., ANNO XXXIX -N. 1 -2 GENNAIO -APRILE 1987 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1988 ABBONAMENTI ANNO 1988 ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 40.000 UN NUMERO SEPARATO ������������������������ � 7.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Ital:y Aatorlaulone Tribunale di lloJD& -Decreto n. 11089 del 13 lusllo 1966 (9219213) Roma, 1987 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. Discorso di commiato di S. E. Giuseppe Manzarl Avvocato Generale dello Stato a S. E. Carlo Maria Pratis Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione. Roma, 27 febbraio 1987 Sono Jieto e lusingato di prendere fa parola subito dopo gli interventi di magistrati di cos� eccelso livello e valore, per associare una voce diversa, ma consonante -quella dell'istituzionale avvocato pubblico che ho l'onore di rappresentare e quella mia personale -al saluto, all'augurio ed ,all'omaggio che questa Suprema Magistratura ha voluto oggi meritatamente rendere al suo Procuratore Generale, o piuttosto alla persona di Carlo Maria P.ratis, nel momento in cui depone idealmente, nelle mani del suo successore, come purissimo testimone e come pegno oneroso ma sicuro di feconda continuit�, la toga che ha vestito con altissima dignit� durante i ben 45 anni della sua esemplare carriera giudiziaria: 45 anni della maturit� di una vita interamente vissuta al servizio dello Stato, che tutta ormai si compendia nel nome che da oggi si iscrive nell'albo d'oro della istoria di questa Corte Suprema. Dell'opera e delila personalit� di Carl.o Maria Pratis sarebbe vano e pretenzioso a questo punto rparLaire ancora da rparte mia dopo quello che � stato detto egregiamente da chi per alta qualificazione e per comunione di vita, di ambiente, di ideali, di attivii.t� di servizio ne ha saipUJto illustrare ogni pi� saliente ed onorevole aspetto. Io ritengo tuttavia di potergli rendere -ben lungi dia una mera osservanza di cerimoniale -una testimonianza di stima, di ammirazione, di augurio ed anche di affetto, nOlll soio viva e reale, ma anche -mi lusingo di credere -particolarmente significativa perch� maturata in un ambiente, pur se vicino sotto tanti profili, tuttavia diverso da quello della magistratura nel quale Carlo Maria P:ratis ha seminato, ed ora a larghe mani raccoglie, l'ammirazione e la simpatia che gli vengono solennemente tributate. Mi viferisco, come dicevo, all'esperienza professionale forense degli avvocati dello Stato, che, al pari dei colleghi deUa libera professione, affidano le loro cause al giudizio dei Magisrt:rati, che ne sono, istituzionalmente, i giudici precostituiti, ma si sentono a loro volta, intimamente e necessariamente -i giudici dei loro giudici, di cui sanno apprezzare le qualit� e le doti, che emergono dal quotidiano confronto dialet,tico tra due funzioni, a mio giUJdizio rigorosamente complenientari ed indissociabili, quali sono l'avvocatura da una parte e la magistratura daLI'altra. Alla ,testimonianza che posso esprimere a nome, per cos� dire, della categ011ia, vorrei aggiungere l'avallo ~i una mia personale esperienza. IV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ebbi l'onore di partecipare in questa stessa aula all'insediamento di Carlo Maria Pratis nella carica che ha saputo tanto valorosamente tenere da meritare gli elogi che abbiamo oggi ascoltato. Ricordai allora che la conoscenza che avevo di lui risaliva a ben 40 anni indietro, quando, giovalile avvocato dello Stato, conobbi in Tormo quel magistrato, allora ,giovane anch'egli, ma che gi� godeva itra i colleghi e gli avvocati idi una stima profonda, di cui ebbi modo di apprezzare sempre pi� le ragioni umane, morali, culturali ed intellettuaJli. Dissi in quell'occasione la mia fiducia e la mia certezza che avrebbe saputo esemplarmente assolvere il difficile e prestigioso compito che gli veniva affidato, usando parole che non mi sembrarono affatto troppo elogiative, quali, mi � gmdito rkordare, le iritenne la gentile signora Pratis, alla quale alilche rivolgo, in questa occasione, un deferente cordiale saluto ed augurio. Con H fine garbo e la schiva modestia che fanno parte di un bello stile di iiamiglia la signora Piratis espresse la sua trepidazione che le parole da me dette irisultassero troppo impegnative e caricassero il marito della iresponsabilit� di attese superiori -ella disse -alle sue forze e. alle sue capacit�. Mi fu facile rispondere -ed oira sono lieto di averne qui cosi alta conferma -che n� correvo io, n� imponevo all'illustre amico, alcun rischio di troppo lusinghiere profezie, perch� mi ero limitato ad esprimere ad alta voce ,U convincimento che chiunque, conoscendo Carlo Maria Pratis, poteva trarre dall'esperienza di una vita e di una coscienza che si offici� vano con chiarezza e trasparenza alla lettura del domani, attiraverso la filigrana di uno stille di vita ispirato a riservatezza, equilibrio, saggezza ed efficienza, forgiato da una aunga e positiva esperienza. Ho avuto, dunque, la ventura di partecipare, fin dal promettente mattino, alla lunga, felice, operosa giornata di lavoro nella magistratura dell'amico Pratis, ed ora ho il privilegio di celebrarne il commiato non come un malinconico tramonto, ma come una tappa felicemente compiuta di un cammino di vita che auguro ancora lungo e felice nella pienezza che lo assiste -delle sue forze :fisiche ed intellettuali. L'esplorazione che ho fatto nella regione giovaniile dei ricordi mi I'iconduce alla mente il verso, riecheggiato da Ungaretti del poeta greco: �noi siamo come le foglie ... �; Ungaretti dice: � Si sta -come d'autun� no -sugli alberi -le foglie �. Lo �ricordo non con la tristezza del cantore Jirico, ma quasi gioiosamente perch� noi tutti abbiamo tante vite, o piuttosto tanti periodi della vita, che man maLt10 si vanno srtaccando dagli alberi con i quali si intreccia la pianta della nostra personale esistenza. La foglia di un periodo di vita dell'amico Pratis si stacca oggi dal l'albero della magistratura nel quale ha fiorito, ma si libra ancora verde nell'aria: non � una foglia secca, non � una caduta: � solo un distacco; / NOTA REDAZIONALE la foglia resta �legata da un altro esistenziaile picciolo aill'ailbero ancora fiorente della sua vita personale. Abbiamo qui dav.anti a noi due foglie verdi �staccate dallo stesso ramo dell'ordinamento giudiziru-io che tuttavia ancora ne costituiscono ideale decoro ~-soprattutto vivono ancora splendidamente la realt� di una loro ancora verde personale stagione di vit�: parlo di Giuseppe FJore e di Giuseppe Mirabelli ai quali mi � gradito porgere il mio saluto ed il mio augurio. E da essi traggo esemplare augurio per l'amico mustre che oggi lascia la magistratura, auspicando una lieta continuazione �ad multos annos � della perfetta condizione in cui si conclude l:a tappa luminosa, che abbiamo celebrato, della sua vita di magistrato e per una felice prosecuzione di un'esistenza piena .di altrettante soddisfazioni, in un ritmo di vita pi� pacato e sereno ma altrettanto fervido dei pensieri e dei sentimenti che compongono quella sua ammirevole personalit� che noi tutti abbiamo conosciuto ed apprezzato ed alla quale rendiamo oggi l'omaggio dovuto. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a l'avv. Franco Favara} cura delpag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA dell'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara} li 19 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo} . li 66 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli Paolo Cosentino e Anna Cenerini} . avvocati � 86 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura gli avv. Raffaele Tam/ozzo e G: P. Polizzi} de � 94 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato CJ1f/o Bafile} (a cura dell'avli 155 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} � . � 180 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Belmonte e Nicola Bruni} � 189 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO QUESTIONI pag. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 15 RASSEGNA DI DOTIRINA (a cura dell'avv Ignazio Caramazza} 29 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AWOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nica, sio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANcms, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANDO, Venezia. . ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI O. FIUMARA: Politica commerciale comune e misure di salvaguardia (nel settore dei tessili) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 19 G. MANZARI: Corte Costituzionale italiana e Corte di giustizia europea: due esperienze convergenti nella costruzione dell'Europa comunitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 1 G. STIPO: Problemi di giurisdizione a seguito della istituzione del- l'Ente Ferrovie dello Staio .................. . I, 70 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Gara -Dichiarazione richiesta ai partecipanti -Omissione -Legittimit� esclusione, 102. -Gara -Interesse a ricorrere -Effetti sull'annullamento di una esclusione, 102. - Gara -Prescrizione della lettera di invito -Interpretazione contro autore clausola -Inapplicabilit�, 102. ARBITRATO -Lodo -Notificazione alla parte personalmente -Termine per l'impugnazione di nullit� -Decorre, 184. -Riforma agraria -Controversie relative agli obblighi dell'assegnatario di terreni -Incompetenza degli arbitri, 180. COMUNI -Sindaco -Ordinanze contingibili ed urgenti -Delega, 114. COMUNITA' EUROPEE -Convenzione di Bruxelles Zl settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale -Clausola attributiva di competenza -Interesse di una soltanto delle parti, con nota di O. FIUMARA, 30. -Disposizioni direttamente applicabili -Legislazione nazionale difforme Obbligo di soppressione, 37. -Disposizioni fiscali -IV A -Aliquote differenziate sulle vetture a motore diesel, 61. - Libera prestazione dei servizi -Assicurazione -Regime di autorizzazione e stabilimento -Limiti, 41. -Libera prestazione dei servizi -Coassicurazione -Coassicuratore delegatario -Autorizzazionen e stabilimento -Non necessit�, 41. -Libert� di stabilimento -Accesso alle professioni di � giornalista professionista, giornalista praticante, pubblicista, alle attivit� professionali legate al turismo e ai concorsi per l'attribuzione delle sedi farmaceutiche, 36. -Politica commerciale comune -Commercio internazionale dei tessili Misure di salvaguardia, con nota di o. FIUMARA, 19. CONTABILIT� PUBBLICA -Regione -Copertura di spesa pubblica -Entrata eventuale e futura Illegittimit� costituzionale, 11. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione -Questione incidentale di costituzionalit� -Limite di sollevabilit�, 1. -Disposizione legislativa sterile -Questione di legittimit� costituzionale Inammissibilit�, 8. DEMANIO -Beni storici -Vincolo apposto per prevenire pregiudizio -Legittimit�, 122. -Degrado -Influenza sulla legittimit� del vincolo, 122. -Vincolo per collegamento alla storia -Sindacato giurisdizionale -Limiti, 122. - Vincolo storico -Discrezionalit� tecnica -Merito dell'azione amministra- I I ! I i I INDICE DELLA GIURISPRUDENZA tiva � Sindacato giurisdizionale � Li� miti, 122. -Vincolo storico -Sindacato giurisdi� zionale � Riferimento storico cultu� rale � Valutazione di merito della P.A., 122. ENTI PUBBLICI -Enti regionali � Rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'Av� vocatura � Delibera di conferimento dell'incarico � Necessit� � Esclusione, 180. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Acquedotto � Approvazione del progetto dei lavori � Perizia di variante comportante semplice asservimento dei terreni espropriandi � Rifiuto di approvazione � Ricorso giurisdizionale � Inammissibilit�, 186. GIURISDIZIONE CIVILE -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali � Personale ferroviario � Competenza giurisdizionale dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, con nota di G. STIPO, 69. -Casse Pensioni amministrate dagli istituti di Previdenza . Domanda diretta a ottenere il riconoscimento della pensionabilit� di determinati emolumenti e il conseguente versamento dei contributi � Giurisdizione della Corte dei Conti, 82. -Istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato � Controversie di lavoro pen� denti � Posizione soggettiva dei di� pendenti � Giurisdizione del giudice ordinario, con nota di G. STIPO, 71. -Istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato � Rapporti di lavoro cessati prima dell'entrata in vigore della legge istitutiva dell'Ente � Giurisdizione del giudice amministrativo � Rapporti di lavoro non ancora cessati o la cui cessazione sia contestata � Giurisdizione del giudice ordinario, con nota di G. STIPO, 71. � -Giurisdizione amministrativa e della Corte dei Conti � Casse pensioni am� ministrate dagli Istituti di previdenza . Iscrizione alla Cassa � Giurisdizione amministrativa, con nota di G. STIPO, 66. -Norma sulla giurisdizione intervenuta nel corso del giudizio � Inapplicabilit� della perpetuatio jurisdictionnis, con nota di G. STIPO, 70. -Nullit� del negozio � Accertamento della validit� � Accertamento di violazione di norme valutarie � Sussiste la giurisdizione dell'A.G.O., 86. -Sanzioni amministrative � Alternati� vit� tra sanzione pecuniaria e misura ripristinatoria � Interesse legitti� mo � Sanzione pecuniaria ragguaglia� ta al danno � Diritto soggettivo, 135. -Sanzioni amministrative � Cave e mi� niere . Sanzione pecuniaria � Diritto soggettivo � Obbligo concorrente di ripristino � Irrilevanza, 135. - Sanzioni amministrative � Funzione ripristinatoria � Interesse legittimo � Funzione punitiva � Diritto soggetti� vo, 135. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Controinteressati � Procedimento ri� conoscimento denominazione origine controllata� Venditori e produttori� Iscrizione all'albo successiva al provvedimento impugnato, 147. -Controinteressato � Riconoscimento denominazione origine controllata � Camera di commercio � Potere di iniziativa, 147 IMPIEGO PUBBLICO -Permessi retribuiti � Cariche poli� tiche . Consigliere comunale � Li� miti di tempo, 111. -Provvedimento disciplinare � Di� spensa dal servizio � Violazione del dovere di fedelt� � Violazione segreto di ufficio, 143. LOCAZIONI -Equo canone � Edifici particolarmente degradati � Individuazione � Venezia, 119. XII RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO OPERE PUBBLICHE -Edilizia postale -Concessione edilizia inutiliter data -Annullamento giurisdizionale, 106. -Edilizia postale -Conformit� a piano adottato -Interpretazione, 106. -Edilizia postale -Norme applicabili, 106. PREVIDENZA -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali -Personale ferroviario -Gestione da parte dell'Amministrazione F. S. -Successione dell'Ente Ferrovie dello Stato alla Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato, con nota di G. STIPO, 69. PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Intervento -Intervento del successore a titolo particolare -Ammissibilit�, 86. -Condanna a favore del cessionario senza preventiva estromissione del cedente: ammissibilit�, 86. -Sospensione dei termini processuali e sostanziali per gli enti mutualistici -Applicabilit� alla inattivit� processuale -Esclusione, 91. PROCEDIMENTO PENALE -Ordinanza di rinvio a giudizio Divieto di integrare il dispositivo con la motivazione -Insussistenza, con nota di G. LANCIA, 189. ....:.. Ordinanza di rinvio a giudizio -Incompletezza del dispositivo -Causa necessaria di nullit� -Esclusione, con nota di G. LANCIA, 189. -Ordinanza di rinvio a giudizio -Incompletezza del dispositivo -Mancata considerazione di capi di imputazione ritenuti sufficientemente provati di motivazione -Procedura di correzione ex art. 149 c.p.p. Ammissibilit�, con nota di G. LANCIA, 189. PROVVEDIMENTI CONTINGIBILI E D'URGENZA -Contenuto -Ordine di fare -Legittimit�, 114. -Presupposti -Imminenza pericolo Fatti pregressi, 114. REGIONE -Recupero coattivo dei crediti -Procedura ex r.d. 639 del 1910 -Applicabilit�, 8. -Ricorso straordinario avverso atti regionali -Potest� di decisione Spetta allo Stato, 1. TRENTINO-ALTO-ADIGE -Edilizia sovvenzionata -Competenze provinciali -Sostituzione dello Stato -Legittimit� -Limiti, 15. -Elezioni comunali -Requisito della ininterrotta resistenza biennale -Illegittimit� costituzionale, 13. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta locale sui redditi -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Conformit� alla licenza edilizia e alle prescrizioni urbanistiche -:t1. necessaria, 175. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Accertamento -Rettifica del bilancio ex art. 119 del t.u. 29 genganio 1958 n. 645. Maggiori valori risultanti da valutazioni ai fini dell'imposta di registro -Utilizzabilit� Prova contraria del contribuente, 157. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Attivit� di impresa -Interessi passivi -Deducibilit� -Condizioni Inerenza alla produzione del reddito -Necessit�, 163. -Imposta sul reddito delle persone giuridiche -Societ� ed enti non aventi sede legale o amministrativa nel territorio dello Stato -Rappresentante per i rapporti tributari Legittimazione a stare in giudizio Sussiste, 178. -Riscossione -Opposizione esattoriale -Improponibilit�, 160. INDICB DELLA GIURISPRUDENZA. xm TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Miniere e cave -Tipi negoziabili possibili, 164. -Imposta di registro -Societ� di persone -Socio d'opera -Recesso con rinucia alla liquidazione della quota sociale -Accrescimento in favore degli altri soci -:I:. soggetto all'imposta di trasferimento, 155. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento -Prova -Mezzi ammessi da parte del contribuente -Mezzi diversi dalla prova documentale precostituita -Ammissibilit� Limiti, 172. -Contenzioso tributario -Decisione parziale -Impugnazione immediata Impugnazione differita � Impossibilit� ,168. -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile -Atto che nega la spettanza di agevolazione pluriennale -:I:. tale, 170. URBANISTICA -Piano regolatore -Demanio marittimo -Destinazione ad usi pubblici del mare -Compressione competenza autorit� marittima -Illegittimit�, 94. -Piano regolatore -Demanio marittimo � Intesa, 94. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 31 dicembre 1986, n. 298 . 31 dicembre 1986, n. 304 . 22 gennaio 1987, n. 13 . 17 febbraio 1987, n. 42 . 17 febbraio 1987, n 49 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE Sed. plen., 5 marzo 1986, nella causa 242/84 . 5a sez., 24 giugno 1986, nella causa 22/85 . Sed. plen., 15 ottobre 1986, nella causa 168/85 . Sed. plen., 4 dicembre 1986, nella causa 205/84 Sed. plen., 16 dicembre 1986, nella causa 200/85 . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE S�z. Unite, 3 giugno 1986 n. 3704 . Sez. I, 1 agosto 1986, n. 4909 . Sez. I, 1 agosto 1986, n. 4914. Sez. I, 15 ottobre 1986, n. 6040 . Sez. Un., 3 novembre 1986, n. 6418 . Sez. I, 8 novembre 1986, n. 6548 . Sez. I, 8 novembre 1986, n. 6550 . Sez. I, 8 novembre 1986, n. 6552 . Sez. Un., 10 novembre 1986, n. 6560 . Sez. I, 13 novembre 1986, n. 6647 . Sez. I, 13 novembre 1986, n. 6653 . Sez. I, 19 novembre 1986, n. 6803 . Sez. I, 19 novembre 1986, n. 6808 . Sez. I, 29 novembre 1986, n. 7057 . Sez. Un., 10 febbraio 1987, n. 1393 . Sez. Un., 21 marzo 1987, n. 2807 . Sez. Un., 21 marzo 1987, n. 2809 . Sez. Un., 23 aprile 1987, n. 3945 . Pag. " " � Pag. � � � � Pag. � " � ,. � ,. ,. ,. � � " � " � � � � 1 8 11 15 19 30 36 41 61 66 155 157 160 86 163 164 168 69 170 172 175 91 178 70 180 184 71 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE 18 i:narzo 1987, n. 8 ......................... . PRETURA DI ROMA Sez Lav .., 21 maggio 1986. . ................... . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 10 luglio 1986, n. 478 . 10 luglio 1986, n .496 29 settembre 1986, n. 618 . . . 16 'febbraio 1987, n. 100 . Sez. V, 1� settembre 1986, n. 403. 28 febbraio 1987, n. 144 Sez. VI, 9 agosto 1986, n. 630 . 9 agosto 1986, n. 642 .. 20 febbraio 1987, n. 67 . 20 febbraio 1987, n. 71 . GIURISDIZIONI-PENALI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. Penale, 5 settembre 1986, n. 1371 . . Pag. "186 Pag. 82 Pag. 94 � 102 � 106 111 " 114 " 119 " ,. 122 ,. 135 � 143 � 147 Pag. 189 PARTE PRIMA :a GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 31 dicembre 1986, n. 298 -Pres. La Pergola - Rel. Baldassarre -Regione Toscana e regione Abruzzo (avv. Predieri) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Azzariti). Regioni � Ricorso straordinario avverso atti regionali � Potest� di decisione � Spetta allo Stato. Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione � Questione incidentale di costituzionalit� � Limite di sollevabilit�. Il ricorso straordinario al Capo dello Stato si distingue nettamente dai ricorsi amministrativi e da altre espressioni di amministrazione attiva in forma contenziosa; e ci� anche quando il Consiglio dei Ministri deliberi in difformit� dal parere del Consiglio di Stato. Esso peraltro non si integra nel sistema di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, n� costituisce strumento di controllo riconducibile all'art.125 comma primo Costituzione. La sfera di attribuzione costituzionalmente assegnata alle regioni non � lesa dalla spettanza allo Stato del potere di decisione dei ricorsi straordinari proposti avverso atti amministrativi regionali (1). Una questione di legittimit� costituzionale pu� essere sollevata nel corso di un giudizio per conflitto di attribuzione solo quando concerna una questione logicamente pregiudiziale rispetto a quella di cui si sostanzia il conflitto stesso. Con i ricorsi introduttivi dei presenti giudizi, riuniti in un'unica decisione per l'identit� dell'oggetto, .Je Regioni Toscana e Abruzzo famentano che fo Stato, estendendo agli atti amministrativi regionali il. proprio potere di decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, invade ~e competenze amministrative riservate alle Regioni dall'art. 118 Cost., in relazione con gli artt. 4 e 81 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, concernente il (1) L'arcaico istituto del ricorso straordinario continua a creare difficolt�, e per� anche a ... superarle. Merita segnalare il passo in cui la sentenza in qualche misura avalla i pareri del Consiglio di Stato coi quali si � esteso alle regioni l'accesso diretto alla funzione consultiva del Consiglio medesimo; ci� tuttavia senza esaminare i problemi da una siffatta estensione praeter legem sollevati. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2 trasferimento e la delega a11e Regioni di funzioni amministrative dehlo Stato. A motivo delle Joro richieste le predette Regioni pongono la convinzione che hl ricorso straordinario sia un atto rientrante nell'amministrazione attiva statale e, come tale, non potrebbe riguardare gli atti regionali, considerato che di esso non v'� traccia alcuna in nessuna delle disposizioni che definiscono le competenze amministrative de1lo Stato nelle materie attribuite ahle Regioni ovvero in que1le trasferite o delegate alle stesse. I ricorsi sono infondati. Come questa Corte ha pi� volte affermato (sentenze n. 31/1975, n. 148/1982), il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica � un istituto singolare, anomailo, che unisce a spiccati caratteri amministrativi un procedimento contenzioso sui generis finalizzato a1la risoluzione non giurisdizionale di un conl�litto concernente la legittimit� di atti amministrativi definitivi. L'attuale disciplina legislativa, contenuta nel capo III (artt. 8-15) del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), ha conservato la natura del tutto atipica che quest'istituto ha assunto sin dall'epoca della monarchia costituzionale. Essa, infatti, n~ conferma il carattere di rimedio straordinario contro eventuali illegittimit� di atti amministrativi definitivi, che i singoli interessati possono attivare con modica spesa, senza il bisogno dell'assistenza tecnicolegale e con il beneficio di termini di presentazione del ricorso partico1armente ampi (artt. 8 e 9). La sua procedura prevede che fistruttoria sia svolta dai Ministeri competenti o, in mancanza di questi, dalla Presidenza del Consiglio (art. 11), i quali, quando si tratta di atti amministrativi emanati da enti diversi dello Stato, possono avvalersi, e di fatto non crisulta che ci� non avvenga, della pi� piena collaborazione di questi ultimi. La decisione � adottata nella forma tipica degli atti governativi, il Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro competente (che poi controfirma l'atto), previo conforme parere del Consiglio di Stato (solo nel caso in oui il Ministro intenda propo!1re una pronunzia difforme rispetto a quest'ultimo parere, il d.P.R. � adottato su deliberazione del Consiglio dei Ministri, che deve essere sorretta da un'adeguata motivazione circa la diversa interpretazione del diritto seguita) (art. 14). Ll d.P.R., al pari di ogni atto del Governo, � poi sottoposto al visto della Corte dei Conti. Il carattere amministrativo del procedimento risulta tuttavia temperato dall'esigenza derivante dal fatto che si � pur sempre in presenza di un meccanismo di .risolll2lione di una controversia avente ad oggetto il riconoscimento di diritti o di interessi [egittimi e, soprattutto, in considerazione cli una caratteristica peculiare dell'istituto: la sua alternativit�, peraltro attenuata nel tempo, rispetto al ricorso giurisdizionale. Beninteso, siffatti caratteri non sono tali da far tramutare il ricorso straordinario in un pro-: edimento formalmente e/o sostanzialmente giurisdizionale e, quindi, in PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE una dichiarazione del diritto diretto a far stato fra :le parti e pronunziata da un organo istituzionalmente imparziale. Prova ne sia che, tanto per ricordare gli elementi pi� importanti, la complessiva disciplina legislativa del procedimento manca di alcune fondamentali caratteristiche delle attivit� giurisdizionali, quali, ad esempio, la bilateralit� del contraddittorio, una qualsiasi garanzia di difesa tecnica, i'imparzialit� istituzionale dell'organo decidente. Nondimeno, in considerazione .delle predette esigenze, la legislazione e la giurisprudenza, �compresa quella di questa Corte, si sono sforzate di stabilire sostanziali parallelismi e sicuri raccordi con l'attivit� giurisdizionale. I principali fra questi sono, oltre al carattere contenzioso del procedimento, la facolt� dei privati -cui questa Corte con sentenza n. 148/1982 ha equiparato gli enti pubblici non statali autori dell'atto impugnato -di chiedere in limine litis fa trasposizione della controversia nella sede giurisdizionale e quella di impugnare presso il giudice amministrativo la decisione del ricorso per vizi di forma o di procedimento, nonch� l'estensione allo stesso ricorso straordinario del rimedio della revocazione e dell'azione giudiziaria di fronte al giudice ordinario. Se la previsione di tali garanzie, come ha riconosciuto questa Corte (sentenza n. 78/1966), rende il ricorso straordi!Ilario non incompatibile con l'art. 113 Cost., non pu� tuttavia comportare l'effetto di integrarlo, nel sistema di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi verso gli atti della Pubblica Amministrazione facente capo allo stesso art. 113. Tantomeno ci� appare sostenibile ove si voglia alludere a una pretesa costituzionalizzazione del ricorso straordinario, considerato che attualmente � nella piena libert� del legislatore ordinario stabilire una disciplina positiva sostanzialmente diversa da quella vigente oppure conservare intatta quella attuale, o finanche, decretare l'abolizion edell'istituto stesso. In realt�, il ricorso straordinario a!l Presidente de1la Repubblica, come da tempo riconoscono senza contrasto alcuno giurisprudenza e dottrina, � un procedi� mento amministrativo di secondo grado, attivabile su ricorso dei singoli interessati, di carattere spic-catamente contenzioso ed avente ad oggetto atti amministrativi definitivi: si tratta, dunque, ~i un atto amministrativo, le cui singolari peculiarit� non possono comunque indurre l'interprete a configurarlo come una sorta di ircocervo giuridico. Sulla base dei caratteri appena descritti risulta chiaramente come il ricorso straordinario, se non pu� essere minimamente assimilato ad atti di tipo giurisdizionale o � paragiurisdizionale �, non pu� tuttavia essere definito neppure come atto di amministrazione attiva. �, certo, vero che la disciplina del ricorso � giuridicamente imputabile ad un organo politico-amministrativo, mentre l'intervento del Consiglio di Stato � pur sempre costituito da un parere, che, anche se rappresenta normalmente il contenuto della decisione. � comunque, dal punto di vista RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giuridico, vincolante. Ed � altrettanto vero che questo carattere appare addirittura accentuato nel caso, in verit� di rarissima evenienza, in cui gli organi di governo intendano discostarsi dal parere del Consiglio di Stato e adottino in conseguenza un'apposita deliberazione del Consiglio dei Ministri, vale a dire una decisione dell'organo supremo di direzione politicoamministrativa. Tuttavia, tanto nella sua forma pi� comune quanto sotto specie di autotutela (com'� nercaso dell'annullamento d'ufficio del governo a norma dell'art. 6 1. com. e prov.), l'amministrazione attiva � caratterizzata nella sua essenza dal perseguimento degli specifici fini e dalla soddisfazione dei particolar.i interessi che la legge attribuisce alle singole amministrazioni pubbliche. In parole diverse, per far riferimento al oaso di specie, altro � curare nel modo migliore gli assetti urbainistiici, altro � dirimere i conflitti insorgenti nella materia urbanistica: nel primo caso si � di fronte a un'attivit� della Pubblica Amministrazione di natura discrezionale diretta allo specifico fine predeterminato dalla legge, nel secondo ricorre invece un'attivit� di pura e semplice applicazione del dirdtto oggettivo o, comunque, un'attivit� �diretta a soddisfare un interesse generale diverso da quelli attribuiti alle singole amministrazioni. E che quest'ultimo sia il caso in questione � dimostrato tanto dal fatto che gli organi decidenti, pur essendo istituzionalmente i massimi organi di direzione politico-ammi.nistrativa, sono tenuti nella specie a motivare sul punto di diritto, quanto dal fatto che la sezione (o la commissione speciale) del Consiglio di Stato investita del parere possa rimettere ~a questione alla Adunanza Generale onde evitare �contrasti giurisprudenziali� (potere, quest'ultimo, che � parallelo a: quello del P~esidente del Consiglio d.i Stato di deferire alla stessa Adunanza la risoluzione di questioni di massima particolarmente importanti) (art. 12 d.P.R. n. 1199/1971). Del resto � proprio questo profilo che giustifica e rende razionale il particolare sistema di gravami relativi al ricorso straordinario, prima accennato. In ragione dell'aspetto ora considerato il ricorso straordinario si distingue nettamente dai ricorsi amministrativi ordinari e da altre e51pressioni di amministrazione attiva in forma contenziosa. Si tratta di una distinzione che non � vanificata neppure nel caso in cui il Consiglio dei Ministri adotti U111'autonoma decisione sul �ricorso straordinario in dif� formit� dal parere del Consiglio di Stato. Quest'ultima, infatti, va letta come una clausola di salvaguardia che iil Governo, nella sua pi� comprensiva co11egialit�, cio� come Consiglio dei Ministri, pu� attivare quando, a suo giudizio, sia prospettata una decisione del caso concreto che possa arrecare pregiudizio al buon andamento della Pubblica Amministrazione o all'indi �rizzo politico. Si tmtta di una clausola contro il cui possibile esercizio abusivo valgono peraltro i ricordati mezzi cli impugnazione e Ia cui previsione normativa se da un lato preclude ogni possibilit� di configurare il ricorso 1 I i i ,, I 5 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE straordinario come atto formalmente o sostanzialmente giurisdizionale, dall'altro lato si armonizza perfettamente con le forme di garanzia rappresentate dai principi costituzionali vigenti sulle attivit� amministrative, attivit� fya le quali indubbiamente rientra, seppure in una posizione del tutto peculiare, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Va comunque sottolineato, conclusivamente, che, non rientrando il ricorso straordinario tra le forme di amministrazione attiva, � del tutto vano, oltrech� inconferente, cercare il fondamento normativo del relativo potere di decisione� .avverso gli atti amministrativi regionali nelle disposizioni di legge che ripartiscono i compiti di amministrazione attiva fra lo Stato e la Regione, segnatamente nell'art. 118 Cost. in connessione con l'art. 117 Cost. e con gli a(['tt. 4 e 81 del d.P.R. n. 616/1977. Cos� come sarebbe vano e inconferente, del resto, cercarne il fondamento nell'art. 125 Cost., considerato che il ricorso straordinario non pu� essere configurato come un atto di controllo, mancando, nel caso, ogni possibilit� di concepire in generale un rapporto di vigilanza o di supervisione tra l'autorit� investita de1la decisione del rico11so e le autorit� di volta in volta emananti l'atto amministrativo dedotto nella controversia. L'originaria e antica linfa che faceva vivere il ricorso straordinario come una sorta di prerogativa di grazia concessa al monarca, in quanto capo e personificazione vivente dell'apparato governativo-amministrativo, se non scorre pi� come un tempo in un istituto che ha totalmente perduto la lontana configurazione di strumento equitativo, non ha tuttavia cessato di fluire del tutto. L'� eccezionalit� � .un tempo rivestita da una forma di intervento extra juris ordinem, si � tradotta oggi nell'assoluta atipicit� di un procedimento amministrativo di secondo grado, imputato .al pi� elevato organo dell'amministrazione pubblica (il Governo), che, intervenendo quando la funzione amministrativa attiva ha gi� esaurito il suo corso e si � conoretizzata in provvedimenti definitivi, assicura la -risoluzione non giuri� sdizionale di una controversia in sede amministrativa del tutto straordinaria. La permanenza attuale di una ragione gius.tificativa di tale istituto non st�, dunque, nella sua improbabile natura di appello �al sovrano o al vertice amministrativo. Sta piuttosto nel fatto che il ricorso straordinario costituisce, per la Pubblica Amministrazione, un mezzo uilteriore di garan zia della legalit� e dell'imparzialit� de1la propria azione -che, insieme ail buon andamento, sono pur sempre i valori costituzionali supremi cui deve ispirarsi l'attivit� amministrativa -e, per i cittadini, come ha gi� detto questa Corte (sentenza n. 78/1966), uno strumento aggiuntivo, rispetto a quelli ordinari, di tutela dei propri diritti soggettivi e interessi legittimi, la cui adeguata protezione rappresenta un valore altrettanto �primario e, in un certo senso, speculare rispetto a quelli precedentemente ricordati. ::;.::::::::::::::'.-'.-:'.'.-'.-:'.'.-�Z�Z".".�Z':O:"'.�'.-:-:�Z�Z':�Z':�Z':".�Z�'."'.':':':"'.�ZO:':�'.�'.�'.�'.".':�'.�'.�'.".':�:-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.� .�.-�:�'.�'.':�Z�:�:�z.-.�.�.�.;r.�.-.�.-~��� ��-:�'.�'.�'.�Z�Z�'.�'.�'.�'.�'.".�:��.�.�.-.-.�.�.�.-r.�.�.�.�u.� ����.-�����������r����r����������������ᥥ����----r��������������������.-�, 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sotto tale profilo, appaiono effettivamente collaterali gli argomenti relativi al supposto collegamento diretto del ricorso straordinario con il carattere sostanzialmente unitario della Pubblica Amministrazione, di cui hl Governo � in ultima istanza garante e tutore. Mentre determinanti sembrano piuttosto, ai fini dell'affermazione della compatibilit� dell'istituto in questione con l'autonomia amministrativa costituzionalmente attribuita alle Regioni, tanto le garanzie che-assistono la decisione del ricorso stesso quanto i mezzi assicurati alle Regioni medesime per tutelare la propria autonomia amministrativa.di fronte ad un procedimento statale come quello del ricorso stra�rdinario. Tra le prime assume particolare rilievo il ruolo svolto dal parere del Consiglio di Stato, pi� precisamente dall'intervento sostanziale di un organo che, nella specifica funzione considerata, legittima notoriamente la propria azione in funzione di garanzia della legalit� complessiva dell'azione amministrativa e dell'interesse pubblico generale, non gi� di quelli settoriali (fossero anche quelli strettamente governativi o dell'aipparato statale contrapposti a quelli delle Regioni e degli enti locali). Fra le altre garanzie, cio� fra quelle previste a tutela dell'autonomia amministrativa regionale, rilevano invece i numerosi strumenti legislativi e giurisprudenziali che, in definitiva, hanno pienamente legittimato il ricorso straordinario sotto tale profilo, garantendo una sostanziale volontariet� dell'accettazione di tale rimedio, non solo da parte degli interessati, ma anche da parte dei controinteressati, compresa l'autorit� non statale che abbia emanato l'atto impugnato (per tacere della possibilit� giuridica, per questi ultimi, di porre riparo agli eventuali vizi di legittimit� mediante i gi� ricordati mezzi di impugnazione). Pi� in particolare, sotto l'aspetto da ultimo considerato, occorre ricordare che questa Corte, nel dichiarare la competenza dello Stato ad essere titolare delle attivit� istruttorie relative ai �ricorsi straordinari (sentenza n. 31/1975), ha espressamente ammesso la possibilit�, quando se ne dia il caso, della pi� piena collaborazione alle predette attivit� da parte delle Regioni interessate. Del �resto, ad essere realistici, quando ad essere impugnato � un atto amministrativo regionale, l'unica via che si apre al ministero competente per compiere l'istruttoria � quella di sollecitarla all'amministrazione regionale che ha emanato l'atto, chiedendo a questa la documentazione necessaria, le notizie rilevanti e le deduzioni del caso. Inoltre, va pur detto che nei suoi pi� recenti pareri lo stesso Consiglio di Stato ha ammesso la possibilit� per le Regioni di accedere direttamente alla funzione consultiva del Consiglio medesimo chiedendo pareri spontaneamente e senza l'intermediazione altrui. In terzo luogo, come si � gi� ricordato, ancora questa Corte, nel dichiarare l'illegittimit� costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971 nella parte in cui ometteva di considerare gli enti pubblici non statali fra i titolari della facolt� di trasposizione del ricorso straordinario nella sede giurisdizionale (sentenza n. 148/1982), ha equiparato ai controinteres PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sati, sotto questo profilo, anche le Regioni che hanno emanato l'atto impugnato. In quarto luogo, l'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, in conformit� del resto con una precedente pronunzia di questa Corte (sentenza n. 1/1964), ha previsto che i controinteressati, e quindi anche la Regione che abbia emanato l'atto impugnato, possano attivare i comuni mezzi di gravame (seppure per i soli errores in procedendo) contro la decisione del ricorso straordinario. lnfme, "art. 13 dei d.P.R. n. 1199 tkl Jil?l fa comunque salvi anche in caso di accoglimento del ricorso straordinario g~i ulteriori provvedimenti, compresa la mera modifica dell'atto impugnato, che le amministrazioni pubbliche competenti, statali o regionali che siano, intendano adottare. Da tutto ci� risulta che -in parte per via legislativa, in parte per via pretoria -si � venuto creando un sistema positivo che, pur se conserva la titolarit� della decisione del ricorso straordinario allo Stato e, in particolare, al Governo, lascia tuttavia alla Regione, quando oggetto dello stesso ricorso siano atti amministrativi regionali, la piena padronanza degli interessi e degli strumenti di tutela collegati all'autonomia amministrativa che l'art. 118 Cost. le garantisce. Pertanto, Ja sfera di attribuzione costituzionalmente assegnata alle Regioni non pu� ritenersi lesa dalla spettanza allo Stato del potere di decisione dei ricorsi straordinari al Presidente de!Ja Repubblica avverso atti amministrativi regionali. Nel corso del giudizio per conflitto di attribuzione tutte e tre le Regioni ricorrenti hanno prospettato il dubbio che, una volta che il capo III (artt. 815) del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi) fosse interpretato come � stato appena fatto, vale a dire nel senso di considerare ammissibile l'estensione del ricorso straordinario agli atti amministrativi regionali, questo stesso gruppo di disposizioni potrebbe esser ritenuto incostituzionale per violazione dell'art. 118 Cost. (Omissis). Secondo la costante giuriprudenza di questa Corte (e.g. sent. n. 68/1961, ord. n. 73/1965, sent. n. 195/1972, sent. n. 122/1976), � ben possibile sollevare una questione di �ostituzionailit� nel corso di un giudizio per conflitto di attribuzione, semprech� il sospetto di illegittimit� costituzionale non riguardi l'oggetto stesso del conflitto, ma concerna UJJ.a questione logicamente pregiudiziale rispetto a quella di cui si sostanzia il conflitto stesso. Se cos� non fosse, si produrrebbe peraltro .una sostanziale vanificazione del termine previsto per la proposizione dei ricorsi nei giudi:.d di legittimit� costituzionale in via di azione (art. 32, secondo comma, L n. 87 del 1953). Sulla base di tale premessa, mentre non c'� dubbio alcuno che dei due profili sollevati quello relativo al presunto eccesso di delega del capo III del d.P.R. 1199/1971 rispetto a1l'art. 6 I. n. 775 del 1970 dia corpo a una questione distinta da quella attinente al conflitto di attribuzione e astrattamente pregiudiziale rispetto allo stesso, al contrario il profilo relativo alla pretesa violazione dell'art. 118 Cost. costituisce l'oggetto stesso ed esclusivo del conflitto 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO medesimo. Si tratta, dunque, in quest'ultimo caso, di una questione di interpretazione risolvibile nell'ambito del processo logico di definizione delle competenze oggetto del conflitto. Come tale, la questione di costituzionalit� del capo III del d.P.R. n. 1199/1971 iri relazione all'art. 118 Cost. � inammissibile. (Omissis). ip.q.m . ... spetta aN.o Stato la decisione del ricorso sto:aordinario al Presidente della Repubblica avverso atti amministrativi regionali. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 31 dicembre 1986, n. 304. Pres. La Pergola� Rel. Baldassarre � Giavolucci Sergio ed altro (n. p.) e regione Emilia-Romagna (n. p.) e regione Puglia (n. p.). Regione � Recupero coatilvo dei creditl � Procedura ex r.d. 639 del 1910 � Applicabilit�. (Cost. artt. 3, 24, 102 e 117; I. reg. Emilia-Romagna 14 maggio 1975 n. 30, art. 15; I. reg. Puglia 15 novembre 1977 n. 36, art.. 2). Corte Costituzionale � Disposizione legislativa sterile � Questione di legittimit� costituzionale � Inammissibilit�. La procedura per il recupero coattivo dei crediti prevista dal r.d. n. 639 del 1910 pu� essere utilizzata, senza necessit� di norme regionali di rinvio o riproduttive, anche dalle regioni (nella specie, i crediti sono stati originati dalla pre;stazione di servizi pubblici) (1). Non � ammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata rispetto ad una disposizione legislativa sostanzialmente sterile, ch� inutiliter data sarebbe la pronuncia della Corte su essa resa. Le sei ordinanze dei giudici a quibus prospettano il.'iHegittimit� costituzionale di due disposizioni ponendo a questa Corte .una medesima questione: se le leggi regionali possano prevedere l'utilizzazione della procedura coattiva disposta dai! testo unico sulle entrate patrimoniali dello Stato (r.d. 14 aprile 1910 n. 639) al fine di recuperar�, presso terzi responsabili, propri crediti nascenti dalia prestazione di servizi ospedalieri (c.d. rivalsa ospedaliera). (1) Giustamente la Corte ha riconosciuto che lo strumento di autotutela anche esecutiva offerta dal r.d. n. 639 del 1910 � utilizzabile anche dai soggetti pubblici non espressamente nominati nell'art. 1 di detto r.d. Va per� osservato che la sentenza ha un ulteriore contenuto implicito: essa attribuisce allo Stato la competenza a disciplinare i momenti per cos� dire � intersoggettivi " dell'attivit� di riscossione dei crediti, escludendo che tali momenti ineriscano alle � materie � cui si riferiscono le varie attivit� amministrative che hanno dato origine alla nascita dei crediti. I -----I, I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I profili per i quali le predette disposizioni di legge regionale sono sospettate di incostituzionalit� sono riferiti a diversi articoli della Costituzione: l'art. 117 (violazione dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali e del limite delle materie attribuite alla competenza legislativa regionale), l'art. 3 (disparit� di trattamento fra i soggetti pubblici che possono fare rico11so all'ingiunzione di pagamento e i soggetti privati che non possono utilizzare tale procedura coattiva), l'art. 24 (violazrl.one del diritto di difesa in quanto l'ingiunzione � emes1sa senza contraddittorio e non colpisce, in ipotesi, la -controparte di un rap[pdrto contrattuale, ma un terzo) e l'art. 102 (violazione della riserva statale dehle funzioni giurisdizionali con la previsione di atti, come l'imputazione di responsabiilit� del terzo e l'ingiunzione di pagamento, ritenuti di natura giullisdizionale). Le questioni, riunite in un medesimo giudizio per fidentit� del Joro oggetto, sono comunque inammdissibili. Come :ripetutamente affermato da questa corte (sentenze n. 108/1957; n. 122/1976; n. 1/1977; n. 228/1985), ogni volta che ne1le ordinanze di rimessione viene denunciata una disposizione in h1ogo di un'altra o, comunque, si omette di includere nelJa denuncia una disposdzione anch'essa .applicabile {aberratio ictus), si versa in un'ipotesi di irrilevanza della questione, poich�, qualunque dovesse essere la pronunzia nel merito 1in �relazione alle incostituzionalit� prospettate, rima:rirebbe egualmente ferma, ai fini della definizione del giudizio a quo, l'applicabilit� di norme contenute dn disposizioni diverse da quelle denunciate. Pi� in ,particolare, questa Corte ha applicato tali criteri di giudizio non s�lo nel caso di norme del tutto diverse e autonome l'una dall'altra, ma anche nell'ipotesi di impugnazione di una disposizione di attuaziooe o di una norma meramente riproduttiva, anche se diversamente collocate nel sistema delle fonti, rispetto a quella principale non colpita dalla denunzia di illegittimit� costituzionale (sent. n. 1/1977). � Nel caso di specie le ordinanze di rimessione prospettano l'incostituzionalit� di due disposizioni di legge regionale che contengono una formulazione che richiama l'applicabilit� alle Regioni, ai fini del recupero di crediti sorti a seguito della prestazione di servizf ospedalieri, della procedura coattiva prevista dail r.d. n. 639 del 1910. Si tratta di una formulazione, attualmente presente dn centinaia di leggi regionali vigenti in diversi campi (come, ad esempio, le revoche di contributi regionali in vari settori, il recupero di spe~e sostenute dahle Regioni per interventi che dovevano essere operati dai privati, il recupero di spese relative ad esecuzioni in danno o di somme dovute da concessionari o per sanzioni amministrative, il recupero di spese di ricovero ospedaliero sostenute a favore di non aventi diritto all'assistenza sanitaria), che tuttavia non esprime la norma da applicare al caso di specie, ma contiene piuttosto un richiamo ad abundantiam alle disposizioni statali costituenti l'unica e vera fonte normativa del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 10 rapporto dedotto nei giudizi a quibus vale a dire il r.d. n. 639 del 1910 (testo unico delle disposizioni di legge relative alla ,riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato). Quest'ultimo, al suo art. 1, dispone espressamente che � i sistemi di procedura coattiva (...) per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (...), delle Province, dei Comuni e delle istituzioni pubbliche di beneficienza sono abrogati e sostituiti dalle disposizioni della presente legge, le quali sono applicabili anche ai proventi del Demanio pubblico e dei pubblici servizi ,esercitati dallo Stato e dagli enti sopra menzionati�. Se� condo una giurisprudenza pacifica del giudice ordinario, confortata da una legislazione interpretativa sostanzialmente conforme (art. 8 d.P.R. 25 giugno 1953 n. 492) e da una dottrina pressoch� unanime, il predetto art. 1 r.d. n. 639/1910 ha esteso l'applicabilit� della procedura coattiva anche al recupero dei crediti maturati a seguito della prestazione di servizi pubblici erogati dalle Regioni e, quindi, al recupero delle spese di ospedalit�. Pertanto, le disposizioni applicabili al caso dedotto nel giudizio a quo sono quelle, appena ricordate, contenute nel r.d. n. 639/1910, le quali prevedono anche per le Regioni la possibilit� dii ricorrere alla procedura coat� tiva per le proprie entrate pat�rimoniali e per il recupero delle spese ope� rate a fronte dell'erogazione di servizi pubblici. Queste disposizioni, le quali sono ovviamente applicabili soltanto ove ne ricorrano i presupposti di diritto e di fatto -e, in particolare, quando iil credito sia certo, liquido ed esigibile -rispondono chiaramente alla volont� del legislatore statale di garantire il buon andamento e la massima speditezza possibile dell'azio ne amministrativa dello, Stato e degli enti pubblici sopra menzionati. Rispetto a tali disposizioni di legge statale, che non rientrano nell'oggetto della denunzia di incostituzionalit�, le norme di leggi regionali impugnate non possono essere minimamente considerate � norme di rinvio ,., quantomeno in un senso tecnico giuridico. Queste, infatti, presuppongono una situazione 'Che, in mancanza del � rinvio � medesimo, non potrebbe esser minimamente disciplinata dalle disposizioni o dagli atti normativi cui il �rinvio� fa riferimento. Nel caso, invece, le norme del r.d. n. 639/1910 sono applicabili di per s� alle Regioni e non~abbisognano, a tal fine, di aiouna forma di intermediazione normativa da parte delle Regioni stesse. Ci� esclude che, in ipotesi, possa trovare applicazione la problematica del � rinvio � delle leggi regionali a quelle statali, sulla quale 9,Uesta Corte si � gi� soffermata in passato (sent. n. 128/1963). N� � possibile configurare in questo caso l'ipotesi di norme �regionali di attuazione o addirittura � correttive � rispetto a quelle statali, poich� nessuna delle disposizioni denunziate contiene previsioni senza le quali non potrebbero trovare applicazione le norme del r.d. n. 639/1910 e, tantomeno, modificative o integrative rispetto a quelle statali. E neppure si riscontrano nelle disposizioni impugnate norme meramente riproduttive che, anche se in passato, come PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE s:i � prima ;ricordato, sono state ritenute da questa Corte taJ.i da precludere l'estensione del sindacato di costituzionalit� alle norme riprodotte e non denunziate (sent. n. 1/1977), potrebbero indurre ipoteticamente ad un atteg-. giamento meno severo ove si seguisse una dottrina che appare incline a dare un'importanza prevalente all'identit� sostanziale del imo contenuto no;rmativo anzich� alla differenza formale delle distinte disposizioni che le contengono (semprech�, ovviamente, si tratti di norme aventi lo stesso valore giuridico). Al contrario, nel caso di specie si ha a che fare con un richiamo a disposizioni statali, le quali applicandosi ex se anche alle Regioni, rendono il richiamo stesso come assolutamente privo di significato no;rmativo. Si tratta, pi� precisamente, di un riferimento utile, volto a facilitare presso gli operatori giuridici l'individuazione delle norme (statali) da applicaire al caso concreto o, per usare la texminologia pi� comune in dottrina, di un � ;rmvio improprio � o � dichiarativo �. In una situazione del genere, come ha gi� notato questa Corte (sent. n. 122/1976), non ricor�rono neppure i p;resuipposti perch� si possa sollevare incidentalmente una questione di costituzionalit� nel corso del giudizio, poich� tale possibilit� si d� soltanto quando la Corte dubiti della costituzionalit� idi una no;rma ,diversa da quella impugnata che tuttavia appaia pregiudiziale rispetto alla decisione finale, nel senso che sia necessariamente applicabile nell'iter logico di definizione della ques�tione principale. Qui, infatti, non � nemmeno ipotizzabile un qualche rapporto di p;regiudizialit� tira le disposizioni regionaJ.i denunziate e quelle statali disciplinanti la procedura coattiva, poich� in !l'ealt� sono soltanto queste ultime a dover essere aipplicate al rapporto dedotto in giudizio. CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1987 n. 13 -Pres. La Pergola -Rel. Pescatore -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria) e regione Lombaniia. Contabillt� pubblica � Regione � Copertura di spesa pubblica � Entrata even� tuale e futura � Illegittimit� costituzionale. La copertura finanziaria di una spesa pubblica (nella specie, regionale) non pu� essere costituita da una entrata aleatoria o comunque conseguibile in esercizio successivo. (Omissis). Il presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto, in via principaJ.e, giudizio di legittimit� costituzionaJ.e avverso la legge approvata daJ. Consi~io regionale della Regione Lombardia il 27 marzo 1985, riapprovata il 29 ottobre 1985, recante disposizioni sul �Rifinanziamento del 12 RASSEGNA IJEll'AVVOCATUKA DELLO STATO l'art. 10 della I. reg. 3 marzo 1980, n. 22 �. Ha dedotto la violazione dell'articolo 81, quarto comma, Cost., affermando che nella legge impugnata non � prevista un'adeguata ed effettiva copertura degli oneri finanziari ad essa conseguenti. La questione � fondata. La legge impugnata, integrando gl'interventi gi� disposti con la legge reg. 3 marzo 1980, n. 22 (recante � Contributi straordinari alla S.rp.A. Ferrovie Nocd Milano�) prevede (art. 1) -al fine di consentire il completamento della fornitura di materiale rotabile destinato al risanam�nto delle ferrovie gestite daHe Ferrovie Nord Milano l'anticipazione di un contributo di sei miliardi di lire, proseguendo l'intervento previsto a tal fine dalla legge regionale n. 22 del 1980. Detto contlt"ibuto � destinato ad essere erogato, a domanda, rprevia � surrogazione � della Regione da parte delle Ferrovie Nord Milano " in tutti i diritti della stessa societ� per i crediti da essa vantati nei confronti dell'amministrazione dello Stato, nei limiti dell'ammontare del contributo concesso � (art. 2). La copertura della spesa inerente alla concessione del contributo � stata prevista (art. 4) iscrivendo in bilancio, tra le entrate, l'int~ito di sei miliardi di lire, che dovrebbe derivare dal ;rimborso delle somme anticipate, in conseguenza della � surrogazione � della Regione nei crediti delle Ferrovie Nord Milano verso lo Stato, per contributi dovuti ai sensi della t 8 giugno 1978, n. 297. Questa Corte ha gi� affermato il principio {Sent. 8 marzo 1983, n. 54), secondo il quale la copertu;ra finanziaria di leggi regionali, che prevedono anticipazioni a privati di contributi a carico dello Stato, previa cessione alfa Regione del relativo credito, non pu� essere correttamente disposta mediante la semplice previsione (tra Je entrate, dell'incasso, in Wl momento futuro ed incerto, delle medesime somme) operata attraverso la cessione del credito verso lo Stato. In tal modo, infatti, l'anticipazione viene a configurarsi come una partita di giro, mentre essa implica un esborso effettivo. Tale esborso si verifica con il realizzarsi dei presupposti che l'autorizzano e si differenzia, dunque, strutturalmente e funzionalmente dalla partita di giro. Ne deriva che, costituendo l'anticipazione �,un nuovo onere a carico deJ bilancio regionale �, � la relativa copertur� :va reperita, ai sensi dell'art. 81, quarto comma, Cost.,,attraverso i mezzi consueti: cio� con quelle fonti di finanziamento della spesa che consentono di non alterare neJ cocso dell'esercizio i dati impostati nel bilancio di previsione� (Corte cost., sentenza 8 marzo 1983, n. 54, cit.). Sulla base di tali principi, deve affermarsi l'inidoneit� del citato art. 4 della legge impugnata ad adempiere al precetto dell'art. 81 Cost. Infatti, esso prevede Ja copertura degtli oneri finanziari, che Ja legge comporta, con il recupero delle somme anticipate in seguito all'erogazione (e aH'incasso) dei contributi statali alle Ferrovde Nord Milano ai sensi de11a 1. 8 giugno 1979, n. 297. In tal modo si fa riferimento ad un introito del tutto 13 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE incerto nell'an e nel quando, giatth�, socondo l'art. 12 della I. 3 marzo 1980, n. 22, l'anticipazione � erogat;:,t senza che esista la certezza (oltre che la esigibi1it�) del credito delle Ferrovie Nord Milano ve1:1so lo Stato. Infatti, detto art. 12 -che disciplina le anticipazioni ex art. 10 della I. n. 22 del 1980, alle quali la legge impugnata si riferisce -prevede l'erogazione delle anticipazioni, fra l'altro, a condizione che le Ferrovie Nord Milano abbiano � esperito apposite gare, previo avviso al pubblico, sulla base delle modalit� e delle specifiche tecniche che saranno approvate dahla giunta regionale � per l'acquisto del materiale rotabile. Non si fa alcun rifenimento al previo positivo esperimento anche de1le procedure amministrative necessarie, affinch� alle Ferrovie Noro Milano siano effettivamente concessi i contributi previsti dalla 1. 8 giugno 1978, n. 297, nei limiti degli stanziamenti disponibili. Ne deriva che alla spesa inerente all'attuazione del:l.e previsioni della legge impugnata � connessa una copertura finanziaria del tutto aleatoria. Pertanto la normativa censurata deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima. CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1987 n. 42 -Pres. La Pergola � Rel. Ferrari -Leonardi (avv. Barbato), Presidente Consiglio dei Ministri e Regione Trentino-Alto Adige (aw. Stato Bruno). Trentino-Alto-Adige � Elezioni comunali � Requisito della ininterrotta residenza biennale � Illegittimit� costituzionale. {Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 25 e 63; d.P.R. 1� febbraio 1973 n. SO, art. 5; I. reg. 6 aprile 1956 n. 5, mod. con I. reg. 10 agosto 1974 n. 6, art. 16). Contrastano con gli artt. 25 e 63 dello Statuto del Trentino Alto Adige (nel testo unico) gli artt. 5, secondo comma, d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 50 (esercizio del diritto di voto per le elezioni del Consiglio regionale del T.A.A., nonch� per quelle dei Consigli comunali della provincia di Bolzano), 16, secondo comma, legge regionale 6 aprile 1956, n. 5, come modificato dalla legge regionale 10 agosto 1974, n. 6 (composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali), e 15, secondo comma, del testo unico delle leggi regionali 27 marza 1980, n. 445, sulla composizione ed elezione dei predetti organi, nelle parti in cui prescrivono � almeno due anni di ininterrotta residenza nel territorio della provincia di Bolzano � ai fini dell'esercizio del diritto di voto per le elezioni dei Consigli comunali compresi in detta provincia (1). (1) Le disposizioni di attuazione si sono in pi� punti discostate dallo Statuto; doverosa appare una attenta verifica, ogniqualvolta sottoposte a sindacato. ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 Un cittadino italiano, gi� residente nel Comune di Bolzano per oltre 26 anni ~dal 22 maggio 19S6 al 29 novembre 1982), si trasferiva in un Comune (Tiardo di Sotto) della provincia di Trento, rientrando peraltro, dopo poco pi� di 16 mesi, nel Comune di Bolzano, nel cui registro de!Ja popolazione veniva, infatti, reisc:r�.tto il 7 aprile 1984. A distanza di meno di un anno dalla. suddetta reiscrizione, e precisamente il 28 marzo 198S, veniva p�bblicato il manifesto di convocazione dei comizi elettorali per il r-innovo del Consig�io comunale di Bolzano, ed iJ. Leonardi non veniva iscritto nelle liste elettorali -�e, di conseguenza, non pot� partec:ipaTe alla votazione-, perch� mancante del requisito dell'ininterrotto biennio di residenza, previsto dalla disposizione contenuta nell'art. S, secondo comma, del d.P.R. 1� febbraio 1973, n. SO e, prima ancora, nell'art. 16, secondo comma, della legge regionale 6 aprile 19S6, n. S, come modificato dall'art. 6 legge regionale 10 agosto 1974, n. 6, nonch� nell'art. lS, secondo comma, del testo unico approvato con deliberazione della Giunta regionale 27 marzo 1980, n. 44S. La Corte d'appello di Trento, investita in secondo grado del giudizio promosso dall'interessato, solJeviava dinanzi a questa Corte, questione di legdttimit� costituzionale delle suddette disposizioni, denunciandone il contrasto con gli artt. 2S, teTzo comma, e 63 del �testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale peT il Trentino-Alto Adige �, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. (Omissis). Lo stesso testo normativo, il. quale prescrive il contestato requisito dell'ininterrotto periodo biennale di residenza nella provincia di Bolzano (d.P.R. n. SO del 1973), prevede altres� l'istituzione di una �lista elettorale aggiunta � -nei Comuni della Repubblica, per i cittadini che si trasferiscano nella regione T.AA. (artt. 3 e 4) e -nei Comuni deHa provincia di Trento, per gli elettori che da questa si trasfeTisoano nella provincia di Bolzano (art. 8, primo e secondo comma), precisando che gli elettori ivi iscritti �hanno diritto di esercitare il voto nel relativo Comune quando, durante la maturazione dei periodi residenziali..., vi si dovessero svolgere elezioni per il rinnovo del Consiglio comunaile �. Dail combinato disposto di tali statuizioni con la norma impugnata 1si d~educe con chiarezza il pensiero del legislatore ordinario, secondo oui al cittadino italiano residente in provincia di Bolzano, e tuttavia privo del requisito del biennio ininterrotto di residenza, non � gi� precluso il diritto di voto, ma � prescritto di votare nel Comune di provenienza, an2lich� in quello di residenza. Se cos� �, allora si deve riconosceTe che il dubbio di legittimit� concerne, non gi� l'elettorato attivo, cio� il diritto politiico per eccellenza, belliS� il suo esercizio, limitatamente, beninteso, alla provincia di Bolzano e, nell'ambito .di questa, limitataJilente alle elezioni comunali; pi� esattamente, non concerne neppure il biennio -dato che questo non si aggiunge, ma � compreso nel quadriennio, e che, a ben vedere, ha pur sempre una du PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 15 rata inferiore ail � maggior periodo ... nel quadriennio � -, ma la non interruzione di esso. Lo Statuto speciale, dettando per un verso la regola generale (art. 25, quarto comma) che la residenza ininterrotta quadriennale � prescritta � ai fini delle elezioni regionali � -e perci�, solo a tali fini -, e riservando per altro verso alle elezioni comunali in provincia di Bolzano -e perci� soltanto ad esse, non anche a quelle in provinicia di T,rento -un apposito articolo ed un'apposita disposizione, cio� l'art. 63 e la proposizione finale dell'art. 25, .sembrerebbe facoltizzare il legislatore ordinario ad adattare alla peculiare autonomia della provinicia di Bolzano la disciplina delle elezioni di quei Consigli comunali, ma pur sempre nel rispetto del principio dell'illimitabilit� dell'elettorato attivo e del termine quadriennale di residenza nella regione. TuttaW.a, per quanto nella specie il diritto di voto sia fuori discussione, perch� fatto salvo dalla possibilit� di esercitarlo medio tempore nel Comune di p:rovenienza, ed il requisito della durata della residenza nella regione rimanga inalterato, l'espresso, inequivoco rinvio che l'art. 63 dello Statuto speciale fa al quarto comma dell'art. 25 ed il richiamo che a sua volta la p:roposizione finale di tale comma fa al menzionato art. 63 rogano ogni perplessit� interpretativa, inducendo a concludere che, anche ai fini dell'esercizio dell'elettorato attivo per i Consigli comunali in provincia di Bolzano, si applica il criterio del � maggior periodo di residenza nel quadriennio �. E poich� tale criterio � stabilito in una legge di rango costituzionaile, devesi ritenere illegittimo il difforme requisito del biennio di ininterrotta residenza in provincia di Bolzano, introdotto dal legislatore statale e da quello regionale ai fini delle elezioni comunali nella suddetta provincia autonoma. CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1987, n. 49, Pres. La Pergola -Rel. Saja -Prov. di Trento e rprov. di Bolzano (avv. Panunzio) e Presidente Consiglio dei Ministri (aw. Stato Vittoria). Trentino-Alto-Adige � Edilizia sovvenzionata � Competenze provinciali � Sostituzione dello Stato � Legittimit� � Limiti. � L'intervento statale in sostituzione di regioni e delle province di Trento e Bolzano � consentito quando sussista un interesse nazionale non territorialmente frazionabile, e nei limiti della reale esigenza di perseguire detto interesse (1). (1) Di notevole interesse il princ1p10 riportato in massima, relativo alle possibilit� dello Stato di sostituirsi alle regioni (e alle province) in presenza di un interesse nazionale non frazionabile. I ����.�,�.������������������������ᥥ����������������"�'-�-���,-,�.-.� ,,.,.,-,..--.-.-.�.�,�.-.�,-.�.�.-,�r.�.-.�.�.-.-.�.-..-.-,-.--.-.-.-.-.-.-..-.�.�,-.�.�,-,-..,.,,-�..�.-.-.-.-..-.-.�,�.�.�.-.�.�.--.-r.�.�.r.-r.�.-.�.-.�.�.-.�.�.�,�,-,-..-.�.�rr.�.�.�.�,�.-.�.�.�.�,-r.�.�.�,-,�r.�� ����.�.��:�:�����:�:���:���:��.�.�.�.�.�.�.:...-.�.:.��:�'.�'.�'.���'.�'.���:���'.�'.�'.�'.�'.�"�;..'.�'.�"�'.�'.�'-'.�'.�������:�'.�'.� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 16 (Omissis). Le due Province sono insorte con quattro ricorsi per �confUtto di attribuzioni avverso altrettanti provvedimenti governativi, adottati suLla base del d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 convertito con modificazioni nella I. 25 marzo 1982 n. 94; successivamente, con un altro gruippo di ricorsi le stesse P1rovince: a) hanno impugnato in via principale la disciplina statale, avente ispirazione analoga a quella sopra indicata e contenuta nel d.l. 7 febbraio 1985 n. 12 convertito con modificazioni nella 1. 5 aprile 1985, n. 118; b) hanno proposto altri tre rico11si per conflitto di attribuzioni contro i conseguenti provvedimenti amministrativi adottati dal Governo sulla base dd tale ultima disciplina e ritenuti anch'essi inviasivi della competenza provinciale. Gli anzidetti atti normativi concernono la grave situazione in cui si erano �venute a trovare in comuni ad alta tensione abitativa i locatari di .immobili ad uso di abitazione, nei confronti dei quali era stato giudizialmente disposto fil rilascio degli immobili stessi: di conseguenza prevedono eccezionali misure di varia natura, tra cui finanziamenti straordinari, per i reperimento (costruzione, acquisto, ecc.) di abitazioni da as1segnare ai conduttori suindicati, che non erano in condizioni economiche di provvedervi autonomamente, ma avevano bisogno di particolari agevolazioni. Le due Province con i ricorsi introduttivi e, in modo ancor pi� preciso, con le memorie depositate nell'imminenza della pubblica udienza. hanno circoscritto la portata dell.e loro censure. Esse, pur energicamente affermando la propria competenza :primaria in subiecta materia ed inva-. cando al riguardo anche gli artt. 16 e 78 del richiamato statuto speciale, non contestano la legittimit� degli interventi statali a favore delle persone che erano sul punto di rimanere prive di abitazione e non erano in condizione di procurarsene un'altra; si dolgono soltanto di essere state estromesse dall'iter procedimentale relativo all'attuazione delle suddette misure agevolative. Al riguardo � per� preliminare il rilievo che, nona-. stan.te la rilevata comune finalit�, i due testi normativi (del 1982 �e del 1985) non hanno il medesimo contenuto, giacch� in quello successivo esiste una disposizione (art. 5 quinquies cit. 1. n. 118/1985) che, come si vedr� mseguito, impone una diversa soluzione. I due gruppi di impugnative vanno quindi considerati separatamente. (Omissis). , Nel merito ila doglianza delle ricorrenti non � fondata. L'esigenza cli fronteggiare efficacemente e compiutamente le gravi e preoccupanti conseguenze dei ricordati provvedimenti di rilascio si ricollega invero alle fondamentali regole della civile convivenza, essendo indubbiamente doveroso� da parte della collettivit� intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione. Da tale esigenza, che rifiuta qualsiasi frazionamento territoriale, discende la legittimit� dell'intervento statale, chiaramente riconducibile all'esercizio della funzione di indirizzo e di coordina PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE mento. Questa per� non � senza limiti/ ma consente la sostituzione degli organi statali alle regioni (o pmvince) solo nei limiti imposti dall'interesse naziona:le: � compito quindi deHa Corte di verificare se tale interesse sussista effettivamente o non si tratti invece di un pretesto per comprimere illegittimamente l'autonomia regionale (o provinciale); nonch� di accertare se, anche in presenza del richiamato interesse, l'intervento statale risulti contenuto nei limiti segnati da una reale esigenza. A!l di l� di tali limiti non pu� ritenersi consentita la sostituzione dello Stato agli enti predetti (cfr. particolarmente le sentt. n. 340 del 1983 e 357 del 1985). Le due Province deducono appunto, come gi� si � accennato, che tali limiti sarebbero stati superati in qruanto, avendo esse in precedenza emanato delle norme !specificamente concernenti la materia oggetto dell'intervento statale, la loro estromissione dall'attuazione delle provvidenze disposte con tale intervento non era affatto giustificata: sussistevano, per contro, esigenze di razionale coordmamento e di efficienza dell'azione amministrativa, tali da imporre la loro partecipazione alle due fasi sopra indicate (individuazione delle aree ad alta tensione abitativa e ripartizione dei fondi in comuni compresi nel relativo teI'II'itorio). La deduzione � per� puntuale soltanto in parte, dato che le leggi provinciali, a cui sembrano riferirsi in particolare i due enti autonomi (1. prov. Trento 6 giugno 1983 n. 16; ll. prov. Bolzano 19 aprile 1982 n. 16, 21 novembre 1983 n. 45, 31 agosto 1984 n. 11) sono anteriori alla disciplina del 1985 ma seguono il primo degli interventi Jegislativi statali in questione. Conseguentemente, i1 fon� <lamentale argomento su cui si fonda la censrura delle Province non � rifeTibile ai provvedimenti emessi in attuazione della normativa del 1982; di talch� deve ritenersi che lo Stato, per la notevoliissima rilevanza sociale dello scopo perseguito e per l'estrema qrgenza con cui le misure predisposte dovevano essere attuate, legittimamente ha riservato a se stesso ogni attivit� preordinata al raggiungimento di detta finalit�, utilizzando peraltro la collaborazione di organi di enti locali. Le doglianze mosse con i quattro ricorsi esaminati risultano quindi prive di fondamento. La questione presenta un diverso aspetto c�n riguardo alla normativa del. 1985, la quale, a differenza di quella ora esaminata, contiene una disposizione (art. 5 quinquies della legge n. 118 del 1985 di conversione del d.l. n. 12 del 1985) la quale ,recita: �Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono nell'ambito delle proprie competenze all� finalit� previste nel presente decreto secondo le modalit� stabilite dai rispettivi ordinamenti �. Dal tenore univoco della riportata disposizione, chiaramente collegata alla sopravvenuta legislazione provinciale invocata dagli enti ricorrenti, discende (e su ci� la difesa delle Province e l'Avvocatura dello Stato hanno concordato nella discussione orale) che spetta alle Province quanto da esse reclamato, vale a dire tanto l'individuazione dei comuni a 18 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO pi� alta tensione abitativa quanto la ripartizione tra i medesimi dei fondi (strao1idinari) occorrenti per �l'attuazione di tale programma e messi a disposizione dallo Stato. (Omissis). p.q.m. I.) dichiara che spetta allo Stato: a) di prov'1edere in ordine alla destinazione della quota di finainziamento di oui all'art. 2 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 coDIV. in I. 25 marzo 1982 n. 94, come disposto nel decreto del Ministro dei lavori pubblici in data 3 gennaio 1983 (prot. n. 12) e nella nota dello stesso Ministro in data 5 gennaio 1983 (prot. n. 85/c), relativamente al territorio della Provincia di TTento; b) di provvedere con gli stessi criteri e come disposto nei provvedimenti suddetti, relativamente aJ. territorio della Provincia di Bolzano; c) di provvedere in ordine alla destinazione della quota di finanziamento di ct� a�Ll'art. 3 d.l. cit., come disposto dal decreto del detto Ministro in data 4 luglio 1984 (iprot. n. 2180/AG) relativamente al territorio della Provincia di Trento; d) di provvedere con gli stessi criteri e come disposto dal decreto dello stesso Ministro in data 5 luglio 1984 (prot. n. 2181/ AG) relativamente al territorio delia Provincia di Bolzano; Il.) dichiara non fondata, nei sensi di ct� in motivazione, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 5 quinquies d.I. 7 febbraio 1985 n. 12 come ronv. in I. 5 aprile 1985 n. 118, in riferimento agli aTtt. 3, terzo co., 8 n. 10, 16 e 78 dello Statuto Trentino-Alto Adige (T. U. approvato con d.P.R. 21.agosto 1972 n. 670); III.) dichiara che spetta alle Province di Trento e di Bolzano, nell'ambito del rispettivo territorio: a) di individuare i Comuni ad alta tensione abitativa ai sensi dell'art. 5 d.l. n. 12 del 1985 cit.; conseguentemente annulla la delibera CIPE in data 30 maggio 1985, in G. U. n. 143 del 19 giugno 1985, nella parte concernente il territorio delle due P.rovince; b) di disporre in ordine ai fondi assegnati dallo Stato ai sensi dell'art. 4 d.l. n. 12 del 1985 cit. con decreto del detto Ministro in data 26 luglio 1985 (prot. n. 3143/AG) e di conseguenza annulla il decreto medesimo. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 5 marzo 1986, nella causa 242/84 -Pres. Mackenzie Stuart, Avv. Gen. Verloren Van Theniaat. Domanda di pr�nuncia pregiudiziale proposta dal CoHege van Beroep rvoor het Bedrijfsleven (Paesi bassi) nella causa Tezi B.V. c. Ministero dell'economia. lnterv.: Governi olandese (ag. Bos), francese (ag. Renouard e Botte), italiano (a'V'll'. Stato Fiumara) e del Regno unito (ag. Braggins) e Commissione della C.E. (ag. Haagsma e Hartvig) Comunit� Europee -Politica commerciale comune -Commercio internazionale dei tessili -Misure di salvaguardia. � (Trattato CEE, artt. 113 e 115; reg. CEE del Consiglio 23 dicembre 1982, n. 3589). Gli artt. 113 e 115 del Trattato CEE, considerati nella loro interrelazione, devono essere interpretati nel senso che la Commissione dispone ancora, dopo l'Accordo sul commercio internazione dei tessili e dopo l'emanazione del regolamento CEE del Consiglio 23 dicembre 1982, n. 3589, del potere di applicare l'art. 115 nel settore del commercio dei prodotti tessili soggetti alla disciplina di detto regolamento(!). (1) Nello stesso senso la sentenza, in pari data, nella causa 59/84, promossa dalla TEZI TEXTIL contro la COMMISSIONE C. E. per l'annullamento della decisione di quest'ultima che aveva autorizzato i paesi del Benelux ad escludere dal trattamento comunitario alcuni prodotti tessili originari di Macao e messi in libera pratica negli altri Stati membri. Sulle misure di salvaguardia cfr., oltre alla sentenza citata in motivazione, la sentenza 30 novembre 1977, nella causa 52/77, CAYR4L, in Racc. giur. Corte, 1977, pag. 2288. Politica commerciale comune e misure di salvaguardia (nel settore dei tessili). * Molto opportunamente -si era osservato da parte del Governo italiano nel corso della discussione orale della causa -la Corte ha posto dei quesiti, a conclusione della fase scritta, alla Commissione e agli Stati membri intervenuti; in particolare per sapere che cosa si sia voluto intendere, nelle memorie scritte, per � politica commerciale comune � e quando un regime pu� qualificarsi di politica commerciale comune. Ho detto � molto opportunamente � perch�, in effetti, si sono potuti creare degli equivoci, in dipendenza del significato che si vuol dare all'aggettivo e comune�: � comune � � uguale a � comunitario � o � comune � � uguale a �uniforme�?. I chiarimenti forniti dagli Stati intervenuti e dalla Commissione sono stati tutti nello stesso senso e sono tali da dissipare ogni equivoco: essi indicano 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). 1. -Con sentenza 2 ottobre 1984, pervenuta alla Corte il 4 ottobre 1successivo, il College van Beroep voor het Bedrijfsleven (Paesi Bassi) ha sottoposto a questa Corte, a norma de1l'art. 177 del Trattato CEE, ta1Wle questioni pregiudiziali relative all'inte:ripretazione degli artt. 113 e 115 di detto Trattato. 2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di UIIla controversia f�ra le isociet� Tezi B.V. (in prosieguo: Tezi) e il Ministero olandese dell'economia, vertente sui rifiuto di detto Ministero di rilasciare alla Tezi delle licenze per,l'importazione nei Paesi Bassi di determinati quantitativi di prodotti tessili rientranti nelle voci 61.01 B V e 3, 61.01 B V e 3 e 61.01 B II e 6 della Tariffa Doganale ComWle, originari di Macao e messi in libera pratica in lrtalia. 3. -� opportuno ricordare, a questo proposito, che gli scambi di prodotti tessili tra Macao e la Comunit� erano disciplinati, all'epoca dei fatti di causa, dal secondo Accordo Multifibre stipulato nell'ambito del GATT. Detto Accordo, per quanto non ancora ufficialmente approvato dalla Comu� nit�, entrava iprovvisoriamente in vigore, in particolare nei rapporti tra la Comunit� e Macao, in forza del rego!amento del Consiglio 21 dicembre 1978, I n. 3059 (G.U. n. 365, pag. 1), sostituito dal regolamento del Consiglio .:-: I I r:: 23 dicembre 1982, n. 3589, �relativo al reg1me comune da applicare alle importazioni di taLuni prodotti tessili originari dei paesi terzi (G.U. n. 374, pag. 106). all'unisono il primo dei due significati sopradetti (� comune � � uguale a � comunitario �, e non necessariamente a �uniforme�). Ai sensi dell'art. 113 del Trattato pu� dirsi, come osserva esattamente la Commissione, che, dopo la fine del periodo transitorio, la Comunit� dispone di una propria competenza in ci� che concerne la politica commerciale nei confronti 'I dei paesi terzi. Ci� significa indubbiamente che, con l'esercizio delle sue competenze, la Comunit� detta una politica commerciale comune, cio� una politica comunitaria e non v'� pi� una politica commerciale nazionale. E ai sensi dell'art. 113 � la politica commerciale comune � fondata su principi uniformi soprattutto per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la ~ I -: conclusione di accordi tariffari e commerciali, l'uniformit� delle misure di libe,, ralizzazione, la politica d'esportazione,' ecc.�. Tale politica comune (o comunitaria) deve fondarsi dunque su principi di uniformit�, ma ci� non significa che essa debba realizzarsi necessariamente in un solo giorno, quello, ormai lontano, del primo giorno successivo alla scadenza del periodo transitorio. :E! proprio l'art. 115 del Trattato ad ammettere (come ha osservato anche oggi il rappresentante del Governo francese) che, dopo la fine del periodo transitorio, possano continuare a sussistere differenti misure di politica commerciale comune nei vari paesi, pur nell'ambito della politica commerciale comune ispirata a principi uniformi. La ratio di questa possibilit� � evidente e con molta precisione la Commissione l'ha messa in luce (e oggi l'ha ribadita il rappresentante dei Paesi 21 PARTI! I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 4. -A nonna del regolamento n. 3589/82, che applica ai fatti di causa, l'importazione nella Comunit� dei prodotti tessili rientnmti nelle categorie contemplate nell'allegato I � sogigetta alle limitazioni quantitative indicate nell'allegiato III. Per i prodotti rientranti nella categoria 6, originari di Macao, il Uinite quantitativo era fissato, per hl 1983, in 10.114.000 pezzi. Questo quantitativo massimo era ripartito, a nonna dell'art. 3, n. 2, e dell'allegato IV, tra gli Stati membri della Comunit�, e i Paesi del Bene1ux el1allo, a tal fine, considerati come un'unit�. 5. -Per quanto riguarda gli scambi commerciali di dette merci tra il Benelux e gli altri Stati membri, la Comxnissione, in base all'art. 115 del Trattato e alla sua decisione 20 dicembre 1979, n. 80/47 (G.U. n. L 16, pag. 14), aveva autorizzato, con decisione 22 dicembre 1981, n. 82/205 (G.U. n. L 97, rpag. 2), i paesi del Benelrux a procedere ad una sorveglianza intracomunitaria sulle importazioni, consistente nel subordinare le importazioni delle merci di cui itrattasi al rilascio di una licenza rper il periodo fino al 30 giugino 1983. Questo regime di sorveglianza intracomunitaria vigeva all'epoca dei fatti di coosa. 6. -n 29 . aprile 1983 la Tezi presentava ai competenti uffici olandesi domanda di licenza per l'importazione delle merci suddette. 7. -Le domande venivano respinte in base alla decisione della Commissione 12 aiprile 1983 (G.U. n. C 102, pag. 3), con la quale la Commissione, Bassi) allorch� essa ha detto che questa � la valvola di sicurezza che consente alla Commissione di evitare misure di protezione per l'intera Comunit�. Per tener conto delle esigenze particolari, ma assolutamente improrogabili, di un certo Stato o di una certa regione, la Comunit� dovrebbe generalizzare una misura restrittiva nei confronti di tutta la Comunit�; molto meglio � invece lasciarle la possibilit� pur nell'ambito di una politica commerciale comune, di fissare misure particolari per un certo Stato o per una certa regione (ovvero consentire, il che � lo stesso, che tale Stato mantenga in vigore certe restrizioni) e consentire il massimo di liberalizzazione per gli altri Stati o gli altri territori. Pu� dirsi che in tal modo si realizzi cionondimeno una politica commerciale co.mune (o meglio comunitaria)? Certamente s�. Perch� il consenso dato dalla Commissione al singolo Stato a mantenere una misura restrittiva o la diversa regolamentazione che la Com� missione ha dato per un determinato Stato o un determinato territorio sono stati pur sempre dati e vanno visti nell'ottica della politica generale (quella comune) che la Commissione attua. Cio� la Commissione intende realizzare una politica comune basata su principi uniformi ma perch�, realisticamente, ci� sia attuabile, essa procede progressivamente nel modo pi� indolore, per la Comunit� stessa e per i singoli Stati interessati, attraverso un equo contemperamento degli interessi. E cos� essa ammette (nel senso che lascia sussistere o detta specifi� camente) delle discipline particolari, il meno incompatibili che sia possibile con le linee di politica comune uniforme che essa intende pe1�seguire. :a. chiaro, quindi, che politica commerciale comune (o comunitaria) non significa ancora politica commerciale comunitaria uniforme, anche se l'unifor� 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO su domanda del Governo dei Paesi Bassi, presentata d'intesa con gli altri paesi del Bene1ux, autorizzava detti paesi ad escludere dal trattamento comunitaTio, per il rperiodo 2 arprile -30 novembre 1983, le merci comprese nelle voci ex 61.01 B V ed ex 61.02 B II della TDC, originarie di Macao, messe in [ibera pratica negli altri Stati membri, e relativamente alle quali fossero state presentate domande di licenza d'importazione dopo ili. 1� aprile 1983. 8. -La TezL impugnava davanti ad Co11ege van Beroep voor het Bedrijfsleven il rifiuto del Tilascio delle licenze di importazipne, deducendo l'invalidit� della sopra menzionata decisione della Commissione 12 aprile 1983. 9. -Il suddetto organo igiurisdiziale decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre al'la Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se gli artt. 113 e 115 del Trattato, considerati neMa loro interrelazione, vadano interpretati nel senso che sia ancora possibile alla Commissione aiprplicare l'art. 115 nell'ambito del commercio internazionale nel settore tessile dopo la conclusione dell'accordo sul commercio internazionale dei tessi!li (l'accordo multifibre) e l'emanazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3589/82. mit� � l'obiettivo che la Comunit�, e per essa la Commissione e gli Stati, devono perseguire. E tutto ci� � realistico e ovvio. Nessuno ha mai creduto ad un colpo di bacchetta magica. Non era certo possibile che, scaduto il periodo transitorio, da un giorno all'altro si realizzasse di colpo la politica commerciale comune; n�, pi� limitatamente, che qualsivoglia intervento di politica commerciale comune da parte della Commissione fosse esaustivo, s� da realizzare una completa uniformit�. L'uniformit� � un obiettivo che deve essere raggiunto e in alcune materie � stato fortunatamente raggiunto (si pensi alla tariffa doganale comune), ma non � requisito indispensabile di una politica commerciale comune (o comunitaria). Poste queste osservazioni generali, sulle quali v'� un generale accordo fra Commissione e Stati, non sembra che possa dubitarsi -e nella specie ne ha dubitato invero solo la parte privata direttamente interessata -della insussistenza di una uniformit� nella materia tessile di cui parliamo, sebbene questa materia sia pure oggetto di una politica commerciale comune, cio� di una specifica normativa comunitaria. Senza dilungarmi su questo punto, che ha gi� formato oggetto di amplissima trattazione scritta da parte di tutti, vorrei ricordare soltanto il 10� considerando del regolamento 3589/82 relativo ai prodotti de quibus: � ... date le notevoli disparit� che ancora esistono fra le condizioni alle quali sono attualmente subordinate le importazioni dei prodotti in questione negli Stati membri, non- I r: . I 23 PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB ~ 2) In caso di soluzione affemnativa della questione sub 1), se l'art. 115 del Trattato vada interpretato nel senso che per � misure di politica commerciale adottata dagli Stati membri conformemente al presente Trattato � debba intendersi anChe una suddivisione per Stato membro di limiti quantitativi comunitari, come stabilito nell'allegato IV del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3589/82 �. 10. -La Tezi, il Governo della Repubblica francese, il Governo della Repubblica italiana, il Governo del Regno Unito e la Commissione delle Comunit� Europee hanno presentato osservazioni scritte sulle pTedette questioni a norma dell'art. 20 del Protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia. 11. -1Con le due questioni pregiudiziali, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice nazionale chiede, in 1sostan2la, se la Commissione disponga ancora del potere di, adottare decisioni ai seDJsi. dell'art. 115 del T,rattato per quanto riguarda i prodotti tessili assoggettati al regime di cui al regolamento n. 3589/81 e messi in ilibera pratica in a>J.tri Stati membri. 12. -A questo proposito, la Tezi �rileva innanzitutto che, in materia di politica commerciale, il Trattato ha disposto un trasferimento di competenze totale e irrevocabile a favore della Comunit�, ma che, a causa del ritardo nella realizzazione di detta politica, J.a Corte iha ammes�so nella sua giurisprudenza la possibilit� ohe anche dopo la scadenza del periodo transitorio la Commissione autorizzi gli Stati membri in forza dell'art. 115, a mante- ch� la speciale sensibilit� dell'industria tessile comunitaria, queste condizioni di importazione possono essere uniformate unicamente per gradi; e... pertanto la ripartizione (per quote nazionali) potr� adeguarsi soltanto progressivamente a queste esigenze di approvvigionamento �. Abbiamo dunque, nella materia de qua, una politica commerciale comune, la quale, per�, non ha ancora raggiunto una completa uniformit�. La Commis sione ammette, cio�, situazioni differenziate e fissa._ oltre la quota comunitaria complessiva (che da sola realizzerebbe la uniformit� completa), anche sotto quote nazionali. La ratio di questa fissazione di sottoquote nazionali � asso lutamente chiara, nel senso che essa mira a salvaguardare in parte i mercati nazionali, come risulta chiaramente da tutti i �considerando� del regolamento sopra citato e delle altre norme (dell'accordo) precedenti e successive: non � accettabile la tesi della parte privata, secondo la quale la fissazione delle sotto quote ha carattere esclusivamente amministrativo, cio� di mera organizzazione (ci� non si appoggia su alcunch�). La differenziazione ammessa dalla Comunit� � sufficiente a legittimare l'adozione delle misure di salvaguardia di cui si discute? Viene qui in questione l'interpretazione dell'art. 115 del Trattato nella parte in cui esso parla di � misure di politica commerciale comune adottate dagli Stati membri conformemente al presente Trattato �. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE considerato continuazione di una precedente politica commerciale nazionale, tanto pi� che, per quanto riguarda i prodotti tessili originari di Macao cui si riferisce il giudice nazionale, nei Paesi Bassi non vigevano restrizioni all'importazione prima della fine del periodo transitorio. 16. -La Tezi sottolinea inoltre che nello stesso regolamento n. 3589/82 figurano disposizioni intese a porre rimedio aLle gravi difficolt� che possono derivaTe da sviamenti di traffico verso uno o pi� Stati membri. 17. -A questo proposito essa cita l'art. 7, n. 2, il quale contempla un procedimento che consente di aldottaTe le quote nazionali, � in particolare a motivo dell'evoluzione delle cor.renti commerciali�. A suo parere, detto procedimento si applica non solo alle importazioni dirette, ma anche nel caso in cui dovessero derivare difficolt� dalle correnti commerciali all'in� terno della Comunit�. 18. -La Tezi ricorda infine che, quailora hl procedimento contemplato dall'art. 7, n. 2, non risultasse sufficiente, sarebbe sempre possibile modifi� care il contingente comunitario, conformemente all'art. 5 del regolamento n. 3589/82. 19. -In conclusione, la Tezi ,suggerisce di risolvere in senso negativo le due questioni sollevate dal giudice nazionale. 20. -Tutti i Governi che hanno presentato osservazioni scritte nella presente causa e la Commissione si esprimono, invece, nel senso che l'art. 115 si applica ancora nel settore dei prodotti tessili 1soggetti al regime contemplato dal regolamento n. 3589/82. 21. -A sostegno della loro opinione, essi citano la sentenza 15 dicembre 1976 (causa 41/76, Donckerwolke, Racc. pag. 1921), nella quale la Corte ha riiconosciuto che � le lacune esiJstenti in materia di politica com~ merciale comune alla scadenza del periodo transitorio sono taU da conservare 1tra gli Stati membri di'Vari di politica ~ommerciale che possono dar� origine a sviamenti di traffico o provocare ilisagi economici in alcuni Stati membri�. Nella stessa sentenza la Corte ha ammesso ohe � l'ar. 115 consente di far fronte ad inconvenienti del genere in quanto conferisce alla Commissione la facolt� di autorizzare gli Stati membri ad adottare misure di tutela, 1specie in fo11me di deroga al principio della libera circolazione all'interno della Comunit� dei prodotti di origine extracomunitaria messi in libera pratica in uno degli Stati membri �. 22. -Sia i Governi che hanno partecipato a questo procedimento sia la Commissione sostengono, a questo proposito, che il regime istituito dal regolamento n. 3589/82 non implica l'uniformazione delle condizioni alle 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quali nei vari Stati membri s0no subordinate le importazioni delle merci di cui trattasi, dato ohe queste importazioni possono arver Juogo, in ciascun Stato membro, solo entro i limiti delle rispettirve quote nazionali. 23. -Inoltre, essi negano che la ripartizione del contingente globale comunitario in quote nazionali risponda solo ad esigenze di Ol'dine puramente amministratirvo. 24. -A questo proposito, il Governo italiano rilerva che, come emerge dal 10� punto della motivazione del regolamento n. 3589/82, detta ripartizione � stata adottata in funzione delle esigenze economiche dei vari Stati membri e della speciale sensibilit� dell'industria tessile comunitaria. 25. -Il Governo del Regno Unito, dal canto suo, esprime :l'opinione che la fissazione di quote nazionali � stata effettuata non in funzione delle esigenze del mel'Cato comunitario, considerato nel isuo insieme, ma tenendo conto dei vari mel'Cati nazionali, che ancora suissistono nel settore dei prodotti tessili e che devono poter essere protetti, se del caso, mediante l'applicazione dell'art. 115 da parte de1la Commissione. 26. -Per quanto riguarda il procedimento di cui al:l'art. 7, n. 2, il Gorverno del Regno Unito sostiene che esso � lento e poco adatto a combattere gli sviamenti di traffico. 27. -Anche secondo la Commissione l'applicazione dell'art. 7, n. 2, non sarebbe stata di alcuna utilit� nel caso di specie, rtrattandosi di una disposizione. destinata ad influire mediante la modifiJCa delle quote nazionali, sulle importazioni dirette e che non pu� essere applicata quando, come nel caso di specie, i!l complesso de1le quote nazionali sia stato suffiJCientemente utilizzato. 28. -Per quanto riguarda la possibiliit�, contemplata dall'art. 5, di modificare il quantitativo massimo colll.11.lD.itario, il Governo del Regno Unito riileva che nemmeno detto articolo pu� essere utilizzato in casi come quello di specie, (perch� i paesi terzi, ohe 1subirebbero le conseguenze di una riduzione di detto quantitativo, non sono responsabili degli eventuali sviamenti di traffico �che si verifichino dopo la messa in libera pratica nella Comunit� e non hanno alcuna possibilit� di evitarli. 29. -Per quanto riguarda, in 'Particolare, la seconda questione del giUJdice nazionale, la Commissione e il Governo del Regno Unito sostengono che la frase dell'art. 115 in cui si fa menzione di � miSl\lre di politica commevciale adottate dagli Stati membri conformemente al presente Trattato � contempla sia le misure decise dagli Stati membri per ragioni di PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARL\ B INTBRNAZIONALB ordine puramente nazionale, sia i provvedimenti che gli Stati membri adottano per confoimarsi ad obblighi comunita1'i, poich� in entrambi i casi si tratta di provvedimenti sostanzialmente identici. 30. -In conclusione, tutti i Governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione, suggeriscono di risolvere in senso affermativo le due questioni sollevate dal giudice nazionale. 31. -Si deve osservare, in via preliminare che, come � stato ricordato dalla Corte nella sopra citata sentenza 15 dicembre 1976, a norma del n. 2 �dell'art. 9 del Trattato, i provvedimenti contemplati per la liberalizzazione degli scambi intracomunitari si applicano in modo identico alle merci originarie degli Stati membri e alle merci provenienti dai paesi terzi che si trovano in libera pratica nelila Comunit�, alle condizioni stabilite dall'art. 10. A tale proposito, la Corte ha precisato che, per quanto riguarda la libera circolazione delle merci a11'intemo della Comunit�, i prodotti messi in libera pratica sono definitivamente e totalmente equiparati ai prodotti di origine comunitaria. 32. -L'esistenza di un regime come quello contemplato dal regolamento n. 3589/82 per quanto concerne i prodotti tessili originari di paesi terzi aderenti aill'Accordo Multifibre non pu� sminuire la portata del principio sopra descritto, in ragione del fatto che detto regolamento contempla la ripartizione del quantitativo massimo comunitario in quote nazionali. 33. -Infatti, come >la Corte ha precisato nella sentenza 13 dicembre 1983 (coosa 218/82, Commissione c/ Consiglio, Racc. pag. 4063), anche se � lecito che un contingente globale oomunitario venga ripartito in quote nazionali, siffatta ripartizione non pu� pregiudicare la libera circolazione delle merci che costituiscono oggetto del contingente e che sono state messe in libera pratica nel territorio di uno degli Stati membri. 34. -Ne consegue che� le merci originarie dai paesi aderenti all'Accordo Multifibre, una volta importate e messe. in libera pratica in uno Stato membro, devono poter ciLrcolare liberamente in qualsiasi altro Stato membro. 35. -Tuttavia, la Corte ha riconosciuto, nella gi� citata sentenza 15 dicembre 1976, che la piena applicazione del principio della libera circolazione a:lle merci messe in libera pratica presuppone, come si desume dal sistema del Trattato, l'instaurazione di una politica commerciale comune. 36. -La Corte ha, a questo proposito, osservato che l'equiparazione ai prodotti comunitari delle merci provenienti dai paesi terzi ma messe in libera pratica in uno degli Stati membri, pu� essere pienamente efficace 28 RASSEGNA DEIL'AWOCATURA DEILO STATO solo se per queste ultime va1gono [e stesse condizioni di importazione, doganaili e commerciali, indipendentemente dallo Stato membro nel quale � stata effettuata la messa in libera pratica. 37. -Sempre nella sentenza precitata la Corte, dopo aver rilevato che, nonostante la 1scadenza del periodo transitorio, non era ancora stata interamente realizzata una politica oommerciaile comune basata, conformemente all'art. 113, n. 1, del Trattato, su principi uniformi, ha riconosciuto che, unitamente ad altri fattori, le lacune esistenti nella suddetta politica sono tali da conservare tra gli Stati membri divari di politica commerciale che possono dare origine a sviamenti di traffico o provocare disagi economici in alcuni Stati membri. 38. -La Corte ha precisato che il rico11so all'airt. 115 consente di fare fronte a inconvenienti del igenere in quanto conferisce alla Commissione la facolt� di autorizzare gli Stati membri ad adottare misure di tutela, specie in forma di deroghe al principio della libera cii.rcolazione, all'interno della Comunit�, dei prodotti di origine extracomunitaria messi in libera !Pratica in uno degli Stati membri. 39. -Bisogna quindi chiederisi se il regolamento n. 3589/82 abbia attuato, per quanto riguaroa le merci originarie dei paesi terzi aderenti all'Accordo MUiltifibre, una vera e propria politica commerciale comune ai sensi all'art. 113, n. 1, del Trattato, su ,principi uniformi, ha riconosciuto .che unitamente ad altri fattori, le lacune esistenti nella suddetta politica sono tali da conservare tra gli Stati membri divari di politica commerciale che possono dare origine a sviamenti di traffico o provocare disagi economici in aicuni Stati membri. , 40. -La soluzione affermativa propugnata dalla Tezi potrebbe essere accolta solo se si potesse dimostrare che il regime istituito dal regola! 17lento n. 3589/82 ha avuto come conseguenza la creazione di condizioni uniformi di importazione per i prodotti tessili, senza distinzioni a seconda dello Stato membro nel quale la messa in libera pratica viene effettuata. 41. -A questo proposito, bisogna anzitutto sottolineare che il regoil. amento n. 3589/82 ,costituisce, nel settore in cui si applica, un sicuro progresso verso l'instaurazione di una politica commerciale comune basata, conformemente a quanto prescritto dall'art. 113, n. 1, del Trattato, su principi uniformi. � 42. -Non risulta tuttavia dal regime istituito dal ,suddetto regolamento I che quest'ultimo abbia realizzato una completa uniformit� per quanto ri! i guarda le condizioni di importazione. Infatti, nella seconda frase del 10<> i rpunto della motivazione di detto regolamento � precisato che, �date le notevoli disparit� che ancora esistono tra le condizioni alJe quali sono attual I mente subordinate le importazioni dei prodotti in questione negli Stati I . ' membri, nonch� la speciale sensibilit� dell'industria tessile comunitaria, ' queste condizioni di importazione possono essere uniformate unicamente per gradi�, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 43. -Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Tezi, non � iecito affermare che [e disparit� di cui trattasi siano originate unicamente dal regolamento n. 3589/82. Siffatte disparit� risultano, al contrario, da iniziative assunte dai vari Stati membri autonomamente, ma conformemente alle esigenze dettate in materia dail diritto comunitario. In questo contesto il regolamenrto n. 3589/82 si limita, come emerge dal sopra citato passo del 10� punto della motivazione, a conservare, in determinata misura, le disparit� esistenti, pur proponendosi di ridurle, se non addirittura di eliminarle, gradualmente. 44. -A maggior ,ragione non si pu� sostenere, come fa la Tezi, che la ripartizione dei quantitativi massimi comunitari in quote nazionali pei:segua scopi di ordine puramente amministrativo. 45. -t!. pur vero che nel 9� punto della motivazione del regolamento n. 3589/82 detta ripartizione viene giustificata con la necessit� di instaurare � una speciale procedura di gestione � dei quantitativi masisimi comunitari basata sul principio della decentralizzazione. Tuttavia, il 9� punto della motivazione dev'essere letto in combinazione con la prima frase del 10� punto della motivazione, secondo la quale, � per consentire l'uso ottimale dei limiti quantitativi comunitari, la loro ripartizione deve avvenire secondo le esigenze di approvvigionamento che si manifestano nei vari Stati membri e secondo gli obiettivi quantitativi fissati dal Consiglio �, 46. -Neanche l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 3589/82 pu� essere invocato per dedurne che il legislatore comunitario ha previsto un dispositivo idoneo a rendere superfluo il ricovso alil'wt. 115 del Trattato. 47. -Invero, il fatto di poter procedere ad un adeguamento della ripartizione dei quantitativi massimi comunitari � ove risultasse necesisario, in particolare, a motivo dell'evoluzione delle correnti commerciali... onde garantire il loro uso ottimale �, potrebbe condurre, se la quota nazionale di uno Stato membro venisse ridotta, a limitare le importazioni dirette dei prodotti tessili in detto Stato, vale a dire le importazioni da paesi terzi produttori, ma non potrebbe avere alcuna influenza sulla possibilit� di importare nello stesso Stato merci messe in libera pratica in un altro Stato membro.48. -Per quanto riguarda l'art. 5, al quale la Tezi si � del pari richiamata per dimostrare che il regime istituito dal regolamento n. 3589/82 non lascia pi� spazio all'applicazione dell'art. 115, � sufficiente rilevare che una riduzione del limite quantitativo globale comunitario avrebbe, per i paesi terzi produttori, ripercussioni di gran lunga pi� gravi df quelle derivanti da una decisione adottata dalla Commissione ai sensi dell'art. 115. 49. -Infatti, mentre una decisione del genere si limita ad autorizzare l'esclusione di talune merci originarie di un paese terzo e gi� messe in libera 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pratica in uno Stato membro dal trattamento comunitario in un altro Stato membro, il rico11so alle possibilit� offerte dall'art. 5 del regolamento n. 3589/82 avrebbe l'effetto cli ridurre le quantit� ammesse .ahl'imiportazione nehla Co.munit� nel suo complesso, senza tener conto del fatto che i paesi I produttori non hanno alcuna possibilit� di intervenire sulla destinazione delle merci dopo che qrueste siano state messe in libera pratica. SO. -Di conseguenza, si deve concludere che la Commi!ssione conserva il potere di autorizzare in forza dell'art. 115, uno Stato membro ad adottaire, qualora le circostanze lo girustifichino, misure di protezione per quanto I riguarda i prodotti tessili asso~gettati al regime di cui al regolamento n. 3589/82 e messi in libera pratica in altri Stati membri. I 51. -Tuttavia, tenuto conto del fatto che, com'� rstato poc'anzi sotto� lineato, il regime istituito con il regolameno n. 3589/82 costituisce, nel settore in cui si applica, un pasiso .avanti verso l'instaurazione cli una politica commerciale comune basata, come prescritto dall'art. 113, n. 1, SIU principi uniformi, la Commissione deve dimostrare, nell.'esercizio dei poteri cli cui essa ancora dispone in forza dell'art. 115, nei confronti delle merci assoggettate alla disciiplina del suddetto regolamento n. 3589/82, particolare prudenza e moderazione. 52. -Le questioni del giudice nazionale vanno pertanto cos� risolte: gli artt. 113 e 115 del Trattato, considerati nella foro interrelazion�, devono essere interpretati nel senso che la Commissione dispone ancora, dopo la conclusione dell'Accordo sul commercio internazionale dei tessili e dopo l'emanazione del regolamento del Consiglio 23 dicembre 1982, n. 3589, del potere di applicare l'art. 115 nel settore del commerdo dei prodotti tessili soggetti alla disciplina di detto regolamento. (Omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 5a sez., 24 giugno 1986, ne11a causa 22/85 -Pres. Eveding -Avv. Gen. Darmon -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta~dal Bundesgerichtshof nella causa Anterist c. Cr�dit Lyonnais -Interv.: Governi del Regno Unito (ag. Hay e Carpenter) e italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C. E. (ag. Piipkorn e Pieri). Comunit� Europee � Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale � Clausola attributiva di competenza � Interesse di una soltanto delle parti. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 17). Una clausola attributiva di competenza non deve considerarsi stipulata a favore di una soltanto delle parti, ai sensi dell'art. 17, 3� comma, della PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 31 Conv.enzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale � e l'esecuzione delle .decisioni in materia civile e commerciale, qualora risulti semplicemente che le parti hanno convenuto la comp.etenza di un giudice ..o dei giudici di uno Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio (1). (Omissis). 1. -Con ordinanza 20 dicembre 1984, pervenuta in cancelleria il 4 gennaio 1985, il Bundesgerichtshof ha sottoposto a questa Corte, a norma del protocolilo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 setitembTe 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in marteria civile e commereiale (in prosieguo �la Convenzione�), una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione deJ:J.'a;rt. 17, 3� comma, della Convenzione. 2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia fra l'istituto bancario Credit Lyonnais e il sig. Anterist in merito all'esecuzione di un contratto di garanzia. 3. -Con acco11do in data 16 maggio 1967 il sig. Anterist, domiiciliato in Saarbrikken (Repubblica federale di Germania), si rendeva garante per gli impegni della societ� a respoiliSabilit� limitata Anterist & Schneider (con sede in Francia) nei confronti del Cr�dit Lyonnais, rappresentato dalla sua agenzia di Forbach, situata neHa circoscrizione del Tribunale di Sarreguemines (Francia). Le disposizioni del suddetto accordo, �contenute in un modulo prestampato della banca, comprendevano una clausola secondo cui � le Tribuna! dans le ressort duquel cette agence est situ� sera seul comp�tent pour statuer sur tout ce qui concerne l'ex�cution des pr�sentes, quelle que soit la partie d�fenderesse � (il Tribunale nella cui circoscrizione (1) Sull'art. 17 della convenzione di Bnixelles cfr. anche le sentenze della Corte 19 giugno 1984, nella causa 71/83, TILLY Russ, in questa Rassegna, 1984, I, 917, e 14 luglio 1983, nella causa 201/82, GERLING KONZERN SPEZIALE K.REDITVERSICHERUNG A. G., ibidem, 1983, I, 676, entrambe con nota, e la precedente giurisprudenza ivi citata. . Nella sentenza in rassegna, precisando in motivazione che la volont� comune di favorire una delle parti deve risultare chiaramente � dal tenore letterale della clausola o dall'insieme degli indizi desumibili dal contratto o dalle circostanze in cui quest'ultimo � stato concluso �, la Corte ha, in sostanza, rimesso alla valutazione del giudice nazionale di stabilire di volta in volta, in base a tutti gli elementi in suo possesso, se la clausola non sia stata posta anche nell'interesse, magari secondario, dell'altra parte, come suggerito dal Governo italiano intervenuto. �L'art. 17 della convenzione -si era detto nelle osservazioni scritte presentate alla Corte dal Governo italiano -stabilisce, nel primo comma, che la clausola di proroga della competenza determina (se valida ed efficace, anche ai sensi del successivo secondo comma) una competenza esclusiva del giudice designato. Ma il terzo comma dello stesso articolo limita il concetto di esclusivit� in funzione dell'interesse delle parti, conservando alla parte, in cui favore soltanto la clausola fosse stata stipulata, il diritto di adire qualsiasi altro ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 32 � situata tale agenzia sair� il solo competente a decidere su tutto quanto rigua~da l'esecuzione del presente contratto, quale che sia la parte convenuta). 4. -Poich� la societ� Anteris�t & Schneider non era in grado di pagare il proprio debito alla scadenza, la banca conveniva il sig. Anterist dinanzi aJl Landgericht di Saarbrticken per l'adempimento del contratto di garanzia. H convenuto contestava la competenza del girudice adito, sostenendo che, in base al contratto di garanzia, era esclusivamente competente il Tribunale di Sarregruemines. Il Landgericht di Saarbri.icken accoglieva la tesi del convenuto. Su appeLlo del Cr�dit Lyonnais, l'Oberlandesgericht riteneva che la alausola in questione presentava v.antaggi �solo per il Cr�dit Lyonnais e doveva pertanto considerarsi stipulata solo a favore di quest'ultimo ai sensi dell'art. 17, 3� comma, della Convenzione. Di conseguenza, esso riformava la sentenza e rinviava la causa al Landgericht. Il sig. Anterist proponeva ricorso per cassazione dinanzi al Blll:Illdesgerichtshof e chiedeva H ripristino della sentenza del Landgericht. 5. -Secondo il Bundesgerichtshof, la decisione dell'Oberlandesgericht � basata sul presUJpposto che ogni clausola/ con la quale sia convenuta la competenza dei giudici dello Stato in crui una delle parti � domiciliata .debba considerarsi stipulata solo a farvore di tale parte ai sensi dell'art. 17, 3<> comma, defila Convenzione. 6. -Poich� l'esame della fondatezza di tale assunto richiede un'interpretazione della Convenzione, il Bundesgerichtshof ha sottoposto a questa Corte la seguente questione pregiudiziale: � Se una clausola attributiva di competenza debba considerarsi stipulata "a favore di una soltanto delle parti", ai sensi dell'art. 17, 3� comma, giudice competente in via ordinaria secondo la convenzione (il disposto del terzo comma � rimasto sostanzialmente invariato nel testo della convenzione del 9 ottobre 1978 relativa alla adesione della Danimarca, dell'Irlanda del Nord e del Regno Unito e poi nel testo della convenzione del 25 ottobre 1982 relativa all'adesione della Repubblica ellenica). �La ratio della disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo in questione � evidente (e la stessa relazione JENARD alla convenzione, forse proprio per tale evidenza, non si cura di fornire spiegazioni). Invero la proroga della competenza viene pattuita o nell'interesse comune delle parti, -le quali preferiscono determinare in anticipo esse stesse il giudice competente per ragioni di chiarezza, di organizzazione, di c�modit�, di tempi processuali, di diritto applicabile, -o, pi� spesso, nell'interesse di. una soltanto delle parti, -la quale, per la molteplicit� delle possibili controversie o per qualsivoglia altro motivo -, impone sostanzialmente la clausola all'altra parte contraente. In questo secondo caso sarebbe del tutto illogico imporre alla parte, a favore esclusivo della quale la clausola � stata posta, di avvalersene, ove la stessa sia ben disposta, per qualsivoglia motivo (che pu� essere anche soltanto quello di evitare ecce PARIB I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 33 della Convenzione, qualora risulti semplicemente che le parti hanno validamente conveillltto la competenza internazionale di un giudice o dei giudiici di uno Stato contraente nel cui territorio tafo parte ha il proprio domicilio �. 7. -Secondo il ricorrente nena causa principale, Ja questione pregiudiziale dev'essere risolta negativamente. Per stabilire se una clausola attributiva di competenza sia stata stipulata soio a favore di una delle parti, ci si dovrebbe basare sulla volont� di queste ultime. Tale volont� dq_vrebbe trovare espressione nel tenore letterale della olauisola. Come esempio di clausola che rientra nell'art. 17, 3� comma, de1la Convenzione, il sig. Anterist menziona quella che conlerisce ad IUila delle parti la facolt� di convenire 1'altra parte sia dinanzi al giudice del domicilio di quest'ultima, sia dinanzi al :giudice del suo proprio domicilio. Bglli osserva inolrtre che una soluzione affermativa rdehla questione pregiudiziale sarebbe incompartibile col sistema dell'art. 17 della Cornvenzione. L'eccezione di oui al 3� comma di detto articolo diverrebbe infatti la regola, ipoich� in piratica la competenza viene convenzionalmente attribuita, nel[a magigioranza dei casi, al giudice del domicilio di una delle parti. Inoltre, una siffatta so1uzione porterebbe ald una ripartizione delle varie conrtroversie sorte da uno istesso rapporto contrattuale tra i giudici di vari Stati, cosa che �l'art. 17, 1� comma, delia Convenzione mira per l'appunto ad evitare. Infine, anche se alla questione pregiudiziale venisse data, in via di principio, soluzione affermativa, si dowebbero ammettere eccezioni, poich� ili vantaggio di cui all'art. 17, 3� comma, della Convenzione deve essere esclusivo. I vantaggi che Ja clausola potrebbe comportare per l'altra parte dovrebbero essere vaLutati in fun. zioni del convenuto sulla validit� ed efficacia della clausola), a ricorrere invece al giudice ordinariamente competente al di fuori della clausola stessa. �Il problema � quello di stabilire quando possa rendersi operante la dispo sizione del terzo comma dell'art. 17: soltanto nei casi in cui sia espressamente stabilito che la clausola � posta nell'interesse di una sola delle parti, specifica mente designata, o anche nei casi in cui l'interesse di una parte soltanto possa desumersi da ogni altra circostanza. E in parti�olare il Bundesgerichtshof chiede se la sola circostanza della residenza di una sola parte nel territorio del giudice designato sia sintomatica della sussistenza di un interesse esclusivo della medesima parte alla clausola stessa. �Limitare l'operativit� della norma alla sola prima ipotesi appare poco logico, se non altro perch� normalmente le clausole di proroga della competenza non si curano di precisare se l'interesse sia comune o di una sola delle parti. La norma perder�bbe gran parte del suo significato se fosse interpretata in senso cos� stretto, tale da non consentire ad una parte di adire il giudice ordinariamente competente, diverso da quello indicato nella clausola, malgrado che manifestamente la clausola fosse stipulata nel .suo esclusivo interesse; l'attore conserverebbe un beneficio non pi� voluto e tutto ci� a svantaggio del convenuto. � Sembra, quindi, che debba prevalere un'interpretazione meno restrittiva e pi� elastica. Il rischio di essa �, per�, quello di una non rigorosa valutazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 34 zione del diritto nazionale del caso, il che creerebbe una notevole incertezza circa ['applicabiJ.it�, in ciascuna fattispecie, dell'art. 17, 3� comma, deMa Convenzione. 8. -Secondo il Cr�dit Lyonnais, che si � limitato a presentare osservazioni orali, la questione rpregirudiziaile dev'essere ri!so1ta affermativamente. La scelta del giudice del domicilio di una delle parti consentirebbe sempre di concludere che la clausola � stata stiipulata solo a favore di quest'ultima, in considerazione dei vantaggi pratici che per essa tale 1scelta comporta (guadagno di tempi, conoscenza del diritto nazionale, lingua, scelta del difensore). 9. -Il Governo del Regno Unito ritiene che la questione rpregiudiziale debba essere riso:J:ta negativamente. La soluzione contraria toglierebbe qualsiasi efficacia pratica all'art. 17, 1� comma, delila Convenzione. Per lo pi� le clausole di cui trattasi attribuiscono infatti competenza esclusiva ai giudici di uno Stato nel quale una delle parti, ma non !'-altra, ha il suo domicilio. Se l'azione � intentata dalla rparte domicHiata nello Stato i cui giudici siano stati cos� dichiarati comrpetenti, tale parte potrebbe eludere la norma di competenza esclusiva contenuta all'art. 17, 1� comma, della Convenzione invocando l'art. 17, 3� comma, della stessa. Se fosse l'altra aid intentare l'azione, essa sarebbe certamente tenuta, a norma dell'art. 17, 1� comma, della Convenzione ad adire il giudice del domicilio del convenuto, ma l'appliicazione della norma generale di cui aM'art. 2 della Convezione porterebbe allo stesso risultato. La claUJSola attributiva di competendell'interesse delle parti e, in definitiva, di una incertezza nella determinazione del giudice competente, in contrasto con lo spirito della convenzione, in una materia, quale quella della individuazione della competenza di giudici di Stati diversi, che richiede invece la massima chiarezza. � Un equo bilanciamento fra le opposte esigenze sembra possa ricercarsi in una attenta valutazione della volont� delle parti nella pattuizione della clausola, valutazione che, per�, non pu� che essere rimessa alla decisione del giudice n�zionale adito. Questi, sulla scorta degli elementi in suo possesso, ben potr� stabilire se la clausola di proroga sia stata posta nell'interesse di una sola parte, applicando in tal caso il disposto dell'art. 17, comma terzo della convenzione, respingendo cos� eventuali tentativi della parte convenuta di opporre eccezioni dilatorie, beninteso pervenendo ad una siffatta conclusione solo in presenza di elementi chiari ed univoci. � In tale prospettiva l'aver i contraenti previsto, in una clausola di proroga, la competenza del giudice del luogo di residenza di una soltanto di esse pu� essere sintomatico dell'interesse di questa sola parte alla clausola. Cionondimeno il giudice nazionale adito, per applicare il terzo comma dell'art. 17, dovr� pur sempre valutare, sulla base d�gli elementi in suo possesso, se tale circostanza sia stata determinante e la clausola non sia stata posta anche nell'interesse, magari secondario, dell'altra parte� (0.F.). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE za sarebbe in tal caso imlthle, cos� come l'art. 17, 1� comma, della Convenzione che sancisce la competenza esclusiva del giudice designato nella claiusola. 10. -Il Governo del Regno Unito propone pertanto di interpretare l'art. 17, 3� comma, deHa Convenzione nel senso ch'esso riguarda solo le olausole nelle qua:li ha stabilito dinanzi a quaile giudice una del;le parti debba inrtentare l'azione, senza che venga indicato i~ giudice competente a conoscere delle .azioni promosse dalraltra parte. L'art. 17, 3� comma, della Convenzione avrebbe precisamente lo scopo di evitare che le azioni promosse da quest'ultima parte siano considerate, ai sensi dell'art. 17, 1� comma, della Convenzione, come rientranrti nella competenza esclusiva del giudice designato per conoscere delle azioni intentate da!ll'altra parte. 11. -Il Governo della Repubblica italiana propone di risolvere la questione pregiudiziale nel senso che la designazione del giudice del domici! lio di una delle parti pu� essere sintomatica dell'interesse esclusivo di tale parte ailla olausola attributiva di competenza, ma non � necessariamente iconclUJdente. Spetterebbe �al 1giudice nazionale aidito valutare, in base a tutti gli elementi in suo possesso, 1se la clausola non sia stata posta anche neM'interesse, magari secondario, dell'altra parte. 12. -Secondo la Commissione, la questione pregiudiziale dev'essere risolta affermativamente. L'art. 17, 3� comma, della Convenzione dovrebbe essere interpretato nel 1senso di restringere il campo di aipplicazione del 1� comma di detto articolo, che 1stabilisce un'eoceiione alle norme generali suhla competenza giurisdizionaile contenute negli artt. 2, 5 e 6 della Convenzione. Il fatto che la competenza venga attribuita a1 giudice del domicilio di una delle parti consent�Jrebbe .di ritenere ohe la clausola sia stata stipulata solo a favore di tale parte, ai sensi dell'ar.t . .17, 3� comma, della Convenzione. Per ogni clausola attributiva di .competenza che si discosti dal principio geneta!le dehl'art. 2 della Convenzione, il quale favorisce il convenuto, 1si dovrebbe presumere ch'essa sia stata stipulata, ai sensi dell'art. 17, 3� comma, della Convenzione, a favore dell'attore. 13. -Si deve anzitutto sottolineare che l'art. 17 della Convenzione, figurante nella sezione 6 del titolo II, intitolata �proroga di competenza�, consente aille parti, nei limiti stabiliti dal 2� comma di detto articolo, di scegliere di comune accoroo .il giudice o i giudici che non sarebbero competenti secondo le disposizioni generali o speciali della Convenzione o escludere la competenza di giudici che sarebbero normalllllente competenti secondo tali disposizioni. Il 1� comma dell'art. 17 conferisce carattere esclusirvo a!lla competenza del giudice o dei giudici designati nella claiusola, men RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 36 tre il 3� comma dello stesso articolo riserva alla parte a favore della quale la clausola � stata �stipulata il diritto di adire ogni altro giudice competente ai sensi della Convenzione. 14. -Poich� l'art. 17 della Convenzione sancisce il principio dell'autonomia delle parti, iil 3� comma dev'essere interpiretaito in modo da rispettare la comune volont� delle parti all'atto della conclusione del contratto. Occorre pertanto che la volont� comune di favorire una delle parti risulti chiaramente dal tenore Jetterale della clausola o daill'insieme degli indizi deSUllllibili dal contratto o dalle circos<tanze in cui quest'ultimo � stato coocluso. 15. -Devono essere 1consiiderate clausole dal cui tenore letterale risulta ch'esse sono state sti!Pulate esdusivamen<te a favore di una deHe parti le dlaUJsole che indicano espressamente la parte a favore della quale esse sono state stipulate e quelle che, rpur precisando dinanzi a quali giudici ciascuna delle parti debba convenire l'altra, danno in proposito ad una di esse una maggiore possibilit� di scelta. 16. -La designaziOIIle del giudice di uno Stato contraente in cui una delle parti ha il suo domicilio non � di per s� sufficiente, data la molteplicit� dei motivi che possono aver portato ailla stipulazione �di una siffatta alausola, per inferirne che fa volont� comune era quella di favorire tale parte. 17. -In baise aJlle !Precedenti considerazioni, la questione del giudice nazionale va risolta nel senso che una dausola attributiiva di competenza non deve considerarsi stipulata a favore di una soLtanto ded[e parti, ai sensi deM'art. �17, 3� comma. della Convenzione, qualora iI'isulti semplicemente che le parti hanno convenuto la competenza di un giudiJCe o dei giudici di uno Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio. (Omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 15 ottobre 1986, nella causa 168/85 -Pres. f. f. Kakouris -Avv. Gen. Mischo - Commisisone C.E. (ag. Berardis) c. Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia). Comunit� Europee -Libert� di stabilimento -Accesso alle professioni di giornalista professionista, giornalista praticante, pubbllcisja, alle at� tivit� professionali legate al turismo e ai concorsi per l'attribuzione delle sedi farmaceutiche. (Trattato CEE, artt. 48, 52 e 59). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARI.\ E INTERNAZIONALE 37 Comunit� Europee -Trattato CEE -Disposizioni direttamente applicabili � Legislazione nazionale difforme -Obbligo di soppressione. (Trattato CEE, artt. 48, 52 e 59}. La Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi impostile dagli artt. 48, 52 e 59 del Trattato CEE mantenendo in 'vigore norme che: -subordinano alla condizione di reciprocit� l'equiparazione dei cittadini italiani ai fini dell'accesso a diverse attivit� professionali legate al turismo; subordinano al possesso della cittadinanza italiana l'iscrizione agli albi e ai registri .dei pubblicisti e dei giornalisti praticanti, e subordinano alla condizione di reciprocit� l'iscrizione dei giornalisti prof es sionisti cittadini di altri Stati membri all'albo speciale dei giornalisti stranieri; -riservano ai soli cittadini italiani la partecipazione a concorsi per l'attribuzione delle sedi farmaceutiche (1). Uno Stato membro non pu� sottrarsi all'obbligo di adattare la sua legislazione nazionale a quanto prescritto dal Trattato invocando l'applicabilit� diretta delle disposizioni di quest'ultimo, oppure il fatto di aver adottato una data prassi amministrativa, o inoltre la migliore conoscenza che i cittadini comunitari avrebbero dei loro diritti (2). 1(0missis). 1. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 3 giugno 1985, la Commissione delle Comunit� Eruropee ha presentato, a norma delJJ.'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi impostile dagli a:rtt. 48, 52 e 59 del Trattaito CEE, mantenendo in vigore norme che: -sub01dinano a:JJla condizione di redprocit� l'equiparazione dei cittadini degli altri Stati membri ai cittadini italiani ai fini dell'accesso a diverse attivit� professionali legate ail turismo; -1subo11dinano al possesso della cittadinanza italiana l'iscrizione aigli aJlbi e ai registri dei pubblicisti e dei giornalisti praticanti, e subordinano i;dla condizione di reciprocit� l'iscrizione dei giornalisti professionisti cittadini di altri Stati membri all'albo speciaie dei giornalisti stranieri; -riservano ai soli cittadini italiani la partecipazione ai concorsi per l'attribuzione delle sedi farmaceutiche. (1-2) Si segnala la sentenza p�rticolarrnente per le affermazioni di princi pio riguardanti l'obbligo degli Stati membri di rimuovere comunque e nelle forme pi� appropriate le proprie disposizioni interne incompatibili con la nor mativa comunitaria; e ci� indipendentemente dalla diretta applicabilit� e dalla prevalenza di quest'ultima. La sentenza 25 ottobre 1979, nella causa 159/78, COMMISSIONE c. ITALIA, citata in motivazione, � pubbl�cata in questa Rassegna, 1979, I, 633, con note. 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Quanto alla normativa itailiana di cui trattasi, si rinvia alla rela� zione d'udienza. Va solo ricordato che le norme nel settore del turismo sono state emanate nel 1983, queHe relative ailla ,professione di giornalista nel 1963 e quelle attinenti al servizio farmaceutico nel 1968. 3. -Il Governo iitailiano, in risposta ad una richiesta di spiegazioni irivoltagli nel marzo 1983 dal:la Commissione, trasmetteva a quest'ultima, con lettera 15 settembre 1983, copia dehla ciricolare 21 luglio 1983, indirizzata al Consiglio Nazional� dell'011dine dei giornalisti dati Ministero di Grazia e Giustizia. �La circolare richiama l'011dine professiona:le al rispetto degli artt. 52 e segg. del Trattato e l'invita ad appliicare ai cittadini degli Stati membri della Comunit� le stesse condizioni vigenti per i cittadini italiani. Ll Governo italiano trasmetteva alla Commissione anche copia delJa nota 26 ottobre 1983, con la quale il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei giornalisti inviava ai vari Consigli regionali e interregionali dell'Ordine la suddetta ciocolare, nonch� copia di una decisione del ConsiWJio Nazionale dell'Ordine, adottata il 16 diicembre 1983, che annullava, in applicazione della sopramenzionata circolare, la decisione 22 novembre 1982 del Consiglio interregionale del Lazio e del Molise, che aveva rifiutato l'iscrizione a1l'elenco dei pubblicisti di un cittadino olandese per carenza del requisito della cittadinanza italiana. 4. -Con telex 18 1uglio 1983 il Governo italiano trasmetteva inoltre. a:lla Commissione le drcolari 2 diicembre e 10 dicembre 1982 della Presidenza del Consiglio dei Min1stri italiano, indirizzate rispettivamente al Commissario del Governo neHa regione Lombardia e a tutti i Commissari del Governo nelle Regioni. Dette circolari precisano che, conformemente al combinato disposto degili artt. 52 e segg. del Trattato, i cittadini degli Stati membri della Comunit� possono accedere ai concorsi rper l'assegnazione delle sedi farmaceutiche, non potendosi pi� Ojprporre loro iJl requisito deHa cittadinanza. 5. -La Commissione, considerando che le norme controverse sono contrarie agli artt. 48, 52 e 59 del Trattato e che-�le circolari amministrative non costituiscono un mezzo sufficiente per owiare a tale incompatibilit�, con lettera 26 gennaio 1984, intimava ail Governo italiano d! presentare, entro un mese, le rproprie osservazioni. Poich� questa� lettera rimaneva senza iI'�Sposta, fa Commissione inviava, il 20 novembre 1984, un parere motivato alla Repubblica itarliana. Dal momento ohe il Governo itailiano non ha risposto al parere motivato la� Commissione ha proposto il presente ricorso. 6. -A sostegno del ricorso la Commissione fa valere in particolare due arigomenti. In primo luogo, ricorda ohe la Corte ha reiteratamente affer� 39 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE mato l'incompatibilit� con il diritto comunitario di ogni condizione di reciprocit�; a questo proposito, essa si richiama particolarmente ai1'1a sentenza 25 ottobre 1979 (causa 159/7~, Commissione contro Repubblica italiana, Raoc. rpag. 3247). In secondo luogo, la Commissione fa riferimento alla costante giurisprudenza della Oorte secondo la .quale le circolari amministrative non possono far venir meno l'incompatibilit� delle disposizioni legislative nazionali con il diritto comunitario; non avrebbe importanza, a questo proposito, il fatto che le norme c6munitairie di oui trattasi siano direttamente appliicabili e che, di conseguenza, la 'Situazione giuridica sia chiara. 7. -Nel controri:corso il Governo italiano riconosce l'incompatibilit� formale delle norme controverse col diritto comunitario. Tuttavia, esso sostiene che le norme nazionali contestate non costituiscono alcun ostacolo .reale alla libera circolazione delle persone e dei servizi, dal momento che gli artt. 48, 52 e 59 del Trnttato sono direttamente applicabili neH'ordinamento giuridico italiano. In conseguenza di siffatta applicabilit� diretta � da ritenere che le norme legislative che richiedono la cittadinanza italiana o la reciprocit� debbano considerarsi modificate in senso favorevole ai cittadini degli Stati membri. 8 -H Governo italiano conclude che, stando cos� le cose, :te circolari o le istruzioni amministrative non hanno la funzione di modificare le leggi, ma di delimitare la sfera di applicazione di queste sottolineando l'efficacia e Ia preminenza del diritto comunitario. Portate adeguatamente a conoscenza degli enti nazionali competernti, dette misure amministrative sarebbero sufficienti, pur in mancanza di un'abrogazione espressa della normativa nazionale di oui si discute, a garantire ai cittadini comunitari i diritti loro attribuiti dal Trattato. 9. -Iil Governo italiano aggiunge che, poidh� le norme direttamente applicabili del Trattato si sostituiscono alle norme giuridiche nazionali inicompatibili, sarebbe inutile ed oneroso abrogare o modificare formalmente tutte le disposizioni nazionali di cui trattasi; con N passare del tempo, ogni cittadino comunitaro avrebbe acquistato uno stato di certezza quanto ai diritti che pu� far valere negli Sitati membri diversi da quello di cui � cittadino. Di conseguenza, il fatto di non abrogare espressamente questa legis:lazione nazionale non potrebbe pi� avere l'effetto di conservare una situazione di incertezza giuridica. 10. -Emerge da tale discussione che la normativa nazionale contestata dalla Commisisone � certamente incompatibile con gli artt. 48, 52 e 59 del Trattato. 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 11. -A questo proposito occorre osservare che le norme diirettamente applicabili del Trattato vincolano tutte le autorit� degli Stati membri che sono tenUJte, pertanto, ad osservarle, senza che sia necessario adottare norme nazionali d'attuazione. Tuttavia, come la Corte ha dichiarato nella sentenza 20 marzo 1986 (causa 72/85, Commissione c/ Paesi Bassi, non ancora pubblicata), la facolt� degli amministrati di far va!lere dinaTIZi ai giudici nazionali disposizioni del Trattato direttamente applicabili costituisce solo una garanzia minima e non � di per s� sufficiente aid assicurare la piena applicazione del Trarttato. Emerge infatti dalla giurisprudenza della Corte, e in particolare dalla menzionata sentenza 25 ottobre 1979, che il fatto di mantenere immutato, nella legislazione di uno Stato membro, un provvedimento incompatibile con una disposizione del Trattato, persino direttamente applicabile nell'o:rdinamenrto giuridico degli Stati membri, orea una situazione di fatto ambirgu'a in quanto mantiene gli interessati in uno stato di incertezza circa la possibilit� di far appello al diritto comunitario. Detto mantenimento in vigore costituisce, quindi, per lo Stato di cui trattasi, una trasgressione degli obblighi impostigli dal Trattato. 12. -Quanto all'argomento del Governo italiano secondo cui, tenuto conto dell'a;prplicabilit� diretta delle menzionate disposizioni del Trrattato, i diritti dei cittadini degli altri Stati membri sarebbero sufficientemente garantiti dalle circolari o dalle istruzioni amministrative, va innanzitutto osservato che questo argomento non pu� essere invocato per quanto attiene alle censure della Commissione relative all'accesso alle diverse attivit� professionali nel settore del turismo. Il Governo italiano non ha infatti provato di avere emanato una qualsiasi circolare od istruzione amministrativa quanto all'acrcesso dei cittadini di a:ltri Stati membri a dette attivit�. 13. -Quest'argomento �, del resto, infondato. L'incompatibilit� della legislazione nazionale con le disposizioni del Trattato, persino direttamente applicaMli, pu� essere definitivamente soppressa solo tramite disposizioni interne vincolanti che abbiano lo stesso \'alor� giuridico di quelle da modificare. Come la Corte ha dichiarato nella costante giurisprndenza relativa a:~l'attuazione delle direttive da parte degli Stati membri, semplici prassi amministrative, per natura modificabili a piacimento dell'amministrazione e prive di adeguata pubblicit�, non possono essere considerate valido adempimento degli obblighi del Trattato. 14. -La Repubblica italiana non pu� quindi sottrarsi all'obbligo di adattare la sua legislazione nazionale a quanto prescritto dal Trattato invocando l'applicabilit� diretta delle disposizioni di quest'ultimo, op:pure il. fatto di avere adottato una data prassi amministrativa, o inoltre la mi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE gliore 1conoscema che i cittadini comunitari avrebbero dei loro diritti. Nella fattispecie, del resto, questi rimangono in uno stato di incertezza non solo per la conservazione in vigore di disposizioni nazionali contrarie al Trattato, ma anche rper l'entrata in vigore di nuove disposizioni della stessa natura, nel settore del turismo, avvenuta nel 1983. 15~ -Risulta da quanto precede che gli argomenti 4el Governo italiano non possono essere accolti. 16. -Occorre quindi constatare che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi impostile dagli artt. 48, 52 e 59 del Trattato CEE, mantenendo in vigore norme che: -subordinano ailla condizione di reciprocit� l'equiparazione dei cittadini degli arltri Stati membri ai cittadini italiani ai fini dell'accesso a diverse attivit� professionali legate al turismo; ..:.... 'subordinano al possesso della cittadinanza italiana l'iscrizione agli ailbi e ai registri dei pubblicisti e dei giornalisti praticanti, e subordinano alla condizione di reciprocit� l'iscrizione dei giornalisti professionisti citta� dini di altri Stati membri a11'albo speciale dei giomalis,ti stranieri; -riservano ai soli cittadini italiani la parteciipazione ai concorsi per l'attribuzione delle sedi farmaceutiche. (Omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE. Sed. plen., 4 dicembre 1986, nehla causa 205/84 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Slynn Commissione delle Comunit� europee (ag. Albrecht, prof. Steindorff) c. Repubblica fed. di Germania (ag. Seidel, prof. Lukes). lnterv.: Governi olandese (ag. Verdake), del Regno unito (ag. Braggins), belga (ag. Hoebaer), danese (ag. Mikaelsen, prof. Gulmann), francese (ag. Guillaume), irlandese (ag. Dockery) e italiano (a'V'V. Stato Fiumara). Comunit� Europee -Libera prestazione dei servizi -Assicurazione -Regime di autorizzazione e stabilimento -Limiti._ (Trattato CEE, artt. 59 e 60; direttive CEE del Consiglio 24 luglio 1973, n. 73/239, e 5 marzo 1979, n. 79/267). Comunit� Europee -Libera prestazione dei servizi -Coassicurazione -Coassicuratore delegatario -Autorizzazione e stabilimento -Non necessit�. (Trattato CEE, artt. 59 e 60; direttiva CEE del Consiglio 30 maggio 1978, n. 78/473). La Repubblica federale di Germania � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE, assoggettando, col � Versicherungsaufsichtsgesetz �, all'obbligo dello stabilimento nel suo territorio le imprese assicuratrici della Comunit� che intendano prestare in detto Stato, tramite rappresentanti, procuratori, agenti od altri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 42 intermediari, servizi nell'ambito dell'assicurazione diretta, ad eccezione dell'assicurazione sui trasporti; ci� non vale, tuttavia, per quanto riguarda le assicurazioni obbligatorie e le assicurazioni per le quali l'assicuratore � permanentemente presente nel territorio della Repubblica federale per un tramite che debba essere assimilato ad un'agenzia o ad una succursale, ovvero esercita la propria attivit� per intero o principalmente nel territorio di tale Stato (1). La Repubblica federale di Germania � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti-in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE e della direttiva del Consiglio n. 78/473, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di coassicurazione comunitaria, stabilendo, per le prestazioni di servizi che rientrano nella coassicurazione comunitaria, che il coassicuratore delegatario, nel caso di rischi localizzati nella Repubblica federale di Germania, deve quivi essere stabilito ed autorizzato (2). (Omissis) 1. -Con atto depositato in cancelleria il 14 agosto 1984, la Commissione delile Comunit� Europee ha proposto a questa Corte, in forza dell'art 169 del Trattato CEE, un un ricorso inteso a far dichiarare ohe la Repubblica federale di Germania: A) in ragione dell'aipplilcazione del � Versicherungsaufsichtsgesetz � (legige per la vigilanza sulla assicurazioni, in prosieguo � VAG �),nella formulazione della quatto11dicesima legige di modifica 29 marzo 1983 (BGBL I, pag. 377), Ja quaile assoggetta al requisito dello stabilimento e delil'autorizzazione nella Repubblica federale di Germania le imprese assicuratrici della Comunit� ohe intendano prestare in detto Stato -tramite rappresentanti, procuratori, agenti ed altri intermediari -servizi ne1'l'ambito � (1-2) Cfr. anche, in senso analogo, le sentenze coeve nelle cause 220/83, COMMISSIONE C. FRANCIA, 252/83, COMMISSIONE c. DANIMARCA, e 206/84, COMMISSIONE c. IRLANDA. La Corte ha accolto solo parzialmente i ricorsi della Commissione (sostenuta dal Regno unito e dai Paesi Bassi) contro la-Repubblica fed. di Germania, la Francia, la Danimarca e l'Irlanda (sostenute dal Belgio e dall'Italia). Da un lato essa ha affermato che le imprese assicuratrici di uno Stato membro della Comunit� che intendano prestare in altro Stato membro servizi nell'ambito dell'assicurazione diretta (peraltro con la notevole esclusione delle assicurazioni obbligatorie, non formanti oggetto dei ricorsi) non sono tenute a stabilirsi in tale Stato membro (ferma, comunque, la loro soggezione a tutte le regole di tale Stato, se in concreto esse sono stabilite nel suo territorio, in qualunque forma); e dall'altro, per�, ha lasciato in vita il regime di autorizzazione imposto dagli Stati destinatari onde � garantire, in modo efficace, il controllo che, ..., � giustificato da ragioni attinenti la tutela dei consumatori >>, pur con la precisazione che l'autorizzazione deve essere concessa a qualsiasi impresa stabilita in altro Stato membro che ne faccia domanda e soddisfi le condizioni imposte dalla l�~slazione dello Stato destinatario, e a condizioni PARIB I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 43 deM'assioorazione diretta (ad eccezione dell'assicurazione sui trasporti) e vieta alle imprese assicuratrici intermediarie con sede nella Repubblica federale di Germania di procurare a residenti contratti assicurativi con assicuratori aventi sede in un altro Stato membro, � venuta meno agli obblighi ad essa imposti dagli artt. 59 e 60 de1 Trattato CEE; B).in ragione dell'entrata in vigore e dell'apiplicazione della suddetta quattordicesima legge di modifica del VAG, la quale doveva servire a dare attuazione alla direttiva del Consiglio 30 magigio 1978, n. 78/473, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di coassicurazione comunitaria (G.U. n. L 151, pag. 25), � venuta meno agli obblighi ad essa imposti dagli artt. 59 e 60 del Trattato CEE nonch� dalle disposizioni della suddetta direttiva, in quanto le disposizioni della legge relative alla coassicurazione comunitaria stabiliscono che il coassicuratore delegatario -qualora il rischio assicurato sia localizzato ne1la Repubblica federale di Germania -deve quivi essere stabilito ed essere autorizzato a coprire i ri:schi anche da solo; C) in :.ragione della fissazione, da parte del � Bundesaufsichtsamt fiir das Versicherungswesen � (Ufficio federale di controllo delle assicurazioni), nell'ambito dell'attuazione della direttiva n. 78/473/CEE, di valori limite troppo elevati per i rischi nei rami assicurativi incendio, responsabilit� civile aeromobili e responsabilit� civile generale, che possono costituilre oggetto di coassicurazione comunitaria, � venuta meno agli obblighi ad essa imposti dall'art. l, 2� comma, e dall'art. 8 della suddetta direttiva, anche dagli artt. 59 e 60 del Trattato CEE, in quanto viene esci.usa nella Repubblica federale la prestazione di servizi i:n materia di coassicurazione per rischi di entit� inferiore ai valori limite. che non possono aggiungersi a condizioni legali equivalenti gi� soddisfatte nello Stato di stabilimento. Conseguente � la pronuncia in tema di coassicurazione comunitaria: il coassicuratore delegatario (o principale) non solo non deve essere necessariamente stabilito nel territorio dello Stato destinatario, ma non ha neanche bisogno di un'autorizzazione di quest'ultimo, non sussistendo, per la natura particolare dei rischi assicurati in regime di coassicurazione comu nitaria e per la qualit� dei contraenti (grandi imprese � gruppi di imprese), una specifica esigenza di tutela dei consumatori. Le sentenze emesse, di notevole importanza, imporranno anche all'Italia di modificare la sua legislazione, non solo in tema di coassicurazione comuni taria -disciplinata, sulla falsariga della normativa francese, dalla legge 11 no vembre 1986, n. 772, solo di pochi giorni anteriore alla pronuncia delle quattro sentenze (ma sin dalla IX legislatura � stato posto in elaborazione un disegno di legge per l'adeguamento) -ma anche e soprattutto nel campo ben pi� vasto dell'attivit� assicurativa in generale. Sulla problematica affrontata nelle quattro cause, cfr., prima delle pro nunzie della Corte, gli Atti del Convegno dell'A.l.D.A. sul tema Attivit� assicu rativa, trattato di Roma e libert� di prestazione, tenutosi a Trieste nei giorni 19-20 ottobre 1984, in Dir. prat. nell'assicurazione, 1984. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 44 2. -La Commissione ha inoUre proposto riicorsi per inadempimento contro la Repubblica francese (causa 220/83), la Daniilnarca (causa 252/83) e l'Irlanda (causa 206/84), relativamente alla trasposizione, da parte di questi Stati membri, della suddetta direttiva n. 78/473. In tali ricorsi, la Commissione formlllla censure ampiamente coincidenti con quelle sollevate ai punti B e C nella presente causa. Per contro, taili riJcorsi non contengono censure corrispondenti a quella indiicata al punto A, nonostante il fatto che, nei sudcJetti Stati membri, le normative generali s:ul controMo delle imprese assicuratrid implichino restrizioni anailoghe a quelle che costituiscono oggetto di questa censura. 3. -Nella presente causa, i Governi belga, danese, francese, irlandese e italiano sono intervenuti a sostegno della Repubblica fodera.ile di Germania, mentre i Governi britannici ed olandese sono intervenuti a sostegno deMa Commissione. 4. -Per quanto riguarda le disposizioni della nornnativa tedesca di cui � caiusa, le direttive comunitarie di coordinamento nel settore assicurativo ed i mezzi e argomenti dedotti sia dalle parti sia dagli intervenienti, si rimanda alla relazione d'udienza. Tali elementi del fascicolo sono richiamati in appresso soltanto nella misura neces,saria ail ragionamento della Corte. I. SULLA RICEVIBILIT� 5. -In via preliminaire, � opportuno esaminare taluni problemi di riicevibilit� che sono stati dibattuti dinanzi alla Corte. 6. -Il Governo irlandese sostiene che la Commissione, proponendo i ricorsi di cui trattasi, tenta d'imporre H proprio punto di vista senza attendere l'esito dei procedimenti gi� iniziati dal Consiglio ai sensi dell'art. 57, n. 2, del Tirattato. La proposta di Seconda direttiva in materia di assicurazione diretta diversa daLI'assicurazione sllilla vita (G.U. 1976, n. C 32, pag. 2; in prosieguo �proposta di Seconda direttiva�), che si trova attualmente all'esame del Consiglio, tratterebbe esattamente gli stessi problemi di delimitazione della libera prestazione dei servizi che sono in causa nella fattispecie. In realt�, la Commissione chiederebbe alla Corte di adempiere il compito che il Trattato ha affidato al Consiglio. 7. -In proposito si deve riico:rdare che, secondo l'art. 155 del Trattato , spetta alla Commissione vigilare suH'applica:z;ione delle disposizioni del Trattato. Nell'assolvere questo compito, essa � tenuta, qualora ritenga che uno Stato membro sia venuto meno ad uno degli obblighi ad esso incombenti in forza del Tirattato, a proporre un ricorso a norma dell'art. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 169. Il �semplice fatto che sia stata gi� presentata al Consiglio la proposta per un atto legislativo la cui adozione e la cui tra:sposizione nel diritto interno sarebbero idonee a porre fine all'infrazione allegata dalla Commissione non esclude che questa abbia la facolt� di proporre un siffatto ricorso per inadempimento. 8. -I Governi francese e irlandese hanno sostenuto che, in realt�, la Commissione mette in dubbio la conformit� al Trattato della direttiva n. 78/473 e, pertanto, contesta la legittimit� di quest'ultima. Ora, la Commissione non avrebbe proposto in tempo utile un ricorso per annullamento contro tale direttiva. I suddetti Governi esprimono quindi seri dubbi quanto a1la ricevibilit� della domanda dehla Commissione, che tenderebbe a rimettere in discussione un testo di diritto comunitario da ritenersi definitivo. 9. -Si deve constatare che questa avgomentazione mette in luce una divergenza di interpretazione del:la direttiva. La Commissione, nel ricorso, intende la direttiva in senso conforme alla propria interpretazione degli artt. 59 e 60 del Trattato, mentre i due Governi ila intendono in modo contra:stante con detta interpretazione degli artt. 59 e 60. Ora, questi problemi d'interpretazione potranno essere risolti soltanto quando sar� esaminato il merito della causa. 10. -Stando cos� le cose, nulla osta a che la Corte proceda all'esame del merito. II. NEL MERITO A) Sulla prima censura formulata dalla Commissione i. Sull'oggetto di tale censura 11. -Dal testo stesso delle conclusioni del ricorso della Commissione risulta che la prima censura riguaroa gli obblighi di autorizzazione e di stabilimento imposti dal VAG a qualsiasi prest"l:):ore di servizi nel settore dell'assicurazione diretta in generale, ad eccezione delle assicurazioni sui trasporti, che non sono soggette a detti obblighi, e della coassicurazione comunitaria, che costituisce oggetto della seconda e della terza censura. Inoltre la Corte prende atto del fatto che, nella fase orale del procedimento, la Commissione ha precisato che il ricorso non riguarda le assicurazioni obbligatorie. 12 -Per contro, rispondendo ad un quesito della Corte, la Commissione ha spiegato che, a differenza delle censure relative alla coassicurazione comunitaria, la prima censura riguarda anche le assicurazioni sulla vita. Durante la trattazione orale, il Governo tedesco ha confermate> 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di non aver mai messo in dubbio che il procedimento per inadempimento vertesse anche su queste assicurazioni. Alcimi dei Governi che sono intervenuti a sostegno della Repubblica federale di Germania hanno tuttavia considerato la risposta della Commissione come un tentativo di estendere l'oggetto del ricorso, il che li avrebbe privati della possibiilit� di f�r valere circostanze particolari, proprie del settore delle assicurazioni sulla vita. 13. -In proposito si deve constatare ohe tanto il parere motivato quanto il ricorso sono redatti in termini generali e si riferiscono a disposizioni tedesche che si applicano anche alle assicurazioni sulla vita. � vero che questi due documenti fanno unicamente menzione dell� direttiva del Consiglio 24 luglio 1973, n. 73/239, recante coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di accesso e di esercizio deH'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita (G.U. n. L 228, pag. 3), e della suddetta direttiva n. 78/473, relativa alla coassiourazione comunitaria, non gi� della direttiva del Consiglio 5 marzo 1979, n. 79/267, recante coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative rigua:rdanti l'accesso all'attivit� dell'assicurazione diretta sulla vita ed i[ suo esercizio (G.U. n. L 63, pag. 1). Tuttavia, questa circostanza pu� spiegarsi col fatto che, sui punti rilevanti per il presente ricorso, la direttiva del 1979 non differisce da quella del 1973. Benoh� le assicurazioni sulla vita pongano effettivamente problemi specifici, in particolare per quanto riguarda le condizioni di assicurazione e l'investimento delle riserve tecniche, tali problemi possono essere distinti da quelli relativi alle condizioni imposte in materia di stabilimento e di autorizzazione, che sono le uniche ad essere criticate dalla Commissione nell'ambito della prima censura. Ci� premesso, la risposta della Commissione dev'essere considerata come una precisazione, non gi� come una estensione del ricorso. 14. -Nel formulare la prima censura, la Commissione ha menzionato separatamente il divieto, imposto da:l VAG agli intermediari stabiliti nella Repubblica federale di Germania, di proporre a residenti contratti di assicurazione con assicuratori stabiliti in un altro Stato membro. Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, la Commissione ed il Governo britannico hanno sostenuto che siffatti intermediari, nel fornire la propria consulenza circa la scelta di assicurazioni e di assicuratori, agiscono nel solo interesse dei contraenti dell'assicurazione. Le ragioni attinenti alla tutela di questi ultimi, fatte valere dal Governo tedesco, non potrebbero quindi giustificare in alcun modo il suddetto divieto, tanto pi� che, secondo quest'ultimo Governo, il VAG non vieta ai contraenti dell'assicurazione che risiedono in territorio tedesco di rivolgersi direttamente alle imprese assicuratrici straniere di cui trattasi. PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZJONALB 15. -Il Governo tedesco ha replicato che il contraente dell'assicurazione, quando si rivolge, di propria iniziastiva, direttamente a}l'impresa assiouratrice straniera, � consaipevole di rinunciare alla tutela offerta dalla normativa del proprio paese. Per contro, qualora ~'intermediario sia stabilito nella Repubblica federale di Germania, il contraente del['assicurazione si rivolgerebbe ad un'impresa nazionale che, tuttavia, esercita la propria att!ivit� nell'interesse delle imprese assicuratrici e, nel caso di specie, neN'interesse di un'impresa ohe non � stabilita n� autorizzata in Germania. Il divieto di cui � causa costituirebbe quindi un necessario complemento delle condizioni relative allo stabilimento e aU'autorizzazione. 16. -In merito a questo punto si deve ri!co:ridare che la professione d'intermediario nel settore assicurativo non costituisce oggetto di alcuna disciplina comunitaria ohe consenta alla Corte di accertare se un siffatto intermediario eserciti la propria attivit� nelil'interesse dell'una o dell'altra parte del contratto d'assiourazione. Inoltre, la circostanza che il contratto d'assicurazione sia stato stipulato ton l'ausilio di un intermediario non incaricato dall'impresa assiiouratriice straniera non pu� modificare la natura di detto contratto in quanto relativo ad un servizio prestato da quest'ultima ima:�resa al contraente dell'aissi:curazione. Ne consegue che, per quanto rigua11da le norme sul!la libera prestaiJione dei servizi, il divieto di oui trattasi non pu� essere dissociato dalla censura riguardante gli obbliighi di stabilimento e di autorizzazione imposti all'impresa asskuratrice in quamo prestatrice di servizi e che, pertanto, la Corte pu� limitarsi a statuire su detta censura. 17. -Si deve quindi concludere ohe fa prima censura formuLata dalla Commissione rigua11da l'attivit� assicurativa nel suo complesso, ad eccezione delle assicurazioni sui trasporti, della coassiiourazione comunitaria e delle assicurazioni obbligatorie, e verte sui requisiti dello stabilimento e de1l'autorizzazione imposti da:lla normativa tedesca agJi assicuratori comunitari in quanto prestatori di servizi ai sensi del Trattato. ii. Sulla nozione di pr.estazione di servizi in materia di assicurazione. 18. -Ai sensi dell'art. 59, 1� comma, del Trattato, l'abolizione delle restrizioni della libera prestazione dei servizi nell'ambito della Comunit� si estende a tutti i servizi prestati da cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunit� che non sia quello del destinatario della prestazione. Secondo l'art. 60, 1� comma, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei caipita:li e deHe persone. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 48 19. -Per Je prestazioni di servizi cosl definite, i suddetti articoli impongono l'abolizione di qualsiasi restrizione della loro libera circolazione, con riserva tuttavia di quanto disposto dall'art. 61 e degli artt. 55 e 56, cui fa rinvio l'art. 66. Mentre questi ultimi articoli non sono stati richiamati nel presente procedimento, il Governo italiano ha ricordato che, secondo l'art. 61, n. 2, la liberailizzazione dei servizi assicurativi che sono connessi a movimenti di caipitaile deve essere attuata in armonia con la graduale liberalizzazione della circolazione dei capitali. In proposito, si deve tuttavia rilevare che gi� la Prima direttiva del Consiglio 11 maggio 1960 per l'aipplicazione dell'art. 67 del Trattato (G.U. 1960, pag. 921) ha previsto ohe gli Stati membri concedano qualsiasi autorizzazione di cambio relativa ai movimenti di capitali e necessaria per i trasferimenti effettuati in esecuzione di contratti di assicurazione, via via che ta:li contratti sono ammessi al beneficio della libera circolazione dei servizi, in applicazione degli artt. 59 e seguenti del Trattato. 20. -Mentre, perci�, le norme sui movimenti di capitali non possono limitare la libert� di concludere contratti di assicurazione sotto 'forma cli prestazione di servizi in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato, si pone invece il problema della delimitazione del campo d'applicazione di questi articoli rispetto a quello delle disposizioni del Trattato relative al diritto di prestazione. 21. -In proposito si deve riconoscere che, qualora un'impresa assicuratrice di uno Stato membro sia permanentemente presente in un altro Stato membro, ad essa si applicano ile disposizioni del Trattato sUJ!. diritto di stabilimento, anche se la sua presenza in quest'ultimo Stato non ha assunto la forma di una suocursale o di una agenzia, ma si manifesta tramite un semplice ufficio, gestito da personale dipendente dall'impresa, o tramite una persona indiipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dehl'impresa alla stessa stregua di un'agenzia. In ragione della suddetta definizione contenuta nell'art. 60, 1� comma, l'impresa assicuratrice non potrebbe quindi, in tal caso, valersi degili artt. 59 e 60 del Trattato per quanto riguarda le sue attliivit� nel secondo Stato membro. 22. -Cos� pure, come la Corte ha affermato nella sentenza 3 dicembre 1974 (causa 33/74, Van Binsbergen, Raoc .. pag. 1299), � giusto riconoscere ad uno Stato membro il diritto di provvedere affinch� un prestatore di servizi, la cui attivit� si svo1ga per intero o principalmente sul territorio di detto Stato, non possa utilizzare la libert� garantita dall'art. 59 allo scopo di sottrarsi alle norme sull'eserci7lio della sua professione la cui osservanza gli sarebbe imposta ove egli si stabilisse nello Stato in questione; una simile situazione deve infatti venir regolata dalle norme sul diritto di stabilimento e non dalle norme sclla prestazione di servizi. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 23. -Si deve infine ricordare che, essendo il campo d'aipplicazione degli artt. 59 e 60 definito in funzione dei luoghi di stabilimento o di res�denza del prestatore dei servizi e del loro destinatario, possono sorgere problemi particolari qualora il rischio coperto dal contratto d'assicurazione sia localizzato nel territorio di uno Stato diverso da quello del contraente dell'assicurazione, destinatario dei servdzi. Questi problemi, che non hanno costituito oggetto di discussioni dinanzi alla Corte, non saranno da questa esaminati nell'ambito della presente causa. Il suiccessivo esame riguarda quindi unicamente le assicurazioni contro rischi loca!lizzati nello Stato membro del contraente dell'assicurazione (in prosieguo � lo Stato destinatario�). 24. -Da quanto precede risulta che le prestazioni di servizi da prendere in considerazione onde statuire sul presente ricorso riguardano i soli contratti d'assicurazione relativi a risohi localizzati in uno Stato membro e conclusi, da un contraente stabildto o residente in questo Stato, con un assicuratore che sia stabilito in un altro Stato membro e che non sia in alcun modo permanentemente presente nel primo Stato, n� svolga la propria attivit� per intero o principalmente nel territorio di tale Stato. iii. Sulla conformU� dei requisiti controversi con gli artt. 59 e 60 del Trattato. 25. -Secondo la costante giurisprudenza della Corte, gli artt. 59 e 60 del Trattato hanno acquistato efficacia diretta alla scadenza del periodo transitorio e la loro applicabilit� non � subordinata all'armonizzazione o al coordinamento delle legislazioni degli Stati membri. Detti articoli impongono l'aboli.2lione non soltanto di tutte le discriminazioni nei confronti del prestatore in ragione della sua nazionalit�, ma anche di tutte le restrizioni della libera prestazione dei servizi imposte in ragione del fatto che il prestatore � stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui dev'essere fornita la prestazione. 26. -Poich� il Governo tedesco e taluni dei Governi intervenuti a sostegno dello stesso si sono riferiti a!ll'art. 60, 3� comma, per far valere che Io Stato destinatario pu� applicare la propria normativa in materia di controllo anche agli assicuratori stabil.iti in un altro Stato membro, si deve aggiungere che, come questa Corte ha precisato in particolare nella sentenza 17 dicembre 1981 (causa 279/80, Webb, Racc. pag. 3305), la suddetta norma ha anzitutto lo scopo di rendere possdbile al prestatore l'esercizio della propria attivit� nello Stato membro destinatario, senza alcuna discriminazione rispetto ai cittadirui di tale Stato. �Essa non implica tuttavia che qualsiasi disciplina nazionale che si appLichi aii cittadini di tale Stato e si riferisca normalmente ad un'attivit� permanente delle imprese 50 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO stabilite in tale Stato possa essere integralmente e allo stesso modo applii. cata anche ad attivit� di carattere temporaneo esercitate da imprese aventi sede in altri Stati membri. 27. -La Corte h~ tuttavia ammesso, in particolare nelle sentenze 18 gennaio 1979 (causa 110 e 111/78, Van Wesemael, Raoc. pag. 35) e 17 dicembre 1981 (causa 279/80, Webb, loc. cit.), che, tenuto conto delle speciali caratteristiche di talune prestazioni di servizi, non si possono considerare incompatibili col Trattato talune condizioni specifilche imposte al prestatore, che siano giustificate dall'appliicazione di norme relative a questi tipi di attivit�. Tuttavia, la libera prestazione dei servizi, in quanto principio fondamentale sanoito dal Trattato, pu� venire limitata solamente da norme giustificate dall'interesse generale e obbligatorie nei confronti di tutte le persone e le imprese che esercitino la propria attivit� nel territorio dello Stato destinatario, nella misura in cui tale interesse non risulti garantito dalle norme alle quali il prestatore � soggetto nello Stato membro in cui � stabilito. Inoltre, le suddette condizioni devono essere obiettiv�amente necessarie al fine di assicurare l'osservanza delle norme professionali e di garantire la tutela degli interessi da queste perseguita. 28. -Si deve constatare che le condiziOilli controverse nella presente causa, e cio� gli obblighi, imposti ad un assicuratore stabilito in un altro Stato membro, autorizzato dall'autorit� di controllo di ques'ultimo e sottoposto al controllo di detta autorit�, di disporre di una sede stabile nel territorio dello Stato destinatario e di ottenere una specifica autorizzazione dall'autorit� di controllo di questo Stato, costituiscono restrizioni della libera prestamone dei servizi, in quanto rendono pi� onerose le prestazioni dell'assicuratore nello Stato destinatario, in particolare qualora le sue attivit� in questo Stato presentino carattere puramente occasionail.e. 29. -Ne consegue che le suddette condi;lioni possono essere considerate compatibili 'con gli artt. 59 e 60 del Trattato soltanto qualora sia provato ohe esistono, nel settore dell'attivit� considerata, esiigenze imperative connesse all'interesse generale che giustificano -restrizioni della l�ibera prestazione dei servdzi, che tale interesse non � gi� garantito dalle norme dello Stato di stabilimento e che lo stesso risultato non potrebbe essere ottenuto mediante provvedimenti meno drastici. a) Sull'esistenza di un interesse che giustifichi talune restrizioni della libera prestazione dei servizi nel settore assicurativo. 30. -Coni.e hanno affeaimato il Governo tedesico e gili intervenienti a sostegno dello stesso, senza essere contraddetti da!lla Commissione, n� dai Governi britannici ed olandese, l'attivit� assiiicuratirva 1costituisice un settore particolarmente sensibile dal punto di vista della tutela del 1consumatore, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE di quest'ultima presenti -attivi congruenti e equivalenti agli impegni contratti in tutti i paesi in cui .l'impresa esercita le sue attivit�. L'abolizione di quest'obbligo di localizzazione viene proposta soltanto nel progetto di Seconda direttiva, che riguarda fra J'altro l'armonizzazione deLle norme nazionali relative alle riserve tecniche. 39. -Durante il rprocedimento dinanzi alla Corte, il Governo tedesco ed i Governi intervenuti a sostegno dello stesso hanno dimostrato l'esistenza di notevoli differenze fra le norme nazionali attualmente vigenti e relative alle �riserve e agli accantonamenti tecnici, nonch� agld attivi che ne costituiscono la contropartita. In mancanza di un'armonizzazione al riguardo, e di qualsiasi norma che i1mponga all'autorit� di controllo defilo Stato dii stabilimento di verificare �l'osservanza delle norme in vigore nello Stato destinatario, si deve ammettere che quest'ultimo ha il diritto di esigere e di controllare l'osservanza deN.e proprie norme in materia di riserve e aJOCantonamenti tecnici relativamente alle prestazioni di servizi effettuate nel suo �territorio, purch� tali norme non vadano oltre quanto � necessario per garantiire la tutela dei contraenti dell.'assicurazione e degli assicurati. 40. -Infine, iper quanto riguarda le condraioni di assicurazione, le due prime direttive di coordinamento non implicano alcuna armonizzazione in proposito e lasciano a ciascuno Stato membro nel quale l'impresa eserciti la sua attivit� il compito di vigilare sull'osservanza delle proprie norme iimiperative relativamente alle operazioni svolte nel suo territorio. La proposta di Seconda direttiva determina il campo d'applicazione di siffatte norme imperative ed esclude che queste vengano applicate a determinate assicurazioni di carattere commerciale che sono definite in modo dettagliato. Tenuto conto delle notevoli differenze fra le norme nazional�i vigenti in materia, si deve constatare che, anche su questo e con la stessa riserva, lo Stato membro d�stinatario ha il diritto di esigere e di controllare l'osservanza delle proprie norme :relativamente alle prestazioni di servizi effettuate nel suo territorio. 41. -Si deve quindi riconoscere che, alio stato attuale del diritto comunitario, le esigenze di tutela dei contraenti deM'assicurazione e degli assicurati che sono state sopra descritte giustificano il fatto ohe lo Stato membro destinatario garantisca l'aipplicazfone della propria legislazione per quanto riguaroa le riserve o gli accantonamenti tecnici e le condizioni d'assicurazione, rpuroh� le condizioni �imposte da tale legislamone non vadano oltre quantp � necessario rper :garantire la tutela dei contraenti delil'assicurazione e degli assicurati. Resta ;pertanto da esaminare se sia necessario che il relativo controllo venga ~ffettuato nell'aro 54 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO bito di un regime di autorizzazione e mediante l'imposizione, all'impresa assicuratrice, del requisito dello stabilimento nello Stato destinatario. c) Sulla necessit� del regime di autorizzazione {:: 42. -La Commissione non nega che ilo Stato destinatario abbia il di~ ritto di esercitare un certo controllo nei confronti delle imprese assicuratrici ohe fomisicono prestazioni di servizi-nel suo territorio. Durante fa fase orale del procedimento, essa ha anzi ammesso la possibilit� di subordinare a determinati rprovvediimenti di controllo a priori l'esercizio di qualsiasi attivit� sotto forma di prestazione di servizi da parte dehl'impresa interessata. Tuttavfa, essa ha ribadito che siffatti provvedimenti devono rientrare nell'ambito di un regime meno restrittivo di quello di autorizzazione, senza tuttavia precisare quali dovrebbero essere le modalit� di detto regime. 43. -Secondo il Governo tedesco ed i Governi intervenuti a sostegno dello stesso, il necessario controllo non pu� essere esercitato al di fuori di un regime di autorizzazione che consenta un esame pllima dell'inizio delle attivit�, una sorveglianza continua di queste ultime e [a possibilit� di revocare l'autorizzazione in caso di infrazioni gravi e persistenti. 44. -In proposito si deve rilevare che, in -tutti gli Stati membri, il controllo delle imprese assicuratrici � organizzato nell'ambito di un regime di autorizzazione, e che la necessit� di un siffatto sistema � riconosciuta dalle sue prime direttive �di coordinamento per quanto riguarda le attivit� da esse contemplate. Secondo il rispettivo art. 6 di queste direttive, ciascuno Stato membro sub~rdina '1'aocesso al!l'attivit� assicurativa sul proprio territorio a:d una autorizzazione amministrativa. L'imrpresa che apre succursali o agenzie in Stati membri diversi da quello della propria sede deve quindi ottenere un'autorizzazione dall'autorit� di controllo di ciascuno di tali Stati. 45. -Si deve d'altronde osservare che la proposta di Seconda direttiva prevede iJ. mantenimento in vigore di qu~sto regiime. L'impresa deve ottenere un'autorizzazione amministrativa per ciascuno Stato membro nel quale intende esercitare fa rpropria attivit� sotto forma di prestazioni di servizi. Beoch�, secondo ~l progetto, tale autorizzazione debba essere ri!lasciata dall'autorit� di controllo dello Stato di stabi1imento, questa autorit� deve tuttavia 1consultare rpreviamente l'autorit� di 1controllo de1lo Stato destinatario, trasmettendole copia dell'intero fascicolo. Il progetto prevede rinoltre una permanente collaborazione fra le due autorit� di controllo, tale da permettere in particolare a que!Ja dello Stato di stabilimento di adottare tutti gli opportuni provvedimenti, che rpossono giungere fino -alla revoca dell'autorizzazione, per porre fine alle infrazioni che ~ f: 1: -.J PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALB ss le siano state segnalate dall'autorit� di controllo dello Stato destinatario. 46. -Stando cos� le cose, non pu� essere disatteso 11'argomento del Governo tedesco secondo cui soltanto l'imposizione del requisito del[' autorizzazione pu� garantire, in modo efficace, il controllo che, tenuto conto delle iprecedenti considerazioni, � giustificato da ragioni attinenti alla tutela dei consumatori, 1in quanto contraenti dell'assicurazione e assicurati. Poich� un sistema come queillo proiposto nel iprogetto di seconda direttiva, in base al quale l'applicazione del regime di autorizzazione � affidato allo Stato membro di stabillimento in stretta col� laborazione con lo Stato destinatario, non pu� essere instaurato se non per via legislativa, si deve altres� ammettere che, allo stato attuale del diritto comunitario, spetta allo Stato destinatario concedere e revocare tale autorizzazione. 47. -Si deve tuttavia sottolineare che il'autorizzazione dev'essere concessa a �qualsiasi impresa sta9ilita in un altro Stato membro, che ne faccia domanda e soddisfi le 1condizioni 1imposte dalla legislazione dello Stato destinatario, come pure che truli condizioni non possono aggiungersi a condizioni legali equivalenti gi� soddisfatte net.lo Stato di stabilimento e che l'autorit� di controHo dello Stato destinatario deve tener conto degli esami e de1le verifiche gi� effettuati nello Stato membro di stabilimento. Ora, secondo il Governo tedesco, che su questo punto non � stato contraddetto dalla Commissione, il �regime di autorizza� zione tedesco � pienamente conforme a tali esigenze. 48. -� oipiportuno inoltre accertare se il requisito dell'autorizzazione, riguardante, a norma del VAG, qualsiasi attivit� assicurativa ad eccezione delle assicurazioni sui trasporti, sia giustifiicato in tutti i casi. In pro� posito � stato sottolineato, in particolare dal Governo britannico, che [a libera d:rcolazione dei servizi � importante soiprattutto per le assicura� zioni commerciali e che, iprecisamente per queste assicurazioni, vengono meno le ragioni di tutela del contraente deH'!:issicuraztione fatte valere dal Governo tedesco e dai Governi intervenuti a sostegno dello stesso. 49. -Da quanto precede si desume che il requisito deH'autorizzazione pu� essere mantenuto in vigore soltanto in quanto sia giustificato dalle ragioni di tutela del contraente rleM'assicurazione e dell'assicurato fatte valere dal Governo tedesco. Si deve anche ammettere che tali ragioni non hanno la stessa importanza per tutti i rami assicurativi e che possono esistere casi in cui, dato il carattere del rischio assicurato e del contraente dell'assicurazione, non vi � alcuna necessit� di tutelare quest'ultimo mediante l'applicazione delle norme imperative del suo ordinamento nazionale. 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 50. -Tuttavia, bench� la proposta di Seconda direttiva abbia tenuto conto di queste considerazioni escludendo in particolare le assicurazioni di carattere commerciale, definite .in modo dettagliato, dall'applicazione delle norme imperative dello Stato destinatario, si deve anche constatare che la Corte;in base agili elementi di diritto e di fatto di cui dispone, non � in grado di stabilire una siffatta distinzione generale e di fissarne i limiti con sufficiente precisione per determinare i casi particolari �in cui le esigenze di tutela, caratteristiche delle attivit� assicurative in .generale, non giustificano il requisito dell'autorizzazione. 51. -Dalle precedenti considerazioni risulta che la prima censura formulata dalla Commissione dev'essere disattesa nella parte riguardante il .requisito dell'autorizzazione. d) Sulla necessit� dello stabilimento. 52. -Se � vero che. fil requisito relativo all'autorizzazione costituisce una restrizione defila libera prestazione di servizi, il requisito relativo ahlo stabiilimento � di fatto la negazione stessa di tale 11.ibert�. Esso ha fa conseguenza di privare di ogni efficacia pratica l'art. 59 del Trattato, il cui scopo consiste per J'appunto nell'eliminare le restrizioni de!Ja libera prestazione di servizi da parte di persone non stabilite nello Stato nel cui territorio dev'essere fornita la prestazione (cfr., in particolare, fo sentenze 3 dicembre 1974, loc. cit., 26 novembre 1975, causa 39/75, Coenen, Racc. pag. 1547, e 10 febbraio 1982, causa 76/81, Tansporoute, Racc. pag. 417). Tale requisito pu� essere ammissibile soltanto qualora sia provato ch'esso costituisce una condizione indispensabiile per raggiungere lo scopo perseguito. 53. -In proposito, hl Governo tedesco osserva in particolare che il requisito delJo stabilimento neltlo Stato destinatario consente altl'autorit� di controllo di questo Stato di verificare in loco e permanentemente l'attivit� esercitata dail!l'assicuratore autorizzato e che, se non venisse imposto tale requisito, detta autorit� non sarebbe in grado di adempiere il proprio compito. 54. -La Corte ha gi� sottolineato, nella sua giurisprudenza, da ultimo nella sentenza 3 febbraio 1983 (causa 29/82, Van Luipen, Raoc pag. 151), che considerazioni di ordine amministrativo non possono giustificare la deroga, da parte di uno Stato membro, alle norme del diritto comunitario. Questa considerazione � tanto pi� valida quando ila deroga di cui trattasi ha l'effetto di escludere l'esercizio di una delle libert� fondamentali garantite dal Trattato. Nella fattispecie, non � quindi sufficiente che la disponibilit� in loco di tutti i documenti necessari per il controllo da parte delle autorit� de!Jo Stato destinatario possa agevolare l'adempimento del compito di queste autorit�. g necessario, inoltre, dimostrare che, anche PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE nell'ambito di un regime di autorizzazione, queste non !Potrebbero adempiere in modo efficace il foro compito di controllo senza ohe l'impresa aibbia, nel suddetto Stato membro, una sede stabile ove siano disponibili tutti i documenti necessari. 55. -Ci� non � stato dimostrato. Come si � rilevato in precedenza, il diritto comunitario in materia di assicurazioni non osta, nel suo attuale staidio di evoluzione, a che fo Stato destinatario esiga che gli attivi corrispondenti aille riserve o aigli accantonamenti tecnici relativi alle attivit� esercitate nel proprio territorio siano quivi locaiizzati. In tal caso, l'esistenza di detti attivi pu� essere verificata in loco, anche qualora l'impresa non abbia alcuna sede stabile nel suddetto Stato. Per le ailtre condizioni di attivit� soggette a controllo, la Corte ritiene che questo controllo possa essere esercitato basandosi su copie �di bilanci, resoconti e documenti commerciali, ivi comprese le condizioni d'assicurazione ed i programmi di attivit�, inviate a partire dal[o Stato di stabilimento e debitamente autenticate daHe autorit� di questo Stato membro. NeLl'ambito di un regime di autorizzazione, � possibile sottoporre l'impresa a siffatte condizioni di controllo nell'atto di autorizzazione e garantire il rispetto delle condizioni stesse, eventualmente, mediante la revoca di tale atto. 56. -Non � quindi provato che le esigenze sopra prospettate ed attinenti alla tutela del contraente dell'assicurazione e dell'assicurato rendano indispensabile, lo stabilimento dell'assicuratore nel territorio dello Stato destinatario. 57. -Relativamente alla prima censura formulata dalla Commissione, si :deve quindi concludere che la Repubblica federale di Germania � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE, assoggettando, col � Versicherungsaufsiichtsgesetz �, all'obbligo dello stabilimento nel suo territorio le iill!Prese assicuratrici della Comunit� che intendano prestare in detto Stato, tramite rappresentanti, procuratori, agenti od altri intermediari, servizi nell'ambito dell'assicurazione diretta, ad eccezione dell'assicurazione sui trasporti; ci� non vale, tuttavia, per quanto riguarda [e assicurazioni -obbligatorie e le assicurazioni per le quali l'assicuratore � permanentemente presente nel territorio della Repubblica federale per un tramite che debba essere assimilato ad un'agenzia o ad una succursale, ovvero esercita la propria attivit� per intero o principalmente nel territorio di tale Stato. B) Sulla seconda censura formulata dalla Commissione 58. -Con la seconda censura, fa Commissione mira a far dichiarare un inadempimento riguardante tanto la rdirettiva n. 78/473 sulla coassicurazione comunitaria, quanto gli artt. 59 e 60 del Trattato. Tuttavia, come 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO fa prima causa, anche la seconda si basa sulla tesi secondo cui gli obblighi relativi all'autorizzazione e allo stabillimento sono incompatibiili con gli . artt. 59 e 60 del Trattato per quanto riguarda J'attivit� assicurativa nel suo complesso. Secondo fa Commissione, non vi � quindi alcun motivo di distinguere sotto questo profhlo la situazione dell'assicurazione irn generale da quella del c�assicuratore delegatario. La Repubblica federale di Germania avrebbe quindi commesso un'infr.azione ai suddetti articoH, in quanto, nel trasporre la direttiva n. 78/473 nehl'ordinamento interno, essa ha esentato da tali obblighi uniicamente .gli altri coassicuratori, e non il coassicuratore delegatario. 59. -La Commissione ammette che la direttiva � ambigua su questo punto, ma sostiene ch'essa deve essere interpretata in senso conforme al Trattato, il che � stato riconosciuto dagli Stati membri nella dichiarazione comune figurante nel verbale della riunione del Consiglio in data 23 maggio 1978. Conseguentemente, non si potrebbe in alcun modo ritenere che la direttiva imponga al coassicuratore delegatario l'obbligo di essere autorizzato e di stabilirsi nello Stato membro in cui � localizzato il rischio. 60. -Da parte sua, il Governo tedesco fa riferimento alla distinzione effettuata dalla direttiva n. 78/473 fra il coassicuratore delegatario e ,gli altri coassicuratc�ri. Le disposizioni di questa direttiva riguartlanti il coassicuratore delegatario, ed in particolare l'art. 2, n. l, lett. c), in quanto rinvia alla direttiva n. 73/239, proverebbero che lo Stato in cui � localizzato il rischio rpu� esigere che il coassicuratore delegatario sia stabilito e autorizzato nel proprio territorio, cosicch� possa coprire interamente il rischio anche da solo. Pertanto, la normativa tedesca non violerebbe n� la direttiva n. 78/473 n� gli artt. 59 e 60 del Trattato. 61. -� vero che, secondo la suddetta disposizione della direttiva, il coassicuratore delegatario � autorizzato � secondo le condizioni previste dalla prima direttiva di cooridinamento, rcio� � trattato come l'assicuratore che copre la totalit� del rischio �. La direttiva non indica, tuttayia, in quale Stato membro il coassicuratore dele,gat�rio dev'essere autorizzato, e da quanto precedentemente affermato rul ptllilto A risulta che, secondo il diritto comunitario, un assicuratore gi� autorizzato e stabilito in uno Stato membro non deve necessariamente essere stabilito in un altro Stato membro, per poter coprire la totaHt� di un rischio localizzato nel territorio di quest'ultimo Stato. 62. -Come questa Corte ha affermato nella sentenza 13 dicembre 1983 (causa 218/82, Commissione c/ Consiglio, Racc. pag. 4063), allorch� una norma di diritto derivato comunitario ammetta pi� tdi una interpretazione, si deve dare la preferenza a queHa che renda la norma stessa . . -�-. I PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE conforme al T�rattato rispetto a quella che porti a constatare la sua incompatibilit� col Trattato stesso. Stando cos� le cose, la direttiva non dev'essere interpretata isolatamente, dovendosi invece esaminare se i requisiti di cui trattasi siano o meno in contrasto con le suddette disposizioni del Trattato e far riferimento all'esito di tale esame ai fini dell'interpretazione deHa direttiva. 63~ -Ora, per quanto riguarda l'attivit� assiicurativa in generale, la Corte ha test� .affermato che l'obbligo di stabilimento � incompatibile con gli artt. 59 e 60 del� Trattato. Di conseguenza, l'imposizione di tale obbligo al coassicuratore� delegatario non pu� essere fondata sulla :direttiva numero 78/473. Basta quindi esaminare se sia conforme al diritto comuni-� tario l'imposizione, al coasskuratore delegatario, dell'obbligo di essere autorizzato nel paese del rischio. 64. -In proposito, da!ll'esame della prima censura risulta che il requisito dell'autorizzazione, nello Stato destinatario, di un'impresa prestatrice di servizi assicurativi rpu� essere considerato compatibile col Trattato soltanto qualora sia giustificato da motivi attinenti alla tutela del consumatore, in quanto contraente dell'assicurazione o assicurato. Ora, secondo il suo art. l, n. 2, la direttiva n. 78/473 riguarda soltanto le assiicurazioni contro rischi che, per loro natura o importanza, richiedono [a partecipazione di pi� assicuratori ai fini della loro garanzia. Inoltre, secondo il suo art. 1, n. 1, la direttiva si aipplica soltanto alle operazioni di coassicurazione comunitaria aventi ad oggetto taluni dei rischi elencati nell'allegato della diretti<va n. 73/239. Ad esempio, essa non riguarda n� le assicurazioni sulla vita, n� le assicurazioni contro gli infortuni e ila malattia, n� le assicurazioni iper la responsabilit� civile derivante dalla circolazione stradale. I 1contraenti delle assicurazioni contemplate dalla direttiva sono soltanto grandi imprese o gruippi d'imprese, in grado di ivalutare e di negoziare le polizze assicurative che vengono loro proposte; pertei�, gli argomenti relativi alla tutela dei consumatori non hanno, in questo caso, ila stessa rilevanza ohe nel caso di altre forme di assicurazione. 65. -Dall'esame della prima censura risulta inoltre che il requisito deH'autorizzazione nello Stato destinatario non � giustificato neppure qualora l'impresa prestatrice di servizi soddisfi gi� condizioni equivalenti imposte nello Stato membro di stabilimento e qualora esista un sistema di collaborazione fra le autorit� di controllo degli Stati membri interessati, tale da garantire un controllo efficace dell'osservanza di siffatte condizioni anche per quanto riguarida le prestazioni di servizi. Ora, come risulta dal preambolo della direttiva n. 78/473, questa mira a realizzare il minimo di coordinamento ritenuto necessario per facilitare l'esercizio 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effettivo dell'attivit� di coassicurazione comunitaria ed organizza una speciale collaborazione fra le autorit� di controllo degli Stati membri e fra queste autorit� e la Commissione, sistema che, per le prestazioni di servizi nell'ambito dell'assicUII'azione in generale, � prevti:sto soltanto nella proposta di Seconda direttiva. 66. -D'altra parte, una differenza di trattamento in proposito fra il coassicuratore delegatario e gli altri coassicuratori non risulta obiettivamente giustifi�:ata. In effetti,� bench� spetti al coassicuratore delegatario stipulare il contratto e garantirne l'esecuzione, nulla osta a che egli copra una parte del rischio anche inferiore a queLla degli altri coassicuratori. 67. -Date queste circostanze, e per quanto riguarda le assicurazioni che rientrano nell'ambito della direttiva n. 78/473 sUlla coassicurazione, i requisiti posti dal VAG, non solo quanto allo stabilimento, ma anche quanto all'autorizzazione del coassicuratore delegatario, sono incompatibili con gli artt. 59 e 60 del Trattato e quindi anche con la direttiva. 68. -Si deve perci� dichiarare che la Repubblica federale di Germania � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE e della direttiva del Consiglio n. 78/473, in quanto le disposizioni della sua normativa stabiliscono, per la coassicurazione comunitaria, che il coassicuratore delegatario, nel caso di rischi localizzati nella Repubblica federale di Germania, deve quivi essere stabilito ed autorizzato. C) Sulla .terzo censura formulata dalla Commissione 69. -Secondo il suo tenore letterale, la terza censura riguarda il livello dei valori limite fissati nella Repubblica federale di Germania per determinati rischi che costituiscono oggetto di coassicurazione comunitaria. Tuttavia, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, la Commissione ha precisato che detta censura � dir~tta, in realt�, contro l'esistenza stessa di siffatti valori limite. 70. -Ora, si deve constatare che questa � una censura diversa e pi� ampia di quella formulata nelle conclusioni �del ricorso. Essa non pu�, quindi, essere ritenuta ammissibile. Per quanto riguarda la censura iniziale, la Commissione non ha addotto alcun argomento per provare che il livello dei valori limite fissati dalla normativa tedesca sia troppo elevato. 71. -Ne consegue che la terza censura formulata dalla Commissione dev'essere disattesa. . I I' ... .. .� I 61 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 16 dicembre 1986, nella causa 200/85 -Pres. f.f. Kakouris -Avv. Gen. Mischo -Commissione delle C.E. (Berarrlis) c. Repubblica italiana (avv. Stato Ferri). Comunit� Europee �-Disposizioni fiscali � IVA � Aliquote differenziate sulle vetture a motore diesel. (Trattato CEE, art. 9Si d.l. 26 maggio 1978; n. 216, conv. nella legge 24 luglio 1978, n. 388). Istituendo aliquote IVA differenziate sulle autovetture a motore diesel in funzione della cilindrata la Repubblica italiana non � venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 95 del Trattato CEE, anche se vengono cos� colpite con l'aliquota pi� elevata esclusivamente autovetture im� portate (1). (omissis) 1. -Con istanza depositata nella cancelleria della Corte il 1� giugno 1985, la Commissione delle Comunit� Europee ha proposto, a norma dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichia� rare che la Repubblica italiana istituendo e mantenendo aliquote IVA differenziate sulle autovetture a motore diesel in funzione della cilindrata cos� da colpire con l'aliquota pi� elevata esclusivamente autovetture importate, in partkolare da altri Stati membri, � venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 95 del Trattato CEE. 2. -Per quanto concerne le norme di legge italiane dedotte in lite, e i mezzi e gli argomenti sostenuti dalle parti si rinvia aMa relazione (1) La sentenza 15 marzo 1983, nella causa 319/81, citata in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1983, I, 285. Una volta escluso che un'autovettura, sol perch� equipaggiata con motore diesel, non possa essere considerata, anche se di cilindrata molto elevata, prodotto di lusso, non restava che verificare l'esattezza dell'assunto della Commissione secondo cui il limite di cilindrata sarebbe sta_to fissato in modo tale da ) colpire pi� gravemente solo i prodotti importati. E la Corte ha ritenuto non provata tale circostanza (cfr., invece, la situazione emersa nella causa 112/84, HUMBLOT, decisa con la sentenza 9 maggio 1985, in Racc. giur. Corte, 1985, 1375, citata in motivazione), condividendo, nella sostanza, le argomentazioni svolte dal Governo italiano. � In un settore produttivo come quello delle automobili -si era detto, fra l'altro, nelle difese scritte presentate alla Corte -le modalit� di tassazione applicate da una legislazione nazionale influenzano il mercato in un senso che potremmo definire dinamico: il settore produttivo non subisce passivamente gli effetti della manovra tributaria ma reagisce orientando le proprie scelte in modo da neutralizzare il pi� possibile gli effetti sfavorevoli del fattore fiscale. � Di ci� la Commissione � ben consapevole, riconoscendo anche la legittimit� di un uso della leva fiscale per incentivare o disincentivare certe prefe� 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d'udienza. Detti elementi del fascicolo sono qui di seguito menzionati solo nella misura necessaria per consentire arJ.la Corte di esporre il suo iter logico. l -SULLA RICEVIBILIT� 3. -Il Governo italiano deduce che, nel parere motivato, la Commissione contesta all'Italia di aver violato l'art. 95, 1� .comma, del Trattato, mentre nell'atto introduttivo di ricorso chiede la condanna per inosservanza degli obblighi .derivanti dai!l'art. 95. Del resto, dalla precisazione fornita nella replica sarebbe emerso che la Commissione contesta all'Italia un'inosservanza dell'art. 95, 2� comma. Il ricorso, di conseguenza, dovrebbe essere dichiarato irricevibile. 4. -Si deve a questo proposito constatare, da un lato, che se in effetti il parere motivato menziona, nel suo dispositivo, un inadempimento dell'art. 95, 1� 'comma, tuttavia esso cita espressamente, a due riprese, il 2� comma dello stesso articolo e, dall'altro, che detto parere fa riferimento al carattere iprotezionistico deMa normativa italiana contestata. Di conseguenza, il parere motivato, considerato nel suo' insieme, contempla entrambi i caipoversi dell'art. 95. 5. -Non si � :dunque avuto nel corso del procedimento un mutamento dell'oggetto del contendere, idoneo a comiportare !'irricevibilit� del ricorso. 6. -Ci� c911siderato, l'eccezione di irricevibilit� sollevata dal Governo italiano deve essere respinta. 1J: -SUL MERITO 7. -La contestazione della Commissione verte sul regime difterenziato di tassazione delle autovetture diesel risultante dalla modifica introdotta con decreto legge 26 maggio 1978 convertito nella legge 24 lurenze di mercato (nel caso delle auto, per favorire obiettivi di risparmio ener getico). � Ed � altrettanto comprensibile che la propensione di un operatore ad adattare il proprio prodotto alle � condizioni � indirettamente po~te da una determinata legislazione nazionale sar� tanto maggiore quanto maggiore � la quota di produzione che l'operatore destina a quel medesimo mercato interno. � Conseguenza del tutto normale di questa dinamica � perci� una situazione in cui, di fronte ad una legge fiscale come quella in esame, operante una tas sazione IVA pi� gravosa in funzione del carattere di lusso commisurato alla cilindrata dell'auto, la produzione nazionale di automobili presenta dei modelli molto pi� � adattati � a tali condizioni tributarie di quanto convenga fare a PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 63 glio 1978, n. 388. Mentre in precedenza tutte le autovetture di cilindrata pari o superiore ai 2.000 cm3 erano assoggettate all'aliquota IVA normale e l'aliquota pi� elevata era applicata alle autovetture di cilindrata superiore, a decorrere dalla modifica di cui sopra, il limite a partire dal quale le autovetture a motore diesel sono asso~gettate all'aliquota pi� alta veniva elevato da 2.000 a 2.500 cm3, il ohe, secondo la Commissione, ha come conseguenza che l'aliquota pi� elevata colpisce solo autovetture d'importazione. 8. -Prima di procedere all'esame della COlll!Patibilit� di questo regime �on l'art. 95 del Trattato, si deve ricordare ohe, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il diritto comunitario non limita, nello stadio attuale della sua evoluzione, la libert� di ciascun Stato membro d'istituire sistemi impositivi differenziati per taluni prodotti, in funzione di criteri obiettivi. Tuttavia, la libert� d'imposizione lasciata agli Stati membri in materia di tasse interne non pu� giustificare deroghe ad principio fondamentale defila non discriminazione fiscal.e sancito dall'art. 95, ma deve �collocarsi nel contesto di questa disposizione e rispettarne i divieti. 9. -Al fine �di decidere suHa compatibilit� con l'art. 95 del Trattato di una differenziazione fiscale oggetto di contestazione, occoi:re dunque esaminare se questa � stabilita in funzione di un criterio obiettivo, se � direttamente o indirettamente discriminatoria e se � intesa a proteggere produzioni nazionali concorrenti nei confronti delle importazioni provenienti da altri Stati membri. 10. -Nel caso di specie va anzitutto rilevato che il riferimento a una determinata �cilindrata come confine tra due aliquote di tassazione � un criterio obiettivo che prescinde dalla provenienza dei prodotti. La cir:costanza che questa soglia sia pi� elevata per le autovetture diesel che per le autovetture a benzina non costituisce, di per s�, oggetto di contestazione, nel presente ricorso. produttori di altri paesi CEE prevalentemente interessati ad adeguarsi ad altre esigenze di mercato. � Tutto questo dimostra che, con riferimento al mercato delle auto, la attitudine di una norma fiscale nazionale a colpire, in modo pi� gravoso, pre valentemente o esclusivamente, i prodotti originari di altri paesi della Comu nit� non pu� costituire quel dato sintomatico di una finalit� protezionistica, alla stessa stregua in cui il medesimo dato pu� valere con riguardo ad un settore produttivo incapace di reagire alla manovra fiscale perch� condizionato da fattori non modificabili (come avviene per le merci legate a vocazioni ori ginarie di un certo territorio, specie nel caso di trasformazione di prodotti agricoli) "� � 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 11. -Cionondimeno, la Commissione sostiene che le autovetture a motore diesel, anche se di cilindrata elevata, non possono, date le loro peculiarit�, essere qualificate prodotti di lusso che giustificano l'applicazione di un'aliquota pi� elevata. Il Governo italiano ha contestato questa affermazione. 12. -A questo proposito, � sufficiente constatare, da un lato, che I'assogigettamento di determinati prodotti ad un'aliquota IVA pi� elevata in funzione della loro qualifica di prodotti di lusso � un elemento del sistema fiscale italiano di cui la Corte ha gi� riconosciuto fa compatibilit� col Trattato (sentenza 15 marzo 1983, causa 319/84, Commissione c/ Repubblica italiana, Raicc. :pag. 601) e, dall'altro, che, nel caso di specie, l'applicazione di questo criterio alle autovetture che superano una determinata ciliIJJdrata non sembra essere arbitrario o irragionevole. 13. -D'altronde, la Commissione riconosce che non avrebbe contestato il sistema posto in essere se fossero esistite delle autovetture diesel fabbricate in Italia rientranti nella categoria assoggettata alla tassazione pi� elevata. 14. -Orbene, essa rileva che, nel caso di specie, il limite fissato ha come conseguenza che restano assogigettate all'aliquota pi� elevata soltanto autovetture importate. 15. -Questa constatazione � esatta per quanto concerne le autovetture diesel. Tuttavia, dagli atti del fascicolo emerge che a seguito della modifica della legislazione italiana sopraiIJJdicata, la magigior parte dei modelli diesel importati dagli Stati membri della Comunit� rientrano nella 1categoria delle automobili colpite da un'aliquota IVA normale, mentre un solo modello rientra nella 1categoria delle automobili assoggettate alla tassazione pi� elevata. 16. -D'altronde, se si preIJJde in considerazione non solo le autovetture a motore diesel ma il settore deH'aut�mobile nel suo complesso, risulta con certezza che J'aliquota IVA pi� elevata non colpisce esclusivamente autovetture d'importazione ma anche autovetture nazionali. 17. -Ci� considerato, la differenziazione fiscale in oggetto, che si applica indifferentem~nte ai prodotti nazionali e ai prodotti importati, non pu� essere considerata discriminatoria. 18. -Resta da esaminare se la differenziazione fiscale contestata non sia idonea a proteggere produzioni nazionali coIJJcorrenti nei confronti delle importazioni. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 19. -La Commissione osserva sotto questo profiilo che la normativa italiana � stata modificata rproprio nel momento in cui l'industria italiana si apprestava a lanciare sul mercato una vettura diesel di cilindrata di poco inferiore ai 2.500 cm3� Il limite sarebbe stato cos� fissato in modo da escludere questa produzione nazionale dall'applicazione dell'aliquota maggiorata. La finalit� protezionistica della disposizione in oggetto sarebbe dunque evidente. 20. -A questo proposito occorre tener conto del fatto non contestato ohe la modifica legislativa in oggetto ha favorito non solo determinati modelli italiani, ma anche una pi� ampia gamma di modelli importati dagli Stati membri della Comunit�. Inoltre, la relazione di concorrenza da prendere in considerazione per valutare l'esistenza di un effetto protezionistico non pu� riguardare le sole autovetture diesel, ma deve estendersi a tutte le autovetture siano esse eqU�ipaiggiate con motore diesel o con motore a benzina. 21. -Orbene, � certo ohe l'aliquota pi� elevata concerne anche le autovetture a benzina di produzione nazionale. Ci� oonsiderato, non � provato il carattere protezionistico della normativa fiscale dedotta in lite. I 22. -Infine, la Commissione, a sostegno della propria tesi, riahiama la sentenza della Corte 9 maggio 1985 ~causa 112/84, Humblot, non ancora pubblicata) i cui principi possono applicarsi anche nella presente fattispecie. 23. -In questa sentenza la Corte ha stabHito che � J'articolo 95 del Trattato vieta di sottoporre le autovetture che superano una certa potenza fiscale ad una tassa speciale fissa, d'importo pi� volte superiore all'importo massimo della tassa progressiva dQIVUta per le autovetture ohe non raggiungono ta'le potenza fiscale, allorch� le sole autovetture co1pite dalJa tassa speciale sono autovetture importate, e precisamente da altri paesi membri �. 24. -Orbene, da quanto in precedenza affermato emerge, da un lato, ohe la differenziazione fiscale og;getto di contestazione nella presente causa � disposta nel contesto di un sistema generale di tassazione e, dall'altro, che essa riguarda non solo i prodotti importati ma anche i prodotti nazionali. 25. -Il ricorso deve quindi essere respintp. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite, 3 giugno 1986, n. 3704 � Pres. Tam burrino -Bst. Panzar:mi -P. M. Sgroi -Stoppani Piero (avv. Cesa rini) c. Tesoro (avv. dello Stato Stipo). Giurisdizione civile � Giurisdizione amministrativa e della Corte dei Conti -Casse pensioni amministrate dagli Istituti di previdenza � Iscri� zione alla Cassa -Giurisdizione amministrativa. Appartiene al giudice amm,inistrativo la cognizione della controversia concernente l'accertamento dell'obbligo di iscrizione ad una od altra Cassa pensioni amministrate dalla Direzione generale degli Istituti di previdenza presso il Ministero del Tesoro (1). (omissis) Con l'unico motivo l'istante deduce che si tratta di stabilire se sia legittimo che il Ministero (ancorch� durante il rapporto di lavoro egli sia stato iscritto presso diversa Cassa di previdenza) possa ripetere il (preteso) indebito, se inoltre sia configurabile un vero indebito posto che il peculiare rapporto d'impiego {tenuto conto delle norme (1) La Direzione generale degli Istituti di previdenza amministra sia la Cassa di previdenza per le pensioni a:i dipendenti degli enti locali -CPDEL sia la Cassa pensioni sanitari. Le due casse sono regolate da distinti ordinamenti. Con r.d. 3 marzo 1938 n. 680 � stato approvato l'ordinamento della C.P.D.E.L., che provvede alle pensioni degli impiegati dei comuni, province e di altri enti a:i quali siano estese le disposizioni sulla Cassa. Con legge 6 luglio 1939 n. 1035 � stato poi approvato il regolamento della Cassa Sanitari, che provvede alle pensioni dei. medici e veterinari dipendenti dagli enti locali e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. L'art. 28 dell'ordinamento CPDEL e l'art. 20 dell'ordinamento Cassa Sani tari stabiliscono che i ricorsi concernenti la iscrizione alla Cassa e l'imposizione dei contributi vanno presentati alla Direzione generale degli Istituti di previ denza, avverso il cui provvedimento � ammesso ricorso gerarchico al Ministro dell'interno, impugnabile poi davanti gli organi della giustizia amministrativa. L'art. 60 dell'ordinamento CPDEL e l'art. 54 dell'ordinamento Cassa Sanitari stabiliscono poi che avverso i provvedimenti di liquidazione della pensione o dell'indennit� una tantum � ammesso ricorso alla Corte dei Conti. Le Sezioni Unite in rassegna hanno pertanto distinto: a) un rapporto assicurativo-contributivo nel quale sussiste l'obbligo dell'ente datore di lavoro e del prestatore d'opera di effettuare le contribuzioni: le relative controversie saranno di competenza del giudice amministrativo; PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 67 disciplinanti l'obbligo assicurativo) comportava tassativamente l'iscrizione di esso istante alla Cassa di previdenza dipendenti enti locali e infine se siano deducibili contestazioni di merito nei confronti di un soggetto cui doveva in ogni <:aso attribuirsi la mancanza di un'imputabilit� diretta .deHe minori (ma non ammesse) contribuzioni. Rileva quindi che_ debbono essere escluse la giurisdizione della Corte dei <:onti, non vertendosi su materia pensionabile ed essendo la pensione semplicemente l'oggetto di aipprensione esecutiva, cos� come quella del Giudice amministrativo non trattandosi pi� di materia di pubblico impiego. Tutto ci� richiamato, osserva il. Collegio -come debba essere dichiarata, per le considerazioni che seguono, la giurisdizione esclusiva del Giudice a1II1ministrativo. Si rileva in proposito che la presente controversia non ha quale suo esclusivo oggetto la tdichiarazione della non legittimit� della richiesta formulata dalla Cassa per le pensioni ai sanitari nei confronti del dott. Stoppani di versamento di differenze contributive, m~ -come in definitiva avvertito dai Pretore -concerne l'individuazione dell'ente previdenziale al quale il medesimo avrebbe dovuto essere iscritto, vale a dire -pi� semplicemente -l'accertamento della sussistenza oprpur no del�'obbligo della sua iscrizione (oltrech� alla Cassa di previdenza dipendenti enti locali) anche alla suddetta Cassa per i sani~ari, questione che si pone in termini di evidente essenzialit� onde risolvere il consequenziale problema contributivo. La controversia stessa verte peraltro, non gi� sulla sussistenza nell'attore del diritto alla liquidazione della pensione e sull'ammontare delle �relative prestazioni, ma, secondo quanto ora detto, � stata promossa per stabilire se ricorrano i presupposti per l'iscrizione del medesimo alla suddetta Cassa, talch� tale controversia -bench� esso attore abbia lo � status � di b) un rapporto previdenziale che � caratterizzato dall'obbligo delle Casse di corrispondere la pensione e gli altri assegni previsti dalla legge: le relative controversie sono di competenza della Corte dei Conti. Logico corollario a questa distinzione sarebbe che nella ipotesi sub a) si tratta di un rapporto intercorrente tra ente datore -di lavoro e dipendente, cui dovrebbe restare estranea la Cassa, in quanto investe il rapporto di pubblico impiego. Infatti se si discute sul diritto di iscrizione alla Cassa il rapporto previ denziale non � ancora sorto e quindi si resta nell'ambito del pubblico impiego, venendo in gioco solo i reciproci obblighi tra ente datore di lavoro e dipendente, ricadenti pertanto nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Quindi le controversie che riguardano il rapporto assicurativo-contributivo dovrebbero avere come parti il dipendente e l'ente datore di lavoro. Se invece la vertenza ha come parti. il dipendente e l'ente previdenziale non si verte pi� nell'ambito del rapporto di pubblico impiego bens� nell'ambito del rapporto previdenziale. Orbene la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non pu� esten� dersi alla materia previdenziale che � di competenza del giudice ordinario, a 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pensionato riguai:da, non igi� il rapporto pensionistico il quale � caratterizzato dall'obbliigo delle relative prestazioni da parte dell'ente previdenziale, bens� pi� propriamente quello ~giurildi:camente e logicamente precedente) definibHe come assicurativo-contributivo nel quale sussiste invece l'obbligo del datore di lavoro e del prestatore d'opera di effettuare le contribuzioni prescritte dalla legge, con il corrispondente obbligo dell'ente previdenziale di costitwre la posizione assicurativa a favore dello stesso prestatore. Posto peraltro ohe nella genera:lit� dei casi la cognizione delJe controversie relative ai suididetti due aspetti del complesso !!"apporto previdenziale -chiaramente coinvolgente posizioni di diritto soggettivo in quanto direttamente tutelate dalla legge a favore degli interessati appartiene all'Autorit� giuddiziaria ordinaria in base alle norme di cui aigld artt. 442 e 444 cod. rproc. rciv. sub art. 1 della legge 11 agosto 1973 n. 533 e considerato inoltre che -come reiteratamente affermato da questa SUtprema Corte -tale disciplina non ha tuttavia soppresso in siffatta materia la .giurisdizione esclusiva dei giudici srpeoiali che sia stata stabilita dalla legge in riferimento a particolari raipporti e a particolari forme di gestione delle assicurazioni obbliigatorie (ofr. p. es., fra le pi� recenti, le sentenze Sez. un. 10 gennaio 1984 n. 167 e 5 marzo 1985 n. 1824), si osserva che per le controversie riguaroanti, come nella fattispecie, l'iscrizione alla Cassa di previdenza ai sanitari e l'imposizione dei contributi alla stessa dovuti deve trovare applicazione la disposizione dell'art. 20, comma 4, della legge 6 luglio 1939 n. 1035 (di aipprovazione del regolamento della detta Cassa). In base ad essa -che, in alternativa con il ricorso straoroinario aft Capo dello Stato, prevede quello al Consiglio di Stato in via giurisdizionale -nella necessaria armonia con il sistema stabiilito dall'art. 113, comma 2, della Costituzione e con la legge 6 dicembre 1971 n. 1034 deve rilevarsi attribuita in iprimo grado al Tribunale amministrativo regionale la relativa commeno che come nella specie non sussiste, per r!petere le parole della sentenza in rassegna, � la giurisdizione esclusiva dei giudici speciali che sia stata stabilita dalla legge in riferimento a particolari forme di gestione delle assfcurazioni obbligatorie �. Pur se in fattispecie diversa, le stesse Sezioni Unite della Cassazione hanno distinto tra controversie �vertenti sul rapporto assicurato-Cassa di competenza della Corte dei Conti e controversie vertenti sul rapporto dipendente-datore di lavoro di competenza del giudice del rapporto di impiego (Cass. 24 giugno 1985, n. 3798, in questa Rassegna 1985, I, 784 e per esteso in Giust. Civ. 1985, I, 2469). I problemi di giurisdizione, alla stregua delle norme sulle Casse pensioni amministrate dagli Istituti di previdenza, sono stati diffusamente trattati da Corte dei Conti, Sez. III, 2 giugno 1977, n. 38674, in questa Rassegna 1978, I, 689. G. STIPO PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 69 petenza giurisdizionale, laddove l'art. 54 dello stesso testo normativo ha devoluto alla Corte dei conti la cognizione in materia di �liquidazione e pagamenti degli assegni pensionistici: �ripartizione di giurisdizione ohe, per quanto concerne le controversie con la Cassa di previdenza dipendenti enti locali, trova 1corrispondenza, ri51Pettiviamente, negli articoli 28 e 60 deWordinamento annesso al &DL 3 marzo 1938 n. 680. g in base pertanto alla suddetta 51P'ecifica disposizione dell'art. 20 della legige n. 1035 del 1939 e non igi� alla natura degli atti posti in essere dai competenti o:rigani amministrativi (cos� come ritenuto dal Flretore il quale non esattamente ha fatto riferimento a :posizioni d'interesse legittimo) n� ailla considerazione che ii dr. Stoppani � in stato di quiescenza dal 1� luglio 1976 (come rilevato in via subo:ridinata dal Ministero del Tesoro nel controricorso) che, in relazione alla presente controversia, deve dichiararsi La giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. Per �quanto concerne infine il regolamento dehle spese processuali -che, secoDJdo l'interpretazione data da queste Sezioni unite alla disposizione del secondo comma delllart. 385 cod. proc. civ., deve riguardare l'intero giudizio -ritiene il Collegio che, data la partk:olare natura della controversia, concorrano giusti motivi d'integrale compensazione ~ra le parti (art. 92, comma 2, cod. proc. civ.). I CORTE DI CASSAZIONE -Sezioni Unite -10 novembre 1986 n. 6560 � Pres. Tamburrino -Est. Meniohino -Azienda Autonoma Ferrovie defilo Stato (Avv. Stato Stipo) c. Nocerino (avv. Del Prete). Previdenza -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali -Personale ferroviario � Gestione da parte dell'Amministrazione F. S. -Successione dell'Ente Ferrovie dello Stato alla Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato. ~ Giilrisdizione civile � Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali -Personale ferroviario -Competenza giurisdizionale dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. In virt� delle norme di cui al r.d. 10 marzo 1938 n. 1054, in relazione all'art. 48 n. 2 r.d. 17 agosto 1935 n. 827, poi trasfuso nell'art. 127 del t.u. 30 giugno 1965 n. 1124, il personale dipendente dell'Amministrazione F.S. non � assicurato presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ma riceve il suddetto trattamento dalla stessa Amministrazione F.S. secondo la stessa disciplina e secondo le stesse modalit� dell'assicurazione infortuni. Tale situazione non muta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO 70 con la istituzione del nuovo �Ente Ferrovie dello Stato�, che succede all'amministrazione F.S. (art. 1 Legge 210/1?85) nello svolgimento dei rapporti di lavoro con i dipendenti (artt. 14 e 21 legge stessa) (1). La natura della prestazione previdenziale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali � tutelata con l'attribuzione del diritto soggettivo del dipendente assicurato a ricevere la prestazione medesima, configurando un rapporto di natura previdenziale autonomo, seppur collegato a quello d'impiego, che ha sempre condotto al riconoscimento della competenza giurisdizionale dell'Autorit� giudiziaria ordinaria al riguardo (2). II CORTE DI CASSAZIONE --Sez. Un. 10 febbraio 1987 rn. 1393 -Pres. Brancaccio -Rel. Cassata -,p, M. Oaristo -Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato (Avv. Stato Siconolfi) c. Nicocia ed altri (avv.. Totaro). Giurisdizione civile � Norma sulla giurisdizione intervenuta nel corso del giudizio � Inapplicabilit� della perpetuatlo jurlsdictlonis. Sopravvenuta nel corso del giudizio la norma dell'art. 23 Legge 17 maggio 1985 n. 210, che attribuisce al pretore la competenza delle controversie di lavoro relative al personale dipendente dall'Ente Ferrovie (1-5) Problemi di giurisdizione a seguito della istituzione. dell'Ente Ferrovie Stato. Con legge 17 maggio 1985 n. 210 � stato istituito l'Ente Ferrovie dello Stato, il quale � succede in tutti i rapporti attivi e passivi -beni, partecipazioni, gestioni speciali -gi� in pertinenza dell'Azienda Autonoma delle ferrovie dello Stato� (art. 1 III co). L'art. 23 della stessa legge ha innovato la giurisdizione in materia di im piego, prima devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Cos� ha stabilito il citato art. 23: � Le controversie di lavoro relative al personale dipendente dell'Ente Ferrovie dello Stato sono di competenza del pretore del luogo ove ha sede l'ufficio del l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe compe tente secondo le norme ordinarie �. La norma in questione ha generato vari problemi interpretativi sulla portata della stessa. Si cercher� ora di esporre le varie problematiche con riferimento a vari argomenti che sono stati finora affrontati in giurisprudenza. Al riguardo si pu� consultare il fase. I della Rivista IL DIRITTO DEL LAVORO anno 1987 che pubblica varie decisioni di merito e articoli sull'ar gomento. 1. -Situazione transitoria In mancanza di una disposizione transitoria, Cassazione a Sezioni Unite e la VI Sezione del Consiglio di Stato sono concordi nel ritenere che, non avendo PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 71 dello Sta~o, ricorre un caso di mutamento degli indici legali di collegamento della giurisdizione che esclude il principio della perpetuatio juri� sdictio.nis sancito dall'art. 5 cod. proc. civ. per i mutamenti delle situazioni di fatto (3). III CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un., 23 aprile 1987 n. 3945 -Pres. Zucconi Galli Fonseca -Rel. Onnis -P. M. Paolucci -Ente Ferrov'ie Stato (Avv. Stato Stipo) c. Novembre (avv. Ie]Jpo). Giurisdizione civile -Istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato � Controversie di lavoro pendenti � Posizione soggettiva dei dipendenti � Giurisdizione del giudice ordinario. Giurisdizione civile � Istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato � Rapporti di lavoro cessati prima dell'entrata in vigore della legge istitutiva del� l'Ente -Giurisdizione del giudice amministrativo � Rapporti di lavoro non ancora cessati o la cui cessazione sia contestata � Giurisdizione del giudice ordinario. Ai sensi dell'art. 23 della Legge 17 maggio 1985 n. 210, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, il trasferimento della giurisdizione dal giudice amministrativo al giudice ordinario � da ritenersi operante sin dalla data di entrata in vigore della legge stessa, con la conseguenza che si intendono devolute alla competenza del Pretore tutte le controversie il cui oggetto concerna le posizioni soggettive dei dipendenti ferrovieri efficacia retroattiva, la nuova disposizione non si applica ai rapporti gi� esauriti alla data della sua entrata in vigore (Cass. SS.UU. 23 aprile 1987 n. 3945, in rassegna; Cons. Stato VI 5 marzo 1986 n. 239). Per quanto riguarda i rapporti tuttora in corso, sempre i predetti Consessi, si sono espressi nel senso che, vertendosi in tema di innovazione normativa sulla giurisdizione, l'art. 23 cit. � di immediata applicazione nei giudizi in corso (Cass. SS.UU. 10 febbraio 1987 in Rassegna; Cons. Stato VI 24 aprile 1986, n. 346). Una tale affermazione di carattere generale, meriterebbe tuttavia una pi� attenta considerazione per quanto riguarda le controversie non gi� di natura patrimoniale (per le quali la cognizione del T .A.R. si aveva solo in virt� della giurisdizione esclusiva), bens� quelle rivolte contro un atto amministrativo di natura autoritativa. Se si tiene infatti presente la natura del ricorso al T.A.R. quale impugna zione di un atto amministrativo emesso dalla cessata Azienda F.S., e in quanto tale soggetto al termine di decadenza di 60 giorni, dovrebbe dedursi che il controllo giurisdizionale di legittimit� dell'atto impugnato non pu� che essere compiuto ora per allora sul metro dell'ordinamento vigente alla data di ema nazione dell'atto dal giudice cui spetta il relativo potere giurisdizionale, e ci� in applicazione del principio di cui all'art. 5 c.p.c., secondo cui la giurisdizione si determina con rigilardo allo stato di fatto esistente al momento della domanda RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 72 in riferimento alla gestione da parte dell'amministrazione ferroviaria dei rispettivi rapporti di lavoro (4). In mancanza di apposite norme transitorie, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro sorti in origine con l'Azienda autonoma delle. ferrovie dello Stato, permane la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ove il rapporto sia cessato in tempo anteriore alla data di entrata in vigore della Legge 17 maggio 1985 n. 210, mentre sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando la controversia si riferisce ad un rapporto di impiego non ancora a quella data cessato o la cui cessazion.e costituisce materia del contendere per la pretesa del lavoratore di ottenere il ripristino per la df!dotta illegittimit� dell'atto estin� tivo (5). I (omissis) II D'Antonio fin dal ricorso proposto al Ministero dei Trasporti, avverso la declaratoria di irricevibilit� della sua istanza da parte dcl direttore ieompartimentaile, aveva precisato che intenidevia chiedere l'indennit� per infortunio sul lavoro. Quindi egli arveva svolto, in sede amministrativa, e rpoi dinanzi all'autorit� giuldiziaria on:linaria una pretesa inerente �al rapporto giuridico previdenziale, per l'assicurazione degli infortuni :sul Iavoro, che � gestito direttamente dall'Amministrazione delle FF.SS. -ora � Bnte FF.SS. � -secondo M R.D. 10 marzo 1938 n. 1054, in relazione all'art. 48 n. 2 RiD. 17 �agosto 1935 n. 827, (cfr. in altre fattispecie Cass. SS.UU. 22 ottobre 1984 n. 5358; 11 maggio 1984 nn. 2873, 2874, 2876). Il T A.R. Lazio al riguardo si � espresso nel senso che il giudice amministrativo non perde la sua giurisdizione qualora trattasi della impugnazione di atti adottati dall'Azienda F.S. prima dell'entrata in vigore della Legge 17 maggio 1985 n. 210 (T.A.R. Lazio, III, 9 giugno 1986 n. 2119 in Trib. Amm. Reg. 1986, I, 2117; 17 luglio 1986 n. 2382, ivi, 2697). 2. -La tutela degli interessi legittimi La sentenza n. 3945 delle SS.UU. in rassegna, dicendo che �la giurisdizione del giudice ordinario � al riguardo piena ed esclusiva, nel senso che comprende ogni tipo di controversia, il cui oggetto concerna le posizioni soggettive dei dipendenti in riferimento alla gestione da parte dell'amministrazione ferroviaria dei rispettivi rapporti di lavoro �, lascerebbe intendere ch� la giurisdizione stessa non si estende alla tutela degli interessi legittimi. Al riguardo � da notare che, mentre l'art. 30 R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 espressamente dice che � nelle materie deferite alla giurisdizione del Consiglio di Stato, questo conosce anche di tutte le questioni relative ai diritti�, l'art. 23 della Legge 17 maggio 1985 n. 210 non s.i esprime nel senso che il pretore giudica anche di tutte le questioni relative a interessi. Comunque � da osservare come il rapporto di lavoro, pur divenuto privato, conserva tuttavia una propria caratteristica in considerazione dell'interesse 73 PARTE I, SEZ, III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE poi trasfuso ne1JJ.'art. 127 del T.U. 30 giUJgno 1965 n. 1124. Invero, in virt� di tali norme il personale dipendente daUa suddetta amministrazione non � a:ssiicurato presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, riceve iil sUJddetto trattamento dalla stessa Ammmiistrazione FF.SS. secondo la stessa disciplina e secondo le stesse modalit� dell'assicurazione infortuni. Trattasi perci� tdi una forma di gestione di questa, diretta.mente demandata all'amministrazione presso cu'i il diipentdente svolge il proprio servizio; ma essa concerne le prestazioni assicurative che formano oggetto di un rapporto previdenziale e assicurativo separato dalla struttura del rapporto tdi impiego -di natura pubblica 1all'epooa deHa permanenza in servizio del D'Antonio e che si aggiungono a quelle connesse al serv~zio del dipendente e si riferiscono all'effett�'va esisten:m di una forma di infortunio regolata dalle leggi che tutelano i lavoratori subordinati dal relativo rischio. T1a1e situazione -� opportuno rilevare -non muta con la istituzione del nuovo � Ente Ferrovie deLlo Stato �, ohe pur avendo �personalit� pubblico che informa il pubblico servmo di trasporto, tanto � vero che nel campo dei trasporti in concessione la Corte Costituzionale 18 luglio 1984 n. 208 ha affermato che nel caso dei dipendenti di aziende ferroviarie non pu� ravvisarsi una situazione di omogeneit� con i dipendenti di enti pubblici economici, in quanto il settore dei trasporti pubblici comporta una particolare forma di ingerenza di carattere amministrativo nel funzionamento delle aziende stesse (v. altres� Cass. 24 maggio 1986 n. 3504). Come la Corte Costituzionale ha precisato (sent. 20 gennaio 1977 n. 43 e 5 maggio 1980 n. 68) i caratteri di privato e pubblico nel rapporto di lavoro non vanno evidenziati nella natura soggettiva -pubblica o privata -dell'ente, bens� nel contenuto oggettivo della prestazione richiesta al lavoratore ed in particolare nell'esercizio di pubbliche potest� che possa eventualmente essere affidato al dipendente. E appunto l'esercizio di pubbliche funzioni ha fatto dubitare della legittimit� costituzionale della norma dell'art. 23 L. 210 che attribuisce al Pretore la giurisdizione nelle controversie di lavoro dei ferrovieri (T.A.R. Lombardia in. G. Uff. 17 settembre 1986). E invero nel trasporto pubblico occorre distinguere: -la natura privatistica del rapporto di lavoro; -la natura pubblica della funzione. Ora quando viene in considerazione l'aspetto della funzione pubblica, le posizioni giuridiche degli interessati assumono la configurazione di interessi legittimi. E, come la Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 68/80 ha detto per le associazioni sindacali di pubblici dipendenti, si ha la giurisdizione del pretore nel caso di lesione di diritti soggettivi, mentre si ha la giurisdizione del T.A.R. ove emergano situazioni di interessi legittimi. Ancor pi� esplicitamente il T.A.R. Sardegna 22 dicembre 1985 n. 773 (in Trib. Amm. Reg. 1986, I, 862) per i ferrovieri ha detto che in mancanza di una disposizione derogatoria dell'art. 103 Cost., spetta al giudice amministrativo la tutela degli interessi legittimi. Sulla scorta di quanto affermato dalla Ad. Plen. 9 febbraio 1978 n. 9 (e cos� Cass. SS.UU. 25 gennaio 1979 n. 594) pu� perci� dedursi come, se � vero RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO giuridica ed autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria, ai sensi dell'art. 2093, 2� co. cod. civ. �, e ricevendo perci� natura di ente pubblico economiico, succede all'amministrazione FF.SS. (art. 1 L. 210/1985) nello svolgimento dei �rapporti di lavoro con i d]pendenti (artt. 14 e 21 legge stessa). D'altro canto .l'attribuzione della gestione del rapporto 1 previdenziaile suddetto alla stessa amministrazione (o ente FF.SS.) costituisce una libera scelta del legis~atore; mentre la natura della prestazione e la posizione soggettiva del dtpendente, tutelata con l'attribu� zione del diritto soggettivo a ricevere la medesima prestazione, confi� gurano quel rapporto di natwa previdenziale autonomo, seppure collegato a quello di impiego (all'epoca �pubblico�) che hanno sempre condotto al riconoscimento della competenza giurtsdJzionale dell'Autorit� giudiziaria on:linaria al riguardo (confr. sent. 15 gennaio �1983 n. 320 ._ concernente l'identica posizione di un dipendente della Amministrazione PP.TT. e sentenza decisa i1 3 ottobre 1985 in causa Lo Iacono c. Amministrazione FF.SS. e pubblicata il 3 maggio 1986 n. 3990). (omissis) che l'art. 23 L. 210 ha attribu�to al Pretore la cognizione delle controversie di lavoro, tuttavia la giurisdizione ordinaria non pu� estendersi alla tutela degli interessi legittimi n� a sindacare l'attivit� dell'Ente nell'esercizio del potere inerente alla organizzazione degli uffici amministrativi, che presupponendo l'esercizio di un potere tipicamente pubblicistico, fanno degradare la situazione di diritto soggettivo degli interessati a posizioni di interesse legittimo, tutelabili dinanzi al giudice amministrativo. 3. -Assunzione di personale Il T.A.R. della Campania, cori decisione 22 maggio 1986 n. 297, ha osservato che la norma di cui all'art. 23, della Legge 17 maggio 1985 n. 210, nel riferirsi alle controversie di lavoro del personale dipendente dall'Ente Ferrovie dello Stato concerne situazioni in cui il rapporto di lavoro sia gi� in atto, mentre l'attivit� dell'Amministrazione rivolta all'assunzione di personale si colloca in un momento anteriore, non riconducibile ancora nello schema privatistico di posi� zioni paritetiche assoggettate alla giurisdizione dell'A.G.O. Ha inoltre osservato il T.A.R. che la fase di recl�tamento del personale ferroviario � regolata da puntuali norme di azione, rivolte .a garantire, attraverso procedure selettive ricognitive delle capacit� attitudinali e professionali dei candidati, l'ottimale e funzionale assetto dei servizi--pubblici. Al riguardo � da tenere presente come l'art. 9 D.P.R. 11 luglio 1980 n. 753 (Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarit� dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto) cos� dispone: � Tutto il personale delle ferrovie deve essere idoneo a soddisfare le condizioni poste dalle leggi e dai regolamenti per le mansioni che deve svolgere. � � Per il personale delle F.S., l'accertamento delle idoneit� ed il conseguimento di abilitazioni a determinate mansioni sono disciplinati dalle norme in materia ... �. Inoltre la legge 17 maggio 1985 n. 210 sottrae la materia delle assunzioni alla contrattazione collettiva, demandando alla � esclusiva sfera regolamentare le modalit� di reclutamento del personale stabile che deve sempre avvenire mediante procedure concorsuali pubbliche consistenti in una valutazione obiettiva del merito dei candidati accertata con prove selettive o anche per mezzo di PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 75 II (omissis) La sollevata questione di giurisdizione -che non � preclusa dalla citata sentenza del CoD1Silglio di Stato, dato che questa non avendo statuito nel merito, � rilma:sta priva di effetti al di fuori del iproceclimento in cui � stata emessa (Cass. 16 aprile 1984 n. 2427) -� stata� in casi sostanzialmente :identici a quello in esame gi� da questa corte risolta (sent. 19 ottobre 1976 n. 3504; 24 ottobre 1977 n. 4562) con la dilchiarazione della competenza del giudice amministrativo in ragione dell'impossib.ilit� di consiiderare di natura privatistica rapporti di lavoro suboroinato che comportino, come nella 51pecie si assume, l'inserimento delle prestazioni dei dipendenti nell'attivit� di un ente pubblico non economico oroinata al perseguimento dei suoi fini istituzionali. Nel presente caso � per� SOJPravvenuta la legge 17 maggio 1985 n. 210, che, nell'istituire in luogo della preesistente Azienda Autonoma, l'ente, dotato di personalit� giuridica, � Ferirovie dello Stato�, stabiiisce ~art. 1) che questo � succede � a quella � in tutti i rapporti attivi e corsi selettivi di reclutamento e formazione a contenuto tecnico pratico, intesi a conferire il grado di professionalit� necessario alla qualifica cui si riferiscono� nonch� � i criteri e le modalit� per l'accertamento ed il controllo dell'idoneit� fisica e psico attitudinale dei candidati all'assunzione ... da parte del servizio sanitario aziendale� (art. 14). 4. -Dispensa dal servizio e giudizi sanitari Considerazioni analoghe a quanto esposto . in merito all'assunzione in servizio dei ferrovieri valgono per l'ipotesi della dispensa dal servizio, che � diversa dalla destituzione di cui alla sentenza n. 3945 in rassegna. Infatti la legge n. 210 del 1985 istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato sottrae alla contrattazione collettiva la materia dell'accertamento e del controllo dell'idoneit� fisica e psicoattitudinale dei ferrovieri in servizio, riservandola alla esclusiva sfera regolamentare e, mantenendo in vita (nelle more della emanazione dei regolamenti) la normativa gi� vigente (art. 14 n. 5 Legge n. 210 cit.), racchiusa prevalentemente nella Legge sullo Stato Giuridico del Personale F.S. (Legge 26 marzo 1958 n. 425). Quindi, anche se il rapporto di lavoro con il nuovo Ente Ferrovie dello Stato ha natura privatistica, l'accertamento ed il controllo dell'idoneit� fisica e psicoattitudinale dei ferrovieri (regolata da puntu�li norme d'azione rivolte a garantire l'ottimale e funzionale assetto dei servizi pubblici) attiene al momento di autorganizzazione dell'Ente, a fronte del quale le situazioni giuridiche soggettive degli interessati assumono consistenza di interesse legittimo e non diritto soggettivo, come tali tutelabili davanti al giudice amministrativo. In particolare lo Stato Giuridico dispone che, ai fini dell'assunzione del personale, �il possesso dei requisiti fisici � accertato direttamente dall'Azienda a mezzo dei suoi sanitari � (art. 3 pen. co.) e per quanto riguarda poi il personale gi� in servizio, � l'accertamento della idoneit� fisica, agli effetti della dispensa dal servizio, � eseguito mediante visita collegiale di tre medici dell'Azienda. Il risultato della visita, con l'indicazione della inidoneit� constatata e delle cause che la produssero, deve essere comunicato, per iscritto, all'interessato con l'avviso che ha facolt� di chiedere per iscritto, entro trenta giorni 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pa:ss1iw. � e che (airt. 23) � le controversie di ilavoro relative al personale diipendente... 'Sono di competenza del pretore del [uogo ove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che ,sarebbe competente secondo le norme ordinarie �. Rkorrendo quindi un caso di mutamento degli indici legali di collegamento della giurisdizione che riguarda tutte le controversie di lavoro concernenti iJl personale delle ferrovie di Stato e che lascia -come tale -fuori campo il principio della perpetuatio iurisdictionis sancito dall'art. 5 cod. proc. civ., con riferimento ai mutamenti delle situazioni di fatto, fa corte deve dare atto che la cognizione dehla causa spetta ormai al giudice o:ridinario. III (omissis) Ci� premesso, si osserva che l'ente Ferrovie dello Stato assume che la cognizione !della controversia S[petta al giudice aimmini dalla comunicazione, una visita di rev1s1one in cui, a proprie spese, pu� farsi assistere da un medico di fiducia. La visita di revisione viene eseguita da un Collegio di tre medici, tra i quali il Direttore del Servizio Sanitario o un suo delegato� (art. 164, 1�, 2� e 3� co). E in proposito il Consiglio di Stato (v. fra le tante, sez. IV, 30 agosto l<J77 n. 752) aveva affermato, sulla base della citata normativa, che i giudizi sanitari emessi dai competenti organi aziendali hanno natura tecnico-discrezionale e non possono essere contestati nel merito, in quanto solo i medici ferroviari (e non altri estranei all'organizzazione ferroviaria) sono in grado di va-� lutare l'idoneit� fisica del soggetto in relazione alle imprescindibili e particolari esigenze di sicurezza dell'esercizio ferroviario. Ed invero sin dalla Legge 7 luglio 1907 n. 429 (art .82) era contemplato un apposito Servizio Sanitario presso l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, le cui competenze sono state fatte salve anche in sede di istituzione del Servizio Sanitario nazionale, come disposto dall'art. 6 lett. Z) della legge 23 dicembre 1978 n. 833. E la legge n. 210/1985 ha espressamente stabilito che �il Servizio Sanitario gi� appartenente all'Azienda Autonoma delle Ferrnvie dello Stato, continua ad esercitare il controllo sul personale e sull'ambiente di lavoro conformemente al disposto dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1978 n. 833 � (art.� 24), riservando alla esclusiva sfera regolamentare � i criteri e le modalit� per l'accertamento ed il controllo dell'idoneit� fisica e psico-attitudinale dei candidati all'assunzione e dei ferrovieri in servizio, da parte del Servizio Sanitario aziendale� (art. 14 n. 5). Ritenere la giurisdizione ordinaria anche nel censurare i provvedimenti dell'Ente basati sulle valutazioni del Servizio Sanitario F. S., potrebbe condurre a vedere frustrato l'intento del legislatore di demandare ad un organo tecnico specializzato� � l'accertamento ed il controllo dell'idoneit� fisica e psicoattitudinale dei candidati all'assunzione e dei ferrovieri in servizio� (v. art. 14 n. 5 legge n. 210), sostituendo a detto Servizio un tecnico (nominato dal giudice) al di fuori di esso quindi, come puntualizzato dal Consiglio di Stato, specifica competenza. senza la I ~ l i i I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 77 strativo, sul rilievo che l'entrata in vigore della legge istitutiva 17 maggio 1985 n. 210 non V'ale ad attrarre nella competenza del giudice del laivoro, a nol11D.a de1l'art. 23 della stessa iegge, ogni controvei:isia relativa al personale, dovendosi considerare che il successivo art. 26, secondo comma, fissa al 1� gennaio 1986 'l'inizio della nuova gestione. Sostiene ohe sino a quel giorno la gestione patrimoniale e de:l personale continua ad essere affidata agli organi de~l'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, restando frattanto in vigore tutte le disposizioni di legge e regolamentari in materia. Soggiunge 1che il citato art. 23 dev'essere altresi posto in relazione col precedente art. 21, alla stregua del quale il rnpporto del personale � regolato su base contrattuale coaettiva e individuale, talch� la cOIDl)?etenza del giudice del lavoro non potrebbe radicarsi se non con l"iinizio della gestione imprenditoriale e la conseguente contrattazione sia cdllettiva che indivildua:le. Nella memoria il dcorrente insiste nel suo� assunto circa l'aippartenenza della controversia alla giurisdizione del 1giuidice amministrativo, os- Sugli accertamenti sanitari dei medici F. S. v. Peyron, Il rapporto di lavoro del personale dell'ente Ferrovie dello Stato secondo la I. n. 210/85, (in Foro it. 1986, V, 161). 5. -Esercizio di mansioni superiori. La trasformazione della gestione ferroviaria da Azienda autonoma dello Stato a Ente pubblico ha dato luogo al problema dell'applicabilit� dell'art. 13 della legge 20 maggio 1970 n. 300, che attribuisce al lavoratore adibito a mansioni superiori il diritto all'assegnazione della relativa qualifica. La giurisprudenza di merito al riguardo � divisa. Il Tribunale ed il Pretore di Firenze (v. Trib. Firenze 2-14 febbraio 1987 Parrini e Giusti c/ F. S.) �..nonch� il Pretore di Roma (21 maggio 1986 Blimeni c/ F. S.) si sono espressi in senso positivo. In particolare � stato osservato che a partire dal 1 gennaio 1986 (data prevista dall'art. 26 della Legge n. 210 per l'inizio della gestione del nuovo Ente) il rapporto di lavoro dei ferrovieri � soggetto alla disciplina comune delle imprese private, con le eccezioni espressamente previste per il collocamento, per la previdenza, per la responsabilit� civile e disciplinare; per cui la vecchia normativa resiste solo se compatibile con norme inderogabili d_el codice civile e non modificate dai successivi contratti collettivi e regolamenti. Tra le norme inderogabili del codice civile, va incluso l'art. 2103 (nel testo modificato dall'art. 13 della Legge 20 maggio 1970 n. 300 sull'esercizio di mansioni superiori), in quanto la norma stessa all'ultirp.o comma sancisce che � ogni patto contrario � nullo �. Di contrario avviso si sono per� espressi i Pretori di Torino (30 aprile 1986 Billia c/ F. S.; 30 settembre -1 ottobre 1986 Tanzarella c/ F. S.; 18-31 dicembre 1986, Ferrise c/ F. S.;), Milano (18 dicembre 1986/13 gennaio 1987, Tempra c/ F. S.), Napoli (3 dicembre 1986/20 gennaio 1987, Borrelli c/ F. S.; 1 dicembre 1986/5 gennaio 1987, D'Aronzo c/ F. S.). In queste ultime decisioni � stato osservato come la norma dell'art. 2103 cod. civ. -dopo la modifica apportata dall'art. 13 L. 300/1979 -se non pu� essere derogata dall'accordo fra le parti (�ogni patto contrario � nullo�) tuttavia � derogabile da norme speciali, sia in virt� di quanto stabilito dall'art. 37 della 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO servando ohe la detta giurisdizione rimane ferma rispetto al personale che non sia entrato nei propri ruoli in tempo anteriore all'inizio della nuova gestione, cio� al 1� gennaio 1986, come nel caso del Novembre, destituito dal servizio con provvedimento del 29 giugno 1985, e che peraltro la giurisdizione del giudice oroinario non pu� estendersi alla tutela degli interessi [egittimi. A �prescindere dall'incidenza che nel giudizio pendente avrebbe ora in ogni 1caso lo � ius superveniens �, di immediata applicazione anche in tema di competenza giurisdizionale, l'assunto dell'ente Ferrovie dello Stato � infondato. Mentre le controversie in materia di rapporto di 'impiego dei dipendenti dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, atteso il carattere pubblicistico di tale rapporto, erano attribuite aJ.la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con l'istituzione in virt� deliJ.'art. 1 della legge n. 210 del 1985 dell'ente �Ferrovie dello Stato�, suoceduto in tutti -- 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO servando ohe la detta giurisdizione rimane ferma rispetto al personale che non sia entrato nei propri ruoli in tempo anteriore all'inizio della nuova gestione, cio� al 1� gennaio 1986, come nel caso del Novembre, destituito dal servizio con provvedimento del 29 giugno 1985, e che peraltro la giurisdizione del giudice oroinario non pu� estendersi alla tutela degli interessi [egittimi. A �prescindere dall'incidenza che nel giudizio pendente avrebbe ora in ogni 1caso lo � ius superveniens �, di immediata applicazione anche in tema di competenza giurisdizionale, l'assunto dell'ente Ferrovie dello Stato � infondato. Mentre le controversie in materia di rapporto di 'impiego dei dipendenti dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, atteso il carattere pubblicistico di tale rapporto, erano attribuite aJ.la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con l'istituzione in virt� deliJ.'art. 1 della legge n. 210 del 1985 dell'ente �Ferrovie dello Stato�, suoceduto in tutti -- i rapporti attivi e passivi beni, partecipazioni, gestioni speciali gi� L. 300/1970 per i rapporti di impiego dei dipendenti di enti pubblici, sia per l'analoga riserva di differente regolamentazione contenuta nell'art. 2159 cod. civ. Inoltre l'art. 21 della legge istitutiva dell'Ente (n. 210/1985), pur attribuendo al primo comma carattere privatistico al personale dell'Ente, nella fase transitoria (prima cio� che intervenga la contrattazione collettiva) tiene ferma tutta la disciplina vigente sul rapporto di impiego; la inderogabilit� alle norme del codice civile � invece prevista dal precedente art. 14, che regola materie diverse dal rapporto di lavoro. Il Pretore di Pisa ritiene che fino a quando non interverr� la contrattazione collettiva, rimane ferma la normativa vigente, e cio� la Legge 26 marzo 1958 n. 425 sullo Stato Giuridico, Legge 6 febbraio 1979 n. 42, la Legge 6 ottobre 1981 n. 564 sulla nuova normativa del personale, nonch� la legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 83, per cui la progressione della qualifica rimane temporaneamente regolata dall'art. 80 della legge n. 425/1958 e dall'art. 12 della legge n. 42/1979, in base alle quali lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non consegue automaticamente l'acquisizione della qualifica e la definitivit� delle mansioni. Giudicando in merito ad un ricorso di dipendenti di un'Azienda di trasporti in concessione il Pretore ha quindi ravvisato una disparit� di trattamento fra i dipendenti F.S. e que)Ji delle aziende autoferrotranviarie, in quanto per i primi (intervenuta la contrattazione collettiva) trover� applicazione l'art. 13 dello statuto dei lavoratori mentre non lo � per i secondi, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione e quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale nella gi� citata decisione n. 257/1984 -(Pretore di Pisa, ordinanza 16 febbraio 1987 in Gazz. Uff. 27 maggio 1987 n. 22). Quale che sar� la futura disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, non pu� trascurarsi come nel. campo dei trasporti pubblici l'attribuzione di una qualifica non pu� prescindere dalle superiori esigenze dell'esercizio, che � ispirato al preminente interesse pubblico alla sicurezza e regolarit� del servizio di trasporto, tanto � vero che le norme che stabiliscono i presupposti e le condizioni per il conseguimento della superiore qualifica sono dettate, come ha precisato la Cassazione, � nell'interesse dei lavoratori e del servizio pubblico � (Cass. 17 settembre 1985 n. 4694). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 79 di pertinenza dell'Azienda autonoma, le controvel"Sie di lavoro relative al personale dipendente da tale nuovo ente spettano alfa giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, l'art. 23 della citata legge stabilisce per le dette controversie la competenza del Pretore del luogo in cui ha sede l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme oxidinarie. Codesta attribuzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle controversie di lavoro relative al personale dipendente dell'ente Ferrovie dello Stato, dotato dalla legge istitutiva di personalit� giuridica, ed autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria, ai sensi dell'art. 2093, secondo comma, e.e. (in tema di imprese esercitate da enti pubbUci), nei limiti stabiliti dalla stessa Jegge (art. 1), si spiega e si giustifica con il mutato carattere privatistico del rapporto di favoro del detto personale, regolato per l'appunto, a norma dell'art. 21, su base contrattuale, collettiva e individuale, com'� tipico del regime giuridico dei rapporti di il.avaro di diritto Pertanto, come affermato dalla Corte Costituzionale (18 luglio 1984 n. 208 citata), il settore dei trasporti pubblici comporta particolari forme di ingerenza di carattere amministrativo nel funzionamento delle aziende stesse. Ne deriva che le promozioni non possono essere conseguite se non attraverso quella attivit� procedimentale e valutativa (accertamento professionale) che la legge ha riservato all'ente quale pubblica amministrazione. E' noto infatti che qualora sulla sfera degli interessi del singolo interferisce la funzione pubblica, si � in presenza di atti amministrativi diretti unicamente al fine di ;realizzare interessi di carattere generale, per cui non � consentito sostituire detti atti amministrativi con provvedimenti contrattuali o giudiziali, penetrando cos� nel cuore di detta funzione pubblica ed in sostanza facendo proprio l'esercizio della funzione stessa, che la legge stessa ha invece attribuito a specifici organi disciplinandone il procedimento. 6. -Controversie previdenziali. Ai sensi dell'art. 91 dello Stato Giuridico del personale F.S. (Legge 26 marzo 1958 n. 425) il personale ferroviario � assicurato contro gli infortuni sul lavoro, secondo le norme antinfortunistiche di cui al T.U. 30 giugno 1965 n. 1124. L'art. 127 di detto testo unico prevede che l'assi�urazione del personale F.S. venga gestita direttamente dall'Amministrazione ferroviaria anzich� dall'INAIL. Come precisato nella sentenza della Cassazione in Rassegna 10 novembre 1986 n. 6560 (v. pure Cass. 10 marzo 1987 n. 2498) il rapporto assicurativo previ denziale, prima gestito dall'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, viene ora gestito direttamente dall'Ente Ferrovie dello Stato. Pertanto in materia di infortuni sul lavoro l'Ente assume la stessa posi zione dell'INAIL quale Istituto assicuratore con tutti i diritti e obblighi relativi. Le controversie obbediscono quindi alle norme di cui agli artt. 442 e segg. cod. proc. civ. per il procedimento davanti al giudice del lavoro. Poich� l'art. 23 della Legge istitutiva dell'Ente F.S. attribuisce al pretore del luogo ove ha sede l'Avvocatura dello Stato la cognizione delle �controversie di lavoro >>, si pone il problema di stabilire se l'espressione sia limitativa, con 7 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO 80 privato, in corrispondenza con la delegificazione degli assetti organizzativi aziendali prevista dall'art. 14. La dizione d~l citato art. 23, che individua ~e controversie devolute 011la competenza del Pretore solo per la 'loro inerenza al rapporto di lavoro al:le d1pendenze del nuovo ente pubblico, consente poi di affermare che la giurisdizione del giudice ordinario � al riguardo piena ed esclusiva, nel senso che comprende ogni tipo di controversia, il cui oggetto concerna le posizioni soggettive dei dipendenti in riferimento alla gestione da parte del:l'amminisfra:zione ferroviaria dei rispettivi rapporti di lavoro. Avuto riguardo all'indicata correlazione con la privatizzazione degli anzidetti rrapporti, il trasferimento della giurisdizione dal giudice amministrativo al giudice ordinario � da ritenersi operante sin dalla data di entrata in vigore della legge n. 210 del 1985, cio� dal 14 giugno dello stesso anno, giacch�, contrariamente all'assunto del ricorrente, ia data del 1� gennaio dell'anno successivo segna soltanto, a norma dell'art. 26, secondo comma, l'inizio effettivo della nuova gestione, la quale per� presuppone gi� avvenuta la successione � ope legis � dell'ente ferroviario sin dal momento della sua istituzione nei rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di lavoro sottratti al settore del pubblico impiego, che facevano capo all'Azienda autonoma. esclusione quindi delle controversie previdenziali di cui agli artt. 447 e segg. cod. proc. civ., ovvero il legislatore abbia inteso attribuire il foro erariale a tutte le controversie comunque di competenza del giudice del lavoro. . La questione riguarda solo i giudizi di primo grado, perch� per quelli di appello � per giurisprudenza consolidata ammessa la competenza del Tribunale del luogo ove ha sede l'Avvocatura dello Stato (v. Cass. SS.UU. 8 ottobre 1985 n. 4857). I Pretori di Alessandria (sentenza 27 aprile 1987 -Grassano c/ F.S.) e di Reggio Calabria (sentenza 30 gennaio 1987 Aloisio Francesco) si sono espressi nel senso che l'espressione � controversie di lavoro ,,� non si estende alle controversie previdenziali, per cui in queste ultime resta ferma la competenza stabilita dall'art. 444 cod. civ., e cio� quella del pretore che ha sede nel capoluogo della circoscrizione del Tribunale ove risiede l'a'ttore. 7. -Pensioni L'art. 21 ultimo comma della legge n. 210/1985 stabilisce ch� � fino a quando non sar� disciplinato l'assetto generale del trattamento previdenziale e pensio nistico dei lavoratori dipendenti, rimane fermo il trattamento in atto all'entrata in vigore della presente legge �. Il trattamento in vigore � quello dettato dal Testo Unico sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari -D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 -che alla Parte Terza (artt. 209 e segg.) tratta del personale delle Ferrovie dello Stato. Stante la citata formula dell'ultimo comma dell'art. 21 della legge n. 210/1985, cos� come restano ferme le norme di diritto sostanziale altrettanto � da dirsi PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 81 In mancanza di apposite norme transitorie, devesi altres� ritenere che, per le controversie relative ai rapporti di J.avoro sorti in origine con l'Azienda autonoma, permanga la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ove il rapporto sia cessato in tempo anteriore alla data di entrata in vigore della citata legge n. 210 del 1985, e che sussista invece la giurisdizione del giudice OI'dinario quando la controversia si riferisca ad un rapporto di impiego non ancora a quella data cessato e trasferito quindi, con mutata natura, al nuovo ente, o la cui cessazione costittiisca materia del contendere per fa pretesa del lavoratore, nei confronti dell'ente medesimo, di ottenerne il ripristino per la .dedotta illegittimit� del[' atto estintivo. Nel caso in esame la domanda del Novembre, gi� legato ad un rapporto di impiego con l'Azienda autonoma, � stata proposta dinanzi al Pretore, con ricorso depositato in tempo successivo all'entrata in vigore della legge n. 210 del 1985, nei confronti dell'ente Fevrovie dello Stato per ottenere la reintegrazione, in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c., nel posto di lavoro, deducendosi l'illegittimit� del provvedimento di destituzione adottato il 29 Giugno 1985 a suo carico, sicch�, alla stregua degli esposti prin� cipi, la cognizione defila controversia spetta al giudice ordinario. per le norme procedurali in attesa della nuova disciplina sul trattamento pensionistico. In particolare, gli artt. 7 Legge 9 luglio 1908 n. 418 e 24 R.D.L. 27 novembre 1919 n. 2373, espressamente attribuiscono alla Corte dei Conti la giurisdizione in materia di pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato. 8. -Buonuscita. L'Opera di Previdenza e di Assistenza per i Ferrovieri dello Stato O. P.A.F.S. -provvede a corrispondere l'indennit� di buonuscita ed altri assegni e sussidi vari nonch� alla gestione del credito in favore degli iscritti (art. 2 Legge 14 dicembre 1973 n. 829). L'art. 44 della ora citata legge n. 829 stabilisce che �contro i provvedimenti definitivi dell'OPAFS in materia di prestazioni obbligatorie � ammesso ricorso alla Corte de� Conti � � Tuttavia la legge 20 marzo 1980 n. 75 ha parzialmente derogato tale dispo sizione, cos� statuendo: � Le controversie in materia di indennit� di buonuscita e di indennit� di cesc; azione del rapporto d'impiego relative al personale dello Stato e delle aziende autonome appartengono alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali, � abrogata ogni diversa disposizione �. Quindi � da ritenere che, relativamente alla indennit� di buonuscita e di fine rapporto, riprende vigore la norma del citato art. 44 legge n. 829/1973, in quanto la deroga che attribuisce la giurisdizione ai tribunali amministrativi vale per il personale statale mentre ora i ferrovieri sono dipendenti di un ente pubblico diverso dallo Stato; onde sembra che ogni controversia che interessi prestazioni obbligatorie dell'OPAFS sia soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti. GIUSEPPE STIPO RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 82 PRETURA DI ROMA -Sez. Lav., 21 maggio 1986 -Est. Pivetti -Arcangeli e ailtri (avv. Macchia) c. A.C.E.A. ~avv. Fanti) e C;P.D.E.L. (Avv. Stato Stiipo). Giurisdizione civile -Casse Pensioni amministrate dagli istituti di Previdenza -Domanda diretta a ottenere il riconoscimento della pensionabilit� di determinati emolumenti e il conseguente versamento dei contributi -Giurisdizione della Corte dei Conti. Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti l{l domanda avente ad oggetto l'accertamento della computabilit� di determinati emolumenti nella retribuzione annua contributiva con l'obbligo dell'ente datore di lavoro a corrispondere alla Cassa Pensioni amministrata dagli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro, i contributi previdenziali ai fini del trattamento pensionistico (1). (omissis) Decidendo su ricorso per regolamento di giurisdizione avverso la sentenza del Pretore di Roma del 24 luglio 1982 resa in controversia che presentava termini oggettivi e soggettivi equivalenti a quelli della controversia qui in esame, le .Sezioni Unite del.la Corte di cassazione, con sentenza del 3 luglio (rectius 24 giugno) 1985 n. 3798, hanno ribadito che �il disposto dell'art. 60 del R.D.L. 3 marzo 1938 n. 680 -secondo cui, contro i provvedimenti concernenti le pensioni dei dipendenti degli enti locali gli interessati possono proporre ricorso alle Corte dei conti -messo in relazione con-quelli dell'art. 62 R.D.L. 12 luglio 1934, n. 1214, che attribuisce in generale alla giurisdilione esclusiva di detta Corte il contenzioso in materia di pensioni anche parzialmente a carico dello Stato -non consente dubbi sulla spettanza alla Corte stessa della cognizione della domanda di condanna della CPDEL ad eseguire la revisione della pensione incrementando l'attuale base pensionistica annua degli importi relativi agli emolumenti accessori della retribuzione �. Ad analoga conclusione deve pervenirsi per le domande qui proposte dai ricocrenti nei confronti della CPDEL, _aventi ad oggetto: l'accertamento della natura �retributiva degli emolumenti aocessori in questione; 1) -La sentenza affronta il problema della giurisdizione nel rapporto di natura previdenziale intercorrente tra i dipendenti degli enti locali e la Cassa Pensioni amministrata dagli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro. Le richiamate sentenze della Cassazione SS.UU. 24 giugno 1985 n. 3798 e 15 novembre 1982 n. 6084, 2 aprile 1981 n. 1865 si possono leggere in questa Rassegna 1985, I, 786 (massima con nota) e per esteso in Giust. Civ. 1985, I, 2469, in questa Rassegna 1985, I, 918 ed in Giur. It. 1982, I, l, 1100. A queste pu� aggiungersi il principio enunciato (in fattispecie diversa) dal Consiglio di Stato, secondo cui le azioni di mero accertamento sono di competenza del giudice che ha la giurisdizione nella materia (Sez. V, 21 settembre 1983 n. 370). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE l'accertamento della computabilit� di essi ai fini della retribuzione annua contributiva ai sensi dell'art. 12 della legge 5 dicembre 1959 n. 1077 e del conseguente obbligo dell'ACEA di pagare a1la CPDEL, in ordine a tali emolumenti, i contributi previdenziali previsti dalla legge; l'accertamento che la base pensionistica a suo tempo determinata e comunicata alla CPDEL dall'ACEA deve essere aggiornata tenendo conto degli emolumenti in questione. Si tratta, infatti, di domande che vengono proposte nei confronti della �cPDEL per far valere, attraverso di esse, una pretesa identica a quella che formava oggetto della domanda di condanna che le Sezioni Unite hanno ricondotto nella sfera di giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti: fa pretesa, cio�, al computo degli emolumenti suddetti ai fini della determinazione della pensione. Non pu� certo servire ad escludere [a controversia dall'ambito della giurisdizione esclusiva della Corte dei conti il fatto che tale pretesa venga :l�atta valere con domanda di accertamento anzich� con domanda di condanna. E neppure pu� servire a tal fine il fatto che la domanda di accertamento, anzich� venir mirata direttamente istd dkitto che si vuole riconosciuto o sul .fatto immediatamente costitutivo di esso (il diritto ad un certo ammontare di pensione ovvero 'la determinazione della base di calcolo della pensione stessa), pel'segua lo stesso fine in modo indiretto, puntando aH'accertronento di un antecedente �logico o di un elemento giuridicamente coincidente (la determinazione della c.d. retribuzione contributiva) dal cui riconoscimento giudiziale non potrebbe che derivare, come effetto automatico e giuridicamente necessario, i'accertamento del diritto ad una maggiore pensione. 2. La medesima sentenza n. 3798 del 1985 ha anche stabilito che la .competenza giurisdizionale della Corte dei Conti non comprende invece ~a domanda proposta nei confronti dell'ACEA dai \J?II"opri dipendenti (o ex dipendenti) diretta alla condanna dell'.azienda al versamento dei contributi previdenziali in assunto dovuti sugli emolumenti accessori in oggetto. Uguale affermazione deve qui essere fatta per Je domande, sempre proposte nei confronti dell'ACEA, aventi ad oggetto: l'accertamento che detti emolumenti concorrono a formare la retribuzione contributiva; l'accertamento deLl'obbligo deLl'ACEA di dare comunicazione alla CPDEL di detti emolumenti. Le Sezioni Unite sono pervenute alla conclusione suddetta sulla base del rilievo che l'ammontare della pensione erogata dalla CPDEL � s� determinato in base alla retribuzione contributiva, ma indipendentemente dall'effettivo versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, sicch� l'eventuale giudizio della Corte dei conti sul fondamento delle pretese volte all'integrazione della pensione non esige come presupposto 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la condanna del datore di lavoro al versamento dei relativi contributi, n� l'accertamento in altra sede dell'obbligo contributivo. Tale condanna e tale accertamento rientrano, ,secondo la Corte, nelil'aanbito della giurisdizione ortlinaria ex art. 442 o �amministrativa, ove si tratti di pubblico impiego, non avendo al riguardo -e cio� a:i fini della giurisdizione -alcuna mcidenza la sussistenza o meno dell'interesse ad agire degli attori, dal momento cpe tale 1nteresse rileva esclusivamente ai fini della proponibilit� della domanda. L'enunciazione delJa Corte presenta alcune implicazioni propri.o in tema di interesse ad agire ed � opportuno sottolinearle. L'affermazione -secondo cui il giudizio della Corte dei conti sul fondamento delle pretese volte all'integrazione deilla pensione non esige come presupposto l'accertamento in altra sede dell'obbligo contributivo in ordine agli emolumenti di �cui si discute la computabilit� ai fini del cailicolo della retribuzione pensionabiJe -implica gi� di per s� che il dipendente non ha alcun interesse all'accertamento fa altra sede dell'obbligo contributivo dell'ente datore di lavoro, posto che l'unico suo interesse � quello alla determinazione deilla pensione. Il che trova riscontro nell'art. 28 del RDL 3 marzo 1938 n. 680 (conv. nella legge 9 gennaio 1939 n. 41) ohe disciplina i ricorsi amministrativi e giurisdizionali concernenti l'imposizione dei contributi CPDEL proposti sia dagli impiegati che dagli enti (riservandone la cognizione in sede giurisdizionale al giudice amministrativo). U fatto che tale norma contempli soltanto i ricorsi concernenti l'imposizione dei contributi e non anohe i vicorsi volti aU'accertamento positivo della sussistenza dell'obbligo contributivo -e, intesa in questo senso, si spiega che le Se2iioni Unite non l'abbiano presa in considerazione -denota, appunto che ['�COrsi di tal genere non sono previsti proprio perch� non corrispondono ad alcun interesse dell'impiegato, il quale, in altri termini, non ha a:lcun diritto al pagamento da parte dell'ente aUa CPDEL dei contributi previdenziali sulle proprie retribuzioni. li che � conseguenza della gi� vista autonomia che nel rapporto previdenziale in esame sussiste tra J'aspetto co:u.tributivo e l'aspetto delle prestazioni, anche se il parametro di commisurazione � lo stesso. Non vale, in senso contrario, fil richiamo a11a sentenza delle Sezioni Unite del 15 novembre 1982 n. 6084, citata dalla parte ricorrente nei propri scritti 1difensivi. Con tale pronunzia, iinfatti, la Cassazione ha s� escluso che la Corte dei Conti abbia il potere di sindacare la legittimit� del provvedimento con cui � stato istituito o concesso un determinato emolumento, aJJorquando tale provvedimento sia divenuto definitivo nell'ambito dell'ordinamento dell'ente cui apparteneva H pensionato (dovendosi escludere che in tal caso si sia in presenza di una mera questione pregiudiziale), ma ha confermato che la Corte dei conti � abilitata -e PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE lo � essa sola -ad accertare se un determinato emolumento concesso in base al rapporto di attivit� abbia o meno i requisiti dehla pensionabilit�. Questa � appunto la questione che qui si discute (ed � questione ben diversa da quella della legittimit� dell'emolumento) sia pur sub specie dell'accertamento dei requisiti per l'assoggettamento dell'emolumento a contribuzione. Sotto il profilo che qui interessa, anche il richiamo a S.U. 2 aprile 1981 n. 1865 non apporta argomenti favorevoli alla tesi di parte ricorr~ nte, ma anzi ne� adduce di contrari. Tale decisione -che, .secondo la successiva sentenza n. 3798/85, non si sarebbe pronunziata <sul fondamento della pretesa dei dipendenti all'adempimento dell'obbligo contributivo -ha escluso la sussistenza di un'ipotesi di litisconsorzio necessario con la CPDEL in relazione ad una domanda di tal genere. Il che implica che la Corte ha escluso fa sussistenza di un rapporto trilatero avente ad oggetto il pagamento dei contributi. H che, a sua volta, significa �che � stato negato che l'obbligo di tale pagamento sussista anche nei coruronti dei dipendenti. La domanda proposta nei 'confronti della CPDEL deve quindi essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse ex �art. 100 c.ip.c. Uguale valutazione � a darsi per Ja domanda relativa a11'obbNgo de11'ACEA di comunicare alla CPDEL l'ammontare degli emolumenti in questione. Va sottolineato in primo luogo che tale domanda � evidentemente proposta al solo fine idi ottenere, in via incidentale, una pronunzia -che in via incidentale non pu� essere data perch� su di essa deve essere proposta causa pregiudiziale -suHa inclusione degli emolumenti nella retribuzione contributiva, come mezzo al fine di ottenere l'accertamento della computabilit� di essi nella base di calcolo della pensione. Presa �comunque a s�, la domanda.non ha interesse per i ricorrenti, i quali possono provvedere da s� alla comunicazione, la quale non costituisce giuridicamente una condizione per il diritto alla pensione. Del resto si legge nello stesso ricorso che l'A:CEA avrebbe essa stessa gi� richiesto alla CPDEL �di inserire nei tabulati i _dati concernenti tali erogazioni e che � stata la CPDEL ad opporre un rifiuto. � quindi nei confronti della CPDEL e solo nei confronti di essa. che i ricorrenti debbono rolgere -nelle 1sedi proprie -la loro pretesa. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, sez. un., 3 novembre 1986 n. 6418 -Pres. Zucconi Galli Fonseca -Rei. Maltese -P. M. Caristo (conf.) -Presidenza del Consiglio e Ministero Tesoro (avv. Stato Conti) c. Banque Gutzwihler (avv. Delpino) e De Luca (avv. Nicol�). Giurisdizione civile -Nullit� del negozio -Accertamento della validit� Accertamento di violazione di norme valutarie -Sussiste la giurisdizione dell'A.G.O. (D.L. 6 giugno 1956 n. 476, convertito con modif. in legge 686 del 25 luglio 1956, art. 2). Procedimento civile -Appello -Intervento � Intervento del successore a titolo particolare Ammissibilit�. (Art. 1416 cod. civ. ; 3 disp. prel. cod. civ.). Procedimento civile � Condanna a favore del cessionario senza preventiva estromissione del cedente: ammissibilit�. (Art. 111, 344, 349 cod. proc. civ.). Rientra nei normali poteri di cognizione dell'A.G.O. accertare l'esistenza dell'infrazione valutaria e quindi l'eventuale motivo di nullit� del negozio con il quale sia stata consumata la contravvenzior�e al sistema normativo di controllo delle operazioni valutarie tra residenti e non residenti nel territorio della R~pubblica (1). Nell'ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, l'art. 111 cod. proc. civ. consente in ogni caso l'intervento in causa del successore a titolo particolare senza introdurre distinzioni o limitazioni in rapporto alle varie fasi in cui il processo si trova (2). � ammissibile al condann adel convenu!o a favore del cessionario pur nell'omessa estromissione del cedente ove il convenuto non chieda espressamente l'estromissione, ed il cedente conferisca al cessionario il potere di chiedere direttamente al giudice il riconoscimento del diritto acquistato, (3). (1-2) Sul �potere del giudice ordinario di accertare autonomamente la ricor� renza dei presupposti di fatto e di diritto dell'infrazione valutaria v. Cass. 29 maggio 1984 n. 3272, in Mass. Foro it. 1984. (3) Nel senso che la partecipazione al processo del successore a titolo particolare non � qualificabile come intervento adesivo dipendente v. Cass. 18 ottobre 1985 n. 5131 in Mass. Foro it. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE (omissis) Col primo mezzo le ricorrenti denunciano il difetto di giu� risdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria per violazione dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E e dei principi generali che vietano al giuqice di sostituirsi alla Pubblica Amministrazione nell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti dalla legge. Denunciano, inoltre, la violazione dell'art. 2 1. 6 giugno 1956 n. 476, conv. in legge n. 586 del 26 luglio 1956, e degli artt. 1418 e.e. e 31 delle disp. prel. cod. civ.; e, ancora, il vizio di omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Sostengono che il negozio di cessione del credito sarebbe assolutamente nullo perch� conaluso dalla Gamet, avente residenza valutaria, in Italia, con fa banca straniera senza la prescritta autorizzazione ministeriale (art. 2, i. 4 aprile 1976 del 1956) e, quindi, in wo1azione del div,ieto imposto dalla legge ai residenti nel territorio della Repubblica di compiere atti idonei a produrre obbligazioni con i non ,residenti. Pertanto la Corte d'appello, nel riconoscere piena efficacia e validit� al negozio nullo, avrebbe esercitato un potere estraneo alla sfera delle proprie ,attribuzioni, ponendo in essere un provvedimento viziato dal difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Sarebbe incorsa, comunque, ne1la violazione dell'art. 1418 cod. civ., omettendo di rilevare la nullit� assoluta del negozio di cessione, contrario a divieti derivanti da norme di 011dine pubb1ico e, ancora, nel vizio di omessa motivazione, per non aver considerato circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione, quali la residenza in Italia della Gamet e la man� cainza della necessaria autorizzazione amministrativa &'er la v,alidit� e l'efficacia di detta cessione. Il primo profilo di censura � manifestamente infondato. Rientra, invero, nei normali poteri di cognizione del giudice ordinario accertare l'esistenza dell'infrazione valutaria e quindi l'eventuale motivo idi nullit� del nego2lio, col quale sia stata consumata la contravvenzione al sistema normativo di controllo delle operazioni fra residenti e non resi denti nel territorio della Repubblica. Da parte del giudice, presupporre o esplicitamente dichiarare la vali dit� del negozio, e quindi escludere la ricorrenza della detta causa di nul lit�, significa non �operare�, usurpando le funzioni della pubblica ammi nistrazione, ma � conoscere � e � decidere � de1la conformit� dalla legge dell'attivit� svolta dai privati contraenti, nell'esercizio di poteri tipici della � iurisdictio �, rientranti nella ,sfera delle attribuzioni dell'autorit� giudi ziaria 011dinaria. Non sussistendo, pertanto, il vizio denunciato della carenza di giurisdi� zione del giudice adito, il ricorso si rivela, sotto questo aspetto, infondato e deve essere disatteso. 88 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO A conclusioni ancor pi� radicalmente negative si perviene nell'esame del secondo e del terzo profilo di censura, COJ?.Cernenti il mancato rilievo, da parte dell'ufficio, dell'asserita causa di nullit� del negozio di cessione e, rispettivamente, il difetto della motivazione circa Ull1. punto decisivo della controversia. Tali censure sono inammissibili in questo giudizio di legittimit�, poich�, come J.a ~iurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito, � � vero che, secondo il principio codificato dall'art. 1421 e.e., la nullit� del negozio giuridico pu� essere rilevante in ogni grado e stadio del giudizio, e quindi alllche in ,cassazione, su istanza di rparte o d'ufficio, ma esso presuppone che il motivo di nullit� risulti gi� acquisito agli atti del processo e peroi� non pu� trovare aipplicazione in sede di cassazione allorch� l'accertamento della nullit� (nella specie, esistenza del patto commissorio) involga una indagine di fatto, riprendendo, in tal caso, rpieno vigore il principio dispositivo delle parti� (Cass. 21 ottobre 1961, n. 2271; 18 febbraio 1965, n. 265; 10 ottobre 1963, n. 2692; 29 ottobre 1975, n. 3677, ed altre). Nella specie, circostanze di fatto come Ja residenza valutaria in Italia della Gamet e la mancanza dell'autorizzazione amministrtaiva per Ja vailidit� e l'efficacia del negozio di cessione del credito, non hanno costituito oggetto di discussione fra ~e parti, non risultando in alcun modo contestato dalle Amministrazioni l'evento stesso della cessione. Vero � soltanto che le Amministrazioni hanno cercato di accreditare, con lo stesso motivo del ricor,so, la pretesa di acquisire, ~n questa fase del giudizio, la documentazione concernente atti amministrativi -con i quali sono state irrogate sanzioni agli interessati per l'asserita infrazione valutaria -, emessi dopo l'assegnazione della causa a sentenza impugnati in altro procedimento, in corso fra gli eredi Gamet, il Ministero del tesoro italiano e la banca ginevrina Gutzwiller. In quel procedimento, appunto, si discute, ai fini del giudizio di legittimit� sui detti provvedimenti amministrativi, dell'effettiva residenza valutaria in Italia della Gamet, nonch� dell'autorizzazione -ritenuta dal Ministero necessaria -per la validit� e l'effi.caoia del contratto di cessione del credito. Oggi, in questo processo, le ricorrenti vorrebbero suffragare con la stessa documentazione inerente a quegli atti amministrativi la tesi del difetto ,di giurisdizione del giudice ordinario e la tesi di invalidit� del negozio di cessione del credito. Ma, una volta dimostrata l'infondatezza della prima eccezione, indipendentemente da qualsiasi indagine sull'effettiva esistenza delle accennate circostanze di fatto (residenza vaJutaria e mancata autorizzazione amministrativ �a), aippare evidente che quei documenti, del tutto inutili ai fini di una pronuncia sulJa giurisdizione, tanto meno sono acquisibili e utilizzabili al diveiiso ,scopo di stabilire, nel merito, la ricorrenza delle condi� PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE zioni di validit� del negozio di cessione del credito, il cui a:ccertamento, per le ragioni esposte nel precisare i Jimiti di applicabilit� d'ufficio dell'art. 1422 cod. civ., �, nel presente giudizio di '1egittimit�, assolutamente precluso. Sotto ogni aspetto, pertanto, il primo motivo del riJCorso si rivela infondato e deve essere disatteso. Col secondo mezzo le ricorrenti denuncia:no la viola:zione degli artt. 111, 344, e 349 c.p.c.. Sostengono ,che' la Corte avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'intervento della banca Gutzwiller, perch� avvenuto in appello, mentre il contratto di cessione del credito era stato stipulato in epoca anteriore ana definizione del giudizio di primo grado. Comunque non sarebbe stato mai consentito -secondo le ricovrenti pronunciare la 1condanna direttamente a favore della banca cessionaria del credito intervenuta in giudizio, avendo questa proposto una domanda soggettivamente e oggettivamente nuova. Sotto il primo profilo -proseguono le ricorrenti -tale domanda non trovava giustific~one alcuna negli atti processuali, in manca:nza di un provvedimento di estromissione dell'a11ienante della � res litigiosa �. Sotto il secondo profilo implicava la necessit� di dsolvere preliminarmente la questione della validit� e dell'efficacia del titolo stesso della cessione del credito (al fine, ad esempio, delJ'eccezione di compensazione), validit� ed efficacia contestabili, per le ragioni gi� esposte col rprimo motivo d'impugna: zione. Osserva il Oollegio che il primo ;profilo di censura, ove si fa richiamo ru1l'art. 111 c.p.c. suHa successione a titolo particolare del diritto controverso e all'art. 344 c.p.c. sulla !egittima:zione a intervenire nel giudizio d'appello, � infondato. Secondo la giurisprudenza, invero, � nella ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, l'art. 111 c.p.c. consente in ogni caso l'intervento in causa del successore a titolo particolare, senza introdurre distinzioni o limitazioni in rapporto aHe v:arie fasi in cui il processo si trova� (Cass. 10 aprile 1974, n. 1018; 30 luglio 1958, n. 2791; 13 giugno 1973, n. 1710). La disposizione restrittiva dell'art. 344 c.p.c., che riconosce la legittimazione a intervenire in appehlo soltanto ai terzi obbligati a proporre opposizione a norma dell'art. 404 c.p.c., non �, dunque, 1applicabile alla successione della � ,res Jiitiigiosa � di un soggetto, che non � terzo ma � parte sostituita � dal proprio dante causa, il quale assUiille, perci�, nel rapporto, la figura di sostituto processuale (v. sent. citate). 'Ne consegue che il motivo in esame appare, sotto questo aspetto, infondato e deve essere disatteso. 90 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO Anche il secondo profilo di censura non merita accoglimento. La domanda, invero non � � oggettivamente � nuova, in quanto la parte sostituita ha fatto valere la pretesa originariamente azionata dall'alienante. Si sarebbe potuta considerare � soggettivamente � nuova se fosse stato contestato l'evento cessione delle controparti convenute. Ma, come si � detto, questa contestazione non c'� stata (si � avuta soltanto in epoca successiva, quando sono stati emessi e impugnati i provvedimenti ammini strativi sanzionatori). Per lo stesso motivo della mancata contesta2ione dell'evento della cessione non ha rilevanza 1alcuna ogni altra considerazione delle Amininistrazioni convenute sull'impossibiilit� di opporre al cessionario l'eccezione di compensazione. Una considerazione a parte merita, tuttavia, ~�argomento delle ricorrenti sulla inammissibilit� di una 1condanna a i�avore della banca cessionaria in luogo dell'attrice aHenarnte, senza la preventiva estromissione di quest'ultima. La tesi � suggestiva ma non ha fondamento. Nel caso concreto, l'avente causa � sostituito � nel ,giudizio, ha proposto la domanda di condanna al pagamento della somma a proprio favore col pieno consenso del dante causa, suo sostituto processuale. Significativa, al riguardo, � la formulazione delle conclusioni delle parti,. che si leggono in ~pigrafe della sentenza d'appello. La banca cessionaria chiese: � �.� condannare le convenute... a favore delila banca concludente ... �. La Gamet chiese: �Condannare, per l'effetto, fo convenute... al pagamento della somma risultante dai criteri sopra indicati�, senza specificare a favore di quale soggetto dovesse essere pronunciata la condanna. La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Tesoro cos� conclusero: � Dichiarare che nulla � dovuto n� alfa signora Gamet Wasto, n� alla banca Gutzwiller �. Quindi la banca pretese il pagamento a proprio favore; la Gamet nulla oppose e, implicitamente, manifest� iJ pieno consenso a tale domanda, nel chiedere il pagamento senza precisare di pretenderlo personalmente; le convenute, a loro volta, nulla opposero aHa specifica formulazione delle richieste dell'attrice e dell'interveniente, e si Jimitarono a contestarne, nel merito, la fondatezza. Pertanto nel rapporto processuale interno fra alienante e cessionario del credito, il primo riconobbe Ja legittimazione del secondo a proporre, in sua vece, la stessa domanda di pagamento della somma dovuta alle Amministrazioni. PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Nel rapporto processuale esterno con le controparti convenute non fu chiesta n� disposta ['estromissione dell'attrice, alienante della � res litigiosa,., A un provvedimento �siffatto non era, invero, collegato n�, tanto meno, subo1idinato -,secondo ['implicito, esatto orientamento della Corte -.il riJconoscimento della veste di � Hauptpartei � da parte del cedente al cessionario, in mancanza di qualsiasi pregiudizio per le controparti � cedute ,., che dn merito all'evento ces1sione non avevano mosso contestazione alcuna. Oper�, semplicemente, fra .tutti i soggetti del processo il principio dispositivo -nor-ma di chiusura del sistema -con la permanenza in giudi2lio dell'attrice alienante, a disposizione dellie controparti e del giudice, ad ogni possibile, ulteriore effetto per soddisfare eventuali esigenze istruttorie), e con il J.ibero conferimento da parte dello stesso alienante afil'avente causa banca Gutzwiller del :potere di chiedere direttamente al giudice, nel proprio dnteresse, il riconoscimento del diritto acquistato mentre la Jite era in corso, e fa conseguente condanna del debitore ad eseguire la .prestazione. Non � d'ostacolo a taili conclusioni la definizione dell'aJ.inenante come sostituto processuale defil.'acquirente della � ires litigiosa�, crimanendo sempre nella disponibilit� delle parti l'attribuzione al secondo della legittimazione a formulare la domanda in luogo del primo, per ottenere una diretta pronuncia a proprio ~avore, pronuncia che, per espressa disposizione di legge, � dia lui stesso impugnabile (art. 111, u. co. c.p.c.). Sotto ogni aspetto, pertanto, anche il secondo motivo del ricorso si rivela dnfundato e deve essere disatteso. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1986, n. 6808 -Pres. Bofogna -Rel. Graziadei -P. M. Zema (oonf.). -Ministero del Tesoro (avv. Nucaro) c. Misurelli. Procedimento civile -Sospensione dei termini processuali e sostanziali per gli enti mutualistici -Applicabilit� alhl inattivit� processuale � Esclusione. (D.L. 30 aprile 1981 n. 168, art. 1, convertito in legge T1 giugno 1981 n. 331). La sospensione dei termini processuali disposta in favore degli enti mutualistici disciolti non determina la sospensione del processo: in particolare non comporta la inapplicabilit� dell'art. 348 c.p.c. in caso di mancata comparizione del procuratore costituito. Con unico motivo d'impugnazione, l'Amministrazione ricorrente deduce � vio1azione dell'.art. 7 del D.L. n. 538 del 26 settembre 1981, richiamato dalla legge 26 gennaio 1982 n. 12 �. Premesso che alla data della seconda RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 92 udienza di comparizione davanti all'istruttore (5 ottobre 1981) l'INAM si trovava in fase di [iquidazione, e beneficiava della sospensione di tutti. i termini, inclusi quelli processuali, prevista daJ.La suddetta norma fino al 31 dicembre 1981, sostiene che tale sospensione escludeva la configurabilit� di una sua inattivit� nel processo, ed ostava qUJindi alla declaratoria d'improcedibilit� del gravame. Aggiunge che tale declaratoria era comunque preclusa dall'irritualit� della comunicazione della nuova udienza di comparizione, in quanto non effettuata ad essa Amministrazione, bench� avesse gi� assunto le ope~azioni liquidatorie de[l'INAM. Il motivo � infondato in entrambe le censure in cui si articola. L'airt. 1 del D.L. 30 aprile 1981 rt. 168, convertito in Jegge 27 giugno 1981 n. 331, prevede, per le materie attribuite alla gestione di liquidazione dei disciolti enti di assistenza sanitaria, ~a sospensione dei termini processuali, oltre che sostanziali, fino .a:l 30 settembre 1981; tale data � stata prorogata al 31 dicembre 1981 dalil'art. 7 del D.L. 26 settembre 1981 n. 538 e poi al 31 marzo 1982 dall'art. 5 del D.L. 26 novembre 1981 n. 678, convertito, con modificazioni, in legge 26 gennaio 1982 n. 12. Detta sospensione dei termini � diretta ad evitare che, nella delicata e complessa fase deUa liquidazione degli indicati enti, gli inevitabili ritardi in scelte e decisiOni possano tradursi, in relazione al decorso di termini perentori, nella perdita 4el potere di compiere gli atti processuali e negoziali che si rendano necessari a tutelare i diritti degli enti medesimi. La tesi proposta da1l'Ainuninistrazione, con la prima parte dei motivo di ricorso, postula un'interpretazione delle citate norme nel senso che la .sospensione dei termini processuali vada intesa anche come soSlpeilsione dei processi nei quali siano parti gli enti m Jiquidazione. Infatti, la mancata comparizione dell'appellante alla nuova udienza di comparizione, fissata ai sensi dell'art. 348 primo comma cod. proc. civ., non si configura come omissione di un atto del processo per cui sia fissato un determinato termine (ed il cui decorso comporti il venir meno della facolt� di compierlo), ma assume i diversi connotati della mancata partecipazione ad un momento del processo d'impugnazione �della stessa parte che l'ha attivato), di un'inattivit� cio� che si esteriorizza ed esaurisce nell '.assenza alla suddetta UJdienzJa e dalla quale conseguono � ope Jegis � effetti sanzionatori (improcedibiJit� del gravame). Talle inattivit� ed i relativi effetti potrebbero quindi essere esclusi, nei confronti dell'INAM e degli altri enti assicwrativi in liquidazione, solo se si ravvisasse nelle citate norme 1a volont� del legislatore di sospendere non solo i termini processuali, ma anche i processi. La suddetta interoretazione non pu� essere condiv1sa. Sospensione dei termi:ni processuali e sospensione dcl processo sono istituti. autonomi e distinti, e per di pi� la prima, in relaz�1one ad un PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE giudizio gi� instaurato, costituisce un � quid minus � rispetto alla seconda, dato che pu� tradursi in un impedimento allo ,svolgimento del processo solo 1con riguardo a momenti o fasi 1che siano regolate da termini. Pertanto, la norma, che preveda, a tutela di determinati soggetti, !a sospensione dei termini prooessuali, non .pu� essere intesa estensivamente fino ad includere anche la sospensione dei processi in cui tali soggetti siano parti. Una siffatta interpretazione, del resto, andrebbe ben oltre le indicate finalit� perseguite dalle disposizioni in esame, in quanto si tradurrebbe in una 'lunga ed indiscriminata parialisi di tutti i prrocessi coinvolgenti le materie di pertinenza degli enti in liquidazione, con sacrificio di rileVlanti interessi, in rpregiuclizio anche degli enti medesimi. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 luglio 1986 n. 478 -Pres. Paleologo Est. Malinconko -Regione Veneto (aViV. Perolo, Pagnes e Lorenzoni) c. Ministero Marina Mercantile (avv. Stato, Ferri). Urbanistica -Piano regolatore � Demanio marittimo � Destinazione ad usi pubblici del mare � Compressione competenza autorit� marittima � Il� legittimit�. Urbanistica � Piano regolatore � Demanio marittimo � Intesa. La previsione del piano regolatore che abbia destinato il demanio marittimo ad un uso conforme alle fina(it� di quest'ultimo mantenendo inalterata la situazione esistente altera ,ugualmente il regime giuridico del bene in quanto impedendone la eventuale futura destinazione ad altri pubblici usi del mare costituisce una compressione delle competenze proprie dell'autorit� marittima. La competenza urbanistica attribuita agli enti territoriali non esclude la competenza dello Stato a disciplinare la utilizzazione del demanio marittimo, ricorrendo quindi la necessit� di un raccordo da etf ettuarsi con lo strumento dell'intesa anche in mancanza di un'espressa previsione normativa. Diritto -1. -Va preliminaJI"mente esaminata la censura dedotta da.Ha Regione appel1ante awerso la sentenza di prime cure, relativamente all'assunta non corrispondenza tra vizi denwnciati dalle Ammini� strazioni statali nel ricorso introduttivo e motivi di annullamento accolti nella sentenza. Osserva in proposito la Regione Veneto che il TAR ha annullato in parte qu� il Piano II'ego1atore generale del Comune di San Michele al Tagliamento per un vi2'io procecfnnentale, e cio� per la mancata previa intesa tra Autorit� urbanistiche ed orgaini statali, mentre invece le Amministrazioni ricorrenti avevano radicai1mente negato che il P..R.G. potesse estendersi 1a disoiplinaire le aree demaniali comprese nel territorio Comunale. Trattasi di ri:lievo che, concernendo la corrispcmdenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), condurrebbe, se fondato, all'annullamento dell'iIIlJPugnata decisione. La censura, tuttavia, � inammissibile essendo stata proposta solo m memoria e senza �l'articolazione di specifico motivo d'impugnazione. ~ infatti principio generale del sistema processuale, espressamente codificato nell'art. 161, primo comma, del cod. proc. civ., che i motivi di } i I ! I I ! I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA nUJllit� delle 1sentenze soggette ad appello possono farsi valere solo nei limiti,' e secondo le regole proprie di tale mezzo di impugnazione: i vizi delle sentOOZie, in altri termini, si tramutano in motivi d'impugnazione delle medesime. Ne deriva che nel caso di specie, non essendo stato articolato, nei termini, un motivo di appelio diretto a far valere la censura :iin esame, non � pi� verificabile in questa sede La corrisponden:re dehla pronuncia di primo grado ai motivi deil ricorso originario. 2. -Passando ora ai motivi di impugnazione articolati con il ricorso in appello, viene per prima in esame, in ordine logico, Ja censura dedotta col secondo motivo di gravame. Sostiene la Riegione che nel caso di specie non si verifica alcun contrasto tra diversJ interessi pubblici, quali, da un lato, J'interesse urbanistico alla disdplina de11'intero territorio comunale e, dall'altro, l'illteresse statale alla tutela del demanio. Ch�, anzi, la previsione urbanistica, col vincolo di inedificabilit� e fa destinazione all'uso pubblico, garantirebbe :proprio il perseguimento delle finalit� proprie del bene demaniale, volto a realizzare l'interesse de11a collettivit�. Un limite al potere ili intervento delle Autorit� urbanistiche sulla destinazione dei beni demaniali, precisa la Regione neLla propria memoria, sussiste effettivamente, ma ha � natura esterna �, vietando solo che sia completamente stravolta 1a destinazione del bene demaniale all'utilizzazione pubblioa. Nel caso in esame tale Jimite non sarebbe stato valicato e, quindi, il P.R.G. sarebbe pienamente legittimo. La precedenza logica ,dJ tale argomento sugli altri motivi di gravame � condivisa dalla medesima Regione appeUante, che prospetta in relazione alla stessa censura anche la carenza di mteresse delle Ammindstrazioni statali a proporre ricorso avverso Jo strumento urbanistico. La censura �, tuttavia, infondata e va respinta. Invero, non ogni destinazione ,alJ'uso pubblico pu� dirsi necessariamente coerente alla natura del bene demaniale ed a1le sue finalit�. Ci� risulta indiscutibile non 1soltanto per quei beni pubblici, come [e miniere (TAR Lazio, I sez., l. 1 gennaio 1978 n. 42), che hanno una sola destinazione naturale, ma anche per quei beni che sono suscettibili dii diverso impiego, sia rda parte della stessa Amministrazione cui sono affidati per il perseguimento dei propri fini istituzionali, sia da parte delrl'intera coNettivit�, sia, infine, da parte di singoli soggetti, legittimati all'uso del bene pubblico ,in forza di un atto concessori.o. Tale � appunto la condizione del demanio marittimo; in particoJare, i beni che ne fanno parte sono individuati dal Legislatore (artt. 822, primo comma e.e. e 28 c.n.) con riferimento a specifiche caratteristiche naturali (il demanio marittimo � pacificamente e tradizionalmente inserito, appunto, nel demanio naturale), che ricollegano tali beni agli usi pubblici del mare. Questa specifica destinazione, rammessa espressamente dalla stessa Regione appellante (pag. 10 delle memorie), si ricava 1agevolmente rdal sistema, che la 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO presuppone, com'� dimostrato dall'art. 33, primo comma, c.n., ove si ammette 11'ampliamento del demanio marittimo se aderente a necessit� dei �pubblici usi del mare�, e dall'art. 35 per l'ipotesi inversa. Questi ultimi, d'altm parte, non possono neppure essere identificati con un qualsiasi uso pubblico, tant'� che la destinazione del demanio marittimo ad utilizzatloni diverse da quelle propriamente marittime, ancooch� pubbliche, � possibiJ.e solo con uno specifico provvedimento deJ Ministro della Madna meocantile, di durata limitata nel tempo (art. 34 c.n.). Orbene, nel oaso di specie, vasti tratti del demanio marittimo risU!ltano pacificamente destiIJJati a � verde privato � ed a � verde pubblico �, con esclusione di qualunque intervento edificatorio o e.on ammissione, per il �verde pubblico�, de1la sola installazione di panchine, sedili e piccole attrezzature di interesse collettivo (fontane, gabbie, chioschi), purch� non ne derivi runa turbativa alla continuit� dell'ambiente e non &iJano superati determinati pammetri �di altezza e cubatura. Tali desti� nazioni da un 1ato, anche quaindo comportano l'utilizzazione del demanio da parte della collettiv.it�, non risultano dettate in rapporto agli usi pubblioi del mare, sJoch� risulta alterata fa fun7Jione del demanio o comunque non .gamntito ogni ulteriore impiego, ancorch� inerente a quegli usi pubbliici; dal:l'altro, quest'wtima limitazione si riflette in Wl'evidente compres.sione de1le competenze proprie de1l'autorit� marittima, che ai beni demaniali � preposta. Non � dunque esatto che la destinazione urbanistica prevista dal P.R.G. in questione per il demanio ma.rittimo sia pienamente conforme alle fililalit� proprie di quest'ultimo e che, tendendo al semplice manten�! lnento de:11a situazione attuaJ.re, non comporti alcuna rilevante modificazione del regime proprio del demanio. Vero � invece che fa prevista destinazione urbanistica consente una sola utilizzatlone del bene pubbilico, con esclusione di altri �usi pubblici del mare � e che riimane cos� alterato il regime giuridico del bene medesimo. IJ motivo di gravame va pertanto respinto perch� infondato. 3. -Col primo motivo d'appello ~a Regione contesta la legittimit� del presupposto su cui si fonda l'impugnata sentenza: la necessit�, cio�, che la 1disciplina urbanistioa del demanio marittimo sia preceduta dal~ a'iintesa con J.'autorit� statale. Tale impostazione ad avviso delJ.a Regione, � errata innanzitutto perch� di tale aggrnvio procedimentale non c'� traccia nell'o1dinamento, la omissione anzi sarebbe proprio giustificata da una precisa scelta del legislatore, consistente neH'escludere ogni competenza dello Stato -nella fase de11'aidoziione degli strumenti urbanistici, limitandone l'intervento nella frase precedente (identificazione delle linee fondamentali di assetto del territorio: art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977) ed -I - PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA in quella successiva (accertamento, d'intesa con le Regioni, della conformit� delle opere alle prescl1izioni dei piani regolatori: art. 31, secondo comma legge n. 1150 del 1942 e art. 81, secondo comma, d.P.R. n. 616 del 1977). Nel procedimento di adozione ed approvazione dello strumento urbanistico lo Stato potirebbe far valere i propri interessi relativi ai beni demaniali con lo strumento delle osservazioni. La scelta del legislatore sarebbe, d'altra parte, costituzionalmente corretta, posto che gli artt. 17 e 18 Cost. riservano esclusivamente alle Regioni la funzione legislativa ed amministrativa nella materia urbanistica. Le argomentazioni della Regione non possono per� essere condivise. Innanzitutto non � esatto affermare che La competenza dello Stato nella materia urbanistica � legisLativamente Jimitata all'individuazione delle linee fondamentali di assetto del territorio (art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977) ed al mero accertamento (successivo) dehl.a conformit� delle opere statali (o comunque eseguite sul demanio) ai piani urbanistici. Giova a questo proposito rico11da:re che il Consig1Jfo di Stato, nella decisione dell'Adunanza Plenaria 27 maggio 1983, n. 13, aveva gi� sottolineato come attrav�rso le intese Stato-Regione, previste dall'art. 81, primo comma del citato d.P.R., per Ja localizzazione di opere pubbbliche dj interesse statale si passasse, dal mero controllo di conformit�, allla funzione piand: ficatoria, con strumenti tali da permettere i[ prevalere degli interessi statali su quelli locali (art. 81, quarto comma, d.P.R. n. 616/77). Afla stessa conclusfone pu� pervenirsi con iriferimento ailla parallela ipotesi dell'art. 81, secondo comma, che attiene ietteralmente al mero accertamento di conformit� al P .R.G., ma che in realt�, col richiamo all'intesa, prospetta un intervento ben pi� incisivo dell'Amministrazione statale nella pianifilcazione (in tal senso Cons. Stato, VI sez., 13 maggio 1985 n. 197). Sotto altro iprofilo, non � neppure esatto sostenere ohe la materia dell'urbanistica sia stata, nel riparto delle attribuzioni tra Stato e Regioni, costituzionalmente riservata ilil via esclusiv�a alla seconda con esclusione di qualsiasi competenza del primo. Anche .qui � d'uopo il richiamo alla decisione dell'Adunanza Pil.enaria :n. 13 del 1983, che rilevava come ila materia dell'urbanistica, pur nell'ampia accezione di � 1disciplina dell'uso del territorio� (art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977), non poteva estendersi fino ad attribuire alla Regione la competenza a disciplinare amministrativamente tutte tle attivit� esercitate sul territorio, essendo queste ricomprese talora nella competenza regionale e talora in quella statale (nel caso esaminato dall'Adunanza Plenaria si trattava di op�re relative alla difesa naziooale). Lo stesso d.P.R. n. 616 del 1977, precisava queLla decisione, riserva allo Stato � f'esecuzione di opere concernenti i servizi, il demanio ed dl patrimonio dello Stato �. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 98 N� si tratta di innovazioni radicali introdotte dal d.P.R. n. 616 del 1977, perch� la preminente rilevanza degli !�nteressi statali (in quanto ultraregionaili) nell'esplicazione del.la funzione regionale di pianificazione urbanistica poteva cogliersi m diverse disposizioni precedenti. Innanzitutto nella legge urbanistica n. 1150 del 1942 fa suddetta rilevanza era garantita or.iginatiamente, come osservato nelLa citata decisione . dell'Adunanza P<lenaria, in relazione alle opere dello Stato gi� realizzate e da armonizzare con fo strumento urbanistico, venendo successivamente estesa (dall'art. 10 della 1. n. 765 del 1967) aHe opere da realizzare, con attribuzione ad un organo statale della funzione di accertare la corrispondenza di tali opere allo strumento esistente. Le sopravvenute disposizionii costituzionali d'altra parte, nella distinzione di attribuzioni tm Stato e Regione, non intesero affatto assoggettare alla competenza di quest'ultima le attivit� di carattere generale svolte dallo Stato sul territorio regionale, ancorch� involgenti problemi dd assetto del territorio; ci� emerge sia dagli artt. 117 e 118 Cost., che hanno attribuito al!lo Stato le competenze ilegislative ed amministrative nelle materie ivi non espressamente contemplate, sia dalle leggi costituzionali che hanno approvato gli statuti di varie Regioni a statuto speoiale, riservando allo Stato la cl.lil'a degli interessi nazionali (artt. 3 Sta� tuto Regione Sardegna; 2 Statuto Regione VaHe d'Aosta; 4 e 11 Statuto Regione Trentino Alto Adige; 4 Statuto Regione Friuli� Venezia Giulia). T.ali principi costituziooali sono stati poi coru:ettamente recepiti dalle norme di attuazione dell'ordinamento delle Regioni a Statuto ordinario. In particolare il d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 ha mantenuto ferme non solo Ie competenze amministrative dello Stato nelle materie di difesa nazionale, di polizia giudiziaria e di pubbliica sicurezza, ma anche nelle altre che, �pur essendo esercitate in relazione alle attivit� di cui al presente decreto, riguardano materie non oomprese nell'art. 117 della Costituzione� (art. 6); l'art. 8 dello stesso decreto, rpoi, manteneva ferme le cpmpetenze dello Stato m ordine alle � op.ere marittime � (lett. d) ed � 1all'edilizia demaniale e patrimoniale dello Stato� (lett. i). Sicch� la sistemazione data alla materia dal citato d.P..R. n. 616 del 1977 si muove nel .solco dei precedenti interventi normativi. Se, dunque, la Costituzione, le leggi costituziona:li e le leggi ordinarie hanno sempre avuto cura di escludere che l'attribuzione alla Regione della competenza (legisliativa ed amministrativa) in materia urbanistica comportasse !'.attrazione .alla stessa Regione delfa competenza a disci plinare, con esclusione dello Stato, ogni attivit� interferente con l'assetto territoriale, se ne deve dedurre che lo Stato ha conservato le proprie attribuzioni in o:ridine agli interessi di quest'ultimo tipo. Non vi �, come 01ssume la Regione, semplicemente un Jimite estemo aM'iattivit� pianifi catrice, nel senso che i beni demaniali non possono essere completamente PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA distolti dalla propria finalit� pubblica con interventi dell'autorit� urbanistica comunale e regionale, be:ns� una permanenza di competenze statali in tale materia, insuscettibili, come precisato dalla citata decisione dell'Adunanza Plenaria, di �supplenza� da parte de1la Regione. La concorrenza di diverse potest� statali e regionali nella disciplina del territorio, rivolte a finalit� distinte, � stata del resto gi� da tempo riconosciuta dalla Corte costituzionale in materia di parchi nazionali ~sent. 4 luglio 1976 n. 175) e ,recentemente ribadita proprio in relazione ai piani urbanistici (id. 15 novembre 1985 n. 286). Che poi la disciplina dei beni del demanio statale attenga ad interessi nazionali e sia complessivamente devoluta allo Stato non pu� certo essere contestato. Non solo perch� le summenzionate disposizioni legislative confermano fa competenza dello Stato in materia di eqilizia demaniale (art. 8 lett. i del d.P.R. n. 8 del 1972) o di opere concernenti il demanio (art. 88 n. 7 del d.P.R. n. 616 del 1977), ma a,nche perch� quei beni intanto sono mantenuti allo Stato, in quanto ritenuti dall'ordinamento rispondenti ad interessi generali della comunit� nazionale. Questa conclusione a maggior ragione si impone per il demanio marittimo che appartiene naturalmente e necessariamente allo Stato (art. 822, primo comma, cod. civ.; art. 11, primo comma, 1. 16 maggio 1970 n. 281 per le Regioni a Statuto ordinario; art. 14, pdmo comma, Statuto Sardegna), con la sola eccezione della Regione Sicilia (art. 32 Statuto) semprech� non si' tratti di beni interes,santi servizi di carattere nazionale (art. l, terzo comma, d.P.R. 1� luglio 1977 n. 684). La spettanza allo Stato della competenza a discip1inare l'utilizzaziO!lle del demanio marittimo � confermata altres� dall'art. 59, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, che prevede la delega alle Regioni delle funzioni amministrative sul lito! rale marino e sulle aree demaniali immediatamente prospidenti, quando l'utilizzazione prevista abbia finalit� turistiche e Ticreative. La norma continua stabilendo che tali aree sono delimitate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri della difesa, deMa Marina mercantile e delle finanze, sentite le regioni interessate; ci� dimostra che � lo Stato a stabiUre quale '8ia l'uso cui destinare il demanio marittimo, tra d molteplici � usi pubblici del mare �, e che solo 'Ima volta stabilita la destinazione al turismo � delegata ,alla Regione la funzione amministrativa su di esso. Delineate le permanenti attribuzioni dello Stato sul demanio, marit timo 'in particolare, non pu� non trarsene la conclusione che la compe tenza urbanistica, pur estesa all'intero territorio comunale, non vale ad obliterare ogni altra competenza statale, sicch� occorre raccordare gli interventi dei diversi Enti con il generale strumento dell'intesa. Che quest'ultimo sia istituto richiamabile anche in mancanza di una espressa previsione normativa � stato gi� definith~ame:nte acclarato nella sentenza RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 175. del 1976 della Corte costituzionale nonch� nella decisione dell'Adunanza Plenaria n. 13 del 1983, alle cui considerazioni il Collegio ci:tiene di aderire. N� pu� sostenersi, con la Regione, che fa disciplina del procedimento di .adozione ed approvazione dello strumento urbanistico contiene gi� il mezzo per addivenire alla composizione dei diversi interessi pubblici. Basti osservare in proposito che la configurazione delle osservazioni come mero apporto collaborativo nel pubblico interesse, generalmente accolta in giurisprudenza, mal si condHa con l'esercizio di competenze, direttamente �attribuite dall'ordinamento per garantire un certo assetto del territorio e quindi concorrenti con la funzione 111rbanistica. Deve dunque concludersi che correttamente l'impugnata sentenza ha affermato l'megittimit� del P.R.G. in questione per la mancata intesa tra autorit� urbanistica e Stato. 4. � Altro argomento addotto in contrario per dimostrare l'insussistenza dell'obbligo di intesa, presupposto invece dal TAR, � costituito d0Jll'osservazione che il procedimento di adozione ed approvazione del P.R.G. non prevede neppure m quale fase quell'intesa debba intervenire e tra quali Enti. La censura, tuttavia, � Jnfcmdata. L'individuazione della fase procedi� mentale nella quale comporre i 1diversi interessi va effettuata sulla base dell'originaria struttura di quel procec:IJmento. In esso, infatti, il coordi� namento tra interessi nazionali e focali era previsto con riferimento al� l'approvazione del piano da parte dell'Autorit� statale (Ministero dei lavori pubblici), che dov~a �assiCUTare �fa razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti idi interesse de1lo Stato ,. (art. 10 lett. b, J. n. 1150 del 1942). Mutata la competenza su questa approvazione, da�statale a regionale, non � per ci� venuta meno l'esigenza del coordinamento, da 1realizzarsi nella forma dell'intesa tra Amministrazione statale e Regione. Questa �, d'1altra parte, La soluzione accolta espressamente dal 1legislatore neU'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 e si � gi� osservato che J'mtesa preV1ista in quest'ultima �disposiziooe-determina l'intervento dello Stato nella stessa attivit� di pianificazione, posto che, come la giurispru� denza ha avuto modo di rilevare, J'mtesa una volta raggiunta produce gli effetti della viariante, mutando la previsione di piano, per conformarla alle caratteristiche dell'opera pubblroa statale (TAR Lazio, Sez. I, 22 ottobre 1984 n. 936 in TAR 1984, I, 3260). La stessa iintesa, in linea col disposto dell'art. 10 lett. b, L.U., dovr� intervenire quando, com'� nel caso di specie, non si tratti di verificare se un'opera statale o di interesse statale sia conforme allo strumento urbanistico gi� in vigore, ma di coordinare com� petenze statali e regionali entrambe dirette all'assetto del territorio ed alla sua utilizzazione (cost., da ultimo, Corte cost. 15 novembre 1985, !Il. 286). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 5. -Un'ultima obiezione muove 'la Regione appellall1te al1a possibilit� di estendere al caso di specie l'elaborazione giUJrisprudenziale contenuta nelle citate sentenze n. 13 del 1983 dell'Adunanza PJenaria del Consiglio di Stato e n. 286 del 1985 della Corte costituzionale, rper la peculiarit� della questione, sottoposta col presente ricorso al Co1legio. La diversit� starebbe in ci�, che quei }J["ecedenti riguardano ipotesi dii Piani regolatori comportanti un mutamento di destinazione per i beni :pubblici, mentre nel caso di specie il P.R.G. di S. Michele ari Tagliamento non confilgum alcun mutamento di destinazione per le 'aTee demaniali in esso comprese, avendo adottato anzi una destinazione adatta a ,preservarne la capacit� di soddisfare l'interesse pubblico. lnv�ro, i precedenti sopra richiamati sono stati prontl[}zi:arti con rife rimento a fattispecie nelle quali c'era effettivamente stata una modifica di destinazione �relativamente aid immobili pubbliici. Tuttavia, aIJJche par tendo da questa constatazione, non pu� giungersi alla conclusiione dedl'inap plicabiil.it� al caso di specie dei principi elaborati da quehle sentenze, le motivazioni delle quaU non potevano prescindere dalle fattispecie con crete sottoposte all'esame dei giiudioi. Quanto alla sentenza 12-15 novembre 1985, n. 286 della Corte costi tuzionale non pu� sfuggire che in essa la Corte, !l'isolvendo un conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni, ha affermato il potere dello Stato di tutelare esigenze esorbitanti dall'ambito regiionale, oon contestuale restrizione dei poteri urbanistici della Regione e necessit� di coordina mento tra i due ordini di competenze. Nello stesso senso si � pronunciato il Consiglio di Stato nella decisione dell'Adunanza Plenaria n. 13 del 1983, diffus.amente argomentando sulla conC011l'enza delle diverse competenze e sulla necessit� dell'intesa come strumento rdi composizione delle varie istanze pubbliche. Orbene, se davvero fl problema si ridUJcesse ad U\11 limite esterno alla funzione urbanistica (divieto di snaturare il bene pubbfa:o con destina zioni esorbitanti il pubblico interesse), n� si sarebbe configurato un con flitto di poteri tra Stato e Regioni n� l'Adunanza Plenaria avrebbe avuto il."agione di motivare diffusamente sulla necessit� dell'intesa, essendo suf f.iciente, all'affermazione di illegittimit� dello strumento urbanistico, con statare il mutamento oggettivo di destinazione del bene pubblico. Dalle mell2:ionate decisioni, invece, si evince che lo Stato � titolaire di un potere di tutela degli interessi pubblici inerenti ail bene pubblico e, quindi, di un interesse di natura procedimentale alla previa intesa; la mancanza di quest'ultima � gi� di per s� vizio del :pJ"ocedimento e quindi dell'atto conclusivo, salva, naturalmente, la verifica dell'interesse deHo , Stato ad agire. Del resto, in materia di parrchi nazionali la Corte costituzionale nella sentenza 14 luglio 1976 n. 175 aveva avuto modo di concludere come segue: ... non spetta ailla Regione Lazio approvare il piano regolatore 102 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO del comune di Sabaudia, senza che, nelle parti in cui comprende zone incluse nel parco nazionale del Circeo, sia previamente intervenuta un'intesa con i competenti organi deHo Stato ... �, prescindendo dagli effetti innovativi o meno dello strumento urbanistico. Neppure risulta fondata, d'altra parte, l'ulteriore argomentazione della Regione, secondo cui nel caso di specie la destinazione urbanistica lascerebbe intatta la precedente destinazione del demanio marittimo. Basti richiamare in proposito quanto argomentato all'inizio, circa la molteplicit� �degli �usi pubblici del marre� e la comprensione dei poteri delle autorit� statali in ordine alla scelta discrezionale tra le varie (legittime) utilizzazioni ipotizzabili per hl demanio marittimo. Osserva hl Collegio �che la_ stessa Regione, nella memoria conclusiva, difende la destinazione impressa al demanio col P.R.G. come quella pi� rispondente all'interesse pubblico; ma � evidente che questa valutazione non poteva provenire che dall'autorit� statale, �in quanto depositaria della tute1a del demanio e della cura degli interessi collettivi che vi si ricollegano. In conclusione, tutte-le censure proposte dalla Regione vanno respinte; le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 10 luglio 1986, n. 496 -Pres. Paleologo Est. Catrical� -Ministero dei lavori pubblici (Avv. Stato Cosentino) c. Soc. Lavori e costruzioni (avv. Nigro e De Bellis) e soc. Elettrobeton Sud (avv. Lorenzoni). Appalto -Gara -Interesse a ricorrere � Effetti sull'annullamento di una esclusione. Appalto � Gara � Dichiarazione richiesta ai partecipanti � Omissione -Legittimit� esclusione. Appalto � Gara Prescrizioni della lettera d'invito -Interpretazione contro autore clausola Inapplicabilit�. ,_ (C.C. art. 1370). In caso di esclusione da gara di appalto il G.A. deve porsi, anche d'ufficio, il problema dell'eventuale carenza di interesse del ricorrente escluso, stabilendo se questi possa ottenere un concreto vantaggio dal riconoscimento della fondatezza delle censure, una volta ristabilita la legittima catena causale per l'individuazione del soggetto meritevole di vincere la gara. La dichiarazione, richiesta ai partecipanti ad una gara di appalto. contenente l'impegno ove non fosse intervenuto un ulteriore finanziamento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ad accettare l'esecuzione dei lavori .secondo le limitate disponibilit� dei fondi, � parte integrante dell'offerta la cui mancanza legittima l'esclusione dello istante. Il principio dell'interpretazione contro l'autore della clausola non � estensibile alle prescrizioni contenute nella lettera di invito ad una gara d'appalto. Diritto -1. -I. due rricorsii in appello vanno riuniti in quanto proposti contro la stessa sentenza. 2. -La Sezione osserva anzitutto che l'accoglimento deHa tesii della ricorrente in primo grado condurrebbe al dovere dell'Amministrazione di oonsiderare ammissibile l'offerta a suo tempo presentata dalla societ� esclusa dalla gara; e dunque al dovere dell'Amministra2'Jione di aprire la busta contenente l'offerta, ricavare la nuova media ed aggiudicare l'appalto sulla base di quest'ultima. In vero, l'immediatezza e contestualit� delle operazioni di aggiudicazione costituisce regola in mater-ia d'appalto, ove non sorgano successive e fondate contestazioni. Deve prevalere ogni volta che sia materialmente possibile, l'interesse pubblico alla rapida identificazione della controparte contrattuale, come espressione del principio di economia -con l'effetto di limitare i rischi -di ulteriore contenzioso -e come necessaria premessa al pi� celere compimento dell'opera pubblica. E deve prevale,re altres� l'interesse degli altri offerenti (non meno degno di considerazione dii quello deLl'offerente escluso) a che il ristabilimento della legittima catena causale consenta al soggetto meritevole di vincere la gara, di ottenere il risultato cui ha titolo anche se lo ha visto allontanare per motivi a lui non imputl:\bili. Non si oppone a siffatta impostazione l'esigenza di salvagua1idare ne] miglior modo la trasparenza dell'azione amministrativa. Infatti la busta in contestazione pu� e deve essere custodita con adeguata cura, ed aperta con la stessa pubblicit� assicurata nel corso della giornata di gara. N� mancano casi in �cui le operazioni dii gara rposs�no essere interrotte per esplicita previsione di legge. Dunque, ove si ritenga -con la costante .giuriisprudenza -che la Sezione debba nella specie conoscere d'ufficio il punto dell'eventuale carenza d'interesse al ricorso originario, occorrerebbe anzitutto stabilire se Ja ,ricorrente in primo grado trarrebbe un'.apprezzabile vantaggio dal riconoscimento di fondatezza delle sue doglianze,. Allo stato attuale, essendo pi� di trenta gli offerenti ammessi alla gara, un rcalcolo rudimentale conduce a ritenere che le pos,sibilit� dell'ori �gi:naria ricorrente a vincerla, se ammessavi anch'essa, sono almeno una a trenta. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO. U Collegio ~itiene tuttavia di prescindere dall'esame della questione e delle altre ulteriori che ad essa am:Lrebbero collegate, perch� l'appello della originaria controinteressata va condiviso nel merito. 3. -Si tratta, nel merito, di stabilire se sia stata o meno legittima l'esclusione de1la ditta appellata dalla gara d'appalto per la costruzione della nuova ala del primo istituto cli clinica medica del Policlinico Um� berto I di Roma. Come c):llarito in narrativa, fa ditta non aveva adempiuto alla prescri� zione della lettera d'in'Vito, che imponeva ~'.allegazione di una specifica dichiarazione in 1carta legale, contenente l'impegno, ove non dovesse inter' Venire ulteriore finanziamento, ad accettare l'esecuzione dei lavori, secondo le :Limitate dispollli.bilit� dei fondi, noD1Ch� l'impegno, in caso di acquis�� zione dell'ulteriore accreditamento a proseglll�.ire i lavori alle stesse condizioni dell'offerta, senza rpossibilit� di richiedere compensi o sovrapprezzi, ferma restando la risol111l�one di diritto dei rapporti contrattuali al raggiungimento del valore finanziario (di L. 3.200.000.000) per il caso che non si fosse ottenuto il riaccredito filno alla somma di L. 4.187.660.648. Il TAR ha ritenuto, e fa ditta appellata sos.tiene, 1ohe l'esclusione � illegittima, posto che la prescrizione non era prevista a pena d'inammissi� bilit� dell'offerta, non era ripetuta :nel foglio di awertenza e norme allegate alla lettera d'in'Vito, non era chiara e nel dubbio, doveva farsi applicazione del prindpio di maggiore pairtedpazione, noD1Ch� del principio interpretativo espresso da1l'art. 1370 Cod. civ.; che la prescrizione non era rivolta alla ditta invitata ma all'aggiudicataria; che J'.ambiguit� della clausola � confermata daMa circostanza del mancato rispetto della prescrizione da circa 1a met� dclil.e ditte partecipanti; che, comunque, ~a dichia� razione sarebbe assorbita da altra, prescritta al punto 3 delle � avvertenze �; che, infine, non era chiaro a quale atto dovesse essere allegata la richiesta dichiarazione. La Sezione ritiene d:i dover accogliere� l'opposta tesi, e ci� in base ad un approfondito esame del reale contenuto e del v:alore giuridico de!Ja di� chiarazione richiesta. Quest'ultima ha natma certamente d�versa da quella dei certificati e delle attestazioni previsti dal foglio a1legato alla lettera d'invito. Essa at�. tiene, viceversa, al contenuto dell'offerta, e ne � .Parte iJ!ltegrante. Di tal che, in sua mancanza, J'offerta stessa .on pu� ritenersi effiicacemente proposta. � infatti evidente che le prescrizioni contenute nel foglio di awertenze costituiscono UDO schema generailmente applicabile a tutte le licit.azioru !private. La dichiarazione irichiesta �::lana lettera d'invito, ha invece un carattere peculiare e tipico, rispondendo all'esigenza particruarissima del contratto che si andava a stipulare, in ragione delle condizioni di variabilit� di valore del contratto stesso. PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Non ha lo stesso significato, sul piano economico e OTganizzativo dell'impresa e dei lavori, accettare per un certo corrispettivo un appalto considerato di un accertato valore, allorch� quest'ultimo pu� essere diminuito, in corso d'opera, di pi� di un quarto. Basti pensare alle spese fisse generali , e di impianti, che l'impresa deve sostenere, e che hanno un diverso grado di ammortamento in relazione alla maggiore o minore durata dei favori ed al loro ammontare complessivo. N� pu� ritenersi, come ha sostenuto (peraltro nella fase di discussione or.aile) la difesa de�il'aippellata, che 1a dicmaramone sarebbe assorbita nell'attestazione, da parte deH'impresa, di essersi recata sul posto dei lavori, e di aver preso conoscenza di tutte le circostanze e delle condizioni contrattuaili. Siffatta attestazione, come chiarito anche dalla .giurisprudenza arbitrale,' si risolve in UI11a dausola di stiile e .spesso :non le � stata riconosciuta reale forza di resistenza aiHe successive richieste di maggior compenso da parte dell'impresa. Ed infatti, mentre l'attestazione di cui al punto 3 delle avvertenze ,rende necessaria data la sua genericit� un'esplicita comminatoria di inammissibilit�, questa non � necessaria, anche se poi � stata in concreto prevista (v. infra), per la dichiarazione di cui alla lettera d'invito, senza la quale il contenuto dell'offerta � privo della necessaria specificit�, non corrisponde ail contratto da stipulare, e pertanto, l'offerta stessa non � efficace, prima ancora che inammissibile. L'omissione di allega.7Jione viola la par condicio dei partecipanti, senza che rispetto alla violazione, abbiano efficacia sanante il principio di massima partecipazione, n� queHo interpretativo di cui all'art. 1370 cod. civ. In merito al primo dei due principi deve osservarsi -come chiarito aoohe .da una recente pronuncia della Sezione (dee. n. 335/1985, che pure ha annullato una esclusiooe illegittima) -che esso opera solo in caso di dubbio 'ragionevole nell'interpretazione della prescrizione dd bando, ovvero dalla lettera d'invito. Nel caso in esame la disposizione .era chiarissima. / Nel primo capoverso della lettera si prevede l'obbligo per �l'impresa aggiudicataxia � di aiocettare l'esecuzione dei laveri alla particolare condizione imposta dalle diisponibilit� finanziarie. Nel secondo capoverso (in fine) si impone (�dovr��) questa volta, all'impresa partecipante (�codesta impresa�) J'obbligo di allegazione rimasta inadempiuta. N� vale sostenere che non era ben chiaro a quale atto dovesse essere allegata fa dichiarazione, posto che, alla luce dei principi di cui agli artt. 1363 (le olausole si interpretano le une per mezzo delle altre attribuendo a ciascuna fil senso che risulta dal complesso dell'atto) e 1366 cod. civ. (interpretazione secondo buona fede), doveva risultare evidente che 1a �dichiarazione era da allegare all'offerta, unica manifestazione di volont� richiesta aLla ditta invitata, che intendesse partecipare. 106 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO Non pu� viceversa ritenersi applicabile alla fattispecie il princ1p10 d'interpretazione contro il predisponente la clausola: in primo luogo l'art. 1370 cod. civ. opera soltanto ove sia dubbia l'interpretazione che nella specie era chiara. V'� poi da considerare che la disposizione del codice civile � stata dettata a garanzia del contraente debole in contratti conclusi ai sensi degli artt. 1341 e 1342, e p�i:tanto, non � analogicamente estensibile al caso in esame posto che la lettera d'I�nvHo ha natura del tutto diversa dai contratti di serie e di massa (nemmeno ha natura negoziale) e 1a prescrizione violata attiene alla par condicio dei partecipanti, e non alla tutela di un contraente che con l'adesione perfe2lioni il contratto. La lettera d'invito conteneva l'espressa sanzione di inammissdbilit� per il caso di inottemperaza a11� particolare prescrizione: essa infatti conclude, all'ultimo capoverso (prima del �nota bene�): �le avvertenze e norme allegate formano parte integrante del presente invito �. Bd al penultimo foglio delle avvertenze (e, quindi, della lettera di invito) � prevista, con .caratteri maiuscoli, l'esclusione per il caso di mancanza di �alcuno dei documenti richiesti � (sia dalla lettera d'invito che dalle avvertenze costituenti un unicum). Alla luce delle suesposte oonsdderazioni nessun ~alore, neanche sintomatico, pu� attribuirsi alla circostanza che circa la met� delle ditte invitate non abbia ottemperato aLla prescrizione, anche perch� l'obiezione potrebbe essere capovolta nel senso che la ditta appellata, tra le tante escluse .per lo stesso motivo, -ha proposto ricorso mentre le altre hanno prestato acquiescenza al provvedimento; oppure nel senso che molte altre ditte hanno inteso la prescri2lione nel modo qui �ritenuto giusto. 4. -I due appelli devono, pertanto essere accolti, ed in riforma della sentenza appellata, deve respingersi il ricorso di primo grado. CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 29 settembre 1986 n. 618 -Pres. Paleologo -Est. Cortese -Soc. ltalposte (avv. Montuori e Sorrentino) c. Noli (avv. Raggi) e Min. Poste (avv. Stato). Opere pubbliche � Edilizia postale � Nonne applicabili. Opere pubbliche -Edilizia postale � Conformit� a piano adottato � Interpretazione. Opere pubbliche � Edilizia postale � Concessione edilizia � inutiliter data & Annullamento giurisdizionale. Per la costruzione di edifici postali l'art. 8 della legge 23 gennaio 1974 n. 15 (che richiama l'art. 3 della legge 1� giugno 1971 n. 291) costituisce normativa speciale e non � stata quindi implicitamente abrogata dall'articolo 81 del d.P.R. 616/1977. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 107 La norma contenuta nell'art. 3 della legge 1� giugno 1971 n. 291 secondo la ,quale le aree prescelte per le opere di edilizia postale d~vono rientrare tra quelle aventi conforme destinazione nello strumento urbanistico vigente o adottato va interpretata nel senso che la adozione si riferisce solo alla ipotesi in cui manchi del tutto uno strumento approvato e non anche a quella in cui vi sia un piano approvato con difformi determinazioni ed uno nuovo solo adottato che le modifichi. Anche se la concessione edilizia non � necessaria quando il progetto edilizio per le opere postali sia conforme allo strumento urbaniStico vigente, tuttavia questo deve essere ugualmente annullato qualora risulti illegittimo poich� potrebbe comunque pregiudicare gli interessi del ricorrente. Occorre in rprimo luogo ~arrnmentare, per una migliore comprensione dei termini delle questionii. proposte in questa sede, che il TAR Liguria, su ricorsi del Sig. Noli, pmprietario di terreni in Comune di S. Olcese, ha annullato: 1) il decreto del Ministero PP.TT. 21 lugilio 1979 di approvazione del progetto di costrwtlone di un edificio postaile da realizzare ad opera della Concessionaria Soc. Italposte, comportante dichiarazione di pubblica utiMt� mdifferibilit� ed urgenze delle opere relative; 2) il decreto del Prefetto ,di Genova 4 settembre 1979, di autorizzazione aUa oocupmone temporanea e di urgenza dell'immobile a favore della predetta concessionaria; � 3) il provvedimento 17 settembre 1980 del Sindaco di S. Olcese di rilascio della concessione edilma rper la costruzione del suddetto ufficio rpostaJle. A tale conclusione il TAR � pervenuto, in sostanza, dopo aver affer mato che nella specie avrebbe dovuto trovare applicazione la procedura prevista dall'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 27 aprile 1977, e che tuttavia il procedimento si era concluso illegittimamente in quanto il descritto De creto del Ministero delle poste era stato emanato prima che risultasse accertata dal Ministero dei Lavori pubbblici la conformit� dell'opera con gli strumenti urbanistici vigenti nell'ambito del t�riritorio comunale. Avverso fa decisione del giudice di primo grado la Societ� Italposte, il Noli ed il Comu:n:e hanno avanzato in questa sede censure assai nume .rose, il cui esame peraltro richiede, sotto il profilo della priorit� logico giuddica, la risoluzione del quesito iintexipretativo se nella specie debba trovare applicazione l'art. 81 dt. d.P.R. 616 del 1977 o non piuttosto l'art. 8 della .J. 23 gennaio 1974 n. 15, che richiama l'art. 3 della l. 1� giu gno 1971 n. 291. � Osserva la Sezione -confermando un proprio precedente orienta mento interpretativo -che dal combinato disposto degli artt. 8 e 3 ora citati ~erge UJOO. completa esaustiva disciplina di carattere speciale 108 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO per la realizzazione delle opere ed�llizie di interesse dal Ministero delle .poste. Tale normativa speciale, alla stregua dei comuni principi interpretativi sulla successione delle fonti desunte dall'art. 15 delle preleggi, prevale sulla disciplina sUJCCessiva presoritta ill1 via generale dall'art. 81 citato d.P.R. 616 del 1977 per le opere la cui esecuzione compete allo Stato. N� si oppone a tale conclusione l'argomentazione fondamentale svilt11ppata in senso contrario dal TAR, secondo cui la tesi ermeneutica in esame sarebbe. incompatibile con ila necessit� di un meccanismo di composizione di un eventuale conflitto tra governo locale del temtorio ed esigenze dell'Amministrazione statale perch� anche alia stregua del disposto normativo che si ritiene applicabile, occorre egualmente ove il progetto approvato non sia conforme allo strumento urbanistico -una delibera di vwiazione che sia adottata dal Consiglio comu� nale e quindi approvata dalla Regione (art. 3 I. 1� giugno 1971 n. 291). D'altronde della Commissione speciale chiamata ad esprimere Xl proprio fondamentale parere, presieduta dal Direttore compartimentale delle Poste, fanno parte il Sindaco o l'Assessore da lui delegato (di solito j aill'urbanistica) nonch� un qualificato membro del competente ufficio tecnico urbanistico della Regione, designato dal Presidente della stessa I' Regione. f f Ritiene qu:indi la SeziOille ohe in accoglimento deLle �tesi critioa proJ posta dalla ltalposte con Ja 2a censura e dal Comune con iJ 4� motivo i ~ f d'appello, la decisione del TAR debba esser �riformata nella corrispondente statuizione motiva. Ci� non esime naturalmente dal consideriare quaJi siano le conseguenze in o:ricline alla legittimit� dei provvedimenti impugnati, rpur alla s1lregua del I le diverse disposizioni normative ritenute applicabili. Nella specie � risultato che il citato decreto del Ministro delle poste I d:i approvazione del progetto di ufficio postale � stato adottato il 21 lu� glio 1979 quando l'area su cui doveva sorgere era destinata, a norma del p.d;f. del 1961 all'epoca vigente a �parcheggio pubblico�, mentre fa nuova conforme destinazione di zona � ad attrezzatige per servizi collettivi �, era stata deliberata dal Consiglio comunale il 20 gennaio 1978, conseguendo, tuttavia, l'approvazione regionale soltanto iiJ 9 ottobre 1980. Ci� comporta, alla stregua dei principi vigenti, l'illegittimit� sia del decreto ministeriale ora citato per contrasto con fa destinazione di zona, sia in via derivata dal decreto prefettizio di autorizzazione alla occupazione di urgenza, adottato sulla base di un'illegittima dich:iairazione di pubblica utilit�, ii.ndifferibilit� ed urgenza delle opere da realizzarsi sull'area della quale iii Prefetto aveva disposto. Pertanto resta confermata l'illegittimit� di tali provv.edimenti e la cor~ispondente statuizione di annullamento sul pU1I1to pronunciata dal TAR. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA N� pu� essere oondi'Visa la tesi della Societ� I taliposte secondo cui, a norma del richiamato art. 3 della 1. 1� giugno 1971 n. 291, � sufficiente che le aree prescelte per d'esecuzione delle opere di edillizia postale rientrino tra quelle che abbiano una conforme destinazione a norma di uno strumento urbani.stico anche soltanto adottato, come dov.rebbe desumersi dalla proposizione disgiuntiva (vigente o adottata) di cuii al primo comma del citato art. 3. La nooma va infatti in:teripretata nel senso che la focalizzazione delle oper.e pubbliche da esso contempiate deve tener conto degli strumenti UJrbanistici vigenti -p.d.f. o p:r.g. -e, ove non ve ne siano di vigenti, � sufficiente �rispettare la destinazione dello strumento adottato nelle more de1la sua approvazione. Quando, peraltro, come nella specie, sussista una destinazione contraria stabilita dal vigente p.d.f., non si pu� tener conto de1la variante soltanto adottata dal Consiglio comu� naie giooch� .solo una volta che sia intervenuta l'approvazione regionale la destinazione apparir� conforme allo strumento urbanistko, ed il progetto dell'opera potr� esser approvato e dichiarato di pubblica utilit�. Non ritiene quindi la Sezione che vi siano argomenti per discostarsi dal precedente reiterato orientamento secondo cui � illegittima l'approvazione del iprogett� esecutivo per la realizzazione di un ufficio postale, ai sensi della il. 23 gennaio 1974 n. 15, senza fa previa approvazione di una variante al vigente strumento urbanistico che consenta all'opera :pubblica di inserirsi in una previsione di pianificazione acclarata e perfezionata nelle ,sedi competenti (ctr. Sez IV, 24 novembre 1981 111. 906 e 30 maggio 1983 n. 364). Dalla rnvvisata soluzione di tale quesito discendono le seguenti conseguenze: 1) �l'infondatezza del primo motivo d'appello della soc. Italposte, formulato come eccezione d'inammissibilit� del ricorso in prime cure del Noli per mancata impugnazione del decreto del Ministero dei lavori pubblici adottato a norma de1l'art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977: invero la dimostrata estraneit� della procedura prescritta dal citato art. 81 al caso di specie rende superfluo il .gra'Vame avverso tale atto; 2) infondatezza del terzo motivo d'appello .ael1a .stessa Societ�, avanzato sul presupposto, 0I1IDai confutato, dalJ'applicabilit� del citato airt. 81; 3) infondatezza, per '1e medesime ragioni, del secondo motivo d'appello formulato dal Comune. Per quanto attiene alle censure proposte dal Noli con i moti'Vi secondo, terzo e q1Uarto dell'appello :jnoiidentale va rilevato che le stesse, come 111ibaidito nella memoria illustrativ1a del NoH, avirebbero assunto r-ilievo solo nel caso fosse stata riformata :la statuizione di annullamento pronunciata dal TAR. Poich�, viceversa, l'annul'lamento � confermato, � precluso l'esame di tali doglianze. 110 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Ll quinto motivo dell'appello del No1i -attinente alla pretesa erroneit� dell'estromissione del 'Comune da uno dei 'ricorsi definiti dal TAR -appare infondato. Invero hl Comune di S. Okese, non essendo parte necessaria di quel procedimento, ,che interessava il Ministero delle poste, fa soc. Italposte ed il Noli, 1correttamente � stato estromesso. Risultano inammissibili altres� il sesto ed il. settimo motivo dell'appello incidentale suiddetto, .in quanto attinenti a capi della decisione di primo grado che avrebbero dovuto essere impugnati :in �via autonoma perch� non coinvolti dall'appello della soc. Ita:lposte. Occorre a questo punto controlJarre la legittimit� de11a decisione del TAR nella parte in cui, ha :a:nnUJlJato fa concessione edilizia rilasciata dal Comurie di S. 01cese (pronunciando sull'altro dei ricorsi .riuniti in pr,imo grado) e decidere se :non ostasse all'annullamento la qualit� di atto inutlliter datum improduttivo di effetti (quarto motivo dell'appello Ital poste e primo motivo dell'autonomo appello del Oomune). Osserva in proposito la Sezione che a norma del combinato disposto degli artt. 9 ultimo comma della I. 28 gennnaio 1977 n. 10 e 29 della legge n. 1150 del 1942, non � necessaria [a concessione edilizia per le opere da . eseguirsi da parte dell'Amministrazione statale quando sussista conformit� del progetto edilizio con gJi strumenti urbanistici vigenti, gi� necessaria mente accertata dall'Autorit� statale. Sioch� nell'astratta previsione normativa la concessione edilizia non assolve alcuna funzione tipica, ed appare come atto inutiliter datum in quanto fa valutazione di opere individuate ex lege come di rilevante interesse nazionale � svincolata daill'apprezzamento specifico ad opera de11'autorit� locale, che non ha motivo di provvedere. Attesa tale connotazione giuridica, l'improduttivit� degli effetti � ~a intendersi essenzialmente nel senso che le valutazioni altrimenti spettanti agli organi comunali costituirebbero un'inutile duplicazione di apprez zamenti e controlli gi� effettuati (cfr. Sez. VI, 11 marzo 1980 n. 299). Peraltro da tali specifiche considerazioni non deriva necessariamente la 1c01I1olusione dell'erroneit� della decisione ~el TAR che ha annullato la concessione �dilizia. Inanzitutto va tenuto conto che secondo i principi generali tutti gli atti ammililistrativi -con esclusione di quelli inesi1stenti -,sono assistiti dall'idoneit� a produrre effetti, comunemente denominata esecutivit� o esecutoriet� dell'atto. In secondo luogo, nena specie, la concessione edilizia !J:'isulta viziata per esser stata emanata sul failso presUipposto della conformit� del progetto di uffici posta:li alla destinazione idi zona. Per.tanto ove l'atto non venisse annullato, a:l fine di evitare che esso possa ledere gli interessi del Noli occorrerebbe sostanzialmente disapplicarlo; ed � noto �!I divieto di disapplicazione degli atti illegittimi da parte del giudice amministrativo o della P.A. i I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDF.NZA AMMINISTRATIVA 111 Ritiene la sezione che l'affermazione de1fimpiroduttivit� degli effetti dell'atto -neHa specie non inesistente ma illegittimo -altro non sia che il far vernir meno l'esecutivit� della concess!i.one, ed a ci� si oppongono i pd~ciipi. Vanno pertanto respj,nte tutte fe censure rivolte alJ.a riforma, sul punto, della .sentenza di primo grado. CONSIGLIO DI STATO, :sez IV, 16 febbraio 1987, n. 100 -Pres. Pezzana Est. Malinoonico -Ministero Finanze (aivv. Stato Mari) c. Doni (n.c.) Impiego pubblico -Permessi retribuiti -Cariche politiche -Consigliere comunale -Limiti di tempo. Il pubblico dipendente eletto consigliere comunale ha diritto a permessi retributivi per il solo tempo strettamente necessario all'espletamento del mandato, vale a dire per la partecipazione alle sedute del Consiglio, ma non anche per prendere parte a commissioni od organismi ratione officii o per svolgere le funzioni di assessore delegato del Sindaco (1). DIRJTTO -1. -Col primo motivo d'appello J'Ammimstrazione eccepisce, per la rprima volta, la taroivit� del ricocso in !relazione ai recuperi disposti dall'Intendenza di Finanza di Perugia relativamente ai mesi di settembre, ottobre novembre 1982, a causa deHe assenze dai servizio, effettuate daH'imrpiegato per attivit� connesse alla prorpria carica di coosigliere romunale; trattasi, iin rp~ticolare de1le 1assenze doViUte ~la rpartecipazione a commissione ed aillo svolgimento de1le funzioni di assessore e, successivamente, di vicesindaco, ma non strettamente inerenti all'esercizio del mandato elettorale, da individuarsi, secondo l'Amministrazione, nella sola partecipazione alle sedute del Consiglio comunaile. (1) La sentenza pone una soluzione nuova per quanto riguarda il diritto alla retribuzione dei dipendenti pubblici che stiano svolgendo compiti inerenti ad un mandato elettorale quale sindaco o consigliere comunale. Fino ad oggi le indicazioni poste dal G.A. erano nel senso di escludere l'applicazione cumulativa delle norme della legge n. 1078 del 12 dicembre 1966 e della legge n. 300 del 20 maggio 1970, in quanto riferite le une ai dipendenti pubblici e le altre ai privati. Il sistema secondo l'interpretazione del Consiglio di Stato, prevedeva l'applicazione dell'art. 1 I. 1078/1966 che concedeva l'aspettativa retribuita per gli eletti alle cariche pi� elevate, e all'art. 2, per i consiglieri comunali e provinciali, permessi retribuiti per l'espletamento del lavoro inerente alla carica. Per il lavoro privato era ritenuta vigente la normativa prevista negli artt. 31 e 32 I. 300/70 che prevede all'art. 31 la concessione di permessi retribuiti � strettamente � connessi alla partecipazione alle riunioni consiliari, e all'art. 32 la possibilit� di usufruire di permessi non retribuiti per lo svolgimento delle altre attivit� connesse con il mandato elettorale. La diversit� fra i due regimi veniva spiegata dal G.A. con la finalit� di non aggravare il datore di lavoro privato di costi ulteriori rispetto alle necessit� della produzione, mentre per 9 112 RASSEGNi\ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'eccezione � infondata. Essa, invero si basa sU!lla constatazione dell'avvenuta notifica degli atti impugnati all'interessato ne1le date indicate nella nota 18 settembre 1984 il. 3082 dell'Intendenza. Senonch�, tale nota, che peraltro non risulta aillegata a~ atti del giudizio, non sarebbe comunque ~donea ad integrare la rprov1a del ricevimento degili atti in questione da parte del dipendente e neppure ,Ja loro piena conoscenza da parte di quest'ultimo. 1. -Col seoonido motivo di gravame il Ministero appellante lamenta che iJ TAR abbia violato 1l'art. 32 della il. 20 maggio 1970 n. 300, richiamato espressamente dall'art. 9 della il. 26 aprile 1974 n. 169 con riferimento ai pubblici dipendenti. La norma dello Statuto dei lavoratori dovirebbe intendersi come disrposiZione chiamata a disdpLinaTe 'La materia non in via meramente subordinata alla fonte propria del pubbbHco impiego (il. 12 dicembre 1966 n. 1078), bens� unitamente a quest'uJtillll.a ed in funzione di sua integrazione. Tanto rpi� che la ratio 1gell'art. 9 delila legge n. 169 del 1974 sta proprio nel 1rendere omogenea la disciplina nei due settori, pubblico e privato, mentre ia conclusione cui rperviene il T.A.R. finirebbe rpeT rendere irrazionalmente migil,iore la posizione dei dtpendenti rpubblici rispetto a quella dei Javoratori priivati. Il motivo � fondato e va accol.to. La se:nte:nza impugnata, invero, muove dal presupposto erroneo dell'assoluta irrilevanza delle norme dello Statuto dei lavoratori nelila solu� :z;ione del caso di specie, riguardante un dipendente pubblico. l'impiego pubblico si riteneva che al lavoratore eletto sarebbero spettati comunque degli emolumenti, sempre a carico dell'Ente Pubblico, con la sola differenza dell'Amministrazione di imputazione. Il Consiglio di Stato ha ora mutato la sua opinione, secondo il disposto dell'art. 9 I. 196/74, che espressamente dichiara applicabile al pubblico impiego sia la I. 1078/66 che la I. 300/70, e seguendo l'interpretazione che di esso ha dato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 1635 del 1979. Quest'ultima aveva ritenuto spettanti ai sindaci e consiglieri comunali solo i permessi � strettamente � necessari per la partecipazione alle sedute comunali. In questo senso si ritiene ora, anche al fine di non creare una disparit� di trattamento tra dipendenti pubblici e privati, che per quanto riguarda gli eletti alle cariche comunali, a questi si applichi sempre il combinato degli artt. 31 e 32, anche in funzione degli emolumenti previsti per tali cariche. A tal riguardo l'Ammini I strazione aveva eccepito che una diversa regolamentazione avrebbe favorito i lavoratori del pubblico impiego che continuavano a percepire anche la loro ! retribuzione. I ' � necessario quindi ritenere che l'indirizzo preso dal Consiglio di Stato sia coerente con la graduale omogeneizzazione di principi in materia di lavoro, ! principi che da un lato aumentano le garanzie per il dipendente pubblico, dall'altro possono migliorare la produttivit� dell'azienda pubblica. Tale interpre tazione inoltre fa prevalere legittimamente la norma dell'art. 9 L. 169/74, che I altrimenti sarebbe rimasta lettera morta nel quadro legislativo. I I i PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Limitata, dunque, l'indagine interpretativa a!l testo dell'art. 2 della L 12 dicembre 1966 n. 1078, i primi giudici concludono che per � tempo necessario all'espletamento del mandato�, dUII'ante il quale il pubblico impiegato pu� assentarsi dal serviz.i.o continuando a percepire gli assegni indicati nelJ'art. 4 della citata legge, deve intendersi aiI11che i[ tempo necessario per Ja partecipazione a �oommissioni o organismi ratione officii o per <lo svolgimento delle funzioni di assessore delegato dal Sindaco. L'erroneit� del presupposto coinvolge ila soluzione adottata dai primi giudici. Invero, fa. I. 26 aprhle 1974 n. 169 all'art. 9 espressamente stabilisce che rper i dipeilldenvi dello Stato e de~ enti pubblici �valgono le disposizioni deJJa t 12 dicembre 1966 n. 1078 in concorso con le disposizioni di cui agli artt. 31 e 32 dehla l. 20 maggio 1970 n. 300 �. Ne deriva, come esattamente rileva l'Amministrazione, che il rapporto tra le due normative � di integrazione, non di esclusione. Se ne deve trarre la condusione che, fermo restando per tutti i lavoratori (rpubhl.ici e privati) chiamati ad esereitare funxioni pubbliche elettive iJ diritto all'aspettativa non retJribuita (art. 31 dello Statuto dei lavoratori), ai lavoratori privati ed ai dipe.Illdenti pubblici (questi ultimi purch� non abbiano diritto all'aspettativa con assegni di cui all'art. 1 della legge n. 1078 del 1966), che siano eletti alla carirca di Consigliere comunale e provinoiale, spettano permessi retribuiti per ool tempo strettamente necessario all'espletamento del mandato (art. 32 Statuto dei ilavoratori ed art. 2 Jegge n. 1078 del 1966). Quest'ultima ipotesi � cio� disciplinata, ai sensi del richiamato art. 9 legge n. 169 del 1974, dai! concorso delle due fonti, quehla del rapporto cli lavoro privato e quella del rapporto d'impiego. Da tale concorso di norme deriva 1che il permesso retribuito � 1ammesso solo quando l'attivit� .espletata dal lavoratore sia �strettamente � connessa aill'esercizio del mandato. Quest'ultimo avverbio, d'ailtra parte, Himita evidentemente la concessione di permessi retribuiti al so1o tempo impi~gato nell'adempimento dell'attivit� essenziale propria della carica elettiva (nel caso di specie la partecipazione alle sedute del Consiglio comunale), secondo un'interpretazione gi� aocolta per i lavoratori privati dalla Corte di cassazione nella sentenza 21 marzo 1979 n. 1635 e che il Collegio ritiene di dover cO!Ildividere. Tale conclusione � altres� avvalorata dal tenore dell'art. 32, secondo comma, dello Statuto dei lavoratori, che riconosce ai lavoratori eletti alla carica di sindaico o cli assessore comunale o di presidente cli giunta provinciale o di assessore provinciale il diritto a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ora mensili. 114 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO Trattasi, in questi casi, di attivit� connessa aHa carica elettiva, che tuttavia riceve una disciiplina legislativa dirv.ersa dall'ipotesi dell'espletamento in senso stretto del mandato (P'rimo comma). Tale diversit�, invero, non arv<rebbe �ragione di essere se fosse corretta la conclusione cui perviene il TAR. Resta naturailmente termo il diritto dei diipendenti pubblici (e solo di costoro), che siano eletti a cariche rappresentative menti di maggiore irilevanza, ad essere collocat:i m aspettativa retribuita, ai sensi degli artt. 1 e 3 del1a legge n. 1078 del 1966, essendo espressamente tali norme richiamate dall'art. 9 della 'legige n. 169 del 1974 a disciplinare in modo esclUJSivo ile ipotesi ivJ previste. L'appello, in cODJClusione, deve essere aocolto con conseguente .integrale riforma dell'impugnata sentenza. Sussistono tuttavia giusti motivi per dichiarare interamente compensate tn1 fo parti le spese dei due gradi del g.iudizio. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 1� settembire 1986, :n. 403 -Pres. Salvatore -Est. Trovato � Brnti (avv. Bartolomei) c. ComUIIle di Pedaso (avv. Vecchiotti) ed altro. Comuni � Sindaco � Ordinanze contingibili ed urgenti � Delega. Provvedimenti contingibili e d'urgenza � Presupposti � Imminenza pericolo � Fatti pregressi. Provvedimenti contingibili e d'urgenza � Contenuto � Ordine di fare � Legit� timit�. Il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti rientra tra quelli dell'Assessore cui il Sindaco abbia delegato tutte le proprie funzioni ed attribuzioni. Il presupposto per l'adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti � costituito da una situazione di imminente pericolo a prescindere dal fatto che gli eventi che l'hanno determinata fossero gi� noti in precedenza. I provvedimenti contingibili ed urgenti possono consistere in un'ordine di fare �(nella specie di realizzare tubazioni di convog.liamento .ed altro). (omissis) 1. -La ver.tenza ha per ogigetto un provvedimento, adottato in data 4 gennaio 1983 dall'Assessore delegato del Comune di Pedaso, in forza dei poteri di ordinanza contingibile ed urgente conferiti al Sindaco dall'art. 153 del T.U. Jegge comunale e provinciale n. 148 del 1915. . - . --.�� ! PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 2. -Con il primo motivo di rioorso il sig. Bruti ribadisce Ja tesi gi� sostenuta avanti al TAR secondo cui i predetti poteri, a carattere extra ordinem, sono attribuiti al Sindaco quaile ufficiale di governo e, come tali, non possono essere (in via di principio) delegati. \ �La censura non ha pregio. A prescinidere infatti dal rilievo che, dopo fa !Legge 23 dicembre 1978 n. 833 (art. 32) e hl. d.P.R. 24 lu~io 1977 n. 616 (artt. 18 e 21), appare dubbia la riconducibilit� dei predetti poteri ad un ambito di competenza esclusivamente governativa (cfr. C.S., VI, 23 marzo 1982 n. 136), va comunque. rilevato 1che, anclie a voler seguire la tesi tradizionale in considerazione del carattere extra ordinem dei poteri stessi, non pu� condividersi l'assUillto del ricorrente secondo cui essi non sarebbero delegabili agli assessori. Da un fato infatti, l'art. 157 del T.U. n. 148 del 1915 -dopo che negli articoli precedenti (artt. 151, 152 e 153) erano state elencate le varie funzioni del Sindaco sria come capo dell'Amministrazione comU!Ilale che come autorit� governativa -con formuJa organizzatoria generale (riferita quindi a tutte indistintamente le predette funzioni) stabilisce che ,(in caso di assenza o impedimento del Sindaco o de1l'Assessore delegato, ne fa fo veci l'assessore anziano ed, in mancanza di assessori, il consigliere anziano�, con ci� evidenziando una prioritaria competenza sostitutiva, appunto, dell'assessore delegato. D'altro canto, sempre con formula ampia e senza distinzione di funzioni, l'art. 67 del R.D. 12 febbraio 1911 n. 297, consente ail Sindaco di delegare �un assessore a supplirlo in caso di bisogno �. Infine <la delegabHit� delle funzioni governative del Sindaco � prevista espressamente (sia pure in relazione a casi speciali) o implicitamente da varie disposizioni del T.U. della legge comunale e provinciale n. 148 del 1915 (dr. artt. 154, 155, 156 e 159). Se ne deve concludere che legittimamente nella specie l'Assessore effettivo del ComUIIle di Pedaso, siig. Pietro Cap�riotti ha adottato l'ordi� nanza in data 4 gennaio 1983. In forza di delega, conferita~i con atto del 30 ottobre 1981, H predetto era stato infatti incaricato di svolgere tutte indistintamente � le funzioni ed attribuzi�ni di competenza del Sindaco, . . . in caso di assenza o impedimento del medesimo � ed in effetti, aHa data del 4 gennnaio 1983, il Sindaco risuJtava assente da Pedaso per motivi di fami~ia (v. dichiarazione sostitutiva dell'atto di notoriet� in data 19 gennaio 1983). \ 3. -Con il secondo motivo di gravame, dptl:'oposto integralmente in appello, il sig. Bruti ha dedotto eccesso di potere sotto vari profili. Anzitutto ha ribadito che difettavano i presupposti (quanto aLI'urgenza e contingibilit�) per l'esercizio dei poteri di cui aLI'art. 153 del T.U. n. 148 del 1915. L'ordinanza del 4 gennaio 1983 sarebbe infatti stata emessa 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per far fronte ad una esigenza -risalente a molti anni addietro e quindi non indHazionab:file -di sistemazione idrogeologica del Monte Serrone, sovrastamte il � centro storico � di Pedaso. La censura, come esattamente ritenuto dal T.A.R., nOiil. pu� essere condivisa. Invero l'art. 153 cit. attribuisce al Sindaco in particolare il potere di adottare i provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica (intesa come pubblica incolumit�) nelle materie della polizia locale, edilizia e igiene e idi -fare eseguire gli ordini relativi a spese degli interessati. Discende da tale norma che la situazione, cui i predetti provvedi� menti sono destinati a porre rimedio, deve concretare un periodo di danno imminente per un pubblico interesse (di qui l'urgenza di prov� vedere), non fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordina� mento giuridico (di cui la contingibHit� della emergenza) cfr. C.S., V, 24 ottobre 1969 n. 1071; C.S., V, -dicembre 1973 n. 1061; 1973, I, 1907). In altre parole il potere di ordinanza di cui trattasi ha la funzione di colmare 'le facune deH'oridinamento in detenninate materie, consentendo al Sindaco di adottare misure eccezionali, allorch� sia urgente mutare fa situazione di fatto, pericolosa per un pubblico interesse (qui la pubblica incolumit�) e non si r.inrvenga altra norma srpedfica, ohe legittimi l'Autorit� amminiistrativa a far.Jo. Ritiene il Collegio che, in questa !Pl'Osrpettiva, a giustificazione dei provvedimenti in paroJa, rilevi la situazione di imminente pericolo, oggettivamente e attualmente considerata e non gi� le ragioni e gli eventi (prevedibili o nOlll, eccezionali e meno) che l'hanno determinata. In particolare, contrariamente a quanto sostenuto dail ricorrente (del resto confortato in questa tesi da indirizzi giurisprudenziali di massima, cfr. ad es. C.S., V, 13 lug1io 1979 n. 515), non si rpu� escludere che il per� durare nel tempo di una situazione pericolosa e il suo prevedibile aggravamento, possano concretare un'emergenza !Il!on fronteggiabile altrimenti se non con provvedimenti contingibirli ed tlil1genti. In tali casi non appare n� conforme al dettato legisJativo n� logico es1oludere la tutela del pubblico interesse minaiociato attraiverso i 10�Jtati provvedimenti, solo perch� 111on si �, in passato, tempestivamente affrontata e adeguatamente risolta la situazione con i mezzi e Je procedure ordinarie (cfr. rper 1spunti m tal senso, C.S., V, 4 aprile 1975 n. 426; C.S., V, 19 giugno 1973 n. 576). ilia, nel caso di specie, ad avviso della Sezione, sussistevano gli estremi della continigibilit� ed u11genza, come sopra intesi. Si legge infatti nella reJazione del tecnico di fiducia del Comune in data -gell!Ilaio 1983, 'richiamata 111el iprovv:edimento di cui � causa che, dopo le piogge deJ 23 e 24 dicembre 1982, si � verificato �un preoccupante smottamento deLle pendici ... con caduta di pericolose puddinghe, arrestate8i, fortunatamente, nella sottostante strada panoramica� (senza PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 117 raggiungere cio� H �centro ,storico �, posto pi� a vaJle) e che �se ora non si interviene subito a modificare fo stato delle cose e, particolarmente, se non si .chiude il varco gi� formatosi nel fossato in corrispondenza delle pendici franate, anche una piccola pioggia riprovocher� i gravi danni ohe si sono verificati �. Non appare dubbio, alila stregua di tali riferimenti, che la situazione in atto sostanziasse un pericolo di danno imminente per Ja pubbJica inlcolurmit�, se � vero che anche soltanto una pioggia �di modesta intensit� avrebbe potuto provocare nuovi smottamenti. L'emergenza illlJpOIOOva quindi di provvedere subito e, per quanto consta aglJi atti, era tale da non consentire di avvalersi dei normali mezzi apprestati dall'ordinamento giuridico. A quest'ultimo proposito il ricorrente obbietta che esiste tutta una legislazione in specifica materia con intervento statale e regionale in caso di siffatte calamit� naturali � e che quindi non poteva essere posta, con i poteri extra ordinem di cui all'articolo 153 cit., a carico del privato proprietario del pendio cohlinare, ad uso agricolo, una situazione tra l'altro destinata {al di l� de1le opere eseguite) a a:-ipetersi. L'affermaziOD1e aippaTe generica non essendo state indicate le norme asseritamente applicabili .al caso idi specie. Questo, d'altra parte, non appare oggettiivamente catalogabile tra le pubbliche calamit� (lo smottamento risulta infatti� provocato da piogge intense ma non eccezionali). Piutt�sto, ahlo stato degli atti, i mezzi ordinari apprestati in materia dall'ordinamento giuridico potrebbero rinvenirsi negli artt. 1 e seguenti del R.D. -dicembre 1923 n. 3267, recante norme sui terreni sottoposti a vincolo idrogeologico (perch� suscettibiili, ove inidoneamente utilizzati, a perdere stabilit�) ovvero anche negli artt. 13 e 19 del r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, 'recante norme a twtela dieMe strade e della circolazione stradale. Pi� esattamente: il r.d. n. 3267 del 1923 stabilisce varie limitazioni alila propriet� privata relativamente ai terreni sottoposti al predetto vincolo (tale sarebbe Ja co1lina in propriet� del sig. Bruti, stando alle affermazioni del medesimo); J'art. 13 del r.d. n. 1740 del 1933 pone poi a :carico dei �prop.rietari l'obbligo di mantene;re Je ripe dci fondi laterali alla st11ada in stato tale da imperli.re lo ,scoscendimento del terrelllO o l'ingombro del fossa,to laterale o del piano viabile; l'art. 19 dello stesso r.d. prevede infine la costruzione di opere di sostegno lungo Je strade, tpOIIlielDJdone l'onere finanziario, a secooda idei casi, a carico dei poss.essori dei fondi adiacenti o dell'Elllte proprietairdo del[a strada o di enwambi. Senonch� tali mezzi ordinari da un lato o non erano stati attuati o non erano stati sufficienti ad impedire Jo smottamento di terreno sll!1la strada panoramica, daill'altro non interferivano, dato il loro carat 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tere essenzialmente preventivo, sul potere di adottare misure contin� gibili ed urgenti una volta verificatasi l'emergenza. Queste considerazioni implicano anche che l'adozione deJ.le citate misure non esonera gli Enti interessati daJ promuovere tutte ile inizia� tive di competenza intese ad evitare, per l'avvenire, il ripetersi. di situazioni d'emergenza, ed a risolvere, in via preventiva ed auspicabilmente permanente, i problemi di stabilit� del terreno in vertenza od ad essa connessi. 4. -Con altro profilo del motivo i!Il esame, il sig. Bruti ha dedotto che i presupposti per l'eseocizio del potere ex art. 153 difetterebbero anche �per quanto attiene alJa materia�, scl rhlievo che gli smottamenti di terreno non sarebbero riconducibili ai settori di intervento (edi<lizia, polizia locale e igiene) richiamati nella citata disposizione. La <tesi non ha pregio. L'ol1d�IIlanza del 4 gerunafo 1983 � stata in.fatti adottata, a tutela della pubblica incolumit� e, in particolare, per assicurare la libera circolazione �lll luoghi pubblici (cerut�ro storico e strad:a comunale �panoramica�), vale a dire in una materia, che, come gi� osservato da questa Sezione (.v decisione 4 aprile 1975 n. 426), pu� essere ricompresa nel settore deiLla 1 polizia locale. I 5. -Come accennato J'ordinanza medesima � poi adeguatamente moI tivata con richiamo �lll particolare alJa relazione in data 2 gennaio 1983 ! di un tecnico di fiducia dell'Amministrazione comunale; hl che esolude la fondatezza della censura di carenze di � supporti tecnici � accennata dal sig. Bruti iI1el ricorso in primo g.rado e genericamente riproposta in aippeHo. I 6. -AIIlcora nel ricorso predetto, sono acaennati profili di doglianza, relativamente al contenuto dell'ordinanza di cui � causa; laddove essa impone un obbligazione ,(facere ab rem) di realizzare � tubazioni di convogliamento, costruzione fossati, ricostruzione materasso erboso e sino al generico provvedere con mezzi idonei ad-eliminare dalle pendici del colle... i massi staccati �. Osserva fa Sezione che l'art. 153 non pone limiti al contenuto delle ordinanze contingibili ed urgenti, se non quelli (impliciti) di osservanza di principi generali dell'ordinamento giuridico e di coerenza con il fine perseguito (hl porre rimedio ad wna situazione di imminente pericolo ! per un pubblico interesse). In questa seconda prospettiva � essenziale che �l'ntervento della autorit� si estrinsechi in ordini s.riscettibili di l essere subito mandati ad effetto, sia per ottemperanza spontanea dei destinatari sia per via dii esecuzione d'ufficio� (v. C,d.S., V, 4 aprile 1975 I ' i n. 426, cit.). I l I I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Tale appare l'ordinanza di specie che contiene statuizioni logl�JCamente ipreoridi:nate allo scopo di impedire smottamenti del terreno in propriet� del sig. Bruti e sufficientemente precise, in modo da consen� tirne la solJecita attuazione. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 28 febbraio 1987, n. 144 -Pres. Salvatore P. -Est. Ca'I'boni -Comune dd Venezia (avv. Mascarin e Predieri) c. Seno ed altri (avv. Caniato e Mesiano). Locazioni . Equo canone � Edifici particolarmente degradati � Individua� zione � Venezia. E illegittima la delibera comunale che, per individuare gli edifici o comparti di edifici particolarmente degradati cui si applica il correttivo del costo base per la determinazione dell'equo canone indica intere zane facendo leva su situazioni generali anzich� su una rilevazione analitica della condizione delle singole costruzioni. Diritto -1. -Ueccezione di nullit� del ricocso n. 58 del 1979 per mancata indicazione della residenza dei ricorrenti, gi� Tespmta dal Tri� bUlllale e riproposta im. appello, � palesemente infondata. L'art. 6 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, prescrive che il ricorso debba contenere � J'indicazione del nome e cognome, della residenza o domici. Wio del riconrente �; ai sensi dell'art. 17 del:lo stesso decreto iil ricorso � nullo: � 1) Se manchi la sottoscrizione richiesta daJl'art. 6; 2) Se, per l'inosservanza delle altre norme prescritte nel suddetto articolo, vi sia 1rmertezza assoluta sulle per�sone o sull'oggetto della domaru.la � (ill!Certezza che nella specie non sussiste) e non gi� per � illlrertezza sulla residenza � come ritiene J'aippeJlante. 2. -� pure infondata l'eccezione, anch'essa respinta in primo grado e riproposta in aippe1lo, di sopravvenuta carenZa dii interesse dei ricorrenti all'impugnazione della deliberazione del Consiglio comunale 30 ottobre 1978 n. 915, iper effetto della suocessiiva deliberazione della Giunta munidpale 16 ottobre 1979 n. 3742. L'appel11ainte censura di contraddittoriet�, senza peraltro motivare la critica, la decisiOlne dei primi giudici di dichiarare improcedibile solo in parte il riCOTso contro la deliberazione: n. 915 del 1978. Va ricordato, per chiarire la questione, che la deliberazione n. 915 del 1978 ,conteneva due provvedimentii ben d1stim.ti: 1) la perimetrazione del territorio comu:na;le; 2) Ja dichiarazione di degrado di intere zone del territorio comunale. 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ugualmente Ja deliberazione n. 3742 del 1979 conteneva due distinti provvedimenti: 1) UIIla nuova rperimetrazione, tale da comprendere nel centro storico glri immobili dei riconenti, che ne erano esclusi nella precedente perimetrazione; 2) una disciplina integrativa de1le zone de� ~a.date, nel senso di prevedere la possibilit� di affrancare gili immobili dailla dichiarazione di degrado della 2i0na in cui sono compresi, man mano che fossero eseguiti gli interventi di risanamento prevdsti dagli strumenti urbanistioi d:i dettaglio. Del tutto correttamente il Tribunale: 1) ha dichiarato inammissibile, per difetto di iinteresse, ,J'impugnazio:ne del prnvvedimento concernente la perimetrazione del centro storiico contenuta nella deliberazione n. 3742 del 1979; 2) ha dichiarato cessata la materia dea contendere, a seguito della nuova perimetrazione del centro s>todco CO!Iltenuta nella delibera� zione n. 3742 del 1979, .in 01idine all'impugnazione del provvedimento di perimetrazione del cellJtro storlico contenuto neHa deliberazione n. 915 del 1978; 3) ha respilnto ['eccezione di improcedibilit� dell'impugnazione del provvedimento di mdividuiazione deJ..le zone di degrado contenuto neHa deliberazione n. 915 del 1978, :in quanto il mantenimento delJa quaiJ. if�Jcazione di generale degrado per iJl territorio di Venezia e delle isole fasciava inalterato il pregiudizio lamentato dai moorren,t[, 3. -Nel merito, J'appeHo � infondato. Con la deliberaziO!Ile 30 ottobre 1978 n. 915 ti:l Consiglio comunale di Venezia, nel procedere al:la ripartizione del territorio comunale in cinque zone ai sensi e per gli effetti dell'art. 18 della 1. 27 luglio 1978 n. 392, dnidiv:irlu� oome degradate intere zone, estese sostanzialmente a tutto ['abitato, 1che presentav.ano �assenza o grave :insufficienza deHe opere di u.rbainiz2la2Jione primaria, con particolare .riferimento alla rete fogna. Lrfa, e dei co1lega:menti con il trasporto pubblico alle zone cenrtrali �, � significative 1concentrazioni di abitazioni �atas.taiJ.mente definite oome A 4 (popolari) e A 5 (uJ.t1.1apopolard) �, � cairatteristiche particolarmente significative delle condizioni sociali (posizione professionaile del capofamiglia) � e � 1condizioni diffuse di degrado edilizio �, Viceversa l'~rt. 18 quarto comma della -1. 27 JugHo 1978 n. 392 d� !f.lalcolt� ai Comlllild. di individuare � edifici o comparti di edifici partioo[ armente degradati � 1ai quali si aippHca, come corretmvo del costo base per la determinazione del costo unitario di p!Toduzione (e quindi deli'equo canone per gll.i immobili adibiti ad uso di ahitaziooe, secondo H sistema delJa legge) il ooefficiente 0,9 in luogo dei pi� elevati coefficienti correttivi p.revJisti per l'ubicazione de1l'immobile, rispettivamenrte, ne[la zona perifedca, IDeJ.la zona semiperiferroa o nel centro storico. ~ pertanto ,chiaro 1che l'individuazione deve rifurirsi a s:iingoli edif�ici o � oom� parti di edifici� (cio� isolati di fabbricati contigui) e deve essere moti� vata con la rilevazione di quelle caratteristiche che, nelLa oomune valu PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA tazione, fanno definire un immob.hle appunto � degrada~o � rispetto al valore degli immobili simili della medesima zona dello stesso Comune. I coefficienti conrettivi del costo base, nel sistema deHa legge sullla disciplina della locazione e sublocazione degli immobili urbani, hanno infatti lo scopo di mantenere per quanto possibile la proporzione tra l'equo canone e il valore di mercato, degli immobli; e tl coefficiente di degrado rnppresenta, in questo s�istema, un correttivo ulteriore e facoltativo per i casi in cui, per le condizioni particolari di un fabbricato, l'applicazione dei nor mali coefficienti (compreso quello suJlo stato di conservazione e manutenzione de1nmmobile di cui a'1l'art. 21, ohe si riferisce prevalentemente alle caratteristiche delle singole unoit� immobiliari) porterebbe ad un canone legale delle unit� immobiliari eccessivo rispetto al valore del fabbricato. La dichiarazione di degrado di �intere zone o di un'intera citt�, oltre a co:rnrprovare il!a mancata ni:levazione analitiica delle �condizioni dei siingoli edifici, costituisce perci� di per s� stessa una contraddizione e una indebita alterazione del sistema deMa legge sull'equo canone. In sostanza il Comune di Venezia ha individuato, in aggiunta alle zone elencate nell'art. 18 della ilegge o in loro parziale sostituzione, una nuova zona caratterizzata dal � degrado urbanistico e socio-economico � che, qualWlque cosa possa essere, :non � certo il <degrado degli edifici di cui tiiatta il quarto comma dell'art. 18 della 1. 27 �luglio 1978 n. 392, enunciando generali ed astratti criteri di individuazione, quaili Ja posizione professionale dei capifamiglia della dtt� e il sistema dei trasporti urbani, che nulla hanno a vedere con .hl cOI11Cetto di � �edificio degmdato �. Va pertanto condivisa e non merita censura Ja motivazione con cui il Tribunale ha annullato la deliberazione 1oonsiliare n. 915 del 1978 nonch� la sUJOCessiva delibemzione con otri la Giunta municipale ha mantenuto la generale dichiarazione di <diegrndo :aiggiungenidovi, in perfetta antitesi al sistema legislativo, Ja previsione della rpossibilit� di dichiarare non pi� degriadabHi edifici o comparti di edifici. 4. -� opportuno chiarire, '1n relazione a1la richiesta dei resistenti, che ilia pronuncia di ainnulliamento ohe qui si conferma non riguarda le mtere deliberazioni impugnate e non riiguaroda, in ipartiJcolare, i provvedimenti di perimetmzione, ma soltanto i provvedimenti di individuazione delle zone degradate. Non vi � per� materi.a per riformare, sul punto, fa sentenza impugnata, in quanto la delimitaZJione della ipmnuncia di annullamento, qui precisata, irisuJta rdaUa motiv,az1one dehla sentenza stessa anche se non � es;p~essa nel dispositivo. 5. -Non rpu� infine ooco~eI1si l'appello -proposto dagli aippellati in via incidentale ma nel termine utile per l'appe11o pri!l11cipa1e -1contro il capo della sentenza che ha pronunciato la compensazione delle spese. 122 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO La compensazione delle spese infatti, per costante giurisprudenza (Cass. 22 febbraio 1968 ll.1. 617, 11 diJCembre 1974 n. 4192, 13 novembre 1967 n. 2729, 17 giugno 1977 n. 2526), � un potere diS1Crezionale del giudice sindacabile soltanto se motivato m mam.iem illogica e erronea. CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 9 agosto 1986 n. 630 � Pres. Laischena Est. Pajno -,Ministero Beni Cuiturali (Avv. Stato Ferri) c. ,Comune di Bordighera (avv. TareUo e Romanelli). Demanio � Vincolo storico � Discrezionalit� tecnica � Merito dell'azione amministrativa � Sindacato giurisdizionale � Limiti. Demanio � Vincolo per collegamento alla storia � Sindacato giurisdizionale � Limiti. � Demanio � Vincolo storico � Sindacato giurisdizionale � Riferimento storico culturale � Valutazione di merito della P. A. Demanio � Degrado � Influenza sulla legittimit� del vincolo. Demanio � Beni storici � Vincolo apposto per prevenire pregiudizio � Legitti I mit�. {:: -~ L'attivit� della P. A. volta ad imporre un vincolo di particolare inte resse storico ed artistico costituisce esercizio di discrezionalit� tecnica e comporta valutazioni di merito che non possono esser sindacate se non per erronea prospettazione di fatti o vizi nell'iter logico seguito. Sono inammissibili le censure concernenti la determinatezza e la specificit� del riferimento di un certo bene (nella specie il Giardino ,, Moreno di Bordighera) alla storia dell'arte, in quanto esse mirano a sin dacare l'apprezzamento tecnico discrezionale della P. A. sull'importanza I di tale riferimento. Il G. A. pu� accertare l'esistenza dell'episo_dio storico ricollegabile al bene vincolato ma non valutare il collegamento del bene stesso alla storia della cultura in quanto tale giudizio concerne l'importanza del rif e II I [ rimento storico-culturale ed � riservato alla P. A. Le condizioni di degrado del bene oggetto del vincolo storico possono rilevare nel giudizio amministrativo solo in quanto escludano la sussi stenza stessa del bene ma non in relazione alla mancanza di una capacit� documentale che pu� essere valutata solo dalla P. A. Non � viziato il provvedimento di vincolo che sia stato adottato su i: segnalazione di associazione privata nella imminenza di un evento che j poteva pregiudicare l'aspetto del bene vincolato. 1 I r PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (omissis) 1. -Va preliminarmente rko1dato, ai fini di una corretta imposta21iione delle questioni :prospettate con J'atto di appello, che con l'impugnato ;provvedimento dcl 21 germaio 1982, il Giardino Moreno � stato dichiarato di particolaire interesse ai sensi della legge n. 1089 1del 1939, perch� � h:a 1IJ.otevole riferimento con la storia dell'arte pittoriiea e letteraria, in quanto parte del giardino da oui l'msigne pitto11e fr81Ilicese Claude Monet trasse ispirazione e soggetto di alcune sue opere. Inoltre ill giardino, che 1conserva ancora notevoli esemplari di palme ed altre alberature, fu citato id:a vari scrittori fra cui il Fogazzaro�. I.I riferiimento aUa storia dell'airte e della cultura deill'immobile in questione risulta ulteriormente messo fil iJJuce !Ilehla Relazione storicoartistica, espressamente richiamata nel decreto di vincolo, con cui ila SoprinteI11denza per i Beni Ambientaili ed Arichitettollli!C� della Liguria, dopo aver fornito alcune notizie storkhe sul GiaT'dillno Moreno, e dopo aver ricordato 1che di esso -peraltro espressamente citato nell'opera delJ'architetto Charles Garnier � Boridighera et 1a Liguria occiidentaile � tra que1li che meglio potevaino sollecitare l'ispilrazione 1artistica -si conoscono varie rilproduzioni, specie di autori !inglesi, espressaimente rileva che Ǐ per l'attivit� di Monet, che realizz� a Borid1ghera una cinquantina di tele, che esso rappresenta un ruolo fondamentale nella storia della pitturia >>, esseI11do propriio itI1 esso ['artista giunto � aid una aocentuamone quasi esasperata dei colori, passando da una fase impress.ionistioa ad una tesa, aid una dcema via via pi� attenta, quasi virtuosistica, degli effetti di luce�. La n~lazione medes�ma evildenzia, ailtres�, come il Giardino Moreno sia stato oggetto di ailcuine ammirate oonsildera2lioni di Antonio Fogazzaro, contenute in una lettera del 18 gennaio 1884, idOIIlee a testimoniare la celebrit� di esso neilla cultura del tardo Ottocento, e ricorda infine le suc cessive viJaoode 1dehl"immobi1e, (la parziale lottizzaziooe del ;giaroino, la de stinaziOIIle della villa aid ospedale e la successiva demolizione idd1a mede sima, l'imposizione del vmcolo di cui ana legge n. 1497 del 1939 sul gia:rd1ino). Tail:e provvedimento di vincolo � stato peraltro ritenuto i1legittimo dal TAR, in quanto adottato al di fuori dei presupposti a1l'uopo richiesti daill',art. 2 della legge !Il. 1089 del 1939. Af r,iJgua'!1do i primi 1gilud�d, dopo aver :premesso che 1l'oggetito dell'inte� resse tutelato con il 'Vlincolo ex art. 2 della legge IIJ.. 1089 del 1939 nOIIJ. � costituito dal valore intrinseco dell'immobHe, ma dail � valore storico di cui fi1111mobile rappresenta la document~iooe, tramainda:bile nel tempo>>, hanno ritenuto, in accoglimento degli appositi ll'ilievi prospettati dal Comune di Boridiighera con il secondo mezzo, ohe nehla fattispecie non sussistesse n� una adeguata specificit� degli episodi storico-artistici e storico-~etterairi di cui l'immobile avrebbe dovuto costituire testimo RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 124 nianza, n� l'idoneit� del medesimo 1aid assolvere a qualsiasi funzione docUllllentata, attesa 'la irreversibile trasformazione subita nel corso del tempo. Dalla contemporanea inesistenza sia della cennata � adeguata specificit� � degli episodi storico-artistici e storicoiletterari, sia de11a idoneit� de11'immobile ad assolvere alla necessaria funzione documentata il TAR ha dedotto l'illegittimit� dehl'impuginato provvedimento, dovendo �r.Itenersi necessario, ai fini di una legittima imposizione del 'V'imicolo ex art. 2 della legge n. 1089 del 1939, �o che il fotto docUllI1etiltato abbfa una concretezza e spooitiJCit� storica tale da imprimere al sito in cui si � svolto una cOIIlllotazione �ta1meinte pregnante da giust!ificare Ua:la rtutela conservativa di quanto ne residua nel tempo, a prescindere daille mutazioni medio tempore intervenute�, oppure che l'immobile oggetto di tutela � abbia conserv:ato intatte Je caratteristiche essenziali 1che ne determinarono il oollegaimento con 1a storia delil'arte o della cultUJta, cos� da poter assolvere, anohe in mancanza di relazi01I1e con un periodo 1storiico specifico, �ad una funzione di documento puntuale del periodo storico � cui il'immobile medesimo si ricollega. I pr.imi giudici halllilo, mtal modo, oocolto una censura di vi�lazione de11'art. 2 defila Jegge n. 1089 del 1939, come risulta, peraltro, con chiarezza da:l testo della impugnart:a decisione, neJ.Ja quale si �afferma, appunto, ohe � la lI'�levata �carenza nella fattispecie tin esame, di ambedue !i menzio� nati requisiti ilildUJCe, pertanto, a riitenere che .i:1 provvedimento di vincolo sia stato imposto :al di fuori dei presupposti [)i()rmativi sui quaili avTebbe dovuto fondarsi. 2. -Tali essendo, da una parte l'iimpugnato provvedimento di vincolo, e dall'altra, la decisione di arunullameruto del medesimo, fondato si rileva il primo motivo dii appello con cui il Ministero dei Beni culturai ed ambientali da una parte deduce che il TAR ha posto in essere un inammissibile sindacato di merito, sostituendo valutazioni proprie a quelle di natu:ra tocnd:co-discreziOIIlale dell'Amministrazione, e dall'altra sostanzial� mente osserva che nella fattispecie esistevw:JJo i presuppos�ti che legittimavano 'l'imposizione del vincolo di particolare interesse storico-artistico ad sensi dell'art. 2 della legge n. 1089 del 1939. Il primo giudice, infatti, IIleld'asseJ:1ito ese:ocizio di UIIl sindacato di legittimit� sull'esistenza dei presupposti di fatto per fimposizione del vincolo, ha in realt� esercitato un mammissibile sindacato di merito sulle valutaziOllli e sui giudizi che hanno condotto J'AmministJrazione aJ.Ja imposiziOIIle del vincolo. Va in proposito ricordato che, socOIIldo l'Olt'ientamento giurispruden� ziale ormai wnso11dato, d'imposizione del V'incolo di particolare interesse di cui alla legge n. 1089 del 1939, sia ex art. 2 che ex articoli 1 e 3, � il frutto di una attiviit� tecnico-discreziOIIla!le de11'Amminiis.trazione, non sin� daoabile, mquainto tale, msede di legittimi.it� �Se non sotto il profilo della PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA oongruit� e della fogidt� della motivazione (fra fo tante, IV, 24 novem� bre 1978 n. 1034, 17 gennaio 1978 n. 77). � stato, anzi, ulteriormente precisaito che J.'1aipprezzamento da parte dell'Amministrazione ai filni delilia imposizione del vincolo sl atteggia come valutazione ampiamente discrezionale dell'interesse pubblico a tutelare cose che, attlnendo direttamente o indirettamente alla ,storia, al!l',arte o ailla 10U'ltura, per d� che esprimono e per i :viferimenti con queste ultime, sono reputate mecitevoli di ,conservazione (IV, 7 maggio 1974 n. 350). Va tuttavfa segnalato d1e l'dnteresse pubblico alla .tutela dehla cosa ,che attenga direttamente o imldirettamente alla istoria, ail!l'.arte, o 'alla cultura � d:iJrettamente ooHegato con Ulla valrutazione in termini di particolia:re interesse della cosa per i propri pregi irntr�lnseci o per ,rl riferimento della medesima alle vicende della storia de1l'arte o della cultura, sicch� J'espressione precipua dell'attivit� tecnico-discrezionale deJ:l'Amministrmii:one si ha, nehl:a materia di oui si discute, nel momento della formulazione del giudizio di particolare ri!J.evainza del bene, discendente a sua vo1ta o dal riconoscimento di un peclllliare ipregio del mede� simo, o dal rkcxnosdmento dd 11J1D. partiJco1are collegamento di esso oon le VI�!cende della srtoria, della cultura e de1l'�arte. La droostanza che tale attivit� dehl'Amministrazione, volta ad esprimere hl giudizio di rilevanza, pur implicando un apprezzamento di conformit� de11a cosa valutata ad un modello astratto alla stregua di criteri estetici o oultural1i, sia 1sostoozialmente di carattere ricognitivo e conoscitivo (in quanto vOilta ad accertare l'esistenza del1a peculiare .quai1it� della cosa da ,sottoporre a tutela), e non, �l!l.vece, di carattere vdlitivo, come qua1DJdo ['Amministrazione � chiamata ad oiperare, per il perseguimel1/l:o di un determinato interesse, una s1celta fra diverse soluzioni possibili, non �esclude, ovviaJmente, che si sia di frcxnte ad una attivit� di ,carattere discrezionale. Sotto questo profilo, va anzi sottolineato che � proprio la circostanza che nell'attivit� volta alla imposizione del vincolo siano assenti profili d:i carattere eminentemente voLitivi e decisionali, quella che consente di qualificare tale attivit� non come esevcizio di discrezionalit� amministrativa in senso fato, ma, invece, come esercizio di dis1crezionalit� tecnica �on senso proprio. Ed infatti, secondo la pi� autorevole ed ,!l.Ocredita1la [']costruzione del fenomeno, mentre la c.d. discrezionalit� amm�lnisti:iativa comporta sia la necessaria valutazione e ponderazione di interessi, sia un potere di scelta in ordine aill'agire, da esercitarsri nel J:1isipetto delle ['egole giuridiche e non giuridiche applicabili aJ caso concreto, altrettanto non avviene in sede di esercizio di discrezionalit� tecnica. NelJa relativa ipotesi, la scelta circa il comportamento da tenere o la linea da seguire per iil raggiungimento degli interssi affidati alil'Amministrazione � stata a rpriori posta in eseyere direttamente dal legislatore in modo ovviamente vincolante, sicch� all'Amministrazione � rimessa esclusivamente la valutazione dei fatti posti dalla legge a presupposto dell'operare, aUa s.tregua di regole tecniche tratte 126 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO da settori specifici di conoscenza, quali quel'li dell'agraria, della medicina, o, .appunto .dell'estetica od in genere della storia della rcu�itura. Dalla ,riJconduzione a1la rcd. discrezionalit� toonica dell'atthnit� dell'Amministrazione vrolta a1la imposizione del vin:calo deriva, pertanto, che le relative �scelte si ipongOIIliO suil piano del meDito dei.l'azione amministrativa. � noto infatti che attengono a tale profilo quegli aspetti dell'attivit� amministrativa in cui � riconosciuta all'autorit� una possibilit� di valutazione da effettuarsi a11la stregua di norme non giuridiche, sicch� ricadono nel relativo concetto non soltanto Je scelte discrezionali dell'Amministrazione, per il perseguimento delle proprie finalit� istituzionarli, ma anche le valutazioni poste in essere a1la stregua di regole tecniche, come sono quelle che presiedono ailla formulazione del giudizio di particolare rhlevanza ai sensi della legge n. 1089 rdel 1939. Dalla riconduzione dell'attivit� tecnicodiscrezionale dell'Amministrazione in sede di imposizione del villlco1o al merito dell'azione amministrativa deriva pertanto la normale iinsindaoabilit�, da parte del giudice ammiinistratirvo, delrle relative scelte, sarlvo il caso in cui J'irnosservanza delle .regole non giuridiche che presiedono alla corretta formazione di tale attJivri.t� valutativa non trasmodi a causa, in particolare, di una erronea :mrppresentazione dei fatti o comunque un vizio deH'iter Iogico, nel vizio di eccesso di potere. Implicando, perta:nto, l'imrposi:ziione del vfaJJcolo di cui alla legge lll. 1089 del 1939 l'esercizio di una attivit� tecnico-discrezionale, risulta facilmente oomprensibi:le rcome si sia svhllllppato nel tempo il ce:nnato onientame:nto giurisprudenziale che !limita il smdocato giurisidirionale aJ controllo estrinseco sulla logicit� ed adeguatezza della motivazione del rprovvedimento, o che, pur ammettendo espli:citamente la configurabilit�, con riferimento al'l'attivit� relativa, dei vizi di 1\lliolazione di �legge o di eccesso di potere per travisamento dei fatti (IV, 30 marzo 1982, n. 137), �limita tuttavia il relativo sindacato all'accertamento della esistenza storica della cosa da tutelare (ad esempio del reparto aI'Cheologico) o rdel collegamento della medesima con fatti dehla :storia deH'arte, rde1la cultura (ad esempio, la dncostanza che Uil determinato arutore abbia� operato in un determinato luogo), escludendo, invece, dail medesimo, quell'att!vit� che �si configura come ffianifustazione di giudizio rSU un fatto od una cosa affermate come esi stenti. La rilevart:a natura teanico-diS1Crezionale dell'attivit� svolta dall'Amministrazione in sede di imposizione rdel :vinrcoJo di cui alla legge n. 1089 del 1939 importa, peritanto, fa sindacabilit� del provvedimento impugnato sotto il profilo della esistenza, o meno, della cosa ohe si intende tutelare o della reale verii�icaziOltle dell'.evento storiico che attribuisce 011 bene rileva: nza particolare, ed in generale sotto ill profilo della esatta rappresentazione della realt� delila cosa, di .particolare interesse; devono, invece, essere considerate inammissibili.i quelle censure che non introducono un f fk~1'Z!&%1!A"Z%'%1'%Z:1'%&1W#Zo/WB$&;,;r;vJw;;,;;cc&@iZJJJ:OC!;;;o;;J!fZiiW%11ZBZ,J1,W)),;;1WW)%1i"*"""))J 1r11;111111i111111r1111111a111rt:1r11z11=1r1111111B11�1.1t111111111111 ~,.., PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA travisamento dei fatti, ima in realt� UJil .t11aviisamento di giudizio, ritenuto insoddisfacente pe11ch� cODJdotrto sulla scorta di caino:ni di valutazione storico-estetici non condivisibili (VI, 18 gennaio 1977 n. 25). Peraitro, se ll'imposimone del vincolo di cui a11a legge n. 1089 del 1939 comporta, in via generale J.'esercizio di attivit� discrezionale da parte dehl'Ammiinistrazione, sindacabile :nei limiti e nei modi sopra indicati, va tuttavia segnalato 1che diverso � l'ogigetto su cui cade .ta1e attivH� discre2liona: le a seconda che si proceda alla imposizione del vincolo ai sensi degli articoJ.i 1 e 3 della J.egge, od invece, ai sensi dell'art. 2. Nel primo caso, infatti, ci� che � tiutel:aito � hl valore intrinseco della cosa (e cio� il valore artistico del bene, sicch� l'attivit� tecnico-discrezionaJ.e deM'Amministrazione sar� qruelJ.a concernente la v1a'lutazione di rparticoll.are rilevanza dal punto di vista artist.ico. Nell'ipotesi di cui aJ.J.'art. 2 della legge :n. 1089 del 1939 il valore tutelato dallla nol1Illa non � invece un va'.lore intrinseco della cosa, ma quello pi� propriamente sto11ico, costituito dal cohlegamento 1con determinati fatti e vicende della storia o dell'arte. Consegue da d� che, nelila imposizione del relativo vincolo �l'attivit� tecnica discrezionale dell'Amminfatrazione sar� quclla volta ad iindividuare la rpa:11ticola:re importanza ed intensit� dcl riferimento della cosa alla �storia politica, militare, delda letteratura, dell'arte o della cultura in genere �. La relativa attivit� sar�, pertanto, sindacabile dn sede giurisdizionale, nei limiti dehla logicit� delila motivazione che la sorregge, ovvero con riferimento all'esiJStenza ed alla esatta rappresentazione dei presupposti di fatto cmi [~attirviit� valutativa ha riferimento, mentre rester� al di fuori del sindacato di legittimit� hl giudizio sulla particolare .importanza del cohlegamento della cosa con la storia dell'arte o della cultura. Ailla stregua dei superiori rilie-v>i, appare evidente ohe le censure, spiegate in primo grado dal Comune di Bordighera, e con le quali veniva lamentata l'indeterminatezza e la carenza di specificit� del riferimento del Giardino Moreno a1la storia dell'arte pittorica e letteraria, erano in realt� volte a siindacare l'apprezzamento tecnico_ discrezionale dell'Am� ministrazione circa fimrportanza di tale riferi.m~nto; e correlativamente com� il TAR, neH'accog;liere le censure, abbia sostituito il proprio apprezzamento a queJ.J.o dehl'Amministrazione circa l'importanza e la sufficienza del riferimento storico-culturale. L'Amministrazione ha, infatti, con :l'impugnato provvedimento, identificato nella attivit� svolta dal pittore Monet nel Gia11dino Moreno hl riferimento del medesimo giardino allia storia delil'arte. Tale riferimento � stato, peraltro valutato di .eccezionale rilievo, tale da attribuire al Giardino in questione un �ruolo fondamentale nella storia della pittura�, e ci� per l'i.mp011tarraa che fil giaroino medesimo avm;a rivestito ai fini della evoluzione artistica dell'impressionista francese. 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si legge infatti ne:hla relazione che � qui l'artista giunse ad una accentuazione quasi esasperata dei colori, passando da una fase puramente !impressionistica ad una tesa ad lIDa riceroa via via pi� attenta, quasi virtuosistka, degli effetti di !LU1ce. L'impostazione dei quadri, lo ,sforzo di malJltenere �vivo e ipresente hl soggetto, interpretato in una chiave nella quale ogni visione tradizionale di paesaggio romantico e verista sia superato, port� Monet a prediligere scorci di alberi, sott'in su di palme, visioni di case bianche 1Jra .trOillOhi contol'ti, che preannunciano pe'rsin:o il gusto liberty. D'altra. parte lo sforzo di resa coloristica violenta ed accesa preaninuncia modi che saranno caru a Van Gogh e persino quclli che saranno tiipici di molte opere di Matisse �. Il Giardino Moreno � istato ipertanto considerato di particolare importamza ai sensi deilla legge n. 1089 del Ministero aippel:lante non tanto perch� aid esso si � genericamente ispirato Monet, quanto pmtosto perch� esso ha giocato un ~olo deoiisivo nella evoluzione dello stile de:hl'artista, 00I11Correndo a determinare hl passaggio da una fase puramente irrupressioniistica ad una ricerca degli effetti di luce che :sembra P'reannrundare li modi, di a:ltri pittori come Van Gogh e Matisse, ed anticipa il gusto liberty. Jil TAR ha ritenuto, invece, che hl collegamento dell'immobile alla storia dell'arte e deJila cultura non fosse dotato della nocessari:a specificit�, non risuitando �che l'ottocentesca villa Mo11eno sia stata riprodotta in ailcuna specifica opera pittorica di Monet �, ed essendosi d'altra parte la relazione della SoprinteDJdenza limitata �a segnalare il ruolo svOtlto dal sito ai fini dell'ispirazione e deM'evo1uzfome art�istica dell'impress1ionista framicese nel contesto dell'attivit� gfobale -da lui svolta durante il soggiomo in Bordigheria, tradottasi in una ciinquantina di tele. In tal modo :iJl primo giudice ha posto in essere un autentiJCo giudizio di valore, assUIIDendo, [];ella sosrtanza, che il ruolo ipeouliare svolto dal Giardino Moreno nell'evoluzione artlis.tica di Monet non costituiiva iragione sufficiente per far considerare di � ipartilcolare importanza � l'iimmobile. Appare evidente come le affermazioni diel Tribunale -direUaa.nente conseguenziali afll'a1ccoglimento della relativa censura prosp_ettaita dal Camune di Bordighera -realizzino un sostanzJiaJe sindacato sull'importanza del riferimento de11'immobhle alfa istoria .dell'arte: 1aiddove il primo giudke, ove avesse voluto mantenere il proprio sindacato ne11'ambito del controllo di legittimit�, avrebbe dovuto limitarsi ad aocertare l'adozione de1 provvedimento nella Ticorrenza dei necessari .presuipposti (esistenza della cosa da tuteJare; obiettiva sussistenza dell'evento stormo cui sii ricollega la cosa; esistenza di un giudizio adeguatamente motiv,ato 1su1la particolare rilevainza del odllegamento 'tra l'eviento stol'ico e la cosa) e non invece, procedere a stabilire fa portata delle ccxnseguenze dell'evento storico cui si riJcol!legava J'immobile. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Il .vero �, rperailtro, che nel sostituire il proprio aprprez2lamento a quello tecnico discreziOl!lale dell'Amministrazione, e nel pronU!llciare l'a:ccoglimento delle censure in proposito spiegate dal Comune di Bordighera, il TAR � iillcorso, 1come pone in ~uce la difesa del Ministero, iln un travisamento delle raigioni 1ohe hanno <indotto l'Ammin1straziane dei Beni oullf:urali alla iimposizione del V<incolo. Frutto di autentico trn'Visamento � in l]JTimo luogo, fa negazione della legittimit� del vincolo in relazione 1ailla drioostanza che �l'ottocentesca Villla Moreno� non cisulta riiprodotta in 1alicrnna opera pittorica di Monet, e ci� per �l'OV'Via oonsdderazione che ci� che ['�veste un ruolo peculiare nella stoda dell'arte, a causa del fascino e delfa influenza esercitata sull'impressionista francese, � il giardino e non fa costruzione ottocentesca. Frutto di travisamento �, altres�, il conviincimento, pailesamente espresso dal Comune di Bordighera e sostanzialmente fatto proprio dal TAR, che per dare consistenza al riferimento del Giardino Moreno all'opera pittorica di Monet, occorreva che rvenisse enUTI1Ciato .hl. collegamento tra l'immobile ed una ,specifica ed indilvktuata opera artistica. La mgiione della particolare imrportanza del Giaridim.o Moreno non sta infatti, a giudizio defil'Amministrazione, nel'.l:a circostanza che esso .sia stato l'itratto da Monet o che in esso i1 pittore abbia trovato ispirazione, ma nel ruolo determinante rivestito dal gia1idino medesimo nella evoluzione complesisiva defilo stifo dell'autore. Nessun rilievo hanno !iln ifine le critiche mosse dal primo giudice alla generi: cit� del riferimento, contenuto nel rprovvedimento imrpugnato alle riproduzioni di autori inglesi ed alfa lettera del Fogazzaro. Si tratta infatti, di 1un riferimento che ha lo soopo idi ambientare l'immobiie nella cultura 1 tardo ottocentesca ma ohe non � a fondamento del giudizio di particolare rilevanza, che si basa, invece, esdusivamente, sulla considei;azione del :ruolo svolto dal gia111dilno nell'evoluzione artistica d:i Monet. 3, -Analogo inammissibile 1sinda:cato ha, poi, esercitato il primo giudice allorch�, in aoco~mento de1l'u'lteriore profilo di doglianza spiegato dal Comune, ha iritenuto con autonoma valutazione, che l'immobile vincolato fosse inidoneo ad assolvere a qualsiasi funzione documentale, a causa delle irreversibhli e profonde mutazioni intervenute nel -corso de] tempo. Va in 1proposiito, II'ioordato in punto 1di fatto che la re1azione della Sopr-inteDJdenza per i Beni ambientali ed ariohitettnnici d� ipienamente atto delle vicende che hanno contrassegnato l'immobhle, ed in particolare della avvenuta demoJ.izione de1la villa (peraltro, praticamente irrilevante, giusto quanto si � visto sopra) e della lottizzazione parziale del giardino, con i!l conseguente venir meno di alcune dehle caratteristiche che fo avevano reso celebre. La medesima relazione, pur considerando e dando atto dei predetti mutamenti de1la consistenza originale dell'immobile, constata, perailtro, il permanere di alcune delle caratteristiche intrinseche del giardim.o, esplicitamente riilevando ohe esso � da tempo soggetto a vincolo ai sensi� della 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 1497 del 1939, per quanto ridotto, vanta alcune alberature di grande pregio, tra cui pailme fra le pi� antiche esistenti in Bordighera� , e concludendo che il medesimo � costituisce una testimonianza significativa e singolare della storia della pittura europea e di quella defila trasformazione defila Riviera di Ponente avvenuta nel secolo scorso �. Deriva da roi� che le condizioni del giardino all'atto della imposizione del vincolo non solo erano state tenute �iil considerazione dall'Amministrazione, ma erano state oggetto Idi un autonomo giudizio, oonclusosi oon il riconoscimento della permanenza della caipacit� dell'immobile di costituire U!Ila testimonianza siig:nifiloatirva della storia della piVtura europea: eSI�to questo, d'altra parte, del tutto logico sol che si 1tenga presente che il Giardino Moreno � soggetto al .v;incolo paesistico di ,cui alla 1legge n. 1497 del 1939. Tale circostanza dimostra infatti che esso, pur nella sua attuaile consistenza ha una oggettiva idoneit� ad esprimere un v:a'lore paesistico, sicch� non si vede perch� esso non debba essere considerato idoneo a documentare il fatto storico che ad esso conferisce particolare rilevanza. Si tratta, comunque, di 11.lll chiaro giudizio tecnico-discrezionale drca l'iidoneit� del giardino a conseware la memoria del fatto storico ad esso collegato che poteva essere suiperato soltanto dimostrando che il medesimo era frutto di un travisamento della realt�, essendo le condizioni obiettive irn oui versava l'immobile ddve11Se �da quelle rifedte nella relazione e poste daH'Arnministrazione a base del proprio apprezzamento. Ii Primo giudice non ha, invece riscontrato alcun travi:sao:nento dei fatti, ma si � atnZi riportato espressamente alle condiziOilli dell'immobile, quali Tisultavano dalla relazione del'la Sorp:rfatendenza per i Beni ambientali ed 1architettoniici della Liguria, per dedurre che esse comportavano l'inidoneit� dell'immobile ad assolvere a qualsiasi funzione dli dooumento di eventi risalenti al secolo SCOI1SO. Ne deriva che il primo giudice ha, m realt�, iinammisisibilmente sostituito la propria v<aiutazione a quel'La dell'Amministrazione, essendo pervenuto, sulla scorta dei medesimi elementi da questa considerati, ad una vailutazione opposta a qruel1a del Ministero dei Beni culturali. 4. -L'erroneit� della decisione di primo grado, nella parte irn cui ha aoooLto il secondo motivo del ricorso di primo grado si ooglie, poi, con ancora maggior chiarezza, considerando . che queni che il primo giudice ha indicato come �requisiti o condimoni iper la imposizione del vincolo ex mt. 2 della legge n. 1089 del 1939 -e quindi come presupposti, la cui esistenza o meno pu� es,sere verii�icata dal giudice amministrativo nell'esercizio del sindacato di legittimit� costituiscono, in realt�, il frutto di apprezzamenti tecniico-discremonaili non sindacabhli in sede di legittimit�. Cosi � del primo di tali ,requisiti, identificato nella assierita necessit� che � H fotto documentato abbia una concretezza storica e speoificit� tali da imprimere al sito in cui si svolse wna connotazione e qualificazione a tal punt� pregnanti da giustificare una tutela conservativa di quanto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA residua nel tempo, a preS10indere dalle immutazioni medio tempore pervenute�. � chiaro, infatti, che il giudizio !Sulla �pregnanza� della connotazione impressa al sito dal fatto storico costituisce un autentico giudizio di merito escLusivamente riservato aill'Amministi:iazione. Lo stesso deve dirsi per il secondo dei irequ�.s1ti enucleati dal primo giudice, e che dovrebbe sussistere alternativamente al primo ai fini di una corretta imposizione del vincolo ex art. 2 (necessit� che l'immobile abbia conservato intatte le caratteristiche essenziali che ne determinano hl collegamento con fa storia dell'arte e della cultura, cos� da poter assolvere, in mancanza di relazione con uno specifico episodio artistico o cultui:iale, ad runa .funzione di documento puntuale dei periodo storico): il giudizio sulla � idoneiit� � della cosa ad asso1vere a1lla fum.zione di documento � parimenti una valutazione eminentemente tecnico-discrezionale. Quelli descritti dal giudiice di pa:-.iimo grado non cosHtuiscono, peraltro, lin 1a:1oun modo, n� presuipposti n� requisiti dell'imposizione del vincolo ex art. 2 della legge n. 1089 del 1939. Si tratta, anzi, di elementi 1nwinsecamente contraddittori, dal momento che non si vede come 1a genericit� del riferimento ai fatti della storia possa esseire suI1I'ogata dal buono stato di c01t1Servazione dell'immobile. Va, pertanto, precisato che se .il valore .protetto dal vincolo di cui amart. 2 � costituito dal riferimento che le stesse presentano alla politica militare, dell'arte e della cultura, in genere, il primo presupposto per la relativa imposizione � costituito dal.Ja obiettiva su;ssistenza di fatti o eventi storici �ricollegabilli al bene. La circostanza che deve trattarsi di fatti della storia della cultura, e quindi di situazioni dotate, Mi quanto tali, di una oggettiva identificabiHt�, gar�ntisce la �specificit� del ciferimento. Si deve rperaltro osseware che Ja specif.idt� del rifer�imento culturale � assicumta daMa specificit� del fatto stori:co, e non dalla modalit� in cui tale collegamento si � espresso o ha operato nella storia della cultura o de1l'arte. L'esistenza di un episodio storico ricollegabile al bene costituisce un presUipposto contro1labile dai gi'llldice di legitthnit�, laddove una valutazione 1SuHe modalit� di manifestazione del collegamento nella storia della cultura o dell'arte imp1ica ml �l�iudizio sulla importanza del riferimento stomco.cultura:Je, riservato all'Amministrazione., Nel caso in esame la specificit� del collegamento de1 Giardino Moreno con la storia della pittura � ass~ourata dal\la specificit� del fatto storico cost�ituito dal1a cfocostainza, obiettivamente verii�icahile �con gli strumenti storici, che Monet ebbe ad operare nel Giardino Moreno, \laddove la valutazione ,se, ai fini della imposizione del vincolo, fosse necessario o meno, che Monet ritmesse in una srpecifilca opera il giardino, attiene in realt�, alla :valutazione del collegamento culturale, della slll!a importanza e del ruolo svolto dall'immobile a1l'interno dela stessa vicenda artistica di Monet. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il riferimento del fatto storioo alla cosa -e questo � poi, l'ulteriore presupposto -deve conc:tunre ad lllil giudizio di parti.colare J[llportarnza detla cosa. Non � rpertanto sufficiente la ricollegabilit� della cosa aill'evento della storia della cultura, ma � altres� necessario che itale riferimento comporti una peculiare rile\nanza della cosa. Il relativo giudizio l!lon �, ovviamente 1sindacabi1e dal giudice ammini!strativo se l!lon nei limiti in cui sono sindacabili le valutazioni tecnico-discrezionali dell' Amminist:razione. Ci� che costituisce presupposto che si colloca sul rpiano della legittimit� del-provvedimento -e clie quindi dovr� essere accertato dal giudice aimministmtivo -� �invece la obiettiva esistenza di ta:le giudizio di particolare imrportarnza della cosa. Quanto, infine, alle condiZJioni in cui versa la cosa, e cio� alla sua idoneit� a costituire dooumentazione de1 v.alore scaturente dal fatto storico, si deve osser\naire che in linea di iprinlcipio, il vincolo ex art. 2 non pooe rproblemi sostanzialmente diversl� da quelli posti dalla imposizione del vincolo ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge. Se � vero, infiatti, I che ID tale U1tima ipotesi V�iene in rilievo un valore intrinseco (arti.stico, storiico, archeologico, ecc.), della cosa, mentre nei casi ricondudbili all'art. 2 deHa Jegge n. 1089 del 1939 viene in rilievo un valore scaturente da:l collega1IDento della cosa ron il fatto storico, � altres� vero che tali l valori si esprimono e si mainifestano, in entrambi i casi, attraverso 1a cosa medesima. Anche nell'irpotesi di imrposiZJione del vincolo ex art. 2 della fogge n. 1089 del 1939, il giudizio di particolare rilevanza concerne, infatti, ;pur l sempre, la cosa, e quindi la possibilit� di riconoscere, lin essa, l'esistenza di un va:lore nascente dal coHegamento con fatti della storia della cultura I o dell'arte. La condizione rper l'imposizione del vincolo � costituita, in ambedue le irpotesi, dal1a oggettiva riconoscibilit� di un valore ne11e cose da tute I lare sia esso intrinseco a'lila cosa, o invece derivante dal 1suo collega~ mento con la storia dell'arte; icon la conseguenza che il giudizio tecnicodisicrezionale su!l:l'esistenza del rpartioo1are �lllteresse della cosa (sia ai I sensi deghl airticdli 1 e 3 che ai sensi de11'art. 2), fondandosi sull'avvenuto I riconoscimento del valore collegato con il bene, imrplicitamente impliica un 1arprprezzamento �tecnico-,disorezionale sull'idoneit� della cosa a trasmettere il va:Jore in essa iisicritto o ad essa coiilega1Jo. LI giudizio �sull'adoneit� della cosa a testimoniare o a documentare il I valore si confonde, pertanto, con quello sull'esistenza ,e sulla riconoscif � bilit� del valore da tutelare. ~ Ne deriva che le condizioni di degrado della cosa, o i mutamenti in ~ essa verificatesi, ri!levano allorich� comportino il venl�r meno della cosa, ! e con essa del "alore iisoritto nella oosa o ad essa collegato. L'eventuale provvedimento di in1iposizione del vincolo (ed il relativo .giudizio tecnico- I I l I I ~ �~������ %�� . .... ,. .. ,@ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA discrezionale) su un bene non pi� esistente o comunque venuto meno, risulter� pertanto viziato da un errore sui preSllllpposti, proprio per la mancanza non di una capacit� documentale, ma dell'oggeHo stesso su cui � destinata ad incidere l'azione di tutela. Ii provvedimento di dkhia� razione del partioolare rvalore storico di un bene ha, infotti, pur sempre come indi:srpensabile presupposto la reale possibilit� di incidere sul bene sottoposto a tutela (IV, 1 febbraio 1983 n. 51). Negli altri casi le condizioni di cattiva conservazione della cosa non sono di ostacolo alla imposiziOIIle del vincol�, costituendo anzi tale imposizione la premesisa per l'eswcizio del potere idi iimrporre al proprietario 1'esecuzione delle opere necessarie alla irelativa salvaguardia (IV, 9 dicembre 1969 n. 772; VI, 18 gennaio 1977 n. 25). Discende da ci� che Ia questione, COltl cui si contesta Jl.'idoneit� del bene a fungere da documento del rvalore tutelato, si dsolve nella contestazione del giudizio tecnico &screziona1,e dell'Amministrazione sulla esistenza e riconoscibilit� del valore medesimo; con la conseguenza che essa risuJ.rter� ammissibil.e soltlanto ove con essa si faocia valere non UJna valutazione diversa, ma una erronea rappresentazione del1a realt� posta dall'Amministrazione a fondamento della rpropria vai'l.lJtazione (come avrviene allorich� rsi ti.educa che la 1situazione o il concreto stato della cosa sono diversi da quelli rposti dall'Amministrazione a bas'e del proprio giudizio), o si denunci un vizio dell'iter logico che ha portato alla for� mulazione del giudizio. 5. -I rilievi che precedono evidenziano poi, l'inesistenza del1a carenza di istirutto11ia e di motivazione � finalizzate alia ricerca ed identificazione di quella speciifidtJ� detl valore documentale del bene� che il TAR ha ilnvece ritenuto di dover risoontrare. A prescindere, infatti, dal1a ccmsiderazione che' J.'enudeazione di tale vizio appare ,iin contraddizione con la a:l�fe:mmta imposizione del vincolo � al di fuori dei piresurprposti normativi � (se infatti tali presupposti normativi sono insussistenti in �rebus, nOltl si vede come possano essere reperiti a seguito di una istruttoria rpi� accurata), si deve osservare che la mancanza di adeguata � tS.pecifiidt� del valore documentale del bene� affermata dal TAR � in realt� il frutto del diverso apprezzamento dioorezionale operato inammissib11mente dal giudice sull'importanza del riferimento cultuirale segnalato dall'Amministrazione, sicch� la relativa affermazione � destinata a oadere con esso. La specificit�, peraltro, va riferita, rcome sorpra� rsi � vis,to, non al �valore documentale� del bene -che concerne la capaidt� del medesimo di manifestare il valore con esso collegato -ma �al fatto della stoiria dell'arte o della cultUII'a che si assume cdlrlegato con la .cosa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6. -Fondata �, infine, l'ultima doglianza con cui l'Amministrazione aippelloote dedUJCe l'erroneit� d:ella decisione di primo grado nella parte in oui, in aocoglimento della relativa censura prospettata dal Comune di Bordighera, ha ritenuto ohe l'intervento vincoUstico fosse in :realt�, finalizzato a paralizzare l'eft�icacia dell'atto autorizzati'Vo gi� rilasciato dall'Amministrazione regionale in ordine alla progettata pisciina. Ed infatti, come la Sezione ha gi� avuto modo di affermare, va oonsiderato che non di rado i provvedimenti in materia di tutela delle oose di interesse artistico o storico, sono adottati nell'imminenza di eventi che ne rpossono pregiudicare l'aspetto, la destinazione o la stessa esistenza, e che, .tuttavia, tale ciocostanza non pu� essere ritenuta di per s� d:ndice di .sviamento dehl'attivit� amministrativa, qualora la stessa risulti comunque conforme alla finalit� posta dalla legge (VI, 10 ottobre 1983 !11. 723). N� pu� irncturre ad un diverso convincimento la civcostanza che aU'origine dell'intervento vincolistico stia una :segnalazione de11'Associazione Italia Nostra. Ci� che c01I1ta, infatti, � che l'attivit� dell'Ammini 1 strazione risulti conforme al1a finalit� di tute'la posta da:lila legge n. 1089 del 1939, a nulla rilevando la circostanza che l'intervento posto in essere con il vincolo possa esser risultato satisfattivo dell'interesse di cui si � fatta portatrice la predetta Associazione. La circostanza, infine, ohe la relazione della Soprintendenza faccia riferimento alle � alberature di grande pregio, tra cui IP.alme iira le pi� antiche esistenti in B011dighera �, non pu� certamente essere consJ.derata come �s.intomatica del vizio di eccesso di potere per sviamento. L'identit� del supporto materiale del bene (il giardino) oggetto di due .diversi tipi di tutela ~paesistica e storico.,artistica) non consente di vedere nella motivazione del provvedimento il segno dell'esercizio, da rpairte del Ministero dei Beni oultmali, di un potere di tutela paesistica. Si deve, anzi, sottolineare ohe nell'ottica del provvedimento il riferimento alle � alberature idi grande pregio � ha TI vruore di chiarire che, nonostante gli interventi s1UOcedutisi nel .ternrpo, fimmobile in questione ha sostanziaJ.mente mantenuto la propria identit� di giardi'I10 di pa:rticolare pregio, che tanta parte ebbe nella evoluzione arN1stica di Monet. 7. -Il Comum.e di Bordighera ha riproposto in qruesta sede un profilo di doglianza gi� spiegato in prime cure, e non esaminato dal TAR, e concernente l'assenza di qualsiasi cenno, nell'iI11iplUlgnato decreto alle ragioni per le qua:1i l'Amministrazione dei Beni oullturali ha ritenuto di disattendere le .specifiche deduzioni con cui il medesimo Comune di Bordighera aveva rilevato l'impossibilit� di procedere ana .imposi:cione del vincolo. Il rilievo �, rperaltro, del tutto privo di consistenza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � noto infatti, che alcuni procedimenti volti aila imposizione di vincoli o prescrizioni -come quelli concernenti 1a fmmazione dei piani regolatori comunali -prevedono espressamente la possibilit� della presentll2lione, da parte dei so~getti interessati, di osservazioni o controdeduzioni. � noto a:ttresl, cne nes1Slllll obbligo di srpedfioa motivazione del .rigetto di tali osservazioni sussiste in capo �all'Amministrazione, obbedendo l'intervento dei privati nel procedimento ad una funzione meramente collaborativa (IV, 10 marzo 1981 n. 246). A maggior ragione deve, pertaJilto, escludersi, nella fattispecie, la necessit�, nell'impugnato prov \ vedii;nento di vincolo, di una motivazione concernente il rigetto delle osservazioni furm'll'late dal Comune di Boiidighera, dal momento ohe il procedimento vo~to ailla imposizione del vincolo ai sensi della legge n. 1089 del 1939 non :prevede alcun intervento con funzione wllaborativa dei soggetti destma<tari del vincolo. (omissis) CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 agosto 1986, n. 642 -Pres. Laschena Est. Pajno -Soc. I.F.C.M.E. (avv. Roversi Monaco) c. Comune di S. Lazzaro di Savena (avv. Graziosi). Giurisdizione civile -Sanzioni amritinistrative -Funzione ripristinatoria � Interesse legittimo -Funzione punitiva � Diritto soggettivo. Giurisdizione civile � Sanzioni amministrative � Alternativit� tra sanzione pecuniaria e misura ripristinatoria � Interesse legittimo � Sanzione pecuniaria ragguagliata al danno � Diritto soggettivo. Giurii;dizione civile � Sanzioni amministrative � Cave e miniere -Sanzione pecuniaria � Diritto soggettivo � Obbligo concorrente di ripristino � Irrilevanza. Rientrano nella giurisdizione del G.A. solo le opposizioni alle sanzioni amministrative aventi carattere ripristinatorio (in quanto esse postulano un intervento idoneo a realizzare seppure in via successiva l'in� teresse attribuito alla tutela della P.A.. e a.u�ndi concernono interessi legittimi) e non anche le opposizioni a sanzioni pecuniarie che assolvono ad una funzione meramente punitiva dinanzi alla quale la posizione del privato ha consistenza di diritto soggettivo. Rientrano nella giurisdizione del G.A. le opposizioni alle sanzioni amministrative cui la P.A. pu� attribuire alternativamente funzione .ripristinatoria o solo punitiva, ma non le opposizioni alle sanzioni pecuniarie che siano ragguagliate al danno arrecato ed abbiano quindi funzione risarcitoria. La sanzione pecuniaria prevista dalla legge 13/ 1970 della regione Emilia per l'abusiva ,coltivazione di cave ha natura solo punitiva anche se � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO previsto in via cumulativa l'obbligo del contravventore di provvedere alla riduzione in pristino dei luoghi escavati, per cui la relativa opposizione rientra nella giurisdizione del G.O. '1. -Con l'unico, axticolato motivo di gravame Ja Societ�. appellante dedUJCe l'el'roneit� de1la decisione di primo grado, COl11 la qua:le il Tiribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in o:ridine alle impugnazioni delile ordinam.ze con cui i'1. Comune di S. Lazzaro di Savena iha provveduto a determinaxe rispettivamente in lire 30.000.000 (n. 8382 del 23 1UJglio 1979) ed in lire 50.000.000 (n. 12873 del 24 novembre 1979) le somme dovute dalJ.a medesima appe1lante, per l'attivit� di abusiiva escavazione, ai sensi della legge de1la Regione Emilia Romagna n. 13 del 2 maggio 1978. Osserva, al riguardo, 1a Societ� IBCME che f'orientarrnento giurisiprudenziale oui si sarebbe rifatto il p:rimo giudice per negare la propria giurisdizione si fonda sul prindpfo secondo oui 1e sanz�O!ni amministrntive non penali incidono su diritti soggettivi se hanno funzione meramente punitiVla, e su iinteres1si legittimi se hanno aoche funzione ripristinatoria. Siffatta funzi0111e (anche) ripristinatoria (e non meramente afflittiva) non potrebbe, secondo ia Societ� appel'lante, essere negata� ailla sanzione pecuniaria prevista daiJ.la IJ.egge regionale n. 13 del 1978. L'art. 21 della citata legge regionale n. 13 del 1978 porrebbe, infatti, in CO:U()()rso con la sanzione pecuniairia prevista dal primo comma, l'obbligo del contravrventore di p11ovivedere alla riduzione in pristino dei luoghi escavati. Ta:le ci11costanza, unitarrnente . al criterio prescelto dall'Amministrazione comUIIlale allo soopo di deterrninaTe in concreto l'ammontare (la sanzione � stata infatti ;raggua:g1iata al vailore venale dei materiali escavati abusivamente, in anafogia a quanto disposto dall'art. 25 della legge n. 10 del 1977) dimostrerebbe la natura non meramente afflittiva ma aa.1!che dpdstmatoria della sanzione pecuniaria in questione, ohe qpererebbe alla stessa stregua dellle sanzioni U1Tbanistiche, in ordine a'lle quali � paicifica la sussistenza della giU1Tisdizione del giudice amministrativo. La sanzione pecu:nia:ria applicata nell� fattispecie ooncorrerebbe, infatti, 1con quella del1a rimessione m pristino e verrebbe, altres�, determinata in misura p:a:ri aill'equiva1ente del valore deil materiale escavato, cos� oome le sanzioni urbanistiche. L'Amministrazione oomunale avrebbe, pertanto, esercitato ne'lla fattispecie una attivit� discrezionale, disponendo l'irrogazione della sanzione in modo diretto e non mediato all'esigenza di salvaguardare il territorio dall'abusiva escavazione. Rispetto a tale attivit� discrezionale, ooncerrne!Ilte il perseguimento di un interesse pubMiico specifico, sussisterebbe in capo al privato una posizione di interesse, oon la conseguente spettanza al giUJdice amministrativo delle controviersie concernenti l'esercizio di tale attivit�. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA A ta1e esito non potrebbe oppo11si, sempre ad avviso della Societ� appellante, il richiamo contenuto nehl'art. 21 dehla ~egge regionale n. 13 del 1978 alle disposizioni previste dalla ~egge statale n. 706 del 1975. Tale richia1II10 concernerebbe, infatti, escJusirvaimente le procedure ammi nistrative per l'im-ogazione della sanzione e II10JJ., invece, 1e procedrure giurisdizionail.i; ci11oostanza, questa, pi� che owia, non potendo il legi slatore regionale porre nol1111e sulla gimisdizione. La censura proposta dalla societ� appe11ante � infondata, e deve -pertanto essere rigettata. Va, in proposito, preliminwmente ricoroato che, secondo un indi rizzo da temrpo oonsolidato sia nell.a giu;risprudenza di questo consesso che della Corte �regolatrice, al fine di procedere aM'esatta :identificazione della sede igiuri!sdizionale dinanzi alla quale posisa, eventualmente, essere fatto valere il diritto dcl cittadino alJa tutela giurisdizionale della prop~fa sfera giuridica incisa dal proViVeaimento 1sanzionatorio dell'Amministra zione, occorre aver riguardo alla natura -se affJittiva o ripristinatoria della sanzione medes�m11. � questo, d'altra parte, un esito ctel tutto logico, sol che si tenga presente che ail.Ja diversit� de1Qa funzione della sanzione 1Cordsponde una diversit� di struttura della posizione soggetttva del cittadino. Mentre, infatti, alla sanzione con funzione ripri'.stinatoria � correlata una posi zione di interesse fogirt:timo, alla sanzrnne di carattere afflittivo apprure, invece, collegata una posizione d1 ctmtto sogigettivo: il che ev1denzia come il critecio decisivo per 11 1dparto di giurisdizione sia rpur sempre costituito, anche nella materia �in quesnone, da quelllo tradizionale che fa riferimento alfa consistenza della posizione soggettiva oggetto del provvediJlllento ammini!strativo, quale viene effettivamente stabilita e delineata dall'ordinamento. Premesso, infatti, che l'assoggetta1II1ento ai determinati comporta menti ad UIIla sanzione amministrat1va esipLrime in via ge.nerail.e un giu dizi!o di disvalore formulato !Ilon in relazione aftl'ordinamento consi!derato nena sua globa1it� ~come avviene per 'I.a sanzione penale) ma con riferi mento ad interes'Si pubblici sipecifici, affidati alla tutela puntuale della Pubblica amministrazione preposta ad un determmato ramo di attivit�, � stato autorervdLmente osservato cne nspetto a tale attivit� la sanzione obbedi!sce ad un ruolo aiocessor~o e snrumentale, d1 presidio e di garanzia (Cass. SS.UU., 14 febbraio 1978 n. 926). Val quanto dire che [a potest� sanzionatoria non si identli'rca, In via generale, con la funzione di go verno o di rtute1a di determ1nati interessi. aff~data 0!lla Pubblica ammi nistrazione ma che � invece aa essa accessoria. con evidenti intenti di garanzia; con la conseguenza cne, ano soopo di mdividuare la sede della tutela giurisdizionale del ctttaruno nspetto al potere sanzionatc:xrio del 1'Amministrazione, occorre aver r1guwao alLa collocazione del1a situazione 138 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO soggettiva incisa da'I concreto atto sarnz1onatono ri'spetto alla funziontamministrativa, di tutela e di cure degli interessi :presi in considerazione, e dal provvedimento sanzionatorio ausiliata e sussidiata. Deriva da ci� �che dov:r� farsi 1uogo alll'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo allorch� la posizione soggettiva incisa dall'atto sanzionatorio si trovi .gi� tricompresa nelJ.'ia:rea del potere sussidiato dalla sanzione. La circostanza infatti, ohe la posizione soggettiva correlata ana sanzione risUilti ricompresa nell'aTea di esercizio del !J?Otere dell'Ammin�strazione di procedere a determinati interessi, comporta la �Sostanziale coincidenza . di tale posizione con quelfa direttamente e.or.relata all'esercizio del potere sussidiato dalla sanzione, con il conseguente atteggiiarsi deilla posizione soggettiva in termini di interesse legittimo. Una situazione del genere -che vede 1a sostanziale coincidenza di talle posizione con quella direttamente oor.relata con l'esercizio della funzione attribuita all'Amministrazione, e della situazione .so~gettiva col' legata ial potere sanzionatorio sussidiario -si verifica neil caso delle sanzioni riJpristinatorie ~Cass,. 24 febbraio 1978 n. 926). Queste ultime, :iinfatti, rproprio peroh� volte ad ottenere la reintegrazione della concreta situazione storica esistente .prima dell'il.legittimo inteniento del privato, aipipa:iono in qualche modo diirettamente correlate aM'interesse pubblico tuteLa:to dalla funzione sussidiata e attribuita a11'Amministrazione. Le sanzioni restitutorie, miiraindo non ad una reintegrezione per equivalente, ma a ristabilire Ie condizioni ipTeesistenti ana violazione posta dal privato, postulano un intervento capace di realizzare, direttamente, anche se in via .successi-via e nOlll preventiva, <l'interesse pubblico attribuito alla tutela dell'Amministrazione. L'ausiliariet� deJfa potest� sanzionatoria si manifesta in questo caso inedia:nte un intervento che consente direttamente �l perseguimento, �sia pure_ in via suocessiva, dell'interesse pubblico attribuito alla funzione ausiliata. Allorch�, invece la situazione soggettiva incisa daHa sanzione si co1loca aJ di fuori dehl'area del potere attribuito all'Amministrazione per il perseguimento degli interessi e, pur facendo capo al medesimo soggetto tiro1are della posizione soggettiva cor.relata con tale potere, non ..-:oinc:ide con questa ultima, la sanzione medesima non obbedrsce ad una funzione ripristinatoria, ma ad un'altra meramente punitiva, volta a garantire non gi� il perseguimento diretto degli interessi tutelati, ma iJ. rispetto della normativa ;posta a presi:dio dell'interesse pubblico. In tale situazione la sanzione assolve ad un truolo meramente puniti'V'O, sicch� l'irrogazione della medesima si risolve ne1'1a compressione della sfera di libert� del cittadino ~Oass. SS.UU., 24 febbraio 1978 n. 926), a tutela della quale sono dettate le norme che disd:plinano i presuipposti e le modalit� de11a relativa hirogazione. Realizzando direttamente una compressione delle .sfere di libert� del cittadino, l'eventuale controversia in cui si faccia PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA va1ere. l'inesistenza dei presupposti che legittimano il Ticorso alla sanzione, o la violazione de1la normativa che ne disciplina le modalit� di erogazione, non pu� .che aip(prurtenere alla igiurisdizione del giudice ordinarrio (Oass. SS.UU. n. 926 del 1978, citata). � 1questa, d'a!ltra parte, ,u;na conseguenza direttamente discendente dalla natura deUe 1sanzioni in questione: esse, infatti, riooHegando conseguenze di carattere puramente afflittivo alla violazione di precetti che si impongono in via generale a tutti i membri della oollettivit�, adempiono ad una funzione sostanzialmente non diversa da quella propria delle sanzioni penali. Deriva da ci� che -come � stato autornvolmente posto in luce (Ad. !P'len. 28 ottohre 1980 n. 42), anche per ta:li sanzioni deve considerarsi operante il pTincipio valido per le sanzioni penali, consistente nella stretta sub011dinazione della loro irrog�bilit� a11"effettivo piuntuale ricorrere, in ooncreto, della fattispecie tipka rprevista d�lla norma; oon la natura!le conseguenza che l'appliicazione della sanzione al di fuori di ta!le piresupiposto finisce con i[ 0oostituire non gi� mero scor0retto esereizio del potere per trarvisamento: insussistenza ed erroneit� ;del fatto, bens�, pi� radioalmente, vero e proprio agire deilil'Amministrazione in carenza di potere, e dunque lesione sine titulo defila sfera patrimoniale del soggetto inciso (Ad. plen. 28 ottobre 1980 n. 42 cit.). Alla stregua delle superiori notazioni appare, pertanto, evidente che le sanzioni amministratirve pecuniairie, proprio perch� tali, obbediscano in via norma1e ad una funzione meramente arfrflittirva. Pr0opdo, infatti, peroh� il'irrogazione delle stesse si risolve nella comminatoria del pagamento di una somma di denaro, ole sanzioni amministrative pecuniarie sono inoaipaci di adempiere ad una funzione ripristinat0tria, non essendo possibile ristabilire, attrarverso di �esse, la situazione preesistente �ll'interrvento del 1privato, in tal modo pienamente ripristinando, attraverso l'aippli:cazione della sanzione, la situazione :precedente aliJ.a rviolazione. � aippena il caso di av;vertiire, perailtro, che ta!le inicapacit� delle sanzioni pecuniarie .di adempiere ad una funzione ripristinatoria sussiste anche quando esse appaiono, in concreto, determinate nel loro ammontare seoondo un criterio che, in qualche modo, sia rv~lto a re�lizzare una quantificazione del danno apportato (nelle ordinanze impugnate in questa sede il Comune di S. Lazzaro di Sarvena ha ra~guagliato a'l valore del materiale abusivamente escavato l'ammontare de1la sanzione). Una circostanza del genere �, al pi�, idonea ad evidenziare che le sanzioni pecuniarie in tal modo 11.'agguagliate rispondono anche ad uno scopo lato sensu risarcitorio: il che, aippunto, es'Olude ogni natura ripristinatoria, facendosi Luogo al risarcimento pecuniario per equivalente, secondo i principi generali, allorquando non sia pi� possibile aiJ.cuna forma di restitutio in integrum. La naturale co~relazione delle sanzioni ammi� nistratirve pecuniarie ad u;na posizione di diritto soggettivo, � stata, d'altra RASSFGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO paTte, esrpUcitamente rilevata dalla Corte regolatrice, rche, con la decisione n. 4892 del 27 ottobre 1978 ha, ,appunto, ribadito la giurisdizione deiU'AGO a conoscere dell'opposizione all'irrogazione di una sanzione amministrativa per la violazione della disdiplima 1sui ,prezzi dei beni di largo COl11'sumo, osservando tehe tale sanzione �per '1a sua natura generioamente pecuniaTia, non indde sulla situazione soggettiva inclusa nell'airea oggetto dello specifico potere di governo da essa 1sussidiato �,e che la medesima, proprio in quanto pecuniaria �assolve cio� non ad una funzione ripriistinatoria ma meramente punitiva� (Cass. 27 ottobre 1978 n. 4892, cit.). Peraltro, se le sanzioni amrr�ini:stra:tive pecuniarie obbediscono in via normale aid una funzione normalmente afflittiva, riinforzanido il iprecetto e garantenido indirettamente, attraverso la p�eaia minaiociata, l'interesse che sta a fondamento del precetto medesimo, esistono tuttavia dei casi in cui, a determinate sanzioni pecuniarie, risulta assegnata una funzione anche riipriistinatoria. Tale esito si 'Verifica, come � noto, al~orch� il:a misura pecuniaria sia inserita in ,un pi� vasto sistema sanzionatorio ohe la configuri come alternativa alla sanzione o:-iipriistinatoria, rimettendo alla discrezionalit� dell'Amministrazione la comminatoria dell'una piuttosto che dell'altrn. La circostanza, infatti, che l'OO'."dinamento configuri le due misure come alternative, implica un giudizio oggettivo dell'rurlinamento medesimo di omogeneit� funzionale deLle due sanzioni (Cass. 24 febbraio 1978 n. 926, cit.). il che comporta l'attrazione della posizione soggettiva incisa nell'area del potere di goveo:-no a tutela delfinteresse pubolico direttamente perseguito dalla misura ripri!stinatoria. La scelta dell'AmminiJsW:'azione di infliggere l'una o l'altra sanzione -e quindi anche quella peouniaria costituisce, d'altra parte, espressione tipica del potere deH'Amministrazione di proV1Vedere alla curn dell'interesse attiribuito alla pubblica funzione di cui � titolare J'Amministrazione medesima. � quanto avviene per le sanzioni .previste a tutela delle bellezze natura!li dalla legge n. 1497 del 1923, il cui art. 15 primo comma, testua1mente .padfica -a[ fine del pi� opportuno perseguimento de'll'interesse pubblico, la sanzione pecuniaria con quella ripristinatoria, o per le sanzioni poste~dalla legge ID.. 10 del 1977� per gli illeciti urbanistici, J'esercizio di una tipica potest� discrezionale di I ~ ! 11Iatura gestorio-amministrntiva, anche quando si provveda all'irrogazione della pen(l pecuniaria, naturalmente inerendo ana relativa determinazione �['apprezzmnento della compatibilit� del!l'opera COiJl lo stato dei luoghi � (A!d. plen., n. 42 del 1980, cit.). Allorch�, pertanto, l'ondinamento configuri una sanzione pecuniaria f f come alternativa -e .propTio per ta:le ragione, come equiipohlente alla f. f. sanzione riipristmatoria -l'irrogazione della misuira pecuniaria al pasto di quella restitutoria costituisce esrpressione del potere di provvedeo:-e alla I cura diretta dell'interesse tutelato dalla norma attribuita daJla funzione \ I l I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA pubblica all'Amministrazione, con il conseguente atteggiarsi in termini di interesse �legittimo della situazione soggettiva indsa daNa sanzione. Appare, d'altra parte, ohiaro che tale esito deriva non dalla obiettiva natura pecuniaria (iin s� considerata) della sanzione, ma dalla particolare funzione assegnata dall'ordinamento alla miisura peouniaria, mediante ['eSiplicita configurazione di essa in termini di alternativit� con la misura riipristinatoria. � quindi soltanto l'ordinamento che, eS1ptrimeIJJdo attraverso l'alternativit� un giudizio esiplicito di equilpo1lenza tra la sanzione riipristinatoria e la sanzione pecuniaria, assegna a quest'ultilIIla, nell'<ambito di un concreto sistema sanzionatorio, la prevalente funzione restitutoria. 2. -Alla luce delle superiori considerazioni pienamente esatta si palesa la declaratoria di difetto di giudsdizione adottata dal primo giudice, risultando chiara la natura meramente afflittiva del:la sanzione pecuniaria prevista dalla legge della Regione Emma Romagna n. 13 del 1970 per l'ipotesi di abusiva coltivazione di cave e torbiere. L'airt. 21 deHa citata legge regionale dispone, infatti, che � chiunque eseociti l'attivit� di coltivazione di cave e torbiere senza avere ottenuto la prescritta autorizzazione o allorquando l'autorizzazione sia stata sospesa o �revocata, � soggetto a sanzione pecuniaria non inferiore atl milione di lire e non superiore a cinquanta milioni, fatte salve le eventuali sanzioni di carattere penale. Tale sanzione pecuniaria � irrogata dal Cofu.U!lle, sentite ila Commission� comprensoriale, o su proposta della medesima, e del provvedimento viene data contesuale comunicazione al comprensorio competente �. Il secondo comma deH'art. 21 presorive, altres�, che � l'madempiente deve, inoltre, provvedere alla riduzione in pristino dei luoghi escavati. Ove a ci� non ottemperi, provvede l'Amministrazione comunale addossando le spese al trasgressore �. Dall'esame delle disposizioni sopra richiamate discende con chiarezza che la legge deMa Regione Emilia-Romagna n. 13 del 1978 non disegna un sistema in cui la sanzione pecuniaria � configurata come alternativa alla sanzione ripristinatoria, ma al contrario introduce una obbligatoria misura pecuniaria, in ordine alla quale nessuna discrezionalit� � riconosciuta ali.l'autorit� competente, ponendo anzi la legge (art. 21 sesto comma) uno specifico potere sostitutivo del Presiidente del comprensorio per l'ipotesi ohe il Comune ometta di provvedere, affiiancando alla medesima, cumufativamente, l'altrettanto obbligatoria sanzione della rimessione in pristino, eseguita eventualmente d'ufficio in danno del contravventore. Il sistema di cui a1l'art. 21 de1la legge regionale n. 13 del 1978 pone, pertanto, due sanzioni (una pecunl�.aria e 1l'ailtra ripristinatoria) che devono essere obbligatoriamente e cumulativamente applicate, senza alcuna pos 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sibilit� di scelta fra l'una o l'altra, nei confronti del medesimo contra'VVentore. La sanzione pecuniairia di oui all'art. 21 della legge n. 13 del 1978 ha, pertanto, una esclusiva natura afflittiva, dal momento che essa si affianca e ,si cumula alla misura ripristinatoria. Soltanto l'alternativit�, infatti, rendendo sostanzialmente equipollenti le misure pecuniarie e quelle riipristinatorie, � idonea ad attrarre la sanzione pecuniaria nell'area del potere di tutela e di governo dell'interesse pubblico settoriale affidato alla Amministrazione, attribuendo ad esse anche connotati .gestorio-amministrativi, con il conseguente atteggiarsi in termini di interesse legittimo deMa posizione sogrgettiva correiJ.ata. � quanto, d'altra parre, hanno di recente affermato le Sezioni unite della Corte di cassazione, le quali, pronunciandosi in ordine al sistema sanzionatorio previsto dalla legge regionale della Lomba[1dia 15 aprile 1975 n. 51 per le opere di abusiva apertura a coltivazione di cave, hanno espressamente escluso la possibilit� di configurare in caipo al privato, nei confronti del provvedimento di irrogazione di una sanzione pecuniaria, una posizione di interesse legittimo, ed affermato, invece, fa rgiurisdizione del gmdice ordinario, proprio peTch� le sanzioni pecuniarie sono dalla predetta ilegge contemplate in via autonoma e cumulativa e non, invece, in via alternativa rispetto alle misure di carattere riipristinatorio (Cass. SS.UU., 7 marzo 1985 n. 1881). Del tutto erroneamente, pertanto, l'appellante richiama il sistema previsto dalla legislazione urbanistica, dal momento che le misure (pecuniarie e ripristinatorie) in esso previste hanno un chiaro carattere alternativo. La Supren:ia corte ha, d'altra parte, di recente affermato la natura meramente punitiva, e non .alternativa con misure di tipo dpil'istinatorio, delle sanzioni pecuniarie amministrative previste dagli artt. 10 e 11 della previgente legge regionale de11'Emilia-Romagna 26 gennaio 1976 n. 8 per l'ipotesi di indebita attivit� di coltivazione di cave e torbiere e per le indebite estrazioni di materiali dai corsi d'acqua (Cass., 7 marzo 1985 n. 882); al medesimo esito deve, pertanto, pervenirsi per quanto riguarda le sanzioni pecuniarie previste dall'art. 21 della s�ccessiva legge regionale delrl'Emilia- Romagna n. 13, recante la nuova disciplina dell'attivit� estrattiva. Il contenuto precettivo dell'art. 21 della citata legge n. 13 del 1978 �, infatti, assolutamente identico a quello de1l'art. 10 della legge regionale dell'Emilia Romagna n. 8 del 1976. 3. -I rilievi sopra esposti evidenziano, altres�, come nessuna posizione di interesse legittimo.sia configurabile nei confronti dell'attivit� dell'Ammmistrazione comunale volta a determinare la misura della sanzione. Si � visto sopra come la circostanza che nell'ammontare delle medesime sia stato ragguagliato al valore del materiale abusivamente escavato sia del PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA tutto inidonea a far considerare la �sanzione pecuniaria paxtecipe di una funzione ripristinatoria, evidenziando, semmai, il perseguimento, attraverso l'krogazii.one dehla sanzione, di un intento in senso lato risarcitorio. t!. comunque, appena il caso di accennare, che nel sistema introdotto dalla t 24 novembre 1981 n. 689 le questioni concernenti la misura e l'ammontare deHa sanzione -pvima sottratte al sindacato di qualunque giudice in quanto attinenti ali merito dehl'attivit� amministrativa -sono devolute alla coglllizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, essendo stato attribuito al Pretore, con l'art. 23 undicesimo comma (applicabile a tutte le violazioni di carattere amministrativo, ancorch� commesse prima dell'entrata in vigore della legge: Cass., SS.UU., 7 marzo 1985 n. 1880) il. potere non solo di annullare, ma anche quello di modificare l'or�dinanza irrogativa della misura pecuniaci.a �anche limitatamente all'entit� della sanzione dovuta�. 4. -Le avgomentazioni sopra esposte rendono superfluo l'esame approfondito dei rilievi prospettati daUa Societ� appellante circa il valore del richiamo alla �disciplina di cui aJlla legge n. 706 del 1975, contenuto nell'art. 21 quarto comma della legge �regionale dell'Emilia-Romagna n. 13 del 1978. Sembra, comunque, il caso di far presente che esso costituisce una diretta conseguenza della natura meramente afflittiva delle sanzioni pecuniarie in questione, e che tale richiamo deve, ormai, intendersi sostituito con quello della I. 24 novembre 1981 n. 689. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 20 febbraio 1987 n. 67 -Pres. Ancora, Est. Perricone -Benincasa (Avv. Clarizia) c. Ministero Poste (Avv. St. Arena). Impiego pubblico � Provvedimento disciplinare � Dispensa dal servizio � Violazione del dovere di fedelt� � Violazione segreto di ufficio. Costituisce violazione del dovere di fedelt� e non del segreto di ufficio, dando quindi luogo all'applicazione della sanzione della dispensa dall'impiego, il fatto del dipendente che abbia riprodotto su un foglietto tutti i dettagli d'un ufficio postale in cui transitano valori postali indicandovi porte e sistemi d'allarme destinati a rimanere segreti per gli stessi operatori. DIRITTO -L'appellante ha impugnato la decisione di primo grado con la quale � stato dai primi giudici rigettato il ricorso avverso il provvedimento di dispensa dalfimpiego assunto nei di� lui confronti dal Mini RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 144 stero delle poste e telecomunicazioni ai sensi deLl'art. 84 lett. b) del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3. H fatto imputato disciplinarmente aill'appellante e che ha portat� ailila di �Lui dispensa dall'impiego �consiste nell'avere egli rip:rodotto su un foglietto con tutti i dettagli la pianta dehl'Ufficio postrue ferrovia, dal quale transitano tutti i valori posta>li in arrivo, con l'indicazione de11.e porte e dei sistemi d'alllarme: foglietto trovatoglii nei borsello dai carabinieri durante l'esecuzione di un o:ridin� di cattura per altra imputazione. Per quest'ultima (concorso in tentata rapina, omicidio volontario, ecc.) egli veniva prosciolto in istruttoria per insufficienza di prove, ment,re per quehla cui aveva dato luogo il rinvenimento della piantina (a!ltra tentata xapina) era ;prosdOllto pure in istruttoria, � perch� il fatto non costituisce reato�, e poi sottoposto dall'Amministrazione di appartenenza a procedimento disciplinare per vic>lazione del dovere di fedelt�. A tale riguardo, con il primo motivo di ricorso, lamenta �l'appellante ohe l'infrazione contestatagli non avrebbe dovuto essere inquadrata in quella di violazione del dovere di fedelt�, che aivrebbe un contenuto etico concretizzabile in ipotesi di reato o di speoifiohe infrazioni disciplinari, ma piuttosto in quella di violazione del sega"eto d'ufficio. La questione sottoposta al Collegio, cos� come prospettata dal ricorrente, si riduce quindi nello stabilire se l'infrazione disdplinare contestatagli e che ha portato alla di lui destituzione dall'impiego sia stata, nel procedimento condotto a suo carico, correttamente inquadrata nell'ipotesi di cui all'art. 84 lett. b) del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 e cio� in quehla di violazione del dovere di fedelt� o se piuttosto tale infrazione avrebbe dovuto essere �ricondotta sotto l'ipotesi di vioiazione del segreto d'ufficio, per la quale � prevista una sanzione meno grave di quella inflittagli. La soluzione negativa � diretta conseguenza della interpretazione letterale e logica dell'art. 15 del T.U. 10 febbraio 1957 n. 3 sul segreto d'ufficio. Recita la disposizione che l'impiegato non pu� da:re a chi non ne abbia. titolo informazioni o notizie � delle quali sia venuto a conoscenza a causa del suo ufficio quando possa derivare .danno per l'Amministrazione o per i terzi �. Perch� si abbia violazione del segreto d'ufficio occorre, quindi la conoscenza di informazioni o notizie in ragione dell'ufficio, la divulgazione di tali informazioni o notizie ed il possibile danno per la Amministrazione.. Il richiamo ad info:tmazioni o notizie conosciute � a causa del suo ufficio � chiaramente �collega la diffusione delle notizie ed info:rmazioni alla conoscenza che l'impiegato ne abbia nell'espletamento dei compiti a lui demandati. Restano, quindi, escluse dalla violazione del segreto d'ufficio quelle informazioni o notizie di cui l'impiegato, pur nell'ambito dell'ufficio abbia potuto avere comunque conoscenza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Ora, il ricorrente non era depositario dei �segreti relativi ai sistemi di sicurezza dell'ufficio in oui lavorava, n� � prnvato che il foglietto sequestratoglii all'atto dell'arresto contenente le notizie concernenti tali sistemi e fa loro ubicazione sia stato dallo stesso divulgato prima del sequestro. Legittimamente, quindi l'Amministrazione ha inquadrato l'infrazione commessa 1sotto altro titolo. Come oorrettamente rilevato nella sentenza di primo grado i fatti idonei a dare luogo aresponsabilit� disciplinari non sono definiti da norme di legge o da 1regolamenti, non applicandosi ad essi il principio della tassativit� dehle ipotesi di reato del diritto penale, ma piuttosto le indicazioni al riguru:ido contenute nelle nonne relative al procedimento disciplinare comprensive di diverse ipotesi: � la stessa Amministrazione che in sede di formazione del prowedimento sanzionatorio stabilisce il rapporto tra l'infrazione ed il fatto, il quale necessariamente assume rilevanza disciplinare in base ad un appxezzamento di lal."ga discrezionalit�. Nella fattispecie, la valutazione al riguardo compiuta dall'Amininistrazione � indicata nella �relativa delibera del Consiglio centrale di disciplina e questa in sostanza, considerato che le misure di sicurezza ed i congegni di allarme dovevano restare segretissimi, qualifica il comportamento tenuto dall'impiegato (causa potenziale di notevole danno per avere portato fuori la succitata piantina) in grave contrasto con i doveri di fedelt� dell'impiegato: dovere contemplato dall'art 11 del T.U. n. 3 del 1957 e la cui violazione � sanzionata daLI'art. 84 il.ett. b) dell'anzidetto T.U. n. 3 del 1957. L'ipotesi disciplinare, contrariamente a quanto ,sostenuto dal Ticorrente, � quindi .concreta e specifica e l'obbligo di fedelt� cos� inteso non pu� �certo qualificarsi come sola affermazione di �un principio etico: in base al rapporto di impiego, in positivo c'� il dovere dell'impiegato di assolvere ai compiti del proprio ufficio neH'interesse deH'Amministrazione e, in negativo, quello di astenersi da qualsiasi azione o comportamento ohe comunque possa essere pregiudizievole per l'Amministrazione. L'ipotesi di violazione dell'obbligo di fedelt� �~certo pi� grave rispetto a quella di violazione del segreto d'ufficio e sanzionata in maniera pi� pesante, comportando, come nella specie si � verificato, la destituzione dall'impiego. La contestazione al ricorrente di un simile addebito, non � peraltro inconferente in relazione ai principi generali surrichiamati e neppure ilfogica, tenuto conto che il comportamento dello stesso appare ancora pi� grave, giacch� egli, non essendo a conoscenza per dovere d'ufficio di quei segreti e non avendoli appresi per caso, necessariamente ha dovuto attivarsi per venirne . a conoscenza e li ha riprodotti. L'atto, quindi, � in s� e nella sua pericolosit�, gravissimo e configura ipotesi disciplinare 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diversa dalla semplice violazione del segreto d'ufficio e come tale sanzionabile in misura pi� pesante. La valutazione dell'AmministTazione, alila stregua di quanto osse;rvato, appare quindi cOTretta ed immune da:lla censura di cui aiJ. motivo esa �minato. Del pari infondate sono le censure di cui al secondo motivo di appello, con il qua!le il ricorrente lamenta che nei provvedimenti assunti dall'Amministrazione non esiste a'louna motivazione �sugli elementi che hanno portato alla destituzione del ricorrente, sulla qualificazione giuridica data al fatto, n� sulla pretesa esistenza del contrasto fra l'atto posto in essere dall'appellante ed il dovere di fedelt� Titenuto violato. Nella fattispecie � bene osservare che sia fil decreto del Ministero che ia parere del Consiglio di disciplina si rifanno nelle premesse al procedi 1 mento penale a carico dell'appellante, conclusosi con la assoluzione dello stesso perch� � il fatto non costituisce reato �, in quanto, secondo la sentenza di assoluzione, � la compilazione della piantina rientra ancora nella prima vaga fase di ideazione di un crimine per cui non pu� parlarsi di atti idonei in modo non equivoco a commettere un �reato �. I fatti posti a base della sentenza debbono, quindi, ritenersi integralmente richiamati nel procedimento disciplinare di guisa ohe, attraverso la loro contestazione lill'interessato, ne viene ritenuto il carattere pregiudizievole per l'Amministrazione che qualifica il. comportamento tenuto dall'appellante � al di l� degli effetti penali � rilevante nel rapporto di impiego e sul Tequisito deHa buona condotta �. Il fatto addebitato consiste quindi nella perdita de'l. requisito della fedelt� che si risolve nella contestazione della � violazione dell'art. 84 lettera b) del d.P.R. 10 gennaio 1957 con comminatoria della destituzione dall'impiego, per atti. . . in contrasto con i doveri di fedelt� dell'impiegato>. J Il Consiglio di disciplina nella motivazione del provvedimento rileva che l'aver � riprodotto in ogni dettaglio la piantina dell'ufficio di applicazione con 1'indicazione deile misure di sicurezza e dei congegni di allarme che sono e dovevano restare segretissimi a�lche per lo stesso operatore � costituisce comportamento in grave contrasto con i doveri di fedelt� dell'impiegato. Da questa ultima affermazione chiaramente emerge che la violazione del dovere di fedelt� � dall'Amministrazione rinvenuta nel fatto stesso della attivazione per conoscere il segreto e nella riproduzione di questo. Ci� pu� danneggiare gravemente 'l'Amministrazione, atteso che le misure di sicurezza ed i sistemi di a11arme avrebbero dovuto restare segretissimi. Non pu�, quindi, sussistere carenza di motivazione laddove, tenuto conto ,dell'intero iter del procedimento disciplinare, risulti indicata la precisa qualificazione giuridica data al fatto, H carattere pregiudiziale PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1'47 per gli interessi dell'Amministrazione del comportamento tenuto dail sogigetto sottoposto al procedimento stesso e le ragioni che hanno indotto l'Amministrazione a comminare la destituzione. Quanto all'esposizione dei motivi per i quali sono state disattese le giustificazioni dell'appellante, � indicato nel provvedimento disciplinare ohe sono state riteil!Ute � risibili � riproducendo rcos� la valutazione che aveva dato iil Giudice istruttore pena!le per intendere la totale inconsistenza. Ne sussiste il denunciato difetto di istmttoria, atteso che, come rileva covrettamente la 1sentenza impugnata, l'Amministrazione nei procedimento disciplinare non ha l'obbligo di svo1gere una particolare istruttoria al fine dell'aicquisizione di ulteriori mezzi di prova quando dispone degli elementi del giudizio penale e consacrati in una sentenza non appellata. Analogamente infondato � :il terzo ed ultimo motivo d'appello, con il. quaie il ricorrente deduce che la Commissione di disciplina avrebbe fondato il proprio convincimento sulla sola circostanza che � stata oggetto di ordine di cattura, senza procedere ad una autonoma valutazione dei fatti. Quanto sopra dedotto dall'appellante non trova ris:contro negli atti del procedimento disciplinare, dal quale risulta che se anche l'Amministrazione si � rifatta agili elementi accertati in sede penaie -d'altronde idonei in s� a definire la posizione dell'appellante, -pur tuttavia tali elementi sono stati presi in considerazione e valutati dall'Amministrazione autonomamente, come � stato rilevato nell'esame del secondo motivo di appello che, in sostanza, � qui riprodotto sotto divoosa iprospettazione. L'appello va, pertanto rigettato. Ricorrono giusti motivi per .compensare fra le parti le spese di giudizio. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 20 .febbraio 1987 n. 71 -Pres. Gessa, Est. Pajno -Bert� ed altri (Avv. Biagini) c. Maga (Avv.ti Morcone e Migliori) e Ministero Agricoltura e Foreste '(Arw. St. Fiengo) ed altri. Giustizia amministrativa -Controinteressato -Rtconoscimento denominazione origine controllata � Camera di commercio � Potere di iniziativa. Giustizia amministrativa � Controinteressati � Procedimento riconoscimen� to denominazione origine controllata. Venditori e produttori� Iscrizione all'albo successiva al provvedimento impugnato. Poich� nel procedimento per il oriconoscimento della denominazione di origine controllata tatto di iniziativa pu� provenire oltre che dai produttori interessati anche dalla Camera di commercio, quest'ultima se abbia effettivamente preso l'iniziativa deve ritenersi controinteressata rispetto all'impugnazione del provvedimento di riconoscimento (1). 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nell'impugnazione del provvedimento di riconoscimento della denominazione di origine controllata non sono controinteressati i semplici venditori del prodotto, n� coloro che si sono iscritti all'albo dei produttori in epoca successiva al provvedimento impugnato (2). DIRITTO -1. -Con i!l primo motivo di gravame, il Sig. Bert� Natale e gli altri appeHanti, neWasserita qualit� di :produttori del vino � Barbacarlo �, deducono che i!l ricorso di primo grado avrebbe dovuto esser dichiarato inammissibile in quanto non notificato ad almeno uno dei controinteressati, nella cui sfera l'annullamento del decreto de1 1975 � venuto ad incidere. Osse~ano, in proposito, i medesimi 1appellanti che detti controinteressati andrebbero identificati nei :proprietari e produttori della zona delimitata nel provvedimento impugnato, facilmente identificabili attraverso i registri immobiliari e gli albi tenuti dahla Camera di commercio ai sensi dell'art. 10 del D. l.eg. n. 930 del 1963, e che non potrebbe, tnvece, essere considerata controinteressata la Camera di commercio -evocata dal Maga nel primo grado del giudizio -� poich� i compiti istituzionali di tenuta degli albi dei produttori qualificano quest'ultima autorit� amministrativa e non consentono di considerarla controinteressata all'annullamento di Wl!a denominazione d'origine �. iLa Camem di commercio di Pavia, sarebbe stata, del resto presente nella procedura volta all'emanazione del decreto del 1970, riconosciiI.ento della denominazione di origine controllata � Barbacarlo �, e non invece in quella ordinata al decreto del 1975 (modifica concorrente, tra l'altro, l'introduzione della sottodenominazione � Barbacarlo �). A tale censura resiste l'odierno appellato, osservando che la principale controinteressata era da identificarsi proprio nella Camera di com (1-2) La sentenza in epigrafe propone alcuni aspetti interessanti sulla problematica della figura dei controinteressati. Dice il Consiglio di Stato, attenendosi strettamente alla sua giurisprudenza precedente (Sez. VI, 22 dicembre 1983 n. 908 -~VI, 2 giugno 1983 n. 478 -VI, 18 novembre 1980 n. 1114 -VI, 6 febbraio 1981 n. 35), che sono contraddittori necessari tutti coloro che abbiano tratto diretto e imme�liato vantaggio dal provvedimento impugnato, essendone i destinatari, appunto immediati e diretti. Ulteriormente, si afferma, tali soggetti sono legittimati a proporre ricorso in appello anche nella eventualit� che siano stati pretermessi nel giudizio di primo grado. Il problema fondamentale risiede nell'individuazione dei soggetti che possono assumere la qualit� di controinteressati, in quanto si afferma che tali possono essere solo coloro che dal provvedimento erano direttamente presi in considerazione e sulla base di esso singolarmente individuabili. Si afferma quindi nella sentenza in rassegna, a chiare lettere, che contraddittori nel giudizio amministrativo sono solo coloro che attivarono la pubblica amministrazione al fine dell'emissione del provvedimento, e da questo sono stati riconosciuti possessori di una posizione giuridica soggettiva .. Coloro che al contrario, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 149 mercio di Pavia, essendo stata quest'ultima ['unica presentatrice della domanda di riconoscimento della denominazione controllata � Barbacarlo �. U Maga osserva altres� che il.a quasi totalit� degli appellanti avrebbe intrapreso la produzione del vino Barbaicarfo in epoca successiva alla data del decreto presidenziale del� 21 Juglio 1975 impugnato, come risuJterebbe, tra l'rutro, dal catalogo della Camera di comrr.ierx:io in circolazione alla data del predetto d.P.R., nel quale non figur&ebbe il nominativo di nessuno degli odierni appellanti. Il ricorso in � appello dovrebbe, pertanto, essere dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione degli odierni appellanti, non essendo stati costoro parti nel giudizio di ;pTimo grado ed essendo, in ogni caso, il loro eventuale interesse insorto non al momento del provvedimento impugnato, bens� in epoca successiva. 2. -Tali essendo le questioni prospettate dal primo motivo di impugnazione e dalla eccezione del resistente Maga Lino, assume valore decisivo la esatta identificazione di soggetti controinteressati in ordine al ricorso di primo grado proposto da11'appellato rper l'annullamento del d.P.R. del 21 luglio 1975, e COirrelati\namente, l'accertamento della esistenza di tale qualit� di controinteressati in capo agli odierni appellanti. Dall'accertamento dell'esistenza di tale qualit� di controinteressato dipende infatti, non soltanto la fondatezza del primo motivo di ricorso, ma in linea strettamente pregiudiziale -con le conseguenti preclusioni in 011dine alla possibilit� di passare all'esame del gravame -1l'ammissibi�it� stessa de1l'appelilo proposto dal Bert� e dagli altri appellanti. :S noto infatti che, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, legittimate a proporre appello avverso le decisioni dei Tribunaii amministrativi regionali sono soltanto ed esclusivamente le parti neces , . ugualmente traggono beneficio dal provvedimento, ma hanno ricavato una utilit� dall'azione altrui, quali beneficiati � casuali �, non hanno alcuna possibilit� di tutelare i propri interessi in altro modo che con l'intervento ad adiuvandum, previsto con una disciplina processuale molto rigorosa dall'articolo 38 del rego lamento di procedura del 1907. Nel caso di specie il collegio ha ritenuto che non potessero essere con traddittori coloro che avessero assunto la qualit� di produttori di vini D.O.C. � Oltrep� pavese -sottodenominazione Barbacarlo � in quanto tale qualit� era sorta solo dopo il provvedimento di concessione ed estensione della sottodeno minazione, richiesta dalla Camera di Commercio di Pavia (legittimata alla ri chiesta della legge quale ente esponenziale degli interessi dei produttori della zona), e non al momento della concessione della denominazione principale. Si afferma quindi che non � compito del ricorrente individuare tutti i pos� sibili soggetti legittimati a contraddire, attraverso eventuali ricerche in Albi o elenchi (cosa peraltro impossibile nel caso di specie a causa dell'iscrizione degli attuali appellanti successivamente all'emissione del provvedimento impugnato), dovendo questi limitarsi all'esame del provvedimento ed all'individuazione dei soggetti da esso menzionati o comunque reperibili. 150 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO sarie del giudizio di primo grado, aIJ1Che se eventua'1mente non costituite, e cio� i soggetti tra i quali deve intercorrere il rapporto processuale, in relazione alla controversia dedotta, ed indipendentemente dalla circostanza che sia stato loro notificato il ricorso, ovvero che siano, o meno, costituite nel giudizio di prima istanza (VI, 22 maggio 1985 n. 203; IV, 3 aprile 1985 n. 114; VI, 2 giugno 1983 n. 478; VI, 7 luglio 1982 n. 338). E poich� le parti necessarie del giudizio di primo grado -quelle cio�, fra le quali deve necessariamente intercorrere, a pena di nullit�, il rapporto giuridico processuale -sono esclusiivamente il ['icorrente, l'autorit� emanante ed il controinteressato, appare evidente che la presente impugnazione potr� essere considerata ammissibile soltanto ove agld odierni appellanti sia possibile riconoscere Ja qualit� di controinteressati e cio� di soggetti -secondo la nota nozione -, ai quali la'tto impugnato si riferisce direttamente, e iche traggono dall'atto stesso un vantaggio diretto ed immediato, quali destinatari degli effetti diretti ed immediati dello stesso provvedimento (V,I, 22 dicembre 1983 n. 908). Una situazione del genere non sembra al CoHeg;io riconoscibile in capo agli odierni appellanti, avuto riguardo alla procedura d,isposta per il riconoscimento delle denominazioni di ori~ne controllata e per la delimitazione delle ,relative zone di produzione dal d.P.R. 12 luglio 1963 n. 930, al procedimento in concreto seguito per pervenire all'adozione del provvedimento impugnato lin p,rimo grado, ed infine all'esito dell'istruttoria disposta con la decisione n. 391 del 1984. In particolare, con la predetta s�entenza .il Collegio aveva, infatti, richiesto, allo scopo di vagliare ila questione di ammissibilit� del ricorso di primo grado prospettata dagli aippellanti e quella relativa alla inammissibilit� del gravame, sia J'albo di cui aill'art. 10 del d.P.R. n. 930 del 1963, tenuto dalla Camera di commercio di Pavia, sia ogni domanda, anteriore al 1975 per il riconoscimento della sottodenominazione Barbacarlo. Avuto riguardo al procedimento volto al riconoscimento della denominazione di origine controJlata previsto dal d.P.R. n. 930 del 1963, ed a quello in concreto seguito per pervenire aH'adozione dell'impugnato provvedimento con il quale, a modifica del discipfa1are di cui al D.P.R. del 1970, � stata, tra l'altro, sostanzialmente introdotta Ia sottodenominazione (Barbacarlo), posdmoni soggettive differenziate, taM da conferire ai rispettivi titolari la qualit� di controinteressati in ordine ahl'eventuale impugnazione del provvedimento sono riscontrabili o con riferimento ad una attivit� idi illl!Pu1so del procedimento, ovvero -nell'ipotesi di decreto di modificazione del precedente disciplinare -in relazione ailla gi� esistente is�crizione nell'albo dei vigneti di cui all'art. 10, essendo tale iscrizione i'adempimento da cui dipende quanto meno la riconoscibilit�, se non addirittura Ja qualit�, di produttore di vini a denominazione di origine con� trollata. ! � I I I I r .� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA In ordine al primo ,aspetto, :va infatti notato che quello relativo al riconoscimento della denominazione di origine controllata (o, come nella fattispecie, alla modificmone della precedente disciplina), � normalmente un procedimento a istanza di parte (l'art. 6 del d.P.R. n. 930 del 1963 prescrive, infatti che la relafora domanda � presentata �dagli interessati � all'Ispettorato deM'�agricoltura), essendo il potere di im[pulso del Comitato nazionale ic�i cui all'art. 17 meramente sostitutivo dell'inerzia mantenuta dagli interessati o dalla Camera di commercio {art. 18 primo comma, lett. b, secondo cui la dichiarazione di origine controHata e garantita � promossa dal Comitato nazionale � qua!lora non ne sia stata fatta richiesta da parte delle componenti Camere di commen:io, industria e agricoltura�). Avuto rigua11do a tale potere di iniziativa riconosciuto agli �interessati � non pu� essere disconosciuta in ,capo ai medesimi che, abbiano provveduto ad at1Jivare il iprocedimento {o a fare proprio un procedimento da altri gi� attivato) una posizione soggettiva qualificata alla conserv.azione del provvedimento che, in accoglimento delle relative proposte, introduca '1a denominazione di origine controllata o provveda ahla modificazione del precedente decreto di riconosdmento. Tale legittimazione spetta, peraltro, anche alla Camera di commercio, allorch� Ja medesima ~bbia provveduto ad assumere la necessaria iniziativa. La normativa contenuta nel d.P.R. n. 930 del 1963, subovdinando l'intervento del Comitato di cui all'art. 177 aHa mancanza di iniziativa oltre che, degli interessati, anche della Camera di commercio, eviidenzia infatti che l'iniziativa di quest'u~tima � posta sullo stesso piano di quella dei predetti �interessati�, e che in tal caso, la Camera di commercio agisce come ente esponenziale degli interessi dei produttori della zona. Nel caso in esame -in cui si discute della legittimit� di lll!Il decreto di modificazione di un precedente riconoscimento -una posizione di controinteressata sostanziale deve essere riconosciuta alla Camera di commerdo idi Pavia, dal momento che -nonostante nelle premesse del provvedimento si faocia riferimento ad una � proposta � del Comitato di cui all'art. 17 -il decreto impugnato risulta adottato a seguito di un procedimento ohe costituisce la continuazione necessaria di quello aipertosi nel 1967, e che definisce le questioni connesse con J'istanza presentata sempre ,nel 1967 da1la Camera di commercio di Pavia. Quest'ultima aveva, infatti, richiesto, tra l'altro, il riconoscimento delle denominazioni di origine controhlata � Barbacarlo, Sangue di Giuda e Buttafuoco �, mentre con il decreto del 1970 si era provveduto al riconoscimento della pi� generica e comprensiva denominazione � Oltrep� Pavese �, accantonando, per ulteriori approfondimenti, effettuati anche dal Comitato nazionale, le questioni aMerenti alle denominazioni sopra indicate. Il provvedimento del 1975 -frutto, appunto, di tale sUJpplemento di istruttoria (come ;risulta dai verbaihl del Comitato nazionale di cui al '152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 17) definisce, pertanto, sostanzialmente J.'i:stanza ab origine presentata dalla Camera di commerx:io di Pavia. A quest'ultima, pertanto, deve essere riconosciuta la qualit� di controinteressata, mentre rutrettanto, sotto questo profilo, non: pu� dirsi per gli odierni appellanti non essendo risultata, a seguito dell'istruttoria, alcuna istanza o anche mera solJ.ecitazione, idonea ad incidere sul procedimento, :dai medesimi proposta. In omine, poi, al secondo dei profili sopra cennati, va TicOI'dato che il provvedimento con ,cui � stata autorizzata la sottodenominazione � Bar ba:carlo � ed indicato il correlativo perimetro deMa zona di produzione relativa, costituendo una modifica ed una integrazione del precedente de creto di riconoscimento della pi� generale denominazione di origine � Oltrep� Pavese �, si inserisce in un contesto in cui esiste gi�, in rela zione all'intervenuto riconoscimento, un �albo dei vigneti ed esistono, di con seguenza, dei produttori iscritti in detto albo. Si deve, aliJ.ora ritenere che vantano !llDa posizione differenziata a[ mantenimento dell'impugnato provvedimento -e costituiscono, in questo senso, dei 1controinteressati quei soggetti che, gi� iscritti come produttori di vini nell'albo di oui al l'art. 10 del d.P.R. del 1%3 in relazione al riconoscimento gi� intervenuto con il precedente decreto del 1970, siano conduttori di fondi o titolari di aziende agriccYle ricompresi nel perimetro della �sottodenominazione � Bar- bacarlo�. Questi ultimi, infatti -gi� quaJ.ificati rispetto al precedente decreto di riconoscimento come produttori di vino a denominazione di origine controllata -ricevono un vantaggio diretto ed immediato dal provvedi mento di modificazione, potendo, per il solo fatto dell'emanazione del medesimo, adottare anche la sottodenominazione � Barbacarlo �. Gli stessi, poi, in virt� della iscrizione a:li'albo dei vigneti di cui aH'art. 10, appaiono facilmente riconoscibili (e, del resto, gli odierni appellanti, con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado, proprio alrnscrizione all'albo hanno fatto riferimento, per affernnare la propria qualit� di controinte ressati legittimati alla impugnazione ed evii:denziare la propria ricono scibilit�). Tale qualit� di cont:rointeressati, �sotto ilprofilo cennato, non appare, ipemltro, riconoscibiJe a nessuno degli odierni appellanti. Di essi, in particolare, otto -e cio� i signori Bert� Natale, Giorgi Gianfranco, Fiam berti Ambrogio, Marazzi Federico, Favarelli Caterina, Fiamberti Riccardo, Colombi Luciana vedova Villani e Zenardi Egidio, non risultano iscritti come produttori Barbacarlo nell'elenco trasmesso dalla Camera di com mercio di Pavia, siicoh� nessuna posizione differenziata pu� essere ricono sciuta in capo ai medesimi. N�, in contrario, pu� valere feventuaile com mercializzazione di vino �chiamato � Barbacarlo �, dal momento che que st'ultima non pu� essere considerata come riferentesi a vini a denoml�lla zione di origine controllata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 153 L'art. 11 del d.P.R. n. 930 del 1963 dispone, infatti, che il conduttore di un terreno � iscritto nell'albo che intenda vendere il proprio prodotto con la rispettiva denomina:llione di origine controllata o controllata e garantita � tenuto a denunciare alla competente Camera di commercio, per il tramite del Comune, entro dieci giorni dalla fine della vendemmia, la quantit� di uva prodotta e, nel caso che l'abbia venduta, fil nominativo e l'indirizzo dell'acquirente, nonch� i1l vigneto da cui proviene H prodotto �; il che rende evidente come la �commrecializzazione di un prodotto come a denomin�zione di origine controllata suppone sia J'intervenuta iscrizione all'albo di cui all'art. 10, sia l'ulteriore adempimento indicato nell'art. 11. Gli altri appellanti risultano poi tutti i.scrJtti all'albo di oui all'art. 10 in epoca successiva al provvedimento impugnato, sicch� g1i stes.si non possono essere considerati controinteressati, essendo la posizione soggettiva dai medesimi vantata sorta dopo il provvedimento impugnato, come conseguenza mediata del medesimo, a seguito dell'intervenuta iscrizione nell'albo. � noto, infatti, che controinteressati nel processo amministrativo sono soltanto quei soggetti ai quali l'atto impugnato si riferis�ca espressamente, o che siano facilmente individuabili, e che traggano dall'atto un vantaggio diretto ed immediato, non potendo, invece, attribuirsi alcuna rilev1anza alle situazioni giuridiche venute in essere in tempo ,successivo all'atto impugnato (VI, 6 ,febbraio 1981 n. 35; 18 novembre 1980 n. 1114). La circostanza che la posizione soggettiva sia sorta dopo l'emanazione del decreto impugnato, eVI�Jdenzia che la medesima non deriva immediatamente e direttamente da quest'ultimo, ma mediatamente, at� trave11so d'esercizio di una ulteriore attivit�, costituita dalla iscrizione all'albo, il cui presupposto non era peraltro costituito dal provvedimento impugnato, ma dal precedente prowedimento del 1970 di riconoscimento della denominazione di origine � Oltrep� Pavese�. Il decreto impugnato non ha, infatti, introdotto tale denominazione, ma si � limitato ad auto� rizzare, per i soggetti gi� abilitati all'uso della denominazione di origine controHata � Oltrep� Pavese�, l'uso della (ulteriore) denominazione tradizionale � Barbaicarlo �. Gli odierni appellanti, pertanto, all'epoca dell'adozione del prowedi� mento impugnato, non risultavano iscritti nell'albo dei produttori di v.ino a denominazione di origine controllata, sicch� la posizione soggettiva dagli stessi vantata, non soltanto � sorta dopo !'�adozione del decreto del 1975, ma trova il proprio presupposto nel diverso provvedimento di riconoscimento della denominazione di origine controllata Oltrep� Pavese, apparendo solo ulteriormente qualificata da~ prO'V'Vediimento impugnato in prime cure. Si tratta, pertanto, di posizioni soggettive che, pur apparendo collegate con il decreto del 1975, autorizzativo dell'uso della sottodenominazione � Barbaca11lo �, non costituiscono conseguenza diretta ed ~ 154 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA IJ immediata di quest'ultimo, essendo da una parte subordinate ad una ulteriore attivit�, costituita dalla avvenuta iscrizione, all'albo dei vigneti di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 930 del 1963, che accerta l'effettiva qualit� l (non di mero proprietario di terrend, circostanza questa che di per s� ! appare inmfluente), ma di produttore di vini a denominazione di origine ' controllata, e daH'altra collegate da una relazione di presupposizione con il diverso decreto del 1970. Ed infatti, ci� che rende possibile l'iscrizione nell'albo, � il decreto del 6 agosto 1970 di riconoscimento della denominazione di origine � Oltrep� Pavese�, mentre il decreto del 1975 -impugnato in primo grado -quaHfica ulteriormente la posizione soggettiva dei produttori interes�sati. Dalle considerazioni sopra esposte, discende, altres�, l'inammissibilit� deHa presente impugnazione con riferimento a tutti gli odierni appellanti. In particolare, coloro che non risultano ascritti all'albo di cui a1l'art. 10 non hanno interesse alla impugnaziO!Ile, posto che nel caso di specie si discute della legittimit� di .un prOV'Vedimento che qualifica ulteriormente i vini dei soggetti produttori di vini a denominazione di origine controllata, mentre gli appellanti non iscritti non risultano, in conseguenza di tale mancata iscrizione, produttori di vini a denominazione dd origine controhlata. Gli altri appellanti, iscrittisi all'albo di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 930 del 1963, pur titolari di una posizione sorta dopo il d.P.R. impugnato e da essa dipendente, non sono tuttavia controinteressati e non posseggono, pertanto, una autonoma legittimazione a proporre autonomo appello avverso una decisione intervenuta in un giudizio in cui non sono stati, n� potevano essere, parti necessarie (V.I, 6 febbra�o 1981 n. 35; 18 novembre 1980 n. 1114 cit.). Le situazioni riconducibili ai predetti soggetti, in quanto non autonome n� direttamente discendenti dal provvedimento impugnato, ma ad esso successirve e fogate, per il loro stesso sorgere, da una relazione di presupposizione con hl decreto del 6 agosto 1970, apparivano, infatti, esolusivamente tutelabili con la forma dell'intervento. Il ricorso in appello, deve, pertanto, rp~r ~e ragioni sopra esposte, essere dichiarato inammissib�le. Sussistono, .peraltro, igiusti motivi per disporre la integrale compensazione deHe �spese di lite. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 Agosto 1986 n. 4909 -Pres. Falcone Est. Senofonte -P. M. Morozzo della Rocca. Ministero delle Finanze (aw. Stato D'Amico) c. Soc. Manifatture Maglie. Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Societ� di persone � Socio d'opera � Recesso con rinuncia alla liquidazione della quota sociale Accrescimento in favore degli altri soci � ~ soggetto all'imposta di trasferimento. (R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 27 e tariffa A art. 87; e.e. art. 2289). Poich� il socio di sola opera ha diritto al conseguimento degli incrementi patrimoniali, il suo recesso con rinuncia alla liquidazione della quota sociale spettantegli ex art. 2289 e.e., si traduce in una liberalit� in favore dei soci residui soggetta alla imposta di trasferimento a norma dell'art. 27 dell'abrogata legge di registro (1). (Omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 27 r.d. 3269/1923; dell'art. 87 della tariffa aill. A allo stesso decreto e dell'art. 2289 e.e., sostiene che il socio d'opera, pur non conferendo denaro o altri beni all'atto deHa costituzione della societ�, acquista il diritto non solo alla rtpartizione degli utili di gestione, ma anche al COIIlseguimento degli incrementi patrimoniali. Con riferimento ai quali, pertanto, deve trovare applicazione anche nei suoi confronti l'art. 2289 e.e., che riconosce al socio uscente il diritto ad una somma rappresentativa del valore deHa quota. E siccome questa, a seguito della sua mancata liquidaziOIIle, va ad accrescere l'entit� della partecipazione degli altri soci, si attua il presupposto della tassazione proporzionale, riferibile non al recesso per s�~ considerato (soggetto ad imposta fissa, ex art. 87 della tariffa citata), ma al trasferimento della quota di partecipazione (art. 27 cit.). Questa conseguenza -conclude 1a ricorrente -deriva proprio dal principio, enunciato dalla Commissione centrale, ma non applicato (avendo erroneamente ritenuto necessaria al riguardo l'impugnazione da parte deH'Ufficio), della rilevanza dell'in� trinseca natura e degli effetti dell'atto. ~ Il ricorso � fondato. (1) Decisione di evidente esattezza. 156 RASSEGNA. l>ELL'A.WOCA.TURA. !>ELLO STATO La Commissione centrale, pur ammettendo che runche rispetto al socio d'opera si configurano tutti g'li elementi costitutivi del rapporto sociale, non ha tratto da questa premessa le debite conseguenze. Tra le quali deve, in primo luogo, annoverarsi (ex art. 2289 e.e.) il diritto, nel caso di uscita del socio dalla societ�, alla liquidazione della quota e, quindi, ad una somma di denaro che ne rappresenti il valore, rapportato alla situazione del patrimonio sociale netto nel giorno in cui si verifica il recesso (con la sola differenza, ri:spetto al socio capitalista, che questi ha diritto ancl}.e al rimborso del proprio conferimento, ossia ad una quota del capitale, che al socio d'opera, in ragione della specificit� del suo apporto -costituito dahla sola attivit� lavorativa -ovviamente, non spetta: Cass. 5126/1985). Ne deriva che se il socio uscente non rivendiica la propria quota e a questa, anzi, rinuncia (come non si nega che sia avvenuto nel caso di specie), dichiarando di non avere nulla da pretendere in dipendenza del cessato rapporto sociale, i soci superstiti (soggetti reali) ne risllltano corrispondentemente arricchiti, in quanto si ampliano proporzionalmente le rispettive quote di partecipazione, non solo nella loro configurazione astratta, ma in concreto, perch� riferite ad un'entit� patrimoniale rimasta immutata, pur essendo diminuito, per effetto del recesso, il numero dei partecipanti. La rinum.cia del recedente si traduce, pertanto, in una liberalit� a favore dei 1soci residui, la quiale non si pone come conseguenza puramente economica del recesso, bens� come effetto (giuridico) naturale e tipico dell'atto da cui promana, costituito -questo -dalla dimissione del diritto spettante al dichiarante (con la inerente locupletazione dei soci rimasti) e, quindi, da un� negozio autonomo, distinto dal recesso, sebbene ad esso coHegato. Se di questa dualit� la Commissione centrale avesse tenuto conto e non avesse, dunque, polarizzato la propria attenzione esclusivamente sul recesso, senza darsi carico della contestuale rinunzia, avrebbe dovuto considerare, da un Lato, non solo giuridicamente possibile, ma in realt� attuato, per effetto di quest'ultima, il trap~sso di quota, e, dall'altro, non tanto superflua, ma improponibile l'impugnazione, da parte dell'Ufficio, di un atto (la rinunzia, appunto) gi� emerso (anche) sul piano fiscale nella sua dimensione reale e, perci�, immediatamente idoneo ad attirare il corrispondente trattamento impositivo. Il quale, attese le premesse e Ja equiparazione, ai fini tributari, delle quote di partecipazione nelle societ� in nome collettivo alle cose mobili o immobili secondo Ja natura dei beni costituenti il patrimonio sociale (art. 27 della previgente legge di registro), si identifica con quello proprio degli atti traslativi, coerentemente, del resto, all'ipotesi, in certa misura speculare, di scioglimento della societ� (anche limitatamente ad un I I I r ! I I I I ! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 socio) aocompagnato da assegnazioni (in favore del socio uscente) Sl.llpe riori alla quota di diritto, come previsto dall.'art. 48 della stessa legge e dalla nota apposta in calce all'art. 88 della tadffa all. A. H quale, cos� disciplinando il caso e non facendo menzione del suo contrario, mal si presta -come, invece, ritenuto in 'Precedenti sentenze -ad essere interpretato nel senso che abbia inteso assoggettare quest'ultimo, per ragioni non esplicitate e comunque non individuabili, ad un trattamento diverso da queHo che il Sli:stema nel suo complesso pro-pone. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 agosto 1986 n. 4914 Pres. Cusani Est. Caturani -P. M. Amirainte ~conf.) Soc. SICIR c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Salimei). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Accertamento � Rettifica del bilancio ex art. 119 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645. Maggiori valori risultanti da valutazioni ai fini dell'imposta di registro � Utilizzabilit� � Prova contraria del contribuente. (T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 119, 120 e 121}. Legittimamente l'ufficio procede alla rettifica della dichiarazione in base a bilancio, a norma dell'art. 119 del T.U. delle imposte dirette utilizzando le valutazioni eseguite ai fini dell'imposta di registro. L'accertamento cos� eseguito non pu� essere redatto se il contribuente non prova di aver percepito un prezzo inferiore al valore dichiarato '(1). (Omissis) Con unico motivo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 119 comma 3 e 121 comma 1 del d.P.R. 29 gennaio 195S n. 645, il ricorrente assume che la tesi aoco:lta dalla Com.missione Tributaria Centrale, secondo cui il riferimento ai valori accertati ai fini dell'imposta di registro � di per s� sufficiente a giustificare la rettifica dei dati di bilancio per determinare l'imponibile dell'imposta di ricchezza mobile cat. B, � erronea. Infatti, si sostiene che i valori determinati dall'ufficio del registro possono costituire un indizio di prova, ma da soli non sono sufficienti a legittimare la correzione induttiva delle poste del bilancio, specie quando non si sia provata la loro inesattezza. D'altro .cainto, si afferma che molteplici sono le ragioni che astratta� mente inducono a riscontrare un divario tra valore venale in comune (1) La pronuncia riconosce praticamente senza limiti l'utilizzabilit� delle valutazioni ai fini dell'imposta di registro come correttivo delle postazioni di bilancio. La controversia � stata per� decisa sotto il vigore dell'art. 119 del t.u. delle imposte dirette; � dubbio che la stessa conclusione possa fondarsi sull'art. 39 del d.P.R. n. 600/1973. 158 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO commercio dell'immobile (ri[evante ai fini della imposta di registro) e il prezzo effettivamente pagato dall'acquirente. Addossando, infine, al contribuente l'onere de1la rprova di aver venduto a prezzi inferiori al valore stimato dafil'ufficio del registro, fa decisione impugnata ha invertito l'onere probatorio senm. considerare che � J'ufficio a dover dimostrare l'faattendibHit� del bila!l!Cio in base a prove e fatti concreti. Il ricorso � infondato. Costituisce jus receptum nella giurisiprudenza di questa Corte il prmcipio, secondo cui in tema di imposta di ricchezza mobile a carico di soggetto tassabile in base a bilancio, il potere dell'ufficio di proce dere, anohe induttivamente alla integrazione o correzione delle impostazioni del bilancio medesimo, deve essere riconosciuto, ai sensi e nel vigore dell'art. 119 comma 3 del d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645 tanto nel caso di omissione, quanto in quello di inesatta indicazione di una determinata entrata, mentre resta a carico del conitribuente, a norma del successivo art. 121, e semprech� l'ufficio abbia allegato e comprovato le ragioni giu, stificative dell'esercizio del suddetto potere, di dimostrare l'inesistenza, in tutto o in parte, del reddito, ovvero la inesattezza delle correzioni od 1 lntegrazioni arpportate (sentt. nn. 1704/85, 4013/81, 1503/80, le ultime due con riferimento al potere di accertamento induttivo dell'ufficio che deve I svolgersi in maniera tale da salvaguardare il diritto di difesa del contribuente). I Il 11 ricorrente non contesta in astratto i suddetti principi, ma afferma ohe sarebbero mancati in concreto gli stessi presupposti deH'accertamento induttivo poich� l'ufficio era �vincolato alle risultanze del bilancio, non essendo state indicate in modo inesatto le entrate. N� la inesattezza poteva desumersi facendo riferimento ai valori accertati ai fini dell'imposta di registro, da1:o che quest'ultima tende ad �accertare i valori di mercato dei I beni trasferiti, mentre nel caso in esame ['imponibile si determina con riguardo alle entrate effettivamente conseguite -dal soggetto tassabile in base al bilancio. La tesi sopra riassunta non pu� essere ':ondivisa dal Collegio. � esatto quanto afferma il ricorrente che cio�, i redditi dei .so~getti tassabili in base al bilancio sono determinati sulla base deHe .risultanze del bilancio; ma l'amministrazione finanziaria non � vincolata in .modo assoluto a quanto dallo stesso risulta potendone controllare le poste sulla scorta dei libri, .scritture e documenti contabili (art. 119 commi 1 e 2 del d.P.R. n. 645/58). Proprio sulla base di questo penetrante riscontro non pu� perci� negarsi all'ufficio la possibilit� di ritenere inesatta la entrata menzionata in bilancio quando abbia . fondato sospetto che la medesima non corri� sponda alla somma in effetti conseguita dalla societ�. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA E, come gi� riitenuto da questa Corte con ie sentt. nn. 1904/80, 2283/79, questa valutazione bene pu� essere compiuta in tal senso allorch� l'ent:r~ata costituisca il prezzo di un bene alienato dalla societ� mentre in sede d1 accertamento di ivalore ai fini deHa (abrogata) imposta di registro, sia stato definito un valore di mercato superiore alla entrata menzionata in bilancio. Come gi� ebbe a rilevare Ia cit. sentenza n. 1904/80, la indicazione in bilancio di ,un incasso sensibilmente inferiore bene pu� giustificare il 1sospetto di una esposizione infedele di dati, dovendosi presumere che un ente tassabile in base a bilancoi si comporta in conformit� a:lla comune prassi di mercato, noo potendosi ipotizzare, a dii�ferenza di quanto � pos. sibHe per una persona fisica, ohe svenda a prezzi di assoluto favore per ragioni diverse da que1le economiche. In tal caso, pertanto, � giwstificato un accertamento presuntivo ai sen si dell'art. 119 comma 3 del d.P.R. cit. suJla base degli accertamenti effet tuati ai fini dell'imposta di registro. N� pu� dirsi ,che in tal modo siano violate le norme sulla ripartizione deH'onere probatorio, poich�, una volta ohe si � ritenuto legittimo il ricor so da parte dell'ufficio all'accertamento induttivo in caso di divario tra l'entvata menzionata in bi[ancio ed il valore di mercato del bene accertato ai fini dell'imposta di registro, � evidente che le raglooi per le quali l'uffi cio ha ritenuto appliicabi:le le disposizioni del 3� comma dell'art. 119 sono insite nella stessa rilevata differenza tra il prezzo della compravendita risultante dal bilancio e il valore di mercato del bene, accertato ai fini della imposta di registro. Ne discende che in caso di contestazione il red dito accertato dall'ufficio con. il metodo induttivo non pu� essere dichia rato insussistente ,n� ridotto se il ,contribuente non abbia fornito la prova della inesattezza della correzione apportata (art. 120 comma 2 del d.P.R. 645/58). E questa prova, lungi dal rifilettere Je possibili divergenze che possono astrattamente verificarsi tra prezzo conseguito dalla societ� alie nainte e valore venale del bene -cosi come sostenuto daUa ricorrente deve riflettere concrete circostanze attinenti alla fattispecie dedotta in giu dizio, al fine di superare :con gli opportuni mezzi istruttori anche even tualmente di carattere presuntivo, la deduzione ohe legittimamente l'ufficio ha tratto in base all'accertamento induttivo. Noo pu� escludersi invero in maniera aprioristica la eventualit� che Ile vicende societarie induoano ad operare una alienazione di beni a prezzi inferiori al costo di mercato, come, ad esempio, pu� accadere quando la societ� ha urgente bisogno di mobilizzare i suoi beni per far fronte ad una impellente esigenza economica. Ma � evidente che una tale evenienza deve essere provata da chi l'assume, al fine di superare l'accertamento presuntivo che)'amministrazione � autorizzata, in mancanza di elementi concreti di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 160 prova in senso contrario, a mantenere fermo, secondo il sistema nol1lllativo innanzi accennato. In applicazione di tali criteri, la Commissione Tributaria Centrale ha deciso rettamente la controversia, avendo rNevato da un lato la legittimit� dell'accertamento induttivo operato dall'ufficio e dall'altra che il contribuente non aveva addotto, come era suo onere, alcun elemento concreto di prova per dimostrare la inesattezza della correzione apportata alla posta del bNancio riflettente le entrate conseguite dalla societ� per la vendita degli immobili di cui si contende in base ai valori definiti in sede di accertamento della iIIJ(l>osta di registro, esseindosi limitato a contestare in maniera puramente astratta e generica ma senza alcun riferimento alla concreta fattiispecie, le divergenze che eventualmente possono verificarsi tra prezzo corrisposto dall'acquirente e valore di mercato del bene. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1986 n. 6040 -Pres. Zucconi Est. Taddeucci -P. M. Golia (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Cosentino) c. Andreola (avv. Ciccotti). Tributi erariali diretti -Riscossione -Opposizione esattoriale � Improponibilit�. (D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, artt. 53 e 54). Le opposizioni esattoriali, diverse da quelle di terza, sono improponibili; il contribuente, i coobbligati, il coniuge e i parenti e affini entro il terzo grado possono ricorrere, anche per ottenere la sospensione, all'intendente di finanza ovvero proporre azione ordinaria di risarcimento contro l'esattore solo dopo il compimento dell'esecuzione, il che non esclude la impugnazione al momento anteriore dell'accertamento e del ruolo con ricorso alla Commissione (1). (Omissis) 1) Delle tre statuizioni contenute nelJa sentenza impugnata -declaratoria di cessazione della materia del contendere, compensazione delle spese tra appellanti ed Esattoria comunale; condanna dell'erario al pagamento delle spese processuali in favore delle Andreola -la ricorrente Amministrazione delle Finanze dello Stato, con unico mezzo di annullamento, censura soltanto quest'ultima. E deducendo la violazione degli artt. 39, 91 e 112 c.p.c. oltre a vizi di carenza e contraddittoriet� di motivazione sul punto, sostiene che agli effetti del regolamento delle spese processuali in riscontro della cosiddet (1) La deci~ione espone principi pacifici, ma che non � superfluo ricordare. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ta � soccombenza virtuale � il Tribunale non avrebbe potuto, nemmeno incidentalmente, rilevare e fare leva sull'argomento della inesistenza della obbligazione (o coobbligazione) tributaria irn caipo alle sorelle Andreola, stante il difetto di giurisdizione nel giudice ordinario in oroine a quella materia, riservata pacificamente alla cognizione delle Commissioni tributarie ('1e quali, del resto, si erano gi� sul tema nelle sedi Ioro proprie gi� pronUll1Ziate). Premesso che la questione di giurisdizione viene, in ita:I modo, solo indirettamente e di riflesso sollevata -quale elemento influente sull'esame del punto sostanziale controveriso, relativo aUe spese, e quale momento ingeneratore della violazione e falsa applicazione dei criteri di cui all'art. 91 del Codice proc. civile -non sembra necessario rimettere alle Sezioni Unite di questa Corte, ex art. 374 e 376, ultimo comma c.p.c., la cognizione della impugnazione. Con essa non si sostiene, infatti, che il giudice d"aippello -U1I1a volta cessata tra le parti ogni ragione del contendere -non avesse il potere giurisdizionale di provvedere in oroine ail regolamento delle spese processuali; ma si lamenta, pi� limitatamente, che nell'esercizio di quel potere non furono tenute presenti considerazioni attinenti alla proponibilit� dell'azione davanti all'adito giudice ordinario. Tale censura, nella sostanza, si palesa fondata. Oocorre anzitutto precisare che con il loro ricorso aiJ. Pretore di Bari le sorelle Andreola -ponendo sostanzialmente in discussione che i ruoli delle imposte complementari progressive 1sul reddito complessivo, dovute dal genitore Francesco Andreola costituissero titolo per la riscossione delle imposte stesse anche nei confronti di sua moglie Isabella Mincuzzi e dei figli di lei quali eredi della defunta, e fondando sulla asserita inesistenza di un rapporto di coobbligazione tributaria le pretese di sospensione dell'esecuzione e di inefficacia dell'attivit� dell'esattore -proposero una tipica opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., volta a contestare il diritto di procedere per via esecutiva per difetto di titolo nei 'loro confronti. Appunto come opposizioni alla esecuzione le azioni promosse dalle Andreola vennero rettamente qualificate sia dal Pretore sia dal Tribunale di Bari: e quest'ultimo si � richiamato alfa precedente giurisprudenza di questa Corte regolatrice secondo cui non concreta una opposizione di terzo, quella proposta dallo stesso soggetto passivo della procedura esecutiva incoata, su beni di sua appartenenza, in virt� di un (preteso) rapporto di coobbligazione solidale con il debitore iscritto a ruolo. Ma da tale esatto inquadramento della domanda, non discendeva affatto che essa fosse proponibile davanti al giudice ordinario. Poich� i pignoramenti mobiliari in danno delle sorelle Andreola furono effettuati nell'aprile e maggio del 1975, previa notificazione dell'avviso di mora nel febbraio di quell'anno, non vi � dubbio che la controversa RASSEGNA DEI.J.'AVVOCATURA DEIJ.O STATO 162 riscossione coattiva fosse disciplinata dal d.P.R. n. 602 del 1973, entrato in vigore il 1� gennaio 1974 (e non dagli artt. 207, 208 e 209 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, per come emergerebbe dai richiami giurisprudenziali contenuti nella 'sentenza impugnata). Orbene, ai sensi degli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, contro gli atti esecutiivi dell'esattore -anche ai fini della loro sospensione -il contribuente, i coobbligati, il coniuge, e i parenti ed affini sino al terzo grado possono �ricorrere all'Intendente di Finanza; le opposizioni regolate dagli artt. 615 e618 del.codice di procedrura civile non SO!llO ammesse; ed i soggetti sopra menzionati, che si ritengooo lesi dall'esecuzione esattoriale possono agire in sede giudiziaria contro l'esattore dopo il compimento della esecuzione stessa, ai soli fini del risarcimento del danno. Tutto ci� non toglie, owiamente, al soggetto perseguito in proprio coo la procedura esecutiva di adire nel frattempo le competenti Commissioni tributarie per l'accertamento della inesistenza dei presU1pposti della attribuitagli obbHgazione tributaria (r-imedi che neHa fattispecie riisultano utilmente esperiti nelle sedi loro proprie). �a ilegittimit� costituzionale di siNatto, articolato, sistema di difese � stata ricooosciuta dalla Cor.te costituzionale con sentenza n. 63 del 1 aiprile 1982 e ribadita con ordinanza n. 80 del 29 marzo 1983, laddove in particolare � stata denegata Ia contrariet� ai precetti di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione del disposto deH'art. 54 del d.P.R. 111. 602 del 1973, neLla parte in cui sono state esdUJSe, in materia di procedura esecutiva di riscossione di imposte diirette, le opposizioni davanti al giudice ordinario ed il potere, nel predetto, di sospendere quelle esecuzioni. A loro volta, le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione, anteriormente a quelle rpronuncie, con sentenza n. 1472 del 1980 avevano avuto occasione di precisare che con J'art. 54 del d.P.R. n. 603 del 1973 era stato rinnovato il divieto delle opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi, ex art. 615 a 618 c.p.c., gi� stabilite da:Ll'art. 209, II co. del t.u. n. 645 del 1958 (e non anche delle opposizioni di terzo, introduttive di controversie del tutto estranee �al1a materia tributaria). E con sentenza n. 5943 del 21 novembre 1984, sono tornate a ribadfre il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine all'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta av;verso la esecuzione esattoriale. Ove tali principi fossern stati tenuti -presenti, il giudice d'appello -pur riconoscendo che tra Ie parti era cessata in radice la materia stessa del contendere (per sopravvenuta restituzione alle Andreola delle somme percette per via esecutiva dalla Esattoria comunale) -non avrebbe potuto disconoscere agli effetti del riscontro della soccombenZla virtuale, che l'Amministrazione finanziaria deUo Stato era intervenuta nel giudizio per sostenere, e fondatamente, al difetto di giurisdizione del giudice ordinario. (Omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 163 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 Novembre 1986 n. 6548 -Pres. Santo isuosso -Est. Cantillo -P. M. Leo (conf.). -Soc. Tabacchi Orientali (aw. Perrone) c. Ministero delle Finanze ~avv. Stato Palatiello). Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Attivit� di impresa � Interessi passivi � Deducibilit� � Condizioni � Inerenza alla produzione del reddito � Necessit�. (T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 91, 92 e 110). Gli interessi passivi al pari di ogni altro onere, sono deducibili solo quando sia dimostrato il concreto impiego delle somme ottenute in attivit� produttive di reddito imponibile, non essendo sufficiente che essi siano riferibili ad operazioni di finanziamento della impresa e che siano stati da essa corrispostii(l). (Omissis) Con l'unico motivo di ricorso, denunziando la violazione dehl'art. 92 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (abrogato T.U. deNe imposte dirette), la Societ� Tabacchi critica la sentenza per avere ritenuto detraibili gli interessi passivi dei finanziamenti o dei mutui assunti dalle imprese solo se inerenti a specifiche attivit� produttive di reddito, laddove, non trattandosi di costi direttamente riferibili aHa produzione, per le societ� commerciali � sufficiente che il debito sia stato contratto nell'ambito delroggetto sociale, circostanm che, neMa specie, non era stata mai contestata dall'Aimministrazione. La censura � infondata. Nel sistema dell'abrogato T.U. delle imposte dirette n. 645 del 1958, gli interessi passivi non venivano distinti, ai fini della deducibilit� del reddito loroo d'impresa, dalle altre spese e passivit� di cui all'art. 91, e pertanto erano detraiblili in quanto, e nel:l'ammontare in oui, fossero qualificabili come costi inerenti alla produzione dcl reddito. Oltre a questo presupposto -comune, si ripete, a tutte le spese ed oneri detraibili -la disposizione di cui all'art. 92, erroneamente invocata dalla ricorrente, poneva due ,altre condiziOllli alternative spedficamente richieste per la detrazione degli interessi passiivi (cio� ohe fossero dovuti a soggetti aventi domicilio o sede in Italia oppure che fossero tassabNi in via di riv-alsa); mentre '1'art. 110 -che si OCCUipava degli interessi corrisposti da soggetti tassabili in base al bilancio -individuava il criterio per determinare l'ammontare degli interessi passivi detraibili nehl'esercizio proprio allo scopo di correlare tali elementi negativi agli elementi positivi del reddito. (1) Decisione di evidenza esattezza, ancor oggi di attualit�. 164 RASSEGNA Dm.J..'AVVOCATURA DEU.O STATO Quanto, poi, al requisito dell'inerenza alla produzione del reddito, nell'esegesi della no:rnnativa suddetta questa Corte ha pi� volte precisato ('v., fra altre, S.U. n. 513 del 1971) che neppure per le societ� commercia! li esso pu� essere inteso in senso lato, comprelllsivo di ogni onere, o costo, sostenuto dai! soggetto, perch� siffatta interpretazione non � consentita dalla stessa nozione di inerenza, che implica un vincolo di strumentalit� e destinazione con il reddito prodotto, ed � ininsanabd:le contrasto con Ja lettera e Ja ratio della legge, volta appunto a limitare la deducibi:Iit�, delle spese imponeI11done una diretta correlazione con l'attivit� .produttiva; e perci� i costi e gli oneri sono deducibili se ed in quanto sostenuti illell'esercizio dell'impresa e si riferiscano ad attivit� e operazioni da cui derivano ricavi che concorrono a formare iii reddito d'impresa (secondo la pi� precisa fon:nulazione dell'art. 61 del d.P.R. n. 597 del 1973, sull'IRPEF, che al riguardo non ha modificato sostanzialmente, nel nuovo ordinaa:nento, la disciplina abrogata). M fine de11a deducibilit� degli interessi passivi non � sufficiente, quindi, che essi si riferiscano all'acquisizione di caipitali da parte dell'impresa e siano stati da questa corrisposti, bensl occorre dimostrare le ragioni giustificative de1le relative operazioni di f�inan2liamento e il concreto impiego delle somme conseguite in attivit� produttive del reddito imponibile. A questi principi si � purntua1mente attenuta la Corte di aippello, l la quale ha ritenuto legittimo l'operato del'.l'rufficio -che aveva recuperato a tassazione l'ammontare degli interessi passivi -osservando che I! neppure nel corso del giudizio la societ� aveva provveduto a fornire una prova attendibile quanto all'inerenza dei finanziamenti all'attivit� pro1 duttiva, nei sensi suddetti. (Omissis) ! ! i CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 novembre 1986 n. 6550 -Pres. La I Torre -Est. Pannella -P. M. Amirante (c�nf.). Ministero delle Finanze {avv. Stato Stipo) c. Soc. Grassetto (avv. Liuzzi). Tributi, erariali indiretti -Imposta di registro -Miniere e cave -Tipi negoziali possibili. (D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, tariffa A artt. 1 e 2). La concessione di miniere e cave, nell'abrogato come nell'attuale re{ ; l gime tributario, pu� assumere tre diversi tipi negoziali come costituzione di diritto reale immobiliare sul suolo, come vendita del prodotto ! I i I ! I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 dell'estrazione inteso come cosa mobile, come godimento temporaneo (locazione) della cosa; solo nel primo caso trova applicazione l'art. 1 della tabella A mentre in ogni altro caso sar� applicabile l'art. 2 (1). (Omissis) Con l'unico motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 tariffa all. A e 19 T.U. 26 ottobre 1972 n. 634 e dell'art. 820 e.e., nonch� insufficiente e contraJddittoria motiivazione su un punto ,decisivo della controversia, si duole ohe la Commissione Tributaria Centrale non abbia interpretato l'indicato art. 1 della tariffa all. A ,secondo la ratio legis, consistente nella enunciazione di una �categoria� di atti (e non di atti determinati), rigua11dante tutti i negozi giuridici di disposizione di un diritto reale immobiliare. In tale modo interpretando -aggiunge la ricorrente -� chiaro e corretto considerare che non soltanto le concessioni di miniere -indicate neHa disposizione in esame solo a titolo esemplificativo -ma anche le con'Cessioni di cave vanno incluse nell'indicata categoria, verificandosi in esse un identico fenomeno quale la �costituzione di diritti reali immobiliari�, desumibile dall'art. 820 e.e. 1secondo cui i frutti naturali {tra ,cui i prodotti delle miniere, cave e torbiere) non ancora separati hanno natura immobiliare. La censura, considerata nei limiti della sua formulazione, � infondata. Oocorre premettere che per una corretta interpretazione razionale della disposizione del primo comma dell'art. 1 della tariffa all. A della attuale legge di .registro 26 ottobre 1972 n. 634 � necessaria la ricomposizione sistematica del discorso legislativo a partire dalla precedente disposizione analoga della abrogata legge di registro r.d. 30 novembre 1923 n. 3269, la quale comprendeva accanto ai diritti di tlraisferimento a titolo oneroso delle propriet�, dell'usufrutto, dell'uso o godimento di beni immobili o di altro diritto reale ISU di essi, anche il diritto di escavare e di prendere materie da terreni o da miniere. L'art. 2, poi, della tariffa all. A dell'indicato decreto n. 3269/23 considerava inclusi nena propria categoria tutti gli atti dell'art. 1 che riguargassero {oltre agli oggetti partitamente indicati) i beni mobili. Tale distinzione indusse la giurisprudenza di questa Corte a distinguere fra tre tipi di concessione in materia di miniere cave , e torbiere (artt. 820 e 826 e.e.), anche dopo l'entrata in vigore del r.d. 29 l~lio 1927 n. 1443: teso a disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere. � Il primo tipo comprendeva le concessioni o i negozi il cui oggetto si .riferisse al gia!dmento minerario nella sua complessa stratificazione (1) Non constano precedenti specifici sulla nuova legge di registro. 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO intesa in unit� di SUIJ>erficie e di volume; iJI secondo tipo: al !Prodotto dell'estrazione ragguagliato a peso o a misura; il terzo tipo: al godimento temporaneo della cosa secondo la sua destinazione. L'aocertamento di una delle tre qualificazioni giuridiche consentiva al giudice di stabilire nel caso concreto l'applicazione dell'uno o deM'aitro tasso di imposta riferibili rispettivamente all'art. 1 o all'art. 2 deHa tariffa all. A T.U. 3269/23. La situazione, riguardante, soprattutto la esegesi giurisprudenziale, non subl mutazioni di sorta, n� v'era ragione perch� ne subisse, con l'entrata in vigore del decreto suindicato n. 1443/27. Con esso -come espressamente previsto dall'art. 1 -si prowide a regolare la ricerca e la coltivazione di sostanze minerali e delle energie del sottosuolo, industrialmente utilizzabili, sotto qualsiasi forma o condizione fisica. L'art. 2 distinse le lavorazioni indicate a11'art. 1 in due categorie, denominandole: miniere e cave. Assegn�, con indicazione specifica dei nominativi, minerali, metalli. I pietre preziose, sostanze radioattive ecc. alle miniere; altri materiali, partitamente iilldicati nonch� quelli industrialmente utilizzabili e non compresi nella prima categoria, alle cave. L'art. 14 sanc� espressamente che le miniere non potevano essere cOlltivate se non da chi aves~e avuto I regolare concessione governativa, in tal modo ribadendo il concetto implicito dell'appartenenza di esse al patrimonio indisponibile dello Stato. i f, Gli artt. 22 e 23 attribuirono fa qualificazione giuridica di � immobili � aihle f: miniere ed alle pertinenze nonch� que1la di � mobili � ai materiali estratti, alle provviste ed agli arredi. Quanto alle cave, l'art. 45 sarrl!c� che esse fossero lasciate nella disponibilit� del proprietario del suolo, purch�� da I lui coltivate e condotte ad un sufficiente svi1U1ppo. Con l'entrata in vigore della nuova legge di registro n. 634/72 l'art. 1 I delle tariffe ali. A accanto agli atti traslativi a titolo oneroso della propriet� di beni immobili, agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresa �Ja rinuncia pura e semplice agli stessi, ha posto Je � concessioni di miniere � senz'ailtra aggiunta, modificando le espressioni del precedente e corrispondente� articolo della soppressa legge di registro (r.d. 3269/23). Di fronte a siffatta mutazione di enunciati v'� chi ha ritenuto -come la resistente soc. Grassetto -che la novella legislativa avesse inteso immutare ,radicaffimente l'ambito di applicazione del tasso d'imposta di cui allil'art. 1, riservandolo aUe �concessioni di miniere�, intese � stricto sensu � quali concessioni governative afferenti alla ;prima categoria, come distinte dall'art. 2 del r.d. 29 luglio 1927 n. 1443. In tale modo, i negozi giuridici riguardanti ae cave non potrebbero che rientrare nella disciplina tariffaria dell'art. 2 T.U. n. 634/72. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La tesi non pu� essere condivisa se si riflette che ai sensi dell'art. 19 T.U. 634/72 gli atti sottoposti a registrazione vanno interpretati -ai fini dell'applicazione delle imposte -secondo la loro intrinseca natura e gli effetti giuridici che da essi derivino. Da ci� la riflessione che '1a v,aJ.idit� della triplice distinzione giurisprudenziale fra Ie coltivazioni minerarie (traslazione o costituzione di un diritto reale immobiliare -vendita di cose future -locazione) si attaglia anche alla disposizione dell'intero primo comma dell'art. 1 tariffa alt A T.U. 634/72, considerando che l'enunciato: �concessioni di miniere� ha una funzione chiarificatrice quanto aUe coltivazioni minerarie ma non certo riduttiva rispetto ai negozi giuridici aventi ad oggetto la traslazione o la costituzione di un diritto reale immobii:liare sulle cave o sulle torbiere. Del resto il termine � concessioni di miniere � usato dalla legge tributaria, se interpretato � stricto sensu � (cio� secondo i significati tecnici dal r.d. 1443/27) circa la distinzione fra miniere e cave, darebbe luogo ad un'evidente disparit� di trattamento nell'ipotesi di concessione di cave da parte dello Stato: sia che gli appartengano in propriet� e sia che ne abbia la disponibilit� dopo averle sottratte al proprietario che ne trascuri la coltivazione. La parola �miniera�, nehla sua Jata accezione, sta ad indicare un giacimento di mineraili o di sostanze costituenti ricchezza per l'umanit� e contenute nelle viscere della terra. Ad essa lo stesso legislatore del 1927 si riferisce, come si rileva da:hla intestazione deHa Jegge, disciplinando la ricerca e la coltivazione delle miniere, attribuibili anche alle cave e alle torbiere. Da quanto sopra esposto deriva che il diritto di sfruttrumento di una cava oggetto di negoziazione tra privati -come nella presente fattispecie -pu� costituire, sia per l'oggetto della prestazione e sia per la comune intenzione dei contraenti, un atto traslativo o costitutivo di u:n diritto reale immobiliare di godimento e come ,tale rientrante nell'ambito dell'art. 1 delle tariffe ahl. A del T.U. 634/7�. In ogni altro caso in cui la negoziazione riguarda il trasferimento di mobili o la costituzione di diritti reali su di essi ovvero diritti obbligatorii di godimento anche se su immobili, essa va oompresa nell'ambito del sU1Ccessivo art. 2. A questa specificazione di concetti non si � riportata espressamente [a decisione impugnata, ma dalia succinta motivazione � dato comprendere che il contratto fra i Giaretta e J':impresa Grassetto non consentiva -per il conteI11Uto e gli effetti del contratto stes,so -di ritenere che essi avessero voluto trasferire un diritto immobiliare o costituire un diritto reale immobiliare. (Omissis) 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. 1; 8 novembre 1986, 111. 6552 -Pres. Fal cone -Est. Corda -P. M . .(conf.). Elia c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salimei). Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -Decisione -Decisione parziale Impugnazione immediata -Impugnazione differita -Impossibilit�. (D.P.R. 26 ottobre 1971 n. 636, art. 39; c.p,c. art. 339 e 340). Le decisioni parziali delle commissioni sono soggette ad impugnazione immediata mentre non � ammessa l'impugnazione differita unitamente alla decisione definitiva (1). I (Omissis) 3. Col primo motivo (denunciando, ai sensi de1l'art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la nullit� della sentenza impugnata e del �relativo procedimento, per violazione degli articoli 112 e 340 del citato codice di rito, nonch� deLl'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) l'Amministrazione finanziaria, (ricorrente incidentale) censura la sentenza impugnata per avere dichiarato la inefficacia della decisione 15 maggio 1975 (non definitiva) della Commissione Tributaria di secondo graiao rtcon la quale era stato dichiarato che del terreno da va:1utare andava considerata l'intera I superficie di mq. 2.000), sul rilievo ch'era irrituale, perch� non notificata a:l contribuente, l'ill:npugnazione dell'Ufficio contro il provvedimento gravato (decisione della Sezione di diritto della Commis�sione provincia1e). I La ricorrente Amministrazione deduce che la Corte di Aippello non avrebbe potuto dichiarare la detta inefficacia, in quanto la decisinne 15 maiggio 1975 .della Commissione Tributaria di secondo graido era passata in giudicato. E ci� perch�, quando il contribuente aveva proposto il gravame, aveva impugnato tempestivamente solo la decisione 28 marzo 1979 deLla stessa Commissione Tributaria di secondo grado (cio� quella definitiva, che aveva determinato in lire 100.000.000 il valore del suolo, esteso (1) La sentenza d� per certa l'ammissibilit� di decisioni parziali e correttamente precisa che esse sono impugnabili solo immediatamente, escludendo la possibilit� della impugnazione differita. In verit� � auspicabile che delle decisioni parziali non si faccia impiego per le molte complicazioni che esse comportano. Ci� perch� da un lato � sempre equivoca la distinzione fra decisione parziale e ordinanza (da stabilire sulla base del contenuto sostanziale e non in senso nominalistico) e dall'altro perch� la contemporanea pendenza del giudizio parzialmente deciso e di quello di impugnazione, in mancanza di norme specifiche di coordinazione, con la unicit� del fascicolo che contiene tutti gli atti e in vista dei possibili rinvii che dalle impugnazioni conseguono, pu� dar luogo ad un vero labirinto. Sull'argomento v. C. BAFILE, Sull'impugnazione delle decisioni parziali delle Commissioni Tributarie, in questa Rassegna, 1976, I, 874. - PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 169 mq. 2.000). Del resto, al momento in cui fu proposta l'azione giudiziaria davanti alla Corte di Appello di Napoli, la decisione non definitiva <lena Commissione di secondo grado non era pi� impugnabil.e, perch� abbond31lltemente trascorso il termine di cui all'alt. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in di:fetto di U!lla �espressa riserva di impugnazione�, ex art. 340 cod. proc. civ. (Omissis) Il primo degli esposti motivi � sicuramente fondato, poich� risponde a un esatto criterio giuridico l'affermare che la decisione non definitiva dell.a Commissione Tributaria di secOl!l!do grado (in data 15 maggio 1975) non fui impugnata tempestivrumente. iLa regola, circa la proposizione dei gravami contro le decisioni non definitive emesse dalla Commi.ISsione Tributaria, � quel!la dell'impugnazione immediata, non gi� quella dell'impUJginazione differita. In base al disposto dell'art. 39 dei d.P.R. 26 ottobre 1971, n. 636, la disciplina applicata al procedimento davanti alle Commissioni tributarie � quella del codice di procedura civile; ed �, quindi, alla sistematica di detto codice che occorre avere riguardo per individuare il modo di proposizione del gravame che interessa. � noto che il codice di rito del 1865 (articoli 481 e seguenti) prevedeva l'appeno immediato contro tutte le sentenze; e, altres�, che il codice del 1940, innovando completamente rispetto al precedente, prevedeva (art. 339) l'improponibilit� de11'appe1lo immediato contro le sentenze parziali, e quindi la proponibilit� dell'appefilo unitamente ailila pronuncia definitiva, con l'onere della �riserva�. �, poi. intervenuta la legge 14_ luglio 1950, n. 581 che, con l'art. 35, ha reintrodotto il sistema -tuttora vigente -dell'imi:mgnabilit� immediata e ha solo consentito, in via di eccezione, l'appello differito contro talune sentenze parziali, previa formulazione defila prescritta riserva. � chiaro, aMora, che se la regola generale � qruella dell'impugnabilit� immediata e l'eccezione quella dell'impugnabilit� differita, al caso della decisione parziale emessa -in concreto dalla Commissione Tributaria non pu� applicarsi altro ohe la regola generaile, sia._ perch� trattasi di una pronuncia di tipo diverso da quehla per le quali � prevista l'eccezione, sia perch� l'impugnazione differita � ricollegata al compimento di una attivit� processuale (la formulazione defila riserva) che, in relazione al tipo di procedimento, � impossibile esplicare con riguardo alle decisioni delle Commissioni tribrutarie. Nel caso concreto, perci�, avendo il contribuente impugnato la decisione parziale unitrumente a quella definitiva, e cio� tardivamente, alla Corte di Appello competeva solo di dichiarare l'inaimmissibiliit� di quella impugnazione e rilevare, quindi, l'awenuto passaggio in giudicato di detta decisione. (Omissis) 170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 novembre 1986 n. 6647 -Pres. La Torre -Est. Jofrida -P. M. Dettori (conf.). Rainoni c. Ministero de1le Finanze (Avrv. Stato PalatieNo). Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -Provvedimento impugnabile � Atto che nega la spettanza di agevolazione pluriennale -il: tale. (R.D. 8 luglio 1937 n. 1516, art. 23; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 16). L'atto con cui l'Amministrazione finanziaria concede o nega l'esenzione decennale ,da ogni imposta diretta (nella specie art. 8 legge 29 luglio 1957 n. �635) concretizza un �operato dell'ufficio� agli effetti dell'art. 23 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 contro il quale va proposta impugnazione nel termine; la norma del citato art. 23 non � abrogata o sostituita dall'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 (1). (Omissis) Deduce i<l ricorrente, con il 1� mezzo, violazione deltl'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636; art. 45 stesso decreto; ru:it. 23 r1d. 8 luglio 1937 n. 1516, in relazione all'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale nonch� vizio di motivazione (nd. 260 n. 3 e 5 c.p.c.): la Commissione Centrale si limita a motivare il dgetto del ricorso con l'affermazione che fa recezione della domanda di esenzione decennale dall'imposta di R.M. COillcretizza pur sempre un operato dell'Ufficio ai sensi de]l'art. 23 r.d. n. 1516/1937, con fa conseguenza che il ricorrente avrebbe dovuto proporre tempestivamente iimpugnazione avanti alla Commissione Tributaria nel termine di <legge. Ma cos� dimenticata -pa:-osegue iJl ricorrente -che l'art. 23 citato � stato sostituito dall'art. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972, che non contempla i<l provvedimento in questione tra gliqatti da impugnare entro termini di decadenza. Con il 2� mezzo, poi, deduce, ancora, violazione dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, nonch� della prassi fiscale: il (1) Sulla natura cli provvedimento da impugnare nel termine cli decadenza dell'atto che nega l'esenzione pluriennale, la giurisprudenza si � ormai orientata positivamente (Cass. 8 luglio 1985 n. 4071 in questa Rassegna, 1985, I, 864), riconoscendo che la nozione cli accertamento di q1i all'art. 16 del d.P.R. n. 636/87 debba essere intesa in senso ampio come atto che stabilisce quale debba essere il regolamento di un determinato rapporto (in tal senso anche Corte Cost. 3 dicembre 1985 n. 313 e 25 marzo 1987 n. 91); ed anche se talvolta si � messo in dubbio che tale interpretazione estensiva sia pi� difficoltosa dopo la novella del d.P.R. n. 739/1981 (Cass. 23 marzo 1985 n. 2085; in questa Rassegna, 1985, I, 658; 3 marzo 1986 n. 1322, ivi, 1986, I, 199) sembra prevalente l'orientamento a considerare l'art. 16 comprensivo di ogni atto, comunque denominato, che accerta l'obbligazione o un suo elemento, che altrimenti potrebbe risultare esclusa dalla tutela giurisdizionale qualche situazione che pure rientra nella definizione cli giurisdizione generale dell'art. 1 del d.P.R. n. 636. La sentenza ora intervenuta introduce nella problematiea un elemento nuovo: l'art. 16 non ha sostituito o abrogato l'art. 23 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 cosicch� ad integrare l'elencazione dell'art. 16 soccorre ogni � operato dell'uffi. . . . �-.. I I i f f,, I f I . I ! I PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 171 ricorrente aveva precisato la distinzione tra i prOV'Vedimenti di cui all'art. 16 citato e quelli non previsti ai fini della impugnativa, riilevando che quello per oui � controversia non doveva farsi rientrare nell'ambito di detto art. 16; tale distinzione, per�, � stata obliterata daJJa Commissione Centrale, la quale ha ritenuto, senza dimostrazione, l'appilicabilit� del: J.'art. 23 r.d. n. 1516/37, non tenendo conto, tra J'altro, che in casi del genere era l'Ufficio che trasmetteva di propria iniziativa gli atti alla Commissione Tributaria di 1� grado, senza che vi fosse stato un ricorso � ad hoc �. Ogni censura � infondata. L'atto con oui l'Aimministrazione finanziaria concede o nega l'esenzione decennale da ogni !imposta diretta sul reddito ex art. 8 I. 29 luglio 1957 n. 635, concretizza pur sempre un �operato� dell'Ufficio, ai sensi de11'art. 23 r.d. n. 1516/1937, in quanto con esso l'Amministrazione stabilisce qua.ile, a suo avviso, debba essere il regolamento di quel determinato rapporto tributario; con la conseguenza che la mancata impugnazione del provvedimento (eventualmente sfavorevole) impedisce la sua successiva contestazione, ostandovi la preclusione nascente dal citato art. 23 (v. in termini Cass. 6 luglio 1978 n. 3343). N� vale invocare una pretesa sostituzione (e quindi abrogazione) di detto art. 23 con l'art. 16 del d.P.R. n. 636/72, il quale (a dire del ricorrente) farebbe una tassativa elencazione dei casi .ricorribili ahle commis� sioni tributarie, senza includervi quello in questione. Invero, hl successivo art. 46 del d.P.R. n. 636/72, intitolato �norme abrogate� d� per perenti solo gli artt. 20-21 e 32 del d.P.R. n. 1516/37 e non .l'art. 23 e d'altronde non potrebbe configurarsi una sopravvenuta abrogazione implicita di detta norma, se di abrogazione implicita sempre pu� parlarsi in quanto si riscontri fra la nuova disposizione e la precedente un'incompatibilit� evidente e una contraddizione di tal grado da l"enderne impossibile fa contemporanea applicazione. E nella specie tanto cio � inteso come atto con il quale l'Amministrazione stabilisce quale debba essere, a suo avviso, il regolamento di un determinato rapporto tributario. In verit� � problematica la convivenza dell'art. 23 del r.d. n. 1516/1937 e dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972, anche perch� l'art. 23 stabilisce, ma non per tutti gli atti, un termine di decadenza di 30 giorni, mentre l'art. 16 pone un termine universale di 60 giorni. Non persuade l'argomento letterale dell'art. 46 del d.P.R. n. 636 che dichiara formalmente abrogati solo gli artt. 20, 21 e 32 (e non 23) del r.d. n. 1516. E' noto che l'art. 46 ha preso in considerazione soltanto le poche norme dalla cui abrogazione risultavano esaltati i caratteri della riforma (quanto al r.d. 1516, gli artt. 20 e 21 che sottoponevano le commissioni alla sorveglianza dell'amministrazione e l'art. 32' che assegnava alle stesse poteri amministrativi di accertamento), ma non pu� certo dirsi che sia sopravvissuto tutto il rimanente. Risulta tuttavia assai utile il recupero del concetto, sia pure poco raffinato, di � operato dell'ufficio � come sussidio interpretativo dell'art. 16 del d.P.R. n. 636 nel quale si vorrebbe leggere oggi una e�encazione tassativa. .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 172 non si verifica, poich�, proprio per la posta elencativa ex art. 16 cit. di atti da porre a base del ricorso alla Commissione 11rib. di 1� grado (notifica dell'avviso di a:ocertamento, dell'ingiunzione, deil ruolo, del provvedimento che irroga le sanzioni pecuniarie), ogni altro �operato� della amministrazione, da tali casi esulante, non pu� che continuare ad essere regolato in ricorribHit�, dalla norma generale dell'art. 23 r.d. n. 1516/37. Quanto, infine, ail riJChiamo a:d una pretesa � prassi � fiscale di inoltro delle pratiche similari, di propria iniziativa, dalrl'Ufficio alfa Commissione di primo grado e quindi senza necessit� di ricorso, � ovvio che l'accampata violazione di tale asserita prassi di certo non rientrn tra i motivi di ricorso per cassazione di cui all'art. 360 c.p.c. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 novembre 1986 n. 6653 -Pres. Bologna � Est. Vercellone -P. M. Mi.netti (conf.). Ministero delle Finanze {avv. Stato Linguiti) c. BertU1Ccio. Tributi in genere � Accertamento � Prova � Mezzi ammessi da parte del contribuente � Mezzi diversi dalla prova documentale precostituita � Ammissibilit� Limiti. In mancanza di una regola generale sulla prova nei .rapporti tributari, l'utilizzabilit� di specifici mezzi va stabilita in base alla normativa specifica dettata per le singole esenzioni e agevolazioni; ove queste sono accordate in relazione a situazioni di mero fatto non dimostrabili documentalmente con mezzi precostituiti, deve riconoscersi anche al contribuente il ricorso a presunzioni basate su elementi di fatto acquisiti con mezzi semplici (applicazione alla ipotesi della effettiva abitazione di immobile dimostrata con bollette del consumo della luce e dell'acqua e constatazione notarile) (1). (Omissis) Pi� delicata �, invece, la questione di fondo sollevata dalla Amministrazione ricorrente, ma questa Corte non ritiene di doversi di (1) La molto particolare ipotesi di agevolazione per la vendita di case di abitazione non di lusso effettivamente abitate (art. 17 legge 2 luglio 1949 n. 408) non deve far troppo generalizzare il principio della ammissibilit� di mezzi di prova comunque idonei secondo la fattispecie specifica. In via generale la prova ammessa � quella documentale e mai quella testimoniale neppure indi� retta. Nelle pochissime situazioni di mero fatto che non lasciano traccia documentale, potranno ammettersi delle eccezioni, ma sempre assai limitate. Per il caso specifico va assegnato maggior valore alle prove indirette (utilizzazione dei servizi) che alle dichiarazioni testimoniali, sia pure in forma notarile. In termini v. Cass. 2 aprile 1982 n. 2021 in questa Rassegna, 1982, I, 827. PARIB I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA scostare da quanto gi� affermato con la pi� volte richiamata sua sentenza 2021/82. Va premesso che manca una regola generale relativa ai mezzi di prova sui quali si pu� fondare il giudice del processo tributario ed in specie su quelli che, dedotti dalile parti, fil giudice pu� ritenere rilevanti per la propria decisione. Tale, infatti, non � la regola di cui all'art. 35 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 che si limita ad attribuire alle Commissioni tributarie gli stessi poteri di accertamento (accesso, richiesta di dati, informazioni e chiarimenti) conferite agli Uffici tributari dalle singole leggi di imposta. Manca, in specie, una disposizione generale .in materia di imposta di registro. L'art. 15 d.P.R. 634/72 � norma tutt'affatto specifica dettata com'� per la registrazione di ufficio di contratti verbali. � norma che ha una precisa ratio. Si tratta, infatti, di provare l'esistenza di contratti dei quali non si pu� dare prova documentale proprio perch� si ipotizza che non siano stati redatti per iscritto. Logico allora che alla All11ministrazione sia data la facolt� di ;provare alcuni fatti (renderli noti) dai qua!li trarre logiche conseguenze per affermare l'esistenza del fatto ignoto (l'esistenza del contratto): ad esempio, nel caso di trasferimento di azienda, di fornire elementi presuntivi (cambiamenti di ditta e di insegna) da cui dedurre che davvero trasferimento di azienda vi � stato. Tale nonna, dunque � dettata per materia diversa poich� riguarda l'onere della prova a carico della Amministrazione in funzione della esistenza dell'atto da registrare, dunque del fondamento stesso della piretesa tributaria. Non v'�, invece, una norma specifica che riguardi limitazioni alle prove che il contribuente pu� offrire (e che il giudice pu� utilizzare) quando � il contribuente che ha l'onere della prova relativamente alla sussistenza di una condizione alla quale la legge tributaria ricollega, come nel caso di specie od altri analoghi, una esenzione da imposta o una riduzione di imposta. Quando si pone un quesito di tale genere, l'interprete deve dunque arrivare al1a soluzione sulla base della normativa dettata in relazione alla singola esenzione o facilitazione: nel presupposto che se la legge concede agevolazioni tributarie nel ricorso di certe condizioni, il contribuente deve essere ammesso a dare la prova che tali condizioni si sono verificate. Ora, � frequente che le esenzioni o agevolazioni siano concesse ove ricorra una situazione la cui prova non pu� essere data che documen talmente. In queste ipotesi � evidente che l'unica prova rilevante sar� quella documentale. Se richiesto uno status relativo alla cittadinanza <> ad un rapporto di parentela, od anche una situazione ricollegata alla pertinenza di un diritto di propriet�, certamente il contribuente dovr�� esibire la documentazione necessaria (certificato di cittadinanza, di na scita, atti di acquisto della propriet�). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.0 STATO 174 Ma si danno .i(potesi, in cui la agevolazione � in funzione di una situazione di fatto per accertare la quale 1'ordinamento non prevede mezzi probatori dooumentali o pi� in generale mezzi probatori predeterminati privilegiati cui il cittadino possa attingere per adempiere al suo onere di prO\la. La disciplina del!la agevolazione in questione � appunto una di queste iipotesi. L'agevolazione � concessa se � stato rilasciato il certificato di abitabilit�: e si � ancora nel caso di prova necessariamente documentale per cui non sono ammessi equipollenti. Ma l'agevolazione � concessa an . che se, .pur non essendo stato rilasciato il certificato di abitabilit�, � data la prova che l'immobi!l.e � stato abitato in un determinato periodo. Ci� che va provato dal contribuente � dunqrue la circostanza di fatto della effettiva abitazione: ma non � previsto nel nostro ordinamento, n� a questi fini specifici dell'agevolazione tributaria n� in generale, un mezzo di prova tipico, speciale, documentale o no, sufficiente ma anche necessario, per accertare la reale abitazione di un alloggio. Non si pu� pretendere che i!1. cittadino, in vista di future. contestazioni, precostituisca situazioni che giustifichino l'intervento di pubblici poteri, dal quale intervento trarre la prova, o direttamente o tramite presunzioni, che davvero, nel tempo �di qruell'intervento, l'alloggfo era abitato; n� � previsto che il cittadino possa chiedere un accertamento preventivo alla P.A., appunto allo scopo di precostituirsi una prova sicura per ottenere poi la agevolazione. In questa, come in analoghe ipotesi, l'alternativa rimarrebbe dunque tra negare di fatto al contribuente di ottenere l'agevolazione che pur gli aspetta o ammetterlo a ricorrre ad altri mezzi di prova; clie, infatti, se tale ricorso aid aHri mezzi viene escluso, il cittadino non ha strumenti per fare accertare che davvero si � realizzata la condizione cui � subordinata la concessione della agevolazione. g evidente, allora, che deve essere accolta la seconda alternativa, cio� la possibilit� per il giudice di fondare la sua decisione su fonti probatorie distinte i:la quelle cui fa riferimento la Amministrazione nel suo ricorso; in specie su presunzioni a loro volta fondate su elementi di fatto provati mediante documenti o, come nel caso in esame, mediante documenti (quali le bollette della luce e dell'acqua) e mediante atti di constatazione notarile che appaiono essere tra i pochi strumenti di cui il cittadino possa disporre per precostituirsi un persuasivo mezzo di prova ne1l'ipotesi di contestazione circa il periodo di abitazione. Si tratta di una ratio assai analoga a que1la che si � visto giustificare I'ammissibilit� di presunzioni, da parte dell'Amministrazione finanziaria, per la prova della esistenza di contratti verbali. Nell'un caso e nell'altro � giocoforza ammettere prove non documentabili in senso stretto (quelle cio� che si esauriscano nella presentazione di un documento, presentazione che � necessaria PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 175 e sufficiente) poich� J'onerato delfa prova non ha, per definizione non pu� avere, la possibilit� di offrire prove documentali. Non � dunque questione di affermare o negare che il verbale di costatazione notarile in questione rientri o non rientri nel campo nel quale l'ordinamento riconosce al Notaio la potest� di fornire prove munite di valore specia[e. Taile � valore speciale � � stato correttamente negato sia daLla deci:sione 2021/82 di questo supremo Collegio sia, indirettamente almeno, dal~a sentenza qui impugnata. Ma si tratta invece di af�fermare che in questa materia correttamente il giudice pu� porre a b!:tse della i;ua decisione prove di valore normale, come prove di per s� sufficienti o, come � stato fatto dal giudice di merito in questo procedimento, crune indizi concorrenti con ailtri, tali da potergli consentire, per via di deduzione logica, che dawero quell'alloggio � stato abitato nel periodo in cui l'occuipazione era rilevante per la concessione della agevolazione: anche se non si tratti di 1 pr�ve documentali in senso stretto o di prov:e provenienti da fonti privilegiate. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1986 n. 6803 -Pres. Bologna -Est. T:ill.occa -P. M. Tridico (conf.). Ministero deMe Finanze (avv. Stato Zotta) c. Soc. GASIR. Tributi erariali diretti -Imposta locale sui redditi -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Conformit� alla licenza edilizia e alle prescrizioni urbanistiche -11. necessaria. (L. 2 luglio 1949 n. 408, art. 13; I. 6 agosto 1967 n. 765, art. 15),. L'esenzione ,dell'.art. 13 ,della legge 2 luglio 1949 n. 408 per le case di abitazione non �di lusso, presuppone non solo la �conformit� alle prescrizioni .igienico sanitarie, documentata con la licenza di abitabilit�, ma anche la conformit� alla licenza edilizia e alle prescrizioni urbanistiche (1). (Omissis) Con l'unico mezzo 'dedotto J'Amministrazione ricorrente denuncia la v:iolazione e La falsa applicazione dell'art. 15 I. n. 765 del 1967 e degli artt. 13 il. n. 408 del 1949 e 43 d.l. n. 124 del 1965 nonch� vizi di motivazione su un punto decisivo del[a controversia. Sostiene l'Amministrazione, in particolare, ohe dail predetto art. 15 � emerge che il legislatore ha vo1uto privare de1le agevolazioni fiscali, nella loro interezza, i (1) Giurisprudenza ormai costante (Cass. 22 gennaio 1982 n. 500, in questa Rassegna, 1982, I, 579). 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costruttori abusivi�; che, d'altra parte, �una norma generale, come pu� sopprimere antecedenti norme speciali, cos� pu� ampHare la fattispecie, imponendo l'aiocertamento di un ulteriore requi'Sito divenuto essenziale per sopravvenute pubbliche finalit� � e che, in realt�, '1'art.' 15 � non � una norma generale, in quanto concerne precipuamente le agevolazioni sulle costruzioni edilizie previste in ileggi anteriori ed � pertanto in stretto rap porto con Ja legge n. 408 �. H ricorso va accolto. Come esattamente si sottolinea nella sentenza impugnata, questa Corte, con sentenza n. 5722 del 1978, dopo aiver premesso che, al fine del. l'esenzione venticinquennale dall'impo'Sta sui fabbricati per le abitazioni non di lusso, .l'art. 13 della J. n. 408 del 1949 prima e l'art. 43 de1la l. n. 431 del 1965 dopo si Jimitavano a richiedere la conformit� delle nuove costruzioni alle prescrizioni igieniteo-sanitarie accertate mediante il rilascio della dichiarazione di abitabilit�, afferm� che nella predetta materia, concernente pure la controversia in esame, non trova appJicazione l'art. 41 ter della I. n. 1150 del 1942, aggiunto con l'art. 15 della I. n. 765 del 1967, secondo il quale le opere successivamente iniziate senza la licenza o in contrasto con la stessa non beneficiano dclle agevolazioni previste dalle norme vigenti, stante il principio che la legge di carattere generale non deroga a'hla legge speciale anteriore a meno che non risulti una diversa volont� legislattva, che nel caso (e cio� nehl'art. 15, norma generale rispetto alla specialit� degli artt. 13 e 43) non sussiste. Senonch� siffatto orientamento pu� ritenel'Si non pi� seguito nella giurisprudenza di questa stessa Oorte, la quale in varie decisioni (sent. n. 1684 del 1980, n. 500 del 1982, n. 6478 del 1983, n. 2650 deil. 1984) ha presupposto il principio contrario e cio� che per beneficiare dell'esenzione suindicata � richiesto, per le costruzioni iniziate dopo J'entrata in vigore del predetto art. 41 ter, non soltanto il rilascio della dichiarnzione di abitabilit� attestante l'osservanza delle misure igienico-sanitarie, ma anche l'adempimento delle prescrizioni st~bilite dallo stesso art. 41 tef. L'art. 15 legge n. 765 del 1967 dispone testualmente nel primo comma: � Fatte salve le sanzioni di cui agli artt. 32 e 42, le opere iniziate dopo l'entrata in vigore della presente legge, senza la licenza o in contrasto con la stessa, O\llVero �sulla base di ilicenza successivamente annullata, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, n� di contributi o altre provvidenze dello Stato o di Enti pubbli!ci. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unit� immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto de1le destinazioni e degli aNineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione>>. j ~ f ! i ' PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ora � evidente che ila 1I1orma or ora trascritta abbia voluto subordim.are la concessione de1le agevolazioni fiscali, da qualunque legge previste, inerenti alle opere edilizie, oltre che al rispetto dell.e condizioni imposte dalle singole leggi, all'avvenuto rilascio deilla :licenza e alla osservanza delle prescrizioni fissate nella licenza stessa relative all'a1tezza, ai distacchi, alila cubatura, alla superficie coperta, alle destinazioni e agli allineamenti indicati nel programma di fabbr'icazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di eseouzione. Sicch�, quando tali prescrizioni siano state violate oltre i limiti predeterminati di tolleranza, le agevolazioni fiscali, pur se ne ricorrono i presupposti fissati dalle singole leggi che ile prevedono, in base alila norma in esame non vanno accordate o, se gi� accordate, vanno revocate. Non v'ha dubbio che rientri ne1l'ambito del trascritto art. 15 l'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati contemplata per le abitazioni non di lusso dall'art. 13 della 1. n. 408 del 1949 e dall'art. 43 d.1. n. 124 del 1965, conv. 1I1ella 1. n. 431 del 1965, essendo corrispondente all'interesse pubblico che anche tali abitazioni siano realizzate nel rispetto rpieno deill'ocdine urbanistico. Non � ammissibile che esse beneficino de1le agevolazioni fiscali (oltre che dei contributi e delle provvidenze dello Stato) !pllr se costruite senza licenza o in violazione degli oneri e delle condizioni stabilite neilla l�ICenza a tutela dell'interesse pubblico della regolamentazione delle edificazioni, certamente prevalente rispetto alla stessa esigenza dello sviluppo dell'edillizia abitativa cui sono preordinati la 1. n. 408 del 1949 e la 1. n. 431 del 1965. D'altra parte non sussistono ostacoli n� di ordine logico n� di ordine tecnico o sistematico che U1I1a legge di portata generale modifichi leggi speciali anteriori se la finalit� della rpdma risulti essere, come nella specie, prorprio quella di limitare o �condizionare (ulteriormente) la portata delle seconde; il legislatore, nella specie, �anzich� subordinare l'agevolazione fiscaile contemplata da ciascuna legge speciale anteriore all'osservanza della licenza di costruzione, lo ha stabilito con una previsione di carattere generale,. pure nello intento di prevenire ed evitare che una qualche legge speciale, portante agevolazioni fiscaili, 1I1on fosse elencata o considerata per imprecisione o dimenticanza. Sarebbe veramente di scarsa rportata la rilevanza dell'art. 15, che ha irnteso assicurare un o:ridinato �svilUipipO dell'assetto edilizio, se esso non potesse mcidere sulle leggi specialli anteriori inerenti a benefici fiscali nel campo �delle costruzioni. Ove si 1consideri che tale tirpo di agevolazioni sono di solito stabilite da leggi srpeciali e che le costruzioni realizzate o in via di realizzazione sono destirnate in larga magigioranza ad abitazioni non di lusso, cosi come lo saranno presumibilmente le costruzioni ohe verranno effettuate nel futuro. In conclusione, l'art. 41 ter della 1. 1150 del 1942, aggiunto con l'art. 15 della 1. n. 765 del 1967, trova applicazione runche in ordine alle costruzioni destinate a case di abitazione non di lusso, iniziate dopo l'entrata in vigore 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di quest'ultima legge. Di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Aippelilo di Roma. Questa, nel conformarsi al iprindpio fissato nella presente sentenza, dovr� accertare primariamente se la 'Costruzione, realizzata dalla Gasir, sia stata iniziata dopo l'entrata in vigore dell'art. 15 della [. n. 765 (Cass., sent. n. 1684 del 1980) e, nel caso rpositivo,,se r�ICorrano violazioni del tirpo di quelle previste, con tassativa elencazione, dal primo comma di detto artiJcolo (Cass., sent. IIl. 2650 del 1984) ed oltre i ,limiti di tolleranza stabiliti nello stesso comma 1~Cass., sent. n. 6478 del 1983). Accertamenti omessi dalla sentenza cassata peoch� ritenuti implicitamente irrilevanti ai fini della decisione, fondata sulla tesi della non appli:cabilit� della suindicata norma a1la fattispecie in esame. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1986 n. 7057 -Pres. Scan� zano -Est. Caturani -P. M. Golia (conf.). Soc. C.P.C. EUROPE (avv. Cesareo) c. Ministero delle Finanze i(avv. Stato Conti). Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone giuridiche Societ� ed enti non aventi sede legale o amministrativa nel territorio dello Stato -Rappresentante per i rapporti tributari -Legittimazione a stare in giudizio -Sussiste. (D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 4). Il rappresentante per i rapporti tributari che, a norma dell'art. 4 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, deve essere indicato nella dichiarazione dalle societ� ed enti non aventi nel territorio dello Stato la sede legale o amministrativa, � legittimato a stare in giudizio per la societ�, abbia o I meno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, sia nei procedimenti tributari che nei giudizi innanzi all'autorit� giudiziaria ardi� na.ria (1). (1) Questione nuova la cui soluzione desta perplessit�. In verit� il rap� presentante per i rapporti tributari sembra essere piuttosto un destinatario degli atti dell'ufficio, che solo a questo fine rappresenta la societ�; esso non � indicato nemmeno come sottoscrittore della dichiarazione, spettando ci� al legale rappresentante a norma dell'art. 8; il rappresentante per i rapporti tributari � infatti indicato nella dichiarazione che non pu� essere quindi sottoscritta dallo stesso (autodelegato) soggetto. Di conseguenza la legittimazione ad processum non pu� spettare a chi non ha il potere di sottoscrivere la dichia� razione. In nessun caso poi il rappresentante pu� essere legittimato al processo quando la societ� abbia nel territorio dello Stato una stabile organizzazione, nel qual caso non � prevista affatto la esistenza di un rappresentante. PARTE I, SEZ, VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (Omissis) NeJJ.'ordine logico � pregiudiziale J'esame della questione sollevata con iii controri:corso dall'Amministrazione delle Finanze, secondo cui il ricorso deve ritenersi inammissibile per dirfetto di legitimatio ad processum del riicorrente non risultando l'espresso conferimento per iscritto al Dr. Ugo Sartori, che ha proposto il ricorso per cassazione nella diJchia; rata qualit� di rap!Presentante per i rapporti tributari della societ� C.P.C. Burope, del potere di stare in giudizio per la .stessa, ai sensi del['art. 77 codice procedura 'Civile. La questione va risolta in senso favorevole alla ammissibilit� del ricorso. La ricorrente, a sostegno della sua tesi, fa leva sulla disciplina generale contenuta nell'art. 77 c.tp.c.; secondo cui il procuratore generale e quello rpreposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente .qruanido questo rpotere nOltl � stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne ohe per gli atti urgenti e rper le misure cautelari. E tale principio, si afferma, � arpplicabile anche per il � rappresentante per i rapporti tributari� di cui alil'art. 4 comma 2 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, trattandosi di un caso di rappresentanza ad negotia operante, in assenza dell'espresso colllferiirnento della rappresentanza processuale e a norma dell'art. 77 c.p.c., esclusivamente sul piano sostanziale. La norma dell'art. 4 comma 2 cit. 111on pu� tuttavia, essere interpretata nel senso riduttivo rpreteso dalla armministrazione. Essa � stata dettata -come risulta daHa srua formulazione -.per le societ� od enti che non hanno la sede legale o amministrativa nel territorio dello Stato, le quali devono indicare l'indirizzo della stabile orga111izzazione nel territorio stesso in quanto vi sia, e in ogni caso le generalit� e l'indirizzo in Italia di un rappresentante per i rapporti tributari. Tale rappresentante � quimdi il soggetto che, in base al citato art. 4, assicura la instaurazione dcl contraddittorio nei confronti delle suddette societ� straniere ohe non hanno la sede nel territorio dello Stato, nel campo dei rapporti tributari e tale esigenza la norma ha inteso ovviamente garantire sia sul piano rprettamente sostanziale che processuale. Il rappresentante per i rapporti tributari della societ� straniera rpriva di sede nel territorio dello Stato (abbia o meno in questa una stab11e ol'ganizzazione) � legittimato non soltanto come alter ego della societ� nei rapporti tributari di diritto sostanziale, ma altres� a stare in giudizio per la societ� sia <IJ.ei rprocediimenti tributari ohe nei giudizi innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria che siano inerenti a quei rapporti. (Omissis) SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE tDI CASSAZIONE, Sez. Un., 21marzo1987, n. 2807 -Pres. Tamburri no -Rel. Caturani -P. M. Sgroi V. i(concl. did:�f.) -Saocinto (avv. Caruc ci) c.. E.R.SA.P. (avv. Stato De Stefano). Enti pubblici � Enti regionali � Rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'Avvocatura -Delibera di conferimento dell'incarico -Necessit� Esclusione. (R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; legge 3 aprile 1979, n. 103, art. 11). Arbitrato � Riforma agraria � Controversie relative agli obblighi dell'assegnatario di terreni -Incompetenza degli arbitri. (Cod. proc. �iv., art. 806; legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5). Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 43 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, come modificato dall'art. 11 legge 3 aprile 1979 n. 103, la disciplina della rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni pubbliche non statali � stata estesa -fermo il comune presupposto dell'esistenza di un'autorizzazione ad avvalersi dell'Avvocatura dello Stato -agli enti regionali, rispetto ai quali pertanto lo ius postulandi compete ex lege all'Avvocatura, senza necessit� di una delibera apposita (richiesta, all'opposto, quando l'ente interessato intenda avvalersi del patrocinio di un avvocato del libero foro) {1). E nullo, per difetto di giurisdizione dell'A.G.O., il lodo pronunciato, tra l'ente concedente e l'assegnatario d'un terreno di riforma agraria, in una controversia che non investa soltanto questioni attinenti ad indennit�, canoni ed altri corrispettivi, ma involga anche l'esame di domande attinenti all'inadempimento degli obblighi gravanti sull'assegnatario (2). Con il primo motivo il ricorrente sostiene la inammissibilit� della impugnazione del lodo proposta dall'Avvocatura dello Stato innanzi alla Corte d'appello di Bari con atto 18 agosto 1983, in mancanza di un provvedimento dell'ente di avvalersi di tale patrocinio, ai sensi dell'art. 11 (1) Principio ormai fermo. (2) Sulla compromettibilit� in arbitri delle controversie relative all'assegnazione di terreni di riforma agraria, cfr. pure Cass., Sez. Un., 18 gennaio 1982, n. 293 e 10 dicembre 1981, n. 6517, entrambe in Foro it., 1982, I, 682 con richiami. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 181 della legge 3 aiprile 1979 ID.. 103 che ha modificato l'art. 43 del T.U. 30 otto bre 1933 n. 1611. La censura non � fondata. Le Sezioni unite si sono di gi� occU1pate del problema attinente allo jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato rispetto agli enti regionali e lo hanno risolto nel 'senso ohe per tali enti il potere di rappresentanza e difesa in giudizio compete ex lege all'Avvocatura dello Stato senza che si richieda una deliberazione dell'ente al riguardo, che per contro � necessaria solo al fine di esdudere tale potere, onde attribuire lo jus postulandi ad avvocati del libero foro (sentt. nn. 4317/82; 3320/86). Il risultato cui si pervenne con tali responsi � sottoposto a critica in questa sede dalla difesa del ricorrente ma senza fondamento. Per quanto concerne in particolare l'ERSAP deve tenersi presente che lo jus postulandi dell'Avvocatura _dello Stato trova preciso riscontro nel d.P.R. 6 ottobre 1978 n. 873, che aveva richiamato a tal fine l'art. 43 del T.U. 30 ottobre 1933 n. 1611 e l'art. 107 del d.P.R. 24 J.ugJio 1977 n. 161. Il suddetto decreto fu seguito dalla legge 3 apriJe 1979 n. 103, il cui articolo 11, con l'aggiungere altri tre commi all'art. 43 del T.U . .cit. cos� statuiva testualmente: � Qualora sia intervenuta l'autorizzazione di cui al primo comma ~dell'art. 43; n.d.r.) la rappresentanza e fa difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dall'Al\nVocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le Regioni. Sailve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano in casi speciali non avvalersi dell'A'VVocatura dello Stato debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza. Le disposizioni di cui ai precedenti commi sono estese agli enti regionali previa deliberazione degli organi competenti �. La interpretazione logico-sistematica della norma, aderente alla sua formulazione letterale (art. 12 prel.), lascia chiaramente intendere ohe la disciplina giuddka si � ispirata ad una identit� di trattamento, per quanto concerne lo jus postulandi dell'A'V'Vocatura dello Stato rispetto alle amministrazioni pubbliche non statali ed agli enti SO'V'Venzionati sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato (art. 43 comma 1) da una parte (cui si riferiscono i primi due commi dell'art. 11) e gli enti regionali dall'altra. Non pu� cio� essere seguita la tesi del ricorrente, secondo cui mentre per le altre amministrazioni soggette a tutela o vigilanza dello Stato, la regola � Ja esistenza dello jus postulandi ipso jure dell'Avvocatura dello Stato, e la eccezione, previa delibera, � il ricorso alla difesa da parte di avvocati del libero foro, per gli enti regionali invece sarebbe applicabile una disciplina diametralmente QPposta. n riferimento nell'ultimo comma dell'art. 11 alla intera disciplina contenuta nei commi p:recedenti, in quanto si � ritenuto di estenderla 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche agli enti regionali, di.mostra che il legislatore ha adottato in proposito la tecnka dell'applicazione estensiva della precedente normativa la quale quindi non richiede alcuna �previa delibera� da parte de1l'ente regionale per riconoscere lo jus postulandi de1l'Awocatura dello Stato � in via organica ed esclusiva �, mentre essa � necessaria soltanto per escluderla. Tale interpretazione � confortata altres� dalla stessa collocazione del comma in discussione, il quale, estendendo la intera disciplina di cui ai commi precedenti agli enti regionali ha dchiarrnato la previa deliberazone degli organi competenti che il comma immediatamente precedente richiede per attuare la deroga allo jus postulandi deLl'Arv;vocatura dello Stato. In base ai precedenti rirlievi deve ritenersi che sussistono neLla specie i presupposti di fogge per concludere nel senso che all'Avvocatura dello Stato competeva lo jus postulandi allorch�, con atto notificato il 18 agosto 1983, propose la impU1gnazione del }()do nell'interesse dell'ERSAP. Non pu� fondatamente obiettarsi che il q.P.R. 6 ottobre 1978 n. 873 avente natura regolamentare (art. 87 della Costituzione) -� illegittimo e non realizza pertanto le condizioni richieste dall'art. 43 cit. per riconoscere il patrocinio dell'Avvocatura delJo Stato nei confronti de1l'ente regionale. Anche a voler ritenere possibile tlll1a disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo in una fattispecie come que1la prevista nel presente giudizio, � assorbente di ogni altra considerazione il'assoluta legittimit� del decreto presidenziale. Vero � che il suddetto decreto n. 873/78 ha richiamato come fonti normative del potere esercitato l'art. 43 del T.U. n. 1611/33 e l'art. 107 del d.P.R. n. 616/77 ed � anche vero che quest'ultima norma prevedeva soltanto che le regioni {e non gli enti regionali) potessero avvalersi del patrocinio legale e della consulenza dell'Avvocatura dello Stato. Trattasi, tuttavia di una mera irregolarit� che non incide su1la legittimit� dell'atto: allorch� il suddetto decreto fu pubblicato (11 gennaio 1979 -ed acquist� quindi efficacia giuTiidica, era gi� entrata in vi:gore la legge 3 aprile 1979 n. 103 alla qua1e venne dato effetto dal 1 gennaio 1979. Il riferimento al.l'art. 43 del T.U. del 1933 deve intendersi perci� compiuto dal decreto del 1978 nella formulazione che la norma presentava in seguito all'entrata in vigore della legige n. 103/79 la cui efficacia anticipata al 1� gennaio 1979 era gi� operante quando il decreto del 1978 fu pubblicato (11 gennaio 1979). Sussiste, pertanto, nel caso in esame fatto autorizzativo previsto ormai da1l'art. 43 anche per gH enti regionali, onde lo jus postulandi de1l'Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva trae fondamento giuridico dall'art. 11 della legige n. 103, la quale in presenza del suddetto atto autorizzativo, attribuisce ipso jure anche agli enti regionali il patrocinio del PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 183 l'Avivocatrura dello Stato e richiede inv,oce per singoli casi la previa delibera degli organi competenti ove l'ente voglia far ricorso ad avvocati del libero foro. Il primo motivo del ricorso deve es.sere pertanto respinto. Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 360 n. 5, 823 n. 3, 829 n. 4 e 5 c.p.c., si assume che il'impugnata sentenza erroneamente ha ritenuto la nuJlit� del lodo per contraddittoria motivazione, poiich� nel caso in questione la pronuncia arbitrale non difettava del requisito attinente alla motivazione e d'altra parte gli arbitri nel decidere la controversia si erano attenuti alle condusioni della consulenza tecnica di ufficio, onde non era richiesta alouna S1pecifica motivazione per farne propri i risultati. Il ricorrente sostiene una tesi esatta quando, richiamando la giurisprudenza di questa Corte (sentt. 1006/77; 7622/78; 7402/83, di cui la prima resa a Sezioni unite), afferma che il vizio di �contraddittoriet�� del lodo arbitrale � deducibile con impugnazione per nulilit� soilo qualora si concreti in una i111conciliaibilit� fra parti del diS!p'Ositivo (art. 829 n. 4 c.p.c.) ovvero in un contrasto fra parti della motivazione di gravit� tale da ren� dere impossibHe la ricostruzione della ratio decidendi, e, quindi, da .tradursi in sostanziale mancanza della motivazione stessa (art. 829 n. 5 c.ip.c.) e quando sostiene che la Corte d'aippello ha dichiarato la nullit� del lodo in una fattispecie non riconducibile a quelle previste dalle norme anzidette. Infatti la denunziata sentenza ha accolto la impugnazione per nullit� del lodo sul semplice rilievo che la motivazione adottata dagli arbitri ha ritenuto esistenti i miglioramenti senza dar conto dello affermato (e non provato) abbattimento dell'opera '(scavo di un pozzo necessario per rendere irriguo il terreno) non pi� esistente al momento della consegna del fondo. Ma � evidente ohe in tal modo i giudici di aippeHo non si sono fermati, nel dichiarare la nullit� del lodo, al ri:scontro formale circa la esistenza della motivazione come reqruisito dell'atto ed hanno invece proceduto ad un riesame ldel giudizio all'�opo espresso dagli arbitri, cadendo nella violazione di legge denUJilziata dal ricorrente. Tuttavia pur ,essendo erronea la ragione per cui i giudici di appello hanno dkhiarato la nullit� del lodo, il decisum pu� nel caso in esame rimanere fermo, avendo gli arbitri esaminato una controversia rientrante neHa giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 5 comma 1 della legge n. 1034/71), e quindi non suscettibile di essere devoluta al giu� dizio arbitrale. � Le Sezioni unite hanno gi� ritenuto che qualora la controversia promos sa nei confronti dell'ente concedente da un assegnatario ed acquirente con patto di riservato dominio di run terreno di riforma fondiaria non investa soltanto questioni attinenti ad indennit�, canoni ed altri corrispet 184 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO tivi, come nel caso in cui una delle parti (nel caso considerato il concessionario) avanzi pretese risarcitorie per un dedotto inadempimento contrattuale del concedente, la controversia medesima, ai sensi dell'art. 5 della l.egge 6 dicembre 1971, n. 1034, esula da:hla giurisdizione del giudice ordinario e spetta alla cognizione del giudice a'.!Jllllinistratirvo, in sede di giurisdizione esclusiva e, pertanto, non pu� essere portata, con compromesso o clausola compromissoria alla 1cognizione di arbitri il aui intervento � consentito solo in via sostitutiva nell'ambito de1le attribuzioni dell'autorit� giudiziaria ordinaria (sent. n. 406/84). Nella specie i:l giudizio arbitrale non verteva soltanto sulla indennit� per i miglioramenti al fondo, ma investiva altres� l'esame della pretesa di risarcimento dei danni da recesso dell'assegnatario formulata in quella sede dall'ERSAP. �La controversia, pertanto, non era limitata alie indennit�, canoni ed altri corrispettivi aui fa riferimento l'art. 5 comma 2 della legge citata, riconoscendo in tali liimiti la giurisdizione del giudice 011dinario, ma si estendeva all'esame del rapporto contrattuale �ll1tercorso tra Je parti ed al giudizio relativo alla esistenza del dedotto inadempimento dell'assegnatario, il che rientrava nel primo comma dell'art. 5 ohe dervolve in tal caso la controversia al giudice amministrativo. Corretta in tal modo la motivazione dell'impugnata sentenza sulla base della rilevata nullit� (ex officio) del lodo per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, che si traduce nella specie nella incompetenza degli arbitri, il decisum con cui i giudici di appello hanno dichiarato la nullit� del lodo pu� rimanere fermo (art. 384 comma 2 c.p.c.). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21marzo1987, n. 2809 -Pres. Tamburrino � Rel. Caturani -P. M. Sgroi V. (conf.). � De Carolis (avv. Carucci) c. E.R.S.A.P. (avv. Stato De Stefano). Arbitrato � Lodo � Notificazione alla parte personalmente . Termine per l'impugnazione di nullit� � Decorre. (Cod. proc. civ. , art. 828). Poich� nel giudizio arbitrale il rapporto della parte col difensore si / svolge sul piano meramente contrattuale del mandato con rappresentanza, con conseguente inapplicabilit� della disciplina di cui agli articoli 170 e 285 ood. proc. civ., la notificazione del lodo alla parte personalmente � idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione di nullit�i(1). (1) Principio gi� affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza 12 ottobre 1983, n. 5918 richiamata in motivazione (cfr. in Foro it. 1983, I, 2703). E' il caso di sottolineare, in punto di fatto, che nella specie il lodo arbitrale era stato PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 185 Con il primo motivo il ri:corrente sostiene che la impugna.7J:ione del lodo arbitrale da parte dell'ERSAP � inammissibile per decadenza, essendo avvenuta oltre il termine di cui all'art. 828 comma 1 c.ip.c. La censura � fondata. Le Sezioni unite hanno gi� avuto occasione di affermare iJ. principio, secondo .cui la notificazione del lodo arbitrale a.ila parte personalimente � idonea a far decorrere il termine di trenta .giorni per l'impugnazione del lodo, ai sensi dell"art. 828 comma 1 c.p.1c., anche quando la parte medesima sia stata assistita da U!Il. procuratore nel giudizio arbitrale, eleggendo o meno � domicilio presso lo stesso, in considerazione del fatto che in detto giudizio il rapporto con il difensore si S\'Olge sul piano puramente contrattuale del mandato con rappresentrunza, senza implicare costituzione in senso proprio, sicch� resta inapplicabile la disciplina degli artt. 170 e 285 c.ip.c. in tema di notificazione della sentenza al procuratore costituito (sent. n. 5818 del 1983). Nella specie, come risulta dagli atti, mentre il 'lodo arbitrale, reso ese� cutivo il 5 febbraio 1979, fu notificato all'E&SAP il 23 marzo 1979, la impu: gnazione per nullit� dell'ente regionale � intervenuta soltanto con atto notificato il 5 giUJgno 1979 qruaindo erano gi� decorsi i trenta giorni previsti a tal fine dell'art. 828 c011llIDa 1 c.p.ie. La Corte di aippelfo, nell'esaminare nel merito la impugnazione dell'ERSAP, � pertanto caduta nella demmziata violazione di legge, il che determina lo accoglimento del primo motiivo di ricorso e l'assorbimento del terzo ohe riguarda il problema della giurisdizione. notificato all'Ente di riforma prima dell'entrata in vigore della legge 3 aprile 1979 n. 103 e che l'impugnazione venne proposta, dalla Avvocatura, il 5 giugno 1979. Avuto, ora, riguardo al testo dell'art. 43 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, come novellato dalla citata legge di modifica dell'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, e quindi ai caratteri di organicit� ed esclusivit� dell'assunzione, da parte dell'Avvocatura stessa, del patrocinio degli Enti pubblici �avanti le autorit� giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali � (primo comma art. 43 cit., in relazione al terzo comma aggiunto), pare lecito dubitare dell'applicabilit� del principio anche alla notificazione del lodo eseguita sotto il vigore della legge n. 103/1979. Sembra invero estensibile, ormai, anche ai predetti Enti -che siano stati autorizzati ad avvalersi dell'Avvocatura -ogni implicazione della istituzionale rappresentanza e difesa in giudizio delle Amministrazioni statali, ivi compresa quella relativa al luogo della notificazione delle pronunce (anche arbitrali) agli effetti della decorrenza del termine breve per l'impugnazione di cui siano suscettibili. Sull'inapplicabilit� degli artt. 170 e 330 cod. proc. civ. ai fini della notifica dell'impugnazione di nullit�, cfr. Cass., Sez. Un., 18 gennaio 1982, n. 293, Foro it., 1982, I, 683, che ha ritenuto valida la notifica presso il procuratore domicilia tario nel giudizio arbitrale in base alle norme sul mandato con rappresentanza. 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto, respinto il secondo motivo di ricorso, in accoglimento del primo ed assorbito il terzo, si impone la cassazione della impugnata sentenza senza rinvio, poich� la domanda di impugnazione per nullit� non poteva essere proposta per decadenza fo:manzi alla Corte di appello (art. 382 comma 2 c.p.c.). (Omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 18 marzo 1987, n. 8 - Pres. Cusani -Rel. Noccelli -Fiorito ed a:ltri (avv. Fiorito) c. Comm. Governo per interv. straord. Mezzogiorno (avv. Stato Onufrio) e Consorzio Bonifica deU'Altesina (avv. Compagno). Espropriazione per pubblica utilit� -Acquedotto -Approvazione del progetto dei lavori -Perizia di variante comportante semplice asservimento dei terreni espropriandi -Rifiuto di approvazione -Ricorso giurisdizionale Inammissibilit�. (Legge 22 luglio 1966, n. 614, art. 3; R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 218). � inammissibile il ricorso dei proprietari espropriandi avverso il rifiuto d'approvazione di perizia di variante predisposta al fine d'assoggettare a servit� d'acquedotto i terreni destinati ad esproprio secondo il gi� approvato progetto dei lavori '(1). In via preliminare, va disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal resistente Consorzio. Costituisce, infatti, ogigetto di impugnativa la determinazione n. 110333 del 21 ottobre 01985 con la quale H Commissario del Governo per l'intervento straondinario nel Mezzogiorno ha rifiutato l'approvazione di una �perizia di variante � predisposta dallo stesso Consorzio attuale resistente al fine di convertire (almeno in parte) la prevista espropriazione dei terreni di propriet� dei ricorrenti in servit� permanente di acquedotto. La controversia, dunque, si incentra sulla legittfo:nit� di un provvedimento attraverso il quale si attuano scelte tecnico-discrezionali dell'A. relative alle modalit� di esecuzione di un'opera pubblica (acqruedotto) di vaste dimensioni, capalQe di incidere, sia pure indirettamente, sul buon regime delle acque e sugli interessi specifici che l'uso delle acque stesse, attraverso ~l costruendo acquedotto e .le opere strumentali ad esso connesse, � destinato a soddisfare. Sussiste, pertanto, la giurisdizione del TSAP ai sensi dell'art. 143, lett. a, del T.U. n. 1775/33, secondo una pi� lata interpre (1) Da segnalare, nella motivazione, l'argomento desunto dalla mancanza di una disciplina pubblicistica speciale relativa alla imposizione di servit� d'acquedotto. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI tazione che di tale norma processuale � stata accolta da un costante indirizzo di questo Co1legio ~cfr., per tutte, sent. TSAP 8-7-77 n. 72 resa in fattispecie identica). Il ricorso, peraltro, va dichiarato inammissibile. La trama argomentativa che sorregge l'unico complesso motivo di censura dedotto in ricorso evidenzia due distinti profili difensivi, tra loro connessi e interdipendenti. In primo luogo si afd'eI1ma, in sostanza, che l'Amministrazione non avrebbe potuto far J.uogo ad espropriazione, ma avrebbe dovuto, al fine di realizzare il progettato acquedotto, seguire il diverso procedimento della imposizione di servit� coattiva secondo le no!'me del codice civile; sotto un diverso angolo visuale, poi, si muove critica a'lle SJCelte teoniche che sono alla base del progetto costruttivo, assumendosi che J.'A. avrebbe potuto_, e, quindi, iLlegittimamente non ha voluto progettare ed eseguire l'opera pubblica con glri_ stessi criteri cui si ispira la disdplina (privatistica) della servit� coattiva di acqruedotto e cio� in modo da contemperare aideguatamente l'interesse pubblico primario con le esigenze ~di tutela della produzione agricola) proprie dei titolari dei fondi assoggettati ad esproprio. Ora, per�, il presupposto da cui muove J.a surriferita tesi difensiva dei ricorrenti (essere, cio�, l'A. obbligata, o anche solo facoltizzata, ad avvalersi del diverso procedimento di .imposizione di servit� coattiva di acquedotto) va considerato, prima ancora che iillfondato in punto di diritto, non deducibile in questa sede. Le norme del CJC. cui si riiohiamano�i ricorrenti (artt. 1039 e segg.) disciiplinaino le modalit� di costituzione del �tipo� di servit� di acquedotto basato su di un titolo convenzionale o giudiziale, ma non toccano n� la facolt� dell'A. di scegliere, tra i vari strumenti messi a sua disposizione dalla legge, quello rpi� idoneo alla realizzazione dell'opera pubblica, n� le valutazioni teoniico-discrezionali inerenti alle modalit� esecutive del progetto di opera pubblica, trattandosi di facolt�, le une e '1e altre, che si eseocitano in una fase logicamente e cronologicamente precedente alla approvazione del progetto esecutivo; l'approvazione del progetto, infatti, equilvalenido � ex lege � a dichiarazione di p.u. e di indifferibilit� e urgenza dei relativi larvori {cfr. art. 3 legge 22-7-66 n. 614; art. 135 T.U. n. 218/78; per gli aicqruedotti di interesse locale, art. 218 T.U. n. 1775/33 e, ora art. 1 legge n. ,1/78), da un lato comporta l'esclusione di ogni altro strumento (convenzionale o giudiziale) utilizzabiile al fine della localizzazione del tracciato dehl'acquedotto, e dalJ'ailtra par.te fissa in modo definitivo le caratteristi:che dell'opera indirviJduando con sufficiente precisione i terreni (o parti di essi) soggetti ad esproprio, sicch� � in questa fase che assume giuridica rilevanza l'interesse dei proprietari espropriandi a dolersi delle scelte dell'A. Nella specie, gli stessi ricorrenti riconos-cono che n� il progetto esecutilvo dell'acquedotto n� il conseguente decreto prefettizio (n. 2690 del 3-3-74) autorizzante l'oocuipazione di urgenza furono tempestivamente im 188 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO pugnati, e per� si dolgono che fa CASMEZ non abbia fatto uso dello ius variandi nella successiva fase deHa concreta esecuzione del progetto stesso. Ma � evidente che n� il Consorzio concessionario n� il competente organo di gestione straordinaria de~li interventi nel Mezzogiorno avevano l'obbligo di modificare, in sede esecutiva, il progetto tecnico .precedentemente approvato e tanto meno erano tenuti a rinunciare del rutto alla procedura espropriativa in farvore di altri strumenti di tipo privatistico. E, invero, l'accoglimento dell'istanza degli interessati, volta ad ottenere la �trasformazione� dell'esproprio in costituzione di servit� coattiva di �ooquedotto, avrebbe comportato -stante la mancanza di una disciplina � speciale � legittimante l'imposizione di servit� di acquedotto con !ltto amministrativo (al contrario della servit� di elettrodotto, ex art. 119 T.U. n. 1775/33) -l'abbandono totale o parziale della procedura espropriativa gi� intrapresa, e quindi l"autoannullamento aLmeno implicito, da parte dell'A. medesima, di provvedimenti gi� adottati e perfezionati senza contestazione alcuna da parte degli interessati: il che ancora una volta evidenzia oltre che la tardivit� delle censure, la loro estraneit� al giudizio di legittimit� stante la natura squisitamente tecnico-discrezionale delle valutazioni alle quali si riferisieono. SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Sez. Penale, 5 settembre 1986, n.1371Pres. Carnevale -Rel. Cantillo -Rie. Abatangclo pi� 65. Pro�edimento penale -Ordinanza di rinvio a giudizio -Incompletezza del dispositivo � Causa necessaria di nullit� -Esclusione. Procedimento penale -Ordinanza di rinvio a giudizio � Divieto di integrare il dispositivo con la motivazione -Insussistenza. Procedimento penale -Ordinanza di rinvio a giudizio � Incompletezza del dispositivo � Mancata considerazione di capi di imputazione ritenuti sufficientemente provati in motivazione -Procedura di correzione ex art. 149 c.p.p. -Ammissibilit�. L'art. 385 c.p.p., giusta il quale la sentenza istruttoria � nulla ove sia incompleto il dispositivo, non � applicabile per analogia alla ordinanza di rinvio a giudizio; poich� per quest'ultima manca una norma che preveda che siffatta irregolarit� sia cagione di nullit�, n� simile disposizione esiste per le ordinanze in generale, deve negarsi che l'incompletezza del dispositivo, per s� sola, determini la nullit� del provvedimento di cui allo art. 374 c.p.p. {1). L'incompletezza del dispositivo inficia la validit� della ordinanza di rinvio a giudizio solamente nell'ipotesi in cui non sia possibile determinare l'oggetto del dibattimento; ma a tal fine va considerato l'intero atto, potendosi integrare il dispositivo con la motivazione. L'opposto principio, che ha valore per le sentenze dibattimentali, si giustifica con la considera� zione che queste ultime, come atti di giurisdizione, vengono ad esistenza con la lettura del dispositivo; se, invece, un provvedimento assume rilevanza con la pubblicazione, riprende vigore la regola per cui la portata precettiva di una pronuncia si desume tenendo conto sia del dispositivo, sia della motivazione (2). (1) L'impossibilit� di applicare, per analogia, l'art. 385 c.p.p. alla ordinanza di rinvio a giudizio � conseguenza, in primo luogo, del carattere eccezionale delle norme che sanciscono le nullit�. � interessante notare, poi, come la norma considerata, giusta quanto esplicitato sub 2, vada considerata una frattura nella consequenzialit� logica dell'ordinamento. (2) Precedenti in termini, relativi alla possibilit� di integrare il dispositivo dell'ordinanza di rinvio a giudizio con la motivazione della stessa, non risultano. Va per� segnalato che la Suprema Corte, pi� volte, ha escluso l'operativit� del 190 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Pertanto, ove l'incompletezza del dispositivo derivi da errori od omis� sioni di carattere materiale, rimanendo esclusa la nullit� dell'ordinanza di rinvio a giudizio, � ammissibile il procedimento di correzione di cui al1' art. 149 c.p.p. (nel caso di specie il dispositivo non considerava taluni capi di imputazione per i quali, in motivazione, era stata ritenuta l'esistenza di sufficienti prove a carico) {3). (Omissis) 6. -Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la nu1lit� dell'ordinanza e dell'intera procedura di correzione, sostenendo che questa non poteva essere adottata perch� diretta, in realt�, a SO!P;perire � a lacune del dispositivo che comportavano la nullit� del provvedimento, ex art. 385 cod. proc. pen., e non erano suscettibili, quindi, di essere divieto in considerazione, sulla base di argomentazioni identiche a quelle contenute nella sentenza commentata, con riferimento ai provvedimenti emessi in I camera di consiglio (nella specie, applicazione di misure di prevenzione -v. Cass. 5 giugno 1985, INZERILLO, in Riv. Pen. 1986, 633; Cass. 18 maggio 1984, FALCONE, in Riv. Pen. 1985, 219; Cass. 21 marzo 1983, BORTOLOTTI, in Cass. Pen. 1984, 1971) e alle ordinanze in genere (Cass. 11 maggio 1984, in Riv. Pen. 1985, 188). I Per quanto riguarda le sentenze, ovviamente, la nullit� per incompletezza o mancanza del dispositivo, sussiste solo se le irregolarit� considerate si riferiscono I& al dispositivo letto in udienza; se concernono, invece, quello che trova posto in >: sentenza, dopo la motivazione, v'� solo errore materiale (vedasi fra le tante: Cass. 9 maggio 1979, NovARDI, in Giust. Pen. 1980, III, 369; Cass., 21 aprile 1978, SERAFINI, Cass. Pen. Mass. Ann., 1980, 1392) e pu� farsi luogo alla procedura di cui all'art. 149 c.p.p. (Cass. 12 novembre 1982, PETRALITO, Giust. Pen. 1983, III, 580). Ed inoltre � stato affermato che, pur non potendosi integrare il dispositivo con la motivazione, � possibile far ricorso a questa quando quello sia meramente oscuro e lacunoso (Cass. 29 marzo 1985, CAVALLONI, in Riv. Pen. 1986, 477; Cass. l! 25 marzo 1983, TAORMINA, in Riv. Pen. 1984, 431). Con riferimento al rito del lavoro, afferma la funzione puramente esplicativa della motivazione Cass. 21 ottobre 1982, n. 5481 (in Mass. Giur. lt. 1982); altre pronunzie negano che possa trovare applicazione il principio di integrazione fra dispositivo e parte motiva della decisione I (Cass. 5 marzo 1985, in Mass. Giur. It. 1985; Cass. 14 marzo 1986, n. 1753, in Mass. Giur. It. 1986); altre ancora ritengono che la regola de qua trovi s� applicazione, I ma in forma limitata (Cass. 24 febbraio 1984 'n. 1338, Arch. Locazioni, 1984, 237). (3) Non constano precedenti in termini. Diverso � il caso che il G. I. non si sia pronunciato -n� in motivazione n� nel dispositivo -su di uno dei capi di imputazione. L'omissione non vale certo quale proscioglimento implicito (cos� � anche per le sentenze, v. Cass. 2 dicembre 1968, PASSANISSI, Cass. Pen. 1970, 560). La Cassazione ha avuto modo di chiarire che, in simile ipotesi, non v'� nullit� dell'ordinanza di rinvio a giudizio in ordine alle altre imputazioni, e che due sono i possibili rimedi. O si procede, se possibile, a contestazione suppletiva in dibattimento, o il G. I. potr� emettere nuova ordinanza ex art. 374 c.p.p. per i capi pretermessi. Cosi facendo non violer� il principio di non regressione del giudizio, giacch�, per le imputazioni su cui non si era prima provveduto, non pu� ritenersi conclusa l'istruttoria (Cass. 18 marzo 1981, DE LucIA, Giust. Pen. 1981, III, 370). E f GIOVANNI LANCIA I ! t PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE emendate con il procedimento di correzione degli errori materiali, ai sensi dell'art. 149 cit.; n� per escludere l'incompletezza del dispositivo poteva farsi riferimento alla motivazione, perch� per le ordinanze-sentenze istruttorie vige il principio, comune ad ogni provvedimento decisorio, per cui le statuizioni adottate dal giudice debbono risultare esclusivamente dagli enunciati del dispositivo. Anche questa critica non coglie nel segno. Quanto al primo argomento, essa non considera che il provvedimento del giudice istruttore del 13 agosto 1984, oggetto della procedura di .correzione, contenendo insieme pronunce di proscioglimento e di rinvio a giudizio, riveste la duplice nl.l.tura di sentenza e di ordinanza, con la conseguenza che in relazione a questo secondo profilo, il quale soltanto viene ora in rilievo, la disciplina delle sentenze non � applicabile. Al riguardo va sottolineato, infatti, ohe la sostituzione del modulo della sentenza con quello dell'ordinanza, operata con la legige n. 773 del 1972 per il provvedimento di rinvio a giudizio, ha comportato un'incisiva modificazione della sua disciplina, che -come direttamente risulta dal nuovo testo dell'art. 374 cod. proc. pen. (introdotto con la novella suddetta) -� ora qruella propria delle ordinanze, con tutte le conseguenze in ordine ai requisiti formali de11'at!o e, soprattutto, in ordine al regime delle nullit�. In particolare, risulta inapplicabHe l'art. 385 cit., il quale individua specificl�e cause di nullit� della sentenza, fra le quali, appunto, l'incompletezza del dispositivo; e poich� l'irregolarit� non � fra qruelle sanzionate a pena di nullit� dall'art. 374 e, d'altra parte, non esiste una norma di carattere generale che la preveda come vizio comportante la nullit� delle ordinanze, n� l'art. 385 � suscettibile di applicazione analogica a provvedimenti diversi dalla sentenza, si deve escludere che l'incompletezza del dispositivo costituisca di per s� causa di nullit� dell'o1idinanza di rinvio a giudizio. L'esclusione di un'autonoma previsione di invalidit� non significa tuttavia che le carenze del dispositivo siano sempre prive di rilievo, bens� che esse vanno valutate nel contesto del provvedimento e possono inficiarne la validit� solo se questo, nel suo complesso, non consenta in modo assoluto di individuare l'ogigetto del dibattimento, rivelandosi cosi del tutto inidoneo alla sua funzione istituzionale. 7. -D'altra parte -e con ci� si passa a considerare la ratio che sottende all'altro profilo della censura -la struttura del provvedimento � tale da renderne doverosa la considerazione unitaria ai fini dell'individuazione del contenruto decisorio, non riscontrandosi quell� scissione tra dispositivo e motivazione che preclude la possibilit� di utilizzare 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale criterio nelle sentenze dibattimentali e che giustifica l'indirizzo giurisprudenziale a torto ora invocato dai ricorrenti. Nella sentenza resa in dibattimento il dispositivo della decisione assume autonomo rilievo giuridico rispetto al documento completo della pronuncia, in quanto l'atto giurisdizionale viene ad esistenza gi� con la lettura in udienza del dispositivo medesimo, che segna la chiusura della fase della deliberazione e rende immutabile la decisione, della quale costituisce la diohiarazione uffiiciale tipica. E si COIJl!Prende agevolmente, quindi, come in questo modulo procedimentale la motivazione della . prollltll1Cia sia destinata ad assolvere una funzione rigidamente esplicativa delle ragioni della decisione adottata e sia intrinsecamente inidonea, quindi, ad assumere valore decisorio integrativo delle statuizioni contenute in dispositivo, sicch� la motivazione pu� essere utilizzata come elemento interpretativo delle stesse qualora siano formulate in modo equi.rvoco ed incerto, non anohe come fonte di integrazione del dispositivo, valorizzando indicazioni ohe non trovano corrispondenza in quest'.ultimo e che sostanzialmente lo modificano. Ma questo discorso non � valido, manifestamente, per i provvedimenti in cui la fase della deliberazione non assume rilevanza giuridica esterna attraverso la pt.11bblicazione del solo dispositivo e l'atto giurisdi2lionale viene ad esistenza con il deposito in cancelleria dell'unico documento COIJl!Prensivo anche della motivazione. In relazione a questi provvedimenti -e sempre ohe non sia diversamente disposto dalla legge non si rinvengono ostacoli di carattere generale all'applicabilit� del principio secondo cui la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo conto sia delle deli:berazioni formalmente contenute in dispositivo e sia delle enunciazioni inserite in motivazione, che concorrono in intima compenetrazione a delineare il contenuto dell'atto decisorio; il quale principio, di pacifico assenso, � esp�ressione del fondamentale canone e:raneneutico per cui l'atto giuridico va interpretato secondo il criterio della totalit�, tenendo conto, cio�, del s1gnificato oggettivo che ad esso deve riconoscersi secondo la legge di formazione dell'atto, la sua struttura giucidi:ca ed il sistema normativo in cui si inserisce. Ci� posto, poi<:h� una specifica regola contraria all'applicabilit� del criterio suddetto non pu� desumersi dall'art. 385 cod. proc. pen., che -come si � visto -riguarda le sentenze e non le ordinanze, si deve riconoscere oh~ nell'ordinanza di rinvio a giudizio, ai fini di individuare l'oggetto della decisione e le statuizioni adottate, � possibile integrare il dispositivo con la relativa motivazione; la quale considerazione unitaria � pienamente coerente, del resto, con La funzione dell'atto di individuare l'oggetto e i limiti del giudizio dibattimentale, al quale scopo non pu� non venire direttamente in rilievo anche la parte motiva. ! I ~ f I PARTB I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALB 8. -Le , considerazioni svolte portano ad affermare che il procedimento di correzione degli errori materiali � aippJ.icabile all'ordinanza di rinvio a giudizio anche nell'ipotesi di incompletezza del dispostivo derivante da errori od om~ssioni di carattere materiale. L'appliJcabilit� della procedura non incontra il di'Vieto posto dall'art. 149 cod. proc. pen. per i vizi che comportano nullit�, perch� l'incompletezza del dispositivo non � prevista come causa di invalidit� dell'ordinanza. Inoltre, attraverso l'esame unitario del provvedimento, in particolare in base alila parte motiva, � possibile accertare se la lacuna nel �dispositivo sia espressione di un'omissione di pronuncia o, comunque, di una carenza della decisione -cio� di un errore di giudizio cui non si pu� porre riparo con la procedura di correzione -oppure, all'opposto, di un'omissione di carattere materiale, in quanto dal contesto del prO\'Vedimento risuJtano l'esistenza e i termini della decisione che fil giudice intendeva didhiarare; nel qual caso per modo che il completamento del dispositivo si pone come diretta e necessaria conseguenza della decisione, sicch� ald esso occorre prowedere nelle forme dell'art. 149 cod. proc. pen. Nel caso in esame, il provvedimento di correzione � stato motivato con riferimento alla necessit� di aggiungere in dispositivo, fra le imrputazioni per le quaili veniva disposto il rinvio a giudizio degli imputati, taluni caipi -cio� quelli contrassegnati con n'lllllleri fratti� (o sottonumeri) -in ordine ai quali il giudice istruttore aveva argomentato, nella parte motirva dell'o:rdinanza-sentenza, l'esistenza di sufficienti prove a carico di ciascuno dei prevenuti e tuttavia non risultava emesso un formale prrnNedimento, giacch� per errore erano stati riportati in dispositivo solo i nwneri interi (relativi ai fatti criminosi principali) e non i nwneri fratti (relativi a reati connessi a ciascuno dei medesimi fatti). Queste argomentazioni non risultano S[pecifilcamente criticate dai ricorrenti con il motivo in esame, che fa perno, come si � visto, sull'incompletezza del dispositivo; e anche con il motivo aggiunto prima dell'udienza -peraltro tardivamente, dopo la scadenza del termine ex art. 533 cod. proc. pen. -il carattere sostanziale delle omissioni viene sostenuto soltanto attraverso il 11affronto tra i caipi di imputazione trascritti in ep~graJfo e quelli menzionati nel dispositivo dell'o:ndi.nanzasentenza, mentre non si contesta che le imputazioni formalmente ornasse fossero state esaminate nella motivazione, della quale i ricorrenti non si sono affatto oocupati. Pertanto, va condiviso l'inquadramento delle suddette lacune. del dispositivo fra le omissioni di carattere materiale, suscettibili di essere eliminate con il procedimento di correzione, perci� esattamente sperimentato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 9. -Il quarto motivo deve ritenersi assorbito, in quanto con esso vengono denunziati vizi del provvedimento che varrebbero a qualificarlo a:bnorme, e perci� ugualmente impuigna:bile, ove non rpotesse essere considerato ordinanza di correzione, resa ex art. 149 cod. proc. pen. Si � gi� detto che il igiuidiJce iistruttore, al quale � .sfuggito �ohe il rproce< limento di �correzione di errori materiali �si conclude con arpposita ordinanza e non con un provvedimento dello stesso tiipo di queHo oggetto della correzione, ha ritenuto di colmare le 1a:oune del dispositivo dell'ordinanzasentenza del 13. agosto 1984 attraverso un rprovrvedimento uguale, integra. tivo del primo; e ci� maLgra:do che gli atti fossero stati a lui rinviati� da questa Corte Suprema nell'ambito del procedimento di correzione, solo ed eS1Clusivamente per l'espletamento dello stesso. Tuttavia, come pure si � osservato in precedenza, il prov:vedimento -a:dottato �a conclusione di quella procedura -ha il contenuto sosta:nziale dell'ordinanza di correzione e come tale � stato correttamente impugnato dai ricorrenti; siJcch� il motivo ohe si considera risulta superato. In definitiva, i ricorsi indicati Stl!b n. 3 rvanno dichiarati inammissi bili e gli altri debbono essere rigettati, con conseguenziale conda:nna dei ricorrenti, in 1SOU!do, al pagamento delle spese iprocessuali. PARTE SECONDA i f: * {-f I! I! f QUESTIONI Corte Costituzionale Italiana e Corte di Giustizia Europea: due esperien� ze convergenti nella costruzione dell'Europa comunitaria(*). 1) Molto volentieri ho raccoao l'invito del Direttore del vostro Istituto perch� il tema di conversazione che gli ho [proposto mi consente di <eomuni� carvi la piena consapevolezza che ho acquisita deJJa contiguit� e complementariet� dei rispettivi ruoli, del diplomatico e del giurista, sulla base di una dU1pliice esperienza che ho [personalmente vissuto. La prima all'interno di questo Ministero, dorve mi onoro di aver esercitato rper un decennio le funzioni di Capo del Servizio del Contenzioso Diplomatico, fino all'assunzione delle mie attuali funzioni, ohe di quella esperienza costituiscono anche ideale continuazione sia !Petr il collegamento con l'ultima forma di collaborazione potuta rendere ad ALdo. Moro (qui tutto rievoca, e non solo nel mio riverente ricordo, 1a Sua grande figura) sia per l'attiv~1:!� -che l'Istituto che ora ho il prirvil:egio di dirigere esercita -di conswenza e ~fesa in giudizio deilJlo Stato nell'ambito dei rapporti internazionali e comunitari. Con il graduale e continuo infittirsi del tessuto dei trattati e. [pi� in generale delle fonti 'scritte del diritto internazionale, airee gi� riservate alla sola azione delle diiplomazie passano sempre pi� estesamente nel campo d'azione anche dei giuristi; e non solo allorquando si tratti di interpretare ed applicare norme gi� date, ma fin dalla fase della elaborazione di nuove norme internazionali o della modificazione di quelle esistenti. Questa attivit� rdi iproduzione giuridica in sede internazionale, che sempre pi� tende a trascendere il tradizionale ambito dei rapporti interstatuali, per ,riflettersi all'interno degli oroinamenti degli Stati giungendo a regolare pi� o meno direttamente rapporti privati e interindividuali prima riservati alla esclusiva normazione nazionale, richiede ormai la stretta cohlaborazione tra il diplomatico preposto aUa negoziazione e il giurista che deve tempestivamente apprezzarne tutta fa portata e le implicazioni. Ed invero, man mano che si passa dal diritto internazionale generale a quello speciale delle organizzazioni internazionali a loro volta produttrici di norme e, ulteriormente progredendo, al diritto -[potrebbe dirsi semifederale -delle comunit� europee, H compito del giurista diviene sempre pi� impegnativo ed essenziale. In particolare, per quanto concerne le Comunit� europee, l'aggancio al diritto internazionale generale rimane (*) Conversazione tenuta dall'Avvocato generale dello Stato al Ministero Affa� ri Esteri, Istituto Diplomatico, il 9 gennaio 1987. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ormai unicamente al livello apicale delle Grundnormen, delle norme fondaanentali o come taluni dicono � costituzionali � -i trattati istitutivi e di adesione di nuovi Stati membri e pochi altri accordi -, mentre per tutto quanto � applicazione delle norme fondamentali si � in presenza di un orrlinamento che internazionale non � pi� '(come sottolineato anche dalla Corte di giustizia delle Comunit�), e che, rispetto all'ordinamento internazionale generale, pu� qualificarsi come � interno �. Ho ;parlato poc'anzi di diritto semi-federale perch� ritengo tuttora valida l'originaria ispirazione dei conditores delle Comunit�. La configurazione di esse come Zweckverband, ossia come organizzazione funzionale a finalit� partico. lari, propugnata soprattutto da lpsen all'inizio degli anni Settanta e da pi� parti critiicata, � i.naccettabi1mente �riduttiva e risponde a livello di teorizzazione giuridica al tentativo di depoliticizzaire ed � aimministrativizzare � le Comunit� portato avanti aiLI'epoca gollista con lo slogan � Europa delle patrie �. Ai soggetti protagonisti dei �rapporti internazionali va oggi riconosciuto il merito storico di aver generato l'Otrdinamento comunitario. � stata un'esperienza affascinante, sul piano concettuale oltre ohe su quello poli tico, se solo si considera quanto rare, poco rilevanti e per solito caduiche erano state in passato le vi!cende di nascita, su basi reaLmente paritetiche e con strumenti esclusivamente giuridi!ci, di nuove entit� per � fusione � o federazione {anzich� per annessione o comunque assorbimento da parte di .uno Stato egemone). Ora per�, come accennato, l'ordinamento comunitario, pur non rinnegando le �sue radici internazionali, � divenuto -nella effettivit� -11.llla creatura autonoma, che continuamente si :rinnova attraverso la produzione di,norme proprie, scritte e {salvo eccezioni) non pi� internazionali. I giuristi, in questi poco pi� di trenta anni di vita delle Comunit�, si sono dimostrati all'altezza del compito, pervero non facile, loro affidato; � stato a tal �fine necessario, partendo da esperienze � nazionali � diverse, spesso molto diverse (si pensi alle differenze tra sistemi di stampo romanistico e sistemi di common law), costruire un ordine di concetti al tempo stesso comune e nuovo, superando per di pi� le difficolt� poste dalle molte lingue usate nel nostro vecchio continente (il giurista lavora sui concetti e con le parole, come il matematico lavora sulle grandezze e sui simboli numeri!ci). La sfida � stata vinta. Oggi l'Europa comunitaria di51Pone di un ade~ ato numero di giuristi in grado di � gestire � il diritto comunitario, e quindi !Cli assicurare il concreto funzionamento delle Comunit�: giudici deUa Corte di giustizia delle ComUD!�t� e giudici � inazionali �, funzionari del Servizio giuridico della Commissione, avvocati degli Stati membri e delle imprese, docenti universitari cultori del diritto comunitario, consu[ enti giuridici operanti in sedi istituzionali e presso associazioni di catego f. [ f PARTE II, QUESTIONI ria. tutti costoro sono pervenuti a parlare un linguaggio tecnico comune, anche quando ,qualche divergenm di opinione sus,siste, e riescono a lrcworare assieme pur nella differenza dei ruoli individuali. Quando di questi anni si scriver� la Storia, con la S maiuscola, spetter� certo una pagina anche 'all'opera svolta dai giuristi nella costruzione di questa Europa comunitaria, figlia solo del diritto e del consenso, e non della forza militare e dell'egemoillia � nazionalistica �. Per quanto concerne 1'1'stituto che dirigo, l'Avvocatura dello Stato italiano, pos,so attestare che fin dall'inizio degli anni Cinquanta, dall'epoca dei padri fondatori dell'Buropa dei Sei -De Gasperi, .Adenauer, Mollet, Schumann -, essa ha formato nel suo seno un congruo numero di giuristi comunitari, taluni dei quali hanno aIJ1ohe attivamente collaborato con il Ministero degli Affari Esteri. Al tempo stesso devo per� rilevare, anche in relazione all'altra esperienza che ho vissuta, clle solo la continuit�, la tenacia e la sagacia dell'azione diplomatica, asisecondando o sollecitando l'iniziativa politica, ha consentito ad una costruzione, che vorrei chiamare di alta tecnologia-giuridica, di traduirsi in effettivit� di sistema istituzionale, superando ile difficolt� di ogni giorno e le ricorrenti crisi di soprav�vivenza ed aprendo via via le strade del consolidamento e dello sviluppo. Prima di 1passare all'a11gomento specifico di questa conversazione, des~ dero fe11marmi un attimo 1sul ruolo idi custode della legalit� comunitaria ~con un po' di malignit�, taluno ha detto �Cerbero�) as,sunto in questi ultimi anni i(da11a Presidenza Roy Jenkins) dalla Commissione e dal relativo Servizio giuridico attraverso sempre rpi� frequenti iniziative processuali basate sull'art. 169 del Trattato CEE; articolo che come noto inizia con le parole: �la Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia maocato a uno degli obblighi a lui incombenti in virt� del presente trattato... �. Se si confrontano ad esempio due trienni, il 1974/76 ed il 1982/84, si rileva 1che le iniziative processuali in questione assunte nel tri.ennio nei confronti degli Stati membri sono aumentate da 9 a 142 {,gli avvisi motivati sono aumentati da 72 a 396). Il f�il.tro politico ohe, in seno alla Comunit�, riduceva a ;pochi casi l'uso dello strumento del ricorso alla Corte di giustizia � divenuto meno stretto. Il che :pu� essere visto, a seconda delle preferenze, sia come una dimostrazione di maturit� della Comunit� che ormai pu� pe11mettersi di �mettere in riga � gli Stati membri attardati o recalicitranti, sia come una dimostrazione di debolezza dell'oroinamento comunitario costretto ad affidarsi pi� al vincolo giuridico che al consenso spontaneo. Comunque, questo atteggiamento tde�ia Commissione rende vieppi� centrale il ruolo del giurista; in particolare il giurista �che rappresenta lo Stato membro viene chiamato a compiti non solo di esplicazione delle ragioni (non di rado sostanziose e politiche) dei ritardi e delle neghittosit�, ma persino di �cucitura � tra ordinamenti comunitario e statale, median PARTE II, QUESTIONI f in .grado di espr.imer� ne11a effettivit� una loro forza e di impiegarla !Peir dare risposte adeguate alle esigenze dei PO!POli eurO!Pei. Quanto precede pu� 1costituire chiave di lettura anche riguardo alle note contrapposizioni tra concezione monista con primato del diritto statale, concezione monista con !Primato di un diritto sovranazionale (nell'accezione pi� fata de1la parola sovranazionale), e concezione pluralista. � gi� stato osservato dai maestri della �scuola viennese (Kelsen e Verdross) che la concezione monista con primato del diritto statale � teorizzazione alla radice della quale v'� una buona dose di egemooismo nazionalista, mentre .ahla ra:d~ce della concezione monista con !Primato di un diritto sovranazionale v'� una ideologia pacifista. Ovviamente, fa concezione pluralista esprime rpi� realisticamente situazioni di equilibrio tra pi� centri reciprocamente autonomi di forza politica. Ho usato il singolare �equilibrio �. In realt�, molti sono i possibili punti di equilibrio tra due o pi� sistemi gimidioi; ed � oompito del giurista individuare, in una situazione data ed in un momento storico dato, quale sia J'assetto che si realizza. La concezione pluralista � dunque pi� un metodo di lavoro per interpretare e gestire realt� complesse, che una soluzione �bell'e fatta� !Per descrivere 1realt� banali. La tradizione giuridica italTana, sensibilizzata anche dal particolare rapporto tra Stato e Ohiesa, � da malti decenni adusa a questo metodo di lavoro (basti pensare all'insegnamento di Santi Romano); e, come vi � ben 1I1oto, molti dei. risultati con esso ottenuti sono ormai patrimonio culturale comune sottostante al diritto internazionale. Cos� la distinzione -a tutti noi familiare -tra comandi e divieti indirizzati agli Stati e comandi e divieti indirizzati aigli individui -distinzione che ivalorizza il concetto di destinatari di cias�cuna no!1!Ila, rectius di ciascun � sistema � di norme -presuppone un approccio plurailista. Tale distinzione, 1UDJgi dal costituire la raigion d'essere e la causa del pluralismo degli ordiinamenti normativi, � logicamente successiva alla constatazione -sul piano dell'effettivit� -del sussistere di tale pluralismo; tant'� che essa distinzione non costituisce un connotato necessario, e pi� sistemi autonomi di norme possono contemporaneamente dirigersi ai medesimi destinatari. Osservazione questa di evidente utilit� per un esame del rapporto tra ordinamento com�nitairio ed ordinamento statale, l'uno e l'altro potendo indirizzare le proprie norme agli individui. Lo stesso 011dine di concetti pu� applicarsi alla ben nota distinzione tra ordinamenti originari e ordinamenti derivati. Dire che sono originari gli ordinamenti che poggiano su una norma fondamentaJ.e la cui giuridicit� costituisce un postulato non dimostrabile, non � molto diverso dal dire che il'effettivit� � .la fonte e la misura del primato di un ordinamento sugli altri ordinamenti compresenti. Non sono le circostanze storiche, quale ad esempio la nascita mediante un trattato, a stabilire che un or 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dinarnento � derivato o invece originario; ci� va constatato sul terreno dell'effettilvit�, sulla base dei dati espressi da una realt� che � politica e pregiruridica. Anche questa osserv.azione pare utile in un discorso sul rapporto tra orrlinamento comunitario ed ordinamento statale. Ed a questo proposito sarei dell'avviso che ancor oggi -nel 1987 -l'ordinamento comunitario presenti i caratteri di un ordinamento � deriv1ato �; esso infatti po~gia ancora non gi� su una forza politica prnpr.ia, ma �sul persistere -sUJl filo della continuit� dell'azione diiplomatica -della volont� comune degli Stati membri. E ci� anche perch� l'ordinamento comunitario � ordina. mento � settoriale �, solo in prospettiva mirato a soddisfare tendenzialmente tutte le esigenze dei popoli europei, ma in atto limitato alla disciplina di ambiti circoscritJti (seppur ampi) della 'Vita sociale; di qui la necessit� e l'importanza delle relazioni tra i settori affidati alle Comunit� e tutti gli altri settori rimasti affidati agli Stati, relazioni che si svolgono su un piano, per cos� dire, orizzontale e continuo, Comunit� e Stati ope rando complementarmente, contiguamente e pariteticamente. Quanto precede conduce a ritenere meritevoli di attenzione, pi� ohe la reciiproca seipairazione e autonomia dell'ordinamento delle Comunit� rispetto a quello di ciascuno degli Stati, l'esseiraa e le modalit� del coor dinacrnento e della cooperazione tra tali orrlinamenti e tra le istituzioni proprie di cias�cuno di essi. Occorre a questo punto sottolineare come fa concezione pluralista non possa ipoggiare unicamente sulla distinzione, separazione e ireciproca 01Utonomia di ipi� ordinamenti. Essa deve necessariamene poggiare -e ben lo sanno quanti si sono soffermati ad esempio sui problemi del co sidetto � adattamento � -anche su una adeguata soluzione delle esigenze di saldatura, coordinamento e cooperazione tra orrlinamenti; esigenze che sono tanto pi� vive quando le norme da ciascuno di essi prodotte sono indirizzate ai medesimi destinatari. Separazione de~i ordinamenti e coor dinamento tra essi sono, dunque, due fondamenti entrambi -e parimen ti -essenziali; due fondamenti che � metodologicamente doveroso conside rare congiJUntamente, senza indulgere alle � semplifioozioni � ohe possono ottenersi dal !fermarsi al primo di essi {ossia alla constatazione della se parazione ed autonomia degli ordinamenti). A ben vedere, la separazione e distinzione tra ordinamenti evoca solo un sistema di limiti negativi complementari tra loro, ed � strumento di salvaiguard:iia invocato, per solito, dfill'ordinamento che, in un dato mo mento storico, ritiene d� essere pi� debole; mentre, aJ. contrario, coordi namento e cooperazione implicano una dose (1ma1ggiore o minore, a secon da delle circostanze) di integrazione e cio� rapporti pi� stretti tra gli or dinamenti, e imip1kano una qualche preminenza di un ordinamento su U!Il al1lro. PARTE II, QUESTIONI 3) Ci� t:r~aspare con chiarezza dalla evoluzione degli orientamenti della girurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunit� europee, in concomitanza con il rafforzarsi del1a oosrtruzione comunitaria. A una prima 1�ase, Ol1IIlai lontana, ne11a quale tale Corte ha rposto ['accento sulla � 1rigorosa separazione fra i poteri delle istituzioni comunitarie e quelli degli Stati membri� !(sentenza 16 dicemhre 1960, in causa n. 6/60) e su �il fatto che il diritto interno... e il diritto comunitario costituiscono due ordinamenti giuridici distinti e diversi� {sentenza 6 aprile 1962, in causa n. 13/61), � seguita, aid opera della stes1sa Corte, dapprima la vailorizzazione del �ruolo degli individui (persone fisiche o gimidiche) quali utili coadiu �tori per l'attuazione dell'ordinamento comunitario all'illlterno dei singoli Stati, e poi l'affermazione dehla � integrazione nel diritto di ciascuno Stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie� e, congiuntame. nte, della �preminenza del diritto comunitario� (sentenza 15 luglio 1964 in causa n. 6/64, la notiss�IIIla Costa c. ENEL). Mentre, in altra sentenza di poco suocessiva, � stato sottolineato il momento della cooperazione tra istituzioni, e rpreciJsamenrte si � [parlato di una � cooperazione fra giudid... la cui caratteristica oonsiste nel f�atto che il giudice nazionale e la Corte di giustizia, 'Ciascuno ellltro i limiti della propria competenza ed allo scopo di garantire l'applicazione uniforme del diritto comunitario, devono �ollaborare direttamente all'elaborazione della decisione� (sentenza 1 dicembre 1965, in causa n. 16/65). La rprerninenza dell'ordinamento comunitario nelle materie ad esso devolute � stata poi ancor pi� vigorosamente sostenuta, in relazione -si noti -ai �coillfilititi tra norme comunitarie e norme nazionali� (in materia di intese), affermandosi che tali conflitti vanno risolti applicando il principio del � primato del diritto comunitario �(sentenza 13 febbraio 1969, in causa n. 14/68 ed altre successive). A questo rpunto sono �rimastie piuttosto rtalune giurisdizioni nazionali a sottolineare il momento della separazione e reciproca autonomia degli ordinamenti :comunitario e statale: wi esemrpio � offerto dalle sentenze della Corre costituzionale italiana (sUJlle quali si torner� tra breve), ove si configurano � orbite giuridiche separate � e �'sistemi giuridici autonomi e distinti, ancorch� coordinati �, coordinati per� -si noti -secondo una� ripartizione di competenze ohe ivi � vista sopra~tutto come ripartizione orizzontale per materie. In realt� non v'� solo un problema di ripartizione orizzontale di com� petenze tra gli ordinamenti; v'� anche un problema, e ben pi� difficile e delicato, di ripartizione verticale delle �rispettive comrpetenze. Anche nelle materie in linea di principio devolute alle Comunit� europee, agli Stati membri sono rimasti compiti e attribuzioni tutt'altro che trascurabili, e non solamente per �assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Co 8 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO munit� �, o per facilitare � quest'ultima nell'adempimento dei propri com piti� {art. 5 del trattato C.E.E.). Si ronsideri, ad esempio, che le entrate tributarie delle Comunit� vengono accertate e riscosse, per conto di queste, !dagli Stati membri � confor� memente alle disposizioni ~egislative rego1ameDJ1:ari e amministratiive nazi'OilJali �; e che �;Le controversie relative all'ing1unzione ai singoli delle tasse e dei prelievi i(da devolversi poi alle Comunit�)... �vanno risolte, a norma del diritto comunitario, da'hle autorit� nazionali, secondo le modalit� stabhlite dal diritto degli Stati membri; le contestazioni relative all.'in. terpretazione ed alla l\llali!dit� dei regolamenti rigua11danti le risorse proprie delile Oomunit� sono quindi di competenza dei giud�lci nazionali, i quali possono va1er:si del rinvio a norma dell'art. 177 del trattato� (sentenza 25 ottobre 1972, in causa n. 96/71). Invero, nelle materie devolute alla competenza delle Comunit�, allo Stato membro sono rimaste attribuite, dltre che funzioni di amministra zione '(in senso stretto) per ~�applicazione del diritto prodotto dalle Co munit�, anche competenze legislative e regolamentari, che possono essere � attuative �, rispetto al1e disposizioni dei trattati e dei �regolamenti co munitari, ovvero � integrative �, rispetto alle direttive e iraccomandazioni date dalle Comunit�, ov;vero anche -e qui il. discorso si fa al tempo stesso pi� incisivo e non poco problemat�Jco -�concorrenti�, nel senso ohe non pu� escludersi la produzione Idi norme da parite defilo Stato in assenza di divergenti no11me di produzione comunitaria (praeter foedus). 4) La nostra Corte costituzionale �, come accennalt:o, rimasta costan teinente coerente al:La concezione pluralistica; e ci� -va sottolineato non per contrastare la costruzione comunitaria (nessuna sentenza ha nella sostanza disatteso le esigenze della costruzione europea), ma al contrario per consentire fimmissione dclla normativa comunit;aria nello spazio g�JUridiico italiano, immissione che in presenza di una Costituzione rigida sarebbe stata altrimenti profondamente traumatica, quando non alternativa di quest~ e pe11ci� giuridicamente impossibi!le Un primo caso si � avuto con il giudizio costituzionale conclusosi con la sentenza 9 �aprile 1963, n. 49, e originato dalla impugnazione da parte dello Stato italiano di una 'legge emessa dalla Regione siciliana per concedere aiuti ai cantieri navali dell'iso1a. La Corte costituzionale ha annullato la legge regionale dopo aver rilevato .che � l'aip:p:rovazione del disegno di legge da parte dehl'Assemblea regionale arvvenne senza che gli organi del1a Regione .avesseiro fornito Je notizie e i chiarimenti richiesti daHa Commissione della Comunit� economica europea per il tramite della Rappresentanza permanente della Repubblica italiana presso le COmunit� europee �. PARTE II, QUESTIONI Si � poi avuto il giudizio costituzionail� conclusosi con la notissima sente~a 7 marzo 1964, n. 14, nel quale era sub judice -si noti -non la legge per la ratifica e l'esecuzione di uno dei trattati, ma la 'legge 6 dicembre 1962, n. 1643, sUJlla nazionalizzazione della energia elettrica in Italia. In quella occasione sono stati introdotti due fondamentali principi, favorevoli alla icostruzione europea: a) il riconoscimento che l'art. 11 della Costituzione italiana !PU� essere valorizzato e appliJcato rper ritenere le Comunit� europee compatibili con 1a Costitiuzione s1tessa e b) ill riconoscimento che iJ mei.;ionato art. 11 � �norma rpermisshna �, e cio� � n.onna la quale autorizza l'inserimento dei trattati in questione ne1l'ordinamento ita'liano mediante legge ordmaria 1senza necessit� di legge costituzionale. Il giudizio costituzionale conclusosi con la �sentenza 16 dilcembre 1965, n. 98 � stato invece portato direttamente su una delle leggi che hanno reso esecutilvi in Italia i trattati comunitari, e precisamente sull'art. 2 della leigige 25 giugno 1952, n. 766, concemente il trattato C.E.C.A. In quella sentenza 'la Corte -costituzionale ha confermato la compatibilit� con la Costituzione italiana di quelle disposizioni del trattato C.EJC.A. che devolvono talune attribuzioni igiurisdizionali alla Co11te di ,giustizia delle Comunit� europee, sottraendole ai giiuldici nazionali. Per pervenire a questo risultato, 1a Corte costituzionale ha posto l'accento su1Ila distinzione e separazione tra gli ordinamenti comunitario e statale, per giiulngere ad affe!1mare: a) che gli atJti degli 011gani delle Comunit� iproducono effetti all'interno deMo spazio giuridico italiano; b) che, cionondimeno, la tutela giurisdiziona1ie, ~antita in Italia �sempre� e contro �.tutti� gli atti della pubblica amministrazione (art. 113 delta Costituzione) non � concessa nei riguardi degli atti delle Comunit�; c) che la tutela giurisdizionale offerta dall'011dinamento comunitario 1costituisce una garanzia sufficiente e adeguata ai principi generali [pOSti dalla CostitJuzione italiana. Dunque, i ;precetti della Costit�uzione italiana non hanno 'Vialore ed efficacia assoluti nel territorio dello Stato, ad essi potendo affiancarsi i precetti posti da un 011dinamento �estraneo � e � separato � quale quello comunitario. E :la separazione tra ordinamenti, se non pu� comportare nna vanifilcazione delle garanzie riconosciiulte al cittadino tdail.IJa Costituzione, pu� <per� rendere tollerabile la sostituzione di aloune di :tali garanzie con a!ltre sostanzialmente equivalenti. Si � poi 1avuta la sentenza 27 dicembre 1973, n. 183, rclativa alla questione di costituzionalit� deH'ar.t. 2 defila legge 14 ottobre 1957, n. 1203, che ha reso esecutivo in Italia l'art. 189 del trattato C.E.C.A. ove � disposto che i regolamenti comunitari sono � direttamente � applicabili in ciascuno degli Stati membri. In quella sentenza, la Corte costitiuzionale anzitutto ha confermato Ja � piena rispondenza � dei trattati comunitari all'ambito di applicazione de1l'art .11 della Costituzione e il carattere 10 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO �non �soltanto sostanziale ma anche iprocedimentale � di detto art. 11, � nel senso 1che ipeI1IIlette que'lLe limitazioni di sowanit�, .a:lle condizioni e per le finalit� ivi stabilite, esonerando i'l Parlamento dalla necessit� di ricorrere all'esercizio del potere di �revisione costituzionale�. La Corte ha rpoi sviluppato i principi anzidetti, afile1mando: a) ohe l'art. 11 legitt�!Illa il "'parziale traJSforimento agli organi comunitari dell'esercizio de11a funzione 'legislati,v,a, in base ad un preciso criterio di ripartizione di <competenze per le materie, analitiJCamente indicate � (ripartizione orizzontale delle competenze); b) essere consentito dalla Costituzione italiana che sia Jo Stato sia i suoi cittadini siano sottoposti ad un �ordinamento giuridico � autonomo e distinto � rispetto a quello statale, e -.aippunto-�in quanto soggetti della Comunit�� (e cio� dclil'ordinamento oomunitario) siano tenuti ad osservare i regolamenti operanti nell'ambito dell'ordinamento comunitario e, anohe, � senza la necessit� di leggi di recezione e adattamento, nell'ordinamento italiano, come fonte immediata di diritti ed obblighi; c) che, allorquando i regolamenti in questione � abbiano completezza di contenuto dispositivo � (e cio� siano self-executing), lo Stato italiano non pu� emettere provrvedimenti �che possano comllll!que differirne o condizionarne l'entrata in vigore, e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarli o abrogarli anche parzialmente; d) che le guarentigie costituzionali previste nei riguardi de1la legislazione ordinaria italia1I1a concernono � unicamente l'attivit� normativa degli organi de1lo Stato italiano �, e non possono essere invocate nei confronti dei regolamenti comunitari, in quanto questi u'lt�!Illi sono �emanazione di una fonte di produzione autonoma, propria di un ordinamento distinto da quello interno�; tuttavia, detti regolamenti non possono violare �i prindpi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o i diritti inalienabili della persona umana � e, ove ci� avvenisse, si arvrebbe uno .stra� ripamento degli organi comunitad dalla � competenza normativa � Joro riconosciuta dai trattati; � in tale ipotesi sarebbe sempre assicurata la gal'.anzia del �sindacato giurisdizionale di questa Corte sulla perdurante compatibilit� del trattato con i predetti principi fondamentali �. Merita inoltre segnalare che la Corte, non solamente ha .ammesso che le � norme comurutarie �, e cio� anche ~e norme prodotte dalle istituzioni delle Comunit�, debbono avere �diretta arpplicazione in tutti gl~ Stati membri (riferimento che non pare solo geografico) senza la necessit� di leggi di recezione e adattamento�, Ina ha anche tracciato, sa.a pure in modo sommario, una disciplina di ripartizione verticale di competenze normative tra Comunit� e Stato italiano, ponendo limiti alla normazione statale � attuativa � dei regolamenti self-executing. Questa � la disciiplina pi� delicata sul piano del diritto costituzionale interno, posto che il problema di una preminenza o meno (e dei limiti di una preminenza) dei regolamenti comunitari sul diritto nazionale, - PARTB Il, QUESTIONI inserendosi nel quadro ded Tapporti tra le fonti proprie dello (o previste dallo) oroinamento statale, non pu� risolversi solo sulla base dei principi del diritto comunitario; ma coinvolge problemi costituzionali interni all'ordinamento statale. 5) Tralasciando qualche altra tappa intermedia, perveniamo alla sentenza n. 170 del 1984 cui ho accennato alil'inizio. Essa � stata scritta dal Giudice La Pergola (come saipete autore tra l'altro di runa pregevole monografia su �Costituzione e adattamento dell'ordinamento interno al diritto internazionale�) e si sofferma �sul disegno organico dei rapporti tra �oroinamento comunitario ed ordinamento 'Statale. La enunciazione fondamentale �, ancora una volta, nelle parole �diritto comunitario e diritto interno (sono) <;tue sistemi autonomi e distinti,� ancorch� coor. dinati secondo una ripartizione di competenza �, La sentenza -essa pure basata soltanto sull'art. 11 Cost..(non anche suli'a11t. 10 Cost.) -esclude che 1e norme comunitarie siano qrualificabili �ome norme di diritto internazionale o di diritto interno o di diritto st;ranjero; .esse sono norme che appartengono a;d uno specifico ordinamento, quello appunto comunit~ io. � La normativa in �discorso non entra a far parte del diritto. interno n� diviene per alcun verso soggetta al regime disposto per le leggi dello Stato�. D'a1tro 'lato, si afferma che la le~ge interna -sopi;av~ venuta �non interferisce nell~ sfera occupata da tale atto (comunitario)� per�,� � serba intatto fil suo valore e . spiega la sua efficacia.~ fuori dall'a]:' llbjto, materiale e dai limiti temp0rali in cui :vige la disciplina comunitari;: i �, . Siamo dunque ancora su una posizione che vorrei. definire dis~ta piuttosto che distante da quella deHa Corte Europea, diito che, pur .ella divergenza della costruzione teorica (necessariamente condizionata � dal ~odo di essere de1l'ordinamento in cui viene elaboz:.ata), si ha .orm~i piena convergenza di risultati verso il comune obiettivo del consolid~. mento della costruzione eUJropea. La differenza � che mentre la Corte Europea insiste nella tesi monista con primato del diritto comunitario, la sentenza in esame d~lla Corte costituzionale sfrutta fino in fondo le possibilit�. off,erte dalla concezione pluralistica. Attenzione per�: la concezione pluralistica viene applicata in modo nettamente diverso da quello solitamente praticato dai cultori del diritto �internazionale, ed in modo invece coerente agli schemi propri di un diritto federale. Infatti territorio e popolazione, eiementi fondamentali di ogni Stato, sono per cos�� dire � messi a diretta disposizione � anche dell'ordinamento comunitario. Non v'� alcun processo di ~dattamento _del_ diritto interno a quello comunitario, n� v'� recezione di questo in quello. La � Comunit� governa territori e popolazioni cos� come fa ciascuno degli Stati membri, con strumenti normativi � da diritto interno� e :potrebbe dirsi �da entit� federale�. 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO '.r.utto ci� vale ovviamente soltanto per i iregolamenti comunitari e per gli a:ltri atti self-executing delle Comunit�. Un discorso diverso deve farsi per le direttive, di regola non autosufficienti: le direttive, ad esempio per l'armonizzazione delle legislazioni, sono rivolte agld Stati membri, si propongono di realizzare una unifonnit� dei vari ordinamenti nazionali, ed hanno per oggetto 1'attivlit� di produzione del diritto interno di ciascuno Stato. Per esse, la concezione pluralista opera secondo modailit� prossime a quelle conosciute dal diritto internazionale, per il tramite -ove occorra -di processi di adattamento �dovuti �. Altro discorso si dovrebbe fare per le decisioni. Devo aggiungere che � purtroppo � sul piano di tale dovuto adeguamento che il nostro sistema � tuttora gravemente carente, conferendoci, per ragioni pi� formali che sostanziali, ii non invidiabile primato delle infrazioni comU!Ilitarie. Tornando alla sentenza n. 170 del 1984, essa affida il delicato pro blema di cooiiddnamento tra i due ordinamenti (comunitario e nazionale) soltanto alla ripartizione di competenza sul piano che dianzi s'� denomi nato � orizzontale �; le norme comunitarie prevalgono per forza propria laddove v'� una competenza attribuita dai �trattati alle ComU!Ilit�, non prevalgono laddove una siffatta competenza non v'�. Resta, come accen navo, una pi� ampia esigenza di coordinamento, anche sul piano � verti cale �, per la quale non pare strumento giuridico irisoJ.utivo il concetto, per verit� alquanto generico, di �primato �. Si pensi a quante difficolt� sussis�tono nelJ'applicare uno schema per molti versi simile ai rapporti tra Stato e Regioni, all'interno del l'unitario onlinamento nazionale italiano. MaLgrado la presenza -per questi rapporti -di molteplici strumenti di coordinamento (ad esem pio, i � principi fondamentali stabiliti da1le leggi dello Stato �, lo � inte resse naziona:le �, etc.), non pochi pmblemi quotidianamente insorgono, senza'che possa per essi ricorrersi ad un generico �primato� della norma prodotta dallo Stato rispetto a quella prodotta dalla Regione. E siamo cos� tornati su questa parola -�primato � -tanto proble matica e tanto difficile da accettare. La Corte costituzionale ha sottoli neato la separazione tra ordinamenti forse anche per glisser sul � pri �mato � del diritto comunitario cos� enfaticamente proclamato dalla Corte di giustizia delle Comunit�, la qua:le ne ravvisa il fondamento formal mente nella � specificit� � dell'ordinamento comuni�tario, e sostanzialmente nella necessit� (necessit� di assicurare l'uniforme e contemporanea appli cazione di detto ordinamento). La prudenza seguita dailla nostra Corte costituzionale (e dalla Corte costituzionale federale tedesca, anch'essa alle prese con un sistema a Co stituzione rigida) appare opportuna, anzi doverosa. Laddove i trattati attribuiscono competenza normativa alle Comunit� � agevole, ancorch� non necessario, parlare di �primato � del diritto sovranazionale. Il con ~ 1 i f I PARTE II, QUESTIONI H cetto potrebbe anche valere, in qualche misura, <:on riguardo al problema al quale ho fatto cenno, purtroppo fugace, delle clirettive. Ma l'accoglimento della concezione monistica di assoluta integrazione tra i due ordinamenti sotto � primato � sovrannazionale, potrebbe divenire modo poco lineare, e quindi anche in prospettiva politica rischioso, di � forzare � i limiti delle competenze comunitarie laddove queste sono ancora dubbie o solo m�riginali. Allo stato attuale delil'evoluzione storica, non si pu� concepire '.l'asserito primato nel dlevato senso integralistico, come misura di indiscriillliinato prevalere dell'interesse sovranazionale su quello nazionale, a guisa di una � clausola generale e di chiusura � inserita nel diritto IIlazionale. � da notare che neppure negli Stati membri a common law pu� ritenersi si estenda anche alla normativa comuni� taria il noto principio international law is part of the common law. Mentre un principio per certi versi simile � reperibile 1I1ella nostra Costit1121ione, alJ'art. 10, ,con riferimento al diritto intemazionale generale, l'opinione recepita e ribadita dalla Corte costituzionale � che la nostra Costituzione si limita a � lasciare 1spazio � alil'oridiinamento comunitario (senza farlo proprio) ncl quadro del successivo art. 11. Inoltre, una proclamazione del � iprimato � del diri.tto comunitario negli ordinamenti intemi non 'Si trova in alcuna delle formule adottate da alcuni Stati membri che hanno emendato la loro Costit111Zione in vista della <:ostruzione europea, che tutte invece uti1izzano lo strumento della ripartizione � orizzontaile � deHe competenze (cfr. art. 24 bis Cost. belga, art. 49 bis Cost. Lussemburgo, art. 20 Cost. danese). IJ problema dell'inserimento del diritto comunitario � dentro � il diritto interno degli Stati .membri (e non soltanto dentro lo spazio giuridico anche da essi gestito), ovvero -in alternativa __. del coordinamento tra normative comunitaria e naziOillale, non sembra suscettibile di .una rigorosa soluzione, che forse � vano ricercare almeno a livello teorico. Sul piano pratico una risposta alle rilevate esigenze pu� venire non itanto da un'integrale riduzione a unit� dei due ordinamenti, nel quadro di una integralistica visione monista a pdmato sovranazionale, quanto dalla conduzione e riduzione ad armonia dei due sistemi attraverso un sempre pi� compiuto coonlinarnento, che Ll1appresenta esso stesso un modo di (relativa) integrazione e costituisce i:1 pd� valido presupposto per ulteriori auspicabili sviluppi. Non riterrei, pur riconoscendo la fondatezza della recente osservazione di Sperduti, che cio� determinante ai fini dell'applicazione della normativa comunitaria � � che a prescriverla sia lo stesso ordinamento italiano, ad essa impegnato con proprio precetto, giudici e autorit� amministrative, imprese e ogni altro . soggetto interessato�, che si debba 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO senz'altro trame fa conclusione che ci� significhi �che Ja norma comunitaria si inserisce e prende Lr'ango nel sistema dcll'ordinamelllito italiano�. Credo sop'rattutto, mentre la scienza giuridica approfondisce i suoi studi, nel valore di effettivit� del coordinamento, che in larga parte si refll.izza attraverso il congiunto operare di due dati istituzionali: la configurazione della Corte di giustizia europea come una delle istituzioni � comunita:rie � (anzich�, ad esempio, come collegiio arbitrale o come sezione delJ.a Corte de L'Aja); ed una tSorta di � comunitarizzazione � dei giudici nazionali, sollecitati sia a portare dinanzi alla Corte sedente in Lussemburgo questioni di interesse comunitario, sia ad �obbedire � nelle 'aule della giustizia �statale� contemporaneamente a due �sistemi normativi. In tal senso, da ultimo con le;: sentenze numeri 47, 48 e 113 del 19~S e le ordinanze 81 e 118 del 1985 la Corte costituzionale ha confermata l'orientamento assunto con la sentenza n. 170 del 1984 dianzi considerata, asserendo, tra l'altro, che � i:l giudice nazionale, una volta accertato che la specie cade sotto il disposto del regolamento comunitario, � tenuto ad applicare le norme ivi contenute con il �I1isultato che ila sfera da esso (regolamento) oooupata � preclusa alile leggi 1statali � (sent. n. 47 citata). La �soluzione saggiamente affermata con la sentenza n. 170 del 1984 segue una linea teoricamente appagante ed � premessa di possibili Ulteriori felici sviluppi. Queste forme di evoluzione positiva e costruttiva dobbiamo assecon� dare, voi diplomatici e noi giuristi, con equilibrato impegno: davanti alla Co.rte di Giustizia Comunitaria l'Avvocatura dello Stato propugna, nel- l'interesse del Governo italiano, il corretto svolgimento del .rapporto tra i due sistemi la cui integrazione (nel �senso 111on �assoluto avanti precisato) � tanto pi� pienamente realizzabile quanto pi� siano evitati strappi ed eccessi dall'una e dall'altra parte.. Al tempo stesso essa asseconda davanti alla Corte costituzionale, seppure dialetticamente, 'l'utile incontro .tra ~e due giurisprudenze. � Desidero sottolineare come l'evoluzione che la giurisprudenza realizza ne] tormentato cammino della civilt� git11ridiea � in larga parte dovuta alla funzione dell'avvocato 111el processo. La contrapposizione delle tesi nella dialettica del CO!lltradditto.rfo � condizione essenziale di una verifica illu� minata. Questa potr� poi, ~ sua volta, porsi a sostegno dell'azione continua e perspicace che Ja diplomazia svolge per mantenere e sviluppare quel consenso di volont� politiche su cui, come ho detto, si fonda ancora l'ordinamento comunitario in vista deHa progressiva realizzazione, anche in termini di effettivit�, della costruzione europea. La vicenda giuridica sulla quale vi ho intrattenuto � dunque tuttora un work in progress, una continua ricerca di equilibri al 'seguito di esigenze e di � ideali in evoluzione. E non rimane che augt11rare a noi stessi -diplomatici e giuristi affiancati -un proficuo lavoro. -- RASSEGNA DI DOTTRINA '� Tra i provvedimenti normativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale nel mesi di gennaio -Aprile 1987 si segnalano all'attenzione dei lettori: GENNAIO: -Ordinanza� del Ministero della Pubblica Istruzione del 6 novembre 1984. -Norme per l'indizione dei concorsi ordinari, per esami e tit61i, per l'accesso ai iruoli provinciali de1la quinta qualifica funzionale del personale non docente �.statale deg.li istituti e �scuole di istruzione primaria, secondaria, degli istituti d'arte, dei licei artistici, delle istituzioni educative e delle scuole speciali statali; � -D.P.R. 9 luglio 1986, n. 935. -Approvazione delle proposte form�late dalla commissione paritetica prevista dall'art. 18 del d.P.R. 25 giugno 1983, n. 346, in ordine alle qua:lifiche funzionali ed ai prof.ili ;professionali, nonch� ai criteri concernenti l'attuazione del principio di ,inquadramento per ,profili professionali del personale degli enti pubblici di cui alla fogge 20 �settembre 1975, .n. 70, previa reiezione o dichiarazione di inammissibiilit�. delle os~ servazioni avanzate dalle organizzazioni sindacali dissenzienti o non rappresentate nehla predetta commissione padtetica; -Decreto del Ministero dei Trasporti t/.el 20 dicembre 1986. -Disposizioni in materia di accesso ail.la professi�ne di� trasportatore di merci su strada nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali; -Legge 30 dicembre 1986, n. 943. -Norme in. materia di. collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro Je. immigrazioni clandestine; -Legge 24 dicembre 1986, n. 958. -Norme sul servizio militare di leva e sulla ferma di leva prolungata; � � ~.D.L. 17 gennaio 1987, n. 6. -: Norme in materia di tutela previdenzial� dei lavoratori italiani operanti all'estero nei Paesi extracomunitari; .-Decreto del Ministero dei Trasporti 20 dicembre 1986. -Ulteriori disposizioni per l'accertamento dell'osservanza delle norme vigenti in. materia di tflrlffe di trasporto di merci .su. strada; . . � ~-D.L. 26 gennaio 1987, n. 9. -Interventi u:rigentUn materia di distribuzione commerciale ed ul.teriori modifiche alila� fogge 10 ottobre 1975, n. 517 nella disciplina del credito agevoHito ail commercio; -D.P.C.M. 25 novembre 1986. -Ade~amento aut~matico, per ~�anno 1987, dell'tindennit� di accompagnamento per i ciechi civili assoluti e per gli invalidi civili totalmente inabili, non deambulanti o non autosufficienti. �:�.� FEBBRAIO: , . -Legge 6 febbraio 1987, n. 18. -Conv~rsione. irt 'legge, ~nil��:>dificazioni1 del d.l. '9 dicembre �1986, n.. 833; reoante -:misuxe urgenti per il settore dei trasporti locali; �, 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Legge 6 febbraio 1987, n. 19. -Conversione in legge con modificazioni del d.l. 9 dicembre 1986, n. 835, recante norme per le imprese in crisi sottoposte ad amministrazione straordinaria per il settore siderurgico P. per l'avvio dell'attivit� dell'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno; -D.L. 16 febbraio 1987, n. 27. -Misure urgenti in mateda di enti di gestione fiduciaria; -Legge 17 febbraio 1987, n. 29. -Modifiche alla disciplina defila custodia cautelare ed introduzione dell'art. 466 bis del codice di procedura penale concernente 'la disponibi�hi.t� degli atti dehl'istruttoria; -Testo del decreto legge 9 dicembre 1986, n. 832, coordinato con la legge di conversione 6 febbraio 1987, n. 15 recante: misure urgenti in materia cli contratti di locazione di immobiili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione; -Legge 18 febbraio 1987, n. 34. -Misure a favore di chi s~ dissocia d�J. tel1l"ovismo; -Legge 14 febbraio 1987, n. 37. -Modifilche al testo unico delle norme suhla oilrcolazione stradale, apW"ovato con decreto del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, concernenti ia defi!Ili.zione dei ciclomotori e la olassifJ.cazione dei motocicli nonch� disposimoni relative ahl'abilitazfone alla guida dei motocic1i; -Legge 26 febbraio 1987, n. 49. -Nuova disciplina della cooperazione de11'1talia con i paesi in via di sviluppo. MARZO: -D.P.R. 28 febbraio 1987, n. 58. -Riordinamento degli entJ. per :la promozione e 1.o sviluppo del Mezzogiorno ai �sensi dehl'art. 6 legge 1 marzo 1986, n. 64; -Legge 28 febbraio 1987, n. 56. -Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro; -Legge 6 marzo 1987, n. 74. -Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio; -Legge 16 febbraio 1987, n. 81. -Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procP.dura penale; -Testo aggiornato della legge 1 dicembre 1970, n. 898, concernente disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio. APRILE: -D.L. 1aprile1987, n. 128. -Norme urgenti in materia di agevolaZtioni della produzione industriaile delle picoole e medie imprese e di rifimm� ziamento degli interventi di politica minerar�a. -D.L. 1 aprile 1987, n. 129. -Lnterventi in materia di riforma del processo penale. PARm II, RASSEGNA DI DOITRINA -D.L.1aprile1987, n. 130. -Norme in materia di tutela rprevidenziale dei lavoratori italiani operanti all'estero nei Paesi extra-comunitari. -Decreto Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 27 gennaio 1987, n. 137. -Regolamento rper l'erogazione dell'assegno di i:ncollocabilit�. -D.P.R. 10 aprile 1987, n. 150. -NoI1llle risUltanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 13 febbraio 1987 per :fil personale della Polizia di Stato. -Decreto Ministero di Grazia e Giustizia, 11 aprile 1987. -Proroga dei termini per l'irregolare funzionamento dell'ufficio unico IIlotifiche, esecuzioni e rprotes1li del Tuibuna1e di Reggio Emilia. -D.L. 27 aprile 1987, n. 153. -Proroga del termine dell'art. 114 della legge 1 aprile 1981, n. 121, concernente nuovo ordinamento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza. -D.L. 29 aprile 1987, n. 164. -Prowedimenti urgenti per il personale dell'Amministrazione della Gius1lizia. RAS!\EGNA DELL'AV:VOCA'.l'URA DE..O STATO .. INDICE -.SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI DIRITTO COSTITUZIONALE G. B. FERRI, Il� risarcimento del danrio biologico nel� sistema della responsabilit� civile. P. PACITTO, Profili ricostruttivi di una disciplina transitoria uniforme dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del lavoratore. DIRITTO AMMINISTRATIVO G. CoLOMBINI, Profili della responsabilit� amministrativa nel governo del territorio e dell'ambiente. G. CRISCI, Le linee generali della riforma dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno. I. DE Musso, Recupero di somme indebitamente erogate dalla P. A.: � caduto il tab� della buona fede del percipiente? C. D'ORTE, Ambiente e danno ambientale: dalla giurisprudenza della Corte dei Conti alle leggi sul Ministero dell'ambiente. E. MELE, I limiti dell'amministrazione nella esecuzione del giudicato. G. MINICONE, Atti in violazione ed atti in elusione del giudicato: una dicotomia da superare. � E. REGGIO D'AcI, L'indipendenza del giudice amministrativo. G. SERIO, La tutela cautelare nella sospensione dei tributi. M. E. ScHINAIA, Profili esecutivi nella problematica del procedimento am� ministrativo. G. ToRREGROSSA, Statuto della propriet� edilizia e ius aedificandi. G. VACIRCA, Sull'ammissibilit� di nuove prove in appello nel processo amministrativo. DIRITTO E PROCEDURA CIVILE . A. M. BRUNI, Tutela d'urgenza e diritti di credito. F. CARPI, La sentenza della corte di cassazione e la cosa giudicata. C. M. CEA, Tentativo obbligatorio di conciliazione e domanda riconvenzionale di � equo canone � proposta in sede di opposizione a decreto ingiuntivo. �z..-:-z-:-:-:-:-:-::-:;;-:-:-:-:-:;;-:-:"Y:.-:..C.r;;�:�:�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.u.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�,..�.�J'.�.�.�.�.�.�.�.�.�:'.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�,..�,..�.�.�.�.�.�.�.�.�l'r,..�,���,. .�_�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�...�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.f'� PARTE II, RASSEGNA DI DQTTRINA. M. LIPARI, Il rischio nell'appalto e l'alea normale del contratto. A. PROTO PISANI, Il procedimento d'ingiunzione. A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela ca.utelare. A. PRoTO PISANI, Note problematiche e no sui limiti oggettivi del giudicato civile. G. F. RICCI, Le prove illecite nel processo civile. DIRITTO COSTITUZIONALE GIOVANNI B. FERRI, Il risarcimento del danno biologico nel sistema della responsabilit� civile, in Giurisprudenza Costituzionale 1986 -Fase. 8, p. 1716 ,ss. . La nota in esame si occupa del tema della risarcibilit� del danno biologico, in riferimento a quanto affermato dalla Corte �ostituzionale con la sentenza n. 184 clel 1986. L'autore esprime sostanzialmente un giudizio critico su tale sentenza, pur .sottolineando che essa ha il pregio di aver affrontato, con un'ampia e dotta motivazione, il tema d�l risarcimento dei danni morali. Egli ritiene, infatti, che ila tutela della salute non pu� trovare il suo referente, in termini di risarcimento, che nell'art. 2059 cod. civ., il cui aggancio con la norma penale (art. 185 c.p.), apparso nelle mtenzioni del legislatore in sede di Relazione al codice civile, � il frutto di una costante interpretazione dottrmale e giurisprudenziale, ma non � presente� nell'art. 2059 citato. La Corte costituzionale, quindi, negando la fondatezza della questione di costituzionalit�, sollevata dalle ordinanze del Tribunale di Genova e di Salerno, avrebbe evitato, piuttosto che risolverlo, il problema del ;risarcimento del da.tmo biologico. G. MANGI~ PAOW PACITTO, Profili ricostruttivi di una disciplina tributaria uniforme dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del lavoratore, in Giurisprudenza Costituzionale 1986, Fase. 8, pag. 1707 s�s. �;. �. � La:.inqta in ~same �.s.i occupa de1la dis~iplina ffs~ale dell'd:ndennit� di buonuseita:, alla foce di quanto affermato dalla Corte costituzionale;! con la sentenza 7 [ug1io 1986, n. 178. � Seco:.do l'opinione espressa da:1l'Autore, tale sentenza ha sollevato delicate� questioni interpretative, perch�, ritenendo non ta:ssabiile '1'ti.nqen-' nit� di buoousc�ta per Ja parte che coririspopd� ;;ii contributi direttamente versati dall'interessato, ha espresso princip.j che dovranno necessarnarnertte �oordinarsi con il v~gente sistema tributario, nom:h� cqn le stesse prospettive della sua riforina. � .G. ,MANGIA 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DIRITIO AMMINISTRATIVO GIOVANNA CoLOMBINI, Profili della responsabilit� amministrativa nel governo del territorio e dell'ambiente, in Riv. Trim. dir. pubblico, 1981, 3. L'autrice compie un'attenta analisi dei priin:oipi che regolano fa responsabn. it� amministrativa per danno ambientale, con particolare riferimento alla normativa di cui al testo unico com. prov. n. 383 del 1934, ed m relamone alle recenti :leggi 8 agosto 1985 n. 431 (legge Gal.asso) e 8 luglio 1986, n. 349 Clegge istitutiva del Ministero dehl'Ambiente). Dall'esame delle citate disposizioni vengono enucleati i punti di grave scooroinamento che presenta la materia negli enm locailii, criticandosi le argomentazioni formulate da dottriina e giurisprudenza ai fine di trovare qualche giustificazione �all'attuale sistema normativo. In particolare, le critiche maggiori sono rivolte ail. tentativo di individuare fa iegittimit� del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice contabile, in relazione alla responsabilit� amministrativa per fatto illecito negli enti locali. .Il problema riguarda infatti la esclusione dei dipendenti e funzionari locali dalla iresponsabi'lit� soli.dail.e con g1i amministratori per gli illeciti commessi nella gestione fin~iaria. I limiti del giudice contabile nel:l'esaminare tali illeciti �trovano fondamento neHa legge stessa, che prevede contenuti tipioi per gli atti da essi posti in essere, per oui �risultano vani i tentativi giurisprudenziali voltii ad annuillaire una competenza contabi:le di caratltere generale m mate11ia. La stessa Corte dei Conti ne avverte fa diffilcolt�, spostando fa sua dndagine dal profilo soggettivo a quello oggettivo del:la responsabiUt� amministrativa: il danno all'ambiente. In relazione a quest'ultimo � :interessante l'analisi dehla git.�risprudenza della Corte dei Conti, tendente a ravvisare fa responsabilit� ammini� strativa anche nell'i:1Iecito urbanistico. A tal proposito l'autrice mdividua i punti essenziali dell'evoluzione interipretativa dei rapporti mtercorrenti tra attivit� urbanistica e terri:torio, ahla luce del:la ilegge 28 gennaio 1977 n. 10, prima, e della legge Galasso, poi. Essa �sotJtolinea ola scarsa dncisivit� e ohiarezza con cui il legislatore ha disciplinato 1a tutela giurisdizionale dcl valore ambientale, aumentando i dubbi suilla ripartizione de1le competenze fra giudice ordinario e giudice contabile, e auspica un immediato chiarimento delle suddette questioni al fine di perseguire una concreta tutela dell'ambiente. D. GIACOBBE GIORGIO CRISCI. Le linee generali della riforma dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno, in Cons. Stato 1987 � Fase. 2, parte seconda, p. 281 ss. L'artioolo contiene una puntuale ed mteressante analisi de1Ia legge 1 marzo 1986, n. 64, sulla nuova disciplina �organica� del:l'intervento � 1stra011dinario � 1I1el Mezzogiorno . .L'autore, dopo averne mdividuaito Je linee ,genera1i e i tratti distintivi, esprdme un giudizio .positivo .stilla ilegge 64 del 1986, .sottolineando che essa si !inserisce ncl processo di iniziative per lo s'41.uppo dcl Sud, tenendo conto dclle nuove realt� e delle IIluove esigenze emergenti. 21 PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA Brecisa, peraltro, fo stesso autore che � mdispensabile, perch� la suddetta ilegge possa trovare compiuta applicazione, che fa dirigenza burocratica e manageriale sia rappresentata da elementi veramente esperti e sinceramente animati dalil.'impegno meridionalistico. G. MANGIA IVAN DE Musso, Recupero di somme indebitamente erogate dalla P. A.: � caduto il tab� della buona fede del percipiente? Nota a Corte dei Conti Sez. III pensioni civili, 5 agosto 1986, n. 59694 ed a Corte dei Conti Sez. III pensioni civili 5 agosto 1986 n. 59669, .in Riv. Corte dei Conti, . nn. 5-6, Sett.-Dic. 1986, pp. 832-834. Le sentenze commentate testimoniano, secondo l'autore, la difficolt� della giurisprudenza amministrativa di griungere a:l SiUperamento dell'indirizzo dettato dal Consiglio di Stato in base �al quale findebito corrisposto da:lla P. A. per errore ad essa imputabile non pu� essere ripetuto ove riscosso :iin buona fede con destinaiiione ai bisogni alimentari. Lo stesso Consiglio di Stato si � reso conto dii quanto taile indirizzo contrastasse con i principi del dirirtito comune ed ha ritenuto che la buona fede� del percipiente debba essere tenuta 1in consideraiiione dalla P. A. isolo neLl'effettuare una valutazione di opportunit� nella quale essa raffronti l'mteresse pubblico al recupero delile �somme con iil pregiudiiiio che cosi si arreca .al dipendente creditore. Tuttavia tale mutamento di tendenza non � stato seguito da1la giurisprudenza amministrativa, la quale � ~as.ta piuttosto restia ad affermare 'l'drrilevanza della buona fede del perdpiente: a quest'uiltimo .riwltato � pervenuta con decisione solo fa pronuncia TAR Laiiio, Sez. III, 11 aprile 1985 n. 377. In essa si individua come �ratio� degli artt. 2033 e 2036 e.e., senz'altro applicab.ili alla fattiispecie � de qua �, la tutela del solvens e la necessit� di evitare il'arricchimento senza causa dell'accipiens: non si giustificherebbe ,quindi :iin alcun modo una disciipUina anomaila che non abbia a base ta:li esigenze e che tenga conto, in contrasto coil diritto comune, della buona fede del ipercipiente. R. TORTORA CARLO D'ORTE. Ambiente e danno ambientale: dalla giurisprudenza della Corte dei Conti alle leggi sul Ministero dell'Ambiente, in Riv. Trim. dir. pubblico 1987, 60. L'articolo che si .illustra ripropone run tema divenuto quanto mai at tuale iin seguito alla recente legge 8 iluglio 1986, n. 349, istitutiva del Mini� stero dehl'ambiente. L'autore fa d:l punto del.'la situazione, ripercorrendo l'iter giurispru denziaile e legislativo in materia di �beni ambientali �. Si ipassa cosi dalle non recenti pronunce delJ:a Corte dei Conti in materia di tutela de1l'ambiente, ai vari progetti dii legge che si sono occu� pati in particolar modo del problema, fino aiila citata legge n. 349 del 1986. Vengono dunque operati attenti rilievi dn relazione a quest'uiltima, e �i� off�re sptmto per alcune considerazioni circa llimportanza dell'ambiente quale bene giuridico a s� stante, diverso daLle singole cose materiali cui in concreto si arreca damJ.O. Interessainte � a:ltresi il'esame della legge, nei punti in cui individua i soggetti legittimati ailil'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno RASSEGNA DELL'.WVOCATURA DELLO STATO ambientale:. l'autore critica la riserva operata nell'art. 18 a favore dello Stato �e degli enti terr.itoria1i, e sembra favorevole a quei progetti legisla� tivi che avevano invece proposto l'istituzione di un difensore civ.ko per l'ambiente. L'autore �ritica altres� la teoria per cui il diritto dello Stato al visar� cimento del danno ambientale sarebbe una conseguenza della lesione del diritto soggettivo dello Stato stesso all'ambiente. Egli ritiene infatti che l'.interesse pubblico ambientale costituisca parametro delJ'ese11Cizio del potere pubblioo, mentire esiste un interesse seoondari.o, che sarebbe in� vece situazione soggettiva rientrainte neLla sfora giuridica patrimoniale dello Stato. Un ultimo ordine di coosiderazioni si riferisce al -contenuto deI danno � ambientale, in particOiare al problema se possa esserne ravvisata il.a natura patrimcmiale. , Secondo la definizione di cui all'art. 18 citato esso costituirebbe un fatto illecito riconducib1le alla fattispecie di cui all'art. 2043 cod. civ., e da ci� del'ivano Je relative .conseguenze circa la disciplina della responsa bilit� degli amministratori. D. GIACOBBE EUGENIO MELE, I limiti dell'amministrazione nell'esecuzione del giudicato, nota a Cons. Stato, Sez. IV 21 dicembre 1985 n. 796, in Foro Amministrativo, 1986, n. 12, p. 2716 ss. Con la sentenza n. 796/1985 il Consiglio di Stato ha affermato l'espe ribilit� del rimedio della registrazJione con riserva nella ipoteS!� in cui la Corte dei Conti abbia negato il �visto al provve�limento con il. quale l'Am� ministrazione abbia inteso dare esecuzione al giudicato. L'Autore parte dalla osservazione che quella dehla registrazione con riserva � .una procedura prevista per le ipotesi in cui il potere esecutivo, in vista di considerazioni di premiinente interesise pubblico, desideri impor~ re la registrazione di un atto nonostante Ja sua iIIegittimit�. EgJ.i sotto linea quindi la differenza ontologica profonda fra il.a ratio di questo dstituto e ~�esigenza che ii! Consiglio di Stato ha iinteso tutelare con fa decisione annotata (e cio� quella di dare concreta esecuzione ad un atto tutt'altro che ihlegittimo: una sentenza passata in giudicato), e giunge alla conclu sione che ci Si 'trova� di !fir�nte ad i�na tipica manifestazione di diritto pretorio, intesa�a colmare una [aouna 1ne:ll'ordinamento laddove questo non appresta a1cun �rimedio per i casi di illegittimo dinieg� di registrazione da pairte deHa �orte dei Conti. . , . . ,� G. D'ELIA GIUSEPPE M:rN!eoNli, Atti in violazione ed atti in elusione defgiudicato: una dicotomia da superare, in Cons. Stato 1987, Fase. 2, parte seconda, p~ 307 ss. . . L'autore, inelramnotare la sentenza 15 ottobre 1986, n. 556 de1la VI Sez. del Consiglio di Stato, sottolinea che. in essa � stato posto in essere un meditato ed apprezzabille tentativo di superare� la bipartizione atti iil vio lazione ..,.... atti in elusione del giudicato, al fine di r.azionaldzzare il g.iudizio di ottemperanza e di accentuare '.la sua .incisivit�, nel �senso di assicurare una .tutela' concreta e�l effettiva al �ricor.rente. G.�MANGIA PARTE Il, RASSEGNA DI DOTIRINA ENz� REGGIO D'Acr, L'indipendenza del giudice amministrativo, in Cons. Stato 1987 -Fase. 3, parte seconda, p. 491 ss. L'autore prende analiticamente in rassegna dl sistema attuale relwtivo all'organizzazione deNa giustizia �amministrativa, con particolare riferimento .al problema de11'ind1pendenza e dell'autonomia del giudice amministrativo. Ll r�sultato dell'accurata e pUilltuale analisi condotta � sostaiwialmente positivo, nel senso che, secondo l'autore, il sistema orgarnizzatorio vigente, alla luce delle no!'Ille costituzionali e dehla legge 27 aprile 1982, n. 186 (che ha .istituito �il Consi~io di Presidenza delJa Giusti.2lia Amministrativa), pu� considerarsi garantista deH.e esigenze di autonomia del magistrato e di salvaguardia dello stesso da �nfiluenze che potrebbero essere esercitate nei suoi confronti all'interno dello �stesso ordine giudiziario. G. MANGIA GUGLIELMO SERIO, La tutela cautelare nella sospensione dei tributi, nota a Ord. Cons. Giust. Amm.va Reg. Sicilia 20 novembre 1986, n. 169, in Foro Amministrativo 1986, 111. 12, p. 2772 ss. L'Autore annota favorevolmente 'l'ordinrunza con la quale il Consiglio di Giustizia Amm.va della Regione Sicilia ha sospeso il provvedimento dell'Lntendente di Fti.nanza d.i rigetto delfistanza di sospensione de1la ri scossione dell'.imposta. Nella nota si osserva come �l'ordinanza �11isu1ti essere fa prima pro, nuncia del giudice d'appello coofermativa dell'indirizzo prevalente dei TAR, secondo cui nell'attivit� intendentizia in materia di sospensione del debito d'imposta � ravvisabile l'esercizio di una potest� discrezionale sindacabile dal giudice ammmistrativo. Nel rilevare come la soluzione prospettata dalla giurisprudenza non sia .scevra da inconvenienti (quale soprnttuitto la scissione delle tutela cautelare da quella di merito, la p11ima affidata agli organi � ordinari � della giustizia amministrativa, fa seconda riservata alle Commissioni tri butarie), il notista esprime l'avviso che la decisione sia un utile�contributo all'attuazione del principio della effettivit� della tutela giurisdizionale. G. D'ELIA MARIO E. SCHINAIA, Profili evolutivi nella problematica del procedimento amministrativo, .in Foro Amministrativo 1987, n. 1-2, p. 376 ss. L'Autore compie un ampio esame della .problematica coiliilessa al pro cediimento amministrativo, analizzando la sua evoluzione storica fiino agli anni 70 e gli sviluppi pi� recenti. Vengono presi -in considerazione i contribUlti giurisprudenzia:l.i al pro blema ed anai1izzate '1e possibili linee evolutive che attualmente si prO: spettano. L'articolo si conclude con l'auspicio di un intervento del legislatore atto a dare definitiva sistema2lione ai princiipi generali sul procedimento. G. D'ELIA 24 GIOVANNI ToRREGROSSA, Statuto della propriet� edilizia e jus aeclificancli, in 24 GIOVANNI ToRREGROSSA, Statuto della propriet� edilizia e jus aeclificancli, in � Rivista di diritto civile 1987, n. 2, I, 141. La dibattuta questione circa l'inerenza del jus aedificandi al diritto cli propriet� viene qui prospettata in chiave storico-inte~etativa. Attraverso la puntuale analisi della �evoluzione d�lle fonti di regolamentazione del diritto di edificare e delle pi� significative pronunce deNa Corte costi tuzionale, l'autore giunge a dimostrare come in base ad runa corretta in terpreta7lione delle norme e de1le istesse sentenze, spesso fotte suhla scorta di equivoci e pregiudizi, non si possa che escludere l'inerenza del jus aedi ficandi al diritto di propriet�. Riconducendo, dunque, il potere di conferire l'edificabilit� dei suoli esclusivamente alla discrezionalit� tecnica dei Comuni che la esercitano attraverso ['adozione dei PRG, viene risolto in senso negativo i:l problema del diritto �all'indennizzo per i proprietari di terreni esclusi dalle zone di espansione.' F. QUADRI GIOVANNI VACIRCA, Sull'ammissibilit� di nuove prove in appello nel processo amministrativo, nota a Cons. Stato Sez. IV 28 ottobre 1986, n. 684, in Foro Amministrativo 1987, n. 1-2, pp. 93-94. I Si B!DIIlota criticamente la sentenza del Consiglio di Stato che afferma t la linammissibilit� dell'acquisizione di nuove prove nel giudizio amministrativo d'appelilo. G..D'ELIA DIRITTO E PROCEDURA CIVILE ANNA MARIA BRUNI, Tutela d'urgenza e diritti di credito, nota a Pret. Roma 31 luglio 1986 in Giust. civ. 1986, I, 2586. � 11 giudice pu� imporre al debitore -a titolo di misura cautelare urgente -:il pagamento di una somma in favore del creditore ove, a causa della mancata disponibilit� della somma stessa, il creditore venga a trovarsi in uno stato di insolvenza, tale da far tragionevolmente temere il fallimento �, Questo il principio affennato dal Pretore di Roma e piena mente condiviso nella nota, la quale si segnala per l'esauriente analisi delle vecchie e nuove teorizzazioni sulle situazioni soggettive tutelabili ex art. 700 c.p. Si sottolinea in particolare che ila decisione, pur inserendosi in un processo evolutivo gi� in atto neHa giurisprudenza di merito (la c.d. set tecentizzazione dei dir.itti di credito) contiene un interessante contdbuto di novit� rappresentato dal �r.iconoscimento della tutela d'urgenza sul semplice presupposto della lesione del credito a prescindere da ogni riflesso pregiudizievole sui diritti assoluti. F. SCLAFANI PARTE II, RASSEGNA DI DOITRINA :u FEDERICO CARPI, La sentenza della Corte di Cassazione e la cosa giudicata, in Riv. Trim. dir. proc. civile, 1987, 20. Viene affrontato il problema della incidenza della sentenza n. 17 del 1986 de11a Corte Costituzionale sulla cosa giudicata, formale e sostanziaile. La citata sentenza, come � noto, ha riconosciuto la possibilit� di revocare ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ. le pronunce della cassazione rese sui ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 cod. proc. dv. L'autore compie alcune riflessioni sulfo conseguenze che la nuova disciplina sortisce nei confronti sia del giudicato s.ia di quelJ.e fattispecie che presU1Ppongono la defiiinitivdt� della pronuncia del Supremo Co1legio, quali ad esempio quelle prev&ste dall'art. 336, comma 2, cod. proc. civ . . Nell'dndividuare i problemi cui ha dato iluogo H suddetto provvedimento, �soprattutto per �quanto riguarda il coordinamento della nuova disciplina con le altre disposiziom del codice di rito, egli auspica �un intervento fogislativo volto a reinterpretare e contemperare l'esigenza garantista con la stabildt� dei risuJ.tati del processo. D. GIACOBBE COSTANZO M. CEA, Tentativo obbligatorio di conciliazione e domanda riconvenzionale di � equo canone � proposta in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dn Foro Italiano 1987, I, 978 ss. L'autore trae spunto dalla sentenza 23 giugno 1986 della Pretura di Milano, che giudica non ipotizzabile l'improcedibilit� per mancato tentativo. di conciliazione ex art. 44 1. 27 luglio 1978 n. 392 dell'ingiunzione di pagamento ex art. 2 r.d. 14 aprile 1910 n. 639 per trattare il tema dell'ammissibilit� dell'opposizione a tale ingiunzione non preceduta da tale tentativo. Se infatti l'ingiunzione di pagamento ex art. 2 r.d. 639/10 ha natura amministrativa e quindi non deve essere preceduta dal tentativo di concili~ ione, che � previsto al fine �di evitare un procedimento giumsdi:llionale, ma non riguarda quelli amministrativi, l'opposizione ad essa introduce invece una fase giurisdizionale, cui, in base alJ.a 1. 392/78, non pu� darsi luogo senza previamente esperire il tentativo di conciliazione. L'autore passa quindi a criticare Cass. 5 maggio 1982 n. 2828 Arch. locazioni 1982, 684 sostenendo che, contrariamente a quanto deciso dalla Suprema Corte, n sorgere di una controversia sul punto pregiudiziale .della determinazione del canone non sposta la competenza del giudice della opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento dei canoni, ma, al massimo, pu� determinare una scissione della causa, secondo il meccanismo prevista. dall'art. 34 c.p.c. R. TORTORA MARco LIPARI, Il rischio nell'appalto e l'alea normale del contratto, m Giust. Civ., 1986, Il, 223. Si tratta di un'accurata anailisi, condotta con ineccepibile rigore logico,. sul significato giuridico e sulla distribuzione del rischio nel contratto di appalto. L'Autore si sofferma in particolare sul discusso rappor.to tra la norma generale in tema di risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta (art. 1467 e.e.) e la norma speciale sulla c.d. revisione preZ2li nell'appalto� (art. 1664 e.e.). Dopo un'esauriente rassegna delle diverse posizioni emerse 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in dottrina, sottol�iea che 'l'art. 1664 e.e. appare coerente con fa logica giuridica che caratterizza la disciplina normativa del contratto di appalto, pertanto � suscettibile di interpretazione estensiva e finanche di applicat�ione analogica. F. SCLAFANI ANDREA PROTO PISANI, Il procedimento d'ingiunzione, Riv. trim. dir. proc. civile, 1987, 290. L'autore, considerando che il procedimento per ingiunzione non ha formato oggetto di riflessioni da parte della dottrina, cerca di individuare . i priincipali problemi cui potrebbe dare adito la 1suddetta procedura, alla luce delle rpronunce giurisprudenziali al riguardo. 1 Dopo una breve premessa sui caratteri fondamentali del procedimento monitor.io risultanti dal sistema� attuailmente vigente, segue una rassegna delle pi� significative sentenze di merito, della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale. Interessante � l'analisi del giudizio di opposizione, nel quaile l'autore ravvisa due momenti nettamente distinti tra di loro: da un lato, iJ. con trollo sulla validit� del decreto, dalJ'altro, l'oggetto di merito del giudizio stesso. Da tale valutazione egli trae conseguenze importanti in relazione �alle varie ipotesi in cui .id decreto � legittimo, ma .risulta �iesistente il diritto fatto valere, e viceversa, soprattutto in relazione :alle ['ecenti sentenze della Cassazione che si sono occupate dell'argomento. Vengono altres� rprese in esame alcune fattispecie particolari, che hanno tuttavia interessato l'autorit� giudiziaria. D. GIACOBBE ANDREA PROTO PISANI, Appunti sulla tutela cautelare, in Rivista di Dir. Civile, 1987 n. 2, I, 109. L'autore, considerando che il procedimento per ingiunzione non ha lare, sotto. il profilo della funzione e della struttura. L'indagine tende, in tal modo, a dimostrare che, mentire sul piano funzionale entrambe le forme di tutela mirano ad evitare i pregiudizi nascenti dalJa durata �del giudizio, sul piano strutturale emergono i dati connotativi della tutela cautelare, individuati nella sommaviet� ed, in particolare, nella provvisoriet�. De iure condendo, l'autore criticamente rileva il potere largamente discrezionale del giudice .in ordine alla valutazione dell'elemento de1l'irreparabilit� del pregiudizio, auspdcando una maggiore tipicizzazione del periculum e la creazione di un modulo unitario di tutela cautelare che segni il superamento degli attuali -numerosi e dispersivi -schemi procedimentali. F. QUADRI ANDREA PROTO PISANI, Note problematiche e no sui limiti oggettivi del giudicato civile in Foro Italiano 1987, I, 446/4~4. L'autore critica la sentenza n. 6991 emessa dalla II Sezione Civile della Corte di Cassazione il 27 novembre 1986, con la quale la Suprema Corte avev� ritenuto che :la domanda dd annullamento di un contratto PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA preliminare non venisse preclusa da un giudicato con cui fossero state respinte le domande di rescissione e di nUJllit� dello stesso contratto e fosse stata accolta la domanda diretta ad ottenere una sentenza ex art. 2932 e.e. Ritiene infatti Proto Pisani, con il Chiovenda, che la presenza di un giudicato impedisce di rimettere in disoussione il bene in esso riconosciuto, come del resto attesta 1o stesso principio .in base al quale � il giudicato copre d:J. dedotto e deducibile �: lllon si possono dedurre in un secondo giudizio quelle questioni ohe furono proposte o avrebbero dovuto essere proposte nel corso del primo giudizio, affinch� I�ll risultato di quest'ultimo resti �stabile. Da ci� l'Autore trae spunto per effettuare una lucida analisi della problematica irelativa ai limiti oggettiVti del giudicato nei ,dive11si aspetti in cui essa pu� presentarsi. R. TORTORA GIAN FRANco Ricc1, Le prove illecite nel processo civile, Riv. Trim. Dir. proc. civile, 1987, 34. L'autore esamina Je problematiche irelative alla rilevanza delle prove illecite nel giudizio civile. A tal fine egli compie un approfonddta analisi delle singole fattispecie che si profilano nella pratica, onde verificare di volta in volta le varie modalit� di risoluzione del problema. VengOlllo cos� :individuate tre situazioni. rispetto ahle quali quest'ul timo assume particolare interesse. I riflessi dell'iiJJiceit� della prova vengOlllo cio� .riferiti ail meccanismo della assunzione, per le prove co stituende; ai comportamenti pre-processuali di impossessamento deLle fonti di prova per le prove precostituite; aJ momento della formazione della prova stessa. In particolare per le prove costituende, viene criticata, fa tesi che ne ravvisa la iiJ.uilevanza, in caso di illiceit�. Ci� suhla base della distinzione che emste tra il provvedimento di ammdssione della prova, che ben pu� essere dichiarato iinvalido e dunque revocato; e l'atto materiale di am missiOllle della stessa, il quale <incide soltanto sul principio del libero convincimento del giudice. L'Autore sostiene inoltre che i maggiori limiti che .ii! processo civile impone alfa rilevanza delle prove rispetto al processo penale, derivano �~amente dalla diveirsit� della materia che �si sottopone al giudice. e dalle dive11se esigenze pel'seguite dai due tipi di giudizi. DhlJ'esame deMe singole prov� emeirge <inoltre un interessante paral lelo tra la tematica delle prove illecite e quella, altrettanto importante delle prove atipiche, delle quald vengono delineati i ilimiti e le caratteristi che peculiari. D. GIACOBBE RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I� NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Disposizioni preliminari al codice civile, �rt. 18, nella parte in cui, per il caso di .mancanza di legge nazionale comune ai coniugi, stabilisce che si applica la legge nazionale del marito al tempo del matrimonio. Sentenza 5 marzo 1987, n. 71, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. codice civile, art. 156, sesto comma, nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi contenute si applichino ai coniugi separati consensualmente.. Sentenza 19 gennaio 1987, n. 5, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. codice civile, art. 202, primo comma, nella parte in cui non prevede la separazione della dote dai beni del marito, su domanda della .moglie, quando la separazione personale sia stata pronunziata senza che sia addebitabile all'uno o all'altro dei coniugi. Sentenza 19 gennaio 1987, n. 6, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. codice di procedura civile, art. 653, terzo comma [come sostituito dall'art. 3 della legge 10 maggio 1976, n. 358]. Sentenza 31 dicembre 1986, n. 303, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. codice di procedura penale, art. 586, quinto comma, nella parte in cui non prevede che la conversione della pena pecuniaria rateale ivi disciplinata avvenga previo accertamento dell'insolvibilit� del condannato e, se ne � il caso, della persona civilmente obbligata per l'ammenda. Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. codice di procedura � penale, art. � 586, settimo comma, nella parte in cui esclude che l'opposizione promossa avverso il provvedimento che ordina la con� versione della pena pecuniaria abbia effetto sospensivo. " Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. codice della navigazione, art. 352, nella parte in cui esclude la corresponsione dell'indennit� di anzianit� nel caso in cui la risoluzione del contratto di arruolamento a tempo indeterminato avvenga per fatto imputabile all'arruolato. Sentenza 2 marzo 1987, n. 63, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 26; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44, primo comma; legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, primo comma, nei limiti in cui li richiama, nella parte in cui, nelle controversie di impiego di dipendenti . dello 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 a 4, 422, 424 e 425, del c.p.c. novellati in virt� della legge 11 agosto 1973, n. 533. Sentenza 23 aprile 1987, n. 146, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44, primo comma; r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 26; legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, primo comma, nei limiti di cui li richiama, nella parte in cui, nelle controversie di impiego di dipendenti dello Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 a 4, 422 e 425 del c.p.c., novellati in virt� della legge 11 agosto 1973, n. 533. Sentenza 23 aprile 1987, n. 146, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. r.d. 3 marzo 1938, n. 680, art. 32, primo comma, lett. d), nella parte in cui esclude i dipendenti degli enti locali, dimissionari prima di aver maturato il I diritto a pensione, dal diritto alla indennit� una tantum. Sentenza 5 febbraio 1987,� n. 31, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 1� giugno 1939, n. 1089, art. 66 e legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116, primo comma (ora art. 301, primo comma, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), nella parte in cui prevedono la confisca di opere tutelate ai sensi della legge 1089 del 1939 che siano state oggetto di esportazione abusiva anche quando risultino di propriet� di un terzo che non sia autore del reato e non ne abbia tratto in alcun modo profitto. Sentenza 19 gennaio 1987, n. 2, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116, primo comma (ora art. 301, primo comma, d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43) e legge 1� giugno 1939, n. 1089, art. 66, nella parte in cui prevedono la confisca di opere tutelate ai sensi della legge 1089 del 1939 che siano state oggetto di esportazione abusiva anche quando risultino di propriet� di un terzo che non sia autore del reato e non ne abbia tratto in alcun modo profitto. Sentenza 19 gennaio 1987, n. 2, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 55, primo comma, richiamato dall'art. 159, e 54, terzo comma nella parte in cui non estendono il privilegio agli interessi dovuti sui crediti privilegiati di lavoro nella procedura di concordato preveptivo del datore di lavoro. Sentenza 31 dicembre 1986, n. 300, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 59, richiamato dall'art. 169, nella parte in cui esclude la rivalutazione dei crediti di lavoro per il periodo successivo alla domanda di concordato preventivo. Sentenza 31 dicembre 1986, n. 300, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2, primo comma, n. 3, nella parte in cui, m contrasto con l'art. 545, quarto comma, codice di procedura civile, non prevede i' la pignorabilit� e la sequestrabilit� degli stipendi, salari e retribuzioni corri-f i . I I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE sposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende ed imprese di cui all'art. l dello stesso d.P.R., fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito vantato nei confronti del personale. Sentenza 31 marzo 1987, n. 89, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. d.P.R. 29 novembre 1952, n. 2768. Sentenza 19 gennaio 1987, n. 4, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. dP.R. 27 dicembre 1952, n. 3929. Sentenza 19 gennaio 1987, n. 4, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. d.P.R. 28 dicembre 1952, n. 4160, per la parte in cui dispone esproprio nei confronti di soggetto non proprietario di terreni espropriati ed incide nella propriet� di altro soggetto non sottoponibile ad esproprio. ~entenza 19 gennaio 1987, n. 3, G. U. 28 gennaio' 1987, n. 5. dP.R. 21 giugno 1955. Sentenza 19 gennaio 1987, n. ~�G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge reg. Trentino-Alto Adige 6 aprile. 1956, n. 5, art. 16, secondo comma; d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 50, art. 5, secondo comma; t.u. leggi regionali T.A.A. 27 marzo 1980, n. 445, art. 15, secondo comma, nella parte in cui prescrivono � almeno due anni di ininterrotta residenza nel territorio della provincia di Bolzano � ai fini dell'esercizio del diritto di voto per le elezioni dei Consigli comunali compresi in detta provincia. Sentenza 17 febbraio 1987, n. 42, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. dP.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, quinto comma, nella parte in cui dispone che le retribuzioni previste per gli assistenti universitari incaricati nel caso di cumulo con altro impiego consentito dall'art. 13 della legge 18 marzo 1958, n. 349, vengano ridotte al 31 per cento anzich� stabilire che in tale ipotesi venga ridotta del terzo la retribuzione minore. Sentenza 5 febbraio 1987, n. 30, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 15 luglio 1966, n. 604, ~. 10, nella parte in cui non prevede l'applicabilit� della legge stessa al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione. Sentenza 3 aprile 1987, n. 96, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147, ottavo comma, nella parte in cui esclude dal calcolo dell'indennizzo i miglioramenti eseguiti sul fondo espropriato dalla data di costituzione del consorzio per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale, anzich� da quella di pubblicazione del piano regolatore del consorzio stesso. Sentenza 22 gennaio 1987, n. 14, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 18 e legge 4 agosto 1971, n. 589, art. 1, nella parte in cui consentono l'applicabilit� degli sgravi contributivi ivi previsti 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche alle aziende che, operando a ciclo stagionale, nel nuovo ciclo produttivo I non abbiano effettivamente aumentato il numero dei lavoratori rispetto a quelli occupati nel ciclo precedente. !: Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. I legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, terzo comma, nella parte in cui non prevede la diretta applicabilit� al predetto personale anche dell'art. 18 della stessa legge. Sentenza 3 aprile 1987, n. 96, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. I legge 4 agosto 1971, .n..589, art; 1 .e legge 25 ottobre 1968, n. 1089, a:rt. 18,. nella parte in cui consentono l'applicabilit� degli sgravi contributivi ivi previsti anche alle aziende che, operando a ciclo stagionale, nel nuovo ciclo produttivo non abbiano effettivamente aumentato il numero dei lavoratori rispetto a quelli occupati nel ciclo precedente. Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, primo comma, nei limiti in cui richiama il r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44, primo comma e il r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 26, nella parte in cui nelle controversie di impiego di dipendenti dello Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non con� sentono l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 a 4, 422, 424 e 425 del c.p.c. novellati in virt� della legge 11 agosto 1973, n. 533. Sentenza 23 aprile 1987, n. 146, G. U. i9 aprile 1987, n. 18. dP.R. 1� febbraio 1973, n. 50, art. 5, secondo �onuna; legge reg. T.A.A. 6 aprile 1956, n. 5, art. 16, secondo comma; t.u. leggi regionali T.A.A. 27 marzo 1980, n. 445, art. 15, secondo comma, nelle parti in cui prescrivono � almeno due anni di ininterotta residenza nel territorio della provincia di Bolzano � ai fini dell'esercizio del diritto di voto per le elezioni dei consigli comunaii. compresi in detta provincia~ . Sentenza :1.7 febbraio 1987, n. 42, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. l�gge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, combinato disposto del terzo e del settimo comma, n. 3, 'in quanto nega il diritto alla pensione di reversibilit� ai figli maggiorenni inabili al lavoro allorch� a qualsiasi titolo abbiano un reddito proprio. Sentenza 23 aprile 1987, n. 145, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. legge 2 � febbraio 1973, n. 12, art. 20, combinato disposto del terzo e del settimo comma, n. 3, in quantd nega il diritto alla pensione indiretta ai figli maggiorenni inabili al lavoro allorch� a quaisiasi titolo abbiano un reddito proprio. Sentenz� 23 aprile 1987; n. 145, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. legge 2 f�bbraio 1973, n. 12, art.� 20, settimo comma, n. 3, nella parte in cui prevede la perdita del diritto alla �pensione indiretta o di reversibilit� ai figli maggiorenni inabili al lavoro, � o quando a qualsiasi titolo abbiano un reddito proprio�. Sentenza 23 aprile 1987, n. 145, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZiONB legge prov. autonoma di Trento 26 luglio 1973, n. 18, art. 6, secondo comma, nella parte in cui prevede l'intimazione all'apertura anche di mezzi di trasporto che costituiscono luoghi di privata dimora. Sentenza 31 marzo 1987, n. 88, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 9 ottobre 1974, n. 632, nella parte in cui, ratificando il trattato in materia di estradizione fra l'Italia e gli U.S.A., firmato a Roma il 18 gennaio 1973, con� sente l'estradizione dell'imputato ultraquattordicenne ed infradiciottenne anche nei casi in cui l'ordinamento della Parte richiedente non lo considera minore. Sentenza 15 aprile 1987, n. 128, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. legge 10 maggio 1976, n. 358, art. 2, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Sentenza 31 dicembre 1986, n. 303, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. legge 19 maggio 1976-, n.-322, art. 1, nella parte .in cui non prevede . che i brigadieri, i� vicebrigadieri ed i militari di truppa dell'Arma dei Carabillieri possano contrarre matrimonio al compimento del quarto anno di servizio nella detta Arma comunque espletato. � Sentenza 5 marzo 1987, n. 73, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 19, quarto comma, nella parte in cui non limita i poteri del prefetto, ivi previsti, esclusivamente alle esigenze di pubblica sicurezza. Sentenza 27 marzo 1987, n. 77, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 19, _quinto comma. Sentenza 27 marzo 1987, n. 77, G. U'. 1� aprile 1987, n. 14. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 7, nella parte in cui non prevede che il diritto all'astensione dal lavoro e il diritto al godimento dei riposi giornalieri, riconosciuti alla sola madre lavoratrice, rispettivamente dagli artt. 6, legge 9 dicembre 1977 n. 903, 4 lett. e) e .10 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 siano riconosciuti anche al padre lavoratore ove l'assistenza della madre al minore sia divenuta'� impossibile per decesso o grave infermit�. . ,' . .. Sentenza 19 gennaio 19.87,, n. 1, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 1� febbraio 1978, n. 30, art. 1, secondo comma, nella parte in cui le note nn. 18 e 22 (in calce -alle tabelle delle qualifiche) non prevedono il nuovo inquadramento quale operaio tecnico (livello� 6�) dell'operaio provetto promosso per anzianit�, limitat�mente agli agenti che fossero stati direttamente inquadrati -in epoca anteriore al 1� gennaio 1978 -nella qualifica senza aver potuto partecipare, per responsabilit� riferita da giudicato esclusivamente al datore di lavoro, a prova d'esame tecnico-professionale per il conseguimento della qualifi�a stessa. ' Sentenza 5 marzo 1987, n. 72, G. U. 11 marzo 1987, n. lL RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEIJ..O STATO legge reg. siciliana 14 settembre 1979, n. 212, art. 16, limitatamente alle dizioni � i membri del Parlamento � ed � i candidati al Parlamento "� Sentenza 15 aprile 1987, n. 127, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. t.u. leggi reg. Trentino-Alto Adige 27 marzo 1980, n. 445, art. 15, secondo comma; legge reg. Trentino-Alto Adige 6 aprile 1956, n. 5, art. 16, secondo comma; d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 50, art. 5, secondo comma, nelle parti in cui prescrivono � almeno due anni di ininterrotta residenza nel territorio della provincia di Bolzano� ai fini del'esercizio del diritto di voto per le elezioni dei Consigli comunali compresi in detta provincia. Sentenza 17 febbraio 1987, n. 42, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, primo comma, n. 8, nella parte in cui non dispone l'ineleggibilit� dei dipendenti dell'unit� sanitaria locale facenti parte dell'ufficio di direzione ed i coordinatori dello stesso, per i consigli dei Comuni che concorrono a costituire l'unit� sanitaria da cui dipendono. Sentenza 17 febbraio 1987, n, 43, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677, art. 3, convertito nella legge 26 gennaio 1982, n. 11, nella parte in cui dispone la riduzione di lire 3.250 milioni delle somme da corrispondere per l'anno 1981 alla Regione Sardegna. Sentenza 5 marzo 1987, n. 70, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. dJ. 26 novembre 1981, n. 677, art. 6, terzo comma [conv. nella legge 26 gennaio 1982, n. 11]. Sentenza 31 marzo 1987, n. 87, G. U. 8 aprile� 1987, n. 15. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma. Sentenza 10 aprile 1987, n. 123, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. legge reg. Lombardia approvata il 27 marzo 1985 e riapprovata il 29 ottobre 1985. Sentenza 22 gennaio 1987, n. 13, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge reg. Valle d'Aosta approvata il 19 aprile 1985 e riapprovata il 4 luglio 1985, recante e intervento della regione sulla partecipazione degli assistiti alle spese per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio �. Sentenza 31 dicembre 1986, n. 296, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. delibera legislativa, riapprovata dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige in data 31 ottobre 1985, art. 2, primo comma, nella parte in cui non prevede l'inclusione, nel collegio dei revisori delle unit� sanitarie locali operanti nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, di un componente designato dal Ministro per il tesoro. Sentenza 7 aprile 1987, n. 107, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. ' f: ' ~ f PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 3, terzo comma, secondo capoverso, seconda parte, nella parte in cui dispone che i proventi derivanti dagli aumenti disposti con l'art. 2 del dl. 22 dicembre 1981, n. 787, convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 1982, n. 52, continuano ad essere riservati all'Erario dello Stato. Sentenza 2 marzo 1987 n. 61, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 35, limitatamente alla parte in cui si rife� risce anche ai � tributi deliberati � dalla Regione Sicilia (ex art. 36 r.d. legisl. 15 maggio 1946, n. 455). Sentenza 2 marzo 1987, n. 61, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. � legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 35, nella parte in cui si riferisce anche alle �entrate proprie� (ex artt. 72, 73, primo comma, e 74 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) della regione Trentino-Alto Adige. Sentenza 2 marzo 1987 n. 62, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. lb � AMMISSIBILITA DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM ABROGATIVO Codice di procedura civile, artt. 55, 56 e 74, approvato con regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443. Sentenza 3 febbraio 1987, n. 26, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 18 dicembre 1973, n. 856, articolo unico, primo comma, lett. b). Sentenza 3 febbraio 1987, n. 25, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 10 maggio 1978, n. 170, artt. da 1 a 8. Sentenza 3 febbraio 1987, n. 27, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 10 gennaio 1983, n. 8, articolo unico, commi dal primo al dodicesimo. Sentenza 3 febbraio 1987, n. 25, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 10 gennaio 1983, n. 8, articolo unico, tredicesimo comma. Sentenza 3 febbraio 1987, n. 25, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice di procedura civile, art. 152 disposizioni di attuazione [nel teiito novellato con l'art. 9 della legge 11 agosto 1973, n. 533] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. codice di procedura civile, art. 152 disposizioni di attuazione (artt. 3 e 23 della Costituzione). Sentenza 16 aprile 1987, n. 135, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. J6 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEU.O STATO codice di procedura civile, art. 420, primo e ultimo comma (artt. 24, 2, 97, 101 e 3 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1986,' n. 302, G. U. 9 gennaio 1987i n. 2. codice penale, art. 81, secondo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Sentenza 9 aprile 1987, n. 115, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. codice penale, art. 136 [nel testo sostituito con l'art. 101 della legge. 24 novembre 1981, n. 689] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 7 at>ri!e 1987, n. 108, G. U. lS aprile 1987, n. 16. codice penale, art. 169 (~tt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1986, n. 295, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. codice penale, art. 169, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1986, n. 295, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. codice penale, art. 589 (artt. 3, ?9 e 30 della Costituzione). Sentenza 19 gennaio 1987, n. 7, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. codice di procedura penale, art. 90 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Sentenza 9 aprile 1987, n. 115, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. I codice di procedura penale, art. 413 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1987, n. 32, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. codice di� procedura penale, art. 586, prin:rl. quattro commi [nel testo sosti I tuito con l'art. 106 della legge 24 novembre 1981, n. 689] (art. 3 della Costituzione). ~ Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16.. codice di procedura penale, art. 586, sesto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1987, n. 108, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43 (art. 53 della Costituzione). Sentenza 5 febbr,aio 1987, n. 34, G. U. 18 febb~aio 1987, n .. 8. legge 27 maggio 1949, n. 260, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1'987, n. 16, G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. , d.P.R. 28 dicembre 1952, n. 4362 (artt. 76 e 77 della. Costituzione). Sentenza 19 gennaio 1987, n. 3, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 53, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15� aprile 1987, n. 129, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 5 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1987, n. 33, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8 � .legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22. Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G. U. 15 aprile 1987, D.. 16. d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147, ottavo comma (art. 42 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1987, n. 14, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. d.l. 30 agosto 1968, n. 918, art. 18 [conv. in legge 25 ottobre 1968, n. 1089] (art. 81 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 15, ultimo comma (artt. 3, 4, 24, 36 e 37 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1987, n. 17, G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 (artt. 3, 4, 24, 36 e 37 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1987, n. 17 G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. d.I. 5 luglio 1971, n. 429, art. 1 [conv. in legge 4 agosto 1971, n. 589] (art. 81 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1987, n. 12, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. dJ. 30 giugno 1972, n. 267, art. 5 [conv. in legge 11 agosto 1972, n~ 485]. � Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. legge 16 aprile 1973, n. 171, artt. 23 e 25 (art. 81 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1987, n. l~, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 20 luglio 1973, n. 477, art. 17 (artt. 3 e 97 della Costituzione). '� Sentenza 15 aprile 1987, n. _ 133, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 4, terzo comma, e 6, quinto comma (art. 76 della Costituzione). Sentenza 27 marzo 1987, n. 78, G. U. 1 aprile 1987, xi. 14. dJ�.2 marzo 1974, n. 30. [conv. in legge 16 aprile 1974, n. 114], combinato disposto artt. 4 e 15. Sentenza 3 aprile 1987, n. 98, G: U. 15 aprile 1987, n. 16, #O RASSEGNA DEIJ.'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 7 febbraio 1985, n. 12 ,artt. 3, 4, 5, 5-quinques [come conv. In legge 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 3, terzo comma, 8, n. 10, 16 e 78 dello statuto Trentino- Alto Adige). Sentenza 17 febbraio 1987, n. 49, .G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. legge 23 ottobre 1985; n. 595,. artt. 3, quinto comma, e 5, secondo, terz� e quarto comma (artt. 9, n. 10 e 16 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). Ordinanza 31 dicembre 1986, n. 294, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. legge 23 ottobre 1985, n. 595, art. 6, secondo e terzo comma (artt. 4, 9 n. 10, 16, 33, 49 e 54, n. 5 dello statuto spec. per il Trentino-Alto Adige; artt. 117, 118 e 125 della Costituzione). Ordinanza 31 dicembre 1986, n. 294, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. legge 23 ottobre 1985, n. 595, artt. 10 e 13, secondo e terzo comma (artt. 9, n. 10, e 16 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). Ordinanza 31 dicembre 1986, n. 294, G. U. 9 gennaio 1987, n. 2. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 6, diciannovesimo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 m�rzo 1987, n. 12. legge 28 febbraio 1986, n. 41, artt. 6, diciannovesimo comma; 10, diciassettesimo e diciottesimo comma; 12, quarto comma; e 15. (artt. 97 e 81, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G . .U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 28 febbraio 1986, li. 41, art. 10, didassettesimo e diciottesimo comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 28 febbrai~ 1986, n. 41, art. 12, quarto,. quinto, sett�p.o e ottavo comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 15 (~rtt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 2 marzo 1987, n. 64, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge reg. siciliana 22 aprile 1986, n. 20, art, 19, primo comma (art. 51, primo comma, della Costituzione). Sentenza 15 aprile 1987, n. 130, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. legge reg. siciliana 24 giugno 1986, n. 31, art. 20 (art. 51 della Costituzione). Sentenza 15 aprile 1987; n. 131, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. I I I PARTE II, RASSEGNA 'DI LEGISLAZIONE . 4t III -QUESTIONI PROPOSTE Disposizioni di attuazione codice civile, art. 38, primo e terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Napoli, ordinanza 4 dicembre 1986, n. 97/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. codice civile, art. 38, terzo comma, disposizioni di attuazione (art. 3 della Costituzione) . .Tribunale per minor�nni, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 841, G. U. 25 febbraio 1987; n. 9. codice civile, art. 263, secondo comma (artt. 29 e 30 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 21 ottobre 1986, n. 828, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. codice civile, art. 291 (artt. 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 4 aprile 1986, n. 788, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. codice �di procedura civile, art. 140 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 23 ottobre 1986, n. 129/87, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. codice di procedura civile, artt. 153 e 618, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Agrige.nto, ordinanza 22 novembre 1986, n. 91/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. codice di procedura civile, art. 164 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Bari, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 17/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. codice di procedura civile art. 249 (art. 3 della Costit112lione). Pretore di Lecce, ordinanza 4 dicembre 1986, n. 14/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. codice di procedura civile, artt. 415, secondo comma, e 416, primo comma (artt. 31 e 24 della Costituzione). Pretore di Campli, ordinanza 1 dicembre 1986, n. 75/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. codice di procedura civile, art. 650, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 8 aprile 1986, n. 825, G. U. �28 gennaio 1987, n. 5. 42 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO codice di procedura civile, artt. 661, 38, terzo e 28 (artt. 3 e 2442 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO codice di procedura civile, artt. 661, 38, terzo e 28 (artt. 3 e 24 comma, della Costituzione). Pretore di Pavia, <;>rdinanza 3 novembre 1986, n. 803, G. U. 21 gennaio 1987, n. 4. codice penale, art. 81 cpv. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bergamo, ordinanza 8 ottobre 1986, n. 19/87, G. U. 11 marzo 1987, I).. 11. codice penale, art. 81, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Treviso, ordinanza 8 ottobre 1986, n. 783, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. codice penale, artt. 102 e 109 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 30 gennaio 1987, n. 96,-G. U. 1 aprile 1987, n. 14. codice penale, art. 530, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 22 gennaio 1986, n. 817, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. l codice penale, art. 699 (art. 3 della Costituzione). I Pretore di Sant'Arcangelo, ordinanza 17 marzo 1986, n. 82/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. codice di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). Tribunale di Bari, ordinanza 26 giugno 1986, n. 775, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. codice di procedura penale, art. 74 (artt. 2, 3, 10, 102 e 107 della Costituzione). Pretore di Palestrina, ordinanza 7 dicembre 1985, n. 776/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. codice di procedura penale, art. 271, quarto comma (artt. 3 e 13 della Costituzione). Pretore di Piove di Sacco, ordinanza 8 settembre 1986, n. 764, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. r.d.L 22 dicembre 1927, n. 2448, art. 1, primo comma (artt. 3, 25, 70 e 76 della Costituzione). Giudice conciliatore di Sorrento, ordinanza 16 giugno 1986, n. 784, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 18 regolamento alL A (artt. 3 e 35 della Costituzione). l J I Pretore di Pisa, ordinanza' 28 luglio 1986, n. 780, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. I J i ! I .I I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 4J r.d.l.,27 novembre 1933, n. 1578, art. 68 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 26 maggio 1986, n. 20/87, G. U. 11 marzo 1987, n.� 11. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116, primo comma, parte prima (artt. 25, 24 e 112 della Costituzione). Pretore di Cascina, ordinanze (due) 11 febbraio 1987, nn. 116 e 117, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. Pretore di Cascina, ordinanza 11 febbraio 1987, n. 118/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. � legge 30 gennaio 1941, n. 12, art. 72 (artt. 2, 3, 10, 102 e 107 della Costituzione). Pretore di Palestrina, ordinanza 7 dicembre 1985, n. 776/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 18, primo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Macerata, ordinanza 13 dicembre 1986, n. 29/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. d.I.C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 18 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 13 dicembre 1985, n. 791/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. decr. legisl. 11 febbraio 1948, n. 50, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 16 aprile 1986, n. 833, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. decreto legislativo 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2 (artt. 2, 3 e 14 della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 9 ottobre 1986, n. 822, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. d. legislativo 6 maggio 1948, n. 655, art. 3, n. 3 (artt. 3, 5, 25, 97 e 116 della Costituzione e art. 23 dello statuto regione siciliana). Corte dei conti, ordinanza 11 luglio 1986, n. 840, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 20 marzo 1986, n. 55/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. Tribunale di Catania, ordinanze (due) 13 giugno e 25 settembre 1986, nn. 56 e 57/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. Convenzione fra Repubblica italiana e U.S.A. 30 marzo 1955, art. 15, primo comma, lett. b) [resa esecutiva con legge 6 aprile 1977, n. 233] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 21 gennaio 1986, n. 112/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 11 aprile 1955, n. 379, art. 40, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sardegna, ordinanza 19 giugno 1986, n. 77/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. d.I. presidente reg. siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, art. 122, primo comma [convalidato con legge reg. sic. 15 marzo 1963, n. 16] (artt. 3, 103 e 108 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 17 aprile 1986, n. 779, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 8 e 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 29 settembre 1986, n. 787, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 21 maggio 1986, n. 13/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 dicembre 1985, n. 11/87, G.U. 18 febbraio 1987, n. 8. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (artt. 4, 35 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanze (due) 6 novem� bre 1985, nn. 845 e 846/86, G.U. 18 febbraio 1987, n. 8. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85, lett. a) (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo :regionale per la Sicilia, ordinanza 14 maggio 1986, n. 1/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 11 luglio 1986, n. 103/87, G. U. 8 aprile .1987, n. 15. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85, lett. a), parte seconda (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 2 maggio 1986, n. 792, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 66, lett. a) (artt. 3, 35 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 3 luglio 1986, n. 53/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 53, primo comma, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 17 aprile 1986, n. 823, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 5 marzo 1961, n. 90, art. 41 (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 11 luglio 1986, n. 103/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 17 maggio 1984, n. 785/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 7, primo comma, punto 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Trento, ordinanza 14 novembre 1986, n. 104/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 10 maggio 1964, n. 336, artt. 1 e 6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 7 marzo 1986, n. 826, G. U. 28 gennaio 1987,. n. 5. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Giudice istruttore presso il tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 22 ottobre 1986, n. 821, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 112, art. 134, secondo comma (art. 38 della Costituzione). Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 20 gennaio 1987, n. 105, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 26 luglio 1965, n. 965, art. 27, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione giilrisdizionale per la Sardegna, ordinanza 19 giugno 1986, n. 77/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 7, primo comma [come sostituito dall'art. 14 della legge 14 ottobre 1974, n. 497] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Prato, ordinanza 7 ottobre 1986, n. 762, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 66 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 7 marzo 1986, n. 826, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Pretore dell'Aquila, ordinanza 23 dicembre 1986, n. 49/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Trapani, ordinanza 24 n,ovembre 1986, n. 16/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, quarto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Benevento, ordinanza 24 settembre 1986, n. 778, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 14, sesto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della ,Costituzione). Pretore di Benevento, ordinanza 24 settembre 1986, n. 778, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, primo comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 10 giugno 1986, n. 763, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 33/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 25 maggio-1970, n. 364, art. 19 (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 5 dicembre 1986, n. 86/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 25 maggio 1970, n. 364, art. 19, secondo comma, n. 1 (art. 81 della Costituzione).. � Tribunale di Macerata, ordinanza 19 novembre 1986, n. 27/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 29 novembre 1985, n. 71/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 81 e 119 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 23 luglio 1986, n. 773, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 7, primo comma (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 29 gennaio 1985, n. 80/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (artt. 23 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanze (due) 14 feb� braio 1986, nn. 72-73/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, ottavo comma, lett. e) e quattordicesimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze (dieci) 25 novembre 1986, nn. 37-46/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12 e 25 marzo 1987, n. 13. d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 10, terzo comma (artt. 3 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 27 ottobre 1986, n. 8/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. � d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 13 febbraio 1986, n. 777, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 41, quarto comma, e 58, quarto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Novara, ordinanza 12 luglio 1986, n. 47/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa allegata A) (artt. 11 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 24 giugno 1986, n. 819, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. Commissione tributaria di primo grado di Ancona, ordinanza 17 novembre 1986, n. 35/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 27 marzo 1986, n. 66/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 47, terzo e quarto comma (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 29 gennaio 1985, n. 80/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 54, primo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 29 settembre 1986, n. 832, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 30, primo e terzo comma (artt. 24 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 6 ottobre 1986, n. 794, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (art. 101 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 29 settembre 1986, n. 832, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. RASSEGNA DEIL'AWOCATURA DEILO STATO 48 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, lett. a) (artt. 77 e 3 della Costituzione). Commissione tributaria� di primo grado di Piacenza, ordinanze (dieci) 25 agosto 1986, nn. 806-815, G. U. 21 gennaio 1987, n. 4. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 12 maggio 1978, n. 78/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.P.R.. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 28 (artt. 3, 24, 53 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 18 novembre 1986, n. 128/87, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 103, artt. 183, 195 e 334 (artt. 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Salerno, ordinanza 22 settembre 1986, n. 790, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1 e 183 [come sostituiti dall'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103] (artt. 3 e 21 della Costituzione). Pretore di Guglionesi, ordinanza 27 settembre 1986, n. 772, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, primo comma, e 195, primo comma, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanze (tre) 11 luglio 1986, nn. 800-802, G. U. 21 gennaio 1987, n. 4. Pretore di Mistretta, ordinanza 8 maggio 1985, n. 18/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 4, 5, 10 e 15 (artt. 3, 29 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 13 gennaio 1986, n. 838, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 13 gennaio 1986, n. 839, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 6, secondo comma (art. 3 della Costi� tuzione). Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 2 marzo 1979, n. 789/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. c) (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado de L'Aquila, ordinanza 10 nove_m� bre 1986, n. 83/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 24 e 30 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pavia, ordinanza 23 ottobre 1986, n. 74/87, G.U. 1� aprile 1987, n. 14. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47, secondo comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 20 novembre 1986, n. 30/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. . d.P .R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 55 (artt. 23 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanze (due) 14 febbraio 1986, nn. 72-73/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art�.6 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Parma, ordinanza 4 giugno 1986, n. 126/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 4 febbraio 1985, n. 79/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Sant'Elpidio a Mare, ordinanza 29 gennaio 1987, n. 119, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 54 (artt. 3, 24. e 113 della Costituzione). Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 15 ottobre 1986, n. 4/87, G. U. 18 feDbraio 1987, n. 8. legge prov. Trento 30 settembre 1974, n. 26, art. 8 (artt. 3, 36 e 97 della Costi� tuzione; artt. 4 e 8 dello statuto per il Trentino-Alto Adige). Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, ordinanza 27 novembre 1986, n. 90/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 13 maggio 1975, n. 157, art. 1 (art. 3 della Costituzione) . . Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 dicembre 1985, n. 11/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quarto comma, ultima parte (art. 3 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza di Roma, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 125, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. )0 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 6 agosto 1975, n. 427, art. 11, secondo e terzo comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). Pretore di Tione, ordinanza 25 novembre 1986, n. 26/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 29 aprile 1976, n. 177, artt. 2, secondo comma, e 3 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G.U. 14 gennaio 1987, n. 3. d.l. 3 maggio 1976, n. 161, art. 2, lett. c) [conv. in legge 14 maggio 1976, n. 240] '(art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 22 ottobre 1985, n. 109/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 8, primo comma, lett. c) (art. 3 della Costituzione). Pretore cli Roma, ordinanze (dieci) 25 novembre 1986, nn. 37-46/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12 e 25 marzo 1987, n. 13. legge 13 aprile 1977, n. 114, artt. 5 e 23 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria cli primo grado di La Spezia, ordinanza 14 giugno 1984, n. 793/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. legge 7 ottobre 1977, n. 790 (artt. 3 e 21 della Costituzione). �� Tribunale ammini~trativo regionale del Lazio, ordinanza 18 gennaio 1986, n. 111/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Tribunale di Monza, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 52/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. legge 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 5, primo comma, e 16, secondo comma (art. 37 della Costituzione). Pretore di Cairo Montenotte, ordinanze (due) 6 ottobre 1986, nn. 835 e 836, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8, secondo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria cli primo grado di Roma, ordinanza 12 maggio 1978, n. 78/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 24, ultimo comma (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino. ordinanza 4 marzo 1986, n. 12/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. _...,,.. i i I� PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE J1 legge 2 febbraio 1978, n. 30, art. 9 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 28 luglio 1986, n. 780, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12 (artt. 2, 3, 19, 21, 30, 31 e 32 della Costituzione). Pretore di Abbiategrasso, ordinanza 15 dicembre 1986, n. 34/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 13, quinto comma, lett. b) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 95, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, lett. c) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze (dieci) 25 novembre 1986, nn. 37-46/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12 e 25 marzo 1987, n. 13. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, primo e settimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Rimini, ordinanza 23 giugno 1986, n. 774, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 18, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 63 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge reg. Sardegna 5 luglio 1979, n. 59, artt. 4 e 5 (art. 27 dello statuto speciale Sardegna). Pretore di Bosa, ordinanza 20 settembre 1986, n. 127/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. legge reg. Lazio 28 settembre 1979, n. 79, art. 4 (art. 119 della -Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze (cinque) 5 ottobre 1984, nn. 795-799/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. legge reg. Piemonte 17 ottobre 1979, n. 60, art. 57 (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 12/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 2 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 10 luglio 1986, n. 786, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 29 novembre 1985, n. 71/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 57, lett. a) (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 14 maggio 1986, n. 1/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 76 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 22 dicembre 1986, n. 816, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. nella legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14, quinto comma [nel testo sostituito dal� l'art. 1 della legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, ottavo comma, Iett. b) (artt. 3 e 33 della Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 31 mag� gio 1984, n. 831/86, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge reg. Piemonte 6 marzo 1980, n. 13, tariffa allegata n. 14 (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 12/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, primo comma, lett. i) (artt. 3 e 33 della Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 31 mag� gio 1984, n. 831/86, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 7, quarto comma (art. 3 della Costi� tuzione). Pretore di Bologna, ordinanza 20 gennaio 1987, n. 85, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. PARTB Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 28 febbraio 1981, n. 34, art. 3, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 3 giugno 1986, n. 765, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, artt. 3 e 10 (artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione). ;;rribunale amministrativo regionale. per la Campania, ordinanza 16 maggio 1986, n. 818, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 47 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 16 maggio 1986, n. 818, G. ~28 gennaio 1987, n. 5. legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 51 (artt. 3, 36, 38, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 16 maggio 1986, n. 818, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 9 ottobre 1981, n. 824, art. 6 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 33/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. d.l. 7 novembre 1981, n. 632, art. 1, quarto comma [conv. in legge 22 dicembre 1981, n. 767] (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 13 ottobre 1986, n. 10/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 20 giugno 1986, n. 837, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Fiorenzuola d'Arda, ordinanza 14 novembre 1986, n.' 21/87, G. U. 11 marzo 1-987, n. 11. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 54 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 2 ottobre 1986, n. 7/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. f4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54 e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 settembre 1986, n. 5/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. Tribunale militare di Padova, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 6/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. Tribunale militare di Padova, ordinanza 13 novembre 1986, n. 88/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1986, n. 89/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. f4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54 e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 settembre 1986, n. 5/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. Tribunale militare di Padova, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 6/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. Tribunale militare di Padova, ordinanza 13 novembre 1986, n. 88/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1986, n. 89/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54, 55 e 59 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 16 giugno 1986, n. 844, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Spilimbergo, ordinanze (due) 6 giugno e 3 ottobre 1985, nn. 766 e 767/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. Pretore di Spilimbergo, ordinanze (quattro) 17 ottobre e 4 aprile 1985, nn. 768-771/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 4 novembre 1986, n. 829, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 10 febbraio 1987, n. 120, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. d.l. 23 ge1U1aio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b) [conv. in legge 25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3, 24, 31 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 13 ottobre 1986, n. 24/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. Pretore di Milano, ordinanze (due) 16 dicembre 1986, nn. 64 e 65/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 10, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Abbiategrasso, ordinanze (tre) 10 novembre 1986, nn. 58-60/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. legge 22 aprile 1982, n. 168, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanza 24 giugno 1986, n. 15/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 15 novembre 1986, n. 32/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costi� tuzione). Tribunale di Arezzo, ordinanza 20 giugno 1986, n. 827, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. dl. 2 luglio 1982, n. 702, art. 5 [conv. in legge 3 settembre 1982, n. 627] (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 7 marzo 1986, n. 826, G. U. 28 gennaio 1987. n. 5. d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] (artt. 24 e 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 18 novembre 1986, n. 124/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 23 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Palermo, ordinanza 5 marzo 1986, n. 22/87, G. U. 11 marzo 1987, n. 11. legge 13 settembre 1982, n. 646, art. 21 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cles, or(\inanza 24 ottobre 1986, n. 36/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12.' dl. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 17 novembre 1986, n. 101/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. Tribunale di Genova, ordinanza 18 dicembre 1986, n. 108/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 19 settembre 1985, n. 804/86, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Genova, ordinanza 27 marzo 1986, n. 782, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. d.l. 15 dicembre 1982, n. 916, art. 2-ter [conv. in legge 12 febbraio 1983, n. 27] (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 30 giugno 1986, n. 2/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. J6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5, cinquantunesimo e trentaduesimo comma [conv. in legge 28 febbraio 1983, n. 53] (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanze 27 novembre 1986, n. 92/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. legge 28 febbraio 1983, n. 53, art. 1 (artt. 3, 23, 24 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bergamo, ordinanza 28 settembre 1984, n. 781/86, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (artt. 3, 81 e 119 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 23 luglio 1986, n. 773, G. U. 7 gennaio 1987, n. 1. legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Verona, ordinanza 22 marzo 1985, n. 805/86, G. U. 21 gennaio 1987, n. 4. Pretore di Cosenza, ordinanza 9 gennaio 1987, n. 76, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (art. 3 della Costituzione). Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna, ordinanza 23 settembre 1986, n. 9/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. Tribunale per i minorenni, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 841, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Napoli, ordinanza 4 dicembre 1986, n. 97/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 102 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 28/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. d.m. 21 luglio 1983, art. 3 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Larino, ordinanze (due) 27 marzo 1986, nn. 98 e 99/887, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. Commissione tributaria di primo grado di Larino, ordinanza 16 settembre 1986, n. 100/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 4 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986, n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, quattordicesimo comma [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 27, 32 e 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 27 novembre 1986, n. 51/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 9, terzo comma [come sostituito. dalla legge di conv. 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (tre) 7 luglio 1986, nn. 121-123/87, G. U. 15 aprile 1987, n. 16. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 9, terzo comma [come sostituito da legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 4, 41 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (due) 7 luglio 1986, nn. 61 e 62/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. . legge prov. Trento 23 novembre 1983, n. 41, art. 7 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione; artt. 4 e 8 dello statuto per il Trentino-Alto Adige). Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, ordinanza 27 novembre 1986, n. 90/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 20 (artt. 3, 29, 31, 36 e 53 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 4 agosto 1986, n. 81/87, G. U. 1 aprile 1987, n. 14. legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 20 tabella D allegata (artt. 3, 29, 31, 36 e 53 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 4 agosto 1986, n. 81/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 35 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 16 giugno 1986,� n. 93/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 9 maggio 1984, n. 118, articolo unico (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 33/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 14 ottobre 1986, n. 834, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. Pretore di Bologna, ordinanza 16 gennaio 1987, n. 84, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 5 novembre 1986, n. 3/87, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. Tribunale di Pistoia, ordinanze (due) 17 dicembre 1986, nn. 113 e 114/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. Pretore di Torino, ordinanza 28 gennaio 1987, n. 107, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. �ZwJ01Wwhf1JPJi�Aiftw14W"*�tw�JBWA%�~=q~ih~~wSf&Kfift�~~rmi~Jll'f.'*� ~--~��11iB!� I ,. � """'"' ........""""'"""' ............, I legge 6 agosto 1984, n. 425, artt. 1, primo e secondo comma, e 2 (artt. 3 I e 36 della Costituzione). ! Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 giugno 1986, !: n. 110/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. ; legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 104, 113, 134, 136 e 137 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanze (tre) 28 ottobre 1986, nn. 68-70/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24 e 113 della �Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 giugno 1986, n. 110/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 giugno 1986, n. 110/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge reg. Sicilia 21 agosto 1984, n. 55, art. 6 (art. 17, lett. f) statuto spec. reg. siciliana e art. 3 della Costituzione). Pretore di Adrano, ordinanza 5 dicembre 1986, n. 48/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. d.I. 6 dicembre 1984, n. 807, art. 2 [conv. in legge 4 febbraio 1985, n. 10] (artt. 3 e 21 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 18 gennaio 1986, n. 111/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge prov. Trento 28 dicembre 1984, n. 17, art. 2 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione; artt. 4 e 8 dello statuto per il Trentino-�lto Adige). Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, ordinanza 27 novembre 1986, n. 90/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. d.I. 25 gennaio 1985, n. 8, art. 6 [conv. in legge 27 marzo 1985, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 7 aprile 1986, n. 94/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. b) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Teano, ordinanza 22 settembre 1986, n. 50/87, G. U. 25 marzo 1987,. n. 13. Pretore di Teano, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 34, 35, 38 e 44 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Trentola, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 843, G. U. 18 febbraio 1987, n. 8. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE f9 legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 35, 38 e 43 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bergamo, ordinanza 28 ottobre 1986, n. 824, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 38, primo, secondo e terzo comma, e 44 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vittoria, ordinanza 8 ottobre 1986, n. 842, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Lucca, ordinanza 16 gennaio 1986, n. 25/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 17 aprile 1985, n. 141, artt. 1, 3, primo comma, e 6 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 1� ottobre 1986, n. 820, G. U. 14 gennaio 1987, n. 3. dl. 28 aprile 1985, n. 146, art. 8-quater (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bergamo, ordinanza 28 ottobre 1986, n. 824, G. U. 28 gennaio 1987, n. 5. d.P.R. 27 giugno 1985, n. 350 (art. 10 della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 10 dicembre 1986, n. 54/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 23 (artt. 3, 29,_ 31, 36 e 53 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 4 agosto 1986, n. 81/87, G. U. 1� aprile 1987, n. 14. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (art. 53 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 22 gennaio 1987, n. 115, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (art. 81 della Costituzione). Pretore di Campobasso, ordinanza 28 novembre 1986, n. 31/87, G.U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, n. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Taranto, ordinanza 21 novembre 1986, n. 23/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, nono e quattordicesimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanze (tre) 16 gennaio 1987, nn. 130-132, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. 60 RASSEGNA DELI,.'AVVOCATURA DELLO STATO legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, nono, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma (art. 53 della Costituzione). Pretore di Campobasso, ordinanza 28 novembre 1986, n. 31/87, G. U. 18 marzo 1987, n. 12. ' legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, decimo, tredicesimo e quattordicesimo comma (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 10 gennaio 1987, n. 63, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 28 novembre 1986, n. 106/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 52, quarto comma, e 79, primo comma (artt. 76, 77, 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1986, n. 67/87, G. U. 25 marzo 1987, n. 13. legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, secondo comma (artt. 25 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 1 ottobre 1986, n. 830, G. U. 11 febbraio 1987, n. 7. disegno di legge reg. Marche approvato il 29 luglio 1986 e riapprovato il 2 dicembre 1986 (art. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 30 dicembre 1986, n. 31, G. U. 21 gennaio 1987, n. 4. legge 8 novembre 1986, n. 852, artt. 1, quarto comma; 3, quarto comma; 4; 5, secondo comma; e 6 (artt. 2, 8, n. 21, 16, primo comma, e 78 dello statuto sp�ciale reg. Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 22 dicembre 1986, n. 30, G.U. 21 gennaio 1987, n. 4. legge 8 novembre 1986, n. 852, artt. 1, quarto comma, 3, quarto ed ultimo comma, 4 e 6 (artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Trento, ricorso 22 dicembre 1986, n. 29, G. U. 21 gennaio 1987, n. 4. disegno di legge reg. Campania riapprovato il 9 dicembre 1986 e comunicato il 15 dicembre 1986 (artt. 4, 97 e 117 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei ministri, ricorso 9 gennaio 1987, n. 1, G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. ~ t ! PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 61. d.l. 9 dicembre 1986, n. 832, art. 2, primo comma (artt. 3 e 42 della Co� stituzione). Pretore di Bettola, ordinanza 30 gennaio 1987, n. 102/87, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. disegno di legge prov. Bolzano approvato il 17 dicembre 1986, art. 1 (artt. 5 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 13 gennaio 1987, n. 2, G. U. 4 feb� braio 1987, n. 6. legge 18 dicembre 1986, n. 891 (artt. 8, n. 10, e 16, primo comma dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 30 gennaio 1987, n. 4, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. Provincia autonoma di Trento, ricorso 30 gennaio 1987, n. 5, G. U. 25 febbraio 1987, n. 9. disegno di legge reg. Veneto approvato il 28 febbraio 1986 e riapprovato il 19 dicembre 1986, artt. 2 e 3 (artt. 97 e 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 17 gennaio 1987, n. 3, G. U. 4 febbraio 1987, n. 6. d.l. 3 gennaio 1987, n. 2, artt. 1, 2 e 2-bis, [come modif. dalla legge di conversione 6 marzo 1987, n. 65] (artt. 87, 109 e 126 del d.P.R. n. 616/1977). Giunta reg. Lombardia, ricorso 14 aprile 1987, n. 14, G. U. 29 aprile 1987, n. 18. disegno di legge reg. Friuli-Venezia Giulia riapprovato il 25 febbraio 1987 (artt. 3 e 97 della Costituzione e 4, n. 1, dello statuto regionale). Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 20 marzo 1987, n. 6, G. U. 8 aprile 1987, n. 15. legge 28 febbraio 1987, n. 56, art. 5, lett. b) e d) (artt. 117 e 118 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 8 aprile 1987, n. 8, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. legge 6 marzo 1987, n. 65 in toto e in particolare artt. 1, quarto e quinto comma; 2, primo comma, lett. b); 1-ter, secondo e sesto comma; 2-bis, terzo comma (artt. 2; 3, terzo comma; 8, nn. 20 e 17; 9, n. 11; 16; 78 e 80 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). Prov. aut. di Bolzano, ricorso 8 aprile 1987, n. 9, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. legge reg. Sardegna riapprovata il 12 marzo 1987 (art. 82 della Costituzione). Presidente Consiglio dei ministri, ricorso 3 aprile 1987, n. 7, G. U. 22 aprile 1987, n. 17. �.. 1tJ -