ANNO XLIII -N. 2-3 APRILE -SETTEMBRE 1991 


JRA��JEGrNA 
AWW(Q)CA1r1IJ1ffi.A 
JD)JEILIL(Q) �JrAJr(Q) 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

ISTITUTO POLIGRAFICO E. ZECCA DELLO STATO 
ROMA 1992 



ABBONAMENTI ANNO 1992 

ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 45.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 12.000 


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JSTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Marketing e Commerciale 


Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 


Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(4219024) Roma, 1992 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 
de//'avv. Franco Favara) .. pag. 139 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv. Oscar Fiumara) � 218 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E 
APPALTI (a cura degli avvocati Antonio Cingo/
o e Giuseppe Stipo) .. � 245 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
del/'avv. Raffaele Tamiozzo) � 303 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'
avv. Carlo Bafi/e) li 328 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
pag. 17 

CONSULTAZIONI 
. � 29 

Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia -
Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafani 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


ARTICOLI; NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


I. F. CARAMAZZA e F. SCLAFANI, La nuova disciplina degli stupefacenti al 
vaglio della Corte Costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 199 
A. CINGOLO, Revisione dei prezzi nell'appalto di opere pubblic!ie: posisioni 
giuridiche soggettive dell'appaltatore e determinazione del 
prezzo corrente alla data dell'offerta. . . . . . . . . . . . . . . . I, 257 

S. 
COGUANI, Il regolamento preventivo nell'ipotesi di difetto assoluto 
di giurisdizione: alCune riflessioni sui limiti di proponibilit� . . . . I, 245 
W. 
FERRANTE, �Modica quantit�>>, �dose media giornaliera� e �modesta 
entit�� nella detenzione di stupefacenti . . . . . . . . . . . . . I, 173 
A. Mtrr�RELLI, Applicabilit� del termine di efficacia per l'attuazione delle 
occupazioni d'urgenza agli interventi per opere pubbliche statali . I, 252 

PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE 

-Acque pubbliche -Piccole derivazioni 
-Risorse idriche per la produzione 
di energia elettrica � Funzioni. 
amministrative -Esclusione della ri 
serva alfo Stato -Illegittimit�, 161. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Revisione 
prezzi -Accertamento tabellare 
-Tabella utilizzabile -� quella 
riproducente i prezzi al momento 
dell'offerta -Compilazione in epoca 
successiva -� irrilevante, con 
nota di A. CINGOLO, 257. 

COLLEGI (AMMINISTRATIVI) 

-Verbale dell'adunanza -Atto pubblico 
-Efficacia privHegiata -Contenuto 
e limiti, 268. 

-Verbale dell'adunanza -Redazione 
ed approvazione da parte dello stesso 
collegio in data e in composizione 
diverse -Falsit� -Esclusione Illegittimit� 
-Ammissibilit�, 268. 

COMUNITA' EUROPEE 

-Aiuti di Stato -Conferimenti di 
capitali -Settore tessile -Abbigliamento, 
223. 

-Competenza della ,Corte di giustizia 
-Rinvio pregiudiziale da parte 
del giudice nazionale -Necessit� 
della pronuncia e pertinenza delle 
questioni -Valutazione del giudice 
nazionale, 238. 

-Direttiva in tema di imposte sulla 
raccolta di capitali -Diretta applicabilit� 
-Norma nazionale contrastante 
-Disapplicazione, 147. 

-Libera circolazione delle merci Diritto 
dei marchi -Pubblicit� ingannevole, 
218. 

-Organizzazione comune dei mercati 
nel settore del tabacco greggio Premi 
concessi agli acquirenti di 

tabacco in foglia -Invalidit� del 
regolamento che fissa un quantitativo 
massimo garantito -Retroattivit�: 
certezza del diritto e legittimo 
affidamento, 239. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizio di legittimit� in via incidentale 
-Intervento di chi non era 
parte nel giudizio a quo -Inammissibilit�, 
con note di W. FERRANTE 
e di I. F. CAMARAZZA e F. SCLAFANI, 

172. 
-Giudizio di legittimit� in via incidentale 
-Questione relativa ad una 
norma di legge in contrasto con una 
direttiva comunitaria direttamente 
applicabile -Obbligo del giudice a 
quo di disapplicare la norma nazionale 
-Inammissibilit� della questione 
per difetto di rilevanza, 147. 

DEMANIO 

-Beni culturali e ambientali -Alienazione 
di bene di interesse culturale 
da parte di privati -Prelazione 
dello Stato esercitata tardivamente 
-Artt. 32 e 61 legge 1089 del 
1939 -Presupposti, 303. 

ELEZIONI 

-Elezioni politiche e amministrative 
-Sindaco -Condanna penale Decadenza, 
163. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA' 

-Cava -Indennit� -Liquidazione Misura, 
279. 

-Occupazione di urgenza per la realizzazione 
di opere statali ex lege 
219/81 -Applicabilit� termine trimestrale 
per l'occupazione -Fattispecie, 
con nota di A. MUTARELLI 

251. 

INDICE ANALIJICO-ALFAllETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

-Occupazione illegittima -Accessione 
invertita -Decreto di esproprio 
emesso entro il termine di dichiarazione 
cli: pubblica utilit� -Effetti, 

270. 
-Occupazione illegittima .~ Accessione 
invertita ~� �Successivo .. decreto di 
esproprio -E.ffetti, . tJO. � 
~. Occupazione.� temporanea -Realizzazione 
dell'opera pubblica in assenza 
del decreto espropriativo -Conseguenze, 
279. 
-Opere ferroviarie -Aree con destinazfone 
edificatoria -Leggi speciali 
che determinano l'indennit� in 
misura ridotta -Inapplicabilit�, 278. 
-Territori gi� soggetti alla sovranit� 
italiana -Confisca di beni appartenenti 
a cittadino -Indennizzo Diritto 
soggettivo -Giurisdizione 
del giudice ordinario, 279. 

GIURISlHZI�NE CIVILE 

-Appalto di opere pubbliche -Revisione 
prezzi -Criteri liquidatori Valutazione 
discrezionale -Esclusione 
-Azione di ripetizione indebito 
-Incide su diritto soggettivo Giurisdizione 
del G. O., con nota 
di A. Cingolo, 257. 

-Danno alla sal.bdt� dell'ambiente 
-Costruzione di centrale termoelettrica 
-Legittimazione dell'ente 
territoriale (Comune) -Giurisdizione 
del giudice ordinario -Sussistenza, 
289. 

-Diritti sindacali -Diritti in senso 
stretto e diritti � correlati � -Regime 
antecedente all'entrata in V�igore 
della L. n. 146/90 -Cognizione 
del Giudice ordinario e del Giudice 
amministrativo, 266. 

-Giudizio contabile �. Enti pubblici 
economici -Criteri sul riparto di 
giurisdizione, 280. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Questioni attinenti alla configurabilit� 
dell'interesse fatto valere 
-Deducibilit� -Da parte della 

P.A. -Esclusione, con nota di S. 
COGLIANI, 245. 
IMPIEGO PUBBLICO 

- 
Decadenza -Art. 127 lett. d) del 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 -Presupposti, 
323. 
-Presso un ente pubblico non economico 
-Natura pubblica o privata 
del rapporto -Criteri di identificazione 
-Svolgimento della prestazione 
lavorativa nell'ambito dell'organizzazione 
tipica dell'ente Natura 
pubblica, 295. 

-Stipendi e assegni -Indebito (ripetizione) 
-Doverosit� -Buona fede del 
percipiente -Irrilevanza, 320. 

LAVORO 

-Assunzione di ldonei non vincitori 
di concorso -Riferimento alla normativa 
vigente al momento dell'assunzione 
e non al momento della 
domanda di concorso, con nota di 

G. 
STIPO, 291. 
-Ente '.Ferrovie -. Mancata assunzione 
-Controversia � -Competenza 
del giudice della sede centrale o della 
dipendenza, 290. 

-Procedure concorsuali di assunzione 
. -Principio . del possesso dei requisiti 
alla scadenza del termine di 
presentazione delle domande -Non 
vale dopo l'esaurimento della procedura 
concorsuale, con nota di G. 
STIPO, 291. 

- 
Sciopero, serrata e boicottaggio Precettazione 
illegittima � Domanda 
di risarcimento del danno -Lesione 
di interesse legittimo -Giurisdizione 
amministrativa, 302. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Sottoscrizione di documento a margine 
e non in calce -Volont� di 
adesione sino a prova contraria, 

296. 
OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) 

-Riserve dell'appaltatore -Contestazioni 
di natura tecnica e/o giuridica 
-Tempestivit�, 248. 

-Riserve dell'appaltatore -Inammissibilit� 
per tardivit� -Rilevabilit� 
su istanza di parte, 248. 

PENSIONI 

-Indennit� di funzione per i magistrati 
ed equiparati -Non pensionabilit� 
-Legittimit� costituzionale, 

144. 

1vm 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

POSSESSO 

,.--Azioni possessorie nei confronti della 
P.A.� Improponibilit�� Presupposti 
� Mancanza di un atto formale 
della P.A. dalla cui esecuzione de� 
rivi la lesione del possesso � Caso 
in cui anche lo spoliatus � un soggetto 
pubblico � Irrilevanza, 289. 

PREVIDENZA 

-Pensione di anzianit� � Requisito di 
trentacinque anni di contribuzione 
Legittimit� costituzionale, 152. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Giudizio per regolamento di competenza 
-Produzione di memorie � 
Inammissibilit�, 290. 

-Legittimatio ad causam � R:ilevabilit� 
su eccezione di parte tempestivamente 
formulata, 296. 

-Poteri della Cassazione � Esame dei 
profili nuovi non trattati nella fase 
di merito � Possibilit�, con nota di 

G. 
STIPO, 291. 
PROCEDIMENTO PENALE 

-Dichiarazioni spontanee rese dall'indiziato 
alla polizia senza l'assistenza 
del difensore � Utilizzazione 
ai fini di eventuali contestazioni Illegittimit�, 
159. 
-Revisione iniziata col vecchio rito Formula 
dubitativa -Inapplicabilit�, 
166. 

PROFESSIONI 

-Sanitario � Insegnante in Istituto 
di istruzione media superiore -Titolo 
di professore � Quando pu� essere 
usato, 275. 

REATO 

-Detenzione di stupefacenti in quantit� 
superiore alla dose media giornaliera 
� Pena detentiva � Violazione 
del dir�itto alla salute -Insussistenza, 
con nota di W. FERRANTE e 
di I. F. CARAMAZZA e F. SCLAFANI, 172. 

-Detenzione di stupefacenti in quantit� 
superiore alla dose media giornaliera 
� Reato di pericolo -Discre


zionalit� del legislatore -Incensurabilit� 
� Violazione del principio di 
offensivit� del reato -Insussistenza, 
con note di W. FERRANTE e di I. F. 
CARAMAZZA e F. SCLAFANI, 172. 


-Detenzione di stupefacenti in quantit� 
superiore alla dose media giornaliera 
� Violazione della funzione 
rieducativa della pena � Insussistenza, 
con note di W. FERRANTE e di I. F. 
CARAMAZZA e F. ScLi\FANI, '172. ' 

-Detenzione di stupefacenti in quantit� 
superiore alla dose media giornaliera 
� Violazione del principio di 
riserva di legge � Insussistenza, con 
note di W. FERRANTE e di I. F. CARA� 
MAZZA e F. SCLAFANI, 172. 

REGIONI 

I 

-Libera circolazione delle persone e ~ 
delle cose � Limitazioni ad opera 
di una regione � Divieto non assoluto 
� Leghtimazione a ricorrere di 

I

altra regione, 139. 

I 

TRASPORTI 

j

-Destinatario � Potere di agire per 
la riconsegna della merce o per il 
risarcimento in caso di perdita o 
avania � Prova sulla propriet� della 
merce � Non occorre, 296. 

-Ferrovie dello Stato -Giudizi in 
materia di responsabilit� amministrativa 
dei dipendenti -Criteri sul 
riparto� di giurisdizione � Fatti avvenuti 
prima o dopo l'istituzione 
dell'Ente F.S., 280. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

- 
IRPEF � Plusvalenza su immobile, 

147. 
- 
Rimborsi � Emissione di vaglia 
cambiario della Banca d'Italia � 
Smarrimento � Azione per il pagamento 
della somma corrispondente 
� Legittimazione passiva della 
Amministrazione finanziaria � Sussiste, 
386. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRBTTI 

-Imposta di registro -Accessioni 
Presw1zione di trasferimento � Esclusione 
� Requisiti, 343. 



INDICE ANAtTICO-ALFABETICO DEUA GIURISPRUDENZA 

,. 

-Imposta di registro � � \ntet'Pi'eta� ��..� �.. caria . acq't.ti$ita legittimamente ad 

zione degli atti <A.i:t, 1t<l:J:i,Jt 26 
ottobre 1972, n/~ ~ Crii;ri> 33,!k �. � 

-Imposta sul valore aggiuto -Rimborsi 
� Garanziit per la \estittizione.. 
~ roli.a flideiussoria \Clausola 

di.�.�.� ..�.m____ .. r_�_s.o_ a .r_i.chiesta �~iiz-a �c


~.-- 
...b(>�.

cez1one> . alcuna� � Cont tto autonomo 
di garanzia -In issibilitfli 
di eccezioni da part~ del garante, 
348. \ 

:.i.� Imp�sta stil valore aggiun. -Sanzioni 
.� Conti.nuazione -Appbabilit� 
�� a violazioni commesse in di~rsi periodi 
di imposta � Esclusiqe, 351. 

-Imposta sul valore aggdunt4-Sanzioni 
-Continuazione -Art. \ legge 
7 gennaio 1929, n. 4 � Si ~plica, 

351. . ' 
Imposte doganali -' 
Incompalbilit� 
con norme comunitarie� Rimi.orsi Art. 
29, comma 1�, legge 29 kcem� 
bre 1990, n. 428 -Termine dt.decadenza 
di cinque anni -Retroatfvit� Illegittimit� 
-Disapplicaziion� con 
nota di C. Bafile, 355. \ 

= Imposte doganali -Incompat~ilit� 
con norme comunitarie -Rimtirsi Traslazione 
dell'onere su altd:soggetm 
-Art. 29, secondo co~ma, 
legge 29 dicembre 1990, n. 428 i Legittimit�, 
con nota di C. Bk1LE,

355. 
. 
TRIBUTI IN GENERE 

\ 

--:-:-Accertamento -Notificazione -\m.. 
possibilit� di consegnare la cqiia 
nel luogo indicato nella dichilrazione 
� Noti~ic::i ~ !1orm3: dell'art.~40 

c.p.c. � Legittt�m1ta � Ricerche .agrafiche 
� Non necessit�, con n a 
di C. Bafile, 329. \ 
...,.. 
Accertamento � Notificazione . Libgo 
d�lla consegna non indicato nflla 
realt� -Si presume quello in~cato 
nell'atto, con nota di C. BAFI1\, 

329. 
' 
- 
Accertamento -Poteri istruttori \f 
Segreto bancario -Utilizzazione \ 
:f)ini tributaci di documentazione bari 

� � 
altro f~nt'l -Attivit� bancarie diverse 
da Q.ue1Iaistit'uzionale di raccolta 
del risparmio e esercizio del credito 
-Non sono coperte da segreto 
bancario, 333. 

-Conten:z;ioso .. tributario -Competenza 
e giurisdizione��-Jttiposte .. dfrette 
-Rimborsi -Emissione di vaglia 
cambiario della :Banca d'Italiia ~ 
Smarrimento -Azioni per il pagame]:
lto <!ella .� somma . corri~PO:ndente 
-~ GiHrisC:Uzio):\e ordinaria, 386. 

-Contenzioso tributario� -. Imposte 
ddrette -Rimborsi � . Ricorso alla 
Cominissione non preceduto da 
istanz.a �amministrativa -Inammissibilit�, 
340. 

-Contenzioso tributario -� Notificazioni 
e comunicazioni � Impossipilit� 
di consegna dell'atto nel luogo. indicato 
nel ricorso oin un atto successivo 
-Notifica presso la segreter.
ia -~ .�valida, con .nota di c~ 
BA!1ILE, 328. 

-Norme . tributarie -Fonti secondarie 
-Decreto ministeriale che ac


. 
certa ir man�ato funzionamento di 
uffici tributari -Non ha valore normativo 
-Conoscenza diretta da parte 
del giudice -Esclusione -Produzione 
in giudizio -Necessit�, 348. 

-Soggetti passivi -Solidariet� -Art. 
1306 e.e. -Debitore nei cui confronti 
� intervenuto accertarii.ento 
definitivo -Ricorso tardivo per 
giotiarsi del ricorso �tempestivo di 
altro condebitore -Inammissibilit�, 
con nota dii C. BAI1ILB, 367. 

-Soggetti passiv[ -Solidariet� � Provvedimento 
amministrativo definitivo 
-Giudicato pi� favorevole ottenuto 
da altro condebitore -Art . 
1306 e.e. -Si applica, con nota di 

c. BAI1ILE, 367~ 
- 
Violazioni leggi finanziarie -Repressione 
-Acc�rtamento divenuto definitivo 
a seguito di .. decisione di 
Commissione tributaria -Rilevanza 
nel giudizio penale -Illegittimit�, 
154. 


INDICE CRONOLOUCO 
DELLA GIURISPRUJENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

6 febbraio 1991, n. 51 . . . . 
15 marzo 1991 n. 119 . . . . . 
26 marzo 1991, n. 131 (in cam. cons.) . 
18 aprile 1991, n. 168 (in cam. cons.) . 
2 maggio 1991, n. 194 . . . . . . . . . 
12 giugno 1991, n. 258 . . . . . . . . . 
12 giugno 1991, n. 259 (in cam. cons.) . 
12 giugno 1991, n. 260 . 
5 luglio 1991, n. 310 . 
5 luglio 1991, n. 311 . 
11 luglio 1991, n. 333 . . , . 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUOPEE 

Sed. Plen., 13 dicembre 1990, nella causa C-238fi9 . 
Sed. Plen., 21 marzo 1991, nella causa C-303/89 .. 
5a sez, 11 luglio 1991, nella causa C-368/89 .... 

GIURISDIZIONICIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 


Sez. Un., 12 aprile 1990, n. 256 (ordinanza) . 
Sez. I, 5 ottobre 1990, n. 9830 . . 
Sez. I, 7 novembre 1990, n. 10723 . .... 
Sez. Un., 13 novembre 1990, n. 10942 . 
Sez. Un., 28 novembre 1990, n. 11461 . 
Sez. I, 17 dicembre 1990, n. 11964 . 
Sez. I, 15 gennaio 1991, n. 319 . 


�1 

Sez. I, 19 gennaio 1991, n. 502 . . � 
Sez. Un., 21 gennaio 1991, n. 535 . 

'" 

Sez. Un., 29 gennaio 1991, n. 870. 
Sez. I, 19 aprile 1991, n. 4239 . 
Sez. I, 3 maggio 1991, n. 4848 . 
Sez. I, 4 maggio 1991, n. 4934 . 
Sez. Un., 4 maggio 1991, n. 4941 . 
Sez. I, 6 maggio 1991, n. 4989 . 
Sez. I, 6 maggio 1991, n. 4994 . 
Sez. I, 6 maggio 1991, n. 5004 . 
Sez. I, 7 maggio 1991, n. 5026 . 

pag. 

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139 
144 
147 
147 
152 

154 

159 
161 
163 
166 
172 

218 
223 
238 

245 
248 
257 
251 
266 
268 
270 
270 
367 
275 
278 
279 
328 
279 
333 
335 
340 
343 

Ii 

fil 

~ 

.

I 




INDicE;RoNOLOGICO DELU GIURISPRUDENZA 

Sez. Un., 22 maggio 1991, n. 792 . 

Sez. II, 23 maggio 1991, n. 58b . 
Sez. I, 7 giugno 1991, n. 6496\ . 
Sez. Un., 8 giugno 1991, n. 654 . 
Sez. I, 24 giugno 1991, n. 7077 '; . 
Sez. I, 25 giugno 1991, n. 713\. 
Sez. I, 2 luglio 1991, n. 7248 .:. 

Sez. Un., 3 luglio 1991, n. 732l 
Sez. Un., 4 luglio 1991, n. 7331 
Sez. Lav., 9 luglio 1991, n. 7559\ . 
Sez. Lav., io luglio 1991, n. 76' . 

Sez. I, 10 luglio 1991, n. 7650 . �� . 
12 luglio 1991, n. 7764 . . . . . j. 
Sez., Un., 15 luglio 1991, n. 7829. 
Sez. Un., 7 agosto 1991, n. 8586 .:. 

GIURISDIZfeNI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 16 maggio 1991 n. 4 . . . 
Sez. IV, 26 aprile 1991, n. 319 . . ... 
Sez. VI, 30 gennaio 1991, n. 58 . 

Xl 
pag. 280 
� 289 
� 348 
� 289 
� 348 
� 351 
� 355 
� 367 
� 386 
� 291 
� 290 
� 329 
� 296 
� 295 
� 302 
pag. 323 
� 320 
� 303 


PARTE SECONtA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: 
Questioni di legittimit� costituzionale: 
I -Norme dichiarate incostituzionali. 
II -Questioni dichiarate non fondate . 
Consultazioni 
pag. 
� 
17 
21 
29 

i 

I 

11w�::::.tr881�4'�1~����1~�1�111a1.r�:1rrl 



PAlTE PRIMA 



GIUlISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE 6 febbraio 1991, n. 51 -Pres. Conso -Red. 
Baldassarre -Regione Piemonte (avv. Onida) e Regione Valle d'Aosta 
(avv. Al�). 

Regioni -Libera circolazione delle persone e delle cose -Limitazioni ad 
opera di una regione -Il.vieto non assoluto -Legittimazione a ricorrere 
di altra regione. � 

Il divieto imposto a cia'x:una regione dall'art. 120 secondo comma 
Cast. non comporta una preilusione assoluta, per gli atti regionali, di 
stabilire limiti al libero movi1;zento delle persone e delle cose; tali limiti 
possono essere stabiliti se e 17er quanto la regione legittimamente concorre 
all'attuazione dei valoricontrapposti a quella libert� (1). 

La Regione Piemonte ha �llevato conflitto di attribuzione nei confronti 
della Regione a statuto speciale Valle d'Aosta per avere il Presidente 
della Giunta di quest'ulfana Regione adottato l'ordinanza 15 marzo 
1990, n. 342, con la quale � stato disposto, limitatamente alla pratica 
della monticazione per l'anno \990, il divieto di introduzione nel territorio 
valdostano di �ovini e ~aprini provenienti da altre regioni italiane
�. Ad avviso della ricorrente, la suddetta ordinanza violerebbe 
l'art. 120, secondo comma, deha Costituzione, per il quale ciascuna 
regione � non pu� adottare prcivvedimenti che ostacolino in qualsiasi 
modo la libera circolazione dellq persone e delle cose fra le regioni�... 
(omissis) � 

La Regione Valle d'Aosta hai preliminarmente proposto un'eccezione 
di inammissibilit� basata sulla addotta mancanza di interesse della ricor


(1) Pronuncia di notevole interesse, e nella parte in cui tratta dell'ammissibilit� 
del ricorso, e nella parte in cui esamina il merito della questione. Forse, 
la pronuncia presenta qualche venatura dii pericolosit�, perch� pu� sollecitare 
tentazioni gi� emerse, seppur sul versante degli incentivi distorsivi delle allocazioni 
delle attivit� e dei traffici pi� che sul versante degli � ostacoli "� Il divieto 
in questione dovrebbe essere semmai esteso: non pare accettabile che la "specialit� 
� di taluni Statuti, specie per quanto attiene al volume di risorse finanziarie 
messe a disposizione delle relative amministrazioni regionali (o delle Province 
autonome), si traduca in una artificiosa alterazione della concorrenza tra 
operatori economici. 

140 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO /rATO 

rente a contestare una competenza che, come issume la stessa Regione 

Piemonte, dovrebbe spettare a un'autorit� sovlilregionale e, segnatamen


te, al Ministro della sanit�. 

L'eccezione d'inammissibilit� non � fondala. 

Il conflitto di attribuzione oggetto di q~sto giudizio � stato sollevato 
dalla Regione Piemonte nei confronti cella Regione Valle d'Aosta 
in riferimento all'art. 120, comma secondo, folla Costituzione, il quale 
vieta a ciascuna regione di � adottare provwdimenti che ostacolino in 
qualsiasi modo la libera circolazione delle wrsone e delle cose fra le 
regioni �. Si tratta di una disposizione che, ~e, per un verso, pone un 
limite all'esercizio delle competenze legislathe e amministrative di tutte 
le regioni, per altro verso, invece, attribu:Sce a ciascuna regione un 
interesse costituzionalmente protetto a che un'altra regione non adotti 
provvedimenti diretti a limitare la libera iircolazione delle persone e 
delle cose sottoposte al proprio potere, m;nomando cos� il pieno sviluppo 
dell'autonomia e delle posizioni costililZionali che il citato art. 120 
ha riconosciuto a ciascuna di esse. 

Di fronte a un'ordinanza che limita la circolazione degli animali fra 
le altre regioni e la Valle d'Aosta, non si pu� negare, pertanto, che il 
Piemonte -il quale confina con la Valle d'Aosta -sia legittimato ad 
agire in giudizio per la tutela di un intertsse riconducibile alla propria 
posizione costituzionale di ente autono:rro legato agli altri enti dello 
stesso tipo da rapporti di rispetto reciproco e da vincoli di solidariet� 
e di cooperazione. Infatti, come ha affermato questa Corte nella sentenza 
n. 12 del 1963, l'art. 120 della Co~ituzione esprime un principio 
fondamentale necessario a garantire i \illori basilari dell'unit�-indivisibilit� 
e del pluralismo autonomistico, so:bnnemente dichiarati dall'art. 5 
della Costituzione (�La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove 
le autonomie locali �. In ragione di tale connessione, l'interesse 
costituzionale alla libera circolazione delle persone e delle cose protetto 
dall'art. 120 fonda in ciascuna regione Ulla legittimazione ad agire in giudizio 
a tutela della propria posizione i:ostituzionale di ente autonomo 
nell'ambito di un sistema decentrato, rolidale e cooperativo, cos� come 
sta a base di un'analoga e concorrente 'legittimazione dello Stato a protezione 
dell'unit� e indivisibilit� della 'Repubblica. 

Il ricorso merita l'accoglimento. 

Contrariamente a quanto sostiene� in tesi principale la ricorrente, 
il divieto imposto a ciascuna regione dall'art. 120, secondo comma, della 
Costituzione, relativo all'adozione di provvedimenti che ostacolino in 
qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra regione 
e regione, non comporta una preclusione assoluta, per gli atti regionali, 
di stabilire limiti al libero movimento delle persone e delle cose. 
Il potere delle regioni di disciplinare e, quindi, di limitare la libera cir



PARm li, SEZ.' I, GIURISPRUl>BNZA COSTITUZIONALB 

colazione dei soggetti umani e dei beni �, infatti, connaturato allo svolgimento 
dell'autonomia politica e amministrativa delle regioni stesse. 
Sicch� quel potere non pu� essere escluso tutte le volte che le disposizioni 
costituzionali che regolano il libero movimento delle persone o 
delle cose ammettono che la relativa disciplina possa essere posta 
anche da atti di esercizio delle competenze costituzionalmente spettanti 
alle regioni. Pi� precisamente, nella misura in cui l'art. 16 della Costi~ 
tuzione autorizza anche interventi regionali limitativi della libert� di 
circolazione delle persone e nella misura in cui altre norme, costituzionali, 
principalmente gli artt. 41 e 42 della Costituzione, ammettono che 
le limitazioni ivi previste alla libera Circolazione dei beni possano essere 
poste anche con atti regionali, non pu� negarsi che la regione, per la 
parte in cui legittimamente concorre all'attuazione dei valori� costituzionali 
contrapposti a quelle libert�, possa stabilire limiti� alla libera 
circolazione delle persone .e. delle .cose .. 

Questa affermazione; �.in�. qualche modo.��gi� presente nella sentenza 

n. 12 del 1963 di. questa. Corte, �presuppone che� gli � ostacoli�; di cui 
parla l'art. �120;�secondo comma, della� Costituzione,� consistano in limiti 
che senza alcun .. fondamento costituzionale finiscono . per restringere in 
qualsiasi modo il libero movimento delle persone e delle cose fra una 
regione e� l'altra. Ci� significa, in somma sintesi, che l'esigenza di una 
disciplina � regiomlle differenziata non pu�. spingersi fino al punto di 
porre barriere o impedimenti ingiustificati e arbitrari alla libera circolazione 
delle persone e delle cose fra le. regioni. 
Da tali premesse deriva che, al fine .di verificare se l'ordinanza impugnata 
abbia violato l'art.. 120 della Costituzione e abbia consequenzialmente 
menomato l'autonomia costituzionalmente garantita ad altre regioni, 
occorre procedere a uno scrutinio articolato in tre gradi. Pi� precisamente, 
occorre esaminare: a). se si sia in presenza di un valore costituzionale 
in relazione al quale possano essere posti limiti� alla �libera 
circolazione delle cose o degli animali; b) se, nell'ambito del suddetto 
potere di limitazione, la �regione possegga una competenza che la legittimi 
a stabilire una disciplina differenziata a tutela di interessi costituzionalmente 
affidati alla sua cura; e) se il provvedimento adottato in 
attuazione. del valore s�indicato e nell'esercizio �della� predetta � competenza 
sia stato emanat�: nel rispetto dei requisiti di legge .e abbia�:un contenuto 
dispositivo ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle 
finalit� giustificative dell'intervento limitativo .della r�gione, .cosi da. non 
costituire�'in concreto un ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle 
cose fra regione e regione. 

L'ordinanza del �Presidente della Giunta della Regione Valle d'Aosta 
15 marzo 1990, n. 342; vieta, limitatamente alla� pratica� della monticazione 
per l'anno 1990, l'introduzione nel territorio della Regione stessa 
di ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane, motivando tale 


RA.SSE!i.NA DSU..'AWOCATURA.DELLO ST.�.TO 

divieto con l'esigenza di proteggere i propri allevamenti dal contagio 
della brucellosi causato da animali provenienti da altre regioni. In altri 
termini, l'interesse che l'ordinanza impugnata mira a tutelare � quell� 
della sanit�, che nel caso viene in questione sotto l'aspetto della polizia 
veterinaria o, pi� precisamente, sotto il profilo delle misure di preven� 
zione v�lte a proteggere gli allevamenti valdostani dal pericolo di contagio 
della brucellosi da parte di ovini e caprini provenienti da altre 
regioni. 

Non vi pu� esser dubbio che la sanit� rappresenti un interesse costituzionalmente 
protetto che pu� fungere da � limite � rispetto al diverso 
interesse alla libera circolazione delle cose e degli animali fra le regioni, 
tutelato dall'art. 120 della Costituzione. Ci� significa che la libert� di 
movimento dei beni tra una zona e l'altra del territorio nazionale -garantita 
in via generale dall'art. 41 della Costituzione e, per quel che 
concerne il potere di limitazione regionale, dall'art. 120 della stessa Costituzione 
-dev'esser bilanciata con un complesso di interessi costituzionalmente 
protetti, riconducibili a diritti fondamentali-o a valori collettivi 
di carattere primario, fra i quali rientrano sicuramente la salute 
pubblica e, come fine di utilit� sociale, la conservazione e lo sviluppo 
del patrimonio zootecnico. 

Questa affermazione �, del resto, suffragata dal rilievo che i poteri 
pubblici di profilassi veterinaria sono, in ultima analisi, strumentali alla 
protezione della salute pubblica e, pertanto, sono preordinati all'attuazione 
del valore che l'art. 32 della Costituzione tutela, oltrech� come 
diritto inviolabile della persona, come interesse primario della collettivit� 
(v., da ultimo, sentt. nn. 307 e 455 del 1990). Inoltre, non si pu� 
trascurare che, poich� la sanit� � garantita dall'art. 16 della Costituzione 
come bene pubblico la cui tutela pu� importare limiti al diritto 
fondamentale di ogni persona di circolare liberamente in qualsiasi parte 
del territorio nazionale, a fortiori deve ritenersi che lo stesso interesse 
costituzionale della sanit� pubblica possa comportare limiti o restrizioni 
alla libera circolazione delle cose e degli animali tra regione e regione. 

Ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e della legge 23 dicembre 
1978, n. 833, la regione detiene funzioni in materia di sanit� pubblica 
che, con specifico riferimento alla polizia veterinaria, la legittimano a 
disciplinare e a limitare la circolazione degli animali al fine di tutelare 
interessi regionali o locali affidati alla sua cura. 

L'art. 27, lett. l, del d.P.R. n. 616 del 1977, infatti, aveva gi� individuato 
tra le funzioni comprese nella materia assistenza sanitaria e ospe


f: 
daliera quelle relative alla � igiene e assistenza veterinaria, ivi com[ 


!

presa la profilassi, l'ispezione, la polizia e la vigilanza sugli animali e 
sulla loro alimentazione, nonch� sugli alimenti di origine animale �, men! 


1: 
tre l'art. 14, lettera p, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha poi attrit 


~ 

buito alle Unit� sanitarie locali le relative competenze. L'art. 66 del f 

f

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f 

~ 

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PARTE! il,:SEZ.: I;. �GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

citato decreto ha, inoltre, precisato che nella materia dell'agricoltura e 
foreste sono ricomprese le attivit� zootecnicJ;ie e. rallevamento di qualsiasi 
specie di animali, compresi il miglioramento e l'incremento zootecnico, 
nonch� i servizi di diagnosi delle malattie trasmissibili degli 
animali. L'art. 32; terzo< comma, della legge .n. 833 del 1978 ha, infine, 
conferito al .Presidente �della Giunta regionale il .. potere di adottare ordinanze 
�.di carattere contingibile e urgente� in�. materia di polizia veterinaria, 
.�aventi. .un'efficacia estesa al territorio della. regione. 

L'atto in relazione al quale � stato sollevato l'attuale conflitto di 
attribuziorie ha il proprio diretto fondamento nell'appena citato art. 32, 
terzo coirtilla, della legge n. 833 del 1978. Si tratta, infatti, di un'ordinanza 
contingibile e urgente che il Presidente della Giunta della Regione 
Valle d'Aosta ha adottato al dichiarato scopo di sospendere, per la pratica 
della monticazione da svolgersi nella estate 1990, l'ingresso nel territorio 
regionale di ovini e caprini provenienti da altre regioni, onde 
prevenire occasioni di contagio della brucellosi a danno dei propri allevamenti. 


Contrariamente a quel che suppone la ricorrente, non pu� essere 
contestata l'attribuzione del suddetto potere di ordinanza al Presidente 
della Giunta valdostana, in considerazione del rilievo che l'art. 32, primo 
comma, della legge n. 833 del 1978 conferisce il predetto potere al 
Ministro della sanit� ogni volta che il relativo provvedimento debba 
riferirsi � all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente 
pi� regioni�. In realt�; ci� che rileva ai fini della determinazione spaziale 
del potere in contestazione e della correlativa ripartizione di competenze 
fra Stato e regioni � l'ambito di applicazione proprio del provvedimento 
stesso -ambito che nel caso coincide con l'intero territorio 
regionale -, e non gi� la produzione degli effetti limitativi che si riverberati.
o Su soggetti che si trovino in regioni diverse. 

Il potere di ordinanza regionale a fini di polizia veterinaria �, infatti, 
preordinato alla tutela della sanit� degli animali appartenenti alla regione 
titolare di quel medesimo potere. Sicch�, come questa Corte ha 
affermato in via di principio (v. sent. n. 201 del 1987), ove la concreta 
situazione di fatto cui occorre far fronte lo richieda (come, ad esempio, 

~ 

nel caso di una totale e accertata sanit� del proprio bestiame e di una 
diffusione di malattie infettive a carattere epizootico nelle restanti regioni), 
non si pu� escludere, al fine di proteggere la sanit� del patrimonio 
zootecnico o di alcune specie di animali sottoposti alle proprie 
competenze, che una certa regione possa impedire l'ingresso nel proprio 
territorio di determinati animali provenienti da altre regioni. 

Per i profili considerati, non si pu� condividere il dubbio che l'ordinanza 
impugnata non rientri fra i poteri che l'art. 32, terzo comma, 
della legge n. 833 del 1978, attribuisce al Presidente della Giunta regionale, 
poteri che concernono l'adozione, in materia di polizia veterinaria, 


RASSEGNA <DBLL'AVVOCATlJRA 'DBLLO STATO 

di provvedimenti di carattere contingibile e urgent�, aventi come proprio 
ambito di applicazione il territorio regionale o parte di esso comprendente 
pi� comuni. 

Ci� non di meno, l'ordinanza del Presidente della Giunta valdostana, 
oggetto del conflitto di attribuzione in esame, costituisce un cattivo 
esercizio del potere previsto dal citato art. 32, terzo comma, della legge 

n. 833 del 1978 e pertanto comporta, sotto l'aspetto considerato, una menomazione 
dell'autonomia e delle posizioni garantite dall'art. 120 della 
Costituzione a ciascuna delle altre regioni. 
Il potere di ordinanza disciplinato dall'art. 32, appena menzionato, 
� un potere di necessit� e di urgenza che, comportando una deroga 
eccezionale all'ordinario regime degli atti normativi e amministrativi, 
pu� essere svolto in casi di particolare gravit� tassativamente previsti 
dalla legge. In relazione al caso sottoposto a questo giudizio, esso autorizza 
il Presidente della Giunta regionale ad adottare, nei limiti spaziali 
della propria competenza, tutte le misure ritenute indispensabili al fine 
di prevenire pericoli gravi alla sanit� degli animali in presenza di diffusi 
e �ttuali fenomeni epizootici. Ci� significa che, allo scopo di non 
rientrare fra i provvedimenti regionali impositivi di limiti arbitrari e 
irragionevoli alla libera circolazione delle cose, vietati dall'art. 120 della 
Costituzione, l'ordinanza impugnata avrebbe dovuto essere adottata, innanzitutto, 
in presenza di una situazione fattuale di necessit� e urgenza, 
involgente gravi pericoli alla accertata sanit� del patrimonio zootecnico 
regionale; essa, inoltre, avrebbe dovuto contenere le misure strettamente 
necessarie rispetto al fine di prevenire la diffusione del contagio 
fra le specie animali soggette alla epizoozia indicata. Ma, poich� n� 
l'una, circostanza appare minimamente provata, n� l'altro requisito appare 
rispettato, l'ordinanza del Presidente della Giunta regionale valdostana, 
oggetto dell'attuale giudizio, si risolve in un esercizio illegittimo del 
potere di necessit� e di urgenza previsto dall'art. 32, terzo comma, della 
legge n. 833 del 1978, un esercizio che comporta una menomazione dell'autonomia 
costituzionalmente garantita alle altre regioni. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 marzo 1991. n. 119 � Pres. Gallo -Red. 
Baldassarre -Arata ed altri, e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. 
Stato Favara). 

Pensioni -Indennit� di funzione per i magistrati ed equiparati � Non pensionabilit� 
-Legittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 38 e 36; legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3). 

L'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981 n. 27, nella parte 
in cui qualifica come non pensionabile la indennit� di funzione ivi pre" 



PARTE, I, SEZ. l, GLURISPB.UDENZA COSTITUZIONALE 

vista per i magistrati ordinari (poi estesa), non costituisce un uso arbitrario 
e irragionevole della discrezionalit� del legislatore (1). 

La Corte dei conti, con l'ordinanza introduttiva det presente giudizio 
di legittimit� costituzionale, dubita che l'art. 3, primo comma, della 
legge 19 febbraio 1981, n. 27 (provvidenze per il personale di magistratura), 
nella parte in cui qualifica come �non pensionabile� la speciale 
indennit� di funzione ivi istituita, si ponga in contrasto con il principio 
di proporzionalit� del trattamento economico dei lavoratori alla qualit� 
e quantit� del lavoro prestato (art. 36 della Costituzione), il quale 
dovrebbe ritenersi applicabile tanto alla retribuzione, quanto al trattamento 
di quiescenza. Secondo il giudice a quo, infatti, la riconosciuta 
natura retributiva e il carattere non provvisorio della predetta indennit�, 
conseguenti all'estensione della stessa ai magistrati non appartenenti 
all'ordine giudiziario e agli avvocati e procuratori dello Stato 
(art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425), non giustificherebbero, anche 
alla luce di talune affermazioni contenute in decisioni di questa Corte, 
l'esclusione della pensionabilit� della medesima indennit�. 

La questione non � fondata. 

Sebbene il giudice a quo non richiami espressamente tra i parametri 
di costituzionalit� l'art. 38 della Costituzione, quest'ultimo, a una lettura 
complessiva dell'ordinanza di rimessione, deve ritenersi invocato 
accanto all'art. 36 della Costituzione, in considerazione del fatto che la 
questione di legittimit� costituzionale � posta in riferimento al principio 
della proporzionalit� della pensione, quale retribuzione differita, rispetto 
alla qualit� e alla quantit� del lavoro prestato, vale a dire in 
riferimento al principio contenuto nell'art. 36 nella misura in cui viene 
mutuato dall'art. 38 per quel che concerne il trattamento previdenziale. 

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad esempio, 
sentt. nn. 213 del 1972, 89 del 1979, 26 del 1980, 302 del 1983, 348 del 1985, 
173 del 1986, 531 del 1988, 96 del 1991), dagli articoli appena menzionati 
discende il principio che, al pari della retribuzione percepita in costanza 
del rapporto di lavoro, il trattamento di quiescenza, che della retribuzione 
costituisce un prolungamento a fini previdenziali, dev'esser proporzionato 
alla qualit� e quantit� del lavoro prestato e deve, in ogni 

(1) Sulla natura retributiva dell'indennit� in questione, quale componente 
del normale trattamento economico dei magistrati, si veda C. Cost. 8 maggio 1990, 
n. 238, in Giur. cost. 1990, 1452; sul principio di proporzionalit� ed adeguatezza 
del trattamento di quiescenza, secondo la determinazione discrezionale del legislatore, 
che non vuol dire necessariamente integrale corrispondenza con la retribuzione, 
si veda da ultimo C. Cost. 2 marzo 1991, n. 96, ivi, 1991, 1069, con nota 
dii richiami. 

146 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

caso, assicurare al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati alle esigenze 
di vita per, un'esistenza libera e dignitosa. Tuttavia, secondo la 
medesima giurisprudenza, i ricordati principi di proporzionalit� e di adeguatezza, 
i quali vanno costantem,en,te, assicurati in tutto il periodo di 
quiescenza, non �omportano che, si� garantita in ogni caso l'integrale 
corrispondenza fra retribuzione e ,pensione,, ma, pur pr�supponendo che 
g,uest'.ltimo �ostitui~ca l'obiettivo ottimale, esigono piuttosto una commisurazione 
del trattamento di quiescenza al reddito percepito in costanza 
del rapporto di lavoro , secondo determinazioni discrezionali del 
legislatore, le quali devono essere basate sul ragionevole bilanciamento 
del complesso dei valori e degli interessi �ostituzionali coinvolti nell'attuazione 
graduale di quei principi, compresi quelli connessi alla concreta 
e attuale disponibilit� delle risorse finanziarie e dei mezzi necessari 
per far fronte ai relativi impegni ili spesa. 

Pertanto, contrariamente a quanto suppone il giudice a quo, al fine 
di dimostrare l'asserita mcostituzionalit� della disposizione impugnata 
rispetto ai p�rametri invocati non � s�fficiente addurre la riconosciuta 
� natura retributiva � o, pi� precisamente, il carattere � di componente 
del normale trattamento economico dei magistrati�, propri dell'indennit� 
di funzione (v. sent. n. 238 del 1990), ma occorre provare che la 
scelta compiuta dal legislatore 'con l'esclusione della predetta indennit� 
dalla base retributiva computabile ai fini pensionistici sia manifestamente 
incongrua o irragionevole alla luce del complesso dei valori 
costituzionali coinvolti nella suddetta scelta. 

Sotto tale profilo, viene soprattutto in rilievo il fatto che la predetta 
indennit� � sottoposta a un regime speciale, comportante fra 
l'altro la non pensionabilit� e la non corresponsione della stessa in 
periodi in cui il servizio non � prestato (v. sent. n. 238 del 1990 e ord. 

n. 594 del 1990), ed � stata istituita per fini, che risultano anche in sede 
di lavori preparatori, di valorizzazione delle funzioni giudiziarie, in attesa 
dell'approvazione di un riordino complessivo del trattamento economico 
del personale di magistratura (come espressamente dispone lo 
stesso art. 3, oggetto della presente impugnazione). Sicch�, in considerazione 
di tali elementi, che non possono ritenersi modificati o superati 
dalla mera estensione della medesima indennit� a magistrati non 
appartenenti all'ordine giudiziario e agli avvocati e procuratori dello 
Stato (art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425), e in considerazione del 
potere del legislatore di graduare e di modulare i fini perseguiti anche 
in rapporto a valutazioni di ordine finanziario, l'esclusione della pensionabilit� 
dell'indennit� in questione, operata dall'art. 3 della legge 19 febbraio 
1981, n. 27, non costituisce un uso arbitrario e irragionevole della 
discrezio,nalit� legislativa in ordine all'attu�zione dei valori incorporati 
negli artt. 36 e 38 della Costituzione. 

CORTE�COSTITUZIONALE, 26 nfarzo 1991', n. 131 {fu carl:l; coris.) ~� Pres. 
. ie red. �Corasaruti;. 

Tributi erariali diretti ~� IRPEF � Plusval�nz�' su bfuli�bilei 

�: '{CI�!st., �ii:rtt; ~(24 e4:W d:l>.It 29 settembre 1973; n: 591; .�art.� 76). 
' ...��:-���.:�.>.:!:';. 

�.� �.i l>'.~t;lu$1..<i>n..e,; .�della .prova di assenza di intento� speculativo �nelle ope. 
rai.i.gntecon(?miche��(acquisto� e, vendita) collegate�� sotto t�le segno dalia 
nQ1;m4. impugnata nan d�. vita a una presunzione�. juris et.de jure, ma si 
"$t>$tamia; di una tipizzazione. legale di due corri.portamenti (le operazioni 
�fispetti:vamen.te di acquisto e di vendita �deL medesimo �ben.e}, che; in quan~ 

I.o si succedono e11tro �un.'dato l�sso di; tempo,� sono considerati. come 
un comportamento'� complessivo unificato� dall'intento .speculativo, e in 
quanto.� tale assunto,., sempre secondo�. una valutazione�� legale, ..come causa 
4uali#c.ante la produzi<me d~ una plusvalenza tassabile. � 
CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile' 1991; n. 168 (fu cam.� cons.) -Pres. 
Cor�saniti ᥥ Red: Granata. 

ComUliit�: E�r0pee � Direttiva fu tema di tmposte sulla raccolta di capitali � 
Diretta applicabilit�: � Norma nazionale contrastante � Disapplic�Zione. 
(Cost.; art. 76; Direttiva CEE 17 lugl�o 1969, �rt. H; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, 

tariffa A, art� 4 lett, e). . . 

Corte Costituzionale � Giudizio di. legittirilit� in via incidentale � �Questione 
relativa ild una norma di legge in contrasto con una direttiva comunitaria 
direttamente applicabile � Obbligo. del �giudice a quo di disapplicare 
la norma n�Zionale -Inammissibilit� della questione per difet� 
to di rilevanza. 

. L,'art. 11 della direttiva CEE del 17 luglio }~69, concernente le imposte 
indirette sulla raccolta di capitali, ponend� agli Stati membri una 
prescrizione incondizionata e sufficientemente precisa, � direttamente applicabile 
nell'ordinamento giuridico italiano, per cui il� giudice nazionale 
~ ,teti!{toa disapplicare la norma italiana con esso confliggente .(1). 

� E inammissfbile per difetto di rilevanza la questione di �legittimit� 
costituzionale di una norma di legge che il giudice a quo � tenuto a disapplicare 
perch� in contrasto con una direttiva comunitaria direttamente 
applicabile (2) .. 

(1-2) Questa P,ecisi�ne ripercorre il cammino della Co~te Costituzionale ~mi. 
rapporti tra orginamento intemo ed ordinamento comunitario .a partire. dalla 
nota sentenza n. 170 del 1984 (in Giur. cost. 1984, J, 1098). ove fu e11llllciato i.l 
p11incipio fondamentale secondo cui l'ordinamento �omunitarfo e quello statale 
sono distinti e al tempo stesso coordinati per cui le norme del primo hanno 


148 

RASSEGNA DBLL'AVVOCA'.WRA DBLLOSTATO 

{omissis) La Corte � chiamata a decidere se il disposto dell'art. 4, 
lett. e), della tariffa, parte prima, Allegato A, al d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 634 (Disciplina dell'imposta di registro) -che, fino alla modifica apportata 
dall'art. 4 della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 {Approvazione 
del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), 
ha. assoggettato all'imposta di registro la (delibera di) emissione 
di obbligazioni da parte di societ� --sia costituzionalmente legittimo 
in relazione all'art. 76 della Costituzione per aver violato i principi posti 
dalla. legge delega del 9 ottobre 1971 n. 825 non avendo dato attuazione 
alla Direttiva del Consiglio delle Comunit� Europee del 17 luglio 1969 
(concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali) nella parte 
in cui questa (all'art. 11) escludeva da qualsiasi imposizione� tributaria 
l'emissione di obbligazioni da parte di societ�. (omissis) 
Prima ancora di esaminare il denunciato contrasto tra la norma censurata 
(contenuta in legge delegata) ed i principi posti dalla legge di 
delega n. 825 del 1971 occorre preliminarmente valutare l'incidenza dell'ulteriore 
e diverso contrasto tra la medesima norma e la prescrizione 
della direttiva comunitaria,suddetta ~ fine di verificare se il giudice 
a quo avesse dovuto, o meno, fare applicazione della stessa. Costituisce 
infatti indefettibile presupposto di rilevanza del giudizio incidentale di 
costituzionalit� la necessit� per il .giudice rimettente di applicare. la norma 
censurata; 

Soccorre a tal proposito la giurisprudenza sui rapporti tra ordinamento 
interno ed ordinamento comunitario, quale progressivamente enunciata 
da questa Corte soprattutto a partire dalla sentenza n. 170 del 
1984, che costituisce �un costante punto di riferimento della successiva 
elaborazione. � in tale pronuncia infatti che questa Corte -rimeditando 
�n proprio precedente orientamento sulla relazione (e sull'eventua


diretta applicazione nel second� ed il giudice nazionale � tenuto a disapplicare 
la norma Interna contrastante. Sono seguite poi la sentenza n. 113 del 1985 (ivi, 
1985, I, 694), sull'immediata applicabilit� delle decisioni interpretative della Cotte 
di giustizia CEE ex art. 177 del Trattato e la sentenza 389 del 1989 (ivi, 1989, I, 
1757), che ha riconosciuto analoga efficacia alle norme comunitarie cos� come 
interpretate dalla. Corte di giustizia CEE in sede contenziosa ex art. 169 del 
Trattato. 

Sulla d�retta applicabilit� delle direttive comunitarie la decisione in commento 
� dichiaratamente ii:J. linea con la. sentenza n. 64 del 1990 (ivi, 1990, I, 265) 
nella quale si afferma che la diretta applicabilit� delle direttive comunitarie, 
aventi determinati requisiti, non pu� essere esclusa dall'esito di un referendum 
abrogativo. 

Nel richiamare la giurisprudenza comunitaria, la Corte Costituzionale ricorda 
che i requisiti sostanziali perch� le direttive siano direttamente applicabili sono 
tre: che contengano prescriziioni � sufficientemente precise � e � incondizionate
�, e che il terinine per la loro attuaziooe sia scaduto. 

(F.S.) 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZlONALH 

le. contrasto). tra la norma comunitaria e quella emanata dallo Stato 
e disegnando le c�ordinate pi� generali in cui va a collocarsi ogni sing(>
I� q�estionepi�:t particolare {tra cui .quella �in .esame) -ha enunciato 
il principia fondamentale (ispirato. alla dottrina della� pluralit� degli 
ordinamenti giuridici} secondo c�i i due �rdinamenti, comunitario e 
statal�, sono� disti�ttFed� al. tempo stesso �ootdihati � (sec�ndo� la ripartfaione 
d� coinpetet1Ze sfab1uta �.�e �gatantita dai� Trattati istifutivi) � e �le 
iiohne ctelp:drn:o veng6n.6, fu forza delrart. 11 Cost., a ricev�re �diretta 
applicaiion~ � . in quest'u1timo,. pur. rimanendo � estranee al sistema delle 
fonti statiili. J..~�ffett~ c� tai~ diretta .. applicazione -Ifa. puntualizzato 
la. Corte�� -hon � � ��� qtdndi la. ~adueazione �delfa norma interna� irico.tllpatibi1e, 
be:iis� la man�bi appllcaiion� di qtiest'Ultirna da parte del giudice 
nw;ionale al casq di .specie, o.g&~tto.dellasua cognizione, che pertanto 
soHq.� taje ~spett() .~��.attratto pe~ pltsso normative> C()mUllitario'. 

Pti� aggiurt,g~~i c}le��. ta1e . principio, .. desumibile dal Trattato istitutjyo. 
�della . �omu..i~. europea (peJ: il tramite .della sua . legge di esecuzione);. 
�~ c9eren:t;e ~<:>n i:a.;rct. J1 (:ost� .che ri�onosce la possibilit� di limitazlonl 
alla sovrailit� statl:lale; q~le pu� qualificarsi l'effetto di �non applicazione 
� della legge nazionale {piuttost<:> che. di � disapplicazione � che 
evoca vizi� della norma� in realt� ��non sussistenti in ragione proprio dell'autonomia 
dei due. ordinamenti); peraltro l'ordinamento statale non si 
apre incondizionatamente �lla :normazione� comunitaria giacch� in� ogni 
caso vige iUiinite del rispetto dei principi. fondamentali del nostro ordinamento 
costituzionale> e .. dei diritti inalienabiU della� persona umana, 
cori. consegueilte .... sindacabilit�, sotto tale� �profilo, della legge di esec�zione 
del Trattato (v. anche in tal senso l�.sentenza n . .232 del 1989). 

T�li �principi sono stati riferiti dalla Corte, nella citata pronuncia 

n. 170 del 1984i ai regolamenti c.omunitari, che -come fonte di diritto 
derivato. -�.risoontrano J.a connotazione di normazione .compiuta ed immediatamente. 
applicabile,> anche se in ipotesi contrastante con una norma 
di legge statale, sia essa anterfore che successiva (in senso. conforme 
v; a.llthe ord, n. 81 e sentt. nn. 47 e 48 del 1985). 
La successiva giurisprudenza di questa �corte�ha� �onfermatei ed ulteriormente 
sviluppato questo orientamento arricchendo con nuove tessere 
�l complessivo mosaico della � diretta applicabilit� � della normativa 
comunitaria. Ed infatti con sentenza n. 113 del 1985 � stata ritenuta l'immediata
� applicabilit� anche. delle statuizioni delle sentenze interpretative 
della Corte di giustizia delle Comunit� europee pronunciate in via 
pregiudiziale ai .sensi dell'art. 177 del Trattato. Successivamente analoga 
efficacia � stata riconosciuta1 con sentenza n. 389 del 1989, anche alle 
norme comunitarie come interpretate in pronunce rese dalla medesima 
Corte in sede contenziosa ai sensi dell'art. 169 del Trattato; la medesi



150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma pr0Iiuncia� ha anche affermato che la normativa comunitaria deve 
trovare immediata applicazione non solo da parte del giudice nazionale 
nell'esercizio della sua giurisdizione, ma anche della stessa pubblica amministrazione 
nello i;volgimento della sua attivit� amministrativa. 

..Questq sviluppo co.erente h.;:t da . ultimo .toccato anche le direttive 
comunitarie la cui possibilit� di. immediata appli~abililit� � gi� stata riconosciuta 
...., nei limiti indicati. P.alla Corte di Giustizia (per i quali v. 
i,nfra) -dll. questa Corte nella sentenza n. 64 del 1990 ancorch� al fine 
di .escludere che l'esito ,del referendum abrogativo possa incidere sull'applicabili,
t� nell'orcliJ;lamento .nazionale delle direttive medesime. 

Pu� pertanto ulteriormente puntualizzarsi che dall'affermata autonomia, 
rispett� al�'ordinamento nazionale, dell'ordinamento comunitario, 
ritenuto idoneo ad attrarre direttamente nella disciplina da esso posta 
questioni rientranti nelle materie dei trattati comunitari, discende che 
� proprio nel sistema delle fonti del medesimo ordinamento comunitario 
che vanno verificate le condizioni per l'immedi�ta applicabilit�, nei :.ingoli 
ordinamenti degli Stati membri, della normativa in esso prodotta 
{fatto sempre salvo il ricordato limite desumibile dall'art. 11 Cost.). 
Quindi per le direttive, in particolare, �ccorre far riferimento alla giurisprudenza 
della Cbrte di giustizia delle Comunit� europee, che -interI 
pretando l'art. 189 del Trattato di Roma sul carattere vincolante delle I 
direttive per gli Stati membri -ha da tempo elaborato principi molto 
puntuali, ritenendo che � in tutti i casi in cui alcune disposizioni di una 

I 

direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e suffiI 
cientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici na


II

zionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia tempestivamente 
recepito la direttiva nel diritto nazionale sia che l'abbia recepita 
in modo inadeguato� (sent. 22 giugno 1989, in causa 103/88; sent. 20 settembre 
1988, in causa 31/87; sent. 8 ottobre 1987, in causa 80/86; sent. 

I

24 marzo 1987, in causa 286/85). In particolare in quest'ultima pronuncia 

~ 

la Corte del Lussemburgo ha puntualizzato che la disposizione della 
direttiva che risponda ai presupposti suddetti possa essere invocata dal 
singolo innanzi al giudice nazionale � onde far disapplicare qualsiasi noi" 
ma di diritto interno non conforme a detto articolo �. 

Pertanto la diretta applicabilit�, in tutto od in parte, delle prescrizioni 
delle direttive comunitarie non discende unicamente dalla qualificazione 
formale dell'atto fonte, ma richiede ulteriormente il riscontro 
di alcuni presupposti sostanziali: la prescrizione deve essere incondizionata 
(s� da non. lasciare margine di discrezionalit� agli Stati membri 
nella loro attuazione) e sufficientemente precisa (nel senso che la fattispecie 
astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad essa applicabile 
devono essere determinati con compiutezza, in tutti i loro elementi), ed 
inoltre lo Stato destinatario -nei cui confronti {e non gi� nei confronti 


di altri) il singol� fac'�ia � valere mie prescrizione 4:dev.fi risultare i:i:iadem� 

pi�nteper᥏ssere��mutilm�nted~C�rsoil�tetmme.previstoper�dar��attuazione 
alla direttiva. La ricognizione in <;concreto di tali ~esuppostiCostituisce 
l'esito di un'attivit� di interpretazie>ne .Cl.ella d,irettiva comunitaria e delle 

~~-i';llllilf!�~


costitt;rlsce obbligo p�r ilgiudiee)riazionale di,\dtilna istanza '(att! 177, 

�~1hfrs:~lf:~�c~~�~:s&J:e;~~~=~i:~~11;��~u=~~!t~:a~0ind::~=~~:~ 

81).. ..;.;. u precetto della norma comunitaria non si imponga cori tale evi� 
deriza (}~non. lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio. s.ulla. su� esegesi. 

r��~�~illii~~ 
ll~~l~f~j~


gine di dis~m~ziona!it� ai legislatori nazionali escludendo in oglli cl;lso la tas


sazione dell'emissione di obbligaz:ibni) e sUfficientemente. precisa (trattan


dQsi �di����tUt�.��ol)bligo���.di�� ��astenet$l��� dall'ilnpQS�zione fiscale.��� ccnnp�utamente 

definito e. non ahbisogn.evote dialctlna ulteriore puntualizzazione di� det


taglio); risUlta :inoltre Che Io �sfato .italiano non ha dato. attuazidne alla 

direttiva nelprevisto �terin�ne del� 1� ge:i'.inai� 1972, ma solo successiva


mente� con U hitovo testo unico still'imposfa dfregistro. 

Pertanto _.. in app�ieazione dei principi finC>ra esposti -. gi� nel 

periodo di. tempo. fra fa .. scadenzi del t�hnm� suddette> . e l'entrata in 

vigore del d.P.R; n. 1.31 del l986, nonch� anch~�st1cc~sshrarnente rtei limiti 

in cui ques1:'ultfrno, noll averido piena efficacia retroattiva, non ha sanato 

ogni situazione pregressa, il contribuente poteva opporre all'amministra


zfone statale fa diretta a11i>tfo46ut~� della nonna �()tJ:i,Wfttaria contenu~a 

nella dJrettiva C::itata ed il gitldi,ce adito Jn. sede contenziosa era tenuto 

a .non. applicare la corrispondente norma nazionale con essa confliggerite 

con la conseguenza di acc�rtat� la. noil deben.Za. dell'imposta de: qua. 

Verificandosi, .nel. gilldizio a quo questa evenienza, iii cui n ghidice 

� tenuto a. non applicare una norma nazionale per contrasto con una 

n9rma � comunitaria; � conseguentemente inammissibile per difetto di rile


v~)i:i qubstfone di.cdsti.tl,J.Zionalit� 'della. prima . sotto. ii. d�nuriciat() pro


filo della violazione .dell'art .. 76 � Cost. per eccesso� di delega.: . 


152 

RASSEGNA DELI.'AVVOCA'l'URA. DELLO STATO 


CORTE COSTITUZIONALE, 2 maggio 1991, n. 194 -Pres. Gallo -Red. Mengoni 
-Castagno, INPS (avv. Vario) e Presidente Consiglio dei Ministri 
{avv. Stato Favara). 

Previdenza � Pensione di anzianit� � Requisito di trentacinque anni di contribuzione 
� Legittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3 e 38; legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 22). 

Il principio di eguaglianza non � invocabile allo scopo di generalizzare 
una norma singolare. La 'determinazione in venti (o quindici) anni 
del servizio sufficiente per ottenere la pensione � oggi privilegio ingiustificato 
(1). 

Il Pretore di Torino dubita della legittimit� costituzionale dell'art. 22 
della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui per i lavoratori privati 
iscritti all'INPS subordina il diritto alla pensione di anzianit� al 
requisito di trentacinque anni di contribuzione effettiva in costanza di 
lavoro. 

La ragione del dubbio � derivata dal confronto con l'art. 42 del 
testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti 
civili e militari dello Stato (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) ai quali il 
diritto alla pensione compete dopo soli vent'anni di servizio effettivo, 
ridotti a quindici per le dipendenti coniugate o con prole. Questa disparit� 
di trattamento � ritenuta contrastante, oltre che con l'art. 3, anche 
con gli artt. 38, secondo comma, e 53 Cost. 

La questione non � fondata. La pensione di anzianit�, introdotta nel 
sistema di previdenza sociale per i lavoratori privati dalla legge n. 903 
del 1965 e ridisciplinata dalla legge n. 153 del 1969, non � un'ipotesi particolare 
nell'ambito della pensione di vecchiaia. Quest'ultima si fonda 
essenzialmente sul raggiungimento di un limite di et� qualificato da una 
certa anzianit� contributiva (quindici anni), mentre la pensione di anzianit� 
prescinde in modo assoluto dall'et�, essendo fondata esclusivamente 
sulla durata dell'attivit� lavorativa e sulla correlativa anzianit� di 
contribuzione effettiva. Non si tratta di una anticipazione dell'et� pen


(1) La sentenza conferma la inidoneit� di una norma singolare a fungere 
da tertium coinparationis ai finii dell'applicazione del principi� di eguaglianza. 
Il carattere singolare di una norma pu� desumersi, come nel caso in rassegna, 
anche dal confronto tra la quantit� dei soggetti cui la norma � applicata e la 
quantit� dei soggetti a favore dei quali se ne � ipotizzata l'estensione. 
Merita segnalazione anche l'apprezzamento di � dubbio fondamento razionale 
� espresso nei riguardi della disposizione erroneamente invocata come 
tertium comparationis. La Corte non ha avuto occasione di distinguere tra requisito 
di anzianit� di servizio ed anzianit� minima di ammissibilit� al trattamento 
pensionistico: la irragionevolezza attiene piuttosto a questo secondo aspetto (in 
pratica, andare in pensione a 40 anni e beneficiarne mediamente per altri 40) 
che al requisito di anzianit� di pet s� considerato. 


sionabi!le, bens� di una deroga a questo presupposto; la quale coilfigura 
un'ipotesi autonoma di pensione avente finalit� diriconoscimento e di 
premio nei confronti dei cittadini che hanno adempiuto il dovere pre.
s�ritto 4@11'art. Ah �.se90n40 comma; .e<>st., .� �Qn . una. partecipazione assidua 
alle attivit� della produzione�� so�iale, 'durata�� almen�; ��trentacinque��� anni. 
La riprova dell'estraneit�. detl'�:siitu:t� �al��Concetro di pensione di� vecchiaia 
anticipata � data dall'art; 22, sesto comma; della legge n. 153, a 
norma del quale la pensione di anzianit� si trasforma in pensione di 
vecchiaia quando il titolare raggiunge l'et� pensionabile. 

Anche il trattamento di pensi()ne previsto p�r f ciipendenti dello Stato 
ciaJ.liart. 42, secondo comma, delcitato tesfo unico dell973 � legato esdusivameiite 
all'anzianit�� di� servizio. tuttavia esso �si �differenzia �dalla pensione 
di anzianit� dei lavoratori privati sfa �sotto l'aspetto sistematico, 
sia sotfo �'aspetfo funzionale. Questa forma tin'eccezfone ai presupposti 
norimtli del�'tfritto �. a. p�nsiorie, accordata i.ii vista della. meri1:evolezza .�del 
lavoratore, del quale� intende �premiate la fedelta �al� servizio dimostrata 
per trentacinqu�anni; quello, invece, � un'ipotesi del trattamento normale 
di qu:iesce1iza:. alternativa all'ipotesi �.del prlri:to comma .fondata sul compimento 
di una et�-limite, in considerazione della quale il requisito di 
anzianit� di servizio � ridotto da venti a quindici anni. La prima alternativa 
� un privilegio riservato � dallo Stato �i propri dipendenti, che 
un .tempo poteva . forse trovare una qualche giustificazione nella disciplina 
fortemente autoritaria dell'impiego pubblico (stipendi fissati unilateralmente 
dallo Stato � con. filnzione alimentare piuttosto che retributiva, 
diVieto di sciopero, ecc.), D;fo. oggi .appare ingu:istificato alla stregua della 
tendenziale �parificazione delle discipline dell'impieg� .pubblico e. dell'impiego 
privato� dei relatiVi trattfunenti economici . 

Ma �proprio per questa ragione, anche se non si voglia tenere conto 
delle differenze tecnico-formali tra le due forme di pensione messe a 
confronto dal giudice a quo e della loro appartenenza a sistemi pensionistici 
diversi {cfr. sentenze nn. 173 del 1986, 366 del 1988 e 86 del 1990), 
dall'art. 42 del citato testo unico non si pu� trarre un valido termine di 
comparazione ai fini dell'art. 3 Cost. Il principio di eguaglianza non � 
invocabile allo s�opo d� generalizzare una norma singolare, tanto meno 
quando di essa sia dubbio il fond.amento razionale (cfr. sentenze nn. 46 
del 1983, 6 e 769 del 1988, 427 del 1990). 

Non pu� dirsi Violato l'art. 38 Cost. Al contrario, poich� la cessa


zione dell'attivit� di lavoro dipendente, alla quale � subordinato il diritto 

alla pensione di anzianit�, non � causata da uno degli eventi contemplati 

dalla norma costituzionale, l'art. 22 della legge n. 153 del 1969 sViluppa 

la tutela dell'art. 38 estendendola a una situazione di bisogno che si 

determina in ragione non dell'et�, ma della durata del lavoro svolto, la 

cui misura, discrezionalmente apprezzata . dal legislatore, non appare, in 

s� considerata, eccedere il limite della razionalit�. (omissis) 

-



154 

RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 giugno 1991, n. 258 -Pres. Corasaniti -Red. 
Spagnoli -PreSli.dente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). 

Tributi in genere � Violazioni leggi finanziarie -Repressione -Accertamento 

divenuto definitivo a seguito di decisione di Commissione tributaria 


Rilevanza nel giudizio penale � Illegittimit�. 

'Cost.� art. 24; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56). 

Tra processo penale e processo tributario intercorrono, sul piano del 
regime probatorio, profonde differenze strutturali. Il primo � ispirato al 
principio della ricerca della verit� materiale e della pi� ampia facolt� 
di prova dei fatti oggetto del giudizio. Il secondo non solo soffre di consistenti 
limitazioni nell'accertamento dei fatti rilevanti, ma si caratterizza 
per un largo impiego di presunzioni legali e presunzioni semplici. L'esigenza 
di evitare giudicati contraddittori non pu� pi� valere a ritenere 
costituzionalmente lecit� la vincolativit� per il giudice penale di pronunce 
tributarie che, pur se valide ai fini fiscali, sono basate su regole 
di giudizio estranee al processo penale e contraddittorie con la sua essenza. 
i(l) 

La c.d. pregiudiziale tributaria, oggetto del presente giudizio, � stata 
introdotta nell'ordinamento, per i reati previsti dalle leggi sui tributi 
diretti, dall'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (coordinato con i successivi 
artt. 22 e 60) e ribadita nell'ultimo comma dell'art. 56 del d.P.R. 
29 settembre 1973, n. 600 che, con formula analoga a quella precedente, 
stabilisce che � L'azione penale per i reati di cui ai commi precedenti 
non pu� essere iniziata o proseguita prima che l'accertamento dell'imposta 
sia divenuto definitivo�: norma applicabile, tra l'altro, al reato di 

(1) La sentenza reca enunciazioni di principio di notevole importanza. L'esigenza, 
a ben vedere solo empirica e per certi versi � di casta >>, di evitare pronunce 
giurisdizionali discordanti, esigenza che ha giustificato il c.d. principio 
di unit� della giurisdizione, esce giustamente ridimensionata (in coerenza con 
quanto sostenuto, e non solo in questa controversia, dall'Avvocatura dello Stato); 
e con essa tende a dissolversi la artificiosa raffiguraziione di una contrapposizione 
tra processo non-penale volto alla tutela delle situazioni soggettive e processo 
penale volto alla ricostruzione della �verit�� oggettiva dei fatti. 
Pi� aderente alla realt� ed anche ai parametri costituziionali (artt. 24 e 25 
Cost.) � reputare che anche nel nostro Paese al processo penale debba essere 
attribuita essenzialmente la funzione di irrogare o meno (e quantificare) la pena. 
L'imputato � assolto quando -e per la semplice ragione che -l'accusa non 
riesce a dimostrare che sussistono tutti gli elementi della fattispecie penale: il 
� dictum � di non-condanna esprime dunque non una � verit� � oggettiva ed assoluta 
(di �innocenza�), ma solo il risultato di un contingente lavoro processuale. 
Risultato nullo perch� la situazione giuridica rimane invariata. 

Certamente, al giudice penale l'ordinamento d� poteri istruttori pi� ampi 
di quelli dati ad altri giuridici (per non dire delle pubbliiche amministrazioni); 


PARm 1, SEZ. 1, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 155 

cui al. primo comma del medesimo art. 56,� che punisce con pena detentiva 
chi ometta di presentare la dichiarazione dei redditi, o la presenti 
incon:ipleta o infedele, :quando l'imposta relativa al reddito accertato � 
superiore a cinque milioni di lire. 

Introducendo, con la legge 7 agosto 1982, n. 516 (di conversione del 
decn:to-legge 10 luglio 1982, n. 429), un nuovo sistema penai-tributario imperniato 
su ipotesi criminose sganciate dalla determinazione dell'entit� 
dell'evasione, il legislatore ha, da un lato, abrogato l'intero art. 56 ora 
citato, ma neha dall'altro disposto la sopravvivenza -anche per quanto 
attiene la norma processuale -limitatamente ai reati commessi anteriormente 
al 1� gennaio 1983 (art. 13, primo e secondo comma, quest'ultimo 
sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 15 dicembre 1982, n. 916, convertito 
nella legge 12 febbraio 1983, n. 27). 

Stante la riserva contenuta nell'art. 2, primo comma, del codice di 
procedura penale ed il dettato dell'art. 246 delle relative disposizioni transitorie, 
l'istituto deve ritenersi vigente, nei predeti limiti, anche dopo il 
varo del nuovo codice di rito. 

Secondo la comune interpretazione, la norma cos� mantenuta in vigore 
non contiene una mera condizione di procedibilit�, ma ha la portata 
sostanziale di una pregiudiziale obbligatoria, assolutamente devolutiva, s� 
che l'accertamento effettuato in sede tributaria e divenuto definitivo fa 
stato nel processo penale. 

Giudicando di un caso di omessa presentazione, per l'anno 1978, delle 
dichiarazioni di redditi per un importo di poco superiore ai cinque milioni 
di lire, nel quale l'accertamento -divenuto definitivo a seguito 
di decisione della commissione tributaria di primo grado, non impu


per il giudice penale � quindi meno ardua la ricostruzione dei fatti. Ci� tuttavia 
non garantisce affatto che i poteri istruttori siano in concreto esercitati, ed 
appieno, e che il lavoro processuale realmente raggiunga la �verit��. 

Forse gioverebbe alla chiarezza pervenire laddove i giuristi angloamericani, 
parecchio pi� attenti di noi alla tematica della � evidence � (alias, prova), sono 
da tempo pervenuti, e cio� a tagliare ogni collegamento tra processo penale e 
azione lato sensu civile. Anche senza pervenire a questa conclusione, contrastante 
con una lunga nostra tradizione, � per� doveroso avvertire e sviluppare -come 
la Corte Costituzionale ha f::~tto -la Jiinea di tendenza che chiaramente emerge 
dal nuovo codice di procedura penale. Rispetto a tale linea di tendenza l'art. 12 
del dl. 10 luglio 1982, n. 429 risulta orinai palesemente � vecchio �: non ha pi� 
senso (se mai lo ha avuto) parlare di �autorit� di cosa giudicata nel processo 
tributario � e di � revoca � dell'accertamento non coerente con un giudicato penale. 

L'esigenza vera non � quella di trapiantare sentenze penali in un � habitat � 
ad esse del tutto estraneo, ma quella di realizzare concretamente la utilizzazione, 
secondo le regole istruttorie proprie di ciascun processo non-penale (e 
delle attivit� amministrative comportanti acclaramento dei fatti), del materiale 
probatorio raccolto mediante il lavoro svolto in seno al processo penale. 
Ed a questo scopo la �autorit� � della pronuncia sulla pena non serve, anzi 
� ingombrante e deformante. 

--~--



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

156 

gnata -era stato effettuato sulla base di indw privi dei caratteri di 
gravit�, precisione e concordanza (ai sensi dell'art. 41, secondo comma, 
del d;P.R. n. 600 del 1973), il Tribunale di Pistoia dubita che il citato 
art. 56, ultimo comma, letto anche in relazione alle soprarichiamate disposizioni 
della legge n. 4 del 1929 e riferito alla fattispecie di cui al primo 
comma del medesimo articolo, violi gli artt. 3 e 24 della Costituzione. 

Il vincolo per il �giudice penale derivante da un accertamento definitivo 
effettuato con le predette modalit� in sede di giurisdizione tributaria 
darebbe luogo, infatti, a irragionevole disparit� di trattamento tra 
imputati per reati comuni e per reati fiscali, condizionerebbe il pieno 
esplicarsi del diritto di difesa e porrebbe il contri.buente nell'alternativa 

o di rinunciare al ricorso alle commissioni tributarie per avere pienezza 
di difesa nel giudizio penale, � di accettare le limitazioni del diritto di 
difesa c.onseguenti alla pregiudizialit� della decisione tributaria. 
Premesso. cne la censura non investe la pregiudiziale tributaria nel 
suo aspetto processuale -e cio� ila funzione. di condizione di procedibilit� 
esplicata dalla pronuncia giurisdizionale tvibutaria definitiva -la questione 
deve ritenersi fondata. 

Tra processo penale e. processo tributario intercorrono, sul piano del 
regime probatorio, profonde differenze strutturali. Il primo � ispirato al 
principio della ricerca della verit� materiale e della pi� ampia facolt� di 
prova dei fatti oggetto del giudizio. Il secondo, non solo soffre di consistenti 
limitazioni nell'accertamento dei fatti rilevanti, ma si caratterizza 
per un largo impiego di presunzioni legali e presunzioni semplici: le 
quali ultime, tafora devono essere qualificate dai requisiti di gravit�, 
precisione e concordanza (artt. 38, terzo comma e 39, lettera d)), talaltra 
ne possono anche prescindere (artt. 39, secondo comma e 41 d.P.R. cit.). 
Non � ammesso, inoltre, il ricorso al giuramento e, soprattutto, alla prova 
testimoniale. Tali limitazioni nel regime probatorio non inficiano il process� 
.tributario in s� considerato, d::i.to che � giurisprudenza costante di 
questa Corte che il diritto di difesa pu� essere diversamente regolato a 
seconda delle specifiche peculiarit� dei singoli procedimenti. Ci� che 
conta, per�; ai fini della� conformit� della disciplina ai principi costituzionali 
in tema di difesa giurisdizionale, � � che vengano rispettate l'essenza 
e la funzione proprie del processo in quello di volta in volta preso 
in considerazione.� (sentenza n. 560 del 1989). 

Da questo punto di vista, non v'� dubbio che nel processo penale il 
diritto di difesa debba trovare la. pi� ampia possibilit� di esplicazione, 
dato che con esso si esercita nei confronti dei singoli la pi� penetrante 
autorit� dello Stato e se ne mette in gioco la libert� personale. Viceversa, 
l'efficacia vincolante della pronuncia giurisdizionale tributaria non solo 
preclude che -agli esclusivi fini della responsabilit� penale e della 



PARTll I,. SEl!:; Ir GllJRlSPRUOBNZA� �COSTITUZIONALE 

determinazi�ne della pena -le risultanze dell'accertamento possano 
essere controllate con i pi�. incisivi strumenti propri del processo. penale, 
ma non: di rado impedisce al!l'imputato di poterne contestare e contrastare 
effklaeemente gli esiti .. Basti pensare, per convincersene, che quando 
-come nel caso oggetto del giudizio principale -l'accertani.ento si 
fondi .su pres~ioni. prive.. dei �ratteri.. di .gravit�, precisione e concordanza,.
lai .sua>'efficacb1. vin.colante si.. pone .il). flagrante contraddizione 
con la: regola propria del processo penale (art. 192, secondo comma). secondo. 
cui non pu� darsi valore ad . indizi sprovvisti di tali requisiti. 

� J>erd� evid�rite che solo preminenti esigenze di tutela di altri 
valori di rilievo costituzionale potrebbero giustificare �os� gravi limitazioni
�. d�l dintto di�� difesa. 

Gi� nel sistema dei rapporti tra gli accertamenti e le pronunce di 
autorit� gittrisdizionali diverse stabilito dal codice di procedura penale 
del� 1930~�la pregiudiziale tribiltaria era un istituto del tutto eccezionale. 

Qu�l sisteina era infatti improntato non solo alla preminenza dell'aceertamento 
e.�del giudizio .penale, ma all'esclusione -salvo che nella 
delicatissb:ha materia delle questioni di stato delle persone (art. 19) della 
possibilit� che le sentenze dei giudici civili o amministrativi facessero 
sfato nel giUdizio penale qualora le leggi d� essi applicate ponessero 
limitazioni ana prova del diritto controverso i(artt. 20 e 21). 

Per parte sua,. la Corte aveva provveduto, nell'ambito del predetto 
sist~n�a, a ooiitenere la portata della pregiudiziale tributaria, escludendo; 
da u1l Iato, che la pronuncia giurisdizionale tributaria potesse far 
statti� nel� pr�cesso penale nei confronti dei terzi che non avevano potuto 
partecipare al relativo giudizio (sentenza n. 247 del 1983); dall'altro, che 
in� tale processo potesse avere efficacia vincolante il mero accertamento 
amministrativo (sentenza n. 88 del 1982): e ci�, in entrambi i casi, per 
la constatata violazione del diritto di difesa. Aveva escluso, inoltre, che 
la� pregi�ldiziale potesse operate. quando l'accertamento del reato � del 
tutto indipendente dall'entit� del tributo (sentenze nn. 89 del 1982 e 2 
del 1989). � 

Residuavano le controversie a contenuto estimativo, che secondo una 
tradi:Zibnale impostazione .. skvolevano sottratte al giudice penale: tant'� 
che ~.. �ome si �� detto _,... il superamento della pregiudiziale obbligatoria 
� stato� �ssenziailmente perseguito, nel nuovo sistema penal-tributario, 
con "la� configurazione di� fattispecie che prescindono dall'entit� del tributo 
in contestazione. 

Sotto il profilo costituzionale, a giustificare tale indirizzo non poteva, 
n� pu� valere l'argomento della specialit� e del complesso tecnicismo 
degli accertamenti a contenuto estimativo: altrimenti, la preclusione 
all'indagine ed al sindacato del giudice penale avrebbe dovuto valere 
anche nei�confr�nti dell'accertamento amministrativo non seguito da un 


158 

RASSEGNA D�LL'AVVOCAT�RA DELLO STATO 

giudizio tributaxiio, ci� che la Corte ha escluso con la ricordata sentenza 

n. 88 del 1982. Il tecnicismo degli accertamenti, del resto, comporta solo 
esigenze di specializzazione del magistrato penale, fo.quirente e giudicante, 
non dissimili da quelle che si riscontrano in varie altre materie 
che pur formano oggetto del giudizio penale senza particolari limitazioni. 
. Nemmeno pu� sostenersi, come fa l'Avvocatura, che il permanere 
della pregiudizialit� processuale -che non � qui in contestazione comporti 
di necessit� il mantenimento di quella sostanziale. Altro, infatti, 
� subordinare l'azione penale all'accertamento tributario definitivo, 
onde consentire al pubblico ministero di avere solidi elementi per iniziarla 
ed al giudice di tenerlo nel debito conto; altro � dire che quell'accertamento 
� vincolante e non pu� essere in alcun modo sindacato 
pur se basato su regole di giudizio estranee al processo penale. 


A sorr�ggere il mantenimento della pregiudiziale tributaria nelle controversie 
del tipo suddetto ha giocato, invece, �l'esigenza fondamentale 
di evitare accertamenti discordanti anche a livello giurisdizionale dell'imposta 
dovuta� {sentenza n. 89 del 1982), di impedire, cio�, la formazione 
di giudicati contraddittori e salvaguardare cosi il principio di unit� 
della giurisdizione. 

I

Questa base giustificativa non pu� pi� valere, per�, dopo l'entrata 
in vigore del nuovo processo penale, che ha profondamente eroso la 

I

portata di tale principio, introducendo -salvo limitatissime eccezioni 


un regime di reciproca separazione tra azione penale, civile ed ammi


I 

nistrativa e di autonomia dei rispettivi procedimenti: privilegiando, con 
�ci�; le specificit� strutturali e funzionali di ciascun tipo di giudizio an


I 

che a scapito della coerenza delle relative pronunce. In un sistema che 

I

contiene in limiti assai ristretti tanto l'ambito delle pregiudiziali -esclu


dendo qualmique forma di devoluzione obbligatoria (art. 3) -quanto ~ 

f

le ipotesi di sospensione (faco1tativa) del dilfattiml:!nto penale (art. 479); 

i 

che demanda in linea di principio allo stesso giudice penale di risolvere [
in via incidentale, e senza efficacia vincolante per altri giudizi, ogni questione 
da cui dipende la decisione (art. 2); che esclude che nei processo I 
penale si osservino i limiti di prova stabiliti dalle legge civili (salvo quelli 


I 

concernenti lo stato di famigila e di cittadinanza: art. 193); � evidente 
che l'esigenza di evitare giudicati contraddittori non pu� pi� valere a 

I

ritenere costituzionalmente lecita la vincolativit� per il giudice penale 
di pronunce tributarie che, pur se valide ai fini fiscali, sono basate su 
regole di giudizio estranee al processo penale e contraddittorie con fa 
sua essenza, quali quelle di cui all'art. 41, secondo comma, del d.P.R. 

n. 600 del 1973. 
Poich� uno dei termini del bilanciamento cos� effettuato ha ormai 
perso gran parte della sua pregnanza, non pu� pi� ritenersi consentita 
la compressione del diritto di difesa conseguente a quel vincolo. 



PARTE I, SEZ: I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 159 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 giugno 1991, n. 259 (in cam. cons.) -Pres. 
Corasaniti -Red. Ferri -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
Onufrio). 

Procedimento penale � Dichiarazioni spontanee rese dall'indiziato alla polizia. 
senza l'assistenza del difensore � Utilizzazione ai fini di eventuali 
contestazioni � Illegitthnit�. 

� illegittimo, per violazione degli artt. 76 e 77 Cost. ed in riferimento 
alla direttiva contenuta nell'art. 2 n. 31 della legge delega 16 febbraio 
1987 n. 81, l'art. 350, settimo comma, del codice di procedura penale, 
limitatamente all'inciso �salvo quanto previsto dall'art. 503, comma 3 >>, 
nella parte in cui consente la utilizzazione, ai fini delle contestazioni, delle 
dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria senza l'assistenza del 
difensore (1). 

(omissis) In primo luogo il giudice remittente ritiene che dette norme 
si pongano in contrasto con i principi contenuti nella legge di delega 
16 febbraio 1987 n. 81 che, con la direttiva n. 31 dell'art. 2, ha posto il 
divieto di ogni utilizzazione agli effetti del giudizio delle dichiarazioni 
rese alla polizia giudiziaria, senza l'assistenza della difesa, dalla persona 
nei cui confronti vengono svolte le indagini. 

Sotto questo profilo la questione � fondata nei limiti di seguito 
indicati. 

In� inateria di delega questa Corte ha costantemente ritenuto che 
quanto pi� i principi ed i criteri direttivi impartiti dal legislatore delegante 
sono analitici e dettagliati tanto pi� ridotti risultano i margini 
di discrezionalit� lasciati al legislatore delegato; di conseguenza ancor 
pi� rigoresamente deve valutarsi la legittimit� della norma delegata, nel 
senso della sua aderenza ai criteri direttivi predeterminati. 

Ora, come pu� evincersi dalle relazioni al progetto preliininare ed 
al testo �definitivo del codice di procedura penale, la formulazione del: 
l'art. 350, settimo comma, rispecchia l'interpretazione della direttiva n. 31 
(seconda parte) prevalsa in Commissione redigente dopo un animato 
dibattito. 

Ritenne la Commissione che la citata direttiva consentisse anche la 
previsione delle cosiddette � dichiarazioni spontanee � rese, senza l'assistenza 
del difensore, dall'indiziato alla polizia giudiziarla, utilizzabili in 
giudizio ai fini delle contestazioni, pervenendo a tale conclusione con 
l'argomento che: �la direttiva 31 [nella seconda e nella sesta parte] 

(1) Come � precisato nella sentenza~ il divieto di utilizzazione espressamente 
posto dal legislatore delegante s� riferisce sia alle �informazioni assunte 
�, sia. alle �dichiarazioni � rese dall'irtdiziato, senza l'assistenza del difensore. 

160 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

mostra di distinguere le "informazioni rese" (utilizzabili) da quelle "assunte" 
{e quindi "provocate") dalla polizia giudiziaria (inutilizzabili) �. 

La conclusione non pu� essere condivisa. 

Il divieto di utilizzazione espressamente posto dal legislatore delegante 
si riferisce, infatti, secondo l'univoco significato letterale della 
direttiva in esame, tanto analitica da apparire norma di dettaglio, anche 
alle � dichiarazioni rese � dall'indiziato alla polizia giudiziaria senza l'assistenza 
del difensore, e non solo alle �informazioni assunte�, alle quali 
peraltro' fa richiamo la stessa direttiva (sesta parte) l� dove consente 
alla polizfa giudiziaria � di assumere sul luogo e nell'immediatezza del 
fatto, anche senza l'assistenza� del difensore, notizie ed indicazioni utili 
ai fini �della immediata prosecuzione delle indagini�; ribadendo per� 
anche fri' questa sede il divieto, gi� posto nella seconda parte, di ogni 
utilizzazione processuale. � 

Una volta stabilito, quindi, che il principio posto dalla direttiva n. 31 
� chiaramente espresso nella sua stessa dizione letterale, e si riferisce, 
come si � visto, alle dichiarazioni �rese�, non c'� spazio per costruire 
una diversa regolamentazione tra dichiarazioni � rese � e dichiarazioni 
�rese spontaneamente�. Secondo l'Avvocatura dello Stato tale differenziazione 
troverebbe fondamento nella giurisprudenza formatasi sotto il 
vecchio codice, per cui il legislatore delegante, ove avesse inteso includere 
anche questa ultima specie di dichiarazioni nel divieto, lo avrebbe 
espressamente affermato. 

In primo luogo occorre rilevare che la tesi � smentita dalla stessa 
relazfone prima citata che, come si � visto, ha considerato� le informazioni 
� rese � come spontanee, contrapponendole a quelle � assunte � e 
qtiindi provocate. 

Inoltre, proprio in quanto la nozione di dichiarazione � spontaneamente 
resa � era ben n�ta nel diritto� vivente, la circostanza che il legislatore 
delegante non abbia ritenuto, in questa sede, di operare alcuna 
�listinzione :ma abbia posto un divieto generale di utilizzabilit� per ogni 
tipo di �:lichiarazione resa senza l'assistenza della difesa, costituisce semmai 
ulteriore argomento per escludere che la lettera della direttiva n. 31 
aut�rizii un regime differenziato e particolare per �la specifica categoria 
delle dichiarazioni spontanee. 

g appen� il caso d� aggiungere che nel � divieto di ogni utilizzazione 

agli effetti del giudizio � � certamente compreso anche l'uso di dette 

dichiarazioni ai fini delle contestazioni; uso che, seppure con l'efficacia 

probaforia minore stabilita dall'art. 500, terzo comma, del codice di prcr 

cedtira periale; comporta indubbiamente �effetti � nel giudizio. 

Deve quindi dichiararsi l'illegittimit� costituzionale, per violazione 

degli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, ed in riferimento 

alla direttiva contenuta all'art. 2 n. 31 della legge di delega 16 febbraio 

1987 n. 81, dell'art. 350, settimo comma, del codice di procedura penale; 


PARTE.. X, Sl!Z. l, .GIURISPRUDENZA CQSTI'IUZIONALE 161 

nella� parte in cui.. consente �la utilizzazione .,ai fini delle co~t�stazioni 
delle dichiarazioni spontanee rese alla polizia giqdiziaria senza l'assistenza 
del difensore; e cio� .. limitatamente all'inciso � salvo quanto� previsto 
dall',a,rt. 503 comma 3 i>. 

Resta assorbito l'�ltro parametro<costituzionale invocato .dal 1 giudice 
remittente.�.� 

1.e ;ragioni ora esposte in ordine. alla illegittimit� costituzionale ;della 
norma prevista �l settimo comma dell'art. 350 non possono� essere est�se 
alle disposizio.i contenute negli artt, 357, second.o com:qia, lett. b) (Doq,
1mentaziq.lle d.~Wattiv~t� di. Polizia giudiziaria) e 5031 terzo comma (Ei;ame 
delle parti pdvate), del codice di procedura penale, cui pure il giud.
k:e remitttinte si ~ riferito J1el. � sgllevartl. Ja q.estione. 
Infi:lttila regulajuris che. il. Pretore di Leccti ha inteso in,,sostapza 
censtirl;lr~ � quella che consente, iD, via di eccezione, l'u$o in dtl?attimento1 
i:li fil::ti d.ellti eve.tuali co.testaz~oni, .delle dicbi,arazioni sp()nt~ee rese 
d,i:lll'indiziato . m assenza del . difensore, ed ~� co.ntenuta specificamente 
nell'art. 35Q, setti.tno comma, ultimo incisQ. Una volta elimina.ta tale possibilit� 
con Ja dii::hiarazione . ci'illtigittin)it� coi;tituzi9nale della norma, 
n� la documentazione in s� di tali dichiarazioni, non pi� suscettibile di 
�tt.illzzazione in giudizio; n� la disposizione di cui al terzo ~oinma delr 
l'~. 503 {ch,e $!..,lirxtit~ adestendere anche all'esame cieUe Partl private 
la p()ssibilit�, prevista dall'art. 500, di effettuare conttistazioni). consentono 
pi� detta utilizzazione in presenza del generale divitito qra sancito 
dal settimo comma dell';:.-t. 350; non risultano pertanto in conflitto n� 
con i principi enunciati dalla citata direttiva n. 31 dtilla legge~cieiega (seconda 
parte), n� possono incidere in alcun modo sul diritto di. difesa 
sancito dall'art. 24 della Costituzi()ne. 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 giugno 1991, n. 260 -Pres. Corasaniti -
Red. Pescatore -Regione Lazio e Presidente Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato Favara). 

Acque � Acque pltbbliche � Piccolederl.vazioni � Ri$orse idriche per la produzione 
dl e11~J:gia elettrica � FUnztoni amniinistrative -Esclusione della 
riserva allo Stato � lllegittimit�. 

E illegittimo, per violazione dell'art. 76 Cost., l'art. 91, n. 6, .del d.P.R. 
24 luglio 1977 n. 616, nella parte in cui non esclude dalla ris,erva allo 
Stato le funzioni amministrative concernenti le � piccole derivazioni � di 
acque pubbliche (1). 

(1) Il limite tra piccole e grandi derivazioni per la produzione di energia 
elettrica �, per l'art. 1 della legge 24 gennaio 1977 n. 1, stabilito �in tremila 
kilowatt di potenza media annua. 

162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

{omissis) Tranne alcune tassative eccezioni (relative alle acque mi


i~ 

nerali e termali e agli. acquedotti d'interesse regionale), la disciplina e 
il governo delle acque. non furono devoluti, dagli artt. 117 e 118 della 

I 
Costituzione alla competenza legislativa e amministrativa regionale, in 
base ad una precisa scelta del Costituente, correlata all'opportunit� di 

I 
riservare alla valutazione dello Stato l'utilizzazione delle acque in ogni 
parte del territorio nazionale, tenuto conto dell'interesse unitario proprio 
alla materia. 

In base a tale scel~a l'art. 8, secondo comma, lett. a) del d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 8, aveva tenuto ferma la competenza degli organi statali 
in ordine � alla tutela, disciplina e utilizzazione delle acque pubbliche �. 

� da rilevare, poi, che l'art. 12 dello stesso d.P.R. n. 8 del 1972 trasfer� 
alle regioni i provveditorati regionali alle opere pubbliche (con 
esclusione di alcune particolari sezioni e di alcuni servizi). Poich� ai 
detti provveditorati era attribuita la competenza a provvedere in ordine 
alle concessioni relative alle piccole derivazioni di acque pubbliche, l'articolo 
13, lett. d), dello stesso d.P.R. n. 8 del 1972 deleg� alle regioni le 
attribuzioni esercitate da tali uffici relative alle piccole derivazioni. 

La delega ora detta era fondata sull'art. 17, lett. b) della legge 16 maggio 
1970, n. 281, secondo il quale il trasferimento delle funzioni statali 
alle regioni doveva realizzarsi per settori organici di materie ed essere 
effettuato � mediante il trasferimento degli uffici periferici dello Stato �. 
Qualora gli uffici stessi fossero titolari anche di competenze statali residue, 
queste dovevano essere delegate alle regioni ai sensi dell'art. 118, secondo 
comma, della Costituzione. 

Nel momento in cui il legislatore procedeva (con la delega contenuta 
nella I. 22 luglio 1975, n. 382) al riassetto delle attribuzioni regionali, 
la competenza in ordine alle grandi derivazioni di acque pubbliche 
era, quindi, demandata al Ministro per i lavori pubblici, di concerto 
col Ministro delle finanze (art. 14, primo comma, del d.P.R. n. 1534 del 
1955). La competenza a provvedere alle piccole derivazioni era, invece, 
delegata alle regioni, nei limiti in cui essa era precedentemente attribuita 
ai provveditorati regionali alle opere pubbliche: ne erano soltanto 
eccettuate, ai sensi dell'art. 14, secondo comma, del d.P.R. n. 1534 del 
1955, le ipotesi delle domande concorrenti e delle opposizioni, in relazione 
alle quali era competente il Ministro dei lavori pubblici, salvo il 
caso previsto dall'art. 6 del d.P.R. n. 1090 del 1968. 

La delega, prevista dall'art. 1 della I. n. 382 del 1975, aveva per contenuto 
e finalit� il completamento della devoluzione alle regioni delle 
funzioni amministrative per le mater.ie indicate nell'art. 117 della Costituzione; 
non era consentito, invece, al legislatore delegato di ritrasferire 
allo Stato, funzioni gi� attribuite alle regioni. 

In coerenza con tale indir.izzo, la lett. e) dell'art. 1 della I. n. 382 
del 1975 prevedeva l'ampliamento della delega di funzioni amministrati




PARTB 1. SBZ. I, .GIUIUSPRUDENZA cosnTUZIONALB 

ve, ex art. 118 Cost., al fine cli � rendere possibile l'esercizio organico, 
da parte delle regioni delle funzioni. trasferite o gi� delegate�. Non era 
consentito, qujncli, cli sottrarre alle regioni competenze ad esse gi� delegate. 


In questo quadro normativo .sL� inserito il d.P.R. 24 luglio 1977, 

n. 616, emanato in attuazione della 1. n. 382 del 1975; l'art. 90 cli tale 
decreto ha mantenuto ferma la titolarit� dello Stato inerente alle funzioni 
circa la tutela, la disciplina e l'utilizzazione delle risorse idriche, 
delegandone l'esercizio alle regioni. Sono eccettuate da tale delega le 
funzioni espressamel}te riservate allo Stato dall'art. 91: tra queste, il 
n. 6 cli questa nonna comprende le funzioni amministrative concernenti 
� l'utilizzazione cli risorse idriche per. la produzione di energia elettrica "'� 
In tal modo il legislatore delegato � incorso nella vio1azione del 
principio direttivo stabilito daU.~art. 1, lett. c) della 1. n. ~82 del 1975, in 
quanto. ha sott.ratto alle regioni le funzioni amministrative gi� ad esse 
delegate, comprensive ~che di quelle inerenti alle derivazioni per la 
produzione cli energia elettrica. 

Ne consegue che l'art. 91, n. 6, del d.P.R. n. 616 del 1977 va dichiarato 
costituzionalmente illegittimo, in� riferimento all'art. 76 Cost., nella 
parte in. cui non esclude dalla riserva allo Stato le. funzioni amministrative 
concernenti le � piccole derivazioni � di acque pubbliche. 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1991, n. 310 -Pres. Gallo -Red. Ferri -
Charrey 1(n. p.) e Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Zotta). 

Elezioni � Elezioni politiche e amministrative � Sindaco . Condanna penale 
� Decadenza. 

Tenuto conto. della attribuzione al sindaco anche di funzioni statali, 
l'art. 6, ultimo cpv., del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570 non pu� essere 
tacciato di irragionevolezza; tale norma prevede una incapacit� legale 
ad assumere l'ufficio di sindaco, ed � eccezionale rispetto alla regola 
generale (valida anche per tutte le elezioni .di secondo grado) per cui 
chi � elettore � anche eleggibile. 

(omissis) L'art. 6 del d.P.R. n. 570 del 1960 stabilisce che non pu� 
essere . nominato sindaco chi si trova in una serie cli condizioni succe&sivamente 
elencate, l'ultima delle quali consiste, come si � detto, nell'avere 
riportato condanna per qualsiasi reato commesso nella qualit� 
cli pubblico ufficiale o con abuso d'ufficio ad una pena restrittiva della 
lil:iert� personale superiore a sei mesi, ovvero per qualsiasi altro delitto, 
alla pena della reclusione. non inferiore ad un anno. 


164 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Chi si trova in siffatta condizione viene pertanto ad essere colpito 
da una vera e propria incapacit� legale ad assumere l'uffico di sindaco, 
incapacit� che cessa soltanto in seguito a riabilitazione. Trattasi evidentemente 
di una legge speciale che si riferisce ad una carica pubblica 
che � s� elettiva, ma elettiva di secondo grado, disciplinata .quindi in 
modo distinto e autonomo rispetto ai requisiti prescritti per la eleggibilit� 
alle Assemblee primarie cui si accede per elezione diretta, siano 
esse la Camera dei deputati e il Senato, ovvero i Consigli regionali, provinciali 
e comunali. 

Tale normativa concernente il sindaco risale molto indietro nel tempo, 
e, almeno per quanto riguarda l'ultimo capoverso dell'art. 6, � la 
riproduzione pressoQ:t� letterale di precedenti testi legislativi. La si_ trova 
infatti nell'ultimo capoverso dell'art. 146 del Testo Unico approvato con 
regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, punto d'arrivo dell'elaborazione legislativa 
dello Stato liberale in materia di comuni e province. Ma anche 
il Testo Unico della legge comunale e provinciale approvato con regio 
decreto 3 marzo 1934 n. 383, in pieno ventennio fascista, riproduce all'articolo 
46, ultimo capoverso, n. 11 la medesima disposizione, naturalmente 
riferita al Podest� o al Vice Podest�, che pure erano nominati dall'autorit� 
governativa (ministro dell'interno o prefetto), di guisa che si 
sarebbe anche potuto ritenere superfluo stabilire per legge in tali casi 
il divieto di nomina. 

Caduto il regime autoritario, il decreto legislativo luogotenenziale 
7 gennaio 1946, n. l, disponendo la ricostituzione delle amministrazioni 
comunali su base elettiva, ripristin� sostanzialmente, nell'art. 7, rart. 146 
del Testo Unico del 1915. E identica norma � rimasta nell'art. 6 del Testo 
Unico approvato (in seguito a delega legislativa conferita dall'art. 21 
della legge 24 febbraio 1951, n. 84) con d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, riprodotto 
infine in identico tenore nell'art. 6 del Testo Unico approvato con 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570. Vale la pena poi di sottolineare che la 
legge 23 aprile 1981, n. 154 che ha disciplinato organicamente la normativa 
concernente l'eleggibilit� a consigliere regionale, provinciale; comunale 
e circoscrizionale, abrogando esplicitamente le disposizioni precedenti, 
nulla ha innovato per quanto riguarda le norme sopraricordate 
che attengono specificamente ai requisiti richiesti per �essere eletto sindaco. 
Resta perci� confermato il carattere assolutamente speciale della 
normativa anzidetta che costituisce eccezione alla regola generale, valida 
ugualmente in linea di principio per le elezioni di secondo grado, per cui 
chi � elettore � anche eleggibile. 

La ragione di tale speciale disciplina va ricercata nelle caratteristiche 
particolari che contraddistinguono la carica di sindaco. 
Infatti al sindaco sono attribuite, insieme alle importantissime funzioni 
propriamente attinenti alle competenze del comune quale ente di 


PARTE. l;1 SEZ. l, GITJRISPRUDBNZA COST.ITUZIONALB 165� 

autonomia locale (art; 36 .della, legge 8 giugnol99tl n. 142: � ordinamen�� 
to delle autonomie locali �), ulteriori furizioni di competenza statale, .. nel�� 
!!esercizio delle quali . ll sindaco agisce coi:n,<ec ufficiale.� deL governo: ...� tali 
fw:m.onL gi� preesistentl nell'ordinamento dello Stat� liberale (vedi il 
~itfl<to l.'~.s~() "(Jaj�~ )l� J48 4~1191S)spno o~giregolate dalfart...38 della 
leg~e n. 14,2 �itata� Per apprezzai:e appfono l'hnportanza e la delicatezza 
<li i dette attpbuzioni; baster� ricordare; .�fra ...� quelle . ,elencate ..�nel cita:t<>� 
art; 38, lai; disp�siziorte del>s�condo comma con~rnente �i provvedimenti 
contingibili e urgenti in materia di sanit� ed. igiene, edilizia e polizia 
locale. l\Aa oltre a queste vanno menzionate le funzioni attribuite al sin-� 
daco da leggi speciali in ordine alla tenuta dei registri di stato civile 
e> <li p()p()~i.i:gne, 1,1.gli ade.tPil)'le:nti. in i::n1,1.teri.a ..e1ettora.le, di. )eva mili~A'.'" 
re e di:�� st~tistj,ca, .�� il;t m1,1.teria di.�� pub:l:>lica sicur(lzza .-e di poli~ia giudiziaria, 
ed altre menz~<>:n1,1.te )l(lt w:edet~o art. .~~� Tratta,si, �9m.e <;>.sserva 
l'Avvocatura dello Stato, di poteri che incidono direttamente sullo svolgimentcf.
delle attlvit�. e sugli interessi pri.iari .. della comt:U1�t� locaJe.. 
Ne �aeffo� ~C>tne rionsia coiltigiMi.b�e, sC>Ho Aprof~lg gell� ~isparlt� 
di trattamento, il raffronto con altre cariche p�bbliche elettive anche 
al pi� alto livello politico, per le q\l.alf il legisfatC>re si � in genere atteI!:
Y,to ~tJ:)Pncipio. se�p.do cui. salvo jl r~uisito �tell'et� nel caso det. 

f:~tamep.t~; l'(llettOrai~> passivo .� coitlci.de con l'elettorato.�. attivo. . 

'. ..�� Per j~ rtledeSiI1le i considerazioni . attblenti all'iI1lpOrtariza,: i delicatezza, 
e p�cuI@rit� dei poteri attiibuiti . � delle . funzioni esercitate non � pu�> 
neI1lmen,C> ta�ciarsi . di ... frragic:>nevolezza .. la scelta..�operata . <lal legislatore 
di mantenere la rigorosa nC>nnativa preesistente �il . ordine ai requisiti 
per l'eleggibilit� a sindaco, nonostante sia. stata effettuata direttamente� 

o. il1C�irettaniente u.na.ie'1isfone �.liberalizzatric��. in materia. di godimento 
. del �d.irltt~ all'elettorato attivo, .. e conseguentemente anche. passiv<>" 
(vedi in propositola legge 22 maggio 1980 n. 193 ch� h~ abrogato il numero 
7 ciel prinio c�mma dell'art. 2 del Testo U~foodelle leggi recanti 
nonne per la ~sciplina de1t'elettorato attivo, apJ?rovat� c<:m. d.P.R. 20 marzo 
1967 ri.223 eia legge '7 febt:>raio 1990 n.l9, gi� ricordata, che con 
l'art. 4 ha sostithlt� biti:; 166 Cleh::odice penale). 
Si deve pertanto co~�ll,lClere che neUa nonna in esame ~on � ravvi-� 
sabile alc.na yiolazion(l dell'art. 3�� della �� Costituzione. 

. . . � Q.~t~ al s�~Qndo . profilo prospettato dal. tribunale .remi:ttente, vale 
a dir~l��ilcostituzionaUt� della norma per contrasto con l'art. 51 della 
Costituzione, }e argomen,tazioni in precedenza svolte valgono ad escludern(
l la . fondatezza. 

lnvero,. una volta riconosciuto che le limitazioni speciali previste per 
escludere l'eleggibilit� a sindaco di chiunque abbia riportato condanne 
per determinati reati a determinate pene detentive non costituisconouna 
ingiustificata disparit� di trattamento rispetto ad altre cariche elettive 
non comparabili, n� sono caratterizzate da irragionevolezza, ne con



.166 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.segue che le predette limitazioni non .contraddicono nemmeno l'art. 51 
-della Costituzione. � infatti insegnamento costante di questa Corte .che, 
fermo restando essere l'eleggibilit� la regola e l'ineleggibilit� l'eccezione, 
la legge che determina i requisiti necessari, sia in positivo che in 
negativo, non � censurabile sul piano della legittimit� costituzionale, 
purch� le cause di ineleggibilit� in rapporto alle diverse cariche rispondano 
a motivi di pubblico interesse e siano contenute in limiti razionali: 
non pu� dirsi sicuramente che tali canoni non siano stati rispettati 
dalla norma in esame. 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1991, n. 311 -Pres. Corasaniti -Red. 
Vassalli -Carlotta (avv. Bettiol e Tosi), Rossi (avv. Antonelli) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia). 

Procedimento penale -Revisione iniziata col vecchio rito -Formula dubitativa 
� Inapplicabilit�. 
(Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen. 1930, art. 566). 

L'art. 479 comma terza del codice di procedura penale del 1930 non 
pu� trovare applicazione nei procedimenti (ivi compresi quelli per i quali 
fu ammessa la revisione) che proseguono con l'osservanza delle norme 
del vecchio rito, dal momento che le sentenze di proscioglimento possono 
essere pronunciate solo con le formule previste dal nuovo codice. 

La Corte di assise d'appello di Venezia dubita che l'art. 566, secondo 
comma, del codice di procedura penale del 1930 sia comp�tibile con 
:gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui impone al giudice 
della revisione la conferma della sentenza di condanna, anche quando 
gli elementi (o alcuni di essi), per i quali fu ammessa la revisione, siano 
risultati fondati o pienamente provati e gli stessi, valutati unitariamente 
agli altri elementi raccolti nel processo, realizzino la situazione probatoria, 
non sufficiente per una condanna, a norma dell'art. 479, terzo 
comma, del codice di procedura penale del 1930. 

Sia il rimettente che l'Avvocatura generale dello Stato hanno posto 
in risalto, per sostenere la rispettiva ed antitetica ricostruzione del quadro 
normativo applicabile nel giudizio a quo, singole affermazioni contenute 
in una recente sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione 
(Cass., Sez. un., 3 febbraio 1990, n. 1), cos� isolando fra loro, all'interno 
del tessuto argomentativo in cui si articola quella pronuncia, aspetti 
parziali, che, al contrario, si sostengono solo nell'alveo di una lettura 
unitaria. 

L'eccezione di inammissibilit� per irrilevanza sollevata dalla Avvocatura 
generale dello Stato si fonda, infatti, sull'assunto, enucleato dalla 


PARTE I,�SEZ, I; GIURISPRUDBNZA�COSTITUZIONALB 

sentenza della Corte di cassazione ora ricordata, secondo il quale nel 
procedimento di revisione non si applica la disciplina transitoria prevista 
dal titolo terzo del decreto legislativo n.>271 del 1989, con la conseguenza 
che gli atti da compiere al momento della' entrata in vigore 
del nuovo codice sono disciplinati dalla nuova legge in base al principio 
'-�f. tempus regit actum �. Tale principio -sostiene l'Avvocatura soffre 
un temperamento in ossequi<> . all'altro della perpetuatio iurisdictionis,� 
per il quale la .competenza resta radicata��.davanti al giudice 
indicato dalla normativa abrogata se �lo stesso, al momento della successione 
delle norme, abbia gi� concretamente iniziato la trattazione del 
procedimento. L'unica eccezione, � dunque, alla immediata ���applicazione 
della nuova disciplina -conclude l'Avvocatura -� rappresentata dalla 
competenza, sicch�, nel caso di specie, trova applicazione non l'art. 566 
del codice abrogato, ma l'art. 631 del nuovo codice, con l'ovvio epilogo 
di rendere rilevante la � situaziOne del dubbio ai fini della revoca della 
sentenza di condanna. 

La tesi della Avvocatura non pu� essere condivisa, giacch� essa, non 
dapdo sufficiente risalto alle conclusioni cui � pervenuta la Corte regolatrice, 
omette di trarne le necessarie conseguenze sul piano logicosistematico.. 
Chiamata infatti a dirimere un contrasto giurisprudenziale 
insorto proprio. su. tale aspetto, la Corte a S~zioni unite ha statuito che 
per ritenere operante il priJ:l.cipio . della perpetuatio iurisdictionis non 
pu� farsi riferimento alla semplice presentazione di un'istanza, � ma � 
necessario che il giudice al quale l'istanza �. rivolta ne abbia iniziato 
concretamente la trattazione prima dell'entrata in vigore delle nuove 
norme �, sicCh�, ove �l'istanza di revisione sia stata presentata alla Corte 
di cassazione in data anteriore alla entrata in vigore del nuovo codice 
di procedura penale, ma la Corte non ne abbia, prima di tale data, iniziato 
la trattazione, si� rendono applicabili � le norme del nuovo codice 
di rito �. La conclusione inversa, dunque, si impone ove sia �data l'ipotesi 
reciproca: vale a dire che se� la Corte di cassazione ha iniziato a trattare 
l'istanza di revisione prima dell'entrata in vigore del nuovo codice 
di rito, ibi et finem accipere debet, sicch� il giudizio, ormai iniziato, 
resta radicato sino al suo esaurirsi davanti al giudice competente secondo 
le norme anteriormente vigenti. 

Ma una volta ammessa la validit� del principio della perpetuatio 
iurisdictionis, ne consegue che il giudice �prorogato� nella competen� 
za deve applicare il rito proprio di quel tipo di giudizio che � stato 
�prorogato�: se la competenza, quindi, deve essere riconosciuta alla 
Corte di cassazione quando questa ha � ritenuto � l'istanza prima del 
24 ottobre 1989, ne deriva che la stessa Corte deve procedere al giudizio 
rescindente secondo le norme del vecchio codice; e sempre il vecchio 
codice deve applicare il giudice di rinvio in fase rescissoria. 


168 

RASSEGNA DELL'AVV0<;4TURA DELLQ. STATO 

Qualora, invece.� si volesse aderire alla tesi della Avvocatura portandola 
al naturale epilogo, le conseguenze sarebbero davvero paradossali: 
se per ipotesi, infatti, la Corte di cassazione avesse iniziato la 
trattazione della istanza prima del 24 ottobre 1989 ma avesse dovuto 
assumere la decisione dopo tale data, osservando rigorosamente il principio 
tempus regit actum non vi sarebbe �un codice� applicabile in 
quel momento; non il vecchio, infatti, essendo lo stesso ormai abrogato,. 
ma neppure il nuovo, visto che per quest'ultimo la cognizione della 
revisione � devoluta solo alla Corte di appello. t!: proprio la perpetuatio 
iurisdictionis, quindi, ad evidenziare come, salvo le deroghe previste dalla 
disciplina transitoria, sia. assegnata ultravigenza a tutte le norme che 
attengono a �quella� giurisdizione (e, quindi, all'intero rito applicabile) 
e non solo -riduttivamente -alle regole sulla competenza. 

D'altra parte, che non si tratti solo di un problema di competenza,. 
� reso evidente dal fatto che la � nuova � revisione presenta peculiarit� 
che vanno ben oltre la �semplice individuazione di un diverso giudice 
chiamato a pronunciarsi sulla istanza. Tra le non poche differenze, infatti, 
che connotano la disciplina della revisione dettata dagli artt. 629' 
e seguenti del nuovo codice rispetto a quanto prevedevano gli artt. 553, 
e seguenti del codice abrogato, la prima, e pi� appariscente, attiene alla 
mutata dinamica del procedimento ed alla soppressione della struttura 
bifasica che ne caratterizzava le cadenze sotto la vigenza del codice 
del 1930. In luogo, infatti, della precedente dicotomia tra la fase rescindente, 
devoluta alla cognizione della Corte di cassazione e la fase rescissoria 
attribuita al giudice di merito individuato in ragione delle varie 
ipotesi descritte dall'art. 561, secondo comma, del codice del 1930, iI 
nuovo codice assegna il vaglio sulla ammissibilit� della richiesta e la 
conseguente cognizione del merito alla corte di appello nel cui distretto 
si trova il giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna di primo 
grado. Muta, quindi, rispetto al passato sistema, non solo il .criterio 
di determinazione della competenza, ma la stessa struttura del procedimento, 
ormai �unificato � nelle sue cadenze davanti ad un solo giudice 
(la corte di appello) individuato ratione loci nei modi di cui si � 
detto. 

Anche per ci� che attiene al r.ito applicato in sede � rescissoria � 
non mancano significative diversit� .tra il vecchio e il nuovo impianto� 
codicistico. Mentre, infatti, l'art. 565, ultimo comma, del codice abrogato 
stabiliva che � quando il giudizio � stato rinviato ad un giudice 
di appello, questi provvede in ogni caso alla rinnovazione totale del dibattimento
�, l'art. 636, secondo comma, del nuovo codice, in luogo della 
rinnovazione della istruzione dibattimentale, stabilisce che nel giudizio 
di revisione si applicano le disposizioni previste per il giudizio di primo 
grado � in quanto siano applicabili e nei limiti delle ragioni indicate 
nella richiesta di revisione�, giustificandosi tale scelta -precisa 



PARTE 1; SEZ. I, GlURISPRtlDBNZA COSTITUZIONALE 

la Relazione al progetto preliminare "-� con la ritenuta � necessit�, nei 
limiti dettati dalla richiesta di r�visione, di svolgere tutte le attivit� 
istruttorie necess�rie, che �non sono proprie di un giudice di appello �, 

Ma l'asp�tto che maggi�rm�nte risalta ai fini del presente giudizio 
�concerne le � fortilul� � c�n le quali pu� essere prosc�olto il condannato 
in sede di revisione.> Stabiliva, infatti, l'art.� 566, secondo comma, del 
.codice ��abrogato che� il giudic� p�t�va assolvere �nel giudizio di rinvio 
s�ltanfo quando avesse � r.itenuto la �sussistenza� di� � una causa di assoluzione 
ai sensi della� prima parte o t�rzo capoverso dell'art. 479 �, doven<
l� in ogni altro caso <�onfermare la sentenza di condanna: sicch� quest'ultim� 
epilogo era imposto, �qualora il giudice fosse pervenuto alla 
conclusione� di ritenere�� applicabile� nella specie la formula del dubbio, 
prevista dall'art. 479, secondo capoverso, dello stesso codice. Essendo 
.scoml.'iirsa tale formUla dal nuovo oodice, coerentemente stabilisce l'artieol� 
631 che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono 
'� essere tali da dimostrare, se accertati; che il condannato deve essere 
prosd�lto � norma degli artt. 529, 530 e 531 �. Poich� l'arto 530, secondo 
.cotil~�, stabilisce a sua volta che �il giudice pronuncia sentenza di assoh:
tz�orie anche quando . manca,.� �. insufficiente . o � contradditforia la prova 
che il fatto sussiste, che l'imputato' lo ha commesso, che il fatto 
costituisce reato o che il reato � stato commesso da persona frnputabile 
�, n� consegue che, in presenza di una prova insufficiente o contri:
tdclittoria, la revisione, esclusa dal vecchio codice, viene ad essere riel 
ntiovo � testtialmente � �mmessa. 

S, qUindi, propi-io l'assoluta diversit� di regime che connota l'istituto 
� della revisione nel vecchio � nel nuovo Codice a non poter sopportare 
la mec�aruca sovrapposizione di disciplina che verrebbe ineluttabili:
nente a scaturire ove fosse rigorosamente osservato il principio 
tempus regit actum, dal momento che, al contrario, sono proprio i parametri 
costituzion�li invocati dal rimettente ad imporre una lettura 
<l�lle norme che consenta di ritenere applicabili i necessari istituti di 
raccordo bitertempor�fo previsti dal titolo III del decreto legislativo 
28 luglio 1989, n. :tn. Sicch�, anche per questa via, deve pervenirsi alla 
�conclusione di ritenere applicabile la disciplina transitoria. 

A questa conclt1sfone, d'�ltra parte, deve' pervenirsi anche st111a 
base di argomenti testuali. Occorre infatti rilevare, a tale riguardo, che 
:se, da un lato, la tipologia degli atti, af cui previo compimento l'art. 241 
<lelle disposizioni transitorie del nuovo codice subordina l'applicazione 
�delle n~ririe anteriormente vigenti, appare� esaurire la rassegna dei di� 
versi epiloghi che definiscono la fase istruttoria, ci� non toglie che anche 
il giudizio di revisfone p�ndente alla data di entrata in vigore del nuovo 
�codice debba essere a pieno titc>lo annoverato fra i � procedimenti in 
-corso che si trovano in una fase diversa da quella istruttoria �, ai quali, 
puI'e, � significativamente dedicata la rubrica dell'articolo ora ricordato. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In altri termini, se il compimento di taluni atti tipid costituisce il pre


supposto necessaro perch� il procedimento prosegua con l'osservanza 

delle norme anteriormente vigenti e se, ancora, tali atti valgono a segna


lare la conclusione della fase istruttoria, ne deriva che gli stessi rap


presentano il requisito �minimo� -rispetto agli ulteriori stadi del 

processo -che determina l'ultravigenza del vecchio regime, senza pe


raltro esaurire la portata del principio: sicch�, ove il procedimento in 

corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice si trovi in una fase 

diversa da quella istruttoria perch� � la fase stessa a difettare, come 

nel caso del giudizio di revisione, il procedimento medesimo �deve pro


seguire con l'osservanza delle norme anteriormente vigenti, salvo le de


roghe espressamente previste dal titolo III del decreto legislativo n. 271 

del 1989. 

N� � possibile far leva, come mostra di fare il rimettente, sulla considerazione 
che, inquadrandosi la revisione al di fuori del procedimento 
di cognizione propriamente detto, la stessa non potrebbe iscriversi nel 
novero dei procedimenti rispetto ai quali pu� trovare applicazione 
l'art. 241 delle disposizioni transitorie, con la conseguenza di rendere 
inoperanti le disposizioni del nuovo codice richiamate dall'art. 245. Isolandosi, 
infatti, dal contesto, una affermazione di� principio pur contenuta 
nella pi� volte richiamata sentenza delle Sezioni unite, se ne perde 
il reale significato, che -come si � gi� accennato -� solo quello di 
rimarcare come la competenza e il rito siano stabiliti in funzione della 
disciplina processuale vigente non alla data in cui � stata proposta 
l'istanza di revisione, ma a quella in cui il giudice ne ha concretamente 
iniziato la trattazione. D'altra parte, neppure va sottaciuta la circostanza 
che nel procedimento a quo non solo si � integralmente esaurita, 
prima dell� data di entrata in vigore del nuovo codice di rito, l'intera 
fase� rescindente, ma, sempre anteriormente a tale data, ha avuto inizio 
lo stesso giudizio rescissorio, la cui prima udienza si � infatti celebrata 
il 20 ottobre 1989. Introdotta, quindi, la fase rescissoria, e poich� questa 
-come correttamente ha rilevato la difesa del condannato -� prevede 
la rinnovazione del dibattimento con l'assunzione di nuove prove�, 
sicch� � durante il suo svolgimento i giudici " conoscono " la causa ordiriando 
la rimiovazione del dibattimento, disponendo perizie, interrogando 
testimoni... �, appare evidente come tale fase si snodi secondo le 
regole che disciplinano l'ordinario procedimento di cognizione nel cor,.. 
rispondente grado di giudizio, rendendo quindi vano qualsiasi sforzo 
volto ad escludere, sulla base dei riferiti argomenti, l'applicazione del 
regime transitorio. 

Posto, dunque, che anteriormente alla data del 24 ottobre 1989 ha 
avuto inizio il giudizio di rinvio davanti alla Corte rimettente e che, 
quindi, sempre anteriormente a tale data, � stato emesso il relativo atto 
introduttivo nella forma del decreto di citazione, e considerato che pro-!i 

.. I!i 

< 


PARTE I, SBZ. I, GIURISPil.UDBNZA COSTITUZIONALE 17JL 

prio il � decreto d� citazione a giudizio � � annoverato fra gli atti al cui 

compimento l'art. 241 delle disposizioni transitorie subordina l'applica


zione delle norme anteriormente vigenti, con le deroghe previste dal-� 

l'art. 245, se ne pu� concludere :che, anche su di un piano rigorosamente. 

formale, sussistono nel procedimento a quo tutti i presupposti per rite


nere applicabilel'art. 254 del decreto legislativo n. 271 del 1989, in quan


to espressamente richiamato dall'art. 245. 

Le conseguenze che devono trarsi dai rilievi dianzi svolti sono a. 
questo punto di agevole individuazione, considerato che la portata del-� 
l'art. 254 delle norme transitorie, a tenore del quale � le sentenze di 
proscioglimento possono essere pronunciate solo con le formule previste 
dal codice �, non lascia spazio a dl,lbbi circa. gli effetti che vengono 
a riverberarsi sulla norma oggetto di denuncia. Come traspare da 
una analisi squisitamente lessicale del riprodotto enunciato normativa. 
e come d'altra parte � fatto palese nella Relazione al progetto preliminare 
delle clisJ>osizioni transitdtie del nuovo codice, il legislatore delegato 
ha llifatti � inteso escludere la possibilit�, nei procedimenti che 
proseguono con l'osservaoza � del codice. abrogato � che vengano adot-� 
tate formule di proscioglimento per insufficienza di . prove �. Una esclusione, 
questa, incisivamente ribadita dalla Corte di cassazione, la quale, 
in una pronuncia richiamata dalla difesa del condannato (Sezioni unite, 
3 febbraio 1990, n'. ~?74), ha affermato il principio che �l'unica regola 
di decisione applicabile dopo l'entrata in vigore del nuovo codice � 
quella che impone l'assoluzione con formula piena "anche quando ... � 
insufficiente o � contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato 
lo ha coriimesso, che >il fatto costituisce reato o che il reato � 
stato com-ID.esso d~ persona illl.putabile" � . 

. . Al fondamento della richiamata disposizione transitoria non vi �,. 
-d~que; per stare alla interpretazione del giudice di legittimit� ed alla 
stessa ratio legis, una semplice equiparazione. tra formule alla quale fa 
eco una � combinazione � tra le corrispondenti regole di giudizio, ma 
la scelta pi� radicale di espellere �dal sistema la formula di proscioglimento 
per insufficienza di prove, gi� prevista, per ci� che rileva ai fini 
del presente giudizio, dall'art. 479, secondo capoverso, del codice abrogato, 
la cui regola di giudizio (�Se non risultano sufficienti prove per 
condannare... �) � stata coerentemente riformulata negli innovativi termini 
che compaiono nell'art. 530, secondo comma, del codice vigente. 

Dovendosi pertanto concludere che, anche nei procedimenti che proseguono 
con l'osservanza delle norme del vecchio rito, l'art. 479, secondo� 
capoverso, del codice abrogato non pu� trovare applicazione, dal momento 
che le sentenze di proscioglimento possono essere pronunciate� 
solo con le formule previste dal nuovo codice, e tenuto conto, pertanto, 
che anche agl� effetti della norma denunciata la sentenza di assoluzione 
segue le formule e le regole di .giudizio stabilite dall'art. 530 del codice 


172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
vigente, ne deriva che il dubbio di legittimit� costituzionale avanzato 
.dal rimettente � infondato, proprio perch� la situazione di insufficienza 
di prove circa la commissione del fatto, accertata nel giudizio di rin
�vio, non pu� che determinare l'assoluzione con la corrispondente for172 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
vigente, ne deriva che il dubbio di legittimit� costituzionale avanzato 
.dal rimettente � infondato, proprio perch� la situazione di insufficienza 
di prove circa la commissione del fatto, accertata nel giudizio di rin
�vio, non pu� che determinare l'assoluzione con la corrispondente formula 
prevista dall'art. 530, non diversamente da ci� che sarebbe avvenuto 
ove il procedimento di revisione fosse stato celebrato con l'osservanza 
delle norme previste dal nuovo codice di rito. (omissis) 

<CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1991, n. 333 -Pres. Gallo; Rei. 
Granata; imp.ti Piensi -Martignetti -Bartolomei -Saporito -Marconi -
Andreani; interv. Pres. Cons. Ministri {Avv. dello Stato Caramazza). 

'Corte costituzionale -Giudizio di legittimit� in via incidentale -Intervento 
di chi non era parte nel giudizio a quo � Inammissibilit�. 

Reato -Detenzione di stupefacenti in quantit� superiore alla dose media 
gioitaliera -Reato di pericolo � Discrezionalit� del leglislatore � Incensurabilit� 
-Violazione del principio di offensivit� del reato � Insus


i 

sistenza. ~ 

Reato -Detenzione di stupefacenti in quantit� superiore alla dose media I 
giornaliera -Violazione del principio di riserva di legge � Insussi.. 
stenza. 

I 

-Reato ~ Detenzione di stupefacenti in quantit� superiore alla dose media 
giornaliera -Violazione della funzione rieducativa della pena � 
Insussistenza. 

. . 

I

Reato � Detenzione di stupefacenti in quantit� superiore alla dose media 

giornaliera -Pena detentiva -Violazione del diritto alla salute -Insussistenza. 
(Cost. artt. 3, 25, 27, 32; I. 22 dicembre 1975 n. 685, come modificata dalla 1. 26 giugno


1990 n. 162 artt. 71, 72 e 72 quater -corrispondenti rispettivamente agli artt. 73, 75 e 78 

d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, T. U. delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti 
e sostanze psicotrope). 
I 

� inammissibile l'intervento nel giudizio di legittimit� costituzionale 
:in via incidentale di chi non � stato parte del giudizio � a quo �. 
� infondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 73, 
75 e 78 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento agli artt. 3 e 25 Cost., 

I

nella parte in cui adottano un criterio quantitativo oggettivo ai fini della (:; 
.discriminazione della condotta punibile con sanzione penale -spaccio -f:~ 
.da quella punibile con sanzione amministrativa -consumo -non essendo 
n� arbitraria, n� irragionevole la scelta di politica criminale di 


-Valutare il pericolo di spaccio come insito nell'accumulazione -comun.
que finalizzata -�di sostanze stupefacenti oltre un dato� limite. 

PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

173 

� infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 78 

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in riferimento all'art. 25 Cost., nella parte 
in cui demanda ad un decreto del Ministro della Sanit� la determinazione 
dei limiti quantitativi massimi di principio attivo per la determinazione 
delle dosi medie giornaliere, in quanto la fattispecie penale risulta 
sufficientemente descritta nei suoi elementi essenziali dalla norma primaria, 
residuando soltanto una determinazione tecnica sulla base di nozioni 
di tossicologia, farmacologia e statistica sanitaria. 
� infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 73 

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento all'art. 27 Cost., in relazione 
alla valutazione della congruit� della pena, in quanto quest'ultima � 
determinata in modo conforme al principio di ragionevolezza. 
� infondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 73, 75 
e 78 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento all'art. 32 Cost. in quanto 
tali norme non sanzionano con la pena detentiva lo stato personale di 
tossicodipendenza sibbene la detenzione di sostanze stupefacenti. 

Fatto. -1. -Con ordinanza del 12 attobre 1990 il Tribunale di Roma, 
all'esito del dibattimento penale celebrato nei confronti di Martignetti 
Romeo, imputato del reato di cui all'art. 71 1. 22 dicembre 1975, n. 685, 
come modificato dalla 1. 26 giugno 1990, n. 162 per aver illecitamente 

�~ODICA QUANTITA�, �DOSE MEDIA GIORNALIERA� e �MODESTA ENTITA 
,. nella detenzione di stupefacenti. 

1. Inquadramento storico: 
Che la� nuova disciplina degli stupefacenti sarebbe stata sottoposta al vaglio 
della Corte Costituzionale ad appena un anno di vdta, sotto il profilo della idoneit� 
di un criterio quantitativo rigido a fungere da discrimine tra sanzionabilit� 
penale e non, era agevolmente pronosticabile. 
Un fenomeno relativamente nuovo -quanto alle sue dimensioni -per 
l'esperienza giuridica del nostro e degli altri paesi del mondo non pu� che 
trovare la propria regolamentazione in una soluzione di compromesso -e per� 
tanto solo tendente ad un ideale di perfezione -che tenti di coniugare due 
esigenze contrastanti: � quella dello Stato di reprimere lo spaccio della droga; 
quella del tossicodipendente o tossicofilo di approvigionarsene � (1). 
La dose media giornaliera, fulcro della legge � uscita indenne dal controllo 
di legittimit� della Corte che, sotto il vigore della legge 22 dicembre 1975 n. 685, 
aveva gi� :rtlpetutamente rigettato le censure rivolte al concetto di � modica 
quantit� � (2). 
In realt�, i mutamenti rispetto alla legge previgente sono stati molto meno 
drastici di quanto possa sembrare: vi � stata, pi� che altro, una inversione di 
tendenza nelle affermazioni di principio. La logica equivoca e permissiva, for� 
matasi sulla scorta dell'art. 80 L 685 del 75, norma ancorata alla non punibilit� 

(1) Cos� testualmente la sentenza in rassegna.
(2) Ord. 29 dicembre.1982 n. 248 in Giur. cost., 1982, I, 2371; sent. 26 ottobre 1982 n. 170 
in Foro it.; 1982, I, 2990; ord. 5 aprile 1984 n. 94, in Giur. cost., 1984, I, 531; ord. 16 aprile1987 n. 136, ivi, 1987, I, 951. 
4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO

174 

detenuto 0,389 grammi di cocaina, ha sollevato questione incidentale di 
costituzionalit� degli artt. 71, 72 e 72 quater 1. n. 685 del 1975, come modificata 
dalla I. 26 giugno 1990, n. 162 (corrispondenti rispettivamente 
agli artt. 73, 75 e 78 t.u. 9 ottobre 1990, n. 309) in relazione agli artt. 3 e 
25 Cost. 

In particolare, il tribunale rimettente sembra muovere dalla possibilit� 
di una lettura duplice delle norme censurate secondo che la fattispecie 
di cui all'art. 71 cit. si intenda presunto in maniera assoluta, 
ovvero si ritenga che � la suddetta fattispecie punisce non gi� il pericolo 
di spaccio, bens� direttamente il consumo �. 

In relazione alla prima ip�tesi denuncia � violazione del principio di 
ragionevolezza, in contrasto con l'art. 3 Cost. � in quanto l'esperienza giudiziaria 
mostra che di regola i consumatori, specie di sostanze stupefacenti 
c.d. � leggere � si riforniscono di quantit� superiori al fabbisogno 
giornaliero, onde il criterio della �dose media giornaliera � non pu� costituire 
un parametro ragionevole, corrisp�ndente cio� all'id quod plerumque 
accidit, su cui possa attendibilmente fondarsi una prognosi legale di 
pericolo di spaccio. 

Con riferimento poi alla seconda ipotesi, che il tribunale rimettente 
sembra preferire, �la portata normativa degli art. 71, 72 e 72 quater appare 
in contrasto con gli artt. 3 e 25 Cost. �, l� dove alla stregua di tali 

del consumo -che era stata stravolta al punto di ricavarne un diritto all'uso 
personale di droga -� stata soppiantata dalla �norma manifesto� dell'art. 72 

T. U. 9 ottobre 1990, n. 309, che sancisce, enfaticamente, il diViieto di uso personale 
di sostanze stupefacenti o psicotrope, pur senza far seguire al precetto 
alcuna sanzione penale. 
Tale divieto, nella sua lapidare chiarezza, � volto a capovolgere la convinzione 
di liceit� che si era radicata nella coscienza sociale e che aveva certamente 
contribuito alla diffusione della cultura della droga -soprattutto negli ambienti 
giovanili -e facilitato la commercializzazione della stessa attraverso il piccolo 
spaccio. 

Il legislatore ha dovuto affrontare il problema di disciplinare una materia 
particolarmente delicata -che sta assumendo proporzioni sempre pi� imponenti 
-senza avere avuto il tempo di saggiare l'opportunit� e i risultati concreti 
di talune scelte di. politica criminale. � per ci� che la valutazione legislativa 
� mutata pi� volte, in relazione alla realt� storica, all'esperienza giuridica 
e all'evoluzione del contesto internazionale, oscillando da un estremo all'altro, 
ritornando su prese di posizione rivelatesi inadeguate e ripercorrendo strade 
che erano state abbandonate. 

Cos�, nella seconda met� del secolo ben tre leggi hanno testimoniato l'altalena 
tra permissivismo e proibizionismo. 

La legge 22 ottobre 1954 n. 1041, particolarmente repressiva, non prevedeva 
l'esistenza di un quantitativo di sostanze la cui assunzione era sottratta alla sanzione 
penale, per cui anche la detenzione di minima quantit� finalizzata all'uso 
personale veniva punita penalmente. L'art. 6 infatti riservava eguale trattamento 
sanzionatorio (da tre a otto anni di reclusione) sia alla vendita che all'� impiego 
�, senza autorizzazdone, di sostanze stupefacenti. 

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175

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

disposizioni � la detenzione per comprovato uso personale e addirittura 
l'effettivo com;;umo di sostanze stupefacenti in quantit� superiore. alla 
dose media giornaliera sono sanzionati come reato �. 

In questa prospettiva il tribunale muove tra ulteriori censure di 
costituzionalit�. 

Ritiene innanzi tutto sussistere un'ipotesi di disparit� di trattamento 
nella forma di pari trattamento di situazioni diverse perch�, in caso di 
detenzione di sostanze stupefacenti in Inisura appena superiore alla dose 
media giornaliera, sarebbero assoggettati alla stessa sanzione sia il soggetto 
che ha ceduto �1a droga, sia quello che l'ha consumata giacch�, 
trattandosi di un fatto minimo in senso assoluto, la pena non potrebbe 
essere. differenzi.ata. 

Inoltre, risulterebbe violato il principio della necessaria offensivit� 
del reato, che costituisce limite alla discrezionalit� del legislatore penale. 
Infatti, nel caso della detenzione destinata al consumo o di effettivo 
consumo di sostanze stupefacenti in quantit� superiore alla dose media 
giornaliera non sarebbe configurabile la lesione o l'esposizione a pericolo 
di un bene giuridico che possa giustificare la sanzione penale. Ove anche 
poi si considerassero come vittime della droga, non solo lo stesso tossicodipendente, 
ma anche i suoi familiari, i suoi amici, la comunit� in cui 
vive, la societ� nel suo complesso, il :fischio di tale incidenza esulerebbe 

La questione di legittimit� costituzionale allora sollevata in relazione alla 

equiparazione della condotta del detentore di quantit� minima destinata all'uso 

personale e di quella dello spacciatore, fu dichiarata infondata (3). La Corte 

osserv� che il consumo e lo spaccio non costituiscono � situazioni diametral


mente diverse, ma tra foro concorrenti, rispetto� al piano d'azione che il legi


slatore si � chiaramente proposto. Dii.versa � bens�, la materialit� e la intenzio


nalit� delle rispettive condotte, ma � innegabile il nesso che l'una e l'altra �zione 

unisce nelle cause e negli effetti, con influenze reciproche e condizionanti � (4). 

La disciplina del 1954 riservava quindi al tossicodipendente un trattamento 

sanzionatorio spiccatamente rigoristico e che aveva ottenuto anche l'avallo della 

Corte Costituzionale. 

La rapida trasformazione del fenomeno droga, che ha perduto il suo con


notato elitario, nonch� la presa di coscienza� dell'inidoneit� della sanzione pena


le a svolgere una funzione deterrente per il tossicodipendente giunto ad un 

grado elevato di assuefazione, hanno condotto alla I. 685/75 che, all'art. 80, ha 

sancito la non punibilit� di chi illecitamente detiene � modiche quantit� � di 

sostanze stupefacenti per farne uso personale. L'atteggiamento decisamente pi� 

tollerante della I. 685/75 si inserisce nell'ottica che tende a considerare il tossi


codipendente non come criminale da punire, bens� come una persona malata 

-e per lo pi� emarginata -bisognosa di aiuto e di sostegno materiale e psi


cologico, alla quale offrire concreti incentivi al reinserimento sociale. 

(3) Corte Cost. 19 gennaio 1972 n. 9 in Giur. cost., 1972, 27. 
(4) Singolare � il richiamo di questa sentenza effettuato dalla Corte Costituzionale 
nella pronuncia in rassegna, in quanto si riferisce ad un diverso contesto normativo, ormai 
remoto nel tempo. 
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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

176 

del tutfo dall'assunzione, anche abituale, delle c.d. sostanze stupefacenti 
� leggere � che non inducono tossicodipendenza e rappresentano un rischio 
assai remoto in caso di uso occasionale. di oppiacei o cocaina. 
Inoltre) nel caso di assunzione abituale di sostanze stupefacenti � pesanti
�, il tribunale rimettente osserva che il tossicodipendente � indefettibilmente 
punito per la detenzione a fine di consumo di quantit� superiori 
alla dose media giornaliera anche se, nel caso concreto, i beni 
tutelati non abbiano corso alcun pericolo, non essendo egli ammesso 
a provare l'insussistenza del pericolo. 

Infine, il giudice a quo ritiene che il meccanismo normativo attraverso 
il quale il legislatore individua la fattispecie penalmente rilevante 
contrasti con la riserva di legge in materia penale sancita dall'art. 25 
Cost. essend� demandata �d un decreto del ministro della sanit� (tra 
l'altro) la d�terminazione dei limiti quantitativi massimi di principio 
attivo per le dosi medie giornaliere senza che risulti soddisfatta l'esigenza 
di predeterminazione ad opera della norma primaria del contenuto 
essenzfale �della fattispecie penale. 

E poich�, secondo l'avviso del giudice rimettente, il criterio quantitativo. 
� .di per se stesso ontologicamente inidoneo a determinare la 
condotta legittimamente punibile (spaccio) ed a differenziarla da quella 
non punibile {consumo) alla stregua della Costituzione, l'unica via per 

. La legge 26 giugno 1990 n. 162 che, a prima v.ista, sembra aver raggiunto 
un punto di equilibrio tra le due precedenti normative, arginando gli eccessi 
interpretativi ed applicativi che le avevano caratterizzate, ben poco ha cambiato 
rispetto al,la 1. 685/75, alla quale � decisamente pi� vicina. 

Anche.� sotto l'ordinamento previgente, la detenzione, a qualsiasi titolo, era 
qualifdcata dall'art. 71 come illecito penale: � la esimente di cui all'art. 80, la 
cosiddetta causa di non punibilit�, con riguardo alle ipotesi di acquisto o di 
detenzione di modiche quantit� di sostanze allo scopo di farne uso personale 
e non terapeutico, costituiva un'eccezione alla disciplina generale che regolava 
la materia... � (Relazione al Senato sul disegno di legge n. 1509 -Atti parlamentari 
p. 34). 

Il passo tra la I. 685/75 e la I. 162/90 non � stato quindi cos� grande: la 
illiceit� penale della detenzione di stupefacenti oltre certi quantitativi era affermata 
pnima, come lo � ora e la qualificazione della fattispecie in termini di 
reato di pericolo, fondato sulla presunzione del rischio di spaccio, non ha subito 
variazioni. 

La� nuova� legge -oltre a potenziare gli strumenti repressivi nellaJotta al 
narcotraffico e a rafforzare i mezzi di prevenzidne e le strutture di recupero 
dei tossicodipendenti -da una parte, ha eliminato -e sostituito con la sanzione 
amministrativa -la scriminante di cui all'art. 80 1. 685/75, dall'altra, ha 
deLineato con pi� rigore e precisione il concetto di � dose media giornaliera�, 
abbandonando l'evanescente nozione di � modica quantit� �. I primi due obiettivi, 
infatti, non avrebbero potuto essere considerati disgiuntamente da una 
nu~va r~golamentazione dell'uso di stupefacenti. Lo spaccio ed il consumo sono 
infatti due aspetti speculari dello stesso fenomeno e non si potrebbe combat




PAR~ :t;, SE~, J, GIJJRISPRUDijNZA CQS'I'.ITUZIONALE 

.177 

ricondurre il denunciato complesso normativo, .nell'ambito della legittimit� 
costituzionale �, a giudizio . del Tribunale di Roma, eliminare dal-
1.'art. 72 della legge (art. 75 del t.u.) l'inciso �.in dose non superiore .a 
quella media giornaliera; determinata in . base ai criteri indicati al . primo 
comma dell'art. 72 quater � {art. 78 del t.u.). 

2. ~ Con ordinanze del 31 dicembre 1990 (nel procedimento penale a 
carico di Bartolomei Claudio), del 9 gennaio 1991 (nel procedimento penale 
a carico di Saporito Fabrizio) e del 9 gennaio 1991 (nel procedimento 
penale a �arico di Marconi Massimo) il Tribunale di Roma ha sollevato 
analoga questione incidentale di costituzionalit�. 
3. -Con ordinanza dell'8 gennaio 1991 il Pretore di Bergamo, sezione 
distaccata di Grumello del Monte -nel corso di un procedimento p~ 
nale a� carico di Piensi Massimo, imputato di . detenzione �di sostanze stupefacenti 
in misura superiore alla dose media giornaliera -ha sollevato, 
in riferimento agli .artt. 3, 27 e .32 Cast., questione di legittimit� costituzionale 
delle medesime norme della I. n. 685 del 1975, come m:odif~cate 
dalla I. n. 162 del 1990, nella parte in .cui sottopongono a sanzione penale 
la detenzione a fine di uso personale non terapeutico di sostanz.e stupefacenti 
e psicotrope in misura superiore alla dose media giornaliera. 
Sostiene il giudice a quo che la normativa censurata viola l'art. 3 Cast. 
tere il mercato della droga incidendo solo sul fronte dell'offerta e non anche 
su quello della domanda. � 

Tali profili sono inoltre strettamente collegati a quelli relativi alla organizzazione 
della prevenzione e alla strutturazione delle misure di recupero e di 
nsocialdzzazioile. ' 

� La flessione della domanda, infatti, non potrebbe realizzarsi se non predisponendo 
un massiccio programma solidaristico, idoneo ad offrire ai tossicodipendenti 
valide alternative e concrete sl>eranze. � 

In questo ambito si inseriscono le norme relative alla conservazione del 
posto di� lavoro per il tossicodipendente che intraprenda un trattamento terapeutico. 
e alla concessione di un periodo di aspettativa d�! lavoro al genitore 

o 
al congiunto che si dedichi ad aiutare il tossicodipendente a disintossicarsi. 
Il concetto di � dose medi� giornaliera � viene a superare . quello di � mo.dica 
quantit��. che aveva dato luogo a. difformit� interpretative macroscopdche. 
Mentre in un primo tempo la giurisprudenza aveva mantenuto una certa 
uniformit� nell'indicare� la � modica quantit�� �quale dose n�cessaria per due o 
tre giorni, gradatamente quel concetto si era dilatato fino a raggiung~re, iil qualcuna 
delle interpretazioni pi� estensive, la quantit� di droga necessaria per soddisfare 
le esigenze del tossicodipendente per otto giorni. Di qui, l'opportunit� di 
ancorare il nuovo concetto di � dose media giornaliera � a criteri pi� oggettivi, 
nel rispetto del principio di certezza del diritto, sottraendo �i giudici l'eccessiva 
discrezionalit� di cui erano stati investiti in questa materia e salvaguardando, 
tuttavia, le indefettibili esigenze dli flessibilit� e di personalizzazione del criterio 
stesso. 



178 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(perch� sottopone ad uguale trattamento situazioni notevolmente diverse 
in relazione alle caratteristiche dei soggetti agenti), l'art. 27 Cost., perch�, 
anzich� tutelare la salute dei singoli assuntori, sottopone invece a pena 
detentiva (formalmente una condotta, ma di fatto) lo stato personale di 
tossicodipendenza. 

4. -Con ordinanza dell'll febbraio 1991 il giudice per le indagini preliminari 
presso il Tribunale di Camerino, nel procedimento penale nei 
confronti di Andreani Gianluca, imputato di illecita detenzione di 7,94 
g:rammi di .hashish, ha sollevato questione di legittimit� costituzionale 
delle medesime norme in relazione all'art. 25 Cost. Il giudice rimettente 
lamenta la violazione del principio di riserva di legge dettato dall'art. 25 
Cost. per essere gli elementi costitutivi della fattispecie penale . posti 
con decreto del ministro della sanit�. Svolge quindi argomentazioni in 
tutto analoghe. a quelle espresse dal Tribunale di Roma nella menzionata 
ordinanza del 12 ottobre 1990. {omissis) 
Diritto. -1. -� stata sollevata questione incidentale di costituzionalit� 
degli art. 71, 72 e 72 quater 1. 22 dicembre 1975 n. 685, come modificata 
dalla 1. 26 giugno 1990 n. 162 (corrispondenti rispettivamente agli 
artt. 73, 75 e 78 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, testo unico delle leggi in 

2. Profilo comparatistico: 
La 1. 162/90, che, si ribadisce, non intende affatto criminalizzare il consumatore, 
n� direttamente, n� indirettamente, punendo il grosso consumatore alla 
stessa stregua del piccolo spacciatore, � stata da pi� parti accusata di eccessivo 
rigore. Bisogna, invece, riconoscere, sulla base di una indagine comparata, 
che il nostro legislatore � tra i pi� tolleranti di tutto il mondo. 

Per quanto riguarda l'Africa e l'Asia, nella quasi totalit� dei paesi (Costa 
d'Avorio, Egitto, Nigeria, Kenya, tra i paesi africani; Indonesia, India, Corea, 
Hong Kong, Malesia, Filippine, Sri Lanka, Tailandia, Giappone, tra i paesi asiatici) 
� punito l'illecito possesso di sostanze stupefacenti che, talune volte, � 
addirittura parifiicato, quanto al trattamento sanzionatorio, alla produzione e 
allo spaccio di droga. Inoltre, raramente, le legislazioni di tali paesi prevedono 
circostanze attenuanti per l'uso personale di sostanze in modeste quantit� (5). 

Per soffermarsi sull'esempio del Giappone � da osservare che il legislatore 
ha fondato tale scelta su diverse ragioni: innanzi tutto -si afferma in quel 
Paese -l'abuso di un tipo di droga, sfocia spesso nell'abuso di altri tipi di 
sostanze, sempre pi� nocive, il che si traduce in un aumento della domanda e 
in un �incentivo per i trafficanti; in secondo luogo, l'abuso dii sostanze stupefacenti 
oltre ad essere dannoso per la salute, favorisce la formazione di un 
carattere fortemente antisociale. 

Inoltre, accade che il tossicodipendente non sia pi� in grado di svolgere la 

sua attivit� lavorativa e sia costretto ad abbandonare il suo posto, il che pro


voca, su larga scala, un pregiudizio per l'intera societ�. Infine, l'abuso di droga 

genera la commissione di altri crimini, in particolare di reati contro il patri


(5) Cfr. D. Cotic � Drugs and Punishment �, Roma, 1988. 

PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

179 

materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope) per sospetta 
violazione: 

a) dell'art. 3 Cost. perch�, nel caso� di� detenzion� di sostanze stupefacenti 
in misura superiore alla dose media giornaliera, prevedono una 
presunzione assoluta� di spaceio �he � arbitraria �ed irragionevole m quanto 
contrastante con l'id quod plerumque accidit; 

b) del medesimo art. 3 Cost. perch�, nell'accomunare nella stessa 
fattispecie criminosa sia la detenzione in misura superiore alla � dose media 
giornaliera, che lo spaccio di sostanze stupefacenti, determinano una 
disparit� di trattamento nella forma di pari trattamento di situazioni 
diverse per il fatto di comminare fa stessa pena sia al soggetto che ha 
ceduto �la droga, sia a quello che l'ha consumata; 

. . e) dell'art. 25 Cost. per violazforie d�l principio della necessaria 
.offettsivit� del reatd, .. quale limite. alla diserezionalit� dei legislatore �penale, 
sotto il profilo che nelcaso delladetenzione p�r us� p�rson�lle di 
sostanze . stupefacenti in quantit� superiore alla dose media . giornaliera 
non sarebbe configurabile la lesione o l'esposizione a pericolo di �llctin 
bene giuriclico che possa giustificare la sanzione penale; 

d) dell'art. 25 Cost. per violazione della risma di legge in materia 
penale in .quanto'""'"'.' essendo.. ciem.andataad. un decreto �del ministro. della 
sanit� la determinazione dei limiti quantitativi massimi di principio atti-

mondo, perpetrati �allo�scopo di �procurarsi fondi per poter acquistare la dose 

necessaria nonch� di altri reati, spesso di indole violenta, c�mmessi da soggetti 

agenti sotto l'influenza di sostanze alluciilogene. 

Questa la tesi e l'esperienza giapponese che ha dimostrato come il severo 

controllo della domanda, unito alla diffusione dell'idea che il consumo di stu


pefacenti, in se considerato, costituisce un disvalore; abbiano comportato un 

netto calo percentuale dei crimini connessi alla droga (6). 

Anche in numerosi �paesi dell'America Latina (Argentina, Colombia, Ecua


dor) l'uso personale di sostanze stupefacenti � sanzionato penalmente. In altri 

paesi (Costa Rica; Venezuela) il� consumo � �sottratto alla sanzione penale, ma 

i tossicodipendenti sono sottoposti a misure di sicurezza e a trattamenti tera


peutici coattivi. 

Naturalmente, l'esperienza di tali paesi, socialmente e cultitralmente distanti 

dal nostro, non pu� fungere da idoneo metro di paragone, bench� il processo 

ininterrotto di integrazione tra le societ� civili non possa prescindere �dalla 

ricerca di uniformizzazione dei sistemi giuridici. 

Nel nostro ordinamento, infatti, sf � affermato il principio secondo cui � il 

concetto di salute non pu� essere assimilato a quello di integrit� fisica, essendo 

invece la salute concetto pi� ampio e comprensivo altres� della sfera morale e 

psichica, oltre che di quella esterna dell'individuo � (7). 

Inoltre �dl contrasto tra tutela �dell'integrit� fisica e tutela della �libert� 

di decidere in ordine al proprio corpo pu� essere risolto in via generale ed 

(6) Cfr. AA. VV. � Drug contro! in Asia�, Ed. UNAFEI, Tokyo, 1989. 
.(7) Cfr. E. Rossr, � Problemi di costituzionalit� della nuova legge sugli stupefacenti: 
la necessit� di un bilanciamento tra valori costituzionali�, Politica del diritto, 1990 p. 677. 



180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vo per le dosi medie giornaliere -non risulterebbe soddisfatta l'esigen


za di predeterminazione ad opera della norma primaria del contenuto 

essenziale della fattispecie penale; 

e) dell'art. 27 Cost. perch� l'art. 73 t.u. cit., in particolare, commina 
pene i cui limiti edittali sono del tutto divergenti dalla finalit� rieducativa 
dell'imputato; 

f) dell'art. 32 Cost., perch�; anzich� tutelarsi la salute dei singoli 
assuntori, si sottopone a pena detentiva (formalmente una..condotta,, .ma 
di fatto) lo stato personale di tossicodipendenza. 

2 .. -Delle norme censurate, in particolare, l'art. 73 t.u. cit. (al quale 
si far� unicamente riferimento in .seguito) -nel prevedere un tipico 
reato a condotta alternativa -contempla il comportamento di � chiun� 
que, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, coltiva, produce, fabbrica, 
.estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve a qualsiasi 
titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura 
ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque 
scopo, o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dagli 

artt. 75 e 76, sostanze stupefacenti o psicotrope�. 

I

A sua volta l'art. 75 configura un'ipotesi di illecito amministrativo, ~ 

I 
~ 

~nch'esso a condotta alternativa, essendo previsti l'illecita importazione, 

i 

indipendente dal caso singolo, nel senso di dare prevalenza .alla libert�, in quanto 
la soluzione. opposta, allorch� gli effetti dell'atto si esauriscono nella sfera 

I 

soggettiva dell'agente, senza quindi toccare gli altri componenti la comunit�, 
potrebbe essere giustificata solamente in un ordinamento che avesse accolto il 
principio utilitaristico o quanto meno quello di uno Stato paternalistico� (8). 
Per venire dunque ai paesi europei, pi� prossimi all'Italia, per costumi, 

tradizione giuridica e principi costituzionali, si osserva che molti di essi hanno 

Ioptato per la incriminazione del consumo dn se considerato (Francia, Regno 
Unito, Svizzera, Austria, Grecia), altri (Belgio, Svezia) prevedono, tra le con� 
dotte punibili penalmente, il possesso di droga, che costituisce un passaggio 
obbligato per il consumatore, dn quanto chi fa uso personale di droga, deve 
anche necessariamente averla detenuta. 

Tale orientamento restrittivo � adottato dalla giurisprudenza di questi paesi, 
secondo la quale pur non essendo punito il consumo in quanto tale, esso 
presuppone, quasi inevitabilmente, la violazione di altre norme !incriminanti 
l'acquisto o la detenzione. 

Sintomatico � che in Svezia, per ovviare ad ogni dubbio interpretativo, � 
in corso un progetto di legge volto ad introdurre espressamente la penalizzazione 
del consumo, iter gi� percorso dal legislatore svizzero. Solo in due paesi 
-oltre all'Italia -(Danimarca e Spagna) l'uso personale di stupefacenti pu� 
sfuggire alla sanzione penale quando riguardi modeste quantit�. In Germania, 
invece, � att~buita ai giudici la facolt� di non perseguire, nel caso concreto, 
il piccolo consumo. 

(8) RoMBOLI, Commento all'art. 5, in Commentario del Codice civile, a cura di Scialoja 
e Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 235. 

PARTB I,, SBZ; ;J;. GIUJUSPRUDBNZA, COSTlTUZIONALB 181 

l'acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale �in 
dose non superiore a quella-� ri.ledia . giornaliera �. 

Quest'Ultima condotta quindi ricade nella-� fattispecie dell'art. 75 {sanzioni 
amministrative) �,,_. e non �gi� in quella dell'art. 73 (sanzioni penali) 
-� -se �sussiste fa destinail�ne�-�ad uso -�personale delle �sostanze stupefacenti 
detenute e� se la quantit� detenuta non eccede la dose media 
giornaliera <(d'ora in poi anche d;m;g~) determinata in base aLcriteri indicati 
dal primo comma dell'art; 78 che demanda al ministro della sanit�, 
previo parere dell'Istituto superiore di sanit�, di stabilire (a) le procedure 
diagnostiche e medico4egali per accertare l'uso abituale di sostanze stupefacenti 
e psicotrope; (b) le metodiche per quantificare !'.assunzione 
abituale nella 24 ore; (e) i limiti quantitativi massimi di principio attivo 
per le dosimedie gi()p1aliere~ . 

3. � Premessci elle l'identit� 4elle noitrte censurate � nelle varie ordifll�ize 
indi�ate in rtllrrativa giu~t�fica la rl�nfone dei ptocedim&t1ti � confermata, 
per quanto possa occorrere, la dkhiarazione di inammissibilit� 
---gi� resa �. �on orcli:I1anza . pfo�iu&iata alla pubblica udienza. di dfscussiorie 
_-delt'intervento spiegato �in �questa. sede dal� Cora . (coordinament6 
radicale antiproib�zioriista), non essendo esso parte nel giudizio a quo 
(in tal senso v., ex pturimis, sent. 63 del� 1991 e n. 124 del 1990, Foro it., 
._n tanto conclamato caso. olapdese, poi, non � caratterizzato da una legislazione 
partkolarmente liberale, bens� dal fatto che in tale ordinafuento non 
vige _: a differenza del nostro -.il principio della obbligatoriet� delliesercizio 
dell'amone penale. Infatti la pubblica accusa, sulla base di una direttiva. del 
Miriistero della Giustizia olandese, � autorizzata a non persegqire la vendita, l'acquisto, 
la produzione e la detenzione di cannabis nei limiti di 30 grammi; una 
scelta di tolleranza, quindi, pi� che di vera e propria legalizzazione. In ragione 
di questa prassi giudizi.aria, l'O�anda sta subendo ntimerose pressioni, soprattutto 
dai paesi confihanti, affinch� uniformi la sua politica a qtiella d�gli altri 
Stati, in vista_ della imminente mtegrazione europea. 

Quasi tutti I paesi prevedono,� inoltre, la� possibilit� che il tossfoodipendente 
sceiga il trattamento terapeutico in sostituzione della sanzione penale. Anzi nell'esperienza 
belga, l'obiettivo del recupero� e . del reinserimento sociale � uno 
dei motivi che giustifica l'incriminazione del consumo, poich� ris:ulta che gran 
parte dei tossicodipendenti che hanno irifrapreso e��condotto a termine con successo 
H trattamento terapeutico, hanno operato tale scelta anche allo scopo 
di evitare la pena (9). 

L'evoluzione della nostra legislazione ha avuto il suo corso parallelamente 
al succedersi delle convenzioni internazionali in materia di stupefacenti. 

La convenzione di New York 30 marzo 1961 e il protocollo di emendamenti 
di Ginevra 25 marzo 1972, ratificata con legge 5 giugno 1974, n. 412 e la convenzione 
di Vienna 21 febbraio 1971, ratificata �on legge 5 maggio 1981, n. 285, 
prescrivono -rispettivamente, agli artt. 36 e 32 -la sanzione penale solo 
per le infrazioni pi� gravi; indubbiamente il consumo personale di piccole 

(9) Cfr. J. WIARDA, Drug policies in Western Europe, Friburgo, 1989. 
-



182 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1990, I, 1795), va pregiudizialmente rilevato che delle questioni sollevate 
con l'ordinanza del Pretore di Bergamo l'avvocatura dello Stato eccepisce 
l'inammissibilit� per carenza di motivazione sulla rilevanza e per incertezza 
nell'identificazione della questione sottoposta alla corte. 

L'eccezione � infondata sotto entrambi i profili. Per un verso, perch� 
dal testo dell'ordinanza risulta che nel giudizio a quo il pretore procedeva 
a carico di pesona imputata del delitto di cui all'art. 73, quinto comma, 
onde di tale norma incriminatrice egli era ovviamente chiamato a 
fare applicazione. Per altro verso, perch� la questione sollevata � -come 
pi� avanti si potr� constatare -enunciata in termini sufficientemente 
esplicativi. 

4.1. -Nel merito devono innanzi tutto esaminarsi le censure di incostituzionalit� 
mosse nell'ordinanza del Tribunale di Roma, rilevando 
subito che l'apparente alternativa esegetica posta dal giudice a quo in 
realt� non riguarda l'individuazione della struttura formale della norma 
incriminatrice penale espressa nell'art. 73, in relazione agli artt. 75 e 78 
del t.u., ma se mai la ratio dell'incriminazione stessa. 
Il tribunale rimettente stesso, invero, non manca di rilevare che la 
condotta incriminata � la � detenzione � della sostanza stupefacente pur 
quando ne � sia provata la destinazione al consumo � e, se pur riferisce 

quantit� di droga � considerato tra le infrazioni meno gravi e pertanto � sottratto 
alla pena. 

Alla luce di tali principi, la legge n. 1041 del 1954 sembr� troppo rigorosa 
e si arriv� quindi alla 1. n. 685 del 1975, contenente l'affermazione della non 
punibilit� dell'uso personale di modiche quantit� di stupefacenti. 

La recente convenzione di Vienna 20 dicembre 1988, ratificata con legge 
5 novembre 1990, ha segnato invece una svolta, nella direzione di un drastico 
irrigidimento rispetto all'orientamento precedente. 

All'art. 3 � 2, essa prevede che i legislatori nazionali attribuiscano natura 
di reato alla detenzione e all'acquisto di sostanze stupefacenti, destinate al 
consumo personale, anche se l'inciso � compatibilmente con i propri principi 
costituzionali e i concetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico� 
lascia comunque un certo margine di discrezionalit� ad ogni stato firmatario 
nell'attuazione delle direttive enunciate. 

Il legislatore italiano del 1990, come � noto, ha scelto la via intermedia 
tra non punibilit� e sanzionabilit� penale del consumo, ricorrendo alla sanzione 
amministrativa. 

3. L'iter argomentativo della Corte 
Quali sono state dunque le censure mosse alla I. 162/90, che, alla luce 
del mutato orientamento delle direttive internazionali, ha cercato di mediare 
-come testimoniano gli accesi e interminabili dibattiti parlamentari -tra 
una tolleranza che pu� sconfinare nel lassismo e un rigore che rischia di 
tradursi in una repressione indiscriminata? Le questioni di legittimit� costituzionale 
sollevate dalle diverse ordinanze di rinvio possono essere cos� 
sintetizzate: 

a) violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., poich� 
la presunzione assoluta di spaccio, in caso di detenzione di stupefacenti in 



PARTE l; �SBZ, 11 GitnUSPRUDBNZA COSTITUZIONALB 183 

l'incriminazione anche all'� effettivo coni~umo '" mostra peraltro di essere 
ben consapevole che quest'ultima ipotesi ha semmai riguardo � al consumo 
pregresso, cio� alla detenzione per la quale�, a suo avviso, �il pericolo 
cU spa�cio non � n�ppure ipotizzabile �. .. . . 

. Ed.. nk ogni caso; realmente, .. l'hidiv�dtiazfone della. �oridotta iricrimiri:
iita ...::::.. tra le altre considerate dall'art 71 ....;,. nella � detenzione � e non 
D.el mero &&risU�ri() di sostanze. stup�facenti, � 'un . dato ermeneutico inequivo�abilttlente 
emergente dal..� testo normativo, a tenore del quale � 
l'U.ll�to�. (art .73, lo .�comma) .� � chiunque...�� comunque . illecitamente detiene, 
ti.tori .cifille� ipotesi �.pr�Viste dagli� artt. 75��.e 76; .sostanze� stupefacenti o 
psicotfope'.u,;. Onde;. dal t.arfr6rit6 con il successivo art�� 75, che. �qualifica 
in termini di iUecitO (non penate, ma) amministrativo fa condotta di 
� chiunque, per filrne uso �. personale, � iUecitamente... comunque detiene 
sost~e. stuper�l::e!lti o psicotrope. ili dos�. non superiore a quella media 
giOriialiera, deterlniri�ta ��in .base �.� ai �criteri indicati� fil �� 1���comma dell'art 
7~L. �, risulta che dggetfo deWmcrlxriiriazfone penale <� (non l'uso, 
nia) sia la detenzione pet' tiso non personale� di� qualsiasi quantit�, tanto 
maggiore Che minore della dose medfa giornaliera -condotta questa 
che �. estranea all'oggetto del presente giudizio di costituzionalit� -, 
sia la�. det~nzione di una qual1tit� eccedente la dose media giornaliera 

misi.mi superiore alla dose me<Ua. giornaliera, contrasterebbe con l'id quod 
plerumque acci4it; . . � � � � ..... 

b)Vlo!azi9ne.�lel :ltl!'ldesi:ino m-t,. 3>Cost., pofoh,~ l'equiparazione tra deten


zione �Jl misura superiore alla dose !lledia giornaliera e spaccio determinerebbe 

una. vioi.iqne del principio di. eguagldanza me<Uante .il pari trattamento di 

situaziom. disomogenee; 

e) ..violazione del princjpio di necessaria offensivit�. del reato, ricavato 

dall'art. 25 Cost,, poich� nella detemdone. finalizzata� � al consumo non sussi


sterebbe lesione o esposizione a pericolo di alcun �. bene altrui; 

d) vi<ilazione. del principio . di .riserv� di legge in materia penale, in 

quanto essendo demandata ad .n decreto del Ministro �della Sanit� la deter


minazione della dose me<Ua giornaliera; non sarebbe soddisfatta. l'esigenza di 

sufficiente descrizione, da parte della norma primaria, del contenuto essen


ziale. dell'illecito . penale; 

e) violazione del principio della finalit� rieducativa della pena ex art. 27 

.Cost.,.in quanto i limiti�� edittali �sarebbero eccessivi; 

f},violaziorte del� diritto alla salute ex att. 32 Cost., in quanto il tossico


dipendente verrebbe punito anzich� cUrato. 

Ptima � di entrare nel merito, la Corte, c�rtfetmando un orientamento ormai 
consolidato (10), ha dichiarato inammissibile l'intervento del CO.R.A. (Coordinamento 
Ra<ilcale Antiproibizionfstico) perch� questo non aveva rivestito la 
qualit� �di parte nel processo a quo. 

(10) Cfr. ord. 5 dicembre 1956; 31 ottobre 1962; 12 gennaio 1972; 4 luglio 1972; sent. 
19 gennaio 1982 n. 20; 19 ottobre 1982 n. 170; sent. 8 febbraio 1991 n. 63 in Cons. di Stato, 
1991, II, 304; sent. 16 marzo .1990 n. 124 in, Foro it., 1990, I, 1795. 

184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLC) STATO 

qualunque sia la finalit�, di spaccio o di consumo, della detenzione 
stessa. 


4.2. -Peraltro, pur se vietata, non ogni . detenzione di sostanza stupefacente 
� sanzionata penalmente. Per le ragioni, le valutazioni, le finalit� 
che fra breve verranno analiticamente messe in luce, il legislatore 
del 1990 ha ritenuto di dovere rendere pi� severa -riducendo la quantit� 
non rilevante penalmente -la repressione criminale della � produzione 
e del traffico illecito di sostanze stupefacenti � (tale � la rubrica 
dell'art. 73 nell'attuale formul;:izione). Al contempo, il diverso disvalore 
della condotta del tossicodipendente o tossicofilo che detiene sostanze 
stupefacenti per uso personale, la concorrente esigenza di tenere conto 
.del particolare stato individuale del medesimo e le aspettative di recupero 
della sua salute psico-fisica hanno indotto il legislatore del 1990 
~ non diversamente da quello del 1975 -ad operare una distinzio11e 
nell'ambito della detenzione cos� da rendere non penalmente sanziona� 
bile il comportamento dell'ultimo anello della catena che dal produttore 
di droga si snoda fino all'assuntore. 
I 

4.3. -Un'ulteriore precisazione -in tema di individuazione della fatI 
tispecie incriminatrice _.:. si rende a questo punto necessaria. ~ 
I 

Infatti, la legittimazione nel giudizio di costituzionalit� concessa alle parti 
del processo a quo � straordinaria, in quanto coinvolge non solo questa, ma 

I 

f?.

tutti i soggetti titolari �di posizioni derivanti dalla legge sub iudice. 

In vista della estrema difficolt� pratica di individuare e far partecipare al 
processo tutti i soggetti dnteressati e al fine di evitare un � contraddittorio 
monstrum �, la legge � ricorsa ad una semplificazione per cui solo chi � 
stato parte nel processo a quo pu�, in veste di sostituto processuale, partedpare 
al giudizio costituzionale, mentre a tutti gli altri >interessati verranno 

estesi gli effetti della pronuncia (Il), 

Entrando nel merito, prima di esaminare le prospettate censure, la Corte 
ha ritenuto opportuno operare una triplice precisazione: delimitazione della 
fattispecie incriminatrice, individuazione della ratio della norma e specifica


zione del bene giuridico tutelato. 

Sotto il pnimo profilo, risulta inequivocabilmente dal combinato disposto 
degli articoli 73, 75 e 78 del T. U. n. 309 del 1990 come oggetto dell'illecito penale 
-qualificabile come reato. di pericolo pr~sunto -noin sia il consumo ma � sia 
la detenzione per uso non personale di qualsiasi quantit�, tanto maggiore che 
minore della dose media giornaliera... sia la detenzione di una quantit� eccedente 
la dose media giornaliera qualunque sia la finalit�, di spaccio o di consumo, 
della detenzione stessa �. 

Circa la ratio della norma, la Corte afferma che scopo della incriminazione 
� la lotta al mercato della droga, perseguita attraverso di divieto di accumulo 
di sostanze stupefacenti che ha il duplice effetto � di ridurre il pericolo che 
una parte della sostanza detenuta possa essere venduta o ceduta a terzi � 

(11) Cfr. E. FAZZALARI, � $ostituzione processuale � in E.ne. djr. 1990 p. 159. 

PARTE I, SEZ. t, GIURISPRtJDENZA:�cosTIT\JZIONALE 185 

I giudici a quibus contestano la legittimit� costituzionale dell'art. 78, 
laddove rimette la determinazione del limite quantitativo al decreto ministeriale, 
riferendosi ad un parametro � medio � unico stabilito per ogni 
singolo tipo di sostanza e applicabile oggettivamente nei confronti di 
qualsiasi detentore, indipendentemente dal suo eventuale stato di tossicofilo 
o di tossicodipendente e dalla entit� del suo fabbisogno personale. 


L'avvocatura dello Stato suggerisce invece una diversa interpretazione, 
secondo la quale nella norma citata dovrebbero ravvisarsi (non 
uno, ma) due criteri discriminanti: per i tossicofili la dose media giornaliera 
unitaria (desunta con metodiche di tossicologia e di statistica 
sanitaria) e per i tossicodipendenti la dose media giornaliera personalizzata 
(determinata per ciascun consumatore in base alle procedure diagnostiche 
ed alle metodiche di cui sub (a) e sub (b) dell'art. 78). 

Tuttavia la corte, ai fini del controllo di legittimit� costituzionale 
della norma impugnata, non ha motivo di discostarsi dall'uniforme interpretazione 
adottata dai giudici a quibus. 

5. � Dalla lettura del testo della legge 11isulta chiaramente che scopo 
immediato e diretto dell'incriminazione � quello di combattere il mercato 
della droga, limitando -con il divieto di accumulo -la quantit� 
nonch� � di indurre la domanda, e di riflesso l'offerta, a modellarsi su quan� 
titativi minimi dn guisa da costringere lo spaccio a parcellizzarsi al massimo 
e da renderne cos� pi� difficile la pratica �. 

Quanto al bene protetto, la Corte, citando la giurisprudenza costituzionale 
e le convenzioni internazionali, lo individua nella salute pubblica -grave� 
mente compromessa dalla diffusione di malattie favorite dall'uso di stupefacenti, 
quali la sindrome da immunodeficienza acquisita e l'epatite virale nella 
sicurezza pubblica e nell'ordine pubblico � negativamente incisi vuoi dalle 
pulsioni criminogene indotte dalla tossicodipendenza, vuoi dal prosperare 
intorno a tale fenomeno della criminalit� organizzata� e nell'esigenza di tutela 
delle giovani generazioni. 

La Corte affronta poi l'analisi delle censure, articolando la propria moti� 

vazione in tre parti: la prima relativa ai punti sub a) e e), la seconda relativa 

ai punti sub. b) e d), la terza relativa ai punti e) ed f). 

A. Per quanto concerne la violazione del principio di ragionevolezza e del 
prin01p10 di offensivit� del reato, che presentano diversi profili di contiguit�, 
la Corte ricorda come la configurazione della fattispecie criminosa sia di 
esclusivo appannaggio del legislatore, la cui discrezionalit� trova come unico 
limite quello della manifesta arbitrariet�. 
Dunque, posto che la giurisprudenza della Corte non considera i reati 
<li pericolo presunto incompatibili con i principi costituzionali (12) � riser� 
vata in modo incensurabile al legislatore l'individuazione � s:ia delle condotte 
.alle quali collegare una presunzione assoluta di pericolo, sia della soglia di 

(12) Cfr. sent. 20 gennaio 1971 n. 1 in Giur. cost., 1971, 1; sent. 27 luglio 1982 n. 139 
in Foro it., 1982, I, 2109; sent. S maggio 1983 n. 126; ivi, 1983, I, 1501; sent. S giugno 1978 
n. 71, ivi, 1978, I, 1338. 

186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
di sostanza che giornalmente il soggetto agente pu� detenere anche per 
uso personale senza incorrere nella sanzione penale, con il duplice, concorrente 
effetto, per un verso, di ridurre il pericolo che una parte della 
sostanza detenuta possa essere venduta o ceduta a terzi, e, per altro 
verso, di indurre la domanda, e di riflesso l'offerta, a modellarsi su 
quantitativi minimi in guisa da costringere lo spaccio a parcellizzarsi 
al massimo e da renderne cosi pi� difficile la pratica. Tutto ci� al fine 
ultimo di espellere la droga dal mercato, anzi di espellere il mercato� 
della droga dal circuito nazionale, per la tutela sia della salute pubblica 
(gi� sent. n. 9/72, id., 1972, I, 271; sent. n. 31/83, id., Rep. 1983, voce Trentino-
Alto Adige, n. 96; vedi pure preambolo convenzione Vienna 21 febbraio 
1971), sempre pi� compromessa da tale diffusione, sia -con non 
minore rilievo -della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico (gi� 
sent. n. 9/72 cit.; sent. n. 243/87, id., 1988, I, 3554; sent. n. 1044/88, id., 
Rep. 1989, voce Stupefacenti, n. 20) negativamente incisi vuoi dalle pulsioni 
criminogene indotte dalla tossicodipendenza (ibid.) vuoi dal prosperare 
intorno a tale fenomeno della criminalit� organizzata (vedi raccomandazione 
del consiglio d'Europa 4 ottobre 1988 n. 1085 cit., punto 3; 
preambolo convenzione Vienna 20 dicembre 1988), nonch� a fini di tutela 
delle giovani generazioni (gi� sent. n. 31/83, in relazione all'art. 31, 2� comma, 
Cost.). 
pericolosit� alla quale far riferimento � purch� siano rispettati i criteri di 
razionalit� e ragionevolezza. 
. I>el resto, non. era estraneo neanche alla legislazione previgente il 'ricorso 
ad un discrimine quantitativo oggettivo al fine dd tracciare una netta linea 
di demarcazione tra condotta penalmente rUevante e non. 
Sotto H vigore della I. n. 685 del 1975, il. confine tra le due fattispecie 
era segnato dalla nozione di � modica quantit��, il cui superamento sotto-
1,>oneva il detentore ad eguale trattamento sanzionatorio rispetto allo spacciatore, 
La Corte Costituzionale aveva pi� volte ribadito la legittimit� di tale 
scelta di politica criminale, affermando che �il legislatore ha avuto riguardo 
alla oggettiva pericolosit� dell'accumulazione di sostanze tossiche, il cui eventuale 
uso personale � rimesso ad una scelta del tutto libera, e sempre modificabile, 
dal detentore� (13). 
La normativa vigente non fa altro che riaffermare tali principi, riducendo 
p�r� alla dose media' per un solo giorno il quantitativo di stupefacenti la cui 
detenzione non costituisce reato, con la conseguenza di rendere altamente 
improbabile l'eventualit� di cessione o di vendita a terzi, nonch� di ostacolare 
l'operato dei trafficanti. 
Tale irrigidimento non travalica la discrezionalit� del legislatore ma 
-come si legge nella sentenza -�determina soltanto un diverso, pi� severo 
bilanciamento dei contrapposti interessi �. 
Molte perplessit� suscita la proposta del Tribunale di Roma di sopprimere 
dall'art. 75 del T.U. l'inciso �in dose non superiore a quella media giornaliera 
determinata in base ai criteri indicati al primo comma dell'art. 78 � ele(
13) Cfr. ord. 5 aprile 1984 n. 94 in Giur. cost., 1984, I, 531. 
jf 
~ 
? 


PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 187 

�� 6. -Cos� delineata la fattispecie incriminatrice, individuati i beni giuridici 
tutelati e precisata la� ratio dell'incriminazione, pu� procedersi 
all'ulteriore valutazione� delle singole censure sollevate dal Tribunale di 
Roma. 

Con l'avvertenza; peraltro; da tenersi ben presente nell'intero prosieguo 
del discorso, che le argomentazioni critiche del giudice rimettente 
sono pertinenti al tema e meritano di essere quindi prese in considerazione 
e vagliate, soltanto nei limiti in cui riguardano i termini 
normativi di riferimento come sopra individuati; nonch� -ovviamente 
.._ nel solo ambito del sind�cato di competenza di questa corte. 

7. -Conviene innanzi tutto esaminare pi� in dettaglio la denunziata 
violazione dell'art. 3 Cost. per irragionevolezza della scelta legislativa, 
nei termini sopra indicati, e dell'art. 25 Cost. per inosservanza del principio. 
di necessaria offensivit� del reato, profili . questi che presentano 
punti di contiguit�,. rinviando ai par. 10 ss. l'esame della denunziata violazione 
rispettivamente d.ello �stesso art. 3 per disparit� di trattamento 
e (:}.eH'art. 25 per inosservanza della riserva di legge in materia .penale. 
Sotto un primo profilo, il Tribunale di Roma muove dal rilievo che 
la dose media giornaliera non costituisce un parametro ragionevole, cor~ 
rispondente cio� all'id quod plerumqu:e accidit, su cui possa attendibil


mento centrale e caratterizzante della fattispecie qualificata come reato di 
pericolo. 

Infatti, secondo il suggerimento del giudice remittente, in base al quale 
il confine tra punibile e non punibile dovrebbe� basarsi � sulla realt� da accertarsi 
secondo i criteri propri dell'accertamento giudiziario �, la quantit� di 
droga detenuta degraderebbe da elemento costitutivo del reato a mero � elemento 
di prova�: in tal modo rimarrebbero esenti da pena tutti i piccoli 
spacoiatori -come viene riconosciuto dallo stesso giudice a quo -che 
potrebbero agevolmente giovarsi della caducazione della presunzione di pericolo. 

Circa la distinzione -o meglio la mancata distinzione -tra droghe 
leggere e droghe pesanti nonch� tra abitualit� e occasionalit� del consumo, 
la Corte sottolinea �la legittiimit� .di una disciplina sostanzialmente unitaria, 
accompagnata da ,una graduazione della pena in relazione al diverso disvalore 
delle condotte. Tra l'altro, l'assuefazione alle droghe pesanti del consumatore 
inizialmente occasionale � un processo statisticamente molto frequente. E se 
� pur vero che fa transizion� dalle droghe leggere alle droghe pesanti non 
risponde ad eguali tassi dd probabilit�, � significativo che sia la convenzione 
di New York del 1961 che la convenzione di Vienna del 1971. includano, senza 
distinzione alcuna, la cannabis indica fra le sostanze vietate.. 

Non molto approfondita � invece la motivazione in merito alla violazione 

del principio di offensivit� del reato, sulla cui pretesa costituzionalizzazione 

la Corte manifesta evidenti perplessit�, riichiamandosi ad una sua precedente 

pronunzia (14) che aveva sottolineato la discutibilit� di tale assunto. 

(14) Cfr. sent. 26 marzo 1986 n. 62 in Foro it., 1986, I, 2380. 

188 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente fondarsi una prognosi legale di pericolo di spaccio, onde la nor� 
ma incriminatrice viola il principio di ragionevolezza l� dove irragionevolmente 
ricollega la presunzione assoluta del pericolo di spaccio alla 
detenzione di una quantit� di sostanza eccedente quella misura. Al con� 
trarlo, secondo il giudice rimettente, l'esperienza giudiziaria dimostra che 
di regola i consumatori, specie delle droghe c.d. leggere, si riforniscono 
di quantit� superiori al fabbisogno giornaliero, anche per evitare i rischi 
�connessi ai quotidiani contatti con il mondo del traffico. 

Ancora agganci alla problematica dei reati di pericolo presentano 
i profili di censura proposti in riferimento al principio di necessaria 
Qffensivit� del reato, che, pertanto, qui conviene congiuntamente esaminare. 


Sul presupposto che tale principio sarebbe stato costituzionalizzato 
nell'art; 25, secondo comma, letto alla luce dell'art. 13 Cost~, ed elevato a 
limite della discrezionalit� del legislatore penale, il giudice a quo nega che 
nella detenzione destinata al consumo di sostanze stupefacenti in quantit� 
superiore alla dose media giornaliera sia configurabile la lesione 
�o l'esposizione a pericolo di un bene giuridico che possa giustificare, 
alla stregua di quel principio, la sanzione penale. Invero, egli osserva, 
non � suscettibile di repressione penale la lesione o messa in pericolo 
di un bene proprio, neppure quello della propria salute. N� la sanzione 

Ci� premesso, la Corte si limita ad affermare che � l'offensivit� deve ritenersi 
implicita nella confiigurazione del fatto e nella sua qualificazione di 
illecito da parte del legislatore�, 

Il possesso di sostanze stupefacenti � inquadrabile nella categoria dei 
�cosiddetti � reati-ostacolo �, ritenuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale
� compatibili con il principio di offensivit�. Essi si traducono ;in � incri� 
minazioni arretrate � che non colpiscono comportamenti offensivi di un interesse 
ma tendono a prevenire il realizzarsi di azioni effettivamente lesive o pericolose, 
mediante la punizione dii atti che ne sono la premessa idonea. 

Tali reati coprono una serie di comportamenti anteriori allo stesso tentativo 
punibile, poich� in se equivoci, potendo sfociare tanto in delitti quanto 
in fatti penalmente irrilevanti. 

Concrete esigenze di difesa sociale possono imporre il ricorso ai � reatiostacolo 
'" specie quando possono costituire idonei strumenti per una efficace 
lotta contro il crimine: cos� � accaduto per il possesso non autorizzato di 
armi o esplosivi, elevato di recente da contravvenzione a delittto. 

D'altronde, questa non � l'unica categoria di reati in cui il bene giuridico 
tutelato sembra rimanere sullo sfondo ed avere una rilevanza solo indiretta. 

Si pensi ai cosiddetti � reati di sospett� � che riguardano comportamenti 
in se n� lesivi, n� pericolosi ma che lasciano presumere l'avvenuta commissione 
o il futuro compimento di reati, come il possesso non giustificato di 
valori ex art, 708, c. p. o di chiavi false o grimaldelli ex art. 707, c. p. 

In questi casi, il possesso non viene sanzionato in quanto tale, bens� 
come indiziante -anche in relazione a determinate condizioni personali -di 
reati non accertati o ancora da compiere. 

Altra categoria ritenuta conforme al principio di offensivit� � quella dei 
cosiddetti � reati di scopo� per mezzo dei quali si incrimina non l'offesa ad 


189 

pel.laj.e pu� giustificl;ll'si .,..,.-come il giudice r~mettente ricorda �essere stato 
prospettato durante I'it~r formativo della legge -alla luce della situa. 
zione � di pericolo che. Jl tossieomane pu� .�.creare in danno �della . salute 
degli altri consociati . (ad . es(ll1lpio con . la. diffusione �. della� �sindrome �.da 
jl1lW.'l,JA9defi�i~~' ~cqW,5ita) ~ ~JJ,a sicurezza sociale (perle� spinte .cri.:
iip0gene: i. lut sollecitate� . q.;i,l suo stato, di tossicodipendenza), lnfatti, 
�.taj;~peric0l()�. e.sula ..i;lel .. tgtt9... daWassunzionei.� �ancbe:.�i:tb~t.ale;���delle.�.c.d.; sost~~
e stupi;:facenti �)eggere�� che. non� inducono tossicodipendenza, e 
.i;:appre:senti:t un rischio. Msai :remot(> nel caso di uso occasionale dbop�
piaceixo ��caj.~ (si�ch� l'W,cdminazione Penale .ill; tali�� casi si palese� 
r,ebbe .. ~he irp:igio:tlevol~ .� ~<!.���arl:>iH;lill'la); ...�. ~�:�.... giustificherebbe ...l'imputa� 
zioneJl:rischio di p;;i,ssaggi9 9!i!.ll'UAA. a11'altra .. al:)it\ld.ine di�. consumo .. (dal 
cons\lmo di droghe. le:gge'('e a quello di dr:ogb,e pesanti;. dal consumo 
occasionale di droghe pesanti al consumo abituale delle stesse) perch� 
.~l1�� re;:ilt�,.. si t;ratterebpe. di. un��� :i:;ieticolo: ..�di.� pericolo.�, � inidoneO.���a giustifi� 
cate la .comigw;:azione. di �nafattispeeie1 ..criminosa; In presenzaq�in�li 
di ..n pericolo meramente astratto verrebbe in sostanza'ad essere . punita 
la wer:a di!!obbedienza o violanon� f�>nnaltk della� legge in ��relazione ad 
una azione di per s� inoffensiva. Quanto poi l'assuntoreiabituale di sos.
t~l;'I ~tuPefac;;enti ~ PeS.IPlti �.;iltribunale rimettente osserva che � il 
tossic9(lipep.dente � indefettil:>Ul;Ilente punito ��per� il consumo di... sostanze 

un bene' giuridico,��.Illa la realizzazione di�.� certe �. sifuazfoni che �. l'ordinamento 
ha� i:llteresse. a che � rt�n si v�rifitnm�, � cori:le p�r la cortfrairven2ione relativa �al 
gioco d'azzardo non truffaldino OS). . . . . . .. .� . . . . . .�... . . �. �.� .�...... �. � �. �� 

.. �Ad ogrti modo; � I;fo.arresfabile aumento� della crlwfo.alit� . pu9 . rendere inevi� 

tabil� l'adozione .�di Illisui'� di emergenza che antieipiil() agli � ait� pteparatOri 

la soglia della � ptinibilit�. � � � � � 

L'allarme sociale e l'effettiva pericolosit� delle organizzazioni criminali� che 

gravitano.� intorno .� al narcotraffico.� giustificano dunque .. il .ricorso a misure 

straordinarie�(16); 

�� La Corte sembra prendere atfo di tali esigenze affermando che le �misure 

insoldte � �della .�normativa sub iudice sono . dettate. dallo. stato di� emergenza e 

trovano giustificazione fintanto che l'emergenza non e.essi. 

Altro punto rilevante di cui la Corte ha stranamente omesso la trattazione 

� �la . qtiestion�<relatliva >al�� consumo anteattoi � sollevata dai Tribunale di Roma. 

A questo< proposito/V.a detto che l'interj)retazione in�. chiave di 'l;>Unibilit� 

del cionsumo' pregressoi �superiore� alla�� dose m�dia giornaliera,.� n:on � in >linea 

con la ratio dell'art. 73 del T.�. che incrimina il pericolo. di .spaccio .. Infatti, 

la specifica menzione dei due concetti del �detenere� e dent� aver detenuto� 

per uso personale ...-contenuti nell'art, 80 della t n. 685 del 1975; aifini della 

esclusione della sanzi�nabilit� penale ~ non � stata riportata dal legislatore 

del 1990 solo perch� ultronea; � 

(15) Cf~. F. MANTOVANI, � Il prirtcipfo di offertsl.vit� del reato n�ll� costituzione ., Scritti 
Morlati, IV Milano, 1977. . . ...�� � .�.�� . �� 
{16} .Cfr. G. ZuccAL�, � Considerazioni critiche . sul principio di necessaria :.of~ensivit� del 
reato ., Fuilzioni e limiti del diritto penale, Padova, 1984. � 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

190 

stupefacenti in quantit� superiore alla dose media giornaliera, anche 
se, nel caso concreto, i beni tutelati non hanno corso alcun pericolo � 
non essendo egli ammesso a provare l'insussistenza, appunto nel caso 
concreto, dell'effettiva esposizione a pericolo di tali beni. 

E poich�, secondo l'avviso del giudice rimettente, alla stregua di 
tali profili di censura, in una agli altri come sopra rinviati al successivo 
esame pi� avanti, il criterio quantitativo � di per se stesso ontologicamente 
inidoneo a determinare la condotta legittimamente punibile 
(spacciq) ed a differenziarla da quella non punibile (consumo) alla stregua 
della. Costituzione, l'unica via per ricondurre il denunziato complesso 
normativo del Tribunale di Roma, eliminare dall'art. 75 del t.u. l'inciso 
� in dose non superiore a quella media giornaliera, determinata in 
base ai criteri indicati al primo comma dell'art. 78 �. 

8. -Si rende a questo punto opportuna una pur sintetica puntualizzazione 
dei principi fissati dalla giurisprudenza di questa corte in tema 
di discrezionalit� del legislatore -e dei suoi limiti -nella configurazione 
delle fattispecie criminose, in generale e con riferimento specifico 
ai reati di pericolo. 
In tale giurisprudenza -pure se con riferimento a parametri costituzionali 
solo in alcuni casi corrispondenti a quelli attualmente invo


L'aver consumato un quantitativo di droga, anche superiore alla dose 
media.:.giornaliera, esclude categoricamente che tale quantitativo possa essere 
destinato ad altni fini. 

In tal senso � anche la Circolare del Ministero dell'Interno Gab. n. D.R.f 
11013/M/4 (5) Uff. IV del 25 marzo 1991 volta a promuovere l'uniforme applicazione 
della legge, dalla quale si deduce chiaramente l'irrilevanza penale del 
consumo anteatto. 

B. Per quanto riguarda le censure di cui ai punti b) e d), la Corte afferma 
che il principio di eguagldanza formale non viene violato riservando analogo 
trattamento sanzionatorio alla detenzione di droga in misura superiore alla 
dose media giornaliera, tanto se finalizzata allo spaccio quanto se finalizzata 
al consumo. 
Anzi, la legittimit� di tale scelta costituisce secondo la Corte, un � dato 
acquisito � dalla giurisprudenza costituzionale in relazione alla legislazione 
precedente e si giustifica con la considerazione, pi� volte sottolineata, che 
spaccio e consumo sono � profild interagenti di un unico fenomeno �, che va 
combattuto con una politica ferma ed unitaria. 

L'art. 3 Cost. viene invocato dai giudici rimettenti anche sotto il profilo 
dell'eguaglianza sostanziale, in quanto la normativa in oggetto trascurerebbe 
il primario obiettivo di rimozione dei disagi e degli ostacoli di ordine socioeconomico 
che, in determinate circostanze, possono contribuire a far precipitare 
i giovani nel vortice della droga. 

Su questo punto, la Corte puntualizza che il traguardo del � pieno sviluppo 
della persona umana� di cui all'art. 3, secondo comma Cost. travalica l'ambito 
settoriale della disciplina degli stupefacenti, costituendo un problema di 
ben pi� ampia portata, che sfugge pertanto al sindacato di costituzionalit�. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 191 

cati, ma con proposizioni di principio aventi valenza generale -� consolidata 
l'affermazione che la configurazione delle fattispecie criminose 
appartiene � alla politica legislativa e, pertanto, all'incensurabile discrezionalit� 
del legislatore, con l'unico limite della manifesta irragionevolezza 
�. Le opzioni legislative in sede di configurazione delle fattispecie 
criminose tip~che �devono tenere conto non soltanto del bene o dei 
beni giuridici tutelati attraverso le incriminazioni delle fattispecie stesse 
ma anche delle finalit� immediate che, nel contesto storico in cui 
tali opzioni vengono operate, il legislatore persegue nonch� degli effetti 
indiretti che i fatti incriminati vanno a produrre nell'ambiente sociale 
�. � Necessit� di prevenzione generale � e � di riduzione dell'allarme 
sociale cagionato dai reati convergono insieme alle ragioni gi� indicate 
a motivare le opzioni legislative nella determinazione delle ipotesi criminose 
tipiche � coerentemente � alle varie finalit� immediate perseguite 
nei diversi momenti storici ed all.e svariate conseguenze dannose o pericolose 
dirette od indirette, che, nei tempi e nei luoghi nei quali i comportamenti 
criminosi si realizzano, questi ultimi sono idonei a produr� 
re� (sent. n. 62/86, id., 1986, I, 2380). La valutazione del legislatore -viene 
ripetuto -�varia nel tempo (oltrech� nello spazio) anche in relazione 
alla normalit� od alla eccezionalit� della realt� concreta�, tenuto 
conto cio� dell'intero sistema dell'esperienza giuridica, legislativa e non, 

Quanto alla questione relativa alla violazione del princ1p10 di riserva di 
legge in materia penale, sancito dall'art. 25, secondo comma Cost. � bene chiarire 
cbe la censura si appunta non solo sulla adeguatezza e completezza della 
norma primaria, che non avrebbe dettato tutti i criteri idonei a determinare 
con certezza la dose media giornaliera, ma anche sul contenuto del D.M. 
12 luglio 1990, n. 186, che avrebbe illegittimamente perseguito finalit� prevenmve 
e disincentivanti, fissando quantitativi troppo bassi per diverse sostanze 
stupefacenti. 

Sotto il primo aspetto, la Corte afferma che l'art. 78 del T. U. descrive in 
tutti i suoi elementi la fattispecie tipica, lasciando all'atto amministrativo solo 
una determinazione tecnica e non anche una scelta di politica criminale. 

L'interpretazione della Corte dei tre criteri elencati dal primo comma dell'art. 
78 -tutti richiamati dall'art. 75 -� in chiave unitaria, per cui la dose 
media giiornaliera va considerata come. unica e non duplice, come discrimine 
oggettivo medio. e non personalizzato. Nell'assumere questo atteggiamento particolarmente 
rigido, la Corte si richiama alla giurisprudenza della cassazione, 
consolidatasi nella vigenza del parametro della � modica quantit� �, che veniva 
idenmficata nel � multiplo del consumo giornaliero medio �, a prescindere dalle 
esigenze del singolo tossicod�pendente e dal diverso grado individuale di 
assuefazione. 

Il proposito di personalizzare la dose media giornaliera, dichiarato nell'ori� 
ginariio disegno di legge e poi rimasto nello sfondo, ha lasciato sopravvivere i 
criteri di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 78, volti ad accertare 
il consumo abituale e l'assunzione nelle 24 ore. Bench� la Corte abbia decisa� 
mente optato per una lettura � oggettiva � della norma, ci� non toglie -ed essa 
stessa lo riconosce -che i criteri di cui alle lettere a) e b) dell'art. 78 del T. U. 



192 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�della concreta realt� storica� {sent. n. 171/86, id., Rep. 1986, voce Armi, 
n. 39). E, ribadita � la discrezionalit� del legislatore in ordine all'individuazione 
e delimitazione delle fattispecie tipiche di reato, salva la 
manifesta arbitrariet��, ulteriormente si puntualizza che il legislatore, 
nella determinazione delle fattispecie tipiche di reato, non tiene conto 
soltanto della struttura e pericolosit� astratta dei fatti che va ad incriminare, 
ma anche della � concreta esperienza nella quale quei fatti si 
sono verificati e dei particolari inconvenienti provocati in precedenza 
dai fatti stessi, in relazione ai beni che intende tutelare�, dovendo esso 
legislatore tenere conto � anche e soprattutto dell'uso concreto � che 
dell'oggetto materiale del fatto che intende incriminare �l'esperienza mostra
� 1(sent. n. 132/86, id., 1986, I, 2371). Ed ancora nella giurisprudenza 
della corte si ricorda che non arbitrariamente � il legislatore, nell'intento 
di emanare un'adeguata disciplina di talune fattispecie, almeno di 
reg�la, 'Si rif�isce alla esperienza dalla quale la normazione parte e 
sulla quale quest'ultima va ad incidere. Infatti, soltanto in base a sorpassate 
concezioni dottrinali sarebbe sostenibile che il legislatore possa 
ignorare la realt�, non verin�ando l'esperienza dalla quale la norm�azione 
'Statale prende avvio: � appunto questa che il legislatore � tende a 
modificare� (sent. :ri. 132/86 dt:). :come pure si sottolineano, da un lato, 
la: funzione di tletermin�zione psicologica operata dalle leggi penali (sent. 

eos1Ji.tuiscon6 un dato normativo del quale 'l'interprete non pu� non tener conto 
e che deve essere affiancato al criterio di �ui alla lettera e) della stessa norma 
per la quantificazione della dose media (per 'Una pi� ampia analisi della questione 
si �rinvia alla memoria dell'Avvocatura dello Stato, qui di seguito pubblicata). 


Per quanto concerne la �eiistira �rivolta direttamente al Decreto del Ministro 
della Sanit�, la Corte ovvl.amente afferma che tale indagine esula dal giudizio 
di costituzionalit�, ricordando che, se del caso, il giudice penale ha la facolt�, 
attribuit�gli dall'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E di disapplicare l'atto amministrativo 
ritenuto illegittimo. 

Necessita un approfondimento� il principio della riserva di legge in materia 

penale, al fine di d�rnostrare che la tecmca adottata dal legislatore del 199o, non 

solo � perfettamente conforme ai dettami costituzionali, ma costituisce talvolta 

una scelta obbligata a causa� della tecnicit� della materia. 

L'integrazion~ della legge penale ad opera di una norma extralegislativa 

pu� verificarsi in tre modi diversi: a) la legge pu� lasciare alla fonte secondaria 

la sola determinazione di alcmii elementi normativi dell'illecito; b) la legge pu� 

limitarsi a qualificare come reato l'inosservanza di qualunque disposizione ema


nata o emananda dalla amministrazione -esempio tipico � l'art. 650 c.p. -e si 

parla allora di norma penale in bianco stricto sensu, caratterizzata dal fatto 

<:he mentr� la sanzibn�� determinata, il precetto ha carattere generico e si esau


risce nella mera �enunciazione di un obbligo di obbedienza ad atti normativi di 

grado inferiore; � in relazione a tale categoria, pur costituzionalmente legitti


ma,�� 1a Corte sottolinea come l'integrazione della norma ad opera del provvedi


mento amministrativo appaia "' di maggior momento � rispetto a quella di cui 

si discute, catalogabile nella ipotesi sub a); �e) la legge pu� rimettere al regola




PART~ ~; .SEZ., J:, GIURJSPRl!IJ~ZA COSTITUZIONALE 193 

n. 364/88, id., 1988, I, 1385) e, dall'altro, il rilievo da riconoscere alla situazione 
di � emergenza � in cui la fattispecie incriminatrice possa essere 
stata emanata (sent. n. 171/86 cit.), con la .precisazione che, per�},i� le 
�misure. insolite� dettate dallo stato di emergenza .pen;lano legittimit�, 
qcc:orr:e q:P,e .esse sian,o <! iri.giustificatamente � protratte nel temp<;> (sent. 
I1�l~/82, id,, 1982, I, 213~). 
E per quanto .riguarda. in� particolare la configurazione di fattispecie 
criminose strutturate con riferimento ad un evento di pericolo astratto 
la gi.risprudenza di questa corte, nel ritenere che le incriminazioni di 
pericolo presunto non sono. incompatibili in via di principio con il dettato 
costituzionale, ha anche riconosciuto che � riservata al legislatore 
l'individuazione sia delle condotte alle quali collegare una presimzione 
assol.ta di pericolo sia della soglia di pericolosit� alla quale far riferimento, 
purch�, i;>eraltro, l'una e l'altra determinazione non siano irrazio:
nali od arl:>itrarie, ci� che si verifi�a allorquando es~e non ,siano 
collegabili. all'id quod p.lerumque a�ci4it (cfr. sent. n, 1/71, id., 1971, I, 
342; n, 139/82 id.,. 1982, I, 2109; n. 126/83, id., 1983, I, 1501; n. 71/78, id., 
1978, I,. 1338). 

9.r -Orbene. oggeto della verifica che la corte � chiamata a compiere 
� se la scelta del legislatore censurata. dai giudici rimettenti, indipenmento 
la stessa facolt� di stabilire quali comportamenti, fra quelli che esso di


sci1>liner�, dovranno essere saJ:lZionati; c~tegoria, questa, che s.i pone in, petto 

contrasto con il principio gi ;riserva, di l�gge. � 

Quanto all'ipotesi sub. a),. che �si� attaglia perfettamente al caso di specie, � 

opportilno -soprattutto nella legislazion,e speciale, caratterizzata da una pa,r


ticolare complessit� tecnica e bisognosa di continui aggiornamenti -che gli 

elementi normatiw siano specificati non solo da leggi extrapenali ma anche da 

fonti secondarie. L'intervento integratore della normativa di secondo grado, da 

�u Jato evita l'attivit� concretizzatrice ..della giurisprudenza -cui �ra affidata 

la quantificazione del concetto di .� modica quantit� � sotto il vigore della >legge 

n. 685 del 1975 -affidantesi a parametri non se1npre univod e �ontrollabili, dall'altro 
consente di raggi�ngere un� punto di equilibrio tra riserva di. legge e tassativit�, 
effettuando dl legislatore le scelte di fondo relative alla incriminazione 
ed essendo affidato a fonti secondarie il ruolo di specificare, dal punto di vista 
tecniccrscientifico, il contenuto di elementi della fattispecie gi� delineati dalla 
legge. In diverse ipotesi, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittin;J.e norme 
legislative rinwanti a successivi .atti amministrativi, ad esempio l'elyncazione 
delle sostanze stupefacenti, contenuta nell'art. 6 della 1. n. 1041 del 1954 (17), la 
precisazione degli additivi vietati nella preparazione di prodotti alimentari (18), 
l'individuazione ded giochi d'azzardo (19), l'elenco delle ii,rmi ad aria compressa 
inoffensive (20). 
(17) Sent. 19 maggio 1964 n. 36 in Giur. cost., 1964, 483; sent. 19 gennaio 1972 n. 9 cit. 
(18) Sent. 26 novembre 1964 n. 96 in Giust. civ. 1965, III, 25; sent. 3 aprile 1969 n. 61, 
Giust. civ., 1969, III, 176. 
(19) Sent. 27 giugno 1972 n. 113, in Giust. civ., 1972, III, 178. 
(20) Sent. 10 giugno 1982 n. 108 in Giust. cost., 1982, I, 1055; sent. 9 giugno 1986 n. 132 
in Foro it., 1986, I, 237. 
-

194 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


dentemente da qualsiasi valutazione nel merito, sia manifestamente arbitraria 
o irragionevole. 

Tale verifica conduce ad un esito negativo. 

Infatti, il complesso normativo direttamentte rivolto alla repressione 
delle attivit� illecite si � strutturato anche con l'introduzione di una pi� 
rigorosa, rispetto al passato, limitazione della non punibilit� penale della 
detenzione di sostanze vietate, attuata mediante la riduzione della quantit� 
di sostanza stupefacente la cui detenzione non costituisce reato in 
modo da rendere estremamente improbabile che l'agente possa cederla 
anche solo in piccola parte a terzi, al tempo stesso, come si � detto, 
frapponendo ostacoli all'offerta attraverso la necessitata frantumazione 
della domanda. 

Tale irrigidimento si coordina con la ratio fondamentale e sostanzialmente 
unica, pur se composita, da ravvisarsi nella valutazione del pericolo 
di spaccio insito nell'accumulazione di sostanze oltre un dato limite, 
comunque finalizzata, e -ad un tempo -nella ricerca di una pi� 
efficace strategia di contrasto del narcotraffico, costretto dalla parcellizzazione 
della domanda a moltiplicare i rivoli dell'ultima fase di spaccio. 

Con la duplice conseguenza che, da un lato, la scelta legislativa in 
discussione si appalesa n� arbitraria n� irragionevole, e che dall'altro, 
per le stesse ragioni, essa neppure pu� essere utilmente censurata sotto 

La giurisprndenza cOIStituzionale, abbandonata la c.d. teoria della � presupposizione 
>>, secondo cui la fonte regolamentare interverrebbe quale mero presupposto 
di fatto del divieto penale, si � consolidata nell'adottare il criterio 
della sufficiente specificazione di presupposti, caratteri, contenuto e limiti dei 
provvedimenti dell'autorit� non legislativa, alla cui trasgressione deve seguire 
la pena. 

In base a tale criterio, il rapporto tra norma primaria e norma regolamentare 
sarebbe da cogliersi in modo non dissimile da quello che caratterizza 
il rapporto tra legge delegante e legge delegata. 

Inoltre, � d'uopo mettere in luce la sostanziale diversit� di nisultati cui si 
perviene qualora si ritenga che il principio di legalit� risponda, per la materia 
penale, ad una ratio di certezza e non si ritenga invece che la ragione giustificatrice 
del principio sia, in tutta la sua estensione, una ratio di garanzia per il 
cittadino. 

Alla stregua di una ratio di certezza e tassativit�, il meccanismo di ripartizione 
degli elementi della norma penale tra legge e regolamento non dovrebbe 
presentare alcuna difficolt�. 

Qualora si consideri invece prevalente la ratio garantistica della riserva 
di legge, in virt� della natura rappresentativa dcl Parlamento, Io spazio lasciato 
agli interventi non legislativi, potrebbe in effetti pregiudicare la garanzia sostanziale 
del cittadino. A tale proposito, la citata sentenza n. 61 del 1969 ha affermato 
che gli dnterventi di norme secondarie non sono in contrasto con l'art, 25, 
secondo comma Cost. e non riducono la garanzia del cittadino quando non creano 
un obbligo nuovo e diverso ma si limitano a dare dettagli, in modo tale che il 
precetto penale risulti effettivamente dettato dalla norma penale e non dall'atto 
amministrativo. In altri termini, tali interventi sono conformi al principio di 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 195 

il profilo del principio di offensivit�, in quanto -a parte il rilievo 
che � pu� certo discutersi sulla costituzionalizzazione o meno del principio 
.�d'offensivit� � (sent. n �.. 62/86, cit.) -l'apprezzamento del legislatore 
� anch'esso n� irrazionale n� arbitrario. 

ln re;;ilt�, l'.offensivit� deve ritenersi . di norma implicita nella configurazione 
del fatto e nella sua qualificazione di illecito da parte del 
legislatore, salvo talune ipotesi marginali -cui si far� cenno -nelle 
quali, a causa dell� ne�essatia astrattezza della norma, pu� verificarsi 
divergenza fra tipicit� ed offesa. 

Impropriamente, comunque, dal giudice a quo si parla di � presunzione 
assoluta � del pericolo di spaccio. La valutazione del pericolo di spaccio 
insito nell'accumulo di s�stanze stupefacenti o psic�trope al di� sopra 
della d.m.g. costituisce infatti uno dei due concorrenti aspetti in cui si 
articola la ratio della sanzione penale del relativo divieto. Mentre l'esistenza 
o meno nel caso concreto del pericolo. � fuori dalla fattispecie 
legale; come tale � irrilevante. 

9.2. -Ulteriori �onsiderazioni concorrono poi a dimostrare infondato 
l'addebito di irragionevolezza -sotto il profil� anche dell'offensivit� mosso 
al criterio � quantitativo obiettivo � adottato per individuare la 
fattispecie di detenzione sanzionata penalmente ex art. 73 rispetto a 
quella non ricompresa, invece, in tale previsione. 
riserva di legge, quando non� restringono sostanzialmente la sfera del � penal


mente non illecito�. 

Non vi � dubbio che il Decreto del Ministro della Sanit� non abbia amplia


to l'ambito del punibile, ma abbia solo specificato quanto gi� previsto dal


l'art. 78 del 1'. U. 

Su questo punto, il giudice rimettente rileva la differenza tra il citato art' 78 

e l'art. 12 della 1. n. 685 del 1975, che fissava i criteri per la formazione delle 

tabelle con �una ricca e articolata specificazione di dettagli �. Ma tali norme 

si riferiscono a due questioni distinte, poich� un conto � la elencazione delle 

sostanze stupefacenti e la loro classificazione in tabelle -compiuta con iden


tici parametri, sia sotto il vigore della legge n. 685 del 1975 che. della legge 

n. 162 del 1990, con lo strumento del decreto ministeriale -un conto � la quantificazione 
della dose mi;idia giornaliera, :cispetto alla quale la� legge. vigente ha 
compiuto un notevole passo avanti in termini di tassativit� e di certezza. Infatti, 
mentre prima la individuazione del concetto di � modica quantit� � veniva affidata 
interamente alla discrezionalit� del giudice, oggi la dose media giornaliera 
viene stabilita per ogni tipo di sostanza con parametri precisi e valevoli per 
tutti, anche se caratterizzati da un certo margine di flessibilit�. 
Peraltro, � difficile ipotizzare che la legge penale avrebbe potuto svolgere 
un compito di natura cos� tecnica senza l'ausilio di una fonte secondaria, tra 
l'altro pi� agile ai fini degli eventuali aggiornamenti conseguenti all'evoluzione 
scientifica nel settore. 

Nel concludere la motivazione, improntata a criteri di rigore, la Corte lascia 
aperto uno spiraglio per compensare l'� anelasticit� � del complesso normativo. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

196 

Si � gi� visto sopra che il criterio distintivo tra detenzione sanzionata 
penalmente, e non, riposa essenzialmente su un dato quantitativo: 
la �dose media giornaliera� del regime della legge del 1990, che si � 
sostituita alla �modica quantit�� di cui alla legge del 1975. 

Tale criterio quantitativo oggettivo � coerente con l'oggetto giuridico 
tutelato dalla norma incriminatrice se si considera che, con riferimento 
al tossicodipendente o tossicofilo, possono .distinguersi una detenzione 
di sostanze stupefacenti per il consumo immediato ed una detenzione 
per il consumo differito (ossia l'ipotesi di accumulo, intendendosi 
per tale la detenzione di pi� dosi singole). 

Le due fattispecie non sono sullo stesso piano perch� la prima 
-soprattutto se riferita al tossicodipendente che � pressato dalle urgenti 
pulsioni che gli derivano dal suo stato di dipendenza -pu� fare insorgere 
la problematica relativa alla legittimit� costituzionale d~ll'incriminazione 
penale del consumo personale. 

Non cos�, invece, la seconda, rispetto alla quale va considerato che 
gi� l'incriminazione penale dello spaccio -in principio certamente legittima. 
-di per s� sola provoca difficolt� nell'approvvigionamento di 
sostanza da parte del consumatore. Quando a ci� si aggiunge -come 
ha fatto la 1. n. 162 del 1990 (ma analogamente aveva gi� operato il legislatore 
del 1975) -il divieto (penalmente sanzionato) di accumulo di 

L'apertura si riferisce a due punti ben precisi: la valorizzazione dell'elemento 
soggettivo del reato e una pi� indulgente concesSlione dell'attenuante di 
cui all'art. 73, quinto comma del T. U. 

Mentre il primo aspetto � sicuramente compatibile e in linea con quanto 
affermato in precedenza dalla Corte, l'impostazione del secondo profilo non si 
concilia con le argomentazioni svolte nel resto della sentenza. 

Oi� dimostra, ancora una volta, come, in una materia cos� travagliata, si 
debba ricorrere, il pi� delle volte, a scelte di compromesso che si avvicinino il 
pi� possibile alla soluzione migliore, non esistendo una formula mag�ca per 
risolvere il problema. 

Per quanto concerne l'elemento psicologico, la precisazione della Corte, che 
a prima vista pu� sembrare scontata, � invece di notevole rilievo. 

Pu� accadere infatti che il tossicodipendente acquisti. una quantit� di droga, 
che normalmente contiene un principio attivo inferiore a quello di legge ma 
che, nel caso concreto, risulti essere particolarmente pura e quindi ricca di 
pnincipio attivo in misura superiore alla dose media giornaliera. 

� quindi necessaria da parte del tosSlicodipendente � la consapevolezza del 
superamento della soglia di punibilit� e quindi il dolo... essendo insufficiente 
la mera colpa con previsione�. 

Per quanto riguarda l'incriminazione attenuata, l'art. 73, qUJinto comma del 

T. U. prevede che �quando, per i mezzi per la modalit� o le circostanze dell'azione 
ovvero per la qualit� e quantit� delle sostanze�, i fatti siano di �lieve 
entit� �, la pena detentiva sia per le � droghe pesanti � da uno a sei anni e per 
le � droghe leggere � da sei mesi a quattro anni. La Corte ritiene che, tenendo 
conto di tutte le � circostanze dell'azione �, possa rientrare nella fattispecie in 
esame anche la detenzione di quantit� di stupefacenti che ecceda i.n misura 
non lieve la dose media giornaliera. 

PARTB I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

197 

sostanze stupefacenti, si ha l'effetto di creare difficolt� al mercato della 
droga. 

Del resto, l'adozione del discrimine quantitativo Oggettivo, giova ripeterlo, 
non costituisce una novit� rispetto alla legislazione precedente, 
la quale tale discrimine ide:iltifiCava nella nozione di (( i:nodic� quantit� � 
(che ha. superato. il vaglio di �ostituzioriaUt�. pur sotto profili diver~i da 
quetfo ih esarn�: ord. n. � 136/87, id., Rep. 1988, voce Stupefacenti, ri. 55) 
sempre alla Iute dell'ispitazi6ne di fdndo di non consentire � accUl'.llulaziOne 
�, oltre una certa misura, di droga {sent. n. 170/82, id., 1982, I,. 
2990; ord. n. 94/84, id., Rep. 1985, voce cit., n. 71). 

La legge del 1990 ha ridotto tale misura, cio� ha ridotto la quantit� 
di sostanze stupefacenti che, se detenuta per uso personale, non integra 
la condotta penalmente saniionata; quindi la soglia tra detenzione penalmente 
punibile .e detenzi�nenonpenalrnente punibile � tracciata �in modo 
da .ridimensionare l'area .di� �quest'ultima. Infatti;� secondo la�� giurispru� 
denza consolidata della Cassazione, come pi� avanti si riferir�; era 
ritenuta � modica � la quantit� destinata al consumo abituale; durante 
l'arco di un certo numero� digiorni, da parte �di� un consumatore medio. 
Il legislatore �del �1990 si � invece arrestato alla dose� media per un solo 
giorno. Scelta indubbiamente pi� severa, perch� accentua le difficolt� 
di approvvigionamento del consumatore, ma che (indipendentemente da 

In tale contesto, una interpretazione particolarmente larga viene operata 
dalla Corte, non solo per l'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 73, quinto 
comma del T. U., bens� anche per escludere che una determinata condotta rientri 
nell'art. 73 del T. U., allo scopo di ricondurla <tlla fattispecie dell'illecito 
amministrativo di.cui all'art. 75 del T. U. 

La . Corte, � imatti, fa appello all'apprezzamento discrezionale de\ giudice 
-discrezionalit� che. la sostituzione de~ concetto di dose med,ia giornaliera a 
quello dii modica quantit� avev1;1 yoluto eliminare "'."'"' per ac;certare .�se l'eccedenza 
della quantit� detenuta sia di c<;>s� lieve entit� da far ritenere che la condotta 
dell'agente � sia priva di qualsiasi idoneit�� lesiva concreta dei beni giuridici 
tutelati e conseguentemente si collochi fuori dall'area del penalmente 

rilevante '" 
� C:on tale. affermazione, Ja Coi;te ba. gettato le basi per un ulteriore intervento 
del legislatore, ,.... quantcqneno. nella forma dell'interpretazione autentica che 
infatti non ha tardato a verificarsi (v. infra punto 4). 

C. Solo un breve ma esaustivo cenno dedica la Corte alle ultime due censure, 
relative agli artt. 27 e 32 Cost. 
Ribadendo l'insindacabilit� .. della discrezionalit� legislativa in merito alla 
valutazione della congruit� della pena, a meno che non rasenti la manifesta 
irra~onevolezza, la Corte sottolinea come la normativa nel suo complesso sia 
tutta protesa ad assicurare .le istanze di recupero e di reinserimento sociale 
del tossicodipendente, proprio in attuazione della funzione rieducativa della pena 
(si pensi all'art. 90 del T. U. che prevede il c. d. patto terapeutico, accordando 
la sospensione della pena a chi si sottoponga ad un programma socio-riabilitativo). 




198 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-0gni valutazione sul piano del merito) non travalica la discrezionalit� del 
legislatore in rapporto al duplice effetto al quale il divieto di accumulo 
� finalizzato. Inoltre, una volta riconosciuta l'offensivit� della condotta 
del tossicodipendente o tossicofilo che, per il suo personale consumo 
�differito, accumuli una quantit� di sostanza stupefacente superiore ad 
una certa soglia, tale offensivit� non viene meno per il mero spostamento 
di quest'ultima, che determina soltanto un diverso, pi� severo 
bilanciamento dei contrapposti interessi: quello dello Stato di reprimere 
lo spaccio della droga; quello del tossicodipendente o tossicofilo di 
.approvvigionarsi di droga. 

9.3. -Altre specifiche riflessioni sono richieste dalle ulteriori consi-
0.erazioni svolte dal giudice a quo a proposito della distinzione fra droglie 
pesanti (tab. I e III) e droghe leggere (tab. II e IV) ed alle implicazioni 
diverse che secondo le prime due ordinanze di rimessione dovrebbero 
trarsene, con riferimento anche alla abitualit� o occasionalit� del consumo, 
in punto di ragionevolezza, di configurabilit� di un evento di peri.
colo e di necessaria offensivit�. 
Anche tali particolari critiche -da esaminarsi nei limiti della loro 
pertinenza ai reali termini normativi del problema -riguardano, peraltro, 

Quanto alla lesione del diritto alla salute, la Corte rammenta che sanzionato 
penalmente non � il consumo in s� considerato, bens� la detenzione di 
stupefacenti oltre un certo quantitativo e che, anzi, la salute -come si � gi� 
detto -� proprio uno dei beni tutelati dalla norma. 

4. L'interpretazione autentica: 
L'intervento del legislatore, sollecitato dalla Corte Costituzionale, � avvenuto 
con lo strumento del decreto-legge (21) e nella forma della interpretazione 
:autentica, per restituire alla legge i suoi intenti originari, liberandola dalle 
interpretazioni nigoristiche che l'avevano caratterizzata. La modifica, non ha 
inciso direttamente sulla legge 162 del 1990, bens� sul nuovo codice di procedura 
penale, mediante un � ritocco � dell'art. 380, ovviando cos� ad un difetto di coordinamento 
dovuto in parte alla quasi coeva entrata in vigore dei due complessi 
normativii. 

L'intervento del legislatore si era reso improrogabile al fine di attenuare 
la carenza di flessibilit� della legge, che aveva condotto all'arresto di migliaia 
di tossicodipendenti e che, in pratiica, costringeva le procure ad occuparsi pi� 
dei consumatori poco prudenti nel rifornirsi che delle grandi organizzazioni criminali 
coinvolte nel traffico di stupefacentii. 

La legge n. 162 del 1990 � stata quindi riletta nell'ottica di escludere che la 
privazione della libert� personale possa riguardare � ipotesi di modesta entit� 
e prive di pericolosit� sociale �. 

Nel caso previsto dall'art. 380, secondo comma lettera h) c.p.p. -relativo 
:ai delitti concernenti sostanze stupefacenti e psicotrope puniti a norma del


(21) D.L. 8 a~osto 1991 n. 427: modificazioni del T. U., approvato con d.P.R. 9 ottobre 
1990, n. 309, relativamente all'arresto in flagranza in materia di sostanze stupefacenti psicotrope, 
convertito con la I. 5 ottobre 1991 n. 314. 
-



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA� COSTITUZIONALE 199 

scelte di merito del legislatore, non inficiate dai vizi di costituzionalit� 
denunziati. 

Ancora il dato storico, l'esperienza concreta, da cui il legislatore 
della novella si � mosso, rendono avvertiti che il fenomeno droga ha 
�caratteristiche dinamiche sue proprie, che possono suffragare una considerazione 
di esso sostanzialmente unitaria la quale pu� non apparire 
Ia migliore n�, certamente, � l'unica soluzione possibile; ma che altrettanto 
certamente {come dimostrano da un lato, la storia della legislazione 
nazionale dell'ultimo quarantennio, che ha disciplinato sempre in modo 
unitario la repressione del commercio dei due tipi di sostanza e, dall'altro, 
la variegata disciplina normativa vigente negli altri paesi, anche 
appartenenti alla Cee) � una delle possibili, di per s� non irragionevole. 

Il pericolo di assuefazione alle droghe pesanti anche del consumatore 
inizialmente occasionale � un dato altamente probabile in base alla 
comune esperienza. 

Invece, il passaggio dalle droghe leggere alle droghe pesanti non 
presenta, secondo opinioni esperte largamente prevalenti, analoghi connotati 
di probabilit�. Ma tale diversit� non rende di per s� sola irragionevole 
o arbitraria la scelta, fra le varie possibili, di una disciplina 
fondamentalmente unitaria rispetto alle differenti ipotesi, pur nella logica 

l'art. 73, del T. U. -l'arresto in flagranza � divenuto facoltativo, quando ricorra 
la. circostanza della � lieve entit� � ex art. 73, quinto comma del T. U. (22). 

Con questo accorg�mento, � stata data attuazione alla linea interpretativa 
suggerita dalla Corte Costituzionale, che ha posto l'accento sulla discrezionalit� 
che il giudice deve esercitare, nel caso concreto, per accertare se la quantit� 
in eccesso sia ..:.._ in base alle circostanze soggettive e oggettive, alla entit� e alla 
qualit� delle sostanze -presumibilmente destinata all'uso personale o allo 
spaccio. 

Il ricorso alla cautela detentiva, che in un ordinamento informato al principio 
del favor libertatis costituisce l'extrema ratio, � stato quindi sganciato, 
nei casi di modesta entit�, dai rigidi automatismi dell'arresto obbligatorio in 
flagranza ed affidato al prudente apprezzamento del giudice. 

WALLY FERRANTE 

* * * 
Si ritiene opportuno pubblicare qui di seguito anche il testo della memoria 
redatta dall'Avvocatura dello Stato. 

La nuova disciplina degli stupefacenti al vaglio della Corte Costituzionale. 

1. Deve innanzitutto rilevarsi l'inammissibildt� della costituzione del Coordinamento 
Radicale Antiproibizionista (CORA) nel presente giudizio, in quanto, 
secondo la costante giurisprudenza di codesta Corte, nel giudizio incidentale 
(22) Si sottolinea che � stata la legge di conversione ad estendere la facoltativit� dell'arresto 
in flagranza, quando ricorra la circostanza della �lieve entit��, a tutti i tipi di 
sostanze stupefacenti: li testo originario del decreto-legge, infatti faceva riferimento solo 
all'art. 73, ,quarto comma del T. U., relativo alle c.d. �droghe leggere�.
La legge di conversione ha inoltre soppresso l'art. 1 del decreto-legge che, in derogaall'art. 379 c.p.p.� disponeva che si dovesse tener conto della diminuzione di pena previstadall'art. 73, qumto comma del T. U. -relativo alle infrazioni di �lieve entit�� -nonostante 
l'arresto in flagranza. 



200 .. RASSEGNA DE./A,'l(VOCA,TURA DELLO STATO 

graduazione della sanzione in riferimento al rispettivo loro diverso disva 
lore sociale. 

9.4. -In definitiva, deve constatarsi che, dalla lettura del contesto 
sociale sul quale era chiamato ad intervenire, i! legislatore ha tratto 
l'individuazione, al negativo, di fattori patogeni da rimuovere e, al positivo, 
di valori antagonisti da tutelare -salute pubblica, sicurezza pubblica, 
pace sociale minacciate in modo straordinariamente grave dal 
fenomeno droga -anche con il sacrificio dell'interesse del tossicodipendente 
o tossicofilo ad un meno disagevole rifornimento di sostanze stupefacenti, 
talch� il legislatore nel configurare la fattispecie incriminatrice 
in esame, ha esercitato una scelta discrezionale, n� arbitraria n� 
irragionevole anche sotto il profilo della offensivit�, coerentemente rapportata 
al quadro globale della strategia di intervento deliberata ed alla 
particolare gravit� del fenomeno criminoso da reprimere. 
Ne consegue che, con riferimento ai parametri fin qui esaminati, 
priva di fondamento si appalesa anche l'opinione del giudice rimettente 
secondo cui il criterio quantitativo oggettivo medio, utilizzato dal legislatore, 
non sarebbe in principio idoneo ad individuare la condotta punibile 
in conformit� a Costituzione. 

di legittimit� costituzionale non possono costituirsi soggetti che non abbiano 
avuto la qualit� di parte nel processo a quo (sent. 25 febbraio 1988 n. 220; sent. 
22 maggio 1987 n. 182; sent. 19 gennaio 1984 n. 1; ordd. 7 marzo 1984 nn. 63 e 65). 
Pertanto, anche a voler ammettere che il CORA sia legittimo portatore 

di un interesse alla declaratoria di incostituzionalit� delle norme in epigrafe, 

il che si contesta, deve comunque escludersi la sua legittim�zione a partecipare 

a questo giudizio, considerato che esso non solo non � stato parte, ma non era 

neppure legittimato ad assumere la qualit� di parte nel giudizio penale a quo. 

La sua posizione non si differenzia, quindi, affatto da quella di un qua


lunque soggetto dell'ordinamento, in quanto tale non legittimato ad inter


venire in un giudizio di legittimit� costituzionale. 

2. Tutte le censure di incostituzionalit� sollevate dai giudici remittenti 
presuppongono una interpretazione delle norme denunciate che non pu� essere 
condivisa, in quanto n� la lettera n� la ratio della legge (entrambe confermate 
dalla voluntas legislatoris), consentono di attribuire alla riforma del 1990 il 
deliberato intento o l'inconsapevole effetto della criminalizzazione del consumo 
di sostanze stupefacenti. 
La riforma ha preso le mosse, com'� noto, dalla constatazione del fallimento 
della legge 22 dicembre 1975, n. 685, a sensi della quale il possesso di 
quantit� di sostanze stupefacentJi. destinate al consumo (c. d. modica quantit�) 
non era sanzionabile penalmente pur costituendo un comportamento illecito 
suscettibile di trattamenti sanitari obbligatori. 

Senonch�, nel sistema della legge 685/1975, l'affermazione del disvalore 
sociale della detenzione e del consumo dii droga, pur esistente, venne di fatto 
vanificata da detto regime di non punibiLit� della detenzione di modiche quantit� 
per uso personale. Non punibilit� che dette vita, nella coscienza sociale, 
alla diffusa convinzione di una espressa legittimazione dell'uso della droga e, 


201

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

10. -Un ulteriore profilo di legittimit� costituzionale, comune alle 
quattro ordinanze del Tribunale di Roma, � contenuto nella censura, sempre 
nei confronti dello stesso complesso normativo di cui agli artt. 73, 
75 e 78 t.u. approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, di violazione 
dell'art. 3 Cost. per disparit� di trattamento nella forma di pari trattamento 
di situazioni diverse perch�, in caso di detenzione di sostanze 
:stupefacenti in �misura appena superiore alla dose media giornaliera, sarebbero 
assoggettati alla stessa pena sia il soggetto che ha ceduto la 
�droga, sia quello che l'ha consumata, giacch�, trattandosi di un fatto minimo 
in senso assoluto, le due condotte non potrebbero essere differenziate, 
salvo a ritenere, con violazione dei criteri generali di applicazione 
della legge penale, che alla fattispecie minima di spaccio di sostanze 
stupefacenti noh si possa mai applicare il minimo edittale. 
Alla stessa idea di fondo di violazione dell'art. 3 Cos�. per parit� 
�di trattamento di situazioni non omogenee, ma all'interno in questo 
�caso della categoria dei detentori per '�so personale, si ispira anche la 
prima delle due censure di legittimit� costituzionale sollevate in riferimento 
all'art. 3 Cost. dal Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Grumello 
del Monte, sul rilievo che le disposizioni citate sottopongono ad 
uguale� trattamento situazioni che possono essere notevoimente diverse in 

nella realt� criminale, ad un espediente facilmente praticabile per lo spaccio 
minuto degli stupefacenti. 

Di qui la necessit�, dram:ttl.atidamente riproposta dal progressivo diffondersi 
del fenomeno, di una diversa scelta di politica criminale che, accanto 
ai principi di prevenzione, cura e riabilitazione, riaffermasse con chiarezza 
l'illiceit�� dell'uso personale di sostanze stupefacenti e combattesse con maggiore 
efficacia il piccolo spaccio. 

Tuttavia questa netta inversione di tendenza � avvenuta nella piena consapevoleiza 
della inopportunit� di sanzionare penalmente l'uso personale di sostanze 
stupefacenti � per la prevalenza � di motivi di solidariet� che inducono 
.a privilegiare il recupero dei tossicodipendenti �; �si � quindi optato � per l'in<:
riminazione di condotte che indirettamei'l:te rendono possibile l'uso � (Relazione 
al Senato sul disegno di legge n. 1509 � Atti parlamentari, pag. 3). 

Dunque il legislatore del 1990 ha voluto superare la logica permissiva 
della legge 685/1975 (rectius: �la log�ca permissiva della interpretazione che la 
legge aveva avuto) senza tuttavia �cadere nell'estremo proibizionistico opposto, 
do� quello cld incriminare il consumatore di stupefacenti in quanto tale. 

In verit� la scelta di fondo, per quanto attiene ai comportamenti penalmente 
sanzionati, non � cambiata: ora tome allora la detenzione, �e non il 
;consumo, di stupefacenti costituisce reato. Quello che � cambiato � il modo 
di attuazione di tale scelta, .dal quale dipende lil raggiungimento del punto di 
�equilibrio fra la esigenza di incriminare lo Spaccio e 'quella di non criminalizzare 
la mera detenzione per uso personale. Il tutto senza perdere di vista il 
periicoloso fenomeno della identificazione delle due figure di consumatore e 
di piccolo spacciatore. 

Il legislatore d�l 1990, constatato 'Ch'e la nozione di �modica quantit��, 

'(mtesa 'dalla giurisprudenza 'come corrispondente al fabbis0gno di du� o tte 

giorni del tossicomane medio) non aveva consentito� di �raggiungere di �suddetto 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

202 

relazione alle caratteristiche dei soggetti agenti, per essere dissimili le 
loro esigenze e diverso il grado individuale di assuefazione o dipendenza 
dalla sostanza. 

La questione � infondata sotto entrambi i profili prospettati. 

Va in primo luogo rettificata la premessa dalla quale muove il Tribunale 
di Roma l� dove qualifica � un fatto minimo in senso assoluto � 
sia la condotta del soggetto che ha venduto una quantit� di sostanza 
stupefacente � appena superiore � alla dose media giornaliera, sia quella 
del soggetto che l'ha acquistata e consumata. 

In realt� le due fattispecie cos� poste a raffronto non sono affatto 
entrambe al limite minimo della soglia di punibilit�. Infatti, la dose 
media giornaliera opera come discrimine della punibilit� solo per la detenzione 
per uso personale e non anche per la detenzione per lo spaccio 

o per lo stesso spaccio. Quindi lo spaccio di una quantit� di droga appena 
superiore alla dose media giornaliera non rappresenta -a differenza 
dalla sua mera detenzione -la condotta di minore disvalore penale 
destinata in linea di principio all'applicazione della pena minima, salvo 
il giuoco in concreto della valutazione discrezionale di cui agli artt. 132 
e 133 c.p. che non rileva sul piano della considerazione in astratto delle 
due fattispecie. N�, secondo la giurisprudenza di questa corte, eventuali 
illegittime applicazioni del minimo e del massimo della pena edittale pospunto 
di equilibrio perch� la non punibilit� del consumo si era tradotta nella 
non punibilit� dello spaccio minuto, ha indiividuato un nuovo discrimine nella 
nozione di � dose media gi<>rnaliera �. 

Sostengono i giudici remittenti che tale scelta di politica criminale avrebbe 
l'effetto di equiparare irragionevolmente spacciatori e consumatori attraverso 
l'arbitraria equazione � detenzione eccedente la dose mediia giornaliera uguale 
spaccio� considerati i tanti diversi possibili gradi di assuefazioP,e e "di .tolleranza 
degli assuntori tossicodiipendenti a fronte di una unitaria ed obiettiva 
determinazione della dose media giornaliera. 

Ma tale assunto � errato, perch� la � dose media giornaliera� si differenzia 
dalla �modica quantit�� non soltanto perch� sostituisce una quantit� di droga 
oggettivamente deterIDlinata ad un'altra (non pi� la dose corrispondente a due 

o tre giorni di assunrione, bens� quella di un giorno) ma perch� sostituisce 
un criterio (anche) soggettivo ad un criterio (soltanto) oggettivo e quindi 
introduce un discrimine personalizzato tra l'illecito penale e l'illecito amministrativo. 
In tal senso � in primo luogo la distinzione tra consumatore occasionale 
(tossicofilo) e consumatore abituale (tossicodipendente) contenuta nell'originario 
disegno governatiivo ai fini della individuazione della dose media giornaliera, 
che nel secondo caso veniva espressamente intesa come dose media giornaliera 
non in senso oggettivo ma come dose personalizzata del soggetto assuntore. 

Nel travagliato iter parlamentare la distinzione fra tossicofili e tossicodipendenti 
� venuta meno perch� si � nitenuto opportuno non differenziare le 
due categorie nel trattamento sanzionatorio, tuttavia nel testo definitivo della 
legge � .rimasta immutata la norma che, sulla base di tale distinzione, delega 
al Ministero della Sanit� le determinazioni di cui ai punti a), b) e e) dell'art. 18 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

203 

sono ridondare in ragione di illegittimit� della norma incriminatrice (ord.. 

n. 806/88, id., Rep. 1989, voce Armi, n. 31). 
Nel quadro dell'ovvia considerazione che� offerta (spaccio) e domanda 
(consumo) sono profili interagenti di w1 unico fenomeno, � le due facce 
del medesimo ed indivisibile problenia � (raccomandazione citata punto 9) 
post<> clie, come insistentemente sottolineato nel corso dei lavori preparatori; 
non vi potrebbe essere offerta senza (la sollecitazione della) domanda, 
n� domanda senza (la disponibilit� della) offerta, il legislatore,. 
al momento di operare le sue scelte strategiche di politica criminale� 
contro il mercato �clella droga, ha ritenuto opportuno contrastare entrambi 
i momenti -la domanda, e per essa la detenzione, e l'offerta -dei quali,. 
appunto, qualsiasi mercato vive, peraltro limitando, per le ragioni gi�: 
viste, la parificazione del trattamento sanzionatorio, quanto alla detenzione, 
.�soltanto a parare da un determinato limite quantitativo. Sicch� 
anche nel caso della ciete:QZione, quando quella quantit� di accumulo sia. 
superata, entrano in giuoco __.: nella valutazione legislativa -il mercato� 
generale della droga ed il fenomeno droga nel suo complesso e sfuma. 
in tale prospettiva la differenza tra le due condotte. 

E non � inutile da ultimo ricordare che la legittimit� di un trattamento 
sanzionaiorlo che riconduca alla medesima fattispecie incrimmafrice 
�1a �detenzione di droga,� tanto se finalizzata allo spaccio quanto se 

del T. U. nel chiaro intento cli una quantificazione (anche) personalizzata della. 
dose media . giornaliera. 

D'altra parte l'interpretazione suggerita dal giudice remittente passa attra� 
verso una !inammissibile forzatura della lettera della.. legge perch� non � dato� 
comprendere su quali ragioni si possa fondare una lettura dell'art. 78 che ne 
ricluce: il contenuto normativo alla sola lettera e) sul presupposto, del tutta. 
ind~fuostrato, che Je prescrizioni di cui alle lettere a) e b) sarebbero � inutiliter 
datae �. 

Una tale interpretazione riduttiva e sostanzialmente abrogat:rdce di parte� 
dell'art. 78 del T. U. � d'altrC>nde coritraddetta non solo dalla esegesi letterale� 
e da quella �logica e sistematica, ma anche da quella desumibile dalla lettura. 
dei lavori parlamentari, Che il concetto di dose media giornaliera fosse personalizzato 
e corrispondente ad una quantit� oggettiva unitaria solo per i tossi-� 
cofili appare .infatti pacifico con riferimento non solo ai tempi delle primediscussioni, 
ma anche a quelli delle ultime tornate di lavori, quando ormai era'. 
da tempo caduta la distinzione ad altri effetti tra tossicofilo e tossicodipendente. 
Esemplificativamente e non esaustivamente, siano consentite le seguenti 
citazioni: � la limitazione della discrezionalit� del giudice e le stesse difficolt� 
di orddne tecnico insite nell'accertamento peritale della dose media giornaliera 
costituiscono una maggiore garanzia per il semplice� tossicodipendente, il quale 
non potr� comunque essere considerato spacciatore se non vi sar� la certezza 
che la quantit� di droga trovata in suo possesso sia realmente superiore alla. 
dose media giornaliera di cui egli ha .bisogno � (Senatore Condorelli, Commis-� 
sioni 2� e 12�� riunite, seduta del 15 febbraio 1989, resoconti pag. 273). Ancora~ 
la nozione di dose media giornaliera come criterio personalizzato � poi co11fer-� 
mata dalla chiara intellZione del legislatore di prevedere � la non punibilit� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

204 

finalizzata al consumo, � un dato gi� acquisito dalla giurisprudenza di 
questa corte, in relazione sia alla legge del 1954 (sent. n. 9/72), sia alla 
legge del 1975 {sent. n. 170/82; ord. n. 94/84). 

11. -Parimenti infondata � la questione di legittimit� costituzionale 
sollevata dallo stesso Pretore di Bergamo sotto un secondo profilo di 
violazione dell'art. 3 Cost., sul rilievo che il disposto normativo censurato 
� pretermette il primario compito ordinamentale di rimozione degli osta-
coli di ordine sociale, che, inducendo o comunque non prevenendo ai 
.singoli di pervenire ad uno stato di dipendenza dalle droghe, ne impe
�disce il pieno sviluppo della personalit� �. 
L'obiettivo della tendenziale e progressiva eliminazione di disagi e 
�difficolt� di ordine socio-economico -che, in determinate situazioni, 
<:oncorrono a dare origine al fenomeno delle tossicodipendenze -rappresenta 
un profilo di ben pi� ampia portata, che travalica quello settoriale 
della disciplina delle sostanze stupefacenti ed attiene a scelte di 
fondo di politica generale -legislativa, sociale, economica -che sfug.
gono al sindacato di questa corte. 

12.1. -Altro profilo di costituzionalit� � quello introdotto dal Tribunale 
di Roma {nelle quattro ordinanze sopra indicate) e dal g.i.p. presso 
�esclusivamente per chi sia sorpreso in possesso di una quantit� di sostanza 
stupefacente non superiore a quella assunta dal soggetto nel corso delle 24 ore, 
�ovvero, in caso di uso occasionale, in quantit� non superiori alla dose media 
.efficace� (Senatore Bompiand, ivi, seduta 2 marzo 1989, pag. 10). Ancora, si 
legge �della dose media giornaliera come di � misura cucita addosso ad ogni 
.singolo drogato � (Sen, Gualtieri, Assemblea, resoconto stenografico della seduta 
.24 novembre 1989, pag. 15); di dose personalizzata che, per l'eroina, �potr� oscillare 
dai 0,10 ai 5 grammi al giorno � (Senatore Condorelld, ivi, seduta del 28 novembre 
1989, pag. 48) mentre per il tossicofilo non tossicodipendente dovr� 
�essere determinata unitariamente ed oggettivamente con criteri scientifici (Se


natore Acone, ivi, seduta 5 dicembre 1989, pag. 29). 

Da ultimo, alla vigilia della approvazione della legge, il relatore per la Com


missione sanit�, senatore Condorelli, sottolinea ancora come, con l'introduzione 

�del concetto di �dose media giornaliera�, si sia fatto riferimento �ad un cri


terio soggettivo oltrech� meramente quantitativo � (Commissioni 2� e 12� riunite, 

.seduta del 23 maggio 1990, 504� resoconto, pag. 10). 

Altrettanto arbitrario �, infine, il significato che viene dato dai giudici 

remittenti alla mancata riproduzione della norma contenuta nell'art. 80, secondo 

�comma, della previgente normativa la quale espressamente scriminava la det�n


zione ed il consumo anteatto di non modiche quantit�. 

Qui la forzatura del testo della legge � di segno contrario a quella �ff�t


tuata dal gii.udice a quo in danno dell'art. 78 T. U., perch� dalla mancata .tipro


�duzione di quella norma (di cui all'art. 80 1. 685/1975) si pretende di ricavare 

l'affermazione del principio opposto, cio� l'incriminazione del consumo anteatto. 

Ma sul punto soccorre innanzitutto il principio di tassativit� della legge 

penale il quale non consente interpretazioni estensive o applicazioni analogiche 

.della norma incriminatrice; pertanto se � vero, �com'� vero, che anche il sistema 



PARTE I; SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 205 

il Tribunale di Camerino (in due ordinanze), i quali ritengono che il meccanismo 
normativo attraverso il quale il legislatore individua la fattispecie 
penalmente .. rilevante contrasti con la riserva di legge in materia 
penale sancita dall'art. 25 Cost. per il fatto che l'art. 78 demanda ad un 
decre~o deLministro della sanit� la d�terlliinazione dei limiti quantitativi 
mas.simi di prin�ipio attivo .per le dosi medie giornaliere. Tale rinvio 
non. soddisfa -secondo i giudici rimettenti ..-l'esigenza di predetermin~
ione :ad opera della norma primaria del contenuto essenziale della 
fattispecie penale, In particolare l'art. 78 cit. -mentre alle lettere a) e b) 
detta criteri� per l'accertamento dell'uso abituale di sostanze stupefacenti 
e.metodiche�per la quantificazione.dell'assunzione abituale nelle 24�ore non 
detta invece alcun criterio per la determinazione della dose media 
giornaliera, a. differenza di quanto faceva l'art. 12 1.�685/75 in ordine alle 
tabelle delle sostanze stupefacenti, indicando .. con ricchezza di dettagli 
i criteri per la formazione di tali tabelle e cos� circoscrivendo l'intervento 
della pubblica amministrazione nei limiti. di� un'attivit� meramen� 
te tecnica. Invece l'art. 78 contiene il richiamo ad � un'entit� irreale (la 
''dose. media giornaliera")� assolutamente insuscettibile di definizione dal 
PUllto di vista .tecnico-scientifico�, atteso che; dovendo la dose media 
giqrnalier;:i. riferirsi alla media aritmetica tra dose minima e �dose massima 
assumibile nelle 24 ore, tali due estremi sono altamente incerti 

attuale sanziona penalmente non !il consumo ma la detenzione integrante un 

pericolo di spaccio, allora l'art. 73 T.U. deve essere coerentemente interpretato 

nel . senso cieUa non punibilit� della detenzione e consumo anteatti di droga, 

perc.� in. tai caso manca nella condotta il pericolo di spaccio. 

Tale interpretazione � inoltre coerente con il principio di prevenzione del


l'uso personale di stupefacenti . ed � quella fatta. propria dall'Esecutivo. Infatti 

nella Ci.rcolare del Ministero dell'Interno Gab .. n. D.R./11013/M/4 (5) Uff. IV del 

25 marzo 1991 contenente le istruzioni applicative della nuova legge si legge che 

�l'uso personale . e. la detexizione personale costituiscono fattispecie distinte � 

il che comporta �l'inapplicabilit� dell'art. 75 del d.P~R. n. 309/90 nei confronti 

di chi abbia fatto abuso o rechi i segni dell'assunzione di sostanze stupefa


centi�. 

Se dunque la detenzione ed il consumo anteatti non integrano gli estremi 

dell'illecito amministrativo (art�. 75 T. U.) eo magis non potranno integrare quelli 

delfillecito penale (art. 73 T. U,), � � � 

3. Del tutto infondata � poi la denuncia di violazione dell'art. 3 Cost. sotto 
l'altro profilo della irraglionevole equiparazione tra detenzione di droghe leggere 
e di droghe pesanti. 
Al riguardo si osserva innanzitutto che sia l'art. 73 T. U., sia l'art. 75 T. U. 
prevedono diverse sanzioni per le droghe pesanti e per le droghe leggere, il che 
dimostra un minore rigore sanzionatorio sia penale che amministrativo. 

Il fatto poi che il legislatore non abbia valutato la minore pericolosit� 
della detenzione di droghe leggere anche sul piano precettivo -cio� che abbfa 
indivdduato anche qui � il punto di equilibrio � della politica criminale nella 
dose media giornaliera, costrmgendo anche i fumatori di cannabis a rifornirsi 
quotidianamente -costituisce una scelta legislativa discrezionale ragli.onevol


6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

206 

e mutevoli a causa delle molte variabili da cui essi dipendono, quali il 
modo di assunzione ed il grado di tolleranza del soggetto assuntore. 
In tal modo lo scrimine tra il lecito e l'illecito � rimesso alla discrezionalit� 
dell'autorit� amministrativa. 

In concreto poi il d.m. 12 luglio 1990 n. 186 confermerebbe questo 
assunto evidenziando in particolare l'inadeguatezza della determinazione 
(in linea di massima eccessivamente restrittiva) della dose media giornaliera 
di eroina, cocaina e della cannabis e derivati e l'illegittimo perseguimento 
di finalit� di prevenzione e disincentivazione. Tra l'altro, si 
osserva che il discrimine fondato sulla � dose media giornaliera � sarebbe 
fortemente penalizzante per i tossicomani pesanti, esposti alla sanzione 
penale pur quando mantengano l'approvvigionamento nei limiti del 
loro fabbisogno quotidiano, ed invece colpevolmente gratificante per i 
piccoli spacciatori, che siano eventualmente anche assuntori occasionali 

o allo stadio iniziale, i quali, avendo un fabbisogno personale inferiore 
alla � dose media giornaliera >>, conservano un margine per il piccolo 
spaccio. �" 
In realt� -si sostiene soprattutto nelle ordinanze del Tribunale di 
Roma come si � gi� prima ricordato -il dato quantitativo obiettivo 
non � in linea di principio idoneo a differenziare, senza violare la Costituzione, 
la condotta penalmente punibile (spaccio) da quella non pe


mente compiuta e quindi non censurabile (oltre che conforme ad impegni internazionali 
assunti dall'Italia: cfr. Convenzione di New York 30 marzo 1961 e protocollo 
di emendamenti di Ginevra 25 marzo 1972 ratificati con legge 5 giugno 
1974 n. 412 e Convenzione di Vienna 21 febbraio 1971 ratificata con legge 
25 maggio 1981 n. 385. Tali Convenzioni includono infatti -senza differenziazioni 
-la cannabis indica fra le sostanze stupefacenti vdetate), 

Quanto alla sospensione della pena ex art. 90 T. U. -di cui, secondo il 
Tribunale di Roma, non potrebbero usufruire i detentori di droghe leggere perch� 
di regola essi non avrebbero bisogno di programmi terapeutici o socioriahllitativi 
-va detto che tale disposizione si fonda sul principio del c.d. � patto 
terapeutico �, consistente nell'offerta di una terapia riabilitativa in alternativa 
alla sanzione. 

Tale principio (conosciuto anche da altre legislazioni, quali quelle austriaca 
e francese: cfr.: J. Wiarda, Drug policies in Western Europe, Friburgo, 1989, 
29 ss.) non contrasta affatto con l'art. 3 Cost. in quanto sti fonda sulla diversa 
situazione di colui che ha bisogno e vuole essere disintossicato rispetto a colui 
che non ha bisogno o non vuole sottoporsi ad un programma terapeutico o socioriabilitativo. 
Tanto a tacere, poi, del fatto che, pacifiicamente, anche il consumatore 
di droghe leggere potrebbe chiedere ed ottenere di sottoporsi a programma 
quanto meno socioriabilitativo. 

4. Sulla pretesa violazione dell'art. 25 Cost. -con riferimento al principio 
della necessaria offensivit� del reato -anche qualora dovesse ritenersi esatta 
l'esegesi che conduce alla criminalizzazione del consumo di droga (il che, come 
si � detto, si contesta), giova ribadire che il suddetto principio non risulta sancito 
dalla Costituzione. 

PARTE I,,� SJlZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 207 

nalmente punibile (consumo); il discrimine fra le due condotte, invece, 
deve essere fondato su dati fattuali emergenti singolarmente dall'accertal!
J,e!J,t() giudiziale, nell'ambito del quale la quantit� di .sostanze stupefacenti 
. detenute pu� costit.ire unicamente uno degli elementi di prova. 
l)a qaj,�.� la Jiecessit�, della���caduca,zione nell'art. 7S.. � dell'inciso �in dos� 
n�>n superiwe a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri 
inclicati al primo comma dell'art,. 78 �, per effetto della quale il discrimine 
del. penalmente rilevante verrebbe a fondarsi sul. tipo di. condotta (destinazione 
allo spaccio o al consumo) passando da un criterio "medio� 
ad uno individuale. 

12.l. � Della censura pi� radicale, formulata nelle ordinanze del Tiibunale 
di . Roma, volta a denunziare la non idoneit�, in principio, del 
parametro .quantitativo oggettivo medio ad individuare la detenzione penalmente 
punibile seriza vfolare i principi costituzionali; si � gi� rilevata 
l'infondatezza con riferimento ai profili di ragionevolezza ed offensivit�. 
Ad eguale conclusione si� perviene con riferimento al profilo della 
riserva di legge, dovendosi escludere, per Ie ragioni che seguono, che il 
complesso normativo in esame vi:oli il relativo principio. 

Come si � prima accennato, il criterio della dose media giornaliera 
-unico e non duplice, oggettivo medio e non personalizzato -era con-

Comunque, nel richiamare quanto gi� esposto in proposito nell'atto di intervento, 
si osserva che non � esatto affermare che il reato di consumo di sostanze 
stupefacenti evochi l'idea di uno Stato etico o della colpa morale d'autore, 
concetti entrambi .di certo estranei alla nostra Costftuzione. Infatti, a parte la 
materialit� del reafo, che � indubbia, (non si punirebbe un modo di essere del 
soggetto ma una specifi.ca condotta) il bene giuridico protetto non sarebbe 
certo l'idea dell'individuo come valore sociale bens� il complesso di interessi 
fondamentali lesi dal preoccup~te fenomen.o della tossicodipendenza e che possono 
essere h1dividuati non solo nel diritto alla salute inteso come interesse 
della collettiVit� al..benessere. sociale. ma nello stesso interesse diffuso ad una 
civile convivenza, che il�� dilagare del consumo di sostanze stupefacenti tende a 
compromettere anche attraverso fenomeni di criminalit� lindotta. 

Sostenere che l'assunzione di �droga � un atto di libert� perch� non reca 

offesa ad altri sembra quindi. ind:ulgenza ad una visione riduttiva del "feno


meno droga �, il quale non pu� essere certo paragonato ad una solitaria forma 

di autolesionismo, . quanto ineno nella dram,matica realt� sociale odierna. 

5. I giudici remittenti affermano che l'art. 78 T. U. richiamato dall'art. 73 
T. U. non soddisferebbe l'esigenza di predeterminazione legislativa del contenuto 
essenziale del reato perch� demanderebbe al Ministro della Sanit� la determinazione 
della dose medlia giornaliera -e quindi della fattispecie criminosa senza 
fissare presupposti, caratteri e limiti del provvedimento amministrativo, 
con conseguente violazione dei principi di legalit� e tassativit� (art. 25 Cost.). 
Anche questa censura si fonda sull'assunto che il contenuto effettivo dell'art. 
78 si riduce al solo punto e) in quanto, sostiene il Tribunale di Roma, i 
punti a) e b) dell'art. 78 null'altro sarebbero che la sopravvivenza verbale di 
una lodevole intenzione del legislatore rimasta priva di sbocchi normativi (come 



208 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

cetto gi� noto all'esperienza giurisprudenziale sotto la vigenza della 

I. n. 685 del 1975. 
Infatti la giurisprudenza di gran lunga prevalente della Cassazione 
era pervenuta a definire la modica quantit� come un multiplo variamente 
quantificato del consumo giornaliero � medio � riferito alla figura del 
�consumatore medio�, non dovendosi tenere conto delle esigenze del 
singolo tossicodipendente: quindi non solo tale parametro era gi� noto, 
ma l� gi�risprudenza stessa faceva gi� riferimento alla quantit� di principio 
attivo cio� di sostanza pura o allo stato puro presente nelle cosiddette 
dosi � di strada. 

12.3. -Diversi, peraltro, �sono i criteri di determinazione, rispettivamente, 
della � dose media giornaliera � e della � modica quantit� �: la 
seconda affidata al giudice; la prima invece rimessa ad un decreto ministeriale 
dal combinato disposto degli art. 75 e 78 t.u. 9 ottobre 1990 
n. 309, 
Ma il �tassello che n�ll'attuale disciplina va in tal guisa a completare 
la fattispecie penale contiene gi� l'estrinsecazione della prerogativa 
della norma primaria di determinare ci� che � sanzionato e ci� che non 
� sanzionato perch� fa ricorso ad un criterio obiettivo di valutazione che 
-per le considerazioni test� svolte sul punto che anche nel regime 

se tale c.d. � sopravvivenza � non sia essa stessa un dato normativo di cui l'interprete 
deve tener conto). 

Nel richiamare quanto gi� osservato a confutazione di tale tesi interpretativa, 
si osserva che il � nucleo essenziale del reato � risulta interamente delineato 
dall'art, 78 sia che tale norma si intenda nella sua piena portata normativa 
(come si deve) e cio� con riguardo alle lettere a), b) e e) sia che la si 
legga, come fa il Tribunale di Roma, riducendone arbitrariamente il contenuto 
alla sola lettera e). 

Nel primo caso la violazione dei principi di legalit� e tassativit� deve essere 
senz'altro esclusa perch� la norma primaru.a contiene una completa determinazione 
del � nucleo fondante � e del ~< contenuto essenziale dello illecito penale � 
(Corte Cost. sent. 282/90), individuando nella quantit� corrispondente al fabbisogno 
giornaliero di droga il discrimine tra detenzione penalmente lecita ed illecita. 
Altrettanto completa, poi, la individuazione dei criteri di calcolo della dose 
media giornaliera cui l'autorit� amministrativa dovr� attenersi, in quanto l'articolo 
78 T. U. prevede, da un lato, la predeterminazione di metodiche e procedure 
volte ad individuare la dose giornaliera personalizzata del singolo tossicodipendente; 
dall'altro la dose media giornaliera, unitaria ed oggettiva, idonea 
ad indurre l'effetto farmacologico tipico di ogni singola droga nell'assuntore 
occasionale, calcolata nei suoi valori massimi. 

Una norma incriminatrice cos� congegnata non lascia evidentemente alcuno 

spazio alla fonte secondaria a cui resta solo di fissare, senza alcun margine di 

discrezionalit� che non sia quella tecnica, dati risultanti da cognizioni scientifi


che che sarebbe impossibile determinare per legge ed una volta per tutte. Il che 

il Ministero per la Sanit� puntualmente ha fatto, determinando procedure e 

metodiche per individuare la tosskodipendenza e la dose giornaliera persona


lizzata, da un lato, e la dose media unitaria oggettiva, dall'altro. 

I 
Ii 



209

PARTf� I, SEZ. I, GIURISPRU!WN.ZA �OSTlTUZIONALE 

previgente la dose giornaliera abituale media era la base di calcolo della 
modica quantit� -costituiva un'acquisizione gi� presente nella gi.risprudenza. 
La discrezionalit� del legislatore primario � stata esercitata nel 
momento in cui, tra le varie soluzioni possibili; ha optato per il criterio 
della dose media giornaliera come scriminante tra detenzione sanzionata 
penalmente e non.. Cos� definita la soglia di punibilit�, .la fattispecie 
�.penale � sufficientemente descritta nei suoi elementi essenziali 
e, al di l� di questa opzione, residua .soltanto una determinazione tecnica 
sulla base di nozioni di tossicologia, farmacologia e statistica sanitaria, 
ma non anche una scelta di politica criminale {tant'� che il precetto 
penale potrebbe in ipotesi sussistere autonomamente� anche senza l'integrazione 
del. decreto ministeriale, come era previsto nel testo proposto 
dalle commissioni riunite za e 12a del senato e come lo stesso testo definitiyo 
non ha in principio escluso che potesse, almeno interinalmente, 
verificarsi quando ha fissato in due mesi dalla data di entrata .in vigore 
della 1. n. 162 cit. il termine finale per l'emanazione del decreto stesso). 
Sono quindi� queste conoscenze tecniche che fissano in termini sufficientemente 
delimitati le coordinate dell'integrazione rimessa al ministro 
della sanit�, il quale, pertanto, � tenuto ad esercitare una discrezionalit� 
solo tecnica., come risulta dalla previsione di aggiornamenti 
nel solo caso di � evoluziOne delle conoscenze del settore� {e. non gi� 

Ma anche a voler ammettere,. per assurdo, che si possa condividere l'interpretazione 
suggerita dal. Tribunale di Roma, si dovrebbe riconoscere che anche 
la sola lettera e) dell'art. 78 sarebbe sufficiente ad individuare il contenuto 
essenziale del reato indicando nel � limite quantitativo massimo di principio 
attivo � la linea di confine� tra detenzione punibile e non. 

Se, infatti, la norma dovesse interpretarsi come demandante all'autorit� 
sanitaria il compito di fissare per ogni singola droga una dose giornaliera media 
unica per qu8lunque assuntore, tossicodipendente o meno, dovrebbe conseguentemente 
attribuirsi alla stessa il significato di demandare all'autorit� sanitaria 
il compito di individuare valori medi basati su criteri epidemiologici, 
tossicologici e soprattutto statistici. 

Il che escluderebbe, da un lato, dn capo al Ministero della Sanit� qualunque 
discrezionalit� che non sia quella tecnico-scientifica; conferirebbe, dall'altro, 
al criterio individuatore della quantit� oggettiva che segna il �discrimine 
dell'illecito penale una . concretezza ed una �ertezza che il vecchio criterio della 
� modica quantit� � certo non aveva (e che pure aveva superato indenne il 
vaglio di costituzionalit�: Cass I Pen., 12 marzo 1980 n. 1618; Corte Cost., ordinanza 
16 aprile 1987 n. 136) e che risponderebbe al razionale disegno di ostacolare 
il consumo degli stupefacenti costringendo l'assuntore ad un ricorso al 
mercato tanto pi� defatigante (e dissuadente) quanto maggiore � la dipendenza. 

Altro e diverso problema �, poi, ovviamente, quello del modo in cui l'autorit� 
amministrativa ha in concreto esercitato il potere delegato. 

Ad avviso di questa difesa ed alla luce� di una corretta interpretazione della 
norma di legge tale esercizio non ha certo peccato in senso proibizionista, in 
quanto il Decreto Ministeriale ha individuato la dose media. giornaliera per il 
tossicofilo sulla base di una media statistica delle assunzioni dei tossicodipen




RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di inasprimento o allentamento della repressione dello spaccio). In quest'ottica 
il criterio indicato sub e) del primo comma dell'art. 78 -secondo 
cui devono essere fissati � i limiti qu�ntitativi massimi di principio attivo 
per le dosi medie giornaliere � -appare vincolare in modo sufficientemente 
adeguato all'attuale stato delle conoscenze suddette la determinazione 
del ministro della sanit�, al quale la legge non consente alcuna 
valutazione in chiave di prevenzione o di repressione, volta cio� ad 
integrare la scelta di politica criminale che solo la normativa primaria 
pu� operare. 

Si aggiunga che il criterio della lettera e) del primo comma dell'art. 78 
va coordinato con i precedenti criteri sub a) e b) giacch� l'art. 75 richiama 
tutto il contenuto del suddetto primo comma e non gi� solo la lettera e). 
Ed infatti -dovendo la soglia quantitativa essere � media � ed essere 
riferita all'arco di una giornata -soccorrono a tal fine le � procedure 
diagnostiche e medico-legali per accertare l'uso abituale di sostanze stupefacenti 
o psicotrope � e � le metodiche per quantificare l'assunzione 
abituale nelle ventiquattro ore � che il ministro della sanit� deve emanare, 
previo parere dell'istituto superiore di sanit�, ai sensi, rispettivamente, 
delle lettere a) e b) dell'art. 78, cos� standardizzando i procedimenti 
di rilevazione statistica gi� adottati nella prassi. 

In sostanza, quindi, il criterio sub e) del primo comma dell'art. 78 va 
integrato con quelli sub a) e b) (di contenuto strettamente tecnico-scientifico), 
nel senso che questi ultimi due -che nel testo dell'originario 
disegno di legge erano deputati a specificare il criterio della dose media 
� personalizzata � prevista per l'abituale assuntore di sostanze stupefacenti 
-oggi conservano egualmente una loro funzione in quanto indicano 
all'autorit� amministrativa le metodiche per stabilire quale sia il 
consumo abituale di sostanze stupefacenti che consentono di pervenire 
attraverso campionature statistiche a conoscere un panorama di dati 

denti. Ma ove fosse esatta la esegesi dei giudici remittenti, ed ove, dunque, le 
dosi fossero state determinate anche per i tossicodipendenti :in misure troppo 
basse ed in ossequio a criteri non scientifici ma di politica criminale, ebbene 
si sarebbe allora in presenza dii una ipotesi di sviamento di potere con conseguente 
illegittimit� del Decreto Ministeriale e sua disapplicabilit� da parte del 
giudice penale, sempre libero di rivolgersi al perito per ottenere quelle nozioni 
scientifiche cui la legge rinvia per completare il proprio precetto e che l'autorit� 
amministrativa avrebbe malamente fornite. 

6. Per quanto riguarda la pretesa violazione del principio della funzione 
rieducativa della pena e del diritto alla salute dell'assuntore, ci si limita a rinviare 
alle deduzioni gi� svolte nell'atto di intervento relativo. 
7. Da ultimo, converr� accennare a qualche notazione di diritto comparato, 
attesa la dimensione planetaria del � fenomeno droga � e la necessaria interrelazione 
delle legislazioni nazionali volte a combatterlo nel quadro delle note 
Convenzioni internazionali gi� citate, cui deve aggiungersi la pi� recente Convenzione 
di Vienna delle Nazioni Unite del 19 febbraio 1988 che ha lanciato un 

PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

211 

individuali da utilizzare per quantificare la misura �media�, secondo 
criteri obiettivi di valutazione alla stregua della ricordata giurisprudenza. 

Vero � che tali criteri -come risulta dalla letteratura sul tema 
e dalla stessa esperienza testimoniata dagli organi tecnici chiamati a 
fornire parere durante l'elaborazione della legge ed in sede di redazione 
del decreto ministeriale e delle relative tabelle -presentano margini 
di opinabilit� e non conducono all'individuazione di risultati del tutto 
sicuri e precisi. 

Ma tecnicit� e scientificit� del criterio di riferimento ben raramente, 
e comunque non necessariamente al fine che qui interessa, equivalgono 
a certeua: � sufficiente, per realizzare il requisito dell'adeguata 
predeterminazione del contenuto essenziale del precetto penale, la verificabilit�, 
la ragionevolezza dei criteri ai quali la norma primaria rinvia. 
E nella specie, come si � ripetutamente sottolineato, si tratta di criteri 
la cui concreta .praticabilit� operativa � testimoniata dall'applicazione 
fattane durante i quindici anni di vigenza della precedente disciplina. 
N� va trascurata la considerazione che comunque, rispetto alle finalit� 
pratiche perseguite attraverso H divieto di accumulo pi� volte indicato, 
� sufficiente -e quindi non � irragionevole -una determinazione quantitativa 
che pure presenti margini inevitabili di approssimazione. 

Onde, in definitiva, la dose media giornaliera, pur con le approssi. 
mazioni proprie di ogni standardizzazione, � nozione riferita a criteri 
objettivi determinati nella realt� del momento. La prevista variabilit� 
delle tabelle �in relazione all'evoluzione delle conoscenze del settore� 
(art. 78, secondo comma) � il sufficiente correttivo di tali approssimazioni. 

12.4. -Cos� delimitata l'integrazione della fattispecie penale, il rinvio 
al d.m., non viola il precetto dell'art. 25, 2� comma, Cost. 
significativo segnale di � indurimento e maggiore severit�� dell'atteggiamento 
della Comunit� internazionale di fronte al fenomeno in esame (cfr. Atti parlamentari, 
Senato, resoconto stenografilco, seduta 24 novembre 1989, pag. 8). 

Sarebbe facile citare esempi di legislazioni nazionali marcatamente repressive 
che puniscono con estrema durezza anche l'uso personale di modicissime 
quantit�, quali Giappone, Indonesia, Corea (AA.VV., Drug Control in Asia, Ed. 
UNAFEI, Tokyo 1989). Ma il confronto potrebbe essere considerato poco conferente. 


Ci limitiamo dunque a tener presenti legislazioni di Paesi vicini all'Italia 
per cultura, tradizione giU11idica, costumi, tipo di regime politico-costituzionale, 
notando come in Europa la regola generale � con l'eccezione della Danimarca 
e dell'Italia � quella della criminalizzazione del possesso di qualsiasi quantit� 
di droga, anche se piccola e per uso personale � (D. Cotic, Drugs and punishment, 
Roma, 1988, pag. 46). 

Il tanto celebrato esempio olandese, infatti, non consegue ad �na normativa 
� liberale � ma ad una scelta discrezionale del Ministero della Giustizia di 



212 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Conforta tale convincimento la giurisprudenza di questa corte che 

a parte la radicale affermazione di principio formulata in alcune 
risalenti pronunzie {sent. n. 36/64, id., 164, I, 1282; sent. n. 9/72, cit.; 
sent. n. 113/72, id., 1972, I, 2741) secondo cui la riserva di legge penale 
� rispettata solo che la norma primaria indichi � la condotta vietata � e 
�l'oggetto materiale del reato� -ha ritenuto costituzionalmente legittima 
l'integrazione della fattispecie penale ad opera di atti amministrativi 
in numerose altre ipotesi non dissimili da quella in esame. 

Pu� richiamarsi innanzi tutto la gi� citata sentenza n. 36 del 1964 
(confermata dalla pure gi� citata sentenza n. 9 del 1972) che non ha ravvisato 
l'illegittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 25 Cost., dell'art. 6 

1. n. 1041 del 1954 cit. perch�, nel sanzionare tra l'altro l'illecita detenzione 
di sostanze stupefacenti, rimetteva all'autorit� amministrativa l'elencazione 
di queste ultime. Anzi la corte rileva la maggiore puntualit� della fattispecie 
criminosa introdotta dall'art. 6, rispetto a quella dei precedenti 
artt. 446 e 447 c.p. che invece facevano genericamente riferimento alla 
nozione di � stupefacenti � con la conseguenza che � nell'applicazione delle 
norme del codice gli accertamenti subivano le incertezze, le insufficienze, 
le difformit� di valutazioni disposte di volta in volta dal giudice � 
(rilievo questo che, pu� valere anche nel passaggio da un sistema fondato 
sulla nozione generale di �modica quantit��, la cui determinazione 
era rimessa di volta in volta al giudice penale, ad un sistema fondato 
sulla dose media giornaliera che � preventivamente determinata in modo 
oggettivo e fornisce � la garanzia di una qualificazione unitaria � valevole 
per tutti). 
Con riferimento poi ad altre fattispecie la corte ha ribadito che �il 
principio di legalit� in materia penale � soddisfatto sotto il profilo della 
riserva di legge (art. 25, secondo comma, Cost.) allorquando la legge deter 
mina con sufficiente specificazione il fatto cui � riferita la sanzione pe


quel Paese, che ha impartito ai dipendenti uffici del Pubblico Ministero la direttiva 
di non perseguire vendita, acquisto, produzione e detenzione di cannabis 
quando la quantit� non superi i 30 grammi (D. Cotic, op. cit., 58). Di pi�, non 
pochi Paesi europei incriminano espressamente il consumo di droga (a prescindere 
dalla sua detenzione), come Francia e Svizzera (D. Cotic, op. cit., 60). 

D'altronde la pi� volte citata .Convenzione di Vienna, con il combinato 
disposto dei suoi artt. 3, 33 e 36, qualiiiica il possesso di droga per uso personale 
come �offence � anche se meno grave (� not serious �) con conseguente 
facolt� per gli Stati firmatari di non perseguire penalmente la relativa condotta. 

Una seconda notazione si impone ed � quella relativa al fatto che tutte o 
quasi tutte le legislazioni nazionali in materia o le prassi giurisprudenziali utilizzano 
il criterio della quantit� di droga detenuta per distinguere i casi di maggiore 
o minore (o nessuna) gravit�. Orbene, sembra interessante notare come 
le quantit� individuate per legge o per prassi in alcuni Paesi siano significativamente 
vicine proprio a quella indicata come dose media giornaliera dal Decreto 
Ministeriale pi� volte citato e tanto criticata dai giudici remittenti. 


PARTE l, � SBZ. li .GIW!$PRUDENZA�.COSTITUZIONALE 213 

nale. In corrispondenza della ratio garantista della riserva, � infatti necessario 
che la legge consenta di distinguere tra la sfera del lecito e 
quella dell'illecito, fornendg a tal fine. un'indicazione normativa sufficiente 
ad . orientare, .. la .condi;>tta dei consociati� (sent. n� 282 del 1990, .id., 
ReP� 1990, voce Vigil.i del fuoco, n. 8, che richiama proprio i suddetti 
elenchi di sostru;lZe stupefacenti). Rispettosa di tale principio � stata ritenuta 
la; normativa. in .materia �di�. sanzioni penali �per violazion.e dl. provvedimentLdella 
pu:tiblica amministrazione -quali quelli del Cip in materia 
di prezzi .ovvero� quelli emessi per ragioni di giustizia o di sicurezza 
pubblica o l'ordine p.bblico o d'igiene ex art. 650 c.p. (ord. n. 659 del 
1988, id,, 1989; l, 291; sent. n. 58 del 1975, id., 1975, I, 1059; n. 21 del 
1973,. i4,, 1973, l, 1347; n. 168 del 1971, id., 1971, I, 2101) ~. fattispecie queste 
in cuil'integrazione ad �opera del provvedimento amministrativo della 
co.n<i<>tta .sanzj,-0natl:t . penidmente appare di maggior momento rispetto 
l;\1q.eUa. <>petat� d!lll'.l:lrt�. 78 in esame. 

Gli stessLprincipi si ritrovano ribaditi in varie ulteriori ipotesi di 
integrazi<>ne della fattispecie penale (cfr. ord. n. 492 del 1987, id., 1988, 
voce Valore aggit&nto (imposta), n. 246; sent. n. 108 del 1982, id., 1982, 
l,. 2730 e� n. 113 del 1972, cit.). 

E ~he nella delicata materia alimentare .� stata ritenuta la legittimit� 
�ll'integrazione ,della fattispecie incriminatrice mediante rinvio 
a fonti second.arie dalla sentenza n. 96/64 (id., 1964, I, 2217) relativamente 
all'individuazione degli�� additivi chimici vietati, nonch� dalla sentenza 
n. 61/69 (id., 1969, I, 1619). In particolare quest'ultima ha ritenuto 
compatibile con la riserva di �legge il rinvio al decreto del ministro della 
sanit� non soltanto della formazione degli elenchi dei coloranti consentiti 
delle sostanze alimentari, ma anche delle �modalit� d'uso�; la corte 
ha ritenuto che tale termine contenesse un'indicazione sufficientemente 

Cos�; ad esempio, in Svezia il Procuratore Generale, in una circolare del 
1980, indirizzata �ad pubblici ministeri. da lui dipendenti, individuava in 1 grammo 
di. canna})is e.ci in 0,1-Q,2 grammi di sostanze .stimolanti il sistema nervoso 
centrale la �piccola quantit� per uso personale � di fronte alla quale la pubblica 
accusa �pu� discrezionalmente rinunciare ad esercitare l'a2Jione penale e 
l'ordinamento del Nuovo Galles del �Sud (Australia) fissa le � piccole quantit� � 
(la. cui detenzione ���� considerata per� uso personale e quindi meno gravemente 
punita) in .0,2 gra:n:imi per la cocaina ed in 0,7 grammi per la morfina. 

� Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, anche sul versante delle � grandi quantit�
� al di sopra delle quali si presume il � grande traffico � con conseguente� 
appesantimento delle sanzioni, fino all'ergastolo (D; Cot:ic, op. cit., 56 e ss.). 

Riteniamo tuttavia che le pur fugaci e. parziali notazioni ora accennate 
siano sufficienti per giungere alla conclusione che la normativa italiana denunciata 
non solo � tra le pi� liberali del mondo ma poggia anche su criteri di 
tanto generalizzata adozione da escludere ogni sospetto di irragionevolezza. 

IGNAZIO FRANCESCO CARAM:AZZA 
FRANCESCO SCLAFANI 

Avvocati dello Stato 



vamente predeterminata in misura fissa per ciascun tipo di sostanza -vamente predeterminata in misura fissa per ciascun tipo di sostanza -
214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vincolata per la pubblica amministrazione e non consentisse �arbitrarie 
dilatazioni �. 

Infine, anche la � pregressa elaborazione giurisprudenziale � -quale 
nella specie � quella formatasi riguardo alla nozione della � modica quantit� 
� -� stata ritenuta adeguato criterio di integrazione della fattispecie 
penalmente rilevante (sent. n. 49/80, id., 1980, I, 1254). 

In conclusione, pertanto, pu� dirsi che, anche nel caso del rinvio 
operato dall'art. 78 al decreto del ministro della sanit�, i parametri indicati 
nella lettera e) del primo comma, integrati da quelli contemplati nelle 
precedenti lettere a) e b), rappresentano -in correlazione con la richiamata 
esperienza giurisprudenziale maturata circa l'individuazione del dato 
di base {consumo giornaliero di un assuntore medio) gi� utilizzato per 
la quantificazione della �modica quantit�� di cui alla legge del 1975 vincoli 
sufficienti a restringere la discrezionalit� della pubblica amministrazione 
nell'ambito di una valutazione strettamente tecnica -e come 
tale giudicata ripetutamente idonea a concorrere, nel pieno rispetto del


I l'art. 25, secondo comma, Cost., a precisare il contenuto della norma incriminatrice 
con l'ausilio dei � suggerimenti che la scienza specialistica pu� 

t

dare in un determinato momento storico� (sent. n. 475/88, id., Rep. 1988, 

~ 

voce lnforturni sul lavoro, n. 207, con riferimento ad elementi normativi % 

i & 

della fattispecie affidati all'individuazione del giudice) -ed in conseguenza 
pu� affermarsi che la condotta penalmente sanzionata risulta sufficientemente 
descritta dalla norma primaria dettata con il citato art. 78. 

1 

12.5. -Le prime due ordinanze del Tribunale di Roma contengono 
ulteriori censure rivolte (non pi� l'art. 78, ma) direttamente nei conI 


fronti del decreto ministeriale, che -mal utilizzando le conoscenze tecniche 
del settore -avrebbe determinato la dose media giornaliera delle 
singole sostanze stupefacenti eccedendo essenzialmente per difetto. 

Ma tali censure, in quanto concernenti non la sufficienza dei criteri 

l

fissati dalla norma primaria -in misura, come si � visto, costituzionalmente 
adeguata -bens� l'applicazione fattane dall'autorit� amministrativa, 
rimangono estranee al giudizio di questa corte. Infatti, l'even


I

tuale illegittimit� dell'integrazione amministrativa della norma incrimi


natrice primaria non ridonderebbe certamente in illegittimit� costituzio


I 

nale di quest'ultima, ma soltanto radicherebbe il potere-dovere del giuI


i

dice ordinario di disapplicare nel caso concreto la fonte normativa inte


� 
gratrice secondaria {nella parte in cui la ritenga illegittima), dato il po!


i 

' ~

tere di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo che compete 

all'autorit� giudiziaria. 

13. -L'anelasticit� dell'attuale discrimine fra illecito penale e illecito 
amministrativo -identificato nella � dose media giornaliera � normati

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

pu� provocare il verificarsi di situazioni particolarmente delicate -di 
cui questa corte si sente avvertita -in tutti i casi in cui l'eccedenza 
rispetto al limite di tolleranza si presenti in termini quantitativamente 
marginali o comunque modesti. 

:� questo, peraltro, un conseguenziale effetto della scelta legislativa 
-in s�, come si � visto, non viziata da illegittimit� costituzionale -di 
un limite obiettivo fisso predeterminato con valenza generale. E se � 
innegabile che alla peculiarit� della situazione verificantesi per il mero 
detentore nelle ipotesi di eccedenza marginale avrebbe potuto farsi corrispondere 
una configurazione della fattispecie criminosa pi� articolata 
rispetto a quella gi� adottata con la disposizione di cui all'art. 73, quinto 
comma, t.u. cit., � anche vero che l'essersi il legislatore -fino ad oggi diversamente 
determinato concretizza una scelta di politica criminale 
che (la si voglia oppur no condividere nel merito) rientra nella sua discrezionalit�, 
e non presenta connotati di manifesta irragionevolezza 

o arbitrariet� -gli unici censurabili da questa corte in tema di individuazione 
della fattispecie (ord. n. 439/87, id., 1988, I, 1749; sent. n. 132/86; 
sent. n. 62/86; sent. n. 126/83, id., 1983, I, 1501) -trattandosi di scelta 
coerente con una delle plausibili conseguenze della predeterminazione 
normativa di un limite fisso. D'altra parte, non pu� non tenersi conto, 
sempre sul piano del controllo di ragionevolezza, che il legislatore non 
ha comunque mancato di configurare una ipotesi di attenuante specifica 
ovvero di autonomo reato attenuato (questione interpretativa di cui 
non deve darsi conto in questa sede) riguardo ai fatti da ritenersi di 
�lieve entit�� in considerazione, fra l'altro, proprio della quantit� di 
sostanza detenuta. 
Rimane precipuo dovere del giudice di merito -nelle ipotesi peculiari 
in discorso -apprezzare, alla stregua del generale canone interpretativo 
offerto dal principio di necessaria offensivit� della condotta 
concreta, se l'eccedenza eventualmente accertata sia di modesta entit� 
cos� da far ritenere che la condotta dell'agente -avuto riguardo alla 
ratio incriminatrice del divieto di accumulo e tenuto conto delle particolarit� 
della fattispecie -sia priva di qualsiasi idoneit� lesiva concreta 
dei beni giuridici tutelati e conseguentemente si collochi fuori dall'area 
del penalmente rilevante (cos� come gi� affermato da questa corte nella 
sent. n. 62/86). 

Ed al riguardo neppure va pretermesso il rilievo che a differenza 
del sistema normativo delineato dalla legge del 1975 -vigente il quale 
si riteneva che il dato quantitativo giuocasse nella struttura della fattispecie 
incriminatrice il ruolo di esimente -nella nuova disciplina il 
limite della dose media giornaliera opera come elemento negativo della 
fattispecie, questa identificandosi nella detenzione di sostanze contenenti 
un quantitativo di principio attivo superiore al massimo consentito. Quindi, 
anche questo ulteriore elemento della condotta incriminata deve 


216 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essere investito dal dolo (essendo insufficiente la mera colpa con previsione); 
cio� � necessario che l'agente sia consapevole di detenere una 
quantit� totale di sostanza stupefacente tale che contenga una quantit� 
di principio attivo superiore a quella tabella nel citato decreto ministeriale. 
Di guisa che, ad esempio, neH'ipotesi in cui il soggetto tossicodipendente 
o tossicofilo acquisti una quantit� di droga che normalmente 
contiene un principio attivo inferiore a quello di legge, ma che per 
avventura risulti essere particolarmente pura e quindi ricca di principio 
attivo in misura superiore a quella di legge, potrebbe mancare la 
consapevolezza del superamento della soglia di punibilit� e quindi il 
dolo e, per esso, il reato stesso. 

Infine, un'ulteriore puntualizzazione dei criteri di quantificazione della 
pena adottati dal legislatore conferma la conclusione secondo cui il 
regime vigente permette una modulazione della sanzione sufficientemente 
rispettosa del criterio di ragionevolezza. 

Il quinto comma dell'art. 73 prevede l'ipotesi in cui � per i mezzi, per 
le modalit� o le circost.anze dell'azione ovvero per la qualit� e quantit� 
delle sostanze � i fatti previsti nel medesimo articolo siano di � lieve 
entit��; in tal caso le pene detentive sono rispettivamente, nel minimo, 
un anno (per le � droghe pesanti �) e sei mesi (per le � droghe leggere �) 
di reclusione. 

Orbene, tra le � circostanze dell'azione � menzionata nella disposizione 
citata sono comprese anche le � circostanze soggettive � tutte, e quindi 
anche le finalit� della condotta tenuta daH'agente. Con la conseguenza 
che anche la detenzione di una quantit� di sostanze stupefacenti che 
ecceda in misura non � lieve � la d.m.g. pu� comunque essere ricondotta 
neH'ambito deH'incriminazione attenuata ove il giudice ritenga, in relazione 
alle circostanze del caso, di potere a tal fine valorizzare l'inequivoca 
destinazione al consumo personale. 

14. -Il Pretore di Bergamo ha poi sollevato questione di costituzionalit� 
delle norme censurate in riferimento aH'art. 73 Cost. nella parte 
in cui esse (ma in realt� l'art. 37) comminano pene i cui limiti edittali 
sono divergenti dalle finalit� rieducative dell'imputato. 
La questione, cos� posta, non appare fondata perch� secondo la giurisprudenza 
di questa corte, come gi� ricordato, � la configurazione della 
fattispecie criminosa e la valutazione della congruit� deHa pena rientrano 
nella discrezionalit� legislativa con l'unico limite della manifesta irragionevolezza
� (ord. n. 439/87; sent. n. 132/86; sent. n. 62/86; sent. 126/83 
cit.). D'altra parte la funzione rieducativa della pena trova una speciale 
ed accentuata attuazione nena 1. .n. 162 del 1990, come all'evidenza risulta 
dalla lettura, fra gli altri, degli artt. 89, 90, 93, 94, 95 t.u., che disegnano 
un complesso di. misure tutte orientate verso il recupero del tossi




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

codipendente e che assicurano una piena (ed anzi esaltata) attuazione 
della funzione rieducativa della peria �quale prescritta dall'art. 27 Cost. 

dis~,~=.r~~1~rtJt&rlf~!::u~=�~ 


Cost., ulteriore questi(lne di legittimit� costituzionale delle medesime 
norme gia censurate �sotto i profili finora esaminati nella parte in cui 
sottopongono a sanzione penale la detenzione a fine di uso personale 
non terapeutico di. s.ostanz~ stupefacenti e J?Sicotrope i11 m~sura sup~riore 

t~~=~r;~~~~4~:::-~~~::


sicodiperidexfaa, .�� 

S�tratfa Iiuli.'~ltto cb.e df un t11foriote . profilo argom.eritativo discendente
�� ct�lla premessa di� 1a coricfoh� s�nzforiafa pena�iiient� dall'art. 73 
cit. � in realt� lo stesso consumo di sostanze stupefa�ei:iti. Di tale premessa 
si � gi� axnpiamente detto, pervenendo alla conclusione che sanzi��lafif 
peh�linerttg � ��fa detertz�M� (� noh�.�gi� Jf consi�llib) di $ostfuize 
stupefacenti, condotta di per se. stessa. connqtatk ctiij d~f~tt~re de�'offensivit�, 
e che la configtITazione di tale fattispecie incriminatrice � immune 
da .vizi .di illqgiclt� o.irrazionalit�. Cc>nsegue che an�he 111, prospettazione 
svolta, dal Pretore . di. Bergatno, sotto l'ulteriore.. pr9filo della violazione 
del diritto alla salute individuale (ark32. Cost.), non � fondata non po


tendo accogliersi�la premessa da. cui �tale.� censura muove. 

16..�~ In definitiva, e conclusivamente; . tutte le questioni di costituzionalit� 
sollevate dai giudici a quibus sono infondate. 

In relazione alla gravit�, complessit�, delicatezza e drammaticit� dei 
problemi individuali e sociali, morali e politici, nazionali ed internazionali 
�mplicatj .nel fenomeno droga, rimane affidato. alla sensibilit� dellegislatore 
i1 C:oinpito essenziale di veiificare su.f cci:r.tcreto terreno. applicativo, 
alla �1uce degli effetti provocati � d~ sistema � n�rtnativo in questione,� la 
bont� delle scelte di merito non sindacabili come tali da questa corte 
e di individuare le linee di ogni possibile ed utile modifica migliorativa. 

Per questi. 1llOtivi, la . Corte cost~tuzio.ale dichiara n,on .. fon,date le 
,questioni di legit1:imi� costituzionale degliartt. 71, 72 e 72 quater 1. 22 dicembre 
1975, n. 685, come modificata dalla 1. 26 giugno 1990, n. 162 (corrispondenti 
rispettivamente agli artt 73, 75 e .78 d.P.R. 9 ottobre 1990, 

n. 309, testo unic() delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti 
,e sostanze psicotrope), sollevate in relazione agli artt. 3,. 25, 27 e 32 Cost. 
dal Tribunale di Roma, dal Pretore di Bergamo, sezione distaccata di 
Grumello deLMonte, e dal giudice per le indagini preliminari presso il 
Tribunale di Camerino con le ordinanze in epigrafe. 

SBZIONB SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. Plen., 13 dicembre 
1990, nella causa C238/89 -Pres. f.f. Mancini -Avv. Gen. Tesauro 
-Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht 
di Monaco di Baviera nella causa Pall Corp. c. P. J. Dahlhausen eco. -
Interv.: Governi della R. F. di Germania >(ag. Roder e Teske), italiano 
(avv. Stato Fiumara) e del Regno Unito (ag. Hay) e Commissione delle 

C. E. (ag. Sack e Kubicki). 
Comunit� Europee � Libera circolazione delle merci -Diritto dei marchi Pubblicit� 
ingannevole. 
(Trattato CEE, artt. 30 e 36; direttiva 84/450/CEE del Consiglio del 10 dicembre 1984). 

L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che 
esso osta all'applicazione di una disposizione nazionale sulla concorrenza 
sleale, che permetta ad un operatore economico di ottenere che venga 
vietata, sul territorio di uno Stato membro, la distribuzione di una merce 
sulla quale � apposta la lettera (R), collocata in un cerchietto accanto 
al marchio, quando quest'ultimo non � registrato in questo Stato, ma 
� depositato in un altro Stato membro (1). 

(omissis) 1. -Con ordinanza 29 giugno 1989, giunta alla Corte il 31 
luglio successivo, il Landgericht di Monaco I ha posto, a norma dell'art. �77 
del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali sull'interpretazione degli 
artt. 30 e 36 dello stesso Trattato. 

(1) Soluzione sostanzialmente conforme a quella proposta dal Governo 
italiano. 
La questione che si doveva risolvere nel caso di specie era, in sostanza, 
se uno Stato membro possa impedire la commercializzazione di un prodotto 
legalmente commercializzato in un altro Stato membro allorch� esso si presenti 
con una denominazione seguita da un (R) dnserita in un cerchietto, se 
una tale denominazione goda di una protezione nel secondo Stato membro 
ma non nel primo. 

In linea generale, un prodotto legalmente commercializzato in uno Stato 
membro deve poter liberamente circolare in tutto il territorio comunitario 
senza alcun ostacolo e senza che sia necessario un adattamento della sua 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 219 

2. -Dette questioni sono sorte nell'ambito cli una controversia tra la 
societ� Pall Corp. (in prosieguo: la � Pall �), attrice nella causa principale, 
e la societ� P. J. Dahlhausen & Co. (in prosieguo: la � Dahlhausen �). 
Quest'ultima vende nella Repubblica federale di Germania filtri per sangue 
che importa dall'Italia. Il fabbricante italiano appone sui filtri stessi 
e sugli imballaggi il marchio � Miropore �, seguito dalla lettera R collocata 
in un cerchietto. 
3. -La Pali ha citato la Dahlhausen per farla condannare ad astenersi 
. dall'impiegare, nella Repubblica federale cli Germania, con riferimento 
ai filtri per sangue, il segno (R) che segue il marchio � Miropore
�, in quanto detto marchio non � depositato in Germania. Secondo la 
Pali, l'impiego del segno (R) in queste condizioni rappresenta una pubblicit� 
ingannevole vietata a norma dell'art. 3 dell'UWG (legge tedesca 
sulla concorrenza sleale). Questa norma contempla un divieto �cli �indicazioni 
ingannevoli ( ...) sull'origine delle merci (offerte) ( ...) o sulla loro provenienza 
�. 
4. -Il Landgericht di Monaco I, investito dalla controversia, � d'avviso 
che la normativa tedesca giustifichi il divieto di vendita sollecitato 
dalla Pall, ma si domanda se tale divieto non si risolva in una restrizione 
quantitativa ai sensi del'art. 30 del Trattato CEE. 
presentazione formale. Pretendere che vi sia un qualsivoglia adattamento formale 
costituisce in s� un ostacolo alla libera circolazione del prodotto, cio� 
una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione, 
come tale vietata dall'art. 30 del Trattato (cfr. le sentenze della Corte 
16 dicembre 1980, nella causa 27/80, FIETJIE, in Racc. 3839; 19 febbraio 1981, 
nella causa 130/80, KELLERMAN, in Racc. 527; 22 giugno 1982, nella causa 220781, 
RoBERTSON, in Racc. 2349; 10 novembre 1982, in causa 261/81, RAu, in Racc. 3961; 
13 marzo 1984, nella causa 16/83, PRANTL, in questa Rassegna, 1984, I, 902). 

Il divieto posto nella specie dalla legislazione tedesca non solo non trovava 
fondamento nell'art. 36 del Trattato, in quanto non mirava certo a salvaguardare 
i diritti di propriet� industriale, ma non poteva basarsi neanche sulle 
esigenze imperative che, secondo la giurisprudenza � Cassis de Dijon � (sentenza 
della Corte 20 febbraio 1979, nella causa 120/78, citata in motivazione), 
costituiscono una limitazione intrinseca della portata del principio generale dell'art. 
30. Pur ammettendo, infatti, che il divieto suddetto non fosse discriminatorio, 
essendo esso indistintamente applicabile anche ai prodotti nazionali 
(ininfluente rimanendo l'incidenza prevalente sui soli prodotti importati: cfr. la 
sentenza della Corte nella causa 16/83 sopracitata, punto 21), � da escludere, 
per�, che l'uso del segno (R) in relazione ad un marchio effettivamente e realmente 
ottenuto in altro Statoi membro sia tale da poter indurre in errore il 
consumatore (come aveva prospettato il Governo del Regno Unito) o a falsare 
la conc01Tenza (come aveva sostenuto il Governo tedesco). L'impiego del sim




220 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

5. -In questo contesto il giudice nazionale ha deciso di sospendere 
il procedimento finch� la Corte non si sia pronunciata in via pregiudiziale 
sulle seguenti questioni: 
� 1) Se il divieto, elaborato dalla giurisprudenza della Repubblica 
federale di Germania, sulla base dell'art. 3 della UWG (legge sulla con-
correnza sleale), di porre in libera pratica nel territorio federale merci 
-con il segno (R) aggiunto alla loro denominazione, qualora nella Repubblica 
federale di Germania non sussista alcuna tutela legale del marchio, 
equivalga per i suoi effetti ad una restrizione quantitativa delle importazioni 
vietata dall'art. 30 del Trattato CEE, quando viene applicato in 
-casi nei quali tale tutela legale sussiste in un altro Stato membro 
della CEE. 

2) Se l'art. 3 dell'UWG, tenute presenti le particolarit� del caso di 
specie, si possa applicare per tutelare i beni giuridici di cui all'art. 36 del 
'Trattato CEE �. 

6. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa prin~ 
dpale, dello svolgimento del procedimento, nonch� delle osservazioni 
scritte presentate alla Corte si' fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi 
elementi del fascicolo sono riportati in prosieguo solo nei limiti necessari 
per comprendere il ragionamento della Corte. 
7. -In via preliminare si deve osservare che, se non spetta alla 
Corte, nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, pronunciarsi sulla compatibilit� 
di una norma nazionale con il Trattato, la stessa � invece competente 
a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi che 
scaturiscono dal diritto comunitario onde consentirgli di valutare questa 
compatibilit� per la pronuncia sulla controversia di cui � investito. 
bolo (R), secondo una prassi di derivazione anglosassone (negli Stati Uniti esso 
� specificamente disciplinato: U. S. Trademark Law, Section 29), mira a informare 
dell'esistenza di una situazione di diritto e in particolare dell'esistenza 
di un marchio protetto. E l'obiettivo del marchio � quello di indicare che una 
�certa merce proviene da una certa impresa, senza alcun riferimento alla qualit� 
del prodotto. Se � vero che all'identificazione dell'impresa pu� accompa:
gnarsi un effetto di garanzia di qualit�, � altres� vero che questo � un effetto 
indiretto dell'identificazione della impresa e dell'associare ad essa la qualit� 
�del prodotto: resta pur sempre che il marchio giuridicamente identifica solo 
la provenienza del prodotto e non la sua qualit�. Ed allora, anche dando per 
.ammessi effetti indirettamente pubblicitari, la menzione non menzognera della 
esistenza legale del marchio non pu� certo essere considerata una pubblicit� 
ingannevole, solo perch� la protezione � garantita nello Stato membro di produzione 
e non anche in quello di commercializzazione. N� pu� ipotizzarsi una 
induzione in errore del consumatore, posto che la provenienza del prodotto da 

.quella certa ditta � circostanza vera e reale. 

PARTE I, SEZI. II, GIURIS, COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 221 

8. -Si devono quindi intendere le questioni pregiudiziali nel senso 
che il giudice a q'ij.o chiede se gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE vadano 
interpretati come norme che ostano all'applicazione di una legge nazionale 
sulla concorrenza sleale che consente ad un operatore economico di 
far vietare, sul territorio di uno Stato membro, la vendita di un prodotto 
recante la lettera R collocata in un cerchietto a lato del marchio, 
allorch� quest'ultimo non � registrato in detto Stato, ma � depositato in 
un altro Stato membro. 
9. -L'impiego del segno (f{) -tratto dall'iniziale dell'aggettivo inglese 
� re~istered � -a lato del marchio per indicare che il marchio � 
depositato e quiridi tutelato dalla legge � una prassi che ha avuto origine 
negli Stati Uniti, ove � rigorosamente disciplinata dalla legge. Questa 
prassi �. largamente diffusa in diversi Stati membri dell~ Comunit�. 
10. -Come emerge dal fascicolo, la normativa tedesca in materia di 
marchi non contiene norme relative all'impiego del segno (R). Cos� stando 
le cose, il problema sollevato, che riguarda la compatibilit� di una 
disposizione nazionale in materia di concorrenza sleale con le norme comunitarie 
sulla libera circolazione delle merci, va esaminato alla luce del 
solo art. 30. 
11. -g d'uopo ricordare la giurisprudenza ormai. consolidata con~enuta 
nella sentenza 11 luglio 1974, Dassonville, punto S della motivazione 
(causa 8/74, Racc. pag. 837), secondo la quale il divieto di misure di effetto 
equivalente alle restrizioni quantitative sancito dall'art. 30 d,el Trattato 
vale per qualsiasi disciplina commerciale degli Stati membri che pu� ostacolare 
direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi 
intracomunitari. 
12. -:e del pari un principio .giurisprudenziale consolidato quello secondo 
il quale gli ostacoli agli scambi intracomunitari che .scaturiscono 
da discrepanze tra le norme nazionali vanno accettati nei limiti in cui 
dette disposizioni, indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e ai 
prodotti importati, possono giustificarsi in quanto necessarie per soddisfa~ 
alle esigenze tassative inerenti tra l'altro alla tutela dei consumatori 
o alla correttezza delle operazioni commerciali. Ma per poter venire 
tollerate, � necessario che dette disposizioni siano proporzionate alla finalit� 
pers�guita e che lo stesso obiettivo non possa venire perseguito con 
provvedimenti che intralciano in minor misura gli scambi comunitari 
(v., in particolare, sent�riza 20 febbraio 1979, Rewe, causa' 120/78, Racc. 
pag. 649). 
13. -Occorre constatare anzitutto che un divieto come quello di cui 
si tratta nella presente causa � tale da ostacolare gli scambi intrac�muni7 



222 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 


tari, poich� pu� costringeer il titolare di un marchio depositato in un 
solo Stato membro a modificare la presentazione dei suoi prodotti a seI 
conda del mercato in cui intende distribuirli e ad organizzare canali di 
distribuzione rigorosamente separati per avere la certezza che i prodotti 

I 

c�ntrassegnati con il segno (R) non circolino nel territorio degli Stati 
nei quali Vige il �suddetto diVieto. 


14. -Bisogna poi osservare che siffatto divieto � indistintamente applicabile 
ai prodotti nazionali e ai prodotti importati. Infatti mira ad evitare 
rischi di errore quanto alle zone nelle quali il marchio del prodotto 
� � depositato e tutelato, mentre il fatto che il prodotto sia di origine na� 
zionale o straniera rimane perfettamente irrilevante sotto questo aspetto. 

iS. -Si deve perci� accertare se il divieto in questione pu� giustificarsi 
con le esigenze tassative di cui sopra. 


16. -A questo proposito � stato sostenuto eh.e il divieto � giustificato, 
in quanto l'impiego del segno (R), che. indica un marchio .<;Iepositato, 
indm;:e in errore i consumatori se il marchio non � depositato nel 
paese in cui sono vendute le merci. 
17. -Questo argomento non pu� venir accolto. 
18. -Da un lato non � dimostrato che in pratica il segno �(R) sia 
geri�ralmente impiegato e inteso nel senso di indicare che il marchio � 
dep�sitato nel paese in cui il prodotto � venduto. 
19. -D'altro canto, anche se per ipotesi i consumatori o una parte 
di essi potessero� venire indotti in errore su tale punto, questo rischio 
non pu� giustificare un ostacolo cost grave alla libera circolazione delle 
merci, poich� i consumatori sono pi� interessati alla qualit� del prodotto 
che al luogo in cui il marchio � depositato. 
20. ""--:B stato inoltre sostenuto che l'impiego del segno (R) in uno 
Stato nel quale non � depositato dovrebbe considerarsi come atto di 
concorrenza sleale nei confronti degli altri concorrenti e che, se il deposito 
di un marchio in uno Stato qualunque della Comunit� bastasse a 
giustificare l'impiego del segno in questione, i fabbricanti avrebbero tendenza 
a depositare il loro marcl�io negli Stati meno esigenti. 
21. -Questo argomento va disatteso. Da un lato gli operatori' eco-� 
nomici pru,denti, allorch� intendono verificare se il marchio � depositato 
o meno, possono controllare, nel pubblico registro se esso sia giuridica

PARTE I, SEZ., II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Z23 

mente protetto. D'altro canto, la persona che deposita un marchio in uno 
Stato mira soprattutto a far tutelare legalmente detto marchio in quello 
Stato. Il segno (R), come gli altri segni che indicano che il marchio � 
depositato, ha indole accessoria o complementare rispetto a detta tutela 
giuridica, che rappresenta l'oggetto del deposito. 

22. -Infine, tenuto conto degli argomenti svolti dal governo tedesco 
fondandosi sulla direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, � 84/450/CEE, 
relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed 
arntninistra:tive degli Stati membri in materia di pubblicit� ingannevole 
(G. U. L. 250, pag. 17), va aggiunto che, dal momento che si � accertato 
che il divieto in qu�stione non � giustificato da esigenze tassative inerenti 
alla tutela dei consumatori o alla correttezza delle transazioni commerciali, 
esso non pu� trovare .nemmeno fondamento nella direttiva precitata. 
Detta direttiva si limita ad un'armonizzazione parziale delle norma� 
tive nazionali in materia di pubblicit� ingannevole fissando, da un lato, 
criteri minimi ed obiettivi in base ai quali � possibile determinare che 
una pubblicit� � ingannevole e, dall'altro, requisiti minimi per .quanto 
riguarda le modalit� di tutela contro siffatta pubblicit�. 
23. -Si deve quindi risolvere la questione pregiudiziale dichiarando 
che l'art, 30 del Trattato CEE va interpretato nel senso che si oppone 
all'applicazione di una disposizione nazionl'!le sulla concorrenza sleale che 
consente. ad un operatore economico di far vietare, nel territorio di uno 
Stato membro, la vendita di un prodotto contrassegnato dalla lettera-k 
collocata in un cerchietto a lato del marchio, allorch� quest'ultimo non 
� registrato in detto Stato, ma � depositato in un altro Stato membro. 
(omissis) 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. Plen., 21 marzo 
1991, nella causa C-303/89 -Pres. Due -Avv. Gen. Van Gerven Repubblica 
italiana (avv. Stato Braguglia) c. Commissione delle C. E. 
(ag. Abate) -lnterv.: Regno di Spagna (ag. Conde de Saro e Silva 
de Lapuerta). 

Comunit� Europee -Aiuti di Stato -Conferimenti di capitali -Settore tessile 
� Abbigliamento. 
(Trattato CEE, artt. 92 e 93). 

Sono incompatibili con il mercato comune, ai sensi e alle condi� 
zioni dell'art. 92 del Trattato CEE, interventi sotto qualsiasi form� dei 
pubblici poteri nel capitale di una impresa, in circ.ostanze che non 


RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ; STATO

224 

corrispondono alle normali condizioni di un'economia di mercato, e le 
somme ,.erogate vanno recuperate a carico del beneficiario anche se il 
recupero: non servisse pi� a ripristinare l'equilibrio del mercato (1). 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della 
Corte il 16. ottobre 1988, la Repubblica italiana ha proposto, ai sensi dell'art. 
173,, comma primo, del Trattato CEE, un ricorso diretto all'annullamento 
della decisione. della Commissione 26 luglio 1988, 89/43, relativa 
agli aiuti concessi dal governo italiano a ENI-Lanerossi. Tale decisione, 
notificatfl al governo italiano con lettera 10 agosto 1988, � stata pubblicata 
nell~ Gazz~tta, Ufficiale il 20 gennaio 1989 (G. U. L 16, pag. 52). 

2. -Con la st./.ddetta dedsione, la Commissione ha constatato che gli 
aiuti 'concessi dal 1~83 al 1987 al gruppo ENI-Lanerossi, sotto forma di 
conf�rimenti di capita�i a favore delle aziende del gruppo operanti nel 
settore:1delle confezioru maschili, erano in contrasto con l'�rt. 93, n. 3 
del Trattato ed incompatibili con il mercato comune, ai sensi dell'art. 92 
del medesimo Trattato; Pertanto, si doveva procedere al recupero dei 
detti aiuti. 
3. -Dalla motivazione d�lla decisione impugnata risulta che l'ENI 
(Ente Nazionale Idrocarburi), ' holding di Stato, ha rilevato la societ� 
Lanerossi (in prosieguo: Lanerossi) nel 1962. Lo Stato italiano ha provveduto 
al ripianamento del.:l.eiperdite subite tra il 1974 e il 1979 da quattro 
(1) La sentenza annotata rig{iard�. gli a;iuti concessi dal 1983 al 1987 al gruppo 
ENI -Lanerossi, sotto forma di conferimenti di capitali a favore delle aziende 
del gruppo operanti nel settore delle confezioni maschili. La Corte con sentenza 
in pari data 21 marzo 1991, nella causa C-305/89, REPUBBLICA ITALIANA c. COMMISSIONE, 
si � occupata, pervenendo a conclusioni analoghe, degli aiuti ottenuti 
dal gruppo Alfa Romeo negli anni 1985-86 attraverso l'IRI e la Finmeccanica. 
E infine, con la $Uccessiva sentenza ~ ottobre :1991, nella causa C-261/89, REP. 
ITALIANA .c. COMMISSIONE, la Corte ha parallelamente confermato l'incompatibilit� 
con il mercato comune di aiuti di Stato erogati ad Aiuminia e Comsal, 
impres� appartenenti al settore pubblico dell'a�luminio. 
Punto centrale del giudizio di compatibilit� � stato, come gi� per il passato 
(cfr. le sentenze della Corte 10 lugLio 1986, nelle cause 234/84 e 40/85, 
REGNO DEL BELGIO c, COMMISSIONE, in Racc. 2281 e. 2321; 14 febbraio 1990, nella 
causa 301/87, R.EP. FRANCESE c. CoMMISSI�NE, e 21 marzo 1990, nella caus� 142/87, 
REGNO DEL BELGIO c. COMMISSIONE, entrambe in Foro it., 1991, IV, 10 e -12), il 
criterio dell'investitore privato; per stabilire se l'intervento:�.dei pubblici poteri 
nel capitale di un'impresa possa costituire un aiuto di Stato quando le condizioni 
di cui all'art. 92 del Trattato sono soddisfatte" si deve valutare se, in 
circostanze analoghe, un investitor~ privato di dimeI1sioni comparabiLi a quelle 
degli enti che gestiscono il settore pubblico avrebbe potuto essere indotto a 
procedere ad apporti di capitale della stessa rilevanza. un'.. 'thle parametro assi




225

PARTE I, SEZ; II; GIURIS; COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

aziende della Lanerossi operanti nel settore delle confezioni maschili, 
ossia la Lanerossi Confezioni (Arezzo, Macerata;-Orvieto), l'intesa (Maratea, 
Nocera, Gagliano), la Confezioni di Filottrano (Ancona) e la Confezioni 
Monti (Pescara) (in prosieguo: le quattro aziende). In seguito ad 
una denuncia, la Commissione ha informato il governo italiano, con lettera 
26 giugno 1980, che i suddetti aiuti avrebbero potuto fruire di una 
deroga alla regola dell'incompatibilit� sancita dall'art. 92, n. 1, del Trattato, 
soltanto se fossero concessi per un periodo limitato e semprech� il 
.programma di ristrutturazione che le era stato notificato fosse eseguito 
in modo da npristinare a breve termine l'efficienza e l'autonomia delle 
a2:iende interessate. 

4. -Poich� le difficolt� delle aziende persistevano, la Commissione, 
con lettera 20 maggio 1983, ha rilevato che, pur non avendo mosso 
obiezioni nei confronti degli aiuti concessi sino alla fine del 1982, in considerazione 
dell'importanz� sociale e regionale delle dette imprese, essa 
dubitava che tali aiuti potessero essere ancora versati senza nuocere al 
funzionamento del mercato comune. Dopo aver ricordato l'obbligo incombente 
agli Stati membri, in forza dell'art. 92, n. 3, del Trattato, di 
notificare i progetti diretti a istituire o modificare aiuti, la Commissione 
ha invitato il governo italiano a indicarle, nel termine di due settimane 
dalla ricezione della lettera, le proprie intenzioni in proposito. Con telex 
24 giugno 1983, il governo italiano ha confermato la propria .intenzione 
di notificare qualsiasi intervento futuro a favore delle aziende. Con letcurerebbe 
il mspetto del princ1p10 di uguaglianza e di quello di neutralit� 

rispetto alla natura giuridica dell'impresa. 

Il governo italiano aveva per� specificamente lamentato, sia nella causa 

ENI che nelle altre due cause Alfa Romeo e Aluminia, l'incongruit� di un rife


rimento troppo rigido ad un parametro astratto ancorato alle normali condi


zioni di una economia di mercato, osservando che occorre distinguere tra inve


stitore privato e imprenditore privato: mentre il primo � mosso esclusivamente 

dal miraggio dell'utile, il secondo persegue una strategia complessa a pi� lunga 

scadenza a livello di gruppo, la quale pu� comprendere trasferimenti di risorse 

fra imprese, tenendo conto tanto delle esigenze di indole sociale quanto delle 

esigenze relative all'economia regionale nonch� della perdita di fiducia che pu� 

provocare il falldmento di un membro del gruppo. E una holding pubblica cer


tamente si muove in questa logica di gruppo pi� ampia, che prescinde dalla 

valutazione settoriale e a breve terinine. 

La Corte ha espresso valutazioni conclusive negative per i casi di specie, 

ma attraverso un iter logico che tiene ben conto in Vlia di principio �di questa 

diversa realt� in cui operano i gruppi econoinici pubblici, affinando cos� il para


metro del c.d. investitore privato. Cos� essa ha osservato che � una societ� ma


dre pu�, per un periodo limitato, sopportare le perdite d� una delle sue societ� 

controllate allo scopo di consentir.e la cessazione delle attivit� di questa ultima 

nelle inigliori condizioni... �, decisioni queste che �possono essere motivate non 

soltanto dalla probabilit� di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche 

da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell'immagine del gruppo o il 



226 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


tera 2 novembre 1983, esso ha inoltre informato la Commissione del fatto ~ 
che nessun nuovo aiuto era previsto per le dette aziende, dato che la 
loro ristrutturazione era ritenuta impossibile dalla direzione ENI-Lanerossi. 

5. -Venuta a conoscenza, attraverso informazioni di stampa, del 
fatto . che il ripianamento delle perdite delle aziende proseguiva, pur non 
essendole stato notificato alcun progetto al riguardo, e ritenendo che ci� 
costituisse violazione delle decisioni che essa aveva comunicato al governo 
italiano, la Commissione ha aperto il procedimento di cui all'art. 93, n. 2, 
primo comma, del Trattato e, con lettera 19 dicembre 1984, ha intimato 
al detto governo di presentare le proprie osservazioni. Tale procedimento 
si � concluso, il 26 luglio 1988, con l'adozione della decisione impugnata. 
6. -Il� 26 gennaio 1989 il goveno italiano ha proposto un'istanza 
di sospensione dell'esecuzione dell'art. 2 della citata decisione 89/43, che 
ordina il recupero degli aiuti versati. L'istanza � stata respinta con 
ordinanza del presidente della Corte 17 marzo 1989. 
7. -Con ordinanza 15 marzo 1989, la Corte ha ammesso il governo 
spagnolo a intervenire a sostegno delle conclusioni del governo italiano. 
8. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della controversia, 
dello svolgimento del procedimento nonch� dei mezzi e degli argomenti 
delle parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del 
riordinamento delle sue attivit� >>, salvo che non sia da escludersi � una qualsiasi 
prospettiva di redditivit�, anche a lungo termine �. 

La Corte ha ribadito, altres�, -punti 45 e seguenti -quanto aveva gi� 
osservato nella sentenza pronunciata nella causa C-301/87 sopracitata, che il 
mancato rispetto da parte degli Stati degli obblighi di preventiva notifJicazione 
della misura di aiuto alla Commissione e di attesa delle determinazioni 

della medesima sulla compatibilit� della misura con il Trattato non pu� pregiudicare 
e men che mai precludere il controllo di compatibilit� sostanziale. 
Se � vero che il rispetto della preventivit� del controllo costituisce elemento 
essenziale della normativa suglii. aiuti, assicurando il corretto svolgimento della 
concorrenza nel mercato comune, e che l'esecuzione prematura di un aiuto 
rappresenta una violazione grave del regime comunitario, con specifiche o gravi 
conseguenze, ci� non significa che, nello stesso interesse del mercato comune, 
un controllo di compatibiliit� non possa comunque essere effettuato a posteriori, 
c�hstatandosi cos� la piena compatibilit� dell'aiuto e, quindi, l'assenza di 
effetti pregiudizievoli. La constatata violazione deglii. obblighi procedimentali 
autorizza per� la Commissione all'adozione di provvedimenti provvisori e d'urgenza, 
quali la ingiunzione di sospensione immediata dell'aiuto e la ingiunzione 
di comunicare immediatamente i documenti e le informazioni ritenute necessarie 
per la valutazione sostanziale di compatibilit�. 

Per quanto riguarda, infine, il recupero degli aiuti illegittimamente corrisposti, 
le sentenze emesse si pongono nella scia delle precedenti pronunce (sentenze 
12 luglii.o 1973, nella causa 70/72, COMMISSIONE c. R.EP. FED. DI GERMANIA, 


227

PARTE I, SBZ. �u,�GlURIS. COMUNITARIA� B INTBRNAZIONALB 

fas�icol� s�no richiamati solo nella misura� necessaria alla comprensione 
del ragionamento della Corte. 

9.. -Il governo italiano sostiene che la decisione controversa � stata 
adottata in violazione degli artt. 92 e 93 del Trattato. Al riguardo, deduce 
vari mezzi relativi, rispettivamente, all'insussistenza di un aiufo di Sfato 
aL~nsi 4~l'art. 92, n. 2, del l'rattato, alla violazione .del principio di 
p~t�� di tratta.lento tra imprese p.bbliche e private, alla . mancanza 
di .effetti. dell'aiuto controverso ~mgli �scambi e sulla concorrenza nella 
C<;>munit�, alla; violazione dell'art. 94, n. 3,lett. a) e �), . alla violazione del 
principio . del legittimo. affi�lamento,. all'illegittimit� degli. .effetti attribuiti 
all'asserita mancanza .di notificazione e all'assex.:a di ;motivazione quanto 
al. recupero degli aiuti� ordinato. Infine, esso presenta un argomento 
relativo all'impossibilit� pratica di procedere al recupero. dell'aiuto controverso. 


Sulfinsussistenza �di un aiuto di Stato ai sensi dell'art; 92 del Trattato. 

\ . ' . 

19. -Il governo iti;tliano sostiene che la. Commissione, nella decisione 
impugnata, non J1a dimostrato che i 260,4 miliardi di lire utilizzati 
per ripiana~e le perdite di esercizio .subite dalle aziende dal 1983 
al .. 19$7 provenissero gi;i, foncti statali e che, di conseguenza, tali ri<;apitalizzazioni 
rientrassero nella nozione di aiuto di Stato. Al riguardo, precisa 
che, ai sensi delle sue leggi istitutive, l'ENI deve operare, senza 
intaccare. il fondo di dptazione apprestato dallo. Stato, ;mediante risorse 
proprie provenienti dall'autofinanziamento e dal ricorso ai mercati nain 
Racc., 813; 15 gennaio 1986, nella causa 52/84, CoMMISSIONB c. REGNO DEL BELGIO, 
in Racc., 89; 24 febbraio 1987, nella causa 310/85, DEUFIL, in Racc., 901; 
21 marzo 1990, nella. caus.a C -142/87, �sopra citata; 20 settembre 1990, nella causa 
e -5/89, CoMMISSIONE c. REP. FED. DI GERMANIA, in Racc., I, 3437): la soppressione 
di un. aiuto illegittimo mediante il recupero dello stesso � la logica conseguenza 
della deCiaratorla della sua illegittimit� e ima deroga pu� essete ammessa solo 
in presenza di una impossibilit� assoluta di eseguire il rimborso (ma non 
integrano una tale ipotesi le condizioni finan2'J�arie del beneficiario: cfr. in 
particdlare la sentenza nella causa 52/84), o per rispetto del legittimo affidamento 
dell'~mpresa interessata (ma un operatore diligente � � nermalmente in 
grado qi accertarsi se nella corresponsione dell'aiuto sono statii rispettati gli 
obbl~ghl previsti dalla normativa comunitaria: Cfr. in particolare la seni:en:ta 
nella �ausa e -5 /89). . 

Stigli aiuti di Stato cfr., in dottrina, BERNINI, Il regime degli aiuti concessi 
dagli Stati, Trent'anni di diritto comunitario, Uff; pubbl. ufficiali. delle C. E., 
1982, p. 386; CAPELLI, Finanziamenti statali alle imprese. pubbliche e normativa 
comunitario,, in Dir. com. e scambi intern., 1982, p. 275; PAPPALARDO, Le linee 
generali� delta politica di concorrenza in tema d� aiuti statali, in Man. dir. coin., 
II, UTET, 1984, p. 469; MATTERA RICIGLIANO, Il mercato unico europeo -Gli aiuti 
di Stat9 e la loro disciplina prevista dagli artt. 92 e 93 del Trattato CEE, .UTET, 
1990, p. 59). 

(O~ F.) 



228 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zionale ed estero dei capitali. Aggiunge che, se � pur vero che l'ENI ha 
ricevuto fondi di dotazione nel 1983 e nel 1985 per il settore tessile, la 
Commissione non ha affatto dimostrato che i mezzi finanziari impiegati 
per il ripianamento delle perdite delle quattro aziende provenissero dai 
detti fondi. 

11. -Su questo punto si deve ricordare che, secondo una costante 
giurisprudenza (vedasi, in particolare, sentenza 2 febbraio 1988, Van der 
Kooy, cause riunite 67, 68 e 70/85, Racc. pag. 219, punto 35 della motivazione), 
non si deve distinguere tra l'ipotesi in cui l'aiuto viene concesso 
direttamente dallo Stato e quella in cui l'aiuto � concesso da enti 
pubblici o privati che lo Stato istituisce o designa per la gestione dell'aiuto. 
Nella fattispecie, si evince da vari elementi del fascicolo che le 
ricapitalizzazioni costituivano il risultato di un comportamento imputabile 
allo Stato italiano. 
12. -Ai sensi della legge 10 febbraio 1953, n. 136 (G. U. della Repubblica 
italiana 1953, n. 72), istitutiva dell'ENI, quest'ultimo � un ente pubblico 
controllato dallo Stato italiano ed i membri del suo consiglio di 
amministrazione e del suo comitato esecutivo sono nominati con decreto 
del Presidente del Consiglio dei ministri. Inoltre l'ENI, pur essendo 
tenuto ad operare secondo criteri di economicit�, non dispone di una 
piena e totale autonomia perch� deve attenersi alle direttive impartite 
dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). 
Questi elementi, nel loro insieme, dimostrano che l'ENI opera sotto il 
controllo dello Stato italiano. 
13. -Inoltre, l'ENI pu�, con l'autorizzazione del ministro delle Partecipazioni 
Statali, emettere obbligazioni il cui rimborso in capitale e 
interessi viene garantito dallo Stato. Senza che occorra stabilire se tale 
garanzia costituisca, di per s�, un aiuto di Stato, il fatto che essa esista 
distingue i prestiti contratti dall'ENI da quelli di regola contratti da 
un'impresa privata. 
14. -Stando cos� le cose, la Commissione poteva fondatamente considerare 
i fondi devoluti dall'ENI alle quattro aziende, tramite la societ� 
Lanerossi, come interventi statali atti a costituire aiuti. Contrariamente 
a quanto � sostenuto dal governo italiano, non � necessario dimostrare 
che il fondo di dotazione che l'ENI ha ricevuto dallo Stato italiano fosse 
specificamente ed esplicitamente destinato a ripianare le perdite delle 
quattro aziende. � sufficiente rilevare, al riguardo, che il fatto di ricevere 
fondi di dotazione ha comunque permesso all'ENI di destinare altre 
risorse al ripianamento delle perdite delle quattro aziende. 
15. -Il primo mezzo dedotto dal governo italiano deve pertanto essere 
respinto. 

PARTE I, �SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Sulla violazione del principio di parit� di trattamento tra impre,se pubbliche 
e private. 

16. -I governi italiano e spagnolo sostengono che la decisione impugnata 
viola il principio di parit� di trattamento tra imprese pubbliche 
e private sancito dall'art. 90 del Trattato CEE. 
17..-Essi rilevano come sia normale che all'interno di gruppi industriali 
privati avvengano trasferimenti finanziari tra imprese intesi a compensare 
le perdite subite da un'impresa del gruppo. Tali trasferimenti 
si spiegherebbero con l'intento di salvaguardare l'immagine del gruppo. 
oppure con una strategia di prezzi decisa a livello di gruppo, per �Cui il 
gruppo pu� ritenere opportuno sopportare perdite in un settore delle 
sue attivit� durante un determinato periodo, o ancora con un progetto 
di graduale disinvestimento, nel senso che il gruppo pu� decidere di sopportare 
le perdite subite durante gli ultimi anni di attivit� di una delle 
sue imprese. Una holding pubblica dovrebbe perci� poter compensare 
le perdite di una delle sue imprese allo stesso modo di una holding 
privata. 

18. -Sempre secondo i suddetti governi, il criterio dell'investitore 
privato, usato dalla Commissione per stabilire se il ripianamento delle 
perdite sia avvenuto alle normali condizioni di un'economia di mercato, 
� troppo rigido. A sostegno di tale tesi essi argomentano che � necessario 
distinguere, da un lato, l'investitore privato mosso esclusivamente 
dall'intento di conseguire un profitto, e dall'altro, l'imprenditore privato 
come un gruppo industriale polisettoriale, le cui decisioni possono essere 
condizionate non soltanto dalla possibile redditivit� nel breve periodo, 
ma altres� da considerazioni di ordine sociale o regionale. 
19. -Occorre ricordare, in proposito, che nella comunicazione 17 settembre 
1984 agli Stati membri, relativa alla partecipazione delle autorit� 
pubbliche nei capitali delle imprese (pubblicata nel Bollettino delle Comunit� 
europee del settembre 1984), la Commissione si � mostrata consapevole 
delle implicazioni del principio di parit� di trattamento tra 
imprese pubbliche e private. Essa vi rileva giustamente che la sua azione 
non pu� sfavorire o favorire i pubblici poteri quando questi effettuino 
apporti di capitali. 
20. -Discende dallo stesso principio di parit� di trattamento che 
i capitali messi a disposizione di un'impresa, direttamente o indirettamente, 
da parte dello Stato, in circostanze che corrispondono alle normali 
condizioni di un'economia di mercato, non possono essere considerati 
aiuti di Stato. Pertanto occorre verificare, nel caso di specie, se in analoghe 
circostanze un gruppo industriale privato avrebbe potuto pari

230 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


menti procedere alla compensazione delle perdite di esercizio delle quattro 
aziende tra gli anni 1983 e 1987. 

21. -A questo proposito si deve ricordare che, come la Corte ha rilevato 
nella sentenza 10 luglio 1986 (causa 234/84, Belgio I Commissione, 
Racc. pag. 2263, punto 15 della motivazione), il socio privato pu� ragionevolmente 
conferire il capitale necessario per garantire la sopravvivenza 
dell'impresa che sia temporaneamente in difficolt�, ma che, previa 
riorganizzazione, sia eventualmente in grado di ridivenire redditizia. Deve 
�quindi ammettersi che una societ� madre pu� parimenti, per un periodo 
limitato, sopportare le perdite di una delle sue societ� controllate 
.allo scopo di consentire la cessazione delle attivit� di quest'ultima nelle 
migliori condizioni. Simili decisioni possono essere motivate non soltanto 
dalla probabilit� di ricavare un profitto materiale indiretto, ma 
:anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell'immagine del 
gruppo o il riorientamento delle sue attivit�. 
22. -Tuttavia, quando i conferimenti di capitali di un investitore 
pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditivit�, anche a 
lungo termine, essi vanno considerati aiuti ai sensi dell'art. 92 del Trattato 
e la loro compatibilit� con il mercato comune deve valutarsi uni.
camente alla luce dei criteri previsti da tale articolo. 
23. -Nel caso presente si deve constatare che le quattro aziende 
hanno continuamente subito perdite dal 1974 al 1987 e che le perdite 
�di eserc:izio finanziate tra il 1983 e il 1987 erano all'incirca pari alla cifra 
.d'affari delle quattro aziende in questo stesso periodo. Inoltre, nel 1983 
la direzione dell'ENI-Lanerossi si � dichiarata convinta dell'impossibilit� 
di una ristrutturazione delle quattro aziende, ma solo successivamente 
ha proceduto ad un'operazione di riconversione, che nel gennaio 1988 
� sfociata nella cessione delle aziende al settore privato. � pertanto assodato 
che il settore nel quale operavano le suddette aziende, ossia quello 
delle confezioni maschili, versava in una situazione di crisi caratterizzata 
da gravi problemi di adattamento, causati da sovraccapacit� strutturale, 
da prezzi troppo bassi e da un'intensa concorrenza, tanto all'interno 
quanto all'esterno della Comunit�. 
24. -Stando cos� le cose, e considerata la durata del periodo in 
cui l'ENI-Lanerossi ha mantenuto il proprio sostegno finanziario alle 
quattro aziende, la Commissione ha potuto a buon diritto considerare 
che il conguaglio delle perdite era avvenuto in circostanze che sarebbero 
risultate inaccettabili per un investitore privato operante alle normali 
.condizioni di un'economia di mercato e che nessun investitore privato, 
pur avendo le dimensioni di un gruppo industriale, avrebbe tenuto conto 
delle considerazioni esposte dai governi italiano e spagnolo e dianzi ri

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO

232 

stando cos� l'esistenza di un'intensa concorrenza. Gli aiuti accordati dall'ENI 
hanno artificiosamente mantenuto le quattro aziende in attivit� 
dopo il 1982 e risanato la loro situazione finanziaria, facilitando cos� la 
loro riconversione e la cessione di alcuni stabilimenti di produzione dei 
quali la ENI-Lanerossi avrebbe dovuto di regola sostenere gli oneri. 

29. -Alla luce di questi elementi, la valutazione della Commissione 
secondo cui gli aiuti hanno conferito alle quattro aziende un vantaggio 
concorrenziale asasi consistente ed erano pertanto idonei a incidere sugli 
scambi e a falsare la concorrenza ai sensi dell'art. 92, n. l, del Trattato 
� adeguatamente motivata e non risulta erronea. Pertanto, il mezzo dedotto 
al riguardo dal governo italiano dev'essere respinto. 
Sulla violazione dell'art. 92, n. 3, lett. a) e c), del Trattato. 

30. -Il governo italiano assume che la decisione impugnata viola, 
da un lato l'art. 92, n. 3, lett. a) e e), del Trattato, in quanto gli aiuti in 
parola permettevano di favorire o promuovere lo sviluppo regionale e 
settoriale e, dall'altro, l'Obbligo di motivazione. 
31. -Esso �confuta anzitutto l'affermazione della Commissione secondo 
cui solo alcuni degli stabilimenti delle quattro aziende operavano 
in regioni nelle quali il tenore di vita era anormalmente basso o esisteva 
una grave forma di sottoccupazione ai sensi dell'art. 92, n. 3, lett. a). Al 
proposito fa rilevare, in primo luogo, che tutti gli stabilimenti di due 
delle quattro aziende si trovavano in zone considerate dalla Commissione 
come aventi un tenore di vita molto basso e caratterizzate da grave 
sottoccupazione; in secondo luogo, che la provincia di Arezzo, considerata 
dalla Commissione nel punto X, secondo capoverso, della: decisione 
impugnata, come non avente n� un tenore di vita anormalmente basso 
n� grave sottoccupazione, figura tra le zone che possono fruire di un 
aiuto comunitario ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 18 gennaio 
1984, n. 219, che istituisce un'azione comunitaria specifica di sviluppo 
regionale per contribuire ad eliminare gli ostacoli allo sviluppo di nuove 
attivit� economiche in talune zone colpite dalla ristrutturazione dell'industria 
tessile e dell'abbigliamento (G. U. L. 27, pag. 22). 
32. -Pi� in generale, il governo italiano sostiene che gli sforzi di 
ristrutturazione e riconversione compiuti a favore delle quattro aziende 
hanno favorito lo . sviluppo di attivit� economiche nel settore tessile e 
nelle regioni interessate. Esso contesta l'assunto della Commissione sec 
condo cui qualsiasi riconversione doveva aver luogo in breve tempo e 
menziona come parametro il periodo di cinque anni previsto per i programmi 
speciali d'intervento dall'art. 3, n. 6, del citato regolamento 
n. 219/84, e corrispondente ai cinque anni (1983-1987) cui la decisione 

PARTE I, SBZ;�.u, GI'ORIS. COMUNITARIA B INTllRNAZIONALB 233 

impugnata si riferisce. Il governo italiano deduce infine che la riconversione 
delle quattro aziende ha contribuito alla realizzazione degli obiettivi 
di politica economica europea nel settore delle confezioni maschili 
:rnec:ii�nte la riduzione della produzione in tale settore. 

33. -Per quanto riguarda le asserzioni del governo italiano, va 
rilevato che la Commissi�ne non ha contestato quelle relative all'insediamento 
di due delle quattro aziende in zone sfavorite n� quella relativa 
alla situazione economica della provincia di Arezzo. 
34. ,:_ Occorre ricordare anzitutto che, nell'applicazione dell'art. 92, 
n. 3, del Trattato, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale 
il cui esercizio implica� valutazioni di carattere economico e sociale 
che devono essere effettuate in un contesto comunitario (sentenza 14 febbraio 
1990, c�usa 301/87, Francia/ Commissione, non ancora pubblicata 
nella Raccolta, punto 49 della motivazione). 
35. ...,... Va. rilevato poi che, sebbene la decisione impugnata riguardi 
unicamente gli aiuti concessi alle quattro aziende dal 1983 al 1987, � 
assodato che le perdite subite dalle suddette imprese sono state ripianate 
sin dal 1974, ossia per un periodo complessivo di 14 anni. 
36. -Risulta chiaramente dalla decisione impugnata che il giudizio 
negativo della Commissione sulla compatibilit� degli aiuti con il mercato 
comune era basato non soltanto sulla durata degli aiuti, ma anche sllna 
loro natura. La Commissione rileva giustamente che gli aiuti di cui trattasi 
non erano conformi n� . agli orientamenti comunitari. riguardanti 
gli aiuti all'industria tessile e dell'abbigliamento, comunicati agli Stati 
niembri con lettere' 30 luglio 1971 e 4 febbraio 1977, n� agli orientamenti 
relativi agli aiuti di salvataggio, comunicati agli Stati membri con lettera 
24 gennaio 1979. 
i � 37:. ;..:.._ '<:m �orientamenti riguard�nti l'industria tessile consentono la 
concessione di aiuti per un breve periodo e semprech� siano destinati 
ad operazioni specifiche, aventi in particolare lo scopo di portare il beneficiario 
ad un livello di competitivit� sufficiente a consentirgli di operare 
s~ mercato comunitario. Nella fattispecie, gli aiuti sono stati utilizzati, 
in� generale, per migliorare la situazione finanziaria delle quattro aziende 
e mantenerle artificiosamente in attivit�. Quanto agli aiuti di salvataggio, 
dagli orientamenti comunitari emerge che essi devono assumere la forma 
di prestiti o garanzie di prestiti ed essere corrisposti soltanto per il 
tempo necessario -che non deve superare sei mesi -a predisporre 
un piano di risanamento. Gli aiuti sui quali verte la presente causa non 
sono/manifestamente, conformi a tali criteri e quindi non possono essere 

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236 "RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tuito senza essere stato notificato, dispone di un potere di ingiunzione. 
Dopo aver messo lo Stato membro interessato in grado di formulare le 
proprie osservazioni, essa pu� ingiungergli, mediante una decisione provvisoria 
e nelle more dell'esame dell'aiuto, di sospenderne immediatamente 
l'erogazione e di fornirle, nel termine da essa impartito, tutti i documenti, 
le informazioni e i dati necessari per esaminare la compatibilit� 
dell'aiuto con il mercato comune. 

47. -Se lo Stato membro si conforma integralmente all'ingiunzione 
della Commissione, questa � tenuta ad esaminare la compatibilit� dell'aiuto 
con il mercato comune, secondo la procedura prevista dall'art. 93, 
nn. 2 e 3, del Trattato. Per contro, se lo Stato membro omette di fornire 
le informazioni richieste nonostante l'ingiunzione della Commissione, 
questa ha il potere di chiudere il procedimento e di adottare la 
decisione che constata la compatibilit� o l'incompatibilit� dell'aiuto con 
il mercato comune in b�se agli elementi di cui dispone. 
48. -Se lo Stato membro non sospende il versamento dell'aiuto nonostate 
l'ingiunzione della Commissione, questa ha il diritto, pur proseguendo 
l'esame dell'aiuto nel merito, di adire direttamente la Corte 
di giustizia per far dichiarare tale violazione del Trattato. 
49. -Nel caso di specie tuttavia, � pacifico che la Commissione 
ha proceduto all'esame della compatibilit� degli aiuti di cui trattasi 
con il mercato comune ed ha poi constatato, nell'art. 1 della decisione 
impugnata, che detti aiuti erano incompatibili con il mercato comune ai 
sensi dell'art. 92 del Trattato. L'esame pu� pertanto costituire oggetto di 
sindacato giurisdizionale. 
50. -Il mezzo relativo all'illegittimit� degli effetti attribuiti alla 
mancanza di notificazione va conseguentemente respinto, senza che occorra 
esaminare il secondo argomento addotto dal governo italiano. 
Sulla carenza di motivazione dell'ordine di recupero degli aiuti. 

51. -'--Il governo italiano sostiene, in primo luogo, che la decisione 
di ordinare il recupero rientra in un potere discrezionale dell� Commissione 
il �cui esercizio deve essere motivato. Ora, nel caso di specie la 
Commissione non avrebbe indicato nessuna ragione che giustifichi l'ordine 
di recupero degli aiuti. 
52. -Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione 
di una decisione deve fornire all'interessato le indicazioni necessarie 
a stabilire se la decisione sia fondata o meno e permettere alla 
Corte di esercitare il proprio sindacato di legittimit�. L'obbligo di mo

PARTE I, SBZ, 111 �GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

tivazione � va valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, 
in particqlare del contenuto dell'atto, della natura. dei mezzi invocati e 
dell'interesse>che il destinatario pu� avere a ricevere chiarimenti (vedasi, 
inpartic()lare, sente~ 20 marzo 1985, causa 41/83, Italia/ Commissione, 
~a,��, pa,g..873; Pun:to.�.49 della 1Jlotiv~ione). 

53. ~Arrigit�J'do, si deve rilevare che. rtell'�prire il procedimento 
dJ Cui all'itrt. 93; n. 2, la Commissione ha inforrn�t6 il governoricorrente 
d�l fatto� che.� o~ eventuale aiuto �erogato �prima� clell� cleeisfone definitiva 
avrel>b� pdtut() dar luogo a un. ordine di recupero. e .. ch� . fa stessa 
possibilit� � stata menzionata in una comunicazione della Commissione 
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 24 novembre 1983 (G. U. C 318, pag. 3). 
54. ,...,.... Risulta dall'atto impugnato. che l'ordine. di recupero integrale 
degli aiuti � stato motivato con � la .gravit� e .l'entit� derninfrazione �. 
Sebbene tale .�motivazione; <:ons.iderata� isolatamente, possa�. apparire eccessivamente 
laconica, va sottolineato che essa �. formulata nell'ambito 
di urta decisione che spiega dettagliatamente l'incidenza degli aiuti di 
cui .trattasi su Uii settore irt crisi; come quello deltessile e dell'abbigliamento. 
55. -Ne consegue c]le . il .mezzo del governo italiano relativo alla 
carenza di motivazione deve essere respinto. 
Sull'impossibilit� di recuperare l'aiuto. 

56. -Il governo italiano adduce l'impossibilit� di dare esecuzione 
all'art. 2 della decisione, relativo al recupero degli aiuti controversi. A 
questo proposito, esso sostiene anzitutto che l'incerta identit� dei destinatari 
dell'ordine di recupero �, da sola, sufficiente a renderlo illegittimo. 
Rileva, sotto tale aspetto, delle discordanze tra la motivazione della 
decisione controversa, che menziona il recupero presso i � beneficiari � 
degli aiuti, l'art. 1. della stessa, che si riferisce al gruppo ENI-Lanerossi, 
e un telex della Commisskme in data 23 novembre 1988, riguardante un 
credito nei confronti dell'ENL In secondo luogo, deduce che, secondo 
il diritto italiano, lo Stato non avrebbe alcun titolo per ripetere dai 
privati acquirenti delle quattro aziende somme che non sono state considerate 
nelle condizioni di vendita. 
57. -Si deve osservare, quanto all'asserita incertezza circa l'identit� 
dei destinatari dell'ordine di restituzione, come dalla decisione impugnata 
risulti chiaramente che gli aiuti andavano recuperati presso le imprese 
che ne hanno effettivamente fruito, vale a dire presso le quattro 
aziende. 

238 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO 

58. -Se il governo italiano nutriva seri dubbi in proposito, avrebbe 
potuto, come ogni Stato membro che incontri difficolt� impreviste nell'esecuzione 
di un ordine di recupero, sottoporre tali problemi alla valutazione 
della Commissione. In tal caso la Commissione e lo Stato membro 
interessato, in ossequio al dovere di leale collaborazione, enunciato 
in ispecie nell'art. 5 del Trattato, devono collaborare in buona fede per 
superare le difficolt� osservando scrupolosamente le disposizioni del Trattato, 
in particolare quelle relative agli aiuti (vedasi sentenza 2 febbraio 
1989, causa 94/87, Commissione / Germania, Racc. pag. 175, punto 9 della 
motivazione). 
59. -Infine, ogni incertezza circa l'identit� dei destinatari dell'ordine 
di recupero � stata dissipata nel corso dell'udienza del procedimento 
sommario tenutasi nell'ambito della presente causa il 13 marzo 1989, 
allorch� l'agente della Commissione ha dichiarato che l'ordine di recupero 
riguardava esclusivamente le quattro aziende. 
60. -Per quanto riguarda il secondo punto, deve rilevarsi che, anche 
se l'ENI non pu�, secondo il diritto italiano, recuperare somme che 
non sono state prese in considerazione nelle condizioni di vendita delle 
quattro aziende, tale circostanza non pu� ostare alla piena applicazione 
del diritto comunitario e quindi non pu� incidere sull'obbligo di procedere 
al recupero degli aiuti di cui trattasi. 
61. -Ne consegue che l'ultimo argomento del governo italiano deve 
essere respinto. 
62. -Poich� nessuno dei mezzi dedotti dal governo italiano ha potuto 
essere accolto, il ricorso deve essere interamente respinto. 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 5a sez., 11 luglio 
1991, nella causa C-368/89 -Pres. Moitinho de Almeida -Avv. Gen. 
Mischo -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Pretura 
di Perugia nella causa A. Crispoltoni (avv. E. Cappelli e P. De Caterini) 
c. Fattoria autonoma tabacchi di Citt� di Castello -Interv.: Governo 
italiano (avv. Stato Fiumara), Consiglio C. E. (ag. Schloh e 
Gallas) e Commissione C. E. {ag. Campogrande e Santaollala Gadea). 

Comunit� Europee -Competenza della Corte di giustizia � Rinvio pregiudiziale 
da parte del giudice nazionale -Necessit� della pronuncia e 
pertinenza delle questioni -Valutazione del giudice nazionale. 
(Trattato CEE, art. 177). 



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 239 

Comunit� Europee � Qrgitniziazione comune dei mercati nel settore del 

tabacco greggio -Premi concessi agli acquirenti di tabacco. in foglia 


Invalidit� . e.lei ;i:egolamento. clte. fissa un �quantitativo massimo garan


Jito -Retroattivit�: certe~ <lel. dirJ,tto e Jegittimo affidamento. 

(Regolamenti CEE: del Consiglio .fl. ;iprile 1970, n. 727/70; 25 .!IJ>rile 1988,.. n. 1114; 19)u


glio 1988, n; 2268; �e�delfa Commissione 18 luglio 1989; n. 215l!J. � � 

���Spettd unicam�nte �ai giudi�i nazionali aditi, che debbono �assumere 
la responsabilit� dell'azione giudiziaria, valutare; ai sensi e pef gli effetti 
dell'art. 177 del Trattato CEE; tenuto conto della peculiarit� di ogni causa, 
sia la necessit� di una pronuncia> pregiudiziale della Corte di giustizia 
per essere posti in grado di statuire nel merito sia la pertinenta delle 
questioni. sottoposte atl� Corte (1). 
Il regolamento (CEE) del Consiglio 25 aprile 1988, n. 1114, che modifica 
il regolamento<(CEE) n. 727/70 relativo all'attuazione di un'organittazione 
comune dei mercati nel settore del tabacco greggio, e il regolamento 
(CEE) del Consiglio 19 luglio 1988, n; 2268, �he fissa, per il raccoUo 
.1988,. i prezzi d'obiettivo, i prezzi d'intervento e i premi concessi 
agli acquirenti di � tabacco � . in foglia, �: i��. prezzi d'intervento derivati dal 
tabacco in colli, le qualit� di rif erirnento, le zone di produzione nonch� 
i quantitativi massimi garantiti e che modifica il regolamento (CEE) 

n. 1975/87, sono invalidi in quanto stabiliscono un quantitativo massimo 
garantito per il tabacco della variet� Bright raccolto nel 1988,. non rispet�mdo, 
per gli effetti .sostanzialmente retroattivi ad essi ricollegabili, il 
legittimo affidamento .degli� interessati (2).. 
(1) Giurisprudenza costante della Corte: cfr. le pronunce citate in motivazione, 
nonch�, in precedenza, la sentenza 11 giugno 1987, nella causa 14/86, in 
questa Rassegna, 1987, I, 295, e le sentenze ivi richiamate in note. Cfr, anche, 
con rdferhnento alla. interpretazione di norme di uno Stato membro diverso da 
quello del giudi~ del rinvio, la sentenza 23 novembre 1989, nella causa C-150/88, 
in quest11, Rassegna, 1990, I, 195. 
(2) Soluzione conforme a quella proposta. dal Governo italiano. 
Nella causa non veniva in questione la. normativa comunitaria nella parte 
in cui essa, attuando. un indirizzo di politii.ca economica, dettava in linea generale, 
al fine .del contenimento della spesa comunitaria, misure di stabilizzazione,. 
fissando quote massime .di. produzione e un'erogazione masSlima globale 
di aiuti, da ripartire. proporzionalmente ove le quote massime fossero superate 
(cfr. sentenza della Corte 14 febbraio 1990, nella causa C.350/88, DELACRE, in Racc., 
I, 395, �dove, con richiamo ad. una costante giurisprudenza, � precisato che �gli 
operatovi economici non possono . fare legittimamente affidamento sulla conservazione 
di una situazione esistente. che pu� essere modificata nell'ambito del 
potere discrezionale delle istituzioni comunitarie �). Si discuteva, invece, solo 
della applicabilit� di tali misure a situazioni economiche pregresse, gi� totalmente 
o parzialmente realizzate: e relativamente a questo aspetto � sembrato 
che in effetti. la normativa violasse il principio del legittimo affidamento degli 
operatori. 

Il reg. 1114/88, che parlava per la prima volta di quote (fissando comunque 
solo quella generale comlllllitaria), era intervenuto a fine aprile 1988, quando, 



240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -Con ordinanza 20 novembre 1989, pervenuta alla Corte 
il 6 dicembre successivo, la Pretura circondariale di Perugia (Italia) ha 
sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale 
relativa alla validit� dei regolamenti {CEE) del Consiglio 25 aprile 
1988, n. 1114, che modifica il regolamento (CEE) n. 727/70 relativo all'attuazione 
di un'organizzazione comune dei mercati nel settore del tabacco 
greggio (G. U. L. 110, pag. 35), e del regolamento (CEE) del Consiglio 
19 luglio 1988, n. 2268, che fissa, per il raccolto 1988, i prezzi d'obiettivo, 
i prezzi d'intervento e i premi concessi agli acquirenti di tabacco in 
foglia, i prezzi d'intervento derivati del tabacco in colli, le qualit� di 
riferimento, le zone di produzione nonch� i quantitativi mass1m1 garantiti 
e che modifica il regolamento (CEE) n. 1975/87 (G. U. L. 199, pag. 20). 

2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia 
tra il sig. Crispoltoni, tabacchicoltore in Lerchi, nella regione dell'Umbria, 
in provincia di Perugia, e la Fattoria Autonoma Tabacchi di C�tt� 
di Castello (in prosieguo la �Fattoria�), associazione di produttori di cui 
egli � socio e che si incarica delle operazioni di prima lavorazione e di 
confezionamento del tabacco in foglia. 
per il raccolto 1988, erano ormai avanzatissime le operazioni di coltivazione 
(coltura e trapianto) e, per una buona parte, i contratti di acquisto erano gi� 
stati stipulati. Il reg. 2268/88, che fissava l'importo dei prezm e dei premi, 
nonch� le quote massime per variet� (con ci� determinando concretamente solo 
esso i limiti delle scelte effettive da parte degli operatori), era intervenuto 
addirittura quando le operazioni di raccolta erano state per buona parte gi� 
eseguite. 

� evidente che in tal modo i produttori in primo luogo e poi gli stessi 
acquirenti del prodotto avevano fondato le loro scelte economiche, per il raccolto 
1988, sulla base del legittimo affidamento del mantenimento del regime 
anteriore, posto che solo ad operazioni gi� da tempo avviate e in via di realizzazione 
-e senza alcuna possibilit� di recesso -era intervenuta la normativa 
comunitartla che quel regime aveva cambiato in senso meno favorevole agli 
operatori stessi. E ci� senza alcun segno premonitore univoco: misure di stabilizzazione 
erano gi� nell'aria da tempo, ma la loro prescrizione in un testo 
normativo era prevista ragionevolmente con applicamone non certo retroattiva 
(ad esempio, in altre fattispecie similari, era stato previsto un meccanismo di 
salvaguardia delle posizioni acquisite: per i semi di soia l'art. 2 del reg. CEE 
della Commissione 30 luglio 1987, n. 2290/87, aveva previsto, in via transitoria, 
il pagamento dell'aiuto maggiore stabilito per la campagna precedente in favore 
dei coltivatori che avessero concluso i contratti di coltivazione comportanti 
un certo prezzo minimo prima dell'entrata in vigore del regolamento stesso). 

La Corte, richiamata la sua costante giurisprudenza (citata in motivazio


ne), ha ricordato come, bench�, in linea di massima, il principio della certezza 

delle situazioni giuridiche d.sti a che l'efficacia nel tempo di un atto comunita


rio decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga � possi


bile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purch� il 

legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato. 


PARTE I, SBZ. II, GIIJRIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 241 

3. -Nel 1988, il sig. Crispoltoni, dopo aver consegnato alla Fattoria 
un certo quantitativo di tabacco in foglia della variet� Bright, ha ricevuto, 
a titolo di anticipo, il premio di cui all'art. 3, il. 2, del regolamento 
(CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 727, relativo all'attuazione di un'organizzazione 
comune dei mercati nel settore del tabacco greggio (G. U. 
L. 94, pag. 1). 
4. -Come successivamente constatato dalla Commissione nel regolamento 
(CEE) 18 luglio 1989 n. 2158, che stabilisce, per il tabacco del 
raccolto 1988, la produzione effettiva, nonch� i prezzi ed i premi da pagare 
in applicazione del regime dei quantitativi massimi garantiti (G. U. 
L. 207, pag. 15), la produzione italiana di tabacco della variet� Bright 
� stata di 42.105 tonnellate, corrispondenti ad un superamento del 10,8 % 
del quantitativo massimo garantito per l'anno 1988, fissato in 38.000 tonnellate,. 
per la variet� Bright, �secondo l'allegato V del citato regolamento 
n. 2268/88. L'Azienda di Stato per gli interventi sul Mercato Agricolo Settore 
Tabacco (organo di intervento del settore di cui trattasi, in prosieguo: 
l'� AIMA �) ha richiesto alla Fattoria il rimborso del 5 % del 
premio concesso per la variet� summenzionata, in applicazione dell'art. 4, 
n. 5, aggiunto al regolamento n. 727/80 dall'art. 1 del citato regolamento 
n. 1114/88. 
5. -Occorre rilevare che l'art. 4, n. 5, del regolamento n. 727/70, 
cos� come modificato, prevede la riduzione dell'l % dei prezzi di intervento 
nonch� dei premi relativi alle diverse variet� di tabacco per ogni 
volta che una variet� o un gruppo di variet� di prodotti superi dell'l % 
il quantitativo massimo garantito, senza che la riduzione possa superare 
il 5 % dell'importo di questi prezzi e premi per il raccolto del 1988. 
6. -Poich� la Fattoria aveva ripercosso sui propri soci la domanda 
dell'AIMA diretta alla restituzione parziale dei premi versati, il sig. Crispoltoni 
ha deciso di citare la Fattoria dinanzi al pretore di Perugia 
onde far dichiarare che egli non � tenuto a pagare la somma reclamata, 
cio� Lit. 3.320.000, in quantp la normativa comunitaria in base alla quale 
il rimborso � stato richiesto � invalida. 
7. -Il Pretore ha deciso di sospendere il giudizio fino alla pronuncia 
della Corte, in via pregiudiziale, sulla � validit� dei regolamenti (CEE) 
del Consiglio n. 1114/88 del 24 aprile 1988 e n. 2268/88 del 19 luglio 1988 �. 
8. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa principale 
nonch� delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio 
.. alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati 
.solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento 
della Corte. 
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242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sulla competenza della Corte. 

9. -Il Consiglio sottolinea che il giudizio dinanzi al giudice nazionale 
presenta talune particolarit�, in particolare in quanto � la Fattoria, 
di cui lo stesso attore nella causa principale � socio, ad essere convenuta 
e non l'AIMA. Questa particolarit� sarebbe tale da sollevare dubbi 
in ordine alla necessit� per la Corte di pronunciarsi al fine di consentire 
a detto giudice di prendere la sua decisione nell'ambito di una controversia 
effettiva. 
10. -Una particolarit� siffatta non consente tuttavia di mettere in 
discussione la competenza della Corte. Infatti, secondo una giurisprudenza 
costante {v., tra l'altro, la sentenza 18 ottobre 1990, Dzodzi, punto 34 
della motivazione, cause riunite C-297/88 e C197 /89, non ancora pubblicata 
nella Raccolta, punto 34 della motivazione), spetta unicamente ai 
giudici nazionali aditi, che debbono assumere la responsabilit� della decisione 
giudiziaria, valutare, tenuto conto delle peculiarit� di ogni causa, 
Isia la necessit� di una pronuncia in via pregiudiziale per essere posti in 
grado di statuire nel merito sia la pertinenza delle questioni sottoposte 
alla Corte. 

I 

11. -Il rigetto di una domanda proposta da un giudice nazionale � 
possibile solo se risulti in modo manifesto che l'interpretazione del diritto 
comunitario o l'esame della validit� di una norma comunitaria, chiei


sti da detto giudice, non hanno alcuna relazione con l'effettivit� e l'og


I ~ 

getto della causa principale (v. in particolare, ordinanza 26 gennaio 1990, 
Falciola, causa C-286/88, Racc. pag. I-191, punto 8 della motivazione). 
Orbene, ci� non avviene nella presente controversia. 

] 
I ~ " f; 

Sul merito. 

12.� -Dai fatti della causa principale risulta che la questione pregiudiziale 
riguarda la validit� dei citati regolamenti nn. 1114/88 e 2268/88 
solo in quanto essi prevedono un quantitativo massimo garantito per il 
tabacco della variet� Bright raccolto nel 1988. 
13. -Al riguardo, il giudice nazionale dubita della validit� dei due 
citati regolamenti poich� essi potrebbero essere contrari ai principi del 
legittimo affidamento, della irretroattivit� delle norme giuridiche e della 
certezza del diritto. 
14. -Risulta dall'ordinanza di rinvio che il tabacco della variet� 
Bright, prodotto esclusivamente in Italia, secondo l'allegato III del regolamento 
n. 2268/88, viene seminato in appositi semenzai nel mese di febbraio 
e che il trapianto in campo delle piantine avviene entro la fine del 

PARTE I, SllZ. ll, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

mese di aprile. Quest'ultima � l'operazione che comporta le maggiori spese 
e, in questo momento, gli agricoltori debbono decidere sull'estensione 
delle superfici da coltivare. 

15. -Orbene, il regolamento n. 1114/88 � stato pubblicato il 29 aprile 
1988,�.ossia. dopo che �i coltivatori �avevano fatto le loro scelte di produzione. 
per ranno in corso e il regolamento n. 2268/88, a sua volta; � stato 
pubblicato il 26 luglio 1988, ad una data in cui tali scelte erano state 
realizzate . 
.. ��.. 16. ".'.""'�.Si .deve. quindi riconoscere. che tal,iregolamenti hanno� un'efficacia 
retroattiva in quanto impongono, in caso di superamento del quantitativo 
massimo garantito per il tabacco della variet� Bright raccolto 
nel 1988; Ja riduzione dei prezzi d'intervento nonch� dei premi. 

17..,..,_ A questo prop�sito occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza 
costante della Corte (v. tra l'altro, le sentenze 25 gennaio 1979, 
Racke, causa 98/88,. punto 20 della motivazione, Racc �. pag. 69, e Decker, 
causa 99/78, punto 8 della motivazione, Racc. pag, 101); bench�, in linea 
di massima, il principio della. certezza delle situazioni giuridiche osti a 
che l'efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data 
anteriore alla sua pubblicazione, una deroga � possibile, in via eccezionale, 
qualora lo esiga lo scopo da� raggiungere e purch� il legittimo affidamento 
degli interessati sia debitamente rispettato. Tale giurisprudenza 
si applica anche nel caso in cui� la retroattivit�� non sia espressamente 
stabilita dall'atto stesso ma risulti dal suo contenuto. 

18. -Come risulta dal primo considerando del citato regolamento 
n. 1114/88, lo scopo perseguito mediante l'istituzione di un quantitativo 
massimo garantito � quello di limitare qualsiasi aumento della produzione 
di tabacco della Comunit� e di disincentivare nel contempo la produzione 
delle variet� che presentano difficolt� di smaltimento. Orbene, 
tale scopo non poteva essere conseguito, per quanto riguarda il raccolto 
di tabacco della variet� Bright del 1988, da regolamenti pubblicati all~ 
fine dei mesi di aprile e di luglio di tale stesso anno. Infatti, le decisioni 
riguardanti l'estensione delle superfici da coltivare erano gi� state prese 
a quel momento, le operazioni di piantatura erano gi� state effettuate 
e, sempre secondo l'ordinanza di rinvio, il raccolto era gi� da tempo 
cominciato al momento della pubblicazione del regolamento n. 2268/88. 
19. -Il Consiglio si � del resto reso conto dell'impossibilit� di limi� 
il:are la produzione con provvedimenti adottati in circostanze analoghe. 
Infatti, con il regolamento (CEE) 3 maggio 1989, n. 1251, che modifica 
il regolamento (CEE) n. 727/70 relativo all'attuazione di un'organizzazione 
comune dei mercati nel settore del tabacco greggio (G. U. L. 129, 

244 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

pag. 16), esso ha stabilito che i quantitativi massimi garantiti sarebbero 
stati fissati ogni anno per il raccolto dell'anno successivo, al fine di 
consentire, secondo il primo considerando di tale regolamento, la " programmazione 
degli impianti�. 

20. -In mancanza di ogni altra ragione risultante dalla motivazione 
dei regolamenti nn. 1114/88 e 2268/88, occorre pertanto constatare che 
non ricorre la prima condizione perch� la retroattivit� di questi regolamenti 
possa essere ammessa, e cio� che lo imponga lo scopo da raggiungere, 
e che, di conseguenza, questi regolamenti sono invalidi in quanto 
stabiliscono un quantitativo massimo garantito per il tabacco della 
variet� Bright raccolto nel 1988. 
21. -Per il resto, la normativa controversa ha leso il legittimo 
affidamento degli operatori economici interessati. Infatti, se questi ultimi 
dovevano ritenere prevedibili provvedimenti diretti a limitare ogni 
aumento della produzione di tabacco della Comunit� e a scoraggiare la 
produzione delle variet� che presentano difficolt� di smaltimento, essi 
potevano tuttavia attendersi che eventuali provvedimenti aventi ripercussioni 
sui loro investimenti fossero loro resi noti in tempo utile. Orbene, 
ci� non � avvenuto. 
22. -La questione pregiudiziale va pertanto risolta nel senso che i 
citati regolamenti del Consiglio nn. 1114/88 e 2268/88 sono invalidi in 
quanto stabiliscono un quantitativo massimo garantito per il tabacco 
della variet� Bright raccolto nel 1988. (omissis) 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA� CIVILE 
GIURISDIZIONE E APPALTI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 aprile 1990, n. 256 {ordinanza) Pres. 
Brancaccio -Est. Finocchiaro -P. M. Nicita (conf.); ANAS (avv. Stata. 
Cingolo)c, Ellecosta Kurt. 

Giurisdizione civile -Regolamento preventivo di giurisdizione -Questioni 

attinenti alla configurabilit� dell'interesse. fatto valere -Deducibilit� -� 

Da parte della P. A. ~ J?;sclU$lone. �� � 

� inammissibile il ricorso con cui una p. a. deduca, in sede di regolamento 
.. preventivo.�.� di giurisdizione, questiOn� attinenti alla configurabilit� 
dell'interesse fatto valere dalla controparte privata, in. relazione 
alla .. pre}~nzil. o meno... tie.ZZ'ordinamento di.�. una. norma potenzialmente 
idonea �a tutelarlo: tali questioni, infatti, investono il fondamento net 
merito della domanda; e pertanto non sono traducibili in termini di riparto 
�deile attribuzioni giurisdizionali (1). 

(1).11 regolamento.� prev.entivo� nell'ipotesi c1t� difetto assoluto� di giurisdhtone: 
� al�une ��riflessioni sui .limiti di proponibilit�. 

Con l'annotata � otdii'ianza la Corte di Cassatione ha dichiarato improponi-� 
bile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione con cui l'ANAS, in 
relazione al ricorso ex: art. 700 c.p;c., esperito da un.a parte privata, al fine di 
ottenere la realizzazione di un accesso viab:ile alla propria abitazione, ha dedotte> 
l'imp:t'opoilibilit� assoluta della domanda per difetto di una posiz.done giuridica 
soggettiva suscettibile di qualsivoglia tutela giudiziale. 

La Corte ha, infatti, affermato� che la questione della totale carenza di inte-. 
resse � azlionabile ad opera di una parte rigtiarda esclusivamente il merito della 
controversia e, pertanto, non � suscettibile di esame in sede di regolamento di 
giurisdiiione. 

Tale conclusione d� adito, peraltro, a talune perplessit� proprio alla luce 
della prevalente giurisprudenza della Corte in� materiai nonch�, pi� in generale,. 
della � dott:tiina in materia di regolamento preventivo di gitirisdizione. 

Se � vero che gi� pi� volte fa Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile 
il regolamento preventivo;� qualora si fossero dedotte questioni attinenti 
la completa� insussistenza� della posizione soggettiva sottostante, ricadendosi in 
tal caso nel merito della causa; � pur vero che ad una siffatta conclusione era 
pervenuta esclusivamente in controversie svolgentesi tra privati (1). 

Significativa a tal proposito � la decisione n. 5256 del 1987 (2), nella qualesi 
afferma che �di regolamento preventivo � previsto dall'art. 41 c.p.c. con limi


(1) V. Cass. n. 5256 del 15 giugno 1987, in Foro it. 19.87, I, 2015; id., n. 5449 del 20 giugno 
1987, in Giust. civ. 1987, I, 2849; id., n. 620 del 26 gennaio 1988. 
(2) Nello stesso senso v. Cass. n. 5449 del 20 giugno 1987, in Giust. Civ. 1987, I, 2849; Cassn. 
4371 del 14 ottobre l'J"/7. � 

246 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte di cassazione, a sezioni unite: 

-considerato che l'ANAS ha proposto ricorso per regolamento preventivo 
di giurisdizione in relazione al procedimento ex art. 700 c.p.c. in 
corso presso il Pretore di Brunico su ricorso di Kurt Ellecosta volto ad 
ottenere misure cautelari urgenti a carico di essa Azienda, impegnata nei 
lavori di costruzione di una strada di circonvallazione; 

-considerato che a motivazione dell'istanza l'ANAS nega la ravvisabilit�, 
in capo all'Ellecosta, di una posizione giuridica suscettibile di 
tutela in sede giurisdizionale, sostenendo che la misura cautelare � stata 

tato riferimento alle 'questioni di giurisdizione di cui all'art. 37', id est alle 
questioni attinenti alla giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della 

P. A. o del giudice speciale, e alla giurisdizione del giudice italiano nei confronti 
dello strandero � e, pertanto, si evidenzia che, nelle controversie tra privati, 
il difetto nell'attore di una qualsiasi situazione soggettiva giuridicamente rilevante 
non integra una questione di giurisdizione, ma esclusivamente di merito, 
non potendosi, come invece affermava una giurisprudenza precedente (3), ampliare 
l'ipotesi straordinaria prevista dal c.p.c., secondo cui l'improponibilit� 
assoluta della domanda nei confronti dell'amministrazione � deducibile in sede 
di regolamento, pur attenendo al merito della controversia. 
Appare evidente, pertanto, come assai diversa sia la fattispecie in esame, 
poich� si tratta, in questo caso, della deduzione da parte di una P. A. (attribuzione 
questa certamente spettante all'ANAS) del difetto assoluto di giurisdizione, 
per carenza in capo al privato di un interesse. qualificabile a fronte di 
un potere discrezionale dell'Amministrazione, e, dunque, si versa nell'ipotesi 
prevista dall'art. 37, 1� comma, c.p.c. relativa alla mancanza di giurisdizione 
del giudice ordinario nei confronti della P. A. 

Non si vuol certo negare che anche in tale caso sussista una commistione 
tra merito e questione di giurtlsdizione: ma l'ipotesi in cui si afferma o si nega 
l'esistenza della giurisdizione ordinaria nei confronti della P.A. rimane l'unica 
in cui una deroga al giudizio di mera leglittimit� della Corte di Cassazione �, 
in via straordinaria, ammessa, come risulta dal testo della legge (art. 37 c.p.c.) 
e come del resto � stato evidenziato autorevolmente tanto in dottrina (4) che 
in giurisprudenza (5), 

Se, dunque, da una parte non pu� essere estesa l'ipotesi straordinaria di 
coinvolgimento del merito nel regolamento preventivo di giurisdizione, prevista 
in relazione alla improponibilit� assoluta della domanda nei confronti della 
P.A., ad un regolamento relativo ad una controversia tra privati, come giustamente 
affermato dalla Corte di Cassazione (6), non pu�, a maggior ragione, 
trovarsi nella regola generale della riferibilit� esclusivamente ai motivi di giurisdizione 
del regolamento preventivo, una ratio suffilciente per negare la proponibilit� 
del regolamento preventivo di giurisdizione da parte di una P. A., 

(3) V. Cass. ent. 1330 del 29 maggio 1951, in Riv. dir. proc. 1953, II, p. 35 ss. con nota 
critica di E. T. LIEBMAN; sul tema v. anche A. MASSARI, Del regolamento di giurisdizione e 
di competenza, in Commentario del Codice di Procedura Civile diretto da S. ALLORIO (UTET) 

libro I, pp. 43 ss. e G. FRANCHI, Del difetto di giurisdizione, dell'incompetenza e della liti


spendenza, ibidem, pp. 366 ss. 

(4) v. T. E. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, I, p. 24. 
(5) v. Cass., sent. n. 5256 del 1987 cit. 
(6) v. Cass., sent. n. 5256 del 1987 cit. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 247 

sollecitata �in vista di una vertenza nella quale l'Ellecosta potrebbe prospettare 
un interesse di fatto, non idoneo ad essere oggetto di azione in 
giudizio; 

-considerato che -come esattamente r�levato dal Procuratore 
Generale presso questa Corte che ha concluso per l'inammissibilit� dell'istanza 
;_ �il motivo attiene alla c.d. assoluta improponibilit� della 
domanda e non � traducib�le �ri termini di riparto delle attribuzioni giuri~~
ionaji. sulla vertenza. 4e.qu~ fra giu(f.ici di. or(f.ini cliversi, e~aurendosi 
nel merito, ossia nella tesi. clella te>tale infon4?.tc::zza deUa. pi;etes?. �lello 
Ellecosta (C�ss. nn. 5256 e 5449 del 1987 e Cass. n. 620 del 1988) �. 

'-considerato � che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile. 

per difetto assoluto di giurisdizione: tale iip�tesi; infatti, sia pur coinvolgente 
il merito in via eccezionale, ricade nella previsione dell'art. 37 c.p.c. 

�� Le Sezioni Unite� . della Corte dj, Cassazione avevano, peraltro, gi� affron� 
tato, con la sentenza n. 207 del 1966 (7), il. problema della distinzione della questione 
di merito da quella . di gil.uisdizione .el caso di eccezione .di . improponibilit� 
della domanda nei cC:mfroriti della P. A., con fa separazione della valuta� 
zione � .. giur.idiea . in due distinti momenti: una indagine preliniinare di competenza 
delle Sezioni Unite diretta a stabilire se, nei termini di fatto e di diritto, 
sia ipotizzabile in astratto un dil1itto o un interesse provvisto di azione o di 
difesa giurisdizionale e, h1 caso di esito positivo di un siffatto giudizio,. l'accertafuent� 
della spettanza in concreto dd diritto o dell'interesse legittimo di 
competenza del giudice di merito individuato in base alla qualificazione della 
posizione giuridica dconosciuta in astratto. 

A tal riguardo sembra doversi condiividere la posizione di chi (8), stante 
la relativit� del concetto di astrattezza, ha evidenziato che l'accertamento della 
configurabilit� in. astratto di una posizione giuridica tutelata dal privato.�� nei 
confronti della P. A. debba consistete dn realt� nella verifica in concreto dell'esistenza 
� di alcuni soltanto dei presupposti di fatto �da cui discende l'attri� 
buzione di un diritto o di un interesse legit;timo all'attore; e precisamente di 
quei presupposti che, essendo rilevanti ai fini dell'atteggiarsi dei poteri del1'
Amministrazione..., condizionano in generale, rispetto a chiunque..., la possibilit� 
di una tutela giuridica degli . interessi privati �. 

Alla luce di siffatte considerazioni ed in mancanza di una dettagliata motivazione 
sulla nuova linea interpretativa delle norme del c.p.c. relative a:l 
regolamento preventivo di giurisdizione, dovrebbe evincersi, nel caso di difetto 
assoluto .�di giurisdizione, una tendenza a �far coiincidere le due diverse ipotesi, 
quella del regolamento preventivo relativo a controversie tra privati, e quella 
in cui ii regolamento. derivi da� una causa vertente tra una P. A. ed un soggetto 
privato: tendenza che, tuttavia ,per le suesposte considerazioni, non sembra 
condiviisibile a:lla luce del dettato normativo, portando anche in tale ultima 
ipotesi all'esclusione della deducibilit� dell'improponibilit� assoluta della domanda 
in sede di regolamento, ritenuta invece possibile dalla precedente giurisprudenza, 
sia pur con le riferite opportune distinzioni in sede di valutazione. 

SOL VEIG CoGLIANI 

{7) in questa Rassegna, 1966, I, pp. 56 ss. 

(8) M. CONTI, In tema di improponibilit� assoluta della clomanda, in nota alla sent. n. 207 
del 1966 cit., in questa Rassegna, 1966, I, 57 e ss. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

248 

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Civile, 5 ottobre 1990, n. 9830 -Pres. 
Scanzano; Rel. Lupo; P. M. Donnarumma (concl. conf.). Morteo Soprefin 
S.p.A. (avv. Fazzalari) c. Ministero delle Poste e Telecomunicazioni 
(Avv. Stato Laporta). 

Opere pubbliche (appalto di) -Riserve dell'appaltatore -Contestazioni di 
natura tecnica e/o giuridica -Tempestivit�. 

Opere pubbliche (appalto di) -Riserve dell'appaltatore -Inammissibilit� 
per tardivit� -Rilevabillt� su istanza di parte. 

Nel corso del rapporto di appalto di opera pubblica, l'insorgere di 
una contestazione di natura tecnica e/o giuridica, e non contabile, non 
esclude la sussistenza in capo all'appaltatore dell'onere della formulazione 
di una tempestiva riserva, senza che la stessa possa essere differita 
all'esito della procedura prevista per la risoluzione delle contestazioni 
dall'art. 23 R.D. 25 maggio 1895, n. 350(1). 

L'inammissibilit� della riserva formulata dall'appaltatore per tardivit� 
non� pu� �essere rilevata d'ufficio, ma deve essere tempestivamente 
eccepita dall'Ente appaltante {2). 

Con il primo motivo del ricorso la societ� Morteo Soprefin deduce 
violazione dell'art. 23 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, nonch� dei principi 
che governano l'istituto della riserva. La ricorrente sostiene la tesi 
secondo cui l'iscrizione delle riserve nel registro di contabilit� deve precedere 
il ricorso ex art. 23 citato soltanto nelle ipotesi di questioni 
finanziario-contabili e non anche quando siano insorte contestazioni tra 
l'amministrazione e l'appaltatore di natura tecnica e/o giuridica (si potrebbe 
dire di �merito contrattuale�), come sono quelle a cui si rife


(1) Sul carattere generale dell'onere della tempestiva riserva in materia 
di appalto di opere pubbliche la giurisprudenza � oramai consolidata. Si � 
pertanto affermato che tale onere sussiste anche per le pretese fondate su 
dolo o colpa grave della stazione appaltante, purch� i fatti si inseriscano in 
un preciso momento nel corso dei lavori (Cass., 13 marzo 1989, n. 1225), nonch� 
per i fatti c.d. � continuativi�, per i quali l'onere sorge non nel momento 
della cessazione delle continuit� (cos�, Cass., 20 marzo 1972, n. 830, ed altre 
pronunzie negli anni Settanta), bens� in quello in cui la potenzialit� dannosa 
dell'evento � desumibile dall'appaltatore secondo criteri di buona fede ed 
ordinaria diligenza (Cass., 19 maggio 1989, n. 2395). 
� pertanto impugnabile per nullit� ai sensi dell'art. 829, ultimo comma, 
cod. proc. civ. il lodo nel quale non vengano osservati da parte degli arbitri 
i principi generali in ordine all'onere dell'appaltatore di formulare tempestiva 
riserva (Cass., 29 gennaio 1988, n. 830). 

(2) Sull'onere a carico dell'Ente appaltante di proporre tempestivamente 
la eccezione di decadenza per intempestivit� della riserva cfr. Cass., 17 febbraio 
1987, n. 1697 e, da ultimo, Cass., 19 marzo 1991, n. 2934. 

PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIViLB, GIURISDIZIONE E APPALTI 

risce il terzo quesito sottoposto al giudizio arbitrale. Nel caso di specie, 
quindi, iltermine per iscrivere le riserve sarebbe iniziato a decorrere dal 
momento A cui . .U Ministero avesse comunicato all'appaltatore le sue de
�te.rminazioni con. ordine.� d~.�servizio, come. � espressamente previsto nel 
terzo ColJ:lma del cHato art.; 23, Ma q.este determinazioni non sono� mai 
interven.te, Si cens.ra,. perta.:to, la. sentenza impugnata nella parte in 
cui la Corte di appello ha ritenuta tardiva la riserva inserita 11el registro 
<li contabilit� il. J2 maggio 1975, 

Il motivo 4t rjcorso �jl)fondat(). Gi� la sua impostazione di. fondo 
-si muove. )n sen$(> non conforllle con. l'orientamento giurisprudenziale 
consolidito in t�fu.a di riserve. Quesfa Corte ha diverse volie affermato 
elle l'onere dellatiserva non pu� �.ritenersi ristretto agli elementi di� natura 
:strettamente contabile, .ma rig.arda tutti i fatti che siano comunque 
idonei.� a produrre spesa; tale istitl.ltb, . ��lfatti, assolve alla funzione di 

�COtlSent�re li tetnpestiva e Costante eVtdebza di fotti i fattori che siano 
�suscettibili di aggravare il costo dell'opera e siano oggetto di contrastanti 
valutazioni delle parti (v. tra le tante pronunzie, Cass. 15 dicembre 1982, 
n. 6911); 
fa ricorrente, pur iiOi� COiitestando il caratfore di generalit� dell'istituto 
della rfse:i:v�;� ritiene che, nell'funbit6 di esso, �sia� operabile una distin:
zione tra le riserve per le quali vigono i rigorosi termini di iscrizione 
tempestiva previsti dall'art. 54 del R.D; n. 350/1895 (quelle relative a questioni 
finanziario-contabili) e le riserve per le quali l'insorgenza di una 
�contestazione .nelle forme previste dall'art;. 23 dello stess� R.D. n. 350/1895 
�determinerebbe un differin}ento del termine di iscrizione, fino .alla solu:
zione della contestazione con decisione definitiva del Ministero (questioni 
tecnicbe e/o giuridiche, con . riflessi.� finanziari di natura meralJ:lente ac
�cessoria). 

Questa distinzione non pu� essere accolta perch� introduce una deroga 
alla regola generale di tempestiva formulazione delle riserve, deroga 
�che non trova fondamento nella disciplina dell'appalto di opere pubbliche. 

Se si prende in esame il rapporto tra l'art.. 23 e l'art. 54 del R.D. 
25 maggio 1895, n. 350 -tema che il motivo di ricorso sostanzialmente 
pone -si constata che . il modo di risoluzione delle contestazioni disciplinate 
dettagliatamente. dall'art. 23 � perfettamente compatibile con . la 
iscrizione immediata del1e riserve. L'tiltiino comina dell'art. 54, infatti, 
prevede che � sulle domande regolarmente inscdtte si proceder� nel modo 
indicato nel precedente art. 23 �. 

fa possibile coesistenza dei due istituti � confermata in modo espres.
so dall'art. 42 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (capitolato generale di 
.appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici), 
�ove si prevede che la risoluzione in via amministrativa delle contesta-:
zioni tra direttore dei lavori ed appaltatore presuppone che �le domande 
�ed i reclami dell'impresa � siano � inscritti nei documenti contabili nei 


250 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

modi e nei termini tassativamente stabiliti dal regolamento approvato 
con R.D. 25 maggio 1895, n. 350 �. E ancora pi� esplicita era la corrispondente 
disposizione del precedente capitolato (approvato con D.M. 28 maggio 
1895) che, nell'art. 41 (avente un contenuto sostanzialmente uguale 

al vigente art. 42, come si afferma dalla stessa ricorrente), richiamava 
espressamente, per la risoluzione delle contestazioni, anche l'art. 23 del 

R.D. 25 maggio 1895, n. 350. 
Deve quindi ritenersi che l'insorgenza di una contestazione rientrante 
nell'ambito di applicazione dell'art. 23 (che qui non occorre definire) non 
escluda l'onere di tempestiva iscrizione della domanda o della riserva 
dell'appaltatore, sempre che ovviamente la pretesa di quest'ultimo sia tale 
da rendere applicabile l'art. 54 (ma, come si � detto, la ricorrente non 
contesta il fatto che la pretesa della Morteo Soprefin doveva formare 
oggetto di riserva, censurando soltanto l'affermazione di avvenuta scadenza 
del relativo termine). 

Non pu� cio� sostenersi che la risoluzione della contestazione ex 
art. 23 sia propedeutica rispetto all'applicazione dell'art. 54 e che perci� 
i termini previsti da quest'ultimo articolo non decorrano o vengano ad 
essere sospesi per effetto della presentazione del ricorso dell'appaltatore 
previsto dall'art. 23. 

La contraria tesi della parte ricorrente fa leva, soprattutto, sulla formulazione 
del terzo comma, prima parte, dell'art. 23, ove si dispone che 
� le decisioni definitive del Ministero saranno comunicate con un ordine 
di servizio all'appaltatore, il quale avr� l'obbligo di darvi esecuzione, salvo 
sempre il diritto di fare le sue riserve nel registro di contabilit� �. 

Questa ipotesi di iscrizione di riserve successiva alla risoluzione della 
contestazione in via amministrativa si riferisce, come si � gi� rilevato in 
dottrina, al caso in cui sia proprio la esecuzione, da parte dell'appaltatore, 
della decisione ministeriale a creare il presupposto per la iscrizione della 
riserva. L'ordine di servizio del Ministero cio� pu� determinare un obbligo 
di esecuzione, che l'appaltatore aveva inizialmente contestato e che, 
in esito alla risoluzione della contestazione, va necessariamente osservato; 
ma se tale esecuzione determina la richiesta dell'appaltatore di maggiori 
compensi rispetto alle risultanze delle scritture contabili, egli ha il diritto 
di pretendere tali compensi maggiori, iscrivendo le proprie domande o le 
riserve nel registro di contabilit�. 

Ma non � questa l'ipotesi verificatasi nel caso di specie, in cui 
-come ha accertato il giudice di merito, con affermazione non censurata 
dalla ricorrente -la societ� appaltatrice ha chiesto il ristoro del pregiudizio 
conseguito ad omessa ed incompleta contabilizzazione dei lavori 
eseguiti prima del 16 novembre 1974, ed ha inserito nel registro di contabilit� 
la riserva relativa a tale pretesa soltanto il 12 maggio 1975. (omissis) 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 25 t 

(omissis) Con il quinto motivo la ricorrente censura sia la pronunzia 
di inammissibilit� che quella di infondatezza della domanda relativa al 
4� quesito arbitrale. 

In ordine alle inammissibilit� {per formulazione tardiva della riserva} 
la ricorrente deduce che la eccezione di tardivit� non � stata sollevata 
dall'Amministrazione nel corso del giudizio arbitrale, ma solo con l'atto 
di impugnazione del lodo, e quindi tardivamente. 

In ordine alla infondatezza, la ricorrente contesta la sussistenza 
della rinll.llzia alla pretesa, affermata dalla Corte di appello. 

Occorre, �previamente, stabilire se corretta � la pronunzia di inammissibilit� 
dalla domanda proposta davanti agli arbitri dalla Morteo 
Soprefin. Poich� la ricorrente deduce che la eccezione di inammissibilit� 
della domanda � stata tardivamente proposta e lamenta perci� un errar 
in procedendo della. Corte di appello (che non avrebbe rilevato tale tardivit�), 
il collegio giudicante h� il potere di accertare direttamente se 
sussista o meno il vizio processuale lamentato. 

Dall'esame degli atti si constata che l'eccezione di assenza della iscrizione 
della domanda (o della riserva) nel registro di contabilit� fu opposta 
dall'Amministrazione nel � giudizio arbitrale. Con la � terza memoria ,,. 
recante la data 1� giugno 1982 e depositata il successivo 8 giugno, l'Avvocatura
� dello Stato rilev� che � l'impresa ha sottoscritto, senza riserva 
alcuna, il contratto 27 .aprile 1973, con ci� accettando lo slittamento dei 
tempi finali e le modificb,e dei tempi parzirui ivi previsti e rendendo cos� 
priva di qualsiasi consistenza ogni attuale recriminazione circa la mancata 
osservanza dei programmi cui aveva fatto riferimento la lettera-ordinativo 
� i(pag. 3); L'assenza di riserva, quindi, fu gi� eccepita nel giudizio 
arbitrale, ed � irrilevante che l'Amministrazione non ne abbia fatto 
discendere, in modo espresso, la inammissibilit� della domanda. 

La sussistenza della inammissibilit� della domanda rende irrilevanti 
le censure mosse dalla ricorrente alla pronunzia di infondatezza della 
stessa domanda. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 novembre 1990, n. 10942 -Pres. 
Carotenuto -Rel. Meriggiola -P. M. Amatucci (conf.). Presidenza Consiglio 
Ministri (avv. Stato. Linda) c. Spera (avv. Natale e Palma). 

Espropriazione per pubblica t.Jtilit� -Occupazione di urgenza per la realizzazione 
di opere statali ex lege 219/81 -Applicabilit� termine trimestrale 
per l'occupazione -Fattispecie. 

L'art. 20 l. 22 ottobre 1971, n. 865, nella parte in cui stabilisce l'inefficacia 
del decreto di occupazione delle aree da espropriare se non attuato 
entro tre mesi dalla .sua emanazione, trova applicazione, in difetto di 



.252 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.diversa previsione, anche per le occupazioni disposte in base al d.l. 19 marzo 
1981, n. 75 (convertito, con modificazioni, in l. 14 maggio 1981, n. 219), 
sulla ricostruzione e lo sviluppo dei territori del mezzogiorno colpiti dagli 
eventi sismici (1). 

La tesi esposta nel ricorso non pu� esser condivisa dalla Corte, 
�considerando che ai fini della legittimit� dell'occupazione di aree private 
non � sufficiente che il provvedimento sia emanato da un organo avente 
il relativo potere ma �� altres� indispensabile il rispetto dei termini previsti 
per l'esecuzione del provvedimento. 

(1) Applicabilit� del termine di efficacia per l'attuazione delle occupazioni 
<li urgenza agli interventi per �opere pubbliche statali 
Con la decisione in rassegna le SS.UU. della Cassazione hanno ritenuto 
che la previsione di cui al 1� comma dell'art. 20 della legge 865/71, secondo 
cui � il decreto perde efficacia ove l'occupazione non segue nei successivi tre 
mesi dalla sua emanazione >>, debba trovare applicazione anche per le occupazioni 
disposte ai sensi degli artt. 80 e ss. della legge 219/81 disciplinante 
l'intervento straordinario per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori del 
Mezzogiorno colpiti dagli eventi sismici del 1980. Coerentemente la S. C. ha 
ritenuto che l'occupazione d.ell'immobile avvenuta oltre il predetto termine di 
efficacia integra una mera attivit� materiale della P.A. inidonea ad affievolire 
la posizione di diritto soggettivo del privato in conformit� della consolidata 
giurisprudenza in subjecta materia (Cass. 1� marzo 1989, n. 1136). A tale concluSlione 
le SS.UU, sono pervenute muovendo dalla considerazione che la 
predetta norma dovrebbe ritenersi applicabile in assenza di una specifica 
disposizione derogatoria non rinvenibile n� nella legge 219/81 n�, tantomeno, 
nelle ordinanze, destinate a disciplinare ed attuare l'intervento espropriativo, 
emesse dall'allora Presidente della Giunta Regionale quale Commissario Straorddnario 
di Governo ex art. 84 della richiamata legge. 

La illustrata decisione cos� come argomentata desta riserve tanto nella 
parte in cui sembra dare per implicitamente acquisito il principio secondo cui 
il 1� comma dell'art. 20 della legge 865/71 costituirebbe una previsione dtl carattere 
generale applicabile ad ogni occupazione di urgenza ivi comprese quelle 
per interventi statali, quanto nella parte in cui non ritiene di rinvenire nella 
legge 219/81 (e nelle ordinanze attuative) specifiche disposizioni derogatorie 
della predetta norma. Conseguentemente non si ritiene condiivisibile la relativa 
statuizione. 

Sotto il primo profilo deve osservarsi che nella pronuncia in rassegna 
non vi � cenno alla problematica circa l'ambito di estensione da riconoscere 
alla previsione di cuii al 1� comma dell'art. 20 della legge 865/71 in ordine alla 
quale peraltro non esistevano -sino alla pronuncia in commento -precedenti 
in termini del Supremo Consenso ed in ordine alla quale la giurisprudenza 
sia amministrativa (T.A.R. Lazio, I, 15 aprile 1981, n. 351 in T.A.R. 1981, I, 
1477; Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 11 febbraio 1986, n. 14 in Cons. Stat. 1986, 
I, 216) che di merito (Trib. Napoli 12 luglio 1988, n. 6852; 23 febbraio 1991, 
3362, Trib. Reg. Acque presso la Corte di Appello di Napoli, 4 marzo 1987, n. 95 
-tutte inediite -) appare prevalentemente orientata per la non applicabilit� 
della disposizione agli interventi statali pur non mancando isolate pronunce di 



PARTE I, SEZ. Ill; GIURISPlUlDBNZAi CIVIJ'.B, GIURISDIZIONE E APPALTI 253 

ll titolo ottavo della legge 14 maggio 1981, n. 219, prima normativa 
contenente una serie di disposizioni coordinate, dirette a realizzare un 
programma straordinario� di ricostruzione� dell'area metropolitana �di Napoli 
disastrata � dal terremoto> non�� contiene deroghe �alla dxsCiplina delle 
oecup�Zioni delle ��aree� eontenU:t� nelltf legge 22 �ottobre 1971, n~�865; �� spe�ificando 
.soltanto che al Prefetto viene affidato il compito df prestare la 
ne�essaria assistenza alle �operai�oni .di occupazione. 

Del pari� le ordinanze emesse dal Presidente della Giunta regionale in 
funzione di. Commissario st;raordinarfo�n. �514 del 1986, con cui le aree 
sono state individuate e viri.colate, e la successiva n. 999 del 25 marzo 1987 

segno con~rario (rribunale l)U,)il~tj.ore delle Acque Pubbliche 9 novembre 1989, 

n. 90 in Co11S., $tat., 1989, XJ, J$1!3h 
Invero il <l1\to letterale dellaJegge escl�e l'esten!!ione della previsiC>ne in 
esame alle occupazioni relative a procedimenti espropriativi destinati alla 
realjzzazione di opere statali: �..� risulta infatti chiaramel'lte � estes9 il.'lf' �� comma 
dell'articolo relativo . ~Ha durata quinquennale . delle occupazioni anche alle 
opere� ed agli interventi .di .compete~a statale, ma nessun riferimento te!!tuale 
sussiste in ordine al 1� comma del medesimo artiC9lo che prevede il termine 
di decadenza .. sopra ricordato. Altrettanto � a dirsi per l'art. 14 della legge 

n. 10/1977 che non ha esteso la precettivit� del 1� comma dell'art. 20 cit. alle 
opere ..pubbliche. di� competenza � statale. Inducono a sostenere .il prospettato 
orientamento non solo e .non tanto. l'illustrato element9 interpretativo di ordine 
testuale; gi� da taluno r.itenuto di per s~. assorbente (in tal senso Vigna!e, 
L'attuale assetto della espropriazione per pubbliCl:l utilit�; Jovene, 1991, pag.186), 
quanto piuttosto considerazioni di cara:tte.re logico-sistematico e storico-evolutivo. 
Ed infatti la legge 865/71; proponendo per la prima volta uno schema di 
procedimento espropriatdvo �.generale per le sole.�. opere di interesse regionale 
e sub-regionale, . non ha� !inteso abrogare o modificare �l'altro schema� di carattere 
generalissimo disciplinato dalla . legge 25 giugno 1865, n. 2359 . che, pur dopo 
l'attuazione dell'ordinamento regionale, continua ad essere ritenuto applicabile 
alle opere ed . agli interventi di interesse statale (Ad. Plen, Co;ns. Stat. 19 genna:
io 1979, n; led ivd riferimenti giurisprudeniiali in foro It. 1979, III, 257). 

N� tale effetto abrogativo pu�� ricollegarsi all'art. 4 della. legge 27 giugno 1974, 

n. 247 il CUi tenore letterale appare chiaramente volto ad estendere agli inter, 
venti statali le sole disposizioni della legge 865/71 relative alla dete.rminazione 
dell'indennit� di esproprio.. Quanto precede� .nell'evidente obiettivo� di � armonizzare 
le differenti discipline in tema. di indennit� laddove �. per l'appunto pi� 
pressante� l'esigenza di salvaguardia (da. .ritenersi costituzionalmente protetta) 
della parit� �di trattamento�degli espropriati quanto alla misura� dell'indennizzo 
(Cons. Stat. IV, 14 luglio 1981, n. 582), con implicita esclusione, quindi di ogni 
pi� ampio !intento di unificazione dei disti1'1ti procedimenti espropriativi, 
Ne consegue quale logico corollario che alla luce del richiamato art. 4 
della legge 247/1974 non poteva ritenersi� applicabile alle espropriazioni per gli 
interventi statali l'intero articolo 20 della� l�gge 865/71. 

�Quanto sin qui rappresentato. trova riscontro e conferma nella successiva 
evoluzione legislativa che, muovendo proprio dalla applicabilit� della legge 
865/71 alle sole� espropriazioni per opere di competenza regionale, ha ritenuto 
con l'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 di dover estendere il solo 2� 

9 



25'! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che �ha autorizzato l'occupazione, non cohtengono deroghe alla disciplina 
generale. 
Con ordinanza n. ,70. del 1982, in parte modificata dalla ordinanza 

n. 1,75 del�.19$5, sono state .. altres'i .. disciplinate le. procedure di stima e 
Uq.i�lazip:ne delle h:lc:iennit�i ma. an�he in tali :provvedimenti non � dato 
rinvenire . de}'oga alcuna. 
Al contrario, la previsione n. 11 . delfordinanza n. 70 afferma che 
<< Per . quanto non. espressan:iente previs_to. 1lella presente ordinanza il pro�edlmento 
espropriativo sar� regolato dalle norme di cui al titolo ottavo 
delia legge n. 219 del 14 maggio l981 edalle norme vigenti in materia 

comma dell'art. 20 della legge 865/71 alla generalit� dell'espropr:iaziioni iyi comprese 
quelle concernenti interventi statali. � evidente infatti che, se questa fosse 
stata la originaria portata normativa ed ap:Pllicativa d�ll'art. 20 della legge 
865/71, non vi sarebbe stata la necessit� dl un intervento legislativo, il cui 
carattere innovativo � chiaramente 'riconosciuto �dalla giurisprudenza (Ad. Plen. 
Cons. Stat 1/1979, cit~). 

� Tale conclusione trova dl suo momento di verifica nell'argomento, d'ordine 
storico-evolutivo, desumibile dallo stesso art. 14 della legge 10/1977, il cui 2� 
comma, nell'aggiungere un sesto comma all'art. 12 della legge 865/71, richiama 
espressamente la legge 3 aprile 1926, n. 686 quanto a competenza, tempi e modalit� 
tecniche di pagamento di indennit� di esproprio. Appare chiaro che 
tale rinvio (il quale coinvolge anche gli artt. 30 e 48 della legge 2359/1865 e 
l'art. 8, secondo, terzo e quarto comma della legge 21 maggio 1955, n. 463) 
non avrebbe senso se la norma richiamante non avesse ritenuto valida la 
intera fase procedimentale cui le norme� richiamate si riferiscono (Cons. Stat., 
IV, 14 luglio 1981, Il; 582 in Cons. Stat. 1981; II,.�674). 

� Tale ultima consid�razione �conforta il carattere innovativo che deve 
riconoscersi alla previsione di cui all'art. 14 della legge 10/1977 e fa giustizia 
delle isolate decisioni che hanno 'ritenuto estensibile l'applicabilit� del primo 
comma dell'art. 20 della legge 865/71 alle opere statali proprio facendo leva 
sulla natura non sostanzialmente innovativa del richiamato art: 14 (Trib. Sup. 
Acque Pub. 9 novembre 1989; n. 90 cit.). 

Orbene � sin troppo evddente che proprio l'esistenza del riferito 'richiamo 
al solo secondo comma dell'art. 20 della legge 865/71 da parte dell'art. 14 della 
legge 10/77 induce a negare che con esso il Legislatore possa avere inteso 
estendere la precettivit� dell'intero articolo alle espropriazioni di competenza 
statale. Tant'� che in giurisprudenza si � ritenuto non applicabile il riferito 
termine trimestrale di efficacia anche in una; fattispecie in cui il provvedimento 
dell'Autorit� Amministrativa (CASMEZ) faceva. espresso e generico riferimento 
al � citato art.. 20. Ci� sulla base della considerazione dell'assoluta non applicabilit� 
della pl'evisione agli interventi statali e, quindi, della inidoneit� dello 
stesso: riCh�amo (Cons. Giust. Amm, Reg. Sic .. 1l febbraio 1986, n. 14 cit.). 

Da ultimo si ritiene esaustivo evidenziare che all'applicabilit� del primo 
comma dell'art. 20 della legge 865/71 non potrebbe giungersi neppure mediante 
il procedimento analogico di cui all'art�.12 delle preleggi. L'esistenza, infatti, 
degli artt. 71 e ss. della legge 2359/1865 (cos� come modificato dalla legge 
18 dicembre 1879, n. 5188 ed integrato dall'art.. 39 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422) 
..._ ritenuta, in particolare dopo gli interventi della Corte Costituzionale sui 
criteri della determinazione della indennit� di esproprio (Corte Cost. 30 gennaio 
1980, n. 5 in Foro it. 1980, I, 605 con nota di Morello), normativa comun




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 255 

di espropriazione per opere pubbliche di competenza statale, in quanto 
applicabili �. 

L'ordinanza infine n. 999 del 25 marzo 1987, contenente l'elencazione 
completa dalle particelle da espropriare nei vari comuni della zona vesuviana 
con l'imposizione del vincolo di destinazione e conseguente autorizzazione 
a procedere alla loro occupazione, si limita a stabilire che questa 
potr� esser protratta sino al 31 dicembre 1991, data entro la quale dovranno 
essere portati a termine i lavori e le procedure espropriative, 
disposizioni tutte anche queste che non contengono deroghe. 

Sulla base di tali premesse, va aggiunto che per costante insegnamento 
di questa Corte, in virt� dell'art. 20 della legge n. 865 del 1971 il 

que applicabile per colmare eventuali lacune -impedisce di applicare analogicamente 
la ricordata previsione in mancanza di espresso e testuale richiamo 
legislativo (in tal senso Tribunale Napoli 6852/1988 cit.). 

Tutto ci� premesso deve rilevarsi come la illustrata problematica non 
appare affatto considerata, neppure incidentalmente, dalla Suprema Corte nella 
decisione oggetto di commento, bench� la riferita astratta applicabilit� del 
primo comma art. 20 legge 865/71 avrebbe dovuto costituire indispensabile presupposto 
logico per valutare l'estensione della disposizione medesima alle opere 
relative all'intervento statale straordinario disciplinato con la legge speciale 
14 maggio 1981, n. 219. 

In proposito non pu� sottacersi che la decisione in commento, nell'indubitato 
e indiscusso presupposto dell'applicabilit� del termine trimestrale di 
efficacia, ha poi ritenuto che lo stesso doves.se essere applicato anche agli 
interventi di cui alla legge 219/81 per mancanza dd una disposizione derogatoria 
contenuta nella citata legge o nelle ordinanze attuative della stessa. Al riguardo, 
sembra tuttavia di poter osservare che l'art. 80 della legge 219/81 all'ottavo 
comma prevede espressamente che le occupazioni delle aree debbano essere 
effettuate entro 15 giorni dalla individuazione in tal modo stabilendo da un 
lato un termine notevolmente pi� breve rispetto alla previsione del primo 
comma dell'art. 20 cit. ma non configurando per� lo stesso come termine di 
efiiicacia. 

L'esistenza della predetta disposizione -anche ove si ritenesse applicabile 
la previsione di cui al primo comma del citato art. 20 alle opere dd competenza 
statale -avrebbe comunque dovuto essere valutata e ritenuta derogatoria 
della richiamata disposizione se non altro perch� la stessa non prevede 
testualmente il predetto termine di 15 giorni come termine di decadenza. Ne 
consegue che al predetto termine deve riconoscersi carattere meramente acceleratorio 
(Tribunale Napoli 23 febbraio 1991, n. 3362, cit.), alla cui violazione 
non � connessa alcuna conseguenza giuridica, da ritenersi pertanto previsto al 
solo fine di dare impulso alle Autorit� preposte all'espletamento delle procedure 
di estrema urgenza per la solUZJione dei problemi alloggiativi dei terremotati 
ritenuti per legge di preminente interesse nazionale (cfr. art. 80 
legge 219/81). 

i� infatti decisiva la considerazio/Ile che laddove il Legislatore (art. 20 
legge 865/71) ha inteso configurare il termine di occupazione quale termine 
clii efficacia con la conseguente sanzione, per la sua violazione, di decadenza 
della Autorit� Amministrativa dal relativo potere, ha espressamente statuito 
in tal senso. Non si pu� infatti ritenere che la decadenza dall'esercizio di 
un potere di cui sia titolare l'Autorit� Amministrativa sia desumibile da dati 



256 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.O STATO 

decreto di occupazione delle aree da espropriare perde efficacia ove l'occupazione 
non segua entro tre mesi dalla sua emanazione con la conseguenza 
che l'occupazione effettuata dopo il decorso del termine non affievolisce 
il diritto di propriet� per illegittimo uso del potere. 

In tali ipotesi il comportamento della Pubblica Amministrazione, privo 
dell'indispensabile supporto autoritativo, deve esser valutato ex se, iure 
privatorum, nei suoi elementi strutturali e costitutivi, ed integra una 
mera attivit� materiale nei cui confronti il proprietario mantiene una 
posizione di diritto soggettivo, s� da esser legittimato ad esperire l'azione 
di reintegrazione o di manutenzione. N� sussiste per il giudice ordinario 

ed elementi extratestuali, tanto pi� nel caso della legge 219/81 che, quale legge 
speciale (T.A.R, Campania I, 2 giugno 1989, n. 289 in T.A.R., I, 1989, 3108), � 
di stretta applicazione e non consente neanche l'integrazione analogica da parte 
della legge 865/71 sia per quanto gi� in precedenza illustrato sia perch� 
quest'ultima deve ritenersi a sua volta gi� speciale rispetto alla legge 2359/1865 
(VIRGA, Dir. Amm., I Principi, Giuffr�, 1983, 385 ed ivi riferimenti giurisprudenziali). 


Del resto, se si considera che la legge 219/81 � del 14 maggio, che le individuazioni 
dovevano essere effettuate (art. 80 secondo comma) entro il successivo 
28 maggio e che entro i successivi 15 giorni dovevano seguire le occupazionii 
delle aree (art. 80 ottavo comma), appare di solare evidenza che sarebeb risultata 
quantomeno irrazieinale la scelta del Legislatore di considerare l'ultimo termine 
quale requisito di efficacia, essendo solo auspicabiile, ma non verosimilmente 
concepibile l'ipotesi che, nel breve volgere di un mese dalla data di pubblicazione 
della legge, potesse costituirsi un organo straordinario ed effettuare, in 
una realt� urbanistiica cos� notoriamente complessa, l'individuazione e l'occupazione 
delle aree, entro il predetto termine a pena di decadenza dal relativo 
potere. Alla luce di quanto precede, risulta priva di pregio l'ulteriore affermazione 
contenuta nella decisione in esame secondo cui le ordinanze 70/82, 999/87 
dell'allora Presidente della Giunta Regionale quale Commissario Straordinario 
di Governo non contemplerebbero deroghe alla previsione di cui al prim9 comma 
dell'art. 20 della Legge 865/71. 

Deve infatti osservarsi che le ordinanze richiamate sono emanate da parte 
dell'Autorit� preposta, anche in deroga ad ogni legge vigente in conformit� cli 
quanto sancito dal terzo comma dell'art. 84 della legge 219/81 e con l'espresso 
limite � delle norme di cui al presente titolo, della costituzione e dei principi 
generali dell'ordinamento � costituendo esse stesse atti aventi valore di legge 
in senso materiale (TAR Campania I, 9 aprile 1987, n. 175 in T.A.R., 1987, I, 2016; 
T.A.R, Campania, I, 7 maggio 1989, n. 32, inedita). Ne consegue che in nessun 
caso le predette ordinanze potevano contemplare un termine di efficacia per 
l'occupazione essendo tale termine gtl� previsto (e non a pena di decadenza) dall'ottavo 
comma dell'art. 80 della legge 219/81 non derogabile -per quanto sopra 
rammentato -attraverso l'esercizio del potere di ordinanza. 

L'evidente rilevanza pratica della problematica qui individuata rende, per


tanto, auspicabile che quanto prima la Suprema Corte riesamini, funditus, il 

rapporto tra attivit� espropriativa statale e termine di efficacia dell'occupa


zione ex primo comma dell'art. 20 legge 865/71, non potendosi condividere la 

decisione oggetto di commento n� per le conclusioni n� per l'iter argomenta


tivo proposto. 

ADOLFO MUTARELLI 



PARm I, SBZ. llI, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE B APPALTI 257 

il divieto posto .dall'art. 4 della .normativa sul contenzioso amministrativo 
non dovendo egli emettere alcun provvedimento di revoca o di annullamento 
di un atto amministrativo, posto� che lo stesso art. 20 dichiara 
il provvedimento di occupazione inefficace (cfr. tra le altre Cass. n. 3081 
del 19~2,JJ,, 410 c1el1981, 11� 1~69, 1492 e 4765 del 1988, n. 1136 del 1989). 

J.>oicli~ nella specie i termini fissati per l'attuazione dei provvedimenti 
sono $tati all'evidenza e di gran lunga superati, � da ritenere che la 
proprietl:U'ia interessata abbia adito il Pretore a difesa di una posizione 
di diritto . soggettivo, non . degradata ad interesse. 

Va quindi dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, con la 
conseguente condanna . della parte ricorrente al pagamento delle spese 
qel giudizio di .cassazione. 

CQRJ:E DI CASSAZIONE, Sez; I, 7 novembre 1990, n. 10723; Pres. Vela Est. 
.Luccioli � P. M. Donnarumma (diff.); -Ministero dei Lavori Pubblici 
t(Avv. Stato D.'Amato) c. De Vivo. t(Avv. Ricci). 

Giurisdizione civile -Appalto di opere pubbliche -Revisione prezzi -Cri� 

teri liquidatori � Valutazione discrezionale � Esclusione � Azione di 

ripetizione indebito � Incide su .diritto soggettivo � Giurisdizione 

del G.O. . . 

Appalto � Appalto �di opere . pubbliche � . Revisione �prezzi � Accertat11ento 
� tabellare � Ta,bella utili#af:>ile -� quella riproducente i prezzi al mOmento
� de.' offerta � Compilazione in epoea successiva � � irrilevante. 

La posizione dell'appaltatore, una volta effettuata dalla P. A. in senso 
positivo la scelta di concedere la revisione, assume la consistenza di diritto 
soggettivo: pertanto rientra nella giurisdizione del giudice ordinario 
l'azione promossa dalla P. A. per l� ripetizione dell'indebita oggettivo inerente 
all'ammontare del compenso revisionale (1). 

L'unica tabella da assumere a base ai fini della revisione � quella 
che riproduce i prezzi relativi al momento in cui l'offerta (ora l'aggiudicazione, 
ti.i sensi dell'art. 33 della l. 28 febbraio 1986, n. 41) � stata effettitata, 
anco.rche successivamente compilata e pubblicata: sicch� i valori 
dell'ultima tabella nota al momento della formulazione dell'offerta possono 
assumere per l'imprenditore un rilievo meramente orientativo e di 
supporto per le sue autonome valutazioni (2). 

(1-2) Revisione dei prezzi nell'appalto di opere pubbliche: posizioni giuridiche 
soggettive dell'appaltatore e determinazione del prezzo corrente alla data 
dell'offerta. 

La controversia da .cui ha trattto origine la pronuncia in rassegna concerne 
il problema della determinazione dei prezzi correnti (riferiti ai materiali, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

258 

Va preliminarmente rilevato che la memoria illustrativa dell'Amministrazione 
ricorrente � stata depositata tardivamente {tenuto conto della 
sospensione dei termini durante il periodo feriale), onde non pu� essere 
oggetto di esame. 

Con il secondo motivo, da affrontare con precedenza sul primo per 
la sua logica priorit�, il Ministero dei lavori Pubblici censura l'impu� 
gnata sentenza nel punto in cui afferma che le tabelle dei costi da assumere 
come riferimento nel calcolo revisionale debbono essere quelle 
vigenti e note al momento dell'aggiudicazione, deducendo al riguardo 
che, poich� funzione propria delle tabelle � quella di rilevare i prezzi correnti 
in periodi successivi, va considerata ed applicata quella che rilevi 
i prezzi correnti nel periodo in cui l'offerta (attualmente l'aggiudicazione) 
� stata effettuata, e non quella che dichiari i prezzi correnti in un periodo 
in cui l'offerta (o l'aggiudicazione) non era ancora avvenuta; con 
la conseguenza che, nel � caso di accertamento successivo di errori nel 
calcolo della variazione, l'Amministrazione ha il dovere di rettificare l'atto 
di liquidazione ed � legittimata a ripetere l'indebito. 

La censura � fondata. 

alla mano d'opera, ai trasporti o noli) al momento dell'offerta (o dell'aggiudicazione) 
da parte dell'appaltatore, su cui basare il calcolo della variazione 
successiva ai i�ini del compenso revisionale. Nella fattispecie in esame l'appaltatore 
era stato chiamato in giudizio dall'Amm.ne committente per la restituzione 
della maggior Somma pagata dalla stessa Amm.ne rispetto al compenso 
rev�sfonale dovuto, essendo il calcolo avvenuto �sulla base di tabelle dei prezzi 
correnti approvate in un periodo antecedente all'offerta e pertanto successivamente 
modificate. 

L'appaltatore aveva eccepito in primo luogo il difetto di giurisdizione del


l'A.G.O. vertendosi su questione inerente all'adozione da parte della P. A. di 

critem di quantificazione della revisione, ed in secondo luogo aveva affermato 

l;inapplicabilit�, ai fini revisionali, della tabella approvata in epoca posteriore 

all'esecuzione dei lavori, siccome inerente a posizioni soggettive gi� riconosciute 

dalla P.A. 

Mentre il giudice di primo grado ha accolto, quanto al merito, la do


manda dell'Amm.ne, in sede di appello proposto dall'appaltatore, la Corte di 

merito ha affermato che le tabelle dei costi da assumere come riferimento ai 

fini del calcolo revisionale debbano ritenersi solo quelle vigenti e note al 

momento dell'aggiudicazione, costituendo esse sole il parametro per la for


mazione dell'offerta da parte dell'appaltatore; la Corte ha poi escluso l'effetto 

retroattivo delle ulteriori tabelle approvate in data successiva all'offerta (o 

aggiudicazione}. 

Sia in primo che in secondo grado, peraltro, � stata confermata la giu� 

risdizione del G. O. con conseguente eventuale potere del medesimo di disap� 

plicare l'atto amministrativo illegittimo ai sensi dell'art. 5 L. n. 2248/1865 all. E. 

Nell'accogliere il ricorso proposto dall'Amm.ne dei LL.PP. la Corte Suprema, 

con la sentenza in esame, ha condiviso la tesi affermativa della riferibilit� del 

calcolo revisionale al prezzo corrente accertato per il periodo dell'offerta (o 

aggiudicazione), sia pur con tabella approvata successivamente a tale data, 


PARm I, SEZ. :i:n; :GIVRISPRUD�NZA civll.E; GIURISDIZlONE E APPALTI 159 

Essa investe> la complessa probleni:�tica inerente aHfoggetto dell'accertamento 
contenuto nelle tabelle revisionali ed. all'efficacia di queste, sulla 
quale non risultano precedenti ,sp�eifid di questa Corte~ 

�La doglianza non coinvolge. peraltro�� gli aspetti�� inerenti al� valore 
giuridico~ gesum:ibiI~ 9�Ua �natu,t'a e dalfondamento,�� delle>tabelle:.nell'ambito 
c:'telproc~i:li~ento re'visfonal�� ed alla corrispondente� posii:ione 
soggetti'lra; delpriv�tovatteso chel<> stessri'.appalta:tore De Vivo. non contestainJinea 
generale ed accetta in. concreto�la ;-revisione secondo�. il siste~
na tabellal'e,. �.� � . . . . r 
.� < Va ijp];):ortunam:ente ricordato� .che<secorido la consolidata giurisprudenta 
dfquesta Corte {v. per tutte S.U.15 �ttobre 1987<n; 7623; Sez. I 
2~ aPdte 1987. n .. 4:09CJ;;S. u. 21 .. giugno< 1986 n.. 4270;�.�. s.. u, 5:. aprile.�� 1986 
n. 4~.98;~,.U, l~ ottobre� 198'5 ..n. 4753i S;U, 23 febbraio.� 1983: dal. �1363�� al 
l3�q} Ja 11'Qs.j9ne dell'.appaltatore; una� volta .effettuata. dalla RA�. in . senso 
Po�i#v9; �ia: s4~lta di .. c()n,~~ere Ji;t reVisione, assume la consistenza di 
diritto soggettivo, coinvolgendo l'effettiva determinazione del quantum 
4e~la J:eYi$ione..;;9~t,�A:to J!,~p.plicazj9:ne .��di .criteri e parametri liquidatori 
�he nqn Ia~�ian.o ,Sp<lzj.9 li;\ y~lutazj9:p.e <l.iscr@Zio:naj;e,. diinteressi pubblici, 
.(\!.��� �o.cep:lqnp, .qtiliJ.W, pon.}'ei>~l'.'�jzjQ .(}el . potere, ... m~ il. niodo .� di essere 
del rapporto obbligatorio .. venuto .. ad . esistenza per effetto di quell'esercizio. 
con conseguente. PQ.llilibilit� da patte dell'Am:rn.ne/ �n caso di accertainent<> 
successivo di �err.ori nel calcofo della variazione, di rettifica dell'atto �di �liqui~ 
dazione .e di :ripetiz��ne dell'indebito. � 

Aj fini di una. migUorer. coinprensio:ile del problema e� della disamina � della 
sentenza in .parola . giova un �breve esame delle norme . rinvenibili all� �� base 
dell1istit�to rewsionaJ.e; In seguito al D.L. C;P.S. 6 dicembre 1947, n; 1501 (art. 1) 
che stabilisce la.facolt�.di re\iisione dei prezzi nel caso di un aumen'fo o una 
dimin�zione �. maggiore del 10%� 'dei��prezzi��correntidopo�� ia presentaz��ne �del� 
l'offerta, il Mini LL;PP .. con circolare n. 633 del 28 febbraio 1948 istitu� m 
ognL pro\iincia una commissione . per< determinare ��il��costo �dei.� materiaii ��e del 
trasporto Per 9gni perfod<> mensile� Con airc<>fate. del 22 febbraio 1964 lo stesso 
Ministero; �.invit�..i.� capi degli uffici del Genio Ci\iile a convocare �mensilmente 
le commissioni suddette. per. prendere in considei:amone i costi reali di mercato, 
tenendo �onto anche dei bollettini . delle Camere di Commercio ed, ancora 
con circolare� m 505 ctel:-28 � gen:ilaio: 1977 le commissioni provineiali furono � sosti� 
tuite con conuriissdoni:.regionali;,�.ai finisempre. della determinazione mensile 
dei cost:L . . � �� �''>"'��� 

Il problema �della determinazione dei prezzi correnti alla data di presentazione 
dell'offerta trova origine nell'applicazione concreta delle :richiamate 
disposizioni. Da un lato, dnfatti, le�. commissioni istituite� non hanno �proceduto 
con regolarit� alle �riunioni ��mensili, �dall'altra le �tabelle pubblicate hanno contimiato 
ad indicare le variazioni intervenute mensilmente per il�� periodo intercorse 
delle tabelle precedenti. Si�.ch�, due sono state le tesi segu�.te, tanto 
in sede di amministrazione attiva che di � sindacato giurisprudenziale. 

Da una parte si � infatti sostenuto (v.. Commissione ministeriale per 

esame ricorsi sulla revisione dei prezzi, par.. n.> 2248 del 7 marzo 1977 e 2.516 

dell'll novembre 1980, dn Arch. giur~ oo.pp. 1977, 3�, 390 e 1982, 3�; 193; Com




260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E pertanto rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, investendo 
posizioni di diritto soggettivo inerenti all'ammontare del compenso 
revisionale, l'azione promossa dalla P. A., nei limiti previsti dal codice 
civile per la ripetizione dell'indebito oggettivo, volta alla restituzione 
della differenza� tra quanto pagato e quanto eff.ettivamente dovuto. 

Questa Suprema Corte a sezioni unite ha altres� di recente affermato 
che nell'ambito di un'azione siffatta spetta all'Amministrazione che abbia 
unilateralmente ridotto il quantum non in via di autotutela, con annullamento 
o revoca del precedente atto, ma a titolo di correzione di errori 
commessi, dimostrare la � non spettanza � della maggior somma inizialmente 
liquidata O luglio 1988 n. 4481). 

Ove peraltro la P.A. abbia modificato in sede di autotutela l'atto 
amministrativo di liquidazione in senso sfavorevole per l'appaltatore, il 
giudice ordinario ha il potere di disapplicare il nuovo atto liquidatorio 
se accerti che esso sia l~ivo del diritto soggettivo ad ottenere il giusto 
compenso revisionale. 

Tanto premesso, osserva il Collegio che un approccio corretto alle 
specifiche questioni ch� in questa sede si dibattono non pu� non assumere 
a fondamentale punto di riferimento la norma base. dettata dal-

I 

missione minist. per la revisione prezzi, par. n. 2744 dell'8 novembre 1983, uffi. 
cio studi e legislazione Min, LL.PP. circolare n. 705 U.L. del 18 aprile 1984; 

I

Cons. Stato, par. n. 378 del 29 agosto 1983 e Cons. Stato, sent. Ad. Plen. n. 18 
del 7 settembre 1984) che i prezzi cui far riferimento ai fdni revisionali devono 

I

essere quelli indicati nell'ultima tabella pubblicata prima della data di presentazione 
dell'offerta, con conseguente riduzione del prezzo rispetto a quello ~ 
corrente e dunque con aumento del compenso revisionale. Tale opinione si 
basa sull'affermazione che solo la tabella precedente alla data dell'offerta pu� 
costituire un parametro per la formazione della stessa da parte dell'appaltatore. 
(Il Consiglio di Stato, peraltro, nel richiamato parere n. 378 del 29 agosto 
1983 ha affermato che nella ipotesi normale di tempestiva rilevazione dei 
prezzi correnti la regola generale da appldcare � quella per la quale i prezzi 
correnti al momento dell'offerta sono quelli rilevati come relativi a quella data 
nelle tabelle delle commissioni provinciali o regionali anche se pubblicate 
naturamente (o fisiologicamente, come osserva il Consiglio di Stato) dopo 
quella data: solo nell'ipotesi anomala di tabelle pubblicate tardivamente in 
misura patologica tale da non garantire, con l'aderenza delle operazioni di 
rilevamento dei prezzi accertati, deve ricorrersi all'ultima tabella pubblicata 
prima della data dell'offerta, indipendentemente dal periodo di tempo cui i 
prezzi cos� accertati si riferiscono). 

Dall'altra si � invece affermato (Commiss. per l'esame dei mcorsi sulla 
revisione prezzi par. n. 2334 del 27 giugno 1978 in Arch. giur. oo.pp. 1979, 3�, 
767; id. nn. 2412 del 16 ottobre 1979, 2532 del 17 marzo 1981, ivi 1981, 3� 78 a 
1982, 3�, 202; Uff. studi e legislazione Min. LL.PP. nota n. 1739 U. 1 del 3 novembre 
1982) che i prezzi correnti su cui basa I�l compenso revisionale non 
possono che essere i prezzi oggettivamente vigenti al momento dell'offerta e 
pertanto, solo quelli accertati in riferimento al mese in cui � avvenuta la stessa, 
anche se indicati in una tabella pubblicata successivamente. 


PARTB I, SEZ. III>. GIORISPRUDBNZA: CIVILE,�GIURISDIZIONE B APPALTI 261 

l'art. 1 d.l.c;p.s. 6. dicembre 1947 �n;. 150:1, secondo la� quale � ammessa �la 
facolt� di .procedere alla revisione dei prezzi pattuiti quando l'Amministrazione 
� riconosca che il�. costo�� complessivo �dell'opera � aumentato . o 
diminuito in nrisura..$uperiore al 10.% per effetto di variazioni dei prezzi 
correnti biterv~np,te s\lccessivamente alla presentazione .dell'offerta �. 

� . � .� .. �Il prestj,pposfo per J'applicaiione .. della revisione; ��secondo �il.. chiaro 
erttn;J.ci:ito della normai �. p�rtanto' il. mutamento, nella misura.� prevista, 
del costcf complessivo deU'qper~i per<effetto di variazioni dei � prezzi correnti
� dei materiali, della mano. cl/opera, dei trasporti (). dei noli tra il 
moment() della pt�s�ri.tazione dell'offerta. e� repoca.� delllesec�iione. 

Quella di �prezio corrente� �� un'espressione dvilisti�a/adottat�. in 
vane disposizioni del �codice civile �in materia di compravendita (artt. � 1515, 
1516, 1518 e.e.)/ di trasporto (art~ 1696 e.e;), di commissione.(art~ 1735 e.e.): 
norme che . .id.entifi~o la� nozione in discorso ���nel� prezzo generalmente 
Praticato mi:u:t c~Ho iri:tl>it<r territoriale ed in un dato tempo, quale 
rist:dta� daidocumenti> conta.bili del veri.ditore��(art� 1474 c.c.)rovvero, ove 
si tratti di beni aventi un prezzo di borsa . o di mercato, nel prezzo risultante 
dailistini di borsa Q dalle mercuriali (artt 1474, 1515, 1516;1518 e.e.), 
e> ancora; neFcaso di prezzi amministrativi �o controllati, in quello� risultante 
dall'atto dell~autorit� che Jo determina (artt. 1474, 1515, 15.16, 
1518 . e.e;), 

In. tempi di continui e notevoli aumenti di prezzi � evidente il rilievo 
eco:iwmico <lella q..~tione �prospettata: la . prima soluzione �.�"'-quella cio� � che 
identif;ic;a il Prezzo; base.<con q.ello: indicato nell'Ultima tabella precedente la 
data . dell'offerta ...,.. . pu� . comportate significativa riduzione del prezzo stesso 
rispetto a quello effettivamente <corrente a quella data con il �orrispondente 
incremento della. percentuale di .aumentctdei prezzi correnti durante l'esecuzione 
dei lavori e, � quindi, . del compenso revisionale; � 

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, .ha mostrato di optare 
Per la seconda sQl~one: tale orientamento appare da condividere; sulla base 
dell'interpret~ione l.etterale e sistematica delle norme citate � 

.In pmmo.luogo va osservato come' le tabelle .. siano atti di accertamento 

o ricognitivi di un dato oggettivo (ii prezzi correnti alla data dell'.offerta), 
dovendo,. come emerge dalle< disposizioni citate e come� giustamente precisato 
dalla .� Corte . Suprema, .�. le . Commissioni compiere� � un'indagine: � istruttoria, . � in 
via generale .e .preventiva . .in funzmne .di .procedimenti revisonali futuri ed 
eventuali �. In tal. senso l'attivit� delle commissfom non . ba carattere costitutivo 
e non � espressione di un potere discrezionale1.�n�� te�hico-discrezionale 
della P. A,.,, ma si sostanzia nell'accertamento e nell'acquisizione di dati. obiettivi,. 
senza quindi . esitare in un atto amministrativo di natura e contenuto 
provvedinlentale. 
Inoltre, .essendo necessario :ad fini revisionali il riferimento al prezzo realmente 
corrente (cio� effettivamente praticato dal mercato) al momento dell'offerta, 
secondo quanto appare evidente dalla. lettura delle relative disposizio�il 
(cfr, in particolare l'art. 1 legge n. 1501/47), tale dato obiettivo oggetto 
della rilevazione . non pu� essere sostituito, come correttamente afferma la 
Corte, dall'atto di.rilevazione.��La migliore �nterpretazione� .. delle. norme in argQ




262 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Si � opportunamente rilevato al riguardo in dottrina che l'attributo 
� corrente � vale ad evidenziare il riferimento al dato economico costituito 
dal valore di scambio del bene sul mercato, e non a quello giuridico 
rappresentato dal prezzo praticato in una fattispecie contrattuale 
dal singolo operatore. 

� peraltro noto che, non prevedendo il richiamato d.l.c.p.s~ n. 1501/ 
1947 alcun sistema di rilevazione dei prezzi e delle relative variazioni, 
la cui concreta individuazione restava rimessa alle opzioni di metodo 
della P. A., il Ministero dei lavori pubblici con circolare del 28 febbraio 
1948 n. 663 ritenne opportuno, sulla spinta di esigenze di uniformit�, 
certezza e snellezza, fissare �criteri pratici normativi in modo che tutti 
gli uffici abbiano a seguire un metodo di calcolo uniforme�, istituendo 
in ogni provincia apposite commissioni per la determinazione del costo 
dei materiali e dei trasporti a scadenze mensili (con successive circolari 
l'ambito territoriale di competenza di dette commissioni divenne regionale, 
l'oggetto dell'accertamento fu esteso al costo della mano d'opera 
ed il periodo di rilevamento divenne bimestrale, fino all'entrata in vigore 
della recente 1. 28 febbraio 1986, n. 41, che ha disposto per la semestralit�). 

La natura della fonte istitutiva, la cui considerazione costituisce 
-come� gi� rilevato -punto essenziale per la corretta impostazione 
della problematica, ed il tenore stesso della circolare non consentono 
di dubitare che attribuzione specifica ed esclusiva delle commissioni 

mento conduce, dunque, a concludere nel senso che il confronto dei prezzi 
al fine dell'accertamento di eventuali variazioni debba essere effettuato tra 
i costi al momento dell'esecuzione ed i costi del periodo di offerta quali accertati 
per quell'arco temporale e non precedentemente, residuando la possibilit� 
di un accertamento della veridicit� delle tabelle tardive in sede giurisdizionale, 
con la conseguenza dell'eventuale disapplicazione delle stesse da parte del 
giudice ordinario. 

La revisione dei prezzi ha infatti la funzione di compensare le variazioni 
dei prezzi intervenute dopo la determinazione del prezzo contrattuale, cio� 
di conservare, nei limiti stabiliti dalla legge, il contenuto economico, in termini 
reali, dell'offerta dell'appaltatore. � allora evidente che quella funzione pu� 
essere soddisfatta solo se si pongono a confronto, ai fini della determinazione 
del compenso revisionale, i prezzi che sono stati accertati come effettivamente 
correnti alle date, dell'offerta e della esecuzione dei lavo11i, non anche se si 
confrontano con questi ultimi quelli che sono stati accertati come correnti 
in date anche di molto precedenti quella dell'offerta. 

Nella sentenza in esame la Corte Suprema si � peraltro pronunciata anche 
sul problema del riparto di giurisdizione in materia di revisione dei prezzi. 

Riproponendo l'impostazione fatta propria da una ormai consolidata giu11iptudenza 
(Cass. civ. Sez. Un. sent. nn. 1363, 1364, 1365, 1366, 1367, 1368, 1369 e 1370 
del 28 febbraio 1983, di cui le nn, 1363, 1365 e 1366 in Giust. civ., 1983, I, p. 3320 
e id. n. 12176 del 27 dicembre 1990 in Foro it. 1991, I, 1974) la Corte individua 
due fasi nella posizione dell'appaltatore: la prima di 11iconoscimento del diritto 
dell'appaltatore alla revisione (an), tramite l'esercizio del potere discrezionale 
della P. A., cui inerisce l'interesse legittimo del privato, la seconda relativa al 

I 


I 


I 



PARTE I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 263 

in discorso fosse quella di fornire alla P. A. uno strumento sicuro e 
rapido di rilevamento dei prezzi al fine dei calcoli revisionali, e quindi 
di svolgere un'attivit� di mero accertamento di dati obiettivi. Quella ad 
esse demandata era ed � un'indagine tipicamente istruttoria, espletata 
in via generale e preventiva in funzione di procedimenti revisionali futuri 
ed eventuali. 

Che poi. la. rilevazione dei prezzi correnti non concerna un fatto im� 
mediatamente percepibile � in rerum natura �, ma richieda indagini statistiche 
.e procedimenti .di elaborazione dei dati raccolti -mediante la 
formazione di medie costruite con riferimento, nel periodo considerato, 
ai. valori pi� significativi assunti ...... non.� vale ad incidere sull'bggetto 
d�ll'indagine, che � e resta un dato di fatto suscettibile di riscontro 
n�lla sua entit� oggettiva. 

N� pu� ritenersi --come sostenuto in alcune decisioni di tribunali 
amministrativi regionali -che per effetto di una .prassi consolidata 
-secondo la quale. la P.A. avrebbe finito �per attribuire �carattere�inderogabile 
.�alle proprie tabelle e l'appaltatore per prendere a base � della 
propria offerta non gli effettivi prezzi di mercato, ma quelli risultanti 
dalle medesime tabelle .....,.. queste. ultime si siano sostanzialmente trasformate 
in atti di carattere costitutivo, assumendo � de facta � un'effi. 

quantum del compenso� :r:evision�le; collegata ad un diritto soggettivo del� 
l'appaltatore. 

Nell.a. specie,. pertanto, la Corte afferma. la giurisdizione del giudice ord�, 
nario, essendo la controversia inerente all'ammontare del compenso. revislon�le. 
Un diverso orientamento � stato invece seguito. dalla giurisprudenza amministrativa 
che ha �ffermato la giurisdizione. del G. A. sulle controversie in materia 
di revisione di prezzi . �in cui non si dibatta Sull'ammontare del compenso 
revision�le, ma sul metodo di calcolo (Csi, 24 novembre 1988, n. 191 in Cons. 
Stato 1988, I, 1537; id. 22 novembre 1990, n. 391 in Cons. Stato 1990, I, 1490). 
Il �onsiglio di Stat� ha; pei:�ltro, precisato di recente (con sent. n. 7 del 1990) 
che non � sufficiente il riferimento al qt�i:htum �l fine di individuare l'appartenenza 
della controversia all'uno o all'altro giudice, occorrendo avere riguardo; 
piuttosto, all'esercizio o meno della discrezionalit� anche �tecnica� clella P. A., 
la quale incide altres� sul profillo quantitativo della pretesa revisionale. Rientrerebbero 
pertanto, in tale ottica, nella. giurisdizione del G. O. unicamente le 
controversie tendenti �� alla soddisfazione del credito��� cos� come �determinato 
dall1Amministrazione e miranti a correggere errori estranei all'esercizio del 
potere discrezionale �. 

Una siffatta impostazione induce peraltro a talune considerazioni: la di� 
screzionalit� tecnica della P. A., infatti, si riferisce esclusivamente ad un momento 
conoscitivo e non implica un momento dii valutazi�ne. 

Sembra, pertanto, doversi condiviidere l'�rientame1ito seguito nella specie 
dalla Corte di Cassazione, che ha individuato la sussistenza di un diritto soggettivo 
del privato tutelabile davanti al G. O. una volta che il potere discrezionale 
in senso stretto dell'Amministra71ione si sia esaurito con l'esercizio della 
facolt� di revisione. 

ANTONIO CINGOLO 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO� STATO 

cacia vincolante per entrambe le parti: ed invero non � configurabile 
nel sistema, sulla base dei principi generali dell'ordinamento, l'attribuzione 
di un valore costitutivo, con effetto �erga omnes �,ad accertamenti 
disposti con circolare ministeriale e demandati ad uffici istituiti con la 
medesima . circolare .... 

N� appare correttamente utilizzabile nella presente controversia il 
richiamo agli artt. 12 comma 2� 1. 3 gennaio 1978 n. l, 8 comma 2� 1. 10 
dicembre 1981 n. 741 e da ultimo 33 n. 3 1. 28 febbraio 1986 n. 41 -che 
secondo alcuni avrebbero non soltanto conferito un implicito riconoscimento 
normativo al sistema di cui aUa circolare del 1948, ina avrebbero 
anche legittimato la funzione costitutiva � de facto � assunta dalle tabelle 
in discussione -atteso che, a prescindere da ogni considerazione in 
ordine alla validit� della tesi che ravvisa una volont� del legislatore in 
tale . senso, tutte� le norme suindicate sono inapplicabili nella specie, 
in quanto successive. 

De.ve pertanto concludersi che i dati tabellari, siccome direttamente 
strumentali all'accertamento dei �prezzi correnti�, rilevano e trovano legittirhazione 
~��anche�quando, come nel caso in esame, non se ne discutano 
il fondamento e l'idoneit� .a vincolare l'appaltatore -solo se costito.
iscano non gi� espressione .. di valutazioni discrezionali, ma accertamenti 
di quell'unico dato di fatto posto dalla norma, e nei limiti della 
veridicit� degli elementi acquisiti. 

S questa l'impostazione implicitamente recepita dalle richiamate decisioni 
a S. U. 23 febbraio 1983 dal n. 1363 al n. 1366, nelle quali si afferm� 
che; quante volte i dati presi a base non rispecchino i prezzi correnti 
. nel periodo da considerare, il giudice ordinario pu� utilizzare gli 
strumenti processuali di cui dispone {eventualmente ricorrendo a consulenza 
tecnica) per provvedere alla concreta liquidazione degli importi 
dovuti. 

:a d'altro canto evidente che la diversa tesi finisce con il sostituire, 
al di fuori di qualsiasi fondamento normativo, un atto, cio� le tabelle, 
ad un fatto, quale � il � prezzo corrente �, ossia uno strumento di rilevazione 
con I'oggetto della rilevazione. 

Cos� definiti la natura ed i limiti dell'accertamento tabellare, � agevole 
rilevare che la questione della retroattivit� delle tabelle -sulla 
quale le commissioni ministeriali per l'esame dei ricorsi per la revisione 
dei prezzi contrattuali hanno costantemente centrato i propri pareri � 
impropriamente posta. Non si tratta qui di applicare una disciplina 
intervenuta successivamente a fatti gi� verificatisi, ma di individuare, 
nell'ambito del meccanismo revisionale, tra pi� tabelle successive quella 
applicabile in relazione al momento della offerta (attualmente dell'aggiudicazione, 
ai sensi dell'art. 33 1. 28 febbraio 1986 n. 41): e poich� le tabelle, 
per la loro stessa natura e funzione e per il tipo di indagine che 
richiedono, sono atti di accertamento di fatti pregressi, rappresentati 


PARTE I, SEZ. III, GIORISPRUDENZA CIVILE, Git!RISDIZIONE B APPALTI 26S 

-come gi� precisato ...-dal valore di scambio in un certo mercato di 
un determinato bene, l'unica tabella da assumere a base ai fini della 
revisione � quella. che. riproduca i prezzi relativi al momento in cui 
l'offerta (ora l'.aggiudicazione) � stata effettuata, ancorch� successivamente. 
compil<ita .e>pu\)blicata �. 

i!. infatti Jo stesso sistema adottato dalla P. A. a comportare che le 
tabelle si riferiscano. a prezzi anteriori a quelli esistenti nel momento 
in cui vengono redatte e rese note, . c0s� � da determinare una sfasatura 
crqn()l�>gica tra)l dato di fatto considerato dalla legge e quello formale 
introd()tto dalla prassi a1Ilministrativa. 

N� pu� . ancora valic}�tnente sostenersi che i prezzi rilevati nelle 
ultime tabelle note al momento dell'offerta entrino a far parte della 
struttura sinallagmatica qel rapporto, o comunque costituiscano elementi 
imprescindibili... ai fini .della formazione della. volont�. negoziale, restando 
l'appaltatore libero, nell'esercizio della propria autonomia, di offrire i 
prezzi che ritenga pi� convenienti in rapporto alle proprie capacit� tecniche, 
organizzative ed economiche: nella formulazione dell'offerta i valori 
dell'ultima tabella nota possono quindi assumere. per�� l'imprenditore 
un rilievo meramente orientativo o di support.o per le sue autonome 
valutazioni. 

L'mterpretazione cos� accolta � stata da ultimo sostenuta dal Consiglio 
di Stato sia in sede consultiva (v. parere commissione speciale � 
sez. I, 26 maggio 1987, n. 1) che contenziosa (v. sez. IV, 4 agosto 1988, 

n. 678 e sez. IV, 31. ;marzo 1989, n. 203), che ha cos� modificato gli orientamenti 
in precedeJ1Za espressi nell'una e nell'.altra sede (v. parere sez. II, 
29 agosto 1983, n, 65li decisione Ad. plen, 7 settembre 1984, n. 18). 
Sulla base dei suesposti principi avrebbe dovuto la Corte di Appello 
impostare e risolvere� il problema della individuazione della tabella applicabile 
�nel. caso di specie. 

Va peraltro rilevato che non risulta in modo chiaro .�n� dalla pronuncia 
impugnata n� dalle� deduzioni� delle parti quale rapporto intercorra 
tra le tabelle esistenti nel 1974, ossia nel periodo di formulazione dell'offerta, 
e quelle elaborate nel 1976 e poste a base del nuovo conteggio 
revisionale di cui al decreto 4el provveditore alle opere pubbliche della 
Basilicata 24 settembre 1980, n. 6573. Non � insomma desumibile -n� � 
nei poteri di questa Suprema Corte svolgere accertamenti al riguadro se 
le nuove tabelle del 1976 siano intervenute m successione meramente 
temporale rispetto a quelle precedenti applicate con il� primo atto liquidatorio 
ed abbiano rilevato per la prima volta i prezzi correnti nel periodo 
che interessava o invece -come. sembrerebbe da alcuni passaggi 
della sentenza impugnata -abbiano avuto la diversa funzione di revocare 

o annullare, sostituendole, le precedenti relative al predetto periodo: in 
tale ul.tima ipotesi sorgerebbe l'esigenza di verificare in via incidentale, 
aL fini. dell'eventuale disappli�azione, la legittimit� dell'ann.Uamento o 

266 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA. 'DELLO STATO 

della revoca �delle prime tabelle e del conseguente provvedimento di 
rideterminazione del compenso revisionale. 

Tale accertamento il giudice del rinvio dovr� svolgere in concreto, 
verificando altres� se l'eventuale annullamento o revoca delle tabelle 
preesistenti abbia avuto specificamente ad oggetto quelle che riflettevano 
i prezzi correnti, nel senso precisato, alla data della offerta. 

Il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce che la Corte di 
Appello, incorrendo nel vizio� di mancanza o insufficienza di motivazione 
su un punto decisivo della controversia, avrebbe omesso di accertare 
se le c�rrezioni apportate dalle tabelle elabora.te nel 1976 avessero interessato 
i prezzi considerati come correnti in base alla tabella vigente e nota 
alla data dell'offerta o tabelle posteriori; cos� trascurando di verificare 
se ricorresse una di quelle situazioni in cui in ipotesi sarebbe stato applicabile 
il principfo di diritto accolto, resta conseguentemente assorbito. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unit. Civ., 28 novembre 1990, n. 11461 �� 
Pres. Vela � Rel. Nardino -P. M. Di Renzo {conci. conf.). -Regione 
Lazio (avv. Dell'Aglio) c. CAMST (avv. Visconti e Solazzi) ed altri; 
IDISU (avv. St. De Figueiredo c. Regione Lazio ed altri {Regolamento 
di competenza). 

Giurisdizione civile � Diritti sindacali -Diritti in �senso stretto e diritti 

�correlati�� Regime antecedente all'entrata in vigore della L. n. 146/90 


Cognizione del Giudice ordinario e del Giudice amministrativo. 

Prima dell'entrata in vigore della l. n. 146/1990, il criterio discriminante 
della giurisdizione in materia di diritti sindacali � costituito dalle 
posizioni giuridiche che si assumono lese, essendo devolute alla cognizione 
del Giudice ordinario le controversie nelle quali si chieda la tutela 
di diritti sindacali in senso stretto, e spettando invece al Giudice amministrativo 
di conoscere della asserita lesione di diritti sindacali cd. � correlati
� a posizioni soggettive vantate dal pubblico dipendente (1). 

(omissis) I ricorsi della Regione Lazio e dell'IDISU, entrambi diretti 
ad ottenere la pronuncia di queste Sezioni Unite sulla giurisdizione in 
ordine alla controversia promossa dallo SNALS, vanno riuniti. 

g opportuno preliminarmente ricordare che la giurisdizione di legittimit� 
e di merito � da tempo consolidata sui seguenti principi: �In 

(1) Con decisione deliberata all'udienza del 27 ottobre 1989, le Sezioni Unite 
fanno applicazione di principi Ol;'IIlai pacifici in materia di riparto di giurisdi

PARTE I, saz. lU; GIURISPRtlllENZA CIVILB, QIURISDlZlONE ll APPALTI 267 

tema di rapport� di pubblico impiego ed .a fronte di un. comportamento 
antisindacale del datore di lavoro,. che impedisca o limiti !'esercizi? 
della libert� e dell'attivit� delle organizzazioni sindacali, l'indivic;l.uazione 
dei rimedi giurisdizionali di cui tali organzzazioni possono avvalersi a 

~g~~iit;Ml~e.:�.t9t9.. R?~~~~9ni ;<~nmri.H.. P;;l,!W~... � R\'.)J]sister.;~.. cl~... gitjl#.. sp~~etHv1), 'llW ~ff:ettua.ta: axstingtiendo 1rC4�9 P..@i �4.aj~ 4etto ��#�?<.>ft:zjrieiitC> 
leda interessi propri ed esclusivi del sihd.t\(;�.io �(cosiddetti diritti sindacali 
ili: senso�� strettof a�l �aso nel quale presil:nti\:arattere pltiri�ffensivo/�irt 
qjlantoi ttirettaril~m~< �nc~(forid� ~im~ J;iqs�zftitjf .ct~r sJngblo . <Jip�ntlente, 
venga ad lt:�terfeHre llli.di��ri�11a����st�fii��� gf�rldidfdefslt:�dacafo,�on lesione 
ru suoi fut�ressi strettamente pollegati a quelli del. dipendente .(cosiddetti 
diritti �sir.i.it�.2aU cot:IJ.1.ess� o � 8orMt�ti). ... .Nena J;>:dma �ipotesi 1a tutela � 
esp�ribile� davanti all'atlforit� gi\.�:�izfaria� �ordil:i.aria, nella normale�� sede 
C:onteiiZios�. qtiandd .. si . Jratifdi"dipendenti delle AllimJnistrazioni dello 

�~~?~b9~n~b~11~~~~~�i~Bs~~iirW~~~����Tu~j7r~~6.~>tTw~od:~11as!tfeg: 

nei niddi. previsti tiruhiit; 2.8 de)J.(J .sta~tci def i..~%ratori quando si 
tratti ru . rupenderit� di �:ritF puobllcf no'li econo:b:iki...; � Cui si applica� il 
Citato art. 2lFdello Stat�to, a norrifa del successivo art. 37 ed in� mancanza 
d� i;tpp6sita normathia spe�iale, ... � 

Nella seconda ipotesi, si� tratti di dipendenti statali ovvero'ru rupenderid 
di �altri enti�� pubblici � non�� economici, detta tutela del Sindacato 
spetta al giuruce amministrativo in sede ru giurisdizione esclusiva, tenendo 
conto c!ly fig.�.ird~ <i~ptti. tj:le attengono.� oggett~vawel1te al rapporto ru 
pubbUco �ll1:J?~ego (ttn�he. se qiyer~i<da�. q..elli 4ell'impiegato) e la. tutela 

1

xnedes~ma.. deve .. riten~rsi esper~"f:>ile � 11on �n. yia,. eventuaj.e . ed inruretta, 
t.ramite interyerito aciesivo nel giudizio che promuova il rupendente, fu 
quanto do j.J)).plicherebbe fa possibilit� ru carenza tlL difesa giurisdizion.
al~ pez;} .(liritt.i del Sinciacato, . ma in vii:!-~.tonoma.�ed inrupendente, 
iliedia1�e l'iristaurazfone di� apposito .. giudiZi.o �(spett~clo� poi . al. giudice 
ammfuisfrativo fev�:ri{ll.aje �ntegra~�oli� del �. contradcti.ttC>rfo nei confronti 
degii aj.tri interessati)~ i(Cass. Sei. Un., 26 luglio 1984, n. 4399; v. anche 
iri senso, C:onibl:Iri� i�~�lltenze nn. 4386, 4387, 4390 del 1984; nn. 3288, 4154 
del� 1.985; t:IJ.1.. 2099, 2467, 3371 del 1986; nri. 249; 4092 del 1987; nn. 5569, 5635 
del 1988; cfr. anche cc>fte cost�tuiionale rt. 860/88). . . . 

zione in relazione ai diritti sindacali, consolidatisi in seguito alle note pro� 
nunzie del luglio 1984 (nn. 4386, 4387, 4390, 4399 et al.). 

La pronunzia, peraltro, essendo stata depositata . in data 28 novembre 1990, 
e cio� successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 146/90 (che, all'art 6, 
ha recato profonde innova7Ji.oni sul punto: si veda la nota pubblicata su questa 
Rassegna, 1990, �.I, 488), � presumibilmente una delle �ultime a �fare riferimento 
sic et simplici(er al criterio discriminatorio fondato sulla distinzione tra diritti 
sindacali. in senso stretto e d.s. correlati. 



268 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 dicembre 1990, n. 11964 � Pres. Bologna 
-Rel. Sgroi � P. M. Martone -Damiani (avv. Galluzzo) c. Ministero 
della Pubblica Istruzione (avv. Stato Arena G.). 

Collegi (amministrativi) -Verbale dell'adunanza -Atto pubblico � Efficacia 
privilegiata � Contenuto e limiti. 

Collegi (amministrativi) -Verbale dell'adunanza -Redazione ed approvazione 
da parte dello stesso collegio in data e in composizione diverse 
-Falsit� -Esclusione -Illegittimit� � Ammissibilit�. 

La efficacia privilegiata dell'operato del pubblico ufficiale ai sensi 
dell'art. 2700 e.e. comprende solo la dichiarazione delle parti o gli altri 
fatti che il p.u. attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, occorrendo 
la contestualit� fra la formazione dell'atto e fatto che l'atto 
� destinato a provare con la fede privilegiata; pertanto nella redazione 
del verbale dell'adunanza collegiale quella efficacia non comprende tutto 
ci� che � avvenuto prima o al di fuori dell'adunanza (1). 

La redazione, sottoscrizione ed approvazione del verbale da parte 
dello stesso collegio in composizione e date diverse, non costituiscono 
falsit� materiale se la diversit� � resa palese dallo stesso verbale ma 
danno luogo, eventualmente, ad una illegitimit� dell'atto collegiale (2). 

Per quanto attiene al profilo del falso ideologico, il ricorrente muove 
da un'inesatta nozione dell'efficacia probatoria, ai sensi dell'art. 2700 e.e., 
�delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il P. U. attesta avvenuti 
in sua presenza o da lui compiuti >>, quando vuole comprendere nell'ambito 
della suddetta efficacia privilegiata (fino a querela di falso) 
anche le dichiarazioni rese dal P. U. in ordine a fatti da lui non contestualmente 
compiuti o da lui appresi e conosciuti (nella fattispecie, 
l'avere o meno, anteriormente alla seduta, appreso una comunicazione 
circa il diario degli esami spedita dal Damiani) in un momento anteriore 
alla formazione dell'atto pubblico; fatti, che, inoltre, non sono destinati 
ad essere documentati nell'esercizio di quello stesso potere attuale di 
documentazioni che presiede alla suddetta formazione. Invero, la falsit� 
ideologica � la falsa attestazione di fatti compiuti dal P. U. o avvenuti 

(1-2) Sulla prima massima non sorgono dubbi; sulla seconda pu� osservarsi 
che la Cassazione ammette implicitamente che la redazione del verbale pu� aver 
luogo anche successivamente all'adunanza nella quale fu adottato l'atto collegiale: 
ma su tale punto la dottrina non � concorde: cfr. SANDULLI, Manuale, 
ed 1982, 585; GARGIULO, I collegi amministrativi, 1962, 267; DELFINO, Forma e ver. 
balizzazione degli atti collegiali amministrativi, Rass. Dir. Pubbl. 1965. 



PARTE I, SBZ. III) GIVRISPRUDBNZA CIVILB, GIURISDIZIONE B APPALTI 

in sua presenza, e di dichiarazioni da lui ricevute, nell'esercizio del suo 
potere attuale di documentazione. Occorre la contestualit� fra formazione 
dell'atto e fatto che l'atto � �� destina.to a provare, con� fede privilegiata. 
Nello stesso� assunto� del ricorrente, fl�Pteside � venuto a. conoscenza della 
sua anteriore comunicazione, �non ne�'esercizio del suo asserito potere 
di P� u. che redigeva il verbale dell'adunanza successiva, ma nella sua 
veste di Preside della Facolt�, non avente alctlll Potere di attestare, ai 
sensi dell'art. 2700c.c., se quella. comurifoazio:rie d�l d�cente fosse o meno 
pervenuta.. alla Segreteria della Facolt�(). albt.sua conoscenza. �, perci�, 
priyo cli rile~a11zastab�lire se il Pubblic9 Ufficiale rogal}te fosse soltanto 
U Segretitrio o anche il Presid,e della 'Facolt�, nella sua veste di Presidente 
del Collegio deliberante, perch� sicuramente il Presidente non avev.a il pa-. 
tere di documentare con fede privilegiata quello che era avvenuto (o 
non era avvenuto) prima ed al di fuori dell'adunanza. . 

Il verbale, contenente una sua eventuale falsa dichiarazione su circostanze 
non avvenute contestualmente, non era destinato a provare con 
fede privilegiata tali circostanze, che pertanto potevano essere contestate 
con ogni mezzo (Cass. 21 febbraio 1980, n. 1242; Cass. 12 giugno 1976, 

n. 2179). 
Per quel ch� riguarda il falso materiale, si pu� affetmare che i tre 
profili, indicati nel ricorSOi potrebbero astrattamente essere compresi 
nell'ambito della sua nozione; ma si tratta di profili indicati per la prima 
volta in questa. sede di Cassazio:rie e, pertanto, inammissibili, in quanto 
coi:rivolgenti acc�rtamerit� di fatto che soltanto il Giudice del merito 

. . . 

avrebbe potuto compiere, e non ha compiuto perch� non gli sono stati 
prospettati. Basta leggere l'atto d'appello,. nel quale si. accennava, in modo 
generico, soltanto a �varie diversit� fra i verbali, riflettenti )a medesima 
seduta, ma redatti in date diverse; ma non si indicava con la necessaria 
specificitZione (di. fro1lte .. alla decisione .di rigetto del Giudice di primo 
grado) quali fossero dette diversit�; e, meno che mai, si descrivevano 
quelle elencate supra alle lettere a), b) e c). 

La censura di apertura del rilievo concernente le falsit� materiali 
rigua.rda; poi, manifestamente, un'eventuale illegittimit� dell'atto e non 
una sua falsit� (composizione diversa del Collegio che delibera e di 
quello che approva il relativo verbale). 

Invero, dopo la formazione d�l documento, e cio� dopo l'esaurimento 

del potere di attestazione del Pubblico Ufficiale, tutto ci� che viene alte


rato o aggiunto vulnera il �documento nella sua genuinit�, e cio� si con


cretizza in un falso. materiale e nell'alterazione di un atto vero, che viene 

modificato n�l suo contenuto. In tale ambito non rientra l'eventuale irre


golare formazione dell'organo {quale risulta dai verbali, per cui non 

esiste alcuna alterazione del contenuto dell'atto gi� formato). 

IO 


210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ., 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civile, 15 gennaio 1991, n. 319 � Pres. 
Bologna � Rel. Cantillo -P. M. Martone (conci. conf.) � Di Properzio 
i(Avv. Moscarini) c. A.N.A.S. (Avv. Stato Tonello). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione illegittima -Accessione 
invertita � Successivo decreto di esproprio � Effetti. 

Deve ,essere cassata per difetto di motivazione la decisione della! 
Corte d'Appello che abbia omesso di rilevare che il decreto di esproprio 
sopravvenuto alla irreversibile destinazione del bene in seguito alla 
realizzazione dell'opera pubblica � � inutiliter datum �, e non comporta 
pertanto la conversione della azione risarcitoria proposta in opposizione 
alla stima dell'indennit� espropriativa (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civile, 19 gennaio 1991, n. 502 -Pres. 
Vela; Rel. Ruggiero; P. M. Di Renzo (conci. conf.) � A.N.A.S. (Avv. Stato 
La Porta) c. Cucchia ed altro i(Avv. Span�). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione illegittima � Accessione 
invertita � Decreto di esproprio emesso entro il termine di dichiarazione 
di pubblica utilit� � Effetti. 

Il decreto di esproprio sopravvenuto alla irreversibile destinazione 
del bene in seguito alla realizzazione dell'opera pubblica dopo la scadenza 
del termine della occupazione legittima � � inutiliter datum � anche laddove 
sia emesso entro il termine di efficacia previsto dalla dichiarazione 
di pubblica utilit� .(2). � 

(1-2) La Cassazione ribadisce l'orientamento oramai consolidato (Cass. SS.UU., 
10 giugno 1988, n. 3940) a mente del quale il decreto di esproprio � inutiliter 
datum se emanato dopo lo spirare del termine che legittima l'occupazione d'urgenza 
o in difetto dello stesso; pertanto, dopo l'acquisizione del diritto dominicale 
in capo alla P. A. a causa della realizzazione dell'opera pubblica, esso 
non determina la conversione dell'azione risarcitoria proposta dn opposizione 
alla stima, essendosi oramai � cristallizzato� l'illecito che giustifica l'azione 
di danno. 

Corollario di quanto precede � la inconfligurabilit� di un credito indennitario 
in capo all'espropriato, ed il rigetto dell'opposizione avverso la stima 
dell'indennit� espropriativa, ove proposta (da ultimo, Cass., 19 gennaio 1991, 

n. 514), in quanto diverso � il titolo dd acquisto della propriet�: il diritto al 
risarcimento del danno ex art. 2043 e.e. sorge nel momento in cui si realizza 

272 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, ritenendo fondata la censura dell'A.N.A.S. in ordine alla rivalutazione 
dell'indennizzo � quasi fosse un debito di valore e non di valuta �; 
e ha quindi limitato la rivalutazione medesima alla data del decreto 
di espropriazione, aumentando del 60 % la somma corrispondente alla 
diminuizione di valore del fondo residuo calcolata al luglio 1973, epoca 
di scadenza dell'occupazione legittima. 

Ora, sebbene manchi qualsiasi giustificazione di questo modo di procedere, 
non sembra che sussista la contraddizione logico-giuridica denunciata 
dai ricorrenti, per cui lo stesso debito sarebbe stato considerato 
� di valore>) fino all'espropriazione e � di valuta� successivamente; non 
potendosi far carico alla Corte di una siffatta opinione (manifestamente 
errata), � giusto ritenere che essa, in presenza di una liquidazione riferita 
al 1973, atraverso il meccanismo rivalutativo abbia inteso determinare 
la giusta indennit� di espropriazione alla data del decreto. 

Ma, a parte ogni altro rilievo circa il metodo seguito e il risultato 
ottenuto, questa statuizione muove da un presupposto (implicito) del tutto 
indimostrato, cio� che il decreto di espropriazione fosse idoneo a fungere 
da legittimo titolo traslativo del bene occupato. 

Come si � accennato, ci� era stato escluso dal Tribunale, che aveva 
attribuito all'azione sostanziale carattere risarcitorio e in questa ottica 
aveva deciso la causa, ancorch� con talune ambiguit� e incoerenze {quale, 
ad es., l'ordine di deposito della maggior somma dovuta presso la Cassa 
depositi e prestiti, che � proprio dell'opposizione alla stima); e l'argomento 
sul quale aveva fatto leva il primo giudice era l'inutile scadenza 
del termine di occupazione legittima, che a suo avviso inficiava anche 
il procedimento conseguenziale, laddove i privati, quanto meno nello 
stesso giudizio di appello, avevano altres� dedotto l'irriversibilit� dell'occupazione 
per l'intervenuta realizzazione dell'opera pubblica in epoca 
precedente al decreto {circostanza, a quanto sembra, non contestata). 

Questo fondamentale aspetto della controversia, che investe la stessa 
qualificazione della domanda, � stato praticamente ignorato dalla sentenza 
impugnata, la quale ha accolto sul punto il gravame dell'A.N.A.S. 
senza affatto considerare, sia pure per respingerli, gli argomenti suddetti; 
sussiste, quindi, il vizio di difetto assoluto di motivazione, risultando 
arbitrari il riferimento allo schema dell'opposizione alla stima e il rigetto 
della domanda diretta ad ottenere la rivalutazione della somma liquidata 
fino alla data di definitiva decisione della lite. 

Al riguardo � appena il caso di ricordare che, secondo la consolidata 
giurisprudenza di questa Corte, il decreto espropriativo, che sopravvenga 
dopo l'irreversibile acquisizione del bene nella realizzazione dell'opera 
pubblica, e quindi dopo l'estinzione del diritto dominicale del privato con 
contestuale acquisizione del diritto stesso in capo alla Amministrazione, 
� irrilevante, in particolare non pu� determinare la conversione dell'azione 
risarcitoria in opposizione alla stima dell'indennit� espropriativa (v., fra 


PARTE I, SBZ. III; GIURISPRUDENZA CI:VXU!, GIURISDIZIONE B APPALTI 27~ 

m.olte altre> s,u, n. 3940 del 1988).. Sicch� nella specie la Corte di appello 
doveva .esaminare la sentenza di primo grado e le critiche mosse dal� 
rA.NA;$,; alla stregua di tale �p:i;i,ncipio, tenendo conto, per... altro, dell'oggettQ 
�lel gravan>,e � mcidentale degli attuali �ricorrenti. 

No:tl puO: addel;!itarst a,l.ll;ll Cgtte, mvece,. l'assenza�� di qualsiasi riferimento. 
a11'�.ssetita illiceit�: originaria. dell'occupazione di mq 1300!del suolo, 
cM n()n l:l,vreliller() formato oggetto del provvedimento di��.occupazione 
di urge~a� N0n risulta cb:e questo fatto sia stato dedotto o. abbia formato 
oggetto di ~dibattito nel . giudizio di appello e. neppure� irt ��primo grado; 
e��� ci�<cotnpotta ch� per questa parte �la� censura ��� i,natnmissibile, riguar48ndo 
una. questione nuova� 

II 

. Coh h.lnico motivo del ri��rso, l'Amministrazioile, � denuneiandg viofaiibhe 
e falsa applicazione degli 11rtt'. 71, 73, 50, 52 e l3 della 1. 25 giugrio 
)865, ri, 2359 e)degli artt. 2043, 2697,2727 e 2729 cod. civ., ngnch� 
omeSSa � ed . �l.Sl.lf~j:6febte moti~ttzione,�� deduce � che polcn� nella speeie, diversamente. 
da quanto. immotivataniente ritenuto. dalla. Corte di .�. merito, 
la, r~dicale tra,sfbrmaizone delfondo occupato e l'est\cuzione dell'opera 
pubblica si erano (legittimamente) compiute durante il periodo di occupazione 
legitdma, il� decreto di espropriazione successivamente irttervenlJ.
to non . p<>teva ritenersi irrilev�.nte, essericlo .�stato ema.nato entro i termini 
di efficacia della dichiarazione di p.bblica utilit�, fino alla scadenza 
dei q.lil.Ii doveya. .c:omup.que ritenersi pr9tratta anche la validit� e l'effi. 

caeia dell'occupazione. � � � � � 
La c�nsui:a � irifondata. 
Sul problema ~oncern~te.� gli effetti dell'occupazione senza titolo, o 
in base a. titol9..divenitt9 jnefi;icace, di un .b.ene . immobile di un privato 
daparte. della pul?l:!lic:a anirllinistrazio11e� re.~.11si definitiva per la ra.dica1e 
trasformazione del �. fondo e per la �sua �irreversibile .destinazione all'esecuzione 
dell'opet:a pubblica, le Sezioni Unite, a seguito. dell'indirizzo giurispr.cienziale 
inlil.ugurato dalla fondamentale sentenza n. 1464 del 1983, 
dand.<:>si �arico di a.l�li rilievi .critici m9ssi .a .detto. mdirizzo da parte 

della dottrip.a e ripresi i. qualcpe, per la .verit� iso1a.ta, pronuncia delle 
sezi9ni semplici. (iri particolare. Cass. 3872/87; . e specifi~amente per quanto 
riguarda gli effetti .di un decreto di espropriazione sopravvenuto, Cass. 

383/85 citata dalla l"icorrente), si sono nuovamente pronunciate con sentenza 
n .. 3940 del 1988, con la quale, superati e disattesi quei rilievi, 
hanno ribadito il precedente, ormai consolidato, orientamento. 

1:. stato cos\ meditatamente riconfermato il principio che in ipotesi 
di illegittima occupazione da parte della pubblica amministrazione di 
un fondo di propriet� privata, per mancanza del provvedimento autoriz� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


zativo o per decorso dei relativi termini, la radicale trasformazione del @ 
fondo, che denoti la sua irreversibile destinazione alla realizzazione del1'
opera pubblica, con la conseguente perdita permanente da parte del 
privato di ogni facolt� di godimento e di disposizione del bene ed il 
sorgere di un nuovo bene immobile di natura pubblicistica che incorpora j 
l'area. occupata, comporta da un lato la (immediata) estinzione del diritto 
di propriet� del privato e la contestuale acquisizione, a titolo originario, 
della propriet� in capo all'ente cui appartiene l'opera pubblica, 
e dall'altro realizza un fatto illecito (instantaneo, con effetti permanenti) 
che fa sorgere nel privato, a norma dell'art. 2043 cod. civ., il diritto al 
risarcimento del danno derivante dalla perdita del diritto di propriet�, 
in misura corrispondente al valore del fondo al momento in cui la perdita 
si � verificata, rivalutato al momento della decisione. 


In tale situazione, che si realizza al momento stesso dell'indicata radicale 
trasformazione nel fondo, se intervenuta durante l'occupazione illegittima, 
ovvero, se gi� verificatasi nel periodo di occupazione legittima, 
al momento di scadenza di quest'ultima senza che nel frattempo sia inter� 
venuto un provvedimento ablatorio che abbia trasferito la propriet� all'ente 
occupante, la sopravvenuta emana.lione di un decreto di espropriazione 
successivamente al suddetto momento non pu� pi� n� incidere 
su un assetto proprietario ormai gi� definitivamente ed irreversibilmente 
modificatosi, n� porre nel nulla i contrapposti diritti ed obblighi risarcitori 
che ne sono (immediatamente) derivati. 

N� pu� avere rilievo la circostanza che, come nella specie si assume 
dalla ricorrente, il successivo decreto di espropriazione sia emesso entro 
il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica ~tilit� e prima della 
scadenza dei termini finali assegnati per le espropriazioni ed i lavori 
ai sensi dell'art. 13 della 1. 2359/1865, poich� questi di per s� non incidono, 
n� introducono deroghe alla durata massima dell'occupazione temporanea 
e d'urgenza che configura un (sub)procedimento eventuale ed autonomamente 
regolato all'interno del procedimento espropriativo {cfr. Cass. 
1347/86, 6523/82, 446/81); per cui, come gi� specificamente rilevato da 
Cass. 8344/87, e prima ancora Cass. 5597/85, 2854/84, 7022/83, 6432/83, la 
dedotta circostanza, pur. palesando che in astratto nell'autore dell'indebita 
occupazione non � venuto meno il potere espropriativo, non vale per� ad 
escludere che di esso in concreto sia venuto meno l'oggetto, non essendo 
concepibile che di quel potere la P; A. possa avvalersi al fine di appropriarsi 
di un immobile gi� in precedenza entrato a far parte del suo 
demanio o del suo patrimonio indisponibile. Ed una volta verificatosi 
quest'ultimo evento, vano sarebbe il tentativo di ravvisare nella successiva 
pronuncia di un decreto di espropri� qualcosa di pi� e di diverso 
dalla creazione a posteriori di un titolo formale di acquisto, non pi� ai 
fini dell'assetto proprietario, bens� solo a quelli della classificazione amministrativa 
e. delraccatastamento del bene. 



PARTB I, SEZ. IIIj GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 275 

Nessun nuovo �argomento � prospettato a confutazione degli esposti 
principi, cui questo Collegio ritiene di prestare adesione, per cui il ricorso 
deve essere rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al 
pagamento delle spese di questa fase, che si liquidano come in dispositivo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. civili,. 29 gennaio 1991, n. 870 .. Pres. 
Zucconi� Galli Fonseca �� Rel. Sensale -P. M. Grossi (concl. conf.) � 
Ordine Provinciale Medici Chirurghi e Odontoiatri � Milano (Avv. 
Pascale) c. Ministero della: Sanit�. {Avv;. Stato Guicciardi) ed altri. 

Professioni .� Sanitari� � Insegnante in Istituto di istruzione media superiore 
� Titolo di professore � Quando pu� essere usato. 

ll sanitaria �he sia pubblico dipendente in qualit� di insegnante in 
un Istituto di istruzione media pu� legittimamente fare uso f/,el titolo di 
professore solo con le dovute specificazioni, s� da evitare un uso dello 
stesso ....,. rilevante anche a. fini disciplinari -nell'ambito della professione 
medica tale da ingenerare equivoci in chi debba ricorrere a prestazioni 
me4iahe (1). 

Denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art� 31 del T. U. 
10 gennaio 1957, n. 3 e la violazione.degli artt. 59, 60 del codice di deontologia, 
l'Ordine ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto affer� 
mato nella decisione impugnata, il dottor Rando, insegnante di ruolo presso 
un istituto professionale statale.� non potesse far uso del titolo di � professore 
� nell'esercizio dell'attivit� medica e nella relativa pubblicit�. Ci� 
si desume, secondo il ricorrente, (a) dall'art. 3 della legge 21 febbraio 1963, 
n .. 244, che, consentendo l'aumento del 50 per cento degli onorari minimi 
per le prestazione dei professori universitari e dei liberi docenti universitari, 
attribuisce rilevanza giuridica a tali titoli accademici, in quanto 
indicativi di particolare capacit� e idonei a determinare il maggiore affidamento 
da parte dei pazienti; (b) dall'art. 11 del d.P.R. 11 luglio 1980, 

n. 382, che prevede espressamente il diritto a svolgere attivit� libero 
professionale con modalit� .. diverse per i medici a tempo pieno e per 
quelli a tempo definito; (c). dal T. U. 10 gennaio 1957, n. 3; applicabile agli 
altri professori (non universitari) dipendenti dello Stato, che fa divieto 
all'impiegato di esercitare alcuna professione (art. 60) e sanziona l'esercizio 
di essa (art. 63), s� che l'art. 31, attribuendo la facolt� di usare 
nella vita privata il titolo ufficiale risultante dall'atto di nomina (che per 
il Rando � quello di �insegnante di ruolo d'igiene ed anatomia d'Istituto 
professionale di Stato per l'industria e l'artigianato�), si riferisce alla 
(1) Non constano precedenti in termini. � 

276 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mera vita di relazione, in cui il titolo dev'essere riportato per intero in 
modo da non ingenerare equivoci; (d) dall'art. 10 del 13 settembre 1946, 
n. 233, che consente l'iscrizione all'albo dei sanitari che siano impiegati 
in una Pubblica Amministrazione solo se, in base agli ordinamenti loro 

applicabili, non sia vietato l'esercizio della libera professione; (e) dal 
rilievo, valido sul piano deontologico, che l'insegnamento, cui il Rando 
� abilitato, � aperto non solo .ai laureati in medicina, ma anche ad altri, 
s� che sarebbe contraddittorio fare riferimento, ai fini pubblicitari nell'esercizio 
della professione medica, all'insegnamento di una materia non 
esclusivamente affidata ai laureati in medicina. 

Condividendo la decisione impugnata, il Ministero della Sanit�, nel 
controricorso e nella discussione orale, ha, per contro, sostenuto la legittimit� 
dell'uso, nella corrispondenza e in un inserto pubblicitario, del 
titolo di professore da parte del Rando; la irrilevanza del richiamo, fatto 
nel ricorso, alla disciplina dei docenti universitari, che tornerebbe applicabile 
solo se il medico, non avendo tale qualifica, la invocasse per trarne 
indebiti benefici; la inconferenza del riferimento al divieto, per gli 
impiegati civili dello Stato, di esercitare alcuna professione, e quindi 
anche la professione medica, poich� la eventuale violazione del divieto 
non risulta sia stata comunicata dall'ordine dei medici all'Amministrazione 
dalla quale il Rando dipende. 

Con riguardo a tali obiezioni, deve rilevarsi che la disciplina concernente 
i docenti universitari � richiamata dal ricorrente non gi� come 
esaustiva e risolutiva della questione, ma solo come concorrente alla 
ricostruzione del regime da applicare -quanto alla legittimit� o meno, 
dell'uso del titolo di � professore � ai sanitari insegnanti in scuole medie 
pubbliche, anche superiori {ed, a tali effetti, non pu� ritenersi irrilevante); 
e che, agli stessi fini, il ricorrente fa riferimento al divieto, per 
i pubblici dipendenti, di esercitare alcuna professione, senza che rilevi 
la mancata comunicazione, da parte dell'Ordine dei medici, all'Amministrazione 
dalla quale il Rando dipende, della eventuale violazione del 
divieto, oggetto della controversia essendo la sua condotta non quale 
pubblico dipendente, ma quale esercente la professione sanitaria. 

La norma, dalla quale occorre partire nella soluzione di tale controversia, 
� l'art. 31 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (Statuto degl'impiegati 
civili dello Stato). Esso stabilisce al quarto comma, che l'impiegato ha 
diritto di essere qualificato, tanto nei rapporti di servizio che nelle pubblicazioni 
ufficiali, del titolo conferitogli nell'atto di nomina o di ultima 
promozione (prima parte) e che pu� usare il titolo ufficiale anche nella 
vita privata (seconda parte). 

La prima parte della disposizione, com'e reso palese dalla espressa 
limitazione al rapporto di servizio e dal riferimento all'atto di nomina, 
consente l'uso del titolo nello svolgimento del rapporto di servizio, per 
il quale � conferito, e nelle pubblicazioni ufficiali, evidentemente ad esso 

f 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 277 

correlate: ossia in relazione al rapporto cli servizio nel cui ambito l'attivit� 
� legittimamente esercitata in base all'atto cli nomina. 

trattandosi del titolo cli � professore � da parte cli un insegnante in 
un istituto di istruzione media, l'uso di esso, che avvenga nello svolgimento 
del rapporto di servizio, ..pu� anche non abbisognare cli ulteriori 
specificazioni, anche se l'atto cli nomina le contenga, data la connessione 
esistente tra quell'uso e il rapporto nel cui ambito avviene; che esclude 
il pericolo di confusioni ed equivoci. 

La seconda parte della disposizione concerne soltanto la vita privata, 
intesa come vita cli relazione sul piano puramente umano ed extraprofessionale. 
Infatti, essendo in via di principio negato al pubblico dipendente 
cli esercitare alcuna professione, l'unica alternativa possibile, che 
la norma poteva porre, � tra rapporto di servizio {in cui l'uso del. titolo 
cli � professore � non richiede �ulteriori specificazioni perch� inerisce a 
quel rapporto) e vita privata (in cui tali specificazioni sono manifestamente 
irrilevanti); senza che sia configurabile una {terza) ipotesi cli vita 
professionale che nop. sia quella implicata dal rapporto cli servizio. 

Tali specificazioni, invece, assumono un rilievo necessariamente qualificante 
quando il soggetto svolga una libera professione, compatibile 

o incompatibile che sia con la sua qualit� di pubblico dipendente. In 
questo caso, infatti, il titolo, per il carattere generico e spesso equivoco 
che assume {com'� proprio per il titolo di �professore�) in quanto privato 
del necessario collegamento con il rapporto cli servizio, richiede 
la sua esplicitazione pi� completa, sia perch� nel significato del citato 
art. 31, la vita privata, contrapposta al rapporto di servizio, � solo la vita 
di relazione che si svolge sul piano dei rapporti umani e che � neutra 
rispetto a qualsiasi attivit� professionale, non importa se libera o subordinata; 
sia perch�, quando, come nel caso in esame, si tratta cli sanitari, 
opera una regola deontologica la quale impone che i titoli cli studio, 
accademici, di specializzazione e di carriera siano pubblicizzati senza 
abbreviazioni che possano indurre in equivoco; sia perch� -sempre con 
riguardo all'esercizio della professione sanitaria -ai docenti universitari, 
che certamente possono fare uso del titolo, � riconosciuto un aumento 
del 50 per cento sugli onorari minimi stabiliti nella competente 
tariffa (art. 3 della legge 21 febbraio 1963 n. 244) e tale uso, per i riflessi 
che ha, oltre che sul maggiore affidamento che il paziente � indotto a 
fare in una prestazione particolarmente qualificata, anche sul piano economico 
attraverso il pagamento cli maggiori compensi (e per la rilevanza 
anche giuridica che il titolo viene cosi ad assumere), non pu� avvenire, 
senza le necessarie specificazioni, da parte dei sanitari non compresi nel� 
la categoria dei docenti universitari ed �, cli per s�, sufficiente, se esse 
siano omesse, a disorientare e trarre in errore la clientela. 
Se, infatti, i sanitari, dipendenti da una Pubblica Amministrazione, 
possono esercitare la libera professione solo quando ci� sia consentito 


RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO

278 

dagli ordinamenti loro applicabili (art. 10 del d.lgt. 13 settembre 1946 

n. 233) e tale esercizio � consentito ai docenti universitari in deroga 
all'art. 60 del d.P.R. n. 3/57 (art. 11 del d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382), chi 
eserciti abusivamente la libera professione {e non venga perseguito sotto 
tale profilo), omettendo le necessarie indicazioni atte ad esplicitare i 
connotati qualificanti del titolo, non consente d'individuarne la categoria 
di appartenenza, s� che l'uso generico del titolo � idoneo ad indurre in 
errore chi debba fare ricorso alle prestazioni del medico. 
Deve, pertanto, concludersi che, ai sensi dell'art. 31, 4� comma, del 

d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, cos� come sopra interpretato anche in rela� 
zione alle citate altre norme dello stesso decreto ed a quelle che disciplinano 
l'esercizio della professione sanitaria, il medico -pubblico di� 
pendente quale insegnante negl'istituti d'istruzione media -non pu�, 
nell'esercizio della libera professione sanitaria (sia tale esercizio consentito, 
o meno, dal relativo ordinamento) e nella pubblicit� che ad esso 
viene data, usare il titolo di �professore�, omettendone le necessarie 
specificazioni qualificanti; e ci� a prescindere dalla violazione di eventuali 
regole deontologiche, la cui enunciazione, interpretazione ed appli� 
cazione � riservata all'autonomia dell'Ordine professionale. 
In accoglimento del ricorso, la decisione impugnata va quindi cassata 
con rinvio alla stessa Commissione centrale per gli esercenti professioni 
sanitarie, che riesaminer� la controversia uniformandosi al prin� 
cipio sopra enunciato. 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I civ., 19 aprile 1991, n. 4239 � Pres. Maltese 
� Rel.. Ruggiero � P. M. Romagnoli � Ente Ferrovie (avv. Stato 
Stipo) c. Mirone Musumeci. 

Espropriazione per P. U. � Opere ferroviarie � Aree con destinazione edifi� 
catoria � Leggi speciali che determinano l'indennit� in misura ridotta 
� Inapplicabilit�. 

A seguito delle sentenze della Corte Costituzionale n. 5 del 1980 e 

n. 223 del 1983, l'indennit� di espropriazione di terreni con destinazione 
edificatoria deve essere liquidata alla stregua dei criteri generali fissati 
dagli artt. 39 e segg. della legge 25 giugno 1865 n. 2359, non potendo pi� 
farsi applicazione di altri criteri che in precedenza, prima dell'entrata 
in vigore delle leggi 22 ottobre 1971 n. 865 e 27 giugno 1974 n. 247, regolavano 
in leggi speciali la determinazione dell'indennit� per specifiche 
categorie di espropriazione, come quello invocato nella specie per le 
espropriazioni ferroviarie di cui all'art. 77 della legge 7 luglio 1907 n. 429 (1). 
(1) In senso conforme v. Cass. 15 febbraio 1991, n. 1616. 
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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 279 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 maggio 1991, n. 4848 � Pres. Granata � 
Est. Pannella � P. M. Martinelli -Consorzio SA.MO.GI, {avv. Montuori) 
c. Ente Ferrovie dello Stato (avv. Stato Laporta). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione temporanea � Realizza� 
zione dell'opera pubblica in assenza del decreto espropriativo � Con� 
seguenze. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Cava � Indennit� � Liquidazione � 
Misura. 

L'apprensione definitiva del suolo, mediante la irreversibile realizzazione 
dell'opera pubblica prima della pronunzia del decreto di espro� 
prio, costituisce un atto illecito istantaneo della P. A. (anche nella vigenza 
degli effetti della dichiarazione di p.u. dell'opera) che non pu� rendere 
legittimo un comportamento che cristallizzi una situazione di definitiva 
occupazione dell'immobile fuori dello schema legislativo, necessario per 
l'attribuzione del crisma della �giuridicit�� all'opera realizzata (1). 

Qualora il terreno espropriato sia costituito da una cava, nella determinazione 
del prezzo di mercato dell'immobile, ai fini della liquidazione 
dell'indennit�, occorre tener conto dei proventi che l'espropriato, come 
titolare della cava, sia in grado di ricavare dalla attivit� estrattiva, con 
riferimento ai dati certi della produttivit�, delle specifiche possibilit� 
di sfruttamento e del valore di mercato all'epoca della illecita sottrazione 
(2). 

(1-2) Sulla prima massima cfr. Sez. Un. 26 febbraio 1983 n. 1464, in questa 
Rassegna 1983, I, 124, con ampia nota dll S. LAPORTA e in Foro it. 1983, I, 626 con 
nota di richiami. Sulla seconda cfr. Cass. 14 gennaio 1980, n. 326. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 maggio 1991, n. 4941 � Pres. Sandulli 
� Est. Beneforti � P. M. Paolucci (concl. conf.) � Bertuzzi Carlo 
(avv. Paoletti) c. Ministero del tesoro (avv. Stato Polizzi). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Territori gi� soggetti alla sovranit� 
italiana � Confisca di beni appartenenti a cittadino � Indennizzo � Di� 
_ritto soggettivo � Giurisdizione del giudice ordinario. 
(Legge 26 gennaio 1980, n. 16; legge 5 aprile 1985, n. 135). 

Il cittadino gi� proprietario di beni confiscati in territori ex italiani 
� titolare di un diritto soggettivo perfetto all'indennizzo, non. essendo la 



280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sua posizione assimilabile a quella di colui al quale la legge riconosca 
un mero interesse legittimo all'indennizzo per danni di guerra (1). 

(1) Decisione conforme alla pi� recente giurisprudenza: si vedano Cass. 
15 febbraio 1990, n. 1117, in Rep. Foro it. 1990, p. 263-264; Cass. 9 luglio 1977 
n. 3062, in Foro it. 1978, I, 974, con nota di richiami e Cass. 18 settembre 1970 
n. 1549, in Giur. it. 1971, 257, in Giust. civ. 1970, I, 1560 ed in Foro it. 1970, I, 2828. 
Cfr. anche Cass. 28 aprile 1964 n. 1017 in questa Rassegna 1964, I, 683 con 
nota critica di ZAGARI, Giurisdizione in materia di indennizzi per i beni italiani 
nei territori ceduti alla Jugoslavia. 

La Corte precisa che la posizione di diritto soggettivo prescinde dalla c.d. 
traslazione dell'obbligo dd indennizzo che si verifica quando lo Stato italiano 
abbia assunto l'obbligo in forza di accordo internazionale. (F. S.). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 maggio 1991, n. 5792 -Pres. Brancaccio 
-Rel. !annotta -P. G. Morozzo Della Rocca (diff.) -Potenza 
ed altri '(avv. Nigro) c. Corte dei Conti. 


I 

Giurisdizione civile -Giudizio contabile -Enti pubblici economici -Criteri 
sul riparto di giurisdizione. 

Trasporti -Ferrovie dello Stato -Giudizi in materia di responsabilit� am


I

ministrativa dei dipendenti -Criteri sul riparto di giurisdizione -Fatti 

avvenuti prima o dopo l'istituzione dell'Ente F. S. 

Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e Corte dei Conti in 

i tema di enti pubblici economici non si basa sulla semplice alternativa I tra attivit� imprenditoriale e non imprenditoriale, ma richiede, ai fini 
della giurisdizione del giudice contabile, il positivo accertamento che gli 

I 

atti fonte di responsabilit� siano stati posti in essere nell'esercizio di 

I

poteri pubblicistici di autoorganizzazione o di pubbliche potest�. 

Poich� l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, pur essendo 
caratterizzata da autonomia di bilancio, finanziaria e contabile, non aveva 
personalit� giuridica ma era una struttura interna del Ministero dei 
trasporti, mentre l'Ente Ferrovie dello Stato � stato istituito dalla legge 
17 maggio 19SS n. 210 con personalit� giuridica propria e natura di ente 
pubblico economico, ne deriva che deve essere dichiarata la giurisdizione 
della Corte dei Conti per gli addebiti mossi agli organi ferroviari 
quando operava ancora l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato 
con posizione esclusivamente pubblicistica dei soggetti responsabili, mentre 
a partire dal 1� gennaio 1986, data di inizio della gestione dell'Ente 
Ferrovie dello Stato, va riconosciuta la giurisdizione del giudice ord�



PAATB I, SBZ. In; GIURISPRUDENZA CMI.Bi GIURISDIZIONE B APPALTI 281 

nario per��gliaddebiti attinenti� all'attivit� di �gestiOne del servizio �ferroviari0:(
1), 

Al.fine di meglio circoscrivere il problema: delli:t giurisdizione, i ricorrenti 
s()ttolinean.o, ila un Iato; che l fatti� ad essi addebitatisono. tutti 
suc:ices$1v1 iU .giugn.o 1985 e do� all'entrata in vigore della Legge 17�� maggio 
1985 n~ 210 e, dall'altro, cb,� l'Ente Ferrowe delli:vStat6;: per espressa 
previsione di legge, � subentrato ali' Azienda Autonoma delle Ferrovie 
dello. Stato, succedendo nel patrimonjo e in tutti i fapporti attivi e passNi 
J~i� di � pertineliz� . di> detta Azienda. ��Da �cl� l'l.tlteriore � conseguenza 
;.....;.;�� serhpre � secoiidb �i rfo6rrenti ��...:.;;.. della �necessit� di valutare tutti �i�. fatti 
addebitati� con esclusivo riferimento all'Ente .Ferrovie dello �. Sta~�, sia per 
l'asserita illegittimit� delle spese dei trasporti aerei effettuati dalla Societ� 
AJ:,I (Aereo I.easing Italia s.pA), sia per l'imputazione di tali spese 
e deldanno relativck .� . 

1n:�� ordine all'incidenza �delle�suddette spese i ricorienti���assumono 
chele stesse furono poste a carico del bilancio delle Ferrovie dello Stato 
per cui anche il danno relativo -per asserita mancani� dFfonte iegale ...:.;;.. 
sarebbe delle medesime Ferrovie e non gi� del Ministero dei trasporti 
e � qumdi dello� Stato, come.��gerierfoamente� prospettato dal Procutatore 
Generale della Corte dei Conti; 

Per quanto attiene alla natura dell'Ente Ferrovie dello Stato, i ricor� 
renti non esitano a qtialificarl� come ente pubblico economico ed all'uopo 
� richiamano la ��giurisprudenza di questa Corte� per avvalorare la tesi 
di fondo secondo la quale le controversie concernenti i danni�� patrimoniali 
causati agli enti pubblici economici dai rispettivi an:l!:ninistratori e 
dirigenti sono riservati alla cognizione dell'autorit� giudizfaria � ordinaria 
e non gi� a quella della Corte dei Conti, salvo parti�olari eccezioni che 
nella specie non sussisterebbero. 

In merito� iilfiile a���fatti �ed ai comportamenti considerati contra legem 
dal Procuratore Generale, i ricorrenti deducono che gli stessi sono 
strettamente� irtetenti all'attivit� di gestione delle Ferrovie dello Stato e 
come � tali sottratti a regole pubblicistiche. 

2. Osserva preliminarmente la Corte eh.e la penclenzii del . processo 
penale. non spiega . rilievo ai fini d~l r~ola!llento .. di gb.Jrlsc,lizi()A~ il cui 
(1) . Con la sentenza in rassegna viene affrontata . dettagliatamente la natura 
dell'Ente F. S. e si conclude per il c~�ttere di ente pubblic:o economico. 
Da questa premessa �a . sentenza . non � fa alt170 �che riport~si a quanto in 
precedenza detto con � Ia richiamata decisione delle stesse SS.UU. 21 ottobre 
1983 n. 6179 (in Giust. Civ. 1983, I, 2852). 

L'altra sentenza, richiamata in motivazione, 2 marzo 1983, n. 1282, leggesi in 
Giust. civ., 1983, I, 145. 
Con riferimento all'IRI, v. Cass,, SS.UU., 15 novembre 1989, n. 4860, in Foro 
it., 1989, I, 3402. 



282 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

oggetto� � limitato alla determinazione del giudice investito dalla competenza 
giurisdizionale e non implica -come gli stessi ricorrenti riconoscono 
-alcun accertamento della discussa responsabilit�. Detto procedimento 
potr� eventualmente determinare un rapporto di pregiudizialit� 
rispetto alla decisione di merito rimessa al giudice che risulter� investito 
della relativa giurisdizione, ma non interferisce in alcun modo 
sulla pronuncia richiesta ai sensi dell'art. 41 del c.p.c. 

3. Passando quin�i all'esame della questione di giurisdizione, giova 
premettere che la puntualizzazione dei ricorrenti in ordine all'imputazione 
delle discusse spese di trasporto aereo trova sostanziale riscontro 
.nella stessa citazione a giudizio davanti alla Corte dei Conti, nella parte 
in cui il Procuratore Generale di detta Corte, nel ricostruire l'origine e le 
modalit� di dette spese, riporta il testo integrale della lettera autorizzatoria 
indirizzata il 19 giugno 1985 dal Ministro Signorile alle Ferrovie 
dello Stato, nonch� l'ulteriore conforme autorizzazione 15 gennaio 1986 
della Direzione Generale del nuovo Ente Ferrovie dello Stato (v. pagg. 27 
e 31 della citazione). 
Nella lettera del giugno 1985 il Ministro fa presente la possibilit� di 
richiedere, tramite la CIT, oltre la fornitura di titoli di trasporto {aereo, 
marittimo, ferroviario) e di servizi alberghieri per attivit� interessanti 
l'esercizio ferroviario, anche servizi della compagnia ALI che gestisce voli 
charters e noleggi. Aggiunge testualmente: � Si prega pertanto di voler 
provvedere, a carico del proprio bilancio, alla fornitura, ove occorra, 
dei suddetti servizi �. 

Nell'autorizzazione 15 gennaio 1986 del vertice del nuovo Ente ai Direttori 
dei Servizi si precisa che, secondo le direttive del Consiglio di 
Amministrazione, possono continuare � a fornire prestazioni, servizi e 
materiali, come per il passato, al Gabinetto del Ministro, anche dopo 
la trasformazione della Azienda Ferrovie dello Stato in Ente�. 

4. Orbene, proprio l'incidenza delle suddette spese sul bilancio delle 
Ferrovie rende particolarmente rilevante, ai fini dell'indagine sulla giurisdizione, 
la natura dell'Azienda Autonoma prima e dell'Ente Ferrovie 
dello Stato poi. 
Quanto all'Azienda � noto che, pur essendo caratterizzata da auto-. 
nomia di bilancio, finanziaria e contabile, non aveva personalit� giuridi�a 
ma era una struttura interna del Ministero dei trasporti, come tale 
non distinta dalla relativa Amministrazione, tenuto anche conto che la 
collocazione del Ministro dei trasporti al vertice della Direzione aziendale 
precludeva una netta separazione tra l'attivit� di indirizzo politico 
e l'attivit� di gestione vera e propria. 

Un diverso e pi� articolato discorso va fatto per l'Ente Ferrovie dello 
Stato. 



PARm I, SEZ. III; GJw.SP}.U:)l)ENZA CMLE, GUJnJsDIZIONE E APPALTI ZB,3 

La legge l7 .maggio 1985 n. 210 istituisce l'Ente � Ferrovie dello Stato 
� con personalit� giuridi<:a ed autonomia patrimoniale, contabile e fi. 
nanziaria; ai� sensi c:lell'art. 2093.;�2� �on:x1:na e.e., nei limiti stabiliti dalla 
stessa legge, e lo pone. sotto la :vigilanza del Ministero dei trasporti 
(ar:t' 1)�. 

La norma. :r;ton definisce espressamente .. p.bblico il nuovo .. ente ed � 
una lacuna sing<>lare ove si cons�deri che, a seguito della legge n, 70 
del 1975, � stato applicato il criterio delresplicita qualificazione per atti 
legislativi. Tuttavia n�n pu� seriamente contestarsi la configurazione pub� 
blicistica,. tenuto cqnto dell'espresso riferimento all'art. 2093 del e.e., che 
disciplina le imprese esercitate da <<enti pubblici� (art. 1); che trattasi 
di ente. istituito con. legge per gestir:e un servizio oggettivamt:lnte pub� 
blico �; di un ente soggetto all'indirizzo politico e programmatico del 
Ministro. dei tras-porti; il quale. ultimo ha specifici poteri . in ordine alla 
nomina. e revoca degli organi d�ll'Brtt� ed allo scioglimento. del Consi� 
glio dLAmministrazione .(artt. J, 3 ed 8). 

5. Ferma la natura pul;>blica,, l'�l:J,dagine deve approfondirsi, sulla 
"base delle varie disposizioni .di legge, per stabilire se all'Ente Ferrovie 
cor.pete anche la qt.J.alifica di � econe>mico >>, cos� come sostenuto dai ri� 
correnti. 
Al riguardo � da premettere che, secondo un costante orientamento 
giuri5pl'.1,ldenziale ""'.'"" cqndivisq dalla dottrina ""'.'"" un ente pubblico � qualil'icf;\
bile. �economico �>quando Ja sua attivit�, P111' se strument~e rispetto 
aj. J?erseguimento .�di l1ll pubbl!co interesse, abbia. prevalentemente 
ad oggetto l'esercizio di un'impresa e sia informata a regole di economicit�, 
in quanto diretta a conseguire un profitto o, quanto meno, a 
coprire i costi .(cfr., fra le altre, Cass. 22 maggio 1985 n. 3097). 

Fondamentali elementi di identificazione sono quindi l'imprenditorialit�, 
intesa come svolgimento per .fini istituzionali di un'attivit� di pr-0duzione 
e di .scambio e l'economicit� di gestione, intesa come .oi:-ganizzazione 
tesa alla remunerazione dei fattori produttivi. 

La legge istitutiva dell'Ente Ferrovie, pur offrendo indici di� qualificazione 
dell'Ente .non� tutti univoci e concordanti, detta tutta una serie 
di disposizioni attinenti alle finalit� dell'Ente, al regime giuridico del relativo 
pat:rim:onio, alle modalit� di . formazione dei bilanci ed alla disciplina 
dei rapporti di lavoro che consentono, per la loro particolare. rilevanza, 
la formulazione di un sicuro giudizio. Detta legge stabilisce che 
l'Ente Ferrovie dello Stato provvede << con criteri di economicit� ed effi. 
cienza �, nel rispetto dei principi della no)"mativa comunitaria, all'esercizio 
del servizio ferroViario (art. 2); che i beni mobili ed immobili trasferiti 
all'Ente -compresi quelli gi� di pertinenza dell'Azienda Autonoma 
delle Ferrovie dello Stato -o comunque acquisiti nell'esercizio 
dell'attivit�, �costituiscono patrimonio giuridicamente ed amministrati



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

284 

vamente distinti dai restanti beni delle amministrazioni pubbliche e di 
essi l'Ente ha piena disponibilit� secondo il regime civilistico della propriet� 
privata, salvo i limiti su di essi gravanti per le esigenze della difesa 
nazionale� (artt. 1 e 10); che il bilancio va formulato secondo le prescrizioni 
contenute negli artt. 2423 e seguenti del e.e. (artt 17); che il 
rapporto di lavoro del personale dipendente dell'Ente Ferrovie dello Stato 
� regolato su base contrattuale, collettiva ed individuale e che le controversie 
relative sono di competenza del pretore (artt. 21 e 23). 

Trattasi di elementi chiaramente indicativi delle caratteristiche peculiari 
dell'ente pubblico-economico innanzi delineate, soprattutto ove si 
ponga in debito risalto l'intento innovatore del legislatore del 1985 e si 
consideri che, al fine di assicurare una pi� completa autonomia al servizio 
ferroviario, la legge n. 210 ha riconosciuto al nuovo Ente quella 
personalit� giuridica che l'Azienda autonoma non aveva, ha sottoposto 
i beni ferroviari al regime civilistico della propriet� privata, ha espressamente 
stabilito che il nuovo Ente deve assolvere i suoi compiti con 
criteri di economicit� e di efficienza e, per il conseguimento di tale ultima 
finalit�, ha previsto l'onere del pareggio del bilancio {art. 8) e l'ob


I 

blig� di deliberare tariffe tecnico-economiche volte ad assicurare l'equi~ 


I ~

librio della gestione (art. 16). Altro dato ugualmente caratterizzante � 
offerto dalla previsione della gestione di attivit� istituzionale o strumentale 
attraverso la formula delle S.p.A. 

~

In concreto, la riforma attuata ha avuto il chiaro scopo di creare una 
struttura di tipo imprenditoriale per porre il nuovo Ente -anche nel 
rispetto della normativa comunitaria -nelle stesse condizioni degli operatori 
privati del settore. 

6. Siffatto modello organizzativo e gestionale, ispirato alla disciplina 
privatistica, non pu� dirsi infirmato da altre disposizioni della stessa 
legge che prevedono: a) poteri del Ministro dei trasporti di vigilanza e 
di controllo, di indirizzo politico e programmatico, di proposta per la 
nomina e revoca del Presidente e degli altri componenti del Consiglio di 
Amministrazione (artt. 3 e 8); b) applicazione in via transitoria delle 
vecchie disposizioni fino alla emanazione dei nuovi regolamenti (art. 14); 
e) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie 
relative ai titolari degli organi dell'Ente (art. 11); d) il controllo 
della Corte dei Conti (art. 19); e) il foro erariale per le controversie di 
lavoro relativo al personale dipendente (art. 23). 
Le norme da ultimo richiamate mirano a conciliare l'aspetto pubblicistico 
dell'Ente con quello privatistico della relativa attivit� la cui natura 
non viene meno in dipendenza dei poteri di direttiva e di controllo che 
non costituiscono un aspetto eccezionale e si giustificano con l'interesse 
generale connesso al servizio prestato ed agli apporti statali all'attivo del 
bilancio aziendale (art. 17); tanto pi� che nell'esercizio dei predetti poteri 

i 

l 

�111111:�111�r1�r1�1:11i11���11111�~d 

11 


286 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e degli enti pubblici per atti dannosi connessi al rapporto di serv1z10 e 
di impiego {artt. 52 R.D. 12 luglio 1934, n. 1214; 81 e 82 R.D. 18 novembre 
1923, n. 2440, 103 della Costituzione) va esclusa con riferimento agli 
enti pubblici-economici per quegli atti posti in essere nell'ambito della 
gestione con strumenti privatistici dell'attivit� imprenditoriale di detti 
enti {sentenza 21 ottobre 1983, n. 6179); 

b) che la giurisdizione della Corte dei Conti sussiste invece, con 
riferimento agli enti pubblici-economici, limitatamente agli atti che esorbitino 
dall'esercizio dell'attivit� imprenditoriale proprio degli enti medesimi 
e configurino espressione di poteri autoritativi di autoorganizzazione 
ovvero di funzioni pubbliche svolte in sostituzione di amministrazione 
dello Stato o di enti pubblici non economici (sentenza 2 marzo 1983, 

n. 
1282); 
c) che il principio dell'inconfigurabilit� della giurisdizione della 
Corte dei Conti in relazione all'attivit� imprenditoriale degli enti pubblici-
economici, trova applicazione anche con riguardo agli enti di gestione 
delle partecipazioni statali senza che il carattere vincolante delle 
direttive e dei programmi politici e ministeriali e la conseguente strumentalit� 
dell'attivit� di tali enti rispetto ai fini dello Stato, possano escludere 
la natura privatistica della stessa attivit� o configurare un rapporto 
di servizio tra lo Stato ed i predetti amministratori richiedenti un'attivit� 
in tutto predeterminata e sottoposta a regole inderogabili (sentenza 
14 dicembre 1985, n. 6328). 

Facendo applicazione di tali principi alla fattispecie in esame � legittimo 
concludere che gli addebiti mossi dal Procuratore Generale della 
Corte dei Conti ai vertici dell'Ente Ferrovie, per le spese dei viaggi aerei 
innanzi indicati, si sottraggono alla giurisdizione della Corte dei Conti in 
quanto attinenti all'attivit� di gestione del servizio ferroviario. A quest'ultimo 
riguardo va evidenziato che nelle lettere di autorizzazione indicate 
nella citazione a giudizio, ed in particolare in quella del Ministro dei trasporti 
del giugno 1985, si fa esplicito riferimento a viaggi di dirigenti e 
funzionari per attivit� inerenti l'esercizio ferroviario. 

La conclusione indicata � rafforzata dal rilievo che il riparto di giurisdizione 
tra giudice ordinario e Corte dei Conti in tema di enti pubblici 
economici non si basa sulla semplice alternativa tra attivit� imprenditoriale 
e non imprenditoriale, ma richiede, ai fini della giurisdizione del 
giudice contabile, il positivo accertamento che gli. atti fonte di responsabilit� 
siano stati posti in essere nell'esercizio di poteri pubblicistici di 
autoorganizzazione o di pubbliche potest�. Requisito questo nella specie 
insussistente. 

8. Circa la concreta incidenza delle obbligazioni assunte e degli esborsi 
effettuati � necessario precisare c:he, secondo gli addebiti mossi dal 

288 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

soggetto a regime privatistico senza alcun obbligo di rispetto di norme 
di contabilit� pubblica. 

Peraltro il legislatore del 1985, pur consapevole dei rilevanti riflessi 
economici per lo Stato, non ha ritenuto di dettare specifiche norme sulla 
responsabilit� degli ammirustratori del nuovo Ente; e ci� nonostante che 
si fosse occupato del problema della giurisdizione con riguardo alle 
controversie dei titolari degli organi dell'Ente e del personale dipendente 
e si fosse posto il problema del controllo della Corte dei Conti disciplinandolo 
nell'art. 19. 

�?., anzi, particolarmente indicativa di una chiara scelta legislativa 
che depone a favore. della conclusione raggiunta innanzi la circostanza 
della previsione di un controllo della Corte dei Conti sostanzialmente 
limitato e concretamente informativo. L'art. 19 della legge 210/85, pur 
parlando invero di controllo � continuativo � della Corte dei Conti sulla 
gestione dell'Ente, . precisa che tale controllo avviene con le modalit� 
previste dagli artt. 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 21 marzo 1958, n. 259, in quanto 
compatibili, e che 11:1, Corte riferisce al Parlamento sull'efficienza economica 
e finanziaria .dell'attivit� svolta nell'esercizio esaminato. 

Orbene, posto che la legge n. 259 del 1958 -che costituisce la prima 
attuazione legislativa della norma dettata dal 2� comma dell'art. 100 della 
Costituzione -disciplina la partecipazione della Corte dei Conti al controllo 
sulla gestione finanziaria degli enti �a cui lo Stato contribuisce in 
via ordinaria, il mancato richiamo degli artt. 4 e 12 di tale legge esclude 
non solo l'obbligo di presentazione dei conti consuntivi e dei bilanci 
di esercizio con relativo conto dei profitti e delle perdite (corredati dalle 
relazioni dei rispettivi organi amministrativi di revisione), ma anche la 
partecipazione di un magistrato della Corte dei Conti alle sedute degli 
organi di amministrazione e di revisione. Sicch� le informazioni e notizie 
fornite o richieste ai sensi degli artt. 5, 6 e 7 consento alla Corte dei 
Conti di acquisire elementi per riferire al Parlamento sull'efficienza e 
produttivit� dell'azienda, ma non assicurano una vera verifica contabile 
sulla gestione finanziaria dell'Ente Ferrovie che nella disciplina attuata 
non trova neppure specifici i:nezzi sanzionatori. 

Alla luce delle considerazioni che precedono, la giurisdizione deve 

essere regolata ripartendola tra Corte dei Conti e giudice ordinario se


condo i periodi suindicati, avuto riguardo alla diversa configurazione 

dell'attivit� svolta e dei patrimoni danneggiati ed alla ricorrenza nel 

primo caso (Azienda Autonoma) ed insussistenza nel secondo caso (Ente 

Ferrovie dello Stato) di un rapporto di servizio tra i pretesi responsabili 

e la Pubblica Amministrazione -inteso come inserimento dell'agente 

nell'organizzazione amministrativa dell'ente danneggiato -quale presup


posto richiesto dall'art. 52 del T. U. delle leggi sulla Corte dei Conti appro


vato con R. D. 12 luglio 1934, n. 1214. 



CQ~JE0;DI@:A�~A~lQNlih ~ez.;IJ, ~a ll;laggio 19.91, n. 585QtPres.� Pafundi�~ 
..�..... Est, .. G~l;LV:~<:IP:Q;i ,. p.M,Chi:tico (concJ. cont.). Cornll11,e di Crotone (avv. 
Vi.t~��J�� ~Jde4~ci}... �, ��. �Ges~jpn,e.... c9rnrnis$Whtle� �per ..l'.intervento�.�.. strao:rdil'lig~() 
J1eL!VIezzogiorno (avv. Stato Ontlfrio). 

~---~~:~; 


��ᥥ�����������ll��.�krinoi;i:����di���i~;;o.pani~i~it����di���az.ioni:... possessarie nei�.. confranti d.etla 
P. A; si appl�4a anch~ <J.1J.4ndl> tQ spaliatus � un soggetto> pubblica �e 
rum p.,� essere Xand.ii.ianatatn�. assoluta azt'esiStenza di un atto formale 
la cui esecuzione al!bia leso l'altrui possesso per�h� la P.A. pu� perseg.
.,it� i propri f~ni $i'a fa):fr�(J.l#zanda la ptapria volont�, sia manif estan� 
do{'a: .�pn.71U: co.r11J,;9ftqrn~'1~9 cp'tf;9reto c9nfann.e ai fin:i Mituzionali{l)�. 

(1) La Cassazione �torna al suo antico rigore in�� teII1~�� di interpretazione 
dell'art. 4 legge 20 filill'Zo 1865 n. 2248 all. E. Dopo alcune decisioni che avevano 
escl\lW:�l'i!tPPlicabi:�it~ del. Qitato��arti4��c:on rig.ardo:��agli��atfli.�fnaterl�li���di.�spogli6 
non :tiiienbili ad un fon:xu�e provveclirnento (C11ssi, Sez, .ll,. 8: aPJ;Ue, J986 n. 2433; 
Cass'. Set. Un. 3 gil!g)l()!}9$2. n. 3380),. la Seconda Sezione riporta l'attenzione 
sul pot1iit:e�issei;;;at1:<to che/ci� che C1onta�la coriforxrtit� della condotta della 
P. A, ai. fitti dstituzionajl:: ~ �n. gi� I'esistel)Za diun atto irLcui sisia formalizzato 
l'esercizio del pot�re amxrtinistrativo (in tal senso Cass., Sez. Un., 12 maggio 
W!l .. �1.35~, J:i:i 9.e11~ tu\lista, 1971, J, ~~J�. Cass., Sez.. Un., 16 . giugno 1971 
n. 1826 � Cass.1 S�z. Un~. 16 ottobre 1972 n. 3080). �� � � � � 
F.S. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 giugno 1991, n. 6546 � Pres. Zucconi 
Galli Foriseca � Rel. Corda � P. M,Paolucci (conci. conf.) -:B.N.E.L. 
(aw. M.ol�, Mercuti e Delfino) c. Coml.ine di Rosarno {avv. IIlZillo). 

9~~=1~::t~&!Z,i,~0-!=~tfatliued~f;~~!:~t~~~tr&~~=

ne) " GJtU:J;s~~JJ.e <tel gi'u,<Uce ordhiario � Sussistenza. 

Il Comune� � titolare dell'interesse alla salubrit� .�dell'ambiente nel 
territori() 4d esso .. arnthinistrato�e� tale interesse si configura come� dirit� 
to ;oggettivo azionabile anche in via d'urgerzza davanti al giudice ardi� 
nario (nella specie, trattandosi di pericolo per la salute dei cittadini insi� 
to nella .costruzione di una centrale termoelettrica non influisce nella 
giurisdiz.ione ilfatta che la lesione del diritta non tliscenda dalla costru� 


290 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione della centrale ma dalla sua utilizzazione perch� �se esiste il diritto 
esiste anche l'azione per difenderlo mentre la proponibilit�, in fatto, 
della domanda cautelare � questione che appartiene al merito) (1). 

(1) Principio pacifico in giurtl.sprudenza, si vedano in termini Cass, 17 gennaio 
1991 n. 400 e Cass. 21 dicembre 1990 n. 12133; cfr. altres� Cass. 27 giugno 
1983 n. 4397, in cui si afferma la giurisdizione amministrativa nella controversia 
che, anticipando la situazione di pericolo per la salubrit� dell'ambiente, 
riguardi la legittimit� di un'autorizzazione amministrativa allo svolgimento di 
una attivit� produttiva ritenuta pericolosa, nonch� Cass. 9 marzo 1979 n. 1463 
in tema di localiizzazione di centrali nucleari. 
In dottrina si veda TARUFFO M., La legittimazione ad agire e le tecniche 
di tutela della nuova disciplina del danno ambientale, in Riv. crit. dir. priv.; 

GRASSO E., Una tutela giurisdizionale per l'ambiente, in Riv. dir. proc. 1987, 

p. 505. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lav., 10 luglio 1991, n. 7613 -Pres. Antoci � 

I

Rel. Putaturo -P. M. Martone -Bagnato ed altri {avv. Noschese c. Ente 

F. S. (avv. Stato Stipo). 
Procedimento civile -Giudizio per regolamento di competenza � Produzio
�: 

I

ne di memorie � Inammissibilit�. 

Lavoro � Ente Ferrovie � Mancata assunzione -Controversia -Competenza 
del giudice della sede centrale o della dipendenza. 

Nel procedimento per regolamento di competenza non � consentito 
il deposito di memorie difensive (1). 
Nei giudizi avverso la mancata assunzione a seguito di concorso nei 

ruoli dell'Ente F. S., competente per territorio � il giudice del luogo in 
cui hanno sede gli organi centrali dell'Ente ovvero il giudice del luogo 

(1) In senso conforme alla sentenza della Cassazione 8 maggio 1983 n. 694, 
vedasi Cassazione 8 maggio 1982 n. 2862 (in Giust. civ. 1983, I, 959), e 15 luglio 
1983 nn. 4864 e 4871. 
(2) A seguito della dichiarazione di incostituzionalit� dell'art. 23 della legge 
17 maggio 1985 n. 210 nella parte 1in cui era previsto il foro erariale nelle controversie 
di lavoro dei ferrovieri anche nei giudizi davanti il Pretore, sorge il 
problema dei fori alternativi che l'attore � libero di scegliere tra quelli prevdsti 
dal secondo comma dell'art. 413 c.p.c.: quello dove � sorto il rapporto, ovvero 
quello in cui si trova l'azienda o la dipendenza cui � stato addetto il lavoratore. 
Ai fini della indivdduazione del pretore territorialmente competente a conoscere 
la domanda diretta a far valere il diritto all'assunzione non pu� applicarsi 
il criterio del luogo in cui � sorto il rapporto, non essendo ancora venuto 
ad esistenza l'atto che instaura il rapporto dd lavoro (v. Cass. 19 aprile 1990 

n. 3227, in Foro it. 1990, I, 2232). 
La competenza, in tal caso, va determinata con riferimento al luogo in cui 
ha sede l'impresa obbligata all'assunzione ovvero al luogo della dipendenza, 

.. -. l '! 


I 

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'in�.c:uf.�trovlfSi l~idi~n4.~rfaafiJUatdnt��ta dipendmza���s�a��titoiare��ael potere 
.di��:J!r<ff;~(lere.�difettl;:mente)ft:4'� autonomame11~e�� all'assttnzi<;ne�. (nella��� specie 
:~��$'j�~t4��� tt#f:refiiitt1..����ttz C;<>i)tpt#'elt;a ��� det���Pret�fe�� di T!�l'ermo, �ove �� hti�sede 

�� il C<itfl;tt�rtitnefit&. F.0S;}i(~p < < > ���ᥥ���� ' ��� �. �� 

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.. ���ᥥ�ᥥ����� ~~ii.t~ #1$@i~ in~. 4ij~~i~���~~;��w~~t~l"~ �ki��.p~t~f~�� ai ir~~~~~i��a�:r~ttfunente��ed 

.,,t?P.?:$MilJ'.~~!��� a~f,s$~()1).e���.� <~h �~s~t�.llJ~~fl.riffi9 }98~ᥥ� p. �..~~i..� 9~tat~ .�.4t :lt\9A� 

vaz1one,.;��� 

.�..... ���ᥥ?���ᥥ���� ��pb~/MPI�� *����~ᥥ�4#&bio���<*Ile�� i�ᥥt:9inl?ilttit#~iltF�f'~d#vtati��r,~�:1ttii:se6n0>�.lirla di~

. � j'ieilcl.eiJZ~ <fell1J;i;#t� l;�. $., $Pe�ie C)ii,hl(>r�fS:ofu.� #elllfsi?ecie; 1?fovvetfE$q�. a!i'espl�


tfiltierifo 4�f&i�i<;()is1 p�tl'asstli),ifon� ctefp�rsorihl~C � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 

�...4,1 di fu():ri Aell'h>gte$i di� �:!S$)ll1Zig.e, I:iC!t~wli ~fnc<:>lt~ .� sq:rfiono per )tabi'lireil
ᥥc&neetto���(ii;���di:Pelicl.enzaᥥ tiell'�inbito deU!J:ttite! F~s.,���bt c<>it!iiclet~ti:e che 
Ia��. wuns:P%!iel1Z�;� :tllilra;Wtsat6����1a:���dtp�nderit����i,lti�nita!e���olifil�� 4itahi()Ita.� ��si�� .�����in 
Pre~�hzaᥥ�!ijᥥi#��<icffllP~e~~0:��.4i���b~���4el:�etl:t:rl.l#>.��~��.ll1.mt()�.��4l.�.!i~CiP#~���i11.ttMdU.l;tlit�t.�c###)-l:i<,'iQ�).(')ir#c~;�j#��� 4.lil##~�.�#el'.l#i:>ᥥ�<:ft� r~�iJ.1m~ti;f�di\. r�pp�l'ti.�� giuridici� �mpil~

faojU ~iiijj:�t:i:c:ti (i#eiss<!1 i�miilio �9ssi ili $21l> � � � � � �� � � � �� � 
.� $~J�i $@t <:9fu1'a..~ti.t.i:\�.ntal~ Sd:�tlrafue.nte �� pi:>�is�n<:i esse].'� <!01:1.siderate ��� tma 
~f!A:r~l:i~fmr!~i~~~;:r:~&�t:~~~a.~=e~~?:.�.~erᥥ�1e��.�stazi()n1�����rerro\iiarie;

1

fa co1ll:Pl�ssa e artfoofata struttura dell'Ente ferroviario mal SI� ��ncilia 
con :i <:oil;cett1 f6rrril!lli\ti dalla g�tn:isprudehza con ri.fenm.ento alle . a.Ziencte pri� 
vate, ragiqn per �tjififlegislatore aveva previsto il foro etadaie con � 1a dispo


simonif C:fou�a.~r; 23� ()tia,.tof ritenuta poi :incostitnzfon�ite;. ������� � 
tb~�g DI bA$~�ZlQ~E... Sez.�L~~.. 91~gii~l~9{,iJl. zss~ -.Pres. sa!lduili -
�(a{,\r: St~fo ~~ipo). �� �� � � 
Proce~ellt~ ~i.VU;. ~ <fot~ d~U� Ca$s~Qlle'.�� Esam� dei� .profili .. nuovi 
nc>lt J.,attatinella fase.~� merlto.i Possibilit��/ .� � � � 
Rek A�iberti ,. ]faM; Gazzarra {conf;J " Blaridino i(avv. Fiore) c. F. s. 

t~v~;~�������� PJ:~;4~~����~~�~~�l����m��ais~lt~#~���~.� �'xfuclpio �det .. Possesso 

/dei� feq.isiti lilla .scft<t�J:lZa delte~e\ti present~c>nedelle dQmande � 
Non vale.>dop.o ltesa.Urimento. della procedura concorsuale. 

�.�.�.�.��. ......� 

l,.avc>r.o f Ass~~()ne:<cll tclo~u~i 11911 vm<:itm:f 41 CQn()oJ;SC) ...... Wfl'lihiiento 
alltl:: #~~tlV:~.�vig!J'lt~��al�liomento.. t'le,ll'a,gsUilZione e no11�.al� momento

della domlltlc:f� d.t C�n�orso./ > � � � � � � � � � � � � � � � � � � 

La. Cassai.i�ne puli esaminare profili 1Juovi di diritto non trattati� nel!
e precldenti l#f~ "g~i ~ii{cU;fo, �11at6ra ~i�no.da considerare cmnpfesi nel 

dibattito perch� fondati sugli stessi elementi di fatto gi� dedqt#(l), 

(1) In senso conforme vedi Cass. 28 aprile 1990 n. 3594; Cass. 24 ottobre 
1988 il. 5756; Cass; 7 lugHcfl988 il; 4469; ili Giusi. it. 1989, I, 1; 258 con nota; 
Cass. 26 :geMafo �987 n. 713, ivil 1988, I; t; 1419. � 

RASSEGNA Dm.l.'AVVOCA'l.VAA� DBU.0 STNIQ 

Il principio� secon4o cui i� requisiti prescritti pet la partecipazione 
a �tutte le procedure. di� tipo concorsuale .debbano essere posseduti.� alla 
scadet:iza del termit:ie stabilito per la pre$entazione delle domande di 
ammissione non vale quando le procedure concorsuali sono state esaurite 
{2). 

La determin.azione amministrativa di assunzione di candidati idonei 

non vincitori � un. fatto.� eventuale da ritenere ormai fuori �dalle� proce


dure concorsualt, per cui ��. alla� normativa vigente al momento della 

determinaziqne stessa. che occorre fare.. riferimento� per la sussistenza dei 

requis#i. pr~sci�tti per l'assunzione (3). 

, (2,3) J,a fattispecie oggetto della vertenza di cui� alla sentenza in oggetto 

pu� cos� sintetizzarsi:. viene .bandito un concorso per operaio quaJiificato, nel 

quale l'interessato�� � :rjsultato idoneo non vincitore; successivamente, a distan


za .�!,i� qul:Jlche anno,l'Ente� decide�.di assumere gli idonei. 

L'interessato viene sottoposto a Vlisita medica e riscontrato affetto da di


scromatopsia . dell'apparato visivo, per �cui l'Ente non procede alla assunzione; 

da ci� il ricwso al Pretore, lamentando che il possesso delrequisito cromatico 

non era previsto all'epoca del bando .di concorso, ma � stato prescritto in epoca 

successiva. 

In �materia .di concorsi. pubblici la giurisprudenza. amministrativa � ispirata 

ai � seguenti principi: 

-in virt� del principio di ordine. generale desumibile. dall'art. 2 T. U. 

10 gennaio 1957 n. 3, i requisiti dd ammissibilit� debbono essere posseduti alla 

data di scadenza delle domande di partecipazione al concorso (v. Cons. Stato VI, 

9 aprile 1990 n. 446, in Cons. Stato 1990, I, 606; Cons. Stato VI, 20 aprile 1985 

n. �152, ivi, 1985,1,� 455; Cons. Stato�v1;�s ottobre 1984 n. 551,��ivi, 1984, I, 1253); 
-non vale ai fini, della ammissione che dl requisitO venga conseguito in 
un momento successivo (Cons. Stato VI, 24 ottobre 1980 n, 1001, ivi, 1980, I, 1431); 
-� consentito all'Amministrazione di derogare, per ragioni di opportunit�, 

al principio secondo cui ;i requisiti per l'ammissione al concorso debbono posse


dersi al rnoment� della domanda {TAR Puglia, l, 11 foglio 1988, n. 112). 

Non vi � un orientamento pacifico.. riel caso che il requisito di ammissi


bilit� sia venuto meno in pendenza delle operaziioni di concorso; nel senso che 

la perdita del reqilisito' comporti� fa��� esclusiOne �dal ��concorso �si � espressa la 

decisione delConsiglio di Stato, IV, 13: novembre 1919 n. 991 (ivi 1979, I, 1585), 

mentre in contrario avviso � andata la decisione dello stesso Consiglio di Stato, 

VI, 5 ottobre 1984 n. 557 citata. 

li giudice di merito aveva ��osservato� come non tutti i requisiti di ammissione 
debbano essere verificati solo ed esclusivamente al momento della domanda, 
perch� Vii sono requisiti che debbono sussis.tere anche. al momento dell'assunzione, 
come la cittadinanza e la validit� psico-fisica del concorrente, in 
quanto occorre distinguere tra ammissione al concorso e ammissione al servizio, 
non potendo ammettersi all'impiego un soggetto, qualora la carenza di 
. quel reqWisito valga a legittimare una procedura di decadenza o di dispensa 

dall'impiego. 

Quanto ritenuto in sede di merito dovrebbe valere tanto pi� in materia 

di esercizio di attivit� richiedenti particolari lavori, quali quelli connessi all'eser


cizio ferroviario. 

Non sembra possa yalidamente sostenersi che le condizioni fisiche per 
svolgere mansioni di esercizio ferroviario debbano essere sussistenti solo al 



293 

GiuSBPPE. STiro 


RASSEGNA DBLL~AVVOCATURA DELLO STATo

294 

La motivazione � errata e viziata in quanto � aberrante prevedere 
per l'assunzione in servizio nuovi requisiti fisici, prima non richiesti, in 
assenza ..di espressa e speciale deroga e/o abrogazione della precedente 
legislazione. 

Con il 2<> mezzo denunzia omessa motivazione circa un>punto decisivo, 
deducendo che il Tribunale avrebbe ritenuto erroneamente di accogliere 
il 2� motivo di appello delle FF.SS., secondo cui se anche si fosse 
applicato il D. M. n. 10668 del 19 giugno 1973 il Blandino non avrebbe 
potuto essere assunto. IlTribunale avrebbe errato nel ritenere sussistente 
una circostanza espressamente esclusa dal D. M. 10668/73. 

La Corte chiarisce,. anzit.tto, che. il Giudice ordinario in � subiecta 
mater~a � pu� sindacare la legittimit� degli atti di parte datoriale sotto 
il profilo del rispetto delle prescrizioni formali e sostanziali, di cui alla 
normativa applicata. 

Tanto puntualizzato, osserva, per�, che il ricorso non � fondato, anche 
se la . motivazione della impugnata sentenza -nel senso del rigetto 
8.ella domand.a del Blaildino -va precisata, ritenendosi assorbente la 
considerazione del profilo della posizione del ricorrente {idoneo non vincitore) 
. 

. Al riguardo non � rilevante la deduzione del ricorrente (v. memoria) 
secondo cui si� tratterebbe. di cir�psfanza � non dedotta nel giudizio di 
merito. Invero, a ben vedere; tratta~i di profili nuovi di diritto da potersi 
considerare, per�; compresi nel dibattito perch� fondati sugli stessi elementi 
di fatto gi� dedotti. Ed a tal proposito � opportuno ricordare che 
il ricorrente con il ricorso itittoduttivo in .1� grado ha dedotto (tra l'altro) 
che egli si era classificato 13� idoneo i11 graduatoria per il mestiere 
della lavorazione a freddo del ferro, giusta D.M. 429/83 con il quale venivano 
approvate le graduatorie di merito e che �con delibera 26 luglio� 1986 
del Direttore Compart�ll1eritale di Palermo UPL.PA 1.1/SAM era� stato dichlarato 
decaduto dalla nomina in prova. � 

Quindi era prospettabile la problematica inerente quali fossero i diritti 
del Blandino in relazione alla posizione di idoneo. 

Ci� in quanto i relativi elementi appartenevano alla causa in forza 
delle allegazioni e delle produzioni del ricorrente; questi aveva indicato 
nel ricorso in 1� grado i documenti che produceva: . tra gli altri il bando 
di concorso, i DD.MM. n. 10668 del 19 giugno 1973 e n. 206 del 28 gennaio 
1981, e la delibera UPL.PA 1.1/SAM del 26 luglio 1986. Quindi il Giudice 
del merito, doyerido. verificare se sussistevano le condizioni per l'as


sunzione del Blandino, doveva necessariamente verificare ci� in relazione 
alla posizione del predetto (idoneo), posizione che dagli elementi di 
fatto dedotti (scaturenti �da quanto sopra) era da ritenere compresa nel 
tema della causa. 

Va osservato che la posizione di idoneo non vincitore -in effetti non 
� contestata dal Blandino, il quale nella memoria assume l'obbliga




� � La natura pubblica o privata del rapporto di lavoro con un ente 
pubblico non economico non dipende dall'inerenza, o meno; delle man



296 

RASSEGNA Dl�l.L'AVVOCATURA DBLLO STATO 


sioni ai fini istituzionali dell'ente, bens� dallo svolgimento, o meno, della 
prestazione lavorativa nell'ambito dell'organizzazione tipica dell'ente. stesso 
con gli strumenti .propri dell'azione amministtativa{l). 

(1) Prin.ciPio . .�irmai c;onsoli<iato ..Qal. 1977, in senso conforme Cass. 27 giugno 
1?1l7 Il� $ns: C~ss. �13 luglio 19!l7 n. �6�81; Cass. 16 luglio 1985 n. 4152; Cass. 
15 noveinbhi 1983 x:L 6768~ 
CORTE D�CASSAZIONE, 12 luglio 1991, n. 7764 -Pres. Schermi -Rel. 
De Rosa -Danzas S.p.A. (avv. Ricci e Palmigiano) c. Ente Ferrovie 
(avv. Sfate> Stipo). 

Trll8p9.,.to .�� l>eistiJJ.~tllJ;'io � Pote..-e�.41 agire per la riconsegna della merce o 
Pl-W il risi..:ctu.ento bt caso di perdita. o . avana �. Prova . sulla propriet� 
cl.ella merce ~ Non occorre, . . . . 

Procedimento eiVile � � �Legitimatio �ad causam � � Rilevabilit� d'ufficio � Titolarit� 
del rapporto dedotto in giudizio � Rilevabilit� su eccezione di 
parte tempestivamente formulata. 

Obblig~oni e contratti � Sottoscrizione di documento a margine e non 
�fu calce � Volont� di adesione shio a prova contraria. 

Il destinatario delle cose trasportate, inteso come il soggetto �a favore 
del quale � stato stipulato dal mittente il contratto di trasporto, 
non ha l'onere di provare di essere anche ilproprietario delle cose trasportate 
n� quando rie richiede la riconsegna al vettore n� quando agisce 
nei suoi confronti per ottenere.�. il risarcimento del danno in caso di 
perdita o avaria delle cose stesse. 

A differenza della legitimatio ad causam, intesa come il diritto potestativo 
di ottenere dal giudice in base alla sola allegazione di parte 
una qualsiasi decisione di merito favorevole o sfavorevole, l'eccezione 
relativa alla concreta titolarit� del rapporto dedotto in giudizio � rilevabile 
d'ufficio, ma deve essere t~mpestivamente formulata con l'atto di 
appello. 

Anche se, normalmef!te, la sottoscrizione di un documento viene apposta 
in calce allo stesso, per esprimerne la volont� del sottoscrittore 
di approvarne il contenuto,� non si pu� negare sic et simpliciter rilevanza 
alla sottoscrizione apposta non gi� in calce ma in�� margine al documento 
stesso, dovendosi presumere, in mancanza di prova contraria, che 
essa sia l'espressione di analoga volont� di adesione della parte, che il 
giudice dovr� interpretare per stabilirne la portata ed i limiti in relazione 
alla fattispecie concreta. 


���ᥥ�������ᥥ (oifif$sls) � Pe:li'ᥥtagic>ni��� dli.. l()gica���pri'Qrit�.�.�ctev�� essete,:���innanzi:tutto,.���esa:~ 
minat?�. non. gi� il primo motivo delricorso principale . .(che attiene� alla 

~;~~;~~?~=il�2'-�.~ 


������~ifa.~!8l1Jlh~~W=~~� =:::;!;e:~:~;:;;~:~:..���~~~=~::b~of.: 


PregiudiZi�>J�l?lil~riI1l?niaje.�����.���������.�� 
.. �. La Novatrat& s.a., resistendo al ricorso, rileva che tutta la :merce 

.� ����!~f'ar�n~~����~l~~1f~~;:�c1:iPJZ:~t���i~rt!�~0P~;=����~r:::e~a~ 
I1l~~t~ll(��fli��tti.tti��O����di�.� ~lcupi�ᥥdei���pt9prietJilri,��.~veva���l'()l)er:�...di�..�provare 

�~~r=~6~8E:~~=u;~.s


ec(.1eZioni in ()tdine ali~ tesp�#sap�li~� 5ua e .� delle� Ferrovie dello . Stato. 
La� Royal Insurapce ~siste a1Jiaccoglimento del primo motivo del ricorso 
prirtcipale1 ma, Pi'()i;wn~do ricors<> incidentale�, chiede che le venga��� riconosciuto 
il diritttf di ottenere il .rimborso delle somme pagate: alla�. sua 
assict,trata.��. 4111;.elU.�verr��� J#dividuato:�C�n'.le�. effettivo� �re!>Pon1>abile.. 

���� (.'Ente, Ferrovie dello StatQ; :iftfine1 I"<il~a che ilricorso A1on �. di� 
retto C�tttro il <iapq .della sentenzaL che la riguarda, ��che, a suo avviso, 
deve ritenersi passato in�.g�u�icato; 

(i>i�prenitissp, t:Ueva la (:orte ehe la� censura formulata �dalla ricor


~li~1~=~~if0:~~~Ie~;b~1tfu~tl~=fh:#fifu�:~!;:~a1=:~0:~~=t�~on


.��������� :ta� Corl� delfuedto, ll:ifatti; �tc>nd�.V.ldendola tesi dell'appellante Novatrans, 
Ifa rigettato l� domanda df riS.arc�riiento d�rini proposta dalla 
Danzas S.p.A. ritenendo. che <tJ.l,estat n<fo essend6 proprietaria della mer


.:ree~1a:::~~~~:s!fc~~!~~i~r~i0:!::\�Jl!n!::!~:t~e~�=t: 

della tnetce �trasportata; ma aveva Yonere di ptov�fe � di aver�� subito Un 
pregiudizio patrimoniale. � non potendo consistere il dann� del destinatario 
ti:on� proprietario rtel mero� fatto �della perdita.� della riierce �. 

Tale� statuizione risUita �giuridieatnente errata. 

Il contratto di trasptirto di cose rientra nell'ampia. categoria dei contratti 
a favore di terzo, prevista dall'art� � 1411 e.e., laddove per terzo deve 
intendersi non gi� il mittente, ma .l'effettivo destinatario, cio� colui che 


298 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU,0� .STATO' 

ha diritto alla riconsegna .. delle cose trasportate, in quanto beneficiario 
del contratto di trasporto (v.. art.1689 e.e.). 

Pertanto; non s� pu� negare, come� esattamente osserva la ricorrente, 
che al destinatario, cos� �ndividuato, anche se non dimostri di essere il 
proprietariodelle�.cose.trasportate;. spettano, dal momento �n cui .ne ha 
richiesto la riconsegna; <Ldiritti nascenti dal contratto di trasporto, ivi 
compresoquello. di�.essere risarcito del danno deriv�togli .dalla perdita .� 
avaria delle cose trasportate, aLsensLdell'art.. 1693 e.e. 

Tale azione,. infatti;. avendo natura contrattuale; non pu� essere esercitata 
dal proprietario che non sia n� mittente n� destinatario, essendo 
egli terzo� rispetto alla fattispecie obbligatoria, cos�. come terzo � il 
vettore rispetto ad eventuali rapporti . intercorrenti tra destinatario e 
proprietario (ad es. mandato, deposito, comodato) neLqualLegli non pu� 
interferite�.� � 

Le perplessit� espresse; nella specie, .. daigiudici della Corte di merito 
derivano dall'equivoco nel quale essi sono incorsi considerando la Danzas 
S.p.A. destinataria delle merci contenute nel semirimorchio senza 
accertare se a suo favore era i;tato effettivamente stipulato il contratto 
di trasporto o se. essa era soltanto il corrispondente italiano. del vettore 

o dello spedizioniere inglese;� delegato per �la consegna ai veri destinatari. 
della merce stessa; indirizzata, per ragioni di opportunit�, alla sua 
sede... � 
Tale questione sar� esaminata, per�, con il ricorso incidentale della 
Royal � Insurance, . ohe l'ha� proposta. 

Per quanto concerne �l ricorso Danzas, pertanto, deve disporsi la cassazione 
della sentenza impugnata nel punto in cui si afferma il prin� 
cipfo anzidetto.;. dovendosi invece ritenere; in. linea strettamente giuridica, 
che il destinatario delle cose trasportate, inteso come il soggetta 
a favore c;lel q.ale � stato stipulato dal mittente il contratto di .trasporto 
(da non. confondere con lo spedizioniere), non ha l'onere di provru;e di 
essere anche il proprietario delle cose trasportate n� . quando ne richiede 
la. riconsegna al vettore :(art. 1689. <:;.c.) n� quando agisce nei suoi confrqnti 
per ottenere il risarcimento c;lel danno in caso di perdita o avaria 
delle cose stesse (art. 1693 e.e.). 

Deve; quindi, dispo:r;si il rinvi.o ad altro giudice, che, valutate le altre 
risultanze di.fatto, decider� in ordine alla domanda proposta dalla Danzas 
italiana nei col)fronti della Novatrans s.a. applicando, se necessario, 
�l principio di diritto suesposto. 

L'accoglimento della predetta censura comporta l'assorbimento di 
quella formulata dalla stessa ricorrente principale con il primo motivo, 
concernente il regolamento dell'onere processuale delle spese, che dovr� 
formare oggetto di nuova. decisione da parte del giudice di rinvio stante 
l'accoglimento del secondo motivo del ricorso della Danzas; ed anche, 

� Y.. ,, � ra , ~ 

PARTE I, SEZ. lll~ GIURISPRUDENZA C!\!JLE';dllURISJ)IzIONE E APPALTI 

oorne::-.~~-��:VAAt�1-dei��primi :due--:.m:otivi Ciel ricorso:�: incidentale�� della:� Royal 

InsuraD.ce. __ _ 
-��ᥥ����� Colit�.�i~ prjm.tlo�:U tali�-�rnptivi,�-la-: Predett~-tjcl:)r~nte�� d~u:nzia��la�-� violazi9#~
ᥥ.c:l#~t~.��aj-1c1;~ 1~~t�@~~~�-_~16y:�.p'.9, �.. i:t1;�:-r~Ia~foil,e::�aWE!.tK��36Q -n�.. 3 _�.p.c;.:.:_sa. 


_______________ $-m#-~#49 �p,~.�~�� ai~~4~#-J?t>~U�!:��il� :P�t~vaj;lp-@�J?i~;;iir:e�-d'.ffi~?_-_1~-��sua 
�-����ᥥ-�-�@ii*i� f#-~~ij~ttH#it9#~ -~AAi"Va�--soii#��if J;#�EW:t�4eil!~hrv~n~ta�᥍()#e~p9rt� 
--__ .--#~9�'~~g.),#9;~w~~lil:.~ .Y:~9i~we~~icli~��.~lla� c<>mP:@tricei��titola#t!id,eI 
('lirj:#9�a~ ~i~aj;'�irp~1#9~����l'f:>st.<>; 91:.t~.� 11:1,l'��-�eccezione-.�l'iguard~ya�.. _'Pcoi:r gi�;-� la 
Ieg�1;tim~~tjn#{m� if merifo del tapporte> sostanziale ed era stata pro. 
$.J?~ttata t~h.t~II1,t\?'#te dalla No'Vatrans cQ.n:Ja compal:'1%11� coMliJsfoilale in 

"gfaj;ttji� �-<It~rit:>~-~g~i���� �<���>��-��}��������� ������ -_ -�-�-�� �/:���<�����-����---�-�-.. i��--��-��--�-������/��~������-�����-� --�----
���-��-----!~-�.. ~h$ul'a� e�-�foiidata�-��------� .. �.�.�.�.�.�.��.�.��.�.���.��.�.��.. .


����.�.�.�.�.��.� .. �.�.�.�.�.�.�.�.�.. �.��.� ... 

. ~~ (;()#~ ~~l''t#qrfafo-ha lliten.to. elle l'eccezione.. dL ca;reJIZa. djlegit" 
1#~#9~-.attWlll�-4*l~_a.-�� goy~:I--ftjMe-.-~tata��-tempestivamente:.� formWl:lcta dalla 

------��~9V~#al1,1,if<~4'��~-~f~r~atg �])e{��trari~en:te-_a��-4.~:ta;:.rlstJ1tava dalla 
-~~t~~~.-�-�~el'l'i1'lHi�i~iia.�-�tioY~-}l9#.� av�~~.--in~?zato�--1~��-�~~1llritatrice 
Jaeg�~-�-__ ltl:lliY\���_--<~'t#ro~M%'tt)�it qtjilJ.W�_��-.Jieiᥥ-diritti�: 4e�ia:�..:proprie.taria� �. _della 
~~rc#)i:o#.mi���la[v~#�i.ipC.�ᥓ!~~~# ~aJleS����c:h�; �e$senp9$l�:�libe;rl\lifaf�ai-.-sensi 
4e11~~t, 1510 �� c;(l..;. dalJ/tj})biigo d1 �q~~cegna q.~do avevi:t rixnes_so le-_ cose 
alvettQJ;'eJ, n<;>n: ~'V~v~ ~~�f t\lftj.11; c.i~#l#@ ~WJe stes!le�i .----


J~.effetti;; c<;>.Ie nllj!.yit)a i:i�i:>#~nie, la. No\ratr�ti$~ nel suo -atto-� d'apPelfo~
ᥥavl!)va��criti9a~9.l'.*#dbuzio#e. alt~ Jaeg~r-�:ltaly-�.della-qualit� .. di:��desti~ 
Mtar(l\liJ':��_tfoonos�itttafo (ia}la:.sel'itef#a��di Pt�mo�--g;ra~o,.�.�e _affermando che 
tale:� qualjt� �SI)ett~v;1t�.alla:�O�n�a$:: itaJjf;\Ila>�iaveva._.c9ntestato sotto..�.:tale pro. 
filo la IegittiJ:rl�2Jione __ att~ya d�l~l:l' sj)�ie:til:Oassic.r�il;trice affennand<> �.che 
essa�::noll:,:�i:>oteva-���srirrogar~i��_iil� un��: mesist~nte_._diritto .�deUa�.. sua.. :assicurata. 
----Sol() cpn la comparsa ce>nclt,tsiQnale ll:l NQ:v.at:rans aveva -prospettato 
la Pred.etta eQcezione sott() ilnuQvq profilo della surrogazfone della Royal 
Insu:rance negli inesistenti diritti dcl venditore.mittente e non gi� in quel, 
lb dell'a:<;qtJir~t~ Jaeger Italy< �


Tale e~�Zi9ne in\testllli non,: pi�.la legittbnatioa~ cau.sain;. (intesa.ca. 
me. il diritto p~~estativo cli ottenete t;laL giudice,.-inbase--alla sola alle. 
g�Zione<della parte~ un:a qualsiasi decisiqne di merito, favorevole o; sfa� 
vorevole) ma la titolajt� del rapporto dedotta in giudizio; e doveva; 
perci�;::�� ~ssere:� te$J;1estivame11te��� formtdata�:���con� �l'atto �. ---q'appello --��(a:rt. -345 
c;p;c;) ne>n essendd~ it dlffereJIZa>deU'altrlil\;�--tilevabil~ d.'ufficio'��:(Cass~ 
957/86). e 

La sentenza. impt,tgnata vai quindi, cassata sul �-punte>-_ con rinvio ad 
altro giudice. per nuovo �$~e. --


--�-Con. il secondh motivo): poi, la� stessa :ric-orrente ��denunzia il vizio di 
moti:v.azione della sentenza impugnata laddove h�. ritenuto provato. che 
!!indennizzo .era .stato. corrisposto alla venditrice Jaeger. Sales, e non gi� 
alla. compratrice Jaeger Italy; � ci� deaumendo �dal fatto, neppure. eccepito 
dalla Novatrans, che il timbro e la sottoscrizione apposti dalla stessa 


300 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

sull'atto di quietanza dovevano ritenersi irrilevanti, perch� figuravano a 

I &

lato del documento e non gi� in calce al medesimo. 

Nella sua mem�ria illustrativa, la ricorrente sostiene che, in mancanza 
di contestazione, essa non aveva l'onere di provare la surrogazione 
nei diritti della compratrice, ch,e� comunque, aveva prodotto in giu


I 
dizio la quietanza relativa al pagamento dell'indennizzo, cautelativamente 
fatta sottoscrivere sia dalla compratrice che dalla venditrice, e che 
nell'atto introduttivo aveva sempre dichiarato di agire in surroga di quest'ultima; 


Anche tale doglianza � fondata. 

Sul punto la motivazione della sentenza in esame � del tutto insufficiente, 
fondandosi, esclusivamente, sull'affermazione, giuridicamente� censurabile, 
dell'irrilevanza della sottoscrizione e del timbro della Jaeger 
Italy, perch� posti a margine e non in calce al documento, e sul rilievo, 
non decisivo, che nella comparsa conclusionale il procuratore della ricorrente 
Royal Insurance aveva ammesso di agire. in forza di atto di 
quietanza e surroga rilasciato e sottoscritto dalla Jaeger Sales ltd. 

Anche se, normalmente, la sottoscrizione di un documento viene apposta 
in calce allo stesso, per esprimere la volont� del sottoscrittore 
di approvarne il contenuto; non si pu� negare, � sic et simpliciter �, rilevanza 
alla sottoscrizione apposta non gi� in calce ma in margine al 
documento stesso, dovendosi presumere, in mancanza di prova contraria, 
che essa sia l'espressione di analoga volont� di adesione della parte, 
che il giudice dovr�, se occorre, interpretare per stabilirne la portata 
ed i limiti in relazione alla fattispecie � concreta. 

:I! quindi erronea �l'affermazione della sentenza in �esame secondo cui 
quella sottoscrizione a margine �della quietanza non potrebbe in alcun 
modo consentire l'attribuzione alla Jaeger Italy della dichiarazione ivi 
contenuta. 

Resta, conseguentemente, svalutato l'elemento di riprova della suddetta 
tesi, desunto dalla ammissione del procuratore della Royal contenuta 
nella comparsa conclusionale, che ha, di per s� solo, valore meramente 
indiziario, contraddetto, peraltro, dalle diverse indicazioni contenute 
nell'atto di citazione. 

La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio ad 
altro. giudice, anche su tale punto, restando assorbito. il terzo motivo del 
predetto ricorso incidentale, afferente alle spese processuali. 

Quale conseguenza di tale annullamento, si ripropone il problema, 
cui si accennava dianzi, dell'accertamento dell'effettivo destinatario della 
merce contenuta nel semirimorchio trasportato dalla Novatrans, problema 
che deve intendersi compreso nelle censure formulate dalla ricorrente 
incidentale, e che dovr� essere necessariamente affrontato dal giudice di 
rinvio per risolvere il conflitto che deriva dall'attribuzione di tale qualit� 
alla Danzas S.p.A. 



PARm I, SEZ. ?II; GIUiU:Si>R.Ul>llNZA O:VILB; Gi�RisDIZIONB B APPALTI 

La domanda della Royal Insurance, infatti/ dovrebbe, per ci� solo; 
essere rigettata, in quanto, ferma restando tale statuizione, i diritti derivanti 
dal contratto di trasporto, compreso quello di ottenere il risarci~ 
mento del danno, ex art. 1693 e.e. spetterebbero esclusivamente alla stessa 
Danzas S.p.A. e non gi� alla Jaeger italiana, e verrebbe, quindi, meno il 
presupposto per la surroga in virt� della quale agisce. 

���. Contrariamente all'assunto; <sostenuto dalla Danzas nelle sue ilote 
d'udienza, secondo cui si sarebbe. formato<il giudicato sull'attribuzione, 
ad . essa ricorrente, della anzidetta. qualit� di. destinataria, rileva il Collegio 
che tale punto, decisivo per fa soluzione della controversia, ha forJ:
ttato oggetto di discussione e di contrastanti decisioni nei giudizi di 
merito,....e �. risulta tuttora. sottoposto all'esame di questa�.�Corte �on il 
ricorsa incidentale della R.oyal Insurance. 

Nella sentenza del Tribunale, infatti, la Jaeger italiana viene� indicata 
qt1al~ destinataria. finale. del trasporto, in qwmto a�quirente. della merce 
trasportata, anche se, contraddittoriamente, la stessa qualit� viene riconosciuta 
pure. alla Dru.:as, 

�Nel s.o atto d'appeUoJa Novatrans s.a ..contest� tale afffermazione 
eccepend() la carenza di legittimazione attiva della. Danzas S.p.A. e della 
stessa Royal Insurance, cui, nelle successive difese, neg� la titolarit� del 
diritto di surrogarsi alla Jaeger Italy, affermando che questa non era la 
destinataria della merce. 

Nell� senten2:a in esam.e, la� qualifica� di��destinataria viene riconosciuta 
alfa Danz~s soltanto pei: affermarne la . legittimazione processuale, ma, 
poi, a qu@.to sembra, la stessa qualifica viene attribuita anche alla 
Jaeger Italy, quale proprietaria della merce trasportata i(o di una parte 
di essa) al fine di negare alla Royal Insurance il diritto di surroga, nel 
presupposto che essa.avrebbe.pagato l'indennit� non gi�. alla compratrice 
nei cui diritti intendeva surrogarsi, ma alla stessa venditrice (pag. 23). 

In questa sede la� Royal Insurarice, proponend6. ricorso. �lc:i.dentale, ha 
espressamen;te contestato, come gi� visto; sia la rilevabilit� d'ufficio, 
sia la fondatezza nel merito dell'eccezione di carenza di legittimazione 
attiva formulata dalla Novatrans s.a. nei suoi confronti, sostenendo di 
essersi surrogata nei diritti che spettavano alla Jaeger Italy, quale destinataria. 


Ci� posto, deve ritenersi che la questione, lungi dall'essere stata 
definitivamente decisa, sia tuttora � sub judice �, e dovr�, quindi, formare 
oggetto del giudizio di rinvio. 

Conseguentemente, tenuto conto dei principi esp�sti, il giudice di 

rinvio, che si designa in una diversa sezione della Corte d'Appello di 

Milano, decider�, nell'ambito delle domande formulate dai ricorrenti, e 

di quella formulata subordinatamente dalla Novatrans s.a. (che essendo 


~Q2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

yittoriosa in grado d'appello non aveva interesse ad impugnare) in ordine 
alla . responsabilit� del vettore Novatrans s.a. nei confronti della Danzas 

S.p.A. e dello steso vettore, nonch� delle altre parti indicate, nei confronti 
della Royal ins. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 agosto 1991, n. 8586 -Pres. Bile Est. 
Corda -P. M. Amatucci (concl. conf.) -Ministero dei Trasporti 
e Ministero degli Interni {avv. Stato Polizzi) c. Coordinamento Macchinisti 
Uniti i(avv. Fabbri e Pucci). 

Lavoro � Sciopero, serrata e boicottaggio � Precettazione illegittima � Domanda 
di risarcimento del danno � Lesione di interesse legittimo � 
Giurisdizione amministrativa..� 

Poich� il diritto �di sciopero � soggetto ad affievolimento per effetto 
del provvedimento di precettazione, la domanda di risarcimento del danno 
fondata sul cattivo esercizio del potere di precettazione attiene alla lesione 
di un interesse legittimo e quindi appartiene alla giurisdizione del giudice 
amministrativo al quale spetta di pronunciare, come statuizione di merito, 
l'eventuale difetto di tutela giurisdizionale (1). 

(1) Si consdlida l'orientamento delle Sezioni Unite secondo il quale la non 
risarcibilit� del danno per lesione di interessi legittimi non comporta l'improponibilit� 
della domanda per difetto assoluto di giurisdizione perch� sussiste 
la giurisdizione del giudice ammiillistrativo al quale � riservata la pronuncia 
sull'eventuale difetto di una situazione soggettiva tutelabile (in tal senso, da 
ultimo, Cass. 3 luglio 1989 n. 3183, contra Cass. 21 gennaio 1988 n. 442 e Cass. 
21 gennaio 1988 n. 435). 
Per una approfondita rassegna di tutte le problematiche relative alla risarcibilit� 
del danno .per lesione di interessi legittimi si veda E. POI.LIBRI, Risarcimento 
dei danni per lesione di interessi legittimi, Chieti, 1984; cfr. altresl 

M.A. L1v1,� In tema di irrisarcibilit� del danno prodotto dalla lesione di un 
interesse legittimo, in Giur. it. 1989, I, 1, 1191 e G. MARzo, Verso la risarcibilit� 
degli interessi legittimi, in Giust. civ. 1989, II, 494. 
F.S. 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 30 gennaio 1991, n. 58 -Pres. Laschena Est. 
Luce -Verusio . {avv. Guarino e Paoletti) c. Ministero per i beni 
culturali e ambientali {avv. Stato Ferri), Pierangeli (avv. Clarizia e 
Melandri) e Beyeler (avv. Caravita di Toritto). 

Demanio -Beni culturali e ambientali -Alienazione di bene di interesse 
culturale da parte di privati -Prelazione dello Stato esercitata tardivamente 
-Artt. 32 e 61 legge 1089 del 1939 -Legittimit� -Presupposti. 

� legittima la prelazione tardiva esercitata dall'Amministrazione nei 
confronti di un bene assoggettato a vincolo artistico, anche dopo pi� di 
dieci anni dalla sua alienazione originaria, seguita da altri successivi 
passaggi di propriet�, per il prezzo allora pattuito, nel caso in cui gli 
atti di trasferimento non le siano stati mai denunciati in modo completo, 
con l'indicazione dei dati e con gli elementi richiesti dal regolamento tuttora 
vigente r.d. 363 del 1913 (nel caso in esame mancavano l'esatta descrizione 
delle condizioni dell'alienazione, l'individuazione dell'acquirente effettivo, 
la sottoscrizione di uno dei contraenti) (1). 

1. -I tre ricorsi, in quanto proposti in appello avverso la medesima 
sentenza, vanno riuniti e congiuntamente esaminati. 
2. -Pregiudizialmente, va esaminata la questione relativa alla sussistenza 
della giurisdizione del giudice amministrativo (punto 1 appello 
Verusio, 6� motivo appello Beyeler e 1� motivo appello Pierangeli). 
Giurisdizione negata per asserita inidoneit� dell'atto di prelazione a 
degradare il diritto soggettivo di propriet� ad interesse legittimo occasionalmente 
protetto. E tanto, per essere stato emanato oltre il termine 
di due mesi di cui all'articolo 32 della legge 1089/1939, con omessa notifica 
alle parti dell'originario contratto di vendita e nell'assenza dei presupposti 
contabili ritenuti essenziali alla esistenza del provvedimento ablativo. 

(1) Sulla necessit�, ai fini della decorrenza del termine per la prelazione, 
della formale denuncia all'Amministrazione competente, con l'osservanza dei requisiti 
richiesti dall'art. 57 r.d. 30 gennaio 1913 n. 363, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 
7 ottobre 1987 n. 802, in Cons. Stato 1987, 1466-67; Cons. Stato, Sez. VI, 31 gennaio 
1984 n. 26, in Cons. Stato 1984, 83; Sez. VI, 23 marzo 1982 n. 129, in Cons. 
Stato 1982, 356 ss.; Cons. Stato, Sez. VI, 3 aprile 1985 n. 123, in Cons. Stato 1985, 
447 ss.; Cons. giust. amm. sic. 2 marzo 1990 n. 22, in Cons. Stato 1990, I, 497. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

304 

Da sottolineare che la deduzione si ricollega ad una qualificazione 
della situazione soggettiva dedotta diversa da quella sottesa ai ricorsi di 
primo grado, proposti al T.A.R. del Lazio e tendenti ad ottenere l'annullamento 
degli atti lesivi ritenuti illegittimi. 

Da sottolineare, altres�, che il problema relativo alla giurisdizione 
si pone in relazione al solo decreto di prelazione del 24 Novembre 1988, 
per il quale, oltre a quelli indicati, sono stati prospettati ulteriori vizi, 
implicanti, incontestabilmente, il riconoscimento di situazioni soggettive 
di interesse legittimo. 

Circostanze, peraltro, che non esimono il Collegio dall'esame della 
questione, atteso che il difetto di giurisdizione � rilevabile d'ufficio e pu� 
essere dedotto in ogni grado di giudizio anche dalla parte che ha adito 
un ordine giurisdizionale successivamente ritenuto incompetente. 

Ed ancora, perch� la ripartizione della tutela giurisdizionale tra giudice 
ordinario e giudice amministrativo, nelle controversie in cui � parte 
una Pubblica Amministrazione, non si ricollega al petitum dell'azione 
n� tantomeno alla prospettazione formale che della situazione dedotta 
� fatta dall'interessato. 

Ci� che rileva, invece, � il cosiddetto petitum sostanziale e cio� la 
la natura intrinseca della controversia, quale individuata dal giudice in 
relazione alla causa petendi, indipendentemente dalla presenza di un atto 
autoritativo dell'amministrazione e dall'eventuale domanda tesa ad ottenere 
l'annullamento, afferendo il petitum alla sola determinazione dei 
poteri che, nella sfera della rispettiva competenza, sono attribuiti a ciascuno 
dell'ordine giudiziario innanzi citato. 

D'altra parte, ancora, un'eventuale declaratoria di difetto di giurisdizione 
del giudice amministrativo non potrebbe ritenersi preclusa dalla, 
gi� indicata, circostanza che, unitamnte all'atto di prelazione, sono stati 
impugnati anche altri atti dell'Amministrazione dei beni culturali, per 
i quali la questione non si pone, ben potendosi provvedere alla separazione 
dei giudizi; n� tampoco dalla deduzione contro l'atto di ablazione di censure 
aggiuntive, rispetto a quelle che attengono strettamente alla questione 
pregiudiziale, dal momento che l'esame delle stesse potrebbe essere 
differito all'eventuale esito negativo per le parti del giudizio instaurato 
avanti al giudice ordinario. 

Ci� posto, va considerato che costituisce ius receptum il principio 
secondo cui nelle controversie contro la Pubblica Amministrazione sussiste 
la giurisdizione del giudice ovdinario allorquando si controverta della 
appartenenza all'amministrazione del potere esercitato nei confronti di 
posizioni di diritto soggettivo degli amministrati, degradate, per la forza 
imperativa del provvedimento, ad interesse legittimo occasionalmente protetto. 


Laddove, invece, la competenza giurisdizionale spetta al giudice amministrativo 
nei casi in cui si controverta della legittimit� dell'esercizio 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

del potere effettivamente appartenente alla Amministrazione, inerendo, 
in tal caso, le eventuali doglianze alle modalit� dell'esercizio stesso in 
relazione alle norme che ne disciplinano lo svolgimento. 

Non sembra, per�, sufficiente sottolineare, come pure potrebbesi, che 
la Pubblica Amministrazione ha esercitato, nel caso in esame, un potere 
espressamente previsto dall'art. 31 della legge n. 1081/1939, per ritenere 
sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, sul rilievo per 
cui tutte le eventuali censure al riguardo proponibili non potrebbero che 
afferire alle modalit� di esercizio del potere stesso, qualificandosi conseguentemente 
la situazione giuridica soggettiva dedotta come di interesse 
legittimo in quanto correlata alla rimozione del diritto di propriet� conseguita 
all'adozione del provvedimento oblativo. 

Ci� in quanto si � andata progressivamente affermando soprattutto 
nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, la tesi secondo cui si 
risolve in difetto di potere e non in semplice illegittimit� del suo esercizio 
la mancanza di specifici presupposti del potere stesso, ovvero, l'inosservanza 
di limite che, pur non riferendosi espressamente alla sua astratta 
attribuzione o configurazione, condizionano pur sempre in modo assoluto 
l'esercizio di esso nel caso concreto; esercizio che, se esplicato in tale 
carenza, non pu� interferire sul diritto soggettivo degradandolo a situazione 
di interesse legittimo. 

E questo stesso Consiglio di Stato, ha aderito alla tesi indicata, particolarmente 
con riferimento all'intempestivit� dell'esercizio del diritto 
di prelazione di cui agli articoli 31 e 32 della legge n. 1089/1939 (Sez. VI, 
1� dicembre 1986, n. 886), ritenendo che in tal caso, mancando il presupposto 
temporale, non � dato configurare in capo all'amministrazione alcun 
potere idoneo ad affievolire il diritto di propriet�, sia c�n riferimento 
alla notificazione del provvedimento stesso ritenuto elemento costitutivo 
della fattispecie ablativa e non mero presupposto di efficacia di esso 
(Sez. VI, 23 aprile 1990, n. 466), con il corollario che la sua mancanza, 
precludendone gli effetti costitutivi, lascia integro il diritto soggettivo 
per la cui tutela � pertanto competente il giudice ordinario. 

Diverso, invece �, l'orientamento, che qui si intende confermare, relativamente 
ai presupposti contabili dell'atto di prelazione da ritenere 
estranei alla fattispecie costitutiva dell'ablazione, e la cui eventuale carenza 
non afferisce all'esistenza del potere ablativo, bens� solo al suo 
legittimo esercizio, ovvero ad eventuale responsabilit� di tipo sarcitorio 
a carico dell'Amministrazione procedente. 

Pur con le indicate limitazioni circa la sussistenza della effettiva 
astratta configurazione in capo alla Amministrazione del potere esercitato, 
resta comunque fermo il principio che la competenza giurisdizionale, 
del giudice ordinario o del giudice amministrativo, non dipende 
dal solo rilievo che il ricorrente articoli la sua pretesa, originariamente, 


306 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ovvero anche successivamente, sul piano delle norme di relazione o di 
quelle di azione. 

Non � sufficiente, in altri termini, come gi� sottolineato precedentemente, 
dedurre come fanno gli appellanti in questo grado di giudizio 
l'astratta carenza di potere amministrativo in relazione ad una asserita 
mancanza dei presupposti temporali e di notificazione (quelli contabili 
non hanno rilevanza in relazione alla questione esaminata) dal momento 
che l'art. 26 T. U. C.d.S. e l'art. 4 L. T.A.R. dispongono che la competenza 
del giudice amministrativo sussiste nel caso in cui la posizione 
giuridica fatta valere sia � effettivamente � considerata come di interesse 
legittimo. 

Per il che, a differenza di quanto avviene per il giudice ordinario, la 
verifica della cui competenza giurisdizionale va fatta in base al solo 
rilievo che �Si faccia questione � di un diritto soggetivo (art. 1 L. n. 2248/ 
1865), per il giudice amministrativo si impone un'indagine pregiudiziale 
di tipo pi� penetrante che senza impingere definitivamente il merito della 
questione non si attenga comunque alla sola articolazione formale dedotta 
della parte attraverso l'esame concreto dell'atto amministrativo impugnato, 
bens� verificando come si debba qualificare la situazione soggettiva 
sostanzialmente dedotta in relazione alle norme effettivamente applicate. 


Tanto premesso, va considerato che, nel caso in esame, l'atto di 
prelazione, notificato {non rileva se legittimamente o meno) alle parti 
sostanziali del rapporto di alienazione, � stato esercitato in relazione 
alla previsione di cui agli artt. 61 della legge n. 1089/1939 e 57 R.D. 30 gennaio 
1913, n. 363, oltre che agli artt. 31 e 32 stessa legge n. 1089/1939, nel 
dichiarato presupposto della mancanza di una regolare denuncia dell'atto 
di compravendita e nella proclamata permanenza della facolt� di procedere 
all'oblazione anche dopo i due mesi dalla presentazione della 
denuncia stessa. 

In sostanza, cio�, l'esercizio della prelazione � qualificato, nella specie, 

in relazione alla inosservanza delle prescritte condizioni della denuncia 

dell'atto di compravendita, per la mancata esatta descrizione delle con


dizioni dell'alienazione, la individuazione dell'acquirente, {effettivo), suc


cessivamente individuato come persona diversa da quella indicata nel 

testo formale dell'atto e per la mancata sottoscrizione di uno dei con


traenti. 

Per il che � da ritenere che, al di l� di quanto formalmente prospet


tato in appello dalle parti, il potere esercitato, oltre che trovare perfetto 

riscontro nelle norme indicate, � stato anche svolto nella sussistenza 

degli indicati presupposti di legittimazione, essendo nell'ipotesi in cui la 

dichiarazione � considerata come non avvenuta, in relazione alla irre


golarit� della denuncia, � sempre salva � facolt� del Ministero di eser


citare la prelazione (2� comma art. 61 legge n. 1089/1939) ed essendo la 



PARTB l; SBZ> IV; GIURISPRuDBNZA AMMINISTRATIVA 

ootificazione stata� eseguita al compratore . (quello effettivo, cos� � come 
V�ole la� legge e non quello solo formalmente risultante dall'atto) ed allo 
stesso venditore (art, 65 �1trt 30 gennaio 1913; :n. 363); 

N� fileva; per il fine qtii�considerato, la deduzione relativa alla pretes/;'
t tiullit� �leU11t. riotificaf~tta al Verusi<>{censura; peraltro, inammissibile 
perch� dedotta per�fa prima. volta��in appell�) dal���moment��che, 
ai firii della :Verifica/ del presupposto � legittimante il potere ablativo 
� > suffibtente � resistelita di. uri atto di not:ifieaziOrie an�he se.�. invalido, 
potepdosi . il c;lifetto �d.i �potere ricollegare alla sofa �inesistenza (e non 
invalidit�) delta n6tiffoazfone medesima:;��� 

Cosf ebme rlessuri� rflevfuii~ assrim� fa . dedotta �circostanza.� secondo 
cui il Pier�ngeli avesse agito � iri nome propritFe che �ilvenditore, all'atto 
della �oiripraveii�d�ta, �. non � fosse a �conoscenza. �del rapporto di. mandato 
(senza rapprese~t~a col Beyeler), non potendone .deHvare>Ia ....conse
�gU:e:ilza. chela il,opfffuzione: d:elfatt�di prel~fone (che si .connotava� per 
n �� carattere sarirl6nat�ricf nei conffub.ti del Beyeier) andasse effettuata 
anc~e .nei .confronti qeU'acquirente f<mn~le, I1on.��sussistend� alcun interesse 
per u vendit�r� gitirtdfoaniente rilevante�� a vedere comvolto nel 
procedimento ablativo il��s�ggetto che,�su:ccessivamente all'atto di. vendita, 
risultava un mero� intermediario al trasferimento del bene e� come� tale, 
. semplice struniento relativamente al conseguimento dell'assetto filiale del 
rapport� di compravendita. 

Senza contare� che le circostanze anzidette attengono, comunque, alle 
modal.it� della not�ffoatfori� che/ ~�� ripetesi�:....;;.� .comuriq11e vi. � stata; . :per 
�il che le.censure ad e$s� relative/hfrpregiudicato faseiando il presupposto 
�legittimante concernente fa� sua esistenza/riguardano�� modalit� def suo 
eserciZfo ed inerisc�no ad asserita vidlaziorie> di norma di azione fa 
cui violazione pu��� essere fatta valete solti:lrito avanti al � gilldice airl.mini. 
strativo. �' '�' � 

3.. ,,..--Nel ritt;:i:iere la sussist1imza della competenza giu:risdizioi:iale del 
giudice amm.rlstrativo, si. � supposta la p�r.iaperite vigenza del � R.;D. 
30 gennaio 1913~ n. ~63, relativa al regolamei:ito dLese~i()J:le .della legge 
2~ giugnol909~ n'..354 e .23 gitigrio i912,n..1588 p~)e antichi!~ e belle 
. arti, ed in partfoolaie del rdat.fao .. art.. 57, pur .d()pcf l'em@azione .. della 
legge 1� giugno 193!1, n: 1689 contehente una nuova cliseiplina della. n:iateria. 

Vigenza che tr�va giustificazione nel rilfevo, gi� evidenzfato da questa 
Sezione (Sez. VI, 31 gennaio 1984, n. 26), relativo alla maric�ta emanazione 
del regolamento di esecuzione delta indfoata legge 10S9/l939; il 
che comport�, in base al disposto della norma transitoria di cuiall'art. 73 
della. stessa legge, la sopravvivenza . alla nuova disc�plma . della pt��edeii.te 
regolamentazione attuativa, cui peraltro � fatto speeifico rinvio. 

La tesi � contrastata dai tre appellanti (punfo secondo 2 della parte 
�in diritto del ricorso Verusio, 2� motivo appello Beyeler e 4� motivo pri



~08 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma parte del ricorso Pierangeli) per i quali comune � il rilievo secondo 
cui la regolamentazione della denuncia dei trasferimenti dei beni qualificati 
per importante interesse storico-artistico, di cui al richian1ato 
art. 57 del R.D. 30 gennaio 1913, n. 363, sia da considerare incompatibile 
con il disposto di cui agli artt. 30, 31, 32 e 61 della legge n. 1089/1939 
-contenente una pi� articolata e completa disciplina della materia, 
patricolarmente con riferimento alla denuncia degli atti di trasferimento, 
.Per la quale sarebbero indicate le condizioni e modalit� -e che, pertanto, 
in base alla stessa indicata norma transitoria di cui all'art. 73, 
sia da ritenere integralmente abrogata, atteso che la disposta proroga 
del precedente regolamento (del 1913), ivi prevista, deve considerarsi limitata 
alle sole disposizioni compatibili col nuovo regime. 

Si osserva, poi, che la sanzione della nullit� prevista dal richiamato 
art. 61 della legge n. 1089/1939 � limitata alla sola violazione relativa 
.all'osservanza delle condizioni e modalit� da essa stessa legge previste, 
senza alcun riferimento alla violazione di norme regolamentari; e si aggiunge, 
altres� che il regolamento d,i cui al R.D. n. 363/1913, comportando 
un'ampia libert� di completamento del disposto, notevolmente sintetico, 
. delle leggi attuate, era da ascriversi alla categoria dei regolamenti indipendenti, 
laddove, invece, quello cui faceva rinvio l'art. 73 della legge 

n. 1089/1939 -per l'intervenuta restrizione dell'ambito della competenza 
regolamentare -doveva considerarsi. un regolamento esecutivo 
in senso stretto; con la conseguenza di una necessaria riduzione della 
operativit� della precedente normazione.secondaria che escludeva -anche 
~ 

per la successiva adozione della Costituzione Repubblicana -la possi,
bilit� che una sanzione, .quale la nullit� della denuncia, potesse ricolleI 
garsi ancora ad una normativa secondaria autonomamente introdotta. I 

Altro argomento, di ordine sistematico, addotto a giustificazione 

I

della affermata inapplicabilit�, almeno nel senso letterale, della normtiva 
regolamentare del 1913, relativamente alla denuncia della alienazione, dei 
beni di interesse artistico, sarebbe, poi, costituito dal rilievo secondo 
cui l'art. 61 della successiva legge n. 1089/1939 aveva introdotto, a differenza 
di quanto era previsto nel precedente regime -per il quale l'in


I 

completezza o l'imprecisione della denuncia provocava l'inesistenza della 
�denuncia stessa e quindi la nullit� dell'alienazione (art. 29 legge 29 giu. 
gno 1909, n. 364) rimettendo le parti al � palo di partenza � e costringendole 
a rinnovare la denuncia -la possibilit� dell'esercizio della prelazione 
nonostante la ritenuta nullit� del contratto e di acquisire comunque 
il bene venduto al prezzo fissato nel contrato nullo; per cui il 
.mancato rispeto delle prescrizioni di cui all'art. 57 del regolamento del 
1913, anche a volerlo ritenere ancora vigente, avrebbe dovuto implicare una 
. maggiore � cautela � interpretativa e comunque non avrebbe potuto com~
rtare la nullit� della alienazione, ricollegata alla sola mancanza della de



PARm� l/SEZ; IV; .GIURISPRUDENZA AMMINlSTRATIVA 

nuncia stessa e potendo� gli eventuali elementi integrativi della . denuncia, 
se. presentata,J~ssere desunti aliunde�. 

� Viene, quindi,. censurata �(appello :Seyeler) l'asserzione, contenuta nella 
sentenza .impugnata, secondo cui la denuncia dell'atto di � vendita costi.
W~s�a .Il Qne.re p~Je.pe:wti, i. q.~t!i).a4 essasLricolleghe:reJ;>be .ne~~etto 
.t~le per . proprietar~()~ cio� ~ quello . di Qttenere c)le �. l'~ercizio .�del diritto 
di prelazione riman.ga Umitato.i;i.d un pet:iodo di due w~i�,/cosicch� 
l'irregolarit� della . denuncia . c<>mp9rta la sanzione .� << della. iJ:l:<;lefinita per~ 
w~enza nel temPo della 59gge:done dell'alienazione al potere di prelazione 
;, � � � .. < � � 
In.�� tealt�, s~oqd9 !l'appellante, Ja denuncia. costituisce elemento iJ:l:tegrativo 
della va:liqit� � dell'alienazione, la etti mancania implica la nullit� 
clell'ali1mazione � di pieno diritto �; e �omp0rtan40, �aJ.@rittura; la configurazione 
di un reato, non potrebbe �op:i.nque considei:arsi come un 
mero..onere. 
�: Q~;re che, ~~c<>nc;l~ l'aJ?peUi.ite, �ostituisce~J~vece, la .J?re1>entazione 
ciella cle.uncia, atteso cl:le per ess.a . non � p:revisto ajcun tennine. di )?reclusione 
(art.� 30 �egge n. 1089/1939) e. st~te fa. dec9l'l'enza, del termine� bi.
mestra1.e perJ'es9i;c~i0 4ella prela,;i;i()ne llon 4a,lbi �onclusione del contratto, 
bens� d.;:i.na. J?resentazione .della4e:nunci.aJl).e.i;lesii;na (art. 32 .stessa legge). 
Perjl(;heJLtra~tament(l della. den\lnciaeffettuata, ma .ritenuta irregolare 
o �lcompleta dall'ammiI�strazjqne (come t~mministrazione mede$
irna. postula nelcaso in .� esame per �il!ant<> attiene. alla sottoscrizione ed 
all~�lc,l.i~~i<>ne . delle rno(i~lit�. della consegna) iinpol'tava, . 11obbligo dell'anuajajstrazi()
ne stessa, pi� cb,e di rit~ne:t'e nulla l'alienazione, di esercitare. 
il potere dovere cli;ric})iedere � rmtegJ'�zione della denuncia nel pi� 

breve tempo possibile e .comunque en~o) due mesi dalla sua presentazione 
� perch�, altrimenti, non . aVrebbe che potuto essere consiclerata 
regolare. ��. ...�..�.�. . .... ..�� ..... 

. . � .� . Da . tutto q.;:i.:nto p:re�ede, deriverebbe in (l.efipitiv~ secondo gli ap-
Pellanti '.'""':"la regolarit� 4et1a de~Uhcia effettJJ,ata dal Verusio. Ci� sia con 
I'�ferinterito alla mancata sot~oscriZione dell'acquirente, atteso che l'art. 30 
della legge n. 1089/1939, unico. applicabile, imponeva il relativo obbligo 
solo al venditore, si~ perch~, riguardando 10 .stesso ar1:. 30 della legge 
indicata la sola. deI1$cia dell'atto. d� alienatione � non prevedendo Urio 
� spedfico �tC>nteI1tito per �1a .�stipulazione dell1atfo ��stesso�� (plu:lto �. lI, �IV appello 
Verusio), dovevano considerarsi legittimi i negozi privi della indicazione 
di elementi e pratiche �relativi al luogo di consegna del bene, con 
conseguente abrogazione dell'art. 57 del reg�lamento del 1913, il qtiale 
faceva derivare la nullit� dell'atto di vendita in c�nseguenza della mancanza
� degli� elementi� anzidetti. 

D'altra parte, poi, sempre secondo gli aJ?pellanti, la regolarit� della 
denuncia si ricollegava anche al fatto .che la stessa era veritiera dal 
punto di vista sostanziale, in. quanto correttamente era stato indicato 


310 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come acquirente il Pierangeli che, sulla base del rapporto interno con il 
Beyeler, non rilevante per il profilo considerato e comunque non conosciuto 
dal Verusio, era stato l'unico a trattare e stipulare il contratto 
di compravendita. 

Senza contare, infine, che il comportamento dell'Amministrazione, 
che aveva operato la prelazione a ben undici anni dalla denuncia, oltre 
che senza adeguata specifica motivazione, appariva irragionevole e contrario 
a qualunque regola di buona amministrazione. 

Anche se abilmente prospettate, nessuna delle anzidette argomentazioni, 
a giudizio del collegio, pu� far recedere dal convincimento relativo 
alla gi� affermata perdurante vigenza del disposto di cui all'art. 57 del 

R.D. 3 gennaio 1913, n. 363 nei rigorosi termini in cui lo stesso risulta 
formulato e comportante la invalidit� della denuncia presentata dal 
Verusio perch� priva di alcuni degli elementi ivi previsti. 
� pur vero che la legge 1� giugno 1939, n. 1089, di revisione della disciplina 
della tutela delle cose di interesse artistico e storico � pi� articolata 
e contiene, nell'insieme, pi� puntuali precetti rispetto a quelli contenuti 
nella precedente legge 20 giugno 1909, n. 364. 

Per la parte, per�, che solo qui interessa, relativa alle modalit� della 
denuncia degli atti di trasferimento dei beni notificati per l'importante 
interesse storico-artistico, non � dato rinvenire nella legge stessa alcuna 
disposizione, per il che � indispensabile il rinvio ad altra fonte che non 
pu� che essere quella regolamentare anzidetta; anzi, tutta la disciplina 
relativa ai trasferimenti suddetti appare, nella sostanza, regolata allo 
stesso modo, di cui alle leggi precedenti, ravvisandosi nel disposto di 
cui agli artt. 30, 31 e 32 legge n. 1089/1939 le stesse norme rinvenibili 
negli artt. 5 e 6 della precedente legge n. 364/1909, di cui il regolamento 

n. 363/1913 era esecutivo. 
Ed allo stesso modo, sia l'art. 29 della legge n. 363/1909, sia l'art. 61 
legge n. 1089/1939 prevedono la nullit� �di pieno diritto� delle alienazioni 
disposte contro i �divieti stabiliti� dalle leggi stesse (con l'impiego 
dei medesimi termini formali), lasciando intendere che la denuncia relativa 
al trasferimento attiene alla stessa validit� della fattispecie traslativa, 
come del resto sostenuto dagli appellanti, ma senza, tuttavia, che 
tale qualificazione (anzich� di onere per il proprietario) sposti comunque 
i termini del problema. 

N� sembra assumere rilievo, sempre in relazione alla questione 
esa;rninata, la circostanza per cui nell'art. 61 della legge n. 1089/1939 risulti 
formulato, al 1� comma, un ulteriore precetto, innovativo rispetto 
alla disciplina precedente e relativo alla facolt� dell'Amministrazione di 
esercitare la prelazione anche a fronte di un atto di alienazione affetto 
da nullit�, ovvero che la sanzione dell'invalidit�, per la pi� completa 
formulazione del primo comma, risulti essere estesa anche alla aliena




PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 311 

zione eseguita senza l'os�servanza delle � condizioni �e modalit� � da essa 
prescritte. 

Quanto, infatti, alla previsione relativa alla salvezza della prelazione 
anche in ipotesi di nullit� nell'atto di trasferimento, essa sembra chiaramente. 
ricondursi ad un'esigenza di migliore tutela dell'interesse dell'Amministrazione< 
e soprattuttC) di pi� efficace dissuasione nei confronti 
dei privati per i quali la sola sanzione di nullit� dell'atto negoziale 
poteva non costituire adeguata remora ai trasferimenti dei beni protetti. 

N� l'estensione della previsione di nullit� alle ipotesi di inosservanza 
delle condizioni e. delle modalit� dell'alienazione e la specificazione del 
loro riferimento �alle prescrizioni previste � dalla �stessa legge;�� considerata 
nell'ottica pi� accentuatamente rigorosa cui si � fatto precedentemente 
riferimento, pu� significare, come pretendono gli appellanti, che la sanzione 
della nullit� non opererebbe se non in casi in cui la denuncia 
sia priva degli elementi ritenuti essenziali e quali� desunti esclusivamente 
dall'art. 30 della legge stessa; laddove, invece, le irregolarit� correlate 
alla violazione della norma regolamentare, di cui pertanto risulterebbe 
abrogato l'ultimo comma, implicherebbero il solo obbligo per l'ammi� 
nistrazi6ne di attivarsi per imporre alle part� una integrazione degli elementi 
carenti della denuncia medesima. Ci� � in quanto, come rilevato 
precedentemente, la logica di fondo della legge n. 1089/1939, � ispirata a 
meglio tutelare �l'amministrazione e ad un �maggiore rigore verso comportamenti 
illegittimi dei privati, come appare, del resto, dalla stessa 
applicabilit� della nullit� degli atti di alienazione anche alle ipotesi in 
cui sono violate, oltre a specifici divieti, le condizioni e le modalit� dei 
divieti stessi. Queste, per quanto attiene, appunto; alla dichiarazione, 
sono contenute nell'art. 57 del regolamento n. 363/1913, da>considerarsi 
recepito nella stessa legge n. 1089/1939 (varranno ..; le norme regolamentari) 
per il richiamo ad es'so fatto dal relativo art. 73; che deve, pertanto, 
comprendere, le modalit� e condizioni, come i divieti relativi alle alienazioni, 
tra. le ipotesi che implican-0 la nullit� della dichiarazione. 

In� altri termini, non � condivisibile la tesi degli appellanti, secondo 

cui l'art. 30, della legge n. 1089/1939, abbia innovato, sul punto relativo 

alle modalit� e condizio:rii della denuncia rispetto a quanto previsto del


l'art. 5 della precedente legge n. 364/1909, nel senso cio� di avervi fissato 

i requisiti minimi ed essenziali:/ per la cui sola mancanza si configure


rebbe la nullit� dell'alienazione, onde le indicazioni contenute nella nor


ma � regolamentare e relative alla denuncia stessa afferirebbero ad ele


menti secondari implicanti mere irregolarit� formali prive di sanzione, 

e comportanti il semplice aggravio per l'amministrazione� dell'attivazione 

per la loro integrazione e senza comunque poter procedere alla prelazione. 

Nemmeno, poi, pu� aderirsi alla tesi relativa alla asserita inammissi


bilit� di una sanzione di nullit� (della dichiarazione) comminata da un 

regolamento, dal momento che, come gi� osservato precedentemente, 

~ ....

, 

~ 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la normativa ivi contenuta, in quanto applicabile e cio� in quanto compatibile 
con la legge n. 1089/1939, � stata espressamente richiamata dall'art. 
73 della legge stessa. 

Analogamente irrilevante � la circostanza che la normativa del 1939 
abbia innovato rispetto alla regolamentazione precedente prevedendo, al 
secondo comma dell'art. 61, la permanenza, per l'amministrazione, della 
facolt�, anche in ipotesi di nullit� dell'atto di alienazione, di esercitare 
la facolt� della prelazione, dato che non se ne pu� far scaturire, stante 
anche le gi� indicate ragioni delle nuove disposizioni, una incidenza sulla 
interpretazione di altre norme per le quali il dato letterale e sistematico 
convergono in una determinata significazione ermeneutica. 

Senza contare che la prelazione di cui all'art. 31 e segg. legge 1� giugno 
1939, n. 1089 non opera alla stessa stregua dell'omonimo istituto civilistico 
(che si esercita sempre con riferimento ad una (valida) proposta 
di alienazione) ma costituisce espressione di un potere di acquisizione 
coattiva delle cose di interesse storico ed artistico di propriet� di privati, 
da esercitarsi in occasione di negozi di trasferimento della propriet� 
medesima. 

Sicch� il provvedimento, con cui, in concreto, si esercita la prelazione 
deve essere ricondotto alla pi� generale categoria degli atti ablatori 
(rispeto al quale il negozio di alienazione costituisce mera condizione 
legittimante del potere), con la conseguenza che non assume valore 
determinante la validit� dell'atto di alienazione presupposto, dal momento 
che nessuna sostituzione dell'amministrazione al soggetto alienante nel 
negozio posto in essere da privati avviene col provvedimento della prelazione 
dal quale, anzi, oltre che un effetto propriamente costitutivo (acquisitivo) 
discende un (ulteriore) effetto caducatorio del negozio di alienazione 
medesima (Sezione VI, n. 400, del 10 giugno 1987). 

Errata, poi, � la censura alla decisione del T.A.R. per aver ravvisato 
la nullit� della denuncia per la mancata indicazione del luogo di consegna 
del dipinto dal momento che, nell'atto dell'Amministrazione, si faceva 
anche a tale circostanza implicito riferimento pur richiamandosi, genericamente, 
l'inosservanza �dell'esatta descrizione delle condizioni dell'alienazione
� previste dall'art. 57 R.D. n. 363/1913. 

Ininfluente, quindi, per il profilo qui considerato, � l'asserzione relativa 
alla veridicit� {almeno dal punto di vista del Verusio) dell'indicazione 
della persona effettiva acquirente, poich� assorbente era la circo


i 

stanza che nemmeno il ritenuto vero acquirente aveva firmato l'atto di ! 

Ii 

denuncia, cos� come non pertinente � il rilievo secondo cui l'Amministrazione 
ha operato la prelazione a pi� di dieci anni dalla stipula del 

i

contratto di compravendita, in quanto a tanto la stessa si � determinata, 
dando adeguata giustificazione nel provvedimento adottato, in conseguenza 
del comportamento (come meglio successivamente. sar� chiarito) 
elusivo e contraddittorio delle parti e senza che alcuna rilevanza assu-I 

l

I 

I 

I 
I 



m.esse; .�attesa: la natura ablatoria de1l'atto di prelazione, il dect>ts� di� un 
terni.�ne .stdfidente a fait maturare l'usucapfone decennale~�� 

a:cielf ~U:t!s:1fn:!~~~~:~:Zfl:rltf~~i ::~:=~=~:= ii�~�~ :::e1~: 

Vel"QSio) cbe la t>Qttf.)s�riziC>l.le del1'11.9~uitente' (che � s.ola mancava nel�. caso 

�M�r!it~�~;;::,r~ 
!~lf~~2~1fJ@


l'~P~resent~a:��del.�Beyefor;����Ia���idone.it�����del1a. denuncia. a .� raggiungere.. gli 

. �ff~ttil suoi pro~rl~ dli! identifica;fsinel porred'am.ministrazfone in..condi


.. 
zi()ne di esetci~*We te~pestivamente la prelaziotle;;Ja .sua sanatoriatqUanto 
al ViziO .� delrincom.pleta sottoscmzione;:in relazione> alle .. dichiarazioni 
fatte all'.amministrazione successivamente al contratto...� 

Ai:fohe: tali ~~D.sure sono errate e '1atmo di~attese~ . essendo; . innanzitutto{ 
e\tidente � � cbe il secondo� com.ma dell'art; 57 RD. n. 363/19Ui nel 
riferirsi . alle condiZ�oni �(di .cui sopra): che fanno ritenere non awenuta 
la denuncia, richiami esplicitamente anche la � firma� delle partj. con� 
traenti indicata �come neces$1;ir�,i:t; nella precedente� l�ttera e); a: �nulla ri� 
levando {anche a voleda riten:&-e per' am.tttessa)<la � veridicit� del��. con� 
tenuto della denuncia� stessttquanto.� alle partieffettive del contratto.�.di 
alienazione, posto� che�.�com.U!lque����mancava la sottoscrizoine dell'acquire�lte; 
pon potend() tr()var~ appljcazione;1-perch� non �previsto, . il�. prin� 
cipi�.processua!���.di�cUi.. all'~t.��1su.�~,p.c.�.tetzo�.�colritna, relativo����all'esclu~ 
sfoile della D.uUit���allo:ifqua:i;itfo��l'atto��ptocessuale ha;�.comunque raggiunto 
lo scopo cui era destinato; e non potendosi, infine; come ha esattamente 
ossenrato il TAR, considerare la denuncia una fattispecie� a�. formazione 
progressiva;. per cui non� potevan:ocritene:tsk idonei� ad<integrarla, in. rela� 
zi�ne. alla parziale iniziale � sua sottoscrizione, i successivi� atti� trasmessi 
all'Amministrazione dal Pierangeli e dal Beyeler. 

Senza contare che restava comunque determinante, ai fini considerati; 
la �omessa � esatta� descrizfone �delle�� condizioni dell'alienazfone: �, an� 
che in relazione al luogo� della consegna del bene, che il T.A.R. ha ritenuto 


314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di ricomprendere nella omissione indicata e che, contrariamente a quanto 
assunto dai ricorrenti, costitt�sce un ulteriore eleemnto (di notevole interesse 
per l'amministrazione) per ritenere esattamente e compiutamente 
assolto l'obbligo della denuncia ai sensi deHa lettera b) del primo comma 
del pi� volte richiamato art. 57 regolamento n. 363/1913. 

Ritenuta, pertanto, come non avvenuta la denuncia della compravendita 
e considerato che la circostanza implicava che l'alienazione dovesse 
considerarsi effettuata contro un divieto previsto dalla legge n. 1089/ 
1939 (art. 61) la quale appunto, detta denuncia imponeva, (art. 30) restava 
�sempre salva� la facolt� dell'Amministrazione di esercitare la 
prelazione ai sensi dei successivi artt. 31 e 32 stessa legge. 

Nel censurare la sentenza del T.A.R., gli appellanti rilevavano, in 
primo luogo, che l'espressione �in ogni tempo� doveva essere interpretata 
(altrimenti sarebbe stata incostituzionale) (punto II appello Verusio, 
7� motivo appello Beyeler e 3� motivo appello Pierangeli) nel senso che la 
prelazione dovesse essere esercitata entro i due mesi dalla data in cui 
l'Amministrazione avesse accertato le cause della invalidit� della denuncia 
stessa, e comunque entro il termine di prescrizione del relativo diritto 
e senza che vi fosse stata usucapione decennale del bene. 

Con la conclusione che, nel caso esaminato, l'ablazione sarebbe stata 
illegittimamente realizzata, atteso il decorso del tempo necessario a far 
maturare sia la prescrizione, sia l'usucapione e stante, soprattutto; il 
fatto che il potere di prelazione era stato fatto valere dopo una formale 
rinuncia ed abbondantemente oltre i due mesi, di cui all'art. 32 della 

Ilegge n. 1089/1939, da quando l'amministrazione aveva acquisito piena 
e documentata conoscenza di tutte le originarie ritenute irregolarit�. 

I

Al riguardo devesi, per�, osservare che come gi� altre volte sottolineato 
dalla Sezione -in caso di ma:ncata denuncia del negozio traslativo 

I 

~

della propriet� di un bene sottoposto a vincolo storico-artistico (ipotesi 

~ 

cui � equiparata quella della denuncia priva dei requisiti essenziali) -l'Amministrazione 
ha la possibilit� di esercitare in ogni tempo il diritto di 
prelazione per il permanere dell'obiettiva condizione di assoluta inefficacia 
del negozio, conseguente alla sua mancata notifica nei modi e termini 
di cui agli artt. 30 e 31 legge 10 giugno 1939, n. 1089 e 56 e 57 R.D. 
30 gennaio 1913, n. 363, (anche a distanza di molti anni e in condizioni 
monetarie e di mercato assai mutate) (Sez. VI, 2 marzo 1982, n. 129), in 
quanto non � la conoscenza del negozio comunque attinta ma la conoscenza 
acquisita attraverso la formale {e valida) dichiarazione del proprietario 
l'elemento che, consentendo all'Amministrazione di avere chiari 
tutti gli aspetti e le indicazioni del concluso negozio, la costituisce anche 
in mora al fine del tempestivo esercizio del diritto di prelazione (Sez. VI, 
31 gennaio 1984, n. 26). 

N� rileva che il tempo decorso giustifichi, in astratto, la maturazione 
della prescrizione del diritto, dal momento che l'inizio della prescrizione 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDl;!NZA AMMINISTRATIVA 

(peraltro non operante nella specie stante la previsione del diverso istituto 
della decadenza) decorrerebbe, in ogni caso, da quando nasce il 
diritto ovvero ne � consentito l'esercizio (cio� con la regolare denuncia); 
cos� come l'eventuale acquisto per intervenuta usucapione, {7� motivo 
appello Pierangeli) che sarebbe maturato nel caso in esame in favore del 
medesimo effettivo acquirente Beyeler, non preclude la prelazione stessa. 

N� a diversa conclusione interpretativa della complessiva indicata 
normativa si perviene considerando il richiamo contenuto nell'art. 61 legge 

n. 1089/1939 al precedente art. 32, dal momento che un coordinamento 
sistematico �delle due norme fa ritenere che il termine di decadenza per 
l'amministrazione, in caso di denunzia nulla, decorre dalla data di eventuale 
rinnovazione della denunzia stessa validamente compiuta dall'interessato. 
D'altra parte, poi, cos� interpretato, il complesso normativo non appare 
affetto da alcuno dei vizi di incostituzionalit� denunciati, di cui 
sussiste manifesta infondatezza (punto III appello Verusio, 7� motivo 
Beyeler, 8� motivo appello Pierangeli). 

Appare chiaro, infatti, che non pu� essere invocato il principio di 
parit� di trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione, dal momento 
che la situazione di colui che omette la denunzia ovvero presenta una 
denuncia nulla � diverso rispetto al caso di chi, invece, pone in essere 
una denuncia valida. 

Cos� come nessuna violazione della tutela dei diritti degli interessati 
� ravvisabile, atteso, che la situazione lamentata si ricollega ad inosservanza 
di obblighi agli stessi imposti e non sussistendo alcuna preclusione 
alla rinnovazione della denuncia medesima. 

Nessuna compromissione al diritto di propriet�, quale costituzionalmente 
garantito, in relazione al tipo particolare dei beni considerati, 
pu� poi ipotizzarsi in relazione ai previsti obbligihi di assoluta lealt� 
e trasparenza negli atti di trasferimento dei beni stessi. 

Neppure pu� parlarsi di violazione del principio di buon andamento 
dell'amministrazione, dal momento che il ritardo nell'esercizio della prelazione 
rispetto alla data del negozio, nell'ipotesi considerata, � ricollegabile 
ad illegittimi compartimenti dei privati interessati. 

N�, infine, si pu� ritenere che, nel caso di specie, l'amininistrazione 
non avrebbe potuto esercitare la prelazione per avervi precedentemente 
rinunziato; ci� in quanto, a parte la questione relativa alla rinunciabilit� 
a tale potere, le precedenti determinazioni si ricollegavano a fatti e circostanze 
ancora equivoci, per lo meno per l'autorit� preposta al settore 
che, soltanto ad avvenuta inconfutabile chiarificazione, riteneva pi� conforme 
all'interesse pubblico, in relazione alla sua conservazione al patrimonio 
artistico nazionale, il trasferimento coattivo della propriet� del 
dipinto, anzich� lasciarlo in mani private sia pure con le limitazioni derivati 
dalla pregressa notificazione. 


316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

5. -I restanti motivi di appello riguardano, principalmente, il con� 
tenuto del decreto ministeriale di prelazione del 24 novembre 1988. 
Viene dedotta, in particolare (punto II . 3� appello Verusio, 4� motivo 
appello Beyeler) la sussistenza di un grave errore di fatto in cui sarebbe 
incorsa l'Amministrazione nell'adozione del provvedimento in relazione 
alla esatta individuazione dell'acquirente; errore scaturente dal non aver 
considerato che costantemente il Pierangeli aveva dichiarato di avere 
acquistato in nome proprio, anche se per conto del Beyeler e nell'avere, 
altres�, ritenuto che dalla documentazione bancaria agli atti acquisita 
risultasse un pagamento effettuato dal Beyeler direttamente a favore 
del Verusio sia pure per il tramite del Pierangeli. 

In� realt�, secondo gli appellanti, tutta la documentazione in atti dimostrerebbe, 
incontestabilmente, che il Pierangeli nel 1977 aveva acquistato 
il dipinto in nome proprio quale mandatario senza rappresentanza 
del Beyeler e senza comunque che tale rapporto fosse portato a conoscenza 
del venditore. 

n trasferimento dal Pierangeli al Beyeler si sarebbe verificato molti 
anni pi� tardi peraltro senza pagamento di sorta a favore dell'alienante 
(Pierangeli) e senza che il detto trasferimento implicasse (perch� gratuito) 

I

l'insorgere di un ulteriore obbligo di denuncia all'Amministrazione. ~ 
Si ribadisce, pertanto, la veridicit� della denuncia originaria e la sua 
completezza anche in relazione al contenuto dell'accordo contrattuale 

I 

~ 

intercorso tra il Verusio ed il Pierangeli. 

I ~ 

La circostanza che acquirente del dipinto dovesse considerarsi il 
Pierangeli e non il Beyeler viene ribadita anche nel 2� motivo dell'appello 
dello stesso Pierangeli e nel 3� motivo dell'appello Beyeler, i quali ne 
fanno derivare la nullit� del decreto di prelazione per mancata notifica 

I

ad esso contraente; e ci� anche in considerazione del fatto che il negozio 

I 
~ 
rispetto al quale era stata esercitata la prelazione era lo specifico contratto 
riguardante le parti indicate a nulla rilevando eventuali rapporti 
interni tra esso Pierangeli e Beyeler. 

Gli appellanti lamentano, poi (punto II � 5� appello Verusio; 5� motivo 
appello Beyeler, 4� motivo appello Pierangeli) il fatto che l'Amministrazione 
abbia giustificato la sua decisione in ordine alla prelazione tenendo, 
tra l'altro, conto della cittadinanza del Beyeler, circostanza, invece, che 
doveva considerarsi irrilevante stante l'identit� di trattamento fatta ai 
cittadini come agli stranieri, per il divieto comunque sussistente alla 
esportazione, oltre che per il fatto noto all'Amministrazione del successivo 
atto di vendita al Museo Guggenheim di Venezia. 

Viene, quindi, denunciata una violazione dei principi generali in tema 
di sanzioni amministrazioni (6� motivo appello Pierangeli), in quanto la 
prelazione avrebbe dovuto essere preceduta da una formale contesta� 


13 


318 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO. 

Essendo, p�r� diverso il suo reale intento, l'acquisizione �ffettiva 
e sostanziale si produrr� direttamente ed automaticamente, in capo al 
mandante, cos� come si desume dall'art. 1706 e.e. che gli attribuisce il 
potere di rivendica, senza necessit� di un'ulteriore alienazione, restando 
a carico del mandatario il solo obbligo della tradizione materiale della 
cosa che attiene ad una situazione meramente possessoria e non proprietaria. 


Anche, quindi, a voler ritenere, come pretendono gli appellanti, che 
il Pierangeli abbia acquistato il dipinto dal Verusio quale mandatario 
senza rappresentanza del Beyeler, � pur sempre a quest'ultimo che devono 
ricondursi gli effetti finali del concluso contratto. 

Tesi, peraltro, implicitamente ammessa dalle stesse parti, le quali 
non contestano che proprietario del dipinto sia il Beyeler, anche se 
ricollegano tale qualit� ad un preteso trasferimento da ricavarsi da una 
nota a sottoscrizione congiunta inviata al Ministero e senza peraltro 
considerare che anche in tal caso, nonostante l'asserita mancanza di 
corrispettivit�, vi sarebbe stato, legalmente, l'obbligo della denuncia, al 
fine dell'eventuale prelazione, riguardando l'art. 30 legge 1089/1939 tanto 
gli atti a titolo oneroso quanto quelli a titolo gratuito. 

� da escludere, pertanto, che vi sia stato errore di fatto da parte 
dell'Amministrazione relativamente alla individuazione del soggetto effettivo 
acquirente e nei cui confronti andava esercitata la prelazione ed al 
quale andava notificato il relativo decreto, oltre che al Verusio, per la 
cui notificazione vale, peraltro, quanto gi� precedentemente sottolineato 
in merito alla inammissibilit�. delle svolte censure perch� dedotte per 
la prima volta in appello. 

D'altra parte, che la prelazione di cui all'art. 30 della legge n. 1089/ 
1939 debba esercitarsi nei confronti del proprietario effettivo e comunque 
del destinatario finale di una fattispecie acquisitiva complessa quale 
� il mandato, si ricollega anche alla gi� evidenziata particolare natura 
dell'istituto. 

La prelazione, di cui all'art. 31 e segg. della legge indicata, si � gi� 
detto, non opera alla stregua dell'omonimo istituto civilistico, costituendo 
bens� espressione di un potere di acquisizione coattiva delle cose di 
interesse storico-artistico di propriet� privata, da potersi esercitare in 
occasione dei negozi di trasferimento della propriet� dei medesimi, sicch� 
il provvedimento con cui la si esercita va ascritto alla pi� generale 
categoria degli atti ablativi. 

Non trattasi, cio�, di una sorta di retratto, nel senso che l'amministrazione, 
coll'esercizio della facolt� ad essa concessa dalla legge, si 
sostituisce all'acquirente del bene nella medesima posizione formale e 
sostanziale del concluso contratto; quanto piuttosto di un vero e proprio 
atto espropriativo, che non pu� non riguardare se non il proprietario 
effettivo del bene stesso, unico a poter essere utilmente inciso dall'atto 



PARTE :r, SSZ.:IV; GIURISPRUDENZA AMMINlSTRATIVA 

ablativo, anche se trae spunto �ed occasione dalla� comunicazfone di un 
negozio �di alienazione, alle cui indicazioni formali fa� .. riferimento al fine 
di determinazione delle condizioni (tra l'altro del corrispettivo).� 

Quanto1 poi, all'obiezione secondo . cui� il Ministero ha giust�ficato la 
prelazione, tra l'altro; tenendo conto della cittadinanza svizzera del 
Beyeler,. in ogni casoi come be1ie evidenziato dal TA.R., il riferimento 
alla indieata circostanza assume, nella motivazione del provvedimento, 
carattere di. elemento. rafforzativo. della determiriazione relativo all'esercizio 
dell� prelazione maturata essenzialmente in base al rilevato presupposto 
della maggiore�� oonvenienza deWacquisizi�ne del dipinto, per cui 
peraltro vi eta gi�� stata: una richiesta di esp�rtazione, al patrimonio 
dello Stato per meglio garantirne la conservazione al patrimonio nazionale.
� 

Pur identificando, poi, l'esercizio della prelazione un provvedimento 
ablativo, non sembra tuttavia: che� se ne possa trarre la conclusione che 
andassero applieate le norme proprie . dell'illecito amministrativo, tra 
raltro1 con Ja contestazione di addebito, affatto previsto dalla normativa 
considerata. 

N� poi si pu�. ritenere che. vi sia stata contraddittoriet� nel comportamento 
dell'Amministrazione� dei beni cultur�li anche in relazi�ne ai 
precedenti atti e comportamenti, atteso che la stessa, come pure ha 
sottolineato il T.A.R., ha mantenuto, nel corso dell'intera e. complessa 
vicenda; un comportamento cauto e prudente, determinandosi all'esercizio 
del potere di .prelazione soltanto allorquando ha acquisito la documentata 
certezza (con l'acquisizione della documentazione� bancaria del .16 settembre 
1988}che il dipinto era stato acquistato per conto del Beyeler e 
con danar� dallo stesso rimesso :(non rileva da chi sia .stato materialmente 
riscosso presso la banca italiana). 

D'altra parte, bisogna pur considerare che all'amministrazione � 
stata, in un primo tempo, notificata una denuncia, peraltro priva della 
sottoscrizione dell'acquirente, in cui veniva indicato quale acquirente il 
Pierangeli Silvestro che; poco dopo, chiedeva di essere autorizzato all'esportazione 
del dipinto. 

Senonch�, successivamente la stessa Amministrazione riceveva una 
nota dall'avvocato Petretti tendente a dimostrare che proprietario del 
dipinto era, invece, il Beyeler Ernst; quindi, altra nota, a firma congiunta 
Pierangeli-Beyeler con cui i medesimi proponevano, entrambi, di 
vendere il bene alla galleria Guggenheim di Venezia, ed ancora, successivamente, 
la comunicazione di un atto di vendita questa volta del solo 
Beyeler alla galleria anzidetta. 

L� perplessit� e cautela dell'Amministrazione appaiono quindi pienamente 
giustificate, atteso anche il rigore, sostanziale e formale, della 
legge da applicare in relazione al valore e significato dei beni protetti 
e che esige, per poterne consentire la conservazione e custodia mmani 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

320 

private, il massimo cli lealt�, collaborazione e trasparenza; elementi di 
cui era quanto meno dubbia, dal punto di vista dell'Amministrazione, 
la ricorrenza nel caso considerato. 

Per il che la medesima correttamente si determinava all'acquisizione 
coattiva dell'opera con un provvedimento adeguatamente motivato, considerando 
anche H fatto che l'esercizio della prelazione ... non richiede(va) 
una (particolare) motivazione puntuale e specifica, tenuto conto che la particolare 
importanza dell'interesse storico ed artistico del bene medesimo 
(era) stata gi� definita con la procedura della notifica e che il proprie� 
tario (del momento) mostra(va) (con la vendita) cli non avere pi� interesse 
a conservarlo in proprio Sez. VI, n. 900, del 17 ottobre 1983). 

N� rileva che le condizioni cli mercato, al momento dell'esercizio 
della prelazione, fossero notevolmente mutate rispetto a quelle sussistenti 
alla data della conclusione dell'atto cli vendita, atteso che, come 
gi� rilevato precedentemente, la circostanza non assumeva alcuna rilevanza 
ai fini dell'atto cli ablazione che, per quanto detto precedentemente, 
potevasi esercitare, per le incorse irregolarit�, in � ogni tempo �. 

Quanto, infine, alla mancata emissione del mandato di pagamento 
ed alla mancata considerazione della svalutazione monetaria e degli interessi, 
sono tutti elementi che non producono effetto invalidante del 
provvedimento cli prelazione, e che, quindi, non vengono in rilievo in 
questa sede. 

Consegue da quanto precede il rigetto delle proposte impugnazioni 
e la conferma delle sentenze impugnate; conferma che attiene a tutti 
gli originari ricorsi, dal momento che la reiezione delle censure degli 
appellanti estese (punto 11 appello Beyeler) ai ricorsi al T.A.R. nn. 3377/88 
e 705/89 si riflette anche sulla reiezione dei ricorsi medesimi. 

CONSIGLIO DI STATO, Sezione IV, 26 aprile 1991, n. 319 -Pres. Quartulli 
-Rel. Ferrari. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Arena) 

c. Marangoni (avv. Felici). 
Impiego pubblico� Stipendi e assegni� Indebito (ripetizione) � Doverosit� � 
Buona fede del percipiente � Irrilevanza. 

In tema di ripetizione di somme indebitamente corrisposte dalla P. A. 
ad un suo dipendente, il carattere di provvisoriet� che legittima successivi 
conguagli in favore o in danno dell'� accipiens � � implicito in 
tutti gli emolumenti corrisposti in anticipo rispetto al provvedimento 
formale, cui spetta in definitiva di fissarne l'� an � e il � quantum �; il 
provvedimento di recupero ha carattere doveroso, e, a fondarne la illegittimit� 
sotto il profilo dell'eccesso di potere, pu� rilevare unicamente 



PARTE I,.SEZ. IV, GIURISPRUDENZA; AMMINISTRATIVA .321 

-sul piano equitativo pi� che su quello dei principi -il danno grave 
ed irreparabile che da esso derivi alle esigenze di vita del dipendente e 
del suo nucleo familiare (1). 

li-"" E fondato ed assorbente il primo :motivo di appello; giacch� il 
carattere della provvisoriet�, che legittima successivi conguagli ili favore 
� in datino dell'accipiens; � implicito in tutti gli emolt.itrienti corrisposti 
daJl'Am:ministrazione ai suoi dipendenti in anticipo rispetto ai provvedimenti 
formali, . cui spetta fissarne in via definitiva l'an e il quantum. 

Questa condusi�ne� -che risponde ad intuitive ragioni sia di ordine 
giuridico (giacch� l'affidamento� �da parte dell'accipiens sulla legittimit� 
� . swla definitivit�. dell'erogazione postula �la determinazione finale adot� 
tata al riguardo dall'Autorit� competente: Cons. Stato, AP., 4 marzo 
1986 n. 2) che di ordine equitativo (giacch� mira ad evitare che iniziative 
assunte dall'Amministrazione al fine di venire incontro ai bisogni 
essenziali del dipendente finiscano per ritorcersi in suo danno) �,;;;.... toglie 
rilievo all'osservazione dell'originario ricorrente secondo cui il connotato, 
della provvisoriet� non potrebbe mai precedere cronologicamente l'entrata 
in vigore della norma '(l'art. 172 L. n. 312 d�l 1980) che l'avrebbe 
codificato: � infatti agevole opporre che la norma in questione non ha 
carattere innovativo, essendosi limitata ad esplicitare -per esigenze di 
certezza del diritto __.;;, un principio da sempre presente nell'ordinamento, 
perch� rispondente alle ragioni di cui innanzi si � detto. 

In ogni caso il discorso sulla possibilit� di attribuire� o no carattere 
di provvisoriet� �lla somma percepita dall'originario ricorrente prima 
dell'adozione �del decreto, che r�determinava�� il trattamento retributivo 
a lui spettante ai sensi e per gli effetti della L; 2 aprile 1979 n. 97, non 
� pertinente ai fini del decidere, ed ha pertanto errato il T.A.R. nell'assecondare 
l'impostazione difensiva dell'interessato. 

Il viZio di fondo, che inficia il ragionamento di quest'tiltimo, e del 
primo giudice che ne ha condiviso le premesse e la conclusione, � quello 
di ritenete che le somme indebitamente percepite dal pubblico dipendente 
� in buona fede �1 siano esse corrisposte a titolo provvisorio o 
definitivo, debbano considerarsi irripetibili qualunque sia il loro importo, 
la loro incidenza sulla sfera patrimoniale dell'interessato e il tempo 
trascorso fra l'erogazione e il recupero. Si tratta di affermazioni erro


(1) La Quarta Sezione del Consiglio di Stato conferma il suo orientamento 
restrittivo in ordine ai presupposti che legittimano la P. A. a procedere al recupero 
di emolumenti ille~ttimamente erogati ai pubblici dipendenti. Dopo la 
decisione n. 15 del 16 gennaio 1990 (in questa Rassegna, 1990, n. 1, pagg. 91 ss.) 
e la successiva C.d.S., IV, 10 settembre 1991, n. 706 (conforme alla sentenza 
che qui si pubblica), il contrasto di giurisprudenza tra la Quarta e la Sesta 
Sezione (orientata in senso pi� favorevole al dipendente) � linfine pervenuto 
alla Adunanza Plenaria, con la ordinanza 9 ottobre 1991 n. 628 della VI sezione. 

322 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DElJ.O STATO 

neamente attribuite alla giurisprudenza del giudice amministrativo perch� 
frutto di una affrettata lettura della stessa: il principio desumibile 
dal discorso che da tempo svolge il giudice amministrativo �, al contrario, 
che il rapporto paritetico esistente fra pubblico dipendente e Amministrazione 
di appartenenza, . per tutto quanto attiene all'erogazione e 
al godimento dello stipendio, postula l'applicazione della disciplina civilistica 
1(art. 2033 cod. civ.) in base alla quale il pagamento di somme non 
dovute � fonte dell'obbligo di restituzione per l'accipiens e del diritto 
di ripetizione per il solvens (Cons. Stato, IV, 23 novembre 1988 n. 887; 
e.si., 28 novembre 1987 n. 269; Cons. Stato, IV, 3 maggio 1986 n. 320). 
Sulla base ;di questa conclusione si � ritenuto che il mancato recupero 
dell'indebito costituisce � danno erariale � di cui � chiamato a rispondere 
sia l'ufficio pagatore che l'autorit� che, avendone il potere, ha omesso 
di porre in essere gli atti preordinati alla ripetizione (Corte Conti, 
Sez. contr. enti, 7 ottobre 1986 n. 1885). 

La giurisprudenza si � piuttosto preoccupata di evitare, nel pubblico 
interesse i(art. 36 Cost.), che una drastica ed improvvisa decurtazione 
dell'importo stipendiale finora percepito, in. conseguenza del disposto 
recupero di quanto erogato sine titulo, possa compromettere in modo 
irreparabile le esigenze di vita del dipendente e del suo nucleo familiare 
(Cons. Stato, IV, 30 gennaio 1990 n. 57; Id., V, 19 luglio 1989 n. 420; C.si., 
28 noveml:>re 1987 n. 269; Cons. Stato, VI, 14 novembre 1988 n. 1211; Id., 
IV, 27 ottobre 1988 n. 822; Id., IV, 22 settembre 1987 n. 545; Id., IV, 
4 agosto 1986 n. 549). 

Ci� spiega perch� la stessa giurisprudenza abbia sempre concluso 
per la legittimit� del recupero, rifiutando ogni indagine sulla buona fede 
dell'accipiens e sull'affidamento in lui ingenerato dal comportamento del 
solvens, quando il recupero (id est, la compensazione fra debito e credito) 
� avvenuto in occasione del pagamento di arretrati (Cons. Stato, VI, 
3 agosto 1989 n. 978; Id., VI, 31 gennaio 1986 n. 87; Id., VI, 28 giugno 
1982 n. 319; Id., II, 11 febbraio 1981 n. 1364/78) ovvero a mezzo di una 
rateazione dell'indebito tale da non incidere eccessivamente sul bilancio 
familiare (Cons. Stato, IV, 27 dicembre 1989 n. 995). Ci� spiega anche 
perch� la stessa giurisprudenza ~bbia escluso qualsiasi obbligo per l'Amministrazione 
di comparazione fra interesse pubblico e privato, e di conseguente 
motiv~ione, quando il recupero avviene con modalit� tali da 
non incidere in misura determinante su detto bilancio {Cons. Stato, IV, 
3 maggio 1986 n. 320). 

Nel ragionamento del giudice amministrativo -interamente rivolto 
a verificare l'esistenza nel comportamento dell'Amministrazione di un 
vizio non di violazione o falsa applicazione di legge, ma sempre e soltanto 
di eccesso di potere -l'indagine sull'elemento soggettivo della 
buona fede e dell'affidamento sulla legittimit� del pagamento assume 
quindi un rilievo assolutamente subordinato rispetto a quella, prelimi




PARTB -:r, :SBZ�. lV{GlURISPRUDENZA :AMMINISTRATIVA 

nare, volta a yerific�re se dal provvedimento di ripetizione. il dipendente 
subireb'be un �.anno /grave.� ed. irreparabile . (Cons. Statoi IV;. 30 gennaio 
1990 :n�, 57).. Solp in .presenza di tale situazione� di danno' si �:.l'itenuto, 
sul pi�no equitativo: pi� che su quello dei principi (Cons; Stato, IV,: 30 gen� 
naio 1990 n., 57; Id., V, 22 feb'braio 1988 n. 85), che il provvedimento che 
dl~!l9mt nJe~\i!,pe;tto d,trve. consicJ.eranii Hlegittim<>;;�: 

/ f� Nena 5p��i� l'orlgillal'�o I'��rrerite': non: ila.. fui� prospettato.�p� 
tanfo inerid d:dctifu.eb.t�fo �1�esistenzadi tina: fai� sitt.faiiorie di danti<> ~� ri� 
�vtebb� poffito fa.gi&ne\tci�fuerife ta:rfot�n:uto conto �delta relatiVa esiguit�: 
delfa S�nitna da restituire i(L. L249.702) e delle J:'�lteazfoni. disposte .�dall'Afulnfoisttazi()
rie i(L. s2mr�irt:e�lsili), r�lfft�ritate al . trattail:iento . �stipen~ 
diale bh.e gli viene coI'l'isposto fu qualit� .di magistrato ...:.:. ma si �. limitato. 
acr� ecEe.Pire fa sua bl.lbml r�<ie e a: contestare il carattere provvisorlO 
cli CJ.#arito pel'~epito ()Iti-e g~qyutc>; ..�..�.�..�.��.... .... ��� 

�. ��.����Tale esserido hf situazforl� in fatto �l 'T.AR~Iinvece di affrontare problerhl 
ihiri.ffo:�nH al fitte del dedd:ere, avrebbe dovuto concludere nel 
senso che, nella specie, non poteva essere contestata la legittimit� della 
ripetizione non essendo stata n� dedotta n� dimostrata l'incidenza, grave 
ed ifreparabiie, che ff refupero avr�bbe avuto sulla sfera giuridica del11iriteres~
ato. rii altri t�rtl:lfu�, avrebbe dovuto concludere nel senso che 
ri�Ua det�rfuln:aiibne acfott~ta �latrAmministrazione non era ravvisabile 
afotui vizia di eccesso di 1fotere,' l 1tiriico che possa trovare ingresso . nella 

materia: de qua. � � �� 

CON:SIGUO DI STA.TQ, ,�d. Plen., 16 maggio 1991 n. 4 -Pres. Crisci 
� Est. :Rizzi -Selli Laura (avv. Avella) c. Min. Poste e Telecomunicazioni 
(avv. Stato Cenerini). 

Impiego pubblico � Decadenza �Art. 127 lett. d) del d.P.R. 10 gennaio 1957, 

n. 3 ~ Presuppesti. 
L'applicabilit� ..dell'istituto <}.ella .. decadenza dall'impiego, a seguito 
della, pro(:l.yziorr.e di documenti.falsi. o viziati da invalidit� non sanabile; 
cqnsideraia �lq. .� i:hiq.ra funzione ..sanzipnatqria <}.i tale istituto, presuppone 
che coloro. che .hanno prodotto il documento fossero consapevoli della 
detta falsit�. Ne consegue che, in 111.ancanza del menzionato profilo soggettivo, 
il rapporto di impiego pubbUco risulta posto in essere in carenza 
di un requisito richiesto per la sua costituzione: onde l'atto di nomina 
~ illegittimo, quindi annullabile .ex officio. allorch�. sussistano i presupposti 
per l'esercizio del potere discrezionale di autotutela(!). 

(1) Sulla questione in esame cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 1988 
n. 1251; 'in Foro amm. 1988; 3293. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L Viene all'esame della Adunanza Plenaria l'istituto giuridico della 
decadenza dall'impiego, sanzione prevista dall'art. 127 lettera d) del d.P.R. 
10 gennaio 1957, n. 3, allorch� �sia accertato che l'impiego fu conseguito 
mediante la produzione di .documenti falsi o viziati da invalidit� non 
sanabile�. 

Nella specie, il 22 novembre 1982 la interessata consegu� un impiego 
presso il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, previa esibizione 
di �diploma della scuola media�, conseguito il 30 giugno 1975; il 
comunicato del Ministero della Pubblica Istruzione, pubblicato nella Gazzetta 
Ufficiale 20 maggio 1980, n. 136 aveva reso noto che la scuola media 
che aveva rilasciato il diploma era un istituto scolastico inesistente, 
non riconosciuto legalmente ai sensi dell'art. 6 della L. 19 gennaio 1942, 

n. 86, inidoneo al rilascio di titoli con valore legale, titoli dichiarati nulli. 
Nel 1985, accertata la niuna valenza dell'esibito titolo di studio, l'Amministrazione 
decise la decadenza dall'impiego, a seguito di procedimento 
amministrativo, al cui esito fu automaticamente applicata la detta 
sanzione. 

2. L'Adunanza Plenaria ritiene che, in mancanza di sentenza penale 
definitiva che abbia individuato i rei ed accertato la falsit�, nel caso 
in esame trattasi di documento viziato da invalidit� non sanabile, privo 
di valore legale; onde � necessario tener presente la seconda delle due 
ipotesi indicate dall'art. 127, lettera d) del d.P.R. n. 3 del 1957, il cui testo 
� stato sopra riportato nella interezza. 
3. Nella interpretazione di tale norma, che comporta l'automatica 
irrogazione di una misura espulsiva, occorre indagare se basti il fatto 
obiettivo dell'uso di un documento insanabilmente invalido, ovvero sia 
necessaria anche la consapevolezza della invalidit� da parte di chi lo 
produce. 
In materia di applicazione automatica di sanzioni nel settore del 
pubblico impiego, va ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza 
n. 971 del 14 ottobre 1988 ha espulso dall'ordinamento l'art. 85, lettera 
a) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nella parte in cui non prevede, 
in luogo della destituzione tout-court, l'apertura e lo svolgimento del 
procedimento disciplinare. Nel caso trattavasi di impiegato destituito a 
seguito di sentenza irrevocabile di condanna in sede penale per il reato 
di peculato {art. 314 c.p.). La Corte ha argomentato che l'ordinamento 
oggi appare orientato verso la esclusione di sanzioni rigide e che la gradualit� 
sanzionatoria, compresa quella della destituzione, importa che le 
relative valutazioni siano ricondotte nella sede naturale del procedimento 
disciplinare; l'autoritarismo sanzionatorio, secondo la Corte, � incoerente 
ed irrazionale, se raffrontato alle finalit� che l'art. 3 della Co



PARTE I, SEZ, IV, GIURISPRUDBNZA AMMINISTRATIVA 

stituzione intende realizzare; Tali�� assunti sono stati confermati con sentenza 
n. 40 del 2 febbraio 1990. 

La medesima Corte, con sentenza n. 18 del 18 gennaio 1991 ha dichiarato 
la incostituzionalit� dell'art. 26, I c., lettera a) della L. R. Lomb~
rdia �25 maggio 1983; n; � 44, nella parte in cui� commina la destituzione 
di <Uritto, .senza.< procedimento disciplinare, degli impiegati che siano 
stati condannati con sentenza definitiva per i reati elencati nel detto 
articolo; nel caso concreto trattavasi di condanna per i delitti di truffa 
aggravata e di falso ideologico continuato. 

3.1;�11 legislatore ha recepito le argomentazioni. della Corte Costitu� 
zionale e1 .con legge 7 febbraio.1990, n. 19, ha abrogato ognLdisposizione 
contraria alla possibilit� di far luogo a destituzione di diritto a seguito 
di condanna penale (art. 9), ritenendo che possa. ancora irrogarsi� la destituzio:
t;Ie, ma solo a se~to di procedimento disciplinare, cio� attraverso 
una indagine accurata delle circostanze di fatto e delle difese dell'in� 
colpato. 

4. Nel caso in esame no:t;I trattasi di destituzione, ma di altro 
provvedimento espulsivo (decadenza), che, pur peculiare, ha uguale conseguenza 
negativa; nell'una. e nell'altra ipotesi si fa luogo alla cessazione 
. del rapporto d'impiego. 
La. destituzione, peraltro, . ha di mira fatti intervenuti ed eventi svol� 
tisi in costanza .. del rapporto, mentre la decadenza prevista dalla lettera 
d) dell'art. 127 delc:itato d.P.R. n. 3 del 1957 � conseguente ad atti 
posti in essere in t;ipoca pregressa o, almeno,. contestuale alla instaurazione 
del rapporto di pubblico impiego. 

In ogni caso, secondo la vigente normativa e per le ragioni in appres� 
so esplicitate, la decadenza non comporta la instaurazione di un procedimento 
disciplinare e la sua irrogazione. non presuppone, nella fase 
preliminare, momenti che possano assurgere alla dignit� del contraddit� 
torio. 

Nonostante le accennate differenze, deve ritenersi che le ragioni 
adottate dalla Corte Costituzionale in materia di destituzione di diritto 
-e che il Consiglio condivide~ valgano anche in materia di decadenza 
automatica. 

Tanto pi� che la decadenza irrogata per una delle ipotesi previste 
dall'art. 127 lettera. d) citato comporta, ai sensi del successivo art. 128, a 
carico dell'impiegato dichiarato decaduto, la impossibilit� di conseguire 
�altro impiego nell'Amministrazione dello Stato�; tale ulteriore, grave 
conseguenza, di ampia portata e di durata illimitata, si giustifica solo 
nei confronti del soggetto che intenzionalmente esibisca un titolo del 
quale conosca l'assoluta nullit�, al fine di conseguire, attraverso questo 
strumento illegale, l'assunzione ad un pubblico impiego. In tal caso in� 


326 .�. .. RA!)Sl;GNA DEU}AVVOOA:ruRA DBLl,O srATO . 

fatti, e solo in tal caso, la decadenza e le conseguenti preclusioni costir 
tuiscono sanzioni adeguate, intese a reprimere un atto. doloso e ad estro~
ettere per sempre .chi lo ha commesso dall'Amministrazione del~o Stato. 

In caso . diverso, non si tratter� di applicare una sanzione espulsiva, 
ma>cU accertare eventl.lalmente, in sede di autotutela, se l'inesistenza del 
requisito attestato. dal� documento nullo, influisca attualmente in maniera 
decisiva, tenuta presente l'attivit� che l'impiegato svolge e ogni altra 
circostanza, sulla permanenza. del medesimo nel servizio. 

5. L'accertata tesi � stata del resto da tempo affermata dal Consiglio 
di Stato, il quale ha ritenuto che per farsi luogo a decadenza, a 
seguito della produzione di documenti falsi (la ipotesi del documento 
viziato da invalidit� non sanabile deve ritenersi affine alla ipotesi della 
falsit� del documento, essendo entrambe previste dal citato art. 127, 
lettera d) ed ugualmente �sanzionabili), sia� necessario accertare che color� 
.che hanno pr�dotto il documento fossero consapevoli della detta fa!~ 
sit�, argomentando (parere Commissione speciale per questioni relative 
al rapporto di pubblico impiego 22 giugno 1981 n. 183) che la norma 
(art. 127 citato) ha chiare funzioni sanzionatorie. 
In mancanza di questo profilo soggettivo, dalla falsit� o dalla nul� 
lit� del titolo in� base al quale � stato costituito il rapporto di pubblico 
impiego, consegue solo che detto rapporto risulta posto in essere in 
carenza di un requisito richiesto per la sua costituzione; onde l'atto di 
nomina � illegittimo, quindi �annullabile ex officio allorch� sQssistano i 
presupposti per l'esercizio del potere discrezionale di autotutela. 

In applicazfone delle accennate argomentazioni, 1a VI Sezione (21 novembre 
1988, n. 1251), decidendo una vertenza simile a quella in esame, 
ha valutato che da parte della Amministrazione si doveva far luogo, prima 
della irrogazione della decadenza, a riconsiderare i fatti, al fine di 
accertare se l'interessato avesse consapevolezza della invalidit� del documento 
prodotto; 

6. La Adunanza Plenaria ritiene di condividere questo orientamento,. 
per le considerazioni sopra. delineate. 
�Conseguentemente stima che l'Amministrazione debba riconsiderare 
i fatti con specifico riguardo all'aspetto soggettivo. In questa fase, sar� 
titolare della pi� ampia latitudine di indagini e di valutazione onde pervenire, 
coerentemente con le acquisite risultanze, alla conclusione se la 
concorrente .all'impiego sia stata -o meno -consapevole della invalidit� 
insanabile del titolo di studio esibito. 

In caso affermativo, ricorrono i presupposti per far luogo alla decadenza, 
ai sensi del citato art. 127 lett. d). 
In caso negativo, l'Amministrazione potr� valutare; in sede di autotutela, 
se esista un interesse pubblico concreto ed attuale ad annullare 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

d'ufficio l'assunzione illegittima, tenuto conto, fra l'altro, della rilevanza 
del titolo in relaz.ione alle mansioni da svolgere, della qualit� del 
servizio prestato, del tempo trascorso, ecc. 

La conclusione della prima fase cognitiva e valutativa non potr� 
essere adottata a seguito di un procedimento disciplinare, non ipotizzabile 
perch� la produzione del titolo di studio fu anteriore alla costituzione 
del rapporto di impiego e non concretizza la violazione dei doveri 
d'ufficio. Potr� comunque essere sentita la dipendente per eventuali 
ulteriori precisazioni. 

La seconda fase, eventuale, dell'autotutela, dovr�, come detto, tener 
conto dei vari interessi in gioco, pubblici e privati, dei quali si imporr� 
la valutazione comparativa. 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 maggio 1991, n. 4934 -Pres. Granata Est. 
Vignale -P. M. Nicita {conf.) -Soc. Montevideo (avv. Gatti) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Notificazioni e comunicazioni 


Impossibilit� di consegna dell'atto nel luogo indicato nel ricorso o 

in un atto successivo -Notifica presso la segreteria -~ valida. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 15, 32 e 32 bis). 
Ove dalla relazione di notificazione sia attestato che nel luogo indicato 
nel ricorso (o in un atto successivo che dichiara la intervenuta variazione) 
la consegna della copia � stata impossibile perch� il destinatario 
� risultato sloggiato, la notificazione deve essere eseguita presso 
la segreteria della Commissione senza altri tentativi di notifica a mani 
proprie; n� vale ad inficiare quanto attestato dall'ufficiale notificatore, 
un certificato anagrafico da cui risulti che la residenza formale � ancora 
attuale nel luogo indicato in ricorso '(1). 

(1-3) Due pronunzie, da condividere pienamente, che realisticamente applicano 
i meccanismi prevdsti nelle norme senza pretendere adempimenti impossibili; 
altre volte si � affermata la necessit� di compiere indagini o ricerche 
che rendono ardua la tempestiva effettuazione della notificazione (fra le altre 

v. Cass. 15 marzo 1989 n. 1296, in questa Rassegna 1990, I, 132 con richiami). 
La prima massima si attiene alla regola (che fa capo all'art. 170 c.p.c.) che 
nel corso del processo la notifica si esegue (oltre che presso il procuratore) 
nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto che si presume sempre effettivo 
fino a quando non sia presentata dichiarazione di variazione, cosicch� 
in caso di assenza di persone in detto luogo (irreperibilit� in senso temporaneo) 
pu� direttamente procedersi ex art. 140 c.p.c. Nella stessa linea � la 
terza massima che peraltro giustifica dn diverso modo l'omissione di ricerche 
anagrafiche e di altre informazioni; a questo riguardo si pu� precisare che 
quanto prescritto dall'art. 148 c.p.c. � riferibile alla notifica della citazione o 
di altri atti introduttivi, ma non pu� essere preteso per gli atti che si notificano 
nel corso del procedimento per i quali il luogo nel quale la notifica va 
eseguita deve essere predeterminato con la dichiarazione di residenza o l'elezione 
di domicilio. Ci� vale sia per il procedimento amministrativo (art. 60 
d,P.R. n. 600/1973) sia per il processo (artt. 15, 32 e 32 bis d.P.R. n. 636/1972). 

La seconda massima corregge l'affermazione di Cass. 26 febbraio 1990, 

n. 1434, in questa Rassegna, 1990, I, 332, che aveva ritenuto nulla la notifica 
eseguita nelle mani di persona convivente senza che risultasse espressamente 
II 




PARTI! I, SEZ. V, GI'QRISPRUDBNZA TRIBUTARIA 

329 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1991, n. 7650 -Pres. Corda Est. 
Senofonte -P. M. {diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi) 
c. La Gaipa (avv. Latino). 

Tributl. in genere -Accertal1lento -Notificazione -Luogo della consegna 
non indicato nella realt� -Si presume quello indicato nell'atto. 

Tributi in genere -Accertamento � Notificazione � Impossibilit� di consegnare 
la copia nel luogo indicato nella dichiarazione � Notifica a norma 
dell'art. 140 c.p.c�� Legittimti� � Ricerche anagrafiche � Non necessit�. 

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60; c.p.c. artt. 139, 140 e 148). 
In mancanza di annotazioni difformi, deve presumersi che la consegna 
della copia dell'atto notificato sia stata effettuata nel luogo indicato 
nello stesso atto, s� che l'omessa indicazione del luogo nella relazione 
di notifica � una imperfezione soltanto formale non influente sulla 
validit� della notifica {2). 

Ove nel luogo indicato nella dichiarazione e non successivamente variato, 
non risulti possibile consegnare la copia alle persone abilitate a 
riceverla, legittimamente si procede a norma dell'art. 140 c.p.c. senza 
ulteriori ricerche del destinatario (3). 

I 

La ricorrente denuncia la violazione del 2<> comma dell'art. 327 cod. 
proc. civ. Osserva a tal fine che il principio della decadenza dall'impugnazione 
dopo il decorso di un anno dalla . pubblicazione della decisione 

nella relata che la consegna era avvenuta presso l'abitazione del destinatario 
indicata nell'atto di accertamento. 

Questa pronuncia offre l'occasione per riconfermare la considerazione che 
si faceva nella nota all'ultima sentenza citata. Discutendo della sanatoria dei 
vizi della notificazione ex art. 21 d.P.R. 636/1972 si esponeva che la sanatoria, 
dngiustamente criticata come un privilegio dell'Amministrazione, giova anche 
al destinatario dell'accertamento; quando viene eccepita la nullit� del molo 
perch� non preceduto da (regolare) notifica dell'accertamento la rinnovazione 
della notifica ex art. 21 se da un lato sana la notifica dell'accertamento supposta 
nulla, dall'altro rimette il contribuente in termini per impugnare l'accertamento. 
Diversamente le parti devono affrontare il rischio della decisione sulla 
validit� della notifica. :E;: quello che � accaduto nel caso dii specie: il contribuente 
ha proposto ricorso contro il ruolo deducendo che non era stato preceduto 
da valido accertamento, ma la S. C., ritenendo valida la notifica, ha 
troncato il processo cassando senza rinvio. Se fosse stato applicato l'art. 21 
si sarebbe andati alla decisione di merito evlitando, ad ambedue le parti, il 
rischio di una decisione di rito dall'esito sempre incerto. 

CARLO BAFILE 



33� ' ' RASSEGNA "i>fili.'AvV�C�TURA Dii�.o STATO 

subisce una deroga per i casi in cui la parte non abbia avuto conoscenza 
del. processo per nullit� della citazione o della notificazione degli atti 
successivi. Il che si era verificato n.ella fattispecie, in quanto il legale 
rappresentante della societ� Montevideo, pur avendo conservato la resi 
denza nel luogo indicato nell'atto di appello, non aveva ricevuto la comunicazione 
n� della data fissata per la discussione del ricorso, n� del 
deposito d�lia successiva decisione, in violazione delle norme sul contenzioso 
tributario. 

La censura �. infondata. Correttamente, invero, il ricorso della soc. 
Montevideo alla Commissione tributaria centrale � stato dichiarato inammissibile 
per decadenza dall'impugnazione, anche se la causa di tale 
inammissibilit� va rinvenuta nell'applicazione non gi� dell'art. 327 cod. 
proc. civ., ma dell'art. 25 d.P.R. n. 636 del 1972, ossia nella decadenza 
per inosservanza del termine breve d'impugnazione previsto da tale ultima 
norma. 

Come emerge dalla decisione impugnata, la segreteria della commissione 
di secondo grado dispose la comunicazione del dispositivo della 
decisione al legale rappresentante della societ� ricorrente presso la segreteria 
della Commissione. Ci� avvenne in �quanto un tentativo di coinunicazione 
eseguito nel luogo indicato nell'atto di appello si rivel� 
infruttuoso, emergendo dalla relata di notifica che il destinatario risultava 
sloggiato per ignota destinazione. 

Ebbene, nel procedimento tributario, allorquando la comunicazione 
del dispositivo si rende impossibile perch� il contribuente pi� non risiede 
nel luogo indicato nel ricorso o in un atto successivo, le comunicazioni, 
a norma degli� artt. 15 e 32 del d.P~R. n. 636 del 1972, sia nella loro 
formulazione originaria che in quella conseguente alla modifica di cui 

d.P.R. n. 739 del 1981 che ha introdotto l'art. 32 bis, si eseguono appunto 
presso la segreteria della Commissione, senza possibilit� di applicazione 
degli artt. 142, 143 e 146 cod. proc. civ. 
Ininfluente appare, pertanto, la circostanza (risultante dalla motivazione 
della sentenza impugnata) che dal certificato anagrafico prodotto 
dalla ricorrente innanzi alla Commissione tributaria centrale, il legale 
rappresentante della societ� Montevideo risultasse ancora residente nel 
luogo indicato nell'atto di appello. Invero, la relata di notifica, provenendo 
da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, costituisce 
un atto pubblico, tal che, per un verso, le attestazioni in essa contenute 
circa le attivit� direttamente svolte dal notificatore (la vana ricerca 
del destinatario con i relativi risultati) e le dichiarazioni ricevute, 
fanno fede fino a querela di falso e, per altro verso, la certificazione anagrafica 
non costituisce prova della permanenza del soggetto nella residenza 
da essa risultante. Ma, per la particolare normativa del procedimento 
tributario innanzi illustrata, la notifica o la comunicazione che 
non sia stato possibile eseguire nel luogo indicato nel ricorso o in un 


33i 

�tto.. successivo;�.deve ;essere effettuata, . se:rii� . altri tentativi di esecuzione 
a mani proprie; fjress�> �la segreteria della� CommissiOne tributaria. 

Conseguentemente, essendo stata la comuniCaziOii:e del .�.dispositivo 
della decisione cottettamenteeseguita,�1a �rieorrent� avrebbedowto impti@
a~e la .pronuncia della CoA'tmissi~ne dj H itrado � n~t�� termine di cui 
al1iart�25 Ci.P'.R; riv636 �� del .�.197!.!, d�Borso il>quale rirnpugnaz�orie succes'sJv~:
iUente��propo$fa��cteve�� rlten�rsi<inaminissibile. 

Llf d�clsione della Commiss�one �tributaria� centr~e� deve;�� pertanto, 
essere confermata, anche se la motivazione va'. corretta nel senso . innanzi 
indiCatO .� {art/384)'2� .c6mm�, cod. proc/c�v;)~ (omissis) 

II 

{omissis) Control'iscriiione � i:uofo della cotilpl�ss�va somma� di 
fa 31I652.36U pe:r IRPEF; ILOR (e relativi accessori) relative all'anno 1975 
-come da cartella esattoriale notificata il 7 ottobre 1982 �...... Gioacchino 
L�: Gaipa;. deducendo che non . gli era> stato notificato l'avviso di accerta'ment�; 
ha proposto ricorso a1Ia Commissione Tributaria di primo grado 
di Agrigento; che lo ha accolto< co11pronuncia confermata dalla Commissione 
�di Appel1-01 avendo ritenuto nulla la notificazione dell'avviso 
perch� eseguita ai <sensi dell'art 141}�c.JM:. �senza la completa osservanza 
delle relative . formalit�. � � 

Cc>nla deci.sione del� 26 settembre 1985;� qui���impugnata, fa �Commissione 
T-ributari� Centrale ha rigettato il ricorso dell'Ufficio;. ribadendo 
la nullit� della notificazione dell'avviso� di accertamento �per omessa� indicazione, 
nella �.relata � delComune di residenza e dell'indirizzo del contribuent�i 
risliltanti dalla. dichiarazione anriuale e�. per� omessa.� menzione 
delle >ri�erche anche anagrafiche e delle �notiiie raccolte stilla reperibilit�.
del destinatario�, come�prescritto��dal secondo comma� dell'art; 148 
cod.;.. proc. civ.�. 

� Ricorre l'Amministrazione Finanziaria dello Stato con motivo unico, 
resistito, con confroricorso, dal contribuente. 

Motivi..della.� decisione 

Denunciando violazione degli a.rtt. 140 e 148 c.p.c., an�he con riguardo 
agli artt. 58 e 60 d.P.R. 600/1973, in relazione all'art. 360, n. 3, c;p~c., 
l'Amministrazione ricorrente critica la� decisione impugnata per non aver 
considerato: a) che, essendo il luog0 della notificazione compiutamente 
indicato nell'atto notificando, nello stesso luogo, pur se non ripetuto 
nella �relata�, deve ritenersi che il messo notificatore si sia recato per 
la consegna della copia; b) che la notificazione eseguita con le modalit� 
di cui all'art. 140 c.p.c. � pienamente legittima ove risulti che il notifi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO

332 

catore abbia vanamente ricercato, come nel caso di specie, oltre al destinatario, 
i possibili consegnatari previsti dall'art. 139 c.p.c. 

Il ricorso � fondato. 

Relativamente alla censura sub � a �, � sufficiente osservare che la 
relazione di notifica si riferisce all'atto notificato cos� come strutturato, 
s� che, in assenza di annotazioni difformi, deve presumersi che la notificazione 
sia stata effettuata nel luogo in esso indicato, attesa la normale 
aderenza della medesima alle indicazioni contenute nell'atto che 
ne costituisce l'oggetto, con la conseguenza che, in tal caso, l'omessa 
menzione del luogo nella � relata �, ancorch� prescritta dal comma secondo 
dell'art. 148 c.p.c., si risolve in una mera irregolarit� formale non 
influente sulla validit� della notifica (v. tra le decisioni pi� recenti di 
questa Corte, sent. 3836/1984, ord. 737/1986, nonch�, in generale, sulla 
presunzione di corrispondenza della notificazione al contenuto dall'atto 
notificato: ord. 391/1989, sent. 812/1986 e 3371/1982, relative alla persona 
del richiedente, 2252/1987, riguardo al legale rappresentante della societ� 
destinataria). 

Quanto alla residua censura, deve premettersi che, in forza del rinvio 
operato dall'art. 60 cit. alle norme stabilite dagli artt. 137 ss. del 
codice di rito, queste ultime, si applicano, in via di massima, anche alla 
notificazione degli avvisi di accertamento, con alcune varianti che qui 
non interessano, essendo pacifico che l'avviso � stato notificato nel domicilio 
in esso indicato e risultante dalla dichiarazione annuale {Agrigento, 
Via Cavaleri Magazzeni n. 4 � San Leone) n� successivamente mutato, 
ma dove il contribuente non fu trovato dal messo notificatore, 
con la .conseguenza che questi, nell'attestata impossibilit� di consegnare 
la copia dell'atto ad altre persone legittimate {ex art. 139 c.p.c.) a riceverla, 
provvide alla notificazione con le modalit� previste dall'art. 140 
cod. proc. civ., senza ulteriori ricerche..Per le quali -devesi sottolineare 
-non vi era spazio (tolto anche che per la omessa indicazione 
delle ricerche, ancorch� prescritta dall'art. 148 c.p.c., il successivo art. 160 
non commina nullit� alcuna), dato che, non essendo mutato il domicilio 
del destinatario (da lui ribadito, del resto, nel corso del giudizio di primo 
grado) ed essendo egli dallo stesso solo temporaneamente assente (� irreperibile, 
in questo senso) al momento della notificazione, non si vede 
quali altre ricerche il messo avrebbe dovuto {o potuto) eseguire, oltre 
a quelle concernenti le persone indicate nell'art. 139 citato, prima di 
attivare il procedimento notificatorio disegnato al successivo art. 140, la 
cui esperibilit� unicamente alla infruttuosa ricerca (o alla incapacit� o 
al rifiuto) di queste ultime � testualmente condizionata. 

La decisione impugnata deve essere, per tanto, cassata senza rinvio 

ai sensi dell'art. 382, terzo comma, c.p.c., in relazione all'art. 16 comma 

terzo, d.P.R. 636/1972, con la condanna del resistente al pagamento delle 

spese del giudizio di cassazione. (omissis) 

II 
I 


I


I 


~ 



PARTB I, �SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 333 

CORTE DlL CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1991, n. 4989 -Pres. Maltese Est. 
De Musis � P. M~ Martone (diff.) -Jevtic (avv. Colesanti) c. Ministero 
�delle!>Finanze (avv. Stato Favara). 

T@'tf;ti ir:t gerier�' �'Accertamento -Poteri istruttori -Segreto bancario � 

�� tJ.t�l(#itj()~e a tinf tributari di documentazione bancaria acquisita 

leg!~ttmarn~te ad altt(). fine � Attivit� bancarie diverse da quella isti


t~l);l:lj:Jle di xaccQlta del risparmio e esercizio del credito � Non sono 

ctj};)f#t ~. se~eto bancario. 

W�~;R. :ZShottol:lre 1~72; n. 633, art. 51; d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, art. 4). 

... . ..�.�: .�... 

.. fq 4.oc'umer#4z�o.ne b<incaria legittimamente acquisita ad altro fine � 
itfiiizz;a.;kile ai t�;iiiributari; � legittimamente acquisita la documentazione 
rn~qii~a a.;d 9perqt,i9ni <Ji cambio di valuta non coperta da segreto bancari(!. 
che � t{n:#tatP: dlt~ attivit� istituzionali delle banche consistenti nella 
raccoltd d~l tispdtmi~ e ;,.eli'esercizio del credito (1). 

(omissis). Con il ;Secondo motivo si deduce che la comm1ss1one, attribuendo 
valore probatorio alla documentazione bancaria sul rilievo che 
questatin quante> aequisita (anche se ad altri fini), aveva perso il connotato 
della segretezza, � in�orsa in violazione e falsa applicazione degli artt. 1 
del r,cl.l, J7 lugli<;> 19.$1. n..1400, .:51 n. 5,. 55 e 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972 
n~ 633 e 5 del 4~1., 4 marzo 197~n.. 31; nonch� ir:t vizi.o di motivazione, poich� 
il diyiet<:> di rii;;:hiecl,ere, a fini tJ:ib.t~i, .docJltllentazione bancaria, si esten� 
cif!va 1:1,~c;lte !i!:llli!: utjUzzazione di que~ta, l;Jcql,lisita ad altri fini, con consegl,
lente illegittimit� degli atti che su tale g()cumentazione si fondavano e 
di tutti quelli.ad.. essi successivi. 

La censura � infondata . 
.� Il.problelllfl:<;pn~~ste 11e11<t.~tabilirese s~a�:on$entita, e quindi legittima 
1a. l.).~ili;lZazi9ne.<. ~!firle .�di aPJ?li<::a;l�One. 4ell'l\l'A, At d9cumentazione banca~ 
ria acquisita. r(legitP:ll1amente) �.a fini. pel}~i (infrazioni. valutarie) e, pi� in 
particolare, di �l()cuJ;nentazione b~�acla l;Jttestante (tnerall1ente) operazio


di cambio di yalute. 

Poich� la acqidsi!lione ~ ayYeu:1:~ia~gittl1llall1e1:t,te!iancl!e.$ead altro fine, 
e� poich� l'autotj;lzazione del gil.idi<::e. penale l::l<:i utilizzarela .�lt;>cumentazione 
� irrilevante (affine di cl,li si discute) in qu~fo esprhne solamente l'insussistenza 
di preclusioni processuali penali aquella Utilizzazione, ci� che 

(1) Decisione di evidente �interesse priva. dii precedenti in termini. Indipendentemente 
dai procedimenti previsti per �il superamento del segreto bancario 
(artt. 51 e 51 bis del d.P.R. n. 633/1972; art. 35 d,P.R. n. 600/1973), possono essere 
utilizzati documenti. legittimamente acquisiti ad altro . fine e . sono legittimamente 
��quisiti i documenti attinenti ad operazioni estranee all'attivit� istitUzionale 
delle banche. 
14 



334 RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO . 

I

occorre stabilire � se sia vietata, al fine fiscale in esame, la acquisizione cli 

I ~l

documentazione bancaria attestante operazioni di cambio di valute: nessuna 
preclusione, difatti, osterebbe alla utilizzazione di documentazione 
acquisita (legittimamente) ad altri fini, e quindi indirettamente, se tale 

~ 

documentazione avrebbe potuto essere acquisita direttamente. :� 

Il divieto cli richiedere e quindi di utilizzare documentazione bancaria 
comunque acquisita � individuato dalla ricorrente: a) nell'art. 10 del r.d.l. 
17 luglio 1937 n. 1400, secondo il quale �tutte le notizie e le informazioni o 
i dati riguardanti le aziende di credito sottoposte al controllo dell'ispettorato 
sono tutelati dal segreto di ufficio anche nei riguardi delle pubbliche 
amministrazioni�; b) nell'art. 51 n. 5 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, il 
quale, nella stesura -vigente al momento dell'acquisizione -anteriore 
alla modificazione apportata con il d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, disponeva 
che �la richiesta di comunicazione cli dati e notizie ... non si applica... alle 
aziende e istituti di credito, per quanto attiene ai loro rapporti con i 
clienti...�. 

Nessuna delle riportate norme contiene l'invocato divieto. 
Non la prima, in quanto essa ha come uniche destinatarie dell'obbligo 
del segreto le aziende bancarie. 
D'altronde su di essa, in quanto norma generale, prevarrebbe la disposizione 
tributaria, in quanto norma speciale. 

Non la seconda, poich� il segreto dalla stessa tutelato si riferisce alla 
attivit� bancaria istituzionale, e non all'attivit� che le banche svolgono per 
delega di altri enti, ai quali istituzionalmente quell'attivit� � demandata. 

E l'attivit� di cambio di valuta, che rientra tra gli scopi dell'ufficio italiano 
dei cambi (D. Lgs. 17 maggio 1945 n. 331: art. 2) � da questo svolta a 
mezzo della Banca d'Italia e dalle banche da questa autorizzate a fungere 
da sue agenzie (d.m. 25 febbraio 1946: art. 2). 

La esclusione dell'attiviti� di cambio dalla attivit� tipica delle banche 

� confermata dalla disciplina (successiva a quella tributaria in esame) in


trodotta dal d.P.R. 31 marzo 1988 n. 148, secondo la quale l'Ufficio italiano 

dei cambi e la Banca d'Italia sono istituzionalmente abilitati a operare in 

cambi e la Banca d'Italia �pu� � abilitare le aziende di credito e gli istituti 

cli credito speciale a compiere operazioni in cambi {art. 4). 

Nel senso della limitazione del segreto all'attivit� istituzionale delle 

aziende di credito gi� depone la modifica dell'art. 51 n. 5 in esame, appor


tata dall'art. 4 del d.P .. 15 luglio 1982 n. 463, la quale, in quanto non immu


tata n� formalmente n� sostanzialmente la precedente formulazione, ma si 

limita a specificarne la. portata concreta, -aggiunge al periodo �per quan


to attiene ai loro rapporti con i clienti � la frase � inerenti o connessi alla 

attivit� di raccolta del risparmio e all'esercizio del credito effettuati ai 

sensi della legge 7 marzo 1938 n. 141 � -appare come avente funzione 

meramente esplicativa pi� che innovativa. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRlBUTARIA 335 

La limitazione, comunque, si evince, oltre che da un rilievo di ordme 
logico -il segreto bancario servirebbe, certamente al di l� delle intenzioni 
del legislatore, a sottrarre al tributo operazioni economiche di qualunque 
specie, che si riuscisse ad effettuare tramite banca, e la cui documentazione 
fosse l'unico elemento di prova delle stesse -dal fatto che l'Ufficio 
italiano cambi � istituto di diritto pubblico {art. 1 del D. Lgs. Lgt. 17 maggio 
1945 n. 331; art. 1 del d.m. 25 febbraio 1946) e pertanto, come � ogni 
altra pubblica amministrazione � � obbligato, ai sensi dell'art. 51 n. 5 in esame, 
alla comunicazione di dati e notizie, ove l'ufficio IV A gliene faccia 
richiesta. 

Ora tale obbligo, espressamente previsto, non potrebbe rimanere eluso 
allorch� le operazioni demandate all'Ufficio italiano cambi fossero svolte 
dalla banca, dal momento che l'adempimento dell'obbligo stesso, ove fosse 
richiesto direttamente al detto ufficio, non potrebbe essere da questi evitato 
adducendo che l'attivit� istituzionalmente demandatagli esso ha in concreto 
svolto tramite banca. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1991, n. 4994 -Pres. Scanzano Est. 
Lipari -P. M. Scala (conf.). -Soc. GEA c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Salimei). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Interpretazione degli atti Art. 
19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 -Criteri. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 19). 
Nel determinare l'intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato 
alla registrazione, a norma dell'art. 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, 
� consentito, al di l� del rispetto di una piatta letteralit�, il collegamento 
fra pi� patti negoziali che siano espressione di un disegno unitario e il 
ricorso a elementi estrinseci all'atto che ne costituiscono il presupposto in 
modo da individuare l'effetto oggettivo prodotto ancorch� non voluto dai 
contraenti. Conseguentemente ove in occasione della trasformazine di una 
societ� con atto formalmente ricognitivo venga dichiarato come appartenente 
al patrimonio della societ� da trasformare un bene che si afferma, 
contro il vero, precedentemente acquistato i(il bene era stato invece acquistato 
personalmente dai soci), legittimamente si attribuisce all'atto effetto 
traslativo di conferimento nella societ� (1). 

(1) La sentenza, r.iallacciandosi ad antica tradizione (per la corrispondenza 
tra l'art. 19 del d.P.R. n. 634/1972 e l'art. 8 della legge del 1923, v. Cass. 16 aprile 
1983 n. 2633, in questa Rassegna, 1983, I, 747), approfondisce il problema, soprat

336 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. In occasione della trasformazione di societ� in nome 
collettivo in accomandita semplice i due soci hanno dichiarato che nell'attivo 
sociale era compreso il complesso alberghiero denominato �Grand 
Hotel di Rimini � t(precisando che tale complesso era pervenuto alla societ� 
con precedente rogito). Ma poich� non vi era stata spendita del nome 
sociale risultando acquistato il bene a favore dei compratori uti singuli, 
l'Ufficio del Registro, ha ritenuto di dovere assoggettare ad imposta definita 
� complementare � il conferimento di beni in societ� che si era effettivamente 
venuto a verificare a seguito di quello che solo apparentemente 
risultava essere un atto ricognitivo. 

Il nucleo decisionale sta tutto nell'alternativa fra queste due possibili 
qualificazioni avendo i giudici tributari di primo e secondo grado e la 
Corte d'Appello uniformemente optato per il carattere traslativo dell'atto, 
attesa la discrasia sia fra l'acquisto, effettuato da soggetti che non dichiaravano 
di agire nella qualit� di soci, ma in proprio ed il successivo passaggio 
del bene stesso alla societ�, alla cui trasformazione, come tale priva 
di valenza traslativa, si accompagnava sostanzialmente un trasferimento di 
beni, che precedentemente facevano parte del patrimonio personale dei conferenti 
in parti uguali, e non della societ� che si veniva a trasformare; impostazione 
questa presupponente la inesattezza dell'inquadramento della 
pretesa tributaria come imposta complementare ed il correlativo operare 
dei principi sulla imposta suppletiva {essendosi sul punto acquietata la finanza 
alla decisione negativa delle Commissioni di primo e secondo grado). 

2. Questa essendo la materia del contendere, il fondamento normativo 
della soluzione va attinto alla norma dell'art. 19 della legge di registro del 
1972 sotto la cui disciplina ricade l'atto considerato ratione temporis che 
ribadisce, con formulazione pi� incisiva, un principio che inerisce alla funzione 
tipica del tributo. 
Costituisce al riguardo ius receptum che l'atto deve essere tassato in 
base alla sua intrinseca natura ed agli effetti (ancorch� non corrispondenti 
al titolo ed alla forma apparente) da individuare attraverso l'interpretazione 
dei patti negoziali, secondo le regole generali di ermeneutica, con esclusione 
degli elementi desumibili aliunde. 

In tale indagine non � precluso il ricorso al dato letterale, ove esso 
non risulti in contrasto con la sostanza del negozio, e neppure il collegamento 
fra pi� patti negoziali, ove siano espressione di un disegno unitario 

tutto sul punto del negozio collegato; al riguardo v. Cass. 9 maggio 1979 n. 2658, 
ivi, 1979, I, 757 e 16 ottobre 1980, I, 5563, ivi, 1981, I, 567. 

Altra sentenza 19 luglio 1991 n. 8034, di cui si omette la pubblicazione, � 
pervenuta ad analoga conclusione sulla base della differenza tra valore dei 
conferimenti e valore della situazione patrimoniale al momento della trasformazione, 
che evidenzia un aumento di capitale. 



PARTE I, .SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

tale da evidenziare la effettiva portata dell'atto da tassare (Cass. 75-87; 
2239-83; 221-81), 

L'indagine deve riguardare unicamente il contenuto dell'atto quale 
risulta essere nella sua realt� effettuale e non. solo verbale, mentre la ricerca, 
tarscendente il.� titolo . e . la forma apparenti � giustificata solo in 
quanto sia configurabile un .contrasto tra il documento ed il negozio voluta 
dalle parti; 

Pt()prio perch� occorre avere riguardo all'intrinseca natura ed agli 
effetti dell'atto tassato, anche se non vi corrispondono il titolo e la forma 
apparente; vengono in considerazione ai fini impositivi.� non solo gli 
effetti voluti dalle parti ma anche quelli che, ancorch� non voluti, il 
negozio � oggettivamente idoneo a produrre in forza della fattispecie normativa 
in cui si inquadra, sicch�, sotto questo profilo, l'interpretazione 
pu� condurre a risultati pi� ampi di quelli raggiungibili con una interpretazione 
del negozio incentrata esclusivamente sull'intenzione delle parti 
(Cass; 2658/79; 2437/75). 

In effetti le clausole non vanno interpretate nella loro piatta letteralit�, 
. ma devono essere valutate cogliendone la effettiva potenzialit�, 
per ricercare il concreto intento perseguito ed attuato ��dalle parti, indipendentemente 
dal nomen iuris prescelto; essendo consentito prendere 
in considerazione anche il �ollegamento fra pi� patti, negoziali, quale 
espressione d� un disegno unitario; s� da evidenziare l'effettiva portata 
dell'atto da tassare <(Cass. 5563/80, 5693/78, 2437/75). 

E la relativa indagine sull'intrinseca natura e gli effetti giuridici di 
un atto, pur dovendosi fondare principalmente sul documento presentato 
per la registrazione, pu� avvalersi di elementi estrinseci all'atto 
medesimo, ma che ne costituiscano il presupposto, o comunque siano ad 
esso connessi (Cass. 2658/75; 1715/78; 1737/76). 

3; Alla stregua dei richiamati principi giuridici le tesi dei ricorrenti 
appaiono prive di fondamento giuridico laddove pretendono che la Corte 
d'Appello abbia erroneamente riconosciuto efficacia traslativa ad una 
dichiarazione meramente ricognitiva, senza considerare che l'Ufficio del 
Registro� � pervenuto, per sua esplicita aniinissione, alla tassazione � complementare 
� utilizzando elementi estranei� all'atto sottoposto a regi~ 
strazione. 

� fuori dubbio che l'atto, nella letteralit� delle sue proposizioni, intende 
essere ricognitivo della consistenza patrimoniale della societ� che 
si voleva trasformare, specificando . che il � Grand Hotel � di Rimini faceva 
parte del patrimonio della societ� . trasformata, sicch� al riguardo 
non poteva verificarsi alcun passaggio di beni sostanziali modificandosi 
soltanto la qualit� societaria del centro di imputazione dei beni medesimi. 


-



338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma la portata tipica dell'art. 19 della legge di registro � quella di 
consentire all'ufficio di squarciare il velo verbale delle clausole per met� 
terne a nudo la reale portata ed efficacia. 

Era quindi doveroso per l'ufficio verificare il fondamento del titolo 
di appartenenza alla societ� in nome collettivo che intendeva trasfor� 
marsi in societ� in accomandita sempice, rappresentando al riguardo un 
fondamentale elemento di indagine, scevro da ogni indebita extratestua� 
lit�, la circostanza che si era richiamato l'atto dal quale sarebbe derivata 
l'attribuzione del diritto alla societ� in trasformazione. 

Sotto questo profilo ogni discorso che miri a sottolineare il principio 
secondo cui il contenuto e la natura dell'atto da registrare debbono 
ricavarsi esclusivamente dalle clausole di esso e senza possibilit� di 
modificarne od integrarne i risultati in base ad elementi desunti, aliunde 
sarebbe manifestamente un fuor d'opera, perch� l'ufficio del registro si 
trovava di fronte ad un atto enunciato, del quale si sarebbe dovuto attivare 
senz'altro a verificare il contenuto: sia per controllarne la regolarit� 
fiscale; sia per stabilire la corrispondenza di quanto enunciato ai 
fini del regime di tassazione dell'atto enunciante alla stregua del principio 
�si vera sunt exposita �; giacch� soltanto se fosse risultato un 
acquisto in capo alla societ� in nome collettivo la trasformazione della 
societ�, inclusiva di quel bene, si sarebbe potuta verificare senza oneri 
di imposte proporzionali di trasferimento, mentre il richiamo a quell'atto, 
fatto con l'espresso fine di giovarsene agli effetti della trascrizione 
e volturazione catastale, avrebbe dovuto mettere sull'avviso per gli op� 
portuni riscontri. 

Non par dubbio al Collegio che, trattandosi di fare riferimento ad 

I ~ un atto enunciato, per la pi� corretta qualificazione dell'atto enunciante, 
l'ufficio nel richiamarsi ad esso, si � uniformato alla giurisprudenza, 
anche pi� restrittiva, che inibisce di far ricorso ad elementi estrinseci 
all'atto da tassare, ma consente di utilizzare tutti gli elementi che nell'atto 
trovino un loro addentellato, costituendone l'antecedente prossimo, 
come tale espressamente dichiarato. 

I

Il ricorrente insiste sulla circostanza che nella sua letteralit� l'atto 

in contestazione si presenta come atto meramente ricognitivo. Ma il pro


blema che l'art. 19 della legge di registro, pone e risolve sta appunto 

nella possibilit� di prescindere dalla lettera del negozio per coglierne 

l'intrinseca portata, apparendo poi come una manifesta forzatura il rilie


vo che la volont� ricognitiva non pu� essere identificata e sostituita 

da quella traslativa. 

Non avendo acquistato nel precedente rogito le parti in quanto soci, 

non essendovi stata spendita del nome sociale, il bene non pu� conside


rarsi appartenente al patrimonio della societ� ed i soci per farlo pas


sare alla societ� hanno, in realt�, sotto l'apparenza dell'atto ricognitivo 

che consentiva di eludere il tributo di trasferimento, effettuato ora per 



PARTE I, SEZ; V,� GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

339 

allora il conferimento in propriet�. Si potrebbe .tutt'al pi� ritenere che 
per l'innanzi il complesso del �Gran Hotel di Rimini � fosse stato �onferito
� verbalmente in: mero � � godimento � alla . societ� in nome collettivo; 


C<>ntUn.que per�h�dl�<?oriferl:mento .�in beni immobili alla.� so�iet� �deve 
fl:l.rsi per iscdttct a pena di ntilllt� pare evidente >�he quand~anche Un. ac� 
corde> in senso tfasfativo in forma orale vi fosse stato� nori aveva spiegato 
� alcun ���effetto giriridico �per' nullit� formale, e�. quindi ��l� volont� 
consacrata. � nell'atto) anche�� se meramente � ri�ogllitiva;� all'apparertza, di 
un trasferimento gi�� effettuafof intrinsecamente non poteva operare nel 
mondo dei� diritto � �ome tale, perch� il trasferimento, non agganciabile 
al precedente rogito per mancata spendita del nome socia.le, non aveva 
alcun �adeguato� supporto �formale che gli attribuisse efficaeia e. non poteva 
perci�: � essersi�� verificato in precedeW:a, donde� l'attribuzione �in propriet�r 
ex novo con carattere�� traslativo esattamente �ritenuta tassabile dal 
fisco; Se effettivamente l'atto invocato �otne titolo avesse comportato 
il trasferb:nentn il>cafattere meramente ri�ognitivo �sarebbe stato� fuori 
�ausa, ma se il trasferimento alla societ� non vi era stato ab origine, 
evidentemente<si � verificato. nel .momento in cui si dichiarava, con.tr� 
il vero; che Un. passaggio di propriet� vi era stato, realiZzando un trapasso. 
patrimoniale contrassegnato dal carattere della noVit� rispetto al 
soggetto sociale.>trasformatO� poich� �non antecedente� alla trasformazfone. 

Il puntum saliens del ragfonamento della Corte d'Appello sta dunque 
nella valutazione dell'atto da t;ui si pretendeva fosse scaturito l'acquistci 
della��societ�;� sebbene palesemente�non�\Ti �fosse��sfataspendita del 
nome sociale. 

Ma � noto che seil soggetto che pretende di acquistare per una 
societ�. di persone non spel1M ilnome della s��iet� (o il nome di altrl 
soci .�quando . si tratti di . socio fil .una .�societ� �41 .� fatto)' il negozio concluso 
spiega effetti soltartto nei confronti di chi abb�a contrattato in propri(); 
ed allorch� il contratto abbia ad oggetto �il� trasf�rlmento di beni � immobili 
la contemplatio domini, pur non richiedendo l'uso di formule sacramentali 
deve risultare ad substantiam dallo. stesso documento contrattuale, 
restando irr�ievante fa c6fidscenia. o l'M:fi<laihenfo�� creatonel�� terzo 
coritraentl Ci.rea la esistenza deI rapporto . sociai'e interno (Cass~ 936/84; 
5471/82; 1532/86; 691/75). 

Questo essendo il principio di diritto che i ricorrenti non contestano, 
J'appfezzatriei#o. 4e1. ~iudicce j'li. merito, elle �� �l� atto. cli. talee rnajlciita 
contemplatio �riel contratto ed �ss�rva~ a corroborare l'espresso convincimento, 
la stranezza di un contratto. stipulato il giorno dopo la costituzione 
della societ� di fatto nel quale non si d� atto della destinazione 
�.sociale� dell'acquisto, risulta insind.acabile in .questa sede nel senso 
che, non avendo gli Arpasella/Spaccarelli contrattato come soci non po




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tevano avere fatto acquistare alla societ� fra essi costituita tale complesso. 


Soggiungono i ricorrenti che poich� nell'atto di trasformazione della 
societ� gli Arpasella e Spaccarelli intervennero soltanto come soci della 
Societ� in nome collettivo, ogni loro manifestazione di volont� non poteva 
avere ripercussioni che sulla loro posizione di soci e sui diritti nascenti 
da tale veste e non anche sul loro patrimonio personale. 

Ma � agevole obiettare che proprio nella qualit� di socio si possono 
effettuare (ulteriori) conferimenti; e se effettivamente quelli che appaiono 
essere meri atti ricognitivi in realt� manifestano l'efficacia propria 
di conferimenti ex novo come tali debbono essere trattati ai fini 
della liquidazione delle imposte. 

La dichiarazione che il patrimonio della societ� conteneva il complesso 
immobiliare del Grand Hotel di Rimini, pur essendo stata espressa 
in modo meramente ricognitivo, poich� in realt� non riconosceva un 
trasferimento precedente che non ci era stato, ma comportava l'effetto 
di costituire il diritto in capo alla societ� per effetto del conferimento 
dei soci, non poteva che essere tassata per quella che era la sua intrinseca 
portata, dovendosi ancora una volta ribadire, alla stregua del 
costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte di Cassazione (cfr. 
cass. 4097/84), che il contenuto e la natura dell'atto da registrare devono 
ricavarsi dalle clausole di esso, senza possibilt� di integrarne i risultati 
in virt� di elementi aliunde desunti, poich� l'imposta di registro colpisce 
l'atto per quello che esso dichiara e per gli effetti che, come tale 
� idoneo a produrre. Ma, quando al titolo o alla forma apparente non 
corrispondano la intrinseca natura e gli effetti dell'atto, non � precluso 
al giudice interpretare e qualificare la natura e gli effetti giuridici dell'atto, 
quali si possono desumere dalla oggettivit� del suo contenuto e 
dalla ricognizione positiva del suo significato, utilizzando gli eventuali 
atti enunciati per meglio fissare la reale portata delle clausole, a tali 
precedenti negozi riferiti. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1991, n. 5004 -Pres. Granata Est. 
Lipari -P. M. Lo Cascio (conf.) -Di Liddo (avv. Gaito) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Palatiello). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Imposte dirette -Rimborsi Ricorso 
alla Commissione non preceduto da istanza amministrativa � 
Inammissibilit�. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38). 
Il processo tributario innanzi alla commissione, strutturato come 
impugnazione-merito, presuppone sempre uno degli atti indicati nell'ar



341 

tt'colo �16 del d;P,R; �� n. 636/1972 o �il �silenzio� dell'ufficio su una istanza di 
rimborso diimposte pagate con versamento diretto, �bench�� oggetto.�della 
pronunzia sia t'aci:ertamento del rapporto; conseguentemente ���inammissibile 
il ricorso; non preceduto da istanza ex art�.38 d.P.R. n; 602/1973, 
cqn.���~l��� quat:e���si<domand�.����dif�:ttamente �atla���commissione l'accertamento 
del (j.fiitto al rimbOrso (l). � 


i(omissis) 1. La presente vicenda, attinente al rimborso ILOR sui 
re�lditi di .. lavon> �autonomo . dei professi;onistk �si caratterizza per� la 
dli�ostania che . il e�1'�tribuente ha adito�� direttamente� � 1a Commissione 
'trlbuti;tria per chiedere la ripetizioue �di quanto� riteneva non fosse do~
t� :fu. quanto la �pretesa impositiva� si basava � su�. norma inconciliabile 
con i Ptecetti della Costituzione' {non assumerido specifica rilevanza la 
cil'c;ostafiza r;:he la d()roan(la fosse stati\ presentata al. Giudice tributario 
ant�ri.ob;'rie!lte alla dichiarazione . di.� incostituzionalit��� contenuta. nella�. sentenza 
rk 42 del 1980). 

n pt,tn,ctum saliens>della � controversia sta� appunto in ci� che il contribuente 
t'ta presentato direttamente una domanda al Giudice tributario 
(cos� cofrie avrebbe fatto davanti al Giudice civile) anzich� impugnare 
l'atto amministtativo che gli negava il riml)orso. La Corte d'Appello ha 
affermato.� che un tale modo di�� procedere non era� consentito per� 1a fondamentale
�� ragione che �il processo tributario, .� cos� come delineato nella 
riforma del 1972 � esclusivamente un processo impugnatorio di atti (contenendo 
l'art. 16 sin dalla originaria formulazione ed ancora pi� perspicuamente 
dopo la novella del 1981, l'elencazione degli atti impugnabili 
fra cui viene espr�ssamente. annoverato�. pfoptfo. in riferimento al.� sopravvenuto 
� l:lirittO al. l'imborso, . il c;d. silenzio rifiuto cio� il� provvedimento 
ipoteti�atrierite negativo che. si reputa. venufos� a formare, risultando come 
tale sti~cetti.bile dfimpugnaziorie, quando siano trascorsi novanta gioni 
daUa iiltirriazidne �a provvec1ere fatta all'Amministrazione Finanziaria, 
senza ch� essa abbia prov\redtito, (e non dalla �nera presentazione dell'iStariza, 
.. come sembra desumersi dall'll:npugriata/ sentenza) costituendo 
tal.e �silenzio rifiuto � l'atto contro � il .quale.� l'impugnazione dovr� essere 
presenfafa a pena di� decadenza entro il temiine � consueto dei sessanta 
giorill ch� caratteriZZa in Irianiera uni\ioca l'accesso al contenzioso tri� 

.. ~ . .. ~ 

buta:rio. �� 

Nella corretta: impostazione dei Giudici pugliesi il problema che si 
ponev� a . monte era: quello della alll.ni�ssibilit�. del . ricorso presentato al 
Giudice tributario nori gi� come inipuguaziorie del silenzio rifiuto sulla 

(1) La decisione riconferma il prmc1p10 della giurisdizione condizionata 
delle commissioDli, pur precisando che il processo speciale tributario � di impu� 
gnazione. merito, principio che esclude anche la.� proponibilit� di .azioni di mero 
accertamento (Cass; 19 giugno 1990 n. 6174, in questa Rassegna, 1990, I, 511); 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

istanza di restituzione del tributo che si affermava non dovuto, ma come 
,richiesta � diretta ed immediata� a quel Giudice di riconoscere il diritto 
al rimborso, anzich� la nullit� dell'atto che quel rimborso negava. 

�Il problema . non � nuovo nella giurisprudenza di questa Corte di 
Cassazione, come diligentemente rilevato dalla sentenza impugnata, ,ed 
ha trovato recente puntualizzazione nelle sentenze di questa stessa sezione 
nn. 3854 e 3320 del 1988 le quali hanno precisato che l'art. 16 terzo 
coroni.a del d,P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 sulla disciplina del contenzioso 
tributario, nel testo anteriore a quello introdotto dall'art. 7 del d.P.R. 
3 novembre 1981, n. 739, a norma del quale, in caso di silenzio dell'Amministrazione 
sull'istanza di rimborso di tributi corrisposti � senza pre. 
ventiva imposizione �, il contribuente, che intenda agire in via giuristlizionale, 
� tenuto a notificare una intimazione a provvedere, mentre il 
comportamento inerte . dell' Aministrazione medesima assume. il signific~to 
di. provvedimento negativo, impugnabile davanti alle Commissioni, dopo 
la scadenza di novanta giorni da detta notificazione, trova applicazione 
an�he con riguardo alle imposte dirette {nella specie, ILOR), con la conseguenza 
che, in tale ipotesi, la presentazione di istanza di rimborso 
all'intendente di finanza, secondo la previsione. dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 602, ed il decorso di novanta giorni da detta istanza senza 
che sia intervenuto alcun provvedimento, non determinano l'inizio del 
decorso del termine per . ricorrere alle Commissioni Tributarie, il quale 
� segnato solo dal provvedimento di rigetto della istanza stessa, o in 
difetto, dalla scadenza di novanta giorni dall'intimazione a provvedere. 

2. Alla stregua del richiamato principio che il Collegio ritiene di 
avallare si esaurisce il proprium della corretta decisione dei Giudici di 
secondo grado malamente impugnata attraverso una sovrapposizione del 
profilo procedimentale e di quello di merito, giacch�, contrariamente a 
quel che sembra supporre il ricorrente, la domanda indirizzata alla Commi.
ssione non � stata dichiarata inammissibile invocando la insensibilit� 
dei rapporti tributari alla sopravvenuta sentenza di incostituzionalit� della 
.Corte Cost. per inerzia del contribuente, nell'azionare tempestivamente 
la pretesa al rimborso entro determinati termini, ma per la preliminare 
ed assorbente ragione che l'azione. non � stata preceduta dall'istanza di 
rimborso, la cui presentazione costituiva la condicio sine qua non per 
ott.enere la formazione espressa (o implicita nelle forme del �silenzio 
rigetto�) dell'atto impugnabile davanti alle Commissioni Tributarie. 
A norme dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/72 il ricorso alla Commissione 
Tributaria � dato solo avverso gli atti impositivi indicati nel primo comma 
ed avverso il rifiuto o silenzio di cui si parla nel terzo comma che 
-� si considerano imposizione �. La norma non riguarda come tale la disciplina 
del rimborso delle somme pagate a titolo di imposta, quanto piuttosto 
la � procedimentalizzazione � della lite tributaria, per ricondurla 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 343 

negli schemi logico giuridici della c.d. � impugnazione-merito � in quanto, 
come � noto, ed � stato ripetutamente messo in luce da questa Corte di 
Cassazione il giudizio tributario, compreso quello avente ad oggetto la 
pretesa di rimborso, � sempre un giudizio sul rapporto che si instaura 
attraverso l'impugnazione di un atto impositivo; e l'art. 16 comma terzo 

d.P.R. n. 636/72 in esame ha appunto la funzione di indicare quale vicenda 
vada considerata � atto impositivo �, idoneo a dare ingresso al processo 
tributario. (omissis) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 maggio 1991, n. 5026 -Pres. Scanzano Est. 
Carbone -P. M. Lo Cascio {conf.) -Arena (avv. Visciani) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Pavone). 

Tributi erariali indiretti � . Imposta di registro -Accessioni � Presunzione 
di trasferimento -Esclusione � Requisiti. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 23). 
Per escludere la presunzione dell'art. 23 del d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 634 (non diversamente da quanto gi� previsto nell'art. 47 del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269) � necessario, ove il trasferimento non sia espressamente 
escluso, che da un atto di data certa risulti o che le accessioni 
sono state anteriormente trasferite a terzi o che sia stato costituito anteriormente 
in favore dell'alienante un diritto di superficie, non potendo 
avere rilevanza n� la disponibilit� del suolo da parte del futuro acquirente, 
n� l'esistenza di un contratto di appalto per la costruzione, anche 
se di data certa (1). 
(1) La sentenza, conforme ad una ben solida tradizione, si segnala per 
l'ampiezza della mo1Jivazione, ricca di citazioni di precedenti. Una precisazione 
sembra necessaria sull'accenno che si fa alla rinuncia del venditore al diritto 
di accessione; ci� non va inteso nel senso che possa rinunciarsi alla accessione 
gi� incorporata al suolo (il che equivarrebbe ad un trasferimento della accessione) 
ma nel senso che preventivamente debba essere costituito un diritto 
alla costruzione su suolo altrui che non realizza, anche sul piano civilistico, 
gli effetti della accessione. Ed infatti la sentenza precisa che il consenso a far 
costruire sul proprio suolo con rinuncia al diritto d'accessione deve essere contenuto 
in un atto di data certa anteriore al trasferimento (e che sia stato regi� 
strato) idoneo ad escludere il trasferimento dell'accessione, atto che viene quali� 
ficato come costitutivo di un diritto di superficie. Pertanto la costruzione o 
resta di propriet� dell'alienante (perch� espressamente esclusa dal trasferimento) 
o � w� di propriet� di un terzo (al quale � stata anteriormente trasferita 
separatamente dal suolo) o � inevitabilmente trasferita all'acquirente del 
suolo. Evidente di conseguenza � l'irrilevanza della detenzione del suolo da parte 
del futuro acquirente e dell'esistenza di un contratto di appalto, sia pure 
registrato, stipulato per la costruzione del fabbricato prima del trasferimento 
del suolo. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO� STATO 

<(omissis) Con�� runico motivo del�. proposto riCorso il ricorrente censura 
l'impugnata decisione per violazione e falsa applicazione dell'art. 23 
d,P.R. 26 ottC>bre 1972, n. 634 in relazione all'art. 360, n. 3 c.p,c., nonch� 
omessa motiVazione su un punto deeisivo della controversia, perch� pur 
aven.do riitenui:o che la. costruzione sull'area sia stata realizzata prima 
dell~a�quist� della stessa; non ha dato. il dovuto rilievo al�. contratt<> ᥥdi 
appalto/registrato il 27 dicembre 1973, idoneo a vincere la presurtzi�ne 
di accessione, quale atto avente data certa in cui i committenti si qualificano 
comproprietari. Nella specie, inoltre, lo scopo della norma di evitare 
facili collusioni ed evasioni fiscali � ampiamente rispettato in quanto 
l'obbligazione tributaria. � stata .gi� assolta in oc�asione della registrazione 
del contratto di appalto, con il quale. il contribuente ha dimostrato 
quanto meno di avere la disponibilit� dell'area, requisito legalmente sufficiente 
per vincere la presunzione di cui all'art. 23 del predetto t.u. 

�L'assurl:to :P.o:i� �fonc;lato, / 

Ai sensi dell'art. 23 d.P.R 26 ottobre 1972, n. 634, rimasto immutato 
nella formulazione e divenuto oggi l'art. 24 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 
nei trasferimenti immobilitari ~< le accessioni � e le � pertinenze � (< si prest�llon� 
trasferiti �li'acq'ilfrente dell'immobile�, a meno che non siano stati 
esclusi espressamente. dalla vendita ovvero si provi, con atto di data 
certa, che appartengono ad tiri. terzo o siano state cedute all'acquirente 
da un terz�. Su posizfoill rion diverse � ariche la precedente norma costituita 
dall'art. 47 r.d. 30 �licembre 1923, n. 3269, che rion poteva non risentire 
della forri:tulazione civilistica del codice del 1865 facendo cosi riferlmento 
agli iriimobilfper destinazione e non alle accessioni o alle pertirienze 
introdotte con l'ordiriamento del 1942. 

Tanto premesso, ritiene il Collegio che la presunzione di trasferimento 
delle accessioni o delle pertinenze, come chiaramente indicato nella stessa 
rubrica della norma, riportata anche nel nuovo d.PR.. 131/1986, scatta 
quando. ricorrono due elementi, entrambi. presenti nella fattispecie: a) il 
silenzio . sulla. costruzione o sulla pertinenza nell'atto di vendita del bene 
principale;. b) l'affermazione dell'ufficio, �non contestata dal contribuente, 
che l'incorporazione od il rapporto pertinenziale sia stato realizzato anteriormente 
a1� .tra,sferln!.ento dell'immobile principa1e cui inerisce .. Sotto 
il primo profilo infatti non scatta la presunzione quando �accessioni o 
pertinenze siano � espressamente escluse �dall'atto di vendita � dall'atto 
stesso emergono concreti elementi per identificare nell'acquirente l'artefice 
della costruzione o della destinazione pertinenziale con contestuale 
rinuncia da parte dell'alienante �al diritto di accessione. Sotto il secondo 
profilo la presunzione di �trasferimento. dell'accessione non scatta quando 
il .contribuente dimostri. che la costruzione sia stata realizzata dopo 
l'acquisto dell'area anche attraverso .l'esibizione di fatture di acquisto 
dei materiali, ovvero che l'abbia acquisita da un terzo o che appartenga 
ad altro soggetto. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ricorre pertanto nel caso di specie la piena operativit� della predetta 
presunzione che � una presunzione, sia pure ai fini fiscali, di trasferimento 
della propriet� del bene accessorio, cio� della costruzione, insieme 
alla vendita dell'immobile principale, cio� l'area. 

Al fine di vincere la predetta presunzione di passaggio della propriet� 
il ricorrente si avvale di una. duplice argomentazione. Da un lato 
sostiene che per superare la presunzione � sufficiente la � disponibilit� � 
dell'area, disponibilit� comprovata dall'esibito contratto di appalto con 
il quale il contribuente, ancor prima di acquistare la propriet� dell'area 
gi� poteva disporne chiamando un appaltatore a realizzarvi delle opere. 
Dall'altro ritiene che lo scopo della norma � solo quello di evitare evasioni 
fiscali, evasioni che non ricorrono nella specie, avendo il contribuente 
assolto l'imposta di registro dovuta sulla costruzione al momento 
della registrazione del contratto di appalto, e quella relativa all'area edificatoria 
al momento del trasferimento della stessa. Entrambe le argomentazioni 
non possono essere condivise. 

Ed infatti, la presunzione da vincere, relativa al trasferimento in 
propriet� anche della costruzione, insieme al suolo alienato, non attien~ 
al godimento o al possesso del bene principale e neppure alla disponibilit� 
materiale dello stesso, ma al trasferimento in senso proprio o 
giuridico della propriet� della costruzione in uno con il bene principale 
su cui � stata edificata. La dimostrazione, mediante esibizione del contratto 
di appalto, che il fabbricato sia stato liberamente realizzato sull'area 
edificatoria, solo successivamente acquistata, non pu� costituire 
idonea prova a vincere la cennata presunzione, perch� se anche la documentazione 
esibita permette di identificare nell'acquirente pro quota uno 
degli artefici della costruzione, manca la prova del consenso del proprietario 
del suolo di far costruire sullo stesso con rinuncia al diritto di 
accessione, cio� con rinuncia a divenire proprietario anche della costruzione 
per il solo fatto di essere proprietario del suolo; consenso e rinuncia 
che devono essere contenuti in un atto avente data certa, anteriore 
al trasferimento del suolo per essere idoneo a vincere la suddetta 
presunzione, ad evitare cio� che con la vendita del bene principale sia trasferita 
e quindi passi la propriet� anche del bene accessorio, ossia della 
costruzione. Quest'interpretazione dell'art. 23 d.P.R. 634/1972, come gi� 
dell'art. 47 r.d. 3269/1923, trova piena conferma nell'interpretazione sistematica. 
L'ordinamento, anche quando ha voluto in ipotesi assai specifiche 
e peculiari considerare rilevante ed autonoma la costruzione prima della 
vendita del suolo, l'ha fatto con norme eccezionali di stretta interpretazione 
che costituiscono un'eccezione ma, anche una conferma della regola 
generale. Si pensi alla legge 24 gennaio 1962, n. 23, che in espressa 
deroga all'art. 47 1. 3269/1923 consider� idonee a vincere �a predetta pre



R�SsEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATo

346 


sunzione le delibere della P. A., purch� anteriori alla legge, con le quali 
si autorizzava � la vendita di terreni non edificati a: coloro che successivamente 
hanno stipulato il contratto d'acquisto, consentendo nel frattempo 
all'edificazione�, normativa ritenuta cos� eccezionale dalla giurisprudenza 
che non l'ha applicata alla vendita di un terreno ad un comune che vi 
aveva edificato prima della stipulazione del contratto {cfr. Cass. 18 dicembre 
1964, n. 2902). Con riferimento all'art. 14 della legge 408 del 1949, 
la giurisprudenza limitatamente alle costruzioni effettuate in base alle 
legge c.d. Tupini, ha ritenuto potersi derogare alla presunzione di cui 
all'art. 47 della legge di registro per evitare che l'acquisto dell'area fosse 
agevolato, mentre quello dell'accessione, che pur costituiva espressione 
concreta della realizzazione della finalit� della legge agevolativa, 
fosse sottoposto alla normale tassazione. (cfr. Cass. 25 ottobre 1966, numero 
2581). N� vale richiamare quella giurisprudenza che, pur adoperando 
il termine � disponibilit� � come sinonimo di propriet� indicando una 
parte per il tutto -il diritto di disporre � l'elemento peculiare del contenuto 
del diritto di propriet� ex art. 832 e.e. -si affretta pur sempre a 
precisare che la disponibilit� della costruzione costituisce la conseguenza 
per esser stata la costruzione �trasferita� da colui che se ne dichiarava 
proprietario (Cass. 3557/1971) o pervenuta in base ad apposito �atto di 
trasferimento� {Cass. 1057/1974) o, �pervenuta� all'acquirente come alternativa 
dell'appartenenza ad altri (Cass. 1946/1972) o comunque, gi� in 
propriet� dell'acquirente che deve offrire la prova sul punto per vincere 
la presunzione (Cass. 1811/1977). 

Anche l'altro profilo non � fondato. La predetta presunzione opera 
a fini fiscali, ma utilizza categorie civilistiche, quali l'accessione e la presunzione 
di trasferimento del principale con l'accessorio. Come prescrive 
l'art. 934 e.e. qualunque costruzione fatta sul suolo altrui appartiene al 
proprietario che l'acquista a titolo originario, salvo che risulti diversamente 
dalla volont� delle parti o dalla legge. � il c.d. principio dell'incorporazione 
in base al quale omne quod inaedificatur solo cedit. L'accessione, 
infatti, a norma dell'art. 922 e.e. costituisce un modo d'acquisto 
a titolo originario della propriet� ed � il titolo in base al quale la costruzione 
diventa di propriet� del proprietario del suolo. Orbene se non c'� 
una diversa volont� di quest'ultimo di non trasferire anche la costruzione, 
il titolo giuridico dell'acquisto dell'avvenuta costruzione da parte 
dell'acquirente � lo stesso atto di vendita del suolo, tranne che l'acquirente 
non provi di averla acquistata da un terzo o che sia di propriet� 
di un terzo e non quindi dell'alienante. Ed � per ci� che l'imposta di 
registro -che colpisce il trasferimento e l'atto traslativo in tutta la 
sua potenzialit� -deve comprendere anche la costruzione. � appena il 
caso di aggiungere che l'appalto, od altro contratto con effetti meramente 
obbligatori, non sortisce effetti traslativi o reali ed � inidoneo a trasfe




347 

rire alracq�frent� la propriet� della c�strutione, indipendentemente dalla 
vendita d�l suolo. Trattasi di titoli diversi; con effetti giuridici diversi, 
regolati anche da aliquote diVerse>L'imposta pagata in relazione al contratto 
di appalto non riguarda, infatti, il trasferimento del bene ma solo 
l� <:osb't1zi0ne dello stesso ind�pendentemente dalla�ei:rtostanza chel'aO. 
q�.�st:#�t.:W�ngii'a favote det<::bnim�ttente o� del'��tetzo proptietario' del 
su618; vfui~ostiit: st:!il'atfo ctf 'tiertdita aeli'area edifica1Jil� pet ei'f�tto della 
predetta � presunzi6ri���di trasferfrnento � �� 11or1 pu� pertanfo concernere 
soltanto il suolo, quando con il suolo si trasferisce -per effetto della 
xi2rmatjv~ c;:C14ici!l.,ca �ed�. a . Prescindere da chi abbia.� .sostenuto l'onere 
della �osti:"JJ,Ziol}e _. anche� la costruzione realizzata prima della vendita. 
Anzi propno la vendita del suolo -come si � rilevato ~costituisce ad un 
tempo titolo giuridico.�.. per l'~cquisto sia � del suolo che �dell'accessione, 
quest� volti.t per� a titolo derivativo -'-'�� traslativo � non originario� In 
de!initiva, la costruzione effettuata su di un suolo altrui anche nella 
sicurezza � di� acquistarlo successivamente, comporta che la costrt1zione 
appartenga immediatamente a chf in quel momento � proprietario dell'area 
non rilevando se l'opera � stata realizzata dal terzo direttamente 
e a mezzo contratto di appalto. Con l'ulteriore conseguenza che il soggetto 
che aliena un suolo sul q�ale .un terzo prima della. vendita Jia 
realizzato delle opere, non� pu�, nel silenzio� dell'atto non trasferfre insieme 
all'area anche l'accessione di cui era divenuto ipso jure proprietario 
per H sol() fatto della C()struzio.e. Su queste l;>()sizioni � attestata da 
ten:J.PO la, giurisp:i;udenza di legittin)jt~ (cfr, da u1timo Cass. 2Lmarzo 1989, 

n. 141S; 4 agosto 1988, n. 4819) secondo cui nel valore tassabile di un 
suolo va incluso quello del fabbricato che esiste stil terreno, tranne che 
s.ssist!l :Qon:i.u1 quaji>iAAi .atto scritto di data certa,.. llla un trasferimento 
derivativ&traslativo.. {v�ndita �.dell'accessione) .. o � derivativo-costitutivo ( costituzione 
di�undiritto di� s�perficie)���in mancanza del� qu�le opera il 
. . . 

principio dell'accessione e la presunzione dell'art. 23 r.d; 634/1972. 

Inoltre non giova alfa tesi� del ricorrente i1 fatto che nel contratto 
di appalto . i committenti si qualifichino � comproprietari � dell'area. Siffatta 
dichiarazione infatti rton pu� c9stituite titolo di compropriet�, n� 
sortire effetti fr8.$1ativi tali da eVitare l'access�on'e di cui si discende. 
Quando ~er la '\Talidit� di wi determinato negozio �. richiesta una data 
forma ad substantiam che costituisca l'estrinsecazione formale della vo


. . . .. 

lont� di trasferire la propriet�, tale requisito non pu� ritenersi soddi� 
sfatto �con il� richiamo ad un accordo altrimenti concluso (cfr. Cass. 
15 novembre 1986, n. 6738), n� � possibile far scaturire da un'attivit� ricognitiva, 
il trasferimento di un bene (Cass. 29 novembre 1988, n. 6411). Del 
resto, proprio per realizzare l'effetto traslativo, le parti stipularono la 
compravendita della cui tassazione si discende. (omissis) 



348 

AA.SSEGN"-DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 giugno 1991, n. 6496 -Pres. Corda Est. 
Olla -P. M. Golia (conf.) -Delta Assicurazioni (avv. Cascino) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta). 

Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Rimborsi -Garanzia 
per la restituzione � Polizza fideiussoria � Clausola di rimborso 
a richiesta � senza eccezione alcuna � -Contratto autonomo di garanzia . 
Inammissibilit� di eccezioni da parte del garante. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 30 e 38 bis). 
La polizza fideiussoria stipulata per garantire la restituzione di som� 
me indebitamente rimborsate {art. 38 bis d.P.R. n. 633/1972) recante ordi� 
nariamente la clausola � senza eccezione alcuna '" d� luogo ad un con� 
tratto autonomo di garanzia non collegato al rapporto base di cui non 
risente la vicenda; tale contratto autonomo, pienamente compatibile con 
l'ordinamento, preclude al garante di opporre al creditore le eccezioni 
che pu� far valere il garantito ad eccezione soltanto dell'avvenuto adempimento 
dell'obbligazione di restituzione, salve le successive azioni di rivalsa 
o di indebito (1). 

(1) Viene confermata, con analoga motivazione, la statuizione della sent. 
24 aprile 1991 n. 4519, in questa Rassegna, 1991, I, 128). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 giugno 1991, n. 7077 -Pres. Vela � 
Est. Senofonte -P. M. Golia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Arena G.) c. Zamboni {avv. Perrone). 

Tributi in genere -Norme tributarie -Fonti secondarie � Decreto ministeriale 
che accerta il mancato funzionamento di uffici tributari � Non 
ha valore normativo -Conoscenza diretta da parte del giudice � Esclusione 
-Produzione in giudizio � Necessit�. 

(D.l. 23 giugno 1961, n. 499, artt. le 3; legge 2 dicembre 1975, art. 18; legge 25 otto� 
bre 1985, n. 592, art. 1). 
Il decreto del Ministro delle Finanze che, agli effetti della proroga 
dei termini, accerta il mancato o irregolare funzionamento di uffici tributari, 
in quanto atto di semplice ricognizione di una situazione di fatto 
e privo di discrezionalit� e di contenuto innovativo, non ha natura normativa; 
conseguentemente tale decreto, bench� pubblicato sulla Gazzetta 
Ufficiale, non deve essere conosciuto direttamente dal giudice ma deve 
essere prodotto in giudizio (1). 

(1) Questione nuova che desta qualche perplessit�. Indubbiamente esatta 
� la premessa che il decreto ministeriale � meramente ricognitivo e non discrezionale 
e che l'effetto di proroga � prodotto dalla legge non dal decreto. Non 

349 

�� (omis;sts} L'Amministrazione ricorrente denuncia. violazione dell'art. 18 
legge 2 dicembre 1975, n. 576: premesso .che gli 'Uffici finanziari di Roma 
non. funzionarono...� regolarmente,� �per sciopero . �del� .. personale; � ... nei giorni 
30 gi'l.lgno.. 1983, 8 e... 9 febl:>raio 1984 e ch�; � con� de.cretk ministeriali. del 
7 roaggl!')>e del14 .dicembre 1984; pl.lbblicatif rispettivamente, nella Gazz~
tta Utti�ig,te deLJ9 maggio 1984ce .del 7 gennaio 198.51 � stato �riconos.
ciuto <il� �l'.l<lneato .. funzionamento dell'.ufficio i;lel registro � �� succesSioni; 
sostiene che, a norma dell'art. l i;IJ. 21 giugno 1961 n. 498 (convertito, 
c;<:>Jl:' modincazi<.>ni; nella l; 2lgiugno 196l.n .. 770). e dell'art.18 L 576/197:5, 
iLtennine .di. de�adenza Previsto per le �impugnazioni deve<ritenersi prorogato 
fjno �l<decimo giorno successivo alla pubblicazione�� dei;decreti 
citati. Essendo, quindi,iLprimo terminedi��decadenza scaduto/allOrch� 
era� operante .. la proroga per il� mancato funzion��nento dell'ufficio, il 
ricorso alla C.T.c, <loveva (e i;leve) essere ritenuto tempestivo~ ;non. tile. 
vm4<> affaft<:> '"" prosegue da riccirrente > che tali .deqt:teth non simo 
stati prodotti dall'uffici~>, nella pregressa fase. contenziosa; d�to .che essi, 
ancorch� atti amministrativi, ~ attuano una< sorta .. 41 normazione deri� 
vli\;ta,, stante iLJ:invio della legge n. 770/1961, laddove. (art .. 1} fa espresso 
riferimento al d;m .. � che .. deteritdna Jl..periodo;. di mancato.�. o irregolare 
fW:lzionamei::ito deU'ufficio finim.ziario (art. � 3) �.. 

�� .. Ilricorso .. ""."". ammissibile;; perch� la dedotta � nullit� della notificazione 
� stata .sanata dalla costituzione: deLdestinatario --non � fondato. 

Deve premettersi cheral contrario di quanto il :resistente ded�ce, 
l� proroghe,�� a favore��� dell'Amministrazione finanziaria; nella particolare 
materia si riferiscono, per; giurisprudenza. costante; che qui si condivide; 
anche ai termini processuali e noir solo quindi, a quelli prescrizionali 

o presidiati da decadenze sostanziali (V;; fra le tante, Casi;. 1950/1987, 
sembra tuttavia che tm atfo dei genere rioll'. possa avere natu:ra nofiitativa. Al 

contrario�� l'assai ampia notmazione .� s�t�ndari� 'fu' materia. d� . trlbutdi �; l:!�ratteriuat1,1 
dalla� limitata (O� pulla} discrezi<>naUt� e. giustificata �dalla necessit� 
diverifiche ed. elabqrazioni � di � dati che. la legge ordinaria � non Pu� . fare. Anche 
l'atto .ricognitivo pu� avere i. car�tteri ciell.a generallt� ecl. ai;trattezza � pu�, 
ridol�egaricfosi aua norma primar:la, produrre i'eff�tt� regofameritare .che la 
norma da sola non.� potrebbe ptodurte; � Non sembra �pertanto� che il� decreto 
m pax:ola PQ$sa essete assimilata al pro:VVedhnento o al negozio che realizzano 
� fattispecie di nonne>>, Axiche la sola certezza assoluta di una situazione 
di fatto, non documentabile. C�))J, altri �mezzi, pu� . acquistar!! Val<>re . nqrinatiV() 
e forza cogente (si pensi al cens�mento); e ci� in particolare in niateria d� termini. 
Non si pu� inoltre negare �che nell'apprezzare� la susS.istenza di�. Un irregolare. 
funzionamento .sia attribuita al Ministro, e ad esso soltanto; �na certa 
discrezionalit� di valutazione del fatto n<>n. dissimile da quella. diiicrezionalit� 
tecmca valutativa che caratterizza molti dei decreti di normazione secondaria. 
Sarebbe comunque difficile, al di l� del caso deciso, i;ceverare fra i molti decreti 
ministeriali che riempiono la Gazzetta Uff�ciale, quelli ricognitivi da quelli normatlivi. 


15 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

350 

Cass. 3020/1983, Cass. 2617/1981, Cass. 5515/1980, Cass. 168/1978, nonch�, 
in motivazione; la stessa Cass. 168/1982, citata dal controricorrente). � 

Posto ci�,. la questione nodale che il mezzo propone ha per oggetto 
la natura dei decreti ministeriali pi� volte citati. Ove essi, infatti, avessero 
davvero carattere normativo <(se pure derivato), come la ricorrente 
sostiene;. la: Corte dovrebbe farsi carico, ancora una volta, del noto 
problema. (sul quale v., da ultimo; Cass. 777/1987) relativo al se -e, 
eventualmente, in quali limiti -il principio iura novit curi� operi rispetto
� agli atti di normazione secondaria: problema che, con evidenza, 
non si porrebbe (e sarebbe, comunque, da risolvere negativamente) ove 
D.ella <spede il <contestato valore normativo fosse da escludere, come, 
per le ragioni che seguono, questo Collegio ritiene. 

L'art. 1 del d.l. 498/1961 cit., nel testo integrato dall'art. 18 della 1. 576/ 
1975, dispone{va)-'--prima di essere riformulato dall'art. 1 della 1. 592/ 
1985 -che; qualora gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare 
regolarmente, a causa� di�� eventi eccezionali,� i termini scadenti durante 
il periodo di mancato .o irregolare funzionamento, nonch� quelli 
che. vengorto. a scadere�successivatriente sono �prorogati fino al decimo 
giorno. successivo alla data di pubblicazione del decreto di cui al successivo 
art. 3. Il quale, nel . testo novellato dalla legge di conversione, 
dispone, a sua volta,. che ..�il periodo di mancato o irregolare funzionamento 
degli uffici finanziari � accertato con decreto del Ministro per 
le finanze da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale �. 

Tale decreto si traduce, dunque, in un atto meramente ricognitivo 
delle dt!~ostanze di fatto {mancato .o irregolare. funzionamento degli uffici 
a caus~ .di eventi eccezionali) al cui verificarsi la legge ricollega 
-essa direttamente -la proroga e .che, nei casi singoli, il Ministro 
deve semplicemente accertare, specificandole, per modo da concorrere 
con la sua attivit� accertativa alla formazione 'della fattispecie concreta 
prefigura,ta dalla norma e q,ualificata, sul piano della corrispondente 
situazione giuridica, dall'effetto .:__ proroga che la legge esclusivamente 
sancisce (e, quindi, crea), ancorch� mediato dalle circostanze accertate. 
Vaccertamento delle quali, esaurendosi nella ricognizione e attestazione 
di una realt� materiale determinata, non esibisce alcun carattere di di~ 
screzionalit�, neppure in ordine al connotato di eccezionalit� degli eventi 
considerati, consegnato, infatti, dal testo delYarL 3 d.l. 498/1961 alla valutazione 
ministeriale, poi, soppressa dalla legge di conversione (non debitamente 
apprezzato, sul punto, da Cass. 1645/1974). 

Pare chiaro, in questo quadro, che, malgrado la progressiva dilatazione 
della figura dell'atto normativo, siffatto carattere non possa essere 
attribuito ai decreti di cui si discute, proprio perch� non produttivi, essi, 
neppure derivatamet�te, dell'effetto dilatorio, in quanto privi di quel contenuto, 
sostanzialmente, innovativo del sistema {e, quindi, non in grado 
di creare nuovo diritto) che, in assenza di determinazioni o indizi for


-~~~ 


.. _ -... -... -.._ .. .. .. _ .... .. .. .. .. .. -........ :--.. :--...... :-: -�--... _ .. 



PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

351 

mali, costituisce, pi� ancora della generalit� e astrattezza, l'ineludibile 
parametro della normativit� relativamente agli atti di provenienza amministrativa 
iscrivibili nella sfera del diritto oggettivo. 

N� rileva che, in mancanza dei decreti in esame; la dilazione non si 
configura, poich� essi, quantunque a questo fine necessari, non pongono 
norme, ma realizzano fattispecie di norme {non diversamente, del resto, 
dagli atti di natura provvedimentale, ai quali, ancorch� contrassegnati 
da contenuti assiolOgici, � ugualmente estraneo l'attributo della normativitit, 
limitandosi e,ssi, . al pari dei. negozi di diritto privato, a costituire 
modific;:are o estinguere rapporti giuridici ai rispettivi contemiti, in via 
di massima, . aderenti e per questo . soltanto distinguibili dai meri atti, 
cui la legge ricollega effetti indipendenti dal loro contenuto), atteggiandosi. 
-:-conviene ribadirlo -come elementi o presupposti di fatto della 
operativit� di queste Ultime e, quindi, del prodursi di effetti da esse 
gi� c�mpiutam~nte predeterminati e in questo sen!)o � creati�, posto che 
l'ordinamento si definisce in ragione delle qualificazioni astratte di cui 
si nutre, indipendentemente dalla loro concretizzazione nella realt� storica. 


Ne deriva che rispetto ai decreti considerati, in quanto atti amminfstrativi 
del tutto privi di valore normativo, non opera il principio 
iuta novit curia, con la conseguenza che il giudice non � tenuto ad acquisirli 
d'ufficio n� possono, essi, essere prodotti per la prima volta nel 
giudizio di leglttimit� (art. 372 c.p.c.) (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 giugno 1991, n. 7136 -Pres. ed est. 
Vela -Ministero delle Finanze {avv. Stato Favara) c. Paoli. 

Tributi erariali indiretti � Imposta sul vah:>re aggiunto � Sanzioni � Continuazione
�� Art. 8 legge 7 gennaio 1929, n. 4 � Si applica. 
(Legge 7 gerinaio 1929, n. 4, art. 8; d;P.R. 26 ottobre 1972; n. 633, artt. 4S. e 75). 

Tributi erariali indiretti � Imposta sul valore aggiunto . Sanzioni � Conti


nuazione � Applicabilit� a violazioni commesse in diversi periodi di 

imposta � Esclusione. 

(Legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 8; d.P.R. 26 oW>bre 1972, n. 633, artt. 28, 30, 35, 48 e 49). 

L'istituto della continuazione, disciplinato con la norma generale del1'
art. 8 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, si applica anche alle violazioni 
relative ad imposta sul valore aggiunto, non essendo diversamente disposto 
nell'art. 48 del d.P.R. n. 633/1972,(1). 

(1-2) La prima massima riconferma un prmc1p10 orma!i. accettato (Cass. 
16 dicembre 1987 n. 9328, in questa Rassegna,1988, I, 198). 
La seconda massima (co~orme ad altra 22 gh;igno 1991, n. 7045) prende 
posizione contro il diverso orientamento contenuto nella sent. 23 gennaio 1991, 

n. 629, Corriere trib., 1991, n. 803. 

352 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 


Nei tributi, come l'imposta sul valore aggiunto, il cui presupposto 
� ancorato al periodo, la continuazione prevista nell'art. 8 della legge 
7 gennaio 1929 n. 4 � applicabile esclusivamente alle violazioini compiute 
nel corso di ciascun anno solare (2). 

La ricorrente denuncia: 

1�) in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa 
applicazione degli artt. 48, 49 e 75 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (testo 
originario), nonch� dell'art. 8 della 1. 7 gennaio 1929 n. 4, sostenendo 
che il citato art. 48, il quale ammette un'attenuazione della sanzione 
solo nell'ipotesi in cui siano state violate pi� disposizioni di legge in 
relazione ad una stessa operazione, � incompatibile con l'art. 8 della 
leg~e del 1929, e che, comunque, quest'ultima � inapplicabile in materia 
di I.V.A., perch� il decreto 633 del 1972 disciplina in modo autonomo il 
trattamento di una pluralit� di violazioni della medesima disposizione 
di legge, onde non pu� operare la salvezza di cui all'art. 75; 

2�) in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa 
applicazione del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e dei principi generali ivi 
espressi, con particolare riguardo agli artt. 28, 30, 43, 49, comma secondo, 

\. 

58 e 75, in quanto, ove non si accogliesse la tesi esposta nel primo motivo 
bisognerebbe pur sempre ammettere che la continuazione pu� ope~ 
rare solo nell'ambito non superiore all'anno di ciascun periodo d'imposta, 
essendo la disciplina dell'I.V.A. modellata appunto sulla � periodizzazione
�, come si evince sia dalle disposizioni sulla dichiarazione annuale, 
sulle rettifiche e sugli accertamenti; sia dall'art. 58, il cui secondo 
comma connette indissolubilmente la irrogazione della sanzione all'attivit� 
di accertamento dell'imposta evasa; sia dall'art. 49, secondo comma, 
il quale, prevedendo l'aumento della pena .� fino alla met� nei confronti 
di chi nei tre anni precedenti sia incorso in un'altra violazione 
della stessa indole per la quale sia stata inflitta la pena pecuniaria �, 
non potrebbe avere effetto se fosse consentito compattare illeciti commessi 
in tempi diversi. 

Il primo motivo � infondato; fondato � invece il secondo. 

Come la Corte ha gi� avuto occasione di rilevare con la sentenza 
16 dicembre 1987 n. 9328, non � sostenibile che l'istituto della continuazione 
disciplinato con norme generali dell'art. 8 della legge 7 gennaio 
1929 n. 4 e quindi per tutte le violazioni di leggi finanziarie, non sia 
applicabile in materia di I.V.A.: l'art. 75 del d.P.R. 633 del 1972 espressamente 
richiama quella legge per tutto quanto non sia stato diversamente 
disposto dal decreto stesso in ordine all'accertamento delle violazioni 
. ed alle sanzioni; l'art. 48 reca, al secondo comma, una norma 
speciale che riguarda il solo caso in cui in relazione ad una stessa ope




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 1'RmUTARIA 

razione siano state .compiute pi� violazioni e perci� esclude dal proprip

f~) 

campo d'azione tutti i casi in cui le violazioni derivino da molteplici 
operazioni; a sua volta quest'ultimo rilievo dimostra come non sia esatto 
che la specific1;1 .di$ciplina sanzionato:i:'ia dell'I.V.A. non lasci spazio a 
quella gene;rale posta con la l(:')gge del 1929. 

Meno . $emplice �.� �invece, la questione prospettata con il secondo 
motivo, sulla quale,. infatti1 non solo la gi.risprudenza dei Gh1dici tributari, 
ma. ancl;le quella di questa Corte non sono concordi essendosi 
ritl:'.nuto, con la citata sentenza n. 9328 del 1987, che sia ammissibile la 
continuazione esclusivamente nell'ambito di ciascun periodo d'iwposta, 
mentre con la successiva sentenza del R.G. 7460/85 ud. 8 gennaio 1990 
Pres. Bologna Rel. Lipari Finanze Stato contro Natalucci si � negato 
che sussista tale limite temporale. 

In effetti, a .. favore . di. questa seconda soluzione -. condivisa del . resto 
da gran parte della dottrina -sta il dato letterale, posto cli.e la 
disposizione dell;art. 8, secondo comma, clella l�gge del i929, allorch� 
rende applicabile la continuazione � nel caso di pi� viola.Zioni commesse 
anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluziori~ �, se 
da uii canto individua nella persistenza di uno stesso movente l'elemento 
unificante delJ.� varie infrazioni, non indica, dall'altro, alcuna Iimita'zione 
in ordine alla durata di t�le movente e cos� sembra �mmettere 
la rilevanza anche� per pi� � periodi di� imposta. 

Senonch� il significato letterale � della formula si rivela esorbitante 
rispetto alla reale portata che la formula stessa pu� avere una v�lta che 
la si �inquadri nel sistema. 

Intanto, con riferimento a tutti i tributi il cui presupposto � anco


rato ad un precostituito periodo, riesce difficile attribuire rilevanza� giu


ridica gi� sul piano soggettivo ad un proposito che per il fatto stesso 

di abbracciare periodi futuri in ordine ai quali il presupposto non si � 

ancora realizzato e dunque non si sa ancora se vi sar� o no� ricchezza 

imponibile, non pu� non avere carattere eventuale, ossia subordiilat� al 

sorgere dell'obbligazione tributaria. Oggettivamente, poi, l'unificazione 

annulla una caratteristica' tipica di quei tributi, consistente nella piena 

autonomia di ciascun periodo d'imposta rispett� agli altri: autonomia 

che circoscrive a tale periodo la rilevanza dei fatti generatori della ric


chezza imponibile e del corrispondente obbligo tributario, non meno 

dell'efficacia dei poteri di accertamento e di sanzione degli uffici. E. quan


to mostra di intuire la Commissione Centrale in quelle decisioni nelle 

quali osserva che �la violazione dell'obbligo, rinnovandosi ed esauren


dosi di anno in anno autonomamente, non rientra nell'ipotesi de.Ha me


desima risoluzione� {v., ad esempio, decc. 31 .gennaio 1989 n. 812; 12� mai


zo n. 2563; 3 dicembre 1983 n. 4378). 


354_ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comunque, alla stessa soluzione si perviene anche se si considera 
quello che specificamente � il regime dell'I.V.A., strutturato su base annuale, 
tanto da far s� che le singole operazioni imponibili, pur essendo 
ovviamente di per s� rilevanti {anche per via degli obblighi accessori 
e funzionali all'accertamento del tributo, -che ne derivano), acquisiscano 
definitivo significato, ai fini dell'insorgere dell'obbligo di pagare l'imposta, 
solo se ed in quanto rivelinq, nel loro complesso, la produzione 
entro l'anno di ricchezza tassabile. Come ben nota l'Avvocatura dello 
Stato, i conti tra fisco e contribuente si fanno in sede di verifica della 
dichiarazione annuale (arg. ex artt. 28, 30, 35) ed � l'anno che segna il 
limite temporale degli accertamenti dell'ufficio. 

L'ultrattivit� di situazioni realizzatesi in periodi anteriori all'anno 
da prendere di volta in volta in considerazione, � prevista solo dalle due 
disposizioni dell'art. 49, ma esse, dirette a consentire una migliore determinazione 
della pena pecuniaria, rendono pi� severo anzich� pi� mite 
il sistema punitivo. 

Quella del primo comma, che attribuisce rilevanza alla � personalit� 
dell'autore della violazione, desunta dai suoi precedenti�, in quanto non 
prevede alcuna riduzione (le circostanze attenuanti sono elencate nel 
precedente art. 48) pu� provocare solo l'irrogazione di sanzioni superiori 
ai minimi prescritti, in caso di recidiva. Di un aspetto particolare di 
quest'ultima, poi, si occupa il secondo comma, ammettendo la possibilit� 
di aumentare la pena � fino alla met� nei confronti di chi nei tre 
anni precedenti sia incorso in un'altra violazione della stessa indole 
per la quale sia stata inflitta la pena pecuniaria�, cos� rivelando tin~ 
peculiare preoccupazione del legislatore per il ripetersi di infrazioni 
uguali o similari, denotanti un'attitudine del contribuente ad infrangere 
certi obblighi. 

Trattasi, certo, di disposizioni non assolutamente incompatibili con 
la continuazione -come si osserva nella citata sentenza del 1990 ma 
altrettanto evidente � che esse realizzano un preordinato orientamento 
di rigore che rischierebbe di essere frustrato, in sede attuativa, 
qualora si aprisse l'adito all'unificazione delle infrazioni astraendo dal 
singolo periodo di imposta. 

In definitiva, va rigettato il primo motivo ed accolto, invece, il secondo, 
con conseguente cassazione della decisione impugnata e rinviq 
della causa ad altra Sezione della stessa Commissione Tributaria Centrale, 
la quale nel deciderla si atterr� al seguente principio di diritto: 
� il disposto dell'art. 8 I. 7 gennaio 1929 n. 4 � applicabile in materia di 
imposta sul valore aggiunto, esclusivamente alle violazioni che siano 
state compiute nel corso di ciascun anno solare�. 


PARl'l!: l, SllZ. � V,. Gll.71UsPlUl>B~A TRIBUTARIA 355 

C::.:QRTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 luglio 1991. n. 7248 � Pres; Caturani � 
Est. Sgroi.� P.M. Martinelli {diff.) � Ministero delle Finanze (avv. Sta� 
to f1:1:vara) �. Soc. SPIRIT (avv. Scalzo e� Roc~). 

Tr1buti�� erartaU.ine:UfettL� hnpo$te dogan�li� �Incompatibilit�. cori �norme 

co.-Au;glt~e� ~ ~bor$i .� \l'r!�slazione dell'onere su altri soggettL� 

.�� < A~~ ~!Jt �~�()~4~ conima,Jegg.e. 2~ <Ucem])re 19,?0, n� 4i8 � ~� Legittbnit�. 

(J,.egg!129 dicembi,y)99(), n,: 428, ar~, 29; <:l)Jil!lla. 2�),. 

Tributi era~ILb.lf.Jli'etti � Imp�-ste doganali � Incompatibilit� con norme 
;co�UJtiiarle ~ 1thbti�rsi � Art~ 29; comma'1�, 1egge>29 dicembre 1990, 

n. 428 � 'l'ermmc.fdi decadenza. di cinque aiini.�.~�Retroattivit� ..... lllegittiml:
t~ �. PJsa~pli�~one�. 
(Legge 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 1�; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, llrt� 91). 

�set5~itbo~�e;/ftiZd~tf~~~S6���fief~m~ff:fo��~ei1~;tt~rjaf!tdit'har~;::_ 


tazione, deUe Jmpost�� difabbricazione .. e dezte .. imposte.� di consump� �pa� 
gate in itpp1icazidne d� dispd$it.i6rii infompatibiU con h6rrhe corkunit�ne 
se sia d'ata ld prbvd/ a carico detl'Am1nint$trazione, che il tefativo 
onere sia stato trasferito su attri $oggetti~ � legittimo e non coiiirasta 
n� con regole comunitarie n� con principi costituzionali (1). 

P. illegittimoe va disapplicato l'art. 29, comma pri111,0, della legge 
1.9 dicembre 1990 n. 428 che cori' effetto refroatitvo a5soggetta al t�rmine 
9uir1q14ennale di decadenza )e azioni d( rimborsa di quanto ,pagato in 
relazione� ad operazioni .doganali (2), 
(1-2) La Corte Suprema, con inconsueta tempestivit�, ha affrontato �.i proqlemi 
che, pone l'art. 29.. della legge 29 dicembre .1990 n. 428 in materia di rim� 
borsi di imposte pagate in relazione ad operazioni .doganali in applicazione. di 
norm.e impositive nazionali incompatibili.� con .� le regole' �comunitarie. 

La prirna massima;. evidentemente esatta,. ritiene legittima, la norma (comma 
$eC(lndo) che e.sclude il diritto alrimborso. qualora l'onere del tributo sia 
stato tr1:1sferito ad altri� soggetti. Ci� in quanto la Corte di� Giustizia aveva ritenuto 
compatibile con. il diritto comunitario l'esclusione del rimborso in caso di 
traslazione. dell'imposta semprech� le .modalit� della prova non rendessero ecces� 
sivamente difficoltoso l'otteniment<h del rimborso,� il. che�. poteva riscontrarsi 
nell'art. 19 del d,J; 30 setten:tbre 1982 n. 688 ma . deve escludersi con riguardo 
all'art; 29 della legge n;, 428 che pone .la . prova dell'� eccezione .di traslazione � 
a carico�. dell'Amministrazione. 

Non pu� ess.ere per� condivisa la: .seconda massima. 

Nell'esaminare la portata dello jus superveniens sul punto che .ogni azione 
di rimborso � soggetta al termine quinquennale. di decadenza, la sentenza � riconosce 
che l'operazione di interpretazione :autentica, di per s�. retroattiva, sarebbe 
legittima, anche perch� applicativa alle imposte doganali di un principio vigente 
per le altre imposte indirette e le .impo~te stil reddito. 

Ma la norma interpretativa � illegittima in quanto, c�n effetto retroattivo, 
fa diventare di decadenza un termine che. era pacificamente .di prescrizione 
(anche con riferimento a termini gi� .in corso) e quindi rende di pi� difficile 

-



356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

Col primo motivo, l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa ili... applicazione dell'art. 35 ultimo comma t.u. 23 gennaio 1973 n. 43, degli , 
artt. 1 ed 8 della I. 11 maggio 1981 n. 213, dell'art. 1 d.l. 15 giugno 1984 

I 

n. 232, del principio generale confermato dall'art. 19 primo comma d.l. 
n. 688/82, dell'art. 53 Cost., dell'art. 2033 e.e., nonch� omesso e contraddittorio 
esame di punti decisivi (art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.), osservando 
che la richiesta di rimborso si concreta in una richiesta di estensione 
al whisky dell'esenzione prevista dall'art. 3 d.l. n. 836/1955, poi ridisciplinata 
dall'art. 20 d.l. n. 46 del 1976 e soppressa dall'art. 1 d.l. n. 232/84; 
nonch� nella richiesta di estensione al whisky della riduzione di lire 8.000 
per ettanidro, soppressa dall'art. 1 I. n. 213 del 1981. 
Le richieste estensioni dell'esenzione e della riduzione non sono giustificate. 


All'interno dei tributi rilevanti per l'ordinamento comunitario occorre 
distinguere due diverse situazioni: quella dei tributi la cui percezione 
� di per s� incompatibile con l'ordinamento comunitario (per es., le tasse 
di effetto equivalente a dazi doganali) e quella delle ~gevolazioni (() altre 
misure) tributarie o finaI)ziarie che sono incompatibili con detto ordinamento 
(per es., l'art. 95 del Trattato) comparativamente, in quanto 

attuazione il diritto al rimborso, e in ci� � in contrasto con le norme comunitarie. 


Per evitare che tale affermazione resti puramente teorica, la sentenza 
deve fare un ulteriore passo: il primo comma dell'art. 29 � indivisibile e non 
consente una scissione tra la previsione del termine quinquennale e la sua qualificazione 
come di decadenza; di conseguenza l'intero comma � illegittimo e va 
disapplicato. 

Nel costrutto della sentenza, che ha voluto vanificare l'art. 29 della recente 
legge, vari passaggi non convincono. 

Come si' � ricordato, era stata sottoposta alla Corte, tra le altre, la questione 
se, in base alla legislazione anteriore al 1990, l'azione di rimborso fosse 
soggetta alla prescrizione quinquennale dell'art. 91 del t.u. del 1973 (e non alla 
prescrizione ordinaria); ovviamente avvalorava tale prospettazione la norma 
sopravvenuta dell'art. 29 che, in armonia con i prinaipi generalmente validi 
(come nella sentenza si d� atto) sottopone ai termini ed alle forme tributarie 
ogni sorta di rimborso di tributi, senza distinzione tra indebiti c.d. � comunitari 
� e indebiti di altra natura; quel che � stato pagato a titolo di imposta in 
base ad una legge che per tale qualifdca la prestazione, pu� essere chiesto in 
rimborso secondo le regole stabilite nei procedimenti tributari e non come 
indebito oggettivo ordinario, Ci� era gi� sancito dall'art. 91, ma per togliere 
ogni incertezza a fronte di una giurisprudenza che, senza persuasive motivazioni, 
aveva ritenuto applicabile all'indebito comunitario la prescrizione decennale, 
� ora intervenuta la norma per l'appunto interpretativa, che non innova ma 
elimina un dubbio. 

Secondo la S. C. dl peccato del legislatore del 1990 non consiste nell'aver 
ricondotto nelle regole del procedimento tributario tutti i rimborsi (con norma 
che esattamente si ritiene di portata generale ed estesa a tutti i rimborsi anche 
se non comunitari), ma consisterebbe nell'aver trasformato la prescrizione in 

II 


.,� .,, .............


~ 


PAR'l.lL I, :SllZ. \!;. :-GitmISPRUDBNZA TRmUTARIA 357� 

cio� cagione. di discriminazione: fra operatori. In questa seconc;la ipotesi 
o.ccorre risolvere . .la questione se la decisione .comunitaria che dichiara. 
non consentita un/agevolazione: '.(ad. esempio;. un abbuono o un aiuto) . impo-
nga allo State) .. mein})l:'o :di eliminare la: facilitazione : con � espansione 
del t:rattuneti:t9 : :P.o:l'!llale; o in.vece : di estendere . la facilitazione,: rendendo 
g�nerale il: trattamento . agevolato;� . � pi� r&Zionale .�la �prima : rispost�. 
��. �. �. : Secondo la; societ� importatrice;�: la sentenza.�>15 luglio � 198'.2 della Cor� 
te di giustizia avrebbe creato �.una sorta di diritto ad� agevolazione mai. 
prevista pe:r.. il whisky, mentre la sentenza ha� soltanto posto una tegola. 
di non discriminazione, .senza�prescrivere:che fa parit� debba raggiungersial 
livello di imposizione �pi� basso. 

: Dalla sentenza discende l'obbligo dello Stato di eliminare gli abbuoni. 
e/o ~uti; e non un obbligo di estenderlia tutti gli operatori; meno che� 
mai discende una generalizzata inesistenza del potere di imposizione~ 
�qn :�o:P,segue.nte :ripetibilit� delltLsomme� percette.: 

Se�Qndo �� l'Atnmirdstrazione. vi sono;. in materia di spiriti, due prec~
se, disposizioni, ciaspuna stabilentela data. a decorrere dalla quale, le 
agev.olaz~oni: non. possenUc pi� essere �accordate; tali� date sono.�il 2 giugno. 
198l per la riduzk>ne qi L; 8.000 per ettanidro�e l'abbuono di L. 2,00(}; 
per�: ettan,i.dro � ed il l 9 glugno. 1984 .per ... l'.esenziorie dal� diritto erariale~ 

W,:cade.za �c>n ~#etto retroatti:vo. Ma qui. non si vedi;) come gli effetti gravosi 
c1ella .� c1~911.deJlZa (11.rtt� 49,~. e . ;2969)� possono pregiudicare le situazioni�. pregresse 
e rendere .di. difficile .attuazione. il diritto al rimborso. . .. 

� .LI;\ nl.ICl:va q.aljfi��zione �lel termine risponde< a finalit� .(secondarie) d� 
razionalizzazione del. sistema � 
.< ln Jutt!l Ja discipUn11. piiJ. recente (a comincilli:e dalla riforma del 1972-73) 
tutti:� i tennini. chc;i �: er;mo di prescrizioue .. souo diventati ,di decadenza, anche 
se cli lunga dur11.ta (nelle imposte .dirette � prevista la decadenza sia per l'accert;>
me;i;i:to (art, 43, d,P.R. lk.600/1973). sili, .per .Ja -formazione. dei ruolii e paral� 
li;;l11.m,ente per il rimb()rso dei versamenti diretti (artt.13 e 38 d;PR n. 602/1973); 
nelthnposta di. registr.o. � .parimenti prevista la decadenza sia per .l'accertamento� 
di val()re sia per la ri!!Cossione e ,pw;allelam~te per i Jlimborsi (artt. 52, 76 e 77 

d.P.R. n. 131/1986). Solo per le imposte definitivamente accertate il diritto alla 
riscossione si prescri:ve : in dieci i.:mi (art. 78). Analoghe regole valgono per l'imp,
osta dd. successione; Q.esto indirizzo si spiega perch� tut.to . quanto attiene alla 
determinazione dell'imposta attraverso il procedimento � rimesso al potere del-� 
I'Amminist;razione il cui esercizio� .� correttamente. impedito dalla decadenza,. 
mentre alla mera esazione dell'obbligazione definitivamente accertata meglio si 
conf� la prescrizione. 
A questo indirizzo si adegua l'art. 29 che definisce di decadenza il termine 
per domandare il rimborso e di pcre&crimone il termine dell'art. 84 del d.P.R. 

n. 49/1973 per la riscossione di diritti certt 
� peraltro assai dubbio che la qualificazione del termine contrasti con iI 
diritto comundtario come interpretato con le note sentenze della Corte cU giustizia. 
Quel che rileva a tale fine � che sia assicurato nel �liritto interno un 
mezzo di attuazione concreto del diritto al rimborso; ed � perfettamente ragionevole 
che tale diritto sia assoggettato ad un termine, sia esso di prescrizione 

-



.358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

con le leggi del 1981 e del 1984 il legislatore ha eliminato le discrimina.
zioni sottoposte al giudice comunitario; la attuazione della regola comu� 
nitaria di non discriminazione deve attuarsi con l'eliminazione della di


i 

.sposizione derogatoria di favore e quindi con la naturale espansione del 
trattamento normale, non con la generalizzazione della disposizione derogatoria. 
La sentenza 15 luglio 1982 della Corte CEE dispone soltanto 
-che l'art. 95 del Trattato osta ad un sistema di tassazione che colpisca 
in modo diverso il whisky e le altre acquaviti. L'art. 1 della legge n. 213/81 
da un lato ha confermato il potere di imposizione e dall'altro ha confermato 
la legittimit� delle anteriori percezioni, per cui va escluso in 
radice che l'Amministrazione debba procedere a rimborso, e le somme 
riscosse in dogana sono irripetibili (art. 35 del t.u.), non sussistendo il 
presupposto del potere impositivo mancante per costruire la ripetibilit�. 


Quanto all'art. 19 del dl. n. 688 del 1982, esso � espressione di un 
principio preesistente e di pi� ampia portata, e cio� del principio per 
cui non pu� aversi ripetizione di imposte in assenza di un concreto effettivo 
pregiudizio del solvens apparente; erroneamente ta:le norma � stata 
�considerata come una supposta deroga a regole generali sulla ripetizione 
di indebito; si tratta di norma che attua l'art. 53 Cost., dato che l'impor


o di decadenza, Meno che mai contrasta con il diritto comunitario l'efficacia 
retroattiva� della qualificazione del termine che nessuna influenza negativa ha 
sulla sorte dei rappor1li pregressi. Se � in gioco un termine quinquennale, le 
domande tempestive (valide sia per impedire la decadenza che per interrompere 
la prescrizione) sono salve e quelle intempestive infruttuose, quale che 
sia la qualificazione del termine; a nulla giova considerare che la decadenza � 
rilevabile d'uff�icio quando la prescrizione � stata eccepita, ed � puramente 
teorica l'osservazione che la prescrizione pu� essere interrotta quando l'interruzione 
non vi � stata. Addirittura riguardo ai rapporti anteriori la decadenza 
� per chi pretende il rimborso meno pregiudizievole perch� se � stata presen� 
tata una istanza di rimborso la decadenza � definitivamente impedita mentre 
la prescrizione potrebbe essersi verificata dopo l'interruzione per nuovo decorso 
del termine. 

L'operata razionaliizzazione non ha la portata traumatica che le � stata 
attribuita e non contrasta con le regole comunitarie anche perch� � indifferente 
riguardo ai rapporti pendenti. 

Fino a questo punto la motivazione della sentenza sul capo della trasformazione 
della prescrizione in decadenza sarebbe puramente teorica ed irrilevante 
sulla sorte delle domande ~� proposte. Ma la sentenza prosegue con un 
ultimo passaggio: essendo il contenuto del primo comma dell'art. 29 sicuramente 
inscindibile, l'illegittima qualificazione del termine come di decadenza trascina 
l'altra parte della disposizione che assoggetta li rimborsi al termine quinquennale 
escludendo la prescrizione ordinaria; non sarebbe consentito ritenere di 
generale applicazione il termine quinquennale inteso come di prescrizione; cade 
cio� tutto il prtlmo c�mma dell'art. 29 e l'art. 91 del t.u. del 1973 resta quale 
�era (o quale era interpretato) e quindi sopravvive la prescrizione decennale 
per gli indebiti comunitari. 



PARTEl'I> SEZ. V, GIURISPRUDBNZA �TRIBUTARIA 359 

tatore ha operato alla stregua di un esattore delle imposte per conto 
dello Stato. 

In tale situazione; secondo l'Amministrazione, � vacuo il discorso sull'onere.
�dellaprova, �.ossia sul punto� se tale onere� incombe �sull'esattore 
apparentemente gravato o sull'Amministrazione; quest'ultima non incontrerebbe 
alcuna difficolt� a fornire, secondo le regole probatorie normali 
. .(che includono anche l'utilizzabil�t� degli� indizi)� la prova dell'avve.:. 
:nuto trasferimento sui consuniatori dell'onere tributario. S possibile ravvisare 
nel cit.. art. 19 la mera enunciazione di �una regola� generale per 
iL diritto �tributario ��separata ,(e non subalterna) ��.alla�. diversa �regola� stabilita 
per .il diritto civile; 

Nel diritto tributario, la coincidem:a normale fra <soggetto ch� ha 
effettuato il� pagamento non d�vuto �ed il soggetto� realmente danneggiato 
non si ha, per l'ope11atore normale della traslazione in avanti; AHa stregua 
della sentenza della Corte di giustizia 27 febbraio 19801 attribuire al soggetto 
che . nessun danno ha sofferto il diritto a ripetere quanto pagato 
equivale ad assegnare a tale soggetto un arricchimento seriza causa. Anche 
le sentenze 25 febbraio 1988 e 23 marzo 1988 hanno confermato l� validit� 
della regola sostanziale, pur censurando l� regola relativk all'onere 
della prova; 

Quest'ultimo passaggio, che vorrebbe� essere la� chiave di volta che fa d�ventare 
risolutiva una� questione altrimenti irrilevante, � il pi�>fragile. 

Come si � visto; la vera portata dell'art; 29, come riconosce la sentenza 
� � stata quella di conferire una disciplina Unitaria a tutti gli indebiti doganali 
di qualsiasi natura con una nuova lettura dell'art. 91 �; non si vede perch� 
questo contenuto .della norma sia inscindibile dalla qualificazione, per fini di 
razionalit�,.� del termine� quinquennale. La commistione fra due assai �diverse 
tematiche -quella . sulla durata e quella sulla natura del termine -n�n ha 
alcun solido fondamento, 

L'inscindibilit� ha avuto un significativo precedente nella stessa materia, 
riguardo all'art; 19 del d.J.. n. 688/1982 per d1 quale si disse che l'esclusione del 
rimborso dei tributi il cui onere era stato trasferito. a terzi non era dissociabile 
dalla prova della traslazione che la norma poneva a carico del solvens, 
limitandola alla prova documentale. C�n �.la sentenza 15 maggio 19S9, .� n. 2216 
(Foro it. 1989, I, 2474), alla quale Ja sentenza in esame strettamente si ricollega, 
fu per� affermato che per aversi una pluraldt� scindibile � occorre che la 
singola disposizione, per esser tale, abbia �un .proprio autonomo e distinto 
significato (sia cio� giuridicamente significante) e che non si ponga come 
componente esserurlale dell'intera norma, in modo che questa sia suscettibile 
di sopravvivere con un proprio contenuto anche prescindendo dalla singola 
disposizione e senza che il normale margine di incertezza della �norma ne 
risulti ulteriormente accresciuto �. Su tale premessa si disse che il frammento 
residuo dell'art. 19 dopo l'espunzione della parte relativa alla prova non aveva 
possibilit� di autonoma sopravvivenza senza una integrazione che l'interprete 
non poteva dare. 

Proprio sulla base della definizione di scindibilit� sopra trascritta, si deve 
I'liconoscere che il ricondurre sotto un unico termine quinquennale tutte le 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'Amministrazione conclude testualmente: � La Corte d'appello non 
si � posta una siffatta problematica. 

Essa ha escluso in toto l'operativit� nella specie della regola sostanziale 
confermata dall'art. 19 d.l. n. 688/82, motivando in modo molto generico. 


L'Amministrazione appellante ha chiesto alla Corte di rendere pronuncia 
in conformit� della giurisprudenza comunitaria, ossia con assunzic>
ne dell'onus probandi. La Corte d'appello si � invece fermata ad una 
questione artificiosamente costruita come preliminare in punto di diritto. 

Quesfultima constatazione conduce ad un ulteriore profilo di doglianza. 
g .pacifico in causa -per mai avvenuta contestazione delle affermazioni 
sul punto -ohe la societ� odierna resistente ha concretamente 
traslato sui consumatori l'onere de quo. Cionondimeno a questa constatazione 
non � seguita una c.oerente pronuncia. 

Il motivo � infondato. 

Esso si <'!-rticola in due censure la prima delle quali, a sua volta, si 
scinde jn due proposizioni: a) che da una sentenza della Corte C.E.Eche 
dichiara non consentita (dall'ordinamento comunitario) la concessione 
cU abbuoni e di agevola:ziloni ad alcuni operatori discende l'obbligo. 
dello Stato di eliminanlri, ma non quello di estenderli a tutti gli oper~tori; 

ipotesi di rimborso, eliminando la prescrizione ordinaria per i casi non com-� 
presi (o che si pretendono non compresi) nell'art. 91, � ima disposizione del 
tutto autonoma, capace di vita propria, �giuridicamente significante�, e suscettibile 
di sopravvivere alla eliminazione del .ben diverso precetto normativo che 
dichiara il termine di decadenza; il testo residuo della norma risulta chiarissimo 
e non abbisogna di alcima integrazione interpretativa. 

La scindibilit� � confermata dalla stessa sentenza che ha giudicato legittima 
la parte della norma sulla imificazione del termine ed illegittima quella sulla 
definizione di esso (in quanto ad effetto retroattivo). Pertanto l'asserita illegitttlmit� 
della qualificazione del termine non pu� essere utilizzata per vanificare 
la vera portata della norma. 

Il sospetto di illegittimit� ~!ella parte della norma che menziona la decadenza 
(in quanto riferita al passato) potrebbe tutt'al pi� dar luogo ad ima 
dichiarazione di illegittimit� (secondo la formula consueta) nei limiti in cui 
definisce il termine di decadenza anzich� di prescrizione, semprech� tale defini2iione 
possa essere rilevante. Sarebbe addirittura agevole emendare il testo� 
senza dar luogo ad incertezze sopprimendo le parole � di decadenza � e lasciando 
sopravvivere, completa e significativa, la dicitura: � il termine quinquennale dell'art. 
91 ... �. 

L'intero primo comma � sicuramente legittimo in quanto dispone per 
l'avvenire; ma sarebbe assai semplice ritenere, ove ne ricorressero le premesse. 
che il termine quinquennale deve intendersi di prescrizione riguardo ai rapporti 
anteriori; sarebbe un aggiustamento ben possibile che non travolge l'intero 
comma. 

In conclusione sembra difficile affermare che l'interpretazione data in 
passato all'art. 91 possa essere pienamente riconfermata come se l'art. �29 della 
legge n. 428 sia caduto nel nulla. 

C. BAFILE 
I


I


I 



PARTI! I, SEZ. V, GlURISPRUl>l!NZA. TRmUTARIA 

b). meno che mai discende una� generalizzatainesistenza del potere di 
imposimone, con conseguente ripetibilit� delle �somme percette. 

La prim� proposizione concerne le m.odalit� attraverso� le quali lo 
Sfato membro attili:t il pi'jrtclpio affermato� dalla corte� di Giustizia; ma 
� nofr �ptt� rig.apdare i diritti denvan11ial privato dalla violazione di quel 
J?.r.i.cipio; c9fiteriuta Jli disP6Sizioni �interne �� illegittime ��ed applfoate, sia 
prima� ch� dopo.fa sentenza della Corte(salvo che��m essa non� siano 
�contenuti deil�llliti espressi/per quanto c�icemelasua: applicabilit� �nel 
tempo); in �$nno del privato stess<>. 

��..� � Pertant?�. riort ha; rilievola norma sopravvenuta..del �Otnrila sesto . delVi:
trt. 29 d�M~legge 29 dlcembre 1990; n. 428: �Quando la C�rte �di GiustiZia 
delle Comunit� europee dfoh�ara irtcompatibl1.e con �le norme comunitarie 
una� agev0laz�0n� <)d. e�enz�orie tribtitari�, la teSS�Z:iorie dell'efficacia della 
~sp()Sizion~<f~e la .prev~e � dichiarata con decreto, efo �; La suddetta 
�ionria; fuveto.�(a prescmd�re dalla> sua�� palese hon. retroattivit�) pu� 
riguardifrtf le modalit� dil aituaZion� cl)ft rtdrri:ia interna della .�sentenza 
deUa.. C?rte, wa non. pu� inci.det"e' SUi dfritt� che gi� sono sorti�� a. favore 
del privato� sttlla' bas� del�� diritto comunitario, come interpretato sia da 
quella\ che ��da altre serttenz� della Corte st�ssa � (nella� specie: la � ripeti� 
.:zio:rie� df���mctebittrpet�itlegitt�mit�: dell'impostazi�ne��vieta'ta dal� Trattato; 
allif stregU:ai della� sentenza>lS luglici 1982; fu causa :rr; �� 216/81; �.della sen� 
teriza del 9 rtavembte �1983ih causa 199/82;��che�sta.ruisee il ptm.cipio 'dell'immedfat� 
applkazit>n� delle nonne d>munitarie � e � della cbrtseguente 
disapplfoazfone<delle rt�rln�' nazionaliᥥ�con �ssEf cortfligg�rtti; dell� � �S�il� 
t�ilz� 25febbraio1988 in catise n:�:. 331; 316 e 378/85, e 24 marzo 1988; in 
causa n. 104/86). 

Pertanto; �fa seconda affertna:z�one� � �infondata, essendo� anzi marii~ 

fesfo il ctirltto' alla ripetizione d'ind:�bito, p�r U verifr meno della base 

iloririativa deftributo riscoss�, con ~fteho � retroattivo. 

. . Quanto aif� seconda cehsufa, es~a dev� essere pr�sa in esame alla 

stre~a c;lello � ius s.perveniens c?stituito dal comtna.� 2� della.� d1:afa iegge 

n, 428/1990: � I diritti dbganali filt'fmp�rtaziorie (omissis) riscossiin ap


plicaziol1� �.. df disposii;io.f I1azionali �incompatibili coi:i ��� n. diritto.. comuni


~al'j.()s9nb rim~()~sa# a meri<> cp� il I'elatiyo()I1er� .non .i>f~. $tat())r~ferito 

su �altr~.. sogg~tt� ȥ� L.'1 Ji,q.nna .. �. espressame.te retroattiva (coxwiia .. 7�)'. 

. . . La.. difesa :della. re~istente .ha . eccepito (pagg.. 30-32. <iella � memoria) 

l'illegittj}:nit� costituzionale del . cbmma 2� clell'art. 29 .cit.,. per. contral)~o 

con gli artt'. . 3 e . 24 . Cost., stimte . la. <Uversit�: .di trattameI1to eh~� con essa 

viene introdotta fra coloro che agiscono per la ripetizione dell'indebito 

(e dell'jnd.ebito tributario, in generale) e coloro . che agiscono in ripeti


zione degli specifici tributi previsti dall'art. 29 comma 2.<>, ove riscossi 

in base a disposizioni interne di legge in contrasto con il diritto co


munitario. 


362 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'eccezione � inammissibile, appunto perch� si tratterebbe di contrasto 
con il diritto comunitario (da ultimo, Corte Cost. n. 113/85 e numero 
681/88). 

La difesa medesima ha poi eccepito l'illegittimit� comunitaria della 
disciplina in questione, sulla scorta della sentenza della Corte di Giustizia 
C.E.E. 9 novembre 1983 (in causa 199/82) perch� le condizioni per 
iJ rimborso non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano 
analoghe impugnazioni di diritto nazionale. 

In via gradata, ha chiesto di sottoporre alla Corte di Giustizia H 
quesito se risulti in contrasto con il diritto comunitario, ed in particolare 
con le sentenze 9 novembre 1983 (in causa 199/82) e 29 giugno 1988 
(in causa 240/87) l'art. 29 comma 2� della legge citata. 

Le richieste non possono essere accolte: quanto alla seconda (di carattere 
preliminare) perch� i princ�pi comunitari da applicare risultano 
gi� dalle predette sentenze e perch� iJ giudizio circa la sussistenza dei 
limiti apposti dalla legge nazionale alla ripetizione dell'indebito comunitario 
compete alla .giurisdizione. nazionale. 

Quanto alla prima, .non resta che richiamare le ragioni della disapplicazione 
del precedente art. 19 d.l. n. 688/82, conv. in L. n. 873/82, poggiate 
sull'impossibilit� di distinguere la norma attinente all'indebito dalla 
norma attinente alla prova '(fra le molte altre, v. Cass. n. 2216 del 1989). 
Nella considerazione parimenti unitaria della nuova norma, che pone 
l'onere della prova dell'eccezione di traslazione a carico dell'Amministrazione, 
non .sussistono le ragioni di incompatibilit� col diritto comunitario, 
come risulta dai princ�pi esposti dalla Corte nella sentenza 9 novembre 
1983 in causa 199/82 e 24 marzo 1988, in causa n. 104/86: il diritto 
comUIJ!itario non esclude che la norma nazionale tenga conto del fatto 
che l'onere dei tributi indebitamente riscossi pu� essere trasferito, mentre 
sono incompatibili con il diritto comunitario tutte le modalit� di 
prova che abbiano l'effetto di rendere eccessivamente difficile ottenere 
il rimborso. 

Nella specie, poich� l'operatore, oltre il fatto obiettivo dell'indebito 
pagamento, non deve provare altro, alla stregua della nuova norma, tale 
incompatibilit� non sussiste, neppure con riguardo ad una pretesa diversit� 
di trattamento con l'analogo indebito di diritto interno (o extracomunitario) 
nel quale anzi vige (come � stato espressamente ribadito dall'art. 
29 della legge del 1990) l'art. 19 della legge del 1982, assai pi� rigoroso 
e ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Cost. (ord. n. 651 
e n. 807/88), per cui -anzi -l'importatore in ambito C.E.E. � pi� 
favorito. � 

Concludendo, il comma 2� dell'art. 29 cit. � legittimo ed applicabile, 
ma in base ad esso non si pu� pervenire all'accogiimento del ricorso. 
Lo ius superveniens pu� condurre all'accoglimento del ricorso per cassazione 
avverso una sentenza di merito emanata sotto il vigore della legge 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

anteriore, soltanto nei limti in cui � rilevante, e cio� idoneo a comportare 
una modific::i. di quella statuizione (cfr. Cass. n. 2966/88; n. 3535/89). 

Nella specie nel giudizio di merito l'Amministrazione aveva postulato 
una conformazione della previgente normativa limitata alla regola della 
non traslazione, mentre per quanto attiene alla prova, proclamava il 
principio secondo cui essa non stava a carico dell'importatore, doven~o 
l'Amministrazione provare l'avvenuta traslazione. 

Nel ricorso, in pcimo luogo, si afferma una esistenza pacifica della 
traslazione, di cui non esist� traccia nella sentenza impugnata. In secondo 
luogo, non si dice neppure quali prove fossero state chieste nel 
giud�iio di merito; nel controricorscr si d� atto che la P. A. aveva chiesto 
una Consulenza tecnica. Per poter permettere un annullamento della 
sentenza (che non ha esaminato id punto) doveva esporsi una censura 
(data l'integrale soccombenza dell'Amministrazione, perch� sui punti assorbiti 
l'impugnazione non � necessaria solo nei riguardi della parte 
vittorios:a: Cass. n; 151/86; n. 8544/87; n. 1308/89; n. 4903/87, per quanto 
riguarda le prove), Nessuna censura e!liste, circa la mancata ammissione 
della C.T.U., allo scopo di dimostrare l'ammissibilit�, la concludenza e 
la rilevanza, nelfipotesi in cui la norma originaria (al pari di quella 
sopravvenuta) dovesse leggersi nel senso -gi� postulato dall'appellante che 
la prova d�lla traslazion\'! fosse a carico dell'Amministrazione (salvo 
che gi� risultasse dagli atti, il che non risulta nella specie, in base alla 
sentenza impugnata). 

In sostariza, gi� nel giudizio di ni.erito l'Amministrazione sosteneva 
una lettura della norma anteriore in modo conforme alla norma soprav-� 
venuta, di guisa che aveva l'onere di impugnare la mancata ammissione 
dell'unica istanza istruttoria non ammessa. La mancata impugnazione impedisce
�a:ddirittura a questa Corte di esaminare il problema dell'ammissibilit�;. 
della istanza� stessa. 

Il scondo �motivo di ricorso � stato oggetto di rinuncia, da parte del1'
Avvocatura dello Stato (a ci� abilitata per legge), in sede di memoria. 

Con il terzo motivo l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa 
applicazione degli artt. 84 comma primo e 91 del t.u. delle leggi doganali 
e dell'art. 3 Cost., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., rilevando che la Corte 
genovese ha erroneamente respinto l'eccezione di prescrizione quinquennale 
(e non decennale), perch� le disposizioni menzionate, interpretate sistematicamente, 
conducono all'accoglimento di detta eccezione. 

Il motivo � infondato. 
La Corte si deve dare carico de1lo ius �superveniens costituito dal 
1� comma dell'art. 29 pi� volte citato: 

� Il termine quinquennale di decadenza previsto dall'art. 91 del t.u. 

n. 43/73 deve intendersi applicabile a tutte le domande ed azioni esperibili 
per il rimborso di quanto pagato in relazione ad operazioni doganali�

364 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r~ 

Con riguardo al motivo di ricorso {che si basa sulla applicabilit� di 
un termine quinquennale di prescrizione, e non di decadenza) lo ius superveniens 
sarebbe irrilevante, appunto perch� sostituisce un termine di 

I 

.decadenza ad un termine che (secondo la stessa ricorrente) era di pre.
scrizione, per cui la norma non ha alcuna attinenza col motivo. 

I

Tuttavia, poinch� si tratterebbe di decadenza attinente a materia sottratta 
a disponibilit� delle parti nonch� ad una causa di improponibilit� 

I

.dell'azione (art. 2969 e.e.), la questione potrebbe essere affrontata d'ufficio 
-Ovviamente sul presupposto che il comma 1� dell'art. 29 cit. possa appli� 
.carsi alla domanda giudiziale de qua {proposta nel 1983, sotto il vigore 
.dell'art. 91 del t.u. del 1973, nel suo testo originario). 

Per poter apprezzare il significato della innovazione, occorre esaminare 
il contesto in cui � inserita, perch� si possono fare due ipotesi: o la 
norma ha carattere esclusivamente innovativo, ma non interpretativo 
�dell'art. 91, con la conseguente irrilevanza nel presente giudizio; ovvero 
ha carattere interpretativo-innovativo {e rilevanza neJ giudizio), ed allora 
bisogna richiamare due principi generalmente riconosciuti nell'attuale 
elaborazione del fenomeno dell'interpretazione � autentica �. Da un canto, 
essa non � legata all'esistenza di dubbi nell'interpretazione della norma 
preesistente, ma esprime soltanto la volont� del legislatore che quest'ultima 
sia intesa in un dato modo. Dall'altro canto, la norma interpretativa 
non si pu� leggere � da sola �, ma necessariamente in combinazione 
con la norma interpretata. Quest'ultima non consentiva, come 
� agevole dimostrare, una interpretazione diversa da quella costantemente 
seguita, secondo cui gli indebiti in materia doganale (la precisazione 
� d'obbligo, perch� non � escluso che in altri settori, come quello delle 
imposte di registro e dirette, la prescrizione o la decadenza per le azioni 
-di ripetizione sia sempre quella regolata dalla norma specifica per tali 
tributi: per esempio, l'art. 77 del t.u. n. 131/86 sulle imposte di registro; 
<> l'art. 38 del d.P.R. n. 602/73, in tema di rimborso di versamenti diretti 
di imposte sul reddito) fondati su una invalidit� originaria della norma 
impositiva, per contrasto con la Costituzione o con la normativa GATT o 
�con la normativa comunitaria, erano regolati, quanto alla prescrizione, 
dall'art. 2946 e.e. (v. Cass. n. 1884/77, con riguardo alla legge doganale 
del 1940; Sez. Un. n. 4068/79; Cass. n. 1063/80; n. 1481/80; n. 117/80; Sez. 
Un. n. 4972/85). 

Invero, l'art. 29 della legge doganale del 1940 non prevedeva, n� poteva 
ovviamente prevedere, i rimborsi fondati su tali ragioni; ed il legislatore 
delegato del 1973 non era stato autorizzato dalla legge di delega 
del 23 gennaio 1968 n. 29 a mutare l'art. 29 della legge doganale del 1940. 
La materia di rimborsi a favore dell'operatore era presa in considera




PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 365 

zione soltanto sotto un profilo particolare, e cio� quello della semplificazione 
delle procedure {punto 20 dei criteri direttivi). 

Poich� l'art. 3 della legge prevedeva una delega per raccogliere e coordinare 
sistematicamente le disposizioni doganali vigenti, l'art. 91 del t.u. 
del 1973 <(corrisponde all'art. 29 della legge dbganale del 1940) reca le 
modifiche intese al coordinamento con le norme nel frattempo emanate; 
ma il nucleo essenziale, e cio� le ipotesi di rimborso sono rimaste sempre 
quelle del 1940, perch� la delega non ne prevedeva la modifica. Non 
si tratta di una lacuna, ma di una precisa volont� del legislatore delegante 
di non cambiare la disciplina preesistente (per altre argomentazioni, 
v. la motivazione di Cass. 15 maggio 1989 n. 2217). 

Il legislatore del 1990, resosi conto del problema, ha inteso aggiungere 
anche le ipotesi di indebito � comunitario � a quelle gi� previste dal1'
art. 91 del t.u. del 1973, con ci� manifestamente innovando. L'operazione 
anche in termini di interpretazione autentica, di per s� retroattiva, 
sarebbe perfettamente legittima, salvi i requisiti generali di compatibilit� 
con la Cost; e con la normativa comunitaria. 

La difesa della resistente, solo in subordine, ha eccepito l'illegittimit� 
costituzionale della norma, se applicabile retroattivamente, ma in questa 
sede l'eccezione � inammissibile, perch� si tratta soltanto di controllarne 
la compatibilit� col diritto comunitario. 

Tale incompatibilit� non sussisterebbe, sotto il profilo della disparit� 
di trattamento con altri indebiti tributari, sia perch� le citate norme 
in materia di imposta di registro e di imposte dirette sono dimostrative 
della attuale tendenza del legislatore (v. in motivazione S. U. n. 6478/84) 
a fissare termini di decadenza (e non di prescrizione) per i rimborsi 
delle imposte non dovute, sia perch�, malgrado che la rubrica dell'art. 29 
faccia riferimento alle imposte da� rimborsare perch� in contrasto con 
la normativa comunitaria, il testo del comma 1 � di cos� ampia portata 
da potersi estendere anche agli indebiti non comunitari (diversi da 
quelli gi� previsti dall'art. 91). Tale estensione risulta convalidata -per 
contrasto -anche dal raffronto col secondo comma, che invece � seguito 
da altra disposizione che conserva -per gli indebiti non comunitari 
-'-la vigenza della precedente norma (art. 19 della legge del 1982). 

Per tale verso, pertanto, l'interpretazione autentica retroatttiva non 
sarebbe contrastante col principio della parit� di trattamento con altri 
indebiti tributari. Tuttavia, nel modificare la norma sul termine, il legislatore 
ha d'autorit� indicato come decadenza quella che anteriormente 
era qualificata come prescrizione in modo cos� pacifico (vedi la giurisprudenza 
gi� citata), che anche l'Amministrazione, nel motivo di ricorso, 
ha indicato come � prescrizione quinquennale � quella dell'allora vi


16 



366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gente art. 91 del t.u. del 1973. Tale fissazione del significato della norma, 
anche per i rapporti passati, comporterebbe varie conseguenze, a danno 
di chi ha pagato l'indebito, prima non previste: a) la rilevabilit� d'ufficio 
(art. 2969), come gi� accennato, mentre la prescrizione non � rilevabile 
d'ufficio (art. 2938); b) l'inapplicabilit� della disciplina dell'interruzione 
(art. 2964 e.e.), con conseguente necessit� di compiere entro il 
termine stabilito l'atto di esercizio del diritto (art. 2966 prima parte, 
non essendo possibile applicarne la seconda parte, stante l'indisponibilit� 
del credito, anche da parte dell'Amministrazione, per sua pura volont� 
(cfr. Cass. n. 4398/78; Cass. n. 2540/79; Cass. n. 3595/80). 

Salvo restando -perch� non influente in causa -il problema con 
riguardo alle domande proposte dopo l'entrata in vigore della legge del 
dicembre 1990 {� solo da sottolineare che il termine quinquennale ivi 
previsto riguarda necessariamente termini gi� in corso, perch� la norma 
dispone che novanta giorni dopo la sua entrata in vigore il termine si 
riduce a tre anni, e quindi in detti novanta giorni potranno maturare 

I

termini quinquennali soltanto se gi� in corso di maturazione), il Collegio 
ritiene che un'applicazione retroattiva (quale � quella voluta dal legisla


I 

I ~ 

tore interno) del comma primo dell'art. 29, alle domande giudiziali proposte 
in passato ed in corso, contrasta -perch� lo rende di pi� difficile 
attuazione (stante l'inapplicabilit� delle cause di interruzione del termine) 
e lo vanifica .(stante la rilevabilit�. d'ufficio del termine decorso per i 
pagamenti avvenuti oltre cinque anni prima) -col diritto alla ripetizione 
dell'indebito comunitario, sancito dalle citate sentenze della Corte 
di Giustizia C.E.E. 

I

lli 

Tale disapplicazione, alla stregua delle medesime sentenze, compete 
alla giurisdizione nazionale, e pertanto non � necessario un rinvio alla 
Corte, ex art. 177 del Trattato C.E.E. 

� da rilevare che la norma del comma primo � sicuramente indivisibile, 
perch� non si pu� scindere il termine quinquennale dalla sua qualifica 
come termine di decadenza. Consegue, pertanto, che l'inapplicabilit� 
retroattiva della decadenza, nei confronti di una domanda giudiziale 
proposta quando non sussisteva tale condizione di ammissibilit�, comporta 
necessariamente anche l'inapplicabilit� del pi� breve termine quinquennale 
{anche se qualificabile di prescrizione). Invero, l'intenzione del 
legislatore � stata quella di conferire una disciplina unitaria a tutti gli 
indebiti doganali, di qualsiasi natura, con una nuova lettura dell'art. 91; 
se tale lettura nuova non � ammissibile retroattivamente per una qualsiasi 
ragione, � evidente che si deve applicare la normativa generale, 
che � quella dell'art. 2946 e.e. (salvo che ricorrano le ipotesi specifiche 
gi� previste nell'art. 91, nel testo anteriore). 

IJ��"'-��''7'11''?'if�lll�'":.�;pl~Am-~ir:�:,�:,,.�

,..~.:~��x:"Xltll?~�-�A~w~

-.~_,Ama~~ML.,_;_d?ale~lEJilliztdBVAll 


PARTE I, �8132:. V,.GIURISPRUDBNzA TRIBUTARIA 367 

I 

�q~;:i;:i=. DI CA,��A:ZIONE, �~.JJn., 3Jq,gJi91991, n. 7321 -Pres. 13rancac�jo 
" E~t. Seps~e -.P.:M. Carist9 (c<;>nf;) -Ministero delle ..Finapze 
. {1.1,v.v��st~tp.Tqn~ll<l). p. J-igagl)i. 

Trlbutt in. g�.~~; ~ $e>gg~(tl p~ssll'i.�� .SoJidarie~ �. J.>l'OV'l/edimento .aromi


��. . nfStratiw (lefjnitiyQ.. ~ GludicatQ. pi�t. favorevole. ottenuto . da altro.� con.. 
debitore. 7 � .f\rt.. 13.(l~. ~.e~ ~ Si a,l)t'lica. . . . . 
.�..���� (e.o'. art. J@6). 

Netl'am.1Jitd della. stessa� imposta (e noh. anthe fra imposte diverse 
oenchi coordindte)flcondebit�re s�tidal� che ncm abbia impugnato l'accertamento 
dtveti.uto definitivi>. net $uoi confronti, pu�. opporre till'Amffiinfstra?.
�()rte it.g�udiCato. pi�/favorevole .ottenuto ~a. altfo .. colidebitore 
sotid�te a norma detl'art .. �130'6 ~.6.f il gi'udicdto h.on pu� ess~re. opposto 
se t gi� stata pagata l'imposta> �quidatti. in base aztidcaeriamentO definitivo 
(1). 

II 

CORTE DI CAS~AZIONE, Set. tJn., 2Jgennaio 1991, n. 535 -Pres. Bran. 
caccio -Esi. SeQsale -P.M. Caristo (diff.) -l\1inistero delle Finaqze 
{a\iv. Stato Pruatlello) c. De Rosa. �� 

Tributi .. in ge.ere . -$oggetti. Pil.SllM t S()lldadet� � Art. 1306 e.e. � . Debitote 

� nei �t.d confronti � intervenuto accertamento definitivo � Ricorso tar


divo� per.giovarsi. del ricorso tempestivo di altro condebitore � Inam


missibilit�~��� ��� 

(e.i:\ �it. 1306). 

L'art. 1306 e.e. presuppone che un gitJdicato esista e che it creditore 
abbia .. do~tp.nd,ato <l'ad,empimento al condebitore rimasto. estraneo til giudizio 
�il quale solo in questo momento potr� opporre il giudicato. L' articolo 
1306 non pu� essere invocato dal debitore vincolato ad un accertament� 
ifefiniiA/o che �proponga �u-rt. ricorso (tardivo) per giovarsi. degli 
effetti futuri del ricorso tempestivo proposto da al�o condebitore (2). 

(1-Z) La prima sentenza ha risolto autorevolmente, ma in modo non del 
t.tto persuasivo,. il contrasto che si era verificato in seno alla prima Sezione. 
Gli argomenti �in favore della �conclusione affermata sono riducibili al � segnale � 
lanciato dalla Corte Costituzionale, alla constatazione che la definitivit� dell'accertamento 
non equivale al giudicato e alla affermazione che l'art. 1306 e.e. 
� norma di natura soltanto processuale; 

Sul primo punto il segnale della Corte Costituzionale, contenuto in ordinanze, 
sembra eccessivameate valorizzato. La questione di legittimit� costitu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

368 

I 

(omissis) 1. -L'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione 

degli artt. 26 e ss. del d.P.R. n. 643/72; 48, 49 e 55 del d.P.R. n. 634/72; 
16 del d.P.R. n. 636/72; 1292 e ss. e 1306 e.e., nonch� il vizio di erronea 
e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. 
Nel censurare le conclusioni cui giunge l'impugnata decisione, la ricorrente 
sostiene che non pu� estendersi il giudicato favorevole, ottenuto 
da uno dei condebitori solidali, all'altro, che, messo in grado di partecipare 
al giudizio e di difendersi, non l'abbia fatto; che l'atto d'accertamento, 
quanto agli effetti finali, � riconducibile alla sentenza; che l'atto 
di rettifica del valore, se notificato al debitore d'imposta, � soggetto ad 
impugnazione dinanzi alla competente Commissione Tributaria entro sessanta 
giorni dalla notifica, pena la sua incontrovertibilit�; e che, anche 
nel caso di obbligazione solidale, ciascuno dei condebitori d'imposta � 
tenuto autonomamente ad impugnare l'atto, con l'effetto, in mancanza, 
della definitivit� dell'obbligazione d'imposta. 

I

2. -All'esame delle suesposte censure deve premettersi che il problema 
con esse prospettato concerne l'estensibilit� del giudicato favoI 
I
ili 

revole, formatosi nei confronti di un soggetto, ad altri con lui solidal


I

mente obbligati e viene concretamente posto con riguardo a due (o pi�) 

Illi

soggetti debitori in solido della stessa imposta, cio� con riguardo alle 

zionale per contrasto con l'art. 53 Cost. pu� porsi soltanto con riferimento alla 

I

disciplina sostanziale dell'imposizione; non pu� proporsi una violazione del 

~ 

principio della capacit� contributiva adducendo che situazioni uguali ricevono 

~ 

un esito differenziato attraverso il procedimento e il processo nell'ambito 
dei quali possono operare preclusioni o decadenze, o anche diversit� di pronunciati. 
Queste evenienze, inevitabili in qualunque rapporto, attengono al fatto 
non alla norma. 

Sul secondo punto se � innegabile che la definitivit� del provvedimento 
� cosa diversa dal giudicato, � per� altrettanto evidente che un accertamento 
definitivo non � la stessa cosa di un negozio di diritto privato che irretrattabile 
non diventa mai, e non � nemmeno lineare l'affermazione che l'accertamento, 
al pari del negozio, � rilevante solo sul piano sostanziale mentre avrebbe portata 
processuale il secondo comma dell'art. 1306. 

Infine poco pertinente appare l'accenno alla solidariet�-dipendenza che si 
muove su un piano ben diverso. 

Ma non pochi altri argomenti meritavano di essere esaminatL 

Innanzi tutto in termini generali � da dimostrare l'applicabilit� dell'art. 1306 
alla obbligazione tributaria. La semplice affermazione che nei suoi caratteri 
essenziali la solidariet� nell'obbligazione tributaria non differisce da quella di 
diritto comune non basta per riferire all'obbligazione tributaria tutte le norme 
del codice civile, cos� come l'affermazione che la stessa obbligazione tributaria 
� riconducibile all'obbligazione ordinaria non basta per estendere ai rapporti 
tributari tutti gli articoli del titolo I del libro IV del codice civile. In generale 
l'obbligazfone tributaria trova la propria disciplina completa nelle norme tri-

I 


' ; 

....,."''''W''�n11�=W�--���;="1&At."':::==:m11ffim:==''llx��':'"-i"?'.'W�ll�lifWt.IJ.lm/' ,,���'.''11"��~,,,�. �.

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PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

369 

parti alienante ed acquirente per le� quali; ai fini del pagamento dell'imposta 
di registro, la solidariet� � stabilita dall'art. 55, primo comma, del 
cj,.P.R. n. 634/72. 

Fuori dal thema decidendum � la diversa questione se la regola 
--.da individuarsi con riferimento alla ipotesi, sopra col.lsiderata, di obbligazione 
solidale di pi� debitori della medesima imposta, implicante, 
come si vedr�, l'indagine circa l'ambito ed i limiti di operativit� dell'art. 
1306 e.e. -possa essere invocata quando si tratti dil'distinte obbligazioni, 
in quanto aventi ad oggetto imposte diverse, e si abbia riguardo 
ad� un soggetto obbligato al pagamento dell'una e non anche dell'altra 
(com'� per l'acquirente, tenuto al pagamento dell'imposta di registro, 
ma non clell'INVIM, posta .esclusivamente a carico dell'alienante), ossia 
di o1)bligazioni, in relazione alle quali nessun vincolo di solidariet� � 
stabilito dalla .. legge tra il ,soggetto obbligato solo all'adempimento clell'una 
e quello al quale soltanto corre l'obbligo clel pagamento clell'altra 
e conseguentemente non pu� farsi ricorso alla disposizione dell'artic;
olo 1306 e.e., in quanto norma dettata nell'ambito della disciplina delle 
obblig;azioni solidali. 

Per ritenere che le due situazioni aprano la via alle medesime problematiche, 
e che quindi la seconda non sia, per ci�, comunque estranea 
all'oggetto della presente controversia, dovrebbe farsi richiamo all'art. 6 
del d.P.R. n. 643/72, che ancora, ai fini dell'INVIM, il valore finale a quello 
dichiarato o definito per l'imposta di registro, ed all'art. 31, che, per 

butarie che sostituiscono, e a volte soltanto ripetono, le norme civilistiche, s� 
che il codice civile trova applicazione solo come norma di completamento, 
ove non .derogata dalle norme tributarie. In particolare in tema di so1idariet� 
le norme tributarie contengono una autonoma disciplina a volte collimante, 
come nei principi generali, a volte derogatoria (ad es. in materia di solidariet� 
fra eredi .del debitore). Molte norme del codice civile sono sicuramente incompatibili 
con l'obbligazione tributaria: 1300 (novazione), 1301 (remissione). 1302 
(compensazione), 1305 (giuramento), 1311 e 1312 (rinunzia alla solidariet�). 

Il primo problema che si poneva era quindi quello della compatibilit� 
tra codice civile e norme tributarie e, nel caso negativo, quale fosse prevalente. 
Ed allora non pare dubbio chela disciplina tributaria. che prevede, in un modo 
che � del tutto sconosciuto al diritto privato, sia che l'accertamento pu� diventare 
definitivo singolarmente per oi:ascun condebitore, sia che l'accertamento 
definitivo pu� essere messo in esecuzione attraverso un altro atto (ruolo o un 
tempo ingiunzione) che a sua volta diventa irretrattabile con il .decorso del 
termine, deroga con evidenza alla regola dell'art. 1306 e.e. 

L'art. 1306 � dettato per i rapporti chili nei quali soltanto il giudicato 
pu� fare stato (art. 2909); fino a quando il .giudicato non esiste, l'obbligazione 
� dncerta sia nell'an sia nel quantum; gli �altri debitori� sono in realt� altri 
soggetti che si pretendono debdtori la cui qualit� non � ancora accertata. A 
costoro � riconosciuta la facolt� di opporre il giudicato, il che non � sempre 
privo di effetti :negativi (se il .giudicato � di condanna al pagamento d'una 
somma sia pure inferiore a quella pretesa dal creddtore, l'opporre il giudic:.ato 



' 

370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la liquidazione e la riscossione dell'INVIM, rinvia alle disposizioni relative 
all'imposta di registro. Ma tale automatismo non �, in via di principio, 
elemento sufficiente ad accomunare sotto la disciplina della solidariet� 
rapporti distinti nei presupposti e nella struttura. Invero, la coincidenza 
dei soggetti obbligati in relazione alle due imposte non � assoluta 
ed il vincolo solidale � stabilito dalla legge all'interno di ciascun 
rapporto tributario che ad esse fa capo. Inoltre, diverso � il presupposto 
dell'imposizione, individuato -per l'INVIM -non gi� nella esistenza 
di uno degli atti indicati nell'art. 2 del d.P.R. n. 634/72 (che, a 
norma del precedente art. 1, costituisce l'� oggetto� dell'imposta di registro), 
ma nell'incremento di valore, che � soggetto a tributo (art. 1 del 

d.P.R. n. 643/72) e realizza la base imponibile (art. 6): presupposto che 
non necessariamente sussiste, pur verificandosi quello dell'imposta di registro, 
come nel caso in cui l'atto, comunque soggetto a registrazione o 
registrato volontariamente, non dia luogo ad incremento di valore. 
Che nel caso concreto questa seconda situazione non venga in rilievo 
si argomenta dalla circostanza che, in relazione all'atto con il quale 
Giorgio Botta alien� un immobile a Mario Luraghi e Giuseppina Cogliati, 
l'Amministrazione procedette ad accertamento di valore chiara



I 

mente sia ai fini dell'imposta di registro, cui erano obbligati l'alienante 
e gli acquirenti, tant'� vero che proprio sulla base di quell'accertamento 
l'Ufficio notific� l'ingiunzione di pagamento per il recupero dell'im-

I 
I 
~ 

@ 

significa accettarlo e riconoscere, nei limiti, una responsabilit� che potrebbe 

ancora essere contestata), ovvero di resistere alla pretesa affrontando le con


seguenze. 

Nel rapporto di imposta tra la nascita dell'obbligazione ed il giudicato 

� interposto un terzo genere di atti capaci di un effetto di accertamento. Di 

I 

questi atti non si pu� ignorare l'esistenza: se non sono equiparabili al giudicato, 

I ~ 
non sono nemmeno equiparabili al nulla che si ha nel diritto privato ove il 
condebitore, o preteso tale, pu� ancora scegliere tra opporre (accettando il 
giudicato) o contestare il debito. Nell'obbligazione tributaria questa scelta non 
� pi� possibile. Occorrer� allora definire gli effetti della definitivit� dell'accertamento 
ma non ignorarli. 

Riguardo a questi effetti deve rilevarsi che non pare esaustiva l'affer


mazione che l'accertamento opera soltanto sul piano sostanziale (come il ne


gozio) e che, al contrario, l'art. 1306, secondo comma, � norma eminentemente 

processuale. L'accertamento, come il ruolo, ha una rilevanza processuale in 

I 

I i

quanto � l'atto necessario per dare ingresso al processo che pu� essere introdotto 
solo su iniziiativa del debitore. Mentre nei rapporti di diritto privato il 
creditore pu� agire in giudizio in qualunque momento contro tutti i debitori 
(escludendo cos� la operativit� dell'art. 1306) nel campo dei tributi l'iniziativa 


lI

del creditore � esercitabile soltanto attraverso atti amministrativi i quali costi


I

tuiscono la litis contestatio dell'attore in senso sostanziale. 

i 

Se a ci� non segue una reazione del debitore il processo non pu� avere 
ingresso, il che � ben logico perch� l'Amministrazione non ha interesse a confermare 
con il giudicato un accertamento definitivo. 


II

I 

I 
I 

I 

I " 



PARTII I; SB2l< V, GIURISPRUDENZA '.rlUBUTARIA 371 

posta. d� registro;� sia� ai fini� dell'INVIM;�� cui era obblig�to il�� solo alienante~ 
Conseguentemente; questi, che contest� il maggior valore accertato,
� aveva� interesse a� �farlo< (e tale.� iriteresse � consente d� � determinare 
senza esclusioni l'inte:ttv ambito della contestazione) in quanto obbligato 
al pagamento� sitt'deH~INVIM s�a ;.._, insoUd� con gli acquirenti ...;.; del� 
fimposta>Ci re&l~trot di.� giiisa �� che questi . ultimi�. avevano � in:teresse ad 
infocare fest�hs�i:>ne. del� giudicato .fav�revoJe. formatosi��� sulla ��ntrover� 
sia instaurata dall'ali.enante ed avente ad oggetto fa determinazione del 
valqre per .tutti�~i effetti che questa� era idonea �ad� espl�care1 in quanto 
s9ljdallll(i)llfo��. obbligato con gli..acquirenti .�al .pagamentO .� dell'ii:nposta .� 'cli 
registrq� )n. aJtri terri.lini~ su,ssiste:va il vincolo solidale tra Giorgio Botta 
e.Mari9 .. l;uragbi, e Git:tseppina Cogliati, conla .conseguenza che la�.presel;!.~
e contr<.>versia, .. p;rqrn,pua clal .:C..url!lghi .. e.� cl11lla Cogliati; s'inquadra 
net tern:lip~, � e11.n�~ti<a!J.'ini;i:i.o, � girca j.�� limiti �he l!i.t �d�sposizione �.. del~ 
i1~a. b6cLc.c;. evei�tuaimente. incpntr(.l .. !le.1.� <;~o Ul ~i.�srueUo (;lei .co11de� 
bit()P, �~be non ~l:,l)ia impugu(.ltO l'atto cl'accertamento,. cbi,ed(.l d� potersi 

!!~hr!~~1! ~~~b~l~ j~~o:~~~!ss~~tenuto dau'(.llt;o, p~ queU~ impugna


.�. 3~ ��~ Stilla questione .....;.. imp�stata in questi� termini -sf. sono fbrmati, 
rie1Yarrtbit6 delt� prima se::i:iOne di questa Cbrte, opposti orientamenti, 
che le SeZioru Unite sono, per Ci�; chirunate a verificare. 

1' quindi dnnegabile. una rilevanza processuale dell'accertamento,. se pure 
esso. si porte cronologicamente� ai����di.� fuori �(ma sulla� soglia) del� processo. Al 
contrario � seriamente dubbia la portata sodtanto processuale dell'art.� 1306. 

L'art. 1306 stabilisce soltanto che gli � altri debitorh; cio� quelli che non 
hanno partecipafo al giudizio, possono opporre n giudicato; la: Iiornia non si 
preoccupa di stabilire che l'bpponibilit�: noil � consentita quando vi siano 
preclusioni (anche J)�rch� nei rapporti privati le precl�sfonl s�rio rare) ma 
certamente non� esel1,1,de che preclusfond possono essef\li'. � Dfcans(l$Uenza occorre 
stabilire nelle singole materie se secondo il regii:rie proprio delle varie obbligazioni;
�� private e pubbliche;� esist6no � pre�lusiotli di.� natura �negoziale, amminisfratii:
va o processuale/In definitiva� �� arbitrario� leggere l'art� 1306 � net senso 
che. solo il giudicato vefu e . proprio predude � 11opponib�lit� .�del giudicato. a1trtti. 

Non �� poi es.atto che��nel���diritto��privato soltarttd il giudicatorlferito al 
condebitore � preelude l'oppOnibilit� <di� �altro. giucijcafo � pi� . � fave>fe~Ole. Il .� condebitore 
. che ha stipufafo una transaZione (art; . 1304) non pu� opporre ff gili� 
dicato pi� favorevole ottenuto da altro condebitore. E non � � d;i escludere 
che se in particolari rapp�rti � posta una deeadenza a carico del debitore resti 
esclusa l'applicabilit� dell'art. � 1306'. Durtque � ogni sistema normativo deve.� tener 
conto, al s'i.t� intern�; degli istituti con i quali il rapporto si definisce e si 
consolida. La transazione � sconosciuta al diritto tributario che ha come istituto 
basilare �l'accertamento (sconosciuto al diritto privato); l'effetto dell'accertamento 
� per Io meno uguale a quelio della transazione. 

� Altro mezzo di definizione dei rapporti tributari, sconosciuto hl codice 

civile, � quello del condono (Sul tema della solidariet� e del condono la giu


risprudenza si � cimentata;� anche in passato, giungendo a soluzioni non sempre 



372 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Secondo il primo orientamento, espresso nella sentenza n. 4725 del 
21 luglio 1988, la mancata impugnazione dell'accertamento di maggior valore, 
da parte di uno dei coobbligati solidali per il debito d'imposta, 
non gl'impedisce, in applicazione dell'art. 1306, secondo comma, e.e., di 
beneficiare del giudicato riduttivo di quel valore, che l'altro condebitore 
abbia ottenuto in esito al ricorso contro l'accertamento medesimo, e 
quindi <l'impugnare l'avviso di liquidazione dell'imposta che non abbia 
tenuto conto di tale giudicato. 


Premesso che l'applicabilit� dell'art. 1306, secondo comma, e.e., presuppone 
l'estraneit� del coobbligato alla controversia conclusa con il giudicato 
e che, se, invece, tutti i debitori solidali hanno partecipato al 
giudizio, l'eventuale esito dello stesso in termini divergenti � conseguenza 
di un giudicato diretto che prevale sull'efficacia riflessa del giudicato 
inter alias, la citata decisione ha affermato che la norma suddetta non 
incontra limiti alla �sua applicazione nella definitivit� di un titolo non 
giudiziale, non equiparabile al giudicato anche se � costituito dall'avviso 
di accertamento tributario. La incontestabilit� dell'imponibile conseguente 
alla mancata impugnazione dell'avviso da parte del condebitore rimasto 
inerte � -si dice -sostanzialmente equiparabile alla situazione 
(sicuramente non impeditiva dell'applicazione del secondo comma dell'art. 
1306 e.e.), che si determina quando il condebitore solidale tralascia 
di esercitare le azioni che gli consentirebbero di porre in discussio-

I

convincentii: (Cass. 23 febbraio 1978, n. 895, m questa Rassegna, I, 48, con nota 
di c. BAFILE). ~ 
Ora, anche seguendo questo indirizzo in materia di condono, si deve 
ammettere che se uno dei debitori preferisce non opporre il giudicato ottenuto 

I 

da altro per ottenere un risultato pi� vantaggioso attraverso il condono, alp 
l'inverso il condebitore che ha fruito del condono non potr� opporre il giu


I

dicato pi� favorevole ottenuto da altro condebitore che ha preferito, rifiutando 
il condono, di affrontare l'alea del giudizio. Infatti il condono, anche 

I 

se non seguito dal pagamento, produce effetto irrevocabile per ambedue le 
partii. In tale ipotesi � inevitabile, come nel caso di due distinti giudicati 
difformi, che l'obbligazione riceva una definizione differenziata per i due soggetti. 

Nel caso (che si presentava nella seconda sentenza), in cui l'accertamento 
sia stato impugnato tardivamente, il ricorso sar� dichiarato inammissibile. La 
decisione che conclude in tal modo il giudizio ha valore di giudicato anche 
ai fini dell'art. 1306. 

Ma quale differenza esiste tra un accertamento definitivo riconosciuto 
tale con il giudicato e un accertamento la cui definitivit� � oggettiva e non 
contestata? � questa un'altra particolarit� che rende incomparabili le strutture 
procedimentali tra i due sistemi. 

Vi � infine una ragione da sola capace di escludere l'applicabilit� dell'art. 
1306. Ciascuno dei debitori � libero di esercitare i suoi poteri per conseguire 
determinati risultati s� che non possono essere revocate le scelte fatte;� 
la mancata impugnazione dell'accertamento non � sempre un incidente di percorso 
e .pu� essere una scelta consapevole che non pu� essere successiva




PARTE ;I, SljZ. V i GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ne la.�� validit� � e operativit� di un . negozio costitutivo di obbligazione. 
solidale. Poich� l'art. 1306 va coordinato .con. la. regola. fondamentale det-� 
tata. in tema di solidariet� passiva dall'art� 1292, .primo comma1 . per cui. 
il�� singC>lQ d!l'lbitore> �� provvedencio a pagare quanto/da lui dovuto, .. libera. 
ag<;;b.e gli a)n-ifJa nonna verrel;>be ~ll;lsa. secondo. quanto osservato; nella 
se:tltel'.!ZaP;472S/8&, se si consentisse all'~Illinistrazione .. di. rivolgersi 
al contribuente ineJ;te per riscuotere una.somma maggiore dkquella�� che~ 
se l:lel .fratt~pofosse� stata�pagata dall'altt-Occondebitore\. avreqbe estin~ 
tq per Jntero .iL creciit0; ..�e, poich� �.nel caso (;fi .compravendita. immobiliare: 
J'imPo~ibile�. di . registro � pf,lrametro vincolante per l'appli�azione. 
dell,.'INVIM (art. 6 del>d.l?,R. 26 ottobre 1972 n./ 643}; se si ammettesse: 
una diversa determinazione di tale imponibile nel rapporto�� delle due 
parti .��del � contratto, s'iAtrodurrel)pe;. una. �.. grave turbativa.... nell'indicato 
Ill.~�~ism() di . appJic~iQne .dell'lNVIM~ l;ltteso . che, a� seoonda che il 
t1:1:1,tt~nto' cli J~mm~.� peJ<� l'.imposta di r:egistro .. spetti.. aWaJienante� .. <> 
all'acq.irente, ��si��.sottrarrebbev all'INV:IM ima porzione .d'increm1mto .��.di 
val0re ovv:e:p~si sottopogebbe;a .. duplice tassazione� la� porziontl stessa �. 

A� conclusioni opposte � pervenuta la sentenza n~ 1725�dell'undiciaprile 
1989; secondo la .quale. .all'applicazione . dell'art. 1306, secondo comma, 
c;c,~ �. dfostacolo ogni situazione di sopravvem~ta�intangibilit��� della 
situazione giuridica rappresentata dalla obbligazione>del .condebitore diverso
���daquello in �favore> del qu�le�si � formato u. giudicato, poich� �al 

mente � el.sa,. Nel .. sj:stema .delraccertamento . del valore, e.fficace. ai�. fini .�. delle� 
imp9ste dL registro .e dell'INV�.M;. l'interesse delle parti � POJ;l � comcidepte' 
(il.� venditore�. tende ad. abbassare al . ~assimo.. la base . imponibile ai. firii 1NVIM,. 
mentre il compratore pi:i� avere interesse a definire un valore mod�ratci per� 
non subire un J;ir�ldev-0 troppo elevatci nel suc�essi\io trasferimento); se � 1e . due 
parti si determ.in~O: . verso .comportamenti. diversi;; non vi � ragione (e meno� 
che. mai una necessit� di ordine costituzionale). per ..riunificare oi� che si � 
volutci diversifical:eL .�. . . �� ...��. . . ...� . . . �.�.. . . .� .�. � ... ��.. . . . . �..�.�.. �...�. 

� Ma vi ��. di�� pi�;�. V arie. norme � tributarie prevedono, con �crescente. intensit�~ 
benefici Per il contribuente che non alimenta la l�t�giosit�. Nelle imposte dirette 
le pene pecuniarie sono ridotte alla met� se la base imponibile � definita perm
�cata in;lp1,1,g11azione o per ri�)lJAcia.. al ricorso. prin;ia .�della cie�~ione (~rt. 54, 
dJ?.R.'. n. Q00/1973). Anafogaineil.te e disposto per l'imposta diregistro e di sue-� 
cessione (art. 71, d.P.R. i�~ 13l/1986; art; SO, d.P.R. 346/1990). lhfine l'art. 5 comma 
secondo e quarto del d.l. 27 aprile 1990 n/90 pt�vede la ridilziorie anche dell'imposta 
ove non. si proponga . il ricorso o si dnunci � �d esso, Come . � evidente,. 
in. caso di obbligazione solddale ciascuno . dei debitori. fa le. ~t,t,eJUltonome.� scelt.e: 
per� fruire di queste opportunit�. Ma queste scelte sono eyic!enteinente incompatibili 
con il beneficio dl un .futtirci . giudicato pi� favcirevok . 

La seconda sentenza � evidentemente esatta. Consentire � �l contnibuente cheha 
lasciato dec.orrere il termine dell'impugnazione di proporre una impugna-zione 
tardiva che si agganci all'impugnazione tempestiva di altro condebitore,. 
significherebqe reintrodurre il principio della supersolidariet�. 

CARLO BAFILB 


374 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudicato diretto meno favorevole vanno equiparate le situazioni che si 
determinano per effetto della mancata opposizione al decreto ingiuntivo 

o all'avviso d'accertamento; equiparazione possibile, con riguardo all'effetto 
conseguente al mancato ricorso contro l'avviso d'accertamento, per 
il fatto che ci� determina, per il contribuente, una preclusione ad ulteriori 
contestazioni sull'elemento del rapporto tributario costituito dalla 
sua base imponibile. N�, secondo la decisione in esame, costituiscono 
idonei argomenti a favore della tesi contraria quelli che muovono dalle 
conseguenze cui d� luogo una diversa determinazione dell'imponibile 
in confronto ai condebitori solidali, trattandosi delle stesse conseguenze 
che si producono quando, nei confronti dei condebitori, si formano giudicati 
diversi. 
Sull'argomento � tornata di recente la prima sezione con la sentenza 
n. 2575 del 29 marzo 1990, decidendo una controversia che, diversamente 
da quella qui in esame, aveva ad oggetto la questione circa l'autonomia, 
o meno, delle vicende relative alla determinazione dell'imponibile 
ai fini dell'INVIM rispetto a quelle concernenti l'imponibile per 
l'applicazione della (diversa) imposta di registro. 

Come si � gi� rilevato, tale questione � estranea al thema decidendum 
prospettato in questa sede e, pertanto, indifferente ai fini della decisione. 
Ma, avendola la Corte risolta, nella citata sentenza, nel senso 
che, con riguardo all'INVIM ed ai fini della determinazione del valore 
finale dell'immobile trasferito, il venditore, ancorch� non abbia impugnato 
l'accertamento di maggior valore notificatogli per l'imposta di registro, 
pu� comunque avvalersi, a norma dell'art. 1306 e.e., degli effetti 
favorevoli della decisione che, resa nei confronti dell'acquirente (coobbligato 
al pagamento dell'imposta di registro), abbia annullato o ridotto 
quell'accertamento, essa ha dovuto affrontare anche l'altra questione, 
aperta con la soluzione data alla prima e che aveva formato oggetto 
delle contrastanti sentenze n. 4725/88 e 1725/89, circa l'applicabilit� del 
secondo comma dell'art. 1306 e.e. tra condebitori solidali della stessa 
imposta (di registro), quando uno soltanto di essi abbia impugnato l'avviso 
d'accertamento. 

C�n riguardo a questo specifico problema, l'ultima sentenza si � uniformata 
alla prima (n. 4725/88). Permesso che scopo della norma � di 
far prevalere l'autorit� della sentenza, quale espressione di giustizia 
in quanto proveniente da un terzo in veste di giudice, su ogni altro titolo 
e non di risolvere conflitti tra sentenze, si � affermato che sarebbe 
arbitrario escluderne l'applicazione quando, nei confronti di chi la invoca, 
vi sia stato un accertamento amministrativo non pi� impugnabile, 
sia perch� tale esclusione non � prevista nel testo della norma, sia perch� 
la decisione giurisdizionale riveste maggiore autorit� rispetto all'atto 
unilaterale della P.A., la quale, come ha speciali diritti funzionali che 
assicurino nella maniera pi� ampia e spedita il perseguimento delle sue 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 375 

finalit� nell'interesse collettivo, cos� -per la stessa ragione -� obbJigata 
all'osservanza di particolari doveri, quali quelli d'imparzialit� e di 
-correttezza in base ad un principio fondamentale, etico-giuridico, che 
s'impone in ogni rapporto, specialmente di diritto amministrativo. Una 
norma che fosse interpretata nel senso di escludere, nel caso in esame, 
l'effetto estensivo del giudicato favorevole (che abbia accertato l'oggettiva 
ingiustizia della pretesa e che implica il dovere, di diritto oggettivo, 
della P. A. di correggerla nell'esercizio dei suoi poteri di autotutela) non 
si sottrarrebbe a gravi sospetti d'illegittimit� costituzionale, negata (v. 
ord. n. 544/87 della Corte Costituzionale) sol. perch� si � ritenuto che il 
.condebitore non impugnante possa invocare la disposizione contenuta 
nell'art. 1306, secondo comma e.e. 

4. -Il . problema di legittimit� costituzionale degli artt. 49 e 55 del 
d,P.R. 26 ottobre 1972 n, 634 e dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, 
nella parte in cui non prevedono l'effetto estensivo dell'impugnazione 
proposta da uno dei coobbligati non ricorrenti, � stato sottoposto alla 
Corte Costituzionale, una prima volta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost. 
ed una seconda volta in relazione agli artt. 53 e 97 Cost., ed in entrambi 
i casi la Corte Costituzionale (ordinanze n. 544 del 17 dicembre 1987 
e n. 870 del 21 luglio 1988) ha giudicato infondata la questione, ritenendo 
che il condebitore inerte possa comunque avvalersi della facolt� concessagli 
dall'art. 1306, secondo comma, e.e., applicabile in materia essendo 
l'obbligazione solidale tributaria, per costante giurisprudenza, non diversa 
della obbligazione solidale di diritto comune. 
La rilevanza di tali pronunzie non sta, certo, nella interpretazione 
della disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 1306 e.e., che 
non vale a privare il giudice della controversia del potere suo proprio 
d'interpretare le norme che ritenga applicabili al caso concreto; ma nel 
� segnale � che da esse proviene in ordine alla legittimit� costituzionale 
delle norme denunciate e di un sistema tributario che consenta all'Amministrazione 
di prelevare dal patrimonio di uno dei condebitori una 
imposta fondata su un imponibile che, nella ipotesi in esame, � comune 
a tutti i coobbligati e che una decisione giudiziale ha determinato, nella 
sua oggettivit�, in misura diversa dalla unilaterale determinazione operata 
dall'Amministrazione. Trattasi di un �segnale� (che il giudice della 
controversia non pu� non recepire, posto che il giudizio di costituzionalit� 
compete alla Corte Costituzionale) nel senso che, ove interpretasse 
l'art. 1306, secondo comma, e.e. -com'� nei suoi poteri -in modo 
che ne risulti negata la estensibilit� a favore del coobbligato che non 
abbia autonomamente impugnato l'avviso d'accertamento, difformemente 
da quanto la Corte Costituzionale ha mostrato di ritenere, aprirebbe 
inevitabilmente la via ai denunziati sospetti d'incostituzionalit�. 

rAITTzmr.AJ.fMjj�-~-T-&Jll' --~--,,~

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~---@'fft ff"t.mfjf'diJ , }:=:,..... ..,.. .. ~,Y..-.-AM ..ITTfilYAfilMMl , ,,,�. ... x ...Millf.t.fJMZ"..@j 


376 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La circostanza che, fra pi� coobbligati, uno abbia impugnato l'avviso 
d'accertamento e l'altro sia rimasto inerte pu� forse consentire di 
prescindere sia dall'art. 3 Cost. (poich� ad una iniziale situazione di 
uguaglianza dei coobbligati, cui la legge attribuisce pari poteri d'impugnazione, 
succede una situazione di disuguaglianza che non � nella norma 
ma � dovuta esclusivamente al diverso comportamento tenuto, di 
fatto, dai coobbligati) sia dall'art. 97 Cost., perch�, analogamente, l'Amministrazione 
si rivolge, con l'atto d'accertamento, imparzialmente a tutti 
i coobbligati e la situazione, che successivamente si verifica in termini 
di (apparente) parzialit�, � conseguenza non dell'attivit� dell'Amministrazione, 
ma del diverso comportamento di fronte ad essa tenuto dalle 
parti. 

Peraltro, la questione di legittimit� costituzionale, se prospettata con 
riferimento all'art. 53 Cost., non potrebbe ritenersi manifestamente infondata 
(e dovrebbe, quindi, rimettersi al giudizio della Corte Costituzionale), 
ove, attraverso una riduttiva interpretazione del secondo comma 
dell'art. 1306, si pervenisse alla conclusione accolta nella sentenza 

I 

n. 
1725/89 della prima sezione. 
Il principio della capacit� contributiva, sancito dall'art. 53 Cost., ha 
I

portata generale e va osservato nella imposizione indiretta come nella 

fil 

imposizione diretta, con la sostanziale differenza che, per quest'ultima, 
la capacit� contributiva � espressa dai redditi personalmente e individualmente 
prodotti da ciascuno dei contribuenti, mentre, nel caso d'imposte 
sui trasferimenti, il fatto rivelatore della capacit� contributiva � 
costituito dal valore trasferito, che � il medesimo per chi trasferisce e 

IIr 
per chi acquista, ossia da un dato considerato dalla legge nella sua 
oggettivit�, in quanto riferito al bene che � oggetto del trasferimento 
ed avente un unico e determinato valore indipendentemente dai maggiori 
o minori redditi delle parti assoggettate alla imposizione diretta. i 

~ 

Se, dunque, attraverso l'atto di trasferimento le parti, con riguardo 
alle imposte indirette che questo deve scontare, rivelano la stessa capacit� 
contributiva rappresentata da un unico, comune indice, esse non 
possono essere chiamate a concorrere alle spese pubbliche, con il pagamento 
in misura diversa dell'imposta, senza che il principio sancito 
dall'art. 53 Cost., non ne rimanga leso. 

Tali considerazioni, che potrebbero non rilevare per l'INVIM, in 
quanto in tal caso l'indice rivelatore della capacit� contributiva non � 
un dato comune alle parti, bens� quello personale proprio del solo alienante, 
costituito dell'incremento che il suo patrimonio riceve per effetto 
dell'alienazione, non appaiono, invece, superabili nel caso d'imposta 
di registro, di cui qui si controverte, non potendo l'alienante trasferire 
un valore che non sia il medesimo che l'acquirente riceve. 


�� �� � 5; ~:Alf�ne di stabilire se la� qu�st��:ri.� di l�g�ttim�t� �� costitnzionale, 
J)oc1ami .prospettata~���siat�� oppur no.,��.�rilevant�ᥥrt�lla�presente���c~ntroversia, 

J>iln.a � &1m)'.>f�~S/deveosservat'S�;-inhan.Zi tutfo, che rapplicahilit�<della 
:norma postilla festrafieitl� deFcoobbligato ~Ua cc>ntr~versia t()neltis� con 

=~��:~r;1~r.E


riflessa (fel.giqdfcttt() 6.i~�r ~lios, $~)}<~�quando quelprest;tpposto ~u.ssiste 
si po!le il .Prqblenut. se l'applicazione della norma Iitcontta ��un. (ulterl<>.
re) limite nella �. definitivit� di un . titolo non giudiziale, in particolare 
;qtjimdo' questci sia.. c6stifwta dai un atto .��d'accertamento tributanQ non 
Jrilpugnafo d�;~ cont'l~l:>it�ttfch� alla pt"etesa deli'Afnmiriistt�Ziorie opp�rt


:aa;;~-~-=~~i~~~di-


Ie in discussi'.~~ la v~Udit� .di .un� negozio costittithifr di�bbligaziont��s~ 

Iidalf_..:. tl�ed� di potersi giov�re delgiudicato favorevole,. ottenut& dal-. 
Ji!il.tro ci�ndebitore, � difffoUe sostenete. Il negozfo C�stitiiisce esso� stesso 
Ja�� fonfo dell'obbligazf�ne, per�� cui questaᥥviene mena���una��volfa cadu~ 
.c:ato ilrlegozio;�mei:ffr� .:r:~HC> d'accettamento di vrucir~ postula �una� obbli~ 
.gazione gi� sorta pet" legge al momentQ: {anteriore) in cufsi � veriffoato 
ilpr�supp�sta ae1t~ imposizione��� la�� c:ad:ticaifon� dell'atto � d'accert~menfo 
1ascfa tutfa.yi� >in Vita l'obbligazfone' >gi� sort�: appunto. per questo 
-~fpone if pr&bfotha,c~e� questa� Corte ���cl�amata .a �nsolvere, .. se, .per il 

11~~~~~~T~1l'1~~~~u#~~~'tii~~: 


D'altra parte� .no~, .� sufficiente affer.lare, se~a incom~re.��.in . UJ;la 
jpetiziqne <li Efincipio, che alP~ppli�a.zi�ne deri~~rt� �06, . l)ecol1do comma, 

�c.�., � d,'o�tacolo ogni situazion~ ~i sopravyenuta intangibilit� della. si,tu.a.
zione giuridica. rappresentata dalla . obbligazione . deL condebitore. divet'l)O 
.da quello a favore del quale si� formato il giudicato, perch� una cos� 
ridotta. efficacia . attribuita alla norma non rice.ve dal suo testo alet:tn 
:.ragionevole� supporto. 


378 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA �DELLO STATO 

N� la intangibilit� della situazione derivante dalla mancata impugnazione 
dell'atto d'accertamento potrebbe desumersi, agli effetti di cui alla 
norma prima citata, dal tentativo di assimilare -tale mancata impugnazione 
-alla mancata opposizione al decreto ingiuntivo. Secondo la 
giurisprudenza e la dottrina prevalente, il decreto, contro cui non sia 
stata proposta opposizione, acquista autorit� di cosa giudicata sostanziale 
(o, quanto meno, secondo una tesi minoritaria d� luogo ad una preclusione 
pro iudicato) in relazione al diritto in esso consacrato (e per 
ci� non consente l'applicazione del secondo comma dell'art. 1306 e.e.), 
in ordine tanto ai soggetti che all'oggetto, e la sua efficacia si estende 
a tutte le relative questioni, impedendo che in un successivo giudizio, 
avente ad oggetto una domanda fondata sullo stesso rapporto, questo 
sia nuovamente esaminato. La pretesa assimilazione �, quindi, impropo11ibile, 
attesa la diversa natura dell'accertamento tributario non impugnato, 
rilevante. sul piano sostanziale, e del decreto ingiuntivo contro cui 
non sia stata proposta opposizione, che produce gli effetti della cosa 
giudicata o d� luogo, quanto meno, ad una preclusione pro iudicato di 
carattere processuale. 

6. ,_,... Il problema se il condebitore, chiamato dal creditore ad adempiere 
l'obbligazione solidale, possa opporgli la sentenza favorevole ottenuta 
nel frattempo da altri condebitori, anche quando non si sia attivato 
per contestare il credito n� abbia osservato gli oneri a tal fine 
posti dalla legge a suo carico, va, dunque, risolto nel quadro delle disposizioni 
contenute neH'art. 1306 e.e. 
Fra le tre soluzioni che si prospettavano sotto il vigore del codice 
del 1865 (non contenente una disposizione analoga all'attuale art. 1306) 
-estensione, sempre, del giudicato; non estensione, in nessun caso; 
estensione, per scelta del condebitore inerte, del giudicato favorevole ~ 
il codice vigente ha preferito la terza. 

11 primo comma dell'art. 1306, in virt� del quale la sentenza pronunziata 
tra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto contro 
gli altri debitori, postula una concezione delle obbligazioni solidali 
per cui esse sono -di regola -autonome sul piano sostanziale e danno 
luogo a cause scindibili dal punto di vista processuale. Il secondo comma 
pone, tuttavia, una deroga al principio dell'autonoma (e scindibilit�) 
ed a quello dei limiti soggettivi del giudicato, consentendo che la sentenza 
venga utilizzata dagli. altri condebitori, se favorevole. 

Questa seconda disposizione s'ispira ad una visione diversa da quella, 
pluralistica e atomistica, della struttura dell'obbligazione solidale postulata 
dal primo comma; e tale diversit� consente di ritenere che il secondo 
comma dell'art. 1306 non ha valore di norma sulla struttura dell'obbligazione 
solidale (ossia un valore sostanziale), ma detta una regola 
speciale direttamente riguardante il funzionamento processuale del 



PARTE .I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

meccanismo della solidariet�, operando un distacco delle vicende processuali 
da quelle sostanziali. Sull'aspetto della pluralit� la norma in 
esame privilegia il momento della unitariet� dell'obbligazione solidale 
nascente da uno stesso titolo; ed, operando sul piano processuale come 
deroga ai limiti soggettivi del giudicato {nel consentire una estensione, 
oltre quei limiti, del giudicato come tale, ossia come regola assoluta del 
titolo dell'obbligazione), prescinde dalla situazione sostanziale in cui versi 
il condebitore inerte, ossia dall'avere, oppur no, il condebitore consolidato, 
con la sua inerzia, la situazione sostanziale nei suoi confronti. 

Se, infatti, la utilizzazione da parte sua del giudicato formatosi a 
favore del condebitore pi� solerte postula proprio la sua inerzia (ch�, 
altrimenti, il problema interpretativo della norma non si pone neppure), 
non pu� ritenersi tale inerzia di per s� ostativa alla estensione del giudicato 
formatosi fra altri. Condizione perch� questa operi �, invece, che 
oggetto della lite sia l'intero rapporto obbligatorio e non gi�, autonomamente, 
la parte relativa al condebitore, ossia un rapporto geneticamente 
e causalmente unitario, com'�, per quanto interessa particolarmente qui 
rilevare, nel caso in cui l'obbligazione tributaria abbia la propria causa 
nell'unico atto che ha determinato il trasferimento di ricchezza. 

Proprio con riguardo ad una situazione di questo tipo, si � rilevato 
(sent. 9 marzo 1988 n. 2361) che �pur nell'ambito di una obbligazione 
solidale (passiva) ... � possibile che l'obbligo che avvince uno dei condebitori 
in solido sia strutturalmente (e gi� sul piano del diritto sostanziale) 
subordinato all'altro, in quanto l'uno presupponga l'accertamento 
dell'altro�, come si verifica nel caso della responsabilit� del sindaco di 
una societ� per culpa in vigilando sull'amministratore, che logicamente 
e giuridicamente postula quella dell'amministratore; e sulla stessa linea 
si erano poste le �Sentenze n. 2951/71, 2211/72 e 1026/75, considerando la 
decisione sulla responsabilit� del conducente del veicolo quale presupposto 
logico-giuridico imprescindibile della responsabilit� del proprietario. 


Se perfino sotto l'aspetto sostanziale il dogma della pluralit� e scindibilit� 
dei rapporti � stato messo in discussione nei casi in cui il rapporto 
nasce da un titolo unico e nei casi tradizionalmente definiti di 
pregiudizialit� -dipendenza fra situazioni giuridiche, non v'� difficolt� 
ad ammettere, sul piano processuale, che, nelle stesse ipotesi, l'estensione 
del giudicato al condebitore inerte, consentita da una norma -il secondo 
comma dell'art. 1306 -che opera sul piano processuale e nell'ambito 
del processo, non incontra altri limiti se non quelli derivanti dal 
giudicato diretto formatosi nei suoi confronti (perch� non si potrebbe 
determinare un conflitto di giudicati e il condebitore inerte non potrebbe 
invocare un diverso giudicato contro il �suo� giudicato) e, in generale, 
da preclusioni processuali: o verificatesi nello stesso processo (co



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

.380 

me nel caso in cui il condebitore, presente in giudizio, non impugni la 
:sentenza a lui sfavorevole che altri invece impugnino) o in altro pro-
cesso, come nel caso in cui il condebitore abbia separatamente agito 
per contestare l'obbligazione e sia rimasto definitivamente soccombente. 

In questa ottica, deve ritenersi che, quando � il condebitore inerte 
.a volersi avvalere della sentenza, la legge, oltre a quelli sopra indicati, 
non pone altri limiti a tale sua facolt�; e che l'affermazione, secondo cui 
la utilizzazione della sentenza favorevole da parte del condebitore inerte 
� possibile se la sua posizione personale non sia gi� regolata da un 
.accertamento giudiziale definitivo, va combinata con la portata oggettiva 
delle ragioni che hanno determinato la prima sentenza, nel senso 
�che, se il convenuto nel primo giudizio aveva sollevato una eccezione 
.comune a tutti e abbracciante l'intero debito (e l'eccezione sia stata 
.accolta), il condebitore inerte pu� utilizzare gli effetti dell'accoglimento 
per sostenere che l'obbligazione non sussiste neppure nei suoi confronti '� per far valere, anche nei suoi confronti, la riduzione del debito. 

7. -Quanto precede conduce alla conclusione che non ostano alla 
estensione del giudicato le vicende extra o preprocessuali relative alla 
posizione sostanziale del condebitore inerte, eventualmente costituite da 
un atto amministrativo non impugnato. 
Si �, anzi, osservato che il secondo comma dell'art. 1306, regolando 
nel senso indicato le modifiche giudiziali di una situazione sostanziale 
plurisoggettiva, non � neppure norma eccezionale, non essendo ignote 
all'ordinamento altre ipotesi in cui il mancato assolvimento dell'onere 
d'impugnativa di un atto non impedisce al soggetto rimasto inattivo di 
beneficiare della decisione favorevole ottenuta da altro soggetto, che, 
ponendosi in posizione analoga rispetto a quell'atto, l'abbia tempestivamente 
impugnato; e se ne sono individuate ipotesi normativamente 
disciplinate in tutti i casi (connotati dalla esistenza di un rapporto plurisoggettivo 
geneticamente unitario, anche se funzionalmente distinto in 
relazione ai singoli soggetti) d'impugnativa delle deliberazioni di organi 
collegiali (artt. 23, 1109, 1137, 2377, 2378 e 2453 e.e.) soggetta ad un termine 
di decadenza, in cui l'annullamento dell'atto, ottenuto da chi abbia 
proposto l'impugnativa, ha effetto nei confronti dei soci (associati o 
comunisti), anche se abbiano fatto trascorrere quel termine. 

8. -La genesi unitaria del fascio di rapporti che fanno capo a distinti 
soggetti rileva -nel senso suddetto (ossia nel senso che quei rapporti 
devono configurarsi allo stesso modo nei confronti di tutti, anche 
se alcuni di essi non si attivano per l'impugnativa) -anche con riguardo 
all'accertamento tributario di maggior valore, quando ci� -che nella 
diversa ipotesi dell'atto amministrativo collettivo o indivisibile � diretta 
conseguenza della natura di tale atto indirizzato a pi� destinatari -� 

PARTB I, $82:. V, G��RISl>RUbBNZA TRIBUTARIA '.381 

consentito da una norma (l'art. 1306, secondo comma) che, disciplinando 
nel senso che si � . detto il meccanismo processulae delle obbligazioni 
solidali; priVilegia il momento. della genesi unitaria dell'obbligazione rispetto
� alla sua struttura pluralisti�a. 

All'applicazione delsecondo comma dell'art. 1306 non osta, infatti, 
Ia circostanza che il condebitore non abbia impugnato l'atto d'accerta'
mento rendendolo definitivo nei �suoi confronti. 

Al riguardo, sono stati posti in evidenza, da un lato, il valore relativo 
di questo tipo di definitivit� in correlazione ai fattori che incidono 
sulla sua f�rmazione, posto che l'accertamento � un atto amministrativo 
e, quindi, ancorch� incontestabile circa la individuazione dell'imponibile. 
cui si collega il credito dell'amministrazione, non pu� restare insensibile 
avicende giudiziali attinenti al medesimo imponibile; dall'altro, 
l'insussistenza di una pretesa equiparazione tra la efficacia preclusiva 
dell;atto am1llillistrativo definitivo e l'efficacia di cosa giudicata propria 
delle decisioni �degli organi giurisdizionali. La prima si concreta unicamente 
nella perdita del potere, da parte del condebitore inerte, di tutelare 
la propria posizione sostanziale mediante l'instaurazione del giudizio 
dinanzi alle Commissioni tributarie sulle pretese dell'Amministrazione. 


In altri termini, il condebitore� non ricorrente non pu� validamente 
esercitare una immediata tutela della sua posizione sostanziale (nel caso 
in . esame: di soggetto. passivo della obbligazione solidale d'imposta complementare 
di registro), per essere scaduto il termine previsto per quel 
tipo di tu.tela. Ma, questo soltanto esseri.do l'effetto preclusivo della mancata 
opposizione, essa nori interferisce con la �facolt� concessa al condebitore 
di opporre il giudicato favorevole formatosi nei confronti del condebitore 
opponente ai sensi dell'art. 1306, secondo comma, e.e., com'� 
stato prima i:qterpretato, purch� quel giudicato non sia fondato sopra 
ragioni personali al condebitore. 

La utilizzazione del ... termine per opporsi all'accertamento, da parte 
di uno e non anche dell'altro dei condebitori solidali, non costituisce 
� ragione personale � della decisione sulla opposizione e non osta, quindi, 
sotto questo profilo, alla estensione c1el giudicato ai sensi del secondo 
comma dell'art. 1306, poich� la norma fa evidente riferimento alle 
ragioni personali di merito che attengono alla obbligazione in s�. N� 
� ragione personale � ad uno dei .condebitori �. quella. che determina la 
eliminazione o il ridimensionamento dell'atto d'accertamento, quando 
questo investe un'obbligazione avente la propria fonte e la propria causa 
nell'unico atto che ha dato luogo .al trasferimento di ricchezza e si 
sostanzia nella determinazione del valore trasferito, che � il medesimo 
per l'alienante e per l'acquirente, in. modo da costituire l'antecedente di 
quella obbligazione in relazione a tutte le-parti dell'atto di :trasferiment0. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

382 


Invero, l'esercizio dei poteri di attuazione del prelievo tributario, 
riconosciuti dalla legge all'Amministrazione, � diretto, nel caso in esame, 
alla quantificazione o all'accertamento dell'esistenza del presupposto 
impositivo del tributo di registro, che, in quanto tale, attiene non 
al singolo vincolo obbligatorio, ma all'intero rapporto solidale d'imposta; 
analogam,ente, l'impugnazione di un condebitore ha l'effetto di promuovere 
la determinazione giudiziale della ricchezza trasferita, la quale 
non investe il singolo vincolo obbligatorio fatto valere in giudizio, ma 
tutto il rapporto solidale d'imposta che in quella base imponibile trova 
il suo fondamento. 

9. -Poich�, come si � rilevato, l'art. 1306, secondo comma e.e., alla 
cui operativit~ non � di ostacolo la unilaterale determinazione dell'imponibile 
contenuta nell'atto d'accertamento non impugnato dal condebitore, 
� norma che . regola il meccanismo processuale della solidariet�, 
ci� costituisce la giustificazione ma, al tempo stesso, il limite della sua 
applicabilit�. 
Se, invero, a differenza del concreditore (che pu� �far valere� la 
sentenza favorevole pronunziata fra altro concreditore e il debitore), il 
condebitore non pu� che �opporre� (ossia far valere in via di eccezione) 
la sentenza pronunziata tra il creditore ed un altro condebitore 
(il .che postula una iniziativa del creditore nei suoi confronti) e se opporre 
tale sentenza costituisce una mera facolt� che egli � libero di 
esercitare oppure no, il pagamento che egli abbia effettuato, prima o 
dopo il formarsi del giudicato favorevole nei confronti del condebitore, 
costituisce esercizio negativo e consumazione di quella facolt�, impedendo 
che possa successivamente ripetersi quanto sia stato in tal modo 
pagato. 

10. -Le accolte conclusioni sono coerenti sia ai precetti costituzionali, 
e principalmente al principio sancito dall'art. 53 Cost., sia alla disciplina 
delle obbligazioni solidali. L'art. 1306 va, infatti, coordinato con 
la regola fondamentale dettata in materia di solidariet� passiva dall'art. 
1292, primo comma, per cui il singolo debitore, provvedendo a pagare 
quanto da lui dovuto, libera anche gli altri; e la norma verrebbe 
elusa se si consentisse all'Amministrazione di rivolgersi al contribuente 
inerte per riscuotere una somma maggiore di quella che, se nel frattempo 
fosse stata pagata dall'altro condebitore, avrebbe estinto l'intero 
~credito. (omissis) 

. II 

(omissis) Con atto notarile registrato il 4 aprile 1977, Michele De Rosa 
vendette a. Maria Rosa Dote un appartamento, per il quale l'ufficio del 



PARTB I, SEZ> V; �GIURISPRUDENZA' TRIBUTARIA 

registro. di Vallo della �Lucania notific�.�alle parti avviso d'accertamento, 
elevando da otto a venticinque milioni di lire il valore finale. 

Contro l'accertamento proposero separati ricorsi la Corte, tempestivamente, 
e il De� Rosa, fuori termine -.... alla commissione tributaria di 
primo gr:adq, la q.i;lile, riuniti i ricorsi; ridusse il valore accertato, di; 
�bja,fando che la riduzione estendeva i suoi effetti al De Rosa,. nonostante 
che �egli avesse proposto il ricorso fuori termine.� . 

Tale decisione fu confermata dalla commissione di secondo grado e, 
poi, dalla commissione tributaria centrale, la quale, premesso che i. giu@
ci di pri1Uo e di secondo grado avevano. implicitamente accolto l'eccezione 
dell'ufficio circa la intempestivit� del ricor:so proposto dall'alienante, 
ha .ritenuto che essi ave.ssero legittimamente esteso a quest'ultimo 
il risultato. del giudizio di valutazione conseguito dall'acquirente. 
Dopo avere.. rilevato che la solidariet� tributaria 11on. differisce da quella 
diAiri#O coajrine � (la. cui .�disciplina, .. sostanziale �e . processuale, � .applicabile 
. alfa prrll1a) e che non d�. luogo. a� litisconsorzio .necessario n� impone 
l'integrazione d.el contraddittorio, la commissione centrale ha affermafo 
che fa estensione suddetta non intacca la struttura della solidariet� 
tributaria, p�ch�, . essendo identico per tutti il debito d'imposta, 
identico dev'essere il valore, attesa la stretta correlazione fra tale valore 
e il debito che ne deriva; ed ha aggiunto che l'essere l'alienante non solo 
debitore solidaie con l'acquirente per il pagamento dell'imposta di registro, 
ma anche debitore unico dell1INVIM, non ostava alla estensione, 
essendo quest'ultima agganciata alla prima in virt� dell'art. 6, secondo 
comma, del d�P.R. n. 643/72. 

Secondo la commissione centrale era, quindi, operante l'art. 1306 e.e., 
a norma del quale la . sentenza pronunciata fra il creditore ed uno dei 
condebitori in solido non ha effetto � contro � gli altri condebitori, ma 
�. efficace verso. di loro, se favorevole; 

Contro tale decisione �l'Amministrazione delle finanze ha proposto, 
in base a tre motivi, ricorso per cassazione, la cui trattazione � stata 
rimessa alle Sezioni Unite, essendovi, sul punto della estensibilit� degli 
effetti della pronuncia resa nei confronti di un .contenditore d'imposta 
anche agli altri rimasti estranei al giudizio, contrasto di giurisprudenza 
manifestatosi nelle sentenze �della. prima sezione n. 4725 del 21 ��luglio 1988 
e n. 1725 dell'll aprile 1989. 

Il contribuente non ha svolto attivit� difensiva in questa sede a l'Am� 
ministrazione ricorrente ha depositato memoria. 

La ricorrente -. denunciando con il primo motivo, la violazione dell'art. 
112 c.p.c. e dell'art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -deduce 
che il De Rosa, oppostosi tardivamente all'accertamento, si era limitato 
a contestare la congruit� del valore accertato e che per ci� la commissione 
di primo grado avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilit� dell'op



384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pos1z1one e non affrontare la questione (non prospettata) della possibilit� 
per l'opponente di giovarsi della decisione che sarebbe stata pronunciata 
sul ricorso tempestivamente proposto dall'altro condebitore. Il 
vizio della decisione di primo grado si era, poi, trasfuso nelle decisioni 
successive, compresa quella della commissione tributaria centrale, che 
l'hanno �onfermata sul punto. Trattavasi, infatti, di questione che esulava 
dai limiti della controversia e che si sarebbe potuta porre solo quando 
l'amministrazione avesse preteso dal De Rosa il pagamento del tributo 
liquidato sull'intero valore accertato. 

Comunque -prosegue la ricorrente con il secondo motivo, denunziando 
la violazione dell'art. 1306 e.e. e dell'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 643 -la possibilit� che il condebitore opponga al creditore la 
sentenza ottenuta da altro condebitore solidale incontra un limite in specifiche 
preclusioni processuali o procedimentali, quale quella costituita 
da un avviso d'accertamento non impugnato tempestivamente, che rende 
incontestabile il debito tributario del condebitore inerte, per il quale viene 
a determinarsi una personale decadenza. Tale debito, secondo la ricorrente, 
� comunque incontestabile ai fini dell'INVIM, in relazione alla 
quale non vi sono altri condebitori solidali. 

Osserva la Corte che la questione prospettata con il secondo motivo, 

sulla cui soluzione si � determinato il contrasto di giurisprudenza che ha 

giustificato la rimessione della controversia a queste Sezioni Unite, non 

viene in rilievo nel caso concreto, dovendosi il ricorso accogliere, nei 

termini che verranno di seguito precisati, per ragioni preliminari ed 

assorbenti, dalle quali le decisioni delle Commissioni tributarie, compre


sa quella qui impugnata, risultano viziate in radice. 

Invero, l'art. 1306 e.e. -sulla cui applicabilit� verte il contrasto fra 

la sentenza n. 4725 del 21 luglio 1988 {secondo la quale la definitivit� del-

l'ac�ertamento di maggior valore nei confronti di uno dei contraenti, 

per non avere impugnato il relativo atto nel termine perentorio previsto 

con decorrenza della notificazione a lui effettuata, non gl'impedisce di 

beneficiare dell'effetto riduttivo di quel valore, che l'altro contraente abbia 

ottenuto in esito al ricorso contro l'accertamento medesimo, e quindi 

d'impugnare l'avviso di liquidazione che non abbia tenuto conto di tale 

giudicato) e la sentenza n. 1725 dell'll aprile 1989 (che, con riguardo alla 

stessa situazione, si � orientata in senso opposto) -statuisce che la 

sentenza pronunziata tra il creditore ed uno dei debitori in solido non 

ha effetto contro gli altri debitori, ma che costoro possono opporla al 

�creditore, salvo che sia fondata su ragioni personali al condebitore. 

Presupposto della norma � non solo che tra il creditore ed uno dei con


debitori solidali sia -stata pronunciata sentenza, ma che il creditore chie


da al condebitore rimasto inerte il pagamento dell'intero debito. In tal 


3'85 

caso>soltanto' qt.testl � interessata a re$pin$ete gJLeffetti della .� sentenza 
favo~\l;ole ~. ctelfitore .� ~ ad opporglila s�ntenza � luk. sfavorevole. In 
e,tttrl.\:n:lbe. le .��. i};lotesi, it)fatti1 M pagall1ento �'~gu.ito:>dal oondebito~ in 

d~!i�fof�:..'�(�fsb :jj. cdtldfllbft�re�. f�rnasto�.�eSttarte�.�. al giU(lizfo�� acqUista, ai 
fiill <leM'aPJ?li~aziqn~. della norir,ta, �. attu~dit�, c9nct~tezzii efui$ur� nel mo


IJ~ltll�lf~~


.�.�..���.�� ~tei}t~J."e���~�~��.�SQIJo�).ale 41tetesse �IJ �(:a},10 al �ondeJ.?itOre� .elle .. non .�pt�
~4ipCt~ffigi~~~ii�Sii~�...l'.4t~9 .4'as9~n~~pt~. �e...... ffi, v~l1~e~a. ~e11a. ~.eiii� 

atr~~~s~=: 


temp~stivaU1ente ptop()Sta d,a altri: e ..Q.j .. p9te1r intei:lqqt.�re .~ml merito 

Q�mac~entQJU: violaiione della� norma. che a$$egtl.a al c'.lebitore. d'im� 

pq$1a. UJJ,'t~Jne Perentorio� pe~� contest~ l'accertawento�. stesso. 

ln qu~stQ se;g.so~ � esatto iL.rilievo'.( f.�lrmulato dalla. ricorrente, che 

la questi~e: dell'9pponil>i'lit�; (la p~e �lek condel:rl,tore ineJ�te, della sen~ 

t<mza pi:onl;U).�iata ~et co~9nti; <;\ell'.altro era. (ancora) fuori del . tema 

deua � cOU:trov�ps�a, .�in mailcanza ..di un avviso di liq.idazione o di :una 

ingiunzfone di pagamento; eh~ non risultano essere stati emessi; tanto 

pi�. che il De Rosa, con l'oppoi�izfone tardivamente proposta; aveva con� 

testato.~ congniit�.del valore accertato~sull'erroneo presupp9sto o che 

�!~9E*25~~~ 


prima rilevato) � l'a.ppUcazitJne ..dell'art�. 1306. e.e. 

6hn!t,c:s~t�.~ff:0:~~B~:~�. �.~nc~:�~i��c~rJ~:!e~~~~~o~~ i:ii~: 

tam~fe ai rapporti. tra I'am~inistrazione e il De Rosa, della 4�cislone 
impugnata (implicante la caducazion� ��delle decisioni �rese �nei gradi inferiori) 
iieilZa.. rhtvi�, perch� l'azfone del De Rosa, n�itermJni prospettati, 
n()l1 pott;va. essere pr:op<:>sta~ � , . . . . . 


J86 RASSEGNA J)ELL'AVVOCATURA ))ELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE,. Sez. Un., 4 luglio 1991, n. 7331 � Pres. Brancac� 
.cio � Est. Rebuffat � P. M. Amatucci i(conf.). � Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Mangia) c. Parise. 

Tributi in genere � Contenzioso tributario � Competenza e giurisdizione 

Imposte dirette � Rimborsi � Emissione di vaglia cambiario della Banca 

d'Italia � Smarrimento � Azioni per il pa~amento della somma corri� 

spondente � Giurisdizione ordinaria. 

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 42 bis; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 1). 
Tributi er�'riali � diretti � Rimborsi � Emissione di vaglia cambiario della 
Banca d'Italia � Smarrimento � Azione per il pagamento della somma 
corrispondente � Legittimazione passiva della Amministrazione finan� 
ziaria � Sussiste. 

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 32 bis; r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 66). 
Vna volta che l'Amministrazione finanziaria ha disposto il rimborso 
dell'imposta (e, a norma dell'art. 42 bis del d.P.R. n. 602/1973, sia stato 
spedito al contribuente vaglia cambiario della Banca d'Italia che sia 
andata smarrito), il corrispondente credito del beneficiario resta enuclea� 
to dal rapporto tributari� estraniandosi dalla � materia tributaria � devoluta 
alla giurisdizione delle commissioni; conseguentemente l'azione per 
il pagamento della somma dovuta a titolo di rimborso, inerente alla 
vicenda estintiva del credito e non al fondamento del credito stesso resta 
nella giurisdizione del giudice ordinario (1). 

Ove venga proposta azione per il pagamento di somma dovuta a titolo 
di rimborso di imposta dopo che, a norma dell'art. 42 bis del d.P.R. 

n. 602/1973 � stato emesso e spedito vaglia cambiario della Banca d'Italia 
andato smarrito, la legittimazione passiva spetta all'Amministrazione fi� 
nanziaria in quanto l'emissione del vaglia cambiario non nova l'obbligai.
ione di rimborso 1(2). 
(1-2) Sentenza che non persuade e che appare in s� contradittoria. �Il con� 
tribuente che, disconoscendo .�he l'emissione del vaglia abbia effetto solutorio, 
promuove un'azione per il pagamento, propone evidentemente una controversia 
di imposta. Poco rileva che l'Ufficio abbia gi� riconosciuto l'obbligo di rimborsare. 
ed emanato atti diretti ad estinguere il debito. L'azione di rimborso, che 
tende al conseguimento di una sentenza di condanna, � sempre attinente al 
rapporto di imposta, anche se l'obbligo di ri.mborso non � contestato. Non pare 
quindi accettabile la distinzione tra � vicenda estintiva del credito � e � fondamento 
del credito med�simo �. Ci� porterebbe ad ammettere che la � giurisdizione 
ordinaria possa essere utilizzata come fase esecutiva dell'accertamento 
(magari anche con giudicato) del rapporto di imposta. 

La seconda massima contraddice alla prima: se, escludendo l'effetto nova


tivo dell'�missic>ne del vaglia cambiario della Banca d'Italia, si qualifica la dcr 

manda proposta come azione causale di adempimento, -alla quale � passiva 



PAltm I, SBZ. v; 'Gltl'RISPRUDENZA TRIBUTARIA '387 

(omissis) 'Instando presso il Conciliatore di Roma per l'emissione, a 
carico del Ministero deHe Finanze, di decreto �ingiuntivo del pagamento, 
oltre a spese, di lire 502.0001 Mario Parise, con ricorso irt data 7 luglio 
1987, deduceva: che con l�ttera raccomandata dell'll giugno 1986, la Banca 
d'Italia, su disposizione del Ministero delle Finanze, gli aveva spedito 
vaglia speciale per quell'importo; quale rimborso d'ufficio di imposta 
sul reddito delle persone fisiche concernente la dichiarazione dei 
recl,diti :relativi. all'anno 1981; che, con nota de� suc~ssivo 23 h.i.glio, la 
.Banca -medesima gli _aveva comunicato che quella .. lettera, con l'allegato 
vaglia, erano stati trafugati j:la ign�ti e l'aveva ip.vitato ad avviare la 
procedura di ai:ni:nortamento del titolo al fine di ottenerJ:\e il pagarp.ento; 
cl;te, nonostante egli avesse provveduto agli incoIJ!I?enti richiesti ed av_es" 
se poi dichiarato per iscritto apocrifa la firml.l di. girata per l'incasso 
risultante saj titolo reperito, la Banca, con lettera del 14 novembre 1986 
gli aveva negato il pagamento; che, con lettera raccomandata. a.r. del 
19 novembre 1986, egli aveva .invitato il Ministero delle Finanze a dispor:
re un nuovo ordine di pagamento ma� la richiesta era rimasta senza 

riscontro..�. 

L'ingiunzione era emessa con decreto in dMa 12 settembre 1987, e, 

col prefato ricorso, era notificata all'Amministrazione 'finanziaria il gior


no 28 seguente. 

Con citaziorte notificata il 17 ottobre 1987, il Ministero deHe� Finanze 

vi si opponeva, eccependo la carema di giurisdizione del giudice ordina. 
rio e, in subordine; il proprio �difetto di legittimazione passiva. � Deduceva, 
al riguardo, che se si discut�sse sulla debenza o meno di un rimborso 
di ufficio della imposta �sul reddito, la questione rientrerebbe nella 
giurisdizione delle �commissioni Tributarie, mentre, se la questione attenesse 
alla presunta responsabilit� per la perdita del vaglia speciale, esso 
Minister� sarebbe del .tutto ,estraneo a. tale vicenda. 

. ~ ' . .� 

Il Parise insisteva nella domanda. 
Il Conciliatore, con sentenza pubblicata il 1_6 ;niaggio 1988, rigettava 
l'opposizione . 

.mente, legitthnata l'Amministrazione finanziaria, non si potr� negare che essa 

� inerente al rapp0rto, di imposta dal quale ha origine l'obbligazione di rim� 

borso di cui ��si.� chiede l'accertamento (poco importa che non sia contestato) 

e la cortseguente condanna. � � � � � 

Sarebbe pericoloso ammettere che in ogni jpotesi di riconoscimento di 

un obbligo di rimborso, . che potrebbe peraltro �essere modificato eon atto suc� 

cessivo (art. 43 . d.P .R.. 602/1973), .si possa profilare .� una reintroduzione � della 

'giurisdizione ordinaria .sulla controversia di imposta, il. che � peraltro in con


trasto con l'orientamento della giurisprudenza che, se mai, tende ad un amplia� 

mento della giurisdizione . speciale. ' ' 



;388 � -RASSEGNA� Dl3LL'AVVOCATUM DEIJ.0 STATO 

Avverso tale decisione, il Ministero medesimo � ricorso per cassazione 
sulla base di due motivi. 
~l Parise non ha esperito difese innanzi a questa Corte. 

�Sono state presentate note di udienza per il ricorrente. 
Motivi della decisione 

Nella sentenza itiipugnata, premessosi che l'Amministrazione dello 

Stato non ha contestato il suo obbligo di rimb�rso, si osserva che, ki 
. seguito dello smarrimento del vaglia che lo eseguiva, l'Amministrazione 
stessa pu� essere convenuta innanzi al giudice ordinario; in quanto essa 
�stessa�ha spedito quel titolo e poi si � rivolta al Parise perch� provvedesse 
�ll'ammortamento, cos� dimostrando il suo interesse alla normalizzazione
� della situazione. 

Il ricorso per cassazione indirizza due motivi di censura alla narrata 

pronunzia. 

Il primo le addebita la violazione e la falsa applicazione degli arti� 

coli 1 e 16 del d.P.R; 26 ottobre 1972 n. 636 nonch� �l'omessa pronuncia 

su punto decisivo della controversia, con riferimento all'art.. 360 n. 5 

c.p~o. �. Sostiene, -in proposito che la controversia appartenga alla giuri


sdizione delle Commissioni tributarie. 

Il motivo non � fondato. 

Una volta che l'Amministrazione abbia disposto il rimborso delle im


poste, anche tramite la procedura automatizzata (artt. 42 e 42 bis del 

d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, . nel testo risultante dalle modifiche e 
integrazioni introdotte con la L. 31 maggio 1977 n. 247 (art. 1) e con il 
d.L 30 dicembre 1979 n. 660 (art. 10) convertito con L. 29 febbraio 1980 
n. 31), il corrispondente credito del beneficiario resta enucleato dal rapporto 
tributario, estraniandosi da quella � materia di imposte � che 
l'art. 1, lett. a/i, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 devolve alla giurisdi� 
zione delle Commissioni tributarie. In tal guisa, la lite che insorga sulla 
vicenda estintiva di quel credito, e non sul fondamento del credito medesimo, 
non presenta quel momento essenziale di collegamento con la 
cennata giurisdizione, in vista del quale debba essere sottratta all'ordinario 
giudice dei diritti (art. 102 Cost. Rep.). 
H secondo motivo del ricorso denuncia la violazione dell'art. 100 
cod. proc. civ. nonch� l'insufficienza e la contraddittoriet� della motivazione. 
Al riguardo, opina che il Ministero delle Finanze sia carente 
"della Jeg~ttimazione passiva ad causam e che il tema relativo sia stato 
risolto dal Conciliatore in modo del tutto superficiale e con affermazioni 
errate, persino postulando che l'emissione del titolo per il rimborso 
dia luogo a una �sorta di novazione che trasforma il rapporto da � tribu


tario � a � lite ordinaria �. 

Anche questo motivo � carente di fondamento. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Deve chiarirsi, in primo luogo e in rettifica della riportata, ultima 
obiezione del ricorrente, che l'enucleazione del credito in questione dalla 
materia tributaria discende dal provvedimento di rimborso, -che prende 
atto di una sostanziale, corrispettiva carenza iniziale del rapporto 
d'imposta -, e non dalla successiva emissione del titolo cambiario della 
Banca d'Italia. 

La novazione, prospettata dal ricorrente in funzione critica, deve 
essere esclusa anche per altro verso, che incide sulla legittimazione 
passiva ad causam. Nel meccanismo del rimborso tributario tramite procedura 
automatizzata (art. 42 bis del d.P.R. n. 602/1973 cit. e successive 
modificazioni), non esiste deroga alla regola generale della permanenza 
dell'azione causale scaturente dal rapporto che diede origine all'emissione 
della cambiale (art. 66 del r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, applicabile 
al vaglia cambiario della Banca d'Italia in base all'art. 90 del r.d. 21 dicembre 
1933 n. 1736) -i(in generale, del resto, per la mancata emanazione 
del regolamento di esecuzione. non ha avuto pratica esecuzione 
l'articolo unico della L. 23 ottobre 1962 n. 1775 che, prevedendo, la commutabilit� 
-� nei limiti e con le modalit� che saranno stabilite con decreto 
del Ministro per il tesoro � -dei titoli di spesa in vaglia cambiari 
non trasferibili della Banca d'Italia, stabilisce che l'emissione di quei 
titoli �estingue il debito dello Stato�) -. Escluso, dunque, che l'ordinativo 
di pagamento dell'Amministrazione finanziaria e la successiva 
emissione del vaglia cambiario da parte della Banca d'Italia novino, 
oggettivamente e/o soggettivamente, l'obbligazione di rimborso, sostituendole 
un rapporto meramente cambiario e/o imputato passivamente solo 
alla Banca d'Italia, � conseguenziale affermare la legittimazione dell'Amministrazione 
medesima a contraddire nel giudizio concernente il pagamento 
del corrispondente credito, cos� come ogni debitore pu� essere 
chiamato a rispondere in giudizio del mancato adempimento. 

Quanto osservato convince che il ricorso merita il rigetto. (omissis) 


PARTE SECONDA 



RASSEGNA.. DI��LEGISLA.ZIONE 



. . . 

QUESTIONI. Dl LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I � NORMlfDi�HIARATE INCOSTITUZIONALI 

.�codice civile, art.1916; nella. parte in cui consente all'assicuratore. di. avvalersi, 
nell'esercizio del diritto ..di. surrogazione nei confronti del terzo responsabile, 
an�he del�e �somme da questi dovute all'assicurato .a titolo di risarcimento del 
danno biologico; 

Sentenza 18 luglio 1991, n; 356, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. 

codice �ivile, art; 2120, otta:vo comma, lett~ b) [come novellato dall'art. 1 della 
legge 29 maggio 1982, n. 297], nella parte in cui non prevede la possibilit� di concessione 
dell'anticipazione in. ipotesi di acquisto i. itinere .comprovato c9n mezzi 

idonei a dimostrarne l'effettiVit�. � � � � � � 

Sentenza 5 aprile 1991, n. 142, G. U. 10 aprile 1991, n. 15. 

codice di procedura civile, art. 313, primo comma, nella parte in cui non 
preved� che l'atto introduttivo del giudizio debba corit�:O:ere, tra l'altro l'indicazione 
della scrittura privata �he l'attore offre in comunicazione. 

Sentenza 24 maggio 1991 n. 214, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 

codice di procedura �ivile, art. 442, nella parte in cui non prevede che il 
giudice, .quando� pronuncia sentenza di� condanna al pagamento. di somme di 
denaro per ereditLrelativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare 
oltre gli interessi nella misura . legale, il maggior danno eventualmente subito 
dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito; applicando l'indice dei 
prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando 
al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui 
si sono verificate le con,dizioni legali di responsabilit� dell'istituto o ente debitore 
per il ritardo dell'adeinpim�rito. 

Sentenza 12 aprile 1991, n. 156, G. U. 17 aprile 1991, n. 16. 

codice di :Procedura J.>enale, art. ~SO, settimo comma, limitatamente all'inciso 
�salvo quanto prerlsto ciali'art. 503;� C:omma 3�. 

Sentenza 12 giugno 1991, n. 259, G. U. 19 giugno. 1991, n. 24. 

codice di procedura penale, art. 442, secondo comma, ultimo periodo. 

Sentenza 23 aprile 1991, n. 176, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. 

codice di procedura penale, art. 443, secondo comma, nella pa:rte iri cui sta� 
bilisce che l'ifuputato non pu� proporre appello contro le sentenze di condanna 
a una pena che comtinque non deve essere eseguita. � 

Sentenza 23 luglio 1991, n. 363, G. U. 31 luglio 1991; n. 30. 



18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma, [convertito nella I. 9 gennaio 
1939, n. 41], nella parte in cui non prevede la facolt� di riscattare i periodi 
corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento del diploma 
di tecnico-fisioterapista e della riabilitazione, rilasciato dalle scuole universitarie 
dirette a fini speciali, quando il titolo sia stato richiesto quale condizione necessaria 
per la relativa ammissione in servizio. 
Sentenza 29 marzo 1991, n. 133, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 

r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma [convertito in legge 9 gennaio 
1939, n. 41], nella parte in cui non prevede la facolt� di riscattare i periodi 
corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento dell'attestato 
abilitante all'attivit� di educatore professionale, rilasciato da presidi del servizio 
sanitario nazionale ovvero da strutture universitarie, quando il detto titolo siasi 
reso indispensabile per l'accesso, nel pubblico impiego, alle inerenti mansioni. 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 280, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 7, primo comma, n. 2 [nel testo sostituito 
con l'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153]. 

Sentenza 2 maggio 1991, n. 189, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, nella parte in cui non 
prevede la possibilit�, per la indennit� premio di servizio, della successione 
� ex lege � qualora manchino le persone indicate nella stessa norma. 

Sentenza 10 luglio 1991, n. 319, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. 

d.I. 30 agosto 1968, n. 918, art. 18, secondo comma, convertito, con modificazioni, 
in legge 25 ottobre 1968, n. 1089, nella parte in cui esclude dal beneficio 
degli sgravi contributivi le imprese industriali operanti nel Mezzogiorno d'Italia, 
relativamente al personale dipendente le cui retribuzioni non siano assoggettate 
a contribuzione contro la disoccupazione involontaria, in riferimento all'art. 3 
della Costituzione. 
Sentenza 12 giugno 1991, n. 261, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 4, lett. b) [modificato dal d.I. 23 dicembre 
1976, n. 857, convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39], nella parte in cui 
esclude dal diritto ai benefici dell'assicurazione obbligatoria, per quanto riguarda 
i danni alle persone, il coniuge, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali 

o adottivi delle persone indicate alla lettera a), nonch� gli affiliati e gli altri parenti 
e affini fino al terzo grado delle medesime quando convivano con esse o 
siano a loro carico. 
Sentenza 2 maggio 1991, n. 188, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, terzo comma, nella parte in cui non 
prevede la diretta applicabilit� al personale navigante delle � imprese di navigazione
� dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 7 della medesima legge. 

I

Sentenza 23 luglio 1991, n. 364, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

I 

I 

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! 


19

PARTB. II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

legge 22� ottobre 1971, n�."865; art. 121 quinto comma [cos� �come� modificato 
dalla legge 28. gennaio 1977, n. 10], nella parte in cui non prevede che l'espropriante, 
in alternativa al pagamento dell'indennit� accettata dall'espropriato, 
possa esperire entro sessanta giorni opposizione ai sensi dell'art. 19. 

Sentenza 22 aprile 1991, n. 173, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. 

legge 30 dic~bre 1971, .n. 1204, art. 17, seconcJ,o comma, nella parte in cui 
pet le. lavoratrici con contratto di lavoro a tempo. parziale di tipo. verticale su 
base annua,. allorquando � il periodo di astensione obbliga.toria abbia . inizio pi� 
di 60 giorni dopo la cessazione della precedente fase di lavoro, esclude il .diritto 
all'indennit� . giornaliera di maternit�, anche in relazione ai previsti successivi 
periodi di ripresa dell'attivit� lavorativa. 

Sentenza 29 marzo 1991, n. 132 G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art.. 56, 11ltJmo comma, in relazione agli articoli 
60, 21, terzo coinmaJ.l 22 dellalegge. 7 gennaio 1929, n. 4, nella Parte in cui 
stabilisce che l'accettamento dell'imposta divenuto definitivo a seguito .di decisione 
di una commissione tributaria faccia stato nel giudizio penale relativo al 
reato previsto dal primo comma, dell'art. 56 del d.P.R. 29 settembre 1973, rt. 600. 
Sentenza 12 giugno 1991, n. 258, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

c:l.P.R. 29 dic�ntbre �973, n. 1092, �art. 4, primo coinma, nella parte in cui non 
consenteal personale ivi contemplato �he al raggiungimento del limite di et� 
per il collocamento a riposo nori abbia compiuto il numero di anni richiesto 
per ottenere il minimo della pensione, di rimanere in servizio su richiesta 
fino al conseguimento di tale anzianit� minima, e comunque non oltre il 70� 
anno di et�. 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 282, G. U. 26 .giugno 1991, n. 25.. 

d.P;R. 29 :dicembre 19'73, n. 1092, art. 13, primo comma, nella parte in cui 
non comprende, tra i periodi di tempo riscattabili ai fini del trattamento di 
quiescenza, quello corrispondente alla durata dei corsi di preparazione per il 
reclutamento di impiegati delle Amministrazioni statali, organizzati e tenuti dalla 
Scuola superiore della pubblica amministrazione. 

Sentenza 12 giugno 1991, n. 257, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

iegge � 26 luglio 1975, n. 354, art. 56 [come modificato dall'art. 19 della legge 
10 ottobre .1986, n. 663], nella parte in cui non prevede che, anche indipendentemente 
dalla detenZione per espiazione di pena o per custodia cautelare, al 
�onc:tanhato possano � essere rimesse le spese del procedimento se, in presenza 
del presupposto della � disagiate condizioni economiche� .� abbiaserbato in libert� 
tina � condotta regolare �, � � 

Sentenza 15 luglio 1991, n. 342, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. 

d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, art. 2, primo comma [convertito in legge 31 marzo 
1977, n. 91], nella parte in cui non consente la computabilit� dell'indennit� 
di contingenza su elementi retributivi diversi da quelli previsti dalla contrattazione 
collettiva prevalente nel settore dell'industria [illegittimit� sopravvenuta 
dal 28 febbraio 1986]. 
Sentenza 26 marzo 1991, n. 124, .G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 



20 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 91, n. 6, nella parte in cui non esclude dalla 
riserva allo Stato le funzioni amministrative concernenti le � piccole derivazioni 
� di acque pubbliche. 
Sentenza 12 giugno 1991, n. 260, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 7, primo comma, nella parte in cui non 
consente al lavoratore, affidatario di minore ai sensi dell'art. 10 della legge 
4 maggio 1983, n. 184, l'astensione dal lavoro durante i primi tre mesi successivi 
all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia affidataria, in alternativa� alla 
moglie lavoratrice. 

Sentenza 15 luglio 1991, n. 341, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. 

legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 17, nella parte in cui non prevede che 
anche nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo 
delle indennit� integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente 
al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensioni 
lavoratori dipendenti. 

Sentenza 22 aprile 1991, n. 172, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, allegato 2, nella parte in cui non prevede l'in� 
quadramento nella posizione funzionale di farmacista coadiutore del personale 
proveniente dagli enti ospedalieri e trasferito alle unit� sanitarie locali che era 
in servizio, nell'ente di provenienza, alla data del 20 dicembre 1979, con la qualifica 
di farmacista collaboratore. 
Sentenza 26 marzo 1991, n. 123, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 

legge 1 aprile 1981, n. 121, art. 43, diciassettesimo comma, tabella c allegata, 
come sostituito dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569, nonch� nota in calce 
alla tabella, nella parte in cui non includono le qualifiche degli� ispettori di 
polizia, cos� omettendo la individuazione della corrispondenza con le funzioni 
connesse ai gradi dei sottufficiali dell'arma dei carabinieri. 

Sentenza 12 giugno 1991, n. 277, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

legge 26 settembre 1985, n. 482, artt. 2 e 4, primo e quarto comma, nella 
parte in cui non prevedono, per le indennit� di buonuscita erogate dall'Opera 
previdenza e assistenza. a favore del personale delle ferrovie dello Stato, che 
dall'imponibile da assoggettare ad imposta vada detratta una somma pari alla 
percentuale dell'indennit� di buonuscita corrispondente al rapporto esistente, 
alla data del collocamento a riposo, tra i~ contributo posto a carico dell'iscritto 
e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato ai 
sensi dell'art. 36, nn. 1 e 2, della legge 14 dicembre 1973, n. 829, cos� come integrato 
dalla legge 20 marzo 1980, n. 75. 

Sentenza 30 maggio 1991, n. 231, G. U . .5 giugno 1991, n. 22. 

legge reg. Bmllia'-Romagna 27 gennaio 1986, n. 6, -art. 18, primo comma. 
{come modificato dall'art. 13 della legge regionale Emilia-Romagna 26 luglio 
1988, n. 29]. 

Sentenza 24 maggio 1991, n. 213, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 



.PARm II, RASSEGNA DI OOTIRINA 

~l. 3 lil�ggio 1988, n. 141), art. 18, primo comma [convertito nella legge. 
4 luglio 1988, n. 246], limitatamente alle parole " sino alla copertura dell'aliquota 
a ciascuna di esse spettante �. 

Sentenza 18 giugno 1991, n. 281, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

legge reg. Lombardia 4 luglio 1988, n. 39, artt. 3, secondo comma, 5, primo 
comma, e 6. 

Sentenza 24 maggio 1991, n. 212, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 

d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 27. 
Sentenza 6 giugno 1991, n. 250, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. 
d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, primo comma, come modificato 
dall'art. 46 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12, limitatamente alle 
parole . � o per irrilevanza del fatto a norma dell:art. 27 �. 
Sentenza 6 giugno 1991, n. 250, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. 

d. lgs. 28 luglio 1989, n. 272, artt. 26 e 30, primo comma. 
Sentenza 6 giugno 1991, n. 250, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. 
legge reg. Marche 26 aprile 1990, n. 31, art. 34, secondo comma. 
Sentenza 24 maggio 1991, n. 213, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 


d.L 31 ottobre 1990, n. 310, art. 2-bis, secondo comma, secondo periodo (� le 
relative procedure e criteri sono stabiliti con decreti del Ministro del Tesoro �). 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 284, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

legge 9 gennaio 1991, n. 19, art. 6. 
Sentenza 12 giugno 1991, n. 276, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 


legge 15 gennaio 1991, n. 30, art. 1, secondo comma. 
Sentenza 16 luglio 1991, n. 349, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. 


II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice penale, art. 164, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 luglio 1991, n. 361, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 


codice di procedura penale, art. 27 (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). 
Sentenza 12 giugno 1991, n. 262, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

codice di procedura penale art 79 e legge 24 dicembre 1969, �n. 990, art. 24, in 
relazione agli artt. 329 e 335 del codice di procedura penale; nella parte in cui 
dette norme escludono che il giudice penale possa, nel corso delle indagini 
preliminari, decidere sulla istanza di assegnazione di una somma di denaro da 
imputarsi alla liquidazione definitiva de1 danno da incidente stradale (artt. 3, 
24; primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). 


Sentenza 2 maggio 1991, n. 192, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

codice di procedura penale, art. 170 (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). 


Sentenza 13 maggio 1991, n. 211, G. U. 22 maggio 1991, n. 20. 

codice di procedura penale, art. 178, lett. c) (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 16 luglio 1991, n. 353, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

codice di procedura penale, art. 270, primo comma (artt. 3 e 112 della Costituzione). 
� 

Sentenza 23 luglio 1991, n. 366, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

codice di procedura penale, artt. 357, secondo comma, lett. b) e 503, terzo 
comma (artt. 24, secondo comma, 76 e 77 della Costituzione). 

l

Sentenza 12 giugno 1991, n. 259, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

codice di procedura penale, art. 364 (artt. 24, secondo comma, e 
Costituzione) . 

Sentenza 12 giugno 1991, n. 265; G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

codice di procedura penale, art. 409 (artt. 24, secondo comma, e 
Costituzione). 

Sentenza 16 luglio 1991, n. 353, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

codice di procedura penale, art. 416, secondo comma (artt. 24, 101 e 102 
della Costituzione). 
Sentenza 5 aprile 1991, n. 145, G. U. 10 aprile 1991, n. 15. 
codice di procedura penale, art. 422 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 2 maggio 1991, n. 190, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 
codice di procedura penale, art. 429 (artt. 25, primo comma, e 101, secondo 
comma, della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1991, n. 347, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 
codice dJ.. procedura ..penale, art. 443, terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Sentenza 23 luglio 1991, n. 363, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 
! I 
77 della 

I 

112 della 

I

I 



PARm II, RASSEGNA DI OOTI'RINA 

codice di procedura penale, art. 443, quarto connna (artt. 76 e 77 della 
Costituzione). 

Sentenza 24 maggio 1991, n. 230, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 

codice di procedura penale, artt. 447, 448 e 563, nella parte in cui non prevedono 
che, nella fase delle indagini preliminari, la sentenza di applicazione 
della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell'art. 444 dello stesso codice, 
sia emessa in pubblica udienza (artt. 3 e 76 della Costituzione). 

Sentenza 6 giugno 1991, n. 251, G. U. 12 giugno 1991, n. 23. 

codice di procedura penale, artt. 459, 460 e 461. 

Sentenza 15 luglio 1991, n. 344, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

codice di procedura penale, art. 486, quinto com.ma (artt. 102 e 112 della 
Costituzione). 

Sentenza 29 aprile 1991, n. 178, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

codice di procedura penale, art. 554, secondo comma (artt. 101, secondo 
comma, 112 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 12 giugno 1991. n. 263, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

codice di procedura penale, artt. 567, 208, 503 e 506 (artt. 76 e 3 della Costituzione). 


Sentenza 24 maggio 1991, n. 221, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 

codice di procedura penale del 1930, art. 566, secondo comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Sentenza 5 luglio 1991, n. 311, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. 

codice penale militare di pace, art. 195, secondo comma, ultima parte 
(artt. 24, secondo comma, 25, secondo comma e 27, primo comma della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 13 maggio 1991, n. 203, G. U. 15 maggio 1991, n. 19. 

codice penale militare di pace, art. 233, primo comma, n. 1 (artt. 27, primo 
e terzo comma, e 3 della Costituzione). 

Sentenza 29 aprile 1991, n. 179, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 luglio 1991, n. 368, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 6, ultimo cpv. (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Sentenza 5 luglio 1991, n. 310, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, primo e secondo comma (artt. 3, 32 e 
38 della Costituzione). 
Sentenza 18 luglio 1991, n. 356, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, sesto e settimo comma (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 
Sentenza 18 luglio 1991, n. 358, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 218 (artt. 3 e 38, secondo comma, della 
Costituzione). 
Sentenza: 24 maggio 1991, n. 216, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 22 (artt. 3, 38, secondo comma, e 53 della 
Costituzione). 

Sentenza 2 maggio 1991, n. 194, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24 e codice di procedura penale, art. 79, 
in relazione agli artt. 329 e 335 del codice di procedura penale, nella parte 
in cui dette norme escludono che il giudice penale possa, nel corso delle indagini 
preliminari, decidere sulla istanza di assegnazione di una somma di denaro 
da imputarsi alla liquidazione definitiva del danno da incidente stradale (articoli 
3, 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 2 maggio 1991, n. 192, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 11, primo e terzo comma, e 12, secondo, 
terzo e settimo comma [cos� come modificata dalla legge 28 gennaio 1977, 

n. 10] (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 22 aprile 1991, n. 173, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 75 (artt. 24 e 76 della Costituzione). 
Sentenza 29 aprile 1991, n. 181, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 76, terzo comma (artt. 42, secondo 
comma, 24, primo e secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 26 marzo 1991, n. 131, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 66, primo comma. 
Sentenza 24 maggio 1991, n. 219, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 5 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 26 marzo 1991, n. 126, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 

legge reg. Toscana 3 febbraio 1975, n. 10, art. 9 (art. 117 della Costituzione). 

Sentenza 29 marzo 1991, n. 135, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 


PARTE II, .RASSEGNA DI DOTTRINA 2J 

legg~ 26�luglio 1975tn. 3~, art. 54,. primo comma (sostituito dall'art. 18 della 
legge 10 ottobre 1986, n, 663). 

Sentenza 16 luglio 1991, n. 352, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

legge 2Z dicembre 1975� n. 685, adt. 11, 72 e 72-quatet (artt; 3, 25, 27 e 32 
dei�a Costituzione).�� �� � � � � � 

Senten.za 11 luglio 1991, n. 333; G.U. 24 luglio 1991; n. 2!>; 

legge 3o aprile 1976, n. 386, art. 10, secondo co:nm:ia (art. 3 della Costiti.tzione). 
Sentenza 30 maggio 1991, n. 233, .G. U. 5 giugno 1991, n. 22. 

legge. 28 gennaio 1"77, n. 10, art. 9, lett. d) (artt. 3 e 23 della Costituzione). 
Sentenza 26 giugno 1991, n. 296, G. U. 3 luglio 1991, n. 26. 
legge reg. Umbria 31 maggio 1977, n. 23, art. 17 (artt. 3, 24, 33 e 117 della 
Costituzione). � 
Sentenza 15 luglio 1991, n. 346, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

legge reg. Veneto 14 luglio 1978, n. 30, art. 2, secondo comma (art. 117 della 
Costituzione). 

Sentenza 26 marzo 1991, n. 125, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 

legge 3 aprile 1979, n. 95, art. Z.bis, per la parte in cui non esclude la prededuzione 
c;lei .� c~diti . garantiti � dallo Stato e fatti valere nei confronti della 
societ� in amministrazione straordinaria con l'azione di regresso (art. 3 della 

Costituzione). � � 

Sentenza 24 maggio 1991, n. 218, G. U. 29 maggio 1991, n. 21. 

legge 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 29 aprile 1991, n. 183, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge reg~ Toscana 15 marzo 1980, n. 17, art. 38, primo comma, lett�. q) (art. 117 
della Costituzione). 

Sentenza 23 luglio 1991, n. 365, G. U. 31 luglio � 1991, n. 30. 

legge 23 aprile 1981, n. 154, art; 2, secondo e qutnto co:mma: (artt. 3 e 51 della 
Costituzione). 

Sentenza 5 luglio 1991, n. 309, G. U. 17 luglio 1991, n. 28. 

combinato diiposto legge 23 aprile 1981, n. 155, art; 16, legge 31 maggio 1986 
(recte: 1984) n. 193, art. 1 e d.L 30 dicembre 1987, n. 536, art. 5, qUlnto comma: 
[ conv. in legge 29 febbraio 1988, n. 48] (artt. 3, primo comma, e 37 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 29 marzo 1991, n. 134, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 


26 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ.O STATO 

legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 57 e d.I. 3 maggio 1988, n. 140, art. 11, primo 
comma [conv. in legge 4 luglio 1988, n. 246] (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 18 aprile 1991, n. 159, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. 

d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 24 [ conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] 
(artt. 3, 5, 53, 81, quarto comma, 97, 119 e 128 della Costituzione). 
Sentenza 2 maggio 1991, n. 193, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge reg. Lazio 11 maggio 1984, n. 19, art. 4 (art. 81, quarto comma della 
Costituzione). ' 

Sentenza 26 giugno 1991, n. 294, G. U. 3 luglio 1991, n. 26. 

d.I. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 2, ventiseiesimo comma [convertito in legge 
17 febbraio 1985, n. 17] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 5 aprile 1991, n. 144, G. U. 10 aprile 1991, n. 15. 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, terzo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 


Sentenza 15 ,luglio 1991, n. 345, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

legge reg. Emilia-Romagna 15 maggio 1987, n. 20, art. 61, primo comma, 
lett. d) (art. 117 della Costituzione). � 

Sentenza 16 luglio 1991, n. 350, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 

; 
dJ. 3 maggio .1988, n. 140, art. 11, primo comma [ conv. in legge 4 luglio 1988, 

n. 
246] e legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 57 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 aprile 1991, n. 159, G. U. 24 aprile 1991, n. 17. 
d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 37, secondo comma (art. 76 della Costi� 
tuzione). � 
Sentenza 29 aprile 1991, n. 182, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

d.lgs. 28. luglio 1989, n. 271, art. 158 (artt. 101, secondo comma 112 e 97 della 
Costituzione). ' 

Sentenza 12 giugno 1991, n.. 263, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

. d.lgs,, 28 luglio 1989, .n. 272,, art. 30 (art. 3 della.. Costituzione). 
Sentenza 29 marzo 1991, n. 136, G. U. 3 aprile 1991, n. 14. 


legge 21 febbraio 1990, n. 36, art. 2, secondo comma (art. 3 della Costituzione) . 
. ' . ~e11ter.:a 18' giugn() 1991, n. 285, o. u"" 26 giugno , 1991, n. 25. 

' �� legge 11 ��aprile 1990, n. 73, art. 3, primo coilima, lett. e), �n. 1 (art. 3� della 
Costituzione). 

Sentenza 24 maggio 1991, n. 215, G. U. 29 maggio 1991; n. 21. 

l 


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I 


I 




PARTB li, RASSEGNA DI DOTTRINA 

d.P.lt.: 12 aprile 1990, ii. 75; art. 3, pt�no. conuna; lett. e); n~ 1 (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 24 maggio 1991, Ii. 21s, G. u'. 29 maggio 1991, :il.. 21. 

legge 8 giugno 199o, 1[ 142, artt. 14 e 15 (artt. 3, 117, 118 e 128 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza �S il1glio 1991, n. 343, G, U. 31 lu~lip 1991, n. 30. 

legge reg. Siclllil. 5 sette'mbre 1990, n. 35, art. 20, pt�no comma, lett. c) (art. 17 
statuto reg. sicilianll). � � .� � 

Sentenza 23 luglio 1991, n. 367, G. U'. 3~ luglio 1991, n. 3Q. 

dJ. 15 settembre 1990, n. 26i, art. �1, prlmo comma [convertito in legge 19 novembre 
1990, n. 334] (artt. 117, 118, 119, 3, 81, ultimo comma, e 97 della Costi� 
tuzione); 

Scinteiiza 18 giugno 1991,'n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

d.l. 15 settembre 1990, �n. 262, art. 1, ~eeondo comma, ultima parte [convertito 
in legge 19 novembre 1990, n. 334] (artt. 119 e 81 quarto comma, della Costi� 
tuzione). 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U.���26 giugno .1991, n. 25. 

d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, pt�no periodo [convertito in legge 
19 novembre 1990, n. 334] (artt. 81, quarto comma e 116 della Costituzione). 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, secondo periodo [convertito in legge 
19 novembre 1990 n. 334] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, terzo periodo [convertito in legge 
19 novembre 1990, n. 334] (art. 81, quarto comma, della Costituzione). 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 2-bis, ultimo periodo [convertito nella legge 
19 novembre 1990, n. 334] (art. 117 della Costituzione). 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

d.l. 15 settembre 1990, n. 262, art. 3 [convertito nella legge 19 novembre 1990, 
n. 334] (artt. 81, quarto comma, e 116 della Costituzione). 
Sentenza 18 giugno 1991, n. 283, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 

dJ. 31 ottobre 1990, n. 300, artt. 2 e 2-bis, pt�no comma (artt. 117, 118, 119, 
81, 3, 5, 28, 97 e 115 della Costituzione). 

Sentenza 18 giugno 1991, n. 284, G. U. 26 giugno 1991, n. 25. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 19 novembre 1990, n. 341, artt. 2, 4, 9, 10, quarto comma e 16, secondo 
e quarto comma (artt. 8, nn. 1, 26 e 29; 9, n. 2; 16, primo comma; 19, primo 
e ultimo comma; 52, ultimo comma; 100 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto 
Adige). 

Sentenza 2 maggio 1991, n. 191, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge 19 novembre 1990, n. 341, artt. 3, secondo e quarto comma, e 6, secondo 
com.ma, lett. a) e c) (artt. 8, nn. 1, 26 e 29; 9, n. 2; 19, primo comma, dello statuto 
spec. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 2 maggio 1991, n. 191, G. U. 8 maggio 1991, n. 18. 

legge 29 dicembre 1990, n. 431, artt. 1 e 2 (artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 12 giugno 1991, n. 264, G. U. 19 giugno 1991, n. 24. 

legge 15 gennaio 1991, n. 30, artt. 5, primo, secondo, quinto e settimo comma; 
7, terzo comma; 9 e 10 (artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 dello statuto speciale 
Trentino-Alto Adige) . 

Sentenza 16 luglio 1991, n. 349, G. U. 24 luglio 1991, n. 29. 

legge 8 marzo 1991, n. 81, art. 22 (art. 116 della Costituzione e art. 2, lett. u) 
ed r) dello Statuto speciale Valle d'Aosta). 

Sentenza 18 luglio 1991, n. 360, G. U. 31 luglio 1991, n. 30. 


Atoua��~��i>aJbz'iderivazibfit�~��conc~$.sibni�fi'UJ6Vdte��e pr�r�gkte ~ Decpf:r~rtza. 

Se lt\ disposizione dell'art. 2 L. n. 42/52 sulla decorrenza della rinnova


11~~~~-~T.J~at=~ 


~b~~~(~K~ :ft:�~~~f;~'tf~t�~vyt~ 7~/~�f.�~qe:nte ~� tnlggon? e>rigine 

Al>PAl.,'fQ ((;oN'J'l&TTO .DJ) . -.� 4.ggiudicazione .a raggruppamento .di imprese. � 

�� Sostituzi�ne di una delle apffetttenenti af�tagg���.ru.P:.P.i�nento ... Se ��sia 

pd9$iliile. ... 

.~cPelllil,. iPQte~LtM a~gi.c;ij�~iqne Cli appajto. ad . a$~()ciazione t(ilmpor.
imei Cli)tji:Prese .ex. L. 11� SS4/77, ��Pe>ssa. su,})entfa.re i4 u:na: delle. appar~
rienti��aj xl:lggfilppame:nt9 aggiudictt~�:ltic> un1:1 nuova ii:rfpresa, (Cs 9923/90).

�.� �� .. �� .�.......� .� � .. �... ����.�.�.�.� �.'.. . .� ��..��.�...�.� . . .. � �.� �.�.��.��.�.� .. .;.��. �.� ,. 


AssfoUR!ZloNJ! " .R:.C. 4uto!� �sinistro comportante lesioni petsonaliJnvalidanti. 
Obbtig�ifdell'assfoura.tof'e ~Sanzioni dfcui afti'art. 3~ V111 CO~, 

L. n. 39/77. 
Se, in. caso di sinistro comportante lesioni �personali invalidanti, sussistano 
a cari�o dell'assicuratore gli obblighi previsti dajl'art. 3 L. n. 39/77, 
con <:~s~ente applicabilit� delle � sanzioi� ivi irrogate per il cii:so di 
mancato riSpetto degli/stessi (Cs 9515/89). �. 

Ano ~I?olISfRATIV() ���~� Autorizzazione � Produzione di paste alim.entari 
� � destinat� all'esportazione. � Contenuto dei� poteri� della P; A. .e commerciabilit� 
nei Pae.si Comunitari, . 

Entro� (luaji �� lb~iti . debba essete ricompreso il� sindacato . dell'Ammi:
nistraz�one i:d fini delJilascio <ieWautotbzazione alla produzione di��pasteajitlie1lt�tf .<,f.e~tiJ:lat~ an'eSl>Qrtaiione; ... se � (letti prodotti possano essete 
�jijtett() �� di commercirumazi�ne � nei Paesi della�� ComUnit� Europea �(Cs 
9825/90).. 

CoMU?otIT! nUROJ'EB -. Assistenza tra.gli Stati ..membri�.� Recupero �rediti � 
Misure cautelari -In forza di. quale titolo possano essere richieste. 

In forza di .quale titolo possa essere richiesta ad altri Stati membri 
delle Comunit� europee l'adozione di misure cautelari a garanzia del 
futuro recupero di creCliti nell'ambito .� della assistenza reciproca (Cs 
1339/91). 



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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Dm.J..O STATO 

-Compensazioni per ritiro di prodotti dal mercato � Associazioni d' 
produttori -Irregolarit� -Revoca dei riconoscimenti -Sospensione ~l 

o annullamento della revoca -Effetti. 
In materia di aiuti comunitari spettanti alle associazioni di produttori 
per ritiro di prodotti dal mercato, quali misure debbano essere adot
� 
tate in caso di sospensione o di annullamento del provvedimento che, in 
seguito ad irregolarit� riscontrate, aveva revocato i riconoscimenti (Cs 
7910/90). 

CONTABILIT� PUBBLICA � Contratti con impegni pluriennali � Anticipazioni Se 
debbano essere frazionate con riferimento all'impegno annuale, 
ovvero all'intero importo contrattuale. 

Se le anticipazioni pattuite con riferimento a contratti con impegni 
pluriennali debbano essere commisurate alla quota parte di ciascun impegno 
annuale, ovvero all'intero importo contrattuale (Cs 2329/91). 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA � Alloggi costruiti in base alla L. n. 9/52 � 
Cessione in propriet� a soggetti non appartenenti alle categorie beneficiarie. 


Se sia possibile procedere alla cessione in propriet� di alloggi di 
edilizia economica e popolare costruiti in base alla L. n. 9/52 a dipendenti 
dell'Amministrazione finanziaria, che ebbero ad occuparli bench� 
non appartenenti alle categorie beneficiarie indicate da detta Legge (famiglie 
non abbienti e non proprietarie rimaste senza tetto in dipendenza 
.dei fenomeni metereologici dell'estate 1951) (Cs 390/91). 

ESECUZIONE FORZATA � Atto di precetto -Cessazione dell'efficacia � Spese 
e diritti di procuratore -Se siano dovuti. 

Se siano dovuti i diritti procuratori e le spese per gli atti di precetto 
dei quali sia cessata l'efficacia ai sensi dell'art. 481 c.p.c. (Ct 1420/88). 

-Pignoramento presso terzi -Pubblica Amministrazione terza pignorata 
-Danni � disagi patiti in occasiOne della procedura esecutiva 
instaurata nei confronti del pubblico dipendente � Indennizzabilit� 

o applicabilit� di sanzioni disciplinari. � � � 
Se, nell'ipotesi di procedura . esecutiva instaurata nei confronti del 
pubblico dipendente, la Amministrazione che rivesta la qualit� di terzo 
pignorato possa agire per ottenere indennizzo dei danni o disagi patiti in 
conseguenza della procedura esecutiva; se, .per gli stessi motivi, siano applicabili 
nei confronti del dipendente sanzioni disciplinari (Cs 3482/90). 

ESPROPRIAZIONE P.ER PUBBLICA UTILIT� � Indennit�. di. espropriazione . Determinazione 
-L. n. 385/80 -Declaratoria di in.costituzionalit� -Se 
spetti la rideterminazione. � � � � 

Se ed in quali casi ai proprietari di immobili espropriati; per i quali 
sia stata determinata la indennit� di espropriazione a' sensi dell'art. l 

L. n. 395/80, spetti la rideterminazione di detta indennit� in seguito alla 
declaratoria di incostituzionalit� di detta norma (Cs 931/91). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

FALLIMENTO � Procedure concorsuali� � Amministrazione straordinaria � 
Cessione di azienda -Applicabilit� dell'art. 2560 e.e. 

Se, in caso cli, cessione di azienda avve:i;mta . nel corso di procedura 
di amministrazi()ne straordinaria, sia ..o mep.o . appli�11bile il disposto dell'art. 
2560 e.e., che prevede la responsabilit� del cessionario peri debiti 
risultanti dai libri contabili (Cs 7969/90). � � � �� � 

FAMIGLIA -Matrimonio � Regime patrimoniale � Comunione legale � Depositi 
postali. 

Se il regime di comunione legale tra coniugi trovi applicazione anche 
per i diritti di credito sorgenti dall'apertura di un deposito postale (Cs 
7362/90). 

IMPIEGO PUBBLICO � Costituzione del rapporto -Requisiti � Cittadinanza � 
Lavoratore straniero � Artista -Ente Teatro San Carlo di Napoli Se 
possa essere as.sunto ccm rapporto a tempo indeterminato. 

Se l'artista straniero possa essere assurti:<> dall'Ente Teatro San Carlo 
di Napoli con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, stante la natura 
pabblieistica del rapporto con gli Enti Liriei (Cs 700/90)> . 

-Dipendenti Aziende e Amministrqzioni dello Stato a ordinamento auto� 
nomo -Accordo di coinparto 1990 -Patrocinio legale del dipendente. 

Se . l'accordo di comparto del personale dipendente dalle Aziende. e 
Amministrazioni dello� Stato ad ordinamento autonomo, recepito dal D.P.R. 
4 agosto 1990, n. 335; abbia innovato, all'art. 20, alla disposiziC>ne dell'art. 
44 T.U. n. 1611/1933 regolante i casi e le modalit� di esercizio del 
patrocinio dci dipendenti statali da parte della Avvocatura dello Stato 
(Cs 9731/90). 

-'-D�pendenti d�ll� Ferrovie dello Stato -Regime antecedente e succes.
sivo alla legge n. 210/85 -D'estituij.one di diritto -Se si applichi .la 

L. n. 19/90. " 
Se trovi applicazione nei confronti dei dipendenti delle Ferrovie dello 
Stato, tanto prima che dopo l'entrata in vigore della L. n; 210/85, la 

L. n. 19/90 in materia di destituzione di diritto (Cs 2438/91). � 
..;.;.. Impz�gati non di ruoli> dello Stato -Destituzione ai dititto Se sia 

aritota ln vigore . .�.� � � � 

Se, a seguito della Sentenza n. 971/88 della Corte Costituzionale e 
dell'entrata in vigore della L. 7 febbraio 1990, n. 19, sia tuttora in vigore 
l'art. 7 del D. Lgs. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207 concernente la destituzione 
di diritto degli impiegati non di ruolo dello Stato (Cs 9901/90). ' 

-Inquadramento � Tecnici �atipici� dipendenti dell'Ente regionale di 
sviluppo, agricolo della Campania. 

Come debbano� essere inquadrati taluni tecnici �atipici � dipendenti 
dell'Ente regionale di sviluppo agricolo �della Campania (Cs 1779/91); 


... .. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PENSIONI -Pensioni ordinarie a carico dello Stato -Crediti Rivalutazione 
ed interessi legali -Se e in che misura siano dovuti. 

Se, in quale misura e con che decorrenza siano dovuti gli interessi 
legali e la rivalutazione monetaria sui crediti di pensioni ordinarie a 
carico dello Stato (Cs 5893/90). 

PREVIDENZA -Invalidi civili -Provvidenze assistenziali -Interessi e rivalutazione 
monetaria -Se spettino. 

Se spettino agli invalidi civili gli interessi e la rivalutazione monetaria 
sui benefici assistenziali per il periodo intercorrente tra la domanda 
di riconoscimento della provvidenza e la data di pagamento della I_Iledesima 
(Cs 2377/91). 

PROCEDIMENTO PENALE -Costituzione di parte civile -L. n. 3/91 -Se si 
applichi alla Regione Sicilia. 

Se la disposizione dell'art. l, co. 4, della L. n. 3/91, che prevede 
per la costituzione di parte civile dello Stato nei procedimenti penali 
la autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri trovi applicazione 
anche nei confronti della Regione Sicilia (Cs 2144/91). 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Forniture -Aggiudicazione a seguito di gara � 
Annullamento d'ufficio -Possibili esiti della gara. 

Se, a seguito dell'annullamento d'ufficio del provvedimento di aggiudicazione 
di una fornitura all'esito di gara di licitazione privata, l'Amministrazione 
sia tenuta a rinnovare l'intera procedura di gara, ovvero possa 
procedere alla aggiudicazione a favore del secondo migliore offerente, o, 
infine, se abbia facolt� di ricorrere, per la medesima fornitura, a trattativa 
privata (Cs 921/91). 

RESPONSABILIT� CIVILE -Tutela aquiliana del credito -Estensibilit� ai contributi 
previdenziali ed alle ritenute fiscali. 

Se nel costo dell.a prestazione lavorativa della quale il datore di lavoro 
non ha fruito per fatto illecito del terzo possano essere computati 
anche i contributi previdenziali e le ritenute fiscali operate quale sostituto 
di imposta (Cs 2376/91). 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI � Riscossione -Iscrizione a ruolo parziale ex 
art. 15 D.P.R. n. 602/73 � Sospensione � Poteri dell'Intendente di Finam:
a. 

Se sussista o meno il potere dell'Intendente di Finanza di disporre 
la sospensione della riscossione di imposte dirette iscritte parzialmente 
a ruolo ai sensi dell'art. 15 D.P.R. n. 602/73 (Cs 8912/90). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI � Imposta di bollo � Titoli cambiari � Aliquota 
agevolata per girate � senza garanzia � � Estensibilit� alla girata � in 
bianco�. 

Se la cambiale girata in.� bianco sia equiparabile al titolo recante 
girata �� �senza garanzia � � ai�� fini �.dell'applicazione dell'aliquota agevolata 
dell'imposta di �bollo �prevista dall'art. 10 bis della Tariffa (Cs 7487/90). 

-Imposta di registro � Demanio e patrimonio � Concessioni � Tassazione. 

A quale regime di tassazione siano sottoposti i contratti derivanti 
da rapporti concessori relativi a miniere, cave e torbiere (Cs 3813/90). 

-Imposta di registro -Preliminari di vendita con paga.mento di ac-1 
conti � Art. 10 Tariffa allegata al TUIR � Se abbia o meno natural 
interpretativa. 

Se l'art. 10 della Tariffa � Parte prima allegata al TUIR (D.P.R. numero 
131/86), sulla tassabilit� dei preliminari di vendita con pagamento 
di acconti sul prezzo, abbia o meno natura interpretativa (Cs 2966/91). 

-Imposta di registro � Sentenza dichiarativa di usucapione immobi� 
liare -Accessioni . Tassabilit�. 

Se siano assoggettati all'imposta di registro anche i trasferimenti 
delle .accessioni all'immobile del quale sia dichiarata con sentenza la 
intervenuta usucapione (Cs 9641/90). 

-Imposta� di registro -Universit� statali . Se si applichi lo stesso trattamento 
delle Amministrazioni dello Stato. 

Se alle Universit� statali si applichi, ai fini dell'imposta di registro, lo 
stesso trattamento accordato alle Amministrazioni dello. Stato (Cs 3816/90). 

TRIBUTI (IN GENERALE) � Contenzioso tributario � Richiesta di rimborso � 
Proposizione dinanzi alla Commissione tributaria in scritti defensionali 
successivi al ricorso introduttivo -Se sia accoglibile. 

Se possa essere accolta .dalla Commissione tributaria. una richiesta 
di rimborso di tributi, corrisposti prima dell'esito del giudizio favorevole 
al contribuente, laddove la stessa non sia stata formulata nel ricorso in� 
troduttivo, bens� in successivi scritti defensionali (Cs 1823/91). 

-Imposta di successione � Onorari notarili graduali � Testamento � Morte 
del notaio � Spettanza degli onorari agli eredi � Titolo. 

Se, in caso di decesso del notaio prima dell'apertura della successione 
con riferimento a testamento dallo stesso rogato, gli onorari graduali 
spettino agli eredi iure proprio, ovvero iure successionis (Cs 5061/90). 


34 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Sostituti d'imposta -Irregolarit� dei versamenti Rilevanza delle 
varie fattispecie. 

Nei confronti di chi possa agirsi, e quali rimedi possano esperirsi, 
nelle svariate fattispecie nelle quali si siano verificate irregolarit� nei 
versamenti di tributi da parte dei sostituti d'imposta; in particolare, nei 
casi di falsificazione materiale delle quietanze da parte del contribuente 

o delle matrici in possesso dell'Esattoria, ovvero di concorso di fatti 
dolosi e/o colposi dell'Esattore e del contribuente (Cs 3950/88). 
-Violazioni finanziarie -Misure cautelari -Ipoteca legale -Se sopravviva 
o meno all'entrata in vigore del nuovo C.p.p. 

Se la ipoteca legale prevista dall'art. 26 L. n. 4/29 quale misura 
cautelare per la ipotesi di violazioni finanziarie sia tuttora in vigore a 
seguito del disposto dell'art. 218 del D.L. n. 271/89 che ha abrogato la 
ipoteca legale prevista per illeciti penali (Cs 194/91). 

-Violazioni finanziarie -Misure cautelari -Societ� di persone -Applicabilit� 
nei confronti dei soci-amministratori. 

Se siano applicabili contro i soci-amministratori di societ� di persone, 
nei confronti delle quali siano state accertate violazioni alle leggi 
finanziarie, le misure cautelari previste dall'art. 26 L. n. 4/29 (Cs 699/89). 

TRIBUTI LOCALI -I.N.V.I.M. -Avviso di accertamento -Mancata o irregolare 
notifica da parte del messo comunale -Responsabilit� per danni. 

Se sia esperibile nei confronti del Comune azione risarcitoria per i 
danni derivanti da omessa tempestiva notifica da parte del messo comunale 
di avviso di accertamento relativo ad I.N.V.I.M. (Cs 510/91). 

-Tassa di smaltimento di rifiuti solidi urbani -Aree destinate a strade 
interne di uno stabilimento industriale -Se siano assoggettabili alla 
tassa. 

Se le aree destinate a strade interne di uno stabilimento industriale 
rientrino tra le � aree scoperte ad uso privato ove possono prodursi rifiuti 
� -soggette alla tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani -, 
ovvero siano da ritenere pertinenze o accessori dello stesso -esenti da 
tributo (Cs 1103/90). 


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