ANNO XLIII -N. 2-3 APRILE -SETTEMBRE 1991 JRA¤¤JEGrNA AWW(Q)CA1r1IJ1ffi.A JD)JEILIL(Q) ¤JrAJr(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E. ZECCA DELLO STATO ROMA 1992 ABBONAMENTI ANNO 1992 ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 45.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . È 12.000 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: JSTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (4219024) Roma, 1992 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura de//'avv. Franco Favara) .. pag. 139 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Oscar Fiumara) È 218 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Antonio Cingo/ o e Giuseppe Stipo) .. È 245 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'avv. Raffaele Tamiozzo) È 303 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/' avv. Carlo Bafi/e) li 328 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE pag. 17 CONSULTAZIONI . È 29 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia - Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafani La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI; NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI I. F. CARAMAZZA e F. SCLAFANI, La nuova disciplina degli stupefacenti al vaglio della Corte Costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 199 A. CINGOLO, Revisione dei prezzi nell'appalto di opere pubblic!ie: posisioni giuridiche soggettive dell'appaltatore e determinazione del prezzo corrente alla data dell'offerta. . . . . . . . . . . . . . . . I, 257 S. COGUANI, Il regolamento preventivo nell'ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione: alCune riflessioni sui limiti di proponibilitˆ . . . . I, 245 W. FERRANTE, ÇModica quantitˆ>>, Çdose media giornalieraÈ e Çmodesta entitˆÈ nella detenzione di stupefacenti . . . . . . . . . . . . . I, 173 A. MtrrËRELLI, Applicabilitˆ del termine di efficacia per l'attuazione delle occupazioni d'urgenza agli interventi per opere pubbliche statali . I, 252 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE -Acque pubbliche -Piccole derivazioni -Risorse idriche per la produzione di energia elettrica á Funzioni. amministrative -Esclusione della ri serva alfo Stato -Illegittimitˆ, 161. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Revisione prezzi -Accertamento tabellare -Tabella utilizzabile -é quella riproducente i prezzi al momento dell'offerta -Compilazione in epoca successiva -é irrilevante, con nota di A. CINGOLO, 257. COLLEGI (AMMINISTRATIVI) -Verbale dell'adunanza -Atto pubblico -Efficacia privHegiata -Contenuto e limiti, 268. -Verbale dell'adunanza -Redazione ed approvazione da parte dello stesso collegio in data e in composizione diverse -Falsitˆ -Esclusione Illegittimitˆ -Ammissibilitˆ, 268. COMUNITA' EUROPEE -Aiuti di Stato -Conferimenti di capitali -Settore tessile -Abbigliamento, 223. -Competenza della ,Corte di giustizia -Rinvio pregiudiziale da parte del giudice nazionale -Necessitˆ della pronuncia e pertinenza delle questioni -Valutazione del giudice nazionale, 238. -Direttiva in tema di imposte sulla raccolta di capitali -Diretta applicabilitˆ -Norma nazionale contrastante -Disapplicazione, 147. -Libera circolazione delle merci Diritto dei marchi -Pubblicitˆ ingannevole, 218. -Organizzazione comune dei mercati nel settore del tabacco greggio Premi concessi agli acquirenti di tabacco in foglia -Invaliditˆ del regolamento che fissa un quantitativo massimo garantito -Retroattivitˆ: certezza del diritto e legittimo affidamento, 239. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio di legittimitˆ in via incidentale -Intervento di chi non era parte nel giudizio a quo -Inammissibilitˆ, con note di W. FERRANTE e di I. F. CAMARAZZA e F. SCLAFANI, 172. -Giudizio di legittimitˆ in via incidentale -Questione relativa ad una norma di legge in contrasto con una direttiva comunitaria direttamente applicabile -Obbligo del giudice a quo di disapplicare la norma nazionale -Inammissibilitˆ della questione per difetto di rilevanza, 147. DEMANIO -Beni culturali e ambientali -Alienazione di bene di interesse culturale da parte di privati -Prelazione dello Stato esercitata tardivamente -Artt. 32 e 61 legge 1089 del 1939 -Presupposti, 303. ELEZIONI -Elezioni politiche e amministrative -Sindaco -Condanna penale Decadenza, 163. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' -Cava -Indennitˆ -Liquidazione Misura, 279. -Occupazione di urgenza per la realizzazione di opere statali ex lege 219/81 -Applicabilitˆ termine trimestrale per l'occupazione -Fattispecie, con nota di A. MUTARELLI 251. INDICE ANALIJICO-ALFAllETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Occupazione illegittima -Accessione invertita -Decreto di esproprio emesso entro il termine di dichiarazione cli: pubblica utilitˆ -Effetti, 270. -Occupazione illegittima .~ Accessione invertita ~á áSuccessivo .. decreto di esproprio -E.ffetti, . tJO. á ~. Occupazione.á temporanea -Realizzazione dell'opera pubblica in assenza del decreto espropriativo -Conseguenze, 279. -Opere ferroviarie -Aree con destinazfone edificatoria -Leggi speciali che determinano l'indennitˆ in misura ridotta -Inapplicabilitˆ, 278. -Territori giˆ soggetti alla sovranitˆ italiana -Confisca di beni appartenenti a cittadino -Indennizzo Diritto soggettivo -Giurisdizione del giudice ordinario, 279. GIURISlHZIñNE CIVILE -Appalto di opere pubbliche -Revisione prezzi -Criteri liquidatori Valutazione discrezionale -Esclusione -Azione di ripetizione indebito -Incide su diritto soggettivo Giurisdizione del G. O., con nota di A. Cingolo, 257. -Danno alla sal.bdtˆ dell'ambiente -Costruzione di centrale termoelettrica -Legittimazione dell'ente territoriale (Comune) -Giurisdizione del giudice ordinario -Sussistenza, 289. -Diritti sindacali -Diritti in senso stretto e diritti Ç correlati È -Regime antecedente all'entrata in Váigore della L. n. 146/90 -Cognizione del Giudice ordinario e del Giudice amministrativo, 266. -Giudizio contabile ¥. Enti pubblici economici -Criteri sul riparto di giurisdizione, 280. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Questioni attinenti alla configurabilitˆ dell'interesse fatto valere -Deducibilitˆ -Da parte della P.A. -Esclusione, con nota di S. COGLIANI, 245. IMPIEGO PUBBLICO - Decadenza -Art. 127 lett. d) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 -Presupposti, 323. -Presso un ente pubblico non economico -Natura pubblica o privata del rapporto -Criteri di identificazione -Svolgimento della prestazione lavorativa nell'ambito dell'organizzazione tipica dell'ente Natura pubblica, 295. -Stipendi e assegni -Indebito (ripetizione) -Doverositˆ -Buona fede del percipiente -Irrilevanza, 320. LAVORO -Assunzione di ldonei non vincitori di concorso -Riferimento alla normativa vigente al momento dell'assunzione e non al momento della domanda di concorso, con nota di G. STIPO, 291. -Ente '.Ferrovie -. Mancata assunzione -Controversia á -Competenza del giudice della sede centrale o della dipendenza, 290. -Procedure concorsuali di assunzione . -Principio . del possesso dei requisiti alla scadenza del termine di presentazione delle domande -Non vale dopo l'esaurimento della procedura concorsuale, con nota di G. STIPO, 291. - Sciopero, serrata e boicottaggio Precettazione illegittima ¥ Domanda di risarcimento del danno -Lesione di interesse legittimo -Giurisdizione amministrativa, 302. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Sottoscrizione di documento a margine e non in calce -Volontˆ di adesione sino a prova contraria, 296. OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) -Riserve dell'appaltatore -Contestazioni di natura tecnica e/o giuridica -Tempestivitˆ, 248. -Riserve dell'appaltatore -Inammissibilitˆ per tardivitˆ -Rilevabilitˆ su istanza di parte, 248. PENSIONI -Indennitˆ di funzione per i magistrati ed equiparati -Non pensionabilitˆ -Legittimitˆ costituzionale, 144. 1vm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO POSSESSO ,.--Azioni possessorie nei confronti della P.A.¥ Improponibilitˆá Presupposti ¥ Mancanza di un atto formale della P.A. dalla cui esecuzione deá rivi la lesione del possesso ¥ Caso in cui anche lo spoliatus un soggetto pubblico ¥ Irrilevanza, 289. PREVIDENZA -Pensione di anzianitˆ ¥ Requisito di trentacinque anni di contribuzione Legittimitˆ costituzionale, 152. PROCEDIMENTO CIVILE -Giudizio per regolamento di competenza -Produzione di memorie ¥ Inammissibilitˆ, 290. -Legittimatio ad causam ¥ R:ilevabilitˆ su eccezione di parte tempestivamente formulata, 296. -Poteri della Cassazione ¥ Esame dei profili nuovi non trattati nella fase di merito á Possibilitˆ, con nota di G. STIPO, 291. PROCEDIMENTO PENALE -Dichiarazioni spontanee rese dall'indiziato alla polizia senza l'assistenza del difensore ¥ Utilizzazione ai fini di eventuali contestazioni Illegittimitˆ, 159. -Revisione iniziata col vecchio rito Formula dubitativa -Inapplicabilitˆ, 166. PROFESSIONI -Sanitario ¥ Insegnante in Istituto di istruzione media superiore -Titolo di professore ¥ Quando pu˜ essere usato, 275. REATO -Detenzione di stupefacenti in quantitˆ superiore alla dose media giornaliera á Pena detentiva ¥ Violazione del diráitto alla salute -Insussistenza, con nota di W. FERRANTE e di I. F. CARAMAZZA e F. SCLAFANI, 172. -Detenzione di stupefacenti in quantitˆ superiore alla dose media giornaliera ¥ Reato di pericolo -Discre zionalitˆ del legislatore -Incensurabilitˆ ¥ Violazione del principio di offensivitˆ del reato -Insussistenza, con note di W. FERRANTE e di I. F. CARAMAZZA e F. SCLAFANI, 172. -Detenzione di stupefacenti in quantitˆ superiore alla dose media giornaliera ¥ Violazione della funzione rieducativa della pena ¥ Insussistenza, con note di W. FERRANTE e di I. F. CARAMAZZA e F. ScLi\FANI, '172. ' -Detenzione di stupefacenti in quantitˆ superiore alla dose media giornaliera ¥ Violazione del principio di riserva di legge ¥ Insussistenza, con note di W. FERRANTE e di I. F. CARAá MAZZA e F. SCLAFANI, 172. REGIONI I -Libera circolazione delle persone e ~ delle cose ¥ Limitazioni ad opera di una regione ¥ Divieto non assoluto ¥ Leghtimazione a ricorrere di I altra regione, 139. I TRASPORTI j -Destinatario ¥ Potere di agire per la riconsegna della merce o per il risarcimento in caso di perdita o avania ¥ Prova sulla proprietˆ della merce á Non occorre, 296. -Ferrovie dello Stato -Giudizi in materia di responsabilitˆ amministrativa dei dipendenti -Criteri sul ripartoá di giurisdizione ¥ Fatti avvenuti prima o dopo l'istituzione dell'Ente F.S., 280. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IRPEF ¥ Plusvalenza su immobile, 147. - Rimborsi ¥ Emissione di vaglia cambiario della Banca d'Italia ¥ Smarrimento ¥ Azione per il pagamento della somma corrispondente á Legittimazione passiva della Amministrazione finanziaria ¥ Sussiste, 386. TRIBUTI ERARIALI INDIRBTTI -Imposta di registro -Accessioni Presw1zione di trasferimento ¥ Esclusione á Requisiti, 343. INDICE ANAtTICO-ALFABETICO DEUA GIURISPRUDENZA ,. -Imposta di registro ¥ ¥ \ntet'Pi'eta¥ ¥á..¥ á.. caria . acq't.ti$ita legittimamente ad zione degli atti 33,!k ¥. á -Imposta sul valore aggiuto -Rimborsi ¥ Garanziit per la \estittizione.. ~ roli.a flideiussoria \Clausola di.á.á¥.¥ ..“.m____ .. r_á_s.o_ a .r_i.chiesta á~iiz-a c ~.-- ...b(>á. cez1one> . alcunaÈ ¥ Cont tto autonomo di garanzia -In issibilitfli di eccezioni da part~ del garante, 348. \ :.i.á Imp˜sta stil valore aggiun. -Sanzioni .¥ Conti.nuazione -Appbabilitˆ áá a violazioni commesse in di~rsi periodi di imposta ¥ Esclusiqe, 351. -Imposta sul valore aggdunt4-Sanzioni -Continuazione -Art. \ legge 7 gennaio 1929, n. 4 ¥ Si ~plica, 351. . ' Imposte doganali -' Incompalbilitˆ con norme comunitarieá Rimi.orsi Art. 29, comma 1¡, legge 29 kcemá bre 1990, n. 428 -Termine dt.decadenza di cinque anni -Retroatfvitˆ Illegittimitˆ -Disapplicaziion con nota di C. Bafile, 355. \ = Imposte doganali -Incompat~ilitˆ con norme comunitarie -Rimtirsi Traslazione dell'onere su altd:soggetm -Art. 29, secondo co~ma, legge 29 dicembre 1990, n. 428 i Legittimitˆ, con nota di C. Bk1LE, 355. . TRIBUTI IN GENERE \ --:-:-Accertamento -Notificazione -\m.. possibilitˆ di consegnare la cqiia nel luogo indicato nella dichilrazione ¥ Noti~ic::i ~ !1orm3: dell'art.~40 c.p.c. ¥ Legittt“m1ta ¥ Ricerche .agrafiche á Non necessitˆ, con n a di C. Bafile, 329. \ ...,.. Accertamento ¥ Notificazione . Libgo dlla consegna non indicato nflla realtˆ -Si presume quello in~cato nell'atto, con nota di C. BAFI1\, 329. ' - Accertamento -Poteri istruttori \f Segreto bancario -Utilizzazione \ :f)ini tributaci di documentazione bari á á altro f~nt'l -Attivitˆ bancarie diverse da Q.ue1Iaistit'uzionale di raccolta del risparmio e esercizio del credito -Non sono coperte da segreto bancario, 333. -Conten:z;ioso .. tributario -Competenza e giurisdizioneáá¥-Jttiposte .. dfrette -Rimborsi -Emissione di vaglia cambiario della :Banca d'Italiia ~ Smarrimento -Azioni per il pagame]: lto BNZA COSTITUZIONALB colazione dei soggetti umani e dei beni , infatti, connaturato allo svolgimento dell'autonomia politica e amministrativa delle regioni stesse. SicchŽ quel potere non pu˜ essere escluso tutte le volte che le disposizioni costituzionali che regolano il libero movimento delle persone o delle cose ammettono che la relativa disciplina possa essere posta anche da atti di esercizio delle competenze costituzionalmente spettanti alle regioni. Pi precisamente, nella misura in cui l'art. 16 della Costi~ tuzione autorizza anche interventi regionali limitativi della libertˆ di circolazione delle persone e nella misura in cui altre norme, costituzionali, principalmente gli artt. 41 e 42 della Costituzione, ammettono che le limitazioni ivi previste alla libera Circolazione dei beni possano essere poste anche con atti regionali, non pu˜ negarsi che la regione, per la parte in cui legittimamente concorre all'attuazione dei valoriá costituzionali contrapposti a quelle libertˆ, possa stabilire limitiá alla libera circolazione delle persone .e. delle .cose .. Questa affermazione; ¥.in¥. qualche modo.áágiˆ presente nella sentenza n. 12 del 1963 di. questa. Corte, ápresuppone cheá gli Ç ostacoliÈ; di cui parla l'art. á120;ásecondo comma, dellaá Costituzione,¥ consistano in limiti che senza alcun .. fondamento costituzionale finiscono . per restringere in qualsiasi modo il libero movimento delle persone e delle cose fra una regione eá l'altra. Ci˜ significa, in somma sintesi, che l'esigenza di una disciplina á regiomlle differenziata non pu˜. spingersi fino al punto di porre barriere o impedimenti ingiustificati e arbitrari alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le. regioni. Da tali premesse deriva che, al fine .di verificare se l'ordinanza impugnata abbia violato l'art.. 120 della Costituzione e abbia consequenzialmente menomato l'autonomia costituzionalmente garantita ad altre regioni, occorre procedere a uno scrutinio articolato in tre gradi. Pi precisamente, occorre esaminare: a). se si sia in presenza di un valore costituzionale in relazione al quale possano essere posti limitiá alla álibera circolazione delle cose o degli animali; b) se, nell'ambito del suddetto potere di limitazione, la áregione possegga una competenza che la legittimi a stabilire una disciplina differenziata a tutela di interessi costituzionalmente affidati alla sua cura; e) se il provvedimento adottato in attuazione. del valore sindicato e nell'esercizio ádellaá predetta á competenza sia stato emanat˜: nel rispetto dei requisiti di legge .e abbiaá:un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle finalitˆ giustificative dell'intervento limitativo .della rgione, .cosi da. non costituireá'in concreto un ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose fra regione e regione. L'ordinanza del áPresidente della Giunta della Regione Valle d'Aosta 15 marzo 1990, n. 342; vieta, limitatamente allaá praticaá della monticazione per l'anno 1990, l'introduzione nel territorio della Regione stessa di ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane, motivando tale RA.SSE!i.NA DSU..'AWOCATURA.DELLO ST.Ž.TO divieto con l'esigenza di proteggere i propri allevamenti dal contagio della brucellosi causato da animali provenienti da altre regioni. In altri termini, l'interesse che l'ordinanza impugnata mira a tutelare quell˜ della sanitˆ, che nel caso viene in questione sotto l'aspetto della polizia veterinaria o, pi precisamente, sotto il profilo delle misure di preven¥ zione v˜lte a proteggere gli allevamenti valdostani dal pericolo di contagio della brucellosi da parte di ovini e caprini provenienti da altre regioni. Non vi pu˜ esser dubbio che la sanitˆ rappresenti un interesse costituzionalmente protetto che pu˜ fungere da Ç limite È rispetto al diverso interesse alla libera circolazione delle cose e degli animali fra le regioni, tutelato dall'art. 120 della Costituzione. Ci˜ significa che la libertˆ di movimento dei beni tra una zona e l'altra del territorio nazionale -garantita in via generale dall'art. 41 della Costituzione e, per quel che concerne il potere di limitazione regionale, dall'art. 120 della stessa Costituzione -dev'esser bilanciata con un complesso di interessi costituzionalmente protetti, riconducibili a diritti fondamentali-o a valori collettivi di carattere primario, fra i quali rientrano sicuramente la salute pubblica e, come fine di utilitˆ sociale, la conservazione e lo sviluppo del patrimonio zootecnico. Questa affermazione , del resto, suffragata dal rilievo che i poteri pubblici di profilassi veterinaria sono, in ultima analisi, strumentali alla protezione della salute pubblica e, pertanto, sono preordinati all'attuazione del valore che l'art. 32 della Costituzione tutela, oltrechŽ come diritto inviolabile della persona, come interesse primario della collettivitˆ (v., da ultimo, sentt. nn. 307 e 455 del 1990). Inoltre, non si pu˜ trascurare che, poichŽ la sanitˆ garantita dall'art. 16 della Costituzione come bene pubblico la cui tutela pu˜ importare limiti al diritto fondamentale di ogni persona di circolare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, a fortiori deve ritenersi che lo stesso interesse costituzionale della sanitˆ pubblica possa comportare limiti o restrizioni alla libera circolazione delle cose e degli animali tra regione e regione. Ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la regione detiene funzioni in materia di sanitˆ pubblica che, con specifico riferimento alla polizia veterinaria, la legittimano a disciplinare e a limitare la circolazione degli animali al fine di tutelare interessi regionali o locali affidati alla sua cura. L'art. 27, lett. l, del d.P.R. n. 616 del 1977, infatti, aveva giˆ individuato tra le funzioni comprese nella materia assistenza sanitaria e ospe f: daliera quelle relative alla Ç igiene e assistenza veterinaria, ivi com[ ! presa la profilassi, l'ispezione, la polizia e la vigilanza sugli animali e sulla loro alimentazione, nonchŽ sugli alimenti di origine animale È, men! 1: tre l'art. 14, lettera p, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha poi attrit ~ buito alle Unitˆ sanitarie locali le relative competenze. L'art. 66 del f f f f ~ f PARTE! il,:SEZ.: I;. ¥GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE citato decreto ha, inoltre, precisato che nella materia dell'agricoltura e foreste sono ricomprese le attivitˆ zootecnicJ;ie e. rallevamento di qualsiasi specie di animali, compresi il miglioramento e l'incremento zootecnico, nonchŽ i servizi di diagnosi delle malattie trasmissibili degli animali. L'art. 32; terzo< comma, della legge .n. 833 del 1978 ha, infine, conferito al .Presidente ádella Giunta regionale il .. potere di adottare ordinanze á.di carattere contingibile e urgente¥ iná. materia di polizia veterinaria, .áaventi. .un'efficacia estesa al territorio della. regione. L'atto in relazione al quale stato sollevato l'attuale conflitto di attribuziorie ha il proprio diretto fondamento nell'appena citato art. 32, terzo coirtilla, della legge n. 833 del 1978. Si tratta, infatti, di un'ordinanza contingibile e urgente che il Presidente della Giunta della Regione Valle d'Aosta ha adottato al dichiarato scopo di sospendere, per la pratica della monticazione da svolgersi nella estate 1990, l'ingresso nel territorio regionale di ovini e caprini provenienti da altre regioni, onde prevenire occasioni di contagio della brucellosi a danno dei propri allevamenti. Contrariamente a quel che suppone la ricorrente, non pu˜ essere contestata l'attribuzione del suddetto potere di ordinanza al Presidente della Giunta valdostana, in considerazione del rilievo che l'art. 32, primo comma, della legge n. 833 del 1978 conferisce il predetto potere al Ministro della sanitˆ ogni volta che il relativo provvedimento debba riferirsi Ç all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente pi regioniÈ. In realtˆ; ci˜ che rileva ai fini della determinazione spaziale del potere in contestazione e della correlativa ripartizione di competenze fra Stato e regioni l'ambito di applicazione proprio del provvedimento stesso -ambito che nel caso coincide con l'intero territorio regionale -, e non giˆ la produzione degli effetti limitativi che si riverberati. o Su soggetti che si trovino in regioni diverse. Il potere di ordinanza regionale a fini di polizia veterinaria , infatti, preordinato alla tutela della sanitˆ degli animali appartenenti alla regione titolare di quel medesimo potere. SicchŽ, come questa Corte ha affermato in via di principio (v. sent. n. 201 del 1987), ove la concreta situazione di fatto cui occorre far fronte lo richieda (come, ad esempio, ~ nel caso di una totale e accertata sanitˆ del proprio bestiame e di una diffusione di malattie infettive a carattere epizootico nelle restanti regioni), non si pu˜ escludere, al fine di proteggere la sanitˆ del patrimonio zootecnico o di alcune specie di animali sottoposti alle proprie competenze, che una certa regione possa impedire l'ingresso nel proprio territorio di determinati animali provenienti da altre regioni. Per i profili considerati, non si pu˜ condividere il dubbio che l'ordinanza impugnata non rientri fra i poteri che l'art. 32, terzo comma, della legge n. 833 del 1978, attribuisce al Presidente della Giunta regionale, poteri che concernono l'adozione, in materia di polizia veterinaria, RASSEGNA .It 29 settembre 1973; n: 591; .¥art.á 76). ' ...áá:-ááá.:á.>.:!:';. á.¥ á.i l>'.~t;lu$1..n..e,; .¥della .prova di assenza di intento¥ speculativo ¥nelle ope. rai.i.gntecon(?miche¥á(acquistoá e, vendita) collegateáá sotto tˆle segno dalia nQ1;m4. impugnata nan dˆ. vita a una presunzioneá. juris et.de jure, ma si "$t>$tamia; di una tipizzazione. legale di due corri.portamenti (le operazioni “fispetti:vamen.te di acquisto e di vendita ádeL medesimo ¥ben.e}, che; in quan~ I.o si succedono e11tro áun.'dato lˆsso di; tempo,á sono considerati. come un comportamento'¥ complessivo unificato¥ dall'intento .speculativo, e in quanto.¥ tale assunto,., sempre secondoá. una valutazioneáá legale, ..come causa 4uali#c.ante la produzi Iˆ qestionepi“:t particolare {tra cui .quella á¥in .esame) -ha enunciato il principia fondamentale (ispirato. alla dottrina dellaá pluralitˆ degli ordinamenti giuridici} secondo ci i due ˜rdinamenti, comunitario e statalŽ, sonoÇ distiíttFed¥ al. tempo stesso ootdihati È (sec˜ndoá la ripartfaione d“ coinpetet1Ze sfab1uta á.áe ¥gatantita daiá Trattati istifutivi) á e ále iiohne ctelp:drn:o veng6n.6, fu forza delrart. 11 Cost., a ricevre Çdiretta applicaiion~ È . in quest'u1timo,. pur. rimanendo á estranee al sistema delle fonti statiili. J..~ffett~ cí“ tai~ diretta .. applicazione -Ifa. puntualizzato la. Corteáá -hon á ¥¥¥ qtdndi la. ~adueazione ádelfa norma interna¥ irico.tllpatibi1e, be:iis“ la manbi appllcaiionŽ di qtiest'Ultirna da parte del giudice nw;ionale al casq di .specie, o.g&~tto.dellasua cognizione, che pertanto soHq.¥ taje ~spett() .~¥¥.attratto pe~ pltsso normative> C()mUllitario'. Pti˜ aggiurt,g~~i c}le¥á. ta1e . principio, .. desumibile dal Trattato istitutjyo. ¥della . omu..i~. europea (peJ: il tramite .della sua . legge di esecuzione);. ~ c9eren:t;e ~<:>n i:a.;rct. J1 (:ost¥ .che rionosce la possibilitˆ di limitazlonl alla sovrailitˆ statl:lale; q~le pu˜ qualificarsi l'effetto di Çnon applicazione È della legge nazionale {piuttost<:> che. di Ç disapplicazione È che evoca viziá della norma¥ in realtˆ áánon sussistenti in ragione proprio dell'autonomia dei due. ordinamenti); peraltro l'ordinamento statale non si apre incondizionatamente ˆlla :normazione¥ comunitaria giacchŽ iná ogni caso vige iUiinite del rispetto dei principi. fondamentali del nostro ordinamento costituzionale> e .. dei diritti inalienabiU dellaá persona umana, cori. consegueilte .... sindacabilitˆ, sotto tale¥ áprofilo, della legge di eseczione del Trattato (v. anche in tal senso lˆ.sentenza n . .232 del 1989). Tˆli ¥principi sono stati riferiti dalla Corte, nella citata pronuncia n. 170 del 1984i ai regolamenti c.omunitari, che -come fonte di diritto derivato. -á.risoontrano J.a connotazione di normazione .compiuta ed immediatamente. applicabile,> anche se in ipotesi contrastante con una norma di legge statale, sia essa anterfore che successiva (in senso. conforme v; a.llthe ord, n. 81 e sentt. nn. 47 e 48 del 1985). La successiva giurisprudenza di questa á¥corteá¥haá Žonfermatei ed ulteriormente sviluppato questo orientamento arricchendo con nuove tessere “l complessivo mosaico della Ç diretta applicabilitˆ È della normativa comunitaria. Ed infatti con sentenza n. 113 del 1985 stata ritenuta l'immediata á applicabilitˆ anche. delle statuizioni delle sentenze interpretative della Corte di giustizia delle Comunitˆ europee pronunciate in via pregiudiziale ai .sensi dell'art. 177 del Trattato. Successivamente analoga efficacia stata riconosciuta1 con sentenza n. 389 del 1989, anche alle norme comunitarie come interpretate in pronunce rese dalla medesima Corte in sede contenziosa ai sensi dell'art. 169 del Trattato; la medesi 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma pr0Iiunciaá ha anche affermato che la normativa comunitaria deve trovare immediata applicazione non solo da parte del giudice nazionale nell'esercizio della sua giurisdizione, ma anche della stessa pubblica amministrazione nello i;volgimento della sua attivitˆ amministrativa. ..Questq sviluppo co.erente h.;:t da . ultimo .toccato anche le direttive comunitarie la cui possibilitˆ di. immediata appli~abililitˆ giˆ stata riconosciuta ...., nei limiti indicati. P.alla Corte di Giustizia (per i quali v. i,nfra) -dll. questa Corte nella sentenza n. 64 del 1990 ancorchŽ al fine di .escludere che l'esito ,del referendum abrogativo possa incidere sull'applicabili, tˆ nell'orcliJ;lamento .nazionale delle direttive medesime. Pu˜ pertanto ulteriormente puntualizzarsi che dall'affermata autonomia, rispett˜ alí'ordinamento nazionale, dell'ordinamento comunitario, ritenuto idoneo ad attrarre direttamente nella disciplina da esso posta questioni rientranti nelle materie dei trattati comunitari, discende che proprio nel sistema delle fonti del medesimo ordinamento comunitario che vanno verificate le condizioni per l'immediˆta applicabilitˆ, nei :.ingoli ordinamenti degli Stati membri, della normativa in esso prodotta {fatto sempre salvo il ricordato limite desumibile dall'art. 11 Cost.). Quindi per le direttive, in particolare, ˜ccorre far riferimento alla giurisprudenza della Cbrte di giustizia delle Comunitˆ europee, che -interI pretando l'art. 189 del Trattato di Roma sul carattere vincolante delle I direttive per gli Stati membri -ha da tempo elaborato principi molto puntuali, ritenendo che Ç in tutti i casi in cui alcune disposizioni di una I direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e suffiI cientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici na II zionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia tempestivamente recepito la direttiva nel diritto nazionale sia che l'abbia recepita in modo inadeguatoÈ (sent. 22 giugno 1989, in causa 103/88; sent. 20 settembre 1988, in causa 31/87; sent. 8 ottobre 1987, in causa 80/86; sent. I 24 marzo 1987, in causa 286/85). In particolare in quest'ultima pronuncia ~ la Corte del Lussemburgo ha puntualizzato che la disposizione della direttiva che risponda ai presupposti suddetti possa essere invocata dal singolo innanzi al giudice nazionale Ç onde far disapplicare qualsiasi noi" ma di diritto interno non conforme a detto articolo È. Pertanto la diretta applicabilitˆ, in tutto od in parte, delle prescrizioni delle direttive comunitarie non discende unicamente dalla qualificazione formale dell'atto fonte, ma richiede ulteriormente il riscontro di alcuni presupposti sostanziali: la prescrizione deve essere incondizionata (s“ da non. lasciare margine di discrezionalitˆ agli Stati membri nella loro attuazione) e sufficientemente precisa (nel senso che la fattispecie astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad essa applicabile devono essere determinati con compiutezza, in tutti i loro elementi), ed inoltre lo Stato destinatario -nei cui confronti {e non giˆ nei confronti di altri) il singol˜ fac'Žia á valere mie prescrizione 4:dev.fi risultare i:i:iademá pinteperá¥ssereáámutilmnted~C˜rsoilátetmme.previstoper¥dar¥¥attuazione alla direttiva. La ricognizione in <;concreto di tali ~esuppostiCostituisce l'esito di un'attivitˆ di interpretazie>ne .Cl.ella d,irettiva comunitaria e delle ~~-i';llllilf!¥~ costitt;rlsce obbligo pr ilgiudiee)riazionale di,\dtilna istanza '(att! 177, á~1hfrs:~lf:~ác~~Ç~:s&J:e;~~~=~i:~~11;¥¥~u=~~!t~:a~0ind::~=~~:~ 81).. ..;.;. u precetto della norma comunitaria non si imponga cori tale evi¥ deriza (}~non. lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio. s.ulla. suˆ esegesi. r¥¥~¥~illii~~ ll~~l~f~j~ gine di dis~m~ziona!itˆ ai legislatori nazionali escludendo in oglli cl;lso la tas sazione dell'emissione di obbligaz:ibni) e sUfficientemente. precisa (trattan dQsi ádiá¥ááátUtá.¥¥ol)bligo¥¥¥.diáá ¥áastenet$l¥á¥á dall'ilnpQS“zione fiscale.¥¥¥ ccnnp“utamente definito e. non ahbisogn.evote dialctlna ulteriore puntualizzazione di¥ det taglio); risUlta :inoltre Che Io ásfato .italiano non ha dato. attuazidne alla direttiva nelprevisto á¥terin“ne del¥ 1¡ ge:i'.inai˜ 1972, ma solo successiva mente¥ con U hitovo testo unico still'imposfa dfregistro. Pertanto _.. in app“ieazione dei principi finC>ra esposti -. giˆ nel periodo di. tempo. fra fa .. scadenzi del tŽhnmŽ suddette> . e l'entrata in vigore del d.P.R; n. 1.31 del l986, nonchŽ anch~¥st1cc~sshrarnente rtei limiti in cui ques1:'ultfrno, noll averido piena efficacia retroattiva, non ha sanato ogni situazione pregressa, il contribuente poteva opporre all'amministra zfone statale fa diretta a11i>tfo46ut~ˆ della nonna ()tJ:i,Wfttaria contenu~a nella dJrettiva C::itata ed il gitldi,ce adito Jn. sede contenziosa era tenuto a .non. applicare la corrispondente norma nazionale con essa confliggerite con la conseguenza di accrtat la. noil deben.Za. dell'imposta de: qua. Verificandosi, .nel. gilldizio a quo questa evenienza, iii cui n ghidice tenuto a. non applicare una norma nazionale per contrasto con una n9rma á comunitaria; conseguentemente inammissibile per difetto di rile v~)i:i qubstfone di.cdsti.tl,J.Zionalitˆ 'della. prima . sotto. ii. dnuriciat() pro filo della violazione .dell'art .. 76 á Cost. per eccessoá di delega.: . 152 RASSEGNA DELI.'AVVOCA'l'URA. DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 2 maggio 1991, n. 194 -Pres. Gallo -Red. Mengoni -Castagno, INPS (avv. Vario) e Presidente Consiglio dei Ministri {avv. Stato Favara). Previdenza á Pensione di anzianitˆ á Requisito di trentacinque anni di contribuzione á Legittimitˆ costituzionale. (Cost., artt. 3 e 38; legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 22). Il principio di eguaglianza non invocabile allo scopo di generalizzare una norma singolare. La 'determinazione in venti (o quindici) anni del servizio sufficiente per ottenere la pensione oggi privilegio ingiustificato (1). Il Pretore di Torino dubita della legittimitˆ costituzionale dell'art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui per i lavoratori privati iscritti all'INPS subordina il diritto alla pensione di anzianitˆ al requisito di trentacinque anni di contribuzione effettiva in costanza di lavoro. La ragione del dubbio derivata dal confronto con l'art. 42 del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) ai quali il diritto alla pensione compete dopo soli vent'anni di servizio effettivo, ridotti a quindici per le dipendenti coniugate o con prole. Questa disparitˆ di trattamento ritenuta contrastante, oltre che con l'art. 3, anche con gli artt. 38, secondo comma, e 53 Cost. La questione non fondata. La pensione di anzianitˆ, introdotta nel sistema di previdenza sociale per i lavoratori privati dalla legge n. 903 del 1965 e ridisciplinata dalla legge n. 153 del 1969, non un'ipotesi particolare nell'ambito della pensione di vecchiaia. Quest'ultima si fonda essenzialmente sul raggiungimento di un limite di etˆ qualificato da una certa anzianitˆ contributiva (quindici anni), mentre la pensione di anzianitˆ prescinde in modo assoluto dall'etˆ, essendo fondata esclusivamente sulla durata dell'attivitˆ lavorativa e sulla correlativa anzianitˆ di contribuzione effettiva. Non si tratta di una anticipazione dell'etˆ pen (1) La sentenza conferma la inidoneitˆ di una norma singolare a fungere da tertium coinparationis ai finii dell'applicazione del principi˜ di eguaglianza. Il carattere singolare di una norma pu˜ desumersi, come nel caso in rassegna, anche dal confronto tra la quantitˆ dei soggetti cui la norma applicata e la quantitˆ dei soggetti a favore dei quali se ne ipotizzata l'estensione. Merita segnalazione anche l'apprezzamento di Ç dubbio fondamento razionale È espresso nei riguardi della disposizione erroneamente invocata come tertium comparationis. La Corte non ha avuto occasione di distinguere tra requisito di anzianitˆ di servizio ed anzianitˆ minima di ammissibilitˆ al trattamento pensionistico: la irragionevolezza attiene piuttosto a questo secondo aspetto (in pratica, andare in pensione a 40 anni e beneficiarne mediamente per altri 40) che al requisito di anzianitˆ di pet sŽ considerato. sionabi!le, bens“ di una deroga a questo presupposto; la quale coilfigura un'ipotesi autonoma di pensione avente finalitˆ diriconoscimento e di premio nei confronti dei cittadini che hanno adempiuto il dovere pre. sritto 4@11'art. Ah á.se90n40 comma; .e<>st., .¥ Qn . una. partecipazione assidua alle attivitˆ della produzione¥á soŽiale, 'durataáá almen˜; áátrentacinqueááá anni. La riprova dell'estraneitˆ. detl'“:siitu:t˜ áalááConcetro di pensione diá vecchiaia anticipata data dall'art; 22, sesto comma; della legge n. 153, a norma del quale la pensione di anzianitˆ si trasforma in pensione di vecchiaia quando il titolare raggiunge l'etˆ pensionabile. Anche il trattamento di pensi()ne previsto pr f ciipendenti dello Stato ciaJ.liart. 42, secondo comma, delcitato tesfo unico dell973 legato esdusivameiite all'anzianitˆá diá servizio. tuttavia esso ási ádifferenzia ádalla pensione di anzianitˆ dei lavoratori privati sfa ásotto l'aspetto sistematico, sia sotfo “'aspetfo funzionale. Questa forma tin'eccezfone ai presupposti norimtli del'tfritto ¥. a. pŽnsiorie, accordata i.ii vista della. meri1:evolezza .ádel lavoratore, del qualeá intende ápremiate la fedelta áalá servizio dimostrata per trentacinquŽanni; quello, invece, un'ipotesi del trattamento normale di qu:iesce1iza:. alternativa all'ipotesi á.del prlri:to comma .fondata sul compimento di una etˆ-limite, in considerazione della quale il requisito di anzianitˆ di servizio ridotto da venti a quindici anni. La prima alternativa un privilegio riservato á dallo Stato ˆi propri dipendenti, che un .tempo poteva . forse trovare una qualche giustificazione nella disciplina fortemente autoritaria dell'impiego pubblico (stipendi fissati unilateralmente dallo Stato á con. filnzione alimentare piuttosto che retributiva, diVieto di sciopero, ecc.), D;fo. oggi .appare ingu:istificato alla stregua della tendenziale áparificazione delle discipline dell'impieg˜ .pubblico e. dell'impiego privatoŽ dei relatiVi trattfunenti economici . Ma áproprio per questa ragione, anche se non si voglia tenere conto delle differenze tecnico-formali tra le due forme di pensione messe a confronto dal giudice a quo e della loro appartenenza a sistemi pensionistici diversi {cfr. sentenze nn. 173 del 1986, 366 del 1988 e 86 del 1990), dall'art. 42 del citato testo unico non si pu˜ trarre un valido termine di comparazione ai fini dell'art. 3 Cost. Il principio di eguaglianza non invocabile allo sopo d“ generalizzare una norma singolare, tanto meno quando di essa sia dubbio il fond.amento razionale (cfr. sentenze nn. 46 del 1983, 6 e 769 del 1988, 427 del 1990). Non pu˜ dirsi Violato l'art. 38 Cost. Al contrario, poichŽ la cessa zione dell'attivitˆ di lavoro dipendente, alla quale subordinato il diritto alla pensione di anzianitˆ, non causata da uno degli eventi contemplati dalla norma costituzionale, l'art. 22 della legge n. 153 del 1969 sViluppa la tutela dell'art. 38 estendendola a una situazione di bisogno che si determina in ragione non dell'etˆ, ma della durata del lavoro svolto, la cui misura, discrezionalmente apprezzata . dal legislatore, non appare, in sŽ considerata, eccedere il limite della razionalitˆ. (omissis) - 154 RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 12 giugno 1991, n. 258 -Pres. Corasaniti -Red. Spagnoli -PreSli.dente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Tributi in genere ¥ Violazioni leggi finanziarie -Repressione -Accertamento divenuto definitivo a seguito di decisione di Commissione tributaria Rilevanza nel giudizio penale ¥ Illegittimitˆ. 'Cost.¥ art. 24; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56). Tra processo penale e processo tributario intercorrono, sul piano del regime probatorio, profonde differenze strutturali. Il primo ispirato al principio della ricerca della veritˆ materiale e della pi ampia facoltˆ di prova dei fatti oggetto del giudizio. Il secondo non solo soffre di consistenti limitazioni nell'accertamento dei fatti rilevanti, ma si caratterizza per un largo impiego di presunzioni legali e presunzioni semplici. L'esigenza di evitare giudicati contraddittori non pu˜ pi valere a ritenere costituzionalmente lecitˆ la vincolativitˆ per il giudice penale di pronunce tributarie che, pur se valide ai fini fiscali, sono basate su regole di giudizio estranee al processo penale e contraddittorie con la sua essenza. i(l) La c.d. pregiudiziale tributaria, oggetto del presente giudizio, stata introdotta nell'ordinamento, per i reati previsti dalle leggi sui tributi diretti, dall'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (coordinato con i successivi artt. 22 e 60) e ribadita nell'ultimo comma dell'art. 56 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 che, con formula analoga a quella precedente, stabilisce che Ç L'azione penale per i reati di cui ai commi precedenti non pu˜ essere iniziata o proseguita prima che l'accertamento dell'imposta sia divenuto definitivoÈ: norma applicabile, tra l'altro, al reato di (1) La sentenza reca enunciazioni di principio di notevole importanza. L'esigenza, a ben vedere solo empirica e per certi versi Ç di casta >>, di evitare pronunce giurisdizionali discordanti, esigenza che ha giustificato il c.d. principio di unitˆ della giurisdizione, esce giustamente ridimensionata (in coerenza con quanto sostenuto, e non solo in questa controversia, dall'Avvocatura dello Stato); e con essa tende a dissolversi la artificiosa raffiguraziione di una contrapposizione tra processo non-penale volto alla tutela delle situazioni soggettive e processo penale volto alla ricostruzione della ÇveritˆÈ oggettiva dei fatti. Pi aderente alla realtˆ ed anche ai parametri costituziionali (artt. 24 e 25 Cost.) reputare che anche nel nostro Paese al processo penale debba essere attribuita essenzialmente la funzione di irrogare o meno (e quantificare) la pena. L'imputato assolto quando -e per la semplice ragione che -l'accusa non riesce a dimostrare che sussistono tutti gli elementi della fattispecie penale: il Ç dictum È di non-condanna esprime dunque non una Ç veritˆ È oggettiva ed assoluta (di ÇinnocenzaÈ), ma solo il risultato di un contingente lavoro processuale. Risultato nullo perchŽ la situazione giuridica rimane invariata. Certamente, al giudice penale l'ordinamento dˆ poteri istruttori pi ampi di quelli dati ad altri giuridici (per non dire delle pubbliiche amministrazioni); PARm 1, SEZ. 1, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 155 cui al. primo comma del medesimo art. 56,á che punisce con pena detentiva chi ometta di presentare la dichiarazione dei redditi, o la presenti incon:ipleta o infedele, :quando l'imposta relativa al reddito accertato superiore a cinque milioni di lire. Introducendo, con la legge 7 agosto 1982, n. 516 (di conversione del decn:to-legge 10 luglio 1982, n. 429), un nuovo sistema penai-tributario imperniato su ipotesi criminose sganciate dalla determinazione dell'entitˆ dell'evasione, il legislatore ha, da un lato, abrogato l'intero art. 56 ora citato, ma neha dall'altro disposto la sopravvivenza -anche per quanto attiene la norma processuale -limitatamente ai reati commessi anteriormente al 1¡ gennaio 1983 (art. 13, primo e secondo comma, quest'ultimo sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 15 dicembre 1982, n. 916, convertito nella legge 12 febbraio 1983, n. 27). Stante la riserva contenuta nell'art. 2, primo comma, del codice di procedura penale ed il dettato dell'art. 246 delle relative disposizioni transitorie, l'istituto deve ritenersi vigente, nei predeti limiti, anche dopo il varo del nuovo codice di rito. Secondo la comune interpretazione, la norma cos“ mantenuta in vigore non contiene una mera condizione di procedibilitˆ, ma ha la portata sostanziale di una pregiudiziale obbligatoria, assolutamente devolutiva, s“ che l'accertamento effettuato in sede tributaria e divenuto definitivo fa stato nel processo penale. Giudicando di un caso di omessa presentazione, per l'anno 1978, delle dichiarazioni di redditi per un importo di poco superiore ai cinque milioni di lire, nel quale l'accertamento -divenuto definitivo a seguito di decisione della commissione tributaria di primo grado, non impu per il giudice penale quindi meno ardua la ricostruzione dei fatti. Ci˜ tuttavia non garantisce affatto che i poteri istruttori siano in concreto esercitati, ed appieno, e che il lavoro processuale realmente raggiunga la ÇveritˆÈ. Forse gioverebbe alla chiarezza pervenire laddove i giuristi angloamericani, parecchio pi attenti di noi alla tematica della Ç evidence È (alias, prova), sono da tempo pervenuti, e cio a tagliare ogni collegamento tra processo penale e azione lato sensu civile. Anche senza pervenire a questa conclusione, contrastante con una lunga nostra tradizione, per˜ doveroso avvertire e sviluppare -come la Corte Costituzionale ha f::~tto -la Jiinea di tendenza che chiaramente emerge dal nuovo codice di procedura penale. Rispetto a tale linea di tendenza l'art. 12 del dl. 10 luglio 1982, n. 429 risulta orinai palesemente Ç vecchio È: non ha pi senso (se mai lo ha avuto) parlare di Çautoritˆ di cosa giudicata nel processo tributario È e di Ç revoca È dell'accertamento non coerente con un giudicato penale. L'esigenza vera non quella di trapiantare sentenze penali in un Ç habitat È ad esse del tutto estraneo, ma quella di realizzare concretamente la utilizzazione, secondo le regole istruttorie proprie di ciascun processo non-penale (e delle attivitˆ amministrative comportanti acclaramento dei fatti), del materiale probatorio raccolto mediante il lavoro svolto in seno al processo penale. Ed a questo scopo la Çautoritˆ È della pronuncia sulla pena non serve, anzi ingombrante e deformante. --~-- RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 156 gnata -era stato effettuato sulla base di indw privi dei caratteri di gravitˆ, precisione e concordanza (ai sensi dell'art. 41, secondo comma, del d;P.R. n. 600 del 1973), il Tribunale di Pistoia dubita che il citato art. 56, ultimo comma, letto anche in relazione alle soprarichiamate disposizioni della legge n. 4 del 1929 e riferito alla fattispecie di cui al primo comma del medesimo articolo, violi gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Il vincolo per il ágiudice penale derivante da un accertamento definitivo effettuato con le predette modalitˆ in sede di giurisdizione tributaria darebbe luogo, infatti, a irragionevole disparitˆ di trattamento tra imputati per reati comuni e per reati fiscali, condizionerebbe il pieno esplicarsi del diritto di difesa e porrebbe il contri.buente nell'alternativa o di rinunciare al ricorso alle commissioni tributarie per avere pienezza di difesa nel giudizio penale, ñ di accettare le limitazioni del diritto di difesa c.onseguenti alla pregiudizialitˆ della decisione tributaria. Premesso. cne la censura non investe la pregiudiziale tributaria nel suo aspetto processuale -e cio ila funzione. di condizione di procedibilitˆ esplicata dalla pronuncia giurisdizionale tvibutaria definitiva -la questione deve ritenersi fondata. Tra processo penale e. processo tributario intercorrono, sul piano del regime probatorio, profonde differenze strutturali. Il primo ispirato al principio della ricerca della veritˆ materiale e della pi ampia facoltˆ di prova dei fatti oggetto del giudizio. Il secondo, non solo soffre di consistenti limitazioni nell'accertamento dei fatti rilevanti, ma si caratterizza per un largo impiego di presunzioni legali e presunzioni semplici: le quali ultime, tafora devono essere qualificate dai requisiti di gravitˆ, precisione e concordanza (artt. 38, terzo comma e 39, lettera d)), talaltra ne possono anche prescindere (artt. 39, secondo comma e 41 d.P.R. cit.). Non ammesso, inoltre, il ricorso al giuramento e, soprattutto, alla prova testimoniale. Tali limitazioni nel regime probatorio non inficiano il process˜ .tributario in sŽ considerato, d::i.to che giurisprudenza costante di questa Corte che il diritto di difesa pu˜ essere diversamente regolato a seconda delle specifiche peculiaritˆ dei singoli procedimenti. Ci˜ che conta, per˜; ai fini dellaá conformitˆ della disciplina ai principi costituzionali in tema di difesa giurisdizionale, Ç che vengano rispettate l'essenza e la funzione proprie del processo in quello di volta in volta preso in considerazione.È (sentenza n. 560 del 1989). Da questo punto di vista, non v' dubbio che nel processo penale il diritto di difesa debba trovare la. pi ampia possibilitˆ di esplicazione, dato che con esso si esercita nei confronti dei singoli la pi penetrante autoritˆ dello Stato e se ne mette in gioco la libertˆ personale. Viceversa, l'efficacia vincolante della pronuncia giurisdizionale tributaria non solo preclude che -agli esclusivi fini della responsabilitˆ penale e della PARTll I,. SEl!:; Ir GllJRlSPRUOBNZAá áCOSTITUZIONALE determinazi˜ne della pena -le risultanze dell'accertamento possano essere controllate con i pi. incisivi strumenti propri del processo. penale, ma non: di rado impedisce al!l'imputato di poterne contestare e contrastare effklaeemente gli esiti .. Basti pensare, per convincersene, che quando -come nel caso oggetto del giudizio principale -l'accertani.ento si fondi .su pres~ioni. prive.. dei ¨ratteri.. di .gravitˆ, precisione e concordanza,. lai .sua>'efficacb1. vin.colante si.. pone .il). flagrante contraddizione con la: regola propria del processo penale (art. 192, secondo comma). secondo. cui non pu˜ darsi valore ad . indizi sprovvisti di tali requisiti. é J>erd˜ evidrite che solo preminenti esigenze di tutela di altri valori di rilievo costituzionale potrebbero giustificare Žos“ gravi limitazioni á. dŽl dintto diáá difesa. Giˆ nel sistema dei rapporti tra gli accertamenti e le pronunce di autoritˆ gittrisdizionali diverse stabilito dal codice di procedura penale del¥ 1930~ála pregiudiziale tribiltaria era un istituto del tutto eccezionale. Qul sisteina era infatti improntato non solo alla preminenza dell'aceertamento e.ádel giudizio .penale, ma all'esclusione -salvo che nella delicatissb:ha materia delle questioni di stato delle persone (art. 19) della possibilitˆ che le sentenze dei giudici civili o amministrativi facessero sfato nel giUdizio penale qualora le leggi dˆ essi applicate ponessero limitazioni ana prova del diritto controverso i(artt. 20 e 21). Per parte sua,. la Corte aveva provveduto, nell'ambito del predetto sist~n“a, a ooiitenere la portata della pregiudiziale tributaria, escludendo; da u1l Iato, che la pronuncia giurisdizionale tributaria potesse far statti¥ nelá pr˜cesso penale nei confronti dei terzi che non avevano potuto partecipare al relativo giudizio (sentenza n. 247 del 1983); dall'altro, che iná tale processo potesse avere efficacia vincolante il mero accertamento amministrativo (sentenza n. 88 del 1982): e ci˜, in entrambi i casi, per la constatata violazione del diritto di difesa. Aveva escluso, inoltre, che laá pregiíldiziale potesse operate. quando l'accertamento del reato del tutto indipendente dall'entitˆ del tributo (sentenze nn. 89 del 1982 e 2 del 1989). á Residuavano le controversie a contenuto estimativo, che secondo una tradi:Zibnale impostazione .. skvolevano sottratte al giudice penale: tant' che ~.. ome si á detto _,... il superamento della pregiudiziale obbligatoria Ž statoá ssenziailmente perseguito, nel nuovo sistema penal-tributario, con "laá configurazione diá fattispecie che prescindono dall'entitˆ del tributo in contestazione. Sotto il profilo costituzionale, a giustificare tale indirizzo non poteva, nŽ pu˜ valere l'argomento della specialitˆ e del complesso tecnicismo degli accertamenti a contenuto estimativo: altrimenti, la preclusione all'indagine ed al sindacato del giudice penale avrebbe dovuto valere anche neiáconfr˜nti dell'accertamento amministrativo non seguito da un 158 RASSEGNA DéLL'AVVOCATRA DELLO STATO giudizio tributaxiio, ci˜ che la Corte ha escluso con la ricordata sentenza n. 88 del 1982. Il tecnicismo degli accertamenti, del resto, comporta solo esigenze di specializzazione del magistrato penale, fo.quirente e giudicante, non dissimili da quelle che si riscontrano in varie altre materie che pur formano oggetto del giudizio penale senza particolari limitazioni. . Nemmeno pu˜ sostenersi, come fa l'Avvocatura, che il permanere della pregiudizialitˆ processuale -che non qui in contestazione comporti di necessitˆ il mantenimento di quella sostanziale. Altro, infatti, subordinare l'azione penale all'accertamento tributario definitivo, onde consentire al pubblico ministero di avere solidi elementi per iniziarla ed al giudice di tenerlo nel debito conto; altro dire che quell'accertamento vincolante e non pu˜ essere in alcun modo sindacato pur se basato su regole di giudizio estranee al processo penale. A sorrggere il mantenimento della pregiudiziale tributaria nelle controversie del tipo suddetto ha giocato, invece, Çl'esigenza fondamentale di evitare accertamenti discordanti anche a livello giurisdizionale dell'imposta dovutaÈ {sentenza n. 89 del 1982), di impedire, cio, la formazione di giudicati contraddittori e salvaguardare cosi il principio di unitˆ della giurisdizione. I Questa base giustificativa non pu˜ pi valere, per˜, dopo l'entrata in vigore del nuovo processo penale, che ha profondamente eroso la I portata di tale principio, introducendo -salvo limitatissime eccezioni un regime di reciproca separazione tra azione penale, civile ed ammi I nistrativa e di autonomia dei rispettivi procedimenti: privilegiando, con áci˜; le specificitˆ strutturali e funzionali di ciascun tipo di giudizio an I che a scapito della coerenza delle relative pronunce. In un sistema che I contiene in limiti assai ristretti tanto l'ambito delle pregiudiziali -esclu dendo qualmique forma di devoluzione obbligatoria (art. 3) -quanto ~ f le ipotesi di sospensione (faco1tativa) del dilfattiml:!nto penale (art. 479); i che demanda in linea di principio allo stesso giudice penale di risolvere [ in via incidentale, e senza efficacia vincolante per altri giudizi, ogni questione da cui dipende la decisione (art. 2); che esclude che nei processo I penale si osservino i limiti di prova stabiliti dalle legge civili (salvo quelli I concernenti lo stato di famigila e di cittadinanza: art. 193); evidente che l'esigenza di evitare giudicati contraddittori non pu˜ pi valere a I ritenere costituzionalmente lecita la vincolativitˆ per il giudice penale di pronunce tributarie che, pur se valide ai fini fiscali, sono basate su regole di giudizio estranee al processo penale e contraddittorie con fa sua essenza, quali quelle di cui all'art. 41, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973. PoichŽ uno dei termini del bilanciamento cos“ effettuato ha ormai perso gran parte della sua pregnanza, non pu˜ pi ritenersi consentita la compressione del diritto di difesa conseguente a quel vincolo. PARTE I, SEZ: I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 159 CORTE COSTITUZIONALE, 12 giugno 1991, n. 259 (in cam. cons.) -Pres. Corasaniti -Red. Ferri -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Onufrio). Procedimento penale ¥ Dichiarazioni spontanee rese dall'indiziato alla polizia. senza l'assistenza del difensore ¥ Utilizzazione ai fini di eventuali contestazioni ¥ Illegitthnitˆ. é illegittimo, per violazione degli artt. 76 e 77 Cost. ed in riferimento alla direttiva contenuta nell'art. 2 n. 31 della legge delega 16 febbraio 1987 n. 81, l'art. 350, settimo comma, del codice di procedura penale, limitatamente all'inciso Çsalvo quanto previsto dall'art. 503, comma 3 >>, nella parte in cui consente la utilizzazione, ai fini delle contestazioni, delle dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria senza l'assistenza del difensore (1). (omissis) In primo luogo il giudice remittente ritiene che dette norme si pongano in contrasto con i principi contenuti nella legge di delega 16 febbraio 1987 n. 81 che, con la direttiva n. 31 dell'art. 2, ha posto il divieto di ogni utilizzazione agli effetti del giudizio delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, senza l'assistenza della difesa, dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini. Sotto questo profilo la questione fondata nei limiti di seguito indicati. Iná inateria di delega questa Corte ha costantemente ritenuto che quanto pi i principi ed i criteri direttivi impartiti dal legislatore delegante sono analitici e dettagliati tanto pi ridotti risultano i margini di discrezionalitˆ lasciati al legislatore delegato; di conseguenza ancor pi rigoresamente deve valutarsi la legittimitˆ della norma delegata, nel senso della sua aderenza ai criteri direttivi predeterminati. Ora, come pu˜ evincersi dalle relazioni al progetto preliininare ed al testo ¥definitivo del codice di procedura penale, la formulazione del: l'art. 350, settimo comma, rispecchia l'interpretazione della direttiva n. 31 (seconda parte) prevalsa in Commissione redigente dopo un animato dibattito. Ritenne la Commissione che la citata direttiva consentisse anche la previsione delle cosiddette Ç dichiarazioni spontanee È rese, senza l'assistenza del difensore, dall'indiziato alla polizia giudiziarla, utilizzabili in giudizio ai fini delle contestazioni, pervenendo a tale conclusione con l'argomento che: Çla direttiva 31 [nella seconda e nella sesta parte] (1) Come precisato nella sentenza~ il divieto di utilizzazione espressamente posto dal legislatore delegante s“ riferisce sia alle Çinformazioni assunte È, sia. alle Çdichiarazioni È rese dall'irtdiziato, senza l'assistenza del difensore. 160 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO mostra di distinguere le "informazioni rese" (utilizzabili) da quelle "assunte" {e quindi "provocate") dalla polizia giudiziaria (inutilizzabili) È. La conclusione non pu˜ essere condivisa. Il divieto di utilizzazione espressamente posto dal legislatore delegante si riferisce, infatti, secondo l'univoco significato letterale della direttiva in esame, tanto analitica da apparire norma di dettaglio, anche alle Ç dichiarazioni rese È dall'indiziato alla polizia giudiziaria senza l'assistenza del difensore, e non solo alle Çinformazioni assunteÈ, alle quali peraltro' fa richiamo la stessa direttiva (sesta parte) lˆ dove consente alla polizfa giudiziaria Ç di assumere sul luogo e nell'immediatezza del fatto, anche senza l'assistenzaá del difensore, notizie ed indicazioni utili ai fini ádella immediata prosecuzione delle indaginiÈ; ribadendo per˜ anche fri' questa sede il divieto, giˆ posto nella seconda parte, di ogni utilizzazione processuale. á Una volta stabilito, quindi, che il principio posto dalla direttiva n. 31 chiaramente espresso nella sua stessa dizione letterale, e si riferisce, come si visto, alle dichiarazioni ÇreseÈ, non c' spazio per costruire una diversa regolamentazione tra dichiarazioni Ç rese È e dichiarazioni Çrese spontaneamenteÈ. Secondo l'Avvocatura dello Stato tale differenziazione troverebbe fondamento nella giurisprudenza formatasi sotto il vecchio codice, per cui il legislatore delegante, ove avesse inteso includere anche questa ultima specie di dichiarazioni nel divieto, lo avrebbe espressamente affermato. In primo luogo occorre rilevare che la tesi smentita dalla stessa relazfone prima citata che, come si visto, ha consideratoá le informazioni Ç rese È come spontanee, contrapponendole a quelle Ç assunte È e qtiindi provocate. Inoltre, proprio in quanto la nozione di dichiarazione Ç spontaneamente resa È era ben n˜ta nel dirittoá vivente, la circostanza che il legislatore delegante non abbia ritenuto, in questa sede, di operare alcuna listinzione :ma abbia posto un divieto generale di utilizzabilitˆ per ogni tipo di :lichiarazione resa senza l'assistenza della difesa, costituisce semmai ulteriore argomento per escludere che la lettera della direttiva n. 31 aut˜rizii un regime differenziato e particolare per ála specifica categoria delle dichiarazioni spontanee. g appenˆ il caso d“ aggiungere che nel Ç divieto di ogni utilizzazione agli effetti del giudizio È certamente compreso anche l'uso di dette dichiarazioni ai fini delle contestazioni; uso che, seppure con l'efficacia probaforia minore stabilita dall'art. 500, terzo comma, del codice di prcr cedtira periale; comporta indubbiamente Çeffetti È nel giudizio. Deve quindi dichiararsi l'illegittimitˆ costituzionale, per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, ed in riferimento alla direttiva contenuta all'art. 2 n. 31 della legge di delega 16 febbraio 1987 n. 81, dell'art. 350, settimo comma, del codice di procedura penale; PARTE.. X, Sl!Z. l, .GIURISPRUDENZA CQSTI'IUZIONALE 161 nellaá parte in cui.. consente ála utilizzazione .,ai fini delle co~tstazioni delle dichiarazioni spontanee rese alla polizia giqdiziaria senza l'assistenza del difensore; e cio .. limitatamente all'inciso Ç salvo quantoá previsto dall',a,rt. 503 comma 3 i>. Resta assorbito l'ˆltro parametroá art; 38, lai; disp˜siziorte del>scondo comma con~rnente ái provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanitˆ ed. igiene, edilizia e polizia locale. l\Aa oltre a queste vanno menzionate le funzioni attribuite al sin-á daco da leggi speciali in ordine alla tenuta dei registri di stato civile e>
  • lica sicur(lzza .-e di poli~ia giudiziaria, ed altre menz~<>:n1,1.te )l(lt w:edet~o art. .~~á Tratta,si, 9m.e <;>.sserva l'Avvocatura dello Stato, di poteri che incidono direttamente sullo svolgimentcf. delle attlvitˆ. e sugli interessi pri.iari .. della comt:U1ítˆ locaJe.. Ne ¥aeffoˆ ~C>tne rionsia coiltigiMi.bôe, sC>Ho Aprof~lg gellˆ ~isparltˆ di trattamento, il raffronto con altre cariche pbbliche elettive anche al pi alto livello politico, per le q\l.alf il legisfatC>re si in genere atteI!: Y,to ~tJ:)Pncipio. sep.do cui. salvo jl r~uisito tell'etˆ nel caso det. f:~tamep.t~; l'(llettOrai~> passivo .á coitlci.de con l'elettorato.á. attivo. . '. ..¥¥ Per j~ rtledeSiI1le i considerazioni . attblenti all'iI1lpOrtariza,: i delicatezza, e pcuI@ritˆ dei poteri attiibuiti . Ž delle . funzioni esercitate non ¥ pu> neI1lmen,C> taciarsi . di ... frragic:>nevolezza .. la scelta..áoperata . nnativa preesistente íil . ordine ai requisiti per l'eleggibilitˆ a sindaco, nonostante sia. stata effettuata direttamenteá o. il1Cíirettaniente u.na.ie'1isfone Ç.liberalizzatricÈ. in materia. di godimento . del ád.irltt~ all'elettorato attivo, .. e conseguentemente anche. passiv<>" (vedi in propositola legge 22 maggio 1980 n. 193 ch h~ abrogato il numero 7 ciel prinio c˜mma dell'art. 2 del Testo U~foodelle leggi recanti nonne per la ~sciplina de1t'elettorato attivo, apJ?rovat˜ c<:m. d.P.R. 20 marzo 1967 ri.223 eia legge '7 febt:>raio 1990 n.l9, giˆ ricordata, che con l'art. 4 ha sostithlt˜ biti:; 166 Cleh::odice penale). Si deve pertanto co~ll,lClere che neUa nonna in esame ~on ravvi-á sabile alc.na yiolazion(l dell'art. 3áá della ¥¥ Costituzione. . . . ¥ Q.~t~ al sŽ~Qndo . profilo prospettato dal. tribunale .remi:ttente, vale a dir~láíilcostituzionaUtˆ della norma per contrasto con l'art. 51 della Costituzione, }e argomen,tazioni in precedenza svolte valgono ad escludern( l la . fondatezza. lnvero,. una volta riconosciuto che le limitazioni speciali previste per escludere l'eleggibilitˆ a sindaco di chiunque abbia riportato condanne per determinati reati a determinate pene detentive non costituisconouna ingiustificata disparitˆ di trattamento rispetto ad altre cariche elettive non comparabili, nŽ sono caratterizzate da irragionevolezza, ne con .166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .segue che le predette limitazioni non .contraddicono nemmeno l'art. 51 -della Costituzione. é infatti insegnamento costante di questa Corte .che, fermo restando essere l'eleggibilitˆ la regola e l'ineleggibilitˆ l'eccezione, la legge che determina i requisiti necessari, sia in positivo che in negativo, non censurabile sul piano della legittimitˆ costituzionale, purchŽ le cause di ineleggibilitˆ in rapporto alle diverse cariche rispondano a motivi di pubblico interesse e siano contenute in limiti razionali: non pu˜ dirsi sicuramente che tali canoni non siano stati rispettati dalla norma in esame. CORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1991, n. 311 -Pres. Corasaniti -Red. Vassalli -Carlotta (avv. Bettiol e Tosi), Rossi (avv. Antonelli) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia). Procedimento penale -Revisione iniziata col vecchio rito -Formula dubitativa ¥ Inapplicabilitˆ. (Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen. 1930, art. 566). L'art. 479 comma terza del codice di procedura penale del 1930 non pu˜ trovare applicazione nei procedimenti (ivi compresi quelli per i quali fu ammessa la revisione) che proseguono con l'osservanza delle norme del vecchio rito, dal momento che le sentenze di proscioglimento possono essere pronunciate solo con le formule previste dal nuovo codice. La Corte di assise d'appello di Venezia dubita che l'art. 566, secondo comma, del codice di procedura penale del 1930 sia compˆtibile con :gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui impone al giudice della revisione la conferma della sentenza di condanna, anche quando gli elementi (o alcuni di essi), per i quali fu ammessa la revisione, siano risultati fondati o pienamente provati e gli stessi, valutati unitariamente agli altri elementi raccolti nel processo, realizzino la situazione probatoria, non sufficiente per una condanna, a norma dell'art. 479, terzo comma, del codice di procedura penale del 1930. Sia il rimettente che l'Avvocatura generale dello Stato hanno posto in risalto, per sostenere la rispettiva ed antitetica ricostruzione del quadro normativo applicabile nel giudizio a quo, singole affermazioni contenute in una recente sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione (Cass., Sez. un., 3 febbraio 1990, n. 1), cos“ isolando fra loro, all'interno del tessuto argomentativo in cui si articola quella pronuncia, aspetti parziali, che, al contrario, si sostengono solo nell'alveo di una lettura unitaria. L'eccezione di inammissibilitˆ per irrilevanza sollevata dalla Avvocatura generale dello Stato si fonda, infatti, sull'assunto, enucleato dalla PARTE I,áSEZ, I; GIURISPRUDBNZAáCOSTITUZIONALB sentenza della Corte di cassazione ora ricordata, secondo il quale nel procedimento di revisione non si applica la disciplina transitoria prevista dal titolo terzo del decreto legislativo n.>271 del 1989, con la conseguenza che gli atti da compiere al momento della' entrata in vigore del nuovo codice sono disciplinati dalla nuova legge in base al principio '-íf. tempus regit actum È. Tale principio -sostiene l'Avvocatura soffre un temperamento in ossequi<> . all'altro della perpetuatio iurisdictionis,¥ per il quale la .competenza resta radicataáá.davanti al giudice indicato dalla normativa abrogata se álo stesso, al momento della successione delle norme, abbia giˆ concretamente iniziato la trattazione del procedimento. L'unica eccezione, ¥ dunque, alla immediata ¥ááapplicazione della nuova disciplina -conclude l'Avvocatura - rappresentata dalla competenza, sicchŽ, nel caso di specie, trova applicazione non l'art. 566 del codice abrogato, ma l'art. 631 del nuovo codice, con l'ovvio epilogo di rendere rilevante la á situaziOne del dubbio ai fini della revoca della sentenza di condanna. La tesi della Avvocatura non pu˜ essere condivisa, giacchŽ essa, non dapdo sufficiente risalto alle conclusioni cui pervenuta la Corte regolatrice, omette di trarne le necessarie conseguenze sul piano logicosistematico.. Chiamata infatti a dirimere un contrasto giurisprudenziale insorto proprio. su. tale aspetto, la Corte a S~zioni unite ha statuito che per ritenere operante il priJ:l.cipio . della perpetuatio iurisdictionis non pu˜ farsi riferimento alla semplice presentazione di un'istanza, Ç ma necessario che il giudice al quale l'istanza . rivolta ne abbia iniziato concretamente la trattazione prima dell'entrata in vigore delle nuove norme È, sicChŽ, ove Çl'istanza di revisione sia stata presentata alla Corte di cassazione in data anteriore alla entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, ma la Corte non ne abbia, prima di tale data, iniziato la trattazione, si¥ rendono applicabili á le norme del nuovo codice di rito È. La conclusione inversa, dunque, si impone ove sia ádata l'ipotesi reciproca: vale a dire che seá la Corte di cassazione ha iniziato a trattare l'istanza di revisione prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di rito, ibi et finem accipere debet, sicchŽ il giudizio, ormai iniziato, resta radicato sino al suo esaurirsi davanti al giudice competente secondo le norme anteriormente vigenti. Ma una volta ammessa la validitˆ del principio della perpetuatio iurisdictionis, ne consegue che il giudice ÇprorogatoÈ nella competená za deve applicare il rito proprio di quel tipo di giudizio che stato ÇprorogatoÈ: se la competenza, quindi, deve essere riconosciuta alla Corte di cassazione quando questa ha Ç ritenuto È l'istanza prima del 24 ottobre 1989, ne deriva che la stessa Corte deve procedere al giudizio rescindente secondo le norme del vecchio codice; e sempre il vecchio codice deve applicare il giudice di rinvio in fase rescissoria. 168 RASSEGNA DELL'AVV0<;4TURA DELLQ. STATO Qualora, invece.¥ si volesse aderire alla tesi della Avvocatura portandola al naturale epilogo, le conseguenze sarebbero davvero paradossali: se per ipotesi, infatti, la Corte di cassazione avesse iniziato la trattazione della istanza prima del 24 ottobre 1989 ma avesse dovuto assumere la decisione dopo tale data, osservando rigorosamente il principio tempus regit actum non vi sarebbe Çun codiceÈ applicabile in quel momento; non il vecchio, infatti, essendo lo stesso ormai abrogato,. ma neppure il nuovo, visto che per quest'ultimo la cognizione della revisione devoluta solo alla Corte di appello. t!: proprio la perpetuatio iurisdictionis, quindi, ad evidenziare come, salvo le deroghe previste dalla disciplina transitoria, sia. assegnata ultravigenza a tutte le norme che attengono a ÇquellaÈ giurisdizione (e, quindi, all'intero rito applicabile) e non solo -riduttivamente -alle regole sulla competenza. D'altra parte, che non si tratti solo di un problema di competenza,. reso evidente dal fatto che la Ç nuova È revisione presenta peculiaritˆ che vanno ben oltre la ásemplice individuazione di un diverso giudice chiamato a pronunciarsi sulla istanza. Tra le non poche differenze, infatti, che connotano la disciplina della revisione dettata dagli artt. 629' e seguenti del nuovo codice rispetto a quanto prevedevano gli artt. 553, e seguenti del codice abrogato, la prima, e pi appariscente, attiene alla mutata dinamica del procedimento ed alla soppressione della struttura bifasica che ne caratterizzava le cadenze sotto la vigenza del codice del 1930. In luogo, infatti, della precedente dicotomia tra la fase rescindente, devoluta alla cognizione della Corte di cassazione e la fase rescissoria attribuita al giudice di merito individuato in ragione delle varie ipotesi descritte dall'art. 561, secondo comma, del codice del 1930, iI nuovo codice assegna il vaglio sulla ammissibilitˆ della richiesta e la conseguente cognizione del merito alla corte di appello nel cui distretto si trova il giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna di primo grado. Muta, quindi, rispetto al passato sistema, non solo il .criterio di determinazione della competenza, ma la stessa struttura del procedimento, ormai Çunificato È nelle sue cadenze davanti ad un solo giudice (la corte di appello) individuato ratione loci nei modi di cui si detto. Anche per ci˜ che attiene al r.ito applicato in sede Ç rescissoria È non mancano significative diversitˆ .tra il vecchio e il nuovo impiantoá codicistico. Mentre, infatti, l'art. 565, ultimo comma, del codice abrogato stabiliva che Ç quando il giudizio stato rinviato ad un giudice di appello, questi provvede in ogni caso alla rinnovazione totale del dibattimento È, l'art. 636, secondo comma, del nuovo codice, in luogo della rinnovazione della istruzione dibattimentale, stabilisce che nel giudizio di revisione si applicano le disposizioni previste per il giudizio di primo grado Ç in quanto siano applicabili e nei limiti delle ragioni indicate nella richiesta di revisioneÈ, giustificandosi tale scelta -precisa PARTE 1; SEZ. I, GlURISPRtlDBNZA COSTITUZIONALE la Relazione al progetto preliminare "-¥ con la ritenuta Ç necessitˆ, nei limiti dettati dalla richiesta di rvisione, di svolgere tutte le attivitˆ istruttorie necessˆrie, che ¥non sono proprie di un giudice di appello È, Ma l'aspŽtto che maggi˜rmŽnte risalta ai fini del presente giudizio áconcerne le Ç fortilulŽ È c˜n le quali pu˜ essere prosc“olto il condannato in sede di revisione.> Stabiliva, infatti, l'art.¥ 566, secondo comma, del .codice ááabrogato cheá il giudicŽ p˜tŽva assolvere ánel giudizio di rinvio s˜ltanfo quando avesse á r.itenuto la ásussistenzaá di¥ Ç una causa di assoluzione ai sensi dellaá prima parte o tŽrzo capoverso dell'art. 479 È, doven< l˜ in ogni altro caso lo annoverato fra i Ç procedimenti in -corso che si trovano in una fase diversa da quella istruttoria È, ai quali, puI'e, significativamente dedicata la rubrica dell'articolo ora ricordato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In altri termini, se il compimento di taluni atti tipid costituisce il pre supposto necessaro perchŽ il procedimento prosegua con l'osservanza delle norme anteriormente vigenti e se, ancora, tali atti valgono a segna lare la conclusione della fase istruttoria, ne deriva che gli stessi rap presentano il requisito ÇminimoÈ -rispetto agli ulteriori stadi del processo -che determina l'ultravigenza del vecchio regime, senza pe raltro esaurire la portata del principio: sicchŽ, ove il procedimento in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice si trovi in una fase diversa da quella istruttoria perchŽ la fase stessa a difettare, come nel caso del giudizio di revisione, il procedimento medesimo ádeve pro seguire con l'osservanza delle norme anteriormente vigenti, salvo le de roghe espressamente previste dal titolo III del decreto legislativo n. 271 del 1989. NŽ possibile far leva, come mostra di fare il rimettente, sulla considerazione che, inquadrandosi la revisione al di fuori del procedimento di cognizione propriamente detto, la stessa non potrebbe iscriversi nel novero dei procedimenti rispetto ai quali pu˜ trovare applicazione l'art. 241 delle disposizioni transitorie, con la conseguenza di rendere inoperanti le disposizioni del nuovo codice richiamate dall'art. 245. Isolandosi, infatti, dal contesto, una affermazione diá principio pur contenuta nella pi volte richiamata sentenza delle Sezioni unite, se ne perde il reale significato, che -come si giˆ accennato - solo quello di rimarcare come la competenza e il rito siano stabiliti in funzione della disciplina processuale vigente non alla data in cui stata proposta l'istanza di revisione, ma a quella in cui il giudice ne ha concretamente iniziato la trattazione. D'altra parte, neppure va sottaciuta la circostanza che nel procedimento a quo non solo si integralmente esaurita, prima dellˆ data di entrata in vigore del nuovo codice di rito, l'intera faseá rescindente, ma, sempre anteriormente a tale data, ha avuto inizio lo stesso giudizio rescissorio, la cui prima udienza si infatti celebrata il 20 ottobre 1989. Introdotta, quindi, la fase rescissoria, e poichŽ questa -come correttamente ha rilevato la difesa del condannato -Ç prevede la rinnovazione del dibattimento con l'assunzione di nuove proveÈ, sicchŽ Ç durante il suo svolgimento i giudici " conoscono " la causa ordiriando la rimiovazione del dibattimento, disponendo perizie, interrogando testimoni... È, appare evidente come tale fase si snodi secondo le regole che disciplinano l'ordinario procedimento di cognizione nel cor,.. rispondente grado di giudizio, rendendo quindi vano qualsiasi sforzo volto ad escludere, sulla base dei riferiti argomenti, l'applicazione del regime transitorio. Posto, dunque, che anteriormente alla data del 24 ottobre 1989 ha avuto inizio il giudizio di rinvio davanti alla Corte rimettente e che, quindi, sempre anteriormente a tale data, stato emesso il relativo atto introduttivo nella forma del decreto di citazione, e considerato che pro-!i .. I!i < PARTE I, SBZ. I, GIURISPil.UDBNZA COSTITUZIONALE 17JL prio il Ç decreto d“ citazione a giudizio È annoverato fra gli atti al cui compimento l'art. 241 delle disposizioni transitorie subordina l'applica zione delle norme anteriormente vigenti, con le deroghe previste dal-á l'art. 245, se ne pu˜ concludere :che, anche su di un piano rigorosamente. formale, sussistono nel procedimento a quo tutti i presupposti per rite nere applicabilel'art. 254 del decreto legislativo n. 271 del 1989, in quan to espressamente richiamato dall'art. 245. Le conseguenze che devono trarsi dai rilievi dianzi svolti sono a. questo punto di agevole individuazione, considerato che la portata del-á l'art. 254 delle norme transitorie, a tenore del quale Ç le sentenze di proscioglimento possono essere pronunciate solo con le formule previste dal codice È, non lascia spazio a dl,lbbi circa. gli effetti che vengono a riverberarsi sulla norma oggetto di denuncia. Come traspare da una analisi squisitamente lessicale del riprodotto enunciato normativa. e come d'altra parte fatto palese nella Relazione al progetto preliminare delle clisJ>osizioni transitdtie del nuovo codice, il legislatore delegato ha llifatti Ç inteso escludere la possibilitˆ, nei procedimenti che proseguono con l'osservaoza È del codice. abrogato Ç che vengano adot-á tate formule di proscioglimento per insufficienza di . prove È. Una esclusione, questa, incisivamente ribadita dalla Corte di cassazione, la quale, in una pronuncia richiamata dalla difesa del condannato (Sezioni unite, 3 febbraio 1990, n'. ~?74), ha affermato il principio che Çl'unica regola di decisione applicabile dopo l'entrata in vigore del nuovo codice quella che impone l'assoluzione con formula piena "anche quando ... insufficiente o contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha coriimesso, che >il fatto costituisce reato o che il reato stato com-ID.esso d~ persona illl.putabile" È . . . Al fondamento della richiamata disposizione transitoria non vi ,. -d~que; per stare alla interpretazione del giudice di legittimitˆ ed alla stessa ratio legis, una semplice equiparazione. tra formule alla quale fa eco una Ç combinazione È tra le corrispondenti regole di giudizio, ma la scelta pi radicale di espellere ádal sistema la formula di proscioglimento per insufficienza di prove, giˆ prevista, per ci˜ che rileva ai fini del presente giudizio, dall'art. 479, secondo capoverso, del codice abrogato, la cui regola di giudizio (ÇSe non risultano sufficienti prove per condannare... È) stata coerentemente riformulata negli innovativi termini che compaiono nell'art. 530, secondo comma, del codice vigente. Dovendosi pertanto concludere che, anche nei procedimenti che proseguono con l'osservanza delle norme del vecchio rito, l'art. 479, secondoá capoverso, del codice abrogato non pu˜ trovare applicazione, dal momento che le sentenze di proscioglimento possono essere pronunciateá solo con le formule previste dal nuovo codice, e tenuto conto, pertanto, che anche agl“ effetti della norma denunciata la sentenza di assoluzione segue le formule e le regole di .giudizio stabilite dall'art. 530 del codice 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vigente, ne deriva che il dubbio di legittimitˆ costituzionale avanzato .dal rimettente infondato, proprio perchŽ la situazione di insufficienza di prove circa la commissione del fatto, accertata nel giudizio di rin ávio, non pu˜ che determinare l'assoluzione con la corrispondente for172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vigente, ne deriva che il dubbio di legittimitˆ costituzionale avanzato .dal rimettente infondato, proprio perchŽ la situazione di insufficienza di prove circa la commissione del fatto, accertata nel giudizio di rin ávio, non pu˜ che determinare l'assoluzione con la corrispondente formula prevista dall'art. 530, non diversamente da ci˜ che sarebbe avvenuto ove il procedimento di revisione fosse stato celebrato con l'osservanza delle norme previste dal nuovo codice di rito. (omissis) eranze. á In questo ambito si inseriscono le norme relative alla conservazione del posto diá lavoro per il tossicodipendente che intraprenda un trattamento terapeutico. e alla concessione di un periodo di aspettativa dˆ! lavoro al genitore o al congiunto che si dedichi ad aiutare il tossicodipendente a disintossicarsi. Il concetto di Ç dose mediˆ giornaliera È viene a superare . quello di Ç mo.dica quantitˆÈ. che aveva dato luogo a. difformitˆ interpretative macroscopdche. Mentre in un primo tempo la giurisprudenza aveva mantenuto una certa uniformitˆ nell'indicareá la Ç modica quantitˆÈ áquale dose ncessaria per due o tre giorni, gradatamente quel concetto si era dilatato fino a raggiung~re, iil qualcuna delle interpretazioni pi estensive, la quantitˆ di droga necessaria per soddisfare le esigenze del tossicodipendente per otto giorni. Di qui, l'opportunitˆ di ancorare il nuovo concetto di Ç dose media giornaliera È a criteri pi oggettivi, nel rispetto del principio di certezza del diritto, sottraendo ˆi giudici l'eccessiva discrezionalitˆ di cui erano stati investiti in questa materia e salvaguardando, tuttavia, le indefettibili esigenze dli flessibilitˆ e di personalizzazione del criterio stesso. 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (perchŽ sottopone ad uguale trattamento situazioni notevolmente diverse in relazione alle caratteristiche dei soggetti agenti), l'art. 27 Cost., perchŽ, anzichŽ tutelare la salute dei singoli assuntori, sottopone invece a pena detentiva (formalmente una condotta, ma di fatto) lo stato personale di tossicodipendenza. 4. -Con ordinanza dell'll febbraio 1991 il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Camerino, nel procedimento penale nei confronti di Andreani Gianluca, imputato di illecita detenzione di 7,94 g:rammi di .hashish, ha sollevato questione di legittimitˆ costituzionale delle medesime norme in relazione all'art. 25 Cost. Il giudice rimettente lamenta la violazione del principio di riserva di legge dettato dall'art. 25 Cost. per essere gli elementi costitutivi della fattispecie penale . posti con decreto del ministro della sanitˆ. Svolge quindi argomentazioni in tutto analoghe. a quelle espresse dal Tribunale di Roma nella menzionata ordinanza del 12 ottobre 1990. {omissis) Diritto. -1. -é stata sollevata questione incidentale di costituzionalitˆ degli art. 71, 72 e 72 quater 1. 22 dicembre 1975 n. 685, come modificata dalla 1. 26 giugno 1990 n. 162 (corrispondenti rispettivamente agli artt. 73, 75 e 78 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, testo unico delle leggi in 2. Profilo comparatistico: La 1. 162/90, che, si ribadisce, non intende affatto criminalizzare il consumatore, nŽ direttamente, nŽ indirettamente, punendo il grosso consumatore alla stessa stregua del piccolo spacciatore, stata da pi parti accusata di eccessivo rigore. Bisogna, invece, riconoscere, sulla base di una indagine comparata, che il nostro legislatore tra i pi tolleranti di tutto il mondo. Per quanto riguarda l'Africa e l'Asia, nella quasi totalitˆ dei paesi (Costa d'Avorio, Egitto, Nigeria, Kenya, tra i paesi africani; Indonesia, India, Corea, Hong Kong, Malesia, Filippine, Sri Lanka, Tailandia, Giappone, tra i paesi asiatici) punito l'illecito possesso di sostanze stupefacenti che, talune volte, addirittura parifiicato, quanto al trattamento sanzionatorio, alla produzione e allo spaccio di droga. Inoltre, raramente, le legislazioni di tali paesi prevedono circostanze attenuanti per l'uso personale di sostanze in modeste quantitˆ (5). Per soffermarsi sull'esempio del Giappone da osservare che il legislatore ha fondato tale scelta su diverse ragioni: innanzi tutto -si afferma in quel Paese -l'abuso di un tipo di droga, sfocia spesso nell'abuso di altri tipi di sostanze, sempre pi nocive, il che si traduce in un aumento della domanda e in un áincentivo per i trafficanti; in secondo luogo, l'abuso dii sostanze stupefacenti oltre ad essere dannoso per la salute, favorisce la formazione di un carattere fortemente antisociale. Inoltre, accade che il tossicodipendente non sia pi in grado di svolgere la sua attivitˆ lavorativa e sia costretto ad abbandonare il suo posto, il che pro voca, su larga scala, un pregiudizio per l'intera societˆ. Infine, l'abuso di droga genera la commissione di altri crimini, in particolare di reati contro il patri (5) Cfr. D. Cotic ¥ Drugs and Punishment ¥, Roma, 1988. PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 179 materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope) per sospetta violazione: a) dell'art. 3 Cost. perchŽ, nel casoá diá detenzion di sostanze stupefacenti in misura superiore alla dose media giornaliera, prevedono una presunzione assoluta¥ di spaceio he arbitraria áed irragionevole m quanto contrastante con l'id quod plerumque accidit; b) del medesimo art. 3 Cost. perchŽ, nell'accomunare nella stessa fattispecie criminosa sia la detenzione in misura superiore alla á dose media giornaliera, che lo spaccio di sostanze stupefacenti, determinano una disparitˆ di trattamento nella forma di pari trattamento di situazioni diverse per il fatto di comminare fa stessa pena sia al soggetto che ha ceduto ála droga, sia a quello che l'ha consumata; . . e) dell'art. 25 Cost. per violazforie dl principio della necessaria .offettsivitˆ del reatd, .. quale limite. alla diserezionalitˆ dei legislatore ápenale, sotto il profilo che nelcaso delladetenzione pr us˜ prson“lle di sostanze . stupefacenti in quantitˆ superiore alla dose media . giornaliera non sarebbe configurabile la lesione o l'esposizione a pericolo di “llctin bene giuriclico che possa giustificare la sanzione penale; d) dell'art. 25 Cost. per violazione della risma di legge in materia penale in .quanto'""'"'.' essendo.. ciem.andataad. un decreto ádel ministro. della sanitˆ la determinazione dei limiti quantitativi massimi di principio atti- mondo, perpetrati áalloá¥scopo di áprocurarsi fondi per poter acquistare la dose necessaria nonchŽ di altri reati, spesso di indole violenta, c˜mmessi da soggetti agenti sotto l'influenza di sostanze alluciilogene. Questa la tesi e l'esperienza giapponese che ha dimostrato come il severo controllo della domanda, unito alla diffusione dell'idea che il consumo di stu pefacenti, in se considerato, costituisce un disvalore; abbiano comportato un netto calo percentuale dei crimini connessi alla droga (6). Anche in numerosi ápaesi dell'America Latina (Argentina, Colombia, Ecua dor) l'uso personale di sostanze stupefacenti sanzionato penalmente. In altri paesi (Costa Rica; Venezuela) ilá consumo ásottratto alla sanzione penale, ma i tossicodipendenti sono sottoposti a misure di sicurezza e a trattamenti tera peutici coattivi. Naturalmente, l'esperienza di tali paesi, socialmente e cultitralmente distanti dal nostro, non pu˜ fungere da idoneo metro di paragone, benchŽ il processo ininterrotto di integrazione tra le societˆ civili non possa prescindere ádalla ricerca di uniformizzazione dei sistemi giuridici. Nel nostro ordinamento, infatti, sf affermato il principio secondo cui Ç il concetto di salute non pu˜ essere assimilato a quello di integritˆ fisica, essendo invece la salute concetto pi ampio e comprensivo altres“ della sfera morale e psichica, oltre che di quella esterna dell'individuo È (7). Inoltre Çdl contrasto tra tutela ádell'integritˆ fisica e tutela della álibertˆ di decidere in ordine al proprio corpo pu˜ essere risolto in via generale ed (6) Cfr. AA. VV. Ç Drug contro! in Asia¥, Ed. UNAFEI, Tokyo, 1989. .(7) Cfr. E. Rossr, Ç Problemi di costituzionalitˆ della nuova legge sugli stupefacenti: la necessitˆ di un bilanciamento tra valori costituzionaliÈ, Politica del diritto, 1990 p. 677. 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vo per le dosi medie giornaliere -non risulterebbe soddisfatta l'esigen za di predeterminazione ad opera della norma primaria del contenuto essenziale della fattispecie penale; e) dell'art. 27 Cost. perchŽ l'art. 73 t.u. cit., in particolare, commina pene i cui limiti edittali sono del tutto divergenti dalla finalitˆ rieducativa dell'imputato; f) dell'art. 32 Cost., perchŽ; anzichŽ tutelarsi la salute dei singoli assuntori, si sottopone a pena detentiva (formalmente una..condotta,, .ma di fatto) lo stato personale di tossicodipendenza. 2 .. -Delle norme censurate, in particolare, l'art. 73 t.u. cit. (al quale si farˆ unicamente riferimento in .seguito) -nel prevedere un tipico reato a condotta alternativa -contempla il comportamento di Ç chiuná que, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, coltiva, produce, fabbrica, .estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo, o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dagli artt. 75 e 76, sostanze stupefacenti o psicotropeÈ. I A sua volta l'art. 75 configura un'ipotesi di illecito amministrativo, ~ I ~ ~nch'esso a condotta alternativa, essendo previsti l'illecita importazione, i indipendente dal caso singolo, nel senso di dare prevalenza .alla libertˆ, in quanto la soluzione. opposta, allorchŽ gli effetti dell'atto si esauriscono nella sfera I soggettiva dell'agente, senza quindi toccare gli altri componenti la comunitˆ, potrebbe essere giustificata solamente in un ordinamento che avesse accolto il principio utilitaristico o quanto meno quello di uno Stato paternalisticoÈ (8). Per venire dunque ai paesi europei, pi prossimi all'Italia, per costumi, tradizione giuridica e principi costituzionali, si osserva che molti di essi hanno Ioptato per la incriminazione del consumo dn se considerato (Francia, Regno Unito, Svizzera, Austria, Grecia), altri (Belgio, Svezia) prevedono, tra le coná dotte punibili penalmente, il possesso di droga, che costituisce un passaggio obbligato per il consumatore, dn quanto chi fa uso personale di droga, deve anche necessariamente averla detenuta. Tale orientamento restrittivo adottato dalla giurisprudenza di questi paesi, secondo la quale pur non essendo punito il consumo in quanto tale, esso presuppone, quasi inevitabilmente, la violazione di altre norme !incriminanti l'acquisto o la detenzione. Sintomatico che in Svezia, per ovviare ad ogni dubbio interpretativo, in corso un progetto di legge volto ad introdurre espressamente la penalizzazione del consumo, iter giˆ percorso dal legislatore svizzero. Solo in due paesi -oltre all'Italia -(Danimarca e Spagna) l'uso personale di stupefacenti pu˜ sfuggire alla sanzione penale quando riguardi modeste quantitˆ. In Germania, invece, att~buita ai giudici la facoltˆ di non perseguire, nel caso concreto, il piccolo consumo. (8) RoMBOLI, Commento all'art. 5, in Commentario del Codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 235. PARTB I,, SBZ; ;J;. GIUJUSPRUDBNZA, COSTlTUZIONALB 181 l'acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale Çin dose non superiore a quella-á ri.ledia . giornaliera È. Quest'Ultima condotta quindi ricade nella-á fattispecie dell'art. 75 {sanzioni amministrative) á,,_. e non ¥giˆ in quella dell'art. 73 (sanzioni penali) -á -se ásussiste fa destinail˜neá-áad uso -ápersonale delle ¥sostanze stupefacenti detenute eá se la quantitˆ detenuta non eccede la dose media giornaliera <(d'ora in poi anche d;m;g~) determinata in base aLcriteri indicati dal primo comma dell'art; 78 che demanda al ministro della sanitˆ, previo parere dell'Istituto superiore di sanitˆ, di stabilire (a) le procedure diagnostiche e medico4egali per accertare l'uso abituale di sostanze stupefacenti e psicotrope; (b) le metodiche per quantificare !'.assunzione abituale nella 24 ore; (e) i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosimedie gi()p1aliere~ . 3. ¥ Premessci elle l'identitˆ 4elle noitrte censurate á nelle varie ordifllize indiate in rtllrrativa giu~t“fica la rlnfone dei ptocedim&t1ti confermata, per quanto possa occorrere, la dkhiarazione di inammissibilitˆ ---giˆ resa á. on orcli:I1anza . pfo“iu&iata alla pubblica udienza. di dfscussiorie _-delt'intervento spiegato áin áquesta. sede dalá Cora . (coordinament6 radicale antiproib“zioriista), non essendo esso parte nel giudizio a quo (in tal senso v., ex pturimis, sent. 63 delá 1991 e n. 124 del 1990, Foro it., ._n tanto conclamato caso. olapdese, poi, non caratterizzato da una legislazione partkolarmente liberale, bens“ dal fatto che in tale ordinafuento non vige _: a differenza del nostro -.il principio della obbligatorietˆ delliesercizio dell'amone penale. Infatti la pubblica accusa, sulla base di una direttiva. del Miriistero della Giustizia olandese, autorizzata a non persegqire la vendita, l'acquisto, la produzione e la detenzione di cannabis nei limiti di 30 grammi; una scelta di tolleranza, quindi, pi che di vera e propria legalizzazione. In ragione di questa prassi giudizi.aria, l'O“anda sta subendo ntimerose pressioni, soprattutto dai paesi confihanti, affinchŽ uniformi la sua politica a qtiella dgli altri Stati, in vista_ della imminente mtegrazione europea. Quasi tutti I paesi prevedono,¥ inoltre, laá possibilitˆ che il tossfoodipendente sceiga il trattamento terapeutico in sostituzione della sanzione penale. Anzi nell'esperienza belga, l'obiettivo del recuperoá e . del reinserimento sociale uno dei motivi che giustifica l'incriminazione del consumo, poichŽ ris:ulta che gran parte dei tossicodipendenti che hanno irifrapreso eáácondotto a termine con successo H trattamento terapeutico, hanno operato tale scelta anche allo scopo di evitare la pena (9). L'evoluzione della nostra legislazione ha avuto il suo corso parallelamente al succedersi delle convenzioni internazionali in materia di stupefacenti. La convenzione di New York 30 marzo 1961 e il protocollo di emendamenti di Ginevra 25 marzo 1972, ratificata con legge 5 giugno 1974, n. 412 e la convenzione di Vienna 21 febbraio 1971, ratificata on legge 5 maggio 1981, n. 285, prescrivono -rispettivamente, agli artt. 36 e 32 -la sanzione penale solo per le infrazioni pi gravi; indubbiamente il consumo personale di piccole (9) Cfr. J. WIARDA, Drug policies in Western Europe, Friburgo, 1989. - 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1990, I, 1795), va pregiudizialmente rilevato che delle questioni sollevate con l'ordinanza del Pretore di Bergamo l'avvocatura dello Stato eccepisce l'inammissibilitˆ per carenza di motivazione sulla rilevanza e per incertezza nell'identificazione della questione sottoposta alla corte. L'eccezione infondata sotto entrambi i profili. Per un verso, perchŽ dal testo dell'ordinanza risulta che nel giudizio a quo il pretore procedeva a carico di pesona imputata del delitto di cui all'art. 73, quinto comma, onde di tale norma incriminatrice egli era ovviamente chiamato a fare applicazione. Per altro verso, perchŽ la questione sollevata -come pi avanti si potrˆ constatare -enunciata in termini sufficientemente esplicativi. 4.1. -Nel merito devono innanzi tutto esaminarsi le censure di incostituzionalitˆ mosse nell'ordinanza del Tribunale di Roma, rilevando subito che l'apparente alternativa esegetica posta dal giudice a quo in realtˆ non riguarda l'individuazione della struttura formale della norma incriminatrice penale espressa nell'art. 73, in relazione agli artt. 75 e 78 del t.u., ma se mai la ratio dell'incriminazione stessa. Il tribunale rimettente stesso, invero, non manca di rilevare che la condotta incriminata la Ç detenzione È della sostanza stupefacente pur quando ne Ç sia provata la destinazione al consumo È e, se pur riferisce quantitˆ di droga considerato tra le infrazioni meno gravi e pertanto sottratto alla pena. Alla luce di tali principi, la legge n. 1041 del 1954 sembr˜ troppo rigorosa e si arriv˜ quindi alla 1. n. 685 del 1975, contenente l'affermazione della non punibilitˆ dell'uso personale di modiche quantitˆ di stupefacenti. La recente convenzione di Vienna 20 dicembre 1988, ratificata con legge 5 novembre 1990, ha segnato invece una svolta, nella direzione di un drastico irrigidimento rispetto all'orientamento precedente. All'art. 3 ¤ 2, essa prevede che i legislatori nazionali attribuiscano natura di reato alla detenzione e all'acquisto di sostanze stupefacenti, destinate al consumo personale, anche se l'inciso Ç compatibilmente con i propri principi costituzionali e i concetti fondamentali del proprio ordinamento giuridicoÈ lascia comunque un certo margine di discrezionalitˆ ad ogni stato firmatario nell'attuazione delle direttive enunciate. Il legislatore italiano del 1990, come noto, ha scelto la via intermedia tra non punibilitˆ e sanzionabilitˆ penale del consumo, ricorrendo alla sanzione amministrativa. 3. L'iter argomentativo della Corte Quali sono state dunque le censure mosse alla I. 162/90, che, alla luce del mutato orientamento delle direttive internazionali, ha cercato di mediare -come testimoniano gli accesi e interminabili dibattiti parlamentari -tra una tolleranza che pu˜ sconfinare nel lassismo e un rigore che rischia di tradursi in una repressione indiscriminata? Le questioni di legittimitˆ costituzionale sollevate dalle diverse ordinanze di rinvio possono essere cos“ sintetizzate: a) violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., poichŽ la presunzione assoluta di spaccio, in caso di detenzione di stupefacenti in PARTE l; áSBZ, 11 GitnUSPRUDBNZA COSTITUZIONALB 183 l'incriminazione anche all'Ç effettivo coni~umo '" mostra peraltro di essere ben consapevole che quest'ultima ipotesi ha semmai riguardo Ç al consumo pregresso, cio alla detenzione per la qualeÈ, a suo avviso, Çil pericolo cU spacio non nŽppure ipotizzabile È. .. . . . Ed.. nk ogni caso; realmente, .. l'hidiv“dtiazfone della. oridotta iricrimiri: iita ...::::.. tra le altre considerate dall'art 71 ....;,. nella Ç detenzione È e non D.el mero &&risUíri() di sostanze. stupŽfacenti, 'un . dato ermeneutico inequivoabilttlente emergente dal..¥ testo normativo, a tenore del quale l'U.ll“toá. (art .73, lo .¥comma) .á Ç chiunque...¥¥ comunque . illecitamente detiene, ti.tori .cifille¥ ipotesi á.prŽViste dagli¥ artt. 75áá.e 76; .sostanzeá stupefacenti o psicotfope'.u,;. Onde;. dal t.arfr6rit6 con il successivo artáá 75, che. áqualifica in termini di iUecitO (non penate, ma) amministrativo fa condotta di Ç chiunque, per filrne uso ¥. personale, á iUecitamente... comunque detiene sost~e. stuperˆl::e!lti o psicotrope. ili dosŽ. non superiore a quella media giOriialiera, deterlniriˆta ááin .base á.á ai ácriteri indicatiá fil áá 1¡¥ácomma dell'art 7~L. È, risulta che dggetfo deWmcrlxriiriazfone penale < (non l'uso, nia) sia la detenzione pet' tiso non personaleá diá qualsiasi quantitˆ, tanto maggiore Che minore della dose medfa giornaliera -condotta questa che . estranea all'oggetto del presente giudizio di costituzionalitˆ -, sia laá. det~nzione di una qual1titˆ eccedente la dose media giornaliera misi.mi superiore alla dose meCost., pofoh,~ l'equiparazione tra deten zione íJl misura superiore alla dose !lledia giornaliera e spaccio determinerebbe una. vioi.iqne del principio di. eguagldanza meinteressati verranno estesi gli effetti della pronuncia (Il), Entrando nel merito, prima di esaminare le prospettate censure, la Corte ha ritenuto opportuno operare una triplice precisazione: delimitazione della fattispecie incriminatrice, individuazione della ratio della norma e specifica zione del bene giuridico tutelato. Sotto il pnimo profilo, risulta inequivocabilmente dal combinato disposto degli articoli 73, 75 e 78 del T. U. n. 309 del 1990 come oggetto dell'illecito penale -qualificabile come reato. di pericolo pr~sunto -noin sia il consumo ma Ç sia la detenzione per uso non personale di qualsiasi quantitˆ, tanto maggiore che minore della dose media giornaliera... sia la detenzione di una quantitˆ eccedente la dose media giornaliera qualunque sia la finalitˆ, di spaccio o di consumo, della detenzione stessa È. Circa la ratio della norma, la Corte afferma che scopo della incriminazione la lotta al mercato della droga, perseguita attraverso di divieto di accumulo di sostanze stupefacenti che ha il duplice effetto Ç di ridurre il pericolo che una parte della sostanza detenuta possa essere venduta o ceduta a terzi È (11) Cfr. E. FAZZALARI, Ç $ostituzione processuale È in E.ne. djr. 1990 p. 159. PARTE I, SEZ. t, GIURISPRtJDENZA:ácosTIT\JZIONALE 185 I giudici a quibus contestano la legittimitˆ costituzionale dell'art. 78, laddove rimette la determinazione del limite quantitativo al decreto ministeriale, riferendosi ad un parametro Ç medio È unico stabilito per ogni singolo tipo di sostanza e applicabile oggettivamente nei confronti di qualsiasi detentore, indipendentemente dal suo eventuale stato di tossicofilo o di tossicodipendente e dalla entitˆ del suo fabbisogno personale. L'avvocatura dello Stato suggerisce invece una diversa interpretazione, secondo la quale nella norma citata dovrebbero ravvisarsi (non uno, ma) due criteri discriminanti: per i tossicofili la dose media giornaliera unitaria (desunta con metodiche di tossicologia e di statistica sanitaria) e per i tossicodipendenti la dose media giornaliera personalizzata (determinata per ciascun consumatore in base alle procedure diagnostiche ed alle metodiche di cui sub (a) e sub (b) dell'art. 78). Tuttavia la corte, ai fini del controllo di legittimitˆ costituzionale della norma impugnata, non ha motivo di discostarsi dall'uniforme interpretazione adottata dai giudici a quibus. 5. ¥ Dalla lettura del testo della legge 11isulta chiaramente che scopo immediato e diretto dell'incriminazione quello di combattere il mercato della droga, limitando -con il divieto di accumulo -la quantitˆ nonchŽ Ç di indurre la domanda, e di riflesso l'offerta, a modellarsi su quaná titativi minimi dn guisa da costringere lo spaccio a parcellizzarsi al massimo e da renderne cos“ pi difficile la pratica È. Quanto al bene protetto, la Corte, citando la giurisprudenza costituzionale e le convenzioni internazionali, lo individua nella salute pubblica -graveá mente compromessa dalla diffusione di malattie favorite dall'uso di stupefacenti, quali la sindrome da immunodeficienza acquisita e l'epatite virale nella sicurezza pubblica e nell'ordine pubblico Ç negativamente incisi vuoi dalle pulsioni criminogene indotte dalla tossicodipendenza, vuoi dal prosperare intorno a tale fenomeno della criminalitˆ organizzataÈ e nell'esigenza di tutela delle giovani generazioni. La Corte affronta poi l'analisi delle censure, articolando la propria motiá vazione in tre parti: la prima relativa ai punti sub a) e e), la seconda relativa ai punti sub. b) e d), la terza relativa ai punti e) ed f). A. Per quanto concerne la violazione del principio di ragionevolezza e del prin01p10 di offensivitˆ del reato, che presentano diversi profili di contiguitˆ, la Corte ricorda come la configurazione della fattispecie criminosa sia di esclusivo appannaggio del legislatore, la cui discrezionalitˆ trova come unico limite quello della manifesta arbitrarietˆ. Dunque, posto che la giurisprudenza della Corte non considera i reati
  • el resto, non. era estraneo neanche alla legislazione previgente il 'ricorso ad un discrimine quantitativo oggettivo al fine dd tracciare una netta linea di demarcazione tra condotta penalmente rUevante e non. Sotto H vigore della I. n. 685 del 1975, il. confine tra le due fattispecie era segnato dalla nozione di Ç modica quantitˆÈ, il cui superamento sotto- 1,>oneva il detentore ad eguale trattamento sanzionatorio rispetto allo spacciatore, La Corte Costituzionale aveva pi volte ribadito la legittimitˆ di tale scelta di politica criminale, affermando che Çil legislatore ha avuto riguardo alla oggettiva pericolositˆ dell'accumulazione di sostanze tossiche, il cui eventuale uso personale rimesso ad una scelta del tutto libera, e sempre modificabile, dal detentoreÈ (13). La normativa vigente non fa altro che riaffermare tali principi, riducendo pŽr˜ alla dose media' per un solo giorno il quantitativo di stupefacenti la cui detenzione non costituisce reato, con la conseguenza di rendere altamente improbabile l'eventualitˆ di cessione o di vendita a terzi, nonchŽ di ostacolare l'operato dei trafficanti. Tale irrigidimento non travalica la discrezionalitˆ del legislatore ma -come si legge nella sentenza -Çdetermina soltanto un diverso, pi severo bilanciamento dei contrapposti interessi È. Molte perplessitˆ suscita la proposta del Tribunale di Roma di sopprimere dall'art. 75 del T.U. l'inciso Çin dose non superiore a quella media giornaliera determinata in base ai criteri indicati al primo comma dell'art. 78 È ele( 13) Cfr. ord. 5 aprile 1984 n. 94 in Giur. cost., 1984, I, 531. jf ~ ? PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 187 áá 6. -Cos“ delineata la fattispecie incriminatrice, individuati i beni giuridici tutelati e precisata laá ratio dell'incriminazione, pu˜ procedersi all'ulteriore valutazioneá delle singole censure sollevate dal Tribunale di Roma. Con l'avvertenza; peraltro; da tenersi ben presente nell'intero prosieguo del discorso, che le argomentazioni critiche del giudice rimettente sono pertinenti al tema e meritano di essere quindi prese in considerazione e vagliate, soltanto nei limiti in cui riguardano i termini normativi di riferimento come sopra individuati; nonchŽ -ovviamente .._ nel solo ambito del sindˆcato di competenza di questa corte. 7. -Conviene innanzi tutto esaminare pi in dettaglio la denunziata violazione dell'art. 3 Cost. per irragionevolezza della scelta legislativa, nei termini sopra indicati, e dell'art. 25 Cost. per inosservanza del principio. di necessaria offensivitˆ del reato, profili . questi che presentano punti di contiguitˆ,. rinviando ai par. 10 ss. l'esame della denunziata violazione rispettivamente d.ello ástesso art. 3 per disparitˆ di trattamento e (:}.eH'art. 25 per inosservanza della riserva di legge in materia .penale. Sotto un primo profilo, il Tribunale di Roma muove dal rilievo che la dose media giornaliera non costituisce un parametro ragionevole, cor~ rispondente cio all'id quod plerumqu:e accidit, su cui possa attendibil mento centrale e caratterizzante della fattispecie qualificata come reato di pericolo. Infatti, secondo il suggerimento del giudice remittente, in base al quale il confine tra punibile e non punibile dovrebbeá basarsi Ç sulla realtˆ da accertarsi secondo i criteri propri dell'accertamento giudiziario È, la quantitˆ di droga detenuta degraderebbe da elemento costitutivo del reato a mero Ç elemento di provaÈ: in tal modo rimarrebbero esenti da pena tutti i piccoli spacoiatori -come viene riconosciuto dallo stesso giudice a quo -che potrebbero agevolmente giovarsi della caducazione della presunzione di pericolo. Circa la distinzione -o meglio la mancata distinzione -tra droghe leggere e droghe pesanti nonchŽ tra abitualitˆ e occasionalitˆ del consumo, la Corte sottolinea ála legittiimitˆ .di una disciplina sostanzialmente unitaria, accompagnata da ,una graduazione della pena in relazione al diverso disvalore delle condotte. Tra l'altro, l'assuefazione alle droghe pesanti del consumatore inizialmente occasionale un processo statisticamente molto frequente. E se pur vero che fa transizion dalle droghe leggere alle droghe pesanti non risponde ad eguali tassi dd probabilitˆ, significativo che sia la convenzione di New York del 1961 che la convenzione di Vienna del 1971. includano, senza distinzione alcuna, la cannabis indica fra le sostanze vietate.. Non molto approfondita invece la motivazione in merito alla violazione del principio di offensivitˆ del reato, sulla cui pretesa costituzionalizzazione la Corte manifesta evidenti perplessitˆ, riichiamandosi ad una sua precedente pronunzia (14) che aveva sottolineato la discutibilitˆ di tale assunto. (14) Cfr. sent. 26 marzo 1986 n. 62 in Foro it., 1986, I, 2380. 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente fondarsi una prognosi legale di pericolo di spaccio, onde la norá ma incriminatrice viola il principio di ragionevolezza lˆ dove irragionevolmente ricollega la presunzione assoluta del pericolo di spaccio alla detenzione di una quantitˆ di sostanza eccedente quella misura. Al coná trarlo, secondo il giudice rimettente, l'esperienza giudiziaria dimostra che di regola i consumatori, specie delle droghe c.d. leggere, si riforniscono di quantitˆ superiori al fabbisogno giornaliero, anche per evitare i rischi áconnessi ai quotidiani contatti con il mondo del traffico. Ancora agganci alla problematica dei reati di pericolo presentano i profili di censura proposti in riferimento al principio di necessaria Qffensivitˆ del reato, che, pertanto, qui conviene congiuntamente esaminare. Sul presupposto che tale principio sarebbe stato costituzionalizzato nell'art; 25, secondo comma, letto alla luce dell'art. 13 Cost~, ed elevato a limite della discrezionalitˆ del legislatore penale, il giudice a quo nega che nella detenzione destinata al consumo di sostanze stupefacenti in quantitˆ superiore alla dose media giornaliera sia configurabile la lesione áo l'esposizione a pericolo di un bene giuridico che possa giustificare, alla stregua di quel principio, la sanzione penale. Invero, egli osserva, non suscettibile di repressione penale la lesione o messa in pericolo di un bene proprio, neppure quello della propria salute. NŽ la sanzione Ci˜ premesso, la Corte si limita ad affermare che Ç l'offensivitˆ deve ritenersi implicita nella confiigurazione del fatto e nella sua qualificazione di illecito da parte del legislatoreÈ, Il possesso di sostanze stupefacenti inquadrabile nella categoria dei ácosiddetti Ç reati-ostacolo È, ritenuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale á compatibili con il principio di offensivitˆ. Essi si traducono ;in Ç incriá minazioni arretrate È che non colpiscono comportamenti offensivi di un interesse ma tendono a prevenire il realizzarsi di azioni effettivamente lesive o pericolose, mediante la punizione dii atti che ne sono la premessa idonea. Tali reati coprono una serie di comportamenti anteriori allo stesso tentativo punibile, poichŽ in se equivoci, potendo sfociare tanto in delitti quanto in fatti penalmente irrilevanti. Concrete esigenze di difesa sociale possono imporre il ricorso ai Ç reatiostacolo '" specie quando possono costituire idonei strumenti per una efficace lotta contro il crimine: cos“ accaduto per il possesso non autorizzato di armi o esplosivi, elevato di recente da contravvenzione a delittto. D'altronde, questa non l'unica categoria di reati in cui il bene giuridico tutelato sembra rimanere sullo sfondo ed avere una rilevanza solo indiretta. Si pensi ai cosiddetti Ç reati di sospett˜ È che riguardano comportamenti in se nŽ lesivi, nŽ pericolosi ma che lasciano presumere l'avvenuta commissione o il futuro compimento di reati, come il possesso non giustificato di valori ex art, 708, c. p. o di chiavi false o grimaldelli ex art. 707, c. p. In questi casi, il possesso non viene sanzionato in quanto tale, bens“ come indiziante -anche in relazione a determinate condizioni personali -di reati non accertati o ancora da compiere. Altra categoria ritenuta conforme al principio di offensivitˆ quella dei cosiddetti Ç reati di scopoÈ per mezzo dei quali si incrimina non l'offesa ad 189 pel.laj.e pu˜ giustificl;ll'si .,..,.-come il giudice r~mettente ricorda ¥essere stato prospettato durante I'it~r formativo della legge -alla luce della situa. zione á di pericolo che. Jl tossieomane pu˜ .á.creare in danno ádella . salute degli altri consociati . (ad . es(ll1lpio con . la. diffusione á. della¥ ¥sindrome á.da jl1lW.'l,JA9defii~~' ~cqW,5ita) ~ ~JJ,a sicurezza sociale (perle¥ spinte .cri.: iip0gene: i. lut sollecitate¥ . q.;i,l suo stato, di tossicodipendenza), lnfatti, ¥.taj;~peric0l()á. e.sula ..i;lel .. tgtt9... daWassunzionei.¥ áancbe:.ái:tb~t.ale;¥¥¥delle.¥.c.d.; sost~~ e stupi;:facenti Ç)eggereÈᥠche. non¥ inducono tossicodipendenza, e .i;:appre:senti:t un rischio. Msai :remot(> nel caso di uso occasionale dbopá piaceixo caj.~ (sich l'W,cdminazione Penale .ill; taliáá casi si paleseá r,ebbe .. ~he irp:igio:tlevol~ .¥ ~iH;lill'la); ...¥. ~Ž:¥.... giustificherebbe ...l'imputaá zioneJl:rischio di p;;i,ssaggi9 9!i!.ll'UAA. a11'altra .. al:)it\ld.ine diá. consumo .. (dal cons\lmo di droghe. le:gge'('e a quello di dr:ogb,e pesanti;. dal consumo occasionale di droghe pesanti al consumo abituale delle stesse) perchŽ .~l1áá re;:iltˆ,.. si t;ratterebpe. di. unáá¥Ç :i:;ieticolo: ..¥di.á pericolo.È, ¥ inidoneO.áááa giustifiá cate la .comigw;:azione. di nafattispeeie1 ..criminosa; In presenzaqinŽli di ..n pericolo meramente astratto verrebbe in sostanza'ad essere . punita la wer:a di!!obbedienza o violanon f>nnaltk dellaᥠlegge in ¥¥relazione ad una azione di per sŽ inoffensiva. Quanto poi l'assuntoreiabituale di sos. t~l;'I ~tuPefac;;enti ~ PeS.IPlti È.;iltribunale rimettente osserva che Ç il tossic9(lipep.dente indefettil:>Ul;Ilente punito ááper¥ il consumo di... sostanze un bene' giuridico,áá.Illa la realizzazione di¥.á certe ¥. sifuazfoni che ¥. l'ordinamento haᥠi:llteresse. a che á rt˜n si vŽrifitnm˜, ¥ cori:le pŽr la cortfrairven2ione relativa áal gioco d'azzardo non truffaldino OS). . . . . . .. .á . . . . . .á... . . á¥. á.á .á...... á. á á. ¥á .. ¥Ad ogrti modo; ¥ I;fo.arresfabile aumentoá della crlwfo.alitˆ . pu9 . rendere ineviá tabil l'adozione .ádi Illisui' di emergenza che antieipiil() agli ¥ ait“ pteparatOri la soglia della á ptinibilitˆ. á á á á á L'allarme sociale e l'effettiva pericolositˆ delle organizzazioni criminaliá che gravitano.á intorno .á al narcotraffico.¥ giustificano dunque .. il .ricorso a misure straordinarie¥(16); áá La Corte sembra prendere atfo di tali esigenze affermando che le Çmisure insoldte È ádella .ánormativa sub iudice sono . dettate. dallo. stato diá emergenza e trovano giustificazione fintanto che l'emergenza non e.essi. Altro punto rilevante di cui la Corte ha stranamente omesso la trattazione ála . qtiestionŽaláá consumo anteattoi á sollevata dai Tribunale di Roma. A questo< proposito/V.a detto che l'interj)retazione in¥. chiave di 'l;>Unibilitˆ del cionsumo' pregressoi ásuperiore¥ allaáá dose mdia giornaliera,.¥ n:on in >linea con la ratio dell'art. 73 del T.. che incrimina il pericolo. di .spaccio .. Infatti, la specifica menzione dei due concetti del ÇdetenereÈ e dentÇ aver detenutoÈ per uso personale ...-contenuti nell'art, 80 della t n. 685 del 1975; aifini della esclusione della sanzi˜nabilitˆ penale ~ non stata riportata dal legislatore del 1990 solo perchŽ ultronea; á (15) Cf~. F. MANTOVANI, Ç Il prirtcipfo di offertsl.vitˆ del reato nŽllˆ costituzione ., Scritti Morlati, IV Milano, 1977. . . ...áá ¥ .á.áá . áá {16} .Cfr. G. ZuccALË, ¥ Considerazioni critiche . sul principio di necessaria :.of~ensivitˆ del reato ., Fuilzioni e limiti del diritto penale, Padova, 1984. á 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 190 stupefacenti in quantitˆ superiore alla dose media giornaliera, anche se, nel caso concreto, i beni tutelati non hanno corso alcun pericolo È non essendo egli ammesso a provare l'insussistenza, appunto nel caso concreto, dell'effettiva esposizione a pericolo di tali beni. E poichŽ, secondo l'avviso del giudice rimettente, alla stregua di tali profili di censura, in una agli altri come sopra rinviati al successivo esame pi avanti, il criterio quantitativo di per se stesso ontologicamente inidoneo a determinare la condotta legittimamente punibile (spacciq) ed a differenziarla da quella non punibile (consumo) alla stregua della. Costituzione, l'unica via per ricondurre il denunziato complesso normativo del Tribunale di Roma, eliminare dall'art. 75 del t.u. l'inciso Ç in dose non superiore a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri indicati al primo comma dell'art. 78 È. 8. -Si rende a questo punto opportuna una pur sintetica puntualizzazione dei principi fissati dalla giurisprudenza di questa corte in tema di discrezionalitˆ del legislatore -e dei suoi limiti -nella configurazione delle fattispecie criminose, in generale e con riferimento specifico ai reati di pericolo. In tale giurisprudenza -pure se con riferimento a parametri costituzionali solo in alcuni casi corrispondenti a quelli attualmente invo L'aver consumato un quantitativo di droga, anche superiore alla dose media.:.giornaliera, esclude categoricamente che tale quantitativo possa essere destinato ad altni fini. In tal senso anche la Circolare del Ministero dell'Interno Gab. n. D.R.f 11013/M/4 (5) Uff. IV del 25 marzo 1991 volta a promuovere l'uniforme applicazione della legge, dalla quale si deduce chiaramente l'irrilevanza penale del consumo anteatto. B. Per quanto riguarda le censure di cui ai punti b) e d), la Corte afferma che il principio di eguagldanza formale non viene violato riservando analogo trattamento sanzionatorio alla detenzione di droga in misura superiore alla dose media giornaliera, tanto se finalizzata allo spaccio quanto se finalizzata al consumo. Anzi, la legittimitˆ di tale scelta costituisce secondo la Corte, un Ç dato acquisito È dalla giurisprudenza costituzionale in relazione alla legislazione precedente e si giustifica con la considerazione, pi volte sottolineata, che spaccio e consumo sono Ç profild interagenti di un unico fenomeno È, che va combattuto con una politica ferma ed unitaria. L'art. 3 Cost. viene invocato dai giudici rimettenti anche sotto il profilo dell'eguaglianza sostanziale, in quanto la normativa in oggetto trascurerebbe il primario obiettivo di rimozione dei disagi e degli ostacoli di ordine socioeconomico che, in determinate circostanze, possono contribuire a far precipitare i giovani nel vortice della droga. Su questo punto, la Corte puntualizza che il traguardo del Ç pieno sviluppo della persona umanaÈ di cui all'art. 3, secondo comma Cost. travalica l'ambito settoriale della disciplina degli stupefacenti, costituendo un problema di ben pi ampia portata, che sfugge pertanto al sindacato di costituzionalitˆ. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 191 cati, ma con proposizioni di principio aventi valenza generale - consolidata l'affermazione che la configurazione delle fattispecie criminose appartiene Ç alla politica legislativa e, pertanto, all'incensurabile discrezionalitˆ del legislatore, con l'unico limite della manifesta irragionevolezza È. Le opzioni legislative in sede di configurazione delle fattispecie criminose tip~che Çdevono tenere conto non soltanto del bene o dei beni giuridici tutelati attraverso le incriminazioni delle fattispecie stesse ma anche delle finalitˆ immediate che, nel contesto storico in cui tali opzioni vengono operate, il legislatore persegue nonchŽ degli effetti indiretti che i fatti incriminati vanno a produrre nell'ambiente sociale È. Ç Necessitˆ di prevenzione generale È e Ç di riduzione dell'allarme sociale cagionato dai reati convergono insieme alle ragioni giˆ indicate a motivare le opzioni legislative nella determinazione delle ipotesi criminose tipiche È coerentemente Ç alle varie finalitˆ immediate perseguite nei diversi momenti storici ed all.e svariate conseguenze dannose o pericolose dirette od indirette, che, nei tempi e nei luoghi nei quali i comportamenti criminosi si realizzano, questi ultimi sono idonei a produrá reÈ (sent. n. 62/86, id., 1986, I, 2380). La valutazione del legislatore -viene ripetuto -Çvaria nel tempo (oltrechŽ nello spazio) anche in relazione alla normalitˆ od alla eccezionalitˆ della realtˆ concretaÈ, tenuto conto cio dell'intero sistema dell'esperienza giuridica, legislativa e non, Quanto alla questione relativa alla violazione del princ1p10 di riserva di legge in materia penale, sancito dall'art. 25, secondo comma Cost. bene chiarire cbe la censura si appunta non solo sulla adeguatezza e completezza della norma primaria, che non avrebbe dettato tutti i criteri idonei a determinare con certezza la dose media giornaliera, ma anche sul contenuto del D.M. 12 luglio 1990, n. 186, che avrebbe illegittimamente perseguito finalitˆ prevenmve e disincentivanti, fissando quantitativi troppo bassi per diverse sostanze stupefacenti. Sotto il primo aspetto, la Corte afferma che l'art. 78 del T. U. descrive in tutti i suoi elementi la fattispecie tipica, lasciando all'atto amministrativo solo una determinazione tecnica e non anche una scelta di politica criminale. L'interpretazione della Corte dei tre criteri elencati dal primo comma dell'art. 78 -tutti richiamati dall'art. 75 - in chiave unitaria, per cui la dose media giiornaliera va considerata come. unica e non duplice, come discrimine oggettivo medio. e non personalizzato. Nell'assumere questo atteggiamento particolarmente rigido, la Corte si richiama alla giurisprudenza della cassazione, consolidatasi nella vigenza del parametro della Ç modica quantitˆ È, che veniva idenmficata nel Ç multiplo del consumo giornaliero medio È, a prescindere dalle esigenze del singolo tossicod“pendente e dal diverso grado individuale di assuefazione. Il proposito di personalizzare la dose media giornaliera, dichiarato nell'oriá ginariio disegno di legge e poi rimasto nello sfondo, ha lasciato sopravvivere i criteri di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 78, volti ad accertare il consumo abituale e l'assunzione nelle 24 ore. BenchŽ la Corte abbia decisaá mente optato per una lettura Ç oggettiva È della norma, ci˜ non toglie -ed essa stessa lo riconosce -che i criteri di cui alle lettere a) e b) dell'art. 78 del T. U. 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Çdella concreta realtˆ storicaÈ {sent. n. 171/86, id., Rep. 1986, voce Armi, n. 39). E, ribadita Ç la discrezionalitˆ del legislatore in ordine all'individuazione e delimitazione delle fattispecie tipiche di reato, salva la manifesta arbitrarietˆÈ, ulteriormente si puntualizza che il legislatore, nella determinazione delle fattispecie tipiche di reato, non tiene conto soltanto della struttura e pericolositˆ astratta dei fatti che va ad incriminare, ma anche della Ç concreta esperienza nella quale quei fatti si sono verificati e dei particolari inconvenienti provocati in precedenza dai fatti stessi, in relazione ai beni che intende tutelareÈ, dovendo esso legislatore tenere conto Ç anche e soprattutto dell'uso concreto È che dell'oggetto materiale del fatto che intende incriminare Çl'esperienza mostra È 1(sent. n. 132/86, id., 1986, I, 2371). Ed ancora nella giurisprudenza della corte si ricorda che non arbitrariamente Ç il legislatore, nell'intento di emanare un'adeguata disciplina di talune fattispecie, almeno di reg˜la, 'Si rifˆisce alla esperienza dalla quale la normazione parte e sulla quale quest'ultima va ad incidere. Infatti, soltanto in base a sorpassate concezioni dottrinali sarebbe sostenibile che il legislatore possa ignorare la realtˆ, non verinando l'esperienza dalla quale la normáazione 'Statale prende avvio: appunto questa che il legislatore á tende a modificareÈ (sent. :ri. 132/86 dt:). :come pure si sottolineano, da un lato, la: funzione di tleterminˆzione psicologica operata dalle leggi penali (sent. eos1Ji.tuiscon6 un dato normativo del quale 'l'interprete non pu˜ non tener conto e che deve essere affiancato al criterio di ui alla lettera e) della stessa norma per la quantificazione della dose media (per 'Una pi ampia analisi della questione si árinvia alla memoria dell'Avvocatura dello Stato, qui di seguito pubblicata). Per quanto concerne la eiistira árivolta direttamente al Decreto del Ministro della Sanitˆ, la Corte ovvl.amente afferma che tale indagine esula dal giudizio di costituzionalitˆ, ricordando che, se del caso, il giudice penale ha la facoltˆ, attribuitˆgli dall'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E di disapplicare l'atto amministrativo ritenuto illegittimo. Necessita un approfondimentoá il principio della riserva di legge in materia penale, al fine di d“rnostrare che la tecmca adottata dal legislatore del 199o, non solo perfettamente conforme ai dettami costituzionali, ma costituisce talvolta una scelta obbligata a causaá della tecnicitˆ della materia. L'integrazion~ della legge penale ad opera di una norma extralegislativa pu˜ verificarsi in tre modi diversi: a) la legge pu˜ lasciare alla fonte secondaria la sola determinazione di alcmii elementi normativi dell'illecito; b) la legge pu˜ limitarsi a qualificare come reato l'inosservanza di qualunque disposizione ema nata o emananda dalla amministrazione -esempio tipico l'art. 650 c.p. -e si parla allora di norma penale in bianco stricto sensu, caratterizzata dal fatto <:he mentr la sanzibnŽá determinata, il precetto ha carattere generico e si esau risce nella mera áenunciazione di un obbligo di obbedienza ad atti normativi di grado inferiore; á in relazione a tale categoria, pur costituzionalmente legitti ma,áá 1a Corte sottolinea come l'integrazione della norma ad opera del provvedi mento amministrativo appaia "' di maggior momento È rispetto a quella di cui si discute, catalogabile nella ipotesi sub a); áe) la legge pu˜ rimettere al regola PART~ ~; .SEZ., J:, GIURJSPRl!IJ~ZA COSTITUZIONALE 193 n. 364/88, id., 1988, I, 1385) e, dall'altro, il rilievo da riconoscere alla situazione di Ç emergenza È in cui la fattispecie incriminatrice possa essere stata emanata (sent. n. 171/86 cit.), con la .precisazione che, per},iŽ le Çmisure. insoliteÈ dettate dallo stato di emergenza .pen;lano legittimitˆ, qcc:orr:e q:P,e .esse sian,o (sent. I1¥l~/82, id,, 1982, I, 213~). E per quanto .riguarda. in¥ particolare la configurazione di fattispecie criminose strutturate con riferimento ad un evento di pericolo astratto la gi.risprudenza di questa corte, nel ritenere che le incriminazioni di pericolo presunto non sono. incompatibili in via di principio con il dettato costituzionale, ha anche riconosciuto che riservata al legislatore l'individuazione sia delle condotte alle quali collegare una presimzione assol.ta di pericolo sia della soglia di pericolositˆ alla quale far riferimento, purchŽ, i;>eraltro, l'una e l'altra determinazione non siano irrazio: nali od arl:>itrarie, ci˜ che si verifia allorquando es~e non ,siano collegabili. all'id quod p.lerumque aci4it (cfr. sent. n, 1/71, id., 1971, I, 342; n, 139/82 id.,. 1982, I, 2109; n. 126/83, id., 1983, I, 1501; n. 71/78, id., 1978, I,. 1338). 9.r -Orbene. oggeto della verifica che la corte chiamata a compiere se la scelta del legislatore censurata. dai giudici rimettenti, indipenmento la stessa facoltˆ di stabilire quali comportamenti, fra quelli che esso di sci1>linerˆ, dovranno essere saJ:lZionati; c~tegoria, questa, che s.i pone in, petto contrasto con il principio gi ;riserva, di lgge. á Quanto all'ipotesi sub. a),. che ásiá attaglia perfettamente al caso di specie, opportilno -soprattutto nella legislazion,e speciale, caratterizzata da una pa,r ticolare complessitˆ tecnica e bisognosa di continui aggiornamenti -che gli elementi normatiw siano specificati non solo da leggi extrapenali ma anche da fonti secondarie. L'intervento integratore della normativa di secondo grado, da ôu Jato evita l'attivitˆ concretizzatrice ..della giurisprudenza -cui ra affidata la quantificazione del concetto di .Ç modica quantitˆ È sotto il vigore della >legge n. 685 del 1975 -affidantesi a parametri non se1npre univod e ontrollabili, dall'altro consente di raggingere uná punto di equilibrio tra riserva di. legge e tassativitˆ, effettuando dl legislatore le scelte di fondo relative alla incriminazione ed essendo affidato a fonti secondarie il ruolo di specificare, dal punto di vista tecniccrscientifico, il contenuto di elementi della fattispecie giˆ delineati dalla legge. In diverse ipotesi, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittin;J.e norme legislative rinwanti a successivi .atti amministrativi, ad esempio l'elyncazione delle sostanze stupefacenti, contenuta nell'art. 6 della 1. n. 1041 del 1954 (17), la precisazione degli additivi vietati nella preparazione di prodotti alimentari (18), l'individuazione ded giochi d'azzardo (19), l'elenco delle ii,rmi ad aria compressa inoffensive (20). (17) Sent. 19 maggio 1964 n. 36 in Giur. cost., 1964, 483; sent. 19 gennaio 1972 n. 9 cit. (18) Sent. 26 novembre 1964 n. 96 in Giust. civ. 1965, III, 25; sent. 3 aprile 1969 n. 61, Giust. civ., 1969, III, 176. (19) Sent. 27 giugno 1972 n. 113, in Giust. civ., 1972, III, 178. (20) Sent. 10 giugno 1982 n. 108 in Giust. cost., 1982, I, 1055; sent. 9 giugno 1986 n. 132 in Foro it., 1986, I, 237. - 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dentemente da qualsiasi valutazione nel merito, sia manifestamente arbitraria o irragionevole. Tale verifica conduce ad un esito negativo. Infatti, il complesso normativo direttamentte rivolto alla repressione delle attivitˆ illecite si strutturato anche con l'introduzione di una pi rigorosa, rispetto al passato, limitazione della non punibilitˆ penale della detenzione di sostanze vietate, attuata mediante la riduzione della quantitˆ di sostanza stupefacente la cui detenzione non costituisce reato in modo da rendere estremamente improbabile che l'agente possa cederla anche solo in piccola parte a terzi, al tempo stesso, come si detto, frapponendo ostacoli all'offerta attraverso la necessitata frantumazione della domanda. Tale irrigidimento si coordina con la ratio fondamentale e sostanzialmente unica, pur se composita, da ravvisarsi nella valutazione del pericolo di spaccio insito nell'accumulazione di sostanze oltre un dato limite, comunque finalizzata, e -ad un tempo -nella ricerca di una pi efficace strategia di contrasto del narcotraffico, costretto dalla parcellizzazione della domanda a moltiplicare i rivoli dell'ultima fase di spaccio. Con la duplice conseguenza che, da un lato, la scelta legislativa in discussione si appalesa nŽ arbitraria nŽ irragionevole, e che dall'altro, per le stesse ragioni, essa neppure pu˜ essere utilmente censurata sotto La giurisprndenza cOIStituzionale, abbandonata la c.d. teoria della Ç presupposizione >>, secondo cui la fonte regolamentare interverrebbe quale mero presupposto di fatto del divieto penale, si consolidata nell'adottare il criterio della sufficiente specificazione di presupposti, caratteri, contenuto e limiti dei provvedimenti dell'autoritˆ non legislativa, alla cui trasgressione deve seguire la pena. In base a tale criterio, il rapporto tra norma primaria e norma regolamentare sarebbe da cogliersi in modo non dissimile da quello che caratterizza il rapporto tra legge delegante e legge delegata. Inoltre, d'uopo mettere in luce la sostanziale diversitˆ di nisultati cui si perviene qualora si ritenga che il principio di legalitˆ risponda, per la materia penale, ad una ratio di certezza e non si ritenga invece che la ragione giustificatrice del principio sia, in tutta la sua estensione, una ratio di garanzia per il cittadino. Alla stregua di una ratio di certezza e tassativitˆ, il meccanismo di ripartizione degli elementi della norma penale tra legge e regolamento non dovrebbe presentare alcuna difficoltˆ. Qualora si consideri invece prevalente la ratio garantistica della riserva di legge, in virt della natura rappresentativa dcl Parlamento, Io spazio lasciato agli interventi non legislativi, potrebbe in effetti pregiudicare la garanzia sostanziale del cittadino. A tale proposito, la citata sentenza n. 61 del 1969 ha affermato che gli dnterventi di norme secondarie non sono in contrasto con l'art, 25, secondo comma Cost. e non riducono la garanzia del cittadino quando non creano un obbligo nuovo e diverso ma si limitano a dare dettagli, in modo tale che il precetto penale risulti effettivamente dettato dalla norma penale e non dall'atto amministrativo. In altri termini, tali interventi sono conformi al principio di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 195 il profilo del principio di offensivitˆ, in quanto -a parte il rilievo che Ç pu˜ certo discutersi sulla costituzionalizzazione o meno del principio .ád'offensivitˆ È (sent. n ¥.. 62/86, cit.) -l'apprezzamento del legislatore anch'esso nŽ irrazionale nŽ arbitrario. ln re;;iltˆ, l'.offensivitˆ deve ritenersi . di norma implicita nella configurazione del fatto e nella sua qualificazione di illecito da parte del legislatore, salvo talune ipotesi marginali -cui si farˆ cenno -nelle quali, a causa dellˆ neessatia astrattezza della norma, pu˜ verificarsi divergenza fra tipicitˆ ed offesa. Impropriamente, comunque, dal giudice a quo si parla di Ç presunzione assoluta È del pericolo di spaccio. La valutazione del pericolo di spaccio insito nell'accumulo di s˜stanze stupefacenti o psic˜trope al diá sopra della d.m.g. costituisce infatti uno dei due concorrenti aspetti in cui si articola la ratio della sanzione penale del relativo divieto. Mentre l'esistenza o meno nel caso concreto del pericolo. fuori dalla fattispecie legale; come tale irrilevante. 9.2. -Ulteriori onsiderazioni concorrono poi a dimostrare infondato l'addebito di irragionevolezza -sotto il profil˜ anche dell'offensivitˆ mosso al criterio Ç quantitativo obiettivo È adottato per individuare la fattispecie di detenzione sanzionata penalmente ex art. 73 rispetto a quella non ricompresa, invece, in tale previsione. riserva di legge, quando noná restringono sostanzialmente la sfera del Ç penal mente non illecitoÈ. Non vi dubbio che il Decreto del Ministro della Sanitˆ non abbia amplia to l'ambito del punibile, ma abbia solo specificato quanto giˆ previsto dal l'art. 78 del 1'. U. Su questo punto, il giudice rimettente rileva la differenza tra il citato art' 78 e l'art. 12 della 1. n. 685 del 1975, che fissava i criteri per la formazione delle tabelle con Çuna ricca e articolata specificazione di dettagli È. Ma tali norme si riferiscono a due questioni distinte, poichŽ un conto la elencazione delle sostanze stupefacenti e la loro classificazione in tabelle -compiuta con iden tici parametri, sia sotto il vigore della legge n. 685 del 1975 che. della legge n. 162 del 1990, con lo strumento del decreto ministeriale -un conto la quantificazione della dose mi;idia giornaliera, :cispetto alla quale laá legge. vigente ha compiuto un notevole passo avanti in termini di tassativitˆ e di certezza. Infatti, mentre prima la individuazione del concetto di Ç modica quantitˆ È veniva affidata interamente alla discrezionalitˆ del giudice, oggi la dose media giornaliera viene stabilita per ogni tipo di sostanza con parametri precisi e valevoli per tutti, anche se caratterizzati da un certo margine di flessibilitˆ. Peraltro, difficile ipotizzare che la legge penale avrebbe potuto svolgere un compito di natura cos“ tecnica senza l'ausilio di una fonte secondaria, tra l'altro pi agile ai fini degli eventuali aggiornamenti conseguenti all'evoluzione scientifica nel settore. Nel concludere la motivazione, improntata a criteri di rigore, la Corte lascia aperto uno spiraglio per compensare l'Ç anelasticitˆ È del complesso normativo. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 196 Si giˆ visto sopra che il criterio distintivo tra detenzione sanzionata penalmente, e non, riposa essenzialmente su un dato quantitativo: la Çdose media giornalieraÈ del regime della legge del 1990, che si sostituita alla Çmodica quantitˆÈ di cui alla legge del 1975. Tale criterio quantitativo oggettivo coerente con l'oggetto giuridico tutelato dalla norma incriminatrice se si considera che, con riferimento al tossicodipendente o tossicofilo, possono .distinguersi una detenzione di sostanze stupefacenti per il consumo immediato ed una detenzione per il consumo differito (ossia l'ipotesi di accumulo, intendendosi per tale la detenzione di pi dosi singole). Le due fattispecie non sono sullo stesso piano perchŽ la prima -soprattutto se riferita al tossicodipendente che pressato dalle urgenti pulsioni che gli derivano dal suo stato di dipendenza -pu˜ fare insorgere la problematica relativa alla legittimitˆ costituzionale d~ll'incriminazione penale del consumo personale. Non cos“, invece, la seconda, rispetto alla quale va considerato che giˆ l'incriminazione penale dello spaccio -in principio certamente legittima. -di per sŽ sola provoca difficoltˆ nell'approvvigionamento di sostanza da parte del consumatore. Quando a ci˜ si aggiunge -come ha fatto la 1. n. 162 del 1990 (ma analogamente aveva giˆ operato il legislatore del 1975) -il divieto (penalmente sanzionato) di accumulo di L'apertura si riferisce a due punti ben precisi: la valorizzazione dell'elemento soggettivo del reato e una pi indulgente concesSlione dell'attenuante di cui all'art. 73, quinto comma del T. U. Mentre il primo aspetto sicuramente compatibile e in linea con quanto affermato in precedenza dalla Corte, l'impostazione del secondo profilo non si concilia con le argomentazioni svolte nel resto della sentenza. Oi˜ dimostra, ancora una volta, come, in una materia cos“ travagliata, si debba ricorrere, il pi delle volte, a scelte di compromesso che si avvicinino il pi possibile alla soluzione migliore, non esistendo una formula magca per risolvere il problema. Per quanto concerne l'elemento psicologico, la precisazione della Corte, che a prima vista pu˜ sembrare scontata, invece di notevole rilievo. Pu˜ accadere infatti che il tossicodipendente acquisti. una quantitˆ di droga, che normalmente contiene un principio attivo inferiore a quello di legge ma che, nel caso concreto, risulti essere particolarmente pura e quindi ricca di pnincipio attivo in misura superiore alla dose media giornaliera. é quindi necessaria da parte del tosSlicodipendente Ç la consapevolezza del superamento della soglia di punibilitˆ e quindi il dolo... essendo insufficiente la mera colpa con previsioneÈ. Per quanto riguarda l'incriminazione attenuata, l'art. 73, qUJinto comma del T. U. prevede che Çquando, per i mezzi per la modalitˆ o le circostanze dell'azione ovvero per la qualitˆ e quantitˆ delle sostanzeÈ, i fatti siano di Çlieve entitˆ È, la pena detentiva sia per le Ç droghe pesanti È da uno a sei anni e per le Ç droghe leggere È da sei mesi a quattro anni. La Corte ritiene che, tenendo conto di tutte le Ç circostanze dell'azione È, possa rientrare nella fattispecie in esame anche la detenzione di quantitˆ di stupefacenti che ecceda i.n misura non lieve la dose media giornaliera. PARTB I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 197 sostanze stupefacenti, si ha l'effetto di creare difficoltˆ al mercato della droga. Del resto, l'adozione del discrimine quantitativo Oggettivo, giova ripeterlo, non costituisce una novitˆ rispetto alla legislazione precedente, la quale tale discrimine ide:iltifiCava nella nozione di (( i:nodicˆ quantitˆ È (che ha. superato. il vaglio di ostituzioriaUtˆ. pur sotto profili diver~i da quetfo ih esarnŽ: ord. n. á 136/87, id., Rep. 1988, voce Stupefacenti, ri. 55) sempre alla Iute dell'ispitazi6ne di fdndo di non consentire Ç accUl'.llulaziOne È, oltre una certa misura, di droga {sent. n. 170/82, id., 1982, I,. 2990; ord. n. 94/84, id., Rep. 1985, voce cit., n. 71). La legge del 1990 ha ridotto tale misura, cio ha ridotto la quantitˆ di sostanze stupefacenti che, se detenuta per uso personale, non integra la condotta penalmente saniionata; quindi la soglia tra detenzione penalmente punibile .e detenzi˜nenonpenalrnente punibile tracciata áin modo da .ridimensionare l'area .di¥ ¥quest'ultima. Infatti;á secondo laáá giurispru¥ denza consolidata della Cassazione, come pi avanti si riferirˆ; era ritenuta Ç modica È la quantitˆ destinata al consumo abituale; durante l'arco di un certo numero¥ digiorni, da parte ádi¥ un consumatore medio. Il legislatore ádel á1990 si invece arrestato alla doseá media per un solo giorno. Scelta indubbiamente pi severa, perchŽ accentua le difficoltˆ di approvvigionamento del consumatore, ma che (indipendentemente da In tale contesto, una interpretazione particolarmente larga viene operata dalla Corte, non solo per l'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 73, quinto comma del T. U., bens“ anche per escludere che una determinata condotta rientri nell'art. 73 del T. U., allo scopo di ricondurla s“ lieve entitˆ da far ritenere che la condotta dell'agente Ç sia priva di qualsiasi idoneitˆ¥ lesiva concreta dei beni giuridici tutelati e conseguentemente si collochi fuori dall'area del penalmente rilevante '" á C:on tale. affermazione, Ja Coi;te ba. gettato le basi per un ulteriore intervento del legislatore, ,.... quantcqneno. nella forma dell'interpretazione autentica che infatti non ha tardato a verificarsi (v. infra punto 4). C. Solo un breve ma esaustivo cenno dedica la Corte alle ultime due censure, relative agli artt. 27 e 32 Cost. Ribadendo l'insindacabilitˆ .. della discrezionalitˆ legislativa in merito alla valutazione della congruitˆ della pena, a meno che non rasenti la manifesta irra~onevolezza, la Corte sottolinea come la normativa nel suo complesso sia tutta protesa ad assicurare .le istanze di recupero e di reinserimento sociale del tossicodipendente, proprio in attuazione della funzione rieducativa della pena (si pensi all'art. 90 del T. U. che prevede il c. d. patto terapeutico, accordando la sospensione della pena a chi si sottoponga ad un programma socio-riabilitativo). 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -0gni valutazione sul piano del merito) non travalica la discrezionalitˆ del legislatore in rapporto al duplice effetto al quale il divieto di accumulo finalizzato. Inoltre, una volta riconosciuta l'offensivitˆ della condotta del tossicodipendente o tossicofilo che, per il suo personale consumo ádifferito, accumuli una quantitˆ di sostanza stupefacente superiore ad una certa soglia, tale offensivitˆ non viene meno per il mero spostamento di quest'ultima, che determina soltanto un diverso, pi severo bilanciamento dei contrapposti interessi: quello dello Stato di reprimere lo spaccio della droga; quello del tossicodipendente o tossicofilo di .approvvigionarsi di droga. 9.3. -Altre specifiche riflessioni sono richieste dalle ulteriori consi- 0.erazioni svolte dal giudice a quo a proposito della distinzione fra droglie pesanti (tab. I e III) e droghe leggere (tab. II e IV) ed alle implicazioni diverse che secondo le prime due ordinanze di rimessione dovrebbero trarsene, con riferimento anche alla abitualitˆ o occasionalitˆ del consumo, in punto di ragionevolezza, di configurabilitˆ di un evento di peri. colo e di necessaria offensivitˆ. Anche tali particolari critiche -da esaminarsi nei limiti della loro pertinenza ai reali termini normativi del problema -riguardano, peraltro, Quanto alla lesione del diritto alla salute, la Corte rammenta che sanzionato penalmente non il consumo in sŽ considerato, bens“ la detenzione di stupefacenti oltre un certo quantitativo e che, anzi, la salute -come si giˆ detto - proprio uno dei beni tutelati dalla norma. 4. L'interpretazione autentica: L'intervento del legislatore, sollecitato dalla Corte Costituzionale, avvenuto con lo strumento del decreto-legge (21) e nella forma della interpretazione :autentica, per restituire alla legge i suoi intenti originari, liberandola dalle interpretazioni nigoristiche che l'avevano caratterizzata. La modifica, non ha inciso direttamente sulla legge 162 del 1990, bens“ sul nuovo codice di procedura penale, mediante un Ç ritocco È dell'art. 380, ovviando cos“ ad un difetto di coordinamento dovuto in parte alla quasi coeva entrata in vigore dei due complessi normativii. L'intervento del legislatore si era reso improrogabile al fine di attenuare la carenza di flessibilitˆ della legge, che aveva condotto all'arresto di migliaia di tossicodipendenti e che, in pratiica, costringeva le procure ad occuparsi pi dei consumatori poco prudenti nel rifornirsi che delle grandi organizzazioni criminali coinvolte nel traffico di stupefacentii. La legge n. 162 del 1990 stata quindi riletta nell'ottica di escludere che la privazione della libertˆ personale possa riguardare Ç ipotesi di modesta entitˆ e prive di pericolositˆ sociale È. Nel caso previsto dall'art. 380, secondo comma lettera h) c.p.p. -relativo :ai delitti concernenti sostanze stupefacenti e psicotrope puniti a norma del (21) D.L. 8 a~osto 1991 n. 427: modificazioni del T. U., approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, relativamente all'arresto in flagranza in materia di sostanze stupefacenti psicotrope, convertito con la I. 5 ottobre 1991 n. 314. - PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZAá COSTITUZIONALE 199 scelte di merito del legislatore, non inficiate dai vizi di costituzionalitˆ denunziati. Ancora il dato storico, l'esperienza concreta, da cui il legislatore della novella si mosso, rendono avvertiti che il fenomeno droga ha ácaratteristiche dinamiche sue proprie, che possono suffragare una considerazione di esso sostanzialmente unitaria la quale pu˜ non apparire Ia migliore nŽ, certamente, l'unica soluzione possibile; ma che altrettanto certamente {come dimostrano da un lato, la storia della legislazione nazionale dell'ultimo quarantennio, che ha disciplinato sempre in modo unitario la repressione del commercio dei due tipi di sostanza e, dall'altro, la variegata disciplina normativa vigente negli altri paesi, anche appartenenti alla Cee) una delle possibili, di per sŽ non irragionevole. Il pericolo di assuefazione alle droghe pesanti anche del consumatore inizialmente occasionale un dato altamente probabile in base alla comune esperienza. Invece, il passaggio dalle droghe leggere alle droghe pesanti non presenta, secondo opinioni esperte largamente prevalenti, analoghi connotati di probabilitˆ. Ma tale diversitˆ non rende di per sŽ sola irragionevole o arbitraria la scelta, fra le varie possibili, di una disciplina fondamentalmente unitaria rispetto alle differenti ipotesi, pur nella logica l'art. 73, del T. U. -l'arresto in flagranza divenuto facoltativo, quando ricorra la. circostanza della Ç lieve entitˆ È ex art. 73, quinto comma del T. U. (22). Con questo accorgmento, stata data attuazione alla linea interpretativa suggerita dalla Corte Costituzionale, che ha posto l'accento sulla discrezionalitˆ che il giudice deve esercitare, nel caso concreto, per accertare se la quantitˆ in eccesso sia ..:.._ in base alle circostanze soggettive e oggettive, alla entitˆ e alla qualitˆ delle sostanze -presumibilmente destinata all'uso personale o allo spaccio. Il ricorso alla cautela detentiva, che in un ordinamento informato al principio del favor libertatis costituisce l'extrema ratio, stato quindi sganciato, nei casi di modesta entitˆ, dai rigidi automatismi dell'arresto obbligatorio in flagranza ed affidato al prudente apprezzamento del giudice. WALLY FERRANTE * * * Si ritiene opportuno pubblicare qui di seguito anche il testo della memoria redatta dall'Avvocatura dello Stato. La nuova disciplina degli stupefacenti al vaglio della Corte Costituzionale. 1. Deve innanzitutto rilevarsi l'inammissibildtˆ della costituzione del Coordinamento Radicale Antiproibizionista (CORA) nel presente giudizio, in quanto, secondo la costante giurisprudenza di codesta Corte, nel giudizio incidentale (22) Si sottolinea che stata la legge di conversione ad estendere la facoltativitˆ dell'arresto in flagranza, quando ricorra la circostanza della Çlieve entitˆ¥, a tutti i tipi di sostanze stupefacenti: li testo originario del decreto-legge, infatti faceva riferimento solo all'art. 73, ,quarto comma del T. U., relativo alle c.d. Çdroghe leggereÈ. La legge di conversione ha inoltre soppresso l'art. 1 del decreto-legge che, in derogaall'art. 379 c.p.p.¥ disponeva che si dovesse tener conto della diminuzione di pena previstadall'art. 73, qumto comma del T. U. -relativo alle infrazioni di Çlieve entitˆ¥ -nonostante l'arresto in flagranza. 200 .. RASSEGNA DE./A,'l(VOCA,TURA DELLO STATO graduazione della sanzione in riferimento al rispettivo loro diverso disva lore sociale. 9.4. -In definitiva, deve constatarsi che, dalla lettura del contesto sociale sul quale era chiamato ad intervenire, i! legislatore ha tratto l'individuazione, al negativo, di fattori patogeni da rimuovere e, al positivo, di valori antagonisti da tutelare -salute pubblica, sicurezza pubblica, pace sociale minacciate in modo straordinariamente grave dal fenomeno droga -anche con il sacrificio dell'interesse del tossicodipendente o tossicofilo ad un meno disagevole rifornimento di sostanze stupefacenti, talchŽ il legislatore nel configurare la fattispecie incriminatrice in esame, ha esercitato una scelta discrezionale, nŽ arbitraria nŽ irragionevole anche sotto il profilo della offensivitˆ, coerentemente rapportata al quadro globale della strategia di intervento deliberata ed alla particolare gravitˆ del fenomeno criminoso da reprimere. Ne consegue che, con riferimento ai parametri fin qui esaminati, priva di fondamento si appalesa anche l'opinione del giudice rimettente secondo cui il criterio quantitativo oggettivo medio, utilizzato dal legislatore, non sarebbe in principio idoneo ad individuare la condotta punibile in conformitˆ a Costituzione. di legittimitˆ costituzionale non possono costituirsi soggetti che non abbiano avuto la qualitˆ di parte nel processo a quo (sent. 25 febbraio 1988 n. 220; sent. 22 maggio 1987 n. 182; sent. 19 gennaio 1984 n. 1; ordd. 7 marzo 1984 nn. 63 e 65). Pertanto, anche a voler ammettere che il CORA sia legittimo portatore di un interesse alla declaratoria di incostituzionalitˆ delle norme in epigrafe, il che si contesta, deve comunque escludersi la sua legittimˆzione a partecipare a questo giudizio, considerato che esso non solo non stato parte, ma non era neppure legittimato ad assumere la qualitˆ di parte nel giudizio penale a quo. La sua posizione non si differenzia, quindi, affatto da quella di un qua lunque soggetto dell'ordinamento, in quanto tale non legittimato ad inter venire in un giudizio di legittimitˆ costituzionale. 2. Tutte le censure di incostituzionalitˆ sollevate dai giudici remittenti presuppongono una interpretazione delle norme denunciate che non pu˜ essere condivisa, in quanto nŽ la lettera nŽ la ratio della legge (entrambe confermate dalla voluntas legislatoris), consentono di attribuire alla riforma del 1990 il deliberato intento o l'inconsapevole effetto della criminalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti. La riforma ha preso le mosse, com' noto, dalla constatazione del fallimento della legge 22 dicembre 1975, n. 685, a sensi della quale il possesso di quantitˆ di sostanze stupefacentJi. destinate al consumo (c. d. modica quantitˆ) non era sanzionabile penalmente pur costituendo un comportamento illecito suscettibile di trattamenti sanitari obbligatori. SenonchŽ, nel sistema della legge 685/1975, l'affermazione del disvalore sociale della detenzione e del consumo dii droga, pur esistente, venne di fatto vanificata da detto regime di non punibiLitˆ della detenzione di modiche quantitˆ per uso personale. Non punibilitˆ che dette vita, nella coscienza sociale, alla diffusa convinzione di una espressa legittimazione dell'uso della droga e, 201 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 10. -Un ulteriore profilo di legittimitˆ costituzionale, comune alle quattro ordinanze del Tribunale di Roma, contenuto nella censura, sempre nei confronti dello stesso complesso normativo di cui agli artt. 73, 75 e 78 t.u. approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, di violazione dell'art. 3 Cost. per disparitˆ di trattamento nella forma di pari trattamento di situazioni diverse perchŽ, in caso di detenzione di sostanze :stupefacenti in ¥misura appena superiore alla dose media giornaliera, sarebbero assoggettati alla stessa pena sia il soggetto che ha ceduto la ádroga, sia quello che l'ha consumata, giacchŽ, trattandosi di un fatto minimo in senso assoluto, le due condotte non potrebbero essere differenziate, salvo a ritenere, con violazione dei criteri generali di applicazione della legge penale, che alla fattispecie minima di spaccio di sostanze stupefacenti noh si possa mai applicare il minimo edittale. Alla stessa idea di fondo di violazione dell'art. 3 Cos“. per paritˆ ádi trattamento di situazioni non omogenee, ma all'interno in questo ácaso della categoria dei detentori per 'so personale, si ispira anche la prima delle due censure di legittimitˆ costituzionale sollevate in riferimento all'art. 3 Cost. dal Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, sul rilievo che le disposizioni citate sottopongono ad ugualeá trattamento situazioni che possono essere notevoimente diverse in nella realtˆ criminale, ad un espediente facilmente praticabile per lo spaccio minuto degli stupefacenti. Di qui la necessitˆ, dram:ttl.atidamente riproposta dal progressivo diffondersi del fenomeno, di una diversa scelta di politica criminale che, accanto ai principi di prevenzione, cura e riabilitazione, riaffermasse con chiarezza l'illiceitˆá dell'uso personale di sostanze stupefacenti e combattesse con maggiore efficacia il piccolo spaccio. Tuttavia questa netta inversione di tendenza avvenuta nella piena consapevoleiza della inopportunitˆ di sanzionare penalmente l'uso personale di sostanze stupefacenti Ç per la prevalenza á di motivi di solidarietˆ che inducono .a privilegiare il recupero dei tossicodipendenti È; ási quindi optato Ç per l'in<: riminazione di condotte che indirettamei'l:te rendono possibile l'uso È (Relazione al Senato sul disegno di legge n. 1509 ¥ Atti parlamentari, pag. 3). Dunque il legislatore del 1990 ha voluto superare la logica permissiva della legge 685/1975 (rectius: ála log“ca permissiva della interpretazione che la legge aveva avuto) senza tuttavia ácadere nell'estremo proibizionistico opposto, do quello cld incriminare il consumatore di stupefacenti in quanto tale. In veritˆ la scelta di fondo, per quanto attiene ai comportamenti penalmente sanzionati, non cambiata: ora tome allora la detenzione, áe non il ;consumo, di stupefacenti costituisce reato. Quello che cambiato il modo di attuazione di tale scelta, .dal quale dipende lil raggiungimento del punto di áequilibrio fra la esigenza di incriminare lo Spaccio e 'quella di non criminalizzare la mera detenzione per uso personale. Il tutto senza perdere di vista il periicoloso fenomeno della identificazione delle due figure di consumatore e di piccolo spacciatore. Il legislatore dl 1990, constatato 'Ch'e la nozione di Çmodica quantitˆÈ, '(mtesa 'dalla giurisprudenza 'come corrispondente al fabbis0gno di duŽ o tte giorni del tossicomane medio) non aveva consentitoá di áraggiungere di ásuddetto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 202 relazione alle caratteristiche dei soggetti agenti, per essere dissimili le loro esigenze e diverso il grado individuale di assuefazione o dipendenza dalla sostanza. La questione infondata sotto entrambi i profili prospettati. Va in primo luogo rettificata la premessa dalla quale muove il Tribunale di Roma lˆ dove qualifica Ç un fatto minimo in senso assoluto È sia la condotta del soggetto che ha venduto una quantitˆ di sostanza stupefacente Ç appena superiore È alla dose media giornaliera, sia quella del soggetto che l'ha acquistata e consumata. In realtˆ le due fattispecie cos“ poste a raffronto non sono affatto entrambe al limite minimo della soglia di punibilitˆ. Infatti, la dose media giornaliera opera come discrimine della punibilitˆ solo per la detenzione per uso personale e non anche per la detenzione per lo spaccio o per lo stesso spaccio. Quindi lo spaccio di una quantitˆ di droga appena superiore alla dose media giornaliera non rappresenta -a differenza dalla sua mera detenzione -la condotta di minore disvalore penale destinata in linea di principio all'applicazione della pena minima, salvo il giuoco in concreto della valutazione discrezionale di cui agli artt. 132 e 133 c.p. che non rileva sul piano della considerazione in astratto delle due fattispecie. NŽ, secondo la giurisprudenza di questa corte, eventuali illegittime applicazioni del minimo e del massimo della pena edittale pospunto di equilibrio perchŽ la non punibilitˆ del consumo si era tradotta nella non punibilitˆ dello spaccio minuto, ha indiividuato un nuovo discrimine nella nozione di Ç dose media gi<>rnaliera È. Sostengono i giudici remittenti che tale scelta di politica criminale avrebbe l'effetto di equiparare irragionevolmente spacciatori e consumatori attraverso l'arbitraria equazione Ç detenzione eccedente la dose mediia giornaliera uguale spaccioÈ considerati i tanti diversi possibili gradi di assuefazioP,e e "di .tolleranza degli assuntori tossicodiipendenti a fronte di una unitaria ed obiettiva determinazione della dose media giornaliera. Ma tale assunto errato, perchŽ la Ç dose media giornalieraÈ si differenzia dalla Çmodica quantitˆÈ non soltanto perchŽ sostituisce una quantitˆ di droga oggettivamente deterIDlinata ad un'altra (non pi la dose corrispondente a due o tre giorni di assunrione, bens“ quella di un giorno) ma perchŽ sostituisce un criterio (anche) soggettivo ad un criterio (soltanto) oggettivo e quindi introduce un discrimine personalizzato tra l'illecito penale e l'illecito amministrativo. In tal senso in primo luogo la distinzione tra consumatore occasionale (tossicofilo) e consumatore abituale (tossicodipendente) contenuta nell'originario disegno governatiivo ai fini della individuazione della dose media giornaliera, che nel secondo caso veniva espressamente intesa come dose media giornaliera non in senso oggettivo ma come dose personalizzata del soggetto assuntore. Nel travagliato iter parlamentare la distinzione fra tossicofili e tossicodipendenti venuta meno perchŽ si nitenuto opportuno non differenziare le due categorie nel trattamento sanzionatorio, tuttavia nel testo definitivo della legge .rimasta immutata la norma che, sulla base di tale distinzione, delega al Ministero della Sanitˆ le determinazioni di cui ai punti a), b) e e) dell'art. 18 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 203 sono ridondare in ragione di illegittimitˆ della norma incriminatrice (ord.. n. 806/88, id., Rep. 1989, voce Armi, n. 31). Nel quadro dell'ovvia considerazione cheá offerta (spaccio) e domanda (consumo) sono profili interagenti di w1 unico fenomeno, Ç le due facce del medesimo ed indivisibile problenia È (raccomandazione citata punto 9) post<> clie, come insistentemente sottolineato nel corso dei lavori preparatori; non vi potrebbe essere offerta senza (la sollecitazione della) domanda, nŽ domanda senza (la disponibilitˆ della) offerta, il legislatore,. al momento di operare le sue scelte strategiche di politica criminaleá contro il mercato ¥clella droga, ha ritenuto opportuno contrastare entrambi i momenti -la domanda, e per essa la detenzione, e l'offerta -dei quali,. appunto, qualsiasi mercato vive, peraltro limitando, per le ragioni giˆ: viste, la parificazione del trattamento sanzionatorio, quanto alla detenzione, .ásoltanto a parare da un determinato limite quantitativo. SicchŽ anche nel caso della ciete:QZione, quando quella quantitˆ di accumulo sia. superata, entrano in giuoco __.: nella valutazione legislativa -il mercato¥ generale della droga ed il fenomeno droga nel suo complesso e sfuma. in tale prospettiva la differenza tra le due condotte. E non inutile da ultimo ricordare che la legittimitˆ di un trattamento sanzionaiorlo che riconduca alla medesima fattispecie incrimmafrice á1a ¥detenzione di droga,á tanto se finalizzata allo spaccio quanto se del T. U. nel chiaro intento cli una quantificazione (anche) personalizzata della. dose media . giornaliera. D'altra parte l'interpretazione suggerita dal giudice remittente passa attraá verso una !inammissibile forzatura della lettera della.. legge perchŽ non datoá comprendere su quali ragioni si possa fondare una lettura dell'art. 78 che ne ricluce: il contenuto normativo alla sola lettera e) sul presupposto, del tutta. ind~fuostrato, che Je prescrizioni di cui alle lettere a) e b) sarebbero Ç inutiliter datae È. Una tale interpretazione riduttiva e sostanzialmente abrogat:rdce di parteá dell'art. 78 del T. U. d'altrC>nde coritraddetta non solo dalla esegesi letteraleá e da quella álogica e sistematica, ma anche da quella desumibile dalla lettura. dei lavori parlamentari, Che il concetto di dose media giornaliera fosse personalizzato e corrispondente ad una quantitˆ oggettiva unitaria solo per i tossi-á cofili appare .infatti pacifico con riferimento non solo ai tempi delle primediscussioni, ma anche a quelli delle ultime tornate di lavori, quando ormai era'. da tempo caduta la distinzione ad altri effetti tra tossicofilo e tossicodipendente. Esemplificativamente e non esaustivamente, siano consentite le seguenti citazioni: Ç la limitazione della discrezionalitˆ del giudice e le stesse difficoltˆ di orddne tecnico insite nell'accertamento peritale della dose media giornaliera costituiscono una maggiore garanzia per il semplice¥ tossicodipendente, il quale non potrˆ comunque essere considerato spacciatore se non vi sarˆ la certezza che la quantitˆ di droga trovata in suo possesso sia realmente superiore alla. dose media giornaliera di cui egli ha .bisogno È (Senatore Condorelli, Commis-á sioni 2¥ e 12áá riunite, seduta del 15 febbraio 1989, resoconti pag. 273). Ancora~ la nozione di dose media giornaliera come criterio personalizzato poi co11fer-á mata dalla chiara intellZione del legislatore di prevedere Ç la non punibilitˆ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 204 finalizzata al consumo, un dato giˆ acquisito dalla giurisprudenza di questa corte, in relazione sia alla legge del 1954 (sent. n. 9/72), sia alla legge del 1975 {sent. n. 170/82; ord. n. 94/84). 11. -Parimenti infondata la questione di legittimitˆ costituzionale sollevata dallo stesso Pretore di Bergamo sotto un secondo profilo di violazione dell'art. 3 Cost., sul rilievo che il disposto normativo censurato Ç pretermette il primario compito ordinamentale di rimozione degli osta- coli di ordine sociale, che, inducendo o comunque non prevenendo ai .singoli di pervenire ad uno stato di dipendenza dalle droghe, ne impe ádisce il pieno sviluppo della personalitˆ È. L'obiettivo della tendenziale e progressiva eliminazione di disagi e ádifficoltˆ di ordine socio-economico -che, in determinate situazioni, <:oncorrono a dare origine al fenomeno delle tossicodipendenze -rappresenta un profilo di ben pi ampia portata, che travalica quello settoriale della disciplina delle sostanze stupefacenti ed attiene a scelte di fondo di politica generale -legislativa, sociale, economica -che sfug. gono al sindacato di questa corte. 12.1. -Altro profilo di costituzionalitˆ quello introdotto dal Tribunale di Roma {nelle quattro ordinanze sopra indicate) e dal g.i.p. presso áesclusivamente per chi sia sorpreso in possesso di una quantitˆ di sostanza stupefacente non superiore a quella assunta dal soggetto nel corso delle 24 ore, áovvero, in caso di uso occasionale, in quantitˆ non superiori alla dose media .efficaceÈ (Senatore Bompiand, ivi, seduta 2 marzo 1989, pag. 10). Ancora, si legge ádella dose media giornaliera come di Ç misura cucita addosso ad ogni .singolo drogato È (Sen, Gualtieri, Assemblea, resoconto stenografico della seduta .24 novembre 1989, pag. 15); di dose personalizzata che, per l'eroina, Çpotrˆ oscillare dai 0,10 ai 5 grammi al giorno È (Senatore Condorelld, ivi, seduta del 28 novembre 1989, pag. 48) mentre per il tossicofilo non tossicodipendente dovrˆ áessere determinata unitariamente ed oggettivamente con criteri scientifici (Se natore Acone, ivi, seduta 5 dicembre 1989, pag. 29). Da ultimo, alla vigilia della approvazione della legge, il relatore per la Com missione sanitˆ, senatore Condorelli, sottolinea ancora come, con l'introduzione ádel concetto di Çdose media giornalieraÈ, si sia fatto riferimento Çad un cri terio soggettivo oltrechŽ meramente quantitativo È (Commissioni 2¥ e 12¥ riunite, .seduta del 23 maggio 1990, 504¡ resoconto, pag. 10). Altrettanto arbitrario , infine, il significato che viene dato dai giudici remittenti alla mancata riproduzione della norma contenuta nell'art. 80, secondo ácomma, della previgente normativa la quale espressamente scriminava la detn zione ed il consumo anteatto di non modiche quantitˆ. Qui la forzatura del testo della legge di segno contrario a quella fft tuata dal gii.udice a quo in danno dell'art. 78 T. U., perchŽ dalla mancata .tipro áduzione di quella norma (di cui all'art. 80 1. 685/1975) si pretende di ricavare l'affermazione del principio opposto, cio l'incriminazione del consumo anteatto. Ma sul punto soccorre innanzitutto il principio di tassativitˆ della legge penale il quale non consente interpretazioni estensive o applicazioni analogiche .della norma incriminatrice; pertanto se vero, ácom' vero, che anche il sistema PARTE I; SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 205 il Tribunale di Camerino (in due ordinanze), i quali ritengono che il meccanismo normativo attraverso il quale il legislatore individua la fattispecie penalmente .. rilevante contrasti con la riserva di legge in materia penale sancita dall'art. 25 Cost. per il fatto che l'art. 78 demanda ad un decre~o deLministro della sanitˆ la dterlliinazione dei limiti quantitativi mas.simi di prinipio attivo .per le dosi medie giornaliere. Tale rinvio non. soddisfa -secondo i giudici rimettenti ..-l'esigenza di predetermin~ ione :ad opera della norma primaria del contenuto essenziale della fattispecie penale, In particolare l'art. 78 cit. -mentre alle lettere a) e b) detta criteriá per l'accertamento dell'uso abituale di sostanze stupefacenti e.metodicheáper la quantificazione.dell'assunzione abituale nelle 24áore non detta invece alcun criterio per la determinazione della dose media giornaliera, a. differenza di quanto faceva l'art. 12 1.á685/75 in ordine alle tabelle delle sostanze stupefacenti, indicando .. con ricchezza di dettagli i criteri per la formazione di tali tabelle e cos“ circoscrivendo l'intervento della pubblica amministrazione nei limiti. diá un'attivitˆ meramená te tecnica. Invece l'art. 78 contiene il richiamo ad Ç un'entitˆ irreale (la ''dose. media giornaliera")á assolutamente insuscettibile di definizione dal PUllto di vista .tecnico-scientificoÈ, atteso che; dovendo la dose media giqrnalier;:i. riferirsi alla media aritmetica tra dose minima e ádose massima assumibile nelle 24 ore, tali due estremi sono altamente incerti attuale sanziona penalmente non !il consumo ma la detenzione integrante un pericolo di spaccio, allora l'art. 73 T.U. deve essere coerentemente interpretato nel . senso cieUa non punibilitˆ della detenzione e consumo anteatti di droga, perc.Ž in. tai caso manca nella condotta il pericolo di spaccio. Tale interpretazione inoltre coerente con il principio di prevenzione del l'uso personale di stupefacenti . ed quella fatta. propria dall'Esecutivo. Infatti nella Ci.rcolare del Ministero dell'Interno Gab .. n. D.R./11013/M/4 (5) Uff. IV del 25 marzo 1991 contenente le istruzioni applicative della nuova legge si legge che Çl'uso personale . e. la detexizione personale costituiscono fattispecie distinte È il che comporta Çl'inapplicabilitˆ dell'art. 75 del d.P~R. n. 309/90 nei confronti di chi abbia fatto abuso o rechi i segni dell'assunzione di sostanze stupefa centiÈ. Se dunque la detenzione ed il consumo anteatti non integrano gli estremi dell'illecito amministrativo (art¥. 75 T. U.) eo magis non potranno integrare quelli delfillecito penale (art. 73 T. U,), á á á 3. Del tutto infondata poi la denuncia di violazione dell'art. 3 Cost. sotto l'altro profilo della irraglionevole equiparazione tra detenzione di droghe leggere e di droghe pesanti. Al riguardo si osserva innanzitutto che sia l'art. 73 T. U., sia l'art. 75 T. U. prevedono diverse sanzioni per le droghe pesanti e per le droghe leggere, il che dimostra un minore rigore sanzionatorio sia penale che amministrativo. Il fatto poi che il legislatore non abbia valutato la minore pericolositˆ della detenzione di droghe leggere anche sul piano precettivo -cio che abbfa indivdduato anche qui Ç il punto di equilibrio È della politica criminale nella dose media giornaliera, costrmgendo anche i fumatori di cannabis a rifornirsi quotidianamente -costituisce una scelta legislativa discrezionale ragli.onevol 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 206 e mutevoli a causa delle molte variabili da cui essi dipendono, quali il modo di assunzione ed il grado di tolleranza del soggetto assuntore. In tal modo lo scrimine tra il lecito e l'illecito rimesso alla discrezionalitˆ dell'autoritˆ amministrativa. In concreto poi il d.m. 12 luglio 1990 n. 186 confermerebbe questo assunto evidenziando in particolare l'inadeguatezza della determinazione (in linea di massima eccessivamente restrittiva) della dose media giornaliera di eroina, cocaina e della cannabis e derivati e l'illegittimo perseguimento di finalitˆ di prevenzione e disincentivazione. Tra l'altro, si osserva che il discrimine fondato sulla Ç dose media giornaliera È sarebbe fortemente penalizzante per i tossicomani pesanti, esposti alla sanzione penale pur quando mantengano l'approvvigionamento nei limiti del loro fabbisogno quotidiano, ed invece colpevolmente gratificante per i piccoli spacciatori, che siano eventualmente anche assuntori occasionali o allo stadio iniziale, i quali, avendo un fabbisogno personale inferiore alla Ç dose media giornaliera >>, conservano un margine per il piccolo spaccio. á" In realtˆ -si sostiene soprattutto nelle ordinanze del Tribunale di Roma come si giˆ prima ricordato -il dato quantitativo obiettivo non in linea di principio idoneo a differenziare, senza violare la Costituzione, la condotta penalmente punibile (spaccio) da quella non pe mente compiuta e quindi non censurabile (oltre che conforme ad impegni internazionali assunti dall'Italia: cfr. Convenzione di New York 30 marzo 1961 e protocollo di emendamenti di Ginevra 25 marzo 1972 ratificati con legge 5 giugno 1974 n. 412 e Convenzione di Vienna 21 febbraio 1971 ratificata con legge 25 maggio 1981 n. 385. Tali Convenzioni includono infatti -senza differenziazioni -la cannabis indica fra le sostanze stupefacenti vdetate), Quanto alla sospensione della pena ex art. 90 T. U. -di cui, secondo il Tribunale di Roma, non potrebbero usufruire i detentori di droghe leggere perchŽ di regola essi non avrebbero bisogno di programmi terapeutici o socioriahllitativi -va detto che tale disposizione si fonda sul principio del c.d. Ç patto terapeutico È, consistente nell'offerta di una terapia riabilitativa in alternativa alla sanzione. Tale principio (conosciuto anche da altre legislazioni, quali quelle austriaca e francese: cfr.: J. Wiarda, Drug policies in Western Europe, Friburgo, 1989, 29 ss.) non contrasta affatto con l'art. 3 Cost. in quanto sti fonda sulla diversa situazione di colui che ha bisogno e vuole essere disintossicato rispetto a colui che non ha bisogno o non vuole sottoporsi ad un programma terapeutico o socioriabilitativo. Tanto a tacere, poi, del fatto che, pacifiicamente, anche il consumatore di droghe leggere potrebbe chiedere ed ottenere di sottoporsi a programma quanto meno socioriabilitativo. 4. Sulla pretesa violazione dell'art. 25 Cost. -con riferimento al principio della necessaria offensivitˆ del reato -anche qualora dovesse ritenersi esatta l'esegesi che conduce alla criminalizzazione del consumo di droga (il che, come si detto, si contesta), giova ribadire che il suddetto principio non risulta sancito dalla Costituzione. PARTE I,,á SJlZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 207 nalmente punibile (consumo); il discrimine fra le due condotte, invece, deve essere fondato su dati fattuali emergenti singolarmente dall'accertal! J,e!J,t() giudiziale, nell'ambito del quale la quantitˆ di .sostanze stupefacenti . detenute pu˜ costit.ire unicamente uno degli elementi di prova. l)a qaj,¥.¥ la Jiecessitˆ, dellaááácaduca,zione nell'art. 7S.. á dell'inciso Çin dosŽ n>n superiwe a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri inclicati al primo comma dell'art,. 78 È, per effetto della quale il discrimine del. penalmente rilevante verrebbe a fondarsi sul. tipo di. condotta (destinazione allo spaccio o al consumo) passando da un criterio "medioÈ ad uno individuale. 12.l. ¥ Della censura pi radicale, formulata nelle ordinanze del Tiibunale di . Roma, volta a denunziare la non idoneitˆ, in principio, del parametro .quantitativo oggettivo medio ad individuare la detenzione penalmente punibile seriza vfolare i principi costituzionali; si giˆ rilevata l'infondatezza con riferimento ai profili di ragionevolezza ed offensivitˆ. Ad eguale conclusione siá perviene con riferimento al profilo della riserva di legge, dovendosi escludere, per Ie ragioni che seguono, che il complesso normativo in esame vi:oli il relativo principio. Come si prima accennato, il criterio della dose media giornaliera -unico e non duplice, oggettivo medio e non personalizzato -era con- Comunque, nel richiamare quanto giˆ esposto in proposito nell'atto di intervento, si osserva che non esatto affermare che il reato di consumo di sostanze stupefacenti evochi l'idea di uno Stato etico o della colpa morale d'autore, concetti entrambi .di certo estranei alla nostra Costftuzione. Infatti, a parte la materialitˆ del reafo, che indubbia, (non si punirebbe un modo di essere del soggetto ma una specifi.ca condotta) il bene giuridico protetto non sarebbe certo l'idea dell'individuo come valore sociale bens“ il complesso di interessi fondamentali lesi dal preoccup~te fenomen.o della tossicodipendenza e che possono essere h1dividuati non solo nel diritto alla salute inteso come interesse della collettiVitˆ al..benessere. sociale. ma nello stesso interesse diffuso ad una civile convivenza, che il¥á dilagare del consumo di sostanze stupefacenti tende a compromettere anche attraverso fenomeni di criminalitˆ lindotta. Sostenere che l'assunzione di ¥droga un atto di libertˆ perchŽ non reca offesa ad altri sembra quindi. ind:ulgenza ad una visione riduttiva del "feno meno droga È, il quale non pu˜ essere certo paragonato ad una solitaria forma di autolesionismo, . quanto ineno nella dram,matica realtˆ sociale odierna. 5. I giudici remittenti affermano che l'art. 78 T. U. richiamato dall'art. 73 T. U. non soddisferebbe l'esigenza di predeterminazione legislativa del contenuto essenziale del reato perchŽ demanderebbe al Ministro della Sanitˆ la determinazione della dose medlia giornaliera -e quindi della fattispecie criminosa senza fissare presupposti, caratteri e limiti del provvedimento amministrativo, con conseguente violazione dei principi di legalitˆ e tassativitˆ (art. 25 Cost.). Anche questa censura si fonda sull'assunto che il contenuto effettivo dell'art. 78 si riduce al solo punto e) in quanto, sostiene il Tribunale di Roma, i punti a) e b) dell'art. 78 null'altro sarebbero che la sopravvivenza verbale di una lodevole intenzione del legislatore rimasta priva di sbocchi normativi (come 208 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO cetto giˆ noto all'esperienza giurisprudenziale sotto la vigenza della I. n. 685 del 1975. Infatti la giurisprudenza di gran lunga prevalente della Cassazione era pervenuta a definire la modica quantitˆ come un multiplo variamente quantificato del consumo giornaliero Ç medio È riferito alla figura del Çconsumatore medioÈ, non dovendosi tenere conto delle esigenze del singolo tossicodipendente: quindi non solo tale parametro era giˆ noto, ma lˆ girisprudenza stessa faceva giˆ riferimento alla quantitˆ di principio attivo cio di sostanza pura o allo stato puro presente nelle cosiddette dosi á di strada. 12.3. -Diversi, peraltro, ásono i criteri di determinazione, rispettivamente, della Ç dose media giornaliera È e della Ç modica quantitˆ È: la seconda affidata al giudice; la prima invece rimessa ad un decreto ministeriale dal combinato disposto degli art. 75 e 78 t.u. 9 ottobre 1990 n. 309, Ma il átassello che nll'attuale disciplina va in tal guisa a completare la fattispecie penale contiene giˆ l'estrinsecazione della prerogativa della norma primaria di determinare ci˜ che sanzionato e ci˜ che non sanzionato perchŽ fa ricorso ad un criterio obiettivo di valutazione che -per le considerazioni testŽ svolte sul punto che anche nel regime se tale c.d. Ç sopravvivenza È non sia essa stessa un dato normativo di cui l'interprete deve tener conto). Nel richiamare quanto giˆ osservato a confutazione di tale tesi interpretativa, si osserva che il Ç nucleo essenziale del reato È risulta interamente delineato dall'art, 78 sia che tale norma si intenda nella sua piena portata normativa (come si deve) e cio con riguardo alle lettere a), b) e e) sia che la si legga, come fa il Tribunale di Roma, riducendone arbitrariamente il contenuto alla sola lettera e). Nel primo caso la violazione dei principi di legalitˆ e tassativitˆ deve essere senz'altro esclusa perchŽ la norma primaru.a contiene una completa determinazione del Ç nucleo fondante È e del ~< contenuto essenziale dello illecito penale È (Corte Cost. sent. 282/90), individuando nella quantitˆ corrispondente al fabbisogno giornaliero di droga il discrimine tra detenzione penalmente lecita ed illecita. Altrettanto completa, poi, la individuazione dei criteri di calcolo della dose media giornaliera cui l'autoritˆ amministrativa dovrˆ attenersi, in quanto l'articolo 78 T. U. prevede, da un lato, la predeterminazione di metodiche e procedure volte ad individuare la dose giornaliera personalizzata del singolo tossicodipendente; dall'altro la dose media giornaliera, unitaria ed oggettiva, idonea ad indurre l'effetto farmacologico tipico di ogni singola droga nell'assuntore occasionale, calcolata nei suoi valori massimi. Una norma incriminatrice cos“ congegnata non lascia evidentemente alcuno spazio alla fonte secondaria a cui resta solo di fissare, senza alcun margine di discrezionalitˆ che non sia quella tecnica, dati risultanti da cognizioni scientifi che che sarebbe impossibile determinare per legge ed una volta per tutte. Il che il Ministero per la Sanitˆ puntualmente ha fatto, determinando procedure e metodiche per individuare la tosskodipendenza e la dose giornaliera persona lizzata, da un lato, e la dose media unitaria oggettiva, dall'altro. I Ii 209 PARTf“ I, SEZ. I, GIURISPRU!WN.ZA OSTlTUZIONALE previgente la dose giornaliera abituale media era la base di calcolo della modica quantitˆ -costituiva un'acquisizione giˆ presente nella gi.risprudenza. La discrezionalitˆ del legislatore primario stata esercitata nel momento in cui, tra le varie soluzioni possibili; ha optato per il criterio della dose media giornaliera come scriminante tra detenzione sanzionata penalmente e non.. Cos“ definita la soglia di punibilitˆ, .la fattispecie á.penale sufficientemente descritta nei suoi elementi essenziali e, al di lˆ di questa opzione, residua .soltanto una determinazione tecnica sulla base di nozioni di tossicologia, farmacologia e statistica sanitaria, ma non anche una scelta di politica criminale {tant' che il precetto penale potrebbe in ipotesi sussistere autonomamenteá anche senza l'integrazione del. decreto ministeriale, come era previsto nel testo proposto dalle commissioni riunite za e 12a del senato e come lo stesso testo definitiyo non ha in principio escluso che potesse, almeno interinalmente, verificarsi quando ha fissato in due mesi dalla data di entrata .in vigore della 1. n. 162 cit. il termine finale per l'emanazione del decreto stesso). Sono quindiá queste conoscenze tecniche che fissano in termini sufficientemente delimitati le coordinate dell'integrazione rimessa al ministro della sanitˆ, il quale, pertanto, tenuto ad esercitare una discrezionalitˆ solo tecnica., come risulta dalla previsione di aggiornamenti nel solo caso di Ç evoluziOne delle conoscenze del settoreÈ {e. non giˆ Ma anche a voler ammettere,. per assurdo, che si possa condividere l'interpretazione suggerita dal. Tribunale di Roma, si dovrebbe riconoscere che anche la sola lettera e) dell'art. 78 sarebbe sufficiente ad individuare il contenuto essenziale del reato indicando nel Ç limite quantitativo massimo di principio attivo È la linea di confineá tra detenzione punibile e non. Se, infatti, la norma dovesse interpretarsi come demandante all'autoritˆ sanitaria il compito di fissare per ogni singola droga una dose giornaliera media unica per qu8lunque assuntore, tossicodipendente o meno, dovrebbe conseguentemente attribuirsi alla stessa il significato di demandare all'autoritˆ sanitaria il compito di individuare valori medi basati su criteri epidemiologici, tossicologici e soprattutto statistici. Il che escluderebbe, da un lato, dn capo al Ministero della Sanitˆ qualunque discrezionalitˆ che non sia quella tecnico-scientifica; conferirebbe, dall'altro, al criterio individuatore della quantitˆ oggettiva che segna il ádiscrimine dell'illecito penale una . concretezza ed una ertezza che il vecchio criterio della Ç modica quantitˆ È certo non aveva (e che pure aveva superato indenne il vaglio di costituzionalitˆ: Cass I Pen., 12 marzo 1980 n. 1618; Corte Cost., ordinanza 16 aprile 1987 n. 136) e che risponderebbe al razionale disegno di ostacolare il consumo degli stupefacenti costringendo l'assuntore ad un ricorso al mercato tanto pi defatigante (e dissuadente) quanto maggiore la dipendenza. Altro e diverso problema , poi, ovviamente, quello del modo in cui l'autoritˆ amministrativa ha in concreto esercitato il potere delegato. Ad avviso di questa difesa ed alla luceá di una corretta interpretazione della norma di legge tale esercizio non ha certo peccato in senso proibizionista, in quanto il Decreto Ministeriale ha individuato la dose media. giornaliera per il tossicofilo sulla base di una media statistica delle assunzioni dei tossicodipen RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO di inasprimento o allentamento della repressione dello spaccio). In quest'ottica il criterio indicato sub e) del primo comma dell'art. 78 -secondo cui devono essere fissati Ç i limiti quˆntitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere È -appare vincolare in modo sufficientemente adeguato all'attuale stato delle conoscenze suddette la determinazione del ministro della sanitˆ, al quale la legge non consente alcuna valutazione in chiave di prevenzione o di repressione, volta cio ad integrare la scelta di politica criminale che solo la normativa primaria pu˜ operare. Si aggiunga che il criterio della lettera e) del primo comma dell'art. 78 va coordinato con i precedenti criteri sub a) e b) giacchŽ l'art. 75 richiama tutto il contenuto del suddetto primo comma e non giˆ solo la lettera e). Ed infatti -dovendo la soglia quantitativa essere Ç media È ed essere riferita all'arco di una giornata -soccorrono a tal fine le Ç procedure diagnostiche e medico-legali per accertare l'uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope È e Ç le metodiche per quantificare l'assunzione abituale nelle ventiquattro ore È che il ministro della sanitˆ deve emanare, previo parere dell'istituto superiore di sanitˆ, ai sensi, rispettivamente, delle lettere a) e b) dell'art. 78, cos“ standardizzando i procedimenti di rilevazione statistica giˆ adottati nella prassi. In sostanza, quindi, il criterio sub e) del primo comma dell'art. 78 va integrato con quelli sub a) e b) (di contenuto strettamente tecnico-scientifico), nel senso che questi ultimi due -che nel testo dell'originario disegno di legge erano deputati a specificare il criterio della dose media Ç personalizzata È prevista per l'abituale assuntore di sostanze stupefacenti -oggi conservano egualmente una loro funzione in quanto indicano all'autoritˆ amministrativa le metodiche per stabilire quale sia il consumo abituale di sostanze stupefacenti che consentono di pervenire attraverso campionature statistiche a conoscere un panorama di dati denti. Ma ove fosse esatta la esegesi dei giudici remittenti, ed ove, dunque, le dosi fossero state determinate anche per i tossicodipendenti :in misure troppo basse ed in ossequio a criteri non scientifici ma di politica criminale, ebbene si sarebbe allora in presenza dii una ipotesi di sviamento di potere con conseguente illegittimitˆ del Decreto Ministeriale e sua disapplicabilitˆ da parte del giudice penale, sempre libero di rivolgersi al perito per ottenere quelle nozioni scientifiche cui la legge rinvia per completare il proprio precetto e che l'autoritˆ amministrativa avrebbe malamente fornite. 6. Per quanto riguarda la pretesa violazione del principio della funzione rieducativa della pena e del diritto alla salute dell'assuntore, ci si limita a rinviare alle deduzioni giˆ svolte nell'atto di intervento relativo. 7. Da ultimo, converrˆ accennare a qualche notazione di diritto comparato, attesa la dimensione planetaria del Ç fenomeno droga È e la necessaria interrelazione delle legislazioni nazionali volte a combatterlo nel quadro delle note Convenzioni internazionali giˆ citate, cui deve aggiungersi la pi recente Convenzione di Vienna delle Nazioni Unite del 19 febbraio 1988 che ha lanciato un PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 211 individuali da utilizzare per quantificare la misura ÇmediaÈ, secondo criteri obiettivi di valutazione alla stregua della ricordata giurisprudenza. Vero che tali criteri -come risulta dalla letteratura sul tema e dalla stessa esperienza testimoniata dagli organi tecnici chiamati a fornire parere durante l'elaborazione della legge ed in sede di redazione del decreto ministeriale e delle relative tabelle -presentano margini di opinabilitˆ e non conducono all'individuazione di risultati del tutto sicuri e precisi. Ma tecnicitˆ e scientificitˆ del criterio di riferimento ben raramente, e comunque non necessariamente al fine che qui interessa, equivalgono a certeua: sufficiente, per realizzare il requisito dell'adeguata predeterminazione del contenuto essenziale del precetto penale, la verificabilitˆ, la ragionevolezza dei criteri ai quali la norma primaria rinvia. E nella specie, come si ripetutamente sottolineato, si tratta di criteri la cui concreta .praticabilitˆ operativa testimoniata dall'applicazione fattane durante i quindici anni di vigenza della precedente disciplina. NŽ va trascurata la considerazione che comunque, rispetto alle finalitˆ pratiche perseguite attraverso H divieto di accumulo pi volte indicato, sufficiente -e quindi non irragionevole -una determinazione quantitativa che pure presenti margini inevitabili di approssimazione. Onde, in definitiva, la dose media giornaliera, pur con le approssi. mazioni proprie di ogni standardizzazione, nozione riferita a criteri objettivi determinati nella realtˆ del momento. La prevista variabilitˆ delle tabelle Çin relazione all'evoluzione delle conoscenze del settoreÈ (art. 78, secondo comma) il sufficiente correttivo di tali approssimazioni. 12.4. -Cos“ delimitata l'integrazione della fattispecie penale, il rinvio al d.m., non viola il precetto dell'art. 25, 2¡ comma, Cost. significativo segnale di Ç indurimento e maggiore severitˆÈ dell'atteggiamento della Comunitˆ internazionale di fronte al fenomeno in esame (cfr. Atti parlamentari, Senato, resoconto stenografilco, seduta 24 novembre 1989, pag. 8). Sarebbe facile citare esempi di legislazioni nazionali marcatamente repressive che puniscono con estrema durezza anche l'uso personale di modicissime quantitˆ, quali Giappone, Indonesia, Corea (AA.VV., Drug Control in Asia, Ed. UNAFEI, Tokyo 1989). Ma il confronto potrebbe essere considerato poco conferente. Ci limitiamo dunque a tener presenti legislazioni di Paesi vicini all'Italia per cultura, tradizione giU11idica, costumi, tipo di regime politico-costituzionale, notando come in Europa la regola generale Ç con l'eccezione della Danimarca e dell'Italia quella della criminalizzazione del possesso di qualsiasi quantitˆ di droga, anche se piccola e per uso personale È (D. Cotic, Drugs and punishment, Roma, 1988, pag. 46). Il tanto celebrato esempio olandese, infatti, non consegue ad na normativa Ç liberale È ma ad una scelta discrezionale del Ministero della Giustizia di 212 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Conforta tale convincimento la giurisprudenza di questa corte che a parte la radicale affermazione di principio formulata in alcune risalenti pronunzie {sent. n. 36/64, id., 164, I, 1282; sent. n. 9/72, cit.; sent. n. 113/72, id., 1972, I, 2741) secondo cui la riserva di legge penale rispettata solo che la norma primaria indichi Ç la condotta vietata È e Çl'oggetto materiale del reatoÈ -ha ritenuto costituzionalmente legittima l'integrazione della fattispecie penale ad opera di atti amministrativi in numerose altre ipotesi non dissimili da quella in esame. Pu˜ richiamarsi innanzi tutto la giˆ citata sentenza n. 36 del 1964 (confermata dalla pure giˆ citata sentenza n. 9 del 1972) che non ha ravvisato l'illegittimitˆ costituzionale, in riferimento all'art. 25 Cost., dell'art. 6 1. n. 1041 del 1954 cit. perchŽ, nel sanzionare tra l'altro l'illecita detenzione di sostanze stupefacenti, rimetteva all'autoritˆ amministrativa l'elencazione di queste ultime. Anzi la corte rileva la maggiore puntualitˆ della fattispecie criminosa introdotta dall'art. 6, rispetto a quella dei precedenti artt. 446 e 447 c.p. che invece facevano genericamente riferimento alla nozione di Ç stupefacenti È con la conseguenza che Ç nell'applicazione delle norme del codice gli accertamenti subivano le incertezze, le insufficienze, le difformitˆ di valutazioni disposte di volta in volta dal giudice È (rilievo questo che, pu˜ valere anche nel passaggio da un sistema fondato sulla nozione generale di Çmodica quantitˆÈ, la cui determinazione era rimessa di volta in volta al giudice penale, ad un sistema fondato sulla dose media giornaliera che preventivamente determinata in modo oggettivo e fornisce Ç la garanzia di una qualificazione unitaria È valevole per tutti). Con riferimento poi ad altre fattispecie la corte ha ribadito che Çil principio di legalitˆ in materia penale soddisfatto sotto il profilo della riserva di legge (art. 25, secondo comma, Cost.) allorquando la legge deter mina con sufficiente specificazione il fatto cui riferita la sanzione pe quel Paese, che ha impartito ai dipendenti uffici del Pubblico Ministero la direttiva di non perseguire vendita, acquisto, produzione e detenzione di cannabis quando la quantitˆ non superi i 30 grammi (D. Cotic, op. cit., 58). Di pi, non pochi Paesi europei incriminano espressamente il consumo di droga (a prescindere dalla sua detenzione), come Francia e Svizzera (D. Cotic, op. cit., 60). D'altronde la pi volte citata .Convenzione di Vienna, con il combinato disposto dei suoi artt. 3, 33 e 36, qualiiiica il possesso di droga per uso personale come Çoffence È anche se meno grave (Ç not serious È) con conseguente facoltˆ per gli Stati firmatari di non perseguire penalmente la relativa condotta. Una seconda notazione si impone ed quella relativa al fatto che tutte o quasi tutte le legislazioni nazionali in materia o le prassi giurisprudenziali utilizzano il criterio della quantitˆ di droga detenuta per distinguere i casi di maggiore o minore (o nessuna) gravitˆ. Orbene, sembra interessante notare come le quantitˆ individuate per legge o per prassi in alcuni Paesi siano significativamente vicine proprio a quella indicata come dose media giornaliera dal Decreto Ministeriale pi volte citato e tanto criticata dai giudici remittenti. PARTE l, ¥ SBZ. li .GIW!$PRUDENZAá.COSTITUZIONALE 213 nale. In corrispondenza della ratio garantista della riserva, infatti necessario che la legge consenta di distinguere tra la sfera del lecito e quella dell'illecito, fornendg a tal fine. un'indicazione normativa sufficiente ad . orientare, .. la .condi;>tta dei consociatiÈ (sent. n¥ 282 del 1990, .id., RePá 1990, voce Vigil.i del fuoco, n. 8, che richiama proprio i suddetti elenchi di sostru;lZe stupefacenti). Rispettosa di tale principio stata ritenuta la; normativa. in .materia ¥diá. sanzioni penali áper violazion.e dl. provvedimentLdella pu:tiblica amministrazione -quali quelli del Cip in materia di prezzi .ovveroá quelli emessi per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o l'ordine p.bblico o d'igiene ex art. 650 c.p. (ord. n. 659 del 1988, id,, 1989; l, 291; sent. n. 58 del 1975, id., 1975, I, 1059; n. 21 del 1973,. i4,, 1973, l, 1347; n. 168 del 1971, id., 1971, I, 2101) ~. fattispecie queste in cuil'integrazione ad ¥opera del provvedimento amministrativo della co.ntta .sanzj,-0natl:t . penidmente appare di maggior momento rispetto l;\1q.eUa. <>petatˆ d!lll'.l:lrt¥. 78 in esame. Gli stessLprincipi si ritrovano ribaditi in varie ulteriori ipotesi di integrazi<>ne della fattispecie penale (cfr. ord. n. 492 del 1987, id., 1988, voce Valore aggit&nto (imposta), n. 246; sent. n. 108 del 1982, id., 1982, l,. 2730 e¥ n. 113 del 1972, cit.). E ~he nella delicata materia alimentare . stata ritenuta la legittimitˆ ¨ll'integrazione ,della fattispecie incriminatrice mediante rinvio a fonti second.arie dalla sentenza n. 96/64 (id., 1964, I, 2217) relativamente all'individuazione degliáá additivi chimici vietati, nonchŽ dalla sentenza n. 61/69 (id., 1969, I, 1619). In particolare quest'ultima ha ritenuto compatibile con la riserva di álegge il rinvio al decreto del ministro della sanitˆ non soltanto della formazione degli elenchi dei coloranti consentiti delle sostanze alimentari, ma anche delle Çmodalitˆ d'usoÈ; la corte ha ritenuto che tale termine contenesse un'indicazione sufficientemente Cos“; ad esempio, in Svezia il Procuratore Generale, in una circolare del 1980, indirizzata ¥ad pubblici ministeri. da lui dipendenti, individuava in 1 grammo di. canna})is e.ci in 0,1-Q,2 grammi di sostanze .stimolanti il sistema nervoso centrale la Çpiccola quantitˆ per uso personale È di fronte alla quale la pubblica accusa ¥pu˜ discrezionalmente rinunciare ad esercitare l'a2Jione penale e l'ordinamento del Nuovo Galles del áSud (Australia) fissa le Ç piccole quantitˆ È (la. cui detenzione ¥¥á considerata perá uso personale e quindi meno gravemente punita) in .0,2 gra:n:imi per la cocaina ed in 0,7 grammi per la morfina. á Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, anche sul versante delle Ç grandi quantitˆ È al di sopra delle quali si presume il Ç grande traffico È con conseguenteá appesantimento delle sanzioni, fino all'ergastolo (D; Cot:ic, op. cit., 56 e ss.). Riteniamo tuttavia che le pur fugaci e. parziali notazioni ora accennate siano sufficienti per giungere alla conclusione che la normativa italiana denunciata non solo tra le pi liberali del mondo ma poggia anche su criteri di tanto generalizzata adozione da escludere ogni sospetto di irragionevolezza. IGNAZIO FRANCESCO CARAM:AZZA FRANCESCO SCLAFANI Avvocati dello Stato vamente predeterminata in misura fissa per ciascun tipo di sostanza -vamente predeterminata in misura fissa per ciascun tipo di sostanza - 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vincolata per la pubblica amministrazione e non consentisse Çarbitrarie dilatazioni È. Infine, anche la Ç pregressa elaborazione giurisprudenziale È -quale nella specie quella formatasi riguardo alla nozione della Ç modica quantitˆ È - stata ritenuta adeguato criterio di integrazione della fattispecie penalmente rilevante (sent. n. 49/80, id., 1980, I, 1254). In conclusione, pertanto, pu˜ dirsi che, anche nel caso del rinvio operato dall'art. 78 al decreto del ministro della sanitˆ, i parametri indicati nella lettera e) del primo comma, integrati da quelli contemplati nelle precedenti lettere a) e b), rappresentano -in correlazione con la richiamata esperienza giurisprudenziale maturata circa l'individuazione del dato di base {consumo giornaliero di un assuntore medio) giˆ utilizzato per la quantificazione della Çmodica quantitˆÈ di cui alla legge del 1975 vincoli sufficienti a restringere la discrezionalitˆ della pubblica amministrazione nell'ambito di una valutazione strettamente tecnica -e come tale giudicata ripetutamente idonea a concorrere, nel pieno rispetto del I l'art. 25, secondo comma, Cost., a precisare il contenuto della norma incriminatrice con l'ausilio dei Ç suggerimenti che la scienza specialistica pu˜ t dare in un determinato momento storicoÈ (sent. n. 475/88, id., Rep. 1988, ~ voce lnforturni sul lavoro, n. 207, con riferimento ad elementi normativi % i & della fattispecie affidati all'individuazione del giudice) -ed in conseguenza pu˜ affermarsi che la condotta penalmente sanzionata risulta sufficientemente descritta dalla norma primaria dettata con il citato art. 78. 1 12.5. -Le prime due ordinanze del Tribunale di Roma contengono ulteriori censure rivolte (non pi l'art. 78, ma) direttamente nei conI fronti del decreto ministeriale, che -mal utilizzando le conoscenze tecniche del settore -avrebbe determinato la dose media giornaliera delle singole sostanze stupefacenti eccedendo essenzialmente per difetto. Ma tali censure, in quanto concernenti non la sufficienza dei criteri l fissati dalla norma primaria -in misura, come si visto, costituzionalmente adeguata -bens“ l'applicazione fattane dall'autoritˆ amministrativa, rimangono estranee al giudizio di questa corte. Infatti, l'even I tuale illegittimitˆ dell'integrazione amministrativa della norma incrimi natrice primaria non ridonderebbe certamente in illegittimitˆ costituzio I nale di quest'ultima, ma soltanto radicherebbe il potere-dovere del giuI i dice ordinario di disapplicare nel caso concreto la fonte normativa inte ¤ gratrice secondaria {nella parte in cui la ritenga illegittima), dato il po! i ' ~ tere di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo che compete all'autoritˆ giudiziaria. 13. -L'anelasticitˆ dell'attuale discrimine fra illecito penale e illecito amministrativo -identificato nella Ç dose media giornaliera È normati PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE pu˜ provocare il verificarsi di situazioni particolarmente delicate -di cui questa corte si sente avvertita -in tutti i casi in cui l'eccedenza rispetto al limite di tolleranza si presenti in termini quantitativamente marginali o comunque modesti. :é questo, peraltro, un conseguenziale effetto della scelta legislativa -in sŽ, come si visto, non viziata da illegittimitˆ costituzionale -di un limite obiettivo fisso predeterminato con valenza generale. E se innegabile che alla peculiaritˆ della situazione verificantesi per il mero detentore nelle ipotesi di eccedenza marginale avrebbe potuto farsi corrispondere una configurazione della fattispecie criminosa pi articolata rispetto a quella giˆ adottata con la disposizione di cui all'art. 73, quinto comma, t.u. cit., anche vero che l'essersi il legislatore -fino ad oggi diversamente determinato concretizza una scelta di politica criminale che (la si voglia oppur no condividere nel merito) rientra nella sua discrezionalitˆ, e non presenta connotati di manifesta irragionevolezza o arbitrarietˆ -gli unici censurabili da questa corte in tema di individuazione della fattispecie (ord. n. 439/87, id., 1988, I, 1749; sent. n. 132/86; sent. n. 62/86; sent. n. 126/83, id., 1983, I, 1501) -trattandosi di scelta coerente con una delle plausibili conseguenze della predeterminazione normativa di un limite fisso. D'altra parte, non pu˜ non tenersi conto, sempre sul piano del controllo di ragionevolezza, che il legislatore non ha comunque mancato di configurare una ipotesi di attenuante specifica ovvero di autonomo reato attenuato (questione interpretativa di cui non deve darsi conto in questa sede) riguardo ai fatti da ritenersi di Çlieve entitˆÈ in considerazione, fra l'altro, proprio della quantitˆ di sostanza detenuta. Rimane precipuo dovere del giudice di merito -nelle ipotesi peculiari in discorso -apprezzare, alla stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensivitˆ della condotta concreta, se l'eccedenza eventualmente accertata sia di modesta entitˆ cos“ da far ritenere che la condotta dell'agente -avuto riguardo alla ratio incriminatrice del divieto di accumulo e tenuto conto delle particolaritˆ della fattispecie -sia priva di qualsiasi idoneitˆ lesiva concreta dei beni giuridici tutelati e conseguentemente si collochi fuori dall'area del penalmente rilevante (cos“ come giˆ affermato da questa corte nella sent. n. 62/86). Ed al riguardo neppure va pretermesso il rilievo che a differenza del sistema normativo delineato dalla legge del 1975 -vigente il quale si riteneva che il dato quantitativo giuocasse nella struttura della fattispecie incriminatrice il ruolo di esimente -nella nuova disciplina il limite della dose media giornaliera opera come elemento negativo della fattispecie, questa identificandosi nella detenzione di sostanze contenenti un quantitativo di principio attivo superiore al massimo consentito. Quindi, anche questo ulteriore elemento della condotta incriminata deve 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essere investito dal dolo (essendo insufficiente la mera colpa con previsione); cio necessario che l'agente sia consapevole di detenere una quantitˆ totale di sostanza stupefacente tale che contenga una quantitˆ di principio attivo superiore a quella tabella nel citato decreto ministeriale. Di guisa che, ad esempio, neH'ipotesi in cui il soggetto tossicodipendente o tossicofilo acquisti una quantitˆ di droga che normalmente contiene un principio attivo inferiore a quello di legge, ma che per avventura risulti essere particolarmente pura e quindi ricca di principio attivo in misura superiore a quella di legge, potrebbe mancare la consapevolezza del superamento della soglia di punibilitˆ e quindi il dolo e, per esso, il reato stesso. Infine, un'ulteriore puntualizzazione dei criteri di quantificazione della pena adottati dal legislatore conferma la conclusione secondo cui il regime vigente permette una modulazione della sanzione sufficientemente rispettosa del criterio di ragionevolezza. Il quinto comma dell'art. 73 prevede l'ipotesi in cui Ç per i mezzi, per le modalitˆ o le circost.anze dell'azione ovvero per la qualitˆ e quantitˆ delle sostanze È i fatti previsti nel medesimo articolo siano di Ç lieve entitˆÈ; in tal caso le pene detentive sono rispettivamente, nel minimo, un anno (per le Ç droghe pesanti È) e sei mesi (per le Ç droghe leggere È) di reclusione. Orbene, tra le Ç circostanze dell'azione È menzionata nella disposizione citata sono comprese anche le Ç circostanze soggettive È tutte, e quindi anche le finalitˆ della condotta tenuta daH'agente. Con la conseguenza che anche la detenzione di una quantitˆ di sostanze stupefacenti che ecceda in misura non Ç lieve È la d.m.g. pu˜ comunque essere ricondotta neH'ambito deH'incriminazione attenuata ove il giudice ritenga, in relazione alle circostanze del caso, di potere a tal fine valorizzare l'inequivoca destinazione al consumo personale. 14. -Il Pretore di Bergamo ha poi sollevato questione di costituzionalitˆ delle norme censurate in riferimento aH'art. 73 Cost. nella parte in cui esse (ma in realtˆ l'art. 37) comminano pene i cui limiti edittali sono divergenti dalle finalitˆ rieducative dell'imputato. La questione, cos“ posta, non appare fondata perchŽ secondo la giurisprudenza di questa corte, come giˆ ricordato, Ç la configurazione della fattispecie criminosa e la valutazione della congruitˆ deHa pena rientrano nella discrezionalitˆ legislativa con l'unico limite della manifesta irragionevolezza È (ord. n. 439/87; sent. n. 132/86; sent. n. 62/86; sent. 126/83 cit.). D'altra parte la funzione rieducativa della pena trova una speciale ed accentuata attuazione nena 1. .n. 162 del 1990, come all'evidenza risulta dalla lettura, fra gli altri, degli artt. 89, 90, 93, 94, 95 t.u., che disegnano un complesso di. misure tutte orientate verso il recupero del tossi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE codipendente e che assicurano una piena (ed anzi esaltata) attuazione della funzione rieducativa della peria ¥quale prescritta dall'art. 27 Cost. dis~,~=.r~~1~rtJt&rlf~!::u~=á~ Cost., ulteriore questi(lne di legittimitˆ costituzionale delle medesime norme gia censurate ásotto i profili finora esaminati nella parte in cui sottopongono a sanzione penale la detenzione a fine di uso personale non terapeutico di. s.ostanz~ stupefacenti e J?Sicotrope i11 m~sura sup~riore t~~=~r;~~~~4~:::-~~~:: sicodiperidexfaa, .áá Sítratfa Iiuli.'~ltto cb.e df un t11foriote . profilo argom.eritativo discendente áá ctˆlla premessa di 1a coricfohˆ sˆnzforiafa pena“iiientŽ dall'art. 73 cit. in realtˆ lo stesso consumo di sostanze stupefaei:iti. Di tale premessa si giˆ axnpiamente detto, pervenendo alla conclusione che sanzi˜“lafif pehˆlinerttg ááfa detertzíM (Ž nohá.ágiˆ Jf consi“llib) di $ostfuize stupefacenti, condotta di per se. stessa. connqtatk ctiij d~f~tt~re deô'offensivitˆ, e che la configtITazione di tale fattispecie incriminatrice immune da .vizi .di illqgicltˆ o.irrazionalitˆ. Cc>nsegue che anhe 111, prospettazione svolta, dal Pretore . di. Bergatno, sotto l'ulteriore.. pr9filo della violazione del diritto alla salute individuale (ark32. Cost.), non fondata non po tendo accogliersiála premessa da. cui átale.á censura muove. 16..á~ In definitiva, e conclusivamente; . tutte le questioni di costituzionalitˆ sollevate dai giudici a quibus sono infondate. In relazione alla gravitˆ, complessitˆ, delicatezza e drammaticitˆ dei problemi individuali e sociali, morali e politici, nazionali ed internazionali “mplicatj .nel fenomeno droga, rimane affidato. alla sensibilitˆ dellegislatore i1 C:oinpito essenziale di veiificare su.f cci:r.tcreto terreno. applicativo, alla á1uce degli effetti provocati á d~ sistema á n˜rtnativo in questione,á la bontˆ delle scelte di merito non sindacabili come tali da questa corte e di individuare le linee di ogni possibile ed utile modifica migliorativa. Per questi. 1llOtivi, la . Corte cost~tuzio.ale dichiara n,on .. fon,date le ,questioni di legit1:imiíˆ costituzionale degliartt. 71, 72 e 72 quater 1. 22 dicembre 1975, n. 685, come modificata dalla 1. 26 giugno 1990, n. 162 (corrispondenti rispettivamente agli artt 73, 75 e .78 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, testo unic() delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti ,e sostanze psicotrope), sollevate in relazione agli artt. 3,. 25, 27 e 32 Cost. dal Tribunale di Roma, dal Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Grumello deLMonte, e dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Camerino con le ordinanze in epigrafe. SBZIONB SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITË EUROPEE, Sed. Plen., 13 dicembre 1990, nella causa C238/89 -Pres. f.f. Mancini -Avv. Gen. Tesauro -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht di Monaco di Baviera nella causa Pall Corp. c. P. J. Dahlhausen eco. - Interv.: Governi della R. F. di Germania >(ag. Roder e Teske), italiano (avv. Stato Fiumara) e del Regno Unito (ag. Hay) e Commissione delle C. E. (ag. Sack e Kubicki). Comunitˆ Europee ¥ Libera circolazione delle merci -Diritto dei marchi Pubblicitˆ ingannevole. (Trattato CEE, artt. 30 e 36; direttiva 84/450/CEE del Consiglio del 10 dicembre 1984). L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che esso osta all'applicazione di una disposizione nazionale sulla concorrenza sleale, che permetta ad un operatore economico di ottenere che venga vietata, sul territorio di uno Stato membro, la distribuzione di una merce sulla quale apposta la lettera (R), collocata in un cerchietto accanto al marchio, quando quest'ultimo non registrato in questo Stato, ma depositato in un altro Stato membro (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 29 giugno 1989, giunta alla Corte il 31 luglio successivo, il Landgericht di Monaco I ha posto, a norma dell'art. í77 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali sull'interpretazione degli artt. 30 e 36 dello stesso Trattato. (1) Soluzione sostanzialmente conforme a quella proposta dal Governo italiano. La questione che si doveva risolvere nel caso di specie era, in sostanza, se uno Stato membro possa impedire la commercializzazione di un prodotto legalmente commercializzato in un altro Stato membro allorchŽ esso si presenti con una denominazione seguita da un (R) dnserita in un cerchietto, se una tale denominazione goda di una protezione nel secondo Stato membro ma non nel primo. In linea generale, un prodotto legalmente commercializzato in uno Stato membro deve poter liberamente circolare in tutto il territorio comunitario senza alcun ostacolo e senza che sia necessario un adattamento della sua PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 219 2. -Dette questioni sono sorte nell'ambito cli una controversia tra la societˆ Pall Corp. (in prosieguo: la Ç Pall È), attrice nella causa principale, e la societˆ P. J. Dahlhausen & Co. (in prosieguo: la Ç Dahlhausen È). Quest'ultima vende nella Repubblica federale di Germania filtri per sangue che importa dall'Italia. Il fabbricante italiano appone sui filtri stessi e sugli imballaggi il marchio Ç Miropore È, seguito dalla lettera R collocata in un cerchietto. 3. -La Pali ha citato la Dahlhausen per farla condannare ad astenersi . dall'impiegare, nella Repubblica federale cli Germania, con riferimento ai filtri per sangue, il segno (R) che segue il marchio Ç Miropore È, in quanto detto marchio non depositato in Germania. Secondo la Pali, l'impiego del segno (R) in queste condizioni rappresenta una pubblicitˆ ingannevole vietata a norma dell'art. 3 dell'UWG (legge tedesca sulla concorrenza sleale). Questa norma contempla un divieto ácli Çindicazioni ingannevoli ( ...) sull'origine delle merci (offerte) ( ...) o sulla loro provenienza È. 4. -Il Landgericht di Monaco I, investito dalla controversia, d'avviso che la normativa tedesca giustifichi il divieto di vendita sollecitato dalla Pall, ma si domanda se tale divieto non si risolva in una restrizione quantitativa ai sensi del'art. 30 del Trattato CEE. presentazione formale. Pretendere che vi sia un qualsivoglia adattamento formale costituisce in sŽ un ostacolo alla libera circolazione del prodotto, cio una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione, come tale vietata dall'art. 30 del Trattato (cfr. le sentenze della Corte 16 dicembre 1980, nella causa 27/80, FIETJIE, in Racc. 3839; 19 febbraio 1981, nella causa 130/80, KELLERMAN, in Racc. 527; 22 giugno 1982, nella causa 220781, RoBERTSON, in Racc. 2349; 10 novembre 1982, in causa 261/81, RAu, in Racc. 3961; 13 marzo 1984, nella causa 16/83, PRANTL, in questa Rassegna, 1984, I, 902). Il divieto posto nella specie dalla legislazione tedesca non solo non trovava fondamento nell'art. 36 del Trattato, in quanto non mirava certo a salvaguardare i diritti di proprietˆ industriale, ma non poteva basarsi neanche sulle esigenze imperative che, secondo la giurisprudenza Ç Cassis de Dijon È (sentenza della Corte 20 febbraio 1979, nella causa 120/78, citata in motivazione), costituiscono una limitazione intrinseca della portata del principio generale dell'art. 30. Pur ammettendo, infatti, che il divieto suddetto non fosse discriminatorio, essendo esso indistintamente applicabile anche ai prodotti nazionali (ininfluente rimanendo l'incidenza prevalente sui soli prodotti importati: cfr. la sentenza della Corte nella causa 16/83 sopracitata, punto 21), da escludere, per˜, che l'uso del segno (R) in relazione ad un marchio effettivamente e realmente ottenuto in altro Statoi membro sia tale da poter indurre in errore il consumatore (come aveva prospettato il Governo del Regno Unito) o a falsare la conc01Tenza (come aveva sostenuto il Governo tedesco). L'impiego del sim 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -In questo contesto il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento finchŽ la Corte non si sia pronunciata in via pregiudiziale sulle seguenti questioni: Ç 1) Se il divieto, elaborato dalla giurisprudenza della Repubblica federale di Germania, sulla base dell'art. 3 della UWG (legge sulla con- correnza sleale), di porre in libera pratica nel territorio federale merci -con il segno (R) aggiunto alla loro denominazione, qualora nella Repubblica federale di Germania non sussista alcuna tutela legale del marchio, equivalga per i suoi effetti ad una restrizione quantitativa delle importazioni vietata dall'art. 30 del Trattato CEE, quando viene applicato in -casi nei quali tale tutela legale sussiste in un altro Stato membro della CEE. 2) Se l'art. 3 dell'UWG, tenute presenti le particolaritˆ del caso di specie, si possa applicare per tutelare i beni giuridici di cui all'art. 36 del 'Trattato CEE È. 6. -Per una pi ampia illustrazione degli antefatti della causa prin~ dpale, dello svolgimento del procedimento, nonchŽ delle osservazioni scritte presentate alla Corte si' fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono riportati in prosieguo solo nei limiti necessari per comprendere il ragionamento della Corte. 7. -In via preliminare si deve osservare che, se non spetta alla Corte, nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, pronunciarsi sulla compatibilitˆ di una norma nazionale con il Trattato, la stessa invece competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi che scaturiscono dal diritto comunitario onde consentirgli di valutare questa compatibilitˆ per la pronuncia sulla controversia di cui investito. bolo (R), secondo una prassi di derivazione anglosassone (negli Stati Uniti esso á specificamente disciplinato: U. S. Trademark Law, Section 29), mira a informare dell'esistenza di una situazione di diritto e in particolare dell'esistenza di un marchio protetto. E l'obiettivo del marchio quello di indicare che una ácerta merce proviene da una certa impresa, senza alcun riferimento alla qualitˆ del prodotto. Se vero che all'identificazione dell'impresa pu˜ accompa: gnarsi un effetto di garanzia di qualitˆ, altres“ vero che questo un effetto indiretto dell'identificazione della impresa e dell'associare ad essa la qualitˆ ádel prodotto: resta pur sempre che il marchio giuridicamente identifica solo la provenienza del prodotto e non la sua qualitˆ. Ed allora, anche dando per .ammessi effetti indirettamente pubblicitari, la menzione non menzognera della esistenza legale del marchio non pu˜ certo essere considerata una pubblicitˆ ingannevole, solo perchŽ la protezione garantita nello Stato membro di produzione e non anche in quello di commercializzazione. NŽ pu˜ ipotizzarsi una induzione in errore del consumatore, posto che la provenienza del prodotto da .quella certa ditta circostanza vera e reale. PARTE I, SEZI. II, GIURIS, COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 221 8. -Si devono quindi intendere le questioni pregiudiziali nel senso che il giudice a q'ij.o chiede se gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE vadano interpretati come norme che ostano all'applicazione di una legge nazionale sulla concorrenza sleale che consente ad un operatore economico di far vietare, sul territorio di uno Stato membro, la vendita di un prodotto recante la lettera R collocata in un cerchietto a lato del marchio, allorchŽ quest'ultimo non registrato in detto Stato, ma depositato in un altro Stato membro. 9. -L'impiego del segno (f{) -tratto dall'iniziale dell'aggettivo inglese Ç re~istered È -a lato del marchio per indicare che il marchio depositato e quiridi tutelato dalla legge una prassi che ha avuto origine negli Stati Uniti, ove rigorosamente disciplinata dalla legge. Questa prassi . largamente diffusa in diversi Stati membri dell~ Comunitˆ. 10. -Come emerge dal fascicolo, la normativa tedesca in materia di marchi non contiene norme relative all'impiego del segno (R). Cos“ stando le cose, il problema sollevato, che riguarda la compatibilitˆ di una disposizione nazionale in materia di concorrenza sleale con le norme comunitarie sulla libera circolazione delle merci, va esaminato alla luce del solo art. 30. 11. -g d'uopo ricordare la giurisprudenza ormai. consolidata con~enuta nella sentenza 11 luglio 1974, Dassonville, punto S della motivazione (causa 8/74, Racc. pag. 837), secondo la quale il divieto di misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative sancito dall'art. 30 d,el Trattato vale per qualsiasi disciplina commerciale degli Stati membri che pu˜ ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari. 12. -:e del pari un principio .giurisprudenziale consolidato quello secondo il quale gli ostacoli agli scambi intracomunitari che .scaturiscono da discrepanze tra le norme nazionali vanno accettati nei limiti in cui dette disposizioni, indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e ai prodotti importati, possono giustificarsi in quanto necessarie per soddisfa~ alle esigenze tassative inerenti tra l'altro alla tutela dei consumatori o alla correttezza delle operazioni commerciali. Ma per poter venire tollerate, necessario che dette disposizioni siano proporzionate alla finalitˆ persguita e che lo stesso obiettivo non possa venire perseguito con provvedimenti che intralciano in minor misura gli scambi comunitari (v., in particolare, sentriza 20 febbraio 1979, Rewe, causa' 120/78, Racc. pag. 649). 13. -Occorre constatare anzitutto che un divieto come quello di cui si tratta nella presente causa tale da ostacolare gli scambi intrac˜muni7 222 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO tari, poichŽ pu˜ costringeer il titolare di un marchio depositato in un solo Stato membro a modificare la presentazione dei suoi prodotti a seI conda del mercato in cui intende distribuirli e ad organizzare canali di distribuzione rigorosamente separati per avere la certezza che i prodotti I c˜ntrassegnati con il segno (R) non circolino nel territorio degli Stati nei quali Vige il ásuddetto diVieto. 14. -Bisogna poi osservare che siffatto divieto indistintamente applicabile ai prodotti nazionali e ai prodotti importati. Infatti mira ad evitare rischi di errore quanto alle zone nelle quali il marchio del prodotto á depositato e tutelato, mentre il fatto che il prodotto sia di origine naá zionale o straniera rimane perfettamente irrilevante sotto questo aspetto. iS. -Si deve perci˜ accertare se il divieto in questione pu˜ giustificarsi con le esigenze tassative di cui sopra. 16. -A questo proposito stato sostenuto eh.e il divieto giustificato, in quanto l'impiego del segno (R), che. indica un marchio .<;Iepositato, indm;:e in errore i consumatori se il marchio non depositato nel paese in cui sono vendute le merci. 17. -Questo argomento non pu˜ venir accolto. 18. -Da un lato non dimostrato che in pratica il segno á(R) sia geriralmente impiegato e inteso nel senso di indicare che il marchio dep˜sitato nel paese in cui il prodotto venduto. 19. -D'altro canto, anche se per ipotesi i consumatori o una parte di essi potesseroá venire indotti in errore su tale punto, questo rischio non pu˜ giustificare un ostacolo cost grave alla libera circolazione delle merci, poichŽ i consumatori sono pi interessati alla qualitˆ del prodotto che al luogo in cui il marchio depositato. 20. ""--:B stato inoltre sostenuto che l'impiego del segno (R) in uno Stato nel quale non depositato dovrebbe considerarsi come atto di concorrenza sleale nei confronti degli altri concorrenti e che, se il deposito di un marchio in uno Stato qualunque della Comunitˆ bastasse a giustificare l'impiego del segno in questione, i fabbricanti avrebbero tendenza a depositare il loro marclíio negli Stati meno esigenti. 21. -Questo argomento va disatteso. Da un lato gli operatori' eco-á nomici pru,denti, allorchŽ intendono verificare se il marchio depositato o meno, possono controllare, nel pubblico registro se esso sia giuridica PARTE I, SEZ., II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Z23 mente protetto. D'altro canto, la persona che deposita un marchio in uno Stato mira soprattutto a far tutelare legalmente detto marchio in quello Stato. Il segno (R), come gli altri segni che indicano che il marchio depositato, ha indole accessoria o complementare rispetto a detta tutela giuridica, che rappresenta l'oggetto del deposito. 22. -Infine, tenuto conto degli argomenti svolti dal governo tedesco fondandosi sulla direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, á 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed arntninistra:tive degli Stati membri in materia di pubblicitˆ ingannevole (G. U. L. 250, pag. 17), va aggiunto che, dal momento che si accertato che il divieto in qustione non giustificato da esigenze tassative inerenti alla tutela dei consumatori o alla correttezza delle transazioni commerciali, esso non pu˜ trovare .nemmeno fondamento nella direttiva precitata. Detta direttiva si limita ad un'armonizzazione parziale delle normaá tive nazionali in materia di pubblicitˆ ingannevole fissando, da un lato, criteri minimi ed obiettivi in base ai quali possibile determinare che una pubblicitˆ ingannevole e, dall'altro, requisiti minimi per .quanto riguarda le modalitˆ di tutela contro siffatta pubblicitˆ. 23. -Si deve quindi risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che l'art, 30 del Trattato CEE va interpretato nel senso che si oppone all'applicazione di una disposizione nazionl'!le sulla concorrenza sleale che consente. ad un operatore economico di far vietare, nel territorio di uno Stato membro, la vendita di un prodotto contrassegnato dalla lettera-k collocata in un cerchietto a lato del marchio, allorchŽ quest'ultimo non registrato in detto Stato, ma depositato in un altro Stato membro. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITË EUROPEE, Sed. Plen., 21 marzo 1991, nella causa C-303/89 -Pres. Due -Avv. Gen. Van Gerven Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia) c. Commissione delle C. E. (ag. Abate) -lnterv.: Regno di Spagna (ag. Conde de Saro e Silva de Lapuerta). Comunitˆ Europee -Aiuti di Stato -Conferimenti di capitali -Settore tessile ¥ Abbigliamento. (Trattato CEE, artt. 92 e 93). Sono incompatibili con il mercato comune, ai sensi e alle condiá zioni dell'art. 92 del Trattato CEE, interventi sotto qualsiasi formˆ dei pubblici poteri nel capitale di una impresa, in circ.ostanze che non RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ; STATO 224 corrispondono alle normali condizioni di un'economia di mercato, e le somme ,.erogate vanno recuperate a carico del beneficiario anche se il recupero: non servisse pi a ripristinare l'equilibrio del mercato (1). (omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 16. ottobre 1988, la Repubblica italiana ha proposto, ai sensi dell'art. 173,, comma primo, del Trattato CEE, un ricorso diretto all'annullamento della decisione. della Commissione 26 luglio 1988, 89/43, relativa agli aiuti concessi dal governo italiano a ENI-Lanerossi. Tale decisione, notificatfl al governo italiano con lettera 10 agosto 1988, stata pubblicata nell~ Gazz~tta, Ufficiale il 20 gennaio 1989 (G. U. L 16, pag. 52). 2. -Con la st./.ddetta dedsione, la Commissione ha constatato che gli aiuti 'concessi dal 1~83 al 1987 al gruppo ENI-Lanerossi, sotto forma di confrimenti di capitaíi a favore delle aziende del gruppo operanti nel settore:1delle confezioru maschili, erano in contrasto con l'ˆrt. 93, n. 3 del Trattato ed incompatibili con il mercato comune, ai sensi dell'art. 92 del medesimo Trattato; Pertanto, si doveva procedere al recupero dei detti aiuti. 3. -Dalla motivazione dlla decisione impugnata risulta che l'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), ' holding di Stato, ha rilevato la societˆ Lanerossi (in prosieguo: Lanerossi) nel 1962. Lo Stato italiano ha provveduto al ripianamento del.:l.eiperdite subite tra il 1974 e il 1979 da quattro (1) La sentenza annotata rig{iardˆ. gli a;iuti concessi dal 1983 al 1987 al gruppo ENI -Lanerossi, sotto forma di conferimenti di capitali a favore delle aziende del gruppo operanti nel settore delle confezioni maschili. La Corte con sentenza in pari data 21 marzo 1991, nella causa C-305/89, REPUBBLICA ITALIANA c. COMMISSIONE, si occupata, pervenendo a conclusioni analoghe, degli aiuti ottenuti dal gruppo Alfa Romeo negli anni 1985-86 attraverso l'IRI e la Finmeccanica. E infine, con la $Uccessiva sentenza ~ ottobre :1991, nella causa C-261/89, REP. ITALIANA .c. COMMISSIONE, la Corte ha parallelamente confermato l'incompatibilitˆ con il mercato comune di aiuti di Stato erogati ad Aiuminia e Comsal, impres appartenenti al settore pubblico dell'aíluminio. Punto centrale del giudizio di compatibilitˆ stato, come giˆ per il passato (cfr. le sentenze della Corte 10 lugLio 1986, nelle cause 234/84 e 40/85, REGNO DEL BELGIO c, COMMISSIONE, in Racc. 2281 e. 2321; 14 febbraio 1990, nella causa 301/87, R.EP. FRANCESE c. CoMMISSIñNE, e 21 marzo 1990, nella causˆ 142/87, REGNO DEL BELGIO c. COMMISSIONE, entrambe in Foro it., 1991, IV, 10 e -12), il criterio dell'investitore privato; per stabilire se l'intervento:á.dei pubblici poteri nel capitale di un'impresa possa costituire un aiuto di Stato quando le condizioni di cui all'art. 92 del Trattato sono soddisfatte" si deve valutare se, in circostanze analoghe, un investitor~ privato di dimeI1sioni comparabiLi a quelle degli enti che gestiscono il settore pubblico avrebbe potuto essere indotto a procedere ad apporti di capitale della stessa rilevanza. un'.. 'thle parametro assi 225 PARTE I, SEZ; II; GIURIS; COMUNITARIA B INTERNAZIONALE aziende della Lanerossi operanti nel settore delle confezioni maschili, ossia la Lanerossi Confezioni (Arezzo, Macerata;-Orvieto), l'intesa (Maratea, Nocera, Gagliano), la Confezioni di Filottrano (Ancona) e la Confezioni Monti (Pescara) (in prosieguo: le quattro aziende). In seguito ad una denuncia, la Commissione ha informato il governo italiano, con lettera 26 giugno 1980, che i suddetti aiuti avrebbero potuto fruire di una deroga alla regola dell'incompatibilitˆ sancita dall'art. 92, n. 1, del Trattato, soltanto se fossero concessi per un periodo limitato e semprechŽ il .programma di ristrutturazione che le era stato notificato fosse eseguito in modo da npristinare a breve termine l'efficienza e l'autonomia delle a2:iende interessate. 4. -PoichŽ le difficoltˆ delle aziende persistevano, la Commissione, con lettera 20 maggio 1983, ha rilevato che, pur non avendo mosso obiezioni nei confronti degli aiuti concessi sino alla fine del 1982, in considerazione dell'importanzˆ sociale e regionale delle dette imprese, essa dubitava che tali aiuti potessero essere ancora versati senza nuocere al funzionamento del mercato comune. Dopo aver ricordato l'obbligo incombente agli Stati membri, in forza dell'art. 92, n. 3, del Trattato, di notificare i progetti diretti a istituire o modificare aiuti, la Commissione ha invitato il governo italiano a indicarle, nel termine di due settimane dalla ricezione della lettera, le proprie intenzioni in proposito. Con telex 24 giugno 1983, il governo italiano ha confermato la propria .intenzione di notificare qualsiasi intervento futuro a favore delle aziende. Con letcurerebbe il mspetto del princ1p10 di uguaglianza e di quello di neutralitˆ rispetto alla natura giuridica dell'impresa. Il governo italiano aveva per˜ specificamente lamentato, sia nella causa ENI che nelle altre due cause Alfa Romeo e Aluminia, l'incongruitˆ di un rife rimento troppo rigido ad un parametro astratto ancorato alle normali condi zioni di una economia di mercato, osservando che occorre distinguere tra inve stitore privato e imprenditore privato: mentre il primo mosso esclusivamente dal miraggio dell'utile, il secondo persegue una strategia complessa a pi lunga scadenza a livello di gruppo, la quale pu˜ comprendere trasferimenti di risorse fra imprese, tenendo conto tanto delle esigenze di indole sociale quanto delle esigenze relative all'economia regionale nonchŽ della perdita di fiducia che pu˜ provocare il falldmento di un membro del gruppo. E una holding pubblica cer tamente si muove in questa logica di gruppo pi ampia, che prescinde dalla valutazione settoriale e a breve terinine. La Corte ha espresso valutazioni conclusive negative per i casi di specie, ma attraverso un iter logico che tiene ben conto in Vlia di principio ádi questa diversa realtˆ in cui operano i gruppi econoinici pubblici, affinando cos“ il para metro del c.d. investitore privato. Cos“ essa ha osservato che Ç una societˆ ma dre pu˜, per un periodo limitato, sopportare le perdite dˆ una delle sue societˆ controllate allo scopo di consentir.e la cessazione delle attivitˆ di questa ultima nelle inigliori condizioni... È, decisioni queste che Çpossono essere motivate non soltanto dalla probabilitˆ di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell'immagine del gruppo o il 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tera 2 novembre 1983, esso ha inoltre informato la Commissione del fatto ~ che nessun nuovo aiuto era previsto per le dette aziende, dato che la loro ristrutturazione era ritenuta impossibile dalla direzione ENI-Lanerossi. 5. -Venuta a conoscenza, attraverso informazioni di stampa, del fatto . che il ripianamento delle perdite delle aziende proseguiva, pur non essendole stato notificato alcun progetto al riguardo, e ritenendo che ci˜ costituisse violazione delle decisioni che essa aveva comunicato al governo italiano, la Commissione ha aperto il procedimento di cui all'art. 93, n. 2, primo comma, del Trattato e, con lettera 19 dicembre 1984, ha intimato al detto governo di presentare le proprie osservazioni. Tale procedimento si concluso, il 26 luglio 1988, con l'adozione della decisione impugnata. 6. -Ilá 26 gennaio 1989 il goveno italiano ha proposto un'istanza di sospensione dell'esecuzione dell'art. 2 della citata decisione 89/43, che ordina il recupero degli aiuti versati. L'istanza stata respinta con ordinanza del presidente della Corte 17 marzo 1989. 7. -Con ordinanza 15 marzo 1989, la Corte ha ammesso il governo spagnolo a intervenire a sostegno delle conclusioni del governo italiano. 8. -Per una pi ampia illustrazione degli antefatti della controversia, dello svolgimento del procedimento nonchŽ dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del riordinamento delle sue attivitˆ >>, salvo che non sia da escludersi Ç una qualsiasi prospettiva di redditivitˆ, anche a lungo termine È. La Corte ha ribadito, altres“, -punti 45 e seguenti -quanto aveva giˆ osservato nella sentenza pronunciata nella causa C-301/87 sopracitata, che il mancato rispetto da parte degli Stati degli obblighi di preventiva notifJicazione della misura di aiuto alla Commissione e di attesa delle determinazioni della medesima sulla compatibilitˆ della misura con il Trattato non pu˜ pregiudicare e men che mai precludere il controllo di compatibilitˆ sostanziale. Se vero che il rispetto della preventivitˆ del controllo costituisce elemento essenziale della normativa suglii. aiuti, assicurando il corretto svolgimento della concorrenza nel mercato comune, e che l'esecuzione prematura di un aiuto rappresenta una violazione grave del regime comunitario, con specifiche o gravi conseguenze, ci˜ non significa che, nello stesso interesse del mercato comune, un controllo di compatibiliitˆ non possa comunque essere effettuato a posteriori, c˜hstatandosi cos“ la piena compatibilitˆ dell'aiuto e, quindi, l'assenza di effetti pregiudizievoli. La constatata violazione deglii. obblighi procedimentali autorizza per˜ la Commissione all'adozione di provvedimenti provvisori e d'urgenza, quali la ingiunzione di sospensione immediata dell'aiuto e la ingiunzione di comunicare immediatamente i documenti e le informazioni ritenute necessarie per la valutazione sostanziale di compatibilitˆ. Per quanto riguarda, infine, il recupero degli aiuti illegittimamente corrisposti, le sentenze emesse si pongono nella scia delle precedenti pronunce (sentenze 12 luglii.o 1973, nella causa 70/72, COMMISSIONE c. R.EP. FED. DI GERMANIA, 227 PARTE I, SBZ. áu,¥GlURIS. COMUNITARIAá B INTBRNAZIONALB fasicol˜ s˜no richiamati solo nella misuraá necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 9.. -Il governo italiano sostiene che la decisione controversa stata adottata in violazione degli artt. 92 e 93 del Trattato. Al riguardo, deduce vari mezzi relativi, rispettivamente, all'insussistenza di un aiufo di Sfato aL~nsi 4~l'art. 92, n. 2, del l'rattato, alla violazione .del principio di p~tˆ¥ di tratta.lento tra imprese p.bbliche e private, alla . mancanza di .effetti. dell'aiuto controverso ~mgli ¥scambi e sulla concorrenza nella C<;>munitˆ, alla; violazione dell'art. 94, n. 3,lett. a) e ), . alla violazione del principio . del legittimo. affilamento,. all'illegittimitˆ degli. .effetti attribuiti all'asserita mancanza .di notificazione e all'assex.:a di ;motivazione quanto al. recupero degli aiutiá ordinato. Infine, esso presenta un argomento relativo all'impossibilitˆ pratica di procedere al recupero. dell'aiuto controverso. Sulfinsussistenza ádi un aiuto di Stato ai sensi dell'art; 92 del Trattato. \ . ' . 19. -Il governo iti;tliano sostiene che la. Commissione, nella decisione impugnata, non J1a dimostrato che i 260,4 miliardi di lire utilizzati per ripiana~e le perdite di esercizio .subite dalle aziende dal 1983 al .. 19$7 provenissero gi;i, foncti statali e che, di conseguenza, tali ri<;apitalizzazioni rientrassero nella nozione di aiuto di Stato. Al riguardo, precisa che, ai sensi delle sue leggi istitutive, l'ENI deve operare, senza intaccare. il fondo di dptazione apprestato dallo. Stato, ;mediante risorse proprie provenienti dall'autofinanziamento e dal ricorso ai mercati nain Racc., 813; 15 gennaio 1986, nella causa 52/84, CoMMISSIONB c. REGNO DEL BELGIO, in Racc., 89; 24 febbraio 1987, nella causa 310/85, DEUFIL, in Racc., 901; 21 marzo 1990, nella. caus.a C -142/87, ¥sopra citata; 20 settembre 1990, nella causa e -5/89, CoMMISSIONE c. REP. FED. DI GERMANIA, in Racc., I, 3437): la soppressione di un. aiuto illegittimo mediante il recupero dello stesso la logica conseguenza della deCiaratorla della sua illegittimitˆ e ima deroga pu˜ essete ammessa solo in presenza di una impossibilitˆ assoluta di eseguire il rimborso (ma non integrano una tale ipotesi le condizioni finan2'Jíarie del beneficiario: cfr. in particdlare la sentenza nella causa 52/84), o per rispetto del legittimo affidamento dell'~mpresa interessata (ma un operatore diligente á nermalmente in grado qi accertarsi se nella corresponsione dell'aiuto sono statii rispettati gli obbl~ghl previsti dalla normativa comunitaria: Cfr. in particolare la seni:en:ta nella ausa e -5 /89). . Stigli aiuti di Stato cfr., in dottrina, BERNINI, Il regime degli aiuti concessi dagli Stati, Trent'anni di diritto comunitario, Uff; pubbl. ufficiali. delle C. E., 1982, p. 386; CAPELLI, Finanziamenti statali alle imprese. pubbliche e normativa comunitario,, in Dir. com. e scambi intern., 1982, p. 275; PAPPALARDO, Le linee generaliá delta politica di concorrenza in tema d“ aiuti statali, in Man. dir. coin., II, UTET, 1984, p. 469; MATTERA RICIGLIANO, Il mercato unico europeo -Gli aiuti di Stat9 e la loro disciplina prevista dagli artt. 92 e 93 del Trattato CEE, .UTET, 1990, p. 59). (O~ F.) 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale ed estero dei capitali. Aggiunge che, se pur vero che l'ENI ha ricevuto fondi di dotazione nel 1983 e nel 1985 per il settore tessile, la Commissione non ha affatto dimostrato che i mezzi finanziari impiegati per il ripianamento delle perdite delle quattro aziende provenissero dai detti fondi. 11. -Su questo punto si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza (vedasi, in particolare, sentenza 2 febbraio 1988, Van der Kooy, cause riunite 67, 68 e 70/85, Racc. pag. 219, punto 35 della motivazione), non si deve distinguere tra l'ipotesi in cui l'aiuto viene concesso direttamente dallo Stato e quella in cui l'aiuto concesso da enti pubblici o privati che lo Stato istituisce o designa per la gestione dell'aiuto. Nella fattispecie, si evince da vari elementi del fascicolo che le ricapitalizzazioni costituivano il risultato di un comportamento imputabile allo Stato italiano. 12. -Ai sensi della legge 10 febbraio 1953, n. 136 (G. U. della Repubblica italiana 1953, n. 72), istitutiva dell'ENI, quest'ultimo un ente pubblico controllato dallo Stato italiano ed i membri del suo consiglio di amministrazione e del suo comitato esecutivo sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Inoltre l'ENI, pur essendo tenuto ad operare secondo criteri di economicitˆ, non dispone di una piena e totale autonomia perchŽ deve attenersi alle direttive impartite dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Questi elementi, nel loro insieme, dimostrano che l'ENI opera sotto il controllo dello Stato italiano. 13. -Inoltre, l'ENI pu˜, con l'autorizzazione del ministro delle Partecipazioni Statali, emettere obbligazioni il cui rimborso in capitale e interessi viene garantito dallo Stato. Senza che occorra stabilire se tale garanzia costituisca, di per sŽ, un aiuto di Stato, il fatto che essa esista distingue i prestiti contratti dall'ENI da quelli di regola contratti da un'impresa privata. 14. -Stando cos“ le cose, la Commissione poteva fondatamente considerare i fondi devoluti dall'ENI alle quattro aziende, tramite la societˆ Lanerossi, come interventi statali atti a costituire aiuti. Contrariamente a quanto sostenuto dal governo italiano, non necessario dimostrare che il fondo di dotazione che l'ENI ha ricevuto dallo Stato italiano fosse specificamente ed esplicitamente destinato a ripianare le perdite delle quattro aziende. é sufficiente rilevare, al riguardo, che il fatto di ricevere fondi di dotazione ha comunque permesso all'ENI di destinare altre risorse al ripianamento delle perdite delle quattro aziende. 15. -Il primo mezzo dedotto dal governo italiano deve pertanto essere respinto. PARTE I, ¥SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Sulla violazione del principio di paritˆ di trattamento tra impre,se pubbliche e private. 16. -I governi italiano e spagnolo sostengono che la decisione impugnata viola il principio di paritˆ di trattamento tra imprese pubbliche e private sancito dall'art. 90 del Trattato CEE. 17..-Essi rilevano come sia normale che all'interno di gruppi industriali privati avvengano trasferimenti finanziari tra imprese intesi a compensare le perdite subite da un'impresa del gruppo. Tali trasferimenti si spiegherebbero con l'intento di salvaguardare l'immagine del gruppo. oppure con una strategia di prezzi decisa a livello di gruppo, per áCui il gruppo pu˜ ritenere opportuno sopportare perdite in un settore delle sue attivitˆ durante un determinato periodo, o ancora con un progetto di graduale disinvestimento, nel senso che il gruppo pu˜ decidere di sopportare le perdite subite durante gli ultimi anni di attivitˆ di una delle sue imprese. Una holding pubblica dovrebbe perci˜ poter compensare le perdite di una delle sue imprese allo stesso modo di una holding privata. 18. -Sempre secondo i suddetti governi, il criterio dell'investitore privato, usato dalla Commissione per stabilire se il ripianamento delle perdite sia avvenuto alle normali condizioni di un'economia di mercato, troppo rigido. A sostegno di tale tesi essi argomentano che necessario distinguere, da un lato, l'investitore privato mosso esclusivamente dall'intento di conseguire un profitto, e dall'altro, l'imprenditore privato come un gruppo industriale polisettoriale, le cui decisioni possono essere condizionate non soltanto dalla possibile redditivitˆ nel breve periodo, ma altres“ da considerazioni di ordine sociale o regionale. 19. -Occorre ricordare, in proposito, che nella comunicazione 17 settembre 1984 agli Stati membri, relativa alla partecipazione delle autoritˆ pubbliche nei capitali delle imprese (pubblicata nel Bollettino delle Comunitˆ europee del settembre 1984), la Commissione si mostrata consapevole delle implicazioni del principio di paritˆ di trattamento tra imprese pubbliche e private. Essa vi rileva giustamente che la sua azione non pu˜ sfavorire o favorire i pubblici poteri quando questi effettuino apporti di capitali. 20. -Discende dallo stesso principio di paritˆ di trattamento che i capitali messi a disposizione di un'impresa, direttamente o indirettamente, da parte dello Stato, in circostanze che corrispondono alle normali condizioni di un'economia di mercato, non possono essere considerati aiuti di Stato. Pertanto occorre verificare, nel caso di specie, se in analoghe circostanze un gruppo industriale privato avrebbe potuto pari 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO menti procedere alla compensazione delle perdite di esercizio delle quattro aziende tra gli anni 1983 e 1987. 21. -A questo proposito si deve ricordare che, come la Corte ha rilevato nella sentenza 10 luglio 1986 (causa 234/84, Belgio I Commissione, Racc. pag. 2263, punto 15 della motivazione), il socio privato pu˜ ragionevolmente conferire il capitale necessario per garantire la sopravvivenza dell'impresa che sia temporaneamente in difficoltˆ, ma che, previa riorganizzazione, sia eventualmente in grado di ridivenire redditizia. Deve áquindi ammettersi che una societˆ madre pu˜ parimenti, per un periodo limitato, sopportare le perdite di una delle sue societˆ controllate .allo scopo di consentire la cessazione delle attivitˆ di quest'ultima nelle migliori condizioni. Simili decisioni possono essere motivate non soltanto dalla probabilitˆ di ricavare un profitto materiale indiretto, ma :anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell'immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attivitˆ. 22. -Tuttavia, quando i conferimenti di capitali di un investitore pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditivitˆ, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti ai sensi dell'art. 92 del Trattato e la loro compatibilitˆ con il mercato comune deve valutarsi uni. camente alla luce dei criteri previsti da tale articolo. 23. -Nel caso presente si deve constatare che le quattro aziende hanno continuamente subito perdite dal 1974 al 1987 e che le perdite ádi eserc:izio finanziate tra il 1983 e il 1987 erano all'incirca pari alla cifra .d'affari delle quattro aziende in questo stesso periodo. Inoltre, nel 1983 la direzione dell'ENI-Lanerossi si dichiarata convinta dell'impossibilitˆ di una ristrutturazione delle quattro aziende, ma solo successivamente ha proceduto ad un'operazione di riconversione, che nel gennaio 1988 á sfociata nella cessione delle aziende al settore privato. é pertanto assodato che il settore nel quale operavano le suddette aziende, ossia quello delle confezioni maschili, versava in una situazione di crisi caratterizzata da gravi problemi di adattamento, causati da sovraccapacitˆ strutturale, da prezzi troppo bassi e da un'intensa concorrenza, tanto all'interno quanto all'esterno della Comunitˆ. 24. -Stando cos“ le cose, e considerata la durata del periodo in cui l'ENI-Lanerossi ha mantenuto il proprio sostegno finanziario alle quattro aziende, la Commissione ha potuto a buon diritto considerare che il conguaglio delle perdite era avvenuto in circostanze che sarebbero risultate inaccettabili per un investitore privato operante alle normali .condizioni di un'economia di mercato e che nessun investitore privato, pur avendo le dimensioni di un gruppo industriale, avrebbe tenuto conto delle considerazioni esposte dai governi italiano e spagnolo e dianzi ri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 232 stando cos“ l'esistenza di un'intensa concorrenza. Gli aiuti accordati dall'ENI hanno artificiosamente mantenuto le quattro aziende in attivitˆ dopo il 1982 e risanato la loro situazione finanziaria, facilitando cos“ la loro riconversione e la cessione di alcuni stabilimenti di produzione dei quali la ENI-Lanerossi avrebbe dovuto di regola sostenere gli oneri. 29. -Alla luce di questi elementi, la valutazione della Commissione secondo cui gli aiuti hanno conferito alle quattro aziende un vantaggio concorrenziale asasi consistente ed erano pertanto idonei a incidere sugli scambi e a falsare la concorrenza ai sensi dell'art. 92, n. l, del Trattato adeguatamente motivata e non risulta erronea. Pertanto, il mezzo dedotto al riguardo dal governo italiano dev'essere respinto. Sulla violazione dell'art. 92, n. 3, lett. a) e c), del Trattato. 30. -Il governo italiano assume che la decisione impugnata viola, da un lato l'art. 92, n. 3, lett. a) e e), del Trattato, in quanto gli aiuti in parola permettevano di favorire o promuovere lo sviluppo regionale e settoriale e, dall'altro, l'Obbligo di motivazione. 31. -Esso áconfuta anzitutto l'affermazione della Commissione secondo cui solo alcuni degli stabilimenti delle quattro aziende operavano in regioni nelle quali il tenore di vita era anormalmente basso o esisteva una grave forma di sottoccupazione ai sensi dell'art. 92, n. 3, lett. a). Al proposito fa rilevare, in primo luogo, che tutti gli stabilimenti di due delle quattro aziende si trovavano in zone considerate dalla Commissione come aventi un tenore di vita molto basso e caratterizzate da grave sottoccupazione; in secondo luogo, che la provincia di Arezzo, considerata dalla Commissione nel punto X, secondo capoverso, della: decisione impugnata, come non avente nŽ un tenore di vita anormalmente basso nŽ grave sottoccupazione, figura tra le zone che possono fruire di un aiuto comunitario ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 18 gennaio 1984, n. 219, che istituisce un'azione comunitaria specifica di sviluppo regionale per contribuire ad eliminare gli ostacoli allo sviluppo di nuove attivitˆ economiche in talune zone colpite dalla ristrutturazione dell'industria tessile e dell'abbigliamento (G. U. L. 27, pag. 22). 32. -Pi in generale, il governo italiano sostiene che gli sforzi di ristrutturazione e riconversione compiuti a favore delle quattro aziende hanno favorito lo . sviluppo di attivitˆ economiche nel settore tessile e nelle regioni interessate. Esso contesta l'assunto della Commissione sec condo cui qualsiasi riconversione doveva aver luogo in breve tempo e menziona come parametro il periodo di cinque anni previsto per i programmi speciali d'intervento dall'art. 3, n. 6, del citato regolamento n. 219/84, e corrispondente ai cinque anni (1983-1987) cui la decisione PARTE I, SBZ;á.u, GI'ORIS. COMUNITARIA B INTllRNAZIONALB 233 impugnata si riferisce. Il governo italiano deduce infine che la riconversione delle quattro aziende ha contribuito alla realizzazione degli obiettivi di politica economica europea nel settore delle confezioni maschili :rnec:iiˆnte la riduzione della produzione in tale settore. 33. -Per quanto riguarda le asserzioni del governo italiano, va rilevato che la Commissi˜ne non ha contestato quelle relative all'insediamento di due delle quattro aziende in zone sfavorite nŽ quella relativa alla situazione economica della provincia di Arezzo. 34. ,:_ Occorre ricordare anzitutto che, nell'applicazione dell'art. 92, n. 3, del Trattato, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale il cui esercizio implicaá valutazioni di carattere economico e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario (sentenza 14 febbraio 1990, cˆusa 301/87, Francia/ Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 49 della motivazione). 35. ...,... Va. rilevato poi che, sebbene la decisione impugnata riguardi unicamente gli aiuti concessi alle quattro aziende dal 1983 al 1987, assodato che le perdite subite dalle suddette imprese sono state ripianate sin dal 1974, ossia per un periodo complessivo di 14 anni. 36. -Risulta chiaramente dalla decisione impugnata che il giudizio negativo della Commissione sulla compatibilitˆ degli aiuti con il mercato comune era basato non soltanto sulla durata degli aiuti, ma anche sllna loro natura. La Commissione rileva giustamente che gli aiuti di cui trattasi non erano conformi nŽ . agli orientamenti comunitari. riguardanti gli aiuti all'industria tessile e dell'abbigliamento, comunicati agli Stati niembri con lettere' 30 luglio 1971 e 4 febbraio 1977, nŽ agli orientamenti relativi agli aiuti di salvataggio, comunicati agli Stati membri con lettera 24 gennaio 1979. i á 37:. ;..:.._ '<:m áorientamenti riguardˆnti l'industria tessile consentono la concessione di aiuti per un breve periodo e semprechŽ siano destinati ad operazioni specifiche, aventi in particolare lo scopo di portare il beneficiario ad un livello di competitivitˆ sufficiente a consentirgli di operare s~ mercato comunitario. Nella fattispecie, gli aiuti sono stati utilizzati, iná generale, per migliorare la situazione finanziaria delle quattro aziende e mantenerle artificiosamente in attivitˆ. Quanto agli aiuti di salvataggio, dagli orientamenti comunitari emerge che essi devono assumere la forma di prestiti o garanzie di prestiti ed essere corrisposti soltanto per il tempo necessario -che non deve superare sei mesi -a predisporre un piano di risanamento. Gli aiuti sui quali verte la presente causa non sono/manifestamente, conformi a tali criteri e quindi non possono essere i~ "'~--l 23$ L : alla ~nto a pche ~ ~omu~á ~ alle !chie tio . .. ru ~i ioneá ¥á ~m ~to,. !m-á ~a ita ~ˆ á= ~i-, ~ i !-. ~ ~ .,'-. . 236 "RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tuito senza essere stato notificato, dispone di un potere di ingiunzione. Dopo aver messo lo Stato membro interessato in grado di formulare le proprie osservazioni, essa pu˜ ingiungergli, mediante una decisione provvisoria e nelle more dell'esame dell'aiuto, di sospenderne immediatamente l'erogazione e di fornirle, nel termine da essa impartito, tutti i documenti, le informazioni e i dati necessari per esaminare la compatibilitˆ dell'aiuto con il mercato comune. 47. -Se lo Stato membro si conforma integralmente all'ingiunzione della Commissione, questa tenuta ad esaminare la compatibilitˆ dell'aiuto con il mercato comune, secondo la procedura prevista dall'art. 93, nn. 2 e 3, del Trattato. Per contro, se lo Stato membro omette di fornire le informazioni richieste nonostante l'ingiunzione della Commissione, questa ha il potere di chiudere il procedimento e di adottare la decisione che constata la compatibilitˆ o l'incompatibilitˆ dell'aiuto con il mercato comune in bˆse agli elementi di cui dispone. 48. -Se lo Stato membro non sospende il versamento dell'aiuto nonostate l'ingiunzione della Commissione, questa ha il diritto, pur proseguendo l'esame dell'aiuto nel merito, di adire direttamente la Corte di giustizia per far dichiarare tale violazione del Trattato. 49. -Nel caso di specie tuttavia, pacifico che la Commissione ha proceduto all'esame della compatibilitˆ degli aiuti di cui trattasi con il mercato comune ed ha poi constatato, nell'art. 1 della decisione impugnata, che detti aiuti erano incompatibili con il mercato comune ai sensi dell'art. 92 del Trattato. L'esame pu˜ pertanto costituire oggetto di sindacato giurisdizionale. 50. -Il mezzo relativo all'illegittimitˆ degli effetti attribuiti alla mancanza di notificazione va conseguentemente respinto, senza che occorra esaminare il secondo argomento addotto dal governo italiano. Sulla carenza di motivazione dell'ordine di recupero degli aiuti. 51. -'--Il governo italiano sostiene, in primo luogo, che la decisione di ordinare il recupero rientra in un potere discrezionale dellˆ Commissione il ácui esercizio deve essere motivato. Ora, nel caso di specie la Commissione non avrebbe indicato nessuna ragione che giustifichi l'ordine di recupero degli aiuti. 52. -Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione di una decisione deve fornire all'interessato le indicazioni necessarie a stabilire se la decisione sia fondata o meno e permettere alla Corte di esercitare il proprio sindacato di legittimitˆ. L'obbligo di mo PARTE I, SBZ, 111 áGIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE tivazione á va valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particqlare del contenuto dell'atto, della natura. dei mezzi invocati e dell'interesse>che il destinatario pu˜ avere a ricevere chiarimenti (vedasi, inpartic()lare, sente~ 20 marzo 1985, causa 41/83, Italia/ Commissione, ~a,, pa,g..873; Pun:to.¥.49 della 1Jlotiv~ione). 53. ~ArrigitˆJ'do, si deve rilevare che. rtell'ˆprire il procedimento dJ Cui all'itrt. 93; n. 2, la Commissione ha inforrnˆt6 il governoricorrente dŽl fattoá che.á o~ eventuale aiuto áerogato áprimaá clellˆ cleeisfone definitiva avrel>b pdtut() dar luogo a un. ordine di recupero. e .. chŽ . fa stessa possibilitˆ stata menzionata in una comunicazione della Commissione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 24 novembre 1983 (G. U. C 318, pag. 3). 54. ,...,.... Risulta dall'atto impugnato. che l'ordine. di recupero integrale degli aiuti stato motivato con Ç la .gravitˆ e .l'entitˆ derninfrazione È. Sebbene tale .¥motivazione; <:ons.iderataá isolatamente, possaá. apparire eccessivamente laconica, va sottolineato che essa . formulata nell'ambito di urta decisione che spiega dettagliatamente l'incidenza degli aiuti di cui .trattasi su Uii settore irt crisi; come quello deltessile e dell'abbigliamento. 55. -Ne consegue c]le . il .mezzo del governo italiano relativo alla carenza di motivazione deve essere respinto. Sull'impossibilitˆ di recuperare l'aiuto. 56. -Il governo italiano adduce l'impossibilitˆ di dare esecuzione all'art. 2 della decisione, relativo al recupero degli aiuti controversi. A questo proposito, esso sostiene anzitutto che l'incerta identitˆ dei destinatari dell'ordine di recupero , da sola, sufficiente a renderlo illegittimo. Rileva, sotto tale aspetto, delle discordanze tra la motivazione della decisione controversa, che menziona il recupero presso i Ç beneficiari È degli aiuti, l'art. 1. della stessa, che si riferisce al gruppo ENI-Lanerossi, e un telex della Commisskme in data 23 novembre 1988, riguardante un credito nei confronti dell'ENL In secondo luogo, deduce che, secondo il diritto italiano, lo Stato non avrebbe alcun titolo per ripetere dai privati acquirenti delle quattro aziende somme che non sono state considerate nelle condizioni di vendita. 57. -Si deve osservare, quanto all'asserita incertezza circa l'identitˆ dei destinatari dell'ordine di restituzione, come dalla decisione impugnata risulti chiaramente che gli aiuti andavano recuperati presso le imprese che ne hanno effettivamente fruito, vale a dire presso le quattro aziende. 238 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO 58. -Se il governo italiano nutriva seri dubbi in proposito, avrebbe potuto, come ogni Stato membro che incontri difficoltˆ impreviste nell'esecuzione di un ordine di recupero, sottoporre tali problemi alla valutazione della Commissione. In tal caso la Commissione e lo Stato membro interessato, in ossequio al dovere di leale collaborazione, enunciato in ispecie nell'art. 5 del Trattato, devono collaborare in buona fede per superare le difficoltˆ osservando scrupolosamente le disposizioni del Trattato, in particolare quelle relative agli aiuti (vedasi sentenza 2 febbraio 1989, causa 94/87, Commissione / Germania, Racc. pag. 175, punto 9 della motivazione). 59. -Infine, ogni incertezza circa l'identitˆ dei destinatari dell'ordine di recupero stata dissipata nel corso dell'udienza del procedimento sommario tenutasi nell'ambito della presente causa il 13 marzo 1989, allorchŽ l'agente della Commissione ha dichiarato che l'ordine di recupero riguardava esclusivamente le quattro aziende. 60. -Per quanto riguarda il secondo punto, deve rilevarsi che, anche se l'ENI non pu˜, secondo il diritto italiano, recuperare somme che non sono state prese in considerazione nelle condizioni di vendita delle quattro aziende, tale circostanza non pu˜ ostare alla piena applicazione del diritto comunitario e quindi non pu˜ incidere sull'obbligo di procedere al recupero degli aiuti di cui trattasi. 61. -Ne consegue che l'ultimo argomento del governo italiano deve essere respinto. 62. -PoichŽ nessuno dei mezzi dedotti dal governo italiano ha potuto essere accolto, il ricorso deve essere interamente respinto. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITË EUROPEE, 5a sez., 11 luglio 1991, nella causa C-368/89 -Pres. Moitinho de Almeida -Avv. Gen. Mischo -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Pretura di Perugia nella causa A. Crispoltoni (avv. E. Cappelli e P. De Caterini) c. Fattoria autonoma tabacchi di Cittˆ di Castello -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Fiumara), Consiglio C. E. (ag. Schloh e Gallas) e Commissione C. E. {ag. Campogrande e Santaollala Gadea). Comunitˆ Europee -Competenza della Corte di giustizia á Rinvio pregiudiziale da parte del giudice nazionale -Necessitˆ della pronuncia e pertinenza delle questioni -Valutazione del giudice nazionale. (Trattato CEE, art. 177). PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 239 Comunitˆ Europee ¥ Qrgitniziazione comune dei mercati nel settore del tabacco greggio -Premi concessi agli acquirenti di tabacco. in foglia Invaliditˆ . e.lei ;i:egolamento. clte. fissa un áquantitativo massimo garan Jito -Retroattivitˆ: certe~ rile 1988,.. n. 1114; 19)u glio 1988, n; 2268; áeádelfa Commissione 18 luglio 1989; n. 215l!J. á á ¥ááSpettd unicamnte ¥ai giudii nazionali aditi, che debbono áassumere la responsabilitˆ dell'azione giudiziaria, valutare; ai sensi e pef gli effetti dell'art. 177 del Trattato CEE; tenuto conto della peculiaritˆ di ogni causa, sia la necessitˆ di una pronuncia> pregiudiziale della Corte di giustizia per essere posti in grado di statuire nel merito sia la pertinenta delle questioni. sottoposte atlˆ Corte (1). Il regolamento (CEE) del Consiglio 25 aprile 1988, n. 1114, che modifica il regolamento<(CEE) n. 727/70 relativo all'attuazione di un'organittazione comune dei mercati nel settore del tabacco greggio, e il regolamento (CEE) del Consiglio 19 luglio 1988, n; 2268, he fissa, per il raccoUo .1988,. i prezzi d'obiettivo, i prezzi d'intervento e i premi concessi agli acquirenti di á tabacco á . in foglia, á: iáá. prezzi d'intervento derivati dal tabacco in colli, le qualitˆ di rif erirnento, le zone di produzione nonchŽ i quantitativi massimi garantiti e che modifica il regolamento (CEE) n. 1975/87, sono invalidi in quanto stabiliscono un quantitativo massimo garantito per il tabacco della varietˆ Bright raccolto nel 1988,. non rispetmdo, per gli effetti .sostanzialmente retroattivi ad essi ricollegabili, il legittimo affidamento .degliá interessati (2).. (1) Giurisprudenza costante della Corte: cfr. le pronunce citate in motivazione, nonchŽ, in precedenza, la sentenza 11 giugno 1987, nella causa 14/86, in questa Rassegna, 1987, I, 295, e le sentenze ivi richiamate in note. Cfr, anche, con rdferhnento alla. interpretazione di norme di uno Stato membro diverso da quello del giudi~ del rinvio, la sentenza 23 novembre 1989, nella causa C-150/88, in quest11, Rassegna, 1990, I, 195. (2) Soluzione conforme a quella proposta. dal Governo italiano. Nella causa non veniva in questione la. normativa comunitaria nella parte in cui essa, attuando. un indirizzo di politii.ca economica, dettava in linea generale, al fine .del contenimento della spesa comunitaria, misure di stabilizzazione,. fissando quote massime .di. produzione e un'erogazione masSlima globale di aiuti, da ripartire. proporzionalmente ove le quote massime fossero superate (cfr. sentenza della Corte 14 febbraio 1990, nella causa C.350/88, DELACRE, in Racc., I, 395, ádove, con richiamo ad. una costante giurisprudenza, precisato che Çgli operatovi economici non possono . fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente. che pu˜ essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie È). Si discuteva, invece, solo della applicabilitˆ di tali misure a situazioni economiche pregresse, giˆ totalmente o parzialmente realizzate: e relativamente a questo aspetto sembrato che in effetti. la normativa violasse il principio del legittimo affidamento degli operatori. Il reg. 1114/88, che parlava per la prima volta di quote (fissando comunque solo quella generale comlllllitaria), era intervenuto a fine aprile 1988, quando, 240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) 1. -Con ordinanza 20 novembre 1989, pervenuta alla Corte il 6 dicembre successivo, la Pretura circondariale di Perugia (Italia) ha sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale relativa alla validitˆ dei regolamenti {CEE) del Consiglio 25 aprile 1988, n. 1114, che modifica il regolamento (CEE) n. 727/70 relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore del tabacco greggio (G. U. L. 110, pag. 35), e del regolamento (CEE) del Consiglio 19 luglio 1988, n. 2268, che fissa, per il raccolto 1988, i prezzi d'obiettivo, i prezzi d'intervento e i premi concessi agli acquirenti di tabacco in foglia, i prezzi d'intervento derivati del tabacco in colli, le qualitˆ di riferimento, le zone di produzione nonchŽ i quantitativi mass1m1 garantiti e che modifica il regolamento (CEE) n. 1975/87 (G. U. L. 199, pag. 20). 2. -Tale questione stata sollevata nell'ambito di una controversia tra il sig. Crispoltoni, tabacchicoltore in Lerchi, nella regione dell'Umbria, in provincia di Perugia, e la Fattoria Autonoma Tabacchi di C“ttˆ di Castello (in prosieguo la ÇFattoriaÈ), associazione di produttori di cui egli socio e che si incarica delle operazioni di prima lavorazione e di confezionamento del tabacco in foglia. per il raccolto 1988, erano ormai avanzatissime le operazioni di coltivazione (coltura e trapianto) e, per una buona parte, i contratti di acquisto erano giˆ stati stipulati. Il reg. 2268/88, che fissava l'importo dei prezm e dei premi, nonchŽ le quote massime per varietˆ (con ci˜ determinando concretamente solo esso i limiti delle scelte effettive da parte degli operatori), era intervenuto addirittura quando le operazioni di raccolta erano state per buona parte giˆ eseguite. é evidente che in tal modo i produttori in primo luogo e poi gli stessi acquirenti del prodotto avevano fondato le loro scelte economiche, per il raccolto 1988, sulla base del legittimo affidamento del mantenimento del regime anteriore, posto che solo ad operazioni giˆ da tempo avviate e in via di realizzazione -e senza alcuna possibilitˆ di recesso -era intervenuta la normativa comunitartla che quel regime aveva cambiato in senso meno favorevole agli operatori stessi. E ci˜ senza alcun segno premonitore univoco: misure di stabilizzazione erano giˆ nell'aria da tempo, ma la loro prescrizione in un testo normativo era prevista ragionevolmente con applicamone non certo retroattiva (ad esempio, in altre fattispecie similari, era stato previsto un meccanismo di salvaguardia delle posizioni acquisite: per i semi di soia l'art. 2 del reg. CEE della Commissione 30 luglio 1987, n. 2290/87, aveva previsto, in via transitoria, il pagamento dell'aiuto maggiore stabilito per la campagna precedente in favore dei coltivatori che avessero concluso i contratti di coltivazione comportanti un certo prezzo minimo prima dell'entrata in vigore del regolamento stesso). La Corte, richiamata la sua costante giurisprudenza (citata in motivazio ne), ha ricordato come, benchŽ, in linea di massima, il principio della certezza delle situazioni giuridiche d.sti a che l'efficacia nel tempo di un atto comunita rio decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga possi bile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purchŽ il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato. PARTE I, SBZ. II, GIIJRIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 241 3. -Nel 1988, il sig. Crispoltoni, dopo aver consegnato alla Fattoria un certo quantitativo di tabacco in foglia della varietˆ Bright, ha ricevuto, a titolo di anticipo, il premio di cui all'art. 3, il. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 727, relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore del tabacco greggio (G. U. L. 94, pag. 1). 4. -Come successivamente constatato dalla Commissione nel regolamento (CEE) 18 luglio 1989 n. 2158, che stabilisce, per il tabacco del raccolto 1988, la produzione effettiva, nonchŽ i prezzi ed i premi da pagare in applicazione del regime dei quantitativi massimi garantiti (G. U. L. 207, pag. 15), la produzione italiana di tabacco della varietˆ Bright stata di 42.105 tonnellate, corrispondenti ad un superamento del 10,8 % del quantitativo massimo garantito per l'anno 1988, fissato in 38.000 tonnellate,. per la varietˆ Bright, ásecondo l'allegato V del citato regolamento n. 2268/88. L'Azienda di Stato per gli interventi sul Mercato Agricolo Settore Tabacco (organo di intervento del settore di cui trattasi, in prosieguo: l'Ç AIMA È) ha richiesto alla Fattoria il rimborso del 5 % del premio concesso per la varietˆ summenzionata, in applicazione dell'art. 4, n. 5, aggiunto al regolamento n. 727/80 dall'art. 1 del citato regolamento n. 1114/88. 5. -Occorre rilevare che l'art. 4, n. 5, del regolamento n. 727/70, cos“ come modificato, prevede la riduzione dell'l % dei prezzi di intervento nonchŽ dei premi relativi alle diverse varietˆ di tabacco per ogni volta che una varietˆ o un gruppo di varietˆ di prodotti superi dell'l % il quantitativo massimo garantito, senza che la riduzione possa superare il 5 % dell'importo di questi prezzi e premi per il raccolto del 1988. 6. -PoichŽ la Fattoria aveva ripercosso sui propri soci la domanda dell'AIMA diretta alla restituzione parziale dei premi versati, il sig. Crispoltoni ha deciso di citare la Fattoria dinanzi al pretore di Perugia onde far dichiarare che egli non tenuto a pagare la somma reclamata, cio Lit. 3.320.000, in quantp la normativa comunitaria in base alla quale il rimborso stato richiesto invalida. 7. -Il Pretore ha deciso di sospendere il giudizio fino alla pronuncia della Corte, in via pregiudiziale, sulla Ç validitˆ dei regolamenti (CEE) del Consiglio n. 1114/88 del 24 aprile 1988 e n. 2268/88 del 19 luglio 1988 È. 8. -Per una pi ampia illustrazione degli antefatti della causa principale nonchŽ delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio .. alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati .solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. á ,,,,~?:!,,~ á'' ¥ n n, m-ááá-ááá---ááá' 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sulla competenza della Corte. 9. -Il Consiglio sottolinea che il giudizio dinanzi al giudice nazionale presenta talune particolaritˆ, in particolare in quanto la Fattoria, di cui lo stesso attore nella causa principale socio, ad essere convenuta e non l'AIMA. Questa particolaritˆ sarebbe tale da sollevare dubbi in ordine alla necessitˆ per la Corte di pronunciarsi al fine di consentire a detto giudice di prendere la sua decisione nell'ambito di una controversia effettiva. 10. -Una particolaritˆ siffatta non consente tuttavia di mettere in discussione la competenza della Corte. Infatti, secondo una giurisprudenza costante {v., tra l'altro, la sentenza 18 ottobre 1990, Dzodzi, punto 34 della motivazione, cause riunite C-297/88 e C197 /89, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34 della motivazione), spetta unicamente ai giudici nazionali aditi, che debbono assumere la responsabilitˆ della decisione giudiziaria, valutare, tenuto conto delle peculiaritˆ di ogni causa, Isia la necessitˆ di una pronuncia in via pregiudiziale per essere posti in grado di statuire nel merito sia la pertinenza delle questioni sottoposte alla Corte. I 11. -Il rigetto di una domanda proposta da un giudice nazionale possibile solo se risulti in modo manifesto che l'interpretazione del diritto comunitario o l'esame della validitˆ di una norma comunitaria, chiei sti da detto giudice, non hanno alcuna relazione con l'effettivitˆ e l'og I ~ getto della causa principale (v. in particolare, ordinanza 26 gennaio 1990, Falciola, causa C-286/88, Racc. pag. I-191, punto 8 della motivazione). Orbene, ci˜ non avviene nella presente controversia. ] I ~ " f; Sul merito. 12.á -Dai fatti della causa principale risulta che la questione pregiudiziale riguarda la validitˆ dei citati regolamenti nn. 1114/88 e 2268/88 solo in quanto essi prevedono un quantitativo massimo garantito per il tabacco della varietˆ Bright raccolto nel 1988. 13. -Al riguardo, il giudice nazionale dubita della validitˆ dei due citati regolamenti poichŽ essi potrebbero essere contrari ai principi del legittimo affidamento, della irretroattivitˆ delle norme giuridiche e della certezza del diritto. 14. -Risulta dall'ordinanza di rinvio che il tabacco della varietˆ Bright, prodotto esclusivamente in Italia, secondo l'allegato III del regolamento n. 2268/88, viene seminato in appositi semenzai nel mese di febbraio e che il trapianto in campo delle piantine avviene entro la fine del PARTE I, SllZ. ll, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE mese di aprile. Quest'ultima l'operazione che comporta le maggiori spese e, in questo momento, gli agricoltori debbono decidere sull'estensione delle superfici da coltivare. 15. -Orbene, il regolamento n. 1114/88 stato pubblicato il 29 aprile 1988,á.ossia. dopo che ái coltivatori áavevano fatto le loro scelte di produzione. per ranno in corso e il regolamento n. 2268/88, a sua volta; stato pubblicato il 26 luglio 1988, ad una data in cui tali scelte erano state realizzate . .. á¥á.. 16. ".'.""'¡.Si .deve. quindi riconoscere. che tal,iregolamenti hannoá un'efficacia retroattiva in quanto impongono, in caso di superamento del quantitativo massimo garantito per il tabacco della varietˆ Bright raccolto nel 1988; Ja riduzione dei prezzi d'intervento nonchŽ dei premi. 17..,..,_ A questo prop˜sito occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte (v. tra l'altro, le sentenze 25 gennaio 1979, Racke, causa 98/88,. punto 20 della motivazione, Racc ¥. pag. 69, e Decker, causa 99/78, punto 8 della motivazione, Racc. pag, 101); benchŽ, in linea di massima, il principio della. certezza delle situazioni giuridiche osti a che l'efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga possibile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo daá raggiungere e purchŽ il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato. Tale giurisprudenza si applica anche nel caso in cuiá la retroattivitˆá non sia espressamente stabilita dall'atto stesso ma risulti dal suo contenuto. 18. -Come risulta dal primo considerando del citato regolamento n. 1114/88, lo scopo perseguito mediante l'istituzione di un quantitativo massimo garantito quello di limitare qualsiasi aumento della produzione di tabacco della Comunitˆ e di disincentivare nel contempo la produzione delle varietˆ che presentano difficoltˆ di smaltimento. Orbene, tale scopo non poteva essere conseguito, per quanto riguarda il raccolto di tabacco della varietˆ Bright del 1988, da regolamenti pubblicati all~ fine dei mesi di aprile e di luglio di tale stesso anno. Infatti, le decisioni riguardanti l'estensione delle superfici da coltivare erano giˆ state prese a quel momento, le operazioni di piantatura erano giˆ state effettuate e, sempre secondo l'ordinanza di rinvio, il raccolto era giˆ da tempo cominciato al momento della pubblicazione del regolamento n. 2268/88. 19. -Il Consiglio si del resto reso conto dell'impossibilitˆ di limiá il:are la produzione con provvedimenti adottati in circostanze analoghe. Infatti, con il regolamento (CEE) 3 maggio 1989, n. 1251, che modifica il regolamento (CEE) n. 727/70 relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore del tabacco greggio (G. U. L. 129, 244 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO pag. 16), esso ha stabilito che i quantitativi massimi garantiti sarebbero stati fissati ogni anno per il raccolto dell'anno successivo, al fine di consentire, secondo il primo considerando di tale regolamento, la " programmazione degli impiantiÈ. 20. -In mancanza di ogni altra ragione risultante dalla motivazione dei regolamenti nn. 1114/88 e 2268/88, occorre pertanto constatare che non ricorre la prima condizione perchŽ la retroattivitˆ di questi regolamenti possa essere ammessa, e cio che lo imponga lo scopo da raggiungere, e che, di conseguenza, questi regolamenti sono invalidi in quanto stabiliscono un quantitativo massimo garantito per il tabacco della varietˆ Bright raccolto nel 1988. 21. -Per il resto, la normativa controversa ha leso il legittimo affidamento degli operatori economici interessati. Infatti, se questi ultimi dovevano ritenere prevedibili provvedimenti diretti a limitare ogni aumento della produzione di tabacco della Comunitˆ e a scoraggiare la produzione delle varietˆ che presentano difficoltˆ di smaltimento, essi potevano tuttavia attendersi che eventuali provvedimenti aventi ripercussioni sui loro investimenti fossero loro resi noti in tempo utile. Orbene, ci˜ non avvenuto. 22. -La questione pregiudiziale va pertanto risolta nel senso che i citati regolamenti del Consiglio nn. 1114/88 e 2268/88 sono invalidi in quanto stabiliscono un quantitativo massimo garantito per il tabacco della varietˆ Bright raccolto nel 1988. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZAá CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 aprile 1990, n. 256 {ordinanza) Pres. Brancaccio -Est. Finocchiaro -P. M. Nicita (conf.); ANAS (avv. Stata. Cingolo)c, Ellecosta Kurt. Giurisdizione civile -Regolamento preventivo di giurisdizione -Questioni attinenti alla configurabilitˆ dell'interesse. fatto valere -Deducibilitˆ -á Da parte della P. A. ~ J?;sclU$lone. áá á é inammissibile il ricorso con cui una p. a. deduca, in sede di regolamento .. preventivo.¥.á di giurisdizione, questiOn“ attinenti alla configurabilitˆ dell'interesse fatto valere dalla controparte privata, in. relazione alla .. pre}~nzil. o meno... tie.ZZ'ordinamento di.á. una. norma potenzialmente idonea áa tutelarlo: tali questioni, infatti, investono il fondamento net merito della domanda; e pertanto non sono traducibili in termini di riparto ádeile attribuzioni giurisdizionali (1). (1).11 regolamento.¥ prev.entivoá nell'ipotesi c1tá difetto assolutoá di giurisdhtone: ¥ alune ¥áriflessioni sui .limiti di proponibilitˆ. Con l'annotata á otdii'ianza la Corte di Cassatione ha dichiarato improponi-á bile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione con cui l'ANAS, in relazione al ricorso ex: art. 700 c.p;c., esperito da un.a parte privata, al fine di ottenere la realizzazione di un accesso viab:ile alla propria abitazione, ha dedotte> l'imp:t'opoilibilitˆ assoluta della domanda per difetto di una posiz.done giuridica soggettiva suscettibile di qualsivoglia tutela giudiziale. La Corte ha, infatti, affermatoá che la questione della totale carenza di inte-. resse á azlionabile ad opera di una parte rigtiarda esclusivamente il merito della controversia e, pertanto, non suscettibile di esame in sede di regolamento di giurisdiiione. Tale conclusione dˆ adito, peraltro, a talune perplessitˆ proprio alla luce della prevalente giurisprudenza della Corte iná materiai nonchŽ, pi in generale,. della á dott:tiina in materia di regolamento preventivo di gitirisdizione. Se vero che giˆ pi volte fa Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il regolamento preventivo;¥ qualora si fossero dedotte questioni attinenti la completaá insussistenzaá della posizione soggettiva sottostante, ricadendosi in tal caso nel merito della causa; pur vero che ad una siffatta conclusione era pervenuta esclusivamente in controversie svolgentesi tra privati (1). Significativa a tal proposito la decisione n. 5256 del 1987 (2), nella qualesi afferma che Çdi regolamento preventivo previsto dall'art. 41 c.p.c. con limi (1) V. Cass. n. 5256 del 15 giugno 1987, in Foro it. 19.87, I, 2015; id., n. 5449 del 20 giugno 1987, in Giust. civ. 1987, I, 2849; id., n. 620 del 26 gennaio 1988. (2) Nello stesso senso v. Cass. n. 5449 del 20 giugno 1987, in Giust. Civ. 1987, I, 2849; Cassn. 4371 del 14 ottobre l'J"/7. á 246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte di cassazione, a sezioni unite: -considerato che l'ANAS ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al procedimento ex art. 700 c.p.c. in corso presso il Pretore di Brunico su ricorso di Kurt Ellecosta volto ad ottenere misure cautelari urgenti a carico di essa Azienda, impegnata nei lavori di costruzione di una strada di circonvallazione; -considerato che a motivazione dell'istanza l'ANAS nega la ravvisabilitˆ, in capo all'Ellecosta, di una posizione giuridica suscettibile di tutela in sede giurisdizionale, sostenendo che la misura cautelare stata tato riferimento alle 'questioni di giurisdizione di cui all'art. 37', id est alle questioni attinenti alla giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della P. A. o del giudice speciale, e alla giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello strandero È e, pertanto, si evidenzia che, nelle controversie tra privati, il difetto nell'attore di una qualsiasi situazione soggettiva giuridicamente rilevante non integra una questione di giurisdizione, ma esclusivamente di merito, non potendosi, come invece affermava una giurisprudenza precedente (3), ampliare l'ipotesi straordinaria prevista dal c.p.c., secondo cui l'improponibilitˆ assoluta della domanda nei confronti dell'amministrazione deducibile in sede di regolamento, pur attenendo al merito della controversia. Appare evidente, pertanto, come assai diversa sia la fattispecie in esame, poichŽ si tratta, in questo caso, della deduzione da parte di una P. A. (attribuzione questa certamente spettante all'ANAS) del difetto assoluto di giurisdizione, per carenza in capo al privato di un interesse. qualificabile a fronte di un potere discrezionale dell'Amministrazione, e, dunque, si versa nell'ipotesi prevista dall'art. 37, 1¡ comma, c.p.c. relativa alla mancanza di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della P. A. Non si vuol certo negare che anche in tale caso sussista una commistione tra merito e questione di giurtlsdizione: ma l'ipotesi in cui si afferma o si nega l'esistenza della giurisdizione ordinaria nei confronti della P.A. rimane l'unica in cui una deroga al giudizio di mera leglittimitˆ della Corte di Cassazione , in via straordinaria, ammessa, come risulta dal testo della legge (art. 37 c.p.c.) e come del resto stato evidenziato autorevolmente tanto in dottrina (4) che in giurisprudenza (5), Se, dunque, da una parte non pu˜ essere estesa l'ipotesi straordinaria di coinvolgimento del merito nel regolamento preventivo di giurisdizione, prevista in relazione alla improponibilitˆ assoluta della domanda nei confronti della P.A., ad un regolamento relativo ad una controversia tra privati, come giustamente affermato dalla Corte di Cassazione (6), non pu˜, a maggior ragione, trovarsi nella regola generale della riferibilitˆ esclusivamente ai motivi di giurisdizione del regolamento preventivo, una ratio suffilciente per negare la proponibilitˆ del regolamento preventivo di giurisdizione da parte di una P. A., (3) V. Cass. ent. 1330 del 29 maggio 1951, in Riv. dir. proc. 1953, II, p. 35 ss. con nota critica di E. T. LIEBMAN; sul tema v. anche A. MASSARI, Del regolamento di giurisdizione e di competenza, in Commentario del Codice di Procedura Civile diretto da S. ALLORIO (UTET) libro I, pp. 43 ss. e G. FRANCHI, Del difetto di giurisdizione, dell'incompetenza e della liti spendenza, ibidem, pp. 366 ss. (4) v. T. E. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, I, p. 24. (5) v. Cass., sent. n. 5256 del 1987 cit. (6) v. Cass., sent. n. 5256 del 1987 cit. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 247 sollecitata áin vista di una vertenza nella quale l'Ellecosta potrebbe prospettare un interesse di fatto, non idoneo ad essere oggetto di azione in giudizio; -considerato che -come esattamente r“levato dal Procuratore Generale presso questa Corte che ha concluso per l'inammissibilitˆ dell'istanza ;_ Çil motivo attiene alla c.d. assoluta improponibilitˆ della domanda e non traducib“le “ri termini di riparto delle attribuzioni giuri~~ ionaji. sulla vertenza. 4e.qu~ fra giu(f.ici di. or(f.ini cliversi, e~aurendosi nel merito, ossia nella tesi. clella te>tale infon4?.tc::zza deUa. pi;etes?. lello Ellecosta (Cˆss. nn. 5256 e 5449 del 1987 e Cass. n. 620 del 1988) È. '-considerato á che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile. per difetto assoluto di giurisdizione: tale iipˆtesi; infatti, sia pur coinvolgente il merito in via eccezionale, ricade nella previsione dell'art. 37 c.p.c. áá Le Sezioni Unite¥ . della Corte dj, Cassazione avevano, peraltro, giˆ affron¥ tato, con la sentenza n. 207 del 1966 (7), il. problema della distinzione della questione di merito da quella . di gil.uisdizione .el caso di eccezione .di . improponibilitˆ della domanda nei cC:mfroriti della P. A., con fa separazione della valutaá zione á .. giur.idiea . in due distinti momenti: una indagine preliniinare di competenza delle Sezioni Unite diretta a stabilire se, nei termini di fatto e di diritto, sia ipotizzabile in astratto un dil1itto o un interesse provvisto di azione o di difesa giurisdizionale e, h1 caso di esito positivo di un siffatto giudizio,. l'accertafuent˜ della spettanza in concreto dd diritto o dell'interesse legittimo di competenza del giudice di merito individuato in base alla qualificazione della posizione giuridica dconosciuta in astratto. A tal riguardo sembra doversi condiividere la posizione di chi (8), stante la relativitˆ del concetto di astrattezza, ha evidenziato che l'accertamento della configurabilitˆ in. astratto di una posizione giuridica tutelata dal privato.áá nei confronti della P. A. debba consistete dn realtˆ nella verifica in concreto dell'esistenza Ç di alcuni soltanto dei presupposti di fatto áda cui discende l'attriá buzione di un diritto o di un interesse legit;timo all'attore; e precisamente di quei presupposti che, essendo rilevanti ai fini dell'atteggiarsi dei poteri del1' Amministrazione..., condizionano in generale, rispetto a chiunque..., la possibilitˆ di una tutela giuridica degli . interessi privati È. Alla luce di siffatte considerazioni ed in mancanza di una dettagliata motivazione sulla nuova linea interpretativa delle norme del c.p.c. relative a:l regolamento preventivo di giurisdizione, dovrebbe evincersi, nel caso di difetto assoluto .ádi giurisdizione, una tendenza a áfar coiincidere le due diverse ipotesi, quella del regolamento preventivo relativo a controversie tra privati, e quella in cui ii regolamento. derivi daá una causa vertente tra una P. A. ed un soggetto privato: tendenza che, tuttavia ,per le suesposte considerazioni, non sembra condiviisibile a:lla luce del dettato normativo, portando anche in tale ultima ipotesi all'esclusione della deducibilitˆ dell'improponibilitˆ assoluta della domanda in sede di regolamento, ritenuta invece possibile dalla precedente giurisprudenza, sia pur con le riferite opportune distinzioni in sede di valutazione. SOL VEIG CoGLIANI {7) in questa Rassegna, 1966, I, pp. 56 ss. (8) M. CONTI, In tema di improponibilitˆ assoluta della clomanda, in nota alla sent. n. 207 del 1966 cit., in questa Rassegna, 1966, I, 57 e ss. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 248 CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Civile, 5 ottobre 1990, n. 9830 -Pres. Scanzano; Rel. Lupo; P. M. Donnarumma (concl. conf.). Morteo Soprefin S.p.A. (avv. Fazzalari) c. Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (Avv. Stato Laporta). Opere pubbliche (appalto di) -Riserve dell'appaltatore -Contestazioni di natura tecnica e/o giuridica -Tempestivitˆ. Opere pubbliche (appalto di) -Riserve dell'appaltatore -Inammissibilitˆ per tardivitˆ -Rilevabilltˆ su istanza di parte. Nel corso del rapporto di appalto di opera pubblica, l'insorgere di una contestazione di natura tecnica e/o giuridica, e non contabile, non esclude la sussistenza in capo all'appaltatore dell'onere della formulazione di una tempestiva riserva, senza che la stessa possa essere differita all'esito della procedura prevista per la risoluzione delle contestazioni dall'art. 23 R.D. 25 maggio 1895, n. 350(1). L'inammissibilitˆ della riserva formulata dall'appaltatore per tardivitˆ noná pu˜ áessere rilevata d'ufficio, ma deve essere tempestivamente eccepita dall'Ente appaltante {2). Con il primo motivo del ricorso la societˆ Morteo Soprefin deduce violazione dell'art. 23 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, nonchŽ dei principi che governano l'istituto della riserva. La ricorrente sostiene la tesi secondo cui l'iscrizione delle riserve nel registro di contabilitˆ deve precedere il ricorso ex art. 23 citato soltanto nelle ipotesi di questioni finanziario-contabili e non anche quando siano insorte contestazioni tra l'amministrazione e l'appaltatore di natura tecnica e/o giuridica (si potrebbe dire di Çmerito contrattualeÈ), come sono quelle a cui si rife (1) Sul carattere generale dell'onere della tempestiva riserva in materia di appalto di opere pubbliche la giurisprudenza oramai consolidata. Si pertanto affermato che tale onere sussiste anche per le pretese fondate su dolo o colpa grave della stazione appaltante, purchŽ i fatti si inseriscano in un preciso momento nel corso dei lavori (Cass., 13 marzo 1989, n. 1225), nonchŽ per i fatti c.d. Ç continuativiÈ, per i quali l'onere sorge non nel momento della cessazione delle continuitˆ (cos“, Cass., 20 marzo 1972, n. 830, ed altre pronunzie negli anni Settanta), bens“ in quello in cui la potenzialitˆ dannosa dell'evento desumibile dall'appaltatore secondo criteri di buona fede ed ordinaria diligenza (Cass., 19 maggio 1989, n. 2395). é pertanto impugnabile per nullitˆ ai sensi dell'art. 829, ultimo comma, cod. proc. civ. il lodo nel quale non vengano osservati da parte degli arbitri i principi generali in ordine all'onere dell'appaltatore di formulare tempestiva riserva (Cass., 29 gennaio 1988, n. 830). (2) Sull'onere a carico dell'Ente appaltante di proporre tempestivamente la eccezione di decadenza per intempestivitˆ della riserva cfr. Cass., 17 febbraio 1987, n. 1697 e, da ultimo, Cass., 19 marzo 1991, n. 2934. PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIViLB, GIURISDIZIONE E APPALTI risce il terzo quesito sottoposto al giudizio arbitrale. Nel caso di specie, quindi, iltermine per iscrivere le riserve sarebbe iniziato a decorrere dal momento A cui . .U Ministero avesse comunicato all'appaltatore le sue de áte.rminazioni con. ordine.á d~.áservizio, come. espressamente previsto nel terzo ColJ:lma del cHato art.; 23, Ma q.este determinazioni non sono¥ mai interven.te, Si cens.ra,. perta.:to, la. sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuta tardiva la riserva inserita 11el registro
  • non conforllle con. l'orientamento giurisprudenziale consolidito in tŽfu.a di riserve. Quesfa Corte ha diverse volie affermato elle l'onere dellatiserva non pu˜ á.ritenersi ristretto agli elementi diá natura :strettamente contabile, .ma rig.arda tutti i fatti che siano comunque idonei.á a produrre spesa; tale istitl.ltb, . íílfatti, assolve alla funzione di ¥COtlSent“re li tetnpestiva e Costante eVtdebza di fotti i fattori che siano ásuscettibili di aggravare il costo dell'opera e siano oggetto di contrastanti valutazioni delle parti (v. tra le tante pronunzie, Cass. 15 dicembre 1982, n. 6911); fa ricorrente, pur iiOi“ COiitestando il caratfore di generalitˆ dell'istituto della rfse:i:vˆ;á ritiene che, nell'funbit6 di esso, ásiaá operabile una distin: zione tra le riserve per le quali vigono i rigorosi termini di iscrizione tempestiva previsti dall'art. 54 del R.D; n. 350/1895 (quelle relative a questioni finanziario-contabili) e le riserve per le quali l'insorgenza di una ácontestazione .nelle forme previste dall'art;. 23 dello stess˜ R.D. n. 350/1895 ádeterminerebbe un differin}ento del termine di iscrizione, fino .alla solu: zione della contestazione con decisione definitiva del Ministero (questioni tecnicbe e/o giuridiche, con . riflessi.á finanziari di natura meralJ:lente ac ácessoria). Questa distinzione non pu˜ essere accolta perchŽ introduce una deroga alla regola generale di tempestiva formulazione delle riserve, deroga áche non trova fondamento nella disciplina dell'appalto di opere pubbliche. Se si prende in esame il rapporto tra l'art.. 23 e l'art. 54 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350 -tema che il motivo di ricorso sostanzialmente pone -si constata che . il modo di risoluzione delle contestazioni disciplinate dettagliatamente. dall'art. 23 perfettamente compatibile con . la iscrizione immediata del1e riserve. L'tiltiino comina dell'art. 54, infatti, prevede che Ç sulle domande regolarmente inscdtte si procederˆ nel modo indicato nel precedente art. 23 È. fa possibile coesistenza dei due istituti confermata in modo espres. so dall'art. 42 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (capitolato generale di .appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici), áove si prevede che la risoluzione in via amministrativa delle contesta-: zioni tra direttore dei lavori ed appaltatore presuppone che Çle domande áed i reclami dell'impresa È siano Ç inscritti nei documenti contabili nei 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO modi e nei termini tassativamente stabiliti dal regolamento approvato con R.D. 25 maggio 1895, n. 350 È. E ancora pi esplicita era la corrispondente disposizione del precedente capitolato (approvato con D.M. 28 maggio 1895) che, nell'art. 41 (avente un contenuto sostanzialmente uguale al vigente art. 42, come si afferma dalla stessa ricorrente), richiamava espressamente, per la risoluzione delle contestazioni, anche l'art. 23 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350. Deve quindi ritenersi che l'insorgenza di una contestazione rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 23 (che qui non occorre definire) non escluda l'onere di tempestiva iscrizione della domanda o della riserva dell'appaltatore, sempre che ovviamente la pretesa di quest'ultimo sia tale da rendere applicabile l'art. 54 (ma, come si detto, la ricorrente non contesta il fatto che la pretesa della Morteo Soprefin doveva formare oggetto di riserva, censurando soltanto l'affermazione di avvenuta scadenza del relativo termine). Non pu˜ cio sostenersi che la risoluzione della contestazione ex art. 23 sia propedeutica rispetto all'applicazione dell'art. 54 e che perci˜ i termini previsti da quest'ultimo articolo non decorrano o vengano ad essere sospesi per effetto della presentazione del ricorso dell'appaltatore previsto dall'art. 23. La contraria tesi della parte ricorrente fa leva, soprattutto, sulla formulazione del terzo comma, prima parte, dell'art. 23, ove si dispone che Ç le decisioni definitive del Ministero saranno comunicate con un ordine di servizio all'appaltatore, il quale avrˆ l'obbligo di darvi esecuzione, salvo sempre il diritto di fare le sue riserve nel registro di contabilitˆ È. Questa ipotesi di iscrizione di riserve successiva alla risoluzione della contestazione in via amministrativa si riferisce, come si giˆ rilevato in dottrina, al caso in cui sia proprio la esecuzione, da parte dell'appaltatore, della decisione ministeriale a creare il presupposto per la iscrizione della riserva. L'ordine di servizio del Ministero cio pu˜ determinare un obbligo di esecuzione, che l'appaltatore aveva inizialmente contestato e che, in esito alla risoluzione della contestazione, va necessariamente osservato; ma se tale esecuzione determina la richiesta dell'appaltatore di maggiori compensi rispetto alle risultanze delle scritture contabili, egli ha il diritto di pretendere tali compensi maggiori, iscrivendo le proprie domande o le riserve nel registro di contabilitˆ. Ma non questa l'ipotesi verificatasi nel caso di specie, in cui -come ha accertato il giudice di merito, con affermazione non censurata dalla ricorrente -la societˆ appaltatrice ha chiesto il ristoro del pregiudizio conseguito ad omessa ed incompleta contabilizzazione dei lavori eseguiti prima del 16 novembre 1974, ed ha inserito nel registro di contabilitˆ la riserva relativa a tale pretesa soltanto il 12 maggio 1975. (omissis) PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 25 t (omissis) Con il quinto motivo la ricorrente censura sia la pronunzia di inammissibilitˆ che quella di infondatezza della domanda relativa al 4¡ quesito arbitrale. In ordine alle inammissibilitˆ {per formulazione tardiva della riserva} la ricorrente deduce che la eccezione di tardivitˆ non stata sollevata dall'Amministrazione nel corso del giudizio arbitrale, ma solo con l'atto di impugnazione del lodo, e quindi tardivamente. In ordine alla infondatezza, la ricorrente contesta la sussistenza della rinll.llzia alla pretesa, affermata dalla Corte di appello. Occorre, ápreviamente, stabilire se corretta la pronunzia di inammissibilitˆ dalla domanda proposta davanti agli arbitri dalla Morteo Soprefin. PoichŽ la ricorrente deduce che la eccezione di inammissibilitˆ della domanda stata tardivamente proposta e lamenta perci˜ un errar in procedendo della. Corte di appello (che non avrebbe rilevato tale tardivitˆ), il collegio giudicante hˆ il potere di accertare direttamente se sussista o meno il vizio processuale lamentato. Dall'esame degli atti si constata che l'eccezione di assenza della iscrizione della domanda (o della riserva) nel registro di contabilitˆ fu opposta dall'Amministrazione nel ¥ giudizio arbitrale. Con la Ç terza memoria ,,. recante la data 1¡ giugno 1982 e depositata il successivo 8 giugno, l'Avvocatura á dello Stato rilev˜ che Ç l'impresa ha sottoscritto, senza riserva alcuna, il contratto 27 .aprile 1973, con ci˜ accettando lo slittamento dei tempi finali e le modificb,e dei tempi parzirui ivi previsti e rendendo cos“ priva di qualsiasi consistenza ogni attuale recriminazione circa la mancata osservanza dei programmi cui aveva fatto riferimento la lettera-ordinativo È i(pag. 3); L'assenza di riserva, quindi, fu giˆ eccepita nel giudizio arbitrale, ed irrilevante che l'Amministrazione non ne abbia fatto discendere, in modo espresso, la inammissibilitˆ della domanda. La sussistenza della inammissibilitˆ della domanda rende irrilevanti le censure mosse dalla ricorrente alla pronunzia di infondatezza della stessa domanda. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 novembre 1990, n. 10942 -Pres. Carotenuto -Rel. Meriggiola -P. M. Amatucci (conf.). Presidenza Consiglio Ministri (avv. Stato. Linda) c. Spera (avv. Natale e Palma). Espropriazione per pubblica t.Jtilitˆ -Occupazione di urgenza per la realizzazione di opere statali ex lege 219/81 -Applicabilitˆ termine trimestrale per l'occupazione -Fattispecie. L'art. 20 l. 22 ottobre 1971, n. 865, nella parte in cui stabilisce l'inefficacia del decreto di occupazione delle aree da espropriare se non attuato entro tre mesi dalla .sua emanazione, trova applicazione, in difetto di .252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .diversa previsione, anche per le occupazioni disposte in base al d.l. 19 marzo 1981, n. 75 (convertito, con modificazioni, in l. 14 maggio 1981, n. 219), sulla ricostruzione e lo sviluppo dei territori del mezzogiorno colpiti dagli eventi sismici (1). La tesi esposta nel ricorso non pu˜ esser condivisa dalla Corte, áconsiderando che ai fini della legittimitˆ dell'occupazione di aree private non sufficiente che il provvedimento sia emanato da un organo avente il relativo potere ma á altres“ indispensabile il rispetto dei termini previsti per l'esecuzione del provvedimento. (1) Applicabilitˆ del termine di efficacia per l'attuazione delle occupazioni
  • >, debba trovare applicazione anche per le occupazioni disposte ai sensi degli artt. 80 e ss. della legge 219/81 disciplinante l'intervento straordinario per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori del Mezzogiorno colpiti dagli eventi sismici del 1980. Coerentemente la S. C. ha ritenuto che l'occupazione d.ell'immobile avvenuta oltre il predetto termine di efficacia integra una mera attivitˆ materiale della P.A. inidonea ad affievolire la posizione di diritto soggettivo del privato in conformitˆ della consolidata giurisprudenza in subjecta materia (Cass. 1¡ marzo 1989, n. 1136). A tale concluSlione le SS.UU, sono pervenute muovendo dalla considerazione che la predetta norma dovrebbe ritenersi applicabile in assenza di una specifica disposizione derogatoria non rinvenibile nŽ nella legge 219/81 nŽ, tantomeno, nelle ordinanze, destinate a disciplinare ed attuare l'intervento espropriativo, emesse dall'allora Presidente della Giunta Regionale quale Commissario Straorddnario di Governo ex art. 84 della richiamata legge. La illustrata decisione cos“ come argomentata desta riserve tanto nella parte in cui sembra dare per implicitamente acquisito il principio secondo cui il 1¡ comma dell'art. 20 della legge 865/71 costituirebbe una previsione dtl carattere generale applicabile ad ogni occupazione di urgenza ivi comprese quelle per interventi statali, quanto nella parte in cui non ritiene di rinvenire nella legge 219/81 (e nelle ordinanze attuative) specifiche disposizioni derogatorie della predetta norma. Conseguentemente non si ritiene condiivisibile la relativa statuizione. Sotto il primo profilo deve osservarsi che nella pronuncia in rassegna non vi cenno alla problematica circa l'ambito di estensione da riconoscere alla previsione di cuii al 1¡ comma dell'art. 20 della legge 865/71 in ordine alla quale peraltro non esistevano -sino alla pronuncia in commento -precedenti in termini del Supremo Consenso ed in ordine alla quale la giurisprudenza sia amministrativa (T.A.R. Lazio, I, 15 aprile 1981, n. 351 in T.A.R. 1981, I, 1477; Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 11 febbraio 1986, n. 14 in Cons. Stat. 1986, I, 216) che di merito (Trib. Napoli 12 luglio 1988, n. 6852; 23 febbraio 1991, 3362, Trib. Reg. Acque presso la Corte di Appello di Napoli, 4 marzo 1987, n. 95 -tutte inediite -) appare prevalentemente orientata per la non applicabilitˆ della disposizione agli interventi statali pur non mancando isolate pronunce di PARTE I, SEZ. Ill; GIURISPlUlDBNZAi CIVIJ'.B, GIURISDIZIONE E APPALTI 253 ll titolo ottavo della legge 14 maggio 1981, n. 219, prima normativa contenente una serie di disposizioni coordinate, dirette a realizzare un programma straordinarioá di ricostruzioneá dell'area metropolitana ádi Napoli disastrata á dal terremoto> nonáá contiene deroghe ¥alla dxsCiplina delle oecupˆZioni delle ááareeá eontenU:tˆ nelltf legge 22 áottobre 1971, n~á865; ¥á speŽificando .soltanto che al Prefetto viene affidato il compito df prestare la neessaria assistenza alle áoperai“oni .di occupazione. Del pariá le ordinanze emesse dal Presidente della Giunta regionale in funzione di. Commissario st;raordinarfoán. á514 del 1986, con cui le aree sono state individuate e viri.colate, e la successiva n. 999 del 25 marzo 1987 segno con~rario (rribunale l)U,)il~tj.ore delle Acque Pubbliche 9 novembre 1989, n. 90 in Co11S., $tat., 1989, XJ, J$1!3h Invero il ne in esame alle occupazioni relative a procedimenti espropriativi destinati alla realjzzazione di opere statali: ¥..¥ risulta infatti chiaramel'lte á estes9 il.'lf' ¥¥ comma dell'articolo relativo . ~Ha durata quinquennale . delle occupazioni anche alle opereá ed agli interventi .di .compete~a statale, ma nessun riferimento te!!tuale sussiste in ordine al 1¡ comma del medesimo artiC9lo che prevede il termine di decadenza .. sopra ricordato. Altrettanto a dirsi per l'art. 14 della legge n. 10/1977 che non ha esteso la precettivitˆ del 1¡ comma dell'art. 20 cit. alle opere ..pubbliche. diá competenza ¥ statale. Inducono a sostenere .il prospettato orientamento non solo e .non tanto. l'illustrato element9 interpretativo di ordine testuale; giˆ da taluno r.itenuto di per s~. assorbente (in tal senso Vigna!e, L'attuale assetto della espropriazione per pubbliCl:l utilitˆ; Jovene, 1991, pag.186), quanto piuttosto considerazioni di cara:tte.re logico-sistematico e storico-evolutivo. Ed infatti la legge 865/71; proponendo per la prima volta uno schema di procedimento espropriatdvo ¥.generale per le sole.¥. opere di interesse regionale e sub-regionale, . non ha¥ !inteso abrogare o modificare ál'altro schemaá di carattere generalissimo disciplinato dalla . legge 25 giugno 1865, n. 2359 . che, pur dopo l'attuazione dell'ordinamento regionale, continua ad essere ritenuto applicabile alle opere ed . agli interventi di interesse statale (Ad. Plen, Co;ns. Stat. 19 genna: io 1979, n; led ivd riferimenti giurisprudeniiali in foro It. 1979, III, 257). NŽ tale effetto abrogativo pu˜á ricollegarsi all'art. 4 della. legge 27 giugno 1974, n. 247 il CUi tenore letterale appare chiaramente volto ad estendere agli inter, venti statali le sole disposizioni della legge 865/71 relative alla dete.rminazione dell'indennitˆ di esproprio.. Quanto precede¥ .nell'evidente obiettivoá di ¥ armonizzare le differenti discipline in tema. di indennitˆ laddove . per l'appunto pi pressante¥ l'esigenza di salvaguardia (da. .ritenersi costituzionalmente protetta) della paritˆ ádi trattamentoádegli espropriati quanto alla misuraá dell'indennizzo (Cons. Stat. IV, 14 luglio 1981, n. 582), con implicita esclusione, quindi di ogni pi ampio !intento di unificazione dei disti1'1ti procedimenti espropriativi, Ne consegue quale logico corollario che alla luce del richiamato art. 4 della legge 247/1974 non poteva ritenersiá applicabile alle espropriazioni per gli interventi statali l'intero articolo 20 della¥ lgge 865/71. áQuanto sin qui rappresentato. trova riscontro e conferma nella successiva evoluzione legislativa che, muovendo proprio dalla applicabilitˆ della legge 865/71 alle soleá espropriazioni per opere di competenza regionale, ha ritenuto con l'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 di dover estendere il solo 2¡ 9 25'! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che áha autorizzato l'occupazione, non cohtengono deroghe alla disciplina generale. Con ordinanza n. ,70. del 1982, in parte modificata dalla ordinanza n. 1,75 delá.19$5, sono state .. altres'i .. disciplinate le. procedure di stima e Uq.ilazip:ne delle h:lc:iennitˆi ma. anhe in tali :provvedimenti non dato rinvenire . de}'oga alcuna. Al contrario, la previsione n. 11 . delfordinanza n. 70 afferma che << Per . quanto non. espressan:iente previs_to. 1lella presente ordinanza il proedlmento espropriativo sarˆ regolato dalle norme di cui al titolo ottavo delia legge n. 219 del 14 maggio l981 edalle norme vigenti in materia comma dell'art. 20 della legge 865/71 alla generalitˆ dell'espropr:iaziioni iyi comprese quelle concernenti interventi statali. é evidente infatti che, se questa fosse stata la originaria portata normativa ed ap:Pllicativa dll'art. 20 della legge 865/71, non vi sarebbe stata la necessitˆ dl un intervento legislativo, il cui carattere innovativo chiaramente 'riconosciuto ádalla giurisprudenza (Ad. Plen. Cons. Stat 1/1979, cit~). á Tale conclusione trova dl suo momento di verifica nell'argomento, d'ordine storico-evolutivo, desumibile dallo stesso art. 14 della legge 10/1977, il cui 2¡ comma, nell'aggiungere un sesto comma all'art. 12 della legge 865/71, richiama espressamente la legge 3 aprile 1926, n. 686 quanto a competenza, tempi e modalitˆ tecniche di pagamento di indennitˆ di esproprio. Appare chiaro che tale rinvio (il quale coinvolge anche gli artt. 30 e 48 della legge 2359/1865 e l'art. 8, secondo, terzo e quarto comma della legge 21 maggio 1955, n. 463) non avrebbe senso se la norma richiamante non avesse ritenuto valida la intera fase procedimentale cui le normeá richiamate si riferiscono (Cons. Stat., IV, 14 luglio 1981, Il; 582 in Cons. Stat. 1981; II,.á674). á Tale ultima considrazione áconforta il carattere innovativo che deve riconoscersi alla previsione di cui all'art. 14 della legge 10/1977 e fa giustizia delle isolate decisioni che hanno 'ritenuto estensibile l'applicabilitˆ del primo comma dell'art. 20 della legge 865/71 alle opere statali proprio facendo leva sulla natura non sostanzialmente innovativa del richiamato art: 14 (Trib. Sup. Acque Pub. 9 novembre 1989; n. 90 cit.). Orbene sin troppo evddente che proprio l'esistenza del riferito 'richiamo al solo secondo comma dell'art. 20 della legge 865/71 da parte dell'art. 14 della legge 10/77 induce a negare che con esso il Legislatore possa avere inteso estendere la precettivitˆ dell'intero articolo alle espropriazioni di competenza statale. Tant' che in giurisprudenza si ritenuto non applicabile il riferito termine trimestrale di efficacia anche in una; fattispecie in cui il provvedimento dell'Autoritˆ Amministrativa (CASMEZ) faceva. espresso e generico riferimento al á citato art.. 20. Ci˜ sulla base della considerazione dell'assoluta non applicabilitˆ della pl'evisione agli interventi statali e, quindi, della inidoneitˆ dello stesso: riCh“amo (Cons. Giust. Amm, Reg. Sic .. 1l febbraio 1986, n. 14 cit.). Da ultimo si ritiene esaustivo evidenziare che all'applicabilitˆ del primo comma dell'art. 20 della legge 865/71 non potrebbe giungersi neppure mediante il procedimento analogico di cui all'art¥.12 delle preleggi. L'esistenza, infatti, degli artt. 71 e ss. della legge 2359/1865 (cos“ come modificato dalla legge 18 dicembre 1879, n. 5188 ed integrato dall'art.. 39 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422) ..._ ritenuta, in particolare dopo gli interventi della Corte Costituzionale sui criteri della determinazione della indennitˆ di esproprio (Corte Cost. 30 gennaio 1980, n. 5 in Foro it. 1980, I, 605 con nota di Morello), normativa comun PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 255 di espropriazione per opere pubbliche di competenza statale, in quanto applicabili È. L'ordinanza infine n. 999 del 25 marzo 1987, contenente l'elencazione completa dalle particelle da espropriare nei vari comuni della zona vesuviana con l'imposizione del vincolo di destinazione e conseguente autorizzazione a procedere alla loro occupazione, si limita a stabilire che questa potrˆ esser protratta sino al 31 dicembre 1991, data entro la quale dovranno essere portati a termine i lavori e le procedure espropriative, disposizioni tutte anche queste che non contengono deroghe. Sulla base di tali premesse, va aggiunto che per costante insegnamento di questa Corte, in virt dell'art. 20 della legge n. 865 del 1971 il que applicabile per colmare eventuali lacune -impedisce di applicare analogicamente la ricordata previsione in mancanza di espresso e testuale richiamo legislativo (in tal senso Tribunale Napoli 6852/1988 cit.). Tutto ci˜ premesso deve rilevarsi come la illustrata problematica non appare affatto considerata, neppure incidentalmente, dalla Suprema Corte nella decisione oggetto di commento, benchŽ la riferita astratta applicabilitˆ del primo comma art. 20 legge 865/71 avrebbe dovuto costituire indispensabile presupposto logico per valutare l'estensione della disposizione medesima alle opere relative all'intervento statale straordinario disciplinato con la legge speciale 14 maggio 1981, n. 219. In proposito non pu˜ sottacersi che la decisione in commento, nell'indubitato e indiscusso presupposto dell'applicabilitˆ del termine trimestrale di efficacia, ha poi ritenuto che lo stesso doves.se essere applicato anche agli interventi di cui alla legge 219/81 per mancanza dd una disposizione derogatoria contenuta nella citata legge o nelle ordinanze attuative della stessa. Al riguardo, sembra tuttavia di poter osservare che l'art. 80 della legge 219/81 all'ottavo comma prevede espressamente che le occupazioni delle aree debbano essere effettuate entro 15 giorni dalla individuazione in tal modo stabilendo da un lato un termine notevolmente pi breve rispetto alla previsione del primo comma dell'art. 20 cit. ma non configurando per˜ lo stesso come termine di efiiicacia. L'esistenza della predetta disposizione -anche ove si ritenesse applicabile la previsione di cui al primo comma del citato art. 20 alle opere dd competenza statale -avrebbe comunque dovuto essere valutata e ritenuta derogatoria della richiamata disposizione se non altro perchŽ la stessa non prevede testualmente il predetto termine di 15 giorni come termine di decadenza. Ne consegue che al predetto termine deve riconoscersi carattere meramente acceleratorio (Tribunale Napoli 23 febbraio 1991, n. 3362, cit.), alla cui violazione non connessa alcuna conseguenza giuridica, da ritenersi pertanto previsto al solo fine di dare impulso alle Autoritˆ preposte all'espletamento delle procedure di estrema urgenza per la solUZJione dei problemi alloggiativi dei terremotati ritenuti per legge di preminente interesse nazionale (cfr. art. 80 legge 219/81). ié infatti decisiva la considerazio/Ile che laddove il Legislatore (art. 20 legge 865/71) ha inteso configurare il termine di occupazione quale termine clii efficacia con la conseguente sanzione, per la sua violazione, di decadenza della Autoritˆ Amministrativa dal relativo potere, ha espressamente statuito in tal senso. Non si pu˜ infatti ritenere che la decadenza dall'esercizio di un potere di cui sia titolare l'Autoritˆ Amministrativa sia desumibile da dati 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.O STATO decreto di occupazione delle aree da espropriare perde efficacia ove l'occupazione non segua entro tre mesi dalla sua emanazione con la conseguenza che l'occupazione effettuata dopo il decorso del termine non affievolisce il diritto di proprietˆ per illegittimo uso del potere. In tali ipotesi il comportamento della Pubblica Amministrazione, privo dell'indispensabile supporto autoritativo, deve esser valutato ex se, iure privatorum, nei suoi elementi strutturali e costitutivi, ed integra una mera attivitˆ materiale nei cui confronti il proprietario mantiene una posizione di diritto soggettivo, s“ da esser legittimato ad esperire l'azione di reintegrazione o di manutenzione. NŽ sussiste per il giudice ordinario ed elementi extratestuali, tanto pi nel caso della legge 219/81 che, quale legge speciale (T.A.R, Campania I, 2 giugno 1989, n. 289 in T.A.R., I, 1989, 3108), di stretta applicazione e non consente neanche l'integrazione analogica da parte della legge 865/71 sia per quanto giˆ in precedenza illustrato sia perchŽ quest'ultima deve ritenersi a sua volta giˆ speciale rispetto alla legge 2359/1865 (VIRGA, Dir. Amm., I Principi, GiuffrŽ, 1983, 385 ed ivi riferimenti giurisprudenziali). Del resto, se si considera che la legge 219/81 del 14 maggio, che le individuazioni dovevano essere effettuate (art. 80 secondo comma) entro il successivo 28 maggio e che entro i successivi 15 giorni dovevano seguire le occupazionii delle aree (art. 80 ottavo comma), appare di solare evidenza che sarebeb risultata quantomeno irrazieinale la scelta del Legislatore di considerare l'ultimo termine quale requisito di efficacia, essendo solo auspicabiile, ma non verosimilmente concepibile l'ipotesi che, nel breve volgere di un mese dalla data di pubblicazione della legge, potesse costituirsi un organo straordinario ed effettuare, in una realtˆ urbanistiica cos“ notoriamente complessa, l'individuazione e l'occupazione delle aree, entro il predetto termine a pena di decadenza dal relativo potere. Alla luce di quanto precede, risulta priva di pregio l'ulteriore affermazione contenuta nella decisione in esame secondo cui le ordinanze 70/82, 999/87 dell'allora Presidente della Giunta Regionale quale Commissario Straordinario di Governo non contemplerebbero deroghe alla previsione di cui al prim9 comma dell'art. 20 della Legge 865/71. Deve infatti osservarsi che le ordinanze richiamate sono emanate da parte dell'Autoritˆ preposta, anche in deroga ad ogni legge vigente in conformitˆ cli quanto sancito dal terzo comma dell'art. 84 della legge 219/81 e con l'espresso limite Ç delle norme di cui al presente titolo, della costituzione e dei principi generali dell'ordinamento È costituendo esse stesse atti aventi valore di legge in senso materiale (TAR Campania I, 9 aprile 1987, n. 175 in T.A.R., 1987, I, 2016; T.A.R, Campania, I, 7 maggio 1989, n. 32, inedita). Ne consegue che in nessun caso le predette ordinanze potevano contemplare un termine di efficacia per l'occupazione essendo tale termine gtlˆ previsto (e non a pena di decadenza) dall'ottavo comma dell'art. 80 della legge 219/81 non derogabile -per quanto sopra rammentato -attraverso l'esercizio del potere di ordinanza. L'evidente rilevanza pratica della problematica qui individuata rende, per tanto, auspicabile che quanto prima la Suprema Corte riesamini, funditus, il rapporto tra attivitˆ espropriativa statale e termine di efficacia dell'occupa zione ex primo comma dell'art. 20 legge 865/71, non potendosi condividere la decisione oggetto di commento nŽ per le conclusioni nŽ per l'iter argomenta tivo proposto. ADOLFO MUTARELLI PARm I, SBZ. llI, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE B APPALTI 257 il divieto posto .dall'art. 4 della .normativa sul contenzioso amministrativo non dovendo egli emettere alcun provvedimento di revoca o di annullamento di un atto amministrativo, postoá che lo stesso art. 20 dichiara il provvedimento di occupazione inefficace (cfr. tra le altre Cass. n. 3081 del 19~2,JJ,, 410 c1el1981, 11á 1~69, 1492 e 4765 del 1988, n. 1136 del 1989). J.>oicli~ nella specie i termini fissati per l'attuazione dei provvedimenti sono $tati all'evidenza e di gran lunga superati, da ritenere che la proprietl:U'ia interessata abbia adito il Pretore a difesa di una posizione di diritto . soggettivo, non . degradata ad interesse. Va quindi dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, con la conseguente condanna . della parte ricorrente al pagamento delle spese qel giudizio di .cassazione. CQRJ:E DI CASSAZIONE, Sez; I, 7 novembre 1990, n. 10723; Pres. Vela Est. .Luccioli ¥ P. M. Donnarumma (diff.); -Ministero dei Lavori Pubblici t(Avv. Stato D.'Amato) c. De Vivo. t(Avv. Ricci). Giurisdizione civile -Appalto di opere pubbliche -Revisione prezzi -Criá teri liquidatori ¥ Valutazione discrezionale ¥ Esclusione ¥ Azione di ripetizione indebito ¥ Incide su .diritto soggettivo ¥ Giurisdizione del G.O. . . Appalto ¥ Appalto ádi opere . pubbliche ¥ . Revisione áprezzi ¥ Accertat11ento á tabellare ¥ Ta,bella utili#af:>ile -é quella riproducente i prezzi al mOmento á de.' offerta ¥ Compilazione in epoea successiva ¥ é irrilevante. La posizione dell'appaltatore, una volta effettuata dalla P. A. in senso positivo la scelta di concedere la revisione, assume la consistenza di diritto soggettivo: pertanto rientra nella giurisdizione del giudice ordinario l'azione promossa dalla P. A. per lˆ ripetizione dell'indebita oggettivo inerente all'ammontare del compenso revisionale (1). L'unica tabella da assumere a base ai fini della revisione quella che riproduce i prezzi relativi al momento in cui l'offerta (ora l'aggiudicazione, ti.i sensi dell'art. 33 della l. 28 febbraio 1986, n. 41) stata effettitata, anco.rche successivamente compilata e pubblicata: sicchŽ i valori dell'ultima tabella nota al momento della formulazione dell'offerta possono assumere per l'imprenditore un rilievo meramente orientativo e di supporto per le sue autonome valutazioni (2). (1-2) Revisione dei prezzi nell'appalto di opere pubbliche: posizioni giuridiche soggettive dell'appaltatore e determinazione del prezzo corrente alla data dell'offerta. La controversia da .cui ha trattto origine la pronuncia in rassegna concerne il problema della determinazione dei prezzi correnti (riferiti ai materiali, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 258 Va preliminarmente rilevato che la memoria illustrativa dell'Amministrazione ricorrente stata depositata tardivamente {tenuto conto della sospensione dei termini durante il periodo feriale), onde non pu˜ essere oggetto di esame. Con il secondo motivo, da affrontare con precedenza sul primo per la sua logica prioritˆ, il Ministero dei lavori Pubblici censura l'impuá gnata sentenza nel punto in cui afferma che le tabelle dei costi da assumere come riferimento nel calcolo revisionale debbono essere quelle vigenti e note al momento dell'aggiudicazione, deducendo al riguardo che, poichŽ funzione propria delle tabelle quella di rilevare i prezzi correnti in periodi successivi, va considerata ed applicata quella che rilevi i prezzi correnti nel periodo in cui l'offerta (attualmente l'aggiudicazione) stata effettuata, e non quella che dichiari i prezzi correnti in un periodo in cui l'offerta (o l'aggiudicazione) non era ancora avvenuta; con la conseguenza che, nel á caso di accertamento successivo di errori nel calcolo della variazione, l'Amministrazione ha il dovere di rettificare l'atto di liquidazione ed legittimata a ripetere l'indebito. La censura fondata. alla mano d'opera, ai trasporti o noli) al momento dell'offerta (o dell'aggiudicazione) da parte dell'appaltatore, su cui basare il calcolo della variazione successiva ai i“ini del compenso revisionale. Nella fattispecie in esame l'appaltatore era stato chiamato in giudizio dall'Amm.ne committente per la restituzione della maggior Somma pagata dalla stessa Amm.ne rispetto al compenso rev“sfonale dovuto, essendo il calcolo avvenuto ásulla base di tabelle dei prezzi correnti approvate in un periodo antecedente all'offerta e pertanto successivamente modificate. L'appaltatore aveva eccepito in primo luogo il difetto di giurisdizione del l'A.G.O. vertendosi su questione inerente all'adozione da parte della P. A. di critem di quantificazione della revisione, ed in secondo luogo aveva affermato l;inapplicabilitˆ, ai fini revisionali, della tabella approvata in epoca posteriore all'esecuzione dei lavori, siccome inerente a posizioni soggettive giˆ riconosciute dalla P.A. Mentre il giudice di primo grado ha accolto, quanto al merito, la do manda dell'Amm.ne, in sede di appello proposto dall'appaltatore, la Corte di merito ha affermato che le tabelle dei costi da assumere come riferimento ai fini del calcolo revisionale debbano ritenersi solo quelle vigenti e note al momento dell'aggiudicazione, costituendo esse sole il parametro per la for mazione dell'offerta da parte dell'appaltatore; la Corte ha poi escluso l'effetto retroattivo delle ulteriori tabelle approvate in data successiva all'offerta (o aggiudicazione}. Sia in primo che in secondo grado, peraltro, stata confermata la giuá risdizione del G. O. con conseguente eventuale potere del medesimo di disapá plicare l'atto amministrativo illegittimo ai sensi dell'art. 5 L. n. 2248/1865 all. E. Nell'accogliere il ricorso proposto dall'Amm.ne dei LL.PP. la Corte Suprema, con la sentenza in esame, ha condiviso la tesi affermativa della riferibilitˆ del calcolo revisionale al prezzo corrente accertato per il periodo dell'offerta (o aggiudicazione), sia pur con tabella approvata successivamente a tale data, PARm I, SEZ. :i:n; :GIVRISPRUDéNZA civll.E; GIURISDIZlONE E APPALTI 159 Essa investe> la complessa probleni:ˆtica inerente aHfoggetto dell'accertamento contenuto nelle tabelle revisionali ed. all'efficacia di queste, sulla quale non risultano precedenti ,spŽeifid di questa Corte~ ¥La doglianza non coinvolge. peraltro¥á gli aspettiáá inerenti al¥ valore giuridico~ gesum:ibiI~ 9ˆUa ¥natu,t'a e dalfondamento,¥á delle>tabelle:.nell'ambito c:'telproc~i:li~ento re'visfonalŽ¥ ed alla corrispondente¥ posii:ione soggetti'lra; delprivˆtovatteso chel<> stessri'.appalta:tore De Vivo. non contestainJinea generale ed accetta in. concreto¥la ;-revisione secondoá. il siste~ na tabellal'e,. á.á á . . . . r .¥ < Va ijp];):ortunam:ente ricordatoá .che~l'.'jzjQ .(}el . potere, ... m~ il. niodo .á di essere del rapporto obbligatorio .. venuto .. ad . esistenza per effetto di quell'esercizio. con conseguente. PQ.llilibilitˆ da patte dell'Am:rn.ne/ “n caso di accertainent<> successivo di áerr.ori nel calcofo della variazione, di rettifica dell'atto ádi áliqui~ dazione .e di :ripetiz˜ne dell'indebito. á Aj fini di una. migUorer. coinprensio:ile del problema e¥ della disamina á della sentenza in .parola . giova un ábreve esame delle norme . rinvenibili allˆ ¥¥ base dell1istitto rewsionaJ.e; In seguito al D.L. C;P.S. 6 dicembre 1947, n; 1501 (art. 1) che stabilisce la.facoltˆ.di re\iisione dei prezzi nel caso di un aumen'fo o una diminzione ¥. maggiore del 10%á 'dei¥áprezzi¥ácorrentidopoáá ia presentaz“˜ne ádelá l'offerta, il Mini LL;PP .. con circolare n. 633 del 28 febbraio 1948 istitu“ m ognL pro\iincia una commissione . per< determinare ááiláácosto ádei.á materiaii ááe del trasporto Per 9gni perfod<> mensile¥ Con airc<>fate. del 22 febbraio 1964 lo stesso Ministero; ¥.invit˜..i.¥ capi degli uffici del Genio Ci\iile a convocare ámensilmente le commissioni suddette. per. prendere in considei:amone i costi reali di mercato, tenendo onto anche dei bollettini . delle Camere di Commercio ed, ancora con circolareá m 505 ctel:-28 á gen:ilaio: 1977 le commissioni provineiali furono á sosti¥ tuite con conuriissdoni:.regionali;,¥.ai finisempre. della determinazione mensile dei cost:L . . á áá ¥''>"'¥¥¥ Il problema ádella determinazione dei prezzi correnti alla data di presentazione dell'offerta trova origine nell'applicazione concreta delle :richiamate disposizioni. Da un lato, dnfatti, leá. commissioni istituiteá non hanno áproceduto con regolaritˆ alle ¥riunioni áámensili, ádall'altra le átabelle pubblicate hanno contimiato ad indicare le variazioni intervenute mensilmente per il¥á periodo intercorse delle tabelle precedenti. Si.chŽ, due sono state le tesi segu“.te, tanto in sede di amministrazione attiva che di á sindacato giurisprudenziale. Da una parte si infatti sostenuto (v.. Commissione ministeriale per esame ricorsi sulla revisione dei prezzi, par.. n.> 2248 del 7 marzo 1977 e 2.516 dell'll novembre 1980, dn Arch. giur~ oo.pp. 1977, 3¡, 390 e 1982, 3¡; 193; Com 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E pertanto rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, investendo posizioni di diritto soggettivo inerenti all'ammontare del compenso revisionale, l'azione promossa dalla P. A., nei limiti previsti dal codice civile per la ripetizione dell'indebito oggettivo, volta alla restituzione della differenzaá tra quanto pagato e quanto eff.ettivamente dovuto. Questa Suprema Corte a sezioni unite ha altres“ di recente affermato che nell'ambito di un'azione siffatta spetta all'Amministrazione che abbia unilateralmente ridotto il quantum non in via di autotutela, con annullamento o revoca del precedente atto, ma a titolo di correzione di errori commessi, dimostrare la Ç non spettanza È della maggior somma inizialmente liquidata O luglio 1988 n. 4481). Ove peraltro la P.A. abbia modificato in sede di autotutela l'atto amministrativo di liquidazione in senso sfavorevole per l'appaltatore, il giudice ordinario ha il potere di disapplicare il nuovo atto liquidatorio se accerti che esso sia l~ivo del diritto soggettivo ad ottenere il giusto compenso revisionale. Tanto premesso, osserva il Collegio che un approccio corretto alle specifiche questioni ch in questa sede si dibattono non pu˜ non assumere a fondamentale punto di riferimento la norma base. dettata dal- I missione minist. per la revisione prezzi, par. n. 2744 dell'8 novembre 1983, uffi. cio studi e legislazione Min, LL.PP. circolare n. 705 U.L. del 18 aprile 1984; I Cons. Stato, par. n. 378 del 29 agosto 1983 e Cons. Stato, sent. Ad. Plen. n. 18 del 7 settembre 1984) che i prezzi cui far riferimento ai fdni revisionali devono I essere quelli indicati nell'ultima tabella pubblicata prima della data di presentazione dell'offerta, con conseguente riduzione del prezzo rispetto a quello ~ corrente e dunque con aumento del compenso revisionale. Tale opinione si basa sull'affermazione che solo la tabella precedente alla data dell'offerta pu˜ costituire un parametro per la formazione della stessa da parte dell'appaltatore. (Il Consiglio di Stato, peraltro, nel richiamato parere n. 378 del 29 agosto 1983 ha affermato che nella ipotesi normale di tempestiva rilevazione dei prezzi correnti la regola generale da appldcare quella per la quale i prezzi correnti al momento dell'offerta sono quelli rilevati come relativi a quella data nelle tabelle delle commissioni provinciali o regionali anche se pubblicate naturamente (o fisiologicamente, come osserva il Consiglio di Stato) dopo quella data: solo nell'ipotesi anomala di tabelle pubblicate tardivamente in misura patologica tale da non garantire, con l'aderenza delle operazioni di rilevamento dei prezzi accertati, deve ricorrersi all'ultima tabella pubblicata prima della data dell'offerta, indipendentemente dal periodo di tempo cui i prezzi cos“ accertati si riferiscono). Dall'altra si invece affermato (Commiss. per l'esame dei mcorsi sulla revisione prezzi par. n. 2334 del 27 giugno 1978 in Arch. giur. oo.pp. 1979, 3¡, 767; id. nn. 2412 del 16 ottobre 1979, 2532 del 17 marzo 1981, ivi 1981, 3¡ 78 a 1982, 3¡, 202; Uff. studi e legislazione Min. LL.PP. nota n. 1739 U. 1 del 3 novembre 1982) che i prezzi correnti su cui basa Iíl compenso revisionale non possono che essere i prezzi oggettivamente vigenti al momento dell'offerta e pertanto, solo quelli accertati in riferimento al mese in cui avvenuta la stessa, anche se indicati in una tabella pubblicata successivamente. PARTB I, SEZ. III>. GIORISPRUDBNZA: CIVILE,áGIURISDIZIONE B APPALTI 261 l'art. 1 d.l.c;p.s. 6. dicembre 1947 ¥n;. 150:1, secondo laá quale ammessa Çla facoltˆ di .procedere alla revisione dei prezzi pattuiti quando l'Amministrazione á riconosca che ilá. costo¥á complessivo ¥dell'opera á aumentato . o diminuito in nrisura..$uperiore al 10.% per effetto di variazioni dei prezzi correnti biterv~np,te s\lccessivamente alla presentazione .dell'offerta È. á . ᥠ.á .. áIl prestj,pposfo per J'applicaiione .. della revisione; ¥ásecondo ¥il.. chiaro erttn;J.ci:ito della normai . pŽrtanto' il. mutamento, nella misura.á prevista, del costcf complessivo deU'qper~i perit conta.bili del veri.ditoreáá¥(art¥ 1474 c.c.)rovvero, ove si tratti di beni aventi un prezzo di borsa . o di mercato, nel prezzo risultante dailistini di borsa Q dalle mercuriali (artt 1474, 1515, 1516;1518 e.e.), e> ancora; neFcaso di prezzi amministrativi áo controllati, in quelloá risultante dall'atto dell~autoritˆ che Jo determina (artt. 1474, 1515, 15.16, 1518 . e.e;), In. tempi di continui e notevoli aumenti di prezzi evidente il rilievo eco:iwmico pu\)blicata ¥. i!. infatti Jo stesso sistema adottato dalla P. A. a comportare che le tabelle si riferiscano. a prezzi anteriori a quelli esistenti nel momento in cui vengono redatte e rese note, . c0s“ ¥ da determinare una sfasatura crqn()l>gica tra)l dato di fatto considerato dalla legge e quello formale introd()tto dalla prassi a1Ilministrativa. NŽ pu˜ . ancora valic}ˆtnente sostenersi che i prezzi rilevati nelle ultime tabelle note al momento dell'offerta entrino a far parte della struttura sinallagmatica qel rapporto, o comunque costituiscano elementi imprescindibili... ai fini .della formazione della. volontˆ. negoziale, restando l'appaltatore libero, nell'esercizio della propria autonomia, di offrire i prezzi che ritenga pi convenienti in rapporto alle proprie capacitˆ tecniche, organizzative ed economiche: nella formulazione dell'offerta i valori dell'ultima tabella nota possono quindi assumere. peráá l'imprenditore un rilievo meramente orientativo o di support.o per le sue autonome valutazioni. L'mterpretazione cos“ accolta stata da ultimo sostenuta dal Consiglio di Stato sia in sede consultiva (v. parere commissione speciale ¥ sez. I, 26 maggio 1987, n. 1) che contenziosa (v. sez. IV, 4 agosto 1988, n. 678 e sez. IV, 31. ;marzo 1989, n. 203), che ha cos“ modificato gli orientamenti in precedeJ1Za espressi nell'una e nell'.altra sede (v. parere sez. II, 29 agosto 1983, n, 65li decisione Ad. plen, 7 settembre 1984, n. 18). Sulla base dei suesposti principi avrebbe dovuto la Corte di Appello impostare e risolvereá il problema della individuazione della tabella applicabile ánel. caso di specie. Va peraltro rilevato che non risulta in modo chiaro .ánŽ dalla pronuncia impugnata nŽ dalle¥ deduzioni¥ delle parti quale rapporto intercorra tra le tabelle esistenti nel 1974, ossia nel periodo di formulazione dell'offerta, e quelle elaborate nel 1976 e poste a base del nuovo conteggio revisionale di cui al decreto 4el provveditore alle opere pubbliche della Basilicata 24 settembre 1980, n. 6573. Non insomma desumibile -nŽ nei poteri di questa Suprema Corte svolgere accertamenti al riguadro se le nuove tabelle del 1976 siano intervenute m successione meramente temporale rispetto a quelle precedenti applicate con ilá primo atto liquidatorio ed abbiano rilevato per la prima volta i prezzi correnti nel periodo che interessava o invece -come. sembrerebbe da alcuni passaggi della sentenza impugnata -abbiano avuto la diversa funzione di revocare o annullare, sostituendole, le precedenti relative al predetto periodo: in tale ul.tima ipotesi sorgerebbe l'esigenza di verificare in via incidentale, aL fini. dell'eventuale disappliazione, la legittimitˆ dell'ann.Uamento o 266 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA. 'DELLO STATO della revoca ádelle prime tabelle e del conseguente provvedimento di rideterminazione del compenso revisionale. Tale accertamento il giudice del rinvio dovrˆ svolgere in concreto, verificando altres“ se l'eventuale annullamento o revoca delle tabelle preesistenti abbia avuto specificamente ad oggetto quelle che riflettevano i prezzi correnti, nel senso precisato, alla data della offerta. Il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce che la Corte di Appello, incorrendo nel vizioá di mancanza o insufficienza di motivazione su un punto decisivo della controversia, avrebbe omesso di accertare se le c˜rrezioni apportate dalle tabelle elabora.te nel 1976 avessero interessato i prezzi considerati come correnti in base alla tabella vigente e nota alla data dell'offerta o tabelle posteriori; cos“ trascurando di verificare se ricorresse una di quelle situazioni in cui in ipotesi sarebbe stato applicabile il principfo di diritto accolto, resta conseguentemente assorbito. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unit. Civ., 28 novembre 1990, n. 11461 áá Pres. Vela ¥ Rel. Nardino -P. M. Di Renzo {conci. conf.). -Regione Lazio (avv. Dell'Aglio) c. CAMST (avv. Visconti e Solazzi) ed altri; IDISU (avv. St. De Figueiredo c. Regione Lazio ed altri {Regolamento di competenza). Giurisdizione civile ¥ Diritti sindacali -Diritti in ásenso stretto e diritti ÇcorrelatiÈá Regime antecedente all'entrata in vigore della L. n. 146/90 Cognizione del Giudice ordinario e del Giudice amministrativo. Prima dell'entrata in vigore della l. n. 146/1990, il criterio discriminante della giurisdizione in materia di diritti sindacali costituito dalle posizioni giuridiche che si assumono lese, essendo devolute alla cognizione del Giudice ordinario le controversie nelle quali si chieda la tutela di diritti sindacali in senso stretto, e spettando invece al Giudice amministrativo di conoscere della asserita lesione di diritti sindacali cd. Ç correlati È a posizioni soggettive vantate dal pubblico dipendente (1). (omissis) I ricorsi della Regione Lazio e dell'IDISU, entrambi diretti ad ottenere la pronuncia di queste Sezioni Unite sulla giurisdizione in ordine alla controversia promossa dallo SNALS, vanno riuniti. g opportuno preliminarmente ricordare che la giurisdizione di legittimitˆ e di merito da tempo consolidata sui seguenti principi: ÇIn (1) Con decisione deliberata all'udienza del 27 ottobre 1989, le Sezioni Unite fanno applicazione di principi Ol;'IIlai pacifici in materia di riparto di giurisdi PARTE I, saz. lU; GIURISPRtlllENZA CIVILB, QIURISDlZlONE ll APPALTI 267 tema di rapport˜ di pubblico impiego ed .a fronte di un. comportamento antisindacale del datore di lavoro,. che impedisca o limiti !'esercizi? della libertˆ e dell'attivitˆ delle organizzazioni sindacali, l'indivic;l.uazione dei rimedi giurisdizionali di cui tali organzzazioni possono avvalersi a ~g~~iit;Ml~e.:¥.t9t9.. R?~~~~9ni ;<~nmri.H.. P;;l,!W~... R\'.)J]sister.;~.. cl~... gitjl#.. sp~~etHv1), 'llW ~ff:ettua.ta: axstingtiendo 1rC4¤9 P..@i á4.aj~ 4etto ¤#?<.>ft:zjrieiitC> leda interessi propri ed esclusivi del sihd.t\(;ˆ.io ¡(cosiddetti diritti sindacali ili: sensoáá strettof aˆl Žaso nel quale presil:nti\:arattere pltiri˜ffensivo/áirt qjlantoi ttirettaril~m~< “nc~(forid˜ ~im~ J;iqs“zftitjf .ct~r sJngblo . :dma áipotesi 1a tutela espŽribileá davanti all'atlforitˆ gi\.ô:íizfariaá áordil:i.aria, nella normaleáá sede C:onteiiZiosˆ. qtiandd .. si . Jratifdi"dipendenti delle AllimJnistrazioni dello á~~?~b9~n~b~11~~~~~íi~Bs~~iirW~~~ááááTu~j7r~~6.~>tTw~od:~11as!tfeg: nei niddi. previsti tiruhiit; 2.8 de)J.(J .sta~tci def i..~%ratori quando si tratti ru . rupenderit“ di :ritF puobllcf no'li econo:b:iki...; ¥ Cui si applicaá il Citato art. 2lFdello Statto, a norrifa del successivo art. 37 ed iná mancanza d“ i;tpp6sita normathia speiale, ... á Nella seconda ipotesi, si¥ tratti di dipendenti statali ovvero'ru rupenderid di áaltri entiáá pubblici á non¥á economici, detta tutela del Sindacato spetta al giuruce amministrativo in sede ru giurisdizione esclusiva, tenendo conto c!ly fig..ird~ ile ¥ 11on “n. yia,. eventuaj.e . ed inruretta, t.ramite interyerito aciesivo nel giudizio che promuova il rupendente, fu quanto do j.J)).plicherebbe fa possibilitˆ ru carenza tlL difesa giurisdizion. al~ pez;} .(liritt.i del Sinciacato, . ma in vii:!-~.tonoma.áed inrupendente, iliedia1e l'iristaurazfone diá apposito .. giudiZi.o ¥(spett~cloá poi . al. giudice ammfuisfrativo fevŽ:ri{ll.aje “ntegra~“oliŽ del ¥. contradcti.ttC>rfo nei confronti degii aj.tri interessati)~ i(Cass. Sei. Un., 26 luglio 1984, n. 4399; v. anche iri senso, C:onibl:IriŽ iŽ~lltenze nn. 4386, 4387, 4390 del 1984; nn. 3288, 4154 delá 1.985; t:IJ.1.. 2099, 2467, 3371 del 1986; nri. 249; 4092 del 1987; nn. 5569, 5635 del 1988; cfr. anche cc>fte cost“tuiionale rt. 860/88). . . . zione in relazione ai diritti sindacali, consolidatisi in seguito alle note proá nunzie del luglio 1984 (nn. 4386, 4387, 4390, 4399 et al.). La pronunzia, peraltro, essendo stata depositata . in data 28 novembre 1990, e cio successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 146/90 (che, all'art 6, ha recato profonde innova7Ji.oni sul punto: si veda la nota pubblicata su questa Rassegna, 1990, á.I, 488), presumibilmente una delle áultime a ¥fare riferimento sic et simplici(er al criterio discriminatorio fondato sulla distinzione tra diritti sindacali. in senso stretto e d.s. correlati. 268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 dicembre 1990, n. 11964 ¥ Pres. Bologna -Rel. Sgroi ¥ P. M. Martone -Damiani (avv. Galluzzo) c. Ministero della Pubblica Istruzione (avv. Stato Arena G.). Collegi (amministrativi) -Verbale dell'adunanza -Atto pubblico ¥ Efficacia privilegiata ¥ Contenuto e limiti. Collegi (amministrativi) -Verbale dell'adunanza -Redazione ed approvazione da parte dello stesso collegio in data e in composizione diverse -Falsitˆ -Esclusione -Illegittimitˆ ¥ Ammissibilitˆ. La efficacia privilegiata dell'operato del pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 2700 e.e. comprende solo la dichiarazione delle parti o gli altri fatti che il p.u. attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, occorrendo la contestualitˆ fra la formazione dell'atto e fatto che l'atto destinato a provare con la fede privilegiata; pertanto nella redazione del verbale dell'adunanza collegiale quella efficacia non comprende tutto ci˜ che avvenuto prima o al di fuori dell'adunanza (1). La redazione, sottoscrizione ed approvazione del verbale da parte dello stesso collegio in composizione e date diverse, non costituiscono falsitˆ materiale se la diversitˆ resa palese dallo stesso verbale ma danno luogo, eventualmente, ad una illegitimitˆ dell'atto collegiale (2). Per quanto attiene al profilo del falso ideologico, il ricorrente muove da un'inesatta nozione dell'efficacia probatoria, ai sensi dell'art. 2700 e.e., Çdelle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il P. U. attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti >>, quando vuole comprendere nell'ambito della suddetta efficacia privilegiata (fino a querela di falso) anche le dichiarazioni rese dal P. U. in ordine a fatti da lui non contestualmente compiuti o da lui appresi e conosciuti (nella fattispecie, l'avere o meno, anteriormente alla seduta, appreso una comunicazione circa il diario degli esami spedita dal Damiani) in un momento anteriore alla formazione dell'atto pubblico; fatti, che, inoltre, non sono destinati ad essere documentati nell'esercizio di quello stesso potere attuale di documentazioni che presiede alla suddetta formazione. Invero, la falsitˆ ideologica la falsa attestazione di fatti compiuti dal P. U. o avvenuti (1-2) Sulla prima massima non sorgono dubbi; sulla seconda pu˜ osservarsi che la Cassazione ammette implicitamente che la redazione del verbale pu˜ aver luogo anche successivamente all'adunanza nella quale fu adottato l'atto collegiale: ma su tale punto la dottrina non concorde: cfr. SANDULLI, Manuale, ed 1982, 585; GARGIULO, I collegi amministrativi, 1962, 267; DELFINO, Forma e ver. balizzazione degli atti collegiali amministrativi, Rass. Dir. Pubbl. 1965. PARTE I, SBZ. III) GIVRISPRUDBNZA CIVILB, GIURISDIZIONE B APPALTI in sua presenza, e di dichiarazioni da lui ricevute, nell'esercizio del suo potere attuale di documentazione. Occorre la contestualitˆ fra formazione dell'atto e fatto che l'atto áá destina.to a provare, con¥ fede privilegiata. Nello stessoá assuntoá del ricorrente, fláPteside venuto a. conoscenza della sua anteriore comunicazione, ánon neô'esercizio del suo asserito potere di P¥ u. che redigeva il verbale dell'adunanza successiva, ma nella sua veste di Preside della Facoltˆ, non avente alctlll Potere di attestare, ai sensi dell'art. 2700c.c., se quella. comurifoazio:rie dŽl d˜cente fosse o meno pervenuta.. alla Segreteria della Facoltˆ(). albt.sua conoscenza. é, perci˜, priyo cli rile~a11zastab“lire se il Pubblic9 Ufficiale rogal}te fosse soltanto U Segretitrio o anche il Presid,e della 'Facoltˆ, nella sua veste di Presidente del Collegio deliberante, perchŽ sicuramente il Presidente non avev.a il pa-. tere di documentare con fede privilegiata quello che era avvenuto (o non era avvenuto) prima ed al di fuori dell'adunanza. . Il verbale, contenente una sua eventuale falsa dichiarazione su circostanze non avvenute contestualmente, non era destinato a provare con fede privilegiata tali circostanze, che pertanto potevano essere contestate con ogni mezzo (Cass. 21 febbraio 1980, n. 1242; Cass. 12 giugno 1976, n. 2179). Per quel chŽ riguarda il falso materiale, si pu˜ affetmare che i tre profili, indicati nel ricorSOi potrebbero astrattamente essere compresi nell'ambito della sua nozione; ma si tratta di profili indicati per la prima volta in questa. sede di Cassazio:rie e, pertanto, inammissibili, in quanto coi:rivolgenti accŽrtamerit“ di fatto che soltanto il Giudice del merito . . . avrebbe potuto compiere, e non ha compiuto perchŽ non gli sono stati prospettati. Basta leggere l'atto d'appello,. nel quale si. accennava, in modo generico, soltanto a ávarie diversitˆ fra i verbali, riflettenti )a medesima seduta, ma redatti in date diverse; ma non si indicava con la necessaria specificitZione (di. fro1lte .. alla decisione .di rigetto del Giudice di primo grado) quali fossero dette diversitˆ; e, meno che mai, si descrivevano quelle elencate supra alle lettere a), b) e c). La censura di apertura del rilievo concernente le falsitˆ materiali rigua.rda; poi, manifestamente, un'eventuale illegittimitˆ dell'atto e non una sua falsitˆ (composizione diversa del Collegio che delibera e di quello che approva il relativo verbale). Invero, dopo la formazione dŽl documento, e cio dopo l'esaurimento del potere di attestazione del Pubblico Ufficiale, tutto ci˜ che viene alte rato o aggiunto vulnera il ádocumento nella sua genuinitˆ, e cio si con cretizza in un falso. materiale e nell'alterazione di un atto vero, che viene modificato nŽl suo contenuto. In tale ambito non rientra l'eventuale irre golare formazione dell'organo {quale risulta dai verbali, per cui non esiste alcuna alterazione del contenuto dell'atto giˆ formato). IO 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ., I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civile, 15 gennaio 1991, n. 319 ¥ Pres. Bologna á Rel. Cantillo -P. M. Martone (conci. conf.) ¥ Di Properzio i(Avv. Moscarini) c. A.N.A.S. (Avv. Stato Tonello). Espropriazione per pubblica utilitˆ ¥ Occupazione illegittima -Accessione invertita ¥ Successivo decreto di esproprio ¥ Effetti. Deve ,essere cassata per difetto di motivazione la decisione della! Corte d'Appello che abbia omesso di rilevare che il decreto di esproprio sopravvenuto alla irreversibile destinazione del bene in seguito alla realizzazione dell'opera pubblica Ç inutiliter datum È, e non comporta pertanto la conversione della azione risarcitoria proposta in opposizione alla stima dell'indennitˆ espropriativa (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civile, 19 gennaio 1991, n. 502 -Pres. Vela; Rel. Ruggiero; P. M. Di Renzo (conci. conf.) ¥ A.N.A.S. (Avv. Stato La Porta) c. Cucchia ed altro i(Avv. Span˜). Espropriazione per pubblica utilitˆ ¥ Occupazione illegittima ¥ Accessione invertita ¥ Decreto di esproprio emesso entro il termine di dichiarazione di pubblica utilitˆ ¥ Effetti. Il decreto di esproprio sopravvenuto alla irreversibile destinazione del bene in seguito alla realizzazione dell'opera pubblica dopo la scadenza del termine della occupazione legittima Ç inutiliter datum È anche laddove sia emesso entro il termine di efficacia previsto dalla dichiarazione di pubblica utilitˆ .(2). á (1-2) La Cassazione ribadisce l'orientamento oramai consolidato (Cass. SS.UU., 10 giugno 1988, n. 3940) a mente del quale il decreto di esproprio inutiliter datum se emanato dopo lo spirare del termine che legittima l'occupazione d'urgenza o in difetto dello stesso; pertanto, dopo l'acquisizione del diritto dominicale in capo alla P. A. a causa della realizzazione dell'opera pubblica, esso non determina la conversione dell'azione risarcitoria proposta dn opposizione alla stima, essendosi oramai Ç cristallizzatoÈ l'illecito che giustifica l'azione di danno. Corollario di quanto precede la inconfligurabilitˆ di un credito indennitario in capo all'espropriato, ed il rigetto dell'opposizione avverso la stima dell'indennitˆ espropriativa, ove proposta (da ultimo, Cass., 19 gennaio 1991, n. 514), in quanto diverso il titolo dd acquisto della proprietˆ: il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 e.e. sorge nel momento in cui si realizza 272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, ritenendo fondata la censura dell'A.N.A.S. in ordine alla rivalutazione dell'indennizzo Ç quasi fosse un debito di valore e non di valuta È; e ha quindi limitato la rivalutazione medesima alla data del decreto di espropriazione, aumentando del 60 % la somma corrispondente alla diminuizione di valore del fondo residuo calcolata al luglio 1973, epoca di scadenza dell'occupazione legittima. Ora, sebbene manchi qualsiasi giustificazione di questo modo di procedere, non sembra che sussista la contraddizione logico-giuridica denunciata dai ricorrenti, per cui lo stesso debito sarebbe stato considerato Ç di valore>) fino all'espropriazione e Ç di valutaÈ successivamente; non potendosi far carico alla Corte di una siffatta opinione (manifestamente errata), giusto ritenere che essa, in presenza di una liquidazione riferita al 1973, atraverso il meccanismo rivalutativo abbia inteso determinare la giusta indennitˆ di espropriazione alla data del decreto. Ma, a parte ogni altro rilievo circa il metodo seguito e il risultato ottenuto, questa statuizione muove da un presupposto (implicito) del tutto indimostrato, cio che il decreto di espropriazione fosse idoneo a fungere da legittimo titolo traslativo del bene occupato. Come si accennato, ci˜ era stato escluso dal Tribunale, che aveva attribuito all'azione sostanziale carattere risarcitorio e in questa ottica aveva deciso la causa, ancorchŽ con talune ambiguitˆ e incoerenze {quale, ad es., l'ordine di deposito della maggior somma dovuta presso la Cassa depositi e prestiti, che proprio dell'opposizione alla stima); e l'argomento sul quale aveva fatto leva il primo giudice era l'inutile scadenza del termine di occupazione legittima, che a suo avviso inficiava anche il procedimento conseguenziale, laddove i privati, quanto meno nello stesso giudizio di appello, avevano altres“ dedotto l'irriversibilitˆ dell'occupazione per l'intervenuta realizzazione dell'opera pubblica in epoca precedente al decreto {circostanza, a quanto sembra, non contestata). Questo fondamentale aspetto della controversia, che investe la stessa qualificazione della domanda, stato praticamente ignorato dalla sentenza impugnata, la quale ha accolto sul punto il gravame dell'A.N.A.S. senza affatto considerare, sia pure per respingerli, gli argomenti suddetti; sussiste, quindi, il vizio di difetto assoluto di motivazione, risultando arbitrari il riferimento allo schema dell'opposizione alla stima e il rigetto della domanda diretta ad ottenere la rivalutazione della somma liquidata fino alla data di definitiva decisione della lite. Al riguardo appena il caso di ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il decreto espropriativo, che sopravvenga dopo l'irreversibile acquisizione del bene nella realizzazione dell'opera pubblica, e quindi dopo l'estinzione del diritto dominicale del privato con contestuale acquisizione del diritto stesso in capo alla Amministrazione, irrilevante, in particolare non pu˜ determinare la conversione dell'azione risarcitoria in opposizione alla stima dell'indennitˆ espropriativa (v., fra PARTE I, SBZ. III; GIURISPRUDENZA CI:VXU!, GIURISDIZIONE B APPALTI 27~ m.olte altre> s,u, n. 3940 del 1988).. SicchŽ nella specie la Corte di appello doveva .esaminare la sentenza di primo grado e le critiche mosse dal¥ rA.NA;$,; alla stregua di tale ¥p:i;i,ncipio, tenendo conto, per... altro, dell'oggettQ lel gravan>,e á mcidentale degli attuali áricorrenti. No:tl puO: addel;!itarst a,l.ll;ll Cgtte, mvece,. l'assenzaáá di qualsiasi riferimento. a11'ˆ.ssetita illiceitˆ: originaria. dell'occupazione di mq 1300!del suolo, cM n()n l:l,vreliller() formato oggetto del provvedimento diáá.occupazione di urge~aá N0n risulta cb:e questo fatto sia stato dedotto o. abbia formato oggetto di ~dibattito nel . giudizio di appello e. neppureá irt ¥áprimo grado; e¥áá ci˜teva ritenersi irrilevˆ.nte, essericlo .ástato ema.nato entro i termini di efficacia della dichiarazione di p.bblica utilitˆ, fino alla scadenza dei q.lil.Ii doveya. .c:omup.que ritenersi pr9tratta anche la validitˆ e l'effi. caeia dell'occupazione. á á á á á La cŽnsui:a irifondata. Sul problema ~oncern~te.á gli effetti dell'occupazione senza titolo, o in base a. titol9..divenitt9 jnefi;icace, di un .b.ene . immobile di un privato daparte. della pul?l:!lic:a anirllinistrazio11e“ re.~.11si definitiva per la ra.dica1e trasformazione del ¥. fondo e per la ásua áirreversibile .destinazione all'esecuzione dell'opet:a pubblica, le Sezioni Unite, a seguito. dell'indirizzo giurispr.cienziale inlil.ugurato dalla fondamentale sentenza n. 1464 del 1983, dand.<:>si arico di a.l¨li rilievi .critici m9ssi .a .detto. mdirizzo da parte della dottrip.a e ripresi i. qualcpe, per la .veritˆ iso1a.ta, pronuncia delle sezi9ni semplici. (iri particolare. Cass. 3872/87; . e specifi~amente per quanto riguarda gli effetti .di un decreto di espropriazione sopravvenuto, Cass. 383/85 citata dalla l"icorrente), si sono nuovamente pronunciate con sentenza n .. 3940 del 1988, con la quale, superati e disattesi quei rilievi, hanno ribadito il precedente, ormai consolidato, orientamento. 1:. stato cos\ meditatamente riconfermato il principio che in ipotesi di illegittima occupazione da parte della pubblica amministrazione di un fondo di proprietˆ privata, per mancanza del provvedimento autorizá RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zativo o per decorso dei relativi termini, la radicale trasformazione del @ fondo, che denoti la sua irreversibile destinazione alla realizzazione del1' opera pubblica, con la conseguente perdita permanente da parte del privato di ogni facoltˆ di godimento e di disposizione del bene ed il sorgere di un nuovo bene immobile di natura pubblicistica che incorpora j l'area. occupata, comporta da un lato la (immediata) estinzione del diritto di proprietˆ del privato e la contestuale acquisizione, a titolo originario, della proprietˆ in capo all'ente cui appartiene l'opera pubblica, e dall'altro realizza un fatto illecito (instantaneo, con effetti permanenti) che fa sorgere nel privato, a norma dell'art. 2043 cod. civ., il diritto al risarcimento del danno derivante dalla perdita del diritto di proprietˆ, in misura corrispondente al valore del fondo al momento in cui la perdita si verificata, rivalutato al momento della decisione. In tale situazione, che si realizza al momento stesso dell'indicata radicale trasformazione nel fondo, se intervenuta durante l'occupazione illegittima, ovvero, se giˆ verificatasi nel periodo di occupazione legittima, al momento di scadenza di quest'ultima senza che nel frattempo sia interá venuto un provvedimento ablatorio che abbia trasferito la proprietˆ all'ente occupante, la sopravvenuta emana.lione di un decreto di espropriazione successivamente al suddetto momento non pu˜ pi nŽ incidere su un assetto proprietario ormai giˆ definitivamente ed irreversibilmente modificatosi, nŽ porre nel nulla i contrapposti diritti ed obblighi risarcitori che ne sono (immediatamente) derivati. NŽ pu˜ avere rilievo la circostanza che, come nella specie si assume dalla ricorrente, il successivo decreto di espropriazione sia emesso entro il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica ~tilitˆ e prima della scadenza dei termini finali assegnati per le espropriazioni ed i lavori ai sensi dell'art. 13 della 1. 2359/1865, poichŽ questi di per sŽ non incidono, nŽ introducono deroghe alla durata massima dell'occupazione temporanea e d'urgenza che configura un (sub)procedimento eventuale ed autonomamente regolato all'interno del procedimento espropriativo {cfr. Cass. 1347/86, 6523/82, 446/81); per cui, come giˆ specificamente rilevato da Cass. 8344/87, e prima ancora Cass. 5597/85, 2854/84, 7022/83, 6432/83, la dedotta circostanza, pur. palesando che in astratto nell'autore dell'indebita occupazione non venuto meno il potere espropriativo, non vale per˜ ad escludere che di esso in concreto sia venuto meno l'oggetto, non essendo concepibile che di quel potere la P; A. possa avvalersi al fine di appropriarsi di un immobile giˆ in precedenza entrato a far parte del suo demanio o del suo patrimonio indisponibile. Ed una volta verificatosi quest'ultimo evento, vano sarebbe il tentativo di ravvisare nella successiva pronuncia di un decreto di espropri˜ qualcosa di pi e di diverso dalla creazione a posteriori di un titolo formale di acquisto, non pi ai fini dell'assetto proprietario, bens“ solo a quelli della classificazione amministrativa e. delraccatastamento del bene. PARTB I, SEZ. IIIj GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 275 Nessun nuovo áargomento prospettato a confutazione degli esposti principi, cui questo Collegio ritiene di prestare adesione, per cui il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questa fase, che si liquidano come in dispositivo. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. civili,. 29 gennaio 1991, n. 870 .. Pres. Zucconiá Galli Fonseca ¥á Rel. Sensale -P. M. Grossi (concl. conf.) ¥ Ordine Provinciale Medici Chirurghi e Odontoiatri ¥ Milano (Avv. Pascale) c. Ministero della: Sanitˆ. {Avv;. Stato Guicciardi) ed altri. Professioni .¥ Sanitari˜ ¥ Insegnante in Istituto di istruzione media superiore ¥ Titolo di professore ¥ Quando pu˜ essere usato. ll sanitaria he sia pubblico dipendente in qualitˆ di insegnante in un Istituto di istruzione media pu˜ legittimamente fare uso f/,el titolo di professore solo con le dovute specificazioni, s“ da evitare un uso dello stesso ....,. rilevante anche a. fini disciplinari -nell'ambito della professione medica tale da ingenerare equivoci in chi debba ricorrere a prestazioni me4iahe (1). Denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art¥ 31 del T. U. 10 gennaio 1957, n. 3 e la violazione.degli artt. 59, 60 del codice di deontologia, l'Ordine ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto afferá mato nella decisione impugnata, il dottor Rando, insegnante di ruolo presso un istituto professionale statale.á non potesse far uso del titolo di Ç professore È nell'esercizio dell'attivitˆ medica e nella relativa pubblicitˆ. Ci˜ si desume, secondo il ricorrente, (a) dall'art. 3 della legge 21 febbraio 1963, n .. 244, che, consentendo l'aumento del 50 per cento degli onorari minimi per le prestazione dei professori universitari e dei liberi docenti universitari, attribuisce rilevanza giuridica a tali titoli accademici, in quanto indicativi di particolare capacitˆ e idonei a determinare il maggiore affidamento da parte dei pazienti; (b) dall'art. 11 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, che prevede espressamente il diritto a svolgere attivitˆ libero professionale con modalitˆ .. diverse per i medici a tempo pieno e per quelli a tempo definito; (c). dal T. U. 10 gennaio 1957, n. 3; applicabile agli altri professori (non universitari) dipendenti dello Stato, che fa divieto all'impiegato di esercitare alcuna professione (art. 60) e sanziona l'esercizio di essa (art. 63), s“ che l'art. 31, attribuendo la facoltˆ di usare nella vita privata il titolo ufficiale risultante dall'atto di nomina (che per il Rando quello di Çinsegnante di ruolo d'igiene ed anatomia d'Istituto professionale di Stato per l'industria e l'artigianatoÈ), si riferisce alla (1) Non constano precedenti in termini. á 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mera vita di relazione, in cui il titolo dev'essere riportato per intero in modo da non ingenerare equivoci; (d) dall'art. 10 del 13 settembre 1946, n. 233, che consente l'iscrizione all'albo dei sanitari che siano impiegati in una Pubblica Amministrazione solo se, in base agli ordinamenti loro applicabili, non sia vietato l'esercizio della libera professione; (e) dal rilievo, valido sul piano deontologico, che l'insegnamento, cui il Rando abilitato, aperto non solo .ai laureati in medicina, ma anche ad altri, s“ che sarebbe contraddittorio fare riferimento, ai fini pubblicitari nell'esercizio della professione medica, all'insegnamento di una materia non esclusivamente affidata ai laureati in medicina. Condividendo la decisione impugnata, il Ministero della Sanitˆ, nel controricorso e nella discussione orale, ha, per contro, sostenuto la legittimitˆ dell'uso, nella corrispondenza e in un inserto pubblicitario, del titolo di professore da parte del Rando; la irrilevanza del richiamo, fatto nel ricorso, alla disciplina dei docenti universitari, che tornerebbe applicabile solo se il medico, non avendo tale qualifica, la invocasse per trarne indebiti benefici; la inconferenza del riferimento al divieto, per gli impiegati civili dello Stato, di esercitare alcuna professione, e quindi anche la professione medica, poichŽ la eventuale violazione del divieto non risulta sia stata comunicata dall'ordine dei medici all'Amministrazione dalla quale il Rando dipende. Con riguardo a tali obiezioni, deve rilevarsi che la disciplina concernente i docenti universitari richiamata dal ricorrente non giˆ come esaustiva e risolutiva della questione, ma solo come concorrente alla ricostruzione del regime da applicare -quanto alla legittimitˆ o meno, dell'uso del titolo di Ç professore È ai sanitari insegnanti in scuole medie pubbliche, anche superiori {ed, a tali effetti, non pu˜ ritenersi irrilevante); e che, agli stessi fini, il ricorrente fa riferimento al divieto, per i pubblici dipendenti, di esercitare alcuna professione, senza che rilevi la mancata comunicazione, da parte dell'Ordine dei medici, all'Amministrazione dalla quale il Rando dipende, della eventuale violazione del divieto, oggetto della controversia essendo la sua condotta non quale pubblico dipendente, ma quale esercente la professione sanitaria. La norma, dalla quale occorre partire nella soluzione di tale controversia, l'art. 31 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (Statuto degl'impiegati civili dello Stato). Esso stabilisce al quarto comma, che l'impiegato ha diritto di essere qualificato, tanto nei rapporti di servizio che nelle pubblicazioni ufficiali, del titolo conferitogli nell'atto di nomina o di ultima promozione (prima parte) e che pu˜ usare il titolo ufficiale anche nella vita privata (seconda parte). La prima parte della disposizione, com'e reso palese dalla espressa limitazione al rapporto di servizio e dal riferimento all'atto di nomina, consente l'uso del titolo nello svolgimento del rapporto di servizio, per il quale conferito, e nelle pubblicazioni ufficiali, evidentemente ad esso f PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 277 correlate: ossia in relazione al rapporto cli servizio nel cui ambito l'attivitˆ legittimamente esercitata in base all'atto cli nomina. trattandosi del titolo cli Ç professore È da parte cli un insegnante in un istituto di istruzione media, l'uso di esso, che avvenga nello svolgimento del rapporto di servizio, ..pu˜ anche non abbisognare cli ulteriori specificazioni, anche se l'atto cli nomina le contenga, data la connessione esistente tra quell'uso e il rapporto nel cui ambito avviene; che esclude il pericolo di confusioni ed equivoci. La seconda parte della disposizione concerne soltanto la vita privata, intesa come vita cli relazione sul piano puramente umano ed extraprofessionale. Infatti, essendo in via di principio negato al pubblico dipendente cli esercitare alcuna professione, l'unica alternativa possibile, che la norma poteva porre, tra rapporto di servizio {in cui l'uso del. titolo cli Ç professore È non richiede áulteriori specificazioni perchŽ inerisce a quel rapporto) e vita privata (in cui tali specificazioni sono manifestamente irrilevanti); senza che sia configurabile una {terza) ipotesi cli vita professionale che nop. sia quella implicata dal rapporto cli servizio. Tali specificazioni, invece, assumono un rilievo necessariamente qualificante quando il soggetto svolga una libera professione, compatibile o incompatibile che sia con la sua qualitˆ di pubblico dipendente. In questo caso, infatti, il titolo, per il carattere generico e spesso equivoco che assume {com' proprio per il titolo di ÇprofessoreÈ) in quanto privato del necessario collegamento con il rapporto cli servizio, richiede la sua esplicitazione pi completa, sia perchŽ nel significato del citato art. 31, la vita privata, contrapposta al rapporto di servizio, solo la vita di relazione che si svolge sul piano dei rapporti umani e che neutra rispetto a qualsiasi attivitˆ professionale, non importa se libera o subordinata; sia perchŽ, quando, come nel caso in esame, si tratta cli sanitari, opera una regola deontologica la quale impone che i titoli cli studio, accademici, di specializzazione e di carriera siano pubblicizzati senza abbreviazioni che possano indurre in equivoco; sia perchŽ -sempre con riguardo all'esercizio della professione sanitaria -ai docenti universitari, che certamente possono fare uso del titolo, riconosciuto un aumento del 50 per cento sugli onorari minimi stabiliti nella competente tariffa (art. 3 della legge 21 febbraio 1963 n. 244) e tale uso, per i riflessi che ha, oltre che sul maggiore affidamento che il paziente indotto a fare in una prestazione particolarmente qualificata, anche sul piano economico attraverso il pagamento cli maggiori compensi (e per la rilevanza anche giuridica che il titolo viene cosi ad assumere), non pu˜ avvenire, senza le necessarie specificazioni, da parte dei sanitari non compresi nelá la categoria dei docenti universitari ed , cli per sŽ, sufficiente, se esse siano omesse, a disorientare e trarre in errore la clientela. Se, infatti, i sanitari, dipendenti da una Pubblica Amministrazione, possono esercitare la libera professione solo quando ci˜ sia consentito RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO 278 dagli ordinamenti loro applicabili (art. 10 del d.lgt. 13 settembre 1946 n. 233) e tale esercizio consentito ai docenti universitari in deroga all'art. 60 del d.P.R. n. 3/57 (art. 11 del d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382), chi eserciti abusivamente la libera professione {e non venga perseguito sotto tale profilo), omettendo le necessarie indicazioni atte ad esplicitare i connotati qualificanti del titolo, non consente d'individuarne la categoria di appartenenza, s“ che l'uso generico del titolo idoneo ad indurre in errore chi debba fare ricorso alle prestazioni del medico. Deve, pertanto, concludersi che, ai sensi dell'art. 31, 4¡ comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, cos“ come sopra interpretato anche in relaá zione alle citate altre norme dello stesso decreto ed a quelle che disciplinano l'esercizio della professione sanitaria, il medico -pubblico diá pendente quale insegnante negl'istituti d'istruzione media -non pu˜, nell'esercizio della libera professione sanitaria (sia tale esercizio consentito, o meno, dal relativo ordinamento) e nella pubblicitˆ che ad esso viene data, usare il titolo di ÇprofessoreÈ, omettendone le necessarie specificazioni qualificanti; e ci˜ a prescindere dalla violazione di eventuali regole deontologiche, la cui enunciazione, interpretazione ed appliá cazione riservata all'autonomia dell'Ordine professionale. In accoglimento del ricorso, la decisione impugnata va quindi cassata con rinvio alla stessa Commissione centrale per gli esercenti professioni sanitarie, che riesaminerˆ la controversia uniformandosi al priná cipio sopra enunciato. CORTE DI CASSAZIONE, sez. I civ., 19 aprile 1991, n. 4239 á Pres. Maltese á Rel.. Ruggiero á P. M. Romagnoli ¥ Ente Ferrovie (avv. Stato Stipo) c. Mirone Musumeci. Espropriazione per P. U. á Opere ferroviarie ¥ Aree con destinazione edifiá catoria ¥ Leggi speciali che determinano l'indennitˆ in misura ridotta ¥ Inapplicabilitˆ. A seguito delle sentenze della Corte Costituzionale n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983, l'indennitˆ di espropriazione di terreni con destinazione edificatoria deve essere liquidata alla stregua dei criteri generali fissati dagli artt. 39 e segg. della legge 25 giugno 1865 n. 2359, non potendo pi farsi applicazione di altri criteri che in precedenza, prima dell'entrata in vigore delle leggi 22 ottobre 1971 n. 865 e 27 giugno 1974 n. 247, regolavano in leggi speciali la determinazione dell'indennitˆ per specifiche categorie di espropriazione, come quello invocato nella specie per le espropriazioni ferroviarie di cui all'art. 77 della legge 7 luglio 1907 n. 429 (1). (1) In senso conforme v. Cass. 15 febbraio 1991, n. 1616. ,. I I ~ ' ' , , ii I I ~ ! f fj I ! -1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 279 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 maggio 1991, n. 4848 ¥ Pres. Granata ¥ Est. Pannella á P. M. Martinelli -Consorzio SA.MO.GI, {avv. Montuori) c. Ente Ferrovie dello Stato (avv. Stato Laporta). Espropriazione per pubblica utilitˆ ¥ Occupazione temporanea ¥ Realizzaá zione dell'opera pubblica in assenza del decreto espropriativo ¥ Coná seguenze. Espropriazione per pubblica utilitˆ ¥ Cava ¥ Indennitˆ ¥ Liquidazione ¥ Misura. L'apprensione definitiva del suolo, mediante la irreversibile realizzazione dell'opera pubblica prima della pronunzia del decreto di espro¥ prio, costituisce un atto illecito istantaneo della P. A. (anche nella vigenza degli effetti della dichiarazione di p.u. dell'opera) che non pu˜ rendere legittimo un comportamento che cristallizzi una situazione di definitiva occupazione dell'immobile fuori dello schema legislativo, necessario per l'attribuzione del crisma della ÇgiuridicitˆÈ all'opera realizzata (1). Qualora il terreno espropriato sia costituito da una cava, nella determinazione del prezzo di mercato dell'immobile, ai fini della liquidazione dell'indennitˆ, occorre tener conto dei proventi che l'espropriato, come titolare della cava, sia in grado di ricavare dalla attivitˆ estrattiva, con riferimento ai dati certi della produttivitˆ, delle specifiche possibilitˆ di sfruttamento e del valore di mercato all'epoca della illecita sottrazione (2). (1-2) Sulla prima massima cfr. Sez. Un. 26 febbraio 1983 n. 1464, in questa Rassegna 1983, I, 124, con ampia nota dll S. LAPORTA e in Foro it. 1983, I, 626 con nota di richiami. Sulla seconda cfr. Cass. 14 gennaio 1980, n. 326. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 maggio 1991, n. 4941 á Pres. Sandulli ¥ Est. Beneforti á P. M. Paolucci (concl. conf.) ¥ Bertuzzi Carlo (avv. Paoletti) c. Ministero del tesoro (avv. Stato Polizzi). Espropriazione per pubblica utilitˆ -Territori giˆ soggetti alla sovranitˆ italiana á Confisca di beni appartenenti a cittadino ¥ Indennizzo ¥ Diá _ritto soggettivo ¥ Giurisdizione del giudice ordinario. (Legge 26 gennaio 1980, n. 16; legge 5 aprile 1985, n. 135). Il cittadino giˆ proprietario di beni confiscati in territori ex italiani titolare di un diritto soggettivo perfetto all'indennizzo, non. essendo la 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sua posizione assimilabile a quella di colui al quale la legge riconosca un mero interesse legittimo all'indennizzo per danni di guerra (1). (1) Decisione conforme alla pi recente giurisprudenza: si vedano Cass. 15 febbraio 1990, n. 1117, in Rep. Foro it. 1990, p. 263-264; Cass. 9 luglio 1977 n. 3062, in Foro it. 1978, I, 974, con nota di richiami e Cass. 18 settembre 1970 n. 1549, in Giur. it. 1971, 257, in Giust. civ. 1970, I, 1560 ed in Foro it. 1970, I, 2828. Cfr. anche Cass. 28 aprile 1964 n. 1017 in questa Rassegna 1964, I, 683 con nota critica di ZAGARI, Giurisdizione in materia di indennizzi per i beni italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia. La Corte precisa che la posizione di diritto soggettivo prescinde dalla c.d. traslazione dell'obbligo dd indennizzo che si verifica quando lo Stato italiano abbia assunto l'obbligo in forza di accordo internazionale. (F. S.). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 maggio 1991, n. 5792 -Pres. Brancaccio -Rel. !annotta -P. G. Morozzo Della Rocca (diff.) -Potenza ed altri '(avv. Nigro) c. Corte dei Conti. I Giurisdizione civile -Giudizio contabile -Enti pubblici economici -Criteri sul riparto di giurisdizione. Trasporti -Ferrovie dello Stato -Giudizi in materia di responsabilitˆ am I ministrativa dei dipendenti -Criteri sul riparto di giurisdizione -Fatti avvenuti prima o dopo l'istituzione dell'Ente F. S. Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e Corte dei Conti in i tema di enti pubblici economici non si basa sulla semplice alternativa I tra attivitˆ imprenditoriale e non imprenditoriale, ma richiede, ai fini della giurisdizione del giudice contabile, il positivo accertamento che gli I atti fonte di responsabilitˆ siano stati posti in essere nell'esercizio di I poteri pubblicistici di autoorganizzazione o di pubbliche potestˆ. PoichŽ l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, pur essendo caratterizzata da autonomia di bilancio, finanziaria e contabile, non aveva personalitˆ giuridica ma era una struttura interna del Ministero dei trasporti, mentre l'Ente Ferrovie dello Stato stato istituito dalla legge 17 maggio 19SS n. 210 con personalitˆ giuridica propria e natura di ente pubblico economico, ne deriva che deve essere dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti per gli addebiti mossi agli organi ferroviari quando operava ancora l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato con posizione esclusivamente pubblicistica dei soggetti responsabili, mentre a partire dal 1¡ gennaio 1986, data di inizio della gestione dell'Ente Ferrovie dello Stato, va riconosciuta la giurisdizione del giudice ord“ PAATB I, SBZ. In; GIURISPRUDENZA CMI.Bi GIURISDIZIONE B APPALTI 281 nario per¥¥gliaddebiti attinentiá all'attivitˆ di ¥gestiOne del servizio ¥ferroviari0:( 1), Al.fine di meglio circoscrivere il problema: delli:t giurisdizione, i ricorrenti s()ttolinean.o, ila un Iato; che l fattiá ad essi addebitatisono. tutti suc:ices$1v1 iU .giugn.o 1985 e do all'entrata in vigore della Legge 17¥á maggio 1985 n~ 210 e, dall'altro, cb,Ž l'Ente Ferrowe delli:vStat6;: per espressa previsione di legge, subentrato ali' Azienda Autonoma delle Ferrovie dello. Stato, succedendo nel patrimonjo e in tutti i fapporti attivi e passNi J~iˆ di á pertinelizˆ . di> detta Azienda. ááDa ¥cl˜ l'l.tlteriore á conseguenza ;.....;.;áá serhpre á secoiidb ái rfo6rrenti áá...:.;;.. della ánecessitˆ di valutare tutti áiá. fatti addebitatiá con esclusivo riferimento all'Ente .Ferrovie dello ¥. Sta~˜, sia per l'asserita illegittimitˆ delle spese dei trasporti aerei effettuati dalla Societˆ AJ:,I (Aereo I.easing Italia s.pA), sia per l'imputazione di tali spese e deldanno relativck .á . 1n:áá ordine all'incidenza ádelleásuddette spese i ricorientiáááassumono chele stesse furono poste a carico del bilancio delle Ferrovie dello Stato per cui anche il danno relativo -per asserita mancaniˆ dFfonte iegale ...:.;;.. sarebbe delle medesime Ferrovie e non giˆ del Ministero dei trasporti e á qumdi delloá Stato, come.áá¥gerierfoamenteá prospettato dal Procutatore Generale della Corte dei Conti; Per quanto attiene alla natura dell'Ente Ferrovie dello Stato, i ricorá renti non esitano a qtialificarl˜ come ente pubblico economico ed all'uopo á richiamano la áágiurisprudenza di questa Corteá per avvalorare la tesi di fondo secondo la quale le controversie concernenti i danniáá patrimoniali causati agli enti pubblici economici dai rispettivi an:l!:ninistratori e dirigenti sono riservati alla cognizione dell'autoritˆ giudizfaria á ordinaria e non giˆ a quella della Corte dei Conti, salvo partiŽolari eccezioni che nella specie non sussisterebbero. In meritoá iilfiile a“ááfatti áed ai comportamenti considerati contra legem dal Procuratore Generale, i ricorrenti deducono che gli stessi sono strettamenteá irtetenti all'attivitˆ di gestione delle Ferrovie dello Stato e come á tali sottratti a regole pubblicistiche. 2. Osserva preliminarmente la Corte eh.e la penclenzii del . processo penale. non spiega . rilievo ai fini d~l r~ola!llento .. di gb.Jrlsc,lizi()A~ il cui (1) . Con la sentenza in rassegna viene affrontata . dettagliatamente la natura dell'Ente F. S. e si conclude per il c~ˆttere di ente pubblic:o economico. Da questa premessa “a . sentenza . non á fa alt170 áche riport~si a quanto in precedenza detto con á Ia richiamata decisione delle stesse SS.UU. 21 ottobre 1983 n. 6179 (in Giust. Civ. 1983, I, 2852). L'altra sentenza, richiamata in motivazione, 2 marzo 1983, n. 1282, leggesi in Giust. civ., 1983, I, 145. Con riferimento all'IRI, v. Cass,, SS.UU., 15 novembre 1989, n. 4860, in Foro it., 1989, I, 3402. 282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO oggettoá limitato alla determinazione del giudice investito dalla competenza giurisdizionale e non implica -come gli stessi ricorrenti riconoscono -alcun accertamento della discussa responsabilitˆ. Detto procedimento potrˆ eventualmente determinare un rapporto di pregiudizialitˆ rispetto alla decisione di merito rimessa al giudice che risulterˆ investito della relativa giurisdizione, ma non interferisce in alcun modo sulla pronuncia richiesta ai sensi dell'art. 41 del c.p.c. 3. Passando quin˜i all'esame della questione di giurisdizione, giova premettere che la puntualizzazione dei ricorrenti in ordine all'imputazione delle discusse spese di trasporto aereo trova sostanziale riscontro .nella stessa citazione a giudizio davanti alla Corte dei Conti, nella parte in cui il Procuratore Generale di detta Corte, nel ricostruire l'origine e le modalitˆ di dette spese, riporta il testo integrale della lettera autorizzatoria indirizzata il 19 giugno 1985 dal Ministro Signorile alle Ferrovie dello Stato, nonchŽ l'ulteriore conforme autorizzazione 15 gennaio 1986 della Direzione Generale del nuovo Ente Ferrovie dello Stato (v. pagg. 27 e 31 della citazione). Nella lettera del giugno 1985 il Ministro fa presente la possibilitˆ di richiedere, tramite la CIT, oltre la fornitura di titoli di trasporto {aereo, marittimo, ferroviario) e di servizi alberghieri per attivitˆ interessanti l'esercizio ferroviario, anche servizi della compagnia ALI che gestisce voli charters e noleggi. Aggiunge testualmente: Ç Si prega pertanto di voler provvedere, a carico del proprio bilancio, alla fornitura, ove occorra, dei suddetti servizi È. Nell'autorizzazione 15 gennaio 1986 del vertice del nuovo Ente ai Direttori dei Servizi si precisa che, secondo le direttive del Consiglio di Amministrazione, possono continuare Ç a fornire prestazioni, servizi e materiali, come per il passato, al Gabinetto del Ministro, anche dopo la trasformazione della Azienda Ferrovie dello Stato in EnteÈ. 4. Orbene, proprio l'incidenza delle suddette spese sul bilancio delle Ferrovie rende particolarmente rilevante, ai fini dell'indagine sulla giurisdizione, la natura dell'Azienda Autonoma prima e dell'Ente Ferrovie dello Stato poi. Quanto all'Azienda noto che, pur essendo caratterizzata da auto-. nomia di bilancio, finanziaria e contabile, non aveva personalitˆ giuridia ma era una struttura interna del Ministero dei trasporti, come tale non distinta dalla relativa Amministrazione, tenuto anche conto che la collocazione del Ministro dei trasporti al vertice della Direzione aziendale precludeva una netta separazione tra l'attivitˆ di indirizzo politico e l'attivitˆ di gestione vera e propria. Un diverso e pi articolato discorso va fatto per l'Ente Ferrovie dello Stato. PARm I, SEZ. III; GJw.SP}.U:)l)ENZA CMLE, GUJnJsDIZIONE E APPALTI ZB,3 La legge l7 .maggio 1985 n. 210 istituisce l'Ente Ç Ferrovie dello Stato È con personalitˆ giuridi<:a ed autonomia patrimoniale, contabile e fi. nanziaria; aiá sensi c:lell'art. 2093.;á2¡ áon:x1:na e.e., nei limiti stabiliti dalla stessa legge, e lo pone. sotto la :vigilanza del Ministero dei trasporti (ar:t' 1)¥. La norma. :r;ton definisce espressamente .. p.bblico il nuovo .. ente ed una lacuna sing<>lare ove si cons“deri che, a seguito della legge n, 70 del 1975, stato applicato il criterio delresplicita qualificazione per atti legislativi. Tuttavia n˜n pu˜ seriamente contestarsi la configurazione pubá blicistica,. tenuto cqnto dell'espresso riferimento all'art. 2093 del e.e., che disciplina le imprese esercitate da <blica,, l'íl:J,dagine deve approfondirsi, sulla "base delle varie disposizioni .di legge, per stabilire se all'Ente Ferrovie cor.pete anche la qt.J.alifica di Ç econe>mico >>, cos“ come sostenuto dai riá correnti. Al riguardo da premettere che, secondo un costante orientamento giuri5pl'.1,ldenziale ""'.'"" cqndivisq dalla dottrina ""'.'"" un ente pubblico qualil'icf;\ bile. Çeconomico È>quando Ja sua attivitˆ, P111' se strument~e rispetto aj. J?erseguimento .ádi l1ll pubbl!co interesse, abbia. prevalentemente ad oggetto l'esercizio di un'impresa e sia informata a regole di economicitˆ, in quanto diretta a conseguire un profitto o, quanto meno, a coprire i costi .(cfr., fra le altre, Cass. 22 maggio 1985 n. 3097). Fondamentali elementi di identificazione sono quindi l'imprenditorialitˆ, intesa come svolgimento per .fini istituzionali di un'attivitˆ di pr-0duzione e di .scambio e l'economicitˆ di gestione, intesa come .oi:-ganizzazione tesa alla remunerazione dei fattori produttivi. La legge istitutiva dell'Ente Ferrovie, pur offrendo indici diá qualificazione dell'Ente .non¥ tutti univoci e concordanti, detta tutta una serie di disposizioni attinenti alle finalitˆ dell'Ente, al regime giuridico del relativo pat:rim:onio, alle modalitˆ di . formazione dei bilanci ed alla disciplina dei rapporti di lavoro che consentono, per la loro particolare. rilevanza, la formulazione di un sicuro giudizio. Detta legge stabilisce che l'Ente Ferrovie dello Stato provvede << con criteri di economicitˆ ed effi. cienza È, nel rispetto dei principi della no)"mativa comunitaria, all'esercizio del servizio ferroViario (art. 2); che i beni mobili ed immobili trasferiti all'Ente -compresi quelli giˆ di pertinenza dell'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato -o comunque acquisiti nell'esercizio dell'attivitˆ, Çcostituiscono patrimonio giuridicamente ed amministrati RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 284 vamente distinti dai restanti beni delle amministrazioni pubbliche e di essi l'Ente ha piena disponibilitˆ secondo il regime civilistico della proprietˆ privata, salvo i limiti su di essi gravanti per le esigenze della difesa nazionaleÈ (artt. 1 e 10); che il bilancio va formulato secondo le prescrizioni contenute negli artt. 2423 e seguenti del e.e. (artt 17); che il rapporto di lavoro del personale dipendente dell'Ente Ferrovie dello Stato regolato su base contrattuale, collettiva ed individuale e che le controversie relative sono di competenza del pretore (artt. 21 e 23). Trattasi di elementi chiaramente indicativi delle caratteristiche peculiari dell'ente pubblico-economico innanzi delineate, soprattutto ove si ponga in debito risalto l'intento innovatore del legislatore del 1985 e si consideri che, al fine di assicurare una pi completa autonomia al servizio ferroviario, la legge n. 210 ha riconosciuto al nuovo Ente quella personalitˆ giuridica che l'Azienda autonoma non aveva, ha sottoposto i beni ferroviari al regime civilistico della proprietˆ privata, ha espressamente stabilito che il nuovo Ente deve assolvere i suoi compiti con criteri di economicitˆ e di efficienza e, per il conseguimento di tale ultima finalitˆ, ha previsto l'onere del pareggio del bilancio {art. 8) e l'ob I blig˜ di deliberare tariffe tecnico-economiche volte ad assicurare l'equi~ I ~ librio della gestione (art. 16). Altro dato ugualmente caratterizzante offerto dalla previsione della gestione di attivitˆ istituzionale o strumentale attraverso la formula delle S.p.A. ~ In concreto, la riforma attuata ha avuto il chiaro scopo di creare una struttura di tipo imprenditoriale per porre il nuovo Ente -anche nel rispetto della normativa comunitaria -nelle stesse condizioni degli operatori privati del settore. 6. Siffatto modello organizzativo e gestionale, ispirato alla disciplina privatistica, non pu˜ dirsi infirmato da altre disposizioni della stessa legge che prevedono: a) poteri del Ministro dei trasporti di vigilanza e di controllo, di indirizzo politico e programmatico, di proposta per la nomina e revoca del Presidente e degli altri componenti del Consiglio di Amministrazione (artt. 3 e 8); b) applicazione in via transitoria delle vecchie disposizioni fino alla emanazione dei nuovi regolamenti (art. 14); e) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie relative ai titolari degli organi dell'Ente (art. 11); d) il controllo della Corte dei Conti (art. 19); e) il foro erariale per le controversie di lavoro relativo al personale dipendente (art. 23). Le norme da ultimo richiamate mirano a conciliare l'aspetto pubblicistico dell'Ente con quello privatistico della relativa attivitˆ la cui natura non viene meno in dipendenza dei poteri di direttiva e di controllo che non costituiscono un aspetto eccezionale e si giustificano con l'interesse generale connesso al servizio prestato ed agli apporti statali all'attivo del bilancio aziendale (art. 17); tanto pi che nell'esercizio dei predetti poteri i l ¥111111:¥111¥r1ˆr1¥1:11i11¥¥¥11111¥~d 11 286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e degli enti pubblici per atti dannosi connessi al rapporto di serv1z10 e di impiego {artt. 52 R.D. 12 luglio 1934, n. 1214; 81 e 82 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, 103 della Costituzione) va esclusa con riferimento agli enti pubblici-economici per quegli atti posti in essere nell'ambito della gestione con strumenti privatistici dell'attivitˆ imprenditoriale di detti enti {sentenza 21 ottobre 1983, n. 6179); b) che la giurisdizione della Corte dei Conti sussiste invece, con riferimento agli enti pubblici-economici, limitatamente agli atti che esorbitino dall'esercizio dell'attivitˆ imprenditoriale proprio degli enti medesimi e configurino espressione di poteri autoritativi di autoorganizzazione ovvero di funzioni pubbliche svolte in sostituzione di amministrazione dello Stato o di enti pubblici non economici (sentenza 2 marzo 1983, n. 1282); c) che il principio dell'inconfigurabilitˆ della giurisdizione della Corte dei Conti in relazione all'attivitˆ imprenditoriale degli enti pubblici- economici, trova applicazione anche con riguardo agli enti di gestione delle partecipazioni statali senza che il carattere vincolante delle direttive e dei programmi politici e ministeriali e la conseguente strumentalitˆ dell'attivitˆ di tali enti rispetto ai fini dello Stato, possano escludere la natura privatistica della stessa attivitˆ o configurare un rapporto di servizio tra lo Stato ed i predetti amministratori richiedenti un'attivitˆ in tutto predeterminata e sottoposta a regole inderogabili (sentenza 14 dicembre 1985, n. 6328). Facendo applicazione di tali principi alla fattispecie in esame legittimo concludere che gli addebiti mossi dal Procuratore Generale della Corte dei Conti ai vertici dell'Ente Ferrovie, per le spese dei viaggi aerei innanzi indicati, si sottraggono alla giurisdizione della Corte dei Conti in quanto attinenti all'attivitˆ di gestione del servizio ferroviario. A quest'ultimo riguardo va evidenziato che nelle lettere di autorizzazione indicate nella citazione a giudizio, ed in particolare in quella del Ministro dei trasporti del giugno 1985, si fa esplicito riferimento a viaggi di dirigenti e funzionari per attivitˆ inerenti l'esercizio ferroviario. La conclusione indicata rafforzata dal rilievo che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e Corte dei Conti in tema di enti pubblici economici non si basa sulla semplice alternativa tra attivitˆ imprenditoriale e non imprenditoriale, ma richiede, ai fini della giurisdizione del giudice contabile, il positivo accertamento che gli. atti fonte di responsabilitˆ siano stati posti in essere nell'esercizio di poteri pubblicistici di autoorganizzazione o di pubbliche potestˆ. Requisito questo nella specie insussistente. 8. Circa la concreta incidenza delle obbligazioni assunte e degli esborsi effettuati necessario precisare c:he, secondo gli addebiti mossi dal 288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO soggetto a regime privatistico senza alcun obbligo di rispetto di norme di contabilitˆ pubblica. Peraltro il legislatore del 1985, pur consapevole dei rilevanti riflessi economici per lo Stato, non ha ritenuto di dettare specifiche norme sulla responsabilitˆ degli ammirustratori del nuovo Ente; e ci˜ nonostante che si fosse occupato del problema della giurisdizione con riguardo alle controversie dei titolari degli organi dell'Ente e del personale dipendente e si fosse posto il problema del controllo della Corte dei Conti disciplinandolo nell'art. 19. “?., anzi, particolarmente indicativa di una chiara scelta legislativa che depone a favore. della conclusione raggiunta innanzi la circostanza della previsione di un controllo della Corte dei Conti sostanzialmente limitato e concretamente informativo. L'art. 19 della legge 210/85, pur parlando invero di controllo Ç continuativo È della Corte dei Conti sulla gestione dell'Ente, . precisa che tale controllo avviene con le modalitˆ previste dagli artt. 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 21 marzo 1958, n. 259, in quanto compatibili, e che 11:1, Corte riferisce al Parlamento sull'efficienza economica e finanziaria .dell'attivitˆ svolta nell'esercizio esaminato. Orbene, posto che la legge n. 259 del 1958 -che costituisce la prima attuazione legislativa della norma dettata dal 2¡ comma dell'art. 100 della Costituzione -disciplina la partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti áa cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, il mancato richiamo degli artt. 4 e 12 di tale legge esclude non solo l'obbligo di presentazione dei conti consuntivi e dei bilanci di esercizio con relativo conto dei profitti e delle perdite (corredati dalle relazioni dei rispettivi organi amministrativi di revisione), ma anche la partecipazione di un magistrato della Corte dei Conti alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione. SicchŽ le informazioni e notizie fornite o richieste ai sensi degli artt. 5, 6 e 7 consento alla Corte dei Conti di acquisire elementi per riferire al Parlamento sull'efficienza e produttivitˆ dell'azienda, ma non assicurano una vera verifica contabile sulla gestione finanziaria dell'Ente Ferrovie che nella disciplina attuata non trova neppure specifici i:nezzi sanzionatori. Alla luce delle considerazioni che precedono, la giurisdizione deve essere regolata ripartendola tra Corte dei Conti e giudice ordinario se condo i periodi suindicati, avuto riguardo alla diversa configurazione dell'attivitˆ svolta e dei patrimoni danneggiati ed alla ricorrenza nel primo caso (Azienda Autonoma) ed insussistenza nel secondo caso (Ente Ferrovie dello Stato) di un rapporto di servizio tra i pretesi responsabili e la Pubblica Amministrazione -inteso come inserimento dell'agente nell'organizzazione amministrativa dell'ente danneggiato -quale presup posto richiesto dall'art. 52 del T. U. delle leggi sulla Corte dei Conti appro vato con R. D. 12 luglio 1934, n. 1214. CQ~JE0;DI@:A¤~A~lQNlih ~ez.;IJ, ~a ll;laggio 19.91, n. 585QtPres.¥ Pafundiá~ ..¥..... Est, .. G~l;LV:~<:IP:Q;i ,. p.M,Chi:tico (concJ. cont.). Cornll11,e di Crotone (avv. Vi.t~J¥¥ ~Jde4~ci}... , ¥¥. áGes~jpn,e.... c9rnrnis$Whtleá áper ..l'.intervento¥.á.. strao:rdil'lig~() J1eL!VIezzogiorno (avv. Stato Ontlfrio). ~---~~:~; á¥á¥á¥¥¥ááááááááááll¥¥.¥krinoi;i:¥¥¥¥diááái~;;o.pani~i~itˆááádiáááaz.ioni:... possessarie nei¥.. confranti d.etla P. A; si appl“4a anch~ tQ spaliatus un soggetto> pubblica áe rum p.,˜ essere Xand.ii.ianatatná. assoluta azt'esiStenza di un atto formale la cui esecuzione al!bia leso l'altrui possesso perhŽ la P.A. pu˜ perseg. .,itŽ i propri f~ni $i'a fa):fr“(J.l#zanda la ptapria volontˆ, sia manif estaná do{'a: .pn.71U: co.r11J,;9ftqrn~'1~9 cp'tf;9reto c9nfann.e ai fin:i Mituzionali{l)¥. (1) La Cassazione átorna al suo antico rigore in¥á teII1~¥á di interpretazione dell'art. 4 legge 20 filill'Zo 1865 n. 2248 all. E. Dopo alcune decisioni che avevano escl\lW:ál'i!tPPlicabi:“it~ del. Qitato¥¥arti4¥¥c:on rig.ardo:¥¥agli¥áatfli.¥fnaterlˆliááádi.¥spogli6 non :tiiienbili ad un fon:xue provveclirnento (C11ssi, Sez, .ll,. 8: aPJ;Ue, J986 n. 2433; Cass'. Set. Un. 3 gil!g)l()!}9$2. n. 3380),. la Seconda Sezione riporta l'attenzione sul pot1iit:eŽissei;;;at1:i)tpt#'elt;a ááᥠdetá¥áá¥Pret˜feá¥á di T!ˆl'ermo, á¥ove á¥á htiásede áá il C áá¥áᥥ¥¥¥¥ ' ¥áá á. áá á.á á.á.á..áá.á.á.á.á.á.á.á .á.á.á.. á;;/ááá .. áááᥥáᥥ¥¥¥¥¥ ~~ii.t~ #1$@i~ in~. 4ij~~i~ááá~~;ááw~~t~l"~ ˆki¥¥.p~t~f~áá ai ir~~~~~i¥a“:r~ttfunente¥¥ed .,,t?P.?:$MilJ'.~~!ááá a~f,s$~()1).e¥¥¥.¥ <~h ~s~t¥.llJ~~fl.riffi9 }98~ᥥ¥ p. á..~~i..¥ 9~tat~ .¥.4t :lt\9Aá vaz1one,.;¥¥¥ .á..... ááá¥á¥¥?¥¥¥á¥¥áááá áápb~/MPI¥¥ *¥ááá~ᥥ¥4#&bio¥¥á<*Ile¥¥ i¥á¥¥t:9inl?ilttit#~iltF¥f'~d#vtati¥ár,~±:1ttii:se6n0>á¥.lirla di~ . ¥ j'ieilcl.eiJZ~ rˆfS:ofu. #elllfsi?ecie; 1?fovvetfE$q¥. a!i'espl tfiltierifo 4f&i“i<;()is1 ptl'asstli),ifon ctefprsorihl~C á á á á á á á á á á á á á á á á á á á ¥...4,1 di fu():ri Aell'h>gte$i di“ “:!S$)ll1Zig.e, I:iC!t~wli ~fnc<:>lt~ .á sq:rfiono per )tabi'lireil ᥥc&neetto¥¥á(ii;ááá¥di:Pelicl.enzaᥥ tiell'ˆinbito deU!J:ttite! F~s.,¥áábt c<>it!iiclet~ti:e che Ia¥¥. wuns:P%!iel1Zˆ;¥ :tllilra;Wtsat6¥¥¥á1a:¥áádtpnderitˆ¥¥ái,ltinita!e¥¥á¥olifiláá 4itahi()Ita.¥ áásiáá .ááááin Pre~hzaᥥ¥!ijᥥi#á¥á.¥¥~¥á.ll1.mt()¥.¥¥4l.¥.!i~CiP#~ááái11.ttMdU.l;tlitˆt.c###)-l:i<,'iQí).(')ir#c~;áj#¥¥¥ 4.lil##~¥.¥#el'.l#i:>ᥥ¥<:ft¥ r~“iJ.1m~ti;f¥di\. rˆpp˜l'ti.¥¥ giuridiciá “mpil~ faojU ~iiijj:t:i:c:ti (i#eiss á á á á á áá á á á áá á .á $~Ji $@t <:9fu1'a..~ti.t.i:\.ntal~ Sd:tlrafue.nte áᥠpi:>“is˜n<:i esse].'Ž lt J.,attatinella fase.~á merlto.i Possibilitˆ¥/ .á á á á Rek A“iberti ,. ]faM; Gazzarra {conf;J " Blaridino i(avv. Fiore) c. F. s. t~v~;~áááááááᥠPJ:~;4~~áááá~~~~l¥¥¥m¥¥ais~lt~#~¥¥á~.¥ í'xfuclpio ¥det .. Possesso /deiá feq.isiti lilla .scftnedelle dQmande ¥ Non vale.>dop.o ltesa.Urimento. della procedura concorsuale. á.á.á.á.áá. ......á l,.avc>r.o f Ass~~()ne: á á á á á á á á á á á á á á á á á á La. Cassai.iˆne puli esaminare profili 1Juovi di diritto non trattatiá nel! e precldenti l#f~ "g~i ~ii{cU;fo, Ç11at6ra ~iˆno.da considerare cmnpfesi nel dibattito perchŽ fondati sugli stessi elementi di fatto giˆ dedqt#(l), (1) In senso conforme vedi Cass. 28 aprile 1990 n. 3594; Cass. 24 ottobre 1988 il. 5756; Cass; 7 lugHcfl988 il; 4469; ili Giusi. it. 1989, I, 1; 258 con nota; Cass. 26 :geMafo “987 n. 713, ivil 1988, I; t; 1419. á RASSEGNA Dm.l.'AVVOCA'l.VAAá DBU.0 STNIQ Il principioá secon4o cui iá requisiti prescritti pet la partecipazione a átutte le procedure. diá tipo concorsuale .debbano essere posseduti.á alla scadet:iza del termit:ie stabilito per la pre$entazione delle domande di ammissione non vale quando le procedure concorsuali sono state esaurite {2). La determin.azione amministrativa di assunzione di candidati idonei non vincitori un. fatto.á eventuale da ritenere ormai fuori ádalle¥ proce dure concorsualt, per cui á. allaá normativa vigente al momento della determinaziqne stessa. che occorre fare.. riferimentoá per la sussistenza dei requis#i. pr~sci“tti per l'assunzione (3). , (2,3) J,a fattispecie oggetto della vertenza di cui¥ alla sentenza in oggetto pu˜ cos“ sintetizzarsi:. viene .bandito un concorso per operaio quaJiificato, nel quale l'interessatoáá :rjsultato idoneo non vincitore; successivamente, a distan za .!,iá qul:Jlche anno,l'Enteá decideá.di assumere gli idonei. L'interessato viene sottoposto a Vlisita medica e riscontrato affetto da di scromatopsia . dell'apparato visivo, per ácui l'Ente non procede alla assunzione; da ci˜ il ricwso al Pretore, lamentando che il possesso delrequisito cromatico non era previsto all'epoca del bando .di concorso, ma stato prescritto in epoca successiva. In ámateria .di concorsi. pubblici la giurisprudenza. amministrativa ispirata ai ¥ seguenti principi: -in virt del principio di ordine. generale desumibile. dall'art. 2 T. U. 10 gennaio 1957 n. 3, i requisiti dd ammissibilitˆ debbono essere posseduti alla data di scadenza delle domande di partecipazione al concorso (v. Cons. Stato VI, 9 aprile 1990 n. 446, in Cons. Stato 1990, I, 606; Cons. Stato VI, 20 aprile 1985 n. á152, ivi, 1985,1,á 455; Cons. Statoáv1;ás ottobre 1984 n. 551,ááivi, 1984, I, 1253); -non vale ai fini, della ammissione che dl requisitO venga conseguito in un momento successivo (Cons. Stato VI, 24 ottobre 1980 n, 1001, ivi, 1980, I, 1431); - consentito all'Amministrazione di derogare, per ragioni di opportunitˆ, al principio secondo cui ;i requisiti per l'ammissione al concorso debbono posse dersi al rnoment˜ della domanda {TAR Puglia, l, 11 foglio 1988, n. 112). Non vi un orientamento pacifico.. riel caso che il requisito di ammissi bilitˆ sia venuto meno in pendenza delle operaziioni di concorso; nel senso che la perdita del reqilisito' comportiᥠfaááá esclusiOne ¥dal ¥áconcorso ási espressa la decisione delConsiglio di Stato, IV, 13: novembre 1919 n. 991 (ivi 1979, I, 1585), mentre in contrario avviso andata la decisione dello stesso Consiglio di Stato, VI, 5 ottobre 1984 n. 557 citata. li giudice di merito aveva ááosservato¥ come non tutti i requisiti di ammissione debbano essere verificati solo ed esclusivamente al momento della domanda, perchŽ Vii sono requisiti che debbono sussis.tere anche. al momento dell'assunzione, come la cittadinanza e la validitˆ psico-fisica del concorrente, in quanto occorre distinguere tra ammissione al concorso e ammissione al servizio, non potendo ammettersi all'impiego un soggetto, qualora la carenza di . quel reqWisito valga a legittimare una procedura di decadenza o di dispensa dall'impiego. Quanto ritenuto in sede di merito dovrebbe valere tanto pi in materia di esercizio di attivitˆ richiedenti particolari lavori, quali quelli connessi all'eser cizio ferroviario. Non sembra possa yalidamente sostenersi che le condizioni fisiche per svolgere mansioni di esercizio ferroviario debbano essere sussistenti solo al 293 GiuSBPPE. STiro RASSEGNA DBLL~AVVOCATURA DELLO STATo 294 La motivazione errata e viziata in quanto aberrante prevedere per l'assunzione in servizio nuovi requisiti fisici, prima non richiesti, in assenza ..di espressa e speciale deroga e/o abrogazione della precedente legislazione. Con il 2<> mezzo denunzia omessa motivazione circa un>punto decisivo, deducendo che il Tribunale avrebbe ritenuto erroneamente di accogliere il 2¡ motivo di appello delle FF.SS., secondo cui se anche si fosse applicato il D. M. n. 10668 del 19 giugno 1973 il Blandino non avrebbe potuto essere assunto. IlTribunale avrebbe errato nel ritenere sussistente una circostanza espressamente esclusa dal D. M. 10668/73. La Corte chiarisce,. anzit.tto, che. il Giudice ordinario in Ç subiecta mater~a È pu˜ sindacare la legittimitˆ degli atti di parte datoriale sotto il profilo del rispetto delle prescrizioni formali e sostanziali, di cui alla normativa applicata. Tanto puntualizzato, osserva, per˜, che il ricorso non fondato, anche se la . motivazione della impugnata sentenza -nel senso del rigetto 8.ella domand.a del Blaildino -va precisata, ritenendosi assorbente la considerazione del profilo della posizione del ricorrente {idoneo non vincitore) . . Al riguardo non rilevante la deduzione del ricorrente (v. memoria) secondo cui siá tratterebbe. di cirpsfanza á non dedotta nel giudizio di merito. Invero, a ben vedere; tratta~i di profili nuovi di diritto da potersi considerare, per˜; compresi nel dibattito perchŽ fondati sugli stessi elementi di fatto giˆ dedotti. Ed a tal proposito opportuno ricordare che il ricorrente con il ricorso itittoduttivo in .1¡ grado ha dedotto (tra l'altro) che egli si era classificato 13¡ idoneo i11 graduatoria per il mestiere della lavorazione a freddo del ferro, giusta D.M. 429/83 con il quale venivano approvate le graduatorie di merito e che ácon delibera 26 luglioá 1986 del Direttore Compart“ll1eritale di Palermo UPL.PA 1.1/SAM eraá stato dichlarato decaduto dalla nomina in prova. á Quindi era prospettabile la problematica inerente quali fossero i diritti del Blandino in relazione alla posizione di idoneo. Ci˜ in quanto i relativi elementi appartenevano alla causa in forza delle allegazioni e delle produzioni del ricorrente; questi aveva indicato nel ricorso in 1¡ grado i documenti che produceva: . tra gli altri il bando di concorso, i DD.MM. n. 10668 del 19 giugno 1973 e n. 206 del 28 gennaio 1981, e la delibera UPL.PA 1.1/SAM del 26 luglio 1986. Quindi il Giudice del merito, doyerido. verificare se sussistevano le condizioni per l'as sunzione del Blandino, doveva necessariamente verificare ci˜ in relazione alla posizione del predetto (idoneo), posizione che dagli elementi di fatto dedotti (scaturenti áda quanto sopra) era da ritenere compresa nel tema della causa. Va osservato che la posizione di idoneo non vincitore -in effetti non contestata dal Blandino, il quale nella memoria assume l'obbliga á á La natura pubblica o privata del rapporto di lavoro con un ente pubblico non economico non dipende dall'inerenza, o meno; delle man 296 RASSEGNA Dl“l.L'AVVOCATURA DBLLO STATO sioni ai fini istituzionali dell'ente, bens“ dallo svolgimento, o meno, della prestazione lavorativa nell'ambito dell'organizzazione tipica dell'ente. stesso con gli strumenti .propri dell'azione amministtativa{l). (1) Prin.ciPio . .irmai c;onsoli Stipo). Trll8p9.,.to .¥¥ l>eistiJJ.~tllJ;'io ¥ Pote..-eá.41 agire per la riconsegna della merce o Pl-W il risi..:ctu.ento bt caso di perdita. o . avana ¥. Prova . sulla proprietˆ cl.ella merce ~ Non occorre, . . . . Procedimento eiVile á ¥ áLegitimatio áad causam ¥ ¥ Rilevabilitˆ d'ufficio ¥ Titolaritˆ del rapporto dedotto in giudizio ¥ Rilevabilitˆ su eccezione di parte tempestivamente formulata. Obblig~oni e contratti ¥ Sottoscrizione di documento a margine e non áfu calce ¥ Volontˆ di adesione shio a prova contraria. Il destinatario delle cose trasportate, inteso come il soggetto áa favore del quale stato stipulato dal mittente il contratto di trasporto, non ha l'onere di provare di essere anche ilproprietario delle cose trasportate nŽ quando rie richiede la riconsegna al vettore nŽ quando agisce nei suoi confronti per ottenere.á. il risarcimento del danno in caso di perdita o avaria delle cose stesse. A differenza della legitimatio ad causam, intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice in base alla sola allegazione di parte una qualsiasi decisione di merito favorevole o sfavorevole, l'eccezione relativa alla concreta titolaritˆ del rapporto dedotto in giudizio rilevabile d'ufficio, ma deve essere t~mpestivamente formulata con l'atto di appello. Anche se, normalmef!te, la sottoscrizione di un documento viene apposta in calce allo stesso, per esprimerne la volontˆ del sottoscrittore di approvarne il contenuto,á non si pu˜ negare sic et simpliciter rilevanza alla sottoscrizione apposta non giˆ in calce ma ináá margine al documento stesso, dovendosi presumere, in mancanza di prova contraria, che essa sia l'espressione di analoga volontˆ di adesione della parte, che il giudice dovrˆ interpretare per stabilirne la portata ed i limiti in relazione alla fattispecie concreta. áááᥥ¥ááááááᥥ (oifif$sls) ᥠPe:li'ᥥtagic>niááá dli.. l()gicaááápri'Qritˆ.¥.¥ctevŽá¥ essete,:áááinnanzi:tutto,.¥¥áesa:~ minat?¥. non. giˆ il primo motivo delricorso principale . .(che attieneá alla ~;~~;~~?~=ilá2'-¥.~ áááááá~ifa.~!8l1Jlh~~W=~~á =:::;!;e:~:~;:;;~:~:..ááá~~~=~::b~of.: PregiudiZiŽ>J¥l?lil~riI1l?niaje.ááááá.ááááááááá.áá .. á. La Novatrat& s.a., resistendo al ricorso, rileva che tutta la :merce .á áááá!~f'ar¥n~~áááá~l~~1f~~;:¥c1:iPJZ:~t¥¥ái~rt!¥~0P~;=¥ááá~r:::e~a~ I1l~~t~ll(¥¥fli¥¥tti.tti¥á¥O¥¥¥ádi¥.¥ ~lcupi¥á¥¥dei¥¥ápt9prietJilri,¥¥.~veva¥¥¥l'()l)er:¥...diá..¥provare á~~r=~6~8E:~~=u;~.s ec(.1eZioni in ()tdine ali~ tesp#sap“li~ˆ 5ua e .á delleá Ferrovie dello . Stato. Laá Royal Insurapce ~siste a1Jiaccoglimento del primo motivo del ricorso prirtcipale1 ma, Pi'()i;wn~do ricors<> incidentale¥, chiede che le vengaááá riconosciuto il diritttf di ottenere il .rimborso delle somme pagate: alla¥. sua assict,trata.¥¥. 4111;.elU.¥verrˆ¥á J#dividuato:áC˜n'.le¥. effettivoá áre!>Pon1>abile.. áááᥠ(.'Ente, Ferrovie dello StatQ; :iftfine1 I"i˜prenitissp, t:Ueva la (:orte ehe laá censura formulata á¥dalla ricor ~li~1~=~~if0:~~~Ie~;b~1tfu~tl~=fh:#fifu“:~!;:~a1=:~0:~~=t“~on .ááááááááá :ta¥ CorlŽ delfuedto, ll:ifatti; átc>nd“.V.ldendola tesi dell'appellante Novatrans, Ifa rigettato lˆ domanda df riS.arc“riiento dˆrini proposta dalla Danzas S.p.A. ritenendo. che ~U!:¥¨ilá :Pt~vaj;lp-@J?i~;;iir:eá-d'.ffi~?_-_1~-áá¥sua á-ááááᥥ-¥-á@ii*i¥ f#-~~ij~ttH#it9#~ -~AAi"Va¥--soii#¥áif J;#˜EW:t¥4eil!~hrv~n~ta¥á¥()#e~p9rtá --__ .--#~9Ë'~~g.),#9;~w~~lil:.~ .Y:~9i~we~~icli~¥¥.~lla¥ c<>mP:@tricei¥á¥titola#t!id,eI ('lirj:#9¥a~ ~i~aj;'irp~1#9~áááál'f:>st.<>; 91:.t~.¥ 11:1,l'¥¥-áeccezione-.á¥l'iguard~ya¥.. _'Pcoi:r giˆ;-¥ la Ieg“1;tim~~tjn#{mˆ if merifo del tapporte> sostanziale ed era stata pro. $.J?~ttata t~h.t~II1,t\?'#te dalla No'Vatrans cQ.n:Ja compal:'1%11¥ coMliJsfoilale in "gfaj;ttji¥ á¥-~-~g~iá¥ááá ¥<¥áá>áá-áá}ááááááááá ááá¥ááᥠ-_ -á-á-áá á¥/:¥áá<¥áááá-áááá---á-á-.. i¥á--áá-áá--á-áááááá¥/¥á~áááááá-ááááá-á --¥---- ááá-áá-----!~-á.. ~h$ul'a¥ eá-¥foiidataá-áá------á .. á.á.á.á.á.á.áá.á.áá.á.ááá.áá.á.áá.. . áááá.á.á.á.á.áá.á .. á.á.á.á.á.á.á.á.á.. á.áá.á ... . ~~ (;()#~ ~~l''t#qrfafo-ha lliten.to. elle l'eccezione.. dL ca;reJIZa. djlegit" 1#~#9~-.attWlll¥-4*l~_a.-¥¥ goy~:I--ftjMe-.-~tata¥¥-tempestivamente:.¥ formWl:lcta dalla ------áá~9V~#al1,1,if<~4'¥á~-~f~r~atg ])e{¨trari~en:te-_a¥á-4.~:ta;:.rlstJ1tava dalla -~~t~~~.-á-¥~el'l'i1'lHiˆi~iia.¥-¥tioY~-}l9#.¥ avŽ~~.--in~?zatoá--1~¥á-¥~~1llritatrice JaegŽ~-á-__ ltl:lliY\¥¥á_--<~'t#ro~M%'tt)¤it qtjilJ.W¥_¥á-.Jieiᥥ-diritti¥: 4e“ia:¥..:proprie.tariaᥠ¥. _della ~~rc#)i:o#.mi¥áála[v~#i.ipC.ᥓ!~~~# ~aJleS¥¥¥ác:hŽ; ¥e$senp9$l¥:¥libe;rl\lifaf¥ai-.-sensi 4e11~~t, 1510 áá c;(l..;. dalJ/tj})biigo d1 q~~cegna q.~do avevi:t rixnes_so le-_ cose alvettQJ;'eJ, n<;>n: ~'V~v~ ~~“f t\lftj.11; c.i~#l#@ ~WJe stes!le¥i .---- J~.effetti;; c<;>.Ie nllj!.yit)a i:ii:>#~nie, la. No\ratrˆti$~ nel suo -atto-á d'apPelfo~ ᥥavl!)va¥ácriti9a~9.l'.*#dbuzio#e. alt~ Jaeg~r-á:ltaly-¥.della-qualitˆ .. di:áádesti~ Mtar(l\liJ':¥¥_tfoonositttafo (ia}la:.sel'itef#a¥¥di Pt“moá¥--g;ra~o,.¥.áe _affermando che tale:¥ qualjtˆ ¥SI)ett~v;1t¥.alla:á¥Oˆn“a$:: itaJjf;\Ila>á¥iaveva._.c9ntestato sotto..¥.:tale pro. filo la IegittiJ:rlˆ2Jione __ att~ya dŽl~l:l' sj)ie:til:Oassic.rŽil;trice affennand<> ¥.che essa¥::noll:,:¥i:>oteva-¥áásrirrogar~i¥¥_iilᥠun¥¥: mesist~nte_._diritto .¥deUa¥.. sua.. :assicurata. ----Sol() cpn la comparsa ce>nclt,tsiQnale ll:l NQ:v.at:rans aveva -prospettato la Pred.etta eQcezione sott() ilnuQvq profilo della surrogazfone della Royal Insu:rance negli inesistenti diritti dcl venditore.mittente e non giˆ in quel, lb dell'a:<;qtJir~t~ Jaeger Italy< ¥ Tale e~¨Zi9ne in\testllli non,: pi.la legittbnatioa~ cau.sain;. (intesa.ca. me. il diritto p~~estativo cli ottenete t;laL giudice,.-inbase--alla sola alle. gˆZionen essendd~ it dlffereJIZa>deU'altrlil\;á--tilevabil~ d.'ufficio'¥á¥:(Cass~ 957/86). e La sentenza. impt,tgnata vai quindi, cassata sul á-punte>-_ con rinvio ad altro giudice. per nuovo Ž$~e. -- --¥-Con. il secondh motivo): poi, la¥ stessa :ric-orrente áádenunzia il vizio di moti:v.azione della sentenza impugnata laddove hˆ. ritenuto provato. che !!indennizzo .era .stato. corrisposto alla venditrice Jaeger. Sales, e non giˆ alla. compratrice Jaeger Italy; ¥ ci˜ deaumendo ádal fatto, neppure. eccepito dalla Novatrans, che il timbro e la sottoscrizione apposti dalla stessa 300 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO sull'atto di quietanza dovevano ritenersi irrilevanti, perchŽ figuravano a I & lato del documento e non giˆ in calce al medesimo. Nella sua mem˜ria illustrativa, la ricorrente sostiene che, in mancanza di contestazione, essa non aveva l'onere di provare la surrogazione nei diritti della compratrice, ch,e“ comunque, aveva prodotto in giu I dizio la quietanza relativa al pagamento dell'indennizzo, cautelativamente fatta sottoscrivere sia dalla compratrice che dalla venditrice, e che nell'atto introduttivo aveva sempre dichiarato di agire in surroga di quest'ultima; Anche tale doglianza fondata. Sul punto la motivazione della sentenza in esame del tutto insufficiente, fondandosi, esclusivamente, sull'affermazione, giuridicamenteá censurabile, dell'irrilevanza della sottoscrizione e del timbro della Jaeger Italy, perchŽ posti a margine e non in calce al documento, e sul rilievo, non decisivo, che nella comparsa conclusionale il procuratore della ricorrente Royal Insurance aveva ammesso di agire. in forza di atto di quietanza e surroga rilasciato e sottoscritto dalla Jaeger Sales ltd. Anche se, normalmente, la sottoscrizione di un documento viene apposta in calce allo stesso, per esprimere la volontˆ del sottoscrittore di approvarne il contenuto; non si pu˜ negare, Ç sic et simpliciter È, rilevanza alla sottoscrizione apposta non giˆ in calce ma in margine al documento stesso, dovendosi presumere, in mancanza di prova contraria, che essa sia l'espressione di analoga volontˆ di adesione della parte, che il giudice dovrˆ, se occorre, interpretare per stabilirne la portata ed i limiti in relazione alla fattispecie ¥ concreta. :I! quindi erronea ál'affermazione della sentenza in áesame secondo cui quella sottoscrizione a margine ádella quietanza non potrebbe in alcun modo consentire l'attribuzione alla Jaeger Italy della dichiarazione ivi contenuta. Resta, conseguentemente, svalutato l'elemento di riprova della suddetta tesi, desunto dalla ammissione del procuratore della Royal contenuta nella comparsa conclusionale, che ha, di per sŽ solo, valore meramente indiziario, contraddetto, peraltro, dalle diverse indicazioni contenute nell'atto di citazione. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio ad altro. giudice, anche su tale punto, restando assorbito. il terzo motivo del predetto ricorso incidentale, afferente alle spese processuali. Quale conseguenza di tale annullamento, si ripropone il problema, cui si accennava dianzi, dell'accertamento dell'effettivo destinatario della merce contenuta nel semirimorchio trasportato dalla Novatrans, problema che deve intendersi compreso nelle censure formulate dalla ricorrente incidentale, e che dovrˆ essere necessariamente affrontato dal giudice di rinvio per risolvere il conflitto che deriva dall'attribuzione di tale qualitˆ alla Danzas S.p.A. PARm I, SEZ. ?II; GIUiU:Si>R.Ul>llNZA O:VILB; GiRisDIZIONB B APPALTI La domanda della Royal Insurance, infatti/ dovrebbe, per ci˜ solo; essere rigettata, in quanto, ferma restando tale statuizione, i diritti derivanti dal contratto di trasporto, compreso quello di ottenere il risarci~ mento del danno, ex art. 1693 e.e. spetterebbero esclusivamente alla stessa Danzas S.p.A. e non giˆ alla Jaeger italiana, e verrebbe, quindi, meno il presupposto per la surroga in virt della quale agisce. ááá. Contrariamente all'assunto; IV; GIURISPRuDBNZA AMMINISTRATIVA ootificazione stataá eseguita al compratore . (quello effettivo, cos“ á come Vole laá legge e non quello solo formalmente risultante dall'atto) ed allo stesso venditore (art, 65 á1trt 30 gennaio 1913; :n. 363); NŽ fileva; per il fine qtii¥considerato, la deduzione relativa alla pretes/;' t tiullitˆ leU11t. riotificaf~tta al Verusi<>{censura; peraltro, inammissibile perchŽ dedotta per¥fa prima. voltaááin appell˜) dalááámoment˜áche, ai firii della :Verifica/ del presupposto á legittimante il potere ablativo > suffibtente á resistelita di. uri atto di not:ifieaziOrie anhe se.á. invalido, potepdosi . il c;lifetto ád.i ápotere ricollegare alla sofa áinesistenza (e non invaliditˆ) delta n6tiffoazfone medesima:;ááá Cosf ebme rlessuriˆ rflevfuii~ assrimŽ fa . dedotta ácircostanza.á secondo cui il Pierˆngeli avesse agito ¥ iri nome propritFe che áilvenditore, all'atto della oiripraveii“d“ta, á. non ¥ fosse a ¥conoscenza. ádel rapporto di. mandato (senza rapprese~t~a col Beyeler), non potendone .deHvare>Ia ....conse ágU:e:ilza. chela il,opfffuzione: d:elfatt˜di prel~fone (che si .connotavaá per n ¥á carattere sarirl6nat˜ricf nei conffub.ti del Beyeier) andasse effettuata anc~e .nei .confronti qeU'acquirente f di norma di azione fa cui violazione pu˜áá essere fatta valete solti:lrito avanti al á gilldice airl.mini. strativo. á¥' 'á' ¥ 3.. ,,..--Nel ritt;:i:iere la sussist1imza della competenza giu:risdizioi:iale del giudice amm.rlstrativo, si. supposta la pr.iaperite vigenza del ¥ R.;D. 30 gennaio 1913~ n. ~63, relativa al regolamei:ito dLese~i()J:le .della legge 2~ giugnol909~ n'..354 e .23 gitigrio i912,n..1588 p~)e antichi!~ e belle . arti, ed in partfoolaie del rdat.fao .. art.. 57, pur .d()pcf l'em@azione .. della legge 1¡ giugno 193!1, n: 1689 contehente una nuova cliseiplina della. n:iateria. Vigenza che tr˜va giustificazione nel rilfevo, giˆ evidenzfato da questa Sezione (Sez. VI, 31 gennaio 1984, n. 26), relativo alla maricˆta emanazione del regolamento di esecuzione delta indfoata legge 10S9/l939; il che comportˆ, in base al disposto della norma transitoria di cuiall'art. 73 della. stessa legge, la sopravvivenza . alla nuova disc“plma . della ptŽedeii.te regolamentazione attuativa, cui peraltro fatto speeifico rinvio. La tesi contrastata dai tre appellanti (punfo secondo 2 della parte áin diritto del ricorso Verusio, 2¡ motivo appello Beyeler e 4¡ motivo pri ~08 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma parte del ricorso Pierangeli) per i quali comune il rilievo secondo cui la regolamentazione della denuncia dei trasferimenti dei beni qualificati per importante interesse storico-artistico, di cui al richian1ato art. 57 del R.D. 30 gennaio 1913, n. 363, sia da considerare incompatibile con il disposto di cui agli artt. 30, 31, 32 e 61 della legge n. 1089/1939 -contenente una pi articolata e completa disciplina della materia, patricolarmente con riferimento alla denuncia degli atti di trasferimento, .Per la quale sarebbero indicate le condizioni e modalitˆ -e che, pertanto, in base alla stessa indicata norma transitoria di cui all'art. 73, sia da ritenere integralmente abrogata, atteso che la disposta proroga del precedente regolamento (del 1913), ivi prevista, deve considerarsi limitata alle sole disposizioni compatibili col nuovo regime. Si osserva, poi, che la sanzione della nullitˆ prevista dal richiamato art. 61 della legge n. 1089/1939 limitata alla sola violazione relativa .all'osservanza delle condizioni e modalitˆ da essa stessa legge previste, senza alcun riferimento alla violazione di norme regolamentari; e si aggiunge, altres“ che il regolamento d,i cui al R.D. n. 363/1913, comportando un'ampia libertˆ di completamento del disposto, notevolmente sintetico, . delle leggi attuate, era da ascriversi alla categoria dei regolamenti indipendenti, laddove, invece, quello cui faceva rinvio l'art. 73 della legge n. 1089/1939 -per l'intervenuta restrizione dell'ambito della competenza regolamentare -doveva considerarsi. un regolamento esecutivo in senso stretto; con la conseguenza di una necessaria riduzione della operativitˆ della precedente normazione.secondaria che escludeva -anche ~ per la successiva adozione della Costituzione Repubblicana -la possi, bilitˆ che una sanzione, .quale la nullitˆ della denuncia, potesse ricolleI garsi ancora ad una normativa secondaria autonomamente introdotta. I Altro argomento, di ordine sistematico, addotto a giustificazione I della affermata inapplicabilitˆ, almeno nel senso letterale, della normtiva regolamentare del 1913, relativamente alla denuncia della alienazione, dei beni di interesse artistico, sarebbe, poi, costituito dal rilievo secondo cui l'art. 61 della successiva legge n. 1089/1939 aveva introdotto, a differenza di quanto era previsto nel precedente regime -per il quale l'in I completezza o l'imprecisione della denuncia provocava l'inesistenza della ádenuncia stessa e quindi la nullitˆ dell'alienazione (art. 29 legge 29 giu. gno 1909, n. 364) rimettendo le parti al Ç palo di partenza È e costringendole a rinnovare la denuncia -la possibilitˆ dell'esercizio della prelazione nonostante la ritenuta nullitˆ del contratto e di acquisire comunque il bene venduto al prezzo fissato nel contrato nullo; per cui il .mancato rispeto delle prescrizioni di cui all'art. 57 del regolamento del 1913, anche a volerlo ritenere ancora vigente, avrebbe dovuto implicare una . maggiore Ç cautela È interpretativa e comunque non avrebbe potuto com~ rtare la nullitˆ della alienazione, ricollegata alla sola mancanza della de PARmá l/SEZ; IV; .GIURISPRUDENZA AMMINlSTRATIVA nuncia stessa e potendoá gli eventuali elementi integrativi della . denuncia, se. presentata,J~ssere desunti aliunde¥. ¥ Viene, quindi,. censurata á(appello :Seyeler) l'asserzione, contenuta nella sentenza .impugnata, secondo cui la denuncia dell'atto di á vendita costi. W~sa .Il Qne.re p~Je.pe:wti, i. q.~t!i).a4 essasLricolleghe:reJ;>be .ne~~etto .t~le per . proprietar~()~ cio ~ quello . di Qttenere c)le ¥. l'~ercizio .ádel diritto di prelazione riman.ga Umitato.i;i.d un pet:iodo di due w~iÈ,/cosicchŽ l'irregolaritˆ della . denuncia . c<>mp9rta la sanzione .á << della. iJ:l:<;lefinita per~ w~enza nel temPo della 59gge:done dell'alienazione al potere di prelazione ;, á á á .. < á á In.áá tealtˆ, s~oqd9 !l'appellante, Ja denuncia. costituisce elemento iJ:l:tegrativo della va:liqitˆ ¥ dell'alienazione, la etti mancania implica la nullitˆ clell'ali1mazione Ç di pieno diritto È; e omp0rtan40, áaJ.@rittura; la configurazione di un reato, non potrebbe op:i.nque considei:arsi come un mero..onere. á: Q~;re che, ~~c<>nc;l~ l'aJ?peUi.ite, ostituisce~J~vece, la .J?re1>entazione ciella cle.uncia, atteso cl:le per ess.a . non p:revisto ajcun tennine. di )?reclusione (art.á 30 íegge n. 1089/1939) e. st~te fa. dec9l'l'enza, del termineá bi. mestra1.e perJ'es9i;c~i0 4ella prela,;i;i()ne llon 4a,lbi onclusione del contratto, bens“ d.;:i.na. J?resentazione .della4e:nunci.aJl).e.i;lesii;na (art. 32 .stessa legge). Perjl(;heJLtra~tament(l della. den\lnciaeffettuata, ma .ritenuta irregolare o ôlcompleta dall'ammiIôstrazjqne (come t~mministrazione mede$ irna. postula nelcaso in .¥ esame per il!ant<> attiene. alla sottoscrizione ed all~ôlc,l.i~~i<>ne . delle rno(i~litˆ. della consegna) iinpol'tava, . 11obbligo dell'anuajajstrazi() ne stessa, pi cb,e di rit~ne:t'e nulla l'alienazione, di esercitare. il potere dovere cli;ric})iedere ¥ rmtegJ'ˆzione della denuncia nel pi breve tempo possibile e .comunque en~o) due mesi dalla sua presentazione á perchŽ, altrimenti, non . aVrebbe che potuto essere consiclerata regolare. áá. ...á..á.á. . .... ..áá ..... . . á .á . Da . tutto q.;:i.:nto p:reede, deriverebbe in (l.efipitiv~ secondo gli ap- Pellanti '.'""':"la regolaritˆ 4et1a de~Uhcia effettJJ,ata dal Verusio. Ci˜ sia con I'íferinterito alla mancata sot~oscriZione dell'acquirente, atteso che l'art. 30 della legge n. 1089/1939, unico. applicabile, imponeva il relativo obbligo solo al venditore, si~ perch~, riguardando 10 .stesso ar1:. 30 della legge indicata la sola. deI1$cia dell'atto. d“ alienatione Ž non prevedendo Urio á spedfico átC>nteI1tito per á1a .¥stipulazione dell1atfo áástessoáá (plu:lto á. lI, áIV appello Verusio), dovevano considerarsi legittimi i negozi privi della indicazione di elementi e pratiche árelativi al luogo di consegna del bene, con conseguente abrogazione dell'art. 57 del reg˜lamento del 1913, il qtiale faceva derivare la nullitˆ dell'atto di vendita in c˜nseguenza della mancanza á degliá elementiá anzidetti. D'altra parte, poi, sempre secondo gli aJ?pellanti, la regolaritˆ della denuncia si ricollegava anche al fatto .che la stessa era veritiera dal punto di vista sostanziale, in. quanto correttamente era stato indicato 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come acquirente il Pierangeli che, sulla base del rapporto interno con il Beyeler, non rilevante per il profilo considerato e comunque non conosciuto dal Verusio, era stato l'unico a trattare e stipulare il contratto di compravendita. Senza contare, infine, che il comportamento dell'Amministrazione, che aveva operato la prelazione a ben undici anni dalla denuncia, oltre che senza adeguata specifica motivazione, appariva irragionevole e contrario a qualunque regola di buona amministrazione. Anche se abilmente prospettate, nessuna delle anzidette argomentazioni, a giudizio del collegio, pu˜ far recedere dal convincimento relativo alla giˆ affermata perdurante vigenza del disposto di cui all'art. 57 del R.D. 3 gennaio 1913, n. 363 nei rigorosi termini in cui lo stesso risulta formulato e comportante la invaliditˆ della denuncia presentata dal Verusio perchŽ priva di alcuni degli elementi ivi previsti. é pur vero che la legge 1¡ giugno 1939, n. 1089, di revisione della disciplina della tutela delle cose di interesse artistico e storico pi articolata e contiene, nell'insieme, pi puntuali precetti rispetto a quelli contenuti nella precedente legge 20 giugno 1909, n. 364. Per la parte, per˜, che solo qui interessa, relativa alle modalitˆ della denuncia degli atti di trasferimento dei beni notificati per l'importante interesse storico-artistico, non dato rinvenire nella legge stessa alcuna disposizione, per il che indispensabile il rinvio ad altra fonte che non pu˜ che essere quella regolamentare anzidetta; anzi, tutta la disciplina relativa ai trasferimenti suddetti appare, nella sostanza, regolata allo stesso modo, di cui alle leggi precedenti, ravvisandosi nel disposto di cui agli artt. 30, 31 e 32 legge n. 1089/1939 le stesse norme rinvenibili negli artt. 5 e 6 della precedente legge n. 364/1909, di cui il regolamento n. 363/1913 era esecutivo. Ed allo stesso modo, sia l'art. 29 della legge n. 363/1909, sia l'art. 61 legge n. 1089/1939 prevedono la nullitˆ Çdi pieno dirittoÈ delle alienazioni disposte contro i Çdivieti stabilitiÈ dalle leggi stesse (con l'impiego dei medesimi termini formali), lasciando intendere che la denuncia relativa al trasferimento attiene alla stessa validitˆ della fattispecie traslativa, come del resto sostenuto dagli appellanti, ma senza, tuttavia, che tale qualificazione (anzichŽ di onere per il proprietario) sposti comunque i termini del problema. NŽ sembra assumere rilievo, sempre in relazione alla questione esa;rninata, la circostanza per cui nell'art. 61 della legge n. 1089/1939 risulti formulato, al 1¡ comma, un ulteriore precetto, innovativo rispetto alla disciplina precedente e relativo alla facoltˆ dell'Amministrazione di esercitare la prelazione anche a fronte di un atto di alienazione affetto da nullitˆ, ovvero che la sanzione dell'invaliditˆ, per la pi completa formulazione del primo comma, risulti essere estesa anche alla aliena PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 311 zione eseguita senza l'osáservanza delle Ç condizioni áe modalitˆ È da essa prescritte. Quanto, infatti, alla previsione relativa alla salvezza della prelazione anche in ipotesi di nullitˆ nell'atto di trasferimento, essa sembra chiaramente. ricondursi ad un'esigenza di migliore tutela dell'interesse dell'Amministrazione< e soprattuttC) di pi efficace dissuasione nei confronti dei privati per i quali la sola sanzione di nullitˆ dell'atto negoziale poteva non costituire adeguata remora ai trasferimenti dei beni protetti. NŽ l'estensione della previsione di nullitˆ alle ipotesi di inosservanza delle condizioni e. delle modalitˆ dell'alienazione e la specificazione del loro riferimento ¥alle prescrizioni previste á dalla ástessa legge;áá considerata nell'ottica pi accentuatamente rigorosa cui si fatto precedentemente riferimento, pu˜ significare, come pretendono gli appellanti, che la sanzione della nullitˆ non opererebbe se non in casi in cui la denuncia sia priva degli elementi ritenuti essenziali e qualiá desunti esclusivamente dall'art. 30 della legge stessa; laddove, invece, le irregolaritˆ correlate alla violazione della norma regolamentare, di cui pertanto risulterebbe abrogato l'ultimo comma, implicherebbero il solo obbligo per l'ammiá nistrazi6ne di attivarsi per imporre alle part“ una integrazione degli elementi carenti della denuncia medesima. Ci˜ á in quanto, come rilevato precedentemente, la logica di fondo della legge n. 1089/1939, ispirata a meglio tutelare ál'amministrazione e ad un ámaggiore rigore verso comportamenti illegittimi dei privati, come appare, del resto, dalla stessa applicabilitˆ della nullitˆ degli atti di alienazione anche alle ipotesi in cui sono violate, oltre a specifici divieti, le condizioni e le modalitˆ dei divieti stessi. Queste, per quanto attiene, appunto; alla dichiarazione, sono contenute nell'art. 57 del regolamento n. 363/1913, da>considerarsi recepito nella stessa legge n. 1089/1939 (varranno ..; le norme regolamentari) per il richiamo ad es'so fatto dal relativo art. 73; che deve, pertanto, comprendere, le modalitˆ e condizioni, come i divieti relativi alle alienazioni, tra. le ipotesi che implican-0 la nullitˆ della dichiarazione. Iná altri termini, non condivisibile la tesi degli appellanti, secondo cui l'art. 30, della legge n. 1089/1939, abbia innovato, sul punto relativo alle modalitˆ e condizio:rii della denuncia rispetto a quanto previsto del l'art. 5 della precedente legge n. 364/1909, nel senso cio di avervi fissato i requisiti minimi ed essenziali:/ per la cui sola mancanza si configure rebbe la nullitˆ dell'alienazione, onde le indicazioni contenute nella nor ma á regolamentare e relative alla denuncia stessa afferirebbero ad ele menti secondari implicanti mere irregolaritˆ formali prive di sanzione, e comportanti il semplice aggravio per l'amministrazioneá dell'attivazione per la loro integrazione e senza comunque poter procedere alla prelazione. Nemmeno, poi, pu˜ aderirsi alla tesi relativa alla asserita inammissi bilitˆ di una sanzione di nullitˆ (della dichiarazione) comminata da un regolamento, dal momento che, come giˆ osservato precedentemente, ~ .... , ~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la normativa ivi contenuta, in quanto applicabile e cio in quanto compatibile con la legge n. 1089/1939, stata espressamente richiamata dall'art. 73 della legge stessa. Analogamente irrilevante la circostanza che la normativa del 1939 abbia innovato rispetto alla regolamentazione precedente prevedendo, al secondo comma dell'art. 61, la permanenza, per l'amministrazione, della facoltˆ, anche in ipotesi di nullitˆ dell'atto di alienazione, di esercitare la facoltˆ della prelazione, dato che non se ne pu˜ far scaturire, stante anche le giˆ indicate ragioni delle nuove disposizioni, una incidenza sulla interpretazione di altre norme per le quali il dato letterale e sistematico convergono in una determinata significazione ermeneutica. Senza contare che la prelazione di cui all'art. 31 e segg. legge 1¡ giugno 1939, n. 1089 non opera alla stessa stregua dell'omonimo istituto civilistico (che si esercita sempre con riferimento ad una (valida) proposta di alienazione) ma costituisce espressione di un potere di acquisizione coattiva delle cose di interesse storico ed artistico di proprietˆ di privati, da esercitarsi in occasione di negozi di trasferimento della proprietˆ medesima. SicchŽ il provvedimento, con cui, in concreto, si esercita la prelazione deve essere ricondotto alla pi generale categoria degli atti ablatori (rispeto al quale il negozio di alienazione costituisce mera condizione legittimante del potere), con la conseguenza che non assume valore determinante la validitˆ dell'atto di alienazione presupposto, dal momento che nessuna sostituzione dell'amministrazione al soggetto alienante nel negozio posto in essere da privati avviene col provvedimento della prelazione dal quale, anzi, oltre che un effetto propriamente costitutivo (acquisitivo) discende un (ulteriore) effetto caducatorio del negozio di alienazione medesima (Sezione VI, n. 400, del 10 giugno 1987). Errata, poi, la censura alla decisione del T.A.R. per aver ravvisato la nullitˆ della denuncia per la mancata indicazione del luogo di consegna del dipinto dal momento che, nell'atto dell'Amministrazione, si faceva anche a tale circostanza implicito riferimento pur richiamandosi, genericamente, l'inosservanza Çdell'esatta descrizione delle condizioni dell'alienazione È previste dall'art. 57 R.D. n. 363/1913. Ininfluente, quindi, per il profilo qui considerato, l'asserzione relativa alla veridicitˆ {almeno dal punto di vista del Verusio) dell'indicazione della persona effettiva acquirente, poichŽ assorbente era la circo i stanza che nemmeno il ritenuto vero acquirente aveva firmato l'atto di ! Ii denuncia, cos“ come non pertinente il rilievo secondo cui l'Amministrazione ha operato la prelazione a pi di dieci anni dalla stipula del i contratto di compravendita, in quanto a tanto la stessa si determinata, dando adeguata giustificazione nel provvedimento adottato, in conseguenza del comportamento (come meglio successivamente. sarˆ chiarito) elusivo e contraddittorio delle parti e senza che alcuna rilevanza assu-I l I I I I m.esse; .¥attesa: la natura ablatoria de1l'atto di prelazione, il dect>ts˜ diá un terni.“ne .stdfidente a fait maturare l'usucapfone decennale~áá a:cielf ~U:t!s:1fn:!~~~~:~:Zfl:rltf~~i ::~:=~=~:= iiá~á~ :::e1~: Vel"QSio) cbe la t>Qttf.)sriziC>l.le del1'11.9~uitente' (che ¥ s.ola mancava nelá. caso ¥M¥r!it~á~;;::,r~ !~lf~~2~1fJ@ l'~P~resent~a:áádel.¥Beyefor;¥áááIaáááidone.itˆ¥¥¥¥del1a. denuncia. a .¥ raggiungere.. gli . Žff~ttil suoi pro~rl~ dli! identifica;fsinel porred'am.ministrazfone in..condi .. zi()ne di esetci~*We te~pestivamente la prelaziotle;;Ja .sua sanatoriatqUanto al ViziO .á delrincom.pleta sottoscmzione;:in relazione> alle .. dichiarazioni fatte all'.amministrazione successivamente al contratto...á Ai:fohe: tali ~~D.sure sono errate e '1atmo di~attese~ . essendo; . innanzitutto{ e\tidente á á cbe il secondo¥ com.ma dell'art; 57 RD. n. 363/19Ui nel riferirsi . alle condiZ“oni á¥(di .cui sopra): che fanno ritenere non awenuta la denuncia, richiami esplicitamente anche la Ç firmaÈ delle partj. coná traenti indicata ácome neces$1;ir“,i:t; nella precedenteá lŽttera e); a: ¥nulla riá levando {anche a voleda riten:&-e per' am.tttessa)re 1987 n. 269; Cons. Stato, VI, 14 novembre 1988 n. 1211; Id., IV, 27 ottobre 1988 n. 822; Id., IV, 22 settembre 1987 n. 545; Id., IV, 4 agosto 1986 n. 549). Ci˜ spiega perchŽ la stessa giurisprudenza abbia sempre concluso per la legittimitˆ del recupero, rifiutando ogni indagine sulla buona fede dell'accipiens e sull'affidamento in lui ingenerato dal comportamento del solvens, quando il recupero (id est, la compensazione fra debito e credito) avvenuto in occasione del pagamento di arretrati (Cons. Stato, VI, 3 agosto 1989 n. 978; Id., VI, 31 gennaio 1986 n. 87; Id., VI, 28 giugno 1982 n. 319; Id., II, 11 febbraio 1981 n. 1364/78) ovvero a mezzo di una rateazione dell'indebito tale da non incidere eccessivamente sul bilancio familiare (Cons. Stato, IV, 27 dicembre 1989 n. 995). Ci˜ spiega anche perchŽ la stessa giurisprudenza ~bbia escluso qualsiasi obbligo per l'Amministrazione di comparazione fra interesse pubblico e privato, e di conseguente motiv~ione, quando il recupero avviene con modalitˆ tali da non incidere in misura determinante su detto bilancio {Cons. Stato, IV, 3 maggio 1986 n. 320). Nel ragionamento del giudice amministrativo -interamente rivolto a verificare l'esistenza nel comportamento dell'Amministrazione di un vizio non di violazione o falsa applicazione di legge, ma sempre e soltanto di eccesso di potere -l'indagine sull'elemento soggettivo della buona fede e dell'affidamento sulla legittimitˆ del pagamento assume quindi un rilievo assolutamente subordinato rispetto a quella, prelimi PARTB -:r, :SBZ¥. lV{GlURISPRUDENZA :AMMINISTRATIVA nare, volta a yerificˆre se dal provvedimento di ripetizione. il dipendente subireb'be un ˆ.anno /grave.á ed. irreparabile . (Cons. Statoi IV;. 30 gennaio 1990 :n¥, 57).. Solp in .presenza di tale situazioneá di danno' si :.l'itenuto, sul piˆno equitativo: pi che su quello dei principi (Cons; Stato, IV,: 30 gená naio 1990 n., 57; Id., V, 22 feb'braio 1988 n. 85), che il provvedimento che dl~!l9mt nJe~\i!,pe;tto d,trve. consicJ.eranii Hlegittim<>;;á: / fá Nena 5piŽ l'orlgillal'ío I'íŽñrrerite': non: ila.. fui“ prospettato.ápŽ tanfo inerid d:dctifu.eb.tˆfo á1¥esistenzadi tina: faiŽ sitt.faiiorie di danti<> ~á riŽ ˆvtebb poffito fa.gi&ne\tci“fuerife ta:rfotŽn:uto conto ádelta relatiVa esiguitˆ: delfa S˜nitna da restituire i(L. L249.702) e delle J:'“lteazfoni. disposte .ádall'Afulnfoisttazi() rie i(L. s2mráirt:e“lsili), rílfftñritate al . trattail:iento . ástipen~ diale bh.e gli viene coI'l'isposto fu qualitˆ .di magistrato ...:.:. ma si . limitato. acrá ecEe.Pire fa sua bl.lbml r; ..á..á.á..á.¥á.... .... ááá á. ¥á.¥áááTale esserido hf situazforlŽ in fatto “l 'T.AR~Iinvece di affrontare problerhl ihiri.ffo:nH al fitte del dedd:ere, avrebbe dovuto concludere nel senso che, nella specie, non poteva essere contestata la legittimitˆ della ripetizione non essendo stata nŽ dedotta nŽ dimostrata l'incidenza, grave ed ifreparabiie, che ff refupero avrbbe avuto sulla sfera giuridica del11iriteres~ ato. rii altri trtl:lfu“, avrebbe dovuto concludere nel senso che riUa detŽrfuln:aiibne acfott~ta ŽlatrAmministrazione non era ravvisabile afotui vizia di eccesso di 1fotere,' l 1tiriico che possa trovare ingresso . nella materia: de qua. á á áá CON:SIGUO DI STA.TQ, ,Ëd. Plen., 16 maggio 1991 n. 4 -Pres. Crisci á Est. :Rizzi -Selli Laura (avv. Avella) c. Min. Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Cenerini). Impiego pubblico ¥ Decadenza áArt. 127 lett. d) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ~ Presuppesti. L'applicabilitˆ ..dell'istituto <}.ella .. decadenza dall'impiego, a seguito della, pro(:l.yziorr.e di documenti.falsi. o viziati da invaliditˆ non sanabile; cqnsideraia ¥lq. .á i:hiq.ra funzione ..sanzipnatqria <}.i tale istituto, presuppone che coloro. che .hanno prodotto il documento fossero consapevoli della detta falsitˆ. Ne consegue che, in 111.ancanza del menzionato profilo soggettivo, il rapporto di impiego pubbUco risulta posto in essere in carenza di un requisito richiesto per la sua costituzione: onde l'atto di nomina ~ illegittimo, quindi annullabile .ex officio. allorchŽ. sussistano i presupposti per l'esercizio del potere discrezionale di autotutela(!). (1) Sulla questione in esame cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 1988 n. 1251; 'in Foro amm. 1988; 3293. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L Viene all'esame della Adunanza Plenaria l'istituto giuridico della decadenza dall'impiego, sanzione prevista dall'art. 127 lettera d) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, allorchŽ Çsia accertato che l'impiego fu conseguito mediante la produzione di .documenti falsi o viziati da invaliditˆ non sanabileÈ. Nella specie, il 22 novembre 1982 la interessata consegu“ un impiego presso il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, previa esibizione di Çdiploma della scuola mediaÈ, conseguito il 30 giugno 1975; il comunicato del Ministero della Pubblica Istruzione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 maggio 1980, n. 136 aveva reso noto che la scuola media che aveva rilasciato il diploma era un istituto scolastico inesistente, non riconosciuto legalmente ai sensi dell'art. 6 della L. 19 gennaio 1942, n. 86, inidoneo al rilascio di titoli con valore legale, titoli dichiarati nulli. Nel 1985, accertata la niuna valenza dell'esibito titolo di studio, l'Amministrazione decise la decadenza dall'impiego, a seguito di procedimento amministrativo, al cui esito fu automaticamente applicata la detta sanzione. 2. L'Adunanza Plenaria ritiene che, in mancanza di sentenza penale definitiva che abbia individuato i rei ed accertato la falsitˆ, nel caso in esame trattasi di documento viziato da invaliditˆ non sanabile, privo di valore legale; onde necessario tener presente la seconda delle due ipotesi indicate dall'art. 127, lettera d) del d.P.R. n. 3 del 1957, il cui testo stato sopra riportato nella interezza. 3. Nella interpretazione di tale norma, che comporta l'automatica irrogazione di una misura espulsiva, occorre indagare se basti il fatto obiettivo dell'uso di un documento insanabilmente invalido, ovvero sia necessaria anche la consapevolezza della invaliditˆ da parte di chi lo produce. In materia di applicazione automatica di sanzioni nel settore del pubblico impiego, va ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 971 del 14 ottobre 1988 ha espulso dall'ordinamento l'art. 85, lettera a) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nella parte in cui non prevede, in luogo della destituzione tout-court, l'apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare. Nel caso trattavasi di impiegato destituito a seguito di sentenza irrevocabile di condanna in sede penale per il reato di peculato {art. 314 c.p.). La Corte ha argomentato che l'ordinamento oggi appare orientato verso la esclusione di sanzioni rigide e che la gradualitˆ sanzionatoria, compresa quella della destituzione, importa che le relative valutazioni siano ricondotte nella sede naturale del procedimento disciplinare; l'autoritarismo sanzionatorio, secondo la Corte, incoerente ed irrazionale, se raffrontato alle finalitˆ che l'art. 3 della Co PARTE I, SEZ, IV, GIURISPRUDBNZA AMMINISTRATIVA stituzione intende realizzare; Taliáá assunti sono stati confermati con sentenza n. 40 del 2 febbraio 1990. La medesima Corte, con sentenza n. 18 del 18 gennaio 1991 ha dichiarato la incostituzionalitˆ dell'art. 26, I c., lettera a) della L. R. Lomb~ rdia á25 maggio 1983; n; ᥠ44, nella parte in cuiá commina la destituzione di cU accertare eventl.lalmente, in sede di autotutela, se l'inesistenza del requisito attestato. dalá documento nullo, influisca attualmente in maniera decisiva, tenuta presente l'attivitˆ che l'impiegato svolge e ogni altra circostanza, sulla permanenza. del medesimo nel servizio. 5. L'accertata tesi stata del resto da tempo affermata dal Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che per farsi luogo a decadenza, a seguito della produzione di documenti falsi (la ipotesi del documento viziato da invaliditˆ non sanabile deve ritenersi affine alla ipotesi della falsitˆ del documento, essendo entrambe previste dal citato art. 127, lettera d) ed ugualmente ásanzionabili), siaá necessario accertare che color˜ .che hanno pr˜dotto il documento fossero consapevoli della detta fa!~ sitˆ, argomentando (parere Commissione speciale per questioni relative al rapporto di pubblico impiego 22 giugno 1981 n. 183) che la norma (art. 127 citato) ha chiare funzioni sanzionatorie. In mancanza di questo profilo soggettivo, dalla falsitˆ o dalla nulá litˆ del titolo iná base al quale stato costituito il rapporto di pubblico impiego, consegue solo che detto rapporto risulta posto in essere in carenza di un requisito richiesto per la sua costituzione; onde l'atto di nomina illegittimo, quindi áannullabile ex officio allorchŽ sQssistano i presupposti per l'esercizio del potere discrezionale di autotutela. In applicazfone delle accennate argomentazioni, 1a VI Sezione (21 novembre 1988, n. 1251), decidendo una vertenza simile a quella in esame, ha valutato che da parte della Amministrazione si doveva far luogo, prima della irrogazione della decadenza, a riconsiderare i fatti, al fine di accertare se l'interessato avesse consapevolezza della invaliditˆ del documento prodotto; 6. La Adunanza Plenaria ritiene di condividere questo orientamento,. per le considerazioni sopra. delineate. áConseguentemente stima che l'Amministrazione debba riconsiderare i fatti con specifico riguardo all'aspetto soggettivo. In questa fase, sarˆ titolare della pi ampia latitudine di indagini e di valutazione onde pervenire, coerentemente con le acquisite risultanze, alla conclusione se la concorrente .all'impiego sia stata -o meno -consapevole della invaliditˆ insanabile del titolo di studio esibito. In caso affermativo, ricorrono i presupposti per far luogo alla decadenza, ai sensi del citato art. 127 lett. d). In caso negativo, l'Amministrazione potrˆ valutare; in sede di autotutela, se esista un interesse pubblico concreto ed attuale ad annullare PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA d'ufficio l'assunzione illegittima, tenuto conto, fra l'altro, della rilevanza del titolo in relaz.ione alle mansioni da svolgere, della qualitˆ del servizio prestato, del tempo trascorso, ecc. La conclusione della prima fase cognitiva e valutativa non potrˆ essere adottata a seguito di un procedimento disciplinare, non ipotizzabile perchŽ la produzione del titolo di studio fu anteriore alla costituzione del rapporto di impiego e non concretizza la violazione dei doveri d'ufficio. Potrˆ comunque essere sentita la dipendente per eventuali ulteriori precisazioni. La seconda fase, eventuale, dell'autotutela, dovrˆ, come detto, tener conto dei vari interessi in gioco, pubblici e privati, dei quali si imporrˆ la valutazione comparativa. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 maggio 1991, n. 4934 -Pres. Granata Est. Vignale -P. M. Nicita {conf.) -Soc. Montevideo (avv. Gatti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Notificazioni e comunicazioni Impossibilitˆ di consegna dell'atto nel luogo indicato nel ricorso o in un atto successivo -Notifica presso la segreteria -~ valida. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 15, 32 e 32 bis). Ove dalla relazione di notificazione sia attestato che nel luogo indicato nel ricorso (o in un atto successivo che dichiara la intervenuta variazione) la consegna della copia stata impossibile perchŽ il destinatario risultato sloggiato, la notificazione deve essere eseguita presso la segreteria della Commissione senza altri tentativi di notifica a mani proprie; nŽ vale ad inficiare quanto attestato dall'ufficiale notificatore, un certificato anagrafico da cui risulti che la residenza formale ancora attuale nel luogo indicato in ricorso '(1). (1-3) Due pronunzie, da condividere pienamente, che realisticamente applicano i meccanismi prevdsti nelle norme senza pretendere adempimenti impossibili; altre volte si affermata la necessitˆ di compiere indagini o ricerche che rendono ardua la tempestiva effettuazione della notificazione (fra le altre v. Cass. 15 marzo 1989 n. 1296, in questa Rassegna 1990, I, 132 con richiami). La prima massima si attiene alla regola (che fa capo all'art. 170 c.p.c.) che nel corso del processo la notifica si esegue (oltre che presso il procuratore) nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto che si presume sempre effettivo fino a quando non sia presentata dichiarazione di variazione, cosicchŽ in caso di assenza di persone in detto luogo (irreperibilitˆ in senso temporaneo) pu˜ direttamente procedersi ex art. 140 c.p.c. Nella stessa linea la terza massima che peraltro giustifica dn diverso modo l'omissione di ricerche anagrafiche e di altre informazioni; a questo riguardo si pu˜ precisare che quanto prescritto dall'art. 148 c.p.c. riferibile alla notifica della citazione o di altri atti introduttivi, ma non pu˜ essere preteso per gli atti che si notificano nel corso del procedimento per i quali il luogo nel quale la notifica va eseguita deve essere predeterminato con la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio. Ci˜ vale sia per il procedimento amministrativo (art. 60 d,P.R. n. 600/1973) sia per il processo (artt. 15, 32 e 32 bis d.P.R. n. 636/1972). La seconda massima corregge l'affermazione di Cass. 26 febbraio 1990, n. 1434, in questa Rassegna, 1990, I, 332, che aveva ritenuto nulla la notifica eseguita nelle mani di persona convivente senza che risultasse espressamente II PARTI! I, SEZ. V, GI'QRISPRUDBNZA TRIBUTARIA 329 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1991, n. 7650 -Pres. Corda Est. Senofonte -P. M. {diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi) c. La Gaipa (avv. Latino). Tributl. in genere -Accertal1lento -Notificazione -Luogo della consegna non indicato nella realtˆ -Si presume quello indicato nell'atto. Tributi in genere -Accertamento ¥ Notificazione ¥ Impossibilitˆ di consegnare la copia nel luogo indicato nella dichiarazione ¥ Notifica a norma dell'art. 140 c.p.c¥¥ Legittimtiˆ ¥ Ricerche anagrafiche ¥ Non necessitˆ. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60; c.p.c. artt. 139, 140 e 148). In mancanza di annotazioni difformi, deve presumersi che la consegna della copia dell'atto notificato sia stata effettuata nel luogo indicato nello stesso atto, s“ che l'omessa indicazione del luogo nella relazione di notifica una imperfezione soltanto formale non influente sulla validitˆ della notifica {2). Ove nel luogo indicato nella dichiarazione e non successivamente variato, non risulti possibile consegnare la copia alle persone abilitate a riceverla, legittimamente si procede a norma dell'art. 140 c.p.c. senza ulteriori ricerche del destinatario (3). I La ricorrente denuncia la violazione del 2<> comma dell'art. 327 cod. proc. civ. Osserva a tal fine che il principio della decadenza dall'impugnazione dopo il decorso di un anno dalla . pubblicazione della decisione nella relata che la consegna era avvenuta presso l'abitazione del destinatario indicata nell'atto di accertamento. Questa pronuncia offre l'occasione per riconfermare la considerazione che si faceva nella nota all'ultima sentenza citata. Discutendo della sanatoria dei vizi della notificazione ex art. 21 d.P.R. 636/1972 si esponeva che la sanatoria, dngiustamente criticata come un privilegio dell'Amministrazione, giova anche al destinatario dell'accertamento; quando viene eccepita la nullitˆ del molo perchŽ non preceduto da (regolare) notifica dell'accertamento la rinnovazione della notifica ex art. 21 se da un lato sana la notifica dell'accertamento supposta nulla, dall'altro rimette il contribuente in termini per impugnare l'accertamento. Diversamente le parti devono affrontare il rischio della decisione sulla validitˆ della notifica. :E;: quello che accaduto nel caso dii specie: il contribuente ha proposto ricorso contro il ruolo deducendo che non era stato preceduto da valido accertamento, ma la S. C., ritenendo valida la notifica, ha troncato il processo cassando senza rinvio. Se fosse stato applicato l'art. 21 si sarebbe andati alla decisione di merito evlitando, ad ambedue le parti, il rischio di una decisione di rito dall'esito sempre incerto. CARLO BAFILE 33˜ ' ' RASSEGNA "i>fili.'AvVñCËTURA Dii.o STATO subisce una deroga per i casi in cui la parte non abbia avuto conoscenza del. processo per nullitˆ della citazione o della notificazione degli atti successivi. Il che si era verificato n.ella fattispecie, in quanto il legale rappresentante della societˆ Montevideo, pur avendo conservato la resi denza nel luogo indicato nell'atto di appello, non aveva ricevuto la comunicazione nŽ della data fissata per la discussione del ricorso, nŽ del deposito dŽlia successiva decisione, in violazione delle norme sul contenzioso tributario. La censura . infondata. Correttamente, invero, il ricorso della soc. Montevideo alla Commissione tributaria centrale stato dichiarato inammissibile per decadenza dall'impugnazione, anche se la causa di tale inammissibilitˆ va rinvenuta nell'applicazione non giˆ dell'art. 327 cod. proc. civ., ma dell'art. 25 d.P.R. n. 636 del 1972, ossia nella decadenza per inosservanza del termine breve d'impugnazione previsto da tale ultima norma. Come emerge dalla decisione impugnata, la segreteria della commissione di secondo grado dispose la comunicazione del dispositivo della decisione al legale rappresentante della societˆ ricorrente presso la segreteria della Commissione. Ci˜ avvenne in ¥quanto un tentativo di coinunicazione eseguito nel luogo indicato nell'atto di appello si rivel˜ infruttuoso, emergendo dalla relata di notifica che il destinatario risultava sloggiato per ignota destinazione. Ebbene, nel procedimento tributario, allorquando la comunicazione del dispositivo si rende impossibile perchŽ il contribuente pi non risiede nel luogo indicato nel ricorso o in un atto successivo, le comunicazioni, a norma degliá artt. 15 e 32 del d.P~R. n. 636 del 1972, sia nella loro formulazione originaria che in quella conseguente alla modifica di cui d.P.R. n. 739 del 1981 che ha introdotto l'art. 32 bis, si eseguono appunto presso la segreteria della Commissione, senza possibilitˆ di applicazione degli artt. 142, 143 e 146 cod. proc. civ. Ininfluente appare, pertanto, la circostanza (risultante dalla motivazione della sentenza impugnata) che dal certificato anagrafico prodotto dalla ricorrente innanzi alla Commissione tributaria centrale, il legale rappresentante della societˆ Montevideo risultasse ancora residente nel luogo indicato nell'atto di appello. Invero, la relata di notifica, provenendo da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, costituisce un atto pubblico, tal che, per un verso, le attestazioni in essa contenute circa le attivitˆ direttamente svolte dal notificatore (la vana ricerca del destinatario con i relativi risultati) e le dichiarazioni ricevute, fanno fede fino a querela di falso e, per altro verso, la certificazione anagrafica non costituisce prova della permanenza del soggetto nella residenza da essa risultante. Ma, per la particolare normativa del procedimento tributario innanzi illustrata, la notifica o la comunicazione che non sia stato possibile eseguire nel luogo indicato nel ricorso o in un 33i ˆtto.. successivo;á.deve ;essere effettuata, . se:riiˆ . altri tentativi di esecuzione a mani proprie; fjress> ála segreteria dellaá CommissiOne tributaria. Conseguentemente, essendo stata la comuniCaziOii:e del .á.dispositivo della decisione cottettamenteeseguita,á1a ¥rieorrentŽ avrebbedowto impti@ a~e la .pronuncia della CoA'tmissi~ne dj H itrado á n~táá termine di cui al1iartŽ25 Ci.P'.R; riv636 áá del .á.197!.!, dŽBorso il>quale rirnpugnaz“orie succes'sJv~: iUenteáá¥propo$fa¥á¥cteveáᥠrltenrsi stato notificato l'avviso di accerta'ment˜; ha proposto ricorso a1Ia Commissione Tributaria di primo grado di Agrigento; che lo ha accolto< co11pronuncia confermata dalla Commissione ¥di Appel1-01 avendo ritenuto nulla la notificazione dell'avviso perchŽ eseguita ai nla deci.sione del¥ 26 settembre 1985;¥ quiáááimpugnata, fa áCommissione T-ributariˆ Centrale ha rigettato il ricorso dell'Ufficio;. ribadendo la nullitˆ della notificazione dell'avviso¥ di accertamento áper omessa¥ indicazione, nella Ç.relata È delComune di residenza e dell'indirizzo del contribuentŽi risliltanti dalla. dichiarazione anriuale eá. perá omessa.¥ menzione delle >riŽerche anche anagrafiche e delle Çnotiiie raccolte stilla reperibilitˆ. del destinatarioÈ, comeáprescritto¥¥dal secondo commaá dell'art; 148 cod.;.. proc. civ.á. á Ricorre l'Amministrazione Finanziaria dello Stato con motivo unico, resistito, con confroricorso, dal contribuente. Motivi..della.á decisione Denunciando violazione degli a.rtt. 140 e 148 c.p.c., anhe con riguardo agli artt. 58 e 60 d.P.R. 600/1973, in relazione all'art. 360, n. 3, c;p~c., l'Amministrazione ricorrente critica la¥ decisione impugnata per non aver considerato: a) che, essendo il luog0 della notificazione compiutamente indicato nell'atto notificando, nello stesso luogo, pur se non ripetuto nella ÇrelataÈ, deve ritenersi che il messo notificatore si sia recato per la consegna della copia; b) che la notificazione eseguita con le modalitˆ di cui all'art. 140 c.p.c. pienamente legittima ove risulti che il notifi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 332 catore abbia vanamente ricercato, come nel caso di specie, oltre al destinatario, i possibili consegnatari previsti dall'art. 139 c.p.c. Il ricorso fondato. Relativamente alla censura sub Ç a È, sufficiente osservare che la relazione di notifica si riferisce all'atto notificato cos“ come strutturato, s“ che, in assenza di annotazioni difformi, deve presumersi che la notificazione sia stata effettuata nel luogo in esso indicato, attesa la normale aderenza della medesima alle indicazioni contenute nell'atto che ne costituisce l'oggetto, con la conseguenza che, in tal caso, l'omessa menzione del luogo nella Ç relata È, ancorchŽ prescritta dal comma secondo dell'art. 148 c.p.c., si risolve in una mera irregolaritˆ formale non influente sulla validitˆ della notifica (v. tra le decisioni pi recenti di questa Corte, sent. 3836/1984, ord. 737/1986, nonchŽ, in generale, sulla presunzione di corrispondenza della notificazione al contenuto dall'atto notificato: ord. 391/1989, sent. 812/1986 e 3371/1982, relative alla persona del richiedente, 2252/1987, riguardo al legale rappresentante della societˆ destinataria). Quanto alla residua censura, deve premettersi che, in forza del rinvio operato dall'art. 60 cit. alle norme stabilite dagli artt. 137 ss. del codice di rito, queste ultime, si applicano, in via di massima, anche alla notificazione degli avvisi di accertamento, con alcune varianti che qui non interessano, essendo pacifico che l'avviso stato notificato nel domicilio in esso indicato e risultante dalla dichiarazione annuale {Agrigento, Via Cavaleri Magazzeni n. 4 ¥ San Leone) nŽ successivamente mutato, ma dove il contribuente non fu trovato dal messo notificatore, con la .conseguenza che questi, nell'attestata impossibilitˆ di consegnare la copia dell'atto ad altre persone legittimate {ex art. 139 c.p.c.) a riceverla, provvide alla notificazione con le modalitˆ previste dall'art. 140 cod. proc. civ., senza ulteriori ricerche..Per le quali -devesi sottolineare -non vi era spazio (tolto anche che per la omessa indicazione delle ricerche, ancorchŽ prescritta dall'art. 148 c.p.c., il successivo art. 160 non commina nullitˆ alcuna), dato che, non essendo mutato il domicilio del destinatario (da lui ribadito, del resto, nel corso del giudizio di primo grado) ed essendo egli dallo stesso solo temporaneamente assente (Ç irreperibile, in questo senso) al momento della notificazione, non si vede quali altre ricerche il messo avrebbe dovuto {o potuto) eseguire, oltre a quelle concernenti le persone indicate nell'art. 139 citato, prima di attivare il procedimento notificatorio disegnato al successivo art. 140, la cui esperibilitˆ unicamente alla infruttuosa ricerca (o alla incapacitˆ o al rifiuto) di queste ultime testualmente condizionata. La decisione impugnata deve essere, per tanto, cassata senza rinvio ai sensi dell'art. 382, terzo comma, c.p.c., in relazione all'art. 16 comma terzo, d.P.R. 636/1972, con la condanna del resistente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. (omissis) II I I I ~ PARTB I, ¥SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 333 CORTE DlL CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1991, n. 4989 -Pres. Maltese Est. De Musis ¥ P. M~ Martone (diff.) -Jevtic (avv. Colesanti) c. Ministero ¥delle!>Finanze (avv. Stato Favara). T@'tf;ti ir:t gerierŽ' ¥'Accertamento -Poteri istruttori -Segreto bancario ¥ áá tJ.t¥l(#itj()~e a tinf tributari di documentazione bancaria acquisita leg!~ttmarn~te ad altt(). fine ¥ Attivitˆ bancarie diverse da quella isti t~l);l:lj:Jle di xaccQlta del risparmio e esercizio del credito ¥ Non sono ctj};)f#t ~. se~eto bancario. Wá~;R. :ZShottol:lre 1~72; n. 633, art. 51; d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, art. 4). ... . ..á.á: .á... .. fq 4.oc'umer#4z“o.ne b aequisita (anche se ad altri fini), aveva perso il connotato della segretezza, inŽorsa in violazione e falsa applicazione degli artt. 1 del r,cl.l, J7 lugli<;> 19.$1. n..1400, .:51 n. 5,. 55 e 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n~ 633 e 5 del 4~1., 4 marzo 197~n.. 31; nonchŽ ir:t vizi.o di motivazione, poichŽ il diyiet<:> di rii;;:hiecl,ere, a fini tJ:ib.t~i, .docJltllentazione bancaria, si estená cif!va 1:1,~c;lte !i!:llli!: utjUzzazione di que~ta, l;Jcql,lisita ad altri fini, con consegl, lente illegittimitˆ degli atti che su tale g()cumentazione si fondavano e di tutti quelli.ad.. essi successivi. La censura infondata . .á Il.problelllfl:<;pn~~ste 11e11cumentazione irrilevante (affine di cl,li si discute) in qu~fo esprhne solamente l'insussistenza di preclusioni processuali penali aquella Utilizzazione, ci˜ che (1) Decisione di evidente ¥interesse priva. dii precedenti in termini. Indipendentemente dai procedimenti previsti per ¥il superamento del segreto bancario (artt. 51 e 51 bis del d.P.R. n. 633/1972; art. 35 d,P.R. n. 600/1973), possono essere utilizzati documenti. legittimamente acquisiti ad altro . fine e . sono legittimamente ˆquisiti i documenti attinenti ad operazioni estranee all'attivitˆ istitUzionale delle banche. 14 334 RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO . I occorre stabilire se sia vietata, al fine fiscale in esame, la acquisizione cli I ~l documentazione bancaria attestante operazioni di cambio di valute: nessuna preclusione, difatti, osterebbe alla utilizzazione di documentazione acquisita (legittimamente) ad altri fini, e quindi indirettamente, se tale ~ documentazione avrebbe potuto essere acquisita direttamente. :á Il divieto cli richiedere e quindi di utilizzare documentazione bancaria comunque acquisita individuato dalla ricorrente: a) nell'art. 10 del r.d.l. 17 luglio 1937 n. 1400, secondo il quale Çtutte le notizie e le informazioni o i dati riguardanti le aziende di credito sottoposte al controllo dell'ispettorato sono tutelati dal segreto di ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioniÈ; b) nell'art. 51 n. 5 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, il quale, nella stesura -vigente al momento dell'acquisizione -anteriore alla modificazione apportata con il d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, disponeva che Çla richiesta di comunicazione cli dati e notizie ... non si applica... alle aziende e istituti di credito, per quanto attiene ai loro rapporti con i clienti...È. Nessuna delle riportate norme contiene l'invocato divieto. Non la prima, in quanto essa ha come uniche destinatarie dell'obbligo del segreto le aziende bancarie. D'altronde su di essa, in quanto norma generale, prevarrebbe la disposizione tributaria, in quanto norma speciale. Non la seconda, poichŽ il segreto dalla stessa tutelato si riferisce alla attivitˆ bancaria istituzionale, e non all'attivitˆ che le banche svolgono per delega di altri enti, ai quali istituzionalmente quell'attivitˆ demandata. E l'attivitˆ di cambio di valuta, che rientra tra gli scopi dell'ufficio italiano dei cambi (D. Lgs. 17 maggio 1945 n. 331: art. 2) da questo svolta a mezzo della Banca d'Italia e dalle banche da questa autorizzate a fungere da sue agenzie (d.m. 25 febbraio 1946: art. 2). La esclusione dell'attivitiˆ di cambio dalla attivitˆ tipica delle banche confermata dalla disciplina (successiva a quella tributaria in esame) in trodotta dal d.P.R. 31 marzo 1988 n. 148, secondo la quale l'Ufficio italiano dei cambi e la Banca d'Italia sono istituzionalmente abilitati a operare in cambi e la Banca d'Italia Çpu˜ È abilitare le aziende di credito e gli istituti cli credito speciale a compiere operazioni in cambi {art. 4). Nel senso della limitazione del segreto all'attivitˆ istituzionale delle aziende di credito giˆ depone la modifica dell'art. 51 n. 5 in esame, appor tata dall'art. 4 del d.P .. 15 luglio 1982 n. 463, la quale, in quanto non immu tata nŽ formalmente nŽ sostanzialmente la precedente formulazione, ma si limita a specificarne la. portata concreta, -aggiunge al periodo Çper quan to attiene ai loro rapporti con i clienti È la frase Ç inerenti o connessi alla attivitˆ di raccolta del risparmio e all'esercizio del credito effettuati ai sensi della legge 7 marzo 1938 n. 141 È -appare come avente funzione meramente esplicativa pi che innovativa. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRlBUTARIA 335 La limitazione, comunque, si evince, oltre che da un rilievo di ordme logico -il segreto bancario servirebbe, certamente al di lˆ delle intenzioni del legislatore, a sottrarre al tributo operazioni economiche di qualunque specie, che si riuscisse ad effettuare tramite banca, e la cui documentazione fosse l'unico elemento di prova delle stesse -dal fatto che l'Ufficio italiano cambi istituto di diritto pubblico {art. 1 del D. Lgs. Lgt. 17 maggio 1945 n. 331; art. 1 del d.m. 25 febbraio 1946) e pertanto, come Ç ogni altra pubblica amministrazione È obbligato, ai sensi dell'art. 51 n. 5 in esame, alla comunicazione di dati e notizie, ove l'ufficio IV A gliene faccia richiesta. Ora tale obbligo, espressamente previsto, non potrebbe rimanere eluso allorchŽ le operazioni demandate all'Ufficio italiano cambi fossero svolte dalla banca, dal momento che l'adempimento dell'obbligo stesso, ove fosse richiesto direttamente al detto ufficio, non potrebbe essere da questi evitato adducendo che l'attivitˆ istituzionalmente demandatagli esso ha in concreto svolto tramite banca. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1991, n. 4994 -Pres. Scanzano Est. Lipari -P. M. Scala (conf.). -Soc. GEA c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salimei). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Interpretazione degli atti Art. 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 -Criteri. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 19). Nel determinare l'intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione, a norma dell'art. 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, consentito, al di lˆ del rispetto di una piatta letteralitˆ, il collegamento fra pi patti negoziali che siano espressione di un disegno unitario e il ricorso a elementi estrinseci all'atto che ne costituiscono il presupposto in modo da individuare l'effetto oggettivo prodotto ancorchŽ non voluto dai contraenti. Conseguentemente ove in occasione della trasformazine di una societˆ con atto formalmente ricognitivo venga dichiarato come appartenente al patrimonio della societˆ da trasformare un bene che si afferma, contro il vero, precedentemente acquistato i(il bene era stato invece acquistato personalmente dai soci), legittimamente si attribuisce all'atto effetto traslativo di conferimento nella societˆ (1). (1) La sentenza, r.iallacciandosi ad antica tradizione (per la corrispondenza tra l'art. 19 del d.P.R. n. 634/1972 e l'art. 8 della legge del 1923, v. Cass. 16 aprile 1983 n. 2633, in questa Rassegna, 1983, I, 747), approfondisce il problema, soprat 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) 1. In occasione della trasformazione di societˆ in nome collettivo in accomandita semplice i due soci hanno dichiarato che nell'attivo sociale era compreso il complesso alberghiero denominato ÇGrand Hotel di Rimini È t(precisando che tale complesso era pervenuto alla societˆ con precedente rogito). Ma poichŽ non vi era stata spendita del nome sociale risultando acquistato il bene a favore dei compratori uti singuli, l'Ufficio del Registro, ha ritenuto di dovere assoggettare ad imposta definita Ç complementare È il conferimento di beni in societˆ che si era effettivamente venuto a verificare a seguito di quello che solo apparentemente risultava essere un atto ricognitivo. Il nucleo decisionale sta tutto nell'alternativa fra queste due possibili qualificazioni avendo i giudici tributari di primo e secondo grado e la Corte d'Appello uniformemente optato per il carattere traslativo dell'atto, attesa la discrasia sia fra l'acquisto, effettuato da soggetti che non dichiaravano di agire nella qualitˆ di soci, ma in proprio ed il successivo passaggio del bene stesso alla societˆ, alla cui trasformazione, come tale priva di valenza traslativa, si accompagnava sostanzialmente un trasferimento di beni, che precedentemente facevano parte del patrimonio personale dei conferenti in parti uguali, e non della societˆ che si veniva a trasformare; impostazione questa presupponente la inesattezza dell'inquadramento della pretesa tributaria come imposta complementare ed il correlativo operare dei principi sulla imposta suppletiva {essendosi sul punto acquietata la finanza alla decisione negativa delle Commissioni di primo e secondo grado). 2. Questa essendo la materia del contendere, il fondamento normativo della soluzione va attinto alla norma dell'art. 19 della legge di registro del 1972 sotto la cui disciplina ricade l'atto considerato ratione temporis che ribadisce, con formulazione pi incisiva, un principio che inerisce alla funzione tipica del tributo. Costituisce al riguardo ius receptum che l'atto deve essere tassato in base alla sua intrinseca natura ed agli effetti (ancorchŽ non corrispondenti al titolo ed alla forma apparente) da individuare attraverso l'interpretazione dei patti negoziali, secondo le regole generali di ermeneutica, con esclusione degli elementi desumibili aliunde. In tale indagine non precluso il ricorso al dato letterale, ove esso non risulti in contrasto con la sostanza del negozio, e neppure il collegamento fra pi patti negoziali, ove siano espressione di un disegno unitario tutto sul punto del negozio collegato; al riguardo v. Cass. 9 maggio 1979 n. 2658, ivi, 1979, I, 757 e 16 ottobre 1980, I, 5563, ivi, 1981, I, 567. Altra sentenza 19 luglio 1991 n. 8034, di cui si omette la pubblicazione, pervenuta ad analoga conclusione sulla base della differenza tra valore dei conferimenti e valore della situazione patrimoniale al momento della trasformazione, che evidenzia un aumento di capitale. PARTE I, .SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA tale da evidenziare la effettiva portata dell'atto da tassare (Cass. 75-87; 2239-83; 221-81), L'indagine deve riguardare unicamente il contenuto dell'atto quale risulta essere nella sua realtˆ effettuale e non. solo verbale, mentre la ricerca, tarscendente il.á titolo . e . la forma apparenti giustificata solo in quanto sia configurabile un .contrasto tra il documento ed il negozio voluta dalle parti; Pt()prio perchŽ occorre avere riguardo all'intrinseca natura ed agli effetti dell'atto tassato, anche se non vi corrispondono il titolo e la forma apparente; vengono in considerazione ai fini impositivi.á non solo gli effetti voluti dalle parti ma anche quelli che, ancorchŽ non voluti, il negozio oggettivamente idoneo a produrre in forza della fattispecie normativa in cui si inquadra, sicchŽ, sotto questo profilo, l'interpretazione pu˜ condurre a risultati pi ampi di quelli raggiungibili con una interpretazione del negozio incentrata esclusivamente sull'intenzione delle parti (Cass; 2658/79; 2437/75). In effetti le clausole non vanno interpretate nella loro piatta letteralitˆ, . ma devono essere valutate cogliendone la effettiva potenzialitˆ, per ricercare il concreto intento perseguito ed attuato áádalle parti, indipendentemente dal nomen iuris prescelto; essendo consentito prendere in considerazione anche il ollegamento fra pi patti, negoziali, quale espressione d“ un disegno unitario; s“ da evidenziare l'effettiva portata dell'atto da tassare <(Cass. 5563/80, 5693/78, 2437/75). E la relativa indagine sull'intrinseca natura e gli effetti giuridici di un atto, pur dovendosi fondare principalmente sul documento presentato per la registrazione, pu˜ avvalersi di elementi estrinseci all'atto medesimo, ma che ne costituiscano il presupposto, o comunque siano ad esso connessi (Cass. 2658/75; 1715/78; 1737/76). 3; Alla stregua dei richiamati principi giuridici le tesi dei ricorrenti appaiono prive di fondamento giuridico laddove pretendono che la Corte d'Appello abbia erroneamente riconosciuto efficacia traslativa ad una dichiarazione meramente ricognitiva, senza considerare che l'Ufficio del Registroá pervenuto, per sua esplicita aniinissione, alla tassazione Ç complementare È utilizzando elementi estraneiá all'atto sottoposto a regi~ strazione. é fuori dubbio che l'atto, nella letteralitˆ delle sue proposizioni, intende essere ricognitivo della consistenza patrimoniale della societˆ che si voleva trasformare, specificando . che il Ç Grand Hotel È di Rimini faceva parte del patrimonio della societˆ . trasformata, sicchŽ al riguardo non poteva verificarsi alcun passaggio di beni sostanziali modificandosi soltanto la qualitˆ societaria del centro di imputazione dei beni medesimi. - 338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma la portata tipica dell'art. 19 della legge di registro quella di consentire all'ufficio di squarciare il velo verbale delle clausole per metá terne a nudo la reale portata ed efficacia. Era quindi doveroso per l'ufficio verificare il fondamento del titolo di appartenenza alla societˆ in nome collettivo che intendeva trasforá marsi in societˆ in accomandita sempice, rappresentando al riguardo un fondamentale elemento di indagine, scevro da ogni indebita extratestuaá litˆ, la circostanza che si era richiamato l'atto dal quale sarebbe derivata l'attribuzione del diritto alla societˆ in trasformazione. Sotto questo profilo ogni discorso che miri a sottolineare il principio secondo cui il contenuto e la natura dell'atto da registrare debbono ricavarsi esclusivamente dalle clausole di esso e senza possibilitˆ di modificarne od integrarne i risultati in base ad elementi desunti, aliunde sarebbe manifestamente un fuor d'opera, perchŽ l'ufficio del registro si trovava di fronte ad un atto enunciato, del quale si sarebbe dovuto attivare senz'altro a verificare il contenuto: sia per controllarne la regolaritˆ fiscale; sia per stabilire la corrispondenza di quanto enunciato ai fini del regime di tassazione dell'atto enunciante alla stregua del principio Çsi vera sunt exposita È; giacchŽ soltanto se fosse risultato un acquisto in capo alla societˆ in nome collettivo la trasformazione della societˆ, inclusiva di quel bene, si sarebbe potuta verificare senza oneri di imposte proporzionali di trasferimento, mentre il richiamo a quell'atto, fatto con l'espresso fine di giovarsene agli effetti della trascrizione e volturazione catastale, avrebbe dovuto mettere sull'avviso per gli opá portuni riscontri. Non par dubbio al Collegio che, trattandosi di fare riferimento ad I ~ un atto enunciato, per la pi corretta qualificazione dell'atto enunciante, l'ufficio nel richiamarsi ad esso, si uniformato alla giurisprudenza, anche pi restrittiva, che inibisce di far ricorso ad elementi estrinseci all'atto da tassare, ma consente di utilizzare tutti gli elementi che nell'atto trovino un loro addentellato, costituendone l'antecedente prossimo, come tale espressamente dichiarato. I Il ricorrente insiste sulla circostanza che nella sua letteralitˆ l'atto in contestazione si presenta come atto meramente ricognitivo. Ma il pro blema che l'art. 19 della legge di registro, pone e risolve sta appunto nella possibilitˆ di prescindere dalla lettera del negozio per coglierne l'intrinseca portata, apparendo poi come una manifesta forzatura il rilie vo che la volontˆ ricognitiva non pu˜ essere identificata e sostituita da quella traslativa. Non avendo acquistato nel precedente rogito le parti in quanto soci, non essendovi stata spendita del nome sociale, il bene non pu˜ conside rarsi appartenente al patrimonio della societˆ ed i soci per farlo pas sare alla societˆ hanno, in realtˆ, sotto l'apparenza dell'atto ricognitivo che consentiva di eludere il tributo di trasferimento, effettuato ora per PARTE I, SEZ; V,¥ GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 339 allora il conferimento in proprietˆ. Si potrebbe .tutt'al pi ritenere che per l'innanzi il complesso del ÇGran Hotel di Rimini È fosse stato onferito á verbalmente in: mero á Ç godimento È alla . societˆ in nome collettivo; C<>ntUn.que perhŽdláhe quand~anche Un. acá corde> in senso tfasfativo in forma orale vi fosse stato“ nori aveva spiegato á alcun áááeffetto giriridico áper' nullitˆ formale, eá. quindi áálˆ volontˆ consacrata. á nell'atto) anche¥¥ se meramente á riogllitiva;á all'apparertza, di un trasferimento giˆá effettuafof intrinsecamente non poteva operare nel mondo deiá diritto á ome tale, perchŽ il trasferimento, non agganciabile al precedente rogito per mancata spendita del nome socia.le, non aveva alcun ¥adeguatoá supporto ¥formale che gli attribuisse efficaeia e. non poteva perci˜: ¥ essersiáá verificato in precedeW:a, dondeá l'attribuzione áin proprietˆr ex novo con carattereáá traslativo esattamente áritenuta tassabile dal fisco; Se effettivamente l'atto invocato otne titolo avesse comportato il trasferb:nentn il>cafattere meramente riognitivo ásarebbe statoá fuori ausa, ma se il trasferimento alla societˆ non vi era stato ab origine, evidentementetrasformatOá poichŽ ánon antecedenteá alla trasformazfone. Il puntum saliens del ragfonamento della Corte d'Appello sta dunque nella valutazione dell'atto da t;ui si pretendeva fosse scaturito l'acquistci dellaáásocietˆ;¥ sebbene palesemente¥noná¥\Ti ¥fosse¥ásfataspendita del nome sociale. Ma noto che seil soggetto che pretende di acquistare per una societˆ. di persone non spel1M ilnome della s˜ietˆ (o il nome di altrl soci .áquando . si tratti di . socio fil .una .ásocietˆ á41 .¥ fatto)' il negozio concluso spiega effetti soltartto nei confronti di chi abb“a contrattato in propri(); ed allorchŽ il contratto abbia ad oggetto áilá trasfŽrlmento di beni á immobili la contemplatio domini, pur non richiedendo l'uso di formule sacramentali deve risultare ad substantiam dallo. stesso documento contrattuale, restando irríievante fa c6fidscenia. o l'M:fi ¥autonomo . dei professi;onistk ási caratterizza perá la dliostania che . il e˜1'“tribuente ha aditoáᥠdirettamente¥ á 1a Commissione 'trlbuti;tria per chiedere la ripetizioue ádi quanto¥ riteneva non fosse do~ t˜ :fu. quanto la ápretesa impositiva¥ si basava ᥠsuá. norma inconciliabile con i Ptecetti della Costituzione' {non assumerido specifica rilevanza la cil'c;ostafiza r;:he la d()roan(la fosse stati\ presentata al. Giudice tributario antŽri.ob;'rie!lte alla dichiarazione . di.á incostituzionalitˆ¥á contenuta. nella¥. sentenza rk 42 del 1980). n pt,tn,ctum saliens>della ¥ controversia staá appunto in ci˜ che il contribuente t'ta presentato direttamente una domanda al Giudice tributario (cos“ cofrie avrebbe fatto davanti al Giudice civile) anzichŽ impugnare l'atto amministtativo che gli negava il riml)orso. La Corte d'Appello ha affermato.á che un tale modo di¥á procedere non eraá consentito perá 1a fondamentale áá ragione che áil processo tributario, .¥ cos“ come delineato nella riforma del 1972 esclusivamente un processo impugnatorio di atti (contenendo l'art. 16 sin dalla originaria formulazione ed ancora pi perspicuamente dopo la novella del 1981, l'elencazione degli atti impugnabili fra cui viene esprssamente. annoverato¥. pfoptfo. in riferimento al.á sopravvenuto ᥠl:lirittO al. l'imborso, . il c;d. silenzio rifiuto cio ilá provvedimento ipotetiatrierite negativo che. si reputa. venufos“ a formare, risultando come tale sti~cetti.bile dfimpugnaziorie, quando siano trascorsi novanta gioni daUa iiltirriazidne áa provvec1ere fatta all'Amministrazione Finanziaria, senza chŽ essa abbia prov\redtito, (e non dalla “nera presentazione dell'iStariza, .. come sembra desumersi dall'll:npugriata/ sentenza) costituendo tal.e Çsilenzio rifiuto È l'atto contro á il .quale.á l'impugnazione dovrˆ essere presenfafa a pena diá decadenza entro il temiine á consueto dei sessanta giorill ch caratteriZZa in Irianiera uni\ioca l'accesso al contenzioso triá .. ~ . .. ~ buta:rio. áá Nella corretta: impostazione dei Giudici pugliesi il problema che si ponevˆ a . monte era: quello della alll.ni“ssibilitˆ. del . ricorso presentato al Giudice tributario nori giˆ come inipuguaziorie del silenzio rifiuto sulla (1) La decisione riconferma il prmc1p10 della giurisdizione condizionata delle commissioDli, pur precisando che il processo speciale tributario di impuá gnazione. merito, principio che esclude anche la.á proponibilitˆ di .azioni di mero accertamento (Cass; 19 giugno 1990 n. 6174, in questa Rassegna, 1990, I, 511); RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istanza di restituzione del tributo che si affermava non dovuto, ma come ,richiesta Ç diretta ed immediataÈ a quel Giudice di riconoscere il diritto al rimborso, anzichŽ la nullitˆ dell'atto che quel rimborso negava. áIl problema . non nuovo nella giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, come diligentemente rilevato dalla sentenza impugnata, ,ed ha trovato recente puntualizzazione nelle sentenze di questa stessa sezione nn. 3854 e 3320 del 1988 le quali hanno precisato che l'art. 16 terzo coroni.a del d,P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 sulla disciplina del contenzioso tributario, nel testo anteriore a quello introdotto dall'art. 7 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, a norma del quale, in caso di silenzio dell'Amministrazione sull'istanza di rimborso di tributi corrisposti Ç senza pre. ventiva imposizione È, il contribuente, che intenda agire in via giuristlizionale, tenuto a notificare una intimazione a provvedere, mentre il comportamento inerte . dell' Aministrazione medesima assume. il signific~to di. provvedimento negativo, impugnabile davanti alle Commissioni, dopo la scadenza di novanta giorni da detta notificazione, trova applicazione anhe con riguardo alle imposte dirette {nella specie, ILOR), con la conseguenza che, in tale ipotesi, la presentazione di istanza di rimborso all'intendente di finanza, secondo la previsione. dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ed il decorso di novanta giorni da detta istanza senza che sia intervenuto alcun provvedimento, non determinano l'inizio del decorso del termine per . ricorrere alle Commissioni Tributarie, il quale segnato solo dal provvedimento di rigetto della istanza stessa, o in difetto, dalla scadenza di novanta giorni dall'intimazione a provvedere. 2. Alla stregua del richiamato principio che il Collegio ritiene di avallare si esaurisce il proprium della corretta decisione dei Giudici di secondo grado malamente impugnata attraverso una sovrapposizione del profilo procedimentale e di quello di merito, giacchŽ, contrariamente a quel che sembra supporre il ricorrente, la domanda indirizzata alla Commi. ssione non stata dichiarata inammissibile invocando la insensibilitˆ dei rapporti tributari alla sopravvenuta sentenza di incostituzionalitˆ della .Corte Cost. per inerzia del contribuente, nell'azionare tempestivamente la pretesa al rimborso entro determinati termini, ma per la preliminare ed assorbente ragione che l'azione. non stata preceduta dall'istanza di rimborso, la cui presentazione costituiva la condicio sine qua non per ott.enere la formazione espressa (o implicita nelle forme del Çsilenzio rigettoÈ) dell'atto impugnabile davanti alle Commissioni Tributarie. A norme dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/72 il ricorso alla Commissione Tributaria dato solo avverso gli atti impositivi indicati nel primo comma ed avverso il rifiuto o silenzio di cui si parla nel terzo comma che -Ç si considerano imposizione È. La norma non riguarda come tale la disciplina del rimborso delle somme pagate a titolo di imposta, quanto piuttosto la Ç procedimentalizzazione È della lite tributaria, per ricondurla PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 343 negli schemi logico giuridici della c.d. Ç impugnazione-merito È in quanto, come noto, ed stato ripetutamente messo in luce da questa Corte di Cassazione il giudizio tributario, compreso quello avente ad oggetto la pretesa di rimborso, sempre un giudizio sul rapporto che si instaura attraverso l'impugnazione di un atto impositivo; e l'art. 16 comma terzo d.P.R. n. 636/72 in esame ha appunto la funzione di indicare quale vicenda vada considerata Ç atto impositivo È, idoneo a dare ingresso al processo tributario. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 maggio 1991, n. 5026 -Pres. Scanzano Est. Carbone -P. M. Lo Cascio {conf.) -Arena (avv. Visciani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone). Tributi erariali indiretti ¥ . Imposta di registro -Accessioni ¥ Presunzione di trasferimento -Esclusione ¥ Requisiti. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 23). Per escludere la presunzione dell'art. 23 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (non diversamente da quanto giˆ previsto nell'art. 47 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) necessario, ove il trasferimento non sia espressamente escluso, che da un atto di data certa risulti o che le accessioni sono state anteriormente trasferite a terzi o che sia stato costituito anteriormente in favore dell'alienante un diritto di superficie, non potendo avere rilevanza nŽ la disponibilitˆ del suolo da parte del futuro acquirente, nŽ l'esistenza di un contratto di appalto per la costruzione, anche se di data certa (1). (1) La sentenza, conforme ad una ben solida tradizione, si segnala per l'ampiezza della mo1Jivazione, ricca di citazioni di precedenti. Una precisazione sembra necessaria sull'accenno che si fa alla rinuncia del venditore al diritto di accessione; ci˜ non va inteso nel senso che possa rinunciarsi alla accessione giˆ incorporata al suolo (il che equivarrebbe ad un trasferimento della accessione) ma nel senso che preventivamente debba essere costituito un diritto alla costruzione su suolo altrui che non realizza, anche sul piano civilistico, gli effetti della accessione. Ed infatti la sentenza precisa che il consenso a far costruire sul proprio suolo con rinuncia al diritto d'accessione deve essere contenuto in un atto di data certa anteriore al trasferimento (e che sia stato regiá strato) idoneo ad escludere il trasferimento dell'accessione, atto che viene qualiá ficato come costitutivo di un diritto di superficie. Pertanto la costruzione o resta di proprietˆ dell'alienante (perchŽ espressamente esclusa dal trasferimento) o wˆ di proprietˆ di un terzo (al quale stata anteriormente trasferita separatamente dal suolo) o inevitabilmente trasferita all'acquirente del suolo. Evidente di conseguenza l'irrilevanza della detenzione del suolo da parte del futuro acquirente e dell'esistenza di un contratto di appalto, sia pure registrato, stipulato per la costruzione del fabbricato prima del trasferimento del suolo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLOá STATO <(omissis) Conáá runico motivo delá. proposto riCorso il ricorrente censura l'impugnata decisione per violazione e falsa applicazione dell'art. 23 d,P.R. 26 ottC>bre 1972, n. 634 in relazione all'art. 360, n. 3 c.p,c., nonchŽ omessa motiVazione su un punto deeisivo della controversia, perchŽ pur aven.do riitenui:o che la. costruzione sull'area sia stata realizzata prima dell~aŽquist˜ della stessa; non ha dato. il dovuto rilievo alá. contratt<> ᥥdi appalto/registrato il 27 dicembre 1973, idoneo a vincere la presurtzi˜ne di accessione, quale atto avente data certa in cui i committenti si qualificano comproprietari. Nella specie, inoltre, lo scopo della norma di evitare facili collusioni ed evasioni fiscali ampiamente rispettato in quanto l'obbligazione tributaria. stata .giˆ assolta in ocŽasione della registrazione del contratto di appalto, con il quale. il contribuente ha dimostrato quanto meno di avere la disponibilitˆ dell'area, requisito legalmente sufficiente per vincere la presunzione di cui all'art. 23 del predetto t.u. áL'assurl:to :P.o:i“ fonc;lato, / Ai sensi dell'art. 23 d.P.R 26 ottobre 1972, n. 634, rimasto immutato nella formulazione e divenuto oggi l'art. 24 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nei trasferimenti immobilitari ~< le accessioni È e le Ç pertinenze È (< si prestllon˜ trasferiti ˆli'acq'ilfrente dell'immobileÈ, a meno che non siano stati esclusi espressamente. dalla vendita ovvero si provi, con atto di data certa, che appartengono ad tiri. terzo o siano state cedute all'acquirente da un terz˜. Su posizfoill rion diverse á ariche la precedente norma costituita dall'art. 47 r.d. 30 Žlicembre 1923, n. 3269, che rion poteva non risentire della forri:tulazione civilistica del codice del 1865 facendo cosi riferlmento agli iriimobilfper destinazione e non alle accessioni o alle pertirienze introdotte con l'ordiriamento del 1942. Tanto premesso, ritiene il Collegio che la presunzione di trasferimento delle accessioni o delle pertinenze, come chiaramente indicato nella stessa rubrica della norma, riportata anche nel nuovo d.PR.. 131/1986, scatta quando. ricorrono due elementi, entrambi. presenti nella fattispecie: a) il silenzio . sulla. costruzione o sulla pertinenza nell'atto di vendita del bene principale;. b) l'affermazione dell'ufficio, ánon contestata dal contribuente, che l'incorporazione od il rapporto pertinenziale sia stato realizzato anteriormente a1á .tra,sferln!.ento dell'immobile principa1e cui inerisce .. Sotto il primo profilo infatti non scatta la presunzione quando áaccessioni o pertinenze siano á espressamente escluse ádall'atto di vendita ˜ dall'atto stesso emergono concreti elementi per identificare nell'acquirente l'artefice della costruzione o della destinazione pertinenziale con contestuale rinuncia da parte dell'alienante áal diritto di accessione. Sotto il secondo profilo la presunzione di átrasferimento. dell'accessione non scatta quando il .contribuente dimostri. che la costruzione sia stata realizzata dopo l'acquisto dell'area anche attraverso .l'esibizione di fatture di acquisto dei materiali, ovvero che l'abbia acquisita da un terzo o che appartenga ad altro soggetto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ricorre pertanto nel caso di specie la piena operativitˆ della predetta presunzione che una presunzione, sia pure ai fini fiscali, di trasferimento della proprietˆ del bene accessorio, cio della costruzione, insieme alla vendita dell'immobile principale, cio l'area. Al fine di vincere la predetta presunzione di passaggio della proprietˆ il ricorrente si avvale di una. duplice argomentazione. Da un lato sostiene che per superare la presunzione sufficiente la Ç disponibilitˆ È dell'area, disponibilitˆ comprovata dall'esibito contratto di appalto con il quale il contribuente, ancor prima di acquistare la proprietˆ dell'area giˆ poteva disporne chiamando un appaltatore a realizzarvi delle opere. Dall'altro ritiene che lo scopo della norma solo quello di evitare evasioni fiscali, evasioni che non ricorrono nella specie, avendo il contribuente assolto l'imposta di registro dovuta sulla costruzione al momento della registrazione del contratto di appalto, e quella relativa all'area edificatoria al momento del trasferimento della stessa. Entrambe le argomentazioni non possono essere condivise. Ed infatti, la presunzione da vincere, relativa al trasferimento in proprietˆ anche della costruzione, insieme al suolo alienato, non attien~ al godimento o al possesso del bene principale e neppure alla disponibilitˆ materiale dello stesso, ma al trasferimento in senso proprio o giuridico della proprietˆ della costruzione in uno con il bene principale su cui stata edificata. La dimostrazione, mediante esibizione del contratto di appalto, che il fabbricato sia stato liberamente realizzato sull'area edificatoria, solo successivamente acquistata, non pu˜ costituire idonea prova a vincere la cennata presunzione, perchŽ se anche la documentazione esibita permette di identificare nell'acquirente pro quota uno degli artefici della costruzione, manca la prova del consenso del proprietario del suolo di far costruire sullo stesso con rinuncia al diritto di accessione, cio con rinuncia a divenire proprietario anche della costruzione per il solo fatto di essere proprietario del suolo; consenso e rinuncia che devono essere contenuti in un atto avente data certa, anteriore al trasferimento del suolo per essere idoneo a vincere la suddetta presunzione, ad evitare cio che con la vendita del bene principale sia trasferita e quindi passi la proprietˆ anche del bene accessorio, ossia della costruzione. Quest'interpretazione dell'art. 23 d.P.R. 634/1972, come giˆ dell'art. 47 r.d. 3269/1923, trova piena conferma nell'interpretazione sistematica. L'ordinamento, anche quando ha voluto in ipotesi assai specifiche e peculiari considerare rilevante ed autonoma la costruzione prima della vendita del suolo, l'ha fatto con norme eccezionali di stretta interpretazione che costituiscono un'eccezione ma, anche una conferma della regola generale. Si pensi alla legge 24 gennaio 1962, n. 23, che in espressa deroga all'art. 47 1. 3269/1923 consider˜ idonee a vincere ía predetta pre RËSsEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATo 346 sunzione le delibere della P. A., purchŽ anteriori alla legge, con le quali si autorizzava Ç la vendita di terreni non edificati a: coloro che successivamente hanno stipulato il contratto d'acquisto, consentendo nel frattempo all'edificazioneÈ, normativa ritenuta cos“ eccezionale dalla giurisprudenza che non l'ha applicata alla vendita di un terreno ad un comune che vi aveva edificato prima della stipulazione del contratto {cfr. Cass. 18 dicembre 1964, n. 2902). Con riferimento all'art. 14 della legge 408 del 1949, la giurisprudenza limitatamente alle costruzioni effettuate in base alle legge c.d. Tupini, ha ritenuto potersi derogare alla presunzione di cui all'art. 47 della legge di registro per evitare che l'acquisto dell'area fosse agevolato, mentre quello dell'accessione, che pur costituiva espressione concreta della realizzazione della finalitˆ della legge agevolativa, fosse sottoposto alla normale tassazione. (cfr. Cass. 25 ottobre 1966, numero 2581). NŽ vale richiamare quella giurisprudenza che, pur adoperando il termine Ç disponibilitˆ È come sinonimo di proprietˆ indicando una parte per il tutto -il diritto di disporre l'elemento peculiare del contenuto del diritto di proprietˆ ex art. 832 e.e. -si affretta pur sempre a precisare che la disponibilitˆ della costruzione costituisce la conseguenza per esser stata la costruzione ÇtrasferitaÈ da colui che se ne dichiarava proprietario (Cass. 3557/1971) o pervenuta in base ad apposito Çatto di trasferimentoÈ {Cass. 1057/1974) o, ÇpervenutaÈ all'acquirente come alternativa dell'appartenenza ad altri (Cass. 1946/1972) o comunque, giˆ in proprietˆ dell'acquirente che deve offrire la prova sul punto per vincere la presunzione (Cass. 1811/1977). Anche l'altro profilo non fondato. La predetta presunzione opera a fini fiscali, ma utilizza categorie civilistiche, quali l'accessione e la presunzione di trasferimento del principale con l'accessorio. Come prescrive l'art. 934 e.e. qualunque costruzione fatta sul suolo altrui appartiene al proprietario che l'acquista a titolo originario, salvo che risulti diversamente dalla volontˆ delle parti o dalla legge. é il c.d. principio dell'incorporazione in base al quale omne quod inaedificatur solo cedit. L'accessione, infatti, a norma dell'art. 922 e.e. costituisce un modo d'acquisto a titolo originario della proprietˆ ed il titolo in base al quale la costruzione diventa di proprietˆ del proprietario del suolo. Orbene se non c' una diversa volontˆ di quest'ultimo di non trasferire anche la costruzione, il titolo giuridico dell'acquisto dell'avvenuta costruzione da parte dell'acquirente lo stesso atto di vendita del suolo, tranne che l'acquirente non provi di averla acquistata da un terzo o che sia di proprietˆ di un terzo e non quindi dell'alienante. Ed per ci˜ che l'imposta di registro -che colpisce il trasferimento e l'atto traslativo in tutta la sua potenzialitˆ -deve comprendere anche la costruzione. é appena il caso di aggiungere che l'appalto, od altro contratto con effetti meramente obbligatori, non sortisce effetti traslativi o reali ed inidoneo a trasfe 347 rire alracqfrent la proprietˆ della c˜strutione, indipendentemente dalla vendita dŽl suolo. Trattasi di titoli diversi; con effetti giuridici diversi, regolati anche da aliquote diVerse>L'imposta pagata in relazione al contratto di appalto non riguarda, infatti, il trasferimento del bene ma solo lˆ <:osb't1zi0ne dello stesso ind“pendentemente dallaáei:rtostanza chel'aO. q.“st:#át.:Wngii'a favote det<::bnim“ttente oá del'¥¥tetzo proptietario' del su618; vfui~ostiit: st:!il'atfo ctf 'tiertdita aeli'area edifica1JilŽ pet ei'fŽtto della predetta Ç presunzi6riŽá¥á¥di trasferfrnento È áá 11or1 pu˜ pertanfo concernere soltanto il suolo, quando con il suolo si trasferisce -per effetto della xi2rmatjv~ c;:C14ici!l.,ca áedá¥. a . Prescindere da chi abbia.á .sostenuto l'onere della osti:"JJ,Ziol}e _. ancheá la costruzione realizzata prima della vendita. Anzi propno la vendita del suolo -come si rilevato ~costituisce ad un tempo titolo giuridico.á.. per l'~cquisto sia á del suolo che ádell'accessione, questˆ volti.t per˜ a titolo derivativo -'-'¥á traslativo non originario¥ In de!initiva, la costruzione effettuata su di un suolo altrui anche nella sicurezza ᥠdiá acquistarlo successivamente, comporta che la costrt1zione appartenga immediatamente a chf in quel momento proprietario dell'area non rilevando se l'opera stata realizzata dal terzo direttamente e a mezzo contratto di appalto. Con l'ulteriore conseguenza che il soggetto che aliena un suolo sul qale .un terzo prima della. vendita Jia realizzato delle opere, noná pu˜, nel silenzioá dell'atto non trasferfre insieme all'area anche l'accessione di cui era divenuto ipso jure proprietario per H sol() fatto della C()struzio.e. Su queste l;>()sizioni attestata da ten:J.PO la, giurisp:i;udenza di legittin)jt~ (cfr, da u1timo Cass. 2Lmarzo 1989, n. 141S; 4 agosto 1988, n. 4819) secondo cui nel valore tassabile di un suolo va incluso quello del fabbricato che esiste stil terreno, tranne che s.ssist!l :Qon:i.u1 quaji>iAAi .atto scritto di data certa,.. llla un trasferimento derivativ&traslativo.. {vndita á.dell'accessione) .. o ¥ derivativo-costitutivo ( costituzione di¥undiritto diá sperficie)¥ááin mancanza del¥ quˆle opera il . . . principio dell'accessione e la presunzione dell'art. 23 r.d; 634/1972. Inoltre non giova alfa tesiá del ricorrente i1 fatto che nel contratto di appalto . i committenti si qualifichino Ç comproprietari È dell'area. Siffatta dichiarazione infatti rton pu˜ c9stituite titolo di comproprietˆ, nŽ sortire effetti fr8.$1ativi tali da eVitare l'access“on'e di cui si discende. Quando ~er la '\Taliditˆ di wi determinato negozio . richiesta una data forma ad substantiam che costituisca l'estrinsecazione formale della vo . . . .. lontˆ di trasferire la proprietˆ, tale requisito non pu˜ ritenersi soddiá sfatto ácon ilá richiamo ad un accordo altrimenti concluso (cfr. Cass. 15 novembre 1986, n. 6738), nŽ possibile far scaturire da un'attivitˆ ricognitiva, il trasferimento di un bene (Cass. 29 novembre 1988, n. 6411). Del resto, proprio per realizzare l'effetto traslativo, le parti stipularono la compravendita della cui tassazione si discende. (omissis) 348 AA.SSEGN"-DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 giugno 1991, n. 6496 -Pres. Corda Est. Olla -P. M. Golia (conf.) -Delta Assicurazioni (avv. Cascino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta). Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Rimborsi -Garanzia per la restituzione ¥ Polizza fideiussoria ¥ Clausola di rimborso a richiesta Ç senza eccezione alcuna È -Contratto autonomo di garanzia . Inammissibilitˆ di eccezioni da parte del garante. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 30 e 38 bis). La polizza fideiussoria stipulata per garantire la restituzione di somá me indebitamente rimborsate {art. 38 bis d.P.R. n. 633/1972) recante ordiá nariamente la clausola Ç senza eccezione alcuna '" dˆ luogo ad un coná tratto autonomo di garanzia non collegato al rapporto base di cui non risente la vicenda; tale contratto autonomo, pienamente compatibile con l'ordinamento, preclude al garante di opporre al creditore le eccezioni che pu˜ far valere il garantito ad eccezione soltanto dell'avvenuto adempimento dell'obbligazione di restituzione, salve le successive azioni di rivalsa o di indebito (1). (1) Viene confermata, con analoga motivazione, la statuizione della sent. 24 aprile 1991 n. 4519, in questa Rassegna, 1991, I, 128). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 giugno 1991, n. 7077 -Pres. Vela á Est. Senofonte -P. M. Golia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Arena G.) c. Zamboni {avv. Perrone). Tributi in genere -Norme tributarie -Fonti secondarie á Decreto ministeriale che accerta il mancato funzionamento di uffici tributari ¥ Non ha valore normativo -Conoscenza diretta da parte del giudice ¥ Esclusione -Produzione in giudizio ¥ Necessitˆ. (D.l. 23 giugno 1961, n. 499, artt. le 3; legge 2 dicembre 1975, art. 18; legge 25 ottoá bre 1985, n. 592, art. 1). Il decreto del Ministro delle Finanze che, agli effetti della proroga dei termini, accerta il mancato o irregolare funzionamento di uffici tributari, in quanto atto di semplice ricognizione di una situazione di fatto e privo di discrezionalitˆ e di contenuto innovativo, non ha natura normativa; conseguentemente tale decreto, benchŽ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, non deve essere conosciuto direttamente dal giudice ma deve essere prodotto in giudizio (1). (1) Questione nuova che desta qualche perplessitˆ. Indubbiamente esatta la premessa che il decreto ministeriale meramente ricognitivo e non discrezionale e che l'effetto di proroga prodotto dalla legge non dal decreto. Non 349 áá (omis;sts} L'Amministrazione ricorrente denuncia. violazione dell'art. 18 legge 2 dicembre 1975, n. 576: premesso .che gli 'Uffici finanziari di Roma non. funzionarono...á regolarmente,¥ ¥per sciopero . ádel¥ .. personale; á ... nei giorni 30 gi'l.lgno.. 1983, 8 e... 9 febl:>raio 1984 e ch; á con¥ de.cretk ministeriali. del 7 roaggl!')>e del14 .dicembre 1984; pl.lbblicatif rispettivamente, nella Gazz~ tta Utti˜ig,te deLJ9 maggio 1984ce .del 7 gennaio 198.51 stato ¥riconos. ciuto Jl:' modincazi<.>ni; nella l; 2lgiugno 196l.n .. 770). e dell'art.18 L 576/197:5, iLtennine .di. deadenza Previsto per le áimpugnazioni deve affaft<:> '"" prosegue da riccirrente > che tali .deqt:teth non simo stati prodotti dall'uffici~>, nella pregressa fase. contenziosa; dˆto .che essi, ancorchŽ atti amministrativi, ~ attuano una< sorta .. 41 normazione deri¥ vli\;ta,, stante iLJ:invio della legge n. 770/1961, laddove. (art .. 1} fa espresso riferimento al d;m .. á che .. deteritdna Jl..periodo;. di mancato.á. o irregolare fW:lzionamei::ito deU'ufficio finim.ziario (art. ¥ 3) È.. áá .. Ilricorso .. ""."". ammissibile;; perchŽ la dedotta á nullitˆ della notificazione stata .sanata dalla costituzione: deLdestinatario --non fondato. Deve premettersi cheral contrario di quanto il :resistente dedce, l proroghe,¥á a favoreááá dell'Amministrazione finanziaria; nella particolare materia si riferiscono, per; giurisprudenza. costante; che qui si condivide; anche ai termini processuali e noir solo quindi, a quelli prescrizionali o presidiati da decadenze sostanziali (V;; fra le tante, Casi;. 1950/1987, sembra tuttavia che tm atfo dei genere rioll'. possa avere natu:ra nofiitativa. Al contrario¥á l'assai ampia notmazione .á st˜ndariˆ 'fu' materia. d“ . trlbutdi ; l:!ˆratteriuat1,1 dallaá limitata (Oá pulla} discrezi<>naUtˆ e. giustificata ¥dalla necessitˆ diverifiche ed. elabqrazioni á di ¥ dati che. la legge ordinaria ¥ non Puñ . fare. Anche l'atto .ricognitivo pu˜ avere i. carˆtteri ciell.a generalltˆ ecl. ai;trattezza Ž pu˜, ridol“egaricfosi aua norma primar:la, produrre i'efftt˜ regofameritare .che la norma da sola non.á potrebbe ptodurte; á Non sembra ápertantoá che ilá decreto m pax:ola PQ$sa essete assimilata al pro:VVedhnento o al negozio che realizzano Ç fattispecie di nonne>>, Axiche la sola certezza assoluta di una situazione di fatto, non documentabile. C))J, altri ¥mezzi, pu˜ . acquistar!! Val<>re . nqrinatiV() e forza cogente (si pensi al cens“mento); e ci˜ in particolare in niateria d“ termini. Non si pu˜ inoltre negare ¥che nell'apprezzareá la susS.istenza diá. Un irregolare. funzionamento .sia attribuita al Ministro, e ad esso soltanto; na certa discrezionalitˆ di valutazione del fatto n<>n. dissimile da quella. diiicrezionalitˆ tecmca valutativa che caratterizza molti dei decreti di normazione secondaria. Sarebbe comunque difficile, al di lˆ del caso deciso, i;ceverare fra i molti decreti ministeriali che riempiono la Gazzetta Uff“ciale, quelli ricognitivi da quelli normatlivi. 15 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 350 Cass. 3020/1983, Cass. 2617/1981, Cass. 5515/1980, Cass. 168/1978, nonchŽ, in motivazione; la stessa Cass. 168/1982, citata dal controricorrente). á Posto ci˜,. la questione nodale che il mezzo propone ha per oggetto la natura dei decreti ministeriali pi volte citati. Ove essi, infatti, avessero davvero carattere normativo <(se pure derivato), come la ricorrente sostiene;. la: Corte dovrebbe farsi carico, ancora una volta, del noto problema. (sul quale v., da ultimo; Cass. 777/1987) relativo al se -e, eventualmente, in quali limiti -il principio iura novit curiˆ operi rispetto á agli atti di normazione secondaria: problema che, con evidenza, non si porrebbe (e sarebbe, comunque, da risolvere negativamente) ove D.ella re aggiunto á Sanzioni á Continuazione áá Art. 8 legge 7 gennaio 1929, n. 4 ¥ Si applica. (Legge 7 gerinaio 1929, n. 4, art. 8; d;P.R. 26 ottobre 1972; n. 633, artt. 4S. e 75). Tributi erariali indiretti á Imposta sul valore aggiunto . Sanzioni ¥ Conti nuazione ¥ Applicabilitˆ a violazioni commesse in diversi periodi di imposta á Esclusione. (Legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 8; d.P.R. 26 oW>bre 1972, n. 633, artt. 28, 30, 35, 48 e 49). L'istituto della continuazione, disciplinato con la norma generale del1' art. 8 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, si applica anche alle violazioni relative ad imposta sul valore aggiunto, non essendo diversamente disposto nell'art. 48 del d.P.R. n. 633/1972,(1). (1-2) La prima massima riconferma un prmc1p10 orma!i. accettato (Cass. 16 dicembre 1987 n. 9328, in questa Rassegna,1988, I, 198). La seconda massima (co~orme ad altra 22 gh;igno 1991, n. 7045) prende posizione contro il diverso orientamento contenuto nella sent. 23 gennaio 1991, n. 629, Corriere trib., 1991, n. 803. 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO Nei tributi, come l'imposta sul valore aggiunto, il cui presupposto ancorato al periodo, la continuazione prevista nell'art. 8 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 applicabile esclusivamente alle violazioini compiute nel corso di ciascun anno solare (2). La ricorrente denuncia: 1¡) in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 48, 49 e 75 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (testo originario), nonchŽ dell'art. 8 della 1. 7 gennaio 1929 n. 4, sostenendo che il citato art. 48, il quale ammette un'attenuazione della sanzione solo nell'ipotesi in cui siano state violate pi disposizioni di legge in relazione ad una stessa operazione, incompatibile con l'art. 8 della leg~e del 1929, e che, comunque, quest'ultima inapplicabile in materia di I.V.A., perchŽ il decreto 633 del 1972 disciplina in modo autonomo il trattamento di una pluralitˆ di violazioni della medesima disposizione di legge, onde non pu˜ operare la salvezza di cui all'art. 75; 2¡) in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e dei principi generali ivi espressi, con particolare riguardo agli artt. 28, 30, 43, 49, comma secondo, \. 58 e 75, in quanto, ove non si accogliesse la tesi esposta nel primo motivo bisognerebbe pur sempre ammettere che la continuazione pu˜ ope~ rare solo nell'ambito non superiore all'anno di ciascun periodo d'imposta, essendo la disciplina dell'I.V.A. modellata appunto sulla Ç periodizzazione È, come si evince sia dalle disposizioni sulla dichiarazione annuale, sulle rettifiche e sugli accertamenti; sia dall'art. 58, il cui secondo comma connette indissolubilmente la irrogazione della sanzione all'attivitˆ di accertamento dell'imposta evasa; sia dall'art. 49, secondo comma, il quale, prevedendo l'aumento della pena .Ç fino alla metˆ nei confronti di chi nei tre anni precedenti sia incorso in un'altra violazione della stessa indole per la quale sia stata inflitta la pena pecuniaria È, non potrebbe avere effetto se fosse consentito compattare illeciti commessi in tempi diversi. Il primo motivo infondato; fondato invece il secondo. Come la Corte ha giˆ avuto occasione di rilevare con la sentenza 16 dicembre 1987 n. 9328, non sostenibile che l'istituto della continuazione disciplinato con norme generali dell'art. 8 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 e quindi per tutte le violazioni di leggi finanziarie, non sia applicabile in materia di I.V.A.: l'art. 75 del d.P.R. 633 del 1972 espressamente richiama quella legge per tutto quanto non sia stato diversamente disposto dal decreto stesso in ordine all'accertamento delle violazioni . ed alle sanzioni; l'art. 48 reca, al secondo comma, una norma speciale che riguarda il solo caso in cui in relazione ad una stessa ope PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 1'RmUTARIA razione siano state .compiute pi violazioni e perci˜ esclude dal proprip f~) campo d'azione tutti i casi in cui le violazioni derivino da molteplici operazioni; a sua volta quest'ultimo rilievo dimostra come non sia esatto che la specific1;1 .di$ciplina sanzionato:i:'ia dell'I.V.A. non lasci spazio a quella gene;rale posta con la l(:')gge del 1929. Meno . $emplice .¥ ¥invece, la questione prospettata con il secondo motivo, sulla quale,. infatti1 non solo la gi.risprudenza dei Gh1dici tributari, ma. ancl;le quella di questa Corte non sono concordi essendosi ritl:'.nuto, con la citata sentenza n. 9328 del 1987, che sia ammissibile la continuazione esclusivamente nell'ambito di ciascun periodo d'iwposta, mentre con la successiva sentenza del R.G. 7460/85 ud. 8 gennaio 1990 Pres. Bologna Rel. Lipari Finanze Stato contro Natalucci si negato che sussista tale limite temporale. In effetti, a .. favore . di. questa seconda soluzione -. condivisa del . resto da gran parte della dottrina -sta il dato letterale, posto cli.e la disposizione dell;art. 8, secondo comma, clella lgge del i929, allorchŽ rende applicabile la continuazione Ç nel caso di pi viola.Zioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluziori~ È, se da uii canto individua nella persistenza di uno stesso movente l'elemento unificante delJ. varie infrazioni, non indica, dall'altro, alcuna Iimita'zione in ordine alla durata di tˆle movente e cos“ sembra ˆmmettere la rilevanza ancheá per pi á periodi diá imposta. SenonchŽ il significato letterale ¥ della formula si rivela esorbitante rispetto alla reale portata che la formula stessa pu˜ avere una v˜lta che la si áinquadri nel sistema. Intanto, con riferimento a tutti i tributi il cui presupposto anco rato ad un precostituito periodo, riesce difficile attribuire rilevanzaá giu ridica giˆ sul piano soggettivo ad un proposito che per il fatto stesso di abbracciare periodi futuri in ordine ai quali il presupposto non si ancora realizzato e dunque non si sa ancora se vi sarˆ o no¥ ricchezza imponibile, non pu˜ non avere carattere eventuale, ossia subordiilat˜ al sorgere dell'obbligazione tributaria. Oggettivamente, poi, l'unificazione annulla una caratteristica' tipica di quei tributi, consistente nella piena autonomia di ciascun periodo d'imposta rispett˜ agli altri: autonomia che circoscrive a tale periodo la rilevanza dei fatti generatori della ric chezza imponibile e del corrispondente obbligo tributario, non meno dell'efficacia dei poteri di accertamento e di sanzione degli uffici. E. quan to mostra di intuire la Commissione Centrale in quelle decisioni nelle quali osserva che Çla violazione dell'obbligo, rinnovandosi ed esauren dosi di anno in anno autonomamente, non rientra nell'ipotesi de.Ha me desima risoluzioneÈ {v., ad esempio, decc. 31 .gennaio 1989 n. 812; 12á mai zo n. 2563; 3 dicembre 1983 n. 4378). 354_ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Comunque, alla stessa soluzione si perviene anche se si considera quello che specificamente il regime dell'I.V.A., strutturato su base annuale, tanto da far s“ che le singole operazioni imponibili, pur essendo ovviamente di per sŽ rilevanti {anche per via degli obblighi accessori e funzionali all'accertamento del tributo, -che ne derivano), acquisiscano definitivo significato, ai fini dell'insorgere dell'obbligo di pagare l'imposta, solo se ed in quanto rivelinq, nel loro complesso, la produzione entro l'anno di ricchezza tassabile. Come ben nota l'Avvocatura dello Stato, i conti tra fisco e contribuente si fanno in sede di verifica della dichiarazione annuale (arg. ex artt. 28, 30, 35) ed l'anno che segna il limite temporale degli accertamenti dell'ufficio. L'ultrattivitˆ di situazioni realizzatesi in periodi anteriori all'anno da prendere di volta in volta in considerazione, prevista solo dalle due disposizioni dell'art. 49, ma esse, dirette a consentire una migliore determinazione della pena pecuniaria, rendono pi severo anzichŽ pi mite il sistema punitivo. Quella del primo comma, che attribuisce rilevanza alla Ç personalitˆ dell'autore della violazione, desunta dai suoi precedentiÈ, in quanto non prevede alcuna riduzione (le circostanze attenuanti sono elencate nel precedente art. 48) pu˜ provocare solo l'irrogazione di sanzioni superiori ai minimi prescritti, in caso di recidiva. Di un aspetto particolare di quest'ultima, poi, si occupa il secondo comma, ammettendo la possibilitˆ di aumentare la pena Ç fino alla metˆ nei confronti di chi nei tre anni precedenti sia incorso in un'altra violazione della stessa indole per la quale sia stata inflitta la pena pecuniariaÈ, cos“ rivelando tin~ peculiare preoccupazione del legislatore per il ripetersi di infrazioni uguali o similari, denotanti un'attitudine del contribuente ad infrangere certi obblighi. Trattasi, certo, di disposizioni non assolutamente incompatibili con la continuazione -come si osserva nella citata sentenza del 1990 ma altrettanto evidente che esse realizzano un preordinato orientamento di rigore che rischierebbe di essere frustrato, in sede attuativa, qualora si aprisse l'adito all'unificazione delle infrazioni astraendo dal singolo periodo di imposta. In definitiva, va rigettato il primo motivo ed accolto, invece, il secondo, con conseguente cassazione della decisione impugnata e rinviq della causa ad altra Sezione della stessa Commissione Tributaria Centrale, la quale nel deciderla si atterrˆ al seguente principio di diritto: Ç il disposto dell'art. 8 I. 7 gennaio 1929 n. 4 applicabile in materia di imposta sul valore aggiunto, esclusivamente alle violazioni che siano state compiute nel corso di ciascun anno solareÈ. PARl'l!: l, SllZ. á V,. Gll.71UsPlUl>B~A TRIBUTARIA 355 C::.:QRTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 luglio 1991. n. 7248 ¥ Pres; Caturani á Est. Sgroi.á P.M. Martinelli {diff.) ¥ Ministero delle Finanze (avv. Staá to f1:1:vara) . Soc. SPIRIT (avv. Scalzo eá Roc~). Tr1butiáá erartaU.ine:UfettL¥ hnpo$te doganˆli¥ á¥Incompatibilitˆ. cori ánorme co.-Au;glt~eá ~ ~bor$i .¥ \l'r!“slazione dell'onere su altri soggettLá .¥¥ < A~~ ~!Jt á~()~4~ conima,Jegg.e. 2~ 29 dicembre 1990, n. 428 ¥ 'l'ermmc.fdi decadenza. di cinque aiini.á.~áRetroattivitˆ ..... lllegittiml: t~ ¥. PJsa~pli~one¥. (Legge 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 1¡; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, llrtᥠ91). áŽset5~itbo~áe;/ftiZd~tf~~~S6¥¥á¥fief~m~ff:foáá~ei1~;tt~rjaf!tdit'har~;::_ tazione, deUe Jmpost¥ difabbricazione .. e dezte .. imposte.á di consumpá ápaá gate in itpp1icazidne d“ dispd$it.i6rii infompatibiU con h6rrhe corkunitˆne se sia d'ata ld prbvd/ a carico detl'Am1nint$trazione, che il tefativo onere sia stato trasferito su attri $oggetti~ legittimo e non coiiirasta nŽ con regole comunitarie nŽ con principi costituzionali (1). P. illegittimoe va disapplicato l'art. 29, comma pri111,0, della legge 1.9 dicembre 1990 n. 428 che cori' effetto refroatitvo a5soggetta al tŽrmine 9uir1q14ennale di decadenza )e azioni d( rimborsa di quanto ,pagato in relazione¥ ad operazioni .doganali (2), (1-2) La Corte Suprema, con inconsueta tempestivitˆ, ha affrontato á.i proqlemi che, pone l'art. 29.. della legge 29 dicembre .1990 n. 428 in materia di rimá borsi di imposte pagate in relazione ad operazioni .doganali in applicazione. di norm.e impositive nazionali incompatibili.á con .¥ le regole' ¥comunitarie. La prirna massima;. evidentemente esatta,. ritiene legittima, la norma (comma $eC(lndo) che e.sclude il diritto alrimborso. qualora l'onere del tributo sia stato tr1:1sferito ad altriá soggetti. Ci˜ in quanto la Corte diá Giustizia aveva ritenuto compatibile con. il diritto comunitario l'esclusione del rimborso in caso di traslazione. dell'imposta semprechŽ le .modalitˆ della prova non rendessero eccesá sivamente difficoltoso l'otteniment15 luglio á 198'.2 della Cor¥ te di giustizia avrebbe creato á.una sorta di diritto ad¥ agevolazione mai. prevista pe:r.. il whisky, mentre la sentenza haá soltanto posto una tegola. di non discriminazione, .senzaáprescrivere:che fa paritˆ debba raggiungersial livello di imposizione ápi basso. : Dalla sentenza discende l'obbligo dello Stato di eliminare gli abbuoni. e/o ~uti; e non un obbligo di estenderlia tutti gli operatori; meno cheá mai discende una generalizzata inesistenza del potere di imposizione~ qn :o:P,segue.nte :ripetibilitˆ delltLsommeá percette.: SeQndo áá l'Atnmirdstrazione. vi sono;. in materia di spiriti, due prec~ se, disposizioni, ciaspuna stabilentela data. a decorrere dalla quale, le agev.olaz~oni: non. possenUc pi essere áaccordate; taliá date sono.áil 2 giugno. 198l per la riduzk>ne qi L; 8.000 per ettanidro¥e l'abbuono di L. 2,00(}; per¥: ettan,i.dro á ed il l 9 glugno. 1984 .per ... l'.esenziorie dalá diritto erariale~ W,:cade.za c>n ~#etto retroatti:vo. Ma qui. non si vedi;) come gli effetti gravosi c1ella .á c1~911.deJlZa (11.rtt¥ 49,~. e . ;2969)á possono pregiudicare le situazioniá. pregresse e rendere .di. difficile .attuazione. il diritto al rimborso. . .. ¥ .LI;\ nl.ICl:va q.aljfiˆzione lel termine risponde< a finalitˆ .(secondarie) d“ razionalizzazione del. sistema ¥ .< ln Jutt!l Ja discipUn11. piiJ. recente (a comincilli:e dalla riforma del 1972-73) tutti:á i tennini. chc;i á: er;mo di prescrizioue .. souo diventati ,di decadenza, anche se cli lunga dur11.ta (nelle imposte .dirette prevista la decadenza sia per l'accert;> me;i;i:to (art, 43, d,P.R. lk.600/1973). sili, .per .Ja -formazione. dei ruolii e paralá li;;l11.m,ente per il rimb()rso dei versamenti diretti (artt.13 e 38 d;PR n. 602/1973); nelthnposta di. registr.o. .parimenti prevista la decadenza sia per .l'accertamentoá di val()re sia per la ri!!Cossione e ,pw;allelam~te per i Jlimborsi (artt. 52, 76 e 77 d.P.R. n. 131/1986). Solo per le imposte definitivamente accertate il diritto alla riscossione si prescri:ve : in dieci i.:mi (art. 78). Analoghe regole valgono per l'imp, osta dd. successione; Q.esto indirizzo si spiega perchŽ tut.to . quanto attiene alla determinazione dell'imposta attraverso il procedimento á rimesso al potere del-á I'Amminist;razione il cui esercizio¥ . correttamente. impedito dalla decadenza,. mentre alla mera esazione dell'obbligazione definitivamente accertata meglio si confˆ la prescrizione. A questo indirizzo si adegua l'art. 29 che definisce di decadenza il termine per domandare il rimborso e di pcre&crimone il termine dell'art. 84 del d.P.R. n. 49/1973 per la riscossione di diritti certt é peraltro assai dubbio che la qualificazione del termine contrasti con iI diritto comundtario come interpretato con le note sentenze della Corte cU giustizia. Quel che rileva a tale fine che sia assicurato nel liritto interno un mezzo di attuazione concreto del diritto al rimborso; ed perfettamente ragionevole che tale diritto sia assoggettato ad un termine, sia esso di prescrizione - .358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I con le leggi del 1981 e del 1984 il legislatore ha eliminato le discrimina. zioni sottoposte al giudice comunitario; la attuazione della regola comuá nitaria di non discriminazione deve attuarsi con l'eliminazione della di i .sposizione derogatoria di favore e quindi con la naturale espansione del trattamento normale, non con la generalizzazione della disposizione derogatoria. La sentenza 15 luglio 1982 della Corte CEE dispone soltanto -che l'art. 95 del Trattato osta ad un sistema di tassazione che colpisca in modo diverso il whisky e le altre acquaviti. L'art. 1 della legge n. 213/81 da un lato ha confermato il potere di imposizione e dall'altro ha confermato la legittimitˆ delle anteriori percezioni, per cui va escluso in radice che l'Amministrazione debba procedere a rimborso, e le somme riscosse in dogana sono irripetibili (art. 35 del t.u.), non sussistendo il presupposto del potere impositivo mancante per costruire la ripetibilitˆ. Quanto all'art. 19 del dl. n. 688 del 1982, esso espressione di un principio preesistente e di pi ampia portata, e cio del principio per cui non pu˜ aversi ripetizione di imposte in assenza di un concreto effettivo pregiudizio del solvens apparente; erroneamente ta:le norma stata áconsiderata come una supposta deroga a regole generali sulla ripetizione di indebito; si tratta di norma che attua l'art. 53 Cost., dato che l'impor o di decadenza, Meno che mai contrasta con il diritto comunitario l'efficacia retroattivaá della qualificazione del termine che nessuna influenza negativa ha sulla sorte dei rappor1li pregressi. Se in gioco un termine quinquennale, le domande tempestive (valide sia per impedire la decadenza che per interrompere la prescrizione) sono salve e quelle intempestive infruttuose, quale che sia la qualificazione del termine; a nulla giova considerare che la decadenza rilevabile d'uff“icio quando la prescrizione stata eccepita, ed puramente teorica l'osservazione che la prescrizione pu˜ essere interrotta quando l'interruzione non vi stata. Addirittura riguardo ai rapporti anteriori la decadenza per chi pretende il rimborso meno pregiudizievole perchŽ se stata presená tata una istanza di rimborso la decadenza definitivamente impedita mentre la prescrizione potrebbe essersi verificata dopo l'interruzione per nuovo decorso del termine. L'operata razionaliizzazione non ha la portata traumatica che le stata attribuita e non contrasta con le regole comunitarie anche perchŽ indifferente riguardo ai rapporti pendenti. Fino a questo punto la motivazione della sentenza sul capo della trasformazione della prescrizione in decadenza sarebbe puramente teorica ed irrilevante sulla sorte delle domande ~ˆ proposte. Ma la sentenza prosegue con un ultimo passaggio: essendo il contenuto del primo comma dell'art. 29 sicuramente inscindibile, l'illegittima qualificazione del termine come di decadenza trascina l'altra parte della disposizione che assoggetta li rimborsi al termine quinquennale escludendo la prescrizione ordinaria; non sarebbe consentito ritenere di generale applicazione il termine quinquennale inteso come di prescrizione; cade cio tutto il prtlmo c˜mma dell'art. 29 e l'art. 91 del t.u. del 1973 resta quale áera (o quale era interpretato) e quindi sopravvive la prescrizione decennale per gli indebiti comunitari. PARTEl'I> SEZ. V, GIURISPRUDBNZA áTRIBUTARIA 359 tatore ha operato alla stregua di un esattore delle imposte per conto dello Stato. In tale situazione; secondo l'Amministrazione, vacuo il discorso sull'onere. ádellaprova, á.ossia sul puntoá se tale onereá incombe ásull'esattore apparentemente gravato o sull'Amministrazione; quest'ultima non incontrerebbe alcuna difficoltˆ a fornire, secondo le regole probatorie normali . .(che includono anche l'utilizzabil“tˆ degliá indizi)á la prova dell'avve.:. :nuto trasferimento sui consuniatori dell'onere tributario. S possibile ravvisare nel cit.. art. 19 la mera enunciazione di áuna regola¥ generale per iL diritto ¥tributario ááseparata ,(e non subalterna) ¥á.allaá. diversa áregolaá stabilita per .il diritto civile; Nel diritto tributario, la coincidem:a normale fra fragile. Come si visto; la vera portata dell'art; 29, come riconosce la sentenza Ç stata quella di conferire una disciplina Unitaria a tutti gli indebiti doganali di qualsiasi natura con una nuova lettura dell'art. 91 È; non si vede perchŽ questo contenuto .della norma sia inscindibile dalla qualificazione, per fini di razionalitˆ,.á del termine¥ quinquennale. La commistione fra due assai ádiverse tematiche -quella . sulla durata e quella sulla natura del termine -n˜n ha alcun solido fondamento, L'inscindibilitˆ ha avuto un significativo precedente nella stessa materia, riguardo all'art; 19 del d.J.. n. 688/1982 per d1 quale si disse che l'esclusione del rimborso dei tributi il cui onere era stato trasferito. a terzi non era dissociabile dalla prova della traslazione che la norma poneva a carico del solvens, limitandola alla prova documentale. C˜n á.la sentenza 15 maggio 19S9, .á n. 2216 (Foro it. 1989, I, 2474), alla quale Ja sentenza in esame strettamente si ricollega, fu per˜ affermato che per aversi una pluraldtˆ scindibile Ç occorre che la singola disposizione, per esser tale, abbia áun .proprio autonomo e distinto significato (sia cio giuridicamente significante) e che non si ponga come componente esserurlale dell'intera norma, in modo che questa sia suscettibile di sopravvivere con un proprio contenuto anche prescindendo dalla singola disposizione e senza che il normale margine di incertezza della ánorma ne risulti ulteriormente accresciuto È. Su tale premessa si disse che il frammento residuo dell'art. 19 dopo l'espunzione della parte relativa alla prova non aveva possibilitˆ di autonoma sopravvivenza senza una integrazione che l'interprete non poteva dare. Proprio sulla base della definizione di scindibilitˆ sopra trascritta, si deve I'liconoscere che il ricondurre sotto un unico termine quinquennale tutte le RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Amministrazione conclude testualmente: Ç La Corte d'appello non si posta una siffatta problematica. Essa ha escluso in toto l'operativitˆ nella specie della regola sostanziale confermata dall'art. 19 d.l. n. 688/82, motivando in modo molto generico. L'Amministrazione appellante ha chiesto alla Corte di rendere pronuncia in conformitˆ della giurisprudenza comunitaria, ossia con assunzic> ne dell'onus probandi. La Corte d'appello si invece fermata ad una questione artificiosamente costruita come preliminare in punto di diritto. Quesfultima constatazione conduce ad un ulteriore profilo di doglianza. g .pacifico in causa -per mai avvenuta contestazione delle affermazioni sul punto -ohe la societˆ odierna resistente ha concretamente traslato sui consumatori l'onere de quo. Cionondimeno a questa constatazione non seguita una c.oerente pronuncia. Il motivo infondato. Esso si <'!-rticola in due censure la prima delle quali, a sua volta, si scinde jn due proposizioni: a) che da una sentenza della Corte C.E.Eche dichiara non consentita (dall'ordinamento comunitario) la concessione cU abbuoni e di agevola:ziloni ad alcuni operatori discende l'obbligo. dello Stato di eliminanlri, ma non quello di estenderli a tutti gli oper~tori; ipotesi di rimborso, eliminando la prescrizione ordinaria per i casi non com-á presi (o che si pretendono non compresi) nell'art. 91, ima disposizione del tutto autonoma, capace di vita propria, Çgiuridicamente significanteÈ, e suscettibile di sopravvivere alla eliminazione del .ben diverso precetto normativo che dichiara il termine di decadenza; il testo residuo della norma risulta chiarissimo e non abbisogna di alcima integrazione interpretativa. La scindibilitˆ confermata dalla stessa sentenza che ha giudicato legittima la parte della norma sulla imificazione del termine ed illegittima quella sulla definizione di esso (in quanto ad effetto retroattivo). Pertanto l'asserita illegitttlmitˆ della qualificazione del termine non pu˜ essere utilizzata per vanificare la vera portata della norma. Il sospetto di illegittimitˆ ~!ella parte della norma che menziona la decadenza (in quanto riferita al passato) potrebbe tutt'al pi dar luogo ad ima dichiarazione di illegittimitˆ (secondo la formula consueta) nei limiti in cui definisce il termine di decadenza anzichŽ di prescrizione, semprechŽ tale defini2iione possa essere rilevante. Sarebbe addirittura agevole emendare il testoá senza dar luogo ad incertezze sopprimendo le parole Ç di decadenza È e lasciando sopravvivere, completa e significativa, la dicitura: Ç il termine quinquennale dell'art. 91 ... È. L'intero primo comma sicuramente legittimo in quanto dispone per l'avvenire; ma sarebbe assai semplice ritenere, ove ne ricorressero le premesse. che il termine quinquennale deve intendersi di prescrizione riguardo ai rapporti anteriori; sarebbe un aggiustamento ben possibile che non travolge l'intero comma. In conclusione sembra difficile affermare che l'interpretazione data in passato all'art. 91 possa essere pienamente riconfermata come se l'art. á29 della legge n. 428 sia caduto nel nulla. C. BAFILE I I I PARTI! I, SEZ. V, GlURISPRUl>l!NZA. TRmUTARIA b). meno che mai discende unaá generalizzatainesistenza del potere di imposimone, con conseguente ripetibilitˆ delle ¥somme percette. La primˆ proposizione concerne le m.odalitˆ attraverso¥ le quali lo Sfato membro attili:t il pi'jrtclpio affermato¥ dalla corteá di Giustizia; ma á nofr áptt˜ rig.apdare i diritti denvan11ial privato dalla violazione di quel J?.r.i.cipio; c9fiteriuta Jli disP6Sizioni ¥interne áá illegittime ááed applfoate, sia primaá chŽ dopo.fa sentenza della Corte(salvo cheáám essa noná siano ácontenuti deilíllliti espressi/per quanto cÇicemelasua: applicabilitˆ ánel tempo); in á$nno del privato stess<>. ¥¥..á á Pertant?á. riort ha; rilievola norma sopravvenuta..del ŽOtnrila sesto . delVi: trt. 29 dM~legge 29 dlcembre 1990; n. 428: ÇQuando la C˜rte ¥di GiustiZia delle Comunitˆ europee dfoh“ara irtcompatibl1.e con ále norme comunitarie unaᥠagev0laz“0n <)d. e¤enz“orie tribtitariˆ, la teSSˆZ:iorie dell'efficacia della ~sp()Sizion~ suaáᥠpalese hon. retroattivitˆ) pu˜ riguardifrtf le modalitˆ dil aituaZionŽ cl)ft rtdrri:ia interna della .ásentenza deUa.. C?rte, wa non. pu˜ inci.det"e' SUi dfritt“ che giˆ sono sortiáá a. favore del privatoá sttlla' basŽ deláá diritto comunitario, come interpretato sia da quella\ che ááda altre serttenzŽ della Corte stssa ¥ (nellaá specie: la á ripeti¥ .:zio:rieá dfááámctebittrpetáitlegitt“mitˆ: dell'impostazi˜neáávieta'ta dalá Trattato; allif stregU:ai dellaá sentenza>lS luglici 1982; fu causa :rr; áá 216/81; á.della sen¥ teriza del 9 rtavembte á1983ih causa 199/82;áácheásta.ruisee il ptm.cipio 'dell'immedfatˆ applkazit>n delle nonne d>munitarie á e á della cbrtseguente disapplfoazfone cpŽ il I'elatiyo()I1erŽ .non .i>f~. $tat())r~ferito su áaltr~.. sogg~tt“ È¥¥ L.'1 Ji,q.nna .. . espressame.te retroattiva (coxwiia .. 7¡)'. . . . La.. difesa :della. re~istente .ha . eccepito (pagg.. 30-32. , ove riscossi in base a disposizioni interne di legge in contrasto con il diritto co munitario. 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'eccezione inammissibile, appunto perchŽ si tratterebbe di contrasto con il diritto comunitario (da ultimo, Corte Cost. n. 113/85 e numero 681/88). La difesa medesima ha poi eccepito l'illegittimitˆ comunitaria della disciplina in questione, sulla scorta della sentenza della Corte di Giustizia C.E.E. 9 novembre 1983 (in causa 199/82) perchŽ le condizioni per iJ rimborso non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano analoghe impugnazioni di diritto nazionale. In via gradata, ha chiesto di sottoporre alla Corte di Giustizia H quesito se risulti in contrasto con il diritto comunitario, ed in particolare con le sentenze 9 novembre 1983 (in causa 199/82) e 29 giugno 1988 (in causa 240/87) l'art. 29 comma 2¡ della legge citata. Le richieste non possono essere accolte: quanto alla seconda (di carattere preliminare) perchŽ i princ“pi comunitari da applicare risultano giˆ dalle predette sentenze e perchŽ iJ giudizio circa la sussistenza dei limiti apposti dalla legge nazionale alla ripetizione dell'indebito comunitario compete alla .giurisdizione. nazionale. Quanto alla prima, .non resta che richiamare le ragioni della disapplicazione del precedente art. 19 d.l. n. 688/82, conv. in L. n. 873/82, poggiate sull'impossibilitˆ di distinguere la norma attinente all'indebito dalla norma attinente alla prova '(fra le molte altre, v. Cass. n. 2216 del 1989). Nella considerazione parimenti unitaria della nuova norma, che pone l'onere della prova dell'eccezione di traslazione a carico dell'Amministrazione, non .sussistono le ragioni di incompatibilitˆ col diritto comunitario, come risulta dai princ“pi esposti dalla Corte nella sentenza 9 novembre 1983 in causa 199/82 e 24 marzo 1988, in causa n. 104/86: il diritto comUIJ!itario non esclude che la norma nazionale tenga conto del fatto che l'onere dei tributi indebitamente riscossi pu˜ essere trasferito, mentre sono incompatibili con il diritto comunitario tutte le modalitˆ di prova che abbiano l'effetto di rendere eccessivamente difficile ottenere il rimborso. Nella specie, poichŽ l'operatore, oltre il fatto obiettivo dell'indebito pagamento, non deve provare altro, alla stregua della nuova norma, tale incompatibilitˆ non sussiste, neppure con riguardo ad una pretesa diversitˆ di trattamento con l'analogo indebito di diritto interno (o extracomunitario) nel quale anzi vige (come stato espressamente ribadito dall'art. 29 della legge del 1990) l'art. 19 della legge del 1982, assai pi rigoroso e ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Cost. (ord. n. 651 e n. 807/88), per cui -anzi -l'importatore in ambito C.E.E. pi favorito. á Concludendo, il comma 2¡ dell'art. 29 cit. legittimo ed applicabile, ma in base ad esso non si pu˜ pervenire all'accogiimento del ricorso. Lo ius superveniens pu˜ condurre all'accoglimento del ricorso per cassazione avverso una sentenza di merito emanata sotto il vigore della legge PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA anteriore, soltanto nei limti in cui rilevante, e cio idoneo a comportare una modific::i. di quella statuizione (cfr. Cass. n. 2966/88; n. 3535/89). Nella specie nel giudizio di merito l'Amministrazione aveva postulato una conformazione della previgente normativa limitata alla regola della non traslazione, mentre per quanto attiene alla prova, proclamava il principio secondo cui essa non stava a carico dell'importatore, doven~o l'Amministrazione provare l'avvenuta traslazione. Nel ricorso, in pcimo luogo, si afferma una esistenza pacifica della traslazione, di cui non esistŽ traccia nella sentenza impugnata. In secondo luogo, non si dice neppure quali prove fossero state chieste nel giud“iio di merito; nel controricorscr si dˆ atto che la P. A. aveva chiesto una Consulenza tecnica. Per poter permettere un annullamento della sentenza (che non ha esaminato id punto) doveva esporsi una censura (data l'integrale soccombenza dell'Amministrazione, perchŽ sui punti assorbiti l'impugnazione non necessaria solo nei riguardi della parte vittorios:a: Cass. n; 151/86; n. 8544/87; n. 1308/89; n. 4903/87, per quanto riguarda le prove), Nessuna censura e!liste, circa la mancata ammissione della C.T.U., allo scopo di dimostrare l'ammissibilitˆ, la concludenza e la rilevanza, nelfipotesi in cui la norma originaria (al pari di quella sopravvenuta) dovesse leggersi nel senso -giˆ postulato dall'appellante che la prova dlla traslazion\'! fosse a carico dell'Amministrazione (salvo che giˆ risultasse dagli atti, il che non risulta nella specie, in base alla sentenza impugnata). In sostariza, giˆ nel giudizio di ni.erito l'Amministrazione sosteneva una lettura della norma anteriore in modo conforme alla norma soprav-á venuta, di guisa che aveva l'onere di impugnare la mancata ammissione dell'unica istanza istruttoria non ammessa. La mancata impugnazione impedisce áa:ddirittura a questa Corte di esaminare il problema dell'ammissibilitˆ;. della istanzaá stessa. Il scondo ámotivo di ricorso stato oggetto di rinuncia, da parte del1' Avvocatura dello Stato (a ci˜ abilitata per legge), in sede di memoria. Con il terzo motivo l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 84 comma primo e 91 del t.u. delle leggi doganali e dell'art. 3 Cost., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., rilevando che la Corte genovese ha erroneamente respinto l'eccezione di prescrizione quinquennale (e non decennale), perchŽ le disposizioni menzionate, interpretate sistematicamente, conducono all'accoglimento di detta eccezione. Il motivo infondato. La Corte si deve dare carico de1lo ius ásuperveniens costituito dal 1¡ comma dell'art. 29 pi volte citato: Ç Il termine quinquennale di decadenza previsto dall'art. 91 del t.u. n. 43/73 deve intendersi applicabile a tutte le domande ed azioni esperibili per il rimborso di quanto pagato in relazione ad operazioni doganaliÈ 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r~ Con riguardo al motivo di ricorso {che si basa sulla applicabilitˆ di un termine quinquennale di prescrizione, e non di decadenza) lo ius superveniens sarebbe irrilevante, appunto perchŽ sostituisce un termine di I .decadenza ad un termine che (secondo la stessa ricorrente) era di pre. scrizione, per cui la norma non ha alcuna attinenza col motivo. I Tuttavia, poinchŽ si tratterebbe di decadenza attinente a materia sottratta a disponibilitˆ delle parti nonchŽ ad una causa di improponibilitˆ I .dell'azione (art. 2969 e.e.), la questione potrebbe essere affrontata d'ufficio -Ovviamente sul presupposto che il comma 1¡ dell'art. 29 cit. possa appliá .carsi alla domanda giudiziale de qua {proposta nel 1983, sotto il vigore .dell'art. 91 del t.u. del 1973, nel suo testo originario). Per poter apprezzare il significato della innovazione, occorre esaminare il contesto in cui inserita, perchŽ si possono fare due ipotesi: o la norma ha carattere esclusivamente innovativo, ma non interpretativo ádell'art. 91, con la conseguente irrilevanza nel presente giudizio; ovvero ha carattere interpretativo-innovativo {e rilevanza neJ giudizio), ed allora bisogna richiamare due principi generalmente riconosciuti nell'attuale elaborazione del fenomeno dell'interpretazione Ç autentica È. Da un canto, essa non legata all'esistenza di dubbi nell'interpretazione della norma preesistente, ma esprime soltanto la volontˆ del legislatore che quest'ultima sia intesa in un dato modo. Dall'altro canto, la norma interpretativa non si pu˜ leggere Ç da sola È, ma necessariamente in combinazione con la norma interpretata. Quest'ultima non consentiva, come agevole dimostrare, una interpretazione diversa da quella costantemente seguita, secondo cui gli indebiti in materia doganale (la precisazione d'obbligo, perchŽ non escluso che in altri settori, come quello delle imposte di registro e dirette, la prescrizione o la decadenza per le azioni -di ripetizione sia sempre quella regolata dalla norma specifica per tali tributi: per esempio, l'art. 77 del t.u. n. 131/86 sulle imposte di registro; <> l'art. 38 del d.P.R. n. 602/73, in tema di rimborso di versamenti diretti di imposte sul reddito) fondati su una invaliditˆ originaria della norma impositiva, per contrasto con la Costituzione o con la normativa GATT o ácon la normativa comunitaria, erano regolati, quanto alla prescrizione, dall'art. 2946 e.e. (v. Cass. n. 1884/77, con riguardo alla legge doganale del 1940; Sez. Un. n. 4068/79; Cass. n. 1063/80; n. 1481/80; n. 117/80; Sez. Un. n. 4972/85). Invero, l'art. 29 della legge doganale del 1940 non prevedeva, nŽ poteva ovviamente prevedere, i rimborsi fondati su tali ragioni; ed il legislatore delegato del 1973 non era stato autorizzato dalla legge di delega del 23 gennaio 1968 n. 29 a mutare l'art. 29 della legge doganale del 1940. La materia di rimborsi a favore dell'operatore era presa in considera PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 365 zione soltanto sotto un profilo particolare, e cio quello della semplificazione delle procedure {punto 20 dei criteri direttivi). PoichŽ l'art. 3 della legge prevedeva una delega per raccogliere e coordinare sistematicamente le disposizioni doganali vigenti, l'art. 91 del t.u. del 1973 <(corrisponde all'art. 29 della legge dbganale del 1940) reca le modifiche intese al coordinamento con le norme nel frattempo emanate; ma il nucleo essenziale, e cio le ipotesi di rimborso sono rimaste sempre quelle del 1940, perchŽ la delega non ne prevedeva la modifica. Non si tratta di una lacuna, ma di una precisa volontˆ del legislatore delegante di non cambiare la disciplina preesistente (per altre argomentazioni, v. la motivazione di Cass. 15 maggio 1989 n. 2217). Il legislatore del 1990, resosi conto del problema, ha inteso aggiungere anche le ipotesi di indebito Ç comunitario È a quelle giˆ previste dal1' art. 91 del t.u. del 1973, con ci˜ manifestamente innovando. L'operazione anche in termini di interpretazione autentica, di per sŽ retroattiva, sarebbe perfettamente legittima, salvi i requisiti generali di compatibilitˆ con la Cost; e con la normativa comunitaria. La difesa della resistente, solo in subordine, ha eccepito l'illegittimitˆ costituzionale della norma, se applicabile retroattivamente, ma in questa sede l'eccezione inammissibile, perchŽ si tratta soltanto di controllarne la compatibilitˆ col diritto comunitario. Tale incompatibilitˆ non sussisterebbe, sotto il profilo della disparitˆ di trattamento con altri indebiti tributari, sia perchŽ le citate norme in materia di imposta di registro e di imposte dirette sono dimostrative della attuale tendenza del legislatore (v. in motivazione S. U. n. 6478/84) a fissare termini di decadenza (e non di prescrizione) per i rimborsi delle imposte non dovute, sia perchŽ, malgrado che la rubrica dell'art. 29 faccia riferimento alle imposte daá rimborsare perchŽ in contrasto con la normativa comunitaria, il testo del comma 1 di cos“ ampia portata da potersi estendere anche agli indebiti non comunitari (diversi da quelli giˆ previsti dall'art. 91). Tale estensione risulta convalidata -per contrasto -anche dal raffronto col secondo comma, che invece seguito da altra disposizione che conserva -per gli indebiti non comunitari -'-la vigenza della precedente norma (art. 19 della legge del 1982). Per tale verso, pertanto, l'interpretazione autentica retroatttiva non sarebbe contrastante col principio della paritˆ di trattamento con altri indebiti tributari. Tuttavia, nel modificare la norma sul termine, il legislatore ha d'autoritˆ indicato come decadenza quella che anteriormente era qualificata come prescrizione in modo cos“ pacifico (vedi la giurisprudenza giˆ citata), che anche l'Amministrazione, nel motivo di ricorso, ha indicato come Ç prescrizione quinquennale È quella dell'allora vi 16 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gente art. 91 del t.u. del 1973. Tale fissazione del significato della norma, anche per i rapporti passati, comporterebbe varie conseguenze, a danno di chi ha pagato l'indebito, prima non previste: a) la rilevabilitˆ d'ufficio (art. 2969), come giˆ accennato, mentre la prescrizione non rilevabile d'ufficio (art. 2938); b) l'inapplicabilitˆ della disciplina dell'interruzione (art. 2964 e.e.), con conseguente necessitˆ di compiere entro il termine stabilito l'atto di esercizio del diritto (art. 2966 prima parte, non essendo possibile applicarne la seconda parte, stante l'indisponibilitˆ del credito, anche da parte dell'Amministrazione, per sua pura volontˆ (cfr. Cass. n. 4398/78; Cass. n. 2540/79; Cass. n. 3595/80). Salvo restando -perchŽ non influente in causa -il problema con riguardo alle domande proposte dopo l'entrata in vigore della legge del dicembre 1990 { solo da sottolineare che il termine quinquennale ivi previsto riguarda necessariamente termini giˆ in corso, perchŽ la norma dispone che novanta giorni dopo la sua entrata in vigore il termine si riduce a tre anni, e quindi in detti novanta giorni potranno maturare I termini quinquennali soltanto se giˆ in corso di maturazione), il Collegio ritiene che un'applicazione retroattiva (quale quella voluta dal legisla I I ~ tore interno) del comma primo dell'art. 29, alle domande giudiziali proposte in passato ed in corso, contrasta -perchŽ lo rende di pi difficile attuazione (stante l'inapplicabilitˆ delle cause di interruzione del termine) e lo vanifica .(stante la rilevabilitˆ. d'ufficio del termine decorso per i pagamenti avvenuti oltre cinque anni prima) -col diritto alla ripetizione dell'indebito comunitario, sancito dalle citate sentenze della Corte di Giustizia C.E.E. I lli Tale disapplicazione, alla stregua delle medesime sentenze, compete alla giurisdizione nazionale, e pertanto non necessario un rinvio alla Corte, ex art. 177 del Trattato C.E.E. é da rilevare che la norma del comma primo sicuramente indivisibile, perchŽ non si pu˜ scindere il termine quinquennale dalla sua qualifica come termine di decadenza. Consegue, pertanto, che l'inapplicabilitˆ retroattiva della decadenza, nei confronti di una domanda giudiziale proposta quando non sussisteva tale condizione di ammissibilitˆ, comporta necessariamente anche l'inapplicabilitˆ del pi breve termine quinquennale {anche se qualificabile di prescrizione). Invero, l'intenzione del legislatore stata quella di conferire una disciplina unitaria a tutti gli indebiti doganali, di qualsiasi natura, con una nuova lettura dell'art. 91; se tale lettura nuova non ammissibile retroattivamente per una qualsiasi ragione, evidente che si deve applicare la normativa generale, che quella dell'art. 2946 e.e. (salvo che ricorrano le ipotesi specifiche giˆ previste nell'art. 91, nel testo anteriore). IJ¥¥"'-áá''7'11''?'if¥lllá'":.¥;pl~Am-~ir:á:,á:,,.¥ ,..~.:~ááx:"Xltll?~á-áA~w~ -.~_,Ama~~ML.,_;_d?ale~lEJilliztdBVAll PARTE I, á8132:. V,.GIURISPRUDBNzA TRIBUTARIA 367 I q~;:i;:i=. DI CA,¤¤A:ZIONE, ¤~.JJn., 3Jq,gJi91991, n. 7321 -Pres. 13rancacjo " E~t. Seps~e -.P.:M. Carist9 (c<;>nf;) -Ministero delle ..Finapze . {1.1,v.v¥¥st~tp.Tqn~llgg~(tl p~ssll'i.áᥠ.SoJidarie~ ¥. J.>l'OV'l/edimento .aromi ¥á. . nfStratiw (lefjnitiyQ.. ~ GludicatQ. pi“t. favorevole. ottenuto . da altro.á con.. debitore. 7 ¥ .f\rt.. 13.(l~. ~.e~ ~ Si a,l)t'lica. . . . . .á..¥¥¥¥ (e.o'. art. J@6). Netl'am.1Jitd della. stessa¥ imposta (e noh. anthe fra imposte diverse oenchi coordindte)flcondebitˆre s˜tidalŽ che ncm abbia impugnato l'accertamento dtveti.uto definitivi>. net $uoi confronti, pu˜. opporre till'Amffiinfstra?. í()rte it.g“udiCato. pi/favorevole .ottenuto ~a. altfo .. colidebitore sotidˆte a norma detl'art .. ¥130'6 ~.6.f il gi'udicdto h.on pu˜ ess~re. opposto se t giˆ stata pagata l'imposta> ôquidatti. in base aztidcaeriamentO definitivo (1). II CORTE DI CAS~AZIONE, Set. tJn., 2Jgennaio 1991, n. 535 -Pres. Bran. caccio -Esi. SeQsale -P.M. Caristo (diff.) -l\1inistero delle Finaqze {a\iv. Stato Pruatlello) c. De Rosa. áá Tributi .. in ge.ere . -$oggetti. Pil.SllM t S()lldadetˆ ¥ Art. 1306 e.e. ¥ . Debitote á nei t.d confronti intervenuto accertamento definitivo ¥ Ricorso tar divoá per.giovarsi. del ricorso tempestivo di altro condebitore ¥ Inam missibilitˆ~ááá ááá (e.i:\ ˆit. 1306). L'art. 1306 e.e. presuppone che un gitJdicato esista e che it creditore abbia .. do~tp.nd,ato Ci re&l~trot di.á giiisa áá che questi . ultimiá. avevano á in:teresse ad infocare festŽhs“i:>ne. del¥ giudicato .fav˜revoJe. formatosiááá sulla ˜ntroverá sia instaurata dall'ali.enante ed avente ad oggetto fa determinazione del valqre per .tuttiá~i effetti che questa¥ era idonea áad¥ espl“care1 in quanto s9ljdallll(i)llfo¥¥. obbligato con gli..acquirenti .áal .pagamentO .á dell'ii:nposta .¥ 'cli registrq¥ )n. aJtri terri.lini~ su,ssiste:va il vincolo solidale tra Giorgio Botta e.Mari9 .. l;uragbi, e Git:tseppina Cogliati, conla .conseguenza che laá.presel;!.~ e contr<.>versia, .. p;rqrn,pua clal .:C..url!lghi .. e.á cl11lla Cogliati; s'inquadra net tern:lip~, ᥠe11.n~tife~Ole. Il .á condebitore . che ha stipufafo una transaZione (art; . 1304) non pu˜ opporre ff gili¥ dicato pi favorevole ottenuto da altro condebitore. E non ᥠd;i escludere che se in particolari rapp˜rti posta una deeadenza a carico del debitore resti esclusa l'applicabilitˆ dell'art. á 1306'. Durtque á ogni sistema normativo deve.á tener conto, al s'i.t˜ intern˜; degli istituti con i quali il rapporto si definisce e si consolida. La transazione sconosciuta al diritto tributario che ha come istituto basilare ál'accertamento (sconosciuto al diritto privato); l'effetto dell'accertamento per Io meno uguale a quelio della transazione. á Altro mezzo di definizione dei rapporti tributari, sconosciuto hl codice civile, quello del condono (Sul tema della solidarietˆ e del condono la giu risprudenza si cimentata;á anche in passato, giungendo a soluzioni non sempre 372 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Secondo il primo orientamento, espresso nella sentenza n. 4725 del 21 luglio 1988, la mancata impugnazione dell'accertamento di maggior valore, da parte di uno dei coobbligati solidali per il debito d'imposta, non gl'impedisce, in applicazione dell'art. 1306, secondo comma, e.e., di beneficiare del giudicato riduttivo di quel valore, che l'altro condebitore abbia ottenuto in esito al ricorso contro l'accertamento medesimo, e quindi lQ d!l'lbitore> áá provvedencio a pagare quanto/da lui dovuto, .. libera. ag<;;b.e gli a)n-ifJa nonna verrel;>be ~ll;lsa. secondo. quanto osservato; nella se:tltel'.!ZaP;472S/8&, se si consentisse all'~Illinistrazione .. di. rivolgersi al contribuente ineJ;te per riscuotere una.somma maggiore dkquellaáá che~ se l:lel .fratt~pofosseá stataápagata dall'altt-Occondebitore\. avreqbe estin~ tq per Jntero .iL creciit0; ..¥e, poichŽ á.nel caso (;fi .compravendita. immobiliare: J'imPo~ibileá. di . registro pf,lrametro vincolante per l'appliazione. dell,.'INVIM (art. 6 del>d.l?,R. 26 ottobre 1972 n./ 643}; se si ammettesse: una diversa determinazione di tale imponibile nel rapportoá¥á delle due parti .á¥ádel ¥ contratto, s'iAtrodurrel)pe;. una. ¥.. grave turbativa.... nell'indicato Ill.~~ism() di . appJic~iQne .dell'lNVIM~ l;ltteso . che, aᥠseoonda che il t1:1:1,tt~nto' cli J~mm~.¥ peJ<á l'.imposta di r:egistro .. spetti.. aWaJienanteá .. <> all'acq.irente, ¥ásiáá.sottrarrebbev all'INV:IM ima porzione .d'increm1mto .¥¥.di val0re ovv:e:p~si sottopogebbe;a .. duplice tassazioneá laá porziontl stessa ¥. Aá conclusioni opposte pervenuta la sentenza n~ 1725ádell'undiciaprile 1989; secondo la .quale. .all'applicazione . dell'art. 1306, secondo comma, c;c,~ . dfostacolo ogni situazione di sopravvem~taáintangibilitˆáá della situazione giuridica rappresentata dalla obbligazione>del .condebitore diverso ááádaquello in áfavore> del quˆleá¥si formato u. giudicato, poichŽ áal mente ¥ el.sa,. Nel .. sj:stema .delraccertamento . del valore, e.fficace. aiá. fini .¥. delleá imp9ste dL registro .e dell'INVí.M;. l'interesse delle parti ¥ POJ;l comcidepte' (il.á venditoreá. tende ad. abbassare al . ~assimo.. la base . imponibile ai. firii 1NVIM,. mentre il compratore pi:i˜ avere interesse a definire un valore modŽratci perá non subire un J;irŽldev-0 troppo elevatci nel sucŽessi\io trasferimento); se á 1e . due parti si determ.in~O: . verso .comportamenti. diversi;; non vi ragione (e menoá che. mai una necessitˆ di ordine costituzionale). per ..riunificare oi˜ che si volutci diversifical:eL .á. . . ¥¥ ...áá. . . ...á . . . ¥.¥.. . . .á .á¥. á ... ¥á.. . . . . á..¥.¥.. á...¥. á Ma vi ¥. di¥á pi;á. V arie. norme á tributarie prevedono, con ácrescente. intensitˆ~ benefici Per il contribuente che non alimenta la l“t“giositˆ. Nelle imposte dirette le pene pecuniarie sono ridotte alla metˆ se la base imponibile definita perm ¨cata in;lp1,1,g11azione o per ri“)lJAcia.. al ricorso. prin;ia .¥della cie~ione (~rt. 54, dJ?.R.'. n. Q00/1973). Anafogaineil.te e disposto per l'imposta diregistro e di sue-á cessione (art. 71, d.P.R. i“~ 13l/1986; art; SO, d.P.R. 346/1990). lhfine l'art. 5 comma secondo e quarto del d.l. 27 aprile 1990 n/90 ptŽvede la ridilziorie anche dell'imposta ove non. si proponga . il ricorso o si dnunci ¥ ˆd esso, Come . evidente,. in. caso di obbligazione solddale ciascuno . dei debitori. fa le. ~t,t,eJUltonome.¥ scelt.e: perá fruire di queste opportunitˆ. Ma queste scelte sono eyic!enteinente incompatibili con il beneficio dl un .futtirci . giudicato pi favcirevok . La seconda sentenza evidentemente esatta. Consentire á ˆl contnibuente cheha lasciato dec.orrere il termine dell'impugnazione di proporre una impugna-zione tardiva che si agganci all'impugnazione tempestiva di altro condebitore,. significherebqe reintrodurre il principio della supersolidarietˆ. CARLO BAFILB 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudicato diretto meno favorevole vanno equiparate le situazioni che si determinano per effetto della mancata opposizione al decreto ingiuntivo o all'avviso d'accertamento; equiparazione possibile, con riguardo all'effetto conseguente al mancato ricorso contro l'avviso d'accertamento, per il fatto che ci˜ determina, per il contribuente, una preclusione ad ulteriori contestazioni sull'elemento del rapporto tributario costituito dalla sua base imponibile. NŽ, secondo la decisione in esame, costituiscono idonei argomenti a favore della tesi contraria quelli che muovono dalle conseguenze cui dˆ luogo una diversa determinazione dell'imponibile in confronto ai condebitori solidali, trattandosi delle stesse conseguenze che si producono quando, nei confronti dei condebitori, si formano giudicati diversi. Sull'argomento tornata di recente la prima sezione con la sentenza n. 2575 del 29 marzo 1990, decidendo una controversia che, diversamente da quella qui in esame, aveva ad oggetto la questione circa l'autonomia, o meno, delle vicende relative alla determinazione dell'imponibile ai fini dell'INVIM rispetto a quelle concernenti l'imponibile per l'applicazione della (diversa) imposta di registro. Come si giˆ rilevato, tale questione estranea al thema decidendum prospettato in questa sede e, pertanto, indifferente ai fini della decisione. Ma, avendola la Corte risolta, nella citata sentenza, nel senso che, con riguardo all'INVIM ed ai fini della determinazione del valore finale dell'immobile trasferito, il venditore, ancorchŽ non abbia impugnato l'accertamento di maggior valore notificatogli per l'imposta di registro, pu˜ comunque avvalersi, a norma dell'art. 1306 e.e., degli effetti favorevoli della decisione che, resa nei confronti dell'acquirente (coobbligato al pagamento dell'imposta di registro), abbia annullato o ridotto quell'accertamento, essa ha dovuto affrontare anche l'altra questione, aperta con la soluzione data alla prima e che aveva formato oggetto delle contrastanti sentenze n. 4725/88 e 1725/89, circa l'applicabilitˆ del secondo comma dell'art. 1306 e.e. tra condebitori solidali della stessa imposta (di registro), quando uno soltanto di essi abbia impugnato l'avviso d'accertamento. C˜n riguardo a questo specifico problema, l'ultima sentenza si uniformata alla prima (n. 4725/88). Permesso che scopo della norma di far prevalere l'autoritˆ della sentenza, quale espressione di giustizia in quanto proveniente da un terzo in veste di giudice, su ogni altro titolo e non di risolvere conflitti tra sentenze, si affermato che sarebbe arbitrario escluderne l'applicazione quando, nei confronti di chi la invoca, vi sia stato un accertamento amministrativo non pi impugnabile, sia perchŽ tale esclusione non prevista nel testo della norma, sia perchŽ la decisione giurisdizionale riveste maggiore autoritˆ rispetto all'atto unilaterale della P.A., la quale, come ha speciali diritti funzionali che assicurino nella maniera pi ampia e spedita il perseguimento delle sue PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 375 finalitˆ nell'interesse collettivo, cos“ -per la stessa ragione - obbJigata all'osservanza di particolari doveri, quali quelli d'imparzialitˆ e di -correttezza in base ad un principio fondamentale, etico-giuridico, che s'impone in ogni rapporto, specialmente di diritto amministrativo. Una norma che fosse interpretata nel senso di escludere, nel caso in esame, l'effetto estensivo del giudicato favorevole (che abbia accertato l'oggettiva ingiustizia della pretesa e che implica il dovere, di diritto oggettivo, della P. A. di correggerla nell'esercizio dei suoi poteri di autotutela) non si sottrarrebbe a gravi sospetti d'illegittimitˆ costituzionale, negata (v. ord. n. 544/87 della Corte Costituzionale) sol. perchŽ si ritenuto che il .condebitore non impugnante possa invocare la disposizione contenuta nell'art. 1306, secondo comma e.e. 4. -Il . problema di legittimitˆ costituzionale degli artt. 49 e 55 del d,P.R. 26 ottobre 1972 n, 634 e dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, nella parte in cui non prevedono l'effetto estensivo dell'impugnazione proposta da uno dei coobbligati non ricorrenti, stato sottoposto alla Corte Costituzionale, una prima volta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost. ed una seconda volta in relazione agli artt. 53 e 97 Cost., ed in entrambi i casi la Corte Costituzionale (ordinanze n. 544 del 17 dicembre 1987 e n. 870 del 21 luglio 1988) ha giudicato infondata la questione, ritenendo che il condebitore inerte possa comunque avvalersi della facoltˆ concessagli dall'art. 1306, secondo comma, e.e., applicabile in materia essendo l'obbligazione solidale tributaria, per costante giurisprudenza, non diversa della obbligazione solidale di diritto comune. La rilevanza di tali pronunzie non sta, certo, nella interpretazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 1306 e.e., che non vale a privare il giudice della controversia del potere suo proprio d'interpretare le norme che ritenga applicabili al caso concreto; ma nel Ç segnale È che da esse proviene in ordine alla legittimitˆ costituzionale delle norme denunciate e di un sistema tributario che consenta all'Amministrazione di prelevare dal patrimonio di uno dei condebitori una imposta fondata su un imponibile che, nella ipotesi in esame, comune a tutti i coobbligati e che una decisione giudiziale ha determinato, nella sua oggettivitˆ, in misura diversa dalla unilaterale determinazione operata dall'Amministrazione. Trattasi di un ÇsegnaleÈ (che il giudice della controversia non pu˜ non recepire, posto che il giudizio di costituzionalitˆ compete alla Corte Costituzionale) nel senso che, ove interpretasse l'art. 1306, secondo comma, e.e. -com' nei suoi poteri -in modo che ne risulti negata la estensibilitˆ a favore del coobbligato che non abbia autonomamente impugnato l'avviso d'accertamento, difformemente da quanto la Corte Costituzionale ha mostrato di ritenere, aprirebbe inevitabilmente la via ai denunziati sospetti d'incostituzionalitˆ. rAITTzmr.AJ.fMjjá-~-T-&Jll' --~--,,~ .-áx-r..--á-á ,,... ~---@'fft ff"t.mfjf'diJ , }:=:,..... ..,.. .. ~,Y..-.-AM ..ITTfilYAfilMMl , ,,,. ... x ...Millf.t.fJMZ"..@j 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La circostanza che, fra pi coobbligati, uno abbia impugnato l'avviso d'accertamento e l'altro sia rimasto inerte pu˜ forse consentire di prescindere sia dall'art. 3 Cost. (poichŽ ad una iniziale situazione di uguaglianza dei coobbligati, cui la legge attribuisce pari poteri d'impugnazione, succede una situazione di disuguaglianza che non nella norma ma dovuta esclusivamente al diverso comportamento tenuto, di fatto, dai coobbligati) sia dall'art. 97 Cost., perchŽ, analogamente, l'Amministrazione si rivolge, con l'atto d'accertamento, imparzialmente a tutti i coobbligati e la situazione, che successivamente si verifica in termini di (apparente) parzialitˆ, conseguenza non dell'attivitˆ dell'Amministrazione, ma del diverso comportamento di fronte ad essa tenuto dalle parti. Peraltro, la questione di legittimitˆ costituzionale, se prospettata con riferimento all'art. 53 Cost., non potrebbe ritenersi manifestamente infondata (e dovrebbe, quindi, rimettersi al giudizio della Corte Costituzionale), ove, attraverso una riduttiva interpretazione del secondo comma dell'art. 1306, si pervenisse alla conclusione accolta nella sentenza I n. 1725/89 della prima sezione. Il principio della capacitˆ contributiva, sancito dall'art. 53 Cost., ha I portata generale e va osservato nella imposizione indiretta come nella fil imposizione diretta, con la sostanziale differenza che, per quest'ultima, la capacitˆ contributiva espressa dai redditi personalmente e individualmente prodotti da ciascuno dei contribuenti, mentre, nel caso d'imposte sui trasferimenti, il fatto rivelatore della capacitˆ contributiva costituito dal valore trasferito, che il medesimo per chi trasferisce e IIr per chi acquista, ossia da un dato considerato dalla legge nella sua oggettivitˆ, in quanto riferito al bene che oggetto del trasferimento ed avente un unico e determinato valore indipendentemente dai maggiori o minori redditi delle parti assoggettate alla imposizione diretta. i ~ Se, dunque, attraverso l'atto di trasferimento le parti, con riguardo alle imposte indirette che questo deve scontare, rivelano la stessa capacitˆ contributiva rappresentata da un unico, comune indice, esse non possono essere chiamate a concorrere alle spese pubbliche, con il pagamento in misura diversa dell'imposta, senza che il principio sancito dall'art. 53 Cost., non ne rimanga leso. Tali considerazioni, che potrebbero non rilevare per l'INVIM, in quanto in tal caso l'indice rivelatore della capacitˆ contributiva non un dato comune alle parti, bens“ quello personale proprio del solo alienante, costituito dell'incremento che il suo patrimonio riceve per effetto dell'alienazione, non appaiono, invece, superabili nel caso d'imposta di registro, di cui qui si controverte, non potendo l'alienante trasferire un valore che non sia il medesimo che l'acquirente riceve. áá áá á 5; ~:Alf“ne di stabilire se laá qust“˜:ri. di lg“ttim“tˆ ¥á costitnzionale, J)oc1ami .prospettata~¥¥¥siat¥¥ oppur no.,áá.¥rilevantŽá¥¥rtllaá¥presente¥áác~ntroversia, J>iln.a &1m)'.>fŽ~S/deveosservat'S“;-inhan.Zi tutfo, che rapplicahilitˆntr~versia t()neltisˆ con =~¥¥:~r;1~r.E riflessa (fel.giqdfcttt() 6.i~r ~lios, $~)}<~áquando quelprest;tpposto ~u.ssiste si po!le il .Prqblenut. se l'applicazione della norma Iitcontta ¥áun. (ulterl<>. re) limite nella á. definitivitˆ di un . titolo non giudiziale, in particolare ;qtjimdo' questci sia.. c6stifwta dai un atto .áád'accertamento tributanQ non Jrilpugnafo dˆ;~ cont'l~l:>it˜ttfchŽ alla pt"etesa deli'AfnmiriisttˆZiorie opp˜rt :aa;;~-~-=~~i~~~di- Ie in discussi'.~~ la v~Uditˆ .di .uná negozio costittithifr di˜bbligaziontáás~ Iidalf_..:. tledˆ di potersi giovˆre delgiudicato favorevole,. ottenut& dal-. Ji!il.tro ci˜ndebitore, difffoUe sostenete. Il negozfo C˜stitiiisce essoá stesso Jaáá fonfo dell'obbligazf˜ne, peráá cui questaᥥviene menaáááunaáá¥volfa cadu~ .c:ato ilrlegozio;ámei:ffrŽ .:r:~HC> d'accettamento di vrucir~ postula áunaá obbli~ .gazione giˆ sorta pet" legge al momentQ: {anteriore) in cufsi veriffoato ilprŽsupp˜sta ae1t~ imposizioneááá la¥¥ c:ad:ticaifonŽ dell'atto á d'accert~menfo 1ascfa tutfa.yiˆ >in Vita l'obbligazfone' >giˆ sortˆ: appunto. per questo -~fpone if pr&bfotha,c~eá questa¥ Corte ááclamata .a ánsolvere, .. se, .per il 11~~~~~~T~1l'1~~~~u#~~~'tii~~: D'altra parte¥ .no~, . sufficiente affer.lare, se~a incom~re.áá.in . UJ;la jpetiziqne
  • RUbBNZA TRIBUTARIA '.381 consentito da una norma (l'art. 1306, secondo comma) che, disciplinando nel senso che si . detto il meccanismo processulae delle obbligazioni solidali; priVilegia il momento. della genesi unitaria dell'obbligazione rispetto á alla sua struttura pluralisti˜a. All'applicazione delsecondo comma dell'art. 1306 non osta, infatti, Ia circostanza che il condebitore non abbia impugnato l'atto d'accerta' mento rendendolo definitivo nei ¥suoi confronti. Al riguardo, sono stati posti in evidenza, da un lato, il valore relativo di questo tipo di definitivitˆ in correlazione ai fattori che incidono sulla sua fñrmazione, posto che l'accertamento un atto amministrativo e, quindi, ancorchŽ incontestabile circa la individuazione dell'imponibile. cui si collega il credito dell'amministrazione, non pu˜ restare insensibile avicende giudiziali attinenti al medesimo imponibile; dall'altro, l'insussistenza di una pretesa equiparazione tra la efficacia preclusiva dell;atto am1llillistrativo definitivo e l'efficacia di cosa giudicata propria delle decisioni ádegli organi giurisdizionali. La prima si concreta unicamente nella perdita del potere, da parte del condebitore inerte, di tutelare la propria posizione sostanziale mediante l'instaurazione del giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie sulle pretese dell'Amministrazione. In altri termini, il condebitoreá non ricorrente non pu˜ validamente esercitare una immediata tutela della sua posizione sostanziale (nel caso in . esame: di soggetto. passivo della obbligazione solidale d'imposta complementare di registro), per essere scaduto il termine previsto per quel tipo di tu.tela. Ma, questo soltanto esseri.do l'effetto preclusivo della mancata opposizione, essa nori interferisce con la áfacoltˆ concessa al condebitore di opporre il giudicato favorevole formatosi nei confronti del condebitore opponente ai sensi dell'art. 1306, secondo comma, e.e., com' stato prima i:qterpretato, purchŽ quel giudicato non sia fondato sopra ragioni personali al condebitore. La utilizzazione del ... termine per opporsi all'accertamento, da parte di uno e non anche dell'altro dei condebitori solidali, non costituisce Ç ragione personale È della decisione sulla opposizione e non osta, quindi, sotto questo profilo, alla estensione c1el giudicato ai sensi del secondo comma dell'art. 1306, poichŽ la norma fa evidente riferimento alle ragioni personali di merito che attengono alla obbligazione in sŽ. NŽ Ç ragione personale È ad uno dei .condebitori . quella. che determina la eliminazione o il ridimensionamento dell'atto d'accertamento, quando questo investe un'obbligazione avente la propria fonte e la propria causa nell'unico atto che ha dato luogo .al trasferimento di ricchezza e si sostanzia nella determinazione del valore trasferito, che il medesimo per l'alienante e per l'acquirente, in. modo da costituire l'antecedente di quella obbligazione in relazione a tutte le-parti dell'atto di :trasferiment0. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 382 Invero, l'esercizio dei poteri di attuazione del prelievo tributario, riconosciuti dalla legge all'Amministrazione, diretto, nel caso in esame, alla quantificazione o all'accertamento dell'esistenza del presupposto impositivo del tributo di registro, che, in quanto tale, attiene non al singolo vincolo obbligatorio, ma all'intero rapporto solidale d'imposta; analogam,ente, l'impugnazione di un condebitore ha l'effetto di promuovere la determinazione giudiziale della ricchezza trasferita, la quale non investe il singolo vincolo obbligatorio fatto valere in giudizio, ma tutto il rapporto solidale d'imposta che in quella base imponibile trova il suo fondamento. 9. -PoichŽ, come si rilevato, l'art. 1306, secondo comma e.e., alla cui operativit~ non di ostacolo la unilaterale determinazione dell'imponibile contenuta nell'atto d'accertamento non impugnato dal condebitore, norma che . regola il meccanismo processuale della solidarietˆ, ci˜ costituisce la giustificazione ma, al tempo stesso, il limite della sua applicabilitˆ. Se, invero, a differenza del concreditore (che pu˜ Çfar valereÈ la sentenza favorevole pronunziata fra altro concreditore e il debitore), il condebitore non pu˜ che ÇopporreÈ (ossia far valere in via di eccezione) la sentenza pronunziata tra il creditore ed un altro condebitore (il .che postula una iniziativa del creditore nei suoi confronti) e se opporre tale sentenza costituisce una mera facoltˆ che egli libero di esercitare oppure no, il pagamento che egli abbia effettuato, prima o dopo il formarsi del giudicato favorevole nei confronti del condebitore, costituisce esercizio negativo e consumazione di quella facoltˆ, impedendo che possa successivamente ripetersi quanto sia stato in tal modo pagato. 10. -Le accolte conclusioni sono coerenti sia ai precetti costituzionali, e principalmente al principio sancito dall'art. 53 Cost., sia alla disciplina delle obbligazioni solidali. L'art. 1306 va, infatti, coordinato con la regola fondamentale dettata in materia di solidarietˆ passiva dall'art. 1292, primo comma, per cui il singolo debitore, provvedendo a pagare quanto da lui dovuto, libera anche gli altri; e la norma verrebbe elusa se si consentisse all'Amministrazione di rivolgersi al contribuente inerte per riscuotere una somma maggiore di quella che, se nel frattempo fosse stata pagata dall'altro condebitore, avrebbe estinto l'intero ~credito. (omissis) . II (omissis) Con atto notarile registrato il 4 aprile 1977, Michele De Rosa vendette a. Maria Rosa Dote un appartamento, per il quale l'ufficio del PARTB I, SEZ> V; áGIURISPRUDENZA' TRIBUTARIA registro. di Vallo della áLucania notific˜.¥alle parti avviso d'accertamento, elevando da otto a venticinque milioni di lire il valore finale. Contro l'accertamento proposero separati ricorsi la Corte, tempestivamente, e il Deá Rosa, fuori termine -.... alla commissione tributaria di primo gr:adq, la q.i;lile, riuniti i ricorsi; ridusse il valore accertato, di; bja,fando che la riduzione estendeva i suoi effetti al De Rosa,. nonostante che á¥egli avesse proposto il ricorso fuori termine.¥ . Tale decisione fu confermata dalla commissione di secondo grado e, poi, dalla commissione tributaria centrale, la quale, premesso che i. giu@ ci di pri1Uo e di secondo grado avevano. implicitamente accolto l'eccezione dell'ufficio circa la intempestivitˆ del ricor:so proposto dall'alienante, ha .ritenuto che essi ave.ssero legittimamente esteso a quest'ultimo il risultato. del giudizio di valutazione conseguito dall'acquirente. Dopo avere.. rilevato che la solidarietˆ tributaria 11on. differisce da quella diAiri#O coajrine á (la. cui .ádisciplina, .. sostanziale áe . processuale, .applicabile . alfa prrll1a) e che non dˆ. luogo. aá litisconsorzio .necessario nŽ impone l'integrazione d.el contraddittorio, la commissione centrale ha affermafo che fa estensione suddetta non intacca la struttura della solidarietˆ tributaria, pôchŽ, . essendo identico per tutti il debito d'imposta, identico dev'essere il valore, attesa la stretta correlazione fra tale valore e il debito che ne deriva; ed ha aggiunto che l'essere l'alienante non solo debitore solidaie con l'acquirente per il pagamento dell'imposta di registro, ma anche debitore unico dell1INVIM, non ostava alla estensione, essendo quest'ultima agganciata alla prima in virt dell'art. 6, secondo comma, del d¥P.R. n. 643/72. Secondo la commissione centrale era, quindi, operante l'art. 1306 e.e., a norma del quale la . sentenza pronunciata fra il creditore ed uno dei condebitori in solido non ha effetto Ç contro È gli altri condebitori, ma . efficace verso. di loro, se favorevole; Contro tale decisione ál'Amministrazione delle finanze ha proposto, in base a tre motivi, ricorso per cassazione, la cui trattazione stata rimessa alle Sezioni Unite, essendovi, sul punto della estensibilitˆ degli effetti della pronuncia resa nei confronti di un .contenditore d'imposta anche agli altri rimasti estranei al giudizio, contrasto di giurisprudenza manifestatosi nelle sentenze ádella. prima sezione n. 4725 del 21 ááluglio 1988 e n. 1725 dell'll aprile 1989. Il contribuente non ha svolto attivitˆ difensiva in questa sede a l'Amá ministrazione ricorrente ha depositato memoria. La ricorrente -. denunciando con il primo motivo, la violazione dell'art. 112 c.p.c. e dell'art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -deduce che il De Rosa, oppostosi tardivamente all'accertamento, si era limitato a contestare la congruitˆ del valore accertato e che per ci˜ la commissione di primo grado avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilitˆ dell'op 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pos1z1one e non affrontare la questione (non prospettata) della possibilitˆ per l'opponente di giovarsi della decisione che sarebbe stata pronunciata sul ricorso tempestivamente proposto dall'altro condebitore. Il vizio della decisione di primo grado si era, poi, trasfuso nelle decisioni successive, compresa quella della commissione tributaria centrale, che l'hanno onfermata sul punto. Trattavasi, infatti, di questione che esulava dai limiti della controversia e che si sarebbe potuta porre solo quando l'amministrazione avesse preteso dal De Rosa il pagamento del tributo liquidato sull'intero valore accertato. Comunque -prosegue la ricorrente con il secondo motivo, denunziando la violazione dell'art. 1306 e.e. e dell'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 -la possibilitˆ che il condebitore opponga al creditore la sentenza ottenuta da altro condebitore solidale incontra un limite in specifiche preclusioni processuali o procedimentali, quale quella costituita da un avviso d'accertamento non impugnato tempestivamente, che rende incontestabile il debito tributario del condebitore inerte, per il quale viene a determinarsi una personale decadenza. Tale debito, secondo la ricorrente, comunque incontestabile ai fini dell'INVIM, in relazione alla quale non vi sono altri condebitori solidali. Osserva la Corte che la questione prospettata con il secondo motivo, sulla cui soluzione si determinato il contrasto di giurisprudenza che ha giustificato la rimessione della controversia a queste Sezioni Unite, non viene in rilievo nel caso concreto, dovendosi il ricorso accogliere, nei termini che verranno di seguito precisati, per ragioni preliminari ed assorbenti, dalle quali le decisioni delle Commissioni tributarie, compre sa quella qui impugnata, risultano viziate in radice. Invero, l'art. 1306 e.e. -sulla cui applicabilitˆ verte il contrasto fra la sentenza n. 4725 del 21 luglio 1988 {secondo la quale la definitivitˆ del- l'acertamento di maggior valore nei confronti di uno dei contraenti, per non avere impugnato il relativo atto nel termine perentorio previsto con decorrenza della notificazione a lui effettuata, non gl'impedisce di beneficiare dell'effetto riduttivo di quel valore, che l'altro contraente abbia ottenuto in esito al ricorso contro l'accertamento medesimo, e quindi d'impugnare l'avviso di liquidazione che non abbia tenuto conto di tale giudicato) e la sentenza n. 1725 dell'll aprile 1989 (che, con riguardo alla stessa situazione, si orientata in senso opposto) -statuisce che la sentenza pronunziata tra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori, ma che costoro possono opporla al ácreditore, salvo che sia fondata su ragioni personali al condebitore. Presupposto della norma non solo che tra il creditore ed uno dei con debitori solidali sia -stata pronunciata sentenza, ma che il creditore chie da al condebitore rimasto inerte il pagamento dell'intero debito. In tal 3'85 caso>soltanto' qt.testl á interessata a re$pin$ete gJLeffetti della .¥ sentenza favo~\l;ole ~. ctelfitore .á ~ ad opporglila sŽntenza ˆ luk. sfavorevole. In e,tttrl.\:n:lbe. le .¥¥. i};lotesi, it)fatti1 M pagall1ento Ž'~gu.ito:>dal oondebito~ in d~!iífofŽ:..'í(fsb :jj. cdtldfllbftñre¥. f“rnasto¥.¥eSttarte˜.¥. al giU(lizfoá¥á acqUista, ai fiill i'litˆ; (la p~e lek condel:rl,tore ineJte, della sen~ tsta~ á , . . . . . J86 RASSEGNA J)ELL'AVVOCATURA ))ELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE,. Sez. Un., 4 luglio 1991, n. 7331 ¥ Pres. Brancacá .cio ¥ Est. Rebuffat ¥ P. M. Amatucci i(conf.). ¥ Ministero delle Finanze (avv. Stato Mangia) c. Parise. Tributi in genere ¥ Contenzioso tributario ¥ Competenza e giurisdizione Imposte dirette ¥ Rimborsi ¥ Emissione di vaglia cambiario della Banca d'Italia ¥ Smarrimento ¥ Azioni per il pa~amento della somma corriá spondente ¥ Giurisdizione ordinaria. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 42 bis; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 1). Tributi erˆ'riali á diretti ¥ Rimborsi ¥ Emissione di vaglia cambiario della Banca d'Italia ¥ Smarrimento ¥ Azione per il pagamento della somma corrispondente ¥ Legittimazione passiva della Amministrazione finaná ziaria ¥ Sussiste. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 32 bis; r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 66). Vna volta che l'Amministrazione finanziaria ha disposto il rimborso dell'imposta (e, a norma dell'art. 42 bis del d.P.R. n. 602/1973, sia stato spedito al contribuente vaglia cambiario della Banca d'Italia che sia andata smarrito), il corrispondente credito del beneficiario resta enucleaá to dal rapporto tributari˜ estraniandosi dalla Ç materia tributaria È devoluta alla giurisdizione delle commissioni; conseguentemente l'azione per il pagamento della somma dovuta a titolo di rimborso, inerente alla vicenda estintiva del credito e non al fondamento del credito stesso resta nella giurisdizione del giudice ordinario (1). Ove venga proposta azione per il pagamento di somma dovuta a titolo di rimborso di imposta dopo che, a norma dell'art. 42 bis del d.P.R. n. 602/1973 stato emesso e spedito vaglia cambiario della Banca d'Italia andato smarrito, la legittimazione passiva spetta all'Amministrazione fiá nanziaria in quanto l'emissione del vaglia cambiario non nova l'obbligai. ione di rimborso 1(2). (1-2) Sentenza che non persuade e che appare in sŽ contradittoria. áIl coná tribuente che, disconoscendo .he l'emissione del vaglia abbia effetto solutorio, promuove un'azione per il pagamento, propone evidentemente una controversia di imposta. Poco rileva che l'Ufficio abbia giˆ riconosciuto l'obbligo di rimborsare. ed emanato atti diretti ad estinguere il debito. L'azione di rimborso, che tende al conseguimento di una sentenza di condanna, sempre attinente al rapporto di imposta, anche se l'obbligo di ri.mborso non contestato. Non pare quindi accettabile la distinzione tra Ç vicenda estintiva del credito È e Ç fondamento del credito medsimo È. Ci˜ porterebbe ad ammettere che la á giurisdizione ordinaria possa essere utilizzata come fase esecutiva dell'accertamento (magari anche con giudicato) del rapporto di imposta. La seconda massima contraddice alla prima: se, escludendo l'effetto nova tivo dell'missic>ne del vaglia cambiario della Banca d'Italia, si qualifica la dcr manda proposta come azione causale di adempimento, -alla quale passiva PAltm I, SBZ. v; 'Gltl'RISPRUDENZA TRIBUTARIA '387 (omissis) 'Instando presso il Conciliatore di Roma per l'emissione, a carico del Ministero deHe Finanze, di decreto áingiuntivo del pagamento, oltre a spese, di lire 502.0001 Mario Parise, con ricorso irt data 7 luglio 1987, deduceva: che con lttera raccomandata dell'll giugno 1986, la Banca d'Italia, su disposizione del Ministero delle Finanze, gli aveva spedito vaglia speciale per quell'importo; quale rimborso d'ufficio di imposta sul reddito delle persone fisiche concernente la dichiarazione dei recl,diti :relativi. all'anno 1981; che, con nota deí suc~ssivo 23 h.i.glio, la .Banca -medesima gli _aveva comunicato che quella .. lettera, con l'allegato vaglia, erano stati trafugati j:la ignñti e l'aveva ip.vitato ad avviare la procedura di ai:ni:nortamento del titolo al fine di ottenerJ:\e il pagarp.ento; cl;te, nonostante egli avesse provveduto agli incoIJ!I?enti richiesti ed av_es" se poi dichiarato per iscritto apocrifa la firml.l di. girata per l'incasso risultante saj titolo reperito, la Banca, con lettera del 14 novembre 1986 gli aveva negato il pagamento; che, con lettera raccomandata. a.r. del 19 novembre 1986, egli aveva .invitato il Ministero delle Finanze a dispor: re un nuovo ordine di pagamento maá la richiesta era rimasta senza riscontro..á. L'ingiunzione era emessa con decreto in dMa 12 settembre 1987, e, col prefato ricorso, era notificata all'Amministrazione 'finanziaria il gior no 28 seguente. Con citaziorte notificata il 17 ottobre 1987, il Ministero deHeá Finanze vi si opponeva, eccependo la carema di giurisdizione del giudice ordina. rio e, in subordine; il proprio ádifetto di legittimazione passiva. á Deduceva, al riguardo, che se si discutsse sulla debenza o meno di un rimborso di ufficio della imposta ásul reddito, la questione rientrerebbe nella giurisdizione delle ácommissioni Tributarie, mentre, se la questione attenesse alla presunta responsabilitˆ per la perdita del vaglia speciale, esso Minister˜ sarebbe del .tutto ,estraneo a. tale vicenda. . ~ ' . .á Il Parise insisteva nella domanda. Il Conciliatore, con sentenza pubblicata il 1_6 ;niaggio 1988, rigettava l'opposizione . .mente, legitthnata l'Amministrazione finanziaria, non si potrˆ negare che essa inerente al rapp0rto, di imposta dal quale ha origine l'obbligazione di rimá borso di cui áási.á chiede l'accertamento (poco importa che non sia contestato) e la cortseguente condanna. á á á á á Sarebbe pericoloso ammettere che in ogni jpotesi di riconoscimento di un obbligo di rimborso, . che potrebbe peraltro áessere modificato eon atto sucá cessivo (art. 43 . d.P .R.. 602/1973), .si possa profilare .¥ una reintroduzione á della 'giurisdizione ordinaria .sulla controversia di imposta, il. che peraltro in con trasto con l'orientamento della giurisprudenza che, se mai, tende ad un ampliaá mento della giurisdizione . speciale. ' ' ;388 á -RASSEGNAá Dl3LL'AVVOCATUM DEIJ.0 STATO Avverso tale decisione, il Ministero medesimo ricorso per cassazione sulla base di due motivi. ~l Parise non ha esperito difese innanzi a questa Corte. ¥Sono state presentate note di udienza per il ricorrente. Motivi della decisione Nella sentenza itiipugnata, premessosi che l'Amministrazione dello Stato non ha contestato il suo obbligo di rimb˜rso, si osserva che, ki . seguito dello smarrimento del vaglia che lo eseguiva, l'Amministrazione stessa pu˜ essere convenuta innanzi al giudice ordinario; in quanto essa ástessaáha spedito quel titolo e poi si rivolta al Parise perchŽ provvedesse ˆll'ammortamento, cos“ dimostrando il suo interesse alla normalizzazione á della situazione. Il ricorso per cassazione indirizza due motivi di censura alla narrata pronunzia. Il primo le addebita la violazione e la falsa applicazione degli artiá coli 1 e 16 del d.P.R; 26 ottobre 1972 n. 636 nonchŽ Çl'omessa pronuncia su punto decisivo della controversia, con riferimento all'art.. 360 n. 5 c.p~o. È. Sostiene, -in proposito che la controversia appartenga alla giuri sdizione delle Commissioni tributarie. Il motivo non fondato. Una volta che l'Amministrazione abbia disposto il rimborso delle im poste, anche tramite la procedura automatizzata (artt. 42 e 42 bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, . nel testo risultante dalle modifiche e integrazioni introdotte con la L. 31 maggio 1977 n. 247 (art. 1) e con il d.L 30 dicembre 1979 n. 660 (art. 10) convertito con L. 29 febbraio 1980 n. 31), il corrispondente credito del beneficiario resta enucleato dal rapporto tributario, estraniandosi da quella Ç materia di imposte È che l'art. 1, lett. a/i, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 devolve alla giurisdiá zione delle Commissioni tributarie. In tal guisa, la lite che insorga sulla vicenda estintiva di quel credito, e non sul fondamento del credito medesimo, non presenta quel momento essenziale di collegamento con la cennata giurisdizione, in vista del quale debba essere sottratta all'ordinario giudice dei diritti (art. 102 Cost. Rep.). H secondo motivo del ricorso denuncia la violazione dell'art. 100 cod. proc. civ. nonchŽ l'insufficienza e la contraddittorietˆ della motivazione. Al riguardo, opina che il Ministero delle Finanze sia carente "della Jeg~ttimazione passiva ad causam e che il tema relativo sia stato risolto dal Conciliatore in modo del tutto superficiale e con affermazioni errate, persino postulando che l'emissione del titolo per il rimborso dia luogo a una ásorta di novazione che trasforma il rapporto da Ç tribu tario È a Ç lite ordinaria È. Anche questo motivo carente di fondamento. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Deve chiarirsi, in primo luogo e in rettifica della riportata, ultima obiezione del ricorrente, che l'enucleazione del credito in questione dalla materia tributaria discende dal provvedimento di rimborso, -che prende atto di una sostanziale, corrispettiva carenza iniziale del rapporto d'imposta -, e non dalla successiva emissione del titolo cambiario della Banca d'Italia. La novazione, prospettata dal ricorrente in funzione critica, deve essere esclusa anche per altro verso, che incide sulla legittimazione passiva ad causam. Nel meccanismo del rimborso tributario tramite procedura automatizzata (art. 42 bis del d.P.R. n. 602/1973 cit. e successive modificazioni), non esiste deroga alla regola generale della permanenza dell'azione causale scaturente dal rapporto che diede origine all'emissione della cambiale (art. 66 del r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, applicabile al vaglia cambiario della Banca d'Italia in base all'art. 90 del r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736) -i(in generale, del resto, per la mancata emanazione del regolamento di esecuzione. non ha avuto pratica esecuzione l'articolo unico della L. 23 ottobre 1962 n. 1775 che, prevedendo, la commutabilitˆ -Ç nei limiti e con le modalitˆ che saranno stabilite con decreto del Ministro per il tesoro È -dei titoli di spesa in vaglia cambiari non trasferibili della Banca d'Italia, stabilisce che l'emissione di quei titoli Çestingue il debito dello StatoÈ) -. Escluso, dunque, che l'ordinativo di pagamento dell'Amministrazione finanziaria e la successiva emissione del vaglia cambiario da parte della Banca d'Italia novino, oggettivamente e/o soggettivamente, l'obbligazione di rimborso, sostituendole un rapporto meramente cambiario e/o imputato passivamente solo alla Banca d'Italia, conseguenziale affermare la legittimazione dell'Amministrazione medesima a contraddire nel giudizio concernente il pagamento del corrispondente credito, cos“ come ogni debitore pu˜ essere chiamato a rispondere in giudizio del mancato adempimento. Quanto osservato convince che il ricorso merita il rigetto. (omissis) PARTE SECONDA RASSEGNA.. DIááLEGISLA.ZIONE . . . QUESTIONI. Dl LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I ¥ NORMlfDiHIARATE INCOSTITUZIONALI .ácodice civile, art.1916; nella. parte in cui consente all'assicuratore. di. avvalersi, nell'esercizio del diritto ..di. surrogazione nei confronti del terzo responsabile, anhe del“e ásomme da questi dovute all'assicurato .a titolo di risarcimento del danno biologico; Sentenza 18 luglio 1991, n; 356, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. codice ivile, art; 2120, otta:vo comma, lett~ b) [come novellato dall'art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297], nella parte in cui non prevede la possibilitˆ di concessione dell'anticipazione in. ipotesi di acquisto i. itinere .comprovato c9n mezzi idonei a dimostrarne l'effettiVitˆ. á á á á á á Sentenza 5 aprile 1991, n. 142, G. U. 10 aprile 1991, n. 15. codice di procedura civile, art. 313, primo comma, nella parte in cui non prevedŽ che l'atto introduttivo del giudizio debba coritŽ:O:ere, tra l'altro l'indicazione della scrittura privata Žhe l'attore offre in comunicazione. Sentenza 24 maggio 1991 n. 214, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. codice di procedura ivile, art. 442, nella parte in cui non prevede che il giudice, .quando¥ pronuncia sentenza diá condanna al pagamento. di somme di denaro per ereditLrelativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare oltre gli interessi nella misura . legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito; applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le con,dizioni legali di responsabilitˆ dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'adeinpimŽrito. Sentenza 12 aprile 1991, n. 156, G. U. 17 aprile 1991, n. 16. codice di :Procedura J.>enale, art. ~SO, settimo comma, limitatamente all'inciso Çsalvo quanto prerlsto ciali'art. 503;á C:omma 3È. Sentenza 12 giugno 1991, n. 259, G. U. 19 giugno. 1991, n. 24. codice di procedura penale, art. 442, secondo comma, ultimo periodo. Sentenza 23 aprile 1991, n. 176, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. codice di procedura penale, art. 443, secondo comma, nella pa:rte iri cui staá bilisce che l'ifuputato non pu˜ proporre appello contro le sentenze di condanna a una pena che comtinque non deve essere eseguita. á Sentenza 23 luglio 1991, n. 363, G. U. 31 luglio 1991; n. 30. 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma, [convertito nella I. 9 gennaio 1939, n. 41], nella parte in cui non prevede la facoltˆ di riscattare i periodi corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento del diploma di tecnico-fisioterapista e della riabilitazione, rilasciato dalle scuole universitarie dirette a fini speciali, quando il titolo sia stato richiesto quale condizione necessaria per la relativa ammissione in servizio. Sentenza 29 marzo 1991, n. 133, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma [convertito in legge 9 gennaio 1939, n. 41], nella parte in cui non prevede la facoltˆ di riscattare i periodi corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento dell'attestato abilitante all'attivitˆ di educatore professionale, rilasciato da presidi del servizio sanitario nazionale ovvero da strutture universitarie, quando il detto titolo siasi reso indispensabile per l'accesso, nel pubblico impiego, alle inerenti mansioni. Sentenza 18 giugno 1991, n. 280, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 7, primo comma, n. 2 [nel testo sostituito con l'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153]. Sentenza 2 maggio 1991, n. 189, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, nella parte in cui non prevede la possibilitˆ, per la indennitˆ premio di servizio, della successione Ç ex lege È qualora manchino le persone indicate nella stessa norma. Sentenza 10 luglio 1991, n. 319, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. d.I. 30 agosto 1968, n. 918, art. 18, secondo comma, convertito, con modificazioni, in legge 25 ottobre 1968, n. 1089, nella parte in cui esclude dal beneficio degli sgravi contributivi le imprese industriali operanti nel Mezzogiorno d'Italia, relativamente al personale dipendente le cui retribuzioni non siano assoggettate a contribuzione contro la disoccupazione involontaria, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Sentenza 12 giugno 1991, n. 261, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 4, lett. b) [modificato dal d.I. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39], nella parte in cui esclude dal diritto ai benefici dell'assicurazione obbligatoria, per quanto riguarda i danni alle persone, il coniuge, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali o adottivi delle persone indicate alla lettera a), nonchŽ gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado delle medesime quando convivano con esse o siano a loro carico. Sentenza 2 maggio 1991, n. 188, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, terzo comma, nella parte in cui non prevede la diretta applicabilitˆ al personale navigante delle Ç imprese di navigazione È dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 7 della medesima legge. I Sentenza 23 luglio 1991, n. 364, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. I I 'I ! 19 PARTB. II, RASSEGNA DI DOTTRINA legge 22á ottobre 1971, n¥."865; art. 121 quinto comma [cos“ ¥comeᥠmodificato dalla legge 28. gennaio 1977, n. 10], nella parte in cui non prevede che l'espropriante, in alternativa al pagamento dell'indennitˆ accettata dall'espropriato, possa esperire entro sessanta giorni opposizione ai sensi dell'art. 19. Sentenza 22 aprile 1991, n. 173, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. legge 30 dic~bre 1971, .n. 1204, art. 17, seconcJ,o comma, nella parte in cui pet le. lavoratrici con contratto di lavoro a tempo. parziale di tipo. verticale su base annua,. allorquando ¥ il periodo di astensione obbliga.toria abbia . inizio pi di 60 giorni dopo la cessazione della precedente fase di lavoro, esclude il .diritto all'indennitˆ . giornaliera di maternitˆ, anche in relazione ai previsti successivi periodi di ripresa dell'attivitˆ lavorativa. Sentenza 29 marzo 1991, n. 132 G. U. 3 aprile 1991, n. 14. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art.. 56, 11ltJmo comma, in relazione agli articoli 60, 21, terzo coinmaJ.l 22 dellalegge. 7 gennaio 1929, n. 4, nella Parte in cui stabilisce che l'accettamento dell'imposta divenuto definitivo a seguito .di decisione di una commissione tributaria faccia stato nel giudizio penale relativo al reato previsto dal primo comma, dell'art. 56 del d.P.R. 29 settembre 1973, rt. 600. Sentenza 12 giugno 1991, n. 258, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. c:l.P.R. 29 dicntbre “973, n. 1092, áart. 4, primo coinma, nella parte in cui non consenteal personale ivi contemplato he al raggiungimento del limite di etˆ per il collocamento a riposo nori abbia compiuto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, di rimanere in servizio su richiesta fino al conseguimento di tale anzianitˆ minima, e comunque non oltre il 70¡ anno di etˆ. Sentenza 18 giugno 1991, n. 282, G. U. 26 .giugno 1991, n. 25.. d.P;R. 29 :dicembre 19'73, n. 1092, art. 13, primo comma, nella parte in cui non comprende, tra i periodi di tempo riscattabili ai fini del trattamento di quiescenza, quello corrispondente alla durata dei corsi di preparazione per il reclutamento di impiegati delle Amministrazioni statali, organizzati e tenuti dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. Sentenza 12 giugno 1991, n. 257, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. iegge á 26 luglio 1975, n. 354, art. 56 [come modificato dall'art. 19 della legge 10 ottobre .1986, n. 663], nella parte in cui non prevede che, anche indipendentemente dalla detenZione per espiazione di pena o per custodia cautelare, al onc:tanhato possano á essere rimesse le spese del procedimento se, in presenza del presupposto della Ç disagiate condizioni economicheÈ .¥ abbiaserbato in libertˆ tina Ç condotta regolare È, á á Sentenza 15 luglio 1991, n. 342, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, art. 2, primo comma [convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91], nella parte in cui non consente la computabilitˆ dell'indennitˆ di contingenza su elementi retributivi diversi da quelli previsti dalla contrattazione collettiva prevalente nel settore dell'industria [illegittimitˆ sopravvenuta dal 28 febbraio 1986]. Sentenza 26 marzo 1991, n. 124, .G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 91, n. 6, nella parte in cui non esclude dalla riserva allo Stato le funzioni amministrative concernenti le Ç piccole derivazioni È di acque pubbliche. Sentenza 12 giugno 1991, n. 260, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 7, primo comma, nella parte in cui non consente al lavoratore, affidatario di minore ai sensi dell'art. 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184, l'astensione dal lavoro durante i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia affidataria, in alternativaá alla moglie lavoratrice. Sentenza 15 luglio 1991, n. 341, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 17, nella parte in cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennitˆ integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti. Sentenza 22 aprile 1991, n. 172, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, allegato 2, nella parte in cui non prevede l'iná quadramento nella posizione funzionale di farmacista coadiutore del personale proveniente dagli enti ospedalieri e trasferito alle unitˆ sanitarie locali che era in servizio, nell'ente di provenienza, alla data del 20 dicembre 1979, con la qualifica di farmacista collaboratore. Sentenza 26 marzo 1991, n. 123, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. legge 1 aprile 1981, n. 121, art. 43, diciassettesimo comma, tabella c allegata, come sostituito dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569, nonchŽ nota in calce alla tabella, nella parte in cui non includono le qualifiche degliá ispettori di polizia, cos“ omettendo la individuazione della corrispondenza con le funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell'arma dei carabinieri. Sentenza 12 giugno 1991, n. 277, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. legge 26 settembre 1985, n. 482, artt. 2 e 4, primo e quarto comma, nella parte in cui non prevedono, per le indennitˆ di buonuscita erogate dall'Opera previdenza e assistenza. a favore del personale delle ferrovie dello Stato, che dall'imponibile da assoggettare ad imposta vada detratta una somma pari alla percentuale dell'indennitˆ di buonuscita corrispondente al rapporto esistente, alla data del collocamento a riposo, tra i~ contributo posto a carico dell'iscritto e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato ai sensi dell'art. 36, nn. 1 e 2, della legge 14 dicembre 1973, n. 829, cos“ come integrato dalla legge 20 marzo 1980, n. 75. Sentenza 30 maggio 1991, n. 231, G. U . .5 giugno 1991, n. 22. legge reg. Bmllia'-Romagna 27 gennaio 1986, n. 6, -art. 18, primo comma. {come modificato dall'art. 13 della legge regionale Emilia-Romagna 26 luglio 1988, n. 29]. Sentenza 24 maggio 1991, n. 213, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. .PARm II, RASSEGNA DI OOTIRINA ~l. 3 lilˆggio 1988, n. 141), art. 18, primo comma [convertito nella legge. 4 luglio 1988, n. 246], limitatamente alle parole " sino alla copertura dell'aliquota a ciascuna di esse spettante È. Sentenza 18 giugno 1991, n. 281, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. legge reg. Lombardia 4 luglio 1988, n. 39, artt. 3, secondo comma, 5, primo comma, e 6. Sentenza 24 maggio 1991, n. 212, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 27. Sentenza 6 giugno 1991, n. 250, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, primo comma, come modificato dall'art. 46 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12, limitatamente alle parole . Ç o per irrilevanza del fatto a norma dell:art. 27 È. Sentenza 6 giugno 1991, n. 250, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. d. lgs. 28 luglio 1989, n. 272, artt. 26 e 30, primo comma. Sentenza 6 giugno 1991, n. 250, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. legge reg. Marche 26 aprile 1990, n. 31, art. 34, secondo comma. Sentenza 24 maggio 1991, n. 213, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. d.L 31 ottobre 1990, n. 310, art. 2-bis, secondo comma, secondo periodo (Ç le relative procedure e criteri sono stabiliti con decreti del Ministro del Tesoro È). Sentenza 18 giugno 1991, n. 284, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. legge 9 gennaio 1991, n. 19, art. 6. Sentenza 12 giugno 1991, n. 276, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. legge 15 gennaio 1991, n. 30, art. 1, secondo comma. Sentenza 16 luglio 1991, n. 349, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice penale, art. 164, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 luglio 1991, n. 361, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. codice di procedura penale, art. 27 (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). Sentenza 12 giugno 1991, n. 262, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO codice di procedura penale art 79 e legge 24 dicembre 1969, án. 990, art. 24, in relazione agli artt. 329 e 335 del codice di procedura penale; nella parte in cui dette norme escludono che il giudice penale possa, nel corso delle indagini preliminari, decidere sulla istanza di assegnazione di una somma di denaro da imputarsi alla liquidazione definitiva de1 danno da incidente stradale (artt. 3, 24; primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). Sentenza 2 maggio 1991, n. 192, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. codice di procedura penale, art. 170 (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1991, n. 211, G. U. 22 maggio 1991, n. 20. codice di procedura penale, art. 178, lett. c) (art. 24 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1991, n. 353, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. codice di procedura penale, art. 270, primo comma (artt. 3 e 112 della Costituzione). á Sentenza 23 luglio 1991, n. 366, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. codice di procedura penale, artt. 357, secondo comma, lett. b) e 503, terzo comma (artt. 24, secondo comma, 76 e 77 della Costituzione). l Sentenza 12 giugno 1991, n. 259, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. codice di procedura penale, art. 364 (artt. 24, secondo comma, e Costituzione) . Sentenza 12 giugno 1991, n. 265; G. U. 19 giugno 1991, n. 24. codice di procedura penale, art. 409 (artt. 24, secondo comma, e Costituzione). Sentenza 16 luglio 1991, n. 353, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. codice di procedura penale, art. 416, secondo comma (artt. 24, 101 e 102 della Costituzione). Sentenza 5 aprile 1991, n. 145, G. U. 10 aprile 1991, n. 15. codice di procedura penale, art. 422 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 2 maggio 1991, n. 190, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. codice di procedura penale, art. 429 (artt. 25, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1991, n. 347, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. codice dJ.. procedura ..penale, art. 443, terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1991, n. 363, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. ! I 77 della I 112 della I I PARm II, RASSEGNA DI OOTI'RINA codice di procedura penale, art. 443, quarto connna (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1991, n. 230, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. codice di procedura penale, artt. 447, 448 e 563, nella parte in cui non prevedono che, nella fase delle indagini preliminari, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell'art. 444 dello stesso codice, sia emessa in pubblica udienza (artt. 3 e 76 della Costituzione). Sentenza 6 giugno 1991, n. 251, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. codice di procedura penale, artt. 459, 460 e 461. Sentenza 15 luglio 1991, n. 344, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. codice di procedura penale, art. 486, quinto com.ma (artt. 102 e 112 della Costituzione). Sentenza 29 aprile 1991, n. 178, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. codice di procedura penale, art. 554, secondo comma (artt. 101, secondo comma, 112 e 97 della Costituzione). Sentenza 12 giugno 1991. n. 263, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. codice di procedura penale, artt. 567, 208, 503 e 506 (artt. 76 e 3 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1991, n. 221, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. codice di procedura penale del 1930, art. 566, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 5 luglio 1991, n. 311, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. codice penale militare di pace, art. 195, secondo comma, ultima parte (artt. 24, secondo comma, 25, secondo comma e 27, primo comma della Costiá tuzione). Sentenza 13 maggio 1991, n. 203, G. U. 15 maggio 1991, n. 19. codice penale militare di pace, art. 233, primo comma, n. 1 (artt. 27, primo e terzo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 29 aprile 1991, n. 179, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1991, n. 368, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 6, ultimo cpv. (artt. 3 e 51 della Costituzione). Sentenza 5 luglio 1991, n. 310, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, primo e secondo comma (artt. 3, 32 e 38 della Costituzione). Sentenza 18 luglio 1991, n. 356, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, sesto e settimo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 18 luglio 1991, n. 358, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 218 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza: 24 maggio 1991, n. 216, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 22 (artt. 3, 38, secondo comma, e 53 della Costituzione). Sentenza 2 maggio 1991, n. 194, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24 e codice di procedura penale, art. 79, in relazione agli artt. 329 e 335 del codice di procedura penale, nella parte in cui dette norme escludono che il giudice penale possa, nel corso delle indagini preliminari, decidere sulla istanza di assegnazione di una somma di denaro da imputarsi alla liquidazione definitiva del danno da incidente stradale (articoli 3, 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). Sentenza 2 maggio 1991, n. 192, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 11, primo e terzo comma, e 12, secondo, terzo e settimo comma [cos“ come modificata dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10] (art. 24 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1991, n. 173, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 75 (artt. 24 e 76 della Costituzione). Sentenza 29 aprile 1991, n. 181, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 76, terzo comma (artt. 42, secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1991, n. 131, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 66, primo comma. Sentenza 24 maggio 1991, n. 219, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 5 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1991, n. 126, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. legge reg. Toscana 3 febbraio 1975, n. 10, art. 9 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 29 marzo 1991, n. 135, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. PARTE II, .RASSEGNA DI DOTTRINA 2J legg~ 26áluglio 1975tn. 3~, art. 54,. primo comma (sostituito dall'art. 18 della legge 10 ottobre 1986, n, 663). Sentenza 16 luglio 1991, n. 352, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. legge 2Z dicembre 1975¥ n. 685, adt. 11, 72 e 72-quatet (artt; 3, 25, 27 e 32 dei“a Costituzione).áá áá á á á á á Senten.za 11 luglio 1991, n. 333; G.U. 24 luglio 1991; n. 2!>; legge 3o aprile 1976, n. 386, art. 10, secondo co:nm:ia (art. 3 della Costiti.tzione). Sentenza 30 maggio 1991, n. 233, .G. U. 5 giugno 1991, n. 22. legge. 28 gennaio 1"77, n. 10, art. 9, lett. d) (artt. 3 e 23 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1991, n. 296, G. U. 3 luglio 1991, n. 26. legge reg. Umbria 31 maggio 1977, n. 23, art. 17 (artt. 3, 24, 33 e 117 della Costituzione). á Sentenza 15 luglio 1991, n. 346, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. legge reg. Veneto 14 luglio 1978, n. 30, art. 2, secondo comma (art. 117 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1991, n. 125, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. legge 3 aprile 1979, n. 95, art. Z.bis, per la parte in cui non esclude la prededuzione c;lei .á c~diti . garantiti ¥ dallo Stato e fatti valere nei confronti della societˆ in amministrazione straordinaria con l'azione di regresso (art. 3 della Costituzione). á á Sentenza 24 maggio 1991, n. 218, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. legge 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 29 aprile 1991, n. 183, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge reg~ Toscana 15 marzo 1980, n. 17, art. 38, primo comma, lett¥. q) (art. 117 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1991, n. 365, G. U. 31 luglio á 1991, n. 30. legge 23 aprile 1981, n. 154, art; 2, secondo e qutnto co:mma: (artt. 3 e 51 della Costituzione). Sentenza 5 luglio 1991, n. 309, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. combinato diiposto legge 23 aprile 1981, n. 155, art; 16, legge 31 maggio 1986 (recte: 1984) n. 193, art. 1 e d.L 30 dicembre 1987, n. 536, art. 5, qUlnto comma: [ conv. in legge 29 febbraio 1988, n. 48] (artt. 3, primo comma, e 37 della Costiá tuzione). Sentenza 29 marzo 1991, n. 134, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 26 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ.O STATO legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 57 e d.I. 3 maggio 1988, n. 140, art. 11, primo comma [conv. in legge 4 luglio 1988, n. 246] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 aprile 1991, n. 159, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 24 [ conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 5, 53, 81, quarto comma, 97, 119 e 128 della Costituzione). Sentenza 2 maggio 1991, n. 193, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge reg. Lazio 11 maggio 1984, n. 19, art. 4 (art. 81, quarto comma della Costituzione). ' Sentenza 26 giugno 1991, n. 294, G. U. 3 luglio 1991, n. 26. d.I. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 2, ventiseiesimo comma [convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 5 aprile 1991, n. 144, G. U. 10 aprile 1991, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, terzo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 15 ,luglio 1991, n. 345, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. legge reg. Emilia-Romagna 15 maggio 1987, n. 20, art. 61, primo comma, lett. d) (art. 117 della Costituzione). á Sentenza 16 luglio 1991, n. 350, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. ; dJ. 3 maggio .1988, n. 140, art. 11, primo comma [ conv. in legge 4 luglio 1988, n. 246] e legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 aprile 1991, n. 159, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 37, secondo comma (art. 76 della Costiá tuzione). á Sentenza 29 aprile 1991, n. 182, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. d.lgs. 28. luglio 1989, n. 271, art. 158 (artt. 101, secondo comma 112 e 97 della Costituzione). ' Sentenza 12 giugno 1991, n.. 263, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. . d.lgs,, 28 luglio 1989, .n. 272,, art. 30 (art. 3 della.. Costituzione). Sentenza 29 marzo 1991, n. 136, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. legge 21 febbraio 1990, n. 36, art. 2, secondo comma (art. 3 della Costituzione) . . ' . ~e11ter.:a 18' giugn() 1991, n. 285, o. u"" 26 giugno , 1991, n. 25. ' áá legge 11 ááaprile 1990, n. 73, art. 3, primo coilima, lett. e), ¥n. 1 (art. 3á della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1991, n. 215, G. U. 29 maggio 1991; n. 21. l i I I PARTB li, RASSEGNA DI DOTTRINA d.P.lt.: 12 aprile 1990, ii. 75; art. 3, ptno. conuna; lett. e); n~ 1 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1991, Ii. 21s, G. u'. 29 maggio 1991, :il.. 21. legge 8 giugno 199o, 1[ 142, artt. 14 e 15 (artt. 3, 117, 118 e 128 della Costiá tuzione). Sentenza “S il1glio 1991, n. 343, G, U. 31 lu~lip 1991, n. 30. legge reg. Siclllil. 5 sette'mbre 1990, n. 35, art. 20, ptno comma, lett. c) (art. 17 statuto reg. sicilianll). á á .á á Sentenza 23 luglio 1991, n. 367, G. U'. 3~ luglio 1991, n. 3Q. dJ. 15 settembre 1990, n. 26i, art. á1, prlmo comma [convertito in legge 19 novembre 1990, n. 334] (artt. 117, 118, 119, 3, 81, ultimo comma, e 97 della Costiá tuzione); Scinteiiza 18 giugno 1991,'n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. d.l. 15 settembre 1990, án. 262, art. 1, ~eeondo comma, ultima parte [convertito in legge 19 novembre 1990, n. 334] (artt. 119 e 81 quarto comma, della Costiá tuzione). Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U.ááá26 giugno .1991, n. 25. d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, ptno periodo [convertito in legge 19 novembre 1990, n. 334] (artt. 81, quarto comma e 116 della Costituzione). Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, secondo periodo [convertito in legge 19 novembre 1990 n. 334] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, terzo periodo [convertito in legge 19 novembre 1990, n. 334] (art. 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, ultimo periodo [convertito nella legge 19 novembre 1990, n. 334] (art. 117 della Costituzione). Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 3 [convertito nella legge 19 novembre 1990, n. 334] (artt. 81, quarto comma, e 116 della Costituzione). Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. dJ. 31 ottobre 1990, n. 300, artt. 2 e 2-bis, ptno comma (artt. 117, 118, 119, 81, 3, 5, 28, 97 e 115 della Costituzione). Sentenza 18 giugno 1991, n. 284, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 19 novembre 1990, n. 341, artt. 2, 4, 9, 10, quarto comma e 16, secondo e quarto comma (artt. 8, nn. 1, 26 e 29; 9, n. 2; 16, primo comma; 19, primo e ultimo comma; 52, ultimo comma; 100 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 2 maggio 1991, n. 191, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge 19 novembre 1990, n. 341, artt. 3, secondo e quarto comma, e 6, secondo com.ma, lett. a) e c) (artt. 8, nn. 1, 26 e 29; 9, n. 2; 19, primo comma, dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 2 maggio 1991, n. 191, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. legge 29 dicembre 1990, n. 431, artt. 1 e 2 (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 12 giugno 1991, n. 264, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. legge 15 gennaio 1991, n. 30, artt. 5, primo, secondo, quinto e settimo comma; 7, terzo comma; 9 e 10 (artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige) . Sentenza 16 luglio 1991, n. 349, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. legge 8 marzo 1991, n. 81, art. 22 (art. 116 della Costituzione e art. 2, lett. u) ed r) dello Statuto speciale Valle d'Aosta). Sentenza 18 luglio 1991, n. 360, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. Atouaáá~áái>aJbz'iderivazibfitá~ááconc~$.sibni¥fi'UJ6Vdteááe prñr˜gkte ~ Decpf:r~rtza. Se lt\ disposizione dell'art. 2 L. n. 42/52 sulla decorrenza della rinnova 11~~~~-~T.J~at=~ ~b~~~(~K~ :ft:¤~~~f;~'tf~t“~vyt~ 7~/~ñf.~qe:nte ~á tnlggon? e>rigine Al>PAl.,'fQ ((;oN'J'l&TTO .DJ) . -.á 4.ggiudicazione .a raggruppamento .di imprese. ¥ áá Sostituziˆne di una delle apffetttenenti afátaggááá.ru.P:.P.inento ... Se áásia pd9$iliile. ... .~cPelllil,. iPQte~LtM a~gi.c;ij~iqne Cli appajto. ad . a$~()ciazione t(ilmpor. imei Cli)tji:Prese .ex. L. 11á SS4/77, ¥¥Pe>ssa. su,})entfa.re i4 u:na: delle. appar~ rientiááaj xl:lggfilppame:nt9 aggiudictt~“:ltic> un1:1 nuova ii:rfpresa, (Cs 9923/90). á.á áá .. áá .á.......á .á á .. á... áááá.á.á.á.á á.'.. . .á áá..áá.á...á.á . . .. á á.á á.á.áá.áá.á.á .. .;.áá. á.á ,. AssfoUR!ZloNJ! " .R:.C. 4uto!¥ ásinistro comportante lesioni petsonaliJnvalidanti. Obbtig“ifdell'assfoura.tof'e ~Sanzioni dfcui afti'art. 3~ V111 CO~, L. n. 39/77. Se, in. caso di sinistro comportante lesioni ápersonali invalidanti, sussistano a cario dell'assicuratore gli obblighi previsti dajl'art. 3 L. n. 39/77, con <:~s~ente applicabilitˆ delle ¥ sanzioi ivi irrogate per il cii:so di mancato riSpetto degli/stessi (Cs 9515/89). á. Ano ~I?olISfRATIV() ááá~á Autorizzazione ¥ Produzione di paste alim.entari á á destinatŽ all'esportazione. ¥ Contenuto deiá poteriá della P; A. .e commerciabilitˆ nei Pae.si Comunitari, . Entro¥ (luaji áá lb~iti . debba essete ricompreso ilá sindacato . dell'Ammi: nistraz“one i:d fini delJilascio Qrtaiione; ... se ¥ (letti prodotti possano essete ˜jijtett() áá di commercirumazi˜ne á nei Paesi della¥á ComUnitˆ Europea á(Cs 9825/90).. CoMU?otIT! nUROJ'EB -. Assistenza tra.gli Stati ..membriá.á Recupero rediti ¥ Misure cautelari -In forza di. quale titolo possano essere richieste. In forza di .quale titolo possa essere richiesta ad altri Stati membri delle Comunitˆ europee l'adozione di misure cautelari a garanzia del futuro recupero di creCliti nell'ambito .á della assistenza reciproca (Cs 1339/91). j j RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Dm.J..O STATO -Compensazioni per ritiro di prodotti dal mercato ¥ Associazioni d' produttori -Irregolaritˆ -Revoca dei riconoscimenti -Sospensione ~l o annullamento della revoca -Effetti. In materia di aiuti comunitari spettanti alle associazioni di produttori per ritiro di prodotti dal mercato, quali misure debbano essere adot ¨ tate in caso di sospensione o di annullamento del provvedimento che, in seguito ad irregolaritˆ riscontrate, aveva revocato i riconoscimenti (Cs 7910/90). CONTABILITË PUBBLICA ¥ Contratti con impegni pluriennali ¥ Anticipazioni Se debbano essere frazionate con riferimento all'impegno annuale, ovvero all'intero importo contrattuale. Se le anticipazioni pattuite con riferimento a contratti con impegni pluriennali debbano essere commisurate alla quota parte di ciascun impegno annuale, ovvero all'intero importo contrattuale (Cs 2329/91). EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA ¥ Alloggi costruiti in base alla L. n. 9/52 ¥ Cessione in proprietˆ a soggetti non appartenenti alle categorie beneficiarie. Se sia possibile procedere alla cessione in proprietˆ di alloggi di edilizia economica e popolare costruiti in base alla L. n. 9/52 a dipendenti dell'Amministrazione finanziaria, che ebbero ad occuparli benchŽ non appartenenti alle categorie beneficiarie indicate da detta Legge (famiglie non abbienti e non proprietarie rimaste senza tetto in dipendenza .dei fenomeni metereologici dell'estate 1951) (Cs 390/91). ESECUZIONE FORZATA ¥ Atto di precetto -Cessazione dell'efficacia ¥ Spese e diritti di procuratore -Se siano dovuti. Se siano dovuti i diritti procuratori e le spese per gli atti di precetto dei quali sia cessata l'efficacia ai sensi dell'art. 481 c.p.c. (Ct 1420/88). -Pignoramento presso terzi -Pubblica Amministrazione terza pignorata -Danni ˜ disagi patiti in occasiOne della procedura esecutiva instaurata nei confronti del pubblico dipendente ¥ Indennizzabilitˆ o applicabilitˆ di sanzioni disciplinari. á á á Se, nell'ipotesi di procedura . esecutiva instaurata nei confronti del pubblico dipendente, la Amministrazione che rivesta la qualitˆ di terzo pignorato possa agire per ottenere indennizzo dei danni o disagi patiti in conseguenza della procedura esecutiva; se, .per gli stessi motivi, siano applicabili nei confronti del dipendente sanzioni disciplinari (Cs 3482/90). ESPROPRIAZIONE P.ER PUBBLICA UTILITË ¥ Indennitˆ. di. espropriazione . Determinazione -L. n. 385/80 -Declaratoria di in.costituzionalitˆ -Se spetti la rideterminazione. á á á á Se ed in quali casi ai proprietari di immobili espropriati; per i quali sia stata determinata la indennitˆ di espropriazione a' sensi dell'art. l L. n. 395/80, spetti la rideterminazione di detta indennitˆ in seguito alla declaratoria di incostituzionalitˆ di detta norma (Cs 931/91). PARTE II, CONSULTAZIONI FALLIMENTO ¥ Procedure concorsualiá ¥ Amministrazione straordinaria á Cessione di azienda -Applicabilitˆ dell'art. 2560 e.e. Se, in caso cli, cessione di azienda avve:i;mta . nel corso di procedura di amministrazi()ne straordinaria, sia ..o mep.o . appli11bile il disposto dell'art. 2560 e.e., che prevede la responsabilitˆ del cessionario peri debiti risultanti dai libri contabili (Cs 7969/90). á á á áá á FAMIGLIA -Matrimonio ¥ Regime patrimoniale ¥ Comunione legale ¥ Depositi postali. Se il regime di comunione legale tra coniugi trovi applicazione anche per i diritti di credito sorgenti dall'apertura di un deposito postale (Cs 7362/90). IMPIEGO PUBBLICO ¥ Costituzione del rapporto -Requisiti ¥ Cittadinanza á Lavoratore straniero ¥ Artista -Ente Teatro San Carlo di Napoli Se possa essere as.sunto ccm rapporto a tempo indeterminato. Se l'artista straniero possa essere assurti:<> dall'Ente Teatro San Carlo di Napoli con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, stante la natura pabblieistica del rapporto con gli Enti Liriei (Cs 700/90)> . -Dipendenti Aziende e Amministrqzioni dello Stato a ordinamento autoá nomo -Accordo di coinparto 1990 -Patrocinio legale del dipendente. Se . l'accordo di comparto del personale dipendente dalle Aziende. e Amministrazioni delloá Stato ad ordinamento autonomo, recepito dal D.P.R. 4 agosto 1990, n. 335; abbia innovato, all'art. 20, alla disposiziC>ne dell'art. 44 T.U. n. 1611/1933 regolante i casi e le modalitˆ di esercizio del patrocinio dci dipendenti statali da parte della Avvocatura dello Stato (Cs 9731/90). -'-D“pendenti dll Ferrovie dello Stato -Regime antecedente e succes. sivo alla legge n. 210/85 -D'estituij.one di diritto -Se si applichi .la L. n. 19/90. " Se trovi applicazione nei confronti dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato, tanto prima che dopo l'entrata in vigore della L. n; 210/85, la L. n. 19/90 in materia di destituzione di diritto (Cs 2438/91). á ..;.;.. ImpzŽgati non di ruoli> dello Stato -Destituzione ai dititto Se sia aritota ln vigore . .á.á á á á Se, a seguito della Sentenza n. 971/88 della Corte Costituzionale e dell'entrata in vigore della L. 7 febbraio 1990, n. 19, sia tuttora in vigore l'art. 7 del D. Lgs. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207 concernente la destituzione di diritto degli impiegati non di ruolo dello Stato (Cs 9901/90). ' -Inquadramento ¥ Tecnici ÇatipiciÈ dipendenti dell'Ente regionale di sviluppo, agricolo della Campania. Come debbanoá essere inquadrati taluni tecnici Çatipici È dipendenti dell'Ente regionale di sviluppo agricolo ádella Campania (Cs 1779/91); ... .. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PENSIONI -Pensioni ordinarie a carico dello Stato -Crediti Rivalutazione ed interessi legali -Se e in che misura siano dovuti. Se, in quale misura e con che decorrenza siano dovuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sui crediti di pensioni ordinarie a carico dello Stato (Cs 5893/90). PREVIDENZA -Invalidi civili -Provvidenze assistenziali -Interessi e rivalutazione monetaria -Se spettino. Se spettino agli invalidi civili gli interessi e la rivalutazione monetaria sui benefici assistenziali per il periodo intercorrente tra la domanda di riconoscimento della provvidenza e la data di pagamento della I_Iledesima (Cs 2377/91). PROCEDIMENTO PENALE -Costituzione di parte civile -L. n. 3/91 -Se si applichi alla Regione Sicilia. Se la disposizione dell'art. l, co. 4, della L. n. 3/91, che prevede per la costituzione di parte civile dello Stato nei procedimenti penali la autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri trovi applicazione anche nei confronti della Regione Sicilia (Cs 2144/91). PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Forniture -Aggiudicazione a seguito di gara á Annullamento d'ufficio -Possibili esiti della gara. Se, a seguito dell'annullamento d'ufficio del provvedimento di aggiudicazione di una fornitura all'esito di gara di licitazione privata, l'Amministrazione sia tenuta a rinnovare l'intera procedura di gara, ovvero possa procedere alla aggiudicazione a favore del secondo migliore offerente, o, infine, se abbia facoltˆ di ricorrere, per la medesima fornitura, a trattativa privata (Cs 921/91). RESPONSABILITË CIVILE -Tutela aquiliana del credito -Estensibilitˆ ai contributi previdenziali ed alle ritenute fiscali. Se nel costo dell.a prestazione lavorativa della quale il datore di lavoro non ha fruito per fatto illecito del terzo possano essere computati anche i contributi previdenziali e le ritenute fiscali operate quale sostituto di imposta (Cs 2376/91). TRIBUTI ERARIALI DIRETTI ¥ Riscossione -Iscrizione a ruolo parziale ex art. 15 D.P.R. n. 602/73 ¥ Sospensione ¥ Poteri dell'Intendente di Finam: a. Se sussista o meno il potere dell'Intendente di Finanza di disporre la sospensione della riscossione di imposte dirette iscritte parzialmente a ruolo ai sensi dell'art. 15 D.P.R. n. 602/73 (Cs 8912/90). I I I fil ~ PARTE II, CONSULTAZIONI TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI ¥ Imposta di bollo ¥ Titoli cambiari ¥ Aliquota agevolata per girate Ç senza garanzia È ¥ Estensibilitˆ alla girata Ç in biancoÈ. Se la cambiale girata in.á bianco sia equiparabile al titolo recante girata áá Çsenza garanzia È ¥ aiáá fini á.dell'applicazione dell'aliquota agevolata dell'imposta di ábollo áprevista dall'art. 10 bis della Tariffa (Cs 7487/90). -Imposta di registro á Demanio e patrimonio á Concessioni á Tassazione. A quale regime di tassazione siano sottoposti i contratti derivanti da rapporti concessori relativi a miniere, cave e torbiere (Cs 3813/90). -Imposta di registro -Preliminari di vendita con paga.mento di ac-1 conti á Art. 10 Tariffa allegata al TUIR á Se abbia o meno natural interpretativa. Se l'art. 10 della Tariffa á Parte prima allegata al TUIR (D.P.R. numero 131/86), sulla tassabilitˆ dei preliminari di vendita con pagamento di acconti sul prezzo, abbia o meno natura interpretativa (Cs 2966/91). -Imposta di registro ¥ Sentenza dichiarativa di usucapione immobiá liare -Accessioni . Tassabilitˆ. Se siano assoggettati all'imposta di registro anche i trasferimenti delle .accessioni all'immobile del quale sia dichiarata con sentenza la intervenuta usucapione (Cs 9641/90). -Impostaá di registro -Universitˆ statali . Se si applichi lo stesso trattamento delle Amministrazioni dello Stato. Se alle Universitˆ statali si applichi, ai fini dell'imposta di registro, lo stesso trattamento accordato alle Amministrazioni dello. Stato (Cs 3816/90). TRIBUTI (IN GENERALE) ¥ Contenzioso tributario á Richiesta di rimborso ¥ Proposizione dinanzi alla Commissione tributaria in scritti defensionali successivi al ricorso introduttivo -Se sia accoglibile. Se possa essere accolta .dalla Commissione tributaria. una richiesta di rimborso di tributi, corrisposti prima dell'esito del giudizio favorevole al contribuente, laddove la stessa non sia stata formulata nel ricorso iná troduttivo, bens“ in successivi scritti defensionali (Cs 1823/91). -Imposta di successione á Onorari notarili graduali ¥ Testamento ¥ Morte del notaio á Spettanza degli onorari agli eredi á Titolo. Se, in caso di decesso del notaio prima dell'apertura della successione con riferimento a testamento dallo stesso rogato, gli onorari graduali spettino agli eredi iure proprio, ovvero iure successionis (Cs 5061/90). 34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Sostituti d'imposta -Irregolaritˆ dei versamenti Rilevanza delle varie fattispecie. Nei confronti di chi possa agirsi, e quali rimedi possano esperirsi, nelle svariate fattispecie nelle quali si siano verificate irregolaritˆ nei versamenti di tributi da parte dei sostituti d'imposta; in particolare, nei casi di falsificazione materiale delle quietanze da parte del contribuente o delle matrici in possesso dell'Esattoria, ovvero di concorso di fatti dolosi e/o colposi dell'Esattore e del contribuente (Cs 3950/88). -Violazioni finanziarie -Misure cautelari -Ipoteca legale -Se sopravviva o meno all'entrata in vigore del nuovo C.p.p. Se la ipoteca legale prevista dall'art. 26 L. n. 4/29 quale misura cautelare per la ipotesi di violazioni finanziarie sia tuttora in vigore a seguito del disposto dell'art. 218 del D.L. n. 271/89 che ha abrogato la ipoteca legale prevista per illeciti penali (Cs 194/91). -Violazioni finanziarie -Misure cautelari -Societˆ di persone -Applicabilitˆ nei confronti dei soci-amministratori. Se siano applicabili contro i soci-amministratori di societˆ di persone, nei confronti delle quali siano state accertate violazioni alle leggi finanziarie, le misure cautelari previste dall'art. 26 L. n. 4/29 (Cs 699/89). TRIBUTI LOCALI -I.N.V.I.M. -Avviso di accertamento -Mancata o irregolare notifica da parte del messo comunale -Responsabilitˆ per danni. Se sia esperibile nei confronti del Comune azione risarcitoria per i danni derivanti da omessa tempestiva notifica da parte del messo comunale di avviso di accertamento relativo ad I.N.V.I.M. (Cs 510/91). -Tassa di smaltimento di rifiuti solidi urbani -Aree destinate a strade interne di uno stabilimento industriale -Se siano assoggettabili alla tassa. Se le aree destinate a strade interne di uno stabilimento industriale rientrino tra le Ç aree scoperte ad uso privato ove possono prodursi rifiuti È -soggette alla tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani -, ovvero siano da ritenere pertinenze o accessori dello stesso -esenti da tributo (Cs 1103/90). I I I ~ !: I' I