ANNO XVI � N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1964 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Pubblicazione di servizio 



ARTI GRAFICHE MllllLO � ROMA 



Con questo numero la Rassegna dell'Avvocatura dello 
Stato assume, dopo sedici anni, una nuova veste, cui si 
accompagna una riorganizzazione redazionale con la costituzione 
di un corpo di redattori, composto di colleghi, 
a ciascuno dei quali � affidata la cura di una rubrica. 

Questa specifica assunzione di responsabilit� ha, 
ovviamente, solo lo scopo di permettere il pi� agevole 
conseguimento dei fini propri , della Rassegna che restano 
pur sempre quelli indicati fin dal primo numero: 
la Rassegna, cio�, vuol continuare ad essere, sopratutto, 
un razionale strumento per il perfezionamento tecnico 
dell'organizzazione istituzionale e per la migliore preparazione 
professionale degli avvocati dello Stato. Perci� 
l'affidamento delle rubriche a singoli colleghi non solo 
non esclude la collaborazione di tutti gli altri, ma anzi 
tende a stimolarla e renderla pi� organica e sistematica. 

Il bilancio di questi sedici anni, che costituiscono la 
prima fase, prevalentemente sperimentale, pu� considerarsi 
positivo; spesso, infatti, nella difesa degli interessi 
fondamentali della Amministrazione dello Stato (che sono 
poi gli interessi di tutti i cittadini) sia in sede giurisdizionale 
sia qualche volta anche in altra sede, la possibilit� 
di far conoscere le nostre tesi ha concorso, in 
misura notevole, a far conseguire utili risultati. 

Ricordando e confermando l'impegno assunto nel 
1948 diamo inizio a questa nuova fase della vita del nostro 
periodico, con la certezza che al suo successo tutti 
i colleghi si sentiranno personalmente impegnati. 



Elenco delle principali annotazioni a sentenze: 

La 
redazione, La incostituzionalit� del ricorso straordinario pag. 3 

F. AGR�, Ancora sulla distinzione tra interesse legittimo e interesse 
a ricorrere . � 44 
F. 
CARUSI, Tutela del diritto del richiedente su titolo intrasferibile 
all'ordine di prenditore cartolare inesistente � 60 
F. CARUSI, In tema di liquidazione delle indennit� per requisizione 
alleate � � 68 
F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� 
delle norme sulla composizione delle sezioni specializzate 
agrarie )) 79 
F. CARUSI, 
Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� 
di decreti di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria 
)) 87 
F. CARUSI, In tema di prowedimenti cautelari innominati . )) 97 
F. CARUSI, In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre 
di riforma )) 100 
U. 
GARGIULO, In tema di definitivit� del bando di concorso 
per conferimento di sedi farmaceutiche . � 121 
U. 
GARGIULO, Sul termine per ricorrere avverso i decreti prefettizi 
emananti nell'esercizio del potere di vigilanza sulle 
opere pie . )) 127 
U. 
GARGIULO, In tema di applicabilit� delle agevolazioni della 
l. n. 408 del 1949 ai contratti anteriori alla legge . )) 147 
L. CORREALE, Poteri del giudice ordinario di disporre, con 
l'annullamento della decisione della Commissione provinciale 
in tema di valutazione, la restituzione di somme gi� 
pagate )) 167 
L. 
CORREALE, Limiti dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni 
delle Commissioni provinciali in tema di valutazione )) 169 
G. 
GUGLIELMI, Competenza della Commssione Centrale delle 
imposte nei giudizi di valutazione )) 185 
G. 
DEL GRECO, Sul ritardo nel pagamento dei corrispettivi 
nell'appalto pubblico, e sulla natura giuridica del decimo 
in caso di rescissione )) 193 
G. GUGLIELMI, S�lla liceit� del Casin� di Taormina . )) 223 
-



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE pag. 3 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE � 22 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE � 58 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � 116 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � 147 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE AP� 
PALTI E FORNITURE � 188 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE � 217 

Parte seconda: RASSEGNE� QUESTIONI � CONSULTAZIONI 

RASSEGNA DI DOTTRINA pag. 3 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 6 
CONSULTAZIONI . � 15 

Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, 
Giuseppe del Greco, Antonino Terranova; 


le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 

Benedetto Saccari e Mario Fanelli. 
Coordinamento generale: avvocati 
Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. 



INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA. 

ACQUE PUBBLICHE 
�-Sottensione parziale -Presupposti 
di legittimit� del provvedimento, 
205. 

-Sottensione totale e perziale di 
utenza -DiscipHna delle due ipotesi, 
205. 

ALBERGHI 

-Regolamenti edilizi comunali 
Prescrizione di altezza degli edifici 
-Provvedimento di deroga Motivazione 
� Comparazione tra 
l'interesse albel'ghiero e l'interesse 
urbanistico -Necessit�, 119. 

APPALTO� 

-Appalto di opere delle Ferrovie 
dello Stato -Rescissione dell'appalto 
-Decimo da pagarsi all'appaltatore 
-Calcolo -Riferimento 
ai prezzi revisionati, con nota di 

G. DEL GRECO, 192. 
-Aippalto di opere delle Ferrovie 
dello Stato _ Ritardo nei pagamenti 
-Responsabilit� della p.a. 
-Liquidazione dei danni in via 
preventiva e forfettaria, con nota 
di G. DEL GRECO, 192. 

APPELLO 

-Riserva facoltativa di appello contro 
sentenza non definitiva -Appello 
congiunto a quello contro 
la sentenza definitiva, 102. 
ARBITRATO 

-Deposito del lodo -Ordinanza del 
Presidente del Tribunale che ne.
ga l'esecutoriet� _ Ricorribilit� in 
Cassazione, 188. 
ATTO AMMINISTRATIVO 

-Omesso o errato richiamo a norme 
di legge -Non � ragione di 
illegittimit�, 205. 
-Piena conoscenza anteriore alla 
notif�.ca -Irricevibilit� del ricorso 
giurisdizionale, 209. 
AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA 


- 
Diiniego Le!jione dii interesse 
legittimo _ Danno ai sensi dell'art. 
2043 e.e. -Insussistenza Domanda 
di risal'cimento -Difetto 
assoluto di giurisdizione, 32. 

CASSAZIONE 

-Ricorso per Cassazione -Erronea 
indicazione dl norme violate -Irrilevanza 
_ Ammissibilit�, 102. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Consiglio di Stato -Decisione Ricorso 
alle S.U. della Cassazione 
-Motivi -Difetto di giurisdizione 
-Estremi, 37. 

-Consiglio di Stato -Decisione Impugnabilit� 
per Cassazione -Difetto 
di motivazione -Non deducibtlit�, 
38. 

-Decisione del Consiglio di Stato Impugnabilit� 
per Cassazione 
Motivi attinenti alla giurisdizione 
Decisione d'inammissibilit� .od 
improcedibilit� -Non impugnabilit� 
per Cassazione, 38. 

~ 
Impiego pubblico -Diritti patrimoniali 
conseguenziali -Controversie 
-Giurisdizione ordinaria, 

22. 
-Impieg0 pubblico _ Controversie -
Restitutio in integrum -Emolu�
menti accessori allo stipendio 
Competenza del Consiglio di Stato, 
38. 

-Impiego pubbilico -Controversie 
in dipendenza diretta e immediata 
del rapporto di impiego -Giurisdizione 
esclusiva del Consiglio 
di Stato, 22. 

-Ricorso contro la sentenza di appello 
e contro quella sulla revocazione 
-Indagine preliminare sui 
presupposti della 1giurisdizione, 31. 

COMUNE 
-D1ohiarazione di Comune come lo
�Calit� economicamente depressa ex 

1. n. 365 del 1957 -Comuni viciniori 
-Interesse, da parte di questi 
ultimi, a ricorrere. Ammissibilit�, 
con nota di F. AGRO', 44. 
CONCESSIONI AMMINISTIRATIVE 

-Concessione di servizio pubblico di 
ferrovia -Riscatto -Aree espropriate 
o acquistate con fondi forniti 
dallo Stato a 1forfait -Dev�


luzione 
gratuita a favore dello Stato, 
140. 

II 


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I 


I 


iili 

I 


~ 



INDICE 
IX 

-Concessioni provvisorie -Inadempimento 
del concessionario -Decadenza 
-Controversie _ Competenza, 
54. 

-Sopravvenuta eccessiva onerosit� 
della prestazione -Risoluzione -
Inaommissibilit� -Sopravvenuta eccessiva 
onerosit� di una sol!\ clausola 
-Sua eliminazione -lnamsibilit�, 
139. 

-Trasporti in concessione -Autolinee 
~ Preferenze -Nuova coneessione 
-Posizioni dei precedenti 
concessionari -Preferenze -Limiti, 
136. 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

-Registro -Controversie di valutazione 
Decisione delle Commissioni 
proviuciali -Ricorso alla 
Commissione Centrale, con nota di 

G. GUGLIELMI, 185. 
CONTRATTI . AGRARI 
--Norme relative alla composizione 
delle sezioni specializzate agrarie 
-E}Lfetti della dichiarazione di incostituzionalit� 
_ Procedimento civile 
-Vizio attinente ai presupposti 
processuali -Difetto di costituzione 
del giudice -Nullit� insanabi�e 
-Rinvio al giudice di I 
grado, con nofa di F. CARUSI, 78. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Decisioni dei giudizi incidentali di 
legittimit� costituzionale -Natura 
ed eJ!fetti nei giudizi principali ed 
� erga omnes �, con nota di F. 
CARUSI, 84. 

-Giudizi incidentali di legittimit� 
costituzionale -Decisione di rigetto 
-E:tlfetti, 108. 

-pronuncia di illegittimit� costitu-. 
zionale -Natura -Efficacia retroattiva 
-Sussistenza -Limiti, 
con nota d� F. CARUSI, 78. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Obbligatoriet� delle norme incostituzionali 
prima (dell'efficacia) 
della pronuncia della Corte Costituzionale, 
con nota di F. CARUSI, 
84. 

--Previdenza e assistenza -Termine 
per la proposizione dei ricorsi 
in tema di assegni familiari _ De<'
orrenza dalla data di spedizione 
della decisione impugnata -Illegittimit� 
costituzionale, � 9. 

DEMANIO 
-Demanio storico ed artistico -Vin


colo di interesse storico e artistico 
-Notifica precedente alla 1. 

n. 1089 del 1939 -Rinnovazione Autonomia 
rispetto al precedente 
vincolo -Presupposti -Accertamento 
� Necessit�, 13!!. 
-Demanio storico e artistico -Vincolo 
di interesse storico e artistico 
-Contenuto -Indeterminatezza 
-IHegittimit�, 139. 

DEPOSITO 

-Depositi bancari e cassette di .sicurezza 
-Sblocco Istanza di 
sblocco -Rigetto -Impugnativa Lesione 
di diritti soggettivi -Difetto 
di giurisdizione del Consiglio 
di Sttao, 57. 

-Depositi consolari -Deposito regolare 
-Obbligo � di convertire le 
somme depositate nella nuova carta 
moneta, 72. 

-Depositi consolari -Responsabilit� 
dello Stato italiano, 72. 
EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Alloggi cooperativi -Assegnazione 
-Ricorso di soggetto estraneo 
alla cooperativa -Pronunzia della 
Commissione -Illegittimit�, 137. 

-Commissione di vigilanza -Attribuzioni 
di vigilanza e di decisione 
-Distinzione .� Pronunzia Motivazione 
� Perplessit� -Illegittimit�, 
138. 

ESECUZIONE FISCALE 

-Riscossione delle imposte dirette 
-Delegato governativo per la gestione 
esattoriale -Diretta riferibilit� 
dell'attivit� del delegato al1'
Amministrazione delle Finanze Conseguenza 
circa l'onere delle 
spese dei giudizi relativi alla riscossione 
e circa la legittimazione 
a proseguire i giudizi in corso all'atto 
della cessazione dell'attivit� 
del delegato, 154. 
ESPROPRIAZIONE PER P.U. 
-Espropriazione ai sensi della 1. 15 
gennaio 1885 n. 2892 -Interpellanza 
ai sensi dell'art. 23 1. Urbanistica 
_ Non necessaria -Sussistenza 
del potere espropriativo -Impugnativa 
-Competenza del Consiglio 
di Stato, 25. � 

- 
Indennit� -Danno risarcibile per 
protrazione ultrabiennale senza titolo 
di occupazione di urgenza Destinazione 
dell'area a �sede di 
opera pubblica prevista nel piano 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

di ricostruz:one -Irrilevanza, 113. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Occupazione in via d'urgenza da -Decisione del Consiglio di Stato 
parte della Pubblica Amministrasu 
eccezione di illegittimit� costi


zione -Protrazione ultrabiennale tuzionale dichiarata in decisione, 
della medesima senza il perfezioanzich� 
con separata ordinanza namento 
della procedura esproIncensurabilit� 
da parte della Cas


prl�tiva -Trasformazione dell'imsazione, 
28. 
mobile in seguito a :costruzione IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE 
dell'opera pubblica -Risarcimento -Accertamento dell'Jmposta comple


dei danni -Liquidazione, 113. mentare da parte dell'Ufficio del 

-Opere eseguite dallo Stato -ComRegistro 
-Previa valutazione dei 
pilazione e pubblicazione del protitoli 
da parte del Comitato diretgetto 
di massima -Non necessativo 
Agenti di cambio -Natura 
rie, 209. di tale Comitato -Imprescrittibi


-Prefissione del termine per le elit� 
del diritto di accertamento delspropriazioni 
con decorrenza dall'imposta 
prima che sia compiuta 
la consegna dei lav�ri _ Illegittidetta 
valutazione _ Inapplicabilit� 
mit�, 210. della decadenza di cui all'art. 34 

-Urgenza ed indifferibilit� non dir.
d. n. 3269 e della prescrizione� di 
chiarata ex lege -Necessit� di cui all'art. 16 d.l. n. 1975 del 1938, 
specifica dimostrazione, 210. 163. 

IMPOSTA DI REGISTRO

FALSO 

-Aumenti di capitale per fusione o

-Falso documentale in atto pubbli


concentrazione di aziende -Con


co -Soggetto passivo -Danneg


temporaneit� e strumentalit� delle

giato dal reato -Distinzione, con 

operazioni ai fini dei benefici fi


nota di A. TERRANOVA, 217. 

scali -Nozione -Fattispecie, 157.

FARMACIE 

-C3se di nuova costruzione -Age


-Bando di concorso per sede far


volazioni previste dall'art. 18 dt'll


maceutica -Sospensione del con


la l. n. 498 del 1949 -Contratti 

corso -Successivo decreto prefet


di mutuo stipulati, per la �costru


tizio di abrogazione del provvedi


zione di case di abitazione, prima

mento di sospensione -Definiti


dell'entrata in vigore della legge�

vit�, con nota di U. GARGIULO, 

ma dopo l'entrata in vigore del 

120. 
d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350 -Ap-
Competenza in materia di concor-� 

plicabilit�, con nota di U. GAR


so farma�ceutico -Assegnazione al 

GIULO, 147.

medico provinciale, con nota di 

-Decisione della Commissione pro


U. GARGIULO, 120. 
vinciale in tema di valutazione 


-Farmacie comunali -Autorizzazio


Azione giudiziaria -Limiti, con� 

ne -Motivazione -Valutazione deL 

nota di L. CORREALE, 168.

le ragioni giustificanti la deroga 


-Decisioni della Commissione pro


Necessit�, 124. 

v~nciale in tema di valutazione GIUDIZIO 
CIVILE E PENALE Annullamento da parte del �giu-
Giudice penale di secondo grado dice ordinario -Restituzione delle 
-Liquidazione dei danni -Refor-somme pagate in esecuzione della 
matio in peius -Inapplicabilit�, decisione annullata -Ammissibicon 
nota di A. TERRANOVA, 217. lit� nello stesso giudizio, con nota 

-Giudice� penale di secondo grado di L. CORREALE, 161. 
-Impossibilit� di liquidazione del -Privilegio fiscale _ Permuta di bedanno 
-Rimessione giudice civile, ni dotali .-Pignorabilit� per de


con nota di A. TERRANOVA, 217. bito di imposta, 183.6 
GIUOCO D'AZZARDO -Societ� -Concentrazione di azien-
R.D. 31 maggio '1935, n. 1410, code 
-Benefici previsti dall'art. 29 

stitutivo � dell'Ente turistico alberdella 
1. 6 agosto 1954 n. 603 glhiero 
per la Libia CE.T.A.L.) -P:i;esupposti -Limiti, 172. 
Efficacia discriminante -Esercizio -Societ� -Aumenti di capitale per 
di casa da giuoco in Taormina, con fusione di societ� o concentrazione 
nota di G. GUGLIELMI, 230. di aziende sociali -Tassa fissa 




INDICE 
Xl 

Presupposti, 157. 

-Strumentalit� dell'aumento di capitale 
rispetto alla fusione di so
�Ciet� e alla concentrazione di 
aziende sociali -Necessit� che la 
prova del requisito, ai fini dei benefici 
fiscali, risulti dall'atto sottoposto 
a registrazione -Insussistenza, 
157. 

-Trasferimenti immobiliari -Accessioni 
-Presunzione ex art. 47 
della legge 3269 del 1923 -Prova 
contraria, 180. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Societ� ed altri soggetti tassabili 
in base a bilancio -Accertamento 
induttivo -Condizioni, 175. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Fondi rustici -Accertamento automatico 
del valore _ Applicabilit� 
-Limiti, 167. 

IMPOSTE E TASSE 

-Controversie giudiziarie -Foro erariale 
-Opposizione agli atti ese'
Cutivi -Applicabilit�, 168. 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 
-Cessione di beni -Restituzione degli 
stessi beni al venditore contro 
restituzione o accredito del relativo 
importo -Atto economico autonomamente 
imponibile -Limiti, 

151. 
-Entrate a titolo di capitale non 
soggette all'imposta -Nozione, 151. 
-Movimento di danaro soggetto all'imposta 
-Presupposti e condizioni 
-Inesistenza di un aumento 
di ricchezza per l'accipiens e concreta 
non esercitabilit� del diritto 
di rivalsa -Irrilevanza, 151. 
-Uso d'atti irregolari ai fini dell'imposta 
generale entrata _ Obbligo 
di pagamento -Prescrizione, 
178. 
INVENZIONI INDUSTRIALI 
-Brevetti -Medicamenti -Divieti 
di lbrevettabilit� Anestetici Rientrano 
fra i medicamenti, 108. 
ISTRUZIONE PUBBLICA 

- 
.Maestri elementari -Concorso per 
maestro elementare in soprannumero 
-Conseguita idoneit� -Annullamento 
del concorso _ Bando 
di un concorso magistrale per titoli 
-Esibizione del certificato della 
conseguita idoneit� poi annullata 
-Esclusione dal concorso Legittimit�, 
136. 

-Maestri elementari -Concorso per 
maestro elementare in soprannumero 
-Conseguita idoneit� _ Annullamento 
del concorso -Bando 
di un concorso maigistrale per titoli 
-Esibizione del certificato della 
conseguita i�oneit� poi annullata 
-E'sclusione dal concorso Legittimit�, 
135. 

LEGGE 

-Illegittimit� costituzionale di norme 
di legge -Eccezione ritenuta 
manifestamente infondata -Impugnazione 
limitata alla sola questione 
di legittimit� costituzionale 
-Inammiss~.bilit�, 28. 

OPERA PIA� 

-Provvedimenti di vigilanza dell'au.
torit� Prefettizia -Ricorso gerarchico 
-Termine di 1giorni 15 ~ 
Inapplicabilit�, con nota di U. 
GARGIULO, 126. 

OPERE PUBBLICHE 

-Direttore dei lavori -Attribuzioni 
-Attivit� svolta al di fuori di 
tali attribuzioni _ Non impegna la 

p.a. committente, 214. 
-Zone depresse -Riconoscimento Criteri 
e procedimento, con nota 
di F. AGRO', 44. 
PRESCRIZIONE ESTINTIVA 

-Atti interruttivi, 102. 
PREZZI 

-Disciplina dei prezzi Organi 
competenti C.l.P. e C.P.P. 
Provvedimento di perequazione dei 
prezzi -Presupposti, 116. � 

-Dis'Ciplina dei prezzi -Provvedimenti 
del C.I.P. -Fine di perequazione 
-Indagine sui costi _ Omissione 
-Illegittimit�, 116. 

PROCEDIMENTO CIVILE 
-Consulente tecnico -Valutazione 

�consulenza -Poteri del giudice di 
merito, 102. 
- 
Provvedimenti di urgenza -Autonoma 
impugnabilit� -Esclusione, 

�con nota di F. CARUSI, 97. 
-Sentenza non definitiva -"Jus superveniens 
� -Applicabilit� da parte 
del giudice di appello, 102. 

PROFITTI DI REGIME 

-Profitti avocabili ai sensi deli'art. 
5 del d.1.1. n. 134 del 1946 _ Accertamento 
-Richiamo alle norme per 
l'accertamento dei redditi di ric
�chezza mobile -Limiti, 175. 

SARDEGNA 
-Regione Sarda -Statuto speciale 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

Piano regolatore generale degli 
acquedotti e legge di delega al Governo 
ad emanare le relative norme 
-Contrasto con lo Statuto della 
regione Sarda -Esclusione, 15 

SICILIA 

-Ragione SLciliana -Conflitto di 
attribuzioni -Istruzione pubblica Decisione 
dei ricorsi gerarchici degli 
insegnanti elementari in materh 
di concorsi banditi nelle provincie 
siciliane -Competenza del1'
Assessore alla P.I. della Regione 
-Esclusione,� 12. 

-Regione Siciliana -Maestrl elementari 
-Passaggio dei serv1z1 
dallo Sbto alla Regione -Non 
� ancora intervenuto -Incomp1!tenza 
della Regione ad emettere 
norme di immediata applicazione 
sullo stato giuridico degli insegnanti 
elementari, 137. 
SPESE GIUDIZIALI 

-Distrazione a favore del difensore Omessa 
pronuncia sulla distrazione 
-Legittimazione all'impugna�� 
zione del solo difensore, 72. 

REGOLAMENTO ED.ILIZIO 

-Procedimento -Approvazione della 
G.P.A. -E' necessaria -Parere 
del Consiglio di Stato -Non � obbligatorio, 
125. 

-Procedimento -Intervento del solo 
Ministro per la Sanit� in sostituzione 
del Ministro dell'Interno Legittimit�, 
125. 

REQUISIZIONE 

-Provvedimenti emanati sotto il governo 
della repubblica sociale italiana 
da organi statuali preesistenti 
-Efficacia, 103. 

-Requisizioni alleate di immobili Indennit� 
-Liquidazione -Criteri, 
con nota di F. CARUSI, 68. 

-Requisizioni alleate -Procedimento 
amministrativo -Azione giudiziaria 
-Rapporti -Conseguenze, con 
nota di F. CARUSI, 68. 

RESPONSABILITA' CIVILE 
-Lucro cessante -Decorrenza interessi, 
102. 

-Responsabilit� della p.a. -Condotta 
dolosa del dipendente -Difetto 
di sorveglianza da parte degli organi 
dell'Amministrazione, con nota 
di A TERRANOVA, 217. 

-Responsabilit� della p.a. -Respon


sabilit� diretta in caso di colpa o 
dolo del funzionario -Rapporto di 
occasionalit� necessaria tra atto illecito 
e attribuzione del funzionario, 
103. 



RIOORSO STRAORDINARIO 

-T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34 
cvp. 2� e 3� -Illegittimit� costituzionale, 
con nota redazionale, 3. 

RIFORMA FONDIARIA 

-Assegnazione di terre ~ Diritto dell'assegnatario 
Controversia tra 
due soggetti sulla spettanza di un 
terreno quali assegnatari, con nota 
di F. CARUSI, 99. 

-Controversie tra pretesi asseignatari 
dello stesso fondo -Intervento 
in giudizio dell'Ente di riforma, 
con nota di F. CARUSI, 99. 
-Di!ohiarazione di illegittimit� costituzionale 
di legigi delegate di 
espropriazione -Conseguenze -A


I 

zione di risarcimento -Legittimazione 
pa1ssiva, con nota di F. CARUSI, 
85. 


TASSE E IMPOSTE COMUNALI ,

I 

-Aumento delle aliquote massime 
legali -Deliberazioni comunali istitutive 
di sovraimposte -Successiva 
autorizzazione -Legittimit�, 130. 

-Sovraimposte -Deliberazione istitutiva 
-Valutazione dei presupposti 
-Ri!ferimento a�le esigenze del 
bilancio -Illegittimit�, 131. 

TITOLI DI CREDITO 

I 

-Assegno circolare emesso con la 
.clausola di intrasferibilit� .a favore 
di soggetto diverso dal richieden


I 

te -Rapporto di emissione -Rapporto 
cambiario -Errore di persona 
nel pagamento -Responsabilita 
�cambiaria della Banca emittente 
-Legittimazione del prenditore 
e non del richiedente, con nota 
di F. CARUSI, 58. 


-Vaglia della Banca d'Italia emessi 
con la clausola di intrasferibilit� 
a favore di prenditori cartolari inesistenti 
in commutazione di ordinativi 
ministeriali di pa.gamento 
falsificati -Riscossione dei medesimi 
da parte dei truffatori a mezzo 
banchiere giratario per l'incasso 
che manc� di identificarli -Esclusione 
di responsabilita del medesimo 
nei confronti del richiedente, 
1con nota di F. CARUSI, 59. 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

(24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 1 
(24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 2 
(24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 3 
(24 gennaio) 1� febbraio 1964 n. 4 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. I 17 maggio 1963 n. 1269 
Sez. I 22 maggio 1963 n. 1343 
Sez. I 30 luglio 1963 n. 2174 
Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2194 
Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195 
Sez. I 29 agosto 1963 n. 2392 
Sez. Un. 16 settembre 1963 n. 2528 
Sez. III 3 ottobre 1963 n. 2620 
Sez. II 5 ottobre 1963 n. 2650 . 
Sez. Un. 5 ottobre 1963 n. 2661 
Sez. I 9 ottobre 1963 n. 2683 
Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2737 
Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2744 
Sez. I 14 ottobre 1963 n. 2745 
Sez. Un. 15 ottobre 1963 n. 2769 
Sez. Un. 17 ottobre 1963 n. 2770 
Sez. I 17 ottobre 1963 n. 2773 
Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2854 
Sez. I 29 ottobre 1963 n. 2887 
Sez. III 29 ottobre 1963 n. 2897 . 
Sez. I 25 novembre 1963 n. 3034 
Sez. L 29 novembre 1963 n. 3062 
Sez. III 30 novembre 1963 n. 3069 
Sez. I 6 dicembre 1963 n. 3rll l 
Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3159 
Sez. I 14 dicembre 1963 n. 3166 
Sez. I 18 dicembre 1963 n. 3188 
Sez. I 20 dicembre 1963 n. 3201 
Sez. Un. 30 dicembre 1963 n. 3246 

pag. 3 
)) 9 
}) 12 
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� 147 
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)) 68 
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� 27 
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� 151 
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� 157 
� 161 
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)) 163 
}) 97 
� 99 
)) 192 

}) 168 
)) 167 
)) 102 
)) 168 

� 108 
� 113 
)) 172 

� 174 
� 37 



XIV RASSEGNA D�LL'AVVOCATURA .DELLO STATO 

TRIBUNALI 

Milano, Sez. I 16 maggio 1963 
Napoli, Sez. I 28 maggio 1963 
Bologna, Sez. I 14 giugno 1963 n. 504 
Catania, Sez. I 28 giugno 1963 n. 843 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE 

27 luglio 1963 n. 24 
8 novembre 1963 n. 26 

LODI ARBITRALI 

30 novembre 1963 
30 dicembre 1963 n. 64 

GIURISDIZIONI AMllfINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV 4 ottobre 1963 n. 600 
Sez. IV 23 ottobre 1963 n. 620 
Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 650 
Sez. IV 30 ottobre 1963 n. 654 
Sez. V 30 marzo 1963 n. 170 
Sez. V 27 aprile 1963 n. 541 
Sez. V 21 giugno 1963 n. 794 
Sez. V 8 luglio 1963 n. 547 
Sez. V 25 settembre 1963 n. 773 
Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 513 
Sez. VI 15 ottobre 1963 n. 535 

�Sez. VI 16 ottobre 1963 n. 739 
Sez. VI 16 ottobre 1963. n. 743 
Sez. VI 23 ottobre 1963 n. 619 
Sez. VI 30 ottobre 1963 n. 797 
Sez. VI 31 ottobre 1963 n. 798 

COMMISSIONI TRIBUTARIJ!: 

COMMISSIONE CENTRALE 

Se:i XI 20 giugno 1962 n. 89695 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 5 marzo 1963 (Milano) 

PRETURE 

Taormina, 19 febbraio 1963 (Guarnaschelli) 

)) 178 
)) 58 

)) 

180 

)) 

183 

pag. 205 
)) 209 

pag. 139 
)) 214 

)) 116 
)) 119 

)) 120 
)) 124 
)) 43 
)) 125 
)) 126 
)) 130 
)) 135 
)) 54 
)) 137 

)) 136 
)) 136 
)) 57 
)) 138 
)) 139 

pag. 185 

pag. 217 

pag. 223 

-



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare (recensione) . . 
RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit� 
del vettore (recensione) . 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Provvedimenti legislativi 

Disegni e proposte di legge 

Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit� 

CONSULTAZIONI 

Indice sistematico delle consultazioni 

pag. 3 
� 4 

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)) 10 

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PARTE PRIMA 



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GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 1� febbraio 1964, n. 1 -Pres. Ambrosini 
-Rei. Fragali -Ordine dei Geometri c. Ordine degli 
Ingegneri e Collegio degli Architetti e Min. dei Lavori 
Pubblici. 

Ricorso straordinario -T. u. 26 giugno 1924, n. 1054 -art. 34, cpv. 2� e 
3� -Illegittimit� costituzionale. 

Il secondo e terzo comma dell'art. 34 del r. d. 26 giugno 
1924, n. 1054 sono affetti da illegittimit� costituzionale, in 
quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del 
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura 
ai controinteressati la possibilit� della tutela giurisdiziQnale 
(1). 

(1) La incostituzionalit� del ricorso straordinario. 
La sentenza, che si annota, � la prima, che abbia esaminato, sebbe� 
ne sotto un profilo particolare, che, per il macroscopico contrasto con 
la Costituzione, non pu� considerarsi il pi� delicato, la legittimit� costituzionale 
del ricorso straordinario al Capo dello Stato, residuo storico 
della �giustizia ritenuta� (1) che ci si ostina a mantenere in piedi, 
nonostante i gravi inconvenienti e gl'insanabili contrasti cui d� luogo, 
a sollievo di qualche ritardatario. 

La Rassegna dell'Avvocatura (2) non aveva mancato di richiamare 
sul tema l'attenzione degli studiosi fin dall'entrata in vigore della Costituzione 
repubblicana, che, sopprimendo il presupposto essenziale della 
giustizia ritenuta ed assicurando al cittadino �sempre � la tutela giuri�
sdizionale degl'interessi legittimi (art. 113) e da parte del suo giudicenaturale, ha travolto ineluttabilmente il ricorso straordinario. 

Un duro colpo al vetusto istituto, con disappunto dei suoi sostenitori, 
, peraltro, l'aveva gi� dato la Corte di Cassazione con le sentenze 
8 luglio 1953 e 2 ottobre 1953 (in .questa Rassegna, 1953, pag. 278), 
interrompendo bruscamente ed inesorabilmente il cammino intrapreso 
per condurre, attraverso l'applicazione del ricorso ex-art. 27, n. 4 t. u. 
1054 del 1924, alla affermazione della natura giurisdizionale o para� 

(1) Vedasi in proposito l'ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione 
a Sezioni Unite, pubblicata in calce. 
(2) Vedasi 1948, fase. IX, 1 seg.; 1951, 40 seg.; 1953, 7 e 278 seg.; 
1961, 53 seg.; 1962, 3 seg., autori ivi citati. 

4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ;) 

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I 
__ 

(Omissis). -1. -L'ordinanza della Corte di cassazione richiaI. 
. 
ma soltanto il secondo e il terzo comma dell'art. 34 r.d. 26 giugno . 
1924, n. 1054, contenente il testo unico delle leggi sul Consiglio di 
Stato. Viceversa, l'Ordine dei geometri chiede, sia nell'atto di 
' 
costituzione, sia nella memoria, .che sia dichiarato illegittimo 
l'art. 34 predetto, e quindi anche il suo primo comma. Questa 
Corte deve per� stare ai termini della questione cos� come � 

I 

stata proposta dalla Cassazione. 
Deve stare a tali termini anche per escludere che possa es-

giurisdizionale del decreto del Capo dello Stato, che decide il ricorso 
straordinario. 

La sentenza che si annota, ha posto, a nostro avviso, la parola 

�' 

�fine � all'istituto, che � insanabilmente in contrasto con l'art. 113 Cost., 
e solo una fugace lettura di essa potrebbe far ritenere possibile l'adozione 
di rimedi atti a farlo sopravvivere. 

E' esatto, infatti, che la Corte ha dichiarato la illegittimit� costituzionale 
del secondo e del terzo comma dell'art. 34 r. d. 26 giugno 1924, 

n. 1054 solo in quanto, cio�, nelle parti in cui non assicu.rano ai controinteressati 
la possibilit� della tutela giurisdizionale; ma la sentenza ha 
avuto cura di precisare che solo questo era il thema decidendum. A 
proposito della scelta imposta ai cointeressati, infatti, la Corte ha 
espressamente affermato che la questione della sua legittimit� costituzionale
� non era stata proposta (per il giudizio a quo era del tutto irrilevante 
e, perci�, non poteva essere proposta) e, passando a trattare dei 
controinteressati -unica questione rimessa al suo esame e, perci�,
unica questione sulla � quale la Corte poteva e doveva decidere -ha 
dichiarato la illegittimit� costituzionale delle norme, perch� hanno 
loro negato �financo quel modo di tutela che comunque esse avevano 
ritenuto sufficiente per i cointeressati �. L'espressione non ha bisognodi commenti e non � difficile prevedere la sorte delle norme stesse relativamente 
ai cointeressati, allorquando alla prima occasione saranno 
rimesse al giudizio della Corte costituzionale anche sotto questo profilo. 
Ma alla dichiarazione di incostituzionalit�, a nostro avviso, non possonosfuggire i nebulosi s�condo e terzo comma dell'art. 34 neppure con 
riguardo all'unico interessato, perch� anche ad esso l'art. 113 Cost. assicura 
la tutela giurisdizionale (non para o quasi giurisdizionale) degli 
interessi legittimi contro gli atti della P. A. e tale � anche il provvedimento, 
che decide il ricorso straordinario. 

D'altra parte il principio dell'alternativit�, contrastante con la Costituzione, 
� un corollario del principio, fondamentale per una serena 
ed obiettiva giustizia, che un giudice non si pronunzi due volte sullo 
stesso affare e questo principio sarebbe violato manifestamente se si 
ricorresse all'espediente di far assentare dalla Adunanza Generale tutti 
i magistrati addetti ad una Sezione, i quali potrebbero, cosi, pronunziarsi, 
sfuggendo alla ricusazione, sul ricorso avverso il decreto, che 
decide il ricorso straordinario (LANDI, Trasposizione del ricorso straordinario 
alla sede giurisdizionale, Giur. it., 1964, VI, 4). Il principio 
riguarda il giudice, non.solo i suoi componenti, e la Adunanza Generale 
assorbe in s� tutte le Sezioni del Consiglio di Stato. 

In queste condizioni riteniamo auspicabile un intervento legislativo, 
che sopprima, prima che gli ultimi due commi dell'art. 34 siano dichiarati 
costituzionalmente illegittimi nella loro interezza, il ricorso 
straordinario, istituto che, nell'attuale ordinamento, potrebbe sopravvivere 
solo riducendosi ad un inutile rimedio amministrativo di terzo 
grado, spesso dannoso, fra l'altro, perch� in contrasto con il principio 


PARTE I, s::::. I, G:URISPRUDBNZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

5 

sere seguita l'impostazione data alla questione dal Ministero dei 
Lavori Pubblici, il quale ha discusso ampiamente se le disposizioni 
denunciate contrastano con l'art. 113 della Costituzione, in 
quanto in via generale pongono al soggetto leso da un atto amministrativo 
definitivo l'alternativa fra il ricorso giurisdizionale 
al Consiglio di Stato e quello straordinario al Presidente della 
Repubblica. Tale metodo ha indotto l'Ordine dei geometri ad 
intratten�rsi sull'argomento, sia pure con brevi cenni; ma il 
dubbio proposto dalla Corte di cassazione riguarda soltanto il 

della definitivit� degli atti amministrativi e con l'esigenza che, attraverso 
la conseguita inoppugnabilit� degli stessi per effetto della decorrenza 
del breve termine fissato dalla legge, le situazioni giuridiche amministrative 
diventino al pi� presto certe e definite. 

L'intervento legislativo -che dia piena attuazione alla sentenza 
della Corte Costituzionale -�, a nostro avviso, indispensabile per assicurare 
ai cittadini, che abbiano incautamente scelto la via del ricorso 
straordinario, quella tutela degli interessi legittimi contro gli atti della 
pubblica amministrazione, che solo il ricorso giurisdizionale pu� dare 
e che la Costituzione assicura esclusivamente attraverso quest'ultimo,
come si evince in modo inconfutabile dal combinato disposto degli artt. 
24, 100, I comma (che enuncia le due distinte funzioni del Consiglio di 
Stato, la consultiva e la giurisdizionale), 103, I comma, e 113 della Carta 
Costituzionale (3). La legge, perci�, dovrebbe sopprimere il ricorso 
straordinario, assegnando un termine perentorio ai ricorrenti per la 
trasposizione del ricorso stesso nella sede giurisdizionale. Allo stato, 
infatti, essendo stata dichiarata costituzionalmente illegittima, sia purein parte, una norma procedurale, questa deve ritenersi inapplicabile

�n toto, con la conseguenza che nessun ricorso straordinario pu� essere 
proposto o deciso, neppure se il provvedimento non riguardi affatto persona, 
diversa dal ricorrente, fino a quando il legislatore non abbia 
provveduto a sostituire la norma dichiarata incostituzionale. D'altra 
parte, la lacuna legislativa, creatasi per effetto della sentenza, che si 
annota, non potrebbe essere colmata diversamente, attribuendo, ad 
esempio, ai controinteressati �quel modo di tutela� che l'art. 34 aveva 
ritenuto � comunque � sufficiente per i cointeressati. 

A prescindere dalle considerazioni fatte dianzi sull'assoluta inefficienza 
di questo modo di tutela -che la Corte non ha approvato affatto, 
espressamente astenendosi dall'esaminare la questione, ad essa non 
proposta -non � chi non veda come la posizione del controinteressato 
sia del tutto diversa e non raffrontabile con quella del cointeressato. 
L'interesse legittimo di questi era stato leso dal provvedimento definitivo, 
avverso il quale egli aveva il potere e l'onere di proporre ricorso giurisdizionale 
entro il termine perentorio fissato dalla legge. Se non l'ha 
f.atto imputet sibi e, almeno sul piano etico, non avr� da dolersi se altri 
proponga un rimedio, del quale egli potr� avvalersi e dal quale, comunque, 
almeno in via generale ed astratta, pu� prevedersi ch'egli non subir� 
danno. L'interesse legittimo del controinteressato, invece, � leso e 
per la prima volta dal provvedimento, che decide il ricorso straordinario. 
Ora, imporgli l'onere di insorgere contro il ricorso straordinario a 
lui notificato e di richiedere espressamente, entro un breve termine 
perentorio, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale, con la sanzione, 
in caso d'inadempimento, della perdita di quella tutela giurisdi


(3) In questi sensi � la proposta di legge degli onn. ALBERTINI e 
altri presentata 1'11 ottobre 1963 (A. C. 568). 

6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale 
la possibilit� di impugnare in Consiglio di Stato la decisione 
6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale 
la possibilit� di impugnare in Consiglio di Stato la decisione 
che accoglie il ricorso straordinario � preclusa a coloro che avevano 
un interesse contrario a tale accoglimento. 

2. -L'esistenza di questo precetto � stata messa in dubbio 
dall'Ordine dei geometri; ma esso risulta dal significato 
generalmente attribuito alle disposizioni in esame. 
E' per� fondato l'assunto della sua illegittimit� costituzionale. 


zionale degl'interessi legittimi, che l'art. 113 assicura in ogni caso, � in 

contrasto con la Costituzione. A prescindere dalla legittimit� della im-" 

posizione di questo onere, dal suo mancato adempimento (che potrebbe 

I 

anc~e ricol~egar~i a f~tto. ~ton imputabdi~e"ttal tertz?t) !lon pu�t mai de-�:?:.

durs1 una rinunzia -imp1ic1 a -a un iri o cos i uz1ona 1men e garan


tito, peraltro, ancora non sorto. Pu� a nostro avviso, dubitarsi, cio�, se , 
sia costituzionalmente legittimo presumere da un comportamento omis-1� 


sivo (non ricollegantesi ad un preesistente obbligo di agire) la rinunzia , 
a un diritto; ma � fuor di dubbio che sia contrario alla Costituzione 
presumere la rinunzia ad un diritto, che questa garantisce, e; sopra u o, ~ ..


� t tt l�r_,i,�

ad un diritto non ancora sorto. L'art. 113 Cost. assicura sempre contro 

gli atti della P. A. la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi; per = 

il controinteressato il diritto a questa tutela sorge soltanto dopo che il [_~_'. 
suo interesse legittimo sia stato leso dal provvedimento, che accoglie i:; 
il ricorso straordinario; a questo diritto -si ripete -costituzionalmen-f.~ 
te garantito egli non pu� rinunziare prima che sorga, essendo esclusa 

1�==_:

dall'ordinamento la rinunzia preventiva e, per di pi�, a diritti indisponibili 
(4); meno che mai questa rinunzia preventiva pu� essere presunta 

o ricollegata alla omissione di un'iniziativa, cui non era tenuto. 
D'altra parte -e questo si dice solo per dimostrare l'assurdit� della ~-' 
ipotesi da noi formulata -che cosa accadrebbe se il ricorso straordi� W 
nario non fosse notificato personalmente a tutti i controinteressati (� ~' 
da escludere, infatti, una notifica per pubblici proclami, che non dareb-�i== 
be neppure la certezza della conoscenza dell'atto, che minaccia gl'inte-fil 
ressi legittimi dei controinteressati) o fosse notificato irritualmente ad ~~ 
alcuni di essi, senza che ci� risultasse chiaramente dagli atti? potrebbe 
il controinteressato trascurato proporre ricorso giurisdizionale pieno ~ 
senza incorrere nella violazione del principio dell'alternativit�? e quale 

I 

sorte avrebbe �1 ricorso proposto a un giudice, che gi� si � pronunziatosulla questione? ~� 

La risposta, implicita in queste domande, che possono considerarsi fil 
retoriche o scolastiche, induce a ritenere che la unica soluzione della ~� 
questione sia quella prospettata da tempo dall'Avvocatura ed auspicata 

~~,:::::~:::g:::l:.::~n~::�p::p::,:~:.~::::�:~:~. I 

rinunce e le transazioni del lavoratore �, pag. 155-57; D1sTAso, � Un luogo !jl 
comune in tema di rinuncia >>, Giur. Cass. Civ. 1948, II, pag. 126; Cass. t; 
15 gennaio 1957, n. 79; id. 8 giugno 1957, n. 269; id. 24 ottobre 1961, n. r 
2355); essa, che � considerata un sottotipo del potere di disposizione, 

ii_,_�, 

non � ammessa per i diritti futuri .(Cass. 15 novembre 1954, n. 4233 �, ~ 

Anp. Napoli 11 ottobre 1956, Rep Foro it., v. Rinuncia, n. 10; nonch� 1~_=, 

Bozzi A., voce Rinunzia, N.D.I., vol. XI, pag. 713 e autori citati a nota 

10) e, tanto meno, per i diritti indisponibili. � 

I 

J: 
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. 93~rar~~~---.� -~W%f1MmtL=--~��-W"f~ 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE '2 

Il principio si suole spiegare osservandosi, per un verso, 
che la tutela dei controinteressati contro l'istanza proposta 
con il ricorso straordinario � assicurata dalla presenza, nel procedimento 
instaurato da quel ricorso, dell'organo dell'amministrazione 
che ha formato l'atto impugnato, e, per altro verso, 
che i controinteressati sono vincolati dalla scelta esercitata 
dai cointeressati, fra la via amministrativa e quella giurisdizionale, 
. ai sensi delle norme richiamate. 

A parte che non sempre nel procedimento � presente la 
amministrazione da cui promana l'atto denunciato per l'annullamento, 
come si pu� intendere considerando il caso in cui 
questo atto non promana dallo stesso Ministro competente per 
la decisione, � incontestabile che l'interesse legittimo, cadendo 
nella sfera giuridica del singolo, si differenzia da quello della 
amministrazione, e deve perci� comportare una possibilit� di 
difesa ind�pendente dalle ragioni che pu� esporre l'autorit� 
alla quale l'atto si deve imputare; il che � riconosciuto 
quando si esige la notifica del ricorso ai controinteressati. Tanto 
pi� la posizione di costoro deve ritenersi autonoma nei riguardi 
della pubblica amministrazione in quanto nemmeno � 
sempre vero che gli uni e l'altra possono dedurre difese 
identiche. 

Quanto alla scelta spett�nte ai cointeressati fra il ricorso 
straordinario � il ricorso al Consiglio di Stato, scelta che la 
Corte di cassazione, non avendo proposto la questione della sua 
legittimit�, ha ritenuto non contrastante con il dettato dell'art. �3 
della Costituzione, essa non potrebbe mai pregiudicare i controinteressati, 
la cui posizione soggettiva � del tutto contrapposta 
a quella dei cointeressati, e ai quali quindi non possono 
non spettare poteri propri. Non accordandoli, le norme predette 
hanno negato ai controinteressati financo quel modo di 
tutela che comunque esse� avevano ritenuto sufficiente per i 
cointeressati. 

3. -Deve pertanto ritenersi fondata la questione proposta 
dalla Corte di cassazione e deve decidersi in conformit�, 
senza che (ex art. 27 1. 11 marzo 1953, n. 87) si possa dichiarare 
l'illegittimit� costituzionale dell'intero contenuto delle 
norme denunciate, come domanda l'Ordine dei geometri nella 
sua memoria, non essendo di ordine conseguenziale la questione 
che concerne il ricorrente e i cointeressati. 
� Ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione a Sezioni 
Unite, 4 aprile 1963 -Pres. Torrente -Est. Rossano: 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FATTO E DIRITTO. -Con atto del 14 gennaio 1960 Tata Nardini, in 
nome proprio e come presidente del Consiglio dell'Ordine dei geometri, 
proponeva ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale contro 
il decreto del Presidente della Repubblica, in data 26 agosto 1959 
(cfr. G. U. del 21 novembre 1959), con il ,quale era stato accolto il 
riesame straordinario proposto dall'Ordine degli ingegneri di Venezia 
e dal Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia 
contro una circolare del Ministero dei lavori pubblici, in data 5 maggio 
1955, circa i limiti dell'attivit� professionale dei geometri. Il Nardini, 
con il predetto ricorso giurisdizionale, denunciava la violazione 
degli artt. 61 reg. 21 aprile 1941, n. 444, 24 Cost. e 5 legge comunale e 
provinciale. 

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione del 24 maggio 
1961, n. 12, ammesso l'interesse a ricorrere del Nardini, in proprio e 
nella qualit�, dichiarava inamissibile il ricorso per i vizi denunciati in 
quanto proposto contro la decisione del Presidente della Repubblica che 
pronunciava sul ricorso straordinario. 

Il Consiglio dell'Ordine dei geometri e il Nardini hanno proposto 
ricorso a queste Sezioni Unite per difetto di giurisdizione sotto due distinti 
aspetti, 

L'Ordine degli ingegneri della Provincia di Venezia e il Collegio degli 
ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia sostengono che il 
ricorso a queste Sezioni Unite sia inammissibile in quanto concerne non 
un difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato ma l'nterpretazione 
delle norme che disciplinano la impugnabilit� della decisione sul ricorso 
straordinario in relazione al ricorso giurisdizionale. L'interpretazione 
accolta dalla impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio 
di Stato, secondo i resistenti, anche se erronea, sarebbe sottratta al sindacato 
di queste Sezioni Unite per disposizione di legge. 

E' sufficiente considerare in contrario che la decisione impugnata 
ha negato la tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo dedotto dai 
controinteressati sulla base dell'interpretazione dell'art. 34 r.d. 26 giugno 
1924, n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato; conseguentemente 
il ricorso a queste Sezioni Unite dei controinteressati � ammissibile 
a norma dell'art. 362 c.p.c. per motivi attinenti alla giurisdizione, 
tra i quali � compreso anche il diniego di tutela giurisdizionale dell'interesse 
legittimo. 

I ricorrenti, nel primo motivo di ricorso, sostengono che il difetto 
di giurisdizione debba senz'altro rilevarsi, in mancanza di una norma di 
legge che esplicitamente escluda il ricorso al Consiglio di Stato in sede 
giurisdizionale ai sensi dell'art. 26 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, 
approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; soltanto per il caso che la 
esclusione del ricorso si ritenga fondata su i commi secondo e terzo 
dell'art. 34 del predetto t.u. sollevano la questione di legittimit� costituzionale 
per violazione dell'art. 113 della Costituzione. 

Ma deve considerarsi che la impugnata decisione dell'Adunanza Plenaria 
ha negato l'ammissibilit� del ricorso giurisdizionale contro il 
decreto del Presidente della Repubblica, che decide sul ricorso in sede 
amministrativa, a meno che non siano dedotti vizi di procedimento o 
di forma suoi propri (omesso parere del Consiglio di Stato, omessa deliberazione 
del Consiglio dei Ministri, omessa menzione di tali adempimenti, 
omessa motivazione della difforme deliberazione del Consiglio 
dei Ministri su alcuni motivi non presi in esame dal Consiglio di Stato, 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

incompetenza del Ministro proponente, pronuncia nel merito anzich� 
sulla legittimit�, etc.), conformemente ad una interpretazione dei menzionati 
commi secondo e terzo dell'art. 34, che risale alla stessa istituzione 
del Consiglio di Stato come giudice di legittimit� per la tutela 
degli interessi legittimi. Tale interpretazione, se si ha riguardo alla formula 
delle disposizioni, si fonda sulla previsione del menzionato secondo 
comma, il quale esclude, in generale, l'ammissibilit� del ricorso 
giurisdizionale � quando, contro il provvedimento definitivo, siasi presentato 
ricorso in sede amministrativa, secondo la legge vigente �; e, in 
connessione con la previsione medesima, ha riguardo a quella . del terzo 
comma, che disciplina il principio dell'alternativit� � quando il provvedimento 
si riferisce direttamente ad altri interessati� senza considerare 
il caso di terzi che abbiano interesse opposto al ricorrente ( controinteressati), 
giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento, 
e ai quali questo direttamente si riferisca. L'interpretazione medesima 
poi storicamente ha origine nella distinzione tra giustizia ritenuta 
e giustizia delegata �ed � stata costantemente affermata dal Consiglio di 
Stato� in sede giurisdizionale e ritenuta esatta dagli studiosi della materia. 
Un mutamento di essa da parte di queste Sezioni Unite, sia pure 
per quanto concerne l'ammissibilit� del ricorso da parte dei controinteressati 
attuali ricorrenti, lascerebbe dubbi sulla sua esattezza e sullo 
stesso mantenimento di una diversa interpretazione, dati il peso degli 
argomenti che sono apparsi efficaci fino all'attuale Costituzione e alla 
previsione dell'art. 113 della stessa circa la tutela giurisdizionale dei 
diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Non ravvisandosi pertanto 
di compiere un riesame approfondito della questione con riguardo particolare 
agli argomenti addotti nella decisione dell'Adunanza Plenaria, 
una pronuncia di illegittimit� costituzionale dei su citati commi secondo 
e terzo dell'art. 34, per quanto attengono a controinteressati e alle conseguenze 
che ne deriverebbero circa la scindibilit� delle posizioni soggettive 
degli interessati ricorrenti in relazione ai loro rispettivi interessi 
legittimi, avrebbe influenza decisiva sul fondamento del ricorso 
per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato sull'interesse legittimo 
che si assume violato; e non � affatto manifestatamente infondato, in 
quanto le disposizioni medesime giustificano dubbi sulla previsione di 
inammissibilit�, dato il contenuto dell'art. 113 per quanto attiene alla 
tutela giurisdizionale degli interessi legittimi e alla ammissibilit� di limiti 
della stessa. 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� febbraio 1964 n. 2 -Pres. Ambro


sini -Rel. Fragali -Porcelli c. Istituto Nazionale Previdenza 

Sociale. 

Costituzione della Repubblica -Previdenza e assistenza -Termine per 

la proposizione dei ricorsi in tema di assegni familiari -Decorren


za dalla data di spedizione della decisione impugnata -Illegitti


mit� costituzionale. 

(Cost. artt. 24, 113; t.u. d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 58, 4� 

comma). 

-



10 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E' costituzionalmente illegittima, per contrasto con gli artt. 
113 e 24 della Costituzione, la norma di cui all'art. 58, IV 
comma d.P.R. 30 maggio 1955 n. 797, che fa decorrere a carico 
dell'interessato il termine per proporre il ricorso al Ministero 
del Lavoro e l'azione giudiz~aria, non dalla data di recezione 
del provvedimento impugnabile, ma dalla data di consegna ali'ufficio 
postale della lettera contenente la comunicazione del 
provvedimento stesso (1). 

(Omissis). -1. -Il Tribunale di Matera ha osservato che 
� breve il termine stabilito per la proposizione dell'azione giudiziaria 
in materia di assegni familiari. Ma � addivenuto a tale 
rilievo soltanto per farne conseguire la maggiore gravit� degli 
inconvenienti che produce la norma sancita nel IV comma 
dell'art. 5& del t.u., che regola la materia oggetto specifico della 
questione di legittimit� costituzionale proposta, secondo la quale 
quel termine decorre dalla data della spedizione postale 
della lettera di comunicazione delle decisioni amministrative. Infatti, 
nel dispositivo, l'ordinanza non fa richiamo al I e al II comma 
dello stesso articolo, che fissa quel termine; e nei motivi ammette 
che un termine breve potrebbe talora essere necessario, 
ad avviso discrezionale del legislatore. 

Ritiene perci� la Corte che non possa discutersi in questa 
sede della congruit� del termine in esame; del resto, solitamente 
giustificata con l'esigenza di rendere rapida la definizione di 
controversie, che, come quelle relative agli assegni familiari, 
hanno contenuto spiccatamente sociale. E limita quindi il suo 
giudizio alla norma che statuisce sulla decorrenza del termine 
predetto. 


2. -Questa norma non si accorda con l'art. 113 della Costituzione. 
A parte che essa deroga senza alcuna giustificazione al sistema 
cui � ispirato quello generale delle notificazioni e delle 
comunicazioni a mezzo del servizio postale, il quale aderisce al 
criterio della recezione, � decisivo osservare che l'altro principio, 
quello della spedizione, adottato nella norma denunciata, fa 
decorrere il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria 

(1) Decisione di indubbia esattezza, che pone rimedio ad una palese 
anomalia rispetto ai princip� generali in tema di conoscenza del provvedimento 
impugnato: art 5, legge comunale e provinciale; art. 36, t.u. 26 
giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato; artt. 1 e 3, reg. 17 agosto 
1907, n. 642, e disposizioni analoghe per la G.P.A. 
L'ordinanza di rimessione 17 gennaio 1963 del Tribunale di Matera 
� pubblicata in Gazz. Uff., 6 luglio 1963, n. 180. 

fJ 


PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11 

dall'avverarsi di un fatto che si manifesta fuori della sfera giuridica 
dell'interessato, e del cui verificarsi questi � in grado di 
avere notizia solo se e quando ne riceva comunicazione. Ma la 
conoscenza della decisione del Ministro pu� ritardare, a causa 
degli impedimenti che possono colpire la sfera dell'ufficio postale, 
ed allora il termine per ricorrere al giudice potrebbe in 
fatto ridursi o financo restare eliminato, e rimarrebbe condizionata 
alla diligenza di quell'ufficio, e comunque al fatto delle persone 
addette ad esso, la possibilit� di una reazione giurisd�zionale 
del destinatario o di una reazione adeguata. 

Questa Corte ha deciso altra volta (sentenza 22 novembre 
1962, n. 93) che il diritto di difesa deve essere regolato dalla 
legge ordinaria in modo da assicurarne l'effettivit� o da non 
renderne l'esercizio estremamente difficile; e la particolare natura 
delle controversie relative agli assegni familiari non pu� 
essere motivo di pregiudizio all'esplicazione di un diritto garantito 
costituzionalmente. Assicura invece questa esplicazione 
il principio che fa esaurire nella recezione il procedimento di 
notificazione o di comunicazione a mezzo del servizio postale 
dell'atto contro cui la parte pu� avere interesse a reclamare. 

E' ovviamente di nessun rilievo l'obiettare che, secondo la 
prevalente interpretazione del sistema, per il disposto dell'art. 98 

r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, richiamato nell'art. 58 del testo 
unico sugli assegni familiari, la parte pu� esperire l'azione giudiziaria 
dopo che siano trascorsi sessanta giorni dalla presentazione 
del ricorso al Ministro, ove entro tale termine il ricorso 
non sia stato deciso. Tale facolt� non � data per rendere possibile 
quella azione quando la parte abbia ricevuto in ritardo o 
non abbia ricevuto la comunicazione della decisione ministeriale, 
e quindi quale mezzo di protezione contro il pericolo che l'interessato 
decada dall'azione giudiziaria per avere ignorato che 
gli � stata spedita la comunicazione predetta. E' data per stimolare 
il Ministro all'esame sollecito del ricorso contro la decisione 
del comitato; tanto vero che non viene meno il diritto 
dell'interessato alla tutela giurisdizionale se egli, confidando nella 
fondatezza delle sue �stanze, attendesse il completarsi del 
procedimento che ha iniziato (arg. art. 460 cod. proc. civ.). 
3. -La norma impugnata deve dichiararsi illegittima anche 
per quanto si riferisce alla decorrenza del termine per il ricorso 
al Ministro. Infatti la regola che fa iniziare tale termine dalla 
consegna all'ufficio postale della lettera con cui si comunica 
all'interessato la decisione sfavorevole del comitato speciale � 
pure lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale, perch� un ir

12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~ 
12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
regolare funzionamento di quell'ufficio, ove provocasse la deca~ 
denza dal ricorso al Ministro, rendendo immutabile la pronunzia 
del comitato, precluderebbe l'azione giudiziaria. 

Non � dubbio che, se si applica alla specie il ricordato 
art. 98 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, la parte, come dopo il 
decorso di un uguale termine, pu� agire in via giudiziaria ove 
il Ministro non si sia pronunziato sul ricorso contro la deliberazione 
del comitato, cos� ha facolt� di ricorrere al Ministro 
se il comitato non avr� deciso entro sessanta giorni sull'istanza 
ad esso proposta. Ma le considerazioni sopra svolte circa le 
finalit� della norma che attribuisce quel potere valgono a convincere 
che la sua attribuzione non elimina nemmeno il vizio di illegittimit� 
della disposizione che fa decorrere dalla data di spedizione 
postale anche il termine per il ricorso al Ministro contro la 
decisione del comitato speciale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964 n. 3 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Castelli Avolio -Regione Siciliana c. Pres. Consiglio 
dei Ministri e Ministero P .I. 

Sicilia -Regione Siciliana -Conflitto di attribuzioni -Istruzione pub


blica -Decisione dei ricorsi gerarc~ici degli insegnanti elementari 

in materia di concorsi banditi nelle provincie siciliane -Compe


tenza dell'Assessore alla P.I. della Regione -Esclusione. 

(Statuto regione sic., artt. 14, 17, 20). 

Spetta al Ministro della P. I. e non all'Assessore alla P. I. 
della Regione Siciliana la competenza a decidere i ricorsi gerarchici 
degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi 
nelle provincie della Sicilia (1). 

(1) La Corte Costituzionale, in accoglimento delle difese svolte dall'Avvocatura, 
ha accolto il principio gi� espresso dal Ministero della P.I. con 
la circolare 30 novembre 1962, n. 7325, che anche nelle provincie siciliane 
la competenza a decidere i ricorsi gerarchici per i concorsi magistrali 
spetti agli organi dell'Amministrazione dello Stato e non alla Regione. 
La sentenza della stessa Corte Costituzionale 30 dicembre 1958, n. 77, 
richiamata nel testo, � pubblicata in Giur. it. 1959, I, 389. 

La presente sentenza, trattando ancora della controversa interpretazione 
dell'art. 20 dello Statuto siciliano (cfr. DE FINA, Il passaggio delle 
funzioni amministrative dello Stato alla Regione Siciliana, Foro it. 1955, 
IV, 145) precisa che, affinch� possa esplicarsi in concreto l'attivit� am-

X 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 

(Omissis). -La difesa della Regione sostiene che il Presidente 
della Guinta regionale o l'Assessore alla P.I. abbiano, in base all'art. 
20 dello Statuto, una competenza amministrativa generale 
e permanente, che si riferirebbe �non solo alle materie demandate 
alla competenza legislativa della Regione, tassativamnte 
indicate nello Statuto, ma anche a quelle destinate a rimanere 
di pertinenza dello Stato �, 

Per sorreggere questa affermazione si richiama, innanzi 
tutto, ad un elemento storico, cio� ai precedenti legislativi rappresentati 
dal d.l. 18 marzo 1944, n. 91, e dal d.l. lg. 28 
dicembre 1944, n. 416, modificato col d.l. lg. 1� febbraio 1945, 

n. 50. Con questi decreti fu creato in Sicilia l'Alto Commissariato 
il quale, salvo alcune esclusioni, era competente ad esercitare 
nell'Isola tutte le attribuzioni delle Amministrazioni centrali. 
Soppresso l'Alto Commissariato e entrato in vigore lo 
Statuto speciale, � sarebbe inverosimile -scrive la difesa della 
Regione -pensare che lo Statuto, norma fondamentale dell'autonomia 
siciliana, abbia voluto togliere alla Sicilia ci� che la 
Sicilia gi� aveva: sarebbe contraddittorio concludere che lo 
Statuto, atto emanato per approfondire e sviluppare il solco 
iniziato col d.l. 1944, n. 91, abbia introdotto restrizioni rispetto 
alla disciplina preesistente �. Ma questo riferimento e l'illazione 
che se ne trae non valgono, perch� � appunto il d.l. del 
1944, n. 91 che, nello stabilire, con l'art. 2, le attribuzioni dell'Alto 
Commissariato per la Sicilia, espressamente eccettuava, 
nell'ultimo comma, la materia riguardante gli impiegati dello 
Stato (e non si � mai dubitato che gli insegnanti elementari siano 
impiegati dello Stato) e quelli degli enti di diritto pubblico. 
E questa esclusione veniva confermata nell'art. 1 del pure invocato 
d.l. lg. 28 dicembre 1944, n. 416. Il d.l. lg. 1� febbraio 
1945, n. 50, concerne modificazioni riguardanti soltanto 
la composizione della Consulta regionale e non contiene alcuna 
ministrativa della Regione, nelle materie indicate nell'art. 20, 1� comma, 
2� parte dello Statuto, occorrono i due fondamentali requisiti 
della attribuzione del potere da parte dello Stato, e delle direttive per 
l'esercizio di tale potere. Mancando anche uno solo di tali requisiti, non 
pu� attuarsi la previsione astrattamente indicata nello Statuto. 

N� pu� parlarsi di esercizio, da parte della Regione, dei poteri amministrativi 
non delegati, ma primari, (i poteri, cio�, della prima parte 
dell'art. 20, 1� comma, nella materia in cui la Regione ha legislazione 
esclusiva), perch� ci� presuppone il trasferimento delle relative attribuzioni, 
legislative ed amministrative, dallo Stato alla Regione, e fin tanto 
tale trasferimento non abbia luogo, � illegittima ogni ingerenza della 
Regione (Corte Cost., 15 luglio 1959, n. 44, Giur. it., 1959, I, 1302). 

-



14 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norma che si riferisca alle attribuzioni dell'Alto Commissariato, 
mentre col cl.I. 30 giugno 1947, n. 567, che reca norme transitorie 
per l'attuazione dello Statuto siciliano, veniva stabilito 
che: � fino a quando non sar� attuato completamente il passaggio 
degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, e 
fino a quando non saranno emanate tutte le norme occorrenti 
per l'attuazione dello Statuto della Regione siciliana, continuano 
ad osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni del r.d.I. 
18 marzo 1944 n. 91, e successive aggiunte e modificazioni�, 
Si � riportati, quindi, alla eccettuazione espressamente contenuta 
nel richiamato precedente decreto. 

Bisogna pertanto riandare all'art. 20 dello Statuto speciale
� per accertare se questo, per se stesso, in qualche guisa ., 
giustifichi l'attribuzione della materia in esame agli organi della 
Regione. 

La difesa della Regione sostiene che i suoi organi sarebbero 
competenti in base alla disposizione del I comma, II parte, 
dell'articolo 20, e che nel caso in esame ricorrerebbe una fattispecie 
analoga a quella della Corte con la menzionata sentenza 
n. 77 del 1958. Ma va subito osservato che la controversia 
decisa con questa sentenza era del tutto particolare. La Corte, 
limitando il proprio esame, in relazione al caso da decidere, 
alla materia dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie 
di insegnanti elementari disposto dall'Assessore regionale alla 
P.I., ebbe a rilevare che il Ministero aveva � sempre� inviato 
all'Assessore i relativi atti e che non erano mancate le direttive 
della Amministrazione centrale. E concludeva : � Di conseguenza, 
si deve dichiarare che la Regione ha operato nella materia 
della presente controversia non jure proprio, bens� quale organo 
decentrato dell'Amministrazione statale, la quale rimane titolare 
di questi poteri fino a quando non passeranno alla Regione 
con il procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto 
siciliano o in altra guisa giuridicamente efficace. In tale veste 
l'Amministrazione regionale � tenuta a sottostare alle direttive 
dell'Amministrazione centrale dello Stato�. In questo modo la 
Corte, mentre decideva un caso particolare, chiaramente precisava 
il concetto -che va ribadito anche rispetto all'attuale 
controversia -eh~, per aversi una competenza decentrata della 
Regione in virt� della 2� parte del 1� comma dell'articolo 20 
dello Statuto speciale, occorre, come del resto si desume dal 
detto articolo, che vi sia l'attribuzione del potere da parte del 
competente organo dello Stato -attribuzione sia pure desumibile 
da fatti concreti -e che da quello vengano date le diret



PARTE J, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB E INTERNAZIONALE 15 


tive. Diviene una quaestio facti ii modo come tali direttive 
siano date. 

Nel caso attuale la materia � diversa da quella esaminata 
nella ricordata sentenza, trattandosi di proposizione e risoluzione 
di ricorsi gerarchici; non sono stati inviati per la decisione 
all'organo regionale tutti i ricorsi inoltrati al Ministero 
della P.I. (i due, soltanto, trasmessi dal Ministero all'Assore 
dopo l'ordinanza del 1961, potrebbero anche essere stati 
inviati per errore); mancano del tutto le direttive, le quali non 
� escluso che possano essere date anche in questa materia. 

Si deve dunque risolvere la presente controversia affermandosi 
la competenza del Ministro per la P .I. a decidere i ricorsi 
'gerarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi 
banditi nelle provincie della Sicilia, e respingersi, di conseguenza, 
il ricorso della Regione. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 gennaio 1964, n. 4 -Pres. Ambrosini 
:: Rel. Cassandra -Regione Sarda c. Presidenza Consiglio 
dei Ministri. 

Sardegna -Regione Sarda -Statuto speciale -Piano regolatore generale 
degli acquedotti e legge di delega al Governo ad emanare le 
relative norme -Contrasto con Io Statuto della Regione Sarda Esclusione. 


(1. 4 febbraio 1963, n. 129; Statuto regione sarda, artt. 3, 4, 6, 14). 
Non contrasta con le disposizioni dello Statuto speciale per 
la Regione Sarda la l .. 4 febbraio 1963, n. 129 che detta norme 
per la compilazione di un piano regolatore generale degli acquedotti 
e delega il Governo ad emanare le relative norme di 
attuazione, in quanto essa prevede la normalizzazione del rifornimento 
idrico dell'intero territorio nazionale, secondo un piano 
che non pu� essere impostato se non con una visione generale 
delle necessit� del Paese con riferimento ai mezzi finanziari necessari 
a risolvere il problema, con un ordine di preferenza che 
pu� essere fissato solo dal legislatore statale (l). 

(1) E' la prima volta, a quanto risulta, che la Corte Costituzionale ha 
dovuto occuparsi della legittimit� costituzionale, con riferimento alla 
autonomia regionale, di una legge contenente l'enunciazione di un � programma 
� tecnico-economico, valevole per .l'intero territorio nazionale. 
E, nel �leddere l'impugnativa sollevata dalla Regione sarda, la 
Corte ha chiaramente precisato la subordinazione dell'autonomia re

16 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


(Omissis). -La questione fondamentale, e che assorbe 
tutte le altre sottoposte all'esame della Corte, � questa: se lo 
Stato sia, oppure non, competente a emanare leggi che abbiano 
per loro contenuto la formulazione di programmi e piani, riguardanti 
l'intero territorio statale, comprese in questo le Regioni 
a statuto speciale, e relativi all'intera economia del Paese 

o a questo o a quel settore di essa. 
Posta in questi termini, la questione non pu� non essere 
risolta se non positivamente, nel senso, cio�, che � lo Stato ad 
avere una competenza siffatta; e non pu� non averla, perch� 
soltanto ad esso spetta la tutela degli interessi generali. Detto 
diversamente, l'efficacia della legge statale non si arresta, in 
questi casi, ai confini della Regione sia a statuto ordinari�, sia 
a statuto speciale. La Corte ha gi� affermato questo principio 
nella sentenza n. 12 del 1963 proprio con riferimento alla Sardegna. 
Esso ha il suo fondamento nell'altro dell'unit� dello Stato, 
della quale le autonomie regionali sono un'articolazione, e 
trova espressione nel rispetto degli interessi nazionali e delle 
norme fondamentali delle riforme economico-sociali, imposto 
esplicitamente o implicitamente come limite della potest� legislativa 
regionale e sancito per la Sardegna negli artt. 3 e 4 
dello Statuto. 

gionale -che, gi� di per s�, pu� svolgersi solo nei limiti dei principi fondamentali 
stabiliti dalle leggi dello Stato e sempre che non contrasti con 
l'interesse nazionale o con quello di altre Regioni (art. 117 Cost.) -alle 
esigenze pi� ampie di una programmazione a carattere nazionale, pur 
non trascurando di porre in evidenza la necessit� del coordinamento con 
le esigenze regionali. 

Che tale soluzione sia ineccepibile basterebbe a dimostrare gi� solo 
l'art. 41, ultimo comma, della Costituzione, il quale prevede, appunto, 
� programmi � e controlli opportuni disposti, in base alla legge, perch�, 
l'attivit� economica pubblica e privata possa essere coordinata a fini sociali. 
Trattasi di una norma valevole per gli Enti pubbl�ci non meno che 
per i privati. 

Limite formale a tale potere programmatico dello Stato � la riserva 
di legge, la quale, peraltro, non va intesa in senso assoluto, come da taluno 
si propende a ritenere (Fms, Osservazioni sui limiti dell'impugnativa 
costituzionale e sulla riserva di l�gge prevista dall'art. 41 Cast., Giur. 
cost., 1958, 25), bens� in senso relativo (PREDIERI, Profili costituzionali, natura 
ed effetti dei piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle 
decisioni giurisprudenziali, Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 240; SANTANIELLO, 
Gli atti amministrativi generali a contenuto non normativo, Milano, 1963, 
171), nel senso, cio�, che il legislatore determina il programma, il 
quale viene successivamente attuato mediante uno o pi� atti amministrativi-
piani. 

Nella precedente sentenza 24 giugno 1961, n. 35, (Giur. it. 1961, I, 1032, e 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE l� 

Che il piano generale degli acquedotti sia un piano ispirato 
a un preminente e fondamentale interesse nazionale e che esso 
possa essere collegato, entro certi limiti, con le riforme economico-
sociali, delle quali � parola nelle previsioni legislative sopra 
ricordate degli statuti speciali, non pare possa essere revocato 
in dubbio. Vero � che la difesa della Regione ha tentato di 
distinguere tra � programmazione economica � e � pianificazio


ne tecnico-urbanistica � collegata ad una parallela e complementare 
programmazione di interventi finanziari, per ammettere 
la competenza statale ad emanare soltanto norme che abbiano 
ad oggetto la prima, vale a dire la � programmazione economica
�. Ma, a prescindere dalla fondatezza di una distinzione siffatta, 
che pu� accettarsi assegnando alla �programmazione economica 
� una significazione ampia e generica, tale, cio�, da abbracciare 
l'intera economia del Paese al fine di segnare le grandi 
linee direttive dello sviluppo economico della collettivit�, non 
ritiene la Corte che essa possa essere invocata per giustificare 
una dichiarazione di illegittimit� della legge impugnata. 

In realt�, un piano generale per gli acquedotti, che si proponga 
di assicurare i rifornimenti idrici a tutta la popolazione 
della Repubblica, o, come dicono i tecni�i, di �normalizzare� 
con riferimento a certi parametri quantitativi e temporali, la 

richiami di dottrina ivi indicati) la stessa Corte Costituzionale aveva 
chiaramente precisato i limiti e le modalit� del �programma� che, nella 
fattispecie allora decisa, era ben pi� settoriale che non il piano degli acquedotti, 
e cos� testualmente affermava: � Non basta, dunque, che la 
legge determini genericamente i fini che con i detti programmi si vogliono 
raggiungere. Occorre la specificazione dei fini, la precisazione dei criteri 
da seguire per il raggiungimento di questi fini, l'indicazione dei mezzi, la 
determinazione degli organi che sono chiamati ad attuare i programmi o 
che sorto stabiliti per esercitare i controlli. Non basta attribuire un potere 
in 'vista del raggiungimento dei fini, ma bisogna anche stabilire i 
limiti e l'estensione del potere e prevedere gli. effetti che con gli atti, 
derivanti da tale potere, si producono. In concreto, talvolta la legge 
stessa attraverso le sue disposizioni determiner�, col programma, le finalit�, 
fisser� i criteri di attuazione, gli organi, i poteri e le limitazioni dei 
poteri degli organi, l'estensione della libert� che pur bisogna lasciare agli 
operatori ed ogni altra particolarit� atta a meglio disciplinare il programma, 
altra volta sar� pi� opportuno che la legge approvi semplicemente 
un programma o piano, separatamente formato nei suoi particolari, ma 
discusso con la legge stessa e allegato alla medesima, e quindi di essa 
facente parte integrante, salvo a modificare, con. legge, questa legge di 
approvazione o il piano allegato, soltanto quando circostanze di tempo o 
mutazioni economiche lo richiederanno. L'organo legislativo � in ci� sovrano 
e, a seconda dei casi, presceglier� forma e sostanza, salvi per� 
sempre i dettami della Carta costituzionale �. 



18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

soddisfazione di un bisogno primario e fondamentale degli abitanti, 
non pu� essere impostato� se non secondo una visione generale 
delle necessit� del Paese e con riferimento ai mezzi firiaru


ziari necessari a risolvere il problema e alla assegnazione di 
codesti mezzi ai vari settori secondo un ordine di preferenze che 
non pu� essere fissato se non dal legislatore statale. E d'altra 
parte � difficile negare che un piano, il quale si proponga le finalit� 
sopra enunciate, non sia riconducibile a quelle modificazioni 
delle �infrastrutture� (come usa dire), che sono condizione 
e, insieme, parte delle riforme economico-sociali che lo Stato 
� tenuto a perseguire secondo gli indiiizzi e col rispetto dei limiti 
posti dalla Costituzione. 
Ci�, tuttavia, non significa che la competenza statale in questo 
campo sia cos� assorbente da limitare ogni altra competenza 
regionale fino ad eliminarla affatto. Qualora si affermasse un 
principio di questo genere, si correrebbe il rischio di vedere 
compromessa l'autonomia regionale e perfino negate la stessa 
sua ragione d'essere, che � quella di dare soluzioni appropriate 
ai problemi particolari di ciascuna Regione e tutela adeguata ai 
relativi interessi. 
Occorre perci� che in questo campo il preminente interesse 
generale, del quale � portatore lo Stato, si coordini e si concilii 
con l'interesse particol�re del quale � portatrice la Regione, 
quando dalla impostazione generale del piano si scenda alla sua 
La 1. 4 febbraio 1963, n. 129, risponde pienamente a tali limiti ed 
a tali modalit�, con la previsione specifica degli organi chiamati ad elaborare 
il piano, del suo contenuto analiticamente determinato, delle forme 
. di pubblicit�, delle osservazioni ed opposizioni, delle conseguenze 
giuridiche vincolanti per i terzi (riserva delle acque incluse nel piano), ed, 
infine, delle norme di attuazione del piano stesso, da adottare con la 
forma dei decreti legislativi delegati, secondo principi direttivi e termine 
perentorio predisposti nella stessa legge, in ottemperanza all'art. 76 della 
Costituzione. 
Di conseguenza per quanto riguarda le specifiche norme di legge 
impugnate la Corte ha dichiarato assorbite le censure di legittimit� costituzionale 
mosse dalla Regione, in quanto esse pongono solo i criteri direttivi 
del piano regolatore costituendone la premessa necessaria, mandando 
all'Esecutivo ed al Legislatore di stabilire, rispettivamente, il contenuto 
del piano e le norme per la sua attuazione. 
Questa affermazione della Corte sembra particolarmente importante 
perch� pone a fuoco, se pure non espressamente, il problema della ammisI,: 
. 
.[ 
sibilit� dell'impugnativa costituzionale avverso leggi deleganti non ancora 
seguite dalle leggi delegate. 
Finora, infatti a partire dalla fondamentale sentenza 24 gennaio 1957, 
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wi 
n. 3 (Giur. cost. 1957, 11), la Corte aveva ritenuto la propria competenza 
a conoscere delle leggi deleganti solo come mezzo per giudicare della 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 

specificazione concreta. Soprattutto in questa fase, che � la fase 
di realizzazione del piano generale attraverso piani regionali, 
deve intervenire il necessario coordinamento dell'opera statale 
con quella regionale, nell'ambito e nel rispetto delle competenze 
statutarie delle singole regioni. 

E' stata questa, del resto, la via seguita dal legislatore per 
la formulazione del piano organico di rinascita della Sardegna, 
itJ:revisto dall'art. 13 dello Statuto speciale e per gli interventi 
straordinari nell'Italia meridionale e insulare ad opera della 
Cassa del Mezzogiorno. Nel primo caso il piano � disposto dal 
Comitato dei Ministri. per il Mezzogiorno col concorso della Regione 
autonoma della Sardegna, concorso che si realizza mediant� 
la partecipazione del Presidente della Giunta regionale 
con voto deliberativo alle deliberazioni del Comitato dei Ministri, 
e mediante l'intesa tra gli organi tecnici della Regione per 
la Cassa per il Mezzogiorno nella fase di predisposizioni del 
piano generale e dei programmi annuali e pluriennali nell'ambito 
di quello, tutti sottoposti, poi, all'approvazione del Comitato 
dei Ministri come sopra integrato (artt. 1, 3 e 4 della I. 11 
giugno 1962, n. 588). Nel secondo caso, i programmi particolari 
delle opere relative alla Sicilia e alla Sardegna sono predisposti 
dalle Amministrazioni delle Regioni d'intesa con la Cassa per il 
Mezzogiorno, competente poi ad approvarli, e nell'ambito di un 
piano o programma generale predisposto e approvato �lal Co-

validit� delle relative leggi delegate; e cos�, nell'esercizio di tali poteri, 
la Corte aveva affermata la sua competenza a sindacare anche la validit� 
del procedimento . formale per l'approvazione della legge delegante, 
della sussistenza e dell'ampiezza dei principi direttivi, della prefissione 
del termine, della sua eventuale proroga, ecc. 

Ma non era ancora avvenuto che s'impugnasse una legge delegante 
prima ancora che -con l'emanazione del decreto delegato -fosse 
concretamente manifestata e resa attualmente operante verso tutti i 
cittadini la volont� del legislatore. 

Di fronte ad una situazione siffatta � lecito il dubbio sull'ammissibilit� 
dell'impugnazione. La legge di delegazione, invero, � legge strumentale, 
come fonte del potere del Governo; ed � solo indirettamente o 
mediatamente legge materiale (LIGNOLA, La delegazione legislativa, Milano, 
1950, 151), anzi, ;pu� dirsi, lo � solo condizionatamente all'effettivo 
esercizio della delega da parte del Governo. Se quest'organo lascia scadere 
il termine stabilito, la legge delegante, bench� formalmente e sostanzialmente 
valida, � � inutiliter data �. Cosicch� il controllo di legittimit� 
costituzionale, che � ammesso per le leggi formali recanti disposizioni in 
senso materiale (REDENTI, Legittimit� delle leggi e Corte costituzionale, 
Milano, 1957, 20) non sembra esercitabile in ipotesi del genere, dove le 
conseguenze sostanziali connesse all'esercizio della funzione legislativa 
sono addirittura quiescenti e condizionate. 

-



20 li

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I~ 

mitato dei Ministri (art. 25, 1. 10 agosto 1950, n. 646). In 
virt� di questa legge e delle successive che l'hanno modificata 
e integrata (segnatamente quella 29 luglio 1957, n. 634), � stato 'f.1 
predisposto e approvato ed � gi� in fase di avanzata attuazione 
il � piano di normalizzazione � dei rifornimenti idrici per tutti 
i �centri abitati� della Sardegna (come fu ricordato al Senato 
durante la discussione della legge impugnata); sulla base del 
quale sono state poste a carico totale dello Stato le opere principali 
di raccolta e di adduzione delle acque, ivi compresi i serbatoi, 
nonch�, per la maggior parte dei centri abitati, quelle di 
distribuzione interna e degli impianti e reti di fognatura, che 
la legislazione precedente poneva a carico dei Comuni (artt. 5, 1. 
10 agosto 1950, n. 646 e 6 1. 29 luglio 1957, n. 634). 

i 

N� si pu� dire che la legge impugnata abbia seguito una ra 
via diversa, trascurando l'esigenza che l'opera d'intervento statale 
si coordini con quella regionale per assicurare che l'attivit� 
pianificatrice dello Stato non si compia col sacrificio del


I.
l'autonomia regionale, ma, al contrario, mediante questa e nel 
,

I

rispetto delle competenze della Regione, nell'ambito del quale @ 
gli Statuti le riconoscono e delimitano. Il piano generale, infatti, 
deve essere in primo luogo formulato sentite le Regioni, e, trat' 
tandosi appunto di un piano generale, non poteva essere disposto 
altrimenti. Pretendere, come sostiene la difesa regionale, , 
che in questa� fase si dovesse procedere d'intesa con la Regione, 
, 
,, 
significherebbe rendere impossibile la definitiva redazione del f;:; 


~, 

I 
" 

piano generale, che, necessariamente, deve operare una sintesi ru 
delle diverse esigenze locali e fondarsi su criteri unitari. In sem 
condo luogo le norme di attuazione del piano che, per la delega 
contenuta nell'art. 5, devono essere emanate dal Governo, 
entro il termine di tre anni dall'entrata in vigore della legge, 
devono tener conto delle competenze delle Regioni, ovviamente 
non soltanto di quelle a statuto ordinario, ma altres�, e a mag


It 

gior ragione, di quelle a statuto speciale (nel che, del resto, le 
parti concordano), e, per quel che riguarda la Sardegna, di 
quanto � gi� stato legittimamente predisposto e compiuto dalla ro 
legislazione precedente ed � in via di attuazione nel territorio w

ili

dell'Isola, mediante l'opera concorde dello Stato e della Regione. 
l!i! 

Da quanto precede risulta chiaro che le questioni sollevate ~' 
dalla difesa regionale nei confronti delle� norme contenute ner 
gli articoli impugnati della legge devono ri~enersi assorbite. 1r 
Quelle norme, infatti, pongono soltanto i criteri direttivi del !~ 
piano regolatore, ne costituiscono, cio�, la premessa necessa-m 

i:~ 

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PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 

ria o, come quella dell'art. 3, 2� comma, relativa alla riserva 
delle acque ai sensi dell'art. 51 del t.u. 11 dicembre 1933, 

n. 1775, lo strumento temporaneo e indispensabile per rendere 
possibile a suo tempo la attuazione del piano, e sono pertanto 
esplicazione puntuale e legittima dei poteri che, come si � visto, 
lo Stato ha in questa materia. -(Omissis). 

SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA 
SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI <;ASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963, n. 2194 -Pres. 
Tavolarq -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri 

c. Finanze. � 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 5 agosto 1963 n. 2195 -Pres. 
Tavolaro -Est. Cannizzaro -P. M. Criscuoli (conf.) -Passeri 

c. Finanze. 
Competenza .e giurisdizione -Impiego pubblico -.Controversie in di


pendenza diretta e immediata del rapporto di impiego -Giuri


sdizione esclusiva del Consiglio di Stato. 

Competenza e giurisdizione � Impiego pubblico -Diritti patrimoniali 
conseguenziali -Controversie -Giurisdizione ordinaria. 

La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia 
di pubblico impiego comprende tutte le controversie derivanti 
dal rapporto, non escluse quelle che abbiano per oggetto il pagamento 
di stipendi o di altri assegni in dipendenza diretta ed 
immediata di esso. (1). 

Se sia stato impugnato per illegittimit� l'atto amministra� 
tivo (pur se concretamente consistente in un comportamento 
negativo o in un rifiuto della p.a., che non abbia corrisposto o 
che si sia rifiutata di corrispondere al suo dipendente i com� 
pensi dovuti) e se dalla impugnazione sia derivata una pronun� 
eia di illegittimit� dell'atto,. sorge, correlativamente all'obbligo 
della p.a. di conformarsi alla decisione del. giudice amministra� 
tivo la possibilit� per il dipendente di agire in giudizio davanti 
all'autorit� giudiziaria ordinaria soltanto al fine di far valere i 
pr~pri diritti patrimoniali conseguenziali (2). 

(1-2) Le due annotate sentenze del Supremo Collegio confermano l'indirizzo 
delle Sezioni Unite nel senso che le questioni di ordine patrimoniale, 
strutturalmente e funzionalmente collegate col rapporto di pubblico 
impiego rientrano nella competenza del giudice amministrativo, in 
ossequio al principio� della restitutio in integrum (cfr. da ultimo, Cass., 
Sez. Un., 6 ottobre 1962, n. 2827, Foro it., 1962, I, 1036; Cass., Sez. Un., 22 
gennaio 1957, n. 167, Giur. it. 1957, I, 223). 
Per effetto di tale principio � stato esattamente ritenuto che tutte le 

PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 23 

(Omissis). -La ricorrente denunzia la violazione dello 
art. 30, cpv. t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione all'art. 
360 n. 5 c.p.c., per avere il Consiglio di Stato respinto senza 
riserve e considerazioni il suo ricorso anche per quel che rifletteva 
la domanda specifica, formulata in via subordinata, diretta 
ad ottenere il riconoscimento del suo diritto agli� emolumenti 
fino alla data di notificazione del provvedimento� ministeriale 
impugnato, pur trattandosi di questione attinente a diritti 
patrimoniali conseguenziali alla legittimit� o meno del provvedimento 
medesimo: questione, che, anche nelle materie deferite 
alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, � da 
ritenersi compresa fra quelle riservate alla cognizione dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria. 

La censura � infondata. �L'art. 30 del t.u. sul Consiglio 
di Stato 26 giugno n. 1054, dopo aver stabilito che nelle 
questioni deferite alla giurisdizione esclusiva del Consiglio medesimo, 
questo conosce anche di tutte le questioni relative a 
diritti, riserva, � vero, all'Autorit� giudiziaria ordinaria le que


� voci � costituenti la retribuzione dell'impiegato, comprese quelle di carattere 
accessorio, trovano collocazione sotto il pi� ampio paradigma 
della retribuzione, come erogazione dovuta da parte della p.a. (Cass., 
Sez. Un., 18 luglio 1961, n. 1750, Foro amm., 1961, II, 417; Cass., Sez. Un., 
1� febbraio 1961, ivi, II, 201); e che tali voci non possono essere richieste, 
nemmeno a titolo di risarcimento danni, all'a.g.o. (Cass., Sez. Un., 23 
febbraio 1956~ n. 512, Foro it., 1956, I, 1319; Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1962, 

n. 2827, cit.). 
Per converso, il Consiglio di Stato pur ammettendo il principio dell'automatismo 
della restitutio in integrum, aveva ritenuto fossero da escludere 
dalla propria giurisdizione le richieste di indennit� accessorie, come, 
ad esempio, il premio di presenza (Ad. PI. 27 febbraio 1954, n. 12, Il Consiglio 
di Stato, 1954, I, 107; Sez. IV, 30 dicembre 1958, n. 996, ivi, 1535). 

In dottrina, per un riassunto della questione, cfr. TROCCOLI, La "resti� 
tutio in integrum" dei pubblici dipendenti ingiustamente licenziati, Foro 
amm., 1961, 770). 

Coerentemente alle premesse, le Sezioni Unite riaffermano poi, con 
la seconda massima, la necessit� di una pronuncia sul merito della pretesa 
dell'impiegato, per la successiva proposizione dell'azione risarcitoria, 
per la parte in cui questa sia ammessa. L'art. 30 t. u. sul Consiglio 
di Stato -e cos� l'art. 5. t.u. sulla G.P.A. -espressamente richiede, infatti, 
una pronuncia sulla legittimit� dell'atto amministrativo impugnato dal 
pubblico dipendente, pronunc;a che non pu� essere sostituita, neppure 
incidenter tantum, da un accertamento del giudice ordinario. Per cui, 
allorquando, a causa di decadenza o di preclusioni, il ricorso sia dichia


I

rato inammissibile o irricevibile, o, qualora, per qualsiasi causa, il giu


I

dice amministrativo non abbia potuto esaminare la legittimit� dell'atto 
impugnato, non pu� dirsi sorto il presupposto per l'esercizio dell'azione 

I

di risarcimento su diritti patrimoniali conseguenziali. 

I 

! 


24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stioni patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di legittimit� 

j�.�.

dell'atto o provvedimento impugnato. Ma, a prescindere che, nella 
specie, manca del tutto una pronunzia di legittimit� o meno I:-:� 
. 
. 
del provvedimento impugnato, in quanto il Consiglio di Stato 
si � limitato a dichiarare inammissibile il ricorso della Passeri 
per mancanza d'interesse; a parte, ancora, il rilievo che la doglianza 
mossa davanti a queste Sezioni Unite avverso la decisione 
del Consiglio di Stato per avere quell'Alto Consesso respinto, 
senza riserve e condizioni, il ricorso della Passeri (anche 
in relazione alla domanda della stessa diretta a ottenere 
in via subordinata il riconoscimento del suo diritto agli emolumenti 
fino alla data della notificazione del provvedimento 
ministeriale impugnato) non ha il contenuto di motivo meritevole 
di considerazione, giacch� ogni diritto ha la sua tutela 
indipendentemente dalla riserva che ne possa essere fatta in 
una pronunzia avente carattere giurisdizionale, � da Ficordare 
come gi� altre volte hanno deciso queste Sezioni Unite, davanti 
alle quali le decisioni del Consiglio di Stato possono essere 
impugnate soltanto per motivi attinenti alla giurisdizione 
(art. 48 t.u. predetto, in relaz. agli artt. 3, 4 e 5 della legge 

31 marzo 1877 n. 3761, nonch� in relazione all'art. 111, 2� 
comma, della Costituzione della Repubblica), che il ricorso potrebbe 
trovare accoglimento soltanto se il Consiglio di Stato 
si fosse pronunziato su materia sottrat~a, per legge, alla sua 
cognizione sotto ogni aspetto, cio� sotto ogni profilo, sia in 
ordine all'oggetto della controversia, sia in ordine alla formazione 
del provvedimento impugnato, per quel che concerne la 
distribuzione della competenza interna degli organi della giustizia 
amministrativa. Ora, nella specie, non si verifica alcuna 
delle predette ipotesi perch� la giurisdizione esclusiva del Consiglio 
di Stato in materia di pubblico impiego comprende tutte 
le controversie derivanti dal rapporto, anche quelle che abbiano 
contenuto patrimoniale se, come nel caso in esame, la 
pretesa abbia necessariamente per titolo il rapporto medesimo. 

Ditalch�, se la controversia abbia per oggetto il pagamento di 
stipendi, indennit� o altri assegni, in dipendenza diretta ed immediata 
del rapporto, la cognizione spetta sempre al giudiCe 
amministrativo, il quale, nelle materie devolute alla sua giurisdizione 
esclusiva, conosce anche di qualsiasi questione pur 
se relativa a diritti. E ancora: se sia stato impugnato per illegittimit� 
l'atto amministrativo, pur se concretamente consistente 
in un comportamento negativo o in un rifiuto della pubblica 
amministrazione (o ente pubblico, in genere); che non 


PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

25 

abbia corrisposto o che si sia rifiutata di corrispondere al suo 
dipendente, alla scadenza, i compensi dovuti, e, se dalla impugnazione 
sia derivata una pronunzia di illegittimit� dell'atto, 
correlativamente all'obbligo della pubblica amministrazione (o 
dell'ente) di conformarsi alla decisione del giudice amministrativo, 
sorge per il dipendente la possibilit� di agire in giudizio 
davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria soltanto al fine di fare 
valere i propri diritti patrimoniali conseguenziali. 

Ma, si ripete, una pronunzia del genere di quelle sopra 
specificate, nel caso in esame, manca del tutto, ond'� che per 
nessun verso la decisione del Consiglio di Stato merita censura 
in questa sede sotto il profilo del difetto di giurisdizione. 

(Omi~sis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 settembre 1993, n. 2528 -
Pres. Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Pepe (conf.) -Consiglio 
Istituti Ospedalieri di Milano, Scuotto Antonio ed 
altri c. Comune di Napoli, Ministero dei LL.PP. e dell'Interno, 
Soc. ICE ed altri. 

Espropriazione per p.u. -Espropriazione ai sensi della I. 15 gennaio 
1885 n. 2892 -Interpellanza ai sensi dell'art. 23 I. urbanistica Non 
necessaria -Sussistenza del potere espropriativo -Impugnativa 
-Competenza del Consiglio di Stato. 

(1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 23). 
Se ancor prima della disposizione contenuta nell'art. 23 
della legge urbanistica e nell'art. 870 e.e. non si poteva disconoscere 
il principio generale, in materia di espropriazione per 
p.u., secondo cui il potere espropriativo della p.a, ed il conseguente 
affievolimento del diritto del proprietario sorge solo 
allorch� questi, previamente interpellato, non provveda alle costruzioni 
in conformit� dei piani approvati dall'autorit� amministrativa, 
tale principio trova tuttavia una deroga nell'art. 13 
della legge 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della citt� 
di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che prevedono 
sempre la procedura di urgenza, che non ~ compatibile 
con l'interpellanza. (1). 

(1) La sentenza richiamata nel testo � pubblicata in Foro it., 1961, I, 
320, con nota redazionale di richiami. 
�La decisione confermata del Consiglio di Stat,o 12 febbraio 1960, n. 115, 
� 
pubblicata in Il Consiglio di Stato, 1960, 168. 
In via generale, la posizione del privato al quale non sia stato noti


-



26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di� 
26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(Omissis). -I ricorrenti eccepiscono, in sostanza, il di� 
fetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, dato che sarebbe 
mancato il potere di espropriazione, il quale sorge, giusta lo 
art. 23 della legge urbanistica, solo dopo che sia decorso inutilmente 
il termine fissato ai proprietari per dichiarare se intendono 
procedere, da soli, se proprietari dell'intero comporto 
edificatorio, o riuniti in consorzio, all'edificazione dell'area e 
alle trasformazioni degli immobili in esso compresi, secondo 
speciali prescrizioni. 

La questione non � nuova, perch� � gi� venuta all'esame di 
questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, il quale ha ritenuto 
che non trova applicazione la legge urbanistica allorch� si tratti 
non di attuazione di piani regolatori, ma di piani di risana


mento edilizio, che si distinguono da� primi per. il diverso specifico 
scopo che perseguono, in presenza dei quali il potere di 
espropriazione della P. A. sorge immediatamente connesso all'opera. 
di risanamento, e, una volta esercitato,� attua il trasferimento 
del bene all'espropriante, con la conseguenza che questi 
non pu� essere tenuto ad interpellare ai sensi dell'art. 23 
legge urbanistica (Cass. 21 gennaio 1960 n. SO). 
Invero, se si tiene presente che il piano di risanamento (ed 
in particolare quello della citt� di Napoli, la cui legislazione 
speciale ebbe inizio a pochi mesi dalla tremenda epidemia di 
colera del 1884), in quanto ispirato essenzialmente a fini di 
igiene e di sanit�, ha per scopo soprattutto la demolizione di 
un quartiere, con l'eliminazione di tutti gli agglomerati insalubri, 
e la ricostruzione del quartiere su basi completamente 
diverse, e che si ha pertanto una fattispecie totalmente diversa 
da quella di una normale espropriazione, non � possibile concepire, 
in presenza di un piano di risanamento, un diritto a riedificare 
dei proprietari, i cui edifici siano destinati ad essere irrimediabilmente 
demoliti, senza possibilit� di ricostruzione, in 
quanto destinati ad essere sostituiti da vie, da piazze, da giardini. 
Inoltre nel piano di risanamento, a differenza del piano regolatore, 
� prevalente l'interesse pubblico, per cui viene attuato 
direttamente dall'ente pubblico. 
Il problema, semmai, si pone unicamente per i proprietari 
ficato l'interpello di cui all'art. 23 della legge urbanistica, � stata configurata 
come un vero e proprio diritto soggettivo (cfr. Cass., Sez. Un., 19 otto. 
bre 1962, n. 3047, Foro it., 1963, I, 559; id. 20 giugno 1962, n. 1657, Giust. 
civ., 1962, 1169; id., 9 dicembre 1960, n. 3212, ivi, 1961, 223; e in dottrina, 
SoNARELLI, Espropriazione per l'edificazione dei comparti di p.u. e competenza 
giurisdizionale, ivi). 

PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

dei beni compresi nelle zone attigue all'opera pubblica, e c10e 
delle zone, contigue alle vie, alle piazze, ai giardini, ma in proposito 
soccorre anzitutto la norma di cui al 3� comma dello 
art. 34 del r.d. 8 febbraio 1923 n. 422, per cui; quando i proprietari 
si obblighino a dare essi alle zone attigue la prevista nuova 
destinazione, l'Amministrazione espropriante pu� rinunciare all'espropriazione, 
il che presuppone evidentemente l'esistenza del 
potere stesso, potere cui la P.A. pu� solo, nella sua facolt� discrezionale, 
rinunciare. Ma soccorre soprattutto, in particolare, 
la norma dell'art. 13 della I. 15 gennaio 1885, n. 2892 per il 
risanamento della citt� di Napoli, richiamato dall'art. 2 della 

I. 12 luglio 1912, n. 783, relativa alla bonifica del Rione San 
Giuseppe-Carit�. Secondo il ricordato art. 13, �nel piano di cui 
all'art. 1, sar� determinata l'area di zone, laterali alle nuove 
strade, che il municipio potr� espropriare per pubblica utilit�
�. E l'art. 2 della I. 783 del 1912, dopo aver dichiarato 
di pubblica utilit� le opere necessarie al bonificamento del rione 
S. Giuseppe-Carit� della citt� di Napoli, ed aver richiamato 
al riguardo la disposizione contenuta nella I. del 1885, afferma 
al 3� comma: � Il Comune di Napoli � autorizzato a 
concedere l'esecuzione delle opere stesse a trattativa privata 
alla Societ� per il risanamento di Napoli�. 
Tale possibilit� di concessione, non soggetta a limiti e a 
condizioni, non � assolutamente compatibile con il diritto preferenziale 
dei proprietari delle zone attigue. 

La decisione impugnata del Consiglio di Stato ha fatto, 
quindi, esatta applicazione dei principi, allorch� ha rilevato che, 
se non potevasi, ancor prima che ci� venisse consacrato legislativamente 
nell'art. 23 della legge urbanistica e nell'art. 870 
cod. civ., disconoscere il principio generale in materia di espropriazione 
per pubblica utilit�, secondo cui il proprietario pu� 
sottrarsi all'espropriazione dei beni, obbligandosi a provvedere 
alle costruzioni in conformit� dei piani approvati dall'autorit� 
amministrativa, tale principio trova tuttavia una deroga nell'art. 
13 della I. 15 gennaio 1885 n. 2892 sul risanamento della 
citt� di Napoli ed in genere in tutte le leggi per Napoli che 
prevedono sempre la procedura d'urgenza, che non � compatibile 
con l'interpellanza (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 ottobre 1963, n. 2661 -
Pres. Torrente -Est. Favara -P. M. Pepe (conf.) -Ditta Garrone 
c. Sanguineti e Ministeri Industria e Commercio, Finanze 
e Marina Mercantile. 

-



28 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Legge -Illegittimit� costituzionale di norme di legge -Eccezione ritenuta 
manifestamente infondata -Impugnazione limitata alla sola 
questione di legittimit� costituzionale -Inammissibilit�. 

Giustizia amministrativa -Decisione del Consiglio di Stato su eccezione 
di illegittimit� cos~ituzionale dichiarata in decisione, anzich� 
con separata ordinanza -Incensurabilit� da parte della Cassazione 
( Cost. art 111; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23 e 24). 

Ritenuta la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimit� 
costituzionale di 'Una disposizione di legge, da parte 
del giudice inferiore, non � ammissibile, tenute presenti le norme 
degli artt. 23 e 24 della l. 11 marzo 1953, n. 87, un'impugnazione 
limitata soltanto alla questione di legittimit� costituzionale, 
senza che sia, cio�, riproposto anche il giudizio nelle ulteriori 
sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui decisione 
soltanto l'eccezione pu�, sempre in via incidentale, essere 
ammessa, in quanto, cio�, si accerti preliminarmente che il giudizio 
stesso, cos� devoluto al giudice superiore, non possa da 
questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della 
questione di legittimit� costituzionale; col riesame, pertanto, 
sia del giudizio sulla rilevanza che di quello relativo alla manifesta 
infondatezza della eccezione stessa. (1). 

La circostanza che il Consiglio di Stato si pronunci, dichiarandola 
infondata, sull'eccezione di illegittimit� costituzionale 
di una norma di legge, proposta da una delle parti, nel 
corso della stessa decisione, anzich� con separata ordinanza 
motivata ai sensi dell'art. 24 della legge 11 marzo 1953 n. 87, 
pu� costituire, al pi�, una violazione di legge d'ordine processuale 
che, in s� stessa considerata, non d� luogo a motivo di 
ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte, in quanto i 
limiti dei poteri assegnati, anche dall'art. 111 della Costituziow, 
ne, alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in ordine alle 
decisioni del Consiglio di Stato, riguardano solo l'indagine avente 
per oggetto motivi attinenti od inerenti alla giurisdizione, 
ma non anche le eventuali violazioni di norme giuridiche in cui 
sia eventualmente incorso il Consiglio di Stato nella propria 
decisione (2). 

(1-2) La decisione delle Sezioni Unite fa esatta applicazione dei principi 
generali, sia in tema di riproposizione della eccezione di illegittimit� 
costituzionale, sia in tema di impugnazione delle decisioni del Consiglio 
di Stato. 

Sotto il primo profilo, invero, � da ritenere che anche le eccezioni 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

29 

(Omissis). -Il ricorso, cos� come � proposto, esclusivamente 
per quanto attiene al rigetto, da parte del Consiglio di 
Stato, dell'eccezione d'illegittimit� costituzionale dell'art. 19 del 

r.d. 2 novembre 1939, n. 1741 per asserito contrasto con gli artt. 
3, 24, 41 e 42 della Costituzione (per di pi� sollevata, in quella 
sede, dagli attuali resistenti e non dagli attuali ricorrenti) e per 
difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in quanto esso, nel 
dichiarare infondata, anzich� manifestamente infondata, l'eccezione 
anzidetta d'illegittimit� costituzionale avrebbe ecceduto dai 
limiti della propria giurisdizione, � inammissibile. 
A sensi, infatti, dell'art. 24 della I. 11 marzo 1953 n. 87 
allorquando l'eccezione d'illegittimit� costituzionale viene respinta 
per manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ordinanza 
del giudice davanti al quale essa � stata proposta, l'eccezione 
stessa pu� essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore 
del processo, nella stessa guisa in cui poteva, ai sensi 
dell'art. 23 della stessa I. n. 87 del 1953, essere proposta, 
nel corso del giudizio davanti all'autorit� giurisdizionale nei 
gradi precedenti e, perci�, solo in via incidentale e, con obbligo 
da parte d_el giudice superiore, di rivalutarne dapprima la 
rilevanza e, cio�, la necessit� della sua risoluzione per la definizione 
del giudizio proposto, e, questa ritenuta, l'eventuale sua 

respinte dai giudici diversi dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei 
Conti, per i quali, cio�, sia ammesso il sindacato di legittimit� per 
violazione di legge o per difetto di motivazione, non possono essere riproposte 
che congiuntamente al merito, o a quei capi di merito della 
decisione impugnata per i quali l'eccezione assume giuridica �rilevanza�. 

Cos� com'� strutturato il nostro processo costituzionale, per vero, 
� da escludersi -tranne nelle ipotesi dei conflitti di attribuzione un'impugnativa 
di norme legislative fine a se stessa; essa opera sempre, 
invece, (o dovrebbe operare), come� strumento per la decisione 
della causa di merito. 

La riserva non � senza rilievo, di fronte a non impegnanti ordinanze 
di rimessi�ne da parte di giudici minori, talvolta anche minimi, 
di questioni evidentemente sproporzionate all'economia della causa di 
merito. Si potrebbe forse parlare di processo simulato, e di ordinanza 
in "fraudem legis", ma ci� esula dai limiti delle presenti osservazioni. 

Ammessa, dunque, in via generale la riproponibilit� dell'eccezione respinta 
in grado superiore, � peraltro necessario che essa s'accompagni 
all'impugnazione degli aspetti di merito della vertenza (cfr. in conformit�, 
LAVAGNA, Sulla possibilit� di riproporre in Cassazione le questioni 
di legittimit� costituzionale, Foro it., 1961, I, 471; e, per l'impugnabilit� 
in via autonoma dell'ordinanza di rigetto dell'eccezione di incostituzionalit�: 
C�ss., Sez. Un., 30 giugno 1960, n. 1722, Giur. it., 1962, I, 477, 
con nota di ANGELICI). 

La questione si sposta, cos�, sotto il secondo profilo, cio� sui limiti 

-



30 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

manifesta infondatezza, senza che tale suo rinnovato giudizio 
abbia il valore ed il contenuto d'una revisione del precedente 
apprezzamento del giudice inferiore al riguardo, trattandosi 
d'una � renovatio � e non di una vera e propria � revisio prioris 
instantiae �. Ritenuta, pertanto, la manifesta infondatezza 
della eccezione d'illegittimit� costituzionale d'una disposizione 
di legge, da parte del giudice inferiore, non � ammissibile una 
impugnazione limitata soltanto alla questione di legittimit� costituzionale, 
senza che sia, cio�, riproposto anche il giudizio nelle 
ulteriori sue questioni di rito e di merito, ai fini della cui 
decisione soltanto l'eccezione pu� essere, sempre in via incidentale, 
ammessa, in quanto, cio�, si accerti preliminarmente che 
il giudizio stesso, cos� devoluto al giudice superiore, non possa 
.da questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione 
della questione di legittimit� costituzionale, col riesame, pertanto, 
sia del giudizio sulla rilevanza, che di quello relativo 
alla infondatezza manifesta dell'eccezione stessa. E' questo il 
motivo per il quale il legislatore ha disposto, nel ricordato art. 
24 della I. n. 87 del 1953, che l'eccezione d'illegittimit� costituzionale 
deve dal giudice essere eventualmente respinta per 
la sua manifesta irrilevanza, od infondatezza, mediante ord�-

dell'impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato per motivi ine


renti alla giurisdizione (Cost., art. 111). 

La Corte Suprema ha ripetutamente affermato, a questo proposito, 

che il sindacato sulla giurisdizione del Consiglio di Stato � ammesso 

solo quando questo organo abbia invaso la sfera di attribuzione propria 

di uno degli altri poteri dello Stato, ovvero abbia invaso la sfera di 

attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario, o di un organo di giurisdi


zione speciale, ovvero� abbia dichiarato di non poter decidere perch� 

la materia non pu� essere oggetto di funzione giurisdizionale, o della 

giurisdizione del Consiglio di Stato (Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1963, 

n. 3246, in questa Rassegna, 1964, 16; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2480, 
Foro it., Mass., 1961, 655; Cass., Sez. Un., 18 giugno 1962, n. 1532, ivi, 
1962, 462). 
In tale prospettiva, esattamente la Corte Suprema ha ritenuto, da 
un lato, inammissibile la censura contro il denunciato error in procedendo, 
per essere stata la questione decisa nel testo della stessa sen-� 
tenza anzich� con separata ordinanza, trattandosi, al pi�, di una mera 
violazione <li �egge processuale; e dall'altro inammissibile la censura, 
avendo il capo della decisione dichiarata infondata, e non soltanto, manifestamente 
infondata, l'eccezione di illegittimit� costituzionale. 

A parte il fatto, invero, che la terminologia usata non attribuisce 
al giudice un potere che egli istituzionalmente non ha, basta considerare 
che l'efficacia del giudicato sull'infondatezza delle questioni non 
� riconosciuto nemmeno alle sentenze della Corte Costituzionale, davanti 
alla quale possono essere riproposte, sia pure sotto profili diversi, le 
relative eccezioni. 


. PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 31 

nanza adeguatamente motivata, appunto perch� sul punto non 
viene a formarsi giudicato alcuno, cos� da permettere all'eccezione 
stessa di essere liberamente riproposta, senza preclusione 
di sorta, in ogni grado ulteriore del processo. 

La circostanza, poi, che il Consiglio di Stato abbia nella 
specie ritenuto di pronunziarsi sull'eccezione proposta da una 
delle parti nel corso della stessa sentenza, anzich�, come avrebbe 
dovuto, con separata ordinanza motivata, ai sensi dell'art. 
24 della ricordata I. 11 marzo 1953, n. 87, pu� costituire, 
al pi�, una violazione di legge d'ordine processuale che, in se 
stessa considerata, non d� luogo a motivo di ricorso alle Sezioni 
Unite della Suprema Corte in quanto, come � noto, i limiti 
dei poteri assegnati anche dall'art. 111 della Costituzione 
alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in ordine alle decisioni 
del Consiglio di Stato, riguardano solo l'indagine avente 
per oggetto motivi attinenti od inerenti alla giurisdizione, ma 
non anche le eventuali violazioni di norme giuridiche in cui sia 
eventualmente incorso il Consiglio di Stato nella propria decisione. 


In ogni caso, poi, la pronunzia del Consiglio di Stato sul 
punto, anche se contenuta e trasfusa nella sentenza, ha sempre 
valore sostanziale d'ordinanza e non. �, comunque, suscettibile 
di passare in cosa giudicata, cosicch� non vi pu� essere sconfinamento 
giurisdizionale nella competenza riservata alla Corte 
Costituzionale per la sola circostanza che il Consiglio di Stato 
abbia dichiarato infondata la eccezione, anzich� manifestamente 
infondata, come meglio avrebbe dovuto dire, chiaro essendo 
che mai una tale pronunzia (sostanzialmente intesa soltanto a 
respingere la chiesta remissione della questione al giudizio della 
Corte Costituzionale) potrebbe assumere quel valore di giudicato 
sulla costituzionalit� che solo pu� essere attribuita, secondo 
la Costituzione vigente, alle pronunzie della Corte Costituzionale. 
(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un., 17 ottobre 1963 n. 2770-Pres. 
Torrente -Est. Stella Richter -P. M. Pepe (conf.) -Soc. Industria 
Pesca c. Min. Difesa-Esercito. 

Competenza e giurisdizione -Ricorso contro la sentenza di appello e 

contro quella sulla revocazione -Indagine preliminare sui presup


posti della giurisdizione. 

(c.p.c., artt. 37, 360). 


32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Autorizzazione amministrativa -Diniego -Lesione di interesse legitti


mo -Danno ai sensi dell'art. 2043 e.e. -Insussi$tenza -Domanda 

di risarcimento -Difetto assoluto di giurisdizione. 

(C.c., art. 43; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, art. 2). 

Investita di ricorso per Cassazione tanto la sentenza pro


nunciata in grado di appello quanto quella che ha deciso sulla 

istanza di revocazione della medesima, ove si discuta sul se la 

cognizione della controversia appartenga o non all'autorit� giu


diziaria ordinaria, l'indagine della Corte regolatrice sui presup


posti di fatto non pu� essere successiva, rispetto all'esame delle 

questioni sulla revocazione, ed eventuale, in relazione alla deci


fiione di esse, ma deve essere effettuata unitariamente, tenendo 

conto anche dei motivi dedotti con l'istanza di revocazione (1). 

Non pu� esservi danno ingiusto, suscettibile cio� di risar


cimento, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., se non vi sia la le


sione di un diritto soggettivo, e non esiste un diritto soggettivo 

dell'interessato ad ottenere un'autorizzazione amministrativa, che 

(1) La sentenza richiamata nella motivazione leggesi in Foro it., 
1960, I, 1103. 
Per quanto riguarda il problema della � precedenza� fra decisione 
della questione di giurisdizione e decisione sulla revocazione, � da richiamare 
Cass., Sez. Un., 4 giugno 1960, n. 1443 (Zoe. cit;), la quale, a 
proposito di una decisione del Consiglio di Stato impugnata per motivi 
inerenti alla giurisdizione e contemporaneamente per revocazione, stabil� 
che il giudizio sulla prima impugnazione poteva proseguire, anche 
in pendenza del giudizio sulla revocazione. Infatti, affermarono le Sezioni 
Unite, malgrado l'art. 398 c.p.c. disponga (u[t. comma) che h 
proposizione della revocazione sospende il termine per proporre il ricorso 
per Cassazione ed il procedimento relativo, esso ha scarsissim::t possibilit� 
di applicazione per le decisioni del Consiglio di Stato, � perch� 
� � mai la Corte Suprema potrebbe giudicare di censure relative al me
� rito delle decisioni stesse, n� il merito potrebbe pregiudicare la pro
� nunzia sulla giurisdizione, salvo le ipotesi, rarissime, che l'istanza in 
�revocazione sia diretta proprio contro una decisione o contro il capo 

� relativo alla giurisdizione�. 

La decisione annotata � un corollario di tale principio, applicata all'ipotesi 
che sia gi� pervenuta all'esame della Corte Suprema anche 
l'impugnazione della sentenza che ha pronunciato sulla revocazione. In 
tal caso, infatti, l'indagine sulla giurisdizione deve precedere quella 
sulla revocazione allorch� questa investa solo il merito dell� vertenza, 
dato che esso � subordinato alla questione di giurisdizione. Nel caso, 
invece, -come quello di specie -in cui la revocazione investa essa 
ste~sa la questione di giurisdizione, allora l'esame da parte del Supremo 
Collegio dovr� essere unitariamente condotto, trattandosi di questioni 
che si condizionano vicendevolmente. 



PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

33 

rientra nel potere discrezionale .della p.a per la tutela di un 
interesse generale (2). 

(Omissis). -Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei 

due ricorsi, proposti dalle stesse parti: l'uno, contro la sentenza 

pronunciata in grado di appello, e, l'altro, contro quella che 

ha deciso sull'istanza di revocazione. 

Infatti la giurisprudenza di questo Supremo Collegio am


mette che le due impugnazioni possano essere contenute in un 

unico ricorso (Cass. 4 marzo 1960, n. 405): � opportuno quindi, 

che, qualora siano proposte separatamente, i due ricorsi ven


gano riuniti. 

Normalmente si presenta .come preliminare l'esame delle 

censure alla sentenza che ha pronunciato sulla revocazione, 

poich�, se esse fossero accolte e quindi dovesse cassarsi tale 

sentenza, resterebbero assorbiti i motivi che investono quella 

emessa in grado di appello. Senonch� nella specie la decisione 

attiene alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, che 

la Corte di merito ha esclusa, e quindi queste Sezioni Unite 

(2) La seconda massima � corretta applicazione dei princ�pi generali 
circa l'insussistenza di un diritto soggettivo ad ottenere un'autorizzazione 
amministrativa, la quale, per sua natura, � atto squisitamente discrezio. 
nale a presidio di esigenze di interesse pubblico. 

In tal senso cfr. anche SANDULLI, Notazioni in tema di provvedimenti 

autorizzativi, Riv. trim. dir. pubbl., 1957, 784 segg. Di questo autore, 

peraltro, non pu� condividersi l'ulteriore conclusione secondo cui � sic


� come la potest� autorizzativa impinge nella sfera dei diritti sogget


� tivi (in quanto questi ultimi subiscono una limitazione proprio in 

�conseguenza della necessit� dell'autorizzazione), e siccome la potest� 

� .stessa pu� esprimersi in un provvedimento di contenuto negativo solo 

� in quanto il rifiuto venga pronunciato in funzione dell'interesse pub


� blico a tutela del quale la limitazione venne posta dall'ordinamento, 

� l'eventuale diniego dell'autorizzazione in nessun modo correlato con lo 

� interesse o comunque posto in essere contra ius, venendo in sostanza 

� ad incidere, sacrificandolo, su un diritto soggettivo, d� diritto al tito


� lare di questo di essere ristorato del danno derivatogliene (art. 2043 

� Cod. civ.) � (pag. 802). 

Contro tale impostazione la giurisdizione � fermissima nel negare 
l'azione di risarcimento (cfr. fra le pi� recenti sentenze, Cass., Sez. Un., 
18 giugno 1959, n. 1918, Foro it., 1960, I, 432; Cass., Sez. Un., 28 luglio 
1962, n. 2210, Foro it., 1962, I, 1650; Cass., Sez. Un., 16 ottobre 1962, 

n. 2998, Foro it., Mass., 1962, 833, riguardante proprio l'azione conseguente 
ad una denegata autorizzazione amministrativa, dichiarata illegittima 
dagli organi di giustizia amm.va; Cass., Sez. Un., 23 ottobre 1961, 
n. 2348, Foro it., 1962, 53; Cass., Sez. Un., 10 agosto 1962, n. 2418, Foro 
it., 1963, I, 64). Quest'ultima sentenza (e cfr., in conformit�, anche DE 
VALLES, Lesione di interessi legittimi e risarcimento dei danni, Foro it., 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

34 

non possono esimersi dal provvedere in ordine alla giurisdizione, 
compiendo le necessarie indagini anche sui presupposti 
di fatto, in virt� dei pi� lati poteri ad esse spettanti in tale 
materia. 

Siffatta indagine non pu� essere successiva, rispetto allo 
esame delle questioni sulla revocazione, ed eventuale, in relazione 
alla decisione di esse, ma deve essere effettuata unitariamente, 
tenendo conto anche dei motivi dedotti con l'istanza di 
revocazione. 

Posto che si discute se le societ� ricorrenti fossero portatrici 
di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, s'impone 
la qualificazione della posizione ad esse attribuita dallo 
ordinamento giuridico e la valutazione della rilevanza che su 
di essa possono avere le prove offerte nel giudizio di revocazione. 


Come si � riferito nella precedente espos1z1one, la societ� 

S.A.I.P. ,era proprietaria del piroscafo Gualdi, requisito dalla 
Marina Militare, affondato nel porto di Palermo per azioni di 
guerra. Essa fece l'abbandono della nave, riscuotendo l'indennit� 
di perdita. 
Successivamente, chiese ed ottenne, ai sensi del d.1.1. 10 agosto 
1945 n. 618, modificato dal d. 1. 3 maggio 1948 n. 668, il 
trasferimento della propriet� della nave, condizionato dalle 
dette norme alla remissione dell'unit� in perfetta efficienza ed 

1962, I, 1000) accetta la distinzione delle conseguenze dell'annullamento 
di atti illegittimi, distinzione secondo la quale all'affievolimento di un 
diritto soggettivo perfetto fa da contraltare l'effetto retroattivo della 
pronuncia di annullamento, abilita il suo titolare a richiedere il risarcimento 
dei danni; mentre in ogni altro caso, avendo il privato soltanto 
un interesse legittimo alla legittimit� dell'azione amministrativa, dall'annullamento 
dell'atto invalido non deriva altro effetto che quello della 
sua eliminazione. 

Per l'eliminazione di ogni distinzione, invece, fra diritti affievoliti 

o condizionati e interessi legittimi e la subsunzione dei primi nei secondi, 
cfr. il recente tentativo del MIELE, Risarcibilit� dei danni derivati 
da ingiusta lesione di interessi legittimi ad opera della P.A. (Foro it., 
463, IV, 23). Teoria confutata, nella sua generalit�, dal MONTESANO (Sulla 
riparazione dei sacrifici patrimoniali imposti da atti amministrativi illegittimi, 
ivi, 1963, IV, 41), secondo il quale, viceversa, la giustificazione 
del risarcimento dovrebbe ricercarsi �non dall'atto illegittimo ma dalla 
valida conservazione �. 
Il tent�tivo del Miele � stato poi vigorosamente contrastato dal 
FOLIGNO (La pretesa responsabilit� della P.A. per la lesione di interessi 
legittimi, in questa Rassegna, 1963, 1 segg., e Foro it., 1963, IV, 81, segg.). 
Per una esposizione sintetica delle varie teorie, cfr. anche SEPE, In tema 
di interessi legittimi e di risarcimento derivante dalla lesione di essi,, 



PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

35 

in condizioni di navigabilit� nel termine fissato dall'Ammini


strazione. 

L'esecuzione dei lavori necessari fu da essa affidata alla so


ciet� Sicilia. Questa, il 30 novembre 1948, chiese alla Capita


neria di porto di Palermo l'autorizzazione ad impi~gare cariche 

di dinamite ed ad effettuare il taglio elettrico per pe,netrare nel


lo scafo sommerso. E poich� tale autorizzazione Ii venne dap


prima negata e poi data con molto ritardo, ha proposto, unita


mente alla S.A.I.P., un'azione di risarcimento di danni contro 

i Ministeri della Difesa-Marina e della Marina Mercantile. 

Tale essendo la situazione di fatto, appare evidente l'esat� 
tezza della decisione della Corte di Appello, che ha dichiarato 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, per la consi� 
derazione che non pu� esservi un danno ingiusto, suscettibile 
cio� di risarcimento, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., se non 
vi sia la lesione di un diritto soggettivo, e che non esiste uno 
diritto soggettivo dell'interessato ad ottenere un'autorizzazione 
amministrativa, che rientra nel potere discrezionale della pubblica 
amministrazione per la tutela di un interesse generale. 

Le ricorrenti non contestano il principio, seguito costantamente 
dalla giurisprudenza, secondo il quale non � risarcibile 
il danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo; ma 
deducono che, per effetto della concessione di recuperare la 

�nave, esse avevano un diritto soggettivo ad effettuare tale recu-

Foro it., 1963, IV, 109, il quale riconosce che �il problema della risar


� cibilit� delle lesioni � di difficile soluzione in via generale � e merita 

di essere esaminato attraverso l'analisi delle varie ipotesi, circa l'uso 

illegittimo di poteri discrezionali, ovvero il comportamento della P.A., 

� in cui vi siano tratti a cui si addicano giustificazioni privatistiche che 

� prevalgano su quelle pubblicistiche �. 

A parte talune situazioni particolari in cui pu� veramente riscontrarsi 
la presenza di giustificazioni � privatistiche � prevalenti su quelle 
pubblicistiche, non pu� negarsi -in questa stessa prospettiva -che 
il regime delle autorizzazioni amministrative � ben lontano dall'incidere 
minimamente su diritti soggettivi. Bench� si affermi comunemente, 
infatti, che l'autorizzazione rimuove solo un limite ad un (altrimenti) 
diritto libero di autoesplicarsi, � proprio questo il punto da dimostrare, 
_che, cio�, si tratti di un diritto assoluto e primario, pari, ad esempio, 
a quello di propriet�, a proposito del quale possa parlarsi di affievolimento. 
In realt� cos� non �, perch� i � diritti � soggetti ad autorizzazione 
amministrativa non nascono tali, ma tali diventano dopo l'intervenuta 
autorizzazione. E, se anche il diniego a provvedere in merito 
viene dichiarato. illegittimo da parte del giudice amministrativo, ci si 
trova pur sempre di fronte ad un diritto non ancora nato, e come tale 
non suscettibile di essere violato, e quindi reintegrato nella forma risar


citoria di cui all'art. 2043 Cod. civ. 



36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pero e quindi l'Amministrazione doveva garantire l'esercizio del 
diritto medesimo. 

L'assunto poggia su di un equivoco: alla S.A.I.P. fu data 
la possibilit� di riacquistare la propriet� del piroscafo, a condizione 
che essa provvedesse, a propria cura e spesa, a recuperarlo. 
Questa facolt� non importava che essa potesse compiere 
per il recupero qualsiasi operazione, anche la pi� pericolosa, 
e cio� che non dovesse sottostare a quelle prescrizioni e 
limitazioni che le autorit� competenti ritenessero di dover dettare, 
nell'interesse �generale, per esigenza di sicurezza. 

Quindi il diritto di riacquistare la propriet� non po-~ 
teva importare un diritto ad ottenere l'autorizzazione ad effettuare 
particolari operazioni di recupero, che presentassero carattere 
di pericolosit�. 

Si sostiene ancora dalle ricorrenti che non esiste un poIl 
~ 

I 00

tere di autorizzazione per l'uso di cariche di dinamite o per il 
taglio elettrico, ma esiste solo un generico potere di vigilanza 
e di polizia, attribuito alle Capitanerie di porto. Questa tesi � 
in contrasto con il comportamento delle ricorrenti e con l'im!:~ 
postazione da loro stesse data alla causa. La societ� Sicilia, , 

"' 

infatti, ha chiesto l'autorizzazione ed ha poi, unitamente alla ~ 
S.A.I.P., fondato la domanda di risarcimento sulla mancata o 
ritardata autorizzazione. ~ ' 


Inoltre la tesi � infondata, perch� nei generali poteri di viIffigilanza 
e di polizia delle autorit� preposte ai porti rientra neces
� 
sariamente quello di impedire il compimento di operazioni che r 
possano essere pericolose, e correlativamente di autorizzarlo !i~ 
quando sia salvaguardata la sicurezza generale. ~ 

Si deduce ancora che le operazioni di esplosione della dinamite 
e di taglio elettrico, in tanto sarebbero state pericolose, 
in quanto nella nave si fossero trovati materiali esplosivi o 

I

aggressivi chimici; ora la presenza di un carico di questa spe


II

cie fu affermata dall'Amministrazione in contrasto con la realt� 
risultante dai suoi atti, ed anzi con dolo. 
S'innestano cos� le questioni prospettate nel giudizio di 
revocazione. m 

Si sostiene, infatti, che, dopo la pronuncia� della sentenza 
di appello, risult� che il carico della nave non conteneva afj!
f 
fatto esplosivo o aggressivi chimici, ma altro materiale, come ebf; 
be a dichiarare l'ufficio storico dello Stato Maggiore della Ma~= 
( 
rina con la sua lettera 12 marzo 1960. E si censura la sentenza r::f: 

che ha negato l'idoneit� di tale lettera a costituire un documento 
decisivo � trovato dopo la decisione� e che la parte non ' 
'

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PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

37 

aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore 

o per fatto dell'avversario, ai sensi dell'art. 395, n. 3, c.p.c. 
Ora � di tutta evidenza che la dedotta circostanza dell'inesistenza 
di esplosivi e di aggressivi chimici nel carico della nave 
non ha alcuna rilevanza ai fini della soluzione della questione 
di giurisdizione. Se il privato non ha un diritto soggettivo 
ad ottenere un'autorizzazione amministrativa e quindi non 
pu� lamentare la lesione di un diritto qualora questa gli sia 
negata o data con ritardo, la sua posizione non muta per la 
circbstanza che il diniego od il ritardo siano ingiustificati. In 
tal caso l'Amministrazione avr� fatto un cattivo.uso del suo potere 
discrezionale, incorrendo in un eccesso di potere, ma avr� sempre 
leso un interesse legittimo e non un diritto soggettivo. E 
l'interessato potr� ottenere tutela avanti al giudice amministrativo, 
non avanti al giudice ordinario, al quale � inibito il sindacato 
dell'esercizio del potere discrezionale della pubblica 
amministrazione. 

Invano la difesa delle ricorrenti sostiene che l'autorizzazione, 
in tanto era necessaria, in quanto nel carico della nave 
esistessero esplosivi o aggressivi chimici, per modo che l'assenza 
di tali materiali escludeva il potere di impedire l'uso della 
dinamite e del taglio elettrico. Al contrario, l'uso di tali mezzi 
richiede in ogni caso la preventiva autorizzazione,� in quanto 
�, sia pure eventualmente, pericoloso. Perci� spetta alla Capi~ 
taneria di porto di accertare e valutare la situazione di specie, 
per poi concedere o meno l'autorizzazione o prescrivere opportune 
cautele, in modo che la sicurezza generale sia assicurata. 

E non � consentito all'autorit� giudiziaria di escludere la 
necessit� dell'autorizzazione, in base ad un indagine ~ui presupposti 
di fatto della ricorrenza del pericolo, rimessa insindacabilmente 
all'autorit� amministrativa. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1963, n. 3246 
-Pres. Celentano -Est. Ferrati -P. M. Criscuoli (conf.) -
Civitach c. Ospedale Civico di Treviso. 

Competenza e giurisdizione -Consiglio di Stato -Decisioni -Ricorso 
alle S.U. della Cassazione -Motivi -Difetto di giurisdizione Estremi. 
(Cost., art. 111; c.p.c., art. 342). 

Competenza e giurisdizione -Decisione del Consiglio di Stato -Impugnabilit� 
per Cassazione -Motivi attinenti alla giurisdizione 




�' 
38 RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Decisione d'inammissibilit� od improcedibilit� -Non impugnabilit� 
per Cassazione. 
Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Controversie -Restitutio 
in integrum -Emolumenti accessori allo stipendio -Competenza 
del Consiglio di Stato. 
(t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 30). 
Competenza e giurisdizione -Consiglio di Stato -Decisione -Impugnabilit� 
per Cassazione -Difetto di motivazione -Non deducibilit�. 
f.. 
Le decisioni del Consiglio di Stato possono essere impugnate 
davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione soltanto 
per motivi inerenti alla giurisdizione -secondo quanto 
dispone l'art. 111 della Costituzione con formula identica a 
quella dell'art. 362 cod. proc. civ. e sostanzialmente equivalente 
a quella di � difetto assoluto di giurisdizione � dell'art. 48 
T. U. 26 giugno 1924 n. 1064 -, quando cio�, con la decisione 
impugnata, il Consiglio di Stato abbia invaso la sfera di attribuzione 
propria di uno degli altri poteri dello Stato, ovvero 
abbia invaso la sfera di attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario 
o di un organo di giurisdizione speciale, ovvero abbia 
dichiarato di non poter decidere perch� la materia non pu� 
essere oggetto di funzione giurisdizionale o della giurisdizione 
del Consiglio di Stato. Non ricorre, quindi, difetto di giurisdizione 
di cui possano conoscere le Sezioni Unite della Cassazione 
quando il Consiglio di Stato, senza valicare i limiti sopraesposti, 
incorra in � errores in iudicando � per errata applicazione 
di norme giuridiche, per vizio logico della motivazione, per 
manchevole valutazione delle prove o per violazione di norme 
di natura processuale che regolano lo svolgimento del processo. 
(1). 
(1-2-3) Le Sezioni Unite riconfermano una ferma giurisprudenza sui limiti 
dell'impugnabilit� delle decisioni del Consiglio di Stato per motivi inerenti 
alla giurisdizione. 
In questo senso, oltre la sentenza citata nel testo, e gi� richiamata nella 
nota dalla sentenza che precede, cfr. Cass. Sez. Un., 24 settembre 1959, 
n. 2608, Foro Mass. it., 1959, 493; Cass. Sez. Un., 18 settembre 1959, n. 2592, 
Giust. civ., 1959, 1883; Cass. Sez. Un., 2 marzo 1957, n. 741, Giur. cost., 
1957, 1164; Cass. Sez. Un., 2 marzo 1957, n. 745, Foro Mass. it., 1957, 150 
(con riferimento a una decisione della Corte dei Conti). In dottrina, cfr. !1 
le ampie monografie del TORRENTE, Riv. trim. pubbl., 1954, I, 252; e ivi, 1!'~ 
1957, 249. 1 11 
Alle Sezioni Unite era stato prospettato il dubbio che 'art. 111 de a 
i 
Costituzione, adottando la formula � per motivi inerenti alla giurisdizione
� avesse attribuito alla Corte Suprema poteri pi� ampi di quelli cori.. 
feritile dall'art. 84 t.u. sul Consiglio di Stato. Ma � stato agevole repli.. .. . i''. 
� 
�I 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

39 

La decisione del Consiglio di Stato d'inammissibilit� od 

improcedibilit� del -ricorso non � censurabile sotto il profilo 

del difetto di giurisdizione, giacch� qualsiasi organo giurisdizio� 

nale, in quanto tale, ha la potest� fondamentale di giudicare 

delle condizioni formali di ammissibilit� delle istanze che ad 

esso vengono proposte. (2). 

Il difetto di motivazione (c.p.c. art. 360 n. 5) non � dedu


cibile nei riguardi delle decisioni del Consiglio di Stato, in quan


to lo stesso implica soltanto violazione di una norma di legge, 

e si risolve in una censura sul modo con cui in concreto il giudice 
.ha esercitato la propria giurisdizione (3). 

Per stabilire la giurisdizione _sulle questioni concernenti il 

rapporto di impiego pubblico basta che la domanda concerna 

diritti che trovino il loro titolo necessario nel rapporto mede


simo, onde non ha rilevanza il fatto che la controversia abbia 

contenuto patrimoniale, ovvero si faccia questione intorno a di


ritti soggettivi, poich� � sufficiente, invece, che sussista un col


legamento causale tra il rapporto d'impiego pubblico e la pre


tesa dedotta in giudizio, collegamento che va ravvisato tutte le 

volte che il rapporto, considerato nella sua costituzione e nel 

suo svolgimento, funziona da momento genetico diretto ed 

immediato della pretesa, e si contenda con l'ente pubblico sulla 

sussistenza e sull'estensione di diritti immediatamente deri


vanti da quel rapporto che sarebbero stati disconosciuti o lesi 

dall'atto amministrativo (4). 

care, nella sentenza annotata, che l'art. 111 Cost., riproduce nella lettera 

e nella sostanza l'art. 362 c.p.c., e che quindi nessun mutamento � stato 

introdotto dalla Costituzione rispetto alla precedente disciplina. 

Giova rilevare, peraltro, che le stesse Sezioni Unite, oltre alla casi


stica ipotizzata sulla sentenza annotata, hanno riconosciuto il difetto di 

giurisdizione del Consiglio di Stato: 

a) allorch� questi sia stato irregolarmente composto. Si � ritenuto, 

in tal caso, inesistente la sentenza, e carente di giurisdizione l'organo che 

l'ha pronunciata (Cass., Sez., Un., 11 ottobre 1952, n. 3008, Foro it., 1952, I, 

1321, con la requisitoria del P. G. EuLA); 

b) allorch� questi abbia esercitato la giurisdizione di merito fuori 

dei casi espressamente previsti dalla legge. 

In tal caso, la Corte Suprema ha ritenuto ammissibile un controllo di 

natura contenutistico sulla decisione impugnata, al fine di esaminare se sia 

stato rispettato il limite della giurisdizione generale di legittimit� e pre


cisando, peraltro, che la giurisdizione non � limitata al solo giudizio di 

diritto in ordine �l provvedimento impugnato, ma pu� ben essere esteso, se 

necessario ai fini della decisione, al giudizio di fatto, per rilevarne alla 

luce di questi gli eventuali difetti (Cass., Sez., Un., 8 maggio, 1959, n. 1350, 

Giust. civ., 1959, 386). 

(4) V. le note di richiamo alla sentenza che precede. 

40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Il sindacato demandato alla Corte di Cassazione 
sulle decisioni del Consiglio di Stato � strettamente circoscritto 
alle questioni di giurisdizione, poich� esse soltanto sono 
deducibili come motivo di ricorso per cassazione ai sensi sia 
dell'art. 48 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 sia dell'art. 111 Cost. 

E, secondo l'ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, 
l'assoluto difetto di giurisdizione consiste in una forma di errore 
in procedendo che implica esorbitanza dai confini tracciati 
dalla legge all'attivit� esteriore dell'organo: esso quindi 
riguarda anzitutto la determinazione della materia che la legge 
assegna all'esame dell'organo, la individuazione delle controversie 
di cui esso pu� conoscere e anche il contenuto finale 
dell'atto che definisce il procedimento giurisdizionale, atto finale 
predeterminato dalla legge a seconda che, in relazione alla 
natura della controversia, sia attribuita al Consiglio di Stato ,;/ 
giurisdizione di semplice legittimit� ovvero anche di merita 
(sent. 28 ottobre 1961, n. 2480). In altri termini, sussiste difetto 

I 

di giurisdizione quando con la decisione impugnata il Consim 
glio di Stato abbia invaso la sfera di attribuzione propria di 1:~: 
' 

,

.

uno degli altri poteri dello Stato ovvero abbia invaso la sfera 

.

di attribuzione dell'ordine giudiziario ordinario o di un organo 

1

di giurisdizione speciale ovvero abbia dichiarato di non poter 
decidere perch� la materia non pu� essere oggetto di funzione ~I 
giurisdizionale o della giurisdizione del Consiglio di Stato ( sent. I

~~ 

18 giugno 1962, n. 1532). r9. 

!ili

Non ricorre quindi difetto di giurisdizione di cui possano !i� 

r

conoscere le Sezioni Unite della Corte di Cassazione quando il 
Consiglio di Stato, senza valicare i limiti sopraesposti, incorra ili 
in errores in iudicando per errata applicazione di norme giu' 
ridiche, per vizio logico della motivazione, per manchevole va


I 

lutazione delle prove o per violazione di norme di natura processuale 
che regolano lo svolgimento del processo. 
Erroneamente il ricorrente vuol trarre argomento dalla 

I 

diversa formulazione degli artt. 48 t. u. cit. e 111 Cost. per 
sostenere che, per effetto della norma costituzionale, il sinda


II

cato della Corte di Cassazione attualmente � pi� ampio che ~ 

@

in passato. Difetto assoluto di giurisdizione e motivi inerenti 
alla giurisdizione sono formule sostanzialmente equivalenti, on" 
de deve escludersi che il Legislatore costituente abbia inteso 
modificare la disciplin� delle impugnazioni delle decisioni del ~' 
Consiglio di Stato. Devesi in proposito considerare che il secondo 
comma dell'art. 111 Cost. enuncia il principio generale 
dell'ammissibilit� del ricorso per cassazione per violazione di 

I 
l'J, 

i: 
J 

PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

legge contro tutte le sentenze degli organi giurisdizionali ordinari 
e speciali, mentre il successivo comma limita la portata di 
quel principio per le decisioni del Consiglio di Stato e della 
Corte dei Conti, consentendo il ricorso per Cassazione contro 
di esse per i soli motivi inerenti alla giurisdizione; � stata in 
tal modo riprodotta la disposizione dell'art. 362 cod. proc. civ., 
che consente appunto l'impugnazione delle decisioni di un giudice 
speciale per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice 
stesso e cio� soltanto per il motivo previsto nel numero 1 del 
precedente art. 360, il che, per un verso, significa che non � 
data impugnazione per tutti gli altri motivi elencati nell'art. 
360 e, ,:per altro verso, che quello contemplato nel n. 1 ha un 
campo di applicazione ben preciso e delimitato. 

Ora, quando si rifletta alla materia intorno alla quale � insorta 
la contestazione, � facile scorgere l'errore che vizia tutto 
il ragionamento del ricorrente. 

Si controverte infatti sull'esatta misura della pensione spettante 
al Civitach in dipendenza del � rapporto d'impiego intercorso 
con le cessate Opere Pie Riunite Ospedale Civile ed Istituto 
Esposti di Treviso, assumendosi che a:l ricorrente compete 
una diversa e maggiore riliquidazione della pensione stessa per 
effetto della rivalutazione delle pensioni dei dipendenti statali 
operata con il D.P. 11 gennaio 1956, n. 20: e siccome non v'� 
dubbio sulla natura pubblica delle suddette Istituzioni di benef�cienza, 
la controversia inerisce ad un rapporto di impiego pubblico, 
in ordine al quale il giudice amministrativo ha giurisdizione 
esclusiva. 

Invero la competenza giurisdizionale esclusiva del giudice 
amministrativo si estende a tutte le controversie che derivano 
dal rapporto di pubblico impiego sia che esse riguardino l'esistenza 
e lo stesso ambito oggettivo dei diritti che nel rapporto 
hanno causa, sia che riguardino interessi l~gittimi derivanti immediatamente 
dal rapporto stesso : per affermare la giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo (Consiglio di Stato o 
Giunta Provinciale Amministrativa) nelle questioni concernenti il 
rapporto d'impiego pubblico basta che la domanda concerna 
diritti che trovino il loro titolo necessario nel rapporto mede-� 
simo, onde non ha rilevanza il fatto che la controversia abbia 
contenuto patrimoniale ovvero si faccia questione intorno a diritti 
soggettivi poich� � sufficiente, invece, che sussista un collegamento 
causale tra il rapporto d'impiego pubblico e la pretesa 
dedotta in giudizio, collegamento che va ravvisato tutte le 
volte .che il rapporto, considerato nella sua costituzione e nel 

-



42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

suo svolgimento, funziona da momento genetico diretto ed immediato 
della pretesa e si contenda con l'ente pubblico sulla 
sussistenza e sull'estensione di diritti immediatamente derivanti 
da quel rapporto che sarebbero stati disconosciuti o lesi 
dall'atto amministrativo (sent. 14 febbraio 1963, n. 327, 6 ottobre 
1962, n. 2823). 

E' pertanto certo che il ricorrente, ritenendosi leso nei suoi 
diritti per l'insufficiente riliquidazione della pensione, non poteva 
che rivolgersi al giudice amministrativo ed in effetti lo 
stesso Civitach non pone neppure un dubbio che della questione 
dovesse essere investita prima la Giunta Provinciale Amministrativa 
e poi, in sede di gravame, il Consiglio di Stato. 

Ed allora nessun problema di giurisdizione pu� proporsi 
in ordine ad una decisione che � stata emessa proprio nel 
campo riservato al giudice amministrativo. Tutte le questioni 
che il ricorrente solleva riflettono invece il modo di esercizio 
della giurisdizione, in ordine al quale la Corte di Cassazione 
non pu� esercitare alcun sindacato; il ricorrente in sostanza 
si duole che i giudici amministrativi non abbiano esattamente 
interpretato il contenuto della sua doglianza in quanto egli 
avrebbe fatto principalmente questione di validit� del provvedimento 
che lo riguarda sotto il profilo della competenza delio 
organo che lo ha adottato, ma ci� non ha rilevanza ai fini della 
giurisdizione, postoch� lo scopo perseguito dal ricorrente era 
proprio quello di far eliminare un provvedimento che avrebbe 
leso i suoi diritti. 

E' noto che, mentre alla parte � rimessa la sola deduzione 
della situazione di fatto, rientra nella funzione istituzionale 
del giudice il problema giuridico della esatta qualificazione del 
rapporto nei limiti della obbiettivit� della domanda ed il vizio 
di extrapetizione ricorre quando il giudice pronunci oltre i limiti 
delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero 
su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili 
d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da 
quello demandato, onde non ricorre il vizio suddetto quando 
il giudice, fermi restando i fatti dedotti dalle parti nelle rispet� 
tive domande ed eccezioni, adotti a sostegno della sua decisione 
argomenti giuridici diversi da quelli prospettati dalle parti 
ovvero dia la prevalenza a quelli dedotti in subordine. 

In proposito va considerato che nella specie la controversia 
si � polarizzata in entrambi i gradi di giurisdizione sulla 
tempestivit� della proposizione della domanda: tanto la Giunta 
Provinciale Amministrativa �quanto il Consiglio di Stato han� 


PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

43 

no ritenuto di dover risolvere il problema in senso sfavorevole 
al ricorrente, affermando che questi era ormai decaduto dal 
diritto di impugnare l'atto amministrativo emesso nei suoi confronti 
e siffatta decisione non pu� certo essere impugnata per 
motivi inerenti alla giurisdizione, giacch� qualsiasi organo giurisdizionale, 
in quanto tale, ha la potest� fondamentale di giudicare 
delle condizioni formali di ammissibilit� delle istanze 
che ad esso vengono proposte (sent. 14 maggio 1955, n. 1398). 

Gli � che la reiezione della domanda in conseguenza di una 
pronuncia d'inammissibilit� o di improcedibilit�, anche se possa 
essere stata determinata da una inesatta interpretazione della 
legge sostanziale o processuale o da una errata valutazione degli 
elementi di fatto, non � censurabile sotto il profilo del difetto 
di giurisdizione, giacch� quella pronuncia � conseguenza diretta 
dell'affermazione, sia pure implicit�, del potere giurisdizionale 
dell'organo che l'ha emessa. 

Appare quindi evidente come l'impugnata decisione del 
Consiglio di Stato sfugga� ad ogni sindacato da parte di questa 
Corte, essendosi la stessa limitata a verificare se la controversia, 
rientrante indubbiamente nell'ambito della giurisdizione del 
giudice adito, fosse stata tempestivamente introdotta. 

Le considerazioni sin qui fatte valgono a dimostrare anche 
l'infondatezza del secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta 
mancata motivazione sulla questione fondamentale se cio� il 
titolo alla pensione derivasse da un rapporto di impiego che 
non poteva permettere alla riliquidazione spettantegli la qualificazione 
e tanto meno la considerazione di riliquidazione di pen~ 
sione interna, come risulta dal verbale della deliberazione 7 giugno 
1957 e se tale titolo implicasse comunque un atto autoritativo 
delle parti debitrici. 

Invero il difetto di motivazione, previsto come motivo di ricorso 
per Cassazione dal n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., non � 
deducibile nei riguardi delle decisioni del Consiglio di Stato, in 
quanto lo stesso implica soltanto violazione di una norma di � 
legge (sent. 20 aprile 1962 n. 812) e si risolve in una censura 
sul modo con cui in concreto il giudice ha esercitato la propria 
giurisdizione. (Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 30 marzo 1963, n. 170 -Pres. 
Vozzi -Est. De Marco -Comune di Fucecchio ed altri c. 
Comitato dei Ministri per le opere straordinarie per l'Italia 
settentrionale e centrale e Comune di Castelfranco di 
Sotto. 



44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comune -Dichiarazione di Comune come localit� economicamente de


pressa ex J. n. 365 del 1957 -Comuni viciniori -Interesse, da parte 

di questi ultimi, a ricorrere -Ammissibilit�. 

Opere pubbliche -Zone depresse -Riconoscimento -Criteri e proceclimento. 


(1. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8). 
E' titolare di un interesse occasionalmente protetto, e quindi 
legittimo, colui che, pur essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo 
che amplia la sfera dei diritti di una persona fisica 

o giuridica, si trovi in una situazione tale da subire danno, ove 
l'atto medesimo sia stato emanato in difformit� dall'interesse 
pubblico perseguito da una norma di legge. I Comuni limitrofi ad 
altro Comune dichiarato localit� economicamente depressa, sono 
titolari di un interesse protetto al fine di fare osservare le prescrizioni 
della l. n. 635 del 1957, giacch� si trovano in una situazione 
tale da subire danno immediato e diretto ove il beneficio 
sia stato concesso illegittimamente (1). 
Il riconoscimento di localit� economicamente depressa non 
pu� essere espresso direttamente ad una parte del territorio comunale, 
essendo questa priva di personalit� giuridica, ma deve 
essere espresso nei confronti del Comune; tuttavia l'efficacia del 
provvedimento pu� essere limitata a quella zona del territorio 
comunale che in effetti sia economicamente depressa (2). 

(1�2) Ancora sulla distinzione tra interesse legittimo e interesse a ricorrere. 

1. -Come risulta dalla decisione sopra trascritta, la Quinta Sezione 
del Consiglio di Stato si � trovata di fronte al problema: se i Comuni, 
limitrofi ad altro Comune, dichiarato localit� economicamente depressa 
ai sensi dell'art. 8 della I. 28 luglio 1957, n. 635, siano portatori di un 
interesse legittimo che li abiliti a chiedere l'annullamento del provvedimento 
amministrativo di attribuzione della qualifica, adottato a favore 
del loro vicino. E tale problema ha risolto affermativamente. 
Non si pu� dire che in proposito il Consiglio di Stato abbia detto 
troppo poco. Anzi, � da rilevare che forse ha detto troppo, s� da contornare 
di un alone di incertezza tutta quanto la motivazione sul punto in que� 
!>tione. 

In effetti, e per rispondere allo specifico quesito. se l'interesse fatto 
valere dai Comuni limitrofi fosse legittimo (gravitante -cio� -nell'orbita 
dell'art. 26 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato), si adducono 
tre argomenti diversi, il cui reciproco rapporto -che non � certo 
di complementariet� -non � del tutto chiaro. Pi� precisamente: 

a) � titolare di un interesse legittimo chi, pur essendo terzo rispetto 
ad un atto amministrativo che amplia la sfera dei diritti di altro soggetto, 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

45 

(Omissis). -In via preliminare deve essere poi esam1nata 
l'altra eccezione che la stessa Avvocatura dello Stato e la difesa 
del Comune di Castelfranco di Sotto hanno sollevato, sostenendo 
che il ricorso � inamissibile, in quanto i Comuni ricorrenti non 
hanno un interesse legittimo, di cui possono lamentare la lesione, 
ma hanno un semplice interesse di fatto, che la legge non ha inteso 
prendere in considerazione. 

Procedendo, quindi, a tale esame si rileva: 

Non pu� dubitarsi che sia titolare di un interesse occasionalmente 
protetto e, quindi, legittimo colui che, pur � essendo 
terzo rispetto ad un atto amministrativo che amplia la sfera 
dei diritti appartenenti ad una persona fisica o giuridica, si 
trovi in una situazione tale da subire un danno ove l'atto me


si trovi in situazione tale da subire un danno, ove l'atto sia stato emanato 
in difformit� dalla legge; 

b) la vicinanza pu� costituire elemento differenziatore fra l'interesse 
legittimo e quello semplice. Chi abita vicino ad uno stabilimento 
industriale ha un interesse legittimo a veder rispettate le distanze di 
legge, per ci� che ha tratto alle esalazioni, rumori, ed in genere immissioni. 

e) il mantenimento dello status quo e -di riflesso -delle 
rispettive situazioni sul piano delle� possibilit� produttive � un interesse 
legittimo. Un incentivo male accordato determina una lesione rilevante 
sul piano della legittimit�. 

2. -Si esaminino distintamente i tre pilastri logici della parte di 
motivazione che qui interessa. 
E' chiaro che l'argomento indicato sub a) vale a definire un � interesse 
alla legittimit� � dell'atto, ma non un vero e proprio interesse legittimo. 
E' vero che ad ogni posizione di interesse legittimo ne soggiace una di 
interesse alla legittimit�; ma non � affatto vera la proposizione reciproca 
e cio� che ogni interesse alla legittimit� sia perci� solo un interesse 
legittimo a' sensi dell'art. 26 del t.u. sul Consiglio di Stato. 

La verit� � che quando si parla di interesse legittimo, si definisce 
una vera e propria situazione giuridica soggettiva di vantaggio (cos�, 

p. es., CASETTA, Diritto soggettivo ed interesse legittimo: problemi della 
loro tutela giurisdizionale, Riv. trim. dir. � pubbl., 1952, 611 sgg., spec. 
618 sgg. e 623, ed autori ivi citati). Tra l'interesse di fatto e le norme 
d'azione che regolano l'operato della pubblica amministrazione deve sussistere 
un collegamento giuridico. Si parla qui talvolta di � fissazione dell'interesse 
alla legittimit� dell'atto in un soggetto�, ovvero -con maggiore 
semplicit� di termini -di protezione occasionale, dove l'aggettivo 
non oblitera il sostantivo : occasionale s�, ma pur sempre protezione, e 
protezione accordata dalla legge, con la considerazione che essa abbia 
del soggetto, portatore di una certa pretesa (cos�, Sez. Un., 14 agosto 1951, 
n. 2519). 
Va notato che queste ovvie verit� sono sempre state chiarissime agli 
occhi del Supremo Consesso Amministrativo. Senza andare tanto lontano, 
sar� sufficiente considerare quel che � accaduto quando detentori di 
attivit� economiche in regime di oligopolio (o, addirittura, di monopolio 



46 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

desimo sia stato emanato in difformit� dall'interesse pubblico 
perseguito da una norma di legge. In tal caso, infatti, l'interesse 
del terzo coincide con l'interesse pubblico alla osservanza di detta 
norma e, pertanto, trova nella norma stessa una protezione 
occasionale o riflessa, differenziandosi dall'interesse generico di 
tutti i cittadini al buon andamento della pubblica amministrazione. 


Ad individuare poi la particolare situazione da cui deriva 
l'esistenza dell'interesse legittimo, nella figura dell'interesse occasionalmente 
protetto, spesso si ricorre al criterio della vicinanza. 
Cos�, ad esempio, si � sempre ritenuto che chi abita vicino 
a un opificio industriale, dal quale sono emesse esalazioni 
nocive alla salute, abbia un interesse legittimo di cui possa la-

di fatto) hanno proposto ricorso in sede di legittimit� in tema di autorizzazione 
all'esercizio data ad imprese concorrenti: per es. assicurazioni, 
sportelli bancari, raffinerie di ol� minerali. 

Prima di porsi il problema se le dedotte violazioni di legge fossero 
state effettivamente commesse, il Consig�io di Stato ha esaminato la 
questione (ritenuta decisiva ai fini della propria giurisdizione) se la situazione 
del titolare dell'(asserito) interesse apparisse, nella fattispecie normativa, 
come giuridicamente rilevante agli effetti dell'emanazione del 
provvedimento, denunciato come lesivo. In altri termini, se il legislatore 
si fosse preoccupato di tutelare, ancorch� di riflesso, oppure occasionalmente, 
l'interesse dedotto in giudizio, non apparendo sufficiente la pura 
e semplice esistenza di una normativa, sia sostantiva che di procedimento, 
dettata al fine di regolare l'attivit� dell'Amministrazione. 

Cos� si � negato che il titolare� d'una raffineria di oli minerali fosse 
portatore di un interesse legittimo, che Io abilitasse ad opporsi ad una 
nuova autorizzazione, pur se illegittima (Cons. Stato, V, 24 luglio 1959, 
Foro amm., 1959, I, 2, 861, dove viene fatto il �punto in giurisprudenza). 
Ma vi ha di pi�: lo stesso si � detto per le Compagnie 
cl'assicurazione, pur essendo innegabile che v'ha un pubblico interesse 
notevolmente inienso alla prosperit� di questo tipo d'imprese, tale da 
rendere pi� che plausibile la configurazione di un collegamento giuridico 
tra posizione della singola Compagnia e tutela dell'interesse pubblico 
(cos� Cons. Stato, Sez. VI, 17 febbraio 1953, n. 445, Relaz. Avv.ra Stato 1951-55, 
I, pag. 81). Ma tant'�: requisito indefettibile perch� un interesse sia considerato 
legittimo � -secondo la giurisprudenza costante del Consiglio 
di Stato -la considerazione che della posizione del suo titolare abbia 
la legge (Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 1958, n. 576). Solo allora l'asserita lesione 
sar� giuridicamente rilevante, ed uscir� dal limbo del mero fatto eco:~ 
nomico (e valga qui -a rovescio -l'esempio delle farmacie, delle 
sale cinematografiche, et similia). jii 

Sia chiaro che l'argomentazione della Quinta Sezione, in s� e per s�, 
non � sbagliata. Ma concerne non la qualificazione dell'interesse come !,,�1 
legittimo, bens� l'interesse a ricorrere. 

-J

Ed invero, l'indagine sul punto se� il ricorrente dall'ampliamento 
della sfera giuridica di altro soggetto risenta un pregiudizio, che possa '-~ ,

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PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

47 

mentare la lesione, ove l'impianto dell'opificio stesso sia stato 
autorizzato a una distanza inferiore a quella stabilita dalla legge. 

Nella specie, con il provvedimento impugnato in questa sede, 
il Comitato dei Ministri per le Opere Straordinarie nell'Ha� 
lia settentrionale e centrale ha dichiarato il Comune �ai Castelfranco 
di Sotto localit� economicamente depressa ai sensi 
e per gli effetti _di cui all'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635. 

;Ora non � contestato che i Comuni ricorrenti sono limitrofi 
al Comune di Castelfranco di Sotto. Essi, pertanto, si trovano 
indubbiamente in una situazione tale da subire un danno immediato 
e diretto, qualora il beneficio di cui trattasi sia stato 
concesso illegittimamente. 

Come � noto, infatti, le nuove industrie che vengono a co


essere riparato dalla decisione di annullamento, si risolve -in realt� -nel 
vedere se sussista un vantaggio potenziale derivante al ricorrente medesimo 
dalla vittoria giudiziale. Cio� avvia a soluzione il problema del� 
l'interesse a ricorrere, ma non l'altro se la lesione sia tale in senso giuridico 
od un mero pregiudizio di fatto. 

Anzi, c'f! qualche cosa di pi� da osservare. E cio� che l'argomentazione 
in parola porta diritto filato a dire che l'interesse � semplice ed il giudizio 
� di merito. Ed infatti solo in un giudizio che abbia come � thema decidendi 
� un interesse semplice l'indagine preliminare deve essere circoscritta 
all'interesse a ricorrere, senza che si passi a vedere che cosa di 
sostantivo soggiaccia al presupposto processuale. 

3. -Analoghe osservazioni possono muoversi al secondo argomento, 
che svolge il criterio della vicinanza. Anche qui si confonde un elemento 
processuale con un elemento sostanziale: l'essere vicini all'attivit� molesta 
illegalmente autorizzata pu� valere ai fini della legittimazione a ricorrere, in 
quanto serve a differenziare la posizione del ricorrente da quella della 
generalit� degli individui. Non vale, invece, a creare un nesso giuridico 
tra interesse interesse �di fatto e norme di azione, n� a far trovare nella 
legge il requisito della protezione dell'interesse. 
Si deve soggiungere che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato non 
ha, forse, avuta la mano troppo felice nello scegliere, il caso dei rumori 

o delle esalazioni da stabilimenti industriali. Lasciando da parte quanto 
non persuade nel merito dell'argomento, va detto che l'esempio � inap� 
propriato perch� in queste ipotesi chi ricorre o � il proprietario contiguo, 
in nome dell'interesse legittimo (strumentale rispetto al diritto di propriet�) 
a non vedere considerate lecite immissioni nocive sulla base di 
provvedimenti illegittimi, oppure -in estrema ipotesi -chi agisce a 
tutela della propria integrit� fisica (anche questa diritto soggettivo), che 
non pu� essere compromessa da un atto illegittimo (su questo tipo di 
interessi legittimi, cfr. per tutti MoRTATI, Istituz. di diritto pubblico, VI 
ediz., pag. 55, e gli autori ivi citati a nota 1), spec. CANNADA BARTOLI e 
BENVENUTI). 
4. -Solo con� rargomento indicato sub e) si dicono cose pertinenti. 
Ma, a 
nostro avviso, errate. 
Gi�, istintivamente, ci si trova nell'imbarazzo quando -senza tor




48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stituirsi nella localit� dichiarata economicamente depressa godono 
notevoli agevolazioni fiscali. Ci� nonostante,� nelle predette 
localit�, che siano in effetti economicamente depresse, stentano 
a sorgere nuove industrie, in quanto le agevolazioni fiscali 
. spesso non compensano in misura adeguata gli svantaggi derivanti 
dalle condizioni ambientali che ostacolano il normale svi


luppo delle attivit� produttive. 

E' certo, invece, che se il riconoscimento di localit� econo


micamente depressa viene dato a una zona che tale in realt� 

non sia, in contrasto con le finalit� perseguite dalla legge n. 635 

del 1957, come si assume nel caso di specie, le nuove industrie 

preferiranno impiantarsi in questa zona anzich� nei territori dei 

comuni vicini. Per effetto della violazione di tale legge, quindi, 

tuose circonlucuzioni -si ienta di esprimere l'oggetto ed il contenuto 

di questo preteso interesse legittimo in tema di persistenza dello status 

quo ante. Interesse legittimo a... a che? Al mantenimento in istato di 

disagio economico del prossimo, cos� da convalidare la massima tanto 

manchesteriana, quanto poco cristiana, che la ricchezza di ognuno di 

noi � per met� fatta della povert� del nostro vicino? 

Ad ogni modo, dando per ammesso che qui una situazione di � non 

svantaggio,, (?!) sussista in realt�, che questa situazione sia definibile, 

e che si dia una lesione, quanto meno potenziale, di essa, resta da vedere 

se la medesima sia giuridica. Si �, infatti, osservato che non bastano le 

due serie parallele: interesse di fatto -normativa, per dar luogo al 

fenomeno giuridico dell'interesse legittimo. Occorre, invece, che i due 

termini siano collegati da un nesso giuridico, costituito dalla rilevanza 

attribuita dalla legge alla posizione del terzo: in altre parole dalla pro


tezione che questo terzo trovi nella legge, protezione che -pur se occa


sionale o riflessa -deve in ogni modo essere giuridica. 

Occorre, perlanto, esaminare i testi legislativi qui applicabili e vedere 

se l'eventualit� di una competizione fra Comune e Comune sia conside


rata in un modo qualsiasi. Mancando questo, � chiaro che si resta nella 

t.ona ambigua dell'interesse alla legittimit� e non si assurge all'interesse 

legittimo.

Orbene, va detto senz'altro che la possibile situazione di concorrenza 

fra Comune e Comune � fuori da ogni previsione del corpus di norme che 

partono dalla legge 10�agosto 1950, n. 647, e culminano nella legge 29 lu


glio 1957, n. 635. Qui � solo questione di un dialogo tra il Comune istante 

e lo Stato. Rileva unicamente se il Comune chieda fondatamente o infon


datamente e se lo Stato accordi o dinieghi legittimamente o illegittima, 

mente. E ci�, senza che sia lasciato il minimo spazio ad opposizioni di 

terzi soggetti, che non troverebbero nessuna possibile sistemazione nel


l'e�onomia della legge. Solo il Comune istante potr� ricorrere in sede 

di legittimit� avverso l'ingiusto diniego, e soltanto lo Stato potr� procedere 

ad annullare d'ufficio il beneficio a torto accordato. Gli eventuali inte


ressi di terzi soggetti restano nell'ambito del mero fatto, dato che la 

legge non solo non Ii protegge, ma addirittura li ignora. C'� di pi�. E cio� 

che nella specie quella normativa, alla quale si vorrebbe collegare l'inte, 


PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

49 

i comuni vicini vengono a subire un danno immediato e diretto, 
consistente nell'arresto o, comunque, nella diminuzione del normale 
incremento delle attivit� produttive nell'ambito dei loro 
territori, con un conseguente arresto o, comunque, con una diminuzione 
del normale incremento delle attivit� produttive nell'ambito 
dei loro territori, con un conseguente arresto o diminu:. 
zione dell'incremento delle entrate dei rispettivi bilanci. 

Da quanto precede consegue che la dedotta eccezione deve 
essere disattesa, giacch� l'interesse sostanziale che le Amministrazioni 
ricorrenti intendono far valere nel presente giudizio non 
pu� non essere qualificato come un interesse legittimo. Consegue 
inoltre, che la denunciata lesione di tale interesse non � 
eventuale, ma ha il requisito dell'attualit�. Viene, quindi, a ca-

resse dei ricorrenti, non esiste. Le condizioni per l'atto dichiarativo sono 
deostruite dalla Sezione sulla base di affermazioni _politiche! 

Se mai (e -diciamolo francamente -con uno sforzo d'immagina� 
zione giuridica) si volesse trovare in questa intricata materia una situazione 
d'interesse legittimo in Comuni terzi, limitrofi e non limitrofi, questa, 
se pure in casi ben delimitati, sarebbe � ad adiuvandum � e non � ad 
opponendum � quanto al riconoscimento della qualifica nel Comune istante. 

In effetti, la legge 29 luglio 1957, n. 635, contiene pi� di un riferimento 
alla legge 25 luglio 1952, n. 991 (p. es. all'art. 5,, all'art. 7, etc.), portante 
provvedimenti in favore dei territori montani. Ora, per l'art. 1 della 
legge del 1925 citata, oltre ai Comuni aventi le caratteristiche di territori 
montani, possono essere ammessi ai benefici di legge altri Comuni � anche 
non limitrofi� in parit� di condizioni economico-agrarie. Il che -se non 
andiamo errati -pu� determinare solidariet� e non certo antagonismo 
d'interessi, quanto meno l� dove il riconoscimento di area depressa sia. 
conseguenza immediata della qualificazione del territorio come montano. 

Ci rendiamo conto che, in linea d'ortodossia giuridica, neanche in 
questa ipotesi pu� fondatamente discorrersi di protezione all'interesse di 
Comuni terzi, ed in particolare di protezione appropriata ai fini della 
legge del 1957: comunque l'argomento colorisce �a contrariis � l'irrilevanza 
di una situazione di concorrenza competitiva, che opponga Comune a 
Comune. 

5. -Sin qui si � visto come, in difetto di un collegamento giuridico 
tra normativa e pretesa dei Comuni confinanti a quello di Castelfranco 
di Sotto, l'interesse di questi ultimi debba qualificarsi come interesse 
semplice, sottratto alla giurisdizione del Consiglio di Stato. 
Ma lo sguardo pu� spingersi pi� a fondo. Ed allora � possibile scorgere 
come, sotto le ingannevoli apparenze di un sindacato di legittimit�, 
la Quinta Sezione del Consiglio di Stato abbia compiuto un giudizio di 
merito. Anzi, data la falsa impostazione data alla questione dalla forma 
disadatta, in cui essa si presentava (pseudo sindacato di legittimit� su di 
un provvedimento amministrativo), qui non si � avuto neppure un giudizio 
di merito completo, ma un giudizio di merito a met�, cio� un esame 
della controversia condotto unicamente in considerazione delle deduzioni 
dei ricorrenti. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

50 

dere anche l'ulteriore eccezione d'inammissibilit� del ricorso sollevato 
al riguardo dal patrocinio del Comune di Castelfranco di 
Sotto. 

Superate queste questioni pregiudiziali, per quanto attiene 
al merito della controversia si osserva che i ricorrenti deducono, 
fra l'altro, che l'atto impugnato � illegittimo per violazione 
dell'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, con la quale sono 
state emanate disposizioni integrative della legge 10 agosto 1950, 

n. 647, per l'esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse 
nell'Italia settentrionale e centrale. 
Ora questa censura si appalesa fondata. 
Ed invero, n� la legge del 1950, n� quella del 1957, come � 

ammesso dagli stessi ricorrenti, stabiliscono le condizioni ne-

In realt�, quanto si diceva nel ricorso al Consiglio di Stato costituiva 
la denuncia di un contrasto d'interessi fra Comune e Comune, determinatosi 
per effetto dell'atto amministrativo di qualificazione di area 
depressa: il vantaggio dato a Castelfranco di Sotto pone questo Comune 
in una situazione differente e � migliore rispetto a quella delle localit� 
limitrofe e gli conferisce maggiori possibilit� di sviluppo industriale; le 
nuove attivit� produttive della zona si orienteranno di preferenza su 
Castelfranco; l'esenzione dal tributo statale determiner� l'assorbimento 
di ogni incremento industriale e commerciale, etc. etc. 

Ora, � chiaro che, per potere verificare tutte quante tali proposizioni, 
o�correva fare taluni apprezzamenti per i quali la sede giurisdizionale, 
in genere, e, peggio che mai, quella limitata al sindacato di pura 
legittimit�, era la pi� inappropriata ed incongrua. 

In effetti non era possibile giudicare senza avere prima di tutto stabilito 
che gli eventi paventati dai ricorrenti si sarebbero effettivamente 
avverati, non solo, ma che non avrebbero prodotto altri eventi, per avventura 
di gran lunga pi� vantaggiosi per i ricorrenti, di quanto non fossero 
nocivi quelli temuti e denunciati al Consiglio di Stato. � 

Giacch� la Quinta Sezione ha giudicato come se tutte quante le 
attivit� economiche siano del tipo c.d. � primario �, dimenticando l'esistenza 
di attivit� � secondarie� e � terziarie� (infrastruttura, servizi, etc.). 

Verissimo: le fabbriche andranno a Castelfranco. E poi? Chiaro che 
occorrer� una migliore viabilit�, che occorreranno alloggi, che la produzione 
agricola, artigiana, di servizi etc. della zona avr� nuovi sbocchi, 
che sar� necessaria nuova mano d'opera, che i beni prodotti dovranno 
essere commerciati, etc. etc. E' mai possibile che questi nuovi impulsi 
economici si esauriscano nella cerchia delle mura del Comune di Castelfranco 
e non si estendano ai Comuni limitrofi.? Ed in che misura? E 
come si apprezza tutto questo nell'ambito di un giudizio di pura legittimit�? 


E' appunto per ragioni di questo genere che il Costituente, nel prevedere 
all'art. 127, terzo e quarto comma, della Costituzione, la possibilit� di� 
un conflitto di interesse tra Regione e Stato o tra Regione e Regione, 
ha accolto -con valore di principio generale -la verit� che il contrasto 
d'interesse d� luogo esclusivamente ad una questione di merito. 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

51 

cessarie per la dichiarazione di localit� economicamente depres


sa. Tuttavia, dai lavori preparatori relativi alla prima di tali leggi 

effettivamente risulta che per identificare una zona depressa si 

deve tener conto degli elementi indicati nel ricorso e specificati 

in narrativa. 

Nel caso concreto, avuto riguardo a tali elementi, non pu� 
ritenersi giustificato il beneficio concesso dal Comune di Castelfranco 
di Sotto. Difatti, come hanno posto in rilievo le Amministrazioni 
ricorrenti e come del resto risulta dagli atti, nel Comune 
di Castelfranco di Sotto -che, in base all'ultimo censimento 
ha una popolazione di appena 8.085 abitanti -esistono 
ben 60 opifici, di cui 36 calzaturifici con una produzione giornaliera 
di L. 6.000/6.500 paia di scarpe. Tali opifici impiegano di-

Si noti bene che, una volta eretto l'argine dell'interesse nazionale e 
delle altre Regioni dall'art. 117 Cost. a fronte dell'attivit� legislativa regionale, 
si � istituito -in sostanza -un requisito di legittimit� costituzionale 
per le leggi regionali: queste saranno legittime in quanto, oltre 
tutto il resto, non contrastino all'interesse nazionale o di altre Regioni. 
Ma, con tutto questo, il relativo giudizio � di merito: la questione di 
legittimit� costituzionale per violazione dell'art. 117 cost., pur configurabile 
astrattamente come primaria, si considera come giudicabile solo in sede 
di composizione del contrasto di merito, nella sede competente e responsabile 
per le decisioni di merito: il Parlamento. 

6. -Siamo arrivati al punto di concludere. 
E' di pien� evidenza che quando la legge prende in considerazione 
la situazione giuridica di soggetti terzi rispetto all'emanazione di un dato 
provvedimento amministrativo, ed in tal guisa dispone-una forma di 
protezione, pur se occasionale o riflessa, dei loro interessi, essa opera 
una scelta ed un giudizio di prevalenza. Per es�mpio, tornando al caso 
dianzi cennato delle farmacie, la legge considera prevalente l'interesse 
del farmacista che si trovi a meno di cinquecento metri dalla farmacia 
di nuova istituzione su quello del nuovo esercente, ed a tale interesse 
accorda un certo tipo di protezione, funzionale rispetto alla pubblica 
esigenza a che l� legge venga osservata. 

In altre parole, J'apprezzamento di merito � fatto dal legislatore, 
ed il Giudice di legittimit� � dispensato da ogni esame sull'effettivo prevalere 
di un interesse -privato e pubblico -su di un altro; anzi -addirittura 
-sulla reale sussistenza della lesione (pu� ben darsi, in certe 
circostanze, che una farmacia illegittimamente autorizzata giovi pi� che 
non nuoccia all'esercizio viciniore, ma l'argomento sarebbe irrilevante ai 
fini del giudizio di legittimit�). 

Altro � da dire nel caso in cui la figura del terzo � estranea alla 
previsione legislativa, nel caso in cui, cio�, l'asserito interesse �del terzo 
a che un certo provvedimento amministrativo non sia emanato non si 
trovi in una posizione di collegamento giuridico con i precetti che regolano 
l'attivit� della pubblica Amministrazione, s� da riceverne protezione. 

Allora, se � vero che giurisdizione � giurisdizione e non controllo di 
legittimit�, se � vero che giurisdizione di diritto subiettivo, qual'� appunto 



52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rettamente 1.700 operai e indirettamente altre numerose persone 
che lavorano a domicilio. Inoltre, intorno a queste attivit� 
industriali vi sono varie attivit� commerciali, che d�nno occu~ 
pazione e reddito ad altri lavoratori, cosicch� l'intera mano d'opera 
locale pu� ritenersi completamente assorbita. 

Ci� posto, di fronte a questi concreti e precisi dati di fatto 
che non sono smentiti dalle Amministrazioni resistenti, devesi riconoscere 
che sussiste la lamentata violazione di legge. 

N� vale sostenere, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, che 
il provvedimento in contestazione � in ogni caso giustificato 
dalle peculiari condizioni in cui si trova una parte del Comune 
di Castelfranco di Sotto e precisamente la frazione di Orentano, 
che occupa circa la met� del territorio comunale. 

Sta di fatto, invero, che lo stesso Comune di Castelfranco 
di Sotto richiese il riconoscimento di localit� depressa non per 
l'intero territorio comunale, ma limitatamente alla suddetta 
frazione. 

Senonch� il Comitato dei Ministri, ritenuto che la legge non 
consentisse �la possibilit� di operare il riconoscimento di lo-

quella delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, � giurisdizione 
di diritto subiettivo, che non pu� -cio� -prescindere dall'accertam�nto 
del torto da riparare, con l'eliminazione del provvedimento illegittimo, 
e non giurisdizione di diritto obiettivo, che si limiti ad esaminare se sia 
stata commessa una violazione della norma, indipendentemente dall'indagine 
circa la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, 
il Giudice di pura legittimit�, al quale il sullodato terzo si rivolga, non 
pu� non dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. 

In caso contrario, ove -cio� -venga creato in sede giurisdizionale 
quel collegamento tra la norma e !'(asserito) interesse di fatto, che non 
� nella legge, il giudizio dal piano della legittimit� straripa nel merito. 
Giacch� � merito lo stabilire se e quali sono quegli interessi di fatto che 
assurgano al livello di � pretesa � a fronte di norme dettate unicamente 
nei confronti della pubblica Amministrazione, ed � merito identificare 
se lesione questi interessi abbiano sub�to dall'inosservanza delle norme 
predette. L'esempio fatto nel paragrafo precedente circa il � giudizio di 
merito a met� � � abbastanza istruttivo. 

Si pu� soggiungere che questo straripamento nel merito della giurisdizione 
di legittimit� determina una situazione, quanto meno di arbitrio, 
nell'identificazione dei presupposti processuali. I Comuni limitrofi sono 
legittimati ed hanno interesse a ricorrere; perch� non le industrie in 
situazione di concorrenza, attuale o potenziale, con quelle che profitteranno 
dell'esenzione tributaria? Ed, in genere, perch� non i contribuenti dei 
Comuni vicini? E quanto vicini? Etc. etc. Risulta, infatti, evidente che, 
ove si prescinda da un collegamento giuridico tra situazione di vantaggio 
.asserita dal ricorrente e normativa, si pu� pervenire a qualsiasi 
soluzione. 

FRANCESCO AGRO' 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

calit� economicamente depressa se non con riferimento alla 
circoscrizione amministrativa espressamente indicata (comune)� 
deliber� di estendere tale riconoscimento a tutto il territorio del 
comune, considerando che la depressione economica che investiva 
oltre la met� di quel territorio rappresentava uno squilibrio 
per l'intera economia comunale che, di fatto, era inferiore per 
molti aspetti alla media della provincia di Pisa. 

Al riguardo � per� agevole opporre quanto segue : 

1) Pu� anche ammettersi che il riconoscimento di localit� 
economicamente depressa non possa essere espresso direttamente 
ad una parte del territorio comunale, essendo questa priva di 
personalit� giuridica e che, quindi, il relativo provvedimento 
debba essere emanato nei confronti del Comune. Ci�, pertanto, 
non impedisce che l'efficacia di tale provvedimento venga limitata 
a quella zona del territorio comunale, che in effetti sia 
economicamente depressa. Questa limitazione anzi appare pienamente 
conforme alla volont� della legge . 

. 2) Come � stato chiarito dall'Avvocatura dello Stato, la 
frazione di Orentano � esclusivamente agricola, essendo priva di 
ogni altra risorsa economica, perch� lontana dalle strade di grande 
comunicazione e tagliata fuori da ogni possibilit� di diretto 
e celere contatto con il capoluogo del Comune per la interposizione 
della frazione Stappali del Comune di S. Croce sull'Arno e 
delle colline boscose delle Cernaie. 

Ora, di fronte a questa situazione, � ovvio che il provvedimento 
'in esame non pu� raggiungere lo scopo a cui � diretto, 
cio� lo scopo di promuovere lo sviluppo economico della frazione 
suddetta, giacch� le nuove industrie avranno interesse a 
costituirsi nel capoluogo del comune, in quanto oltre a conse. 
guire le stesse agevolazioni :fiscali, beneficeranno delle pi� favorevoli 
condizioni locali. Di conseguenza lo squilibrio esistente 
fra la zona di Orentano e il rimanente territorio del comune 
non solo non sar� eliminato, ma con ogni probabilit� diventer� 
sempre maggiore. N� per smentire questa logica previsione vale 
affermare che, dopo l'emanazione dell'atto impugnato, nella frazione 
di Orentano si sono costituite alcune piccole industrie, 
giacch�, anche a voler ritenere esatta tale affermazione, devesi 
presumere che si tratti di casi eccezionali che non sono destinati 
a ripetersi. 

3) Con nota del 21 maggio 1961 il Comune di Castelfranco 
di Sotto ha fatto presente al Comitato dei Ministri che il Ministero 
delle Finanze aveva espresso parere sfavorevole al riconoscimento 
della localit� di Orentano come zona economica



54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
mente depressa, in quanto, anzich� tenere conto di questa sola 
localit�, aveva preso in esame l'intero territorio comunale. 
Appare quindi evidente che con questa nota lo stesso Comune 
interessato ha implicitamente ma chiaramente ammesso 
che il suo intero territorio, anche avuto riguardo alle particolari 
condizioni della zona di Orentano, non poteva essere riconosciuto 
come economicamente depresso. 
Per le considerazioni che precedono la deliberazione impugnata 
deve ravvisarsi in ogni caso illegittima e, quindi, il ricorso 
deve essere senz'altro accolto, rimanendo superfluo soffermarsi 
sulle altre censure dedotte dai ricorrenti, perch� quella 
gi� esaminata, oltre ad essere fondata, ha carattere assorbente 
rispetto alle cennate ulteriori censure. -(Omissis). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 ottobre 1963, n. 513 -Pres. 
D'Avino -Est. Russo -Societ� Maresole c. Ministero Marina 
Mercantile. 
~. 
Concessioni amministrative -Concessioni provvisorie -Inadempimento 
del concessionario -Decadenza -Controversie -Competenza. 
(cod. nav., art. 38). . 
L'occupazione anticipata di un'area demaniale marittima con 
contemporanea emissione di atti di sottomissione, d� luogo a una I. 
specie di concessione provvisoria, la cui risoluzione per inadempimento 
del privato di una delle clausole del contratto (nella 
specie versamento del deposito cauzionale) importa una controversia 
che sfugge alla competenza del giudice amministrativo 
per rientrare in quella del giudice ordinario (1). 
(1) Giurisprudenza costante. Con questa sentenza il Consiglio di Stato, �~ 
nel precisare che la concessione provvisoria assicura al concessionario il 
diritto al godimento del bene demaniale e perci� le relative controversie 
sono sottratte alla propria competenza, si informa agli esatti criteri -
ormai consolidati -di discriminazione fra giurisdizione ordinaria e amministrativa 
in materia di concessioni. Secondo tali criteri rientrano nellffi 
la competenza del giudice ordinario soltanto le controversie che abbiano 
per oggetto la interpretazione e l'adempimento di clausole relative al re. 
golamento convenzionale (concessione-contratto) (nella specie es~minata, :!.! 
inadempimento per mancato versamento di cauzione), mentre rientrano .�: 
nella competenza del giudice amministrativo le controversie che riguar
�:: 
dano la interpretazione e l'applicazione dell'atto di concessione, inteso ~ 
come espressione del potere discrezionale amministrativo. In tal senso cfr. " 
Cass. 10 ottobre 1962, n. 2930, Foro it. Mass., 1962, 829'; Cons. Stato, -~ 
sez. VI, 25 luglio 1959, n. 509, Foro am1n., 1959, I, 1059, con nota; 18 .-; 
.. -I:; 
-~ 
" 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

55 

(Omissis). -Passando all'esame di merito del ricorso, il 
Collegio deve dichiarare, come si � detto, il proprio difetto di 
giurisdizione. 

La Societ� ricorrente impugna il provvedimento con il quale 
il Ministero della Marina Mercantile ha revocato l'atto di 
sottomissione relativo alla concessione provvisoria di un bene 
del demanio marittimo per non avere la ricorrente ottemperato 
all'obbligo che discendeva dell'articolo 4 dell'atto medesimo, 
concernente il pagamento di una somma a ga��anzia dei 
canoni per l'uso del ben� demaniale. 

Gi� questo Consiglio, in analoga fattispecie, (Sez. VI, 18 aprile 
1956, n. 258), ebbe a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione 
sulla considerazione che, una volta precisate in un atto 
contrattuale le clausole di risoluzione di un rapporto, l'averlo 
risolto per inadempimento del privato ad una delle clausole del 
contratto, importa una controversia che sfugge alla competenza 
del giudice amministrativo per rientrare in quella del giudice 
ordinario. 

La Corte di Cassazione, confermando detta pronuncia 
(Sez. Un. 10 ottobre 1962, n. 2930), ha individuato nell'occupazione 
anticipata di un'area demaniale marittima con contemporanea 
emissione di un atto di sottomissione una specie di 

aprile 1956, n. 258, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 422. Di recente la Cassa� 
zione, con la sentenza n. 1666/63, in questa Rassegna, 1963, 135, ha fatto 
esatta applicazione del richiamato criterio di discriminazione delle competenze, 
laddove ha affermato che la controversia, avente ad oggetto la 
legittimit� dell'imposizione di un canone per la concessione, rientra nella 
competenza del giudice amm.vo, in quanto essa investe la maniera con 
la quale fa p.a. ha esercitato il potere discrezionale. 

Ci� premesso, non pu� condividersi l'orientamento, che talvolta, come 
nella specie, il Consiglio di Stato assume allorch� con la decisione definitiva 
declina la propria competenza, mentre con l'ordinanza, in via preliminare, 
sospende l'esecuzione dell'atto impugnato, ritenendosi cos�, sia 
pure ai soli effetti della pronuncia cautelare, implicitamente competente. 
Se, infatti, il Consiglio di Stato non ha il potere di decidere il merito 
del ricorso per difetto di giurisdizione, non ha neanche il potere di sospendere 
l'atto impugnato. E ci� perch�, in sede di giudizio preliminare{ 
sulla sospensione, il predetto organo giurisdizionale ben pu� delibare 
la propria competenza, specie quando, come nel caso deciso, dall'oggetto 
essenziale dell� pretesa dedotta in giudizio col ricorso (inadempimento, 
da parte del privato, della concessione provvisoria, per mancato versamento 
della cauzione) si rilevava, ictu oculi, la lesione di un diritto soggettivo 
e non di un interesse legittimo. Codesta osservazione �, peraltro, 
conforme alla giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, il quale ha 
affermato il proprio difetto di giurisdizione, se rilevabile ictu oculi in 
sede di delibazione sulla domanda di sospensione (Cons. Stato, Sez. V, 19 



~ 

(.,~

56 R<\.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.' 

concessione provvisoria che, pur importando, rispetto a quella !) 
definitiva, un pi� ampio potere di revoca, da parte della pub


~ 

f

blica Amministrazione per ragioni di pubblico interesse, tuttavia 
assicura ugualmente al concessionario provvisorio nei conIfronti 
dell'Amministrazione concedente e nell'ambito del rapporto 
contrattuale inerente alla concessione, un diritto al godimento 
dello stesso, diritto tutelabile innanzi al giudice ordinario. 

I 

Nella specie, invero, come si � detto, con atto di sottomissione 
10 aprile 1952, il Ministero della Marina Mercantile, premesso 
che la Societ� ricorrente aveva chiesto la concessione 
di una zona di arenile, richiedendo altres� che, nelle more della 

I

istruttoria per la concessione richiesta, le fossero assentiti la 


I 
I
ru 
immediata occupazione della �zona e l'immediato inizio dei lavori, 
autorizzava l'occupazione stessa, purch� il richiedente sottoscrivesse 
l'atto di s�ttomissione. Con tale atto la societ� ricorrente 
assumeva diversi obblighi, fra cui (articolo 4) quello 
�di versare la somma di L. 500.000 a garanzia dell'osservanza di 
tutti gli obblighi assunti con il presente atto, restando l'Ammi


I

nistrazione marittima facoltizzata ad incamerare,� in tutto o in i!. 

t

parte, il suddetto deposito, senza bisogno di alcun provvedimen


to, dell'autorit� giudiziaria... e restando, altres�, obbligata ad 

~11

eseguire i depositi suppletivi, che nel corso della validit� del :: 

presente atto fossero ritenuti dall'Amministrazione necessari, 

I 
I
r. ~ 
dicembre 1959, n. 1423, Foro it., Rep., voce Giust. amm.va n. 408), ed alla 
giurisprudenza della Cassazione, la quale, nel riesaminare la questione, 
ha affermato che il Consiglio di Stato, giudice della propria competenza, 
nel pronunciarsi sull'istanza di sospensione, pu� riconoscere implicita3 
mente o esplicitamente la propria giurisdizione e che, tuttavia, la pronuncia 
sulla sospensione non � immediatamente impugnabile con ricorso 
per Cassazione (il che per� non pu� essere condiviso, .data la natura giurisdizionale 
dell'ordinanza affermata dallo stesso S.C.; v. in tale senso 


I'MoRTATI, Sulla impugnabilit� per difetto di giurisdizione delle pronunce '

I M 'di sospensione degli atti amministrativi, Giuris. it., 1950, 1, 3, 80) e non 
� quindi proclusa dalla regiudicata il ricorso contro la decisione definitiva 
per motivi attinenti alla giurisdizione (Sez. Un., 9 maggio 1949, n. 1110, 
Foro amm., 1949, II, l, 135; v. anche VARVESI, Osservazioni sull'incidente ,
di sospensione nei giudizi innanzi al Consiglio di Stato, in questa Rivista ' 

I .1949, 1; GARGIULO, La sospensione dell'atto amministrativo da parte del 
Consiglio di Stato, 126; NIGRO, Sospensione dell'esecutoriet� del provvedimento 
impugnato e istanza per regolamento di giurisdizione, Foro amm. 

1956, I, 3, 22). 
Le premesse osservazioni non hanno solo rilevanza teorica, giacch� 


non pu� disconoscersi, da un punto di vista logico e giuridico, la inam


1~:

missibilit� della sospensione di un provvedimento da parte di un giudice 
che si riconosce poi incompetente, ed il pregiudizio per l'interesse pubI 
blico derivante dalla concessa sospensione che viene poi caducata. 

--1m 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

57 

ecc.�, Col provvedimento impugnato l'Amministrazione ha revocato 
l'atto di sottomissione non avendo la Societ� � ottemperato 
all'ingiunzione di versare un deposito suppletivo di lire 

20.000.000 a garanzia del pagamento dei canoni arretrati� (resosi 
necessario per il lungo decorso della occupazione provvisoria). 
E' evidente che il provvedimento si basa unicamente sull'inadempimento 
ad un preciso obbligo che la Societ� si era 
assunto con l'atto di sottomissione. Nel rapporto complesso, instaurato 
tra l'Amministrazione e il concessionario, con il menzionato 
atto di sottomissione, non c'� dubbio che la questione 
sollevata col ricorso attiene alla lesione di un diritto soggettivo 
e come tale, in base alle considerazioni svolte dalla Cassazione, 
e condivise dal Collegio, sottratta alla competenza di questo 
Consiglio. (Omissis). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 23 ottobre 1963, n. 619 -Pres. 
De Marco -Est. Meregazzi -Soc. Antonelli e Orlandi c. Ministero 
Tesoro. 

Deposito -Depositi bancari e cassette di sicurezza -Sblocco � Istanza 
di sblocco � Rigetto -Impugnativa � Lesione di diritti soggettivi Difetto 
di giurisdizione del Consiglio di Stato. 

(1. 2 luglio 1952, n. 911, art:t. 1 e segg). 
Le controversie che sorgono in materia di sblocco di assegni 
bancari vertono su lesione di diritti soggettivi, e pertanto il 
Consiglio di Stato difetta di giurisdizione a conoscere della impugnativa 
di un provvedimento col quale il Ministero del Tesoro 
ha rigettato l'istanza di sblocco sul presupposto che il 
'conto corrente sarebbe stato estinto dagli alleati (i). 

(1) Massima esatta. Non risultano precedenti; cfr. tuttavia, Cass. Sez. 
Un. 3'0 ottobre 1961, n. 2507, le quali hanno affermato la pregiudizialit�, 
rispetto alla proposizione dell'azione giudiziaria in materia di sblocco di 
depositi bancari, della procedura amm.va disciplinata dagli artt. 1 e segg. 
della I. n. 911 del 1952, con la conseguenza che, fino a quando detta prq� 
cedura non sia espletata, l'a.g.o. difetta di giurisdizione a conoscere delle 
domande degli interessati intesa ad ottenere la disponibilit� delle somme 
depositate nei conti correnti bancari. 
-



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1963, n. 1343 -Pres. 
Torrente -Est. D'Armiento -P. M. Pisano (conf.) -Sacconi 

c. Banco di Santo Spirito. 
Titoli di credito -Assegno circolare emesso con la clausola di intrasferibilit� 
a favore di soggetto diverso dal richiedente -Rapporto 
di emissione -Rapporto cambiario -Erl'ore di persona nel pagamento 
-Responsabilit� cambiaria della Banca emittente -Legittimazione 
del prenditore e non del richiedente. 

(R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 43, 86). 
Il rapporto di emissione di un assegno circolare intrasferibile 
si esaurisce con la creazione del titolo avente i caratteri 
pattuiti e la consegna dello stesso al richiedente. Distinto �, invece, 
il rapporto che intercorre fra emittente e prenditore e dal 
quale scaturisce per il primo la responsabilit�, nei confronti del 
secondo, per il pagamento malamente eseguito a favore di persona 
diversa (1). 

II 

TRIBUNALE DI NAPOLI, 28 maggio 1963 -Pres. Mazzacane 


Est. Mastrocinque -Ministeri dei Lavori Pubblici e del Te


soro c. Banca d'America e d'Italia. 

(1) Conf. Cass. 26 aprile 1954, n. 1276, Banca, borsa e titoli di credito, 
1954, II, 184; 18 luglio 1956, n. 2783, Id., 1956, II, 523; 7 ottobre 1958, n. 3133, 
Foro it., 1959, I, 73. 
Molteplici sono le opinioni dibattute in dottrina e giurisprudenza sulla 
natura giuridica del rapporto di emissione dell'assegno circolare: deposito 
irregolare, con l'obbligo dell'emittente di restituire la somma ricevuta 
al richiedente o ad un terzo da lui indicato (MESSINEO, Assegno circo� 
lare e azione ex causa, in Banca, borsa e titoli di credito, 1940, I, 34; FIORENTINO, 
Il rapporto fondamentale nell'assegno circolare, Riv. trim. dir. proc. 
civ., 1948, 130; Trib. Milano, 2 aprile 1951, Banca, borsa e titoli di credito, 
1952, II, 228); mandato (App. Milano, 14 gennaio 1955, Giust. Civ., Mass. 
Appello Milano, 1955, 2); compravendita {SALANDRA, Assegno circolare e pagamento, 
Dir. e prat. comm., 1939, I, 197); contratto misto di compravendita 
e d'opera (PELLIZZI, In tema di rapporto fondamentale nell'assegno circolare, 
Banca, borsa e titoli di credito, 1952, II, 228); contratto sui generis 
di emissione (DE STIMO, D�ritto cambiario, Milano, 1953, 799). 


59

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Titoli di credito -Vaglia della Banca d'Italia emessi con la clausola 
di intrasferibili.t� a favore cli prenditori cartolari inesistenti 
in commutazione di ordinativi ministeriali di pagamento 
falsificati -Riscossione dei medesimi da parte clei truffatori a 
mezzo banchiere giratario per l'incasso che manc� di identificarli . 
-Esclusione cli responsabilit� del medesimo nei confronti del 
richiedente. 

(r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, artt. 43 e� 92; e.e., artt. 948, 1994 
e 2043). 
Il richiedente di vaglia bancario intrasferibile a favore di 
prenditore cartolare, di cui fu accertata l'inesistenza con giudicato 
penale, non ha azione contro il banchiere, che, avendolo 
ricevuto per l'incasso dal truffatore del richiedente, sedicente 
prenditore, di cui manc� l'identificazione, ne abbia provocato il 
pagamento liberatorio e l'estinzione da parte dell'emittente (2). 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo si denunzia la violazione 
e la falsa applicazione degli artt. 43-73-86 R.D. 21 dicembre 1933, 

n. 1736; 1176, 1375 cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 5 e 3 c.p.c., 
assumendo che la sentenza impugnata non abbia esaminato la 
causa sotto il profilo dedotto. 
E si argomenta che, se i principi affermati in materia di 
responsabilit� della Banca emittente possono valere in caso di 
normale assegno circolare, i principi stessi non riguardano e 
non possono riguardare l'assegno non trasferibile, posto che 
con la emissione di un titolo di tal genere la banca assume lo 
obbligo di non pagare a favore di altri che non sia l'intestatario 
dell'assegno, sostanzialmente non trasferibile. Conseguentemente 
-si conclude -la Banca deve usare una diligenza maggiore 
nell'accertatore la identificazione dell'intestatario, e se 
commette un errore, deve imputarlo a sua colpa e risponderne 
nei confronti del richiedente l'assegno, a titolo di responsabilit� 
contrattuale. 

(2) Sulla preclusione ex art. 28, c.p.p., v. GUARNERI, Limiti soggettivi ed 
oggettivi all'efficacia del giudicato penale nel giudizio civile, Giur. it., 1957, I, 
l, 192; v. anche Cass. 14 aprile 1961, n. 801, in Temi napoletana, 1961, I, 551; 
Cass. 27 dicembre 1963, n. 3229, Giur. it., Mass. 1963, 1088. Sul concetto di 
danno come fatto: DE CuPis, v. Danno, in Enciclopedia del diritto, vol. XI, 
Milano, 1962, 623 e gi�, dello stesso A., Il danno, Milano 1946, 5 e segg.; 
PETROCELLI, L'antigiuridicit�, Padova 1951, 119 e segg., in particolare 123. 
Sul concetto di danno ingiusto v. SACCO, L'ingiustizia di cui all'art. 2043, in 
Foro Pad., 1960, I, 1420 e segg. 

60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura � infondata. 

Come questa Corte regolatrice ha avuto occasione di precisare 
ripetutamente (sentt. 26 aprile 1954, n. 1276; 18 luglio 1956, 

n. 2783; 7 ottobre 1958, n. 3133), le obbligazioni della banca, una 
volta versata la provvista, si riassumono nell'emettere l'assegno 
avente le caratteristiche volute dal richiedente, e nel consegnarlo 
allo stesso o al prenditore. Con la consegna dell'assegno, la 
banca adempie agli obblighi sorgenti dal contratto e, se deve 
rispondere verso il richiedente, come tale, per l'inadempimento, 
nel caso che l'assegno non sia regolar�, non pu� rispondere per 
le successive vicende del titolo, e perci� neanche per l'illegittimo 
pagamento. 
Una volta esaurita l'azione derivante dal rapporto che diede 
causa all'emissione dell' assegno (con l'effettiva emissione e consegna 
dello stesso), sorge un nuovo rapporto (cambiario) fra isti


I

tuto e prenditore, il quale soltanto pu� far valere i suoi diritti @ 
verso la Banca. ID 
Orbene, essendosi perfettamente adeguata a tali principi la f:J 

�i.

Corte di merito ed avendone fatta corretta ed esatta applica~ 
zione, la sentenza non presta il fianco ad alcun giusto rilievo. ~< 
. 

Dopo avere richiamato puntualmente i detti principi, la CorI., 
te di appello, con impeccabile logica, ha detto che il Sacconi non f 
era legittimato a sperimentare l'azione proposta contro la Ban, 
ca (per asserito, irregolare pagamento dell'assegno a persona di.


i versa dall'intestatario e malamente identificata), giacch� si era . 
limitato a chiedere l'assegno all'ordine del Barbarulo, senza per ' 

I 
II

0-2) Tutela del !li.ritto del richiedente su titolo intrasferibile all'or� 
dine di prenditore cartolare inesistente. 


Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, qualunque configurazione 
giuridica voglia attribuirsi al rapporto di emissione, � certo che, 
con la consegna del titolo, creato regolarmente, con le caratteristiche volute 
dal richiedente, la banca emittente ha completamente adempiuto agli 
obblighi nascenti dal contratto nei confronti dell'altra parte. Restano estranee 
al rapporto di emissione, se il richiedente non sia anche prenditore, le 
successive vicende del rapporto cambiario. E la ragione di tutto ci� � 

I

quella confermata anche dalla prima sentenza in rassegna: l'emittente non 

, 
,
ffi

pu� rispondere dell'irregolare pagamento a due persone diverse: al prenditore 
legittimato ai sensi dell'art. 43 1. ass. banc. (r.d. 21 dicembre 1933, n. 
1736), ovvero al portatore legittimato ex cartula nei casi ordinari, ed in pari 
tempo al richiedente, legittimato per la pretesa azione nascente dal contratto 
di emissione. La banca � deve rispondere del mancato adempimento 
nei confronti di una sola persona, che � il titolare del diritto cambiario � 

I(cos� la predetta sentenza), e, se il titolo � intrasferibile, la mancata 
identificazione del vero prenditore costituisce elemento impeditivo della sua 
liberazione (cfr. PELLIZZI, Banca, borsa e titoli di credito, 1952, 555 e seg.), 
ossia la responsabilit� cambiaria permane. 

ijr: 

~ 


~~~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

61 

nulla figurare nel titolo. Il rapporto cambiario era sorto, perci�, 
esclusivamente fra il banco ed il detto Barbarulo, il quale, solo, 
poteva chiedere conto all'emittente dell'esatto adempimento dell'obbligazione 
portata dal titolo. 

La mancanza di legittimazione da parte del richiedente non 
intestatario dell'assegno risulta evidente per la distinzione fra 
contratto di emissione e contratto cambiario; peraltro trova 
conferma nel fatto che la banca pu� e deve rispondere del mancato 
adempimento nei confronti di una sola persona che � il titolare 
del diritto cambiario. 

N� giova opporre che i principi ricordati varrebbero solo 
in tema di assegno circolare normale e non pure nella ipotesi 
di assegno circolare non trasferibile, come si asserisce dal ricorrente 
avrebbe ritenuto questa Suprema Corte con la sentenza 
7 ottobre 1958, n. 3133, in quanto il richiamo non risulta esatto. 

Nella detta sentenza, invero, che pure concerneva la responsabilit� 
per pagamento di assegno circolare non trasferibile a 
persona diversa dal prenditore intestatario, questo Collegio 
espressamente conferm�, testualmente, riferendosi anche ai precedenti 
in materia (costituiti dalle sentenze 26-4-1954 n. 1276 e 
18-7-1956, n. 2783), che il rapporto di emissione di un assegno circolare 
si esaurisce con l'emissione del titolo, avente i caratteri 
pattuiti. e la consegna di esso al richiedente; successivamente 
sorge un nuovo rapporto, cambiario, fra la banca e il prendi~ 
tore, che � autonomo rispetto al primo. 

Basta per poco considerare, ora, la fattispecie decisa dal Tribunale di 
Napoli con la seconda sentenza in rassegna (conforme ad essa � altra, di 
pari data, emessa dallo stesso Tribunale, in causa Ministeri dei Lavori Pubblici 
e dd Tesoro contro Banca Nazionale del Lavoro), per accorgersi agevolmente 
come nessun conforto rechi l'insegnamento della Corte di Cassazione 
alle conclusioni cui � pervenuto quel Giudice di merito. Risultava, 
infatti, accertato da giudicato penale che gli ordinativi di pagamento, commutati 
in vaglia intrasferibili della Banca d'Italia, erano stati falsamente intestati 
al nome di fittizi ed inesistenti creditori dello Stato, mentre sotto 
tali falsi nomi i falsari avevano acceso un conto corrente presso la filiale 
di Napoli deUa Banca d'America e d'Italia, facendosi accreditare sullo 
stesso l'importo dei vaglia, a quella girati per l'incasso, e con tale sistema 
avevano consumato la truffa in danno dello Stato. 

Peraltro la stessa sentenza in rassegna ha ritenuto acquisito un dato 
fondamentale, e cio� che � il richiedente aveva il diritto di rivendicare gli 
assegni nei confronti del possessore di mala fede�. Ma, se questa premessa 
era esatta (art. 1994 e.e., art. 20, cpv., I. camb. appr. con R.D. 14 dicembre 
1933, n. 1669; cfr. FERRI, I titoli di credito, Torino, 1950, 116 e 118), se la 
propriet� dei titoli intrasferibili, emessi all'ordine di un terzo prenditore 
cartolare inesistente, non era passata nel possessore di mala fede, ma era 
rimasta del richiedente, che ebbe a riceverli dall'emittente contro versa


-



62 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

E solo stabil�, in relazione ai punti controversi: 

a) che negli assegni non trasferibili la identificazione del


l'intestatario assume un'importanza speciale, anzi un valore 

essenziale, tale cio� da escludere che possa discutersi sulla dili


genza usata dal banchiere, il quale si libera solo se paga bene, 

mentre, se cade in errore nell'identificazione, deve pagare una 

seconda volta; b) che la responsabilit� della banca, la quale 

paghi malamente, non � configurabile come risarcimento del 

danno, bensi come inadempimento dell'originaria obbligazione 

cambiaria. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Gli elementi di fatto posti a base della domanda 
spiegata dai Ministeri del Tesoro e dei Lavori pubblici 
contro la Banca d'America e d'Italia sono sostanzialmente pacifici 
ed emergono dalle sentenze pronunziate contro il funzionario 
del Ministero del Tesoro Benedetto Mercurio ed altri correi, 
nel procedimento penale contro questi ultimi, in ordine ai 
reati di truffa e di falso continuati. Il suddetto funzionario compil� 
una serie di falsi mandati di pagamento, a carico del Ministero 
dei LL.PP., sul capitolo relativo a lavori per nuove costruzioni 
ferroviarie, per il complessivo importo di L. 164.712.300, 
a favore della ditta Ing. Biagio Castelli e Mario Lipari. Parte 
di tali mandati, commutati in vaglia intrasferibili della Banca 
d'Italia, furono riscossi a mezzo stanza di compensazione dalla 
Banca d'America e d'Italia, cui erano stati girati per lo incasso 


mento delle provviste, non si vede come possa negarsi che, avendo certamente 
la Banca emittente -una volta accertata giudizialmente la truffa 
e l'inesistenza del rapporto cambiario -l'obbligo di restituire le provviste 
al richiedente, che le avesse restituito i titoli (sulla incorporazione dell'obbligazione 
unilaterale dell'emittente nel titolo, anche se intrasferibile, 


v. BurrARO, in Banca, borsa e titoli di credito, 1950, II, 105), sia stato precisa:~ 
mente l'operato della Banca girataria per l'incasso, col provocarne colposamente 
il pagamento e l'estinzione da parte dell'emittente (cfr. cit. art. 43, 
comma secondo, I. ass.), a pregiudicare tale restituzione. 
N� sembra lecito sostenere, come fa il Tibunale, che � il diritto al risarcimento 
presuppone il correlativo obbligo del responsabile al rispetto 
del diritto offeso >>, mentre � non sussiste alcun rapporto giuridico tra richiedente 
e banchiere giratario per l'incasso, in cui possa inquadarsi la 
violazione di tale diritto di credito�. Qui non si trattava di tutela aquiliana 
di un diritto di credito (in senso negativo v., infatti, Cass. 7 luglio 1962, ~:: 

� n. 1760, Giur. it., Mass. 1962, 636; 6 novembre 1957, n. 4257, Id., 1957, 952. 1~ 
Per la posizione del problema ed un esame di diritto comparato v. TEDI!SCHI, 

!::

La tutela aquiliana del creditore contro i terzi, Riv. dir. civ., 1955, I, 291 e 
segg.), ma l'operato della banca, girataria per l'incasso per conto dei posm 


l 
l 
~~

sessori di mala fede, aveva pregiudicato, invece, un diritto assoluto: quello lll 
-e� 
... 
. 
. 


63

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dal Mercurio e dal suo complice Giovanni Russo, presentatisi 
come gli intestatari dei titoli. Le Amministrazioni attrici chiedono 
dra alla convenuta banca la restituzione delle somme corrisposte 
in L. 119.592.100, osservando che, essendo stati emessi 
i vaglia intrasferibili a favore di un prenditore inesistente, la 
perdita patrimoniale subita dallo Stato si � verificata per l'incauto 
pagamento da parte del banchiere, cui furono presentati 
i vaglia per l'incasso, al Mercurio e al Russo, che non erano i 
prenditori dell'assegno. Si precisa al riguardo dalla difesa erariale 
che, essendo stati emessi gli assegni a favore di prenditori 
fittizi, poich� il Mercurio e il Russo ebbero cura di nascondere 
i loro nomi, l'unica obbligazione che si profilava a carico dell'emittente 
era quella di restituire la provvista, che non poteva 
essere versata ad un creditore cambiario inesistente; e che, 
trattandosi peraltro di titoli emessi con la clausola di intrasferibilit�, 
il richiedente, in quanto proprietario dei titoli, avrebbe 
potuto rivendicarli nei confronti di qualsiasi portatore, che non 
poteva essere che di mala fede, in quanto l'assegno intrasferibile 
non d� luogo a trasferibilit� del titolo, ma solo della legittimazione 
cartolare ad un banchiere, che lo possiede a nome del 
prenditore (art. 43 I. assegno bancario), in modo da documentare 
all'emittente la mancata estinzione del titolo e abilitarlo 
alla restituzione della provvista. 

Poich� con l'accettazione dell'assegno per lo incasso il banchiere 
ha provocato il pagamento dell'assegno, senza colpa del-

del richiedente sui titoli (cfr. FEDELE, Il problema della responsabilit� del 
terzo per pregiudizio del credito, Milano 1954, 105 e seg. ed ivi bibliografia). 
Sembra, pertanto, un fuor d'opera sottolineare, come fa la seconda 
sentenza in rassegna, la responsabilit� cambiaria del banchiere giratario 
per l'incasso ed affermare, segnatamente, che � l'attivit� intermediatrice 
della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi non a favore 
di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno, abbia a lei consegnato 
e girato il titolo per l'incasso, ma a vantaggio del vero prenditore cartolare, 
in virt� del principio della letteralit� dei titoli di credito>>, per 
negare, comunque, la legittimazione del richiedente ad agire, se non 
ex art. 1189, almeno ex art. 2043 e.e., e certo non in via cambiaria, allegando 
la colpa del banchiere per la mancata identificazione dei presentatori 
dei titoli e la lesione del proprio diritto sui titoli, cos� come sarebbe 
un fuor d'opera fare riferimento all'insegnamento contenuto nella 
prima sentenza in rassegna. Nella specie, infatti, l'obbligo dell'emittente 
di restituire al richiedente le provviste, a fronte della restituzione dei 
titoli, nasceva, appunto, dall'inestistenza, accertata dal giudicato penale, 
dei prenditori letterali dei titoli medesimi (trattandosi di nominativi fittizi, 
sotto i quali riuscirono a celarsi i falsari, proprio per la negligenza 
della Banca, perfezionando, cos�, la truffa in danno dello Stato). 

FRANCO CARUSI 



64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'emittente, che non era tenuto all'onere di identificare il girante, 
ma solo ad accertare la regolarit� formale della girata 
per lo incasso ed il banchiere legittimato dall'apparente procura 
cartolare (art. 46, 2" cpv., 1. camb.; art. 43, cpv., 1. ass. banc.), il 
primo � obbligato a rispondere verso il vero legittimato, secondo 
le regole della ripetizione dell'indebito (art. 1189, cpv., cod. 
civ.), ovvero secondo le regole del risarcimento del danno per 
fatto illecito (art. 2043 e.e.), qualora sia incorso in negligenza 
nella identificazione del presentatore. 

Le tesi difensive delle Amministrazioni attrici non appaiono 
fondate. 

Che il Banchiere giratario per l'incasso debba rispondere 
del pagamento eseguito .a persona diversa del prenditore, in 
luogo dell'emittente, � cosa che non pu� revocarsi in dubbio, 

I

posto che l'art. 43, secondo comma, della legge sull'assegno 
bancario, richiamato, insieme ad altre disposizioni, dall'art. 86, I che detta norme particolari sull'assegno circolare, esime esprest 
i;amente l'emittente da ogni responsabilit� per il pagamento [~ 
dell'assegno non trasferibile fatto al prenditore dell'assegno o 

I~

al banchiere giratario per l'incasso. 

:~;

Ed in realt�, se la legge consente che l'assegno non trasferiI 
bile pu� essere girato per l'incasso ad un banchiere, appare . 
. 
evidente come non possa parlarsi di inadempimento da parte 

I 

dell'emittente che paga appunto al giratario, che � legittimato malla riscossione e non �, dunque, creditore apparente. Si deve 
aggiungere che la Banca convenuta non pag� l'assegno in base 

I

ad una convenzione di corrispondenza con l'Istituto emittente, 

lJ

per cui avrebbe agito, nel caso, come mandataria di questo, ma 

come girataria per lo incasso, onde � indiscutibile, in ipotesi, 

la sua diretta responsabilit�, alla stregua dell'art. 43 della legge 

, 

sull'assegno bancario, che anzi deve essere interpretato in senso 

pi� rigoroso di quanto le stesse amministrazioni statali pro' 
'

lI

spettano. 

La disposizione in argomento costituisce, infatti, una norma 

speciale in tema di pagamento a creditore apparente regolato 

dall'art. 1189 e.e., poich� pi:evede l'ipotesi particolare del 

pagamento di un assegno a persona diversa dal prenditore o 

II dal banchiere giratario per l'incasso. Stabilendo senz'altro, in 
questo caso, la responsabilit� del pagatore nei confronti del vero 
creditore, la norma implicitamente esclude la possibilit� di invocare 
la buona fede, che comporta, in via generale, per il paga


mento al creditore apparente, la liberazione del creditore, onde 
appare addirittura superfluo stabilire se e come l'Istituto ban. 
I!~; 
:~ 
J~ 

lf74ll�mw64fJiL.,.......%".,Al0..,.fa.-,:�.,-~~,..,... ~� 



65

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

cario non abbia provveduto all'onere di identificare il prenditore, 
una volta che non abbia soddisfatto l'obbligazione cambiaria, 
il cui adempimento � garantito in modo del tutto tranquillante 
dalla legge,� per il creditore dell'assegno bancario non 
trasferibile. E' evidente, tuttavia, che tale responsabilit� non 
ha carattere di illecito extracontrattuale, ma discende direttamente 
dall'obbligazione cambiaria assunta. 

Per restare nel campo dell'assegno circolare, l'emittente, 
che paghi a un creditore apparente, � tenuto a rinnovare il pagamento 
al creditore cartolare, non a titolo di colpa, ma per 
effetto dell'obbligazione cambiaria assunta con l'emissione de] 
titolo e non soddisfatta. 

Analogo carattere cambiario ha, poi, l'obbligazione del 
banchiere giratario per l'incasso: quest'ultimo, invero, se riscuote 
il titolo dall'emittente e paga a persona diversa dal prenditore, 
non adempie alla obbligazione assunta con la girata per 
l'incasso, che ha l'efficacia del mandato, in quanto l'attivit� intermediatrice 
della Banca per la riscossione del titolo deve spiegarsi 
non a favore di chi, qualificatosi come prenditore dell'assegno, 
abbia a lei consegnato e girato il titolo per l'incasso, ma 
a vantaggio del vero prenditore cartolare, in virt� del principio 
della letteralit� dei titoli di credito. Cos� identificata la natura 
dell'obbligazione a carico del banchiere giratario per l'incasso, 
� facile dedurre che le Amministrazioni attrici, in quanto richiedenti 
degli assegni circolari e non portatori dei titoli, sono carenti 
di legittimazione attiva, in ordine alla pretesa di rimborso 
delle somme riscosse dal Mercurio, e art. 1189 cod. civ. E' 
principio pacifico in dottrina e giurisprudenza che il rapporto 
di emissione si esaurisce con l'emissione del titolo avente i caratteri 
pattuiti e con la consegna di esso al richiedente e che 
quest'ultimo � estraneo ai successivi rapporti cambiari ed in 
particolare che solo il portatore e mai il richiedente pu� far 
valere i suoi diritti per il mancato o per l'erroneo pagamento dell'�ssegno 
(cfr. Cass. 7 ottobre 1958, n. 3133). N� si deve pervenire 
a diversa conclusione per il fatto che il prenditore era 
inesistente. Senza che sia necessario approfondire il problema 
relativo alla asserita inesistenza del creditore, il che implica la 
inesistenza del credito -mentre nella specie, per effetto del 
doloso comportamento del funzionario, l'assegno era stato emesso 
a favore del medesimo falsificatore con lo pseudonimo con 
cui aveva aperto un conto corrente sulla banca girataria -si 
pu� riconoscere che, in ogni caso, il richiedente aveva il diritto 
di rivendicare gli assegni nei confronti del possessore di 



66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mala fede, come appunto si sostiene dall'Avvocatura dello 
Stato. Ma, una volta che tale revindica non fu esercitata, non 

si vede perch� la Banca girataria per l'incasso debba rispondere 
del danno che � derivato alle Amministrazioni e che si ricollega 
in modo esclusivo e diretto all'emissione e alla consegna degli 
assegni al possessore di mala fede e non. al preteso comportamento 
colpevole della Banca. Ed infatti, ammesso che il richiedente 
non perda il possesso del titolo emesso dal banchiere a 
fronte di un ordine erroneo o falso, ovvero che ne rientri in possesso 
rivendicandolo dal possessore di mala fede prima del pagamento, 
non pu� sostenersi che alcun pregiudizio patrimoniale 
sia derivato al richiedente per l'emissione ovvero che tale pregiudizio 
sia diverso da quello conseguente al successivo pagamento 
del titolo. E' il c�so di tenere presente, invero, che la 
emissione di un assegno circolare postula il preventivo versamento 
della provvista dal richiedente all'emittente e d� vita 
all'obbligazione autonoma e diretta dell'emittente, nei confronti 
del portatore, di pagare l'assegno. Non � chi non veda, dunque, 

che, negoziandosi il titolo in cambio del denaro, il nocumento 
per la richiesta di emissione di un assegno per soddisfare un 
credito inesistente coincide con il versamento della provvista 
alla Banca e non con il pagamento dell'assegno al portatore, 
giacch�, fin dal momento dell'emissione, il richiedente perde 
ogni diritto oltre che l'effettiva disponibilit� sulla provvista. 

Pur riconoscendosi che al richiedente non potrebbe negarsi in 
tutti i casi di mancato trasferimento del titolo _al portatore, 
di prescrizione del titolo o di inesistenza del portatore -una 

azione di arricchimento verso l'Istituto emittente, non pu� am


mettersi per� che tale azione sorga da un diritto soggettivo del 

richiedente in virt� del rapporto di emissione. Si ha conferma, 

invece, che, potendosi sperimentare l'azione di arricchimento 

solo a condizione che sussista un danno (art. 2041 e.e.), la le


sione del diritto patrimoniale per la richiesta dell'assegno per 

un credito inesistente si � definitivamente concretata con� la 

richiesta di emissione del titolo e che, per essere ammissibile :~ 

l'azione nel presupposto che alcun'altra azione spetti al danneg


giato, essa non � posta a presidio del diritto offeso, ma per 

mera ragione di equit�. Da questa premessa consegue che la 

condotta della Banca, la quale avrebbe omesso di procedere 

all'identificazione del cliente con la dovuta circospezione, non 

ha inciso nella sfera dei diritti patrimoniali delle Amministra


zioni attrici, gi� compromessi all'epoca della riscossione degli 

assegni, ma ha pregiudicato soltanto l'azione di arricchimento 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

nei confronti dell'Istituto emittente, il quale, avendo pagato i 
vaglia cambiari, non ha tratto dall'operazione bancaria alcun 
illecito arricchimento. 

Deriva, altres�, che l'azione di risarcimento nei confronti 
del banchiere giratario per l'incasso � inammissibil~, sia perch� 
il diritto al risarcimento presuppone il correlativo~obbligo del 
responsabile al rispetto del diritto offeso -e non{'sussiste alcun 
rapporto giuridico tra richiedente e banchiere giratario per 
l'incasso in cui possa inquadrarsi la violazione di tale diritto di 
credito -sia perch� dal pregiudizio dell'azione di arricchimento, 
che, come si � detto ha carattere sussidiario, presupponendo 
la impossibilit� della tutela giuridica del diritto offeso, non pu� 
sorgere un'azione di contenuto pi� ampio, qual'� la pretesa ri� 
sarcitoria ex art. 2043 e.e. A tale conclusione non osta il 
giudicato penale richiamato dalle attrici e dal quale risulta che 
il momento consumativo dei reati di truffa commessi in danno 
dello Stato coincise con la riscossione degli assegni da parte de


. gli imputati, tramite l'Istituto bancario convenuto, e non con 
il conseguimento del possesso dei titoli. L'efficacia da riconoscersi 
alla sentenza penale in questione non � quella prevista 
dall'art. 27 c.p.p., che si riferisce al rapporto tra la sentenza 
penale di condanna e il conseguente giudizio di risarcimento 
del danno nei confronti del colpevole o del responsabile civile, 
ma quella richiamata dal successivo art. 28, che regola il rapporto 
tra giudicato penale e la controversia civile o amministrativa, 
in cui il riconoscimento del diritto � strettamente connesso 
all'accertamento dei fatti materiali accertati nel giudizio . 
penale. Infatti, la banca � chiamata a rispondere del danno sub�to 
dallo Stato a titolo del tutto autonomo e diverso dal rapporto 
giuridico per il quale i colpevoli sono tenuti a rispondere 
del reato. 

E' chiaro, quindi, che l'indagine preclusa in questa sede 
attiene al meccanismo delle truffe, alle modalit� di realizzazione 
del profitto, all'ammontare del danno subito dalle pubbliche 
amministrazioni, ma non si estende alle valutazioni di 
ordine giuridico effettuate dal giudice in rapporto allo specifico 
accertamento della responsabilit� penale del colpevole e 
che devono essere compiute con piena libert� dal giudice civile, 
con riguardo alla diversa incidenza che i medesimi fatti 
materiali, definitivamente accertati in .sede penale, assumono 
nel rapporto in contestazione tra soggetti div�rsi. -(Omissis). 


68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 luglio 1963 n. 2174 -Pres. . 
Torrente -Est. Perrone Capano -P.M. Trotta (conf.) -Min. '

I

Tesoro c. Forquet. ~J 
Requisizione -Requisizioni alleate -Procedimento amministrativo � 
Azione giucliziaria -Rapporti -Conseguenze. 

(1. 9 gennaio 1951, n. 10, art.t. 1, 2, 4, 5; c.p.c., art. 353). 
Requisizione 
-Requisizioni alleate cli immobili -Indennit� -Liquidazione 
-Criteri. 

(1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 2, 4), 
Il procedimento amministrativo prescritto dalla legge 9 
gennaio 1951 n. 10 per la liquidazione delle indennit� ivi previste 
� obbligatorio e deve precedere l'azione giudiziaria. Esso 
costituisce un presupposto processuale� e la sua mancanza non 
importa difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma � solo 
circostanza impeditiva del suo esercizio. Epper� il giudice di 
appello, che riconosca erronea la declaratoria del primo giudice 
di inammissibilit�t. della domanda, perch� accerti l'espletamento 
della procedura amministrativa, da quegli ritenuto mancato, non 
pu� e non deve applicare l'art. 353 c.p.c. (1). 

La liquidazione con criterio equitativo a norma dell'art. 4 
della legge n. 10 del 1951 delle indennit� di requisizione in uso 
'disposte dalle forze armate alleate deve aver riguardo al reddito 
che l'immobile avrebbe prodotto se non fosse stato requisito 
(2). 

(1�2) In tema di liquidazione delle indennit� per requisizioni al� 
leate. 

I. -La preoccupazione di riaffermare il carattere di diritto soggettivo 
perfetto della pretesa agli indennizzi ex art. 11. 9 gennaio 1951, n. 10 (cfr. 
Cass., Sez. Un., 28 novembre 1953, n. 3624 e 19 gennaio 1954, n. 102, Giur. it., 
1955, I, 1, c. 113 e seg., ed ivi nota di richiami; 2 dicembre 1959, n. 3487, 
Foro it., Rep. 1959, v. Requisizioni, c. 2087, n. 12; 12 ottobre 1962, n. 2965, 
Foro it., Mass., 1962, c. 836, Rep. 1962, v. Requisizioni, c. 2492, n. 17) ha fatto 
pervenire la sentenza in rassegna al singolare risultato di restringere 
la tutela dello stesso interesse del privato, togliendo a questi un grado 
di giurisdizione sul merito. 
;L'Avvocatura aveva sostenuto che la Corte di Appello, posto che il 
procedimento amministrativo dovesse ritenersi espletato (ma contro l'applicabilit� 
alla specie dell'istituto del silenzio-rifiuto v. GUGLIELMI, in questa 
Rassegna, 1954, 189), avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo 
giudice, a norma dell'art. 353 c.p.c. La tesi trovava appoggio, peraltro, nella 
stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite della C.S., secondo cui la potest� 
del G.0. di conoscere delle domande di liquidazione delle indennit� previste 
dalla 1. n. 10 del 1951 sorge solo � dopo il procedimento amministrativo
� (Sez. Un., 29 giugno 1953, n. 3078, Giur. Compl. Cass. Civ., 


69

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

(Omissis). -Col primo motivo, nel denunciare la violazione 
dell'art. 353 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 
dello stesso codice, il ricorrente deduce che il Tribunale, dichiarando 
inammissibile la domanda del Forquet per mancato esaurimento 
del procedimento amministrativo, avrebbe ritenuto il 
proprio difetto di giurisdizione, sicch� la Corte d'appello -la 
quale accert�, invece, che il procedimento amministrativo era 
stato espletato -non avrebbe dovuto giudicare nel merito, ma 
avrebbe dovuto rimettere le parti davanti al primo giudice, a 
norma dell'art. 353 del codice di rito. 

La censura � infondata. 
Il tribunale non dichiar� il proprio difetto di giurisdizione, 
n� avrebbe potuto dichiararlo in base alla 1. 9 gennaio 1951 

n. 10, la quale ha disciplinato in modo autonomo ed integrale 
tutta la materia relativa agli indennizzi per le requisizioni operate 
dalle forze armate alleate, o per conto delle stesse, nonch� 
per i danni arrecati con azioni non di combattimento. Il procedimento 
amministrativo prescritto da tale legge, diretto all'accertamento 
ed alla determinazione dell'indennit�, � senza dubbio 
obbligatorio, ed ovviamente deve precedere l'azione giudiziaria 
(che venga promossa dagli interessati, titolari di diritti sogget" 
tivi perfetti), ma esso ha efficacia di mero preliminare al giudizio 
davanti al magistrato ordinario, come le Sezioni Unite di 
questa Suprema Corte hanno gi� precisato con sentenze 2 di-� 
cembre 1959, n. 3487 e 12 ottobre 1962, n. 2965. Esso rappresenta, 
cio�, un mero presupposto processuale, che non importa 
1953, n. 3041; 8 luglio 1953, n. 2149, n. 2150, n. 2151, n. 2152, Giust. Civ., 
1953, 2392 e segg. e in questa Rassegna, 1954, 189). Ma la sentenza annotata 
non ha ritenuto di condividere tale insegnamento, affermando che la 
mancanza del procedimento amministrativo previsto dalla I. n. 10 del 
1951 si traduce nel difetto di un presupposto processuale e non gi� della 
giurisdizione del G.O. Senonch� � agevole obiettare che la nozione dei 
presupposti processuali (ZANZUCCHI, Dir. Proc. Civ., vol. I, Milano 1948, 
58 e 67 e seg.), o requisiti del processo di merito (ALLORIO, Dir. Proc. Trib., 
Torino, 1953, 326), o condizioni della decisione di merito (JAEGER, Dir. Proc. 
Civ., Torino 1943, 98) comprende anche quella di giurisdizione (cfr., fin 
da epoca meno recente, Cass. 2 marzo 1934, Riv. Proc. Civ., 1934, II, 170 
e seg.; artt. 5 e 187, comma terzo, c.p.c.; ZANZUCCHI, op. cit., 45, 67 e 70; 
ALLORIO, op. cit., 330; da ultimo, Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, 
Foro it., 1963, I, c. 1359 e seg., ove si riconosce che il vizio di costituzione 
dell'organo giudicante, assimilabile al difetto non assoluto di giurisdizione, 
� attiene ai presupposti del processo �; cos� anche Cass. 3 ottobre 
1963, n. 2620, in questa Rassegna, 1964, 78-79 ed infine Cass. Sez. Un., 13 
gennaio 1964, n. 77, Giur. it., Mass. 1964, 25). Peraltro, posto che: a) diritto 
soggettivo ed azione giudiziaria sono concetti autonomi� (cfr. per tutti ZANzuccHI, 
op. cit., 47 e seg.); b) � questione di giurisdizione anche quella 



70 RASSEGNA� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma ne impedisce 
solo l'esercizio finch� quel presupposto non siasi avverato. In 

-~ 

sostanza, il giudice ordinario non pu� pronunciare sulla doman~
� 
da di liquidazione dell'indennit�, in ordine alla quale � investito 
di giurisdizione, finch� non venga espletato il procedimento amministrativo 
previsto dalla citata legge. Ove il giudice di primo 
grado, ritenendo erroneamente che sia mancato il procedimento 
amministratjvo, dichiari inammissibile la domanda, il giudice 
di appello, Glie accerti invece l'avvenuto espletamento della procedura 
amml.nistrativa, non pu� e non deve applicare l'art. 353 
cod. proc. civ., appunto perch� il primo giudice non ha negato 
(n� esplicitamente, n� implicitamente) la giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria. E poich� i casi in-cui la causa pu� 
essere rimessa al primo giudice sono soltanto quelli stabiliti 
tassativamente dalla legge (articoli 353 e 354 c.p.c.), esattamente, 
nella specie, la Corte di Appello, dopo aver rilevato l'errore 
in cui era incorso il Tribunale, ha giudicato nel merito, procedendo 
alla liquidazione dell'indennit� spettante ai Forquet. 

~ 

Col secondo motivo si deduce che la Corte di merito, nel 
procedere alla liquidazione della indennit�, avrebbe applicato i , 
i principii concernenti il risarcimento di danni da fatto illecito, 
anzich� adottare i criteri equitativi prescritti dalla citata legge . 
9 gennaio 1951, n. 10. 

, 

Anche questa censura � infondata. 

l

@

E' certo che la liquidazione dell'Indennit� (per le requlSlzioni 
disposte dalle forze armate alleate) deve essere improntata 
a spirito di equit�, giusta il disposto dell'art. 4 della legge del 

dei rapporti del G.O. con la P.A. (artt. 37 e 41 c.p.c.); e) la discrezionalit� 
� solo un aspetto della azione amministrativa (sulla contrapposizione 
fra attivit� vincolata e attivit� discrezionale della P.A. v. VITTA, Dir. 
Amm.vo, Torino, 1954, 322; ALESSI, Dir. Amm.vo, Milano 1949, 269; SANDULLI, 
Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 234), dire che l'esistenza e 
la consistenza del diritto del privato all'indennit� ex art. 1 L. 9 gennaio 
1951, n. 10 non possono essere accertate dal G.O., finch� su di esse non 
siasi previamente pronunciata la P.A. a norma degli artt. 4 e 5 della ripetuta 
legge, significa riconoscere, precisamente, il temporaneo difetto di 
juris dictio del G.O., il quale, se pronunciasse ugualmente, pur in mancanza 
del provvedimento amministrativo definitivo di liquidazione, usurperebbe, 
senza alcun dubbio, attribuzioni della P.A. (cfr. sul vizio di difetto 
di giurisdizione ex art. 360, n. 1, c.p.c. come conseguenza dello 
� esercizio da parte del giudice di una potest� riservata dalla legge ad 
organi amministrativi... �: CALAMANDREI e FuRNO, voce Cassazione Civile, 
Novissimo Digesto Italiano, vol. Il, Torino, 1958, 1071). 


II. -Affermando che l'indennizzo di requisizione in uso deve essere determinato 
�con riguardo allo stato dei beni ed all'entit� del danno� e 

71

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

1951. Ma non � esatto quanto sostiene il ricorrente, e cio� che 
�il COlijl<penso equitativo va commisurato all'utilit� conseguita 
dall'autorit� requirente merc� l'uso del bene �, L'indennizzo de� 
ve essere determinato, invece, con riguardo allo stato dei beni 
ed all'entit� del danno, ossia con riguardo al reddito, che l'immobile 
�vrebbe prodotto, se non fosse stato requisito, come si desume 
dalle disposizioni dell'art. 2 della predetta legge. Il criterio 
equitativo, di cui � cenno nel successivo art. 4, non esclude 
che la liquidazione debba farsi � in base ai criteri indicati nello 
art. 2 �, come stabilisce lo stesso art. 4 e come precis� il Mini� 
stro del Tesoro nella sua relazione al Senato sul disegno di 
legge, nella quale fu spiegato che � la liquidazione, pur se effet� 
tuata in base a criteri obbiettivamente predeterminati, va sem~ 
pre improntata a spirito di equit� �. Il criterio equitativo, quindi, 
deve incidere sulla valutazione degli elementi che concorrono 
a determinare il danno, ma non pu� e non deve prescindere da 
codesti elementi, che, ove siano accertati nella loro obiettiva 
entit�, devono pur sempre essere posti a base della liquidazione. 
Lo stesso Ministero del Tesoro, del resto, con circolare 15 marzo 
1951, diretta a tutte le Intendenze di Finanza ed agli uffici tecnici 
erariali, ebbe a stabilire che � l'indennit� per la liquidazione 
in uso dei terreni agrari va ragguagliata al loro reddito ordinario, 
al lordo delle imposte, sovrimposte ed ogni altro contributo 
dovuto dal proprietario, riferito ai successivi periodi di 
requisizione; e, nelle localit� ove � in uso il sistema dell'affitto, 

riconoscendo dovuta, per la requisizione in uso di terreni dati in affitto 
al tempo della requisizione stessa, una somma corrispondente ai canoni 
contrattuali, la Corte di Cassazione ha finito per trasformare l'indennit� 
in vero e proprio risarcimento, in contrasto col suo stesso .insegnamento, 
secondo il quale � nessuna indennit� per lucro cessante � prevista nella 
legge 9 gennaio 1'951, n. 10 in conseguenza di requisizioni operate in Italia 
dalle forze armate alleate� (Cass. 18 ottobre 1957, n. 3935, Foro it., Rep. 
1957, v. Requisizioni, c. 215'9, n. 29. Appunto perch� non si tratta di risarcimento 
di danni �il credito della indennit� di requisizione � di valuta 
fin dall'origine �: Cass. 25 settembre 1953, n. 3075, Foro it., Rep. 1953, v. 
Requisizioni, c. 1'942, n. 32). Il richiamo fatto nella sentenza in rassegna 
della circolare 15 marzo 1951, n. 100735 del Ministero del Tesoro non sembra 
producente, poich� in essa non si fa riferimento al concreto lucro 
cessante, ma al reddito obiettivamente ritraibile secondo un criterio tipico 
di normalit�. . 

Sembra quasi superfluo avvertire, peraltro, che l'indennizzo di requisizione 
in uso (art. 1, lett. a, 1. n. 10 del 1951) va distinto da quello 
per danni immediati e diretti da requisizioni alleate (art. 1, lett. d, e, per 
gli immobili, art. 2, n. 2, legge citata). 

FRANCO CARUSI 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

72 

il detto reddito fondiario va determinato in base al fitto ritraibile, 
tenendo presenti le disposizioni di legge vigenti-.in ma


teria ȥ. 

A tali criteri si � attenuta la Corte di merito, la quale ha 
determinato l'indennit� dovuta per i terreni concessi in affitto 
al tempo della requisizione in una somma corrispondente al 
canone pattuito per i terreni stessi, canone stabilito in natura 
(canapa) e risultante dai contratti di affitto e dai listini dei 
prezzi all'uopo esibiti, mentre ha liquidato con criteri equitativi 
l'indennit� dovuta per il terreno (frutteto) condotto in economia 
dai Forquet, in ordine al quale mancavano concreti ed obiettivi 
elementi di valutazione. 

Cosi giudicando, la Corte di merito si � ispirata ad esatti 
criteri giuridici e non � incorsa nelle violazioni di legge denunciate 
dal ricorrente. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 agosto 1963, n. 2392 -Pres. 
Celentano -Est. Stella Richter -P. M. Cutrupia (concl. parz. 
diff.) -Lomani c. Ministero Affari Esteri. 

Deposito � Depositi consolari � Responsabilit� dello Stato italiano. 

(r.d. 7 giugno 1866, n. 2996, art. 114; r.d. 10 agosto 1890 n. 7087, 
art. 2; Tariffa annessa, paragr. 75). 
Deposito -Depositi consolari �-Deposito regolare -Obbligo di convertire 
le somme depositate nella nuova carta moneta. 

(r.d. 7 giugno 1866, n. 2996, artt. 115-116; e.e. artt. 1218, 1766, 1768, 
1770, epv.). 
Spese giudiziali -Distrazione a favore del difensore -Omessa pronuncia 
sulla distrazione -Legittimazione all'impugnazione del solo 
difensore. 
(e.p.e., artt. 93, 100). 

-�~

Lo Stato. Italiano risponde dei depositi eseguiti presso i 

consoli all'estero a norma dell'art. 114 del regolamento consolare 
7 giugno 1866, n. 2996 (1). 

Il regolamento consolare 7 giugno 1866, n. 2996 prevede esclusivamente 
depositi regolari. Ci� esclude che il console possa 
servirsi delle somme, accreditando al deponente l'equivalente. 

(1) Conf. Cass. 15 maggio 1959, n. 1445 Giust. civ., 1959, I, 1240 e 
segg. Gli argomenti che si leggono nelle due sentenze non sembrano, 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 'i'3 

Il console, in rappresentanza dell'Amministrazione, deve conservare 
e restituire le stesse somme nel luogo in cui sono state 
depositate, e cio� all'estero, e pu� e deve provvedere, usando 
la normale diligenza, a cambiare la carta moneta vecchia nella 
nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il tempo stabilito 
per la conversione, sia priva di. ogni valore (2). 

Soltanto il difensore antistatario ha interesse alla pronuncia 
di distrazione delle spese e non anche la parte assistita, la 
quale, anzi, pu� eventualmente opporsi alla distrazione. Legittimato 
all'impugnazione per l'omessa pronunzia sulla distrazione 
�, pertanto, solo il difensore e l'impugnazione proposta 

per�, decisivi. La Corte di Cassazione non si � dato carico di spiegare 
come si concili il concetto di pubblico servizio statale ( cfr. ZANOBINI, 
Corso di diritto amministrativo, vol. V, Milano 1959, 348) con la piena 
libert� che i consoli hanno di ricevere � sotto la loro responsabilit� � i 
depositi previsti dall'art. 114 del Regolamento d'esecuzione della legge 
consolare. N� � esatto affermare che il corrispettivo di quei contratti 
vada allo Stato. A norma dell'art. 2 del R.D. 10 agosto 1890, n. 7087, citato 
dalla sentenza in rassegna, all'Erario viene devoluta soltanto una percentuale 
di tutti i diritti consolari. Che poi, decorso un biennio, i depositi 
consolari di somme, valori ed effetti del debito pubblico dello Stato, 
non reclamati dagli interessati, debbano essere rimessi, tramite il Ministero 
degli Esteri, alla Cassa DD.PP., non esclude che, nella specie, un nuovo 
rapporto subentri a quello originario, n� influisce sulla qualificazione giuridica 
del primo, ai fini della quale sembra assorbente la citata norma 
regolamentare. Per questo l'Avvocatura aveva prospettato la tesi che si 
trattasse di un rapporto fiduciario, non riferibile all'Amm.ne. Sulle funzioni 
dei consoli v. BALLADORE PALLIERI, Diritto Internazionale pubblico, 
Milano, 1948, 334 e segg.; MARESCA, voce Consolare (ordinamento), in Il 
Novissimo Digesto !tal., val. IV, Torino 1959, 229 e seg.; BISCOTTINI, voce 
Console, Enciclopedia del diritto, val. IX, Milano 1961, 362 e seg. Sulla 
questione delle immunit� consolari ed in senso negativo, in linea di mas


sima, v. BALLADORE-PALLIERI, op. cit., 283, ed ivi giurisprudenza. 

(2) A proposito della seconda massima � opportuno avvertire che i 
depositi consolari non sono � chiusi � ( cfr. art. 1847, cod. civ. 1865), ma 
aperti ed �accertati� (art. 115 regol. consolare), attenendo la chiusura 
in appositi sacchi od involti suggellati alle modalit� della custodia da parte 
del console (art. 116 regol. cit.). L'affermazione della sentenza in rassegna, 
che il console, � se non poteva disporre della somma, poteva e doveva, 
anzi, provvedere, usando la normale diligenza, a cambiare la moneta 
vecchia nella nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il 
tempo stabilito per la conversione, sarebbe stata priva di ogni valore�, si 
ricollega al principio che il depositario deve restituire la cosa nello stato 
in cui la riceve e risponde delle cause estranee, evitabili (sul punto v. 
FIORENTINO, Del deposito, in Commentario del codice civile a cura di A. 
Scialoja e G. Branca, Libro Quarto, Bologna, 1953, 55 e 68; MAJELLO, Custodia 
e deposito, Napoli, 1958, 93 e 98; FUNAIOLI, Il contratto di deposito 
in generale, Riv. Dir. Civ., 1960, I, 18 e segg. 

74 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

dalla parte � inammissibile, anche quando il difensore abbia 
sottoscritto l'atto di impugnazione, ma tale sottoscrizione sia 

I

stata da lui effettuata in veste di difensore (3). ~ 

(Omissis) . ..,._ Deve preliminarmente disporsi la riunione 
del ricorso principale e di quello incidentale, che sono iscritti 
sotto distinti numeri di ruolo. 

Deve esaminarsi, poi, il ricorso incidentale, che, con il suo 
unico motivo, censura la sentenza, per avere ritenuta la legittimazione 
passiva del Ministero degli Affari Esteri. L'Amministrazione, 
denunciando la� violazione e la falsa applicazione degli 
artt. 113, 114, 115, 116, 117, 118, 119 del regolamento per 
l'esecuzione della legge consolare, approvato con R. D. 7 giugno 
1866, n. 2996, in relazione all'art. 28 della Costituzione ed 
al R.D.L. 5 dicembre 1938, n. 1928, il tutto in relazione agli 

IIartt. 100 e 360, n. 1, 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che il deposito 
in questione erroneamente � stato considerato riferibile 
ad essa. Invero i consoli, quando accettano � sotto la loro re.' 
sponsabilit� �, ai sensi dell'art. 114 del detto regolamento, de


I

positi da parte di connazionali, adempiono una funzione che i>.' 

Ifil

non rientra tra quelle proprie dell'Amministrazione degli Este


. 

ri, ma che li riguarda personalmente. Il contratto di deposito, ' 
per essere riferibile all'Amministrazione, deve essere stipulato 
con le rigorose ed inderogabili formalit� stabilite dalla legge e 
~ 
dal regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, mentre 

I

il deposito presso il console avviene mediante il rilascio di una ~ 
semplice ricevuta. In particolare, poi, nella specie, sarebbe sta1=
1 
ta omessa ogni formalit� ed i funzionari si sarebbero assunto ~ 
l'obbligo di trasferire i rubli in Italia, il che era vietato dalle 
leggi russe, ovvero di negoziare la conversione dei rubli in lire, 
il che era vietato dalle leggi italiane (r.d.l. del 1938 citato e successive 
modificazioni). 


Il ricorso � infonda.to. 

Come questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di 
statuire (sentenza 15 maggio 1959, n. 1445), lo Stato italiano � 
responsabile dei depositi eseguiti presso i consoli, a norma 
dell'art. 114 del regolamento consolare 7 giugno 1866, n. 2996. 
Invero gli articoli 113 e seguenti di tale regolamento prevedono 
depositi volontari o n~cessari, la cui differenza consiste sol


(3) In senso conforme v. Cass. 21 marzo 1960, n. 580, Giust. civ., 1960, 
I, 2005; v. anche Cass. 23 marzo 1963, n. 721, ivi, 1963, I, 1007 
F. C. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tanto nell'obbligatoriet� di questi ultimi, tutti regolati dalla 
stessa disciplina: essi sono accertati mediante verbali di iscri� 
zione in apposito registro, in cui sono indicate le monete ed i 
valori od oggetti depositati (o ritirati), la provenienza e la 
causa del deposito (art. 115); le somme, gli oggetti preziosi o 
valori depositati sono cust�diti sotto chiave, dopo essere stati 
chiusi e suggellati in appositi sacchi ed involti, con un'etichetta 
indicante il numero del deposito, il nome del deponente, la natura 
degli oggetti e l'ammontare della somma depositata (art. 
116); nel concorso di determinate circostanze, i consoli possono 
ordinare la vendita delle merci od effetti depositati (art. 117); 
i consoli alla fine di ogni semestre devono inviare al Ministero 
degli Affari Esteri un elenco dei depositi eseguiti (art. 119); 
inoltre devono spedire al Ministero gli oggetti e valori depositati, 
se nel corso di un biennio non ne sia domandata la restituzione 
dagli aventi diritto (art. 118). 

E' da ricordare poi che, a norma dell'art. 2 della tariffa 
consolare approvata con r.d. 10 agosto 1890, n. 7087, i depositi 
non sono gratuiti, ma retribuiti con una percentuale del 
2% , che si devolve in parte a pro.fitto dello Stato. 

Da questa disciplina risulta in modo univoco che i depositi 
sono fatti ai consoli a causa e nell'esercizio delle loro funzioni 
e che, quindi, il contratto interviene tra il deponente e lo 
Stato, il quale risponde della perdita della cosa depositata. 
Naturalmente, una qualsiasi colpa o negligenza da parte del 
console rende questo responsabile verso lo Stato, oltre che 
verso il deponente, ma ci� non esclude la responsabilit� diretta 
dello Stato, per conto del quale il console agisce. Questo � il 
significato dell'espressione dell'art. 114 � sotto la loro responsabilit� 
�, riferita ai consoli. La responsabilit� dei consoli � affermata 
anche dall'articolo 113, che riguarda i depositi fatti di 
ufficio, il che conferma l'insussistenza di una diversa regolamentazione 
dei depositi volontari e di quelli necessari. 

Quanto alle forme d.a osservarsi, esse sono quelle indicate 
dal regolamento e non altre. Che nella specie siano state osservate, 
si deve presumere, dato che il Ministero degli Affari Esteri 
ha restituito ai Lomani la valigetta dei preziosi ed ha dichiarato, 
con la lettera 1� aprile 1948, di tenere a disposizione i rubli, sia 
pure nella misura ridotta di 1.000, per effetto dell'intervenuto 
cambio della moneta. 

Le promesse, che sarebbero state fatte dai funzionari, di trasferire 
i rubli in Italia, convertendoli in lire, non sono state accertate 
dai giudici del merito. Comunque, esse non potevano im


-



76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pegnare l'Amministrazione, la quale, in base al contratto di deposito, 
� tenuta a restituire le medesime cose depositate, nello 
stesso luogo, e cio� a Mosca, non gi� in Italia. Il Ministero, senza 
esservi tenuto, ha consegnato la valigetta in Italia e si � interessato 
presso il Ministero del Tesoro per ottenere la conversione 
dei rubli, ma ci� in via di mera agevolazione, e non per un 
obbligo legale. 

� Le promesse del personale consolare, se intervenute, devono 
essere interpretate nello stesso senso, e cio� quello di adoperarsi, 
in quanto possibile, per consentire ai Lomani, non solo di salvare 
i loro beni, ma anche di poterli ritirare in Italia. 

Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere respinto. 
I primi sei mezzi del ricorso principale denunciano, sotto vari 
aspetti, la violazione degli stessi articoli del regolamento consolare, 
degli artt. 1766, 1768, 1770, 1771, 1774, 1782, 1219, 1277, 
1278 cod. civ., nonch� dell'art. 7 del d.l. 6 giugno 1956, n. 1476, 
per avere la Corte ritenuto che si trattasse di un deposito regolare, 
anzich� di un deposito irregolare, che importava l'obbligo 
di restituire l'equivalente in lire italiane della somma depositata, 
al cambio �el giorno dell'effettuato deposito. Si sostiene che questa 
era l'essenza del contratto concluso; che il cambio si sarebbe 
dovuto compiere mediante la commutazione in dollari americani, 
i quali mantennero fermo il loro valore, rispetto al rublo, 
dopo l'emissione dei nuovi rubli; che il Ministero fu posto 
in mora con la ripetuta richiesta fatta dai Lomani, prima della 
detta operazione monetaria russa; che �la Corte non poteva condannare 
il Ministero al pagamento di rubli diversi da quelli depositati, 
n� ad eseguire il pagamento in Italia di una somma 
di danaro in una moneta estera non avente corso nello Stato 
Italiano, emanando, cos�, una pronuncia insuscettibile di esecuzione. 
Questo assunto, illustrato con dovizia di particolari, � contrastato 
alla radice dalla considerazione che il regolamento consolare 
sopra esaminato prevede esclusivamente un deposito regolare, 
posto che impone allo Stato, che opera attraverso il console, 
di custodire le somme, gli oggetti preziosi ed i valori depositati 
sotto chiave, dopo essere stati chiusi e suggellati in appositi 
sacchi od involucri. Ci� esclude nel modo pi� certo che 
il console possa servirsi delle somme, per poi accreditare al deponente 
l'equivalente. Il console, in rappresentanza dell'Amm.ne, 
deve conservare e restituire le stesse somme, nel luogo in cui 
sono state depositate, e, cio�, nella specie, a Mosca e non in 
Italia. L'interessamento del Ministero per l'utilizzo da parte 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

della nostra rappresentanza a Mosca della somma in rubli, in


teressamento rimasto infruttuoso per la opposizione del Mi� 

nistero del Tesoro (lettera del 23 gennaio 1948), non pu� rite


nersi fatto che in via di graziosa agevolazione, non gi� per un 

obbligo legale. Il Ministero, del resto, non ha riconosciuto di 

dover effettuare una restituzione in Italia, ma ha dichiarato 

solo, nella lettera del 1� aprile 1948, che l'Ambasciata a Mosca 

aveva comunicato che la somma si era ridotta a 1.000 rubli, 

per effetto del cambio della moneta, il che dimostra che la 

somma si trovava ancora a Mosca. 

Quindi, esattamente, la Corte d'Appello ha dichiarato che 
il Ministero � tenuto alla restituzione dalla eadem res, vale a 
dire degli stessi rubli depositati. La circostanza che si siano 
convertiti i rubli vecchi nei nuovi non costituisce violazione 
del detto principio, poich� l'autorit� consolare, se non poteva 
disporre della somma, poteva e doveva anzi provvedere, usan� 
do la normale diligenza, a cambiare la moneta vecchia nella 
nuova, per evitare di conservarne una, che, decorso il tempo stabilito 
per la conversione, sarebbe stata priva di ogni valore. 
, Nessun dovere aveva, invece, di effettuare il cambio in dollari, 
ed anzi non ne aveva neppure il potere, perch�, ripetesi, doveva 

restituire ai deponenti rubli e non altre valute. 

La sentenza non ha pronunciato condanna al pagamento 

dei rubli, condanna che non era stata neppure richiesta; la 

domanda era di declaratoria dell'effettuato deposito e del di


ritto dei Lomani di ricevere l'equivalente della conversione dei 

10.000 rubli in lire italiane; la sentenza ha dichiarato che � 
stato compiuto il deposito e che, trattandosi di deposito regolare, 
i deponenti hanno diritto di ottenere in restituzione 1.000 
nuovi rubli, in sostituzione dei vecchi 10.000. La sentenza, cio�, 
non � di condanna, ma di mero accertamento, conformemente 
alla domanda. Non hanno ragion d'essere, quindi, le censure 
sulla inammissibilit� di una condanna a pagare una somma 
non avente corso nello Stato e sulla in�seguibilit� della sentenza. 
La insussistenza di un obbligo dell'Amm.ne di effettuare la 
restituzione in Italia rende ultronea ogni questione sulla pre


tesa mora dell'Amm.ne medesima. 

I primi sei motivi del ricorso principale devono, perci�, es


sere respinti. 

Con il settimo si lamenta che la Corte non abbia provveduto 
sulla domanda di distrazione delle spese a favore dello 
avv. Luigi Supino, che ne aveva fatta richiesta. Al riguardo � da 
osservare che tale motivo di ricorso doveva essere proposto 


78 

].ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO �STATO 

dallo stes~o avvocato Supino e non gi� dai coniugi Lomani, posto 
che le contestazioni sulla distrazione fanno divenire parte 

j

del processo il difensore antistatario. Questi soltanto ha interesse 
alla pronuncia di distrazione, non la parte assistita, la 
quale, anzi, pu� eventualmente opporsi alla distrazione. Quindi, 
legittimato all'impugnazione per la omessa pronuncia sulla distrazione 
era esclusivamente l'avv. Supino. L'impugnazione proposta 
dai Lomani � inammissibile. Vero � che il detto difensore 
ha sottoscritto il ricorso, ma tale sottoscrizione � avvenuta� 
nella veste, appunto, di difensore, non in proprio, mentre il 
ricorso risulta proposto, in tutti i suoi motivi, esclusivamente 
dai Lomani. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 ottobre 1963 n. 2620 -
Pres. Mastropasqua -Rel. Bartolomei -P. M. Maccarone (d.)Filocamo 
c. Calcaterra. 

Corte Costituzionale -Pronuncia di illegittimit� costituzionale -Natura 
-Efficacia retroattiva -Sussistenza -Limiti. 
(Cast., art. 136; 1. cast. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; I. 11 marzo 
1953 n. 87, art. 30, comma terzo). 

Contratti agrari -Norme relative alla compos1z1one delle sezioni specializzate 
agrarie -Effetti della dichiarazione di incostituzionalit� Procedimento 
civile -Vizio attinente ai presupposti processuali Difetto 
di costituzione del giudice -Nullit� insanabile -Rinvio 
al giudice di I grado. 
(Cast., artt. 102, comma 2� e 108, comma 2�; 1. 4 agosto 1948, 

n. 1094, art. 7, comma 1� e 2�; 1. 18 agosto 1948, n. 1440, art. 5; 
1. 25 giugno 1949 n. 353, art. 6; 1. 3 giugno 1950 n. 392, art. 1 sostitutivo 
del testo dell'art. 2 1. 25 giugno 1949, n. 3'53; 1. 2 marzo 
1963 n. 320, art. 6; c.p.c., artt. 158, 161, comma 2", 354, 383, comma 
3�). 
La decisione della Corte Costituzionale, che dichiara l'illegittimit� 
.costituzionale di norme di legge od atti aventi forza 
di legge, si inquadra nella categoria degli accertamenti costitutivi, 
poich� realizza il presupposto cui conseguono ope 
constitutionis alcuni effetti risalenti al passato ed assimila


.. 
bili a quelli dell'annullamento. L'efficacia retroattiva della pro.:. 
nuncia non solo opera, necessariamente, nel giudizio in cui incidentalmente 
sorge la questione, ma si estende a tutti i giudizi 
relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione, purch�, 


79

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE. 

beninteso, non ancora esauriti. Con tale limite il giudice deve 

tener conto della pronuncia di illegittimit� costituzionale, sia nel 

procedimento di primo grado, che nel procedimento d'impugna


zione, sia relativamente alle questioni prospettate dalle parti, sia 

rispetto a quelle rilevabili di ufficio (1). 

La accertata illegittimit� costituzionale delle norme sulla 

composizione delle Sezioni specializzate in controversie agra


rie si traduce in un vizio del procedimento, rilevabile d'ufficio, 

perch� attinente ai presupposti processuali, e cio� nella caren


za della legittimazione del giudice all'esercizio della potestas 

decidendi, assimilabile quoad effectus al difetto non assoluto 

di giurisdizione ed inquadrabile obiettivamente nella fattispe


cie prevista dall'art. 158 c.p.c. In conseguenza, la causa dev'es


sere rimessa al giudice di primo grado (ossia alla competente 

Sezione specializzata per le controversie in materia di contrat


ti agrari, istituita ai sensi della l. 2 marzo 1963, n. 320) in ap


plicazione del principio, secondo cui il rinvio al giudice di primo 

grado prescritto dall'ari. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi con


templata dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va dispo


sto anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia 

nulla ai sensi dell'art. 158 per difetto di costituzione del giu


dice, trattandosi appunto di nullit� insanabile (2). 

(1) Sull'efficacia delle sentenze della Corte Cost., che dichiarano l'illegittimit� 
costituzionale di norme di leggi o di altri atti aventi forza 
di legge, cfr. Cass., 16 settembre 1957, n. 3492, Foro it., 1957, I, c. 1607; 
16 ottobre 1957, n. 3884, id. Rep. 1957, voce Corte Cost., n. 99; 29 ottobre 
�1957, n. 4186, ibid., n. 101; 23 marzo 1959, n. 876, id., Rep. 1959, voce cit., 

n. 49; 22 luglio 1'960, n. 2077, a Sez. Un., id. Rep. 1960, voce cit., nn. 66-68; 
30 maggio 1961, n. 1271, id. 1961, I, 1483; 30 maggio 1961, n. 1273, 
id., Rep. 1961, voce cit., n. 110; 3 novembre 1961, n. 2565, ibid., 
n. 110 bis; 7 luglio 1962, n. 1749, id., 1963, I, 111 ed infine Sez; Unite, 22 
giugno 1963, n. 1707, ibid., 1352 e seg., sulle orme della quale si muovono 
le argomentazioni della sentenza in rassegna; v. anche Cons. Stato, Sez. 
IV, 27 febbraio 1963, n. 115, Foro it., 1963, III, c. 197 ed Ad. Plen., 10 aprile 
1963, n. 8, ibid., III; c. 282, nonch� Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa 
Rassegna, .1964, 84. 
(2) cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, in Foro it., 1963, I, c. 
1356 e segg. 
(1-2) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� delle norme 
sulla composizione delle Sezioni specializzate agrarie. 

I -Notevole nella sentenza in rassegna il sostanziale riconoscimento 
che il giudizio di legittimit� costituzionale ex artt. 1 I. cost. 9 febbraio 
1948, n. 1 e 23 I. 11 marzo 1953, n. 87, non ha per oggetto un'azione di 
annullamento della legge, ma si esaurisce in una pronuncia di accertamento, 
destinata a produrre effetti pratici nel giudizio a quo e costituente 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

80 

(Omissis). -A seguito della pronuncia della illegittimit� 
costituzionale delle norme sulla composizione delle Sezioni specializzate 
per le controversie in materia di contratti agrari, data 
dalla Corte Costituzionale con le sentenze 11 dicembre 1962, 

n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 2, si pone la questione, rilevabile 
di ufficio, perch� attinente ai presupposti processuali, della regolarit� 
del rapporto processuale. 
La sua decisione importa pregiudizialmente la soluzione dell'altra 
questione relativa alla efficacia della pronuncia della Corte 
Costituzionale dell'illegittimit� costituzionale di norme od 
atti aventi forza di legge, sui rapporti sorti anteriormente ad 
essa, ma non ancora esauriti. 

solo il presupposto (ossia un fatto), cui conseguono ape constitutionis 
eventuali effetti anche erga omnes. Con tale premessa, si comprende anche 
che il riconoscimento dell'esigenza, pur avvertita dalla sentenza 22 giugno 
1963, n. 1707 delle Sezioni Unite (in Foro it., 1963, I, c. 1356), di cogliere neil'istituto 
le � caratteristiche peculiari che lo distinguono nettamente da 
istituti tradizionali e non permettono di qualificarlo o di chiarirne la portata 
e gli effetti attraverso il riferimento a schemi e concetti elaborati a 
proposito di tali istituti� (ivi, c. 1357), debba indurre a sottolineare, 
attraverso un maggior approfondimento del problema, l'impropriet� dello 
stesso ricorso ai concetti di invalidit� e di annullamento per spiegare la 
retroattivit� degli effetti della pronuncia nel giudizio a quo e quella degli 
effetti erga omnes ex art. 136 Cost. La prima non � che la logica conseguenza 
del fatto che la decisione della Corte Costituzionale � stata appunto 
destinata, de jure condito, (cfr. art. 1, 1. cost. n. 1 del 1948), come 
riconosce la Corte di Cassazione, a produrre i suoi effetti proprio nel giu� 
dizio a quo. La seconda si ritiene conseguenza del disposto degli artt. 136 
Cost. e 30, comma terzo, I. 11 marzo 1953, n. 87, senza che con ci� possa 
dirsi che da queste norme si tragga addirittura una sanzione di invali� 
dit� nei confronti della legge incostituzionale. Non di sanzione contro l'at� 
to si tratta, ma di semplice inefficacia delle norme dichiarate incosti 
tuzionali nei confronti di tutti i fatti e rapporti non ancora esauriti fino 
al giorno successivo a quello della pubblicazione della decisione della Corte 
(il limite della retroattivit� sarebbe . costituito dagli � effetti che la 
norma incostituzionale abbia irrevocabilmente prodotti, quale � il caso 
delle situazioni e dei rapporti divenuti incontrovertibili per il maturarsi 
cli termini di prescrizione o di decadenza, o perch� definiti con giudicato, 
ecc. �, cos� Cons. Stato, Ad. Plen., 10 aprile 1'963, n. 8, cit., Foro it., 1963, 
III, c. 282; v. anche Cass. Sez. Unite, 22 giugno 1963, n. 1707, cit., ibid., 
I, c. 1359, ove si parla di situazioni giuridiche ormai esaurite � ossia consolidate 
ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente 
regolate attraverso una situai:ione che prescinda dalla norma 
dichiarata incostituzionale: il che pu� verificarsi o per la preclusione nascente 
dal giudicato o per effetto di atti amministrativi che abbiano esaurito 
i loro effetti, o in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti 
che siano rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante l'inefficacia 
di quella norma � ). Se fosse vero che dalla pronuncia di incostituzionalit� 
consegua un effetto di annullamento dell'atto legislativo in s�, do



81

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

La Corte ritiene che la detta pronuncia abbia efficl;l.cia retrattiva 
e che essa spieghi i suoi effetti rispetto a rapporti, atti, 
fatti anteriori, qualora sia rilevante ai fini della individuazione 
del precetto applicabile per la decisione di questioni sostanziali 

o processuali, sulle quali il giudice ha il potere-dovere di pronunciare. 
E ci� in considerazione che il precetto in contrasto con le 
norme della Costituzione o di altre leggi costituzionali � affetto 
da un vizio intrinseco, sostanziale e originario -che risale cio� 
al momento della entrata in vigore della norma incostituzionale 
o del precetto costituzionale violato, a seconda che si tratti di 
norma emanata posteriormente od anteriormente a quest'ultimo 
-e che tale vizio, per il suo carattere di originariet� e di imvrebbe, 
con l'eliminazione di questo, rivivere il diritto abolito, il che non 
�, onde la stessa Corte di Cassazione (nella citata sentenza a Sez. Un., 22 
giugno 1963, n. 1707) parla di eliminazione di norme e non di atti (Foro it., 
1963, I, c. 1357). Sulla distinzione fra l'effetto proprio della pronuncia nel 
giudizio a quo e quello ex art. 136 Cost., conseguente ad una pi� ampia 
fattispecie: v. SANDULLI, Natura, funzioni ed effetti delle pronunce della 
Corte Costituzionale sulla legittimit� delle leggi, in Riv. trim. dir. pubbl., 
1'959, 40. Sulla duplicit� di funzioni del processo costituzionale v. LIEBMAN, 

Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. 
proc., 1957, 523. Infine, sulla critica della nozione di invalidit� come mera 
disformit� dell'atto alla fattispecie legale, v. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla 
teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, 369 e seg., in particolare v. a 
pag. 401. Per una maggiore informazione sulla problematica a cui si � 
fatto cenno ci permettiamo di rinviare ai nostri studi: Gli effetti delle 
pronunce della Corte Costituzionale ecc., La Corte Costituzionale (Raccolta 
di studi a cura dell'Avvocatura dello Stato), Roma 1957, 216 e segg., 
nonch�: Decisioni di rigetto della Corte Costituzionale ed estinzione del 
processo d'appello incidentato, in questa Rassegna, 1963, 165 e segg., ed ivi 
bibliografia, Si veda anche in questa Rassegna 1964, 87, in nota a Cass. 9 
ottobre 1963, n. 2683. 

II -Alla regola che i motivi di nullit� si convertono in motivi di gravame 
(art. 161, comma primo, c.p.c.) fa riscontro la tassativit� delle ipotesi 
di rimessione della causa al giudice di primo grado, in seguito alla 
constatazione da parte del giudice d'appello di nullit� della sentenza o 
del procedimento (ANDRIOLI, Commento al Codice di Procedura Civile, 
vol. Il, Napoli, 1956, 478 e seg.). Da lungo tempo, per�, la giurisprudenza 
della Corte di Cassazione ha ammesso una interpretazione estensiva della 
ipotesi prevista dal congiunto disposto degli artt. 354, comma primo e 161, 
comma secondo, cod. proc. civ. (rimessione al primo giudice per 
nullit� della sentenza, per mancata sottoscrizione del giudice), pel rilievo 
che � se l'inesistenza della sentenLa per mancanza di sottoscrizione, essendo 
da considerar.si quale mancata pronuncia del giudice di primo grado, 
rende necessario il ritorno davanti al giudice medesimo, per provocarlo 
ad emanare una sentenza idonea ed eseguibile secondo la legge, la 
stessa esigenza, ancor pi� imperiosa, si ha allorquando si riconosca che 
nel Collegio che si � pronunciato non si identifica l'organo costituito nel 
senso voluto dalla legge per l'esercizio del potere giurisdizionale� (Sez. 



82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

manenza, produca la invalidit� della norma in contrasto ed importi 
la esclusione della sua obbligatoriet�, tanto pi� che esso 
� dedotto in via incidentale dalle parti o � rilevato di ufficio. 

Per i rilievi che precedono, la Corte ritiene che la decisione 
della Corte Costituzion~le si inquadri nella categoria dei cosi-
detti �accertamenti costitutivi�, poich� realizza il presupposto 
cui conseguono ape constitutionis alcuni effetti, i quali sono 
assimilabili a quelli dell'annullamento, che opera la eliminazione 
degli atti invalidi ex tunc. 

Conferma della efficacia retroattiva della pronuncia della 
Corte Costituzionale si ricava dalla disposizione dell'art. 1 della 
legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, la quale, stabilendo 
che la questione di illegittimit� costituzionale debba essere sol-

Un., 7 febbraio 1953, n. 313, Foro it., 1953, I, 322; v. anche Cass., 24 giugno 
1942, n. 1779, id., Rep., 1942, voce Appello Civile n. 261; 15 marzo 1949, 

n. 559, id., Rep. 1949, voce cit., n. 289). Peraltro, il vizio di costituzione delle 
Sezioni specializzate agrarie, per l'accertata incostituzionalit� delle norme 
sulla loro composizione, � stato dalla C.S. assimilato quoad effectus al ., 
..:

difetto non assoluto di giurisdizione (in ordine alla tendenza. della Corte 
di Cassazione ad allargare il concetto di vizio di giurisdizione attraendovi 
i casi di �irregolare costituzione del giudice v. CALAMANDREI e FURNO, voce 
Cassazione Civile, in Novissimo Digesto Italiano, vol. II, Torino 1958, 1071 e 
seg.) ed inquadrato nella previsione dell'art. 158 c.p.c., ossia considerato 
causa, non gi�. addirittura di inesistenza� della sentenza (che non soggiacerebbe 
ad alcuna preclusione e potrebbe essere fatta valere anche 
fuori del processo, mediante azione di accertamento negativo o 
in sede di opposizione all'esecuzione), ma di nullit� c.d. insanabile, 

ossia rilevabile d'ufficio � anche nei giudizi d'impugnazione eventualmente 
proposti per altri motivi, purch� i giudizi stessi siano stati tempestivamente 
e ritualmente instaurati� (ch�, altrimenti, a differenza dell'ine


sistenza, la nullit� di cui trattasi sarebbe pur sempre sanata dal giudicato: 
cfr. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1360). 
A questa giurisprudenza, per l'appunto, si adegua la sentenza in rassegna. 
In senso contrario � stato gi� rilevato in dottrina che la partecipazione 
ai giudizi in materia di controversie agrarie degli esperti estranei 
all'Ordine giudiziario, che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima, 
cagiona un vizio relativo alla costituzione del giudice: � che, pur essen,do 
insanabile e rilevabile d'ufficio, pu� esser fatto valere soltanto nei 
limiti e con le modalit� dell'appello e del ricorso per cassazione (art. 158, 
161 c.p.c.) �: cos� l'ANDRIOLI. (Effetti della incostituzionalit� delle Sezioni 
Agrarie, in Giur. Cast. 1962, 1342). Al citato studio si rimanda per un utile ' 

excursus sulle vicende del contenzioso agrario e per la conoscenza della 
portata delle sentenze 20 dicembre 1962, n. 108 e 12 febbraio 1963, n. 5 . 
. 
della Corte Costituzionale (rispettivamente, in Giur. Cost., 1962, 1451 e . 
seg. e Id., 1963, 47 e seg.). Sulla problematica processuale del diritto agra, 
. 
rio, in generale, si veda CAPPELLETTI, Il problema processuale del diritto 
agrario alla luce delle tendenze pianificatrici delle costituzioni moderne, 


Riv. dir. proc., 1963, 550 e seg. 

'FRANCO CARUSI 

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IJ. 

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83

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

levata, in via incidentale, nel corso di un giudizio, porta a ritenere 
che la �eventuale decisione operi per il giudizio in cui � 
stata sollevata, ancorch� relativo ad un rapporto precostituito. 

La stessa portata di ordine generale e di efficacia erga omnes 
della pronuncia di incostituzionalit� importa che i suoi effetti 
si verifichino sia rispetto al processo in cui la questione fu 
sollevata che in altri processi. N� pu� essere trascurato di considerare 
il disposto dell'art. 30, III comma, della I. n. 87 del 
1953, il quale vieta tassativamente l'applicazione� delle norme incostituzionali 
a partire dal giorno successivo alla pubblicazione 
della decisione della Corte Costituzionale ed � applicabile anche 
nei giudizi relativi a fatti o rapporti anteriori a quella decisione. 

Ritiene, per�, la Corte che il principio della retroattivit� 
incontri dei limHi per la interferenza di altre norme nella disciplina 
della fattispecie concreta, e che pertanto la pronuncia della 
illegittimit� costituzionale non abbia effetto per quelle situazioni 
giuridiche ormai esaurite, consolidate ed intangibili, e 
cio� o per la preclusione nascente da giudicato civile, o per effetto 
di atti amministrativi, che abbiano esaurito i loro effetti, o 
in dipendenza di atti negoziali o di altri atti o fatti, che siano 
rilevanti sul piano sostanziale o processuale, nonostante la inefficacia 
della norma incostituzionale. � 

Fuori di questi casi, la pronuncia di incostituzionalit� spieC"
fl. i rnoi effetti rispetto ad atti o fatti o rapporti anche anteriori. 


Ci� importa (v. Cass., Sez. Unite, sent. 22 giugno 1963, numero 
1707) che il giudice debba tener conto della pronuncia di 
illegittimit� costituzionale sia nel procedimento di primo grado, 
che nel procedimento di impugnazione, sia relativamente alle 
questioni prospettate dalle parti, sia rispetto a quelle rilevanti 
d'ufficio, come quella in esame. � 

La accertata illegittimit� costituzionale delle norme sulla 
composizione delle Sezioni specializzate in controversie agrarie 
si traduce, dal punto di vista funzionale, in un vizio del procedimento, 
che si concreta nella carenza della legittimazione del 
giudice all'esercizio della potestas decidendi, pur nei limiti 
fissati dalle norme sulla ripartizione della giurisdizione e della 
competenza, assimilabile, quoad effectus, al difetto non assoluto 
di giurisdizione e, a parte obiecti, inquadrabile nella 
fattispecie prevista dall'art. 158. cod. proc. civ., trattandosi di 
inosservanza di norme, che si riferiscono ai requisiti soggettivi 
di idoneit�, che deve possedere il giudice per l'esercizio 
delle sue funzioni. 



84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trattasi di nullit� insanabile, che incide sulla sentenza di 
primo grado o su quella di appello e si riflette su tutte le statuizioni 
di merito, poich� rispetto ad esse non si verificano gli effetti 
del giudicato. 

Tali principi trovano applicazione anche in tema di regolamento 
di competenza, di cui nella specie si tratta, dovendo, anche 
in tal caso, questa Corte rilevare la nullit� dipendente dal 
difetto dei requisiti soggettivi del giudice. 

In conseguenza, la causa dev'essere rimessa al Giudice di 
primo grado, in applicazione del principio, pi� volte ribadito 
da questa Corte, secondo cui il rinvio al giudice di primo grado, 
prescritto dall'art. 354 c.p.c. con riferimento all'ipotesi contemplata 
dall'art. 161, secondo comma, stesso codice, va disposto 
anche nella ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia .< 
nulla, ai sensi dell'art. 158, per difetto di costituzfone del giu


~ 

dice, trattandosi appunto di nullit� insanabile. 

I ~ 

La dichiarata nullit� della sentenza impugnata preclude a 
questa Corte l'esame del regolamento di competenza, poich� la 
decisione della questione di competenza, prospettata col regolamento, 
spetta ex novo al giudi�e di primo grado cui }a causa 
va rinviata. 

I,. 

Il giudice di rinvio � la Sezione specializzata per le con. 
troversie in materia di contratti agrari, ricostituita a norma della ' 

I 
,

I

I. 2 marzo 1963, n. 320, presso il Tribunale di Palmi. -(Omissis). 
I ' . 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1963, n. 2683 -
Pres. Torrente -Est. Stella Richter -P. M. Pedace 

I 

(conf.). Ente Colonizzazione Maremma Tosco Laziale c. Ministero 
Agricoltura e Foreste c. Ricci. 


Corte costituzionale -Decisioni dei giudizi incidentali di legittimit� 
costituzionale -Natura ed effetti nei giudizi principali ed �erga 
omnes�. 
(Cost., art:t. 134, comma primo, 136, comma primo; 1. cost. 9 febbraio 
1948 n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 23, 27 e 30, 
comma 3�). 

Costituzione della Repubblica -Obbligatoriet� delle norme incostituzionali 
prima (dell'efficacia) della pronuncia della Corte costituzionale 
(Cost., arg. art. 136, comma primo). 


85

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Riforma fondiaria -Dichiarazione di illegittimit� costituzionale di 

leggi delegate di espropriazione -Conseguenze -Azione di risar


cimento -. Legittimazione passiva. 

(Cost. artt. 76, 77 e 136, comma 1�; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, 

art. 4; 1. 15 marzo 1956 n. 156; d.P.R. 29 novembre 1952 n. 2717; 

1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 30, comma 3�; I. 20 marzo 1865, 
n. 2248, all. E, art. 4). 
Nei giudizi �ncidentali di legittimit� costituzionale la sentenza 
di accoglimento della Corte Costituzionale accerta e dichiara 
il contrasto tra la norma ordinaria ed il precetto costituzionale. 


La pronuncia opera nel giudizio a quo come una decisione 
giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia di un 
giudicato. Qu�sto effetto si produce sia per le sentenze di accoglimento 
che per quelle di rigetto. Per le prime l'effetto viene 
esteso erga omnes a norma dell'art. 136 Cost., il quale deve essere 
interpretato, come indicato dall'art. 30, comma terzo, l. 
11 marzo 1953, n. 87, nel senso che dal giorno successivo alla 
pubblicazione della sentenza della Corte Costituzicnale la norma 
dichiarata incostituzionale non pu� avere pi� applicazione 
ai rapporti anteriori, purch� non esauriti (1). � 

Sia le autorit� amministrative sia, almeno in via di regola, 
i privati sono tenuti ad osservare la norma di legge incostitu


(1) v. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706, Foro it., 1963, I, 
c. 1366 e seg. -v. anche Cass., 3 ottobre 1963, n, 2620, in questa Rassegna, 
1964, 78, ed ivi nota. 
Sull'efficacia delle pronuncie di rigetto della Corte Costituzionale v. 
Cass., Sez. Un., 22 gennaio 1958, n. 147, Giust. Civ., 1958, I, 1093 e seg. ed 
ivi nota di riferimenti; 18 aprile 1962, n. 770, Id., 1962, III, 253. Sulla 
mancanza di autonomia dell'oggetto del processo costituzionale incidentale, 
ch'� giudicato dalla Corte unicamente nella sua qualit� di premessa 
logica per la decisione del caso concreto, v. LIEBMAN, Contenuto 
ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv, dir. proc., 1957, 
521; v. anche Corte Cost., 25 maggio 1957, n. 59, Giur. Cost., 1957, 676 e 
segg., ove si sottolinea (683) che la pronuncia della Corte costituisce la 
premessa maggiore del sillogismo giudiziale. . 

La tesi del LIEBMAN (v. anche ANDRIOLI, Profili processuali del controllo 
giurisdizionale delle leggi, Riv. di dir. pubbl., 1950, I, 35 e segg.; 
GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in 
Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, voi. IV, Padova 1950, 196 e 
segg., 210) � stata ritenuta dal CARNELUTTI (Una pezza all'art. 136 della 
Costituzione?, Riv. dir. proc., 1958, 243) l'unica idonea a superare fondamentali 
difficolt� esegetiche e pratiche. Lo JAEGER (Sui limiti di efficacia 
delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1958, 369, nota 
1) ne ha riconosciuto la rigorosit� di impostazione sul piano processua




86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zionale, finch� non divenga operativa la pronuncia di accoglimento 
della Corte Costituzionale (2). 

Per effetto della dichiarazione di incostituzionalit� di una 
legge delegata di espropriazione per l'attuazione della riforma 
fondiaria l'Ente di Riforma e non gi� lo Stato � legittimato a 

risponde:re della illegittima espropriazione ed a prescindere 
dalla colposit� del suo comportamento va condannato al risarcimento 
del danno a favore del privato, consistente, in difetto 
di restituzione dell'immobile, nel valore attuale di esso, nonch� 
nell'eventuale deprezzamento dei beni contigui non espropriati 
ed, infine, nella perdita dei frutti percepiti e percipiendi 
con l'ordinaria diligenza dopo la domanda giudiziale (3). 

listico (ossia in quanto la pronuncia della Corte Costituzionale sia considerata 
come atto di esercizio di funzione giurisdizionale vera e propria), 
ammettendo la peculiare diversit� della c.d. pregiudiziale costituzionale 
dalle altre proponibili in via autonoma e convenendo che la Corte 
'Costituzionale la esamina come semplice premessa logica della controversia 
concreta. Questo risultato si coglie con maggiore evidenza (e la 
stessa Corte Costituzionale lo ha fatto, con la pronuncia 25 maggio 1957, 

n. 59 sopracitata), allorch� il giudizio di costituzionalit� riguardi -delle 
leggi-provvedimento, come quelle delegate di espropriazione _per l'attuazione 
della riforma fondiaria. Posta � l'inesistenza di destinatari della 
norma provvedimento diversi dalle parti del giudizio a quo � (ANDRIOLI, 
Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di riforma 
fondaria, Giur. cast., 1959, 643), apparir� sottolineata l'estraneit� alla 
funzione giurisdizionale propria della Corte dell'effetto erga omnes 
ex art. 136 Cost. ed anche se a proposito di esso dovr� parlarsi di una 
ulteriore funzione indiretta ed eventuale del processo costituzionale, non 
per questo l'interprete scrupoloso de lege lata potr� disconoscere (come 
ha fatto ad es. il Tribunale di Napoli nella sentenza 7 settembre 1962, 
Giur. it., 1963, I, 2, c. 204 e seg.) che quel processo rappresenti naturalmente 
una fase del giudizio a quo. 
(2) Sulla seconda massima si vedano Cass., Sez. Unite, 22 giugno 1963, 
n. 1705 e 1706 citate sub. (1), ove si legge (Foro it., 1963, I, c. 1370) che 
� la norma incostituzionale, prima della pronuncia di incostituzionalit� 
� obbligatoria e deve essere osservata come legge�. Ma, invece, in senso 
contrario, pu� vedersi, delle stesse Sezioni Unite, la sentenza 22 giugno 
1963, n. 1707, ove si accoglie (Foro it., 1963, I, c. 1356--1357), la dottrina 
dell'EsPosuo (Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalit� 
delle leggi in Italia, in La Costituzione Italiana, Saggi, Padova 1954, 
27'0; v. anche dello stesso A., Illegittimit� costituzionale e abrogazione, 
Giur. Cast., 1958, 831), secondo cui la legge incostituzionale sarebbe 
nulla e non obbligatoria per i subditi, ma solo esecutoria per le 
autorit� esecutive e giurisdizionali, e si parla, tuttavia, di � annullamento 
� (per la critica della dottrina dell' ESPOSITO v. PIERANDREI, Corte Costituzionale, 
in Enciclopedia del diritto, voi. X, Milano 1962, 972). 
(3) Per l'inapplicabilit� dell'istituto della retrocessione v. MORTATI, 
Sull'efficacia delle decisioni di accoglimento in materia di riforma fondia



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

87 

(Omissis). -Deve preliminarmente disporsi la riunione del 
ricorso principale e di quello incidentale condizionato, che sono 
iscritti sotto distinti numeri di ruolo. 

Devono esaminarsi, poi, il primo e il secondo motivo del ricorso 
principale, intimamente connessi tra loro. 

Con il primo, denunciandosi la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 136 della Costituzione e 30 della 1. 11 mar-

ria, Giur. Cast;, 1957, 735 e seg.). Interessanti considerazioni sull'inquadramento 
della pretesa del proprietario, nei confronti del quale fu emanato 
il decreto presidenziale di scorporo oggetto della questione di costituzionalit� 
in ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in 
tema di riforma fondiaria cit., 635 e segg. 

(1-3) Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� di decreti 
di scorporo per l'esecuzione della riforma fondiaria. 

I -La sentenza in rassegna, che si adegua a Cass., Sez. Un., 22 giugno 
1963, n. 1705 e 1706 sopracitate, bene 'riconferma che la pronuncia 
della Corte Costituzionale, come decisione giurisdizionale, opera nel giudizio 
a quo. e precisa che potest� della Corte � quella di � accertare il 
contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale�, realizzando 
cos� � il presupposto cui conseguono in virt� della Costituzione det~rminati 
effetti �. Non sembra, per�, esatto attribuire alla pronuncia della 
Corte � natura di un annullamento �. In proposito si sono svolte gi� 
brevi considerazioni in nota a Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620, in questa Rassegna 
1964, 79 e segg. Sembra il caso di ribadire il concetto che l'invalidit�, 
come negazione del valore giuridico di un atto, � sempre di diritto positivo 
e non mera categoria logica. Questo � pacifico in dottrina per l'annullabilit�. 
La dottrina amministrativistica fonda sull'attribuzione del potere ex 
articoli 26 e 45 I. org. sul Consiglio di Stato la invalidit� dell'atto amministrativo 
illegittimo e parla di � illegittimit� legale � per spiegare, in forma 
icastica, che l'invalidit� diventa positiva annullabilit� solo in quanto assuma 
la veste particolare propria delle tre figure enumerate dal cit. art. 26 

T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 (cfr. ALESSI, Sistema istituzionale del diritto 
amministrativo italiano, Milano 1953, 303). Ora, poich� nessuna sanzione 
di invalidit� dell'atto legislativo incostituzionale si trova comminata nel 
nostro ordinamento, per stabilire la condizione di quell'atto -non resta 
che considerare il potere di cui esso munisce l'organo di controllo (cfr. 
PIERANDREI, voce Corte Costituzionale in Enciclopedia del diritto, voi. X, 
Milano 1962, 971); e, se questo potere � limitato all'accertamento del 
rapporto di conformit� o disformit� dell'atto legislativo alle norme superiori, 
da cui deriva la perdita di efficacia delle norme inferiori riconosciute 
e dichiarate difformi, non sembra che ci� autorizzi a fare della 
giurisdizione costituzionale una giuriSdizione di annullamento degli atti 
del Legislatore, quando � chiaro, peraltro, che il processo costituzionale 
incidentale ricalca i limiti soggettivi di quello incidentato e non pu� avere 
altro obietto che quello ricavato dal processo principale, come una parte 
dall'intero (e la conclusione � valida anche per i giudizi in via principale 
ex art. 2 I. cost., n. 1 del 1948: cfr. GARGIULO, Gli effetti delle pronunce 

RA�SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

88 

zo 1953, n. 87, nonch� degli artt. 73 e 87 della Costituzione, 
10, 12 e 15 delle preleggi, in relazione all'art. 360 n. 3 e 
5 c.p.c., si lamenta che la Corte di appello abbia attribuito 
efficacia retroattiva alla pronuncia della Corte Costituzionale, 
che ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale del decreto presidenziale 
quale avente forza di legge, nella parte in cui ha disposto 
lespropriazione dei terreni del Ricci in misura superiore 

emesse dalla Corte Costituzionale su questioni di legittimit� costituzionale 
sollevate in via principale, La Corte Costituzionale, Raccolta di Studi 
a cura dell'Avvocatura dello Stato, Roma, 1957, 264; v. anche SANDULLI, 

Sulla discriminazion� delle competenze tra Corte Costituzionale e Alta 
Corte per la Regione Siciliana, Foro it., 1956, IV, c. 50 e seg., nota 3). La 
retroattivit� delle pronunzie della Corte Costituzionale nei giudizi di cui 
trattasi si spiega non gi� come conseguenza dell'annullamento dell'atto 
legislativo, ma deriva dal fatto che quelle pronunce sono positivamente 
preordinate ad operare nei giudizi incidentati. Essa � fondata, insomma, 
sull'art. 1 I. cost., n. 1 del 1948 (cfr. PIERANDREI, voce Corte Costituzionale 
cit., Encicl. del Diritto, vol.-x cit., 971). E quella che si voglia attribuire 
all'effetto erga omnes ex art. 136 Cost. -sul rilievo che l'inapplicabilit� 
della norma dichiarata incostituzionale non pu� non riferirsi anche ai 
rapporti sorti anteriormente, poich� � proprio in relazione ad uno di essi 
che viene sollevata la questione e la pronuncia di illegittimit� costituzionale 
deve spiegare la sua efficacia giurisdizionale -nel tener conto 
del dettato dell'art. 30, comma terzo, 1. n. 87 del 1953, come ha fatto la 
sentenza in rassegna, non pare possa configurarsi prescindendo dall'autorevole 
rilievo che �non si pu� interpretare la Costituzione secondo la 
legge ordinaria, ma si deve interpretare quest'ultima secondo la Costituzionale. 
Non � la formula della disapplicazione che pu� chiarire il significato 
della perdita di efficacia, ma, viceversa, questa formula determina 
il valore di quella� (CARNELUTTI, Una pezza all'art. 136 della Costituzione? 
Riv. dir. proc., 1958, 241; cfr. JAEGER, Sui limiti di efficacia delle decisioni 
della Corte Costituzionale, Ibidem, 371, nota 1: �le norme ordinarie ... 
debbono essere interpretate in senso compatibile con i principi di questa 
[Costituzione] �, Il rilievo vale anche, ad es., per l'interpretazione dell'art. 22 
del Regolamento interno della Corte Costituzionale, che non sempre � 
stato inteso in armonia con gli artt. 1 I. cost., n. 1 del 1948 e I. cost., 11 
marzo 1953, n. 1). Si ricordi, infine, che il concetto di disapplicazione, come 
elaborato dalla dottrina amministrativista, �riguarda soltanto gli 
effetti dell'atto e non anche l'atto� (CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit� 
degli atti amministrativi, Milano 1950, 163. 

L'art. 136 della Cost., in ogni caso, nel prevedere che la norma in


costituzionale perda efficacia dopo la pubblicazione della decisione della 

Corte e la vacatio prevista dall'articolo medesimo, sembra chiaramente 

presupporre che, anteriormente alla decisione, la norma stessa abbia pro


dotto degli effetti che vanno rispettati. La sentenza in rassegna ha rico


nosciuto questo limite, parlando ancora una volta (v., infatti, Cass., Sez. 

Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro it., 1963, I, c. 1359) di situazioni esaurite. 

Ma pu� dirsi problema tuttora aperto quello di una sicura determina


zione di tale concetto (cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale cit., 973 e seg. 

ed ivi bibliografia), alla soluzione del quale la sentenza annotata reca il 


89

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

a quella consentita ai sensi dell'art. 4 della 1. 21 ottobre 1950, 

n. 841. 
Si sostiene che, se la norma dichiarata costituzionalmente 
illegittima cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione 
della decisione (art. 136 Costituzione) e non pu� avere 
applicazione dalla stessa data (art. 30 della 1. 11 marzo 1953, 

n. 87), la pronuncia di illegittimit� costituzionale pu� operare 
contributo di una significativa allusione ad � atti e rapporti precostituiti �, 
in relazione ai quali si siano determinate �situazioni giuridiche consolidate 
ed intangibili e come tali insuscettibili di essere rimosse o diversamente 
regolate attraverso una statuizione che prescinda dalla norma 
dichiarata incostituzionale�. 

II -A proposito degli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� di 
decreti di scorporo, il Consiglio di Stato (Sez. IV, 22 marzo 1961, n.. 198, in 
Il Consiglio di Stato, 1961, I, 487 e seg.) ha affermato che la reintegrazione 
in forma specifica costituisce il contenuto di un obbligo giuridico 
incombente sugli enti di riforma: l'adempimento di siffatto obbligo sarebbe 
affidato alla stessa Amministrazione e, in sostituzione o surrogazione 
di essa e nel presupposto della sua inerzia, allo stesso Consiglio 

� di Stato, con le modalit� e nei limiti di cui all'art. 27, n. 4 del T.U. 26 
giugno 1924, n. 1054. Esattamente la sentenza annotata ha chiarito esplicitamente 
il punto relativo alla legittimazione passiva all'azione di risarcimento, 
escludendo quella dello Stato ed affermando quella dell'ente di 
riforma, poich� � non dalla corresponsione dell'indennit�, ma dalla � illegittima 
espropriazione in favore dell'ente consegue l'obbligo della restituzione 
del bene o del risarcimento del danno �. Il richiamo del primo 
comma dell'art. 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, per fondare l'obbligo 
di tale risarcimento, a prescindere da qualsiasi colpa, esclusivamente 
sulla illegittimit� del provvedimento di scorporo dichiarata dalla Corte 
Costituzionale, non pu�, tuttavia, non lasciare perplessi, se � vero che 
qui non si tratta di un atto amministrativo, n� soggettivamente, n� oggettivamente, 
ma legislativo (cfr. Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1953, n. 107 e 
108, Foro it., 1953, I, c. 173) e precisamente di un atto avente forza di 
legge e natura politica (GUARINO, Profili costituzionali, ecc., Foro it., 1952, 
IV, 82 e 92), al quale, perci�, non pu� applicarsi quella norma, che prevede 
la potest� del G.0. di conoscere, in relazione all'oggetto dedotto in 
giudizio, degli effetti di � un atto dell'autorit� amministrativa�, che si 
assuma lesivo di un diritto subiettivo (cfr. Trib. Rovigo, 20 ottobre 1955, 
Foro Pad., 1956, IV, 7; Trib. Locri, 30 luglio 1955, Giur. Compl. Cass. Civ., 
1955, VI, 583; App. Catanzaro, 12 maggio 1955, Foro it., 1956, I, 258). 
D'altra parte, se si voglia aver riguardo, invece, all'attivit� amministrativa 
posta in essere dall'ente espropriante (sull'appartenenza degli 
Enti di Riforma alla P.A. v. Trib. Grosseto, 1 luglio 1954, cit. da ASTUTI, 
Giur. Cast., 1958, 691; v. anche, sulla natura pubblicistica di tali enti, 
Cass. Sez. Un., 17 maggio 1958, n. 1607, Giur. Cast., 1958, 676), per eseguire 
l'ordine, contenuto nel decreto di scorporo, di procedere alla immediata 
occupazione dei terreni indicati, ai fini dell'ulteriore attivit� istituzionale 
di trasformazione, miglioramento, appoderamento o quotizzazione ed 
assegnazione delle terre, sembra difficile considerarla ex post attivit� 
illegittima, poich� � in ordine alla validit� dell'atto occorre aver riguardo 



90 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

solo ex nun� e non ex tunc. Si soggiunge che la irretroattivit� 
tanto pi� si impone, quando si tratti, come nella specie, non 
gi� di una legge-norma, ossia di un comando generale ed astratto, 
rispetto al quale la disapplicazione anche per fatti anteriori 
alla pronuncia di illegittimit� costituzionale potrebbe affermarsi 
in modo analogo a quello proprio del cos� detto ius superveniens, 
bens� di una legge-provvedimento, e cio� di un atto il 

alle norme vigenti al momento della sua emanazione� (SANDULLI, Manuale 
di diritto amministrativo, Napoli 1955, 254) e poich�, si � gi� visto, 
nulla autorizza l'interprete fedele del diritto positivo a concepire una 
invalidazione successiva, ossia una eliminazione dello stesso atto legi� 
stativo, fonte della norma attributiva del potere-dovere di compiere tale� 
attivit� (cfr. ROMANO, Osservazioni sulla invalidit� successiva degli atti 
amministrativi, in Scritti minori, vol. II, Milano 1950, 337. Per la critica 
del concetto di invalidit� successiva introdotto dal ROMANO v. ROMANELLI, 
Sulla c.d. invalidit� successiva degli atti amministrativi, in Scritti giuridici 
per il centenario della Casa editrice Jovene, Napoli 1954, 381 e 
segg.), visto che de jure condito la conseguenza della illegittimit� costituzionale 
di quell'atto � soltanto la perdita di efficacia (si vedano le pertinenti 
considerazioni dello ScoGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del ne� 
gozio giuridico, Napoli 1950, 401, ed anche 371 e segg.). Al mome;nto 
di disporre e far eseguire l'occupazione (intimazione all'espropriato e formale 
presa di possesso) l'ente aveva, certo, il potere di compiere tali atti, 
non avendo senso negare il potere ed affermare contemporaneamnte il 
dovere di adempiere al precetto legale, n� potendo configurarsi una ca� 
ducazione dell'atto, se non a patto di ritenere che quel requisito dovesse 
permanere anche dopo la sua emanazione, ossia... quando il pote:re era 
stato gi� esercitato, ovvero di riscontrare in esso la mancanza di un 
nuovo requisito retroattivamente richiesto (di �esercizio di un potere 
viziato per riflesso del vizio di costituzionalit�, che inficia la norma 
attributiva� parla il Consiglio di Stato, nella decisione dell'Adunanza 
Plenaria 8 aprile 1963, n. 8, riportata, con nota del LA VALLE, in Giur. 
it., 1'964, III, 67 e segg., ammettendo, per�, che � la dichiarazione d'illegittimit�, 
costituzionale si estende ai fatti interiori, salvo il limite... 
degli effetti prodottisi in modo definitivo �. La tesi dell'annotatore della 
decisione che � l'attribuzione del potere deve considerarsi, al sopravvenire 
della caducazione della norma, come non avvenuta � postula che l'eff�. 
cacia della norma poscia dichiarata incostituzionale possa e debba � cancellarsi 
dalla scena giuridica�, concezione radicale ed eccessiva, in contrasto 
col positivo dettato dell'art. 136 Cost.). 

Deve, anzi, soggiungersi che, intervenuta l'assegnazione delle terre 
occupate, quegli atti avrebbero ormai esaurito i loro effetti, subentrando 
alla fase esecutiva del provvedimento di scorporo quella, distinta e di� 
versa (cfr. PACE, Espropri incostituzionali: restituzioni e responsabilit� 
civili della Pubblica amministrazione per l'applicazione di leggi illegitti� 
me, Giur. Cast., 1962, 1235), della redistribuzione delle terre tra i conta� 
dini. Epper�, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte 
di Cassazione, la c.d. retroattivit� della pronuncia di incostituzionalit� 
del decreto di scorporo dovrebbe rispettare la legittimit� di una situazione 
ormai consolidata �per effetto di atti amministrativi che abbia



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

91 

cui contenuto normativo � costituito da un comando particolare 
e concreto, quale il trasferimento della propi"iet� da un soggetto 
ad un altro. Si conclude che il decreto legislativo in oggetto 
ha cessato di avere efficacia dal giorno s-uc�essivo alla 
pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale e, quindi, 
solo da tale data deve essere disapplicato dal giudice. 

Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza im


no esaurito i loro effetti� (Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, Foro 
it., 1963, I, c. 1359). Per venire, infine, a parlare dell'assegnazione, proprio 
il suo carattere di atto distinto dall'esecuzione del provvedimento 
di scorporo, avente autonoma e diversa funzione, dovrebbe costituire ulteriore 
argomento per dimostrare l'intangibilit� delle situazioni fondate 
su quel provvedimento, il quale non pu� essere ridotto, peraltro, ad un 
mero componente della fattispecie pr�duttiva dell'acquisto (differito) del 
diritto di propriet� in capo al contadino, come si fa da chi (PACE, op. cit., 
1237) ne vorrebbe inficiata la portata, contro lo stesso disposto dell'art. 4 

I. n. 2248 all. E, dalla eventuale, tempestiva trascrizione della domanda 
giudiziale di restituzione proposta dal proprietario espropriato, dimentico 
in tal modo che esso persegue autonome finalit� di interesse pubblico 
(stabilimento di equi rapporti sociali e razionale sfruttamento delle terre, 
cfr. art. 44 Cost.), che trascendono la mera funzione traslativa del bene 
(cfr. ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per l'attuazione della riforma 
fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 7; v. anche Cass., 19 giugno 1957, Foro it., 1957, 
I, 1170; Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, Il Consiglio di Stato, 
1957, 1279). 
Se sono esatti i rilievi svolti anche sub I, la retroattivit� della pronuncia 
dichiarativa della incostituzionalit� di un provvedimento di scorporo, 
da non confondere con una pro,nuncia di annullamento (perch�, si 
ripete, nessun potere del genere il legislatore costituzionale ha attribuito 
all'Organo di controllo, cos� come ad es. !"ordinamento ha attribuito al 
1Consiglio di Stato, per gli atti amministrativi viziati da incompetenza, 
eccesso di potere e violazione di legge, con i ricordati artt. 26 e 45 T.V. 
26 giugno 1924, n. 1054), lasciando intatt� la legittimit�' di atti amministrativi 
ormai definitivi non potrebbe inficiare la validit� dell'atto di assegnazione 
(le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella gi� ricordata 
sentenza 22 giugno 1963, n. 1706, Foro it., 1963, I, c. 1366 e segg., parlano, 
ibid., c. 1373, di � perdita della propriet� dei terreni come conseguenza 
dell'assegnazione dei terreni ai contadini �), ma dovrebbe comportare unicamente 
l'obbligo dell'Ente -e non, certo, dello Stato, trattandosi di 
conseguenza di attivit� del primo -di corrispondere al proprietario espropriato 
il valore venale del bene al momento dell'assegnazione (al quale proposito 
� da avvertire che non manca chi sostiene l'applicazione alla specie 
dell'art. 2038 e.e.: cfr. ASTUTI, Memoria difensiva dell'Ente Maremma, in 
Giur. Cast., 1958, 692. Per un caso di applicazione di tale norma, v. Cass., 
4 ottobre 1957, n. 3605, Foro it., Rep. 1957, voce Israeliti, c. 1328,� n. 6). 

Di un comportamento illecito dell'Ente, nei confronti dell'e~propriato, 
potrebbe, insomma, parlarsi soltanto con decorrenza ex nunc dalla 
pronuncia della Corte Costituzionale (sulla inammissibilit� del concetto di 
un comportamento retroattivamente colposo v. LA VALLE, La rilevanza 
nel giudizio amministrativo della incostituzionalit� delle leggi, Giur. it., 



EASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

92 

pugnata per violazione dell'art. 136 della Costituzione, 100 cod. 
proc. civ., in relazione agli artt. 8 della I. 12 maggio 1950, n. 230, 
18 della I. 21 ottobre 1950 n. 841, alle disposizioni del d. m. 
28 giugno 1951 e delle I. 1� marzo 1953, n. 224 e 15 marzo 1956, 

n. 156, nonch� per violazione dell'art. 2043, cod. civ., e 4 I. 20 
marzo 1865, n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 
cod. proc. civ. 
La complessa doglianza riguarda: a) la ritenuta legittimazione 
passiva dell'Ente Maremma, mentre legittimato passivo 
per tutte le questioni di indennizzo � il Ministero dell'Agricoltura 
e Foreste; b) la ritenuta responsabilit� dello stesso ente, 
non solo per il pagamento di un indennizzo pari al valore venale 
dei terreni espropriati in eccesso, ma anche per il risarci.=:. 
mento di tutti gli altri danni subiti dal Ricci, a far tempo dal 
giorno dell'occupazione; c) la effettuata condanna al risarcimento 
senza il preventivo accertamento della sussistenza della 

espropriazione in eccesso e quindi del danno, e senza comunque 
la concessione della facolt� alternativa di restituzione dei terreni 
in luogo del pagamento del loro valore. 

A sostegno di queste censure si sostiene che il provvedimento 
espropriativo era pienamente efficace e non meramente 
esecutivo fino alla pronuncia di incostituzionalit�; che in conseguenza 
non pu� parlarsi di un'occupazione illegittima ab ori


1964, III, 69) e con riguardo alla lesione del diritto, non gi� alla 
restituzione del bene, ma al pagamento del suo equivalente economico, 
all'atto dell'accennato fenomeno di conversione necessaria (su cui vedasi 
cenno in Trib. Bari, 17 marzo 1959, Giur. Cost., 1962, 1236). Queste 
notazioni, che non pretendono di esaurire l'arduo problema, sembrano 
accordarsi anche con la tesi di chi, parlando di legge incostituzionale 
esecutoria, pur se nu,lla e quindi non obbligatoria (ma 
come potrebbe una legge essere esecutoria per le Pubbliche Autorit�, 
se non fosse anche obbligatoria per i subditi?), afferma coerentemente 
che �la legge incostituzionale anche dopo la dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale conserva ... il carattere di legge esecutoria per 
il periodo in cui essa non era stata ancora dichiarata illegittima: e perci� 
ne resta esclusa ogni responsabilit� delle Autorit� amministrative o 
dello Stato amministratore [o dell'Ente Pubblico] che vi abbia dato esecuzione
� (ESPOSITO, Il controllo giurisdizionale, ecc.; cit., L.a Costituzione 
Italiana, Saggi, Padova 1954, 271; nel senso della irresponsabilit� dei pubblici 
funzionari e della responsabilit� della P.A. v. PALADIN, Cenni sul sistema 
delle responsabilit� civili per l'applicazione di leggi incostituzionali, 
Giur. Cost., 1960, 1029 e segg., il quale -ivi, 1032 -prospetta una 
�impugnativa degli atti esecutivi della legge incostituzionale� ed una 
�chiamata in causa della pubblica amministrazione, che pure poteva non 
avere nessuna alternativa di comportamento >>, come � l'indispensabile 
espediente � ( ?) per far rispondere � il legislatore � ). 

FRANCO CARUSI 



PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

93 

gine, n� equipararsi la dichiarazione di illegittimit� costitunale 
del decreto legislativo all'annullamento di un decreto prefettizio 
di espropriazione; che nessuna responsabilit� � addebitabile 
all'ente, ma solo il Ministero dell'Agricoltura e Foreste, 
quale organo dello Stato cui spetta di corrispondere l'indennit� 
di espropriazione, � tenuto al pagamento dell'indenniz~o e 
di altri eventuali danni, a far tempo dalla data di pubblicazione 
della sentenza della Corte Costituzionale. 

Le questioni prospettate hanno gi� formato oggetto di esame 
da parte di questo Supremo Collegio a Sezioni Unite, nelle 
cause tra lo stesso Ente Maremma, Settimio Sacchini e la Societ� 
� Il solco �, decise il 14 marzo 1963. 

La Sezione semplice ritiene di dover seguire gli stessi criteri, 
tenendo conto anche della successiva pronuncia delle Sezioni 
Unite del 18 aprile 1963, nella causa tra Perrone e il Comune 
di Bron, la quale, pur riferendosi ad altro oggetto, concerne 
la questione degli effetti della pronuncia di illegittimit� 
costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge. 

L'art. 136 della Costituzione, secondo il quale la norma dichiarata 
incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno 
successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, 
deve essere interpretato nel senso indicato dallo 
art. 30, comma 3�, della 1. 11 marzo 1953, n. 87, e cio� che da 
quel momento la norma non pu� pi� avere applicazione. 

Ora che tale disapplicazione non si riferisca solo ai rapporti 
futuri, ma anche a quelli passati, si desume dalla legge 
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. La Costituzione non prevedeva 
le condizioni e le forme per la proposizione dei giudizi di 
legittimit� costituzionale. A ci� ha provveduto appunto la detta 
legge costituzionale n. 1 del 1948, la quale con l'art. 1 ha introdotto 
il giudizio incidentale di legittimit� costituzionale, attribuendo 
carattere pregiudiziale alla relativa questione. Essa, 
come � noto, impone al giudice, quando la questione sorga nel 
corso di un giudizio e non sia manifestamente infondata, di 
rimetterne la decisione alla Corte Costituzionale. E l'art. 23 della 
citata 1. 11 marzo 1953, n. 87 aggiunge che il giudizio rimane 
sospeso fino alla pronuncia della Corte. 

Ci� importa che tale pronuncia opera nel giudizio a quo 
come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice 
con l'efficacia di un giudicato; questo effetto si produce sia 
per le pronuncie di accoglimento, sia per quelle di rigetto. Per 
le prime l'effetto si produce, non solo all'interno, ma anche all'esterno, 
e cio� erga omnes. 

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I 

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94 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.jj 

Posto c10, l'inapplicabilit� della norma dichiarata incostituzionale 
non pu� non riferirsi anche ai rapporti passati, poich� 
� proprio in relazione ad essi che viene sollevata la questione 
e che la pronuncia di illegittimit� costituzionale deve 
spiegare effetti nel giudizio a quo.� E tali effetti non possono 
non avere la stessa portata e la stessa estensione rispetto al 
processo in cui la questione fu proposta e rispetto ad ogni altro 
processo, dato c;he la dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
ha valore erga omnes. 

Deve indagarsi, ora, quale sia il carattere della detta dichiarazione. 
Indubbiamente esso non � abrogativo, in quanto l'abrogazione 
� disposta dal legislatore per ragioni di mera opportunit� 
e costituisce una manifestazione tipica di discrezionalit� 

politica, mentre il fenomeno della perdita di efficacia previsto 
dall'art. 136 della Costituzione � ontologicamente diverso, coordinandosi 
ad una pronuncia che � di mera legittimit�, giacch� 
prescinde da qualsiasi valutazione . politico-discrezionale ed � 
impostata sull'accertamento di una causa preesistente di invalidit� 
della norma. 

Che tale fenomeno non sia assimilabile all'abrogazione � 
confermato dalla considerazione che la formula dell'art. 136 
della Costituzione � nettamente diversa da quella dell'art. 75, 
che prevede l'abrogazione a seguito di referendum popolare, 
mentre � conforme a quella dell'art. 77, che riguarda i decreti 
legge, non convertiti in legge. 

La sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale accerta 
il contrasto tra la norma ordinaria e il precetto costituzionale 
e dichiara tale vizio con efficacia erga omnes. Essa si 
inquadra nella categoria dei cos� detti accertamenti costitutivi, 
perch� realizza il presupposto, cui conseguono, in virt� della 
Costituzione, determinati effetti. 

Prima della pronuncia della Corte Costituzionale la norma 
non � affetta da nullit� assoluta o inesistenza, perch�, al contrario, 
in quanto promana da organi investiti del potere legislativo 
ed ha tutti i requisiti che caratterizzano l'essenza della leg'tge, 
ha il carattere dell'esecutoriet�, nel senso che sia le autorit� 
amministrative, sia, almeno in via di regola, i privati sono tenuti 
ad osservarla. 

Essa peraltro � affetta da un vizio, che la invalida. Quindi 
la pronuncia della Corte Costituzionale, che accerta e dichiara 
tale invalidit�, ha la natura di un annullamento. Tale annullamento 
non pu� peraltro equipararsi all'annullamento di un 
negozio giuridico, che cancella tutti gli effetti gi� prodotti. In



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

vero la nozione generale di inefficacia si distingue in specie particolari, 
di modo che non � possibile estendere i principi propri 
di una specie ad un'altra. Mentre l'efficacia provvisoria del negozio 
viziato � riferibile soltanto alla sfera di autonomia delle 
parti che lo posero in essere, quella della norma di legge viziata 
� riferibile ad una disciplina di interessi eteronomi e vincolante 
in forza dell'ordinamento giuridico. 

Da queste premesse consegue che la dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale � retroattiva, con il limite, peraltro, del 
rispetto delle situazioni esaurite. Quando, cio�, in relazione agli 
atti e rapporti precostituiti, si erano determinate situazioni 
giuridiche consolidate ed intangibili, e come tali insuscettibili 
di essere . rimosse o diversamente regolate attraverso una sta~
uizione che prescinda dalla norma dichiarata incostituzionale, 
come nel caso in cui si sia formato il giudicato, la retroattivit� 
non pu� operare. E non vale distinguere tra legge-norma e 
legge-provvedimento, dato che la parziale retroattivit� � suscettibile 
di applicazione rispetto a concreti rapporti non esauriti, 
e la possibilit� di applicazione deve stabilirsi nei singoli casi. 

Altra conseguenza della esecutoriet� della norma precedentemente 
alla dichiarazione di incostituzionalit� � quella che non 
possa .considerarsi illecito il comportamento dell'amministrazione 
o dei privati, imposto dall'obbligo dell'osservanza della 
norma medesima, e che quindi non possa configurarsi una responsabilit� 
per danni causati da fatto illecito. La disapplicazione 
per incostituzionalit� dell'atto legislativo che ha disposto 
una espropriazione importa il diritto alla restituzione del bene 
espropriato; ma se del bene � stato disposto ai fini pubblici, e 
quindi il giudice non pu� ordinare tale restituzione, il privato 
ha diritto al risarcimento del danno per la mancata restituzione. 
E tale danno consiste nell'equivalente economico del bene, vale 
a dire nel valore attuale di esso, nonch� nell'eventuale deprezzamento 
dei beni contigui non espropriati, nonch�, infine, nella 
perdita del reddito. Quest'ultima, peraltro, deve essere limitata, 
fissandosene la decorreni:a dal giorno della domanda : infatti, 
non sussistendo una responsabilit� per dolo o per colpa, � appli


. cabile l'art. 1148 cod. civ., secondo cui il possessore di buona 
fede risponde dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale 
e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando 
la diligenza di un buon padre di famiglia. 

E' da escludere, invece, la risarcibilit� di ogni altro even


tuale danno. 

Legittimato passivamente all'azione di risarcimento � lo 


96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ente Maremma, al quale i beni furono trasmessi con il provvedimento 
di espropriazione, ente che sarebbe in grado di restituirli 
e che, in difetto, deve pagare l'equivalente, con gli accessori. 
L'organo dello Stato che corrisponde l'indennit� non � 
passivamente legittimato, perch� non dalla corresponsione dell'indennit�, 
ma dalla illegittima espropriazione in favore dello 
ente consegue l'obbligo della restituzione del bene o del risarcimento 
del danno. 

Nella specie, in cui il rapporto non si � certamente esaurito, 
la retroattivit� della pronuncia di illegittimit� costituzionale 
importa che l'Ente Maremma debba risarcire il danno nei 
sensi e nei limiti suindicati. 

Per le esposte considerazioni, deve essere respinto il primo 
mezzo del ricorso, nonch� la censura del secondo sopra indicata 
sub a), mentre deve essere accolta quella sub b). 

Quanto alla censura sub c), essa. � palesemente infondata. 
Invero la sussistenza di un'espropriazione in eccesso costituisce 
l'indispensabile presupposto di fatto, in base al quale � stata 
ritenuta rilevante la questione di legittimit� costituzionale. Ogni 
contestazione in proposito � quindi preclusa. 

Quanto alla facolt� dell'Ente di restituire il terreno anzich� 
pagarne il valore, basta rilevare che il terreno stesso era 
gi� stato trasmesso ai contadini, e cio� aveva avuta la destinazione 
di pubblico interesse per la quale era stato espropriato. 
Non vi era ragione, quindi, che il giudice prendesse in considerazione 
la possibilit� di una restituzione. 

Poich� il ricorso principale viene respinto nella parte in 
cui censura la ritenuta legittimazione passiva dell'Ente Maremm�, 
deve considerarsi assorbito il ricorso incidentale, che � stato 
proposto dal Ricci condizionatamente all'accoglimento di 
quella censura. 

L'accoglimento, sia pure parziale, del secondo motivo del 
ricorso principale importa l'assorbimento del terzo motivo dello 
stesso ricorso, che concerne la pronuncia sulle spese. 

L'accoglimento medesimo importa la cassazione della denunciata 
sentenza ed il rinvio della causa ad altro giudice dello 
stesso grado per il riesame alla stregua degli enunciati principii 
di diritto. 

E' opportuno demandare allo stesso giudice di provvedere 
anche sulle spese della presente fase del giu�lizio. 

Entrambi i ricorrenti hanno diritto alla restituzione dei 
depositi. -(Omissis). 

I" 


,

I


.� 

.~ 


97

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1963, n. 2854 -
Pres. Mastropasqua -Est. Forlenza -P. M. Colli (conf.) -
Torrisi c. Fiorentino. 

Procedimento civile -Provvedimenti cl'urgenza -Autonoma impugna


bilit� ~ Esclusione. 

(c.p.c., artt. 700-702). 

J provvedimenti d'urgenza non sono suscettibili di autonoma 
impugnazione, poich�, avendo carattere strumentale, rimangono 
di necessit� assorbiti dalla decisione della causa di 
merito, della quale seguono la sorte (1). 

(1) Sulla inoppugnabilit� del provvedimento di reiezione (salva la possibilit� 
di proporre nuova istanza al giudice, adducendo nuovi elementi 
o nuove prove) v. DINI, I provvedimenti d'urgenza, S. Maria C. V., 1950, 
77-78. 
Sottolinea che la cessazione della misura cautelare consegue non solo 
alla decisione di merito, ma anche alla sentenza che chiuda il processo, 
negando il potere del giudice di decidere sul merito, il MONTESANO (Sulla 
durata dei provvedimenti d'urgenza, Riv. dir. proc., 1956, II, 8), il quale 
avverte, per�, (ibidem) che, nell'ipotesi di sentenza dichiarativa d'incompetenza, 
salvo il caso dell'estinzione del processo con la conseguente 
inefficacia del provvedimento d'urgenza, spetter� al giudice dichiarato 
competente, innanzi al quale il processo prosegue, il potere di revocare 

o modificare la gi� ottenuta misura cautelare. 
Sulla suscettibilit� di esecuzione forzata dei provvedimenti urgenti v. 
REDENTI, Dir. Proc. Civ., voi. III, Milano 1954, 95 e seg. 

In tema di provvedimenti cautelari innominati. 

Il principio affermato nella sentenza in rassegna si ricollega a precedente 
giurisprudenza della Corte di Cassazione, ove si precisa che, se 
l'esistenza del diritto � esclusa, il provvedimento d'urgenza viene meno, 
se invece l'esistenza del diritto � accertata, il provvedimento d'urgenza 
� sostituito dalla decisione di merito (cfr. Cass. 5 agosto 1960, n. 2299, in 
Acque, bonifiche e costruzioni, 1960, 361; 1� luglio 1958, n. 2343, Foro Padano, 
1958, I, 1134; 21 maggio 1955, n. 1499, Riv. Dir. Proc., 1956, II, 1 e 
segg., con nota di MONTESANO, e Giur. it., 1957, I, 1, c. 197 e segg., con 
nota di MOSETTO). A questa giurisprudenza fa riscontro l'indirizzo dottrinale, 
che, nell'ambito delle misure cautelari, assegna ai provvedimenti 
d'urgenza ex art. 700 c.p.c. la funzione strumentale di assicurazione provvisoria 
degli effetti della decisione di merito, a cautela del risultato con-� 
creto del processo di cognizione ed in attuazione, sul terreno dei fatti, 
dello stesso principio realizzato, sul piano del diritto, dai c.d. effetti sostanziali 
della domanda -e cio� che la necessit� del processo non torni 
a danno di chi ha ragione -e nega che quelle misure possano avere 
�funzione alcuna, dopo l'accertamento giurisdizionale, definitivo o non, 
sull'esistenza del diritto da cautelarsi, poich� ... un provvedimento, che sia 
preordinato a quell'assicurazione, non pu� evidentemente servire (per di 
pi�, attraverso una cognizione sommaria) a rimediare al pregiudizio de




98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo mezzo si muove alla sentenza 
impugnata la censura di non avere adeguatamente e correttamente 
ragionato sulla legittimit� del provvedimento ex art. 700 
c.p.c., con cui il Pretore di Taormina av�va sospeso la raccolta 
dei frutti che gli acquirenti Torrisi e D'Angelo stavan_o effettuando. 
La Corte d'Appello si sarebbe limitata a dire genericamente 
che � lasciata al Pretore la facolt� di valutare le ragioni 
di opportunit� dei provvedimenti di urgenza, mentre avrebbe 
dovuto controllare se nel caso ricorrevano gli estremi per 
la concessione del provvedimento. 

rivabile da una sentenza gi� pronunciata in seguito ad un processo di 
cognizione ordinaria, cio� piena� (MONTESANO, op. cit., 2; ID., I provve� 
dimenti d'urgenza nel processo civile, Napoli, 1955, cap. II. Contro la 
possibilit� di servirsi del provvedimento ex art. 700 c.p.c. per sosp,en� 
dere l'esecuzione di una sentenza v. PERETTI-GRIVA, in Foro Padano, 1950, 
I, 93 e seg.; in senso restrittivo v. anche FRONTIERI, Prime applicazioni 
del provvedimento cautelare innominato, Giur. it., 1948, IV, c. 89 e segg.). 
Una precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite 
(Ord. 28 aprile 1948, Giur. Compl. Cass. Civ., 1948, II, 79, con nota critica 
di CONIGLIO) riteneva applicabile analogicamente, alla materia, l'art. 683 

l

c.p.c. ed insegnava, quindi, che � anche i provvedimenti d'urgenza con� 
templati nell'art. 700, quali misure cautelari, non perdono la loro effiI


cacia sino � quando la sentenza che dichiari inesistente il diritto cautelato 
non sia passata in giudicato �. Correlativamente, in dottrina non 
manca chi (DINI, op. cit., 82), per analogia �l sequestro, ammette la 
applicabilit� dell'ultimo comma dell'art. 683 c.p.c. (dichiarazione di inefficacia 
del provvedimento d'urgenza con decreto del Giudice, su ricorso 
della parte interessata). Contro tale analogia (su cui v. anche CALVOSA, 

IRiv. dir. proc., 1949, II, 218) �, invece, altra tesi dottrinale, che ha sottolineato 
il carattere speciale della norma in questione (MosETTO, Su alcuni 
caratteri dei provvedimenti cautelari d'urgenza, Giur. it., 1957, I. l, 

c. 202, il quale, peraltro, si pronuncia, conseguentemente, per la possibilit� 
di � revisione � del provvedimento urgente, ossia di riesame da parte del 
giudice che lo ha emesso, in caso di mutamento della situazione di fatto 
che costituisce il presupposto della cautela; v. anche MONTESANO, Sulla 
durata ecc., cit., Riv. dir. proc., 1956, II, 4, che ritiene, invece, applicabile 
analogicamente l'art. 708, comma quarto, c.p.c.). Pu�, in conclusione, giustamente 
osservarsi che, come esistono argomenti contrari alla tesi della durata 
dei provvedimenti interinali urgenti fino al passaggio in giudicato della 
decisione di merito, cos� ne esistono altri contro la tesi dell'immediata 
inefficacia di quei provvedimenti, al sopraggiungere della decisione di 
primo grado. In proposito, si � rilevato che l'eventualit� dell'inconveniente 
che, dopo aver tolto �di mezzo il provvedimento cautelare, la sentenza di merito 
venga a sua volta riformata, � non solo procrastinata, ma anche sensibilmente 
ridotta, ove si ammetta che la perdita di efficacia del provvedimento 
segua non gi� � alla semplice emissione del provvedimento principale, 
bens� alla sua esecutoriet�, che pu� derivare ex� lege dal giudizio 
di appello, oppure essere concessa ponderatamente dal giudice di 
primo grado� (MosETro, op. cit., c, 206). 
FRANCO CARUSI 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 99 

Il mezzo � inattendibile. 

Al riguardo importa, innanzi tutto, rilevare che, secondo 
ci� che la Suprema Corte ha avuto occasione di affermare 
(sent. 1" luglio 1958, n. 2343), i provvedimenti di urgenza in 
s� presi non sono suscettibili di un autonomo riesame. Essi, 
avendo carattere strumentale, sono vincolati al clir.itto che si 
vuol far valere e rimangono, di necessit�, assorbiti:~ dalla decisione 
della causa di merito (della quale seguono la sorte), che 
l'istante � tenuto ad iniziare nel termine perentorio fissatogli 
dal giudice. 

D'altro canto, nella fattispecie, per quanto attiene al momento 
della concessione e all'esistenza delle condizioni obiettive, 
cui l'istituto � condizionato, non � vero che la Corte d'Appello 
non si sia di queste occupata. 

Ha preso, invece, in esame la. situazione, che allora si era 
presentata ed anticipando in certo qual modo il giudizio di 
merito ha ritenuto che il provvedimento era stato tempestivo, 
dal momento che era stata intrapresa una raccolta di frutti 
con modalit� contrastanti con gli accordi fra le parti e con gli 
usi locali, ed era perci� sorto nel venditore il .fondato timore 
di perdere le garanzie della interdipendenza tra fasi di raccolta 
e versamenti degli acconti sul prezzo. (Omissis). 

-~1~~\~t;.i:. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1963, n. 2887 -Pres. 
Varallo -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Pedote (conf.) -Cannone 
c. Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria in Puglia, 
Lucania e Molise. 

Riforma fondiaria -Assegnazione di terre -Diritto dell'assegnatario 


Controversia tra due soggetti sulla spettanza di un terreno quali 

assegnatari. 

(1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 17-23; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, 
art. 21; e.e. art. 1380). 
Riforma fondiaria -Controversie tra pretesi assegnatari dello stesso 
fondo � -Intervento in giudizio dell'Ente di riforma. 
(e.p.e., art. 105). 

L'assegnazione delle terre di riforma fondiaria costituisce 
uno speciale negozio, per effetto del quale, durante il periodo 
trentennale stabilito per l'ammortamento del prezzo, l'assegnatario 
� un semplice detentore e pu� vantare solo diritti di carattere 
personale. In caso di controversia fra due soggetti assegnatari 



100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I, .. 
dello stesso fondo � preferito, a norma dell'art. 1380 e.e., chi per 
primo ne abbia conseguito il godimento (1). ~, 
Intervenendo in un giudizio in cui si discute a quale dei due .. 
soggetti spettino i diritti dell'assegnatario su un fondo, l'Ente 
di riforma fa valere il suo diritto di propriet� sul fondo medesimo, 
ossia un diritto relativo all'oggetto dedotto in giudizio e, di 
conseguenza, l'intervento ha carattere e natura di intervento principale 
e l'interveniente ha la pi� ampia facolt� di proporre, in 
modo autonomo, domande ed eccezioni contro i soggetti originari 
del processo (2). 
(Omissis). -Egualmente infondati sono gli ultimi due motivi 
del ricorso, riguardanti la decisione nel merito. La Corte 
d'appello ha ritenuto infondata la domanda proposta dal Cannone 
contro il Lamanna, per un duplice ordine di motivi : 
a) perch� il Lamanna, nel conflitto fra due soggetti che 
vantano uno stesso diritto di godimento sulla stessa cosa, doveva 
essere preferito, avendo per primo conseguito il godimento 
del fondo n. 0120, di cui era mezzadro prima dell'espropriazione 
(ed avendo, quindi, il diritto alla preferenza nell'assegnazione); 
b) perch� l'assegnazione al Cannone fu, comunque, revocata 
dalla Sezione di Riforma Fondiaria. 
L'una e l'altra argomentazione (ed ognuna di esse sarebbe 
stata sufficiente a giustificare la decisione di rigetto delle domande 
del Cannone), sono esatte. Indiscutibile � che il Lamanna 
� stato immesso nel godimento del fondo prima del Cannone 
(il quale, anzi, non vi � mai stato immesso); onde applicabile 
nella specie � l'art. 1380, primo comma, una volta ammesso 
che l'Ente di riforma abbia assegnato al Lamanna la quota in 
contestazione. E tale dato di fatto, accertato dalla Corte di 
merito, non pu� essere riesaminato in sede di legittimit�, come 
non pu� essere pi� ridiscussa la questione (anche essa forman(
1-2) In tema di conflitto di diritti di assegnatari di terre di riforma. 
Nel caso di specie, al soggetto soccombente nel conflitto, secondo 
il criterio privatistico ex art. 1380 e.e., era gi� stata dall'Ente di riforma 
revocata l'assegnazione, epper� la decisione appare, praticamente, 
esatta. Non sembra, per�, da condividerne la sia pur succinta motivazione, 
laddove essa riconosce esatta autosufficienza ad ognuno dei due 
argomenti addotti dalla Corte di merito, per giustificare il rigetto della 
domanda attrice: a) priorit� del conseguimento del godimento del fondo 
da parte del convenuto; b) avvenuta, esplicita revoca dell'assegnazione 
all'attore, da parte dell'Ente di riforma, autorizzando, cos�, la 
formulazione del principio sopra massimato sub (1). Come � stato 
efficasemente dimostrato (ANDRIOLI, Note sull'assegnazione di terre per 


101

PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

te oggetto di accertamento di� fatto), se il Lamanna fosse mezzadro 
del precedente proprietario, e quindi, avendo in corso un 
contratto miglioratario sul fondo, poteva vantare la preferenza..,. 
nell'assegnazione, ai sensi dell'art. 21 legge 21 ottobre 1950, � 

n. 841. 
Del resto, anche a non voler tener conto di tali considerazioni, 
il rigetto delle domande del. Cannone rimaneva pienamente 
giustificato, per la circostanza che, con deliberazione 10-101957, 
l'Ente di riforma, in applicazione dell'art. 18 legge 12-51950, 
n. 30, revoc� l':;i.ssegnazione del fondo al Cannone medesi


l'attuazione della riforma fondiaria, Dir. e Giur., 1955, 5 e segg.), sarebbe 
semplicistico ed erroneo ridurre l'assegnazione ad un puro 
schema privastico, se � incontestabile che essa � un rapporto 
�mediante il quale enti e assegnatari realizzano, in comunit� di intenti, 
i due fini previsti nell'art. 44 della Costituzione della Repubblica: 
razionale sfruttamento del suolo; stabilimento di equi rapporti 
sociali � (ANDRIOLI, op. cit., 10; cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 
1957, n. 869, Il Consiglio di Stato, 1957, I, 1279). Per quanto ha 
tratto alla facolt� di godimento �del fondo, basta por mente all'obbligo 
previsto dall'art. 23 I. 12 maggio 1950, n. 230 (partecipazione ventennale 
dell'assegnatario alle Cooperative o ai Consorzi promossi o costituiti 
dall'Ente di riforma a fini di assistenza tecnica ed economico-finanziaria) 
ed alla sanzione di decadenza dall'assegnazione, dalla stessa 
norma sancita a carico degli inadempienti, per comprendere che � nel 
periodo ventennale il rapporto corrente tra ente e assegnatario non 
differisce dalla concessione d'uso di beni pubblici � (ANDRIOLI, op. cit., 
11), col che � dimostrata anche la inadeguatezza di una configurazione 
meramente privatistica della clausola contrattuale prevista dall'art. 18 
della legge n. 230 del 1950 (periodo di prova di tre anni sotto condizione 
risolutiva espressa). Essa � non integra gli estremi della clausola 
risolutiva espressa, di cui all'art. 1456 e.e. e nemmeno si configura 
come condizione sospensiva della efficacia del contratto, ma attribuisce 
all'Ente il potere di operare gli effetti abrogativi dell'assegnazione 
ipso jure, senza bisogno di una dichiarazione giudiziale e, comunque, 
produce l'effetto di sottrarre il potere discrezionale dell'Ente al sindacato 
del giudice ordinario (Trib. Roma 5 novembre 1954, Riv. dir. 
agr., 1955, II, 13). Tale potere discrezionale, in tanto, appunto, sus� 
siste, in quanto vi siano fini pubblici da conseguire � (Cons. Stato, 
Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 869, cit., Il Consiglio di Stato, cit., 1957, I, 
1281, ove si avverte che l'assegnazione consta di due atti, � l'uno pubblicistico 
e l'altro privatistico �, sia pure contemporanei e contestuali). 
Ci� premesso, appare evidente che, in caso di difetto di revoca esplicita 
della prima assegnazione, il problema deve essere posto non gi� col 
ricorso al criterio privatistico ex art. 1380 cod. civ., ma alla stregua dei 
principi valevoli in tema di incompatibilit� di atti amministrativi. A 
questo proposito pu� ricordarsi che, mentre nella dottrina amministrativa 
si ammette, per il caso di incompatibilit� fra concessioni onerose, 
l'applicabilit� del principio della priorit� (cfr. RANELLETTI, Teoria generale 
delle autorizzazioni e concessioni amministrative, Parte III, Torino 


102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
mo, s� che, per effetto di tale deliberazione, erano venuti a cessare 
anche quei diritti personali di godimento, in base ai quali 
l'attore aveva proposto le sue domande. Si tratta, come � chiaro, 
~ :-:-:-:-: 
.�:� 
di un atto amministrativo, fondato su ragioni di merito (l'Ente 
ha considerato che il Cannone ha coltivato in modo assolutamente 
irrazionale la quota a lui affidata), che perci� il giudice 
ordinario non ha facolt� di sindacare. Non essendo stato tale 
atto impug.ato, la sua efficacia non pu� essere disconosciuta 
nell'attualdgiudizio; onde non hanno fondamento le censure 
formulate, contro tale punto della sentenza impugnata, �col quarto 
motivo del ricorso. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 novembre 1963, n. 3069 -
Pres. Laporta -Est. Salerni -P.M. Cutrupia (conf.) Amm. 
Interni c. Petacci-Persichetti. 
Prescrizione estintiva -Atti interruttivi. 
(c. c., art. 2943). 
Cassazione -Ricorso per cassazione -Erronea indicazione norme violate 
-Irrilevanza -Ammissibilit�. 
(c.p.c., art. 366, n. 4). 
Procedimento civile -Consulente tecnico Valutazione consulenza 
Poteri del giudice di merito. 
(c.p.c., artt. 61, 62, 132, 191, 194-197; Disp. att. c.p.c., art. 118). 
Procedimento civile -Sentenza non definitiva -� Jus superveriiens � -
Applicabilit� da parte del giudice di appello. 
(c.p.c., art. 345). 
Responsabilit� civile -Lucro cessante -Decorrenza interessi. 
."j 
e.e., art. 2056). 
Appello -Riserva facoltativa di appello contro sentenza non definitiva 
-Appello� congiunto a quello contro la sentenza clefinitiva. 
(c.p.c., art. 340). 
1897, 225; RESTA, La revoca degli atti amministrativi, Milano, 1935, 160) 
e d� in deroga all'opposto principio della posterit�, valevole per il conflitto 
fra atti amministrativi, tale deroga non appare pi� giustificata, 
allorch� sia previsto dalla legge un potere discrezionale dell'Ente conce" 
dente di operare ipso jure la cessazione del rapporto e tale potere sia 
legittimamente esercitato con la revoca implicita del primo provvedimento, 
di modo che il successivo atto amministrativo, incompatibile 
col primo, si sottragga al sindacato occasionale del G.O. ai fini della 
eventuale disapplicazione ex art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (sulla 
particolare ipotesi di tale disapplicazione v. CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit� 
degli� atti amministrativi, Milano 1950, 166). 
FRANCO CARUSI 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 

Responsabilit� civile -R,esponsabilit� della P.A. -Responsabilit� diretta 
in caso di colpa o dolo del funzionario -Rapporto di occasionalit� 
necessaria tra atto illecito e attribuzione del funzionario. 
(Cost., art.. 28; c.c.1 art. 2043; d. lg. 1� gennaio 1956, n. 17, art. 12, 
comma secondo). 

Requisizione -Provvedimenti emanati sotto. il governo della repubblica 
sociale italiana da organi statuali preesistenti -Efficacia. 

(d. lg. I. 5 ottobre 1944, n. 249, artt. 1 e 2; d. lg. 1. 4 gennaio 1946, 
n. 3, art. 1, comma secondo). 
La idoneit� d� un atto ad interrompere la prescrizione va 
stabilita con un'indagine di fatto, da compiersi caso per caso 
dal giudice di merito, per accertare la effettiva volont� della 
parte di far valere tempestivamente il proprio diritto. Ad interrompere 
la prescrizione estintiva � sufficiente qualsiasi atto che 
manifesti, comunque, contro la presunzione implicita nel decorso 
del tempo, la chiara volont� del creditore di sollecitare 
il soddisfacimento del suo diritto (1). 

L'erronea indicazione nei motivi di ricorso per cassazione 
delle norme, che si assumono violate, non costituisce causa di 
inammissibilit� del ricorso, quando possa identificarsi, attraverso 
il contesto delle ragioni addotte dal ricorrente, il motivo della 
censura (2). 

Il giudice di merito, che riconosca esatte e condivida le con


(1) cfr. Cass. 8 marzo 1963, n. 559, Giur. it., Mass. 1963, 182, ove 
si precisa non essere necessario che l'atto abbia carattere intimatorio 
(diffida a pagare), ma sufficiente che esso manifesti �contro la presunzione 
di rinuncia, implicita nel decorso del tempo, la chiara volont� 
del creditore, diretta a sollecitare il soddisfacimento del suo diritto�; 
v. anche Cass. 21 febbraio 1961, n. 392, Foro it., Rep. 1961, voce 
Prescrizione in materia civile, n. 35, c. 1916, ove si afferma che l'atto 
pu� essere idoneo all'interruzione, anche se non reca indicazioni � sulla 
misura e modalit� del credito �; Cass. 9 agosto 1961, n. 1930, Ibidem, 
voce cit., n. 30, c. 1915, ove si avverte, invece, che �la semplice, generica 
riserva di far valere in separato giudizio un determinato diritto, 
contenuta in uno scritto difensivo, non equivale a manifestazione ferma 
ed univoca di volont�, diretta a quello scopo: perci� non vale a costituire 
in mora il debitore e non spiega alcuna efficacia di atto interruttivo 
della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, 4 comma, e.e. �, 
(2) Conf. Cass. 19 giugno 1962, n. 1567, Foro it., Mass. 1962, 473 e 
Rep. 1962, voce Cassazione in materia civile, n. 213; 20 aprile� 1959, 
n. 1174, Giust. civ., Rep. 1959, voce Cassazione civile, n. 103; 29 luglio 
1958, n. 2753, id., Rep. 1958, voce cit., n. 112; 20 novembre 1957, 
n. 4448, id., Rep. 1957, voce cit. n. 176. 

104 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

elusioni del consulente tecnico d'ufficio, non � tenuto ad espri


mere particolari ragioni di tale suo convincimento (3). 

Il giudice di primo grado, davanti al quale sia proseguito il 
processo, per la decisione di altri capi di domanda, non pu� riesaminare 
le questioni gi� decise con sentenza non definitiva, 
neppure al fine di applicare al rapporto controverso nuove norme 
sopravvenute in corso di causa. Tale potere-dovere spetta al 
giudice d'appello, qualora la sentenza non definitiva venga impugnata, 
essendo ammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c. dedurre 
in appello la nuova regolamentazione giuridica del rapporto (4 ). 

Sulla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni per 
fatto illecito decorrono di pieno diritto gli interessi compensativi 
dal giorno dell'illecito. In particolare, per quanto riguarda 
il danno derivato dalla mancata utilizzazione d'un bene (lucro 
cessante), la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata 
per risarcimento va stabilita con riferimento alle singole fra


1 

I 
~ 

(3) Conf. Cass. 13 aprile 1963, n. 939, Giur. it., Mass. 1963, 312; 6 otto~:: 
bre 1962, n. 2856, Foro it., Mass. 1962, 806 e Rep. 1962, voce Consulente 
tecnico, n. 52. Se si discosta dalle conclusioni del consulente 
tecnico d'ufficio, il giudice � � tenuto... a spiegare con esauriente e 
I 

corretta motivazione le ragioni del suo dissenso >>, cos� Cass. 9 novembre 
1962, n. 3101, Foro it., Mass. 1962, 872. Ma nelle cause d'ap~ 
pello, in cui si renda necessaria la rinnovazione della consulenza tecnica, 
se il giudice ritenga di uniformarsi al parere del consulente di secondo ,

I

grado, difforme da quello del consulente di primo grado, egli � non � 
tenuto a compiere una previa confutazione degli argomenti e delle 
conclusioni di quest'ultimo, del resto implicita nell'accettazione �dei 
risultati della nuova consulenza�; Cass. 6 agosto 1962, n. 2390, Foro it., 
Mass. 1962, 687. In ordine all'obbligo della motivazione della decisione, 

I

che, ritenendo convincenti le conclusioni del consulente d'ufficio, disattenda 
le diverse risultanze della consulenza di parte, v. Cass., Sez. Unite, 
18 febbraio 1963, n. 394, Giur. it., Mass. 1963, 129, ove si stabilisce che 
tale obbligo sussiste � soltanto nell'ipotesi che i rilievi di quest'ultima 
consulenza fossero tali da condurre, se fondati, ad una diversa soluzione 

I

della causa �. 

(4) cfr. Cass. 30 marzo 1963, n. 803, Giur. it., Mass. 1963, 264: �Ai 
sensi dell'art. 345 c.p.c. � consentito proporre in appello nuove ecceI


zioni e dedurre l'jus superveniens, inteso questo, non solo come una 

.

nuova regolamentazione giuridica del rapporto dedotto in causa, bens� 

I

�nche come fatto nuovo intervenuto nel corso del giudizio, a condizione 
che quest'ultimo caso, quando si verifichi nel corso del giudizio di f: 
appello, non importi violazione del divieto di mutamento della domant: 
da �; Cass. 15 ottobre 1957, n. 3847, Foro Pad. 1958, I, 558 e Riv. 

I .
l

dir. proc., 1959, 157: � lo jus superveniens � di immediata applicazione � 
da parte del giudice, ma detta applicazione deve essere coordinata 
con i principi relativi alla competenza funzionale tra i diversi gradi 
di giurisdizione�. Questa decisione � stata criticata, per ragione di spe


fJ

cie, dal Cmcco, Appunti sullo � jus superveniens �, Foro it., -~9~9, I, . 

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. . 

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105

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

zioni del reddito, che si sar.ebbe periodicamente maturato, dal 
giorno della perdita del bene e fino a quello della liquidazione (5). 

1 La norma dell'art. 340 c.p.c., precisando che, quando sia fatta 
riserva di appello contro sentenza non definitiva, l'appello deve 
essere proposto insieme a quello contro la sentenza che definisce 
il giudizio, attua il principio della concentrazione dei gravami. 
In virt� di tale principio, qualora appellante sia la medesima 
parte che ha fatto la riserva, l'appello contro la sentenza definitiva 
e quello contro la non definitiva vanno proposti con il medesimo 
atto. Qualora, invece, l'appello sia proposto da parte diversa da 
quella che ha fatto la riserva, occorre distinguere il caso che 
detta parte abbia impugnato soltanto la sentenza definitiva, da 
quello in cui essa abb.ia impugnato anche la sentenza non defin�-

c. 90 e, pi� generalmente, dal PROVINCIALI, Applicazione del � jus superveniens 
� dopo sentenza non definitiva, Foro padano, 1958, I, c. 557 e 
segg., il quale obietta che il principio della preclusione patisce delle 
eccezioni, fra cui � evidente ed intuitiva� � quella del jus superveniens: 
� quando sia variata la premessa, perch� � mutata la legge, non vi � 
nuova e diversa pronunzia sugli stessi presupposti (il che � vietato), 
bens� una nuova decisione ed un nuovo sillogismo, giustificati e resi 
doverosi dalla diversit� delle premesse� (c. 558). Contra ed in senso favorevole 
all'insegnamento della Cassazione, VELLANI, Sentenza non definitiva 
e legge sopravvenuta, Riv. dir. proc., 1959, 157 e segg., il quale,' a 
sua volta, osserva che, per quanto concerne la legge nuova, emanata 
mentre � in corso un giudizio, � di essa il giudice di quella causa deve 
tener conto non in ogni caso, bens� soltanto quando risulti applicabile 
ai fatti su cui si contende, anteriori al giudizio; ed � applicabile ai fatti 
compiuti soltanto quando sia una legge retroattiva, come per es. una 
legge interpretativa. E quindi di jus superveniens non si dovrebbe parlare 
a proposito di ogni legge nuova, bens�, appunto, soltanto con riferimento 
a quella che retroagisce nel senso sopra precisato� (op. cit., 167168) 
e che � quando il legislatore... statuisce... l'applicabilit� della nuova 
legge anche� ai fatti su cui si contende, siano o no gi� stati decisi con 
sentenza, purch� non ancora passata in giudicato..., le nuove norme 
vanno, si, applicate, anche d'ufficio, pur dopo che � stata emanata una 
sentenza non definitiva, ma dal giudice che solo pu�, ormai, modificare 
tale sentenza, cio� dal giudice dell'impugnazione (se, s'intende, venga 
adito)� (op. cit., 168). Ma gi� il CHICCO (op. cit., 90), aveva sottolineato che 
� la lex superveniens agisce nel processo solo quando essa o � retroattiva 
in senso proprio, oppure colpisce gli effetti in corso di un rapporto 
giuridico, che non viene, tuttavia, intaccato direttamente �. 
(5) La sentenza in rassegna fa riferimento a Cass. 13 ottobre 1960, n. 
2723, Foro it., Rep. 1960, voce Responsabilit� civile, n. 421, c. 2281, ove 
si parla di � compenso per il ritardo nel risarcimento �; sulla decorrenza 
degli interessi, con riferimento alle singole frazioni di reddito che si sarebbero 
maturate periodicamente, v. Cass. 13 settembre 1963, n. 2503, 
in Giur. it., Mass. 1963, 848. Si parla di interessi compensativi sulla somma 
liquidata a titolo di risarcimento di danni da fatto illecito, con de

106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA !JELLO STATO 
tiva, sulla quale � caduta la riserva. Nel primo caso il riservante 
dovr� proporre appello nei confronti della sentenza non definitiva 
con atto autonomo,� nel secondo caso dovr� proporlo in via incidentale 
(6). 
Non pu� escludersi la responsabilit� della P.A. per i danni 
arrecati dai suoi dipendenti con abuso di poteri, poich� tale attivit� 
(fuori dell'ipotesi in cui il dipendente agisca come semplice 
privato, per finalit� meramente egoistiche, nel qual caso l'attivit� 
si configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche 
funzioni) � pur sempre ricollegabile al pubblico servizio, 
che il dipendente � chiamato a prestare e deve ritenersi che la 
P.A. risponda, sempre in via diretta, in caso di colpa o di dolo 
del funzionario, qualora sussista un rapporto di occasionalit� 
,necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite al fun~ 
zionario, sicch� queste abbiano reso possibile l'attivit� dannosa 
(7). 
correnza di pieno diritto dal giorno del commesso illecito, da Cass. 17 
dicembre 1962, n. 3383, Giur. it., Mass. 1962, 1129, mentre Cass. 17 novembre 
1962, n. 3133, Ibidem, 1048, precisa che �nelle obbligazioni ex 
delicto la mora del debitore risale al verificarsi dell'evento dannoso, 
con la conseguenza che da questo debbono farsi decorrere gli interessi 
dovuti per il ritardo del risarcimento�. In Cass. 30 maggio 1942, n. 1508, 
Foro it., Mass. 1942, 361, si parla di interessi compensativi, come sottospecie 
di interessi moratori, con riguardo al capoverso dell'articolo 
1224 e.e..(cos�, in dottrina, v. MESSINEO, Manuale di dir. civ. e comm., val. 
II, p. 2, Milano 1952, 341). La nozione di interes'si compensativi, quale 
adottata dal codice civile vigente (art. 1499), prescinde ,invece, dalla 
colpa e dalla mora. Essi si distinguerebbero dagli stessi interessi corrispettivi 
e sarebbero dovuti anche prima della scadenza dell'obbligazione 
(MESSINEO, op. cit., vol. cit., 341). 
(6) In argomento cfr. Cass. 19 luglio 1961, n. 1762, Foro it., Rep. 
1961, voce Appello civ., n. 14. 
La proposizione della riserva salvaguarda il diritto di appello inci. 
dentale differito contro sentenza non definitiva, se da altra parte venga 
appellata in via principale la sentenza definitiva, anche se il riservante, 
appellante incidentale, sia carente di interesse ad impugnare quest'ultima: 
Cass. 30 ottobre 1956, n. 4061, Foro it. 1957, I, 804-805. 
(7) conf. Cass. 20 aprile 1962, n. 792, in Giur. it., Mass. 1962, 285 : � Alla " Pubblica Amministrazione va riferito ogni atto del dipendente, se comX 
piuto nella veste di organo dell'Amministrazione medesima, nell'esplicazione 
delle funzioni a lui demandate, quale conseguenza del rapporto 
organico che lega il funzionario all'ente. Pertanto, una frattura del rapporto 
organico con esclusione di responsabilit� della Pubblica Amministrazione 
ha luogo soltanto quando il funzionario agisca come semplice 
privato, per finalit� egoistiche, nel qual caso l'attivit� di lui si configura 
come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni. Al di 
li. 
~ : 
I~ . �: 
qua di tale limite (attivit� personale), ogni altro atto, anche se illegittimo 
e compiuto con abuso di poteri, deve farsi risalire alla Pubblica 


PARTE I, SEZ, .III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

107 

Alla sanzione d'inefficacia comminata per i provvedimenti 
di requisizione adottati sotto il governo della repubblica sociale 
si sottraggono gli atti di requisizione disposti da organi 

Amministrazione, dato che � ricollegabile al pubblico servizio, che il dipendente 
� chiamato a svolgere �. Ma, se il criterio di tale collegamento, 
come esplicitamente afferma la sentenza in rassegna, � costituito dal 
rapporto di occasionalit� necessaria tra l'atto illecito e le incombenze 
del funzionario, deve dirsi che esso � assolutamente inadeguato e contraddittorio 
con la premessa della responsabilit� diretta della P.A., a cui 
la Corte di Cassazione � tuttora ancorata (cfr. Cass., Sez. Un., 4 gennaio 
1964, n. 3, Giur. it., Mass. 1964, 2). Questa sorta di responsabilit� 
non pu� essere in alcun modo conciliata col dolo, anche se generico, 
dell'agente, poich� esso spezza sempre il rapporto organico. Bene � 
stato osservato, in proposito, che � l'attivit� maliziosa � con~ettualmente 
estranea alle attribuzioni dell'organo, cos� come il fine illecito � per definizione 
estraneo ai fini della Pubblica Amministrazione� (GUGLIELMI, 
L'art. 28 della Costituzione e la responsabilit� dello Stato e degli enti 
pubblici, in questa Rassegna, 1949, 171). Il problema si pu� porre, allora, 
soltanto nei termini avvertiti dal TORRENTE (La responsabilit� indiretta 
della Pubblica amministrazione, in Riv. dir. civ., 1958, I, 285), ossia che 
la rottura del rapporto organico non valga ad escludere la possibilit� 
di una responsabilit� indiretta della PA. Ma il merito della giurisprudenza 
della Corte di Cassazione consiste precisamente nella esclusione 
de jure condito di tale altro tipo di responsabilit� per la Pubblica Amministrazione 
(cfr. anche Cass., Sez. Unite, 29 maggio 1963, n. 1422, in 
Giur. it., Mass. 1963, 490 e, meno di recente, Cass. 13 novembre 1957, n. 
4377, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vo}. II, Roma 1961, 147; 
19 giugno 1958, n. 2109, Foro it., 1959, I, 1732; 23 settembre 1958, numero 
3029, Foro it., 1959, I, 406; 31 marzo 1960, n. 708, Relaz. Avvocatura 
dello Stato cit., vol. cit., 147. Pur al cospetto della norma di cui al 
secondo comma dell'art. 12 D. Lg. 1 gennaio 1956 n. 17, il TORRENTE ritiene 
di potere affermare che � in base alle norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento 
giuridico � sussista accanto alla responsabilit� diretta della 
P.A. anche un tipo di responsabilit� indiretta �a titolo di garanzia� 
del danneggiato, per la quale funzionerebbe, appunto, il limite costituito 
dal legame di occasionalit� necessaria dell'atto con le incombenze del dipendente. 
Tale responsabilit� sussidiaria sarebbe sancita dall'art. 28 
Cost., mentre la responsabilit� diretta sarebbe sancita dall'art. 113 Cost.: 
�una volta identificata nell'art. 113 della Costituzione la norma che sancisce
� la responsabilit� della pubblica amministrazione, l'estensione della 
responsabilit� del dipendente alla pubblica amministrazione, affermata 
nell'art. 28 della stessa Costituzione, non� ha significato. se non riferendola 
all'ipotesi di dolo del dipendente. Esclusa questa ipotesi ,ove si interpretasse 
l'estensione della responsabilit� alla sola fattispecie della colpa, 
il precetto che sancisce siffatta estensione non costituirebbe che una 
duplicazione della regola contenuta nell'art. 113 �. Questo ragionamento 
non convince e, comunque, si fonda su una premessa indimostrata. 
L'art. 113 Cost. non ha inteso regolare affatto la responsabilit� della 
P.A., ma soltanto abrogare le norme che escludevano o limitavano la 
sindacabilit� degli atti amministrativi in s.g., riconoscendo tutela giurisdizionale 
contro gli atti della P.A. (Cass., Sez. Unite, 31 gennaio 1948, 



108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Pubblica Amministrazione preesistenti alla repubblica sociale 
italiana, che abbiano continuato in quel periodo a funzionare 
secondo le leggi dello Stato (8). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3159 -
Pres. Vistoso -Est. di Majo -P. M. Gentile (conf.) -Imperia! 
Chemical Industries Ltd. c. Ministero dell'Industria e 
Commercio. 

Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit� costituzionale Decisioni 
di rigetto -Effetti. 
(Cost., art. 134; 1. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 
1953, n. 87, artt. 23, 29). 

Invenzioni industriali -Brevetti -Medicamenti -Divieti di brevettabilit� 
-Anestetici -Rientrano fra i medicamenti. 

(r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, art:. 14). 
Le decisioni della Corte Costituzionale, che dichiarano infondata 
la questione di costituzionalit� di una norma di legge 

o di atto avente forza di legge, sollevata nel corso di un giudizio 
dinanzi ad una autorit� giudiziaria, non implicano un accertamento 
assoluto della legittimit� della norma, ma soltanto 
relativo alla questione sollevata ed in tali limiti spiegano 
n. 157, Giur. compl. Cass. Civ., XXVII, 1948, I, 210; Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre 
1948, n. 610, Foro Amm., 1949, I, 2, 135; 12 novembre 1948, n. 732, 
Id., 1949, I, 2, 151; 8 ottobre 1949, n. 612, Id., 1949, I, 2, 142 e 151; Sez. V, 
30 dicembre. 1949, n. 442, Id., 1950, I, 1, 152; 30 dicembre 1949, n. 452, 
Rass. dir. pubbl., 1950, 841; Cass. 27 giugno 1955, n. 1993, Il Consiglio di 
Stato, 1955, II, 137). Quella norma concerne, cio�, � il tema specifico dei 
poteri e dell'attivit� dell'Autorit� giudiziaria, mentre della responsabilit� 
dello Stato e degli enti pubblici, come dei funzionari dagli stessi dipendenti, 
si occupa specificamente l'articolo 28 � (Dr CIOMMO, La responsabilit� 
civile del dipendente statale e dell'Amministrazione dello Stato, in 
questa Rassegna, 1957, 35, ove si citano anche gli Atti Parlamentari, I, 
Sottocommissione, seduta 1 ottobre 1946, p. 162; v. anche, sui lavori preparatori, 
GUGLIELMI, op. cit., 174-175). La problematica della responsabilit� 
degli enti pubblici � stata trattata, di recente, da ALESSI, La responsabilit� 
degli enti pubblici, Milano, 1964, studio che sar� recensito nel 
prossimo numero di questa Rassegna. 
(8) Conf. Cass. 25 ottobre 1960, n. 2897; cfr. Cass. 12 luglio 1951, 
n. 1922, Relaz. Avvocatura dello Stato, 1951-1955, vol. II, Roma 1957, 873: 
�fatta eccezione per le requisizioni di alloggi disposte a favore di pri� 
vati sinistrati o sfollati, sono prive di efficacia giuridica, a norma del 
primo comma dell'art. 1 del d.1.l. 4 gennaio 1946, n. 3, tutti gli altri 
provvedimenti di requisizione in propriet� o in uso, adottati da organi 
istituiti sotto la r.s.i. e non preesistenti ad essa �. 
F. C. 

PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE lO!J 

influenza sulla valutazione della medesima questione in altri 
giudizi (1). 

A norma della legislazione vigente, non possono costituire 
oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione di medicamenti. 
Medicamento � quel farmaco che riesce di giovamento 
diretto o indiretto all'uomo, epper� anche l'anestetico non 
pu� non essere considerato medicamento (2). 

(1) La questione di incostituzionalit� dell'art. 14, comma primo, 
r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 (secondo il quale non possono costituire 
oggetto di brevetto i procedimenti per la fabbricazione dei medicamenti), 
per essere questa norma in contrasto con la delega legislativa 
conferita al Governo con il r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317, convertito 
nella I. 2 giugno 1939, n. 739, era stata gi� sollevata in numerose controversie 
fra altre parti e rimessa dalla stessa Corte di Cassazione alla 
Corte Costituzionale, che la dichiar� non fondata, con sentenza 26 gennaio 
1957 N. 37 (Giur. Cast., 1957, 454 e segg., con nota del MORTATI). 
Essendo stata la medesima questione riproposta anche dalla ricorrente 
Societ� Imperlai Chemical Industries, la Corte di Cassazione, nella sentenza 
in rassegna, l'ha ritenuta infondata, formulando il principio, sopra 
massimato, che la questione debba essere risolta nello stesso modo, 
se non siano prospettati nuovi profili o addotti argomenti nuovi (cfr. 
gi� Cass., Sez. Un., 20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1335). Non 
si tratta di estensione erga omnes dell'efficacia delle decisioni di rigetto, 
poich� tale estensione vale soltanto per le pronunce di accoglimento 
(art. 136 Cost.; art. 30 1. 11 marzo 1953 N. 87), e ci� conferma 
che il giudizio incidentale di costituzionalit� non si trasforma in un giudizio 
sulla validit� della legge in s�; ma si tratta di un precedente giurisprudenziale, 
che induce la stessa Corte Costituzionale a dichiarare 
man�festamente infondata la questione, che abbia ad oggetto la medesima 
norma, se non vi siano ragioni per adottare una diversa pronunzia 
(cfr. Corte Cost., Ordinanze 30 ottobre 1956, n. 30 e 31, Giur. Cast., 
1957, 86 e 87). Sull'efficacia vincolante delle decisioni di rigetto nel processo 
a quo ed in tutti quelli futuri, che possano insorgere, fra le stesse 
parti, in ordine alla medesima controversia di merito, per il principio 
relativo al ne bis in idem, cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, Encicl. 
del Diritto, Voi. X, Milano 1962, 978 e segg.; CHIEPPA, Ancora sulla riproponibilit� 
di questione di legittimit� costituzionale, ecc., in Giur. 
Cast., 1961, 1063; v. anche Cass. Sez. Un., 22 gennaio 1958, N. 147, Giust. 
Civ., 1958, I, 1093 e segg.; Cass., Sez. Un., 18 aprile 1962, N. 770, Giust. 
Civ., 1962, III, 253, ove si insegna che la decisione della Corte Costituzionale 
che dichiari l'infondatezza della questione �si deve ritenere emessa 
dal giudice a quo del processo e deve avere la stessa portata di una 
sua decisione incidentale sulla questione�. 
(2) Sulla brevettabilit� dei procedimenti per la produzione dei medicinali 
ed in senso negativo, de jure condito, v. gi� Cass., Sez. Un., 
20 maggio 1959, n. 1522, Giur. Cast., 1959, 1334 e segg. Conformi alla 
sentenza in rassegna sono anche le sentenze della Corte di Cassazione, 
di pari data e della stessa Sezione, recanti i numeri 3158 e 3160, emesse 
su ricorso della societ� Deutsche Gold -u. Silber Scheideanstalt vormals 
Roessler, nonch� quella in data 29 novembre 1963, della stessa 1� Sezio

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

110 

(Omissis) . .,..-Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando 
violazione e falsa applicazione .dell'art. 14 r.d. 29 giugno 1939, 

n. 1127 e degli artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all'art. 360, n. 3, 
c.p.c., assume che la Commissione non ha considerato che il 
legislatore, introducendo una deroga al principio generale che . 
riconosce ad ogni inventore un temporaneo monopolio dello 
oggetto della sua invenzione, ha inteso limitare il divieto di 
brevettabilit� ai medicamenti veri e propri e ai processi per la 
loro produzione, e cio� a tutti i rimedi capaci di ridare la salute 
ai sofferenti, di curarne le malattie e di prevenirle; sicch� 
sono brevettabili g�i anestetici ed i processi per la loro 
produzione, le quali sostanze non possono farsi rientrare tra 
i medicinali, perch� non hanno alcun potere curativo. 
La censura � infondata. 

La ricorrente riconosce nelle sue difese che � esatto il 
principio affermato dalla Commissione dei brevetti che � la nozione 
di medicamento � inscindibilmente legata ad un effetto 
terapeutico�, ma sostiene sostanzialmente che tale effetto non 
possa attribuirsi all'anestetico, che a suo avviso sarebbe solo 
un mezzo, alla stessa stregua dello strumento chirurgico, insieme 
al quale viene di norma usato, rivolto ad abolire la sensibilit� 
del paziente, sottoposto ad intervento chirurgico, senza 
apportare alcun beneficio al male del paziente stesso. 

Ora, su questo punto, esattamente la Commissione ha rilevato 
che, se il medicamento � quel farmaco che riesce di giovamento 
diretto o indiretto all'uomo, anche l'anestetico non pu� 
non essere considerato medicamento. Perch�, e il rilievo � di facile 
intuizione, la speciale propriet� dell'anestetico, di abolire la 
sensibilit�, specialmente quelfo dolorifica, viene utilizzata a 
scopo terapeutico, sia come mezzo diretto, nel caso in cui ne 
venga fatto uso per eliminare o attenuare un dolore conseguente 
a uno stato morboso, sia come mezzo indiretto, quando ven


ne Civile, recante il n. 3064 ed emessa su ricorso della Societ� Imperia! 
Chemical Industries Ltd. In dottrina v., in senso parimenti negativo, 
ROTONDI, Sulla brevettabilit� dei procedimenti per la produzione di medicinali, 
in Riv. dir. comm. 1952, I, 275 e segg.; REDENTI, In tema di 
brevettabilit� dei processi di produzione di medicamenti, Id., 1955, II, 
199 e segg., con ampie citazioni; JEMOLO, Interpretazione o distorsione 
di norme, Riv. dir. industriale, 1955, II, 120; CALAMANDREI, Sulla brevettabilit� 
o meno dei processi di produzione dei medicamenti, in Foro padano, 
1956, I, c. 52 e segg.; contra: EuLA, Brevettabilit� dei processi, 
ecc., Riv. dir. comm., 1946, I, �27; A.NDRIOLI, L'incostituzionalit� dell'art. 14 
della legge 20 giugno 1939, n. 1127, in Scritti giuridici raccolti per il 
centenario della casa editrice Jovene, Napoli 1954, 623 e segg. 

F. C. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

~a usato, nella terapia chirurgica, per eliminare il dolore cagionato 
dall'intervento. 

Con il s.econdo mezzo la ricorrente -denunciando violazione 
degli artt. 2 n. 3 e 6 n. 4 I. 30 ottobre 1859, n. 3731, in 
relazione all'art. 3 r.d.l. 24 febbraio 1939, n. 317 e all'art. 360, 

n. 3, c.p.c., e violazione dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 
in contrasto con l'art. 14 stesso r. d., in relazione all'art. 360, 
n. 
3, c.p.c. -assume che: 
a) -contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, 
la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 14 r.d. 
29 giugno 1939, n. 1127 � fondata e va, quindi, rimessa alla 
Corte Costituzionale. L'art. 16 r.d. 13 settembre 1934, n. 1602, 
che riconosceva la brevettabilit� dei processi per la produzione 
dei medicamenti, aveva valore di interpretazione autentica 
dell'art. 2, n. 3, legge 30 ottobre 1859, n. 3731, che ammetteva in 
generale la brevettabilit� dei processi o metodi di produzione 
industriale, senza esclusione dei processi di produzione dei 
medicamenti; e poich� il legislatore delegante aveva demandato 
al Governo di riunire nei tre testi -in cui andava diviso 
il testo del 1934 -le rispettive disposizioni della legge del 
1934, da mettere in attuazione per prime, �nonch� le disposizioni 
delle leggi e dei decreti vigenti, che restano in vigore 
� in luogo e vece delle disposizioni da attuarsi in tempi 
successivi (art. 3 r.d. I. 24 febbraio 1939, n. 317), il legislatore 
delegato, negando la brevettabilit� dei processi per la produzione 
dei medicamenti, ha ecceduto dalla delega conferitagli, 
perch� ha modificato in senso diametralmente opposto la norma 
dell'art. 16 r.d. n. 1602 del 1934, che era stata semplicemente 
differita, e cos� ha modificato indebitamente ed arbitrariamente 
anche lo stato di diritto e di fatto preesistente secondo 
la legge del 1859; 
b) contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, 
la norma dell'art. 2 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 � in insanabile 
contrasto con la norma del successivo art. 14; l'art. 2, disponendo 
che il brevetto concernente un nuovo metodo o processo 
industriale si estende anche al prodotto ottenuto, purch� 
questo sia brevettabile, si riferisce soltanto ai processi per la 
produzione dei medicamenti, ammettendone la brevettabilit�, 
perch� il prodotto non brevettabile � solo il medicamento, e 
quindi � in contrasto con l'art. 14, che invece nega la brevettabilit� 
dei processi per la produzione dei medicamenti. Poich� 
tale contrasto comporta una questione di interpretazione, risolubile 
con la interpretatio abrogans, come esattamente rilevato 

-



112 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla Commissione, va accordata prevalenza alla norma dello 
art. 2, che pi� risponde alle esigenze e finalit� dell'argomento. 

Anche queste censure non colgono nel segno. 

La ricorrente ripropone la questione circa la incostituzionalit� 
dell'art. 14 del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, che nel suo 
contenuto esorbiterebbe dalla delega legislativa, di cui al r.d.l. 
24 febbraio 1939, n. 317. 

La questione, come � ben noto, � stata gi� decisa dalla 
Corte Costituzionale; che, con sentenza n. 37 del 26 gennaio 1957, 
si � pronunciata per la manifesta infondatezza della questione 
stessa e, quindi, per la costituzionalit� del divieto della brevettabilit� 
dei procedimenti per la produzione dei medicamenti, 
sancito nella indicata norma. 

Ora, � esatto che le pronunce della Corte Costituzionale, 
le quali dichiarino infondata una questione di illegittimit� costituzionale, 
non hanno l'efficacia vincolante di quelle che dichiarino 
l'illegittimit� costituzionale di una norma, in quanto 
dette pronunce non implicano un accertamento assoluto ed immutabile 
della legittimit� della norma, ma spiegano influenza 
solo sulla valutazione della questione, nel senso che questa deve 
essere risolta nello cStesso modo, se non. esistono ragioni per 
adottare una soluzione diversa; e che, quindi, se si prospettino 
nuovi profili o si adducano argomenti nuovi, eventualmente 
desunti da ulteriori svolgimenti dei principi informatori dello 
ordinamento giuridico, la questione pu� essere riconosciuta fondata 
(sent. 1522 e 1702 del 1959; 770 e 1918 del 1962). 

Ma la ricorrente non adduce argomenti diversi� da quelli 
gi� vagliati e che hanno determinato l'indirizzo -che qui si 
riconferma -secondo cui, a norma della legislazione vigente, 
non possono costituire oggetto di brevetto i procedimenti per 
la fabbricazione di medicamenti (sent. 763, 1522 e 1702 del 
1959; 2073 del 1960). 

E' sufficiente qui ricordare che l'art. 2 del R. D. 29 giugno 
1939 n. 1127, nello estendere il brevetto di un metodo o 
processo al prodotto ottenuto, alla condizione che questo possa 
formare oggetto di brevetto, si coordina perfettamente con il 
divieto della brevettabilit� dei medicinali. 

Non � vero che, esclusa la applicabilit� ai medicamenti, la 
norma non potrebbe avere applicazione, poich� pu� ipotizzarsi 
il caso di un procedimento nuovo, riferentesi ad un prodotto, 
che abbia gi� formato oggetto di privativa; quello di un procedimento, 
che dia luogo ad un prodotto avente i caratteri di 
modello industriale; quello di un procedimento, che possa por



PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 

tare a prodotti differenti, alcuno lecito ed altro no, perch� nocivo 
alla salute pubblica o contrario al buon costume. 

E si deve, perci�, concludere che la disposizione dell'art. 2 
della I. n. 1127 del 1939 ha una portata di carattere generale, 
perch� si riferisce genericamente ai metodi e processi industriali 
e non ai particolari procedimenti per la produzione dei 
medicamenti, regolati nel successivo art. 14 della stessa legge, 
che ne sancisce la non brevettabilit�. 

Il ricorso deve, in conseguenza, essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1963, n. 3166 -
Pres. Pece -Est. Pece -P.M. Colonnese (conf.) -Comune 
di Palermo c. Portinaio. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione in via d'urgenza da 
parte della Pubblica Amministrazione -Protrazione ultrabiennale 
della medesima senza. il perfezionamento della procedura espropriativa 
-Trasformazione dell'immobile in seguito a costruzione 
dell'opera pubblica -Risarcimento dei danni -Liquidazione. 
CL 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056, 2058). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� -Danno risarcibile per 
protrazione ultrabiennale senza titolo di occupazione d'urgenza Destinazione 
dell'area a sede di opera pubblica prevista nel piano 
cli Ricostruzione -Irrilevanza. 

Cl. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; I. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 9). 

Il risarci1nento del danno subito dal proprietario di un immobile 
occupato dalla pubblica amministrazione e trasformato 
in sede stabile di un'opera pubblica, senza che sia intervenuto 
successivamente il decreto di espropriazione, � sostitutivo del 
diritto alla reintegrazione in forma specifica nella disponibilit� 
del bene, attesa la impossibilit� della sua restituzione, epper� 
deve essere liquidato con riferimento al valore dell'immobile al 
momento della decisione (1). 

La determinazione dell'in�l.ennit� di espropriazione, ovvero 
quella del risarcimento del danno, sostitutivo della mancata restituzione 
dell'immobile, nel caso che esso sia stato trasformato 
in sede stabile dell'opera pubblica senza che sia intervenuto il 
decreto d'espropriazione, devono aver luogo -ove non sia applicabile 
alla specie una eccezionale disposizione di piano regola


(1) Conf. Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Giur. it., 1962, I, 1, 1380, ove 
si legge (Ibidem, 1382) che� poich� l'azione di restituzione ha indubbiamente 
natura reale, tale deve ritenersi-anche quella (nel caso, sostitutiva ed 

114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1 

tore -senzu tener conto del vincolo co�ituito dalla destinazione .. 
prevista nel piano di ricostruzione. La legge regolatrice dei . .

1

piani di ricostruzione richiama, infatti, l'art. 39 della legge 25 �::: 
giugno 1865 n. 2359, che, interpretato in coordinazione col successivo 
art. 42, sancisce il principio per cui l'indennit� d'espropriazione 
deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento 
e ad ogni ingiusto sacrificio da parte del soggetto espropriato (2). 


(Omissis). -In quanto alla seconda censura (mancata rilevanza 
della incidenza negativa del piano di ricostruzione in 
relazione al valore del terreno espropriato), va richiamato che, 
per fermo indirizzo di questa Corte Suprema (sent. n. 1644 
del 1961, n. 1560 del 1962, n. 206 del 1963) .� vero che, ai fini 
del vincolo alla destinazione prevista nel piano di ricostruzione, 
quest'ultimo ha l'efficacia di un piano regolatore particolareggiato, 
ma che la determinazione della indennit� di espropriazione 
non ne resta influenzata. 

Tale insensibilit� � giustificata dal richiamo che la legge 
regolatrice dei piani di ricostruzione (legge n. 1402 del 1951) fa 
all'art. 39 della legge fondamentale del� 25 giugno 1865, n. 2359, 
postoch�, a sua volta, l'art. 39 predetto � pacificamente interpretato 
(in coordinazione con il successivo art. 42) nel senso 

equipollente) di attribuzione dell'indennizzo, per l'identica finalit� a 
cui si ispira �. Per cenni critici v. AGOSTINO, in n�ta alla medesima sentenza, 
Ibidem, 1381 e seg. Si vedano anche, in senso conforme alla sentenza 
in rassegna, Cass. 10 ottobre 1962, n. 2919, Giur. it., Mass. 1962, 
984, ove si avverte che il risarcimento sostitutivo della mancata restituzione 
dell'immobile (oltre all'indennizzo per il mancato godimento) 
� soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti a tal titolo al proprietario, 
al quale, pertanto, non compete alcun altro compenso per il successivo 
trasferimento del diritto di propriet��; 19 maggio 1962, n. 1153, 
Foro it., Mass. 1962, 356; 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099; 
14 maggio 1962, n. 1002, Foro Amm. 1962, II, 313; 19 giugno 1962, 

n. 1560, Giur. Sic., 1962, �454. Sul rapporto fra l'azione risarcitoria del 
privato proprietario dell'immobile occupato dalla P.A. senza titolo ed 
il potere di quest'ultima di procedere ugualmente a regolare espropriazione 
del bene v. Cass. 18 aprile 1962, n. 753, Giur. it., Mass. 1962, 
267; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. Civ. 1963, I, 147; 24 gennaio 1962, 
n. 118, Giust. Civ., 1962, I, 1542; Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, 
Foro it., 1961, I, 1699, con ampia nota di richiami; Id., 24 ottobre 1960, 
n. 2892, Foro it., 1961, I, 61; Id., 22 luglio 1960, n. 2087, 14 luglio 1960, 
n. 1918 e 30 ottobre 1959, n. 3204, Foro it., 1960, I, 1702 e 1703. 
(2) Conf. Cass. 10 luglio 1961, n. 1644, Giust. Civ., 1961, I, 1564 e 
seg., ove si mette in evidenza che il principio generale � quello del giusto 
prezzo e che le ipotesi eccettuative devono essere espressamente 
stabilite e sono di stretta interpretazione; Cass. 19 giugno 1962, n. 1560, 
Sett. Cass., 1962, 689 e, con la motivazione, Giur. Sic., 1962, 454, 
ove si sottolinea il carattere eccezionale delle norme, che sanciscono 

PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 115� 

che la liquidazione della indennit� di esproprio deve essere sottratta 
ad ogni indebito arricchimento e ad ogni ingiusto sacrificio 
da parte del soggetto espropriato. Di qui la conseguenza 
che, come l'espropriato non pu� avvantaggiarsi dell'aumento 
di valore dipendente dall'opera pubblica in vista della quale 
egli sub� l'espropriazione, cos� non pu� risentire dello svantaggio 
dipendente dal vincolo dettato dalla legge in previsione 
del compimento dell'opera pubblica. 

�Ora, i principi di cui sopra, vigenti in tema di regolare procedimento 
di espropriazione, a maggior ragione devono essere 
applicati, come gi� notato altra volta da questa stessa Sezione 
(sent. n. 206 del 1963), quando, come nella specie in esame, si 
verta in tema di illegittima occupazione del bene (sine titulo) da 
parte della pubblica amministrazione. 

D'altra parte, quando le leggi di approvazione di determinati 
piani regolatori (ad es. il r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981, riguardante 
il piano regolatore per la citt� di Roma) hanno voluto 
che la destinazione dell'area (a piazze o strade di pubblico uso) 
incidesse negativamente sul calcolo del valore venale del bene 
espropriato, ci� hanno sancito esplicitamente. 

Donde la conseguenza che, in mancanza di un espresso disposto 
di legge, la determinazione della indennit� di esproprio 
e, a maggior ragione e come si � gi� detto, la determinazione del 
danno risarcibile, nella ipotesi di occupazione sine titulo, non 
restano influenzate negativamente dall'eventuale declassamento 
del terreno per effetto del piano di ricostruzione. -(Omissis). 

la rilevanza del vincolo di inedificabilit� al fine della determinazione 
delle indennit� espropriative, contenute nelle leggi di approvazione di 
piani regolatori; Cass. 7 febbraio 1963, n. 206, Giur. it., Mass. 1963, 
67; Id., 7 maggio 1963, n. 1124, Ibidem, 382. In argomento, si veda anche 
la motivazione della sentenza 3 gennaio 1963 del Tribunale di Firenze, 
in Giur. it., 1963, I, 2, 61 e seg. Sulla parallela regola ex art. 42 1. 25 giugno 
1865, n. 2359 d'esclusione dal calcolo dell'indennit� espropriativa 
dell'aumento di valore che deriverebbe all'immobile espropriato per 
effetto dell'esecuzione dell'opera pubblica e sulla applicabilit� di tale 
principio (v. art. 38 I. 17 agosto 1942, n. 1150, per quanto riguarda gli 
incrementi di valore derivati dalla esecuzione dei piani regolatori) ai 
piani di sviluppo delle zone industriali, quando si tratti di espropriazioni 
disposte a favore della Pubblica Amministrazione, v. Relazione Avvocatura 
dello Stato, 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 335-337. In dottrina, 
sui piani regolatori, v. PREDIERI, Profili costituzionali, natura ed effetti dei 
piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle decisioni giurisprudenziali, 
in Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 224 e segg.; sui piani di ricostruzione
� v. VIGNOCCHI, Piani di ricostruzione, in Studi in onore di A. D. Giannini, 
Milano 1962. 

F. C. 

~I 

SEZIONE QUAI<TA 

. 
. 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA .�;: 

CONSIGLIO DI STATO, 'Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 600 -Pres. 
Polistina -Est. Battara -Associazione Veneziana Albergatori 
(A.V.A.) c. Comitato Prov. Prezzi e Ente Prov. del Turismo 
di Venezia. 

Prezzi -Disciplina dei prezzi -Organi competenti -.C.I.P. e C.P.P. Provvedin1ento 
di perequazione dei prezzi -Presupposti. 

Prezzi -Disciplina dei prezzi -Provvedimento del C.I.P. -Fine di perequazione 
-Indagine sui costi -Omissione -Illegittimit�. 

(d.l. 19 ottobre 1944, n. 347; d.l. 15 settembre 1947, n. 896). 
Il Comitato interministeriale dei prezzi (C.I.P.) pu� effettuare 
la perequazione dei prezzi, livellando~ con carattere di generalit�,
� questi ultimi solo se sul territorio nazionale si verifichino 
condizioni di mercato relativamente uniformi in ordine 
alle merci, servizi e prestazioni considerati, dovendo, in caso 
contrario, accompagnare alla determinazione dei prezzi uniformi 
o perequati la istituzione di casse di conguaglio, le quali presuppongono 
appunto una disparit� di costi tali da esigere un 
intervento compensativo a favore di chi pu� offrire merci, servizi 
o prestazioni a costi pi� elevati (1). � 

E' illegittimo un provvedimento di perequazione dei prezzi 
nella materia delle tariffe alberghiere, O"".e esso non sia stato 
preceduto da un'indagine sui costi al fine di accertare se esistevano, 
e in quale misura, sperequazioni fra le tariffe vigenti nelle 
varie provincie (2). 

(1-2) La giurisprudenza, che gi� si � pronunciata a proposito di provvedimenti 
di perequazione dei prezzi in materia di tariffe alberghiere, 
� costante nel senso indicato dalle massime sopra riportate: cfr. Sez. IV, 
13 marzo 1963, n. 160, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 363, con nota. Due 
rilievi occorre per� svolgere: 1) non � esatto affermare che il C.I.P. abbia 
l'obbligo di istituire casse di conguaglio nel caso di sensibile disparit� 
dei costi, in quanto, come � chiaramente previsto dall'art. 1 del d.l. 15 settembre 
1947, n. 896, il predetto Comitat� ha solo un potere discrezionale, il 
quale, in relazione all'effettivo dislivello dei costi che ne giustificano 
l'esercizfo, non pu� essere sindacato in sede giurisdizionale; 2) non vi � 
dubbio poi che per la disciplina dei prezzi provinciali il C.I.P. ha il potere 
di impartire direttive (ad es. coordinamento) al C.P.P., tra le quali potrebbero 
ben rientrare anche gli atti di indirizzo (da non confondere con gli 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 117 

(Omissis). -Sono invece fondati i motivi con i quali i ricorrenti 
denunciano la illegittimit� del cos� detto �piano di perequazione 
nazionale� delle tariffe alberghiere, l'illegittimit� 
della circolare 12 agosto 1962, n. 11001, e delle comunicazioni del 
CIP al C.P.P. di Venezia. 

La difesa dell'Amministrazione assume che il fatto di aver 
per � mera compiacenza verbale � definito � piano di perequazione 
nazionale� le direttive di massima impartite dal C.I.P. ai 
CC.PP.PP. non pu� costituire motivo di illegittimit� dei provvedimenti 
impugnati. Senonch� dagli atti depositati in giudizio, 
appare del tutto evidente la natura delle � Istruzioni � impartite 
dal Ministro delegato in una materia che la legge riserva alla 
competenza specifica dei Comitati Provinciali. 

La circolare del 12 agosto 1961, n. 11001, richiamata ripetutamente 
dalla nota 9 agosto 1962, a firma del Ministro, e della 
nota 10 ottobre 1962, a firma del Segretario del CIP, contiene 
al n. 2 disposizioni che hanno natura assolutamente vincolante 
e che in quanto tali int�rferiscono illegittimamente nei poteri 
che la legge attribuisce ai CC.PP.PP. L'affermazione, infatti, che 
�i Comitati Provinciali provvederanno a deliberare le nuove tariffe 
entro ii 30 settembre p.v., nel caso di revisione, non superando 
i livelli che risultano contenuti nelle tabelle allegate 
e riportanti i massimi stabiliti dal piano della perequazione nazionale; 
gli eventuali aggiornamenti saranno adottati con cri-. 
teri di gradualit��, presuppone l'esercizio di un potere normativo 
sull'attivit� dei Comitati provinciali dei prezzi da parte del 

ordini), esaminati dalla decisione, in materia di tariffe alberghiere, ed 
essi sarebbero stati legittimi se emessi dall'organo competente (e cio� 
dal C.P.P., e non dal relativo Presidente, il quale, peraltro, pu� emanare 
soltanto norme esecutive delle deliberazioni del Comitato quando ne sia 
delegato: d.l. cit., art. 4). 

Sull'aspetto della motivazione dei provvedimenti del Comitato, nel 
senso che essi devono essere congrua~ente motivati al. fine di consentire 
un ampio sindacato di legittimit� -nel quale la Corte Costituzionale ha 
riscontrato l'elemento decisivo che rende compatibile la vigente disciplina 
dei prezzi con le norme della Costituzione: Corte Cost., 8 luglio 1957, 

n. 103, Giur, cost. 1957, 796, -cfr. Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 152, Il Consiglio 
di Stato, 1963, I, 355, con richiami; Sez. IV, 27 febbraio 1963, n. 101, ivi, 
I, 174. 
Per la dottrina sul carattere generale dei prezzi cfr. GUICCIARDI, La 
natura e specialit� dei provvedimenti-prezzi del C.I.P., Giur. it. 1955, III, 
85; ROMANO, Sulla c.d. � generalit�� dei provvedimenti-prezzi del C.I.P., 
Foro amm. 1960, I, 690; Sulla natura dei provvedimenti cfr., oltre la 
sentenza n. 103 della Corte cost., GASPARRI, Il sistema costituzionale delle 
fonti normative ed i provvedimenti dei comitati dei prezzi, Studi per 

A.. GIANNINI, 1961, 609. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CIP che non rientra in quelle � facolt� di impartire ai Comitati 
provinciali dei prezzi direttive per il coordinamento e la disci


plina dei prezzi provinciali e locali� (art. 4, comma 2�, d.1.1. 

n. 347 del 1944) o nell'attivit� del CIP rivolta all'unificazione o 
perequazione dei prezzi (art. 1, d.l. CPS n. 896 del 1947). Questa 
Sezione ha gi� avuto occasione al riguardo di affermare che il 
CIP �pu� effettuare tale perequazione livellando, e.on carattere 
di generalit�, i prezzi, solo se sul territorio nazionale si verifichino 
condizioni di mercato relativamente uniformi in ordine alle 
merci ed ai servizi e prestazioni consideratj, dovendo, in caso� contrario, 
accompagnare alla determinazione dei prezzi uniformi o 
perequati l'istituzione di casse di conguaglio, le quali presuppongono 
appunto una disparit� di costi tale da esigere un intervento 
compensativo a favore di chi pu� offrire merci, servizi 
o prestazioni a costi pi� elevati� (Sez. IV, 13 marzo 1963, 
n. 160). 
,Ma per poter aaottare un provvedimento di livellamento aei 
prezzi nella specifica materia delle tariffe alberghiere il CIP 
avrebbe dovuto in primo luogo effettuare un'indagine sui costi 
al fine di accertare se esistevano ed in quale misura sperequazioni 
fra le tariffe vigenti nelle varie province, e quindi esaminare 
le possibilit� di una perequazione delle tariffe. Non risulta 
che il CIP abbia compiuto una istruttoria del genere e le istruzioni 
impartite dal Ministro delegato e dal Segretario del CIP 
con le note sopracitate mancano di una qualsiasi motivazione. 
Ma il cos� detto � piano di perequazione delle tariffe � � illegittimo 
anche sotto un altro profilo. A parte l'incompetenza del 
Segretario del CIP ad impartire istruzioni ai CC.PP.PP., in quanto, 
come pi� volte � stato affermato dalla giurisprudenza di 
questo Consiglio, nessun potere al riguardo gli � conferito dalla 
legge, anche il Ministro delegato � carente di potere e non pu� 
sostituirsi al Comitato nell'impartire disposizioni vincolanti in 
materia di regolamentazione dei prezzi. Soltanto in caso di urgenza, 
che per evidenti ragioni non ricorreva nel caso in esame, 
al Comitato pu� sostituirsi, ai sensi dell'art. 3 del d.l. CPS numero 
896-1947, la Giunta, le cui deliberazioni devono peraltro 
essere sottoposte a ratifica del Comitato nella riunione immediatamente 
successiva al giorno in cui esse sono prese. 
Ne consegue che non avendo mai il CIP deliberato sulla perequazione 
nazionale delle tariffe alberghiere i provvedimenti 
impugnati sono viziati in radice in quanto viene meno il pre. 
supposto 
in base al quale essi sono stati adottati. . . 
Infatti, dagli atti depositati in giudizio, risulta che la Com-.

I:: 

, '

J 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 119 

missione consultiva del Comitato provinciale dei prezzi di Venezia 
ha esaminato la richiesta d� aumento delle tariffe alberghiere 
e dopo un esame ed una discussione sulle varie componenti 
dei costi era pervenuta alla proposta, da sottoporre al 
CPP, di liberalizzazione delle tariffe per gli alberghi di lusso e 
di I categoria e di aumento del 15-20% per le altre categorie. 

Di tale proposta, citata nel verbale del 14 novembre 1963, 
il C.I.P. di Venezia non ha tenuto alcun conto, senza fornire altra 
motivazione plausibile; se non che con nota telegrafica del 
9 novembre 1962 il Segretario del CIP aveva richiamato il Comitato 
stesso all'osservanza delle istruzioni impartite con lettera 
del 10 ottobre e della tabella allegata sui prezzi massimi 
e minimi di cui alla circolare n. 11001 del 12 agosto 1961. Lettera 
e circolare, giova ripetere, illegittime per quanto � stato 
detto pi� sopra. 

Dal verbale del 12 dicembre 1962 relativo alla riunione del 
Comitato provinciale risulta che il provvedimento n. 115 del 14 
novembre 1962 � stato modificato a seguito della lettera n. 13533 
del 27 novembre 1962, a firma del Ministero delegato, con la 
quale si trasmetteva una nuova tabella dei prezzi massimi e minimi. 
Nello stesso verbale � detto � la nuova tariffa consente alcune 
maggiorazioni rispetto ai valori massimi stabiliti dal Comitato 
Provinciale Prezzi con la deliberazione n. 115 �. Appare 
pertanto che anche la seconda deliberazione del CPP di Venezia 
� stata adottata unicamente sulla base delle disposizioni 
illegittime per quanto gi� si � detto, senza tener alcun conto 
delle risultanze delle indagini compiute dalla Commissione consultiva 
sulle variazioni intervenute nelle componenti dei costi 
alberghieri. 

Pertanto anche il motivo del ricorso relativo alla illegittimit� 
delle deliberazioni del Comitato Provinciale dei prezzi di 
Venezia � fondato. (Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 ottobre 1963, n. 620 -Pres. 
Polistina -Est. Potenza -Piuina Carlo ed altri c. Ministero 
LL.PP. e Comune di Genova. 

Alberghi -Regolamenti edilizi comunali -Prescrizione di altezza degli 

edifici -Provvedimento di deroga -Motivazione -Comparazione tra 

l'interesse alberghiero e l'interesse urbanistico -Necessit�. 

(r.d.l. 8 novembre 1938, n. 1908, art. 1). 

120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I.,.

, 

Il provvedimento, che ai sensi dell'art. 1 del r.d.l. 8 novem, 
bre 1938, n. 1908 il Ministro dei LL.PP. emana di concerto col .� 
Ministro per il Turismo e lo Spettacolo (e talvolta per le opere 
soggette a vincolo paesistico, di concerto anche col Ministro della 
P.l.), deve essere sorretto, in relazione al suo contenuto derogativo 
alla disciplina generale urbanistzca (e talvolta paesistica), 
da un'attenta valutazione sia degli interessi concreti che 
s'intendono conseguire sia degli interessi che vengono sacrificati: 
in particolare deve essere preceduto da una adeguata valutazione 
comparativa, confrontando le utilit� che si intendono 
conseguire nel quadro delle particolari esigenze turistiche lo-! 
cali e le prescrizioni di altezza dettate nel'interesse urbanistico 
(anche se non imposte in correlazione all'ampiezza delle strade o 
delle piazze o ai distacchi fra gli edifici) che si derogano (1). 

(1) Non risultano precedenti. La massima, pur prescindendo dalla sua 
applicazione al caso deciso, appare esatta e conforme alla ratio legis cui 
si � ispirata la deroga disposta dalFart. 1 r.d.l. 8 novembre 1938, n. 1908. 
I

Non vi � dubbio, infatti, che se determinate prescrizioni sono, in via 
generale, disposte per la tutela dell'interesse urbanistico o per la tutela 
dell'interesse paesistico, esse possono essere derogate per soddisfare il 

'

I

particolare interesse alberghiero insieme con le esigenze turistiche, ove 
all'intenso flusso turistico non risponda una sufficiei;i.te ricettivit� locale, ~ 
ma a condizione che l'interesse generale e l'interesse particolare vengano 

r

adeguatamente valutati in via comparativa in modo da giustificare il 

I 
~ 

sacrificio dei primi in funzione della tutela del secondo. ij 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 ottobre 1963, n. 650 -Pres. i 
D'Avino -Est. Granito -Comune di Bologna c. Prefetto. 

I 

Farmacie -Bando di concorso per sede farmaceutica -Sospensione del 
concorso -Successivo decreto prefettizio di abrogazione del prov


I

vedimento di sospensione -Definitivit�. 

Farmacie -Competenza in materia di concorso farmaceutico -Assegnazion(
l al medico provinciale. 

<

�1'..

(t.u. 1. san.; reg. 30 settembre 1938, n. 1706; 1. 13marzo1958, n. 296). ~~ 
< 

Ha carattere definitivo il provvedimento col quale il Prefetto 

I. 
-una volta sospeso il concorso per il conferimento di sedi farmaceutiche 
-abbia revocato con effetti ex nunc la precedente !' 
sospensione, giacch� egli, nell'intento di assicurare l'immediato 
conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti ai sensi dell' arti


i 

colo 105 t.u. l. san. e dell'art. 2 reg. 30 settembre 1938, n. 1706, 0 

. '

1 . 
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121

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

ha fatto uso dello stesso potere in base al quale il concorso era 
stato indetto e poi temporaneamente sospeso: potere riservato 
alla competenza specifica ed esclusiva dell'autorit� sanitaria provinciale 
(1). 

La competenza in materia di concorsi farmaceutici � stata 
sottratta, in seguito alla legge 13 marzo 1958 n. 296, al Prefetto 
e devoluta al Medico provinciale (2). 

(Omissis). -L'Avvocatura dello Stato ha eccepito preliminarmente 
che il ricorso � inammissibile, in quanto diretto avverso 
un provvedimento non avente carattere definitivo. L'eccezione 
va disattesa. 

(1-2) In tema di definitivit� del bando di concorso per conferimento di 
sedi farmaceutiche. 

. Esattamente il Consiglio di Stato ha ritenuto che il provvedimento, 
col quale l'autorit� sanitaria provinciale (prima era il Prefetto, ora il 
Medico provinciale) -una volta sospeso il concorso per conferimento 
-di sedi farmaceutiche -ha revocato (rectius: abrogato) con effetti 
ex nunc la precedente sospensione, riattivando cos� la relativa procedura, 
� manifestazione del potere alla stessa autorit� conferito, in materia 
di concorso, con la conseguenza che quel provvedimento riveste le 
stesse caratteristiche proprie degli atti emanati nell'esercizio di tale potere. 

Non altrettanto esattamente, per�, il Consiglio di Stato, nell'individuare 
codeste caratteristiche, ha qualificato definitivo il provvedimento 
che l'autorit� locale emana al fine di indire (sospendere o revocare) il 
concorso per il conferimento di sedi farmaceutiche. 

Se, .infatti, il bando di concorso, insieme con gli altri atti di competenza 
delle autorit� locali, s'inquadra nel sistema armonico delle norme 
che disciplinano le varie attribuziqni in materia sanitaria, la conclusione 
sulla natura del relativo provvedimento non pu� essere che diversa; e 
cio� il provvedimento che indice il bando non � definitivo, specie se interpretato 
al lume della nuova disciplina disposta dalla legge di riforma 
13 marzo 1958, n. 296. � 

Il t.u. 27 luglio 1934, n. 1265 stabilisce, all'art. 1, un rapporto di 
dipendenza (gerarchica), per la tutela della sanit� pubblica, tra il Ministro 
per l'Interno, i Prefetti ed i Sindaci, ponendo poi alla dipendenza del 
Prefetto, che � l'autorit� sanitaria della provincia, il medico provinciale 
ed il veterinario provinciale (art. 1, 2� comma), e alle dipendenze del 
Sindaco, che � l'autorit� sanitaria del Comune, l'ufficiale sanitario (3J 
comma). 

Le norme contenute nei successivi articoli (limitando la disamina a 
quelli che disciplinano la competenza dei Prefetti) precisano i compiti 
di questi ultimi in materia di consorzi del servizio di vigilanza igienica e 
di profilassi (artt. 33 e segg.), e per la nomina in seguito a concorso 
dell'ufficiale sanitario; per l'assistenza medico-chirurgica e per la nomina 
dei sanitari condotti (artt. 55 e segg.); per il servizio farmaceutico (art. 104), 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

122 

Come s1 � esposto nella narrativa, il Prefetto di Bologna, con 
decreto del 12 aprile 1958, aveva sospeso l'espletamento dei concorsi 
banditi per il conferimento di n. 7 sedi farmaceutiche recentemente 
istituite in Bologna, in attesa che la G.P.A. si pronunciasse 
in merito alla delibera dell'Amministrazione comunale 
di assumere direttamente l'impianto e l'esercizio delle predette 
farmacie. Avendo l'autorit� tutoria negato la sua approvazione 
alla delibera consiliare, il Prefetto, con l'impugnato decreto del 
9 luglio 1959, ha �revocato� il suo precedente provvedimento sul 

per l'autorizzazione ad aprire ed esercitare farmacie (art. 105), per i con-~ 
corsi relativi (artt. 106 e segg.), per il trasferimento di farmacie (art. 109), 
per l'assistenza farmaceutica (art. 129); per l'esercizio delle arti ausiliarie 
alle professioni sanitarie (art. 140); per l'esercizio della vigilanza sanitaria 
sulle attivit� che vi sono soggette (artt. 143 e segg., 158, 161, 185, 193, 194, 
199); per la tutela igienica degli abitati (artt. 218 e segg.); per la tutela 
igienica dell'alimentazione (artt. 242 e segg.); e per le misure contro la 
diffusione delle malattie infettive i(artt. 253 e segg.). 


Data la dipendenza gerarchica, stabilita, come si � detto, nell'art. 1 
del cit. t.u., tutti i provvedimenti prefettizi, emessi nelle indicate materie, 
sono impugnabili con ricorso al Ministro, tranne quando, per varie ragioni, 
il legislatore ha dichiarato i provvedimenti espressamente definitivi e 
tranne quando, per ragioni contingenti e di carattere locale, il legislatore 
stesso ha attribuito la competenza in modo esclusivo all'autorit� inferiore, 
dichiarando cos� i provvedimenti implicitamente definitivi. E infatti 
le eccezioni, cos� individuate, spesso si rinvengono nelle richiamate norme 
che disciplinano la competenza delle autorit� locali. Talvolta il provvedimento 
(prefettizio) � stato in via espressa dichiarato definitivo: cos� 
ad es, sono definitivi i provvedimenti in materia di consorzi e di nomina 
di ufficiali sanitari (art. 37), in materia di assistenza medico-chirurgica e 
di nomina del medico condotto (art. 57, 69), per l'apertura, esercizio e 
trasferimento di farmacia (artt. 105, 109), per la vigilanza sulle arti ausiliarie 
alle professioni sanitarie (art. 141), per la vigilanza sulle attivit� 
connesse con la sanit� pubblica (artt. 144, 158, 161, 188, 199); talvolta il 
provvedimento � stato ritenuto in modo implicito definitivo: cos� ad 
es. i provvedimenti contingibili ed urgenti (t.u. c. e p. art. 20). 

Se si escludono l'una e l'altra eccezione, i provvedimenti dell'autorit� 
sanitaria locale, in considerazione della rilevata dipendenza gerarchica, 
sono, per principio generale, impugnabili con ricorso alla autorit� superiore; 
e cio� tutti gli atti del Prefetto (ora del medico provinciale) sono 
impugnabili con ricorso al Ministro per l'Interno (ora per la Sanit�). 

Rientra in tale categoria l'atto col quale l'autorit� locale bandisce 
(ed eventualmente sospende o revoca) il concorso per il conferimento 
di sedi farmaceutiche. 

Nessuna argomentazione, che sia al di fuori di quelle riferite, pu� 
giustificare una conclusione diversa, e quindi qualificare definitivo il 
bando di concorso. Priva di consistenza deve ritenersi la motivazione, 
per la parte che qui interessa, della annotata decisione, 
la quale si riporta e quindi rende propria la pronunzia dell'Adunanza 
Plenaria, 6 febbraio 1959, Il Consigli� di Stato, 1959, I, 125. 

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123

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

riflesso che erano � venute a cessare le ragioni che determinarono 
a suo tempo la sospensione dei concorsi �. 

E' chiaro che il provvedimento del 1958 non � stato revocato 
per vizi di merito originarii, a seguito di una nuova e diversa 
valutazione di esigenze e circostanze contemporanee all'emanazione 
dell'atto, bens� per sopravvenute ragioni di merito, per mutate 
condizioni di fatto che hanno indotto l'Amministrazione a 
farne cessare ex nunc l'efficacia. Non v'� stata, cio�, una � revoca
� in senso proprio, ma una mera �abrogazione� dell'atto. E 

Tale pronunzia ha affermato che la competenza a indire il bando � 
riservata �ll'a�torit� locale, e in tal modo il provvedimento relativo 
� stato implicitamente dichiarato definitivo. Non � infatti senza motivo 
che il t.u. ed il reg. non qualificano in modo espresso come definitivo 
il provvedimento predetto. Il bando, sia� dei concorsi farmaceutici, 
sia di quelli aventi per oggetto materie diverse, non sempre � -aggiunge 
la decisione -impugnabile in modo autonomo, perch� talvolta � idoneo, 
talvolta non � idoneo a ledere, di per s�, in modo diretto e immediato 
un interesse altrui, ed � quindi impugnabile indipendentemente dagli altri 
atti del concorso; dire perci� che esso era definitivo, poteva far sorgere 
l'erronea opinione che fosse sempre impugnabile di per s�. 

Ora tale ragionamento, a parte la sua fragilit�, non ha alcuna base 
nel diritto positivo. Proprio in relazione al t.u. delle leggi sanitarie deve 
affermarsi il contrario, e cio� che talvolta il legislatore ha dichiarato, 
in modo espresso, definitivo il bando di concorso; cos� ad esempio il 
concorso per ufficiale sanitario (artt. 34 e 36). 

Ma, come si � accennato, la esclusione della definitivit� trova conferma 
nelle nuove disposizioni contenute nella I. 13 marzo 1958, n. 296, 
la quale, all'art. 4, elenca gli organi periferici del Ministero della Sanit�, 
indicando il medico provinciale (cui sono state devolute le attribuzioni 
del Prefetto: art. 6, 4� comma) e cos� dispone la dipendenza gerarchica 
dello stesso rispetto agli organi centrali (nella specie, rispetto al Ministro 
della Sanit�). Il lato organizzativo, cos� previsto espressamente dalla 
legge sul decentramento burocratico, lascia intendere che, in materia di 
bandi di concorsi per l'assegnazione di farmacie, sussiste, tra organi 
diversi, una comunanza, anzi una coincidenza di competenza materiale; 
e poich� gli organi fanno capo a un'unica direzione e sono su gradi 
diversi, tra gli stessi si stabilisce un rapporto gerarchico (cfr., per tutti, 
AMORTH, La nozione di gerarchia, 80; S1\NDULLI, Manuale, 123; mentre 
sul tema specifico dei poteri, e della posizione giuridica, del medico provinciale, 
la dottrina non ha affrontato l'argomento: BIAGI, Gli organi locali 
del Ministero della Sanit�, Riv. trim. dir. pubbl. 1959, I, 59.6). Non sussiste, 
poi, alcuna ragione che possa far ritenere riservata all'autorit� 
locale la competenza a provvedere in materia di concorsi, con la esclusione 
.quindi di qualsiasi ingerenza dell'autorit� gerarchicamente superiore 
(in senso contrario alla decisione annotata, cfr. Sez. IV, 16 settembre 
1955, n. 616, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 1028; 4 maggio 1956, n. 471, 
ivi, 1956, I, 555). 

U. GARGIULO 

124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non trova, perci�, applicazione nella specie il principio giurispru


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denziale (v. Sez. IV, 25 ottobre 1961, n. 472; Sez. V, 21 ottobre 1961 ��:� 

n. 551 e 9 maggio 1959, n. 282) secondo cui la definitivit�, esplicita 
o implicita, di un atto amministrativo emanato dall'autorit� 
governativa locale non si estende al successivo provvedimento 
con il quale tale atto venga revocato o annullato di 
ufficio, dalla stessa autorit�, nell'esercizio di un potere (autot�tela 
della P.A.) diverso da quello in virt� del quale fu emesso 
l'atto revocato o annullato. 
Revocando ex nunc la sospensione dei concorsi e riattivando 
cos� la relativa procedura, il Prefetto -com'� dato rilevare 
anche dai � considerando � del decreto impugnato -ha 
inteso �assicurare, nell'interesse del servizio, l'immediato conferimento 
delle sedi farmaceutiche� vacanti, ai sensi dell'articolo 
105 t.u. leggi sanitarie e dell'art. 2 del reg. 30 settembre 
1938, n. 1706 (�il concorso � indetto dal Prefetto della provincia 
in cui ha o dovr� avere sede la farmacia entro due mesi 
dal giorno in cui l'esercizio sia rimasto vacante o da quello 
in cui sia stato istituito �); ha fatto uso cio� dello stesso potere 
in base al quale erano stati indetti, e poi temporaneamente 
sospesi, i concorsi: potere riservato alla competenza specifica 
e esclusiva dell'autorit� sanitaria provinciale. 

Al decreto impugnato va riconosciuto, pertanto, carattere 
definitivo, analogamente a quanto ritenuto dalla consolidata 
giurisprudenza di questo Consiglio per i bandi di concorso 
indetti �ai sensi delle norme sopra citate e immediatamente 
lesivi di interessi legittimi (v. Ad. pl., 6 febbraio 1959, n. 3). 

Nel merito, manifestamente fondato risulta il r motivo di 
ricorso (incompetenza del Prefetto), essendo ormai iiJs receptum 
che, per effetto della legge 13 marzo 1958, n. 296, la competenza 
in materia di concorsi farmaceutici � stata sottratta 
al Prefetto e devoluta al Medico provinciale (Ad. pl., 27 feb~ 
braio 1961, n. 7; Sez. IV, 11 dicembre 1962, n. 774). (Omissis). ' 

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CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 ottobre 1963, n. 654 -Pres. (:~ 
De Marco -Est. De Capua -Lari c. Medico prov. di Lucca e 
Comune di Viareggio. 

Farmacie -Farmacie comunali -Autorizzazione -Motivazione -Valutazione 
delle ragioni giustificanti la deroga -Necessit�. 
-1'.:

(1. 9 giugno 1947, n. 530, art. 27, t.u. 1. san.). 
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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 125 

Il provvedimento di deroga, previsto dall'art. 27 della l. 9 
giugno 1947, n. 530, alle norme del t.u. delle leggi sanitarie, deve 
essere adeguatamente motivato non solo con riferimento alle 
esigenze sanitarie che si intendono soddisfare, ma anche in 
ordine alle ragioni che possono consentire l'inosservanza del 
procedimento disposto di regola per l'istituzione di nuove sedi 
farmaceutiche e che giustificano la preferenza in favore del 
Comune tra pi� domande concorrenti e dirette a promuovere 
la selezione derivante dal concorso (1). 

(1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV, 2 dicembre 1960, n. 1004, 
Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2222, con nota. E' esatto il principio, affermato 
dalla decisione, secondo il quale la deroga (il cui provvedimento 
rientra or::i nella competenza del medico provinciale) deve essere giustificata 
specie con riguardo alle ragioni che possono consentire la inapplicabilit� 
delle norme relative al concorso per l'istituzione di nuove 
farmacie e quindi autorizzare il Comune a gestire in economia una 
farmacia. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 aprile 1963, n. 541 -Pres. Gallo 
-Est. Laschena -Soc. Effetti Sauze c. Ministeri Lavori 
Pubblici e Sanit�. 

Regolamento edilizio -Procedimento -Approvazione della G.P.A. -E' 
necessaria -Parere del Consiglio di Stato -Non � obbligatorio. 

Regolamento edilizio -Procedimento -Intervento del s�lo Ministro 

per la Sanit� in sostituzione del Ministro dell'Interno -Legit


timit�. 

(1. 17 agosto 1942, n. 1150; 1. 9 giugno 1947, n. 530, artt. 5 e seg,; 
1. 13 marzo 1958, n. 296). 
I regolamenti edilizi, adottati, secondo l'attuale legge urbanistica 
17 agosto 1942, n. 1150, con deliberazione del Consiglio 
comunale, devono essere approvati prima dalla G.P.A. in virt� 
della l. 9 giugno 1947, n. 530 artt. 5 e seg., e poi dal Ministro dei 
Lavori Pubblici di concerto col Minis~ro per l'Interno (ora, in seguito 
alla l. 13 marzo 1958, n. 296, di concerto col Ministro per 
la Sanit�), previo parere del Consiglio superiore dei LL. PP. e 
del Consiglio superiore di Sanit�, senza necessit� del previo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

126 

parere del Consiglio di Stato, il quale peraltro era richiesto dall'art. 
102 t.u~ c. e p. del 1934 n. 383 (modificato dalla legge 
urbanistica) soltanto prima dell'esercizio del potere repressivo 
di annullamento da parte dell'autorit� ministeriale (1). 

E' pertanto legittimo un regolamento edilizio che in seguito 
all'entrata in vigore della legge urbanistica non sia stato 
preceduto dal parere del Consiglio di Stato e che, essendo stato 
approvato dal Ministro per la Sanit�, non sia stato riproposto 
anche all'approvazione del Ministro per l'Interno, il quale non 
esercita un controllo di carattere generale sulla potest� regolamentare 
degli Enti locali (2). 

(1-2) Le massime, sulle quali non risultano precedenti, interpretano 
e descrivono esattamente il procedimento previsto dalle leggi in vigore 

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per l'emanazione dei regolamenti edilizi. 

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CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 21 giugno 1963 n. 794 -Pres. Lu. 
go -Est. Fortini del Giglio -Provincia e Comune di Parma 

c. Ministero Interni e Ospedali Riuniti di Parma. 
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Opera Pia -Provvedimenti di vigilanza dell'autorit� Prefettizia -Ri
�' 
corso gerarchico -Termine di giorni 15 -Inapplicabilit�. 

(1. 17 luglio 1890 n. 6972, art 42; r.d. 30 dicembre 1923 n. 2841, 
art. 42; d.l. 22 marzo 1945 n. 173, art. 16; t.u. c. e p. art. 5). 
In seguito alla riforma disposta col d.l. 22 marzo 1945 n. 173, 
che ha istituito i Comitati provinciali di assistenza e beneficenza 
pubblica, il termine di giorni 30, previsto espressamente per 
il ricorso gerarchic� (improprio) da proporsi al Ministro per 
l'Interno contro i provvedimenti dei Comitati, deve ritenersi 
implicitamente esteso al ricorso gerarchico (proprio) che si propone 
allo stesso Ministro contro i provvedimenti del Prefetto. 
Pertanto � illegittimo il decreto del Ministro che dichiara irricevibile 
il ricorso perch� proposto, dopo la scadenza del quindicesimo 
giorno e prima che sia decorso il trentesimo giorno, 
contro un decreto prefettizio emesso nell'ambito della vigilanza 
e ingerenw governativa ai sensi del titolo V l. n. 6972 del 1890 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 127 

(nella specie scioglimento del Consiglio di Amministrazione dell'ente 
e nomina di un Commissario prefettizio) (1). 

(Omissis). -La Provincia e il Comune di Parma sostengono 
che il Ministero ha errato nel dichiarare irricevibili i loro ricorsi 
gerarchici per inosservanza dell'art. 42 del r.d. 30 dicembre 
1923 n. 2841. 

Secondo i ricorrenti sarebbe, nella specie, applicabile il 
termine normale stabilito dall'art. 5 della 1. com. e prov. 3 
marzo 1934, n. 383, in quanto il cit. art. 42 del r.d. del 1923 
costituirebbe eccezione alla predetta regola generale soltanto 
nei riguardi di quegli atti di controllo adottati dal Prefetto ai 
sensi e nei limiti dell'art. 26 del cit. r.d. del 1923 n. 2841, che 
sono del tutto diversi dai provvedimenti di sospensione e sciogliment9 
delle amministrazioni degli Enti di assistenza e beneficenza. 


Questa Sezione non pu� condividere siffatta interpretazione. 

Dalla collocazione dell'art. 42 nel complesso delle norme 
contenute nel r.d. del 1923 n. 2841, non si desume alcun elemento 
per limitarne l'applicazione soltanto ai provvedimenti 
ex art. 26. Con la riforma del 1923, in armonia con la nuova 
norma dell'art. 113 del r.d. 30_dicembre 1923, n. 2339 modifi


(1) 
Sul termine per ricorrere avverso i decreti prefettizi emanati 
nell'esercizio del potere di vigilanza sulle opere pie. 
La massima non pu� condividersi. Essa non solo appare in contrasto 
con la precedente costante giurisprudenza, ma non offre nella sua 
motivazione argomenti sicuri e validi per giustificare il diverso orientamento. 
La decisione prende le mosse dalla riforma attuata dal d.I. 22 
marzo 1945 n. 173, il quale, nell'istituire i Comitati provinciali di assistenza 
e beneficenza, cui ha devoluto gran parte delle attribuzioni 
della G.P.A. (I. n. 6972, artt. 35 e segg.) e parte delle attribuzioni del 
Prefetto, ha previsto un ricorso gerarchico improprio al Ministro per 
l'Interno contro gli atti dei Comitati (d.I. n. 173, art. 16; cos� assorbendo 
la norma racchiusa nell'art. 42 della I. n. 6972), precisando il termine 
in giorni 30 (e non pi� in giorni 15, come �n detta norma era 
sancito). Ci� posto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, siccome si 
tratta di un ricorso gerarchico improprio, perch� previsto contro atti 
di organi �collegiali, esso non poteva essere ammesso se non per -legge. 
Fin qui il ragionamento pu� condividersi. Non si pu� essere d'accordo I 
laddove la decisione, dopo aver precisato che i Comitati hanno assorbito 
parte della competenza prefettizia, trae la conseguenza che anche 
il termine per il ricorso contro gli atti del Prefetto, previsto in giorni I 
15 dall'art. 42 r.d. 30 dicembre 1923 n. 2841, � stato modificato in giorni 

30. Vero � che in tal caso, trattandosi di ricorso gerarchico proprio, 
non era necessaria la espressa previsione legislativa. Vero � del pari 
I 


128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cato dall'art. 328 del t.u. com. prov. del 1915, e per un 
principio di maggiore sollecitudine nel disbrigo degli affari, 
come avvenne anche per altre materie, si volle ridurre il termine 
dei ricorsi gerarchici da trenta a quindici giorni. Non vi 
� alcun motivo di ordine sistematico e razionale per ammettere 
la dedotta discriminazione che non trova riscontro nella disciplina 
della materia, la quale in sede di legge istitutiva o di riforme 
generali ha accumunato, ai fini della impugnativa in via 
gerarchica, i provvedimenti di controllo sugli organi con i provvedimenti 
di controllo sugli atti. 

Non � quindi sotto il prospettato profilo che va risolta la 
questione. 

La giurisprudenza, anche in seguito alla emanazione della 
nuova I. com. e prov. del 1934 che all'art. 5 riportava a 30 giorni 
il t�rmine in generale per i ricorsi gerarchici (propri e impropri) 
ha costantemente affermato che tale regola non fosse 
applicabile nelle ipotesi in cui le leggi tassativamente stabiliscano 
per tali ricorsi termini diversi. 

.Tuttavia con l'emanazione del cl.I.I. 22 marzo 1945 n. 173, 
che all'art. 16 stabilisce il termine di 30 giorni (conformandosi 
cos� alla norma della I. com. e prov.) per i ricorsi contro i provvedimenti 
dell'istituito Comitato provinciale di assistenza e be-

che la norma del cit. art. 16, prevista per il ricorso contro gli atti dei 
Comitati, non pu� estendersi al ricorso contro gli atti del Prefetto: 
essa, nel sistema della disciplina dei ricorsi gerarchici, ha carattere 
eccezionale, e, come tale, non pu� applicarsi n� in via analogica, n� in via 
estensiva, al diverso ricorso che in linea generale � ammesso contro gli atti 
del Prefetto, per il quale altra norma (r.d. n. 2841, art. 42) prevede un termine 
diverso, di 15 giorni. N� l'applicazione estensiva dell'art. 16 pu� 
ammettersi per il fatto che i Comitati hanno assorbito alcune attribuzioni 
prefettizie: a parte la poco attendibilit� di tale rilievo, non vi � 
dubbio che � rimasta ferma la vigilanza governativa (I. n. 6972, artt. 44 
e segg.), che viene attuata �on l'intervento del Prefetto, i cui atti pertanto 
restano regolati secondo il sistema precedente alla riforma, che 
non � incompatibile con la successiva disciplina prevista dal d.I. n. 173. 

D'altra� parte, il Consiglio di Stato ha mutato orientamento senza 
tener conto della sua precedente giurisprudenza (Sez. IV, 30 gennaio 
1'959 n. 129, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 44; Sez. V, 14 ottobre 1961 

n. 484, ivi, 1961, I, 1618). 
Ci� precisato ai fini dell'esatta interpretazione delle richiamate norme, 
in tema di termini, ci� che pi� interessa sono la chiarezza e la 
uniformit� di indirizzo. Si pu� cos�, in definitiva, anche condividere 
l'orientamento attuale del Consiglio di Stato, purch� esso si mantenga 
costante; e ci� ai fini della certezza della tutela degli interessi pubblici 
e privati. 

U. GARGIULO 
II 


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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 129 

neficenza pubblica -al quale sono state deferite anche le funzioni 
di tutela gi� spettanti alla G.P.A. sugli atti degli Enti di 
assistenza e beneficenza -la questione se ai ricorsi contro i 
provvedimenti prefettizi nella soggetta materia sia ancora applicabile 
il termine breve di 15 giorni, � rimasta di incerta valutazione 
e merita, pertanto, di essere approfondita. 

Sembra alla Sezione che il principio affermato dalla giurisprudenza 
e che deve qui confermarsi in linea generale, per cui 
il termine di 30 giorni valga solo allorch� manchi una disciplina 
normativa speciale e diversa, sia applicabile soltanto in quei 
casi in cui si tratti veramente di termini speciali (pi� brevi o 
pi� lunghi) stabiliti per ricorsi che abbiano una propria e distinta 
caratteristica e funzione in rapporto alla materia cui si 
riferiscono. 

Non vi � dubbio alcuno che, ad esempio, restino fermi il 
termine pi� breve di 10 giorni per i ricorsi contro i provvedimenti 
dell'autorit� di p.s., o quello di 15 giorni contro alcuni 
provvedimenti del Provveditore agli Studi o quello pi� lungo 
di 90 giorni contro alcune decisioni dell'Intendenza di Finanza 
etc.. 

Peraltro, l'ordinamento dei controlli sugli organi e sugli 
atti, di legittimit� o di merito nel campo degli Enti di assistenza 
e beneficenza pubblica, come in quello dei Comuni e delle Provincie, 
costituisce un complesso organico ed armonico di norme 
in cui i vari ricorsi amministrativi contro detti atti -di 
cui completano il meccanismo e la funzione -riguardano 
tutte materie omogenee e spesso sono dirette contro provvedimenti 
attribuiti alla diversa competenza dell'organo di vigilanza 
o di tutela soltanto in base al semplice criterio del valore. 

Da ci� discende che la variazione del termine di ricorso 
contro una sola categoria di tali controlli anche se sia stata in� 
trodotta in occasione di riforme parziali non pu� non ripercuotersi 
su tutto il sistema. E deve escludersi che il legislatore abbia 
voluto provvedere in modo frammentario senza preoccuparsi di 
tener presente tutto l'ordinamento per le rispondenze e correlazioni 
che lo formano. Onde � necessario, nella interpretazione 
di norme sparse e parziali esaminare in base anche ad argomenti 
logici, quale sia stato il pensiero e la tacita volont� del 
legislatore rispetto a quella parte del sistema che esso non abbia 
espressamente disciplinato. 

� La riforma del 1945, come si � detto, nell'istituire il comitato 
provinciale di assistenza e beneficenza pubblica, ha stabilito 
il termine di giorni 30 per i ricorsi contro i suoi provvedi




I ]

130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

menti. Nulla ha invece statuito espressamente per i ricorsi con


I

tro 
gli atti di controllo in generale di competenza prefettizia. 

La limitazione della espressa previsione ai ricorsi avverso I 
i primi provvedimenti si spiega anche per il fatto che il ricorso 
gerarchico (improprio) avverso gli atti di un organo collegiale 
non pu� essere ammesso se non per legge. 

Ma ove si consideri che i provvedimenti del cosiddetto comitato 
non sono soltanto quelli gi� attribuiti alla competenza 
tutoria della G.P.A., ma parte anche di quelli gi� di spettanza 
del Prefetto (art. 3, lett. a) b) e d) della I. 1945, n. 173) ed ove 
si tenga presente che tra di essi ve ne sono alcuni che si ravvisano 
sicuramente meno rilevanti di altri �di competenza del 
Prefetto, come, ad esempio, proprio quelli di soppressione e di 
scioglimento delle amministrazioni degli Enti di assistenza e 
beneficenza -che richiedono un complesso e non di certo 
rapido studio -sarebbe del tutto assurdo ritenere che per 
questi ultimi provvedimenti fa legge abbia considerato ancora 
fermo il termine breve di 15 giorni. 

Sembra invece pi� logico ritenere che il legislatore del 1945 
non abbia giudicato necessario fissare con norma espressa il 
termine di 30 giorni anche per i ricorsi contro gli atti di controllo 
rimasti alla competenza del Prefetto, sul presupposto 
che per essi, anche in relazione allo stato della giuridisprudenza 
dell'epoca, dovesse applicarsi la regola dell'art. 5 della 

I. 
com. e prov. 
In tale senso questa Sezione ritiene corretta l'interpretazione 
delle vigenti disposizioni nella soggetta materia. 
E poich� i ricorsi gerarchici della Provincia e del Comune 
di Parma furono proposti al Ministero nel termine di giorni 
trenta, essi erano ricevibili. Pertanto i ricorsi di detti Enti 
innanzi a questo Consiglio devono essere accolti e i decreti ministeriali 
impugnati devono essere annullati; e, quindi, il Ministero 
dovr� nuovamente pronunciarsi sui ricorsi ad esso proposti. 
(Omissis). 


CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 8 luglio 1963, n. 547 -Pres. Voz


zi ,. 
Est. Laschena -Soc. Concessioni e Costruzioni Auto


strade c. Ministero Interni e Comune di S. Benedetto Val 

di Sambro. 

Tasse e imposte comunali -Aumento delle aliquote massime legali 


Deliberazioni comunali istitutive di sovraimposte -Successiva au


torizzazione -Legittimit�. 

(1. 6 ottobre 1962, n. 1468, artt. 1 e segg.). 
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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 131 

Tasse e imposte comunali -Sovraimposte -Deliberazione istitutiva 


Valutazione dei presupposti -Riferimento alle esigenze del bilan


cio -Illegittimit�. 

(t.u. c. e p. del 1934, artt. 306 e 332; 1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 24; 
1. 6 ottobre 1962 n. 1468). 
Gli atti deliberativi dei Comuni in materia di~ aumenti di 
imposte oltre la tariffa massima diventano esecutivi per effetto 
dell'autorizzazione, anche se concessa successivamente, della 
Commissione Centrale della Finanza locale e della G. P. A. E' 
valida, pertanto, la c.d. autorizzazione successiva ai fini� della 
legittimit� (e della esecutoriet�) delle deliberazioni comunali (1). 

La deliberazione istitutiva di sovraimposte, incidendo in 
modo grave sugli interessi patrimoniali dei contribuenti, deve 
essere adottata in base a un ponderato esame della situazione 
economico -finanziaria. E' pertanto illegittima la deliberazione 
che, nell'istituire la supercontribuzione, faccia generico riferimento 
alle esigenze del bilancio, anche se formulate nel senso di 
ottenerne il pareggio (2). 

(Omissis). -Censure analoghe a quelle dedotte con gli altri 
motivi sono state gi� esaminate dalla Sezione con decisione in 
pari data, emessa su ricorso proposto dalla stessa Soc. Autostrade 
nei confronti del Comune di S. Benedetto Val di Sam


(1) Puntuale applicazione delle norme interpretative contenute nella 
I. 6 ottobre 1962, n. 1468. In precedenza la Cassazione si era pronunciata 
nel senso della illegittimit� della deliberazione relativa a una tariffa 
superiore al massimo e adottata prima dell'autorizzazione, e .nel senso 
della invalidit� della c,d. autorizzazione successiva: Cass. 20 febbraio 1961, 
n. 370, Foro it., Mass., 1961, 82. 
(2) Esatta delimitazione del potere attribuito ai Comuni per imporre 
sovrimposte ai sensi degli artt. 306 e 332 t.u. c. e p. del 1934 ed ai sensi 
dell'art. 95 t.u. fin. loc. modificato dall'art. 24 l. 2 luglio 1952, n. 703. Non 
� infatti sufficiente un generico riferimento alle esigenze del bilancio 
per giustificare la imposizione di sovrimposte; n� � sufficiente uno specifico 
riferimento alle esigenze di ottenere il pareggio del bilancio. E' invece 
necessaria, dato che le richiamate norme delimitano le circostanze (accertate 
necessit�, casi eccezionali) nel cui concorso quel potere va esercitato, 
una completa valutazione della situazione economico-finanziaria e, se s'intende 
conseguire il pareggio, occorre, in particolare, considerare l'entit� 
del gettito delle entrate ordinarie, che deve apparire insufficiente per le 
esigenze dell'ente e ~iustificare cos� l'adozione della maggiorazione delle 
imposte. (Il 5� comma dell'art. 332 t.u. c. e p. -prima della modifica 
di cui alla I. 16 settembre 1960 n. 1014, art. 23 -� stato dichiarato illegittimo 
dalla Corte Costituzionale con sentenza 30 gennaio 1962 n. 2, 
Giuris. Cast., 1962, 15). 
�La Cassazione si � occupata dell'impugnabilit� della deliberazione 
comunal.'I: istitutiva di tributo speciale, da altro aspetto; e cio� se avverso 



132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bro avverso la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni 
per l'anno 1960, dalla quale il Collegio ritiene di non doversi discostare. 


In particolare, si osserva che il secondo motivo, con il quale 
viene denunciata la violazione degli artt. 95, ultimo comma, t.u. 
14 settembre 1931, n. 1175, e 306 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, � infondato. 


Nelle more del presente giudizio � entrata in vigore la.1. 6 ottobre 
1962, n. 1468, dal titolo � Interpretazione autentica degli articoli 
306 e 332 del testo unico della 1. com. e prov. 3 marzo 1934, 

n. 383, e successive modificazioni, e dell'art. 95 del t. u. per la 
fin. loc. 14 settembre 1931, n. 1175, e successive modificazioni�. 
Il dichiarato carattere di interpretazione autentica delle 
disposizioni legislative in materia, proprio della citata legge, 
ed espressamente ribadito nel testo della medesima, preclude 
ogni indagine circa l'effettiva portata della nuova norma. Come 
risulta dalla stessa sua formulazione e si desume dai lavori 
preparatori (v. relazione sulla proposta di I. n. 3671, presentata 
alla Camera dei Deputati il 22 marzo 1962), essa ha 
voluto stabilire che �gli atti deliberativi dei Comuni in materia 
di aumenti di imposte -oltre la tariffa massima -di


di essa, prima ancora che sia stato compiuto l'accertamento nei confronti 
dei singoli contribuenti, sia ammissibile, da parte di costoro, l'impugnativa, 
ed il S.C. (Sez. Un. sent. n. 2519/51, in questa Rassegna, 1952, 41, con 
nota di A. Cmcco) ha formulato la seguente massima: � La deliberazione 
comunale istitutiva di un tributo speciale non ancora accertato nei confronti 
dei singoli contribuenti non spiega la sua incidenza su determinati 
soggetti dell'obbligazione tributaria, che possano, per ci� solo, ritenersi 
lesi in un loro diritto. Non pu�, quindi, parlarsi in tale ipotesi, di diritto 
soggettivo, che si ha solo con riferimento a posizioni individuali, assunte 
lese non potenzialmente ed eventualmente, ma concretamente, dall'imposizione. 
Conseguentemente non � sufficiente invocare la possibilit� astratta 
di una lesione, in dipendenza del provvedimento generale amministrativo 
che istituisca il tributo, per chiedere davanti al giudice ordinario l'attuazione 
di una concreta volont� di legge che si assume esistente a proprio 
favore, restandosi sempre nel campo della tutela di un interesse legittimo 
ma non gi� di un diritto soggettivo. 

� Fino a quando l'imposizione del tributo ha una illimitata latitudine 
della sua possibilit� di espansione sui soggetti passivi del tributo, svincolata 
da ogni riferibilit� personale, diretta e attuale, non si ha lesione 
in atto. In tal caso, l'interesse del cittadino non diventa autonomo con 
autonomia di mezzi di tutela, ma rimane conglobato con l'interesse collettivo, 
e rimesso pertanto, come interesse generale di tutti e di ciascuno 
della regolarit� dell'azione amministrativa, alla tutela dello stesso ente 
pubblico. 

� In tale situazione manca al cittadino l'interesse qualificato ad agire 
e la relativa questione si risolve in questione di giurisdizione �. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 133 

ventano esecutivi per effetto dell'autorizzazione, anche se concessa 
successivamente, della Commissione Centrale per la Finanza 
Locale, delle Giunte Provinciali Amministrative e dei 
corrispondenti organi delle Regioni a statuto speciale � e che 
� non si fa luogo a restituzione di somme gi� pagate in base 
a deliberazioni comunali per le quali sia comunque intervenuta 
l'autorizzazione �. 

La legge in esame riconosce, quindi, la validit� della c.d. 
autorizzazione successiva ai fini della legittimit� (e della esecutoriet�) 
delle deliberazioni comunali istitutive delle sovraimposizioni. 
E poich�, per il suo carattere interpretativo, ha effetto 
retroattivo, � .sicuramente applicabile nel caso in esame. 
Consegue che la deliberazione comunale che ha approvato la 
tariffa ordinaria e ha istituito le maggiorazioni delle imposte 
di consumo, approvata dalla G.P.A. �con autorizzazione alla 
applicazione delle supercontribuzioni �, si sottrae alla censura 
dedotta sotto tale profilo. 

Sul terzo e sul quarto� motivo osserva la Sezione che, ai 
sensi dell'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, modificato dall'art. 24 
della 1. 2 luglio 1952, n. 703, i Comuni possono essere autorizzati 
ad aumentare le tariffe delle imposte di consumo �in caso 
di accertata necessit��. Le modalit� e i criteri di applicazione 
della norma suddetta sono stabiliti dall'art. 306 t.u. n. 383 
del 1934, secondo il quale (sesto comma) la G.P.A., in casi eccezionali, 
pu� autorizzare ulteriori aumenti delle tariffe massime 
fino al limite del 50%. 

L'esercizio di siffatto potere � vincolato a precisi presupposti, 
onde non � consentito all'Amministrazione prescindere 
dalla considerazione delle particolari circostanze (� accertata 
necessit� � ed � eccezionalit� del caso � ), che, sole, giustificano 
la sovraimposizione. Ne deriva che non � sufficiente il generico 
riferimento alle esigenze del bilancio, che si legge nella 
deliberazione comunale in questione. � 

Nel corso della discussione orale, la difesa del Comune ha 
obiettato che la� censura di difetto di motivazione, dedotta sotto 
tale profilo, � inconferente, perch� l'Amministrazione non 
si sarebbe avvalsa del potere di cui all'art. 95 t.u. fin. loc. ma �li 
quello conferitole dall'art. 332, quinto comma, t.u. c. e p. e successive 
modificazioni appunto in relazione all'esigenza di conseguire 
il pareggio del bilancio. E il riferimento alla detta esigenza, 
contenuto nella deliberazione comunale, costituirebbe 
idonea motivazione. . 

Si sostiene cio� che la vigente legislazione contempla due 


134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

poteri di maggiorazione delle imposte di consumo: l'uno, previsto 
dall'art. 95 t.u. n. 1175 del 1931, ha per oggetto l'aumento 
delle tariffe massime, in caso di accertata necessit� e dietro 
autorizzazione della G.P.A.; l'altro, contemplato al 5� comma 
dell'art. 332 suddetto, concerne i soli Comuni, che non siano 
in grado di assicurare il pareggio economico del proprio 
bilancio ed ha per oggetto l'aumento delle imposte in genere e, 
in ispecie, d.i quelle di consumo. 

Ma, anche ammesso che i due poteri siano assolutamente 
diversi per le finalit� che si propongono e che il Comune di 

S. Benedetto Val di Sambro si sia avvalso del potere di cui 
all'art. 332, 5� comma, t.u. 3 marzo 1934, n. 383, il semplice 
riferimento alle esigenze di bilancio, ripetendo tautologicamente 
le parole della legge, si palesa quale una mera clausola 
di stile, insufficiente a giustificare l'esercizio di un potere, 
previsto pur sempre, nel sistema della finanza locale, per casi 
eccezionali. 
In ogni modo, la deliberazione istitutiva delle supercontribuzioni, 
che cos� gravemente incide sugli interessi patrimoniali 
dei contribuenti, deve essere adottata in base a un ponderato 
esame della situazione economico -finanziaria del Comune. E 
le necessit� del bilancio, invocate nel provvedimento impugnato, 
non potrebbero, a stretto rigore, essere accertate se 
non in occasione della formazione e dell'approvazione del bilancio 
; il che non � avvenuto nella speci�. 

La ricorrente deduce, ulteriormente, che il Comune non ha 
tenuto conto delle ripercussioni che sul bilancio avrebbero 
avuto le entrate provenienti dall'applicazione della tariffa massima 
ordinaria delle imposte di consumo sui materiali da impiegare 
nella costruzione dell'autostrada. 

Anche tale censura � fondata. 
La valutazione della sovraimposizione derivante dal gettito 
ordinario delle imposte di consumo costituisce effettivamente 
il presupposto delle deliberazioni istitutive delle so.
vraimposizioni. La �necessit�� dell'applicazione delle medesime 
�, infatti, determinata proprio dalla insufficienza delle 
entrate ordinarie a fare fronte a certe esigenze. 
Occorre, pertanto, che il Comune consideri anzitutto l'entit� 
del gettito di queste ultime, al fine di stabilire se debba, 
tuttavia, ricorrere all'adozione delle maggiorazioni delle imposte. 
Le sovraimposizioni, poi, costituendo nel sistema della finanza 
locale un rimedio eccezionale, vanno contenute -entro 
i limiti massimi stabiliti dalla legge -nella misura indi-

Il


. 

. 

�: 

~ 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 135 

spensabile ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze, in 
relazione alle quali sono deliberate. 

Nella specie, la maggiorazione della tariffa � stata adottata 
�ai fini del pareggio del bilancio �. Dunque, lo stesso Comune, 
con tale formula, ha inequivocamente affermato di volere 
contenere l'aumento nei limiti occorrenti al ripiano del bilancio. 
Ma, a tale fine, avrebbe dovuto, in primo luogo, tenere 
conto dell'entit� della sovraimposizione attiva derivante dal gettito 
ordinario delle imposte e, poi, se fosse stato tuttavia necessario, 
avrebbe potuto procedere alla sovraimposizione nei 
limiti suindicati. L'Amministrazione obietta che, in quel momento, 
il credito per le imposte ordinarie non era certo, essendo 
stata contestata dalla Societ� ricorrente la stessa assoggettabilit� 
dei materiali occorrenti per l'esecuzione dei lavori 
all'imposta di consumo. Ma l'argomento non ha pregio. 

I bilanci comunali sono, infatti, bilanci di competenza e 
non di cassa e, pertanto, nella previsione non poteva non tenersi 
conto del credito in questione. D'altra parte, il Comune 
aveva gi� in deposito il terzo presunto dell'imposta, onde era 
in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare �l'entit� 
della sovraimposizione e le sue ripercussioni sul bilancio. 

Il ricorso deve essere, quindi, accolto. (Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 25 settembre 1963, n. 773 


. , Pres. Chiofalo -Est. Scotto -Moscatelli c. Ministero In


terni e Opera pia Fondazione � Figlio di Mamma Rosa �. 
Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare 
in soprannumero -Conseguita idoneit� -�Annullamento 
del concorso -Bando di un cocorso magistrale per titoli -Esibizione 
del certificato della conseguit� idoneit� poi annullata Esclusione 
dal concorso ~ Legittimit�. 

(1. 17 luglio 1890, n. 6972, art. 46; t.u. c. e p. del 1934, art. 19; 
1. 8 marzo 1947, n. 277). � 
E' legittimo il provv~dimento col quale il Prefetto, avvalendosi 
del potere eccezionale di urgente necessit�, fatto salvo 
dalla prima parte dell'art. 46 l. 17 luglio 1890, n. 6972 e 
da esercitarsi con funzione surrogatoria non soltanto sugli uffici 
pubblici, ma anche sugli enti pubblici che svolgano com~ 
piti di carattere ausiliario a quelli dello Stato (nella specie 
opera pia), abbia nominato un Commissario straordinario per 
procedere ad una completa normalizzazione amministrativa e 
patrimoniale dell'ente, la cui attivit� era stata paralizzata in 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

136 

,seguito alle dimissioni, sebbene non ancora accettate, della, 
maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazio


ne (1). 

(1) Massima esatta; cfr. per un caso analogo Sez. IV, 30 ottobre 1951, 
n. 719. Non vi � dubbio infatti che l'art. 46 I. n. 6972, nel disciplinare uno 
speciale procedimento per lo scioglimento delle amministrazioni delle opere 
pie, abbia fatto salvi i provvedimenti di urgente necessit�, tra i quali 
rientmno appunto quelli previsti dall'art. 19 t.u. c. e p., modificato dalla 
I. 8 marzo 1949, n. 277, che attribt1isce all'autorit� prefettizia una funzione 
surrogatoria nei riguardi degli enti pubblici che esercitano attivit� ausiliaria 
a quella dello Stato e che per circostanze contingenti e imprevedibili 
non sono in grado di funzionare (come nel caso di dimissioni della 
maggioranza dell'organo deliberante). 
Deve peraltro ritenersi che il provvedimento prefettizio, essendo stato 
emanato ai sensi della I. n. 277, doveva, come in effetti � stato, conside~ 
rarsi definitivo. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 739 -Pres. 
Stumpo -Est. Melito -Soc. Turismo e Autolinee Roma 
(S.T.E.A.R.) c. Ministero Trasporti. 

Concessioni amministrative -Trasporti in concessione -Autolinee Preferenze 
-Nuova concessione -Posizioni dei precedenti concessionari 
-Preferenze -Limiti. 
Cl. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 5). 

I, diritti di preferenza, ai sensi dell'art. 5, della l. 28 settembre 
1939, n. 1822, hanno finalit� conservative, nel senso che essi 
intendono, con la conservazione del traffico gi� acquisito, tutelare 
le posizioni precostituite dei precedenti concessionari ed 
il contenuto economico delle concessioni, ma non nel senso di 
favorire un indefinito ampliamento delle sfere concessionali 
esistenti (1 ). � 

�) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV 18 maggio 1956, Il Consiglio 
di Stato, 1956, I, 578; Sez. IV, 18 maggio 1956, n. 511, ivi, I, 579; Sez. IV, 
6 giugno 1956, n. 581, ivi, I, 615. 

-:~ 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 743 -Pres. 
Stumpo -Est. Daniele -Russo c. Ministero P. I. 

Istruzione pubblica -Maestri elementari -Concorso per maestro elementare 
in soprannumero -Conseguita idoneit� -Annullamento 
del concorso -Bando di un concorso magistrale per titoli -Esibizione 
del certificato della conseguita idoneit� poi annullata -Esclus1one 
� dal concorso -Legittimit�. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 137 

. Regione siciliana -Maestri elementari -Passaggio dei servizi dallo 
Stato alla Regione -Non � ancora intervenuto -Incompetenza 
della Regione ad emettere norme di immediata applicazione sullo 
stato giuridico degli insegnanti elementari. 
(Statuto spec. per la Reg. sicil., art. 14, lett. q.; art. 3). 

In seguito all'annullamento del concorso a posti di maestri 
in soprannumero, nel quale sia stata conseguita la idoneit�, � 
legittima la esclusione di un aspirante dal concorso magistrale 
per� titoli, in cui sia stato esibito, quale titolo di ammissione, il 
certificato della annullata idoneit� (1 ). 

Le Regione Siciliana ha competenza legislativa esclusiva in 
materia di istruzione elementare; ma il relativo potere non pu� 
essere esercitato prima del passaggio delle funzioni dallo Stato 
alla Regione. Di conseguenza, le norme emanate dalla Regione in 
materia di stato giuridico dei maestri sono legittime solo in 
quanto non siano dirette a produrre �immediata modificazione. 
della condizione giuridica del personale; esse devono ritenersi 
emanate in vista del futuro passaggio delle funzioni e non sono 
quindi applicabili immediatamente ai maestri, i quali restano 
amministrati dalla Regione, quale organo decentrato dello 
Stato (2). 

{1-2) La prima massima valuta con esattezza le conseguenze giuridiche 
che sono derivate dall'annullamento della 1. reg. sic. 6 maggio 1955, 

n. 40 (pronunciato dalla Corte Costituzionale, 8 luglio 1959, n. 44, Giuris. 
cast. 1959, 724), in base alla quale il concorso per maestro in soprannumero 
era stato espletato. 
La seconda massima s'informa al principio gi� affermato dalla Corte 
Costituzionale (19 dicembre 1959, n. 63, riv. cit. 1959, 1148), secondo il 
quale la Regione Siciliana '11.0n pu� emanare norme relative allo stato giuridico 
degli insegnanti elementari prima che, con l'osservanza del procedimento 
stabilito dall'art. 43 dello Statuto, gli insegnanti stessi siano passati 
dallo Stato alla Regione (cfr. anche Corte Cost. 24 gennaio 1964, n. 3, 
retro, 12; Ad plen. 23 giugno 1953, n. 1, Il Consiglio di Stato, 1953, 761). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 535 -Pres. 
D'Avino -Est. Manzari -Ammendola c. Ministero Lavori 
Pubblici. 

Edilizia popolare ed economica � Alloggi cooperativi -Assegnazione Ricorso 
'di soggetto estraneo alla cooperativa -Pronunzia della 
Commissione -Illegittimit�. 



138 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Attribu


zioni di vigilanza e di decisione -Distinzione -Pronunzia -Moti


vazione -Perplessit� -Illegittimit�. 

(t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 111, 131). 
Non � legittimato a ricorrere alla Commissione di vigilanza 
per l'edilizia popolare ed economic�, al fine di far dichiarare la 
decadenza dell'assegnazione di alloggio cooperativo, chi non sia 
socio n� aspirante socio della cooperativa (dovendosi ritenere 
estraneo alla cooperativa colui che, in dipendenza dell'avvenuta 
locazione di alloggio cooperativo, sia un semplice affittuario) (1). 

� La Commissione di vigilanza ha attribuzioni di vigilanza, che 
esercita di ufficio a tutela dell'interesse pubblico, ed attribuzioni 

decisorie che esercita su ricorso degli interessati: le due funzioni 
non si confondono tra di loro, ma devono rimanere distinte 
ed autonome, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima 
la pronunzia nella quale la Commissione non dichiari 
espressamente, o quanto meno non � possibile determinare con 
assoluta certezza, se essa sia stata emessa ex officio o su ricorso 
(2). 

(1-2) Su entrambe le massime la giurisprudenza � costante: sulla prima 
cfr. Sez. IV, 11 marzo 1959, n. 368, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 345 e 
giuris. ivi cit.; sulla seconda cfr. Sez. VI, 7 novembre 1962, n. 779, ivi, 
1962, I, 1884. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 ottobre 1963, ri.. 797 Pres. 
De Martino Rosaroll -Est. -Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi 
di Brescia c. Ministero P. I. 

.Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e ru 
artistico -Notifica precedente alla 1. n, 1089 del 1939 -Rinnovazione 
-Autonomia rispetto al precedente vincolo -Presupposti -Accertamento 
-Necessit�. 

(1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21). 
'

l

t 

L'atto di rinnovo, ai sensi dell'art. 21 l. 1� giugno 1939, 

~! 

n. 1089, di vincolo storico e artistico precedentemente notifi~
i; 
cato deve essere motivato con l'indicazione, diretta o per rela. 
tionem delle concrete ragioni giustificative del provvedimento. ' 
Esso � autonomo rispetto al precedente vincolo : la rinnovaziol 


ne, infatti, deve essere valutata sulla base delle condizioni di ~ 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139 

fatto alla data della rinnovazione, e l'atto deve enunciare la 
natura dell'interesse particolarmente importante, nonch� il pubblico 
interesse alla conservazione del vincolo (1 ). 

(1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 27 gennaio 1960, n. 22, Il 
Consiglio di Stato, 1960, I, 93; 25 gennaio 1961, 51, ivi, 1961, I. 127.. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 31 ottobre 1963, n. 798 -Pres. 

D'Avino -Est. Valitutti -Amm.ne Orfanotrofi. di Brescia c. Mi


nistro P. I. 
Demanio -Demanio storico e artistico -Vincolo di interesse storico e 

artistico -Contenuto -Indeterminatezza -Illegittimit�. 

(1. 1. giugno 1939, n. 1089, art. 21). 
Il potere, attribuito al Ministro della P. I. dall'art. 21 l. 1� giugno 
1939, n. 1089, � rivolto a prescrivere distanze, misure ed altre 
norme al fine di evitare che sia messa in pericolo l'integrit� 
delle cose immobili aventi valore storico e artistico, ne sia danneggiata 
la prospettiva e la linea e ne siano alterate le condizioni 
di ambiente e di� decoro, imponendo cos� dei vincoli 
alla propriet� privata non in considerazione del valore intrinseco 
dei beni (c.d. vincolo diretto), ma per la relazione ambientale 
che i beni stessi hanno con gli immobili di valore storico 
e artistico (c.d. vincolo indiretto). Il relativo provvedimento, 
a seconda della natura dell'interesse da tutelare, deve 
con precisione determinare il contenuto del vincolo, che � attribuito 
alla competenza esclusiva de,l Ministro (1). 

E' pertanto illegittima l'imposizione del vincolo quando il 
Ministro non abbia specificato gli oneri imposti al proprietario 
e ne abbia rimesso la futura determina?,ione al soprintendente 
(2). 

(1-2) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 14 ottobre 1959, n. 595, Il 
Consiglio di Stato, 1959, I, 1385; Sez. VI, 31 maggio 1961, n. 489, ivi, 1961, 
I, 1003; Sez. VI, 31 ottobre 1961, n. 811, ivi, 1961, I, 1795; 15 ottobre 1963, 

n. 516; 23 ottobre 1963, n. 788. 
LODO 30 novembre 1963 (Roma) -Pres. ed Est. Meregazzi -

Soc. it. strade ferrate del Mediterraneo c. Ministero dei 

Trasporti e dell'Aviazione civile. 
Concessioni amministrative -Sopravvenuta eccessiva onerosit� della 
prestazione ~ Risoluzione ~ Inammissibilit� -Sopravvenuta eccessiva 
onerosit� di una sola clausola. -Sua eliminazione -Inammissibilit�. 

-



140 

R<\SiEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Concessioni amministrative -Concessione di servizio pubblico di ferrovia 
-Riscatto -Aree espropriate o acquistate con fondi forniti dallo 
Stato a forfait -Devoluzione gratuita a favore dello Stato. 

(r.d. 1. 29 luglio 1926, n. 1450; r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186; 
e.e. art. 1467). 
In tema di concessioni amministrative (nella specie: concessione 
di un pubblico servizio di ferrovie) la sopravvenuta eccessiva 
onerosit� della prestazione non pu� comportare la risoluzione 
della concessione. In nessun caso, comunque, l'eccessiva 
onerosit� di una clausola pu� dar luogo alla sua eliminazione, 
ma comporterebbe in ogni caso la risoluzione del contratto 
nella sua interezza; e pertanto le norme sull'eccessiva onerosit� 
non possono essere invocate quando, eseguito� ormai tutto 
il contratto, resta da eseguire quella sola parte di esso che si 
assume essere divenuta eccessivamente onerosa (1). 

In caso di riscatto di una concessione a favore di una industria 
privata, avente ad oggetto un servizio pubblico di trasporto 
in ferrovia, le aree, che siano state, con fondi forniti dallo. 
Stato a forfait, espropriate a favore del concessionario ovvero 
da costui acquistate per la costruzione ed il funzionamento della 
ferrovia, debbono interamente e gratuitamente essere devolute 
allo Stato al momento del riscatto, ai sensi dell'art. 186 t. u. 
9 maggio 1912, n. 1447, dovendo le stesse considerarsi pertinenze 
della ferrovia, di cui seguono le sorti (2). 

(1-2) Non risultano precedenti della Cassazione sulla questione (v., 
tuttavia, in senso contrario lodo 23 giugno 1948, Foro it., 1949, I, 772 con 
nota di L. BTAMONTI). La Cassazione invece ha esaminato l'ammissibilit� 
della risoluzione per eccessiva operosit� per i contratti di pubblici appalti 
e di pubbliche forniture, escludendola (cfr., per gli appalti, Cass. 30 
luglio' 1957, n. 3233, Foro it., 1957, I, 738; per le forniture, Cass. 16 luglio 
1956, n. 2719, Giust. civ., 1956, I, 2037, con nota di DI SALVO, I contratti di 
pubbliche forniture e la risoluzione per eccessiva onerosit�). 

Non vi � dubbio poi, che l'eccessiva onerosit� di una sola clausola 
non pu� dar luogo alla sua eliminazione, dovendo il contratto considerarsi 
ed eseguirsi nella sua interezza. La questione � sorta, nella specie, 
in relazione alla clausola contenuta nell'art. 42 della convenzione: � decorsi 
venti anni dal giorno dell'apertura dell'intera rete al pubblico servizio, 
lo Stato avr� diritto al riscatto della rete stessa: ... b) rilevando il 
materiale rotabile al prezzo originario di acquisto sotto deduzione delle 
spese occorrenti per renderlo in condizioni normali di manutenzione �. Al 
riguardo la difesa della societ� ha sostenuto che il prezzo originario di 
acquisto va inteso come valore originario di acquisto, sul quale non dovrebbero 
incidere i deprezz�menti conseguenti all'uso; valore che, in linea 
di massima, � destinato a diminuire col crescere dell'uso d�lla cosa, 
ma che, eccezionalmente, pu� anche aumentare se intervengono cause ec



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 

(Omissis). -In via subordinata, la Societ� nell'ipotesi dimostratasi 
fondata -che fosse esatta l'interpretazione data 
dall'Amministrazione alla clausola contenuta nella lettera b) dell'art. 
42 della Convenzione, ritiene che nel caso si applicherebbe 
l'art. 1467 del e.e., perch�, trattandosi di un contratto ad esecuzione 
differita, la prestazione di una delle parti sarebbe divenuta 
eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti 
straordinari ed imprevedibili. 

In linea di principio la stessa difesa della Societ� -la cui 
profonda competenza ed esp<;!rienza nel campo del diritto pubblico 
� ben nota -si rende conto che ci si trova di fronte ad 
una concessione amministrativa, ad un rapporto, cio�, di diritto 
pubblico, regolato in gran parte direttamente dalla legge; e 
in tale considerazione sarebbe indotta ad escludere che la sopravvenuta 
eccessiva onerosit� della prestazione possa comportare 
la risoluzione dell'intero contratto. 

Il Collegio non pu� che condividere tale esattissima opinione, 
nel rilievo che in materia di concessione di pubblici servizi, 
tutte le disposizioni di legge e le clausole dei disciplinari sono 
intese ad assicurarne comunque l'espletamento anche contro lo 
interesse del concessionario ed in qualsiasi evenienza. Applicazione 
di tale principio � l'art. 79, r comma, del T.U. 9 maggio 1912, 

n. 1447, a mente del quale �i concessionari delle ferrovie pubbliche 
debbono provvedere a tutti i casi e sottostare a tutti 
gli eventi, cos� ordinari come straordinari, senza potersi esicezionali, 
di cui la pi� nota � la svalutazione monetaria. Insomma, secondo 
la societ�, si deve considerare quanta moneta, secondo il valore attuale 
di essa, occorre per acquistare materiale identico a quello a suo 
tempo acquistato dalla :mciet�, unica esigenza da osservare essendo quella 
di consegnare materiale in normali condizioni di manutenzione. Se al contrario,
� ha aggiunto la societ�, il prezzo originario di acquisto. dovesse 
intendersi, in conformit� alla tesi dell'Amministrazione, come prezzo che 
si corrisponde all'atto di acquisto di tUJ;a cosa, potrebbe eccepirsi la non 
esecuzione deJ.la clausola di consegna del materiale mobile, �per sopravvenuta 
eccessiva onerosit�. La tesi � stata esattamente respinta dal Collegio, 
sia perch� una clausola non pu� scindersi dal complessivo contenuto 
del contratto, che va interpretato nella sua interezza, sia perch� l'eccessiva 
onerosit� presuppone l'attuale esecuzione del� contratto stesso, e 
non la risoluzione o la estinzione, che ha luogo in virt� del riscatto. 

La seconda massima individua e delimita le conseguenze che discendono 
dal riscatto di una concessione di pubblico servizio, ponendone 
in rilievo gli effetti devolutivi, in virt� dei quali tutte le aree, espropriate 
(salvo restando. il diritto di retrocessione, ove ne ricorrano i presupposti) 

o acquistate con fondi forniti dallo Stato a forfait, sono trasferite allo 
Stato stesso gratuitamente ai sensi dell'art. 186 t.u. n. 1447 del 1912. 

142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mere dagli obblighi contratti in forza della loro concessione e 
senza acquistare diritto a speciali compensi che non fossero 
espressamente pattuiti negli atti di concessione�. 

Ritiene, tuttavia, la Societ� che in questo caso il problema 
cos� enunciato ha scarsa rilevanza; applicandosi la risoluzione 
ad un rapporto continuativo (cio� avente per oggetto prestazioni 
di carattere continuativo), nel momento in cui q�esto 
viene a cessare, la risoluzione non avrebbe effetto nei riguardi 
delle prestazioni gi� adempiute, a norma del 1� comma dello 
art. 1458 e.e. 

Ma anche con tale impostazione non si supera la preclusione 
di principio sopraindicata, perch� sempre si tratta di 
una clausola del rapporto concessionale di diritto pubblico, 
n� si evita l'obiezione che la risoluzione colpirebbe una sola 
clausola del contratto, e non l'intero contratto. Ora n� la dottrina 
n� la giurisprudenza ammettono che la risoluzione per 
eccessiva onerosit� possa applicarsi ad una sola clausola del 
contratto. In altri termini, la eccessiva onerosit� di una clausola 
di un contratto non pu� dare luogo alla sua eliminazione, 
ma comporterebbe semmai la risoluzione del contratto nella sua 
interezza. 

L'acuta difesa della Societ� osserva che nel caso sarebbe 
l'intero contratto a venir meno nella sola clausola che rimane 
da eseguire, poich� -come si � detto -ai sensi dell'art. 1458 

e.e. la risoluzione non ha effetto nei confronti delle prestazioni 
gi� eseguite, nei contratti ad esecuzione continuata. 
E poich� non si nasconde le gravi conseguenze di tale pronuncia, 
la difesa della Societ� si affretta a riconoscere che essa 
non potrebbe comunque incidere sul potere di riscatto della P. 

A. che deriva direttamente dalla legge (art. 188 e seguenti del 
t.u. 9 maggio 1912 n. 1447) e non dalla clausola contrattuale ed 
� pertanto inderogabile e irrinunciabile perch� conferito istituzionalmente 
nel pubblico interesse. Il risultato della soppressione 
dell'art. 42 (poich� tutto l'articolo scomparirebbe e non 
soltanto la clausola di cui alla lettera b) consisterebbe, come 
ritiene la societ�, nell'applicazione delle modalit� di riscatto 
previste in via generale dalla legge (art. 190 e segg. del predetto 
t.u., il che � inesatto perch�, semmai, si applicherebbe l'art. 188 
in relazione all'art. 191, n. 1) in sostituzione di quelle dell'art. 42 
della Convenzione che vi avevano derogato. Fermo restando il 
potere della P. A. di disporre il riscatto, sarebbero annullate 
soltanto le speciali e onerose modalit� previste dalla Convenzione. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 143 

Ma anche in presenza di codesta ingegnosa costruzione dogmatica 
(che tuttavia, come si � gi� accennato, contrasta con la 
richiesta principale della Societ� che vuole il materiale rivalutato 
sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi all'ingrosso, 
e non al prezzo di stima) il Collegio osserva che nella 
specie non si tratterebbe di una delle prestazioni periodiche e 
continuative che per eventi straordinari e imprevedibili sarebbe 
diventata eccessivamente onerosa, ma della clausola che pone 
fine allo stesso rapporto contrattuale e concerne gli effetti 
di tale estinzione. Sarebbe una contraddizione in termini, dichiarare 
risoluto un contratto, nel momento stesso in cui esso 
� gi� estinto in virt� del riscatto. 

Inoltre, essendo ormai -in tutto quel che non riguarda 
il riscatto -completamente esaurito nelle reciproche prestazioni 
il contenuto dell'intero rapporto contrattuale e finito il 
suo specifico oggetto, non � possibile isolare la clausola finale 
dall'economia contrattuale e non � nemmeno pensabile una sua 
eventuale eccessiva onerosit� quando non possa pi� riferirsi 
all'equilibrio sinallagmatico che regge ogni rapporto contrattuale 
con prestazioni corrispettive, ormai, nella specie, del. tutto 
adempiute nel passato. L'onerosit� di una clausola non pu� essere 
valutata in senso assoluto, ma soltanto in rapporto a tutte 
le prestazioni contrattuali di ambedue le parti; prestazioni che, 
nella fattispecie, non sono omogenee, ma sono di diversa natura 
e ormai esaurite completamente. 

Manca pertanto ogni presupposto per l'applicazione dello 
art. 1467 e.e. 

In realt� l'applicazione della norma inciderebbe proprio sul 
potere della P.A., poich� potrebbe portare all'assurda conseguenza 
di riconoscere il diritto della Societ� a non consegnare 
allo Stato il materiale rotabile, svuotando cos� di contenuto il 
potere di riscatto. Che se poi, secondo la tesi prospettata dalla 
Societ�, il potere sussistesse ancora e con esso l'obbligo della 
Societ� di consegnare il materiale rotabile, mutandosi soltanto 
le modalit� e la misura dell'indennit�, non si avrebbe una 
risoluzione della clausola, ma soltanto una sua modificazione 
consistente in una reductio ad aequitatem non consentita dall'art. 
1467 e tanto meno rientrante nella competenza del Collegio 
che, per espresso patto della Convenzione (art. 48 ultimo 
comma), deve giudicare soltanto secondo le regole di diritto. 

(Omissis). 
(Omissis). -La societ� ha sottoposto al Collegio la questione 
se le aree a suo tempo acquistate o espropriate, ma ri




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sultate p01 m realt� esuberanti alle necessit� della rete ferroviaria 
e pertanto non utilizzate, debbano essere consegnate all'Amministrazione 
al momento del riscatto, ovvero debbano rimanere 
alla societ�, costituendo -essa ritiene -una sua pro'
priet� privata. 

Nel merito occorre in primo luogo osservare che la questione 
non concerne -per concorde riconoscimento delle parti i 
terreni acquistati dalla societ� per la costruzione delle linee 
a rimborso di spesa, intestati in catasto alla societ� con vincolo 
di riversibilit� allo Stato; ma riguarda soltanto le aree 
espropriate o acquistate per la costruzione di linee con fondi 
forniti dallo Stato a forfait (art. 5, 11 e 13 della Convenzione) 
per i quali tale vincolo non � iscritto. 

Nessun dubbio che l'intera rete ferroviaria, senza distin


zione fra tronchi costruiti a rimborso di spesa e tronchi co


struiti a forfait, � devoluta ipso jure e gratuitamente allo Stato 

per effetto del riscatto, ai sensi dell'art. 186 del t.u. 9 mag


gio 1912, n. 1447. 

I 

Ma quid per le aree non utilizzate? I' 
Anzitutto il Collegio osserva che la circostanza che attualmente 
dette aree non siano utilizzate non comporta una presunzione 
assoluta della loro inutilizzabilit� nel futuro, poich� non 
� detto che diversi criteri _organizzativi e nuove necessit� del 
traffico non rendano necessari per le pili varie esigenze quegli 

'

stessi terreni. 

Per individuare tali terreni la societ�, mentre in un primo 

tempo li ha identificati in quelli contemplati nell'art. 60 della 

legge 25 giugno 1865 n. 2359 (e per analogia anche in quelli 

acquistati e non espropriati che si trovano nella stessa situa


zione), in un secondo tempo li ha in parte indicati come quelle 

frazioni residue dei terreni, di cui il proprietario ha diritto di 

chiedere l'espropriazione perch� ridotte dall'espropriazione 

dell'area principale in modo tale da non poter pi� avere una 

utile destinazione, come previsto dall'art. 23 della stessa legge 

del �1865. 

Senonch�, nel primo caso non si vede come e perch� possa 

sostituirsi al proprietario espropriato nel promuovere la di


chiarazione prefettizia che i beni pi� non servono all'opera 

pubblica come previsto nell'ultimo comma della ripetuta legge 

del 1865, quando di tale dichiarazione dovrebbe beneficiare non 

l'originario proprietario dell'area ma la societ� stessa espro


priante; inoltre � chiaro che la inutilit� deve risultare da una 

valutazione tecnico-discrezionale e da un decreto formale della 


� PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145 

autorit� governativa e non pu� giuridicamente fondarsi su una 
semplice, apodittica opinione della societ�. 

Nel secondo caso la societ� non ha dimostrato che alcuna 
delle aree, che assume inutilizzate, sia proprio una di quelle di 
cui il proprietario ha imposto l'esproprio, non sapendo pi� che 
farsene, valendosi della facolt� prevista dall'art. 23 della legge 
1865. D'altra parte, anche per queste aree -non comprese 
nel primitivo piano per la costruzione della rete -non si pu� 
escludere in modo assoluto che non possano servire in futuro 
alle necessit� della ferrovia. 

Ma siffatte osservazioni marginali non colpiscono ancora 
lessenza della questione. 

Per l'art. 186 del t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, e successive 
modificazioni, alla scadenza della concessione -e quindi anche 
al momento del riscatto -la societ� �deve consegnare al 
Governo in buono stato la Strada ferrata, le opere componenti 
la medesima e le sue dipendenze �, tra le quali annovera espressamente 
� in generale qualunque altro immobile che non abbia 
per destinazione distinta e speciale il servizio dei tn1.sporti �. 

Quanto alle aree espropriate in base alla dichiarazione di 
pubblica utilit� emessa implicitamente col decreto di concessione, 
ai sensi dell'art. 21 del citato t.u. per gli effetti dello 
art. 438 (ora 834) del e.e. e delle leggi 25 giugno 1865, n. 2359 
e 18 dicembre 1879, n. 5188 sulle espropriazioni, � chiaro che 
la societ� non potrebbe mai conservare, dalla data di trasferimento 
allo Stato della rete ferroviaria, la propriet� di terreni 
a suo tempo espropriati per una causa di pubblico interesse e 
da considerarsi pertinenza della ferrovia, di cui seguono le sorti. 
Che se poi fosse intervenuto il decreto prefettizio che dichiarasse 
che i beni suddetti non pi� servivano all'opera pubblica, 
� altrettanto evidente -come si disse -che ne beneficierebbe 
l'antico proprietario espropriato, ma non la societ�. 

Comunque l'osservazione decisiva � la seguente: 

Le aree in questione furono tutte, senza distinzione, acquistate 
a forfait con fondi dello Stato, sia quelle espropriate, 
sia quelle acquisite dalla societ� con comuni contratti di compravendita. 
Se anche le previsioni del piano di costruzione della 
rete fossero state formulate con una certa larghezza e conseguentemente 
anche i fondi messi a disposizione dallo Stato fossero 
serviti a procurare terreni di ampiezza che oggi si pretende 
superiore a quelle che poi si manifestarono le reali esigenze 
del servizi� ferroviario, in linea di diritto non � dubbio 
che tutti gli immobili acquisiti coi fondi dello Stato a forfait 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~

146 

. 

per il fine pubblico della costruzione d�lle ferrovie debbano i~ 

i 'blocco trasferirsi gratuitamente allo Stato al momento del ri'


I, 
scatto (cos� come sarebbe avvenuto alla scadenza della concessione 
per l'art. 186 del t.u.) senza po~sibilit�, sotto il p;of�lo 
giuridico, di una prova contraria circa la loro effettiva 
destinazione ed utilizzazione. (Omissis). 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, .17 maggio 1963, n. 1269 -
Pres. Varallo -Est. Favara -P.M. Colli -Ministero Finanze 
c. Sinigaglia. 

Imposta di registro -Case di nuova costruzione -Agevolazioni previste 
dall'art. 18 della legge n. 408 del 1949 -Contratti_di mutuo 
stipulati, per la costruzione di case di abitazione, prima dell'entrata 
in vigore. della legge ma dopo l'entrata in vigore del d.1.1. 
2<,l aprile 1946 n. 350 -Applicabilit�. 

Per la ultrattivit� prevista dall'art. 4 del d.l.l. 24 aprile 
1946, n. 350, col quale gli edifici costruiti dopo l'entrata in 
vigore del decreto medesimo vennero ammessi a godere delle 
agevolazioni di qualsiasi natura che avrebbero potuto essere 
concesse con successivi provvedimenti, va dichiarata l'applicabilit� 
dei benefici previsti dall'art. 18 della legge 2 luglio 1949 

n. 408 anche ai contratti di mutuo, per la costruzione di quegli 
edifici, stipulati prima dell'entrata in vigore della legge stessa (1). 
(Omissis). -Devesi, pertanto, passare all'esame dell'unico 
motivo del ricorso principale con cui si censura la sentenza, 
denunziando violazione ed errata applicazione degli artt. 18 
della 1. 2 luglio 1949, n. 408, delle disposizioni sulla legge in 
genere e 4 del d.l. 24 aprile 1946, n. 350 e si sostiene che la 
sentenza avrebbe errato nel ritenere applicabili ai contratti di 
mutuo in questione, per la ricostruzione di immobili, la maggiore 

(1) In tema di applicabilit� delle agevolazioni della L. n. 408 tlel 
1949 ai contratti anteriori alla legge. 
Con questa sentenza la Cassazione ha ritenuto applicabili le agevolazioni 
tributarie previste dall'art. 18 I. 2 luglio 1949 n. 408 ai contratti 
di mutuo, relativi ad edifici per uso di abitazione, anche se stipulati 

prima dell'entrata in vigore della legge, ma dopo l'entrata �in vigore del 

cl.l.l 24 aprile 1946 n. 350. Il ragionamento � stato il seguente: l'applicazione 
delle agevolazioni discende non da una retroattivit� della I. n. 408, 
bens� da una ultrattivit� dell'art. 4 del d.1.1. n. 350, secondo il quale 
�gli edifici (costruiti dopo l'entrata in vigore di tale decreto) saranno 
ammessi a godere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potranno 
essere concesse per le nuove costruzioni con successivi provvedimenti �: 
-



148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

agevolazione prevista dall'art. 18 della legge n. 480 del 1949, 
quando questa non era ancora entrata in vigore al momento 
della stipulazione del mutuo. Sarebbe, perci�, a parere della 
ricorrente Amministrazione, stato violato il principio dell'irretroattivit� 
della legge, non giovando il richiamo all'art. 4 del 
'd.l. 24 aprile 1946 n. 350, la sua entrata in vigore, cosicch� 
potrebbe venire in considerazione solo l'esenzione venticinquennale 
dell'imposta fabbricati, di cui all'art. 13 della L. 

n. 408 del 1949, al quale soltanto si riferisce l'articolo 23 successivo 
nello stabilire la eccezione alla regola della irretroattivit�; 
ci� risulterebbe ancora pi� manifesto dal testo modificato, di 
cui alla legge n. 1082 del 1954. 
Le censure del mezzo sono infondate. 

Poich�, infatti, per effetto dell'art. 4 del d.l. 24 aprile 
1946, n. 350, le costruzioni di edifici effettuate dopo l'entrata 
in vigore del decreto stesso dovevano ritenersi ammesse a go-

In tal modo l'art. 4 sarebbe una norma in bianco (cos� definito dalla 

Commissione Centrale, 13 novembre 1957 n. 98072, Riv. giur. ed., 1959, I, 

175, con nota di U. GARGIULO), che opera un rinvio ricettizio di tutte le 

agevolazioni che norme successive all'entrata in vigore del d.l. n. 350 po


tranno prevedere, rinviando cos�, in particolare, ai benefici concessi alle 

costruzioni ad uso di abitazione dalla 1. n. 408 (art. 18). 

Codesto ragionamento non pu� condividersi per due decisivi rilievi. 

Anzitutto la legge, laddove prevede che gli edifici saranno ammessi a 

godere delle agevolazioni di qualsiasi natura, ha inteso, evidentemente, 

riferirsi ai benefici dal pagamento di imposte di qualsiasi natura che 

colpiscono gli edifici; e la imposta che colpisce l'edificio � l'imposta 

fabbricati, con le relative sovraimposte, cio� l'imposta che colpisce l'im


mobile, non l'imposta che inerisce al contratto di mutuo o di trasfe.. 

rimento dell'immobile. Ci� � confermato dal criterio di collegamento, 

che il legislatore ha inteso poi stabilire, tra la norma di rinvio (d. n. 350) 

e la norma cui si rinvia (1. n. 408), avendo precisato nella 1. 29 ottobre 

1954, n. 1082 che il beneficio (di cui al precedente articolo 13) � esteso 

alle costruzioni, ampliamenti, ricostruzioni, la cui esecuzione sia iniziata 

dopo l'entrata in vigore del d.1.1. 24 aprile 1946 n. 350. In tal modo, attra


verso la norma di collegamento, l'agevolazione tributaria � stata limitata 

al beneficio dell'art. 13, e cio� all'esenzione dall'imposta fabbricati. � 

Occorre poi osservare (e cos� veniamo al secondo rilievo) che l'esten


sione del rinvio, intesa dalla Cassazione, anche alle agevolazioni che ine


riscono ai contratti (imposte di registro, ipotecaria) darebbe al citato 

art. 4 del d. n. 350 un significato quanto mai ampio e impreciso, che il 

legislatore, in materia di benefici fiscali, non ha mai usato. Se infatti si 

esaminano le varie norme che prevedono agevolazioni tributarie, esse, 

anche in relazione alla loro interpretazione restrittiva, indicano in modo 

tassativo l'atto cui si riferiscono e la specie dell'imposta, di cui inten


dono concedere una riduzione o l'esenzione; cos� ad es. r.d. 28 aprile 

1938 n. 1165, art. 166: � per le compravendite di case costruite entro il 

31 dicembre 1938 la tassa di registro � ridotta ad un quarto della misura 

�~ 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 

dere delle agevolazioni di qualsiasi natura che potevano essere 
concesse per le nuove costruzioni in virt� di successivi provvedimenti, 
alle costruzioni degli anzidetti edifici si deve altres� 
ritenere estesa -fra le altre -l'agevolazione di cui all'art. 18 
della legge 2 luglio 1949, n. 408, per la quale i contratti di mutuo 
stipulati per le costruzioni stesse, alle condizioni IVI previste, 
sono assoggettati al pagamento dell'imposta di registro 
e di quella ipotecaria ridotte ad un quarto. � 

Nella specie, infatti, la Corte di Torino non ha mancato 
di accertare, con insindacabile giudizio di merito, che le costruzioni 
in parola si riferivano ad un edificio sinistrato per 
eventi bellici, in relazione al quale l'attuale resistente non si 
era limitato soltanto alla ricostruzione della parte distrutta, 
ma aveva, altres�, ampliato l'edificio� stesso, costruendo vari 
alloggi in piano sopraelevato, per uso di abitazione non di 
lusso. 

La Corte ha perci� verificato l'esistenza, in punto di fat


ordinaria �; art. 169: � la tassa di registro sui contratti di appalto... 
� ridotta alla met� della misura normale �; I. 9 agosto 1954 n. 640, art. 14: 

�gli atti ed i contratti occorrenti per l'attuazione della presente legge 
sono esenti dall'imposta di bollo ... �; art. 15 : � sono concessi il beneficio 
dell'imposta fissa di registro e quella della riduzione al quarto dell'imposta 
ipotecaria per gli acquisti di aree e per i contratti di appalto ... �. 

E' infine da rilevare che la ultrattivit�, nel significato inteso dalla 
Cassazione, si risolverebbe in una applicazione indefinita dei benefici, 
quasi a catena, di cui sarebbe difficile individuare la fine. Infatti l'agevolazione 
dovrebbe riguardare anche l'imposta sul contratto di appalto dei 
lavori; e poi le imposte relative agli atti di garanzia, e quindi agli atti 
di finanziamento; e poi ancora l'imposta sul contratto di acquisto dell'area 
edificabile, che, una volta eseguita la costmzione, fa parte dell'edificio 
(!"area � stata inspiegabilmente esclusa dal beneficio dalla 
Comm.ne Centrale con la citata decisione); e cos� via. Codesta interpretazione 
� ben lontana dal significato proprio racchiuso nell'art. 4 e in 
generale espresso, come si � visto, nelle norme che prevedono benefici 
fiscali. 

Non � superfluo rilevare che il principio affermato dal Supremo 
Collegio porterebbe, nella sua applicazione pratica, alla seguente situa� 
zione abnorme: nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del d. 

n. 350 del 1946 e l'entrata in vigore della 1. n. 408 del 1949, vi possono 
essere contratti di mutuo, di trasferimento, di appalto, riguardanti edifici 
per uso di abitazione, sui quali legittimamente la p.a. ha applicato 
la tassa di registro ordinaria e ne ha richiesto il pagamento, definendo 
cos� H rapporto tributario, e contratti della stessa specie, dello stesso 
oggetto, sui quali la p.a. ha applicato la tassa e ne ha richiesto il pagamento 
che, in seguito all'opposizione del contribuente, non ha avuto 
luogo, rendendo cos� ancora controverso il rapporto tributario. Ora, seguendo 
il ragionamento della Cassazione, per effetto di una affe~~ta 

150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

to, di tutti gli estremi richiesti dall'art. 4 del d.l. 24 aprile 1946 

n. 350, per la applicabilit� delle successive agevolazioni fiscali, 
nonch� h sussistenza dei requisiti posti dall'art. 18 della legge 
2 .luglh; 1949, n. 408 ed invano, perci�, la ricorrente Amministrazione 
contesta gli accertamenti medesimi, insindacabili in 
questa sede, perch� correttamente motivati, ed esenti da ogni 
errore di diritto. 
�In queste circostanze, non � a parlare di una irretroattivit� 
della legge fiscale (e, si noti, che uno dei mutui in questione 
era del 13 luglio, quando la legge n. 408 era del 2 lu
�glio, anche se entrata successivamente in vigore), quanto di una 
applicazione delle agevolazioni da essa previste a costruzioni 
eseguite dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 350 del 1946, per 
effetto della ultrattivit� stabilita dall'art. 4 del provvedimento 
stesso e dell'estensione alle costruzioni stesse d'ogni ulteriore 
beneficio di legge fiscale successivamente concesso, di 

ultrattivit� del d. n. 350, limitata al periodo sopraccennato, la p.a., in relazione 
alla prima categoria di contratti, si troverebbe costretta ad accogliere 
istanze di rimborso di imposte, le quali, se �si ha riferimento al 
momento della loro applicazione, sono state legittimamente pagate, perch� 
non ancora emanata la 1. n. 408 (e ci� ripropone in discussione rapporti 
ormai esauriti, superando anche il termine entro il quale il rimborso 
va chiesto); mentre, per la seconda categoria di contratti, sol 
perch�.� il contribuente ha proposto opposizione all'ingiunzione di pagamento, 
che � stato cos� ritardato, la p.a. si troverebbe costretta a revisionare 
l'applicazione della imposta in base alle nuove norme della 1. 

n. 408, successive alla di;ita di stipulazione dell'atto (e ci�, tra l'altro, 
contrasta col principio che tien conto della data dell'atto ai fini dell'applicazione 
dell'imposta di registro, che � tassa di atto). E' appena il caso di 
aggiungere che la Comm.ne Centrale, con la richiamata decisione, si � 
resa conto delle accennate difficolt�, teoriche e pratiche, e le ha risolte, 
,in modo sommario, affermando l'ammissibilit� in ogni caso del rimborso 
e l'applicazione, ai rapporti controversi, dei benefici della I. n. 408. 
La questione verr� pertanto riproposta all'esame del Supremo Collegio, 
limitatamente per� a quegli atti che siano stati stipulati prima del


.l'entrata in vigore della 1. n. 408. In ordine ad essi, infatti, si potr� sostenere 
che, colpendo l'imposta di registro l'atto, i benefici di cui agli artt. 
14, 17, 18, non ancora in vigore quando l'atto fu stipulato, non sono applicabili. 


Ove mai l'atto sia stato posto in essere dopo l'entrata in vigore, della 

1. n. 408, e la costruzione dell'edificio sia stata iniziata prima di tale entrata 
in vigore, la tesi sovraesposta� non appare sostenibile, sia perch� i 
benefici degli artt. 14, 17 e 18 erano gi� in vigore, sia perch� l'art. 13 (cui 
l'art. 17 rinvia), nel sancire che la costruzione sia iniziata entro Il 31 dicembre 
1963, non ha inteso, con certezza, escludere dal beneficio le costruzioni 
iniziate prima della sua entrata in vigore. 
U. GARGIULO 

151

PARTE I, SEZ V, GIUIUSPRUDENZA TRIBUTARIA 

cui, se m�i, l'art. 23 della legge n. 408, del 1949, forma un'applicazione 
(con lievi varianti nei requisiti temporali) e non lina 
i;estrizione, con un'estensione ulteriore a tutte le abitazioni 
considerate nell'art. 13, anche se non formanti (come quelle 
di specie) unico edificio. 

Comunque considerato, perci�, il mezzo in esame � privo 
di fondamento e va respinto. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963, n. 2737 
-Pres. Vistoso -Est. Malf�tano -P.M. Gedda (conf.) -Soc. 
Borovier Toso c. Finanze Stf!rn 

Imposta generale sull'entrata -Movimento di danaro soggetto all'imposta 
-Presupposti e condizioni -Inesistenza di un aumento di ricchezza 
per l'accipiens e concreta non esercitabilit� del diritto di rivalsa
� -Irrilevanza. 

(1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1 e segg.). 
�Imposta generale sull'entrata -Cessione di beni -Restituzione degli 
stessi beni al venditore contro restituzione o accredito del relativo 
importo -Atto economico autonomamente imponibile -Limiti. 

(1. 19 giugno 1940 n. 742, artt. 1, 2). 
Imposta generale sull'entrata -Entrate a titolo di capitale non soggette 
all'imposta -Nozione. 

(1. 19 giugno 1940 n. 762, art. 1, 3" co., lett. a). 
E' soggetto all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento di 
danaro, al lordo, che abbia luogo in collegamento od in occasione 
di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, 
indipendentemente dall'aumento di ricchezza che ne derivi all'accipiens 
ed indipendentemente dalla concreta esercitabilit� del 
diritto alla rivalsa. 

L'accredito all'acquirente dell'importo di merci dallo stesso 
restituite al venditore (produttore o commerciante) d� luogo 
ad entrata imponibile, quando non avvenga nell'ambito dello 
stesso atto economico, non ancora esaurito, che legittim� la 
prima consegna delle merci stesse, ma rappresenti l'esecuzione, 
da parte di uno dei contraenti, di un atto economico diverso e 
distinto (1). 

(1-2) Dato il principio per il quale il fatto generatore del diritto alla 
percezione dell'ige � l'entrata in danaro, conseguita in corrispondenza della 

-



152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La disposizione dell'art. 1 lett. a) della legge 19 giugno 1940, 

n. 762, che dichiara non soggette all'imposta le somme introitate� 
a titolo di capitale, riguarda i corrispettivi riscossi per la vendita 
di beni, che siano stati in precedenza acquistati a scopo di inve1stimento, 
e cio� i corrispettivi che rappresentino il recupero di 
capitali impiegati in un determinato modo (2). 
(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la 
sentenza impugnata per aver ritenuto che la societ� Barovier 
e Toso fosse obbligata a corrispondere l'imposta generale sull'entrata 
sulle somme da essa accreditate ai propri clienti a 
seguito della restituzione di oggetti di vetro rotti, fuori moda 

o invendibili agli stessi forniti. 
Al riguardo si deduce che, in coerenza con il principio I 
sancito nella legge istitutiva dell'I.G.E., secondo cui non vi � I" 
entrata imponibile se non in corrispondenza d'una cessione '. 
di beni o d'una prestazione di servizi, non pu� dar luogo ad 
entrata imponibile la restituzione di merci al venditore di-I 
pendente dalla risoluzione del contratto di vendita, in quanto r 
tale restituzione non costituisce una cessione di beni, ma un � 
� facere � dovuto all'annullamento di questa, il quale, se com-Wl 

cessione di beni o di servizi ricevuti o da ricevere, indipendentemente dalla 

~j

ricorrenza in concreto di un effettivo aumento di ricchezza (cfr. Cass., ,~ 

n. 13'9/63; 803/59; 474/53; 2994/63; 1884/52; 2059/52), la soluzione adottata 
� la conseguenza necessitata di due dati obiettivi. � 
L'uno dato dal mancato condizionamento del rapporto giuridico di ~?: 
imposta� al rapporto di rivalsa sancito dall'art. 6 della I. 19 giugno 1940 ~:: 

n. 762; l'altro dato dalla esclusione, per i casi presi in esame, di entrata 
ru,=:.: 

a titolo di capitale. ~== 

Il rapporto di rivalsa �, nell'economia dell'art. 6 citato, concepito lli 
come una conseguenza del rapporto di imposta gi� sorto, giacch�, mentre ~ 
quest'ultimo � collegato al verificarsi dell'entrata, il primo trova il suo ~ 
antecedente logico e giuridico nel rapporto d'imposta e nel conseguen-~ 
ziale pagamento del debito. ffi 

N� la disciplina legislativa relativa all'imposta entrata contiene di-!fil 
sposizione alcuna che, in contrasto con la rilevata natura dei rapporti, 

I possa portare a ritenere il contestato condizionamento (cfr. Cass., Sez. 
I, n. 765/60; 59�8/62; 803/59). � 

Il presupposto della entrata a titolo di capitale � l'acquisto di un 1�== 
bene allo scopo di investimento. Tale presupposto, in caso di rivendita, :i 
si verifica solo quando, a seguito di quest'ultima, si attua il recupero llji 
del capitale prima impiegato. Nulla di tutto ci� nei casi in cui si pone t' 
in essere un atto economico uguale e contrario a quello che ebbe a ;:~= 
formare materia tassabile. i~== 

L'assoluta identit� dell'attivit� economica -retrocessione e cessio-~=~ 

ne -esclude, infatti, che, per l'inversione della posizione dei soggetti, f,.~, 

si possa avere un diverso regime giuridico di una medesima imposta. "' 

.. -~~ 

-~ 
"., 
�=~ 

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

porta la restituzione da parte del venditore delle somme ricevute 
come corrispettivo della cessione, d� luogo non ad 
un'entrata in senso tecnico, ma a un semplice movimento di 
capitali che secondo la disposizione di cui all'art. 1 della citata 
legge non costituisce entrata. La censura � infondata. 

Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, la 
legge assoggetta all'imposta sull'entrata qualsiasi movimento 
di danaro, al lordo, sempre che sia collegato od occasionato 
da una cessione di beni o da una prestazione di servizi, ab~ 
bia, poi, arrecato o non all'accipiens un aumento di ricchezza; 
e la circostanza che il diritto alla rivalsa n:on sia o non possa. 
essere esercitato non pu� avere alcuna giuridica rilevanza ai 
fini dell'insorgenza dell'obbligazione tributaria (v. sent. n. 803 
del 1959 e 589 del 1962). 

In coerenza con questi principi deve ritenersi che la restituzione 
di merci a un produttore o a un commerciante da 
parte di colui che le ha acquistate non costituisce un atto che 
in ogni caso d� luogo a una entrata imponibile. Invero, ci� si 
verifica soltanto nell'ipotesi in cui la restituzione non avvenga 
nell'ambito dello stesso atto economico, non ancora esaurito, 
che legittim� la prima consegna della merce, ma rappresenti 
l'esecuzione, da parte di uno dei contraenti, d'un atto economico 
diverso e distinto da quello che dette luogo a tale consegna,
� perch� in tal caso si � in presenza d'un nuovo atto economico 
che produce una nuova entrata, la quale giustifica una 
nuova � imposizione. 

Nella specie, la Corte di merito si � uniformata a questi 
principi perch�, accertato con incensurabile apprezzamento di 
fatto che la restituzione di merci alla Barovier e Toso, avvenuta 
dopo molti anni dalla consegna, non si era verificata nell'ambito 
economico che determin� tale consegna il quale aveva 
avuto piena e intera esecuzione ma costituiva un nuovo atto 
economico, diverso dal primo, per effetto del quale la Barovier 
e Toso aveva corrisposto ai restituenti delle somme di 
danaro, ha ritenuto che questo movimento di danaro fosse assoggettabile 
all'imposta sull'entrata. . 

N� pu� sostenersi che, nella specie, non si sarebbe verificata 
un'entrata suscettibile d'imposizione, trattandosi di somme 
introitate a titolo di capitale e, in quanto tali, non assoggettabili 
al tributo per la disposizione di cui all'art. 1 lett. a) 
della I. 19 giugno 1940, n. 762, perch� presupposto di questa 
norma � che il bene sia stato acquistato allo scopo di investimento 
di capitali, sicch� la successiva vendita, con conseguente 

-



154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma sol154 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
realizzo di danaro, non costituisce un'entrata tassabile, ma soltanto 
il recupero di un capitale impiegato in un determinato 
modo, mentre nel caso in esame si � verificata una retrocessione 
di merci con recupero di danaro, cio� un atto identico 
alla cessione verso danaro. 

Non vale, poi, rilevare che la ricorrente non pu� esercitare 
pi� il diritto di rivalsa dell'imposta nei confronti dei 
clienti che le restituirono le merci, perch� tale impossibilit�, 
come si � affermato innanzi, non ha giuridica rilevanza ai 
:l;�ni dell'insorgenza dell'obbligo d'imposta. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2744 -Pres. 
Vistoso -Est. Malfitano -P.M. Gentile (conf.) Caravita c. 
Finanze Stato. 
Esecuzione fiscale -Riscossione delle imposte dirette -Delegato governativo 
per la gestione esattoriale -Diretta riferibilit� dell'attivit� 
del delegato all'Amministrazione delle Finanze -.conseguenze 
circa l'onere delle spese dei giudizi relativi alla riscossione 
e circa la legittimazione a proseguire i giudizi in corso all'atto 
della cessazione dell'attivit� del delegato. 
(r.d. 15 settembre 1923 n. 2090; d.l. C.P.S. 5 ottobre 1947 n. 1233). 
Il delegato governativo per la riscossione delle imposte dirette, 
a differenza dell'esattore, il quale � un appaltatore che 
agisce in nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante 
dell'Amministrazione dello Stato, ed il rapporto che si 
instaura tra questa ed il delegato medesimo deve ritenersi non 
diverso da quello, di rappresentanza organica, che sussiste relativamente 
agli altri funzionari. Conseguentemente; l'Amministrazione 
d,elle Finanze risponde delle spese, cui sia condannato 
il delegato nei giudizi relativi alla riscossione, ed alla stessa -
1e non gi� all'esattore successivamente nominato -spetta la 
legittimazione a proseguire detti giudizi in sostituzione del delegato 
la cui attivit� sia cessata (1). 
(1) �Le soluzioni di carattere processuale adottate nella riportata 
sentenza sono la conseguenza necessitata della figura giuridica riconosciuta 
al delegato per la riscossione nella gestione delle esattorie vacanti. 
Investito delle funzioni a norma degli artt. 23 e segg. del reg. approvato 
con il r..d. 15 settembre 1~23 n. 2090 e 1 e segg. del d.l. 5 ottobre 
1947 il delegato per la� riscossione � legato alla Amministrazione da un 
rapporto che, differenziandosi, nella sostanza e nella forma, da quello 
dell'esattore, richiama l'istituto della rappresentanza organica. Chiamato 

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 

(Omissis). -Con il primo motivo si censura la sentenza 
impugnata per aver respinto la eccezione di inammissibilit� 
dell'appello sul rilievo che la cessazione della gestione provvisoria 
del delegato governativo di un'esattoria non d� luogo a 
successione. 

Al riguardo si deduce che il titolare dell'esattoria che succede 
al delegato governativo assume � ope legis � le rate di 
imposte e di tasse scadute e non riscosse durante l'esercizio 
del delegato ed ha, quindi, interesse nel giudizio concernente 
la sussistenza del credito di imposta e la nullit� dell'avviso 
di mora.� 

Si aggiunge che il nuovo titolare dell'esattoria non � un 
cessionario di tanti crediti quanti sono quelli da riscuotere, 

�ma il titolare del rapporto di esattoria con tutte le conseguenze 
che ne derivano e che, cessata la gestione del delegato 
governativo, si ripristina automaticamente il rapporto� � ordinario 
di riscossione delle imposte al quale � interessato il 
nuovo esattore. La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto 
ritenere che, nella specie, si versasse nell'ipotesi d1 successione 
universale nel processo prevista dall'art. 110 cod. proc. 

ad agire non in rappresentanza dell'esattore, ma in mancanza di esso, 
� nominato con decreto ministeriale, � passibile di revoca o di sostituzi�ne, 
� sottoposto alla � continua vigilanza � del Prefetto e dell'Intendente 
di finanza. 

E' scelto. nell'ambito dell'Amministrazione Finanziaria, � retribuito in 
misura fissa mensile e, per l'attivit� svolta, � tenuto al rendiconto mensile 
delle riscossioni e dei versamenti, nonch�, a chiusura dell'anno fornnziario, 
al rendiconto della gestione, con l'osservanza, per la parte�� erariale, 
delle norme di contabilit� di Stato, da sottoporsi al giudizio della 
Corte dei Conti. Non presta cauzione, non risponde del non riscosso per 
riscosso e svolge la sua attivit� con le modalit� prescritte dal Ministro 
delle Finanze nella normale n. 29 del 1929 (Giustizia Tributaria, 1929, 608) 
che, nel ribadire il richiamo alla contabilit� mensile, dispongono in ordine 
alla spettanza agli enti impositori delle multe per mora. 

Dal che la necessaria catalogazione del delegato fra i rappresentanti 
dell'Amm.ne, per conto e nell'interesse diretto della quale svolge la sua 
funzione, e la conseguente riferibilit� all'Amm.ne stessa dell'attivit� in 
concreto svolta. La qual �cosa, affermata da~la Cassazione romana nel 
lontano 1911 nella sentenza Finanze c. Pistolesi, Giur. it. 1911, I, I, 410, 
ha trovat� conferma nella sentenza n. 3506 del 1955 della Corte di Cassazione: 
riportata� con nota di SCANDALE, Giur. it., 1956, 1, 416 ed � condivisa 
dalla dottrina. In particolare BERLIRI, Principi di diritto tributario, 1, 173, 
175; LA PORIA, La .riscossione delle impo$te dirette, 341-343; SCANDALE, La 
riscossione delle imposte dirette, VIII ed., 85 e segg.; Coc1VERA, Guida alle 
imposte dirette, III ed., 141. 

-



156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

civ. e, conseguentemente, dichiarare inammissibile l'appello 
per non avere l'Amministrazione provveduto, nel termine di 
legge, alla riassunzione del processo interrotto nei confronti 
dell'Esattore. 
La censura � infondata. 

La Corte di merito ha esattamente respinto la eccezione 
di inammissibilit� dell'appello per la mancata riassunzione del 
processo nei confronti dell'esattore succeduto al delegato governativo 
in quanto, cessata nel corso del processo l'attivit� 
di quest'ultimo, legittimata alla prosecuzione del processo, in 
sostituzione di lui, era la stessa Amministrazione delle Finanze, 
per conto e nell'interesse della quale il delegato agiva. 

Invero, dalle varie disposizioni del Regolamento approvato 
con il r.d. 15 settembre 1923 n. 2090, concernenti i delegati per 
la riscossione delle imposte, si desume che il delegato, a differenza 
dell'esattore il quale � un appaltatore che agisce in 
nome e per conto proprio, deve ritenersi un rappresentante 
dell'Amministrazione dello Stato, incaricato della riscossione 
delle imposte, la cui attivit� � ad essa direttamente riferibile. 

Le disposizioni, infatti, secondo le quali il delegato pu� 
essere revocato dall'incarico in qualsiasi momento, non risponde 
del non riscosso per riscosso, non presta cauzione, deve 
rendere il conto delle riscossioni e dei versamenti ogni mese 
e deve, alla chiusura dell'anno finanziario, rendere il conto 
della gestione per la parte erariale, secondo le norme della 
contabilit� generale dello Stato, conto che viene poi sottoposto 
all'esame della Corte dei Conti, sono chiaramente indicative 
dell'affermata figura giuridica del delegato per la riscossione 
delle imposte e pongono in evidenza la differenza tra tale 
figura e quella dell'esattore. 

La figura giuridica di rappresentante dell'Amministrazione 
dello Stato, peraltro, � stata gi� riconosciuta al delegato per 
la riscossione dei tributi dalla dottrina e da questa Corte 
Suprema, la quale nella sentenza n. 3506 del 1955 ha affermato 
la responsabilit� dell'Amministrazione delle Finanze per 
le spese giudiziali, alle quali sia stato condannato il delegato 
nei giudizi relativi alla riscossione, sul presupposto che tra lo 
Stato e il delegato alla riscossione dei tributi si instaura un 
rapporto di rappresentanza organica, che non � diverso da 
quello che sussiste relativamente agli altri funzionari. 

Nella specie, quindi, cessata la gestione del delegato nel 
corso del giudizio, i poteri conferiti a quest'ultimo venivano 
riassorbiti dall'Amministrazione dello Stato delegante e, poi-

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PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

157 

ch� questa era costituita in giudizio, nessuna influenza poteva 
avere sulla prose�uzione del processo il fatto che la gestione 
del delegato era venuta a cessare. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1963 n. 2745 -
Pres. Torrente -Est. Caporaso -P.M. Tavolaro (conf.) -Soc. 
Manifatture Tessile di Sovico c. Finanze Stato. 

Imposta di registro -Societ� -Aumenti di capitale per fusione di 
societ� o concentrazione di aziende sociali -Tassa fissa -Presupposti. 


O. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). 
Imposta di registro -Aumenti di capitale per fusione o concentrazione 
di aziende -Contemporaneit� e strumentalit� delle operarazioni 
ai fini dei benefici fiscali -Nozione -Fattispecie. 

(1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). 
Imposta di registro ~ Strumentalit� dell'aumento di capitale rispetto 
alla fusione di societ� o alla concentrazione di aziende sociali Necessit� 
che la prova del requisito, ai fini dei benefici fiscali, 
risulti dall'atto sottoposto a registrazione -Insussistenza. 

(1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, 
art. 8). 
Il beneficio della registrazione a tassa fissa delle deliberazioni 
di aumento di capitale sociale, adottate in contemplazione 
della fusione con altra societ� o di concentrazione di aziende 
sociali, � subordinato a due presupposti essenziali: che siano 
contemporaneamente deliberati l'aumento di capitale e la fusione 
o concentrazione,� che l'aumento di capitale sia in funzione 
esclusiva della fusione o concentrazione (1). 

{1-3) Nella riportata sentenza l'affermazione per la quale la contemporaneit� 
fra aumento di capitale e fusione di societ� possa ricavarsi indifferentemente 
dalla deliberazione societaria sulla fusione ovvero dall'atto 
conclusivo della fusione stessa, determina qualche perplessit�. Tale affermazione 
parte del presupposto che la contemporaneit� fra aumento 
di capitale e assorbimento delle due societ� sia stata richiesta dalla legge n. 
603 del 1954 al solo scopo di acquisire la certezza del carattere strumentale 
dell'aumento di capitale, con la conseguenza che, deliberato l'aumento 
stesso, la registrazione beneficiata opera anche se [a fusione 
segue a distanza di tempo, e sia fornita la prova della effettiva e reale 
sua destinazione. 

Ci� � indubbiamente vero, ma, ai fini del trattamento di favore fi� 

-



158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La contemporaneit� dell'aumento di capitale e della fusione 
di societ� o concentrazione di aziende sociali, richiesta dalla 
legge ai fini del beneficio dell'applicabilit� delle tasse fisse di 
registro (ed ipotecarie) non va intesa in senso rigorosamente 
cronologico e deve �ritenersi sussistente anche se rilevabile rispetto 
ad atti che costituiscano antecedente logico e necessario 
di quelli conclusivi dell'operazione che il legislatore ha inteso 
favorire (E' stata ritenuta sussistente la contemporaneit� per 
un aumento di capitale deliberato in concomitanza con la deliberazione 
assembleare di fusione anzich� con il contratto relativo 
alla fusione medesima) (2). 

La prova che l'aumento di capitale sia effettivamente diretto 
ed idoneo ad agevolare la fusione di societ�, e ci� ai 
fini dei benefici fiscali concessi a tale scopo, pu� essere acqui~ 
sita, oltre che sulla base degli elementi risultanti dalla deliberazione 
sottoposta a registrazione, anche con autonomi mezzi. 
'come in ogni ipotesi in cui devesi provare l'esistenza di determinati 
presupposti di fatto cui sia subordinata la concessionP 
di un beneficio, semprech� la legge non fissi un termine di decadenza 
per esibire la documentazione giustificativa (3). 

(Omissis). -Contro la sentenza hanno proposto ricorso 
sia il contribuente (allegando la regolare bolletta di deposito 

n. 713 oltre quella n. 715 che riguarda le spese di giustizia 
nelle fasi precedenti), che l'Amministrazione delle Finanze, reciprocamente 
contestando la interpretazione che la Corte ha 
dato all'art. 29 della legge fiscale 6 agosto 1954 n. 603. 
I due ricorsi devono necessariamente essere riuniti e possono 
essere trattati contemporaneamente, poich� sia l'uno che 
l'altro sono diretti a stabilire quali siano i requisiti obiettivi 
"(>er poter fruire della registrazione a tassa fissa delle delibe


scale, lo scopo va armonizzato con la lettera della legge e con la inter


pretazione, che alle singole norme va data secondo l'art. 14 delle dispo


sizioni sulla legge in generale. � 

La lettera della legge, infatti, laddove postula il trattamento di favore 

per gli atti di fusione e per i contemporanei aumenti di capitali delibe


rati in funzione esclusiva e diretta della fusione, posta in relazione alla 

disciplina civilistica dell'istituto della fusione delle societ� e partico


larmente degli atti conclusivi del procedimento di fusione, � indicativa 

nel senso che la contemporaneit� debba sussistere con l'atto che attua l� 

!'usione e non con quella che la prevede, con manifestazione di volont� 

interna di una delle societ�, soggetto della fusione stessa. Il contesto dello� 

articolo di legge precisa, che beneficiati sono l'atto di fusione ed il con


temporaneo aumento di capitale ed atto di fusione � auella conclusivo. 

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159

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

razioni di aumento di capitale sociale adottate in contemplazione 
e per attuare la fusione con altra societ�. 

La norma richiamata dalle parti � del seguente tenore: 
� gli atti di fusione... sono soggetti all'imposta di registro o 
� ipotecaria in misura fissa; l'imposta fissa � applicabile anche 
�ai contemporanei aumenti di capitali deliberati per facilitare 
�le fusioni e le concentrazioni e in occasione di queste�. 

Tale trattamento di favore � dunque subordinato a due 
presupposti essenziali: 
a) che .siano contemporaneamente deliberatt l'aumento 
di capitale e la fusione o concentrazione; 
b) che l'aumento di capitale sia in funzione esclusiva 
e diretta della fusione. 

Secondo la Corte di appello, nella specie, sussisteva il primo 
requisito (contemporaneit�), mancava per� l'altro (finalit�): 
secondo la societ� ricorrente sussisteva, invece, anche quest'ultimo 
requisito, mentre secondo l'Amministrazione Finanziaria 
difettava altres��il primo. 

La tesi dell'Avvocatura dello Stato � che la contempora-_ 
neit� deve essere riferita non gi� alla deliberazione societaria, 
ma al contratto di fusione, che -come � noto -deve farsi 
per atto notarile e che � quello che perfeziona ed opera la 
fusione. 

Non sembra, per�, che la lettera e lo spirito del citato 
art. 29 autorizzino un cos� formalistico e restrittivo concetto 
dell'elemento della simultaneit� tra aumento di capitale ed 
assorbimento delle due societ�. In fondo, la contemporaneit� 
� dalla legge richiesta perch� sia pi� sicura la funzione strumentale 
del deliberato aumento di capitale, essendo il benefizio 
fiscale concesso proprio ed esclusivamente per favorire le fusioni 
di societ� e le concentrazioni di aziende sociali. 

E' vero che il nesso di causalit�, che deve intercorrere tra 

le due operazioni, deve essere effettivo e deve risultare in ma


niera univoca anche attraverso l'elemento cronologico, ma non 

per questo � necessario, perch� sia contemporaneo, che l'au


mento di capitale venga deliberato solo ed esclusivamente in 

concomitanza con l'atto terminale e conclusivo del complesso 

negozio di fusione. E' sufficiente anche che esso sia deliberato 

contemporaneamente al verbale di assemblea societaria con 

cui viene decisa la fusione. 

La deliberazione assembleare di fusione � difatti l'ante


cedente logico e necessario del successivo contratto di fusione 

ed essa � intimamente collegata con questo, sicch� la funzione 


160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strumentale dell'aumento di capitale rispetto alla fusione � 
compiutamente palesata e posta in essere sin dalla deliberazione 
societaria, come � avvenuto nella specie. 

Ci� � sufficiente per l'applicabilit� del menzionato art. 29, 
il quale nel secondo comma, sia pure per stabilire la sfera di 
applicazione temporale della legge, prevede e comprende nel 
trattamento di favore anche la ipotesi in cui la deliberazione 
con l'aumento di capitale sia stata adottata entro l'anno dall'entrata 
in vigore della legge e l'atto di fusione sia stato invece 
stipulato successivamente. Il che sta a confermare che il 
legislatore, nel formulare l'art. 29 della legge del 1954 e nel 
porre come condizione del benefizio il requisito della contemporaneit�, 
non ha inteso riferirsi rigidamente all'atto formale 
conclusivo della procedura di fusione, ma indifferentemente 
all'atto iniziale e per� essenziale del medesimo (deliberazione 
societaria) od a quello terminale (atto di. fusione). 

Poich� la sentenza impugnata � conforme alla interpretazione 
come sopra accolta, non pu� ritenersi fondato il ricorso 
incidentale condizionato proposto dall'Amministrazione delle 
Finanze contro questa parte della sentenza stessa. 

Fondata � vicevers~ l'impugnazione della societ�. 
Senza dubbio il privilegio � concesso in quanto il nuovo 
capitale serva e sia effettivamente destinato ad agevolare la 
fusione, come � stato giustamente osservato nella discussione 
orale della causa. Ma da ci� non consegue che la prova della 
realt� di tale intento, dichiarato nella deliberazione assembleare 
di aumento del capitale, come � nella specie, e risultante 
anche dalla contemporanea deliberazione di fusione, debba 
emergere immediatamente ed esclusivamente dallo stesso 
atto che viene presentato alla registrazione e non da altri documenti. 
La regola di cui all'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923 

n. 3269, invocata dalla denunciata sentenza, vale per la individuazione 
del negozio posto in essere, ma qui erano fuori 
discussione la natura e la sostanza del negozio voluto, trattandosi 
soltanto di controllare la finalit� ossia il motivo specifico 
del deliberato aumento di capitale, motivo cui la particolare 
norma di legge (art. 29) condiziona e subordina il beneficio 
tributario in questione. 
Ben poteva l'Ufficio del Registro ritenere non sufficiente la 
dichiarazione contenuta nella deliberazione, che cio� l'aumento 
di capitale era necessario alla realizzazione della fusione coevamente 
deliberata, ma la prova di ci� poteva sempre essere 
integrata con autonomi mezzi di prova, come � per ogni ipo



PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 161 

tesi in cui' devesi provare l'esistenza di un determinato presupposto 
di fatto cui sia subordinata la concessione di un 
benefizio fiscale, semprech� la legge non fissi un termine di 
decadenza per esibire la documentazione giustificativa del benefizio 
medesimo (Cass. 27 febbraio 1962 n. 376; 14 luglio 1961 

n. 1710). 
D'altra parte, la fusione si attua, come si � gi� accennato, 
attraverso un procedimento complesso costituito da una serie 
di atti e formalit�, sicch� l'accertamento che effettivamente 
l'aumento di capitale � diretto ed idoneo ad agevolare la fusione 
dell� societ�, deve essere fatto con riferimento ai vari e 
diversi atti costituenti il procedimento di fusione; quindi nella 
specie -anche con riferimento alla deliberazione della 
societ� incorporata, dalla cui situazione debitoria si traeva subito 
la ragione e la necessit� dell'aumento di capitale della incorporante. 
. 

Da notare che, nel caso concreto, le due deliberazioni vennero 
presentate assieme all'ufficio :finanziario e registrate una 
di seguito all'altra. 

Comunque, la prova della potenzialit� dell'aumento di capitale 
della societ� R. Cusini ad agevolare la fusione di questa 
con la soc. Tosco-Lombarda poteva essere fornita anche con 
atti diversi da quello presentato per la registrazione.. Conseguentemente, 
il ricorso della Cusini deve essere accolto e la 
causa rimessa ad altro giudice per essere decisa sulla base 
del principio ora enunciato. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 ottobre 1963 n. 2769-Pres. 
Torrente -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Criscuoli (diff.) -
Amm. finanziaria c. Platoni. 

Imposta di registro -Decisioni della Commissione provinciale in tema 
di valutazione -Annullamento da parte del giudice ordinario Restituzione 
delle somme pagate in esecuzione della decisione annullata 
-Ammissibilit� nello stesso giudizio. 

(r.d.l. 7 agosto 1936, art. 29; r.d. 9 marzo 1942 n. 186, art. 4; I. 20 
20 marzo 1865 n. 2248, All. E, art. 2). 
Annullata dal giudice ordinario la decisione della Commissione 
provinciale delle Imposte in controversia relativa alla determinazione 
del valore imponibile del bene trasferito, appartiene 
alla competenz� giurisdizionale dello stesso giudice la cognizione 
della domanda di restituzione delle maggiori somme 



162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pagate a titolo di imposta di registro in esecuzione della decisione 
annullata (1). � 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente non impugna 
la sentenza della Corte d'Appello di Perugia, per quanto riguarda 
la pronunzia con cui la Corte stessa annull� la decisione 
della Commissione Provinciale delle Imposte, relativa alla 
determinazione del valore imponibile degli immobili acquistati 
dai fratelli Platani; essa, invece, con i due motivi del ricorso, 
censura la sentenza medesima, per avere disposto la restituzione 
ai contribuenti delle somme da essi pagate, dopo la decisione 
della Commissione, a titolo d'imposta complementare. 

(1) Poteri del giudice ordinario di dispo1�re, con l'annullamento 
della decisione della Commissione provinciale in tema di valutazione, 
la restituzione di somme gi� pagate. 

Tornate sull'argomento relativo alla competenza giurisdizionale del 

giudice ordinario, adito a norma dell'art. 29 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 

1639, a conoscere della domanda di restituzione delle maggiori somme 

pagate, in esecuzione della decisione annullata, le Sezioni Unite della Cas


sazione hanno confermato l'orientamento positivo al riguardo assunto con 

la sentenza 3265 del 1956, ricordata in motivazione. Le perplessit� che 

detto orientamento ebbe a sollevare nel 1956, riportate nella Rel. Avv. 

Stato, 1956-60, Vol. II, nn. 122-123-181, non sono state, per�, con la 

sentenza annotata, del tutto dissipate. L'art. 2 della legge abolitiva del 

contenzioso amministrativo, sul quale � centrata la soluzione adottata, 

non esaurisce il campo d'indagine, perch� ragioni di carattere processuale 

e sostanziale al tempo stesso, senza intaccare il principio nell'articolo 

predetto contenuto, spiegano e giustificano l'opposta soluzione propu


gnata dalla p.a. 

II ricorso all'a.g.o. previsto dall'art. 29, 3� comma del r.d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639, si inserisce nel procedimento amministrativo di accertamento 
del valore dei beni trasferiti e, attribuendo all'a.g.o. predetta un 
sindacato di mera legittimit� sulla decisione della Comm. Prov., introduce 
un iudicium rescindens che verte sulla esistenza, nel caso particolare, 
dei due vizi espressamente all'uopo contemplati: difetto di calcolo 
e grave ed evidente errore di apprezzamento. Detto giudizio si conclude 
con una pronunzia di annullamento, con remissione della controversia 
alla medesima Commissione Prov. che, fornita di competenza esclusiva, 
procede allo iudicium rescissorium, con conseguente riesame del 
. merito. Da ci� derivano due dati obiettivi: l'uno per il quale l'a.g.o. con 
l'annullamento della decisione esaurisce i poteri al riguardo conferitile; 
l'altro per il quale il procedimento amministrativo di valutazione perdura 
con conseguente mancanza, allo stato, di una decisione definitiva che, 
nella particolare materia, segna la nascita del diritto soggettivo alla re&
tituzione della maggiore imposta eventualmente pagata. L'art. 4 del d.l. 
186 del 1942 tassativamente prescrive che � resasi definitiva la decisione 
di secondo grado si far� luogo alla restituzione o alla riscossione delle 

imposte o diritti che saranno per risultare pagati in pi� o in meno �. 

L. CORREALE 
~ 

' 
'
rn 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 163 

Ma il ricorso � infondato. Col primo motivo di esso, sostiene 
che l'Autorit� giudiziaria ordinaria difetterebbe di giurisdizione 
-una volta annullata la decisione della Commissione 
-per condannare l'Amministrazione alla restituzione 
delle somme pagate. La questione fu gi� risolta da queste Sezioni 
Unite (sentenza 26 settembre 1956 n. 3265), in senso contrario 
all'assunto dell'Amministrazione ricorrente, n� questa 
ultima oggi prospetta argomenti nuovi, tali da indurre a 
modificare quel precedente orientamento. Che -come sostiene 
l'Amministrazione stessa -la cognizione demandata al giudice 
ordinario dall'art. 29 r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, sia di 
mera legittimit�, non vi � dubbio; se con ci� s'intenda che 
il giudice, che accerti l'invalidit� della decisione della Commissione 
tributariar non ha egli stesso il potere di rivedere nel 
merito l'oggetto della controversia, cio� la determinazione del 
valore imponibile. Ma tale considerazione non esclude che il 
giudice ordinario, in applicazione del principio che, ha competenza 
giurisdizionale a conoscere di ogni materia in cui si faccia 
questione di diritti soggettivi (art. 2 I. 20 marzo 1865, n. 2248), 
possa e debba conoscere delle conseguenze da trarsi dall'annul-� 
lamento della decisione invalida, se queste incidono su diritto. 
Nella specie, l'imposta complementare, per la maggiore determinazione 
del valore, non � dovuta se non a seguito dell'accertamento 
rimesso -nel caso di contestazione -alle Commissioni 
tributarie. E' evidente perci� che, venuta meno con la 
pronuncia di. nullit� di una decisione, la situazione di diritto 
in base alla quale si era concretato ed era divenuto esigibile 
il debito d'imposta, si verificano le condizioni per la ripetizione 
delle somme pagate in esecuzione della decisione annullata. 
Poich�, in proposito, era stata formulata dagli attuali 
resistenti al giudice di merito una specifica domanda, e si verteva 
incontestabilmente in tema di diritti soggettivi, era nei 
poteri del giudice il decidere sulla domanda stessa. Il primo 
motivo del ricorso va dunque respinto. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 ottobre 1963, n. 2773 -Pres. 
Vistosa -Est. Bianchi d'Espinosa -P. M. Caldarera (conf.) 
Soc. Ind. Oerlikon Italiana c. Finanze Stato. 

Imposta di negoziazione -Accertamento dell'imposta� complementare 
da parte dell'Ufficio del Registro -Previa valutazione dei titoli 
da parte del Comitato direttivo Agenti di cambio -Natura di tale 



164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comitato -Imprescrittibilit� del diritto di accertamento dell'im


posta prima che sia compiuta detta valutazione -Inapplicabilit� 

della decadenza di cui all'art. 34 r.d. 11. 3269 del 1923 e della pre


scrizione di cui all'art. 16 d.I. n 1975 del 1938. 

(r.d.l. n. 1975/1938, artt. 4, 5, 6; cod. civ., art. 2935). 
Poich� l'Ufficio del Registro pu� procedere all'accertamento 
dell'imposta complementare di negoziazione, dopo quello 
provvisorio, soltanto sulla base della valutazione dei titoli effettuata 
dal Comitato direttivo degli agenti di cambio, l'accertamento 
suddetto non pu� essere soggetto a prescrizione. Tenendo 
presente, infatti, la disciplina della imposta di negoziazione 
(artt. 4 e 5 r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975 e art. 1 r.d.l. 
25 maggio 1945 n. 301), ora soppressa per effetto� della legge 
6 agosto 1954, n. 603, e considerando che il Comitato direttivo 
degli agenti di cambio non � organo dell'Amministrazione dello 
Stato, ma un collegio al di fuori della struttura della stessa, che 
deve procedere secondo un autonomo procedimento, deve negarsi 
che la valutazione costituisca atto interno dell'Amministrazione e 

"deve, invece, affermarsi che essa, prima che sia compiuta, � un 
ostacolo previsto dalla legge stessa che impedisce l'esercizio 
del diritto di accertamento e, perci�, l'inizio stesso della prescrizione 
del diritto dell'Amministrazione all'accertamento (articolo 
2935 e.e.). La imprescrittibilit� del diritto di accertamento 
prima della valutazione esclude, di conseguenza, che possano 
ritenersi applicabili, per analogia, i singoli termini di de""' 
cadenza e di prescrizione di cui, rispettivamente, all'art. 34 r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3269 (termine di decadenza previsto per 
la notificazione delnmposta complementare di registro) ed all'art. 
16 del d.l. n. 1975 del 1938 (prescrizione di cinque anni 
dell'azione dell'Amministrazione per il conseguimento dell'impo


�sta di negoziazione, decorrente dalla scadenza del termine stabi-~ 
lito per il pagamento dell'imposta o dal giorno dell'effettuato 
pagamento). (1). 
(1) Con la sentenza annotata la Corte di Cassazione � tornata sulle 
questioni affrontate e risolte con la precedente sentenza 141 del 1963 e, 
riprese in esame le particolari norme di legge in relazione sia 'all'istituto 
della prescrizione che alla posizione giuridica del Comitato Direttivo 
degli agenti di cambio, ha confermato l'indirizzo prima assunto. L'esattezza 
di tale indirizzo � fuori dubbio. 
Unica limitazione, infatti, posta dalla legge all'attivit� di accertamento 
del valore complementare, in materia di imposte di negoziazione, 
� la richiesta al Comitato direttivo degli agenti di cambio da prodursi 



PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 

(Omissis)..-Infondato � per� del pari il ricorso principale 
proposto dalla Societ� Oerlikon, che propone a questa Corte 
Suprema la questione, se e quale termine di prescrizione sia 
applicabile alla facolt� dell'Amministrazione di accertare l'imposta 
complementare di negoziazione sui titoli. 

La questione stessa � gi� stata risolta, recentemente, da 
questa stessa Corte (sentenza 28 gennaio 1963, n. 141), nel senso 
che, poich� l'Ufficio del Registro pu� procedere all'accertamento 
dell'imposta, dopo quello provvisorio, soltanto sulla base 
della valutazione dei titoli effettuata dal Comitato direttivo 
degli agenti di cambio, l'acce~tamento di cui sopra non pu� 
essere soggetto a prescrizione: n� la societ� ricorrente prospetta 
oggi nuovi e diversi argomenti, tali che possano indurre a 
modificare l'orientamento cos� adottato. Secondo la disciplina 
della imposta di negoziazione, ora soppressa per effetto della 

L. 6 agosto 1954, n. 603, la liquidazione provvisoria dell'imposta 
veniva fatta in base al valore dei titoli accertato per l'anno 
precedente. L'Ufficio del registro ed il contribuente avevano facolt� 
di chiedere, nei primi mesi dell'anno, la valutazione al 
Comitato direttivo degli agenti di cambio; dopo la valutazione 
da parte del Comitato, l'Ufficio doveva procedere all'accertamento 
della imposta, ed a notificare al contribuente tanto il 
valore determinato, quanto l'ammontare dell'imposta dovuta 
(artt. 4 e 5 r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975), salva la facolt� di 
ricorrere alla Commissione provinciale delle imposte (sezione 
speciale) contro la valutazione cos� eseguita (art. 1 d.I. 25 maggio 
1945, n. 301). 
Secondo la disciplina ora riassunta, quindi, sia l'Ufficio del 

entro l'anno successivo a quello di riferimento dell'imposta. La pronun


cia del Comitato direttivo, pertanto, costituisce il presupposto necessario 

dell'accertamento e la sua mancanza � un ostacolo posto dalla legge, che 

impedisce l'esercizio del diritto e conseguentemente impedisce l'inizio 

della prescrizione. Da ci� consegue: a) fra i due termini -produzione 

della domanda di valutazione e pronuncia del Comitato con eventuale 

decisione della Speciale Comm.ne, alla qua1e la pronuncia stessa pu� 

essere impugnata -non � dato inserire alcun terzo termine non 

espressamente previsto; b) il ritardo con il quale gli organi predetti 

emettono le loro pronunzie non pu� essere ritorto a danno dell'Amm.ne 


Il Comitato -nella pronuncia della Corte di Cassazione � detto a chiare 

note -non � un organo dello Stato, ma �un Collegio nominato con il 

sistema elettivo da parte dell'Assemblea degli agenti di cambio, al quale, 

in ragione della particolare competenza dei suoi componenti, la legge 

attribuisce funzioni di diritto pubblico�. Esso, perci�, agisce in maniera 

del tutto separata e distinta dalla A.mm.ne, con procedimento au


tonomo, sul quale nessuna interferenza l'Amm.ne predetta � abilitata ad 

eseguire. ; 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

166 

registrn che il contribuente, dopo la liquidazione provvisoria, 
avevano facolt� di richiedere la valutazione dei titoli al Comi


tato direttivo degli agenti di cambio. Questo non � affatto organo 
della Amministrazione dello Stato, come afferma la societ� 
ricorrente, e tanto meno dell'Amministrazione finanziaria; 
ma un collegio, nominato col sistema elettivo da parte dell'assemblea 
degli agenti di cambio, al quale, in ragione della particolare 
competenza dei suoi componenti, la legge attribuisce funzioni 
di diritto pubblico. Non � il caso di stabilire (la questione 
� controversa in dottrina), se il Comitato � formato da un insieme 
di persone, le quali debbono espletare le funzioni pubbliche 
ad esse attribuite, osservando le regole del procedimento 
collegiale; ovvero se esso � un ente di diritto pubblico munito di 
personalit� giuridica: la questione ha importanza per altri riflessi 
(responsabilit� nei casi di danni a terzi arrecati nell'eser


I 

cizio delle funzioni del Comitato), ma non per l'applicabilit� 
della prescrizione. Infatti, poich� l'Ufficio del registro pu� pro


I .
cedere all'accertamento dell'imposta complementare solo sulla 

I

base della valutazione dei titoli effettuata dal Comitato, e dato 
che tale Comitato non � organo dell'Amministrazione dello Stato, 
ma un collegio ai di fuori della struttura della stessa, che 
deve pro�edere secondo un autonomo procedimento, non pu� l;i!! 


.

affermarsi che la valutazione costituisca atto interno dell'Amministrazione; 
essa, prima che sia compiuta, � un ostacolo pre' 


. 

visto dalla legge stessa, che impedisce l'esercizio del diritto di ' 

,

accertamento, e perci� l'inizio della prescrizione (art. 2935 cod. 
civ.). @' 
' 

f''' 

La imprescrittibilit� del diritto di accertamento prima della 
valutazione esclude di conseguenza che siano applicabili per ana:
logia i singoli termini, di prescrizione e di decadenza, cui ha 
, 
fatto riferimento la societ� ricorrente; non, in particolare, il 
termine di decadenza previsto per la notificazione dell'impo


li 

sta complementare di registro dall'art. 34 r.d. 30 dicembre 1923 

n. 3269, poich�, a differenza che per la imposta di negoziazioI 


ne, nell'imposta di registro l'accertamento del maggior valore 
avviene ad opera della stessa Amministrazione finanziaria, e 

I 

!
ffi 

non di un collegio estraneo ad essa., N� ha fondamento la tesi 
subordinata della ricorrente, che debba ricevere applicazione ~.

~ 

l'art. 16 del decreto legge n. 1975 del 1938. Secondo tale norma, 
l'azione dell'Amministrazione �per il conseguimento della 
i 
~ 
imposta di negoziazione e delle sovraimposte relative� dovute i 
a norma del detto decreto, si prescrive nel termine di cinque anni, 
computabile dalla scadenza di quello stabilito per il paga-,;

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Ili 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

167 

mento, o dal giorno in cui il pagamento fu effettuato. Secondo 
la ricorrente, la norma avrebbe riferimento anche all'azione di 
accertamento dell'imposta complementare; ma la norma stessa 
stabilisce espressamente che l'azione riguarda il �conseguimento 
della imposta di negoziazione e delle sovraimposte relative 
dovute � e presuppone quindi che l'imposta sia stata gi� 
accertata. 

Il ricorso principale deve essere perci� respinto. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1963, n. 3062 -
Pres. Fibbi -Est. Fresa -P. M. Pedote (conf.) -Carniglia c. 
Amministrazione delle Finanze. 

Imposta di successione -Fondi rustici -Accertamento automatico del 
valore -Applicabilit� -Limiti. 

(1. 22 novembre 1962 n. 1706, artt:. 1 e 2; 1. 20 ottobre 1954 n. 1044, 
.art. 1; r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639). 
A norma degli art.. 1 e 2 della legge 22 novembre 1962, n. 1706, 
contenente interpretazione autentica della l. 20 ottobre 1954 

n. 1044 si fa luogo all'applicazione delle norme in detta legge previste 
quando nella denuncia di successione non sia stata dichiarato, 
per i fondi rustici, alcun valore e non sia stato espressamente 
dichiarato che i fondi stessi abbiano un valore inferiore 
a quello risultante dall'applicazione dell'art. 1 della legge del 
1954. -Quando, invece, il denunciante la successione abbia dichiarato 
un valore inferiore ed abbia fatto esplicita richiesta 
mento deve essere fatto secondo le norme del r.d. 7 agosto 1936 
n. 1639 e suceessive modifiche. (1). 
(1) I contrasti di interpretazione sorti in dottrina ed in giurispni~ 
denza, in sede di applicazione della I. 1044/54 per l'imposta di successione 
e 355/59 per l'imposta di registro, sui limiti in cui, con l'entrata in vigore 
delle leggi predette, il sistema dell'accertamento automatico del valore 
era stato chiamato ad operare in luogo dell'accertamento del valore venale, 
sono stati eliminati, radicalmente, dalla 1. 1706/62 che con interpretazione 
autentica ha precisato i limiti stessi. 
Nella sentenza annotata, la Corte di Cassazione, dopo aver ricordato 
che ogni dubbio sulla legittimit� costituzionale della I. 1044/54, richiamata, 
ai fini dell'imposta di registro, dall'art. 3 della I. 355/59, era 
stato dissipato dalla sentenza n. 48/61 della Corte Costituzionale, d� atto 
della intervenuta interpretazione autentica ed alla stessa, testualmente, si 
adegua. Nello stesso senso, oltre alla sentenza ricordata in motivazione, 
1480/63, sono le sentenze nn. 1478/63; 1479/63; 1759/63; 3061163 tutte della 
I' Sezione Civile della Corte di Cassazione. 

-



168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1963, n. 3034 -

Pres. Pece -Est. Del Conte -P. M. Maccarone (conf.) -Fi


nanze c. Ambrosini. 
Imposte e tasse -Controversie giudiziarie -Foro erariale -Opposizione 
agli atti esecutivi -Applicabilit�. 

<t.u. 30 ottobre 1933 n. 1611, art. 1; c.p.c., artt. 9 e 25). 
Tutte le controversie che si svolgono tra i due soggetti del 
rapporto tributario appartengono alla competenza esclusiva del 
Tribunale del luogo ove ha sede l'ufficio della Avvocatura dello 
Stato nel cui distretto trovasi l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione, 
sia che la lite riguardi la spettanza del tributo, sia che 
essa concerna la regolarit� delle forme seguite per la relativa 
riscossione. (1 ). 

(Omissis). -Il ricorso � fondato. 

Invero, come ripetutamente � stato affermato da questo Supremo 
Collegio (v. da ultimo la sentenza 18 febbraio 1690, numero 
3034 relativa ad analoga fattispecie), tutte le controversie 
che si svolgono tra i due soggetti del rapporto tributario appartengono 
alla competenza esclusiva del Tribunale, sia che la lite 
riguardi la spettanza o,l'ammontare del tributo, sia che concerna 
la regolarit� delle forme seguite per la relativa riscossione. 

Pertanto, nella specie, anche la opposizione agli atti esecutivi, 
con la quale si eccepiva la inefficacia del pignoramento per 
non essere stata chiesta la vendita nel termine di 90 giorni stabilito 
dall'art. 497 c.p.c., rientra nella competenza esclusiva del 
Tribunale di Ancona, foro erariale. (Omissis). 

(1) Giurisprudenza costante. Il chiaro disposto dell'art. 8 t.u. 30 ottobre 
1933 n. 1611, nel quale � trasfusa la norma interpretativa contenuta 
nell'art. 1 del r.d. 10 novembre 1924 n. 2107, non lascia adito a dubbi, 
dato che la sua applicazione, al pari delle altre leggi speciali sulla rappresentanza 
e difesa dello Stato in giudizio, � tassativamente disposta 
dall'art. 25 del c.p.c.; cfr. Rel. Avv. Stato, 1956-60, 691, e giur. ivi cit. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 dicembre 1963, n. 3111 -

Pres. Celentano -Est. Pece -P. M. Trotta (conf.) -Duse c. 

Finanze. 

Imposta di registro -Decisione della Commissione �provinciale in te


ma di valutazione -Azione giudiziaria -Limiti. 

(r.d.l. 7 agosto 1936, art. 29; r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, art. 42; 1. 20 
marzo 1865 n. 2248, All. E, art. 2). 
I ,: 
-~ 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

169 

L'autonomia funzionale, in materia tributaria, fra la giurisdizione 
delle Commissioni amministrative e quella successivamente 
esplicata � ex novo � dal giudice ordinario trova un 
limite nel potere fondamentale che compete al predetto giu


. dice in materia di tutela dei diritti soggettivi, ex art. 2 l. n. 2248 
del 1865, all. E. Ne consegue che il ricorso all'a.g.o. avverso 
le decisioni delle Commissioni provinciali, relative alla valutazione 
dei beni oggetto di imposta indiretta sui trasferimenti 
(comma 3� art. 29 r.d. n. 1639 del 1936, convertito 
nella legge n. 1016 del 1937, e art. 43 r.d. n. 1516 del 1937) 
� ammesso anche nei casi in cui la decisione della Commissione 
sia stata determinata dall'adozione di criteri di valutazione non 
conformi alla legge. -Ci� in quanto l'adozione di simili criteri 
importa la violazione del diritto soggettivo del contribuente a 
che la imposizione fiscale venga contenuta nei limiti tassativi 
di legge. (1). 

(1) Limiti dell'impugnativa giudiziaria delle decisioni delle Commissioni 
provinciali in tema di valutazione. 
A) L'ad�zione da parte della Commissione provinciale delle Imposte, 
nei giudizi di valutazione sui trasferimenti della ricchezza, di criteri 
di valutazione non conformi a legge, �, nell'annotata sentenza, considerato 
motivo idoneo, in via generale e di principio, a radicare il ricorso 
all'a.g.o. previsto dal 3� comma dell'art. 29 del r.d.l. 1639/36. Ci� con 
richiamo al fatto che l'adozione dei criteri predetti incide sul diritto 
soggettivo del contribuente alla rispondenza della imposizione fiscale ai 
dettami di legge e che, in materia di diritto soggettivo, il potere conferito 
all'a.g.o. dall'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, 
costituisce un limite invalicabile per l'autonomia funzionale, in 
materia tributaria, fra la giurisdizione delle Commissioni Amministrative 
e quella successivamente esplicata ex novo dall'a.g.o. 

Ragioni di diritto� processuale e sostanziale al tempo stesso non consentono 
di aderire senza riserve a tali affermazioni. L'adozione, da parte 
delb Commissione Provinciale delle Imposte, nei giudizi di valutazione 
sui trasferimenti della ricchezza, di criteri di valutazione non conformi 
a legge costituisce motivo idoneo a radicare il ricorso. all'a.g.o., previsto 
dal 3� comma dell'art. 29 del r.d.l. 1639/36, solo nel caso in cui la 
stessa, nella peculiare sua concreta manifestazione, si risolva in un difetto 
di calcolo ovvero in un grave ed evidente errore di apprezzamento. In 
caso contrario il ricorso non � consentito, non risultando decisivo il 
richiamo al principio recato dallo art. 2 della legge abolitiva del contenzioso 
amministrativo. 

B) Il ricorso all'a.g.o. previsto dall'art. 29, 3� comma del r.d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639, si inserisce nel procedimento amministrativo di accertamento 
del valore dei beni trasferiti, e, attribuendo all'a.g.o. predetta 
un sindacato di mera legittimit� sulla decisione della Commissione Provinciale, 
introduce un iudicium rescindens che verte sulla esistenza, nel 



170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso viene denunziato 
che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuta la 
legittimit� della procedura di accertamento, laddove quest'ultima 
non aveva tenuto conto dell'art. 13 del d.l. n. 1639 del 
1936, secondo cui, ai fini della determinazione del valore dei 
beni per la imposta di registro, deve farsi ricorso ai criteri e 
coefficienti di massima stabiliti dagli Ispettorati Compartimentali 
delle Imposte indirette, sentite le Unioni dei lavoratori competenti 
per ragione di materia, e di accordo con le Unioni provinciali 
o interprovinciali dei datori di lavoro e dei professio� 
nisti ed artisti. 

La censura deve essere disattesa. 
Per giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (sent. 


n. 242, n. 1949, n. 2745 del 1961) l'autonomia funzionale, in materia 
tributaria, fra la giurisdizione delle Commissioni Amministrative 
e quella successivamente esplicata ex novo dal giucaso 
particolare, dei due vizi espressamente all'uopo contemplati, difetto 
di calcolo e grave ed evidente errore di apprezzamento. Detto giudizio 
si conclude con una pronunzia di annullamento, con remissione della 
cc�ntroversia alla medesima Commissione Provinciale che, fornita di com� 
petenza esclusiva, procede allo iudicium rescissorium, con conseguente 
riesame del merito. 

La ragione � riposta nel fatto che la materia relativa all'accerta. 

mento di valore partecipa dell'estimazione semplice, la quale, in via gene� 

rale e di principio, � sottratta alla giurisdizione dell'a.g.o. Nella regola


mentazione al riguardo posta dal r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che ha com


piutamente disciplinato l'intero arco del procedimento d'accertamento 

di valore, il ricorso all'a.g.o. �, perci�, consentito in via eccezionale, e 

attuando una interferenza fra giurisdizione speciale e giurisdizione ordi 

naria, con deroga espressa all'autonomia dei due procedimenti, � con� 

cepito come sindacato di mera legittimit�, in funzione dell'annullamento 

della decisione in relazione ai soli due vizi per i quali l'interferenza e 

conseguente deroga � stata tassativamente prevista, disciplinata e limitata. 

Le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza 2828/62, in questa 

Rassegna 1963, nn. 1-2-3, nel precisare, con nettezza di contorni, la 

disciplina del Contenzioso tributario attuato dal r.d.1. 7 agosto 1936, 

n. 1639 e del r.d.l. 8 luglio 1937 n. 1516, hanno affermato che il giudizio 
conseguente al ricorso ex art. 29, 3� comma � stato dalla giurisprudenza 
della stessa Corte di Cassazione configurato come una fase eventuale del 
giudizio amministrativo di accertamento dell'imposta e �quindi come una 
fase del procedimento avanti le Commissioni tributarie� (cfr. anche 
Cass. 828/58; 3818/58; 21/60 e Rel. Avv. Stato, 1956-60, vol. II, 366, 525). 
C) Il diritto soggettivo del contribuente a che l'imposizione fiscale 
venga contenuta, ai fini della valutazione, nei limiti tassativi di legge �, 
pertanto, tutelato, nella sua interezza, dai mezzi giurisdizionali apprestati, 
dal ricordato r.d.l. 1639/36. In esso, infatti, il legislatore ha avuto riguardo 
alla diversit� di questioni che possono insorgere in ordine all'an ed al 
quantum debeatur, creando, per ciascuno, il giudice ritenuto idoneo: 


171

PARTE I, SEZ V,� GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dice ordinario trova un limite nel potere fondamentale che 
compete al predetto giudice in materia di tutela dei diritti soggettivi 
(ex art. 2 della I. n. 2248 del 1865, all. E). 

Ne consegue che, come gi� altre volte affermato da questa 
stessa Sezione (sent. n. 828 del 1955; n. 1626 del 1958), il ricorso 
all'autorit� giudiziaria avverso le decisioni delle Commissioni 
provinciali, relative alla valutazione dei beni oggetto di 
imposta indiretta sui trasferimenti (comma 3� dell'art. 29 del 

r.d. n. 1639 del 1936, convertito nella legge 7 giugno 1937, n. 1016, 
art. 42 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516), � ammesso anche nei casi 
in cui la decisione della Commissione sia stata determinata dalla 
adozione di criteri di valutazione non conformi alla legge. 
Tale adozione, infatti, importa la violazione del diritto sog-

Commissioni Distrettuale e Provinciale nella composizione ordinaria per 
le controversie di valutazione con successivo ricorso all'a.g.o. nei limiti 
del 3� comma dell'art. 29 e Commissione provinciale nella composizione 
prevista dal successivo art. 30, per le controversie di diritto, con possibilit� 
di ricorso all'a.g.o. in via autonoma. 

In tale operazione il legislatore si � preoccupato dei casi; tutt'altre 
che rari, della questione di diritto insorta o puntualizzata in sede di 
valutazione, ed ha precisato, con la norma posta nell'art. 37 del r.d.l. 
1516/37, che il contribuente pu� ricorrere sia alla Commissione di valutazione 
che a quella di diritto. Dal che � stata dedotta la conseguenza 
che, insorta, in sede di appello, alla Commissione provinciale questione 
di diritto in ordine alle modalit� dell'accertamento di valore, la Commissione 
stessa � tenuta a rimetterne la cognizione alla competente Sezione 
speciale, sospendendo il proprio giudizio fino alla risoluzione della que&
tione stessa. 

Dal che la cennata necessit� di ritenere che l'adozione di criteri non 
conformi a legge nella determinazione del valore, abilita al ricorsq previsto 
del 3� comma dell'art. 29 del r.d.l. 1639-36, solo nei casi in cui la 
stessa determina un difetto di calcolo o un grave ed evidente errore di 
apprezzamento. Negli altri casi il contribuente, in sede di giudizio di 
gravame � tenuto a sollevare la questione, investendo in via diretta o in 
via di richiesta di rimessione degli atti, il giudice naturale rappresentato 
dalla Sezione speciale. 

D) Le considerazioni svolte negano, di per s�, utile ingresso, nel 
particolare settore, al limite che, nella economia della riportata sentenza 
sarebbe rappresentato, per l'autonomia funzionale dei due procedimenti, 
dal potere conferito all'a.g.o. dall'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso 
amministrativo. Il peculiare carattere del ricorso previsto dall'art. 
29, 3� comma del r.d.l. 1639-36 inoltre e l'inserimento dello stesso nel 
procedimento amministrativo di accertamento come fase eventuale del 
procedimento . stesso, impediscono che, per il ricorso predetto, possa 
configurarsi un giudizio autonomo con conseguente necessit� di ricercarne 
i limiti istituzionali rispetto al giudizio della Commissione, per 
includervi, in via di norma generale, ci� che � escluso in via di norma 
speciale. 

L. CORREALE 

172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r1�'~. 

gettivo del contribuente a che la imposizione fiscale venga con


.,::"

tenuta nei limiti tassativi di legge. . 
. 

Ci� premesso, va rilevato -per� -che nessuna violazione . 
del genere si � verificata, nella specie, in pregiudizio dell'odierno 
ricorrente, sia perch� la abrogazione dell'ordinamento corporativo 
aveva gi� reso impossibile il ricorso agli organismi (Unio


I

ni dei lavoratori e Unioni dei datori di lavoro) previsti dallo 
art. 13 del r.d.l. n. 1639 del 1936, sia perch� lo stesso art. 13 
espressamente statuiva il carattere meramente indicativo dei 
criteri conseguenti all'interpello degli organismi sopra menzio~ 
nati (sicch� i predetti criteri non venivano ad incidere, i1e1Fiter 
formativo del procedimento amministrativo di imposizione, con 
l'efficacia essenziale che � propria -invece -dei criteri obbligatori 
di valutazione, previsti dagli art. 16 e seg.ti dello stesso 
r.d.l.); sia perch� la valutazione dell'organo impositore era restata 
assorbita dalle successive decisioni delle Commissioni, che 
avevano determinato l'effettivo valore venale dei fondi utilizzando 
i. sopra ricordati criteri obbligatori, di cui agli artt. 15 e 
16 del citato r.d.l. n. 1639 del 1936. 

Il primo mezzo del ricorso deve essere quindi rigettato. 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 dicembre 1963, n. 3188 -
Pres. Vistoso -Est. Capaccioli -P.M. Silocchi (conf.) -Soc. 
,Immobiliare Sabotino ed altri c. Finanze. 

Imposta di registro -Societ� -Concentrazione di aziende -Benefici 
previsti dall'art. 29 della I. 6 agosto 1954 n. 603 ~ Presupposti Limiti. 


(1. 6 agosto 1954 n. 603, art. 29). 
Perch� si verifichi una concentrazione di aziende sociali, ai 

~ 

fini dei benefici previsti dall'art. 29 della l. 6 agosto 1954 n. 603, . 
non � necessario il conferimento, da una societ� all'altra, del


I.
l'intera azienda, essendo sufficiente che si abbia un apporto di 

I.::. 

attivit�, ma � coessenziale che, a seguito dell'apporto medesimo, 
la societ� concentrataria veda accresciuta la propria dotazione : 


~ 

di beni destinati all'esercizio della sua industria o del suo com~ 
mercio, e che le dimensioni dell'azienda della societ� concentrante 

i 

ne rimangano, quanto meno, ridotte: c.os� anche evidenziandosi 
la caratteristica. differenziale della concentrazione rispetto ad .,~ 

.' 
. 

--�-� .-~ 

J 
:::; 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

.un comune conferimento di beni, al quale la legge non ha inteso 
concedere il beneficio (1). 

(Omissis). -Le societ� ricorrenti lamentano la violazione 
del citato art. 29, che dovrebbe trovare applicazione nel caso. 
La norma stabilisce, fra l'altro, che gli atti di fusione delle societ� 
� nonch� le concentrazioni di aziende sociali effettuate mediante 
apporto di attivit� in societ� esistenti, e da costituire, sono 
soggetti alle imposte di registro e ipotecarie in misura fissa ... �. 

,Risulta, dunque, gi� dalla lettera della legge, che se � vero 
�che non occorre, ai fini del beneficio fiscale, il conferimento, da 
una societ� all'altra, dell'intera azienda, dato che vi si parla soltanto 
di � apporto di attivit� �, peraltro questo apporto vi � configurato 
�come mezzo per attuare la �concentrazione di aziende 
sociali � (appartenenti a societ�). La ratio, poi, � pacificamente 
conforme al senso letterale: favorire, cogliendo l'occasione di 
una importante riforma tributaria (introduzione dell'imposta sulle 
societ�), la razionalizzazione delle imprese sociali, mediante la 
eliminazione, o almeno il ridimensionamento, di quelle economicamente 
improduttive ed ingiustificate, e, invece, il potenziamento 
di quelle fondate su effettive e serie basi economiche. 

(1) La sentenza annotata, con interj)retazione corretta del trattamento 
di favore riservato, ai fini della imposta di registro ed ipotecaria, 
dall'art. 29 della I. 6 agosto.1954, n. 603, alle concentrazioni di aziende 
sociali, effettuate medfante apporti di attivit� in societ� costituite o da 
costituire, fornisce un parametro certo per la differenziazione dell'apporto 
utile ai fini del trattamento predetto. Dopo aver chiarito che, ai fini della 
concentrazione, non � necessario l'apporto della intera azienda concentrante, 
nella nozione datane dall'articolo 2555 e.e., essendo sufficiente 
l'apporto di detemiinati cespiti, forniti di idoneit� funzionale e tecnica 
all'esercizio delle rispettive attivit� statutarie, precisa che detto apporto 
deve essere caratterizzato dai due dati obiettivi: dall'accrescimento, nella 
societ� concentrataria, costituita o da costituire, delle dotazioni di beni 
destinati all'esercizio dell'attivit� statutaria, e dal correlativo depauperamento, 
nella societ� concentrante, della dotazione di beni gi� destinati 
all'esercizio dell'attivit� statutaria. Indubbia la esattezza della pre.;isazione 
relativa all'entit� dell'apporto, recepita da tempo nella giurisprudenza 
ddla Corte di Cassazione (cfr. Sent. n. 3086/59; 3374/56 e 1389/48); 
per 1,1 Jisciplina tributaria dell'istituto della concentrazione, le caratteristiche 
richieste ai singoli apporti sono la conseguenza necessitata, non 
solo della esigenza di distinzione dal puro e semplice conferimento di 
beni in societ�, che non � beneficiato, ma anche delle finalit� della 
legge di favore, diretta a facilitare il ridimensionamento delle imprese 
sociali. La qual cosa �, naturalmente, collegata non solo �on l'aspetto 
patrimoniale, ma anche con l'aspetto funzionale dell'apporto sia nel� 
l'azienda che si lascia che in quella, in cui si entra. 

174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma se la norma in esame ha inteso agevolare l'apporto che 
si attui in guisa da dar luogo ad una concentrazione aziendale, 
perch�, poi, questa ricorra � necessario, per un verso, che la soi:-: 
ciet� concentrataria veda accresciuta la propria dotazione di 
beni destinati all'esercizio della sua industria o del suo commercio 
e, per l'altro, che le dimensioni dell'azienda della societ� 
concentrante ne rimangano, quanto meno, ridotte. Questo secondo 
aspetto �' da ritenere coessenziale, perch� solo cos� pu� 
tenersi separata l'ipotesi del comune conferimento di beni in 
una societ�, che � ipotesi rispetto alla quale la legge non ha 
concesso il beneficio. Invero, quando si tratta di conferimento si 
verifica ugualmente il primo aspetto (potenziamento dell'azienda 
appartenente alla societ� che riceve l'apporto), ma non si 
attua, appunto, il secondo. 

Tali essendo il senso e la portata dell'art. 29, la Corte di 
Milano non � caduta in errore n� nell'interpretare la legge n� 
nel qualificare giuridicamente il fatto. Senza dubbio nel caso la 
societ� concentrataria (Immobiliare Sabotino 1IA) ha visto 
aumentati i propri cespiti attivi; ma, anche se l'immobile in og-. 
getto fosse da considerare elemento aziendale rispetto ad essa, m 
certo non si � verificato che la societ� concentrante (Aversa 
Ricostruzioni) abbia perduto, almeno in parte, gli elementi della 

i

propria azienda. E' stato infatti accertato incensurabilmente dalla 
Corte di Milano, e del resto � pacifico, che la soc. Aversa aveva 
per oggetto la riparazione e ricostruzione di immobili, tanto 

I 

che la cessione del fabbricato de quo � stata proprio giustificata, 
nella stessa delibera assembleare, con il motivo della estra


. 

.

neit�, rispetto all'oggetto sociale, della conservazione di un edi


,

ficio ormai gi� ricostruito. Ora, non � nemmeno configurabile 
che costituisca elemento dell'azienda di una societ� un cespite 

I 

che � addirittura estraneo alla sfera statutaria della. sua attivit�. 
Le ricorrenti richiamano l'attenzione sul fatto che l'edificio 
ricostruito costituiva la quasi totalit� dei beni della soc. Aversa; 

~ 

ma � un fatto che non ha rilevanza, perch� non incide su ci� che 
il cespite non era aziendale, ossia non era un cespite mediante 

I 

~ 

il cui apporto si potesse attuare una concentrazione di aziende. 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 dicembre 1963, 
Pres. -Fibbi -Est. lannuzzi -P. M. Pedate (conf.) 
relli c. Finanze. 

II 

f': 

n. 3201 -!~ -Soc. Pir


I 

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175

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Imposta di ricchezza mobile -Societ� ed altri soggetti tassabili in 
base a bilancio -. Accertamento induttivo -Condizioni. 

(t.u. 24 agosto 1877 n. 3021; 1. 8 giugno 1936 n. 1231, art. 20). 
Profitti di regime -Profitti avocabili ai sensi dell'art. 5 del d.I.I. 

n. 134 del 1946 -Accertamento -Richiamo alle norme per l'accertamento 
dei redditi di ricchezza mobile -Limiti. 
ed.1.1. 26 marzo 1946 n. 134, art. 5; r.d. 3 giugno 1946 n. 598, art. 
13; t.u. 24 agosto 1877 n. 3021; 1. 8 giugno 1936 n. 1231, art. 20). 
In tema di accertamento dei redditi di ricchezza mobile, per 
i soggetti tassabili in base a bilancio, l'ufficio pu� procedere 
in via induttiva alla determinazione del reddito imponibile, 
quando le risultanze del bilancio non sono attendibili, perch� vi 
� motivo di ritenere che esse non rispecchiano la reale situazione 
dell'azienda e l'intero reddito conseguito (1). 

Per l'accertamento dei profitti avocabili ai sensi dell'art. 5 
del d.l.l. n. 134 del 1946, e cio� nell'ipotesi di profitti considerati 
illeciti, ricavati da forniture o da atti di commercio in genere 
col tedesco invasore, sono ugualmente applicabili le disposizioni 
dettate per l'accertamento d�i redditi di ricchezza mobile, ma 
non incondizionatamente, dovendo i profitti in questione essere 
accertati in via autonoma e tenuti distinti dagli altri normali 
redditi del soggetto, senza possibilit� di operare la compensazione 
con le eventuali perdite di gestione relative ad altre attivit� 
sociali (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo la Societ� ricorrente, 
denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 19 

d.1.1 26 marzo 1946 n. 134, in relazione all'art. 13 r.d. 3 giugno 
1943 n. 598 ed alle disposizioni vigenti in tema di accertamento 
dei redditi ai fini dell'imposta di R.M. (t.u. 24 agosto 1877 
n. 
4021, reg. 11 luglio 1907 n. 560, ari. 20 1. 8 giugno 1936 
(1-2) L'esattezza della sentenza non pu� revocarsi in dubbio. Il ricorso 
al �istema induttivo di accertamento che, per l'imposta di r.m.1 � stato, 
a norma dell'art. 20 della I. 8 giugno 1936, n. 1231, costantemente ammes~o, 
per gli enti tassabili in base a bilaneio, nei casi in cui le risultanze di quest'ultimo 
non risultano attendibili (cfr. Cass. Sez. I, n. 1577/61; id. 656/61; 
id. 2526/59; id. 872/57) non pu� non essere ammesso anche per l'accertamento 
dei profitti di regime, dato il preciso disposto dell'art. 19 del" 

d.l. 
26 marzo 1946, n. 134 in relazione all'art. 13 del r.d. 3 giugno 1943, 
n. 
598. 
L'esigenza, inoltre, per la quale l'accertamento dei profitti avocabili 
venga effettuato in modo compatibile con le disposizioni speciali 
contenute nel d.l. 134/46, posto a disciplina della particolare materia, 



176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 1231 e successive modificazioni), deduce che, in virt� delle 
citate disposizioni, si sarebbe dovuto procedere alla determinazione 
del profitto avocabile in base alle risultanze del bilancio, 
e non mediante un procedimento induttivo, il quale � ammesso 
solo quando vi siano ragioni per contestare� la veridicit� 
del bilancio stesso e della contabilit� sociale. Nella specie, invece, 
osserva la ricorrente, l'Ufficio finanziario ha pretermesso 
l'esame analitico delle risultanze del bilancio e della contabi.
lit�, e la Commissione Centrale delle imposte ha approvato il 
sistema erroneo di accertamento senza che fosse stata contestata 
e dimostrata l'inattendibilit� dei predetti documenti. 
E' connesso il secondo motivo, con il quale si denuncia 
l'insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione impugnata 
sul criterio segu�to ai fini dello accertamento del profitto 
e l'illogicit� nella valutazione delle prove. 

La ricorrente deduce di avere, fra l'altro, chiesto una ulteriore 
istruttoria mediante l'audizione dell'ispettore dell'Amministrazione 
Finanziaria che aveva a suo tempo proceduto a verifiche 
ed indagini sui negozi compiuti con i tedeschi, ovvero 
mediante richiesta di informazioni all'Amministrazione stessa. 
Tale istanza sarebbe stata respinta senza una adeguata giustificazione. 
Inoltre la decisione impugnata, osserva la. ricorrente, 
anzich� dimostrare o asserire espressamente l'inattendibilit� 
del bilancio, si � limitata ad esprimere qualche dubbio, peraltro 
ingiustificato, sulla sua veridicit�, e pertanto ha affermato 
apoditticamente la necessit� di far ricorso a procedimento induttivo. 


In particolare rileva la .ricorrente, il dubbio sulla veridicit� 
del bilancio � stato determinato da un evidente equivoco, 
in quanto le due diverse cifre relative alla partita rimasta insoluta 
si riferivano a momenti diversi, essendo avvenuto nel 
frattempo un pagamento parziale. 

Le censure non sono fondate. 

rende il ricorso al sistema induttivo assolutamente legittimo per i profitti 
conseguiti dopo 1'8 settembre 1'943 in dipendenza ed in occasione 
di atti di commercio compiuti con il tedesco invasore (art. 5 d:I. 134/46). 
Ci� per due ordini di ragioni: l'uno dato dal fatto che le operazioni del 
genere non vengono normalmente distinte dall'attivit� complessiva della 
Societ�; l'altro dal fatto che la natura illecita del conseguito profitto, 
impedisce la compensazione con eventuali perdite o disavanzi di gestione 
subiti in altri negozi compiuti nell'ambito consentito dal legittimo esercizio 
dell'attivit� sociale. Nelle sentenze ricordate in motivazione � traccia 
sicura di ci� e cos� anche nella sentenza 1503/56, nella quale l'argomento 
� stat9 affrontato e deciso ex professo. 

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PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 177 

La decisione impugnata non ha negato che siano applicabili, 
ai fini della determinazione del profitto avocabile ai sensi 
dell'art. 5 d.1.1. 26 marzo 1946, n. 134, le disposizioni di legge 
dettate per l'accertamento del reddito in tema di imposta di 
ricchezza mobile, e quindi, per gli enti tassabili in base a bilancio, 
avendosi riguardo alle risultanze del bilancio stesso nonch� 
del conto dei profitti e delle perdite. La Commissione Centrale 
ha per� esattamente osservato, in via di premessa, che le 
disposizioni predette non potevano trovare incondizionata applicazione, 
trattandosi di accertare il profitto considerato illecito, 
ricavato da forniture o da atti di commercio in genere con il 
tedesco invasore, e non il reddito della normale gestione di una 
impresa; pertanto la Commissione ha ritenuto che il profitto 
stesso doveva essere accertato in via autonoma e tenuto distinto 
dagli altri normali redditi della societ�, senza la possibilit� di 
operare una compensazione con le eventuali perdite o disavanzi 
di gestione relativi ad altre attivit� sociali. 

Tale principio, che � affermato anche dalla giurisprudenza di 
questa Corte Suprema (sent. n. 2477 del 6 luglio 1956 e n. 3864 
del 19 ottobre 1954), non � contestato dalla societ� ricorrente, 
la. quale rileva che il profitto doveva essere determinato in base 
alle risultanze del bilancio e della contabilit� relativa alle forniture 
effettuate ai tedeschi, all'uopo tenendosi conto non solo 
del ricavo, ma anche della spesa ad esse inerente. 

Ma al riguardo la decisione impugnata ha osservato che i 
dati ed i calcoli offerti dalla societ� per la determinazione in 
via analitica del profitto non erano attendibili, perch� non sorretti 
da alcuna dimostrazione, ed inoltre perch� contraddetti da 
altri elementi acquisiti agli atti. Infatti, contrariamente a quanto 
asseriva la ricorrente societ�, i prezzi delle merci non erano 
imposti dai tedeschi, ma richiesti dalla societ� stessa, e da quelli 
approvati; inoltre venivano riconosciute ed ammesse le richieste 
di aggiornamento dei prezzi in relazione all'aumento dei 
costi di produzione. Ha osservato ancora la Commissione Centrale 
che vi era ragione di nutrire qualche dubbio sulla rigorosa 
esattezza della contabilit� sociale anche perch� l'esposizione 
dello importo delle forniture rimasto insoluto non era stata 
costante ed uniforme, essendo stato tale importo dapprima indicato 
in L. 29.886.460,74 e poi ridotto a L. 18.169.859. 

Tali considerazioni sono apparse sufficienti a far ritenere 
non attendibili le risultanze contabili e perci� a far ritenere legittima 
l'applicazione del criterio induttivo, in luogo di quello 
analitico, per la determinazione del profitto avocabile. 



178 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ora tale procedimento e la giustificazione che se ne adduce 

sono del tutto conformi alle disposizioni vigenti in materia, 
avendo questa Corte Suprema gi� deciso, in tema di accertamento 
dei redditi soggetti all'imposta di ricchezza mobile e 
quindi dei profitti avocabili a norma delle leggi speciali, che, 
quando le risultanze del bilancio non sono attendibili perch� vi 
� motivo di ritenere che esse non rispecchiano la reale situazione 
dell'azienda e l'intero reddito conseguito, l'ufficio pu� procedere 
in via induttiva alla determinazione del reddito e quindi 
del profitto tassabile (sent. 30 giugno 1961 n. 1577; 14 marzo 
1957 n. 872). .~ 

La Societ� ricorrente si duole che non vi sia stata l'audizione 
dell'ispettore che procedette alle indagini; deduce inoltre 
che la diversa indicazione dell'importo di forniture rimasto 
insoluto si giustificava con un pagamento parziale : ci� sempre 
al fine di sostenere che le risultanze del bilancio sarebbero state 
esatte. 

Ma tali rilievi attengono al merito; peraltro la Commissione 
Centrale ha reputato ininfluente� l'audizione del predetto ispettore, 
per la considerazione che questi non avrebbe potuto che 
ripetere quanto gi� dichiarato per iscritto, riconfermando, cio�, 
quelle circostanze, le quali, a giudizio della Commissione, non 

erano state reputate idonee a dare ingresso ad un accertamento 
analitico. 
Pertanto il ricorso deve essere respinto, con la condanna 
della Societ� ricorrente alle spese. (Omissis). 

TRIBUNALE DI MILANO, Sez. I, 16 maggio 1963 -Pres. 
Usai -Est. Jucci -Gerloni c. Finanze Stato. 

Imposta generale entrata -Uso d'atti irregolari ai fini dell'imposta 
generale entrata -Obbligo di pagamento -Prescrizione. 

(1. 19 giugno 1940 n. 762, art. 45). 
L'uso o la produzione di un qualsiasi atto scritto, che documenti 
un atto economico assoggettabile all'imposta generale en


I 

trata, rientra nella sfera di applicazione dell'art. 45, 2� comma, 

I~

l. 19 giugno 1940, n. 762. 
I il

I documenti previsti dall'art. 8 della l. cit. sono richiesti ai 
fini strumentali dell'accertamento e non del sorgere del tributo, 
che � collegato al verificarsi dell'atto economico tassabile. 

L'uso e la produzione dell'atto tassabile, avvenuto dopo il 

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179

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

decorso della prescrizione fissata dall'art. 45, 1� comma, della 

l. n. 762 abilita lo Stato a realizzare il credito non assolto in -violazione 
dell'art. 45 2� comma stessa legge, ed il termine di prescrizione 
decorre dal giorno in cui si � verificato l'uso o la produzione. 
.;:;. 

(Omissis). -Unico motivo fatto valere dall~pponente a 
fondamento della denunciata illegittimit� dell'ing�tmzione � la 
estinzione per prescrizione del diritto dell'ente creditore alla riscossione 
della imposta accertata e della relativa pena pecuniaria 
inflitta. 

L'eccezione � solo in parte fondata, ossia con riferimento alla 
pena pecuniaria, ma non anche per quanto ha tratto alla imposta, 
diversi essendo i termini di prescrizione prefissi per la riscossione 
di detti crediti. 

Ed invero � pacifico in causa che l'atto economico soggetto 
alla imposta in contestazione � stato posto in essere in data 14 
settembre 1945 (data di stipulazione della compravendita GerloniValcalebre) 
ed � dunque da detta data che ha inizio il corso decennale 
della prescrizione stabilito dall'art. 45 della legge istitutiva 
della IGE. . 

Dispone, peraltro, il medesimo articolo, al secondo comma, 
che � la compiuta prescrizione non autorizza l'uso o la produzione 
degli atti e scritti, irregolari agli effetti della presente legge, 
senza l'effettivo pagamento della imposta, delle sopratasse e del 
minimo delle pene pecuniarie dalla stessa stabilite �. 

La disposizione va, ad avviso del Tribunale, interpretata nel 
senso che, pur compiuta la prescrizione del diritto dello Stato 
alla riscossione dell'imposta, della sopratassa e della pena pecuniaria, 
l'uso o la produzione degli atti o scritti rappresentativi 
degli atti economici soggetti alla imposta prescritta fa sorgere 
nuovamente il diritto dell'Erario a pretendere l'assolvimento dell'imposta 
medesima: 

Ponendo infatti la norma il divieto di fare uso o di produrre 
i detti atti o scritti irregolari agli effetti della legge, consegue 
che � il fatto dell'uso o della produzione in s� che origina ex-novo 
il diritto alla percezione dell'imposta. Ed � quindi dal momento 
in cui tale fatto si verifica che inizia un nuovo corso della prescrizione. 


Nella specie risulta documentalmente provato che l'atto di 
compravendita 14-9-1945 e l'atto di transazione 2 aprile 1946 
furono prodotti in giudizio al pi� tardi in data 14 dicembre 1955, 
secondo emerge dalla narrativa della sentenza del Tribunale di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Milano 31-10/22-11-1956 (doc. 5 conv.), talch� il termine decennale 
della prescrizione � tuttora in corso. 
L'opponente sostiene peraltro che nell'ambito della disposizione 
esaminata non pu� essere ricondotta anche la produzione, 

di atti della specie suddetta, in quanto i documenti rilevanti agli 
effetti della legge sulla IGE (art. 8), espressamente specificati 
nel relativo regolamento, sono soltanto la nota, il ..::onto, le fattu� 
re, la quietanza e simili. 

L'argomento � palesemente privo di pregio. 

L'art. 8 del d.l. 9-1-1940 n. 2 detta invero l'obbligo per gli operatori 
di far risultare ogni atto economico che d� luogo ad una 
entrata imponibile da un apposito documento che deve indicare 
� l'importo dei corrispettivi costituenti l'entrata ed ogni altro 
elemento idoneo a identificare i singoli� atti economici�. Ma � 
del tutto evidente che oggetto dell'imposta � l'atto economico, 
che d� luogo all'entrata, laddove il documento � richiesto dalla 
legge soltanto a fini strument�lli per agevolare l'accertamento. 
Di guisa che la prova della verificazione dell'atto economico non 
� necessariamente, n� esclusivamente fornita da uno dei documenti 
indicati dal regolamento, sibbene pu� essere acquisita 
aliunde. E quindi l'uso o la produzione di un qualsiasi atto scritto 
che documenti un atto economico assoggettabile all'imposta 
sull'entrata rientra nella sfera di applicazione del cit. art. 45, 2� 

comma. :~ 

Inconferente � poi il richiamo alla giurisprudenza della Corte 
di Cassazione citata dall'opponente, riguardando la massima 
riprodotta la prova del negozio, che sicuramente � regolata dalle 
disposizioni del codice civile, e non pu� di certo essere ricavata ii~ 
da uno dei documenti che la legge speciale esige al solo scopo 
del pi� sicuro accertamento dell'entrata imponibile. 

La prescrizione si � invece compiuta per quanto concerne . 
la pena pecuniaria, giacch� il primo atto interruttivo dopo la '

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suddetta data del 14-12-1955 si � prodotto con la notifica deli:~ 
l'atto di accertamento della trasgressione avvenuta il 22 dicem


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bre 1~60, vale a dire dopo la scadenza del quinquennio di cui al


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l'art. 17 1. 7 gennaio 1929, n. 4. (Omissis). 

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TRIBUNALE DI BOLOGNA, Sez. I, 14 giugno 1963, n. 504 -
Pres. Belli -Est. Di Santo -Finanze c. Comune di Medesano. 

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Imposta di registro -Trasferimenti immobiliari -Accessioni -Presuni
�== 

~::: 

zione ex art. 47 della legge 3269-23 -Prova contraria. 

(1. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 47; 1. 24 gennaio 1962 n. 23). 
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PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 181 

Le norme contenute nella l. 24 gennaio 1962, n. 23 sugli atti 
posti in essere dai Comuni, idonei a vincere la presunzione di accessione, 
concernono le vendite da parte dei Comuni di terreni non 
edificati e non gli acquisti, che restano sottoposti alla disciplin04 
dell'art. 47 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (1). 

(Omissis). -La domanda � fondata e deve essere accolta. 
Com'� noto, l'accessione � un modo di acquisto originario, giacch� 
l'acquisizione del diritto di propriet� del bene incorporato, 
a �favore del proprietario del suolo, deriva dal mero fatto dell'in. 
corporazione. L'accessione, cio�, determina una naturale espansione 
del dominio perch� si fonda non su un fatto umano, ma 
semplicemente sull'evento esteriore della connessione materiale 

delle cose. 

E' vero che l'acquisizione� ipso jure � del.la propriet� super


ficiaria al titolare del diritto di propriet� sul suolo si presume 

� juris tantum�, e perci� pu� essere vinta dalla prova contraria. 

Tuttavia, non solo per diritto speciale tributario, ma anche 

per diritto comune, la presunzione di accessione al suolo della 

costruzione che vi sia stata inedificata o che debba inedificarsi 

pu� essere vinta solamente da un atto scritto, mediante il quale 

il proprietario del suolo abbia costituito a favore di un terzo il 

diritto di superficie previsto dai due commi dell'art. 952 e.e. 

Generalmente tale costituzione avviene per contratto, ma � 

ammissibile la costituzione del diritto di superficie anche per 

testamento. In ogni caso, per�, trattandosi di costituire un nuovo 

diritto, separando la propriet� del suolo da quella della costru.. 

zione che � ipso jure � si acquisirebbe o si � gi� acquisita al 

proprietario del suolo, la relativa dichiarazione di volont� non 

potrebbe che provenire da chi � legittimato a costituirla, cio� 

dalla persona a cui favore si verificherebbe o si � verificata 

l'accessione stessa, ossia dal proprietario del suolo, futuro ven


ditore, non mai dal futuro acquirente del suo stesso, il quale 

non potrebbe mai assumere la veste di costituente del diritto. 

Per il diritto speciale tributario (art. 47 della legge di regi


stro), inoltre, a vincere la presunzione di accessione agli effetti 

fiscali non basta che le parti diano atto, contestualmente al tra


sferimento del suolo, che l'alienante aveva gi� concesso (verbal


mente o tacitamente, e perci� con negozio invalido per difetto 

(1) Il carattere eccezionale della I. 24 gennaio 1962, n. 23, interpretata 
secondo i criteri di ermeneutica posti dall'art. 14 delle disposizioni sulla 
legge in generale, non consente altra soluzione. Nello stesso senso cfr. 
Tribunale di Brescia 16 dicembre 1963 Comune di Pisogne c. Finanze: .. 

182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della forma � ad essent�am � prescritta dall'art. 1350, n. 2 e.e.) 
l'edificazione sul suolo stesso dell'acquirente, gi� prima della stipulazione; 
ma occorre che l'acquisizione del diritto di superficie 
sia provata dall'acquirente del suolo mediante un atto anteriore 
�registrato, idoneo a costituire il diritto stesso. 

La delibera adottata dal Comune convenuto per provvedere 
all'acquisto fl.ell'area � de qua�, allo scopo di costruirvi case 
popolari, � certamente anteriore alla compravendita, ed � veritiera, 
ma non i! atto idoneo a vincere la presunzione di accessione 
giacch�, anche � volere prescindere dalla sua natura di atto puramente 
interno di formazione della volont� dell'ente, essa de�ibera 
proviene non dal futuro alienante, ma dal futuro acquirente 
che, non essendo ancora proprietario dell'area, non poteva costituire 
una concessione �ad aedificandum � a favore di s� stesso, 
spettando la legittimazione sostanziale alla costituzione del diritto 
di superficie esclusivamente al proprietario del suolo. 

Il convenuto richiama la 1. 24 gennaio 1962, n. 23, che ha testualmente 
sancito: �In deroga all'art. 47, r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269 (legge di registro) e successive modificazioni, sono idonee 
a vincere la presunzione di accessione le deliberazioni adottate 
prima dell'entrata in vigore della presente legge,, con le quali 
le Province e i Comuni abbiano autorizzato la vendita di terreni 
non edificati a coloro che successivamente hanno stipulato 
il contratto di acquisto, consentendo nel frattempo all'edificazione, 
nonch� i contratti di appalto stipulati dagli Istituti autonomi 
per le case popolari per costruzioni su terreni successivamente 
acquistati �. 
Ma la trascritta norma di diritto singolare non pu� applicarsi 

alla specie, giacch� essa concerne le sole deliberazioni (provincia


li e comunali) di vendita, e non anche quelle di acquisto. 

La limitazione della previsione alle sole ipotesi di vendita � 

certamente dovuta al principio logico-giuridico, secondo cui la 

accessione non pu� essere impedita �se non da una dichiarazione 

di volont� del soggetto a favore del quale si verificherebbe o si 

� verificata l'accessione stessa, e cio� del proprietario dell'area 

edilizia che sia in procinto di venderla ad altro soggetto. 

N�, contrariamente a quanto sostiene la difesa del convenuto, 

la citata norma, di carattere eccezionale, pu� essere interpretata 

analogicamente, ostandovi l'art. 14 delle preleggi. Non � neppure 

suscettibile di interpretazione estensiva, perch� la fattispecie del


la deliberazione di acquisto non �� per nulla implicita, ma � anzi 

implicitamente esclusa dalla portata della norma stessa. 

La difesa del Comune, richiamandosi alla seconda parte della 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 183 

norma di cui alla I. 24-1-1962, n. 23, secqndo cui, oltre alle delibere 
delle Province e dei Comuni autorizzanti la vendita, sono idonei 
a vincere la presunzione di accessione � i contratti di appalto stipulati 
dagli Istituti Autonomi per le case popolari per costruzioni 
su terreni successivamente acquistati �, sostiene che il contratto 
di appalto per la costruzione della casa popolare sul terreno acquistato, 
stipulato dal Comune di Medesano il 4-9-1952 e registrato 
il 23-10-1952, consente egualmente di vincere la presunzione 
posta dall'art. 47 della legge di registro, dovendosi ritenere il Comune, 
che � il primo degli enti di edilizia popolare, compreso 
nella previsione della I. n. 23 del 1962. 

Ma neanche tale tesi pu� essere accolta. Non � possibile, infatti, 
interpretare la I. n. 23 nel senso che i contratti di appalto, 
stipulati dai Comuni per costruzioni di case popolari su terreni 
successivamente acquistati, siano idonei a vincere la presunzione 
di accessione. Ed infatti, se la legge avesse voluto comprendere 
nella disposizione anche i contratti di appalto dei Comuni, lo 
avrebbe detto; invece non lo ha fatto, bench� nella prima parte 
della norma abbia menzionato proprio i Comuni in relazione alle 
delibere di vendita. Una interpretazione che comprendesse nella 
disposizione, dettata per gli Istituti Autonomi per le case popolari, 
i contratti di appalto dei Comuni relativi a costruzioni su 
terreni acquistati sarebbe, in realt�, non una interpretazione 
estensiva (mirante cio� a fare esattamente coincidere la norma 
con il pensiero e la volont� del legislatore, applicandola ad un 
numero di casi pi� ampio di quella che la dizione letterale comporterebbe), 
ma una interpretazione analogica (mirante cio� a 
sviluppare nella sua espressione logica la � ratio legis � cos� da 
adottarla a casi diversi, se pur consimili nell'elemento di fatto 
decisivo per il trattamento giuridico); ed � st�to gi� rilevato che 
l'art. 14 delle preleggi vieta l'interpretazione analogica delle leggi 
eccezionali. (Omissis). 

TRIBUNALE DI CATANIA, 28 giugno 1963, n. 843 -Pres. Nicosia Est. 
Russo -Di Stefano c. Finanze. 

Imposta di registro -Privilegio fiscale -Permuta di beni dotali -Pignorabilit� 
per debito d'imposta. 

(1. 30 die. 1923, n. 3269, art. 97; e.e., artt. 189, 2758, 2772). 
Il credito dello Stato per l'imposta di registro sull'atto relativo 
alle permute di beni dotali � assistito, al pari degli altri 
crediti per l'imposta di registro in genere, dal privilegio speciale' 



184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
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previsto dall'art. 97 della legge organica 3269/23. I beni pertanto .

sui quali � trasferito il vincolo dotale sono, in attuazione del 
privilegio predetto, pignorabili, 

(Omissis). -Eccepisce l'opponente che i beni pignorati 
dall'Amministrazione Finanziaria in data 15 giugno 1955 erano 
di natura dotale, giusta l'atto di permuta del 23 aprile 1946 in 
notar Musumeci e, quindi, non potevano essere sottoposti a 
pignoramento. Col predetto atto di permuta, i coniugi Arena 
Orazio e Distefano Salvatrice (attuale opponente) �cedevano 
e trasferivano a titolo di permuta all'altro contraente Arena 
Pietro l'intero fondo per 92/214 di natura dotale e nel resto di 
propriet� comune fra essi coniugi. Arena Pietro cedeva e trasferiva 
allo stesso titolo di permuta ai medesimi coniugi Distefano 
e Arena il mulino San Giovanni Bosco con tutti i macchinari 
ivi esistenti di cui appresso... Ora, dato che il fondo ceduto 
in permuta dai coniugi Distefano-Arena � per 92/214 di natura 
dotale, in tale proporzione il fabbricato e i macchinari tutti del 
Mulino divengono per 92/214 dotali della Distefano Salvatrice 
e nel resto in parti comuni fra essi coniugi�. 

Vero � che la dote, durante il matrimonio � inespropriabile 
da parte dei creditori, come risulta sicuramente, se pure 
implicitamente dall'art. 191 e.e.: � Sciolto il matrimonio, si 
pu� procedere sui beni che costituivano la dote anche per le 
obbligazioni contratte durante il matrimonio �, tuttavia il credito 
tributario dello Stato, che colpisce i beni che hanno formato 
oggetto della costituzione di dote (nella specie con l'atto 
di permuta sopra cennato il vincolo dotale era stato trasferito 
dal fondo rustico, sul quale originariamente era stato costituito, 
anche sui macchinari pignorati dall'Amm.ne Finanziaria), 
preesiste logicamente se non temporalmente al sorgere 
del vincolo dotale, in quanto attiene all'obbligazione tributaria 
dovuta dalle parti in relazione all'atto stesso che le parti 

I,

pongono in essere. In conseguenza di ci� la stessa legge di 
registro (art. 97), richiamando le norme contenute nel codice ' 
civile, attribuisce allo Stato dei privilegi sui beni sia mobili 
che immobili oggetto della contrattazione (artt. 2758 e 2772). 


,

Si potrebbe obbiettare che le norme di cui agli artt. 2758 e 

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2772 e.e. parlano di � tributi indiretti � e non di imposte di . 
. 
registro. Ma ormai � pacifico ed � stato riconosciuto anche dal 

.

legislatore (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 e 8 luglio 1937, n. 1516), 

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che le stesse hanno natura di imposte indirette e quindi non . 
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PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 185 

pu� dubitarsi che la predetta norma riguardi anche la imposta 
di registro. 

Del resto l'art. 61 della stessa legge di registro (modificato 
dall'art. 3 d.l. 8 marzo 1945, n. 90) disciplina proprio la 
tassazione del contratto di costituzione di dote, e l'art. 18 1. 16 
giugno 1939, n. 942 prevede la possibilit� che la dote possa essere 
gravata da tributi. � 

Da quanto sopra esposto viene, cos�, dimostrato che la 
opposizione proposta dalla Distefano Salvatrice avverso l'ingiunzione 
notificatale dall'Ufficio del Registro di Vizzini � infondata, 
perch�, nella specie i macchinari sui quali era stato 
trasferito il vincolo dotale in virt� dell'atto di permuta in notar 
Musumeci del 23 aprile 1946, potevano essere staggiti per 
il soddisfacimento dell'imposta complementare di registro che 
riguardava, proprio, detto atto di permuta, di cui i macchinari 
stessi costituivano l'oggetto. (Omissis). 

~~:?~:;�3z~i~1\~~-(...;~~~�-�-~ __ �


COMMISSIONE CENTRALE, Sez. XI, 20 giugno 1962, n. 89695 
-Morasso Mario c. Finanze. 

Contenzioso tributario -Registro -Controversie di valutazione -De


cisione delle Commissioni provinciali -Ricorso aIIa Commissione 

Centrale. 

L'obbligo della motivazione, di cui all'art. 42 r.d. 8 luglio 1937, 

n. _1516, non � soddisfatto da un generico richiamo alla consistenza, 
posizione, manutenzione e valore in comune commercio 
del cespite da valutare (1). 
(1) Competenza deIIa 
giudizi di valutazione. � 
Commissione Centrale delle imposte nei 
Con la decisione, che si annota, la Commissione Centrale, in 

conformit� della sua precedente giurisprudenza, si � pronunziata, ritenendosi 
competente, su ricorso proposto avverso decisione resa dalla 
Commissione provinciale in grado di appello, annullandola per difetto 
di motivazione. 

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha, peraltro, escluso l'ammissione 
del ricorso alla Commissione Centrale avverso le decisioni rese 
dalle Commissioni Provinciali in tema di valutazione, affermando che 
queste decisioni, emesse in grado di appello, sono definitive salvo il 
ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria, ai sensi dell'art. 29 d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639 o il ri�orso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. 

La decisione annotata �, pertanto, in contrasto con la giurisprudenza 
della Corte regolatrice ed avverso di essa si sarebbe potuto opporre 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

186 

(Omissis). -L'art. 42 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, fa obbligo 
alle Commissioni delle Imposte per le controversie di valutazione 
di enunciare nelle loro decisioni una sommaria motivazione 
dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo 
nella determinazione dei valori imponibili. Tale obbligo non � 
certo soddisfatto quando, come nella specie, la decisione si limiti 
ad un richiamo generico alla consistenza, posizione, manutenzione 
e valore in comune commercio del cespite da valu


ricorso per Cassazione al fine di ottenerne l'annullamento. Non essendo 
stato esperito siffatto rimedio, riteniamo che la decisione spieghi tutta 
la sua efficacia, imponendo il rinnovamento del giudizio di appello innanzi 
la Commissione provinciale, salvi, ovviamente, gli ulteriori rimedi previsti 
dalla legge avverso la nuova decisione di quest'ultima. 

Le decisioni della Commissione Centrale in materia di valutazione, 
essendo pronunciate fuori dei limiti di competenza di quest'organo, 
sono, perci�, viziate di incompetenza. Potrebbe dirsi che, trattandosi 
di organo di giurisdizione speciale, organizzato peraltro per gradi, l'incompetenza 
s'identifichi con il difetto di giurisdizione, implicando essa esorbitanza 
dai limiti di attribuzione dell'organo. Ma in nessun caso pu� pervenirsi 
alla conclusione che le decisioni emanate dalla Commissione Centrale, 
sia pure in ipotesi non previste dalla legge, siano inesistenti. Esse 
sono viziate, ma esistono e spiegano tutta la loro efficacia di atto giurisdizionale, 
suscettibile di passaggio in giudicato, finch� non siano annullate 
dalla Corte di Cassazione, unico organo, posto al vertice dell'ordinamento 
giudiziario, competente a sindacare il vizio d'incompetenza o il 
difetto di giurisdizione degli organi giurisdizionali speciali. Questa soluzione 
� confermata -a nostro avviso in modo incontestabile -dalla 
circostanza che la Corte di Cassazione, la quale ha avuto occasione di 
pronunziarsi pi� volte sulla questione (Cass. Sez. Un., 13 ottobre 1960, 

n. 2689; id. 18 ottobre 1961, n. 2925 in questa Rassegna 1962, p. 93; id. 6 ottobre 
1962, n. 2828, ivi, 1963, p. 44), ha cassato senza rinvio le impugnate 
decisioni della Commissione Centrale, ritenendole cos� viziate ma giuridicamente 
esistenti, e non ha, invece, dichiarato inammissibili i ricorsi, 
come avrebbe dovuto fare se le avesse considerate inesistenti. 
N� alla specie sembra applicabile il disposto degli artt. 22, 3� e 4� 
comma, e 29, 4� comma, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che consente l'azione 
giudiziaria nel termine di sei mesi dalla decisione definitiva delle commissioni, 
perch� questa norma attiene alla prosecuzione della controversia 
sulla debenza del tributo innanzi l'autorit� giudiziaria ordinaria 
e la sua applicazione � limitata alle questioni di diritto, in materia di 
imposte indirette, o di valutazione complessa, in tema di imposte dirette. 
In tali casi l'azione giudiziaria, diversamente da com'� previsto per l'ipotesi 
di cui al 3� comma dell'art. 29 cit., non � concepita come gravame 
rispetto alla decisione della Commissione; essa � autonoma e limitata 
alla questione sostanziale, con esclusione di ogni riesame degli eventuali 
errori in procedendo, in cui siano incorse le Commissioni. 

In materia di valutazione l'azione giudiziaria ex art. 29, 3� comma, 

d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cast., sono 
gli unici rimedi esperibili per l'annullamento delle decisioni delle Com

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 187 

tare occorrendo invece dati concreti e specifici sia pure sommari, 
riferiti alle reali condizioni dell'immobile ed al calcolo 
che ne consegue. 

Ancora, nella specie, il generico riferimento anzidetto � per 
dippi� contenuto in un modulo a stampa, che toglie ogni garanzia 
di specifico esame dei dati obbiettivi da valutare. 

Evidente � quindi il difetto di motivazione della decisione 
impugnata, che conseguentemente va annullata. (Omissis). 

missioni, le quali, in mancanza dell'esperimento di quei rimedi, acquistano 
efficacia di cosa giudicata, ancorch� viziate d'incompetenza. 

Ben pi� delicata � la questione, che si esamina brevement� per completezza 
d'indagine, nelle ipotesi, in cui 1a Commissione Centrale respinga 
il ricorso del contribuente, confermando la decisione della Commissione 
provinciale, o, come speriamo che faccia d'ora innanzi, lo dichiari inammissibile, 
adeguandosi, cos�, all'insegnamento della Corte di Cassazione. 
Nell'ipotesi considerata da ultimo non v'� dubbio che debba consic;lerarsi 
definitiva la decisione della Commissione provinciale, con la conseguente 
decadenza del contribuente e dell'Amministrazione finanziaria dal diritto 
di proporre ricorso all'autorit� giudiziaria previsto dall'art. 29, 3� comma, 
d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Ma a tale conseguenza riteniamo che debba 
pervenirsi anche nella prima ipotesi perch� l'esperimento di un rimedio 
non previsto dall'ordinamento giuridico, qual'� il ricorso alla Commissione 
Centrale nei giudizi di valutazione, non � certamente idoneo ad impedire 
il verificarsi della decadenza per il decorso del termine perentorio 
di sei mesi, fissato dal citato art. 29, che inizia dalla notificazione della 
decisione della Commissione provinciale. 

G. GUGLIELMI 
-



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 

DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 5 ottobre 1963, n. 2650 -
Pres. La Via -Est. Corduas -P.M. Trotta (conf.) -Impresa 
Rancilio c. Gestione Ina-Casa. 

Arbitrato -Deposito del lodo -Ordinanza del Presidente del Tribu


nale che nega l'esecutoriet� -RicorribiJit� in Cassazione. 

(Cost., art. 111, 2� comma; cod. civ., art. 825). 

L'ordinanza del Presidente del Tribunale, con la quale viene 
respinto il reclamo avverso il decreto pretorile che nega l' esecutoriet� 
del lodo, ha carattere giurisdizionale. Pertanto la stessa 
� impugnabile con ricorso alla Cassazione per violazione di 
legge. (1). 

(Omissis). -FATTO. Con lodo arbitrale in data 6 giugno 
1960 veniva decisa una controversia, insorta tra l'Impresa Gervasio 
Rancilio, la Gestione Ina Casa e l'Istituto della Previdenza 
Sociale. 

Il lodo veniva depositato nella cancelleria della Pretura 

(1) Dopo la sentenza 30 luglio 1953, n. 2593 (Foro it., 1953, I, 1248), la 
Corte Suprema ha costantemente ria:ffermafo il principio, per il quale 
l'espressione �sentenza� di cui al 2� comma dell'art. 111 della costituzione, 
ha significato di provvedimento di natura decisoria. La tendenza � 
stata recentemente criticata da parte della dottrina (ANDRIOLI, Incidenza 
della Costituzione in materia fallimentare, Banca, borsa, ecc., 1960, I, 391; 
'FURNO, voce Cass. civ., Noviss. Digesto it., I, 1053, 20, aggiornamento; contra: 
BIANCHI D'EsPINOSA, La Costituzione e il ricorso per cassazione, Riv. 
dir. proc., 1962, pag. 218 e ss.), rilevandosi che per le norme di diritto 
processuale, e quindi di natura formale, la lettera della legge pone all'interprete 
limiti pi� rigorosi e ristretti, che non per le norme di diritto 
sostanziale. Pertanto, non la Costituzione -che non d� una propria nozione 
di sentenza -ma le leggi disciplinatrici delle procedure nelle quali 
i singoli provvelimenti sono adottati, sarebbero l'unico parametro formale 
di collegamento per l'applicazione del 2� comma dell'art. 111. 
E' da rilevare, che l'esame di legittimit� costituzionale delle disposizioni 
escludenti l'impugnazione per violazione di legge di determinate 
sentenze, o di ordinanze e decreti di riconosciuta natura e contenuto decisorio, 
� stato fin'ora effettuato solo dalla Corte Suprema, che persiste 
nella prassi di ritenerle abrogate per contrasto con la norma costituzionale. 
Ci� sembra giustificato solo in parte; poich� se � vero, che la stessa 


' 


PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 189 

di Milano; ma il Pretore, con decreto 10 giugno 1960, negava 
la dichiarazione di esecutivit� al lodo, perch� non erano stati 
depositati il contratto contenente la clausola compromissoria, e. 
gli atti con i quali erano stati proposti i quesiti, come prescritto 
dall'art. 825 c.p.c. 

L'impresa reclamava al Presidente del Tribunale di Milano, 
il quale, per�, con ordinanza 10 ottobre 1960, respingeva il reclamo. 
Osservava �l presidente: 

1) che la produzione dei documenti eseguita dopo la decisione 
del pretore e dopo il decorso del termine perentorio di 
cui all'art. 825, 1� comma, c.p.c. non poteva supplire alla mancata 
produzione degli stessi; 

2) che, relativamente agli atti contenenti i quesiti, doveva 
riconoscersi che il mancato tempestivo deposito dei medesimi 
non aveva rilevanza, in quanto i quesiti sottoposti agli arbitri 
risultavano integralmente riportati nel lodo; 

3) che, invece, riguardo all'atto contenente la clausola 
compromissoria, esso non era stato depositato, n� tale deficienza 
poteva essere ovviata per il fatto che, tempestivamente, 
era stato depositato unitamente al lodo copia autentica del Capitolato 
generale per la Gestione Ina-Casa, contenente una clausola 
compromissoria, posto che non esisteva alcuna prova che 
le disposizioni di tale capitolato dovessero applicarsi ai rapporti 
giuridici che avevano formato oggetto del lodo. (Omissis). 

giurisprudenza costituzionale ha ammesso la possibilit� dell'abrogazione 
implicita delle foggi anteriori alla costituzione, � anche vero che, data la 
notevole diversit� delle conseguenze tra abrogazione e dichiarazione di 
illegittimit�� costituzionale (sulla distinzione, cfr.: Corte Cost. 27 gennaio 
1959, n. 1, Giust. civ., 1959, III, 37; 27 giugno 1958, n. 40, Giur. cost., 1958, 
925), sarebbe opportuno avere un definitivo chiarimento dall'Organo costituzionale 
sul significato dell'espressione � sentenza '" usata nel 2� comma 
dall'art. 111. Tanto non certamente nel caso di provvedimenti che risultino 
sentenze in senso formale e sostanziale; ma nell'ipotesi delle ordinanze 
o decreti, che sono impugnabili unicamente se l'espressione sentenza 
viene intesa nel senso di provvedimenti a carattere decisorio, cos� 
rifiutando l'interpretazione che alla stessa assegna portata puramente formale 
(in questi sensi: BIANCHI n'EsPINOSA, op. cit., 239-240). 

La questione di merito � stata risolta, sul presupposto del C<!rattere 
giurisdizionale del decreto che conferisce al lodo efficacia esecutiva; 
essendo ovvio che all'ordinanza del presidente del Tribunale in sede di 
reclamo, non pu� essere attribuita natura diversa. E' stata cos� seguita una 
tesi che non pu� ancora dirsi del tutto pacifica, (contra: AMAR, Dei giudizi 
arbitrali, Torino, 1879, n. 197, pag. 293; Rocco, Trattato dir. proc. civ., 
1957, voi. I, pagg. 154 e ss.; REDENTI, Dir. proc. civ. 1954, voi. III, pag. 481; 
e, pi� recentemente: CARNANCINI, Arbitrato rituale, n. 39, Novissimo digesto 
italiano. Nel senso della sentenza, cfr.: VECCHIONE, L'arbitrato, 1953, n. 129). 



190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

DIRITTO. -Con il ricorso la ricorrente Impresa, premesso 
che l'ordinanza con la quale il presidente del tribunale ha deciso 
il reclamo, avendo contenuto a valore decisorio di sentenza, 
deve ritenersi impugnabile in cassazione ai sensi dell'articolo 
111 della Costituzione, non ostante che il codice (art. 825 
e.e.) la dichiari non impugnabile, osserva, relativamente alla 
ritenuta mancanza di prova, che la clausola compromissoria 
fosse stata depositata, unitamente al lodo, nella cancelleria del 
Pretore, che la denunciata ordinanza ha omesso di rilevare che 
con lettera 19 marzo 1960 l'Avvocatura dello Stato aveva trasmesso 
al Presidente del Collegio arbitrale, su richiesta del medesimo, 
due copie del rogito Parisella 13 lugli0 1950 con l'allegato 
capitolato generale di appalto contenente la clausola compromissoria. 
La quale circostanza, deduce la ricorrente, costituiva 
la prova evidente che il capitolato generale e, in particolare, 
la clausola compromissoria in esso contenuta, fosse applicabile 
ai rapporti giuridici che avevano formato oggetto del 
lodo. 


All'esame del merito del ricorso � preliminare accertare la 
ammissibilit� del ricorso in cassazione avverso l'ordinanza presidenziale. 


L'art. 825 c.p.c. stabilisce che il lodo arbitrale, con l'atto di 

Icompromesso o con quello contenente la clausola compromissoria, 
e gli atti con i quali sono stati proposti i quesiti, deve esser 
depositato nella cancelleria della pretura entro il termine pe


I 

rentorio di cinque giorni dalla sottoscrizione del lodo, e che il ~ 
pretore, accertata la tempestivit� del deposito e la regolarit� 
formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto, contro il 

I 

quale � ammesso reclamo al presidente del tribunale, che provvede 
con ordinanza non impugnabile. 
E' noto che, a seguito dell'entrata in vigore dall'art. 111 

Idella Costituzione ed all'interpretazione che di tale precetto ha f� 
dato questo Supremo Collegio, tutti i provvedimenti decisori, 
ancorch� siano dichiarati sentenze non impugnabili o siano 
definiti ordinanze e decreti dalle leggi anteriori, sono impugnabili 
in cassazione per violazione di legge. 

L'Avvocatura dello Stato, pur condividendo l'indicato principio, 
sostiene che il decreto del pretore, con il quale l'accertamento 
� limitato alla tempestivit� del deposito ed alla regolarit� 
formale del lodo, � l'espressione di una attivit� amministrativa 
e costituisce un provvedimento di volontaria giurisdi


I 

zione, privo di carattere decisorio; e che l'ordinanza del pre-

I

% 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 191 

sidente del tribunale, emessa in sede di reclamo contro il rifiuto 
di esecutoriet�, ha ovviamente la medesima natura. 

La Corte non condivide questa tesi. 

Compito degli arbitri � quello di conoscere delle controversie 
_sottoposte dalle parti al loro giudizio e di decidere osservando 
le forme ed i termini prescritti dalla legge o dal compromesso. 
Il procedimento formativo della decisione, per�, che si 
conclude con la emanazione del lodo, in tanto acquista una efficacia 
processuale di accertamento, in quanto il pretore, esaminata 
la regolarit� formale ed estrinseca del lodo, lo renda 
esecutivo. 

Dispone infatti il 3� comma dell'art. 825 c.p.c. con espressione 
assai significativa, che il decreto del Pretore conferisce al 
lodo �efficacia di sentenza�, e da ci� deriva che il compromesso, 
che � un negozio di diritto privato, non attribuisce agli 
arbitri l'esercizio di una funzione giurisdizionale, ma che questo 
carattere viene impresso alla decisione -ed a tutto il procedimento 
anteriore -dopo il riconoscimento, da parte del 
pretore, che gli arbitri hanno legittimamente adempiuto al mandato 
loro conferito. 

Alla formazione della sentenza arbitrale, che assume la fisionomia 
di un atto complesso, concorrono pertanto, sia pure 
attraverso funzioni tra loro diverse e distinte, gli arbitri ed il 
pretore. Se, quindi, il decreto del pretore � un atto formativo 
della sentenza, non si vede come possa ad esso negarsi un carattere 
giurisdizionale, a meno di non voler consentire la possibilit� 
-palesemente inaccettabile -di far derivare la sostanza 
giurisdizionale dell'arbitrato da un atto amministrativo. 
E giova altres� considerare che il decreto del pretore, come 
l'ordinanza del Presidente in sede di reclamo, non essendo revocabili, 
sono privi di quel carattere di provvisoriet� e non de


�finitivit� che contraddistinguono, invece, gli atti di volontaria 
giurisdizione. 

N� vale obiettare che l'indagine del pretore (come del presidente 
del tribunale in sede di reclamo), � limitata all'�ccertamento 
della regolarit� formale del lodo attraverso un procedimento 
di camera di consiglio e non contenzioso; infatti, i criteri 
fissati dall'art. 825 c.p.c. al sindacato del pretore non escludono 
che il compito affidatogli dalla legge abbia: un contenuto 
giurisdizionale, sia pure circoscritto al controllo di una regolare 
attivit� degli arbitri; e se vero, che i provvedimenti camerali 
hanno normalmente carattere amministrativo, � altrettanto 
vero che il legislatore consente, in alcuni casi, per ragioni di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

opportunit� procedurale, che si svolgano con il rito della camera 
di consiglio anche procedimenti di carattere giurisdizionale, che 
si concludono con provvedimenti di eguale natura, quali, ad 
esempio, la sentenza dichiarativa di fallimento o quella diretta 
a regolare la competenza. 

Infine, non � esatto che il contenuto amministrativo del decreto 
del pretore possa dedursi dal fatto, che il diniego di esecutoriet� 
del lodo non importerebbe un pregiudizio irreparabile, potendo, 
secondo l'Avvocatura, sempre essere riproposto il giudizio 
arbitrale o iniziato un comune procedimento dinanzi al 
giudice, giacch� questa possibilit�, a prescindere da ogni altra 
considerazione, occorrerebbe fosse dimostrata, mentre possono 
essersi verificate decadenze e prescrizioni per cui il diniego 
di esecutoriet� del lodo comprometterebbe in modo definitivo 
il diritto soggettivo della parte interessata. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 ottobre 1963, n. 2897 -
Pres. Pellettieri -Est. Capaccioli -P.M. Maccarone (conf.) Impresa 
Rancilio c. Ferrovie dello Stato. 

Appalto -Appalto di opere delle Ferrovie dello Stato -Ritardo nei pagamenti 
-R.esponsabilit� della p.a. -Liquidazione dei danni in via 
preventiva e forfettaria. 
(C'apitolato generale di appalto ~ielle opere ferroviarie, art. 40). 

Appalto -Appalto di opere delle Ferrovie dello Stato -Rescissione dell'appalto 
-Decimo da pagarsi all'appaltatore -Calcolo -IUferimento 
ai prezzi revisionati. 

<I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 345; Capitolato generale di 
appalto delle opere ferroviarie, art. 56). 
L'art. 40 del Capitolato generale amministrativo delle Ferrovie 
dello Stato non tanto esclude la responsabilit� da ritardo 
(nei pagamenti) della P.A., quanto disciplina la fattispecie 
del ritardo in modo autonomo e compiuto ed in base al criterio, 
non di negarne la rilevanza, ma di fissarne, in via preventiva, 
semplificata e forfettaria, gli effetti. 

Da un lato, infatti, l'art. 40 annette al ritardo l'unica conseguenza 
dell'obbligo della P.A. di corrispondere gli interessi 
legali; dall'altro, il presupposto dell'obbligazione vi risulta costituito 
dal solo dato oggettivo del ritardo nei pagamenti, senza :-:

.p 

che rilevino i motivi del ritardo medesimo e quindi l'aspetto 

., 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 193 

soggettivo (colpa o meno) della condotta dell'Amministrazione. 

La decorrenza degli interessi � fissata in relazione alle diverse 
ipotesi contemplate (dopo 90, 120, 60 giorni, a seconda 
che si tratti di acconti o di rata di saldo, a proposito della quale 
si distingue se il conto finale sia stato accettato dall'appaltatore 
o contestato; o, infine, di somme dovute a seguito di decisione 
sulle riserve). Gli interessi sono sempre dovuti, con decorrenze 
fisse, sia nelle ipotesi in cui, alla stregua dei principi 
di diritto� comune, sussiste la responsabilit� (anche al di l� del 
limite degli interessi), sia nei casi in cui, invece, in base agli 
stessi principi, nulla spetta all'appaltatore; ma a nessun'altra 
prestazione le Ferrovie sono tenute (1-2). 

A norma del quinto comma dell'art. 56 del capitolato generale 
amministrativo delle Ferrovie dello Stato, secondo il quale 
il decimo delle opere non eseguite, da pagarsi all'appaltato., 
re ai sensi dell'art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. 
F, � calcolato nella differenza fra l'importo dei qu�ttro quinti 
del prezzo che ha servito di base al contratto depurato del ribasso 
convenuto in contratto e l'ammontare netto dei lavori 
eseguiti, � necessaria l'omogeneit� dei due termini, in quanto 
il risultato della sottrazione sarebbe falsato in caso contrario.. 

Pertanto, nell'ipotesi di revisione dei prezzi, intervenuta in 
corso di rapporto, tali termini vanno espressi in cifre revisionate. 


Le norme, contenute n�gli artt. 345 della legge sui lavori pubblici 
e 56, 5� comma, del Capitolato generale amministrativo delle 
Ferrovie dello Stato, sono dettate al fine di indennizzare l'appaltatore 
per la perdita che subisce a causa dello scioglimento anticipato 
del contratto, prima che le opere eseguite raggiungano i 
quattro quinti: si tratta perci�, di una ratio di indennizzo. 
Attenendosi ai valori contrattuali non si risarcisce il danno attuale 
(che l'appaltatore subisce all'atto dello scioglimento), ma quello 
del tempo della conclusione del contratto. 

Si rispetta la ratio solo facendo riferimento ai valori revisionati. 
Ci� s'inquadra nel principio generale, per cui il credito 
di risarcimento � un credito di valore e deve essere espresso in 
termini monetari attuali (3-6 ). 

Sul ritardo nel pagamento dei corrispettivi nell'appalto pubblico, e 
sulla natura giuridica del decimo; in caso di rescissione. 


(1-2) Il principio � di ineccepibile esattezza, e conferma con larghezza 
di argomenti, l'indirizzo affermato a proposito delle analoghe disposizioni 
dell'art. 40 dell'abrogato Capitolato generale 28 maggio 1895 sui . 



194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Col primo motivo del suo ricorso l'ing. Rancilio 
assume che la Corte di Milano, escludendo la rilevanza 
del ritardo ai fini della risarcibilit� del relativo danno, avrebbe 
violato l'art. 40 del Capitolato generale amministrativo delle 
Ferrovie dello Stato. Questa norma, ad avviso del ricorrente, 
negherebbe il risarcimento solo in relazione al ritardo (nei pagamenti) 
dovuto ai normali indugi burocratici; non comporterebbe, 
invece, l'esclusione della responsabilit� dell'Amministrazione 
ferroviaria nei casi in cui questa abbia proceduto al col-

lavori dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici (v. Cass., 26 marzo 
1949, n. 932). Anche in tale occasione, la Cassazione aveva avvertito, che 
l'accennato art. 40 esprimeva una regolamentazione legale e particolare 
per tutte le somme comunque in contestazione; principio che chiaramente 
derogava a quelli generali, escludendo in caso di inadempienza il 
diritto al risarcimento del danno, rappresentato dalla possibilit� di conseguire 
un tasso di interesse superiore a quello legale e con decorrenza 
dalla messa in mora. L'indirizzo, inoltre, rappresenta una evoluzione rispe~
to alla consolidata opinione, secondo cui gli interessi in questione 
avrebbero natura compensativa, e non moratoria (Cass., 31 luglio 1944, 

n. 457, Giur. compl. Cass. civ., 1944, pag. 371, con ampia nota di DE MARTINO; 
cfr. CIANFLONE, L'appalto di oo. pp., 1947, pagg. 617 e ss.). 
E' interessante rilevare che il principio stesso si avvicina per le pra'
tiche conseguenze, alla disciplina dettata dal nuovo Capitolato generale 
per gli appalti del Ministero dei LL. PP. Il d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063, 
agli artt. 35 e 36 capovolgendo l'opinione riferita, espressamente definisce 
moratori gli interessi da ritardo, e comprensivi del risarcimento del dannd 
� ai sensi dell'art. 1224, del 2~ comma, del c. c. �. Come risulta dalla 
Relazione ministeriale al decreto suddetto (capo III, n. 4), a tanto si � 
pervenuto in via di compromesso con le pretese degli appaltatori; che 
avrebbero voluto vedere fissati gli interessi nella misura � pari a quella 
pagata alle banche � e con la tassativa precisazione, che negli stessi non 
restava assorbito il risarcimento dei danni. A questo riguardo, la Relazione 
aggiunge che non si era creduto di poter accogliere le richieste, 
perch� eccessivamente gravose; e che si era seguita una soluzione intermedia
� applicando l'art. 1224, 2� comma del c. c. agli interessi da ritardo, e 
� stabilendo che la misura dell'interesse doveva essere pari a quella prati
� cata dagli istituti di credito di diritto pubblico�, al tasso accertato di 
anno in anno con decreto dei Ministri del Tesoro e dei Lavori Pubblici. 

Con ci� sembra superata anche l'ulteriore questione, esplicitamente 
prospettata nella sentenza, secondo cui la particolare disciplina in esame, 
sarebbe applicabile ai soli ritardi nel pagamento di somme di danaro; 
con esclusione, quindi, di altre ipotesi di ritardo nella liquidazione dei 
compensi (ritardo nella contabilizzazione dei lavori, nella redazione dello 
stato finale, nell'esecuzione del collaudo, nella sua approvazione, e nell'emissione 
dei titoli per il pagamento delle ritenute e della rata di saldo). 
Infatti, mentre l'art. 33 del nuovo Capitolato generale fissa precisi 
termini per l'emissione dei certificati di acconto, il cit. art. 35 esplicitamente 
fa parola di ritardi causati da � mancata tempestiva contabilizzazione 
dei lavori o per qualsiasi altro motivo attribuibile all'Amministra


. 


. 

. 

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1:% 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 195 

laudo ed alla successiva liquidazione del corrispettivo dell'appaltatore 
superando oltre misura i limiti normali di tempo, 
come nella specie,' in cui il collaudo � intervenuto otto anni 
dopo la sospensione dei lavori. 

La censura non ha fondamento. La interpretazione data 
all'art. 40 cit. dal ricorrente, appare inesatta. 

L'art. 40, invero, non tanto esclude la responsabilit� da ritardo 
(nei pagamenti), quanto disciplina la fattispecie del ritardo 
in modo autonomo e compiuto ed in base al� criterio, non 

zione �. Inoltre il successivo art. 36 prevede sia il ritardo colpevole nel 
rilascio del certificato di collaudo (2� comma); che il ritardo nell'emi~sione 
del titolo di pagamento (1� comma), accordando in entrambi i casi i soli interessi 
in misura legale bancaria secondo l'entit� del ritardo. 

(3) Va subito detto che l'art. 56 del Capitolato generale alle opere 
ferroviarie fa esplicito rinvio all'art. 345 della legge sui lavori pubblici; 
e che la disciplina � regolata in modo identico nell'art. 35 del Regolamento 
25 maggio 1895, n. 350, nell'art. 54 dell'abrogato Capitolato generale 28 
maggio 1895, nell'art. 41 del Capitolato generale in vigore 16 luglio 1962 
n. 1063, e nell'art. 46 delle condizioni generali del Genio militare. Trattasi, 
quindi, di questione la cui soluzione riguarda ugualmente tutte le 
Amministrazioni accenna te. 
La sentenza ha affermato che l'indennizzo spettante all'Impresa a 
norma del cit. art. 345 deve essere espresso in termini monetari revisionati; 
ed � pervenuta a questo risultato, muovendo sostanzialmente dal presupposto 
che, altrimenti, la ragione della norma non sarebbe aderente alla 
realt�; e che l'indennizzo esprime un credito di risarcimento, e perci� 
di valore. La critica degli argomenti addotti dall'Amministrazione, � in 
funzione di tali presupposti; e, per quanto sia svolta con larga ed accurata 
motivazione, non pu� essere condivisa. 

Infatti, che la rigida applicazione della norma condurrebbe a risultati 
contrari alla realt�, non � certamente un rilievo valido; poich� bisognerebbe 
anzitutto definire con esattezza quale sia la �realt�� voluta 
dalla norma. N� � sostenibile che si sia di fronte ad una assoluta carenza 
di previsione legislativa, in vista dell'epoca di emanazione della 
norma; perch�, come si � ricordato, identica disciplina � stata seguita dal 
nuovo Capitolato generale del 1962, predisposto ed approvato quando in 
materia di revisione esisteva una esperienza quasi trentennale, ormai di 
applicazione quasi . costante. Tanto meno, infine, risulta esatto, che proprio 
in relazione al dettato dell'art. 345 -l'ammontare esatto dei lavori 
eseguiti, sarebbe espresso in termini monetari eterogenei, perch� 
rappresentato dai prezzi revisionati: infatti, l'importo revisionale non risulta 
nemmeno in parte dallo stato finale, come assume la decisione, 
poich� la relativa procedura ha inizio successivamente all'ultimazione 
dell'appalto (art. 3 del d.LC.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, come modificato 
dall'art. 3 della legge di ratifica 9 maggio 1950, n. 329); in coerenza 
con il presupposto essenziale alla cui sussistenza la revisione stessa � 
vincolata, e cio� che le variazioni nei prezzi abbiano causato un aumento 
superiore al dieci per cento nel costo complessivo. Il quale costo complessivo, 
non pu� essere altro che l'importo totale lordo del lavoro ai 



196 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di negarne la rilevanza, ma di fissarne in via preventiva, semplificata 
e, per cos� dire, forfettaria, gli effetti. Da un lato, infatti, 
l'art. 40 annette al ritardo l'unica conseguenza dell'ob


bligo di corrispondere gli interessi legali; dall'altro, il presupposto 
dell'obbligazione vi risulta costituito dal solo dato oggettivo 
del ritardo nei pagamenti, senza che rilevino i motivi 
del ritardo medesimo e quindi l'aspetto soggettivo (colpa o no) 
della condotta dell'Amministrazione (cfr., sul punto, Cass. 31 
luglio 1944, n. 457); nel medesimo ordine d'idee, la decorrenza 

prezzi di capitolato, risultante appunto dallo stato finale. N�, ovviament
�, pu� avere importanza che sulla revisione siano stati corrisposti 
acconti in corso d'opera; trattandosi solo di acconti, da contabilizzarsi 
a parte ed esclusivamente in sede revisionale. ,, 


(4) Ci� posto, � opportuno ricordare che �il decimo dell'importo ,. 
� delle opere non eseguite � di cui all'art. 345 della legge sullle opere pub-1�; 
bliche, va calcolato sulla � differenza fra l'importo dei quattro quinti del ~,,�,,� 
� prezzo che � servito di base al contratto, depurato del ribasso d'asta, . 
�e l'ammontare netto dei lavori eseguiti� (art. 41 del nuovo Capitolato 
generale). Trattasi, quindi, di una valutazione meramente aritmetica, per '' 
la quale non si assume affatto il valore delle opere non eseguite, ma si I.� 
tiene semplicemente conto del loro importo desunto con riferimento 

I 

a termini fissi, indiscutibilmente precisati nella loro oggettivit�. Per accettare 
la tesi che si contrasta, bisognerebbe apertamente contraddire l'indicazione 
legislativa, che pone quale minuendo dell'operazione il prezzo di �=: 
base dell'appalto, ed affidarsi alla ricerca del valore di esso, secondo i 1~.' 
prezzi correnti al momento del recesso: ma ci� evidentemente significherebbe 
ripudiare il sistema di calcolo preseritto, sostituendo all'importo ~ 
presunto dell'appalto (il quale, a norma dell'art. 14 del Capitolato gene-~ 
rale in vigore, equivale alla somma di aggiudicazione, aumentata dei com-t~ 
pensi e sopraprezzi eventualmente assegnati all'appaltatore in aggiunta fil 
ai corrispettivi stabiliti in contratto e con tassativa esclusione delle varia-,., 
zioni dipendenti dalle revisioni dei prezzi), la probabile ricostruzione del .; 
consuntivo, fondata per di pi� su un elemento non solo giuridicamente 


I

ev�ntuale ed incerto (la revisione) sia nell'an che nel quantum., ma ammesso ' 
soltanto, con limiti e condizioni particolari (previa eliminazione di ogni 
margine di utile per l'appaltatore, e con l'esclusione del dieci per cento del-~ 
l'utile contrattuale). Ora ci� � assolutamente inammissibile: l'accennato ca� I' 
rattere meramente eventuale della revisione, e l'impossibilit� di ipotizzarla :~: 


�riguardo a lavori non eseguiti (e che non possono essere del resto compiuti 
per il sopravvenuto recesso), costituiscono -insieme con la formulazione 
letterale e tassativa del citato art. 14 del Capitolato generale I,_' 
-una decisiva ed insuperabile ragione per negare la possibilit� logica e 
giuridica di tener conto nel computo dell'indennizzo ex art. 345, di un ~= 
prezzo di appalto maggiorato del probabile importo revisionale. !;) 


(5) Ulteriore conferma della tesi qui sostenuta, si ottiene dall'esame -: 
dell'altro presupposto tenuto di base nella decisione annotata; che, in �: 
realt�, rappresenta la ragione ispiratrice della opinione seguita dal Su-~'.,_:. 
premo Collegio. In proposito l'indagine non pu� prescindere dal raffronto 
con l'altra ipotesi considerata da! legislatore in materia di recesso ~= 
.. . I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 197 

degli interessi � fissa, in relazione alle diverse ipotesi contemplate 
(dopo 90, 120, 60 giorni, a seconda che si tratti di acconti; 
o di rata di saldo, a �proposito della quale si distingue 
se il conto finale sia stato accettato dall'appaltatore o contestato; 
o infine di somme dovute a seguito di decisione sulle riserve). 
Anche quando si afferma che questi interessi hanno carattere 
compensativo e non moratorio, si dice bens� cosa in 
s� non inesatta, perch� la mora, ossia la colpevolezza del ritardo, 
� aspetto reso irrilevante dalla. norma in esame; ma la 

dal contratto d'appalto, e cio� dall'art. 1671 c. c. Infatti il potere di recesso 
spetta al committente sia privato (cit. art. 1671 e.e.), che pubblico 
(art. 345, legge sulle oo.pp.); e pu� essere esercitato anche quando sia 
stata iniziata l'esecuzione dell'opera. Assolutamente diverse sono per� 
nelle due ipotesi la disciplina dell'istituto, e le conseguenze economiche 
che ne derivano; poich� mentre nell'appalto privato il committente non 
pu� recedere se non tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei 
lavori eseguiti e del mancato guadagno (art. cit.); in quello pubblico l'appaltatore 
ha solo diritto al pagamento dei lavori eseguiti e del valore 
delle opere provvJ.sionali e degli impianti di cantiere, oltre che al decimo 
dell'importo delle opere non eseguite, calcolato nella differenza 
tra i quattro quinti del prezzo che � servito di base al contratto, depurato 
del ribasso d'asta, e l'ammontare netto dei lavori eseguiti (cit. arti� 
coli 345 legge oo.pp., e 41 Cap. gen.). Ora, dal confronto delle diverse 
disposizioni, si desume chiaramente che mentre la disciplina relativa agli 
appalti privati � ispirata al concetto di assicurare all'appaltatore un 
i.:11..lennizzo che rappresenti la piena e specifica reintegrazione del suo diritto; 
per gli appalti pubblici la legge stabilisce in via preventiva un 
determinato compenso, calcolato in relazione ad alcune regole prestabilite 
ed automaticamente corrisposto all'Impresa al verificarsi del recesso, 
abbia o meno la stessa ricevuto un danno. Ci� � confermatoi dai seguenti 
rilievi: 

a) nell'appalto privato, l'Impresa ha diritto al rimborso delle spese 
sostenute, qualunque esse siano e purch� ne venga data in concreto la 
dimostrazione. Quindi compete pure un indennizzo per le spese di natura 
strumentale, come sono quelle occorrenti per opere provvisionali, e in 
genere per gli impianti e l'organizzazione di mezzi utilizzabili solo per 
l'esecuzione dell'opera. Ci� nell'appalto pubblico � ora consentito solo per 
le opere e gli impianti non ammortizzati, e nella minor somma fra il costo 
di costruzione e quello corrente al momento del recesso (u. c. cit. 
art. 41); 

b) nell'appalto privato, l'appaltatore ha diritto al rimborso dei materiali 
tutti acquistati per l'esecuzione del lavoro e ad esso destinati. In 
quello pubblico, invece, � previsto il pagamento dei materiali utili esistenti 
in cantiere, e cio� -al prezzo di stima -dei materiali non soltanto 
approntati e destinati all'esecuzione dell'opera, ma effettivamente 
introdotti in cantiere, che si trovino ancora quivi depositati e siano riconosciuti 
utili anche in riferimento all'epoca di risoluzione dell'appalto 
(art. 35 del Regolamento 25 maggio 1895). 

e) nei contratti privati all'appaltatore spetta un indennizzo per i 



198 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

portata dell'art. 40 � pregnante proprio nel senso e perch� la 
sua � specialit� � non consiste nella .. esclusione della responsabilit� 
ma nella disciplina autonoma e compiuta della fattispecie. 

La precisazione si rivela opportuna nel caso, perch�, mentre 
se si trattasse di regola di eselusione della responsabilit� sarebbe, 
almeno in via logica, concepibile una distinzione per 
cui, superandosi certi limiti nella condotta colposa dell'Amministrazione, 
non dovrebbe pi� ammettersi l'operativit� della regola 
medesima, l'autonomo ed uniforme regime di indennizzo, 

lavori eseguiti, che pu� essere inteso -in conformit� allo scopo perseguito 
dall'art. 1671 e.e. -nel senso che i lavori siano valutati a prezzo 
di stima e non di contratto, tenuto conto che il prezzo dell'appalto � determinato 
in relazione al complesso dell'opera e non alle singole categorie 
di lavoro, le quali isolatamente prese possono risultare pi� o meno rimunerative. 
Nell'appalto di opera pubblica, al contrario, all'Impresa spetta 
solo il pagamento dei lavori eseguiti; e tale pagamento deve intendersi 
in rapporto ai prezzi del contratto, e non gi� alla stima di essi 
al momento della liquidazione. Ci� � confermato dalle stesse esigenze 
aritmetiche dell'operazione prevista dall'art. 41' del Cap. gen.; ed, inoltre, 
da tutto il sistema delle disp�sizioni vigenti in materia, tra le quali 
il ricordato art. 35 del Regolamento 25 maggio 1895, secondo cui l'Amministrazione, 
nel� riprendere in consegna i lavori dopo il recesso, ne far� 
eseguire il collaudo (il quale per il disposto dell'art. 91, n. 4 di esso Regolamento, 
ha per scopo anche di verificare e certificare se i prezzi attribuiti 
ed i compensi determinati nella liquidazione finale per accertare 
l'importo netto dei lavori, siano regolati secondo la stipulazione del contratto); 


d) nell'appalto privato � riconosciuto all'appaltatore� il diritto ad 

essere compensato del mancato guadagno, senza limitazione di sorta. In 

quello pubblico il compenso � invece liquidato preventivamente, in una 

misura fissa, media e forfetizzata. 

�E' del tutto evidente, pertanto, l'assoluta diversit� delle conseguenze 

del recesso nei due sistemi. In uno si vuole che l'appaltatore sia tenuto 

indenne del pregiudizio subito, ed il calcolo viene effettuato dopo del 

recesso, in diretto e concreto riferimento all'effettivo impoverimento cau


sato. Nell'altro non si intende affatto tenere indenne l'appaltatore, ma 

preventivamente si stabilisce in modo espresso la facolt� di recesso, e 

sempre preventivamente per lo stesso si assicura un compenso, calcolato 

con criterio fisso ed uniforme, che prescinde dalla concreta dimostra


zione del danno e eh('.! deve essere corrisposto pure nell'ipotesi di asso


luta mancanza di danno. Bisogna quindi dire, che tale compenso funzio


na quale corrispettivo del recesso e deue perci� essere ricondotto alla 

analoga nozione della caparra penitenziale, cui la funzione in parola � 

espressamente attribuita dall'art. 1386 e.e. 

Ed allora, non pu� davvero dubitarsi che una obbligazione del ge


nere sia non di valore, ma � di valuta�. Come, cio�, il recesso rappre


senta per l'amministrazione una facolt� inerente al contratto di appalto; 

cos� dal contratto consegue l'obbligo di pagare il compenso, determinato 

secondo. una misura e con criteri di calcolo prestabiliti: trattasi di una 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURP. 199 

che esce fuori dall'ordine d'idee della responsabilit� per colpa, 
preclud,e in modo assoluto che si formuli una distinzione del 
genere, alla quale si ispira il motivo di ricorso dell'ing. Rancilio. 
Gli interessi sono sempre dovuti, con decorrenze fisse, sia nelle 
ipotesi in cui, alla stregua dei principi di diritto comune, sussisterebbe 
(anche di l� del limite degli interessi) la responsabilit�, 
sia nei casi in cui invece, in base agli stessi principi, nulla 
spetterebbe all'appaltatore; ma a nessun altra prestazione le 
Ferrovie sono tenute. 

obbligazione dalla quale esula completamente qualsiasi elemento di colpa 
contrattuale o extracontrattuale, di un debito pecuniario liquidabile 
con criterio uniforme e generale, fissato dal contratto di appalto in applicazione 
di tassative norme di legge. 

(6) Per completezza va aggiunto, che anche se in ipotesi volesse attribuirsi 
una funzione risarcitoria al decimo stabilito dall'art. 345 della 
legge sui lavori pubblici, non per questo sarebbe possibile senz'altro definire 
la relativa obbligazione come di � valore � e perci� tassabile nei termini 
monetari correnti al momento della liquidazione. La dottrina ha 
da tempo definito come debito di valore, solo qu�llo in cui � la prestazione 
non ha per diretto oggetto la dazione di una somma di danaro � ; in 
cui cio� -sebbene in ultima analisi debba essere pagato danaro -si 
� tuttavia pi� rettamente di fronte ad un problema di valutazione, nel 
quale la moneta non funziona quale oggetto del debito, ma come misura 
di valore, perch� effettivo oggetto del debito � invece un � valore 
astratto � che deve ancora essere liquidato (ASCARELLI, I. debiti di valOre, in 
Saggi giuridici, 1949, pag. 377 e 389). Ed il miglior criterio diagnostico per 
esattamente distinguere tra debiti di valore e di moneta (oltre che un mezzo 
per sfuggire nel processo logico di definizione, all'inconsapevole suggestione 
equitativa di considerare il debito di danaro valoristicamente, quando 
si verifichi una svalutazione), � rappresentato dell'esame delle conclusioni 
cui si perviene ipotizzando anche il caso contrario a quello della 
svalutazione, e cio� il caso della rivalutazione monetaria: � evi.dente, infatti, 
che in tale ipotesi per i debiti di valore si dovr� giungere a conclusioni 
giuridicamente identiche a quelle alle quali si perviene quando 
vi sia diminuzione del potere di acquisto della moneta. Il fatto cio� che 
invece di una maggior somma di n:i.oneta, il creditore riceva una somma 
minore, giuridicamente non potr� avere significato, poich� la minor somma 
corrisponder� sempre ad un identico valore, sar� sempre la. traduzione 
in termini monetari dell'oggetto dell'obbligazione. 
Ora riferendo i concetti esposti alla fattispecie, subito � chiaro che con 
il recesso l'Amministrazione committente � tenuta a pagare non un �valore
� da tradurre in moneta, ma una somma di danaro determinata sulla 
scorta di elementi fissi e prestabili (differenza tra l'importo dei quattro 
quinti dell'appalto, e l'importo netto dei lavori compiuti). E tale determinazione 
non impone alcuna valutazione, ma viene eseguita con il semplice 
raffronto aritmetico tra due cifre, delle quali l'una � gi� indicata 
in contratto (importo dell'appalto), e l'altra risulta dallo stato finale delle 
opere eseguite, calcolate ai prezzi di contratto. Quindi parlare di debito 



200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .; 

::= 

Nella specie, poi, manca finanche la deduzione di una qualche 
colpa specifica dell'Amministrazione: onde il motivo di ri'
I 
corso va disatteso a fortiori. 

E' opportuno infine dare atto che ben diversa sarebbe la 
soluzione, anche con riguardo alle lagnanze successive del ricorrente, 
ove si potesse tener conto dell'impostazione seguita dal 

Isuo difensore nella memoria scritta e nella discussione. Ma siffatta 
impostazione (che si incentra sull'inadempimento delle 
Ferrovie alla prestazione di facere consistente nel collaudo e 
prescinde dal fatto del ritardo nel pagamento di somme di de-

di valore � inesatto, poich� oggetto dell'obbligazione nascente dal recesso 
� la dazione di una somma di danaro gi� specificata. Inoltre, e facendo 
riferimento all'accennata ipotesi della rivalutazione monetaria, � evidente 
che -dato il sistema dettato dalla legge -l'Amministrazione non 
potrebbe assolutamente, in caso di rivalutazione, pagare all'appaltatore 
una somma minore del decimo della differenza anzidetta, poich� la rivalutazione 
non avr� inciso -riducendolo -n� sull'ammontare dell'appalto, 
n� su quello delle opere eseguite. Ed allora, essendo illogico sostenere, 
che sia debito di valore quello soggetto alla svalutazione ma non 
pure alla rivalutazione monetaria, bisogna concludere che la natura della 
obbligazione in esame � puramente e semplicemente pecunaria. Con il 
che, ovviamente, non si sostiene che sia essa del tutto insensibile alle 
oscillazioni monetarie; ma si sostiene semplicemente l'inammissibilit� 
di effettuare la tassazione dell'obbligazione secondo i mutati valori mo


netari correnti all'atto della liquidazione; mutati valori che potranno -~ 

eventualmente -incidere nella liquidazione nei soli limiti del maggior 

danno successivo alla costituzione in mora, dipendente dalla mancata di


sponibilit� della somma da parte del creditore e previa concreta dimo


strazione sia del danno che della mora. 

Pertanto, anche a voler attribuire una funzione risarcitoria al decimo 

in questione, si resta sempre nel campo delle obbligazioni di valuta; ci� 

perch� -si ripete -l'ammontare del risarcimento � gi� determinato 

per norma di legge e di contratto, e l'obbligazione dell'Amministrazione 

� rappresentata non dall'obbligo di risarcire un danno, previa valutazio


ne di esso, ma da quello di pagare una somma di danaro, nella quale 

forfettariamente ed in via preventiva � stato calcolato il danno. Ipotesi 

non dissimile si verifica in materia di assicurazione contro i danni alle 

cose, quando si sia stabilito un massimale di liquidazione, e cio� il va


lore �del danno da risarcire. In tale caso, e nel caso in discussione, og


getto della prestazione � infatti non gi� il danno in s� (e quindi un va


lore), ma una somma di danaro, che rappresenta l'importo del danno, 

stabilito in via preventiva. Perci� pu� essere tenuta presente la giuri


sprudenza assolutamente pacifica, per la quale � quando oggetto della pre


" stazione, quale che sia la fonte all'obbligazione (legge, contratto, atto 

�lecito o illecito) � una somma di danaro, si applica il principio nomi


nalistico �: Cass. 30 luglio� 1952, n. 2381, Foro it., 1953, I, 815. V. da 

ultimo: Cass. 30 maggio 1959, n. 1633). 

G. DEL GRECO 

PARTB I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 201 

naro e perci� dalla sfera di applicazione dell'art. 40 del Capitolato) 
� fuori dall'ambito �del ricorso e quindi integra una censura 
nuova, che non pu� essere presa in �same. 

Il ricorso dell'ing. Rancilio merita, dunque, completo rigetto. 


Occorre ora esaminare il ricorso incidentale delle Ferrovie. 
Con esso si lamenta violazione dell'art. 56 del Capitolato generale 
amministrativo, assumendosi che la Corte di Milano, da un 
lato avrebbe esattamente ritenuto che i due termini fra i quali 
va posto il raffronto, ai sensi del quinto comma, debbano essere 
omogenei, ma dall'altro avrebbe errato nel presupporre 
che uno di detti termini (l'ammontare netto dei lavori eseguiti) 
debba essere necessariamente .espresso in cifre revisionate e 
quindi nell'apportare fittiziamente la revisione anche all'altro 
termine (il prezzo contrattuale). Ad avviso dell'Amministra;_ 
zione, dovrebbe ritenersi precisamente il contrario, e cio� la 
necessit� di esprimere .uno dei termini in moneta non revisionata 
(il prezzo contrattuale) e quindi di rapportare anche lo 
altro termine (importo dei lavori eseguiti) alla stessa misura. 
Pur questa censura si appalesa priva di fondamento. E', in effetti, 
vero che la sentenza impugnata sembra, a rigore, aver 
postulato che il prezzo dei lavori eseguiti non possa essere 
espresso se non nelle cifre revisionate, che sono quelle reali, 
corrisposte dall'Amministrazione medesima. Ed � altres� vero 
che non sussistono ostacoli assoluti, d'ordine contabile, al calcolo 
di tale prezzo secondo il metro monetario proprio del contratto. 
Senonch�, gi� il fatto che la Corte di Milano non si sia 
limitata ad una siffatta considerazione (che per s� sarebbe stata 
da sola sufficiente, in via logica, a legittimare la sua conclusione, 
dato che non � poi controverso, n� dubitabile, che i 
due termini debbano essere omogenei), lascia comprendere che 
la ragione del decidere � stata, per i giudici di appello, sostanzialmente 
diversa. Ed invero dalla stessa sentenza risulta che 
l'idea guida � stata quella per cui, senza riferirsi ai valori revisionati, 
la pronuncia non si sarebbe mantenuta aderente alla 
realt�. Ed � questa un'idea fondamentalmente giusta. 

Per dimostrarne l'attendibilit�, anche e proprio dal punto 
di vista strettamente giuridico, � da rilevare, in primo luogo, 
che l'unico elemento che ai fini che qui interessano pu� desumersi 
direttamente dal quinto comma dell'art. 56 (�Il decimo 
delle opere non eseguite da pagarsi all'appaltatore a sensi dell'art. 
345 della legge citata (all. F alla legge n. 2248 del 1865) � calcolato 
sulla differenza fra l'importo dei quattro quinti del prezzo 



202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

che ha servito di base al contratto, depurato del ribasso con


i

:.:: 

�=��

venuto in contratto e l'ammontare netto dei lavori eseguiti�), 
e la gi� menzionata necessaria omogeneit� dei due termini, ov� 
vio essendo che il risultato della sottrazione sarebbe falsato in 
caso contrario. Per quanto invece attiene al punto se, nell'ipotesi 
di revisione dei prezzi intervenuta in corso di rapporto, 
detti termini vadano espressi in cifre �contrattuali o revisionate, 
� chiaro che la norma non offre per s� elementi di risposta, 
il quesito essend� palesemente estraneo alla sua diretta 
previsione. 

Ci� � tanto vero che la lettera suggerirebbe proprio l'unica 
-~ 
soluzione che deve essere sicuramente esclusa, ossia quella della 
espressione del diminuendo e del diminutore in termini monetari 
eterogenei. Infatti, mentre a proposito del prezzo contrattuale 
(diminuendo) imporrebbe di riferirsi alla misura contrattuale 
(�prezzo che ha servito di base al contratto�), per 
il diminutore, al contrario, indicherebbe il riferimento ai prezzi 
revisionati, perch� �l'ammontare netto dei lavori eseguiti� 
non � altro che la cifra risultante dal conto finale, e in questo_ 
si tiene inevitabilmente calcolo della o delle revisioni intervenute, 
trattandosi di liquidazione del compenso effettivamente 
dovuto all'appaltatore. 

Le Ferrovie affidano la loro tesi a tre argomenti: a) nello 
art. 56 vi sarebbe, oltre a quello della omogeneit� dei due termini, 
un secondo principio, e cio� quello della concretezza (non 
opinabilit� di detti termini con conseguente necessit� di tener 
conto delle misure monetarie contrattuali); b) il criterio non potrebbe, 
nella specie, essere diverso da quello in base al quale si 
determina il quinto, in pi� o in meno, agli effetti dell'art. 344; 
e a questo riguardo il riferimento ai prezzi contrattuali sarebbe 
inevitabile; c) qualora si effettuasse il rapporto tra cifre 
tutte revisionate, si finirebbe -col riconoscere all'appaltatore 
la quota di utile anche � sull'ipotetico ammontare per revisione 
contrattuale relativa alle opere non eseguite�, e ci� costituirebbe 
un paradosso. Nessuno dei tre argomenti pu� essere 
condiviso. f: 

Circa il primo � da osservare che effettivam�nte l'art. 56, ' 
5� comma fa riferimento, di per s�, a due termini entrambi [ 
ugualmente concreti; ma ci� per l'accennata ragione che ad es-Il 
so sfugge la previsione dell'ipotesi della revisione dei prezzi �� 
in corso di rapporto, ed anzi vi si postula la immutabilit�, se-~~: 
condo il principio che � proprio, in linea di massima, anche I~ 
del diritto comune (arg. ex art. 1664 cod. civ.). Ma se la revi-::1 

.,. 

:;; 

:: 

-~ 


i'ARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 20:J 

sione viene introdotta, allora, dovendosi rispettare, proprio ai 
fini dell'art. 56, 5� comma, la omogeneit� dei termini di confronto 
(diminuendo e diminutore), uno di questi non pu� pi� 
essere concreto. Ch� non ci si allontana dal dato concreto solo 
se si esprimono i due termini in moneta revisionata: in questo 
caso ci� si verifica per il prezzo contrattuale, ma fenomeno analogo 
si attua, questa volta per l'importo netto delle opere effettivamente 
compiute, anche se, al contrario, i due termini si 
esprimono, come vorrebbe l'Amministrazione, in moneta non 
revisionata (contrattuale), occorrendo allora prescindere dalla 
somma recata dal conto finale (che � il dato concreto) e procedere 
ad una astratta ricostruzione contabile di quello che 
sarebbe stato l'importo delle opere eseguite se non fossero intervenute 
le revisioni dei prezzi. � 

Quanto poi al secondo argomento, per cui si dovrebbe seguire 
il medesimo criterio che si adotta onde determinare, agli 
effetti dell'art. 344 il quinto in pi� o in meno, criterio che ivi 
consisterebbe appunto nel riferimento ai valori contrattuali, la 
tesi risulta sostenuta anche in dottrina ma non pu� ritenersi 
centrata. 

In ordine all'art. 344, il centro focale � che, nel calcolare 
quella riduzione delle opere fino ai quattro quinti, o quello 
aumento fino ai sei quinti dell'importo previsto in contratto, 
che l'amministrazione pu� sempre disporre unilateralmente e 
l'appaltatore deve subire, non si verifichino alterazioni rispetto 
alla so~tanza della previsione contrattuale. Quanto dire che se 
intervengano revisioni dei prezzi in corso di rapporto, si dovr�, 
agli effetti dell'art. 344, avere essenziale riguardo all'osservanza 
dei rapporti di quattro quinti e sei quinti. Pertanto, occorrer� 
prima ricercare la quantit� di opere corrispondenti, in base 
ai prezzi contrattuali, al quinto dell'importo originariamente 
previsto; ma poi si dovr� inevitabilmente tradurre detta 
quantit� di opere in valori revisionati; e ci� proprio al fine 
di tutelare il diritto dell'amministrazione appaltante, perch�, 
se i lavori in meno o in pi� dovessero limitarsi a quelli corrispondenti 
al quinto dei prezzi contrattuali, la loro entit� sarebbe 
inferiore alla dovuta a causa dell'intervenuto aumento 
dei prezzi medesimi. 

Risulta cos�, per un verso che non � nemmeno esatto che 
ai fini dell'art. 344 si operi esclusivamente sui prezzi contrattuali, 
e per l'altro, e soprattutto, che il problema � ivi diverso. 
L� si tratta di identificare e tener fermo un rapporto (il quinto); 
qui si tratta invece di liquidare una somma di denaro, la 


204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .~ 

quale � suscettibile di variare quando pure il rapporto per. 


manga identico. Fra 1000 e 500 il rapporto � di due a uno co. 


me fra un milione e mezzo milione ; ma se si deve corrispon


dere la differenza, nell'un caso si pagano 500 lire, e nell'altro 

mezzo milione. Del che non si pu� non tenere essenziale cal


colo ai fini presenti, perch� proprio di pagare la differenza si 

tratta nella specie. 

Quanto infine all'argomento sub c), sembra che le Ferro


vie abbiano inteso dedurre che, tenendo conto della revisione 

dei prezzi, si finirebbe con lo applicare gli aumenti (in sede di 

pagamento del decimo delle opere ineseguite) non solo rispet


to ai costi dei materiali e della mano d'opera, ma anche allo 

utile dell'impresa, questo trovandosi, nei prezzi contrattuali, non 

indicato separatamente ma conglobato nei prezzi medesimi; ci� 

che sarebbe addirittura paradossale perch� la revisione in aumen


to dell'utile di impresa non competeva neppure relativamente 

ai lavori effettivamente eseguiti. 

Se ci� si sia inteso eccepire, e poich� non si deve qui en.
trare nel merito della questione, che � dedotta soltanto sul 

piano dei principi giuridici onde dimostrare che i termini del 

rapporto dovrebbero essere necessariamente espressi in valori 

non revisionati, � sufficiente osservare che non vi sarebbero nep


pure a questo proposito, ostacoli insuperabili per scorporare, 

in via di calcolo, la parte dei prezzi contrattuali, afferente allo 

utile d'impresa, in modo da impedire che questo entrasse in 

gioco nel computo dei valori in cifre revisionate. 

In conclusione si possono pertanto, fissare questi punti: a) 

la lettera dell'art. 56, 5� comma, non impone n� l'una n� l'altra 

soluzione, ed anzi mostra di non essere per s� in grado di for


nire una qualsiasi soluzione; b) non vi sono argomenti decisivi 

per ritenere che l'importo contrattuale (il diminuendo) debba 

essere espresso in valori non revisionati, sicch� anche l'altro 

termine ne debba seguire le sorti in forza del principio della 

loro necessaria omogeneit�; c) per contro, quanto ad ostacoli 

materiali (di ricostruzione contabile) occorre dare atto che non 

ve ne sono nemmeno per esprimere l'importo delle opere ese


guite in valori contrattuali, anzich� riferirsi alla liquidazione 

del conto finale, che per s� � condotta sulla base dei prezzi re


visionati; d) nell'esame critico delle argomentazioni, tanto im


pegnate quanto serie, dedotte dall'Amministrazione, � balzato 

evidente il rilievo circa la grave disparit� di conseguenze pra


tiche che derivano dall'adottare l'una' via o l'altra (valori con


trattuali o revisionati) quando il raffronto tra i due termini 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 205 

interessi come sottrazione, la cui differenza costituisca la somma 
di denaro da corrispondere all'appaltatore. 

Ebbene, proprio quest'ultima notazione, in rapporto alla 
ratio delle norme in esame (art. 345 all. F, e 56, 5� comma del 
Capitolato), sembra suggerire la soluzione esatta. Tali norme 
sono invero dettate al fine di indennizzare l'appaltatore per la 
perdita che subisce a causa dello scioglimento anticipato del 
contratto, prima che le opere eseguite raggiungano i quattro 
quinti: ratio di indennizzo, dunque. Ora, se ci si attiene ai valori 
contrattuali non si risarcisce il danno attuale (che l'appaltatore 
subisce all'atto dello scioglimento), ma quello del 
tempo della conclusione del contratto. Al limite, l'indennizzo 
potrebbe ridursi ad una cifra simbolica (rapporto di lunga durata; 
svalutazione massiccia). Vuol dire che si rispetta la ratio 
solo facendo riferimento ai valori revisionati. Ci� che, del resto, 
s'inquadra nel principio generale per cui il credito di risarcimento 
� un credito di valore e deve essere espresso in termini 
monetari attuali. 

Anche il ricorso incidentale delle Ferrovie deve essere perci� 
disatteso. (Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE AA. PP., 27 luglio 1963, n. 24. 
-Pres. Reale -Est. Daniele -Consorzio Sorgente Alloro 

c. Assessorato ai LL. PP. Regione Siciliana e Comune di 
Belmonte Mezzagno. 
Acque 
pubbliche -Sottensione totale e parziale di utenza -Disciplina 
delle due ipotesi. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 45 e 47). 
Acque 
pubbliche -Sottensione parziale -Presupposti di legittimit� del 
provvedimento. 

<t.u. cit., art. 47). 
Atto 
amministrativo -Omesso o errato richiamo a norme di legge Non 
� ragione di illegittimit�. 

Nelle richieste di nuove utenze di acqua pubblica, considerate 
dall'Amministrazione di prevalente interesse rispetto a 
concessioni in atto, va esaminato e distinto se esse siano totalmente 
o parzialmente incompatibili. con le precedenti. (1). 

' 

(1-2) Nel senso della illegittimit� della sottensione valutata in rapporto 
all'art. 45 del t._u. 11 dicembre 1933, n. 1775, quando si versi nella 
ipotesi del successivo art. 47, cfr. il precedente citato nel testo 8 giugno 
1960, n. 20 (Acque, bonifiche e costruzioni, 1960, pag. 369). 

-



206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se l'incompatibilit� � totale, deve essere applicato l'art. 45 
del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, con indennizzo dell'intera 
utenza. Se, invece,� l'incompatibilit� risulti parziale, va applicato 
il successivo art. 47; e la sottensione pu� essere limitata 
ad una parte delle acque, con contestuale determinazione del 
compenso spettante al concessionario sotteso. (2) 

La mancata o inesatta .indicazione della norma, in base alla 
quale l'atto amministrativo � emanato, non costituisce ragione 
di illegittimit�, se dalla motivazione � possibile identificare il 
potere concretamente esercitato. (3) 

(Omissis). -Con domanda 23 ottobre 1925 il Consorzio 
sorgente Alloro chiese il riconoscimento per uso ultratrentennal�, 
antecedente alla 1. 10 �agosto 1884, del diritto di derivare 
l'intera portata della sorgente Alloro, per irrigare 60 salme di d 

,

terreno. Con istanza 29 agosto 1927 il Comune di Belmonte . 

.

Mezzagno chiese a sua volta la concessione di derivare dalla 

I 

detta sorgente litri 3,50 di acqua al secondo, per l'approvvigiof'. 
namento idrico del proprio centro abitato. 

;

1:1:11. 
=~ 

Sulla necessit�, che, nell'ipotesi ex art. 47, la sottensione sia accompagnata 
dalla determinazione del compenso spettante all'utente sotteso, 
cfr.: Trib. Sup. AA.PP. 9 luglio 1960, n. 22, e 24 ottobre 1960, n. 30 (Acque, 
ecc., 1960, pagg. 375 e 463), anch'esse richiamate nel testo. L'affermazione, 

J 

per altro, � in contrasto con la sentenza n. 20 del 1960; nella quale si 

. 

ammette la possibilit�, che �le cautele ed i compensi previsti nell'art. 47 ,,,

I 

possono essere stabiliti anche con un successivo provvedimento �; sempre 
che risulti � negli atti istruttori accenno o riserva in tal senso � ru 
(loc. cit., pag. 372). fl 

E' giurisprudenza ormai costante, che l'art. 47 attribuisce all'Amministrazione 
un potere discrezionale, determinando le condizioni e le moJl 


Ii

dalit� per il suo esercizio. Di qui l'affievolimento dei diritti dell'utente 
sotteso; la cui tutela � consentita, anche relativamente ai compensi, solo 
sotto il profilo della legittimit�, ed innanzi al Tribunale Superiore. L'indi~ 
rizzo, gi� delineato nelle sentenze 19 agosto 1949, n. 17, e 14 ottobre 1949, 

n. 16 (Acque, ecc., 1950, pagg. 455 e 458), � stato riaffermato con larJ 
ghezza di motivazione nella citata sentenza n. 30 del 1960, annotata cri, 
ticamente da CORSARO, Acque, ecc., 1960, pag. 467 e ss. 
~ 

Sulla sottensione, totale e parziale, in dottrina, cfr.: Mrnou, Le acque 
pubbliche, 1958, pagg. 203, e 219 e ss. 

(3) La qualificazione dell'atto amministrativo deve essere effettuata 
I: 
i:;con riferimento al suo contenuto. Da tanto consegue, che non rimane viziato 
n� dall'erronea o omessa indicazione, della norma di legge che si 

I

dichiara applicata, n� dall'omessa indicazione della disposizione attribu~
1 

tiva del potere effettivamente esercitato. 

Al riguardo la giurisprudenza � del tutto pacifica. Oltre ai 
denti citati nel testo, cfr.: Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1962, 
Mass. amm., II, 179, con nota di richiami. 

~:: 

prece


l~ 

n. 219, 
ti;. 

1 

j 

r~,-.-amr~~._,,~==--=�~ 



PAHTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 207 

Nel frattempo le acque della sorgente Alloro venivano iscritte 
nell'elenco delle acque pubbliche approvato con r.d. 4 luglio 
1929 n. 5565. Con decreto 9 febbraio 1950 l'Assessore ai 
LL. PP. per la Regione Siciliana riconosceva al Consorzio anzidetto 
il diritto alla derivazione di 8 litri al secondo di acqua, 
pari all'intera portata della sorgente Alloro. 

Con decreto del detto Assessore 17 febbraio 1961, poi, veniva 
concesso al Comune di Belmonte Mezzagno in sanatoria 
la concessione di litri 3,50 al secondo per approvvigionamento 
idrico; con obbligo di indennizzo, ai sensi dell'art. 45 del T. U. 
sulle acque, a favore del Consorzio Alloro. 

Avverso il citato decreto ha prodotto ricorso a questo Tribunal� 
superiore il Consorzio Sorgente Alloro. (Omissis). 

(DIRITTO). -L'art. 45 del T. U. sulle acque prevede l'ipotesi 
di una concessione di acqua pubblica, che sia totalmente incompatibile 
con altra concessione legittimamente costituita: 
l'ipotesi � quella di una concessione pi� importante che non 
possa ~ssere assentita senza il sacrificio di altre utilizzazioni 
meno importanti. In tali ipotesi rientrano sia le concessioni 
che comportino l'integrale assorbimento delle minori utenze, 
sia quelle che richiedano una quantit� d'acqua tale da rendere 
praticamente svuotate di contenuto le precedenti concessioni, 
alterandone l'economia e le finalit�. Non � dubbio che la sottensione 
totale debba essere disposta anche in questi ultimi 
casi, atteso che il concessionario sotteso non ha interesse a 
ricevere la residua acqua, non utilizzabile per le finalit� per 
le quali la concessione era stata a suo tempo assentita. 

In caso di sottensione totale le legge prevede che il concessionario 
sotteso debba essere indennizzato. Tale indennizzo 
di regola � in natura e consiste nella fornitura di �una corrispondente 
quantit� di acqua e, nel caso di impianti per forza 
motrice, di una quantit� di energia corrispondente a quella effettivamente 
utilizzata� (art. 45 secondo comma). L'indennizzo 
in natura � normale nel caso che il nuovo concessionario e 
quello sotteso utilizzino l'acqua per scopi idroelettrici; e anche 
normale quando, . dopo lo sfruttamento idroelettrico, l'acqua 
possa essere fornita al concessionario sotteso per finalit� 
irrigue. Ma quando l'utilizzazione dell'acqua comporti il const:
u:no della stessa (es. scopo potabile o irriguo) la somministrazione 
in natura � eccezionale: essa � possibile solo se il sottendente 
disponga di altre acque non utili allo scopo che intende 
perseguire (es. alimentazione potabile della popolazione), ma 

-



RdSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

utili agli scopi che il concessionario sotteso si prefigge (es. irrigazione, 
produzione energia elettrica). La legge quindi prevede 
che, quando la pi� importante concessione non possa es


sere esercitata o diventi eccessivamente gravosa per effetto dell'indennizzo 
in natura, il concessionario sotteso possa essere 
indennizzato in denaro, ai sensi della legge sulle espropriazioni 
(terzo comma art. 45). Anche in questo caso l'indennizzo si riferisce 
per� all'intera utenza; poich� questa � sacrificata interamente 
� ovvio che tale sacrificio debba essere integralmente 
indennizzato. � 

.La sottensione parziale � prevista dall'art. 47 secondo comma 
del t. u. sulle acque. Tale sottensione � subordinata alle 
seguenti condizioni: a) che manchi il modo di soddisfare altrimenti 
il nuovo richiedente; b) che la nuova concessione non alteri 
l'economia e la finalit� dell'utenza sottesa; c) che sia stabilito 
un compenso per il sacrificio imposto al concessionario 
sotteso. 

Da quanto � stato premesso si desume dunque che il sistema 
stabilito dalla legge � il seguente: nel caso che vengano 
richieste utenz� di acque pubbliche, che siano dall'Amministrazione 
ritenute di prevalente interesse pubblico rispetto ad altre 
utenze gi� concesse, deve distinguersi a seconda che la nuova 
utenza sia totalmente o parzialmente incompatabile con 
quelle preesistenti. Se l'incompatibilit� sia totale deve essere 
applicato l'art. 45 con indennizzo del sacrificio dell'intera utenza; 
se l'incompatibilit� sia parziale va applicato l'art. 47, e la 
s�ttensione pu� essere limitata ad una parte sola delle acque, 
con determinazione di un compenso a favore del proprietario 
sotteso. 

Ci� premesso considera il Collegio che, nella specie, l'Amministrazione 
si � avvalsa dell'art. 45 del T. U. sulle acque per 
disporre una sottensione parziale, che il predetto articolo non 
consente. N� pu� ritenersi che in sostanza l'Amministrazione 
si sia avvalsa del potere di sottensione parziale previsto nello 
art. 47. 

La circostanza che negli atti di istruttoria e nel provvedimento 
impugnato sia richiamato soltanto l'art. 45 non sarebbe 
di per s� decisivo per affermare l'illegittimit� dell'atto impugnato. 
Invero, per costante giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. 
IV, 12 febbraio 1957 n. 167; Sez. V, 15 marzo 1958, n. 97; Sez V, 
27 giugno 1958, n. 467; Sez. V, 12 luglio 1958, n. 531; Sez. V, 
14 novembre 1958, n. 863; Sez. VI, 8 aprile 1959, n. 228) l'errata 
citazione di un articolo di legge non determina l'invalidit� 

.j 


PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 20!) 

dell'atto quando dal contesto di esso appaia chiaro di quale potere 
la P. A. abbia fatto uso. Ma nella specie il Collegio non 
ritiene che dall'atto possa desumersi che l'Amministrazione abbia 
valutato i presupposti e le circostanze che legittimano la 
sottensione parziale. In particolare � mancato un giudizio circa 
l'incompatibilit� solo parziale della nuova utenza con la vecchia; 
inoltre nel provv�dimento non viene determinato il compenso 
che, come questo Tribunale ha ritenuto in altri casi (sent. � 

24. ottobre 1960, n. 30; 9 luglio 1960, n. 22 e n. 23) deve essere 
stabilito prima o contestualmente al provvedimento che dispone 
la sottensione. 
La considerazione che negli atti del procedimento amministrativo 
e nell'impugnato provvedimento, conclusivo del medesimo 
si parli sempre di sottensione ex art. 45 e che il provvedimento 
stesso preveda l'indennit� ai sensi della legge sulle 
espropriazioni, di cui al terzo comma dell'art. 45 (indennit� che, 
come questo Tribunale ha ritenuto nelle citate sentenze, nettamente 
si differenzia dal compenso ex art. 47) induce il Collegio 
a ritenere che l'Amministrazione non si sia, nella spede, 
avvalsa dal potere di cui all'art. 47. 

E' pertanto da aggiungere che, se anche si volesse ritenere 
che l'Amministrazione abbia applicato l'art. 47, l'atto sarebbe 
ugualmente illegittimo, per mancata determinazione del 
compenso ivi previsto; invero questo Tribunale ha pi� volte 
affermato, che � illegittimo il provvedimento� di sottensione 
parziale emanato ai sensi dell'art. 47 del T. U. sulle acque, 
senza la previa determinazione del relativo compenso (sent. 9 
luglio 1960, n. 22 e n. 23; sent. 24 ottobre 1960, n. 30). (Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE AA. PP., 8 novembre 1963, numero 
26. -Pres. Gualtieri -Est. Tozzi -Bonetti c. Ministero 
LL. PP. e Prefetto di Sondrio. 

Atto amministrativo -Piena conoscenza anteriore alla notifica -Irricevibilit� 
del ricorso giurisdizionale. 

(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 1). 
Espropriazione i>er pubblica utilit� -Opere eseguite dallo Stato -Compilazione 
e pubblicazione del progetto di massima -Non necessarie. 
(legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 4; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, 
art. 30). 



210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i 

l
l
. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Prefissione del termine per le 

[

espropriazioni con decorrenza dalla consegna dei lavori -Illegittimit�. 
[~ili 
(Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). ��:� 

Espropriazione per pubblica utilit� -Urgenza ed indifferibilit� non dichiarata 
ex lege -Necessit� di specifica dimostrazione. 
(Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, 
art. 32). 

La piena conoscenza del provvedimento amministrativo � 
da considerare equipollente alla notifica, ai fini della decorrenza 
del termine per l'impugnazione giurisdizionale. (1) 

La compilazione e la pubblicazione del progetto di massima, 
come anche le formalit� preliminari di cui al titolo 2�, capo I 
della legge 25 giugno 1865, n. 2359, non sono necessarie per le 
espropriazioni preordinate all'esecuzione di opere pubbliche eseguite 
dallo Stato. (2) 

L'indicazione che i termini per l'inizio ed il compimento delle 
espropriazioni decorreranno dalla data di consegna dei lavori, 
non � sufficiente ai fini dell'art. 13 della legge fondamentale 
del 1865. (3). 

(1) L'ammissibilit� di equipollenti della notifica di un provvedimento 
amministrativo, � prevista nell'art. 1 del r.d. 23 ottobre 1924, n. 1672 (come 
modificato dall'art. 1 della I. 8 febbraio 1925, n. 88), che ha introdotto 
l'elemento della �piena conoscenza� dell'atto da impugnare, ai fini 
di stabilire Ja decorrenza del termine utile. 
La giurisprudenza � particolarmente ampia e varia ( cfr. : Massimario 
della giurisprudenza del Cons. Stato, 1932 -1961, vol. II, pagg. 4292 
e ss.); e la sua caratteristica -ovviamente -� proprio quella di essere 
una giurisprudenza d� specie. La tendenza � diretta ad estendere l'ambito 
.di applicazione della norma, ben oltre i limiti dell'accertamento specifico 
e diretto della conoscenza effettiva; consentendo largo impiego delle 
presunzioni, attraverso cui giungere alla legittima conclusione della estrema 
probabilit� (se non della certezza) di tale conoscenza. 

Tuttavia, � ben fermo il principio della necessit� della cognizione 

degli elementi essenziali dell'atto; intendendosi per tali quegli elementi, 

in base ai quali il soggetto possa individuare la lesione di un suo in


teresse, e cio� la precisazione dell'organo che ha emanato l'atto, la data 

di esso, e l'oggetto. 

Per richiami in dottrina, cfr.: op. cit., pag. 4277, n. 5. 

(2-3) Giurisprudenza costante, dopo la decisione del Cons. Stato, Sezione 
IV, 15 luglio 1955, n. 547 (Il Consiglio di Stato, 1955, I, 850); nella 
quale � una disamina completa anche. dei principi relativi alla dichiarazione 
di pubblica utilit�, fatta direttamente dalla legge; ed alla disciplina prevista 
dall'art. 30 r.d. n. 422 del 1923 per le opere eseguite dallo Stato. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 211 

L'urgenza ed indifferibilit� dei lavori, quando non derivi 
direttamente dalla legge o non sia contestuale alla dichiarazione 
di pubblica utilit�, deve essere motivata e dimostrata 
concretamente, (4 ). 

La sig.ra Giuseppina Bonetti in Vismara ha prop9sto ricorso 
a questo Tribunale Superiore avverso il decreto 10 dttobre 1961, 
con il quale il Prefetto di Sondrio ha autorizzato !~occupazione 
di urgenza di un fondo di sua propriet�, necessaria per i lavori 
di sistemazione della valletta � Solco �, affluente in sinistra dell'Adda 
in Comune di Valdisotto; nonch� avverso i decreti 29 febbraio 
1960 e 3 agosto 1961 del Magistrato del Po, con i quali � 
stato approvato il progetto e sono stati dichiarati urgenti e indifferibili 
i lavori suddetti. (Omissis). 

E' infondata l'eccezione di irricevibilit� sollevata dalla resistente 
Amministrazione in ordine all'impugnativa avverso il de-

Per ulteriori riferimenti, cfr.: LANDI, Rassegna di giurisprudenza sulle 
espropr. per p.u., Appendice 1962, nn. 52, 239 e 322). 

Interessante quesito � se sia possibile fissare con successivo provvedimento, 
ad integrazione di quello impugnato, i termini in questione. 
Un accenno in proposito � nelle decisioni del Cons. Stato, Sez. IV, n. 786 
del 22 settembre 1960 (Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2, pag. 1502), e Sez. V, 

n. 554 del 16 giugno 1949 (Foro amm., 1950, I, 2, col. 12), che -per� non
� affrontano specificamente il problema. La dottrina (CARUGNO, L'espr. 
per p.u., 1958, pag. 107) si pronuncia in senso negativo, facendo riferimento 
al carattere formale del provvedimento dichiarativo di pubblica 
utilit�. Sembra, per�, che l'obbiezione non sia conferente; dovendosi piuttosto 
avere riguardo alla circostanza, se la prefissione dei termini condizioni 
la stessa esistenza giuridica del provvedimento, o non detem1ini 
piuttosto un vizio del procedimento espropriativo ( cfr.: Cons. Stato, Sezione 
V, n. 158 del 12 marzo 1948, Foro amm., 1948, I, 2, 228). 
(4) La decisione non sembra rispondente ad esatti principi. Poich� 
non pu� dubitarsi che il Tribunale Superiore abbia tenuto presente che 
la dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza, nella specie, era regolata 
dall'art. 39 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422 (in relazione all'art. 8, 2� comma 
del d.p.r. 30 giugno 1955, n. 1534, ed all'art. 6 della legge 18 marzo 
1958, n. 240), andava considerato che il relativo potere aveva carattere 
ampiamente discrezionale. Infatti, a differenza della facolt� conferita ai 
Prefetti dall'art. 71, primo comma, prima parte, della legge 25 giugno 
1865, n. 2359, l'esercizio del potere in questione � unicamente in funzione 
della natura oggettiva dei lavori, e delle normali esigenze dell'Amministrazione 
interessata ( cfr. LANDI, op. cit., pag. 149; ed Appendice 1962, 
pag. 95). N� sembra sostenibile che l'omessa valutazione della situazione 
d'urgenza, in sede di dichiarazione di pubblica utilit�, renda illegittima 
la successiva pronuncia di indifferibilit�; poich�, a prescindere dalle 
eventuali necessit� sopravvenute, trattasi di valutazioni tra loro indipendenti 
e preordinate a fini diversi. 
-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

creta 29 febbraio 1960, con il quale il Magistrato del Po ha approvato 
e autorizzato l'esecuzione dei lavori di sistemazione della 
Valletta � Solco �, affluente in sinistra dell'Adda in Comune di 
Valdisotto. 

Se � vero, infatti, che la cognizione del provvedimento da 
parte dell'interessato � da considerare equipollente alla notificazione, 
ai fini del decorso del termine per proporre l'impugnativa, 
non � men vero che la conoscenza del provvedimento idonea a 
segnare l'inizio della decorrenza del termine suddetto deve essere 
piena, nel senso che il provvedimento stesso deve essere conosciuto 
nei suoi elementi essenziali. 

Nella specie, invece, dalla lettera 18 novembre 1960 diretta 
dalla ricorrente al Ministro dei Lavori Pubblici e posta dall'Avvocatura 
dello Stato a sostegno dell'eccezione di irricevibilit�, 
non risulta affatto provata la piena conoscenza del provvedimen-, 
to 29 febbraio 1960 del Magistrato del Po: la ricorrente infatti 
in detta lettera dichiara di aver saputo dall'Ufficio del Genio 
civile di Sondrio, che la sua propriet� doveva essere occupata, e 
aggiunge che all'albo comunale di Valdisotto, era stato affisso 
il piano di esecuzione dei lavori per la costruzione del canale e 
la relativa espropriazione dei terreni soggetti ai lavori stessi, ma 
in nessun punto di detta lettera fa cenno al decreto di approvazione 
del Magistrato del Po, del quale evidentemente ignorava la 
esistenza, come � facile del resto desumere dalla circostanza che 
in detta lettera la ricorrente continua ancora a ritenere che i 
lavori siano stati illegittimamente iniziati prima dell'approvazione 
(intervenuta invece con il decreto 29 febbraio 1960), e che 
il piano pubblicato all'albo comunale sia soltanto il piano di 
massima, che, a norma dell'articolo 4 della legge del 1865 sulle 
espropriazioni, deve essere pubblicato prima della dichiarazione 
di pubblica utilit�. 

Passando dopo ci� all'esame dei motivi di ricorso rivolti 
contro il pi� volte richiamato decreto 29-2-1960 del Magistrato 
del Po, osserva il Collegio, che tutte le censure contenute nel 
primo motivo sono infondate. 

E' invero, non pu� parlarsi di violazione dell'art. 4 della legge 
del 1865 sulle espropriazioni, per mancata compilazione e pubblicazione 
del progetto di massima, perch�, come � noto, le espropriazioni 
relative ad opere pubbliche da eseguirsi dallo Stato 
non richiedono l'espl�tamento delle formalit� preliminari stabilite 
dal titolo I capo I della legge 25 giugno 1865, n. 2359, 
dato che la dichiarazione di pubblica utilit� � implicita nell'approvazione 
dei relativi progetti (v. per tutte, la decisione del Con



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 213 

siglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 13 febbraio 
1952, n. 15). (Omissis). 

Fondato appare invece il terzo motivo, con il quale la ricorrente 
lamenta la mancata prefissione dei termini per l'inizio 
e il compimento delle espropriazioni e dei lavori. E' vero che nel 
decreto impugnato il termine per l'esecuzione degli esproprii 
viene fissato in due anni, con decorrenza dalla data di consegna 
dei lavori, ma ci� non soddisfa il precetto dell'art. 13 della 
legge del 1865 sulle espropriazioni, il quale richiede che il termine
� suddetto sia fissato in modo certo, con la conseguenza 
che deve ritenersi illegittimo il provvedimento che faccia decorrere 
l'inizio dei lavori da un termine incerto, qual'� quello della 
consegna dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 ottobre 1956, 

n. 
1150). 
Deve essere pertanto accolto in base al motivo. suddetto, il 
ricorso avverso il decreto 29 febbraio 1960 del Magistrato del 
Po, che va annullato. 
Ugualmente fondato � il ricorso avverso il decreto 3 agosto 
1961, con il quale il Magistrato del Po ha dichiarato urgenti e 
indifferibili i lavori dichiarati di pubblica utilit� con il precedente 
decreto. Ed invero, nei casi, come quello in esame, in cui 
la dichiarazione di urgenza e di indifferibilit� non derivi direttamente 
dalla legge, occorre che l'urgenza e l'indifferibilit� effettivamente 
esistano e siano dimostrate. 
Nella specie, invece, tra il decreto di approvazione del prog�tto 
e la dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza sono decorsi 
ben 18 mesi, il che dimostra che i lavori da effettuare non erano 
n� urgenti n� indifferibili. N� pu� dirsi che potrebbero l'urgenza 
e l'indifferibilit� essere sopravvenute, perch� i motivi posti q base 
della dichiarazione chiaramente lo escludono. 
Detti motivi, contenuti nel parere 15-7-1961 del Comitato Tecnico 
Amministrativo richiamato nel provvedimento impugnato, 
sono indicati nella necessit� di assicurare la difesa idraulica, 
nell'aumento del rischio dei danni che potrebbe derivare dal ritardo 
nella esecuzione delle opere, nella opposizione della ricorrente 
che ha ritardato il corso dei lavori e nella necessit� di 
evitare il pagamento dei danni per la forzata inattivit� del cantiere, 
richiesti dalla ditta appaltatrice dei lavori. 
Ora, la necessit� della difesa idraulica � la stessa che port� 
all'approvazione del progetto, mentre l'aumento del rischio dei 
danni che potrebbe derivare dal ritardo nella esecuzione delle 
opere, a prescindere dalla considerazione che si tratta di una 
affermazione generica e non dimostrata, � un elemento che po




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

214 

teva e doveva valutarsi al momento dell'approvazione del progetto, 
e non si pu� presumere che in quel momento non sia 

stato valutato : il fatto che non sia stata subito emanata la 
dichiarazione di indifferibilit� e di urgenza dimostra che nella 
specie i lavori potevano effettuarsi nel termine necessario per 
compiere le espropriazioni, senza che ci� comportasse un pericolo. 
Pi� precisamente i due motivi della urgenza e indiffe-� 
ribilit� sin qui esaminati, se esistenti, avrebbero dovuto portare 
subito � alla dichiarazione di indifferibilit� e di urgenza: 

il fatto che detta dichiarazione sia intervenuta dopo diciotto 
mesi dall'approvazione del progetto, dimostra che essi non esistono, 
almeno nella intensit� che possa legittimare le dichiarazione 
a distanza di tanto tempo. 

Per quel che riguarda invece la opposizione della ricorrente 
e la richiesta dei danni per inattivit� del cantiere avanzata 
dalla ditta appaltatrice dei lavori, � facile osservare che detti 
motivi non hanno a che vedere con l'urgenza e l'indifferibilit� 
delle opere da eseguire, a prescindere dalla considerazione che 
gli inconvenienti addotti dipendono esclusivamente dalla ii:ieriia 
della amministrazione, la quale nei diciotto mesi lasciati 
inutilmente trascorrere avrebbe ben potuto portare a termine 
l'espropriazione nelle forme ordinarie. 

Deve pertanto ritenersi illegittima la dichiarazione di urgenza 
e indifferibilit� impugnata, perch� emanata a lunga distanza 
di tempo in base. a motlvi che si devono ritenere o ingiustificati 
o inconferenti e ad ogni modo gi� esistenti e valutati 
diversamente sin dal momento dell'approvazione delle opere; 
con la conseguenza che la dichiarazione suddetta deve essere 
�annullata, cos� come deve essere annullato il successivo 
decreto di occupazione di urgenza che la presuppone e che di 
essa costituisce l'esecuzione. (Omissis). 

LODO 30 dicembre 1963, n. 64 (Roma) -Pres. Pinchera -Est. 
Girelli -Impresa Falchi c. Amministrazione provinciale di 
Sassari e Gestione case per lavoratori. 

~ 

Opere Pubbliche -Direttore dei lavori -Attribuzioni -Attivit� svolta 

: 

al di fuori di tali attribuzioni -Non impegna la p.a. committente. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sulla direzione, contabilit� e collau<.
I

dazione� dei lavori dello Stato; artt. 2, 3, 13 e 63). t 

I ~ 

. 1~1 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI AA. PP., APPALTI E FORNITURE 215 

Il Direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali 
somministrati dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale 
esecuzione dei lavori. Egli non � che lo strumento di cui 
si avvale il capo dell'organo tecnico dell'Amministrazione committente; 
ed agisce in posizione meramente subordinata, alle 
dipendenze di quest'ultimo. Pertanto un comportamento che 
ecceda le attribuzioni demandategli, o che sia in contrasto con 
la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna 
il committente. (1) 

(Omissis). -A sostegno delle proprie ragioni, l'Impresa 
ha prodotto una lettera in data 27 febbraio 1963 dell'ex direttore 
dei lavori, con la quale lo scrivente, che in sede di controdeduzioni 
delle riserve inserite nel registro di contabilit� si era 
praticamente pronunciato per il rigetto di tutte le istanze avanzate 
dall'appaltatore, esprime parere favorevole all'accoglimento 
delle stesse. 

Le convenute Amministrazioni hanno contestato la vali


(1) L'attivit� di ingerenza, direzione e collaborazione, che nell'esecuzione 
di un'opera pubblica � riservata all'Amministrazione appaltante, � 
di competenza del dirigente del proprio organo tecnico. Negli appalti 
statali, questa competenza � dell'Ingegnere capo del Genio Civile (reg. 25 
maggio 1895, n. 350, art. 1); negli appalti di altre amministrazioni, che richiamino 
o comunque applichino il cennato regolamento, secondo un'ovvio 
criterio di adattamento della norma, non pu� non essere attribuita 
che al dirigente dell'ufficio tecnico. 
Il Direttore dei lavori � solo lo strumento, di cui esso dirigente si 
avvale; agisce alle sue dipendenze e ne riceve gli ordini, e le istruzioni 
necessarie per la condotta dei lavori. La sua figura, quindi, � meramente 
subordinata; e tanto ci� � vero, che qualunque suo ordine, deve essere 
approvato e vistato dal Capo dell'Ufficio dal quale dipende (artt. 2, 6, 7 
e 13, reg. cit.). 

Ci� posto, � chiaro che l'opinione del Direttore dei lavori su controversie 
insorte con l'Impresa, � espressione di convincimento esclusivamente 
personale, che in nessun modo impegna l'Amministrazione appaltante 
nemmeno sotto il profilo tecnico. E' ovvio che in tale considerazione 
si prescinde dalla eventualit�, che le affermazioni del Direttore dei 
lavori siano fatte in sede di istruttoria assunta dall'organo giudicante. 
In questo caso, la situazione giuridica � diversa, sia in relazione al contenuto 
delle affermazioni (non rappresentate da meri giudizi, ma dal 
riferimento di fatti obbiettivi), che in rapporto alla diversa veste del 
dichiarante. 

Sulla figura del Direttore dei lavori, sulle modalit� di esercizio dei 
suoi compiti, sulle sue responsabilit� verso l'Amministrazione e nei confronti 
dell'appaltatore e di terzi, cfr.: CIANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1957, 
138 e 374 e ss.; nonch�, Cass. 20 luglio 1960, n. 2035, Foro amm. 1961, II, 
304, con nota di richiami. 

-



216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dit� di tale parere, osservando che l'opinione dell'ex direttore 
dei lavori deve ritenersi espressione di un convincimento puramente 
personale, in nessun modo impegnativo per la committente, 
nemmeno sotto il profilo tecnico. 

Il Collegio rileva che il reg. 25 maggio 1895, n. 350 al quale 
il capitolato generale della Gestione si richiama, nel precisare 
le incombenze e le responsabilit� delle persone preposte alla vigilanza 
sulla esecuzione delle opere, stabilisce in sostanza che 
il direttore dei lavori ha il compito di verificare i materiali somministrati 
dall'appaltatore, e di curare la buona e puntuale esecuzione 
dei lavori, in conformit� dei patti contrattuali. Egli pertanto 
non � che lo strumento di cui il capo dell'organo tecnico 
dell'Amministrazione committente si avvale, e che agisce, in 

I

posizione meramente subordinata, alle dipendenze di questo 
ultimo. E ci� risulta tanto pi� vero quando si consideri, che �1-~ 


I 
~ 

qualunque ordine del direttore dei lavori deve essere appro. 
vato e vistato dal capo dell'ufficio dal quale dipende. 
Il direttore dei lavori, perci�, non ha la rappresentanza ' 
dell'Ente appaltante, e un suo eventuale comportamento che 

~~ 

ecceda le attribuzioni demandategli o che sia in contrasto con 
la legge o con esplicite pattuizioni contrattuali, non impegna 
in alcun modo il committente. Nella specie � pacifico, che lo 
ing. Flores, a norma dell'art. 63 del regolamento citato, forI
��: 
mul� le sue controdeduzioni nel registro di contabilit�, relati.'


I

vamente alle riserve dell'impresa; che le controdeduzioni furono 
esaminate dal collaudatore, il quale -a sua volta -rifer� 
con propria relazione all'Amministrazione committente; :~~


I 
che quest'ultima, infine, sulla scorta degli elementi a disposi. 
zione, ritenne di adottare determinate decisioni, per altro non . 
accettate dall'impresa, che instaur� il presente giudizio. 
, 

Alla luce di quanto innanzi deve concludersi che al diret


Itore dei lavori era a questo punto inibito di assumere qualsiasi 
autonoma iniziativa, e di intervenire spontaneamente con lo 
esprimere opinioni, che non possono non qualificarsi di natura 
puramente soggettiva, nella controversia in atto. Il Collegio, 

I

pertanto, ritiene di non attribuire valore probatorio alla ri


fil 
chiamata lettera; ma di dover prendere in considerazione solo ili 

le controdeduzioni a suo tempo inserite dal direttore dei lavori 

~: 

nel registro di contabilit�. (Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 marzo 1963, Pres. Auriemmo 
-Est. Rosso -P. M. Reviglio della Venezia (conf.) -rie. 
Milano Giuseppe -Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni 
-(C. A. Napoli 27 gennaio 1962). 

Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Liquidazione 
dei danni -Reformatio in peius -Inapplicabilit�. 
(Art. 515 c.ri.c.). 

Giudizio civile e penale -Giudice penale di secondo grado -Impossibilit� 
liquidazione del danno -Rimessione giudice civile. 
(Art. 489-519, c.p.c.). 

Falso -Falso documentale in atto pubblico -Soggetto passivo -Danneggiato 
dal reato -Distinzione. 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della pubblica Amministrazione 
-Condotta dolosa del dipendente -Difetto di sorveglianza 
da parte degli organi dell'Amministrazione. 
(Cost., art. 28). 

Non � applicabile l'articolo 515 c.p.p. nella ipotesi in cui 
il giudice di secondo grado, avendo riformato la decisione del 
primo giudice in punto alla liquidazione dei danni, abbia ordinato 
la rimessione delle parti dinanzi al giudice civile per la 
liquidazione di interessi non previsti nella sentenza del primo 
giudice (1). 

L'ordinamento processuale penale prevede la rimessione al 
giudice civile non solo nella fase di primo grado, ma anche in 
quella di appello, quando non possa essere immediatamente 
deciso sul quantum secondo l'apprezzamento discrezionale del 
giudice penale (2). 

(1) Sulla prima massima non vi sono osservazi�ni da formulare dato 
che, in realt�, l'art. 515 c.p.c. si riferisce all'impugnazione dei capi penali 
della sentenza. 
(2) Esatto appare anche il principio indicato nella seconda massima 
e che trova riscontro nella sentenza della Corte suprema 18 febbraio 
1959 (Giust. pen. 1959, III, 533), citata in motivazione. 
-



218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
�' 
Nel reato di falso documentale in atto pubblico 
ravvisabile come soggetto passivo del reato la persona 
non � 
priva


.ta: in questo caso, tal� persona pu� assumere la posizione di 
danneggiato dal reato con diritto ad ottenere il risarcimento 
nei confronti dell'autore del falso e del responsabile civile (3). 

Vanno tenute distinte la figura della persona offesa dal 
reato e quella del danneggiato dal reato : la prima si identifica 
nel titolare del bene giuridieo leso dalla condotta criminosa, 
la seconda nel soggetto che ha riportato conseguenze svantaggiose 
dalla condotta criminosa dell'autore del reato (4). 

La pubblica Amministrazione risponde anche del comportamento 
doloso del proprio dipendente oltre che nel caso in 
cui questi abbia agito per fini non privati, anche nella ipotesi 
in cui l'atto doloso che abbia recato danno, pur in contrasto 
con l'attivit� propria della pubblica Amministrazione, sia stato 
reso possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi 
della stessa pubblica Amministrazione alla quale risale la 
responsabilit� civile proprio per la colpa degli organi preposti 
alla vigilanza ~ alla sorveglianza dei pubblici uffici (5). 

(3-4) La terza e la quarta massima costituiscono applicazione di principi 
ormai costanti in giurisprudenza, ed, in particolare, la distinzione fra 
persona offesa dal reato e soggetto danaeggiato dal reato-trova riscontro 
nella precedente sentenza della Corte suprema 7 marzo 1962 (Rep Foro it., 
voce parte civile, 1962, n. 20). 

(5) Qualche osservazione va, invece, formulata con riguardo alla quinta 
massima. 
Come � noto, la Corte suprema, con la sentenza 23 settembre 1958, 

n. 3029, mut� il costante indirizzo giurisprudenziale in ordine al principio 
che veniva, ormai, indicato con la nota formula che � il dolo rompe il 
nesso eziologico� fra l'azione del dipendente e la posizione dell'Amministrazione. 
In quella occasione, la Corte suprema ritenne, pur riconfermando il 

principio della responsabilit� diretta della pubblica Amministrazione, che 

la frattura del rapporto organico, con conseguente irresponsabilit� della 

pubblica Amministrazione, si determina solo quando il funzionario agisca 

come semplice privato per finalit� egoistiche, per modo che l'attivit� si 

configura come assolutamente estranea all'ambito delle pubbliche funzioni. 

Il Supremo Collegio ha avuto occasione di riconfermare il principio 

indicato (v., fra le altre, 31 marzo 1960, n. 708, Foro it., 1961, I, 688; S.U. 

28 novembre 1961, n. 2749, ibd., 1790; 20 aprile 1962, n. 792, Rep. Foro 

it., 
1962, voce Resp. civ., 172-174; 30 novembre 1963, n. 3069, Mass. Foro it., 

1963, n. 3069). 

La sentenza annotata si riferisce non solo alla indicazione giurispru


denziale predetta, ma ad altro principio che trova riscontro in prece


denti sentenze del Supremo collegio, citate in motivazione. 

In particolare, con la sentenza 2 agosto 1954, n. 2831, la Corte suprema, 
pur riaffermando il principio che � il dolo (salvo casi eccezionali espres



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 21!1 

(Omissis). -Nessuna sostituzione sostanziale e radicale del 
decidere si � verificata ma solo precisazione dell'oggetto dell'an 
debatur in riferimento alla iniziale domanda -integralmente ac~ 
colta dal tribunale -nell'ambito del compito istituzionale del 
giudice di secondo grado. Tanto meno potrebbe ravvisarsi una 
re/ormatio in pejus, come sembrerebbe adombrare la difesa 
_della pubblica Amministrazione, per avere il giudice di secondo 
grado -riformando al riguardo la decisione del tribunale che 
aveva provveduto alla immediata liquidazione dei danni -ordinato 
la rimessione delle parti davanti di detta difesa circa la 
possibilit� in prosieguo di giudizio della liquidazione anche di 
interessi non previsti con la decisione del tribunale non potrebbe 
richiamarsi all'art. 515 cod. proc. pen. che si riferisce al 
divieto di inasprimento della pena e comunque � estraneo 
alla fase del processo penale -in cui si inserisce l'azione 
civile dei danneggiati dal reato. L'ordinamento di rito prevede 
la rimessione al giudice civile non solo nella fase di primo 
grado, ma anche in quella di appello (Sez. I, 18 febbraio 1959, 

samente �regolati dalla legge) spezza ogni rapporto organico�, riteneva 
che, ove l'atto doloso e dannoso del pendente fosse stato reso possibile 
dalla mancanza di qualsiasi vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione 
pubblica, questa ultima verrebbe a rispondere delle conseguenze 
della condotta illecita del dipendente. 

La sentenza applic� tali principi nella ipotesi di un dipendente che 
aveva falsificato buoni di prelevamento di merce al fine di ottenere la 
consegna della merce stessa da parte della ditta fornitrice dell'Amministrazione. 


Nonostante la riconferma dell'indirizzo, ormai costante, del Supremo 
collegio, vale ugualmente formulare le relative riserve in ordine ai principi 
sopra indicati. 

E' evidente che la sussistenza dell'attivit� dolosa del dipendente non 
pu� far considerare come riferibile all'Amministrazione l'attivit� illecita 
del dipendente medesimo: siffatta riferibilit� si � resa in concreto possibile 
solo forse in difetto di un richiamo all'art. 43 del codice penale 
nel quale � chiaramente descritta la configurazione del delitto doloso. 

Se, infattl, il delitto � doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento 

dannoso o pericoloso, che � il risultato dell'azione od omissione e da cui 

la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, � dall'agente preveduto e 

voluto come conseguenza della propria azione od omissione, � chiaro 

che non � sufficiente la coscienza e volontariet� dell'azione ad integrare 

gli estremi del dolo, ma occorre la volont� dell'evento e, quindi, la inten


zione di determinare una specifica modificazione del mondo es~erno, il 

che appare del tutto estraneo alle attribuzioni ed alle finalit� che la 

norma indica per quel detereminato dipendente che ha posto in essere 

la condotta illecita, informata a dolo. 

L'indirizzo giurisprudenziale che, pur considerando riferibile all'Am


-



220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Baroni) quando non possa essere immediatamente deciso sul 
quantum liquidatorio secondo l'apprezzamento discrezionale 
del giudice penale che nella specie, per quanto si riferisce alla 
sentenza impugnata, mostra peraltro di ispirarsi a principii' 
non di ampliamento dell'obbligo risarcitorio del responsabile 
civile, ma a sua precisazione limitando l'ambito dell'obbligo 
medesimo in confronto alla decisione del tribunale. 

Del pari infondato � il secondo motivo di gravame. Nei 
reati di falso documentale in atto pubblico non � ravvisabile 
soggetto passivo del reato persona privata, ma ci� non equi


ministrazione il comportamento doloso del dipendente, si � sempre premurato 
di limitare la riferibilit� ai casi in cui l'illecito non sia stato 
commes!)o per finalit� meramente egoistiche richiedendo che sussista un 
rapporto di occasionalit� necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite 
al funzionario, sicch� queste abbiano reso possibile l'attivit� dannosa, 
ha tenuto conto, soltanto in modo parziale, della configurazione che 
il codice penale d� del dolo. 

E' chiaro, infatti, che se il dipendente ha posto in essere l'attivit� 
delittuosa con la coscienza e la volont� di realizzare quel determinato 
evento, si �, con ci� stesso, fuori dai limiti di un'attivit� pubblicistica 
riferibile all'Amministrazione. 

E cos�, al fine di superare l'ostacolo frapposto dall'art. 43 del codice 
penale, la giurisprudenza sia prima del mutamento di indirizzo verificatosi 
nel 1958 (v. Cass. 2 agosto 1954, n. 2831 ), sia successivamente (v. 
sentenza annotata) ha fatto ricorso ad un elemento, quale la mancata 
necessaria vigilanza da parte degli organi dell'Amministrazione con riguardo 
all'attivit� del dipendente che ha posto in essere l'azione delittuosa, 
elemento che � del tutto estraneo alla economia dell'attivit� criminosa 
considerata e trova, ai fini della responsabilit�, un titolo diverso da quello 
(responsabilit� diretta) che pur viene riconfermato con riferimento alla 
attivit� illecita del dipendente. 

E' evidente, infatti, che, in questo caso, l'Amministrazione non viene 

a rispondere dell'attivit� delittuosa di quel determinato dipendente che 

ha posto in essere un'azione criminosa dolosa, ma risponde, in realt�, 

della negligenza di altri dipendenti, i quali, probabilmente a titolo di 

colpa, (poich�, diversamente, concorrerebbero con: la attivit� delittuosa 

dal dipendente considerato), non hanno esercitato in modo sufficiente ed 

adeguato i necessari controlli sull'attivit� del dipendente che ha posto 

in essere quella determinata attivit� delittuosa. 

In base a tale rilievo, deve allora convenirsi che non appare del 

tutto esatto il principio secondo il quale l'Amministrazione risponde anche 

per l'attivit� dolosa dei propri funzionari, onde appare pi� conforme 

ai principi, e non soltanto a quelli amministrativi, ma, sostanzialmente, 

a quelli accolti dal codice penale, che, in realt�, il dolo determina una 

frattura nel rapporto di immedesimazione organica, e ci� proprio perch�, 

ripetesi, l� ove sussiste la intenzione di conseguire un evento illecito 

si � gi� fuori dalle attribuzioni del dipendente e si versa nel campo 

dell'interesse privato dcl dipendente cio� in quella

meramente stesso e �== �:; 
... -:::: 
:~ 
~ 
�~~ 
< 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 221 

vale a negare la configurabilit� in quest'ultima di danneggiato 
dal reato con diritto a pretese risarcitorie nei confronti dallo 
autore del falso e del responsabile civile. Secondo ormai comune 
accezione, si deve necessariamente distinguere tra persona 
offesa dal reato che � il titolare del bene giuridico leso 
dalla condotta criminosa e danneggiato dal reato per avere riportato 
conseguenze per lui svantaggiose dalla detta condotta 
criminosa dell'autore del reato. Nessun dubbio che nella specie 
tale danno deve ravvisarsi come generico an debeatur 
ai fini del diritto al risarcimento a prescindere dal quantum 

ipotesi in cui, come indicato, dalla giurisprudenza, il dipendente ha agito 
per motivi privati o per finalit� meramente egoistiche. 

Cos� intesa la responsabilit� della pubblica Amministrazione appare, 
altres�, evidente la inutilit� di far riferimento al concetto del � rapporto 
di occasionalit� necessaria tra l'atto illecito e le incombenze attribuite 
al funzionario >>, in modo che queste abbiano reso possibile l'attivit� 
dannosa. 

E' evidente, infatti, che il riferimento a tale rapporto di occasionalit� 
necessaria si rende indispensabile quando, come nell� giurisprudenza 
considerata, si ritiene di dover consentire la proponibilit� dell'azione 
di responsabilit� pur in presenza di un'attivit� dolosa del funzionario. 

Senonch�, il concetto di rapporto di occasionalit� necessaria � stato 
indicato dalla giurisprudenza (v. sul punto TORRENTE, La responsabilit� 
indiretta della pubblica Amministrazione, Riv. dir. civ. 1958, 278), con 
riferimento ad una disciplina della responsabilit� indiretta ex art. 2049 

e.e. � la quale esige perch� sussista la responsabilit� dei padroni e dei 
committenti che il fatto illecito sia commesso nell'esercizio delle incombenze 
a cui i domestici ed i commessi sono adibiti �, 
Siffatta indicazione, per�, si rendeva necessaria da parte della giurisprudenza, 
proprio perch�, altrimenti, l'attivit� dolosa del domestico 

o commesso, in quanto propria del soggetto che la poneva in essere, 
sarebbe rimasta estranea alla sfera giuridica del padrone e del committente, 
i quali proprio perch� la loro responsabilit� � a titolo indiretto, 
sono tenuti per c�lpa in vigilando o in eligendo. 
Senonch�, nel settore della responsabilit� della pubblica Amministrazione, 
proprio perch� la responsabilit� � diretta, stante il rapporto di 
immedesimazione organica, non vi � posto per un riferimento ad un rapporto 
di occasionalit� necessaria, poich�, diversamente, si vertirebbe nel 
campo della responsabilit� indiretta. 

Non appare, forse, del tutto infondato il rilievo secondo il quale, 
in sostanza, la giurisprudenza, pur riaffermando da un lato che la pubblica 
Amministrazione risponde a titolo diretto, in realt� viene gi� ad 
introdurre nella disciplina dell'istituto anche il titolo della responsabilit� 
indiretta, venendo, cos�, ad accogliere quella distinzione che una 
parte della dottrina (v. TORRENTE, op. cit.) fa d�rivare dalla contrapposizione 
degli artt. 113 e 28 della Costituzione. 

ANTONINO TERRANOVA 



222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che sar� oggetto di accertamento nella successiva fase di remissione 
al giudice civile, nella indisponibilit� dei propri beni 
come conseguenza delle falsit� commesse sui titoli rappresentativi 
del credito del privato verso la pubblica Amministrazione. 
Tale diritto risarcitorio delle parti civili si ripercuote, oltre 
che sull'autore materiale pubblico dipendente, anche sulla 
pubblica Amministrazione, secondo la costante giurisprudenza 
pacifica nel senso di duplice responsabilit� in proposito anche 
in riferimento all'art. 28 della Costituzione, precisando ancora 
l'esistenza di responsabilit� immediata e diretta della pubblica 
Amministrazione anche se il funzionario o il pubblico dipendente 
abbia agito per dolo (da ultimo sez. un. civ. 28 novembre 
1961 n. 2749). Nessun valore ha quindi l'accenno difensivo 
-peraltro del tutto generico e con riferimento esclusivo a 
preteso errore giuridico e non difetto di motivazione e inoltre 
solo con i motivi di ricorso e non con quelli di appello -che 
nella specie la responsabilit� civile della pubblica Amministrazione 
sarebbe stata affermata per �un delitto doloso quale 
quello di cui si tratta, che costituisce un caso limite in quanto 
il fatto del dipendente � determinato in modo tipico da un 
fine strettamente egoistico e strettamente privato �. 

Non � per� esatto che la pubblica Amministrazione non risponda 
mai per il comportamento doloso del proprio dipendente 
perch� all'incontro le Sezioni civili di questo Collegio hanno 
affermato la responsabilit� civile della pubblica Amministrazione 
per il fatto doloso del dipendente oltre che quando egli 
abbia agito per fini non privati (Sez. III, 23 settembre 1958, 

n. 3029; 31 marzo 1960, n. 708) nonch� allorquando l'atto doloso 
e dannoso del dipendente -pur in contrasto con l'attivit� 
propria della pubblica Amministrazione -sia stato reso 
possibile dalla mancanza di sorveglianza da parte degli organi 
della pubblica Amministrazione con negligenza da parte di 
quest'ultima alla quale ultima risale la responsabilit� civile 
proprio per colpa degli organi preposti alla vigilanza e sorveglianza 
dei pubblici uffici (Sez. I, 14 aprile 1953, n. 970; 2 agosto 
1954, n. 2831). E ci� � stato ritenuto proprio per la responsabilit� 
civile della pubblica Amministrazione per falsi documentali 
dolosamente redatti dal pubblico dipendente che con 
essi abbia leso terzi. 

223

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

,PRETURA DI TAORMINA, 19 febbraio 1963, imp. Guarnaschelli. 
Giuoco d'azzardo -R.D. 31 maggio 1935, n. 1410, costitutivo dell'Ente 
turistico alberghiero per la Libia (E.T.A.L.) -Efficacia discriminante 
-Esercizio di casa da giuoco in Taormina. 

(r.d. 31 maggio 1935, n. 1410; r.d. 22 aprile 1943, n. 560). 
L'apertura e l'esercizio di una casa da giuoco in Taormina 
da parte della societ� A. Zagara, quale avente causa dell'E.T.A.L., 
~ono penalmente leciti per effetto del r.d. 31 maggio 1935, numero 
1410, in relazione al r. d. 22 aprile 1943, n. 560 (1). 

(Omissis). -Con dettagliato esposto in data 8 novembre 1962, 
tale Sorbello Rosario, residente in Fiumefreddo Sicilia, denunciava 
a questo Pretore che in Taormina, presso la Villa � Mon 
Repos �, di propriet� della, signora Marjorie Varaschini, della 
quale il denunciante assumeva essere mandatario, era stata 
istituita, ad opera della S.p.A. � A. Zagara �, conduttrice dello 
immobile, una casa da giuoco in violazione alle norme del Codice 
Penale che reprimono il giuoco d'azzardo. 

Lo stesso giorno 8 novembre 1962, si presentava al Pretore 
tale Guarnaschelli Domenico, nella asserita sua qualit� di 
consigliere delegato della S.p.A. �A. Zagara�. Costui dicendosi 
edotto della presentazione della denuncia a suo carico da parte 
del Sorbello, ammetteva pienamente i fatti dem,J.nciati, assumeva, 
per�, la liceit� dell'intrapreso esercizio della casa da giuo


(1) Sulla li~eit� del Casin� di Taormina. 
Alcune premesse di fatto serviranno a chiarire l'erroneit� della sen


tenza, con la quale il Pretore di Taormina ha ritenuto di poter conclu


dere l'annosa vicenda, pi� volte portata all'esame della Corte Costitu


zionale. 

Con r.d. 31 maggio 1935, n. 1410, era istituito l'Ente turistico alber


ghiero per la Libia (E.T.A.L.), persona giuridica di diritto pubblico, con 

il compito di esercitare in Libia alcune attivit� economiche per lo svi


luppo e l'incremento del turismo in quella regione. Con deliberazione 

10 agosto 1937, approvata dal Governatore Generale per la Libia con deli


bere 22328 e 30762 del 17 agosto e 6 novembre 1937, il Municipio di Tripoli 

revocava la concessione assentita il 27 aprile 1935 alla Scita (societ� con


trollata dal Guarnaschelli) ed autorizzava l'ETAL a gestire una casa da 

giuoco in Tripoli. Di qui una lunga vertenza fra il Guarnaschelli e la Scita 

contro l'ETAL e il Municipio di Tripoli, conclusa favorevolmente per 

l'ente. 

Nel 1943, a seguito dell'evacuazione della Libia, l'ultimo commissa


rio dell'E.T.A.L., si trasferiva in Italia e otteneva, con decreto intermini


steriale 20 aprile 1947, che l'Ente fosse autorizzato ad esplicare in Italia 

le attivit� economiche gi� esercitate in Libia. Il decreto di autorizzazione 

-



224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
co in quanto sorretto da titoli idonei a legittimarlo; precisava 
fra l'altro, che l'apertura della casa da giuoco era stata notificata 
tanto alla Regione Siciliana quanto al Ministero del Tesoro, 
cointeressati alla gestione; presentava, infine, memoria 
scritta con allegati documenti, diretti a dimostrare l'assunto di 
legittimit�. 
Con decreto 8 novembre 1962, il Pretore ordinava il sequestro 
penale delle attrezzature ed oggetti inservienti al giuoco, 
che affidava in custodia allo stesso Guarnaschelli, ordinava il 
sequestro del 50% dei proventi lordi derivanti dall'esercizio 
del giuoco, esercizio di cui consentiva la continuazione fino allo 
esito del procedimento penale; dettava, infine, ulteriori disposizioni 
di esecuzione del provvedimento. 
Con decreto 9 novembre 1962, il Procuratore Generale presso 
la Corte di Appello di Messina avocava a s� la istruzione 
sommaria del procedimento penale in forza dell'art. 392 ult. parte 
c.p.p.; con altro coevo decreto revocava quello in data 8 novembre 
1962 del Pretore ed ordinava il sequestro, con modalit� 
diverse, degli arnesi e degli oggetti della �A. Zagara�. 
faceva espresso riferimento alle sole attivit�, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio 
1935, n. 1410 e, pertanto, doveva ritenersi escluso il giuoco d'azzardo. 
Successivamente a tale autorizzazione (1'11 aprile 1949), il Commissario 
dell'Ente stipulava con il Guarnaschelli una transazione, per effetto 
della quale l'Ente s'impegnava a sub-concedere al Guarnaschelli l'esercizio 
del giuoco d'azzardo in Italia qualora fosse stato a ci� autorizzato. La 
predetta autorizzazione, di cui entrambe le parti a quel tempo sentivano 
la necessit�, non � mai intervenuta: 
Con decreto 27 aprile 1949, n. 1, pubblicato sulla G.U.R.S. 30 aprile 1949, 
n. 19, l'Assessore al turismo ed allo spettacolo della Regione siciliana, 
infatti, autorizzava l'E.T.A.L. a svolgere in Sicilia, direttamente o a mezzo 
di sub-concessionari, i programmi inerenti al proprio scopo d'incremento 
turistico e alberghiero e ad esercitare tutte le attivit� connesse 
con lo scopo anzidetto, gi� esercitate in Libia, ivi compreso l'esercizio 
del giuoco d'azzardo. Il predetto decreto assessoriale, peraltro, non ebbe 
esecuzione e sulla G.U.R.S. 4 maggio 1949, n. 20 fu pubblicato il seguente 
avviso: � Agli effetti dell'efficacia esecutiva del decreto n. 1 dell'Assessorato 
per il turismo e lo spettacolo in data 27 aprile 1949, pubblicato sulla 
G.U. 30 aprile 1949, _n. 19, si rende noto che il predetto decreto � all'esame 
della Corte dei Conti per la registrazione �. 
Il predetto decreto assessoriale, restituito con rilievo, non fu pi� 
inoltrato alla Corte dei Conti. 
Successivamente interveniva la Risoluzione delle Nazioni Unite 15 
dicembre 1950, relativa alla sorte dei beni italiani in Libia, in esecuzione 
~~jr r:: della quale erano stipulati l'Accordo 28 giugno 1951 fra l'Italia e la Gran 
Bretagna, ratificato con 1. 30 luglio 1952, n. 1301 e l'Accordo italo-libico 2 
ottobre 1956, ratificato con 1. 17 agosto 1957, n. 843. In questi Accordi (art. 5, 
punto 5) l'E.T.A.L. � compreso fra gli enti libici da liquidarsi in confor-I-
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-



225

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

A seguito di ricorso proposto dal Guarnaschelli, la Suprema 
Corte di Cassazi�ne sezione IV penale, con sentenza 
30 gennaio -2 febbraio 1963, annullava senza rinvio i detti 
provvedimenti del Procuratore Generale di Messina. 

In data 6 febbraio 1963, gli atti del procedimento venivano 
restituiti a questo Pretore, che, a seguito di formale istanza 
della difesa del Guarnaschelli ed in ossequio al combinato disposto 
degli artt. i52 e 421 c.p.p. emetteva 1'11 febbraio 1963 
decreto di citazione a giudizio dell'imputato Guarnaschelli, cui 
veniv� contestato il reato di che in epigrafe, per l'udienza del 
19 febbraio 1963. 

All'odierno pubblico dibattimento, l'imputato si � riportato, 
confermandole, alle dichiarazioni rese spontaneamente a 
questo Pretore in data 8 novembre 1962. 

Il P. M. e la difesa hanno concluso chiedendo la assoluzione 
dell'imputato perch� il fatto non costituisce reato. � 
DIRITTO 
Osserva pregiudizialmente il decidente che il reato ascritto 
al Guarnaschelli rientra nella previsione del recente decreto 

mit� delle leggi in vigore nel Regno di Libia (in effetti l'ente � stato/posto 
in liquidazione con provvedimento del Governo Libico, a cui sono stati 
devoluti i beni). Su questo punto ed in questi sensi si � pro:mnziato 
il Consiglio di Stato, con decisione 19 giugno 1954, n. 409 su ricorso Rabitti. 

In esecuzione della citata Risoluzione e dei conseguenti Accordi internazionali 
il Governo iialiano ha adottato, nei confronti dell'E.T.A.L., i 
seguenti provvedimenti: 

a) con decreto interministeriale 3 marzo 1951 � stata revocata l'autorizzazione 
concessagli con decreto interministeriale 30 aprile 1947; 
b) con d.p. 14 febbraio 1958, pubblicato sulla G.U. 10 marzo 1960, 

n. 60, l'E.T.A.L. � stato soppresso e messo in liquidazione, ai sensi della 
legge 4 dicembre 1956, n. 1404; 
c) la chiusura delle operazioni di liquidazione dell'ente, avocate al 
Ministero del Tesoro con d.m. 21 marzo 1958, pubblicato sulla G.U. 16 aprile 
1958, n. 92, � stata approvata con d.m. 22 maggio 1962, pubblicato sulla 

G.U. 2 agosto 1962, n. 194. Il residuo patrimonio dell'ente in Italia, definitivamente 
estinto, � stato devoluto allo Stato. 
Con decreto 28 maggio 1959, n. 203/A, il Presidente della Regione siciliana 
confermava per la durata di 20 anni alla societ� � A' Zagara �, costituita 
dal Guarnaschelli, quale avente causa dell'E.T.A.L., l'autorizzazione 
concessa con il decreto assessoriale 27 aprile 1949, n. 1 e concretamente 
disciplinava l'esercizio del giuoco d'azzardo. 

Con decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, h. 1098 il 
dianzi citato provvedimento regionale era annullato ai sensi dell'art. 6 

t.u. com. e prov. Il Presidente del Consiglio impugnava, altres�, il 
decreto del Presidente della Regione con ricorso alla Corte Costituzionale, 
che dal 1956 era entrata in funzione. 
Al fine di eliminare gli effetti dell'annullamento il Presidente della 

~ 


226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubbli226 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1963, n. 5, pubblicato 
in Gazzetta Ufficiale n. 22 del 25 gennaio 1963, con cui 
� stata concessa amnistia. 

Osserva altres� il decidente che alla applicazione della detta 
causa estintiva del reato � pregiudiziale, per il chiaro disposto 
dell'art. 152 cpv. c.p.p., il proscioglimento in merito 
quante volte esistano gi� prove le quali � rendono evidente che 
il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o 
che il fatto non � preveduto dalla legge come reato �. 

Osserva ancora il decidente che, in tali ipotesi, il giudice 
deve procedere al dibattimento e prosciogliere con la formula 
relativa: infatti l'art. 421 c.p.p; fa appunto salva espressamente 
la disposizione del cpv. dell'art. 152 c.p.p. condizionando 
la possibilit� del proscioglimento nel periodo degli atti preliminari 
al dibattimento alla inesistenza di una causa che determini 
il giudizio di merito, il quale non pu� avvenire che in 
seguito al dibattimento (MANZJNI, Trattato di diritto processuale 
penale, Voi. IV, ediz. III, 1949, pag. 317; Cass. 16 dicembre 
1943, Riv. dir. penit. 1943, 575; Cass. 2 aprile 1946, Giur. 

Regione emanava il decreto legge 1� luglio 1959, avente lo stesso contenuto 
del precedente decreto 28 maggio 1959, n. 203/A e proponeva anch'egli 
ricorso alla Corte Costituzionale avverso il d.p. 25 giugno 1959, n. 1098. 

li decreto . legge regionale 1� luglio 1959, su ricorso del Commissario 
dello Stato per la Regione siciliana, era annullato, con sentenza 29 luglio 
1959, dalla Corte Costituzionale, la quale negava al Presidente ed alla 
Giunta regionale il potere di emanare decreti aventi valore di legge. 

Con successiva sentenza n . 58 del 26 novembre 1959 la Corte Costituzionale 
annullava il decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1959, 

n. 1098, negando al Governo dello Stato il potere di annullare, ex-art. 6 t.u. 
com. e prov., provvedimenti regionali, che ponessero in essere conflitti di 
attribuzione, ed annullava, altres�, il decreto 28 maggio 1959, n. 203-A del 
Presidente della Regione nella parte relativa al giuoco d'azzardo, negando 
alla Regione ogni potest�, legislativa o amministrativa, nella materia, che 
deve considerarsi penale e, come tale, riservata allo Stato (Parlamento). 
Il successivo decreto 15 febbraio 1960, n. 55/A, emanato dal Presidente 
della Regione siciliana nella pretesa veste di organo decentrato 
dello Stato e riproducente il gi� annullato decreto 28 maggio 1959, numero 
203/A, era annuilato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 23 
del 1961, mentre l'ultimo provvedimento regionale (decreto del Presidente 
della Regione 31 maggio 1961, n. 36/A), in seguito al ricorso proposto 
dal Presidente del Consiglio alla Corte Costituzionale, era annullato 
dallo stesso Presidente della Regione con decreto 20 giugno 1961 e la 
Corte, con sentenza n. 3 del 1962, dichiarava cessata la materia del 
contendere. 

Intervenivano, poi, il provvedimento di sequestro del Pretore di 
Taormina e la successiva sentenza di assoluzione del Guamaschelli, che 
qui si annota. 

-~ fil 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 227 

Completa della C. S. XXIII, 2 1068; nonch�, sia pure implicicitamente, 
Cass. Sez. Unite 24 giugno 1950, Giustizia penale 
1951, III, col. 36 M. 26). 
Osserva altres� il decidente che, per consolidata giurisprudenza, 
la formula che �il fatto non � preveduto dalla legge come 
reato �, usata dal legislatore nell'art. 152 cpv. c.p.p., richiama 
e comprende non solo il caso in cui non sussista incriminazione 
del fatto (art. 1, 2 del co. pen.), ma anche quello 
in cui il fatto, pur essendo astrattamente incriminato, non costituisce 
tuttavia in concreto reato per la sussistenza di una 
causa generica o specifica di non punibilit�. Invero, la formula 
del proscioglimento perch� il fatto non costituisce reato 
� da ritenere compresa nella pi� ampia formula usata dal legislatore 
nel cpv. dell'art. 152 c.p.p. Siffatta formula, tipicamente 
riferibile alla ipotesi di assenza del precetto, comprende 
anche per necessit� di sintesi il caso in cui la legge penale, 
per qualsiasi causa, non com.mini una sanzione (Cass. Sez. 
III, 27 giugno 1955, Giustizia penale 1956, III, 286, n. 309; 
Cass. sez. III, 23 gennaio 1956, ivi, 1957, III, 30; Cass. Sez. Il, 
Dalle tre citate sentenze della Corte Costituzionale risulta evidente: 
a) che la Regione non pu� emanare provvedimenti in materia di 
giuoco d'azzardo, che, quale materia penale, esula dalla sua competenza l 
(sentenza n. 58 del 1959); I 
b) che la societ� �A. Zagara�, neppure quale avente causa del1. 
l'E.T.A.L., pu� vantare alcun diritto ad esercitare in Italia il giuoco d'azzardo . 
(sentenza n. 23 del 1961) n� in base a provvedimenti regionali, as.solutamente 
privi di effetti esimenti, n� in base a precedenti provvedimenti 
1 
l1 
statali. �1 
A quest'ultimo proposito � opportuno precisare che il decreto interministeriale 
30 aprile 1947, revocato col successivo decreto 3 marzo 1951 
e, in realt�, caducato per effetto della legge 30 luglio 1952, n. 1301, che 
poneva I'E.T.A.L. fuori dell'ordinamento giuridico italiano, non aveva mai 1I 
autorizzato n� poteva autorizzare l'E.T.A.L. ad esercitare in Italia il giuoco 
d'azzardo. II citato decreto 30 aprile 1947 autorizzava I'E.T.A.L. ad eserci, 
tare le attivit�, di cui all'art. 1 r.d. 31 maggio 1935, 
prendono il giuoco d'azzardo. 
n. 1410, che non com� II 
Esso, inoltre, fu emanato in base all'art. 17 I. 18 maggio 1942, n. 669 
ed al r.d. 22 aprile 1943, n. 560, i quali consentivano agli enti gi� ope'
I 
ranti nei territori d'oltremare di esercitare in Italia fino alla data di 
cessazione dello stato di guerra, le attivit� svolte nei predetti territori coI 
consenso dei Ministri per l'A.I., per le finanze e per le corporazioni, osservate 
le disposizioni vigenti in materia. II consenso delle amministrazioni 
vigilanti aveva l'effetto di derogare ai limiti territoriali fissati agli Enti 
1I 
iII 
dai rispettivi statuti, ma non sostituiva le autorizzazioni, concessioni o 
licenze, eventualmente� necessarie per lo svolgimento di determinate attivit�, 
da rilasciarsi dalle autorit� competenti. In questi sensi, peraltro, 
espressamente dispongono la legge 25 giugno 1940, n. 1066, il r.d. 17 ago



E 


228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

19 dicembre 1956, ivi, 1957, lii, 317, Cass. Sez. III, 5 febbraio 1957, 
ivi, 1957 Ili, 265). 

Osserva, infine, il decidente che la � �videnza �, richiesta 
dall'art. 152 cpv. come presupposto dell'obbligo di proscioglimento 
nel merito nonostante la esistenza di una causa di estinzione 
del reato, non riguarda il mezzo di prova considerato 
per se stesso, ma piuttosto la conclusione logico-giuridica cui 
conduce l'uso dello stesso mezzo. In altri termini, perch� il 
Giudice sia tenuto a pronunciarsi in merito, non � necessario 
che la prova, valutata prima facie, dia la certezza della innocenza 
dell'imputato o della insussistenza del fatto o del reato, 
ma basta che sicuro sia il giudizio al quale. si perviene attraverso 
l'adueguata valutazione degli elementi probatori gi� acquisiti 
agli atti. La Suprema Corte Sez. III 29 gennaio 1958, 
Riv. it. dir. proc. pen. 1959, 1081, ha statuito: la pronuncia di 
merito emanata ai sensi dell'art. 152 cpv c.p.p. dove ritenersi 
pienamente legittima anche quando il Giudice, per giungere ad 
un convincimento interiore di innocenza evidente, abbia dovuto 
compiere un esame, pi� o meno approfondito, delle prove 

sto 1941, n. 1269 e la legge 4 marzo 1952, n. 137, che hanno dettato norme 
per disciplinare l'analoga situazione dei cittadini rimpatriati in seguito ai 
noti eventi bellici dai territori gi� soggetti alla sovranit� italiana, prevedendo 
il rilascio, da parte della competente autorit�, delle necessarie licenze 
ed autorizzazioni o l'iscrizione negli albi. 

N� pu� trascurarsi la considerazione che, a differenza di queste leggi, 

riguardanti le persone fisiche, quelle relative agli enti non potevano non 

subire restrizioni o modificazioni per effetto del Trattato di pace e dei 

successivi accordi bilaterali, relativi alla situazione degli enti pubblici gi� 

esistenti nei predetti territori. Le predette leggi, cio�, hanno cessato di 

essere applicabili agli enti, che gli Accordi infernazionali hanno ritenuto 

localizzati nel territorio non pi� soggetto alla sovranit� italiana e, perci�, 

fuori dell'ordinamento giuridico italiano. 

Alla stregua di queste premesse risulta evidente l'erroneit� della sen


tenza, che si annota, la quale, dopo aver posto in luce che i tre provve


dimenti legislativi (rr.dd.Il. 22 dicembre 1927, n. 2448, 2 marzo 1933, n. 201 

e 16 luglio 1936, n. 1404), in base ai quali sono state aperte le case da 

giuoco di San Remo, Campione e Venezia, derogano agli artt. 718 e 720 

c.p. con formulazione ambigua, ma sempre al fine di soddisfare concrete 
finalit� pubbliche, crede di riscontrare nel r.d. 31 maggio 1935, �-n. 1410, 
istitutivo dell'E.T.A.L., una deroga analoga e, sulla base del r.d. 22 aprile 
1943, n. 560 e del decreto interministeriale 30 aprile 1947, ritiene autorizzata 
legislativamente e, quindi, lecita l'attivit� del Guarnaschelli. 
Gli errori della sentenza possono cos� riassumersi: 

1) l'analogia fra i rr.dd.ll. n. 2248 del 1927, n. 201 del 1933 e n. 1404 
del 1936 da una parte e il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non sussiste. Anche 
se ambigua la formula e tortuoso l'iter previsto dai primi tre, la deroga 
alle leggi penali � espressa. I citati tre provvedimenti legislativi, infatti, 

. 
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. 

. 
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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 229 

gi� acquisite; invero, rispetto alla esigenza cui la norma � ispirata, 
non importa tanto il modo in cui quel risultato si � raggiunto, 
quanto la essenza del suo specifico contenuto �. 

Tutto ci� osservato in via preliminare, ritiene il decidente 
che le prove offerte e gi� acquisite agli atti rendono evidente 
che il fatto ascritto al{O,Guarnaschelli non � costitutivo di reato 
e, quindi, in applicazione del cpv. del pi� volte citato art. 152 
c.p.p., l'imputato va assolto nel merito con la formula relativa. 

Ed invero: prima di passare all'esame particolare del caso 
sub judice mette conto rilevare quale sia nell'ordinamento giuridico 
italiano la disciplina del giuoco d'azzardo. In via generale 
esso � perseguito penalmente dagli artt. 718 e 720 c.p.: 
quello punisce come reato contravvenzionale il fatto del tenere 
un giuoco d'azzardo, questo, correlativamente, punisce 
il fatto di chi partecipa al giuoco. L'art. 721 c.p., poi, definisce 
come � giuochi d'azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro 
e la vincita o la perdita � interamente o quasi interamente 
aleatoria�. Chiara e palese � la obiettivit� giuridica della 
norma incriminatrice: con essa si � inteso proteggere l'inte


d�nno facolt� al Ministro per l'Interno di autorizzare i Comuni di San 
Remo, Campione e Venezia ad adottare tutti i provvedimenti necessari 
a sanare il bilancio � anche in deroga alle leggi vigenti �. Il provvedimento 
legislativo, che istitu� l'E.T.A.L., non contiene alcuna autorizzazione 
a derogare �alle leggi vigenti, tanto meno a quelle penali. 

2) Se la ratio della deroga � il soddisfacimento di un interesse 
pubblico,. che il legislatore qualifica preminente rispetto all'interesse punitivo, 
l'autorizzazione al giuoco d'azzardo in deroga agli artt. 718 e 720 
� localizzata ed inscindibilmente connessa con l'interesse pubblico perseguito. 
L'autorizzazione, connessa all'incremento turistico della Libia, non 
pu� valere come discriminante altrove e per un interesse pubblico diverso. 

3) Il decreto interministeriale 30 aprile 1947, che autorizzava, in base 
al r.d. 22 aprile 1943, n. 560 ed in applicazione dell'art. 17 I. 18 maggio 
1942, n. 669, lo E.T.A.L. ad esercitare in Italia le attivit�, che svolgeva 
in Libia, non comprendeva il giuoco d'azzardo e non escludeva la necessit� 
delle licenze, autorizzazioni o permessi previsti dall'ordinamento, perch� 
esplicitamente imponeva � l'osservanza delle disposizioni vigenti in materia 
�. Per ogni branca d'attivit�, pertanto, l'E.T.A.L. doveva munirsi dei 
predetti permessi e, per l'esercizio del giuoco in deroga alle leggi penali, 
della necessaria autorizzazione legislativa. 

Le leggi citate consentivano che gli enti gi� operanti nei territori 
d'oltremare fossero autorizzati ad esercitare in Italia le attivit� svolte 
nei predetti territori � fino alla data di �cessazione dello stato di guerra "� 
Il decreto interministeriale 30 aprile 1947 era fin dall'origine illegittimo e 
privo di efficacia, tanto meno discriminante, perch� lo stato di guerra 
era gi� cessato il 15 aprile 1946. A voler tutto ammettere, il citato decreto 
interministeriale poteva aver vigore fino alla data del Trattato di Pace o, 
comunque, fino alla data degli Accordi bilaterali, che, in esecuzione del 

-



230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

resse pubblico acch� sia impedito il malcostume dei giuochi di 
azzardo, quale vizio moralmente riprovevole ed economica: 
mente dannoso. 

Nel nostro ordinamento giuridico, per�, esistono deroghe 
al divieto penale: non mancano, cio�, altre norme di legge che, 
ponendosi quale eccezione alla regola !fenerale, permettono il 
fatto che, in conseguenza, diventa penalmente lecito. La esistenza 
di tali norme derogatrici � fatta palese dagli artt. 1933, 
1934 e 1935 e.e., dove � negata (art. 1933) azione per il pagamento 
dl un debito di giuoco e di -scommessa, anche se si tratta 
di giuoco o di scommessa non proibiti (ivi compresi � i giuochi 
d'azzardo sottratti alla legge penale per speciale autorizzazione 
amministrativa�; relazione del Guardasigilli al libro obbligazioni, 
n. 225); dove, invece, � data (art. 1935) azione relativamente 
alle lotterie legalmente autorizzate. 

Ritenuta, quindi, la sussistenza nel nostro ordinamento giuridico 
d� norme permissive in deroga al generale divieto posto 
dal Codice Penale, sembra opportuno mettere in evidenza il 
comune denominatore di siffatte norme, vale a dire la loro comune 
causa giustificatrice. 

Va subito avvertito, intanto; che, attesa l'ampiezza della 

Trattato, avrebbero regolato la posizione degli enti gi� operanti nei territori, 
su cui era cessata la sovranit� italiana. 

II predetto decreto, comunque, caducato per effetto della Risoluzione 
delle Nazioni Unite 15 dicembre 1950, in esecuzione della quale furono, 
poi, stipulati gli Accordi con la Gran Bretagna (28 giugno 1951) e il Regno 
di Libia (2 ottobre 1956), fu formalmente revocato col decreto interministeriale 
3 marzo 1951, cui fecero seguito il d.p. 14 febbraio 1958 e il 

d.m. 22 maggio 1962, che hanno soppresso l'E.T.A.L. per l'ordinamento 
italiano. 
4) L'analogia, che il Pretore riscontra fra la situazione giuridica delle 
case da giuoco di San Remo, Campione e Venezia, concessionarie dei 
rispettivi Comuni e il Guarnaschelli, concessionario, per effetto della 
transazione 11 aprile 1949, dell'E..T.A.L. non avrebbe, mai, potuto portare 
alla conseguenza di un legittimo esercizio della concessione dopo la revoca 
dell'autorizzazione e, poi, la soppressione dell'ente. L'analogia deve condurre 
al risultato opposto: cessato il potere dell'ente di esercitare legittimamente 
il giuoco d'azzardo, cessa anche quello del concessionario, 
che in luogo e per conto del primo lo esercita. 


Concludendo, il r.d. 31 maggio 1935, n. 1410 non autorizza, neppure 

I

implicitamente, l'E.T.A.L. a svolgere il giuoco d'azzardo in deroga agli 

i,,artt. 718 e 720 c.p.; l'autorizzazione, comunque, localizzata in Libia e 
connessa all'interesse turistico di quella zona, non potrebbe avere efficacia 

:

.

discriminante altrove; in ogni caso essa avrebbe cessato di aver vigore 
con la cessazione dell'ente. j 


I ' 

G. GUGLIELMI : 
. Im 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

definizione legislativa dei giuochi d'azzardo (art. 721 c.p.), sono 
da considerarsi tali anche le tombole, le varie lotterie, gli innumerevoli 
concorsi a premio per la pubblicit� di prodotti industriali 
e commerciali, i concorsi pronostici collegati al lotto 
ed alle manifestazioni sportive . ed, infine, il lotto pubblico. 

Orbene, comune denominatore delle norme autorizzanti, in 
via di deroga, le predette attivit� � l'interesse pubblico, � la 
tutela di un prevalente interesse sociale e collettivo. Particolarmente: 
per le tombole e lotterie (art. 40, r.d.l. 19 ottobre 1938, 

n. 1933) � la destinazione del prodotto netto a scopi educativi, 
assistenziali e culturali; per i concorsi e le operazioni a premio 
(art. 43, r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933) � la diffusione e 10 
smercio del prodotto con il conseguente incremento ed espansione 
delle industrie e dei commerci nazionali; per i concorsi 
pronostici (d.l. 14 aprile 1948) �, indubbiamente, il maggiore 
potenziamento dello sport nazionale e la diffusione di esso fra 
le masse; per il lotto pubblico (le origini in Italia sono remotissime 
e risalgono al tempo della Repubblica Genovese, intorno 
al 1576; esso fu introdotto, nei secoli XVII e XVIII, via 
via negli altri Stati italiani e, nel 1731, fu definitivamente ammesso 
nello Stato Pontificio da Clemente XII con la motivazione 
: � ad vitanda maiora mala et pro sublevamine locorum 
ad quorum utilitatem erogatur lucrum �; sempre nello Stato 
Pontificio, i proventi del giuoco del lotto fornirono a Pio VI i 
mezzi per intraprendere, nel 1785, la bonifica delle paludi pontine), 
la cui importanza sociale resta evidenziata dalla grande 
massa di provvedimenti legislativi regolanti la materia, � la 
devoluzione dei proventi all'Erario dello Stato. 
Quanto poi alle case da giuoco vere e proprie, non mancano 
nell'ordinamento italiano provvedimenti legislativi in deroga 
alla norma penale. Sebbene non fu convertito in legge e 
non ebbe mai, pratica applicazione � significativo, ai fini particolari 
della nostra indagine, il r.d.l. 27 aprile 1924, n. 636. 
Tale testo, esplicitamente derogando alle norme del Codice PeM 
nale allora vigente che vietavano il giuoco d'azzardo (art. 484 e 
487 c. p. del 1889), cos� disponeva con l'art. 1: � ... nelle localit� 
che siano da almeno dieci anni sedi di stazioni climatiche, 
balneari o idrominerali e che non si trovino in prossimit� di 
centri con popolazione superiore ai 200 mila abitanti, pu� essere 
concessa l'apertura di case da giuoco, nelle quali � permesso 
il giuoco anche di azzardo�. La relativa concessione era, 
per l'art. 3, demandata al Ministro per l'Interno ed accordata 
con decreto. Il citato r.d.l. non fu, come osservato, convertito 

-



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l 
232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
f=i

in legge ed �, in conseguenza, estraneo all'ordinamento giu. 


,

ridico italiano. Tuttavia, non pu� passarsi sotto silenzio ed � , . 
di tutta evidenza la ragione ispiratrice e giustificatrice del prov. 
vedimento in deroga al divieto della norma generale penale: .. 
' 
essa va ricercata sempre in un prevalente interesse pubblico. 
Nella specie: l'incremento del turismo, fonte indubbia di ricchezza 
nazionale. 

Decaduto, per la rilevata mancata conversione in legge, il 
citato r.d.l. 27 aprile 1924, � d'uopo chiedersi, allora, in base a 
quali provvedimenti legislativi dello Stato sono state autorizzate 
le esistenti e notorie case da giuoco di San Remo, Campione 
e Venezia (quanto all'altra casa da giuoco, quella di S. 
Vincent, la cui liceit� � ancora sub iudice, � sufficiente qui ricordare 
che fu istituita con atto amministrativo della Regione: 
decreto 3 aprile 1946 del Presidente della Valle d'Aosta). Le 
dette case da giuoco furono istituite, rispettivamente, con il 

r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 (San Remo), con il r.d.l. 2 marzo 
1933, n. 201 (Campione), con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404 
(Venezia). Occorre ora subito rilevare che in nessuno di tali 
provvedimenti il legislatore esplicitamente autorizza l'apertura 
di casin�. Invero, all'art. 1 cos� statuisce: �E' data facolt� al 
Ministro per l'Interno di autorizzare, anche in deroga all~ leggi 
vigenti, purch� senza aggravio per il bilancio dello Stato, il 
Comune di San Remo ad adottare tutti i provvedimenti necessari 
per poter addivenire all'assestamento del proprio bilan� 
cio ed alla esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili�. 
Identica formula e dettato adotta il legislatore nel r.d.l. 2 marzo 
1933, n. 201 concernente �Provvedimenti a favore del Comune 
di Campione�. Infine, con il r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404, 
che consta di un unico articolo, il legislatore cos� statuisce: 
�Le disposizioni del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito 
nella I. 27 dicembre 1928, n. 3125, recante provvedimenti a 
favore del Comune di San Remo, sono estese al Comune di 
Venezia�. 
L'interprete non pu� non rilevare la poca chiarezza, l'ambigU:
it� e la genericit� dei tre riferiti testi legislativi, ma molteplici 
considerazioni inducono a ritenere che il legislatore intese, 
con quei provvedimenti, autorizzare l'apertura di casin� 
nei tre ricordati Comuni. Basta considerare infatti che, i tre 
testi non essendo contestuali (quello relativo a Venezia fu adottato 
a circa nove anni di distanza da quello relativo a San 
Remo), non poteva sfuggire al legislatore, nel porre il secondo 
(Campione) e terzo (Venezia) provvedimento, quale interpre



233

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

tazione ed applicazione fosse stata data al primo dei provvedimenti 
(San Remo): con la logica conseguenza che, se non avesse 
voluto a.torizzare effettivamente l'apertura di casin�, certamente 
non avrebbe usato la stessa formula e dettato (Campione) 
od addirittura il richiamo ricettizio (Venezia). Basta 
considerare i lavori preparatori in occasione della conversione 
in legge (1. 27 dicembre 1928) del primo dei provvedimenti, 
per convencersi, ove ancora potessero esservi dubbi, che il legislatore 
intese, pur usando e servendosi delle gi� avvertite equivoche 
espressioni, provvedere ad autorizzaze l'apertura di case 
da giuoco d'azzardo. 

All'interprete viene naturale domandarsi il perch� e la ra~ 
gione della nessuna chiarezza delle norme legislative di cui � 
discorso, specie raffrontandole alla esplicit� e chiara formulazione 
del testo legislativo, pi� sopra ricordato, di cui al r.d.L 
27 aprile 1924, n. 636 (poi non convertito in legge). Trattasi, ritiene 
il decidente, di una chiara ragione di politica legislativa in 
un determinato momento storico del Paese: il legislatore, interprete 
del costume e delle esigenze di un popolo, non poteva 
allora usare espressioni diverse e chiaramente autorizzare, 
qual eccezione alla regola, il giuoco d'azzardo, per non urtare e 
porsi in aperta antitesi con il costume e la morale allora correnti, 
che il giuoco riprovavano quale vizio e fonte di corruzione 
e di dissipazione. Ma avvertiva pure il legislatore del 
tempo, con una pi� ampia visione del problema, che il giuoco 
d'azzardo, non come fine a se stesso, ma come mezzo di propulsione 
turistica, quale richiamo di maggiori correnti turistiche 
economicamente pi� qualificate, quale mezzo di produzione 
di ricchezza da destinarsi ad opere pubbliche ed a finalit� collettive, 
ben poteva assolvere una funzione sociale. 

La compiuta disamina della legislazione vigente in materia 
di giuochi d'azzardo consente al decidente di poter fissare 
i seguenti logici corollari: 

1) Il giuoco d'azzardo � stato vietat.o (art. 484 e segg. c.p. 
del 1889) ed � vietato (art. 718 e segg. c.p. vigente) in via generale; 
2) sussistono nell'ordinamento italiano delle eccezioni al 
divieto posto in via generale dalle norme penali; 

3) le eccezioni dette, perch� possano avere forza derogatrice, 
debbono provenire dal potere legislativo centrale dello 
Stato; � 

4) l'occasio legis, la ragione delle eccezioni al divieto, va 
individuata nel conseguimento di una utilit� sociale che il giuo


-



234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

co d'azzardo, nei congrui casi inteso come mezzo o strumento, 
realizza; 

5) l'interesse pubblico al conseguimento della detta utilit� 
sociale � prevalente rispetto alla obiettivit� giuridica della 
norma incriminatrice del giuoco d'azzardo; 

6) il legislatore quando, in materia di case da giuoco, 
ha posto deroghe al precetto penale, per consolidata prassi ed 
in ossequio a ragioni di politica legislativa, non ha mai specificato 
l'oggetto della norma (istituzione di casin�) preferendo, 
piuttosto, alla chiarezza di dettato una formulazione generica 
ed ambigua; 

7) il raggiungimento di scopi educativi, culturali, assistenziali; 
il potenziamento delle industrie, dei commerci, dello sport, 
il risanamento di bilanci dissestati e precari di alcuni enti 
autarchici territoriali, la realizzazione di opere pubbliche indilazionabili; 
l'incremento del turismo con il conseguente indubbio 
vantaggio delle economie locali e nazionali, queste, sono altrettante 
cause giustificatrici dei provvedimenti legislativi deroganti, 
talvolta in modo esplicito e talaltra attraverso perifrasi e circonlocuzioni, 
al divieto della norma penale. 

Dopo queste premesse, � il momento di intraprendere l'indagine. 
sul punto se la societ� � A Zagara � e, per essa, il suo 
consigliere delegato, l'imputato Guarnaschelli, ha titolo legale, 
fondato su atto legislativo dello Stato (che solo ha competenza, 
e competenza esclusiva, in materia penale), per gestire oltre 
alle varie attivit� istituzionali, come mezzo al fine, anche una 
casa da giuoco. 

Il Guarnaschelli fa derivare tale suo diritto da una serie 
di atti e provvedimenti e precisamente: 
a) il r.d. 31-5-1935 n. 1410 avente ad oggetto � istituzione 
� dell'ente turistico ed alberghiero della Libia� (E.T.A.L.); 

b) la deliberazione n. 257 del 10-8-1937 con la quale il 
Podest� di Tripoli revocava la concessione dell'esercizio di giuochl 
� ammessi nel Casin� Municipale di San Remo alla Societ� 
Coloniale Incremento Turistico Anonima (S.C.I.T.A.) e la attribuiva 
all'E.T.A.L.; 

c) la legge 18-5-1942, n. 669, dettante �norme relative alla 
gestione nel Regno durante lo stato di guerra delle attivit� 
economiche esercitate nell'Africa Orientale .Italiana�; 

d) il r.d. 22-4-1943, n. 560, con oggetto: �Applicazione nei 
confronti delle attivit� economiche esercitate in Libia delle 
norme relative alla gestione nel Regno durante lo stato di 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 235 

guerra delle attivit� economiche esercitate nell'Africa Orientale 
Italiana�; 

e) il d.m. 30 aprile 1947 con oggetto: �Autorizzazione all'Ente 
Turistico Alberghiero della Libia ad esercitare in Italia 
gestioni alberghiere ed altre attivit� economiche �; 

f) l'atto di transazione 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, intervenuto 
tra l'imputato Guarnaschelli e l'E.T .A.L.; 

g) lettera in data 3-2-1950 del Ministero dell'Africa Italiana, 
Dir. Gen. AA. EE. FF., Direzione III, procollo n. 420210, 
a firma del Ministro Brusasca; 

h) il decreto 27-4-1949, n. 1, della Regione Siciliana, Assessorato 
per il Turismo e lo Spettacolo. 

, prbene, l'assunto difensivo appare pienamente fondato. Ritiene, 
infatti, il decidente che, raffrontando il contenuto e la 
generica formulazione degli atti legislativi (r.d.l. 22-12-1927 e 

r.d.l. 2-3-1933) che autorizzarono, rispettivamente, i Comuni. di 
San Remo e di Campione ad esercitare il giuoco di azzardo 
(quello relativo al Comune di Venezia � posteriore alla legge 
istitutiva dell'E.T.A.L.) con la non diversa ampiezza ed, anzi, 
pi� precisa e specifica formulazione del r.d. 31-5-1935, n. 1410 
(avente vigore di legge in base all'art. 44 r.d.l. 3-12-1934, n. 2012), 
con il quale venne istituito l'E.T.A.L., gi� in detta legge. istitutiva 
si riscontra la fonte normativa derogativa al divieto penale. 
Si legge infatti nel preambolo al r.d. 1935: �considerato 
che le attivit� costituite o da costituirsi per l'attuazione delle 
iniziative e delle imprese che tendono o sono comunque connesse 
all'incremento turistico della Libia, rivestono, nelle condizioni 
attuali, carattere di pubblico interesse; ritenuto che, per 
il raggiungimento di tali finalit�, necessita accentrare in uno 
stesso Ente la gestione delle attivit� patrimoniali a tal uopo 
gi� costituite e le iniziative attuali e potenziali facenti capo 
ad Enti ed Istituti diversi�. Si legge poi all'art. 1 del decreto 
che l'E.T.A.L. ha �lo scopo di promuovere e di incrementare 
il movimento turistico in Libia ..... e di gestire alberghi e svolgere 
ogni altra attivit� attinente allo scopo predetto. Si legge, 
ancora, all'art. 3 lettere a) e 1), che le entrate dell'E.T.A.L. �sono 
costituite dai proventi derivanti dallo svolgimento della sua attivit�
� e � da qualsiasi altro provento �. Si legge, infine, all'art. 
1 dello Statuto dell'Ente, approvato con d.m. 24-6-1935, 
pubblicato in G.U. n. 202 del 30-8-1935, che esso �potr� assumere 
...... la gestione di ogni altra iniziativa relativa al movimento 
dei forestieri nella Colonia ed in genere allo sviluppo dei 
luoghi di cura e di soggiorno�. 
-



236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pur avvertendo la solita generica ed equivoca formulazione 
del dettato legislativo (c.:ostume, come nelle premesse rilevate, 
del legislatore del tempo fermamente e volutamente rest�o 
alla chiarezza in tema di autorizzazioni all'apertura di case 
da giuoco), non pare potersi dubitare (ed in ci� facendo ricorso 
ai corollari e princ�pi che discendono dall'ordinamento giuridico 
e dalla legislazfone in materia di giuochi, corollari e 
princ�pi gi� in premessa esposti e fissati) che il r.d. 1935 n. 1410 
contenga, tra le� altre statuizioni, anche una deroga al precetto 
penale. Tale interpretazione � fatta palese dalla applicazione 
concreta che al decreto fu data dalle autorit� della Libia ( � parte 
integrante del territorio dello Stato Italiano � e dove, art. 43 

r.d.l. 3-12-1934, n. 2012, era applicabile il codice penale italiano). 
Infatti, costituito l'E.T.A.L., la Consulta Municipale di Tripoli, 
pur non facendo richiamo esplicito al preambolo del r.d. 
1935, provvedeva a revocare alla S.C.l.T.A. la concessione (27 
aprile 1935) dell'esercizio dei giuochi �ammessi al Casin� Municipale 
di San Remo�, attribuendola all'E.T.A.L. (delibera della 
Consulta n. 55 del 9-8-1937 e successiva deliberazione n. 257 
del 10-8-1937 del Podest� di Tripoli). 
Ma v'� di pi�. Ad avvalorare la data interpretazione al r.d. 
31-5-1935 contenente, ad avviso del decidente, deroga al precetto 
penale, soccorrono i successivi provvedimenti legislativi 
riguardanti l'E.T.A.L. 

Con legge 18 maggio 1942, n. 669, fu statuito (art. 17) � ...gli 
enti istituiti per l'esercizio di attivit� economiche nell'Africa 
Orientale Italiana ed usufruenti di concorso dello Stato o comunque 
sottoposti alla sua vigilanza possono, previo consenso 
del Ministro per l'Africa Italiana, di intensa con i Ministri per 
le Finanze e le Corporazioni, estendere tali attivit� anche fuori 
del predetto territorio, osservate le disposizioni vigenti in materia
�. Fu statuito altres� (art. 34): � Il Governo del Re � autorizzato, 
ai sensi dell'art. 3 n. 1 della legge 31-1-1926, n. 100, a 
disporre che, in caso di necessit�, le norme contenute nella 
presente legge siano applicate, integralmente o parzialmente, 
con eventuali adattamenti, anche alle attivit� economiche esercitate 
in altro territorio soggetto alla sovranit� dello Stato da 
enti, societ� e privati �. 

Puntualmente, essendo intanto precipitate le sorti della 
guerra, il Governo del Re, in forza del citato art. 34 della citata 
legge 18 maggio 1942, n. 669, ed in forza dell'art. 3 n. 1 
della legge 31-1-1926, n. 100, con r.d. 22-4-1943, n. 560, estendeva 
alle attivit� economiche esercitate in Libia le norme con



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

tenute nella citata legge 18 maggio 1942. E poich� quest'ultima 
legge subordinava (art. 17 sopra riportato) il trasferimento delle 
attivit� al previo consenso del Ministro per l'Africa Italiana di 
intesa con i Ministri per le Finanze e le Corporazioni, con d.m. 
30-4-1947, a firma dei tre Ministri abilitati dalla legge 18-5-1942, 
veniva decretata (art. unico) l'autorizzazione all'E.T.A.L. di esercitare 
in Italia gestioni alberghiere e le altre attivit� economiche 
previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935, istitutivo dell'Ente. 
Vero � che nel citato decreto interministeriale del 1947 non v'� 
espressa autorizzazione all'E.T.A.L. per l'esercizio anche del giuaco 
d'azzardo e che v'�, soltanto, un generico richiamo alle attivit� 
previste dall'art. 1 del r.d. 31 maggio 1935; ma � anche vero, 
e ci� sembra al decidente risolutivo, che la portata dell'art. 1 e, 
particolarmente, la deroga al divieto penale � sancita, con interpretazione 
autentica, dallo stesso firmatario del decreto interministeriale 
30 aprile 1947 il Ministro per l'Africa Italiana. Quando, 
infatti, l'E.T .A.L. a conclusione di varie vicende giudiziarie con 
la S.C.I.T.A. e, per essa, con il Guarnaschelli, addivenne all'atto 
transattivo del 11-4-1949, registrato il 2-5-1949, mediante il quale 
l'E.T.A.L. cedette al Guarnaschelli la gestione del giuoco d'azzardo, 
il Ministro dell'Africa Italiana, cui fu sottoposto l'atto di 
transazione, con nota n. 420210 del 3-2-1950, diretta all'E.T.A.L. 
ed avente come oggetto �transazione E.T.AL. -Cav. Domenico 
Guarnaschelli �, cos� testualmente si espresse: �Questo Ministero 
ha preso visione di quanto la S.V. ha comunicato con il foglio 
del 5-1 e relativi allegati e si compiace che siano stati rimossi 
quegli ostacoli che avrebbero impedito la urgente realizzazione 

del complesso di attivit� turistiche che codesto ente � stato chiamato 
a svolgere in Sicilia�. . 

Affermata, per le premesse, la legittimazione, per atto 
legislativo dello Stato, dell'E.T.A.L. a gestire, anche in Italia, una 
casa da giuoco, non pu� non concludersi che pari ed identica 
legittimazione competa al Guarnaschelli, quale cessionario ed 
avente causa dall'E.T.A.L. (situazione analoga riscontrasi per i 
gestori delle case da giuoco nei Comuni autorizzati). In proposito, 
vale la pena riportare quanto ha statuito la Corte d'Appello di 
Firenze sez. I penale con sentenza 14-12-1962 pronunciata nella 
causa penale per il casin� di S. Vincent: �la finalit� pubblica 
perseguita attraverso l'apertura dei casin� nei Comuni autorizzati, 
consistendo nel procurare benefici finanziari ad enti pubblici 
mediante prelevamento di ricchezza privata sul denaro dissipato 
nel giuoco, imprime, secondo l'opinione concorde della giurisprudenza 
e della dottrina, carattere di concessione ammini


-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strativa all'atto con il quale il Comune, che � il titolare della attivit� 
che forma oggetto della concessione, provvede� ad attribuire 
al privato l'esercizio. Da ci� consegue che il privato diventa concessionario 
di un pubblico servizio e che come tale, nell'esercizio 
dei diritti e nell'adempimento degli obbighi impostigli col capitolato 
di concessione, rimane dispensato, alla stessa maniera 
del concedente, dall'osservanza della legge penale�). 

E' pur vero che, con d.m. 3-3-1951 in G.U. n. 82,� del 10-41951, 
l'autorizzazione concessa all'E.T .A.L. con il decreto interministeriale 
30-4-1947 cess� di avere effetto a decorrere dalla 
data del decreto; ma � anche vero che ci� ovviamente significa 
che non solo � stata esclusa ogni efficacia retroattiva del provvedimento, 
ma � stata ritenuta la piena validit� e regolarit� 
dell'attivit� precedentemente svolta dall'E.T.A.L. e sia per quanto 
riguarda la titolarit� dei diritti che l'E.T.A.L. pu� avere acquistato 
sia per quanto, infine, riguarda gli atti di disposizione 
di tali diritti che l'E.T.A.L. abbia posto in essere a favore di 
terzi. 

Compiutezza di indagine impone al decidente un accenno 
sul decreto della Regione Siciliana -Assessorato al Turismo 
-del n. 27-4-1949 n. 1. La Corte Costituzionale nella sentenza 
n. 58 del 26-11-1959, pronunciando su due ricorsi riumti, 
proposti rispettivamente dalla Regione Siciliana e dal Presidente 
del Consiglio dei Ministri ed entrambi accogliendoli, nella 
motivazione dela sentenza rileva che il detto decreto � � rimasto 
privo di efficacia non essendo stato registrato alla Corte dei 
Conti�. Il r�lievo dell'Alta Corte, a parte la considerazione che 
non ha valore obbligatorio in quanto non adottato incidenter 
tantum perch� su di esso non � fondata alcuna parte del dispositivo, 
non incide sulla questione che ne occupa per il semplice 
fatto che il decreto assessoriale del 1949, per il suo contenuto 
(n� poteva essere diversamente, dato che le deroghe in materia 
penale sono di esclusiva competenza del potere legislativo 
dello Stato), ha mera funzione regolamentare, attiene, cio�, al 
concreto modo di esercizio del diritto dell'E.T.A.L. e del suo 
cessionario e ne disciplina le modalit�. 

La citata sentenza n. 58 nonch� quella n. SO del 28-7-1959, 
infine, non contengono statuizioni, neppure incidenter tantum, 
in contrasto con le conclusioni cui il decidente � pervenuto, che 
anzi, nella sentenza n. 58, l'Alta Corte, pur non ammettendola, 
non esclude tuttavia la titolarit� dell'E.T.A.L. del diritto all'esercizio 
del giuoco d'azzardo. 

Per tutto quanto precede, trovandosi in presenza di una leg


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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

ge extrapenale permissiva (il R.D. 31-5-1935), il fatto ascritto al 
Guarnaschelli, pur sembrando in contraddizione al precetto penale 
sanzionato agli artt. 718 e segg. c.p. risulta giustificato ai 
sensi dell'art. 51 stesso codice. P. Q. M. letti gli artt. 152, 421, 
479, c.p.p. Assolve Guarnaschelli Domenico dal reato contestatogli 
trattandosi di persona non punibile perch� il fatto non 
costituisce reato. (Omissis). 

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pARTE SECONDA 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, sesta edizione rielaborata e 
aggiornata, Roma, 1964, pagg. XXVIII, 486. � 

L'opera, che gi� al suo primo apparire tanti consensi riscosse, � destinata 
ad avere anche in questa sesta edizione larga diffusione tra gli studiosi 
e gli operatori del diritto. Trattandosi di una riedizione, sia pur rielaborata 
e aggiornata, sembra opportuno rimandare, anzitutto, il lettore alle 
tante recensioni apparse in occasione della prima edizione e delle successive_ 
(v., per tutti, tra gli altri, CARNELUTTI in Riv. dir. proc.; 1943, 275; con 
particolare ampiezza, MONTESSORI in Riv. dir. comm., 1944, I, 245; BIGIAVI 
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947, 446 e ASQUINI in Riv. dir. comm., 1948, 
I, 315), recensioni le quali hanno posto variamente in luce gli indiscutibili 
pregi dell'opera, e limitarci qui, poi, ad alcuni cenni per quanto 
attiene alla rielaborazione e all'aggiornamento; non senza prima aggiungere, 
per personale esperienza, che sebbene impostata con rigore scientifico, 
di cui il nome medesimo dell'autore � indiscutibile garanzia, l'opera 
� di grande ausilio pratico : quante volte si � presentata una questione in� 
teressante in materia, seppur marginale, sempre, magari sinteticamente o 
perfino attraverso un semplice accenno in una nota, si � trovata la soluzione 
o almeno la via per una soluzione confortevole in quest'opera, pi� che, 
talvolta, in altre di maggior o di molto maggior mole, le quali abbondano 
sul diritto fallimentare e spesso son, peraltro, il frutto di una lunga 
attivit� giudiziaria. 

L'accenno fatto alle note render� ancor pi� evidente l'utilit� di questa 
nuova edizione che nelle note principalmente si differenzia dalla precedente 
non solo per quanto riguarda gli accuratissimi e appropriati aggiornamenti 
giurisprudenziali, dottrinari e legislativi, ma anche per quanto 
riguarda osservazioni sempre acute, aggiunte qua e l�, magari con 
note bis. 

Ci�, peraltro, non significa che pure il testo non sia stato rielaborato, 
beninteso nei limiti in cui l'opera attraverso le successive edizioni si va 
sempre pi� avvicinando alla perfezione nel suo genere. 

Per soffermarci su qualche aspetto saliente converr� ricordare il problema 
del rapporto tra fallito e fallimento inquadrato nell'ampio concetto 
di � sostituzione �, reso meno propriamente ma pi� efficacemente 
pure con riferimento all'art. 110 c.p.c. mediante l'espressione � successione 
�, che come � noto pu� essere mortis causa ed inter vivos ma in questa 
ultima ipotesi, per avere carattere universale come nel fallimento (a differenza 
del pignoramento, differenza della quale si deve tener conto anche 
agli effetti dell'applicazione e dell'estensione delle norme relative alla 
espropriazione forzata in generale), -non deve dipendere dalla volont� del 
soggetto (pagg. 131-132, 150 e 294); converr� altres� accennare al problema 
dei rimedi dati contro il decreto del giudice delegato che stabilisce e rende 
esecutivo il piano di riparto: contestazioni in sede di giudizio per il 
rendiconto del curatore previsto nell'art. 116 l.f.? reclamo generale stabilito 
dall'art. 26 l.f.? e ricorso per cassazione contro il conseguente provvedi




4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 
I 
W: 

mento del Tribunale (Cass. 17 gennaio 1962, Riv. dir. comm. 1963, II, 256 
con nota del Satta e da ultimo Cass. 30 maggio 1963, n. 1461)? o tutela meno 
limitata, come, trattandosi di veri e propri diritti soggettivi, sarebbe pi� 
giusto, attraverso l'applicazione estensiva dell'art. 98 l.f. ovvero attraverso 
le norme generali del codice di procedura civile per la risoluzione delle 
controversie in sede di distribuzione del ricavato, tesi per le quali propende 
motivatamente l'A. (pagg. 301-302)?; converr�, infine, menzionare la 
questione dell'opposizione di terzo contro la sentenza di omologazione del 
concordato, questione in rapporto alla quale l'A. modifica l'opinione espressa 
nelle precedenti edizioni (pagg. 344-345), la questione della riapertura del 
fallimento della societ�, cui l'A. d� corivincente soluzione positiva (pag. 
384), ed, ancora, i problemi derivanti dall'applicazione degli artt. 167 e 
173 l.f., ex art. 188 U., con riferimento alla sorte degli atti compiuti contra 
legem dal debitore, ammesso alla procedura dell'amministrazione 
controllata, dopo la conclusione di questa nelle diverse ipotesi, in rapporto 
al che, pure, l'A. modifica le opinioni espresse nelle precedenti edi' 
zioni additando soluzioni in parte diverse (pagg. 432-433). . 


.

Come si vede, adunque, nuove questioni, nuovi problemi, tutti di grande 
interesse, scientifico e soprattutto pratico, e per tutte tali questioni 

I

e tali problemi soluzioni od orientamenti precisi e meditati. 

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BENEDETTO BACCARI g

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RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilit� del vettore, 
(Riv. dir. civ., 1964, I, pagg. 56-76). 

In questo scritto l'A. dedica un solo breve paragrafo (il paragrafo n. 8) 
a � la responsabilit� nel trasporto ferroviario �. Poco, per vero, se si considera 
l'importanza, in genere, di questo tipo di trasporto, la peculiare 
regolamentazione che lo disciplina pure per quanto riguarda la responsabilit� 
ed i conseguenti problemi che si pongono in proposito; tanto pi� 
che, in realt�, la materia del trasporto ferroviario non risulta negli ultimi 
tempi oggetto di particolari opere (al volume dell'OTTOLENGHI, Lo Stato e il 
contratto di trasporto ferroviario, Torino, 1907, ed ai volumi del MARCHESINI, 
Il contratto di trasporto delle merci per ferrovia secondo la convenzione 
internazionale di Berna e la legislazione italiana, Milano, 1908-1909, fanno 
riscontro in epoche relativemente recenti il libro del CHIMENTI, I trasporti 
ferroviari, Milano, 1936, ed il libro del SANTONI, Il contratto per il trasporto 
delle cose sulle ferrovie dello Stato -commento alle vigenti condizioni, 
Roma, 1947, nel campo specifico; e poi trattazioni pi� o meno ampie nei 
testi dedicati al contratto di trasporto in generale -tra i quali ricordiamo: 
IANNUZZI, Del trasporto, Roma, 1961, nel Commentario del codice civile 
a cura di SCIALOJA e BRANCA, e STOLFI, Appalto-Trasporto, Milano, 1960, nel 
Trattato di diritto civile diretto da GROSSO e SANTORO PASSARELLI -, nei vari 
commentari al codice civile, nel Nuovo Digesto italiano e nelle enciclopedie 
minori, giacch� alle relative voci non sono ancora arrivati l'Enciclopedia 
del diritto e il Nuovissimo Digesto italiano, nonch� nei testi istituzionali 
e negli scritti, apparsi qua e l� su varie riviste). 

Comunque, soffermandoci, siccome di maggiore interesse ai fini di 
questa rassegna, sugli accenni che dell'argomento fa l'A. nello studio in 
esame deve rilevarsi la sommariet� di quanto vi si legge: Benvero, l'A. 
menziona le norme fondamentali speciali, nazionali (ma si noti che con 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

il D.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 � stata approvata la revisione organica delle 
Condizioni per i trasporti delle cose sulle Ferrovie dello Stato) ed internazionali 
� che concretano notevoli deviazioni dal sistema �, ricorda il � carattere 
essenzialmente reale � del � contratto di trasporto merci per ferrovia
�, le cosiddette � presunzioni di fortuito � applicate � legislativamente 
in larga misura �, sottolineando l'attenuazione del rigore della responsabilit� 
ex recepto, con desumibile atteggiamento critico, laddove, peraltro, egli 
stesso ammette che la presunta irresponsabilit� si rapporta alla prova, sia 
pur � mera �, di una forte probabilit� statistica di dipedenza del fatto 
impeditivo dal fortuito. Atteggiamento critico che sembra riaffiorare di 
fronte alla limitazione della presunzione della responsabilit� del vettore ferroviario 
di persone ai danni per anormalit� di servizio, da specificarsi e 
dimostrarsi dal danneggiato, ed anch'essa eliminabile ove il vettore <limo� 
stri che l'anormale funzionamento del servizio � derivato da caso fortuito 

o forza maggiore. 
Il discorso potrebbe portare lontano, ma Io stesso A. non approfondisce 
adeguatamente il tema ed accenna solo alla deviazione dalla � tradizionale 
rigorosit�� (che potrebbe in tanti modi giustificarsi), ormai comunque 
sancita da norme giuridiche confortate dalla costante interpretazione 
giurisprudenziale, le une e l'altra ricordate dal medesimo autore. Si vuol 
solo rilevare, peraltro, che l'A. nell'esemplificare osserva come il danno 
resti accollato al viaggiatore, pur non conoscendosene la causale, se l'evento 
dannoso si sia verificato in costanza di un servizio normale, � in cui cio� 
le prestazioni della ferrovia in relazione agli obblighi protettivi ed esecutivi 
risultino conformi al regolamento, alla tecnica ed alle norme di comune 
prudenza �; ma se � tutta qui, come �, la deviazione dalla � tradizionale 
rigorosit� � non sembra sostanzialmente molto grave ed appare in 
ogni caso, pure de iure condendo, giusta nonch� opportuna. 

(B. B.) 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* 
-Legge costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3, che modifica gli articoli 
131 e 57 della Costituzione ed istituisce la regione �Molise� (G. V. 

n. 3 del 4 gennaio 1964) ; 
-D.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105, che modifica le circoscrizioni 

territoriali degli uffici giudiziari (supplemento alla G. V. n. 27 dell'l0 feb


braio 1964): la istituzione e la soppressione degli uffici, di cui agli artt. 1, 

2, 3, e 6, nonch� le modificazioni, di cui agli artt. 4 e 5, avranno attuazione 

con il primo settembre 1964; l'art. 9 detta norme transitorie; l'art. 10 pre


vede successivi provvedimenti per le modifiche alle piante organiche del 

personale. 

-D.L. 23 febbraio 1964, n. 25 (1) recante modificazioni al regime 

fiscale della benzina, degli idrocarburi aciclici saturi e naftenici, liquidi, e 

dei gas di petrolio liquefatti per autotrazione (G. U. n. 48 del 24 febbraio 

1964); 

-D.L. 23 febbraio 1964, n. 26 (1) che istituisce un'imposta speciale su


gli acquisti di automobili e di natanti (G. U. n. 48 del 24 febbraio 1964); 

-D.L. 23 febbraio 1964, n. 27 (1), con modificaczioni temporanee della 
legge 29 dicembre 1962, n. 1745, concernente la istituzione di una ritenuta 
di acconto o di imposta sugli utili distribuiti dalle societ�, e modificazioni 
della disciplina della nominativit� (G. V. n. 48 del 24 febbraio 
1964). 

(1) Presentato al Parlamento per la conversione. 
DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE * 

. PROPOSTA DI LEGGE, n. 712 (Camera dei Deputati): Modificazione alla 
legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269. 

La proposta di legge concerne la posizione per l'Amministrazione Finanziaria 
dello Stato del diritto di prelazione sui beni immobili oggetto 
di trasferimento tra privati, nei casi in cui il valore dichiarato a fini 
della imposta di registro, non superi i due terzi del valore reale. La 
relazione che accompagna la proposta precisa che l'introduzione del diritto 
di prelazione si prefigge �lo scopo di moralizzare, nel campo dei 
trasferimenti di beni, i rapporti fra cittadino e Stato, mettendo il primo 
nella necessit� di dichiarare un valore il pi� vicino possibile a quello 
reale ed il secondo in condizioni di procedere con cautela agli accertamenti 
di competenza�. 

* Si segnalano quelli ritenuti di maggiore interesse. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 7 

L'esercizio di tale diritto �, nel testo oggetto della proposta, disciplinato 
con una procedura complessa, ripartita fra l'Ufficio del Registro 
e l'Intendenza di Finanza, da esperirsi in una successione di termini 
che non risultano collegati con le necessit� imposte dal giudizio 
di revisione dei valori, dettagliatamente regolato dalle norme in vigore, e 
con un giudizio di opposizione da parte degli interessati che, per non 
precisate ragioni, � sottratto alle norme del foro dello Stato, della rappresentanza 
e difesa in giudizio dell'Amministrazione dello Stato e della 
notifica degli atti giudiziari relativi. 

Due ordini di considerazioni, sul piano della legittimit� costituzionale, 
pongono in dubbio la compatibilit� del diritto di prelazione oggetto 
della proposta di legge con i principi posti dagli artt. 81 e 41 della 
Carta Costituzionale. 

L'esercizio del diritto di prelazione importa nuove e maggiori spese 
per lo Stato, per le quali mancano, in bilancio, i mezzi per farvi fronte, 
n� la proposta di legge si � posto tale problema. 

L'evidente carattere sanzionatorio, inoltre, che informa il diritto 
predetto, esclude che, in relazione alla libert� dell'iniziativa economica 
privata, possa il diritto stesso rientrare nelle limitazioni previste dal II 
comma dell'art. 41 della Carta Costituzionale. 

Lo .scopo della proposta di legge � del massimo rilievo: esso, per�, 
si inquadra nel problema della revisione, nel piano generale della riforma 
tributaria, del sistema di accertamento che, opportunamente disciplinato, 
potr� assicurarne il pieno raggiungimento. 

DISEGNO DI LEGGE, n. 735 (Presentato alla Camera dei Deputati): Nuova 
disciplina del cumulo di stipendi e pensioni a carico dello Stato. 

Prevede l'abrogazione delle norme contenute negli articoli 1 e 2 clella 
legge 11 aprile 1938, n. 420, nell'articolo 14 della legge 12 aprile 1949 

n. 149, nell'articolo 4, comma primo, della legge 12 -ottobre 1949, n. 771 
e nell'articolo 14, comma secondo, della legge 8 aprile 1952, n. 212, tutte 
concernenti il divieto o la limitazione del cumulo dei trattamenti di 
quiescenza con quelli spettanti per nuova attivit� di servizio presso Pubbliche 
Amministrazioni; specificamente, poi, per i titolari di pensioni o 
assegni a carico dello Stato, del Fondo pensioni per il personale delle 
Ferrovie dello Stato, dell'Amministrazione delle 'Ferrovie dello Stato o 
del Fondo di previdenza per gli assuntori ferroviari, che siano riassunti 
in servizio presso Amministrazioni statali, prevede la liquidazione di un 
nuovo trattamento pensionistico, determinato in base alla durata dell'ultimo 
impiego, salva la facolta degli interessati �di optare per la ricongiunzione 
dei servizi, al fine di ottenere la liquidazione, all'atto della definitiva 
cessazione, di un nuovo trattamento in base alla totalit� dei servizi 
stessi, ma con le norme relative all'ultimo impiego: restando esclusa, in 
tal caso di opzione, e per tutta la durata del nuovo impiego, la corresponsione 
degli assegni di quiescenza gi� in godimento; prevede, infine, 
la estensione delle indicate nuove norme, con gli adattamenti del caso, 
al personale militare richiamato o trattenuto in servizio. 
Il disegno di legge, pur se nulla � detto nella relazione che lo accompagna, 
prende le mosse dalla sentenza del 22 giugno 1963, n. 105, con 
la quale la Corte Costituzionale, giudicando della questione di legittimit� 
costituzionale delle disposizioni limitatrici, di cui all'art. 14 della 
legge 12 aprile 19.49, n. 149, modificato dall'art. 14 della legge 8 aprile 

-



�' 

8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

11 

1952, n, 212 questione rimessa dal Consiglio di Stato, con due ordi


nanze del 3 aprile e del 19 ott0bre 1962 (ricorsi Arcamone e Calandruc


. 

cio) -e pur dichiarandola non fondata, in riferimento agli artt. 4, 35, 36 e 

.

37 della Costituzione, si sofferm� a considerare alcune rilevate incongruen.


1. 
ze della vigente disciplina, particolarmente in ordine alla sperequazione, per 

altro ritenuta non in contrasto con i precetti costituzionali, derivante 

dalla indiscriminata limitazione, in misura fissa, della quota di pensione 

cumulabile, senza riguardo all'importo in godimento di ciascun inte


ressato. 

Il disegno in esame, per�, va molto al di l� degli impliciti suggerimen


ti contenuti nell'indicato rilievo, proponendo la completa eliminazione 

di ogni divieto, e ci�, come emerge dalla relazione ministeriale, per la 

considerazione del profilo economico del problema ( � La pensione � 


si legge nella relazione -� costituisce una proiezione economica dello 

stipendio � ), e senza riferimento, quindi, alla funzione previdenziale dei 

trattamenti di quiescenza, in vista della quale la Corte Costituzionale 

aveva ritenuto le vigenti limitazioni non contrastanti con il precetto 

dell'art. 36 della Costituzione .. 

Tale nuovo orientamento, d'altra parte, dovrebbe avere i suoi rifles


si anche nelle an�loghe situazioni, e specificamente in rapporto al cu


mulo degli stipendi, ed imporrebbe, quindi, una pi� organica disciplina 

dell'intera materia (nel disegno, ad esempio, non si fa parola deUe di


sposizioni, pur esse limitatrici, di cui all'art. 16 del d.P.R. 11 gennaio 1956, 

n. 19 ed all'art. 21 della legge 18 marzo 1958, n. 311, alle quali, invece, 
anche la Corte Costituzionale, nel ricordato incontro, ha fatto riferimento); 
ed � auspicabile, quindi, che nell'ulteriore elaborazione del provvedimento 
-(che, deferito alla VI Commissione della Camera, in sede 
legislativa, insieme con la proposta n. 202, di iniziativa parlamentare, 
avente lo stesso oggetto, � stato; poi, rimesso all'Assemblea, su richiesta 
del Governo) -venga convenientemente approfondito l'esame delle 
varie altre situazioni, che possono ritenersi quanto meno collegate, in 
modo che ne risulti pi� completa la definitiva regolamentazione della 
materia, altres� evitandosi ogni possibile diversit� di trattamento. 
PROPOSTA DI LEGGE, n. 847 (Cam�ra dei Deputati): Modifiche al codice 
di procedura civile in materia di controversie di lavoro. 


Allo scopo di accelerare la definizione delle controversie di lavoro, 
spesso appes;;.itite dalla necessit� di lunghe indagini istruttorie, e di assicurare 
al lavoratore, anche in corso di causa, un pronto, sia pur parziale, 
soddisfacimento delle sue ragioni, si prevede, tra l'altro, con la proposta 
in. esame: che � il tentativo di conciliazione pu� essere rinnovato 
in qualsiasi stato e grado del processo, fino alla precisazione delle conclusioni
� (art. 438 bis); che �il giudice ordina la comparizione delle parti sin 
dalla prima udienza per interrogarle a norma dell'art. 117... � (modifica 
all'art. 439); che, infine, � In ogni stato e grado del giudizio, quando � 
sommariamente accertata la sussistenza di un diritto, ma � ancora controversa 
la quantit� della prestazione dovuta, il giudice, su istanza di parte, 
ordina al debitore il pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantit� 
di cui ritiene gi� raggiunta la prova�, e ci� con� ordinanza non impu. 
gnabile �, costituente �titolo esecutivo� (art. 440, nuovo testo proposto). 
In ordin.e alle prime due modifiche, ed a parte i rilievi sulla formulazione 
adoperata (evidentemente il tentativo di conciliazione potrebbe 


PARTE II, RASSEGNA Df LEGISLAZIONE 

essere effettuato soltanto nelle fasi di merito, e sarebbe quindi tecnicamente 
pi� corretto evitare il riferimento alla sua esperibilit� in �qualsiasi 
stato e grado del processo�), � da rilevare che esse appaiono pi� 
formali che sostanziali, considerato che la materia pu� ritenersi gi� regolata 
dagli articoli 185, 350 terzo comma, e 440 prima parte, del vigente 
codice di rito. 

Circa il provvedimento di condanna al pagamento di una provvisionale, 
invece, -(ed a parte, anche qui, il rilievo dell'imprecisa ipotizzata 
possibilit� che esso sia reso in � qualsiasi stato e grado del giudizio �) -, 
non possono non esprimersi le pi� serie riserve, sotto l'alternativo profilo: 
a) che siasi voluto introdurre una sorta di procedimento sommario (la 
prevista � ordinanza � potrebbe piuttosto qualificarsi, invero, decreto di ingiunzione, 
ed a questo assimilarsi), nel qual caso, e senza dire dell'anomalia 
di un tal procedimento inserito in un processo a cognizione ordinaria, 
andrebbe considerato che gli elementi -prove orali, di solito -in 
base ai quali dovrebbe svolgersi la sommaria delibazione del giudice, difficilmente 
potrebbero ritenersi tali da costituire idoneo presupposto di 
un provvedimento a carattere monitorio, che ha per caratteristica la 
� presumibile speciale capacit� di resistenza alla impugnazione � (cos�, 
sia pure ad altro fine, Corte Cost., sent. 3 maggio 1963, n. 56); b) che 
siasi voluto, invece, prescindere da ogni riferimento ai principi in materia 
di procedimenti a cognizione sommaria, ed introdurre, nella particolare 
materia, una disciplina affatto nuova: nel qual caso, ugualmente 
rilevandmd il difetto dei presupposti per una pronuncia frutto di una 
cognizione meramente delibatoria, dovrebbe alla prevista �ordinanza�, 
che avrebbe comtmque un contenuto decisorio, sia pur parziale, in ordine 
al merito della pretesa fatta valere in giudizio, riconoscersi la 
natura di sentenza, con le conseguenze che questa �conclusione comporta, 
non esclusa quella della impugnabilit� del provvedimento ai sensi dell'art. 
111 della Costituzione. 

E va rilevato, per altro, che l'intento pratico, senza dubbio lodevole, 
perseguito con la proposta in esame, potrebbe forse pi� opportunamente 
conseguirsi con la estensione, nella soggetta materia, dei casi 
nei quali � consentita una pronuncia di condanna al pagamento di provvisionali, 
(articolo 278 c.p.c.; ed articolo 282 cpv., per l'esecuzione provvisoria), 
prevedendosi che possa, su istanza di parte, anche se non sia 
chiusa l'istruzione della causa in ordine all'entit� delle controverse prestazioni, 
rimettersi la causa al collegio, per una decisione nei limiti del 
�quantum�; che sia da ritenere gi� accertato, cos� evitandosi di far ricorso 
ad innovazioni, che mal sembrano inquadrabili nel nostro ordinamento 
giuridico, e rispetto alle quali, del resto, e specificamente in ordine 
ai poteri che verrebbero attribuiti al giudice, perplessit� sono state 
manifestate, ne va dato atto, gi� in sede di esame della proposta da 
parte della IV Commissione (Giustizia) della Camera dei Deputati. 

PROPOSTA DI LEGGE, n. 939 (Camera dei Deputati): Ferie per gli avvocati 
e procuratori. 

Nell'intento di assicurare agli avvocati e procuratori un periodo di 
riposo annuale, non turbato dalla preoccupazione di adempimenti del 
loro ministerio da compiersi entro inderogabili termini, si prevedeva, 
con la proposta in esame, la sospensione dei termini stessi, indistintamente, 
dal 1 al 31 agosto di ogni anno. In sede di esame della propo




10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sta, dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera, lo stesso proponente 
ha presentato un nuovo testo, col quale si prevede che tutti i 
termini processuali, scadenti tra il 1. agosto ed il 15 settembre di ogni 
anno, sono di diritto sospesi fino a questa ultima data, salve particolari 
disposizioni per la materia penale e per i giudizi dinanzi al Conciliatore. 


Va rilevato, per�, e si auspica che se ne tenga conto nella definitiva 
elaborazione del provvedimento, che una sospensione non sembra ipozzabile 
in rapporto a termini che siano collegati ad ulteriori attivit�, non 
di iniziativa della parte in cui favore la norma sarebbe destinata ad 
operare (si pensi, ad esempio, al termine per le opposizioni di cui al 
primo comma dell'art. 617 c.p.c., durante la sospensione del quale non 
sarebbe negato al creditore di procedere al pignoramento ed agli eventuali 
ulteriori atti); e per tale considerazione, che pu� essere riferit~ a 
.svariati aspetti del processo esecutivo, va sottolineata la opportunit�, quanto 
meno, di escludere, dalla nuova normativa, quanto attiene alla materia 
dell'esecuzione. 

PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI 
SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' 

DISPOSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA 
L'ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE. 

CODICE PENALE: Art. 573 (sottrazione consensuale di minorenni). 

CODICE PENALE: Art. 574 (sottrazione di persone incapaci). 

Di tali norme, per ciascuna �in quanto limita il diritto di querela 
al genitore esercente la patria potest��, � dichiarata la illegittimit� 
costituzionale, in riferimento al secondo comma dell'art. 29 della Costituzione 
(Corte Cost., sent. n. 9 del 22 febbraio 1964, G.U. 29 febbraio 
1964, n. 54, ediz. spec.). 

R. o. 26 GIUGNO 1924, N. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di 
Stato): Art. 34, secondo e terzo comma. Di tali disposizioni � dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale �in quanto il procedimento per la proposizione 
e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica 
non assicura ai controinteressati la possibilit� della tutela 
giurisdizionale� (Corte Cost., sent. n. 1 del 1� febbraio 1964, G.U. 8 febbraio 
1964, n. 34, ediz. spec.). 
o. P. 30 MAGGIO 1955, N. 797 (Testo unico delle leggi sugli assegni familiari): 
Art. 58, comma quarto (che stabiliva la decorrenza dei termini 
-per il ricorso amministrativo o per l'azione giudiziaria, avverso le 
decisioni del Comitato speciale in materia di contributi ed assegni -dalla 
data di consegna all'ufficio postale della relativa lettera di comunicazione) 
� dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte Cost., sent. n. 2, 
del 1. febbraio 1964, G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ed. spec.). 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 11 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DI


CHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' 

COSTITUZIONALE. 

D.P.R. 14 DICEMBRE 1961, N. 1315: Art.' 8, secondo comma, disponente 
la proroga al 31 dicembre 1962 dei contratti, scadenti prima di tale data 
ed in corso al 1� luglio 1961, relativi all'appalto o alla gestione per conto 
del servizio di riscossione delle imposte di consumo. (Corte Cost., sent. 
10 febbraio 1964, n. 6, G.U. 22 febbraio 1%4, n. 47 ediz. spec.). 
LEGGE 23 GENNAIO 1963, N. 2: Art. 6. 

D.P.R. 24 GENNAIO 1963, N. 5 : Art. 6. 
(Amnistia e indulto per i reati finanziari: condizione del pagamento 
del diritto o del tributo evaso entro il prefisso termine). La questione, 
sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, � stata dichiarata 
non fondata con la sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 24 gennaio 
1%4 (G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ediz. spec.). 

LEGGE 4 FEBBRAIO 1963 N. 129; Artt. l, 2, 3, 4 e 5 (Norme per il piano regolatore 
generale degli acque.dotti e delega al Governo ad emanare le relative 
norme di attuazione). La questione, sollevata dalla Regione sarda 
in riferimento agli articoli 3, 4, 6 e 14 dello Statuto speciale per la 
Sardegna, � stata dichiarata non fondata con la sentenza della Corte 
Costituzionale n. 4 del 24 gennaio 1964 (G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, 
ediz. spec.). 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO 
PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTlTUZlONALE. 

CODICE DI PROCEDURA CIVILE: Art. 668 terzo comma, nella parte in cui 
� previsto il deposito per l'opposizione a licenza o sfratto dopo la convalida. 
Il Pretore di Pisticci ha ritenuto non manifestamente infondata 
la questione di legittimit� costituzionale, per assunto contrasto con gli 
articoli 3 e 24 della Costituzione (Ordinanza 23 novembre 1963, G.U. 29 
febbraio 1964, n. 54, . ediz. spec.). Va ricordato che la Corte Costituzionale, 
con sentenza n. 83 dell'8 giugno 1963, gi� dichiar� non fondata 
la questione, che, sotto il medesimo profilo, era stata sollevata dallo 
stesso Pretore di Pisticci con precedente ordinanza. 

CODICE PENALE: Art. 684. 
CODICE DI PROCED�RA PENALE: Art. 164 n. 3. 


(Pubblicazione di atti di procedimenti penali, nei quali il dibattimento 
� tenuto a porte chiuse). Questione dal Tribunale di Palermo 
ritenuta non manifestamente infondata, in rapporto all'art. 21 della Costituzione. 
(Ordinanza 30 novembre 1963, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, 
ediz. spec.). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE: Art. 128, secondo comma; Art. 131, secondo 
comma: (Obbligo per gli avvocati e procuratori di assu.mere la difesa 
di imputati, quando sono nominati di ufficio, e relative sanzioni). �Dalla 
Sezione Istruttoria della Corte di Appello di Caltanissetta la questione 
� stata ritenuta non manifestamente infondata, in riferimento agli 
articoli 24, terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione (Ordinanza 
18 dicembre 1963, G.U. 22 febbraio 964, n.. 47, ediz. spec.). 



12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :~ 

T. U. 4 FEBBRAIO 1915 N. 148: Artt. 8 e 158. 
T.U. 3 MARZO 1934 N. 383: Art.� 22. 
D.P.R. 5 APRILE 1951 N. 203: Art. 10. 
(Autorizzazione del Presidente della Repubblica per i procedimenti 
a carico dei Sindaci per fatti commessi nell'esercizio delle loro funzioni). 

La questione � stata ritenuta non manifestamente infondata dai Pretori 
di San Cipriano Picentino e di Moncalieri; dal primo, per i soli articoli 
8 e 158 del T.U. del 1915, per dedotto contrasto con gli articoli 3 e 28 
della Costituzione; dal secondo, anche per le altre indicate norme, in riferimento 
al solo art. 28 della 'Costituzione. (Ordinanze del 18 dicembre 
1963 e del 14 gennaio 1964, entrambe in Q.U. 29 febbraio 1964 n. 54, 
ediz. spec.). 

ltD. 15 OTTOBRE 1925, N. 2033: Art. 44. 

(Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio 
di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari). E' stata 
dal Pretore di Palermo ritenuta non manifestamente infondata la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 44, nella parte in cui � 
previsto l'obbligo di un preventivo deposito di somme per la richiesta 
di revisione di analisi, per assunto contrasto con gli articoli 3, 24 e 113 
della Costituzione (Ordinanza 29 novembre 1963, G.U. 29 febbraio 1964, 

n. 54, ediz. spec.). 
LEGGE 27 MARZO 1952 N. 349 (Ratifica del D.L. 26 marza 1948, n. 261 
sull'assetto delle finanze delle Province .e dei Comuni). La G.P.A. (tributi 
locali) di Roma, nel rilievo della mancanza di elementi circa la tempestivit� 
della presentazione al Parlamento del D.L. n. 261, ai sensi dell'art. 
6 del D.L. 16 marzo 1946, n. 98, e rilevando, per tale ragione, 
a quanto sembra evincersi dalla motivazione dell'ordinanza di rimessione, 
un eventuale contrasto della legge 349 con lo stesso D.L. n. 98, 
ha promosso il giudizio di legittimit� costituzionale (Ordinanza 6 novembre 
1963, G.U. 29 febbraio 1964, n. 54, ediz. spec.). 

LEGGE 6 AGOSTO 1954 N. 604: Art. 7, penultimo comma (Modificazioni 
alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favare della piccola 
propriet� contadina). La Corte di Appello di Trento ha ritenuto non 
manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale della 
disposizione, di cui al penultimo comma dell'art. 7 della legge indicata 
-accertamento, da parte dell'Ispettorato agrario, della ricorrenza 
delle circostanze che determinano decadenza da agevolazioni tributarie 
nella soggetta materia -per ipotizzato contrasto con gli articoli 3 e 24 
della Costituzione (Ordinanza del 29 ottobre 1963, G.U. 8 febbraio 1964, 

n. 34, ediz. spec.). 
LEGGE 22 OTTOBRE 1954 N. 1041: Artt. 1, 3, 6, 18 e 25. 

(Disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego degli 
stupefacenti). 

Nel rilievo che la compilazione dell'elenco delle sostanze stupefacenti 
� rimessa all'autorit� amministrativa (Alto Commissario -ed 
ora Ministro -per l'Igiene e la Sanit�), e che, pertanto, il completamento 
della fattispecie normativa, per i reati previsti dalle indicate disposizioni, 
avverrebbe ad opera dell'autorit� medesima, � stata ritenuta 
non manifestamente infondata la sollevata questipne di legittimit� 

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13

PARTE II, RASSEGNA DI L~GISLAZIONE 

costituzionale, in riferimento alla riserva di legge in materia penale, di cui 
all'art. 25 della Costituzione. La questione � stata rimessa alla Corte 
Costituzionale con le ordinanze del 30 ottobre 1963 del Tribunale di Milano, 
del 14 e del 16 novembre 1963 del Giudice istruttore del Tribunale di 
Venezia, e del 5 dicembre 1963 del Giudice istruttore del Tribunale di 
Massa: tutte pubblicate nella G.U. del 25 gennaio 1964, n. 21, edizione 
spec.. 

LEGGE 27 DICEMBRE 1956 N. 1423: Art. 2 (Sulle misure di prevenzione 
nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica 
moralit�). 

Il Pretore di Enna ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2 della legge indicata, 
in riferimento all'art. 16 della Costituzione (Ordinanza 20 novembre 
1963, G.U. 25 gennaio 1964, n. 21, ediz. spec.). 

Della legge in esame si � gi� altre volte occupata la Corte Costituzionale, 
la quale, tra l'altro, dopo aver ritenuto infondata la questione 
sollevata, per l'art. 2, in riferimento all'art. 13 della Costituzione, sotto 
il profilo della competenza dell'organo che ha il potere di disporre 
il rimpatrio obbligatorio (sent. n. 45 del 30 giugno 1960), ha dichiarato 
non fondata anche la questione, che oggi appare riproposta dal :Pretore 
di Enna, dell'eventuale contrasto della norma con il precetto di cui all'art. 
16 della Costituzione stessa (sent. 28 dicembre 1962, n. 126). 

D.P.R. 26 APRILE 1957. N. 818: Art. 1 (Norme di attuazione e di coordinamento 
della legge .4 aprile 1952, n. 218 sul riordinamento delle pensioni 
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia ed i 
superstiti). 
La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1, che prevede 
l'assicurazione obbligatoria anche per coloro che continuano o iniziano 
l'attivit� lavorativa dopo il compimento del 60� anno di et�, se uomini, 

o del 55�, se donne, � stata dal Tribunale di Cuneo rimessa all'esame 
della Corte Costituzionale, per ritenuta violazione degli articoli 70, 76 
e 77 della Costituzione, in rapporto ai limiti fissati nella delega data in 
materia al Governo con l'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, (Ordinanza 
21 novembre 1963, G.U. 22 febbraio 1964, n. 47, ediz. spec.). 
T.u. 29 GENNAIO 1958 N. 645: Art. 250 (Testo unico delle leggi sulle 
imposte� dirette). 
L'art. 250, che fa obbligo ai creditori, ai fini della tutela giudiziaria 
delle loro ragioni, in ordine a crediti produttivi di redditi di ricchezza 
mobile di categoria A, di dare la prova dell'avvenuta denuncia dei 
crediti stessi all'Amministrazione delle Finanze, � parso al Pretore di 
Sampierdarena in contrasto con gli articoli 24, comma primo, 101, comma 
secondo, e 104, comma primo, della Costituzione. L'ordinanza di rimessione 
della questione alla Corte Costituzionale, in data 26 ottobre 
1963, � pubblicata nella G.U. dell'8 febbraio 1964, n. 34 ediz. spec. 

D.P. 15 GIUGNO 1959 N. 393: Art. 3 primo comma (Testo unico delle 
norme sulla circolazione stradale). 
La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, primo comma, 
che attribuisce ai Prefetti il potere di vietare temporaneamente la 
circolazione dei veicoli, di tutte le categorie o di alcune di esse, in 



14 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

determinati casi, � stata dal Pretore di Nard� ritenuta non manifestamente 
infondata, in riferimento agli articoli 3, 16, 24 e 25 secondo 
comma della Costituzione (Ordinanza 21 dicembre 1963, G.U. 22 feb


braio 1964, n. 47, ediz. spec.). 

T.U. 16 MAGGIO 1960 N. 570: Art. 22 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali).' '. 
La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 22 (scelta del segretario 
del seggio elettorale), per ritenuto contrasto con l'art. 48 della 
Costituzione, � stata rimessa all'esame della Corte Costituzionale dal 
Consiglio Comunale di Francavilla Angitola. (Ordinanza 4 gennaio 1964, 

G.U. 22 febbraio 1964, n. 47, ediz. spec.). 
LEGGE 16 SETTEMBRE 1960 n. 1014: Art. 27 (Norme per contribuire alla 
sistemazione dei bilanci com�nali e provinciali e modificazioni di talune 
disposizioni in materia di tributi locali). 

Il Pretore di Barcellona Pozzo di Gotto ha ritenuto non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 27 
-(autorizzazione ai Comuni ed alle Province, in determinati casi e 
limiti, ad_ applicare le imposte e sovrimposte con eccedenze oltre i limiti 

II�per le stesse fissate dalla legge) -, in quanto detta disposizione sarebbe 
in violazione del precetto -art. 23 della Costituzione -della 
riserva della legge in materia tributaria. (Ordinanza 29 novembre 1963, 

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G.U. 25 gennaio 1964, n. 21, ediz. spec.). 
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LEGGE 2 GIUGNO 1961 N. 454: Art. 28, comma ottavo. 

(Piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura). 

E' stata dal Conciliatore di Pantelleria ritenuta non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 28, comma 
ottavo -col quale � disposta la riduzione a met� degli onorari notarili 
per gli atti riguardanti la formazione e l'arrotondamento della piccola 
propriet� contadina -per assunto contrasto con gli articoli 3, 35 

II

comma primo e 36 comma primo della Costituzione (Ordinanza 5 no


..

vembre 1963, G.U. 8 febbraio 1'964, n. 34 ediz. spec.). 

LEGGE 27 GENNAIO 1963 N. 19: Art. 4, terzo comma (Sulla tutela del


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l'avviamento commerciale). . 

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La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4, terzo comma, 
(facolt� al conduttore di chiedere la proroga biennale del contratto, , 

.' 

invece che il compenso di cui al primo comma dell'articolo stesso) � 
stata ritenuta non manifestamente infondata, dal Pretore di San Don� di ' ' 
Piave, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione (Ordinanza ,

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31 luglio 1963, G.U. 8 febbraio 1964, n. 34, ediz. spec.). 

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CONSULTAZIONI 


AERONAUTICA E AEROMOBILI 

Polizia Aeroportuale 

Se l'esercizio dei poteri di polizia aeroportuale; affidati al Direttore 
dell'Aeroporto, sia sindacabile dall'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. (n. 13). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Archivi di Stato 

1) Se per effetto del trasferimento a carico dello Stato dell'onere 
delle spese per la fornitura dei locali e per ogni inerente servizio riguardante 
gli Archivi di Stato in forza della legge 16 settembre 1960, 

n. 1014, lo Stato sia tenuto a rimborsare alle Provincie le spese per gli 
arredamenti esistenti negli Archivi di Stato al momento dell'entrata in 
vigore della predetta legge o quanto meno a corrispondere un canone 
di affitto. (n. 227). � 
Commissariato Generale Anticoccidico 

2) Se il Commissariato Generale Anticoccidico sia da considerarsi 
agli effetti della rappresentanza e difesa in giudizio come organo dello 
Stato. (n. 278). 

APPALTO 

Contratti di appalto � Supplente 

1) Se, ai sensi dell'art. 4 del Capitolato di Appalto per le 00.PP., i 
crediti maturati in dipendenza di contratti di fornitura ed oggetto di 
cessione riconosciuta dalla Amministrazione appaltante, siano di spettanza 
del supplente, subentrato con il consenso dell'Amministrazione. 

(n. 269). 
Prestazioni extra-contrattuali 

2) Se nel contratto di fornitura jpubblica, le prestazioni superiori 
a 1/5 eseguite dal fornitore senza valersi del diritto alla risoluzione 
del contratto, previsto dall'art. 11 della legge sulla contabilit� gene� 
raie dello Stato, possano essere considerate prestazioni extracontrattuali 
(n. 270). 

Stipulazione contratto 

3) Quale sia l'interpretazione dell'art. 4 del Nuovo Capitolato di 
Appalto per le 00.PP. approvato con D.P. 16 luglio 1962, n. 1063, ai fini 
dello scioglimento dell'aggiudicatario dagli obblighi derivanti dalla aggiudicazione 
(n. 271). 

-



16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

AVVOCATI E PROCURATORI 

Commissariato Generale Anticoccidico 

Se il Commissariato Generale Anticoccidico sia da considerarsi agli 
effetti della rappresentanza e difesa in giudizio come organo dello 
Stato (n. 58). 

COMPROMESSO ED ARBITRI 

Arbitrato Obbligatorio 

Se l'arbitrato obbligatorio previsto dagli artt. 16 R.D. 16 giugno 
1938, n. 1275 e 60 R.D. 17 agosto 1935, n. 1765 dia luogo ad una giurisdizione 
speciale (n. 17). 

COMUNI E PROVINCIE 

Archivi di Stato 

1) Se per effetto del trasferimento a carico dello Stato dell'onere 
delle spese per la fornitura dei locali e per ogni inerente servizio riguardante 
gli Archivi di Stato in forza della legge 16 settembre 1960, 

n. 1014, lo Stato sia tenuto a rimborsare alle Provincie le spese per gli 
arredamenti esistenti negli Archivi di Stato al momento dell'entrata in 
vigore della predetta legge o quanto meno a corrispondere un canone 
di affitto (n. 108). 
Sindaco 

2) Se sia ammissibile il ricorso alla G.P.A. avverso i provvedimenti 
contingibili ed urgenti adottati dal Sindaco quale ufficiale di 
Governo (n. 109). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 

Contratti di appalto -Supplente 

-1) Se, ai sensi dell'art. 4 del Capitolato di Appalto per le 00.PP., i crediti 
maturati in dipendenza di contratti di fornitura ed oggetto di 
cessione riconosciuta dalla Amministrazione appaltante, siano di spettanza 
del supplente, subentrato con il consenso dell'Amministrazione 

(n. 193). 
Prestazioni extracontrattuali 

2) Se, nel contratto di fornitura pubblica, le prestazioni superiori 
a 1/5 eseguite dal fornitore senza valersi del diritto alla risoluzione 
del contratto previsto dall'art. 11 della legge sulla contabilit� generale 
dello Stato, possano essere considerate p:t;estazioni extracontrattuali (numero 
194). 

Stipulazione contratto 

3) Quale sia l'interpretazione dell'art. 4 del Nuovo Capitolato dl 
Appalto per le 00.PP. approvato con D.P. 16 luglio 1962, n. 1063, ai fini 
dello scioglimento dell'aggiudicatario dagli obblighi derivanti �dalla ag. 
giudicazione (n. 195). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 17 

DONAZIONI 

Aree edificabili per la costruzione di case popolari 

Se le donazioni di aree edificabili da destinarsi alla costruzione 
di case popolari possano fruiie dei benefici fiscali previsti dall'art. 14 
deUa legge 2 luglio 1949, n. 408, o l'atto di donazione debba essere sottoposto 
alle normali imposte previste per le donazioni fra estranei e alle 
imposte di trascrizione (n. 35). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Assegnazione in locazione e a riscatto 

1) Se in base alla legge 14 febbraio 1963 n. � 60, possano ottenere 
l'assegnazione a riscatto di abitazioni gi� locate dall'ex Gestione INACasa, 
i lavoratori proprietari di appartamento, ovvero �compresi in nuclei 
familiari i cui componenti siano proprietari di appartamento nella 
circoscrizione di zona (n. 139). 

Cooperative edilizie 

2) Se la Cassa DD. e PP. che abbia concesso ad una cooperativa 
edilizia un mutuo per la costruzione e l'acquisto di case popolari 
ed economiche a favore dei propri soci, ai sensi del T.U. 28 aprile 
1938, n. 1165, modificato dalla legge 5 dicembre 1941 n. 1540, dalla legge 
25 marzo 1943, n. 290 e dal D.L.C.P.S. 30 settembre 1947 n. 1174, possa effettuare 
i pagamenti relativi direttamente alla Cooperativa senza l'intervento 
in quietanza dell'impresa appaltatrice. (n. 140). 

Costruzioni abitazioni per lavoratori agricoli 

3) Se, ai sensi dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1960, n. 1676, per la 
costruzione di abitazioni da assegnare a lavoratori agricoli sia autorizzato 
solo il Ministero dei LL.PP. a procedere all'acquisizione delle aree occorrenti 
per la esecuzione d~lle opere previste in detta legge (n. 141). 

Donazioni aree edificabili per .la costruzione di case popolari 

4) Se le donazioni di aree edificabili da destinarsi alla costruzione 
di case, popolari possano fruire dei benefici fiscali previsti dall'art. 14 
della legge 2 luglio 1949, n. 408, o l'atto di donazione debba essere sottoposto 
alle normali imposte previste per le donazioni fra estranei e 
alle imposte di trascrizione (n. 142). 

ELETTICITA' ED ELETTRODOTTI 

E.N.E.Li. 

1) Se, dopo l'entrata in vigore della legge n. 1643 del 1952 istitutiva 
dell'ENEL, l'onere delle Imposte di R.M. e sulle societ� per il periodo 
anteriore al trasferimento delle aziende elettriche debba continuare 
a far carico alle societ� espropriate (n. 15). 

2) A chi vadano notificati i relativi avvisi di accertamento (n. 15). 

Servit� di elettrodotto 

3) Se il criterio di determinazione delle indennit� fissato dall'art. 123 

T.U. sulle acque ed impianti elettrici rifletta la sua efficacia anche sul 
successivo comma terzo della stessa norma (n. 16). 
� 4) Se i valori comunque determinati in base al criterio di cui alla 
norma indicata comprendano anche le indennit� accessorie, e cio� danni 
alle colture, indennit� di temporanea occupazione etc, (n. 16). 



18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 
Deposito indennit� -Svincolo 
Se la Cassa Depositi e Prestiti possa svincolare delle indennit� di 
espropriazione in esecuzione d'un provvedimento del Tribunale che abbia 
destinato quelle indennit� ed i relativi interessi ad opere di miglioramento 
e di utilizzazione previste da un piano di riforma agraria senza 
prima accertarsi che il fondo da migliorare sia anche esso (come quello 
espropriato) dotale (n. 181). 

FALLIMENTO 

Canone per le radioaudizioni 

Quali siano le cause estintive dell'obbligo a corrispondere il canone 
di abbonamento alle radioaudizioni e se in particolare, in caso di fallimento 
dell'abbonato, venga meno o non sia insinuabile il credito del1'
Amministrazione per canoni successivi alla dichiarazione di fallimento 
(n. 79). 

FARMACIA 

Decadenza autorizzazione 

Se l'assegnatario di una farmacia debba essere dichiarato decaduto, 
ai sensi dell'art. 113 T.U. Leggi Sanitarie n. 1265, dalla titolarit� di 
un precedente esercizio, quando, trascorsi dieci giorni senza che abbia 
esercitato la facolt� di rinunciare al nuovo posto, risultino impugnati al 
Consiglio di Stato i provvedimenti di assegnazione delle due farmacie e 
i ricorsi siano ancora pendenti (n. 10). 

IMPIEGO PUBBLICO 
Indennit� di buonauscita -Ricongiunzione di servizi 
Se il servizio prestato da un impiegato di ruolo dell'INADEL possa 
essere ricongiunto con quello successivamente prestato dallo stesso alle 
dipendenze dello Stato ai fini del computo della indennit� di buona 
uscita (n. 554). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Prescrizione 

1) Se i nuovi termini di prescrizione stabiliti con la Legge 2 febbraio 

1960, n. 35 e Legge 6 ottobre 1962 n. 1493 possano essere applicati ad 

un credito di imposta che al momento dell'entrata in vigore delle 

suddette leggi era gi� prescritto (n. 195). 

2) Se possa ritenersi che la registrazione del contratto di vendita 

del terreno effettuata presso un ufficio diverso da quello presso il quale 

era stato registrato il primo contratto di acquisto, comporta la legale 

scienza da parte dell'Amministrazione finanziaria dell'avvenuta deca


denza dal beneficio fiscale previsto dall'art. 14 legge 1949, n. 408 (n. 195). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

E.N.E.L. 
1) Se dopo l'entrata in vigore della legge n. 1643 del 1952 istitutiva gell'ENEL, 
l'onere delle imposte di R.M. e sulle societ� per il periodo ante


-



PARTE Il, CONSULTAZIONI 19 

riore al trasferimento delle aziP-nde elettriche debba continuare a far 
carico alle societ� espropriate (n. 25). 

2) A chi vadano notificati i relativi avvisi. di accertamento (n. 25). 

IMPOSTE DI CONSUMO 

Generi tassati ad valorem 

1) Se il ricorso amministrativo e l'azione giudiziaria che i contribuenti 
possono proporre, ai sensi rispettivamente del primo e del secondo 
comma dell'art. 90 T.U. per la finanza locale, contro l'operato 
degli agenti delle imposte di consumo e degli appaltatori, possono investire 
anche la determinazione del valore medio fatta dall'apposita 
Commissione provinciale, ai sensi del quinto comma dell'art. 22 dello 
stesso T.U., per le imposte stabilite sul valore (n. 14). 

Materiali da costruzione 

2) Se, ai fini dell'applicabilit� della imposta di consumo sui materiali 
per costruzioni edilizie, l'aliquota dell'imposta per unit� di misura 
va determinata solo sulla base del valore medio determinato dalla 
Commissione provinciale o anche, nel suo limite massimo, in rapporto 
al valore in provvista dei materiali (n. 14). 

IMPOSTE E TASSE 

Imposta sulla pubblicit� 

1) Se presupposto per l'applicazione dell'imposta di pubblicit� per 
le tabelle e targhe distribuite dalle societ� di assicurazioni ai propri assicurati 
ed affisse al pubblico in fabbricati e sulle cose animate sia la 
effettiva distribuzione delle targhe e tabelle da parte delle societ� (n. 360). 

2) Se la base imponibile dell'imposta sia costituita dall'importo dei 
premi risultanti da tutti i rami di assicurazione per danni (escluso 
quello dei trasporti) o dei soli rami di assicurazione per i quali � prevista 
la distribuzione di targhe e tabelle (n. 360). 

Pene pecuniarie -Condono 
_ 3) Se il provvedimento del Ministro per le finanze, di respingere la 
istanza di condono della pena pecuniaria sia o meno un atto discrezionale 
e come debba qualificarsi la relativa situazione giuridica soggettiva 
del contribuente (n. 361). 

LOCAZIONI 

Canone di locazione 

Se, cessato il regime del blocco dei fitti, il canone di una locazione 
possa essere rivalutato alla clausola ora inserita nel contratto stipulato 
nel 1940 (n. 119). 

LOTTO E LOTTERIE 

Concorsi a premi 

1) Se il controllo dell'Amm.ne Finanziaria sui concorsi a premi 
debba estendersi alla risoluzione delle controversie insorgenti in seguito 
all'espletamento del concorso e concernenti la designazione del vincitore 
e l'attribuzione del premio (n. 20). 


20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2) Se l'intervento dell'Am!llinistrazione Finanziaria nella autorizzazione 
e nella vigilanza dei concorsi ed operazioni a premio indetti da 
privati, abbia, oltre a quello fiscale, lo scopo di tutelare la pubblica 
buona fede (n. 21). 

NAVE E NAVIGAZIONE 

Reati contravvenzionali 

Se per le contravvenzioni previste dagli articoli 32 e 34 Legge 5 giugno 
1962, n. 616, in materia di sicurezza della navigazione e della vita 
umana in mare, sussista la cognizione dei Comandanti di Porto ovvero 
:Jell'Autorit� giudiziaria ordinaria (n. 111). 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Clausola oro 

Se, cessato il regime del blocco dei fitti, il canone di una locazione 
possa essere rivalutato in base alla clausola oro inserita nel contratto 
stipulato nel 1940 (n. 40). 

POLIZIA 

Apparecchi automatici da g_ioco 

1) Se l'interpretazione che la Corte Costituzionale ha dato con la 
sentenza n. 125 del 28 giugno 1963, per la quale, ai sensi del 3. comma 
dell'art. 110 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 
773, non pu� essere concessa l'autorizzazione all'uso nei pubblici esercizi 
di apparecchi o congegni automatici da giuoco o scommessa, quand'anche 
l'abilit� del giocatore sia prevalente rispetto all'alea, sia impegnativa 
per il giudice ordinario e per la P.A.; e in ispecie se sia vietato concedere 
l'autorizzazione all'uso nei pubblici esercizi degli apparecchi c.d. 
semiautomatici (n. 30). 

2) Se per apparecchio automatico da giuoco debba intendersi l'apparecchio 
che comunque consente ai giocatori puntate economicamente 
utili, a nulla rilevando la completa e prevalente abilit� dei giocatori 

(n. 30). 
3) Se per apparecchio automatico da gioco si intenda l'apparecchio 
che ha in s� la doppia potenzialit� di essere usato a fine di lucro, il cui 
esito sia interamente o in misura prevalente determinato dall'aleatoriet� 
(n. 3-0). 

4) Se per apparecchio da trattenimento debba intendersi quello che 
non pu� dare alcuna utilit�, oltre lo svago procurato dallo esercizio del 
giuoco; e cio�, se, in seguito alla parziale dichiarazione di incostituzionalit� 
che con sentenza n. 125 del 28 giugno 1963, la Corte Costituzionale 
ha fatto del 3� comma dell'art. 110 de� T.U. leggi P.S. 18 giugno 
1931, n. 773, possano autorizzarsi solo quei congegni per il cui uso non 
sia previsto premio di alcuna specie (n. 30). 

5) Se per apparecchio �a trattenimento si intenda quello che non 
pu� essere usato a fine di lucro o nell'uso del quale l'esito non � interamente 
o in misura prevalente determinato dall'aleatoriet� (n. 30). 

Polizia aeroportuale 

6) Se l'esercizio dei poteri di polizia aeroportuale, affidati .al Direttore 
dell'Aeroporto, sia sindacabile dall'A.G.O. (n. 31). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

21 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Libretti postali di risparmio intestati a pi� persone 

1) Quale sia la natura giuridica delle obbligazioni rappresentate 

dai libretti postali di risparmio intestati a pi� persone (n. 101). 

2) Quale sia la natura giuridica delle obbligazioni rappresentate dai 

libretti �postali di risparmio intestati a pi� persone � con pari facolt� di 

rimborso � (n. 101). 

3) Se possa ritenersi valida la procura rilasciata ad altri da uno 
� deglj intestatari con pari facolt� di rimborso, per il conseguimento del 
rimborso medesimo (n. 101). � 

Libretti postali di risparmio -Opposizione al rimborso 
4) Se gli atti di opposfaione al rimborso di libretti postali di risparmio 
debbano recare la firma autenticata dell'opponente e quali siano i 
poteri esercitabili dall'Amministrazione. P.T., cui sia stato .notificato un 
atto di opposizione (n. 102). � 

PRESCRIZIONE 

Imposta di registro 

1) Se i nuovi termini di prescnz10ne stabiliti con Legge 2 febbraio 

1960, n. 35 e Legge 6 ottobre 1962, n. 1943 possano essere applicati ad 

un credito di imposta che al momento dell'entrata in vigore delle sud


dette leggi era gi� prescritto (n. 40). 

2) Se possa ritenersi che la registrazione del contratto di rivendita 

del terreno effettuata presso un ufficio diverso da quello presso il quale 

era stato registrato �il primo contratto di acquisto, comporti la legale 

scienza da parte dell'Amministrazione Finanziaria dell'avvenuta deca


denza dal beneficio fiscale previsto dall'art. 14 legge 1949, n. 408 (n. 40). 

RADIOAUDIZIONI 
Canone -Cause estintive 
Quali siano le cause estintive dell'obbligo a corrispondere il canone 
di abbonamento alle radioaudizioni e se in particolare, in caso di fallimento 
dell'abbonato, venga meno o non sia insinuabile il credito dell'Amministrazione 
per canoni successivi alla dichiarazione di fallimento 
(n. 8). 

SCAMBI E VALUTE 

Infrazioni valutarie 

Se, nelle ipotesi di infrazioni valutarie, il sequestro di cui all'art. 3 

R.D.L. 794/1938 possa estendersi a tutto il patrimonio dei responsabili, 
ovvero debba esser circoscritto a quelle cose oggetto di violazione valutaria 
(n. 20). 
STRADE 

Caduta di massi 

1) Se l'Amministrazione proprietaria della strada possa ritenersi 
esente da responsabilit� per i danni derivati agli utenti dalla caduta di 
massi dai fondi latistanti per il solo fatto di aver apposto i cartelli � caduta 
di massi � segnalatori di pericolo (n.~ S'' 



22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2) Se il mancato compimento delle opere imposte dalla legge ai 
proprietari dei fondi latistanti per garantire il mantenimento della 
strada possa valere ad escludere la responsabilit� della P .A. per i danni 
subiti da utenti (n.-"""1. -S-J 

Segnaletica stradale 

3) Se la segnaletica di pericolo esistente sulle strade vada adeguata 
alle �prescrizioni contenute nell'art. 35 del Regolamento di esecuzione 
del T.U. 15 giugno 1959 n. 393, e se i delineatori o segnalimiti stradali di 
qualunque materiale siano -debbano risultare collocati alle distanze 
indicate nell'art. 94 del citato regolamento (n. ,,58'J. -5.i 

SUCCESSIONI 

Successione dello Stato 

Quali siano le norme da inserire nelle istruzioni generali pei servizi 
del Provveditorato Generale dello Stato per quanto riguarda le successioni 
dello Stato, legittime e testamentarie (n. 68). 

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