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ANNO XXXIX -N. 1 -2 GENNAIO -APRILE 1987 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
ROMA 1988 



ABBONAMENTI ANNO 1988 

ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 40.000 
UN NUMERO SEPARATO ������������������������ � 7.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 
ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 


Stampato in Italia -Printed in Ital:y 
Aatorlaulone Tribunale di lloJD& -Decreto n. 11089 del 13 lusllo 1966 


(9219213) Roma, 1987 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. 



Discorso di commiato di S. E. Giuseppe Manzarl Avvocato Generale dello 
Stato a S. E. Carlo Maria Pratis Procuratore Generale della Corte 
Suprema di Cassazione. 

Roma, 27 febbraio 1987 

Sono Jieto e lusingato di prendere fa parola subito dopo gli interventi 
di magistrati di cos� eccelso livello e valore, per associare una voce 
diversa, ma consonante -quella dell'istituzionale avvocato pubblico 
che ho l'onore di rappresentare e quella mia personale -al saluto, all'augurio 
ed ,all'omaggio che questa Suprema Magistratura ha voluto oggi 
meritatamente rendere al suo Procuratore Generale, o piuttosto alla persona 
di Carlo Maria P.ratis, nel momento in cui depone idealmente, nelle 
mani del suo successore, come purissimo testimone e come pegno oneroso 
ma sicuro di feconda continuit�, la toga che ha vestito con altissima 
dignit� durante i ben 45 anni della sua esemplare carriera giudiziaria: 45 
anni della maturit� di una vita interamente vissuta al servizio dello Stato, 
che tutta ormai si compendia nel nome che da oggi si iscrive nell'albo 
d'oro della istoria di questa Corte Suprema. 

Dell'opera e delila personalit� di Carl.o Maria Pratis sarebbe vano e 
pretenzioso a questo punto rparLaire ancora da rparte mia dopo quello che 
� stato detto egregiamente da chi per alta qualificazione e per comunione 
di vita, di ambiente, di ideali, di attivii.t� di servizio ne ha saipUJto illustrare 
ogni pi� saliente ed onorevole aspetto. 

Io ritengo tuttavia di potergli rendere -ben lungi dia una mera osservanza 
di cerimoniale -una testimonianza di stima, di ammirazione, di 
augurio ed anche di affetto, nOlll soio viva e reale, ma anche -mi lusingo 
di credere -particolarmente significativa perch� maturata in un 
ambiente, pur se vicino sotto tanti profili, tuttavia diverso da quello della 
magistratura nel quale Carlo Maria P:ratis ha seminato, ed ora a larghe 
mani raccoglie, l'ammirazione e la simpatia che gli vengono solennemente 
tributate. 

Mi viferisco, come dicevo, all'esperienza professionale forense degli 
avvocati dello Stato, che, al pari dei colleghi deUa libera professione, affidano 
le loro cause al giudizio dei Magisrt:rati, che ne sono, istituzionalmente, 
i giudici precostituiti, ma si sentono a loro volta, intimamente e 
necessariamente -i giudici dei loro giudici, di cui sanno apprezzare le 
qualit� e le doti, che emergono dal quotidiano confronto dialet,tico tra due 
funzioni, a mio giUJdizio rigorosamente complenientari ed indissociabili, 
quali sono l'avvocatura da una parte e la magistratura daLI'altra. 

Alla ,testimonianza che posso esprimere a nome, per cos� dire, della 
categ011ia, vorrei aggiungere l'avallo ~i una mia personale esperienza. 


IV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ebbi l'onore di partecipare in questa stessa aula all'insediamento di 
Carlo Maria Pratis nella carica che ha saputo tanto valorosamente tenere 
da meritare gli elogi che abbiamo oggi ascoltato. Ricordai allora che la 
conoscenza che avevo di lui risaliva a ben 40 anni indietro, quando, giovalile 
avvocato dello Stato, conobbi in Tormo quel magistrato, allora ,giovane 
anch'egli, ma che gi� godeva itra i colleghi e gli avvocati idi una stima 
profonda, di cui ebbi modo di apprezzare sempre pi� le ragioni umane, 
morali, culturali ed intellettuaJli. 

Dissi in quell'occasione la mia fiducia e la mia certezza che avrebbe 
saputo esemplarmente assolvere il difficile e prestigioso compito che gli 
veniva affidato, usando parole che non mi sembrarono affatto troppo elogiative, 
quali, mi � gmdito rkordare, le iritenne la gentile signora Pratis, 
alla quale alilche rivolgo, in questa occasione, un deferente cordiale saluto 
ed augurio. 

Con H fine garbo e la schiva modestia che fanno parte di un bello 
stile di iiamiglia la signora Piratis espresse la sua trepidazione che le parole 
da me dette irisultassero troppo impegnative e caricassero il marito della 
iresponsabilit� di attese superiori -ella disse -alle sue forze e. alle sue 
capacit�. 

Mi fu facile rispondere -ed oira sono lieto di averne qui cosi alta conferma 
-che n� correvo io, n� imponevo all'illustre amico, alcun rischio 
di troppo lusinghiere profezie, perch� mi ero limitato ad esprimere ad 
alta voce ,U convincimento che chiunque, conoscendo Carlo Maria Pratis, 
poteva trarre dall'esperienza di una vita e di una coscienza che si offici� 
vano con chiarezza e trasparenza alla lettura del domani, attiraverso la 
filigrana di uno stille di vita ispirato a riservatezza, equilibrio, saggezza 
ed efficienza, forgiato da una aunga e positiva esperienza. 

Ho avuto, dunque, la ventura di partecipare, fin dal promettente 
mattino, alla lunga, felice, operosa giornata di lavoro nella magistratura 
dell'amico Pratis, ed ora ho il privilegio di celebrarne il commiato non 
come un malinconico tramonto, ma come una tappa felicemente compiuta 
di un cammino di vita che auguro ancora lungo e felice nella pienezza che 
lo assiste -delle sue forze :fisiche ed intellettuali. 

L'esplorazione che ho fatto nella regione giovaniile dei ricordi mi 
I'iconduce alla mente il verso, riecheggiato da Ungaretti del poeta greco: 
�noi siamo come le foglie ... �; Ungaretti dice: � Si sta -come d'autun� 
no -sugli alberi -le foglie �. Lo �ricordo non con la tristezza del cantore 
Jirico, ma quasi gioiosamente perch� noi tutti abbiamo tante vite, o piuttosto 
tanti periodi della vita, che man maLt10 si vanno srtaccando dagli 
alberi con i quali si intreccia la pianta della nostra personale esistenza. 

La foglia di un periodo di vita dell'amico Pratis si stacca oggi dal


l'albero della magistratura nel quale ha fiorito, ma si libra ancora verde 

nell'aria: non � una foglia secca, non � una caduta: � solo un distacco; 

/ 


NOTA REDAZIONALE 

la foglia resta �legata da un altro esistenziaile picciolo aill'ailbero ancora fiorente 
della sua vita personale. 

Abbiamo qui dav.anti a noi due foglie verdi �staccate dallo stesso ramo 
dell'ordinamento giudiziru-io che tuttavia ancora ne costituiscono ideale 
decoro ~-soprattutto vivono ancora splendidamente la realt� di una loro 
ancora verde personale stagione di vit�: parlo di Giuseppe FJore e di 
Giuseppe Mirabelli ai quali mi � gradito porgere il mio saluto ed il mio 
augurio. 

E da essi traggo esemplare augurio per l'amico mustre che oggi lascia 
la magistratura, auspicando una lieta continuazione �ad multos annos � 
della perfetta condizione in cui si conclude l:a tappa luminosa, che abbiamo 
celebrato, della sua vita di magistrato e per una felice prosecuzione di 
un'esistenza piena .di altrettante soddisfazioni, in un ritmo di vita pi� 
pacato e sereno ma altrettanto fervido dei pensieri e dei sentimenti che 
compongono quella sua ammirevole personalit� che noi tutti abbiamo 
conosciuto ed apprezzato ed alla quale rendiamo oggi l'omaggio dovuto. 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a 
l'avv. Franco Favara} 
cura delpag. 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE (a cura 
COMUNITARIA 
dell'avv. Oscar 
E INTERNA-
Fiumara} li 19 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo 
Sica e Antonio Cingolo} . li 66 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli 
Paolo Cosentino e Anna Cenerini} . 
avvocati 
� 86 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
gli avv. Raffaele Tam/ozzo e G: P. Polizzi} 
de
� 94 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
vocato CJ1f/o Bafile} 
(a cura dell'avli 
155 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} � . � 180 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati 
Paolo di Tarsia di Belmonte e Nicola Bruni} � 189 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 

QUESTIONI pag. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 15 
RASSEGNA DI DOTIRINA (a cura dell'avv Ignazio Caramazza} 29 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AWOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nica, 
sio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANcms, 
Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANDO, Venezia. . 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

O. FIUMARA: Politica commerciale comune e misure di salvaguardia 
(nel settore dei tessili) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 19 
G. 
MANZARI: Corte Costituzionale italiana e Corte di giustizia 
europea: due esperienze convergenti nella costruzione dell'Europa 
comunitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 1 
G. 
STIPO: Problemi di giurisdizione a seguito della istituzione del-
l'Ente Ferrovie dello Staio .................. . I, 70 

PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


APPALTO 

-Gara -Dichiarazione richiesta ai 
partecipanti -Omissione -Legittimit� 
esclusione, 102. 

-Gara -Interesse a ricorrere -Effetti 
sull'annullamento di una esclusione, 

102. 
- 
Gara -Prescrizione della lettera di 
invito -Interpretazione contro autore 
clausola -Inapplicabilit�, 102. 

ARBITRATO 

-Lodo -Notificazione alla parte personalmente 
-Termine per l'impugnazione 
di nullit� -Decorre, 184. 

-Riforma agraria -Controversie relative 
agli obblighi dell'assegnatario 
di terreni -Incompetenza degli arbitri, 
180. 

COMUNI 

-Sindaco -Ordinanze contingibili ed 
urgenti -Delega, 114. 

COMUNITA' EUROPEE 

-Convenzione di Bruxelles Zl settembre 
1968 sulla competenza giurisdizionale 
-Clausola attributiva di competenza 
-Interesse di una soltanto 
delle parti, con nota di O. FIUMARA, 

30. 
-Disposizioni direttamente applicabili 
-Legislazione nazionale difforme Obbligo 
di soppressione, 37. 

-Disposizioni fiscali -IV A -Aliquote 
differenziate sulle vetture a motore 
diesel, 61. 

- 
Libera prestazione dei servizi -Assicurazione 
-Regime di autorizzazione 
e stabilimento -Limiti, 41. 

-Libera prestazione dei servizi -Coassicurazione 
-Coassicuratore delegatario 
-Autorizzazionen e stabilimento 
-Non necessit�, 41. 

-Libert� di stabilimento -Accesso alle 
professioni di � giornalista professionista, 
giornalista praticante, pubblicista, 
alle attivit� professionali legate 
al turismo e ai concorsi per 
l'attribuzione delle sedi farmaceutiche, 
36. 

-Politica commerciale comune -Commercio 
internazionale dei tessili Misure 
di salvaguardia, con nota di 

o. 
FIUMARA, 19. 
CONTABILIT� PUBBLICA 

-Regione -Copertura di spesa pubblica 
-Entrata eventuale e futura Illegittimit� 
costituzionale, 11. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzione -Questione 
incidentale di costituzionalit� -Limite 
di sollevabilit�, 1. 

-Disposizione legislativa sterile -Questione 
di legittimit� costituzionale Inammissibilit�, 
8. 

DEMANIO 

-Beni storici -Vincolo apposto per 
prevenire pregiudizio -Legittimit�, 

122. 
-Degrado -Influenza sulla legittimit� 
del vincolo, 122. 

-Vincolo per collegamento alla storia 
-Sindacato giurisdizionale -Limiti, 
122. 

- 
Vincolo storico -Discrezionalit� tecnica 
-Merito dell'azione amministra-

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INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

tiva � Sindacato giurisdizionale � Li� 

miti, 122. 

-Vincolo storico -Sindacato giurisdi� 
zionale � Riferimento storico cultu� 
rale � Valutazione di merito della 
P.A., 122. 

ENTI PUBBLICI 

-Enti regionali � Rappresentanza e 
difesa in giudizio da parte dell'Av� 
vocatura � Delibera di conferimento 
dell'incarico � Necessit� � Esclusione, 
180. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Acquedotto � Approvazione del progetto 
dei lavori � Perizia di variante 
comportante semplice asservimento 
dei terreni espropriandi � Rifiuto di 
approvazione � Ricorso giurisdizionale 
� Inammissibilit�, 186. 

GIURISDIZIONE CIVILE 

-Assicurazione contro gli infortuni sul 
lavoro e le malattie professionali � 
Personale ferroviario � Competenza 
giurisdizionale dell'Autorit� giudiziaria 
ordinaria, con nota di G. STIPO, 
69. 

-Casse Pensioni amministrate dagli 
istituti di Previdenza . Domanda diretta 
a ottenere il riconoscimento 
della pensionabilit� di determinati 
emolumenti e il conseguente versamento 
dei contributi � Giurisdizione 
della Corte dei Conti, 82. 

-Istituzione dell'Ente Ferrovie dello 
Stato � Controversie di lavoro pen� 
denti � Posizione soggettiva dei di� 
pendenti � Giurisdizione del giudice 
ordinario, con nota di G. STIPO, 71. 

-Istituzione dell'Ente Ferrovie dello 
Stato � Rapporti di lavoro cessati 
prima dell'entrata in vigore della legge 
istitutiva dell'Ente � Giurisdizione 
del giudice amministrativo � Rapporti 
di lavoro non ancora cessati o la 
cui cessazione sia contestata � Giurisdizione 
del giudice ordinario, con 
nota di G. STIPO, 71. � 

-Giurisdizione amministrativa e della 
Corte dei Conti � Casse pensioni am� 

ministrate dagli Istituti di previdenza 
. Iscrizione alla Cassa � Giurisdizione 
amministrativa, con nota di 

G. 
STIPO, 66. 
-Norma sulla giurisdizione intervenuta 
nel corso del giudizio � Inapplicabilit� 
della perpetuatio jurisdictionnis, 
con nota di G. STIPO, 70. 

-Nullit� del negozio � Accertamento 
della validit� � Accertamento di violazione 
di norme valutarie � Sussiste 
la giurisdizione dell'A.G.O., 86. 

-Sanzioni amministrative � Alternati� 
vit� tra sanzione pecuniaria e misura 
ripristinatoria � Interesse legitti� 
mo � Sanzione pecuniaria ragguaglia� 
ta al danno � Diritto soggettivo, 135. 

-Sanzioni amministrative � Cave e mi� 
niere . Sanzione pecuniaria � Diritto 
soggettivo � Obbligo concorrente di 
ripristino � Irrilevanza, 135. 

- 
Sanzioni amministrative � Funzione 
ripristinatoria � Interesse legittimo � 
Funzione punitiva � Diritto soggetti� 
vo, 135. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Controinteressati � Procedimento ri� 
conoscimento denominazione origine 
controllata� Venditori e produttori� 
Iscrizione all'albo successiva al provvedimento 
impugnato, 147. 

-Controinteressato � Riconoscimento 
denominazione origine controllata � 
Camera di commercio � Potere di 
iniziativa, 147 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Permessi retribuiti � Cariche poli� 
tiche . Consigliere comunale � Li� 
miti di tempo, 111. 

-Provvedimento disciplinare � Di� 
spensa dal servizio � Violazione del 
dovere di fedelt� � Violazione segreto 
di ufficio, 143. 

LOCAZIONI 

-Equo canone � Edifici particolarmente 
degradati � Individuazione � Venezia, 
119. 


XII 
RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

OPERE PUBBLICHE 

-Edilizia postale -Concessione edilizia 
inutiliter data -Annullamento giurisdizionale, 
106. 

-Edilizia postale -Conformit� a piano 
adottato -Interpretazione, 106. 

-Edilizia postale -Norme applicabili, 
106. 

PREVIDENZA 

-Assicurazione contro gli infortuni 
sul lavoro e le malattie professionali 
-Personale ferroviario -Gestione 
da parte dell'Amministrazione 

F. S. -Successione dell'Ente Ferrovie 
dello Stato alla Azienda Autonoma 
Ferrovie dello Stato, con nota 
di G. STIPO, 69. 
PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Intervento -Intervento del 
successore a titolo particolare -Ammissibilit�, 
86. 

-Condanna a favore del cessionario 
senza preventiva estromissione del 
cedente: ammissibilit�, 86. 

-Sospensione dei termini processuali 
e sostanziali per gli enti mutualistici 
-Applicabilit� alla inattivit� 
processuale -Esclusione, 91. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Ordinanza di rinvio a giudizio Divieto 
di integrare il dispositivo con 
la motivazione -Insussistenza, con 
nota di G. LANCIA, 189. 

....:.. 
Ordinanza di rinvio a giudizio -Incompletezza 
del dispositivo -Causa 
necessaria di nullit� -Esclusione, 
con nota di G. LANCIA, 189. 

-Ordinanza di rinvio a giudizio -Incompletezza 
del dispositivo -Mancata 
considerazione di capi di imputazione 
ritenuti sufficientemente 
provati di motivazione -Procedura 
di correzione ex art. 149 c.p.p. Ammissibilit�, 
con nota di G. LANCIA, 

189. 
PROVVEDIMENTI CONTINGIBILI E 
D'URGENZA 

-Contenuto -Ordine di fare -Legittimit�, 
114. 

-Presupposti -Imminenza pericolo Fatti 
pregressi, 114. 

REGIONE 

-Recupero coattivo dei crediti -Procedura 
ex r.d. 639 del 1910 -Applicabilit�, 
8. 

-Ricorso straordinario avverso atti 
regionali -Potest� di decisione Spetta 
allo Stato, 1. 

TRENTINO-ALTO-ADIGE 

-Edilizia sovvenzionata -Competenze 
provinciali -Sostituzione dello 
Stato -Legittimit� -Limiti, 15. 

-Elezioni comunali -Requisito della 
ininterrotta resistenza biennale -Illegittimit� 
costituzionale, 13. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta locale sui redditi -Agevolazione 
per le case di abitazione non 
di lusso -Conformit� alla licenza 
edilizia e alle prescrizioni urbanistiche 
-:t1. necessaria, 175. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Accertamento -Rettifica del 
bilancio ex art. 119 del t.u. 29 genganio 
1958 n. 645. Maggiori valori 
risultanti da valutazioni ai fini dell'imposta 
di registro -Utilizzabilit� Prova 
contraria del contribuente, 157. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Attivit� di impresa -Interessi 
passivi -Deducibilit� -Condizioni Inerenza 
alla produzione del reddito 
-Necessit�, 163. 

-Imposta sul reddito delle persone 
giuridiche -Societ� ed enti non 
aventi sede legale o amministrativa 
nel territorio dello Stato -Rappresentante 
per i rapporti tributari Legittimazione 
a stare in giudizio Sussiste, 
178. 

-Riscossione -Opposizione esattoriale 
-Improponibilit�, 160. 



INDICB DELLA GIURISPRUDENZA. xm 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro -Miniere e cave 
-Tipi negoziabili possibili, 164. 

-Imposta di registro -Societ� di persone 
-Socio d'opera -Recesso con 
rinucia alla liquidazione della quota 
sociale -Accrescimento in favore degli 
altri soci -:I:. soggetto all'imposta 
di trasferimento, 155. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento -Prova -Mezzi ammessi 
da parte del contribuente -Mezzi 
diversi dalla prova documentale precostituita 
-Ammissibilit� Limiti, 172. 

-Contenzioso tributario -Decisione 
parziale -Impugnazione immediata Impugnazione 
differita � Impossibilit� 
,168. 

-Contenzioso tributario -Provvedimento 
impugnabile -Atto che nega 
la spettanza di agevolazione pluriennale 
-:I:. tale, 170. 

URBANISTICA 

-Piano regolatore -Demanio marittimo 
-Destinazione ad usi pubblici 
del mare -Compressione competenza 
autorit� marittima -Illegittimit�, 
94. 

-Piano regolatore -Demanio marittimo 
� Intesa, 94. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

31 dicembre 1986, n. 298 . 
31 dicembre 1986, n. 304 . 
22 gennaio 1987, n. 13 . 
17 febbraio 1987, n. 42 . 
17 febbraio 1987, n 49 . 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 

Sed. plen., 5 marzo 1986, nella causa 242/84 . 
5a sez., 24 giugno 1986, nella causa 22/85 . 
Sed. plen., 15 ottobre 1986, nella causa 168/85 . 
Sed. plen., 4 dicembre 1986, nella causa 205/84 
Sed. plen., 16 dicembre 1986, nella causa 200/85 . 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 


S�z. Unite, 3 giugno 1986 n. 3704 . 
Sez. I, 1 agosto 1986, n. 4909 . 
Sez. I, 1 agosto 1986, n. 4914. 
Sez. I, 15 ottobre 1986, n. 6040 . 
Sez. Un., 3 novembre 1986, n. 6418 . 
Sez. I, 8 novembre 1986, n. 6548 . 
Sez. I, 8 novembre 1986, n. 6550 . 
Sez. I, 8 novembre 1986, n. 6552 . 
Sez. Un., 10 novembre 1986, n. 6560 . 
Sez. I, 13 novembre 1986, n. 6647 . 
Sez. I, 13 novembre 1986, n. 6653 . 
Sez. I, 19 novembre 1986, n. 6803 . 
Sez. I, 19 novembre 1986, n. 6808 . 
Sez. I, 29 novembre 1986, n. 7057 . 
Sez. Un., 10 febbraio 1987, n. 1393 . 
Sez. Un., 21 marzo 1987, n. 2807 . 
Sez. Un., 21 marzo 1987, n. 2809 . 
Sez. Un., 23 aprile 1987, n. 3945 . 


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157 
160 
86 
163 
164 
168 
69 
170 
172 

175 

91 
178 
70 
180 
184 
71 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE 

18 i:narzo 1987, n. 8 ......................... . 


PRETURA DI ROMA 
Sez Lav .., 21 maggio 1986. . ................... . 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 10 luglio 1986, n. 478 . 
10 luglio 1986, n .496 
29 settembre 1986, n. 618 . . . 
16 'febbraio 1987, n. 100 . 
Sez. V, 1� settembre 1986, n. 403. 
28 febbraio 1987, n. 144 
Sez. VI, 9 agosto 1986, n. 630 . 
9 agosto 1986, n. 642 .. 
20 febbraio 1987, n. 67 . 
20 febbraio 1987, n. 71 . 


GIURISDIZIONI-PENALI 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

Sez. Penale, 5 settembre 1986, n. 1371 . . 

Pag. "186 

Pag. 82 

Pag. 94 
� 102 
� 106 
111

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PARTE PRIMA 


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GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 31 dicembre 1986, n. 298 -Pres. La Pergola -
Rel. Baldassarre -Regione Toscana e regione Abruzzo (avv. Predieri) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Azzariti). 

Regioni � Ricorso straordinario avverso atti regionali � Potest� di decisione 
� Spetta allo Stato. 

Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione � Questione incidentale di 
costituzionalit� � Limite di sollevabilit�. 

Il ricorso straordinario al Capo dello Stato si distingue nettamente 
dai ricorsi amministrativi e da altre espressioni di amministrazione attiva 
in forma contenziosa; e ci� anche quando il Consiglio dei Ministri deliberi 
in difformit� dal parere del Consiglio di Stato. Esso peraltro non si integra 
nel sistema di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, 
n� costituisce strumento di controllo riconducibile all'art.125 comma primo 
Costituzione. La sfera di attribuzione costituzionalmente assegnata alle 
regioni non � lesa dalla spettanza allo Stato del potere di decisione dei 
ricorsi straordinari proposti avverso atti amministrativi regionali (1). 

Una questione di legittimit� costituzionale pu� essere sollevata nel 
corso di un giudizio per conflitto di attribuzione solo quando concerna 
una questione logicamente pregiudiziale rispetto a quella di cui si sostanzia 
il conflitto stesso. 

Con i ricorsi introduttivi dei presenti giudizi, riuniti in un'unica decisione 
per l'identit� dell'oggetto, .Je Regioni Toscana e Abruzzo famentano 
che fo Stato, estendendo agli atti amministrativi regionali il. proprio potere 
di decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, invade 
~e competenze amministrative riservate alle Regioni dall'art. 118 Cost., in 
relazione con gli artt. 4 e 81 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, concernente il 

(1) L'arcaico istituto del ricorso straordinario continua a creare difficolt�, 
e per� anche a ... superarle. Merita segnalare il passo in cui la sentenza in qualche 
misura avalla i pareri del Consiglio di Stato coi quali si � esteso alle 
regioni l'accesso diretto alla funzione consultiva del Consiglio medesimo; ci� 
tuttavia senza esaminare i problemi da una siffatta estensione praeter legem 
sollevati. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

2 

trasferimento e la delega a11e Regioni di funzioni amministrative dehlo 
Stato. 

A motivo delle Joro richieste le predette Regioni pongono la convinzione 
che hl ricorso straordinario sia un atto rientrante nell'amministrazione 
attiva statale e, come tale, non potrebbe riguardare gli atti regionali, considerato 
che di esso non v'� traccia alcuna in nessuna delle disposizioni 
che definiscono le competenze amministrative de1lo Stato nelle materie 
attribuite ahle Regioni ovvero in que1le trasferite o delegate alle stesse. 

I ricorsi sono infondati. Come questa Corte ha pi� volte affermato 
(sentenze n. 31/1975, n. 148/1982), il ricorso straordinario al Presidente 
della Repubblica � un istituto singolare, anomailo, che unisce a spiccati 
caratteri amministrativi un procedimento contenzioso sui generis finalizzato 
a1la risoluzione non giurisdizionale di un conl�litto concernente la 
legittimit� di atti amministrativi definitivi. 

L'attuale disciplina legislativa, contenuta nel capo III (artt. 8-15) del 

d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia 
di ricorsi amministrativi), ha conservato la natura del tutto atipica 
che quest'istituto ha assunto sin dall'epoca della monarchia costituzionale. 
Essa, infatti, n~ conferma il carattere di rimedio straordinario contro eventuali 
illegittimit� di atti amministrativi definitivi, che i singoli interessati 
possono attivare con modica spesa, senza il bisogno dell'assistenza tecnicolegale 
e con il beneficio di termini di presentazione del ricorso partico1armente 
ampi (artt. 8 e 9). La sua procedura prevede che fistruttoria sia 
svolta dai Ministeri competenti o, in mancanza di questi, dalla Presidenza 
del Consiglio (art. 11), i quali, quando si tratta di atti amministrativi emanati 
da enti diversi dello Stato, possono avvalersi, e di fatto non crisulta che 
ci� non avvenga, della pi� piena collaborazione di questi ultimi. La decisione 
� adottata nella forma tipica degli atti governativi, il Decreto del Presidente 
della Repubblica, su proposta del Ministro competente (che poi 
controfirma l'atto), previo conforme parere del Consiglio di Stato (solo 
nel caso in oui il Ministro intenda propo!1re una pronunzia difforme rispetto 
a quest'ultimo parere, il d.P.R. � adottato su deliberazione del Consiglio 
dei Ministri, che deve essere sorretta da un'adeguata motivazione circa 
la diversa interpretazione del diritto seguita) (art. 14). Ll d.P.R., al pari di 
ogni atto del Governo, � poi sottoposto al visto della Corte dei Conti. 
Il carattere amministrativo del procedimento risulta tuttavia temperato 
dall'esigenza derivante dal fatto che si � pur sempre in presenza di un meccanismo 
di .risolll2lione di una controversia avente ad oggetto il riconoscimento 
di diritti o di interessi [egittimi e, soprattutto, in considerazione cli 
una caratteristica peculiare dell'istituto: la sua alternativit�, peraltro attenuata 
nel tempo, rispetto al ricorso giurisdizionale. Beninteso, siffatti caratteri 
non sono tali da far tramutare il ricorso straordinario in un pro-:
edimento formalmente e/o sostanzialmente giurisdizionale e, quindi, in 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

una dichiarazione del diritto diretto a far stato fra :le parti e pronunziata 
da un organo istituzionalmente imparziale. 

Prova ne sia che, tanto per ricordare gli elementi pi� importanti, la 
complessiva disciplina legislativa del procedimento manca di alcune fondamentali 
caratteristiche delle attivit� giurisdizionali, quali, ad esempio, la 
bilateralit� del contraddittorio, una qualsiasi garanzia di difesa tecnica, 
i'imparzialit� istituzionale dell'organo decidente. 

Nondimeno, in considerazione .delle predette esigenze, la legislazione e 
la giurisprudenza, �compresa quella di questa Corte, si sono sforzate di 
stabilire sostanziali parallelismi e sicuri raccordi con l'attivit� giurisdizionale. 
I principali fra questi sono, oltre al carattere contenzioso del procedimento, 
la facolt� dei privati -cui questa Corte con sentenza n. 148/1982 
ha equiparato gli enti pubblici non statali autori dell'atto impugnato -di 
chiedere in limine litis fa trasposizione della controversia nella sede giurisdizionale 
e quella di impugnare presso il giudice amministrativo la decisione 
del ricorso per vizi di forma o di procedimento, nonch� l'estensione 
allo stesso ricorso straordinario del rimedio della revocazione e dell'azione 
giudiziaria di fronte al giudice ordinario. 

Se la previsione di tali garanzie, come ha riconosciuto questa Corte 
(sentenza n. 78/1966), rende il ricorso straordi!Ilario non incompatibile con 
l'art. 113 Cost., non pu� tuttavia comportare l'effetto di integrarlo, nel sistema 
di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi verso gli 
atti della Pubblica Amministrazione facente capo allo stesso art. 113. Tantomeno 
ci� appare sostenibile ove si voglia alludere a una pretesa costituzionalizzazione 
del ricorso straordinario, considerato che attualmente � 
nella piena libert� del legislatore ordinario stabilire una disciplina positiva 
sostanzialmente diversa da quella vigente oppure conservare intatta quella 
attuale, o finanche, decretare l'abolizion edell'istituto stesso. In realt�, il 
ricorso straordinario a!l Presidente de1la Repubblica, come da tempo riconoscono 
senza contrasto alcuno giurisprudenza e dottrina, � un procedi� 
mento amministrativo di secondo grado, attivabile su ricorso dei singoli 
interessati, di carattere spic-catamente contenzioso ed avente ad oggetto 
atti amministrativi definitivi: si tratta, dunque, ~i un atto amministrativo, 
le cui singolari peculiarit� non possono comunque indurre l'interprete a 
configurarlo come una sorta di ircocervo giuridico. 

Sulla base dei caratteri appena descritti risulta chiaramente come il 

ricorso straordinario, se non pu� essere minimamente assimilato ad atti 

di tipo giurisdizionale o � paragiurisdizionale �, non pu� tuttavia essere 

definito neppure come atto di amministrazione attiva. 

�, certo, vero che la disciplina del ricorso � giuridicamente imputabile 

ad un organo politico-amministrativo, mentre l'intervento del Consiglio di 

Stato � pur sempre costituito da un parere, che, anche se rappresenta 

normalmente il contenuto della decisione. � comunque, dal punto di vista 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giuridico, vincolante. Ed � altrettanto vero che questo carattere appare 
addirittura accentuato nel caso, in verit� di rarissima evenienza, in cui 
gli organi di governo intendano discostarsi dal parere del Consiglio di Stato 
e adottino in conseguenza un'apposita deliberazione del Consiglio dei Ministri, 
vale a dire una decisione dell'organo supremo di direzione politicoamministrativa. 
Tuttavia, tanto nella sua forma pi� comune quanto sotto 
specie di autotutela (com'� nercaso dell'annullamento d'ufficio del governo 
a norma dell'art. 6 1. com. e prov.), l'amministrazione attiva � caratterizzata 
nella sua essenza dal perseguimento degli specifici fini e dalla soddisfazione 
dei particolar.i interessi che la legge attribuisce alle singole amministrazioni 
pubbliche. 

In parole diverse, per far riferimento al oaso di specie, altro � curare 
nel modo migliore gli assetti urbainistiici, altro � dirimere i conflitti insorgenti 
nella materia urbanistica: nel primo caso si � di fronte a un'attivit� 
della Pubblica Amministrazione di natura discrezionale diretta allo specifico 
fine predeterminato dalla legge, nel secondo ricorre invece un'attivit� 
di pura e semplice applicazione del dirdtto oggettivo o, comunque, un'attivit� 
�diretta a soddisfare un interesse generale diverso da quelli attribuiti 
alle singole amministrazioni. E che quest'ultimo sia il caso in questione � 
dimostrato tanto dal fatto che gli organi decidenti, pur essendo istituzionalmente 
i massimi organi di direzione politico-ammi.nistrativa, sono tenuti 
nella specie a motivare sul punto di diritto, quanto dal fatto che la 
sezione (o la commissione speciale) del Consiglio di Stato investita del 
parere possa rimettere ~a questione alla Adunanza Generale onde evitare 
�contrasti giurisprudenziali� (potere, quest'ultimo, che � parallelo a: quello 
del P~esidente del Consiglio d.i Stato di deferire alla stessa Adunanza la 
risoluzione di questioni di massima particolarmente importanti) (art. 12 

d.P.R. n. 1199/1971). Del resto � proprio questo profilo che giustifica e 
rende razionale il particolare sistema di gravami relativi al ricorso straordinario, 
prima accennato. 
In ragione dell'aspetto ora considerato il ricorso straordinario si distingue 
nettamente dai ricorsi amministrativi ordinari e da altre e51pressioni 
di amministrazione attiva in forma contenziosa. Si tratta di una 
distinzione che non � vanificata neppure nel caso in cui il Consiglio dei 
Ministri adotti U111'autonoma decisione sul �ricorso straordinario in dif� 
formit� dal parere del Consiglio di Stato. Quest'ultima, infatti, va letta come 
una clausola di salvaguardia che iil Governo, nella sua pi� comprensiva 
co11egialit�, cio� come Consiglio dei Ministri, pu� attivare quando, a suo 
giudizio, sia prospettata una decisione del caso concreto che possa arrecare 
pregiudizio al buon andamento della Pubblica Amministrazione o all'indi


�rizzo politico. Si tmtta di una clausola contro il cui possibile esercizio abusivo 
valgono peraltro i ricordati mezzi cli impugnazione e Ia cui previsione 
normativa se da un lato preclude ogni possibilit� di configurare il ricorso 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

straordinario come atto formalmente o sostanzialmente giurisdizionale, dall'altro 
lato si armonizza perfettamente con le forme di garanzia rappresentate 
dai principi costituzionali vigenti sulle attivit� amministrative, attivit� 
fya le quali indubbiamente rientra, seppure in una posizione del tutto 
peculiare, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. 

Va comunque sottolineato, conclusivamente, che, non rientrando il 
ricorso straordinario tra le forme di amministrazione attiva, � del tutto 
vano, oltrech� inconferente, cercare il fondamento normativo del relativo 
potere di decisione� .avverso gli atti amministrativi regionali nelle disposizioni 
di legge che ripartiscono i compiti di amministrazione attiva fra lo 
Stato e la Regione, segnatamente nell'art. 118 Cost. in connessione con 
l'art. 117 Cost. e con gli a(['tt. 4 e 81 del d.P.R. n. 616/1977. Cos� come sarebbe 
vano e inconferente, del resto, cercarne il fondamento nell'art. 125 Cost., 
considerato che il ricorso straordinario non pu� essere configurato come 
un atto di controllo, mancando, nel caso, ogni possibilit� di concepire in 
generale un rapporto di vigilanza o di supervisione tra l'autorit� investita 
de1la decisione del rico11so e le autorit� di volta in volta emananti l'atto 
amministrativo dedotto nella controversia. 

L'originaria e antica linfa che faceva vivere il ricorso straordinario come 
una sorta di prerogativa di grazia concessa al monarca, in quanto capo e 
personificazione vivente dell'apparato governativo-amministrativo, se non 
scorre pi� come un tempo in un istituto che ha totalmente perduto la lontana 
configurazione di strumento equitativo, non ha tuttavia cessato di 
fluire del tutto. L'� eccezionalit� � .un tempo rivestita da una forma di 
intervento extra juris ordinem, si � tradotta oggi nell'assoluta atipicit� 
di un procedimento amministrativo di secondo grado, imputato .al pi� elevato 
organo dell'amministrazione pubblica (il Governo), che, intervenendo 
quando la funzione amministrativa attiva ha gi� esaurito il suo corso e si � 
conoretizzata in provvedimenti definitivi, assicura la -risoluzione non giuri� 
sdizionale di una controversia in sede amministrativa del tutto straordinaria. 


La permanenza attuale di una ragione gius.tificativa di tale istituto 

non st�, dunque, nella sua improbabile natura di appello �al sovrano o al 

vertice amministrativo. Sta piuttosto nel fatto che il ricorso straordinario 

costituisce, per la Pubblica Amministrazione, un mezzo uilteriore di garan


zia della legalit� e dell'imparzialit� de1la propria azione -che, insieme ail 

buon andamento, sono pur sempre i valori costituzionali supremi cui deve 

ispirarsi l'attivit� amministrativa -e, per i cittadini, come ha gi� detto 

questa Corte (sentenza n. 78/1966), uno strumento aggiuntivo, rispetto a 

quelli ordinari, di tutela dei propri diritti soggettivi e interessi legittimi, 

la cui adeguata protezione rappresenta un valore altrettanto �primario e, 

in un certo senso, speculare rispetto a quelli precedentemente ricordati. 

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6 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sotto tale profilo, appaiono effettivamente collaterali gli argomenti 
relativi al supposto collegamento diretto del ricorso straordinario con il 
carattere sostanzialmente unitario della Pubblica Amministrazione, di cui 
hl Governo � in ultima istanza garante e tutore. Mentre determinanti sembrano 
piuttosto, ai fini dell'affermazione della compatibilit� dell'istituto in 
questione con l'autonomia amministrativa costituzionalmente attribuita alle 
Regioni, tanto le garanzie che-assistono la decisione del ricorso stesso 
quanto i mezzi assicurati alle Regioni medesime per tutelare la propria 
autonomia amministrativa.di fronte ad un procedimento statale come quello 
del ricorso stra�rdinario. Tra le prime assume particolare rilievo il ruolo 
svolto dal parere del Consiglio di Stato, pi� precisamente dall'intervento 
sostanziale di un organo che, nella specifica funzione considerata, legittima 
notoriamente la propria azione in funzione di garanzia della legalit� complessiva 
dell'azione amministrativa e dell'interesse pubblico generale, non 
gi� di quelli settoriali (fossero anche quelli strettamente governativi o 
dell'aipparato statale contrapposti a quelli delle Regioni e degli enti locali). 
Fra le altre garanzie, cio� fra quelle previste a tutela dell'autonomia amministrativa 
regionale, rilevano invece i numerosi strumenti legislativi e 
giurisprudenziali che, in definitiva, hanno pienamente legittimato il ricorso 
straordinario sotto tale profilo, garantendo una sostanziale volontariet� 
dell'accettazione di tale rimedio, non solo da parte degli interessati, ma 
anche da parte dei controinteressati, compresa l'autorit� non statale che 
abbia emanato l'atto impugnato (per tacere della possibilit� giuridica, per 
questi ultimi, di porre riparo agli eventuali vizi di legittimit� mediante i 
gi� ricordati mezzi di impugnazione). 

Pi� in particolare, sotto l'aspetto da ultimo considerato, occorre ricordare 
che questa Corte, nel dichiarare la competenza dello Stato ad essere 
titolare delle attivit� istruttorie relative ai �ricorsi straordinari (sentenza 

n. 31/1975), ha espressamente ammesso la possibilit�, quando se ne dia il 
caso, della pi� piena collaborazione alle predette attivit� da parte delle 
Regioni interessate. 
Del �resto, ad essere realistici, quando ad essere impugnato � un atto 
amministrativo regionale, l'unica via che si apre al ministero competente 
per compiere l'istruttoria � quella di sollecitarla all'amministrazione regionale 
che ha emanato l'atto, chiedendo a questa la documentazione necessaria, 
le notizie rilevanti e le deduzioni del caso. Inoltre, va pur detto che 
nei suoi pi� recenti pareri lo stesso Consiglio di Stato ha ammesso la possibilit� 
per le Regioni di accedere direttamente alla funzione consultiva 
del Consiglio medesimo chiedendo pareri spontaneamente e senza l'intermediazione 
altrui. In terzo luogo, come si � gi� ricordato, ancora questa Corte, 
nel dichiarare l'illegittimit� costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 
1971 nella parte in cui ometteva di considerare gli enti pubblici non statali 
fra i titolari della facolt� di trasposizione del ricorso straordinario nella 
sede giurisdizionale (sentenza n. 148/1982), ha equiparato ai controinteres



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sati, sotto questo profilo, anche le Regioni che hanno emanato l'atto impugnato. 
In quarto luogo, l'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, in conformit� del 
resto con una precedente pronunzia di questa Corte (sentenza n. 1/1964), ha 
previsto che i controinteressati, e quindi anche la Regione che abbia emanato 
l'atto impugnato, possano attivare i comuni mezzi di gravame (seppure 
per i soli errores in procedendo) contro la decisione del ricorso straordinario. 
lnfme, "art. 13 dei d.P.R. n. 1199 tkl Jil?l fa comunque salvi anche 
in caso di accoglimento del ricorso straordinario g~i ulteriori provvedimenti, 
compresa la mera modifica dell'atto impugnato, che le amministrazioni pubbliche 
competenti, statali o regionali che siano, intendano adottare. 

Da tutto ci� risulta che -in parte per via legislativa, in parte per via 
pretoria -si � venuto creando un sistema positivo che, pur se conserva la 
titolarit� della decisione del ricorso straordinario allo Stato e, in particolare, 
al Governo, lascia tuttavia alla Regione, quando oggetto dello stesso ricorso 
siano atti amministrativi regionali, la piena padronanza degli interessi e 
degli strumenti di tutela collegati all'autonomia amministrativa che l'art. 118 
Cost. le garantisce. Pertanto, Ja sfera di attribuzione costituzionalmente 
assegnata alle Regioni non pu� ritenersi lesa dalla spettanza allo Stato del 
potere di decisione dei ricorsi straordinari al Presidente de!Ja Repubblica 
avverso atti amministrativi regionali. 

Nel corso del giudizio per conflitto di attribuzione tutte e tre le Regioni 
ricorrenti hanno prospettato il dubbio che, una volta che il capo III (artt. 815) 
del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti 
in materia di ricorsi amministrativi) fosse interpretato come � stato appena 
fatto, vale a dire nel senso di considerare ammissibile l'estensione del ricorso 
straordinario agli atti amministrativi regionali, questo stesso gruppo 
di disposizioni potrebbe esser ritenuto incostituzionale per violazione dell'art. 
118 Cost. (Omissis). 

Secondo la costante giuriprudenza di questa Corte (e.g. sent. n. 68/1961, 
ord. n. 73/1965, sent. n. 195/1972, sent. n. 122/1976), � ben possibile sollevare 
una questione di �ostituzionailit� nel corso di un giudizio per conflitto di 
attribuzione, semprech� il sospetto di illegittimit� costituzionale non riguardi 
l'oggetto stesso del conflitto, ma concerna UJJ.a questione logicamente 
pregiudiziale rispetto a quella di cui si sostanzia il conflitto stesso. Se cos� 
non fosse, si produrrebbe peraltro .una sostanziale vanificazione del termine 
previsto per la proposizione dei ricorsi nei giudi:.d di legittimit� costituzionale 
in via di azione (art. 32, secondo comma, L n. 87 del 1953). Sulla base 
di tale premessa, mentre non c'� dubbio alcuno che dei due profili sollevati 
quello relativo al presunto eccesso di delega del capo III del d.P.R. 1199/1971 
rispetto a1l'art. 6 I. n. 775 del 1970 dia corpo a una questione distinta da 
quella attinente al conflitto di attribuzione e astrattamente pregiudiziale 
rispetto allo stesso, al contrario il profilo relativo alla pretesa violazione 
dell'art. 118 Cost. costituisce l'oggetto stesso ed esclusivo del conflitto 


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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

medesimo. Si tratta, dunque, in quest'ultimo caso, di una questione di interpretazione 
risolvibile nell'ambito del processo logico di definizione delle 
competenze oggetto del conflitto. Come tale, la questione di costituzionalit� 
del capo III del d.P.R. n. 1199/1971 iri relazione all'art. 118 Cost. � inammissibile. 
(Omissis). 

ip.q.m . 

... spetta aN.o Stato la decisione del ricorso sto:aordinario al Presidente 
della Repubblica avverso atti amministrativi regionali. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 31 dicembre 1986, n. 304. Pres. La Pergola� 
Rel. Baldassarre � Giavolucci Sergio ed altro (n. p.) e regione Emilia-Romagna 
(n. p.) e regione Puglia (n. p.). 

Regione � Recupero coatilvo dei creditl � Procedura ex r.d. 639 del 1910 � 
Applicabilit�. 
(Cost. artt. 3, 24, 102 e 117; I. reg. Emilia-Romagna 14 maggio 1975 n. 30, art. 15;

I. reg. Puglia 15 novembre 1977 n. 36, art.. 2). 
Corte Costituzionale � Disposizione legislativa sterile � Questione di legittimit� 
costituzionale � Inammissibilit�. 

La procedura per il recupero coattivo dei crediti prevista dal r.d. n. 639 
del 1910 pu� essere utilizzata, senza necessit� di norme regionali di rinvio 

o riproduttive, anche dalle regioni (nella specie, i crediti sono stati originati 
dalla pre;stazione di servizi pubblici) (1). 
Non � ammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata 
rispetto ad una disposizione legislativa sostanzialmente sterile, ch� inutiliter 
data sarebbe la pronuncia della Corte su essa resa. 

Le sei ordinanze dei giudici a quibus prospettano il.'iHegittimit� costituzionale 
di due disposizioni ponendo a questa Corte .una medesima questione: 
se le leggi regionali possano prevedere l'utilizzazione della procedura 
coattiva disposta dai! testo unico sulle entrate patrimoniali dello Stato 

(r.d. 14 aprile 1910 n. 639) al fine di recuperar�, presso terzi responsabili, 
propri crediti nascenti dalia prestazione di servizi ospedalieri (c.d. rivalsa 
ospedaliera). 
(1) Giustamente la Corte ha riconosciuto che lo strumento di autotutela 
anche esecutiva offerta dal r.d. n. 639 del 1910 � utilizzabile anche dai soggetti 
pubblici non espressamente nominati nell'art. 1 di detto r.d. Va per� osservato 
che la sentenza ha un ulteriore contenuto implicito: essa attribuisce allo Stato 
la competenza a disciplinare i momenti per cos� dire � intersoggettivi " dell'attivit� 
di riscossione dei crediti, escludendo che tali momenti ineriscano alle 
� materie � cui si riferiscono le varie attivit� amministrative che hanno dato 
origine alla nascita dei crediti. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I profili per i quali le predette disposizioni di legge regionale sono sospettate 
di incostituzionalit� sono riferiti a diversi articoli della Costituzione: 
l'art. 117 (violazione dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi 
statali e del limite delle materie attribuite alla competenza legislativa regionale), 
l'art. 3 (disparit� di trattamento fra i soggetti pubblici che possono 
fare rico11so all'ingiunzione di pagamento e i soggetti privati che non 
possono utilizzare tale procedura coattiva), l'art. 24 (violazrl.one del diritto 
di difesa in quanto l'ingiunzione � emes1sa senza contraddittorio e non colpisce, 
in ipotesi, la -controparte di un rap[pdrto contrattuale, ma un terzo) 
e l'art. 102 (violazione della riserva statale dehle funzioni giurisdizionali con 
la previsione di atti, come l'imputazione di responsabiilit� del terzo e l'ingiunzione 
di pagamento, ritenuti di natura giullisdizionale). 

Le questioni, riunite in un medesimo giudizio per fidentit� del Joro 
oggetto, sono comunque inammdissibili. 
Come :ripetutamente affermato da questa corte (sentenze n. 108/1957; 

n. 122/1976; n. 1/1977; n. 228/1985), ogni volta che ne1le ordinanze di rimessione 
viene denunciata una disposizione in h1ogo di un'altra o, comunque, 
si omette di includere nelJa denuncia una disposdzione anch'essa .applicabile 
{aberratio ictus), si versa in un'ipotesi di irrilevanza della questione, 
poich�, qualunque dovesse essere la pronunzia nel merito 1in �relazione alle 
incostituzionalit� prospettate, rima:rirebbe egualmente ferma, ai fini della 
definizione del giudizio a quo, l'applicabilit� di norme contenute dn disposizioni 
diverse da quelle denunciate. 
Pi� in ,particolare, questa Corte ha applicato tali criteri di giudizio 
non s�lo nel caso di norme del tutto diverse e autonome l'una dall'altra, 
ma anche nell'ipotesi di impugnazione di una disposizione di attuaziooe o 
di una norma meramente riproduttiva, anche se diversamente collocate nel 
sistema delle fonti, rispetto a quella principale non colpita dalla denunzia 
di illegittimit� costituzionale (sent. n. 1/1977). � 

Nel caso di specie le ordinanze di rimessione prospettano l'incostituzionalit� 
di due disposizioni di legge regionale che contengono una formulazione 
che richiama l'applicabilit� alle Regioni, ai fini del recupero di 
crediti sorti a seguito della prestazione di servizf ospedalieri, della procedura 
coattiva prevista dail r.d. n. 639 del 1910. Si tratta di una formulazione, 
attualmente presente dn centinaia di leggi regionali vigenti in diversi campi 
(come, ad esempio, le revoche di contributi regionali in vari settori, il 
recupero di spe~e sostenute dahle Regioni per interventi che dovevano essere 
operati dai privati, il recupero di spese relative ad esecuzioni in danno 

o di somme dovute da concessionari o per sanzioni amministrative, il recupero 
di spese di ricovero ospedaliero sostenute a favore di non aventi 
diritto all'assistenza sanitaria), che tuttavia non esprime la norma da applicare 
al caso di specie, ma contiene piuttosto un richiamo ad abundantiam 
alle disposizioni statali costituenti l'unica e vera fonte normativa del 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

10 

rapporto dedotto nei giudizi a quibus vale a dire il r.d. n. 639 del 1910 (testo 
unico delle disposizioni di legge relative alla ,riscossione delle entrate 
patrimoniali dello Stato). 

Quest'ultimo, al suo art. 1, dispone espressamente che � i sistemi di 
procedura coattiva (...) per la riscossione delle entrate patrimoniali dello 
Stato (...), delle Province, dei Comuni e delle istituzioni pubbliche di beneficienza 
sono abrogati e sostituiti dalle disposizioni della presente legge, 
le quali sono applicabili anche ai proventi del Demanio pubblico e dei 
pubblici servizi ,esercitati dallo Stato e dagli enti sopra menzionati�. Se� 
condo una giurisprudenza pacifica del giudice ordinario, confortata da una 
legislazione interpretativa sostanzialmente conforme (art. 8 d.P.R. 25 giugno 
1953 n. 492) e da una dottrina pressoch� unanime, il predetto art. 1 

r.d. n. 639/1910 ha esteso l'applicabilit� della procedura coattiva anche 
al recupero dei crediti maturati a seguito della prestazione di servizi pubblici 
erogati dalle Regioni e, quindi, al recupero delle spese di ospedalit�. 
Pertanto, le disposizioni applicabili al caso dedotto nel giudizio a quo 
sono quelle, appena ricordate, contenute nel r.d. n. 639/1910, le quali prevedono 
anche per le Regioni la possibilit� dii ricorrere alla procedura coat� 
tiva per le proprie entrate pat�rimoniali e per il recupero delle spese ope� 
rate a fronte dell'erogazione di servizi pubblici. Queste disposizioni, le 
quali sono ovviamente applicabili soltanto ove ne ricorrano i presupposti 
di diritto e di fatto -e, in particolare, quando iil credito sia certo, liquido 
ed esigibile -rispondono chiaramente alla volont� del legislatore statale 
di garantire il buon andamento e la massima speditezza possibile dell'azio 
ne amministrativa dello, Stato e degli enti pubblici sopra menzionati. 
Rispetto a tali disposizioni di legge statale, che non rientrano nell'oggetto 
della denunzia di incostituzionalit�, le norme di leggi regionali impugnate 
non possono essere minimamente considerate � norme di rinvio ,., 
quantomeno in un senso tecnico giuridico. Queste, infatti, presuppongono 
una situazione 'Che, in mancanza del � rinvio � medesimo, non potrebbe 
esser minimamente disciplinata dalle disposizioni o dagli atti normativi cui 
il �rinvio� fa riferimento. Nel caso, invece, le norme del r.d. n. 639/1910 
sono applicabili di per s� alle Regioni e non~abbisognano, a tal fine, di 
aiouna forma di intermediazione normativa da parte delle Regioni stesse. 
Ci� esclude che, in ipotesi, possa trovare applicazione la problematica del 
� rinvio � delle leggi regionali a quelle statali, sulla quale 9,Uesta Corte si 
� gi� soffermata in passato (sent. n. 128/1963). N� � possibile configurare 
in questo caso l'ipotesi di norme �regionali di attuazione o addirittura 
� correttive � rispetto a quelle statali, poich� nessuna delle disposizioni 
denunziate contiene previsioni senza le quali non potrebbero trovare applicazione 
le norme del r.d. n. 639/1910 e, tantomeno, modificative o integrative 
rispetto a quelle statali. E neppure si riscontrano nelle disposizioni 
impugnate norme meramente riproduttive che, anche se in passato, come 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

s:i � prima ;ricordato, sono state ritenute da questa Corte taJ.i da precludere 
l'estensione del sindacato di costituzionalit� alle norme riprodotte e non 
denunziate (sent. n. 1/1977), potrebbero indurre ipoteticamente ad un atteg-. 
giamento meno severo ove si seguisse una dottrina che appare incline a 
dare un'importanza prevalente all'identit� sostanziale del imo contenuto 
no;rmativo anzich� alla differenza formale delle distinte disposizioni che 
le contengono (semprech�, ovviamente, si tratti di norme aventi lo stesso 
valore giuridico). Al contrario, nel caso di specie si ha a che fare con un 
richiamo a disposizioni statali, le quali applicandosi ex se anche alle Regioni, 
rendono il richiamo stesso come assolutamente privo di significato 
no;rmativo. Si tratta, pi� precisamente, di un riferimento utile, volto a 
facilitare presso gli operatori giuridici l'individuazione delle norme (statali) 
da applicaire al caso concreto o, per usare la texminologia pi� comune 
in dottrina, di un � ;rmvio improprio � o � dichiarativo �. 
In una situazione del genere, come ha gi� notato questa Corte (sent. 

n. 122/1976), non ricor�rono neppure i p;resuipposti perch� si possa sollevare 
incidentalmente una questione di costituzionalit� nel corso del giudizio, 
poich� tale possibilit� si d� soltanto quando la Corte dubiti della costituzionalit� 
idi una no;rma ,diversa da quella impugnata che tuttavia appaia 
pregiudiziale rispetto alla decisione finale, nel senso che sia necessariamente 
applicabile nell'iter logico di definizione della ques�tione principale. 
Qui, infatti, non � nemmeno ipotizzabile un qualche rapporto di p;regiudizialit� 
tira le disposizioni regionaJ.i denunziate e quelle statali disciplinanti 
la procedura coattiva, poich� in !l'ealt� sono soltanto queste ultime a dover 
essere aipplicate al rapporto dedotto in giudizio. 
CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1987 n. 13 -Pres. La Pergola -Rel. 

Pescatore -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria) e 

regione Lombaniia. 

Contabillt� pubblica � Regione � Copertura di spesa pubblica � Entrata even� 
tuale e futura � Illegittimit� costituzionale. 

La copertura finanziaria di una spesa pubblica (nella specie, regionale) 
non pu� essere costituita da una entrata aleatoria o comunque conseguibile 
in esercizio successivo. 

(Omissis). Il presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto, in via 
principaJ.e, giudizio di legittimit� costituzionaJ.e avverso la legge approvata 
daJ. Consi~io regionale della Regione Lombardia il 27 marzo 1985, riapprovata 
il 29 ottobre 1985, recante disposizioni sul �Rifinanziamento del



12 

RASSEGNA IJEll'AVVOCATUKA DELLO STATO 


l'art. 10 della I. reg. 3 marzo 1980, n. 22 �. Ha dedotto la violazione dell'articolo 
81, quarto comma, Cost., affermando che nella legge impugnata non � 
prevista un'adeguata ed effettiva copertura degli oneri finanziari ad essa 
conseguenti. 

La questione � fondata. La legge impugnata, integrando gl'interventi 
gi� disposti con la legge reg. 3 marzo 1980, n. 22 (recante � Contributi 
straordinari alla S.rp.A. Ferrovie Nocd Milano�) prevede (art. 1) -al fine 
di consentire il completamento della fornitura di materiale rotabile destinato 
al risanam�nto delle ferrovie gestite daHe Ferrovie Nord Milano l'anticipazione 
di un contributo di sei miliardi di lire, proseguendo l'intervento 
previsto a tal fine dalla legge regionale n. 22 del 1980. Detto contlt"ibuto 
� destinato ad essere erogato, a domanda, rprevia � surrogazione � 
della Regione da parte delle Ferrovie Nord Milano " in tutti i diritti della 
stessa societ� per i crediti da essa vantati nei confronti dell'amministrazione 
dello Stato, nei limiti dell'ammontare del contributo concesso � 
(art. 2). La copertura della spesa inerente alla concessione del contributo 
� stata prevista (art. 4) iscrivendo in bilancio, tra le entrate, l'int~ito di 
sei miliardi di lire, che dovrebbe derivare dal ;rimborso delle somme anticipate, 
in conseguenza della � surrogazione � della Regione nei crediti delle 
Ferrovie Nord Milano verso lo Stato, per contributi dovuti ai sensi della 
t 8 giugno 1978, n. 297. 

Questa Corte ha gi� affermato il principio {Sent. 8 marzo 1983, n. 54), 
secondo il quale la copertu;ra finanziaria di leggi regionali, che prevedono 
anticipazioni a privati di contributi a carico dello Stato, previa cessione 
alfa Regione del relativo credito, non pu� essere correttamente disposta 
mediante la semplice previsione (tra Je entrate, dell'incasso, in Wl momento 
futuro ed incerto, delle medesime somme) operata attraverso la cessione 
del credito verso lo Stato. In tal modo, infatti, l'anticipazione viene a configurarsi 
come una partita di giro, mentre essa implica un esborso effettivo. 
Tale esborso si verifica con il realizzarsi dei presupposti che l'autorizzano 
e si differenzia, dunque, strutturalmente e funzionalmente dalla partita di 
giro. Ne deriva che, costituendo l'anticipazione �,un nuovo onere a carico 
deJ bilancio regionale �, � la relativa copertur� :va reperita, ai sensi dell'art. 
81, quarto comma, Cost.,,attraverso i mezzi consueti: cio� con quelle 
fonti di finanziamento della spesa che consentono di non alterare neJ cocso 
dell'esercizio i dati impostati nel bilancio di previsione� (Corte cost., sentenza 
8 marzo 1983, n. 54, cit.). 

Sulla base di tali principi, deve affermarsi l'inidoneit� del citato art. 4 
della legge impugnata ad adempiere al precetto dell'art. 81 Cost. Infatti, 
esso prevede Ja copertura degtli oneri finanziari, che Ja legge comporta, con 
il recupero delle somme anticipate in seguito all'erogazione (e aH'incasso) 
dei contributi statali alle Ferrovde Nord Milano ai sensi de11a 1. 8 giugno 
1979, n. 297. In tal modo si fa riferimento ad un introito del tutto 


13

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

incerto nell'an e nel quando, giatth�, socondo l'art. 12 della I. 3 marzo 1980, 

n. 22, l'anticipazione � erogat;:,t senza che esista la certezza (oltre che la 
esigibi1it�) del credito delle Ferrovie Nord Milano ve1:1so lo Stato. Infatti, 
detto art. 12 -che disciplina le anticipazioni ex art. 10 della I. n. 22 
del 1980, alle quali la legge impugnata si riferisce -prevede l'erogazione 
delle anticipazioni, fra l'altro, a condizione che le Ferrovie Nord Milano 
abbiano � esperito apposite gare, previo avviso al pubblico, sulla base delle 
modalit� e delle specifiche tecniche che saranno approvate dahla giunta 
regionale � per l'acquisto del materiale rotabile. Non si fa alcun rifenimento 
al previo positivo esperimento anche de1le procedure amministrative 
necessarie, affinch� alle Ferrovie Noro Milano siano effettivamente concessi 
i contributi previsti dalla 1. 8 giugno 1978, n. 297, nei limiti degli 
stanziamenti disponibili. 
Ne deriva che alla spesa inerente all'attuazione del:l.e previsioni della 
legge impugnata � connessa una copertura finanziaria del tutto aleatoria. 
Pertanto la normativa censurata deve essere dichiarata costituzionalmente 
illegittima. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1987 n. 42 -Pres. La Pergola � 
Rel. Ferrari -Leonardi (avv. Barbato), Presidente Consiglio dei Ministri 
e Regione Trentino-Alto Adige (aw. Stato Bruno). 

Trentino-Alto-Adige � Elezioni comunali � Requisito della ininterrotta residenza 
biennale � Illegittimit� costituzionale. 
{Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 25 e 63; d.P.R. 1� febbraio 1973 n. SO, art. 5; 

I. reg. 6 aprile 1956 n. 5, mod. con I. reg. 10 agosto 1974 n. 6, art. 16). 
Contrastano con gli artt. 25 e 63 dello Statuto del Trentino Alto Adige 
(nel testo unico) gli artt. 5, secondo comma, d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 50 
(esercizio del diritto di voto per le elezioni del Consiglio regionale del 
T.A.A., nonch� per quelle dei Consigli comunali della provincia di Bolzano), 
16, secondo comma, legge regionale 6 aprile 1956, n. 5, come modificato 
dalla legge regionale 10 agosto 1974, n. 6 (composizione ed elezione degli 
organi delle amministrazioni comunali), e 15, secondo comma, del testo 
unico delle leggi regionali 27 marza 1980, n. 445, sulla composizione ed elezione 
dei predetti organi, nelle parti in cui prescrivono � almeno due anni 
di ininterrotta residenza nel territorio della provincia di Bolzano � ai fini 
dell'esercizio del diritto di voto per le elezioni dei Consigli comunali compresi 
in detta provincia (1). 

(1) Le disposizioni di attuazione si sono in pi� punti discostate dallo Statuto; 
doverosa appare una attenta verifica, ogniqualvolta sottoposte a sindacato. 
' 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

14 

Un cittadino italiano, gi� residente nel Comune di Bolzano per oltre 
26 anni ~dal 22 maggio 19S6 al 29 novembre 1982), si trasferiva in un Comune 
(Tiardo di Sotto) della provincia di Trento, rientrando peraltro, dopo 
poco pi� di 16 mesi, nel Comune di Bolzano, nel cui registro de!Ja popolazione 
veniva, infatti, reisc:r�.tto il 7 aprile 1984. A distanza di meno di un 
anno dalla. suddetta reiscrizione, e precisamente il 28 marzo 198S, veniva 
p�bblicato il manifesto di convocazione dei comizi elettorali per il r-innovo 
del Consig�io comunale di Bolzano, ed iJ. Leonardi non veniva iscritto nelle 
liste elettorali -�e, di conseguenza, non pot� partec:ipaTe alla votazione-, 
perch� mancante del requisito dell'ininterrotto biennio di residenza, previsto 
dalla disposizione contenuta nell'art. S, secondo comma, del d.P.R. 
1� febbraio 1973, n. SO e, prima ancora, nell'art. 16, secondo comma, della 
legge regionale 6 aprile 19S6, n. S, come modificato dall'art. 6 legge regionale 
10 agosto 1974, n. 6, nonch� nell'art. lS, secondo comma, del testo 
unico approvato con deliberazione della Giunta regionale 27 marzo 1980, 

n. 44S. La Corte d'appello di Trento, investita in secondo grado del giudizio 
promosso dall'interessato, solJeviava dinanzi a questa Corte, questione di 
legdttimit� costituzionale delle suddette disposizioni, denunciandone il contrasto 
con gli artt. 2S, teTzo comma, e 63 del �testo unico delle leggi costituzionali 
concernenti lo Statuto speciale peT il Trentino-Alto Adige �, approvato 
con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. (Omissis). 
Lo stesso testo normativo, il. quale prescrive il contestato requisito 
dell'ininterrotto periodo biennale di residenza nella provincia di Bolzano 

(d.P.R. n. SO del 1973), prevede altres� l'istituzione di una �lista elettorale 
aggiunta � -nei Comuni della Repubblica, per i cittadini che si trasferiscano 
nella regione T.AA. (artt. 3 e 4) e -nei Comuni deHa provincia di 
Trento, per gli elettori che da questa si trasfeTisoano nella provincia di 
Bolzano (art. 8, primo e secondo comma), precisando che gli elettori ivi 
iscritti �hanno diritto di esercitare il voto nel relativo Comune quando, 
durante la maturazione dei periodi residenziali..., vi si dovessero svolgere 
elezioni per il rinnovo del Consiglio comunaile �. Dail combinato disposto 
di tali statuizioni con la norma impugnata 1si d~educe con chiarezza il pensiero 
del legislatore ordinario, secondo oui al cittadino italiano residente 
in provincia di Bolzano, e tuttavia privo del requisito del biennio ininterrotto 
di residenza, non � gi� precluso il diritto di voto, ma � prescritto 
di votare nel Comune di provenienza, an2lich� in quello di residenza. Se 
cos� �, allora si deve riconosceTe che il dubbio di legittimit� concerne, non 
gi� l'elettorato attivo, cio� il diritto politiico per eccellenza, belliS� il suo 
esercizio, limitatamente, beninteso, alla provincia di Bolzano e, nell'ambito 
.di questa, limitataJilente alle elezioni comunali; pi� esattamente, non 
concerne neppure il biennio -dato che questo non si aggiunge, ma � 
compreso nel quadriennio, e che, a ben vedere, ha pur sempre una du

PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

15 

rata inferiore ail � maggior periodo ... nel quadriennio � -, ma la non interruzione 
di esso. 

Lo Statuto speciale, dettando per un verso la regola generale (art. 25, 
quarto comma) che la residenza ininterrotta quadriennale � prescritta 
� ai fini delle elezioni regionali � -e perci�, solo a tali fini -, e riservando 
per altro verso alle elezioni comunali in provincia di Bolzano -e perci� 
soltanto ad esse, non anche a quelle in provinicia di T,rento -un apposito 
articolo ed un'apposita disposizione, cio� l'art. 63 e la proposizione 
finale dell'art. 25, .sembrerebbe facoltizzare il legislatore ordinario ad adattare 
alla peculiare autonomia della provinicia di Bolzano la disciplina delle 
elezioni di quei Consigli comunali, ma pur sempre nel rispetto del principio 
dell'illimitabilit� dell'elettorato attivo e del termine quadriennale di 
residenza nella regione. TuttaW.a, per quanto nella specie il diritto di voto 
sia fuori discussione, perch� fatto salvo dalla possibilit� di esercitarlo 
medio tempore nel Comune di p:rovenienza, ed il requisito della durata 
della residenza nella regione rimanga inalterato, l'espresso, inequivoco rinvio 
che l'art. 63 dello Statuto speciale fa al quarto comma dell'art. 25 ed il 
richiamo che a sua volta la p:roposizione finale di tale comma fa al menzionato 
art. 63 rogano ogni perplessit� interpretativa, inducendo a concludere 
che, anche ai fini dell'esercizio dell'elettorato attivo per i Consigli comunali 
in provincia di Bolzano, si applica il criterio del � maggior periodo 
di residenza nel quadriennio �. E poich� tale criterio � stabilito in una legge 
di rango costituzionaile, devesi ritenere illegittimo il difforme requisito 
del biennio di ininterrotta residenza in provincia di Bolzano, introdotto dal 
legislatore statale e da quello regionale ai fini delle elezioni comunali nella 
suddetta provincia autonoma. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1987, n. 49, Pres. La Pergola -Rel. 
Saja -Prov. di Trento e rprov. di Bolzano (avv. Panunzio) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (aw. Stato Vittoria). 

Trentino-Alto-Adige � Edilizia sovvenzionata � Competenze provinciali � 
Sostituzione dello Stato � Legittimit� � Limiti. 

� 

L'intervento statale in sostituzione di regioni e delle province di Trento 
e Bolzano � consentito quando sussista un interesse nazionale non territorialmente 
frazionabile, e nei limiti della reale esigenza di perseguire detto 
interesse (1). 

(1) Di notevole interesse il princ1p10 riportato in massima, relativo alle 
possibilit� dello Stato di sostituirsi alle regioni (e alle province) in presenza di 
un interesse nazionale non frazionabile. 
I 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

16 

(Omissis). Le due Province sono insorte con quattro ricorsi per �confUtto 
di attribuzioni avverso altrettanti provvedimenti governativi, adottati 
suLla base del d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 convertito con modificazioni 
nella I. 25 marzo 1982 n. 94; successivamente, con un altro gruippo di ricorsi 
le stesse P1rovince: a) hanno impugnato in via principale la disciplina statale, 
avente ispirazione analoga a quella sopra indicata e contenuta nel 

d.l. 7 febbraio 1985 n. 12 convertito con modificazioni nella 1. 5 aprile 1985, 
n. 118; b) hanno proposto altri tre rico11si per conflitto di attribuzioni contro 
i conseguenti provvedimenti amministrativi adottati dal Governo sulla 
base dd tale ultima disciplina e ritenuti anch'essi inviasivi della competenza 
provinciale. 
Gli anzidetti atti normativi concernono la grave situazione in cui si 
erano �venute a trovare in comuni ad alta tensione abitativa i locatari di 
.immobili ad uso di abitazione, nei confronti dei quali era stato giudizialmente 
disposto fil rilascio degli immobili stessi: di conseguenza prevedono 
eccezionali misure di varia natura, tra cui finanziamenti straordinari, per 
i reperimento (costruzione, acquisto, ecc.) di abitazioni da as1segnare ai 
conduttori suindicati, che non erano in condizioni economiche di provvedervi 
autonomamente, ma avevano bisogno di particolari agevolazioni. 

Le due Province con i ricorsi introduttivi e, in modo ancor pi� preciso, 
con le memorie depositate nell'imminenza della pubblica udienza. 
hanno circoscritto la portata dell.e loro censure. Esse, pur energicamente 
affermando la propria competenza :primaria in subiecta materia ed inva-. 
cando al riguardo anche gli artt. 16 e 78 del richiamato statuto speciale, 
non contestano la legittimit� degli interventi statali a favore delle persone 
che erano sul punto di rimanere prive di abitazione e non erano in 
condizione di procurarsene un'altra; si dolgono soltanto di essere state 
estromesse dall'iter procedimentale relativo all'attuazione delle suddette 
misure agevolative. Al riguardo � per� preliminare il rilievo che, nona-. 
stan.te la rilevata comune finalit�, i due testi normativi (del 1982 �e del 
1985) non hanno il medesimo contenuto, giacch� in quello successivo esiste 
una disposizione (art. 5 quinquies cit. 1. n. 118/1985) che, come si vedr� 
mseguito, impone una diversa soluzione. 

I due gruppi di impugnative vanno quindi considerati separatamente. 
(Omissis). , 

Nel merito ila doglianza delle ricorrenti non � fondata. L'esigenza cli 
fronteggiare efficacemente e compiutamente le gravi e preoccupanti conseguenze 
dei ricordati provvedimenti di rilascio si ricollega invero alle fondamentali 
regole della civile convivenza, essendo indubbiamente doveroso� 
da parte della collettivit� intera impedire che delle persone possano rimanere 
prive di abitazione. Da tale esigenza, che rifiuta qualsiasi frazionamento 
territoriale, discende la legittimit� dell'intervento statale, chiaramente 
riconducibile all'esercizio della funzione di indirizzo e di coordina



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

mento. Questa per� non � senza limiti/ ma consente la sostituzione degli 
organi statali alle regioni (o pmvince) solo nei limiti imposti dall'interesse 
naziona:le: � compito quindi deHa Corte di verificare se tale interesse sussista 
effettivamente o non si tratti invece di un pretesto per comprimere 
illegittimamente l'autonomia regionale (o provinciale); nonch� di accertare 
se, anche in presenza del richiamato interesse, l'intervento statale risulti 
contenuto nei limiti segnati da una reale esigenza. A!l di l� di tali limiti non 
pu� ritenersi consentita la sostituzione dello Stato agli enti predetti (cfr. 
particolarmente le sentt. n. 340 del 1983 e 357 del 1985). 

Le due Province deducono appunto, come gi� si � accennato, che tali 
limiti sarebbero stati superati in qruanto, avendo esse in precedenza emanato 
delle norme !specificamente concernenti la materia oggetto dell'intervento 
statale, la loro estromissione dall'attuazione delle provvidenze disposte 
con tale intervento non era affatto giustificata: sussistevano, per 
contro, esigenze di razionale coordmamento e di efficienza dell'azione amministrativa, 
tali da imporre la loro partecipazione alle due fasi sopra 
indicate (individuazione delle aree ad alta tensione abitativa e ripartizione 
dei fondi in comuni compresi nel relativo teI'II'itorio). La deduzione � per� 
puntuale soltanto in parte, dato che le leggi provinciali, a cui sembrano 
riferirsi in particolare i due enti autonomi (1. prov. Trento 6 giugno 1983 

n. 16; ll. prov. Bolzano 19 aprile 1982 n. 16, 21 novembre 1983 n. 45, 31 agosto 
1984 n. 11) sono anteriori alla disciplina del 1985 ma seguono il primo 
degli interventi Jegislativi statali in questione. Conseguentemente, i1 fon� 
<lamentale argomento su cui si fonda la censrura delle Province non � rifeTibile 
ai provvedimenti emessi in attuazione della normativa del 1982; di 
talch� deve ritenersi che lo Stato, per la notevoliissima rilevanza sociale 
dello scopo perseguito e per l'estrema qrgenza con cui le misure predisposte 
dovevano essere attuate, legittimamente ha riservato a se stesso 
ogni attivit� preordinata al raggiungimento di detta finalit�, utilizzando 
peraltro la collaborazione di organi di enti locali. Le doglianze mosse con 
i quattro ricorsi esaminati risultano quindi prive di fondamento. 
La questione presenta un diverso aspetto c�n riguardo alla normativa 
del. 1985, la quale, a differenza di quella ora esaminata, contiene una disposizione 
(art. 5 quinquies della legge n. 118 del 1985 di conversione del 

d.l. n. 12 del 1985) la quale ,recita: �Le province autonome di Trento e di 
Bolzano provvedono nell'ambito delle proprie competenze all� finalit� previste 
nel presente decreto secondo le modalit� stabilite dai rispettivi ordinamenti 
�. Dal tenore univoco della riportata disposizione, chiaramente 
collegata alla sopravvenuta legislazione provinciale invocata dagli enti 
ricorrenti, discende (e su ci� la difesa delle Province e l'Avvocatura dello 
Stato hanno concordato nella discussione orale) che spetta alle Province 
quanto da esse reclamato, vale a dire tanto l'individuazione dei comuni a 

18 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

pi� alta tensione abitativa quanto la ripartizione tra i medesimi dei fondi 
(strao1idinari) occorrenti per �l'attuazione di tale programma e messi a disposizione 
dallo Stato. (Omissis). 

p.q.m. 
I.) dichiara che spetta allo Stato: 

a) di prov'1edere in ordine alla destinazione della quota di finainziamento 
di oui all'art. 2 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 coDIV. in I. 25 marzo 1982 n. 94, 
come disposto nel decreto del Ministro dei lavori pubblici in data 3 gennaio 
1983 (prot. n. 12) e nella nota dello stesso Ministro in data 5 gennaio 
1983 (prot. n. 85/c), relativamente al territorio della Provincia di TTento; 

b) di provvedere con gli stessi criteri e come disposto nei provvedimenti 
suddetti, relativamente aJ. territorio della Provincia di Bolzano; 

c) di provvedere in ordine alla destinazione della quota di finanziamento 
di ct� a�Ll'art. 3 d.l. cit., come disposto dal decreto del detto Ministro 
in data 4 luglio 1984 (iprot. n. 2180/AG) relativamente al territorio della 
Provincia di Trento; 

d) di provvedere con gli stessi criteri e come disposto dal decreto 
dello stesso Ministro in data 5 luglio 1984 (prot. n. 2181/ AG) relativamente 
al territorio delia Provincia di Bolzano; 

Il.) dichiara non fondata, nei sensi di ct� in motivazione, la questione 
di legittimit� costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 5 quinquies d.I. 7 febbraio 1985 

n. 12 come ronv. in I. 5 aprile 1985 n. 118, in riferimento agli aTtt. 3, terzo 
co., 8 n. 10, 16 e 78 dello Statuto Trentino-Alto Adige (T. U. approvato con 
d.P.R. 21.agosto 1972 n. 670); 
III.) dichiara che spetta alle Province di Trento e di Bolzano, nell'ambito 
del rispettivo territorio: 
a) di individuare i Comuni ad alta tensione abitativa ai sensi dell'art. 
5 d.l. n. 12 del 1985 cit.; conseguentemente annulla la delibera CIPE 
in data 30 maggio 1985, in G. U. n. 143 del 19 giugno 1985, nella parte concernente 
il territorio delle due P.rovince; 
b) di disporre in ordine ai fondi assegnati dallo Stato ai sensi dell'art. 
4 d.l. n. 12 del 1985 cit. con decreto del detto Ministro in data 
26 luglio 1985 (prot. n. 3143/AG) e di conseguenza annulla il decreto medesimo. 




SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 5 marzo 
1986, nella causa 242/84 -Pres. Mackenzie Stuart, Avv. Gen. Verloren 
Van Theniaat. Domanda di pr�nuncia pregiudiziale proposta dal 
CoHege van Beroep rvoor het Bedrijfsleven (Paesi bassi) nella causa 
Tezi B.V. c. Ministero dell'economia. lnterv.: Governi olandese (ag. 
Bos), francese (ag. Renouard e Botte), italiano (a'V'll'. Stato Fiumara) 
e del Regno unito (ag. Braggins) e Commissione della C.E. (ag. 
Haagsma e Hartvig) 

Comunit� Europee -Politica commerciale comune -Commercio internazionale 
dei tessili -Misure di salvaguardia. � 
(Trattato CEE, artt. 113 e 115; reg. CEE del Consiglio 23 dicembre 1982, n. 3589). 

Gli artt. 113 e 115 del Trattato CEE, considerati nella loro interrelazione, 
devono essere interpretati nel senso che la Commissione dispone ancora, 
dopo l'Accordo sul commercio internazione dei tessili e dopo l'emanazione 
del regolamento CEE del Consiglio 23 dicembre 1982, n. 3589, del potere di 
applicare l'art. 115 nel settore del commercio dei prodotti tessili soggetti 
alla disciplina di detto regolamento(!). 

(1) Nello stesso senso la sentenza, in pari data, nella causa 59/84, promossa 
dalla TEZI TEXTIL contro la COMMISSIONE C. E. per l'annullamento della 
decisione di quest'ultima che aveva autorizzato i paesi del Benelux ad escludere 
dal trattamento comunitario alcuni prodotti tessili originari di Macao e messi 
in libera pratica negli altri Stati membri. Sulle misure di salvaguardia cfr., oltre 
alla sentenza citata in motivazione, la sentenza 30 novembre 1977, nella causa 
52/77, CAYR4L, in Racc. giur. Corte, 1977, pag. 2288. 
Politica commerciale comune e misure di salvaguardia (nel settore dei tessili). 

* Molto opportunamente -si era osservato da parte del Governo italiano 
nel corso della discussione orale della causa -la Corte ha posto dei quesiti, a 
conclusione della fase scritta, alla Commissione e agli Stati membri intervenuti; 
in particolare per sapere che cosa si sia voluto intendere, nelle memorie scritte, 
per � politica commerciale comune � e quando un regime pu� qualificarsi di 
politica commerciale comune. 
Ho detto � molto opportunamente � perch�, in effetti, si sono potuti creare 
degli equivoci, in dipendenza del significato che si vuol dare all'aggettivo 
e comune�: � comune � � uguale a � comunitario � o � comune � � uguale a 
�uniforme�?. 

I chiarimenti forniti dagli Stati intervenuti e dalla Commissione sono stati 
tutti nello stesso senso e sono tali da dissipare ogni equivoco: essi indicano 



20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). 1. -Con sentenza 2 ottobre 1984, pervenuta alla Corte il 
4 ottobre 1successivo, il College van Beroep voor het Bedrijfsleven (Paesi 
Bassi) ha sottoposto a questa Corte, a norma de1l'art. 177 del Trattato CEE, 
ta1Wle questioni pregiudiziali relative all'inte:ripretazione degli artt. 113 e 
115 di detto Trattato. 

2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di UIIla controversia 
f�ra le isociet� Tezi B.V. (in prosieguo: Tezi) e il Ministero olandese dell'economia, 
vertente sui rifiuto di detto Ministero di rilasciare alla Tezi 
delle licenze per,l'importazione nei Paesi Bassi di determinati quantitativi 
di prodotti tessili rientranti nelle voci 61.01 B V e 3, 61.01 B V e 3 e 61.01 
B II e 6 della Tariffa Doganale ComWle, originari di Macao e messi in libera 
pratica in lrtalia. 
3. -� opportuno ricordare, a questo proposito, che gli scambi di prodotti 
tessili tra Macao e la Comunit� erano disciplinati, all'epoca dei fatti 
di causa, dal secondo Accordo Multifibre stipulato nell'ambito del GATT. 
Detto Accordo, per quanto non ancora ufficialmente approvato dalla Comu� 
nit�, entrava iprovvisoriamente in vigore, in particolare nei rapporti tra la 
Comunit� e Macao, in forza del rego!amento del Consiglio 21 dicembre 1978, 
I 

n. 3059 (G.U. n. 365, pag. 1), sostituito dal regolamento del Consiglio .:-: 
I 
I 
r:: 
23 dicembre 1982, n. 3589, �relativo al reg1me comune da applicare alle 
importazioni di taLuni prodotti tessili originari dei paesi terzi (G.U. n. 374, 
pag. 106). 


all'unisono il primo dei due significati sopradetti (� comune � � uguale a � comunitario
�, e non necessariamente a �uniforme�). 

Ai sensi dell'art. 113 del Trattato pu� dirsi, come osserva esattamente la 
Commissione, che, dopo la fine del periodo transitorio, la Comunit� dispone di 
una propria competenza in ci� che concerne la politica commerciale nei confronti 

'I 
dei paesi terzi. Ci� significa indubbiamente che, con l'esercizio delle sue competenze, 
la Comunit� detta una politica commerciale comune, cio� una politica 
comunitaria e non v'� pi� una politica commerciale nazionale. 

E ai sensi dell'art. 113 � la politica commerciale comune � fondata su principi 
uniformi soprattutto per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la ~ 

I

-:

conclusione di accordi tariffari e commerciali, l'uniformit� delle misure di libe,, 


ralizzazione, la politica d'esportazione,' ecc.�. 

Tale politica comune (o comunitaria) deve fondarsi dunque su principi di 
uniformit�, ma ci� non significa che essa debba realizzarsi necessariamente in 
un solo giorno, quello, ormai lontano, del primo giorno successivo alla scadenza 
del periodo transitorio. 

:E! proprio l'art. 115 del Trattato ad ammettere (come ha osservato anche 
oggi il rappresentante del Governo francese) che, dopo la fine del periodo 
transitorio, possano continuare a sussistere differenti misure di politica commerciale 
comune nei vari paesi, pur nell'ambito della politica commerciale 
comune ispirata a principi uniformi. 

La ratio di questa possibilit� � evidente e con molta precisione la Commissione 
l'ha messa in luce (e oggi l'ha ribadita il rappresentante dei Paesi 



21

PARTI! I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

4. -A nonna del regolamento n. 3589/82, che applica ai fatti di causa, 
l'importazione nella Comunit� dei prodotti tessili rientnmti nelle categorie 
contemplate nell'allegato I � sogigetta alle limitazioni quantitative indicate 
nell'allegiato III. Per i prodotti rientranti nella categoria 6, originari di 
Macao, il Uinite quantitativo era fissato, per hl 1983, in 10.114.000 pezzi. 
Questo quantitativo massimo era ripartito, a nonna dell'art. 3, n. 2, e 
dell'allegato IV, tra gli Stati membri della Comunit�, e i Paesi del Bene1ux 
el1allo, a tal fine, considerati come un'unit�. 
5. -Per quanto riguarda gli scambi commerciali di dette merci tra il 
Benelux e gli altri Stati membri, la Comxnissione, in base all'art. 115 
del Trattato e alla sua decisione 20 dicembre 1979, n. 80/47 (G.U. n. L 16, 
pag. 14), aveva autorizzato, con decisione 22 dicembre 1981, n. 82/205 (G.U. 
n. L 97, rpag. 2), i paesi del Benelrux a procedere ad una sorveglianza intracomunitaria 
sulle importazioni, consistente nel subordinare le importazioni 
delle merci di cui itrattasi al rilascio di una licenza rper il periodo fino 
al 30 giugino 1983. Questo regime di sorveglianza intracomunitaria vigeva 
all'epoca dei fatti di coosa. 
6. -n 29 . aprile 1983 la Tezi presentava ai competenti uffici olandesi 
domanda di licenza per l'importazione delle merci suddette. 
7. -Le domande venivano respinte in base alla decisione della Commissione 
12 aiprile 1983 (G.U. n. C 102, pag. 3), con la quale la Commissione, 
Bassi) allorch� essa ha detto che questa � la valvola di sicurezza che consente 

alla Commissione di evitare misure di protezione per l'intera Comunit�. Per 

tener conto delle esigenze particolari, ma assolutamente improrogabili, di un 

certo Stato o di una certa regione, la Comunit� dovrebbe generalizzare una 

misura restrittiva nei confronti di tutta la Comunit�; molto meglio � invece 

lasciarle la possibilit� pur nell'ambito di una politica commerciale comune, di 

fissare misure particolari per un certo Stato o per una certa regione (ovvero 

consentire, il che � lo stesso, che tale Stato mantenga in vigore certe restrizioni) 

e consentire il massimo di liberalizzazione per gli altri Stati o gli altri territori. 

Pu� dirsi che in tal modo si realizzi cionondimeno una politica commerciale 

co.mune (o meglio comunitaria)? 

Certamente s�. Perch� il consenso dato dalla Commissione al singolo Stato 

a mantenere una misura restrittiva o la diversa regolamentazione che la Com� 

missione ha dato per un determinato Stato o un determinato territorio sono 

stati pur sempre dati e vanno visti nell'ottica della politica generale (quella 

comune) che la Commissione attua. Cio� la Commissione intende realizzare una 

politica comune basata su principi uniformi ma perch�, realisticamente, ci� sia 

attuabile, essa procede progressivamente nel modo pi� indolore, per la Comunit� 

stessa e per i singoli Stati interessati, attraverso un equo contemperamento degli 

interessi. E cos� essa ammette (nel senso che lascia sussistere o detta specifi� 

camente) delle discipline particolari, il meno incompatibili che sia possibile con 

le linee di politica comune uniforme che essa intende pe1�seguire. 

:a. chiaro, quindi, che politica commerciale comune (o comunitaria) non 

significa ancora politica commerciale comunitaria uniforme, anche se l'unifor� 



22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

su domanda del Governo dei Paesi Bassi, presentata d'intesa con gli altri 
paesi del Bene1ux, autorizzava detti paesi ad escludere dal trattamento 
comunitaTio, per il rperiodo 2 arprile -30 novembre 1983, le merci comprese 
nelle voci ex 61.01 B V ed ex 61.02 B II della TDC, originarie di Macao, 
messe in [ibera pratica negli altri Stati membri, e relativamente alle quali 
fossero state presentate domande di licenza d'importazione dopo ili. 1� aprile 
1983. 

8. -La TezL impugnava davanti ad Co11ege van Beroep voor het Bedrijfsleven 
il rifiuto del Tilascio delle licenze di importazipne, deducendo 
l'invalidit� della sopra menzionata decisione della Commissione 12 aprile 
1983. 
9. -Il suddetto organo igiurisdiziale decideva di sospendere il procedimento 
e di sottoporre al'la Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali: 
1) Se gli artt. 113 e 115 del Trattato, considerati neMa loro interrelazione, 
vadano interpretati nel senso che sia ancora possibile alla Commissione 
aiprplicare l'art. 115 nell'ambito del commercio internazionale nel 
settore tessile dopo la conclusione dell'accordo sul commercio internazionale 
dei tessi!li (l'accordo multifibre) e l'emanazione del regolamento (CEE) 
del Consiglio n. 3589/82. 

mit� � l'obiettivo che la Comunit�, e per essa la Commissione e gli Stati, devono 
perseguire. 

E tutto ci� � realistico e ovvio. Nessuno ha mai creduto ad un colpo di 
bacchetta magica. Non era certo possibile che, scaduto il periodo transitorio, 
da un giorno all'altro si realizzasse di colpo la politica commerciale comune; n�, 
pi� limitatamente, che qualsivoglia intervento di politica commerciale comune 
da parte della Commissione fosse esaustivo, s� da realizzare una completa 
uniformit�. 

L'uniformit� � un obiettivo che deve essere raggiunto e in alcune materie 
� stato fortunatamente raggiunto (si pensi alla tariffa doganale comune), ma 
non � requisito indispensabile di una politica commerciale comune (o comunitaria). 


Poste queste osservazioni generali, sulle quali v'� un generale accordo fra 
Commissione e Stati, non sembra che possa dubitarsi -e nella specie ne ha 
dubitato invero solo la parte privata direttamente interessata -della insussistenza 
di una uniformit� nella materia tessile di cui parliamo, sebbene questa 
materia sia pure oggetto di una politica commerciale comune, cio� di una 
specifica normativa comunitaria. 

Senza dilungarmi su questo punto, che ha gi� formato oggetto di amplissima 
trattazione scritta da parte di tutti, vorrei ricordare soltanto il 10� considerando 
del regolamento 3589/82 relativo ai prodotti de quibus: � ... date le notevoli 
disparit� che ancora esistono fra le condizioni alle quali sono attualmente 
subordinate le importazioni dei prodotti in questione negli Stati membri, non-

I 

r: 
. I 


23

PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

~ 2) In caso di soluzione affemnativa della questione sub 1), se l'art. 115 
del Trattato vada interpretato nel senso che per � misure di politica commerciale 
adottata dagli Stati membri conformemente al presente Trattato 
� debba intendersi anChe una suddivisione per Stato membro di limiti 
quantitativi comunitari, come stabilito nell'allegato IV del regolamento 
(CEE) del Consiglio n. 3589/82 �. 

10. -La Tezi, il Governo della Repubblica francese, il Governo della 
Repubblica italiana, il Governo del Regno Unito e la Commissione delle 
Comunit� Europee hanno presentato osservazioni scritte sulle pTedette 
questioni a norma dell'art. 20 del Protocollo sullo Statuto della Corte di 
giustizia. 
11. -1Con le due questioni pregiudiziali, che vanno esaminate congiuntamente, 
il giudice nazionale chiede, in 1sostan2la, se la Commissione disponga 
ancora del potere di, adottare decisioni ai seDJsi. dell'art. 115 del T,rattato per 
quanto riguarda i prodotti tessili assoggettati al regime di cui al regolamento 
n. 3589/81 e messi in ilibera pratica in a>J.tri Stati membri. 
12. -A questo proposito, la Tezi �rileva innanzitutto che, in materia di 
politica commerciale, il Trattato ha disposto un trasferimento di competenze 
totale e irrevocabile a favore della Comunit�, ma che, a causa del ritardo 
nella realizzazione di detta politica, J.a Corte iha ammes�so nella sua giurisprudenza 
la possibilit� ohe anche dopo la scadenza del periodo transitorio 
la Commissione autorizzi gli Stati membri in forza dell'art. 115, a mante-
ch� la speciale sensibilit� dell'industria tessile comunitaria, queste condizioni di 
importazione possono essere uniformate unicamente per gradi; e... pertanto la 
ripartizione (per quote nazionali) potr� adeguarsi soltanto progressivamente a 
queste esigenze di approvvigionamento �. 

Abbiamo dunque, nella materia de qua, una politica commerciale comune, 

la quale, per�, non ha ancora raggiunto una completa uniformit�. La Commis


sione ammette, cio�, situazioni differenziate e fissa._ oltre la quota comunitaria 

complessiva (che da sola realizzerebbe la uniformit� completa), anche sotto


quote nazionali. La ratio di questa fissazione di sottoquote nazionali � asso


lutamente chiara, nel senso che essa mira a salvaguardare in parte i mercati 

nazionali, come risulta chiaramente da tutti i �considerando� del regolamento 

sopra citato e delle altre norme (dell'accordo) precedenti e successive: non � 

accettabile la tesi della parte privata, secondo la quale la fissazione delle sotto


quote ha carattere esclusivamente amministrativo, cio� di mera organizzazione 

(ci� non si appoggia su alcunch�). 

La differenziazione ammessa dalla Comunit� � sufficiente a legittimare 

l'adozione delle misure di salvaguardia di cui si discute? 

Viene qui in questione l'interpretazione dell'art. 115 del Trattato nella parte 

in cui esso parla di � misure di politica commerciale comune adottate dagli 

Stati membri conformemente al presente Trattato �. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

considerato continuazione di una precedente politica commerciale nazionale, 
tanto pi� che, per quanto riguarda i prodotti tessili originari di 
Macao cui si riferisce il giudice nazionale, nei Paesi Bassi non vigevano 
restrizioni all'importazione prima della fine del periodo transitorio. 

16. -La Tezi sottolinea inoltre che nello stesso regolamento n. 3589/82 
figurano disposizioni intese a porre rimedio aLle gravi difficolt� che possono 
derivaTe da sviamenti di traffico verso uno o pi� Stati membri. 
17. -A questo proposito essa cita l'art. 7, n. 2, il quale contempla un 
procedimento che consente di aldottaTe le quote nazionali, � in particolare 
a motivo dell'evoluzione delle cor.renti commerciali�. A suo parere, detto 
procedimento si applica non solo alle importazioni dirette, ma anche nel 
caso in cui dovessero derivare difficolt� dalle correnti commerciali all'in� 
terno della Comunit�. 
18. -La Tezi ricorda infine che, quailora hl procedimento contemplato 
dall'art. 7, n. 2, non risultasse sufficiente, sarebbe sempre possibile modifi� 
care il contingente comunitario, conformemente all'art. 5 del regolamento 
n. 3589/82. 
19. -In conclusione, la Tezi ,suggerisce di risolvere in senso negativo 
le due questioni sollevate dal giudice nazionale. 
20. -Tutti i Governi che hanno presentato osservazioni scritte nella 
presente causa e la Commissione si esprimono, invece, nel senso che 
l'art. 115 si applica ancora nel settore dei prodotti tessili 1soggetti al regime 
contemplato dal regolamento n. 3589/82. 
21. -A sostegno della loro opinione, essi citano la sentenza 15 dicembre 
1976 (causa 41/76, Donckerwolke, Racc. pag. 1921), nella quale 
la Corte ha riiconosciuto che � le lacune esiJstenti in materia di politica com~ 
merciale comune alla scadenza del periodo transitorio sono taU da conservare 
1tra gli Stati membri di'Vari di politica ~ommerciale che possono 
dar� origine a sviamenti di traffico o provocare ilisagi economici in alcuni 
Stati membri�. Nella stessa sentenza la Corte ha ammesso ohe � l'ar. 115 
consente di far fronte ad inconvenienti del genere in quanto conferisce alla 
Commissione la facolt� di autorizzare gli Stati membri ad adottare misure 
di tutela, 1specie in fo11me di deroga al principio della libera circolazione 
all'interno della Comunit� dei prodotti di origine extracomunitaria messi in 
libera pratica in uno degli Stati membri �. 
22. -Sia i Governi che hanno partecipato a questo procedimento sia la 
Commissione sostengono, a questo proposito, che il regime istituito dal 
regolamento n. 3589/82 non implica l'uniformazione delle condizioni alle 

26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quali nei vari Stati membri s0no subordinate le importazioni delle merci 
di cui trattasi, dato ohe queste importazioni possono arver Juogo, in ciascun 
Stato membro, solo entro i limiti delle rispettirve quote nazionali. 

23. -Inoltre, essi negano che la ripartizione del contingente globale 
comunitario in quote nazionali risponda solo ad esigenze di Ol'dine puramente 
amministratirvo. 
24. -A questo proposito, il Governo italiano rilerva che, come emerge 
dal 10� punto della motivazione del regolamento n. 3589/82, detta ripartizione 
� stata adottata in funzione delle esigenze economiche dei vari Stati 
membri e della speciale sensibilit� dell'industria tessile comunitaria. 
25. -Il Governo del Regno Unito, dal canto suo, esprime :l'opinione che 
la fissazione di quote nazionali � stata effettuata non in funzione delle 
esigenze del mel'Cato comunitario, considerato nel isuo insieme, ma tenendo 
conto dei vari mel'Cati nazionali, che ancora suissistono nel settore dei 
prodotti tessili e che devono poter essere protetti, se del caso, mediante 
l'applicazione dell'art. 115 da parte de1la Commissione. 
26. -Per quanto riguarda il procedimento di cui al:l'art. 7, n. 2, il 
Gorverno del Regno Unito sostiene che esso � lento e poco adatto a combattere 
gli sviamenti di traffico. 
27. -Anche secondo la Commissione l'applicazione dell'art. 7, n. 2, non 
sarebbe stata di alcuna utilit� nel caso di specie, rtrattandosi di una disposizione. 
destinata ad influire mediante la modifiJCa delle quote nazionali, 
sulle importazioni dirette e che non pu� essere applicata quando, come 
nel caso di specie, i!l complesso de1le quote nazionali sia stato suffiJCientemente 
utilizzato. 
28. -Per quanto riguarda la possibiliit�, contemplata dall'art. 5, di 
modificare il quantitativo massimo colll.11.lD.itario, il Governo del Regno Unito 
riileva che nemmeno detto articolo pu� essere utilizzato in casi come quello 
di specie, (perch� i paesi terzi, ohe 1subirebbero le conseguenze di una riduzione 
di detto quantitativo, non sono responsabili degli eventuali sviamenti 
di traffico �che si verifichino dopo la messa in libera pratica nella 
Comunit� e non hanno alcuna possibilit� di evitarli. 
29. -Per quanto riguarda, in 'Particolare, la seconda questione del 
giUJdice nazionale, la Commissione e il Governo del Regno Unito sostengono 
che la frase dell'art. 115 in cui si fa menzione di � miSl\lre di politica commevciale 
adottate dagli Stati membri conformemente al presente Trattato 
� contempla sia le misure decise dagli Stati membri per ragioni di 

PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARL\ B INTBRNAZIONALB 

ordine puramente nazionale, sia i provvedimenti che gli Stati membri adottano 
per confoimarsi ad obblighi comunita1'i, poich� in entrambi i casi si 
tratta di provvedimenti sostanzialmente identici. 

30. -In conclusione, tutti i Governi che hanno presentato osservazioni 
e la Commissione, suggeriscono di risolvere in senso affermativo le 
due questioni sollevate dal giudice nazionale. 
31. -Si deve osservare, in via preliminare che, come � stato ricordato 
dalla Corte nella sopra citata sentenza 15 dicembre 1976, a norma del n. 2 
�dell'art. 9 del Trattato, i provvedimenti contemplati per la liberalizzazione 
degli scambi intracomunitari si applicano in modo identico alle merci 
originarie degli Stati membri e alle merci provenienti dai paesi terzi che 
si trovano in libera pratica nelila Comunit�, alle condizioni stabilite dall'art. 
10. A tale proposito, la Corte ha precisato che, per quanto riguarda 
la libera circolazione delle merci a11'intemo della Comunit�, i prodotti 
messi in libera pratica sono definitivamente e totalmente equiparati ai 
prodotti di origine comunitaria. 

32. -L'esistenza di un regime come quello contemplato dal regolamento 
n. 3589/82 per quanto concerne i prodotti tessili originari di paesi terzi 
aderenti aill'Accordo Multifibre non pu� sminuire la portata del principio 
sopra descritto, in ragione del fatto che detto regolamento contempla la 
ripartizione del quantitativo massimo comunitario in quote nazionali. 
33. -Infatti, come >la Corte ha precisato nella sentenza 13 dicembre 1983 
(coosa 218/82, Commissione c/ Consiglio, Racc. pag. 4063), anche se � lecito 
che un contingente globale oomunitario venga ripartito in quote nazionali, 
siffatta ripartizione non pu� pregiudicare la libera circolazione delle 
merci che costituiscono oggetto del contingente e che sono state messe 
in libera pratica nel territorio di uno degli Stati membri. 
34. -Ne consegue che� le merci originarie dai paesi aderenti all'Accordo 
Multifibre, una volta importate e messe. in libera pratica in uno 
Stato membro, devono poter ciLrcolare liberamente in qualsiasi altro Stato 
membro. 
35. -Tuttavia, la Corte ha riconosciuto, nella gi� citata sentenza 15 dicembre 
1976, che la piena applicazione del principio della libera circolazione 
a:lle merci messe in libera pratica presuppone, come si desume dal sistema 
del Trattato, l'instaurazione di una politica commerciale comune. 
36. -La Corte ha, a questo proposito, osservato che l'equiparazione 
ai prodotti comunitari delle merci provenienti dai paesi terzi ma messe in 
libera pratica in uno degli Stati membri, pu� essere pienamente efficace 

28 RASSEGNA DEIL'AWOCATURA DEILO STATO 

solo se per queste ultime va1gono [e stesse condizioni di importazione, doganaili 
e commerciali, indipendentemente dallo Stato membro nel quale � 
stata effettuata la messa in libera pratica. 

37. -Sempre nella sentenza precitata la Corte, dopo aver rilevato che, 
nonostante la 1scadenza del periodo transitorio, non era ancora stata interamente 
realizzata una politica oommerciaile comune basata, conformemente 
all'art. 113, n. 1, del Trattato, su principi uniformi, ha riconosciuto che, 
unitamente ad altri fattori, le lacune esistenti nella suddetta politica 
sono tali da conservare tra gli Stati membri divari di politica commerciale 
che possono dare origine a sviamenti di traffico o provocare disagi economici 
in alcuni Stati membri. 

38. -La Corte ha precisato che il rico11so all'airt. 115 consente di fare 
fronte a inconvenienti del igenere in quanto conferisce alla Commissione 
la facolt� di autorizzare gli Stati membri ad adottare misure di tutela, 
specie in forma di deroghe al principio della libera cii.rcolazione, all'interno 
della Comunit�, dei prodotti di origine extracomunitaria messi in libera 
!Pratica in uno degli Stati membri. 
39. -Bisogna quindi chiederisi se il regolamento n. 3589/82 abbia attuato, 
per quanto riguaroa le merci originarie dei paesi terzi aderenti all'Accordo 
MUiltifibre, una vera e propria politica commerciale comune ai sensi 
all'art. 113, n. 1, del Trattato, su ,principi uniformi, ha riconosciuto .che 
unitamente ad altri fattori, le lacune esistenti nella suddetta politica sono 
tali da conservare tra gli Stati membri divari di politica commerciale che 
possono dare origine a sviamenti di traffico o provocare disagi economici 
in aicuni Stati membri. , 
40. -La soluzione affermativa propugnata dalla Tezi potrebbe essere 
accolta solo se si potesse dimostrare che il regime istituito dal regola!
17lento n. 3589/82 ha avuto come conseguenza la creazione di condizioni 
uniformi di importazione per i prodotti tessili, senza distinzioni a seconda 
dello Stato membro nel quale la messa in libera pratica viene effettuata. 
41. -A questo proposito, bisogna anzitutto sottolineare che il regoil.
amento n. 3589/82 ,costituisce, nel settore in cui si applica, un sicuro progresso 
verso l'instaurazione di una politica commerciale comune basata, 
conformemente a quanto prescritto dall'art. 113, n. 1, del Trattato, su principi 
uniformi. 
� 42. -Non risulta tuttavia dal regime istituito dal ,suddetto regolamento 

I 

che quest'ultimo abbia realizzato una completa uniformit� per quanto ri! 


i

guarda le condizioni di importazione. Infatti, nella seconda frase del 10<> i 
rpunto della motivazione di detto regolamento � precisato che, �date le notevoli 
disparit� che ancora esistono tra le condizioni alJe quali sono attual


I

mente subordinate le importazioni dei prodotti in questione negli Stati I 

. ' 
membri, nonch� la speciale sensibilit� dell'industria tessile comunitaria, ' 
queste condizioni di importazione possono essere uniformate unicamente 
per gradi�, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

43. -Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Tezi, 
non � iecito affermare che [e disparit� di cui trattasi siano originate unicamente 
dal regolamento n. 3589/82. Siffatte disparit� risultano, al contrario, 
da iniziative assunte dai vari Stati membri autonomamente, ma 
conformemente alle esigenze dettate in materia dail diritto comunitario. In 
questo contesto il regolamenrto n. 3589/82 si limita, come emerge dal sopra 
citato passo del 10� punto della motivazione, a conservare, in determinata 
misura, le disparit� esistenti, pur proponendosi di ridurle, se non addirittura 
di eliminarle, gradualmente. 
44. -A maggior ,ragione non si pu� sostenere, come fa la Tezi, che la 
ripartizione dei quantitativi massimi comunitari in quote nazionali pei:segua 
scopi di ordine puramente amministrativo. 
45. -t!. pur vero che nel 9� punto della motivazione del regolamento 
n. 3589/82 detta ripartizione viene giustificata con la necessit� di instaurare 
� una speciale procedura di gestione � dei quantitativi masisimi comunitari 
basata sul principio della decentralizzazione. Tuttavia, il 9� punto 
della motivazione dev'essere letto in combinazione con la prima frase del 
10� punto della motivazione, secondo la quale, � per consentire l'uso ottimale 
dei limiti quantitativi comunitari, la loro ripartizione deve avvenire 
secondo le esigenze di approvvigionamento che si manifestano nei vari 
Stati membri e secondo gli obiettivi quantitativi fissati dal Consiglio �, 
46. -Neanche l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 3589/82 pu� essere 
invocato per dedurne che il legislatore comunitario ha previsto un dispositivo 
idoneo a rendere superfluo il ricovso alil'wt. 115 del Trattato. 
47. -Invero, il fatto di poter procedere ad un adeguamento della 
ripartizione dei quantitativi massimi comunitari � ove risultasse necesisario, 
in particolare, a motivo dell'evoluzione delle correnti commerciali... 
onde garantire il loro uso ottimale �, potrebbe condurre, se la quota nazionale 
di uno Stato membro venisse ridotta, a limitare le importazioni dirette 
dei prodotti tessili in detto Stato, vale a dire le importazioni da paesi terzi 
produttori, ma non potrebbe avere alcuna influenza sulla possibilit� di 
importare nello stesso Stato merci messe in libera pratica in un altro Stato 
membro.48. 
-Per quanto riguarda l'art. 5, al quale la Tezi si � del pari richiamata 
per dimostrare che il regime istituito dal regolamento n. 3589/82 
non lascia pi� spazio all'applicazione dell'art. 115, � sufficiente rilevare che 
una riduzione del limite quantitativo globale comunitario avrebbe, per i 
paesi terzi produttori, ripercussioni di gran lunga pi� gravi df quelle derivanti 
da una decisione adottata dalla Commissione ai sensi dell'art. 115. 
49. -Infatti, mentre una decisione del genere si limita ad autorizzare 
l'esclusione di talune merci originarie di un paese terzo e gi� messe in libera 

30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pratica in uno Stato membro dal trattamento comunitario in un altro 
Stato membro, il rico11so alle possibilit� offerte dall'art. 5 del regolamento 
n. 3589/82 avrebbe l'effetto cli ridurre le quantit� ammesse .ahl'imiportazione 
nehla Co.munit� nel suo complesso, senza tener conto del fatto che i paesi 


I

produttori non hanno alcuna possibilit� di intervenire sulla destinazione 
delle merci dopo che qrueste siano state messe in libera pratica. 


SO. -Di conseguenza, si deve concludere che la Commi!ssione conserva 
il potere di autorizzare in forza dell'art. 115, uno Stato membro ad adottaire, 
qualora le circostanze lo girustifichino, misure di protezione per quanto 


I

riguarda i prodotti tessili asso~gettati al regime di cui al regolamento 

n. 3589/82 e messi in libera pratica in altri Stati membri. 
I

51. -Tuttavia, tenuto conto del fatto che, com'� rstato poc'anzi sotto� 
lineato, il regime istituito con il regolameno n. 3589/82 costituisce, nel settore 
in cui si applica, un pasiso .avanti verso l'instaurazione cli una politica 
commerciale comune basata, come prescritto dall'art. 113, n. 1, SIU principi 
uniformi, la Commissione deve dimostrare, nell.'esercizio dei poteri cli cui 
essa ancora dispone in forza dell'art. 115, nei confronti delle merci assoggettate 
alla disciiplina del suddetto regolamento n. 3589/82, particolare prudenza 
e moderazione. 

52. -Le questioni del giudice nazionale vanno pertanto cos� risolte: 
gli artt. 113 e 115 del Trattato, considerati nella foro interrelazion�, devono 
essere interpretati nel senso che la Commissione dispone ancora, dopo la 
conclusione dell'Accordo sul commercio internazionale dei tessili e dopo 
l'emanazione del regolamento del Consiglio 23 dicembre 1982, n. 3589, 
del potere di applicare l'art. 115 nel settore del commerdo dei prodotti 
tessili soggetti alla disciplina di detto regolamento. (Omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 5a sez., 24 giugno 
1986, ne11a causa 22/85 -Pres. Eveding -Avv. Gen. Darmon -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta~dal Bundesgerichtshof nella 
causa Anterist c. Cr�dit Lyonnais -Interv.: Governi del Regno Unito 
(ag. Hay e Carpenter) e italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione 
delle C. E. (ag. Piipkorn e Pieri). 


Comunit� Europee � Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla 
competenza giurisdizionale � Clausola attributiva di competenza � 
Interesse di una soltanto delle parti. 
(Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con 


legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 17). 

Una clausola attributiva di competenza non deve considerarsi stipulata 
a favore di una soltanto delle parti, ai sensi dell'art. 17, 3� comma, della 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

31 

Conv.enzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale 

� e l'esecuzione delle .decisioni in materia civile e commerciale, qualora risulti 
semplicemente che le parti hanno convenuto la comp.etenza di un 
giudice ..o dei giudici di uno Stato contraente nel cui territorio tale parte 
ha il proprio domicilio (1). 

(Omissis). 1. -Con ordinanza 20 dicembre 1984, pervenuta in cancelleria 
il 4 gennaio 1985, il Bundesgerichtshof ha sottoposto a questa Corte, a 
norma del protocolilo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della 
Corte di giustizia della Convenzione 27 setitembTe 1968 concernente la competenza 
giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in marteria civile e 
commereiale (in prosieguo �la Convenzione�), una questione pregiudiziale 
vertente sull'interpretazione deJ:J.'a;rt. 17, 3� comma, della Convenzione. 

2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia 
fra l'istituto bancario Credit Lyonnais e il sig. Anterist in merito all'esecuzione 
di un contratto di garanzia. 
3. -Con acco11do in data 16 maggio 1967 il sig. Anterist, domiiciliato in 
Saarbrikken (Repubblica federale di Germania), si rendeva garante per gli 
impegni della societ� a respoiliSabilit� limitata Anterist & Schneider (con 
sede in Francia) nei confronti del Cr�dit Lyonnais, rappresentato dalla sua 
agenzia di Forbach, situata neHa circoscrizione del Tribunale di Sarreguemines 
(Francia). Le disposizioni del suddetto accordo, �contenute in un 
modulo prestampato della banca, comprendevano una clausola secondo 
cui � le Tribuna! dans le ressort duquel cette agence est situ� sera seul 
comp�tent pour statuer sur tout ce qui concerne l'ex�cution des pr�sentes, 
quelle que soit la partie d�fenderesse � (il Tribunale nella cui circoscrizione 
(1) Sull'art. 17 della convenzione di Bnixelles cfr. anche le sentenze della 
Corte 19 giugno 1984, nella causa 71/83, TILLY Russ, in questa Rassegna, 1984, 
I, 917, e 14 luglio 1983, nella causa 201/82, GERLING KONZERN SPEZIALE K.REDITVERSICHERUNG 
A. G., ibidem, 1983, I, 676, entrambe con nota, e la precedente 
giurisprudenza ivi citata. 
. Nella sentenza in rassegna, precisando in motivazione che la volont� comune 
di favorire una delle parti deve risultare chiaramente � dal tenore letterale della 
clausola o dall'insieme degli indizi desumibili dal contratto o dalle circostanze in 
cui quest'ultimo � stato concluso �, la Corte ha, in sostanza, rimesso alla valutazione 
del giudice nazionale di stabilire di volta in volta, in base a tutti gli elementi 
in suo possesso, se la clausola non sia stata posta anche nell'interesse, magari 
secondario, dell'altra parte, come suggerito dal Governo italiano intervenuto. 

�L'art. 17 della convenzione -si era detto nelle osservazioni scritte presentate 
alla Corte dal Governo italiano -stabilisce, nel primo comma, che la 
clausola di proroga della competenza determina (se valida ed efficace, anche 
ai sensi del successivo secondo comma) una competenza esclusiva del giudice 
designato. Ma il terzo comma dello stesso articolo limita il concetto di esclusivit� 
in funzione dell'interesse delle parti, conservando alla parte, in cui favore 
soltanto la clausola fosse stata stipulata, il diritto di adire qualsiasi altro 

' 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

32 

� situata tale agenzia sair� il solo competente a decidere su tutto quanto 
rigua~da l'esecuzione del presente contratto, quale che sia la parte convenuta). 


4. -Poich� la societ� Anteris�t & Schneider non era in grado di pagare 
il proprio debito alla scadenza, la banca conveniva il sig. Anterist dinanzi 
aJl Landgericht di Saarbrticken per l'adempimento del contratto di garanzia. 
H convenuto contestava la competenza del girudice adito, sostenendo che, 
in base al contratto di garanzia, era esclusivamente competente il Tribunale 
di Sarregruemines. Il Landgericht di Saarbri.icken accoglieva la tesi 
del convenuto. Su appeLlo del Cr�dit Lyonnais, l'Oberlandesgericht riteneva 
che la alausola in questione presentava v.antaggi �solo per il Cr�dit Lyonnais 
e doveva pertanto considerarsi stipulata solo a favore di quest'ultimo ai 
sensi dell'art. 17, 3� comma, della Convenzione. Di conseguenza, esso riformava 
la sentenza e rinviava la causa al Landgericht. Il sig. Anterist proponeva 
ricorso per cassazione dinanzi al Blll:Illdesgerichtshof e chiedeva H 
ripristino della sentenza del Landgericht. 
5. -Secondo il Bundesgerichtshof, la decisione dell'Oberlandesgericht 
� basata sul presUJpposto che ogni clausola/ con la quale sia convenuta la 
competenza dei giudici dello Stato in crui una delle parti � domiciliata .debba 
considerarsi stipulata solo a farvore di tale parte ai sensi dell'art. 17, 3<> 
comma, defila Convenzione. 
6. -Poich� l'esame della fondatezza di tale assunto richiede un'interpretazione 
della Convenzione, il Bundesgerichtshof ha sottoposto a questa 
Corte la seguente questione pregiudiziale: 
� Se una clausola attributiva di competenza debba considerarsi stipulata 
"a favore di una soltanto delle parti", ai sensi dell'art. 17, 3� comma, 

giudice competente in via ordinaria secondo la convenzione (il disposto del terzo 
comma � rimasto sostanzialmente invariato nel testo della convenzione del 
9 ottobre 1978 relativa alla adesione della Danimarca, dell'Irlanda del Nord e 
del Regno Unito e poi nel testo della convenzione del 25 ottobre 1982 relativa 
all'adesione della Repubblica ellenica). 

�La ratio della disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo in 
questione � evidente (e la stessa relazione JENARD alla convenzione, forse proprio 
per tale evidenza, non si cura di fornire spiegazioni). Invero la proroga della 
competenza viene pattuita o nell'interesse comune delle parti, -le quali preferiscono 
determinare in anticipo esse stesse il giudice competente per ragioni 
di chiarezza, di organizzazione, di c�modit�, di tempi processuali, di diritto applicabile, 
-o, pi� spesso, nell'interesse di. una soltanto delle parti, -la quale, 
per la molteplicit� delle possibili controversie o per qualsivoglia altro motivo -, 
impone sostanzialmente la clausola all'altra parte contraente. In questo secondo 
caso sarebbe del tutto illogico imporre alla parte, a favore esclusivo della 
quale la clausola � stata posta, di avvalersene, ove la stessa sia ben disposta, 
per qualsivoglia motivo (che pu� essere anche soltanto quello di evitare ecce




PARIB I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

33 

della Convenzione, qualora risulti semplicemente che le parti hanno validamente 
conveillltto la competenza internazionale di un giudice o dei giudiici 
di uno Stato contraente nel cui territorio tafo parte ha il proprio 
domicilio �. 

7. -Secondo il ricorrente nena causa principale, Ja questione pregiudiziale 
dev'essere risolta negativamente. Per stabilire se una clausola attributiva 
di competenza sia stata stipulata soio a favore di una delle parti, ci si 
dovrebbe basare sulla volont� di queste ultime. Tale volont� dq_vrebbe trovare 
espressione nel tenore letterale della olauisola. Come esempio di clausola 
che rientra nell'art. 17, 3� comma, de1la Convenzione, il sig. Anterist 
menziona quella che conlerisce ad IUila delle parti la facolt� di convenire 
1'altra parte sia dinanzi al giudice del domicilio di quest'ultima, sia dinanzi 
al :giudice del suo proprio domicilio. Bglli osserva inolrtre che una soluzione 
affermativa rdehla questione pregiudiziale sarebbe incompartibile col 
sistema dell'art. 17 della Cornvenzione. L'eccezione di oui al 3� comma di 
detto articolo diverrebbe infatti la regola, ipoich� in piratica la competenza 
viene convenzionalmente attribuita, nel[a magigioranza dei casi, al giudice 
del domicilio di una delle parti. Inoltre, una siffatta so1uzione porterebbe 
ald una ripartizione delle varie conrtroversie sorte da uno istesso rapporto 
contrattuale tra i giudici di vari Stati, cosa che �l'art. 17, 1� comma, delia 
Convenzione mira per l'appunto ad evitare. Infine, anche se alla questione 
pregiudiziale venisse data, in via di principio, soluzione affermativa, si dowebbero 
ammettere eccezioni, poich� ili vantaggio di cui all'art. 17, 3� comma, 
della Convenzione deve essere esclusivo. I vantaggi che Ja clausola 
potrebbe comportare per l'altra parte dovrebbero essere vaLutati in fun. 
zioni del convenuto sulla validit� ed efficacia della clausola), a ricorrere invece 
al giudice ordinariamente competente al di fuori della clausola stessa. 

�Il problema � quello di stabilire quando possa rendersi operante la dispo


sizione del terzo comma dell'art. 17: soltanto nei casi in cui sia espressamente 

stabilito che la clausola � posta nell'interesse di una sola delle parti, specifica


mente designata, o anche nei casi in cui l'interesse di una parte soltanto possa 

desumersi da ogni altra circostanza. E in parti�olare il Bundesgerichtshof 

chiede se la sola circostanza della residenza di una sola parte nel territorio 

del giudice designato sia sintomatica della sussistenza di un interesse esclusivo 

della medesima parte alla clausola stessa. 

�Limitare l'operativit� della norma alla sola prima ipotesi appare poco logico, 
se non altro perch� normalmente le clausole di proroga della competenza non 
si curano di precisare se l'interesse sia comune o di una sola delle parti. La 
norma perder�bbe gran parte del suo significato se fosse interpretata in senso 
cos� stretto, tale da non consentire ad una parte di adire il giudice ordinariamente 
competente, diverso da quello indicato nella clausola, malgrado che manifestamente 
la clausola fosse stipulata nel .suo esclusivo interesse; l'attore conserverebbe 
un beneficio non pi� voluto e tutto ci� a svantaggio del convenuto. 

� Sembra, quindi, che debba prevalere un'interpretazione meno restrittiva e 

pi� elastica. Il rischio di essa �, per�, quello di una non rigorosa valutazione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

34 

zione del diritto nazionale del caso, il che creerebbe una notevole incertezza 
circa ['applicabiJ.it�, in ciascuna fattispecie, dell'art. 17, 3� comma, deMa 
Convenzione. 

8. -Secondo il Cr�dit Lyonnais, che si � limitato a presentare osservazioni 
orali, la questione rpregirudiziaile dev'essere ri!so1ta affermativamente. 
La scelta del giudice del domicilio di una delle parti consentirebbe sempre 
di concludere che la clausola � stata stiipulata solo a favore di quest'ultima, 
in considerazione dei vantaggi pratici che per essa tale 1scelta comporta 
(guadagno di tempi, conoscenza del diritto nazionale, lingua, scelta del 
difensore). 
9. -Il Governo del Regno Unito ritiene che la questione rpregiudiziale 
debba essere riso:J:ta negativamente. La soluzione contraria toglierebbe 
qualsiasi efficacia pratica all'art. 17, 1� comma, delila Convenzione. Per lo 
pi� le clausole di cui trattasi attribuiscono infatti competenza esclusiva 
ai giudici di uno Stato nel quale una delle parti, ma non !'-altra, ha il suo 
domicilio. Se l'azione � intentata dalla rparte domicHiata nello Stato i cui 
giudici siano stati cos� dichiarati comrpetenti, tale parte potrebbe eludere 
la norma di competenza esclusiva contenuta all'art. 17, 1� comma, della 
Convenzione invocando l'art. 17, 3� comma, della stessa. Se fosse l'altra 
aid intentare l'azione, essa sarebbe certamente tenuta, a norma dell'art. 17, 
1� comma, della Convenzione ad adire il giudice del domicilio del convenuto, 
ma l'appliicazione della norma generale di cui aM'art. 2 della Convezione 
porterebbe allo stesso risultato. La claUJSola attributiva di competendell'interesse 
delle parti e, in definitiva, di una incertezza nella determinazione 
del giudice competente, in contrasto con lo spirito della convenzione, in una 
materia, quale quella della individuazione della competenza di giudici di Stati 
diversi, che richiede invece la massima chiarezza. 

� Un equo bilanciamento fra le opposte esigenze sembra possa ricercarsi in 
una attenta valutazione della volont� delle parti nella pattuizione della clausola, 
valutazione che, per�, non pu� che essere rimessa alla decisione del giudice 
n�zionale adito. Questi, sulla scorta degli elementi in suo possesso, ben potr� 
stabilire se la clausola di proroga sia stata posta nell'interesse di una sola 
parte, applicando in tal caso il disposto dell'art. 17, comma terzo della convenzione, 
respingendo cos� eventuali tentativi della parte convenuta di opporre 
eccezioni dilatorie, beninteso pervenendo ad una siffatta conclusione solo in 
presenza di elementi chiari ed univoci. 

� In tale prospettiva l'aver i contraenti previsto, in una clausola di proroga, 
la competenza del giudice del luogo di residenza di una soltanto di esse pu� 
essere sintomatico dell'interesse di questa sola parte alla clausola. Cionondimeno 
il giudice nazionale adito, per applicare il terzo comma dell'art. 17, dovr� 
pur sempre valutare, sulla base d�gli elementi in suo possesso, se tale circostanza 
sia stata determinante e la clausola non sia stata posta anche nell'interesse, 
magari secondario, dell'altra parte� (0.F.). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

za sarebbe in tal caso imlthle, cos� come l'art. 17, 1� comma, della Convenzione 
che sancisce la competenza esclusiva del giudice designato nella 
claiusola. 

10. -Il Governo del Regno Unito propone pertanto di interpretare 
l'art. 17, 3� comma, deHa Convenzione nel senso ch'esso riguarda solo le 
olausole nelle qua:li ha stabilito dinanzi a quaile giudice una del;le parti 
debba inrtentare l'azione, senza che venga indicato i~ giudice competente a 
conoscere delle .azioni promosse dalraltra parte. L'art. 17, 3� comma, della 
Convenzione avrebbe precisamente lo scopo di evitare che le azioni promosse 
da quest'ultima parte siano considerate, ai sensi dell'art. 17, 1� comma, 
della Convenzione, come rientranrti nella competenza esclusiva del giudice 
designato per conoscere delle azioni intentate da!ll'altra parte. 
11. -Il Governo della Repubblica italiana propone di risolvere la 
questione pregiudiziale nel senso che la designazione del giudice del domici!
lio di una delle parti pu� essere sintomatica dell'interesse esclusivo di 
tale parte ailla olausola attributiva di competenza, ma non � necessariamente 
iconclUJdente. Spetterebbe �al 1giudice nazionale aidito valutare, in base 
a tutti gli elementi in suo possesso, 1se la clausola non sia stata posta anche 
neM'interesse, magari secondario, dell'altra parte. 
12. -Secondo la Commissione, la questione pregiudiziale dev'essere 
risolta affermativamente. L'art. 17, 3� comma, della Convenzione dovrebbe 
essere interpretato nel 1senso di restringere il campo di aipplicazione del 
1� comma di detto articolo, che 1stabilisce un'eoceiione alle norme generali 
suhla competenza giurisdizionaile contenute negli artt. 2, 5 e 6 della Convenzione. 
Il fatto che la competenza venga attribuita a1 giudice del domicilio 
di una delle parti consent�Jrebbe .di ritenere ohe la clausola sia stata 
stipulata solo a favore di tale parte, ai sensi dell'ar.t . .17, 3� comma, della 
Convenzione. Per ogni clausola attributiva di .competenza che si discosti 
dal principio geneta!le dehl'art. 2 della Convenzione, il quale favorisce il 
convenuto, 1si dovrebbe presumere ch'essa sia stata stipulata, ai sensi dell'art. 
17, 3� comma, della Convenzione, a favore dell'attore. 
13. -Si deve anzitutto sottolineare che l'art. 17 della Convenzione, figurante 
nella sezione 6 del titolo II, intitolata �proroga di competenza�, 
consente aille parti, nei limiti stabiliti dal 2� comma di detto articolo, di 
scegliere di comune accoroo .il giudice o i giudici che non sarebbero competenti 
secondo le disposizioni generali o speciali della Convenzione o escludere 
la competenza di giudici che sarebbero normalllllente competenti secondo 
tali disposizioni. Il 1� comma dell'art. 17 conferisce carattere esclusirvo 
a!lla competenza del giudice o dei giudici designati nella claiusola, men

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

36 


tre il 3� comma dello stesso articolo riserva alla parte a favore della quale 
la clausola � stata �stipulata il diritto di adire ogni altro giudice competente 
ai sensi della Convenzione. 

14. -Poich� l'art. 17 della Convenzione sancisce il principio dell'autonomia 
delle parti, iil 3� comma dev'essere interpiretaito in modo da 
rispettare la comune volont� delle parti all'atto della conclusione del contratto. 
Occorre pertanto che la volont� comune di favorire una delle parti 
risulti chiaramente dal tenore Jetterale della clausola o daill'insieme degli 
indizi deSUllllibili dal contratto o dalle circos<tanze in cui quest'ultimo � 
stato coocluso. 
15. -Devono essere 1consiiderate clausole dal cui tenore letterale risulta 
ch'esse sono state sti!Pulate esdusivamen<te a favore di una deHe parti le 
dlaUJsole che indicano espressamente la parte a favore della quale esse sono 
state stipulate e quelle che, rpur precisando dinanzi a quali giudici ciascuna 
delle parti debba convenire l'altra, danno in proposito ad una di esse una 
maggiore possibilit� di scelta. 
16. -La designaziOIIle del giudice di uno Stato contraente in cui una 
delle parti ha il suo domicilio non � di per s� sufficiente, data la molteplicit� 
dei motivi che possono aver portato ailla stipulazione �di una siffatta 
alausola, per inferirne che fa volont� comune era quella di favorire 
tale parte. 
17. -In baise aJlle !Precedenti considerazioni, la questione del giudice 
nazionale va risolta nel senso che una dausola attributiiva di competenza 
non deve considerarsi stipulata a favore di una soLtanto ded[e parti, ai sensi 
deM'art. �17, 3� comma. della Convenzione, qualora iI'isulti semplicemente 
che le parti hanno convenuto la competenza di un giudiJCe o dei giudici di 
uno Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio. 
(Omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 15 ottobre 
1986, nella causa 168/85 -Pres. f. f. Kakouris -Avv. Gen. Mischo -
Commisisone C.E. (ag. Berardis) c. Repubblica italiana (avv. Stato 

Braguglia). 

Comunit� Europee -Libert� di stabilimento -Accesso alle professioni di 
giornalista professionista, giornalista praticante, pubbllcisja, alle at� 
tivit� professionali legate al turismo e ai concorsi per l'attribuzione 
delle sedi farmaceutiche. 
(Trattato CEE, artt. 48, 52 e 59). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARI.\ E INTERNAZIONALE 

37 

Comunit� Europee -Trattato CEE -Disposizioni direttamente applicabili 
� Legislazione nazionale difforme -Obbligo di soppressione. 

(Trattato CEE, artt. 48, 52 e 59}. 

La Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi impostile dagli 
artt. 48, 52 e 59 del Trattato CEE mantenendo in 'vigore norme che: -subordinano 
alla condizione di reciprocit� l'equiparazione dei cittadini italiani 
ai fini dell'accesso a diverse attivit� professionali legate al turismo; subordinano 
al possesso della cittadinanza italiana l'iscrizione agli albi e 
ai registri .dei pubblicisti e dei giornalisti praticanti, e subordinano alla 
condizione di reciprocit� l'iscrizione dei giornalisti prof es sionisti cittadini 
di altri Stati membri all'albo speciale dei giornalisti stranieri; -riservano 
ai soli cittadini italiani la partecipazione a concorsi per l'attribuzione delle 
sedi farmaceutiche (1). 

Uno Stato membro non pu� sottrarsi all'obbligo di adattare la sua 
legislazione nazionale a quanto prescritto dal Trattato invocando l'applicabilit� 
diretta delle disposizioni di quest'ultimo, oppure il fatto di aver 
adottato una data prassi amministrativa, o inoltre la migliore conoscenza 
che i cittadini comunitari avrebbero dei loro diritti (2). 

1(0missis). 1. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 
3 giugno 1985, la Commissione delle Comunit� Eruropee ha presentato, a 
norma delJJ.'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare 
che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi impostile dagli 
a:rtt. 48, 52 e 59 del Trattaito CEE, mantenendo in vigore norme che: 

-sub01dinano a:JJla condizione di redprocit� l'equiparazione dei cittadini 
degli altri Stati membri ai cittadini italiani ai fini dell'accesso a 
diverse attivit� professionali legate ail turismo; 

-1subo11dinano al possesso della cittadinanza italiana l'iscrizione 
aigli aJlbi e ai registri dei pubblicisti e dei giornalisti praticanti, e subordinano 
i;dla condizione di reciprocit� l'iscrizione dei giornalisti professionisti 
cittadini di altri Stati membri all'albo speciaie dei giornalisti stranieri; 

-riservano ai soli cittadini italiani la partecipazione ai concorsi per 
l'attribuzione delle sedi farmaceutiche. 

(1-2) Si segnala la sentenza p�rticolarrnente per le affermazioni di princi


pio riguardanti l'obbligo degli Stati membri di rimuovere comunque e nelle 

forme pi� appropriate le proprie disposizioni interne incompatibili con la nor


mativa comunitaria; e ci� indipendentemente dalla diretta applicabilit� e dalla 

prevalenza di quest'ultima. 

La sentenza 25 ottobre 1979, nella causa 159/78, COMMISSIONE c. ITALIA, citata 

in motivazione, � pubbl�cata in questa Rassegna, 1979, I, 633, con note. 



38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2. -Quanto alla normativa itailiana di cui trattasi, si rinvia alla rela� 
zione d'udienza. Va solo ricordato che le norme nel settore del turismo 
sono state emanate nel 1983, queHe relative ailla ,professione di giornalista 
nel 1963 e quelle attinenti al servizio farmaceutico nel 1968. 
3. -Il Governo iitailiano, in risposta ad una richiesta di spiegazioni irivoltagli 
nel marzo 1983 dal:la Commissione, trasmetteva a quest'ultima, 
con lettera 15 settembre 1983, copia dehla ciricolare 21 luglio 1983, indirizzata 
al Consiglio Nazional� dell'011dine dei giornalisti dati Ministero di Grazia 
e Giustizia. �La circolare richiama l'011dine professiona:le al rispetto 
degli artt. 52 e segg. del Trattato e l'invita ad appliicare ai cittadini degli 
Stati membri della Comunit� le stesse condizioni vigenti per i cittadini 
italiani. Ll Governo italiano trasmetteva alla Commissione anche copia 
delJa nota 26 ottobre 1983, con la quale il Consiglio Nazionale dell'Ordine 
dei giornalisti inviava ai vari Consigli regionali e interregionali dell'Ordine 
la suddetta ciocolare, nonch� copia di una decisione del ConsiWJio 
Nazionale dell'Ordine, adottata il 16 diicembre 1983, che annullava, in applicazione 
della sopramenzionata circolare, la decisione 22 novembre 1982 
del Consiglio interregionale del Lazio e del Molise, che aveva rifiutato 
l'iscrizione a1l'elenco dei pubblicisti di un cittadino olandese per carenza 
del requisito della cittadinanza italiana. 
4. -Con telex 18 1uglio 1983 il Governo italiano trasmetteva inoltre. 
a:lla Commissione le drcolari 2 diicembre e 10 dicembre 1982 della Presidenza 
del Consiglio dei Min1stri italiano, indirizzate rispettivamente al 
Commissario del Governo neHa regione Lombardia e a tutti i Commissari 
del Governo nelle Regioni. Dette circolari precisano che, conformemente 
al combinato disposto degili artt. 52 e segg. del Trattato, i cittadini degli 
Stati membri della Comunit� possono accedere ai concorsi rper l'assegnazione 
delle sedi farmaceutiche, non potendosi pi� Ojprporre loro iJl requisito 
deHa cittadinanza. 
5. -La Commissione, considerando che le norme controverse sono 
contrarie agli artt. 48, 52 e 59 del Trattato e che-�le circolari amministrative 
non costituiscono un mezzo sufficiente per owiare a tale incompatibilit�, 
con lettera 26 gennaio 1984, intimava ail Governo italiano d! presentare, 
entro un mese, le rproprie osservazioni. Poich� questa� lettera rimaneva senza 
iI'�Sposta, fa Commissione inviava, il 20 novembre 1984, un parere motivato 
alla Repubblica itarliana. Dal momento ohe il Governo itailiano non ha 
risposto al parere motivato la� Commissione ha proposto il presente ricorso. 
6. -A sostegno del ricorso la Commissione fa valere in particolare due 
arigomenti. In primo luogo, ricorda ohe la Corte ha reiteratamente affer� 

39

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

mato l'incompatibilit� con il diritto comunitario di ogni condizione di reciprocit�; 
a questo proposito, essa si richiama particolarmente ai1'1a sentenza 
25 ottobre 1979 (causa 159/7~, Commissione contro Repubblica italiana, 
Raoc. rpag. 3247). In secondo luogo, la Commissione fa riferimento alla 
costante giurisprudenza della Oorte secondo la .quale le circolari amministrative 
non possono far venir meno l'incompatibilit� delle disposizioni 
legislative nazionali con il diritto comunitario; non avrebbe importanza, a 
questo proposito, il fatto che le norme c6munitairie di oui trattasi siano 
direttamente appliicabili e che, di conseguenza, la 'Situazione giuridica sia 
chiara. 

7. -Nel controri:corso il Governo italiano riconosce l'incompatibilit� 
formale delle norme controverse col diritto comunitario. Tuttavia, esso sostiene 
che le norme nazionali contestate non costituiscono alcun ostacolo 
.reale alla libera circolazione delle persone e dei servizi, dal momento che 
gli artt. 48, 52 e 59 del Trnttato sono direttamente applicabili neH'ordinamento 
giuridico italiano. In conseguenza di siffatta applicabilit� diretta 
� da ritenere che le norme legislative che richiedono la cittadinanza italiana 
o la reciprocit� debbano considerarsi modificate in senso favorevole 
ai cittadini degli Stati membri. 
8 -H Governo italiano conclude che, stando cos� le cose, :te circolari o 
le istruzioni amministrative non hanno la funzione di modificare le leggi, 
ma di delimitare la sfera di applicazione di queste sottolineando l'efficacia 
e Ia preminenza del diritto comunitario. Portate adeguatamente a conoscenza 
degli enti nazionali competernti, dette misure amministrative sarebbero 
sufficienti, pur in mancanza di un'abrogazione espressa della normativa 
nazionale di oui si discute, a garantire ai cittadini comunitari i diritti 
loro attribuiti dal Trattato. 

9. -Iil Governo italiano aggiunge che, poidh� le norme direttamente 
applicabili del Trattato si sostituiscono alle norme giuridiche nazionali 
inicompatibili, sarebbe inutile ed oneroso abrogare o modificare formalmente 
tutte le disposizioni nazionali di cui trattasi; con N passare del 
tempo, ogni cittadino comunitaro avrebbe acquistato uno stato di certezza 
quanto ai diritti che pu� far valere negli Sitati membri diversi da quello 
di cui � cittadino. Di conseguenza, il fatto di non abrogare espressamente 
questa legis:lazione nazionale non potrebbe pi� avere l'effetto di conservare 
una situazione di incertezza giuridica. 
10. -Emerge da tale discussione che la normativa nazionale contestata 
dalla Commisisone � certamente incompatibile con gli artt. 48, 52 e 59 del 
Trattato. 

40 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


11. -A questo proposito occorre osservare che le norme diirettamente 
applicabili del Trattato vincolano tutte le autorit� degli Stati membri che 
sono tenUJte, pertanto, ad osservarle, senza che sia necessario adottare 
norme nazionali d'attuazione. Tuttavia, come la Corte ha dichiarato nella 
sentenza 20 marzo 1986 (causa 72/85, Commissione c/ Paesi Bassi, non 
ancora pubblicata), la facolt� degli amministrati di far va!lere dinaTIZi ai 
giudici nazionali disposizioni del Trattato direttamente applicabili costituisce 
solo una garanzia minima e non � di per s� sufficiente aid assicurare 
la piena applicazione del Trarttato. Emerge infatti dalla giurisprudenza 
della Corte, e in particolare dalla menzionata sentenza 25 ottobre 1979, 
che il fatto di mantenere immutato, nella legislazione di uno Stato membro, 
un provvedimento incompatibile con una disposizione del Trattato, 
persino direttamente applicabile nell'o:rdinamenrto giuridico degli Stati 
membri, orea una situazione di fatto ambirgu'a in quanto mantiene gli interessati 
in uno stato di incertezza circa la possibilit� di far appello al diritto 
comunitario. Detto mantenimento in vigore costituisce, quindi, per lo 
Stato di cui trattasi, una trasgressione degli obblighi impostigli dal 
Trattato. 
12. -Quanto all'argomento del Governo italiano secondo cui, tenuto 
conto dell'a;prplicabilit� diretta delle menzionate disposizioni del Trrattato, 
i diritti dei cittadini degli altri Stati membri sarebbero sufficientemente 
garantiti dalle circolari o dalle istruzioni amministrative, va innanzitutto 
osservato che questo argomento non pu� essere invocato per quanto 
attiene alle censure della Commissione relative all'accesso alle diverse 
attivit� professionali nel settore del turismo. Il Governo italiano non ha 
infatti provato di avere emanato una qualsiasi circolare od istruzione amministrativa 
quanto all'acrcesso dei cittadini di a:ltri Stati membri a dette 
attivit�. 
13. -Quest'argomento �, del resto, infondato. L'incompatibilit� della 
legislazione nazionale con le disposizioni del Trattato, persino direttamente 
applicaMli, pu� essere definitivamente soppressa solo tramite disposizioni 
interne vincolanti che abbiano lo stesso \'alor� giuridico di quelle da modificare. 
Come la Corte ha dichiarato nella costante giurisprndenza relativa 
a:~l'attuazione delle direttive da parte degli Stati membri, semplici prassi 
amministrative, per natura modificabili a piacimento dell'amministrazione 
e prive di adeguata pubblicit�, non possono essere considerate valido 
adempimento degli obblighi del Trattato. 
14. -La Repubblica italiana non pu� quindi sottrarsi all'obbligo di 
adattare la sua legislazione nazionale a quanto prescritto dal Trattato invocando 
l'applicabilit� diretta delle disposizioni di quest'ultimo, op:pure il. 
fatto di avere adottato una data prassi amministrativa, o inoltre la mi 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

gliore 1conoscema che i cittadini comunitari avrebbero dei loro diritti. 
Nella fattispecie, del resto, questi rimangono in uno stato di incertezza 
non solo per la conservazione in vigore di disposizioni nazionali contrarie 
al Trattato, ma anche rper l'entrata in vigore di nuove disposizioni della 
stessa natura, nel settore del turismo, avvenuta nel 1983. 

15~ -Risulta da quanto precede che gli argomenti 4el Governo italiano 
non possono essere accolti. 

16. -Occorre quindi constatare che la Repubblica italiana � venuta 
meno agli obblighi impostile dagli artt. 48, 52 e 59 del Trattato CEE, mantenendo 
in vigore norme che: 
-subordinano ailla condizione di reciprocit� l'equiparazione dei cittadini 
degli arltri Stati membri ai cittadini italiani ai fini dell'accesso a diverse 
attivit� professionali legate al turismo; 

..:.... 'subordinano al possesso della cittadinanza italiana l'iscrizione agli 
ailbi e ai registri dei pubblicisti e dei giornalisti praticanti, e subordinano 
alla condizione di reciprocit� l'iscrizione dei giornalisti professionisti citta� 
dini di altri Stati membri a11'albo speciale dei giomalis,ti stranieri; 

-riservano ai soli cittadini italiani la parteciipazione ai concorsi per 
l'attribuzione delle sedi farmaceutiche. (Omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE. Sed. plen., 4 dicembre 
1986, nehla causa 205/84 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Slynn Commissione 
delle Comunit� europee (ag. Albrecht, prof. Steindorff) c. 
Repubblica fed. di Germania (ag. Seidel, prof. Lukes). lnterv.: Governi 
olandese (ag. Verdake), del Regno unito (ag. Braggins), belga (ag. Hoebaer), 
danese (ag. Mikaelsen, prof. Gulmann), francese (ag. Guillaume), 
irlandese (ag. Dockery) e italiano (a'V'V. Stato Fiumara). 

Comunit� Europee -Libera prestazione dei servizi -Assicurazione -Regime 
di autorizzazione e stabilimento -Limiti._ 
(Trattato CEE, artt. 59 e 60; direttive CEE del Consiglio 24 luglio 1973, n. 73/239, 

e 5 marzo 1979, n. 79/267). 

Comunit� Europee -Libera prestazione dei servizi -Coassicurazione -Coassicuratore 
delegatario -Autorizzazione e stabilimento -Non necessit�. 
(Trattato CEE, artt. 59 e 60; direttiva CEE del Consiglio 30 maggio 1978, n. 78/473). 

La Repubblica federale di Germania � venuta meno agli obblighi ad 
essa incombenti in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE, assoggettando, 
col � Versicherungsaufsichtsgesetz �, all'obbligo dello stabilimento nel 
suo territorio le imprese assicuratrici della Comunit� che intendano prestare 
in detto Stato, tramite rappresentanti, procuratori, agenti od altri 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

42 

intermediari, servizi nell'ambito dell'assicurazione diretta, ad eccezione 
dell'assicurazione sui trasporti; ci� non vale, tuttavia, per quanto riguarda 
le assicurazioni obbligatorie e le assicurazioni per le quali l'assicuratore � 
permanentemente presente nel territorio della Repubblica federale per un 
tramite che debba essere assimilato ad un'agenzia o ad una succursale, 
ovvero esercita la propria attivit� per intero o principalmente nel territorio 
di tale Stato (1). 

La Repubblica federale di Germania � venuta meno agli obblighi ad 
essa incombenti-in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE e della direttiva 
del Consiglio n. 78/473, relativa al coordinamento delle disposizioni 
legislative, regolamentari e amministrative in materia di coassicurazione 
comunitaria, stabilendo, per le prestazioni di servizi che rientrano nella 
coassicurazione comunitaria, che il coassicuratore delegatario, nel caso di 
rischi localizzati nella Repubblica federale di Germania, deve quivi essere 
stabilito ed autorizzato (2). 

(Omissis) 1. -Con atto depositato in cancelleria il 14 agosto 1984, 
la Commissione delile Comunit� Europee ha proposto a questa Corte, in 
forza dell'art 169 del Trattato CEE, un un ricorso inteso a far dichiarare 
ohe la Repubblica federale di Germania: 

A) in ragione dell'aipplilcazione del � Versicherungsaufsichtsgesetz � 
(legige per la vigilanza sulla assicurazioni, in prosieguo � VAG �),nella formulazione 
della quatto11dicesima legige di modifica 29 marzo 1983 (BGBL I, 
pag. 377), Ja quaile assoggetta al requisito dello stabilimento e delil'autorizzazione 
nella Repubblica federale di Germania le imprese assicuratrici 
della Comunit� ohe intendano prestare in detto Stato -tramite rappresentanti, 
procuratori, agenti ed altri intermediari -servizi ne1'l'ambito � 

(1-2) Cfr. anche, in senso analogo, le sentenze coeve nelle cause 220/83, 
COMMISSIONE C. FRANCIA, 252/83, COMMISSIONE c. DANIMARCA, e 206/84, COMMISSIONE 

c. IRLANDA. 
La Corte ha accolto solo parzialmente i ricorsi della Commissione (sostenuta 
dal Regno unito e dai Paesi Bassi) contro la-Repubblica fed. di Germania, 
la Francia, la Danimarca e l'Irlanda (sostenute dal Belgio e dall'Italia). Da 
un lato essa ha affermato che le imprese assicuratrici di uno Stato membro 
della Comunit� che intendano prestare in altro Stato membro servizi nell'ambito 
dell'assicurazione diretta (peraltro con la notevole esclusione delle assicurazioni 
obbligatorie, non formanti oggetto dei ricorsi) non sono tenute a stabilirsi 
in tale Stato membro (ferma, comunque, la loro soggezione a tutte le 
regole di tale Stato, se in concreto esse sono stabilite nel suo territorio, in 
qualunque forma); e dall'altro, per�, ha lasciato in vita il regime di autorizzazione 
imposto dagli Stati destinatari onde � garantire, in modo efficace, il controllo 
che, ..., � giustificato da ragioni attinenti la tutela dei consumatori >>, 
pur con la precisazione che l'autorizzazione deve essere concessa a qualsiasi 
impresa stabilita in altro Stato membro che ne faccia domanda e soddisfi 
le condizioni imposte dalla l�~slazione dello Stato destinatario, e a condizioni 


PARIB I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

43 

deM'assioorazione diretta (ad eccezione dell'assicurazione sui trasporti) 
e vieta alle imprese assicuratrici intermediarie con sede nella Repubblica 
federale di Germania di procurare a residenti contratti assicurativi con 
assicuratori aventi sede in un altro Stato membro, � venuta meno agli 
obblighi ad essa imposti dagli artt. 59 e 60 de1 Trattato CEE; 

B).in ragione dell'entrata in vigore e dell'apiplicazione della suddetta 
quattordicesima legge di modifica del VAG, la quale doveva servire a dare 
attuazione alla direttiva del Consiglio 30 magigio 1978, n. 78/473, relativa 
al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative 
in materia di coassicurazione comunitaria (G.U. n. L 151, pag. 25), 
� venuta meno agli obblighi ad essa imposti dagli artt. 59 e 60 del Trattato 
CEE nonch� dalle disposizioni della suddetta direttiva, in quanto 
le disposizioni della legge relative alla coassicurazione comunitaria stabiliscono 
che il coassicuratore delegatario -qualora il rischio assicurato 
sia localizzato ne1la Repubblica federale di Germania -deve quivi essere 
stabilito ed essere autorizzato a coprire i ri:schi anche da solo; 

C) in :.ragione della fissazione, da parte del � Bundesaufsichtsamt fiir 
das Versicherungswesen � (Ufficio federale di controllo delle assicurazioni), 
nell'ambito dell'attuazione della direttiva n. 78/473/CEE, di valori 
limite troppo elevati per i rischi nei rami assicurativi incendio, responsabilit� 
civile aeromobili e responsabilit� civile generale, che possono 
costituilre oggetto di coassicurazione comunitaria, � venuta meno agli obblighi 
ad essa imposti dall'art. l, 2� comma, e dall'art. 8 della suddetta 
direttiva, anche dagli artt. 59 e 60 del Trattato CEE, in quanto viene 
esci.usa nella Repubblica federale la prestazione di servizi i:n materia di 
coassicurazione per rischi di entit� inferiore ai valori limite. 

che non possono aggiungersi a condizioni legali equivalenti gi� soddisfatte nello 

Stato di stabilimento. Conseguente � la pronuncia in tema di coassicurazione 

comunitaria: il coassicuratore delegatario (o principale) non solo non deve 

essere necessariamente stabilito nel territorio dello Stato destinatario, ma non 

ha neanche bisogno di un'autorizzazione di quest'ultimo, non sussistendo, per 

la natura particolare dei rischi assicurati in regime di coassicurazione comu


nitaria e per la qualit� dei contraenti (grandi imprese � gruppi di imprese), 

una specifica esigenza di tutela dei consumatori. 

Le sentenze emesse, di notevole importanza, imporranno anche all'Italia 

di modificare la sua legislazione, non solo in tema di coassicurazione comuni


taria -disciplinata, sulla falsariga della normativa francese, dalla legge 11 no


vembre 1986, n. 772, solo di pochi giorni anteriore alla pronuncia delle quattro 

sentenze (ma sin dalla IX legislatura � stato posto in elaborazione un disegno 

di legge per l'adeguamento) -ma anche e soprattutto nel campo ben pi� 

vasto dell'attivit� assicurativa in generale. 

Sulla problematica affrontata nelle quattro cause, cfr., prima delle pro


nunzie della Corte, gli Atti del Convegno dell'A.l.D.A. sul tema Attivit� assicu


rativa, trattato di Roma e libert� di prestazione, tenutosi a Trieste nei giorni 

19-20 ottobre 1984, in Dir. prat. nell'assicurazione, 1984. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

44 

2. -La Commissione ha inoUre proposto riicorsi per inadempimento 
contro la Repubblica francese (causa 220/83), la Daniilnarca (causa 252/83) 
e l'Irlanda (causa 206/84), relativamente alla trasposizione, da parte di 
questi Stati membri, della suddetta direttiva n. 78/473. In tali ricorsi, la 
Commissione formlllla censure ampiamente coincidenti con quelle sollevate 
ai punti B e C nella presente causa. Per contro, taili riJcorsi non contengono 
censure corrispondenti a quella indiicata al punto A, nonostante il fatto che, 
nei sudcJetti Stati membri, le normative generali s:ul controMo delle imprese 
assicuratrid implichino restrizioni anailoghe a quelle che costituiscono 
oggetto di questa censura. 
3. -Nella presente causa, i Governi belga, danese, francese, irlandese 
e italiano sono intervenuti a sostegno della Repubblica fodera.ile di Germania, 
mentre i Governi britannici ed olandese sono intervenuti a sostegno 
deMa Commissione. 
4. -Per quanto riguarda le disposizioni della nornnativa tedesca di cui 
� caiusa, le direttive comunitarie di coordinamento nel settore assicurativo 
ed i mezzi e argomenti dedotti sia dalle parti sia dagli intervenienti, 
si rimanda alla relazione d'udienza. Tali elementi del fascicolo sono richiamati 
in appresso soltanto nella misura neces,saria ail ragionamento 
della Corte. 
I. SULLA RICEVIBILIT� 
5. -In via preliminaire, � opportuno esaminare taluni problemi di 
riicevibilit� che sono stati dibattuti dinanzi alla Corte. 
6. -Il Governo irlandese sostiene che la Commissione, proponendo 
i ricorsi di cui trattasi, tenta d'imporre H proprio punto di vista senza 
attendere l'esito dei procedimenti gi� iniziati dal Consiglio ai sensi dell'art. 
57, n. 2, del Tirattato. La proposta di Seconda direttiva in materia di 
assicurazione diretta diversa daLI'assicurazione sllilla vita (G.U. 1976, n. C 32, 
pag. 2; in prosieguo �proposta di Seconda direttiva�), che si trova attualmente 
all'esame del Consiglio, tratterebbe esattamente gli stessi problemi 
di delimitazione della libera prestazione dei servizi che sono in 
causa nella fattispecie. In realt�, la Commissione chiederebbe alla Corte di 
adempiere il compito che il Trattato ha affidato al Consiglio. 
7. -In proposito si deve riico:rdare che, secondo l'art. 155 del Trattato 
, spetta alla Commissione vigilare suH'applica:z;ione delle disposizioni 
del Trattato. Nell'assolvere questo compito, essa � tenuta, qualora ritenga 
che uno Stato membro sia venuto meno ad uno degli obblighi ad esso 
incombenti in forza del Tirattato, a proporre un ricorso a norma dell'art. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

169. Il �semplice fatto che sia stata gi� presentata al Consiglio la proposta 
per un atto legislativo la cui adozione e la cui tra:sposizione nel diritto 
interno sarebbero idonee a porre fine all'infrazione allegata dalla Commissione 
non esclude che questa abbia la facolt� di proporre un siffatto 
ricorso per inadempimento. 
8. -I Governi francese e irlandese hanno sostenuto che, in realt�, la 
Commissione mette in dubbio la conformit� al Trattato della direttiva 
n. 78/473 e, pertanto, contesta la legittimit� di quest'ultima. Ora, la Commissione 
non avrebbe proposto in tempo utile un ricorso per annullamento 
contro tale direttiva. I suddetti Governi esprimono quindi seri 
dubbi quanto a1la ricevibilit� della domanda dehla Commissione, che tenderebbe 
a rimettere in discussione un testo di diritto comunitario da 
ritenersi definitivo. 
9. -Si deve constatare che questa avgomentazione mette in luce una 
divergenza di interpretazione del:la direttiva. La Commissione, nel ricorso, 
intende la direttiva in senso conforme alla propria interpretazione degli 
artt. 59 e 60 del Trattato, mentre i due Governi ila intendono in modo 
contra:stante con detta interpretazione degli artt. 59 e 60. Ora, questi 
problemi d'interpretazione potranno essere risolti soltanto quando sar� 
esaminato il merito della causa. 
10. -Stando cos� le cose, nulla osta a che la Corte proceda all'esame 
del merito. 
II. NEL MERITO 
A) Sulla prima censura formulata dalla Commissione 

i. Sull'oggetto di tale censura 
11. -Dal testo stesso delle conclusioni del ricorso della Commissione 
risulta che la prima censura riguaroa gli obblighi di autorizzazione e di 
stabilimento imposti dal VAG a qualsiasi prest"l:):ore di servizi nel settore 
dell'assicurazione diretta in generale, ad eccezione delle assicurazioni sui 
trasporti, che non sono soggette a detti obblighi, e della coassicurazione 
comunitaria, che costituisce oggetto della seconda e della terza censura. 
Inoltre la Corte prende atto del fatto che, nella fase orale del procedimento, 
la Commissione ha precisato che il ricorso non riguarda le assicurazioni 
obbligatorie. 
12 -Per contro, rispondendo ad un quesito della Corte, la Commissione 
ha spiegato che, a differenza delle censure relative alla coassicurazione 
comunitaria, la prima censura riguarda anche le assicurazioni 
sulla vita. Durante la trattazione orale, il Governo tedesco ha confermate> 


46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di non aver mai messo in dubbio che il procedimento per inadempimento 
vertesse anche su queste assicurazioni. Alcimi dei Governi che sono intervenuti 
a sostegno della Repubblica federale di Germania hanno tuttavia 
considerato la risposta della Commissione come un tentativo di estendere 
l'oggetto del ricorso, il che li avrebbe privati della possibiilit� di f�r 
valere circostanze particolari, proprie del settore delle assicurazioni sulla 
vita. 

13. -In proposito si deve constatare ohe tanto il parere motivato 
quanto il ricorso sono redatti in termini generali e si riferiscono a 
disposizioni tedesche che si applicano anche alle assicurazioni sulla 
vita. � vero che questi due documenti fanno unicamente menzione dell� 
direttiva del Consiglio 24 luglio 1973, n. 73/239, recante coordinamento 
delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia 
di accesso e di esercizio deH'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione 
sulla vita (G.U. n. L 228, pag. 3), e della suddetta direttiva n. 78/473, relativa 
alla coassiourazione comunitaria, non gi� della direttiva del Consiglio 
5 marzo 1979, n. 79/267, recante coordinamento delle disposizioni legislative, 
regolamentari ed amministrative rigua:rdanti l'accesso all'attivit� 
dell'assicurazione diretta sulla vita ed i[ suo esercizio (G.U. n. L 63, pag. 
1). Tuttavia, questa circostanza pu� spiegarsi col fatto che, sui punti rilevanti 
per il presente ricorso, la direttiva del 1979 non differisce da quella 
del 1973. Benoh� le assicurazioni sulla vita pongano effettivamente problemi 
specifici, in particolare per quanto riguarda le condizioni di assicurazione 
e l'investimento delle riserve tecniche, tali problemi possono essere 
distinti da quelli relativi alle condizioni imposte in materia di stabilimento 
e di autorizzazione, che sono le uniche ad essere criticate dalla Commissione 
nell'ambito della prima censura. Ci� premesso, la risposta della 
Commissione dev'essere considerata come una precisazione, non gi� come 
una estensione del ricorso. 
14. -Nel formulare la prima censura, la Commissione ha menzionato 
separatamente il divieto, imposto da:l VAG agli intermediari stabiliti 
nella Repubblica federale di Germania, di proporre a residenti contratti 
di assicurazione con assicuratori stabiliti in un altro Stato membro. Nel 
corso del procedimento dinanzi alla Corte, la Commissione ed il Governo 
britannico hanno sostenuto che siffatti intermediari, nel fornire la propria 
consulenza circa la scelta di assicurazioni e di assicuratori, agiscono 
nel solo interesse dei contraenti dell'assicurazione. Le ragioni attinenti 
alla tutela di questi ultimi, fatte valere dal Governo tedesco, non potrebbero 
quindi giustificare in alcun modo il suddetto divieto, tanto pi� che, 
secondo quest'ultimo Governo, il VAG non vieta ai contraenti dell'assicurazione 
che risiedono in territorio tedesco di rivolgersi direttamente alle 
imprese assicuratrici straniere di cui trattasi. 

PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZJONALB 

15. -Il Governo tedesco ha replicato che il contraente dell'assicurazione, 
quando si rivolge, di propria iniziastiva, direttamente a}l'impresa 
assiouratrice straniera, � consaipevole di rinunciare alla tutela offerta dalla 
normativa del proprio paese. Per contro, qualora ~'intermediario sia stabilito 
nella Repubblica federale di Germania, il contraente del['assicurazione 
si rivolgerebbe ad un'impresa nazionale che, tuttavia, esercita la 
propria att!ivit� nell'interesse delle imprese assicuratrici e, nel caso di 
specie, neN'interesse di un'impresa ohe non � stabilita n� autorizzata in 
Germania. Il divieto di cui � causa costituirebbe quindi un necessario 
complemento delle condizioni relative allo stabilimento e aU'autorizzazione. 
16. -In merito a questo punto si deve ri!co:ridare che la professione 
d'intermediario nel settore assicurativo non costituisce oggetto di alcuna 
disciplina comunitaria ohe consenta alla Corte di accertare se un siffatto 
intermediario eserciti la propria attivit� nelil'interesse dell'una o dell'altra 
parte del contratto d'assiourazione. Inoltre, la circostanza che il contratto 
d'assicurazione sia stato stipulato ton l'ausilio di un intermediario non 
incaricato dall'impresa assiiouratriice straniera non pu� modificare la natura 
di detto contratto in quanto relativo ad un servizio prestato da quest'ultima 
ima:�resa al contraente dell'aissi:curazione. Ne consegue che, per 
quanto rigua11da le norme sul!la libera prestaiJione dei servizi, il divieto di 
oui trattasi non pu� essere dissociato dalla censura riguardante gli obbliighi 
di stabilimento e di autorizzazione imposti all'impresa asskuratrice 
in quamo prestatrice di servizi e che, pertanto, la Corte pu� limitarsi 
a statuire su detta censura. 
17. -Si deve quindi concludere ohe fa prima censura formuLata dalla 
Commissione rigua11da l'attivit� assicurativa nel suo complesso, ad eccezione 
delle assicurazioni sui trasporti, della coassiiourazione comunitaria 
e delle assicurazioni obbligatorie, e verte sui requisiti dello stabilimento 
e de1l'autorizzazione imposti da:lla normativa tedesca agJi assicuratori 
comunitari in quanto prestatori di servizi ai sensi del Trattato. 
ii. Sulla nozione di pr.estazione di servizi in materia di assicurazione. 
18. -Ai sensi dell'art. 59, 1� comma, del Trattato, l'abolizione delle 
restrizioni della libera prestazione dei servizi nell'ambito della Comunit� 
si estende a tutti i servizi prestati da cittadini degli Stati membri stabiliti 
in un paese della Comunit� che non sia quello del destinatario della 
prestazione. Secondo l'art. 60, 1� comma, sono considerate come servizi le 
prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano 
regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei 
caipita:li e deHe persone. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO

48 

19. -Per Je prestazioni di servizi cosl definite, i suddetti articoli 
impongono l'abolizione di qualsiasi restrizione della loro libera circolazione, 
con riserva tuttavia di quanto disposto dall'art. 61 e degli artt. 55 
e 56, cui fa rinvio l'art. 66. Mentre questi ultimi articoli non sono stati 
richiamati nel presente procedimento, il Governo italiano ha ricordato che, 
secondo l'art. 61, n. 2, la liberailizzazione dei servizi assicurativi che sono 
connessi a movimenti di caipitaile deve essere attuata in armonia con la 
graduale liberalizzazione della circolazione dei capitali. In proposito, si 
deve tuttavia rilevare che gi� la Prima direttiva del Consiglio 11 maggio 1960 
per l'aipplicazione dell'art. 67 del Trattato (G.U. 1960, pag. 921) ha previsto 
ohe gli Stati membri concedano qualsiasi autorizzazione di cambio relativa 
ai movimenti di capitali e necessaria per i trasferimenti effettuati in 
esecuzione di contratti di assicurazione, via via che ta:li contratti sono ammessi 
al beneficio della libera circolazione dei servizi, in applicazione 
degli artt. 59 e seguenti del Trattato. 
20. -Mentre, perci�, le norme sui movimenti di capitali non possono 
limitare la libert� di concludere contratti di assicurazione sotto 'forma cli 
prestazione di servizi in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato, si pone 
invece il problema della delimitazione del campo d'applicazione di questi 
articoli rispetto a quello delle disposizioni del Trattato relative al diritto 
di prestazione. 
21. -In proposito si deve riconoscere che, qualora un'impresa assicuratrice 
di uno Stato membro sia permanentemente presente in un altro 
Stato membro, ad essa si applicano ile disposizioni del Trattato sUJ!. diritto 
di stabilimento, anche se la sua presenza in quest'ultimo Stato non ha 
assunto la forma di una suocursale o di una agenzia, ma si manifesta 
tramite un semplice ufficio, gestito da personale dipendente dall'impresa, 
o tramite una persona indiipendente, ma incaricata di agire in permanenza 
per conto dehl'impresa alla stessa stregua di un'agenzia. In ragione della 
suddetta definizione contenuta nell'art. 60, 1� comma, l'impresa assicuratrice 
non potrebbe quindi, in tal caso, valersi degili artt. 59 e 60 del Trattato 
per quanto riguarda le sue attliivit� nel secondo Stato membro. 
22. -Cos� pure, come la Corte ha affermato nella sentenza 3 dicembre 
1974 (causa 33/74, Van Binsbergen, Raoc .. pag. 1299), � giusto riconoscere 
ad uno Stato membro il diritto di provvedere affinch� un prestatore 
di servizi, la cui attivit� si svo1ga per intero o principalmente sul territorio 
di detto Stato, non possa utilizzare la libert� garantita dall'art. 59 
allo scopo di sottrarsi alle norme sull'eserci7lio della sua professione la cui 
osservanza gli sarebbe imposta ove egli si stabilisse nello Stato in questione; 
una simile situazione deve infatti venir regolata dalle norme sul 
diritto di stabilimento e non dalle norme sclla prestazione di servizi. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

23. -Si deve infine ricordare che, essendo il campo d'aipplicazione 
degli artt. 59 e 60 definito in funzione dei luoghi di stabilimento o di 
res�denza del prestatore dei servizi e del loro destinatario, possono sorgere 
problemi particolari qualora il rischio coperto dal contratto d'assicurazione 
sia localizzato nel territorio di uno Stato diverso da quello del contraente 
dell'assicurazione, destinatario dei servdzi. Questi problemi, che 
non hanno costituito oggetto di discussioni dinanzi alla Corte, non saranno 
da questa esaminati nell'ambito della presente causa. Il suiccessivo esame 
riguarda quindi unicamente le assicurazioni contro rischi loca!lizzati nello 
Stato membro del contraente dell'assicurazione (in prosieguo � lo Stato 
destinatario�). 
24. -Da quanto precede risulta che le prestazioni di servizi da 
prendere in considerazione onde statuire sul presente ricorso riguardano 
i soli contratti d'assicurazione relativi a risohi localizzati in uno Stato 
membro e conclusi, da un contraente stabildto o residente in questo Stato, 
con un assicuratore che sia stabilito in un altro Stato membro e che non 
sia in alcun modo permanentemente presente nel primo Stato, n� svolga 
la propria attivit� per intero o principalmente nel territorio di tale Stato. 
iii. Sulla conformU� dei requisiti controversi con gli artt. 59 e 60 
del Trattato. 
25. -Secondo la costante giurisprudenza della Corte, gli artt. 59 e 60 
del Trattato hanno acquistato efficacia diretta alla scadenza del periodo 
transitorio e la loro applicabilit� non � subordinata all'armonizzazione o 
al coordinamento delle legislazioni degli Stati membri. Detti articoli impongono 
l'aboli.2lione non soltanto di tutte le discriminazioni nei confronti del 
prestatore in ragione della sua nazionalit�, ma anche di tutte le restrizioni 
della libera prestazione dei servizi imposte in ragione del fatto che il 
prestatore � stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui dev'essere 
fornita la prestazione. 
26. -Poich� il Governo tedesco e taluni dei Governi intervenuti a 
sostegno dello stesso si sono riferiti a!ll'art. 60, 3� comma, per far valere 
che Io Stato destinatario pu� applicare la propria normativa in materia 
di controllo anche agli assicuratori stabil.iti in un altro Stato membro, 
si deve aggiungere che, come questa Corte ha precisato in particolare nella 
sentenza 17 dicembre 1981 (causa 279/80, Webb, Racc. pag. 3305), la suddetta 
norma ha anzitutto lo scopo di rendere possdbile al prestatore l'esercizio 
della propria attivit� nello Stato membro destinatario, senza alcuna 
discriminazione rispetto ai cittadirui di tale Stato. �Essa non implica tuttavia 
che qualsiasi disciplina nazionale che si appLichi aii cittadini di tale 
Stato e si riferisca normalmente ad un'attivit� permanente delle imprese 

50 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

stabilite in tale Stato possa essere integralmente e allo stesso modo applii.
cata anche ad attivit� di carattere temporaneo esercitate da imprese 
aventi sede in altri Stati membri. 

27. -La Corte h~ tuttavia ammesso, in particolare nelle sentenze 18 gennaio 
1979 (causa 110 e 111/78, Van Wesemael, Raoc. pag. 35) e 17 dicembre 
1981 (causa 279/80, Webb, loc. cit.), che, tenuto conto delle speciali 
caratteristiche di talune prestazioni di servizi, non si possono considerare 
incompatibili col Trattato talune condizioni specifilche imposte al prestatore, 
che siano giustificate dall'appliicazione di norme relative a questi 
tipi di attivit�. Tuttavia, la libera prestazione dei servizi, in quanto principio 
fondamentale sanoito dal Trattato, pu� venire limitata solamente da norme 
giustificate dall'interesse generale e obbligatorie nei confronti di tutte le 
persone e le imprese che esercitino la propria attivit� nel territorio dello 
Stato destinatario, nella misura in cui tale interesse non risulti garantito 
dalle norme alle quali il prestatore � soggetto nello Stato membro in cui � 
stabilito. Inoltre, le suddette condizioni devono essere obiettiv�amente necessarie 
al fine di assicurare l'osservanza delle norme professionali e di 
garantire la tutela degli interessi da queste perseguita. 
28. -Si deve constatare che le condiziOilli controverse nella presente 
causa, e cio� gli obblighi, imposti ad un assicuratore stabilito in un altro 
Stato membro, autorizzato dall'autorit� di controllo di ques'ultimo e sottoposto 
al controllo di detta autorit�, di disporre di una sede stabile nel 
territorio dello Stato destinatario e di ottenere una specifica autorizzazione 
dall'autorit� di controllo di questo Stato, costituiscono restrizioni della 
libera prestamone dei servizi, in quanto rendono pi� onerose le prestazioni 
dell'assicuratore nello Stato destinatario, in particolare qualora le sue 
attivit� in questo Stato presentino carattere puramente occasionail.e. 
29. -Ne consegue che le suddette condi;lioni possono essere considerate 
compatibili 'con gli artt. 59 e 60 del Trattato soltanto qualora sia provato 
ohe esistono, nel settore dell'attivit� considerata, esiigenze imperative connesse 
all'interesse generale che giustificano -restrizioni della l�ibera prestazione 
dei servdzi, che tale interesse non � gi� garantito dalle norme dello 
Stato di stabilimento e che lo stesso risultato non potrebbe essere ottenuto 
mediante provvedimenti meno drastici. 
a) Sull'esistenza di un interesse che giustifichi talune restrizioni della 
libera prestazione dei servizi nel settore assicurativo. 

30. -Coni.e hanno affeaimato il Governo tedesico e gili intervenienti a sostegno 
dello stesso, senza essere contraddetti da!lla Commissione, n� dai 
Governi britannici ed olandese, l'attivit� assiiicuratirva 1costituisice un settore 
particolarmente sensibile dal punto di vista della tutela del 1consumatore, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

di quest'ultima presenti -attivi congruenti e equivalenti agli impegni contratti 
in tutti i paesi in cui .l'impresa esercita le sue attivit�. L'abolizione 
di quest'obbligo di localizzazione viene proposta soltanto nel progetto di 
Seconda direttiva, che riguarda fra J'altro l'armonizzazione deLle norme 
nazionali relative alle riserve tecniche. 

39. -Durante il rprocedimento dinanzi alla Corte, il Governo tedesco ed 
i Governi intervenuti a sostegno dello stesso hanno dimostrato l'esistenza 
di notevoli differenze fra le norme nazionali attualmente vigenti e relative 
alle �riserve e agli accantonamenti tecnici, nonch� agld attivi che ne 
costituiscono la contropartita. In mancanza di un'armonizzazione al riguardo, 
e di qualsiasi norma che i1mponga all'autorit� di controllo defilo Stato 
dii stabilimento di verificare �l'osservanza delle norme in vigore nello Stato 
destinatario, si deve ammettere che quest'ultimo ha il diritto di esigere 
e di controllare l'osservanza deN.e proprie norme in materia di riserve e 
aJOCantonamenti tecnici relativamente alle prestazioni di servizi effettuate 
nel suo �territorio, purch� tali norme non vadano oltre quanto � necessario 
per garantiire la tutela dei contraenti dell.'assicurazione e degli assicurati. 
40. -Infine, iper quanto riguarda le condraioni di assicurazione, le due 
prime direttive di coordinamento non implicano alcuna armonizzazione in 
proposito e lasciano a ciascuno Stato membro nel quale l'impresa eserciti 
la sua attivit� il compito di vigilare sull'osservanza delle proprie norme 
iimiperative relativamente alle operazioni svolte nel suo territorio. La proposta 
di Seconda direttiva determina il campo d'applicazione di siffatte 
norme imperative ed esclude che queste vengano applicate a determinate 
assicurazioni di carattere commerciale che sono definite in modo dettagliato. 
Tenuto conto delle notevoli differenze fra le norme nazional�i vigenti 
in materia, si deve constatare che, anche su questo e con la stessa riserva, 
lo Stato membro d�stinatario ha il diritto di esigere e di controllare 
l'osservanza delle proprie norme :relativamente alle prestazioni di servizi 
effettuate nel suo territorio. 
41. -Si deve quindi riconoscere che, alio stato attuale del diritto 
comunitario, le esigenze di tutela dei contraenti deM'assicurazione e degli 
assicurati che sono state sopra descritte giustificano il fatto ohe lo 
Stato membro destinatario garantisca l'aipplicazfone della propria legislazione 
per quanto riguaroa le riserve o gli accantonamenti tecnici e le 
condizioni d'assicurazione, rpuroh� le condizioni �imposte da tale legislamone 
non vadano oltre quantp � necessario rper :garantire la tutela dei 
contraenti delil'assicurazione e degli assicurati. Resta ;pertanto da esaminare 
se sia necessario che il relativo controllo venga ~ffettuato nell'aro

54 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

bito di un regime di autorizzazione e mediante l'imposizione, all'impresa 
assicuratrice, del requisito dello stabilimento nello Stato destinatario. 


c) Sulla necessit� del regime di autorizzazione 

{:: 

42. -La Commissione non nega che ilo Stato destinatario abbia il di~
ritto 
di esercitare un certo controllo nei confronti delle imprese assicuratrici 
ohe fomisicono prestazioni di servizi-nel suo territorio. Durante fa 
fase orale del procedimento, essa ha anzi ammesso la possibilit� di subordinare 
a determinati rprovvediimenti di controllo a priori l'esercizio di 
qualsiasi attivit� sotto forma di prestazione di servizi da parte dehl'impresa 
interessata. Tuttavfa, essa ha ribadito che siffatti provvedimenti 
devono rientrare nell'ambito di un regime meno restrittivo di quello di 
autorizzazione, senza tuttavia precisare quali dovrebbero essere le modalit� 
di detto regime. 
43. -Secondo il Governo tedesco ed i Governi intervenuti a sostegno 
dello stesso, il necessario controllo non pu� essere esercitato al di fuori 
di un regime di autorizzazione che consenta un esame pllima dell'inizio delle 
attivit�, una sorveglianza continua di queste ultime e [a possibilit� 
di revocare l'autorizzazione in caso di infrazioni gravi e persistenti. 
44. -In proposito si deve rilevare che, in -tutti gli Stati membri, il 
controllo delle imprese assicuratrici � organizzato nell'ambito di un regime 
di autorizzazione, e che la necessit� di un siffatto sistema � 
riconosciuta dalle sue prime direttive �di coordinamento per quanto riguarda 
le attivit� da esse contemplate. Secondo il rispettivo art. 6 di 
queste direttive, ciascuno Stato membro sub~rdina '1'aocesso al!l'attivit� 
assicurativa sul proprio territorio a:d una autorizzazione amministrativa. 
L'imrpresa che apre succursali o agenzie in Stati membri diversi da quello 
della propria sede deve quindi ottenere un'autorizzazione dall'autorit� di 
controllo di ciascuno di tali Stati. 
45. -Si deve d'altronde osservare che la proposta di Seconda direttiva 
prevede iJ. mantenimento in vigore di qu~sto regiime. L'impresa deve 
ottenere un'autorizzazione amministrativa per ciascuno Stato membro nel 
quale intende esercitare fa rpropria attivit� sotto forma di prestazioni di 
servizi. Beoch�, secondo ~l progetto, tale autorizzazione debba essere 
ri!lasciata dall'autorit� di controllo dello Stato di stabi1imento, questa 
autorit� deve tuttavia 1consultare rpreviamente l'autorit� di 1controllo de1lo 
Stato destinatario, trasmettendole copia dell'intero fascicolo. Il progetto 
prevede rinoltre una permanente collaborazione fra le due autorit� di controllo, 
tale da permettere in particolare a que!Ja dello Stato di stabilimento 
di adottare tutti gli opportuni provvedimenti, che rpossono giungere 
fino -alla revoca dell'autorizzazione, per porre fine alle infrazioni che 
~ 


f: 
1: 
-.J 



PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALB ss 

le siano state segnalate dall'autorit� di controllo dello Stato destinatario. 


46. -Stando cos� le cose, non pu� essere disatteso 11'argomento del 
Governo tedesco secondo cui soltanto l'imposizione del requisito del['
autorizzazione pu� garantire, in modo efficace, il controllo che, tenuto 
conto delle iprecedenti considerazioni, � giustificato da ragioni attinenti 
alla tutela dei consumatori, 1in quanto contraenti dell'assicurazione 
e assicurati. Poich� un sistema come queillo proiposto nel iprogetto 
di seconda direttiva, in base al quale l'applicazione del regime di autorizzazione 
� affidato allo Stato membro di stabillimento in stretta col� 
laborazione con lo Stato destinatario, non pu� essere instaurato se non 
per via legislativa, si deve altres� ammettere che, allo stato attuale 
del diritto comunitario, spetta allo Stato destinatario concedere e revocare 
tale autorizzazione. 
47. -Si deve tuttavia sottolineare che il'autorizzazione dev'essere 
concessa a �qualsiasi impresa sta9ilita in un altro Stato membro, che ne 
faccia domanda e soddisfi le 1condizioni 1imposte dalla legislazione dello 
Stato destinatario, come pure che truli condizioni non possono aggiungersi 
a condizioni legali equivalenti gi� soddisfatte net.lo Stato di stabilimento 
e che l'autorit� di controHo dello Stato destinatario deve tener 
conto degli esami e de1le verifiche gi� effettuati nello Stato membro 
di stabilimento. Ora, secondo il Governo tedesco, che su questo punto 
non � stato contraddetto dalla Commissione, il �regime di autorizza� 
zione tedesco � pienamente conforme a tali esigenze. 
48. -� oipiportuno inoltre accertare se il requisito dell'autorizzazione, 
riguardante, a norma del VAG, qualsiasi attivit� assicurativa ad eccezione 
delle assicurazioni sui trasporti, sia giustifiicato in tutti i casi. In pro� 
posito � stato sottolineato, in particolare dal Governo britannico, che 
[a libera d:rcolazione dei servizi � importante soiprattutto per le assicura� 
zioni commerciali e che, iprecisamente per queste assicurazioni, vengono 
meno le ragioni di tutela del contraente deH'!:issicuraztione fatte valere 
dal Governo tedesco e dai Governi intervenuti a sostegno dello stesso. 
49. -Da quanto precede si desume che il requisito deH'autorizzazione 
pu� essere mantenuto in vigore soltanto in quanto sia giustificato dalle 
ragioni di tutela del contraente rleM'assicurazione e dell'assicurato fatte 
valere dal Governo tedesco. Si deve anche ammettere che tali ragioni non 
hanno la stessa importanza per tutti i rami assicurativi e che possono 
esistere casi in cui, dato il carattere del rischio assicurato e del contraente 
dell'assicurazione, non vi � alcuna necessit� di tutelare quest'ultimo 
mediante l'applicazione delle norme imperative del suo ordinamento nazionale. 

56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

50. -Tuttavia, bench� la proposta di Seconda direttiva abbia tenuto 
conto di queste considerazioni escludendo in particolare le assicurazioni 
di carattere commerciale, definite .in modo dettagliato, dall'applicazione 
delle norme imperative dello Stato destinatario, si deve anche constatare 
che la Corte;in base agili elementi di diritto e di fatto di cui dispone, non 
� in grado di stabilire una siffatta distinzione generale e di fissarne i 
limiti con sufficiente precisione per determinare i casi particolari �in cui 
le esigenze di tutela, caratteristiche delle attivit� assicurative in .generale, 
non giustificano il requisito dell'autorizzazione. 
51. -Dalle precedenti considerazioni risulta che la prima censura 
formulata dalla Commissione dev'essere disattesa nella parte riguardante 
il .requisito dell'autorizzazione. 
d) Sulla necessit� dello stabilimento. 

52. -Se � vero che. fil requisito relativo all'autorizzazione costituisce 
una restrizione defila libera prestazione di servizi, il requisito relativo ahlo 
stabiilimento � di fatto la negazione stessa di tale 11.ibert�. Esso ha fa conseguenza 
di privare di ogni efficacia pratica l'art. 59 del Trattato, il cui 
scopo consiste per J'appunto nell'eliminare le restrizioni de!Ja libera prestazione 
di servizi da parte di persone non stabilite nello Stato nel cui territorio 
dev'essere fornita la prestazione (cfr., in particolare, fo sentenze 
3 dicembre 1974, loc. cit., 26 novembre 1975, causa 39/75, Coenen, Racc. 
pag. 1547, e 10 febbraio 1982, causa 76/81, Tansporoute, Racc. pag. 417). 
Tale requisito pu� essere ammissibile soltanto qualora sia provato ch'esso 
costituisce una condizione indispensabiile per raggiungere lo scopo perseguito. 
53. -In proposito, hl Governo tedesco osserva in particolare che il 
requisito delJo stabilimento neltlo Stato destinatario consente altl'autorit� 
di controllo di questo Stato di verificare in loco e permanentemente l'attivit� 
esercitata dail!l'assicuratore autorizzato e che, se non venisse imposto 
tale requisito, detta autorit� non sarebbe in grado di adempiere il proprio 
compito. 
54. -La Corte ha gi� sottolineato, nella sua giurisprudenza, da ultimo 
nella sentenza 3 febbraio 1983 (causa 29/82, Van Luipen, Raoc pag. 151), 
che considerazioni di ordine amministrativo non possono giustificare la 
deroga, da parte di uno Stato membro, alle norme del diritto comunitario. 
Questa considerazione � tanto pi� valida quando ila deroga di cui trattasi 
ha l'effetto di escludere l'esercizio di una delle libert� fondamentali garantite 
dal Trattato. Nella fattispecie, non � quindi sufficiente che la disponibilit� 
in loco di tutti i documenti necessari per il controllo da parte 
delle autorit� de!Jo Stato destinatario possa agevolare l'adempimento del 
compito di queste autorit�. g necessario, inoltre, dimostrare che, anche 

PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

nell'ambito di un regime di autorizzazione, queste non !Potrebbero adempiere 
in modo efficace il foro compito di controllo senza ohe l'impresa 
aibbia, nel suddetto Stato membro, una sede stabile ove siano disponibili 
tutti i documenti necessari. 

55. -Ci� non � stato dimostrato. Come si � rilevato in precedenza, il 
diritto comunitario in materia di assicurazioni non osta, nel suo attuale 
staidio di evoluzione, a che fo Stato destinatario esiga che gli attivi corrispondenti 
aille riserve o aigli accantonamenti tecnici relativi alle attivit� 
esercitate nel proprio territorio siano quivi locaiizzati. In tal caso, l'esistenza 
di detti attivi pu� essere verificata in loco, anche qualora l'impresa 
non abbia alcuna sede stabile nel suddetto Stato. Per le ailtre condizioni 
di attivit� soggette a controllo, la Corte ritiene che questo controllo possa 
essere esercitato basandosi su copie �di bilanci, resoconti e documenti commerciali, 
ivi comprese le condizioni d'assicurazione ed i programmi di attivit�, 
inviate a partire dal[o Stato di stabilimento e debitamente autenticate 
daHe autorit� di questo Stato membro. NeLl'ambito di un regime di 
autorizzazione, � possibile sottoporre l'impresa a siffatte condizioni di 
controllo nell'atto di autorizzazione e garantire il rispetto delle condizioni 
stesse, eventualmente, mediante la revoca di tale atto. 
56. -Non � quindi provato che le esigenze sopra prospettate ed 
attinenti alla tutela del contraente dell'assicurazione e dell'assicurato rendano 
indispensabile, lo stabilimento dell'assicuratore nel territorio dello 
Stato destinatario. 
57. -Relativamente alla prima censura formulata dalla Commissione, 
si :deve quindi concludere che la Repubblica federale di Germania � venuta 
meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 e 60 del 
Trattato CEE, assoggettando, col � Versicherungsaufsiichtsgesetz �, all'obbligo 
dello stabilimento nel suo territorio le iill!Prese assicuratrici della 
Comunit� che intendano prestare in detto Stato, tramite rappresentanti, 
procuratori, agenti od altri intermediari, servizi nell'ambito dell'assicurazione 
diretta, ad eccezione dell'assicurazione sui trasporti; ci� non vale, 
tuttavia, per quanto riguarda [e assicurazioni -obbligatorie e le assicurazioni 
per le quali l'assicuratore � permanentemente presente nel territorio 
della Repubblica federale per un tramite che debba essere assimilato 
ad un'agenzia o ad una succursale, ovvero esercita la propria attivit� 
per intero o principalmente nel territorio di tale Stato. 
B) Sulla seconda censura formulata dalla Commissione 

58. -Con la seconda censura, fa Commissione mira a far dichiarare 
un inadempimento riguardante tanto la rdirettiva n. 78/473 sulla coassicurazione 
comunitaria, quanto gli artt. 59 e 60 del Trattato. Tuttavia, come 

58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO 

fa prima causa, anche la seconda si basa sulla tesi secondo cui gli obblighi 
relativi all'autorizzazione e allo stabillimento sono incompatibiili con gli 

. artt. 59 e 60 del Trattato per quanto riguarda J'attivit� assicurativa nel suo 
complesso. Secondo fa Commissione, non vi � quindi alcun motivo di distinguere 
sotto questo profhlo la situazione dell'assicurazione irn generale da 
quella del c�assicuratore delegatario. La Repubblica federale di Germania 
avrebbe quindi commesso un'infr.azione ai suddetti articoH, in quanto, nel 
trasporre la direttiva n. 78/473 nehl'ordinamento interno, essa ha esentato 
da tali obblighi uniicamente .gli altri coassicuratori, e non il coassicuratore 
delegatario. 

59. -La Commissione ammette che la direttiva � ambigua su questo 
punto, ma sostiene ch'essa deve essere interpretata in senso conforme al 
Trattato, il che � stato riconosciuto dagli Stati membri nella dichiarazione 
comune figurante nel verbale della riunione del Consiglio in data 23 maggio 
1978. Conseguentemente, non si potrebbe in alcun modo ritenere che 
la direttiva imponga al coassicuratore delegatario l'obbligo di essere autorizzato 
e di stabilirsi nello Stato membro in cui � localizzato il rischio. 
60. -Da parte sua, il Governo tedesco fa riferimento alla distinzione 
effettuata dalla direttiva n. 78/473 fra il coassicuratore delegatario e ,gli 
altri coassicuratc�ri. Le disposizioni di questa direttiva riguartlanti il coassicuratore 
delegatario, ed in particolare l'art. 2, n. l, lett. c), in quanto 
rinvia alla direttiva n. 73/239, proverebbero che lo Stato in cui � localizzato 
il rischio rpu� esigere che il coassicuratore delegatario sia stabilito 
e autorizzato nel proprio territorio, cosicch� possa coprire interamente 
il rischio anche da solo. Pertanto, la normativa tedesca non violerebbe 
n� la direttiva n. 78/473 n� gli artt. 59 e 60 del Trattato. 
61. -� vero che, secondo la suddetta disposizione della direttiva, il 
coassicuratore delegatario � autorizzato � secondo le condizioni previste 
dalla prima direttiva di cooridinamento, rcio� � trattato come l'assicuratore 
che copre la totalit� del rischio �. La direttiva non indica, tuttayia, in 
quale Stato membro il coassicuratore dele,gat�rio dev'essere autorizzato, 
e da quanto precedentemente affermato rul ptllilto A risulta che, secondo il 
diritto comunitario, un assicuratore gi� autorizzato e stabilito in uno 
Stato membro non deve necessariamente essere stabilito in un altro 
Stato membro, per poter coprire la totaHt� di un rischio localizzato nel 
territorio di quest'ultimo Stato. 
62. -Come questa Corte ha affermato nella sentenza 13 dicembre 
1983 (causa 218/82, Commissione c/ Consiglio, Racc. pag. 4063), allorch� 
una norma di diritto derivato comunitario ammetta pi� tdi una interpretazione, 
si deve dare la preferenza a queHa che renda la norma stessa 
. . 


-�-. I 



PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

conforme al T�rattato rispetto a quella che porti a constatare la sua incompatibilit� 
col Trattato stesso. Stando cos� le cose, la direttiva non dev'essere 
interpretata isolatamente, dovendosi invece esaminare se i requisiti 
di cui trattasi siano o meno in contrasto con le suddette disposizioni del 
Trattato e far riferimento all'esito di tale esame ai fini dell'interpretazione 
deHa direttiva. 

63~ -Ora, per quanto riguarda l'attivit� assiicurativa in generale, la 
Corte ha test� .affermato che l'obbligo di stabilimento � incompatibile con 
gli artt. 59 e 60 del� Trattato. Di conseguenza, l'imposizione di tale obbligo 
al coassicuratore� delegatario non pu� essere fondata sulla :direttiva numero 
78/473. Basta quindi esaminare se sia conforme al diritto comuni-� 
tario l'imposizione, al coasskuratore delegatario, dell'obbligo di essere 
autorizzato nel paese del rischio. 

64. -In proposito, da!ll'esame della prima censura risulta che il requisito 
dell'autorizzazione, nello Stato destinatario, di un'impresa prestatrice 
di servizi assicurativi rpu� essere considerato compatibile col Trattato 
soltanto qualora sia giustificato da motivi attinenti alla tutela del consumatore, 
in quanto contraente dell'assicurazione o assicurato. Ora, secondo 
il suo art. l, n. 2, la direttiva n. 78/473 riguarda soltanto le 
assiicurazioni contro rischi che, per loro natura o importanza, richiedono 
[a partecipazione di pi� assicuratori ai fini della loro garanzia. Inoltre, 
secondo il suo art. 1, n. 1, la direttiva si aipplica soltanto alle operazioni 
di coassicurazione comunitaria aventi ad oggetto taluni dei rischi elencati 
nell'allegato della diretti<va n. 73/239. Ad esempio, essa non riguarda 
n� le assicurazioni sulla vita, n� le assicurazioni contro gli infortuni e 
ila malattia, n� le assicurazioni iper la responsabilit� civile derivante 
dalla circolazione stradale. I 1contraenti delle assicurazioni contemplate 
dalla direttiva sono soltanto grandi imprese o gruippi d'imprese, in grado 
di ivalutare e di negoziare le polizze assicurative che vengono loro proposte; 
pertei�, gli argomenti relativi alla tutela dei consumatori non 
hanno, in questo caso, ila stessa rilevanza ohe nel caso di altre forme 
di assicurazione. 
65. -Dall'esame della prima censura risulta inoltre che il requisito 
deH'autorizzazione nello Stato destinatario non � giustificato neppure 
qualora l'impresa prestatrice di servizi soddisfi gi� condizioni equivalenti 
imposte nello Stato membro di stabilimento e qualora esista un sistema 
di collaborazione fra le autorit� di controllo degli Stati membri interessati, 
tale da garantire un controllo efficace dell'osservanza di siffatte 
condizioni anche per quanto riguarida le prestazioni di servizi. Ora, come 
risulta dal preambolo della direttiva n. 78/473, questa mira a realizzare 
il minimo di coordinamento ritenuto necessario per facilitare l'esercizio 

60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

effettivo dell'attivit� di coassicurazione comunitaria ed organizza una 
speciale collaborazione fra le autorit� di controllo degli Stati membri 
e fra queste autorit� e la Commissione, sistema che, per le prestazioni 
di servizi nell'ambito dell'assicUII'azione in generale, � prevti:sto soltanto 
nella proposta di Seconda direttiva. 

66. -D'altra parte, una differenza di trattamento in proposito fra il 
coassicuratore delegatario e gli altri coassicuratori non risulta obiettivamente 
giustifi�:ata. In effetti,� bench� spetti al coassicuratore delegatario 
stipulare il contratto e garantirne l'esecuzione, nulla osta a che 
egli copra una parte del rischio anche inferiore a queLla degli altri 
coassicuratori. 
67. -Date queste circostanze, e per quanto riguarda le assicurazioni 
che rientrano nell'ambito della direttiva n. 78/473 sUlla coassicurazione, 
i requisiti posti dal VAG, non solo quanto allo stabilimento, ma anche 
quanto all'autorizzazione del coassicuratore delegatario, sono incompatibili 
con gli artt. 59 e 60 del Trattato e quindi anche con la direttiva. 
68. -Si deve perci� dichiarare che la Repubblica federale di Germania 
� venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli 
artt. 59 e 60 del Trattato CEE e della direttiva del Consiglio n. 78/473, 
in quanto le disposizioni della sua normativa stabiliscono, per la coassicurazione 
comunitaria, che il coassicuratore delegatario, nel caso di 
rischi localizzati nella Repubblica federale di Germania, deve quivi essere 
stabilito ed autorizzato. 
C) Sulla .terzo censura formulata dalla Commissione 

69. -Secondo il suo tenore letterale, la terza censura riguarda il 
livello dei valori limite fissati nella Repubblica federale di Germania 
per determinati rischi che costituiscono oggetto di coassicurazione comunitaria. 
Tuttavia, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, la Commissione 
ha precisato che detta censura � dir~tta, in realt�, contro l'esistenza 
stessa di siffatti valori limite. 
70. -Ora, si deve constatare che questa � una censura diversa e pi� 
ampia di quella formulata nelle conclusioni �del ricorso. Essa non pu�, 
quindi, essere ritenuta ammissibile. Per quanto riguarda la censura iniziale, 
la Commissione non ha addotto alcun argomento per provare che 
il livello dei valori limite fissati dalla normativa tedesca sia troppo 
elevato. 
71. -Ne consegue che la terza censura formulata dalla Commissione 
dev'essere disattesa. 
. 


I 

I'

... .. .� I 



61

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 16 dicembre 
1986, nella causa 200/85 -Pres. f.f. Kakouris -Avv. Gen. 
Mischo -Commissione delle C.E. (Berarrlis) c. Repubblica italiana 
(avv. Stato Ferri). 

Comunit� Europee �-Disposizioni fiscali � IVA � Aliquote differenziate sulle 
vetture a motore diesel. 
(Trattato CEE, art. 9Si d.l. 26 maggio 1978; n. 216, conv. nella legge 24 luglio 1978, 

n. 388). 
Istituendo aliquote IVA differenziate sulle autovetture a motore diesel 
in funzione della cilindrata la Repubblica italiana non � venuta meno 
agli obblighi impostile dall'art. 95 del Trattato CEE, anche se vengono 
cos� colpite con l'aliquota pi� elevata esclusivamente autovetture im� 
portate (1). 

(omissis) 1. -Con istanza depositata nella cancelleria della Corte 
il 1� giugno 1985, la Commissione delle Comunit� Europee ha proposto, 
a norma dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichia� 
rare che la Repubblica italiana istituendo e mantenendo aliquote IVA 
differenziate sulle autovetture a motore diesel in funzione della cilindrata 
cos� da colpire con l'aliquota pi� elevata esclusivamente autovetture 
importate, in partkolare da altri Stati membri, � venuta meno 
agli obblighi impostile dall'art. 95 del Trattato CEE. 

2. -Per quanto concerne le norme di legge italiane dedotte in lite, 
e i mezzi e gli argomenti sostenuti dalle parti si rinvia aMa relazione 
(1) La sentenza 15 marzo 1983, nella causa 319/81, citata in motivazione, � 
pubblicata in questa Rassegna, 1983, I, 285. 
Una volta escluso che un'autovettura, sol perch� equipaggiata con motore 
diesel, non possa essere considerata, anche se di cilindrata molto elevata, prodotto 
di lusso, non restava che verificare l'esattezza dell'assunto della Commissione 
secondo cui il limite di cilindrata sarebbe sta_to fissato in modo tale da ) 
colpire pi� gravemente solo i prodotti importati. E la Corte ha ritenuto non 
provata tale circostanza (cfr., invece, la situazione emersa nella causa 112/84, 
HUMBLOT, decisa con la sentenza 9 maggio 1985, in Racc. giur. Corte, 1985, 1375, 
citata in motivazione), condividendo, nella sostanza, le argomentazioni svolte 
dal Governo italiano. 

� In un settore produttivo come quello delle automobili -si era detto, 
fra l'altro, nelle difese scritte presentate alla Corte -le modalit� di tassazione 
applicate da una legislazione nazionale influenzano il mercato in un senso che 
potremmo definire dinamico: il settore produttivo non subisce passivamente 
gli effetti della manovra tributaria ma reagisce orientando le proprie scelte in 
modo da neutralizzare il pi� possibile gli effetti sfavorevoli del fattore fiscale. 

� Di ci� la Commissione � ben consapevole, riconoscendo anche la legittimit� 
di un uso della leva fiscale per incentivare o disincentivare certe prefe� 



62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d'udienza. Detti elementi del fascicolo sono qui di seguito menzionati 
solo nella misura necessaria per consentire arJ.la Corte di esporre il suo 
iter logico. 

l -SULLA RICEVIBILIT� 

3. -Il Governo italiano deduce che, nel parere motivato, la Commissione 
contesta all'Italia di aver violato l'art. 95, 1� .comma, del Trattato, 
mentre nell'atto introduttivo di ricorso chiede la condanna per 
inosservanza degli obblighi .derivanti dai!l'art. 95. Del resto, dalla precisazione 
fornita nella replica sarebbe emerso che la Commissione contesta 
all'Italia un'inosservanza dell'art. 95, 2� comma. Il ricorso, di conseguenza, 
dovrebbe essere dichiarato irricevibile. 
4. -Si deve a questo proposito constatare, da un lato, che se in 
effetti il parere motivato menziona, nel suo dispositivo, un inadempimento 
dell'art. 95, 1� 'comma, tuttavia esso cita espressamente, a due 
riprese, il 2� comma dello stesso articolo e, dall'altro, che detto parere 
fa riferimento al carattere iprotezionistico deMa normativa italiana contestata. 
Di conseguenza, il parere motivato, considerato nel suo' insieme, 
contempla entrambi i caipoversi dell'art. 95. 
5. -Non si � :dunque avuto nel corso del procedimento un mutamento 
dell'oggetto del contendere, idoneo a comiportare !'irricevibilit� 
del ricorso. 
6. -Ci� c911siderato, l'eccezione di irricevibilit� sollevata dal Governo 
italiano deve essere respinta. 
1J: -SUL MERITO 

7. -La contestazione della Commissione verte sul regime difterenziato 
di tassazione delle autovetture diesel risultante dalla modifica introdotta 
con decreto legge 26 maggio 1978 convertito nella legge 24 lurenze 
di mercato (nel caso delle auto, per favorire obiettivi di risparmio ener


getico). 

� Ed � altrettanto comprensibile che la propensione di un operatore ad 

adattare il proprio prodotto alle � condizioni � indirettamente po~te da una 

determinata legislazione nazionale sar� tanto maggiore quanto maggiore � la 

quota di produzione che l'operatore destina a quel medesimo mercato interno. 

� Conseguenza del tutto normale di questa dinamica � perci� una situazione 

in cui, di fronte ad una legge fiscale come quella in esame, operante una tas


sazione IVA pi� gravosa in funzione del carattere di lusso commisurato alla 

cilindrata dell'auto, la produzione nazionale di automobili presenta dei modelli 

molto pi� � adattati � a tali condizioni tributarie di quanto convenga fare a 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 63 

glio 1978, n. 388. Mentre in precedenza tutte le autovetture di cilindrata 
pari o superiore ai 2.000 cm3 erano assoggettate all'aliquota IVA normale 
e l'aliquota pi� elevata era applicata alle autovetture di cilindrata 
superiore, a decorrere dalla modifica di cui sopra, il limite a partire 
dal quale le autovetture a motore diesel sono asso~gettate all'aliquota 
pi� alta veniva elevato da 2.000 a 2.500 cm3, il ohe, secondo la Commissione, 
ha come conseguenza che l'aliquota pi� elevata colpisce solo 
autovetture d'importazione. 

8. -Prima di procedere all'esame della COlll!Patibilit� di questo regime 
�on l'art. 95 del Trattato, si deve ricordare ohe, secondo una 
costante giurisprudenza della Corte, il diritto comunitario non limita, 
nello stadio attuale della sua evoluzione, la libert� di ciascun Stato 
membro d'istituire sistemi impositivi differenziati per taluni prodotti, 
in funzione di criteri obiettivi. Tuttavia, la libert� d'imposizione lasciata 
agli Stati membri in materia di tasse interne non pu� giustificare 
deroghe ad principio fondamentale defila non discriminazione fiscal.e sancito 
dall'art. 95, ma deve �collocarsi nel contesto di questa disposizione 
e rispettarne i divieti. 
9. -Al fine �di decidere suHa compatibilit� con l'art. 95 del Trattato 
di una differenziazione fiscale oggetto di contestazione, occoi:re dunque 
esaminare se questa � stabilita in funzione di un criterio obiettivo, se 
� direttamente o indirettamente discriminatoria e se � intesa a proteggere 
produzioni nazionali concorrenti nei confronti delle importazioni 
provenienti da altri Stati membri. 
10. -Nel caso di specie va anzitutto rilevato che il riferimento a 
una determinata �cilindrata come confine tra due aliquote di tassazione 
� un criterio obiettivo che prescinde dalla provenienza dei prodotti. La 
cir:costanza che questa soglia sia pi� elevata per le autovetture diesel 
che per le autovetture a benzina non costituisce, di per s�, oggetto di 
contestazione, nel presente ricorso. 
produttori di altri paesi CEE prevalentemente interessati ad adeguarsi ad 

altre esigenze di mercato. 

� Tutto questo dimostra che, con riferimento al mercato delle auto, la 

attitudine di una norma fiscale nazionale a colpire, in modo pi� gravoso, pre


valentemente o esclusivamente, i prodotti originari di altri paesi della Comu


nit� non pu� costituire quel dato sintomatico di una finalit� protezionistica, 

alla stessa stregua in cui il medesimo dato pu� valere con riguardo ad un 

settore produttivo incapace di reagire alla manovra fiscale perch� condizionato 

da fattori non modificabili (come avviene per le merci legate a vocazioni ori


ginarie di un certo territorio, specie nel caso di trasformazione di prodotti 

agricoli) "� 

� 



64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

11. -Cionondimeno, la Commissione sostiene che le autovetture a 
motore diesel, anche se di cilindrata elevata, non possono, date le loro 
peculiarit�, essere qualificate prodotti di lusso che giustificano l'applicazione 
di un'aliquota pi� elevata. Il Governo italiano ha contestato 
questa affermazione. 
12. -A questo proposito, � sufficiente constatare, da un lato, che 
I'assogigettamento di determinati prodotti ad un'aliquota IVA pi� elevata 
in funzione della loro qualifica di prodotti di lusso � un elemento del 
sistema fiscale italiano di cui la Corte ha gi� riconosciuto fa compatibilit� 
col Trattato (sentenza 15 marzo 1983, causa 319/84, Commissione 
c/ Repubblica italiana, Raicc. :pag. 601) e, dall'altro, che, nel caso di 
specie, l'applicazione di questo criterio alle autovetture che superano 
una determinata ciliIJJdrata non sembra essere arbitrario o irragionevole. 
13. -D'altronde, la Commissione riconosce che non avrebbe contestato 
il sistema posto in essere se fossero esistite delle autovetture diesel 
fabbricate in Italia rientranti nella categoria assoggettata alla tassazione 
pi� elevata. 
14. -Orbene, essa rileva che, nel caso di specie, il limite fissato ha 
come conseguenza che restano assogigettate all'aliquota pi� elevata soltanto 
autovetture importate. 
15. -Questa constatazione � esatta per quanto concerne le autovetture 
diesel. Tuttavia, dagli atti del fascicolo emerge che a seguito della 
modifica della legislazione italiana sopraiIJJdicata, la magigior parte dei 
modelli diesel importati dagli Stati membri della Comunit� rientrano 
nella 1categoria delle automobili colpite da un'aliquota IVA normale, 
mentre un solo modello rientra nella 1categoria delle automobili assoggettate 
alla tassazione pi� elevata. 
16. -D'altronde, se si preIJJde in considerazione non solo le autovetture 
a motore diesel ma il settore deH'aut�mobile nel suo complesso, 
risulta con certezza che J'aliquota IVA pi� elevata non colpisce esclusivamente 
autovetture d'importazione ma anche autovetture nazionali. 
17. -Ci� considerato, la differenziazione fiscale in oggetto, che si 
applica indifferentem~nte ai prodotti nazionali e ai prodotti importati, 
non pu� essere considerata discriminatoria. 
18. -Resta da esaminare se la differenziazione fiscale contestata non 
sia idonea a proteggere produzioni nazionali coIJJcorrenti nei confronti 
delle importazioni. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

19. -La Commissione osserva sotto questo profiilo che la normativa 
italiana � stata modificata rproprio nel momento in cui l'industria italiana 
si apprestava a lanciare sul mercato una vettura diesel di cilindrata 
di poco inferiore ai 2.500 cm3� Il limite sarebbe stato cos� fissato 
in modo da escludere questa produzione nazionale dall'applicazione dell'aliquota 
maggiorata. La finalit� protezionistica della disposizione in 
oggetto sarebbe dunque evidente. 
20. -A questo proposito occorre tener conto del fatto non contestato 
ohe la modifica legislativa in oggetto ha favorito non solo determinati 
modelli italiani, ma anche una pi� ampia gamma di modelli importati 
dagli Stati membri della Comunit�. Inoltre, la relazione di concorrenza 
da prendere in considerazione per valutare l'esistenza di un effetto 
protezionistico non pu� riguardare le sole autovetture diesel, ma deve 
estendersi a tutte le autovetture siano esse eqU�ipaiggiate con motore 
diesel o con motore a benzina. 
21. -Orbene, � certo ohe l'aliquota pi� elevata concerne anche le 
autovetture a benzina di produzione nazionale. Ci� oonsiderato, non � 
provato il carattere protezionistico della normativa fiscale dedotta in 
lite. 
I 

22. -Infine, la Commissione, a sostegno della propria tesi, riahiama 
la sentenza della Corte 9 maggio 1985 ~causa 112/84, Humblot, non ancora 
pubblicata) i cui principi possono applicarsi anche nella presente fattispecie. 
23. -In questa sentenza la Corte ha stabHito che � J'articolo 95 del 
Trattato vieta di sottoporre le autovetture che superano una certa potenza 
fiscale ad una tassa speciale fissa, d'importo pi� volte superiore 
all'importo massimo della tassa progressiva dQIVUta per le autovetture 
ohe non raggiungono ta'le potenza fiscale, allorch� le sole autovetture 
co1pite dalJa tassa speciale sono autovetture importate, e precisamente 
da altri paesi membri �. 
24. -Orbene, da quanto in precedenza affermato emerge, da un lato, 
ohe la differenziazione fiscale og;getto di contestazione nella presente 
causa � disposta nel contesto di un sistema generale di tassazione e, 
dall'altro, che essa riguarda non solo i prodotti importati ma anche i 
prodotti nazionali. 
25. -Il ricorso deve quindi essere respintp. (omissis) 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite, 3 giugno 1986, n. 3704 � Pres. Tam


burrino -Bst. Panzar:mi -P. M. Sgroi -Stoppani Piero (avv. Cesa


rini) c. Tesoro (avv. dello Stato Stipo). 

Giurisdizione civile � Giurisdizione amministrativa e della Corte dei Conti 
-Casse pensioni amministrate dagli Istituti di previdenza � Iscri� 
zione alla Cassa -Giurisdizione amministrativa. 

Appartiene al giudice amm,inistrativo la cognizione della controversia 
concernente l'accertamento dell'obbligo di iscrizione ad una od altra 
Cassa pensioni amministrate dalla Direzione generale degli Istituti di 
previdenza presso il Ministero del Tesoro (1). 

(omissis) Con l'unico motivo l'istante deduce che si tratta di stabilire 
se sia legittimo che il Ministero (ancorch� durante il rapporto di 
lavoro egli sia stato iscritto presso diversa Cassa di previdenza) possa 
ripetere il (preteso) indebito, se inoltre sia configurabile un vero indebito 
posto che il peculiare rapporto d'impiego {tenuto conto delle norme 

(1) La Direzione generale degli Istituti di previdenza amministra sia la 
Cassa di previdenza per le pensioni a:i dipendenti degli enti locali -CPDEL sia 
la Cassa pensioni sanitari. 
Le due casse sono regolate da distinti ordinamenti. 
Con r.d. 3 marzo 1938 n. 680 � stato approvato l'ordinamento della C.P.D.E.L., 
che provvede alle pensioni degli impiegati dei comuni, province e di altri enti 

a:i quali siano estese le disposizioni sulla Cassa. 
Con legge 6 luglio 1939 n. 1035 � stato poi approvato il regolamento della 

Cassa Sanitari, che provvede alle pensioni dei. medici e veterinari dipendenti 

dagli enti locali e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. 

L'art. 28 dell'ordinamento CPDEL e l'art. 20 dell'ordinamento Cassa Sani


tari stabiliscono che i ricorsi concernenti la iscrizione alla Cassa e l'imposizione 

dei contributi vanno presentati alla Direzione generale degli Istituti di previ


denza, avverso il cui provvedimento � ammesso ricorso gerarchico al Ministro 

dell'interno, impugnabile poi davanti gli organi della giustizia amministrativa. 

L'art. 60 dell'ordinamento CPDEL e l'art. 54 dell'ordinamento Cassa Sanitari 

stabiliscono poi che avverso i provvedimenti di liquidazione della pensione o 

dell'indennit� una tantum � ammesso ricorso alla Corte dei Conti. 

Le Sezioni Unite in rassegna hanno pertanto distinto: 

a) un rapporto assicurativo-contributivo nel quale sussiste l'obbligo dell'ente 
datore di lavoro e del prestatore d'opera di effettuare le contribuzioni: 
le relative controversie saranno di competenza del giudice amministrativo; 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 67 

disciplinanti l'obbligo assicurativo) comportava tassativamente l'iscrizione 
di esso istante alla Cassa di previdenza dipendenti enti locali e infine 
se siano deducibili contestazioni di merito nei confronti di un soggetto 
cui doveva in ogni <:aso attribuirsi la mancanza di un'imputabilit� diretta 
.deHe minori (ma non ammesse) contribuzioni. Rileva quindi che_ 
debbono essere escluse la giurisdizione della Corte dei <:onti, non vertendosi 
su materia pensionabile ed essendo la pensione semplicemente 
l'oggetto di aipprensione esecutiva, cos� come quella del Giudice amministrativo 
non trattandosi pi� di materia di pubblico impiego. 

Tutto ci� richiamato, osserva il. Collegio -come debba essere dichiarata, 
per le considerazioni che seguono, la giurisdizione esclusiva del 
Giudice a1II1ministrativo. Si rileva in proposito che la presente controversia 
non ha quale suo esclusivo oggetto la tdichiarazione della non 
legittimit� della richiesta formulata dalla Cassa per le pensioni ai sanitari 
nei confronti del dott. Stoppani di versamento di differenze contributive, 
m~ -come in definitiva avvertito dai Pretore -concerne 
l'individuazione dell'ente previdenziale al quale il medesimo avrebbe dovuto 
essere iscritto, vale a dire -pi� semplicemente -l'accertamento 
della sussistenza oprpur no del�'obbligo della sua iscrizione (oltrech� alla 
Cassa di previdenza dipendenti enti locali) anche alla suddetta Cassa 
per i sani~ari, questione che si pone in termini di evidente essenzialit� 
onde risolvere il consequenziale problema contributivo. La controversia 
stessa verte peraltro, non gi� sulla sussistenza nell'attore del diritto 
alla liquidazione della pensione e sull'ammontare delle �relative prestazioni, 
ma, secondo quanto ora detto, � stata promossa per stabilire se 
ricorrano i presupposti per l'iscrizione del medesimo alla suddetta Cassa, 
talch� tale controversia -bench� esso attore abbia lo � status � di 

b) un rapporto previdenziale che � caratterizzato dall'obbligo delle Casse 

di corrispondere la pensione e gli altri assegni previsti dalla legge: le relative 

controversie sono di competenza della Corte dei Conti. 

Logico corollario a questa distinzione sarebbe che nella ipotesi sub a) si 

tratta di un rapporto intercorrente tra ente datore -di lavoro e dipendente, cui 

dovrebbe restare estranea la Cassa, in quanto investe il rapporto di pubblico 

impiego. 

Infatti se si discute sul diritto di iscrizione alla Cassa il rapporto previ


denziale non � ancora sorto e quindi si resta nell'ambito del pubblico impiego, 

venendo in gioco solo i reciproci obblighi tra ente datore di lavoro e dipendente, 

ricadenti pertanto nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 

Quindi le controversie che riguardano il rapporto assicurativo-contributivo 

dovrebbero avere come parti il dipendente e l'ente datore di lavoro. 

Se invece la vertenza ha come parti. il dipendente e l'ente previdenziale 
non si verte pi� nell'ambito del rapporto di pubblico impiego bens� nell'ambito 
del rapporto previdenziale. 

Orbene la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non pu� esten� 

dersi alla materia previdenziale che � di competenza del giudice ordinario, a 



68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pensionato riguai:da, non igi� il rapporto pensionistico il quale � 
caratterizzato dall'obbliigo delle relative prestazioni da parte dell'ente 
previdenziale, bens� pi� propriamente quello ~giurildi:camente e logicamente 
precedente) definibHe come assicurativo-contributivo nel quale 
sussiste invece l'obbligo del datore di lavoro e del prestatore d'opera 
di effettuare le contribuzioni prescritte dalla legge, con il corrispondente 
obbligo dell'ente previdenziale di costitwre la posizione assicurativa a 
favore dello stesso prestatore. 

Posto peraltro ohe nella genera:lit� dei casi la cognizione delJe controversie 
relative ai suididetti due aspetti del complesso !!"apporto previdenziale 
-chiaramente coinvolgente posizioni di diritto soggettivo in 
quanto direttamente tutelate dalla legge a favore degli interessati appartiene 
all'Autorit� giuddiziaria ordinaria in base alle norme di cui 
aigld artt. 442 e 444 cod. rproc. rciv. sub art. 1 della legge 11 agosto 1973 

n. 533 e considerato inoltre che -come reiteratamente affermato da 
questa SUtprema Corte -tale disciplina non ha tuttavia soppresso in 
siffatta materia la .giurisdizione esclusiva dei giudici srpeoiali che sia 
stata stabilita dalla legge in riferimento a particolari raipporti e a 
particolari forme di gestione delle assicurazioni obbliigatorie (ofr. p. es., 
fra le pi� recenti, le sentenze Sez. un. 10 gennaio 1984 n. 167 e 5 marzo 
1985 n. 1824), si osserva che per le controversie riguaroanti, come 
nella fattispecie, l'iscrizione alla Cassa di previdenza ai sanitari e l'imposizione 
dei contributi alla stessa dovuti deve trovare applicazione la 
disposizione dell'art. 20, comma 4, della legge 6 luglio 1939 n. 1035 (di 
aipprovazione del regolamento della detta Cassa). In base ad essa -che, 
in alternativa con il ricorso straoroinario aft Capo dello Stato, prevede 
quello al Consiglio di Stato in via giurisdizionale -nella necessaria 
armonia con il sistema stabiilito dall'art. 113, comma 2, della Costituzione 
e con la legge 6 dicembre 1971 n. 1034 deve rilevarsi attribuita 
in iprimo grado al Tribunale amministrativo regionale la relativa commeno 
che come nella specie non sussiste, per r!petere le parole della sentenza 
in rassegna, � la giurisdizione esclusiva dei giudici speciali che sia stata stabilita 
dalla legge in riferimento a particolari forme di gestione delle assfcurazioni 
obbligatorie �. 

Pur se in fattispecie diversa, le stesse Sezioni Unite della Cassazione hanno 
distinto tra controversie �vertenti sul rapporto assicurato-Cassa di competenza 
della Corte dei Conti e controversie vertenti sul rapporto dipendente-datore 
di lavoro di competenza del giudice del rapporto di impiego (Cass. 24 giugno 
1985, n. 3798, in questa Rassegna 1985, I, 784 e per esteso in Giust. Civ. 1985, 
I, 2469). 

I problemi di giurisdizione, alla stregua delle norme sulle Casse pensioni 
amministrate dagli Istituti di previdenza, sono stati diffusamente trattati da 
Corte dei Conti, Sez. III, 2 giugno 1977, n. 38674, in questa Rassegna 1978, I, 689. 

G. STIPO 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 69 

petenza giurisdizionale, laddove l'art. 54 dello stesso testo normativo 
ha devoluto alla Corte dei conti la cognizione in materia di �liquidazione 
e pagamenti degli assegni pensionistici: �ripartizione di giurisdizione 
ohe, per quanto concerne le controversie con la Cassa di previdenza 
dipendenti enti locali, trova 1corrispondenza, ri51Pettiviamente, negli articoli 
28 e 60 deWordinamento annesso al &DL 3 marzo 1938 n. 680. 

g in base pertanto alla suddetta 51P'ecifica disposizione dell'art. 20 
della legige n. 1035 del 1939 e non igi� alla natura degli atti posti in 
essere dai competenti o:rigani amministrativi (cos� come ritenuto dal 
Flretore il quale non esattamente ha fatto riferimento a :posizioni d'interesse 
legittimo) n� ailla considerazione che ii dr. Stoppani � in stato 
di quiescenza dal 1� luglio 1976 (come rilevato in via subo:ridinata dal 
Ministero del Tesoro nel controricorso) che, in relazione alla presente 
controversia, deve dichiararsi La giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. 


Per �quanto concerne infine il regolamento dehle spese processuali 
-che, secoDJdo l'interpretazione data da queste Sezioni unite alla disposizione 
del secondo comma delllart. 385 cod. proc. civ., deve riguardare 
l'intero giudizio -ritiene il Collegio che, data la partk:olare natura 
della controversia, concorrano giusti motivi d'integrale compensazione 
~ra le parti (art. 92, comma 2, cod. proc. civ.). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE -Sezioni Unite -10 novembre 1986 n. 6560 � 
Pres. Tamburrino -Est. Meniohino -Azienda Autonoma Ferrovie 
defilo Stato (Avv. Stato Stipo) c. Nocerino (avv. Del Prete). 

Previdenza -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali 
-Personale ferroviario � Gestione da parte dell'Amministrazione 
F. S. -Successione dell'Ente Ferrovie dello Stato alla Azienda Autonoma 
Ferrovie dello Stato. 

~ 

Giilrisdizione civile � Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
professionali -Personale ferroviario -Competenza giurisdizionale 
dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. 

In virt� delle norme di cui al r.d. 10 marzo 1938 n. 1054, in relazione 
all'art. 48 n. 2 r.d. 17 agosto 1935 n. 827, poi trasfuso nell'art. 127 
del t.u. 30 giugno 1965 n. 1124, il personale dipendente dell'Amministrazione 
F.S. non � assicurato presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione 
contro gli infortuni sul lavoro, ma riceve il suddetto trattamento dalla 
stessa Amministrazione F.S. secondo la stessa disciplina e secondo le 
stesse modalit� dell'assicurazione infortuni. Tale situazione non muta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO

70 

con la istituzione del nuovo �Ente Ferrovie dello Stato�, che succede 
all'amministrazione F.S. (art. 1 Legge 210/1?85) nello svolgimento dei 
rapporti di lavoro con i dipendenti (artt. 14 e 21 legge stessa) (1). 

La natura della prestazione previdenziale contro gli infortuni sul 
lavoro e le malattie professionali � tutelata con l'attribuzione del diritto 
soggettivo del dipendente assicurato a ricevere la prestazione medesima, 
configurando un rapporto di natura previdenziale autonomo, seppur collegato 
a quello d'impiego, che ha sempre condotto al riconoscimento 
della competenza giurisdizionale dell'Autorit� giudiziaria ordinaria al 
riguardo (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE --Sez. Un. 10 febbraio 1987 rn. 1393 -Pres. 
Brancaccio -Rel. Cassata -,p, M. Oaristo -Azienda Autonoma Ferrovie 
dello Stato (Avv. Stato Siconolfi) c. Nicocia ed altri (avv.. Totaro). 


Giurisdizione civile � Norma sulla giurisdizione intervenuta nel corso del 
giudizio � Inapplicabilit� della perpetuatlo jurlsdictlonis. 

Sopravvenuta nel corso del giudizio la norma dell'art. 23 Legge 
17 maggio 1985 n. 210, che attribuisce al pretore la competenza delle 
controversie di lavoro relative al personale dipendente dall'Ente Ferrovie 

(1-5) Problemi di giurisdizione a seguito della istituzione. dell'Ente Ferrovie Stato. 

Con legge 17 maggio 1985 n. 210 � stato istituito l'Ente Ferrovie dello Stato, 
il quale � succede in tutti i rapporti attivi e passivi -beni, partecipazioni, 
gestioni speciali -gi� in pertinenza dell'Azienda Autonoma delle ferrovie dello 
Stato� (art. 1 III co). 

L'art. 23 della stessa legge ha innovato la giurisdizione in materia di im


piego, prima devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 

Cos� ha stabilito il citato art. 23: 

� Le controversie di lavoro relative al personale dipendente dell'Ente Ferrovie 

dello Stato sono di competenza del pretore del luogo ove ha sede l'ufficio del


l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe compe


tente secondo le norme ordinarie �. 

La norma in questione ha generato vari problemi interpretativi sulla portata 

della stessa. 

Si cercher� ora di esporre le varie problematiche con riferimento a vari 

argomenti che sono stati finora affrontati in giurisprudenza. 

Al riguardo si pu� consultare il fase. I della Rivista IL DIRITTO DEL 

LAVORO anno 1987 che pubblica varie decisioni di merito e articoli sull'ar


gomento. 

1. -Situazione transitoria 
In mancanza di una disposizione transitoria, Cassazione a Sezioni Unite e 
la VI Sezione del Consiglio di Stato sono concordi nel ritenere che, non avendo 



PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

71 

dello Sta~o, ricorre un caso di mutamento degli indici legali di collegamento 
della giurisdizione che esclude il principio della perpetuatio juri� 
sdictio.nis sancito dall'art. 5 cod. proc. civ. per i mutamenti delle situazioni 
di fatto (3). 

III 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un., 23 aprile 1987 n. 3945 -Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Rel. Onnis -P. M. Paolucci -Ente Ferrov'ie Stato 
(Avv. Stato Stipo) c. Novembre (avv. Ie]Jpo). 

Giurisdizione civile -Istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato � Controversie 
di lavoro pendenti � Posizione soggettiva dei dipendenti � Giurisdizione 
del giudice ordinario. 

Giurisdizione civile � Istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato � Rapporti di 
lavoro cessati prima dell'entrata in vigore della legge istitutiva del� 
l'Ente -Giurisdizione del giudice amministrativo � Rapporti di lavoro 
non ancora cessati o la cui cessazione sia contestata � Giurisdizione del 
giudice ordinario. 

Ai sensi dell'art. 23 della Legge 17 maggio 1985 n. 210, istitutiva dell'Ente 
Ferrovie dello Stato, il trasferimento della giurisdizione dal giudice 
amministrativo al giudice ordinario � da ritenersi operante sin dalla 
data di entrata in vigore della legge stessa, con la conseguenza che si 
intendono devolute alla competenza del Pretore tutte le controversie il 
cui oggetto concerna le posizioni soggettive dei dipendenti ferrovieri 

efficacia retroattiva, la nuova disposizione non si applica ai rapporti gi� esauriti 
alla data della sua entrata in vigore (Cass. SS.UU. 23 aprile 1987 n. 3945, in 

rassegna; Cons. Stato VI 5 marzo 1986 n. 239). 

Per quanto riguarda i rapporti tuttora in corso, sempre i predetti Consessi, 

si sono espressi nel senso che, vertendosi in tema di innovazione normativa 

sulla giurisdizione, l'art. 23 cit. � di immediata applicazione nei giudizi in corso 

(Cass. SS.UU. 10 febbraio 1987 in Rassegna; Cons. Stato VI 24 aprile 1986, n. 346). 

Una tale affermazione di carattere generale, meriterebbe tuttavia una pi� 

attenta considerazione per quanto riguarda le controversie non gi� di natura 

patrimoniale (per le quali la cognizione del T .A.R. si aveva solo in virt� della 

giurisdizione esclusiva), bens� quelle rivolte contro un atto amministrativo di 

natura autoritativa. 

Se si tiene infatti presente la natura del ricorso al T.A.R. quale impugna


zione di un atto amministrativo emesso dalla cessata Azienda F.S., e in quanto 

tale soggetto al termine di decadenza di 60 giorni, dovrebbe dedursi che il 

controllo giurisdizionale di legittimit� dell'atto impugnato non pu� che essere 

compiuto ora per allora sul metro dell'ordinamento vigente alla data di ema


nazione dell'atto dal giudice cui spetta il relativo potere giurisdizionale, e ci� in 

applicazione del principio di cui all'art. 5 c.p.c., secondo cui la giurisdizione si 

determina con rigilardo allo stato di fatto esistente al momento della domanda 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

72 

in riferimento alla gestione da parte dell'amministrazione ferroviaria dei 
rispettivi rapporti di lavoro (4). 

In mancanza di apposite norme transitorie, nelle controversie relative 
ai rapporti di lavoro sorti in origine con l'Azienda autonoma delle. 
ferrovie dello Stato, permane la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 
ove il rapporto sia cessato in tempo anteriore alla data di 
entrata in vigore della Legge 17 maggio 1985 n. 210, mentre sussiste la 
giurisdizione del giudice ordinario quando la controversia si riferisce 
ad un rapporto di impiego non ancora a quella data cessato o la cui 
cessazion.e costituisce materia del contendere per la pretesa del lavoratore 
di ottenere il ripristino per la df!dotta illegittimit� dell'atto estin� 
tivo (5). 

I 

(omissis) II D'Antonio fin dal ricorso proposto al Ministero dei 
Trasporti, avverso la declaratoria di irricevibilit� della sua istanza da 
parte dcl direttore ieompartimentaile, aveva precisato che intenidevia chiedere 
l'indennit� per infortunio sul lavoro. Quindi egli arveva svolto, in 
sede amministrativa, e rpoi dinanzi all'autorit� giuldiziaria on:linaria una 
pretesa inerente �al rapporto giuridico previdenziale, per l'assicurazione 
degli infortuni :sul Iavoro, che � gestito direttamente dall'Amministrazione 
delle FF.SS. -ora � Bnte FF.SS. � -secondo M R.D. 10 marzo 
1938 n. 1054, in relazione all'art. 48 n. 2 RiD. 17 �agosto 1935 n. 827, 

(cfr. in altre fattispecie Cass. SS.UU. 22 ottobre 1984 n. 5358; 11 maggio 1984 

nn. 
2873, 2874, 2876). 

Il T A.R. Lazio al riguardo si � espresso nel senso che il giudice amministrativo 
non perde la sua giurisdizione qualora trattasi della impugnazione 
di atti adottati dall'Azienda F.S. prima dell'entrata in vigore della Legge 
17 maggio 1985 n. 210 (T.A.R. Lazio, III, 9 giugno 1986 n. 2119 in Trib. Amm. 
Reg. 1986, I, 2117; 17 luglio 1986 n. 2382, ivi, 2697). 

2. 
-La tutela degli interessi legittimi 
La sentenza n. 3945 delle SS.UU. in rassegna, dicendo che �la giurisdizione 
del giudice ordinario � al riguardo piena ed esclusiva, nel senso che comprende 
ogni tipo di controversia, il cui oggetto concerna le posizioni soggettive dei 
dipendenti in riferimento alla gestione da parte dell'amministrazione ferroviaria 
dei rispettivi rapporti di lavoro �, lascerebbe intendere ch� la giurisdizione 
stessa non si estende alla tutela degli interessi legittimi. 
Al riguardo � da notare che, mentre l'art. 30 R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 
espressamente dice che � nelle materie deferite alla giurisdizione del Consiglio 
di Stato, questo conosce anche di tutte le questioni relative ai diritti�, l'art. 23 
della Legge 17 maggio 1985 n. 210 non s.i esprime nel senso che il pretore giudica 
anche di tutte le questioni relative a interessi. 
Comunque � da osservare come il rapporto di lavoro, pur divenuto privato, 
conserva tuttavia una propria caratteristica in considerazione dell'interesse 


73

PARTE I, SEZ, III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

poi trasfuso ne1JJ.'art. 127 del T.U. 30 giUJgno 1965 n. 1124. Invero, in virt� 
di tali norme il personale dipendente daUa suddetta amministrazione 
non � a:ssiicurato presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro 
gli infortuni sul lavoro, riceve iil sUJddetto trattamento dalla stessa Ammmiistrazione 
FF.SS. secondo la stessa disciplina e secondo le stesse 
modalit� dell'assicurazione infortuni. Trattasi perci� tdi una forma di 
gestione di questa, diretta.mente demandata all'amministrazione presso 
cu'i il diipentdente svolge il proprio servizio; ma essa concerne le prestazioni 
assicurative che formano oggetto di un rapporto previdenziale 
e assicurativo separato dalla struttura del rapporto tdi impiego -di 
natura pubblica 1all'epooa deHa permanenza in servizio del D'Antonio e 
che si aggiungono a quelle connesse al serv~zio del dipendente e si 
riferiscono all'effett�'va esisten:m di una forma di infortunio regolata 
dalle leggi che tutelano i lavoratori subordinati dal relativo rischio. 
T1a1e situazione -� opportuno rilevare -non muta con la istituzione 
del nuovo � Ente Ferrovie deLlo Stato �, ohe pur avendo �personalit� 

pubblico che informa il pubblico servmo di trasporto, tanto � vero che nel 
campo dei trasporti in concessione la Corte Costituzionale 18 luglio 1984 n. 208 
ha affermato che nel caso dei dipendenti di aziende ferroviarie non pu� ravvisarsi 
una situazione di omogeneit� con i dipendenti di enti pubblici economici, 
in quanto il settore dei trasporti pubblici comporta una particolare forma 
di ingerenza di carattere amministrativo nel funzionamento delle aziende stesse 

(v. altres� Cass. 24 maggio 1986 n. 3504). Come la Corte Costituzionale ha precisato 
(sent. 20 gennaio 1977 n. 43 e 5 maggio 1980 n. 68) i caratteri di privato 
e pubblico nel rapporto di lavoro non vanno evidenziati nella natura soggettiva 
-pubblica o privata -dell'ente, bens� nel contenuto oggettivo della prestazione 
richiesta al lavoratore ed in particolare nell'esercizio di pubbliche potest� 
che possa eventualmente essere affidato al dipendente. 
E appunto l'esercizio di pubbliche funzioni ha fatto dubitare della legittimit� 
costituzionale della norma dell'art. 23 L. 210 che attribuisce al Pretore la giurisdizione 
nelle controversie di lavoro dei ferrovieri (T.A.R. Lombardia in. G. 
Uff. 17 settembre 1986). 

E invero nel trasporto pubblico occorre distinguere: 

-la natura privatistica del rapporto di lavoro; 

-la natura pubblica della funzione. 

Ora quando viene in considerazione l'aspetto della funzione pubblica, le 

posizioni giuridiche degli interessati assumono la configurazione di interessi 

legittimi. 

E, come la Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 68/80 ha detto per 

le associazioni sindacali di pubblici dipendenti, si ha la giurisdizione del pretore 

nel caso di lesione di diritti soggettivi, mentre si ha la giurisdizione del T.A.R. 

ove emergano situazioni di interessi legittimi. 

Ancor pi� esplicitamente il T.A.R. Sardegna 22 dicembre 1985 n. 773 (in 

Trib. Amm. Reg. 1986, I, 862) per i ferrovieri ha detto che in mancanza di 

una disposizione derogatoria dell'art. 103 Cost., spetta al giudice amministrativo 

la tutela degli interessi legittimi. 

Sulla scorta di quanto affermato dalla Ad. Plen. 9 febbraio 1978 n. 9 (e 
cos� Cass. SS.UU. 25 gennaio 1979 n. 594) pu� perci� dedursi come, se � vero 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

giuridica ed autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria, ai sensi 
dell'art. 2093, 2� co. cod. civ. �, e ricevendo perci� natura di ente pubblico 
economiico, succede all'amministrazione FF.SS. (art. 1 L. 210/1985) 
nello svolgimento dei �rapporti di lavoro con i d]pendenti (artt. 14 e 21 
legge stessa). D'altro canto .l'attribuzione della gestione del rapporto 

1

previdenziaile suddetto alla stessa amministrazione (o ente FF.SS.) costituisce 
una libera scelta del legis~atore; mentre la natura della prestazione 
e la posizione soggettiva del dtpendente, tutelata con l'attribu� 
zione del diritto soggettivo a ricevere la medesima prestazione, confi� 
gurano quel rapporto di natwa previdenziale autonomo, seppure collegato 
a quello di impiego (all'epoca �pubblico�) che hanno sempre 
condotto al riconoscimento della competenza giurtsdJzionale dell'Autorit� 
giudiziaria on:linaria al riguardo (confr. sent. 15 gennaio �1983 n. 320 ._ 
concernente l'identica posizione di un dipendente della Amministrazione 
PP.TT. e sentenza decisa i1 3 ottobre 1985 in causa Lo Iacono c. Amministrazione 
FF.SS. e pubblicata il 3 maggio 1986 n. 3990). (omissis) 

che l'art. 23 L. 210 ha attribu�to al Pretore la cognizione delle controversie di 
lavoro, tuttavia la giurisdizione ordinaria non pu� estendersi alla tutela degli 
interessi legittimi n� a sindacare l'attivit� dell'Ente nell'esercizio del potere inerente 
alla organizzazione degli uffici amministrativi, che presupponendo l'esercizio 
di un potere tipicamente pubblicistico, fanno degradare la situazione di 
diritto soggettivo degli interessati a posizioni di interesse legittimo, tutelabili 
dinanzi al giudice amministrativo. 

3. 
-Assunzione di personale 
Il T.A.R. della Campania, cori decisione 22 maggio 1986 n. 297, ha osservato 
che la norma di cui all'art. 23, della Legge 17 maggio 1985 n. 210, nel riferirsi 
alle controversie di lavoro del personale dipendente dall'Ente Ferrovie dello 
Stato concerne situazioni in cui il rapporto di lavoro sia gi� in atto, mentre 
l'attivit� dell'Amministrazione rivolta all'assunzione di personale si colloca in un 
momento anteriore, non riconducibile ancora nello schema privatistico di posi� 
zioni paritetiche assoggettate alla giurisdizione dell'A.G.O. 
Ha inoltre osservato il T.A.R. che la fase di recl�tamento del personale 
ferroviario � regolata da puntuali norme di azione, rivolte .a garantire, attraverso 
procedure selettive ricognitive delle capacit� attitudinali e professionali dei candidati, 
l'ottimale e funzionale assetto dei servizi--pubblici. 
Al riguardo � da tenere presente come l'art. 9 D.P.R. 11 luglio 1980 n. 753 
(Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarit� dell'esercizio delle 
ferrovie e di altri servizi di trasporto) cos� dispone: 
� Tutto il personale delle ferrovie deve essere idoneo a soddisfare le condizioni 
poste dalle leggi e dai regolamenti per le mansioni che deve svolgere. � 
� Per il personale delle F.S., l'accertamento delle idoneit� ed il conseguimento 
di abilitazioni a determinate mansioni sono disciplinati dalle norme in 
materia ... �. 

Inoltre la legge 17 maggio 1985 n. 210 sottrae la materia delle assunzioni 
alla contrattazione collettiva, demandando alla � esclusiva sfera regolamentare le 
modalit� di reclutamento del personale stabile che deve sempre avvenire mediante 
procedure concorsuali pubbliche consistenti in una valutazione obiettiva 
del merito dei candidati accertata con prove selettive o anche per mezzo di 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

75 

II 

(omissis) La sollevata questione di giurisdizione -che non � preclusa 
dalla citata sentenza del CoD1Silglio di Stato, dato che questa non 
avendo statuito nel merito, � rilma:sta priva di effetti al di fuori del 
iproceclimento in cui � stata emessa (Cass. 16 aprile 1984 n. 2427) -� 
stata� in casi sostanzialmente :identici a quello in esame gi� da questa 
corte risolta (sent. 19 ottobre 1976 n. 3504; 24 ottobre 1977 n. 4562) con 
la dilchiarazione della competenza del giudice amministrativo in ragione 
dell'impossib.ilit� di consiiderare di natura privatistica rapporti di lavoro 
suboroinato che comportino, come nella 51pecie si assume, l'inserimento 
delle prestazioni dei dipendenti nell'attivit� di un ente pubblico non 
economico oroinata al perseguimento dei suoi fini istituzionali. 

Nel presente caso � per� SOJPravvenuta la legge 17 maggio 1985 

n. 210, che, nell'istituire in luogo della preesistente Azienda Autonoma, 
l'ente, dotato di personalit� giuridica, � Ferirovie dello Stato�, stabiiisce 
~art. 1) che questo � succede � a quella � in tutti i rapporti attivi e 
corsi selettivi di reclutamento e formazione a contenuto tecnico pratico, intesi 
a conferire il grado di professionalit� necessario alla qualifica cui si riferiscono� 
nonch� � i criteri e le modalit� per l'accertamento ed il controllo dell'idoneit� 
fisica e psico attitudinale dei candidati all'assunzione ... da parte del servizio 
sanitario aziendale� (art. 14). 

4. 
-Dispensa dal servizio e giudizi sanitari 
Considerazioni analoghe a quanto esposto . in merito all'assunzione in servizio 
dei ferrovieri valgono per l'ipotesi della dispensa dal servizio, che � diversa 
dalla destituzione di cui alla sentenza n. 3945 in rassegna. 
Infatti la legge n. 210 del 1985 istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato 
sottrae alla contrattazione collettiva la materia dell'accertamento e del controllo 
dell'idoneit� fisica e psicoattitudinale dei ferrovieri in servizio, riservandola alla 
esclusiva sfera regolamentare e, mantenendo in vita (nelle more della emanazione 
dei regolamenti) la normativa gi� vigente (art. 14 n. 5 Legge n. 210 cit.), 
racchiusa prevalentemente nella Legge sullo Stato Giuridico del Personale F.S. 
(Legge 26 marzo 1958 n. 425). 
Quindi, anche se il rapporto di lavoro con il nuovo Ente Ferrovie dello 
Stato ha natura privatistica, l'accertamento ed il controllo dell'idoneit� fisica e 
psicoattitudinale dei ferrovieri (regolata da puntu�li norme d'azione rivolte a 
garantire l'ottimale e funzionale assetto dei servizi pubblici) attiene al momento 
di autorganizzazione dell'Ente, a fronte del quale le situazioni giuridiche soggettive 
degli interessati assumono consistenza di interesse legittimo e non diritto 
soggettivo, come tali tutelabili davanti al giudice amministrativo. 
In particolare lo Stato Giuridico dispone che, ai fini dell'assunzione del 
personale, �il possesso dei requisiti fisici � accertato direttamente dall'Azienda 
a mezzo dei suoi sanitari � (art. 3 pen. co.) e per quanto riguarda poi il personale 
gi� in servizio, � l'accertamento della idoneit� fisica, agli effetti della dispensa 
dal servizio, � eseguito mediante visita collegiale di tre medici dell'Azienda. 
Il risultato della visita, con l'indicazione della inidoneit� constatata 
e delle cause che la produssero, deve essere comunicato, per iscritto, all'interessato 
con l'avviso che ha facolt� di chiedere per iscritto, entro trenta giorni 



76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pa:ss1iw. � e che (airt. 23) � le controversie di ilavoro relative al personale 
diipendente... 'Sono di competenza del pretore del [uogo ove ha sede 
l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice 
che ,sarebbe competente secondo le norme ordinarie �. 

Rkorrendo quindi un caso di mutamento degli indici legali di collegamento 
della giurisdizione che riguarda tutte le controversie di lavoro 
concernenti iJl personale delle ferrovie di Stato e che lascia -come 
tale -fuori campo il principio della perpetuatio iurisdictionis sancito 
dall'art. 5 cod. proc. civ., con riferimento ai mutamenti delle situazioni 
di fatto, fa corte deve dare atto che la cognizione dehla causa spetta 
ormai al giudice o:ridinario. 

III 

(omissis) Ci� premesso, si osserva che l'ente Ferrovie dello Stato 
assume che la cognizione !della controversia S[petta al giudice aimmini


dalla comunicazione, una visita di rev1s1one in cui, a proprie spese, pu� farsi 
assistere da un medico di fiducia. La visita di revisione viene eseguita da un 
Collegio di tre medici, tra i quali il Direttore del Servizio Sanitario o un suo 
delegato� (art. 164, 1�, 2� e 3� co). 

E in proposito il Consiglio di Stato (v. fra le tante, sez. IV, 30 agosto 
l<J77 n. 752) aveva affermato, sulla base della citata normativa, che i giudizi 
sanitari emessi dai competenti organi aziendali hanno natura tecnico-discrezionale 
e non possono essere contestati nel merito, in quanto solo i medici ferroviari 
(e non altri estranei all'organizzazione ferroviaria) sono in grado di va-� 
lutare l'idoneit� fisica del soggetto in relazione alle imprescindibili e particolari 
esigenze di sicurezza dell'esercizio ferroviario. 

Ed invero sin dalla Legge 7 luglio 1907 n. 429 (art .82) era contemplato un 
apposito Servizio Sanitario presso l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, 
le cui competenze sono state fatte salve anche in sede di istituzione del Servizio 
Sanitario nazionale, come disposto dall'art. 6 lett. Z) della legge 23 dicembre 
1978 n. 833. 

E la legge n. 210/1985 ha espressamente stabilito che �il Servizio Sanitario 
gi� appartenente all'Azienda Autonoma delle Ferrnvie dello Stato, continua ad 
esercitare il controllo sul personale e sull'ambiente di lavoro conformemente al 
disposto dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1978 n. 833 � (art.� 24), riservando alla 
esclusiva sfera regolamentare � i criteri e le modalit� per l'accertamento ed il 
controllo dell'idoneit� fisica e psico-attitudinale dei candidati all'assunzione e 
dei ferrovieri in servizio, da parte del Servizio Sanitario aziendale� (art. 14 n. 5). 

Ritenere la giurisdizione ordinaria anche nel censurare i provvedimenti 
dell'Ente basati sulle valutazioni del Servizio Sanitario F. S., potrebbe condurre 
a vedere frustrato l'intento del legislatore di demandare ad un organo tecnico 
specializzato� � l'accertamento ed il controllo dell'idoneit� fisica e psicoattitudinale 
dei candidati all'assunzione e dei ferrovieri in servizio� (v. art. 14 n. 5 
legge n. 210), sostituendo a detto Servizio un tecnico (nominato dal giudice) 

al di fuori di esso quindi, come puntualizzato dal Consiglio di Stato, 
specifica competenza. 

senza la I 

~ 

l

i 

i 
I 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 77 

strativo, sul rilievo che l'entrata in vigore della legge istitutiva 17 maggio 
1985 n. 210 non V'ale ad attrarre nella competenza del giudice del 
laivoro, a nol11D.a de1l'art. 23 della stessa iegge, ogni controvei:isia relativa 
al personale, dovendosi considerare che il successivo art. 26, secondo 
comma, fissa al 1� gennaio 1986 'l'inizio della nuova gestione. Sostiene 
ohe sino a quel giorno la gestione patrimoniale e de:l personale continua 
ad essere affidata agli organi de~l'Azienda autonoma delle ferrovie dello 
Stato, restando frattanto in vigore tutte le disposizioni di legge e regolamentari 
in materia. Soggiunge 1che il citato art. 23 dev'essere altresi posto 
in relazione col precedente art. 21, alla stregua del quale il rnpporto del 
personale � regolato su base contrattuale coaettiva e individuale, talch� 
la cOIDl)?etenza del giudice del lavoro non potrebbe radicarsi se non con 
l"iinizio della gestione imprenditoriale e la conseguente contrattazione sia 
cdllettiva che indivildua:le. 

Nella memoria il dcorrente insiste nel suo� assunto circa l'aippartenenza 
della controversia alla giurisdizione del 1giuidice amministrativo, os-

Sugli accertamenti sanitari dei medici F. S. v. Peyron, Il rapporto di lavoro 
del personale dell'ente Ferrovie dello Stato secondo la I. n. 210/85, (in Foro it. 
1986, V, 161). 

5. -Esercizio di mansioni superiori. 
La trasformazione della gestione ferroviaria da Azienda autonoma dello 
Stato a Ente pubblico ha dato luogo al problema dell'applicabilit� dell'art. 13 
della legge 20 maggio 1970 n. 300, che attribuisce al lavoratore adibito a mansioni 
superiori il diritto all'assegnazione della relativa qualifica. 
La giurisprudenza di merito al riguardo � divisa. 
Il Tribunale ed il Pretore di Firenze (v. Trib. Firenze 2-14 febbraio 1987 
Parrini e Giusti c/ F. S.) �..nonch� il Pretore di Roma (21 maggio 1986 Blimeni 
c/ F. S.) si sono espressi in senso positivo. 
In particolare � stato osservato che a partire dal 1 gennaio 1986 (data 
prevista dall'art. 26 della Legge n. 210 per l'inizio della gestione del nuovo Ente) 
il rapporto di lavoro dei ferrovieri � soggetto alla disciplina comune delle imprese 
private, con le eccezioni espressamente previste per il collocamento, per la previdenza, 
per la responsabilit� civile e disciplinare; per cui la vecchia normativa 
resiste solo se compatibile con norme inderogabili d_el codice civile e non modificate 
dai successivi contratti collettivi e regolamenti. Tra le norme inderogabili 
del codice civile, va incluso l'art. 2103 (nel testo modificato dall'art. 13 della 
Legge 20 maggio 1970 n. 300 sull'esercizio di mansioni superiori), in quanto la 
norma stessa all'ultirp.o comma sancisce che � ogni patto contrario � nullo �. 
Di contrario avviso si sono per� espressi i Pretori di Torino (30 aprile 1986 
Billia c/ F. S.; 30 settembre -1 ottobre 1986 Tanzarella c/ F. S.; 18-31 dicembre 
1986, Ferrise c/ F. S.;), Milano (18 dicembre 1986/13 gennaio 1987, Tempra 
c/ F. S.), Napoli (3 dicembre 1986/20 gennaio 1987, Borrelli c/ F. S.; 1 dicembre 
1986/5 gennaio 1987, D'Aronzo c/ F. S.). 
In queste ultime decisioni � stato osservato come la norma dell'art. 2103 
cod. civ. -dopo la modifica apportata dall'art. 13 L. 300/1979 -se non pu� 
essere derogata dall'accordo fra le parti (�ogni patto contrario � nullo�) tuttavia 
� derogabile da norme speciali, sia in virt� di quanto stabilito dall'art. 37 della 



78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
servando ohe la detta giurisdizione rimane ferma rispetto al personale che 
non sia entrato nei propri ruoli in tempo anteriore all'inizio della nuova 
gestione, cio� al 1� gennaio 1986, come nel caso del Novembre, destituito 
dal servizio con provvedimento del 29 giugno 1985, e che peraltro la giurisdizione 
del giudice oroinario non pu� estendersi alla tutela degli interessi 
[egittimi. 
A �prescindere dall'incidenza che nel giudizio pendente avrebbe ora 
in ogni 1caso lo � ius superveniens �, di immediata applicazione anche in 
tema di competenza giurisdizionale, l'assunto dell'ente Ferrovie dello 
Stato � infondato. 
Mentre le controversie in materia di rapporto di 'impiego dei dipendenti 
dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, atteso il carattere 
pubblicistico di tale rapporto, erano attribuite aJ.la giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo, con l'istituzione in virt� deliJ.'art. 1 della 
legge n. 210 del 1985 dell'ente �Ferrovie dello Stato�, suoceduto in tutti 
--
78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
servando ohe la detta giurisdizione rimane ferma rispetto al personale che 
non sia entrato nei propri ruoli in tempo anteriore all'inizio della nuova 
gestione, cio� al 1� gennaio 1986, come nel caso del Novembre, destituito 
dal servizio con provvedimento del 29 giugno 1985, e che peraltro la giurisdizione 
del giudice oroinario non pu� estendersi alla tutela degli interessi 
[egittimi. 
A �prescindere dall'incidenza che nel giudizio pendente avrebbe ora 
in ogni 1caso lo � ius superveniens �, di immediata applicazione anche in 
tema di competenza giurisdizionale, l'assunto dell'ente Ferrovie dello 
Stato � infondato. 
Mentre le controversie in materia di rapporto di 'impiego dei dipendenti 
dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, atteso il carattere 
pubblicistico di tale rapporto, erano attribuite aJ.la giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo, con l'istituzione in virt� deliJ.'art. 1 della 
legge n. 210 del 1985 dell'ente �Ferrovie dello Stato�, suoceduto in tutti 
--
i rapporti attivi e passivi beni, partecipazioni, gestioni speciali gi� 

L. 300/1970 per i rapporti di impiego dei dipendenti di enti pubblici, sia per 
l'analoga riserva di differente regolamentazione contenuta nell'art. 2159 cod. 
civ. Inoltre l'art. 21 della legge istitutiva dell'Ente (n. 210/1985), pur attribuendo 
al primo comma carattere privatistico al personale dell'Ente, nella fase transitoria 
(prima cio� che intervenga la contrattazione collettiva) tiene ferma tutta 
la disciplina vigente sul rapporto di impiego; la inderogabilit� alle norme del 
codice civile � invece prevista dal precedente art. 14, che regola materie diverse 
dal rapporto di lavoro. 
Il Pretore di Pisa ritiene che fino a quando non interverr� la contrattazione 
collettiva, rimane ferma la normativa vigente, e cio� la Legge 26 marzo 
1958 n. 425 sullo Stato Giuridico, Legge 6 febbraio 1979 n. 42, la Legge 6 ottobre 
1981 n. 564 sulla nuova normativa del personale, nonch� la legge quadro sul 
pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 83, per cui la progressione della qualifica 
rimane temporaneamente regolata dall'art. 80 della legge n. 425/1958 e dall'art. 12 
della legge n. 42/1979, in base alle quali lo svolgimento di fatto di mansioni 
superiori non consegue automaticamente l'acquisizione della qualifica e la definitivit� 
delle mansioni. Giudicando in merito ad un ricorso di dipendenti di 
un'Azienda di trasporti in concessione il Pretore ha quindi ravvisato una disparit� 
di trattamento fra i dipendenti F.S. e que)Ji delle aziende autoferrotranviarie, 
in quanto per i primi (intervenuta la contrattazione collettiva) trover� 
applicazione l'art. 13 dello statuto dei lavoratori mentre non lo � per i secondi, 
secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione e quanto ritenuto 
dalla Corte Costituzionale nella gi� citata decisione n. 257/1984 -(Pretore di 
Pisa, ordinanza 16 febbraio 1987 in Gazz. Uff. 27 maggio 1987 n. 22). 

Quale che sar� la futura disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, 
non pu� trascurarsi come nel. campo dei trasporti pubblici l'attribuzione di 
una qualifica non pu� prescindere dalle superiori esigenze dell'esercizio, che � 
ispirato al preminente interesse pubblico alla sicurezza e regolarit� del servizio 
di trasporto, tanto � vero che le norme che stabiliscono i presupposti e le 
condizioni per il conseguimento della superiore qualifica sono dettate, come 
ha precisato la Cassazione, � nell'interesse dei lavoratori e del servizio pubblico � 
(Cass. 17 settembre 1985 n. 4694). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

79 

di pertinenza dell'Azienda autonoma, le controvel"Sie di lavoro relative 
al personale dipendente da tale nuovo ente spettano alfa giurisdizione del 
giudice ordinario. Infatti, l'art. 23 della citata legge stabilisce per le dette 
controversie la competenza del Pretore del luogo in cui ha sede l'Avvocatura 
dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente 
secondo le norme oxidinarie. 

Codesta attribuzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle controversie 
di lavoro relative al personale dipendente dell'ente Ferrovie dello 
Stato, dotato dalla legge istitutiva di personalit� giuridica, ed autonomia 
patrimoniale, contabile e finanziaria, ai sensi dell'art. 2093, secondo comma, 
e.e. (in tema di imprese esercitate da enti pubbUci), nei limiti stabiliti 
dalla stessa Jegge (art. 1), si spiega e si giustifica con il mutato carattere 
privatistico del rapporto di favoro del detto personale, regolato per 
l'appunto, a norma dell'art. 21, su base contrattuale, collettiva e individuale, 
com'� tipico del regime giuridico dei rapporti di il.avaro di diritto 

Pertanto, come affermato dalla Corte Costituzionale (18 luglio 1984 n. 208 
citata), il settore dei trasporti pubblici comporta particolari forme di ingerenza 
di carattere amministrativo nel funzionamento delle aziende stesse. 

Ne deriva che le promozioni non possono essere conseguite se non attraverso 
quella attivit� procedimentale e valutativa (accertamento professionale) che la 
legge ha riservato all'ente quale pubblica amministrazione. 

E' noto infatti che qualora sulla sfera degli interessi del singolo interferisce 
la funzione pubblica, si � in presenza di atti amministrativi diretti unicamente 
al fine di ;realizzare interessi di carattere generale, per cui non � consentito 
sostituire detti atti amministrativi con provvedimenti contrattuali o giudiziali, 
penetrando cos� nel cuore di detta funzione pubblica ed in sostanza facendo 
proprio l'esercizio della funzione stessa, che la legge stessa ha invece attribuito 
a specifici organi disciplinandone il procedimento. 

6. -Controversie previdenziali. 
Ai sensi dell'art. 91 dello Stato Giuridico del personale F.S. (Legge 26 marzo 

1958 n. 425) il personale ferroviario � assicurato contro gli infortuni sul lavoro, 

secondo le norme antinfortunistiche di cui al T.U. 30 giugno 1965 n. 1124. 

L'art. 127 di detto testo unico prevede che l'assi�urazione del personale F.S. 

venga gestita direttamente dall'Amministrazione ferroviaria anzich� dall'INAIL. 

Come precisato nella sentenza della Cassazione in Rassegna 10 novembre 

1986 n. 6560 (v. pure Cass. 10 marzo 1987 n. 2498) il rapporto assicurativo previ


denziale, prima gestito dall'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, viene 

ora gestito direttamente dall'Ente Ferrovie dello Stato. 

Pertanto in materia di infortuni sul lavoro l'Ente assume la stessa posi


zione dell'INAIL quale Istituto assicuratore con tutti i diritti e obblighi relativi. 

Le controversie obbediscono quindi alle norme di cui agli artt. 442 e segg. 

cod. proc. civ. per il procedimento davanti al giudice del lavoro. 

Poich� l'art. 23 della Legge istitutiva dell'Ente F.S. attribuisce al pretore 
del luogo ove ha sede l'Avvocatura dello Stato la cognizione delle �controversie 
di lavoro >>, si pone il problema di stabilire se l'espressione sia limitativa, con 

7 



RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO

80 

privato, in corrispondenza con la delegificazione degli assetti organizzativi 
aziendali prevista dall'art. 14. 

La dizione d~l citato art. 23, che individua ~e controversie devolute 011la 
competenza del Pretore solo per la 'loro inerenza al rapporto di lavoro 
al:le d1pendenze del nuovo ente pubblico, consente poi di affermare che la 
giurisdizione del giudice ordinario � al riguardo piena ed esclusiva, nel 
senso che comprende ogni tipo di controversia, il cui oggetto concerna 
le posizioni soggettive dei dipendenti in riferimento alla gestione da parte 
del:l'amminisfra:zione ferroviaria dei rispettivi rapporti di lavoro. 

Avuto riguardo all'indicata correlazione con la privatizzazione degli 
anzidetti rrapporti, il trasferimento della giurisdizione dal giudice amministrativo 
al giudice ordinario � da ritenersi operante sin dalla data di 
entrata in vigore della legge n. 210 del 1985, cio� dal 14 giugno dello stesso 
anno, giacch�, contrariamente all'assunto del ricorrente, ia data del 1� gennaio 
dell'anno successivo segna soltanto, a norma dell'art. 26, secondo comma, 
l'inizio effettivo della nuova gestione, la quale per� presuppone gi� 
avvenuta la successione � ope legis � dell'ente ferroviario sin dal momento 
della sua istituzione nei rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di 
lavoro sottratti al settore del pubblico impiego, che facevano capo all'Azienda 
autonoma. 

esclusione quindi delle controversie previdenziali di cui agli artt. 447 e segg. 

cod. proc. civ., ovvero il legislatore abbia inteso attribuire il foro erariale a 

tutte le controversie comunque di competenza del giudice del lavoro. . 

La questione riguarda solo i giudizi di primo grado, perch� per quelli di 

appello � per giurisprudenza consolidata ammessa la competenza del Tribunale 

del luogo ove ha sede l'Avvocatura dello Stato (v. Cass. SS.UU. 8 ottobre 1985 

n. 4857). 
I Pretori di Alessandria (sentenza 27 aprile 1987 -Grassano c/ F.S.) e di 
Reggio Calabria (sentenza 30 gennaio 1987 Aloisio Francesco) si sono espressi 
nel senso che l'espressione � controversie di lavoro ,,� non si estende alle controversie 
previdenziali, per cui in queste ultime resta ferma la competenza stabilita 
dall'art. 444 cod. civ., e cio� quella del pretore che ha sede nel capoluogo 
della circoscrizione del Tribunale ove risiede l'a'ttore. 

7. -Pensioni 
L'art. 21 ultimo comma della legge n. 210/1985 stabilisce ch� � fino a quando 

non sar� disciplinato l'assetto generale del trattamento previdenziale e pensio


nistico dei lavoratori dipendenti, rimane fermo il trattamento in atto all'entrata 

in vigore della presente legge �. 

Il trattamento in vigore � quello dettato dal Testo Unico sul trattamento 

di quiescenza dei dipendenti civili e militari -D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 

-che alla Parte Terza (artt. 209 e segg.) tratta del personale delle Ferrovie 

dello Stato. 

Stante la citata formula dell'ultimo comma dell'art. 21 della legge n. 210/1985, 

cos� come restano ferme le norme di diritto sostanziale altrettanto � da dirsi 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

81 

In mancanza di apposite norme transitorie, devesi altres� ritenere che, 
per le controversie relative ai rapporti di J.avoro sorti in origine con 
l'Azienda autonoma, permanga la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 
ove il rapporto sia cessato in tempo anteriore alla data di 
entrata in vigore della citata legge n. 210 del 1985, e che sussista invece 
la giurisdizione del giudice OI'dinario quando la controversia si riferisca 
ad un rapporto di impiego non ancora a quella data cessato e trasferito 
quindi, con mutata natura, al nuovo ente, o la cui cessazione costittiisca 
materia del contendere per fa pretesa del lavoratore, nei confronti dell'ente 
medesimo, di ottenerne il ripristino per la .dedotta illegittimit� del['
atto estintivo. 

Nel caso in esame la domanda del Novembre, gi� legato ad un rapporto 
di impiego con l'Azienda autonoma, � stata proposta dinanzi al 
Pretore, con ricorso depositato in tempo successivo all'entrata in vigore 
della legge n. 210 del 1985, nei confronti dell'ente Fevrovie dello Stato per 
ottenere la reintegrazione, in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c., nel posto di 
lavoro, deducendosi l'illegittimit� del provvedimento di destituzione adottato 
il 29 Giugno 1985 a suo carico, sicch�, alla stregua degli esposti prin� 
cipi, la cognizione defila controversia spetta al giudice ordinario. 

per le norme procedurali in attesa della nuova disciplina sul trattamento pensionistico. 


In particolare, gli artt. 7 Legge 9 luglio 1908 n. 418 e 24 R.D.L. 27 novembre 
1919 n. 2373, espressamente attribuiscono alla Corte dei Conti la giurisdizione 
in materia di pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato. 

8. 
-Buonuscita. 
L'Opera di Previdenza e di Assistenza per i Ferrovieri dello Stato O.
P.A.F.S. -provvede a corrispondere l'indennit� di buonuscita ed altri assegni 
e sussidi vari nonch� alla gestione del credito in favore degli iscritti (art. 2 
Legge 14 dicembre 1973 n. 829). L'art. 44 della ora citata legge n. 829 stabilisce 
che �contro i provvedimenti definitivi dell'OPAFS in materia di prestazioni obbligatorie 
� ammesso ricorso alla Corte de� Conti � � 
Tuttavia la legge 20 marzo 1980 n. 75 ha parzialmente derogato tale dispo


sizione, cos� statuendo: 
� Le controversie in materia di indennit� di buonuscita e di indennit� di cesc;
azione del rapporto d'impiego relative al personale dello Stato e delle aziende 
autonome appartengono alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi 
regionali, � abrogata ogni diversa disposizione �. 


Quindi � da ritenere che, relativamente alla indennit� di buonuscita e di 
fine rapporto, riprende vigore la norma del citato art. 44 legge n. 829/1973, 
in quanto la deroga che attribuisce la giurisdizione ai tribunali amministrativi 
vale per il personale statale mentre ora i ferrovieri sono dipendenti di un 
ente pubblico diverso dallo Stato; onde sembra che ogni controversia che interessi 
prestazioni obbligatorie dell'OPAFS sia soggetta alla giurisdizione della 
Corte dei Conti. 

GIUSEPPE STIPO 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO

82 

PRETURA DI ROMA -Sez. Lav., 21 maggio 1986 -Est. Pivetti -Arcangeli e 
ailtri (avv. Macchia) c. A.C.E.A. ~avv. Fanti) e C;P.D.E.L. (Avv. Stato 
Stiipo). 

Giurisdizione civile -Casse Pensioni amministrate dagli istituti di Previdenza 
-Domanda diretta a ottenere il riconoscimento della pensionabilit� 
di determinati emolumenti e il conseguente versamento dei 
contributi -Giurisdizione della Corte dei Conti. 

Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti l{l domanda avente ad 
oggetto l'accertamento della computabilit� di determinati emolumenti 
nella retribuzione annua contributiva con l'obbligo dell'ente datore di 
lavoro a corrispondere alla Cassa Pensioni amministrata dagli Istituti di 
Previdenza presso il Ministero del Tesoro, i contributi previdenziali ai 
fini del trattamento pensionistico (1). 

(omissis) Decidendo su ricorso per regolamento di giurisdizione avverso 
la sentenza del Pretore di Roma del 24 luglio 1982 resa in controversia 
che presentava termini oggettivi e soggettivi equivalenti a quelli 
della controversia qui in esame, le .Sezioni Unite del.la Corte di cassazione, 
con sentenza del 3 luglio (rectius 24 giugno) 1985 n. 3798, hanno 
ribadito che �il disposto dell'art. 60 del R.D.L. 3 marzo 1938 n. 680 -secondo 
cui, contro i provvedimenti concernenti le pensioni dei dipendenti 
degli enti locali gli interessati possono proporre ricorso alle Corte dei 
conti -messo in relazione con-quelli dell'art. 62 R.D.L. 12 luglio 1934, 

n. 1214, che attribuisce in generale alla giurisdilione esclusiva di detta 
Corte il contenzioso in materia di pensioni anche parzialmente a carico 
dello Stato -non consente dubbi sulla spettanza alla Corte stessa 
della cognizione della domanda di condanna della CPDEL ad eseguire la 
revisione della pensione incrementando l'attuale base pensionistica annua 
degli importi relativi agli emolumenti accessori della retribuzione �. 
Ad analoga conclusione deve pervenirsi per le domande qui proposte 
dai ricocrenti nei confronti della CPDEL, _aventi ad oggetto: l'accertamento 
della natura �retributiva degli emolumenti aocessori in questione; 

1) -La sentenza affronta il problema della giurisdizione nel rapporto di 
natura previdenziale intercorrente tra i dipendenti degli enti locali e la Cassa 
Pensioni amministrata dagli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro. 

Le richiamate sentenze della Cassazione SS.UU. 24 giugno 1985 n. 3798 e 
15 novembre 1982 n. 6084, 2 aprile 1981 n. 1865 si possono leggere in questa 
Rassegna 1985, I, 786 (massima con nota) e per esteso in Giust. Civ. 1985, I, 
2469, in questa Rassegna 1985, I, 918 ed in Giur. It. 1982, I, l, 1100. 

A queste pu� aggiungersi il principio enunciato (in fattispecie diversa) dal 
Consiglio di Stato, secondo cui le azioni di mero accertamento sono di competenza 
del giudice che ha la giurisdizione nella materia (Sez. V, 21 settembre 
1983 n. 370). 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

l'accertamento della computabilit� di essi ai fini della retribuzione annua 
contributiva ai sensi dell'art. 12 della legge 5 dicembre 1959 n. 1077 e 
del conseguente obbligo dell'ACEA di pagare a1la CPDEL, in ordine a 
tali emolumenti, i contributi previdenziali previsti dalla legge; l'accertamento 
che la base pensionistica a suo tempo determinata e comunicata 
alla CPDEL dall'ACEA deve essere aggiornata tenendo conto degli 
emolumenti in questione. 

Si tratta, infatti, di domande che vengono proposte nei confronti 
della �cPDEL per far valere, attraverso di esse, una pretesa identica a 
quella che formava oggetto della domanda di condanna che le Sezioni 
Unite hanno ricondotto nella sfera di giurisdizione esclusiva della Corte 
dei Conti: fa pretesa, cio�, al computo degli emolumenti suddetti ai fini 
della determinazione della pensione. 

Non pu� certo servire ad escludere [a controversia dall'ambito della 
giurisdizione esclusiva della Corte dei conti il fatto che tale pretesa venga 
:l�atta valere con domanda di accertamento anzich� con domanda di condanna. 
E neppure pu� servire a tal fine il fatto che la domanda di accertamento, 
anzich� venir mirata direttamente istd dkitto che si vuole riconosciuto 
o sul .fatto immediatamente costitutivo di esso (il diritto ad 
un certo ammontare di pensione ovvero 'la determinazione della base di 
calcolo della pensione stessa), pel'segua lo stesso fine in modo indiretto, 
puntando aH'accertronento di un antecedente �logico o di un elemento giuridicamente 
coincidente (la determinazione della c.d. retribuzione contributiva) 
dal cui riconoscimento giudiziale non potrebbe che derivare, 
come effetto automatico e giuridicamente necessario, i'accertamento del 
diritto ad una maggiore pensione. 

2. La medesima sentenza n. 3798 del 1985 ha anche stabilito che 
la .competenza giurisdizionale della Corte dei Conti non comprende invece 
~a domanda proposta nei confronti dell'ACEA dai \J?II"opri dipendenti (o ex 
dipendenti) diretta alla condanna dell'.azienda al versamento dei contributi 
previdenziali in assunto dovuti sugli emolumenti accessori in oggetto. 
Uguale affermazione deve qui essere fatta per Je domande, sempre proposte 
nei confronti dell'ACEA, aventi ad oggetto: l'accertamento che 
detti emolumenti concorrono a formare la retribuzione contributiva; l'accertamento 
deLl'obbligo deLl'ACEA di dare comunicazione alla CPDEL 
di detti emolumenti. 
Le Sezioni Unite sono pervenute alla conclusione suddetta sulla base 
del rilievo che l'ammontare della pensione erogata dalla CPDEL � s� determinato 
in base alla retribuzione contributiva, ma indipendentemente 
dall'effettivo versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, 
sicch� l'eventuale giudizio della Corte dei conti sul fondamento delle 
pretese volte all'integrazione della pensione non esige come presupposto 


84 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la condanna del datore di lavoro al versamento dei relativi contributi, 
n� l'accertamento in altra sede dell'obbligo contributivo. 

Tale condanna e tale accertamento rientrano, ,secondo la Corte, nelil'aanbito 
della giurisdizione ortlinaria ex art. 442 o �amministrativa, ove 
si tratti di pubblico impiego, non avendo al riguardo -e cio� a:i fini 
della giurisdizione -alcuna mcidenza la sussistenza o meno dell'interesse 
ad agire degli attori, dal momento cpe tale 1nteresse rileva esclusivamente 
ai fini della proponibilit� della domanda. 

L'enunciazione delJa Corte presenta alcune implicazioni propri.o in 
tema di interesse ad agire ed � opportuno sottolinearle. 

L'affermazione -secondo cui il giudizio della Corte dei conti sul fondamento 
delle pretese volte all'integrazione deilla pensione non esige 
come presupposto l'accertamento in altra sede dell'obbligo contributivo 
in ordine agli emolumenti di �cui si discute la computabilit� ai fini del 
cailicolo della retribuzione pensionabiJe -implica gi� di per s� che il 
dipendente non ha alcun interesse all'accertamento fa altra sede dell'obbligo 
contributivo dell'ente datore di lavoro, posto che l'unico suo 
interesse � quello alla determinazione deilla pensione. 

Il che trova riscontro nell'art. 28 del RDL 3 marzo 1938 n. 680 (conv. 
nella legge 9 gennaio 1939 n. 41) ohe disciplina i ricorsi amministrativi 
e giurisdizionali concernenti l'imposizione dei contributi CPDEL proposti 
sia dagli impiegati che dagli enti (riservandone la cognizione in 
sede giurisdizionale al giudice amministrativo). 

U fatto che tale norma contempli soltanto i ricorsi concernenti l'imposizione 
dei contributi e non anohe i vicorsi volti aU'accertamento positivo 
della sussistenza dell'obbligo contributivo -e, intesa in questo 
senso, si spiega che le Se2iioni Unite non l'abbiano presa in considerazione 
-denota, appunto che ['�COrsi di tal genere non sono previsti 
proprio perch� non corrispondono ad alcun interesse dell'impiegato, il 
quale, in altri termini, non ha a:lcun diritto al pagamento da parte dell'ente 
aUa CPDEL dei contributi previdenziali sulle proprie retribuzioni. 
li che � conseguenza della gi� vista autonomia che nel rapporto previdenziale 
in esame sussiste tra J'aspetto co:u.tributivo e l'aspetto delle 
prestazioni, anche se il parametro di commisurazione � lo stesso. 

Non vale, in senso contrario, fil richiamo a11a sentenza delle Sezioni 
Unite del 15 novembre 1982 n. 6084, citata dalla parte ricorrente nei 
propri scritti 1difensivi. Con tale pronunzia, iinfatti, la Cassazione ha s� 
escluso che la Corte dei Conti abbia il potere di sindacare la legittimit� 
del provvedimento con cui � stato istituito o concesso un determinato 
emolumento, aJJorquando tale provvedimento sia divenuto definitivo nell'ambito 
dell'ordinamento dell'ente cui apparteneva H pensionato (dovendosi 
escludere che in tal caso si sia in presenza di una mera questione 
pregiudiziale), ma ha confermato che la Corte dei conti � abilitata -e 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

lo � essa sola -ad accertare se un determinato emolumento concesso 
in base al rapporto di attivit� abbia o meno i requisiti dehla pensionabilit�. 
Questa � appunto la questione che qui si discute (ed � questione 
ben diversa da quella della legittimit� dell'emolumento) sia pur sub specie 
dell'accertamento dei requisiti per l'assoggettamento dell'emolumento 
a contribuzione. 

Sotto il profilo che qui interessa, anche il richiamo a S.U. 2 aprile 
1981 n. 1865 non apporta argomenti favorevoli alla tesi di parte ricorr~
nte, ma anzi ne� adduce di contrari. Tale decisione -che, .secondo la 
successiva sentenza n. 3798/85, non si sarebbe pronunziata <sul fondamento 
della pretesa dei dipendenti all'adempimento dell'obbligo contributivo 
-ha escluso la sussistenza di un'ipotesi di litisconsorzio necessario 
con la CPDEL in relazione ad una domanda di tal genere. Il che 
implica che la Corte ha escluso fa sussistenza di un rapporto trilatero 
avente ad oggetto il pagamento dei contributi. H che, a sua volta, significa 
�che � stato negato che l'obbligo di tale pagamento sussista anche 
nei coruronti dei dipendenti. 

La domanda proposta nei 'confronti della CPDEL deve quindi essere 
dichiarata inammissibile per carenza di interesse ex �art. 100 c.ip.c. 

Uguale valutazione � a darsi per Ja domanda relativa a11'obbNgo 
de11'ACEA di comunicare alla CPDEL l'ammontare degli emolumenti in 
questione. 

Va sottolineato in primo luogo che tale domanda � evidentemente 
proposta al solo fine idi ottenere, in via incidentale, una pronunzia -che 
in via incidentale non pu� essere data perch� su di essa deve essere proposta 
causa pregiudiziale -suHa inclusione degli emolumenti nella 
retribuzione contributiva, come mezzo al fine di ottenere l'accertamento 
della computabilit� di essi nella base di calcolo della pensione. 

Presa �comunque a s�, la domanda.non ha interesse per i ricorrenti, 
i quali possono provvedere da s� alla comunicazione, la quale non costituisce 
giuridicamente una condizione per il diritto alla pensione. Del 
resto si legge nello stesso ricorso che l'A:CEA avrebbe essa stessa gi� 
richiesto alla CPDEL �di inserire nei tabulati i _dati concernenti tali erogazioni 
e che � stata la CPDEL ad opporre un rifiuto. � quindi nei confronti 
della CPDEL e solo nei confronti di essa. che i ricorrenti debbono 
rolgere -nelle 1sedi proprie -la loro pretesa. 


SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
CORTE DI CASSAZIONE, sez. un., 3 novembre 1986 n. 6418 -Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Rei. Maltese -P. M. Caristo (conf.) -Presidenza 
del Consiglio e Ministero Tesoro (avv. Stato Conti) c. Banque Gutzwihler 
(avv. Delpino) e De Luca (avv. Nicol�). 

Giurisdizione civile -Nullit� del negozio -Accertamento della validit� Accertamento 
di violazione di norme valutarie -Sussiste la giurisdizione 
dell'A.G.O. 

(D.L. 6 giugno 1956 n. 476, convertito con modif. in legge 686 del 25 luglio 1956, 
art. 2). 

Procedimento civile -Appello -Intervento � Intervento del successore a 
titolo particolare Ammissibilit�. 
(Art. 1416 cod. civ. ; 3 disp. prel. cod. civ.). 

Procedimento civile � Condanna a favore del cessionario senza preventiva 
estromissione del cedente: ammissibilit�. 
(Art. 111, 344, 349 cod. proc. civ.). 

Rientra nei normali poteri di cognizione dell'A.G.O. accertare l'esistenza 
dell'infrazione valutaria e quindi l'eventuale motivo di nullit� del negozio 
con il quale sia stata consumata la contravvenzior�e al sistema normativo 
di controllo delle operazioni valutarie tra residenti e non residenti nel 
territorio della R~pubblica (1). 

Nell'ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, 
l'art. 111 cod. proc. civ. consente in ogni caso l'intervento in causa del 
successore a titolo particolare senza introdurre distinzioni o limitazioni 
in rapporto alle varie fasi in cui il processo si trova (2). 

� ammissibile al condann adel convenu!o a favore del cessionario 
pur nell'omessa estromissione del cedente ove il convenuto non chieda 
espressamente l'estromissione, ed il cedente conferisca al cessionario il 
potere di chiedere direttamente al giudice il riconoscimento del diritto 
acquistato, (3). 

(1-2) Sul �potere del giudice ordinario di accertare autonomamente la ricor� 
renza dei presupposti di fatto e di diritto dell'infrazione valutaria v. Cass. 
29 maggio 1984 n. 3272, in Mass. Foro it. 1984. 

(3) Nel senso che la partecipazione al processo del successore a titolo 
particolare non � qualificabile come intervento adesivo dipendente v. Cass. 
18 ottobre 1985 n. 5131 in Mass. Foro it. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

(omissis) Col primo mezzo le ricorrenti denunciano il difetto di giu� 
risdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria per violazione dell'art. 4 1. 20 
marzo 1865, n. 2248 all. E e dei principi generali che vietano al giuqice 
di sostituirsi alla Pubblica Amministrazione nell'esercizio dei poteri ad 
essa attribuiti dalla legge. 

Denunciano, inoltre, la violazione dell'art. 2 1. 6 giugno 1956 n. 476, 
conv. in legge n. 586 del 26 luglio 1956, e degli artt. 1418 e.e. e 31 delle 
disp. prel. cod. civ.; e, ancora, il vizio di omessa motivazione circa un 
punto decisivo della controversia. 

Sostengono che il negozio di cessione del credito sarebbe assolutamente 
nullo perch� conaluso dalla Gamet, avente residenza valutaria, in Italia, 
con fa banca straniera senza la prescritta autorizzazione ministeriale (art. 2, 

i. 4 aprile 1976 del 1956) e, quindi, in wo1azione del div,ieto imposto dalla 
legge ai residenti nel territorio della Repubblica di compiere atti idonei a 
produrre obbligazioni con i non ,residenti. 
Pertanto la Corte d'appello, nel riconoscere piena efficacia e validit� 
al negozio nullo, avrebbe esercitato un potere estraneo alla sfera delle proprie 
,attribuzioni, ponendo in essere un provvedimento viziato dal difetto 
di giurisdizione del giudice ordinario. 

Sarebbe incorsa, comunque, ne1la violazione dell'art. 1418 cod. civ., 
omettendo di rilevare la nullit� assoluta del negozio di cessione, contrario 
a divieti derivanti da norme di 011dine pubb1ico e, ancora, nel vizio di 
omessa motivazione, per non aver considerato circostanze di fatto rilevanti 
ai fini della decisione, quali la residenza in Italia della Gamet e la man� 
cainza della necessaria autorizzazione amministrativa &'er la v,alidit� e l'efficacia 
di detta cessione. 

Il primo profilo di censura � manifestamente infondato. 

Rientra, invero, nei normali poteri di cognizione del giudice ordinario 

accertare l'esistenza dell'infrazione valutaria e quindi l'eventuale motivo 

idi nullit� del nego2lio, col quale sia stata consumata la contravvenzione al 

sistema normativo di controllo delle operazioni fra residenti e non resi


denti nel territorio della Repubblica. 

Da parte del giudice, presupporre o esplicitamente dichiarare la vali


dit� del negozio, e quindi escludere la ricorrenza della detta causa di nul


lit�, significa non �operare�, usurpando le funzioni della pubblica ammi


nistrazione, ma � conoscere � e � decidere � de1la conformit� dalla legge 

dell'attivit� svolta dai privati contraenti, nell'esercizio di poteri tipici della 

� iurisdictio �, rientranti nella ,sfera delle attribuzioni dell'autorit� giudi


ziaria 011dinaria. 

Non sussistendo, pertanto, il vizio denunciato della carenza di giurisdi� 
zione del giudice adito, il ricorso si rivela, sotto questo aspetto, infondato 
e deve essere disatteso. 


88 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

A conclusioni ancor pi� radicalmente negative si perviene nell'esame 
del secondo e del terzo profilo di censura, COJ?.Cernenti il mancato rilievo, 
da parte dell'ufficio, dell'asserita causa di nullit� del negozio di cessione 
e, rispettivamente, il difetto della motivazione circa Ull1. punto decisivo della 
controversia. 

Tali censure sono inammissibili in questo giudizio di legittimit�, poich�, 
come J.a ~iurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito, � � vero 
che, secondo il principio codificato dall'art. 1421 e.e., la nullit� del negozio 
giuridico pu� essere rilevante in ogni grado e stadio del giudizio, e quindi 
alllche in ,cassazione, su istanza di rparte o d'ufficio, ma esso presuppone 
che il motivo di nullit� risulti gi� acquisito agli atti del processo e peroi� 
non pu� trovare aipplicazione in sede di cassazione allorch� l'accertamento 
della nullit� (nella specie, esistenza del patto commissorio) involga 
una indagine di fatto, riprendendo, in tal caso, rpieno vigore il principio 
dispositivo delle parti� (Cass. 21 ottobre 1961, n. 2271; 18 febbraio 1965, 

n. 265; 10 ottobre 1963, n. 2692; 29 ottobre 1975, n. 3677, ed altre). 
Nella specie, circostanze di fatto come Ja residenza valutaria in Italia 
della Gamet e la mancanza dell'autorizzazione amministrtaiva per Ja vailidit� 
e l'efficacia del negozio di cessione del credito, non hanno costituito 
oggetto di discussione fra ~e parti, non risultando in alcun modo contestato 
dalle Amministrazioni l'evento stesso della cessione. 

Vero � soltanto che le Amministrazioni hanno cercato di accreditare, 
con lo stesso motivo del ricor,so, la pretesa di acquisire, ~n questa fase 
del giudizio, la documentazione concernente atti amministrativi -con i 
quali sono state irrogate sanzioni agli interessati per l'asserita infrazione 
valutaria -, emessi dopo l'assegnazione della causa a sentenza impugnati 
in altro procedimento, in corso fra gli eredi Gamet, il Ministero 
del tesoro italiano e la banca ginevrina Gutzwiller. 

In quel procedimento, appunto, si discute, ai fini del giudizio di 
legittimit� sui detti provvedimenti amministrativi, dell'effettiva residenza 
valutaria in Italia della Gamet, nonch� dell'autorizzazione -ritenuta dal 
Ministero necessaria -per la validit� e l'effi.caoia del contratto di cessione 
del credito. 

Oggi, in questo processo, le ricorrenti vorrebbero suffragare con la 
stessa documentazione inerente a quegli atti amministrativi la tesi del 
difetto ,di giurisdizione del giudice ordinario e la tesi di invalidit� del negozio 
di cessione del credito. 

Ma, una volta dimostrata l'infondatezza della prima eccezione, indipendentemente 
da qualsiasi indagine sull'effettiva esistenza delle accennate 
circostanze di fatto (residenza vaJutaria e mancata autorizzazione amministrativ
�a), aippare evidente che quei documenti, del tutto inutili ai fini 
di una pronuncia sulJa giurisdizione, tanto meno sono acquisibili e utilizzabili 
al diveiiso ,scopo di stabilire, nel merito, la ricorrenza delle condi� 


PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

zioni di validit� del negozio di cessione del credito, il cui a:ccertamento, 
per le ragioni esposte nel precisare i Jimiti di applicabilit� d'ufficio dell'art. 
1422 cod. civ., �, nel presente giudizio di '1egittimit�, assolutamente 
precluso. 

Sotto ogni aspetto, pertanto, il primo motivo del riJCorso si rivela 
infondato e deve essere disatteso. 
Col secondo mezzo le ricorrenti denuncia:no la viola:zione degli artt. 111, 
344, e 349 c.p.c.. 

Sostengono ,che' la Corte avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'intervento 
della banca Gutzwiller, perch� avvenuto in appello, mentre il 
contratto di cessione del credito era stato stipulato in epoca anteriore 
ana definizione del giudizio di primo grado. 

Comunque non sarebbe stato mai consentito -secondo le ricovrenti pronunciare 
la 1condanna direttamente a favore della banca cessionaria 
del credito intervenuta in giudizio, avendo questa proposto una domanda 
soggettivamente e oggettivamente nuova. 

Sotto il primo profilo -proseguono le ricorrenti -tale domanda non 
trovava giustific~one alcuna negli atti processuali, in manca:nza di un 
provvedimento di estromissione dell'a11ienante della � res litigiosa �. Sotto 
il secondo profilo implicava la necessit� di dsolvere preliminarmente la 
questione della validit� e dell'efficacia del titolo stesso della cessione del 
credito (al fine, ad esempio, delJ'eccezione di compensazione), validit� ed 
efficacia contestabili, per le ragioni gi� esposte col rprimo motivo d'impugna:
zione. 

Osserva il Oollegio che il primo ;profilo di censura, ove si fa richiamo 
ru1l'art. 111 c.p.c. suHa successione a titolo particolare del diritto controverso 
e all'art. 344 c.p.c. sulla !egittima:zione a intervenire nel giudizio 
d'appello, � infondato. 

Secondo la giurisprudenza, invero, � nella ipotesi di successione a titolo 
particolare nel diritto controverso, l'art. 111 c.p.c. consente in ogni caso 
l'intervento in causa del successore a titolo particolare, senza introdurre 
distinzioni o limitazioni in rapporto aHe v:arie fasi in cui il processo si 
trova� (Cass. 10 aprile 1974, n. 1018; 30 luglio 1958, n. 2791; 13 giugno 1973, 

n. 1710). 
La disposizione restrittiva dell'art. 344 c.p.c., che riconosce la legittimazione 
a intervenire in appehlo soltanto ai terzi obbligati a proporre 
opposizione a norma dell'art. 404 c.p.c., non �, dunque, 1applicabile alla 
successione della � ,res Jiitiigiosa � di un soggetto, che non � terzo ma � parte 
sostituita � dal proprio dante causa, il quale assUiille, perci�, nel rapporto, 
la figura di sostituto processuale (v. sent. citate). 

'Ne consegue che il motivo in esame appare, sotto questo aspetto, infondato 
e deve essere disatteso. 


90 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche il secondo profilo di censura non merita accoglimento. 
La domanda, invero non � � oggettivamente � nuova, in quanto la 
parte sostituita ha fatto valere la pretesa originariamente azionata dall'alienante. 
Si sarebbe potuta considerare � soggettivamente � nuova se fosse stato 

contestato l'evento cessione delle controparti convenute. Ma, come si � 
detto, questa contestazione non c'� stata (si � avuta soltanto in epoca 
successiva, quando sono stati emessi e impugnati i provvedimenti ammini


strativi sanzionatori). 

Per lo stesso motivo della mancata contesta2ione dell'evento della cessione 
non ha rilevanza 1alcuna ogni altra considerazione delle Amininistrazioni 
convenute sull'impossibiilit� di opporre al cessionario l'eccezione di 
compensazione. 

Una considerazione a parte merita, tuttavia, ~�argomento delle ricorrenti 
sulla inammissibilit� di una 1condanna a i�avore della banca cessionaria 
in luogo dell'attrice aHenarnte, senza la preventiva estromissione 
di quest'ultima. 

La tesi � suggestiva ma non ha fondamento. 
Nel caso concreto, l'avente causa � sostituito � nel ,giudizio, ha proposto 
la domanda di condanna al pagamento della somma a proprio 
favore col pieno consenso del dante causa, suo sostituto processuale. 
Significativa, al riguardo, � la formulazione delle conclusioni delle 
parti,. che si leggono in ~pigrafe della sentenza d'appello. 
La banca cessionaria chiese: � �.� condannare le convenute... a favore 
delila banca concludente ... �. 
La Gamet chiese: �Condannare, per l'effetto, fo convenute... al pagamento 
della somma risultante dai criteri sopra indicati�, senza specificare 
a favore di quale soggetto dovesse essere pronunciata la condanna. 
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Tesoro cos� 
conclusero: � Dichiarare che nulla � dovuto n� alfa signora Gamet Wasto, 
n� alla banca Gutzwiller �. 
Quindi la banca pretese il pagamento a proprio favore; la Gamet nulla 
oppose e, implicitamente, manifest� iJ pieno consenso a tale domanda, 
nel chiedere il pagamento senza precisare di pretenderlo personalmente; 
le convenute, a loro volta, nulla opposero aHa specifica formulazione delle 
richieste dell'attrice e dell'interveniente, e si Jimitarono a contestarne, nel 
merito, la fondatezza. 
Pertanto nel rapporto processuale interno fra alienante e cessionario 
del credito, il primo riconobbe Ja legittimazione del secondo a proporre, 
in sua vece, la stessa domanda di pagamento della somma dovuta alle 
Amministrazioni. 


PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Nel rapporto processuale esterno con le controparti convenute non 
fu chiesta n� disposta ['estromissione dell'attrice, alienante della � res 
litigiosa,., 

A un provvedimento �siffatto non era, invero, collegato n�, tanto meno, 
subo1idinato -,secondo ['implicito, esatto orientamento della Corte -.il 
riJconoscimento della veste di � Hauptpartei � da parte del cedente al cessionario, 
in mancanza di qualsiasi pregiudizio per le controparti � cedute ,., 
che dn merito all'evento ces1sione non avevano mosso contestazione alcuna. 

Oper�, semplicemente, fra .tutti i soggetti del processo il principio dispositivo 
-nor-ma di chiusura del sistema -con la permanenza in giudi2lio 
dell'attrice alienante, a disposizione dellie controparti e del giudice, 
ad ogni possibile, ulteriore effetto per soddisfare eventuali esigenze 
istruttorie), e con il J.ibero conferimento da parte dello stesso alienante 
afil'avente causa banca Gutzwiller del :potere di chiedere direttamente al 
giudice, nel proprio dnteresse, il riconoscimento del diritto acquistato mentre 
la Jite era in corso, e fa conseguente condanna del debitore ad eseguire 
la .prestazione. 

Non � d'ostacolo a taili conclusioni la definizione dell'aJ.inenante come 
sostituto processuale defil.'acquirente della � ires litigiosa�, crimanendo sempre 
nella disponibilit� delle parti l'attribuzione al secondo della legittimazione 
a formulare la domanda in luogo del primo, per ottenere una 
diretta pronuncia a proprio ~avore, pronuncia che, per espressa disposizione 
di legge, � dia lui stesso impugnabile (art. 111, u. co. c.p.c.). 

Sotto ogni aspetto, pertanto, anche il secondo motivo del ricorso si 
rivela dnfundato e deve essere disatteso. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1986, n. 6808 -Pres. Bofogna 
-Rel. Graziadei -P. M. Zema (oonf.). -Ministero del Tesoro 
(avv. Nucaro) c. Misurelli. 

Procedimento civile -Sospensione dei termini processuali e sostanziali 
per gli enti mutualistici -Applicabilit� alhl inattivit� processuale � 
Esclusione. 

(D.L. 30 aprile 1981 n. 168, art. 1, convertito in legge T1 giugno 1981 n. 331). 
La sospensione dei termini processuali disposta in favore degli enti 
mutualistici disciolti non determina la sospensione del processo: in particolare 
non comporta la inapplicabilit� dell'art. 348 c.p.c. in caso di mancata 
comparizione del procuratore costituito. 

Con unico motivo d'impugnazione, l'Amministrazione ricorrente deduce 
� vio1azione dell'.art. 7 del D.L. n. 538 del 26 settembre 1981, richiamato 
dalla legge 26 gennaio 1982 n. 12 �. Premesso che alla data della seconda 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

92 

udienza di comparizione davanti all'istruttore (5 ottobre 1981) l'INAM si 
trovava in fase di [iquidazione, e beneficiava della sospensione di tutti. i 
termini, inclusi quelli processuali, prevista daJ.La suddetta norma fino al 
31 dicembre 1981, sostiene che tale sospensione escludeva la configurabilit� 
di una sua inattivit� nel processo, ed ostava qUJindi alla declaratoria d'improcedibilit� 
del gravame. Aggiunge che tale declaratoria era comunque 
preclusa dall'irritualit� della comunicazione della nuova udienza di comparizione, 
in quanto non effettuata ad essa Amministrazione, bench� avesse 
gi� assunto le ope~azioni liquidatorie de[l'INAM. 

Il motivo � infondato in entrambe le censure in cui si articola. 

L'airt. 1 del D.L. 30 aprile 1981 rt. 168, convertito in Jegge 27 giugno 1981 

n. 331, prevede, per le materie attribuite alla gestione di liquidazione 
dei disciolti enti di assistenza sanitaria, ~a sospensione dei termini processuali, 
oltre che sostanziali, fino .a:l 30 settembre 1981; tale data � stata 
prorogata al 31 dicembre 1981 dalil'art. 7 del D.L. 26 settembre 1981 
n. 538 e poi al 31 marzo 1982 dall'art. 5 del D.L. 26 novembre 1981 n. 678, 
convertito, con modificazioni, in legge 26 gennaio 1982 n. 12. 
Detta sospensione dei termini � diretta ad evitare che, nella delicata 
e complessa fase deUa liquidazione degli indicati enti, gli inevitabili ritardi 
in scelte e decisiOni possano tradursi, in relazione al decorso di termini 
perentori, nella perdita 4el potere di compiere gli atti processuali e 
negoziali che si rendano necessari a tutelare i diritti degli enti medesimi. 


La tesi proposta da1l'Ainuninistrazione, con la prima parte dei motivo 
di ricorso, postula un'interpretazione delle citate norme nel senso 
che la .sospensione dei termini processuali vada intesa anche come soSlpeilsione 
dei processi nei quali siano parti gli enti m Jiquidazione. Infatti, 
la mancata comparizione dell'appellante alla nuova udienza di 
comparizione, fissata ai sensi dell'art. 348 primo comma cod. proc. civ., 
non si configura come omissione di un atto del processo per cui sia 
fissato un determinato termine (ed il cui decorso comporti il venir 
meno della facolt� di compierlo), ma assume i diversi connotati della 
mancata partecipazione ad un momento del processo d'impugnazione 
�della stessa parte che l'ha attivato), di un'inattivit� cio� che si esteriorizza 
ed esaurisce nell '.assenza alla suddetta UJdienzJa e dalla quale conseguono 
� ope Jegis � effetti sanzionatori (improcedibiJit� del gravame). 
Talle inattivit� ed i relativi effetti potrebbero quindi essere esclusi, nei 
confronti dell'INAM e degli altri enti assicwrativi in liquidazione, solo 
se si ravvisasse nelle citate norme 1a volont� del legislatore di sospendere 
non solo i termini processuali, ma anche i processi. 

La suddetta interoretazione non pu� essere condiv1sa. 
Sospensione dei termi:ni processuali e sospensione dcl processo sono 
istituti. autonomi e distinti, e per di pi� la prima, in relaz�1one ad un 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

giudizio gi� instaurato, costituisce un � quid minus � rispetto alla seconda, 
dato che pu� tradursi in un impedimento allo ,svolgimento del 
processo solo 1con riguardo a momenti o fasi 1che siano regolate da 
termini. Pertanto, la norma, che preveda, a tutela di determinati soggetti, 
!a sospensione dei termini prooessuali, non .pu� essere intesa estensivamente 
fino ad includere anche la sospensione dei processi in cui tali 
soggetti siano parti. 

Una siffatta interpretazione, del resto, andrebbe ben oltre le indicate 
finalit� perseguite dalle disposizioni in esame, in quanto si tradurrebbe 
in una 'lunga ed indiscriminata parialisi di tutti i prrocessi coinvolgenti 
le materie di pertinenza degli enti in liquidazione, con sacrificio di rileVlanti 
interessi, in rpregiuclizio anche degli enti medesimi. 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 luglio 1986 n. 478 -Pres. Paleologo Est. 
Malinconko -Regione Veneto (aViV. Perolo, Pagnes e Lorenzoni) 

c. Ministero Marina Mercantile (avv. Stato, Ferri). 
Urbanistica -Piano regolatore � Demanio marittimo � Destinazione ad usi 
pubblici del mare � Compressione competenza autorit� marittima � Il� 
legittimit�. 

Urbanistica � Piano regolatore � Demanio marittimo � Intesa. 

La previsione del piano regolatore che abbia destinato il demanio 
marittimo ad un uso conforme alle fina(it� di quest'ultimo mantenendo 
inalterata la situazione esistente altera ,ugualmente il regime giuridico 
del bene in quanto impedendone la eventuale futura destinazione ad altri 
pubblici usi del mare costituisce una compressione delle competenze 
proprie dell'autorit� marittima. 

La competenza urbanistica attribuita agli enti territoriali non esclude 
la competenza dello Stato a disciplinare la utilizzazione del demanio 
marittimo, ricorrendo quindi la necessit� di un raccordo da etf ettuarsi 
con lo strumento dell'intesa anche in mancanza di un'espressa previsione 
normativa. 

Diritto -1. -Va preliminaJI"mente esaminata la censura dedotta 
da.Ha Regione appel1ante awerso la sentenza di prime cure, relativamente 
all'assunta non corrispondenza tra vizi denwnciati dalle Ammini� 
strazioni statali nel ricorso introduttivo e motivi di annullamento accolti 
nella sentenza. Osserva in proposito la Regione Veneto che il TAR ha 
annullato in parte qu� il Piano II'ego1atore generale del Comune di San 
Michele al Tagliamento per un vi2'io procecfnnentale, e cio� per la mancata 
previa intesa tra Autorit� urbanistiche ed orgaini statali, mentre 
invece le Amministrazioni ricorrenti avevano radicai1mente negato che 
il P..R.G. potesse estendersi 1a disoiplinaire le aree demaniali comprese 
nel territorio Comunale. Trattasi di ri:lievo che, concernendo la corrispcmdenza 
tra chiesto e pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), condurrebbe, 
se fondato, all'annullamento dell'iIIlJPugnata decisione. 

La censura, tuttavia, � inammissibile essendo stata proposta solo 
m memoria e senza �l'articolazione di specifico motivo d'impugnazione. 
~ infatti principio generale del sistema processuale, espressamente codificato 
nell'art. 161, primo comma, del cod. proc. civ., che i motivi di 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

nUJllit� delle 1sentenze soggette ad appello possono farsi valere solo nei 
limiti,' e secondo le regole proprie di tale mezzo di impugnazione: i vizi 
delle sentOOZie, in altri termini, si tramutano in motivi d'impugnazione 
delle medesime. Ne deriva che nel caso di specie, non essendo stato 
articolato, nei termini, un motivo di appelio diretto a far valere la censura 
:iin esame, non � pi� verificabile in questa sede La corrisponden:re 
dehla pronuncia di primo grado ai motivi deil ricorso originario. 

2. -Passando ora ai motivi di impugnazione articolati con il ricorso 
in appello, viene per prima in esame, in ordine logico, Ja censura dedotta 
col secondo motivo di gravame. Sostiene la Riegione che nel caso di 
specie non si verifica alcun contrasto tra diversJ interessi pubblici, quali, 
da un lato, J'interesse urbanistico alla disdplina de11'intero territorio 
comunale e, dall'altro, l'illteresse statale alla tutela del demanio. Ch�, 
anzi, la previsione urbanistica, col vincolo di inedificabilit� e fa destinazione 
all'uso pubblico, garantirebbe :proprio il perseguimento delle finalit� 
proprie del bene demaniale, volto a realizzare l'interesse de11a collettivit�. 
Un limite al potere ili intervento delle Autorit� urbanistiche sulla 
destinazione dei beni demaniali, precisa la Regione neLla propria memoria, 
sussiste effettivamente, ma ha � natura esterna �, vietando solo 
che sia completamente stravolta 1a destinazione del bene demaniale 
all'utilizzazione pubblioa. Nel caso in esame tale Jimite non sarebbe stato 
valicato e, quindi, il P.R.G. sarebbe pienamente legittimo. 
La precedenza logica ,dJ tale argomento sugli altri motivi di gravame 
� condivisa dalla medesima Regione appeUante, che prospetta in relazione 
alla stessa censura anche la carenza di mteresse delle Ammindstrazioni 
statali a proporre ricorso avverso Jo strumento urbanistico. 

La censura �, tuttavia, infondata e va respinta. 

Invero, non ogni destinazione ,alJ'uso pubblico pu� dirsi necessariamente 
coerente alla natura del bene demaniale ed a1le sue finalit�. Ci� 
risulta indiscutibile non 1soltanto per quei beni pubblici, come [e miniere 
(TAR Lazio, I sez., l. 1 gennaio 1978 n. 42), che hanno una sola destinazione 
naturale, ma anche per quei beni che sono suscettibili dii diverso 
impiego, sia rda parte della stessa Amministrazione cui sono affidati per 
il perseguimento dei propri fini istituzionali, sia da parte delrl'intera 
coNettivit�, sia, infine, da parte di singoli soggetti, legittimati all'uso del 
bene pubblico ,in forza di un atto concessori.o. Tale � appunto la condizione 
del demanio marittimo; in particoJare, i beni che ne fanno parte 
sono individuati dal Legislatore (artt. 822, primo comma e.e. e 28 c.n.) 
con riferimento a specifiche caratteristiche naturali (il demanio marittimo 
� pacificamente e tradizionalmente inserito, appunto, nel demanio 
naturale), che ricollegano tali beni agli usi pubblici del mare. Questa 
specifica destinazione, rammessa espressamente dalla stessa Regione appellante 
(pag. 10 delle memorie), si ricava 1agevolmente rdal sistema, che la 


96 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

presuppone, com'� dimostrato dall'art. 33, primo comma, c.n., ove si 
ammette 11'ampliamento del demanio marittimo se aderente a necessit� 
dei �pubblici usi del mare�, e dall'art. 35 per l'ipotesi inversa. 

Questi ultimi, d'altm parte, non possono neppure essere identificati 
con un qualsiasi uso pubblico, tant'� che la destinazione del demanio 
marittimo ad utilizzatloni diverse da quelle propriamente marittime, 
ancooch� pubbliche, � possibiJ.e solo con uno specifico provvedimento deJ 
Ministro della Madna meocantile, di durata limitata nel tempo (art. 34 
c.n.). 

Orbene, nel oaso di specie, vasti tratti del demanio marittimo risU!ltano 
pacificamente destiIJJati a � verde privato � ed a � verde pubblico �, 
con esclusione di qualunque intervento edificatorio o e.on ammissione, 

per il �verde pubblico�, de1la sola installazione di panchine, sedili e 
piccole attrezzature di interesse collettivo (fontane, gabbie, chioschi), 
purch� non ne derivi runa turbativa alla continuit� dell'ambiente e non 
&iJano superati determinati pammetri �di altezza e cubatura. Tali desti� 
nazioni da un 1ato, anche quaindo comportano l'utilizzazione del demanio 
da parte della collettiv.it�, non risultano dettate in rapporto agli usi 
pubblioi del mare, sJoch� risulta alterata fa fun7Jione del demanio o 
comunque non .gamntito ogni ulteriore impiego, ancorch� inerente a 
quegli usi pubbliici; dal:l'altro, quest'wtima limitazione si riflette in Wl'evidente 
compres.sione de1le competenze proprie de1l'autorit� marittima, che 
ai beni demaniali � preposta. 

Non � dunque esatto che la destinazione urbanistica prevista dal 

P.R.G. in questione per il demanio ma.rittimo sia pienamente conforme 
alle fililalit� proprie di quest'ultimo e che, tendendo al semplice manten�!
lnento de:11a situazione attuaJ.re, non comporti alcuna rilevante modificazione 
del regime proprio del demanio. Vero � invece che fa prevista 
destinazione urbanistica consente una sola utilizzatlone del bene pubbilico, 
con esclusione di altri �usi pubblici del mare � e che riimane 
cos� alterato il regime giuridico del bene medesimo. 
IJ motivo di gravame va pertanto respinto perch� infondato. 

3. -Col primo motivo d'appello ~a Regione contesta la legittimit� del 
presupposto su cui si fonda l'impugnata sentenza: la necessit�, cio�, 
che la 1disciplina urbanistioa del demanio marittimo sia preceduta dal~ 
a'iintesa con J.'autorit� statale. Tale impostazione ad avviso delJ.a Regione, 
� errata innanzitutto perch� di tale aggrnvio procedimentale non c'� 
traccia nell'o1dinamento, la omissione anzi sarebbe proprio giustificata 
da una precisa scelta del legislatore, consistente neH'escludere ogni competenza 
dello Stato -nella fase de11'aidoziione degli strumenti urbanistici, 
limitandone l'intervento nella frase precedente (identificazione delle linee 
fondamentali di assetto del territorio: art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977) ed 
-I 


-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

in quella successiva (accertamento, d'intesa con le Regioni, della conformit� 
delle opere alle prescl1izioni dei piani regolatori: art. 31, secondo 
comma legge n. 1150 del 1942 e art. 81, secondo comma, d.P.R. n. 616 
del 1977). Nel procedimento di adozione ed approvazione dello strumento 
urbanistico lo Stato potirebbe far valere i propri interessi relativi ai beni 
demaniali con lo strumento delle osservazioni. La scelta del legislatore 
sarebbe, d'altra parte, costituzionalmente corretta, posto che gli artt. 17 
e 18 Cost. riservano esclusivamente alle Regioni la funzione legislativa 
ed amministrativa nella materia urbanistica. 

Le 
argomentazioni della Regione non possono per� essere condivise. 

Innanzitutto non � esatto affermare che La competenza dello Stato 
nella materia urbanistica � legisLativamente Jimitata all'individuazione 
delle linee fondamentali di assetto del territorio (art. 81 d.P.R. n. 616 
del 1977) ed al mero accertamento (successivo) dehl.a conformit� delle 
opere statali (o comunque eseguite sul demanio) ai piani urbanistici. 
Giova a questo proposito rico11da:re che il Consig1Jfo di Stato, nella decisione 
dell'Adunanza Plenaria 27 maggio 1983, n. 13, aveva gi� sottolineato 
come attrav�rso le intese Stato-Regione, previste dall'art. 81, primo comma 
del citato d.P.R., per Ja localizzazione di opere pubbbliche dj interesse 
statale si passasse, dal mero controllo di conformit�, allla funzione piand:
ficatoria, con strumenti tali da permettere i[ prevalere degli interessi 
statali su quelli locali (art. 81, quarto comma, d.P.R. n. 616/77). Afla 
stessa conclusfone pu� pervenirsi con iriferimento ailla parallela ipotesi 
dell'art. 81, secondo comma, che attiene ietteralmente al mero accertamento 
di conformit� al P .R.G., ma che in realt�, col richiamo all'intesa, 
prospetta un intervento ben pi� incisivo dell'Amministrazione statale 
nella pianifilcazione (in tal senso Cons. Stato, VI sez., 13 maggio 1985 

n. 
197). 
Sotto altro iprofilo, non � neppure esatto sostenere ohe la materia 
dell'urbanistica sia stata, nel riparto delle attribuzioni tra Stato e Regioni, 
costituzionalmente riservata ilil via esclusiv�a alla seconda con esclusione 
di qualsiasi competenza del primo. Anche .qui � d'uopo il richiamo 
alla decisione dell'Adunanza Pil.enaria :n. 13 del 1983, che rilevava come 
ila materia dell'urbanistica, pur nell'ampia accezione di � 1disciplina dell'uso 
del territorio� (art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977), non poteva estendersi 
fino ad attribuire alla Regione la competenza a disciplinare amministrativamente 
tutte tle attivit� esercitate sul territorio, essendo queste ricomprese 
talora nella competenza regionale e talora in quella statale (nel 
caso esaminato dall'Adunanza Plenaria si trattava di op�re relative alla 
difesa naziooale). Lo stesso d.P.R. n. 616 del 1977, precisava queLla decisione, 
riserva allo Stato � f'esecuzione di opere concernenti i servizi, il 
demanio ed dl patrimonio dello Stato �. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

98 

N� si tratta di innovazioni radicali introdotte dal d.P.R. n. 616 del 
1977, perch� la preminente rilevanza degli !�nteressi statali (in quanto 
ultraregionaili) nell'esplicazione del.la funzione regionale di pianificazione 
urbanistica poteva cogliersi m diverse disposizioni precedenti. 

Innanzitutto nella legge urbanistica n. 1150 del 1942 fa suddetta rilevanza 
era garantita or.iginatiamente, come osservato nelLa citata decisione 
. dell'Adunanza P<lenaria, in relazione alle opere dello Stato gi� 
realizzate e da armonizzare con fo strumento urbanistico, venendo successivamente 
estesa (dall'art. 10 della 1. n. 765 del 1967) aHe opere da 
realizzare, con attribuzione ad un organo statale della funzione di accertare 
la corrispondenza di tali opere allo strumento esistente. 

Le sopravvenute disposizionii costituzionali d'altra parte, nella distinzione 
di attribuzioni tm Stato e Regione, non intesero affatto assoggettare 
alla competenza di quest'ultima le attivit� di carattere generale 
svolte dallo Stato sul territorio regionale, ancorch� involgenti problemi 
dd assetto del territorio; ci� emerge sia dagli artt. 117 e 118 Cost., che 
hanno attribuito al!lo Stato le competenze ilegislative ed amministrative 
nelle materie ivi non espressamente contemplate, sia dalle leggi costituzionali 
che hanno approvato gli statuti di varie Regioni a statuto speoiale, 
riservando allo Stato la cl.lil'a degli interessi nazionali (artt. 3 Sta� 
tuto Regione Sardegna; 2 Statuto Regione VaHe d'Aosta; 4 e 11 Statuto 
Regione Trentino Alto Adige; 4 Statuto Regione Friuli� Venezia Giulia). 

T.ali principi costituziooali sono stati poi coru:ettamente recepiti dalle 
norme di attuazione dell'ordinamento delle Regioni a Statuto ordinario. 
In particolare il d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 ha mantenuto ferme non 
solo Ie competenze amministrative dello Stato nelle materie di difesa 
nazionale, di polizia giudiziaria e di pubbliica sicurezza, ma anche nelle 
altre che, �pur essendo esercitate in relazione alle attivit� di cui al 
presente decreto, riguardano materie non oomprese nell'art. 117 della 
Costituzione� (art. 6); l'art. 8 dello stesso decreto, rpoi, manteneva ferme 
le cpmpetenze dello Stato m ordine alle � op.ere marittime � (lett. d) ed 
� 1all'edilizia demaniale e patrimoniale dello Stato� (lett. i). Sicch� la 
sistemazione data alla materia dal citato d.P..R. n. 616 del 1977 si muove 
nel .solco dei precedenti interventi normativi. 

Se, dunque, la Costituzione, le leggi costituziona:li e le leggi ordinarie 

hanno sempre avuto cura di escludere che l'attribuzione alla Regione 

della competenza (legisliativa ed amministrativa) in materia urbanistica 

comportasse !'.attrazione .alla stessa Regione delfa competenza a disci


plinare, con esclusione dello Stato, ogni attivit� interferente con l'assetto 

territoriale, se ne deve dedurre che lo Stato ha conservato le proprie 

attribuzioni in o:ridine agli interessi di quest'ultimo tipo. Non vi �, come 

01ssume la Regione, semplicemente un Jimite estemo aM'iattivit� pianifi


catrice, nel senso che i beni demaniali non possono essere completamente 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

distolti dalla propria finalit� pubblica con interventi dell'autorit� urbanistica 
comunale e regionale, be:ns� una permanenza di competenze statali 
in tale materia, insuscettibili, come precisato dalla citata decisione dell'Adunanza 
Plenaria, di �supplenza� da parte de1la Regione. 

La concorrenza di diverse potest� statali e regionali nella disciplina 
del territorio, rivolte a finalit� distinte, � stata del resto gi� da tempo 
riconosciuta dalla Corte costituzionale in materia di parchi nazionali 
~sent. 4 luglio 1976 n. 175) e ,recentemente ribadita proprio in relazione 
ai piani urbanistici (id. 15 novembre 1985 n. 286). 

Che poi la disciplina dei beni del demanio statale attenga ad interessi 
nazionali e sia complessivamente devoluta allo Stato non pu� certo 
essere contestato. Non solo perch� le summenzionate disposizioni legislative 
confermano fa competenza dello Stato in materia di eqilizia demaniale 
(art. 8 lett. i del d.P.R. n. 8 del 1972) o di opere concernenti il 
demanio (art. 88 n. 7 del d.P.R. n. 616 del 1977), ma a,nche perch� quei 
beni intanto sono mantenuti allo Stato, in quanto ritenuti dall'ordinamento 
rispondenti ad interessi generali della comunit� nazionale. Questa 
conclusione a maggior ragione si impone per il demanio marittimo che 
appartiene naturalmente e necessariamente allo Stato (art. 822, primo 
comma, cod. civ.; art. 11, primo comma, 1. 16 maggio 1970 n. 281 per 
le Regioni a Statuto ordinario; art. 14, pdmo comma, Statuto Sardegna), 
con la sola eccezione della Regione Sicilia (art. 32 Statuto) semprech� 
non si' tratti di beni interes,santi servizi di carattere nazionale (art. l, 
terzo comma, d.P.R. 1� luglio 1977 n. 684). La spettanza allo Stato della 
competenza a discip1inare l'utilizzaziO!lle del demanio marittimo � confermata 
altres� dall'art. 59, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, 
che prevede la delega alle Regioni delle funzioni amministrative sul lito!
rale marino e sulle aree demaniali immediatamente prospidenti, quando 
l'utilizzazione prevista abbia finalit� turistiche e Ticreative. La norma 
continua stabilendo che tali aree sono delimitate con decreto del Presidente 
del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri della difesa, 
deMa Marina mercantile e delle finanze, sentite le regioni interessate; 
ci� dimostra che � lo Stato a stabiUre quale '8ia l'uso cui destinare il 
demanio marittimo, tra d molteplici � usi pubblici del mare �, e che solo 
'Ima volta stabilita la destinazione al turismo � delegata ,alla Regione la 
funzione amministrativa su di esso. 

Delineate le permanenti attribuzioni dello Stato sul demanio, marit


timo 'in particolare, non pu� non trarsene la conclusione che la compe


tenza urbanistica, pur estesa all'intero territorio comunale, non vale ad 

obliterare ogni altra competenza statale, sicch� occorre raccordare gli 

interventi dei diversi Enti con il generale strumento dell'intesa. Che 

quest'ultimo sia istituto richiamabile anche in mancanza di una espressa 

previsione normativa � stato gi� definith~ame:nte acclarato nella sentenza 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 175. del 1976 della Corte costituzionale nonch� nella decisione dell'Adunanza 
Plenaria n. 13 del 1983, alle cui considerazioni il Collegio 
ci:tiene di aderire. 
N� pu� sostenersi, con la Regione, che fa disciplina del procedimento 
di .adozione ed approvazione dello strumento urbanistico contiene gi� 
il mezzo per addivenire alla composizione dei diversi interessi pubblici. 
Basti osservare in proposito che la configurazione delle osservazioni 
come mero apporto collaborativo nel pubblico interesse, generalmente 
accolta in giurisprudenza, mal si condHa con l'esercizio di competenze, 
direttamente �attribuite dall'ordinamento per garantire un certo assetto 
del territorio e quindi concorrenti con la funzione 111rbanistica. 

Deve dunque concludersi che correttamente l'impugnata sentenza ha 
affermato l'megittimit� del P.R.G. in questione per la mancata intesa tra 
autorit� urbanistica e Stato. 

4. � Altro argomento addotto in contrario per dimostrare l'insussistenza 
dell'obbligo di intesa, presupposto invece dal TAR, � costituito d0Jll'osservazione 
che il procedimento di adozione ed approvazione del P.R.G. non 
prevede neppure m quale fase quell'intesa debba intervenire e tra quali 
Enti. 
La censura, tuttavia, � Jnfcmdata. L'individuazione della fase procedi� 
mentale nella quale comporre i 1diversi interessi va effettuata sulla base 
dell'originaria struttura di quel procec:IJmento. In esso, infatti, il coordi� 
namento tra interessi nazionali e focali era previsto con riferimento al� 
l'approvazione del piano da parte dell'Autorit� statale (Ministero dei 
lavori pubblici), che dov~a �assiCUTare �fa razionale e coordinata sistemazione 
delle opere e degli impianti idi interesse de1lo Stato ,. (art. 10 
lett. b, J. n. 1150 del 1942). Mutata la competenza su questa approvazione, 
da�statale a regionale, non � per ci� venuta meno l'esigenza del coordinamento, 
da 1realizzarsi nella forma dell'intesa tra Amministrazione statale 
e Regione. Questa �, d'1altra parte, La soluzione accolta espressamente dal 
1legislatore neU'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 e si � gi� osservato che 
J'mtesa preV1ista in quest'ultima �disposiziooe-determina l'intervento dello 
Stato nella stessa attivit� di pianificazione, posto che, come la giurispru� 
denza ha avuto modo di rilevare, J'mtesa una volta raggiunta produce 
gli effetti della viariante, mutando la previsione di piano, per conformarla 
alle caratteristiche dell'opera pubblroa statale (TAR Lazio, Sez. I, 22 ottobre 
1984 n. 936 in TAR 1984, I, 3260). La stessa iintesa, in linea col disposto 
dell'art. 10 lett. b, L.U., dovr� intervenire quando, com'� nel caso di specie, 
non si tratti di verificare se un'opera statale o di interesse statale sia 
conforme allo strumento urbanistico gi� in vigore, ma di coordinare com� 
petenze statali e regionali entrambe dirette all'assetto del territorio ed 
alla sua utilizzazione (cost., da ultimo, Corte cost. 15 novembre 1985, !Il. 286). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

5. -Un'ultima obiezione muove 'la Regione appellall1te al1a possibilit� 
di estendere al caso di specie l'elaborazione giUJrisprudenziale contenuta 
nelle citate sentenze n. 13 del 1983 dell'Adunanza PJenaria del Consiglio 
di Stato e n. 286 del 1985 della Corte costituzionale, rper la peculiarit� 
della questione, sottoposta col presente ricorso al Co1legio. La diversit� 
starebbe in ci�, che quei }J["ecedenti riguardano ipotesi dii Piani regolatori 
comportanti un mutamento di destinazione per i beni :pubblici, mentre nel 
caso di specie il P.R.G. di S. Michele ari Tagliamento non confilgum alcun 
mutamento di destinazione per le 'aTee demaniali in esso comprese, avendo 
adottato anzi una destinazione adatta a ,preservarne la capacit� di soddisfare 
l'interesse pubblico. 
lnv�ro, i precedenti sopra richiamati sono stati prontl[}zi:arti con rife


rimento a fattispecie nelle quali c'era effettivamente stata una modifica 

di destinazione �relativamente aid immobili pubbliici. Tuttavia, aIJJche par


tendo da questa constatazione, non pu� giungersi alla conclusiione dedl'inap


plicabiil.it� al caso di specie dei principi elaborati da quehle sentenze, le 

motivazioni delle quaU non potevano prescindere dalle fattispecie con


crete sottoposte all'esame dei giiudioi. 

Quanto alla sentenza 12-15 novembre 1985, n. 286 della Corte costi


tuzionale non pu� sfuggire che in essa la Corte, !l'isolvendo un conflitto 

di attribuzioni tra Stato e Regioni, ha affermato il potere dello Stato 

di tutelare esigenze esorbitanti dall'ambito regiionale, oon contestuale 

restrizione dei poteri urbanistici della Regione e necessit� di coordina


mento tra i due ordini di competenze. Nello stesso senso si � pronunciato 

il Consiglio di Stato nella decisione dell'Adunanza Plenaria n. 13 del 1983, 

diffus.amente argomentando sulla conC011l'enza delle diverse competenze 

e sulla necessit� dell'intesa come strumento rdi composizione delle varie 

istanze pubbliche. 

Orbene, se davvero fl problema si ridUJcesse ad U\11 limite esterno alla 

funzione urbanistica (divieto di snaturare il bene pubbfa:o con destina


zioni esorbitanti il pubblico interesse), n� si sarebbe configurato un con


flitto di poteri tra Stato e Regioni n� l'Adunanza Plenaria avrebbe avuto 

il."agione di motivare diffusamente sulla necessit� dell'intesa, essendo suf


f.iciente, all'affermazione di illegittimit� dello strumento urbanistico, con


statare il mutamento oggettivo di destinazione del bene pubblico. 

Dalle mell2:ionate decisioni, invece, si evince che lo Stato � titolaire di 

un potere di tutela degli interessi pubblici inerenti ail bene pubblico e, 

quindi, di un interesse di natura procedimentale alla previa intesa; la 

mancanza di quest'ultima � gi� di per s� vizio del :pJ"ocedimento e quindi 

dell'atto conclusivo, salva, naturalmente, la verifica dell'interesse deHo 

, Stato ad agire. Del resto, in materia di parrchi nazionali la Corte costituzionale 
nella sentenza 14 luglio 1976 n. 175 aveva avuto modo di concludere 
come segue: ... non spetta ailla Regione Lazio approvare il piano regolatore 


102 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

del comune di Sabaudia, senza che, nelle parti in cui comprende zone 
incluse nel parco nazionale del Circeo, sia previamente intervenuta un'intesa 
con i competenti organi deHo Stato ... �, prescindendo dagli effetti innovativi 
o meno dello strumento urbanistico. 

Neppure risulta fondata, d'altra parte, l'ulteriore argomentazione della 
Regione, secondo cui nel caso di specie la destinazione urbanistica lascerebbe 
intatta la precedente destinazione del demanio marittimo. 

Basti richiamare in proposito quanto argomentato all'inizio, circa la 
molteplicit� �degli �usi pubblici del marre� e la comprensione dei poteri 
delle autorit� statali in ordine alla scelta discrezionale tra le varie (legittime) 
utilizzazioni ipotizzabili per hl demanio marittimo. Osserva hl Collegio 
�che la_ stessa Regione, nella memoria conclusiva, difende la destinazione 
impressa al demanio col P.R.G. come quella pi� rispondente all'interesse 
pubblico; ma � evidente che questa valutazione non poteva provenire 
che dall'autorit� statale, �in quanto depositaria della tute1a del 
demanio e della cura degli interessi collettivi che vi si ricollegano. 

In conclusione, tutte-le censure proposte dalla Regione vanno respinte; 
le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. 

CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 10 luglio 1986, n. 496 -Pres. Paleologo Est. 
Catrical� -Ministero dei lavori pubblici (Avv. Stato Cosentino) 

c. Soc. Lavori e costruzioni (avv. Nigro e De Bellis) e soc. Elettrobeton 
Sud (avv. Lorenzoni). 
Appalto -Gara -Interesse a ricorrere � Effetti sull'annullamento di una 
esclusione. 

Appalto � Gara � Dichiarazione richiesta ai partecipanti � Omissione -Legittimit� 
esclusione. 

Appalto � Gara Prescrizioni della lettera d'invito -Interpretazione contro 
autore clausola Inapplicabilit�. ,_ 

(C.C. art. 1370). 
In caso di esclusione da gara di appalto il G.A. deve porsi, anche 
d'ufficio, il problema dell'eventuale carenza di interesse del ricorrente 
escluso, stabilendo se questi possa ottenere un concreto vantaggio dal riconoscimento 
della fondatezza delle censure, una volta ristabilita la legittima 
catena causale per l'individuazione del soggetto meritevole di vincere 
la gara. 

La dichiarazione, richiesta ai partecipanti ad una gara di appalto. 
contenente l'impegno ove non fosse intervenuto un ulteriore finanziamento 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

ad accettare l'esecuzione dei lavori .secondo le limitate disponibilit� dei 
fondi, � parte integrante dell'offerta la cui mancanza legittima l'esclusione 
dello istante. 

Il principio dell'interpretazione contro l'autore della clausola non � 
estensibile alle prescrizioni contenute nella lettera di invito ad una gara 
d'appalto. 

Diritto -1. -I. due rricorsii in appello vanno riuniti in quanto proposti 
contro la stessa sentenza. 

2. -La Sezione osserva anzitutto che l'accoglimento deHa tesii della 
ricorrente in primo grado condurrebbe al dovere dell'Amministrazione 
di oonsiderare ammissibile l'offerta a suo tempo presentata dalla societ� 
esclusa dalla gara; e dunque al dovere dell'Amministra2'Jione di aprire 
la busta contenente l'offerta, ricavare la nuova media ed aggiudicare 
l'appalto sulla base di quest'ultima. 
In vero, l'immediatezza e contestualit� delle operazioni di aggiudicazione 
costituisce regola in mater-ia d'appalto, ove non sorgano successive 
e fondate contestazioni. Deve prevalere ogni volta che sia materialmente 
possibile, l'interesse pubblico alla rapida identificazione della controparte 
contrattuale, come espressione del principio di economia -con l'effetto di 
limitare i rischi -di ulteriore contenzioso -e come necessaria premessa 
al pi� celere compimento dell'opera pubblica. 

E deve prevale,re altres� l'interesse degli altri offerenti (non meno 
degno di considerazione dii quello deLl'offerente escluso) a che il ristabilimento 
della legittima catena causale consenta al soggetto meritevole di 
vincere la gara, di ottenere il risultato cui ha titolo anche se lo ha visto 
allontanare per motivi a lui non imputl:\bili. 

Non si oppone a siffatta impostazione l'esigenza di salvagua1idare ne] 
miglior modo la trasparenza dell'azione amministrativa. Infatti la busta 
in contestazione pu� e deve essere custodita con adeguata cura, ed aperta 
con la stessa pubblicit� assicurata nel corso della giornata di gara. N� 
mancano casi in �cui le operazioni dii gara rposs�no essere interrotte per 
esplicita previsione di legge. 

Dunque, ove si ritenga -con la costante .giuriisprudenza -che la 
Sezione debba nella specie conoscere d'ufficio il punto dell'eventuale 
carenza d'interesse al ricorso originario, occorrerebbe anzitutto stabilire 
se Ja ,ricorrente in primo grado trarrebbe un'.apprezzabile vantaggio dal 
riconoscimento di fondatezza delle sue doglianze,. 

Allo stato attuale, essendo pi� di trenta gli offerenti ammessi alla 
gara, un rcalcolo rudimentale conduce a ritenere che le pos,sibilit� dell'ori
�gi:naria ricorrente a vincerla, se ammessavi anch'essa, sono almeno una 
a trenta. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO. 

U Collegio ~itiene tuttavia di prescindere dall'esame della questione 
e delle altre ulteriori che ad essa am:Lrebbero collegate, perch� l'appello 
della originaria controinteressata va condiviso nel merito. 

3. -Si tratta, nel merito, di stabilire se sia stata o meno legittima 
l'esclusione de1la ditta appellata dalla gara d'appalto per la costruzione 
della nuova ala del primo istituto cli clinica medica del Policlinico Um� 
berto I di Roma. 
Come c):llarito in narrativa, fa ditta non aveva adempiuto alla prescri� 
zione della lettera d'in'Vito, che imponeva ~'.allegazione di una specifica 
dichiarazione in 1carta legale, contenente l'impegno, ove non dovesse inter'
Venire ulteriore finanziamento, ad accettare l'esecuzione dei lavori, secondo 
le :Limitate dispollli.bilit� dei fondi, noD1Ch� l'impegno, in caso di acquis�� 
zione dell'ulteriore accreditamento a proseglll�.ire i lavori alle stesse condizioni 
dell'offerta, senza rpossibilit� di richiedere compensi o sovrapprezzi, 
ferma restando la risol111l�one di diritto dei rapporti contrattuali al raggiungimento 
del valore finanziario (di L. 3.200.000.000) per il caso che 
non si fosse ottenuto il riaccredito filno alla somma di L. 4.187.660.648. 

Il TAR ha ritenuto, e fa ditta appellata sos.tiene, 1ohe l'esclusione � 
illegittima, posto che la prescrizione non era prevista a pena d'inammissi� 
bilit� dell'offerta, non era ripetuta :nel foglio di awertenza e norme allegate 
alla lettera d'in'Vito, non era chiara e nel dubbio, doveva farsi applicazione 
del prindpio di maggiore pairtedpazione, noD1Ch� del principio 
interpretativo espresso da1l'art. 1370 Cod. civ.; che la prescrizione non 
era rivolta alla ditta invitata ma all'aggiudicataria; che J'.ambiguit� della 
clausola � confermata daMa circostanza del mancato rispetto della prescrizione 
da circa 1a met� dclil.e ditte partecipanti; che, comunque, ~a dichia� 
razione sarebbe assorbita da altra, prescritta al punto 3 delle � avvertenze 
�; che, infine, non era chiaro a quale atto dovesse essere allegata la 
richiesta dichiarazione. 

La Sezione ritiene d:i dover accogliere� l'opposta tesi, e ci� in base ad 
un approfondito esame del reale contenuto e del v:alore giuridico de!Ja di� 
chiarazione richiesta. 

Quest'ultima ha natma certamente d�versa da quella dei certificati e 
delle attestazioni previsti dal foglio a1legato alla lettera d'invito. Essa at�. 
tiene, viceversa, al contenuto dell'offerta, e ne � .Parte iJ!ltegrante. Di tal che, 
in sua mancanza, J'offerta stessa .on pu� ritenersi effiicacemente proposta. 
� infatti evidente che le prescrizioni contenute nel foglio di awertenze 
costituiscono UDO schema generailmente applicabile a tutte le licit.azioru 
!private. 

La dichiarazione irichiesta �::lana lettera d'invito, ha invece un carattere 
peculiare e tipico, rispondendo all'esigenza particruarissima del contratto 
che si andava a stipulare, in ragione delle condizioni di variabilit� di 
valore del contratto stesso. 


PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Non ha lo stesso significato, sul piano economico e OTganizzativo dell'impresa 
e dei lavori, accettare per un certo corrispettivo un appalto considerato 
di un accertato valore, allorch� quest'ultimo pu� essere diminuito, 
in corso d'opera, di pi� di un quarto. Basti pensare alle spese fisse generali 

, e di impianti, che l'impresa deve sostenere, e che hanno un diverso grado 
di ammortamento in relazione alla maggiore o minore durata dei favori ed 
al loro ammontare complessivo. 
N� pu� ritenersi, come ha sostenuto (peraltro nella fase di discussione 
or.aile) la difesa de�il'aippellata, che 1a dicmaramone sarebbe assorbita nell'attestazione, 
da parte deH'impresa, di essersi recata sul posto dei lavori, 
e di aver preso conoscenza di tutte le circostanze e delle condizioni contrattuaili. 
Siffatta attestazione, come chiarito anche dalla .giurisprudenza arbitrale,' 
si risolve in UI11a dausola di stiile e .spesso :non le � stata riconosciuta 
reale forza di resistenza aiHe successive richieste di maggior compenso 
da parte dell'impresa. Ed infatti, mentre l'attestazione di cui al punto 3 
delle avvertenze ,rende necessaria data la sua genericit� un'esplicita comminatoria 
di inammissibilit�, questa non � necessaria, anche se poi � stata 
in concreto prevista (v. infra), per la dichiarazione di cui alla lettera d'invito, 
senza la quale il contenuto dell'offerta � privo della necessaria specificit�, 
non corrisponde ail contratto da stipulare, e pertanto, l'offerta stessa 
non � efficace, prima ancora che inammissibile. 
L'omissione di allega.7Jione viola la par condicio dei partecipanti, senza 
che rispetto alla violazione, abbiano efficacia sanante il principio di massima 
partecipazione, n� queHo interpretativo di cui all'art. 1370 cod. civ. 
In merito al primo dei due principi deve osservarsi -come chiarito 
aoohe .da una recente pronuncia della Sezione (dee. n. 335/1985, che pure 
ha annullato una esclusiooe illegittima) -che esso opera solo in caso di 
dubbio 'ragionevole nell'interpretazione della prescrizione dd bando, ovvero 
dalla lettera d'invito. Nel caso in esame la disposizione .era chiarissima. 

/

Nel primo capoverso della lettera si prevede l'obbligo per �l'impresa 
aggiudicataxia � di aiocettare l'esecuzione dei laveri alla particolare condizione 
imposta dalle diisponibilit� finanziarie. 

Nel secondo capoverso (in fine) si impone (�dovr��) questa volta, 
all'impresa partecipante (�codesta impresa�) J'obbligo di allegazione rimasta 
inadempiuta. N� vale sostenere che non era ben chiaro a quale atto 
dovesse essere allegata fa dichiarazione, posto che, alla luce dei principi di 
cui agli artt. 1363 (le olausole si interpretano le une per mezzo delle altre 
attribuendo a ciascuna fil senso che risulta dal complesso dell'atto) e 1366 
cod. civ. (interpretazione secondo buona fede), doveva risultare evidente 
che 1a �dichiarazione era da allegare all'offerta, unica manifestazione di 
volont� richiesta aLla ditta invitata, che intendesse partecipare. 


106 

RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

Non pu� viceversa ritenersi applicabile alla fattispecie il princ1p10 
d'interpretazione contro il predisponente la clausola: in primo luogo l'art. 
1370 cod. civ. opera soltanto ove sia dubbia l'interpretazione che nella 
specie era chiara. V'� poi da considerare che la disposizione del codice civile 
� stata dettata a garanzia del contraente debole in contratti conclusi 
ai sensi degli artt. 1341 e 1342, e p�i:tanto, non � analogicamente estensibile 
al caso in esame posto che la lettera d'I�nvHo ha natura del tutto 
diversa dai contratti di serie e di massa (nemmeno ha natura negoziale) 
e 1a prescrizione violata attiene alla par condicio dei partecipanti, e non 
alla tutela di un contraente che con l'adesione perfe2lioni il contratto. 

La lettera d'invito conteneva l'espressa sanzione di inammissdbilit� 
per il caso di inottemperaza a11� particolare prescrizione: essa infatti 
conclude, all'ultimo capoverso (prima del �nota bene�): �le avvertenze e 
norme allegate formano parte integrante del presente invito �. Bd al 
penultimo foglio delle avvertenze (e, quindi, della lettera di invito) � prevista, 
con .caratteri maiuscoli, l'esclusione per il caso di mancanza di �alcuno 
dei documenti richiesti � (sia dalla lettera d'invito che dalle avvertenze 
costituenti un unicum). 

Alla luce delle suesposte oonsdderazioni nessun ~alore, neanche sintomatico, 
pu� attribuirsi alla circostanza che circa la met� delle ditte invitate 
non abbia ottemperato aLla prescrizione, anche perch� l'obiezione potrebbe 
essere capovolta nel senso che la ditta appellata, tra le tante escluse .per 
lo stesso motivo, -ha proposto ricorso mentre le altre hanno prestato 
acquiescenza al provvedimento; oppure nel senso che molte altre ditte 
hanno inteso la prescri2lione nel modo qui �ritenuto giusto. 

4. -I due appelli devono, pertanto essere accolti, ed in riforma della 
sentenza appellata, deve respingersi il ricorso di primo grado. 
CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 29 settembre 1986 n. 618 -Pres. Paleologo 
-Est. Cortese -Soc. ltalposte (avv. Montuori e Sorrentino) c. Noli 
(avv. Raggi) e Min. Poste (avv. Stato). 

Opere pubbliche � Edilizia postale � Nonne applicabili. 

Opere pubbliche -Edilizia postale � Conformit� a piano adottato � Interpretazione. 


Opere pubbliche � Edilizia postale � Concessione edilizia � inutiliter data & Annullamento 
giurisdizionale. 

Per la costruzione di edifici postali l'art. 8 della legge 23 gennaio 1974 

n. 15 (che richiama l'art. 3 della legge 1� giugno 1971 n. 291) costituisce 
normativa speciale e non � stata quindi implicitamente abrogata dall'articolo 
81 del d.P.R. 616/1977. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 107 

La norma contenuta nell'art. 3 della legge 1� giugno 1971 n. 291 secondo 
la ,quale le aree prescelte per le opere di edilizia postale d~vono rientrare 
tra quelle aventi conforme destinazione nello strumento urbanistico vigente 
o adottato va interpretata nel senso che la adozione si riferisce solo 
alla ipotesi in cui manchi del tutto uno strumento approvato e non anche 
a quella in cui vi sia un piano approvato con difformi determinazioni ed 
uno nuovo solo adottato che le modifichi. 

Anche se la concessione edilizia non � necessaria quando il progetto 
edilizio per le opere postali sia conforme allo strumento urbaniStico vigente, 
tuttavia questo deve essere ugualmente annullato qualora risulti illegittimo 
poich� potrebbe comunque pregiudicare gli interessi del ricorrente. 

Occorre in rprimo luogo ~arrnmentare, per una migliore comprensione 
dei termini delle questionii. proposte in questa sede, che il TAR Liguria, su 
ricorsi del Sig. Noli, pmprietario di terreni in Comune di S. Olcese, ha 
annullato: 

1) il decreto del Ministero PP.TT. 21 lugilio 1979 di approvazione del 
progetto di costrwtlone di un edificio postaile da realizzare ad opera della 
Concessionaria Soc. Italposte, comportante dichiarazione di pubblica utiMt� 
mdifferibilit� ed urgenze delle opere relative; 

2) il decreto del Prefetto ,di Genova 4 settembre 1979, di autorizzazione 
aUa oocupmone temporanea e di urgenza dell'immobile a favore 
della predetta concessionaria; � 

3) il provvedimento 17 settembre 1980 del Sindaco di S. Olcese di 
rilascio della concessione edilma rper la costruzione del suddetto ufficio 
rpostaJle. 

A tale conclusione il TAR � pervenuto, in sostanza, dopo aver affer


mato che nella specie avrebbe dovuto trovare applicazione la procedura 

prevista dall'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 27 aprile 1977, e che tuttavia il 

procedimento si era concluso illegittimamente in quanto il descritto De


creto del Ministero delle poste era stato emanato prima che risultasse 

accertata dal Ministero dei Lavori pubbblici la conformit� dell'opera con 

gli strumenti urbanistici vigenti nell'ambito del t�riritorio comunale. 

Avverso fa decisione del giudice di primo grado la Societ� Italposte, 

il Noli ed il Comu:n:e hanno avanzato in questa sede censure assai nume


.rose, il cui esame peraltro richiede, sotto il profilo della priorit� logico


giuddica, la risoluzione del quesito iintexipretativo se nella specie debba 

trovare applicazione l'art. 81 dt. d.P.R. 616 del 1977 o non piuttosto 

l'art. 8 della .J. 23 gennaio 1974 n. 15, che richiama l'art. 3 della l. 1� giu


gno 1971 n. 291. � 

Osserva la Sezione -confermando un proprio precedente orienta


mento interpretativo -che dal combinato disposto degli artt. 8 e 3 

ora citati ~erge UJOO. completa esaustiva disciplina di carattere speciale 


108 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

per la realizzazione delle opere ed�llizie di interesse dal Ministero delle 
.poste. Tale normativa speciale, alla stregua dei comuni principi interpretativi 
sulla successione delle fonti desunte dall'art. 15 delle preleggi, 
prevale sulla disciplina sUJCCessiva presoritta ill1 via generale dall'art. 81 
citato d.P.R. 616 del 1977 per le opere la cui esecuzione compete allo 
Stato. 

N� si oppone a tale conclusione l'argomentazione fondamentale svilt11ppata 
in senso contrario dal TAR, secondo cui la tesi ermeneutica in 
esame sarebbe. incompatibile con ila necessit� di un meccanismo di composizione 
di un eventuale conflitto tra governo locale del temtorio 
ed esigenze dell'Amministrazione statale perch� anche alia stregua del 
disposto normativo che si ritiene applicabile, occorre egualmente ove 
il progetto approvato non sia conforme allo strumento urbanistico 
-una delibera di vwiazione che sia adottata dal Consiglio comu� 
nale e quindi approvata dalla Regione (art. 3 I. 1� giugno 1971 n. 291). 

D'altronde della Commissione speciale chiamata ad esprimere Xl proprio 
fondamentale parere, presieduta dal Direttore compartimentale delle 
Poste, fanno parte il Sindaco o l'Assessore da lui delegato (di solito 

j 
aill'urbanistica) nonch� un qualificato membro del competente ufficio tecnico 
urbanistico della Regione, designato dal Presidente della stessa 

I' 

Regione. f 
f 
Ritiene qu:indi la SeziOille ohe in accoglimento deLle �tesi critioa proJ 
posta dalla ltalposte con Ja 2a censura e dal Comune con iJ 4� motivo i ~ 

f 

d'appello, la decisione del TAR debba esser �riformata nella corrispondente 
statuizione motiva. 
Ci� non esime naturalmente dal consideriare quaJi siano le conseguenze 
in o:ricline alla legittimit� dei provvedimenti impugnati, rpur alla s1lregua del


I

le diverse disposizioni normative ritenute applicabili. 
Nella specie � risultato che il citato decreto del Ministro delle poste 

I 

d:i approvazione del progetto di ufficio postale � stato adottato il 21 lu� 
glio 1979 quando l'area su cui doveva sorgere era destinata, a norma del 
p.d;f. del 1961 all'epoca vigente a �parcheggio pubblico�, mentre fa nuova 
conforme destinazione di zona � ad attrezzatige per servizi collettivi �, era 
stata deliberata dal Consiglio comunale il 20 gennaio 1978, conseguendo, 
tuttavia, l'approvazione regionale soltanto iiJ 9 ottobre 1980. 
Ci� comporta, alla stregua dei principi vigenti, l'illegittimit� sia del 
decreto ministeriale ora citato per contrasto con fa destinazione di zona, 
sia in via derivata dal decreto prefettizio di autorizzazione alla occupazione 
di urgenza, adottato sulla base di un'illegittima dich:iairazione di pubblica 
utilit�, ii.ndifferibilit� ed urgenza delle opere da realizzarsi sull'area della 
quale iii Prefetto aveva disposto. Pertanto resta confermata l'illegittimit� di 
tali provv.edimenti e la cor~ispondente statuizione di annullamento sul 
pU1I1to pronunciata dal TAR. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

N� pu� essere oondi'Visa la tesi della Societ� I taliposte secondo cui, 
a norma del richiamato art. 3 della 1. 1� giugno 1971 n. 291, � sufficiente 
che le aree prescelte per d'esecuzione delle opere di edillizia postale 
rientrino tra quelle che abbiano una conforme destinazione a norma di uno 
strumento urbani.stico anche soltanto adottato, come dov.rebbe desumersi 
dalla proposizione disgiuntiva (vigente o adottata) di cuii al primo comma 
del citato art. 3. La nooma va infatti in:teripretata nel senso che la 
focalizzazione delle oper.e pubbliche da esso contempiate deve tener conto 
degli strumenti UJrbanistici vigenti -p.d.f. o p:r.g. -e, ove non ve ne 
siano di vigenti, � sufficiente �rispettare la destinazione dello strumento 
adottato nelle more de1la sua approvazione. Quando, peraltro, come nella 
specie, sussista una destinazione contraria stabilita dal vigente p.d.f., non 
si pu� tener conto de1la variante soltanto adottata dal Consiglio comu� 
naie giooch� .solo una volta che sia intervenuta l'approvazione regionale 
la destinazione apparir� conforme allo strumento urbanistko, ed il 
progetto dell'opera potr� esser approvato e dichiarato di pubblica utilit�. 
Non ritiene quindi la Sezione che vi siano argomenti per discostarsi dal 
precedente reiterato orientamento secondo cui � illegittima l'approvazione 
del iprogett� esecutivo per la realizzazione di un ufficio postale, ai 
sensi della il. 23 gennaio 1974 n. 15, senza fa previa approvazione di una 
variante al vigente strumento urbanistico che consenta all'opera :pubblica 
di inserirsi in una previsione di pianificazione acclarata e perfezionata 
nelle ,sedi competenti (ctr. Sez IV, 24 novembre 1981 111. 906 e 30 maggio 
1983 n. 364). 

Dalla rnvvisata soluzione di tale quesito discendono le seguenti conseguenze: 


1) �l'infondatezza del primo motivo d'appello della soc. Italposte, 
formulato come eccezione d'inammissibilit� del ricorso in prime cure del 
Noli per mancata impugnazione del decreto del Ministero dei lavori 
pubblici adottato a norma de1l'art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977: invero la 
dimostrata estraneit� della procedura prescritta dal citato art. 81 al caso 
di specie rende superfluo il .gra'Vame avverso tale atto; 

2) infondatezza del terzo motivo d'appello .ael1a .stessa Societ�, avanzato 
sul presupposto, 0I1IDai confutato, dalJ'applicabilit� del citato airt. 81; 
3) infondatezza, per '1e medesime ragioni, del secondo motivo d'appello 
formulato dal Comune. 

Per quanto attiene alle censure proposte dal Noli con i moti'Vi secondo, 
terzo e q1Uarto dell'appello :jnoiidentale va rilevato che le stesse, come 
111ibaidito nella memoria illustrativ1a del NoH, avirebbero assunto r-ilievo 
solo nel caso fosse stata riformata :la statuizione di annullamento pronunciata 
dal TAR. Poich�, viceversa, l'annul'lamento � confermato, � precluso 
l'esame di tali doglianze. 


110 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Ll quinto motivo dell'appello del No1i -attinente alla pretesa erroneit� 
dell'estromissione del 'Comune da uno dei 'ricorsi definiti dal 
TAR -appare infondato. Invero hl Comune di S. Okese, non essendo 
parte necessaria di quel procedimento, ,che interessava il Ministero delle 
poste, fa soc. Italposte ed il Noli, 1correttamente � stato estromesso. 

Risultano inammissibili altres� il sesto ed il. settimo motivo dell'appello 
incidentale suiddetto, .in quanto attinenti a capi della decisione di 
primo grado che avrebbero dovuto essere impugnati :in �via autonoma 
perch� non coinvolti dall'appello della soc. Ita:lposte. 

Occorre a questo punto controlJarre la legittimit� de11a decisione del 

TAR nella parte in cui, ha :a:nnUJlJato fa concessione edilizia rilasciata dal 

Comurie di S. 01cese (pronunciando sull'altro dei ricorsi .riuniti in pr,imo 

grado) e decidere se :non ostasse all'annullamento la qualit� di atto 

inutlliter datum improduttivo di effetti (quarto motivo dell'appello Ital


poste e primo motivo dell'autonomo appello del Oomune). 

Osserva in proposito la Sezione che a norma del combinato disposto 
degli artt. 9 ultimo comma della I. 28 gennnaio 1977 n. 10 e 29 della legge 
n. 1150 del 1942, non � necessaria [a concessione edilizia per le opere da 
. eseguirsi da parte dell'Amministrazione statale quando sussista conformit� 

del progetto edilizio con gJi strumenti urbanistici vigenti, gi� necessaria


mente accertata dall'Autorit� statale. 

Sioch� nell'astratta previsione normativa la concessione edilizia non 

assolve alcuna funzione tipica, ed appare come atto inutiliter datum in 

quanto fa valutazione di opere individuate ex lege come di rilevante 

interesse nazionale � svincolata daill'apprezzamento specifico ad opera 

de11'autorit� locale, che non ha motivo di provvedere. 

Attesa tale connotazione giuridica, l'improduttivit� degli effetti � ~a 

intendersi essenzialmente nel senso che le valutazioni altrimenti spettanti 

agli organi comunali costituirebbero un'inutile duplicazione di apprez


zamenti e controlli gi� effettuati (cfr. Sez. VI, 11 marzo 1980 n. 299). 

Peraltro da tali specifiche considerazioni non deriva necessariamente 
la 1c01I1olusione dell'erroneit� della decisione ~el TAR che ha annullato la 
concessione �dilizia. Inanzitutto va tenuto conto che secondo i principi 
generali tutti gli atti ammililistrativi -con esclusione di quelli inesi1stenti 
-,sono assistiti dall'idoneit� a produrre effetti, comunemente 
denominata esecutivit� o esecutoriet� dell'atto. In secondo luogo, nena 
specie, la concessione edilizia !J:'isulta viziata per esser stata emanata sul 
failso presUipposto della conformit� del progetto di uffici posta:li alla 
destinazione idi zona. Per.tanto ove l'atto non venisse annullato, a:l fine 
di evitare che esso possa ledere gli interessi del Noli occorrerebbe sostanzialmente 
disapplicarlo; ed � noto �!I divieto di disapplicazione degli atti 
illegittimi da parte del giudice amministrativo o della P.A. 

i 

I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDF.NZA AMMINISTRATIVA 111 

Ritiene la sezione che l'affermazione de1fimpiroduttivit� degli effetti 
dell'atto -neHa specie non inesistente ma illegittimo -altro non sia che 
il far vernir meno l'esecutivit� della concess!i.one, ed a ci� si oppongono i 
pd~ciipi. Vanno pertanto respj,nte tutte fe censure rivolte alJ.a riforma, sul 
punto, della .sentenza di primo grado. 

CONSIGLIO DI STATO, :sez IV, 16 febbraio 1987, n. 100 -Pres. Pezzana Est. 
Malinoonico -Ministero Finanze (aivv. Stato Mari) c. Doni (n.c.) 

Impiego pubblico -Permessi retribuiti -Cariche politiche -Consigliere 
comunale -Limiti di tempo. 

Il pubblico dipendente eletto consigliere comunale ha diritto a permessi 
retributivi per il solo tempo strettamente necessario all'espletamento 
del mandato, vale a dire per la partecipazione alle sedute del Consiglio, 
ma non anche per prendere parte a commissioni od organismi 
ratione officii o per svolgere le funzioni di assessore delegato del Sindaco 
(1). 

DIRJTTO -1. -Col primo motivo d'appello J'Ammimstrazione eccepisce, 
per la rprima volta, la taroivit� del ricocso in !relazione ai recuperi disposti 
dall'Intendenza di Finanza di Perugia relativamente ai mesi di 
settembre, ottobre novembre 1982, a causa deHe assenze dai servizio, effettuate 
daH'imrpiegato per attivit� connesse alla prorpria carica di coosigliere 
romunale; trattasi, iin rp~ticolare de1le 1assenze doViUte ~la rpartecipazione 
a commissione ed aillo svolgimento de1le funzioni di assessore e, 
successivamente, di vicesindaco, ma non strettamente inerenti all'esercizio 
del mandato elettorale, da individuarsi, secondo l'Amministrazione, nella 
sola partecipazione alle sedute del Consiglio comunaile. 

(1) La sentenza pone una soluzione nuova per quanto riguarda il diritto 
alla retribuzione dei dipendenti pubblici che stiano svolgendo compiti inerenti 
ad un mandato elettorale quale sindaco o consigliere comunale. Fino ad oggi 
le indicazioni poste dal G.A. erano nel senso di escludere l'applicazione cumulativa 
delle norme della legge n. 1078 del 12 dicembre 1966 e della legge n. 300 
del 20 maggio 1970, in quanto riferite le une ai dipendenti pubblici e le altre 
ai privati. Il sistema secondo l'interpretazione del Consiglio di Stato, prevedeva 
l'applicazione dell'art. 1 I. 1078/1966 che concedeva l'aspettativa retribuita per 
gli eletti alle cariche pi� elevate, e all'art. 2, per i consiglieri comunali e provinciali, 
permessi retribuiti per l'espletamento del lavoro inerente alla carica. 
Per il lavoro privato era ritenuta vigente la normativa prevista negli artt. 31 
e 32 I. 300/70 che prevede all'art. 31 la concessione di permessi retribuiti � strettamente 
� connessi alla partecipazione alle riunioni consiliari, e all'art. 32 la 
possibilit� di usufruire di permessi non retribuiti per lo svolgimento delle 
altre attivit� connesse con il mandato elettorale. La diversit� fra i due regimi 
veniva spiegata dal G.A. con la finalit� di non aggravare il datore di lavoro 
privato di costi ulteriori rispetto alle necessit� della produzione, mentre per 
9 



112 RASSEGNi\ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'eccezione � infondata. Essa, invero si basa sU!lla constatazione dell'avvenuta 
notifica degli atti impugnati all'interessato ne1le date indicate 
nella nota 18 settembre 1984 il. 3082 dell'Intendenza. Senonch�, tale nota, 
che peraltro non risulta aillegata a~ atti del giudizio, non sarebbe comunque 
~donea ad integrare la rprov1a del ricevimento degili atti in questione 
da parte del dipendente e neppure ,Ja loro piena conoscenza da parte 
di quest'ultimo. 

1. -Col seoonido motivo di gravame il Ministero appellante lamenta 
che iJ TAR abbia violato 1l'art. 32 della il. 20 maggio 1970 n. 300, richiamato 
espressamente dall'art. 9 della il. 26 aprile 1974 n. 169 con riferimento ai 
pubblici dipendenti. 
La norma dello Statuto dei lavoratori dovirebbe intendersi come disrposiZione 
chiamata a disdpLinaTe 'La materia non in via meramente subordinata 
alla fonte propria del pubbbHco impiego (il. 12 dicembre 1966 

n. 1078), bens� unitamente a quest'uJtillll.a ed in funzione di sua integrazione. 
Tanto rpi� che la ratio 1gell'art. 9 delila legge n. 169 del 1974 sta 
proprio nel 1rendere omogenea la disciplina nei due settori, pubblico e 
privato, mentre ia conclusione cui rperviene il T.A.R. finirebbe rpeT rendere 
irrazionalmente migil,iore la posizione dei dtpendenti rpubblici rispetto a 
quella dei Javoratori priivati. 
Il motivo � fondato e va accol.to. 

La se:nte:nza impugnata, invero, muove dal presupposto erroneo dell'assoluta 
irrilevanza delle norme dello Statuto dei lavoratori nelila solu� 
:z;ione del caso di specie, riguardante un dipendente pubblico. 

l'impiego pubblico si riteneva che al lavoratore eletto sarebbero spettati comunque 
degli emolumenti, sempre a carico dell'Ente Pubblico, con la sola differenza 
dell'Amministrazione di imputazione. 

Il Consiglio di Stato ha ora mutato la sua opinione, secondo il disposto 
dell'art. 9 I. 196/74, che espressamente dichiara applicabile al pubblico impiego 
sia la I. 1078/66 che la I. 300/70, e seguendo l'interpretazione che di esso ha 
dato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 1635 del 1979. Quest'ultima 
aveva ritenuto spettanti ai sindaci e consiglieri comunali solo i permessi � strettamente 
� necessari per la partecipazione alle sedute comunali. In questo senso 
si ritiene ora, anche al fine di non creare una disparit� di trattamento tra 
dipendenti pubblici e privati, che per quanto riguarda gli eletti alle cariche 
comunali, a questi si applichi sempre il combinato degli artt. 31 e 32, anche 
in funzione degli emolumenti previsti per tali cariche. A tal riguardo l'Ammini


I

strazione aveva eccepito che una diversa regolamentazione avrebbe favorito i 
lavoratori del pubblico impiego che continuavano a percepire anche la loro ! 
retribuzione. 


I ' 

� necessario quindi ritenere che l'indirizzo preso dal Consiglio di Stato sia 
coerente con la graduale omogeneizzazione di principi in materia di lavoro, 

!

principi che da un lato aumentano le garanzie per il dipendente pubblico, 

dall'altro possono migliorare la produttivit� dell'azienda pubblica. Tale interpre


tazione inoltre fa prevalere legittimamente la norma dell'art. 9 L. 169/74, che 

I

altrimenti sarebbe rimasta lettera morta nel quadro legislativo. 

I 

I 

i 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Limitata, dunque, l'indagine interpretativa a!l testo dell'art. 2 della 
L 12 dicembre 1966 n. 1078, i primi giudici concludono che per � tempo 
necessario all'espletamento del mandato�, dUII'ante il quale il pubblico 
impiegato pu� assentarsi dal serviz.i.o continuando a percepire gli assegni 
indicati nelJ'art. 4 della citata legge, deve intendersi aiI11che i[ tempo necessario 
per Ja partecipazione a �oommissioni o organismi ratione officii 

o 
per <lo svolgimento delle funzioni di assessore delegato dal Sindaco. 
L'erroneit� del presupposto coinvolge ila soluzione adottata dai primi 
giudici. 
Invero, fa. I. 26 aprhle 1974 n. 169 all'art. 9 espressamente stabilisce 
che rper i dipeilldenvi dello Stato e de~ enti pubblici �valgono le disposizioni 
deJJa t 12 dicembre 1966 n. 1078 in concorso con le disposizioni 
di cui agli artt. 31 e 32 dehla l. 20 maggio 1970 n. 300 �. Ne deriva, come 
esattamente rileva l'Amministrazione, che il rapporto tra le due normative 
� di integrazione, non di esclusione. 

Se ne deve trarre la condusione che, fermo restando per tutti i lavoratori 
(rpubhl.ici e privati) chiamati ad esereitare funxioni pubbliche elettive 
iJ diritto all'aspettativa non retJribuita (art. 31 dello Statuto dei lavoratori), 
ai lavoratori privati ed ai dipe.Illdenti pubblici (questi ultimi 
purch� non abbiano diritto all'aspettativa con assegni di cui all'art. 1 
della legge n. 1078 del 1966), che siano eletti alla carirca di Consigliere 
comunale e provinoiale, spettano permessi retribuiti per ool tempo strettamente 
necessario all'espletamento del mandato (art. 32 Statuto dei 
ilavoratori ed art. 2 Jegge n. 1078 del 1966). 

Quest'ultima ipotesi � cio� disciplinata, ai sensi del richiamato art. 9 
legge n. 169 del 1974, dai! concorso delle due fonti, quehla del rapporto 
cli lavoro privato e quella del rapporto d'impiego. Da tale concorso di 
norme deriva 1che il permesso retribuito � 1ammesso solo quando l'attivit� 
.espletata dal lavoratore sia �strettamente � connessa aill'esercizio 
del mandato. 

Quest'ultimo avverbio, d'ailtra parte, Himita evidentemente la concessione 
di permessi retribuiti al so1o tempo impi~gato nell'adempimento 
dell'attivit� essenziale propria della carica elettiva (nel caso di specie 
la partecipazione alle sedute del Consiglio comunale), secondo un'interpretazione 
gi� aocolta per i lavoratori privati dalla Corte di cassazione 
nella sentenza 21 marzo 1979 n. 1635 e che il Collegio ritiene di dover 
cO!Ildividere. 

Tale conclusione � altres� avvalorata dal tenore dell'art. 32, secondo 
comma, dello Statuto dei lavoratori, che riconosce ai lavoratori eletti 
alla carica di sindaico o cli assessore comunale o di presidente cli giunta 
provinciale o di assessore provinciale il diritto a permessi non retribuiti 
per un minimo di trenta ora mensili. 


114 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trattasi, in questi casi, di attivit� connessa aHa carica elettiva, che 
tuttavia riceve una disciiplina legislativa dirv.ersa dall'ipotesi dell'espletamento 
in senso stretto del mandato (P'rimo comma). 

Tale diversit�, invero, non arv<rebbe �ragione di essere se fosse corretta 
la conclusione cui perviene il TAR. 

Resta naturailmente termo il diritto dei diipendenti pubblici (e solo 
di costoro), che siano eletti a cariche rappresentative menti di maggiore 
irilevanza, ad essere collocat:i m aspettativa retribuita, ai sensi degli 
artt. 1 e 3 del1a legge n. 1078 del 1966, essendo espressamente tali norme 
richiamate dall'art. 9 della 'legige n. 169 del 1974 a disciplinare in modo 
esclUJSivo ile ipotesi ivJ previste. 

L'appello, in cODJClusione, deve essere aocolto con conseguente .integrale 
riforma dell'impugnata sentenza. Sussistono tuttavia giusti motivi 
per dichiarare interamente compensate tn1 fo parti le spese dei due gradi 
del g.iudizio. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 1� settembire 1986, :n. 403 -Pres. Salvatore 
-Est. Trovato � Brnti (avv. Bartolomei) c. ComUIIle di Pedaso 
(avv. Vecchiotti) ed altro. 

Comuni � Sindaco � Ordinanze contingibili ed urgenti � Delega. 

Provvedimenti contingibili e d'urgenza � Presupposti � Imminenza pericolo � 
Fatti pregressi. 

Provvedimenti contingibili e d'urgenza � Contenuto � Ordine di fare � Legit� 
timit�. 

Il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti rientra tra 
quelli dell'Assessore cui il Sindaco abbia delegato tutte le proprie funzioni 
ed attribuzioni. 

Il presupposto per l'adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti 
� costituito da una situazione di imminente pericolo a prescindere 
dal fatto che gli eventi che l'hanno determinata fossero gi� noti in 
precedenza. 

I provvedimenti contingibili ed urgenti possono consistere in un'ordine 
di fare �(nella specie di realizzare tubazioni di convog.liamento .ed 
altro). 

(omissis) 1. -La ver.tenza ha per ogigetto un provvedimento, adottato 
in data 4 gennaio 1983 dall'Assessore delegato del Comune di Pedaso, 
in forza dei poteri di ordinanza contingibile ed urgente conferiti al Sindaco 
dall'art. 153 del T.U. Jegge comunale e provinciale n. 148 del 1915. 

. -


. 

--.�� ! 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

2. -Con il primo motivo di rioorso il sig. Bruti ribadisce Ja tesi gi� 
sostenuta avanti al TAR secondo cui i predetti poteri, a carattere 
extra ordinem, sono attribuiti al Sindaco quaile ufficiale di governo e, 
come tali, non possono essere (in via di principio) delegati. 
\ �La censura non ha pregio. 
A prescinidere infatti dal rilievo che, dopo fa !Legge 23 dicembre 1978 

n. 833 (art. 32) e hl. d.P.R. 24 lu~io 1977 n. 616 (artt. 18 e 21), appare 
dubbia la riconducibilit� dei predetti poteri ad un ambito di competenza 
esclusivamente governativa (cfr. C.S., VI, 23 marzo 1982 n. 136), 
va comunque. rilevato 1che, anclie a voler seguire la tesi tradizionale in 
considerazione del carattere extra ordinem dei poteri stessi, non pu� 
condividersi l'assUillto del ricorrente secondo cui essi non sarebbero delegabili 
agli assessori. 
Da un fato infatti, l'art. 157 del T.U. n. 148 del 1915 -dopo che negli 
articoli precedenti (artt. 151, 152 e 153) erano state elencate le varie 
funzioni del Sindaco sria come capo dell'Amministrazione comU!Ilale che 
come autorit� governativa -con formuJa organizzatoria generale (riferita 
quindi a tutte indistintamente le predette funzioni) stabilisce che 
,(in caso di assenza o impedimento del Sindaco o de1l'Assessore delegato, 
ne fa fo veci l'assessore anziano ed, in mancanza di assessori, il consigliere 
anziano�, con ci� evidenziando una prioritaria competenza sostitutiva, 
appunto, dell'assessore delegato. D'altro canto, sempre con formula 
ampia e senza distinzione di funzioni, l'art. 67 del R.D. 12 febbraio 1911 

n. 297, consente ail Sindaco di delegare �un assessore a supplirlo in caso 
di bisogno �. 
Infine <la delegabHit� delle funzioni governative del Sindaco � prevista 
espressamente (sia pure in relazione a casi speciali) o implicitamente 
da varie disposizioni del T.U. della legge comunale e provinciale 

n. 148 del 1915 (dr. artt. 154, 155, 156 e 159). 
Se ne deve concludere che legittimamente nella specie l'Assessore 
effettivo del ComUIIle di Pedaso, siig. Pietro Cap�riotti ha adottato l'ordi� 
nanza in data 4 gennaio 1983. In forza di delega, conferita~i con atto 
del 30 ottobre 1981, H predetto era stato infatti incaricato di svolgere 
tutte indistintamente � le funzioni ed attribuzi�ni di competenza del 
Sindaco, . . . in caso di assenza o impedimento del medesimo � ed in 
effetti, aHa data del 4 gennnaio 1983, il Sindaco risuJtava assente da Pedaso 
per motivi di fami~ia (v. dichiarazione sostitutiva dell'atto di notoriet� 
in data 19 gennaio 1983). 

\ 

3. -Con il secondo motivo di gravame, dptl:'oposto integralmente in 
appello, il sig. Bruti ha dedotto eccesso di potere sotto vari profili. 
Anzitutto ha ribadito che difettavano i presupposti (quanto aLI'urgenza 
e contingibilit�) per l'esercizio dei poteri di cui aLI'art. 153 del T.U. n. 148 
del 1915. L'ordinanza del 4 gennaio 1983 sarebbe infatti stata emessa 


116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per far fronte ad una esigenza -risalente a molti anni addietro e quindi 
non indHazionab:file -di sistemazione idrogeologica del Monte Serrone, 
sovrastamte il � centro storico � di Pedaso. 

La censura, come esattamente ritenuto dal T.A.R., nOiil. pu� essere 
condivisa. 

Invero l'art. 153 cit. attribuisce al Sindaco in particolare il potere 
di adottare i provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica 
(intesa come pubblica incolumit�) nelle materie della polizia locale, edilizia 
e igiene e idi -fare eseguire gli ordini relativi a spese degli interessati. 

Discende da tale norma che la situazione, cui i predetti provvedi� 
menti sono destinati a porre rimedio, deve concretare un periodo di 
danno imminente per un pubblico interesse (di qui l'urgenza di prov� 
vedere), non fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordina� 
mento giuridico (di cui la contingibHit� della emergenza) cfr. C.S., V, 
24 ottobre 1969 n. 1071; C.S., V, -dicembre 1973 n. 1061; 1973, I, 1907). 
In altre parole il potere di ordinanza di cui trattasi ha la funzione di 
colmare 'le facune deH'oridinamento in detenninate materie, consentendo 
al Sindaco di adottare misure eccezionali, allorch� sia urgente mutare 
fa situazione di fatto, pericolosa per un pubblico interesse (qui la pubblica 
incolumit�) e non si r.inrvenga altra norma srpedfica, ohe legittimi 
l'Autorit� amminiistrativa a far.Jo. 

Ritiene il Collegio che, in questa !Pl'Osrpettiva, a giustificazione dei 
provvedimenti in paroJa, rilevi la situazione di imminente pericolo, oggettivamente 
e attualmente considerata e non gi� le ragioni e gli eventi 
(prevedibili o nOlll, eccezionali e meno) che l'hanno determinata. In 
particolare, contrariamente a quanto sostenuto dail ricorrente (del resto 
confortato in questa tesi da indirizzi giurisprudenziali di massima, cfr. 
ad es. C.S., V, 13 lug1io 1979 n. 515), non si rpu� escludere che il per� 
durare nel tempo di una situazione pericolosa e il suo prevedibile aggravamento, 
possano concretare un'emergenza !Il!on fronteggiabile altrimenti 
se non con provvedimenti contingibirli ed tlil1genti. In tali casi non appare 
n� conforme al dettato legisJativo n� logico es1oludere la tutela del pubblico 
interesse minaiociato attraiverso i 10�Jtati provvedimenti, solo perch� 
111on si �, in passato, tempestivamente affrontata e adeguatamente risolta 
la situazione con i mezzi e Je procedure ordinarie (cfr. rper 1spunti m tal 
senso, C.S., V, 4 aprile 1975 n. 426; C.S., V, 19 giugno 1973 n. 576). 

ilia, nel caso di specie, ad avviso della Sezione, sussistevano gli 
estremi della continigibilit� ed u11genza, come sopra intesi. 

Si legge infatti nella reJazione del tecnico di fiducia del Comune in 
data -gell!Ilaio 1983, 'richiamata 111el iprovv:edimento di cui � causa che, 
dopo le piogge deJ 23 e 24 dicembre 1982, si � verificato �un preoccupante 
smottamento deLle pendici ... con caduta di pericolose puddinghe, 
arrestate8i, fortunatamente, nella sottostante strada panoramica� (senza 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 117 

raggiungere cio� H �centro ,storico �, posto pi� a vaJle) e che �se ora 
non si interviene subito a modificare fo stato delle cose e, particolarmente, 
se non si .chiude il varco gi� formatosi nel fossato in corrispondenza 
delle pendici franate, anche una piccola pioggia riprovocher� i 
gravi danni ohe si sono verificati �. 

Non appare dubbio, alila stregua di tali riferimenti, che la situazione 
in atto sostanziasse un pericolo di danno imminente per Ja pubbJica 
inlcolurmit�, se � vero che anche soltanto una pioggia �di modesta intensit� 
avrebbe potuto provocare nuovi smottamenti. 

L'emergenza illlJpOIOOva quindi di provvedere subito e, per quanto 
consta aglJi atti, era tale da non consentire di avvalersi dei normali mezzi 
apprestati dall'ordinamento giuridico. A quest'ultimo proposito il ricorrente 
obbietta che esiste tutta una legislazione in specifica materia con 
intervento statale e regionale in caso di siffatte calamit� naturali � e che 
quindi non poteva essere posta, con i poteri extra ordinem di cui all'articolo 
153 cit., a carico del privato proprietario del pendio cohlinare, ad 
uso agricolo, una situazione tra l'altro destinata {al di l� de1le opere 
eseguite) a a:-ipetersi. 

L'affermaziOD1e aippaTe generica non essendo state indicate le norme 
asseritamente applicabili .al caso idi specie. Questo, d'altra parte, non 
appare oggettiivamente catalogabile tra le pubbliche calamit� (lo smottamento 
risulta infatti� provocato da piogge intense ma non eccezionali). 

Piutt�sto, ahlo stato degli atti, i mezzi ordinari apprestati in materia 
dall'ordinamento giuridico potrebbero rinvenirsi negli artt. 1 e seguenti 
del R.D. -dicembre 1923 n. 3267, recante norme sui terreni sottoposti 
a vincolo idrogeologico (perch� suscettibiili, ove inidoneamente utilizzati, 
a perdere stabilit�) ovvero anche negli artt. 13 e 19 del r.d. 8 dicembre 
1933 n. 1740, 'recante norme a twtela dieMe strade e della circolazione 
stradale. 

Pi� esattamente: il r.d. n. 3267 del 1923 stabilisce varie limitazioni 

alila propriet� privata relativamente ai terreni sottoposti al predetto 

vincolo (tale sarebbe Ja co1lina in propriet� del sig. Bruti, stando alle 

affermazioni del medesimo); J'art. 13 del r.d. n. 1740 del 1933 pone poi 

a :carico dei �prop.rietari l'obbligo di mantene;re Je ripe dci fondi laterali 

alla st11ada in stato tale da imperli.re lo ,scoscendimento del terrelllO o 

l'ingombro del fossa,to laterale o del piano viabile; l'art. 19 dello stesso 

r.d. prevede infine la costruzione di opere di sostegno lungo Je strade, 
tpOIIlielDJdone l'onere finanziario, a secooda idei casi, a carico dei poss.essori 
dei fondi adiacenti o dell'Elllte proprietairdo del[a strada o di enwambi. 
Senonch� tali mezzi ordinari da un lato o non erano stati attuati 

o non erano stati sufficienti ad impedire Jo smottamento di terreno 
sll!1la strada panoramica, daill'altro non interferivano, dato il loro carat

118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tere essenzialmente preventivo, sul potere di adottare misure contin� 
gibili ed urgenti una volta verificatasi l'emergenza. 

Queste considerazioni implicano anche che l'adozione deJ.le citate 
misure non esonera gli Enti interessati daJ promuovere tutte ile inizia� 
tive di competenza intese ad evitare, per l'avvenire, il ripetersi. di situazioni 
d'emergenza, ed a risolvere, in via preventiva ed auspicabilmente 
permanente, i problemi di stabilit� del terreno in vertenza od ad essa 
connessi. 

4. -Con altro profilo del motivo i!Il esame, il sig. Bruti ha dedotto 
che i presupposti per l'eseocizio del potere ex art. 153 difetterebbero 
anche �per quanto attiene alJa materia�, scl rhlievo che gli smottamenti 
di terreno non sarebbero riconducibili ai settori di intervento (edi<lizia, 
polizia locale e igiene) richiamati nella citata disposizione. 
La <tesi non ha pregio. 

L'ol1d�IIlanza del 4 gerunafo 1983 � stata in.fatti adottata, a tutela della 
pubblica incolumit� e, in particolare, per assicurare la libera circolazione 
�lll luoghi pubblici (cerut�ro storico e strad:a comunale �panoramica�), 
vale a dire in una materia, che, come gi� osservato da questa Sezione 
(.v decisione 4 aprile 1975 n. 426), pu� essere ricompresa nel settore deiLla 1 

polizia locale. 

I 

5. -Come accennato J'ordinanza medesima � poi adeguatamente moI 
tivata con richiamo �lll particolare alJa relazione in data 2 gennaio 1983 ! 
di un tecnico di fiducia dell'Amministrazione comunale; hl che esolude 
la fondatezza della censura di carenze di � supporti tecnici � accennata 
dal sig. Bruti iI1el ricorso in primo g.rado e genericamente riproposta 
in aippeHo. 
I 

6. -AIIlcora nel ricorso predetto, sono acaennati profili di doglianza, 
relativamente al contenuto dell'ordinanza di cui � causa; laddove essa 
impone un obbligazione ,(facere ab rem) di realizzare � tubazioni di convogliamento, 
costruzione fossati, ricostruzione materasso erboso e sino 
al generico provvedere con mezzi idonei ad-eliminare dalle pendici del 
colle... i massi staccati �. 
Osserva fa Sezione che l'art. 153 non pone limiti al contenuto delle 
ordinanze contingibili ed urgenti, se non quelli (impliciti) di osservanza 
di principi generali dell'ordinamento giuridico e di coerenza con il fine 
perseguito (hl porre rimedio ad wna situazione di imminente pericolo ! 
per un pubblico interesse). In questa seconda prospettiva � essenziale 
che �l'ntervento della autorit� si estrinsechi in ordini s.riscettibili di 

l 

essere subito mandati ad effetto, sia per ottemperanza spontanea dei 
destinatari sia per via dii esecuzione d'ufficio� (v. C,d.S., V, 4 aprile 1975 I

' i 

n. 426, cit.). 
I 

l 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Tale appare l'ordinanza di specie che contiene statuizioni logl�JCamente 
ipreoridi:nate allo scopo di impedire smottamenti del terreno in 
propriet� del sig. Bruti e sufficientemente precise, in modo da consen� 
tirne la solJecita attuazione. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 28 febbraio 1987, n. 144 -Pres. Salvatore 
P. -Est. Ca'I'boni -Comune dd Venezia (avv. Mascarin e Predieri) 

c. Seno ed altri (avv. Caniato e Mesiano). 
Locazioni . Equo canone � Edifici particolarmente degradati � Individua� 
zione � Venezia. 

E illegittima la delibera comunale che, per individuare gli edifici o 
comparti di edifici particolarmente degradati cui si applica il correttivo 
del costo base per la determinazione dell'equo canone indica intere zane 
facendo leva su situazioni generali anzich� su una rilevazione analitica 
della condizione delle singole costruzioni. 

Diritto -1. -Ueccezione di nullit� del ricocso n. 58 del 1979 per 
mancata indicazione della residenza dei ricorrenti, gi� Tespmta dal Tri� 
bUlllale e riproposta im. appello, � palesemente infondata. 

L'art. 6 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, prescrive che il ricorso debba 
contenere � J'indicazione del nome e cognome, della residenza o domici.
Wio del riconrente �; ai sensi dell'art. 17 del:lo stesso decreto iil ricorso � 
nullo: � 1) Se manchi la sottoscrizione richiesta daJl'art. 6; 2) Se, per 
l'inosservanza delle altre norme prescritte nel suddetto articolo, vi sia 
1rmertezza assoluta sulle per�sone o sull'oggetto della domaru.la � (ill!Certezza 
che nella specie non sussiste) e non gi� per � illlrertezza sulla residenza 
� come ritiene J'aippeJlante. 

2. -� pure infondata l'eccezione, anch'essa respinta in primo grado 
e riproposta in aippe1lo, di sopravvenuta carenZa dii interesse dei ricorrenti 
all'impugnazione della deliberazione del Consiglio comunale 30 ottobre 
1978 n. 915, iper effetto della suocessiiva deliberazione della Giunta 
munidpale 16 ottobre 1979 n. 3742. L'appel11ainte censura di contraddittoriet�, 
senza peraltro motivare la critica, la decisiOlne dei primi giudici 
di dichiarare improcedibile solo in parte il riCOTso contro la deliberazione: 
n. 915 del 1978. 
Va ricordato, per chiarire la questione, che la deliberazione n. 915 
del 1978 ,conteneva due provvedimentii ben d1stim.ti: 1) la perimetrazione 
del territorio comu:na;le; 2) Ja dichiarazione di degrado di intere zone 
del territorio comunale. 


120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ugualmente Ja deliberazione n. 3742 del 1979 conteneva due distinti 
provvedimenti: 1) UIIla nuova rperimetrazione, tale da comprendere nel 
centro storico glri immobili dei riconenti, che ne erano esclusi nella 
precedente perimetrazione; 2) una disciplina integrativa de1le zone de� 
~a.date, nel senso di prevedere la possibilit� di affrancare gili immobili 
dailla dichiarazione di degrado della 2i0na in cui sono compresi, man 
mano che fossero eseguiti gli interventi di risanamento prevdsti dagli 
strumenti urbanistioi d:i dettaglio. 

Del tutto correttamente il Tribunale: 1) ha dichiarato inammissibile, 
per difetto di iinteresse, ,J'impugnazio:ne del prnvvedimento concernente 
la perimetrazione del centro storiico contenuta nella deliberazione n. 3742 
del 1979; 2) ha dichiarato cessata la materia dea contendere, a seguito 
della nuova perimetrazione del centro s>todco CO!Iltenuta nella delibera� 
zione n. 3742 del 1979, .in 01idine all'impugnazione del provvedimento di 
perimetrazione del cellJtro storlico contenuto neHa deliberazione n. 915 
del 1978; 3) ha respilnto ['eccezione di improcedibilit� dell'impugnazione 
del provvedimento di mdividuiazione deJ..le zone di degrado contenuto 
neHa deliberazione n. 915 del 1978, :in quanto il mantenimento delJa quaiJ.
if�Jcazione di generale degrado per iJl territorio di Venezia e delle isole 
fasciava inalterato il pregiudizio lamentato dai moorren,t[, 

3. -Nel merito, J'appeHo � infondato. 
Con la deliberaziO!Ile 30 ottobre 1978 n. 915 ti:l Consiglio comunale di 
Venezia, nel procedere al:la ripartizione del territorio comunale in cinque 
zone ai sensi e per gli effetti dell'art. 18 della 1. 27 luglio 1978 n. 392, 
dnidiv:irlu� oome degradate intere zone, estese sostanzialmente a tutto 
['abitato, 1che presentav.ano �assenza o grave :insufficienza deHe opere 
di u.rbainiz2la2Jione primaria, con particolare .riferimento alla rete fogna. 
Lrfa, e dei co1lega:menti con il trasporto pubblico alle zone cenrtrali �, 
� significative 1concentrazioni di abitazioni �atas.taiJ.mente definite oome A 4 
(popolari) e A 5 (uJ.t1.1apopolard) �, � cairatteristiche particolarmente significative 
delle condizioni sociali (posizione professionaile del capofamiglia) � 
e � 1condizioni diffuse di degrado edilizio �, 

Viceversa l'~rt. 18 quarto comma della -1. 27 JugHo 1978 n. 392 d� 
!f.lalcolt� ai Comlllild. di individuare � edifici o comparti di edifici partioo[
armente degradati � 1ai quali si aippHca, come corretmvo del costo base 
per la determinazione del costo unitario di p!Toduzione (e quindi deli'equo 
canone per gll.i immobili adibiti ad uso di ahitaziooe, secondo H 
sistema delJa legge) il ooefficiente 0,9 in luogo dei pi� elevati coefficienti 
correttivi p.revJisti per l'ubicazione de1l'immobile, rispettivamenrte, ne[la 
zona perifedca, IDeJ.la zona semiperiferroa o nel centro storico. ~ pertanto 
,chiaro 1che l'individuazione deve rifurirsi a s:iingoli edif�ici o � oom� 
parti di edifici� (cio� isolati di fabbricati contigui) e deve essere moti� 
vata con la rilevazione di quelle caratteristiche che, nelLa oomune valu



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

tazione, fanno definire un immob.hle appunto � degrada~o � rispetto al 
valore degli immobili simili della medesima zona dello stesso Comune. 

I coefficienti conrettivi del costo base, nel sistema deHa legge sullla disciplina 
della locazione e sublocazione degli immobili urbani, hanno infatti 
lo scopo di mantenere per quanto possibile la proporzione tra l'equo canone 
e il valore di mercato, degli immobli; e tl coefficiente di degrado rnppresenta, 
in questo s�istema, un correttivo ulteriore e facoltativo per i casi in 
cui, per le condizioni particolari di un fabbricato, l'applicazione dei nor


mali coefficienti (compreso quello suJlo stato di conservazione e manutenzione 
de1nmmobile di cui a'1l'art. 21, ohe si riferisce prevalentemente 
alle caratteristiche delle singole unoit� immobiliari) porterebbe ad un 
canone legale delle unit� immobiliari eccessivo rispetto al valore del fabbricato. 


La dichiarazione di degrado di �intere zone o di un'intera citt�, oltre a 
co:rnrprovare il!a mancata ni:levazione analitiica delle �condizioni dei siingoli 
edifici, costituisce perci� di per s� stessa una contraddizione e una indebita 
alterazione del sistema deMa legge sull'equo canone. In sostanza il Comune 
di Venezia ha individuato, in aggiunta alle zone elencate nell'art. 18 
della ilegge o in loro parziale sostituzione, una nuova zona caratterizzata 
dal � degrado urbanistico e socio-economico � che, qualWlque cosa possa 
essere, :non � certo il <degrado degli edifici di cui tiiatta il quarto comma 
dell'art. 18 della 1. 27 �luglio 1978 n. 392, enunciando generali ed astratti 
criteri di individuazione, quaili Ja posizione professionale dei capifamiglia 
della dtt� e il sistema dei trasporti urbani, che nulla hanno a vedere con 
.hl cOI11Cetto di � �edificio degmdato �. 

Va pertanto condivisa e non merita censura Ja motivazione con cui il 
Tribunale ha annullato la deliberazione 1oonsiliare n. 915 del 1978 nonch� 
la sUJOCessiva delibemzione con otri la Giunta municipale ha mantenuto la 
generale dichiarazione di <diegrndo :aiggiungenidovi, in perfetta antitesi al 
sistema legislativo, Ja previsione della rpossibilit� di dichiarare non pi� 
degriadabHi edifici o comparti di edifici. 

4. -� opportuno chiarire, '1n relazione a1la richiesta dei resistenti, che 
ilia pronuncia di ainnulliamento ohe qui si conferma non riguarda le mtere 
deliberazioni impugnate e non riiguaroda, in ipartiJcolare, i provvedimenti di 
perimetmzione, ma soltanto i provvedimenti di individuazione delle zone 
degradate. Non vi � per� materi.a per riformare, sul punto, fa sentenza impugnata, 
in quanto la delimitaZJione della ipmnuncia di annullamento, qui 
precisata, irisuJta rdaUa motiv,az1one dehla sentenza stessa anche se non � 
es;p~essa nel dispositivo. 
5. -Non rpu� infine ooco~eI1si l'appello -proposto dagli aippellati 
in via incidentale ma nel termine utile per l'appe11o pri!l11cipa1e -1contro il 
capo della sentenza che ha pronunciato la compensazione delle spese. 

122 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

La compensazione delle spese infatti, per costante giurisprudenza 
(Cass. 22 febbraio 1968 ll.1. 617, 11 diJCembre 1974 n. 4192, 13 novembre 1967 

n. 2729, 17 giugno 1977 n. 2526), � un potere diS1Crezionale del giudice sindacabile 
soltanto se motivato m mam.iem illogica e erronea. 
CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 9 agosto 1986 n. 630 � Pres. Laischena 


Est. Pajno -,Ministero Beni Cuiturali (Avv. Stato Ferri) c. ,Comune di 

Bordighera (avv. TareUo e Romanelli). 

Demanio � Vincolo storico � Discrezionalit� tecnica � Merito dell'azione amministrativa 
� Sindacato giurisdizionale � Limiti. 

Demanio � Vincolo per collegamento alla storia � Sindacato giurisdizionale
� Limiti. � 

Demanio � Vincolo storico � Sindacato giurisdizionale � Riferimento storico 
culturale � Valutazione di merito della P. A. 

Demanio � Degrado � Influenza sulla legittimit� del vincolo. 

Demanio � Beni storici � Vincolo apposto per prevenire pregiudizio � Legitti


I

mit�. {:: 

-~ 

L'attivit� della P. A. volta ad imporre un vincolo di particolare inte


resse storico ed artistico costituisce esercizio di discrezionalit� tecnica 

e comporta valutazioni di merito che non possono esser sindacate se non 

per erronea prospettazione di fatti o vizi nell'iter logico seguito. 

Sono inammissibili le censure concernenti la determinatezza e la 

specificit� del riferimento di un certo bene (nella specie il Giardino ,, 

Moreno di Bordighera) alla storia dell'arte, in quanto esse mirano a sin


dacare l'apprezzamento tecnico discrezionale della P. A. sull'importanza 

I 

di tale riferimento. 

Il G. A. pu� accertare l'esistenza dell'episo_dio storico ricollegabile al 

bene vincolato ma non valutare il collegamento del bene stesso alla 

storia della cultura in quanto tale giudizio concerne l'importanza del rif e


II 
I 
[ 

rimento storico-culturale ed � riservato alla P. A. 

Le condizioni di degrado del bene oggetto del vincolo storico possono 

rilevare nel giudizio amministrativo solo in quanto escludano la sussi


stenza stessa del bene ma non in relazione alla mancanza di una capacit� 

documentale che pu� essere valutata solo dalla P. A. 

Non � viziato il provvedimento di vincolo che sia stato adottato su i: 

segnalazione di associazione privata nella imminenza di un evento che j 

poteva pregiudicare l'aspetto del bene vincolato. 

1 

I r 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

(omissis) 1. -Va preliminarmente rko1dato, ai fini di una corretta 
imposta21iione delle questioni :prospettate con J'atto di appello, che con l'impugnato 
;provvedimento dcl 21 germaio 1982, il Giardino Moreno � stato 
dichiarato di particolaire interesse ai sensi della legge n. 1089 1del 1939, 
perch� � h:a 1IJ.otevole riferimento con la storia dell'arte pittoriiea e letteraria, 
in quanto parte del giardino da oui l'msigne pitto11e fr81Ilicese Claude 
Monet trasse ispirazione e soggetto di alcune sue opere. Inoltre ill giardino, 
che 1conserva ancora notevoli esemplari di palme ed altre alberature, fu 
citato id:a vari scrittori fra cui il Fogazzaro�. 

I.I riferiimento aUa storia dell'airte e della cultura deill'immobile in 
questione risulta ulteriormente messo fil iJJuce !Ilehla Relazione storicoartistica, 
espressamente richiamata nel decreto di vincolo, con cui ila SoprinteI11denza 
per i Beni Ambientaili ed Arichitettollli!C� della Liguria, dopo 
aver fornito alcune notizie storkhe sul GiaT'dillno Moreno, e dopo aver 
ricordato 1che di esso -peraltro espressamente citato nell'opera delJ'architetto 
Charles Garnier � Boridighera et 1a Liguria occiidentaile � tra 
que1li che meglio potevaino sollecitare l'ispilrazione 1artistica -si conoscono 
varie rilproduzioni, specie di autori !inglesi, espressaimente rileva 
che Ǐ per l'attivit� di Monet, che realizz� a Borid1ghera una cinquantina 
di tele, che esso rappresenta un ruolo fondamentale nella storia della 
pitturia >>, esseI11do propriio itI1 esso ['artista giunto � aid una aocentuamone 
quasi esasperata dei colori, passando da una fase impress.ionistioa ad una 
tesa, aid una dcema via via pi� attenta, quasi virtuosistica, degli effetti 
di luce�. 
La n~lazione medes�ma evildenzia, ailtres�, come il Giardino Moreno 

sia stato oggetto di ailcuine ammirate oonsildera2lioni di Antonio Fogazzaro, 

contenute in una lettera del 18 gennaio 1884, idOIIlee a testimoniare la 

celebrit� di esso neilla cultura del tardo Ottocento, e ricorda infine le suc


cessive viJaoode 1dehl"immobi1e, (la parziale lottizzaziooe del ;giaroino, la de


stinaziOIIle della villa aid ospedale e la successiva demolizione idd1a mede


sima, l'imposizione del vmcolo di cui ana legge n. 1497 del 1939 sul 

gia:rd1ino). 

Tail:e provvedimento di vincolo � stato peraltro ritenuto i1legittimo dal 

TAR, in quanto adottato al di fuori dei presupposti a1l'uopo richiesti 

daill',art. 2 della legge !Il. 1089 del 1939. 

Af r,iJgua'!1do i primi 1gilud�d, dopo aver :premesso che 1l'oggetito dell'inte� 
resse tutelato con il 'Vlincolo ex art. 2 della legge IIJ.. 1089 del 1939 nOIIJ. � 
costituito dal valore intrinseco dell'immobHe, ma dail � valore storico 
di cui fi1111mobile rappresenta la document~iooe, tramainda:bile nel tempo>>, 
hanno ritenuto, in accoglimento degli appositi ll'ilievi prospettati 
dal Comune di Boridiighera con il secondo mezzo, ohe nehla fattispecie 
non sussistesse n� una adeguata specificit� degli episodi storico-artistici 
e storico-~etterairi di cui l'immobile avrebbe dovuto costituire testimo



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

124 

nianza, n� l'idoneit� del medesimo 1aid assolvere a qualsiasi funzione 
docUllllentata, attesa 'la irreversibile trasformazione subita nel corso del 
tempo. 

Dalla contemporanea inesistenza sia della cennata � adeguata specificit�
� degli episodi storico-artistici e storicoiletterari, sia de11a idoneit� 
de11'immobile ad assolvere alla necessaria funzione documentata il TAR 
ha dedotto l'illegittimit� dehl'impuginato provvedimento, dovendo �r.Itenersi 
necessario, ai fini di una legittima imposizione del 'V'imicolo ex art. 2 
della legge n. 1089 del 1939, �o che il fotto docUllI1etiltato abbfa una concretezza 
e spooitiJCit� storica tale da imprimere al sito in cui si � svolto 
una cOIIlllotazione �ta1meinte pregnante da giust!ificare Ua:la rtutela conservativa 
di quanto ne residua nel tempo, a prescindere daille mutazioni medio 
tempore intervenute�, oppure che l'immobile oggetto di tutela � abbia 
conserv:ato intatte Je caratteristiche essenziali 1che ne determinarono il 
oollegaimento con 1a storia delil'arte o della cultUJta, cos� da poter assolvere, 
anohe in mancanza di relazi01I1e con un periodo 1storiico specifico, �ad una 
funzione di documento puntuale del periodo storico � cui il'immobile medesimo 
si ricollega. 

I pr.imi giudici halllilo, mtal modo, oocolto una censura di vi�lazione 
de11'art. 2 defila Jegge n. 1089 del 1939, come risulta, peraltro, con chiarezza 
da:l testo della impugnart:a decisione, neJ.Ja quale si �afferma, appunto, 
ohe � la lI'�levata �carenza nella fattispecie tin esame, di ambedue !i menzio� 
nati requisiti ilildUJCe, pertanto, a riitenere che .i:1 provvedimento di vincolo 
sia stato imposto :al di fuori dei presupposti [)i()rmativi sui quaili avTebbe 
dovuto fondarsi. 

2. -Tali essendo, da una parte l'iimpugnato provvedimento di vincolo, 
e dall'altra, la decisione di arunullameruto del medesimo, fondato si rileva 
il primo motivo dii appello con cui il Ministero dei Beni culturai ed ambientali 
da una parte deduce che il TAR ha posto in essere un inammissibile 
sindacato di merito, sostituendo valutazioni proprie a quelle di 
natu:ra tocnd:co-discreziOIIlale dell'Amministrazione, e dall'altra sostanzial� 
mente osserva che nella fattispecie esistevw:JJo i presuppos�ti che legittimavano 
'l'imposizione del vincolo di particolare interesse storico-artistico 
ad sensi dell'art. 2 della legge n. 1089 del 1939. Il primo giudice, infatti, 
IIleld'asseJ:1ito ese:ocizio di UIIl sindacato di legittimit� sull'esistenza dei presupposti 
di fatto per fimposizione del vincolo, ha in realt� esercitato un 
mammissibile sindacato di merito sulle valutaziOllli e sui giudizi che hanno 
condotto J'AmministJrazione aJ.Ja imposiziOIIle del vincolo. 
Va in proposito ricordato che, socOIIldo l'Olt'ientamento giurispruden� 
ziale ormai wnso11dato, d'imposizione del V'incolo di particolare interesse 
di cui alla legge n. 1089 del 1939, sia ex art. 2 che ex articoli 1 e 3, � il 
frutto di una attiviit� tecnico-discreziOIIla!le de11'Amminiis.trazione, non sin� 
daoabile, mquainto tale, msede di legittimi.it� �Se non sotto il profilo della 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

oongruit� e della fogidt� della motivazione (fra fo tante, IV, 24 novem� 
bre 1978 n. 1034, 17 gennaio 1978 n. 77). � stato, anzi, ulteriormente precisaito 
che J.'1aipprezzamento da parte dell'Amministrazione ai filni delilia imposizione 
del vincolo sl atteggia come valutazione ampiamente discrezionale 
dell'interesse pubblico a tutelare cose che, attlnendo direttamente o indirettamente 
alla ,storia, al!l',arte o ailla 10U'ltura, per d� che esprimono e per 
i :viferimenti con queste ultime, sono reputate mecitevoli di ,conservazione 
(IV, 7 maggio 1974 n. 350). Va tuttavfa segnalato d1e l'dnteresse pubblico 
alla .tutela dehla cosa ,che attenga direttamente o imldirettamente alla istoria, 
ail!l'.arte, o 'alla cultura � d:iJrettamente ooHegato con Ulla valrutazione in 
termini di particolia:re interesse della cosa per i propri pregi irntr�lnseci o 
per ,rl riferimento della medesima alle vicende della storia de1l'arte o della 
cultura, sicch� J'espressione precipua dell'attivit� tecnico-discrezionale 
deJ:l'Amministrmii:one si ha, nehl:a materia di oui si discute, nel momento 
della formulazione del giudizio di particolare ri!J.evainza del bene, discendente 
a sua vo1ta o dal riconoscimento di un peclllliare ipregio del mede� 
simo, o dal rkcxnosdmento dd 11J1D. partiJco1are collegamento di esso oon le 
VI�!cende della srtoria, della cultura e de1l'�arte. La droostanza che tale attivit� 
dehl'Amministrazione, volta ad esprimere hl giudizio di rilevanza, pur 
implicando un apprezzamento di conformit� de11a cosa valutata ad un 
modello astratto alla stregua di criteri estetici o oultural1i, sia 1sostoozialmente 
di carattere ricognitivo e conoscitivo (in quanto vOilta ad accertare 
l'esistenza del1a peculiare .quai1it� della cosa da ,sottoporre a tutela), 
e non, �l!l.vece, di carattere vdlitivo, come qua1DJdo ['Amministrazione � 
chiamata ad oiperare, per il perseguimel1/l:o di un determinato interesse, 
una s1celta fra diverse soluzioni possibili, non �esclude, ovviaJmente, che 
si sia di frcxnte ad una attivit� di ,carattere discrezionale. Sotto questo 
profilo, va anzi sottolineato che � proprio la circostanza che nell'attivit� 
volta alla imposizione del vincolo siano assenti profili d:i carattere eminentemente 
voLitivi e decisionali, quella che consente di qualificare tale 
attivit� non come esevcizio di discrezionalit� amministrativa in senso 
fato, ma, invece, come esercizio di dis1crezionalit� tecnica �on senso proprio. 
Ed infatti, secondo la pi� autorevole ed ,!l.Ocredita1la [']costruzione 
del fenomeno, mentre la c.d. discrezionalit� amm�lnisti:iativa comporta 
sia la necessaria valutazione e ponderazione di interessi, sia un potere 
di scelta in ordine aill'agire, da esercitarsri nel J:1isipetto delle ['egole giuridiche 
e non giuridiche applicabili aJ caso concreto, altrettanto non avviene in 
sede di esercizio di discrezionalit� tecnica. NelJa relativa ipotesi, la scelta 
circa il comportamento da tenere o la linea da seguire per iil raggiungimento 
degli interssi affidati alil'Amministrazione � stata a rpriori posta in eseyere 
direttamente dal legislatore in modo ovviamente vincolante, sicch� all'Amministrazione 
� rimessa esclusivamente la valutazione dei fatti posti dalla 
legge a presupposto dell'operare, aUa s.tregua di regole tecniche tratte 


126 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

da settori specifici di conoscenza, quali quel'li dell'agraria, della medicina, 
o, .appunto .dell'estetica od in genere della storia della rcu�itura. 
Dalla ,riJconduzione a1la rcd. discrezionalit� toonica dell'atthnit� dell'Amministrazione 
vrolta a1la imposizione del vin:calo deriva, pertanto, che 

le relative �scelte si ipongOIIliO suil piano del meDito dei.l'azione amministrativa. 
� noto infatti che attengono a tale profilo quegli aspetti dell'attivit� 
amministrativa in cui � riconosciuta all'autorit� una possibilit� di valutazione 
da effettuarsi a11la stregua di norme non giuridiche, sicch� ricadono 
nel relativo concetto non soltanto Je scelte discrezionali dell'Amministrazione, 
per il perseguimento delle proprie finalit� istituzionarli, ma anche le 
valutazioni poste in essere a1la stregua di regole tecniche, come sono quelle 
che presiedono ailla formulazione del giudizio di particolare rhlevanza ai 
sensi della legge n. 1089 rdel 1939. Dalla riconduzione dell'attivit� tecnicodiscrezionale 
dell'Amministrazione in sede di imposizione del villlco1o al 
merito dell'azione amministrativa deriva pertanto la normale iinsindaoabilit�, 
da parte del giudice ammiinistratirvo, delrle relative scelte, sarlvo 
il caso in cui J'irnosservanza delle .regole non giuridiche che presiedono 
alla corretta formazione di tale attJivri.t� valutativa non trasmodi a causa, 
in particolare, di una erronea :mrppresentazione dei fatti o comunque un 
vizio deH'iter Iogico, nel vizio di eccesso di potere. 

Implicando, perta:nto, l'imrposi:ziione del vfaJJcolo di cui alla legge lll. 1089 
del 1939 l'esercizio di una attivit� tecnico-discrezionale, risulta facilmente 
oomprensibi:le rcome si sia svhllllppato nel tempo il ce:nnato onientame:nto 
giurisprudenziale che !limita il smdocato giurisidirionale aJ controllo estrinseco 
sulla logicit� ed adeguatezza della motivazione del rprovvedimento, o 
che, pur ammettendo espli:citamente la configurabilit�, con riferimento 
al'l'attivit� relativa, dei vizi di 1\lliolazione di �legge o di eccesso di potere 
per travisamento dei fatti (IV, 30 marzo 1982, n. 137), �limita tuttavia il relativo 
sindacato all'accertamento della esistenza storica della cosa da tutelare 
(ad esempio del reparto aI'Cheologico) o rdel collegamento della medesima 
con fatti dehla :storia deH'arte, rde1la cultura (ad esempio, la dncostanza 
che Uil determinato arutore abbia� operato in un determinato luogo), 
escludendo, invece, dail medesimo, quell'att!vit� che �si configura come 
ffianifustazione di giudizio rSU un fatto od una cosa affermate come esi


stenti. 

La rilevart:a natura teanico-diS1Crezionale dell'attivit� svolta dall'Amministrazione 
in sede di imposizione rdel :vinrcoJo di cui alla legge n. 1089 
del 1939 importa, peritanto, fa sindacabilit� del provvedimento impugnato 
sotto il profilo della esistenza, o meno, della cosa ohe si intende tutelare 

o della reale verii�icaziOltle dell'.evento storiico che attribuisce 011 bene rileva:
nza particolare, ed in generale sotto ill profilo della esatta rappresentazione 
della realt� delila cosa, di .particolare interesse; devono, invece, 
essere considerate inammissibili.i quelle censure che non introducono un 
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~,.., 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

travisamento dei fatti, ima in realt� UJil .t11aviisamento di giudizio, ritenuto 
insoddisfacente pe11ch� cODJdotrto sulla scorta di caino:ni di valutazione 
storico-estetici non condivisibili (VI, 18 gennaio 1977 n. 25). 

Peraitro, se ll'imposimone del vincolo di cui a11a legge n. 1089 del 1939 
comporta, in via generale J.'esercizio di attivit� discrezionale da parte 
dehl'Ammiinistrazione, sindacabile :nei limiti e nei modi sopra indicati, va 
tuttavia segnalato 1che diverso � l'ogigetto su cui cade .ta1e attivH� discre2liona:
le a seconda che si proceda alla imposizione del vincolo ai sensi 
degli articoJ.i 1 e 3 della J.egge, od invece, ai sensi dell'art. 2. Nel primo 
caso, infatti, ci� che � tiutel:aito � hl valore intrinseco della cosa (e cio� 
il valore artistico del bene, sicch� l'attivit� tecnico-discrezionaJ.e deM'Amministrazione 
sar� qruelJ.a concernente la v1a'lutazione di rparticoll.are rilevanza 
dal punto di vista artist.ico. Nell'ipotesi di cui aJ.J.'art. 2 della legge 
:n. 1089 del 1939 il valore tutelato dallla nol1Illa non � invece un va'.lore 
intrinseco della cosa, ma quello pi� propriamente sto11ico, costituito 
dal cohlegamento 1con determinati fatti e vicende della storia o dell'arte. 

Consegue da d� che, nelila imposizione del relativo vincolo �l'attivit� 
tecnica discrezionale dell'Amminfatrazione sar� quclla volta ad iindividuare 
la rpa:11ticola:re importanza ed intensit� dcl riferimento della cosa alla 
�storia politica, militare, delda letteratura, dell'arte o della cultura in 
genere �. La relativa attivit� sar�, pertanto, sindacabile dn sede giurisdizionale, 
nei limiti dehla logicit� delila motivazione che la sorregge, ovvero 
con riferimento all'esiJStenza ed alla esatta rappresentazione dei presupposti 
di fatto cmi [~attirviit� valutativa ha riferimento, mentre rester� al 
di fuori del sindacato di legittimit� hl giudizio sulla particolare .importanza 
del cohlegamento della cosa con la storia dell'arte o della cultura. 

Ailla stregua dei superiori rilie-v>i, appare evidente ohe le censure, 
spiegate in primo grado dal Comune di Bordighera, e con le quali veniva 
lamentata l'indeterminatezza e la carenza di specificit� del riferimento 
del Giardino Moreno a1la storia dell'arte pittorica e letteraria, erano in 
realt� volte a siindacare l'apprezzamento tecnico_ discrezionale dell'Am� 
ministrazione circa fimrportanza di tale riferi.m~nto; e correlativamente 
com� il TAR, neH'accog;liere le censure, abbia sostituito il proprio apprezzamento 
a queJ.J.o dehl'Amministrazione circa l'importanza e la sufficienza 
del riferimento storico-culturale. 

L'Amministrazione ha, infatti, con :l'impugnato provvedimento, identificato 
nella attivit� svolta dal pittore Monet nel Gia11dino Moreno hl 
riferimento del medesimo giardino allia storia delil'arte. Tale riferimento 
� stato, peraltro valutato di .eccezionale rilievo, tale da attribuire al Giardino 
in questione un �ruolo fondamentale nella storia della pittura�, e 
ci� per l'i.mp011tarraa che fil giaroino medesimo avm;a rivestito ai fini della 
evoluzione artistica dell'impressionista francese. 


128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si legge infatti ne:hla relazione che � qui l'artista giunse ad una accentuazione 
quasi esasperata dei colori, passando da una fase puramente 
!impressionistica ad una tesa ad lIDa riceroa via via pi� attenta, quasi 
virtuosistka, degli effetti di !LU1ce. L'impostazione dei quadri, lo ,sforzo di 
malJltenere �vivo e ipresente hl soggetto, interpretato in una chiave nella 
quale ogni visione tradizionale di paesaggio romantico e verista sia superato, 
port� Monet a prediligere scorci di alberi, sott'in su di palme, visioni 
di case bianche 1Jra .trOillOhi contol'ti, che preannunciano pe'rsin:o il gusto 
liberty. D'altra. parte lo sforzo di resa coloristica violenta ed accesa 
preaninuncia modi che saranno caru a Van Gogh e persino quclli che 
saranno tiipici di molte opere di Matisse �. 

Il Giardino Moreno � istato ipertanto considerato di particolare importamza 
ai sensi deilla legge n. 1089 del Ministero aippel:lante non tanto 
perch� aid esso si � genericamente ispirato Monet, quanto pmtosto perch� 
esso ha giocato un ~olo deoiisivo nella evoluzione dello stile de:hl'artista, 
00I11Correndo a determinare hl passaggio da una fase puramente irrupressioniistica 
ad una ricerca degli effetti di luce che :sembra P'reannrundare 
li modi, di a:ltri pittori come Van Gogh e Matisse, ed anticipa il gusto 
liberty. 

Jil TAR ha ritenuto, invece, che hl collegamento dell'immobile alla 
storia dell'arte e deJila cultura non fosse dotato della nocessari:a specificit�, 
non risuitando �che l'ottocentesca villa Mo11eno sia stata riprodotta in 
ailcuna specifica opera pittorica di Monet �, ed essendosi d'altra parte la 
relazione della SoprinteDJdenza limitata �a segnalare il ruolo svOtlto dal 
sito ai fini dell'ispirazione e deM'evo1uzfome art�istica dell'impress1ionista 
framicese nel contesto dell'attivit� gfobale -da lui svolta durante il 
soggiomo in Bordigheria, tradottasi in una ciinquantina di tele. In tal 
modo :iJl primo giudice ha posto in essere un autentiJCo giudizio di valore, 
assUIIDendo, [];ella sosrtanza, che il ruolo ipeouliare svolto dal Giardino 
Moreno nell'evoluzione artlis.tica di Monet non costituiiva iragione sufficiente 
per far considerare di � ipartilcolare importanza � l'iimmobile. Appare evidente 
come le affermazioni diel Tribunale -direUaa.nente conseguenziali 
afll'a1ccoglimento della relativa censura prosp_ettaita dal Camune di Bordighera 
-realizzino un sostanzJiaJe sindacato sull'importanza del riferimento 
de11'immobhle alfa istoria .dell'arte: 1aiddove il primo giudke, ove avesse 
voluto mantenere il proprio sindacato ne11'ambito del controllo di legittimit�, 
avrebbe dovuto limitarsi ad aocertare l'adozione de1 provvedimento 
nella Ticorrenza dei necessari .presuipposti (esistenza della cosa da tuteJare; 
obiettiva sussistenza dell'evento stormo cui sii ricollega la cosa; 
esistenza di un giudizio adeguatamente motiv,ato 1su1la particolare rilevainza 
del odllegamento 'tra l'eviento stol'ico e la cosa) e non invece, procedere 
a stabilire fa portata delle ccxnseguenze dell'evento storico cui si 
riJcol!legava J'immobile. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Il .vero �, rperailtro, che nel sostituire il proprio aprprez2lamento a quello 
tecnico discreziOl!lale dell'Amministrazione, e nel pronU!llciare l'a:ccoglimento 
delle censure in proposito spiegate dal Comune di Bordighera, il TAR 
� iillcorso, 1come pone in ~uce la difesa del Ministero, iln un travisamento 
delle raigioni 1ohe hanno <indotto l'Ammin1straziane dei Beni oullf:urali alla 
iimposizione del V<incolo. Frutto di autentico trn'Visamento � in l]JTimo luogo, 
fa negazione della legittimit� del vincolo in relazione 1ailla drioostanza che 
�l'ottocentesca Villla Moreno� non cisulta riiprodotta in 1alicrnna opera pittorica 
di Monet, e ci� per �l'OV'Via oonsdderazione che ci� che ['�veste un 
ruolo peculiare nella stoda dell'arte, a causa del fascino e delfa influenza 
esercitata sull'impressionista francese, � il giardino e non fa costruzione 
ottocentesca. 

Frutto di travisamento �, altres�, il conviincimento, pailesamente espresso 
dal Comune di Bordighera e sostanzialmente fatto proprio dal TAR, che 
per dare consistenza al riferimento del Giardino Moreno all'opera pittorica 
di Monet, occorreva che rvenisse enUTI1Ciato .hl. collegamento tra l'immobile 
ed una ,specifica ed indilvktuata opera artistica. La mgiione della particolare 
imrportanza del Giaridim.o Moreno non sta infatti, a giudizio defil'Amministrazione, 
nel'.l:a circostanza che esso .sia stato l'itratto da Monet o che in esso 
i1 pittore abbia trovato ispirazione, ma nel ruolo determinante rivestito 
dal gia1idino medesimo nella evoluzione complesisiva defilo stifo dell'autore. 
Nessun rilievo hanno !iln ifine le critiche mosse dal primo giudice alla generi:
cit� del riferimento, contenuto nel rprovvedimento imrpugnato alle riproduzioni 
di autori inglesi ed alfa lettera del Fogazzaro. Si tratta infatti, 
di 1un riferimento che ha lo soopo idi ambientare l'immobiie nella cultura

1

tardo ottocentesca ma ohe non � a fondamento del giudizio di particolare 
rilevanza, che si basa, invece, esdusivamente, sulla considei;azione del 
:ruolo svolto dal gia111dilno nell'evoluzione artistica d:i Monet. 

3, -Analogo inammissibile 1sinda:cato ha, poi, esercitato il primo giudice 
allorch�, in aoco~mento de1l'u'lteriore profilo di doglianza spiegato dal 
Comune, ha iritenuto con autonoma valutazione, che l'immobile vincolato 
fosse inidoneo ad assolvere a qualsiasi funzione documentale, a causa delle 
irreversibhli e profonde mutazioni intervenute nel -corso de] tempo. 

Va in 1proposiito, II'ioordato in punto 1di fatto che la re1azione della 
Sopr-inteDJdenza per i Beni ambientali ed ariohitettnnici d� ipienamente atto 
delle vicende che hanno contrassegnato l'immobhle, ed in particolare della 
avvenuta demoJ.izione de1la villa (peraltro, praticamente irrilevante, giusto 
quanto si � visto sopra) e della lottizzazione parziale del giardino, con i!l 
conseguente venir meno di alcune dehle caratteristiche che fo avevano reso 
celebre. La medesima relazione, pur considerando e dando atto dei predetti 
mutamenti de1la consistenza originale dell'immobile, constata, perailtro, il 
permanere di alcune delle caratteristiche intrinseche del giardim.o, esplicitamente 
riilevando ohe esso � da tempo soggetto a vincolo ai sensi� della 


130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 1497 del 1939, per quanto ridotto, vanta alcune alberature di grande 
pregio, tra cui pailme fra le pi� antiche esistenti in Bordighera� , e concludendo 
che il medesimo � costituisce una testimonianza significativa e singolare 
della storia della pittura europea e di quella defila trasformazione 
defila Riviera di Ponente avvenuta nel secolo scorso �. 

Deriva da roi� che le condizioni del giardino all'atto della imposizione 
del vincolo non solo erano state tenute �iil considerazione dall'Amministrazione, 
ma erano state oggetto Idi un autonomo giudizio, oonclusosi oon il 
riconoscimento della permanenza della caipacit� dell'immobile di costituire 
U!Ila testimonianza siig:nifiloatirva della storia della piVtura europea: eSI�to 
questo, d'altra parte, del tutto logico sol che si 1tenga presente che il 
Giardino Moreno � soggetto al .v;incolo paesistico di ,cui alla 1legge n. 1497 
del 1939. Tale circostanza dimostra infatti che esso, pur nella sua attuaile 
consistenza ha una oggettiva idoneit� ad esprimere un v:a'lore paesistico, 
sicch� non si vede perch� esso non debba essere considerato idoneo a 
documentare il fatto storico che ad esso conferisce particolare rilevanza. 
Si tratta, comunque, di 11.lll chiaro giudizio tecnico-discrezionale drca l'iidoneit� 
del giardino a conseware la memoria del fatto storico ad esso collegato 
che poteva essere suiperato soltanto dimostrando che il medesimo 
era frutto di un travisamento della realt�, essendo le condizioni obiettive 
irn oui versava l'immobile ddve11Se �da quelle rifedte nella relazione e poste 
daH'Arnministrazione a base del proprio apprezzamento. Ii Primo giudice 
non ha, invece riscontrato alcun travi:sao:nento dei fatti, ma si � atnZi riportato 
espressamente alle condiziOilli dell'immobile, quali Tisultavano dalla relazione 
del'la Sorp:rfatendenza per i Beni ambientali ed 1architettoniici della 
Liguria, per dedurre che esse comportavano l'inidoneit� dell'immobile ad 
assolvere a qualsiasi funzione dli dooumento di eventi risalenti al secolo 

SCOI1SO. Ne deriva che il primo giudice ha, m realt�, iinammisisibilmente 
sostituito la propria v<aiutazione a quel'La dell'Amministrazione, essendo 
pervenuto, sulla scorta dei medesimi elementi da questa considerati, ad 
una vailutazione opposta a qruel1a del Ministero dei Beni culturali. 

4. -L'erroneit� della decisione di primo grado, nella parte irn cui ha 
aoooLto il secondo motivo del ricorso di primo grado si ooglie, poi, con 
ancora maggior chiarezza, considerando . che queni che il primo giudice 
ha indicato come �requisiti o condimoni iper la imposizione del vincolo ex 
mt. 2 della legge n. 1089 del 1939 -e quindi come presupposti, la cui 
esistenza o meno pu� es,sere verii�icata dal giudice amministrativo nell'esercizio 
del sindacato di legittimit� costituiscono, in realt�, il frutto di 
apprezzamenti tecniico-discremonaili non sindacabhli in sede di legittimit�. 
Cosi � del primo di tali ,requisiti, identificato nella assierita necessit� 
che � H fotto documentato abbia una concretezza storica e speoificit� 
tali da imprimere al sito in cui si svolse wna connotazione e qualificazione 
a tal punt� pregnanti da giustificare una tutela conservativa di quanto 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

residua nel tempo, a preS10indere dalle immutazioni medio tempore 
pervenute�. � chiaro, infatti, che il giudizio !Sulla �pregnanza� della 
connotazione impressa al sito dal fatto storico costituisce un autentico 
giudizio di merito escLusivamente riservato aill'Amministi:iazione. 

Lo stesso deve dirsi per il secondo dei irequ�.s1ti enucleati dal primo 
giudice, e che dovrebbe sussistere alternativamente al primo ai fini di 
una corretta imposizione del vincolo ex art. 2 (necessit� che l'immobile 
abbia conservato intatte le caratteristiche essenziali che ne determinano 
hl collegamento con fa storia dell'arte e della cultura, cos� da poter assolvere, 
in mancanza di relazione con uno specifico episodio artistico o 
cultui:iale, ad runa .funzione di documento puntuale dei periodo storico): 
il giudizio sulla � idoneiit� � della cosa ad asso1vere a1lla fum.zione di documento 
� parimenti una valutazione eminentemente tecnico-discrezionale. 

Quelli descritti dal giudiice di pa:-.iimo grado non cosHtuiscono, peraltro, 
lin 1a:1oun modo, n� presuipposti n� requisiti dell'imposizione del vincolo 
ex art. 2 della legge n. 1089 del 1939. Si tratta, anzi, di elementi 1nwinsecamente 
contraddittori, dal momento che non si vede come 1a genericit� del 
riferimento ai fatti della storia possa esseire suI1I'ogata dal buono stato di 
c01t1Servazione dell'immobile. 

Va, pertanto, precisato che se .il valore .protetto dal vincolo di cui 
amart. 2 � costituito dal riferimento che le stesse presentano alla politica 
militare, dell'arte e della cultura, in genere, il primo presupposto per 
la relativa imposizione � costituito dal.Ja obiettiva su;ssistenza di fatti o 
eventi storici �ricollegabilli al bene. La circostanza che deve trattarsi di 
fatti della storia della cultura, e quindi di situazioni dotate, Mi quanto 
tali, di una oggettiva identificabiHt�, gar�ntisce la �specificit� del ciferimento. 
Si deve rperaltro osseware che Ja specif.idt� del rifer�imento culturale 
� assicumta daMa specificit� del fatto stori:co, e non dalla modalit� 
in cui tale collegamento si � espresso o ha operato nella storia della 
cultura o de1l'arte. L'esistenza di un episodio storico ricollegabile al bene 
costituisce un presUipposto contro1labile dai gi'llldice di legitthnit�, laddove 
una valutazione 1SuHe modalit� di manifestazione del collegamento 
nella storia della cultura o dell'arte imp1ica ml �l�iudizio sulla importanza 
del riferimento stomco.cultura:Je, riservato all'Amministrazione., Nel caso 
in esame la specificit� del collegamento de1 Giardino Moreno con la 
storia della pittura � ass~ourata dal\la specificit� del fatto storico cost�ituito 
dal1a cfocostainza, obiettivamente verii�icahile �con gli strumenti 
storici, che Monet ebbe ad operare nel Giardino Moreno, \laddove la valutazione 
,se, ai fini della imposizione del vincolo, fosse necessario o meno, 
che Monet ritmesse in una srpecifilca opera il giardino, attiene in realt�, 
alla :valutazione del collegamento culturale, della slll!a importanza e del 
ruolo svolto dall'immobile a1l'interno dela stessa vicenda artistica di 

Monet. 


132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il riferimento del fatto storioo alla cosa -e questo � poi, l'ulteriore 
presupposto -deve conc:tunre ad lllil giudizio di parti.colare J[llportarnza 
detla cosa. Non � rpertanto sufficiente la ricollegabilit� della cosa aill'evento 
della storia della cultura, ma � altres� necessario che itale riferimento 
comporti una peculiare rile\nanza della cosa. Il relativo giudizio l!lon �, 
ovviamente 1sindacabi1e dal giudice ammini!strativo se l!lon nei limiti in 
cui sono sindacabili le valutazioni tecnico-discrezionali dell' Amminist:razione. 
Ci� che costituisce presupposto che si colloca sul rpiano della 
legittimit� del-provvedimento -e clie quindi dovr� essere accertato dal 
giudice aimministmtivo -� �invece la obiettiva esistenza di ta:le giudizio 
di particolare imrportarnza della cosa. 

Quanto, infine, alle condiZJioni in cui versa la cosa, e cio� alla sua 
idoneit� a costituire dooumentazione de1 v.alore scaturente dal fatto storico, 
si deve osser\naire che in linea di iprinlcipio, il vincolo ex art. 2 non 
pooe rproblemi sostanzialmente diversl� da quelli posti dalla imposizione 
del vincolo ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge. Se � vero, infiatti, 

I

che ID tale U1tima ipotesi V�iene in rilievo un valore intrinseco (arti.stico, 
storiico, archeologico, ecc.), della cosa, mentre nei casi ricondudbili all'art. 
2 deHa Jegge n. 1089 del 1939 viene in rilievo un valore scaturente 
da:l collega1IDento della cosa ron il fatto storico, � altres� vero che tali 

l

valori si esprimono e si mainifestano, in entrambi i casi, attraverso 1a 
cosa medesima. 
Anche nell'irpotesi di imrposiZJione del vincolo ex art. 2 della fogge 

n. 1089 del 1939, il giudizio di particolare rilevanza concerne, infatti, ;pur 
l

sempre, la cosa, e quindi la possibilit� di riconoscere, lin essa, l'esistenza 
di un va:lore nascente dal coHegamento con fatti della storia della cultura 

I

o dell'arte. 
La condizione rper l'imposizione del vincolo � costituita, in ambedue 
le irpotesi, dal1a oggettiva riconoscibilit� di un valore ne11e cose da tute


I 
lare sia esso intrinseco a'lila cosa, o invece derivante dal 1suo collega~ 
mento con la storia dell'arte; icon la conseguenza che il giudizio tecnicodisicrezionale 
su!l:l'esistenza del rpartioo1are �lllteresse della cosa (sia ai 

I 

sensi deghl airticdli 1 e 3 che ai sensi de11'art. 2), fondandosi sull'avvenuto 

I

riconoscimento del valore collegato con il bene, imrplicitamente impliica 
un 1arprprezzamento �tecnico-,disorezionale sull'idoneit� della cosa a trasmettere 
il va:Jore in essa iisicritto o ad essa coiilega1Jo. 

LI giudizio �sull'adoneit� della cosa a testimoniare o a documentare il 

I 

valore si confonde, pertanto, con quello sull'esistenza ,e sulla riconoscif 


� 

bilit� del valore da tutelare. 

~ 

Ne deriva che le condizioni di degrado della cosa, o i mutamenti in ~ 
essa verificatesi, ri!levano allorich� comportino il venl�r meno della cosa, ! 
e con essa del "alore iisoritto nella oosa o ad essa collegato. L'eventuale 
provvedimento di in1iposizione del vincolo (ed il relativo .giudizio tecnico-

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

discrezionale) su un bene non pi� esistente o comunque venuto meno, 
risulter� pertanto viziato da un errore sui preSllllpposti, proprio per la 
mancanza non di una capacit� documentale, ma dell'oggeHo stesso su 
cui � destinata ad incidere l'azione di tutela. Ii provvedimento di dkhia� 
razione del partioolare rvalore storico di un bene ha, infotti, pur sempre 
come indi:srpensabile presupposto la reale possibilit� di incidere sul bene 
sottoposto a tutela (IV, 1 febbraio 1983 n. 51). Negli altri casi le condizioni 
di cattiva conservazione della cosa non sono di ostacolo alla imposiziOIIle 
del vincol�, costituendo anzi tale imposizione la premesisa per 
l'eswcizio del potere idi iimrporre al proprietario 1'esecuzione delle opere 
necessarie alla irelativa salvaguardia (IV, 9 dicembre 1969 n. 772; VI, 
18 gennaio 1977 n. 25). 

Discende da ci� che Ia questione, COltl cui si contesta Jl.'idoneit� del 
bene a fungere da documento del rvalore tutelato, si dsolve nella contestazione 
del giudizio tecnico &screziona1,e dell'Amministrazione sulla 
esistenza e riconoscibilit� del valore medesimo; con la conseguenza che 
essa risuJ.rter� ammissibil.e soltlanto ove con essa si faocia valere non 
UJna valutazione diversa, ma una erronea rappresentazione del1a realt� 
posta dall'Amministrazione a fondamento della rpropria vai'l.lJtazione (come 
avrviene allorich� rsi ti.educa che la 1situazione o il concreto stato della 
cosa sono diversi da quelli rposti dall'Amministrazione a bas'e del proprio 
giudizio), o si denunci un vizio dell'iter logico che ha portato alla for� 
mulazione del giudizio. 

5. -I rilievi che precedono evidenziano poi, l'inesistenza del1a carenza 
di istirutto11ia e di motivazione � finalizzate alia ricerca ed identificazione 
di quella speciifidtJ� detl valore documentale del bene� che il TAR ha 
ilnvece ritenuto di dover risoontrare. 
A prescindere, infatti, dal1a ccmsiderazione che' J.'enudeazione di tale 
vizio appare ,iin contraddizione con la a:l�fe:mmta imposizione del vincolo 
� al di fuori dei piresurprposti normativi � (se infatti tali presupposti normativi 
sono insussistenti in �rebus, nOltl si vede come possano essere 
reperiti a seguito di una istruttoria rpi� accurata), si deve osservare 
che la mancanza di adeguata � tS.pecifiidt� del valore documentale del 
bene� affermata dal TAR � in realt� il frutto del diverso apprezzamento 
dioorezionale operato inammissib11mente dal giudice sull'importanza 
del riferimento cultuirale segnalato dall'Amministrazione, sicch� la 
relativa affermazione � destinata a oadere con esso. La specificit�, peraltro, 
va riferita, rcome sorpra� rsi � vis,to, non al �valore documentale� del 
bene -che concerne la capaidt� del medesimo di manifestare il valore 
con esso collegato -ma �al fatto della stoiria dell'arte o della cultUII'a 
che si assume cdlrlegato con la .cosa. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

6. -Fondata �, infine, l'ultima doglianza con cui l'Amministrazione 
aippelloote dedUJCe l'erroneit� d:ella decisione di primo grado nella parte 
in oui, in aocoglimento della relativa censura prospettata dal Comune 
di Bordighera, ha ritenuto ohe l'intervento vincoUstico fosse in :realt�, 
finalizzato a paralizzare l'eft�icacia dell'atto autorizzati'Vo gi� rilasciato 
dall'Amministrazione regionale in ordine alla progettata pisciina. Ed infatti, 
come la Sezione ha gi� avuto modo di affermare, va oonsiderato 
che non di rado i provvedimenti in materia di tutela delle oose di interesse 
artistico o storico, sono adottati nell'imminenza di eventi che ne 
rpossono pregiudicare l'aspetto, la destinazione o la stessa esistenza, e 
che, .tuttavia, tale ciocostanza non pu� essere ritenuta di per s� d:ndice 
di .sviamento dehl'attivit� amministrativa, qualora la stessa risulti comunque 
conforme alla finalit� posta dalla legge (VI, 10 ottobre 1983 
!11. 723). 
N� pu� irncturre ad un diverso convincimento la civcostanza che 
aU'origine dell'intervento vincolistico stia una :segnalazione de11'Associazione 
Italia Nostra. Ci� che c01I1ta, infatti, � che l'attivit� dell'Ammini


1

strazione risulti conforme al1a finalit� di tute'la posta da:lila legge n. 1089 
del 1939, a nulla rilevando la circostanza che l'intervento posto in essere 
con il vincolo possa esser risultato satisfattivo dell'interesse di cui si � 
fatta portatrice la predetta Associazione. 

La circostanza, infine, ohe la relazione della Soprintendenza faccia 
riferimento alle � alberature di grande pregio, tra cui IP.alme iira le pi� 
antiche esistenti in B011dighera �, non pu� certamente essere consJ.derata 
come �s.intomatica del vizio di eccesso di potere per sviamento. L'identit� 
del supporto materiale del bene (il giardino) oggetto di due .diversi tipi 
di tutela ~paesistica e storico.,artistica) non consente di vedere nella 
motivazione del provvedimento il segno dell'esercizio, da rpairte del Ministero 
dei Beni oultmali, di un potere di tutela paesistica. 

Si deve, anzi, sottolineare ohe nell'ottica del provvedimento il riferimento 
alle � alberature idi grande pregio � ha TI vruore di chiarire che, 
nonostante gli interventi s1UOcedutisi nel .ternrpo, fimmobile in questione 
ha sostanziaJ.mente mantenuto la propria identit� di giardi'I10 di pa:rticolare 
pregio, che tanta parte ebbe nella evoluzione arN1stica di Monet. 

7. -Il Comum.e di Bordighera ha riproposto in qruesta sede un profilo 
di doglianza gi� spiegato in prime cure, e non esaminato dal TAR, e 
concernente l'assenza di qualsiasi cenno, nell'iI11iplUlgnato decreto alle ragioni 
per le qua:1i l'Amministrazione dei Beni oullturali ha ritenuto di 
disattendere le .specifiche deduzioni con cui il medesimo Comune di 
Bordighera aveva rilevato l'impossibilit� di procedere ana .imposi:cione 
del vincolo. 
Il rilievo �, rperaltro, del tutto privo di consistenza. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

� noto infatti, che alcuni procedimenti volti aila imposizione di vincoli 
o prescrizioni -come quelli concernenti 1a fmmazione dei piani 
regolatori comunali -prevedono espressamente la possibilit� della presentll2lione, 
da parte dei so~getti interessati, di osservazioni o controdeduzioni. 
� noto a:ttresl, cne nes1Slllll obbligo di srpedfioa motivazione 
del .rigetto di tali osservazioni sussiste in capo �all'Amministrazione, obbedendo 
l'intervento dei privati nel procedimento ad una funzione meramente 
collaborativa (IV, 10 marzo 1981 n. 246). A maggior ragione deve, 
pertaJilto, escludersi, nella fattispecie, la necessit�, nell'impugnato prov


\ vedii;nento di vincolo, di una motivazione concernente il rigetto delle 
osservazioni furm'll'late dal Comune di Boiidighera, dal momento ohe il 
procedimento vo~to ailla imposizione del vincolo ai sensi della legge n. 1089 
del 1939 non :prevede alcun intervento con funzione wllaborativa dei 
soggetti destma<tari del vincolo. (omissis) 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 agosto 1986, n. 642 -Pres. Laschena Est. 
Pajno -Soc. I.F.C.M.E. (avv. Roversi Monaco) c. Comune di 

S. Lazzaro di Savena (avv. Graziosi). 
Giurisdizione civile -Sanzioni amritinistrative -Funzione ripristinatoria � 
Interesse legittimo -Funzione punitiva � Diritto soggettivo. 

Giurisdizione civile � Sanzioni amministrative � Alternativit� tra sanzione 
pecuniaria e misura ripristinatoria � Interesse legittimo � Sanzione pecuniaria 
ragguagliata al danno � Diritto soggettivo. 

Giurii;dizione civile � Sanzioni amministrative � Cave e miniere -Sanzione 
pecuniaria � Diritto soggettivo � Obbligo concorrente di ripristino � 
Irrilevanza. 

Rientrano nella giurisdizione del G.A. solo le opposizioni alle sanzioni 
amministrative aventi carattere ripristinatorio (in quanto esse postulano 
un intervento idoneo a realizzare seppure in via successiva l'in� 
teresse attribuito alla tutela della P.A.. e a.u�ndi concernono interessi 
legittimi) e non anche le opposizioni a sanzioni pecuniarie che assolvono 
ad una funzione meramente punitiva dinanzi alla quale la posizione del 
privato ha consistenza di diritto soggettivo. 

Rientrano nella giurisdizione del G.A. le opposizioni alle sanzioni 
amministrative cui la P.A. pu� attribuire alternativamente funzione .ripristinatoria 
o solo punitiva, ma non le opposizioni alle sanzioni pecuniarie 
che siano ragguagliate al danno arrecato ed abbiano quindi funzione 
risarcitoria. 

La sanzione pecuniaria prevista dalla legge 13/ 1970 della regione Emilia 
per l'abusiva ,coltivazione di cave ha natura solo punitiva anche se � 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

previsto in via cumulativa l'obbligo del contravventore di provvedere alla 

riduzione in pristino dei luoghi escavati, per cui la relativa opposizione 

rientra nella giurisdizione del G.O. 

'1. -Con l'unico, axticolato motivo di gravame Ja Societ�. appellante 
dedUJCe l'el'roneit� de1la decisione di primo grado, COl11 la qua:le il Tiribunale 
amministrativo regionale dell'Emilia Romagna ha dichiarato il proprio 
difetto di giurisdizione in o:ridine alle impugnazioni delile ordinam.ze 
con cui i'1. Comune di S. Lazzaro di Savena iha provveduto a determinaxe 
rispettivamente in lire 30.000.000 (n. 8382 del 23 1UJglio 1979) ed in lire 

50.000.000 (n. 12873 del 24 novembre 1979) le somme dovute dalJ.a medesima 
appe1lante, per l'attivit� di abusiiva escavazione, ai sensi della legge 
de1la Regione Emilia Romagna n. 13 del 2 maggio 1978. 
Osserva, al riguardo, 1a Societ� IBCME che f'orientarrnento giurisiprudenziale 
oui si sarebbe rifatto il p:rimo giudice per negare la propria 
giurisdizione si fonda sul prindpfo secondo oui 1e sanz�O!ni amministrntive 
non penali incidono su diritti soggettivi se hanno funzione meramente 
punitiVla, e su iinteres1si legittimi se hanno aoche funzione ripristinatoria. 
Siffatta funzi0111e (anche) ripristinatoria (e non meramente 
afflittiva) non potrebbe, secondo ia Societ� appel'lante, essere negata� 
ailla sanzione pecuniaria prevista daiJ.la IJ.egge regionale n. 13 del 1978. 

L'art. 21 della citata legge regionale n. 13 del 1978 porrebbe, infatti, 
in CO:U()()rso con la sanzione pecuniairia prevista dal primo comma, l'obbligo 
del contravrventore di p11ovivedere alla riduzione in pristino dei 
luoghi escavati. Ta:le ci11costanza, unitarrnente . al criterio prescelto dall'Amministrazione 
comUIIlale allo soopo di deterrninaTe in concreto l'ammontare 
(la sanzione � stata infatti ;raggua:g1iata al vailore venale dei 
materiali escavati abusivamente, in anafogia a quanto disposto dall'art. 25 
della legge n. 10 del 1977) dimostrerebbe la natura non meramente afflittiva 
ma aa.1!che dpdstmatoria della sanzione pecuniaria in questione, 
ohe qpererebbe alla stessa stregua dellle sanzioni U1Tbanistiche, in ordine 
a'lle quali � paicifica la sussistenza della giU1Tisdizione del giudice amministrativo. 


La sanzione pecu:nia:ria applicata nell� fattispecie ooncorrerebbe, infatti, 
1con quella del1a rimessione m pristino e verrebbe, altres�, determinata 
in misura p:a:ri aill'equiva1ente del valore deil materiale escavato, 
cos� oome le sanzioni urbanistiche. L'Amministrazione oomunale avrebbe, 
pertanto, esercitato ne'lla fattispecie una attivit� discrezionale, disponendo 
l'irrogazione della sanzione in modo diretto e non mediato all'esigenza 
di salvaguardare il territorio dall'abusiva escavazione. Rispetto a tale 
attivit� discrezionale, ooncerrne!Ilte il perseguimento di un interesse pubMiico 
specifico, sussisterebbe in capo al privato una posizione di interesse, 
oon la conseguente spettanza al giUJdice amministrativo delle controviersie 
concernenti l'esercizio di tale attivit�. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

A ta1e esito non potrebbe oppo11si, sempre ad avviso della Societ� 

appellante, il richiamo contenuto nehl'art. 21 dehla ~egge regionale n. 13 

del 1978 alle disposizioni previste dalla ~egge statale n. 706 del 1975. 

Tale richia1II10 concernerebbe, infatti, escJusirvaimente le procedure ammi


nistrative per l'im-ogazione della sanzione e II10JJ., invece, 1e procedrure 

giurisdizionail.i; ci11oostanza, questa, pi� che owia, non potendo il legi


slatore regionale porre nol1111e sulla gimisdizione. 

La censura proposta dalla societ� appe11ante � infondata, e deve 
-pertanto essere rigettata. 

Va, in proposito, preliminwmente ricoroato che, secondo un indi


rizzo da temrpo oonsolidato sia nell.a giu;risprudenza di questo consesso 

che della Corte �regolatrice, al fine di procedere aM'esatta :identificazione 

della sede igiuri!sdizionale dinanzi alla quale posisa, eventualmente, essere 

fatto valere il diritto dcl cittadino alJa tutela giurisdizionale della prop~fa 

sfera giuridica incisa dal proViVeaimento 1sanzionatorio dell'Amministra


zione, occorre aver riguardo alla natura -se affJittiva o ripristinatoria 


della sanzione medes�m11. 

� questo, d'altra parte, un esito ctel tutto logico, sol che si tenga 

presente che ail.Ja diversit� de1Qa funzione della sanzione 1Cordsponde una 

diversit� di struttura della posizione soggetttva del cittadino. Mentre, 

infatti, alla sanzione con funzione ripri'.stinatoria � correlata una posi


zione di interesse fogirt:timo, alla sanzrnne di carattere afflittivo apprure, 

invece, collegata una posizione d1 ctmtto sogigettivo: il che ev1denzia 

come il critecio decisivo per 11 1dparto di giurisdizione sia rpur sempre 

costituito, anche nella materia �in quesnone, da quelllo tradizionale che 

fa riferimento alfa consistenza della posizione soggettiva oggetto del 

provvediJlllento ammini!strativo, quale viene effettivamente stabilita e 

delineata dall'ordinamento. 

Premesso, infatti, che l'assoggetta1II1ento ai determinati comporta


menti ad UIIla sanzione amministrat1va esipLrime in via ge.nerail.e un giu


dizi!o di disvalore formulato !Ilon in relazione aftl'ordinamento consi!derato 

nena sua globa1it� ~come avviene per 'I.a sanzione penale) ma con riferi


mento ad interes'Si pubblici sipecifici, affidati alla tutela puntuale della 

Pubblica amministrazione preposta ad un determmato ramo di attivit�, 

� stato autorervdLmente osservato cne nspetto a tale attivit� la sanzione 

obbedi!sce ad un ruolo aiocessor~o e snrumentale, d1 presidio e di garanzia 

(Cass. SS.UU., 14 febbraio 1978 n. 926). Val quanto dire che [a potest� 

sanzionatoria non si identli'rca, In via generale, con la funzione di go


verno o di rtute1a di determ1nati interessi. aff~data 0!lla Pubblica ammi


nistrazione ma che � invece aa essa accessoria. con evidenti intenti di 

garanzia; con la conseguenza cne, ano soopo di mdividuare la sede della 

tutela giurisdizionale del ctttaruno nspetto al potere sanzionatc:xrio del


1'Amministrazione, occorre aver r1guwao alLa collocazione del1a situazione 


138 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

soggettiva incisa da'I concreto atto sarnz1onatono ri'spetto alla funziontamministrativa, 
di tutela e di cure degli interessi :presi in considerazione, 
e dal provvedimento sanzionatorio ausiliata e sussidiata. 

Deriva da ci� �che dov:r� farsi 1uogo alll'affermazione della giurisdizione 
del giudice amministrativo allorch� la posizione soggettiva incisa 
dall'atto sanzionatorio si trovi .gi� tricompresa nelJ.'ia:rea del potere sussidiato 
dalla sanzione. La circostanza infatti, ohe la posizione soggettiva 
correlata ana sanzione risUilti ricompresa nell'aTea di esercizio del !J?Otere 
dell'Ammin�strazione di procedere a determinati interessi, comporta la 

�Sostanziale coincidenza . di tale posizione con quelfa direttamente e.or.relata 
all'esercizio del potere sussidiato dalla sanzione, con il conseguente 
atteggiiarsi deilla posizione soggettiva in termini di interesse legittimo. 
Una situazione del genere -che vede 1a sostanziale coincidenza di 
talle posizione con quella direttamente oor.relata con l'esercizio della 
funzione attribuita all'Amministrazione, e della situazione .so~gettiva col'
legata ial potere sanzionatorio sussidiario -si verifica neil caso delle 
sanzioni riJpristinatorie ~Cass,. 24 febbraio 1978 n. 926). Queste ultime, 
:iinfatti, rproprio peroh� volte ad ottenere la reintegrazione della concreta 
situazione storica esistente .prima dell'il.legittimo inteniento del privato, 
aipipa:iono in qualche modo diirettamente correlate aM'interesse pubblico 
tuteLa:to dalla funzione sussidiata e attribuita a11'Amministrazione. Le 
sanzioni restitutorie, miiraindo non ad una reintegrezione per equivalente, 
ma a ristabilire Ie condizioni ipTeesistenti ana violazione posta dal privato, 
postulano un intervento capace di realizzare, direttamente, anche 
se in via .successi-via e nOlll preventiva, <l'interesse pubblico attribuito alla 
tutela dell'Amministrazione. L'ausiliariet� deJfa potest� sanzionatoria si 
manifesta in questo caso inedia:nte un intervento che consente direttamente 
�l perseguimento, �sia pure_ in via suocessiva, dell'interesse pubblico 
attribuito alla funzione ausiliata. 

Allorch�, invece la situazione soggettiva incisa daHa sanzione si 
co1loca aJ di fuori dehl'area del potere attribuito all'Amministrazione per 
il perseguimento degli interessi e, pur facendo capo al medesimo soggetto 
tiro1are della posizione soggettiva cor.relata con tale potere, non ..-:oinc:ide 
con questa ultima, la sanzione medesima non obbedrsce ad una funzione 
ripristinatoria, ma ad un'altra meramente punitiva, volta a garantire non 
gi� il perseguimento diretto degli interessi tutelati, ma iJ. rispetto della 
normativa ;posta a presi:dio dell'interesse pubblico. 

In tale situazione la sanzione assolve ad un truolo meramente puniti'V'O, 
sicch� l'irrogazione della medesima si risolve ne1'1a compressione della 
sfera di libert� del cittadino ~Oass. SS.UU., 24 febbraio 1978 n. 926), a tutela 
della quale sono dettate le norme che disd:plinano i presuipposti e le modalit� 
de11a relativa hirogazione. Realizzando direttamente una compressione 
delle .sfere di libert� del cittadino, l'eventuale controversia in cui si faccia 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

va1ere. l'inesistenza dei presupposti che legittimano il Ticorso alla sanzione, 
o la violazione de1la normativa che ne disciplina le modalit� di 
erogazione, non pu� .che aip(prurtenere alla igiurisdizione del giudice ordinarrio 
(Oass. SS.UU. n. 926 del 1978, citata). � 1questa, d'a!ltra parte, ,u;na conseguenza 
direttamente discendente dalla natura deUe 1sanzioni in questione: 
esse, infatti, riooHegando conseguenze di carattere puramente afflittivo 
alla violazione di precetti che si impongono in via generale a tutti 
i membri della oollettivit�, adempiono ad una funzione sostanzialmente 
non diversa da quella propria delle sanzioni penali. Deriva da ci� che 
-come � stato autornvolmente posto in luce (Ad. !P'len. 28 ottohre 1980 

n. 42), anche per ta:li sanzioni deve considerarsi operante il pTincipio 
valido per le sanzioni penali, consistente nella stretta sub011dinazione 
della loro irrog�bilit� a11"effettivo piuntuale ricorrere, in ooncreto, della 
fattispecie tipka rprevista d�lla norma; oon la natura!le conseguenza 
che l'appliicazione della sanzione al di fuori di ta!le piresupiposto finisce 
con i[ 0oostituire non gi� mero scor0retto esereizio del potere per trarvisamento: 
insussistenza ed erroneit� ;del fatto, bens�, pi� radioalmente, 
vero e proprio agire deilil'Amministrazione in carenza di potere, e dunque 
lesione sine titulo defila sfera patrimoniale del soggetto inciso (Ad. plen. 
28 ottobre 1980 n. 42 cit.). 
Alla stregua delle superiori notazioni appare, pertanto, evidente che 
le sanzioni amministratirve pecuniairie, proprio perch� tali, obbediscano 
in via norma1e ad una funzione meramente arfrflittirva. Pr0opdo, infatti, 
peroh� il'irrogazione delle stesse si risolve nella comminatoria del pagamento 
di una somma di denaro, ole sanzioni amministrative pecuniarie 
sono inoaipaci di adempiere ad una funzione ripristinat0tria, non essendo 
possibile ristabilire, attrarverso di �esse, la situazione preesistente �ll'interrvento 
del 1privato, in tal modo pienamente ripristinando, attraverso 
l'aippli:cazione della sanzione, la situazione :precedente aliJ.a rviolazione. � 
aippena il caso di av;vertiire, perailtro, che ta!le inicapacit� delle sanzioni 
pecuniarie .di adempiere ad una funzione ripristinatoria sussiste anche 
quando esse appaiono, in concreto, determinate nel loro ammontare 
seoondo un criterio che, in qualche modo, sia rv~lto a re�lizzare una quantificazione 
del danno apportato (nelle ordinanze impugnate in questa sede 
il Comune di S. Lazzaro di Sarvena ha ra~guagliato a'l valore del materiale 
abusivamente escavato l'ammontare de1la sanzione). 

Una circostanza del genere �, al pi�, idonea ad evidenziare che le 
sanzioni pecuniarie in tal modo 11.'agguagliate rispondono anche ad uno 
scopo lato sensu risarcitorio: il che, aippunto, es'Olude ogni natura ripristinatoria, 
facendosi Luogo al risarcimento pecuniario per equivalente, 
secondo i principi generali, allorquando non sia pi� possibile aiJ.cuna forma 
di restitutio in integrum. La naturale co~relazione delle sanzioni ammi� 
nistratirve pecuniarie ad u;na posizione di diritto soggettivo, � stata, d'altra 


RASSFGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

paTte, esrpUcitamente rilevata dalla Corte regolatrice, rche, con la decisione 

n. 4892 del 27 ottobre 1978 ha, ,appunto, ribadito la giurisdizione deiU'AGO 
a conoscere dell'opposizione all'irrogazione di una sanzione amministrativa 
per la violazione della disdiplima 1sui ,prezzi dei beni di largo COl11'sumo, 
osservando tehe tale sanzione �per '1a sua natura generioamente pecuniaTia, 
non indde sulla situazione soggettiva inclusa nell'airea oggetto dello 
specifico potere di governo da essa 1sussidiato �,e che la medesima, proprio 
in quanto pecuniaria �assolve cio� non ad una funzione ripriistinatoria ma 
meramente punitiva� (Cass. 27 ottobre 1978 n. 4892, cit.). 
Peraltro, se le sanzioni amrr�ini:stra:tive pecuniarie obbediscono in via 
normale aid una funzione normalmente afflittiva, riinforzanido il iprecetto 
e garantenido indirettamente, attraverso la p�eaia minaiociata, l'interesse 
che sta a fondamento del precetto medesimo, esistono tuttavia dei casi in 
cui, a determinate sanzioni pecuniarie, risulta assegnata una funzione anche 
riipriistinatoria. 

Tale esito si 'Verifica, come � noto, al~orch� il:a misura pecuniaria sia 
inserita in ,un pi� vasto sistema sanzionatorio ohe la configuri come alternativa 
alla sanzione o:-iipriistinatoria, rimettendo alla discrezionalit� dell'Amministrazione 
la comminatoria dell'una piuttosto che dell'altrn. 

La circostanza, infatti, che l'OO'."dinamento configuri le due misure come 
alternative, implica un giudizio oggettivo dell'rurlinamento medesimo di 
omogeneit� funzionale deLle due sanzioni (Cass. 24 febbraio 1978 n. 926, cit.). 
il che comporta l'attrazione della posizione soggettiva incisa nell'area 
del potere di goveo:-no a tutela delfinteresse pubolico direttamente perseguito 
dalla misura ripri!stinatoria. La scelta dell'AmminiJsW:'azione di infliggere 
l'una o l'altra sanzione -e quindi anche quella peouniaria costituisce, 
d'altra parte, espressione tipica del potere deH'Amministrazione 
di proV1Vedere alla curn dell'interesse attiribuito alla pubblica funzione 
di cui � titolare J'Amministrazione medesima. � quanto avviene per le 
sanzioni .previste a tutela delle bellezze natura!li dalla legge n. 1497 del 
1923, il cui art. 15 primo comma, testua1mente .padfica -a[ fine del pi� opportuno 
perseguimento de'll'interesse pubblico, la sanzione pecuniaria con 
quella ripristinatoria, o per le sanzioni poste~dalla legge ID.. 10 del 1977� 
per gli illeciti urbanistici, J'esercizio di una tipica potest� discrezionale di 

I 
~ 
! 
11Iatura gestorio-amministrntiva, anche quando si provveda all'irrogazione 
della pen(l pecuniaria, naturalmente inerendo ana relativa determinazione 
�['apprezzmnento della compatibilit� del!l'opera COiJl lo stato dei luoghi � 
(A!d. plen., n. 42 del 1980, cit.). 

Allorch�, pertanto, l'ondinamento configuri una sanzione pecuniaria f 

f 
come alternativa -e .propTio per ta:le ragione, come equiipohlente alla f.
f. 
sanzione riipristmatoria -l'irrogazione della misuira pecuniaria al pasto 
di quella restitutoria costituisce esrpressione del potere di provvedeo:-e alla 

I 

cura diretta dell'interesse tutelato dalla norma attribuita daJla funzione 

\ 

I 
l 


I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

pubblica all'Amministrazione, con il conseguente atteggiarsi in termini 
di interesse �legittimo della situazione soggettiva indsa daNa sanzione. 

Appare, d'altra parte, ohiaro che tale esito deriva non dalla obiettiva 
natura pecuniaria (iin s� considerata) della sanzione, ma dalla particolare 
funzione assegnata dall'ordinamento alla miisura peouniaria, mediante 
['eSiplicita configurazione di essa in termini di alternativit� con la misura 
riipristinatoria. 

� quindi soltanto l'ordinamento che, eS1ptrimeIJJdo attraverso l'alternativit� 
un giudizio esiplicito di equilpo1lenza tra la sanzione riipristinatoria e 
la sanzione pecuniaria, assegna a quest'ultilIIla, nell'<ambito di un concreto 
sistema sanzionatorio, la prevalente funzione restitutoria. 

2. -Alla luce delle superiori considerazioni pienamente esatta si 
palesa la declaratoria di difetto di giudsdizione adottata dal primo giudice, 
risultando chiara la natura meramente afflittiva del:la sanzione pecuniaria 
prevista dalla legge della Regione Emma Romagna n. 13 del 1970 per 
l'ipotesi di abusiva coltivazione di cave e torbiere. 
L'airt. 21 deHa citata legge regionale dispone, infatti, che � chiunque 
eseociti l'attivit� di coltivazione di cave e torbiere senza avere ottenuto 
la prescritta autorizzazione o allorquando l'autorizzazione sia stata sospesa 
o �revocata, � soggetto a sanzione pecuniaria non inferiore atl milione 
di lire e non superiore a cinquanta milioni, fatte salve le eventuali sanzioni 
di carattere penale. Tale sanzione pecuniaria � irrogata dal Cofu.U!lle, 
sentite ila Commission� comprensoriale, o su proposta della medesima, e 
del provvedimento viene data contesuale comunicazione al comprensorio 
competente �. 

Il secondo comma deH'art. 21 presorive, altres�, che � l'madempiente 
deve, inoltre, provvedere alla riduzione in pristino dei luoghi escavati. 
Ove a ci� non ottemperi, provvede l'Amministrazione comunale addossando 
le spese al trasgressore �. 

Dall'esame delle disposizioni sopra richiamate discende con chiarezza 
che la legge deMa Regione Emilia-Romagna n. 13 del 1978 non disegna un 
sistema in cui la sanzione pecuniaria � configurata come alternativa alla 
sanzione ripristinatoria, ma al contrario introduce una obbligatoria misura 
pecuniaria, in ordine alla quale nessuna discrezionalit� � riconosciuta 
ali.l'autorit� competente, ponendo anzi la legge (art. 21 sesto comma) 
uno specifico potere sostitutivo del Presiidente del comprensorio per l'ipotesi 
ohe il Comune ometta di provvedere, affiiancando alla medesima, cumufativamente, 
l'altrettanto obbligatoria sanzione della rimessione in 
pristino, eseguita eventualmente d'ufficio in danno del contravventore. 

Il sistema di cui a1l'art. 21 de1la legge regionale n. 13 del 1978 pone, 
pertanto, due sanzioni (una pecunl�.aria e 1l'ailtra ripristinatoria) che devono 
essere obbligatoriamente e cumulativamente applicate, senza alcuna pos



142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sibilit� di scelta fra l'una o l'altra, nei confronti del medesimo contra'VVentore. 


La sanzione pecuniairia di oui all'art. 21 della legge n. 13 del 1978 ha, 
pertanto, una esclusiva natura afflittiva, dal momento che essa si affianca 
e ,si cumula alla misura ripristinatoria. 

Soltanto l'alternativit�, infatti, rendendo sostanzialmente equipollenti 
le misure pecuniarie e quelle riipristinatorie, � idonea ad attrarre la 
sanzione pecuniaria nell'area del potere di tutela e di governo dell'interesse 
pubblico settoriale affidato alla Amministrazione, attribuendo ad esse 
anche connotati .gestorio-amministrativi, con il conseguente atteggiarsi in 
termini di interesse legittimo deMa posizione sogrgettiva correiJ.ata. 

� quanto, d'altra parre, hanno di recente affermato le Sezioni unite 
della Corte di cassazione, le quali, pronunciandosi in ordine al sistema 
sanzionatorio previsto dalla legge regionale della Lomba[1dia 15 aprile 
1975 n. 51 per le opere di abusiva apertura a coltivazione di cave, hanno 
espressamente escluso la possibilit� di configurare in caipo al privato, nei 
confronti del provvedimento di irrogazione di una sanzione pecuniaria, 
una posizione di interesse legittimo, ed affermato, invece, fa rgiurisdizione 
del gmdice ordinario, proprio peTch� le sanzioni pecuniarie sono dalla 
predetta ilegge contemplate in via autonoma e cumulativa e non, invece, 
in via alternativa rispetto alle misure di carattere riipristinatorio (Cass. 
SS.UU., 7 marzo 1985 n. 1881). 

Del tutto erroneamente, pertanto, l'appellante richiama il sistema 
previsto dalla legislazione urbanistica, dal momento che le misure (pecuniarie 
e ripristinatorie) in esso previste hanno un chiaro carattere alternativo. 


La Supren:ia corte ha, d'altra parte, di recente affermato la natura 
meramente punitiva, e non .alternativa con misure di tipo dpil'istinatorio, 
delle sanzioni pecuniarie amministrative previste dagli artt. 10 e 11 della 
previgente legge regionale de11'Emilia-Romagna 26 gennaio 1976 n. 8 per 
l'ipotesi di indebita attivit� di coltivazione di cave e torbiere e per le indebite 
estrazioni di materiali dai corsi d'acqua (Cass., 7 marzo 1985 n. 882); 
al medesimo esito deve, pertanto, pervenirsi per quanto riguarda le sanzioni 
pecuniarie previste dall'art. 21 della s�ccessiva legge regionale delrl'Emilia-
Romagna n. 13, recante la nuova disciplina dell'attivit� estrattiva. 

Il contenuto precettivo dell'art. 21 della citata legge n. 13 del 1978 
�, infatti, assolutamente identico a quello de1l'art. 10 della legge regionale 
dell'Emilia Romagna n. 8 del 1976. 

3. -I rilievi sopra esposti evidenziano, altres�, come nessuna posizione 
di interesse legittimo.sia configurabile nei confronti dell'attivit� dell'Ammmistrazione 
comunale volta a determinare la misura della sanzione. Si � 
visto sopra come la circostanza che nell'ammontare delle medesime sia 
stato ragguagliato al valore del materiale abusivamente escavato sia del 

PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

tutto inidonea a far considerare la �sanzione pecuniaria paxtecipe di una 
funzione ripristinatoria, evidenziando, semmai, il perseguimento, attraverso 
l'krogazii.one dehla sanzione, di un intento in senso lato risarcitorio. 
t!. comunque, appena il caso di accennare, che nel sistema introdotto dalla 
t 24 novembre 1981 n. 689 le questioni concernenti la misura e l'ammontare 
deHa sanzione -pvima sottratte al sindacato di qualunque giudice 
in quanto attinenti ali merito dehl'attivit� amministrativa -sono devolute 
alla coglllizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, essendo stato attribuito 
al Pretore, con l'art. 23 undicesimo comma (applicabile a tutte le violazioni 
di carattere amministrativo, ancorch� commesse prima dell'entrata 
in vigore della legge: Cass., SS.UU., 7 marzo 1985 n. 1880) il. potere non 
solo di annullare, ma anche quello di modificare l'or�dinanza irrogativa 
della misura pecuniaci.a �anche limitatamente all'entit� della sanzione 
dovuta�. 

4. -Le avgomentazioni sopra esposte rendono superfluo l'esame approfondito 
dei rilievi prospettati daUa Societ� appellante circa il valore 
del richiamo alla �disciplina di cui aJlla legge n. 706 del 1975, contenuto 
nell'art. 21 quarto comma della legge �regionale dell'Emilia-Romagna n. 13 
del 1978. 
Sembra, comunque, il caso di far presente che esso costituisce una 
diretta conseguenza della natura meramente afflittiva delle sanzioni pecuniarie 
in questione, e che tale richiamo deve, ormai, intendersi sostituito 
con quello della I. 24 novembre 1981 n. 689. 

CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 20 febbraio 1987 n. 67 -Pres. Ancora, 
Est. Perricone -Benincasa (Avv. Clarizia) c. Ministero Poste (Avv. 
St. Arena). 

Impiego pubblico � Provvedimento disciplinare � Dispensa dal servizio � Violazione 
del dovere di fedelt� � Violazione segreto di ufficio. 

Costituisce violazione del dovere di fedelt� e non del segreto di 
ufficio, dando quindi luogo all'applicazione della sanzione della dispensa 
dall'impiego, il fatto del dipendente che abbia riprodotto su un foglietto 
tutti i dettagli d'un ufficio postale in cui transitano valori postali indicandovi 
porte e sistemi d'allarme destinati a rimanere segreti per gli 
stessi operatori. 

DIRITTO -L'appellante ha impugnato la decisione di primo grado 
con la quale � stato dai primi giudici rigettato il ricorso avverso il provvedimento 
di dispensa dalfimpiego assunto nei di� lui confronti dal Mini



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

144 

stero delle poste e telecomunicazioni ai sensi deLl'art. 84 lett. b) del T.U. 
10 gennaio 1957 n. 3. 

H fatto imputato disciplinarmente aill'appellante e che ha portat� ailila 
di �Lui dispensa dall'impiego �consiste nell'avere egli rip:rodotto su un 
foglietto con tutti i dettagli la pianta dehl'Ufficio postrue ferrovia, dal 
quale transitano tutti i valori posta>li in arrivo, con l'indicazione de11.e 
porte e dei sistemi d'alllarme: foglietto trovatoglii nei borsello dai carabinieri 
durante l'esecuzione di un o:ridin� di cattura per altra imputazione. 
Per quest'ultima (concorso in tentata rapina, omicidio volontario, ecc.) 
egli veniva prosciolto in istruttoria per insufficienza di prove, ment,re 
per quehla cui aveva dato luogo il rinvenimento della piantina (a!ltra 
tentata xapina) era ;prosdOllto pure in istruttoria, � perch� il fatto non 
costituisce reato�, e poi sottoposto dall'Amministrazione di appartenenza 
a procedimento disciplinare per vic>lazione del dovere di fedelt�. 

A tale riguardo, con il primo motivo di ricorso, lamenta �l'appellante 
ohe l'infrazione contestatagli non avrebbe dovuto essere inquadrata in 
quella di violazione del dovere di fedelt�, che aivrebbe un contenuto etico 
concretizzabile in ipotesi di reato o di speoifiohe infrazioni disciplinari, 
ma piuttosto in quella di violazione del sega"eto d'ufficio. 

La questione sottoposta al Collegio, cos� come prospettata dal ricorrente, 
si riduce quindi nello stabilire se l'infrazione disdplinare contestatagli 
e che ha portato alla di lui destituzione dall'impiego sia stata, nel 
procedimento condotto a suo carico, correttamente inquadrata nell'ipotesi 
di cui all'art. 84 lett. b) del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 e cio� in quehla di 
violazione del dovere di fedelt� o se piuttosto tale infrazione avrebbe 
dovuto essere �ricondotta sotto l'ipotesi di vioiazione del segreto d'ufficio, 
per la quale � prevista una sanzione meno grave di quella inflittagli. 

La soluzione negativa � diretta conseguenza della interpretazione 
letterale e logica dell'art. 15 del T.U. 10 febbraio 1957 n. 3 sul segreto 
d'ufficio. 

Recita la disposizione che l'impiegato non pu� da:re a chi non ne abbia. 
titolo informazioni o notizie � delle quali sia venuto a conoscenza a 
causa del suo ufficio quando possa derivare .danno per l'Amministrazione 

o per i terzi �. 
Perch� si abbia violazione del segreto d'ufficio occorre, quindi la conoscenza 
di informazioni o notizie in ragione dell'ufficio, la divulgazione di 
tali informazioni o notizie ed il possibile danno per la Amministrazione.. 
Il richiamo ad info:tmazioni o notizie conosciute � a causa del suo ufficio � 
chiaramente �collega la diffusione delle notizie ed info:rmazioni alla conoscenza 
che l'impiegato ne abbia nell'espletamento dei compiti a lui demandati. 
Restano, quindi, escluse dalla violazione del segreto d'ufficio quelle 
informazioni o notizie di cui l'impiegato, pur nell'ambito dell'ufficio abbia 
potuto avere comunque conoscenza. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Ora, il ricorrente non era depositario dei �segreti relativi ai sistemi 
di sicurezza dell'ufficio in oui lavorava, n� � prnvato che il foglietto 
sequestratoglii all'atto dell'arresto contenente le notizie concernenti tali 
sistemi e fa loro ubicazione sia stato dallo stesso divulgato prima del 
sequestro. 

Legittimamente, quindi l'Amministrazione ha inquadrato l'infrazione 
commessa 1sotto altro titolo. 

Come oorrettamente rilevato nella sentenza di primo grado i fatti 
idonei a dare luogo aresponsabilit� disciplinari non sono definiti da norme 
di legge o da 1regolamenti, non applicandosi ad essi il principio della 
tassativit� dehle ipotesi di reato del diritto penale, ma piuttosto le indicazioni 
al riguru:ido contenute nelle nonne relative al procedimento disciplinare 
comprensive di diverse ipotesi: � la stessa Amministrazione che in 
sede di formazione del prowedimento sanzionatorio stabilisce il rapporto 
tra l'infrazione ed il fatto, il quale necessariamente assume rilevanza 
disciplinare in base ad un appxezzamento di lal."ga discrezionalit�. 

Nella fattispecie, la valutazione al riguardo compiuta dall'Amininistrazione 
� indicata nella �relativa delibera del Consiglio centrale di disciplina 
e questa in sostanza, considerato che le misure di sicurezza ed i congegni 
di allarme dovevano restare segretissimi, qualifica il comportamento 
tenuto dall'impiegato (causa potenziale di notevole danno per avere 
portato fuori la succitata piantina) in grave contrasto con i doveri di 
fedelt� dell'impiegato: dovere contemplato dall'art 11 del T.U. n. 3 
del 1957 e la cui violazione � sanzionata daLI'art. 84 il.ett. b) dell'anzidetto 

T.U. n. 3 del 1957. 
L'ipotesi disciplinare, contrariamente a quanto ,sostenuto dal Ticorrente, 
� quindi .concreta e specifica e l'obbligo di fedelt� cos� inteso non 
pu� �certo qualificarsi come sola affermazione di �un principio etico: in 
base al rapporto di impiego, in positivo c'� il dovere dell'impiegato di assolvere 
ai compiti del proprio ufficio neH'interesse deH'Amministrazione 
e, in negativo, quello di astenersi da qualsiasi azione o comportamento 
ohe comunque possa essere pregiudizievole per l'Amministrazione. 

L'ipotesi di violazione dell'obbligo di fedelt� �~certo pi� grave rispetto 
a quella di violazione del segreto d'ufficio e sanzionata in maniera pi� 
pesante, comportando, come nella specie si � verificato, la destituzione 
dall'impiego. 

La contestazione al ricorrente di un simile addebito, non � peraltro 
inconferente in relazione ai principi generali surrichiamati e neppure ilfogica, 
tenuto conto che il comportamento dello stesso appare ancora pi� 
grave, giacch� egli, non essendo a conoscenza per dovere d'ufficio di quei 
segreti e non avendoli appresi per caso, necessariamente ha dovuto 
attivarsi per venirne . a conoscenza e li ha riprodotti. L'atto, quindi, � 
in s� e nella sua pericolosit�, gravissimo e configura ipotesi disciplinare 


146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diversa dalla semplice violazione del segreto d'ufficio e come tale sanzionabile 
in misura pi� pesante. 
La valutazione dell'AmministTazione, alila stregua di quanto osse;rvato, 
appare quindi cOTretta ed immune da:lla censura di cui aiJ. motivo esa


�minato. 
Del pari infondate sono le censure di cui al secondo motivo di appello, 
con il qua!le il ricorrente lamenta che nei provvedimenti assunti dall'Amministrazione 
non esiste a'louna motivazione �sugli elementi che hanno 
portato alla destituzione del ricorrente, sulla qualificazione giuridica data 
al fatto, n� sulla pretesa esistenza del contrasto fra l'atto posto in essere 
dall'appellante ed il dovere di fedelt� Titenuto violato. 

Nella fattispecie � bene osservare che sia fil decreto del Ministero che 
ia parere del Consiglio di disciplina si rifanno nelle premesse al procedi


1

mento penale a carico dell'appellante, conclusosi con la assoluzione 
dello stesso perch� � il fatto non costituisce reato �, in quanto, secondo 
la sentenza di assoluzione, � la compilazione della piantina rientra ancora 
nella prima vaga fase di ideazione di un crimine per cui non pu� parlarsi 
di atti idonei in modo non equivoco a commettere un �reato �. 

I fatti posti a base della sentenza debbono, quindi, ritenersi integralmente 
richiamati nel procedimento disciplinare di guisa ohe, attraverso 
la loro contestazione lill'interessato, ne viene ritenuto il carattere pregiudizievole 
per l'Amministrazione che qualifica il. comportamento tenuto 
dall'appellante � al di l� degli effetti penali � rilevante nel rapporto di 
impiego e sul Tequisito deHa buona condotta �. 

Il fatto addebitato consiste quindi nella perdita de'l. requisito della 
fedelt� che si risolve nella contestazione della � violazione dell'art. 84 
lettera b) del d.P.R. 10 gennaio 1957 con comminatoria della destituzione 
dall'impiego, per atti. . . in contrasto con i doveri di fedelt� dell'impiegato>. 
J 

Il Consiglio di disciplina nella motivazione del provvedimento rileva 
che l'aver � riprodotto in ogni dettaglio la piantina dell'ufficio di applicazione 
con 1'indicazione deile misure di sicurezza e dei congegni di allarme 
che sono e dovevano restare segretissimi a�lche per lo stesso operatore � 
costituisce comportamento in grave contrasto con i doveri di fedelt� 
dell'impiegato. 

Da questa ultima affermazione chiaramente emerge che la violazione 
del dovere di fedelt� � dall'Amministrazione rinvenuta nel fatto stesso 
della attivazione per conoscere il segreto e nella riproduzione di questo. 
Ci� pu� danneggiare gravemente 'l'Amministrazione, atteso che le misure 
di sicurezza ed i sistemi di a11arme avrebbero dovuto restare segretissimi. 
Non pu�, quindi, sussistere carenza di motivazione laddove, tenuto 
conto ,dell'intero iter del procedimento disciplinare, risulti indicata la 
precisa qualificazione giuridica data al fatto, H carattere pregiudiziale 



PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1'47 

per gli interessi dell'Amministrazione del comportamento tenuto dail 
sogigetto sottoposto al procedimento stesso e le ragioni che hanno indotto 
l'Amministrazione a comminare la destituzione. 

Quanto all'esposizione dei motivi per i quali sono state disattese 
le giustificazioni dell'appellante, � indicato nel provvedimento disciplinare 
ohe sono state riteil!Ute � risibili � riproducendo rcos� la valutazione che 
aveva dato iil Giudice istruttore pena!le per intendere la totale inconsistenza. 

Ne sussiste il denunciato difetto di istmttoria, atteso che, come rileva 
covrettamente la 1sentenza impugnata, l'Amministrazione nei procedimento 
disciplinare non ha l'obbligo di svo1gere una particolare istruttoria al 
fine dell'aicquisizione di ulteriori mezzi di prova quando dispone degli 
elementi del giudizio penale e consacrati in una sentenza non appellata. 

Analogamente infondato � :il terzo ed ultimo motivo d'appello, con il. 
quaie il ricorrente deduce che la Commissione di disciplina avrebbe fondato 
il proprio convincimento sulla sola circostanza che � stata oggetto di 
ordine di cattura, senza procedere ad una autonoma valutazione dei fatti. 

Quanto sopra dedotto dall'appellante non trova ris:contro negli atti 
del procedimento disciplinare, dal quale risulta che se anche l'Amministrazione 
si � rifatta agili elementi accertati in sede penaie -d'altronde 
idonei in s� a definire la posizione dell'appellante, -pur tuttavia tali 
elementi sono stati presi in considerazione e valutati dall'Amministrazione 
autonomamente, come � stato rilevato nell'esame del secondo motivo di 
appello che, in sostanza, � qui riprodotto sotto divoosa iprospettazione. 

L'appello va, pertanto rigettato. 

Ricorrono giusti motivi per .compensare fra le parti le spese di giudizio. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 20 .febbraio 1987 n. 71 -Pres. Gessa, 
Est. Pajno -Bert� ed altri (Avv. Biagini) c. Maga (Avv.ti Morcone e 
Migliori) e Ministero Agricoltura e Foreste '(Arw. St. Fiengo) ed altri. 

Giustizia amministrativa -Controinteressato -Rtconoscimento denominazione 
origine controllata � Camera di commercio � Potere di iniziativa. 

Giustizia amministrativa � Controinteressati � Procedimento riconoscimen� 
to denominazione origine controllata. Venditori e produttori� Iscrizione 
all'albo successiva al provvedimento impugnato. 

Poich� nel procedimento per il oriconoscimento della denominazione 
di origine controllata tatto di iniziativa pu� provenire oltre che dai 
produttori interessati anche dalla Camera di commercio, quest'ultima se 
abbia effettivamente preso l'iniziativa deve ritenersi controinteressata 
rispetto all'impugnazione del provvedimento di riconoscimento (1). 


148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nell'impugnazione del provvedimento di riconoscimento della denominazione 
di origine controllata non sono controinteressati i semplici 
venditori del prodotto, n� coloro che si sono iscritti all'albo dei produttori 
in epoca successiva al provvedimento impugnato (2). 

DIRITTO -1. -Con i!l primo motivo di gravame, il Sig. Bert� Natale 
e gli altri appeHanti, neWasserita qualit� di :produttori del vino � Barbacarlo 
�, deducono che i!l ricorso di primo grado avrebbe dovuto esser 
dichiarato inammissibile in quanto non notificato ad almeno uno dei 
controinteressati, nella cui sfera l'annullamento del decreto de1 1975 � 
venuto ad incidere. 

Osse~ano, in proposito, i medesimi 1appellanti che detti controinteressati 
andrebbero identificati nei :proprietari e produttori della zona 
delimitata nel provvedimento impugnato, facilmente identificabili attraverso 
i registri immobiliari e gli albi tenuti dahla Camera di commercio 
ai sensi dell'art. 10 del D. l.eg. n. 930 del 1963, e che non potrebbe, tnvece, 
essere considerata controinteressata la Camera di commercio -evocata 
dal Maga nel primo grado del giudizio -� poich� i compiti istituzionali 
di tenuta degli albi dei produttori qualificano quest'ultima autorit� amministrativa 
e non consentono di considerarla controinteressata all'annullamento 
di Wl!a denominazione d'origine �. iLa Camem di commercio di 
Pavia, sarebbe stata, del resto presente nella procedura volta all'emanazione 
del decreto del 1970, riconosciiI.ento della denominazione di origine 
controllata � Barbacarlo �, e non invece in quella ordinata al decreto del 
1975 (modifica concorrente, tra l'altro, l'introduzione della sottodenominazione 
� Barbacarlo �). 

A tale censura resiste l'odierno appellato, osservando che la principale 
controinteressata era da identificarsi proprio nella Camera di com


(1-2) La sentenza in epigrafe propone alcuni aspetti interessanti sulla problematica 
della figura dei controinteressati. 

Dice il Consiglio di Stato, attenendosi strettamente alla sua giurisprudenza 
precedente (Sez. VI, 22 dicembre 1983 n. 908 -~VI, 2 giugno 1983 n. 478 -VI, 
18 novembre 1980 n. 1114 -VI, 6 febbraio 1981 n. 35), che sono contraddittori 
necessari tutti coloro che abbiano tratto diretto e imme�liato vantaggio dal 
provvedimento impugnato, essendone i destinatari, appunto immediati e diretti. 
Ulteriormente, si afferma, tali soggetti sono legittimati a proporre ricorso in 
appello anche nella eventualit� che siano stati pretermessi nel giudizio di primo 
grado. Il problema fondamentale risiede nell'individuazione dei soggetti che possono 
assumere la qualit� di controinteressati, in quanto si afferma che tali 
possono essere solo coloro che dal provvedimento erano direttamente presi in 
considerazione e sulla base di esso singolarmente individuabili. Si afferma 
quindi nella sentenza in rassegna, a chiare lettere, che contraddittori nel giudizio 
amministrativo sono solo coloro che attivarono la pubblica amministrazione 
al fine dell'emissione del provvedimento, e da questo sono stati riconosciuti 
possessori di una posizione giuridica soggettiva .. Coloro che al contrario, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

149 

mercio di Pavia, essendo stata quest'ultima ['unica presentatrice della 
domanda di riconoscimento della denominazione controllata � Barbacarlo �. 
U Maga osserva altres� che il.a quasi totalit� degli appellanti avrebbe 
intrapreso la produzione del vino Barbaicarfo in epoca successiva alla 
data del decreto presidenziale del� 21 Juglio 1975 impugnato, come risuJterebbe, 
tra l'rutro, dal catalogo della Camera di comrr.ierx:io in circolazione 
alla data del predetto d.P.R., nel quale non figur&ebbe il nominativo 
di nessuno degli odierni appellanti. 

Il ricorso in � appello dovrebbe, pertanto, essere dichiarato inammissibile, 
per carenza di legittimazione degli odierni appellanti, non essendo 
stati costoro parti nel giudizio di ;pTimo grado ed essendo, in ogni 
caso, il loro eventuale interesse insorto non al momento del provvedimento 
impugnato, bens� in epoca successiva. 

2. -Tali essendo le questioni prospettate dal primo motivo di impugnazione 
e dalla eccezione del resistente Maga Lino, assume valore decisivo 
la esatta identificazione di soggetti controinteressati in ordine al ricorso 
di primo grado proposto da11'appellato rper l'annullamento del d.P.R. 
del 21 luglio 1975, e COirrelati\namente, l'accertamento della esistenza di 
tale qualit� di controinteressati in capo agli odierni appellanti. 
Dall'accertamento dell'esistenza di tale qualit� di controinteressato 
dipende infatti, non soltanto la fondatezza del primo motivo di ricorso, 
ma in linea strettamente pregiudiziale -con le conseguenti preclusioni 
in 011dine alla possibilit� di passare all'esame del gravame -1l'ammissibi�it� 
stessa de1l'appelilo proposto dal Bert� e dagli altri appellanti. :S 
noto infatti che, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, 
legittimate a proporre appello avverso le decisioni dei Tribunaii amministrativi 
regionali sono soltanto ed esclusivamente le parti neces


, . 

ugualmente traggono beneficio dal provvedimento, ma hanno ricavato una utilit� 

dall'azione altrui, quali beneficiati � casuali �, non hanno alcuna possibilit� di 

tutelare i propri interessi in altro modo che con l'intervento ad adiuvandum, 

previsto con una disciplina processuale molto rigorosa dall'articolo 38 del rego


lamento di procedura del 1907. 

Nel caso di specie il collegio ha ritenuto che non potessero essere con


traddittori coloro che avessero assunto la qualit� di produttori di vini D.O.C. 

� Oltrep� pavese -sottodenominazione Barbacarlo � in quanto tale qualit� era 

sorta solo dopo il provvedimento di concessione ed estensione della sottodeno


minazione, richiesta dalla Camera di Commercio di Pavia (legittimata alla ri


chiesta della legge quale ente esponenziale degli interessi dei produttori della 

zona), e non al momento della concessione della denominazione principale. 

Si afferma quindi che non � compito del ricorrente individuare tutti i pos� 

sibili soggetti legittimati a contraddire, attraverso eventuali ricerche in Albi o 

elenchi (cosa peraltro impossibile nel caso di specie a causa dell'iscrizione degli 

attuali appellanti successivamente all'emissione del provvedimento impugnato), 

dovendo questi limitarsi all'esame del provvedimento ed all'individuazione dei 

soggetti da esso menzionati o comunque reperibili. 



150 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO 

sarie del giudizio di primo grado, aIJ1Che se eventua'1mente non costituite, 
e cio� i soggetti tra i quali deve intercorrere il rapporto processuale, in 
relazione alla controversia dedotta, ed indipendentemente dalla circostanza 
che sia stato loro notificato il ricorso, ovvero che siano, o meno, 
costituite nel giudizio di prima istanza (VI, 22 maggio 1985 n. 203; IV, 3 aprile 
1985 n. 114; VI, 2 giugno 1983 n. 478; VI, 7 luglio 1982 n. 338). E poich� 
le parti necessarie del giudizio di primo grado -quelle cio�, fra le 
quali deve necessariamente intercorrere, a pena di nullit�, il rapporto 
giuridico processuale -sono esclusiivamente il ['icorrente, l'autorit� emanante 
ed il controinteressato, appare evidente che la presente impugnazione 
potr� essere considerata ammissibile soltanto ove agld odierni 
appellanti sia possibile riconoscere Ja qualit� di controinteressati e cio� 
di soggetti -secondo la nota nozione -, ai quali la'tto impugnato si 
riferisce direttamente, e iche traggono dall'atto stesso un vantaggio diretto 
ed immediato, quali destinatari degli effetti diretti ed immediati 
dello stesso provvedimento (V,I, 22 dicembre 1983 n. 908). 

Una situazione del genere non sembra al CoHeg;io riconoscibile in capo 
agli odierni appellanti, avuto riguardo alla procedura d,isposta per il 
riconoscimento delle denominazioni di ori~ne controllata e per la delimitazione 
delle ,relative zone di produzione dal d.P.R. 12 luglio 1963 n. 930, 
al procedimento in concreto seguito per pervenire all'adozione del provvedimento 
impugnato lin p,rimo grado, ed infine all'esito dell'istruttoria 
disposta con la decisione n. 391 del 1984. 

In particolare, con la predetta s�entenza .il Collegio aveva, infatti, 
richiesto, allo scopo di vagliare ila questione di ammissibilit� del ricorso 
di primo grado prospettata dagli aippellanti e quella relativa alla inammissibilit� 
del gravame, sia J'albo di cui aill'art. 10 del d.P.R. n. 930 del 
1963, tenuto dalla Camera di commercio di Pavia, sia ogni domanda, anteriore 
al 1975 per il riconoscimento della sottodenominazione Barbacarlo. 

Avuto riguardo al procedimento volto al riconoscimento della denominazione 
di origine controJlata previsto dal d.P.R. n. 930 del 1963, ed a 
quello in concreto seguito per pervenire aH'adozione dell'impugnato provvedimento 
con il quale, a modifica del discipfa1are di cui al D.P.R. del 1970, 
� stata, tra l'altro, sostanzialmente introdotta Ia sottodenominazione (Barbacarlo), 
posdmoni soggettive differenziate, taM da conferire ai rispettivi 
titolari la qualit� di controinteressati in ordine ahl'eventuale impugnazione 
del provvedimento sono riscontrabili o con riferimento ad una attivit� 
idi illl!Pu1so del procedimento, ovvero -nell'ipotesi di decreto di modificazione 
del precedente disciplinare -in relazione ailla gi� esistente 
is�crizione nell'albo dei vigneti di cui all'art. 10, essendo tale iscrizione 
i'adempimento da cui dipende quanto meno la riconoscibilit�, se non addirittura 
Ja qualit�, di produttore di vini a denominazione di origine con� 
trollata. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

In ordine al primo ,aspetto, :va infatti notato che quello relativo al riconoscimento 
della denominazione di origine controllata (o, come nella 
fattispecie, alla modificmone della precedente disciplina), � normalmente 
un procedimento a istanza di parte (l'art. 6 del d.P.R. n. 930 del 1963 
prescrive, infatti che la relafora domanda � presentata �dagli interessati
� all'Ispettorato deM'�agricoltura), essendo il potere di im[pulso del 
Comitato nazionale ic�i cui all'art. 17 meramente sostitutivo dell'inerzia 
mantenuta dagli interessati o dalla Camera di commercio {art. 18 primo 
comma, lett. b, secondo cui la dichiarazione di origine controHata e garantita 
� promossa dal Comitato nazionale � qua!lora non ne sia stata fatta 
richiesta da parte delle componenti Camere di commen:io, industria e 
agricoltura�). Avuto rigua11do a tale potere di iniziativa riconosciuto agli 
�interessati � non pu� essere disconosciuta in ,capo ai medesimi che, 
abbiano provveduto ad at1Jivare il iprocedimento {o a fare proprio un procedimento 
da altri gi� attivato) una posizione soggettiva qualificata alla 
conserv.azione del provvedimento che, in accoglimento delle relative proposte, 
introduca '1a denominazione di origine controllata o provveda ahla 
modificazione del precedente decreto di riconosdmento. Tale legittimazione 
spetta, peraltro, anche alla Camera di commercio, allorch� Ja medesima 
~bbia provveduto ad assumere la necessaria iniziativa. 

La normativa contenuta nel d.P.R. n. 930 del 1963, subovdinando l'intervento 
del Comitato di cui all'art. 177 aHa mancanza di iniziativa oltre 
che, degli interessati, anche della Camera di commercio, eviidenzia infatti 
che l'iniziativa di quest'u~tima � posta sullo stesso piano di quella dei predetti 
�interessati�, e che in tal caso, la Camera di commercio agisce 
come ente esponenziale degli interessi dei produttori della zona. 

Nel caso in esame -in cui si discute della legittimit� di lll!Il decreto 
di modificazione di un precedente riconoscimento -una posizione di 
controinteressata sostanziale deve essere riconosciuta alla Camera di 
commerdo idi Pavia, dal momento che -nonostante nelle premesse del 
provvedimento si faocia riferimento ad una � proposta � del Comitato di 
cui all'art. 17 -il decreto impugnato risulta adottato a seguito di un procedimento 
ohe costituisce la continuazione necessaria di quello aipertosi 
nel 1967, e che definisce le questioni connesse con J'istanza presentata 
sempre ,nel 1967 da1la Camera di commercio di Pavia. Quest'ultima aveva, 
infatti, richiesto, tra l'altro, il riconoscimento delle denominazioni di origine 
controhlata � Barbacarlo, Sangue di Giuda e Buttafuoco �, mentre 
con il decreto del 1970 si era provveduto al riconoscimento della pi� generica 
e comprensiva denominazione � Oltrep� Pavese �, accantonando, per 
ulteriori approfondimenti, effettuati anche dal Comitato nazionale, le 
questioni aMerenti alle denominazioni sopra indicate. 

Il provvedimento del 1975 -frutto, appunto, di tale sUJpplemento di 
istruttoria (come ;risulta dai verbaihl del Comitato nazionale di cui al



'152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 17) definisce, pertanto, sostanzialmente J.'i:stanza ab origine presentata 
dalla Camera di commerx:io di Pavia. A quest'ultima, pertanto, deve essere 
riconosciuta la qualit� di controinteressata, mentre rutrettanto, sotto 
questo profilo, non: pu� dirsi per gli odierni appellanti non essendo risultata, 
a seguito dell'istruttoria, alcuna istanza o anche mera solJ.ecitazione, 
idonea ad incidere sul procedimento, :dai medesimi proposta. 

In omine, poi, al secondo dei profili sopra cennati, va TicOI'dato che 

il provvedimento con ,cui � stata autorizzata la sottodenominazione � Bar


ba:carlo � ed indicato il correlativo perimetro deMa zona di produzione 

relativa, costituendo una modifica ed una integrazione del precedente de


creto di riconoscimento della pi� generale denominazione di origine 

� Oltrep� Pavese �, si inserisce in un contesto in cui esiste gi�, in rela


zione all'intervenuto riconoscimento, un �albo dei vigneti ed esistono, di con


seguenza, dei produttori iscritti in detto albo. Si deve, aliJ.ora ritenere che 

vantano !llDa posizione differenziata a[ mantenimento dell'impugnato 

provvedimento -e costituiscono, in questo senso, dei 1controinteressati 


quei soggetti che, gi� iscritti come produttori di vini nell'albo di oui al


l'art. 10 del d.P.R. del 1%3 in relazione al riconoscimento gi� intervenuto 

con il precedente decreto del 1970, siano conduttori di fondi o titolari di 

aziende agriccYle ricompresi nel perimetro della �sottodenominazione � Bar-

bacarlo�. 

Questi ultimi, infatti -gi� quaJ.ificati rispetto al precedente decreto 

di riconoscimento come produttori di vino a denominazione di origine 

controllata -ricevono un vantaggio diretto ed immediato dal provvedi


mento di modificazione, potendo, per il solo fatto dell'emanazione del 

medesimo, adottare anche la sottodenominazione � Barbacarlo �. Gli stessi, 

poi, in virt� della iscrizione a:li'albo dei vigneti di cui aH'art. 10, appaiono 

facilmente riconoscibili (e, del resto, gli odierni appellanti, con l'atto 

introduttivo del giudizio di primo grado, proprio alrnscrizione all'albo 

hanno fatto riferimento, per affernnare la propria qualit� di controinte


ressati legittimati alla impugnazione ed evii:denziare la propria ricono


scibilit�). 

Tale qualit� di cont:rointeressati, �sotto ilprofilo cennato, non appare, 

ipemltro, riconoscibiJe a nessuno degli odierni appellanti. Di essi, in 

particolare, otto -e cio� i signori Bert� Natale, Giorgi Gianfranco, Fiam


berti Ambrogio, Marazzi Federico, Favarelli Caterina, Fiamberti Riccardo, 

Colombi Luciana vedova Villani e Zenardi Egidio, non risultano iscritti 

come produttori Barbacarlo nell'elenco trasmesso dalla Camera di com


mercio di Pavia, siicoh� nessuna posizione differenziata pu� essere ricono


sciuta in capo ai medesimi. N�, in contrario, pu� valere feventuaile com


mercializzazione di vino �chiamato � Barbacarlo �, dal momento che que


st'ultima non pu� essere considerata come riferentesi a vini a denoml�lla


zione di origine controllata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 153 

L'art. 11 del d.P.R. n. 930 del 1963 dispone, infatti, che il conduttore 
di un terreno � iscritto nell'albo che intenda vendere il proprio prodotto 
con la rispettiva denomina:llione di origine controllata o controllata e 
garantita � tenuto a denunciare alla competente Camera di commercio, 
per il tramite del Comune, entro dieci giorni dalla fine della vendemmia, 
la quantit� di uva prodotta e, nel caso che l'abbia venduta, fil nominativo 
e l'indirizzo dell'acquirente, nonch� i1l vigneto da cui proviene H prodotto
�; il che rende evidente come la �commrecializzazione di un prodotto 
come a denomin�zione di origine controllata suppone sia J'intervenuta 
iscrizione all'albo di cui all'art. 10, sia l'ulteriore adempimento indicato 
nell'art. 11. 

Gli altri appellanti risultano poi tutti i.scrJtti all'albo di oui all'art. 10 
in epoca successiva al provvedimento impugnato, sicch� g1i stes.si non possono 
essere considerati controinteressati, essendo la posizione soggettiva 
dai medesimi vantata sorta dopo il provvedimento impugnato, come conseguenza 
mediata del medesimo, a seguito dell'intervenuta iscrizione nell'albo. 
� noto, infatti, che controinteressati nel processo amministrativo 
sono soltanto quei soggetti ai quali l'atto impugnato si riferis�ca espressamente, 
o che siano facilmente individuabili, e che traggano dall'atto un 
vantaggio diretto ed immediato, non potendo, invece, attribuirsi alcuna 
rilev1anza alle situazioni giuridiche venute in essere in tempo ,successivo 
all'atto impugnato (VI, 6 ,febbraio 1981 n. 35; 18 novembre 1980 n. 1114). 

La circostanza che la posizione soggettiva sia sorta dopo l'emanazione 
del decreto impugnato, eVI�Jdenzia che la medesima non deriva 
immediatamente e direttamente da quest'ultimo, ma mediatamente, at� 
trave11so d'esercizio di una ulteriore attivit�, costituita dalla iscrizione 
all'albo, il cui presupposto non era peraltro costituito dal provvedimento 
impugnato, ma dal precedente prowedimento del 1970 di riconoscimento 
della denominazione di origine � Oltrep� Pavese�. Il decreto impugnato 
non ha, infatti, introdotto tale denominazione, ma si � limitato ad auto� 
rizzare, per i soggetti gi� abilitati all'uso della denominazione di origine 
controHata � Oltrep� Pavese�, l'uso della (ulteriore) denominazione tradizionale 
� Barbaicarlo �. 

Gli odierni appellanti, pertanto, all'epoca dell'adozione del prowedi� 
mento impugnato, non risultavano iscritti nell'albo dei produttori di v.ino 
a denominazione di origine controllata, sicch� la posizione soggettiva 
dagli stessi vantata, non soltanto � sorta dopo !'�adozione del decreto del 
1975, ma trova il proprio presupposto nel diverso provvedimento di riconoscimento 
della denominazione di origine controllata Oltrep� Pavese, 
apparendo solo ulteriormente qualificata da~ prO'V'Vediimento impugnato 
in prime cure. Si tratta, pertanto, di posizioni soggettive che, pur apparendo 
collegate con il decreto del 1975, autorizzativo dell'uso della sottodenominazione 
� Barbaca11lo �, non costituiscono conseguenza diretta ed 


~ 

154 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

IJ 
immediata di quest'ultimo, essendo da una parte subordinate ad una 
ulteriore attivit�, costituita dalla avvenuta iscrizione, all'albo dei vigneti 
di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 930 del 1963, che accerta l'effettiva qualit� l 
(non di mero proprietario di terrend, circostanza questa che di per s� 

! 

appare inmfluente), ma di produttore di vini a denominazione di origine 

' 

controllata, e daH'altra collegate da una relazione di presupposizione con 
il diverso decreto del 1970. Ed infatti, ci� che rende possibile l'iscrizione 
nell'albo, � il decreto del 6 agosto 1970 di riconoscimento della denominazione 
di origine � Oltrep� Pavese�, mentre il decreto del 1975 -impugnato 
in primo grado -quaHfica ulteriormente la posizione soggettiva 
dei produttori interes�sati. 

Dalle considerazioni sopra esposte, discende, altres�, l'inammissibilit� 
deHa presente impugnazione con riferimento a tutti gli odierni appellanti. 

In particolare, coloro che non risultano ascritti all'albo di cui a1l'art. 10 
non hanno interesse alla impugnaziO!Ile, posto che nel caso di specie si 
discute della legittimit� di .un prOV'Vedimento che qualifica ulteriormente 
i vini dei soggetti produttori di vini a denominazione di origine controllata, 
mentre gli appellanti non iscritti non risultano, in conseguenza 
di tale mancata iscrizione, produttori di vini a denominazione dd origine 
controhlata. 

Gli altri appellanti, iscrittisi all'albo di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 930 
del 1963, pur titolari di una posizione sorta dopo il d.P.R. impugnato 
e da essa dipendente, non sono tuttavia controinteressati e non posseggono, 
pertanto, una autonoma legittimazione a proporre autonomo appello 
avverso una decisione intervenuta in un giudizio in cui non sono 
stati, n� potevano essere, parti necessarie (V.I, 6 febbra�o 1981 n. 35; 
18 novembre 1980 n. 1114 cit.). 

Le situazioni riconducibili ai predetti soggetti, in quanto non autonome 
n� direttamente discendenti dal provvedimento impugnato, ma ad 
esso successirve e fogate, per il loro stesso sorgere, da una relazione di 
presupposizione con hl decreto del 6 agosto 1970, apparivano, infatti, esolusivamente 
tutelabili con la forma dell'intervento. 

Il ricorso in appello, deve, pertanto, rp~r ~e ragioni sopra esposte, 
essere dichiarato inammissib�le. Sussistono, .peraltro, igiusti motivi per 
disporre la integrale compensazione deHe �spese di lite. 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 Agosto 1986 n. 4909 -Pres. Falcone Est. 
Senofonte -P. M. Morozzo della Rocca. Ministero delle Finanze 
(aw. Stato D'Amico) c. Soc. Manifatture Maglie. 

Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Societ� di persone � Socio 
d'opera � Recesso con rinuncia alla liquidazione della quota sociale Accrescimento 
in favore degli altri soci � ~ soggetto all'imposta di 
trasferimento. 

(R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 27 e tariffa A art. 87; e.e. art. 2289). 
Poich� il socio di sola opera ha diritto al conseguimento degli incrementi 
patrimoniali, il suo recesso con rinuncia alla liquidazione della 
quota sociale spettantegli ex art. 2289 e.e., si traduce in una liberalit� 
in favore dei soci residui soggetta alla imposta di trasferimento a norma 
dell'art. 27 dell'abrogata legge di registro (1). 

(Omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e 
falsa applicazione degli artt. 8 e 27 r.d. 3269/1923; dell'art. 87 della tariffa 
aill. A allo stesso decreto e dell'art. 2289 e.e., sostiene che il socio 
d'opera, pur non conferendo denaro o altri beni all'atto deHa costituzione 
della societ�, acquista il diritto non solo alla rtpartizione degli utili 
di gestione, ma anche al COIIlseguimento degli incrementi patrimoniali. 
Con riferimento ai quali, pertanto, deve trovare applicazione anche nei 
suoi confronti l'art. 2289 e.e., che riconosce al socio uscente il diritto 
ad una somma rappresentativa del valore deHa quota. E siccome questa, 
a seguito della sua mancata liquidaziOIIle, va ad accrescere l'entit� della 
partecipazione degli altri soci, si attua il presupposto della tassazione 
proporzionale, riferibile non al recesso per s�~ considerato (soggetto ad 
imposta fissa, ex art. 87 della tariffa citata), ma al trasferimento della 
quota di partecipazione (art. 27 cit.). Questa conseguenza -conclude 
1a ricorrente -deriva proprio dal principio, enunciato dalla Commissione 
centrale, ma non applicato (avendo erroneamente ritenuto necessaria 
al riguardo l'impugnazione da parte deH'Ufficio), della rilevanza dell'in� 
trinseca natura e degli effetti dell'atto. ~ 

Il ricorso � fondato. 

(1) Decisione di evidente esattezza. 

156 RASSEGNA. l>ELL'A.WOCA.TURA. !>ELLO STATO 

La Commissione centrale, pur ammettendo che runche rispetto al 
socio d'opera si configurano tutti g'li elementi costitutivi del rapporto 
sociale, non ha tratto da questa premessa le debite conseguenze. Tra le 
quali deve, in primo luogo, annoverarsi (ex art. 2289 e.e.) il diritto, nel 
caso di uscita del socio dalla societ�, alla liquidazione della quota e, 
quindi, ad una somma di denaro che ne rappresenti il valore, rapportato 
alla situazione del patrimonio sociale netto nel giorno in cui si verifica 
il recesso (con la sola differenza, ri:spetto al socio capitalista, che questi 
ha diritto ancl}.e al rimborso del proprio conferimento, ossia ad una 
quota del capitale, che al socio d'opera, in ragione della specificit� del 
suo apporto -costituito dahla sola attivit� lavorativa -ovviamente, non 
spetta: Cass. 5126/1985). 

Ne deriva che se il socio uscente non rivendiica la propria quota e 
a questa, anzi, rinuncia (come non si nega che sia avvenuto nel caso di 
specie), dichiarando di non avere nulla da pretendere in dipendenza del 
cessato rapporto sociale, i soci superstiti (soggetti reali) ne risllltano 
corrispondentemente arricchiti, in quanto si ampliano proporzionalmente 
le rispettive quote di partecipazione, non solo nella loro configurazione 
astratta, ma in concreto, perch� riferite ad un'entit� patrimoniale 
rimasta immutata, pur essendo diminuito, per effetto del recesso, 
il numero dei partecipanti. 

La rinum.cia del recedente si traduce, pertanto, in una liberalit� a 
favore dei 1soci residui, la quiale non si pone come conseguenza puramente 
economica del recesso, bens� come effetto (giuridico) naturale e 
tipico dell'atto da cui promana, costituito -questo -dalla dimissione 
del diritto spettante al dichiarante (con la inerente locupletazione dei 
soci rimasti) e, quindi, da un� negozio autonomo, distinto dal recesso, 
sebbene ad esso coHegato. 

Se di questa dualit� la Commissione centrale avesse tenuto conto e 
non avesse, dunque, polarizzato la propria attenzione esclusivamente sul 
recesso, senza darsi carico della contestuale rinunzia, avrebbe dovuto 
considerare, da un Lato, non solo giuridicamente possibile, ma in realt� 
attuato, per effetto di quest'ultima, il trap~sso di quota, e, dall'altro, 
non tanto superflua, ma improponibile l'impugnazione, da parte dell'Ufficio, 
di un atto (la rinunzia, appunto) gi� emerso (anche) sul piano 
fiscale nella sua dimensione reale e, perci�, immediatamente idoneo ad 
attirare il corrispondente trattamento impositivo. 

Il quale, attese le premesse e Ja equiparazione, ai fini tributari, delle 
quote di partecipazione nelle societ� in nome collettivo alle cose mobili 

o immobili secondo Ja natura dei beni costituenti il patrimonio sociale 
(art. 27 della previgente legge di registro), si identifica con quello proprio 
degli atti traslativi, coerentemente, del resto, all'ipotesi, in certa misura 
speculare, di scioglimento della societ� (anche limitatamente ad un 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 

socio) aocompagnato da assegnazioni (in favore del socio uscente) Sl.llpe


riori alla quota di diritto, come previsto dall.'art. 48 della stessa legge e 
dalla nota apposta in calce all'art. 88 della tadffa all. A. H quale, cos� 
disciplinando il caso e non facendo menzione del suo contrario, mal si 
presta -come, invece, ritenuto in 'Precedenti sentenze -ad essere interpretato 
nel senso che abbia inteso assoggettare quest'ultimo, per ragioni 
non esplicitate e comunque non individuabili, ad un trattamento diverso 
da queHo che il Sli:stema nel suo complesso pro-pone. (Omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 agosto 1986 n. 4914 Pres. Cusani Est. 
Caturani -P. M. Amirainte ~conf.) Soc. SICIR c. Ministero delle 
Finanze (Avv. Stato Salimei). 

Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Accertamento
� Rettifica del bilancio ex art. 119 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645. 
Maggiori valori risultanti da valutazioni ai fini dell'imposta di registro 
� Utilizzabilit� � Prova contraria del contribuente. 

(T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 119, 120 e 121}. 
Legittimamente l'ufficio procede alla rettifica della dichiarazione in 
base a bilancio, a norma dell'art. 119 del T.U. delle imposte dirette utilizzando 
le valutazioni eseguite ai fini dell'imposta di registro. L'accertamento 
cos� eseguito non pu� essere redatto se il contribuente non prova di aver 
percepito un prezzo inferiore al valore dichiarato '(1). 

(Omissis) Con unico motivo, denunziando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 119 comma 3 e 121 comma 1 del d.P.R. 29 gennaio 195S 

n. 645, il ricorrente assume che la tesi aoco:lta dalla Com.missione Tributaria 
Centrale, secondo cui il riferimento ai valori accertati ai fini dell'imposta 
di registro � di per s� sufficiente a giustificare la rettifica dei dati 
di bilancio per determinare l'imponibile dell'imposta di ricchezza mobile 
cat. B, � erronea. Infatti, si sostiene che i valori determinati dall'ufficio 
del registro possono costituire un indizio di prova, ma da soli non sono 
sufficienti a legittimare la correzione induttiva delle poste del bilancio, specie 
quando non si sia provata la loro inesattezza. 
D'altro .cainto, si afferma che molteplici sono le ragioni che astratta� 
mente inducono a riscontrare un divario tra valore venale in comune 

(1) La pronuncia riconosce praticamente senza limiti l'utilizzabilit� delle 
valutazioni ai fini dell'imposta di registro come correttivo delle postazioni di 
bilancio. La controversia � stata per� decisa sotto il vigore dell'art. 119 del t.u. 
delle imposte dirette; � dubbio che la stessa conclusione possa fondarsi sull'art. 
39 del d.P.R. n. 600/1973. 

158 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO 

commercio dell'immobile (ri[evante ai fini della imposta di registro) e 
il prezzo effettivamente pagato dall'acquirente. Addossando, infine, al 
contribuente l'onere de1la rprova di aver venduto a prezzi inferiori al 
valore stimato dafil'ufficio del registro, fa decisione impugnata ha invertito 
l'onere probatorio senm. considerare che � J'ufficio a dover dimostrare 
l'faattendibHit� del bila!l!Cio in base a prove e fatti concreti. 

Il ricorso � infondato. 

Costituisce jus receptum nella giurisiprudenza di questa Corte il 
prmcipio, secondo cui in tema di imposta di ricchezza mobile a carico 
di soggetto tassabile in base a bilancio, il potere dell'ufficio di proce


dere, anohe induttivamente alla integrazione o correzione delle impostazioni 
del bilancio medesimo, deve essere riconosciuto, ai sensi e nel vigore 
dell'art. 119 comma 3 del d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645 tanto nel caso di 
omissione, quanto in quello di inesatta indicazione di una determinata 
entrata, mentre resta a carico del conitribuente, a norma del successivo 
art. 121, e semprech� l'ufficio abbia allegato e comprovato le ragioni giu, 
stificative dell'esercizio del suddetto potere, di dimostrare l'inesistenza, 
in tutto o in parte, del reddito, ovvero la inesattezza delle correzioni od 

1 

lntegrazioni arpportate (sentt. nn. 1704/85, 4013/81, 1503/80, le ultime due 
con riferimento al potere di accertamento induttivo dell'ufficio che deve 

I 

svolgersi in maniera tale da salvaguardare il diritto di difesa del contribuente). 


I Il 

11 ricorrente non contesta in astratto i suddetti principi, ma afferma 
ohe sarebbero mancati in concreto gli stessi presupposti deH'accertamento 
induttivo poich� l'ufficio era �vincolato alle risultanze del bilancio, non 
essendo state indicate in modo inesatto le entrate. N� la inesattezza poteva 
desumersi facendo riferimento ai valori accertati ai fini dell'imposta di 
registro, da1:o che quest'ultima tende ad �accertare i valori di mercato dei 

I beni trasferiti, mentre nel caso in esame ['imponibile si determina con 
riguardo alle entrate effettivamente conseguite -dal soggetto tassabile 
in base al bilancio. 

La tesi sopra riassunta non pu� essere ':ondivisa dal Collegio. 

� esatto quanto afferma il ricorrente che cio�, i redditi dei .so~getti 
tassabili in base al bilancio sono determinati sulla base deHe .risultanze 
del bilancio; ma l'amministrazione finanziaria non � vincolata in .modo 
assoluto a quanto dallo stesso risulta potendone controllare le poste sulla 
scorta dei libri, .scritture e documenti contabili (art. 119 commi 1 e 2 del 

d.P.R. n. 645/58). 
Proprio sulla base di questo penetrante riscontro non pu� perci� 
negarsi all'ufficio la possibilit� di ritenere inesatta la entrata menzionata 
in bilancio quando abbia . fondato sospetto che la medesima non corri� 
sponda alla somma in effetti conseguita dalla societ�. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

E, come gi� riitenuto da questa Corte con ie sentt. nn. 1904/80, 2283/79, 

questa valutazione bene pu� essere compiuta in tal senso allorch� l'ent:r~ata 

costituisca il prezzo di un bene alienato dalla societ� mentre in sede d1 

accertamento di ivalore ai fini deHa (abrogata) imposta di registro, sia 

stato definito un valore di mercato superiore alla entrata menzionata in 

bilancio. 

Come gi� ebbe a rilevare Ia cit. sentenza n. 1904/80, la indicazione in 
bilancio di ,un incasso sensibilmente inferiore bene pu� giustificare il 1sospetto 
di una esposizione infedele di dati, dovendosi presumere che un ente 
tassabile in base a bilancoi si comporta in conformit� a:lla comune 
prassi di mercato, noo potendosi ipotizzare, a dii�ferenza di quanto � pos. 
sibHe per una persona fisica, ohe svenda a prezzi di assoluto favore per 

ragioni diverse da que1le economiche. 

In tal caso, pertanto, � giwstificato un accertamento presuntivo ai sen


si dell'art. 119 comma 3 del d.P.R. cit. suJla base degli accertamenti effet


tuati ai fini dell'imposta di registro. 

N� pu� dirsi ,che in tal modo siano violate le norme sulla ripartizione 

deH'onere probatorio, poich�, una volta ohe si � ritenuto legittimo il ricor


so da parte dell'ufficio all'accertamento induttivo in caso di divario tra 

l'entvata menzionata in bi[ancio ed il valore di mercato del bene accertato 

ai fini dell'imposta di registro, � evidente che le raglooi per le quali l'uffi


cio ha ritenuto appliicabi:le le disposizioni del 3� comma dell'art. 119 sono 

insite nella stessa rilevata differenza tra il prezzo della compravendita 

risultante dal bilancio e il valore di mercato del bene, accertato ai fini 

della imposta di registro. Ne discende che in caso di contestazione il red


dito accertato dall'ufficio con. il metodo induttivo non pu� essere dichia


rato insussistente ,n� ridotto se il ,contribuente non abbia fornito la prova 

della inesattezza della correzione apportata (art. 120 comma 2 del d.P.R. 

645/58). E questa prova, lungi dal rifilettere Je possibili divergenze che 

possono astrattamente verificarsi tra prezzo conseguito dalla societ� alie


nainte e valore venale del bene -cosi come sostenuto daUa ricorrente 


deve riflettere concrete circostanze attinenti alla fattispecie dedotta in giu


dizio, al fine di superare :con gli opportuni mezzi istruttori anche even


tualmente di carattere presuntivo, la deduzione ohe legittimamente l'ufficio 

ha tratto in base all'accertamento induttivo. 

Noo pu� escludersi invero in maniera aprioristica la eventualit� che 

Ile vicende societarie induoano ad operare una alienazione di beni a prezzi 

inferiori al costo di mercato, come, ad esempio, pu� accadere quando la 

societ� ha urgente bisogno di mobilizzare i suoi beni per far fronte ad una 

impellente esigenza economica. Ma � evidente che una tale evenienza deve 

essere provata da chi l'assume, al fine di superare l'accertamento presuntivo 

che)'amministrazione � autorizzata, in mancanza di elementi concreti di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

160 


prova in senso contrario, a mantenere fermo, secondo il sistema nol1lllativo 
innanzi accennato. 

In applicazione di tali criteri, la Commissione Tributaria Centrale ha 
deciso rettamente la controversia, avendo rNevato da un lato la legittimit� 
dell'accertamento induttivo operato dall'ufficio e dall'altra che il contribuente 
non aveva addotto, come era suo onere, alcun elemento concreto 
di prova per dimostrare la inesattezza della correzione apportata alla 
posta del bNancio riflettente le entrate conseguite dalla societ� per la 
vendita degli immobili di cui si contende in base ai valori definiti in sede 
di accertamento della iIIJ(l>osta di registro, esseindosi limitato a contestare 
in maniera puramente astratta e generica ma senza alcun riferimento 
alla concreta fattiispecie, le divergenze che eventualmente possono verificarsi 
tra prezzo corrisposto dall'acquirente e valore di mercato del bene. 

(Omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1986 n. 6040 -Pres. Zucconi Est. 
Taddeucci -P. M. Golia (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Cosentino) c. Andreola (avv. Ciccotti). 

Tributi erariali diretti -Riscossione -Opposizione esattoriale � Improponibilit�. 


(D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, artt. 53 e 54). 
Le opposizioni esattoriali, diverse da quelle di terza, sono improponibili; 
il contribuente, i coobbligati, il coniuge e i parenti e affini entro il 
terzo grado possono ricorrere, anche per ottenere la sospensione, all'intendente 
di finanza ovvero proporre azione ordinaria di risarcimento contro 
l'esattore solo dopo il compimento dell'esecuzione, il che non esclude la impugnazione 
al momento anteriore dell'accertamento e del ruolo con ricorso 
alla Commissione (1). 

(Omissis) 1) Delle tre statuizioni contenute nelJa sentenza impugnata 
-declaratoria di cessazione della materia del contendere, compensazione 
delle spese tra appellanti ed Esattoria comunale; condanna dell'erario 
al pagamento delle spese processuali in favore delle Andreola -la 
ricorrente Amministrazione delle Finanze dello Stato, con unico mezzo 
di annullamento, censura soltanto quest'ultima. 

E deducendo la violazione degli artt. 39, 91 e 112 c.p.c. oltre a vizi di 

carenza e contraddittoriet� di motivazione sul punto, sostiene che agli 

effetti del regolamento delle spese processuali in riscontro della cosiddet


(1) La deci~ione espone principi pacifici, ma che non � superfluo ricordare. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ta � soccombenza virtuale � il Tribunale non avrebbe potuto, nemmeno incidentalmente, 
rilevare e fare leva sull'argomento della inesistenza della 
obbligazione (o coobbligazione) tributaria irn caipo alle sorelle Andreola, 
stante il difetto di giurisdizione nel giudice ordinario in oroine a quella 
materia, riservata pacificamente alla cognizione delle Commissioni tributarie 
('1e quali, del resto, si erano gi� sul tema nelle sedi Ioro proprie gi� 
pronUll1Ziate). 

Premesso che la questione di giurisdizione viene, in ita:I modo, solo indirettamente 
e di riflesso sollevata -quale elemento influente sull'esame 
del punto sostanziale controveriso, relativo aUe spese, e quale momento 
ingeneratore della violazione e falsa applicazione dei criteri di cui all'art. 
91 del Codice proc. civile -non sembra necessario rimettere alle 
Sezioni Unite di questa Corte, ex art. 374 e 376, ultimo comma c.p.c., la cognizione 
della impugnazione. Con essa non si sostiene, infatti, che il giudice 
d"aippello -U1I1a volta cessata tra le parti ogni ragione del contendere 
-non avesse il potere giurisdizionale di provvedere in oroine ail 
regolamento delle spese processuali; ma si lamenta, pi� limitatamente, che 
nell'esercizio di quel potere non furono tenute presenti considerazioni attinenti 
alla proponibilit� dell'azione davanti all'adito giudice ordinario. 

Tale censura, nella sostanza, si palesa fondata. 

Oocorre anzitutto precisare che con il loro ricorso aiJ. Pretore di Bari 
le sorelle Andreola -ponendo sostanzialmente in discussione che i ruoli 
delle imposte complementari progressive 1sul reddito complessivo, dovute 
dal genitore Francesco Andreola costituissero titolo per la riscossione 
delle imposte stesse anche nei confronti di sua moglie Isabella Mincuzzi e 
dei figli di lei quali eredi della defunta, e fondando sulla asserita inesistenza 
di un rapporto di coobbligazione tributaria le pretese di sospensione 
dell'esecuzione e di inefficacia dell'attivit� dell'esattore -proposero 
una tipica opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., volta a contestare 
il diritto di procedere per via esecutiva per difetto di titolo nei 

'loro confronti. 
Appunto come opposizioni alla esecuzione le azioni promosse dalle 
Andreola vennero rettamente qualificate sia dal Pretore sia dal Tribunale 

di Bari: e quest'ultimo si � richiamato alfa precedente giurisprudenza di 
questa Corte regolatrice secondo cui non concreta una opposizione di 
terzo, quella proposta dallo stesso soggetto passivo della procedura esecutiva 
incoata, su beni di sua appartenenza, in virt� di un (preteso) rapporto 
di coobbligazione solidale con il debitore iscritto a ruolo. 

Ma da tale esatto inquadramento della domanda, non discendeva affatto 
che essa fosse proponibile davanti al giudice ordinario. 

Poich� i pignoramenti mobiliari in danno delle sorelle Andreola furono 
effettuati nell'aprile e maggio del 1975, previa notificazione dell'avviso 
di mora nel febbraio di quell'anno, non vi � dubbio che la controversa 


RASSEGNA DEI.J.'AVVOCATURA DEIJ.O STATO

162 

riscossione coattiva fosse disciplinata dal d.P.R. n. 602 del 1973, entrato 
in vigore il 1� gennaio 1974 (e non dagli artt. 207, 208 e 209 del t.u. 29 gennaio 
1958 n. 645, per come emergerebbe dai richiami giurisprudenziali contenuti 
nella 'sentenza impugnata). 

Orbene, ai sensi degli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, contro gli 
atti esecutiivi dell'esattore -anche ai fini della loro sospensione -il contribuente, 
i coobbligati, il coniuge, e i parenti ed affini sino al terzo 
grado possono �ricorrere all'Intendente di Finanza; le opposizioni regolate 
dagli artt. 615 e618 del.codice di procedrura civile non SO!llO ammesse; ed 
i soggetti sopra menzionati, che si ritengooo lesi dall'esecuzione esattoriale 
possono agire in sede giudiziaria contro l'esattore dopo il compimento 
della esecuzione stessa, ai soli fini del risarcimento del danno. Tutto 
ci� non toglie, owiamente, al soggetto perseguito in proprio coo la procedura 
esecutiva di adire nel frattempo le competenti Commissioni tributarie 
per l'accertamento della inesistenza dei presU1pposti della attribuitagli 
obbHgazione tributaria (r-imedi che neHa fattispecie riisultano utilmente 
esperiti nelle sedi loro proprie). 

�a ilegittimit� costituzionale di siNatto, articolato, sistema di difese � 
stata ricooosciuta dalla Cor.te costituzionale con sentenza n. 63 del 1 aiprile 
1982 e ribadita con ordinanza n. 80 del 29 marzo 1983, laddove in particolare 
� stata denegata Ia contrariet� ai precetti di cui agli artt. 24 e 113 
della Costituzione del disposto deH'art. 54 del d.P.R. 111. 602 del 1973, neLla 
parte in cui sono state esdUJSe, in materia di procedura esecutiva di riscossione 
di imposte diirette, le opposizioni davanti al giudice ordinario 
ed il potere, nel predetto, di sospendere quelle esecuzioni. 

A loro volta, le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione, anteriormente 
a quelle rpronuncie, con sentenza n. 1472 del 1980 avevano avuto 
occasione di precisare che con J'art. 54 del d.P.R. n. 603 del 1973 era stato 
rinnovato il divieto delle opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi, 
ex art. 615 a 618 c.p.c., gi� stabilite da:Ll'art. 209, II co. del t.u. n. 645 
del 1958 (e non anche delle opposizioni di terzo, introduttive di controversie 
del tutto estranee �al1a materia tributaria). E con sentenza n. 5943 
del 21 novembre 1984, sono tornate a ribadfre il difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario in ordine all'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta 
av;verso la esecuzione esattoriale. 

Ove tali principi fossern stati tenuti -presenti, il giudice d'appello -pur 
riconoscendo che tra Ie parti era cessata in radice la materia stessa del 
contendere (per sopravvenuta restituzione alle Andreola delle somme 
percette per via esecutiva dalla Esattoria comunale) -non avrebbe potuto 
disconoscere agli effetti del riscontro della soccombenZla virtuale, che 
l'Amministrazione finanziaria deUo Stato era intervenuta nel giudizio per 
sostenere, e fondatamente, al difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 
(Omissis) 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

163 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 Novembre 1986 n. 6548 -Pres. Santo


isuosso -Est. Cantillo -P. M. Leo (conf.). -Soc. Tabacchi Orientali 

(aw. Perrone) c. Ministero delle Finanze ~avv. Stato Palatiello). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Attivit� di 
impresa � Interessi passivi � Deducibilit� � Condizioni � Inerenza alla 
produzione del reddito � Necessit�. 

(T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 91, 92 e 110). 
Gli interessi passivi al pari di ogni altro onere, sono deducibili solo 
quando sia dimostrato il concreto impiego delle somme ottenute in attivit� 
produttive di reddito imponibile, non essendo sufficiente che essi siano 
riferibili ad operazioni di finanziamento della impresa e che siano stati 
da essa corrispostii(l). 

(Omissis) Con l'unico motivo di ricorso, denunziando la violazione 
dehl'art. 92 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (abrogato T.U. deNe imposte 
dirette), la Societ� Tabacchi critica la sentenza per avere ritenuto detraibili 
gli interessi passivi dei finanziamenti o dei mutui assunti dalle 
imprese solo se inerenti a specifiche attivit� produttive di reddito, laddove, 
non trattandosi di costi direttamente riferibili aHa produzione, per 
le societ� commerciali � sufficiente che il debito sia stato contratto nell'ambito 
delroggetto sociale, circostanm che, neMa specie, non era stata 
mai contestata dall'Aimministrazione. 

La censura � infondata. 

Nel sistema dell'abrogato T.U. delle imposte dirette n. 645 del 1958, 
gli interessi passivi non venivano distinti, ai fini della deducibilit� del 
reddito loroo d'impresa, dalle altre spese e passivit� di cui all'art. 91, 
e pertanto erano detraiblili in quanto, e nel:l'ammontare in oui, fossero 
qualificabili come costi inerenti alla produzione dcl reddito. Oltre a questo 
presupposto -comune, si ripete, a tutte le spese ed oneri detraibili -la 
disposizione di cui all'art. 92, erroneamente invocata dalla ricorrente, 
poneva due ,altre condiziOllli alternative spedficamente richieste per la 
detrazione degli interessi passiivi (cio� ohe fossero dovuti a soggetti aventi 
domicilio o sede in Italia oppure che fossero tassabNi in via di riv-alsa); 
mentre '1'art. 110 -che si OCCUipava degli interessi corrisposti da soggetti 
tassabili in base al bilancio -individuava il criterio per determinare 
l'ammontare degli interessi passivi detraibili nehl'esercizio proprio allo scopo 
di correlare tali elementi negativi agli elementi positivi del reddito. 

(1) Decisione di evidenza esattezza, ancor oggi di attualit�. 

164 RASSEGNA Dm.J..'AVVOCATURA DEU.O STATO 

Quanto, poi, al requisito dell'inerenza alla produzione del reddito, 
nell'esegesi della no:rnnativa suddetta questa Corte ha pi� volte precisato 
('v., fra altre, S.U. n. 513 del 1971) che neppure per le societ� commercia!
li esso pu� essere inteso in senso lato, comprelllsivo di ogni onere, 

o costo, sostenuto dai! soggetto, perch� siffatta interpretazione non � 
consentita dalla stessa nozione di inerenza, che implica un vincolo di 
strumentalit� e destinazione con il reddito prodotto, ed � ininsanabd:le 
contrasto con Ja lettera e Ja ratio della legge, volta appunto a limitare 
la deducibi:Iit�, delle spese imponeI11done una diretta correlazione con 
l'attivit� .produttiva; e perci� i costi e gli oneri sono deducibili se ed 
in quanto sostenuti illell'esercizio dell'impresa e si riferiscano ad attivit� 
e operazioni da cui derivano ricavi che concorrono a formare iii reddito 
d'impresa (secondo la pi� precisa fon:nulazione dell'art. 61 del d.P.R. 
n. 597 del 1973, sull'IRPEF, che al riguardo non ha modificato sostanzialmente, 
nel nuovo ordinaa:nento, la disciplina abrogata). 
M fine de11a deducibilit� degli interessi passivi non � sufficiente, quindi, 
che essi si riferiscano all'acquisizione di caipitali da parte dell'impresa 
e siano stati da questa corrisposti, bensl occorre dimostrare le ragioni 
giustificative de1le relative operazioni di f�inan2liamento e il concreto impiego 
delle somme conseguite in attivit� produttive del reddito imponibile. 


A questi principi si � purntua1mente attenuta la Corte di aippello, 

l la quale ha ritenuto legittimo l'operato del'.l'rufficio -che aveva recuperato 
a tassazione l'ammontare degli interessi passivi -osservando che 

I!

neppure nel corso del giudizio la societ� aveva provveduto a fornire una 
prova attendibile quanto all'inerenza dei finanziamenti all'attivit� pro1 
duttiva, nei sensi suddetti. (Omissis) ! 

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CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 novembre 1986 n. 6550 -Pres. La 

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Torre -Est. Pannella -P. M. Amirante (c�nf.). Ministero delle Finanze 

{avv. Stato Stipo) c. Soc. Grassetto (avv. Liuzzi). 

Tributi, erariali indiretti -Imposta di registro -Miniere e cave -Tipi negoziali 
possibili. 


(D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, tariffa A artt. 1 e 2). 
La concessione di miniere e cave, nell'abrogato come nell'attuale re{ 
; 

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gime tributario, pu� assumere tre diversi tipi negoziali come costituzione 
di diritto reale immobiliare sul suolo, come vendita del prodotto ! 


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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

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dell'estrazione inteso come cosa mobile, come godimento temporaneo 
(locazione) della cosa; solo nel primo caso trova applicazione l'art. 1 
della tabella A mentre in ogni altro caso sar� applicabile l'art. 2 (1). 

(Omissis) Con l'unico motivo la ricorrente, denunciando violazione e 
falsa applicazione degli artt. 1 tariffa all. A e 19 T.U. 26 ottobre 1972 

n. 634 e dell'art. 820 e.e., nonch� insufficiente e contraJddittoria motiivazione 
su un punto ,decisivo della controversia, si duole ohe la Commissione 
Tributaria Centrale non abbia interpretato l'indicato art. 1 della 
tariffa all. A ,secondo la ratio legis, consistente nella enunciazione di una 
�categoria� di atti (e non di atti determinati), rigua11dante tutti i negozi 
giuridici di disposizione di un diritto reale immobiliare. In tale modo 
interpretando -aggiunge la ricorrente -� chiaro e corretto considerare 
che non soltanto le concessioni di miniere -indicate neHa disposizione 
in esame solo a titolo esemplificativo -ma anche le con'Cessioni di cave 
vanno incluse nell'indicata categoria, verificandosi in esse un identico 
fenomeno quale la �costituzione di diritti reali immobiliari�, desumibile 
dall'art. 820 e.e. 1secondo cui i frutti naturali {tra ,cui i prodotti delle 
miniere, cave e torbiere) non ancora separati hanno natura immobiliare. 
La censura, considerata nei limiti della sua formulazione, � infondata. 
Oocorre premettere che per una corretta interpretazione razionale 
della disposizione del primo comma dell'art. 1 della tariffa all. A della 
attuale legge di .registro 26 ottobre 1972 n. 634 � necessaria la ricomposizione 
sistematica del discorso legislativo a partire dalla precedente 
disposizione analoga della abrogata legge di registro r.d. 30 novembre 
1923 n. 3269, la quale comprendeva accanto ai diritti di tlraisferimento a 
titolo oneroso delle propriet�, dell'usufrutto, dell'uso o godimento di 
beni immobili o di altro diritto reale ISU di essi, anche il diritto di escavare 
e di prendere materie da terreni o da miniere. L'art. 2, poi, della tariffa 
all. A dell'indicato decreto n. 3269/23 considerava inclusi nena propria 
categoria tutti gli atti dell'art. 1 che riguargassero {oltre agli oggetti 
partitamente indicati) i beni mobili. 

Tale distinzione indusse la giurisprudenza di questa Corte a distinguere 
fra tre tipi di concessione in materia di miniere cave , e torbiere 
(artt. 820 e 826 e.e.), anche dopo l'entrata in vigore del r.d. 29 l~lio 1927 

n. 1443: teso a disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere. � 
Il primo tipo comprendeva le concessioni o i negozi il cui oggetto 
si .riferisse al gia!dmento minerario nella sua complessa stratificazione 

(1) Non constano precedenti specifici sulla nuova legge di registro. 

166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

intesa in unit� di SUIJ>erficie e di volume; iJI secondo tipo: al !Prodotto dell'estrazione 
ragguagliato a peso o a misura; il terzo tipo: al godimento 
temporaneo della cosa secondo la sua destinazione. 

L'aocertamento di una delle tre qualificazioni giuridiche consentiva 
al giudice di stabilire nel caso concreto l'applicazione dell'uno o deM'aitro 
tasso di imposta riferibili rispettivamente all'art. 1 o all'art. 2 deHa tariffa 
all. A T.U. 3269/23. 

La situazione, riguardante, soprattutto la esegesi giurisprudenziale, 
non subl mutazioni di sorta, n� v'era ragione perch� ne subisse, con l'entrata 
in vigore del decreto suindicato n. 1443/27. Con esso -come espressamente 
previsto dall'art. 1 -si prowide a regolare la ricerca e la coltivazione 
di sostanze minerali e delle energie del sottosuolo, industrialmente 
utilizzabili, sotto qualsiasi forma o condizione fisica. L'art. 2 distinse le 
lavorazioni indicate a11'art. 1 in due categorie, denominandole: miniere e 
cave. Assegn�, con indicazione specifica dei nominativi, minerali, metalli. 

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pietre preziose, sostanze radioattive ecc. alle miniere; altri materiali, 
partitamente iilldicati nonch� quelli industrialmente utilizzabili e non 
compresi nella prima categoria, alle cave. L'art. 14 sanc� espressamente 
che le miniere non potevano essere cOlltivate se non da chi aves~e avuto 

I regolare concessione governativa, in tal modo ribadendo il concetto implicito 
dell'appartenenza di esse al patrimonio indisponibile dello Stato. 

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Gli artt. 22 e 23 attribuirono fa qualificazione giuridica di � immobili � aihle f: 
miniere ed alle pertinenze nonch� que1la di � mobili � ai materiali estratti, 
alle provviste ed agli arredi. Quanto alle cave, l'art. 45 sarrl!c� che esse 
fossero lasciate nella disponibilit� del proprietario del suolo, purch�� da 

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lui coltivate e condotte ad un sufficiente svi1U1ppo. 
Con l'entrata in vigore della nuova legge di registro n. 634/72 l'art. 1 

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delle tariffe ali. A accanto agli atti traslativi a titolo oneroso della propriet� 
di beni immobili, agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali 
immobiliari di godimento, compresa �Ja rinuncia pura e semplice agli 
stessi, ha posto Je � concessioni di miniere � senz'ailtra aggiunta, modificando 
le espressioni del precedente e corrispondente� articolo della soppressa 
legge di registro (r.d. 3269/23). 

Di fronte a siffatta mutazione di enunciati v'� chi ha ritenuto -come 
la resistente soc. Grassetto -che la novella legislativa avesse inteso 
immutare ,radicaffimente l'ambito di applicazione del tasso d'imposta di 
cui allil'art. 1, riservandolo aUe �concessioni di miniere�, intese � stricto 
sensu � quali concessioni governative afferenti alla ;prima categoria, come 
distinte dall'art. 2 del r.d. 29 luglio 1927 n. 1443. In tale modo, i negozi 
giuridici riguardanti ae cave non potrebbero che rientrare nella disciplina 
tariffaria dell'art. 2 T.U. n. 634/72. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La tesi non pu� essere condivisa se si riflette che ai sensi dell'art. 19 

T.U. 634/72 gli atti sottoposti a registrazione vanno interpretati -ai fini 
dell'applicazione delle imposte -secondo la loro intrinseca natura e gli 
effetti giuridici che da essi derivino. 
Da ci� la riflessione che '1a v,aJ.idit� della triplice distinzione giurisprudenziale 
fra Ie coltivazioni minerarie (traslazione o costituzione di 
un diritto reale immobiliare -vendita di cose future -locazione) si 
attaglia anche alla disposizione dell'intero primo comma dell'art. 1 tariffa 
alt A T.U. 634/72, considerando che l'enunciato: �concessioni di miniere� 
ha una funzione chiarificatrice quanto aUe coltivazioni minerarie ma non 
certo riduttiva rispetto ai negozi giuridici aventi ad oggetto la traslazione 

o la costituzione di un diritto reale immobii:liare sulle cave o sulle torbiere. 
Del resto il termine � concessioni di miniere � usato dalla legge tributaria, 
se interpretato � stricto sensu � (cio� secondo i significati tecnici 
dal r.d. 1443/27) circa la distinzione fra miniere e cave, darebbe luogo ad 
un'evidente disparit� di trattamento nell'ipotesi di concessione di cave 
da parte dello Stato: sia che gli appartengano in propriet� e sia che ne 
abbia la disponibilit� dopo averle sottratte al proprietario che ne trascuri 
la coltivazione. 

La parola �miniera�, nehla sua Jata accezione, sta ad indicare un 
giacimento di mineraili o di sostanze costituenti ricchezza per l'umanit� 
e contenute nelle viscere della terra. Ad essa lo stesso legislatore del 1927 
si riferisce, come si rileva da:hla intestazione deHa Jegge, disciplinando la 
ricerca e la coltivazione delle miniere, attribuibili anche alle cave e alle 
torbiere. 

Da quanto sopra esposto deriva che il diritto di sfruttrumento di una 
cava oggetto di negoziazione tra privati -come nella presente fattispecie 
-pu� costituire, sia per l'oggetto della prestazione e sia per la 
comune intenzione dei contraenti, un atto traslativo o costitutivo di u:n 
diritto reale immobiliare di godimento e come ,tale rientrante nell'ambito 
dell'art. 1 delle tariffe ahl. A del T.U. 634/7�. In ogni altro caso in 
cui la negoziazione riguarda il trasferimento di mobili o la costituzione 
di diritti reali su di essi ovvero diritti obbligatorii di godimento anche 
se su immobili, essa va oompresa nell'ambito del sU1Ccessivo art. 2. 

A questa specificazione di concetti non si � riportata espressamente 
[a decisione impugnata, ma dalia succinta motivazione � dato comprendere 
che il contratto fra i Giaretta e J':impresa Grassetto non consentiva 
-per il conteI11Uto e gli effetti del contratto stes,so -di ritenere che essi 
avessero voluto trasferire un diritto immobiliare o costituire un diritto 
reale immobiliare. (Omissis) 


168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. 1; 8 novembre 1986, 111. 6552 -Pres. Fal


cone -Est. Corda -P. M . .(conf.). Elia c. Ministero delle Finanze (avv. 

Stato Salimei). 

Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -Decisione -Decisione parziale Impugnazione 
immediata -Impugnazione differita -Impossibilit�. 

(D.P.R. 26 ottobre 1971 n. 636, art. 39; c.p,c. art. 339 e 340). 
Le decisioni parziali delle commissioni sono soggette ad impugnazione 
immediata mentre non � ammessa l'impugnazione differita unitamente 
alla decisione definitiva (1). 

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(Omissis) 3. Col primo motivo (denunciando, ai sensi de1l'art. 360 n. 4 
cod. proc. civ., la nullit� della sentenza impugnata e del �relativo procedimento, 
per violazione degli articoli 112 e 340 del citato codice di rito, 
nonch� deLl'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) l'Amministrazione 
finanziaria, (ricorrente incidentale) censura la sentenza impugnata per 
avere dichiarato la inefficacia della decisione 15 maggio 1975 (non definitiva) 
della Commissione Tributaria di secondo graiao rtcon la quale era 
stato dichiarato che del terreno da va:1utare andava considerata l'intera 

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superficie di mq. 2.000), sul rilievo ch'era irrituale, perch� non notificata 

a:l contribuente, l'ill:npugnazione dell'Ufficio contro il provvedimento gravato 
(decisione della Sezione di diritto della Commis�sione provincia1e). 
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La ricorrente Amministrazione deduce che la Corte di Aippello non 
avrebbe potuto dichiarare la detta inefficacia, in quanto la decisinne 15 
maiggio 1975 .della Commissione Tributaria di secondo graido era passata 
in giudicato. E ci� perch�, quando il contribuente aveva proposto il gravame, 
aveva impugnato tempestivamente solo la decisione 28 marzo 1979 
deLla stessa Commissione Tributaria di secondo grado (cio� quella definitiva, 
che aveva determinato in lire 100.000.000 il valore del suolo, esteso 

(1) La sentenza d� per certa l'ammissibilit� di decisioni parziali e correttamente 
precisa che esse sono impugnabili solo immediatamente, escludendo 
la possibilit� della impugnazione differita. In verit� � auspicabile che delle 
decisioni parziali non si faccia impiego per le molte complicazioni che esse 
comportano. Ci� perch� da un lato � sempre equivoca la distinzione fra decisione 
parziale e ordinanza (da stabilire sulla base del contenuto sostanziale e 
non in senso nominalistico) e dall'altro perch� la contemporanea pendenza del 
giudizio parzialmente deciso e di quello di impugnazione, in mancanza di norme 
specifiche di coordinazione, con la unicit� del fascicolo che contiene tutti gli 
atti e in vista dei possibili rinvii che dalle impugnazioni conseguono, pu� dar 
luogo ad un vero labirinto. 
Sull'argomento v. C. BAFILE, Sull'impugnazione delle decisioni parziali delle 
Commissioni Tributarie, in questa Rassegna, 1976, I, 874. 



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PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

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mq. 2.000). Del resto, al momento in cui fu proposta l'azione giudiziaria 
davanti alla Corte di Appello di Napoli, la decisione non definitiva <lena 
Commissione di secondo grado non era pi� impugnabil.e, perch� abbond31lltemente 
trascorso il termine di cui all'alt. 40 del d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636, in di:fetto di U!lla �espressa riserva di impugnazione�, ex art. 
340 cod. proc. civ. (Omissis) 

Il primo degli esposti motivi � sicuramente fondato, poich� risponde 
a un esatto criterio giuridico l'affermare che la decisione non definitiva 
dell.a Commissione Tributaria di secOl!l!do grado (in data 15 maggio 1975) 
non fui impugnata tempestivrumente. 

iLa regola, circa la proposizione dei gravami contro le decisioni non 
definitive emesse dalla Commi.ISsione Tributaria, � quel!la dell'impugnazione 
immediata, non gi� quella dell'impUJginazione differita. In base al 
disposto dell'art. 39 dei d.P.R. 26 ottobre 1971, n. 636, la disciplina applicata 
al procedimento davanti alle Commissioni tributarie � quella del 
codice di procedura civile; ed �, quindi, alla sistematica di detto codice 
che occorre avere riguardo per individuare il modo di proposizione del 
gravame che interessa. 

� noto che il codice di rito del 1865 (articoli 481 e seguenti) prevedeva 
l'appeno immediato contro tutte le sentenze; e, altres�, che il codice 
del 1940, innovando completamente rispetto al precedente, prevedeva 
(art. 339) l'improponibilit� de11'appe1lo immediato contro le sentenze parziali, 
e quindi la proponibilit� dell'appefilo unitamente ailila pronuncia 
definitiva, con l'onere della �riserva�. 

�, poi. intervenuta la legge 14_ luglio 1950, n. 581 che, con l'art. 35, 
ha reintrodotto il sistema -tuttora vigente -dell'imi:mgnabilit� immediata 
e ha solo consentito, in via di eccezione, l'appello differito contro 
talune sentenze parziali, previa formulazione defila prescritta riserva. 

� chiaro, aMora, che se la regola generale � qruella dell'impugnabilit� 
immediata e l'eccezione quella dell'impugnabilit� differita, al caso della 
decisione parziale emessa -in concreto dalla Commissione Tributaria non 
pu� applicarsi altro ohe la regola generaile, sia._ perch� trattasi di una 
pronuncia di tipo diverso da quehla per le quali � prevista l'eccezione, 
sia perch� l'impugnazione differita � ricollegata al compimento di una 
attivit� processuale (la formulazione defila riserva) che, in relazione al 
tipo di procedimento, � impossibile esplicare con riguardo alle decisioni 
delle Commissioni tribrutarie. 

Nel caso concreto, perci�, avendo il contribuente impugnato la decisione 
parziale unitrumente a quella definitiva, e cio� tardivamente, alla 
Corte di Appello competeva solo di dichiarare l'inaimmissibiliit� di quella 
impugnazione e rilevare, quindi, l'awenuto passaggio in giudicato di detta 
decisione. (Omissis) 


170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 novembre 1986 n. 6647 -Pres. La 

Torre -Est. Jofrida -P. M. Dettori (conf.). Rainoni c. Ministero de1le 

Finanze (Avrv. Stato PalatieNo). 

Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -Provvedimento impugnabile � 
Atto che nega la spettanza di agevolazione pluriennale -il: tale. 

(R.D. 8 luglio 1937 n. 1516, art. 23; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 16). 
L'atto con cui l'Amministrazione finanziaria concede o nega l'esenzione 
decennale ,da ogni imposta diretta (nella specie art. 8 legge 29 luglio 
1957 n. �635) concretizza un �operato dell'ufficio� agli effetti dell'art. 23 
del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 contro il quale va proposta impugnazione 
nel termine; la norma del citato art. 23 non � abrogata o sostituita dall'art. 
16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 (1). 

(Omissis) Deduce i<l ricorrente, con il 1� mezzo, violazione deltl'art. 16 

d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636; art. 45 stesso decreto; ru:it. 23 r1d. 8 luglio 1937 
n. 1516, in relazione all'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale 
nonch� vizio di motivazione (nd. 260 n. 3 e 5 c.p.c.): la Commissione 
Centrale si limita a motivare il dgetto del ricorso con l'affermazione che 
fa recezione della domanda di esenzione decennale dall'imposta di R.M. 
COillcretizza pur sempre un operato dell'Ufficio ai sensi de]l'art. 23 r.d. 
n. 1516/1937, con fa conseguenza che il ricorrente avrebbe dovuto proporre 
tempestivamente iimpugnazione avanti alla Commissione Tributaria nel termine 
di <legge. Ma cos� dimenticata -pa:-osegue iJl ricorrente -che l'art. 23 
citato � stato sostituito dall'art. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972, che non 
contempla i<l provvedimento in questione tra gliqatti da impugnare entro 
termini di decadenza. Con il 2� mezzo, poi, deduce, ancora, violazione 
dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, nonch� della prassi fiscale: il 
(1) Sulla natura cli provvedimento da impugnare nel termine cli decadenza 
dell'atto che nega l'esenzione pluriennale, la giurisprudenza si � ormai orientata 
positivamente (Cass. 8 luglio 1985 n. 4071 in questa Rassegna, 1985, I, 864), riconoscendo 
che la nozione cli accertamento di q1i all'art. 16 del d.P.R. n. 636/87 
debba essere intesa in senso ampio come atto che stabilisce quale debba essere 
il regolamento di un determinato rapporto (in tal senso anche Corte Cost. 
3 dicembre 1985 n. 313 e 25 marzo 1987 n. 91); ed anche se talvolta si � messo 
in dubbio che tale interpretazione estensiva sia pi� difficoltosa dopo la novella 
del d.P.R. n. 739/1981 (Cass. 23 marzo 1985 n. 2085; in questa Rassegna, 1985, I, 658; 
3 marzo 1986 n. 1322, ivi, 1986, I, 199) sembra prevalente l'orientamento a considerare 
l'art. 16 comprensivo di ogni atto, comunque denominato, che accerta 
l'obbligazione o un suo elemento, che altrimenti potrebbe risultare esclusa 
dalla tutela giurisdizionale qualche situazione che pure rientra nella definizione 
cli giurisdizione generale dell'art. 1 del d.P.R. n. 636. 
La sentenza ora intervenuta introduce nella problematiea un elemento nuovo: 
l'art. 16 non ha sostituito o abrogato l'art. 23 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 
cosicch� ad integrare l'elencazione dell'art. 16 soccorre ogni � operato dell'uffi. 

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PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 171 

ricorrente aveva precisato la distinzione tra i prOV'Vedimenti di cui all'art. 
16 citato e quelli non previsti ai fini della impugnativa, riilevando 
che quello per oui � controversia non doveva farsi rientrare nell'ambito 
di detto art. 16; tale distinzione, per�, � stata obliterata daJJa Commissione 
Centrale, la quale ha ritenuto, senza dimostrazione, l'appilicabilit� del:
J.'art. 23 r.d. n. 1516/37, non tenendo conto, tra J'altro, che in casi del 
genere era l'Ufficio che trasmetteva di propria iniziativa gli atti alla 
Commissione Tributaria di 1� grado, senza che vi fosse stato un ricorso 
� ad hoc �. Ogni censura � infondata. 

L'atto con oui l'Aimministrazione finanziaria concede o nega l'esenzione 
decennale da ogni !imposta diretta sul reddito ex art. 8 I. 29 luglio 
1957 n. 635, concretizza pur sempre un �operato� dell'Ufficio, ai sensi 
de11'art. 23 r.d. n. 1516/1937, in quanto con esso l'Amministrazione stabilisce 
qua.ile, a suo avviso, debba essere il regolamento di quel determinato 
rapporto tributario; con la conseguenza che la mancata impugnazione 
del provvedimento (eventualmente sfavorevole) impedisce la sua 
successiva contestazione, ostandovi la preclusione nascente dal citato 
art. 23 (v. in termini Cass. 6 luglio 1978 n. 3343). 

N� vale invocare una pretesa sostituzione (e quindi abrogazione) di 
detto art. 23 con l'art. 16 del d.P.R. n. 636/72, il quale (a dire del ricorrente) 
farebbe una tassativa elencazione dei casi .ricorribili ahle commis� 
sioni tributarie, senza includervi quello in questione. 

Invero, hl successivo art. 46 del d.P.R. n. 636/72, intitolato �norme 
abrogate� d� per perenti solo gli artt. 20-21 e 32 del d.P.R. n. 1516/37 e 
non .l'art. 23 e d'altronde non potrebbe configurarsi una sopravvenuta 
abrogazione implicita di detta norma, se di abrogazione implicita sempre 
pu� parlarsi in quanto si riscontri fra la nuova disposizione e la precedente 
un'incompatibilit� evidente e una contraddizione di tal grado da 
l"enderne impossibile fa contemporanea applicazione. E nella specie tanto 

cio � inteso come atto con il quale l'Amministrazione stabilisce quale debba 
essere, a suo avviso, il regolamento di un determinato rapporto tributario. 

In verit� � problematica la convivenza dell'art. 23 del r.d. n. 1516/1937 e 
dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972, anche perch� l'art. 23 stabilisce, ma non per 
tutti gli atti, un termine di decadenza di 30 giorni, mentre l'art. 16 pone un 
termine universale di 60 giorni. Non persuade l'argomento letterale dell'art. 46 
del d.P.R. n. 636 che dichiara formalmente abrogati solo gli artt. 20, 21 e 32 
(e non 23) del r.d. n. 1516. E' noto che l'art. 46 ha preso in considerazione 
soltanto le poche norme dalla cui abrogazione risultavano esaltati i caratteri 
della riforma (quanto al r.d. 1516, gli artt. 20 e 21 che sottoponevano le commissioni 
alla sorveglianza dell'amministrazione e l'art. 32' che assegnava alle 
stesse poteri amministrativi di accertamento), ma non pu� certo dirsi che sia 
sopravvissuto tutto il rimanente. 

Risulta tuttavia assai utile il recupero del concetto, sia pure poco raffinato, 
di � operato dell'ufficio � come sussidio interpretativo dell'art. 16 del 

d.P.R. n. 636 nel quale si vorrebbe leggere oggi una e�encazione tassativa. 

.RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

172 

non si verifica, poich�, proprio per la posta elencativa ex art. 16 cit. di 
atti da porre a base del ricorso alla Commissione 11rib. di 1� grado 
(notifica dell'avviso di a:ocertamento, dell'ingiunzione, deil ruolo, del provvedimento 
che irroga le sanzioni pecuniarie), ogni altro �operato� della 
amministrazione, da tali casi esulante, non pu� che continuare ad essere 
regolato in ricorribHit�, dalla norma generale dell'art. 23 r.d. n. 1516/37. 

Quanto, infine, ail riJChiamo a:d una pretesa � prassi � fiscale di inoltro 
delle pratiche similari, di propria iniziativa, dalrl'Ufficio alfa Commissione 
di primo grado e quindi senza necessit� di ricorso, � ovvio che 
l'accampata violazione di tale asserita prassi di certo non rientrn tra i 
motivi di ricorso per cassazione di cui all'art. 360 c.p.c. (Omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 novembre 1986 n. 6653 -Pres. Bologna 
� Est. Vercellone -P. M. Mi.netti (conf.). Ministero delle Finanze 
{avv. Stato Linguiti) c. BertU1Ccio. 

Tributi in genere � Accertamento � Prova � Mezzi ammessi da parte del contribuente 
� Mezzi diversi dalla prova documentale precostituita � Ammissibilit� 
Limiti. 

In mancanza di una regola generale sulla prova nei .rapporti tributari, 
l'utilizzabilit� di specifici mezzi va stabilita in base alla normativa 
specifica dettata per le singole esenzioni e agevolazioni; ove queste sono 
accordate in relazione a situazioni di mero fatto non dimostrabili documentalmente 
con mezzi precostituiti, deve riconoscersi anche al contribuente 
il ricorso a presunzioni basate su elementi di fatto acquisiti con 
mezzi semplici (applicazione alla ipotesi della effettiva abitazione di immobile 
dimostrata con bollette del consumo della luce e dell'acqua e 
constatazione notarile) (1). 

(Omissis) Pi� delicata �, invece, la questione di fondo sollevata dalla 
Amministrazione ricorrente, ma questa Corte non ritiene di doversi di


(1) La molto particolare ipotesi di agevolazione per la vendita di case di 
abitazione non di lusso effettivamente abitate (art. 17 legge 2 luglio 1949 n. 408) 
non deve far troppo generalizzare il principio della ammissibilit� di mezzi di 
prova comunque idonei secondo la fattispecie specifica. In via generale la 
prova ammessa � quella documentale e mai quella testimoniale neppure indi� 
retta. Nelle pochissime situazioni di mero fatto che non lasciano traccia documentale, 
potranno ammettersi delle eccezioni, ma sempre assai limitate. 
Per il caso specifico va assegnato maggior valore alle prove indirette (utilizzazione 
dei servizi) che alle dichiarazioni testimoniali, sia pure in forma 
notarile. In termini v. Cass. 2 aprile 1982 n. 2021 in questa Rassegna, 1982, 
I, 827. 


PARIB I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

scostare da quanto gi� affermato con la pi� volte richiamata sua sentenza 
2021/82. 

Va premesso che manca una regola generale relativa ai mezzi di prova 
sui quali si pu� fondare il giudice del processo tributario ed in specie su 
quelli che, dedotti dalile parti, fil giudice pu� ritenere rilevanti per la 
propria decisione. Tale, infatti, non � la regola di cui all'art. 35 del d.P.R. 
26 ottobre 1972 n. 636 che si limita ad attribuire alle Commissioni tributarie 
gli stessi poteri di accertamento (accesso, richiesta di dati, informazioni 
e chiarimenti) conferite agli Uffici tributari dalle singole leggi 
di imposta. Manca, in specie, una disposizione generale .in materia di 
imposta di registro. L'art. 15 d.P.R. 634/72 � norma tutt'affatto specifica 
dettata com'� per la registrazione di ufficio di contratti verbali. � norma 
che ha una precisa ratio. Si tratta, infatti, di provare l'esistenza di contratti 
dei quali non si pu� dare prova documentale proprio perch� si 
ipotizza che non siano stati redatti per iscritto. Logico allora che alla 
All11ministrazione sia data la facolt� di ;provare alcuni fatti (renderli noti) 
dai qua!li trarre logiche conseguenze per affermare l'esistenza del fatto 
ignoto (l'esistenza del contratto): ad esempio, nel caso di trasferimento 
di azienda, di fornire elementi presuntivi (cambiamenti di ditta e di insegna) 
da cui dedurre che davvero trasferimento di azienda vi � stato. 
Tale nonna, dunque � dettata per materia diversa poich� riguarda l'onere 
della prova a carico della Amministrazione in funzione della esistenza 
dell'atto da registrare, dunque del fondamento stesso della piretesa tributaria. 


Non v'�, invece, una norma specifica che riguardi limitazioni alle 
prove che il contribuente pu� offrire (e che il giudice pu� utilizzare) 
quando � il contribuente che ha l'onere della prova relativamente alla 
sussistenza di una condizione alla quale la legge tributaria ricollega, come 
nel caso di specie od altri analoghi, una esenzione da imposta o una 
riduzione di imposta. Quando si pone un quesito di tale genere, l'interprete 
deve dunque arrivare al1a soluzione sulla base della normativa dettata 
in relazione alla singola esenzione o facilitazione: nel presupposto 
che se la legge concede agevolazioni tributarie nel ricorso di certe condizioni, 
il contribuente deve essere ammesso a dare la prova che tali 
condizioni si sono verificate. 

Ora, � frequente che le esenzioni o agevolazioni siano concesse ove 

ricorra una situazione la cui prova non pu� essere data che documen


talmente. In queste ipotesi � evidente che l'unica prova rilevante sar� 

quella documentale. Se richiesto uno status relativo alla cittadinanza <> 

ad un rapporto di parentela, od anche una situazione ricollegata alla 

pertinenza di un diritto di propriet�, certamente il contribuente dovr�� 

esibire la documentazione necessaria (certificato di cittadinanza, di na


scita, atti di acquisto della propriet�). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.0 STATO

174 

Ma si danno .i(potesi, in cui la agevolazione � in funzione di una 
situazione di fatto per accertare la quale 1'ordinamento non prevede 
mezzi probatori dooumentali o pi� in generale mezzi probatori predeterminati 
privilegiati cui il cittadino possa attingere per adempiere al 
suo onere di prO\la. 

La disciplina del!la agevolazione in questione � appunto una di queste 
iipotesi. L'agevolazione � concessa se � stato rilasciato il certificato di 
abitabilit�: e si � ancora nel caso di prova necessariamente documentale 
per cui non sono ammessi equipollenti. Ma l'agevolazione � concessa an


. che se, .pur non essendo stato rilasciato il certificato di abitabilit�, � 
data la prova che l'immobi!l.e � stato abitato in un determinato periodo. 
Ci� che va provato dal contribuente � dunqrue la circostanza di fatto della 
effettiva abitazione: ma non � previsto nel nostro ordinamento, n� a 
questi fini specifici dell'agevolazione tributaria n� in generale, un mezzo 
di prova tipico, speciale, documentale o no, sufficiente ma anche necessario, 
per accertare la reale abitazione di un alloggio. Non si pu� pretendere 
che i!1. cittadino, in vista di future. contestazioni, precostituisca 
situazioni che giustifichino l'intervento di pubblici poteri, dal quale intervento 
trarre la prova, o direttamente o tramite presunzioni, che davvero, 
nel tempo �di qruell'intervento, l'alloggfo era abitato; n� � previsto che il 
cittadino possa chiedere un accertamento preventivo alla P.A., appunto 
allo scopo di precostituirsi una prova sicura per ottenere poi la agevolazione. 


In questa, come in analoghe ipotesi, l'alternativa rimarrebbe dunque 
tra negare di fatto al contribuente di ottenere l'agevolazione che pur 
gli aspetta o ammetterlo a ricorrre ad altri mezzi di prova; clie, infatti, 
se tale ricorso aid aHri mezzi viene escluso, il cittadino non ha strumenti 
per fare accertare che davvero si � realizzata la condizione cui � subordinata 
la concessione della agevolazione. 

g evidente, allora, che deve essere accolta la seconda alternativa, 
cio� la possibilit� per il giudice di fondare la sua decisione su fonti 
probatorie distinte i:la quelle cui fa riferimento la Amministrazione nel 
suo ricorso; in specie su presunzioni a loro volta fondate su elementi 
di fatto provati mediante documenti o, come nel caso in esame, mediante 
documenti (quali le bollette della luce e dell'acqua) e mediante atti 
di constatazione notarile che appaiono essere tra i pochi strumenti di cui 
il cittadino possa disporre per precostituirsi un persuasivo mezzo di prova 
ne1l'ipotesi di contestazione circa il periodo di abitazione. Si tratta di una 
ratio assai analoga a que1la che si � visto giustificare I'ammissibilit� di 
presunzioni, da parte dell'Amministrazione finanziaria, per la prova della 
esistenza di contratti verbali. Nell'un caso e nell'altro � giocoforza ammettere 
prove non documentabili in senso stretto (quelle cio� che si esauriscano 
nella presentazione di un documento, presentazione che � necessaria 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 175 

e sufficiente) poich� J'onerato delfa prova non ha, per definizione non 
pu� avere, la possibilit� di offrire prove documentali. 

Non � dunque questione di affermare o negare che il verbale di 
costatazione notarile in questione rientri o non rientri nel campo nel 
quale l'ordinamento riconosce al Notaio la potest� di fornire prove munite 
di valore specia[e. Taile � valore speciale � � stato correttamente 
negato sia daLla deci:sione 2021/82 di questo supremo Collegio sia, indirettamente 
almeno, dal~a sentenza qui impugnata. Ma si tratta invece 
di af�fermare che in questa materia correttamente il giudice pu� porre 
a b!:tse della i;ua decisione prove di valore normale, come prove di per s� 
sufficienti o, come � stato fatto dal giudice di merito in questo procedimento, 
crune indizi concorrenti con ailtri, tali da potergli consentire, 
per via di deduzione logica, che dawero quell'alloggio � stato abitato 
nel periodo in cui l'occuipazione era rilevante per la concessione della 
agevolazione: anche se non si tratti di 1 pr�ve documentali in senso stretto 

o di prov:e provenienti da fonti privilegiate. (Omissis) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1986 n. 6803 -Pres. Bologna 
-Est. T:ill.occa -P. M. Tridico (conf.). Ministero deMe Finanze 
(avv. Stato Zotta) c. Soc. GASIR. 

Tributi erariali diretti -Imposta locale sui redditi -Agevolazione per le 
case di abitazione non di lusso -Conformit� alla licenza edilizia e 
alle prescrizioni urbanistiche -11. necessaria. 

(L. 2 luglio 1949 n. 408, art. 13; I. 6 agosto 1967 n. 765, art. 15),. 
L'esenzione ,dell'.art. 13 ,della legge 2 luglio 1949 n. 408 per le case di 
abitazione non �di lusso, presuppone non solo la �conformit� alle prescrizioni 
.igienico sanitarie, documentata con la licenza di abitabilit�, ma 
anche la conformit� alla licenza edilizia e alle prescrizioni urbanistiche 
(1). 

(Omissis) Con l'unico mezzo 'dedotto J'Amministrazione ricorrente denuncia 
la v:iolazione e La falsa applicazione dell'art. 15 I. n. 765 del 1967 
e degli artt. 13 il. n. 408 del 1949 e 43 d.l. n. 124 del 1965 nonch� vizi di 
motivazione su un punto decisivo del[a controversia. Sostiene l'Amministrazione, 
in particolare, ohe dail predetto art. 15 � emerge che il legislatore 
ha vo1uto privare de1le agevolazioni fiscali, nella loro interezza, i 

(1) Giurisprudenza ormai costante (Cass. 22 gennaio 1982 n. 500, in questa 
Rassegna, 1982, I, 579). 

176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costruttori abusivi�; che, d'altra parte, �una norma generale, come pu� 

sopprimere antecedenti norme speciali, cos� pu� ampHare la fattispecie, 

imponendo l'aiocertamento di un ulteriore requi'Sito divenuto essenziale 

per sopravvenute pubbliche finalit� � e che, in realt�, '1'art.' 15 � non � una 

norma generale, in quanto concerne precipuamente le agevolazioni sulle 

costruzioni edilizie previste in ileggi anteriori ed � pertanto in stretto rap


porto con Ja legge n. 408 �. 

H ricorso va accolto. 

Come esattamente si sottolinea nella sentenza impugnata, questa Corte, 
con sentenza n. 5722 del 1978, dopo aiver premesso che, al fine del. 
l'esenzione venticinquennale dall'impo'Sta sui fabbricati per le abitazioni 
non di lusso, .l'art. 13 della J. n. 408 del 1949 prima e l'art. 43 de1la 

l. n. 431 del 1965 dopo si Jimitavano a richiedere la conformit� delle nuove 
costruzioni alle prescrizioni igieniteo-sanitarie accertate mediante il rilascio 
della dichiarazione di abitabilit�, afferm� che nella predetta materia, 
concernente pure la controversia in esame, non trova appJicazione 
l'art. 41 ter della I. n. 1150 del 1942, aggiunto con l'art. 15 della I. n. 765 
del 1967, secondo il quale le opere successivamente iniziate senza la 
licenza o in contrasto con la stessa non beneficiano dclle agevolazioni 
previste dalle norme vigenti, stante il principio che la legge di carattere 
generale non deroga a'hla legge speciale anteriore a meno che non risulti una 
diversa volont� legislattva, che nel caso (e cio� nehl'art. 15, norma generale 
rispetto alla specialit� degli artt. 13 e 43) non sussiste. Senonch� 
siffatto orientamento pu� ritenel'Si non pi� seguito nella giurisprudenza 
di questa stessa Oorte, la quale in varie decisioni (sent. n. 1684 del 1980, 
n. 500 del 1982, n. 6478 del 1983, n. 2650 deil. 1984) ha presupposto il principio 
contrario e cio� che per beneficiare dell'esenzione suindicata � richiesto, 
per le costruzioni iniziate dopo J'entrata in vigore del predetto 
art. 41 ter, non soltanto il rilascio della dichiarnzione di abitabilit� attestante 
l'osservanza delle misure igienico-sanitarie, ma anche l'adempimento 
delle prescrizioni st~bilite dallo stesso art. 41 tef. 
L'art. 15 legge n. 765 del 1967 dispone testualmente nel primo comma: 

� Fatte salve le sanzioni di cui agli artt. 32 e 42, le opere iniziate dopo 
l'entrata in vigore della presente legge, senza la licenza o in contrasto con 
la stessa, O\llVero �sulla base di ilicenza successivamente annullata, non 
beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, n� di 
contributi o altre provvidenze dello Stato o di Enti pubbli!ci. Il contrasto 
deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie 
coperta che eccedano per singola unit� immobiliare il due per cento delle 
misure prescritte, ovvero il mancato rispetto de1le destinazioni e degli 
aNineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore 
generale e nei piani particolareggiati di esecuzione>>. j 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ora � evidente che ila 1I1orma or ora trascritta abbia voluto subordim.are 
la concessione de1le agevolazioni fiscali, da qualunque legge previste, 
inerenti alle opere edilizie, oltre che al rispetto dell.e condizioni imposte 
dalle singole leggi, all'avvenuto rilascio deilla :licenza e alla osservanza 
delle prescrizioni fissate nella licenza stessa relative all'a1tezza, ai distacchi, 
alila cubatura, alla superficie coperta, alle destinazioni e agli allineamenti 
indicati nel programma di fabbr'icazione, nel piano regolatore generale 
e nei piani particolareggiati di eseouzione. Sicch�, quando tali prescrizioni 
siano state violate oltre i limiti predeterminati di tolleranza, le 
agevolazioni fiscali, pur se ne ricorrono i presupposti fissati dalle singole 
leggi che ile prevedono, in base alila norma in esame non vanno accordate o, 
se gi� accordate, vanno revocate. Non v'ha dubbio che rientri ne1l'ambito 
del trascritto art. 15 l'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati 
contemplata per le abitazioni non di lusso dall'art. 13 della 1. n. 408 
del 1949 e dall'art. 43 d.1. n. 124 del 1965, conv. 1I1ella 1. n. 431 del 1965, essendo 
corrispondente all'interesse pubblico che anche tali abitazioni siano 
realizzate nel rispetto rpieno deill'ocdine urbanistico. Non � ammissibile 
che esse beneficino de1le agevolazioni fiscali (oltre che dei contributi e delle 
provvidenze dello Stato) !pllr se costruite senza licenza o in violazione degli 
oneri e delle condizioni stabilite neilla l�ICenza a tutela dell'interesse pubblico 
della regolamentazione delle edificazioni, certamente prevalente rispetto 
alla stessa esigenza dello sviluppo dell'edillizia abitativa cui sono 
preordinati la 1. n. 408 del 1949 e la 1. n. 431 del 1965. D'altra parte non 
sussistono ostacoli n� di ordine logico n� di ordine tecnico o sistematico 
che U1I1a legge di portata generale modifichi leggi speciali anteriori se la 
finalit� della rpdma risulti essere, come nella specie, prorprio quella di limitare 
o �condizionare (ulteriormente) la portata delle seconde; il legislatore, 
nella specie, �anzich� subordinare l'agevolazione fiscaile contemplata 
da ciascuna legge speciale anteriore all'osservanza della licenza di costruzione, 
lo ha stabilito con una previsione di carattere generale,. pure nello 
intento di prevenire ed evitare che una qualche legge speciale, portante 
agevolazioni fiscaili, 1I1on fosse elencata o considerata per imprecisione o 
dimenticanza. Sarebbe veramente di scarsa rportata la rilevanza dell'art. 15, 
che ha irnteso assicurare un o:ridinato �svilUipipO dell'assetto edilizio, se esso 
non potesse mcidere sulle leggi specialli anteriori inerenti a benefici fiscali 
nel campo �delle costruzioni. Ove si 1consideri che tale tirpo di agevolazioni 
sono di solito stabilite da leggi srpeciali e che le costruzioni realizzate o in 
via di realizzazione sono destirnate in larga magigioranza ad abitazioni non 
di lusso, cosi come lo saranno presumibilmente le costruzioni ohe verranno 
effettuate nel futuro. 

In conclusione, l'art. 41 ter della 1. 1150 del 1942, aggiunto con l'art. 15 
della 1. n. 765 del 1967, trova applicazione runche in ordine alle costruzioni 
destinate a case di abitazione non di lusso, iniziate dopo l'entrata in vigore 


178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di quest'ultima legge. Di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata 
e la causa va rinviata alla Corte di Aippelilo di Roma. 

Questa, nel conformarsi al iprindpio fissato nella presente sentenza, 
dovr� accertare primariamente se la 'Costruzione, realizzata dalla Gasir, 
sia stata iniziata dopo l'entrata in vigore dell'art. 15 della [. n. 765 (Cass., 
sent. n. 1684 del 1980) e, nel caso rpositivo,,se r�ICorrano violazioni del tirpo 
di quelle previste, con tassativa elencazione, dal primo comma di detto 
artiJcolo (Cass., sent. IIl. 2650 del 1984) ed oltre i ,limiti di tolleranza stabiliti 
nello stesso comma 1~Cass., sent. n. 6478 del 1983). Accertamenti omessi 
dalla sentenza cassata peoch� ritenuti implicitamente irrilevanti ai fini 
della decisione, fondata sulla tesi della non appli:cabilit� della suindicata 
norma a1la fattispecie in esame. (Omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1986 n. 7057 -Pres. Scan� 
zano -Est. Caturani -P. M. Golia (conf.). Soc. C.P.C. EUROPE (avv. Cesareo) 
c. Ministero delle Finanze i(avv. Stato Conti). 

Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone giuridiche Societ� 
ed enti non aventi sede legale o amministrativa nel territorio 
dello Stato -Rappresentante per i rapporti tributari -Legittimazione 
a stare in giudizio -Sussiste. 

(D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 4). 
Il rappresentante per i rapporti tributari che, a norma dell'art. 4 del 

d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, deve essere indicato nella dichiarazione 
dalle societ� ed enti non aventi nel territorio dello Stato la sede legale o 
amministrativa, � legittimato a stare in giudizio per la societ�, abbia o 
I 

meno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, sia nei procedimenti 
tributari che nei giudizi innanzi all'autorit� giudiziaria ardi� 
na.ria (1). 

(1) Questione nuova la cui soluzione desta perplessit�. In verit� il rap� 
presentante per i rapporti tributari sembra essere piuttosto un destinatario 
degli atti dell'ufficio, che solo a questo fine rappresenta la societ�; esso non 
� indicato nemmeno come sottoscrittore della dichiarazione, spettando ci� al 
legale rappresentante a norma dell'art. 8; il rappresentante per i rapporti tributari 
� infatti indicato nella dichiarazione che non pu� essere quindi sottoscritta 
dallo stesso (autodelegato) soggetto. Di conseguenza la legittimazione ad 
processum non pu� spettare a chi non ha il potere di sottoscrivere la dichia� 
razione. In nessun caso poi il rappresentante pu� essere legittimato al processo 
quando la societ� abbia nel territorio dello Stato una stabile organizzazione, 
nel qual caso non � prevista affatto la esistenza di un rappresentante. 

PARTE I, SEZ, VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(Omissis) NeJJ.'ordine logico � pregiudiziale J'esame della questione sollevata 
con iii controri:corso dall'Amministrazione delle Finanze, secondo 
cui il ricorso deve ritenersi inammissibile per dirfetto di legitimatio ad processum 
del riicorrente non risultando l'espresso conferimento per iscritto 
al Dr. Ugo Sartori, che ha proposto il ricorso per cassazione nella diJchia; 
rata qualit� di rap!Presentante per i rapporti tributari della societ� C.P.C. 
Burope, del potere di stare in giudizio per la .stessa, ai sensi del['art. 77 
codice procedura 'Civile. 

La questione va risolta in senso favorevole alla ammissibilit� del 
ricorso. 

La ricorrente, a sostegno della sua tesi, fa leva sulla disciplina generale 
contenuta nell'art. 77 c.tp.c.; secondo cui il procuratore generale e 
quello rpreposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il 
preponente .qruanido questo rpotere nOltl � stato loro conferito espressamente 
per iscritto, tranne ohe per gli atti urgenti e rper le misure cautelari. E 
tale principio, si afferma, � arpplicabile anche per il � rappresentante per 
i rapporti tributari� di cui alil'art. 4 comma 2 del d.P.R. 29 settembre 
1973 n. 600, trattandosi di un caso di rappresentanza ad negotia operante, 
in assenza dell'espresso colllferiirnento della rappresentanza processuale e 
a norma dell'art. 77 c.p.c., esclusivamente sul piano sostanziale. 

La norma dell'art. 4 comma 2 cit. 111on pu� tuttavia, essere interpretata 
nel senso riduttivo rpreteso dalla armministrazione. 

Essa � stata dettata -come risulta daHa srua formulazione -.per le 
societ� od enti che non hanno la sede legale o amministrativa nel territorio 
dello Stato, le quali devono indicare l'indirizzo della stabile orga111izzazione 
nel territorio stesso in quanto vi sia, e in ogni caso le generalit� e l'indirizzo 
in Italia di un rappresentante per i rapporti tributari. 

Tale rappresentante � quimdi il soggetto che, in base al citato art. 4, 
assicura la instaurazione dcl contraddittorio nei confronti delle suddette 
societ� straniere ohe non hanno la sede nel territorio dello Stato, nel campo 
dei rapporti tributari e tale esigenza la norma ha inteso ovviamente 
garantire sia sul piano rprettamente sostanziale che processuale. Il rappresentante 
per i rapporti tributari della societ� straniera rpriva di sede 
nel territorio dello Stato (abbia o meno in questa una stab11e ol'ganizzazione) 
� legittimato non soltanto come alter ego della societ� nei rapporti 
tributari di diritto sostanziale, ma altres� a stare in giudizio per la societ� 
sia <IJ.ei rprocediimenti tributari ohe nei giudizi innanzi all'autorit� 
giudiziaria ordinaria che siano inerenti a quei rapporti. (Omissis) 


SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 
SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 
CORTE tDI CASSAZIONE, Sez. Un., 21marzo1987, n. 2807 -Pres. Tamburri


no -Rel. Caturani -P. M. Sgroi V. i(concl. did:�f.) -Saocinto (avv. Caruc


ci) c.. E.R.SA.P. (avv. Stato De Stefano). 

Enti pubblici � Enti regionali � Rappresentanza e difesa in giudizio da parte 
dell'Avvocatura -Delibera di conferimento dell'incarico -Necessit� Esclusione. 


(R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; legge 3 aprile 1979, n. 103, art. 11). 
Arbitrato � Riforma agraria � Controversie relative agli obblighi dell'assegnatario 
di terreni -Incompetenza degli arbitri. 
(Cod. proc. �iv., art. 806; legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5). 

Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 43 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
come modificato dall'art. 11 legge 3 aprile 1979 n. 103, la disciplina della 
rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni pubbliche non 
statali � stata estesa -fermo il comune presupposto dell'esistenza di 
un'autorizzazione ad avvalersi dell'Avvocatura dello Stato -agli enti regionali, 
rispetto ai quali pertanto lo ius postulandi compete ex lege all'Avvocatura, 
senza necessit� di una delibera apposita (richiesta, all'opposto, 
quando l'ente interessato intenda avvalersi del patrocinio di un avvocato 
del libero foro) {1). 

E nullo, per difetto di giurisdizione dell'A.G.O., il lodo pronunciato, 
tra l'ente concedente e l'assegnatario d'un terreno di riforma agraria, in 
una controversia che non investa soltanto questioni attinenti ad indennit�, 
canoni ed altri corrispettivi, ma involga anche l'esame di domande attinenti 
all'inadempimento degli obblighi gravanti sull'assegnatario (2). 

Con il primo motivo il ricorrente sostiene la inammissibilit� della impugnazione 
del lodo proposta dall'Avvocatura dello Stato innanzi alla 
Corte d'appello di Bari con atto 18 agosto 1983, in mancanza di un provvedimento 
dell'ente di avvalersi di tale patrocinio, ai sensi dell'art. 11 

(1) Principio ormai fermo. 
(2) Sulla compromettibilit� in arbitri delle controversie relative all'assegnazione 
di terreni di riforma agraria, cfr. pure Cass., Sez. Un., 18 gennaio 1982, 
n. 293 e 10 dicembre 1981, n. 6517, entrambe in Foro it., 1982, I, 682 con richiami. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 181 

della legge 3 aiprile 1979 ID.. 103 che ha modificato l'art. 43 del T.U. 30 otto


bre 1933 n. 1611. 

La censura non � fondata. 

Le Sezioni unite si sono di gi� occU1pate del problema attinente allo 
jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato rispetto agli enti regionali 
e lo hanno risolto nel 'senso ohe per tali enti il potere di rappresentanza e 
difesa in giudizio compete ex lege all'Avvocatura dello Stato senza che 
si richieda una deliberazione dell'ente al riguardo, che per contro � 
necessaria solo al fine di esdudere tale potere, onde attribuire lo jus postulandi 
ad avvocati del libero foro (sentt. nn. 4317/82; 3320/86). 

Il risultato cui si pervenne con tali responsi � sottoposto a critica in 
questa sede dalla difesa del ricorrente ma senza fondamento. 
Per quanto concerne in particolare l'ERSAP deve tenersi presente che 
lo jus postulandi dell'Avvocatura _dello Stato trova preciso riscontro nel 

d.P.R. 6 ottobre 1978 n. 873, che aveva richiamato a tal fine l'art. 43 del 
T.U. 30 ottobre 1933 n. 1611 e l'art. 107 del d.P.R. 24 J.ugJio 1977 n. 161. 
Il suddetto decreto fu seguito dalla legge 3 apriJe 1979 n. 103, il cui 
articolo 11, con l'aggiungere altri tre commi all'art. 43 del T.U . .cit. cos� 
statuiva testualmente: � Qualora sia intervenuta l'autorizzazione di cui al 
primo comma ~dell'art. 43; n.d.r.) la rappresentanza e fa difesa nei giudizi 
indicati nello stesso comma sono assunte dall'Al\nVocatura dello Stato in 
via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo 
Stato o con le Regioni. 

Sailve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano 
in casi speciali non avvalersi dell'A'VVocatura dello Stato debbono adottare 
apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza. Le disposizioni 
di cui ai precedenti commi sono estese agli enti regionali previa 
deliberazione degli organi competenti �. 

La interpretazione logico-sistematica della norma, aderente alla sua 
formulazione letterale (art. 12 prel.), lascia chiaramente intendere ohe la 
disciplina giuddka si � ispirata ad una identit� di trattamento, per quanto 
concerne lo jus postulandi dell'A'V'Vocatura dello Stato rispetto alle 
amministrazioni pubbliche non statali ed agli enti SO'V'Venzionati sottoposti 
a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato (art. 43 comma 1) da una 
parte (cui si riferiscono i primi due commi dell'art. 11) e gli enti regionali 
dall'altra. Non pu� cio� essere seguita la tesi del ricorrente, secondo cui 
mentre per le altre amministrazioni soggette a tutela o vigilanza dello 
Stato, la regola � Ja esistenza dello jus postulandi ipso jure dell'Avvocatura 
dello Stato, e la eccezione, previa delibera, � il ricorso alla difesa da 
parte di avvocati del libero foro, per gli enti regionali invece sarebbe applicabile 
una disciplina diametralmente QPposta. 

n riferimento nell'ultimo comma dell'art. 11 alla intera disciplina 
contenuta nei commi p:recedenti, in quanto si � ritenuto di estenderla 


182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche agli enti regionali, di.mostra che il legislatore ha adottato in proposito 
la tecnka dell'applicazione estensiva della precedente normativa la 
quale quindi non richiede alcuna �previa delibera� da parte de1l'ente 
regionale per riconoscere lo jus postulandi de1l'Awocatura dello Stato 
� in via organica ed esclusiva �, mentre essa � necessaria soltanto per 
escluderla. 


Tale interpretazione � confortata altres� dalla stessa collocazione del 
comma in discussione, il quale, estendendo la intera disciplina di cui ai 
commi precedenti agli enti regionali ha dchiarrnato la previa deliberazone 
degli organi competenti che il comma immediatamente precedente richiede 
per attuare la deroga allo jus postulandi deLl'Arv;vocatura dello Stato. 

In base ai precedenti rirlievi deve ritenersi che sussistono neLla specie 
i presupposti di fogge per concludere nel senso che all'Avvocatura dello 
Stato competeva lo jus postulandi allorch�, con atto notificato il 18 agosto 
1983, propose la impU1gnazione del }()do nell'interesse dell'ERSAP. 

Non pu� fondatamente obiettarsi che il q.P.R. 6 ottobre 1978 n. 873 
avente natura regolamentare (art. 87 della Costituzione) -� illegittimo 
e non realizza pertanto le condizioni richieste dall'art. 43 cit. per riconoscere 
il patrocinio dell'Avvocatura delJo Stato nei confronti de1l'ente 
regionale. 

Anche a voler ritenere possibile tlll1a disapplicazione del provvedimento 
amministrativo illegittimo in una fattispecie come que1la prevista 
nel presente giudizio, � assorbente di ogni altra considerazione il'assoluta 
legittimit� del decreto presidenziale. 

Vero � che il suddetto decreto n. 873/78 ha richiamato come fonti 
normative del potere esercitato l'art. 43 del T.U. n. 1611/33 e l'art. 107 del 

d.P.R. n. 616/77 ed � anche vero che quest'ultima norma prevedeva soltanto 
che le regioni {e non gli enti regionali) potessero avvalersi del patrocinio 
legale e della consulenza dell'Avvocatura dello Stato. 
Trattasi, tuttavia di una mera irregolarit� che non incide su1la legittimit� 
dell'atto: allorch� il suddetto decreto fu pubblicato (11 gennaio 1979 
-ed acquist� quindi efficacia giuTiidica, era gi� entrata in vi:gore la legge 
3 aprile 1979 n. 103 alla qua1e venne dato effetto dal 1 gennaio 1979. 

Il riferimento al.l'art. 43 del T.U. del 1933 deve intendersi perci� compiuto 
dal decreto del 1978 nella formulazione che la norma presentava in 
seguito all'entrata in vigore della legige n. 103/79 la cui efficacia anticipata 
al 1� gennaio 1979 era gi� operante quando il decreto del 1978 fu pubblicato 
(11 gennaio 1979). 

Sussiste, pertanto, nel caso in esame fatto autorizzativo previsto ormai 
da1l'art. 43 anche per gH enti regionali, onde lo jus postulandi de1l'Avvocatura 
dello Stato in via organica ed esclusiva trae fondamento giuridico 
dall'art. 11 della legige n. 103, la quale in presenza del suddetto atto autorizzativo, 
attribuisce ipso jure anche agli enti regionali il patrocinio del



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 183 

l'Avivocatrura dello Stato e richiede inv,oce per singoli casi la previa delibera 
degli organi competenti ove l'ente voglia far ricorso ad avvocati del 
libero foro. 

Il primo motivo del ricorso deve es.sere pertanto respinto. 

Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 360 n. 5, 823 n. 3, 829 n. 4 e 5 c.p.c., si assume che il'impugnata 
sentenza erroneamente ha ritenuto la nuJlit� del lodo per contraddittoria 
motivazione, poiich� nel caso in questione la pronuncia arbitrale non difettava 
del requisito attinente alla motivazione e d'altra parte gli arbitri nel 
decidere la controversia si erano attenuti alle condusioni della consulenza 
tecnica di ufficio, onde non era richiesta alouna S1pecifica motivazione per 
farne propri i risultati. 

Il ricorrente sostiene una tesi esatta quando, richiamando la giurisprudenza 
di questa Corte (sentt. 1006/77; 7622/78; 7402/83, di cui la prima 
resa a Sezioni unite), afferma che il vizio di �contraddittoriet�� del lodo 
arbitrale � deducibile con impugnazione per nulilit� soilo qualora si concreti 
in una i111conciliaibilit� fra parti del diS!p'Ositivo (art. 829 n. 4 c.p.c.) 
ovvero in un contrasto fra parti della motivazione di gravit� tale da ren� 
dere impossibHe la ricostruzione della ratio decidendi, e, quindi, da .tradursi 
in sostanziale mancanza della motivazione stessa (art. 829 n. 5 c.ip.c.) 
e quando sostiene che la Corte d'aippello ha dichiarato la nullit� del lodo 
in una fattispecie non riconducibile a quelle previste dalle norme anzidette. 

Infatti la denunziata sentenza ha accolto la impugnazione per nullit� 
del lodo sul semplice rilievo che la motivazione adottata dagli arbitri ha 
ritenuto esistenti i miglioramenti senza dar conto dello affermato (e non 
provato) abbattimento dell'opera '(scavo di un pozzo necessario per rendere 
irriguo il terreno) non pi� esistente al momento della consegna del 
fondo. 

Ma � evidente ohe in tal modo i giudici di aippeHo non si sono fermati, 
nel dichiarare la nullit� del lodo, al ri:scontro formale circa la esistenza 
della motivazione come reqruisito dell'atto ed hanno invece proceduto ad 
un riesame ldel giudizio all'�opo espresso dagli arbitri, cadendo nella violazione 
di legge denUJilziata dal ricorrente. 

Tuttavia pur ,essendo erronea la ragione per cui i giudici di appello 
hanno dkhiarato la nullit� del lodo, il decisum pu� nel caso in esame 
rimanere fermo, avendo gli arbitri esaminato una controversia rientrante 
neHa giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 5 comma 1 
della legge n. 1034/71), e quindi non suscettibile di essere devoluta al giu� 
dizio arbitrale. � 

Le Sezioni unite hanno gi� ritenuto che qualora la controversia promos


sa nei confronti dell'ente concedente da un assegnatario ed acquirente 

con patto di riservato dominio di run terreno di riforma fondiaria non 

investa soltanto questioni attinenti ad indennit�, canoni ed altri corrispet



184 
RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

tivi, come nel caso in cui una delle parti (nel caso considerato il concessionario) 
avanzi pretese risarcitorie per un dedotto inadempimento contrattuale 
del concedente, la controversia medesima, ai sensi dell'art. 5 della 
l.egge 6 dicembre 1971, n. 1034, esula da:hla giurisdizione del giudice ordinario 
e spetta alla cognizione del giudice a'.!Jllllinistratirvo, in sede di giurisdizione 
esclusiva e, pertanto, non pu� essere portata, con compromesso o clausola 
compromissoria alla 1cognizione di arbitri il aui intervento � consentito solo 
in via sostitutiva nell'ambito de1le attribuzioni dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria (sent. n. 406/84). 

Nella specie i:l giudizio arbitrale non verteva soltanto sulla indennit� 
per i miglioramenti al fondo, ma investiva altres� l'esame della pretesa di 
risarcimento dei danni da recesso dell'assegnatario formulata in quella 
sede dall'ERSAP. 

�La controversia, pertanto, non era limitata alie indennit�, canoni ed 
altri corrispettivi aui fa riferimento l'art. 5 comma 2 della legge citata, riconoscendo 
in tali liimiti la giurisdizione del giudice 011dinario, ma si estendeva 
all'esame del rapporto contrattuale �ll1tercorso tra Je parti ed al giudizio 
relativo alla esistenza del dedotto inadempimento dell'assegnatario, 
il che rientrava nel primo comma dell'art. 5 ohe dervolve in tal caso la 
controversia al giudice amministrativo. 

Corretta in tal modo la motivazione dell'impugnata sentenza sulla 
base della rilevata nullit� (ex officio) del lodo per difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario, che si traduce nella specie nella incompetenza degli 
arbitri, il decisum con cui i giudici di appello hanno dichiarato la nullit� 
del lodo pu� rimanere fermo (art. 384 comma 2 c.p.c.). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21marzo1987, n. 2809 -Pres. Tamburrino 
� Rel. Caturani -P. M. Sgroi V. (conf.). � De Carolis (avv. Carucci) 

c. E.R.S.A.P. (avv. Stato De Stefano). 
Arbitrato � Lodo � Notificazione alla parte personalmente . Termine per 
l'impugnazione di nullit� � Decorre. 

(Cod. proc. civ. , art. 828). 

Poich� nel giudizio arbitrale il rapporto della parte col difensore si 

/ 
svolge sul piano meramente contrattuale del mandato con rappresentanza, 
con conseguente inapplicabilit� della disciplina di cui agli articoli 170 e 285 
ood. proc. civ., la notificazione del lodo alla parte personalmente � idonea 
a far decorrere il termine per l'impugnazione di nullit�i(1). 

(1) Principio gi� affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza 12 ottobre 
1983, n. 5918 richiamata in motivazione (cfr. in Foro it. 1983, I, 2703). E' il caso 
di sottolineare, in punto di fatto, che nella specie il lodo arbitrale era stato 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 185 

Con il primo motivo il ri:corrente sostiene che la impugna.7J:ione del 
lodo arbitrale da parte dell'ERSAP � inammissibile per decadenza, essendo 
avvenuta oltre il termine di cui all'art. 828 comma 1 c.ip.c. 

La censura � fondata. 

Le Sezioni unite hanno gi� avuto occasione di affermare iJ. principio, 
secondo .cui la notificazione del lodo arbitrale a.ila parte personalimente 
� idonea a far decorrere il termine di trenta .giorni per l'impugnazione del 
lodo, ai sensi dell"art. 828 comma 1 c.p.1c., anche quando la parte medesima 
sia stata assistita da U!Il. procuratore nel giudizio arbitrale, eleggendo o meno
� domicilio presso lo stesso, in considerazione del fatto che in detto 
giudizio il rapporto con il difensore si S\'Olge sul piano puramente contrattuale 
del mandato con rappresentrunza, senza implicare costituzione in 
senso proprio, sicch� resta inapplicabile la disciplina degli artt. 170 e 285 
c.ip.c. in tema di notificazione della sentenza al procuratore costituito 
(sent. n. 5818 del 1983). 

Nella specie, come risulta dagli atti, mentre il 'lodo arbitrale, reso ese� 
cutivo il 5 febbraio 1979, fu notificato all'E&SAP il 23 marzo 1979, la impu:
gnazione per nullit� dell'ente regionale � intervenuta soltanto con atto 
notificato il 5 giUJgno 1979 qruaindo erano gi� decorsi i trenta giorni previsti 
a tal fine dell'art. 828 c011llIDa 1 c.p.ie. 

La Corte di aippelfo, nell'esaminare nel merito la impugnazione dell'ERSAP, 
� pertanto caduta nella demmziata violazione di legge, il che 
determina lo accoglimento del primo motiivo di ricorso e l'assorbimento 
del terzo ohe riguarda il problema della giurisdizione. 

notificato all'Ente di riforma prima dell'entrata in vigore della legge 3 aprile 
1979 n. 103 e che l'impugnazione venne proposta, dalla Avvocatura, il 5 giugno 
1979. 

Avuto, ora, riguardo al testo dell'art. 43 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, come 
novellato dalla citata legge di modifica dell'ordinamento dell'Avvocatura dello 
Stato, e quindi ai caratteri di organicit� ed esclusivit� dell'assunzione, da parte 
dell'Avvocatura stessa, del patrocinio degli Enti pubblici �avanti le autorit� 
giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali � (primo 
comma art. 43 cit., in relazione al terzo comma aggiunto), pare lecito dubitare 
dell'applicabilit� del principio anche alla notificazione del lodo eseguita sotto il 
vigore della legge n. 103/1979. Sembra invero estensibile, ormai, anche ai predetti 
Enti -che siano stati autorizzati ad avvalersi dell'Avvocatura -ogni 
implicazione della istituzionale rappresentanza e difesa in giudizio delle Amministrazioni 
statali, ivi compresa quella relativa al luogo della notificazione 
delle pronunce (anche arbitrali) agli effetti della decorrenza del termine breve 
per l'impugnazione di cui siano suscettibili. 

Sull'inapplicabilit� degli artt. 170 e 330 cod. proc. civ. ai fini della notifica 

dell'impugnazione di nullit�, cfr. Cass., Sez. Un., 18 gennaio 1982, n. 293, Foro it., 

1982, I, 683, che ha ritenuto valida la notifica presso il procuratore domicilia


tario nel giudizio arbitrale in base alle norme sul mandato con rappresentanza. 



186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pertanto, respinto il secondo motivo di ricorso, in accoglimento del 
primo ed assorbito il terzo, si impone la cassazione della impugnata sentenza 
senza rinvio, poich� la domanda di impugnazione per nullit� non 
poteva essere proposta per decadenza fo:manzi alla Corte di appello (art. 382 
comma 2 c.p.c.). (Omissis) 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 18 marzo 1987, n. 8 -
Pres. Cusani -Rel. Noccelli -Fiorito ed a:ltri (avv. Fiorito) c. Comm. 
Governo per interv. straord. Mezzogiorno (avv. Stato Onufrio) e Consorzio 
Bonifica deU'Altesina (avv. Compagno). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Acquedotto -Approvazione del progetto 
dei lavori -Perizia di variante comportante semplice asservimento 
dei terreni espropriandi -Rifiuto di approvazione -Ricorso giurisdizionale 
Inammissibilit�. 
(Legge 22 luglio 1966, n. 614, art. 3; R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 218). 

� inammissibile il ricorso dei proprietari espropriandi avverso il rifiuto 
d'approvazione di perizia di variante predisposta al fine d'assoggettare 
a servit� d'acquedotto i terreni destinati ad esproprio secondo il 
gi� approvato progetto dei lavori '(1). 

In via preliminare, va disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione 
sollevata dal resistente Consorzio. Costituisce, infatti, ogigetto di impugnativa 
la determinazione n. 110333 del 21 ottobre 01985 con la quale H 
Commissario del Governo per l'intervento straondinario nel Mezzogiorno 
ha rifiutato l'approvazione di una �perizia di variante � predisposta dallo 
stesso Consorzio attuale resistente al fine di convertire (almeno in parte) 
la prevista espropriazione dei terreni di propriet� dei ricorrenti in servit� 
permanente di acquedotto. 

La controversia, dunque, si incentra sulla legittfo:nit� di un provvedimento 
attraverso il quale si attuano scelte tecnico-discrezionali dell'A. 
relative alle modalit� di esecuzione di un'opera pubblica (acqruedotto) di 
vaste dimensioni, capalQe di incidere, sia pure indirettamente, sul buon 
regime delle acque e sugli interessi specifici che l'uso delle acque stesse, 
attraverso ~l costruendo acquedotto e .le opere strumentali ad esso connesse, 
� destinato a soddisfare. Sussiste, pertanto, la giurisdizione del TSAP ai 
sensi dell'art. 143, lett. a, del T.U. n. 1775/33, secondo una pi� lata interpre


(1) Da segnalare, nella motivazione, l'argomento desunto dalla mancanza di 
una disciplina pubblicistica speciale relativa alla imposizione di servit� d'acquedotto. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

tazione che di tale norma processuale � stata accolta da un costante 
indirizzo di questo Co1legio ~cfr., per tutte, sent. TSAP 8-7-77 n. 72 resa 
in fattispecie identica). Il ricorso, peraltro, va dichiarato inammissibile. 
La trama argomentativa che sorregge l'unico complesso motivo di censura 
dedotto in ricorso evidenzia due distinti profili difensivi, tra loro connessi 
e interdipendenti. In primo luogo si afd'eI1ma, in sostanza, che l'Amministrazione 
non avrebbe potuto far J.uogo ad espropriazione, ma avrebbe 
dovuto, al fine di realizzare il progettato acquedotto, seguire il diverso 
procedimento della imposizione di servit� coattiva secondo le no!'me 
del codice civile; sotto un diverso angolo visuale, poi, si muove critica 
a'lle SJCelte teoniche che sono alla base del progetto costruttivo, assumendosi 
che J.'A. avrebbe potuto_, e, quindi, iLlegittimamente non ha voluto progettare 
ed eseguire l'opera pubblica con glri_ stessi criteri cui si ispira 
la disdplina (privatistica) della servit� coattiva di acqruedotto e cio� in 
modo da contemperare aideguatamente l'interesse pubblico primario con 
le esigenze ~di tutela della produzione agricola) proprie dei titolari dei 
fondi assoggettati ad esproprio. 

Ora, per�, il presupposto da cui muove J.a surriferita tesi difensiva dei 
ricorrenti (essere, cio�, l'A. obbligata, o anche solo facoltizzata, ad avvalersi 
del diverso procedimento di .imposizione di servit� coattiva di acquedotto) 
va considerato, prima ancora che iillfondato in punto di diritto, non deducibile 
in questa sede. Le norme del CJC. cui si riiohiamano�i ricorrenti 
(artt. 1039 e segg.) disciiplinaino le modalit� di costituzione del �tipo� 
di servit� di acquedotto basato su di un titolo convenzionale o giudiziale, 
ma non toccano n� la facolt� dell'A. di scegliere, tra i vari strumenti messi 
a sua disposizione dalla legge, quello rpi� idoneo alla realizzazione dell'opera 
pubblica, n� le valutazioni teoniico-discrezionali inerenti alle modalit� 
esecutive del progetto di opera pubblica, trattandosi di facolt�, le une 
e '1e altre, che si eseocitano in una fase logicamente e cronologicamente 
precedente alla approvazione del progetto esecutivo; l'approvazione del 
progetto, infatti, equilvalenido � ex lege � a dichiarazione di p.u. e di indifferibilit� 
e urgenza dei relativi larvori {cfr. art. 3 legge 22-7-66 n. 614; art. 135 

T.U. n. 218/78; per gli aicqruedotti di interesse locale, art. 218 T.U. n. 1775/33 
e, ora art. 1 legge n. ,1/78), da un lato comporta l'esclusione di ogni altro 
strumento (convenzionale o giudiziale) utilizzabiile al fine della localizzazione 
del tracciato dehl'acquedotto, e dalJ'ailtra par.te fissa in modo definitivo 
le caratteristi:che dell'opera indirviJduando con sufficiente precisione i 
terreni (o parti di essi) soggetti ad esproprio, sicch� � in questa fase che 
assume giuridica rilevanza l'interesse dei proprietari espropriandi a dolersi 
delle scelte dell'A. 
Nella specie, gli stessi ricorrenti riconos-cono che n� il progetto esecutilvo 
dell'acquedotto n� il conseguente decreto prefettizio (n. 2690 del 
3-3-74) autorizzante l'oocuipazione di urgenza furono tempestivamente im



188 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

pugnati, e per� si dolgono che fa CASMEZ non abbia fatto uso dello 
ius variandi nella successiva fase deHa concreta esecuzione del progetto 
stesso. 

Ma � evidente che n� il Consorzio concessionario n� il competente 
organo di gestione straordinaria de~li interventi nel Mezzogiorno avevano 
l'obbligo di modificare, in sede esecutiva, il progetto tecnico .precedentemente 
approvato e tanto meno erano tenuti a rinunciare del rutto alla 
procedura espropriativa in farvore di altri strumenti di tipo privatistico. 
E, invero, l'accoglimento dell'istanza degli interessati, volta ad ottenere 
la �trasformazione� dell'esproprio in costituzione di servit� coattiva di 
�ooquedotto, avrebbe comportato -stante la mancanza di una disciplina 
� speciale � legittimante l'imposizione di servit� di acquedotto con !ltto 
amministrativo (al contrario della servit� di elettrodotto, ex art. 119 T.U. 

n. 1775/33) -l'abbandono totale o parziale della procedura espropriativa 
gi� intrapresa, e quindi l"autoannullamento aLmeno implicito, da parte 
dell'A. medesima, di provvedimenti gi� adottati e perfezionati senza contestazione 
alcuna da parte degli interessati: il che ancora una volta evidenzia 
oltre che la tardivit� delle censure, la loro estraneit� al giudizio 
di legittimit� stante la natura squisitamente tecnico-discrezionale delle 
valutazioni alle quali si riferisieono. 

SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Sez. Penale, 5 settembre 1986, n.1371Pres. 
Carnevale -Rel. Cantillo -Rie. Abatangclo pi� 65. 

Pro�edimento penale -Ordinanza di rinvio a giudizio -Incompletezza del 
dispositivo � Causa necessaria di nullit� -Esclusione. 

Procedimento penale -Ordinanza di rinvio a giudizio � Divieto di integrare 
il dispositivo con la motivazione -Insussistenza. 

Procedimento penale -Ordinanza di rinvio a giudizio � Incompletezza del 
dispositivo � Mancata considerazione di capi di imputazione ritenuti 
sufficientemente provati in motivazione -Procedura di correzione ex 
art. 149 c.p.p. -Ammissibilit�. 

L'art. 385 c.p.p., giusta il quale la sentenza istruttoria � nulla ove sia 
incompleto il dispositivo, non � applicabile per analogia alla ordinanza di 
rinvio a giudizio; poich� per quest'ultima manca una norma che preveda 
che siffatta irregolarit� sia cagione di nullit�, n� simile disposizione esiste 
per le ordinanze in generale, deve negarsi che l'incompletezza del dispositivo, 
per s� sola, determini la nullit� del provvedimento di cui allo 
art. 374 c.p.p. {1). 

L'incompletezza del dispositivo inficia la validit� della ordinanza di 
rinvio a giudizio solamente nell'ipotesi in cui non sia possibile determinare 
l'oggetto del dibattimento; ma a tal fine va considerato l'intero atto, potendosi 
integrare il dispositivo con la motivazione. L'opposto principio, 
che ha valore per le sentenze dibattimentali, si giustifica con la considera� 
zione che queste ultime, come atti di giurisdizione, vengono ad esistenza 
con la lettura del dispositivo; se, invece, un provvedimento assume rilevanza 
con la pubblicazione, riprende vigore la regola per cui la portata 
precettiva di una pronuncia si desume tenendo conto sia del dispositivo, 
sia della motivazione (2). 

(1) L'impossibilit� di applicare, per analogia, l'art. 385 c.p.p. alla ordinanza 
di rinvio a giudizio � conseguenza, in primo luogo, del carattere eccezionale delle 
norme che sanciscono le nullit�. � interessante notare, poi, come la norma 
considerata, giusta quanto esplicitato sub 2, vada considerata una frattura nella 
consequenzialit� logica dell'ordinamento. 
(2) Precedenti in termini, relativi alla possibilit� di integrare il dispositivo 
dell'ordinanza di rinvio a giudizio con la motivazione della stessa, non risultano. 
Va per� segnalato che la Suprema Corte, pi� volte, ha escluso l'operativit� del 

190 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Pertanto, ove l'incompletezza del dispositivo derivi da errori od omis� 
sioni di carattere materiale, rimanendo esclusa la nullit� dell'ordinanza 
di rinvio a giudizio, � ammissibile il procedimento di correzione di cui al1'
art. 149 c.p.p. (nel caso di specie il dispositivo non considerava taluni 
capi di imputazione per i quali, in motivazione, era stata ritenuta l'esistenza 
di sufficienti prove a carico) {3). 


(Omissis) 6. -Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la nu1lit� 
dell'ordinanza e dell'intera procedura di correzione, sostenendo che 
questa non poteva essere adottata perch� diretta, in realt�, a SO!P;perire 


� a lacune del dispositivo che comportavano la nullit� del provvedimento, 
ex art. 385 cod. proc. pen., e non erano suscettibili, quindi, di essere 

divieto in considerazione, sulla base di argomentazioni identiche a quelle contenute 
nella sentenza commentata, con riferimento ai provvedimenti emessi in 


I

camera di consiglio (nella specie, applicazione di misure di prevenzione -v. Cass. 
5 giugno 1985, INZERILLO, in Riv. Pen. 1986, 633; Cass. 18 maggio 1984, FALCONE, in 
Riv. Pen. 1985, 219; Cass. 21 marzo 1983, BORTOLOTTI, in Cass. Pen. 1984, 1971) e 
alle ordinanze in genere (Cass. 11 maggio 1984, in Riv. Pen. 1985, 188). 


I 

Per quanto riguarda le sentenze, ovviamente, la nullit� per incompletezza o 
mancanza del dispositivo, sussiste solo se le irregolarit� considerate si riferiscono 


I& 

al dispositivo letto in udienza; se concernono, invece, quello che trova posto in >: 
sentenza, dopo la motivazione, v'� solo errore materiale (vedasi fra le tante: 
Cass. 9 maggio 1979, NovARDI, in Giust. Pen. 1980, III, 369; Cass., 21 aprile 1978, 
SERAFINI, Cass. Pen. Mass. Ann., 1980, 1392) e pu� farsi luogo alla procedura di 
cui all'art. 149 c.p.p. (Cass. 12 novembre 1982, PETRALITO, Giust. Pen. 1983, III, 580). 
Ed inoltre � stato affermato che, pur non potendosi integrare il dispositivo con 
la motivazione, � possibile far ricorso a questa quando quello sia meramente 
oscuro e lacunoso (Cass. 29 marzo 1985, CAVALLONI, in Riv. Pen. 1986, 477; Cass. l! 
25 marzo 1983, TAORMINA, in Riv. Pen. 1984, 431). Con riferimento al rito del lavoro, 
afferma la funzione puramente esplicativa della motivazione Cass. 21 ottobre 1982, 


n. 5481 (in Mass. Giur. lt. 1982); altre pronunzie negano che possa trovare applicazione 
il principio di integrazione fra dispositivo e parte motiva della decisione 
I

(Cass. 5 marzo 1985, in Mass. Giur. It. 1985; Cass. 14 marzo 1986, n. 1753, in Mass. 
Giur. It. 1986); altre ancora ritengono che la regola de qua trovi s� applicazione, 


I

ma in forma limitata (Cass. 24 febbraio 1984 'n. 1338, Arch. Locazioni, 1984, 237). 

(3) Non constano precedenti in termini. Diverso � il caso che il G. I. non si 
sia pronunciato -n� in motivazione n� nel dispositivo -su di uno dei capi 
di imputazione. L'omissione non vale certo quale proscioglimento implicito (cos� 
� anche per le sentenze, v. Cass. 2 dicembre 1968, PASSANISSI, Cass. Pen. 1970, 560). 
La Cassazione ha avuto modo di chiarire che, in simile ipotesi, non v'� nullit� 
dell'ordinanza di rinvio a giudizio in ordine alle altre imputazioni, e che due 
sono i possibili rimedi. O si procede, se possibile, a contestazione suppletiva in 
dibattimento, o il G. I. potr� emettere nuova ordinanza ex art. 374 c.p.p. per i 
capi pretermessi. Cosi facendo non violer� il principio di non regressione del 
giudizio, giacch�, per le imputazioni su cui non si era prima provveduto, non 
pu� ritenersi conclusa l'istruttoria (Cass. 18 marzo 1981, DE LucIA, Giust. Pen. 
1981, III, 370). 
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GIOVANNI LANCIA 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

emendate con il procedimento di correzione degli errori materiali, ai 
sensi dell'art. 149 cit.; n� per escludere l'incompletezza del dispositivo 
poteva farsi riferimento alla motivazione, perch� per le ordinanze-sentenze 
istruttorie vige il principio, comune ad ogni provvedimento decisorio, 
per cui le statuizioni adottate dal giudice debbono risultare esclusivamente 
dagli enunciati del dispositivo. 

Anche questa critica non coglie nel segno. 

Quanto al primo argomento, essa non considera che il provvedimento 
del giudice istruttore del 13 agosto 1984, oggetto della procedura 
di .correzione, contenendo insieme pronunce di proscioglimento e di 
rinvio a giudizio, riveste la duplice nl.l.tura di sentenza e di ordinanza, 
con la conseguenza che in relazione a questo secondo profilo, il quale 
soltanto viene ora in rilievo, la disciplina delle sentenze non � applicabile. 


Al riguardo va sottolineato, infatti, ohe la sostituzione del modulo 
della sentenza con quello dell'ordinanza, operata con la legige n. 773 
del 1972 per il provvedimento di rinvio a giudizio, ha comportato un'incisiva 
modificazione della sua disciplina, che -come direttamente risulta 
dal nuovo testo dell'art. 374 cod. proc. pen. (introdotto con la novella 
suddetta) -� ora qruella propria delle ordinanze, con tutte le conseguenze 
in ordine ai requisiti formali de11'at!o e, soprattutto, in ordine 
al regime delle nullit�. 

In particolare, risulta inapplicabHe l'art. 385 cit., il quale individua 
specificl�e cause di nullit� della sentenza, fra le quali, appunto, l'incompletezza 
del dispositivo; e poich� l'irregolarit� non � fra qruelle sanzionate 
a pena di nullit� dall'art. 374 e, d'altra parte, non esiste una norma 
di carattere generale che la preveda come vizio comportante la nullit� 
delle ordinanze, n� l'art. 385 � suscettibile di applicazione analogica a 
provvedimenti diversi dalla sentenza, si deve escludere che l'incompletezza 
del dispositivo costituisca di per s� causa di nullit� dell'o1idinanza 
di rinvio a giudizio. 

L'esclusione di un'autonoma previsione di invalidit� non significa 
tuttavia che le carenze del dispositivo siano sempre prive di rilievo, 
bens� che esse vanno valutate nel contesto del provvedimento e possono 
inficiarne la validit� solo se questo, nel suo complesso, non consenta 
in modo assoluto di individuare l'ogigetto del dibattimento, rivelandosi 
cosi del tutto inidoneo alla sua funzione istituzionale. 

7. -D'altra parte -e con ci� si passa a considerare la ratio che 
sottende all'altro profilo della censura -la struttura del provvedimento 
� tale da renderne doverosa la considerazione unitaria ai fini dell'individuazione 
del contenruto decisorio, non riscontrandosi quell� scissione 
tra dispositivo e motivazione che preclude la possibilit� di utilizzare 

192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tale criterio nelle sentenze dibattimentali e che giustifica l'indirizzo giurisprudenziale 
a torto ora invocato dai ricorrenti. 


Nella sentenza resa in dibattimento il dispositivo della decisione 
assume autonomo rilievo giuridico rispetto al documento completo della 
pronuncia, in quanto l'atto giurisdizionale viene ad esistenza gi� con la 
lettura in udienza del dispositivo medesimo, che segna la chiusura della 
fase della deliberazione e rende immutabile la decisione, della quale 
costituisce la diohiarazione uffiiciale tipica. E si COIJl!Prende agevolmente, 
quindi, come in questo modulo procedimentale la motivazione della 


. prollltll1Cia sia destinata ad assolvere una funzione rigidamente esplicativa 
delle ragioni della decisione adottata e sia intrinsecamente inidonea, 
quindi, ad assumere valore decisorio integrativo delle statuizioni contenute 
in dispositivo, sicch� la motivazione pu� essere utilizzata come 
elemento interpretativo delle stesse qualora siano formulate in modo 
equi.rvoco ed incerto, non anohe come fonte di integrazione del dispositivo, 
valorizzando indicazioni ohe non trovano corrispondenza in quest'.ultimo 
e che sostanzialmente lo modificano. 

Ma questo discorso non � valido, manifestamente, per i provvedimenti 
in cui la fase della deliberazione non assume rilevanza giuridica 
esterna attraverso la pt.11bblicazione del solo dispositivo e l'atto giurisdi2lionale 
viene ad esistenza con il deposito in cancelleria dell'unico documento 
COIJl!Prensivo anche della motivazione. In relazione a questi provvedimenti 
-e sempre ohe non sia diversamente disposto dalla legge non 
si rinvengono ostacoli di carattere generale all'applicabilit� del 
principio secondo cui la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale 
va individuata tenendo conto sia delle deli:berazioni formalmente 
contenute in dispositivo e sia delle enunciazioni inserite in motivazione, 
che concorrono in intima compenetrazione a delineare il contenuto dell'atto 
decisorio; il quale principio, di pacifico assenso, � esp�ressione 
del fondamentale canone e:raneneutico per cui l'atto giuridico va interpretato 
secondo il criterio della totalit�, tenendo conto, cio�, del s1gnificato 
oggettivo che ad esso deve riconoscersi secondo la legge di formazione 
dell'atto, la sua struttura giucidi:ca ed il sistema normativo 
in cui si inserisce. 


Ci� posto, poi<:h� una specifica regola contraria all'applicabilit� del 
criterio suddetto non pu� desumersi dall'art. 385 cod. proc. pen., che 
-come si � visto -riguarda le sentenze e non le ordinanze, si deve 
riconoscere oh~ nell'ordinanza di rinvio a giudizio, ai fini di individuare 
l'oggetto della decisione e le statuizioni adottate, � possibile integrare 
il dispositivo con la relativa motivazione; la quale considerazione unitaria 
� pienamente coerente, del resto, con La funzione dell'atto di individuare 
l'oggetto e i limiti del giudizio dibattimentale, al quale scopo 
non pu� non venire direttamente in rilievo anche la parte motiva. ! 

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PARTB I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALB 

8. -Le , considerazioni svolte portano ad affermare che il procedimento 
di correzione degli errori materiali � aippJ.icabile all'ordinanza di 
rinvio a giudizio anche nell'ipotesi di incompletezza del dispostivo derivante 
da errori od om~ssioni di carattere materiale. 
L'appliJcabilit� della procedura non incontra il di'Vieto posto dall'art. 
149 cod. proc. pen. per i vizi che comportano nullit�, perch� l'incompletezza 
del dispositivo non � prevista come causa di invalidit� dell'ordinanza. 
Inoltre, attraverso l'esame unitario del provvedimento, in 
particolare in base alila parte motiva, � possibile accertare se la lacuna 
nel �dispositivo sia espressione di un'omissione di pronuncia o, comunque, 
di una carenza della decisione -cio� di un errore di giudizio cui 
non si pu� porre riparo con la procedura di correzione -oppure, all'opposto, 
di un'omissione di carattere materiale, in quanto dal contesto 
del prO\'Vedimento risuJtano l'esistenza e i termini della decisione che 
fil giudice intendeva didhiarare; nel qual caso per modo che il completamento 
del dispositivo si pone come diretta e necessaria conseguenza 
della decisione, sicch� ald esso occorre prowedere nelle forme dell'art. 149 
cod. proc. pen. 

Nel caso in esame, il provvedimento di correzione � stato motivato 
con riferimento alla necessit� di aggiungere in dispositivo, fra le imrputazioni 
per le quaili veniva disposto il rinvio a giudizio degli imputati, 
taluni caipi -cio� quelli contrassegnati con n'lllllleri fratti� (o sottonumeri) 
-in ordine ai quali il giudice istruttore aveva argomentato, nella 
parte motirva dell'o:rdinanza-sentenza, l'esistenza di sufficienti prove a 
carico di ciascuno dei prevenuti e tuttavia non risultava emesso un 
formale prrnNedimento, giacch� per errore erano stati riportati in dispositivo 
solo i nwneri interi (relativi ai fatti criminosi principali) e non 
i nwneri fratti (relativi a reati connessi a ciascuno dei medesimi fatti). 

Queste argomentazioni non risultano S[pecifilcamente criticate dai ricorrenti 
con il motivo in esame, che fa perno, come si � visto, sull'incompletezza 
del dispositivo; e anche con il motivo aggiunto prima dell'udienza 
-peraltro tardivamente, dopo la scadenza del termine ex 
art. 533 cod. proc. pen. -il carattere sostanziale delle omissioni viene 
sostenuto soltanto attraverso il 11affronto tra i caipi di imputazione trascritti 
in ep~graJfo e quelli menzionati nel dispositivo dell'o:ndi.nanzasentenza, 
mentre non si contesta che le imputazioni formalmente ornasse 
fossero state esaminate nella motivazione, della quale i ricorrenti non 
si sono affatto oocupati. 

Pertanto, va condiviso l'inquadramento delle suddette lacune. del 
dispositivo fra le omissioni di carattere materiale, suscettibili di essere 
eliminate con il procedimento di correzione, perci� esattamente sperimentato. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

9. -Il quarto motivo deve ritenersi assorbito, in quanto con esso 
vengono denunziati vizi del provvedimento che varrebbero a qualificarlo 
a:bnorme, e perci� ugualmente impuigna:bile, ove non rpotesse essere considerato 
ordinanza di correzione, resa ex art. 149 cod. proc. pen. 
Si � gi� detto che il igiuidiJce iistruttore, al quale � .sfuggito �ohe il rproce<
limento di �correzione di errori materiali �si conclude con arpposita ordinanza 
e non con un provvedimento dello stesso tiipo di queHo oggetto della 
correzione, ha ritenuto di colmare le 1a:oune del dispositivo dell'ordinanzasentenza 
del 13. agosto 1984 attraverso un rprovrvedimento uguale, integra. 
tivo del primo; e ci� maLgra:do che gli atti fossero stati a lui rinviati� da 
questa Corte Suprema nell'ambito del procedimento di correzione, solo 

ed eS1Clusivamente per l'espletamento dello stesso. 

Tuttavia, come pure si � osservato in precedenza, il prov:vedimento 

-a:dottato �a conclusione di quella procedura -ha il contenuto sosta:nziale 

dell'ordinanza di correzione e come tale � stato correttamente impugnato 

dai ricorrenti; siJcch� il motivo ohe si considera risulta superato. 

In definitiva, i ricorsi indicati Stl!b n. 3 rvanno dichiarati inammissi


bili e gli altri debbono essere rigettati, con conseguenziale conda:nna dei 

ricorrenti, in 1SOU!do, al pagamento delle spese iprocessuali. 


PARTE SECONDA 



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QUESTIONI 


Corte Costituzionale Italiana e Corte di Giustizia Europea: due esperien� 
ze convergenti nella costruzione dell'Europa comunitaria(*). 

1) Molto volentieri ho raccoao l'invito del Direttore del vostro Istituto 
perch� il tema di conversazione che gli ho [proposto mi consente di <eomuni� 
carvi la piena consapevolezza che ho acquisita deJJa contiguit� e complementariet� 
dei rispettivi ruoli, del diplomatico e del giurista, sulla 
base di una dU1pliice esperienza che ho [personalmente vissuto. 

La prima all'interno di questo Ministero, dorve mi onoro di aver esercitato 
rper un decennio le funzioni di Capo del Servizio del Contenzioso 
Diplomatico, fino all'assunzione delle mie attuali funzioni, ohe di quella 
esperienza costituiscono anche ideale continuazione sia !Petr il collegamento 
con l'ultima forma di collaborazione potuta rendere ad ALdo. Moro 
(qui tutto rievoca, e non solo nel mio riverente ricordo, 1a Sua grande 
figura) sia per l'attiv~1:!� -che l'Istituto che ora ho il prirvil:egio di dirigere 
esercita -di conswenza e ~fesa in giudizio deilJlo Stato nell'ambito 
dei rapporti internazionali e comunitari. 

Con il graduale e continuo infittirsi del tessuto dei trattati e. [pi� in 
generale delle fonti 'scritte del diritto internazionale, airee gi� riservate 
alla sola azione delle diiplomazie passano sempre pi� estesamente nel 
campo d'azione anche dei giuristi; e non solo allorquando si tratti di 
interpretare ed applicare norme gi� date, ma fin dalla fase della elaborazione 
di nuove norme internazionali o della modificazione di quelle esistenti. 
Questa attivit� rdi iproduzione giuridica in sede internazionale, che 
sempre pi� tende a trascendere il tradizionale ambito dei rapporti interstatuali, 
per ,riflettersi all'interno degli oroinamenti degli Stati giungendo 
a regolare pi� o meno direttamente rapporti privati e interindividuali 
prima riservati alla esclusiva normazione nazionale, richiede ormai la 
stretta cohlaborazione tra il diplomatico preposto aUa negoziazione e il 
giurista che deve tempestivamente apprezzarne tutta fa portata e le 
implicazioni. 

Ed invero, man mano che si passa dal diritto internazionale generale 
a quello speciale delle organizzazioni internazionali a loro volta produttrici 
di norme e, ulteriormente progredendo, al diritto -[potrebbe dirsi semifederale 
-delle comunit� europee, H compito del giurista diviene sempre 
pi� impegnativo ed essenziale. In particolare, per quanto concerne le 
Comunit� europee, l'aggancio al diritto internazionale generale rimane 

(*) Conversazione tenuta dall'Avvocato generale dello Stato al Ministero Affa� 
ri Esteri, Istituto Diplomatico, il 9 gennaio 1987. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ormai unicamente al livello apicale delle Grundnormen, delle norme fondaanentali 
o come taluni dicono � costituzionali � -i trattati istitutivi e di 
adesione di nuovi Stati membri e pochi altri accordi -, mentre per tutto 
quanto � applicazione delle norme fondamentali si � in presenza di un 
orrlinamento che internazionale non � pi� '(come sottolineato anche dalla 
Corte di giustizia delle Comunit�), e che, rispetto all'ordinamento internazionale 
generale, pu� qualificarsi come � interno �. Ho ;parlato poc'anzi 
di diritto semi-federale perch� ritengo tuttora valida l'originaria ispirazione 
dei conditores delle Comunit�. La configurazione di esse come 
Zweckverband, ossia come organizzazione funzionale a finalit� partico. 
lari, propugnata soprattutto da lpsen all'inizio degli anni Settanta e da 
pi� parti critiicata, � i.naccettabi1mente �riduttiva e risponde a livello 
di teorizzazione giuridica al tentativo di depoliticizzaire ed � aimministrativizzare 
� le Comunit� portato avanti aiLI'epoca gollista con lo slogan 

� Europa delle patrie �. 

Ai soggetti protagonisti dei �rapporti internazionali va oggi riconosciuto 

il merito storico di aver generato l'Otrdinamento comunitario. � stata 

un'esperienza affascinante, sul piano concettuale oltre ohe su quello poli


tico, se solo si considera quanto rare, poco rilevanti e per solito caduiche 

erano state in passato le vi!cende di nascita, su basi reaLmente paritetiche 

e con strumenti esclusivamente giuridi!ci, di nuove entit� per � fusione � 

o federazione {anzich� per annessione o comunque assorbimento da parte 
di .uno Stato egemone). Ora per�, come accennato, l'ordinamento comunitario, 
pur non rinnegando le �sue radici internazionali, � divenuto -nella 
effettivit� -11.llla creatura autonoma, che continuamente si :rinnova 
attraverso la produzione di,norme proprie, scritte e {salvo eccezioni) non 
pi� internazionali. 
I giuristi, in questi poco pi� di trenta anni di vita delle Comunit�, 
si sono dimostrati all'altezza del compito, pervero non facile, loro affidato; 
� stato a tal �fine necessario, partendo da esperienze � nazionali � diverse, 
spesso molto diverse (si pensi alle differenze tra sistemi di stampo 
romanistico e sistemi di common law), costruire un ordine di concetti al 
tempo stesso comune e nuovo, superando per di pi� le difficolt� poste 
dalle molte lingue usate nel nostro vecchio continente (il giurista lavora 
sui concetti e con le parole, come il matematico lavora sulle grandezze 
e sui simboli numeri!ci). 


La sfida � stata vinta. Oggi l'Europa comunitaria di51Pone di un ade~
ato numero di giuristi in grado di � gestire � il diritto comunitario, e 
quindi !Cli assicurare il concreto funzionamento delle Comunit�: giudici 
deUa Corte di giustizia delle ComUD!�t� e giudici � inazionali �, funzionari 
del Servizio giuridico della Commissione, avvocati degli Stati membri e 
delle imprese, docenti universitari cultori del diritto comunitario, consu[
enti giuridici operanti in sedi istituzionali e presso associazioni di catego


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PARTE II, QUESTIONI 

ria. tutti costoro sono pervenuti a parlare un linguaggio tecnico comune, 
anche quando ,qualche divergenm di opinione sus,siste, e riescono a lrcworare 
assieme pur nella differenza dei ruoli individuali. 

Quando di questi anni si scriver� la Storia, con la S maiuscola, spetter� 
certo una pagina anche 'all'opera svolta dai giuristi nella costruzione 
di questa Europa comunitaria, figlia solo del diritto e del consenso, e non 
della forza militare e dell'egemoillia � nazionalistica �. Per quanto concerne 
1'1'stituto che dirigo, l'Avvocatura dello Stato italiano, pos,so attestare che 
fin dall'inizio degli anni Cinquanta, dall'epoca dei padri fondatori dell'Buropa 
dei Sei -De Gasperi, .Adenauer, Mollet, Schumann -, essa ha 
formato nel suo seno un congruo numero di giuristi comunitari, taluni dei 
quali hanno aIJ1ohe attivamente collaborato con il Ministero degli Affari 
Esteri. Al tempo stesso devo per� rilevare, anche in relazione all'altra esperienza 
che ho vissuta, clle solo la continuit�, la tenacia e la sagacia dell'azione 
diplomatica, asisecondando o sollecitando l'iniziativa politica, ha 
consentito ad una costruzione, che vorrei chiamare di alta tecnologia-giuridica, 
di traduirsi in effettivit� di sistema istituzionale, superando ile difficolt� 
di ogni giorno e le ricorrenti crisi di soprav�vivenza ed aprendo via 
via le strade del consolidamento e dello sviluppo. 

Prima di 1passare all'a11gomento specifico di questa conversazione, des~
dero fe11marmi un attimo 1sul ruolo idi custode della legalit� comunitaria 
~con un po' di malignit�, taluno ha detto �Cerbero�) as,sunto in questi 
ultimi anni i(da11a Presidenza Roy Jenkins) dalla Commissione e dal relativo 
Servizio giuridico attraverso sempre rpi� frequenti iniziative processuali 
basate sull'art. 169 del Trattato CEE; articolo che come noto inizia 
con le parole: �la Commissione, quando reputi che uno Stato membro 
abbia maocato a uno degli obblighi a lui incombenti in virt� del presente 
trattato... �. Se si confrontano ad esempio due trienni, il 1974/76 ed il 
1982/84, si rileva 1che le iniziative processuali in questione assunte nel tri.ennio 
nei confronti degli Stati membri sono aumentate da 9 a 142 {,gli avvisi 
motivati sono aumentati da 72 a 396). Il f�il.tro politico ohe, in seno alla 
Comunit�, riduceva a ;pochi casi l'uso dello strumento del ricorso alla Corte 
di giustizia � divenuto meno stretto. Il che :pu� essere visto, a seconda 
delle preferenze, sia come una dimostrazione di maturit� della Comunit� 
che ormai pu� pe11mettersi di �mettere in riga � gli Stati membri attardati 
o recalicitranti, sia come una dimostrazione di debolezza dell'oroinamento 
comunitario costretto ad affidarsi pi� al vincolo giuridico che al 
consenso spontaneo. 

Comunque, questo atteggiamento tde�ia Commissione rende vieppi� 
centrale il ruolo del giurista; in particolare il giurista �che rappresenta 
lo Stato membro viene chiamato a compiti non solo di esplicazione delle 
ragioni (non di rado sostanziose e politiche) dei ritardi e delle neghittosit�, 
ma persino di �cucitura � tra ordinamenti comunitario e statale, median



PARTE II, QUESTIONI f 

in .grado di espr.imer� ne11a effettivit� una loro forza e di impiegarla !Peir 
dare risposte adeguate alle esigenze dei PO!POli eurO!Pei. 

Quanto precede pu� 1costituire chiave di lettura anche riguardo alle 
note contrapposizioni tra concezione monista con primato del diritto statale, 
concezione monista con !Primato di un diritto sovranazionale (nell'accezione 
pi� fata de1la parola sovranazionale), e concezione pluralista. 
� gi� stato osservato dai maestri della �scuola viennese (Kelsen e Verdross) 
che la concezione monista con primato del diritto statale � teorizzazione 
alla radice della quale v'� una buona dose di egemooismo nazionalista, 
mentre .ahla ra:d~ce della concezione monista con !Primato di un 
diritto sovranazionale v'� una ideologia pacifista. Ovviamente, fa concezione 
pluralista esprime rpi� realisticamente situazioni di equilibrio tra 
pi� centri reciprocamente autonomi di forza politica. 

Ho usato il singolare �equilibrio �. In realt�, molti sono i possibili 
punti di equilibrio tra due o pi� sistemi gimidioi; ed � oompito del giurista 
individuare, in una situazione data ed in un momento storico dato, 
quale sia J'assetto che si realizza. 

La concezione pluralista � dunque pi� un metodo di lavoro per interpretare 
e gestire realt� complesse, che una soluzione �bell'e fatta� !Per 
descrivere 1realt� banali. La tradizione giuridica italTana, sensibilizzata 
anche dal particolare rapporto tra Stato e Ohiesa, � da malti decenni adusa 
a questo metodo di lavoro (basti pensare all'insegnamento di Santi 
Romano); e, come vi � ben 1I1oto, molti dei. risultati con esso ottenuti sono 
ormai patrimonio culturale comune sottostante al diritto internazionale. 

Cos� la distinzione -a tutti noi familiare -tra comandi e divieti indirizzati 
agli Stati e comandi e divieti indirizzati aigli individui -distinzione 
che ivalorizza il concetto di destinatari di cias�cuna no!1!Ila, rectius 
di ciascun � sistema � di norme -presuppone un approccio plurailista. 
Tale distinzione, 1UDJgi dal costituire la raigion d'essere e la causa del 
pluralismo degli ordiinamenti normativi, � logicamente successiva alla 
constatazione -sul piano dell'effettivit� -del sussistere di tale pluralismo; 
tant'� che essa distinzione non costituisce un connotato necessario, 
e pi� sistemi autonomi di norme possono contemporaneamente dirigersi 
ai medesimi destinatari. Osservazione questa di evidente utilit� per un 
esame del rapporto tra ordinamento com�nitairio ed ordinamento statale, 
l'uno e l'altro potendo indirizzare le proprie norme agli individui. 

Lo stesso 011dine di concetti pu� applicarsi alla ben nota distinzione tra 
ordinamenti originari e ordinamenti derivati. Dire che sono originari gli 
ordinamenti che poggiano su una norma fondamentaJ.e la cui giuridicit� 
costituisce un postulato non dimostrabile, non � molto diverso dal 
dire che il'effettivit� � .la fonte e la misura del primato di un ordinamento 
sugli altri ordinamenti compresenti. Non sono le circostanze storiche, 
quale ad esempio la nascita mediante un trattato, a stabilire che un or



6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dinarnento � derivato o invece originario; ci� va constatato sul terreno 

dell'effettilvit�, sulla base dei dati espressi da una realt� che � politica e 

pregiruridica. 

Anche questa osserv.azione pare utile in un discorso sul rapporto tra 
orrlinamento comunitario ed ordinamento statale. Ed a questo proposito 
sarei dell'avviso che ancor oggi -nel 1987 -l'ordinamento comunitario 
presenti i caratteri di un ordinamento � deriv1ato �; esso infatti po~gia ancora 
non gi� su una forza politica prnpr.ia, ma �sul persistere -sUJl filo 
della continuit� dell'azione diiplomatica -della volont� comune degli 
Stati membri. E ci� anche perch� l'ordinamento comunitario � ordina. 
mento � settoriale �, solo in prospettiva mirato a soddisfare tendenzialmente 
tutte le esigenze dei popoli europei, ma in atto limitato alla disciplina 
di ambiti circoscritJti (seppur ampi) della 'Vita sociale; di qui la 
necessit� e l'importanza delle relazioni tra i settori affidati alle Comunit� 
e tutti gli altri settori rimasti affidati agli Stati, relazioni che si svolgono 
su un piano, per cos� dire, orizzontale e continuo, Comunit� e Stati ope


rando complementarmente, contiguamente e pariteticamente. 

Quanto precede conduce a ritenere meritevoli di attenzione, pi� ohe 

la reciiproca seipairazione e autonomia dell'ordinamento delle Comunit� 

rispetto a quello di ciascuno degli Stati, l'esseiraa e le modalit� del coor


dinacrnento e della cooperazione tra tali orrlinamenti e tra le istituzioni 

proprie di cias�cuno di essi. 

Occorre a questo punto sottolineare come fa concezione pluralista 

non possa ipoggiare unicamente sulla distinzione, separazione e ireciproca 

01Utonomia di ipi� ordinamenti. Essa deve necessariamene poggiare -e 

ben lo sanno quanti si sono soffermati ad esempio sui problemi del co


sidetto � adattamento � -anche su una adeguata soluzione delle esigenze 

di saldatura, coordinamento e cooperazione tra orrlinamenti; esigenze 

che sono tanto pi� vive quando le norme da ciascuno di essi prodotte sono 

indirizzate ai medesimi destinatari. Separazione de~i ordinamenti e coor


dinamento tra essi sono, dunque, due fondamenti entrambi -e parimen


ti -essenziali; due fondamenti che � metodologicamente doveroso conside


rare congiJUntamente, senza indulgere alle � semplifioozioni � ohe possono 

ottenersi dal !fermarsi al primo di essi {ossia alla constatazione della se


parazione ed autonomia degli ordinamenti). 

A ben vedere, la separazione e distinzione tra ordinamenti evoca solo 

un sistema di limiti negativi complementari tra loro, ed � strumento di 

salvaiguard:iia invocato, per solito, dfill'ordinamento che, in un dato mo


mento storico, ritiene d� essere pi� debole; mentre, aJ. contrario, coordi


namento e cooperazione implicano una dose (1ma1ggiore o minore, a secon


da delle circostanze) di integrazione e cio� rapporti pi� stretti tra gli or


dinamenti, e imip1kano una qualche preminenza di un ordinamento su 

U!Il al1lro. 


PARTE II, QUESTIONI 

3) Ci� t:r~aspare con chiarezza dalla evoluzione degli orientamenti 
della girurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunit� europee, in 
concomitanza con il rafforzarsi del1a oosrtruzione comunitaria. A una 
prima 1�ase, Ol1IIlai lontana, ne11a quale tale Corte ha rposto ['accento sulla 
� 1rigorosa separazione fra i poteri delle istituzioni comunitarie e quelli 
degli Stati membri� !(sentenza 16 dicemhre 1960, in causa n. 6/60) e su 
�il fatto che il diritto interno... e il diritto comunitario costituiscono due 
ordinamenti giuridici distinti e diversi� {sentenza 6 aprile 1962, in causa 

n. 13/61), � seguita, aid opera della stes1sa Corte, dapprima la vailorizzazione 
del �ruolo degli individui (persone fisiche o gimidiche) quali utili coadiu
�tori per l'attuazione dell'ordinamento comunitario all'illlterno dei singoli 
Stati, e poi l'affermazione dehla � integrazione nel diritto di ciascuno Stato 
membro di norme che promanano da fonti comunitarie� e, congiuntame.
nte, della �preminenza del diritto comunitario� (sentenza 15 luglio 
1964 in causa n. 6/64, la notiss�IIIla Costa c. ENEL). Mentre, in altra 
sentenza di poco suocessiva, � stato sottolineato il momento della cooperazione 
tra istituzioni, e rpreciJsamenrte si � [parlato di una � cooperazione 
fra giudid... la cui caratteristica oonsiste nel f�atto che il giudice nazionale 
e la Corte di giustizia, 'Ciascuno ellltro i limiti della propria competenza 
ed allo scopo di garantire l'applicazione uniforme del diritto comunitario, 
devono �ollaborare direttamente all'elaborazione della decisione� (sentenza 
1 dicembre 1965, in causa n. 16/65). La rprerninenza dell'ordinamento 
comunitario nelle materie ad esso devolute � stata poi ancor pi� vigorosamente 
sostenuta, in relazione -si noti -ai �coillfilititi tra norme comunitarie 
e norme nazionali� (in materia di intese), affermandosi che tali 
conflitti vanno risolti applicando il principio del � primato del diritto comunitario 
�(sentenza 13 febbraio 1969, in causa n. 14/68 ed altre successive). 
A questo rpunto sono �rimastie piuttosto rtalune giurisdizioni nazionali 
a sottolineare il momento della separazione e reciproca autonomia degli 
ordinamenti :comunitario e statale: wi esemrpio � offerto dalle sentenze 
della Corre costituzionale italiana (sUJlle quali si torner� tra breve), ove 
si configurano � orbite giuridiche separate � e �'sistemi giuridici autonomi 
e distinti, ancorch� coordinati �, coordinati per� -si noti -secondo una� 
ripartizione di competenze ohe ivi � vista sopra~tutto come ripartizione 
orizzontale per materie. 

In realt� non v'� solo un problema di ripartizione orizzontale di com� 
petenze tra gli ordinamenti; v'� anche un problema, e ben pi� difficile e 
delicato, di ripartizione verticale delle �rispettive comrpetenze. Anche nelle 
materie in linea di principio devolute alle Comunit� europee, agli Stati 
membri sono rimasti compiti e attribuzioni tutt'altro che trascurabili, e 
non solamente per �assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal 
presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Co



8 

RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO 

munit� �, o per facilitare � quest'ultima nell'adempimento dei propri com


piti� {art. 5 del trattato C.E.E.). 

Si ronsideri, ad esempio, che le entrate tributarie delle Comunit� vengono 
accertate e riscosse, per conto di queste, !dagli Stati membri � confor� 
memente alle disposizioni ~egislative rego1ameDJ1:ari e amministratiive nazi'OilJali 
�; e che �;Le controversie relative all'ing1unzione ai singoli delle 
tasse e dei prelievi i(da devolversi poi alle Comunit�)... �vanno risolte, a 
norma del diritto comunitario, da'hle autorit� nazionali, secondo le modalit� 
stabhlite dal diritto degli Stati membri; le contestazioni relative all.'in.
terpretazione ed alla l\llali!dit� dei regolamenti rigua11danti le risorse proprie 
delile Oomunit� sono quindi di competenza dei giud�lci nazionali, i quali 
possono va1er:si del rinvio a norma dell'art. 177 del trattato� (sentenza 

25 ottobre 1972, in causa n. 96/71). 

Invero, nelle materie devolute alla competenza delle Comunit�, allo 

Stato membro sono rimaste attribuite, dltre che funzioni di amministra


zione '(in senso stretto) per ~�applicazione del diritto prodotto dalle Co


munit�, anche competenze legislative e regolamentari, che possono essere 

� attuative �, rispetto al1e disposizioni dei trattati e dei �regolamenti co


munitari, ovvero � integrative �, rispetto alle direttive e iraccomandazioni 

date dalle Comunit�, ov;vero anche -e qui il. discorso si fa al tempo 

stesso pi� incisivo e non poco problemat�Jco -�concorrenti�, nel senso 

ohe non pu� escludersi la produzione Idi norme da parite defilo Stato in 

assenza di divergenti no11me di produzione comunitaria (praeter foedus). 

4) La nostra Corte costituzionale �, come accennalt:o, rimasta costan


teinente coerente al:La concezione pluralistica; e ci� -va sottolineato 


non per contrastare la costruzione comunitaria (nessuna sentenza ha 

nella sostanza disatteso le esigenze della costruzione europea), ma al 

contrario per consentire fimmissione dclla normativa comunit;aria nello 

spazio g�JUridiico italiano, immissione che in presenza di una Costituzione 

rigida sarebbe stata altrimenti profondamente traumatica, quando non 

alternativa di quest~ e pe11ci� giuridicamente impossibi!le 

Un primo caso si � avuto con il giudizio costituzionale conclusosi 

con la sentenza 9 �aprile 1963, n. 49, e originato dalla impugnazione da 

parte dello Stato italiano di una 'legge emessa dalla Regione siciliana 

per concedere aiuti ai cantieri navali dell'iso1a. La Corte costituzionale 

ha annullato la legge regionale dopo aver rilevato .che � l'aip:p:rovazione 

del disegno di legge da parte dehl'Assemblea regionale arvvenne senza che 

gli organi del1a Regione .avesseiro fornito Je notizie e i chiarimenti richiesti 

daHa Commissione della Comunit� economica europea per il tramite 

della Rappresentanza permanente della Repubblica italiana presso le 

COmunit� europee �. 



PARTE II, QUESTIONI 

Si � poi avuto il giudizio costituzionail� conclusosi con la notissima 
sente~a 7 marzo 1964, n. 14, nel quale era sub judice -si noti -non 
la legge per la ratifica e l'esecuzione di uno dei trattati, ma la 'legge 
6 dicembre 1962, n. 1643, sUJlla nazionalizzazione della energia elettrica 
in Italia. In quella occasione sono stati introdotti due fondamentali principi, 
favorevoli alla icostruzione europea: a) il riconoscimento che l'art. 11 
della Costituzione italiana !PU� essere valorizzato e appliJcato rper ritenere 
le Comunit� europee compatibili con 1a Costitiuzione s1tessa e b) ill 
riconoscimento che iJ mei.;ionato art. 11 � �norma rpermisshna �, e cio� 
� n.onna la quale autorizza l'inserimento dei trattati in questione ne1l'ordinamento 
ita'liano mediante legge ordmaria 1senza necessit� di legge 
costituzionale. 

Il giudizio costituzionale conclusosi con la �sentenza 16 dilcembre 1965, 

n. 98 � stato invece portato direttamente su una delle leggi che hanno 
reso esecutilvi in Italia i trattati comunitari, e precisamente sull'art. 2 
della leigige 25 giugno 1952, n. 766, concemente il trattato C.E.C.A. In quella 
sentenza 'la Corte -costituzionale ha confermato la compatibilit� con la 
Costituzione italiana di quelle disposizioni del trattato C.EJC.A. che devolvono 
talune attribuzioni igiurisdizionali alla Co11te di ,giustizia delle 
Comunit� europee, sottraendole ai giiuldici nazionali. Per pervenire a 
questo risultato, 1a Corte costituzionale ha posto l'accento su1Ila distinzione 
e separazione tra gli ordinamenti comunitario e statale, per giiulngere 
ad affe!1mare: a) che gli atJti degli 011gani delle Comunit� iproducono 
effetti all'interno deMo spazio giuridico italiano; b) che, cionondimeno, 
la tutela giurisdiziona1ie, ~antita in Italia �sempre� e contro �.tutti� 
gli atti della pubblica amministrazione (art. 113 delta Costituzione) non 
� concessa nei riguardi degli atti delle Comunit�; c) che la tutela giurisdizionale 
offerta dall'011dinamento comunitario 1costituisce una garanzia 
sufficiente e adeguata ai principi generali [pOSti dalla CostitJuzione italiana. 
Dunque, i ;precetti della Costit�uzione italiana non hanno 'Vialore ed efficacia 
assoluti nel territorio dello Stato, ad essi potendo affiancarsi i 
precetti posti da un 011dinamento �estraneo � e � separato � quale quello 
comunitario. E :la separazione tra ordinamenti, se non pu� comportare 
nna vanifilcazione delle garanzie riconosciiulte al cittadino tdail.IJa Costituzione, 
pu� <per� rendere tollerabile la sostituzione di aloune di :tali garanzie 
con a!ltre sostanzialmente equivalenti. 
Si � poi 1avuta la sentenza 27 dicembre 1973, n. 183, rclativa alla questione 
di costituzionalit� deH'ar.t. 2 defila legge 14 ottobre 1957, n. 1203, 
che ha reso esecutivo in Italia l'art. 189 del trattato C.E.C.A. ove � disposto 
che i regolamenti comunitari sono � direttamente � applicabili in 
ciascuno degli Stati membri. In quella sentenza, la Corte costitiuzionale 
anzitutto ha confermato Ja � piena rispondenza � dei trattati comunitari 

all'ambito di applicazione de1l'art .11 della Costituzione e il carattere 


10 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

�non �soltanto sostanziale ma anche iprocedimentale � di detto art. 11, 
� nel senso 1che ipeI1IIlette que'lLe limitazioni di sowanit�, .a:lle condizioni e 
per le finalit� ivi stabilite, esonerando i'l Parlamento dalla necessit� di 
ricorrere all'esercizio del potere di �revisione costituzionale�. 

La Corte ha rpoi sviluppato i principi anzidetti, afile1mando: a) ohe 
l'art. 11 legitt�!Illa il "'parziale traJSforimento agli organi comunitari dell'esercizio 
de11a funzione 'legislati,v,a, in base ad un preciso criterio di ripartizione 
di <competenze per le materie, analitiJCamente indicate � (ripartizione 
orizzontale delle competenze); b) essere consentito dalla Costituzione 
italiana che sia Jo Stato sia i suoi cittadini siano sottoposti ad un 

�ordinamento giuridico � autonomo e distinto � rispetto a quello statale, 
e -.aippunto-�in quanto soggetti della Comunit�� (e cio� dclil'ordinamento 
oomunitario) siano tenuti ad osservare i regolamenti operanti 
nell'ambito dell'ordinamento comunitario e, anohe, � senza la necessit� 
di leggi di recezione e adattamento, nell'ordinamento italiano, come fonte 
immediata di diritti ed obblighi; c) che, allorquando i regolamenti in 
questione � abbiano completezza di contenuto dispositivo � (e cio� siano 
self-executing), lo Stato italiano non pu� emettere provrvedimenti �che 
possano comllll!que differirne o condizionarne l'entrata in vigore, e tanto 
meno sostituirsi ad essi, derogarli o abrogarli anche parzialmente; d) che 
le guarentigie costituzionali previste nei riguardi de1la legislazione ordinaria 
italia1I1a concernono � unicamente l'attivit� normativa degli organi 
de1lo Stato italiano �, e non possono essere invocate nei confronti dei regolamenti 
comunitari, in quanto questi u'lt�!Illi sono �emanazione di una 
fonte di produzione autonoma, propria di un ordinamento distinto da 
quello interno�; tuttavia, detti regolamenti non possono violare �i prindpi 
fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o i diritti inalienabili 
della persona umana � e, ove ci� avvenisse, si arvrebbe uno .stra� 
ripamento degli organi comunitad dalla � competenza normativa � Joro 
riconosciuta dai trattati; � in tale ipotesi sarebbe sempre assicurata la 
gal'.anzia del �sindacato giurisdizionale di questa Corte sulla perdurante 
compatibilit� del trattato con i predetti principi fondamentali �. 

Merita inoltre segnalare che la Corte, non solamente ha .ammesso 
che le � norme comurutarie �, e cio� anche ~e norme prodotte dalle istituzioni 
delle Comunit�, debbono avere �diretta arpplicazione in tutti 
gl~ Stati membri (riferimento che non pare solo geografico) senza la 
necessit� di leggi di recezione e adattamento�, Ina ha anche tracciato, 
sa.a pure in modo sommario, una disciplina di ripartizione verticale di 
competenze normative tra Comunit� e Stato italiano, ponendo limiti 
alla normazione statale � attuativa � dei regolamenti self-executing. Questa 
� la disciiplina pi� delicata sul piano del diritto costituzionale interno, 
posto che il problema di una preminenza o meno (e dei limiti 
di una preminenza) dei regolamenti comunitari sul diritto nazionale, 

-



PARTB Il, QUESTIONI 

inserendosi nel quadro ded Tapporti tra le fonti proprie dello (o previste 
dallo) oroinamento statale, non pu� risolversi solo sulla base dei principi 
del diritto comunitario; ma coinvolge problemi costituzionali interni 
all'ordinamento statale. 

5) Tralasciando qualche altra tappa intermedia, perveniamo alla sentenza 
n. 170 del 1984 cui ho accennato alil'inizio. Essa � stata scritta dal 
Giudice La Pergola (come saipete autore tra l'altro di runa pregevole monografia 
su �Costituzione e adattamento dell'ordinamento interno al 
diritto internazionale�) e si sofferma �sul disegno organico dei rapporti 
tra �oroinamento comunitario ed ordinamento 'Statale. La enunciazione 
fondamentale �, ancora una volta, nelle parole �diritto comunitario e 
diritto interno (sono) <;tue sistemi autonomi e distinti,� ancorch� coor. 
dinati secondo una ripartizione di competenza �, La sentenza -essa pure 
basata soltanto sull'art. 11 Cost..(non anche suli'a11t. 10 Cost.) -esclude 
che 1e norme comunitarie siano qrualificabili �ome norme di diritto 
internazionale o di diritto interno o di diritto st;ranjero; .esse sono norme 
che appartengono a;d uno specifico ordinamento, quello appunto comunit~
io. � La normativa in �discorso non entra a far parte del diritto. 
interno n� diviene per alcun verso soggetta al regime disposto per le 
leggi dello Stato�. D'a1tro 'lato, si afferma che la le~ge interna -sopi;av~ 
venuta �non interferisce nell~ sfera occupata da tale atto (comunitario)� 
per�,� � serba intatto fil suo valore e . spiega la sua efficacia.~ fuori dall'a]:'
llbjto, materiale e dai limiti temp0rali in cui :vige la disciplina comunitari;:
i �, . 

Siamo dunque ancora su una posizione che vorrei. definire dis~ta 
piuttosto che distante da quella deHa Corte Europea, diito che, pur .ella 
divergenza della costruzione teorica (necessariamente condizionata � dal 
~odo di essere de1l'ordinamento in cui viene elaboz:.ata), si ha .orm~i 
piena convergenza di risultati verso il comune obiettivo del consolid~. 
mento della costruzione eUJropea. 

La differenza � che mentre la Corte Europea insiste nella tesi monista 
con primato del diritto comunitario, la sentenza in esame d~lla 
Corte costituzionale sfrutta fino in fondo le possibilit�. off,erte dalla concezione 
pluralistica. Attenzione per�: la concezione pluralistica viene applicata 
in modo nettamente diverso da quello solitamente praticato dai 
cultori del diritto �internazionale, ed in modo invece coerente agli schemi 
propri di un diritto federale. Infatti territorio e popolazione, eiementi 
fondamentali di ogni Stato, sono per cos�� dire � messi a diretta disposizione 
� anche dell'ordinamento comunitario. Non v'� alcun processo 
di ~dattamento _del_ diritto interno a quello comunitario, n� v'� recezione 
di questo in quello. La � Comunit� governa territori e popolazioni cos� 
come fa ciascuno degli Stati membri, con strumenti normativi � da diritto 
interno� e :potrebbe dirsi �da entit� federale�. 


12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

'.r.utto ci� vale ovviamente soltanto per i iregolamenti comunitari e 
per gli a:ltri atti self-executing delle Comunit�. Un discorso diverso deve 
farsi per le direttive, di regola non autosufficienti: le direttive, ad esempio 
per l'armonizzazione delle legislazioni, sono rivolte agld Stati membri, 
si propongono di realizzare una unifonnit� dei vari ordinamenti 
nazionali, ed hanno per oggetto 1'attivlit� di produzione del diritto interno 
di ciascuno Stato. Per esse, la concezione pluralista opera secondo modailit� 
prossime a quelle conosciute dal diritto internazionale, per il tramite 
-ove occorra -di processi di adattamento �dovuti �. Altro discorso 
si dovrebbe fare per le decisioni. Devo aggiungere che � purtroppo 
� sul piano di tale dovuto adeguamento che il nostro sistema � tuttora 
gravemente carente, conferendoci, per ragioni pi� formali che sostanziali, 

ii non invidiabile primato delle infrazioni comU!Ilitarie. 

Tornando alla sentenza n. 170 del 1984, essa affida il delicato pro


blema di cooiiddnamento tra i due ordinamenti (comunitario e nazionale) 

soltanto alla ripartizione di competenza sul piano che dianzi s'� denomi


nato � orizzontale �; le norme comunitarie prevalgono per forza propria 

laddove v'� una competenza attribuita dai �trattati alle ComU!Ilit�, non 

prevalgono laddove una siffatta competenza non v'�. Resta, come accen


navo, una pi� ampia esigenza di coordinamento, anche sul piano � verti


cale �, per la quale non pare strumento giuridico irisoJ.utivo il concetto, 

per verit� alquanto generico, di �primato �. 

Si pensi a quante difficolt� sussis�tono nelJ'applicare uno schema 

per molti versi simile ai rapporti tra Stato e Regioni, all'interno del


l'unitario onlinamento nazionale italiano. MaLgrado la presenza -per 

questi rapporti -di molteplici strumenti di coordinamento (ad esem


pio, i � principi fondamentali stabiliti da1le leggi dello Stato �, lo � inte


resse naziona:le �, etc.), non pochi pmblemi quotidianamente insorgono, 

senza'che possa per essi ricorrersi ad un generico �primato� della norma 

prodotta dallo Stato rispetto a quella prodotta dalla Regione. 

E siamo cos� tornati su questa parola -�primato � -tanto proble


matica e tanto difficile da accettare. La Corte costituzionale ha sottoli


neato la separazione tra ordinamenti forse anche per glisser sul � pri


�mato � del diritto comunitario cos� enfaticamente proclamato dalla Corte 

di giustizia delle Comunit�, la qua:le ne ravvisa il fondamento formal


mente nella � specificit� � dell'ordinamento comuni�tario, e sostanzialmente 

nella necessit� (necessit� di assicurare l'uniforme e contemporanea appli


cazione di detto ordinamento). 


La prudenza seguita dailla nostra Corte costituzionale (e dalla Corte 

costituzionale federale tedesca, anch'essa alle prese con un sistema a Co


stituzione rigida) appare opportuna, anzi doverosa. Laddove i trattati 

attribuiscono competenza normativa alle Comunit� � agevole, ancorch� 

non necessario, parlare di �primato � del diritto sovranazionale. Il con


~ 

1 

i f 

I 


PARTE II, QUESTIONI H 

cetto potrebbe anche valere, in qualche misura, <:on riguardo al problema 
al quale ho fatto cenno, purtroppo fugace, delle clirettive. 

Ma l'accoglimento della concezione monistica di assoluta integrazione 
tra i due ordinamenti sotto � primato � sovrannazionale, potrebbe divenire 
modo poco lineare, e quindi anche in prospettiva politica rischioso, 
di � forzare � i limiti delle competenze comunitarie laddove queste sono 
ancora dubbie o solo m�riginali. Allo stato attuale delil'evoluzione storica, 
non si pu� concepire '.l'asserito primato nel dlevato senso integralistico, 
come misura di indiscriillliinato prevalere dell'interesse sovranazionale su 
quello nazionale, a guisa di una � clausola generale e di chiusura � inserita 
nel diritto IIlazionale. � da notare che neppure negli Stati membri 
a common law pu� ritenersi si estenda anche alla normativa comuni� 
taria il noto principio international law is part of the common law. 
Mentre un principio per certi versi simile � reperibile 1I1ella nostra 
Costit1121ione, alJ'art. 10, ,con riferimento al diritto intemazionale generale, 
l'opinione recepita e ribadita dalla Corte costituzionale � che la nostra 
Costituzione si limita a � lasciare 1spazio � alil'oridiinamento comunitario 
(senza farlo proprio) ncl quadro del successivo art. 11. 

Inoltre, una proclamazione del � iprimato � del diri.tto comunitario 
negli ordinamenti intemi non 'Si trova in alcuna delle formule adottate 
da alcuni Stati membri che hanno emendato la loro Costit111Zione in vista 
della <:ostruzione europea, che tutte invece uti1izzano lo strumento della 
ripartizione � orizzontaile � deHe competenze (cfr. art. 24 bis Cost. belga, 
art. 49 bis Cost. Lussemburgo, art. 20 Cost. danese). 

IJ problema dell'inserimento del diritto comunitario � dentro � il 
diritto interno degli Stati .membri (e non soltanto dentro lo spazio giuridico 
anche da essi gestito), ovvero -in alternativa __. del coordinamento 
tra normative comunitaria e naziOillale, non sembra suscettibile 
di .una rigorosa soluzione, che forse � vano ricercare almeno a livello 
teorico. 

Sul piano pratico una risposta alle rilevate esigenze pu� venire non 
itanto da un'integrale riduzione a unit� dei due ordinamenti, nel quadro 
di una integralistica visione monista a pdmato sovranazionale, quanto 
dalla conduzione e riduzione ad armonia dei due sistemi attraverso un 
sempre pi� compiuto coonlinarnento, che Ll1appresenta esso stesso un 
modo di (relativa) integrazione e costituisce i:1 pd� valido presupposto 
per ulteriori auspicabili sviluppi. 

Non riterrei, pur riconoscendo la fondatezza della recente osservazione 
di Sperduti, che cio� determinante ai fini dell'applicazione della normativa 
comunitaria � � che a prescriverla sia lo stesso ordinamento 
italiano, ad essa impegnato con proprio precetto, giudici e autorit� amministrative, 
imprese e ogni altro . soggetto interessato�, che si debba 


14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

senz'altro trame fa conclusione che ci� significhi �che Ja norma comunitaria 
si inserisce e prende Lr'ango nel sistema dcll'ordinamelllito italiano�. 

Credo sop'rattutto, mentre la scienza giuridica approfondisce i suoi 
studi, nel valore di effettivit� del coordinamento, che in larga parte si 
refll.izza attraverso il congiunto operare di due dati istituzionali: la configurazione 
della Corte di giustizia europea come una delle istituzioni 
� comunita:rie � (anzich�, ad esempio, come collegiio arbitrale o come 
sezione delJ.a Corte de L'Aja); ed una tSorta di � comunitarizzazione � dei 
giudici nazionali, sollecitati sia a portare dinanzi alla Corte sedente in 
Lussemburgo questioni di interesse comunitario, sia ad �obbedire � nelle 

'aule della giustizia �statale� contemporaneamente a due �sistemi normativi. 
In tal senso, da ultimo con le;: sentenze numeri 47, 48 e 113 del 
19~S e le ordinanze 81 e 118 del 1985 la Corte costituzionale ha confermata 
l'orientamento assunto con la sentenza n. 170 del 1984 dianzi considerata, 
asserendo, tra l'altro, che � i:l giudice nazionale, una volta accertato 
che la specie cade sotto il disposto del regolamento comunitario, � 
tenuto ad applicare le norme ivi contenute con il �I1isultato che ila sfera 
da esso (regolamento) oooupata � preclusa alile leggi 1statali � (sent. n. 47 
citata). La �soluzione saggiamente affermata con la sentenza n. 170 del 
1984 segue una linea teoricamente appagante ed � premessa di possibili 
Ulteriori felici sviluppi. 

Queste forme di evoluzione positiva e costruttiva dobbiamo assecon� 
dare, voi diplomatici e noi giuristi, con equilibrato impegno: davanti alla 
Co.rte di Giustizia Comunitaria l'Avvocatura dello Stato propugna, nel-
l'interesse del Governo italiano, il corretto svolgimento del .rapporto tra 
i due sistemi la cui integrazione (nel �senso 111on �assoluto avanti precisato) 
� tanto pi� pienamente realizzabile quanto pi� siano evitati strappi 
ed eccessi dall'una e dall'altra parte.. 

Al tempo stesso essa asseconda davanti alla Corte costituzionale, 
seppure dialetticamente, 'l'utile incontro .tra ~e due giurisprudenze. � Desidero 
sottolineare come l'evoluzione che la giurisprudenza realizza ne] 
tormentato cammino della civilt� git11ridiea � in larga parte dovuta alla 
funzione dell'avvocato 111el processo. La contrapposizione delle tesi nella 
dialettica del CO!lltradditto.rfo � condizione essenziale di una verifica illu� 
minata. Questa potr� poi, ~ sua volta, porsi a sostegno dell'azione continua 
e perspicace che Ja diplomazia svolge per mantenere e sviluppare 
quel consenso di volont� politiche su cui, come ho detto, si fonda ancora 
l'ordinamento comunitario in vista deHa progressiva realizzazione, anche 
in termini di effettivit�, della costruzione europea. 

La vicenda giuridica sulla quale vi ho intrattenuto � dunque tuttora 

un work in progress, una continua ricerca di equilibri al 'seguito di 

esigenze e di � ideali in evoluzione. E non rimane che augt11rare a noi 

stessi -diplomatici e giuristi affiancati -un proficuo lavoro. 


--
RASSEGNA DI DOTTRINA 

'� 

Tra i provvedimenti normativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale nel mesi 
di gennaio -Aprile 1987 si segnalano all'attenzione dei lettori: 

GENNAIO: 

-Ordinanza� del Ministero della Pubblica Istruzione del 6 novembre 
1984. -Norme per l'indizione dei concorsi ordinari, per esami e 
tit61i, per l'accesso ai iruoli provinciali de1la quinta qualifica funzionale del 
personale non docente �.statale deg.li istituti e �scuole di istruzione primaria, 
secondaria, degli istituti d'arte, dei licei artistici, delle istituzioni educative 
e delle scuole speciali statali; � 

-D.P.R. 9 luglio 1986, n. 935. -Approvazione delle proposte form�late 
dalla commissione paritetica prevista dall'art. 18 del d.P.R. 25 giugno 1983, 

n. 346, in ordine alle qua:lifiche funzionali ed ai prof.ili ;professionali, nonch� 
ai criteri concernenti l'attuazione del principio di ,inquadramento per ,profili 
professionali del personale degli enti pubblici di cui alla fogge 20 �settembre 
1975, .n. 70, previa reiezione o dichiarazione di inammissibiilit�. delle os~ 
servazioni avanzate dalle organizzazioni sindacali dissenzienti o non rappresentate 
nehla predetta commissione padtetica; 
-Decreto del Ministero dei Trasporti t/.el 20 dicembre 1986. -Disposizioni 
in materia di accesso ail.la professi�ne di� trasportatore di merci su 
strada nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali; 

-Legge 30 dicembre 1986, n. 943. -Norme in. materia di. collocamento 
e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro 
Je. immigrazioni clandestine; 

-Legge 24 dicembre 1986, n. 958. -Norme sul servizio militare di 
leva e sulla ferma di leva prolungata; � � 

~.D.L. 17 gennaio 1987, n. 6. -: Norme in materia di tutela previdenzial� 
dei lavoratori italiani operanti all'estero nei Paesi extracomunitari; 

.-Decreto del Ministero dei Trasporti 20 dicembre 1986. -Ulteriori disposizioni 
per l'accertamento dell'osservanza delle norme vigenti in. materia 
di tflrlffe di trasporto di merci .su. strada; . . � 

~-D.L. 26 gennaio 1987, n. 9. -Interventi u:rigentUn materia di distribuzione 
commerciale ed ul.teriori modifiche alila� fogge 10 ottobre 1975, n. 517 
nella disciplina del credito agevoHito ail commercio; 

-D.P.C.M. 25 novembre 1986. -Ade~amento aut~matico, per ~�anno 
1987, dell'tindennit� di accompagnamento per i ciechi civili assoluti e 
per gli invalidi civili totalmente inabili, non deambulanti o non autosufficienti. 


�:�.� 
FEBBRAIO: , . 

-Legge 6 febbraio 1987, n. 18. -Conv~rsione. irt 'legge, ~nil��:>dificazioni1 
del d.l. '9 dicembre �1986, n.. 833; reoante -:misuxe urgenti per il 
settore dei trasporti locali; �, 



16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Legge 6 febbraio 1987, n. 19. -Conversione in legge con modificazioni 
del d.l. 9 dicembre 1986, n. 835, recante norme per le imprese 
in crisi sottoposte ad amministrazione straordinaria per il settore siderurgico 
P. per l'avvio dell'attivit� dell'Agenzia per la promozione dello 
sviluppo del Mezzogiorno; 

-D.L. 16 febbraio 1987, n. 27. -Misure urgenti in mateda di enti di 
gestione fiduciaria; 

-Legge 17 febbraio 1987, n. 29. -Modifiche alla disciplina defila custodia 
cautelare ed introduzione dell'art. 466 bis del codice di procedura penale 
concernente 'la disponibi�hi.t� degli atti dehl'istruttoria; 

-Testo del decreto legge 9 dicembre 1986, n. 832, coordinato con la 
legge di conversione 6 febbraio 1987, n. 15 recante: misure urgenti in materia 
cli contratti di locazione di immobiili adibiti ad uso diverso da quello di 
abitazione; 

-Legge 18 febbraio 1987, n. 34. -Misure a favore di chi s~ dissocia d�J. 
tel1l"ovismo; 

-Legge 14 febbraio 1987, n. 37. -Modifilche al testo unico delle norme 
suhla oilrcolazione stradale, apW"ovato con decreto del d.P.R. 15 giugno 1959, 

n. 393, concernenti ia defi!Ili.zione dei ciclomotori e la olassifJ.cazione dei 
motocicli nonch� disposimoni relative ahl'abilitazfone alla guida dei motocic1i; 
-Legge 26 febbraio 1987, n. 49. -Nuova disciplina della cooperazione 
de11'1talia con i paesi in via di sviluppo. 

MARZO: 

-D.P.R. 28 febbraio 1987, n. 58. -Riordinamento degli entJ. per :la promozione 
e 1.o sviluppo del Mezzogiorno ai �sensi dehl'art. 6 legge 1 marzo 
1986, n. 64; 

-Legge 28 febbraio 1987, n. 56. -Norme sull'organizzazione del 
mercato del lavoro; 
-Legge 6 marzo 1987, n. 74. -Nuove norme sulla disciplina dei casi 
di scioglimento del matrimonio; 

-Legge 16 febbraio 1987, n. 81. -Delega legislativa al Governo della 
Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procP.dura penale; 

-Testo aggiornato della legge 1 dicembre 1970, n. 898, concernente 
disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio. 

APRILE: 

-D.L. 1aprile1987, n. 128. -Norme urgenti in materia di agevolaZtioni 
della produzione industriaile delle picoole e medie imprese e di rifimm� 
ziamento degli interventi di politica minerar�a. 

-D.L. 1 aprile 1987, n. 129. -Lnterventi in materia di riforma del processo 
penale. 


PARm II, RASSEGNA DI DOITRINA 

-D.L.1aprile1987, n. 130. -Norme in materia di tutela rprevidenziale 
dei lavoratori italiani operanti all'estero nei Paesi extra-comunitari. 

-Decreto Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 27 gennaio 
1987, n. 137. -Regolamento rper l'erogazione dell'assegno di i:ncollocabilit�. 


-D.P.R. 10 aprile 1987, n. 150. -NoI1llle risUltanti dalla disciplina 
prevista dall'accordo del 13 febbraio 1987 per :fil personale della Polizia 
di Stato. 

-Decreto Ministero di Grazia e Giustizia, 11 aprile 1987. -Proroga dei 
termini per l'irregolare funzionamento dell'ufficio unico IIlotifiche, esecuzioni 
e rprotes1li del Tuibuna1e di Reggio Emilia. 

-D.L. 27 aprile 1987, n. 153. -Proroga del termine dell'art. 114 della 
legge 1 aprile 1981, n. 121, concernente nuovo ordinamento dell'Amministrazione 
della Pubblica Sicurezza. 

-D.L. 29 aprile 1987, n. 164. -Prowedimenti urgenti per il personale 
dell'Amministrazione della Gius1lizia. 


RAS!\EGNA DELL'AV:VOCA'.l'URA DE..O STATO 

.. INDICE -.SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI 

DIRITTO COSTITUZIONALE 

G. B. FERRI, Il� risarcimento del danrio biologico nel� sistema della responsabilit� 
civile. 

P. 
PACITTO, Profili ricostruttivi di una disciplina transitoria uniforme dei 
contributi previdenziali ed assistenziali a carico del lavoratore. 
DIRITTO AMMINISTRATIVO 

G. CoLOMBINI, Profili della responsabilit� amministrativa nel governo del 
territorio e dell'ambiente. 
G. 
CRISCI, Le linee generali della riforma dell'intervento straordinario nel 
Mezzogiorno. 
I. DE Musso, Recupero di somme indebitamente erogate dalla P. A.: � caduto 
il tab� della buona fede del percipiente? 
C. 
D'ORTE, Ambiente e danno ambientale: dalla giurisprudenza della Corte 
dei Conti alle leggi sul Ministero dell'ambiente. 
E. MELE, I limiti dell'amministrazione nella esecuzione del giudicato. 
G. 
MINICONE, Atti in violazione ed atti in elusione del giudicato: una dicotomia 
da superare. � 
E. REGGIO D'AcI, L'indipendenza del giudice amministrativo. 
G. SERIO, La tutela cautelare nella sospensione dei tributi. 
M. E. ScHINAIA, Profili esecutivi nella problematica del procedimento am� 
ministrativo. 
G. ToRREGROSSA, Statuto della propriet� edilizia e ius aedificandi. 
G. 
VACIRCA, Sull'ammissibilit� di nuove prove in appello nel processo amministrativo. 
DIRITTO E PROCEDURA CIVILE . 

A. M. BRUNI, Tutela d'urgenza e diritti di credito. 
F. CARPI, La sentenza della corte di cassazione e la cosa giudicata. 
C. M. CEA, Tentativo obbligatorio di conciliazione e domanda riconvenzionale 
di � equo canone � proposta in sede di opposizione a decreto 
ingiuntivo. 
�z..-:-z-:-:-:-:-:-::-:;;-:-:-:-:-:;;-:-:"Y:.-:..C.r;;�:�:�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.u.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�,..�.�J'.�.�.�.�.�.�.�.�.�:'.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�,..�,..�.�.�.�.�.�.�.�.�l'r,..�,���,. .�_�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�...�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.f'� 


PARTE II, RASSEGNA DI DQTTRINA. 

M. LIPARI, Il rischio nell'appalto e l'alea normale del contratto. 
A. PROTO PISANI, Il procedimento d'ingiunzione. 
A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela ca.utelare. 
A. 
PRoTO PISANI, Note problematiche e no sui limiti oggettivi del giudicato 
civile. 
G. F. RICCI, Le prove illecite nel processo civile. 
DIRITTO COSTITUZIONALE 

GIOVANNI B. FERRI, Il risarcimento del danno biologico nel sistema della 
responsabilit� civile, in Giurisprudenza Costituzionale 1986 -Fase. 8, 

p. 1716 ,ss. 
. 
La nota in esame si occupa del tema della risarcibilit� del danno biologico, 
in riferimento a quanto affermato dalla Corte �ostituzionale con la 
sentenza n. 184 clel 1986. 

L'autore esprime sostanzialmente un giudizio critico su tale sentenza, 
pur .sottolineando che essa ha il pregio di aver affrontato, con un'ampia 
e dotta motivazione, il tema d�l risarcimento dei danni morali. 

Egli ritiene, infatti, che ila tutela della salute non pu� trovare il suo 
referente, in termini di risarcimento, che nell'art. 2059 cod. civ., il cui 
aggancio con la norma penale (art. 185 c.p.), apparso nelle mtenzioni del 
legislatore in sede di Relazione al codice civile, � il frutto di una costante 
interpretazione dottrmale e giurisprudenziale, ma non � presente� nell'art. 
2059 citato. 

La Corte costituzionale, quindi, negando la fondatezza della questione 
di costituzionalit�, sollevata dalle ordinanze del Tribunale di Genova e di 
Salerno, avrebbe evitato, piuttosto che risolverlo, il problema del ;risarcimento 
del da.tmo biologico. 

G. MANGI~ 
PAOW PACITTO, Profili ricostruttivi di una disciplina tributaria uniforme 
dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del lavoratore, in 
Giurisprudenza Costituzionale 1986, Fase. 8, pag. 1707 s�s. 

�;. �. � La:.inqta in ~same �.s.i occupa de1la dis~iplina ffs~ale dell'd:ndennit� di 
buonuseita:, alla foce di quanto affermato dalla Corte costituzionale;! con la 
sentenza 7 [ug1io 1986, n. 178. � 

Seco:.do l'opinione espressa da:1l'Autore, tale sentenza ha sollevato 
delicate� questioni interpretative, perch�, ritenendo non ta:ssabiile '1'ti.nqen-' 
nit� di buoousc�ta per Ja parte che coririspopd� ;;ii contributi direttamente 
versati dall'interessato, ha espresso princip.j che dovranno necessarnarnertte 
�oordinarsi con il v~gente sistema tributario, nom:h� cqn le stesse prospettive 
della sua riforina. � 

.G. ,MANGIA 


20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

DIRITIO AMMINISTRATIVO 

GIOVANNA CoLOMBINI, Profili della responsabilit� amministrativa nel governo 
del territorio e dell'ambiente, in Riv. Trim. dir. pubblico, 1981, 3. 

L'autrice compie un'attenta analisi dei priin:oipi che regolano fa responsabn.
it� amministrativa per danno ambientale, con particolare riferimento 
alla normativa di cui al testo unico com. prov. n. 383 del 1934, 
ed m relamone alle recenti :leggi 8 agosto 1985 n. 431 (legge Gal.asso) e 
8 luglio 1986, n. 349 Clegge istitutiva del Ministero dehl'Ambiente). 

Dall'esame delle citate disposizioni vengono enucleati i punti di grave 
scooroinamento che presenta la materia negli enm locailii, criticandosi 
le argomentazioni formulate da dottriina e giurisprudenza ai fine di trovare 
qualche giustificazione �all'attuale sistema normativo. 

In particolare, le critiche maggiori sono rivolte ail. tentativo di individuare 
fa iegittimit� del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e 
giudice contabile, in relazione alla responsabilit� amministrativa per fatto 
illecito negli enti locali. .Il problema riguarda infatti la esclusione dei 
dipendenti e funzionari locali dalla iresponsabi'lit� soli.dail.e con g1i amministratori 
per gli illeciti commessi nella gestione fin~iaria. 

I limiti del giudice contabile nel:l'esaminare tali illeciti �trovano fondamento 
neHa legge stessa, che prevede contenuti tipioi per gli atti da 
essi posti in essere, per oui �risultano vani i tentativi giurisprudenziali voltii 
ad annuillaire una competenza contabi:le di caratltere generale m mate11ia. La 
stessa Corte dei Conti ne avverte fa diffilcolt�, spostando fa sua dndagine 
dal profilo soggettivo a quello oggettivo del:la responsabiUt� amministrativa: 
il danno all'ambiente. 

In relazione a quest'ultimo � :interessante l'analisi dehla git.�risprudenza 
della Corte dei Conti, tendente a ravvisare fa responsabilit� ammini� 
strativa anche nell'i:1Iecito urbanistico. A tal proposito l'autrice mdividua 
i punti essenziali dell'evoluzione interipretativa dei rapporti mtercorrenti 
tra attivit� urbanistica e terri:torio, ahla luce del:la ilegge 28 gennaio 1977 

n. 10, prima, e della legge Galasso, poi. Essa �sotJtolinea ola scarsa dncisivit� 
e ohiarezza con cui il legislatore ha disciplinato 1a tutela giurisdizionale 
dcl valore ambientale, aumentando i dubbi suilla ripartizione de1le competenze 
fra giudice ordinario e giudice contabile, e auspica un immediato 
chiarimento delle suddette questioni al fine di perseguire una concreta 
tutela dell'ambiente. 
D. GIACOBBE 
GIORGIO CRISCI. Le linee generali della riforma dell'intervento straordinario 
nel Mezzogiorno, in Cons. Stato 1987 � Fase. 2, parte seconda, 

p. 281 ss. 
L'artioolo contiene una puntuale ed mteressante analisi de1Ia legge 

1 marzo 1986, n. 64, sulla nuova disciplina �organica� del:l'intervento 

� 1stra011dinario � 1I1el Mezzogiorno . 

.L'autore, dopo averne mdividuaito Je linee ,genera1i e i tratti distintivi, 

esprdme un giudizio .positivo .stilla ilegge 64 del 1986, .sottolineando che essa 

si !inserisce ncl processo di iniziative per lo s'41.uppo dcl Sud, tenendo 

conto dclle nuove realt� e delle IIluove esigenze emergenti. 


21

PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

Brecisa, peraltro, fo stesso autore che � mdispensabile, perch� la 
suddetta ilegge possa trovare compiuta applicazione, che fa dirigenza 
burocratica e manageriale sia rappresentata da elementi veramente esperti 
e sinceramente animati dalil.'impegno meridionalistico. 

G. MANGIA 
IVAN DE Musso, Recupero di somme indebitamente erogate dalla P. A.: � 
caduto il tab� della buona fede del percipiente? Nota a Corte dei Conti 
Sez. III pensioni civili, 5 agosto 1986, n. 59694 ed a Corte dei Conti 
Sez. III pensioni civili 5 agosto 1986 n. 59669, .in Riv. Corte dei Conti, 

. nn. 5-6, Sett.-Dic. 1986, pp. 832-834. 

Le sentenze commentate testimoniano, secondo l'autore, la difficolt� 
della giurisprudenza amministrativa di griungere a:l SiUperamento dell'indirizzo 
dettato dal Consiglio di Stato in base �al quale findebito corrisposto 
da:lla P. A. per errore ad essa imputabile non pu� essere ripetuto ove 
riscosso :iin buona fede con destinaiiione ai bisogni alimentari. Lo stesso 
Consiglio di Stato si � reso conto dii quanto taile indirizzo contrastasse 
con i principi del dirirtito comune ed ha ritenuto che la buona fede� del 
percipiente debba essere tenuta 1in consideraiiione dalla P. A. isolo neLl'effettuare 
una valutazione di opportunit� nella quale essa raffronti l'mteresse 
pubblico al recupero delile �somme con iil pregiudiiiio che cosi si 
arreca .al dipendente creditore. 

Tuttavia tale mutamento di tendenza non � stato seguito da1la giurisprudenza 
amministrativa, la quale � ~as.ta piuttosto restia ad affermare 
'l'drrilevanza della buona fede del perdpiente: a quest'uiltimo .riwltato � 
pervenuta con decisione solo fa pronuncia TAR Laiiio, Sez. III, 11 aprile 
1985 n. 377. In essa si individua come �ratio� degli artt. 2033 e 2036 e.e., 
senz'altro applicab.ili alla fattiispecie � de qua �, la tutela del solvens e la 
necessit� di evitare il'arricchimento senza causa dell'accipiens: non si 
giustificherebbe ,quindi :iin alcun modo una disciipUina anomaila che non 
abbia a base ta:li esigenze e che tenga conto, in contrasto coil diritto 
comune, della buona fede del ipercipiente. 

R. TORTORA 
CARLO D'ORTE. Ambiente e danno ambientale: dalla giurisprudenza della 
Corte dei Conti alle leggi sul Ministero dell'Ambiente, in Riv. Trim. 
dir. pubblico 1987, 60. 


L'articolo che si .illustra ripropone run tema divenuto quanto mai at


tuale iin seguito alla recente legge 8 iluglio 1986, n. 349, istitutiva del Mini� 

stero dehl'ambiente. 

L'autore fa d:l punto del.'la situazione, ripercorrendo l'iter giurispru


denziaile e legislativo in materia di �beni ambientali �. 

Si ipassa cosi dalle non recenti pronunce delJ:a Corte dei Conti in 

materia di tutela de1l'ambiente, ai vari progetti dii legge che si sono occu� 

pati in particolar modo del problema, fino aiila citata legge n. 349 del 1986. 

Vengono dunque operati attenti rilievi dn relazione a quest'uiltima, e 

�i� off�re sptmto per alcune considerazioni circa llimportanza dell'ambiente 


quale bene giuridico a s� stante, diverso daLle singole cose materiali cui 

in concreto si arreca damJ.O. 

Interessainte � a:ltresi il'esame della legge, nei punti in cui individua 

i soggetti legittimati ailil'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno 


RASSEGNA DELL'.WVOCATURA DELLO STATO 

ambientale:. l'autore critica la riserva operata nell'art. 18 a favore dello 

Stato �e degli enti terr.itoria1i, e sembra favorevole a quei progetti legisla� 

tivi che avevano invece proposto l'istituzione di un difensore civ.ko per 

l'ambiente. 

L'autore �ritica altres� la teoria per cui il diritto dello Stato al visar� 

cimento del danno ambientale sarebbe una conseguenza della lesione del 

diritto soggettivo dello Stato stesso all'ambiente. Egli ritiene infatti che 

l'.interesse pubblico ambientale costituisca parametro delJ'ese11Cizio del 

potere pubblioo, mentire esiste un interesse seoondari.o, che sarebbe in� 

vece situazione soggettiva rientrainte neLla sfora giuridica patrimoniale 

dello Stato. 

Un ultimo ordine di coosiderazioni si riferisce al -contenuto deI danno 
� ambientale, in particOiare al problema se possa esserne ravvisata il.a natura 
patrimcmiale. , 

Secondo la definizione di cui all'art. 18 citato esso costituirebbe un 

fatto illecito riconducib1le alla fattispecie di cui all'art. 2043 cod. civ., e da 

ci� del'ivano Je relative .conseguenze circa la disciplina della responsa


bilit� degli amministratori. 

D. GIACOBBE 
EUGENIO MELE, I limiti dell'amministrazione nell'esecuzione del giudicato, 
nota a Cons. Stato, Sez. IV 21 dicembre 1985 n. 796, in Foro Amministrativo, 
1986, n. 12, p. 2716 ss. 

Con la sentenza n. 796/1985 il Consiglio di Stato ha affermato l'espe


ribilit� del rimedio della registrazJione con riserva nella ipoteS!� in cui la 

Corte dei Conti abbia negato il �visto al provve�limento con il. quale l'Am� 

ministrazione abbia inteso dare esecuzione al giudicato. 

L'Autore parte dalla osservazione che quella dehla registrazione con 

riserva � .una procedura prevista per le ipotesi in cui il potere esecutivo, 

in vista di considerazioni di premiinente interesise pubblico, desideri impor~ 

re la registrazione di un atto nonostante Ja sua iIIegittimit�. EgJ.i sotto


linea quindi la differenza ontologica profonda fra il.a ratio di questo dstituto 

e ~�esigenza che ii! Consiglio di Stato ha iinteso tutelare con fa decisione 

annotata (e cio� quella di dare concreta esecuzione ad un atto tutt'altro 

che ihlegittimo: una sentenza passata in giudicato), e giunge alla conclu


sione che ci Si 'trova� di !fir�nte ad i�na tipica manifestazione di diritto 

pretorio, intesa�a colmare una [aouna 1ne:ll'ordinamento laddove questo non 

appresta a1cun �rimedio per i casi di illegittimo dinieg� di registrazione da 

pairte deHa �orte dei Conti. . 

, . . ,� G. D'ELIA 

GIUSEPPE M:rN!eoNli, Atti in violazione ed atti in elusione defgiudicato: una 
dicotomia da superare, in Cons. Stato 1987, Fase. 2, parte seconda, 
p~ 307 ss. . . 

L'autore, inelramnotare la sentenza 15 ottobre 1986, n. 556 de1la VI Sez. 

del Consiglio di Stato, sottolinea che. in essa � stato posto in essere un 

meditato ed apprezzabille tentativo di superare� la bipartizione atti iil vio


lazione ..,.... atti in elusione del giudicato, al fine di r.azionaldzzare il g.iudizio 

di ottemperanza e di accentuare '.la sua .incisivit�, nel �senso di assicurare 

una .tutela' concreta e�l effettiva al �ricor.rente. 

G.�MANGIA 


PARTE Il, RASSEGNA DI DOTIRINA 

ENz� REGGIO D'Acr, L'indipendenza del giudice amministrativo, in Cons. 
Stato 1987 -Fase. 3, parte seconda, p. 491 ss. 

L'autore prende analiticamente in rassegna dl sistema attuale relwtivo 
all'organizzazione deNa giustizia �amministrativa, con particolare riferimento 
.al problema de11'ind1pendenza e dell'autonomia del giudice amministrativo. 


Ll r�sultato dell'accurata e pUilltuale analisi condotta � sostaiwialmente 
positivo, nel senso che, secondo l'autore, il sistema orgarnizzatorio vigente, 
alla luce delle no!'Ille costituzionali e dehla legge 27 aprile 1982, n. 186 (che 
ha .istituito �il Consi~io di Presidenza delJa Giusti.2lia Amministrativa), pu� 
considerarsi garantista deH.e esigenze di autonomia del magistrato e di 
salvaguardia dello stesso da �nfiluenze che potrebbero essere esercitate nei 
suoi confronti all'interno dello �stesso ordine giudiziario. 

G. MANGIA 
GUGLIELMO SERIO, La tutela cautelare nella sospensione dei tributi, nota a 
Ord. Cons. Giust. Amm.va Reg. Sicilia 20 novembre 1986, n. 169, in 
Foro Amministrativo 1986, 111. 12, p. 2772 ss. 

L'Autore annota favorevolmente 'l'ordinrunza con la quale il Consiglio 

di Giustizia Amm.va della Regione Sicilia ha sospeso il provvedimento 

dell'Lntendente di Fti.nanza d.i rigetto delfistanza di sospensione de1la ri


scossione dell'.imposta. 

Nella nota si osserva come �l'ordinanza �11isu1ti essere fa prima pro,
nuncia del giudice d'appello coofermativa dell'indirizzo prevalente dei 

TAR, secondo cui nell'attivit� intendentizia in materia di sospensione 

del debito d'imposta � ravvisabile l'esercizio di una potest� discrezionale 

sindacabile dal giudice ammmistrativo. 

Nel rilevare come la soluzione prospettata dalla giurisprudenza non 

sia .scevra da inconvenienti (quale soprnttuitto la scissione delle tutela 

cautelare da quella di merito, la p11ima affidata agli organi � ordinari � 

della giustizia amministrativa, fa seconda riservata alle Commissioni tri


butarie), il notista esprime l'avviso che la decisione sia un utile�contributo 

all'attuazione del principio della effettivit� della tutela giurisdizionale. 

G. D'ELIA 
MARIO E. SCHINAIA, Profili evolutivi nella problematica del procedimento 
amministrativo, .in Foro Amministrativo 1987, n. 1-2, p. 376 ss. 

L'Autore compie un ampio esame della .problematica coiliilessa al pro


cediimento amministrativo, analizzando la sua evoluzione storica fiino 

agli anni 70 e gli sviluppi pi� recenti. 

Vengono presi -in considerazione i contribUlti giurisprudenzia:l.i al pro


blema ed anai1izzate '1e possibili linee evolutive che attualmente si prO: 

spettano. 

L'articolo si conclude con l'auspicio di un intervento del legislatore 

atto a dare definitiva sistema2lione ai princiipi generali sul procedimento. 

G. D'ELIA 

24 
GIOVANNI ToRREGROSSA, Statuto della propriet� edilizia e jus aeclificancli, in 
24 
GIOVANNI ToRREGROSSA, Statuto della propriet� edilizia e jus aeclificancli, in 
� Rivista di diritto civile 1987, n. 2, I, 141. 

La dibattuta questione circa l'inerenza del jus aedificandi al diritto cli 

propriet� viene qui prospettata in chiave storico-inte~etativa. Attraverso 

la puntuale analisi della �evoluzione d�lle fonti di regolamentazione del 

diritto di edificare e delle pi� significative pronunce deNa Corte costi


tuzionale, l'autore giunge a dimostrare come in base ad runa corretta in


terpreta7lione delle norme e de1le istesse sentenze, spesso fotte suhla scorta 

di equivoci e pregiudizi, non si possa che escludere l'inerenza del jus aedi


ficandi al diritto di propriet�. 

Riconducendo, dunque, il potere di conferire l'edificabilit� dei suoli 

esclusivamente alla discrezionalit� tecnica dei Comuni che la esercitano 

attraverso ['adozione dei PRG, viene risolto in senso negativo i:l problema 

del diritto �all'indennizzo per i proprietari di terreni esclusi dalle zone di 

espansione.' 

F. QUADRI 
GIOVANNI VACIRCA, Sull'ammissibilit� di nuove prove in appello nel processo 
amministrativo, nota a Cons. Stato Sez. IV 28 ottobre 1986, n. 684, in 
Foro Amministrativo 1987, n. 1-2, pp. 93-94. 


I

Si B!DIIlota criticamente la sentenza del Consiglio di Stato che afferma 

t

la linammissibilit� dell'acquisizione di nuove prove nel giudizio amministrativo 
d'appelilo. 
G..D'ELIA 


DIRITTO E PROCEDURA CIVILE 

ANNA MARIA BRUNI, Tutela d'urgenza e diritti di credito, nota a Pret. Roma 
31 luglio 1986 in Giust. civ. 1986, I, 2586. 


� 11 giudice pu� imporre al debitore -a titolo di misura cautelare 

urgente -:il pagamento di una somma in favore del creditore ove, a causa 

della mancata disponibilit� della somma stessa, il creditore venga a 

trovarsi in uno stato di insolvenza, tale da far tragionevolmente temere il 

fallimento �, Questo il principio affennato dal Pretore di Roma e piena


mente condiviso nella nota, la quale si segnala per l'esauriente analisi 

delle vecchie e nuove teorizzazioni sulle situazioni soggettive tutelabili 

ex art. 700 c.p. 

Si sottolinea in particolare che ila decisione, pur inserendosi in un 

processo evolutivo gi� in atto neHa giurisprudenza di merito (la c.d. set


tecentizzazione dei dir.itti di credito) contiene un interessante contdbuto 

di novit� rappresentato dal �r.iconoscimento della tutela d'urgenza sul 

semplice presupposto della lesione del credito a prescindere da ogni 

riflesso pregiudizievole sui diritti assoluti. 

F. SCLAFANI 

PARTE II, RASSEGNA DI DOITRINA :u 

FEDERICO CARPI, La sentenza della Corte di Cassazione e la cosa giudicata, 
in Riv. Trim. dir. proc. civile, 1987, 20. 

Viene affrontato il problema della incidenza della sentenza n. 17 del 
1986 de11a Corte Costituzionale sulla cosa giudicata, formale e sostanziaile. 
La citata sentenza, come � noto, ha riconosciuto la possibilit� di revocare 
ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ. le pronunce della cassazione rese sui ricorsi 
basati sul n. 4 dell'art. 360 cod. proc. dv. 

L'autore compie alcune riflessioni sulfo conseguenze che la nuova 
disciplina sortisce nei confronti sia del giudicato s.ia di quelJ.e fattispecie 
che presU1Ppongono la defiiinitivdt� della pronuncia del Supremo Co1legio, 
quali ad esempio quelle prev&ste dall'art. 336, comma 2, cod. proc. civ . 

. Nell'dndividuare i problemi cui ha dato iluogo H suddetto provvedimento, 
�soprattutto per �quanto riguarda il coordinamento della nuova disciplina 
con le altre disposiziom del codice di rito, egli auspica �un intervento 
fogislativo volto a reinterpretare e contemperare l'esigenza garantista 
con la stabildt� dei risuJ.tati del processo. 

D. GIACOBBE 
COSTANZO M. CEA, Tentativo obbligatorio di conciliazione e domanda riconvenzionale 
di � equo canone � proposta in sede di opposizione a decreto 
ingiuntivo, dn Foro Italiano 1987, I, 978 ss. 

L'autore trae spunto dalla sentenza 23 giugno 1986 della Pretura di 
Milano, che giudica non ipotizzabile l'improcedibilit� per mancato tentativo. 
di conciliazione ex art. 44 1. 27 luglio 1978 n. 392 dell'ingiunzione di pagamento 
ex art. 2 r.d. 14 aprile 1910 n. 639 per trattare il tema dell'ammissibilit� 
dell'opposizione a tale ingiunzione non preceduta da tale tentativo. 
Se infatti l'ingiunzione di pagamento ex art. 2 r.d. 639/10 ha natura amministrativa 
e quindi non deve essere preceduta dal tentativo di concili~
ione, che � previsto al fine �di evitare un procedimento giumsdi:llionale, 
ma non riguarda quelli amministrativi, l'opposizione ad essa introduce 
invece una fase giurisdizionale, cui, in base alJ.a 1. 392/78, non pu� darsi 
luogo senza previamente esperire il tentativo di conciliazione. L'autore 
passa quindi a criticare Cass. 5 maggio 1982 n. 2828 Arch. locazioni 1982, 
684 sostenendo che, contrariamente a quanto deciso dalla Suprema Corte, 
n sorgere di una controversia sul punto pregiudiziale .della determinazione 
del canone non sposta la competenza del giudice della opposizione al 
decreto ingiuntivo emesso per il pagamento dei canoni, ma, al massimo, 
pu� determinare una scissione della causa, secondo il meccanismo prevista. 
dall'art. 34 c.p.c. 

R. TORTORA 
MARco LIPARI, Il rischio nell'appalto e l'alea normale del contratto, m 
Giust. Civ., 1986, Il, 223. 

Si tratta di un'accurata anailisi, condotta con ineccepibile rigore logico,. 
sul significato giuridico e sulla distribuzione del rischio nel contratto di 
appalto. 

L'Autore si sofferma in particolare sul discusso rappor.to tra la norma 
generale in tema di risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta 
(art. 1467 e.e.) e la norma speciale sulla c.d. revisione preZ2li nell'appalto� 
(art. 1664 e.e.). Dopo un'esauriente rassegna delle diverse posizioni emerse 


26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in dottrina, sottol�iea che 'l'art. 1664 e.e. appare coerente con fa logica giuridica 
che caratterizza la disciplina normativa del contratto di appalto, 
pertanto � suscettibile di interpretazione estensiva e finanche di applicat�ione 
analogica. 

F. SCLAFANI 
ANDREA PROTO PISANI, Il procedimento d'ingiunzione, Riv. trim. dir. proc. 
civile, 1987, 290. 

L'autore, considerando che il procedimento per ingiunzione non ha 
formato oggetto di riflessioni da parte della dottrina, cerca di individuare 
. i priincipali problemi cui potrebbe dare adito la 1suddetta procedura, alla 

luce delle rpronunce giurisprudenziali al riguardo.

1

Dopo una breve premessa sui caratteri fondamentali del procedimento 

monitor.io risultanti dal sistema� attuailmente vigente, segue una rassegna 

delle pi� significative sentenze di merito, della Corte di Cassazione e della 

Corte costituzionale. 

Interessante � l'analisi del giudizio di opposizione, nel quaile l'autore 

ravvisa due momenti nettamente distinti tra di loro: da un lato, iJ. con


trollo sulla validit� del decreto, dalJ'altro, l'oggetto di merito del giudizio 

stesso. 

Da tale valutazione egli trae conseguenze importanti in relazione �alle 

varie ipotesi in cui .id decreto � legittimo, ma .risulta �iesistente il diritto 

fatto valere, e viceversa, soprattutto in relazione :alle ['ecenti sentenze 

della Cassazione che si sono occupate dell'argomento. 

Vengono altres� rprese in esame alcune fattispecie particolari, che 

hanno tuttavia interessato l'autorit� giudiziaria. 

D. GIACOBBE 
ANDREA PROTO PISANI, Appunti sulla tutela cautelare, in Rivista di Dir. Civile, 
1987 n. 2, I, 109. 

L'autore, considerando che il procedimento per ingiunzione non ha 
lare, sotto. il profilo della funzione e della struttura. L'indagine tende, in 
tal modo, a dimostrare che, mentire sul piano funzionale entrambe le 
forme di tutela mirano ad evitare i pregiudizi nascenti dalJa durata �del 
giudizio, sul piano strutturale emergono i dati connotativi della tutela 
cautelare, individuati nella sommaviet� ed, in particolare, nella provvisoriet�. 
De iure condendo, l'autore criticamente rileva il potere largamente 
discrezionale del giudice .in ordine alla valutazione dell'elemento de1l'irreparabilit� 
del pregiudizio, auspdcando una maggiore tipicizzazione del 
periculum e la creazione di un modulo unitario di tutela cautelare che 
segni il superamento degli attuali -numerosi e dispersivi -schemi 
procedimentali. 

F. QUADRI 
ANDREA PROTO PISANI, Note problematiche e no sui limiti oggettivi del giudicato 
civile in Foro Italiano 1987, I, 446/4~4. 

L'autore critica la sentenza n. 6991 emessa dalla II Sezione Civile 
della Corte di Cassazione il 27 novembre 1986, con la quale la Suprema 
Corte avev� ritenuto che :la domanda dd annullamento di un contratto 


PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

preliminare non venisse preclusa da un giudicato con cui fossero state 
respinte le domande di rescissione e di nUJllit� dello stesso contratto e fosse 
stata accolta la domanda diretta ad ottenere una sentenza ex art. 2932 

e.e. Ritiene infatti Proto Pisani, con il Chiovenda, che la presenza di un 
giudicato impedisce di rimettere in disoussione il bene in esso riconosciuto, 
come del resto attesta 1o stesso principio .in base al quale � il 
giudicato copre d:J. dedotto e deducibile �: lllon si possono dedurre in un 
secondo giudizio quelle questioni ohe furono proposte o avrebbero dovuto 
essere proposte nel corso del primo giudizio, affinch� I�ll risultato di 
quest'ultimo resti �stabile. Da ci� l'Autore trae spunto per effettuare una 
lucida analisi della problematica irelativa ai limiti oggettiVti del giudicato 
nei ,dive11si aspetti in cui essa pu� presentarsi. 
R. TORTORA 
GIAN FRANco Ricc1, Le prove illecite nel processo civile, Riv. Trim. Dir. 
proc. civile, 1987, 34. 

L'autore esamina Je problematiche irelative alla rilevanza delle prove 

illecite nel giudizio civile. 

A tal fine egli compie un approfonddta analisi delle singole fattispecie 

che si profilano nella pratica, onde verificare di volta in volta le varie 

modalit� di risoluzione del problema. 

VengOlllo cos� :individuate tre situazioni. rispetto ahle quali quest'ul


timo assume particolare interesse. I riflessi dell'iiJJiceit� della prova 

vengOlllo cio� .riferiti ail meccanismo della assunzione, per le prove co


stituende; ai comportamenti pre-processuali di impossessamento deLle 

fonti di prova per le prove precostituite; aJ momento della formazione 

della prova stessa. 

In particolare per le prove costituende, viene criticata, fa tesi che ne 

ravvisa la iiJ.uilevanza, in caso di illiceit�. Ci� suhla base della distinzione 

che emste tra il provvedimento di ammdssione della prova, che ben pu� 

essere dichiarato iinvalido e dunque revocato; e l'atto materiale di am


missiOllle della stessa, il quale <incide soltanto sul principio del libero 

convincimento del giudice. 

L'Autore sostiene inoltre che i maggiori limiti che .ii! processo civile 
impone alfa rilevanza delle prove rispetto al processo penale, derivano 
�~amente dalla diveirsit� della materia che �si sottopone al giudice. e 

dalle dive11se esigenze pel'seguite dai due tipi di giudizi. 

DhlJ'esame deMe singole prov� emeirge <inoltre un interessante paral


lelo tra la tematica delle prove illecite e quella, altrettanto importante 

delle prove atipiche, delle quald vengono delineati i ilimiti e le caratteristi


che peculiari. 

D. GIACOBBE 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I� NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Disposizioni preliminari al codice civile, �rt. 18, nella parte in cui, per il caso 
di .mancanza di legge nazionale comune ai coniugi, stabilisce che si applica la 
legge nazionale del marito al tempo del matrimonio. 

Sentenza 5 marzo 1987, n. 71, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

codice civile, art. 156, sesto comma, nella parte in cui non prevede che le 
disposizioni ivi contenute si applichino ai coniugi separati consensualmente.. 

Sentenza 19 gennaio 1987, n. 5, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

codice civile, art. 202, primo comma, nella parte in cui non prevede la separazione 
della dote dai beni del marito, su domanda della .moglie, quando la separazione 
personale sia stata pronunziata senza che sia addebitabile all'uno o 
all'altro dei coniugi. 

Sentenza 19 gennaio 1987, n. 6, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

codice di procedura civile, art. 653, terzo comma [come sostituito dall'art. 3 
della legge 10 maggio 1976, n. 358]. 

Sentenza 31 dicembre 1986, n. 303, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

codice di procedura penale, art. 586, quinto comma, nella parte in cui non 
prevede che la conversione della pena pecuniaria rateale ivi disciplinata avvenga 
previo accertamento dell'insolvibilit� del condannato e, se ne � il caso, della 
persona civilmente obbligata per l'ammenda. 

Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

codice di procedura � penale, art. � 586, settimo comma, nella parte in cui 
esclude che l'opposizione promossa avverso il provvedimento che ordina la con� 
versione della pena pecuniaria abbia effetto sospensivo. 

" 

Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

codice della navigazione, art. 352, nella parte in cui esclude la corresponsione 
dell'indennit� di anzianit� nel caso in cui la risoluzione del contratto di arruolamento 
a tempo indeterminato avvenga per fatto imputabile all'arruolato. 

Sentenza 2 marzo 1987, n. 63, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 26; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44, primo 
comma; legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, primo comma, nei limiti in cui li 
richiama, nella parte in cui, nelle controversie di impiego di dipendenti . dello 

10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono 
l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 a 4, 
422, 424 e 425, del c.p.c. novellati in virt� della legge 11 agosto 1973, n. 533. 

Sentenza 23 aprile 1987, n. 146, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44, primo comma; r.d. 17 agosto 1907, n. 642, 
art. 26; legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, primo comma, nei limiti di cui li 
richiama, nella parte in cui, nelle controversie di impiego di dipendenti dello 
Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono 
l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 a 4, 
422 e 425 del c.p.c., novellati in virt� della legge 11 agosto 1973, n. 533. 

Sentenza 23 aprile 1987, n. 146, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

r.d. 3 marzo 1938, n. 680, art. 32, primo comma, lett. d), nella parte in cui 
esclude i dipendenti degli enti locali, dimissionari prima di aver maturato il 
I

diritto a pensione, dal diritto alla indennit� una tantum. 

Sentenza 5 febbraio 1987,� n. 31, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge 1� giugno 1939, n. 1089, art. 66 e legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116, 
primo comma (ora art. 301, primo comma, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), nella 
parte in cui prevedono la confisca di opere tutelate ai sensi della legge 1089 
del 1939 che siano state oggetto di esportazione abusiva anche quando risultino 
di propriet� di un terzo che non sia autore del reato e non ne abbia tratto in 
alcun modo profitto. 

Sentenza 19 gennaio 1987, n. 2, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116, primo comma (ora art. 301, primo 
comma, d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43) e legge 1� giugno 1939, n. 1089, art. 66, nella 
parte in cui prevedono la confisca di opere tutelate ai sensi della legge 1089 
del 1939 che siano state oggetto di esportazione abusiva anche quando risultino 
di propriet� di un terzo che non sia autore del reato e non ne abbia tratto in 
alcun modo profitto. 

Sentenza 19 gennaio 1987, n. 2, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 55, primo comma, richiamato dall'art. 159, e 54, 
terzo comma nella parte in cui non estendono il privilegio agli interessi dovuti 
sui crediti privilegiati di lavoro nella procedura di concordato preveptivo del 
datore di lavoro. 
Sentenza 31 dicembre 1986, n. 300, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 59, richiamato dall'art. 169, nella parte in cui 
esclude la rivalutazione dei crediti di lavoro per il periodo successivo alla 
domanda di concordato preventivo. 
Sentenza 31 dicembre 1986, n. 300, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2, primo comma, n. 3, nella parte in cui, m 
contrasto con l'art. 545, quarto comma, codice di procedura civile, non prevede 
i'

la pignorabilit� e la sequestrabilit� degli stipendi, salari e retribuzioni corri-f

i 

. I 


I 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

sposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende ed imprese di cui all'art. l 
dello stesso d.P.R., fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito vantato 
nei confronti del personale. 

Sentenza 31 marzo 1987, n. 89, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

d.P.R. 29 novembre 1952, n. 2768. 
Sentenza 19 gennaio 1987, n. 4, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

dP.R. 27 dicembre 1952, n. 3929. 

Sentenza 19 gennaio 1987, n. 4, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

d.P.R. 28 dicembre 1952, n. 4160, per la parte in cui dispone esproprio nei 
confronti di soggetto non proprietario di terreni espropriati ed incide nella 
propriet� di altro soggetto non sottoponibile ad esproprio. 
~entenza 19 gennaio 1987, n. 3, G. U. 28 gennaio' 1987, n. 5. 

dP.R. 21 giugno 1955. 

Sentenza 19 gennaio 1987, n. ~�G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge reg. Trentino-Alto Adige 6 aprile. 1956, n. 5, art. 16, secondo comma; 

d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 50, art. 5, secondo comma; t.u. leggi regionali T.A.A. 
27 marzo 1980, n. 445, art. 15, secondo comma, nella parte in cui prescrivono 
� almeno due anni di ininterrotta residenza nel territorio della provincia di Bolzano
� ai fini dell'esercizio del diritto di voto per le elezioni dei Consigli comunali 
compresi in detta provincia. 
Sentenza 17 febbraio 1987, n. 42, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. 

dP.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, quinto comma, nella parte in cui dispone 
che le retribuzioni previste per gli assistenti universitari incaricati nel caso di 
cumulo con altro impiego consentito dall'art. 13 della legge 18 marzo 1958, n. 349, 
vengano ridotte al 31 per cento anzich� stabilire che in tale ipotesi venga ridotta 
del terzo la retribuzione minore. 

Sentenza 5 febbraio 1987, n. 30, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, ~. 10, nella parte in cui non prevede l'applicabilit� 
della legge stessa al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione. 


Sentenza 3 aprile 1987, n. 96, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147, ottavo comma, nella parte in cui esclude 
dal calcolo dell'indennizzo i miglioramenti eseguiti sul fondo espropriato dalla 
data di costituzione del consorzio per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale, 
anzich� da quella di pubblicazione del piano regolatore del consorzio stesso. 
Sentenza 22 gennaio 1987, n. 14, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 18 e legge 4 agosto 1971, n. 589, art. 1, 
nella parte in cui consentono l'applicabilit� degli sgravi contributivi ivi previsti 


12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche alle aziende che, operando a ciclo stagionale, nel nuovo ciclo produttivo 

I

non abbiano effettivamente aumentato il numero dei lavoratori rispetto a quelli 
occupati nel ciclo precedente. !: 


Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

I

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, terzo comma, nella parte in cui non 

prevede la diretta applicabilit� al predetto personale anche dell'art. 18 della stessa 
legge. 

Sentenza 3 aprile 1987, n. 96, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

I 

legge 4 agosto 1971, .n..589, art; 1 .e legge 25 ottobre 1968, n. 1089, a:rt. 18,. 
nella parte in cui consentono l'applicabilit� degli sgravi contributivi ivi previsti 
anche alle aziende che, operando a ciclo stagionale, nel nuovo ciclo produttivo 
non abbiano effettivamente aumentato il numero dei lavoratori rispetto a quelli 
occupati nel ciclo precedente. 

Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, primo comma, nei limiti in cui richiama 
il r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44, primo comma e il r.d. 17 agosto 1907, 

n. 642, art. 26, nella parte in cui nelle controversie di impiego di dipendenti dello 
Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non con� 
sentono l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 a 4, 
422, 424 e 425 del c.p.c. novellati in virt� della legge 11 agosto 1973, n. 533. 
Sentenza 23 aprile 1987, n. 146, G. U. i9 aprile 1987, n. 18. 

dP.R. 1� febbraio 1973, n. 50, art. 5, secondo �onuna; legge reg. T.A.A. 6 aprile 
1956, n. 5, art. 16, secondo comma; t.u. leggi regionali T.A.A. 27 marzo 1980, 


n. 445, art. 15, secondo comma, nelle parti in cui prescrivono � almeno due anni 
di ininterotta residenza nel territorio della provincia di Bolzano � ai fini dell'esercizio 
del diritto di voto per le elezioni dei consigli comunaii. compresi in 
detta provincia~ 
. Sentenza :1.7 febbraio 1987, n. 42, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. 

l�gge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, combinato disposto del terzo e del 
settimo comma, n. 3, 'in quanto nega il diritto alla pensione di reversibilit� ai 
figli maggiorenni inabili al lavoro allorch� a qualsiasi titolo abbiano un reddito 
proprio. 


Sentenza 23 aprile 1987, n. 145, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

legge 2 � febbraio 1973, n. 12, art. 20, combinato disposto del terzo e del 
settimo comma, n. 3, in quantd nega il diritto alla pensione indiretta ai figli 
maggiorenni inabili al lavoro allorch� a quaisiasi titolo abbiano un reddito 
proprio. 


Sentenz� 23 aprile 1987; n. 145, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

legge 2 f�bbraio 1973, n. 12, art.� 20, settimo comma, n. 3, nella parte in cui 
prevede la perdita del diritto alla �pensione indiretta o di reversibilit� ai figli 
maggiorenni inabili al lavoro, � o quando a qualsiasi titolo abbiano un reddito 
proprio�. 


Sentenza 23 aprile 1987, n. 145, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZiONB 

legge prov. autonoma di Trento 26 luglio 1973, n. 18, art. 6, secondo comma, 
nella parte in cui prevede l'intimazione all'apertura anche di mezzi di trasporto 
che costituiscono luoghi di privata dimora. 

Sentenza 31 marzo 1987, n. 88, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

legge 9 ottobre 1974, n. 632, nella parte in cui, ratificando il trattato in materia 
di estradizione fra l'Italia e gli U.S.A., firmato a Roma il 18 gennaio 1973, con� 
sente l'estradizione dell'imputato ultraquattordicenne ed infradiciottenne anche 
nei casi in cui l'ordinamento della Parte richiedente non lo considera minore. 

Sentenza 15 aprile 1987, n. 128, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. 

legge 10 maggio 1976, n. 358, art. 2, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 
1953, n. 87. 

Sentenza 31 dicembre 1986, n. 303, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

legge 19 maggio 1976-, n.-322, art. 1, nella parte .in cui non prevede . che i 
brigadieri, i� vicebrigadieri ed i militari di truppa dell'Arma dei Carabillieri possano 
contrarre matrimonio al compimento del quarto anno di servizio nella detta 
Arma comunque espletato. � 

Sentenza 5 marzo 1987, n. 73, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 19, quarto comma, nella parte in cui non 
limita i poteri del prefetto, ivi previsti, esclusivamente alle esigenze di pubblica 
sicurezza. 
Sentenza 27 marzo 1987, n. 77, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 19, _quinto comma. 
Sentenza 27 marzo 1987, n. 77, G. U'. 1� aprile 1987, n. 14. 

legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 7, nella parte in cui non prevede che il 

diritto all'astensione dal lavoro e il diritto al godimento dei riposi giornalieri, 
riconosciuti alla sola madre lavoratrice, rispettivamente dagli artt. 6, legge 
9 dicembre 1977 n. 903, 4 lett. e) e .10 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 siano 
riconosciuti anche al padre lavoratore ove l'assistenza della madre al minore 
sia divenuta'� impossibile per decesso o grave infermit�. 

. ,' . .. 

Sentenza 19 gennaio 19.87,, n. 1, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge 1� febbraio 1978, n. 30, art. 1, secondo comma, nella parte in cui le 
note nn. 18 e 22 (in calce -alle tabelle delle qualifiche) non prevedono il nuovo 
inquadramento quale operaio tecnico (livello� 6�) dell'operaio provetto promosso 
per anzianit�, limitat�mente agli agenti che fossero stati direttamente inquadrati 
-in epoca anteriore al 1� gennaio 1978 -nella qualifica senza aver potuto 
partecipare, per responsabilit� riferita da giudicato esclusivamente al datore di 
lavoro, a prova d'esame tecnico-professionale per il conseguimento della qualifi�a 
stessa. ' 

Sentenza 5 marzo 1987, n. 72, G. U. 11 marzo 1987, n. lL 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEIJ..O STATO 

legge reg. siciliana 14 settembre 1979, n. 212, art. 16, limitatamente alle 
dizioni � i membri del Parlamento � ed � i candidati al Parlamento "� 

Sentenza 15 aprile 1987, n. 127, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. 

t.u. leggi reg. Trentino-Alto Adige 27 marzo 1980, n. 445, art. 15, secondo 
comma; legge reg. Trentino-Alto Adige 6 aprile 1956, n. 5, art. 16, secondo comma; 
d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 50, art. 5, secondo comma, nelle parti in cui prescrivono 
� almeno due anni di ininterrotta residenza nel territorio della provincia 
di Bolzano� ai fini del'esercizio del diritto di voto per le elezioni dei Consigli 
comunali compresi in detta provincia. 
Sentenza 17 febbraio 1987, n. 42, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. 

legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, primo comma, n. 8, nella parte in cui non 
dispone l'ineleggibilit� dei dipendenti dell'unit� sanitaria locale facenti parte 
dell'ufficio di direzione ed i coordinatori dello stesso, per i consigli dei Comuni 
che concorrono a costituire l'unit� sanitaria da cui dipendono. 

Sentenza 17 febbraio 1987, n, 43, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. 

decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677, art. 3, convertito nella legge 26 gennaio 
1982, n. 11, nella parte in cui dispone la riduzione di lire 3.250 milioni delle 
somme da corrispondere per l'anno 1981 alla Regione Sardegna. 

Sentenza 5 marzo 1987, n. 70, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

dJ. 26 novembre 1981, n. 677, art. 6, terzo comma [conv. nella legge 26 gennaio 
1982, n. 11]. 

Sentenza 31 marzo 1987, n. 87, G. U. 8 aprile� 1987, n. 15. 

legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma. 

Sentenza 10 aprile 1987, n. 123, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

legge reg. Lombardia approvata il 27 marzo 1985 e riapprovata il 29 ottobre 
1985. 

Sentenza 22 gennaio 1987, n. 13, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge reg. Valle d'Aosta approvata il 19 aprile 1985 e riapprovata il 4 luglio 
1985, recante e intervento della regione sulla partecipazione degli assistiti alle 
spese per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio �. 

Sentenza 31 dicembre 1986, n. 296, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

delibera legislativa, riapprovata dal Consiglio regionale del Trentino-Alto 
Adige in data 31 ottobre 1985, art. 2, primo comma, nella parte in cui non 
prevede l'inclusione, nel collegio dei revisori delle unit� sanitarie locali operanti 
nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, di un componente designato dal 
Ministro per il tesoro. 

Sentenza 7 aprile 1987, n. 107, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 3, terzo comma, secondo capoverso, seconda 
parte, nella parte in cui dispone che i proventi derivanti dagli aumenti disposti 
con l'art. 2 del dl. 22 dicembre 1981, n. 787, convertito con modificazioni nella 
legge 26 febbraio 1982, n. 52, continuano ad essere riservati all'Erario dello Stato. 

Sentenza 2 marzo 1987 n. 61, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 35, limitatamente alla parte in cui si rife� 
risce anche ai � tributi deliberati � dalla Regione Sicilia (ex art. 36 r.d. legisl. 
15 maggio 1946, n. 455). 

Sentenza 2 marzo 1987, n. 61, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

� legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 35, nella parte in cui si riferisce anche alle 
�entrate proprie� (ex artt. 72, 73, primo comma, e 74 dello Statuto speciale 
per il Trentino-Alto Adige approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) della 
regione Trentino-Alto Adige. 

Sentenza 2 marzo 1987 n. 62, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

lb � AMMISSIBILITA DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM ABROGATIVO 

Codice di procedura civile, artt. 55, 56 e 74, approvato con regio decreto 
28 ottobre 1940, n. 1443. 

Sentenza 3 febbraio 1987, n. 26, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge 18 dicembre 1973, n. 856, articolo unico, primo comma, lett. b). 

Sentenza 3 febbraio 1987, n. 25, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge 10 maggio 1978, n. 170, artt. da 1 a 8. 

Sentenza 3 febbraio 1987, n. 27, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge 10 gennaio 1983, n. 8, articolo unico, commi dal primo al dodicesimo. 

Sentenza 3 febbraio 1987, n. 25, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge 10 gennaio 1983, n. 8, articolo unico, tredicesimo comma. 

Sentenza 3 febbraio 1987, n. 25, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice di procedura civile, art. 152 disposizioni di attuazione [nel teiito 
novellato con l'art. 9 della legge 11 agosto 1973, n. 533] (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

codice di procedura civile, art. 152 disposizioni di attuazione (artt. 3 e 23 della 
Costituzione). 

Sentenza 16 aprile 1987, n. 135, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 


J6 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEU.O STATO 

codice di procedura civile, art. 420, primo e ultimo comma (artt. 24, 2, 97, 
101 e 3 della Costituzione). 

Sentenza 31 dicembre 1986,' n. 302, G. U. 9 gennaio 1987i n. 2. 

codice penale, art. 81, secondo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). 
Sentenza 9 aprile 1987, n. 115, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. 


codice penale, art. 136 [nel testo sostituito con l'art. 101 della legge. 24 novembre 
1981, n. 689] (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 7 at>ri!e 1987, n. 108, G. U. lS aprile 1987, n. 16. 

codice penale, art. 169 (~tt. 2 e 3 della Costituzione). 
Sentenza 31 dicembre 1986, n. 295, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 


codice penale, art. 169, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 31 dicembre 1986, n. 295, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 


codice penale, art. 589 (artt. 3, ?9 e 30 della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1987, n. 7, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 


codice di procedura penale, art. 90 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 
Sentenza 9 aprile 1987, n. 115, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. 


I

codice di procedura penale, art. 413 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 


Sentenza 5 febbraio 1987, n. 32, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. 

codice di� procedura penale, art. 586, prin:rl. quattro commi [nel testo sosti


I

tuito con l'art. 106 della legge 24 novembre 1981, n. 689] (art. 3 della Costituzione). 

~ 

Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16.. 

codice di procedura penale, art. 586, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 


r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43 (art. 53 della Costituzione). 
Sentenza 5 febbr,aio 1987, n. 34, G. U. 18 febb~aio 1987, n .. 8. 
legge 27 maggio 1949, n. 260, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1'987, n. 16, G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. 


, 

d.P.R. 28 dicembre 1952, n. 4362 (artt. 76 e 77 della. Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1987, n. 3, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 53, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 15� aprile 1987, n. 129, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 5 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 5 febbraio 1987, n. 33, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8 � 

.legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22. 
Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G. U. 15 aprile 1987, D.. 16. 


d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147, ottavo comma (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1987, n. 14, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

d.l. 30 agosto 1968, n. 918, art. 18 [conv. in legge 25 ottobre 1968, n. 1089] 
(art. 81 della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 15, ultimo comma (artt. 3, 4, 24, 36 e 37 

della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1987, n. 17, G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 (artt. 3, 4, 24, 36 e 37 della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1987, n. 17 G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. 

d.I. 5 luglio 1971, n. 429, art. 1 [conv. in legge 4 agosto 1971, n. 589] (art. 81 
della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

dJ. 30 giugno 1972, n. 267, art. 5 [conv. in legge 11 agosto 1972, n~ 485]. � 

Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

legge 16 aprile 1973, n. 171, artt. 23 e 25 (art. 81 della Costituzione). 

Sentenza 22 gennaio 1987, n. l~, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge 20 luglio 1973, n. 477, art. 17 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

'� 

Sentenza 15 aprile 1987, n. _ 133, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 4, terzo comma, e 6, quinto comma 
(art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 27 marzo 1987, n. 78, G. U. 1 aprile 1987, xi. 14. 


dJ�.2 marzo 1974, n. 30. [conv. in legge 16 aprile 1974, n. 114], combinato 
disposto artt. 4 e 15. 
Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G: U. 15 aprile 1987, n. 16, 


#O RASSEGNA DEIJ.'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.I. 7 febbraio 1985, n. 12 ,artt. 3, 4, 5, 5-quinques [come conv. In legge 
5 aprile 1985, n. 118] (artt. 3, terzo comma, 8, n. 10, 16 e 78 dello statuto Trentino-
Alto Adige). 
Sentenza 17 febbraio 1987, n. 49, .G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. 

legge 23 ottobre 1985; n. 595,. artt. 3, quinto comma, e 5, secondo, terz� e 
quarto comma (artt. 9, n. 10 e 16 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). 

Ordinanza 31 dicembre 1986, n. 294, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

legge 23 ottobre 1985, n. 595, art. 6, secondo e terzo comma (artt. 4, 9 n. 10, 
16, 33, 49 e 54, n. 5 dello statuto spec. per il Trentino-Alto Adige; artt. 117, 118 
e 125 della Costituzione). 

Ordinanza 31 dicembre 1986, n. 294, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

legge 23 ottobre 1985, n. 595, artt. 10 e 13, secondo e terzo comma (artt. 9, 

n. 10, e 16 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). 
Ordinanza 31 dicembre 1986, n. 294, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 6, diciannovesimo comma (artt. 117 e 118 
della Costituzione). 

Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 m�rzo 1987, n. 12. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, artt. 6, diciannovesimo comma; 10, diciassettesimo 
e diciottesimo comma; 12, quarto comma; e 15. (artt. 97 e 81, terzo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G . .U. 18 marzo 1987, n. 12. 

legge 28 febbraio 1986, li. 41, art. 10, didassettesimo e diciottesimo comma 
(artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. 

legge 28 febbrai~ 1986, n. 41, art. 12, quarto,. quinto, sett�p.o e ottavo comma 
(artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 15 (~rtt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. 

legge reg. siciliana 22 aprile 1986, n. 20, art, 19, primo comma (art. 51, primo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 15 aprile 1987, n. 130, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

legge reg. siciliana 24 giugno 1986, n. 31, art. 20 (art. 51 della Costituzione). 

Sentenza 15 aprile 1987; n. 131, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

I 


I 


I 



PARTE II, RASSEGNA 'DI LEGISLAZIONE . 4t 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Disposizioni di attuazione codice civile, art. 38, primo e terzo comma (artt. 3 
e 24 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Napoli, ordinanza 4 dicembre 1986, n. 97/87, 

G. U. 1 aprile 1987, n. 14. 
codice civile, art. 38, terzo comma, disposizioni di attuazione (art. 3 della 
Costituzione) . 

.Tribunale per minor�nni, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 841, G. U. 25 febbraio 
1987; n. 9. 

codice civile, art. 263, secondo comma (artt. 29 e 30 della Costituzione). 

Tribunale di Ravenna, ordinanza 21 ottobre 1986, n. 828, G. U. 28 gennaio 
1987, n. 5. 

codice civile, art. 291 (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Tribunale di Catania, ordinanza 4 aprile 1986, n. 788, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 

codice �di procedura civile, art. 140 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ordinanza 23 ottobre 1986, n. 129/87, G. U. 29 aprile 
1987, n. 18. 

codice di procedura civile, artt. 153 e 618, primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Agrige.nto, ordinanza 22 novembre 1986, n. 91/87, G. U. 1 aprile 
1987, n. 14. 

codice di procedura civile, art. 164 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte d'appello di Bari, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 17/87, G. U. 11 marzo 
1987, n. 11. 

codice di procedura civile art. 249 (art. 3 della Costit112lione). 

Pretore di Lecce, ordinanza 4 dicembre 1986, n. 14/87, G. U. 11 marzo 
1987, n. 11. 

codice di procedura civile, artt. 415, secondo comma, e 416, primo comma 
(artt. 31 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Campli, ordinanza 1 dicembre 1986, n. 75/87, G. U. 1 aprile 
1987, n. 14. 

codice di procedura civile, art. 650, primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 8 aprile 1986, n. 825, G. U. �28 gennaio 
1987, n. 5. 


42 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 
codice di procedura civile, artt. 661, 38, terzo e 28 (artt. 3 e 2442 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 
codice di procedura civile, artt. 661, 38, terzo e 28 (artt. 3 e 24
comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Pavia, <;>rdinanza 3 novembre 1986, n. 803, G. U. 21 gennaio 
1987, n. 4. 

codice penale, art. 81 cpv. (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Bergamo, ordinanza 8 ottobre 1986, n. 19/87, G. U. 11 marzo 
1987, I).. 11. 

codice penale, art. 81, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Treviso, ordinanza 8 ottobre 1986, n. 783, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

codice penale, artt. 102 e 109 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, ordinanza 30 gennaio 1987, n. 96,-G. U. 1 aprile 
1987, n. 14. 

codice penale, art. 530, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Fermo, ordinanza 22 gennaio 1986, n. 817, G. U. 28 gennaio 
1987, n. 5. 

l 

codice penale, art. 699 (art. 3 della Costituzione). 

I 

Pretore di Sant'Arcangelo, ordinanza 17 marzo 1986, n. 82/87, G. U. 1� aprile 
1987, n. 14. 

codice di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). 

Tribunale di Bari, ordinanza 26 giugno 1986, n. 775, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

codice di procedura penale, art. 74 (artt. 2, 3, 10, 102 e 107 della Costituzione). 


Pretore di Palestrina, ordinanza 7 dicembre 1985, n. 776/86, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

codice di procedura penale, art. 271, quarto comma (artt. 3 e 13 della Costituzione). 


Pretore di Piove di Sacco, ordinanza 8 settembre 1986, n. 764, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

r.d.L 22 dicembre 1927, n. 2448, art. 1, primo comma (artt. 3, 25, 70 e 76 
della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Sorrento, ordinanza 16 giugno 1986, n. 784, G. U. 
7 gennaio 1987, n. 1. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 18 regolamento alL A (artt. 3 e 35 della 
Costituzione). l 
J 
I

Pretore di Pisa, ordinanza' 28 luglio 1986, n. 780, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

I

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i 

! I 

.I 

I 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 4J 

r.d.l.,27 novembre 1933, n. 1578, art. 68 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 26 maggio 1986, n. 20/87, G. U. 11 marzo 
1987, n.� 11. 

r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116, primo comma, parte prima (artt. 25, 
24 e 112 della Costituzione). 
Pretore di Cascina, ordinanze (due) 11 febbraio 1987, nn. 116 e 117, G. U. 
8 aprile 1987, n. 15. 
Pretore di Cascina, ordinanza 11 febbraio 1987, n. 118/87, G. U. 15 aprile 
1987, n. 16. 

� legge 30 gennaio 1941, n. 12, art. 72 (artt. 2, 3, 10, 102 e 107 della Costituzione). 


Pretore di Palestrina, ordinanza 7 dicembre 1985, n. 776/86, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 18, primo comma (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Macerata, ordinanza 13 dicembre 1986, n. 29/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12. 

d.I.C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 18 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 13 dicembre 1985, n. 791/86, G. U. 14 gennaio 
1987, n. 3. 

decr. legisl. 11 febbraio 1948, n. 50, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 16 aprile 1986, n. 833, G. U. 11 febbraio 
1987, n. 7. 

decreto legislativo 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2 (artt. 2, 3 e 14 della Costituzione). 


Pretore di Sampierdarena, ordinanza 9 ottobre 1986, n. 822, G. U. 28 gennaio 
1987, n. 5. 

d. legislativo 6 maggio 1948, n. 655, art. 3, n. 3 (artt. 3, 5, 25, 97 e 116 della 
Costituzione e art. 23 dello statuto regione siciliana). 
Corte dei conti, ordinanza 11 luglio 1986, n. 840, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. 

legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Catania, ordinanza 20 marzo 1986, n. 55/87, G. U. 25 marzo 
1987, n. 13. 
Tribunale di Catania, ordinanze (due) 13 giugno e 25 settembre 1986, nn. 56 
e 57/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 

Convenzione fra Repubblica italiana e U.S.A. 30 marzo 1955, art. 15, primo 
comma, lett. b) [resa esecutiva con legge 6 aprile 1977, n. 233] (artt. 3 e 53 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 21 gennaio 1986, 

n. 112/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 11 aprile 1955, n. 379, art. 40, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sardegna, ordinanza 19 giugno 
1986, n. 77/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. 

d.I. 
presidente reg. siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, art. 122, primo comma 
[convalidato con legge reg. sic. 15 marzo 1963, n. 16] (artt. 3, 103 e 108 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 17 aprile 1986, n. 779, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

legge 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 8 e 9 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 29 settembre 1986, n. 787, G. U. 14 gennaio 
1987, n. 3. 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 21 maggio 
1986, n. 13/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 dicembre 1985, 

n. 11/87, G.U. 18 febbraio 1987, n. 8. 
d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (artt. 4, 35 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanze (due) 6 novem� 
bre 1985, nn. 845 e 846/86, G.U. 18 febbraio 1987, n. 8. 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85, lett. a) (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo :regionale per la Sicilia, ordinanza 14 maggio 1986, 

n. 1/87, 
G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. 
Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 11 luglio 1986, 
n. 103/87, G. U. 8 aprile .1987, n. 15. 
d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85, lett. a), parte seconda (art. 3 della 
Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 2 maggio 1986, n. 792, G. U. 14 gennaio 
1987, n. 3. 

d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 66, lett. a) (artt. 3, 35 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 3 luglio 1986, 

n. 53/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 
d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 53, primo comma, n. 2 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 17 aprile 
1986, n. 823, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 5 marzo 1961, n. 90, art. 41 (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 11 luglio 
1986, n. 103/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 17 maggio 1984, n. 785/86, G. U. 14 gennaio 
1987, n. 3. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 7, primo comma, punto 2 (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Trento, ordinanza 14 novembre 1986, n. 104/87, G. U. 8 aprile 
1987, n. 15. 

legge 10 maggio 1964, n. 336, artt. 1 e 6 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 7 marzo 1986, 

n. 826, G. U. 28 gennaio 1987,. n. 5. 
d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76, primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Giudice istruttore presso il tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 22 ottobre 
1986, n. 821, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 112, art. 134, secondo comma (art. 38 della Costituzione). 
Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 20 gennaio 1987, n. 105, G. U. 8 aprile 
1987, n. 15. 

legge 26 luglio 1965, n. 965, art. 27, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, sezione giilrisdizionale per la Sardegna, ordinanza 19 giugno 
1986, n. 77/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 7, primo comma [come sostituito dall'art. 14 
della legge 14 ottobre 1974, n. 497] (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Prato, ordinanza 7 ottobre 1986, n. 762, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 66 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 7 marzo 1986, 

n. 826, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 
legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 

Pretore dell'Aquila, ordinanza 23 dicembre 1986, n. 49/87, G. U. 25 marzo 
1987, n. 13. 


46 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Trapani, ordinanza 24 n,ovembre 1986, n. 16/87, G. U. 11 marzo 
1987, n. 11. 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, quarto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 
della Costituzione). 
Pretore di Benevento, ordinanza 24 settembre 1986, n. 778, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 14, sesto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
,Costituzione). 

Pretore di Benevento, ordinanza 24 settembre 1986, n. 778, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, primo comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). 


Tribunale di Milano, ordinanza 10 giugno 1986, n. 763, G. U. 7 gennaio 1987, 

n. 1. 
legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 33/87, G. U. 18 marzo 1987, 

n. 12. 
legge 25 maggio-1970, n. 364, art. 19 (art. 81 della Costituzione). 

Tribunale di Ravenna, ordinanza 5 dicembre 1986, n. 86/87, G. U. 1� aprile 
1987, n. 14. 

legge 25 maggio 1970, n. 364, art. 19, secondo comma, n. 1 (art. 81 della Costituzione).. 
� 

Tribunale di Macerata, ordinanza 19 novembre 1986, n. 27/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12. 

legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 29 novembre 
1985, n. 71/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 81 e 119 della Costituzione). 

Pretore di Pisa, ordinanza 23 luglio 1986, n. 773, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 7, primo comma (art. 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 29 gennaio 1985, 

n. 80/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (artt. 23 e 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanze (due) 14 feb� 
braio 1986, nn. 72-73/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, ottavo comma, lett. e) e quattordicesimo 
comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanze (dieci) 25 novembre 1986, nn. 37-46/87, G. U. 
18 marzo 1987, n. 12 e 25 marzo 1987, n. 13. 

d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 10, terzo comma (artt. 3 e 113 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 27 ottobre 
1986, n. 8/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. 

� d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 13 febbraio 
1986, n. 777, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 41, quarto comma, e 58, quarto comma 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Novara, ordinanza 12 luglio 1986, 

n. 47/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa allegata A) (artt. 11 e 76 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 24 giugno 1986, 

n. 819, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 
Commissione tributaria di primo grado di Ancona, ordinanza 17 novembre 
1986, 
n. 35/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. 
Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 27 marzo 1986, 

n. 66/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 47, terzo e quarto comma (art. 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 29 gennaio 1985, 

n. 80/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 54, primo comma, lett. a) (art. 3 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 29 settembre 
1986, n. 832, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 30, primo e terzo comma (artt. 24 e 97 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 6 ottobre 1986, 

n. 794, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (art. 101 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 29 settembre 
1986, n. 832, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 


RASSEGNA DEIL'AWOCATURA DEILO STATO

48 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, 
lett. a) (artt. 77 e 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria� di primo grado di Piacenza, ordinanze (dieci) 25 agosto 
1986, nn. 806-815, G. U. 21 gennaio 1987, n. 4. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 12 maggio 1978, 

n. 78/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 
d.P.R.. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 28 (artt. 3, 24, 53 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 18 novembre 
1986, n. 128/87, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 103, artt. 183, 195 e 334 (artt. 35 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Salerno, ordinanza 22 settembre 1986, n. 790, G. U. 14 gennaio 1987, 

n. 3. 
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1 e 183 [come sostituiti dall'art. 45 della 
legge 14 aprile 1975, n. 103] (artt. 3 e 21 della Costituzione). 
Pretore di Guglionesi, ordinanza 27 settembre 1986, n. 772, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, primo comma, e 195, primo comma, n. 2 
(art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Ancona, ordinanze (tre) 11 luglio 1986, nn. 800-802, G. U. 21 gennaio 
1987, n. 4. 
Pretore di Mistretta, ordinanza 8 maggio 1985, n. 18/87, G. U. 11 marzo 1987, 

n. 11. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 4, 5, 10 e 15 (artt. 3, 29 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 13 gennaio 
1986, n. 838, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 
Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 13 gennaio 1986, 

n. 839, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 6, secondo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 2 marzo 1979, 

n. 789/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. c) (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado de L'Aquila, ordinanza 10 nove_m� 
bre 1986, n. 83/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 24 e 30 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Pavia, ordinanza 23 ottobre 1986, 

n. 74/87, G.U. 1� aprile 1987, n. 14. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47, secondo comma (artt. 3 e 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 20 novembre 
1986, n. 30/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. 

. d.P .R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 55 (artt. 23 e 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanze (due) 14 febbraio 
1986, nn. 72-73/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art�.6 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Parma, ordinanza 4 giugno 1986, 

n. 126/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34, ultimo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 4 febbraio 1985, 

n. 79/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 e 113 della 
Costituzione). 
Pretore di Sant'Elpidio a Mare, ordinanza 29 gennaio 1987, n. 119, G. U. 
15 aprile 1987, n. 16. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 54 (artt. 3, 24. e 113 della Costituzione). 
Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 15 ottobre 1986, n. 4/87, G. U. 18 feDbraio 
1987, n. 8. 

legge prov. Trento 30 settembre 1974, n. 26, art. 8 (artt. 3, 36 e 97 della Costi� 
tuzione; artt. 4 e 8 dello statuto per il Trentino-Alto Adige). 

Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, ordinanza 27 novembre 
1986, n. 90/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

legge 13 maggio 1975, n. 157, art. 1 (art. 3 della Costituzione) . 

. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 dicembre 1985, 

n. 11/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. 
legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quarto comma, ultima parte (art. 3 della 
Costituzione). 

Magistrato di sorveglianza di Roma, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 125, G. U. 
15 aprile 1987, n. 16. 


)0 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 6 agosto 1975, n. 427, art. 11, secondo e terzo comma (artt. 3 e 4 della 
Costituzione). 

Pretore di Tione, ordinanza 25 novembre 1986, n. 26/87, G. U. 18 marzo 1987, 

n. 12. 
legge 29 aprile 1976, n. 177, artt. 2, secondo comma, e 3 (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G.U. 14 gennaio 1987, n. 3. 

d.l. 3 maggio 1976, n. 161, art. 2, lett. c) [conv. in legge 14 maggio 1976, n. 240] 
'(art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 22 ottobre 1985, 

n. 109/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 
legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 8, primo comma, lett. c) (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore cli Roma, ordinanze (dieci) 25 novembre 1986, nn. 37-46/87, G. U. 
18 marzo 1987, n. 12 e 25 marzo 1987, n. 13. 

legge 13 aprile 1977, n. 114, artt. 5 e 23 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria cli primo grado di La Spezia, ordinanza 14 giugno 
1984, n. 793/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 

legge 7 ottobre 1977, n. 790 (artt. 3 e 21 della Costituzione). 

�� Tribunale ammini~trativo regionale del Lazio, ordinanza 18 gennaio 1986, 

n. 111/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 
legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 

Tribunale di Monza, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 52/87, G. U. 25 marzo 1987, 

n. 13. 
legge 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 5, primo comma, e 16, secondo comma 
(art. 37 della Costituzione). 
Pretore di Cairo Montenotte, ordinanze (due) 6 ottobre 1986, nn. 835 e 836, 

G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 
legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria cli primo grado di Roma, ordinanza 12 maggio 1978, 

n. 78/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 
legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 24, ultimo comma (art. 119 della Costituzione). 


Tribunale di Torino. ordinanza 4 marzo 1986, n. 12/87, G. U. 18 febbraio 1987, 

n. 8. 
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PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE J1 

legge 2 febbraio 1978, n. 30, art. 9 (artt. 3 e 35 della Costituzione). 
Pretore di Pisa, ordinanza 28 luglio 1986, n. 780, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 


legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12 (artt. 2, 3, 19, 21, 30, 31 e 32 della 
Costituzione). 

Pretore di Abbiategrasso, ordinanza 15 dicembre 1986, n. 34/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 13, quinto comma, lett. b) (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 95, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, lett. c) (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanze (dieci) 25 novembre 1986, nn. 37-46/87, G. U. 
18 marzo 1987, n. 12 e 25 marzo 1987, n. 13. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, primo e settimo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Tribunale di Rimini, ordinanza 23 giugno 1986, n. 774, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 18, secondo comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 

legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 63 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

legge reg. Sardegna 5 luglio 1979, n. 59, artt. 4 e 5 (art. 27 dello statuto speciale 
Sardegna). 

Pretore di Bosa, ordinanza 20 settembre 1986, n. 127/87, G. U. 15 aprile 1987, 

n. 16. 
legge reg. Lazio 28 settembre 1979, n. 79, art. 4 (art. 119 della -Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanze (cinque) 5 ottobre 1984, nn. 795-799/86, G. U. 
14 gennaio 1987, n. 3. 

legge reg. Piemonte 17 ottobre 1979, n. 60, art. 57 (art. 119 della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 12/87, G. U. 18 febbraio 1987, 

n. 8. 
d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 2 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 10 luglio 1986, 
n. 786, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 29 novembre 
1985, n. 71/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 57, lett. a) (artt. 3, 4, 35 e 97 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 14 maggio 1986, 

n. 1/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. 
d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 76 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 22 dicembre 1986, n. 816, G. U. 28 gennaio 1987, 

n. 5. 
d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. nella legge 29 febbraio 1980, n. 33] 
(artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14, quinto comma [nel testo sostituito dal� 
l'art. 1 della legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 

legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, ottavo comma, Iett. b) (artt. 3 e 33 della 
Costituzione). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 31 mag� 
gio 1984, n. 831/86, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge reg. Piemonte 6 marzo 1980, n. 13, tariffa allegata n. 14 (art. 119 della 
Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 12/87, G. U. 18 febbraio 1987, 

n. 8. 
d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, 

n. 14. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, primo comma, lett. i) (artt. 3 e 33 della 
Costituzione). 
Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 31 mag� 
gio 1984, n. 831/86, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. 

legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 7, quarto comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 20 gennaio 1987, n. 85, G. U. 1� aprile 1987, 

n. 14. 

PARTB Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 28 febbraio 1981, n. 34, art. 3, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 3 giugno 1986, n. 765, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, artt. 3 e 10 (artt. 3, 36, 97 e 117 
della Costituzione). 

;;rribunale amministrativo regionale. per la Campania, ordinanza 16 maggio 
1986, n. 818, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 47 (artt. 3, 36 e 97 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 16 maggio 
1986, n. 818, G. ~28 gennaio 1987, n. 5. 

legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 51 (artt. 3, 36, 38, 97 e 117 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 16 maggio 
1986, n. 818, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. 

d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] 
(artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, 

n. 14. 
legge 9 ottobre 1981, n. 824, art. 6 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 33/87, G. U. 18 marzo 1987, 

n. 12. 
d.l. 7 novembre 1981, n. 632, art. 1, quarto comma [conv. in legge 22 dicembre 
1981, n. 767] (art. 42 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 13 ottobre 1986, n. 10/87, G. U. 18 febbraio 
1987, n. 8. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Agrigento, ordinanza 20 giugno 1986, n. 837, G. U. 11 febbraio 
1987, n. 7. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Fiorenzuola d'Arda, ordinanza 14 novembre 1986, n.' 21/87, G. U. 
11 marzo 1-987, n. 11. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 54 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 2 ottobre 1986, n. 7/87, G. U. 18 febbraio 
1987, n. 8. 


f4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54 e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 settembre 1986, n. 5/87, G. U. 
18 febbraio 1987, n. 8. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 6/87, G. U. 
18 febbraio 1987, n. 8. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 13 novembre 1986, n. 88/87, G. U. 
1� aprile 1987, n. 14. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1986, n. 89/87, G. U. 
1� aprile 1987, n. 14. 
f4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54 e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 settembre 1986, n. 5/87, G. U. 
18 febbraio 1987, n. 8. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 6/87, G. U. 
18 febbraio 1987, n. 8. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 13 novembre 1986, n. 88/87, G. U. 
1� aprile 1987, n. 14. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1986, n. 89/87, G. U. 
1� aprile 1987, n. 14. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54, 55 e 59 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 16 giugno 1986, n. 844, G. U. 18 febbraio 1987, 

n. 8. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Spilimbergo, ordinanze (due) 6 giugno e 3 ottobre 1985, nn. 766 
e 767/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 
Pretore di Spilimbergo, ordinanze (quattro) 17 ottobre e 4 aprile 1985, 
nn. 768-771/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 
Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 4 novembre 1986, n. 829, G. U. 28 gennaio 
1987, n. 5. 
Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 10 febbraio 1987, n. 120, G. U. 15 aprile 
1987, n. 16. 

d.l. 23 ge1U1aio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b) [conv. in legge 
25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3, 24, 31 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 13 ottobre 1986, n. 24/87, G. U. 18 marzo 1987, 

n. 12. 
Pretore di Milano, ordinanze (due) 16 dicembre 1986, nn. 64 e 65/87, G. U. 
25 marzo 1987, n. 13. 

legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 10, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Abbiategrasso, ordinanze (tre) 10 novembre 1986, nn. 58-60/87, G. U. 
25 marzo 1987, n. 13. 

legge 22 aprile 1982, n. 168, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanza 24 giugno 1986, 

n. 15/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 
legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 

Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Pisa, ordinanza 15 novembre 1986, n. 32/87, G. U. 18 marzo 1987, 
n. 12. 

PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costi� 
tuzione). 

Tribunale di Arezzo, ordinanza 20 giugno 1986, n. 827, G. U. 28 gennaio 1987, 

n. 5. 
dl. 2 luglio 1982, n. 702, art. 5 [conv. in legge 3 settembre 1982, n. 627] (art. 3 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 7 marzo 1986, 

n. 826, G. U. 28 gennaio 1987. n. 5. 
d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] (artt. 24 
e 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 18 novembre 
1986, n. 124/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 23 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Palermo, ordinanza 5 marzo 
1986, n. 22/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. 

legge 13 settembre 1982, n. 646, art. 21 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Cles, or(\inanza 24 ottobre 1986, n. 36/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12.' 

dl. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. in legge 27 novembre 1982, 

n. 873] (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 17 novembre 1986, n. 101/87, G. U. 8 aprile 
1987, n. 15. 
Tribunale di Genova, ordinanza 18 dicembre 1986, n. 108/87, G. U. 8 aprile 
1987, n. 15. 

d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. in legge 27 novembre 1982, 
n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di Venezia, ordinanza 19 settembre 1985, n. 804/86, G. U. 14 gennaio 
1987, n. 3. 

d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in 
legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11 e 24 della Costituzione). 
Corte d'appello di Genova, ordinanza 27 marzo 1986, n. 782, G. U. 7 gennaio 
1987, n. 1. 

d.l. 15 dicembre 1982, n. 916, art. 2-ter [conv. in legge 12 febbraio 1983, 
n. 27] (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 30 giugno 
1986, n. 2/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. 


J6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5, cinquantunesimo e trentaduesimo 
comma [conv. in legge 28 febbraio 1983, n. 53] (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanze 27 novembre 1986, n. 92/87, G. U. 1 aprile 
1987, n. 14. 

legge 28 febbraio 1983, n. 53, art. 1 (artt. 3, 23, 24 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Bergamo, ordinanza 28 settembre 
1984, n. 781/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (artt. 3, 81 e 119 della Costituzione). 

Pretore di Pisa, ordinanza 23 luglio 1986, n. 773, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. 

legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (art. 81 della Costituzione). 

Tribunale di Verona, ordinanza 22 marzo 1985, n. 805/86, G. U. 21 gennaio 
1987, n. 4. 

Pretore di Cosenza, ordinanza 9 gennaio 1987, n. 76, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna, ordinanza 23 settembre 
1986, n. 9/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. 
Tribunale per i minorenni, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 841, G. U. 25 febbraio 
1987, n. 9. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Napoli, ordinanza 4 dicembre 1986, n. 97/87, 

G. U. 1 aprile 1987, n. 14. 
legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 102 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 28/87, 

G. U. 18 marzo 1987, n. 12. 
d.m. 21 luglio 1983, art. 3 (art. 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Larino, ordinanze (due) 27 marzo 
1986, nn. 98 e 99/887, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 
Commissione tributaria di primo grado di Larino, ordinanza 16 settembre 
1986, n. 100/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 4 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] 
(artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, quattordicesimo comma [conv. in 
legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 27, 32 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 27 novembre 1986, n. 51/87, G. U. 25 marzo 
1987, n. 13. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 9, terzo comma [come sostituito. dalla 
legge di conv. 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (tre) 7 luglio 1986, 
nn. 121-123/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 9, terzo comma [come sostituito da 
legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 4, 41 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (due) 7 luglio 1986, 
nn. 61 e 62/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 

. legge prov. Trento 23 novembre 1983, n. 41, art. 7 (artt. 3, 36 e 97 della 
Costituzione; artt. 4 e 8 dello statuto per il Trentino-Alto Adige). 

Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, ordinanza 27 novembre 
1986, n. 90/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 20 (artt. 3, 29, 31, 36 e 53 della Costituzione). 


Pretore di Modena, ordinanza 4 agosto 1986, n. 81/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 20 tabella D allegata (artt. 3, 29, 31, 
36 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 4 agosto 1986, n. 81/87, G. U. 1� aprile 
1987, n. 14. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 35 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 


Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986,� n. 93/87, G. U. 1� aprile 
1987, n. 14. 

legge 9 maggio 1984, n. 118, articolo unico (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). 


Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 33/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12. 

legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 14 ottobre 1986, n. 834, G. U. 11 febbraio 
1987, n. 7. 
Pretore di Bologna, ordinanza 16 gennaio 1987, n. 84, G. U. 1� aprile 
1987, n. 14. 

legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Tribunale di Pistoia, ordinanza 5 novembre 1986, n. 3/87, G. U. 18 febbraio 
1987, n. 8. 
Tribunale di Pistoia, ordinanze (due) 17 dicembre 1986, nn. 113 e 114/87, 

G. U. 
8 aprile 1987, n. 15. 
Pretore di Torino, ordinanza 28 gennaio 1987, n. 107, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

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legge 6 agosto 1984, n. 425, artt. 1, primo e secondo comma, e 2 (artt. 3 

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e 36 della Costituzione). ! 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 giugno 1986, !: 

n. 110/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. ; 
legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 
104, 113, 134, 136 e 137 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanze (tre) 28 ottobre 
1986, nn. 68-70/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 


legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24 e 113 della 
�Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 giugno 
1986, n. 110/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 


legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, secondo comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 giugno 
1986, n. 110/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 


legge reg. Sicilia 21 agosto 1984, n. 55, art. 6 (art. 17, lett. f) statuto spec. 
reg. siciliana e art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Adrano, ordinanza 5 dicembre 1986, n. 48/87, G. U. 25 marzo 
1987, n. 13. 


d.I. 6 dicembre 1984, n. 807, art. 2 [conv. in legge 4 febbraio 1985, n. 10] 
(artt. 3 e 21 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 18 gennaio 1986, 

n. 111/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 
legge prov. Trento 28 dicembre 1984, n. 17, art. 2 (artt. 3, 36 e 97 della 
Costituzione; artt. 4 e 8 dello statuto per il Trentino-�lto Adige). 


Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, ordinanza 27 novembre 
1986, n. 90/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 


d.I. 25 gennaio 1985, n. 8, art. 6 [conv. in legge 27 marzo 1985, n. 103] (art. 3 
della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 7 aprile 1986, n. 94/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. b) (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Teano, ordinanza 22 settembre 1986, n. 50/87, G. U. 25 marzo 
1987,. n. 13. 
Pretore di Teano, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. 


legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 34, 35, 38 e 44 (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Trentola, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 843, G. U. 18 febbraio 
1987, n. 8. 



PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE f9 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 35, 38 e 43 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bergamo, ordinanza 28 ottobre 1986, n. 824, G. U. 28 gennaio 
1987, n. 5. 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 38, primo, secondo e terzo comma, e 44 
(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Vittoria, ordinanza 8 ottobre 1986, n. 842, G. U. 25 febbraio 
1987, n. 9. 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). 


Pretore di Lucca, ordinanza 16 gennaio 1986, n. 25/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12. 

legge 17 aprile 1985, n. 141, artt. 1, 3, primo comma, e 6 (artt. 3 e 36 
della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. 

dl. 28 aprile 1985, n. 146, art. 8-quater (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Bergamo, ordinanza 28 ottobre 1986, n. 824, G. U. 28 gennaio 
1987, n. 5. 

d.P.R. 27 giugno 1985, n. 350 (art. 10 della Costituzione). 
Corte d'appello di Napoli, ordinanza 10 dicembre 1986, n. 54/87, G. U. 
25 marzo 1987, n. 13. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 23 (artt. 3, 29,_ 31, 36 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 4 agosto 1986, n. 81/87, G. U. 1� aprile 
1987, n. 14. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (art. 53 della Costituzione). 

Pretore di Macerata, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 115, G. U. 8 aprile 
1987, n. 15. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (art. 81 della Costituzione). 

Pretore di Campobasso, ordinanza 28 novembre 1986, n. 31/87, G.U. 18 marzo 
1987, n. 12. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, n. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Taranto, ordinanza 21 novembre 1986, n. 23/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, nono e quattordicesimo 
comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanze (tre) 16 gennaio 1987, nn. 130-132, G. U. 
29 aprile 1987, n. 18. 


60 RASSEGNA DELI,.'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, nono, undicesimo, dodicesimo, 
tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma (art. 53 della Costituzione). 

Pretore di Campobasso, ordinanza 28 novembre 1986, n. 31/87, G. U. 18 marzo 
1987, n. 12. ' 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, decimo, tredicesimo e quattordicesimo 
comma (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Lecce, ordinanza 10 gennaio 1987, n. 63, G. U. 25 marzo 
1987, n. 13. 

d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 28 novembre 
1986, n. 106/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 

d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 52, quarto comma, e 79, primo comma 
(artt. 76, 77, 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 20 ottobre 
1986, n. 67/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 

legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, secondo comma (artt. 25 e 103 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 1 ottobre 1986, n. 830, G. U. 11 febbraio 
1987, n. 7. 

disegno di legge reg. Marche approvato il 29 luglio 1986 e riapprovato il 
2 dicembre 1986 (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 30 dicembre 1986, n. 31, G. U. 
21 gennaio 1987, n. 4. 

legge 8 novembre 1986, n. 852, artt. 1, quarto comma; 3, quarto comma; 
4; 5, secondo comma; e 6 (artt. 2, 8, n. 21, 16, primo comma, e 78 dello statuto 
sp�ciale reg. Trentino-Alto Adige). 

Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 22 dicembre 1986, n. 30, G.U. 
21 gennaio 1987, n. 4. 

legge 8 novembre 1986, n. 852, artt. 1, quarto comma, 3, quarto ed ultimo 
comma, 4 e 6 (artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Provincia autonoma di Trento, ricorso 22 dicembre 1986, n. 29, G. U. 
21 gennaio 1987, n. 4. 

disegno di legge reg. Campania riapprovato il 9 dicembre 1986 e comunicato 
il 15 dicembre 1986 (artt. 4, 97 e 117 della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei ministri, ricorso 9 gennaio 1987, n. 1, G. U. 
4 febbraio 1987, n. 6. 

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PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 61. 

d.l. 9 dicembre 1986, n. 832, art. 2, primo comma (artt. 3 e 42 della Co� 
stituzione). 
Pretore di Bettola, ordinanza 30 gennaio 1987, n. 102/87, G. U. 8 aprile 
1987, n. 15. 

disegno di legge prov. Bolzano approvato il 17 dicembre 1986, art. 1 (artt. 5 
e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). 

Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 13 gennaio 1987, n. 2, G. U. 4 feb� 
braio 1987, n. 6. 

legge 18 dicembre 1986, n. 891 (artt. 8, n. 10, e 16, primo comma dello 
statuto reg. Trentino-Alto Adige). 

Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 30 gennaio 1987, n. 4, G. U. 25 febbraio 
1987, n. 9. 
Provincia autonoma di Trento, ricorso 30 gennaio 1987, n. 5, G. U. 25 febbraio 
1987, n. 9. 

disegno di legge reg. Veneto approvato il 28 febbraio 1986 e riapprovato 
il 19 dicembre 1986, artt. 2 e 3 (artt. 97 e 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 17 gennaio 1987, n. 3, G. U. 4 febbraio 
1987, n. 6. 

d.l. 3 gennaio 1987, n. 2, artt. 1, 2 e 2-bis, [come modif. dalla legge di 
conversione 6 marzo 1987, n. 65] (artt. 87, 109 e 126 del d.P.R. n. 616/1977). 
Giunta reg. Lombardia, ricorso 14 aprile 1987, n. 14, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 

disegno di legge reg. Friuli-Venezia Giulia riapprovato il 25 febbraio 1987 
(artt. 3 e 97 della Costituzione e 4, n. 1, dello statuto regionale). 

Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 20 marzo 1987, n. 6, G. U. 8 aprile 
1987, n. 15. 

legge 28 febbraio 1987, n. 56, art. 5, lett. b) e d) (artt. 117 e 118 della 
Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 8 aprile 1987, n. 8, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. 

legge 6 marzo 1987, n. 65 in toto e in particolare artt. 1, quarto e quinto 
comma; 2, primo comma, lett. b); 1-ter, secondo e sesto comma; 2-bis, terzo 
comma (artt. 2; 3, terzo comma; 8, nn. 20 e 17; 9, n. 11; 16; 78 e 80 dello 
statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). 

Prov. aut. di Bolzano, ricorso 8 aprile 1987, n. 9, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. 

legge reg. Sardegna riapprovata il 12 marzo 1987 (art. 82 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 3 aprile 1987, n. 7, G. U. 22 aprile 
1987, n. 17. 


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