a sanare il bilancio � anche in deroga alle leggi vigenti �. Il provvedimento legislativo, che istitu� l'E.T.A.L., non contiene alcuna autorizzazione a derogare �alle leggi vigenti, tanto meno a quelle penali. 2) Se la ratio della deroga � il soddisfacimento di un interesse pubblico,. che il legislatore qualifica preminente rispetto all'interesse punitivo, l'autorizzazione al giuoco d'azzardo in deroga agli artt. 718 e 720 � localizzata ed inscindibilmente connessa con l'interesse pubblico perseguito. L'autorizzazione, connessa all'incremento turistico della Libia, non pu� valere come discriminante altrove e per un interesse pubblico diverso. 3) Il decreto interministeriale 30 aprile 1947, che autorizzava, in base al r.d. 22 aprile 1943, n. 560 ed in applicazione dell'art. 17 I. 18 maggio 1942, n. 669, lo E.T.A.L. ad esercitare in Italia le attivit�, che svolgeva in Libia, non comprendeva il giuoco d'azzardo e non escludeva la necessit� delle licenze, autorizzazioni o permessi previsti dall'ordinamento, perch� esplicitamente imponeva � l'osservanza delle disposizioni vigenti in materia �. Per ogni branca d'attivit�, pertanto, l'E.T.A.L. doveva munirsi dei predetti permessi e, per l'esercizio del giuoco in deroga alle leggi penali, della necessaria autorizzazione legislativa. Le leggi citate consentivano che gli enti gi� operanti nei territori d'oltremare fossero autorizzati ad esercitare in Italia le attivit� svolte nei predetti territori � fino alla data di �cessazione dello stato di guerra "� Il decreto interministeriale 30 aprile 1947 era fin dall'origine illegittimo e privo di efficacia, tanto meno discriminante, perch� lo stato di guerra era gi� cessato il 15 aprile 1946. A voler tutto ammettere, il citato decreto interministeriale poteva aver vigore fino alla data del Trattato di Pace o, comunque, fino alla data degli Accordi bilaterali, che, in esecuzione del - 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO resse pubblico acch� sia impedito il malcostume dei giuochi di azzardo, quale vizio moralmente riprovevole ed economica: mente dannoso. Nel nostro ordinamento giuridico, per�, esistono deroghe al divieto penale: non mancano, cio�, altre norme di legge che, ponendosi quale eccezione alla regola !fenerale, permettono il fatto che, in conseguenza, diventa penalmente lecito. La esistenza di tali norme derogatrici � fatta palese dagli artt. 1933, 1934 e 1935 e.e., dove � negata (art. 1933) azione per il pagamento dl un debito di giuoco e di -scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti (ivi compresi � i giuochi d'azzardo sottratti alla legge penale per speciale autorizzazione amministrativa�; relazione del Guardasigilli al libro obbligazioni, n. 225); dove, invece, � data (art. 1935) azione relativamente alle lotterie legalmente autorizzate. Ritenuta, quindi, la sussistenza nel nostro ordinamento giuridico d� norme permissive in deroga al generale divieto posto dal Codice Penale, sembra opportuno mettere in evidenza il comune denominatore di siffatte norme, vale a dire la loro comune causa giustificatrice. Va subito avvertito, intanto; che, attesa l'ampiezza della Trattato, avrebbero regolato la posizione degli enti gi� operanti nei territori, su cui era cessata la sovranit� italiana. II predetto decreto, comunque, caducato per effetto della Risoluzione delle Nazioni Unite 15 dicembre 1950, in esecuzione della quale furono, poi, stipulati gli Accordi con la Gran Bretagna (28 giugno 1951) e il Regno di Libia (2 ottobre 1956), fu formalmente revocato col decreto interministeriale 3 marzo 1951, cui fecero seguito il d.p. 14 febbraio 1958 e il d.m. 22 maggio 1962, che hanno soppresso l'E.T.A.L. per l'ordinamento italiano. 4) L'analogia, che il Pretore riscontra fra la situazione giuridica delle case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionarie dei rispettivi Comuni e il Guarnaschelli, concessionario, per effetto della transazione 11 aprile 1949, dell'E..T.A.L. non avrebbe, mai, potuto portare alla conseguenza di un legittimo esercizio della concessione dopo la revoca dell'autorizzazione e, poi, la soppressione dell'ente. L'analogia deve condurre al risultato opposto: cessato il potere dell'ente di esercitare legittimamente il giuoco d'azzardo, cessa anche quello del concessionario, che in luogo e per conto del primo lo esercita. Concludendo, il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non autorizza, neppure I implicitamente, l'E.T.A.L. a svolgere il giuoco d'azzardo in deroga agli i,,artt. 718 e 720 c.p.; l'autorizzazione, comunque, localizzata in Libia e connessa all'interesse turistico di quella zona, non potrebbe avere efficacia : . discriminante altrove; in ogni caso essa avrebbe cessato di aver vigore con la cessazione dell'ente. j I ' G. GUGLIELMI : . Im PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE definizione legislativa dei giuochi d'azzardo (art. 721 c.p.), sono da considerarsi tali anche le tombole, le varie lotterie, gli innumerevoli concorsi a premio per la pubblicit� di prodotti industriali e commerciali, i concorsi pronostici collegati al lotto ed alle manifestazioni sportive . ed, infine, il lotto pubblico. Orbene, comune denominatore delle norme autorizzanti, in via di deroga, le predette attivit� � l'interesse pubblico, � la tutela di un prevalente interesse sociale e collettivo. Particolarmente: per le tombole e lotterie (art. 40, r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933) � la destinazione del prodotto netto a scopi educativi, assistenziali e culturali; per i concorsi e le operazioni a premio (art. 43, r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933) � la diffusione e 10 smercio del prodotto con il conseguente incremento ed espansione delle industrie e dei commerci nazionali; per i concorsi pronostici (d.l. 14 aprile 1948) �, indubbiamente, il maggiore potenziamento dello sport nazionale e la diffusione di esso fra le masse; per il lotto pubblico (le origini in Italia sono remotissime e risalgono al tempo della Repubblica Genovese, intorno al 1576; esso fu introdotto, nei secoli XVII e XVIII, via via negli altri Stati italiani e, nel 1731, fu definitivamente ammesso nello Stato Pontificio da Clemente XII con la motivazione : � ad vitanda maiora mala et pro sublevamine locorum ad quorum utilitatem erogatur lucrum �; sempre nello Stato Pontificio, i proventi del giuoco del lotto fornirono a Pio VI i mezzi per intraprendere, nel 1785, la bonifica delle paludi pontine), la cui importanza sociale resta evidenziata dalla grande massa di provvedimenti legislativi regolanti la materia, � la devoluzione dei proventi all'Erario dello Stato. Quanto poi alle case da giuoco vere e proprie, non mancano nell'ordinamento italiano provvedimenti legislativi in deroga alla norma penale. Sebbene non fu convertito in legge e non ebbe mai, pratica applicazione � significativo, ai fini particolari della nostra indagine, il r.d.l. 27 aprile 1924, n. 636. Tale testo, esplicitamente derogando alle norme del Codice PeM nale allora vigente che vietavano il giuoco d'azzardo (art. 484 e 487 c. p. del 1889), cos� disponeva con l'art. 1: � ... nelle localit� che siano da almeno dieci anni sedi di stazioni climatiche, balneari o idrominerali e che non si trovino in prossimit� di centri con popolazione superiore ai 200 mila abitanti, pu� essere concessa l'apertura di case da giuoco, nelle quali � permesso il giuoco anche di azzardo�. La relativa concessione era, per l'art. 3, demandata al Ministro per l'Interno ed accordata con decreto. Il citato r.d.l. non fu, come osservato, convertito - l l 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO f=i in legge ed �, in conseguenza, estraneo all'ordinamento giu. , ridico italiano. Tuttavia, non pu� passarsi sotto silenzio ed � , . di tutta evidenza la ragione ispiratrice e giustificatrice del prov. vedimento in deroga al divieto della norma generale penale: .. ' essa va ricercata sempre in un prevalente interesse pubblico. Nella specie: l'incremento del turismo, fonte indubbia di ricchezza nazionale. Decaduto, per la rilevata mancata conversione in legge, il citato r.d.l. 27 aprile 1924, � d'uopo chiedersi, allora, in base a quali provvedimenti legislativi dello Stato sono state autorizzate le esistenti e notorie case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia (quanto all'altra casa da giuoco, quella di S. Vincent, la cui liceit� � ancora sub iudice, � sufficiente qui ricordare che fu istituita con atto amministrativo della Regione: decreto 3 aprile 1946 del Presidente della Valle d'Aosta). Le dette case da giuoco furono istituite, rispettivamente, con il r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 (San Remo), con il r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201 (Campione), con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404 (Venezia). Occorre ora subito rilevare che in nessuno di tali provvedimenti il legislatore esplicitamente autorizza l'apertura di casin�. Invero, all'art. 1 cos� statuisce: �E' data facolt� al Ministro per l'Interno di autorizzare, anche in deroga all~ leggi vigenti, purch� senza aggravio per il bilancio dello Stato, il Comune di San Remo ad adottare tutti i provvedimenti necessari per poter addivenire all'assestamento del proprio bilan� cio ed alla esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili�. Identica formula e dettato adotta il legislatore nel r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201 concernente �Provvedimenti a favore del Comune di Campione�. Infine, con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404, che consta di un unico articolo, il legislatore cos� statuisce: �Le disposizioni del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito nella I. 27 dicembre 1928, n. 3125, recante provvedimenti a favore del Comune di San Remo, sono estese al Comune di Venezia�. L'interprete non pu� non rilevare la poca chiarezza, l'ambigU: it� e la genericit� dei tre riferiti testi legislativi, ma molteplici considerazioni inducono a ritenere che il legislatore intese, con quei provvedimenti, autorizzare l'apertura di casin� nei tre ricordati Comuni. Basta considerare infatti che, i tre testi non essendo contestuali (quello relativo a Venezia fu adottato a circa nove anni di distanza da quello relativo a San Remo), non poteva sfuggire al legislatore, nel porre il secondo (Campione) e terzo (Venezia) provvedimento, quale interpre 233 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE tazione ed applicazione fosse stata data al primo dei provvedimenti (San Remo): con la logica conseguenza che, se non avesse voluto a.torizzare effettivamente l'apertura di casin�, certamente non avrebbe usato la stessa formula e dettato (Campione) od addirittura il richiamo ricettizio (Venezia). Basta considerare i lavori preparatori in occasione della conversione in legge (1. 27 dicembre 1928) del primo dei provvedimenti, per convencersi, ove ancora potessero esservi dubbi, che il legislatore intese, pur usando e servendosi delle gi� avvertite equivoche espressioni, provvedere ad autorizzaze l'apertura di case da giuoco d'azzardo. All'interprete viene naturale domandarsi il perch� e la ra~ gione della nessuna chiarezza delle norme legislative di cui � discorso, specie raffrontandole alla esplicit� e chiara formulazione del testo legislativo, pi� sopra ricordato, di cui al r.d.L 27 aprile 1924, n. 636 (poi non convertito in legge). Trattasi, ritiene il decidente, di una chiara ragione di politica legislativa in un determinato momento storico del Paese: il legislatore, interprete del costume e delle esigenze di un popolo, non poteva allora usare espressioni diverse e chiaramente autorizzare, qual eccezione alla regola, il giuoco d'azzardo, per non urtare e porsi in aperta antitesi con il costume e la morale allora correnti, che il giuoco riprovavano quale vizio e fonte di corruzione e di dissipazione. Ma avvertiva pure il legislatore del tempo, con una pi� ampia visione del problema, che il giuoco d'azzardo, non come fine a se stesso, ma come mezzo di propulsione turistica, quale richiamo di maggiori correnti turistiche economicamente pi� qualificate, quale mezzo di produzione di ricchezza da destinarsi ad opere pubbliche ed a finalit� collettive, ben poteva assolvere una funzione sociale. La compiuta disamina della legislazione vigente in materia di giuochi d'azzardo consente al decidente di poter fissare i seguenti logici corollari: 1) Il giuoco d'azzardo � stato vietat.o (art. 484 e segg. c.p. del 1889) ed � vietato (art. 718 e segg. c.p. vigente) in via generale; 2) sussistono nell'ordinamento italiano delle eccezioni al divieto posto in via generale dalle norme penali; 3) le eccezioni dette, perch� possano avere forza derogatrice, debbono provenire dal potere legislativo centrale dello Stato; � 4) l'occasio legis, la ragione delle eccezioni al divieto, va individuata nel conseguimento di una utilit� sociale che il giuo - 234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO co d'azzardo, nei congrui casi inteso come mezzo o strumento, realizza; 5) l'interesse pubblico al conseguimento della detta utilit� sociale � prevalente rispetto alla obiettivit� giuridica della norma incriminatrice del giuoco d'azzardo; 6) il legislatore quando, in materia di case da giuoco, ha posto deroghe al precetto penale, per consolidata prassi ed in ossequio a ragioni di politica legislativa, non ha mai specificato l'oggetto della norma (istituzione di casin�) preferendo, piuttosto, alla chiarezza di dettato una formulazione generica ed ambigua; 7) il raggiungimento di scopi educativi, culturali, assistenziali; il potenziamento delle industrie, dei commerci, dello sport, il risanamento di bilanci dissestati e precari di alcuni enti autarchici territoriali, la realizzazione di opere pubbliche indilazionabili; l'incremento del turismo con il conseguente indubbio vantaggio delle economie locali e nazionali, queste, sono altrettante cause giustificatrici dei provvedimenti legislativi deroganti, talvolta in modo esplicito e talaltra attraverso perifrasi e circonlocuzioni, al divieto della norma penale. Dopo queste premesse, � il momento di intraprendere l'indagine. sul punto se la societ� � A Zagara � e, per essa, il suo consigliere delegato, l'imputato Guarnaschelli, ha titolo legale, fondato su atto legislativo dello Stato (che solo ha competenza, e competenza esclusiva, in materia penale), per gestire oltre alle varie attivit� istituzionali, come mezzo al fine, anche una casa da giuoco. Il Guarnaschelli fa derivare tale suo diritto da una serie di atti e provvedimenti e precisamente: a) il r.d. 31-5-1935 n. 1410 avente ad oggetto � istituzione � dell'ente turistico ed alberghiero della Libia� (E.T.A.L.); b) la deliberazione n. 257 del 10-8-1937 con la quale il Podest� di Tripoli revocava la concessione dell'esercizio di giuochl � ammessi nel Casin� Municipale di San Remo alla Societ� Coloniale Incremento Turistico Anonima (S.C.I.T.A.) e la attribuiva all'E.T.A.L.; c) la legge 18-5-1942, n. 669, dettante �norme relative alla gestione nel Regno durante lo stato di guerra delle attivit� economiche esercitate nell'Africa Orientale .Italiana�; d) il r.d. 22-4-1943, n. 560, con oggetto: �Applicazione nei confronti delle attivit� economiche esercitate in Libia delle norme relative alla gestione nel Regno durante lo stato di PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 235 guerra delle attivit� economiche esercitate nell'Africa Orientale Italiana�; e) il d.m. 30 aprile 1947 con oggetto: �Autorizzazione all'Ente Turistico Alberghiero della Libia ad esercitare in Italia gestioni alberghiere ed altre attivit� economiche �; f) l'atto di transazione 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, intervenuto tra l'imputato Guarnaschelli e l'E.T .A.L.; g) lettera in data 3-2-1950 del Ministero dell'Africa Italiana, Dir. Gen. AA. EE. FF., Direzione III, procollo n. 420210, a firma del Ministro Brusasca; h) il decreto 27-4-1949, n. 1, della Regione Siciliana, Assessorato per il Turismo e lo Spettacolo. , prbene, l'assunto difensivo appare pienamente fondato. Ritiene, infatti, il decidente che, raffrontando il contenuto e la generica formulazione degli atti legislativi (r.d.l. 22-12-1927 e r.d.l. 2-3-1933) che autorizzarono, rispettivamente, i Comuni. di San Remo e di Campione ad esercitare il giuoco di azzardo (quello relativo al Comune di Venezia � posteriore alla legge istitutiva dell'E.T.A.L.) con la non diversa ampiezza ed, anzi, pi� precisa e specifica formulazione del r.d. 31-5-1935, n. 1410 (avente vigore di legge in base all'art. 44 r.d.l. 3-12-1934, n. 2012), con il quale venne istituito l'E.T.A.L., gi� in detta legge. istitutiva si riscontra la fonte normativa derogativa al divieto penale. Si legge infatti nel preambolo al r.d. 1935: �considerato che le attivit� costituite o da costituirsi per l'attuazione delle iniziative e delle imprese che tendono o sono comunque connesse all'incremento turistico della Libia, rivestono, nelle condizioni attuali, carattere di pubblico interesse; ritenuto che, per il raggiungimento di tali finalit�, necessita accentrare in uno stesso Ente la gestione delle attivit� patrimoniali a tal uopo gi� costituite e le iniziative attuali e potenziali facenti capo ad Enti ed Istituti diversi�. Si legge poi all'art. 1 del decreto che l'E.T.A.L. ha �lo scopo di promuovere e di incrementare il movimento turistico in Libia ..... e di gestire alberghi e svolgere ogni altra attivit� attinente allo scopo predetto. Si legge, ancora, all'art. 3 lettere a) e 1), che le entrate dell'E.T.A.L. �sono costituite dai proventi derivanti dallo svolgimento della sua attivit� � e � da qualsiasi altro provento �. Si legge, infine, all'art. 1 dello Statuto dell'Ente, approvato con d.m. 24-6-1935, pubblicato in G.U. n. 202 del 30-8-1935, che esso �potr� assumere ...... la gestione di ogni altra iniziativa relativa al movimento dei forestieri nella Colonia ed in genere allo sviluppo dei luoghi di cura e di soggiorno�. - 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pur avvertendo la solita generica ed equivoca formulazione del dettato legislativo (c.:ostume, come nelle premesse rilevate, del legislatore del tempo fermamente e volutamente rest�o alla chiarezza in tema di autorizzazioni all'apertura di case da giuoco), non pare potersi dubitare (ed in ci� facendo ricorso ai corollari e princ�pi che discendono dall'ordinamento giuridico e dalla legislazfone in materia di giuochi, corollari e princ�pi gi� in premessa esposti e fissati) che il r.d. 1935 n. 1410 contenga, tra le� altre statuizioni, anche una deroga al precetto penale. Tale interpretazione � fatta palese dalla applicazione concreta che al decreto fu data dalle autorit� della Libia ( � parte integrante del territorio dello Stato Italiano � e dove, art. 43 r.d.l. 3-12-1934, n. 2012, era applicabile il codice penale italiano). Infatti, costituito l'E.T.A.L., la Consulta Municipale di Tripoli, pur non facendo richiamo esplicito al preambolo del r.d. 1935, provvedeva a revocare alla S.C.l.T.A. la concessione (27 aprile 1935) dell'esercizio dei giuochi �ammessi al Casin� Municipale di San Remo�, attribuendola all'E.T.A.L. (delibera della Consulta n. 55 del 9-8-1937 e successiva deliberazione n. 257 del 10-8-1937 del Podest� di Tripoli). Ma v'� di pi�. Ad avvalorare la data interpretazione al r.d. 31-5-1935 contenente, ad avviso del decidente, deroga al precetto penale, soccorrono i successivi provvedimenti legislativi riguardanti l'E.T.A.L. Con legge 18 maggio 1942, n. 669, fu statuito (art. 17) � ...gli enti istituiti per l'esercizio di attivit� economiche nell'Africa Orientale Italiana ed usufruenti di concorso dello Stato o comunque sottoposti alla sua vigilanza possono, previo consenso del Ministro per l'Africa Italiana, di intensa con i Ministri per le Finanze e le Corporazioni, estendere tali attivit� anche fuori del predetto territorio, osservate le disposizioni vigenti in materia �. Fu statuito altres� (art. 34): � Il Governo del Re � autorizzato, ai sensi dell'art. 3 n. 1 della legge 31-1-1926, n. 100, a disporre che, in caso di necessit�, le norme contenute nella presente legge siano applicate, integralmente o parzialmente, con eventuali adattamenti, anche alle attivit� economiche esercitate in altro territorio soggetto alla sovranit� dello Stato da enti, societ� e privati �. Puntualmente, essendo intanto precipitate le sorti della guerra, il Governo del Re, in forza del citato art. 34 della citata legge 18 maggio 1942, n. 669, ed in forza dell'art. 3 n. 1 della legge 31-1-1926, n. 100, con r.d. 22-4-1943, n. 560, estendeva alle attivit� economiche esercitate in Libia le norme con PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE tenute nella citata legge 18 maggio 1942. E poich� quest'ultima legge subordinava (art. 17 sopra riportato) il trasferimento delle attivit� al previo consenso del Ministro per l'Africa Italiana di intesa con i Ministri per le Finanze e le Corporazioni, con d.m. 30-4-1947, a firma dei tre Ministri abilitati dalla legge 18-5-1942, veniva decretata (art. unico) l'autorizzazione all'E.T.A.L. di esercitare in Italia gestioni alberghiere e le altre attivit� economiche previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935, istitutivo dell'Ente. Vero � che nel citato decreto interministeriale del 1947 non v'� espressa autorizzazione all'E.T.A.L. per l'esercizio anche del giuaco d'azzardo e che v'�, soltanto, un generico richiamo alle attivit� previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935; ma � anche vero, e ci� sembra al decidente risolutivo, che la portata dell'art. 1 e, particolarmente, la deroga al divieto penale � sancita, con interpretazione autentica, dallo stesso firmatario del decreto interministeriale 30 aprile 1947 il Ministro per l'Africa Italiana. Quando, infatti, l'E.T .A.L. a conclusione di varie vicende giudiziarie con la S.C.I.T.A. e, per essa, con il Guarnaschelli, addivenne all'atto transattivo del 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, mediante il quale l'E.T.A.L. cedette al Guarnaschelli la gestione del giuoco d'azzardo, il Ministro dell'Africa Italiana, cui fu sottoposto l'atto di transazione, con nota n. 420210 del 3-2-1950, diretta all'E.T.A.L. ed avente come oggetto �transazione E.T.AL. -Cav. Domenico Guarnaschelli �, cos� testualmente si espresse: �Questo Ministero ha preso visione di quanto la S.V. ha comunicato con il foglio del 5-1 e relativi allegati e si compiace che siano stati rimossi quegli ostacoli che avrebbero impedito la urgente realizzazione del complesso di attivit� turistiche che codesto ente � stato chiamato a svolgere in Sicilia�. . Affermata, per le premesse, la legittimazione, per atto legislativo dello Stato, dell'E.T.A.L. a gestire, anche in Italia, una casa da giuoco, non pu� non concludersi che pari ed identica legittimazione competa al Guarnaschelli, quale cessionario ed avente causa dall'E.T.A.L. (situazione analoga riscontrasi per i gestori delle case da giuoco nei Comuni autorizzati). In proposito, vale la pena riportare quanto ha statuito la Corte d'Appello di Firenze sez. I penale con sentenza 14-12-1962 pronunciata nella causa penale per il casin� di S. Vincent: �la finalit� pubblica perseguita attraverso l'apertura dei casin� nei Comuni autorizzati, consistendo nel procurare benefici finanziari ad enti pubblici mediante prelevamento di ricchezza privata sul denaro dissipato nel giuoco, imprime, secondo l'opinione concorde della giurisprudenza e della dottrina, carattere di concessione ammini - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativa all'atto con il quale il Comune, che � il titolare della attivit� che forma oggetto della concessione, provvede� ad attribuire al privato l'esercizio. Da ci� consegue che il privato diventa concessionario di un pubblico servizio e che come tale, nell'esercizio dei diritti e nell'adempimento degli obbighi impostigli col capitolato di concessione, rimane dispensato, alla stessa maniera del concedente, dall'osservanza della legge penale�). E' pur vero che, con d.m. 3-3-1951 in G.U. n. 82,� del 10-41951, l'autorizzazione concessa all'E.T .A.L. con il decreto interministeriale 30-4-1947 cess� di avere effetto a decorrere dalla data del decreto; ma � anche vero che ci� ovviamente significa che non solo � stata esclusa ogni efficacia retroattiva del provvedimento, ma � stata ritenuta la piena validit� e regolarit� dell'attivit� precedentemente svolta dall'E.T.A.L. e sia per quanto riguarda la titolarit� dei diritti che l'E.T.A.L. pu� avere acquistato sia per quanto, infine, riguarda gli atti di disposizione di tali diritti che l'E.T.A.L. abbia posto in essere a favore di terzi. Compiutezza di indagine impone al decidente un accenno sul decreto della Regione Siciliana -Assessorato al Turismo -del n. 27-4-1949 n. 1. La Corte Costituzionale nella sentenza n. 58 del 26-11-1959, pronunciando su due ricorsi riumti, proposti rispettivamente dalla Regione Siciliana e dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed entrambi accogliendoli, nella motivazione dela sentenza rileva che il detto decreto � � rimasto privo di efficacia non essendo stato registrato alla Corte dei Conti�. Il r�lievo dell'Alta Corte, a parte la considerazione che non ha valore obbligatorio in quanto non adottato incidenter tantum perch� su di esso non � fondata alcuna parte del dispositivo, non incide sulla questione che ne occupa per il semplice fatto che il decreto assessoriale del 1949, per il suo contenuto (n� poteva essere diversamente, dato che le deroghe in materia penale sono di esclusiva competenza del potere legislativo dello Stato), ha mera funzione regolamentare, attiene, cio�, al concreto modo di esercizio del diritto dell'E.T.A.L. e del suo cessionario e ne disciplina le modalit�. La citata sentenza n. 58 nonch� quella n. SO del 28-7-1959, infine, non contengono statuizioni, neppure incidenter tantum, in contrasto con le conclusioni cui il decidente � pervenuto, che anzi, nella sentenza n. 58, l'Alta Corte, pur non ammettendola, non esclude tuttavia la titolarit� dell'E.T.A.L. del diritto all'esercizio del giuoco d'azzardo. Per tutto quanto precede, trovandosi in presenza di una leg -� w 1::� . . . 1 .. IjJ . PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE ge extrapenale permissiva (il R.D. 31-5-1935), il fatto ascritto al Guarnaschelli, pur sembrando in contraddizione al precetto penale sanzionato agli artt. 718 e segg. c.p. risulta giustificato ai sensi dell'art. 51 stesso codice. P. Q. M. letti gli artt. 152, 421, 479, c.p.p. Assolve Guarnaschelli Domenico dal reato contestatogli trattandosi di persona non punibile perch� il fatto non costituisce reato. (Omissis). - -�~ .�: :: pARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, sesta edizione rielaborata e aggiornata, Roma, 1964, pagg. XXVIII, 486. � L'opera, che gi� al suo primo apparire tanti consensi riscosse, � destinata ad avere anche in questa sesta edizione larga diffusione tra gli studiosi e gli operatori del diritto. Trattandosi di una riedizione, sia pur rielaborata e aggiornata, sembra opportuno rimandare, anzitutto, il lettore alle tante recensioni apparse in occasione della prima edizione e delle successive_ (v., per tutti, tra gli altri, CARNELUTTI in Riv. dir. proc.; 1943, 275; con particolare ampiezza, MONTESSORI in Riv. dir. comm., 1944, I, 245; BIGIAVI in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947, 446 e ASQUINI in Riv. dir. comm., 1948, I, 315), recensioni le quali hanno posto variamente in luce gli indiscutibili pregi dell'opera, e limitarci qui, poi, ad alcuni cenni per quanto attiene alla rielaborazione e all'aggiornamento; non senza prima aggiungere, per personale esperienza, che sebbene impostata con rigore scientifico, di cui il nome medesimo dell'autore � indiscutibile garanzia, l'opera � di grande ausilio pratico : quante volte si � presentata una questione in� teressante in materia, seppur marginale, sempre, magari sinteticamente o perfino attraverso un semplice accenno in una nota, si � trovata la soluzione o almeno la via per una soluzione confortevole in quest'opera, pi� che, talvolta, in altre di maggior o di molto maggior mole, le quali abbondano sul diritto fallimentare e spesso son, peraltro, il frutto di una lunga attivit� giudiziaria. L'accenno fatto alle note render� ancor pi� evidente l'utilit� di questa nuova edizione che nelle note principalmente si differenzia dalla precedente non solo per quanto riguarda gli accuratissimi e appropriati aggiornamenti giurisprudenziali, dottrinari e legislativi, ma anche per quanto riguarda osservazioni sempre acute, aggiunte qua e l�, magari con note bis. Ci�, peraltro, non significa che pure il testo non sia stato rielaborato, beninteso nei limiti in cui l'opera attraverso le successive edizioni si va sempre pi� avvicinando alla perfezione nel suo genere. Per soffermarci su qualche aspetto saliente converr� ricordare il problema del rapporto tra fallito e fallimento inquadrato nell'ampio concetto di � sostituzione �, reso meno propriamente ma pi� efficacemente pure con riferimento all'art. 110 c.p.c. mediante l'espressione � successione �, che come � noto pu� essere mortis causa ed inter vivos ma in questa ultima ipotesi, per avere carattere universale come nel fallimento (a differenza del pignoramento, differenza della quale si deve tener conto anche agli effetti dell'applicazione e dell'estensione delle norme relative alla espropriazione forzata in generale), -non deve dipendere dalla volont� del soggetto (pagg. 131-132, 150 e 294); converr� altres� accennare al problema dei rimedi dati contro il decreto del giudice delegato che stabilisce e rende esecutivo il piano di riparto: contestazioni in sede di giudizio per il rendiconto del curatore previsto nell'art. 116 l.f.? reclamo generale stabilito dall'art. 26 l.f.? e ricorso per cassazione contro il conseguente provvedi 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I W: mento del Tribunale (Cass. 17 gennaio 1962, Riv. dir. comm. 1963, II, 256 con nota del Satta e da ultimo Cass. 30 maggio 1963, n. 1461)? o tutela meno limitata, come, trattandosi di veri e propri diritti soggettivi, sarebbe pi� giusto, attraverso l'applicazione estensiva dell'art. 98 l.f. ovvero attraverso le norme generali del codice di procedura civile per la risoluzione delle controversie in sede di distribuzione del ricavato, tesi per le quali propende motivatamente l'A. (pagg. 301-302)?; converr�, infine, menzionare la questione dell'opposizione di terzo contro la sentenza di omologazione del concordato, questione in rapporto alla quale l'A. modifica l'opinione espressa nelle precedenti edizioni (pagg. 344-345), la questione della riapertura del fallimento della societ�, cui l'A. d� corivincente soluzione positiva (pag. 384), ed, ancora, i problemi derivanti dall'applicazione degli artt. 167 e 173 l.f., ex art. 188 U., con riferimento alla sorte degli atti compiuti contra legem dal debitore, ammesso alla procedura dell'amministrazione controllata, dopo la conclusione di questa nelle diverse ipotesi, in rapporto al che, pure, l'A. modifica le opinioni espresse nelle precedenti edi' zioni additando soluzioni in parte diverse (pagg. 432-433). . . Come si vede, adunque, nuove questioni, nuovi problemi, tutti di grande interesse, scientifico e soprattutto pratico, e per tutte tali questioni I e tali problemi soluzioni od orientamenti precisi e meditati. fJ BENEDETTO BACCARI g tIl RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit� del vettore, (Riv. dir. civ., 1964, I, pagg. 56-76). In questo scritto l'A. dedica un solo breve paragrafo (il paragrafo n. 8) a � la responsabilit� nel trasporto ferroviario �. Poco, per vero, se si considera l'importanza, in genere, di questo tipo di trasporto, la peculiare regolamentazione che lo disciplina pure per quanto riguarda la responsabilit� ed i conseguenti problemi che si pongono in proposito; tanto pi� che, in realt�, la materia del trasporto ferroviario non risulta negli ultimi tempi oggetto di particolari opere (al volume dell'OTTOLENGHI, Lo Stato e il contratto di trasporto ferroviario, Torino, 1907, ed ai volumi del MARCHESINI, Il contratto di trasporto delle merci per ferrovia secondo la convenzione internazionale di Berna e la legislazione italiana, Milano, 1908-1909, fanno riscontro in epoche relativemente recenti il libro del CHIMENTI, I trasporti ferroviari, Milano, 1936, ed il libro del SANTONI, Il contratto per il trasporto delle cose sulle ferrovie dello Stato -commento alle vigenti condizioni, Roma, 1947, nel campo specifico; e poi trattazioni pi� o meno ampie nei testi dedicati al contratto di trasporto in generale -tra i quali ricordiamo: IANNUZZI, Del trasporto, Roma, 1961, nel Commentario del codice civile a cura di SCIALOJA e BRANCA, e STOLFI, Appalto-Trasporto, Milano, 1960, nel Trattato di diritto civile diretto da GROSSO e SANTORO PASSARELLI -, nei vari commentari al codice civile, nel Nuovo Digesto italiano e nelle enciclopedie minori, giacch� alle relative voci non sono ancora arrivati l'Enciclopedia del diritto e il Nuovissimo Digesto italiano, nonch� nei testi istituzionali e negli scritti, apparsi qua e l� su varie riviste). Comunque, soffermandoci, siccome di maggiore interesse ai fini di questa rassegna, sugli accenni che dell'argomento fa l'A. nello studio in esame deve rilevarsi la sommariet� di quanto vi si legge: Benvero, l'A. menziona le norme fondamentali speciali, nazionali (ma si noti che con PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA il D.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 � stata approvata la revisione organica delle Condizioni per i trasporti delle cose sulle Ferrovie dello Stato) ed internazionali � che concretano notevoli deviazioni dal sistema �, ricorda il � carattere essenzialmente reale � del � contratto di trasporto merci per ferrovia �, le cosiddette � presunzioni di fortuito � applicate � legislativamente in larga misura �, sottolineando l'attenuazione del rigore della responsabilit� ex recepto, con desumibile atteggiamento critico, laddove, peraltro, egli stesso ammette che la presunta irresponsabilit� si rapporta alla prova, sia pur � mera �, di una forte probabilit� statistica di dipedenza del fatto impeditivo dal fortuito. Atteggiamento critico che sembra riaffiorare di fronte alla limitazione della presunzione della responsabilit� del vettore ferroviario di persone ai danni per anormalit� di servizio, da specificarsi e dimostrarsi dal danneggiato, ed anch'essa eliminabile ove il vettore <limo� stri che l'anormale funzionamento del servizio � derivato da caso fortuito o forza maggiore. Il discorso potrebbe portare lontano, ma Io stesso A. non approfondisce adeguatamente il tema ed accenna solo alla deviazione dalla � tradizionale rigorosit�� (che potrebbe in tanti modi giustificarsi), ormai comunque sancita da norme giuridiche confortate dalla costante interpretazione giurisprudenziale, le une e l'altra ricordate dal medesimo autore. Si vuol solo rilevare, peraltro, che l'A. nell'esemplificare osserva come il danno resti accollato al viaggiatore, pur non conoscendosene la causale, se l'evento dannoso si sia verificato in costanza di un servizio normale, � in cui cio� le prestazioni della ferrovia in relazione agli obblighi protettivi ed esecutivi risultino conformi al regolamento, alla tecnica ed alle norme di comune prudenza �; ma se � tutta qui, come �, la deviazione dalla � tradizionale rigorosit� � non sembra sostanzialmente molto grave ed appare in ogni caso, pure de iure condendo, giusta nonch� opportuna. (B. B.) RASSEGNA DI LEGISLAZIONE PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* RASSEGNA DI LEGISLAZIONE PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* -Legge costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3, che modifica gli articoli 131 e 57 della Costituzione ed istituisce la regione �Molise� (G. V. n. 3 del 4 gennaio 1964) ; -D.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105, che modifica le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari (supplemento alla G. V. n. 27 dell'l0 feb braio 1964): la istituzione e la soppressione degli uffici, di cui agli artt. 1, 2, 3, e 6, nonch� le modificazioni, di cui agli artt. 4 e 5, avranno attuazione con il primo settembre 1964; l'art. 9 detta norme transitorie; l'art. 10 pre vede successivi provvedimenti per le modifiche alle piante organiche del personale. -D.L. 23 febbraio 1964, n. 25 (1) recante modificazioni al regime fiscale della benzina, degli idrocarburi aciclici saturi e naftenici, liquidi, e dei gas di petrolio liquefatti per autotrazione (G. U. n. 48 del 24 febbraio 1964); -D.L. 23 febbraio 1964, n. 26 (1) che istituisce un'imposta speciale su gli acquisti di automobili e di natanti (G. U. n. 48 del 24 febbraio 1964); -D.L. 23 febbraio 1964, n. 27 (1), con modificaczioni temporanee della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, concernente la istituzione di una ritenuta di acconto o di imposta sugli utili distribuiti dalle societ�, e modificazioni della disciplina della nominativit� (G. V. n. 48 del 24 febbraio 1964). (1) Presentato al Parlamento per la conversione. DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE * . PROPOSTA DI LEGGE, n. 712 (Camera dei Deputati): Modificazione alla legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269. La proposta di legge concerne la posizione per l'Amministrazione Finanziaria dello Stato del diritto di prelazione sui beni immobili oggetto di trasferimento tra privati, nei casi in cui il valore dichiarato a fini della imposta di registro, non superi i due terzi del valore reale. La relazione che accompagna la proposta precisa che l'introduzione del diritto di prelazione si prefigge �lo scopo di moralizzare, nel campo dei trasferimenti di beni, i rapporti fra cittadino e Stato, mettendo il primo nella necessit� di dichiarare un valore il pi� vicino possibile a quello reale ed il secondo in condizioni di procedere con cautela agli accertamenti di competenza�. * Si segnalano quelli ritenuti di maggiore interesse. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 7 L'esercizio di tale diritto �, nel testo oggetto della proposta, disciplinato con una procedura complessa, ripartita fra l'Ufficio del Registro e l'Intendenza di Finanza, da esperirsi in una successione di termini che non risultano collegati con le necessit� imposte dal giudizio di revisione dei valori, dettagliatamente regolato dalle norme in vigore, e con un giudizio di opposizione da parte degli interessati che, per non precisate ragioni, � sottratto alle norme del foro dello Stato, della rappresentanza e difesa in giudizio dell'Amministrazione dello Stato e della notifica degli atti giudiziari relativi. Due ordini di considerazioni, sul piano della legittimit� costituzionale, pongono in dubbio la compatibilit� del diritto di prelazione oggetto della proposta di legge con i principi posti dagli artt. 81 e 41 della Carta Costituzionale. L'esercizio del diritto di prelazione importa nuove e maggiori spese per lo Stato, per le quali mancano, in bilancio, i mezzi per farvi fronte, n� la proposta di legge si � posto tale problema. L'evidente carattere sanzionatorio, inoltre, che informa il diritto predetto, esclude che, in relazione alla libert� dell'iniziativa economica privata, possa il diritto stesso rientrare nelle limitazioni previste dal II comma dell'art. 41 della Carta Costituzionale. Lo .scopo della proposta di legge � del massimo rilievo: esso, per�, si inquadra nel problema della revisione, nel piano generale della riforma tributaria, del sistema di accertamento che, opportunamente disciplinato, potr� assicurarne il pieno raggiungimento. DISEGNO DI LEGGE, n. 735 (Presentato alla Camera dei Deputati): Nuova disciplina del cumulo di stipendi e pensioni a carico dello Stato. Prevede l'abrogazione delle norme contenute negli articoli 1 e 2 clella legge 11 aprile 1938, n. 420, nell'articolo 14 della legge 12 aprile 1949 n. 149, nell'articolo 4, comma primo, della legge 12 -ottobre 1949, n. 771 e nell'articolo 14, comma secondo, della legge 8 aprile 1952, n. 212, tutte concernenti il divieto o la limitazione del cumulo dei trattamenti di quiescenza con quelli spettanti per nuova attivit� di servizio presso Pubbliche Amministrazioni; specificamente, poi, per i titolari di pensioni o assegni a carico dello Stato, del Fondo pensioni per il personale delle Ferrovie dello Stato, dell'Amministrazione delle 'Ferrovie dello Stato o del Fondo di previdenza per gli assuntori ferroviari, che siano riassunti in servizio presso Amministrazioni statali, prevede la liquidazione di un nuovo trattamento pensionistico, determinato in base alla durata dell'ultimo impiego, salva la facolta degli interessati �di optare per la ricongiunzione dei servizi, al fine di ottenere la liquidazione, all'atto della definitiva cessazione, di un nuovo trattamento in base alla totalit� dei servizi stessi, ma con le norme relative all'ultimo impiego: restando esclusa, in tal caso di opzione, e per tutta la durata del nuovo impiego, la corresponsione degli assegni di quiescenza gi� in godimento; prevede, infine, la estensione delle indicate nuove norme, con gli adattamenti del caso, al personale militare richiamato o trattenuto in servizio. Il disegno di legge, pur se nulla � detto nella relazione che lo accompagna, prende le mosse dalla sentenza del 22 giugno 1963, n. 105, con la quale la Corte Costituzionale, giudicando della questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni limitatrici, di cui all'art. 14 della legge 12 aprile 19.49, n. 149, modificato dall'art. 14 della legge 8 aprile - �' 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 11 1952, n, 212 questione rimessa dal Consiglio di Stato, con due ordi nanze del 3 aprile e del 19 ott0bre 1962 (ricorsi Arcamone e Calandruc . cio) -e pur dichiarandola non fondata, in riferimento agli artt. 4, 35, 36 e . 37 della Costituzione, si sofferm� a considerare alcune rilevate incongruen. 1. ze della vigente disciplina, particolarmente in ordine alla sperequazione, per altro ritenuta non in contrasto con i precetti costituzionali, derivante dalla indiscriminata limitazione, in misura fissa, della quota di pensione cumulabile, senza riguardo all'importo in godimento di ciascun inte ressato. Il disegno in esame, per�, va molto al di l� degli impliciti suggerimen ti contenuti nell'indicato rilievo, proponendo la completa eliminazione di ogni divieto, e ci�, come emerge dalla relazione ministeriale, per la considerazione del profilo economico del problema ( � La pensione � si legge nella relazione -� costituisce una proiezione economica dello stipendio � ), e senza riferimento, quindi, alla funzione previdenziale dei trattamenti di quiescenza, in vista della quale la Corte Costituzionale aveva ritenuto le vigenti limitazioni non contrastanti con il precetto dell'art. 36 della Costituzione .. Tale nuovo orientamento, d'altra parte, dovrebbe avere i suoi rifles si anche nelle an�loghe situazioni, e specificamente in rapporto al cu mulo degli stipendi, ed imporrebbe, quindi, una pi� organica disciplina dell'intera materia (nel disegno, ad esempio, non si fa parola deUe di sposizioni, pur esse limitatrici, di cui all'art. 16 del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 19 ed all'art. 21 della legge 18 marzo 1958, n. 311, alle quali, invece, anche la Corte Costituzionale, nel ricordato incontro, ha fatto riferimento); ed � auspicabile, quindi, che nell'ulteriore elaborazione del provvedimento -(che, deferito alla VI Commissione della Camera, in sede legislativa, insieme con la proposta n. 202, di iniziativa parlamentare, avente lo stesso oggetto, � stato; poi, rimesso all'Assemblea, su richiesta del Governo) -venga convenientemente approfondito l'esame delle varie altre situazioni, che possono ritenersi quanto meno collegate, in modo che ne risulti pi� completa la definitiva regolamentazione della materia, altres� evitandosi ogni possibile diversit� di trattamento. PROPOSTA DI LEGGE, n. 847 (Cam�ra dei Deputati): Modifiche al codice di procedura civile in materia di controversie di lavoro. Allo scopo di accelerare la definizione delle controversie di lavoro, spesso appes;;.itite dalla necessit� di lunghe indagini istruttorie, e di assicurare al lavoratore, anche in corso di causa, un pronto, sia pur parziale, soddisfacimento delle sue ragioni, si prevede, tra l'altro, con la proposta in. esame: che � il tentativo di conciliazione pu� essere rinnovato in qualsiasi stato e grado del processo, fino alla precisazione delle conclusioni � (art. 438 bis); che �il giudice ordina la comparizione delle parti sin dalla prima udienza per interrogarle a norma dell'art. 117... � (modifica all'art. 439); che, infine, � In ogni stato e grado del giudizio, quando � sommariamente accertata la sussistenza di un diritto, ma � ancora controversa la quantit� della prestazione dovuta, il giudice, su istanza di parte, ordina al debitore il pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantit� di cui ritiene gi� raggiunta la prova�, e ci� con� ordinanza non impu. gnabile �, costituente �titolo esecutivo� (art. 440, nuovo testo proposto). In ordin.e alle prime due modifiche, ed a parte i rilievi sulla formulazione adoperata (evidentemente il tentativo di conciliazione potrebbe PARTE II, RASSEGNA Df LEGISLAZIONE essere effettuato soltanto nelle fasi di merito, e sarebbe quindi tecnicamente pi� corretto evitare il riferimento alla sua esperibilit� in �qualsiasi stato e grado del processo�), � da rilevare che esse appaiono pi� formali che sostanziali, considerato che la materia pu� ritenersi gi� regolata dagli articoli 185, 350 terzo comma, e 440 prima parte, del vigente codice di rito. Circa il provvedimento di condanna al pagamento di una provvisionale, invece, -(ed a parte, anche qui, il rilievo dell'imprecisa ipotizzata possibilit� che esso sia reso in � qualsiasi stato e grado del giudizio �) -, non possono non esprimersi le pi� serie riserve, sotto l'alternativo profilo: a) che siasi voluto introdurre una sorta di procedimento sommario (la prevista � ordinanza � potrebbe piuttosto qualificarsi, invero, decreto di ingiunzione, ed a questo assimilarsi), nel qual caso, e senza dire dell'anomalia di un tal procedimento inserito in un processo a cognizione ordinaria, andrebbe considerato che gli elementi -prove orali, di solito -in base ai quali dovrebbe svolgersi la sommaria delibazione del giudice, difficilmente potrebbero ritenersi tali da costituire idoneo presupposto di un provvedimento a carattere monitorio, che ha per caratteristica la � presumibile speciale capacit� di resistenza alla impugnazione � (cos�, sia pure ad altro fine, Corte Cost., sent. 3 maggio 1963, n. 56); b) che siasi voluto, invece, prescindere da ogni riferimento ai principi in materia di procedimenti a cognizione sommaria, ed introdurre, nella particolare materia, una disciplina affatto nuova: nel qual caso, ugualmente rilevandmd il difetto dei presupposti per una pronuncia frutto di una cognizione meramente delibatoria, dovrebbe alla prevista �ordinanza�, che avrebbe comtmque un contenuto decisorio, sia pur parziale, in ordine al merito della pretesa fatta valere in giudizio, riconoscersi la natura di sentenza, con le conseguenze che questa �conclusione comporta, non esclusa quella della impugnabilit� del provvedimento ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. E va rilevato, per altro, che l'intento pratico, senza dubbio lodevole, perseguito con la proposta in esame, potrebbe forse pi� opportunamente conseguirsi con la estensione, nella soggetta materia, dei casi nei quali � consentita una pronuncia di condanna al pagamento di provvisionali, (articolo 278 c.p.c.; ed articolo 282 cpv., per l'esecuzione provvisoria), prevedendosi che possa, su istanza di parte, anche se non sia chiusa l'istruzione della causa in ordine all'entit� delle controverse prestazioni, rimettersi la causa al collegio, per una decisione nei limiti del �quantum�; che sia da ritenere gi� accertato, cos� evitandosi di far ricorso ad innovazioni, che mal sembrano inquadrabili nel nostro ordinamento giuridico, e rispetto alle quali, del resto, e specificamente in ordine ai poteri che verrebbero attribuiti al giudice, perplessit� sono state manifestate, ne va dato atto, gi� in sede di esame della proposta da parte della IV Commissione (Giustizia) della Camera dei Deputati. PROPOSTA DI LEGGE, n. 939 (Camera dei Deputati): Ferie per gli avvocati e procuratori. Nell'intento di assicurare agli avvocati e procuratori un periodo di riposo annuale, non turbato dalla preoccupazione di adempimenti del loro ministerio da compiersi entro inderogabili termini, si prevedeva, con la proposta in esame, la sospensione dei termini stessi, indistintamente, dal 1 al 31 agosto di ogni anno. In sede di esame della propo 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sta, dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera, lo stesso proponente ha presentato un nuovo testo, col quale si prevede che tutti i termini processuali, scadenti tra il 1. agosto ed il 15 settembre di ogni anno, sono di diritto sospesi fino a questa ultima data, salve particolari disposizioni per la materia penale e per i giudizi dinanzi al Conciliatore. Va rilevato, per�, e si auspica che se ne tenga conto nella definitiva elaborazione del provvedimento, che una sospensione non sembra ipozzabile in rapporto a termini che siano collegati ad ulteriori attivit�, non di iniziativa della parte in cui favore la norma sarebbe destinata ad operare (si pensi, ad esempio, al termine per le opposizioni di cui al primo comma dell'art. 617 c.p.c., durante la sospensione del quale non sarebbe negato al creditore di procedere al pignoramento ed agli eventuali ulteriori atti); e per tale considerazione, che pu� essere riferit~ a .svariati aspetti del processo esecutivo, va sottolineata la opportunit�, quanto meno, di escludere, dalla nuova normativa, quanto attiene alla materia dell'esecuzione. PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' DISPOSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA L'ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE. CODICE PENALE: Art. 573 (sottrazione consensuale di minorenni). CODICE PENALE: Art. 574 (sottrazione di persone incapaci). Di tali norme, per ciascuna �in quanto limita il diritto di querela al genitore esercente la patria potest��, � dichiarata la illegittimit� costituzionale, in riferimento al secondo comma dell'art. 29 della Costituzione (Corte Cost., sent. n. 9 del 22 febbraio 1964, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, ediz. spec.). R. o. 26 GIUGNO 1924, N. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato): Art. 34, secondo e terzo comma. Di tali disposizioni � dichiarata l'illegittimit� costituzionale �in quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura ai controinteressati la possibilit� della tutela giurisdizionale� (Corte Cost., sent. n. 1 del 1� febbraio 1964, G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ediz. spec.). o. P. 30 MAGGIO 1955, N. 797 (Testo unico delle leggi sugli assegni familiari): Art. 58, comma quarto (che stabiliva la decorrenza dei termini -per il ricorso amministrativo o per l'azione giudiziaria, avverso le decisioni del Comitato speciale in materia di contributi ed assegni -dalla data di consegna all'ufficio postale della relativa lettera di comunicazione) � dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte Cost., sent. n. 2, del 1. febbraio 1964, G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ed. spec.). I Iim I i'' . =:.'::,:: . ~ fi ~ ~tlft#dLl&~,ll�&Bl&r'8B7~~ - PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 11 DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DI CHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE. D.P.R. 14 DICEMBRE 1961, N. 1315: Art.' 8, secondo comma, disponente la proroga al 31 dicembre 1962 dei contratti, scadenti prima di tale data ed in corso al 1� luglio 1961, relativi all'appalto o alla gestione per conto del servizio di riscossione delle imposte di consumo. (Corte Cost., sent. 10 febbraio 1964, n. 6, G.U. 22 febbraio 1%4, n. 47 ediz. spec.). LEGGE 23 GENNAIO 1963, N. 2: Art. 6. D.P.R. 24 GENNAIO 1963, N. 5 : Art. 6. (Amnistia e indulto per i reati finanziari: condizione del pagamento del diritto o del tributo evaso entro il prefisso termine). La questione, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata con la sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 24 gennaio 1%4 (G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ediz. spec.). LEGGE 4 FEBBRAIO 1963 N. 129; Artt. l, 2, 3, 4 e 5 (Norme per il piano regolatore generale degli acque.dotti e delega al Governo ad emanare le relative norme di attuazione). La questione, sollevata dalla Regione sarda in riferimento agli articoli 3, 4, 6 e 14 dello Statuto speciale per la Sardegna, � stata dichiarata non fondata con la sentenza della Corte Costituzionale n. 4 del 24 gennaio 1964 (G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ediz. spec.). DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTlTUZlONALE. CODICE DI PROCEDURA CIVILE: Art. 668 terzo comma, nella parte in cui � previsto il deposito per l'opposizione a licenza o sfratto dopo la convalida. Il Pretore di Pisticci ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, per assunto contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione (Ordinanza 23 novembre 1963, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, . ediz. spec.). Va ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 83 dell'8 giugno 1963, gi� dichiar� non fondata la questione, che, sotto il medesimo profilo, era stata sollevata dallo stesso Pretore di Pisticci con precedente ordinanza. CODICE PENALE: Art. 684. CODICE DI PROCED�RA PENALE: Art. 164 n. 3. (Pubblicazione di atti di procedimenti penali, nei quali il dibattimento � tenuto a porte chiuse). Questione dal Tribunale di Palermo ritenuta non manifestamente infondata, in rapporto all'art. 21 della Costituzione. (Ordinanza 30 novembre 1963, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, ediz. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE: Art. 128, secondo comma; Art. 131, secondo comma: (Obbligo per gli avvocati e procuratori di assu.mere la difesa di imputati, quando sono nominati di ufficio, e relative sanzioni). �Dalla Sezione Istruttoria della Corte di Appello di Caltanissetta la questione � stata ritenuta non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 24, terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione (Ordinanza 18 dicembre 1963, G.U. 22 febbraio 964, n.. 47, ediz. spec.). 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :~ T. U. 4 FEBBRAIO 1915 N. 148: Artt. 8 e 158. T.U. 3 MARZO 1934 N. 383: Art.� 22. D.P.R. 5 APRILE 1951 N. 203: Art. 10. (Autorizzazione del Presidente della Repubblica per i procedimenti a carico dei Sindaci per fatti commessi nell'esercizio delle loro funzioni). La questione � stata ritenuta non manifestamente infondata dai Pretori di San Cipriano Picentino e di Moncalieri; dal primo, per i soli articoli 8 e 158 del T.U. del 1915, per dedotto contrasto con gli articoli 3 e 28 della Costituzione; dal secondo, anche per le altre indicate norme, in riferimento al solo art. 28 della 'Costituzione. (Ordinanze del 18 dicembre 1963 e del 14 gennaio 1964, entrambe in Q.U. 29 febbraio 1964 n. 54, ediz. spec.). ltD. 15 OTTOBRE 1925, N. 2033: Art. 44. (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari). E' stata dal Pretore di Palermo ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44, nella parte in cui � previsto l'obbligo di un preventivo deposito di somme per la richiesta di revisione di analisi, per assunto contrasto con gli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione (Ordinanza 29 novembre 1963, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, ediz. spec.). LEGGE 27 MARZO 1952 N. 349 (Ratifica del D.L. 26 marza 1948, n. 261 sull'assetto delle finanze delle Province .e dei Comuni). La G.P.A. (tributi locali) di Roma, nel rilievo della mancanza di elementi circa la tempestivit� della presentazione al Parlamento del D.L. n. 261, ai sensi dell'art. 6 del D.L. 16 marzo 1946, n. 98, e rilevando, per tale ragione, a quanto sembra evincersi dalla motivazione dell'ordinanza di rimessione, un eventuale contrasto della legge 349 con lo stesso D.L. n. 98, ha promosso il giudizio di legittimit� costituzionale (Ordinanza 6 novembre 1963, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, ediz. spec.). LEGGE 6 AGOSTO 1954 N. 604: Art. 7, penultimo comma (Modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favare della piccola propriet� contadina). La Corte di Appello di Trento ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale della disposizione, di cui al penultimo comma dell'art. 7 della legge indicata -accertamento, da parte dell'Ispettorato agrario, della ricorrenza delle circostanze che determinano decadenza da agevolazioni tributarie nella soggetta materia -per ipotizzato contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione (Ordinanza del 29 ottobre 1963, G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ediz. spec.). LEGGE 22 OTTOBRE 1954 N. 1041: Artt. 1, 3, 6, 18 e 25. (Disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego degli stupefacenti). Nel rilievo che la compilazione dell'elenco delle sostanze stupefacenti � rimessa all'autorit� amministrativa (Alto Commissario -ed ora Ministro -per l'Igiene e la Sanit�), e che, pertanto, il completamento della fattispecie normativa, per i reati previsti dalle indicate disposizioni, avverrebbe ad opera dell'autorit� medesima, � stata ritenuta non manifestamente infondata la sollevata questipne di legittimit� i 1 ~ 13 PARTE II, RASSEGNA DI L~GISLAZIONE costituzionale, in riferimento alla riserva di legge in materia penale, di cui all'art. 25 della Costituzione. La questione � stata rimessa alla Corte Costituzionale con le ordinanze del 30 ottobre 1963 del Tribunale di Milano, del 14 e del 16 novembre 1963 del Giudice istruttore del Tribunale di Venezia, e del 5 dicembre 1963 del Giudice istruttore del Tribunale di Massa: tutte pubblicate nella G.U. del 25 gennaio 1964, n. 21, edizione spec.. LEGGE 27 DICEMBRE 1956 N. 1423: Art. 2 (Sulle misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�). Il Pretore di Enna ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2 della legge indicata, in riferimento all'art. 16 della Costituzione (Ordinanza 20 novembre 1963, G.U. 25 gennaio 1964, n. 21, ediz. spec.). Della legge in esame si � gi� altre volte occupata la Corte Costituzionale, la quale, tra l'altro, dopo aver ritenuto infondata la questione sollevata, per l'art. 2, in riferimento all'art. 13 della Costituzione, sotto il profilo della competenza dell'organo che ha il potere di disporre il rimpatrio obbligatorio (sent. n. 45 del 30 giugno 1960), ha dichiarato non fondata anche la questione, che oggi appare riproposta dal :Pretore di Enna, dell'eventuale contrasto della norma con il precetto di cui all'art. 16 della Costituzione stessa (sent. 28 dicembre 1962, n. 126). D.P.R. 26 APRILE 1957. N. 818: Art. 1 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge .4 aprile 1952, n. 218 sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti). La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1, che prevede l'assicurazione obbligatoria anche per coloro che continuano o iniziano l'attivit� lavorativa dopo il compimento del 60� anno di et�, se uomini, o del 55�, se donne, � stata dal Tribunale di Cuneo rimessa all'esame della Corte Costituzionale, per ritenuta violazione degli articoli 70, 76 e 77 della Costituzione, in rapporto ai limiti fissati nella delega data in materia al Governo con l'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, (Ordinanza 21 novembre 1963, G.U. 22 febbraio 1964, n. 47, ediz. spec.). T.u. 29 GENNAIO 1958 N. 645: Art. 250 (Testo unico delle leggi sulle imposte� dirette). L'art. 250, che fa obbligo ai creditori, ai fini della tutela giudiziaria delle loro ragioni, in ordine a crediti produttivi di redditi di ricchezza mobile di categoria A, di dare la prova dell'avvenuta denuncia dei crediti stessi all'Amministrazione delle Finanze, � parso al Pretore di Sampierdarena in contrasto con gli articoli 24, comma primo, 101, comma secondo, e 104, comma primo, della Costituzione. L'ordinanza di rimessione della questione alla Corte Costituzionale, in data 26 ottobre 1963, � pubblicata nella G.U. dell'8 febbraio 1964, n. 34 ediz. spec. D.P. 15 GIUGNO 1959 N. 393: Art. 3 primo comma (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale). La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, primo comma, che attribuisce ai Prefetti il potere di vietare temporaneamente la circolazione dei veicoli, di tutte le categorie o di alcune di esse, in 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinati casi, � stata dal Pretore di Nard� ritenuta non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 16, 24 e 25 secondo comma della Costituzione (Ordinanza 21 dicembre 1963, G.U. 22 feb braio 1964, n. 47, ediz. spec.). T.U. 16 MAGGIO 1960 N. 570: Art. 22 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali).' '. La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 22 (scelta del segretario del seggio elettorale), per ritenuto contrasto con l'art. 48 della Costituzione, � stata rimessa all'esame della Corte Costituzionale dal Consiglio Comunale di Francavilla Angitola. (Ordinanza 4 gennaio 1964, G.U. 22 febbraio 1964, n. 47, ediz. spec.). LEGGE 16 SETTEMBRE 1960 n. 1014: Art. 27 (Norme per contribuire alla sistemazione dei bilanci com�nali e provinciali e modificazioni di talune disposizioni in materia di tributi locali). Il Pretore di Barcellona Pozzo di Gotto ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 27 -(autorizzazione ai Comuni ed alle Province, in determinati casi e limiti, ad_ applicare le imposte e sovrimposte con eccedenze oltre i limiti II�per le stesse fissate dalla legge) -, in quanto detta disposizione sarebbe in violazione del precetto -art. 23 della Costituzione -della riserva della legge in materia tributaria. (Ordinanza 29 novembre 1963, f:1=::1 G.U. 25 gennaio 1964, n. 21, ediz. spec.). :i LEGGE 2 GIUGNO 1961 N. 454: Art. 28, comma ottavo. (Piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura). E' stata dal Conciliatore di Pantelleria ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 28, comma ottavo -col quale � disposta la riduzione a met� degli onorari notarili per gli atti riguardanti la formazione e l'arrotondamento della piccola propriet� contadina -per assunto contrasto con gli articoli 3, 35 II comma primo e 36 comma primo della Costituzione (Ordinanza 5 no .. vembre 1963, G.U. 8 febbraio 1'964, n. 34 ediz. spec.). LEGGE 27 GENNAIO 1963 N. 19: Art. 4, terzo comma (Sulla tutela del ru' l'avviamento commerciale). . j La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4, terzo comma, (facolt� al conduttore di chiedere la proroga biennale del contratto, , .' invece che il compenso di cui al primo comma dell'articolo stesso) � stata ritenuta non manifestamente infondata, dal Pretore di San Don� di ' ' Piave, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione (Ordinanza , l 31 luglio 1963, G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ediz. spec.). ~; ~~ i I i I CONSULTAZIONI AERONAUTICA E AEROMOBILI Polizia Aeroportuale Se l'esercizio dei poteri di polizia aeroportuale; affidati al Direttore dell'Aeroporto, sia sindacabile dall'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. (n. 13). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Archivi di Stato 1) Se per effetto del trasferimento a carico dello Stato dell'onere delle spese per la fornitura dei locali e per ogni inerente servizio riguardante gli Archivi di Stato in forza della legge 16 settembre 1960, n. 1014, lo Stato sia tenuto a rimborsare alle Provincie le spese per gli arredamenti esistenti negli Archivi di Stato al momento dell'entrata in vigore della predetta legge o quanto meno a corrispondere un canone di affitto. (n. 227). � Commissariato Generale Anticoccidico 2) Se il Commissariato Generale Anticoccidico sia da considerarsi agli effetti della rappresentanza e difesa in giudizio come organo dello Stato. (n. 278). APPALTO Contratti di appalto � Supplente 1) Se, ai sensi dell'art. 4 del Capitolato di Appalto per le 00.PP., i crediti maturati in dipendenza di contratti di fornitura ed oggetto di cessione riconosciuta dalla Amministrazione appaltante, siano di spettanza del supplente, subentrato con il consenso dell'Amministrazione. (n. 269). Prestazioni extra-contrattuali 2) Se nel contratto di fornitura jpubblica, le prestazioni superiori a 1/5 eseguite dal fornitore senza valersi del diritto alla risoluzione del contratto, previsto dall'art. 11 della legge sulla contabilit� gene� raie dello Stato, possano essere considerate prestazioni extracontrattuali (n. 270). Stipulazione contratto 3) Quale sia l'interpretazione dell'art. 4 del Nuovo Capitolato di Appalto per le 00.PP. approvato con D.P. 16 luglio 1962, n. 1063, ai fini dello scioglimento dell'aggiudicatario dagli obblighi derivanti dalla aggiudicazione (n. 271). - 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO AVVOCATI E PROCURATORI Commissariato Generale Anticoccidico Se il Commissariato Generale Anticoccidico sia da considerarsi agli effetti della rappresentanza e difesa in giudizio come organo dello Stato (n. 58). COMPROMESSO ED ARBITRI Arbitrato Obbligatorio Se l'arbitrato obbligatorio previsto dagli artt. 16 R.D. 16 giugno 1938, n. 1275 e 60 R.D. 17 agosto 1935, n. 1765 dia luogo ad una giurisdizione speciale (n. 17). COMUNI E PROVINCIE Archivi di Stato 1) Se per effetto del trasferimento a carico dello Stato dell'onere delle spese per la fornitura dei locali e per ogni inerente servizio riguardante gli Archivi di Stato in forza della legge 16 settembre 1960, n. 1014, lo Stato sia tenuto a rimborsare alle Provincie le spese per gli arredamenti esistenti negli Archivi di Stato al momento dell'entrata in vigore della predetta legge o quanto meno a corrispondere un canone di affitto (n. 108). Sindaco 2) Se sia ammissibile il ricorso alla G.P.A. avverso i provvedimenti contingibili ed urgenti adottati dal Sindaco quale ufficiale di Governo (n. 109). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO Contratti di appalto -Supplente -1) Se, ai sensi dell'art. 4 del Capitolato di Appalto per le 00.PP., i crediti maturati in dipendenza di contratti di fornitura ed oggetto di cessione riconosciuta dalla Amministrazione appaltante, siano di spettanza del supplente, subentrato con il consenso dell'Amministrazione (n. 193). Prestazioni extracontrattuali 2) Se, nel contratto di fornitura pubblica, le prestazioni superiori a 1/5 eseguite dal fornitore senza valersi del diritto alla risoluzione del contratto previsto dall'art. 11 della legge sulla contabilit� generale dello Stato, possano essere considerate p:t;estazioni extracontrattuali (numero 194). Stipulazione contratto 3) Quale sia l'interpretazione dell'art. 4 del Nuovo Capitolato dl Appalto per le 00.PP. approvato con D.P. 16 luglio 1962, n. 1063, ai fini dello scioglimento dell'aggiudicatario dagli obblighi derivanti �dalla ag. giudicazione (n. 195). :~ I I i ili I ~ I --1 PARTE II, CONSULTAZIONI 17 DONAZIONI Aree edificabili per la costruzione di case popolari Se le donazioni di aree edificabili da destinarsi alla costruzione di case popolari possano fruiie dei benefici fiscali previsti dall'art. 14 deUa legge 2 luglio 1949, n. 408, o l'atto di donazione debba essere sottoposto alle normali imposte previste per le donazioni fra estranei e alle imposte di trascrizione (n. 35). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Assegnazione in locazione e a riscatto 1) Se in base alla legge 14 febbraio 1963 n. � 60, possano ottenere l'assegnazione a riscatto di abitazioni gi� locate dall'ex Gestione INACasa, i lavoratori proprietari di appartamento, ovvero �compresi in nuclei familiari i cui componenti siano proprietari di appartamento nella circoscrizione di zona (n. 139). Cooperative edilizie 2) Se la Cassa DD. e PP. che abbia concesso ad una cooperativa edilizia un mutuo per la costruzione e l'acquisto di case popolari ed economiche a favore dei propri soci, ai sensi del T.U. 28 aprile 1938, n. 1165, modificato dalla legge 5 dicembre 1941 n. 1540, dalla legge 25 marzo 1943, n. 290 e dal D.L.C.P.S. 30 settembre 1947 n. 1174, possa effettuare i pagamenti relativi direttamente alla Cooperativa senza l'intervento in quietanza dell'impresa appaltatrice. (n. 140). Costruzioni abitazioni per lavoratori agricoli 3) Se, ai sensi dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1960, n. 1676, per la costruzione di abitazioni da assegnare a lavoratori agricoli sia autorizzato solo il Ministero dei LL.PP. a procedere all'acquisizione delle aree occorrenti per la esecuzione d~lle opere previste in detta legge (n. 141). Donazioni aree edificabili per .la costruzione di case popolari 4) Se le donazioni di aree edificabili da destinarsi alla costruzione di case, popolari possano fruire dei benefici fiscali previsti dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, o l'atto di donazione debba essere sottoposto alle normali imposte previste per le donazioni fra estranei e alle imposte di trascrizione (n. 142). ELETTICITA' ED ELETTRODOTTI E.N.E.Li. 1) Se, dopo l'entrata in vigore della legge n. 1643 del 1952 istitutiva dell'ENEL, l'onere delle Imposte di R.M. e sulle societ� per il periodo anteriore al trasferimento delle aziende elettriche debba continuare a far carico alle societ� espropriate (n. 15). 2) A chi vadano notificati i relativi avvisi di accertamento (n. 15). Servit� di elettrodotto 3) Se il criterio di determinazione delle indennit� fissato dall'art. 123 T.U. sulle acque ed impianti elettrici rifletta la sua efficacia anche sul successivo comma terzo della stessa norma (n. 16). � 4) Se i valori comunque determinati in base al criterio di cui alla norma indicata comprendano anche le indennit� accessorie, e cio� danni alle colture, indennit� di temporanea occupazione etc, (n. 16). 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ESPROPRIAZIONE PER P.U. Deposito indennit� -Svincolo Se la Cassa Depositi e Prestiti possa svincolare delle indennit� di espropriazione in esecuzione d'un provvedimento del Tribunale che abbia destinato quelle indennit� ed i relativi interessi ad opere di miglioramento e di utilizzazione previste da un piano di riforma agraria senza prima accertarsi che il fondo da migliorare sia anche esso (come quello espropriato) dotale (n. 181). FALLIMENTO Canone per le radioaudizioni Quali siano le cause estintive dell'obbligo a corrispondere il canone di abbonamento alle radioaudizioni e se in particolare, in caso di fallimento dell'abbonato, venga meno o non sia insinuabile il credito del1' Amministrazione per canoni successivi alla dichiarazione di fallimento (n. 79). FARMACIA Decadenza autorizzazione Se l'assegnatario di una farmacia debba essere dichiarato decaduto, ai sensi dell'art. 113 T.U. Leggi Sanitarie n. 1265, dalla titolarit� di un precedente esercizio, quando, trascorsi dieci giorni senza che abbia esercitato la facolt� di rinunciare al nuovo posto, risultino impugnati al Consiglio di Stato i provvedimenti di assegnazione delle due farmacie e i ricorsi siano ancora pendenti (n. 10). IMPIEGO PUBBLICO Indennit� di buonauscita -Ricongiunzione di servizi Se il servizio prestato da un impiegato di ruolo dell'INADEL possa essere ricongiunto con quello successivamente prestato dallo stesso alle dipendenze dello Stato ai fini del computo della indennit� di buona uscita (n. 554). IMPOSTA DI REGISTRO Prescrizione 1) Se i nuovi termini di prescrizione stabiliti con la Legge 2 febbraio 1960, n. 35 e Legge 6 ottobre 1962 n. 1493 possano essere applicati ad un credito di imposta che al momento dell'entrata in vigore delle suddette leggi era gi� prescritto (n. 195). 2) Se possa ritenersi che la registrazione del contratto di vendita del terreno effettuata presso un ufficio diverso da quello presso il quale era stato registrato il primo contratto di acquisto, comporta la legale scienza da parte dell'Amministrazione finanziaria dell'avvenuta deca denza dal beneficio fiscale previsto dall'art. 14 legge 1949, n. 408 (n. 195). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE E.N.E.L. 1) Se dopo l'entrata in vigore della legge n. 1643 del 1952 istitutiva gell'ENEL, l'onere delle imposte di R.M. e sulle societ� per il periodo ante - PARTE Il, CONSULTAZIONI 19 riore al trasferimento delle aziP-nde elettriche debba continuare a far carico alle societ� espropriate (n. 25). 2) A chi vadano notificati i relativi avvisi. di accertamento (n. 25). IMPOSTE DI CONSUMO Generi tassati ad valorem 1) Se il ricorso amministrativo e l'azione giudiziaria che i contribuenti possono proporre, ai sensi rispettivamente del primo e del secondo comma dell'art. 90 T.U. per la finanza locale, contro l'operato degli agenti delle imposte di consumo e degli appaltatori, possono investire anche la determinazione del valore medio fatta dall'apposita Commissione provinciale, ai sensi del quinto comma dell'art. 22 dello stesso T.U., per le imposte stabilite sul valore (n. 14). Materiali da costruzione 2) Se, ai fini dell'applicabilit� della imposta di consumo sui materiali per costruzioni edilizie, l'aliquota dell'imposta per unit� di misura va determinata solo sulla base del valore medio determinato dalla Commissione provinciale o anche, nel suo limite massimo, in rapporto al valore in provvista dei materiali (n. 14). IMPOSTE E TASSE Imposta sulla pubblicit� 1) Se presupposto per l'applicazione dell'imposta di pubblicit� per le tabelle e targhe distribuite dalle societ� di assicurazioni ai propri assicurati ed affisse al pubblico in fabbricati e sulle cose animate sia la effettiva distribuzione delle targhe e tabelle da parte delle societ� (n. 360). 2) Se la base imponibile dell'imposta sia costituita dall'importo dei premi risultanti da tutti i rami di assicurazione per danni (escluso quello dei trasporti) o dei soli rami di assicurazione per i quali � prevista la distribuzione di targhe e tabelle (n. 360). Pene pecuniarie -Condono _ 3) Se il provvedimento del Ministro per le finanze, di respingere la istanza di condono della pena pecuniaria sia o meno un atto discrezionale e come debba qualificarsi la relativa situazione giuridica soggettiva del contribuente (n. 361). LOCAZIONI Canone di locazione Se, cessato il regime del blocco dei fitti, il canone di una locazione possa essere rivalutato alla clausola ora inserita nel contratto stipulato nel 1940 (n. 119). LOTTO E LOTTERIE Concorsi a premi 1) Se il controllo dell'Amm.ne Finanziaria sui concorsi a premi debba estendersi alla risoluzione delle controversie insorgenti in seguito all'espletamento del concorso e concernenti la designazione del vincitore e l'attribuzione del premio (n. 20). 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2) Se l'intervento dell'Am!llinistrazione Finanziaria nella autorizzazione e nella vigilanza dei concorsi ed operazioni a premio indetti da privati, abbia, oltre a quello fiscale, lo scopo di tutelare la pubblica buona fede (n. 21). NAVE E NAVIGAZIONE Reati contravvenzionali Se per le contravvenzioni previste dagli articoli 32 e 34 Legge 5 giugno 1962, n. 616, in materia di sicurezza della navigazione e della vita umana in mare, sussista la cognizione dei Comandanti di Porto ovvero :Jell'Autorit� giudiziaria ordinaria (n. 111). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Clausola oro Se, cessato il regime del blocco dei fitti, il canone di una locazione possa essere rivalutato in base alla clausola oro inserita nel contratto stipulato nel 1940 (n. 40). POLIZIA Apparecchi automatici da g_ioco 1) Se l'interpretazione che la Corte Costituzionale ha dato con la sentenza n. 125 del 28 giugno 1963, per la quale, ai sensi del 3. comma dell'art. 110 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, non pu� essere concessa l'autorizzazione all'uso nei pubblici esercizi di apparecchi o congegni automatici da giuoco o scommessa, quand'anche l'abilit� del giocatore sia prevalente rispetto all'alea, sia impegnativa per il giudice ordinario e per la P.A.; e in ispecie se sia vietato concedere l'autorizzazione all'uso nei pubblici esercizi degli apparecchi c.d. semiautomatici (n. 30). 2) Se per apparecchio automatico da giuoco debba intendersi l'apparecchio che comunque consente ai giocatori puntate economicamente utili, a nulla rilevando la completa e prevalente abilit� dei giocatori (n. 30). 3) Se per apparecchio automatico da gioco si intenda l'apparecchio che ha in s� la doppia potenzialit� di essere usato a fine di lucro, il cui esito sia interamente o in misura prevalente determinato dall'aleatoriet� (n. 3-0). 4) Se per apparecchio da trattenimento debba intendersi quello che non pu� dare alcuna utilit�, oltre lo svago procurato dallo esercizio del giuoco; e cio�, se, in seguito alla parziale dichiarazione di incostituzionalit� che con sentenza n. 125 del 28 giugno 1963, la Corte Costituzionale ha fatto del 3� comma dell'art. 110 de� T.U. leggi P.S. 18 giugno 1931, n. 773, possano autorizzarsi solo quei congegni per il cui uso non sia previsto premio di alcuna specie (n. 30). 5) Se per apparecchio �a trattenimento si intenda quello che non pu� essere usato a fine di lucro o nell'uso del quale l'esito non � interamente o in misura prevalente determinato dall'aleatoriet� (n. 30). Polizia aeroportuale 6) Se l'esercizio dei poteri di polizia aeroportuale, affidati .al Direttore dell'Aeroporto, sia sindacabile dall'A.G.O. (n. 31). PARTE II, CONSULTAZIONI 21 POSTE E TELECOMUNICAZIONI Libretti postali di risparmio intestati a pi� persone 1) Quale sia la natura giuridica delle obbligazioni rappresentate dai libretti postali di risparmio intestati a pi� persone (n. 101). 2) Quale sia la natura giuridica delle obbligazioni rappresentate dai libretti �postali di risparmio intestati a pi� persone � con pari facolt� di rimborso � (n. 101). 3) Se possa ritenersi valida la procura rilasciata ad altri da uno � deglj intestatari con pari facolt� di rimborso, per il conseguimento del rimborso medesimo (n. 101). � Libretti postali di risparmio -Opposizione al rimborso 4) Se gli atti di opposfaione al rimborso di libretti postali di risparmio debbano recare la firma autenticata dell'opponente e quali siano i poteri esercitabili dall'Amministrazione. P.T., cui sia stato .notificato un atto di opposizione (n. 102). � PRESCRIZIONE Imposta di registro 1) Se i nuovi termini di prescnz10ne stabiliti con Legge 2 febbraio 1960, n. 35 e Legge 6 ottobre 1962, n. 1943 possano essere applicati ad un credito di imposta che al momento dell'entrata in vigore delle sud dette leggi era gi� prescritto (n. 40). 2) Se possa ritenersi che la registrazione del contratto di rivendita del terreno effettuata presso un ufficio diverso da quello presso il quale era stato registrato �il primo contratto di acquisto, comporti la legale scienza da parte dell'Amministrazione Finanziaria dell'avvenuta deca denza dal beneficio fiscale previsto dall'art. 14 legge 1949, n. 408 (n. 40). RADIOAUDIZIONI Canone -Cause estintive Quali siano le cause estintive dell'obbligo a corrispondere il canone di abbonamento alle radioaudizioni e se in particolare, in caso di fallimento dell'abbonato, venga meno o non sia insinuabile il credito dell'Amministrazione per canoni successivi alla dichiarazione di fallimento (n. 8). SCAMBI E VALUTE Infrazioni valutarie Se, nelle ipotesi di infrazioni valutarie, il sequestro di cui all'art. 3 R.D.L. 794/1938 possa estendersi a tutto il patrimonio dei responsabili, ovvero debba esser circoscritto a quelle cose oggetto di violazione valutaria (n. 20). STRADE Caduta di massi 1) Se l'Amministrazione proprietaria della strada possa ritenersi esente da responsabilit� per i danni derivati agli utenti dalla caduta di massi dai fondi latistanti per il solo fatto di aver apposto i cartelli � caduta di massi � segnalatori di pericolo (n.~ S'' 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2) Se il mancato compimento delle opere imposte dalla legge ai proprietari dei fondi latistanti per garantire il mantenimento della strada possa valere ad escludere la responsabilit� della P .A. per i danni subiti da utenti (n.-"""1. -S-J Segnaletica stradale 3) Se la segnaletica di pericolo esistente sulle strade vada adeguata alle �prescrizioni contenute nell'art. 35 del Regolamento di esecuzione del T.U. 15 giugno 1959 n. 393, e se i delineatori o segnalimiti stradali di qualunque materiale siano -debbano risultare collocati alle distanze indicate nell'art. 94 del citato regolamento (n. ,,58'J. -5.i SUCCESSIONI Successione dello Stato Quali siano le norme da inserire nelle istruzioni generali pei servizi del Provveditorato Generale dello Stato per quanto riguarda le successioni dello Stato, legittime e testamentarie (n. 68). -