JRA��JE<GNA 
AVV(Q)<CA1r1IJJRA 
K�JEILIL(Q) �1rA1r(Q) 
JRA��JE<GNA 
AVV(Q)<CA1r1IJJRA 
K�JEILIL(Q) �1rA1r(Q) 

Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. 


ANNO XLV N. 2 APRILE -GIUGNO 1993 


JRA��JEGrNA 
AW(Q)<CA1r1UM 
IQ)JEJLIL(Q) �1rA1r(Q) 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

ISTITUTO POLIGRABICO 'E ZECCA DELLO STATO. 
ROMA 1993 



ABBONAMENTI ANNO 1993 

ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 52.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . � . . . . . . . . . � � � � � . � 13.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRA.FICO E ZECCA DELLO STATO 

Direzione Marketing e Commerciale 

Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 

e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in ltal1 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n, 11089 del 13 luglio 1966 


(5219128) Roma, 1993 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del


/'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . . pag. 145 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA� 
ZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara} . . . � 187 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 
(a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e 
Antonio Cingolo} � 206 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Raffaele Tamiozzo} � 233 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de//'avvocato 
Carlo Bafi/e) )) 245 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 


QUESTIONI ........ . 
. pag. 31 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . 
)) 61 

CONSULTAZIONI .... 
� 71 

Comitato di redazione: Avv. D. Del Galzo � Avv. G. Mangia � 
Avv. M. Salvatorelll -Avv. F. Sclafanl 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

M. MENSI, Appalti di servizi e servizi pubblici 
II, 31 

V. Russo, Concessione di beni della P.A. e riparto di giurisdizione . I, 225 

V. 
Russo, Il c.d. � furto venatorio � nella legislazfone e nella giurisprudenza 
............................ . I, 169 

V. Russo, Le Sezioni Unite reinterpretano l'art. 111 della Costituzione I, 211 

G. ZoTTA, L'Italia e il Mediterraneo: risarcimento dei danni all'ambiente 
marino per inquinamento da idrocarburi . . . . . . . . . II, 49 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO .;. ALFABETICO 
.. DELLA. GIURISPRUJ)SfYZA .�. 

ACQUE 

-A~q~e destinate, ~Icon~umo w:iano 
�''' Anahsl non :revts1onabili �' Avviso al� 
�'l'interessato.del compimento delle a.
�.�.:naJ:�si '� Mancata previsione'-Inco


stituzionalit�,.�164. 
-Acque Pubbliche -Tribunale Superiore 
� Sentenza � Impugnabilit� ex 
art. 111 Cost. -Vizi cli motivazione" 
Deducibilit� � Lillliti, con nota di v. 
.. RUSS0'/'.210;:.:�:::�''�' . 

ASSISTENZA' E BENEFICENZA PUB


''� BLICA,,..... ' . .. ��. 

.:._ Cr~4i.ti i:elativ� ~��� ~r~t~oni cl,( assi


stenza sociale obbligatoria �ant�riori 
alla I. 412/1991 -Inadempimento Crite1:
t di risar<::itn.en,to 4el A~o � 
Mancata pt�visforte di un trattamen@#
ogo a qu,ello dei <:.tt;iditi vreviden


. , Ziitli ~.Jtr~io.)J,ajit.� ��~ l1l~~tt!ll1it� co.
�.�. stituzfu hle d ll' t. 442 d

civ.,j'7f e . l:U'. ,.�.... cq.� proc. 

.;:


AVVOCAT� PROCURA.'IQ;Rl 

....,... Es.une . di �procuratoi:e,� legale � Di,,. 
stretto della (;Ql'.ted'Appello.presso 
la qmtle ~ sta~o sqs:tenuto l'esame 


' .~t1crjzic>ne. neU'.~p. �Ptofessionale di 
UI:I;.. divex:so distretto,~ pi.vieto ~� Incostituzionalit�, 
180. 

COMUNIT~, EUR�P~E. 

...,. Libera circolazione �delle merci -Pe. 
: : sce �contenente.:Iawe � di, nematodi : 
., Controlli sistematici . alle frontiere 


Divieto di importazione � Limiti; 187. 
"'."'.' Riavvicinamento delle . legislazioni Etichettatura 
dei procl,otti del.tabacco 
�~ f\,pposizione di avvertenze di 
., cai;attere s~tariO> 198. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Beni patrimoniali disponibili � � Immobile 
di ente pubblico -Locazione 
� Configurabilit� � Domanda di accertamento
� del� rapporta. locativo � 

Giurisdizione ordinaria, con nota di 

V. Russo, 224. 
CONTRATTI' �(IN CENERAL�} 

-Contratti della pia~ � Attivit� di diritto 
.privato..� Deliberazione di contrat.: 
tare -Revoc� � Effetti � Contratto 
����perfezionato � �Ininfluenza; con nota 

di V. Russo, 224. 
-Convenzione stipulata tra la PA. e 
il propriet;;.;ici. di U1l ;;i.lbergo. p~. il 
ricovero delle popolazioni colpite dal 
�..sisma 7.Nat.ra ghu'idi.ca.� Contratto 

a. favore .i;li� tei;zi ,, �Esclusione, 206� 
.._,:Vendita e� 'contratto d'opera � Distin' 
.zioile � Criteri � Prevalenza. soggettiva 
. del lavor� sulla materia -Rile., 
vanza -Fornitura; della materia strettamente 
necessaria da. parte di una 
impresa artigiana prestatrice d'opera 
-Irrilevanza -Fattispecie, 217. 

anrmzio .pENALE 

..,..., 
Pfove � Testitri.onfanze "�. Incompatil:
iilit� con l'ufficio di testimone Imputati 
di reati commessi�.da pi� 
persone in reciproco danno � Insussistenza 
-Legittimit� costituzionale, 

167. 
�.. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-MOOi.siont'supi;itiori � Svolgi~ento di 
fatto � Rilevanza -Esclusione, 233. 

-Procedimento disciplinare . :~ �: Termini 
-Artt; 9 e 10 L. m 19 del1990 � Sca�J.
enza � �qnseguei:u:e ~ ~stipzione del 
~i;o<;�diirierit� di$eii;ilh:!a:ri:i �~ EsClusio


��.. �Il.e, 235. �.. ' ,. �.,. �� �� � � 

lSTRUZIQNE. SCUOLE 

-Insegi�ante universitario .� -Opzione 
tra tempo pieno e tempo definito Art. 
11 d.P.R. n. 382 del 1980, sosti tu� 
ito dall'art. 3 L. n. 705 del 1985 � Interpretazione. 
-Contrasto giurisprudenziale 
� Deferimento all'adunanza 
plenaria, 241. 


RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO 

LAVORO 

-Assunzioni obbligatorie -Violazione 
delle norme sulle modalit� di assunzione 
-Contravvenzione -Definizione 
amministrativa -Azione penale Sospensione 
obbligatoria -Inapplicabilit� 
-Legittimit� costituzionale, 

152. 
PROCEDIMENTO CIVILE 

-Azione di mero accertamento -Interesse 
ad agire -Nozione -Dichiarazione 
della liceit� penale o amministrativa 
di una determinata condotta 
� Improponibilit� della domanda 
per carenza di interesse ad agire, 

229. 
PROCEDIMENTO PENALE 

-Prova testimoniale indiretta -Dichiarazioni 
dell'indagato nel corso 
del procedimento (anche prima del 
formale inizio dell'indagine) -Divieto 
di acquisizione al dibattimento Questione 
di legittimit� costituzionale 
-Infondatezza, 183. 

REATO 

-Furto venatorio -Esclusione -Questione 
di legittimit� costituzionale Inammissibilit�, 
con nota di V. 
Russo, 168. 

REGIONI 

-Finanza regionale -Interventi statali 
in materia finanziaria -Imposta 
di fabbricazione degli oli minerali Fondo 
comune -Quota di spettan~ 
za regionale -Riduzione del fondo 
e della quota -Illegittimit� costituzionale 
� Non sussiste, 145. 

-Finanza regionale -Interventi statali 
in materia sanitaria -Mancata 
determinazione dei liveli uniformi 
di assistenza sanitaria -Poteri regionali 
-Esercizio della autonomia 
amministrativa e finanziaria -Legittimit�, 
145. 

-Richiesta di accreditamento di fon� 
di di pertinenza regionale -Rifiuto 
dello .Stato od erogazione di somme 
inferiori a quelle richieste -Illegittimit�, 
154. 

SERVIT� 

-Servit� militari -Imposizione temporanea 
-Aree aventi natura edificatoria 
-Indennit� -Criteri automatici 
di determinazione -Valori 
di rendita catastale -Inadeguatezza Mancanza 
di criteri alternativi -Illegittimit�, 
162. 

SOMMINISTRAZIONE (contratto di) 

-Gas metano � Tariffe di utenza 
per riscaldamento -Applicazione 
nei mesi di non utilizzo degli impianti 
-Illegittimit� -Non ricorre, 

166. 
TITOLI DI CREDITO 

-Assegno bancario � Emissione a vuoto 
-Pagamento prima del protesto Improponibilit� 
e improcedibilit� 
dell'azione penale -Questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 8 
legge 15 dicembre 1990 n. 368 -Infondatezza, 
176. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta locale sui redditi -Impresa 
familiare -Redditi imputati ai 
collaboratori -Regime anteriore al 

T.U. delle imposte sui redditi -Art. 
36 d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42 Inapplicabilit�, 
251. 
-Imposta locale sui redditi -Redditi 
fondiari -Fabbricati degli Istituti 
Autonomi delle Case Popolari -Godimento 
del reddito da parte dello 
Stato -Esclusione -Imputazione 
del reddito agli Istituti, 259. 

- 
Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Reddito di impresa -Accertamento 
di maggiore reddito in 
base a criteri elaborati in relazione 
a settori di attivit� -Legittimit�, 

276. 
-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Redditi di lavoro dipendente 
� Compensi percepiti da magistrato 
della Corte d'appello di Roma 
per l'attivit� di arbitro -Esclu� 
sione, 255. 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche � Redditi soggetti a tassazio� 
ne separata -Compensi percepiti 

�da arbitro � Esclusione, 255. 


INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA Vll 

-Imposte sui redditi � Impresa fami� 
liare � Redditi imputati ai collabora� 
tori . Natura �. Imposta locale sui 
redditi � Soggeiioiie ~ Presupposti, 

251. 
TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di bollo � Ricevuta � Nozione 
� Estratti di conto � Differenza, 
274. 

-Imposta generale sull'entrata -Azio� 
ne in sede ordinaria � Termini � Abo� 
lizione del tributo � Eliminazione 
delle norme sulla tutela giurisdizionale 
� Esclusione, 278. 

-Imposta sulle successioni � Deduzione 
di passivit� -Dimostrazione Provvedimenti 
giurisdizionali � Requisiti, 
253. 

-Imposta s,ul valore aggiunto � Operazioni 
esenti -Servizi di vigila~ 
e custodia da parte di guardie giurate 
-Si estende al trasporto, 271. 

-Imposte doganali � Incompatibilit� 
con norme comunitarie � Rimborsi � 
Traslazione dell'onere su altri soggetti 
-Onere della prova � Art, 29 
legge 29 dicembre 1990 n. 428 � 
Mezzi di prova -Presunzioni � Validit�, 
249. 

-Riscossione -Ingiunzione � Motivazione 
-Necessit� -Insufficienza � 
Nullit� dell'ingiunzione, 245. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento -Imposte dirette e 
IVA -Prova -Documenti contabili 
informali -Presunzione grave precisa 
e concordante, 276. 

-Contenzioso tributario � Estinzione 
del processo � Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 636 � Iscrizione a ntolo 
dell'imposta oggetto della controversia 
. Necessit� della preventiva 
valida notifica dell'ordinanza di 
estinzione, 261. 

-Contenzioso tributario � Giurisdizione 
-Opposizione all'esecuzione Terzo 
-Privilegio speciale � Contro,-. 
versia di imposta -Giurisdizione 
delle commissioni, 263. 

-Contenzioso tributario � Imposta di 
registro -�Accertamento � Nullit� � 
Deduzione in primo grado � Necessit�, 
268. 

-Contenzioso tributario � Indebito oggettivo 
-Nozione, 278. 

-Contenzioso tributario � Ricorso 
per cassazione contro decisione della 
commissione centrale � Art. 111 
Cost. -Difetto di motivazione � Delimitazione, 
248. 

USI CIVICI 

-Liquidazione � Giudizio � Iniziativa 
processuale � Legittimazione del 
Commissario Non esclusivit� � Questione 
di legittimit� costituzionale � 
Inammissibilit�, 159. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
145 
INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
145 
Sez. un., 5 aprile 1993, n. 4054 . 
Sez. I, 24 aprile 1993, n. 4819 �. 
Sez. I, 27 aprile 1993, n. 4957 
)) 
" 
� 
224 
229 
268 
1� aprile 1993, n. 128 
1� aprile 1993, n. 131 . 
1� aprile 1993, n. 132 
1� aprile 1993, n. 133 
6 aprile 1993, n. 138 
6 aprile 1993, n. 139 
5 aprile 1993, n. 142 
6 aprile 1993, n. 144 (ord.) 
6 aprile 1993, n. 146 (ord.) 
27 aprile 1993, n. 196 . 
29 aprile 1993, n. 203 . 
7 maggio � 1993, n. 224 
13 maggio 1993, n. 237 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

Sed. Plen., 25 maggio 1983, nella causa C-228/91 ..... 

5.a sez., 22 giugno 19~3, nella causa C-222/91 . . . . . . . . 
�GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 7 ottobre 1992, n. 10940 
Sez. un., 2 dicembre 1992, n. 12871 
Sez. I, 11 dicembre 1992, n. 13125 
Sez. I, 28 febbraio 1993, n. 2475 . 
Sez. I, 4 marzo 1993, n. 2631 
Sez. I, 12 marzo 1993, n. 3006 
Sez. I, 18 marzo 1993, n. 3051 
Sez. I, 16 marzo 1993, n. 3125 
Sez. I, 23 marzo 1993, n. 3450 . 
Sez. I, 27 marzo 1993, n. 3729 . 
Sez. I, 30 marzo 1993, n. 3843 . 
Sez. Un., 2 aprile 1993, n. 3968 . 

pag. 

. )) 

152 
)) 154 
)) 159 
)) 162 
� 164 
� 166 
� 167 
� 168 
� 172 
� 176 
� 180 
� 183 

pag. 
187 
198 

pag. 206 
� 210 
� 217 
� 245 
� 248 
� 249 
)) 251 
� 253 
� 255 
� 259 
� 261 
� 263 


INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 

Sez. I, 4 maggio 1993, n. 5184. . 
Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5445 
Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5446 
Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5454 . 
Sez. I, 25 maggio 1993, n. 5861 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

Sez. IV, 22 febbraio 1993, n. 203 
Sez. IV, 27 aprile 1993, n. 485 . 
Sez. IV, 28 maggio 1993, n. 571 . 
Sez. VI, 28 aprile 1993, n. 311 (ord.) 


� 271 
� 274 
� 276 
� 276 
� 278 

pag. 233 
� 234 
)) 235 
� 241 


PARTE SECONDA 

Questioni .... ........................ pag. 31 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: 

I -Norme dichiarate incostituzionali .......... . � 61 
Ib -Ammissibilit� della richiesta di referendum abrogativi � 65 
II -Questioni dichiarate non fondate � 65 

Consultazioni . . . . . . )) 71 

. ~ 

-~.,,~~


ill,,~f{~===.�0'=�=�==~"='tt,,,,._....~l�t==,.,.1L,,,,,~)t:t,,,,t:;,,,.r,,,}l':::::,,)::::,,,,)::::.�8,,,z,,,,,,,,,~====='====~!M~~l,,,~ 


PARTE PRIMA 



II,. 
f. 

~ 




GIURISPRUDENZA 



tORT1f COSTITUZI�NAtE, l 0 � aprile. 1993 n. 128 .~ �� Pres. Casa vola -Red. 
ᥥ� �:$�lcfassnrre ���~�� .�.� Reg�qile � Lombardia (av'v.� � Onida), �Regione Toscana

�/(aw. .Pr�dieri) e :Pt~side#t� del. c61lsiglicf dei Mi:rlistri (avv. Stato 
. < z�~fa). . . . . . ... ... . . 

����� .��. �� 

Regfow< Finanza r�gio11al� >1iiterve11ti statali� in materia finanziaria -Im


. ����posta di fabbricaiion� �degli oli mm�rall � .. Fondo� comune -Quota di 

sp�ttama�~regio1iat��� RidUzione �d�l�fondo e�della quota � Illegittimit� 

costitnzioni,tle ��~�� N6n sussiste. � 

R�gio!tl /pfuanza.�regionale< Intetv�ntf �statalf m materia sanitaria -Man� 

� ~~ta� deterininazforie dei mrelH uiliforiiii di assistenza sanitaria � Po


teri regi�naU~'.E'Sercizicfdeiia autori6irrl:a aimninistrativa e finanziaria 


�� � Legittimit�, 

� 
.. (Cost�;/artti:3; 81) qUartd e quintd ��mma; 97i 117�Ef H9;. d.!. ll�luglio 1992, conv. con legge 
<.g agosto 1992 .. n,�. 359; art. J, terzo coinin11>� 
Ll legislatore staiate pii�, nell'ambito di una manovra' di �tagli)) 

della spesa pubbtioa delta gen�ialit� degli enti territotiali, ridurre -an


corch� nel corso delt'esercitit:> ~gli importi da trasferire alle regioni (1). 

Noti � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. l, 
quarto comma; del decreto legge 11 luglio 1992 n. 333 in relazione agli 
artt. 117.e 119 della Costituzione laddove prevede� che, in assenza della 
deterntinazione, dei livelli mimmi di as$i$tenza sanitaria da parte de.l GoVf!..
tnoi intesa con la. �CQ1:ifer:<i!nza Stato ll.<i!gioni �; le Regioni possano 
provve4ere. autqriomfunente al funzionamento ed all'organizzazione del 
servizio. 

�..�. (ol?lissis).�. Le Regfont Lw~.9arc1iae �ps�an~ hanno sollevato questioni 
di .��gjtti1lJJt�'. �o~�tl.lZionale.�nei��onfyonti.� deJl'art,. 1;.�.terzo e . quarto COID� 
ma, #e� decretQ.;fogge .ff.. luglio.1992,. n. 333 (Misure urgenti per il risana


{*)A q.uesta sezione ha c.ollaborato l'avv. V. Russo. . 

(l) La �Corte Costituziona�e ribadisce la posizione gi� assunta con la sent. 
31 ltiglfo 1990 ri. 382, iri Poro u;, 1991; I, 3452 in meritO' alla legittimit� degii interventi 
statali de~rminativi dell'ammol!-tare dei fondi comuni . da . de.stinare alle 
Regiom, in quanto Ii.entrante .nell'esercizio della potest� di coordinamentq spettante 
allo Stato, pur nel rispetto dell'autonomia finanziaria regionale, ed inol� 
tre �ircoscdve la portata dei suoi precedenti insegnar�1enti in tema: di interventi 
in corso d'esercizio. 

146 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

mento della finanza pubblica), convertito con modificazioni nella iegge 
8 agosto 1992 n. 359. Mentre la Regione Toscana contesta la legittimit� 
costituzionale delle disposizioni appena menzionate in riferimento agli 
artt. 3, 81, quarto comIJ:la, 97 e 119 della Costituzione, la Regione Lomba~
dia sospetta l'incostituzionalit� delle medesime disposizioni di fogge 
per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, nonch� dell'art. 
81, quarto comma, come attuato, per quanto riguarda Ja finanza 
regionale e locale, dall'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (riforma di 
alcune norme di contabilit� generale dello Stato in materia di bilancio) e 
dall'art. 3 sesto comma, delli,i legge 14 giugno 1990, n. 158 (norme di delega 
in materia di autonomia impositiva delle regioni e altre disposizioni 
cc�ncernenti i rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni). La Regione 
Lombardia ha sollevato altres� ricorso contro la legge di conversione 
del decreto-legge impugnato (legge 8 agosto 1992, n. 359), nella parte in 
cui dispone la conversione in legge, . peraltro senza modificazioni, delil'art. 
1, commi terzo e quarto, del decreto-legge gi� impugnato. 

La prima delle questioni di legittimit� costituzionale sollevate dalle 
ricorrenti concerne l'art. 1, terzo comma, del decreto-legge n. .333 del 
1992, il quale dispone: �Nel comma 2 dell'art. 5 della legge 31 dicembre 
1991, n. 415, le parole "( ...) � ridotta all'll,678 per cento" sono sostituite 
dalle parole "( ...) � ridotta al 10,50 per cento". E al comma 3 dello 
stesso articolo le parole "( ...) � stabilito in lire 6.957 miliardi ( ...) " sono 
sostituite con le parole "( ...) � stabilito in lire 6.632 miliardi ( ...) " �. 

Questa disposizione, per divenire significativa, dev'essere posta in 
connessione con l'art. 5, secondo e terzo comma, della legge n. 415 del 
1991, nel quale sono contenute le seguenti proposizioni normative. Nel 
secondo comma si stabilisce che: �Per l'anno 1992 la quota del 15 per 
cento dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali, loro derivati e 
prodotti analoghi, indicata nell'art. 8, primo comma, lettera a), della 
legge 16 maggio 1970, n. 281, � ridotta all'll,678 per cento �. Nel terzo 
comma dello stesso articolo si dispone che: � Il fondo comune per l'anno 
1992 � stabilito in lire 6.957 miliardi ( ...) �. 

A seguito delle modifiche apportate all'appena citato art. 5 della 
legge n. 415 del 1991 dalla disposizione impugnata, sono state prodotte 
nell'ordinamento due distinte norme, della cui costituzionalit� dubitano 
le ricorrenti. Innanzitutto, la quota, destinata a confluire nel fondo comune, 
afferente all'imposta di fabbricazione sugli oli minerali, sui loro 
derivati e sui prodotti analoghi indicata nell'art. 8, primo comma, lettera 
a), della legge n. 281 del 1970, viene decurtata, con riferimento all'esercizio 
finanziario del 1992, dall'll,678 per cento al 10,50 per cento. Nello 
stesso tempo, sempre per l'esercizio finanziario 1992, l'ammontare globale 
del fondo comune viene ridotto da 6.957 miliardi di lire a 6.632 
miliardi di lire. 


PARTE Ii snz. 11 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

�� Ad amso de�le>ricorrenti; nello stabilire le n�rme ora precisate, 
l'art. t; terzo comma; del decretO.legge ll; 333 del 1992 si p�ne in c�ntfasto; 
prima di tutto1 eonl'attl19; secondo e�mma, della Costituzione, 
U quale esige che alle regiOru siano attribuite quote di tributi erariali. 
�Pe1tla�Re~one L<imbat'di<t; infatti, �ia disposizione contestata predeterminer�i:
l'be V�ntit� del t0nd.o�coiliun��� md�pendentemente �aai �gettito del 
tri;buto. tbrisiderato, fa ctd quot�Vda: devQlvere �al fondo stesso verrebbe 
defmitasoltant<fa posteriori���m �i:i�do da adeguarla� altl� cifra�.assoluta 
fissata �oine��amfu.�ntare globale del� fondo medesimo. 
���� �> In secondo liiogo �....;:;;�� e questo � W:� profilo�. sollevato da ambedue le 
:dco'rrenti 4 rart/t; terttYc�mnta, deldecreto4egg�ni3331del 1992,��intefliene�idti 
� eserdzfo flnanziariO moltrat� .per ridurre una .. quota .d'imposta 
destinata at�f�rtd() comtihe;renderebbe� �vid:ente� la mancanza di 
qttalSiasi nesso della detetiftm~fon� della quota stessa con l'effettivo 
�andamento� del gett�to����d�l<tfibutd��.~prf$iderato; �dil� ��rnod6 cM.� la :garanzia 
apprestata dall'art; 119, secondo comrtia;� della Costifuz�one;� relativa alla 
certezza delle .��risorse finanziarie .�.�� asskurate alle � regioni; r�sulterebbe 
svuotata da un�ntervento de1<1egislatore��stataie drcarattere'�arbitrario 
e non anc�tato � dati �ggettivi/Di qui deriverebbe; secondo l� Regione 
Toscana;� anche t.tna V��lazione del principiO. d� ragion.eV:olezza e �del buon 
artd~�rtto delle an�ministrazionii .pubbli�h� .(artt. 3 .ei 97 .della Costituzi�ne)~
�nonch�; in consideraztone della natura sostanzlalmente retroattiva 
�de!Uintervento, ��ttna �lesione del principio dell'affidamento; �estensibile 
pure ai ��rapporti.. tra> soggetti pubblici ..operanti �.secondo le .. regole .della 
programm.azione .(art;3 della Costituzione); 

. ... 
.... �� Jnf~/sempre �a .giqdizjQ 4i f,Ui:l!lbedue .le. dcorrenti; la ciji;posizione 
�pJ:!.testata,.!lon ei;~eAl'l9 accompi:igqata eia U1la �og.elatiya riciuzione .delle 
flm,zi.ol'.li p0ste �. a �~c9 4elle regiq~h sarebbe les�ya, tanto.. del prillcipio 
4ella p;izogi:a,~m~~o1;1e �tirianziaria...(art. ll9 c!#lla cps*.,ziop�) ciuanto di 
que]JJ:> del bi~ciq(art. 81, q.artq. �omma, della Costituzione), sui ,Pre


fu;~~st~��k~g~~.���Jf��~~~?:�g~t~~~~;f~;ef:���=tl~tov~'.::lqf;~~~es:~~~ 


Xl1en{> retrqatti'Vajnente la coperturafinanziaria di U�terventi. gi� deliberati. 
.. 
..�. Va }~ggiun.to clie .� 1.a ..� Reg!~rie Lombarc;lfa .�� afferma, .nella parte .fi~ale 
e .riassuritiv~ de(rfoorso, dfdubital"e della. tost�tuzi6hal�t�. della disposizione 
iih1Jtign:afa ~fiche sotto � pronto� deglial'tt. �7 � 118 d�lla Costituzione. 
�M:a �� l?ofoh� �� su � tau �censure non si riscontra�� alcuno .. �svolgimento 
argomentativo negli atti difensivi �della Regione, ilrieorso, p�r la parte 
che le riguarda, va dfohiarato iriafu�i:iissibile per caren:ta assoluta di 
inotivazfone (v., da ult:hnb, la sent; n. 343 d�l 1991). 

Le questfoni di legittimit� costituzionale sollevate dalle ricorrenti 
nei confronti dell'art. 1; terzo comma, del decreto-legge n. 333 del 1992 
per viollitzi�ne dell'art. 119, secondo comma, della Costituzione non sono 
fondate. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Ai sensi dell'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti 
finanziari per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario), l'ammontare 
del fondp comune ivi previsto � commisurato al gettito annuale delle 
quote dei tributi erariali indicate nello stesso articolo, fra le quali � 
ricompresa una quota dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali, 
sui loro derivati e sui prodotti analogfii (lettera a). Dal 1982, cio� da 
quando ha cessato di avere applicazione la legge 10 maggio 1976, n. 356, 
la determinazione delle risorse da devolvere al fondo comune ai sensi del 
ricordato art. 8 avviene di anno in anno, generalmente ad opera della 
legge finanziaria, secondo un sistema per il quale l'ammontare del fondo 
stesso � stato commisurato all'entit� fissata per l'anno precedente, maggiorata, 
almeno in via tendenziale, di un importo pari al tasso programmato
� di inflazione. Sebbene, nel corso degli anni successivi, siano confluiti 
nel fondo comune Va["i altri finanziamenti iscritti per l'innanzi ID 
diversi capitoli del bilancio statale (ad esempio, fondi per gli asili nido, 
per ~ consultori familiari, per l'Onmi) e sebbene lo stesso fondo subisca 
annualmente aggiustamenti o arrotondamenti, la base storica dell'ancoraggio 
del fondo medesimo a quote di tributi erariali � stata mantenuta 
nella sostanza. E, anche se il sistema adottato rappresenta una soltanto 
delle possibilit� attuative dell'art. 119, secondo comma, della Costituzione 
poste a disposizione del legislatore nell'.esercizio della sua discrezionalit� 
politica di interpretazione delle norme costituzionali, non si pu� dire che, 
per l'aspetto considerato, il sistema di determinazione degli �apporti al 
fondo comune risulti obiettivamente disancorato del tutto dall'ammontare 
del gettito annuale riferibile alle quote di tributi erariali indicate 
dalla legge e debba, pertanto, esser dichiarato contrario alla Costituzione. 

Nel ridurre la quota dell'imposta di �fabbricazione sugli oli minerali 
e sui loro derivati e prodotti analoghi da devolvere al fondo comune 
dall'll,678 per cento al 10,50 per cento e nel determinare, conseguenzialmente, 
l'ammontare globale del fondo per il 1992 da 6.957 miliardi di 
lire a 6.632 miliardi di lire, la disposizione impugnata si uniforma al 
sistema di determinazione seguito da pi� di un decennio per la definizione 
delle quote di tributi erariali destinate al fondo comune. Pi� precisamente, 
la percentuale ridotta del 10,50 per�. cento � stata applicata all'ammontare 
dei versamenti di due anni prima relativi all'imposta sugli oli 
minerali e sui loro derivati e prodotti analoghi, ai sensi dell'art. 8, secondo 
comma, della legge n. 281 del 197,0, e la conseguente riduzione della 
quota di tributo erariale da destinare al finanziamento delle funzioni 
regionali � stata, poi, calcolata sull'entit� complessiva del. fondo comune 
gi� definita per il 1992 allo scopo di rideterminare la cifra globale. 
In altri termini, la vicenda oggetto della presente impugnazione 
non � sostanzialmente diversa, sotto il profilo ora considerato, da quella 
giudicata non contraria all'art. 119 della Costituzione con la sentenza ~! 

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PARm I, SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

n. 382 del 1990, trattandosi in questo caso, come in quello, della riduzione 
in termini percentuali della quota di un tributo erariale da devolvere 
al fondo comune, con conseguente rideterminazione dell'ammontare 
globale del fondo stesso per l'anno cui si riferisce la predetta 
riduzione. 
La� conclusione di� non fondatezza�� non pu� � essere modificata dalla 
consideraziOn.e della cir<:ostanza aggiitl'J.tiva -sulla quale insistono molto 
le Hcorrenti ........ concernente il fatto che l'intervent� del legislatore statale 
diretto a ridurre la quota da evolvere al fondo comune � stato 
posto in ess.ere nel corso dello stesso anno finanziario cui si riferisce 
la decurtazione adottata. 

In proposit� � opportuno precisare che questa Corte � ben consapevole 
di aver afferill.ato in recenti pronunzie (v. sentt. nn. 98 e 116 
del 1991; v; anche sentt. 283 del 1991 e>356 del 1992) che l'autonomia finanziada 
garantita alle regioni dall'art. 119 della Costituzione risulta indubbiamente 
violata quando il legislatore statale,. intervenendo nel corso di 
sv�lgimento dell'esercizio finanziario. di un certo anno, procede alla riduzione 
di somme gi� trasferite alle regioni e da queste legittimamente 
iinpegnate o . spese mediante decisioni adottate nell'ambiti> dello stesso 
esercizio finanziario (o, a.dd�rittura, di� esercizi precedenti). La stessa 
Corte ha, anzi, precisato in quelle occasioni che una riduzione di risorse 
disposta� �nel . modo �indicato .� non pu� non determinare uno squilibrio 
i1ella sfera di autonomia finanziaria costituzionalmente assicurata alle 
regioni e, quindi, nei confronti di una corretta attivit� di bilancio, dovuto 
alla possibile interferenza di quegli interventi sui programmi di 
spesa. gi� .adottati e in corso di svolgimento~ Tuttavia, occorre sottolineare 
che la questione sottoposta alla� Corte nell'attuale giudizio presenta 
particolarit� tali che non ne permette l'assimilazione ai casi precedentemente 
giudicati. 

La pi� importante:� differenza risiede nel fatto che la disposizione 
ora impugnata non contiene un intervento� mirato al solo contenimento 
delle spese regionali, ma prevede una manovra complessiva diretta a 
imporre un taglio generalizzato della spesa amministrata da tutti gli 
enti territoriali, al fine di coinvolgere questi ultimi, senza eccezione alcuna; 
nella difficile. opera di risanamento dei conti pubblici. Pi� precisamente, 
mentre l'art. 1, terzo comma, del decreto-legge n. 333 del 1992 
provvede alla riduzione del 5 per cento del�fondo comune destinato alle 
spese per il normale funzionamento delle regioni a. statuto ordinario, il 
comma precedente dello stesso articolo stabilisce un'identica detrazione 
riguardo ai finanziamenti a favore delle province e dei comuni. Nello 
stesso tempo, gli artt. 3 e 4 del medesimo decreto-legge intervengono 
sulla spesa dello Stato operando un taglio di 1.500 miliardi di lire sul 
bilancio della difesa per l'anno 1992, oltrech� stabilendo, sempre per lo 
stesso .anno, il blocco della facolt� di impegnare somme per determi



150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
nate spese e la destinazione ad economie di bilancio delle quote dei 
fondi globali non utilizzate alla data di entrata in vigore del decretolegge 
medesimo. In definitiva, quella ora in considerazione � una manovra 
finanziaria di carattere generale, diretta a far fronte a una situazione 
di emergenza del disavanzo nel settore pubblico allargato, che, 
150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
nate spese e la destinazione ad economie di bilancio delle quote dei 
fondi globali non utilizzate alla data di entrata in vigore del decretolegge 
medesimo. In definitiva, quella ora in considerazione � una manovra 
finanziaria di carattere generale, diretta a far fronte a una situazione 
di emergenza del disavanzo nel settore pubblico allargato, che, 
perci� stesso, richiede un impegno solidale di tutti gli enti territoriali 
erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia costituzionale dell'autonomia 
finanziaria delle regioni non pu� fungere da impropria giustificazione 
per una singolare esenzione. 

Inoltre, non � neppure priva di rilievo la circostanza che, a differenza 
dei casi precedenti, la riduzione ora contestata non concerne il 
finanziamento di un determinato settore o di una individuata erogazione, 
ma attiene a un fondo destinato a finanziare le spese correnti 
delle regioni a statuto ordinario (artt. 1 e 2 della legge 14 giugno 1990, 

n. 158). La commisurazione dell'oggetto della decurtazione operata ad un 
fondo destinato a finanziare tutte le spese correnti -al cui interno, oltre 
a voci non comprimibili (ad esempio: salari, stipendi, affitti), sono ricomprese. 
anche spese suscettibili di graduazione in relazione all'entit� 
delle somme disponibili (ad esempio: acquisiti di forniture, decisioni di 
nuove assunzioni, svolgimento di missioni o di straordinari) -e, conseguentemente, 
la relativa ampiezza dello spettro delle voci di spesa toccato 
dalla disposizione impugnata, lasciano alle singole regioni un margine 
sufficiente per poter adeguare gradualmente, nel corso dello stesso 
anno, le necessarie misure di contenimento della spesa ai nuovi livelli 
di disponibilit� finanziarie, senza il minimo rischio che la riduzione imposta 
possa determinare una paralisi o un serio intralcio nell'espletamento 
delle funzioni regionali. E ci� vale tanto pi� se si considera che il 
taglio dei finanziamenti disposto dalla norma contestata, non riguardando 
spese destinate allo sviluppo, bens� spese dirette al normale funzionamento 
(sulla diversa rilevanza di tali spese nell'ambito di manovre di 
contenimento, v. sent. n. 476 del 1991, nonch� sent. n. 307 del 1983), non 
pu� comportare alcuna interferenza sulla programmazione degli inter� 
venti regionali o su una corretta attivit� di bilancio, n� alcuna alterazione 
degli impegni di spesa legittimamente assunti. 
Le considerazioni svolte nei due punti immediatamente precedenti 
conducono a rigettare anche le censure proposte dalle ricorrenti sotto 
gli ulteriori profili prima indicati. 

In particolare, deve assolutamente escludersi una lesione dell'art. 81, 
quarto comma, della Costituzione, lamentata da ambedue le ricorrenti, per 
il fatto che l'intervento contestato non produce alcuna modificazione 
nei compiti addossati sulle regioni ovvero negli oneri di gestione delle 
funzioni preesistenti. 

N� � possibHe ipotizzare fondatamente una violazione del principio di 
ragionevolezza o dell'esigenza che i rapporti tra i soggetti pubblici siano 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRWENZA �QST:i:TUZIONALE 

improntat,i al criterio� del1'affi4amento reciproco, poich�; per ile ragioni 
svolte nei punti precedenti, Ia riduzione della quota del tributo erariale 
disposta con Ja norma contestata � ri.conducibile a un non irragionevole 
esercizio del potere. di coorciinament9 c:l1e l'art. 119,�.primo c:omma, della 
C!Rstituzi<;1ne assegna al legialatore stata,le. nel rispetto dell'autonomia finanziaria 
regionale. Come questa Corte ha gi� affermato (v. sent. n. 356 
del1992);rientra in un..corretto esei::cizio di quel potere la considerazione 
che il trasferimento delle risorse finanziarie alle regioni o una riduzione 
de.Ila clisponibilit� delle stesse da parte delle iregioni medesime non possano 
prescindere dai limiti .di com,patibilit� con i .. vincoli generali collegati 
.lillle�: complessive es~gen,ze .della .finanza. pubblica. 

Non .fond,ate sono anche. le. questioni di legittimit� costituzionale che 
ambedue le ricorren,ti hanno sollevato, in riferimento agli stessi parametri 
invocati perla prececlente q.estione, nei confronti dell'art. l, quarto 
comma, dtlldecretcrlegge n, .333 del .1992. 

Secondo 1a�.�disposizione impugnata, � le Jnisure . previste dall'art. 4, 
c:oJnma 5, dtllla legge 30 dicem\>re 1991, n. 412, si applicano, per l'anno 
1992, ancne in . aiis.enza dei livelli obbligatori uniformi di assistenza di 
cui al comma l dello stesso 1:1.rtic:olo �. :Per comprendere esattamente il 
senso di tale .disposizione, occorre ricordare .che l'art. 4, primo comma, 
.della legge n. 412 del 1991�prevede che ii Governo, d'intesa con la � conferenza 
Stat<rregioni�, determini i livelli di assistenza sanitaria da assicurare 
in condizioni di uniformit� su tutto iJ territorio nazionale, nonch� 
gli standard organizzativi e di attivit� da utilizzare per calcolare il parametro 
capitario di finanziamento di ciascun livello assistenziale per 
l'anno 1992. Lo stesso art.. 4, al quinto comma, dispone, poi, che, in caso 
di spesa sanitaria eccedente quella determinata ai sensi del ricordato 
primo comma e non compensata da minori spese effettuate in altri settori, 
le regioni possono fare ricorso alla propria capacit� impositiva 
ovvero. possono�.� prevedere l'erogazione di certe prestazioni in forma 
jndiretta o, ancora, maggiorare le vigenti quote di partecipazione dei 
cittaciini al costo � delle. prestazioni o,, � infi.e, eliminare temporaneamente 
alcune prestazioni dal novero di quelle erogate a cariCo del � servizio 
sanitario nazionale �. Su questa normativa la disposizione impugnata 
interviene affermando che le alternative appena ricordate possono essere 
adottate dalle regioni anche in mancanza della determinazione da..parte 
del Governo, d'intesa con la � conferenza Statcrregioni �, dei livelli obbligatori 
uniformi di assistenza e degli standard precedentemente indicati. 

Tutte le censure prospettate dalle ricorrenti all'art. l, quarto comma, 
del decretcrlegge n. 333 del 1992 muovono dal presupposto interpretativo 
secondo il quale la disposizione impugnata addosserebbe alle 
regioni l'eccedenza della spesa sanitaria rispetto agli stanziamenti del 
fondo nazionale. Su tale base, infatti, esse lamentano la lesione dell'art. 
119 della Costituzione, a causa della pretesa imputazione alle regioni 


152 

RASSEGNA AVVOCATURA DEllO STATO 

di oneri �non dipendenti da �loro decisioni, nonch� dell'art. 81, quarto 
comma, della Costituzione (per aver consequenzialmente previsto nuovi 
oneri privi della necessaria copertura finanziaria) e, limitatamente alla 
Regione Toscana, dell'art. 97 della Costituzione (per l'irragionevole mutamento, 
a distanza di pochi mesi, delle previsioni contenute nella legge 

n. 412 del 1991). Tuttavia, la premessa interpretativa da cui muovono 
le ricorrenti non pu� essere ragionevolmente ascritta alla disposizione 
impugnata. 
Quest'ultima, in realt�, non dissimilmente da un'ipotesi gi� sottoposta 
al giudizio di questa Corte in un precedente caso (v. sent. n. 284 
del 1991), ha il �solo scopo di rimuovere un limite di competenza frapposto 
all'adozione dei provvedimenti indicati nell'art. 4, quinto comma, 
della legge n. 412 del 1991, nel senso che consente alle regioni di adottare 
i predetti interventi senza che siano pi� subordinati alla previa 
determinazione, da parte del Governo (d'intesa con la �conferenza Statoregioni 
>;), dei livelli obbligatori uniformi di assistenza. Contrariamente a 
quanto� suppongono le ricorrenti, pertanto, la disposizione impugnata 
non stabilisce alcunch� sul ripiano dell'eventuale maggior spesa sanitaria 
rispetto agli stanziamenti del fondo nazionale. E questa interpretazione 
trae un'agevole � conferma dall'art. 2 del decreto-legge 18 gennaio 
1993, n. 9, convertito dalla legge 18 marzo 1993, il. 67, il quale � diretto 
a regolare il suddetto ripiano prevedendone la copertura con oneri posti 
a carico dello Stato. (omissis) 

CORTE. COSTITUZIONALE, 1� aprile 1993 n. 131 -Pres. Casavola -Red. 
� Mirabell� -Campus ed altri�� e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato Ferri). 

Lavoro . Assunzioni obbligatorie � Violazione delle norme sulle modalit� 

di assunzione � Contravvenzione � Definizione amministrativa � Azione 

penale � Sospensione obbligatoria � Inapplicabilit� � Legittimit� co


stituzionale. 

(Cost., art. 112; L. 2 aprile 1968, n. 482 art. 24) . 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 24 
della legge 2 aprile 1968 n. 482 (disciplina generale delle assunzioni obbligatorie 
presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), in riferimento 
all'art. 112 Cost., non ricorrendo nella fattispecie un'ipotesi di 
sospensione necessaria del procedimento penale e non essendo, quindi, 
sospeso indefinitamente l'esercizio (obbligatorio) dell'azione penale. 

La questione di legittimit� costituzionale sottoposta all'esame della 
Corte concerne l'art. 24 della legge 2 aprile 1968, n. 482, inserito nel conte



PARTE l; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

153 

sto della disciplina generale: delle assunzioni obbligatorie di persone delle 
categorie svantaggiate: invalidi di guerra, per servizio, del lavoro,. civili, 
ciechi, sordomuti, orfani e vedove di caduti, .ex tubercolot�ci;'profughi. 
Tale disposizione prevede la possibilit� di definire in via amministrativa 
le .contravvenzioni �all'obbligo: ��e�alle modalit� di assunzione degli �aventi 
diritto, delineando�� la.� relativa '.procedura. I verbali di ce>ntravvenzione 
sono� rimessi al Prefetto. Questi; sentito il �parere della . commissione 
provinciale per il collocamento obbligtttorio, determina !!ammontare 
della somma dovuta dal contravventore; il quale pu� effettuare il relativo 
versamento entro� quindici giorni dalla comunicazione; In mancanza, 
il verbale��di contravvenzione � trasmesso all'autorit�: 1 giudiziaria entro 

sessanta giorni. � � 

�. Il giudice per le indagirii preliminari della Pretura di Pescara, seguendo 
la giurisprudenza domiriante, ritiene che la procedura di definizione 
amministrativa delle contravvenzioni non sia dl osta��lo all'inizio ed 
alla� prosecuzione dell'azione penale, ma che il processo debba essere 
sospeso; perch� l'oblazione amministrativa produce l'estinzione del reato. 
Se tale procedura si protrae per un tempo indefinito .._, come nei casi 
sottoposti al suo giudizio, nei quali la commissione provinciale per il collocamento 
obbligatorio non aveva emesso il proprio parere -l'azione 
penale resterebbe��s�spesa �senza alcun. termine, .determinando, ad avviso 
del giudice rimettente~� un . contrasto con l'art. 112 della Costituzione. 

La questione prospettata attiene, ad avviso del giudice rimettente, 
all'esercizio dell'azione penale, in ragione della asserita sospensione senza 
termine del processo, in attesa della conclusione del procedimento di 
definiziOne ammiri�strativa � delle �� corttrawenzioni.. in�. materia di collocamento 
obbligatorio di categorie protette. Essendo obbligatorio il parere 
della commissione provinciale per il collocamento, �previsto dall'art. 24 
della legge n.482 del 1968, la omessa riunione di ta,le commissione e di 
�onseguenzala maJ:J.cata determinazione da parte del Prefetto della som.ia 
dovuta dal contravventore protrarrebbero senza limite, ad avviso 
del giudice rimettente, la sospensione del. processo penale. 

Questa conclusione presuppone non solo, seguendo la interpretazione 
gim;isprudenziale dominante, che. il.contravventore abbia diritto a vedere 
attivat~, la pr�cedura di defin~i~ne ammini11trativa (a tal fine l'art. 24 
della legge n.482 d~l 1968 espress11me:pJe prevede che i verbi;i.li. di denuncia 
siano rimessi al Prefetto della Provincia), ma anche che non siano legislativamente 
prefissati tempi certi .per la conclusione di tale procedura. 

La . seconda . premessa, che .assume indefinita la durata. della procedura 
amministrativa e quindi� della sospen$ione del processo penale, non 
� esatta. Le norme in materia di procedimento amministrativo, che hanno 
portata generale; prevedono che l'amministrazione (in questo caso il 
Prefetto) ha il dovere di concludere ciascun tipo di procedimento nei 
termini disposti per legge o per regolamep.to (art. 2 della legge 7 agosto 

_IJ._..__ 



1S4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
1990, n. 241). Proprio l'art. 24 della legge n. 482 del 1968 determina, per la 
definizione amministrativa delle contravvenzioni in materia di assunzioni 
obbligatorie, una successione concatenata e vincolante di termini 
per l'adozione del provvedimento prefettizio: entro 15 giorni dalla ricezione 
dei verbali di contravvenzione � fissata la somma dovuta dal con1S4 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
1990, n. 241). Proprio l'art. 24 della legge n. 482 del 1968 determina, per la 
definizione amministrativa delle contravvenzioni in materia di assunzioni 
obbligatorie, una successione concatenata e vincolante di termini 
per l'adozione del provvedimento prefettizio: entro 15 giorni dalla ricezione 
dei verbali di contravvenzione � fissata la somma dovuta dal contravventore; 
entro 15 giorni dalla comunicazione della decisione prefettizia 
deve essere effettuato il pagamento; in mancanza, entro sessanta 
giorni il verbale � trasmesso all'autorit� giudiziaria. 

In ogni caso il procedimento penale inizia o prosegue entro i ristrettissimi 
tempi cos� indicati. N� pu� essere attribuita efficacia ostativa al 
mancato parere della commissione provinciale per il collocamento, giacch�, 
se questo organo non si pronuncia entro il termine fissato dalla 
legge, il Prefetto, in base alle norme comuni in materia di procedimento 
amministrativo (art. 16 della legge n. 241 del 1990), pu� e deve provvedere 
indipendentemente dall'acquisizione del parere. 

Non sussiste, pertanto, l'ostacolo all'esercizio dell'azione penale prospettato 
dal giudice rimettente: la questione di legittimit� costituzionale 
� quindi infondata. 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� aprile 1993 n. 132 -Pres. Casavola -:-Red. 
Baldassarre -Regione Veneto (avv. Bertolissi e Manzi), Regione 
Toscana (avv. Predieri), Regione Umbria (avv. Pedetta), Liguria (avv. 
Zanchini) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Zotta). 

Regioni -Richiesta di accreditamento di fondi di pertinenza regionale � 
Rifiuto dello Stato od erogazione di somme inferiori a quelle richie� 
ste � Illegittimit� � 

Lo Stato non pu� rifiutare di accreditare, presso le tesorerie regionali, 
somme in deposito nei conti correnti intestati alle singole regioni 
presso la tesoreria centrale, ovvero accreditarle per un importo inferiore 
a quello richiesto dalle regioni stesse (1). 

Le Regioni Veneto, Toscana, Umbria e Liguria hanno presentato 
distinti ricorsi per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in 
relazione a varie note o vaglia del Ministro del Tesoro -emessi rispetti


(1) La Corte costituzionale si � pronunziata pi� volte in merito al pro� 
blema dei rapporti tra Stato e Regioni in materia finanziaria, affermando 
costantemente la sussistenza dei poteri statali di coordinamento ex art. 119 Cost., 
tali da giustificare interventi statali di notevole rilievo (v., fra le tante, Corte 
Cost. 29 ottobre 1985 n. 243, in Foro it., 1986, I, 1235; Corte Cost. 2 marzo 1987 
n. 61, in Foro it. 1987, I, 2664). Peraltro, il sistema della tesoreria unica si basa 
sulla pronta ed incondizionata messa a disposizione delle Regioni delle somme 
di loro pertinenza da esse legittimamente richieste. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

vamente in data 8 febbraio 1992, 8, 15 e 22 giugno 1992, nonch� in data 
20 agosto 1992 -con i quali sono state accreditate alle regioni somme 
minori di quelle richieste ai sensi dell'art. 2 della legge 29 ottobre 1984, 

n. 720 (istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi 
pubblici) e dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119 (legge finanziaria 
per il 1981). Secondo le ricorrenti, i minori accreditamenti di somme 
rispetto a quelli da ciascuna richiesti, ai sensi delle norme di legge appena 
richiamate; violerebbero l'autonomia finanziaria regionale garantita 
dall'art. 119 della Costituzione, nonch� gli artt. 117 e 118 della Costituzione 
e, secondo la Regione Toscana, anche l'art. 97 della Costituzione. 
Poich� i ricorsi sollevano profili identici o strettamente connessi, i 
relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza. 

11 Presidente del Consiglio dei ministri ha preliminarmente presentato 
un'eccezione di inammissibilit� nei confronti del ricorso depositato 
dalla Regione Veneto, �he, tuttavia, non pu� essere accolta. 

Secondo l'Avvocatura dello Stato, l'atto impugnato, vale a dire la 
lettera del Ministro del tesoro in data 8 febbraio 1992, non conterrebbe, 
innanzituttb, alcuna affermazione, neppure implicita, del potere del Ministro 
di determinare l'importo dell'accredito alla regione in misura inferiore 
a quella richiesta �e non avrebbe, inoltre, un carattere invasivo, sia 
perch� non pretenderebbe di esercitare alcuna attribuzione di spettanza 
regionale, sia perch� enuncerebbe, �tutt'al pi�, una mera affermazione 
di principio in relazione alla quale potrebbe darsi una pronunzia con 
effetti meramente� dichiarativi, e non gi� la risoluzione di un conflitto 
reale. 

La vicenda che ha dato luogo al conflitto di attribuzione in esame � 
iniziata con una lettera inviata il 14 gennaio 1992 dal Presidente della 
Regione Veneto al Ministro del tesoro, con la quale, dopo aver fatto 
presente che nel 1991 �risultavano emessi dalla tesoreria centrale mandati 
di pagamento a favore della Regione stessa del valore complessivo di 
128 miliardi di lire a fronte di oltre � 116 miliardi di sofferenza� e che 
�accreditate informative hanno consentito di accertare (che) potrebbe 
essere disponibile forse appena 1/7 dell'indiSpensabile �, la Regione concludeva 
domandando al Ministro di � voler intervenire affinch� siano 
rispettate integralmente le necessit� di questa Regione�, segnatamente 
affinch� siano soddisfatte per intero le � necessit� improcrastinabili di 
244 miliardi�. In data 8 febbraio 1992, il Ministro del tesoro ha risposto 
inviando una lettera -quella che ha innescato il presente conflitto di 
attribuzione -con la quale, preso atto delle preoccupazioni manifestate 
dalla Regione a proposito dell'integrale accreditamento dei 244 miliardi 
di lire richiesti, fa presente che � nel corrente mese di gennaio la Regione 
Veneto ha inoltrato due richieste di prelevamento fondi, rispettivamente 
per lire 97 miliardi con nota 3-1-1992 e per lire 81 miliardi con 


156 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

nota del 15-H992, entrambe evase per l'intero importo in data 9 gennaio 
e in data 20 gennaio e.a. �, 

Dalla corrispondenza intercorsa risulta chiaramente che, di fronte 
alla Regione Veneto che denunzia il parziale accreditamento dei fondi 
richiesti e domanda al Ministro del tesoro di intervenire per sanare 
l'anomala situazione, il Ministro stesso, dimostrando di essere a conoscenza 
che l'integrale richiesta della Regione assommava a 244 miliardi 
di lire, si limita a replicare che le richieste del mese precedente, concernenti 
in complesso 178 miliardi di lire, erano state integralmente 
soddisfatte. La risposta sostanzialmente evasiva del Ministro induce a 
individuare nell'atto impugnato la manifestazione di un'intenzione e di un 
comportamento concludente diretti sostanzialmente a negare il soddisfacimento 
integrale delle richieste formulate dalla Regione Veneto in 
ordine all'accreditamento di 244 miliardi di lire. 

Queste considerazioni portano a escludere la fondatezza della supposizione, 
avanzata dall;Avvocatura dello Stato, concernente il preteso 
carattere ipotetico o congetturale del conflitto. Nel caso, anche se non 
si versa� in un'ipotesi di vindicatio potestatis, si ha un atto potenzialmente 
lesivo dell'autonomia finanziaria garantita alle regioni dall'art. 119 
della Costituzione, per effetto di un comportamento dello Stato che si 
assume contrario alle leggi e produttivo di turbativa nei confronti dell'esercizio 
del potere della regione relativo alla corretta e legittima gestione 
delle proprie risorse finanziarie. 

I ricorsi vanno accolti. A norma dell'art. 40, primo comma, della 
legge 30 marzo 1981, n. 119 (legge finanziaria per il 1981), la cui applicabilit� 
� stata estesa alle regioni dall'art. 2, primo comma, della legge 
29 ottobre 1984, n.. 720 (istituzione del sistema di tesoreria unica per enti 
ed_ organismi pubblici), le regioni non possono mantenere disponibilit� 
depositate a qualunque titolo presso le aziende di credito fungenti da 
tesorieri (ai sensi dell'art. 5 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, 
e successive modificazioni) per un importo superiore al 3 per cento dell'ammontare 
delle entrate previste dal bilancio di competenza delle 
regioni medesime (salve alcune voci che, ai fini della presente decisione, 
non hanno alcuna rilevanza). Sempre a norma dell'art. 40, primo com� 
ma, appena citato, ove le disponibilit� regionali giacenti presso le 
aziende di credito tesorieri superino il suddetto limite del 3 per cento (il 
cui importo in cifra � comunicato al proprio tesoriere dal presidente 
della regione interessata), sulle disponibilit� eccedenti � posto a carico 
delle aziende di credito un interesse pari al tasso ufficiale di sconto 
aumentato di quattro punti, da versare al bilancio dello Stato. 

Ai sensi del comma quarto dello stesso art. 40, poi, le assegnazioni, 

i contributi e quant'altro proveniente dal bi:lancio dello Stato, dovuti 

alle regioni, affluiscono in conti a queste ultime intestati presso le tesore


.de dello Stato. In base al comma successivo, infine, le regioni possono 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

operare prelevamenti sui conti a loro intestati a condizione, per�, che 
rispettino con regolarit� l'onere di comunicare al Ministro del tesoro, all'inizio 
di ogni trimestre, un preventivo di cassa relativo al trimestre 
stesso. 

Sin dalla sentenza n. 162 del 1982, questa Corte, con orientamento 
costante (v., anche sentt. nn. 243 del 1985 e 61 del 1987, nonch� ord. n. 759 
del 1988), ha affermato che la ratio del complesso di norme ora ricordato 
� quella di consentire allo Stato, in riferimento a un interesse dell'intera 
comunit� nazionale, il controllo deHa liquidit� e la disciplina dei 
relativi flussi monetari e, in particolare, di evitare che somme reperite 
dallo Stato attraverso il ricorso al mercato finanziario e comportanti, 
pertanto, il pagamento di onerosi interessi da parte dello Stato stesso, 
finiscano per giacere presso i tesorieri regionali, dando cosi vita a una 
produzione di interessi a favore delle regioni scaturente, in definitiva, 
da erogazioni di somme prese a prestito dallo Stato. Questo circolo vizioso 
delle finanze pubbliche � impedito dal �sistema della tesoreria unica�, 
il quale, per riprendere valutazioni gi� espresse da questa Corte nelle 
decisioni precedentemente ricordate, � ispirato alla � esigenza fondamentale 
per lo Stato (di) limitare l'onere derivante dalla provvista anticipata 
dei fondi rispetto all'effettiva capacit� di spesa degli enti (regionali) �. 
Tale esigenza e le norme di legge che ad essa si ispirano sono, dunque 
espressione del potere di coordinamento della finanza regionale con quella 
nazionale e degli enti locali, che l'art. 119 della Costituzione attribuisce 
allo Stato. 

Tuttavia, questa stessa Corte ha sempre precisato che il corretto esercizio 
di tale potere, se consente allo Stato di regolare l'accreditamento 
dei fondi di pertinenza delle regioni in modo da permettere la giacenza 
presso i rispettivi tesorieri soltanto entro un certo limite (fissato dal legislatore 
statale, secondo una non irragionevole valutazione discrezionale 
al 3 per cento delle entrate complessive previste nel bilancio di competenza) 
e soltanto quando le regioni decidano di doversene effettivamente 
servire per l'espletamento delle proprie funzioni, nello stesso tempo preclude 
allo Stato medesimo di trasformare l'amministrazione dei conti 
correnti intestati alle regioni presso la tesoreria centrale in un anomalo 
strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale (v. sentt. nn. 
155 del 1977, 94 del 1981, 307 del 1983, 61 del 1987 e 742 del 1988). Infatti, 
la garanzia apprestata a favore delle regioni dall'art. 119 della Costituzione 
in ordine all'autonomia di gestione delle proprie risorse finanziarie 
non consente allo Stato di disporre di somme -che, anche se depositate 
presso la tesoreria centrale, restano pur sempre di pertinenza regionale 
-in modo da precludere od ostacolare l'integrale utilizzabilit� da 
parte delle regioni dei fondi loro spettanti per l'adempimento dei propri 
compiti istituzionali, semprech�, ovviamente, il prelevamento sia richiesto 
nelle forme, entro la misura e secondo le modalit� e i tempi fissati nelle 


1$8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

leggi statali sulla finanza regionale (v. sentt. nn. 155 del 1977, 94 del 1981, 
162 del 1982, 307 del 1983, 243 e 244 del 1985, 742 del 1988, 24 del 1991). 

Del resto, se l'entit� e i ritmi di accreditamento dei fondi di pertinenza 
regionale dalla tesoreria centrale alle tesorerie operanti presso le 
singole regioni non dovessero corrispondere alle esigenze di spesa effettive 
e immediate, legittimamente accertate e valutate dai competenti 
organi delle regioni interessate, diventerebbe concreto il pericolo di un 
disavanzo, se non proprio di un vuoto, di cassa rispetto all'indicato fabbisogno 
finanziario. Con la conseguenza, gi� rilevata in passato da questa 
Corte (v., sent. n. 243 del 1985), che per tal via si rischierebbe di causare, 
in difformit� con il principio del buon andamento dell'amministrazione 
e con una corretta gestione del denaro della collettivit�, un aggravamento 
dell'esposizione debitoria complessiva del settore pubblico allargato, 
considerato che nel caso ipotizzato le regioni sal:'ebbero indotte a procurarsi 
i fondi necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni, rifiutati 

o non rricevuti tempestivamente dallo Stato, mediante onerose anticipazioni 
di cassa. 
Applicando i principi affermati da tempo nelle decisioni di questa 
Corte non pu� non dichiararsi la fondatezza dei distinti ricorsi presentati 
dalle Regioni Veneto, Liguria, Toscana ed Umbria e riconoscere l'illegittima 
interferenza che gli atti impugnati hanno prodotto sulla potest� 
di gestire autonomamente le proprie risorse finanziarie garantita alle regioni 
a statuto ordinario dall'art. 119 della Costituzione. 

Premesso che tutte le richieste di accreditamento formulate dalle ricorrenti 
si sono mantenute nel limite. del 3 per cento delle entrate complessive 
previste nel bilancio di competenza e che le stesse sono state precedute 
dalle comunicazioni delle regioni interessate relative ai preventivi di 
cassa trimestrali, in conformit� a quanto prescritto dall'art. 40 della legge 
n. 119 del 1981, � testualmente provato che per ciascuna delle ricorrenti 
la tesoreria centrale ha provveduto ad accreditare una somma complessivamente 
inferiore a quella legittimamente richiesta. Nel caso della 
Regione Veneto, infatti, a fronte di richieste ammontanti a 244 miliardi 
di lire sono stati emessi mandati di pagamento per un valore complessivo 
di 128 miliardi di lire. Analogamente, fa tesoreria centrale ha corrisposto 
alla Regione Toscana accreditamenti globalmente assommanti a 200 miliardi 
di lire dietro richiesta di 234 miliardi e 300 milioni di lire. Anche la 
Regione Umbria ha beneficiato di accrediti del valore complessivo di 60 

miliardi di lire dopo che aveva domandato prelievi ammontanti globalmente 
a 88 miliardi e 423 milioni di lire. Infine, nel caso della Regione Liguria, 
alla richiesta di prelevare 38 miliardi e 100 milioni di lire la tesoreria 
centrale ha risposto con un mandato di pagamento del valore di 20 
miliardi di lire. 

Non v'� dubbio, dunque, che, atteso che il Ministro del tesoro, in qualit� 
di detentore di conti correnti infruttiferi intestati alle singole regioni, 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 159 

non ha alcun potere di sindacare la fondatezza e la congruit� delle richieste 
regionali formulate in conformit� alle norme sulla tesoreria unica, 
in nessun caso si sia realizzata quella �piena e pronta disponibilit� � delle 
somme di pertinenza regionale giacenti nella tesoreria centrale, alla 
quale la giurisprudenza di questa Corte condiziona, in ipotesi, la mancanza 
di menomazione della garanzia dell'autonomia finanziaria assicurata 
aille, vegio11i dall'art. 119 della Costituzione. 

CORTE COSTITUZIONA.LE, 1� aprile 1993., n 133 -Pres. Casavola -Red. 
Mengoni. -Co;munit� montana della Maielletta, Condominio Altair c. 
Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). 

Usi civici -Liquidazion.e . Giudizio -Iniziativa processuale � Legittimazione 
del Commissario -N<m esclusivit� � Questione di legittimit� 
costituzionale -tnammissibilit�. 
(Cost., artt. 24, {o e 2� comma, lOi, 118, to e 20 comma; I. 22 giugno 1927 n. 1766, 

art. 29, 1� comma). 

Il potere di iniziativa ufficiosa dei Commissari per il riordinamento 
degli usi civici trova oggi fondamento giustificativo nell'esigenza di salvaguardare, 
attraverso la conservazione di detti usi, l'ambiente ed il paesaggio. 
Il superamento del cumulo delle due funzioni, di iniziativa e di 
giudizio, pu� avve11ire in una pluralit� di modi, la scelta fra i quali spetta 
al legislatore ordinario (1). 

Con due ordinanze pronunciate l'una. in sede di regolamento di 
giurisdizione, l'altra in sede di ricorso ex art. 111 Cost., le Sezioni unite 
della Corte di cassazione hanno sollevato questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 29, primo comma, della legge 16 giugno 1927, n. 1766, 
� nella parte in cui prevede che i giudizi davanti ai �commissari degli 
usi civici possano essere promossi anche di ufficio �. 

L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilit� della questione 
sollevata con l� prima ordinanza, sul rilievo che il ricorso per regolamento 
di giurisdizione � uno strumento processuale per� individuare il 
giudice avente giurisdizione, �non anche per giudicare della legittimazione 
o meno del soggetto (od organo) attore o convenuto�. L'eccezione 
non pu� essere condivisa. Essa presuppone che il commissario-giudice, 
quando esercita il potere di procedere ex officio, assuma anche la 
qualit� di parte nel processo, il che � sicuramente da escludere, L'iniziativa 
ufficiosa �, essa stessa, un atto interno alla funzione giurisdizionale, 
di guisa che la questione se il commissario sia investito del potere 

. (1) Un esempio di quanto il giudizio costituzionale possa essere ricostruttivo, 
anzich� meramente demolit�vo, e di quanto a ci� possa contribuire un 
lavoro non di mera �resistenza�� dell'Avvocatura dello Stato. 



160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
di agire d'~icio � legittimamente proposta col ricorso previsto dall'art. 
41 cod. proc. civ. (omissis) 
La questione � inammissibile per una ragione attinente ai limiti dei 
poteri di questa Corte. 
Ad avviso del giudice a quo, il potere di impulso processuale attri160 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
di agire d'~icio � legittimamente proposta col ricorso previsto dall'art. 
41 cod. proc. civ. (omissis) 
La questione � inammissibile per una ragione attinente ai limiti dei 
poteri di questa Corte. 
Ad avviso del giudice a quo, il potere di impulso processuale attribuito 
dalla norma denunciata al commissario, mentre poteva giustificarsi 
nell'ordinamento originario degli usi civici, dove � l'anomalia dell'attoregiudice 
era il riflesso dell'anomalia amministratore-giudice�, non � pi� 
giustificabile dopo i1l trasferimento alle regioni di tutte le funzioni amministrative 
in questa materia, attuato dai d.P.R. 24 1lugilio 1977, n. 616: � H 
commissario, oggi, � soltanto un giudice che, come tale, non pu� e non 
deve essere portatore di alcun interesse particolare attinente alla materia 
degli usi civici, la cui cura non gli � pi� attribuita �. 

Integrato con l'assunto che il commissario non � oggi portatore di 
alcun interesse pubblico all'infuori dell'astratto interesse alla corretta 
applicazione della legge, l'argomento dovrebbe indurre a risolvere la 
questione sul piano esegetico, riconoscendo non pi� sostenibile, conformemente 
all'opinione di una parte della dottrina, l'interpretazione che 
estende l'inciso � anche di ufficio � contenuto nel primo comma dell'art. 
29 della legge n. 1766 del 1927, concernente le funzioni amministrative 
del commissario, all'accertamento giurisdizionale dei diritti di 
uso civico e in genere alle funzioni giurisdizionali previste nel secondo 
comma. Nella giurisprudenza anteriore al 1977 tale interpretazione e la 
conseguente natura prevalentemente inquisitoria del processo in materia 
di usi civici erano affermate in ragione dell'incidentalit� delle controversie 
di competenza del commissario nelle operazioni amministrative 
a lui stesso affidate. 

La tradizionale interpretazione estensiva, tenuta ferma dalla Corte 
di cassazione, pu� ancora sostenersi soltanto se si nega il detto carattere 
di incidentalit�, cio� la perfetta corrispondenza delle funzioni giurisdizionali 
a quelle amministrative, e si ammette, invece, che il trasferimento 
di queste alle regioni non esaurisce il compito di cura degli 
interessi pubblici inerenti agli usi civici. Accanto agli interessi locali, di 
cui sono diventate esponenti le regioni, emerge l'interesse della collettivit� 
generale alla conservazione degli usi civici nella misura in cui essa 
contribuisce alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. Il potere dei 
commissari di provvedere d'ufficio alla tutela giurisdizionale non � riferibile 
se non a siffatto interesse -sancito dall'art. 1 della legge 8 agosto 
1985, n. 431, che ha assoggettato a vincolo paesaggistico le zone gravate 
da usi civici -e, con esso, indirettamente anche all'interesse delle 
popolazioni titolari dei diritti civici, non sempre coincidente con gli interessi 
particolari dell'amministrazione regionale. 

Apprezzato alla stregua di questa precisazione, l'argomento riferito 


nel numero precedente intacca il fondamento giustificativo dell'attribu



PARTE I, SEZ. I, OttJRISPRUDENZA COSTlTUZIONALE 

zione �ano stesso�� commissari�-giudice del potere di promuovere d'ufficio 
i� giudizi di sua competenza, ma non conduce a una soluzione meramente 
caducatoria, che riserverebbe il potere di azione alle popolazioni interessate 
e alle regioni. In altre parole, dato l'interesse pubblico generale 
sop~. :indivii;l.ato, 1~ c.ura del.� q.aj.e: l.lon pu� �.. esset'.e rimessi;\ .. esclusiva~ 
menteane. regioni,.�la questione di.legittimit� costituzionale della norma 
impugnata.pu�.� porsi�� solo �come dubbio � se la . deroga. �.al principio della 
domanda, che garantisce l'imparzialit� e l'oggettivit� del giudizio, sia 
tuttora razionalmente giustificabile oppure, venuta meno la giustificazione 
legata all'originaria coesistenza in capo al commissario delle funzioni 
~ministrative e delle funzioni giurisdizionali, il potere di impulso 
.:fficioso debba essere att]:'ibUito . a un organo �di giustizia diverso, e 
precisamente al pubblico ministero giusta il modello normalmente seguito 
<!alla legge quando nell'oggetto di.una controversia � c.oinvolto, insieme 
poD. I'fo.teresse privato, ..:tJl.l interesse pupblico generale (cfr. artt~ 117, 119, 
125, 848, 2098 cod. c:iv.; art. 78 r.d. n. 1127 del 1939; art. 59 r.d. n. 929 del 

1942, ecc.). Il dubbio � proponibile non solo in relazione all'art. 3 Cost., 
non esplicitamente richiamato nelle odierne ordinanze cli� rimessione (a 
differenza dalla precedente ordinanza. n. 820 del 1991, che ha dato luogo 
aI1a sentenza n. 395 del 1992), sebbene 11 princip�o di ragionevolezza 
rimanga. il ref�rertte� implieito della prima parte della motivaiione, ma 
anch� con riguard� .ail'art. 24, secondo c�mn'l.a, Cost. coordinato con 
l'art 3; nel nostro caso la deroga alla regola di terziet� del giudice tocca 
il diritto di difesa alterando la normale dialettica processuale, sia perch� 
la domanda introduttiva del giuciizio, formulata dallo stesso giudice, 
prefigura il contenuto della deeisione, sia perch� il contraddittorio non 

si. instaura. in condizioni di parit� tra le parti del rapporto sostanziale, 

bens� tra queste, da un lato, e il giudice dall'altro. 

Ma la �questione, quale che ne sia il fondamento, � inammissibile in 
quanto implic:a una invasione ciella sfera delie scelte riservate alla discrezionalit� 
del legislatore. Invero, lo spostamento del potere di azione in 
capo l:� pubblico ministero pu� avvenire secondo una pluralit� di varianti, 
per esempio istituendo l'ufficio del pubblico ministero presso il commissario 
agli usi civici e lasciando a . quest'ultimo il solo compito di giudicare, 
oppure -soluzione ritenuta dall'Avvocatura dello Stato pi� coerente 
con l'art. 102, secondo comma, Cost. e con le esigenze pratiche e 
di salvaguardia ~ abolendo la ghirisdizione speciale del commissario e 
lasciandogli soltanto il. potere d� iniziativa processuale, cio� trasformandolo 
in un organo specializzato del pubblico ministero presso il tribunale 
ordinario. 

In ogni caso, indipendentemente dalle possibili varianti, si tratta di 
un intervento n�ll'organizzazione della giustizia manifestamente estraneo 
ai poteri di questa Corte. 


162 

RASSEGNA,AVVOCATURA�DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 1993 n. 138 -Pres. Casavola; Red. 
Mengoni -Adragna ed altri e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. 
Stato Favara). 

Servit� militari -Imposizione temporanea � Aree aventi natura edificatoria 
-Indennit� -Criteri automatici di determinazione -Valori di 
rendita catastale -Inadeguatezza -Mancanza di criteri alternativi � 
Illegittimit�. 
(Cost. art. 42, 3o comma; l. 20 dicembre 1932 n. 1849, art. 2, comma 2� e 3o; l. 8 marzo 

1968 n. 180, art. 1). 

� illegittimo per violazione dell'art. 42, comma terzo, della Costituzione, 
l'art. 2, 2� e 3� comma, della legge 20 dicembre 1932 n. 1849, come 
sostituito dall'art. 1 legge 8 marzo 1968 n. 180, concernente l'indennizzo 
spettante ai proprietari di immobili colpiti da servit� militari, in quanto 
non prevede, per la determinazione della relativa indennit�, un criterio 
alternativo a quello automatico della rendita catastale, ove quest'ultimo 
risulti inadeguato (1). 

La Corte d'appello di Palermo ha sollev�to, in riferimento all'art. 42, 
terzo comma, Cost., questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2, 
secondo e terzo comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, come 
sostituito dall'art. 1 della legge 8 marzo 1968, n. 180, concernente l'indennizzo 
spettante ai proprietari di immobili colpiti da servit� militari, 
�in quanto non prevede, per la determinazione dell'indennit�, un criterio 
alternativo a quello automatico del riferimento ai valori della rendita 
catastale, laddove questo risulta inadeguato�. 

Devono preliminarmente essere respinte le eccezioni di inammissibilit� 
sollevate dall'Avvocatura dello Stato sotto il triplice profilo: a) che 
la questione � stata sollevata in sede di giudizio di rinvio nei confronti 
della norma risultante dal principio di diritto enunciato dalla Corte di 
cassazione; b) che, non essendo citato nel dispositivo dell'ordinanza 
l'art. 14, secondo comma, della legge 24 dicembre 1976, n. 898, non sarebbe 
stato rispettato l'onere di individuare esattamente la disposizione da sottoporre 
a sindacato; c) che la sentenza additiva prospettata dal giudice 
a quo sarebbe invasiva delle scelte riservate alla discrezionalit� del legislatore. 


La prima eccezione � respinta dalla giurisprudenza costante di questa 
Corte (cfr., da ultimo, sentt. nn. 289 del 1992, 30 del 1990, e qui richiamo 

(1) La sentenza sembra anticipare un orientamento della Corte nel senso 
della legittimit� costituzionale dell'art. 5 bis inserito nel d.l. n. 333 del 1992 
della legge n. 539 del 1992. 

PARTE J, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

delle pronunce anteriori), mentre: alla seconda si oppone il rilievo che 
l'applicabili;t� nella specie della legge n.. 180 .del 1968 non dipende dal~ 
I'ai:;t, 14j secondo comma, della legge n. S.98 del 1976, che � norma. di mero 
richiamo <;\ella discjplina !i\ppl;ical:>Ue al p.erio9,o precedente la data di 
en,traw i11 :vigwe: ciel~a n.qvll,)egge:, � e pr:e,cisa:tnente .il . perio9.q $1 6 aprile 
1~68 al 12 g(:nnaio 1977. .J:i.re la terza eccezione � � il).fondata perch� 
l;ajt~rpa,~~ya . fqrm.la,ta, .. nel ..�. dispositivo.. �lell'oi:C1ina11za, I'.ettamente inter-. 
pretata, prqspetta, un:;ise;ntenza.1Ileralllente: caduca,toria. 

Dal giudice rirnettente il criterio di determinazion.e dell'mdennit� di 
asservimento indicato �dalla disp~sizione .impugnata � ritenuto inadeguato 
a garantire un � serio ristoro � quando la servit� militare colpisca un 
terreno dotato di �immediata attitudine edificatoria>>, come accade nel 
c�s� dispeeie; in cui -secortdo quanto si legge nella sentenza della 
Corte di cassazfori� n. 1549 del 1988; pronunciata (cori rinvio) nel processo 
a quo -�i vincoli imposti dall'autorit� militare vengono a incidere 
sulla gi� maturata :.�ppe:tibilit� del terreno; sul mercato imiilobiliare, 
non tome forido agricolo, ma quale bene dotato di Un pi� elevato valore 
di scambio perch� destinato all'urbanizzazione '" Se cos� � ��.i:.. e lo dimostra 
il risultato del calcolo operat� dal giudice a quo ;;.:.;:,. il detto criterio 
deve considerarsi inadeguato in generale, potendo dirsi adeguato solo 
un criterio che, presupposta la c.ortetteza delle stim� che forniscono i 
coefficienti di calcolb, determini in ogni caso un equo indennizzo della 
perdita � p�trii:n.onial� �� st.lbita dal�� proprietari.O. 

Petci� l'�lterriativa prospettata nell'ordinanza di rimessione, senza 
aktiria sp�tificaziorie cli �oritenufo, non pu� essere intesa nel senso di 
una disgiunfjva inclusiva, cio� in �funzione di una sentenza aggiuntiva 
a� criterio previsto dalla legge di un altro criterio, la scelta del quale 
sarebbe d~:nessa al. giudice quando i1 primo si rivelasse inad�guato. Essa 
v� interpretata, piuttosto, con�� disgi�.riHv� esclusiva rivolta a una sentenza 
caducatoria, per effetto della quale si ripristinerebbe, per tutto 
il/period� indicato dall'art. 14, se�ondo coninia, della legge n. 898 del! 

" 

1976, la regola di calcol� dell'indennizzo desumibile dalla legge generale 
del 1865, alla quale si � riferita la giurisprudenza dopo la sentenza n. 6 
del 1966. 

Precisata nei termini ora detti, la questione � fondata. 

Poich� l'imposizione di una s~rvit� militare configura un caso analogo 
a quelio dell'occup�zione parziale e temporanea del fondo, il giudizio 
di. congruit� dell'indennizzo non. pu� prescindere dal parametro 
d�l � giusto prezzo � risultante dagli artt. 40 e 68 della legge n. 2359 
del 1865. Si tratta appunto di un parametro, non di un termine vincolante 
.di esatta commisurazione (cfr .. sentenze nn; 216 del 1990, 55.0 e 1022 
del 1988, 138 del 1977): il legislatore .rimane libero di ado.ttare criteri 


164 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

pi� o meno automatici di determinazione dell'indennizzo, per esempio 
rapportandolo al valore catastale dell'immobile (risultante dalla moltiplicazione 
del reddito dominicale rivalutato per un certo coefficiente), 
oppure alla media, eventualmente corretta, del valore venale col reddito: 
dominicale rivalutato (cfr. art. 5-bis del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, 
coi.riieftifo nella legge 8 agosto 1992, n. 359), sempre che le tariffe d'estimo 
siano stabilite� in xriisl.lfa tale da produrre 1.ln risultato che, confrontato 
con quel parametro e tenuto conto degli interessi generali sottesi al 
provvedimento espropriativo, possa considerarsi equo. 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 1993 n. 139 -Pres. Casavola -Rel. 
Cheli -Mele e Presidente del Consiglio dei Ministri (n.c.). 

Acque � Acque destinate al consumo umano � Analisi non revisionabili 


Avviso all'interesl!ato del compimento delle analisi -Mancata previ� 

sione � Iucostituzionalit�. 

(Cost. art, ;?4; D.P.R. ;?4 maggio 1988, n.� 236, art. 12). 

� illegittimo, per violazione dell'art. 24 della Costituzione, l'art. 12 
del D.P.R 24 maggio 1988 n. 236 (attuazione della direttiva CEE n. 80/778, 
concernente la qualit� delle acque destinate al consumo umano, ai sensi 
dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987 n. 183), nella parte in cui non prevede 
che, in caso di analisi di acque destinate al consumo. umano, per le quali 
non sia possibile la revisione a cura dell'organo procedente, sia dato 
avviso all'interessato del giorno, ora e luogo in cui le analisi ver:ranno 
effettuate, affinch� lo stesso interessato o persona di sua fiducia possano 
presenziarvi, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico (1) � 

. L'art. 12 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236 disciplina, nel quadro dell'attuazione 
della direttiva CEE n. 80/778, i prelievi ed i controlli analitici 

(1) La Corte Costituzionale. ribadisce un indirizzo interpretativo gi� espresso 
in materia di accertamenti non ripetibili, dapprima sotto il codice di procedura 
penale del 1930 (v. sent. n. 248 del 1983, in Foro it., 1984, I, 370) e quindi 
sviluppato nel vigore nel� nuovo codice, le cui disposizioni di attuazione appunto 
contemplano, agli artt. 114 e 223, il diritto per l'interessato all'avviso del giorno 
luogo ed ora in cui saranno effettuati tali accertamenti, con la possibilit� di 
essere assistito da un consulente tecnico (art. 223 cit.), o pi� in generale (art. 114 
cit.) il diritto all'assistenza del difensore, in tutte le ipotesi di accertamenti, 
perquisizioni (ex art. 352 c.p.p.) o attivit� istruttorie di vario genere (art. 354 
c.p.p.) (v. in tal senso, C. cost., sent. n. 434 del 1990, in Foro it., 1991, I, 21). 

PARTE I; SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sulle� acque� d�stinate al . consumo; la cui esecuzione viene affidata ai servizi 
.e presidi delle unit�. �sanitarie locali; 

Il giudice remittente dubita della legittimit� di tale norma nella 
parte in cui essa non prevede che sia dato avviso alle persone interessate: 
9.eU~ol'ai d;;itl:l.eJqogo lii effettuazione delle analisi..che non .sili.lo 
suscettibili .<;li revisiooe, dal momento .che il mancato avviso .. risulterebbe 
lesivo del diritto di difesa degli interessati.ai quali m:m s�a garantita 
la �possibilit�� di� preseilziare, eventualmente con l'assistenza di. un consulente 
tecnico, all'effettuaziC>l1~ degli ac~ertamenti non ripetibili, destinati 
a: costituite.l'eventuale presupposto dell'azione penale e la fonte del 
c�nvindmento del giudice. penale. 

i.a questfori� efondata. 
Questa Corte ha gi.� riconosciuto che il diritto di. difesa deve ritenersi 
violato nei casiin cui alla previsione di analisi non ripetibili, in quanto 
effettuate su campioni di natura detedd:rab�le, non si accofupagrii tiobbligatoriet�.. 
dell'avvisi'.) �1.ell'inizio delle. operazioni alle persone interessate,. 
iiJ... modP. da consentir~�. alle stesse. di�. presenziare,. eventualmente 
col'!-l'assistenza. �li tfil �pnsulente tecnico, aill'esecuzione di . tali operazioni 
(v. sentt. n. 434 del 1~90 .e n.469. del. 1988). 

In tale giurisprudenza si �, altres'l, chiarito che l'obbligo di preavviso 
deve ritenersi riferito al momento dell'effettuazione delle an.alisi 
e non anche a. quell�� del ..prelievo dei .campi0;ni che; .al contrario, pu� 
richiedere un'azione di sorpresa; al fine di evitare alterazioni o soppressioni 
del materiale probatorio ('v. sent. n. 248 del 1983). 

Questo irtdirlzzo gilirisprildenziale ha; di recente, trovato piena risposta 
nella riforma del codice di procedura penale .e specificamente nella 
f6rtn�lazione nell'art223 del decreto fogisTa.tivo 28 luglio 1989, n. 271 
{Norme di attuazione, di coordinamento��e. transitorie del codice di procedura 
penal�), ove si � stabilito. che, quando nel corso di attivit� ispettive 
o dl vigilanza, s� debbano eseguire analisi di campioni per le quali 
non .� prevista la reyisione deve essere dato, a cura dell'organo procedente, 
avviso, anche. orale, all'i.nt~ressato del giorno, dell'ora e del luogo 
dove le @alisi yerranno effettuate, . cos� ga>consentire allo stesso o a 
persona di SU!l fiducia: .di presenziate ~lle operazioni,� exentualmente con 
l'assistenza di un consulente tecnico. 

La nuova . disciplina no:n pu�, ..peraltro,� trovare applicazione nel giudizio 
a quo, che trae..� origine da .un acceri+unento. regolato secondo il 
precedente rito penale, in quanto effettuato i in epoca anteriore all'entrata 
in vigore del nuovo codice� 

La questione proposta .�deve, quindi, essere accolta, con la consegttente 
dichiarazione dell'illegittimit� costituzionale in parte qua della 
norma impugnata. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 1993, n. 142 -Pres. Casavola -Rel. 
Mengoni -Carcasole e Presidente del Consigilio dei Ministri (Avv. 
Stato Zotta). 

Som�nillistrazione <(contratto di) � Gas metano � Tariffe di utenza per rl� 
scaldamento -Applicazione nei mesi di non utilizzo degli impianti Illegittimit� 
� Non ricorre. 
(Cost. art�. 3;. d.l. 13 maggio� 1991 n. 151, convertito con l. 12 luglio 1991 n. 202, art. 4 

comma 4; 1. 29 dicembre 1990 n. 405, art. 9 comma 2). 

Non �. fondata .la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 4, 
comma 4 del d.l. 13 maggio 1991n.151, convertito c<m l, 21 luglio 1991 n. 202 
e 9, comma 2, della legge 29 dicembre 1990 n, .405 nella parte in cui non 
prevedono che agli utenti di gas metano da riscal(i,amento sia applicabile, 
nei mesi di non utilizz,o degli inr-pianti, la tariffa di utenza per la cottura 
dei cibi .e .la prodifzione di ac�zua calda. �� � 

Il Giudice conciliatbre di '.Latina ha sollevata; in riferimento all'art. 3 
Cost., questione di legittimit� costituzionale degli a:rtt. 4, comma 3, del 

d.l. 13 maggio 1991, n. 151, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 202, 
9, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, e 6, comma l, del d.l. 
15 settembre 1990, n. 261, convertito nella legge 12 novembre 1990, n. 331, 
nena parte in cui non prevedono che agli utenti di gas metano per riscaldamento, 
e perci� soggetti alla .tariffa T2, debba essere applicata la 
tariffa .Tl nei periodi dell'anno in cui il gas � utilizzato esclusivamente 
per la cottura dei cibi e la produzione di acqua calda. 
L'avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilit� della questione 
sia perch� essa non pu�jnvestire tutte le norme impugnate, oggetto della 
controversia essendo soltanto le fatturazioni emesse nel periodo giugnonovembre 
1991, sia per insufficiente e comunque erronea indicazione delle 
disposizioni che danno luogo all'incidente di costituzionalit�, essendo stata 
omessa l'indicazione delle leggi di conversione dei due decreti legge 
richiamati e inoltre essendo stata la questione riferita alle disposizioni 
che stabiliscono in via generale la misura dell'imposta di consumo per 
impieghi del gas metano diversi da quelli delle imprese industriali e 
artigianali, anzich� al comma successivo che per le utenze domestiche 
di cui alla tariffa T2 deroga a tale misura solo per i consumi non superiori 
a 250 metri cubi annui, assoggettando� i consumi superiori al regime 
d'imposta generale, di cui al comma precedente, senza distinguere 
i periodi di consumo per riscaldamento individuale da quelli in cui cessa 
questo tipo di utilizzazione. 

La prima eccezione esclude la rilevanza della questione soltanto in 
relazione al d.l. n. 261 del 1990, mentre la seconda � respinta dalla giurisprudenza 
costante di questa Corte, secondo cui l'indicazione inaccurata 

o erronea (si tratti di lapsus calami o di vero errore) delle disposizioni 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

di legge impugnate � irrilevante quando i termini della questione risultino 
tuttavia con sufficiente chiarezza (ord. n. 54 del 1965; sentt. nn. 47 
del 1962, 40 del 1983, 212 del 1985). 

Nel merito la questione non � fondata. 

Come osserval'AvvocatUI'a dello Stato il regime tariffario e d'imposta 
non � legato alle modalit� di c�ncreta fruizione del servizio ma al tipo 
di utenza e di impianto, che � unico e permanente, non stagionale. N� 
potrebbe. essere altrimenti, considerato che.la .variabilit� di anno in anno 
delle c�ndizioni climatiche non consente la� predeterminazione, secondo 
criteri oggettivi di probabilit�, dei periodi di consumo del gas anche per 
riscaldamento, ir.ispetto a quelli in cui quest� tipo di consumo non ha 
luogo. 

Si tratta perci� di una valutazione discrezionale del legislatore non 
censurabile. sotto il profilo della ragionevolezza, tanto pi� che essa include, 
come elemento perequativo dell'unicit� della tariffa, una consistente 
riduzione dell'imposta di consumo fino a 250 metri cubi annui, 
corrispondenti, secondo calcoli statistici, al consumo medio annuo per 
usi domesti:�:i da parte degli utenti soggetti .alla tariffa T2. 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 1993, n. 144, ord. -Pres. Casavola � Red. 
Ferri.~ D'Addario e Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato 

N. ~runi). 
Giudizio penale -Prove � Testimonianze -Incompatibilit� con l'ufficio di 
testiDlone � Imputati di reati commessi da pi� persone in reciproco 
danno -Insussistenza � Legittimit� costituzionale. 
(Cost. artt. 3 e 24; art. 197 c.p.p.). 

� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 197 del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 3 e 24 
della Costituzione, laddove non prevede l'incompatibilit� con l'ufficio di 
testimone per l'imputato di reati commessi da pi� persone in reciproco 
danno. 

Ritenuto che il Pretore di Vasto solleva, in riferimento agli artt. 3 e 
24 della Costituzione, questione di legittimit� dell'art. 197 del codice di 
procedura penale � nella parte in cui non contempla tra le ipotesi di incompatib1lit� 
con l'ufficio di testimone anche la posizione dell'imputato 
di reati commessi da pi� persone in danno reciproco le une delle altre�; 

che, in particolare, il remittente rileva che l'art. 197 del codice di 
procedura penale ha limitato le ipotesi di incompatibilit� con l'ufficio 
di testimone agli imputati in procedimenti connessi a norma dell'art. 12 
del codice di procedura penale, per i quali, allorch� si procede separatamente, 
l'audizione � regolata �dalle forme previste dall'art. 210 del codice 


168 

.RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di procedura penale, trascurando la posizione di chi versi nell'ipotesi contemplata 
dall'art. 17, lett. c), del codice diprocedura penale, irragionevolmente 
omessa; 

che, a suo avviso, detta omissione determina un'ingiustificata discriminazione 
nei confronti dell'ipotesi sopraindicata, da ritenersi invece 
del tutto assimilabile a quelle per le quali � sancita l'incompatib1lit�, nonch� 
una violazione dei diritti di difesa dell'imputato (� che come testimone 
non potrebbe presenziare agli atti del dibattimento, anteriori e 
diversi da quelli concernenti l'acquisizione delle sue dichiarazioni�); 

considerato che questa Corte, con '1a sentenza n. 109 del 1992 e con 
l'ordinanza n. 262 del 1992, ha gi� dichiarato non fondate questioni identiche 
rilevando che il criterio posto a base della norma impugnata, 
in ordine al divieto di essere assunto come testimone, � quello dell'esistenza 
di un vincolo probatorio tra i procedimenti nei quali il medesimo 
soggetto si trovi ad assumere rispettivamente la veste di imputato e 
quella di testimone: vincolo che sussiste sempre nei casi di coimputato 
dello stesso reato o di imputati di reati connessi a norma dell'art. 12 
(art. 197; lett. a) e che, in ogni altro caso in cui si verifichi, sar� rilevato 
dal giudice a norma dell'art. 179, lett. b); 

che, conseguentemente, -come hanno chiarito le citate pronunce la 
disciplina denunciata non pu� essere ritenuta discriminatoria nei confronti 
delle persone imputate di reati commessi in danno reciproco le 
une delle altre, in quanto sul piano del vincolo probatorio tale posizione 
non � certamente assimilabile a quella dei soggetti annoverati nell'art. 
197, lett. a), per i quali tafo vincolo � in re ipsa, mentre nell'ipotesi 
in esame tale situazione pu� verificarsi o meno, e, ove in concreto il 
giudice rilevi l'esistenza di una vera e propria interferenza sul piano 
probatorio (nell'ipotesi di cui all'art. 371, secondo comma, lett. b), operer� 
allora, anche per coloro che siano imputati di un reato collegato, il 
divieto di essere assunti come. testi, ai sensi dell'art. 197, lett. b); 

che dette argomentazioni valgono pienamente ad escludere l'illegittimit� 
della norma impugnata anche in ordine all'ulteriore profilo sollevato, 
in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal giudice a q.o. 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 1993, n. 146. (ord.). Pres. Casavola -
Red. Cheli -Chioccarello, Gabassi e Presidente del Consiglio dei 
Ministri. 

Reato -Furto venatorio -Esclusione -Questione di legittimit� costituzionale 
-Inammissibilit�. 

(Cast., art. 3; 1. 11 febbraio 1992, n. 157, artt. 30, 3� comma e 31). 

E manifestamente inammissibile la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 30, 3� comma e 31 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 169 

(Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo 
venatorio) con riferimento all'art. 3 della Costituzione laddove non 
prevedono come reato l'impossessamento al fine di profitto della selvaggina 
abbattuta o catturata nell'esercizio di attivit� venatoria vietata dalla 
legge stessa; (1) 

(1) Il c.d. �furto venatorio� nella legislazione e nella giurisprudenza. 
La Corte Costituzionale interviene, sia pure nei limiti della declaratoria di 
manifesta inammissibilit�. della questione di legittimt� prospettatale, sulla ormai 
vexata quaestio della configurabilit� del reato di furto nel caso di appropriazione 
di fauna protetta, mediante cattura e/o uccisione della stessa. Questione 
che ha incontrato nel tempo, da parte .della giurisprudenza, alterne soluzioni. 
La materia � stata in passato oggetto di discipline legislative che hanno 
apprestato, alla difesa delle specie faunistiche protette, sistemi �giuridici di 
salvaguardia di volta in volta. radicalmente diversi. 
Mentre infatti, secondo gli originari principi codicistici gli animali allo 
stato libero dovrebbero considerarsi res nullius, suscettibili pertanto di (lecita) 
appropriazione ai sensi dell'art. 923 e.e., con l'entrata in vigore della 1. 27 dicembre 
1977� n. 968 la fauna selvatica � divenuta �patrimonio indisponibile 
dello Stato � (art. 1 1. 968/77 cit.) restando come tale disciplinata dagli articoli 
826 ss. cc., nonch� dalle norme sulla contabilit� e patrimonio dello Stato, 
di cui al r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 ed al r.d. 23 maggio 1924 n. 827. 
Tale mutamento di regime giuridico, cui si accompagnava la previsione di 
una serie di sanzioni amministrative, per il caso di impossessamento abusivo 
di fauna, ha fatto sorgere in giurisprudenza ed in dottrina il problema della 
configurabilit� del c.d. � furto venatorio � (punibile ex art. 624 c.p.), e dei rapporti 
tra normativa sanzionatoria penale ed amministrativa. 
In ordine alla prima delle due questioni, per la configurabilit� del reato 
di furto, nella giurisprudenza della..Cassazione penale si registrano: VI, 20 
aprile 1978 n. 4672, Roscio; VI, 1� marzo 1983 n . .1788, Amerini; Il, 14 gennaio 
1984 n. 341, Terzuoli; Il, 8 maggj,o 1984 n. 4158, Fele; II, 23 giugno 1984 n. 5964, 
Soddu; II, 28 maggio 1985 n. 5321, D'Onofrio; Il, 4 novembre 1985, Serra, in 
Foro it. 1987, II 212; Il, 28 novembre 198.5 n. 11523, Pixner; II, 12 dicembre 1985 

n. 11907, Murgia; Il, 21 luglio 1986 n. 7593, Lami; Il, 3 ottobre 1986 n. 10318, 
Cannazzuoli; II, 22 luglio 1987 n. 8422, Bettini; Il, 13 gennaio 1988 n. 206, Pietti; 
II, 22 marzo 1988 n. 3721, Duca; Il, 5 aprile 1989 n. 4769, Giana; IV, 3 gennaio 
1989 n. 20, Italiano; IV, 19 aprile 1989 n. 5988, Bernacchi; VI, 4 maggio 1989 n. 313, 
Maschio; Il, 9 settembre 1989 n. 11947, Valuzzo; Il, 3 luglio 1990 n. 9256, Pini; 
II, 27 luglio 1990 n. 10780, Frau; Il, 21 febbraio 1992 n. 2002 Verri; nella giurisprudenza 
di merito: Pret. Ancona 29 gennaio 1980 n. 30, Barca; Trib. Siena 
17 gennaio 1981, in Giur. It. 1982, 172; Trib. Ravenna, 14 dicembre 1981, in Giur. 
Cost. 1982, 1003; Trib. Perugia 17 gennaio 1983, in Giur. Cost., 1983 p. 1072; Trib. 
Ferrara 29 gennaio 1983, in Giur. merito, 1985, p. 411; Trib. Cuneo, 27 giugno 1984 
in Giur. Cost. 1985, p. 250; Trib. Agrigento, 29 settembre 1984, in Giur. Cost. 
1985, p. 643; Trib. Agrigento, 26 febbraio 1985 in Foro it. 1986, p. 319; Pret. Bassano, 
24 agosto 1985, in Giur. merito, 1986, p. 974; App. Milano 23 aprile 1987, 
in Giur. merito 1988, p. 122; Pret. Chieti, 11 marzo 1988 n. 85 in Riv. pen., 1988, 
p. 633; Pret. Morbegno 7 maggio 1987, in Nuovo Dir. 1987, p. 979; App. Venezia, 
10 novembre 1987 n. 1593, in Riv. Pen. 1988, p. 997; App. Trento, 11 maggio 1988, 
in Riv. Pen. 1989, p. 57; App. Trento, 29 giugno 1988, ibid.; Pret. Biancavilla 9 dicembre 
1988, in giur. merito 1989, p. 648. 

170 

..RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO. 

Concordano in dottrina, con la giurisprudenza maggioritaria, CLARIZIA, 
voce Caccia, in Noviss. Dig., App. Il, 1980, Il, 924 ss. MAZZA, Fauna selvatica 
e delitto di furto, in Giur. Agr. lt., 1981, 331 ss.; DE FRANCESCO, L'esercizio della 
caccia tra violazioni amministrative e delitti contro il patrimonio, in Riv. 
Dir. Agr. 1982, I, 351 ss.; 

Avevano al contrario negato la ipotizzabilit� del reato di furto una parte 
minoritaria della giurisprudenza di merito, nel cui ambito possono annoverarsi: 
Trib. Orvieto, 28 marzo 1980, in Foro it. rep. 1981, voce Caccia n,. 23; 
App. Milano 17 giugno 1981, in Foro it. rep. voce Furto nn. 20-22; Trib. Siena, 
13 gennafo 1981, �n Foro it., 1982, Il,� li2; Trib. Macerata, 4 giugno. 1984 in 
Foro it. rep. voce cit., Ii; 38; Pret. S. Don� di Piave, 7 marzo 1984, ibid. n. 41 
Trib. Siena, 11 gennaio 1985 in Giur. it. 1985, p. 165; Trib. Locri, 26 aprile 1985, 
De Stefano, in Foro it. 1987, II, 212; Pret. Verona, 10 ottobre 1986 n. 1831, 
Centomo; ined.; Trib. Vigevano, 27 marzo 1986, Colombo, in Foro it., 1987, II 
212; in dottrina v. BARBALINARDO, il furto di selvaggina .. ., in Giust. pen. 1983, 
II, 664; FERRARo, Il furto di selvaggina al vaglio della Corte di Cassazione, 
in Cass. pen. 1984, Il, 664 ss. 

Nel frattempo, con l'entrata in vigor� della I. 24 novembre 1981 n. 689 
(sWla �depenalizzazione�), si era intersecata, con la problematica esegetica 
iiopr<t tratteggiata, quella dei rapporti tra la norma penale ricavabile dal 
comb. disp. degli artt. 1 l. 968/77 e�624 c.p., e la previsione dell'art. 9 I. 689 cit., 
per la quale �quando uno stesso fatto � punito da una disposizione penale .e 
da una disposizione che �prevede una sanzione amministrativa, ovvero da �una 
pluralit� di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la 
disposizione speciale �. 

L'introduzione di questa norma nell'ordinamento induceva, infatti, i fau


tori della tesi della liceit� penale dell'impossessamento abusivo di selvaggina 

a ritenere che !a nuova normativa escludesse l'applicabilit� della disciplina 

penale comune, appunto in virt� del principio di specialit�. SUI punto v. i 

precedenti citati, cui adde: Trib. Agrigento, 26 febbraio 1985, . in Foro it., 1986, 

Il, 319. 

Ma la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi in ordine al rap


porto di specialit� tra normativa penale ed amministrativa, ne escludeva la 

sussistenza con la sentenza 3 aprile 1987 n. 97 (in Foro it., 1987, I, 3207). 

Senonch�, con la sentenza 17 gennaio 1989 (in Foro it. 1990, Il, 122), e 

mutando l'orientamento sino ad allora recepito, la II Sezione penale della 

Corte di Cassazione affermava la inipotizzabilit� del reato di furto nel caso 

di impossessamento di fauna protetta. 

Gli argomenti addotti dalla Corte si incentravano su una critica delle 

forzature interpretative, e quindi delle sostanziali difficolt� incontrate dalla 

giurisprudenza di segno contrario, al�orquando, per poter configurare il de


litto di � furto �, era costretta ad elaborare con ardite fictiones il concetto: 

di � possesso � della selvaggina da parte dello Stato. La pronuncia finiva 

cos� con l'escludere, in modo categorico e con richiami anche al diritto natu


rale, la configurabilit� del possesso (e quindi dell'esercizio di facolt� ana


loghe a quelle dominicali) da parte dello Stato~ su esseri liberi e quindi non 

controllabili, n� determinabili nel loro numero ed identit�, ponendosi in ter


mini critici nei confronti anche della cit. C. Cost. n. 97/87. 

La pronuncia era tuttavia destinata a restar isolata nella giurisprudenza 

di legittimit�. Infatti, con le successive la C. S. ritorna sui suoi passi. 

E nell'alveo dunque del tradizionale indirizzo interpretativo, si � da ulti


mo affermato che il corpus del possesso sarebbe costituito dalla stessa pre


senza sul territorio dello Stato, della s�lvaggina, e l'animus possidendi dalle 


PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

disposizioni protettive delle specie faunistiche (Cass. II, 21 gennaio 1992 

n. 2002, Verri). 
In tale stato di incertezza � intervenuta la legge 11 febbraio 1992 n. 157, 
la quale mentre da un lato ha tenuto per ferma l'appartenenza della fauna 
selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1 1. cit.), assoggettando 
l'esercizio della caccia a provvedimenti concessori, dall'altro prevede un complesso 
apparato sanzionatorio, costituito da norme penali (art. 30) ed amministrative 
(art. 31) in concorso tra loro, con esplicita esclusione dell'applicabilit� 
degli artt. 624, 625 e 626 c.p. i quali appunto puniscono il delitto di furto. 

La chiara presa di posizione del legislatore, tuttavia, non ha sopito definitivamente 
il problema, atteso che all'esame della Corte costituzionale � 
stata sottoposta la questione di legittimit� costituzionale della nuova disciplina, 
in quanto la stessa verrebbe a sanzionare con pene diverse da quelle 
di cui agli artt. 624, 625 e 626 c.p. fattispecie astrattamente sussumibili sotto 
tali disposizioni penali, solo in relazione all'oggetto dell'illecito impossessamento. 


Ma la Corte Costituzionale non ha potuto pronunciarsi in argomento, 
essendosi dovuta pronunziare in limine, come s'� visto, per la manifesta 
inammissibilit�. 

Infatti, una declaratoria di illegittimit� costituzionale degli artt. 30 e 31 

L. 157/92 (nl!lla parte appunto in cui escludono l'applicazione delle disposizioni 
incriminatrici in materia di furto, per violazione dell'art. 3 della Costituzione) 
equivarrebbe ad assoggettare le fattispecie in questione alla disciplina 
penale, il che � tassativamente riservato al legislatore, a norma dell'articolo 
25 della Carta. 
In merito al proprio potere d� intervento in materia penale, la Corte 
Costituzionale aveva gi� avuto modo di esprimersi con le sentenze n. 42/77 
e 18/81, richiamate nel corpo della motivazione dell'ordinanza che si am1ota, 
escludendolo laddove il suo esercizio possa dare luogo alla creazione (cui � 
equiparabile quoad effectum la reviviscenza) di fattispecie penali incriminatrici, 
i� quali inoltre non pofrebb�r� comunque trovare applicazione, in quan� 
to dovrebbero operare retroattivamente nel giudizio a quo con l'evidente 
ulteriore violazione dell'art. 25 Cost.). 

Naturalmente, e come prima accennato, i limiti della pronunzia di inam� 
missibilit� hanno precluso il sindacato della Corte sul merito della disciplina 
introdotta dalla nuova legge. 

Sembra, tuttavia, che si possa in questa sede dare atto che il legislatore 
del 1992 ha sicuramente tenuto conto dei problemi affacciatisi sul panorama 
giurisprudenziale e dottrinale sotto l'impero della precedente legge 
968/77. 

Ed infatti, la scelta di una disciplina sanzionatoria a se stante, distinta 
da quella generale prevista per il delitto di furto, porr� fine quanto meno 
alle ardite costruzioni interpretative, cui la giurisprudenza maggioritaria 
aveva dovuto ricorrere per giungere a configurare situazioni di possesso da 
parte ..dello Stato (tutelate dagli artt. 624, 625 e 626 c.p.) sulla fauna selvatica, 
per dare un'adeguata risposta repressiva alla c.d. � caccia di frodo �. 

Si tenga del resto presente, in proposito, quanto gi� rilevato da una 
dottrina gi� molto attenta a problemi oggi di grande attualit�, la quale gi� 
negli anni '80 ravvisava nella selvaggina un � bene ambientale� piuttosto 
che un �bene patrimoniale dello Stato� (in tale senso v.: POSTIGLIONE, Defi� 
nitivo tramonto del concetto di res nullius per le risorse materiali e culturali, 
in Giur. merito, 1982, II, 374) con ci� evidenziando la sua connaturata 
predisposizione alla fruizione collettiva, tutelabile allo stato diffuso, piut� 


172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

I

tosto che all'assoggettamento ad un regime di assetto � proprietario �, tute


I t::

lato solo a livello individuale. 

In tal senso, e proprio in relazione alla pluralit� di interessi preminentemente 
di indole ambientale, naturalistica ed ecologica coinvolti nella pro
�:tezione della fauna, ed alla loro radicale diversit�, rispetto ai beni giuridici 
patrimoniali necessari all'assolvimento dei compiti tradizionali dello Stato, la 
presenza di un regime sanzionatorio a se stante e distinto da quello del reato 
di furto, sembra davvero non prestarsi ad alcuna censura di irragionevolezza 
e di violazione del principio di uguaglianza. 

VITTORIO Russo 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 aprile 1993, n. 196 -Pres. Casavola -Red. 
Mengoni -Filippo (avv. Agostini) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato D'Amato). 

Assistenza e beneficenza pubblica -Crediti relativi a prestazioni di assistenza 
sociale obbligatoria anteriori alla t 412/1991 -Inadempimento Criteri 
di risarcimento del danno -Mancata previsione di un trattamento 
analogo a quello dei crediti previdenziali -Irrazionalit� -Illegittimit� 
costituzionale dell'art. 442 cod. proc. civ. 

Contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost. l'art. 442 cod. proc. civ. nella parte 
in cui, a seguito della sentenza C. Cost. 12 aprile 1991 n. 156 non prevede, 
per i crediti relativi a prestazioni di assistenza sociale obbligatoria (maturati 
prima dell'entrata in vigore della legge n. 412 del 1991), il medesimo 
trattamento riconosciuto ai crediti relativi a prestazioni di previdenza 
sociale quanto agli interessi legali e al risarcimento del maggior danno 
da svalutazione (1). 

(omissis) Dai Tribunali di Firenze e di L'Aquila � sollevata -dal 
primo in riferimento all'art. 3 Cost., dal secondo anche in riferimento 
all'art. 38, primo comma, Cost. -questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 442 cod. proc. civ., come modificato dalla sentenza n. 156 del 

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 12 aprile 1991, n. 156 (in Foro it., 
1991, I, 1321 ss.), ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 442 c.p.c., nella parte in 
cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al 
pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni previdenziali, 
debba determinare, oltre agli interessi legali, il maggior danno eventualmente 
subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando 
l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore della 
industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza 
dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilit� dello 
istituto o ente debitore per il ritardo nell'adempimento. Detta pronuncia, mutando 
radicalmente il precedente indirizzo della stessa Corte (sentenze 29 di~=


cembre 1977, n. 162, in Giust. cost., 1978, I, 773, con nota di BALBI; 7 aprile 

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174 

"RASSEGNA AVVOCATURA: DELLO STATO� 

� C�s� delimitata, la. questione �. fondata. 

In contrario non vale invocare, come fa l'Avvocatura dello Stato, 
la legge n. 412<deL1991; il cui art. 16; comma 6, .si colloca all'interno 
del sistema . dell'art, . 1224 �cod, civ;, rioonducendo i crediti verso gli 
enti.gestori di forme di. previdenza obbligatoria sotto. il dominio del 
prineipio -..nominalistico;� Questa norma . sopravvenuta;�-. essendo� priva�� di 
effi~acia retroattiva, non elimina la lamentata disparit� di trattamento 
dei crediti � �s.sistenzialt rispetto ai crediti prev�idenziali � nei .casi in cui 
il ritardo dell'adempimento sia insorto anteriormente al 31 dicembre 
1991: differenza determinata dalla riferibillt� solo .ai secondi della sent�fi.
Za n; 156 del 1991, mentre per i primL� rimasta-ferma la disciplina 
general.e del codice civile. Dopo l'entrata in vigore della legge n.. 412 
del 1991 la disparit� di trattamento pu� ritenersi cessata, dato il. 1riferimento 
del sesto comma dell'art. 16 non pi� alle prestazioni in s� 
considerate; ma agli enti erogatori; 

�� Siobietta inoltre che .la ratio decidendi della sent. n. 156 del 1991 
non � adattabile ai crediti assistenziali. L'argomento � esatto, ma non 
suffieiente:. esso vale a escludere la violazione dell'art. 3 Cost. sotto 
il profilo del.. principio di .eguaglianza, nt;>n anche sotto il profilo del 
principio ��di razionalit�. 

Le . prestazioni di assistenza obbligatoria si differenziano dalle prestazibni 
previdenziali sia sotto l'aspetto strutturale sia sotto l'aspetto 
finalistico, come ha ampiamente chiarito la sent. n. 31 del 1986, che 
ha separato nettamente la fattispecie dell'art. 38, primo comma, Cost. 
dalla fattispecie del secondo comma. Non � pertinente il richiamo della 
sent. n. 85 del 1979, la quale ha riscontrato una omogeneit� delle due 
situazioni sul piano processuale, traendone argomento ai fini dell'assimilazione 
anche del trattamento riguardante le spese giudiziali, men-

C�stituzionale; con la legge 30 dicembre 1991, n. 412, il cui art. 16, comma 6, 
attribuisce ai �titolari di �prestazioni assistenziali, a. titolo di risarcimento del 
danno �causato dal ritardo nell'adempimento, il diritto alla maggior somma 
tra il differenziale di svalutazione e gli interessi legali calcolati sull'ammontare 
nominale del credito. Tuttavia tale legge ha lasciato aperto il problema 
dei crediti assistenziali maturati in data anteriore alla sua entrata in vigore. 

Nella sentenza che si annota la Corte Costituzionale affronta il problema 
negando l'estensibilit� diretta dell'art; 442 all'art; 429 c.p.c., e diehiara il primo 
incostituzionale per violazione �degli artt. 3 e� 38 Cost., con una ratio .decidendi 
diversa da quella della sentenza n. 156 del 1991 cit. Poich� le prestazioni assistenziali, 
infatti, si differenziano da quelle previdenziali sia sotto il profilo 
strutturale .. che finalistico, non viene operato un raffronto analogico tra di 
esse ma �� utilizzato l'argomento . della meritevolezza della medesima tutela 
gi� attribuita ai crediti previdenziali contro i danni da ritardo dell'adempimento. 


In verit� la sentenza in questione lascia aperto il problema della sorte 
dei crediti assistenziali maturati dopo il 31 dicembre 1991, in quanto solo apparentemente 
la legge n.. 412 del 1991 applica ai crediti assistenziali lo stesso 

... fil :-:.. ... ... .... :-: _.. .. ... .... ... -.. .. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 175 

tre nessun argomento si pu� trarne in ordine a problemi di diritto 
sostanziale. 

Solo per le prestazioni previdenziali, in quanto destinate ad assicurare 
al lavoratore �mezzi adeguati alle esigenze di vita�, cio� rapportati 
al tenore di vita consentito da un pregresso reddito di lavoro, � 
possibile far capo per il tramite dell'art. 38 secondo comma, Cost., al 
parametro dell'art. 36, primo comma, Cost. Perci�, essendo l'interpretazione 
giurisprudenziale finora prevalsa dell'art. 429, terzo comma, 
cod. proc. civ. essenzialmente fondata sulla natura di corrispettivo dei 
orediti di lavoro, la disciplina di tali crediti non pu� essere assunta 
-come propongono i giudici remittenti -quale tertium comparationis 
ai fini della valutazione del trattamento dei crediti assistenziali alla 
stregua del principio di eguaglianza. 

Ma, una volta estesa ai crediti previdenziali, in base a tale princi� 
pio, una regola analoga a quella dell'art. 429, terzo comma, interviene, 
in favore dei crediti assistenziali, il principio di razionalit�. Sotto 
questo profilo dell'art. 3 Cost. il dispositivo della sent. n. 156 del 1991 
viene in considerazione per se stesso, indipendentemente dalla ratio 
decidendi che lo sorregge. In ordine alla questione ora in esame, esso 
diventa a sua volta ratio decidendi nella forma di un argomento a 
fortiori: se ai crediti previdenziali di qualsiasi entit�, compresi i crediti 
relativi a pensioni di elevato ammontare, si attribuisce al titolare una 
tutela speciale contro i danni cagionati da mora debendi, a maggior 
ragione la medesima tutela deve essere concessa ai crediti per le prestazioni 
assistenziali previste dal primo comma dell'art. 38 Cost. Esse 
hamio 16 scopo di garantire ai cittadini inabili e bisognosi � il minimo 
esistenziale, i mezzi necessari per vivere, mentre il secondo comma 
dello stesso articolo garantisce non soltanto la soddisfazione dei bisogni 

trattamento riservato dall'art. 429 c.p.c. ai crediti previdenziali: l'unico profilo 
paritario � in effetti costituito dalle agevolazioni probatorie in materia di 
maggior danno da svalutazione (presunzione assoluta di corrispondenza tra 
inflazione monetaria e danno subito), e dai relativi poteri di liquidazione di 
ufficio da parte del giudice. Sul quantum, il trattamento riservato alle prestazioni 
assistenziali risulta invece notevolmente inferiore, poich� l'art. 429 c.p.c. 
consente il cumulo integrale, e non residuale, tra interessi legali ed inflazione 
monetaria, ed inoltre � interpretazione giurisprudenziale assolutamente 
dominante che ai sensi dell'art. 429 c.p.c. gli interessi vadano calcolati sulla 
somma gi� rivalutata o viceversa che la rivalutazione vada operata sulla 
somma gi� aumentata degli interessi legali. Pertanto non � da escludere che 
la Corte Costituzionale possa essere nuovamente chiamata a pronunciarsi 
sull'argomento. 

Ove ci� avvenisse potrebbe essere riconsiderato anche il permanere o 
meno della ratio dell'art. 429 terzo comma c.p.c., dopo che il saggio degli interessi 
� stato elevato al 10 per cento (proprio per consentire l'assorbimento 
della svalutazione monetaria) e che la maggior parte delle indicizzazioni � stata 
superata (per il che il contesto risulta molto diverso). 



1'76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

alimentari di pura sussistenza materiale, bens� anche il soddisfacimento 
di ulteriori esigenze relative al tenore di vita dei lavoratori� (sent. 

n. 31 del 1986 cit., punto 3 in diritto). 
Si recupera cos�, coordinandolo col principio di razionalit�, anche 
il secondo parametro costituzionale indicato dal Tribunale di L'Aquila 
nell'art. 38, primo comma. Ma questo parametro pu� essere appropria 
tamente invocato non con l'argomento analogico di una pretesa somi� 
glianza di contenuto e di funzione del precetto del primo comma a 
quello del secondo comma, bens� con l'argomento di meritevolezza � a 
maggior ragione � da parte dei titolari di prestazioni assistenziali della 
medesima tutela attribuita ai crediti previdenziali contro i danni da 
ritardo dell'adempimento. 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1993, n. 203 � Pres. Casavola � Red. 
Granata � Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Bruni). 

Titoli di credito � Assegno bancario � Emissione a vuoto . Pagamento pri� 
ma del protesto � Improponibilit� e improcedibilit� dell'azione penale � 
Questione di legittimit� costituzionale dell'art. 8 legge 15 dicembre 
1990 n. 368 � Infondatezza. 

E infondata, in relazione agli artt. 3, 27 e 41 Cast., la quest'ion,e di 
legittimit� costituzionale dell'art. 8 della legge 15 dicembre 1990 n. 368 
(nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) nella parte in cui 
prevede l'improponibilit� ed improcedibilit� dell'azione penale per emissione 
di assegno bancario a vuoto in caso di pagamento, entro il termine 
indicato dalla norma, di capitale, interessi, penale e spese di 
protesto (1). 

� stata sollevata questione incidentale di legittimit� costituzionale 
-in riferimento agli artt. 3, 27 e 41 Cost. -dell'art. 8 della legge 
15 dicembre 1990 n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni 
bancari) nella parte in cui prevede l'impromovibilit� ed improcedibilit� 
dell'azione penale solo per effetto del pagamento, nel termine di cui 

(1) La legge 15 dicembre 1990, n. 386, che ha introdotto una nuova disciplina 
sanzionatoria degli assegni bancari, ha .sancito all'art. 8 l'improponibilit� 
e improcedibilit� della azione penale per il reato di emissione a vuoto 
di assegno bancario, qualora entro il termine indicato dalla norma sia stato 
effettuato il pagamento di capitale, interessi, penale e spese di protesto, o vi 
sia dichiarazione equivalente. 
La Corte Costituzionale, con ordinanza di rimessione del Giudice per le 
indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Emilia in data 13 giugno 
1991, n. 536, � stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimit� costituzionale 



PARTE I, SBZ~ I, GIURISPRUDENZA cosnTUZIONALE 177 

alla medesima norma, del capitale, interessi, penale e� spese di protesto 

o di dichiarazione equivalente, per sospetta violazione: 
a). del necessario carattere �umanitario e della funzione rieducativa 
della peila (art. 27 Cost.),� oltre che del principio di ragionevolezza 
(art. 3 Cost.); �. � 

b) del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) per l'ingiustificato 
trattamento djfferenziato riservatq a coloro che emettono assegni bancari 
� privi di copertura. rispetto a coloro che si rendono responsabili di 
reati contro. il patrimonio a;tteso clie il risarcimento del danno per 
questi ultimi costituisce m:i'attenuante (art. 62, n. 6, c.p.), mentre per i 
primi rappresenti! una condizione di procedibilit� dell'azione penale; 
inoltre vi sarebbe un trattamento meno favorevole rispetto all'ipotesi del 
richi11mo d,ell'assegno da parte. qel. ci:editore; 

�) del principio della. libert� dell'iniz�ativa privata (art. 41 Cost.) 
perch�� obbliga ��n �creditore cartolare ad accettare una somma predeterminata: 
�per legge a: titolo di capitale e risarcimento danni. 

La questione non � fondata. 

La norma censurata, che rappresenta uno dei punti maggiormente 
significativi della scelta di. politica criminale operata dal legislatore nel 
porre la nuova.� disciplina degli assegni bancari, prevede che, in caso di 
emissione di. assegno. bancario che, presentato in tempo utile, non sia 
pagato per difetto di provvista, l'azione penale non pu� essere iniziata o 
proseguita se entro sessanta giorni dalla d.ata di scadenza del termine 

dell'art. 8 cit., rispetto agli artt. 3, 27 e 41 Cost. Nell'ordinanza di rimessione 
si sostiene, quale primo motivo di censura, che la norma denunciata -nel 
collegare l'irrogazione della pena al mancato pagamento dei danni -sarebbe 
contraria al senso di .umanit� a cui deve ispirarsi la pena. 

�Nel rigettare� tale censura, perch� la norma in questione .non riguarda la 
pena ma prevede una condizione di procedibilit� dell'azione ed � quindi 
esterna al reato, la Corte respinge l'idea della plurioffensivit� del reato di emissione 
di assegni: a vuoto,-affermando. che il bene tutelato � l'assegno come 
strumento di pagamento (e non gi� quale strumento di credito). 

Il giudice remittente� aveva altres� avanzato la tesi che l'art. 8 legge cit. 

violerebbe pure il principio di uguaglianza, .perch� analogo trattamento non 

� previsto per tutti i responsabili di reati contro il patrimonio, e perch� vi 

sarebbe un discrimine rispetto agli emittenti di assegni bancari richiamati e 

sottratti alla presentazione per iniziativa del creditore cartolare. La Corte Co


stituzionale respinge l'affermazione della violazione� del principio di ugua


glianza rispetto agli altri reati contro il patrimonio, attraverso il richiamo 

alla particolarit� del bene tutelato dalla norma in questione. Esclude altres� 

la violazione dell'art. 3 Cost. rispetto agli assegni bancari emessi a vuoto ma 

richiamati e sottratti alla presentazione da parte dell'ultimo prenditore che 

li ha presentati all'incasso, prima del protesto, e ci� in base ad un costante 

orientamento della Corte di Cassazione circa il momento consumativo del 



118 

RASSEGNA �AVVOCATURA� DELLO STATO 

di presentazione l'emittente abbia pagato l'assegno, gli interessi, le spese 
di protesto ed una penale pari al dieci per cento della somma dovuta 
e non pagata, Tale disposizione -che, seppur di natura processuale, 
incide. sull'estensione dell'area di effettiva repressione penale dei comp�rtamentfdi 
abuso d.ell'assegno banc�rio -non confligge CO~ alcuno 
dei parametri costituzionali invocati dal giudice rimettente. 

La regola dell'art. 27, comma 3, Cost., secondo cui le perie non possono 
consistere in trattamenti contrari al senso di umanit� e devono 
tendere alla rieducazione del condannato, non � evocab�le con riferimento 
alla norma censurata perch� questa prevede una condizione di 
procedibilit� dell'azione penale e non gi� la sanzione della condotta 
costituente reato. N� per altro verso la norma, che � censurata di eccessivo 
�rigore, pu� sospettarsi di irragionevolezza (art. 3 Cost.) perch� 
l'eventuale previsione (auspicata dal giudice rimettente) dell'improcecUbiUt� 
dt'lll'azione penale. come const'lguenza <;lel solo pagamento della 
somma nominale, .oggetto dell'obbligazione car.iolar.e, non. sarebbe sufficiente 
a disincentivare. (ma anzi incep.tiverebbe) l'uso dell'assf!gno come 
strumento di credito con lesione della fede pubblica nell'assegno come 
mezzo di pagamento. 

Il fatto che il legislatore, introducendo tale condizione di procedibilit�, 
abbia sotto questo profilo (ma non sotto altri) attenuato il rigore 
sanzionatorio modificando la soglia della repressione penale, .non esclu~ 
de che rassegno bancario sia rimasto tutelato come mezzo di pagamento 
e non gi� come strumento di credito. In questa prospettiva; che � 
espressione di .discrezionalit� legislativa nella configurazione dei reati, 

reato cli emissione cli assegni bancari a vuoto. Infatti la giurisprudenza della 
Suprema Corte si � dimostrata molto rigorosa al riguardo affermando che 
il. reato di emissione cli assegni a vuoto si consuma nel momento in cui il 
titolo viene presentato in tempo utile per .il pagamento, ove manchi o sia 
insufficiente, in quel. momento (ai sensi dell'art. 32 R.D. 21 dicembre 1933 n. 
1736 �la provvista presso la banca trattaria, restando del tutto irrilevanti i 
fatti anteriori e posteriori, tra cui la levata del protesto (e ci� anche ai fini 
della condizione di procedibilit� cli cui all'art. 8 1. cit.). Del resto neppure 
in. questo articolo assume rilevanza il protesto in. quanto tale, perch� il ter~ 
mine di 60 giorni durante il quale l'azione penale non pu� essere iniziat.a o 
proseguita decorre dalla data di . scadenza del termine ultimo di presentazione 
del titolo (Cass. 17 giugno 1992,..n. '7030). 

Su tale presupposto, secondo Cass. 15 dicembre 1992 n. 11944, il pagamento 
eseguito dopo la vana presentazione del titolo, ancorch� prima del 
protesto, rileva solo ai fini della condizione di procedibilit� di cui agli artt. 8 
e 2 1. cit., ove sia fornita la prova che il tardivo pagamento sia comprensivo degli 
interessi, della penale e delle ulteriori eventuali spese. 

E' infine da ricordare che per l'applicazione della causa di improcedibilit� 
di cui all'art. 8 non ha alcun rilievo il fatto che la documentazione del 
pagamento venga formata ed esibita in un tempo successivo al termine pre� 
scritto dalla norma per effettuare il pagamento (Cass., Zl agosto 1992, n. 9105; 
Cass., 3 novembre 1992, .n. 10656). 


PARTE I; �SBZ; I,�GlURISPRUDllNZA� COS'.l'ITUZIONALE 

la condizione� di procedibilit�. prevista.�dalla� norma ��.censurata, �proprio 
perch� ��investe� uri'area di comportamenti penalmente .. non sanzionati, 
non sarebbe potutacconsistere nelmero pagamento �dena��somma portata 
dall'assegno ci� potendo valere a ripristinare gU.�interessi� patdrnoniali, 
m;J. non anche a tutelare l'a~itiamento ehe la collettivit� fa nemacSsegno 
oaricarfo c�me. me:i.zQ di� �soluti o �'.: �Pertanto l'effetto di remora ad emet� 
tere: assegni bancari. senza copertura, ci:ti � finalizzata:..fa sanzione penale, 
vierie assicurato .;;.:;;: per i comportamenti che d�stano minore allarme 
sociale� (ossia �quelli che sono�� segwti dal pagamenfo dell'assegno . entro 
if termine di sessanta giorni dalla data d� scadenza ��del� termine di� presentazione) 
��~�. dalla pr�spett�va�.� di dover�����cor:i:ispondere .insieme ���alla 
somma tapitale ...:;..;. in� ogni caso �ed indipendentemente d�:� un�: richiesta 

di�� risarcimento da parte del �creditore� ...... anche��una �penale;. oltre. agli 
interessi��e alle spese di protesto; mentre~ dire l'improcedibilit�� dell'azione 
penale conseguisse�al me:ro �pagamento� dell'importo �dell'assegno; n.bene, 
ogg�tt-0� della tuteta p�n�ile, degraderebbe almero interesse civilistico del 
creditore all'esatto ademj:ifrriento�� deWobbligazione cartolare. 
��������������Neppure � lestf�l pfittCiPiO di eguaglia:t}Z� sotto il profilo indieato 
dal giudice rimett�:tite/rton .�essendo la sJ.tUazi�ne di chi commette lo 

specific� teat� di �illissi�ne . di assegno senza. copertura comparabile con 
queUa�dichi cornmette�reati eonfro il patritnoriio, per i quali il risarcimento 
deldann� costituisce �sole> trifatten'ilante (art. 62 n. 6 cod. pen;). 
U comportamento <preso iri considerazione dalla norma censurata � 
diverso e pi� ampio del mero risarcimento del ..dam10, soprattutto 
perch� comprende -a prescindere dall'atteggiamento serbato dal creditore 
cartolare -anche il pagamento della penale suddetta e deve 
essere posfo iii essere tempest�vamerit� (entro sessanta giorni dalla data 
di scadenza del termine di presentazione dell'assegno e non gi� soltanto 
prima. del giudizio}. Queste connotazioni differenziali assicurano, nella 
valUtaiforie dis��Honale delfogislatdre,. anche che non sia compromesso 
(se noh)Ii.Inis.J;'~� ~~sai lieve sfda. giustific�.re l'astensione dalla repressione
� penlile) ii behe giuridl~� dell~ fede pubblica nell'assegno bancario 

come mezzo di pagamento. 

N� vi � di.sparit� ditrattamento sotto il profilo che, secondo il giudice. 
rimettente;l'assegn�. bancario sarebbe. richiamabile, nel breve lasso 
di tempo che precede lalevata del protesto; dall'ultimo prenditore che lo 
abbia presentato per l'incasso,. con conseguente non punibilit� di chi .abbia 
emesso l'assegno senza . provvista; mentre dopo il protesto la non procedibilit� 
dell'azione penale, e quindi la non punibilit�, richiede che si 
verifichino le . condizioni �.previste dall'art. 8 della citata legge n, 386 
del 1990. 

Anche sotto tale profilo la censura � destituita di fondamento perch�, 
co.1lle ritiene la giurisprudenza della Corte di cassazione, il reato di 
en:lessione 4i assegno�. senza provvista .si consU;ma con la sua presenta



180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
zione (in concomitanza con la mancanza di fondi sufficienti per il pagamento) 
e non gi� con la levata del protesto. Quindi in entrambi i casi, 
oggetto della comparazione operata dal giudice rimettente, trova applicazione 
la norma censurata. 
Infine non � violata la sfera di autonomia e di libert� del prenditore 
(o del .giratario) del titolo, evocata dal giudice rimettente in riferimento 
all'art. 41 Cost., perch� la norma censurata prevede anche, al 
fine dell'improcedibilit� dell'azione penale, il deposito vincolato delle 
somme indicate dall'art. 8 cit. presso l'istituto trattario ovvero il pagamento 
al pubblico ufficiale che ha levato il protesto o ha effettuato la 
constatazione equivalente, in alternativa al pagamento nelle mani dello 
stesso portatore del titolo, Questi rimane libero di non accettare l'eventuale 
pagamento offertogli da chi abbia emesso l'assegno privo di provvista 
senza peraltro che ci� comporti l'automatica procedibilit� dell'azione 
penale; come anche � libero di restituire il titolo a seguito del 
solo pagamento della somma cartolare (con spese di protesto ed interessi) 
senza pretendere il pagamento dela penale; in tale ipotesi -prospettata 
�dal giudice rimettente -il versamento della penale -a prescindere 
dalla possibile funzione di offerta e deposito, secondo il regime 
civilistico della mora credendi, di quanto il portatore pu� pretendere 
dall'emittente ex art. 3 legge n. 396/90 cit. -ha comunque, secondo i 
rilievi gi� svolti, un effetto disincentivante dell'impiego -con lesione 
della pubblica fede -dell'assegno come strumento di credito anzich� 
come mezzo di pagamento. 
CORTE COSTITUZIONALE, 7 maggio 1993, n. 224 -Pres. Casavola; Red. 
Mirabelli. 
Avvocati e procuratori -Esame di procuratore legale -Distretto della Corte 
d'Appello presso la quale � stato sostenuto l'esame � Iscrizione nell'albo 
professionale di un diverso distretto -� Divieto -Incostituzionalit�. 
L'art. 3, secondo comma, della legge 24 luglio 1985, n. 406 che (in 
relazione all'art. 25 del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, convertito in 
l. 22 gennaio� 1934 n. 36) impone ai nuovi procuratori legali di iscriversi 
in un albo circondariale nell'ambito del distretto della Corte d'appello 
presso la quale hanno sostenuto l'esame (e quindi di permanere per 
almeno un biennio in quell'albo) costituisce ingiustificata eccezione ad 
un sistema ispirato alla libera scelta della circoscrizione di esercizio dell'attivit� 
professionale, e quindi contrasta con l'art. 3 Cost. (1). 
(1) La questione di costituzionalit� dell'art. 3, secondo comma, della 
legge 24 luglio 1985, n. 406 (modifiche alla disciplina del patrocinio davanti alle 
f., 
1 
~ 


/.>La q��stione: 'di 1�gittimlta: eostittiii<>ria.Ie soll'evata� dtllla Corte �di 
ca.ssmbn�rig�aht�fil.� v�neofo; per cbforo ehe hanno .superatogli esami 
di proeurat<>re Iegrue; di iscriversi e$ciushiamente :fu; un� aioo� cittonda,; 

--!~~~~:~~~=��~ 


<;mn,t,lJa,ta ,co~ ,il J?reel�istente obbligo. di� permanenza minima della Jscr�� 
z��ne in� ifu aibb/pef f!lmeno wfbiennio,.�perch�.� poss� essere chiesto it 
trasfe'i:'imento�>ad �lfra �sede nella quale l'mteressafo intende fissare la 

:~~:ire~f:~!~:�{aid/25 del~~~~ decretco-legge ��27 novembre 1933 

��.� � lFlihiite di lfjgittimaZ�orie al 

trasferimento� era:.� stato disposto nel 
contesto d,i. un ()rdinamento della professione forense che prevedeva,� per 
la iS~riZidfte h�ll'al'b�' dei pr�cutatoti; un numero di posti limitato, la 

;:~f~~s~;:;l~11'f~~~~t~~~t~::::;0:::!;:~'!!i::c::;~~n~: 


~T~�Zi~l~~:~~;:~~!:1.it!ff!~!!i:d:~!:i0..��(con:'1a:�.possibi1it� 
che tilii~ !&s~'la ~d.e diesami/ presso il Miliistero di�� grazia ~ giustizia); 

cofil�ot�t�� da �.riteressi di carattere pubblico;� inerenti al servizio>giudi� 
zi'.ilrfo(�h:� sFaffe�irlavatto anche ri:emt f�se �della< distribuzione sul tem� 
torio & quanti eseH::itavanoia :ptofessi�ne cli .procuratore� Questo sistenfa,
� � shttd'�i.i::tefuporarteamente sospeso),: dal decreto�� legisla:ti\to luoge" 
teri�tizii�e 1 sett�ihtlre i944, rt~ 21.srma sostanzialmente abbandonato per 
il c�risolidarsf de1r1t �� sua�� mancata a:ppl�cazione.
��������t� IbnitM:idhl hl:ta :r�l.obilita''dei procuratati�� legali successi:Y.am.ente 
introdotte non riguardari� l� quantifieaziorie. e la distribUzione dei posti; 
ma tendono. � det�rirtirtate � fa Corte d'app'elio presso la quale � gli. esami 
possono essere sostenuti e collegano a tale luogo la possibilit� di iscti� 
zione all'albo. Cos� � per l'obbligo di sostenere gli esami nel distretto 

preture e. degli es��JlF per la ptofessfone di procuratore�� legale) � stata sollevata 
dalle S�ziolli unite della � Cotte di � Cassafil:on� con ordinanza n. 613 in 
data �s �ottobre 1992; in cui Viene� denunciato il �-contrasto :di .�tale norma con 
gli .artt. 3, 4 e. 16 Cost. � � � � � 

.���.� � . La Corte �ostituzfonale/ �.con �fa sentenza: in esame (pubblicata anche .iri. 
Foro Jt;, 1993;�I, � 1718; c�n nota. di' Bar0ne) dkhiata l'illegittimit� . della norma 
perch� . il .divieto da�.� essa disposto .. (stante anche la mancata abrogaiione del� 
l'art. 25 r.d.l. . 27 novembre 1993, n. 1578) e privo di giustificazione nell'at� 
tual� ordlliamehto de1Ia pfofessfone forense, caratterizzato dall'assenza di un 
nitmero chiuso e dalla libert� di scelta della sede di eserdzio de1l'attivit� professionale~ 
.�Il . limite biertiiale al trasferimento.�. e:ra infatti stato �. i:mPosti:> .��dal� 
l'art. 25 del r.d;l. 27 novembre 1933; n~ 1578 in altro contesto nortnativo che 
prevedeva l'assegnazione �della sede per concorso . ed �.era . ritenuto dalla � ddt� 
trina . anfora m vigore dopo la legge d�l 1985; nonch� rigdros�mente appli� 
cato dal Consiglio Nazionale Forense (ma alcune decisioni precedenti alla 

4 



182 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

nel quale si � svolta la pratica professionale; cos� �, anche, per la possibilit� 
di iscrizione esclusivamente in un albo nell'ambito del distretto 
di Corte di appello presso la quale l'esame � stato sostenuto (art. 3, 
rispettivamente primo e secondo comma, della legge n. 406 del 1985). 

La Corte di cassazione ritiene che la disciplina sopra descritta possa 
essere in contrasto con gli artt. 3, 4 e 16, .primo comma1 della Costi~ 
tuzione. 

In particolare, con riferimento all'art. 3 Costituzione, il giudice 
rimettente deduce l'irragionevolezza di una disciplina che pone coloro 
che hanno superato l'esame e hanno mutato successivamente la propria 
residenza nell'impossibilit� di iscriversi nell'albo del luogo di nuova 
residenza, rimanendo di conseguenza esclusi dall'esercizio della professione. 


L'ordinanza di rimessione sottolinea che la legge 406 del 1985 ha 
inteso � arginare il fenomeno delle migrazioni dei praticanti procuratori 
verso .sedi di esame ritenute pi� vantaggiose l>. Ma a� tale scopo -osserva 
la Corte di cassazione -sarebbe sufficiente l'obbligo di sostenere 
l'esame ,presso la Corte d'appello nel cui distretto s~ ��.� svolta la pratica 
professionale, essendo deL tutto improbabile che al fine di scegliere una 
sede di esame il praticante procuratore trasferisca altrove la. propria 
residenza per i due anni della durata minima della pratica professionale. 

Il limite posto dall'art. 3, secondo comma, della legge n. 406 del 1985 
per la prima iscrizione in un albo dei procuratori, unito all'obbligo (che 
deriva dall'art. 25 del regio decreto-legge n. 1578 del. 1933) di non chiedere 
il trasferimento per almeno due anni, � cos� assoluto da non ammettere, 
nell'interpretazione che � stata data alle disposizioni stesse, alcuna 
possibilit� di deroga, neppure quando .il mutamento di residenza non 
sia affatto elusivo delle finalit� della legge ma sia invece dovuto a neces


legge 406 del 1985 avevano accolto delle domande di trasferimento infrabien


nali). 

La pronuncia della Corte Costituzionale ha rilevanza pratica solo per il 
periodo precedente all'entrata in vigore della legge n. 67 del 1991 (che ha abrogato 
l'art 25 cit., manifestando quindi, a detta della Cassazione, l'irrazionalit� 
della precedente disciplina). 

A seguito di tale ultima legge era ed � tuttora rimasto in vigore solo 
l'obbligo di svolgere gli esami per l'abilitazione all'esercizio della professione 
di procuratore legale nel distretto di Corte d'Appello presso cui sono stati 
svolti i due anni di pratica forense. 

E' infine da ricordare che � stato presentato un progetto di legge per la 
abolizione dell'albo dei Procuratori legali e la sua unificazione con quello degli 
Avvocati, il che comporterebbe, anche in conformit� con il futuro regime 
di libert� di svolgimento della professione forense nell'ambito CEE, la pos� 
sibilit� per gli abilitati di esercitare la professione forense, indipendentemente 
dal distretto di Corte d'Appello di iscrizione all'albo, su tutto il territorio na� 

zionale. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sit� .. fiffettive e. sopravv~ute, o anche necessario per �evitare incompatibiUt� 
che l'esercizio della professione nel distretto nel quale si .� tenuti 
ad iscriversi e rimanere iscritti per almeno�. due an,nLpotrebbe determinare. 
Il vincolo che cos� si cumula, in un sistema altrimenti ispirato alla 
liber;:\.,scelta .della cil:wscrizione. nella quale l'interessato �pu<)� iscriversi 
per. ese,rcitare . la professione,. eccede,. nel suo mo(;].o di � esi;;ere, � le finalit� 
persegajte cqn l'imposizione del vincolo stesso. Pifatti nell'.attuale ordi11~
me:p.t() forense non sussistono gli originari limiti nel numero e nella 
distribuzione d.egli iscritti agli albi delle diverse circoscrizio.i, che 
davap.p. ragioi;i,e . della rigorosa regolamentazione, . anche in funzione delle 
esi.ge,ll,2;e . del. serv~~io�giud~iariq, della. mobilit� . dei prpfessionisti. 

Inoltre l'obbligo di prima /iscrizione nell'ambito del distretto nel 
quale sono stati sostenuti gli esami/ previsto come assoluto ed inderogabile,. 
non si� giustifica adeguatamente n��in. rapporto al momento genetico 
(deLcollegamento-con la sede di esami ..p.er J'abilitazione all'esercizio 
della professione) n� in relazione all'aspetto. funzionale (dell'esercizio 
della professione stessa). Sotto il p;i:imo profilo la iscrizione all'albo 
potrebbe �avvenire anche ..a� notevole . distanza .di tempo dal superamento 
degli es.ami senza che, secondo .il tenore letterale dell'art. 3 della legge 

n . .406 del 1985; cessi l'obbligo.di prima iscrizione nell'ambito del distretto. 
Sotto il secondo profilo l'esigenza, anche. prospettata, di assicurare almeno 
per un arco di .tempo adeguato e prefissato la rappresentanza di chi 
affida il mandato al procuratore, non sussiste certamente per la prima 
iscrizione, che costituisce essa stessa il presupposto per il verificarsi 
della situazione che si ritiene. poi di dover proteggere. 
La questione di legittimit� costituzionale � pertanto fondata e va 
dichiarata l'illegittimit� costituzionale delle disposizioni denunziate per 
contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 
Gli altri profili dedotti dall'ordinanza di rimessione sono assorbiti. 

CORTE COSTITUZIONALE, 13 maggio 1993 n. 237 -Pres. Casavola -Red. 
Ferri -Pagani; Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di 
Tarsia di Belmonte). 

Procedimento penale -Prova testimoniale indiretta -� Dichiarazi.,ni dell'indagato 
nel corso del procedimento '(anche prima del formale inizio 
dell'indagine) -Divieto di acquisizione al dibattimento -Questione 
di legittimit� costituzionale � Infondatezza. 

E infondata, in relazione agli artt. 3, 76 e 111 Cast., la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 62 del codice dt proc�dura penale che 


184 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

vieta l'acquisizione al dibattimento della testimonianza indiretta relativa 
a dichiarazioni a chiunque rese dall'indagato nel corso del procedimento, 
anche prima dell'inizio formale dell'indagine (1). 

Con due ordinanze di contenuto sostanzialmente identico (per cui 
va disposta la� riunione dei � � relativi �giudizi), il Pretore di Bergamo 

sezione distaccata di Clusone -ha sollevato, in riferimento agli 
artt. 3; 76 e 111 della Costituzione, questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 62 del codice di procedura penale �nella parte in cui vieta 
tassativamente di acquisire al dibattimento le deposizioni testimoniali 
concernenti le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta ad indagine, 
anche prima del formale inizio dell'indagine �, 

Il giudice remittente, come si evince con sufficiente certezza, pur 
con un certo sforzo interpretativo, dalla motivazione delle ordinanze 
di rimessione (invero non sempre chiara n� priva di qualche aspetto di 
contraddittoriet�), lamenta, in sostanza, che la norma impugnata, nel 
porre un assoluto divieto di acquisizione al dibattimento, attraverso 
testimonianza de relato, di qualunque dichiarazione resa dall'imputato 
in qualsiasi tempo, in particolare ancor prima della iscrizione della notizia 
di reato nell'apposito .registro, viola: a) l'art. 3 della ,cos1Jituzione, 
perch� detta preclusione all'accertamento della verit� � priva di ragionevole 
giustificazione; b) l'art. 76 della Costituzione, in quanto tale 
radicale divieto non trova fondamento in alcuna direttiva della legge di 
delega; e) l'art. 111, primo comma, della Costituzione, poich� la norma 
in esame, impedendo al giudice di assumere le menzionate deposizioni 
de relato, non gli consente di motivare adeguatamente le proprie valutazioni 
delle complessive risultanze processuali. 

(1) Con questa sentenza interpretativa la Corte Costituzionale, nel dichiarare 
l'infondatezza della questione di legittimit� costituzionale dell'art. 62 
c.p.p., afferma che il divieto imposto da tale norma di acquisire al dibattimento 
le disposizioni testimoniali concernenti le dichiarazioni rese dalla persona 
sottoposta ad indagine anche prima del formale inizio della stessa, va 
inteso nel senso che non possono essere acquisite le dichiarazioni spontanee 
rese � nel corso del procedimento >>, cio� in occasione del :::ompimento di uv 
atto dello stesso, anche se prima del formale inizio delle indagini. 
Attraverso questa interpretazione cade il presupposto su cui si fondano 
le ordinanze di rimessione (ordinanza del Pretore di Bergamo, sezione distaccata 
di Clusone, rispettivamente in data 27 marzo 1992, n. 777, e 30 marzo 
1992, n. 778), secondo le quali l'art. 62 del codice di procedura penale sarebbe 
viziato da irragionevolezza, perch� impedirebbe l'ingresso nel dibattimento 
di qualunque teste indiretto sulle dichiarazioni comunque rese anche solo dal 
futuro indagato a persona non appartenente alla polizia giudiziaria. 

Al contrario, cos� come interpretata dalla Corte Costituzionale, la norma 
in questione appare direttamente inserita nel contesto dei principi garantistici 
e quindi non in contrasto -come invece affermato dal giudice remit� 
tente -con la legge delega, ed in particolare con la sua direttiva n. 31. 



PARTE I, SBZ. 11 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

La�� questione non. � �fondata. 

La norma cens�ratatestualmente dispone: <~ Le dichiarazioni comunque 
rese nel corso del procediment-0 dall'imputato o dall� persona sottoposta 
alle indagi:rli non possono formare oggetto: �di testimonianza �, 

Nella rela..zione al progetto preliminare gi~ si oS.s�rv�va _._ con riferi:
rne!lt9 ��al �test<;> dell'ark 7li quarto comma, del progetto; da cui � .poi 
�letjvata, .c<>l'.l qul:llcbe modifica la !llsposW.One in . esame� ._,.. che la norma 
co!liiene. � un�divieto' mtestbnonianza de auditu, �relativo ad ogni� ilichiarazione 
che l'imputato abbia potuto �rendere, .anche prima di assu" 
men~ �tale q.a}it�, . nel corso delle indagini preliminari o deL pl'().cesso. 
Si .vuole �mfatti che di t~e�. dichiara11icme faccia fede la sola documentazione 
scritta, da. reiligersi .e .da.� utilizzarsi conJe � form�� ed entro i -limiti 
Previsti per le varie fasi del procedimento >r; e si aggiungeva. che non si 
tr:a:tta di � un divieto soggettivamente qualificato, come testimonianza 
de. auditu �dell'ufficiale di pol.izia, ma s:i configura, �n �termini oggettivi, 
con riferimento al contenuto� delle dichiaraziorik �e quindi�. es�lude .anche 
la testimonianza de auditu di soggetti diversi dall'ufficiale o dal magistrato
�. 

L� giurisprudenza della Corte di cassa.Zione ha, poi, a: sua. volta, 
chiarito, per quanto qui pi� specificamente interessa, che il divieto in 
esame opera. solo con riferiniento a dichiarazioni rese � nel corso del 
procedimento � e non. genericamente � in pendenza del procedimento �, 
vale a. dire esclusivamente in 6t'dirie a dichiarazioni .effettuate nella sede 
processuale, cio� �n occasione di un atto del procedimento. � solo in 
relazione a tale categoria di dichiarazioni, infatti, che si pone l'esigenza 
di garanzia, gi� messa in luce dalla relazione al progetto preliminare, 
consistente nel far s� che di esse faccia fede la sola documentazione 
scritta, con divieto conseguente. di fonti testimoniali surrogatorie. 

�,. pertanto1 esatto .,.._ come osserva il remittente ....-. che, �ai fini 
dell'applicabilit� della norma impugnata, non�� assume di.� per s� � alcun 
rilievo il .discrimine. temporale. d�lla iscrizione della notizia di reato .._ o 
del nome della persona cui esso � attribuito '-� nel� registro di cui 
all'art. 335 del codice di procedura penale. Ma occorre p.ur sempre 
accertare (ed � questo che essenzialmente rileva) che le dichiarazioni 
su�.. cui �.�dovrebbe . vertere .. la ��testimonianza � de �auditu siano state rese 
(an�he� spontaneamente)�in occasione del compimento di ci� che debba 
comunque qualificarsi come un (qualsiasi) atto del procedimento. 

Una volta che alla norma censurata si attribuisce l'ambito applicativo 
indicato, le censure del giudice remittente vengono evidentemente a 
cadere. 

Va, in primo luogo, escluso che la norma medesima sia viziata da 
irragionevolezza. Il divieto in essa contenuto, infatti, come si � visto, 
non � affatto assoluto ed illimitato, e nei circoscritti limiti di operativit� 
sopra individuati non � certamente irrazionale, essendo posto a 


186 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

tutela della esigenza che le dichiarazioni dell'imputato giungano a conoscenza 
del giudice attraverso l'esclusivo veicolo della documentazione 
formale, con le garanzie a questa connesse. 

Non . sussiste, in secondo luogo, un� eccesso di delega. Invero, la 
direttiva n. 31 della legge-delega prevedeva, al secondo periodo, il 
�divieto di ogni utilizzazione agli effetti del giudizio, anche attraverso 
testimonianza della stessa polizia� giudiziaria, delle dichiarazioni ad esse 
rese..; dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, senza 
l'assistenza della difesa �, nonch�, al sesto periodo, il � divieto di ogni 
documentazione e utilizzazione processuale, anche attraverso testimonianza 
della stessa polizia giudiziaria �, delle notizie ed indicazioni utili 
ai fini dell'immediata prosecuzione delle indagini assunte sul luogo o 
nell'immediatezza del fatto anche senza l'assistenza del difensore. Non 
vi � dubbio che la norma de qua trae origine da tali criteri direttivi, 
nonch� da altri (cfr. direttiva n. 31, primo periodo, e direttiva n. 33) 
che impongono'alla polizia giudiziaria l'obbligo di compilare verbali, o, 
comunque, documentare l'attivit� compiuta. 

Ne deriva che la verifica in ordine alla rispondenza della norma 
delegata alla ratio e alle finalit� che, tenendo conto anche del complesso 
dei criteri direttivi impartiti, hanno ispirato il legislatore delegante 
(verifica che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, 
va effettuata al fine di valutare l'esistenza o meno di un eccesso di 
delega: V�, da ultimo; sent. n.. 141 del 1993 e precedenti ivi richiamati) 
non pu� che avere nella fattispecie in esame esito positivo, in quanto la 
norma censurata indubbiamente costituisce coerente applicazione e completamento 
della scelta espressa dal legislatore delegante e delle ragioni 
ad essa sottese. 

Deve, infine, certamente escludersi la violazione dell'art. 111, primo 
comma, .della Costituzione: basta osservare che la norma de qua, vietando 
l'ingresso in dibattimento di un determinato mezzo di prova, delimita 
a monte l'ambito riservato alle valutazioni del giudice, ambito entro il 
quale sussiste l'obbligo di motivazione di cui all'invocato parametro 
costituzionale. 

� appena il caso di rilevare, in conclusione, che spetta al giudice 
a quo verificare se la norma censurata, nella corretta interpretazione 
sopra indicata, sia applicabile alle fattispecie sottoposte al suo giudizio. 



�.� �.-.....�.� L~.�B~p~b~�~b~ �.i;a�~~.��<i;~~n~~d;.���~~ntr:~i� ��~i~t~mati~t... �ult~� p~~tite 
di.pesce,_prove:nienti.da altri Statimerrtbri e .dal Regno di Norvegia, debit4mt7Jt� 
�ctainp~gh&t� da �n <:i�tifi��to sanitario dell<f Sfat� .spe�itore 
dtWHtfht~i:h~ il prodotti> era eiente� dd larve ���dt nematodi viVe:; �n�nche 
vietand6 t'1iftpoitafiofte di partite� df pesce:,� proveitfente da altri�Stati 
mimtlft ~ dalR~riii6 di �NorVrtg~; rtbn -Mcompagnate da-�uh certificato 
dello Stato speditore, (JJl.ando dai controlli effettuati nello Stato di destinazione 
non. era� risultata la presenza di� larve di nematodi vive;�� �� venuta 
meno agif, ol:Jl1tighi cbe ad es�a, incoml;JQ_r:zo. qi sensi. 4egti ar:tt,. 30 e 36 del 
Trattato CEB; della �direttiva del Consiglio J dicembre�.1983, 83/643/CEE, 
r&tativi a1tvigevota1/otte dei contrW� fisici e �4We forrnazmt ammitiistra. 

!~i1l~st~1~:J~t~f/l11~fj~/�'(f~h:d~i~~~1:f:iu!i!!~��.r::t~~~~~:!i4!~ir~0~ 

Comunit� econdmica. europea e il>tegno di Norvegia e ne stabilisce le 
disp6sitJonl di ttppltcaziorte.�. Per cont'ro, quando. dai contralti eff�ttuati 

!!i1~~!'~!!~~~~~~~t~:!:1~~;


tazion'e di questi prodotti, ��donde la. corrispondente insuisistertta����delta 
vJqtazione �di obblighi'� derivanti dalla .. normativa comunitaria sopracitata da Parte gel~a Ji~pY,boii�a i~<!-fiarta (1), � � � � � � � � � �. �. � � 

(1) La� Corte� ha respinto il ricorso della Commissione nella parte in cui 
esso riguardava if divieto di importazione in Italia �di� partite �di pesce contenente 
larve di nematodi vive, in quanto queste sono certamente pericolose per 
la salute (esse possono produrre l'anisakiasi, malattia difficile da diagnosti

188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

I

(omissis) 1. -Con atto depositato in cancelleria 1'11 settembre 1991, 

I ~ 

la Commissione delle Comunit� Europee ha presentato, ai sensi dell'arti(:: 
colo 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica 
italiana, vietandq di fatto, st.ilfa 0 base di una normativa nazionale 
indistintamente applicabile e dei relativd atti amministrativi specifici 
che ne hanno consentito l'applicazione, l'importazione di partite di 
pesce iin provenienza da altri Statd membri e dal Regno di Norvegia per 
il solo motivo della presenza Jn esse .di larve di nematodi ed imponendo 
controlli sistematici sulle stesse partite, � venuta meno agli obblighi che 
ad essa tncombono a nonn,a degli artt. 30. e 36 del Trattato, in quanto 
facenti parte integrante de} regolamento del Consiglio ~9 d,icembre 1981 

n. 3796, l'elativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti 
della pesca (G. U. L. 379, pag. 1),. come modificato, della direttiva 
del Consiglio 1� dicembre 1983~ 83/643/CEE, 11elativa all'agevolazione dei 
controlli fisici e delle formalit� amministrat�ve nei tras:porti di merci 
fra Stati membri (G. U. L. 359, pag. 8), come modificata, e del regolamento 
del Consiglio 25 gJugno 1973, n. 1691, che reca la conclusione di 
un accordo tra la Comunit� economica europea ed il Regno di Norvegia 
e n� stabilisce le disposizioni di applicazione (G. U. L. 171, pag. 1). 
2. -La legge italiana 30 aprile 1962 n. 283 (GURI n. 139, pag. 2194), 
come modificata successivamente, stabilisce che � vietato, sotto pena di 
sanzioni penali,. impiegare nella preparazione di alimenti,, vendere, detenere 
.per vendere, somministrare, distribuire per il consumo o introdurre 
care, che pu� avere conseguenze molto gravi per l'organismo), disattendendo 
la tesi della Commissione stessa, la quale sosteneva che il prodotto fosse cionondimeno 
. commerciabile �.a condizione �che ne fosse vietato d'autorit� l'uso allo 
stato crudo. La Corte ha invece accolto il ricorso riguardo al pesce che presentasse 
larve di nematodi devitalizzate, posto che esse non sono nocive 
per la salute. 

La Corte ha applicato la sua giurisprudenza (costante fino .al momento 
della pronuncia, ma I?i� recentemente ridimensionata: cfr. la sentenza 24 novembre 
1993, nelle cause riunite C-267 e 268/91, KEcK e MITHOVARD, ancora inedita) 
secondo la quale un prodotto legalmente commercializzato in un paese membro 
(o assimilato) deve poter liberamente circolare in tutto il territorio comunitario, 
salvo che non sorgano problemi di tutela della salute umana (cfr. sentenza 
11 ottobre 1990, n�lla. causa C-196/89, NESPOLI e CRIPPA, �.fa questa Rassegna, 
199.0, I, 437, e giurisprudenza citata ivi in nota, nonch� la. sentenza 4 giugno 
1992, nelle cause riunite C-13/91 e C-113/91, ;DEBUS, in questa Rassegna, 1992, 
I, 417). Ma essa non sembra aver tenuto conto che il problema era pi� ampio: 
e pi� articolata era stata infatti la difesa italiana sul punto, al di l� 
della problematica strettamente inerente alla salute umana. 

In effetti le autorit� italiane non avevano affatto opposto ostacoli al 
commercio infracomunitario (o con paesi come la Norvegia). Esse avevano 
fermato solo le partite di pesce � infestato � da nematodi, cio� un prodotto 
notevolmente inquinato, come tale non commerciabile secondo la normativa 


PAR'l'E I, SEZ� ll, GIVRIS. CQMU!<ITAR!A B INTERNAZIONALE 189 

nel territorio della Repubblica ... sostanze al4mentari .che. siano .. ((private 
ancbe in parte .. ~� propri elementi nutritivi.i .-0 mes�olate a sostanze di 
qualit� inferiore, insu�iciate, invase da parassiti, i.in stl;\to di alterazione 

o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti 
a rn~�hera.re m,t preesistente stato di .alterazione ?>� In. conformit�. a � que.
sta Iegge; l~ �a�tnrit� slitrifrf;l.me pQssorio procedere :in ogni momento ad 
.. ispex:ipn:i � p:pelieyi.Qi �al:npil:)ni.�diderrate albne:nti;ui e disp()rJ::'edLsequestro, 
.. nol'lch� .fa distruxi.Clne della merce, qualora i controlli effettuati� ne 
facciano apparire la necessit� per la tutela della salute;;� 
< )'. . ji,4~i'.$f� P.iil1i$J~riaie s.otto1)reJ~8$ #.. 454 (qt]R_r 4.25~, j>ag. �7), 
fu64ltic~to -a~t�a:ecMfo J:Mi:lfateiiaJ:e �15 t:e'bht'iao ᥓ<i9d n.�41�tougt n.. 61, 
t)J~.x3j,��pf~~ci4~t���(ihe,����per��1���pt'odotH�����c:�ilill1estibili. ai����orlgi11e���~lliil1aie, la 
~r�~ptl!#t� 4ei!~ ~fu;#t~ {fa sqttoporre ��a. c<?Btrollo sa~itaria deve� esi;e:i:e 
rio:n�� fr1f{lrif## ~LW% 4#1# p~r#~e :Pff:lst:iP,tate <>cti.c;l.�isLl>i:~y{lgi;:)'ardvo�nella. $s:ttfuiifu�:��tm.tfst<\i��#etd~rtt�ta1i���sort6�� cotnunque���eievate: ��quaiofa� SUS� 

si$tliU!.<>o W9t.i~J:li ~~Pl:lt.t.9: 9 ;ragionj; ~u.t.elari,.. a flni cii Jutela della sani~ 
t� .p.p"QJic;~Q.. g~J~, sanit�. AA~m1l!le, a �� gi.dizi:0�. del vetieri,nario .d~ confi.IJ.e(). su �li~i?<>ski:0n� <l�fJ:niJ:l1si�t'C> ci�11a ~~1:��. � �� ������ �� ����� � 

4. -Sulla base della legge. n. 283 del 1962, soprammenzionata, il mi� 
ni$ter6_lta1i�.ri()�cte1fu s�.nit�n�.i'frvfa:fo.�a �e�orrere da1� iuglio .1987, ai 
$.�rvizf vet�:iria:d .di ft6nti:er�. ��� �liversi >telegt�.rhmi <:on�. ~ui. si istittiiVa. un 
c�htrCllfo s!sterriatfod all'iliiportazibrte & talurie specie di }J�sce,> cfata Ia 
italian.a �he (a;rt, 5. della legge 31l aprile 1992, n. 283:) vieta appunto la .com, 

inercializzazfone � di inerci � iiisudicfate, invai;e da. parassiti, Jn stato di altera


zione o comunque nocive "� E tale normati'�ia non � dissimile da quelta esi


stente .in altri paesJ., q.ali il. Belgio. che vieta il commercio di. prodotto .� �ina� 

dattO ai consumo i.imano"� la Datifrriatca �che vieta fa commercializzazione 

di pesce �di qualit� s�adente�;la Francia che vieta il com�ilier�io di derrate 

\~corrotte. o. tossiche.i>, e cosi via, Nessuno .potrebbe .d.bitare che debba con� 

swe~~i :{�:odot.to �.11on COII1Il1est;.bill;l, non. a~tto cio� a( C:()US.mo-.wnano.-.. non 

commerciabile ccm1e sostanza aliII1entare, t:JJl procMto ittico � infestato � da 

iieri:fatdd�.. ;, Irifesia:fo " �. (dal latino � �~ infesta.re.�), . �riferito .. aci � animali � e piante 

nodve, s�gnifka invadere iln� regione, un i.ogo, un sito, o diffonderVisi con 

particolare .intensit�,�. costituendo\ per essi.� Wl pericolo o � :{�:OVOcandov:i .� danni; 

in � xnedici11a �l'.inflils1iu:e �~� �� xif.eritt;>. in. p;.:ti�olare �� a parassiti �� 1llet~oi inf.epori 

che imrac;l9n9 .� .. ('.i*gaaj5J.1l9., Non �...axnmissibil� .de$tin;u:e al c:onsumo .m~o

iin �pescato �he ��sfa�� cosf << iiil:estatO �;��c:o~r� pieno,�. cioe, �a1 ..�Iiirve .di patassit.i. 

Indipendentemente dal rischio per la salute, il pr0dotto avrebbe Un a5petto 

cosi repellente da non consentire alcuna commercializzazione, . neanche a 

prezZi partieolarni.erite bassi; come pure aveva s�rprendent�'fuerite suggerito 

la� Commissione: anche i poveri. hanno diritto � ad essere .rispettatL Non sem


bra, quindi, che possa opporsi la commercializzazione del prodotto, pur atte


stata da spedfico � certificato sanitario, in altro paese, nel quale magari le 

ab�tudini � � alim�ntari sono ben diverse. 

Fortunatamente ora la� direttiva comw:tltaria 91/943/CEE prevede lo s�arto 

del pesce nel quale sono manifestamente visibili, a occhio nudo, dei parassiti. 



190 

RASSEGNA AWOCATURA DEllO STATO 

constatazione di un crescente numero di partite di pesce infestate da 
larve di nematodi. Un telegramma successivo ha esteso questo controllo 
ai prodotti italiani della pesca. 

5. -A seguito delle denunce presentate dalla Danimarca, dalla .Norvegia 
nonch� da operatori economici che esportano pesce verso l'Italia, 
la Commissione ha constatato che a decorrere dal luglio 1987 le autorit� 
italiane hanno applicato nuove misure d� controllo alle frontiere, che 
colpiscono essenzialmente le importazioni di sgombri, aringhe, salmoni 
e merluzzi provenienti dagli altm Stati membri e da paesi terzi. Questo 
pesce ayrebbe. costituito oggetto di contro1li sanitari sistematici, anche 
se le partite erano gi� state controllate nello Stato di spedizione ed. erano 
accompagnate da un certificato sanitario in regola, e sarebbe stato respinto 
alla frontiera, oppure distrutto, ogniqualvolta le autorit� italiane avrebbero 
accertato la presenza di una sola larva, anche devitalizzata. 
6. -A sostegno del suo ricorso, la Commissione ha sostenuto in sostanza 
che fo restrizioni italiane all'importazione di pesce superavano le 
esigenze di una tutela efficace della salute. 
7 . .,.__ La presenza di larve di nematodi nei prodotti della pesca costituirebbe 
un fenomeno naturale che riguarda il pesce catturato in tutte 
1e acque comunitarie e solo il consumo di pesce infestato da larve vive 
sarebbe pericoloso per la salute umana, mentre i risultati della rkerca 
scientifica internazionaJe avrebbero confermato che l'ingestione di pesce 
contenente nematodi morti o� devitalizzati, anche in notevoli dosi, non 
presenta alcun rischio per la salute. 
8. -Poich� solo il pesce consumato crudo potrebbe contenere larve 
vive e questi parassiti potrebbero essere devitalizzati mediante vari procedimenti
� semplici, poco costosi e molto diffusi, quali la cottura o il 
congelamento, le auto!1it� italiane avrebbero potuto tutelare efficacemente 
la salute mediante misure meno resti:.ittive degli scambi, vietando il 
consumo del pesce crudo, abitudine questa del resto del tutto marginale 
in Italia, imponendo un trattamento adeguato destinato a devitalizzare 
le larve e informando dl consumatore mediante una appropI1iata etichettatura 
che classificasse il pesce infestato da nematodi devitalizzati in una 
categoria di freschezza inferiore alla normale. 
9. -Il governo italiano, per contro, ha sostenuto che la sola presenza 
di larve di nematodi, anche devitalizzate, nel pesce rende quest'ultimo 
improprio al consumo umano. Inoltre, le misure alternative, proposte 
dalla Commissione sarebbero inefficaci. Stando cos� le cose, le m~sure 
controverse sarebbero indispensabili per la tutela efficace della salute 
umana. 

PARTE I, SEZ. ll, GIURI$. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 191 

10; ,.,,.,.. Per una� pi� dettagliata esposizione .. degli antefatti, dell'ambito 
:nOnnativo, dello svolgimento del procedimento nonch� dei mezzi ed argomenti 
delle parti si � vinvia alla . relazione �d'udienza; ��Questi� elementi del 
fusci�olo saranno.. ripresi. qui di seguito.� sol<>> nella misura necessaria 
alla co.iprertsione'. �lel � ragionamento. della�� Corte.� ... 

$~li .articoli.39 e 36(le1 Jrattat.o 

l. ~.Al fine di valutare l�.fondatezza. di questa eensura, occorre rilevare 
. innanzitutt() che, anche se.�1e disposizioni . del citato � regnlamento 
n. 3796/81 non menzionano esplicitamente il divieto di restrizioni quantifatflt� 
a1i1imj;fortazi0ri� nonch� delle ritiSure df effetto equivalente per 
quahto rlgttatda � gli scambi. dritrac�muhitari;. risulta. tuttavia dal combillafo 
�� dispbst� degli artt. 38-46 � 8, :n; � 7, �del Trattata.�� che questo divieto 
deriva afdiritfo;��ar :Pitftar�l dopo Ia scadenza. del perfodo transitorio, 
dhl.I� �disp6s�ii:�rii cter Tr�ttid:O, � �6rrie �� � � stato del resto� sottolineato al 
trentesimb colisi�.er~ndd delregolamento.ii.. 3796/81 �(v. in tal .� senso senfencta 
J4�ltlgli�1976; Cii�se rlumte 3/76, 4/16 e 6/76/Kramer; Ra�c; pag.1279, 
p�ntf :s:;��e 54 eietta thotNazfone). �.�� �� �� �� � 
12. ~��Occorre�constatare poi che �le misure�� controverse ricadono nel 
divieto di cui alrart; � 30> d�l Trattl;lto. �Infatti, secondo una giurisprudenza 
consolidata della Corte (v. innanzitutto sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, 
D�ss6fr111Ifo, Racc. pag. 837; puhto 5 della motivazione), il div.ieto di misure 
dfeffett� �quivalehte a resfriz�om qtt�ritifative, ili S�ilsi d�Wart. 30 
del Tra.hato; cbmpr�nde ogni normativa �commerciale �.. degli .. Stati membri:. 
che�� possa ostacolare. di'.refrarrient� o . i:Ildireftamente, fa. atto o in potenza, 
gli scambi mtracomuriifari.. 
lk,....,. Occorre tuttavia verificare sei come s~tiene il governo .li.taliano; 
. le restriZioni . di cuL trattasi.�. possa.q . essertJ � giustificate, .. in base 
aU!art .. ~6 de.l 'l'rat:tato; .. di:t motividi.. tu,tf)la: della s1;11ute o della �. vita . delle 
persone� 

'14~ -A tal riguardo, � �mportanterilevare, innanzitutto, che la direttiva 
del Consigldo 22 luglio 119i, 91/493/CEE; �che stabilisce. �e norme sanitaliti 
. a.pplfoa}?i\li ajla. Pl'Odl1ZiOJ;le e aga C()p:tmercil;l),izzazione. dei prodotti 
dell� .Pesca. (G~ u: L. 268, pa,g.� 1s),� �. �s~fa adottata suc�essi.vainente al 
parere motivato, ..emesso dal1a Colll1llissione I1elia �presente causa, e che 
il termine per lasq.atrasposizione nell'ordinamento deg1i Stati membri 

� scaduto solo .il 31 �licembr�)992. . . �� �� . 

15. -La Comunit� pertanto non disponeva ancora di norme �comuni 
o armonizzate in materia di controllo sanitario 'del� pesce nel momento 
in� cui l'oggetto della presente controversia � stato definito dalla fase precontenziosa 
del procedimento. 
-


-. . ... ... --.... -� -. . ~

~�



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

192 

16. -Stando cos� le cose, spettava agli Stati membri decidere il livello 
al quale essi intendevano garantire la tutela della salute e della vita 
delle persone; pur tenendo conto delle esigenze della libera circolazione 
delle merci nell'ambito della Comunit� (v. in particolare sentenza 19 marzo 
1991, causa C-205/89, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-1361, punto 8 
della motivazione). 
17. -Ora, non � contestato che le misure nazionali di cui trattasi 
hanno per oggetto la tutela della salute, di modo che esse rientrano, in 
via di principio, nella deroga di cui all'art. 36 del Trattato. 
18. -Occorre tuttavia ricordare, .in secondo luogo, che una norma� 
tiva restrittiva degli scambi intracomunitari � compatibile .con il Trattato 
solo nella misura dn cui sia necessaria per una prote;zione efficace 
della salute e della vita delle persone e non . beneficia dunque della deroga 
di cui all'art. 36 quando la salute e la vita delle persone possono essere 
tutelate .con pari efficacia mediante provvedimenti di minore pregiudizio 
per gli ~cambi intracomunitari (v. in particolare sentenza 20 maggio 1976, 
causa 104/75, De Peijper, Racc. pag. 613, punti 16 e 17 della motivazione). 
19. -Occorre quindi esaminare se le restrizioni italiane controverse 
rispondano al principio di proporzJoualit� cos� espresso. 
20. -A tal riguardo, la Corte ha gi� dichiarato ripetutamente che 
un. doppio controllo all'importazione di prodotti. consistente nel requisito 
di un certificato dell'autorit� competente dello Stato di spedizione 
attestante che la merce ha sub�to un trattamento destinato ad eliminare 
taluni parassiti e in un controllo sistematico alla frontiera in virt� del 
quale l'importazione � autorizzata solo dopo che le autorit� sanitarJe 
dello Stato di destinazione abbiano accertato che la merce � esente da 
questi stessi parassiti, supera quanto consente l'art. 36 del Trattato 
(v. sentenze 8 novembre 1979, causa 251/78, Denkavit, Racc. pag. 3369, 
7 aprile 1981, causa 132/80, United Foods, Racc. pag. 995, 17 dicembre 
1981, causa 272/80, Biologische Producten, Racc. pag. 3277 e 8 febbraio 
1983, causa 124/81, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. 203). 
21. -Cos�, secondo la giurisprudenza, nel caso in cui .n prodotto 
�interessato ha gi� sub�to nello Stato di spedizione un controllo sanitario 
che offre garanzie �equivalenti a quelle che risultano dal controllo all'importazione, 
quest'ultimo non pu� costituire un doppione del controllo 
effettuato nello Stato membro di spedizione e deve pertanto in ogni caso 
esser�e Hmitato alle misure destinate ad ovviare ai rischi derivanti dal 
trasporto o da eventuali trasformaz�oni posteriori al controllo effettuato 
all'atto della spedizione (v. sentenza United Foods soprammenzionata, 
punto 29 della motivazione). 

PARTE 1, SEZ."11; GitJ1tIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE \93 

..��. �.. 22. �-�� lnoltre;la�:Cort{:l: ba dicbi.arato Ohe> .(fl.ij�ora. la cqllaborazione 
tra. le autorit.� degli Stati membri cons.enta di rendere.meno complicati 
e meno��gr~vosi i controlli alle frontiere,deautorit��.competenti in materia 
dLcontrolli sanitari devono accertare se i docutnentLprobatori rilasciati 
nell'an:tbito <U; tal~ collaborazione nOll creino una presunzione di 
conformit� delle merci j,triportate ai requisiti fissati dalla normativa sani. 
taria nazionale cne consenta �di semplificro:e i controlli effettuati all'atto 
d�1l'il:i:iportaziorie (v; �� trai l'altro sentenza � Denkavit, soprammenzionata, 
punto �23della motivazione, e sertten:aa>Comm�sS��ne/Regno Unito, soprammenzionata; 
punto� 30 della m�tiv�2ii<)'ne)t � ��� �� � � 

..,.. I~. xefiui;ito, posto...ci~�o. stato.. l'.llen:tbro.�.cli destin~ione, di un 
q<;>ntr()llo sanitario Q,i werci eh~ banno gitl, costituito. ()ggetto di un tale 
q(?ptr9~lo p,ellp ~~t~ cli< s.~d~ioJ:l~ e. c];ie s.ono agcoml?ll~Pate da un certit~
s~~2 ..~~t~ri~t�Wa~�~~.1;:9.. d;;�l~ ..c<?IllP~t~nti~.J;()tjt�. di qu.est'ultimo Stato, 
:<,\!!~~~te �)l~ i pr�,~imkAi Qui tr:attas.i ll()Jl. son� per:'.i�olosi per la 
sa1ute1 .s.p~!JEI. � qui.di J � requishi. <;li ..una tu.~ia .~ff.icace . clella salute, c;li 
modo che le . autorit�. dello StatO . di. destinazione di questi prodotti non 
sono legittimate ad effettuare controlli diversi da quelli per campione, 
al ~i~ c;li assicura*1sL.deUa conformit� dei documentiredatti dalle autorit� 
..dello.. Stato c1Lspedizione,, di. .prevenire .le. frodi e di opporsi all'entrata 
delle ��partite.� :�'iconosciute non . conformi. 

24.. -Ne d�riva elle le atiforit� di uno. Stato membro non possono, 
s�n# violare .u� prlnci]:)lQ di pfopor~ox;ialit�... che. � alla .base. dell'art. 36 
cl# t#tta.to, ass()ggettare .a c.6ntr<)lif s~itari . Sistematici i prodotti, provenienti 
eia altri Stati.membri, che' ~rio. d�bitamente . accompagnati da 
un certificato sanitario rilasciato dalle autorit� coi:np�tent� deMo Stato 
menil;)ro di specli,zip..e e l;lttes~te che .il prodotto di cui, trattasi non 
presenta alcup. risphi<:> per la salute.. 

�25..�.,:;.;,::.� A tll1�rlguardo :i.l governo italiano 'sostiene�� che�� i controlli controversi 
non avevano un carattere sistematico �e che il consumo di pesce 
contenente larve di nematodi, anche devitalizzate, costituiva un rischio 

I>~rYliialtite. � �� 

26; ..,.;..;... Per quanto rigilarda � il primo� argomento; � sufficiente rifovare 
che i telegrammi,. inviati il 18 luglio � il 14 settembre 1987 dal ministero 
italiano della Sanit� ai servizi veterinari di frontiera, prevedevano 
il controllo sistematico all'importazione per sgombri, aringhe, sal:
lhoni e merluzzi, senza distinguere � S�conda che il pesce fosse accompagriato 
o meno d� Un certificato sanitario redatto da!Je competenti autorit� 
dellb Stato di spediZione del prodotto. � 

27:. _... Per .quanto riguarda il secondo argomento; occorre ricordare 
che, secondo una giur.isprudenza costante (v. tra l'altro sentenza 30 no



194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

vembre 1983,. causa 227/82, van Bennekom, Racc. pag. 3883, punto 40 della 
motivazione), spetta agli Stati membri dimostrare, in ciascun caso, che 
la loro normativa � necessaria per proteggere effettivamente gli ii.nteressi 
considerati dall'art. 36 del Trattato e soprattutto che la vendita del prodotto 
di cui trattasi crea un rischio effettivo per la salute. 

28. -Ora, il governo italiano non ha dimostrato che il consumo di 
pesce contenente . larve di nematodi morte o devitalizzate a seguito di 
un trattamento adeguato � pericoloso per la salute umana. Infatti, :il governo 
convenuto si � limitato a sostenere che, tenuto conto non solo del 
loro carattere antigienico, ma anche della loro tossicit� non trascurabile, 
i prodotti de1la pesca che presentano larve rese inattive devono 
essere esclusi dalla commercializzazione per il consumo umano. �Tale governo 
non ha pertanto fatto valere alcun elemento concreto tale da inficiare 
la tesi della Commissione, secondo cui i risultati della ricerca scientifica. 
internazionale confermano che ~'ingestione di larve di nematodi 
morte o devitalizzate non costituisce affatto un fatto!'e di rischio per fa 
salute. 
29. -D'altra parte, come l'avvocato generale ha rilevato al punto 29 
delle sue conclusioni, il parere del Consiglio superiore della sanit� dtaliano, 
menzionato dal governo italiano neHa sua risposta del 13 marzo ID 
1989 alla richiesta di osservazioni proveniente dalla Commissione, constata 
la necessit� di un �ertificato attest~te che il pesce Ǐ esente da 
I 

I ~

parassiti o ha sub�to i necessari trattamenti atti a: garantire la devitaliZzazione 
del parassita �, il che-presuppone che la presenza di larve morte 
nel pesce no,n pregiudica la salute. 

30. -Inoltre, dalla circolare del ministero italiano della SanH� 
I 

11 marzo 1992, n. 10 (GURI n. 62), avente ad oggetto lo snellimento delle 

I

modalit� di controllo sanitario del pesce, risulta che 1e larve morte non ~ 
costituiscono pericolo per la salute. 

31. -Stando cos� le cose, .il governo italiano neHa fattispecie non ha 
dimostrato che un controllo sanitario sistematico delle partite di pesce 
importate da altri Stati membri e debitamente accompagnate da un certificato 
attestante che i prodotti non sono -infestati da larve vive fosse 
indispensabile per tutelare la salute. 
32. -Occorre pertanto constatare che la Repubblica italia11-a � venuta 
m;eno agli obblighi che ole incombono ai sensi degli art. 30 e 36 del Trat� 
tato, imponendo controlli sanitar.i sistematici su partite di pesce impor� 
tate, debitamente accompagnate da un certificato sanitario rilasciato dalle 
competenti autorit� dello Stato membro di spedizione dei prodotti e 
attestante che questi ultimi erano esenti da larve di nematodi vive. 

PARTE I, SBZ. :n,, GlUJUS. COMUNITARIA. B IN'.l'BltNAZIONALB 

33. -Per quanto riguarda invece le importazioni di prodotti. della 
pesca non accompagnati da un tale certificato, si deve riconoscere che le 
aiit�rlt� ~a1hm� etano 1egitt�mate ac.:Fassoggettare questi� prodotti a� contf61H 
���� stiiilt�rF 0.I fin~ di iienfic~re se��� 1a � merce . non pr�seritasse .� alcun 
rlschlb p'�r. fa sah.t#� La censura della Cbmm~ssione.�dev� p�rt�nto � essere 
~:3:1~~~*e:~ol?;i:�~~~i~~~~n:~:~ effettiiati arule autorit� 

������ 34. ' Se ris~tav~. ~�� te~ll~ cU q~~sto conti:o1lot cP,e il. ~es~)mportato 
conteneva solo larve di n�rl:latodi morte o c�eW.tafuzate a seguito di 
un��tfatt~�nto preliminare;>1ei autorit� italiane� Ii.on potevano; senza violai� 
u diritto� ditnunitar:iO; vietare�: l'importazione di .questi prodotti� 111� 
ordll:!.are che fossero respinti o< distruttt Infattii dai pre6edehti punti 28~31 
della motivaZione~ risulta ch� il governo> iitaliano nella fattispecie non. ha 
dimostr~to che. tali . ostacoli l;l!ll'importazione . di pesce contenente larve di 
ii~�i'faio~� 4�ii#'�liiz~ttl tossefb ifi:d.ispensibi}i �pel:' tutelare� 1~����sa1utt}. 

�����������~s.:��.\ g~~�~qntrp,. q~;~de>����~i~�ntrQ�i ~ffettUa.tj su pa.l"tite di pesce 

ipi:p�;tl,\%! no;i: ~��.qx;n}la,gpa,te d~ ~�certjf~pato ~l:l:nit~~Q qellp ~ta~ memb:
r<> e. .i>:Pf'i.d~~�p.e, #sulta,y~)<t p,i;ies~;i 4i-~MVe.tji nematodl. vive, le autorit� 
italiane erano legittimate� a vietare l'importazione di questi prodotti. 

~~~l!l1~~~~~t~.~t*!~~Si 

i?ro:Pciste dttlla C:cn.missioiie, nonsol1o tati da g3J:anti:re )lria tutela eff.icace 
della sailute. Pertaritb, I'etfchett�tura� destinataad.i'llformare i consuniat()
tj cll;lllll p:rese~a gi nem;;ttodi.� v~ve nel pesce.�non rappresenta una�� soluzjpn~ 
s9ddisfa�ente quj;UldQ si tratta; co:me nella fattispecie, di un prodotto 
c;lle cpst~~.is�e un :fattore, dii r4schio . pe:r 1a salute delle person!k Il <livieto 
4i�.� �opsLJtnaJ.:e. pesce �crudo �non ... coi>tituisce: ~noltre :una misura di.. tutela 
aj;fic;:we della saj,ute, in .quar,i.to �la. sua �osservanza non pu�. essere assicur11ta 
nella prat~l:l:� Lo stj;lsso vale per l'obbligo, imposto ai destinatari dei 
prodotti di cui trattasi, di sottoporre il pesce infustato da nematodi ad un 
trattamento adeguato che assicuri la devitalizzazione delle larve. 

3t. ~ si~q9 �9sl.Je�. ce>sr~J11 R~p~bplica,.ita,llar\a pa p~re viplato gli 

artt. 30 e 36 del Trattato in quanto le sue autorit� hanno vietato l'import11Zione 
. di partite di pesce non accompagm\te da un certifkato sanitario 
dello Staio membro� di spedizione e per le quali i controlli effettuati dalle 

autorit� italiane hanno rivelato solo la presenza di larve di nematodi 
mort<:to devita1izzatl;l. � 

38. ;.;.:.:. La censtfra della Commiss.i�ne � invece infondata per quanto 
riguarda n divieto di importazione di pesce hoil a�compagnato da un 
certificato sanitario dello Stato �membro . di spedizione e ,infestato da 
pa:ra&siti���vivi. 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

196 

Sulla direttiva 83/643. 

39. -La direttiva 83/643, soprammenzionata, stabilisce talune norme 
per l'espletamento dei control1i fisici delle merci e delle formalit� aromi� 
nistrativ�e prescritte relativamente al passaggio delle frontiere allo scopo, 
come si afferma nel suo preambolo, di abbreviare i tempi di attesa alle 
frontiere e di garantire una maggiore f�luidit� dei trasporti di merci fra 
Stati membri (v. sentenza 20 settembre 1988, causa 190-87, Moormann, 
Racc. pag. 4689, punto 26 della motivazione). 
40. -A tal fine, l'art. 2 di questa direttiva prevede che gli Stati 
membri adottino le misure necessarie affinch� i controlli e le formalit� 
siano espletati nel minor tempo necessario ed i controlli siano effettuati 
mediante sondaggio, salvo .in circostanze debitamente giustificate. 
41. -Ne deriva che misure di controllo all'importazione di merci 
provenienti da altri Stati membri possono superare i controlli per sondaggio 
solo laddove esse sono giustificate da un dnteresse generale quale 
la necessit� della tutela della salute e della vita delle persone e non vanno 
al di l� di quanto � indispensabile per ragg.iungere l'obiettiv� perseguito. 
42. -Ora, dai punti 28-31 della presente sentenza risulta che dl gover� 
no italiano non ha dimostrato che un controllo sanitario sistematico di 
partite di pesce importate da altri Stati membri �e debitamente accompagnate 
da un certificato attestante che ii prodotti non sono infestati da 
larve vive fosse indispensabile per la tut�ela della salute. 
43. -Occorre perci� constatare che la Repubblica italiana � venuta 
meno anche agli obblighi che le incombono in forza della direttiva 83/643 
soprammenzionata imponendo controlli sanitari sistematici su partite 
di pesce importate, debitamente accompagnate da un certificato sanitarfo 
rilasciato dalle competenti autorit� dello Stato membro di spedizione 
dei prodotti e attestante che questi ultimi erano esenti da larve di 
nematodi vive. 
44. -La censura della Commissione deve invece esser respinta per il 
r;esto, per gli stessi motivi indicati precedentemente al punto 33. 
Sull'accordo tra la .Comunit� economica europea ed il Regno di 
Norvegia. 

45. -L'art. 15, n. 2, dell'accordo tra la Comunit� economica europea 
e il Regno di Norvegia, allegato al regolamento n. 1691/73, soprammen� 
zionato, stabil.isce quanto segue: 
�In materia veterinaria, sanitaria e fitosanitaria, le partd contraenti 
applicano le loro regolamentazioni in modo non discriminatorio 



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. -COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 197 

e si astengono dall'introdurre nuove misure aventi l'effetto di ostacolare 
indebitamente gli scambi ȥ. 

46. -Ai sensi dell'art. 20 di tale accordo, 
� J'accordo fascia impregiu�licati i divieti o restrizfoni all'importazione, 
all'esportazione e al transito, giustifkati da motivi di moralJt� pub� 
blica, di ordine pubblico, di pubblica �sicurezza, di tutela della salute e 
della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di 
protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale o 
di tutela della propriet� industriale e commerciale, n� osta alle regolamentazioni 
riguardanti l'oro e l'argento, tuttavia tali divieti o restrizioni 
non devono costituire un. mezzo di discriminazione arbitr~ria, n� una 
restrizione dissimulata al commercio tra le parti contraenti �. 

47. -Ne deriva che questo accordo vieta che siano adottate dalle 
parti contraenti nuove misure restrittive degli scambi tra gli Stati membri 
ed il. regno di Nol"V.egia, laddove questi ostacoli non siano indispensabili 
per ragioni relative in particolare all� tutela della salute. . . 
i � . . � 

48. -Pertanto questo accordo contiene, per �quanto riguarda �gli 
scambi tra le parti contraenti, regole identiche a quelle degli artt. 30 e 36 
del ';I'rattato e non esistono nella ~attispecie motivi per interpretare 
queste regole diversamente da detti articoli del Trattato. 
49. -Ora, dai punti 32, 37 e 43 della presente sentenza risulta che 
la Repubblica italiana ha violato il principio "i proporzionalit� assoggettando 
a controlli sanitari sistematici partite di pesce, provenienti da altri 
Stati membri, debitamente controllate nello Stato speditore. e accompagnate 
da un certificato sanitario delle autorit� competenti di tale Stato 
attestante che i prodotti erano esenti da larve di nematodi vive, nonch� 
vietando l'importazione di partite di pesce non accompagnate da un certificato 
dello Stato speditore, ma per le quali dai controlli effettuati nello 
Stato di destinazione della merce era risultata solo la presenza di larve 
di nematodi morte o devitalizzate. 
SO. -Poich� il principio di proporzionalit� � anche alla base delle 
summenzionate disposizioni dell'accordo allegato al citato regolamento 

n. 1691/73, ne deriva che Ja Repubblica italiana � venuta meno ancora una 
volta, per motivi identici a quelli sopra indicati, agli. obblighi che le 
incombon� in forza di questo regolamento, assoggettando a controlli sistematici 
partite di pesce gi� controllate in Norvegia e accompagnate da un 
certificato sanitario, rilasciato in questo paese, attestante che H pesce 
era esente da larve di nematodi vive, nonch� vietando l'importazione di 
partite di pesce, provenienti dalla Norvegia, non accompagnate da un 
certif.icato sanitario, ma contenenti solo larve di nematodi devitalizzate. 
5 


198 �:1.USlll!GNA AVVOCATURA DEUO STATO 

.. 51. -Per contro, ~r motivi identiCi a quelli c;b.e figurano prececientemente 
ai punti 33, 38 e 44, le censure della �Ominissione non.� sono foii.date 
per quanto riguarda i controlli effettuati dalle autorit� italiane sui 
prodotti norvegesi della pesca non accompagnati da un certificato sanitario 
rilasciato dalle coinpet�nfi aufor�t� d�Ha Norveg�a, nonch� i divieti 
di: .�mportazione di jaJ.i prod�tti, quando dai. controlli ill r1:aJia era risultata 
la presenza di larve di neinahidi vive. . . 

52. -Da tutto quanto sopra esposto risulta che la Repubblica itaiJfana; 
imponendo controlli sistematici su partite di pesce, provenienti da 
altri Stati membri e dal Regno di Norvegia, debitamente accompagnate 
da un certificato sanitario dello Stato speditore attestante che i1 prodotto 
era esente da larve di rietnatodi vive, nonch� vietando f'importazione� di 
partite di pesce, proveniente qa altri Stati membri e dal Regno di Norvegia, 
non accompagnate da certificato delfo Stato spel1itore, quando dai 
controlli effettuati -nello Stato di destinazione non era risultata la presenza 
cii larve di nematodi vive, � venuta meno agli obb�ighi che ad essa 
I 

incombono in forza degli artt. 30 e 36 de! Tr�ttato, d�lla direttiva 83/643 
e,del regolamento ,n. 1691/73. (omissis) I 

IJ 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 5a sez., 22 giugno 
1993, nella causa C-222/91 -Pres. Rodriguez Iglesias "'Avv. Gen. 
Lenz -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di 
Stato nella causa Ministeri delle Finanze e della Sanit� c: Philip Morris % 
Belgium SA -Interv.: Governi italiano (avv. Stato Fiumara) e del 
Regno Unito (ag. Iludson) e Commissione -delle C.E. (ag. Aresu e 
Wolfcarius). 

Comunit� Europee -Ravvicinamento delle legislazioni . Etichettatura dei 
prodotti del tabacco � Apposizione di avvertenze di carattere sanitario. 
(Direttive del Consiglio 13 novembre 1989, n. 89/622/CEE, art. 4, e 15 maggio 1992, 

n. 92/41/CEE). . -� . 
L'art. 4, n. S, della direttiva del Consiglio 13 dicembre 1989, 89/622/CEE, 
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari 
ed amministrative degli Stati membri riguardanti l'etichettatura dei prodotti 
del tabacco, nella sua versione originale, deve essere interpretato 
nel senso che gli Stati membri non hanno la facolt� di imporre che, per 
quanto riguarda la loro produzione nazionale, sulle unit� di condizionamento 
dei prodotti del tabacco diversi dalle sigarette, l'avvertenza genenale 
di cui al n. 1 di detto .articolo copra almeno il 4% della superficiei, 
della faccia corrispondente. Tale facolt� � tuttavia ammessa dalla versione 
di detto paragrafo che risulta dalla direttiva del Consiglio 15 maggio 
1992, 92/41/CEE, che modifica la direttiva 89/622, concernente il ravvi



PARTB I, SBZ. ll, GlURJ:S. �COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 199 

cinamento .delle disposizioni .leW-slative, regolamentari �ed amministrative 
degli: Stati> membri riguardanti l'etichettatura dei prodotti del tabacco. 
Vart.� 4/#. 2; della direttiva 89/622 prescrive l'apppsizione di una sola 
avvrwtenta specifica su ogni� p�cchetto di sigarette e. gli Stati membri .non 
hanno la facolt� di prescriverne un. maggior.� numer� (1). 

�. �/ (omissis) t;...:..;;,;�� Co:h 6rdirianz� 27 agosto 1991, pervenuta in cancelleria 
il.. 4 settembre � seg'i;t�hte~ u: Consiglio di�� Sfafo� ih sede giurisdizionale ha 
sottoposto alla Corte/ai�sensi �aeii'aftL 177 del Tratti:tfo CEE, tre questioni 
f)regiU:diziaH relatfve fill'iritefpretazfon�dell'art�� 4 della direttiva del Consiglio 
13 i:ii�veinbre 1989, 89/622/CBE; �� cortceriient� il ravvicinamento delle 
dispasit�onl legislative, regolamentari ed� �n:nrifuistrative degli Stati membri 
.l'igiiardahti l'etichett�ttira defprodotti del tabacco (G.U. L 359, pag. 1; 
iti :Prosfogtlo: la �dfr�ttiv��). 
2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di due ricorsi presentati.
dinanzi al Tribtinale a:mn1in�strativo regionale del Lazio dalle societ� 
Philip �Morris B�lgit��lly BAT (Deutschland) Export, HF e Ph. F. 
Reemtsm�r PhMip Morris Holland; Philip Morris Products Incorporated, 
ArlZona Tobacco Pr�duct.Si .Les Fabriques de Tabac R�unies, R. J. Reynolds 
Tol:)a�co,e�Titr�nacCompany �(in prosieguo indicate collettivamen.
te come' � le<societ� Philip Mortis� e �ltre �). Questi ricorsi mirano all'anl1'
1:tllaritento del decreto. del �ministro delle Frnanze, di concerto con il 
... (1} Con .. lii.��. sentenza. in pari data di quella annotata, pronunciata nella 
�ausa Cli/92, G~."."'."'."�citata in motivazione al punto 17 -, la Corte ha 
ritenut� che �e .diSposi.Ztoni contenute nell'art. 3, n. 3, e nell'art. 4, n. 4, della 
direttiva 89/622/rigilaidanti lo spazio :minimo che deve essere riservato nei 
p&:Chetti di; sigarette� alle avvertenze sanitarie, fissino solo un limite minimo, 
sicch� ciascuno Stato pu� elevarlo: ma ci� solo per la produzione nazionale, 
fermo che lo Stato stesso non pu� vietare la circolazione di prodotti di altro 
Stata niembro che non rispettino i limiti pi� elevati ma soddisfino i requisiti 
roil:iiD:li di;i questo fissa~i; 'l'ale� conclusione � stata estesa anche con riferiJ:
Ilento alle disposizioni contenute nel nuovo testo dell'art. 4, n. 5, della direttiva, 
rigllardanti i prodotti del tabacco diversi dalie sigarette, quale risultante 
dalla modifica apporfafa con la direttiva 92/41. 
< �:Diverso, secondo la Corte, � iLcaso del numero delle avvertenze specifiche 
che devono essere apposte sui pacchetti di sigarette: la direttiva prevede 
una sola avvertenza specifica (da scegliere . nell'ambito di una serie variabile 
da Stato a Stafo), �on uria disposi.Zione che� � da ritenere tassativa e non 
rappresentativa; come nei. casi . pr.ecedenti, .. di. una .prescrizione minima che 
possa essere . resa pi� .rigorosa. cl,a cia.scuno Stato membro. 
� . . � Le predsazioni forrilte dalla Corte sono state pi� che opportune, considerata 
fa .�mancanza di chiarezza~ . ricoriosduta dalla Stessa Commissfone, del 
testo della direttiva . 
. , . In Italia, c:on l'adozione del decreto ministeriale (:Finanze, di con.certo 
�O:n Sanit�) . 27 giugno 1993, si � alfine recepita integralmente l'interpretazione 
formta dalla Corte. � 



200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ministro della Sanit�, 31 luglio 1990, contenente specifiche disposizioni 
tecniche per il condizionamento e l'etichettatura dei prodotm del tabacco 
conformemente alle. prescrizioni della direttiva del Consiglio delle Comunit� 
.europee 89/622/CEE (Gazzetta Ufficiale della Repubblica �italiana del 
25 agosto 1990, n. 198, in prosieguo: il �decreto ministeriale�). 

3. -A sostegno del loro ricorso, le so�iet� PhiHp Morris e altre hanno 
sostenuto che il decreto ministeriale � illegittimo dato che; contrariamente 
alla direttiva, esso prevede l'obbligo di apporre due avvertenze 
specifiche sui pacchetti di sigarette e l'estensione a tutte le unit� di 
condizionamento dei prodotti del tabacco della percentuale minima del 
4 % della superficie fissata dalla direttiva per i pacchetti di sigarette. 
Inoltre esse hanno sostenuto che il decreto ;ministeriale era stato adottato 
dal ministro delle Finanze, di concerto con il ministro della Sanit�, 
i quali non dispongono, a tal fine, di alcuna competenza. 
4. -Il Tribunale amministrativo regdonale del Lazio ha respinto iJ 
mezzo del ricorso basato sull'incompetenza, nonch� quello relativo all'estensione 
a tutte le unit� di condizionamento dei prodotti del tabacco 
della percentuale minima del 4 % deHa superficie fissata dalla diretmva 
per i pacchetti �di sigarette. Per contro, il mezzo relativo all'apposizione 
di due avvertenze specifiche sui pacchetti di sigarette � stato accolto e, 
di conseguenza, il Tribunale ha annullato, per la parte relativa, il decreto 
ministeriale. 
5. -Adito con un appeHo interposto dai ministri delle Fd.nanze e 
della Sanit� e con un appello incidentale interposto dalle societ� Philip 
Morris e altre, contro tale decisione, il Consiglio di Stato ha .deciso 
di sospendere il procedimento finch� la Corte non si sfa pronunciata 
sulle seguenti questioni pregiudiziali: 
�a) Se la direttiva 89/622/CEE del 13 novembre 1989, art. 4, debba 
essere interpretata nel senso che l'autorit� nazionale abbia la facolt� 
di imporre che, sulle unit� di condizionamento dei prodotti del tabacco 
diverse dai pacchetti 'di sigarette, l'avvertenza generale di cui al punto 
1 dell'articolo stesso copra almeno il 4 % della superficie della faccia 
su cui �-apposta; 

b) se la direttiva 89/622/CEE del 13 novembre 1989, art. 4, n. 2, 
debba essere interpretata nel senso che essa prescriva l'apposizione di 
una sola avvertenza specifica su cias�un pacchetto di sigarette ovvero 
prescriva l'apposizione di un numero superiore di avvertenze specifiche; 

e) se, nell'ipotesi che il quesito sub b) debba essere r.isolto nel senso 
che la direttiva comunitaria prescrive, di per s�, non pi� di un'avvertenza 
specifica su ciascun pacchetto di sigarette, resti nondimeno, 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

in facolt� dell'autorit� nazionale, prescrivere l'apposizione, su ciascun 
pacchetto, di un maggior numero di avvertenze specifiche �. 

6. -Per una pi� dettagliata esposizione degli antefatti e dell'ambito 
normativo della causa principale, dello svolgimento del procedimento 
nonch� delle osservazioni scr.itte depositate dinanzi alla Corte, si rinvia 
alla velazione d'udienza. Questi elementi del� fascicolo saranno ripresi 
qui di seguito solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento 
della Corte. 
Sulla prima questione 

7. -Occorre ricordare che la direttiva, adottata sulla base dell'articolo 
lOOA del Trattato, mira ad eliminare gli eventuali� ostacoli agli. scambi 
che le divergenze tra le disposizioni nazionali in materia di etichet1


tatura dei prodotti del tabacco possono creare ostacolando cos� l'attuazione 
ed dl funzionamento del mercato interno. A tal fine, la direttiva 
contiene norme comuni per quanto riguarda le avvertenze di carattere 
sanitario che devono figurare sulle unit� di condizionamento dei prodotti 
del tabacco e le menzioni del tenore di catrame e di nicotina che 
devono filgurare sui pacchetti di sigarette. 

8. -Queste norme comuni non hanno sempre la stessa natura. 
9. -Talune non lasciano agli Stati membri alcuna facolt� di imporre 
prescrizioni pi� restrittive di quelle previste dalla dir�ettiva, o anche 
pi� dettagliate o comunque diverse, per quanto riguarda l'etichettatura 
dei prodotti del tabacco. 
10. -Infatti, ai sensi dell'art. 8, n. l, della direttiva gli Stati membri 
non possono n� vietare n� limitare, per motivi di etichettatura, la 
commercializzazione dei prodotti conformi alla direttiva. Ai sensi del 
n. 2 dello stesso articolo, gli Stati membri hanno certo la facolt� di fissare, 
nel rispetto del Trattato, le prescrizioni che ritengono necessarie 
per garantire la protezione della salute delle persone a1l'importazione, 
alla vendita ed al consumo dei prodotti del tabacco, ma solo a condizione 
che ci� non implichi modifiche dell'oetichettatura rispetto a:lle disposizioni 
della direttiva. 
11. -Mtre disposizioni della direttiva conferiscono agli Stati membni. 
un certo potere discrezionale che consente loro di adeguare l'etichettatura 
dei prodotti del tabacco alle .esigenze della tutela deHa salute. 
� il caso dell'art. 4, n. 2, secondo cui gli Stati membri hanno la facolt� 
di precisare le avvertenze specifiche che devono essere apposte sui pacchetti 
di sigarette, scegliendole tra quelle che figurano neH'allegato. � il 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

202 

caso anche deM'art. 4, n. 3, che conferisce agli Stati membri la facolt� 
di prevedere che l'avvertenza generale � Nuoce gravemente alla salute � 
nonch� le avvertenze specifiche siano accompagnate dalla menzione delf'autorit� 
che ne � l'autrice. 

12. -L'esistenza di disposizioni che contengono prescrizioni minime 
trova la sua spiegazione nella risoluzione 7 luglio 1986 del Consiglio e 
dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, 
relativa ad un programma d'azione delle Comunit� europee contro 
il cancro (G. U. C 184, pag. 19), a cui fa 11iferimento il quinto �considerando 
� della direttiva. Secondo questo programma, le misure che 
la Comunit� deve adottare per limitare e ridurre il consumo del tabacco 
devono basarsi sulle esperienze pratiche fatte nei diversi Stati membri 
e devono contribuire a rafforzare J'efficacia dei programmi e delle azioni 
nazionali. 
13. -Gli Stati membri che hanno fatto uso dei poteri concessi dalle 
disposizioni che contengono prescrizioni minime non possono, ai sensi 
dell'art. '8 soprammenzionato, vietare o limitare la commercializzazione, 
sul loro territorio, dei prodotti conformi alfa direttiva, importati da altri 
Stati membri. 
14. -Per quanto riguarda l'apposizione dell'avvertenza generale sulle 
unit� di condizionamento dei prodotti del tabacco diversi dalle sigarette, 
I'art. 4, n. 5, della direttiva, nella sua versione originale,� conteneva 
un regime diverso da quello vigente per i pacchetti di sigarette. Mentre 
le avvertenze di cui ai nn. 1 e 2 di tale articolo, da apporre sui pacchetti 
di sigarette, dovevano coprire almeno il 4% di ciascuna faccia pi� ampia 
dell'unit� di condizionamento, l'avvertenza generale sui prodotti del tabacco 
diversi dalle sigarette doveva essere stampata o apposta in modo 
inamovibile in un punto apparente su fondo contrastante in modo da 
essere facilmente visibile, chiaramente leggibile e indelebHe. Non deve 
assolutamente essere nascosta, velata o separata con altre indicazioni o 
immagini. 
15. -Ne deriva che il potere discrezionale concesso agli Stati membri 
dall'art. 4, n. 5, della direttiva, neHa sua versione originale, riguardava 
solo le condizioni ivi menzionate che l'avvertenza generale doveva 
soddisfare. Ora, al fine di assicurare il carattere visibile e chiaramente 
leggibile dell'avvertenza, gli Stati membri non potevano prevedere un 
criterio quale queHo di cui � causa, che prescinde dalla verifica concreta 
�di queste condizioni. 
16. -L'art. 4, n. 5, � stato modificato dalla direttiva del Consiglio 
15 maggio 1992, 92/41/CEE, che modifica la direttiva 89/622/CEE, con

PARTE I, SEZ.:II, GllJRIS. COMUNITARIA a� 1Nll!RNAZIONALE 203 

cernente il ravvicinamento. delle disposizioni legislative; regolamentari 
ed amminjstrative degli Stati membri riguardanti ~'etichettatura dei prodotti 
del. tabacco (G. U, L: 158, pag. 30). Vi si pr�ved~ che; sui prodotti 
del tabacco diversi __ dalle� sigarette, ogni. �vvertenza, g�nera:le_ e specifiea, 
deve coprire almeno 1;1 % delia superf.lcl� totale dell'wiit� di confezionamento 
e che, ,in ogni caso, essa deve essere facilmente visibile, chfaramente 
leggibile e indelebi!le~ 

17. -Come riswta dalla sentenza C-U/92, Gaillaher, pronunciata in 
data odierna, il n. 3 dell'art. 3 e :il n. 4 dell'art. 4 della direttiva _lasciano 
agli Stati meJl1bXi un potere..discrezionale. �lie consente lorq.. di richiedere 
che le menzioni relative al tenore di catrame e di nicotina e le 
avvertenze generali e specifiche coprano ciascuna una superficie super.
iore . aj. 4 % della superficie corrispond�)n:te. La nuova versione del n. 5 
dell'art.A della.direttiva cqstituisce anch'essa una disposizione minima 
e pertanto non vieta ad uno. Stato xne!Ilbro c;li esigere dai fabbricanti di 
prodotti del tabacco che l'avvertenza generale copra almeno il 4 % della 
superficie della faccia sulla quale essa � apposta. Come � stato sopra 
rilevato (punto 12), un tale requisito non pu� essere imposto nei confronti 
dei � prodo.tti importati che sono conformi alla direttiva. 
18. -Spetta al giudice nazionale, per valutare la lti:gittimit� del decreto 
ministeriale di cui � causa,� �.prendere in considerazione l'una o l'altra 
versione di detto paragrafo in conformit� a1le regole del suo diritto 
nazionale. 
19. -Occorre quindi risolvere fa-�questione .pos!a dal giudice nazionale 
nel senso che l'art. 4, n. 5, della direttiva 89/622, deve essere interpretato 
nel senso che gli Stati membri non hanno la facolt� di imporre 
che, per quanto riguarda la loro produzione nazionale, sulle unit� 
di condizionamento dei prodotti del tabacco diversi dalle sigarette, l'avvertenza 
generale di cl1i al n. l di detto articolo copra almeno il 4 % 
della superficie della faccia corrispondente. Tale facolt� � tuttavia ammessa 
dalla version� di detto paragrafo che risulta dalla direttiva 92/41, 
che modifica la direttiva 89/622; 
SpJla secqnda -e terz</' questicme 

20. -�Con fa seconda� e l� terza questione il ii.udice nazionale ,intende 
in sostanza accertare se l'art. 4, n. 2, della direttiva 89/622 prescriva 
l'apposizione di una o pi� a\rvettenie specifiche� su ciascun pacchetto di 
sigarette e, nel caso in cui0 � prescritta l'apposizione di una sola avvertenza 
specifica, se gli Stati membri abbiano nondimeno la facolt� cli 
richiederne un maggior numero. 

204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
21. ..._ Ai sensi dell'art. 4, n. 2, della direttiva: 
�Per i pacchetti di sigarette, l'altra faccia pi� ampia del condizionamento 
reca,� nell� (e) Jipgua (e) ufficiale (i) del paese di commercializzazione 
finale, avvertenz.e specifiche alternative secondo la seguente 
204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
21. ..._ Ai sensi dell'art. 4, n. 2, della direttiva: 
�Per i pacchetti di sigarette, l'altra faccia pi� ampia del condizionamento 
reca,� nell� (e) Jipgua (e) ufficiale (i) del paese di commercializzazione 
finale, avvertenz.e specifiche alternative secondo la seguente 
regola: 

-ciascuno Stato membro elabora un elenco cli avvertenze esclusivamente 
sulla base di quelle riportate nell'allegato, 

-le avvertenze specif.ich� adottate sono stampate sulle unit� di 
condizionamento in modo da garantire che ciascuna di esse compaia 
su un'�eguale quantit� di imbilllaggi con una tolleranza di pi� o meno 
il 5 %�. 

22. -L'interpretazione sostenuta dal governo italiano, secondo cui 
l'utHizzo dell'espressione �avvertenza� al plurale nel testo del n. 2 del
�l'art. 4 della direttiva significa che gli Stati membri sono liberi di imporre 
la stampa o l'apposizione di una o pi� avvertenze, non pu� essere 
accolta. 
23. ---' Come ha osservato la Commissione, l'utilizzo dell'espressione 
� avvertenza � al plurale deriva dalla struttura della frase che comincia 
con � per ri pacchetti di sigarette ( ...) � e non comporta quindi la facolt� 
per gli Stati membri di richiedere p.i� di un'avvertenza specifica. 
24. -L'esclusione di questa facolt� deriva da un insieme di elementi 
interpretativi relativi sia alla lettera del n. 2 dell'art. 4 della direttiva 
sia al contesto di questa disposiZione. 
25. -Innanzitutto, secondo la disposizione soprammenzionata, '1e 
avvertenze specifiche si alternano � in modo da garantire che ciascuna 
di esse compaia su un'eguale quantit� di imballaggi ( ...) �, il che sembra 
riguardare unicamente una sola avvertenza specifica. 
26. -Inoltre il n. 4 dello stesso articolo disciplina in maniera identica 
lo spazio che deve essere riservato all'avvertenza generale e alle avvertenze 
specifiche, cio� almeno il 4 % di ciascuna faccia pi� ampia dell'unit� 
di condizionamento, e questa percentuale � portata al 6 % per i 
paesi con due lingue ufficiali e all'8 % per i paesi con tre lingue ufficiali. 
Ora, se gli Stati membri fossero autorizzati a richiedere J'uso di 
pi� di un'avvertenza specifica, queste avvertenze dovrebbero essere stampate 
sulla menzionata superficie del 4 %,. il che sarebbe incompatibile 
con l'obiettivo perseguito dalla direttiva che � quello di far risultare, 
in modo da attirare l'attenzione delle persone, i rischi che il consumo 
di questi prodotti rappresenta per la salute. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

27. -Infine, il n. 2 bis dell'art. 4, introdotto dalla direttiva 92/41, 
soprammenzionata, prevede che le unit� di confezionamento dei prodotti 
del tabacco diversi�. dalle sigarette re�hinO una: sola�. avvertenza specifica. 
Ora, come la �<>imnissi-One ha giustaJ:llente osstftjiato, non ci si spiega 
perch� tale norma dovrebbe applicarsi solo alle unit� di confezionamento 
di prodotti che sono talvolta pi� pericolosi delle sigarette, come 
� il caso dei prodotti del tabacco senza combustione ai quali si riferisce 
detto paragrafo, sub e).. 
28. -Dato che l'art. 4, n. 2, della direttiva prevede unicamente l'uso 
d� una sola avvertenza specifica e tale disposizione non contiene una 
prescrizione minima, gli Stati. membri non sono autorizzati ad imporre 
l'us� di un maggior numero di avvertenze. 
29. .....; Pertanto occorre risolvere la seconda e terza questione nel 
senso che l'art. 4, n. 2 della direttiva 89/622 precrive l'apposizione di 
una sola avvertenza specifi�a su ogni pacchetto di sigarette � gli Stati 
membri non hanno pertanfo la facolt� di prescriverne un maggior numero. 
(omissis) 

SEZIONE TERzA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
GIURISDIZIONE E APPALTI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1992; n. 10940 -Pres. PannelSEZIONE 
TERzA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
GIURISDIZIONE E APPALTI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1992; n. 10940 -Pres. Pannella 
-Rel. Olla -P. M Amirante (conf.) -Ministero della Protezione Civile 
(avv. Stato Cocco) c. Soc. La Sirenetta (avv. Sammaria e Ciaramelli). 

Contratti (in generale) -Convenzione stipulata tra la P.A. e il proprietario 
di un albergo per il ri�overo delle popolazioni colpite dal si� 
sma � Natura giuridica � Contratto a favore di terzi � Esclusione. 

Non costituisce contratto a favore di terzi la convenzione stipulata 
tra il proprietario di un. albergo e la P.A. con la quale viene attribuita a 
quest'ultima, dietro corrispettivo, la disponibilit� delle stanze.dell'albergo 
per destinarle a ricovero degli abitanti di una zona colpita da terremoto 
affinch� usufruiscano, a cura dell'albergatore, di vitto e alloggio (1) 

(omissis) Con l'atto di ,impugnazione avverso la sentenza di primo 
grado l'Amministrazione della Protezione civile, sostanzialmente, aveva 
posto al giudice d'appello due questioni: 

I) chi fosse il soggetto passivo (Amministrazione della Protezione 
civile o Comune di Castellammare di Stabia) del rapporto intercorso con la 
societ� La Sirenetta a seguito della Convenzione pattuita con il Sindaco 
di Castellammare di Stabia, ed avente ad oggetto H ricovero di alcuni nu


(1) La ricostruzione della fattispecie contrattuale in esame come contratto 
a effetti interni muove dalla considerazione, pacifica in dottrina e giurispru-� 
renza, che per aversi contratto a favore di terzi � necessario che il diritto del 
terzo trovi fondamento esclusivo nel contratto. Il terzo, in altri termini, deve 
acquistare, per effetto della stipulazione, il diritto alla prestazione nei confronti 
del promittente (cfr. ZACCARIA, Commento all'art. 1411, in Commentario 
breve al e.e., Padova, 1988, 1043, anche per indicazioni giurisprudenziali; 
MOSACARINI, I negozi a favore del terza, Milano, 1970, 5; MAJELLO, L'interesse 
dello stipulante nel contratto a favore di terzi, Napoli, 1962; GIRINO, 
Studi in tema di stipulazione a favore di terzi, Milano, 1965; MESSINEO, Contratto 
nei rapporti con il terza, in Enc. dir., X, 196; RESCIGNO, Studi sull'accollo, 
Milano, 1958, 227; DONADIO, Contratto a favore di terzi, in N. Dig. lt., 
IV, 656; BIANCA, Dir. Civ., III, Milano 1988). La convenzione stipulata tra l'albergatore 
e la PA., viceversa, non attribuisce alcun diritto alle 
remotate, le quali vengono immesse nel possesso delle stanze 
esclusivamente in virt� del provvedimento di assegnazione da 

P. A. che ha acquisito la disponibilit� dei locali dall'albergatore. 
famiglie terdell'albergo 
parte della 

1: 
?: 
~= 

I 
I 
~� 
.,. 

~ 

;: 


PARTE I, snz. III, GIURISPRUDENZA''"ClVILB, GIURI$PRUDENZA E APPALTI 

clei familiari rimasti��senza abitazione a seguito del sisma �del tiovembre 
1980 nell'albergo di propriet� di detta societ�; nonch� fa� somministrazione 
a�lbro<' fai.rote del vitto;.���. 

iiS1i@i~~lti~Tr~d?: 


.............:.:� �' .. ::::.::-:::::�:.> -: .�:;.::-:�� .. . . . . . .. .. .. ....., . , -� 


La sentenza impugriata, risolvendo �queste questibni: 

~~-4~~~~tst~c;;;::.:;;;:: 


AAili~.jl rila~�fo i:l�ll~ q~meie; 1(che. comportava l'onere della stessa Amn}
ilji$ti:~i0ri~ .. cu .~gjre es~�utivi;i,,Pe1lte per lo. sgombero dei nuclei familiari 
�da essa immessi ne�'hlberg�; � che la stessa Amministrazione era 
ol;>blig~ta aL paganie:pto �elle spi:;n.ministrazioni per il vitto fino al mopie]
l.tq iri pui 1��� somi:;n.inistrazfOne.� aveva ricevuto la notifica del recesso. 

Il ridt:>fs6 investe la sentenza della Corte di Napoli nei soli punti in 
cui ha risolto la questione sulla decorrenza degli effetti del recesso, e non 
Ptc>pdne alctafi ceilsuta netconft�nti dei �c�pi dell� medesima sentenza 
che' hanno risolto w i�f serlso.' favorevole hl Comune di Castellamare di 
StabiS: ;.;;;;..'.l����qb.estidne sulla soggettivit� passiva delle obbligazioni dedot~ 
te in gittdizfo . 

. ,., Ci�'signifi��chet�Ammitiistrazi�ne dello.Stato ha prestato acqttiesc�nza' 
alle r�i�fiVe sfa:tUiziOnie che il ri�ors� � stato notificato al Comune 
ai:eastehammare di Stabfa sol� per �iotiz�a. 

La resistente societ� La Sirenetta ha eccepite>� in via pregiudiziale che 
fa mat�Ha del dorttendere � venuta meno: irifatti, da un canto, successfoiiroertte 
alla pronlll1cia impugnata, con se.tenza defiilitiva 3 maggio 1990 
ifTtil:mria�:? di Napbl� �.ha.. detetrhina,t� l'arnmonfate . del credito d~lla La 
Sirenetta. per i tfr6i( p~itui Kcontrov~rsfa ed ha .condannato l'AmministrazioJ:
l~�� de�o �si~to ai� re1~tl.~ri< p~g~t�l~i:lto;.�clall'~ltro,. detta Amministniziop,
e ha. dato esec~ziqne��.ana pronul1cia .� �cli conclar�na senza formu


la,re risenra al~ul1a. � .�. � � � � � � � � ..�� . .� . 

Peraltro, le circostanze difatto dedptte dalla r�s.istt'lnte sono del tut~ 
to indimostrate di rnodo che l'eccezione deve ess.ere disattesa. 

Il primo� motivo del ricorso attiene direttamt'lnte all'affermazione della 
sentenza d'appello che il Ministero � era tenuto a rispondere della continuazione 
della prestazione con lui convenuta, da erogarsi al terzo, finch� 


208 

.RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

non si fosse adopemto .�. a far . cessare. in .concreto la permanenza del 
terzo terremotat.o m��albergo �. 

Secondo la censura, tal statuizione viola gli artt. 1411 e 1413, 1227, 
1366 e 1375 Cod'. c:iv., e non � sorretta da alcuna ;motivazione o, quanto 
meno, da una motivazione sufficiente e/o corretta: . ' '' 
� .. !nfatd, � fondata ~~61usi~~mente. sulla �eiu~iifi�;;izione della Convenzione 
intercorsa tra le parti . �ome contratto a favore . dl. terzi, la(ic:love 
realizzava un contratto per conto di chi spetta o per persona da nominare, 
ovvero un pactum de oontrahendo �cum tertio. 

��.. Inoltre, non ha tenuto presente che, anche ad ammettere che si tratti 
d'un contratto.� alberghiero a� :f~~ore di un terzo, dagli. elementi tipicizzanti 
questa figura giuridica, discende che lo . stipulante (nella specie l'Amministrazione) 
non ha fa� disponibilit� dei locali dell'albergo e rimane 
estraneo al rapporto che si costituisce unicamente tra l'albergatore ed il 
terzo ospitato, di modo che non ha il potere di allontanare quest'ultiino 
dall'albergo; corr�lativainente, il suo obbligo per il corrispettivo cessa ri.elIo 
stesso� momento in cui dichiari �di recedere dal contratto, rimanendo 
a carico �dell'albergatore l'attivit� necessaria per aUontanare i terzi dall'albergo. 


La resistente ha eccepito, in via preliminare, che l'esame delle questioni 
poste con �il� motivo � precluso � in quanto sulla qualificazione della 
Convenzione come c9ntratto a favore di terzo vi � una statuizione passata 
in autorit� di cosa giudicata. 

Infatti, spiega la societ� La Sirenetta, nella motivazione relativa al 
rigetto dell'eccezione di difetto della titolarit� passiva dell'Amministrazione 
appellante la Corte territoriale ha affermato che � il Commissario 
(deve) rispondere in qualit� di stipulante a favore di terzo d,elle obbligazioni 
sorte per l'erogazione avvenuta in favore. di detti nuclei�; di conseguenza, 
essendo passata in giudicato la pronuncia di. rigetto stante l'acquiescenza 
dell'Amministrazione della Protezione civile, � passata in giudi~ 
cato anche l'anzidetta qualifica. 

Peraltro, l'af~ermazione �della Corte territoriale richiamata dalla resistente 
non costituis.ce un momento necessario dell'argomentazione logicogiuridica 
prospettata a giustificazione della decisione sul rigetto dell'eccezione; 
su. essa, pertanto, non si � formato il giudicato. 

Ne consegue che anche questa eccezione deve essere respinta. 

Perci� occorre procedere � all'esame della censura. 

Il giudice d'appello -cos� deve essere ricostruita la ratio decidendi 
della pronuncia -ha affermato che la Convenzione della quale s'� detto 
aveva per oggetto l'attribuzione al Commissario Straordinario per le zone 
terremotate della disponibilit� di tutte le stanze dell'albergo La Sirenetta, 
nonch� del diritto di immettervi un certo numero di persone perch� fruissero 
dell'alloggio e del vitto, il tutto contro un corrispettivo giornaliero 
rapportato a ciascuna persona beneficiaria del trattamento. 


PARTB l, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILI?; GIURISPRUDENZA E APPALTI 

209 

�Da questi:eletil�nti �contrattuali �ha :tratto:.ch� i soggetti� del �rapporto 
conseguente alla. Comrenzione. erano, da una. parte;� il Commissario� per le 
zone terremotate al quale era>poi succeduto il Ministero peril Coordinamento 
clella Pt:otezione:ci:vile: e; d;;tll'altra; la.s�ciet�La Sirenetta; non 
anc.b~ ~ J~rt.emotl)lti�) q.alLerano soltanto ci terzi a cui ..favore era stata 
f.:lonveb..1a la ptest~Wrie; ed i quali, pe:raltto;�mai sono stati riconosciu.. 
tJL~ ~be solo jndU;ettamente od:i.lpli:citamente.+ titolarideLdi:ritto 
alle prestazioni nei :C:OQfronti delle�� dette parti o .gravati di� obblighLverso 
il. pr�ptie:tar�o dell!i:�bergo ... � � 
Inoltre, ricostruendo in dettaglio la positicme . corrt:rattuale ciella Pubblica 
�. amministrarlone ha affermato che dal datocircal'atti'ibuzioiie in 
suo� favoxe idella di:sponibilit~ �ilelle :ean;ier� .dell'albei:go~ disponibilit� alla 
quale era collegato iLp11gamento delc<:>rrispetti'Vo;: discendeva che. ai. fini 
della cessazione dell!obbligazione.�del4etto pagamento1 non: era s'IJfficiente 
la c1::11::w.1l�iC1azione�:d~L tePesso, ma era ..necessari.a Ja restituzione matetiale 
d.elle��mere n~Ha 1.ibeta di$'pQll.ibilit�� dell'al�rgat<>re��� �jc) comportava 
cbe la Pubblica amministraziAA� ���dovesse �. provveclere esaa . dirett1;1.mente 
ad�allont~are�t:soggetti da.lei stessa immessivi; e nQn< aventi .. -:.�o n<:>n 
aventi pi� ;.;;;;;;.. titolo all'asaistenza spettan.t# .aiterrentoti:t.ti, in:. modo da 
riavereJa. disponil:>ilit� delle ~ere; per p9terle . c.os~. restit.ire . l;ibere .al 
proprietario e far cessare la prestazione alla quale era sinallagJ;l).ati.car 
i:n.ente. collept@: la p.:ropda . .ohPlig~ione pei:: U prezzq, 

��In �sintesi1 dunque,; per il giudice. del me.dtc>~ la conclusione raggiunta 
discende : direttament~ �alle � concrete. pattulzioni coutrattuali che haniio 
determinato Uinsorge.re ��di� un . rappQrto � sin�llagmatico che�� ha.. attribuito 
all'Amministrazione, sul piano .atti.V�; la disponibilit�;. anche .materiale, 
delle�. camere dell'albergo >Sul piano passivo;� �fobbligazione, all'.atto del 
recesso, di restituzione delle camere libere dalle persone immessevl da

1

essa Amministrazione, nonch� quello di corrispondere il compenso pattuito 
sino al verificarsi di: siffatta restituzione. Di conseguenza, di detto 
rapporto.. erano �parti sditantd I'Amniinistrazione ed � il pfoptieta:rfo del'l'albergo; 
non �riche i terremotati.:� ivi �ricoverati, i quali fruivano del� godimento. 
delle. catn.ere in.f�tz�. d'Wla distiri:i:a ed . autonoma concessione del-
1'.Arifuiinistraiicirte, 

���� ])~� ra.g16n�d�il�<lecisforiec6si ti~os~ruif~ cohs�gue i.nlnl.edl~�.nente 
l'infondatezza dell'assunto -sul <I1la.1� la ricorrente :bi ~vh�ppato il 
primo prqfilo del . mqtivo --: che )a . Corte napoleta.a h.a giustificato la 
~1:atl.lizi,oi1.i;: cof'.i�fov.o ch~�a coriveriZfone� aveva.1la.1:ura. dt � contr~tt6 a 
favor~< di t~rzi ��~�� ~h~ iri siff~ti~ figka ~oritrattual~ il�� terz~ �beri~fi~iario 
della prestazione del promittente �non � parte del rapporto. 

N� pu� assumere . significato contrario la circostanza che la .sentem:a 
d'appello abbi� .j1i� volte qualificato i ricoverati nell'albergo� quali �terzi� 
e la Pubblica amministrazione� corrie � stipulante a favore del terzo �. 


210 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Innanzittutto perch�, come s'� . detto, il� giudice del merito ha tratto 
la statuizione dalla ricostruzione delle concrete clausole contrattuali e 
non dalla natura giuridica della convenzione. 

In ogni caso, perch� per la configurazione di un contratto a favore 
di terzo in senso tecnico (ad efficacia esterna) secondo la previsione 
dell'art. 1411 Cod. civ. non � sufficiente che l'accordo tra i contraenti 
abbia attribuito al terzo un vantaggio, ma � necessario che i contraenti 
abbiano previsto e voluto attribuire al terzo la titolarit� del diritto soggettivo 
alla prestazione nei confronti del promittente (cfr., da ultimo, 
Cass. 11 giugno. 1983, n. 4012). 

Perci� la circostanza che la sentenza abbia identificato il terzo. terremotato 
come beneficiario delle prestazioni delle quali si tratta, e l'Amministrazione 
come stipulante, di per s� sola non pu� legittimare la deduzione 
che il giudice del merito ha qualificato il negozio come contratto 
in favore di terzo in senso tecnico. Tanto a maggior ragione una volta 
che la . circostanza �secondo �cui mai il giudice del merito ha affermato 
che i ricoverati avevano �Un diritto all'alloggio nei confronti dell'albergatore, 
induce a ritenere che invece, la Corte napoletana abbia sussunto la 
convenzione nell'ambito dei contratti a favore di terzo con efficacia meramente 
interna, i cui effetti non travalicano le sfere giuridiche dei contraenti. 


Inoltre, dalle conclusioni� raggiunte .. in ordine alla ratio della decisione 
consegue anche l'infondatezza delle qualificazioni della Convenzione 
prospettate in alternativa dalla ricorrente; posto che presuppongono 
tutte quella partecipazione del terzo terremotato al negozio che, 
invece, � stata esclusa dal giudice del merito. 

Quindi, il primo profilo del motivo non pu� essere condiviso. 

(omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE; sez. un., 2 dicembre 1992. n. 12871; Pres. Zucconi 

Galli Fonseca -Est. Rotunno, P.M. Grossi (concl. conf.); Consorzio 

di miglioramento fondiario Sponda Soliva (avv. Ambrosio, Tarrabini) 

c. Consorzio per l'incremento delle irrigazioni nel territorio cremo� 
nese (avv. Cavasola, Zavati), Ministero dei Lavori Pubblici, Ministero 
de1le Finanze (avv. Stato Carbone). 
Acque -Acque Pubbliche -Tribunale Superiore -Sentenza � Impugnabilit� 
ex art. 111 Cost. -Vizi di motivazione -Deducibilit� � Limiti. 

Il vizio di motivazione in ordine al quale l'art. 111 Cast. consente il 
ricorso per Cassazione, al di fuori dei casi in cui tale rimedio � off'erfo 
dalle leggi ordinarie, � limitato all'irtesistenza od illogicit� della motivazione 
desumibili dallo stesso testo del provvedimento impugnato. Deve 



PARTB I, SBZ. III, '~l:UlUSPRtlDENZA.:erv:rur, GIUR�SPRUDENZA E APPALTI ll1 

cdnsegi�tnt,em,tm:te ritenersi inrJ:tttlnissibile il ridordo per �CasS?1it;i<irl.e.�. prof}
osto avveY.so lor sentenza del ;Tribunate Superiore ,delle�. ttcque, pubbliche 
in gradd di appello o in 'uniico grado; ove venga dedotto il vii.id di iriM 
ricltm{li dim6ttfitii�611e (1)( . . . ; ... 

�>... : .. : ;. �::�;:.:-::. :_:;: .: ~:; ' 

.�'. ('f>tfits#M c�l J?riri!is� ffibtiVo ctbtti�qr$o~ tt�nurtzimdosi ��ctif�tfo di 

~~!:f:!~~�Jf~~~~~~li~!~~k\g'.~:~c;;~c{i:tib8~~~!:1:~~e:;zl~~n;::~ 
i~ .9yi~� ,4~!ll,\ ,.Q~i:vl;li!9p.e I,\ moll:t~, ~J!l ri� in�:reinentapiljt� di quella 
�~! 9oii~,o~#0.�9~y;44~ sr~,.~~~afi~.}~~~r,,~#iosb.~� ai,.~ilti della nuova 
!:!Qll:�essioJte, , Tamndnis:trazione . �ot.l�edente. avevi,\ ... tra� l'altro. giudicato 

;l~:ii~:t!:s;~i!A~~:t..=:i!~~!~li~~~!�i:����az~~x~i~:~� ~~i~::!~n~ 


lllQnte-: e:d~ detiva2ionL sublacu.ali, cOlll.e qm~lla .a. favore del Consorzio 
per Incrementi d~lle ,ftriga~ioni nel. Terrlt!:)rio. Cremones.e. 

(l)-L& S�'Zionl �Unlte reinterpretano l'art. 111 della Costituzione. 

f.f :i.~�;epdg dhll~ f#tisp~cie pe�iillare della impugnativa ex art. 111 
Cost:, dei�e d:��isiohi lieL'tfibilnaie superiore delle Acque pubbliche, le ss.uu. 
na'.tfrC>nt~(,{ ~ prof~�~� fa dikattiita tematica della . deducibilit� in .Cassazione 
ii�i'vizio di' motHrazi�n�{'ctett&ldo enuncia.Zioni di prmcipicntestinate; ove recepite 
dall'esperi.ei:.a, . gi.,ri!!P:t'\ldeIJ.ziale, a modificare radicalmente il vigente 
11istema. civile''<:telleJriii1l�iiiative; 'fin daile sue stesse basi �ostituzionali. 

N�ldi�hia,ftire illal:ri�riissibile 'uno dei motivi di" ricorso, con n quale si 

censurava l'insuffici�nza della motivazione della septenza del Tribunale Su, 

periore delle Acque ,~.utiJ:>Iicb.e, l!il-Coi::te arriva .a di.re che l'esigenza di una 

motivazione sufficie:Pte �non si pu� pi�. inten4ere quale principio generale del 

nostro ordinamento git:tridico �. � 

. ��. Taie. ~on,~~nd~~te .en~ci�tci completa il revirement giurisprudenziale ini� 

ziato dalle stesse ss.p:p,. C::9l'.l. l~ sentenza 16 maggiol992 n:.� ssss; sempre in 

orcUne .:.l:}� Ji~~. cft:illli!, r~�<Ji;ril?ilit� in Cassazi9ne delle pronunzie del Tribu


nale superiore delle Acque (in Foro it., 1992, I, 1737). 

In quella sede la S.C. aveva ripercorso la storia dei rimedi esperibili av


verso le decisioni .dd�. predetto Tribunale, in secondo opp.re in unico grado, 

muovendo::dagli, artt. 200 ss, T.U. appr.. con r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 (1). 


(l) Si ~iporia il tesio. delle disposizioni: . � 
~Aft, 200. ; Contro �te decisfoI!i pronunciate in grado d'appello dal Tribunale Superiore 

delle acque pubblic:he:� ammesso.ffriC.tirifo alle.sezioni. unite .. della Corte di cassaziom:: . 
, :,> f7ft;inc;;,9i;npetenza o eccesso, di potere .ai tenmni .dell'art. 3 della legge 31 marzo

1817:.:: . :b).per violazione a:falsa applicazione di leg~e ai sensi del n. 3 dell'art. 517 del Codic!l 
di. procedura civile, o se. si verifichi la contraddittoriet� prevista dal n. 8 dell'art. 517 medesimo. 

� Nei�casi di annullamento ai sensi della lettera� b) �Ja �causa � rinviata allo stesso Tribunale 
Superiore delle a�que pubbliche il .quale deve conformarsi alla decisione della Corte di cassa


zione sul punto di diritto suJ qual!l essa ha pronunciato. 
-Art. 201. -Contro .le decisibni del Tribunale Superoire delle acque pubbliche nelle 

materie contemplate nell'art. � 143 � ammesso il� ricorso alle sezioni unite. della Corte di cassazione 
soltanto .per inqompetenza. o eccesso .�li potere. a termini dell'art. 3 della legge 31 marzo

1877, Il. 3761� . . : . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

212 

Il vizio denunziato�� in sostanza � attien� �manif�stamente . all'insuffi. 
cienza della motivazione,� essendosi dedotta un'obiettiva parziale deficienza 
. del procedimento logico seguito dal giudice � a quo � e incidente 
sulla decisione finale. Come tale, esso deve essere ritenuto non deducibile 
in sede di legittimit�, riconsiderandosi, in un'ottica ampliata a seguito 
dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale e in riferimento 
al rimedio generale del ricorso in cassazione � per violazione di 
legge � offerto dall'art. 111 della Costituzione contro le sentenze e contro 
i provvedimenti sulla libert� personale pronunciati dagli organi giurisdizionali 
ordinari o speciali, il problema della ricorribilit� delle sentenze 
del Tribunale. Superiore delle Acque Pubbliche pronunziate in un unico 
grado in sede di giurisdizione amministrativa (come la sentenza sottoposta 
ora a gravame in questa sede) o in grado di appello: per le prime 
dall'art. 2�l del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, con riguardo alle materie 
contemplate dal precedente art. 143, � ammesso il ricorso alle Sezioni 
Unite della Corte di Cassazione �� soltanto per incompetenza o eccesso 

che ne costituiscono l'originario fondamento normativo, sino all'attuale sistema, 
risultante dalla sovrapposizione a detto impianto del C.P.C. del 1942 
e della Costituzione repubblicana, con i noti principi della generale ricorribilit� 
per Cassazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali a contenuto deci� 
sorio, e della necessit� di motivazione degli stessi, dettati dall'art. 111 della 
Carta. 

Il quadro ivi delineato, pu� riepilogarsi nei seguenti termini. 

Ricorribilit� per CassaziOne delle sentenze pronunziate dal Tribunale superiore 
delle Acque pubbliche: 
-ai sensi del T.U. 1755/33

in grado di appello, ex art. 200 T.U. cit.: 

-per incompetenza o eccesso di potere; 

-per violazione o falsa applicazione di legge, ex art. 517 c.p.c. 1865 o per 
la contraddittoriet��ex n. 8 disp. cit.; 
in unico grado, ex art. 143 T.U. cit.: 
� limitatamente all'ipotesi di incompetenza o eccesso di potere, ex art. 3 

I. 31 marzo 1877 n. 3761; 
-ai sensi dell'art. 111 Cost. 
sia in grado d'appello che in unico grado, 

-in ogni caso di violazione di legge, sia sostanziale che processuale. 
All'indomani della entrata in vigore della Costituzione, e di fronte alla 
necessit� di adeguare immediatamente il sistema previgente all'art. 111, la 

S.C. aveva dunque compiuto un'articolata opera interpretativa, sia attraverso 
l'applicazione diretta dell'art. 111 della stessa, sia sostituendo l'oggetto del 
rinvio \contenuto negli artt. 200, 201 T.U. 1775/33 con le corrispondenti dispo. 
sizioni del c.p.c. del 1942, tra cui l'art. 360 n. 5 (" omessa, insufficiente o con: 
trilddittoria motivaz1one circa un punto decisivo della controversia �), sul 
presupposto, affermato ripetutamente dalla Corte, del carattere formale del 
rinvio contenuto nelle citate disposizioni del T. U. (Cass. SS.UU. 5693/81, in 
Foro it., 1982, I, 75; Cass. 13/86, in Foro it., 1986, I, 1351). 
E cos� per questa via si erano ricompresi nel vizio di violazione di legge 
anche i vizi attinenti alla motivazione, sotto il profilo della insufficienza e, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 213 

di potere a termini dell'art. 3 della legge 31 marzo 1977 n. 3761 � (cio�, 
secondo la precisazione contenuta poi nell'art. 362 c.p.c., �per motivi 
attinenti alla giurisdizione�), e, per le altre, la proposizione del ricorso 
� consentita (art. 200, 1� comma lett. b) anche �per violazione di legge 
ai sensi del n. 3 dell'art. 517 del codice di procedura civile (in vigore 
prima dell'attuale), o se si verifichi la contraddittoriet� prevista nel n. 8 
dell'art. 517 medesimo�. 

Ma, con l'avvento della Costituzione repubblicana, si rese necessario 
l'adeguamento anche del sistema delle impugnazioni delle sentenze del 
Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, considerato unitariamente 
e non pi� sulla base della distinzione tra sentenze pronunziate in un 
unico grado e sentenze pronunziate in . grado di appello, al menzionato 
art. 111, norma precettiva di immediata applicazione, la quale stabilisce 
che � tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati � 
(1� comma) e che � contro� 1e sentenze e contro i provvedimenti sulla 
libert� personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari spe


contraddittoriet� della stessa, ex art. 360 n. 5 c.p.c. (ex multis, Cass. 1837/54; 
195/57; 260/60; 315/73, ivi richiamate). In questo ordine di idee, la S.C. aveva 
affermato che l'obbligo sancito dalla norma costituzionale � costituisce un 
prif1cipio da applicarsi generalmente e quindi anche quando nel vizio si assuma 
incorso, nel pronunciare la propria sentenza, un organo giurisdizionale 
speciale� (cos�, Cass. n. 195/57 cit.). 

Su questa lmea �interpretativa, il sistema di impugnative contemplato dal 

T. U. sulle acque si salvava dalla facile censura di incostituzionalit�, potendo 
operare con un regime equivalente a quello processuale civile. 
Ma secondo la sent. 5888/92 delle SS.UU., che costituisce come s'� visto 
il vero e proprio antecedente logico della sentenza che si annota, l'equilibrio 
raggiunto dal sistema processuale in virt� dell'adeguamento interpretativo 
suddetto, risulterebbe attualmente modificato dall'entrata in vigore del nuovo 
codice di procedura penale, per il cui art. 606 lett. e la ricorribilit� per Cassazione 
delle sentenze penali � limitata alla � mancanza o manifesta illogicit� 
della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato 
�, sicch�.... � di questa diversit� si deve tenere conto in sede di interpretazione 
della norma costituzionale �. 

Tale impostazione viene portata alle estreme conseguenze dalla sentenza 
in esame, laddove testualmente si afferma che � il nuovo codice di procedura 
penale, nel disciplinare il ricorso p/:lr Cassazione ha ristretto il controllo di 
legittimit� sulla motivazione in un ambito minore rispetto a quello delineato 
dall'applicazione fatta dall'art. 111 della Costituzione in sede processualcivilistica 
�, di guisa che non si pu� �pi� intendere quale principio generale del 
nostro ordinamento giuridico anche l'esigenza di una motivazione sufficiente 
oltre che razionale �, e che � tale dato imprescindibile corrisponde appunto 
alla garanzia minima voluta dal legislatore costituzionale con l'apprestamento 
del rimedio del ricorso in Cassazione per violazione di legge, nella quale, 
quindi, il vizio afferente alla motivazione viene ricompreso soltanto nelle ipotesi 
di inesistenza o di illogicit� della motivazione desumibili dallo stesso provvedimento 
impugnato, in modo da determinarne la nullit� ;,, 

6 



214 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ciali, � sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge � 
(2� comma). 

E, intendendosi, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, 
per violazione di legge ogni violazione di norma tanto sostanziale quanto 
processuale, vi si fece rientrare, in relazione al requisito della � esposizione 
dei motivi in fatto e in diritto della decisione � prescritto dall'art. 
132, 2� comma n. 4 c.p.c. in ordine al contenuto della sentenza, 
accanto al vizio del difetto di motivazione, sia quello della motivazione 
insufficiente sia quello della motivazione contraddittoria: si compresero, 
quindi, s�tto l'etichetta della violazione di legge, tutti i vizi inerenti alla 
motivazione previsti dal n. 5 dell'art. 360 c.p.c. nella formulazione ampliata 
rispetto al testo originario con la legge 14 luglio 1950 n. 581, ritenendosi 
ci� rispondente a un principio generale dell'ordinamento giuridico. 


Queste Sezioni Unite hanno per� di recente sottoposto a riesame 
(con la sentenza n. 5888 del 1992) tale opinione, la cui crisi si � profilata 

Questi gli argomenti della Cassazione. 

In sostanza, tanto con la n. 5888/92 che con la successiva n. 12871/92, le 
SS.UU. procedono ad un ridimensionamento della portata normativa dei primi 
due commi del citato artt. 111 Cost., rileggendone il dettato alla stregua di 
una disposizione, ossia l'art. 606 lett. e c.p.p., di rango ordinario, la quale finisce 
cos� con l'assumere funzioni in qualche modo interpretativa del precetto 

costituzionale. 
Ma ci� parrebbe, invero, confliggere col vigente sistema gerarchico delle 
fonti. 

Se infatti la normativa di rango ordinario va interpretata (e continuamente 
'storicizzata'), prima di verificarne la conformit� ai principi costituzionali, 
ci� affatto non comporta che dalla stessa possano trarsi elementi 
di lettura della Costituzione. Pu� semmai procedersi inversamente, come lo 
stesso , giudice delle leggi insegna, quando si tratti di risparmiare la legge 
ordinaria alla censura di incostituzionalit�, interpretandola appunto alla stregua 
del � diritto vivente �. 

Ed invero, nel prendere atto sic et simpliciter della patente disomogeneit� 
che viene a determinarsi tra il sistema processuale civilistico e quello penalistico, 
la sentenza in esame non sembra riuscire a risolvere l'aporia che viene 
fatalmente a determinarsi in relazione all'art. 111 primo comma Cost. La precedente 
Cass. 5888/92 aveva in fin dei conti evitato di affrontare il problema, 
col rilevare l'assenza di denunce di incostituzionalit� del citato art. 606 lett. e 

c.p.p. Ora (ed a parte ogni considerazione sulla possibilit� di sollevare d'uf. 
ficio l'incidente di costituzionalit�), nel merito dell'ipotetica questione s'imporrebbe 
la conclusiva considerazione che, al di l� dell'isolato dato testuale 
di una disposizione subito estesa, dalla prevalente giurisprudenza e dottrina, 
oltre il caso scolastico di una motivazione graficamente assente o in palese 
contraddizione con se stessa (v. Cass. III, 9 aprile 1990, Novelli, in Giur. it.� 
1990, II, col. 371; 27 marzo 1990, Castaldi, in Giust. pen., 1990, III, 526 F. CoRDERO, 
-~111��1111�11�1;:1111~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 215 

con l'avvento del nuovo codice di procedura penale, secondo cui il ricorso 
per cassazione pu� essere proposto, per quanto concerne la motivazione, 
solo per � mancanza o manifesta illogicit� della motivazione, 
quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato � (art. 606 
lett. e). Pertanto, il nuovo codice di procedura penale, nel disciplinare il 
ricorso per cassazione, ha ristretto il controllo di legittimit� sulla motivazione 
in un ambito minore rispetto a quello delineato dall'applicazione 
sino allora fatta dell'art. 111 della Costituzione in sede processualcivilistica, 
di guisa che, non potendosi pi� intendere quale principio 
generale del nostro ordinamento giuridico anche l'esigenza di una motivazione 
sufficiente oltre che razionale (ovviamente sulle questioni di 
merito), rimane quale dato imprescindibile l'esistenza della motivazione 
in s�, scevra da manifesta illogicit� che possa renderla soltanto apparente. 


Tale dato imprescindibile corrisponde appunto alla garanzia minima 
voluta dal legislatore costituzionale con l'apprestamento del rimedio 

Cod. proc. pen., Torino 1990, p. 682 ss.), il sistema processuale penale si articola 
in tutto un complesso di rimedi che consentono l'accesso ed un ben penetrante 
sindacato dell'iter logico posto dal giudice a fondamento della propria 
decisione, risultando cos� opportunamente compensata la 'restrizione' operata 
dall'art. 606 lett. e rispetto al sistema previgente, ed a quello processualcivilistico. 

Si considerino infatti l'art. 546, comma 3, c.p.c. che, tra i casi di nullit� della 
sentenza, contemula la violazione dell'art. 125 comma 3, il quale appunto impone 
l'obbligo di motivazione, con la conseguenza che � la Corte di Cassazione ha 
il potere di comparare la motivazione del provvedimento impugnato con i 
documenti �del processo, allorch� questi risultino interpretati o letti in maniera 
palesamente erronea � (Cass. I. 19 marzo 1991); la ricorribilit� per Cassazione 
ex art. 606 lett. d, per mancata assunzione di una prova decisiva, correlata 
alla previsione ex art. 546 lett. e, dell'indicazione in sentenza � delle 
prove poste a base della decisione stessa � e della � enunciazione delle ragioni 
per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie �; la revisione 
ex art. 630 lett. a e c, per il caso d'incompatibilit� tra i fatti posti a 
fondamento di una sentenza con quelli stabiliti in altra sentenza penale irrevocabile, 
ovvero di scoperta di nuove prove. E dunque, alla stregua di quanto 
precede ed al di l� del dato testuale, il nuovo � c.p.p. contiene tutta una serie 
di elementi che comunque assicurerebbero una lettura 'costituzionale' dell'art. 
606 lett. e. 

Ma, al di l� di tutto questo, il punto di rottura del sistema, dopo la sentenza 
in commento � nel collegamento con l'art. 360 n. 5 c.p.c. in vigore, che 
la citata Cass. 5888/92 sembrava aver fatto salvo (tanto che si ritenne 'recuperabile' 
la costituzionalit� del sistema delle impugnative di cui al T. U. sulle 
Acque, attraverso l'interpretazione nei suddetti termini, del rinvio operato 
dall'art. 202 dello stesso T.U. �alle norme del capo V, titolo IV, libro I del 
Codice di Procedura Civile del 1865, da leggesi quali capo III titolo III del 
libro II del vigente C.P.C. � -cos�, nel commento di quella sentenza, C.M. BARONE, 
in Foro it. 1992 I, 1739). La sentenza qui annotata sembra invece impli




RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

del ricorso in cassazione per violazione di legge, nella quale quindi il 
vizio afferente alla motivazione viene ricompreso soltanto nelle ipotesi 
di inesistenza o di illogicit� della motivazione desumibili in concreto 
dallo stesso provvedimento impugnato, in modo da determinarne la 
nullit�. Rimane perci� estranea al compito istituzionale della Cassazione 
alla stregua della norma costituzionale -come la recente citata sentenza 
ha affermato -la verifica della sufficienza e della razionalit� 
della .motivazione sulle questioni di merito, implicando tale verifica un 
raffronto tra le ragioni poste a base della pronunzia e le risultanze del 
materiale probatorio esaminato. 

Dovendo intendersi nei precisati sensi la �violazione di legge�, in 
base alla quale l'art. 111 della Costituzione consente il rimedio del ricorso 
per cassazione (al di fuori dei casi in cui tale rimedio � offerto dalle 
leggi ordinarie), rimane fuori di dubbio nella specie la inammissibilit� 
del primo motivo del ricorso, imperniato, come si � detto, sulla pretesa 
insufficiente motivazione dell'impugnata pronunzia. 

citamente precludere anche questa possibilit� interpretativa, laddove richiama 
unicamente le previsioni di cui all'art. 517 C.P.C. del 1865, presupponendo quindi 
la rigidit� del sistema. 

Il principio affermato dalle SS.UU. desta invero qualche perplessit�. 

Se da un lato vi traspare infatti la preoccupazione, sollecitata dalle esigenze 
di speditezza del corso della giustizia, di evitare che il giudizio di 
legittimit� divenga una specie di � terzo grado � di merito, cionondimeno, ed 
ove valutata in tutta la sua potenzialit�, questa rilettura del dato costituzionale 
finisce col comprimere un'importante garanzia del nostro sistema processuale. 


Non sembra infatti che al dato testuale dell'art. 111 Cost., in base al quale 
� tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati '" possa attribuirsi 
altro significato che la coessenzialit� con essi di una loro completa 
spiegazione. Una motivazione 'insufficiente' (o solo 'apparente', o la cui pur 
evidente illogicit� non sia � desumibile dallo stesso provvedimento impugnato �) 
� in realt� una soluzione giuridica non raggiunta, e dunque, sul piano funzionale 
finisce col... negare se stessa. 

E nel momento attuale, di enorme proliferazione di nuove forme d'intervento 
del giudice, in campi presidiati da mezzi di tutela pi� agili ma non 
meno incisivi della tradizionale sentenza civile (si pensi alla imponente produzione 
di ordinanze cautelari nei giudizi amministrativi, che risultano il pi� 
delle volte privi di una qualsiasi specifica motivazione), parrebbe anzi e 
quanto mai auspicabile il rilancio, in ogni sede di legittimit�, dell'opposto 
principio di una sindacabilit� di tutti i provvedimenti giurisdizionali, nella 
interezza del loro supporto logico. 

Lungi dall'esserne un contenuto, infatti, la motivazione costituisce la base 
stessa del provvedimento, il quale, mancandone in tutto o in parte, finirebbe 
nella stessa misura col realizzare un'anacronistica espressione di potere as


soluto. 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 217 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 dicembre 1992 n. 13125 -Pres. Bologna 
-Rel. Lupo -P. M. Lo Cascio (diff.). -Chindamo (avv. Di Valentino) 
c. Ministero dell'Industria (avv. Stato Scaraniucci). 

Contratti '(in generale) � Vendita e c�ntratto d'opera � Distinzione � Cri


teri � Prevalenza soggettiva del lavoro sulla materia � Rilevanza � For


�. nitura della materia� strettamente necessaria da parte di�una impresa 

artigiana prestatrice d'opera � Irrilevanza .~ Fattispecie. 

Per valutare se sussiste un contratto d'opera o di comprav-endita 
(nella specie su campione) occorre oon~iderare la prevaleni.a soggettiva 
dell'opera rispetto alla� materia secondo la volont� delle parti, e non 
secondo il valore economico oggettivo; la fornitura della merce da parte 
dell'impresa, artigiana prestatrice d'opera non trasforma il contratto 
d'opera in ,vendita se tal.e mat,eria � strettamente occorrente all'esecuzione 
dell'opera o alla prestazione del servizio commess,i (1). 

(omissis) Col 1� motivo ,di ricorso il Chindamo denunzia la violazione 
c;:legli artt. 3 e 5 della legge n. 443 dell'85 e degli artt. 22 e 24 della 
legge n. 426 del 71 deducendo che il Pretore avrebbe errato nel ritenere 
necessaria, per l'esercizio dell'attivit� del ricorrente, l'iscrizione al registro 
degli esercenti il commercio. 

Infatti, il Chindamo � iscritto nell'albo delle imprese artigiane in 
quanto svolge attivit� di installatore e di riparatore di impianti idraulici 
e sanitari. La presenza nella sede dell'impresa di articoli sanitari, 
che vengono forniti ai clienti solo nell'ambito del procedimento di 
installazione degli stessi, non potrebbe mutare la natura dell'attivit� 
esercitata, che rimane quella dell'artigiano e non del commerciante al 

(1) La sentenza in esame si colloca nel consolidato orientamento giurisprudenziale 
secondo il quale ai fini della distinzione del contratto d'opera 
dalla vendita non rileva eh~ il valore oggettivo della materia fornita non superi 
quello della mano d'oper�, bens� che quest'ultima sia considerata prevalente 
dalla volont� delle parti. In questo senso, tra le tante, v. Cass., 9 settembre 
1963, n. 2455, in Rep. Foro it., 1963, voce Vendita, n. 11; Cass. 30 marzo 1960, 
n. 686, id., 191\0, voce Appalto, h. 6; per lo stesso criterio con riferimento all'appalto, 
Cass. 11 giugno 1983 n.4020, id 1983, voce Appalto n. 15; Cass. 9 giugno 
1992, n. 7073, in Mass. Foro it. 1992, p. 613. 
Pi� in generale il contratto d'opera � caratterizzato dalla prevalenza 
dell'obbligazione di fare su quella di dare, con o senza l'onere di acquisto 
del materiale, nonch� dalla natura artigianale della prestazione: il primo 
requisito lo differenzia dalla vendita di cosa futura e il secondo lo differenzia 
dal contratto di appalto, eseguito da un imprenditore che organizza il complesso 
dei mezzi necessari ed opera a proprio rischio: cos� Cass., 28 luglio 
1975, n. 2912, in Rep. Foro it., 1975, voce Lavoro autonomo, n. 1. 

In particolare, la sentenza in esame afferma che quando si d� incarico 
ad un idraulico di installare un determinato apparecchio che egli acquisti, 



218 

RASSEGNA AVVOCATIJRA Dm.LO STATO 

minuto. L'art. 3 della legge n. 443/85, poi, esonera le imprese artigiane 
dalla �iscrizione nel registro degli esercenti il commercio per l'attivit� 
di fornitura al committente di quanto strettamente occorrente alla esecuzione 
dell'opera o del servizio connesso. Nella specie non sarebbe 
stata fornita la prova che il Chindamo fornisse ai propri clienti apparecchiature 
non strettamente occorrenti all'esecuzione delle opere che gli 
erano commissionate o, comunque, apparecchiature senza provvedere 
alla loro installazione. Erroneamente il Pretore non avrebbe considerato 
il disposto di tale art. 3, il quale ha sul punto modificato la disciplina 
dettata d�ill'art. 2, comma 1�, n. 2 della legge 426 del 1971. 

La sentenza impugnata avrebbe, altres�, violato gli artt. 3 e 5 della 
legge 443/85, in base ai quali, accanto all'attivit� principale dell'artigiano, 
possono coesistere altre attivit�, tra le quali anche l'intermediazione 
della circolazione dei beni, purch� queste siano strumentali ed accessorie 
all'esercizio della impresa..Nel caso di un artigiano idraulico, la 
fornitura degli apparecchi sanitari da installare costituirebbe quindi, 
certamente attivit� strumentale ed accessoria rispetto a quella principale 
rappresentata dalla installazione di impianti idrico-sanitari. 

Con il 2� motivo il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 1522, 
comma 1� e.e. e mancanza di motivazione deducendo che erroneamente 
il Pretore avrebbe ritenuto che egli esercitasse una attivit� di vendita 
su campione, basandosi semplicemente sul fatto che gli accessori per il 
bagno sono forniti solo dopo la scelta del cliente fra quelli esposti nella 
sede dell'impresa, e che, quindi, la fornitura di merce abbia funzione 
prevalente rispetto alla obbligazione di fare. In realt�, la sentenza impugnata 
non avrebbe fornito adeguata dimostrazione della volont� dei contraenti 
di considerare prevalente l'obbligazione di dare rispetto a quella 
di fare, e, quindi, non avrebbe dato adeguata motivazione della sussi


o abbia gi� acquistato a suo nome e spese, non si ha una vendita su campione 
dell'apparecchio da installare ex art. 1522 e.e., bens�, se non un contratto 
d'appalto, quanto meno un contratto d'opera di cui all'art. 2222 la cui disciplina 
prevede che la materia necessaria per il compimento dell'opera possa 
essere fornita dallo stesso prestatore (1). 
Nel caso di specie, trattandosi di impresa artigiana, soccorre anche il 
disposto dell'art. 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443 che esplicitamente esclu� 
de la compresenza di vendita e contratto d'opera quando la materia fornita 
dall'artigiano � strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera o alla prestazione 
del servizio commessi. La Cassazione non chiarisce per� se il requisito 
della prevalenza soggettiva della materia e quello della stretta occorrenza 
della stessa siano sinonimi o vadano congiuntamente riscontrati. 

(1) Contra v. una risalente giurisprudenza (Cass. 22 giugno 1962 n. 1604, in Mass. Foro 
it., 1962) secondo cui il contratto con cui una delle parti sia tenuta oltre che ad una 
prestazione d'opera, alla fornitura della materia prima necessaria, � un contratto misto 
che deve essere qualificato con riguardo allo schema negoziale prevalente. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 219 

stenza di un contratto di vendita anzich� di un contratto di appalto 

o di un contratto di opera. In particolare, la sentenza non avrebbe effettuato 
una valutazione in termini qualitativi, accertando se dal punto di 
vista funzionale prevalesse l'opera o il bene fornito. Nella specie, considerando 
che i prodotti forniti dal Chindamo sono facilmente reperibili 
anche altrove, e che quindi, nella considerazione dei clienti � prevalente 
la valutazione qualitativa dei servizi tecnici forniti dal ricorrente, l'attivit� 
di quest'ultimo avrebbe dovuto essere qualificata come contratto 
d'opera, nel quale l'obbligazione di fare prevale su quella eventuale di 
dare. 
Il ricorso, in riferimento ad entrambi i motivi nei �quali � stato 
articolato, � pienamente fondato. 
Ed invero: 

1) Innanzitutto il Pretore ha ignorato inspiegabilmente e totalmente 
la legge 8 agosto 1985 n. 443, intitolata �legge-quadro per l'artigianato 
�, che, al 6� comma dell'art. 5, cos� dispone �per la vendita nei 
locali di produzione, o ad essi contigui, dei beni di produzione propria, 
ovvero per la fornitura al committente di quanto strettamente occorrente 
all'esecuzione dell'opera o alla prestazione del servizio commessi, 
non si applicano alle imprese artigiane, iscritte all'albo di cui al 1� comma, 
le disposizioni relative all'iscrizione al registro degli esercenti il 
commercio o all'autorizzazione amministrativa di cui alla 1. 11 giugno 
1971 n. 416... �: norma riconosciuta decisiva nella specie anche dal 
controricorrente Ministero 

Cadono cos�, pertanto, di fronte all'inequivoco dettato della novella 
legislativa, le considerazioni svolte dal Pretore e riassunte al punto 3) 
della narrativa sovraesposta, considerazioni tutte incentrate esclusivamente 
sull'applicazione della 1. 426 del 1971 nonostante che essa sia stata 
modificata, -tra l'altro proprio nel punto che qui pi� interessa -, da 
quella n. 443 del 1985. 

2) Quando, come nella specie, si commette ad un idraulico di installare 
un determinato apparecchio (come ad es. un rubinetto o uno 
scaldabagno), che l'idraulico acquisti (o abbia gi� acquistato) a nome e 
spese proprie, non si ha, tra cliente e idraulico, una vendita su campione 
dell'apparecchio da installare ex art. 1522 e.e. (come erroneamente 
ritenuto dal Pretore), bens�, se non un contratto d'appalto (che 
involge, ai sensi dell'art. 1655, una apprezzabile organizzazione di mezzi 
quale di solito manca all'artigiano), quanto meno un contratto d'opera 
di cui all'art. 2222: contratto la cui disciplina prevede espressamente 
che la �materia� necessaria per il compimento dell'opera possa essere 
fornita dallo stesso prestatore di quest'ultima, sicch� n� questo contratto 
si trasforma necessariamente in contratto di vendita pur quando impli



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

220 

~hi tale fornitura, n� si deve in tal caso necessariamente accoppiare ad 
esso (v. Cass., sent. 2912/75). 

Dispone infatti l'art.2223: �Le disposizioni di questo capo (disposizioni 
generali circa il lavoro autonomo) si osservano anche se la 
materia � fornita dal prestatore d'opera, purch� le parti non abbiano 
avuto prevalentemente in considerazione la materia, nel qual caso si 
applicano le norme sulla vendita �: norma del tutto in linea con 
l'art. 1658 e.e. che, in tema di appalto stabilisce addirittura che: � la 
materia necessaria a compiere l'opera deve essere fornita dall'appaltatore, 
se non � diversamente stabilito dalla convenzone o dagli usi �. 

Pertanto, il criterio adottato nell'impugnata sentenza -secondo cui 
nella specie si avrebbe vendita (su campione) e non contratto d'opera 
sol perch� �la circostanza che gli oggetti debbano essere installati 
costituisce un elemento naturale (quantunque non necessario) per la 
effettiva utilizzazione di essi � -� erroneo se lo si applicasse, il citato 
art. 2223 non troverebbe pressoch� mai applicazione, giacch� �la materia 
� � normalmente destinata ad essere installata, cio� messa in opera 
nella sede destinatagli. 

3) La parola � materia�, contenuta nell'art. 2223, deve essere 
interpretata estensivamente e riferirsi, quindi, non alle sole � materie 
prime �, ma anche ai manufatti comunque necessari per il compimento 
dell'opera: quindi, nel caso dell'idraulico, non solo stagno, piombo, o 
altri metalli, ma anche tubi (di qualsiasi materia) guarnizioni, giunti e, 
pi� in generale qualsiasi apparecchiatura da altri costruita (dalle pi� 
semplici alle pi� complesse, come oggi, talvolta, pu� essere anche un 
rubinetto incorporante sofisticati sistemi automatici di termoregolazione 
e di scambio dell'acqua su diverse uscite). L'odierna societ� �, invero, 
caratterizzata da una sempre pi� spinta divisione del lavoro, sicch� 
sarebbe fuori della realt� pretendere che il prestatore d'opera si trasformi 
in venditore sol perch� si limiti prevalentemente ad assemblare 
manufatti gi� prodotti da altri e presso di loro da lui acquistati in nome 
e per conto proprio. 

4) La parola �opera�, di cui agli artt. 2222 e 2223, deve, a sua 
volta, intendersi nel senso di cosa, trasformata dal lavoro (autonomo) 
su di essa compiuto, da consegnare al committente come risultato che 
la controparte si � obbligata a suo rischio a realizzare, significato questo 
evidenziato dalla contrapposizione che, nello stesso art. 2222, si riscontra 
tra � opera � e � servizio �. 

Contrariamente a quanto sostenuto dalla P. A. nel suo controricorso, 
la trasformazione della cosa deve, in proposito, considerarsi avvenuta 
non soltanto quando sia irreversibile (come nel caso del vestito confezionato 
su misura dal sarto rispetto alla stoffa) o quando, comunque, 
la cosa abbia perso completamente la sua identit� s� da non essere pi� 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 

riconoscibile, ma anche quando essa sia stata soltanto congiunta stabilmente 
ad altre cose e resa funzionale rispetto al complesso in cui � 
stata inserita, s� da formare un bene di ben maggiore valore. Accade, 
invero, oggi sempre pi� frequentemente, che il c.d. � utente finale � non 
sia in grado di trarre alcuna utilit� dall'acquisto puro e semplice di 
molti prodotti, essendo necessario, per poterli usare, un qualificato 
lavoro di posa in opera e di integrazione. E questo � appunto il caso 
che qui interessa in cui, mediante opportuna installazione richiedente 
mano d'opera qualificata, apparecchi prodotti in serie dall'industria e 
acquistati in proprio dall'artigiano (come scaldabagni, caldaie, rubinetterie 
etc.) vengano da lui resi parte integrante di determinati impianti 
commissionati dal cliente e presso quest'ultimo realizzati. 

Non ha, quindi, altro valore che di un sofisma la tesi sostenuta 
dall'Avvocatura dello Stato secondo cui occorrerebbe distinguere tra 
� materia-strumento � per la messa in opera e � materia-oggetto � della 
medesima e, conseguentemente, ritenere assorbita solo nel primo caso 
la vendita nel contratto d'opera: ma siffatta distinzione come non sarebbe 
certamente legittima in riferimento all'appalto, cos� non lo sarebbe 
in riferimento al contratto d'opera, stante l'unitariet� di principio informatore 
che sorregge -come poc'anzi rilevato -sia l'art. 1658 sia 
l'art. 2223. 

5) In giurisprudenza � anche ormai acquisito che, nei contratti 
d'opera come in quelli d'appalto la �prevalenza� dell'opera sulla materia 
(o viceversa) di cui all'art. 2223 debba essere intesa non in senso 
oggettivo e, quindi, in riferimento alla comparazione dei costi dei due 
suddetti elementi), ma in senso oggettivo e, quindi, con riguardo esclusivo 
alla volont� dei contraenti (conf. Cass., sent. n. 2455 del 1963, 686 
del 1960, 2679 del 1958, 426 del 1941, 3499 del 1932), volont� da accertarsi 
caso per caso, motivandola e non dandola per scontata a favore della 
vendita come immotivatamente invece, risulta nella sentenza pretorile. 

La soggettivit� del criterio di accertamento comporta che l'indagine 
debba essere diretta ad appurare se �l cliente abbia dato prioritaria 
importanza alla scelta del prestatore d'opera (cio� al di lui lavoro 
manuale � intuitu personae �, come nel caso in cui si rivolga ad un 
installatore professionale che venda soltanto il materiale che installa) 
ovvero del materiale in s� (come nel caso opposto in cui il �liente si 
rivolga ad un negoziante di materiale, che solo occasionalmente installi 
ci� che vende, facendo cos� presumere che egli sia incline a considerare 
pi� importante il materiale scelto che non la prestazione d'opera). 

6) Alle norme sopramenzionate si correla perfettamente il 6� comma, 
dell'art. 5 della I. 8 agosto 1985 n. 443, (legge-quadro per l'artigianato 
gi� citata) l� ove cos� dispone � ...per la fornitura al committente 
di quanto strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera, o alla pre



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222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

stazione del servizio commessi, non si applicano alle imprese artigiane... 
le disposizioni relative all'iscrizione al registro degli esercenti il commercio 
o alla autorizzazione amministrativa di cui alla legge 11 giugno 
1971 n. 426... �. 

Tenuto, infatti, conto che il contrato d'opera implica il raggiungimento 
d'un determinato risultato mediante � lavoro prevalentemente 
proprio� (come espressamente recita l'art. 2222 e.e.) e che, pertanto, 
esso trova un campo d'applicazione elettivo nell'attivit� dell'impresa 
artigiana che, a norma dell'art. 3 della citata 1. n. 443 dell'85, deve essere 
esercitata dall'imprenditore non oltre determinati limiti dimensionali, 
la disposizione sopra riportata del 6� comma dell'art. 5 della medesima 
legge sembra ricalcare chiaramente il rapporto tra � prestazione della 
materia� e �prestazione del lavoro� cos� come definito nel predetto 
art. 2222, e, quindi, autorizzare la conclusione che ben pu� un contratto 
d'opera art�gianale assorbire in s� la fornitura del materiale, senza 
necessit� di ravvisare in quest'ultima alcun contratto autonomo di vendita. 

:� ben vero che, per delineare tale rapporto, la legge n. 443/85 
sull'artigianato usa l'avverbio � strettamente � anzich� � prevalentemente
� (usato nell'art. 2223); tuttavia, -anche ad ammettere che 
detti avverbi, ai fini che qui interessano, debbano intendersi cumulativamente 
e che, pertanto, ai fini dell'esonero delle imprese artigiane 
dall'obbligo dell'iscrizione al registro degli esercenti il commercio o 
dell'autorizzazione amministrativa di cui alla 1. n. 426 del 1971 sia necessario 
non soltanto che cliente e artigiano prestatore d'opera non abbiano 
avuto prevalentemente in considerazione la materia nel senso sopraspiegato, 
ma anche che al committente sia stato fornito solo quanto 
strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera -sembra non potersi 
negare che entrambe le condizioni (della prevalenza e della stretta inerenza) 
ricorrano nella fattispecie, avendo il Pretore stesso accertato 
che il materiale del quale l'idraulico Chindamo aveva il campionario 
in bottega (e per la fornitura del quale fu ritenuto responsabile di vendita 
al minuto senza la prescritta is.crizione nel registro dei commercianti) 
era soltanto quello che egli installava (accertamento questo di fatto 
come tale insindacabile in questa sede e, in ordine al qua1e, non pu� 
esser consentito al Ministero sollevare dubbi, peraltro non motivati 
in un semplice controricorso). 

Nel caso in esame deve, quindi, considerarsi assodato che si avesse, 
al tempo stesso, e la prevalenza del contratto d'opera sulla fornitura 
del materiale (come richiesto dal e.e.) e la stretta inerenza della prima 
alla seconda (come richiesto dal citato 6� comma dell'art. 5 della 1. sull'artigianato): 
se, infatti, l'opera consist� nella installazione di un certo 
materiale e quest'ultimo fu oggetto della medesima, non pu� certo negarsi l 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 

che esso non fosse indispensabile (pi� ancora che strettamente inerente) 
per l'installazione stessa, non potendo questa -come � addirittura 
lapalissiano -esistere senza il suo oggetto. 

N� vi � qui ragione di ritenere necessaria una prevalenza oggettiva 
(e quindi sopratutto in riferimento al costo) della materia sul lavoro: 
e non soltanto per il nesso strettissimo (in precedenza qui evidenziato) 
tra l'art, 2223, e.e. (che, come si �. rilevato, tale prevalenza oggettiva non 
richiede affatto) e il 6� comma dell'art. 5 della legge sull'artigianato, 
ma anche per la seguente ulteriore ragione. 

Il nostro ordinamento, per un preciso impegno sancito nella Costituzione 
(art. 45, 2<> comma) favorisce l'artigianato in quanto � la legge 
(deve) provvedere alla tutela e allo sviluppo� del medesimo. La ragione 
di tale trattamento di favore deve rinvenirsi sopratutto nella constatazione 
che, mentre la capacit� di guadagno del primo � subordinata alle 
sue possibilit� personali di lavoro (sempre limitate) e alle sue condizioni 
di salute psicofisiche (sempre in qualche modo insicure non solo 
per il continuo rischio di malattie, ma anche per il continuo inevitabile 
processo di � invecchiamento che a poco a poco riduce inesorabilmente 
le energie lavorative), la capacit� di guadagno del commerciante solo 
p.er una parte dipende dalle proprie capacit� personali, essendo l'altra 
parte dipendente dalla potenza del capitale impiegato, il quale tanto pi� 
rende, quanto pi� cresce e tanto pi� cresce quanto pi� alto � il volume 
degli affari trattati, altezza che sempre pi� si svincola dalla possibilit� 
materiale del commerciante di accudire personalmente ai propri affari. 

Ci� spiega perch�, mentre il prestatore d'opera (come del resto il 
professionista) lavora a costi crescenti sicch� non pu� espandere la 
propria attivit� oltre un certo limite (al di l� del quale, peraltro, intacca 
la sua stessa salute), il commerciante, invece, quando gli arride il successo, 
non ha praticamente Hmite allo sviluppo dei suoi affari e lavora a 
costi decrescenti perch� il sempre maggior capitale di cui dispone gli 
consente di orgari�zz�re in maniera sempre pi� razionale, economica e 
spersonalizzata la propria impresa. 

Tutto ci� spiega perch� il favore della legge nei confronti del prestatore 
d'opera artigiano, se non deve spingersi in quella fascia della sua 
attivit� che si estrinseca in atti di puro commercio finalizzati solo ad 
un intento di lucro (che, come s'� detto, pu� indefinitamente espandersi 
per la forza del capitale che sottende), deve, invece, coprire tutta l'area 
del commercio quando esso � rigorosamente finalizzato, -e, quindi, con 
ci� stesso quantitativamente limitato -al compimento delle prestazioni 
d'opera, che non sarebbero, d'altra parte, possibili se non fornendo il 
materiale oggetto dell'opera stessa (nel caso dell'idraulico: le apparecchiature 
da installare). 

Altrimenti, infatti, o il lavoratore artigiano sarebbe necessariamente 
costretto ad acquisire anche la veste giuridica di commerciante (rimanen



224 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

do, cos�, esposto ad un trattamento di minor favore sotto tutti i punti 
di vista) ovvero il cliente sarebbe costretto a procurarsi per proprio 
conto il materiale altrove e non potrebbe affidare ad un solo soggetto 
il compito unitario di ottenere un risultato finito: e ci�, -in una 
societ� in cui, come in quella attuale, si tende non pi� tanto a procurarsi 
beni (spesso di alta sofisticazione tecnologica e quindi installabili 
solo da specializzati nella tecnologia di un determinafo prodotto) bens� 
servizi (la c.d. �societ� del terziario�) che assicurino al cliente il pi� 
comodo godimento del risultato finale -, disincentiverebbe il cliente dal 
rivolgersi al prestatore d'opera artigiano, con danno del medesimo. 

Da ci� si deduce che l'intenzione del legislatore, -cui, per il principio 
costituzionale sopraricordato, non pu� non premere il favorire tale 
artigiano -e alla quale occorre rifarsi qualora si ritenesse dubbiosa 
l'interpretazione del 6� comma dell'art. 5 della 1. sull'artigianato qui in 
esame -, deve essere ricostruita nel senso che quel che importa -, per 
raggiungere, senza peraltro oltrepassare, le finalit� del favore legislativo 
-, non � tanto 1a circostanza che il valore del materiale fornito 
non superi quello deHa mano d'opera necessaria per ,installarlo (in quanto 
i rispettivi costi non hanno spesso, nella realt� d'oggi, alcun significativo 
rapporto), quanto che la fornitura del materiale rimanga strettamente 
limitata (per natura e per quantit�) a tutto ci� di cui � necessario disporre 
per eseguire l'opera, quale che sia il valore del materiale impiegato 
e che, pertanto, non potendo il prestatore d'opera espandere la 
vendita pi� di quanto non sia in grado di porre in opera, egli dmanga, 
msostanza, un lavoratorie, senza trasformarsi in un commerciante. 

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa rimessa ad 
altro Pretore della medesima Pretura circondariale di Voghera per 
essere decisa in applicazione dei principi di diritto sovraesposti. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 5 aprile 1993 n. 4054; Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Est. Garofalo -P. M. Grossi (concl. conf.); Balzano 
(avv. Campese, Gesu�) c. Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione 
civile (avv. Stato Sica). 

Concessioni amministrative -Beni patrimoniali disponibili -Immobile di 
ente pubblico -Locazione -Configurabilit� -Domanda di accertamento 
del rapporto locativo -Giurisdizione ordinaria. 

Contratti :(in generale) -Contratti della p.a. -Attivit� di diritto privato Deliberazione 
di contrattare -Revoca -Effetti -Contratto perfezionato 
-Ininfluenza. 

Il contratto con il quale un ente pubblico od un oonc'ess(iionario di 
pubblico ~ervizio cedono ad un privato, dietro corrispettivo, il godimento 
di un immobile facente parte del loro patrimonio disponibile, integra gli 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 225 

estremi della locadone e non della condessione amministrativa; pertanto 
la domanda proposta dal conduttore contno l'ente od il c.'pnc,essionJario 
medesimi; diretta :ad ottenete l'accertamento della validit� del contratto 
rientra nella giurisdizione del gi.diC'e ordin,afiio (1). 

Ove la P.A. abbia stipulato,. nell'esercizio dei propri poteri negoziali, 
un contratto con .un privato;� dallo stesso scaturiscono dirU'ti soggettivi 
ed obblighi per le parti. Conseguentemente � irrilevante l'intenzion'e diell'amminiSfrazion;
�; comunque manifestata dopo il perfezionamento del 
contratto, di revocare la precedente deliberazione di contrattare, non sussistendo 
untal,e potete discrezionale di 11evoca, la quale sarebbe di conseguenza 
inidonea ad incidere su posizioni di diritto soggettivo (2) . 

�(1-2). Con~sione di beni .della fJ\. e riparto di giurisdizione. 
L La sentenza che si commenta va. a collocarsi nell'ormai consolidato 
indirizzo delle Sezioni Unitei .che attribuisce alla giurisdizione dell'A.G.O. la 
cognizione, delle controversie aventi ad oggetto il rapporto tra privato e P. A., 
relativamente al godimento di un bene appartenente al patrimonio disponibile 
di questa (in tal senso, v. Cass. 16 dicembre 1987 n. 9309, in Foro it. mass.; 1 
febbraio 1985 n. 652, in Foro it. 1985, I, 367, peraltro richiamata dalla decisione 
in c�illJl'.�ento; Cass. 7 luglio 1981. n. 4450, in R.F.I. 1982, voce concess. 
amm.,. n. 1; Cass. 14 ottobre 1972 n. 3062, in R.F.I. 1973, voce cit., n. 5). 
�Altre pronunzie della S.C. �si riferiscono invece all'ipotesi di utilizzazione 
da parte del privato di beni indisponibili della PA., e devolvono la cognizione 
delle relative controversie al giudice amministrativo (Cass. 9 luglio 1991 n. 7546, 
in Foro it., mass.; Cass. S agosto 1989 n; 3567, in questa Rassegna, 1989, pag. 477; 
Cass. 2 marzo 1989 n. 1161, in Foro it., mass,; Cass. 25 gennaio 1989 n. 425, ibid.; 
Cass. 12 novembre 1988 n. 6134, ibid.; Cass. 16 gennaio 1986 n. 1208; Cass. 21 
novembre 1983 n. 6917, in Foro it. 1984, 1, 100; Cass. 14 luglio 1983 n. 4873, in 
Foro It., mass;; Cass. 6 aprile 1983 n. 2440, in Foro it., mass.; Cass. 7 maggio 
1983 n' 3110, ibid.; Cass. 7 novembre 1981 n. 5886, ibid.; Cass. 11 ottobre 1979 

n. 5023; in Foro it., 1979, I, 2507; Cass. 9 marzo 1979 n. 1461, in Foro it., mass.; 
Cass. 6 febbraio 1978 n. 5251 in Foro it. 1978, I, 1715; Cass. 8 aprile 1976 n. 1225, 
in Foro it.; mass.; Cass. 4 febbraio 1975 n. 416, ibid.). 
Nel caso m commento. la Cassazione torna ad indicare, e con estrema 
chiarezza, i criteri di riparto della giurisdizione, fra il giudice ordinario ed 
il giudice amministrativo, in materia di affidamento ai privati dei beni patrimoniali 
della P.A., ossia: 

a) la natura .del bene oggetto del godimento; 
b) la finalit�..perseguita.dalla P.A. attraverso. la sua concessione. 


2. In ordine al primo criterio (natura del bene) le SS.UU. rammentano 
come i beni patrimoniali disponibili della P.A., in quanto non strumentali al 
soddisfacimento di interessi collettivi, costituiscono oggetto di negozi di diritto 
privato; mentre gli atti relativi ad un bene che rientri nel patrimonio indisponibile 
della stessa, in quanto finalizzato alla cura di pubblici interessi, possono 
assumere carattere provvedimentale (in tal senso, v. anche Cass. 9 aprile 1964, 
n. 811, in Foro it., mass.). 
Fondandosi sulla qualit� giuridica dei beni e non su basi ontologiche, tale 
distinzione lascia peraltro completamente aperta la possibilit� che la concessione 
di un medesimo bene sia assoggettata all'uno o all'altro dei regimi giu




226 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

(omissis) Osserva questa corte, tenendo per ferme le premesse di 
fatto esposte dal ricorrente e non contestate ex adverso, che: a) assume 
essenziale rilievo la natura del bene dato in godimento al privato 
(e cio� l'accertamento se esso fosse patrimoniale disponibile oppure 
appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato o del comune, ex 
art. 826 e.e.) dal momento che soltanto nella seconda di dette ipotesi 
il godimento del privato sarebbe potuto essere oggetto di una concessione 
di bene pubblico, che avrebbe dato luogo alla giurisdizione (esclusiva) 
del giudice amministrativo, anche indipendentemente dall'esistenza 
di un formale provvedimento dell'amministrazione; peraltro l'apparte


ridici. Soccorre quindi, il secondo criterio (finalit� della concessione) il quale 
assume funzione integrativa del primo, in quanto, se da un lato la natura del 
bene esprime gi� la sua destinazione al soddisfacimento di pubblici o privati 
interessi (Cass. 18 ottobre 1961 n. 2226, in Foro it. mass.), dall'altro non pu� 
escludersi che, attraverso la concessione in godimento di beni indisponibili, 
si perseguano interessi privati o viceversa (su tale aspetto, v. Cass. 9309/87; 
4813/83; 5265/79 e 1225/76 citt.). 

In relazione ai beni patrimoniali indisponibili, invero, la giurisprudenza 
ha sempre sottolineato come gli stessi ben possano formare oggetto di negozi 
giuridici privati, con il solo limite della insottraibilit� alla loro destinazione, 
ai sensi degli artt. 10 r.d. 4 maggio 1885 n. 3074 (reg. per l'esec. della l. sulla 
cont. gen. dello Stato) e 828 cc. (v., in tal senso, Cass. 6 aprile 1966 n. 898, in 
Foro it., mass.; Cass. 28 giugno 1951 n. 1741, in Foro it., mass.). In tale ordine 
di idee, si � ad esempio affermato che la concessione, da parte di un comune 
ad un privato, di una porzione d'immobile appartenente al patrimonio indisponibile, 
ove comporti una sua utilizzazione marginale senza incidere sulla 
destinazione pubblicistica, rientra nella fattispecie della locazione (Cass. 14 
luglio 1983 n. 4813, in Foro it., mass.). 

Proprio con riguardo all'ipotesi della concessione di un bene appartenente 
alla P.A. applicando i su richiamati criteri distintivi, vengono a contrapporsi 
lo schema privatistico della locazione ex art. 1571 e.e. (con tutte le fattispecie 
derivante: affitto ex art. 1615 e.e.; affitto di fondi rustici, ex art. 1628 e.e.; affitto 
a coltivatore diretto, ex art. 1647 e.e.) e quello della concessione amministrativa 
(su tali profili v., in dottrina, BUCCI, MALPICA e REDIVO, Manuale 
delle locazioni, PADOVA 1989, pag. 27 ss.; CAIANIELLO Concessioni (diramm.) 
in Noviss. Dig. app., 1981, Il, 241 ss; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 
NAPOLI, 1984, pag. 767 ss.;). Nello schema locativo rientrano, oltre 
al caso di cui ci si occupa, l'affitto di fondo rustico appartenente al patrimonio 
disponibile di un comune (Cass. 1� febbraio 1985 n. 652, in Foro it. 1985, 
I, 367); la concessione in godimento di una porzione di terreno estranea al 
demanio in prossimit� della riva di un fiume (Cass. 3 dicembre 1990 n. 11554, 
in Foro it., mass.). Al contrario, sono riconducibili allo schema concessorio: 
la cessione in godimento di alloggi in edifici patrimoniali indisponibili (Cass. 
16 .gennaio 1986 n. 208, in Foro it., mass.; Cass. 20 settembre 1979 n. 4221, in 
Foro it., mass.; Cass. 9 gennaio 1973 n. 8, in questa Rassegna, 1973, I, 833, con 
nota di CARBONE; Cass. 21 aprile 1958 n. 1128, in Foro it., mass.); la concessione 
in godimento di terreni facenti parte del patrimonio indisponibile di un 
comune (Cass.. 3567/89, 6134/88 citt., e Cass., 1� febbraio 1985 n. 660, in Foro it., 
mass.), l'affidamento della gestione di un teatro comunale (Cass. 21 novembre 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 227 

nenza di un bene al patrimonio indisponibile pu� venire meno sia per 
effetto di un atto formale della pubblica amministrazione e sia mediante 
la definitiva destinazione (come nella specie) del bene stesso ad 
un uso diverso da quello pubblico al quale era stato originariamente 
adibito (cfr. sent. 811/64; 3258/73): nel caso in esame ~ incontroverso 
che l'immobile, appartenente ad una privata impresa, sin dal 1950 non 
era stato pi� utilizzato come stazione ferroviaria; esso era quindi da 
considerarsi appartenente al patrimonio disponibile della stessa societ� 
e come tale suscettibile di formare oggetto di validi negozi tra privati, 
incompatibili con la citata primitiva destinazione dell'immobile; b) la 
controversia avente ad oggetto la validit� del contratto di locazione intervenuto 
tra la societ� privata che abbia gestito la ferrovia in conces


1963 n. 6917, in Foro it., 1984, I, 1003; Cass. 11 ottobre 1972, n. 3082 in Foro it. 
mass.); la concessione di uno stadio comunale (Cass. 1161/89 cit.); di un autoporto 
(Cass. 7546/91 cit.), la concessione in godimento di foreste regionali 
(Cass. 24 maggio 1991 n. 5889, in Foro it., mass.); l'assegnazione in godimento 
a pubblico dtpendente di alloggio di servizio appartenente al patrimonio indisponibile 
dell'amministrazione, in quanto finalizzata ad assicurare la presenza 
dei dipendente nel luogo dove si svolge la sua attivit� lavorativa (Cass. 2781/89 
cit.; Cass. 25 gennaio 1!189 n. 436, in Foro it., mass.; Cass. 15 ottobre 1982 n. 5353, 
ibid.; Cass. 5886/81 cit.; Cass. 20 gennaio 1965 n. 115, in Foro it., mass.; Cass. 
30 novembre 1949, n. 2530, in Foro it. 1950, I, 862, nella quale si rinviene la 
distinzione della fattispecie concessoria rispetto alla locazione); la concessione 
ad un insegnante di un alloggio sito in edificio comunale (Cass. 9379/87 cit.). 

3. Va infine ricordato che non mancano casi in cui la concessione in 
godimento di un bene pubblico viene a soddisfare contemporaneamente esigenze 
individuali e collettive, poste talora in posizione di comprimariet�, 
sicch� si determina la coesistenza di provvedimenti amministrativi (a carattere 
deliberativo e concessorio) con contratti di diritto privato che presuppon� 
gono i primi. 
Tale � la c.d. concessione-contratto, in cui � appunto il provvedimento 
amministrativo a regolare i presupposti giuridici del contratto che vi accede, 
ed i poteri della P.A. ne condizionano la stessa gestione e permanenza in vita, 
attraverso atti di annullamento di revoca o declaratorie di decadenza del 
privato per grave inadempimento (su tali aspetti, v. SANDULLI, op. cit., pp. 768769). 
Rientrano in tale schema: la concessione degli alloggi di edilizia residenziale 
pubblica (Cass. 24 settembre 1982 n. 4934, in Foro it., mass.; Cass. 26 
marzo 1981 n. 2593, ibid.; Cass. 29 aprile 1980 n. 2848, ibid.; Cass. 18 luglio 1983 

n. 2095 in questa Rassegna, 1984, I, 141 ss.; con nota di CARBONE); in dottrina 
v. CENTOFANTI, L'edilizia residenziale pubblica, MILANO, 1984, p. 89 ss.; FAVARA, 
La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di rapporti 
di concessione e la concessione-contratto, in questa Rassegna, 1974, I, 1109 ss.; 
LANDI e POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, MILANO, 1975, p. 182 
ss.;); la concessione ad un pubblico dipendente di un alloggio di servizio a 
seguito di determinazione discrezionale della P.A. (Cass. 9 dicembre 1986 
n. 7292, in Foro it., mass.). 
4. La sentenza in esame accenna infine alle problematiche connesse all'acquisto 
od alla perdita del carattere di disponibilit� od indisponibilit� dei 

228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

sione ed un privato, contratto posto in essere per la realizzazione di 
fini diversi da quelli propri della gestione ferroviaria, rientra nella 
giurisdizione del giudioe ordinario, in quanto lo strumento privatistico 
(contratto di locazione) adoperato � fonte di diritti ed obblighi per 
entrambi i contraenti; in particolare, nel solco di un condiviso indirizzo 
(vedasi sentenza 1� febbraio 1985 n. 652 di queste Sezioni Unite) va ritenuto 
che il contratto; con il quale un ente pubblico od un concessionario 
di pubblico servizio ceda, dietro corrispettivo, il godimento di un 
immobile, facente parte del patrimonio disponibile, rientra nell'ambito 
dell'attivit� negoziale jure privatorum dell'amministrazione o del concessionario, 
cos� che non � riconducibile ad una concessione amministrativa 
o ad un atto autoritativo dell'amministrazione stessa, ravvisabili 
solo con riguardo alla diversa ipotesi di godimento di beni pubblici 
destinati alla soddisfazione diretta di interessi della collettivit� in relazione 
ai quali l'amministrazione medesima sia titolare di poteri autoritativi. 


beni patrimoniali della P.A. Affermano le SS.UU. che il regime del rapporto 
di godimento del bene pubblico va determinato con riguardo alla qualit� 
dello stesso al tempo della costituzione del relativo titolo, essendo irrilevante 
la sua pregressa condizione. 

Circa le modalit� del passaggio dei beni dall'una all'altra categoria, men


I 

tre � del tutto pacifico che, per l'acquisto dell'indisponibilit� � necessaria la i' 

I 
I
r. 

appartenenza del bene alle categorie indicate nei primi due commi dell'articolo 
826 e.e., ovvero un atto di destinazione da parte della P. A. del proprio 
bene a pubblico servizio (Cass. 6 agosto 1987 n. 6755, in Foro it., mass.), al con


It

trario, per la perdita di detta qualit� � discusso se occorra o meno un provvedimento 
formale di sclassificazione (nel primo senso, v. GUICCIARDI, Il 
demanio, PADOVA, 1934, p. 237 ss.). r 

I I

Le SS.UU. confermano l'indirizzo giurisprudenziale consolidato, per il 
quale � sufficiente una destinazione del bene incompatibile con quella al pubblico 
servizio, perch� detto bene perda il carattere dell'indisponibilit� (v., ex 
multis, Cass. 21 luglio 1981 n. 4696, in Foro it.; mass.; Cass. 18 marzo 1981 

I

n. 1603, in Foro it., mass.; Cass. 8 ottobre 1978 n. 4056, in Foro it., mass). 
Nella specie, l'immobile in cui si trovava l'alloggio goduto dal privato I 
aveva cessato di essere utilizzato come stazione ferroviaria fin dal 1950, esI 
sendone stata costruita un'altra, ed il rapporto di godimento aveva avuto i8 
inizio nel 1971. La Cassazione ha dunque ritenuto ininfluente la precedente i 
qualit� giuridica dell'immobile, essendo stati posti in essere dalla P. A. comi 
portamenti incompatibili con la volont� di mantenere la destinazione del bene 1 
al pubblico servizio (costruzione di altra stazione e cessazione dell'esercizio di f 
quella di cui faceva parte l'alloggio locato), concludendo cos� per la qualifi


I

cazione in termini di locazione del titolo di godimento del privato. Soluzione f. 
questa confermata anche col ricorso al criterio integrativo dello scopo della 
concessione, che appunto esulava dal perseguimento di qualsiasi interesse 

I

pubblico. 

Vittorio Russo (

f 

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I 

II 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 229 

Consegue che la domanda proposta dal privato nei confronti dell'am 
ministrazione o del concessionario per conseguire sentenza di accertamento 
della validit� del contratto spetta alla cognizione del giudice 
ordinario in quanto si. ricollega a posizioni di diritto soggettivo inerenti 
ad un rapporto privatistico, mentre resta irrilevante l'intenzione dell'amministrazione, 
comunque . manifestata, dopo il perfezionamento del 
contratto, di revocare la precedente deliberazione di contrattare, tenuto 
conto della carenza di un potere discrezionale di revoca della deliberazione 
medesima e della conseguente inidoneit� della revoca ad incidere 
su quelle posizioni di diritto soggettivo. 

� 3. Consegue che nel caso in esame deve essere diehiarata la giurisdizione 
del giudice ordinario. 

CORTE. DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 aprile 1993 n. 4819 -Pres. Sensale -
Rel. Lupo -P. M. Lo Cascio (conf.) -Soc. Garilat (avv. Rozera) c. 
Ministero della Sanit� (avv. Stato Cocco). 

Procedimento civile -Azione di mero accertamento -Interesse ad agire 


Nozione -Dichiarazione della liceit� penale o amministrativa di una 

determinata condotta -Improponibilit� della domanda per carenza 

. di interesse ad agire. 

L'interesse ad agire in mero accertamento postula l'esistenza di 
una situazione di incertezza giuridioa oggettiva ed attuale suscettibile 
di essere eliminata mediante la proposizio11ie dell'azione giudiziale, perltanto 
� improponibile per carenza di interesse ad agire la domanda 
diretta ad ottenere una pronuncia dichiarativa della liceit� penale o 
amministrativa di �ima de~erminata condotta; poich�, infatti, l'accertlamento 
dell'illecito penale o amministmtivo costituisce specifiop ed esclusivo 
oggetto del processo penale o del giud,izio .civile d'opposizione avverso 
il provvedimento irrogativo di sanzilone amministrativa, la p11onuncia 
dichiarativa della liceit� o illiceit� �della condotta, resa dal giudice 
civile adito in via di acc�rtamento, s� rivela inidonea ad eliminare la 
situazione incerta connessa ail'applicabtlit� della norma punitiva (1). 

(1) La Cassazione torna a pronunciarsi sul problema dell'ammissibilit� 
della tutela di mero accertamento e conferma gli spunti teorici gi� emersi 
nella precedente giurisprudenza di legittimit�. L'interesse ad agire in via 
dichiarativa presuppone l'esistenza, in capo al ricorrente, di una situazione 
giuridica oggettivamente ed attualmente contestata (cfr. Cass. 22 febbraio 
1982 n. 1102, in Giur. lt. 1982, I, 1, 1007); inoltre � necessario, in ogni caso, 
che la situazione giuridica soggettiva oggetto di contestazione esista e non 
sia semplicemente sperata (Cass., Sez. Un., 29 novembre 1988 n. 6468, in Foro lt., 

7 



230 

RASSEGNA AWOCATURA DEU.O STATO 

(omissis) .Con il primo motivo di ricorso la societ� ricorrente osserva 
che, non esistendo nel nostro ordinamento una definizione della 
� cagliata �, sussiste una incertezza obiettiva se trattasi di semilavorato 

o di prodotto finito, onde vi � l'interesse a conoscere tale nozione. 
Con il secondo motivo la ricorrente rileva che, avendo la sentenza 
impugnata affermato la proponibilit� di azioni dichiarative o di accertamento 
nei confronti della pubblica amministrazione, essa ha contraddittoriamente 
negato l'utilit� di una decisione che risolve un contrasto 
con l'amministrazione competente mediante un accertamento giudiziale 
che sopperisca alla carenza di definizione normativa della cagliata. 

Con il terzo motivo si osserva che l'indagine penale compiuta dal 

N.A.S. � stata soltanto l'occasione della presente azione giudiziaria, la 
quale ha un ambito diverso da un'eventuale imputazione penale, che 
la sentenza impugnata ha implicitamente ritenuto fondata, in contrasto 
con l'orientamento espresso dal Ministero dell'agricoltura e foreste e 
in contraddizione con l'affermato diniego di interesse della ricorrente 
all'accertamento sulla nozione giuridica della cagliata. 
Tutti i tre motivi concretizzano, secondo la ricorrente, la violazione, 
da parte della sentenza impugnata, degli artt. 99, 100, 112, 113 c.p.c., 
nonch� dell'art. 2907 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. 

I tre motivi di ricorso sono strettamente connessi perch� censurano 
l'affermazione di difetto di interesse ad agire della societ� attrice, contenuta 
nella sentenza impugnata. I tre motivi vanno perci� unitariamente 
esaminati. 

L'art. 100. c.p.c. richiede la sussistenza dell'interesse ad agire per 
proporre una domanda giudiziale. Tale interesse assume rilievo particolare 
nelle azioni dichiarative o di mero accertamento, perch� consente 
di distinguere i casi in cui esse sono ammesse dalle ipotesi nelle 
quali l'attivit� giurisdizionale non pu� essere invocata. 

1989, I, 724). In dottrina, tuttavia, il dibattito sull'ammissibilit� dell'azione di 
accertamento che il nostro ordinamento, a differenza di altri, si limita a 
prospettare per implicito attraverso la disciplina dell'interesse ad agire (cos� 
MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino 1989, I, 16) non � ancora 
sopito; a questo proposito cfr. ATTARDI, L'interesse ad agire, Padova 1955, 
151l ss.; LANFRANCHI, Contributo allo studio dell'azione di accertamento, Milano, 
1969, secondo il quale l'ammissibilit� della tutela di accertamento dovrebbe 
desumersi in via analogica da alcune norme che la prevedono espressamente 
come gtl artt. 949 e 10"19 e.e.; PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di mero accertamento, 
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1979, 620 ss.; SASSANI, Note sull'interesse 
ad agire, Rimini, 1983, 8 ss.; MONTESANO, La tutela giurisdizionale dei diritti, 
Torino, 1985, 108 ss.; R.Icc1, AccertamentQ giudiziale, in Dig. delle discipline 
privatistiche, sez. civ., I, Torino 1987, 25. 

Nella fattispecie la decisione � sicuramente condivisibile in quanto l'accertamento 
chiesto al giudice civile non avrebbe alcuna rilevanza n� in sede 
penale n� in sede di giudizio di opposizione ex legge n. 689/81. 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 231 

L'interesse ad �gire in mero accertamento va: riconosciuto quando 
sussiste una incertezza giuridica oggettiva ed attuale che la proposizione 
dell'azione � idonea ad eliminare. Per quanto attiene a quest'ul� 
timo aspetto (idoneit� dell'azione proposta ad eliminare la situazione 
di incertezza);. va. osservato; invero, che il giudizio chiesto deve avere 
la possibilit�. di conseguire . un risultato giuridicamente apprezzabile. 
Come tale non pu�. qualificarsi l'astratta soluzione. di questioni poste 
per i possibili ed..,eventuali .riflessi 'che l'accertamento giudiziale potrebbe 
avere in altri giudizi (Cass; 22 novembre 1985 n. 5802). 

A ci� consegue che l'incertezza in ordine al fatto se una certa attivit� 
pu� essere lecitamente compiuta. ovvero va considerata illecita 
(perch� assoggettata ..dall'orientamento a sanzioni penali. o a sanzioni 
amministrative. punitive) non .pu�. essere eliminata mediante una pronunzia 
civile meramente dichiarativa (della liceit�. o illiceit� della condotta 
considerata), perch� tale accertamento forma oggetto specifico 
d� .un processo penale ..ovvero. di .�n giudizio civile instaurato avverso 
il provvedimento.:irrogativo .della sanzione amministrativa. Su tali ultimi 
giudizi la pronunzia civile che fosse dichiarativa della liceit� o illiceit� 
della attivit�,.infatti, non potrebbe avere alcun effetto giuridica.
mente rilevante, essendo ciel tutto ininfluente sugli stessi. Quindi la 
pronunzia dichiarativa chiesta al giudice civile si rivela inutile per la 
eliminazione della incertezza sulla portata della norma punitiva (in senso 
lato). � 

Con riferimento al caso di specie, la societ� Garilat, come si � dett~ 
in narrativa, ha chiesto che venisse dichiarata la liceit� dell'impiego 
della cagliata non solo nella produzione dei formaggi fusi (come � stato 
ritenuto dal N.A.S. nel corso di indagini estrinsecatesi anche in un atto 
di sequestro dei prodotti alimentari), ma anche nella produzione di 
formaggi a pasta filata; il che implica l'accertamento che questa ultima 
utilizzazione della cagliata non sia vietata n� da norme penali (del 
codice penale o della normativa sui formaggi) n� da norme sanzionatorie 
amministrative (esistenti anche nella materia della disciplina dei 
prodotti alimentari: art. 9, terzo comma, e combinato disposto degli 
artt. 32, primo comma, e 34, lettera e), della legge 24 novt:mbre 1981 

n. 689). In tal modo la societ� attrice ha isolato un segmento processuale 
di altro giudizio, mirando con la propria azione ad un accertamento 
che � rilevante esclusivamente per evitare le sanzioni penali e/o 
amministrative che potrebbero conseguire all'eventua1e instaurazione di 
un giudizio penale o di un provvedimento sanzionario amministrativo; 
ma tale risultato non pu� essere prodotto dalla pronunzia che qui si 
chiede. 
Siffatta conclusione trae conferma anche dalla individuazione della 
\)arte convenuta nel presente giudizio. Il Ministero della sanit� � stato 
citato perch� gli atti di polizia giudiziaria che hanno dato occasione 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

alla propos1z1one della domanda sono stati compiuti dal N.A.S., che 
dipende da detto Ministero; ma facilmente si intende come ad un giudizio 
tendente ad affermare la liceit� di una certa utilizzazione della 
cagliata (e .cio� il non assoggettamento di tale condotta a sanzioni punitive) 
non potrebbe restare estraneo il pubblico ministero (titolare dell'azione 
penale, se il detenere per la vendita.� o per l'impiego un prodotto 
alimentare non consentito concretizzasse un reato) ovvero l'organo 
amministrativo titolare del potere di applicare la sanzione amministrativa 
(se nella condotta esposta fosse configurabile un illecito amministrativo). 


Un accertamento che escluda !'.applicabilit� delle dette sanzioni 
-eliminando l'incertezza, in accoglimento dell'azione qui proposta si 
realizzerebbe� nell'estraneit� dei soggetti legittimati a contraddire a 
tale pr�tesa. e ad opera di un giudice diverso da quello fornito di giurisdizione 
o competente secondo le regole ordinarie. 

In conclusione, deve ritenersi fondata la sentenza impugnata che 
ha escluso la sussistenza dell'interesse ad agire della societ� attrice, 
non essendo la chiesta pronuncia di accertamento idonea ad eliminare 
la situazione di incertezza posta a fondamento dell'azione di mero accertamento, 
e sulla cui sussistenza si incentrano i tre motivi del ricorso. 

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SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA .A.MMINlSTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 febbraio 1993 n. 203 -Pres. Pezzana Est. 
Maruott���~ Sardarielli. (avv. Sinagra e $abatini) c. Azienda Nazionale 
Autonoma de1Ie Strade (A.N.A.S.) (a'\Tv. Stato Landa). 

Impiego pubblico -Mansioni superiori -Svolgimento di fatto � Rri�vanza � 
Es.�lusione. �. 

Le mansioni svolte da un pubblico dipendent,e, ah.e siano superiori 
rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di inquadramento; 
di �regola sono del tutto irr'ilevanti siJa ai firi.t ei::onomi�i che ai fin� 
della progressione di carriera e i principi enunciati dalla Corte Costitu~
idn�l� n�lle sentenze nJ 51 d�l 1989 e n. 296 del 1990,' concernenti l'ambito 
di applicabilit� dell'art. 2126 cod. civ;; non sorio applicabili; in via 
genemle, riguardo le mansioni superiori svolte da un pubblico dipenden" 
te, perch� espressi i'n sede di iw�erpretazione di alcune dispjsizioni di 
legge (art. 7 del d.P.R. 27 marz6 1969 n. 128 e art. 71 del d,P.R. 20 dicembre 
1979 n.� 761) che non rigoordancvlo statb giutidico degli altri dipendenti 
pubblici (1). 

2. L'appello �. in.fondato e. va respinto ... 
2;1. Come ha ab antiquo affermato la ferma giurisprudenza del Consiglio 
di Stato, le mansioni svolte da �Un pubblico dipendente, che siano 
superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di inquadramento, 
di :tegola sonO' del tutto irrilevantLsia ai fini economici 
che ai fini della progressione. di carriera ovvero della emanazione di 
un proyvedimento dj preposi~i<;>n'e ad un uffi�io. 

Sotto tale aspetto, il rapporto .di pubblico i:rn.piego non. � assimilabile 
al rapporto di iav�ro privato, poich� gli interessi pubblici coin


(1) La giurisprudenza del Consiglio di Stato � costante sull'argomento: 
cfr. iCons. Stato, Sez. IV, 21 gennaio 1987 n. 38, in Foro Amm. 1987, I, 44. La 
decisione in esame si segnala, comunque, perch� specificamente delimita la 
portata. e .l'applicabilit�, nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, dei 
principi enunciati nelle sentenze della Corte Costituzionale n. ~7 del 1989 
e n. 296 del 1990, pubblicate rispettivamente in Giur. Cost. 1989, p. 325 ss. e 
1990, p. 1840, con le relative note redazionali. 

234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

volti hanno natura indisponibile ed anche poich� l'attribuzione delle 
mansioni e del correlativo trattamento ec9npmico devono. avere il loro 
presupposto indefettibile nel provvedimento di inquadramento {non potendo 
tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari 
amministrativi superiori). 

Il principio sopra esposto: 

-non � stato in quanto tale esplicitamente affermato dalla legislazione 
ma � evincibile dall'insieme di norme, sia primarie che regolamentari, 
che disciplinano lo stato giuridico ed economico dei pubblici 
dipendenti; 

-pu� essere derogato solo quando una espressa norma di legge 
attribuisca rilievo alle mansioni svolte di fatto dai pubblici dipendenti, 
e�. nei limiti sanciti da essa. 

I

Le pretese della appellante sono dunque prive di fondamento giuridico. 


I 

Quanto agli invocati principi enunciati dalla Corte Costituzionale, 
nelle sentenze n. 57 del 23 febbraio 1989 e n. 296 del 10 giugno 1990, ;.

I 
concernenti l'ambito di applicabilit� dell'art. 2126 e.e., essi sono del f: 
tutto inapplicabili nella controV'ersia in esame, poich� espressi in sede 
di interpretazione di alcune disposizioni di legge (art. 7 del d.P.R. 27 
marzo 1969 n. 128, e art. 71 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761) che 

II

non riguardano lo stato giuridico dell'appellante. 

r:
2.2. Essendo il gravame infondato per la mancanza di una norma 
che attribuisca rilevanza alle mansioni che l'appellante assume di aver ~ 
svolto di fatto, � irrilevante ogni ulteriore accertamento relativo alla f: 
effettiva loro prestazione ed al rilievo (gi� contenuto a p. 6 della sentenza 
impugnata) per cui �l'Amministrazione non ha mai conferito all'in


I

teressata alcun formale incarico di preposizione all'ufficio in questione
�, cos� come � irrilevante il fatto (evidenziato dall'Amministrazione 

I 

appellata) che col ricorso di primo grado non sia stato impugnato il 
provvedimento di inqi.iadramento nella sesta qualifica funzionale. 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 aprile 1993 n. 485 -Pres. Quartulli Est. 
Tumbiolo -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vinci Orlando) 

c. Barbaro (avv. G�ugni). 
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I 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 235 

II 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 maggio 1993 n. 571 -Pres. Quartulli 


Est. Ferrari -Damiani (avv. Tesauro) c. Ministero di Grazia e Giu


stizia (avv. Stato Del Gaizo). 

Impiego pubblico� Procedimento disciplinare� Termini� Artt. 9 e 10 L. n. 19 
del 1990 . Scadenza . Conseguenze . Estinzione del procedimento di� 
sciplinare . Esclusione. 

Il termine finale di novanta giorni stabilito dagli artt. 9 e 10 L. n. 19 
del 1990 deve essere rispett'r:ltb dall'Ammfnistrazione al pari di qualsiasi 
termine legale, perentorio o ordinatorio che sia, essendo esso espressione 
di una rilevante esigenza di pubblico interesse alla corretta e rapida 
definizione, nell'ordinamento del pubblico impiego, della situazione 
conseguente alla condanna �penale dell'impiegato: peraltro, al suo inutile 
decorso non segue in ogni caso l'estinzione del procedimento disciplinare 
(con conseguente riammissione in servizio del dipendente inquisito) 
ove il 'suo superamento risulti giustificato, nel singolo caro di specie, 
dal documentato svolgimento -nei tempi tecnici necessari -delle 
fasi endoprocedimerttali fissate dal T.U. n. 3 del 1957 ea condizione che 
queste ultime siano state espletate nel rispetto rigoroso dei termini per 
ciascuna di esse prefissati dalla 1iormativa generale (1). 

II 

Si riporta la massima e la motivazione delle due pronunce, sostanzialmente 
identiche. 

1. Agli effetti di una corretta definizione del primo motivo di impugnazione 
-volto a sostenere il carattere perentorio del termine di 90 
giorni fissato dagli art. 9 e 10 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per il compimento 
del procedimento disciplinare a carico del pubblico dipendente che abbia 
riportato condanna penale per i delitti previsti dall'art. 85, primo comma, 
lett. a) T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 -appare utile prendere le mosse 
dalle argomentazioni svolte dal giudice delle leggi nella pronuncia (14 ottobre 
1988 n. 971), con la quale � stata dichiarata l'incostituzionalit� 
(1) Si tratta delle prime pronunce del Consiglio di Stato sulla natura del 
termine di 90 giorni fissato dagli artt. 9 e 10 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per il 
compimento del procedimento disciplinare a carico del pubblico dipendente 
che abbia riportato condanna penale per i delitti previsti dall'art. 85, primo 
comma, lett. a) T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, con particolare riferimento alle conseguenze 
relative alla sua scadenza ai fini della riammissione in servizio del 
dipendente stesso. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

236 


della destituz.ione automatica dall'impiego prevista, per tali ipotesi, dalla 
norma suddetta, tanto pi� che a tale decisione l'appellante ha fatto 
ripetuto richiamo a conferma della fondatezza della propria linea difensiva. 


Ha osservato la Corte Costituzionale che la rigidit� della discipli'na 
da detta norma dettata ....,.. comportando l'espulsione. automatica e definitiva 
del dipenfiente dal posto di lavoro qualunque sia la gravit� del 
fatto-reato penalmente accertato e la misura della sanzione penale comminata 
-oltre a porsi in irragionevole contrasto con il principio (largamente 
.dominante sia nella sede penale che in quella disciplinare) 
della necessaria adeguatezza dell'intervento punitivo all'illecito compiuto 
(art. 3 Cost.), precluderebbe all'Amministrazione la possibilit� di valu~ 
tare autonomamente il comportamento delittuoso del proprio dipendente 
nell'ottica degli interessi di cui essa � portatrice e della funzione 
pubblica che � chiamata a svolgere e di verificare quindi se, nonostante 
l'intervenuta e sentenza penale . di condanna e al termine della sua espiazione, 
sussistono ancora le ragioni che impediscono al dipendente la 
ripresa dell'attivit� lavorativa nel posto dal quale era stato allontanafo. 
Sulla base di questa premessa, chiaramente enunciata, di rifiuto di 
qualsiasi� automatismo nella materia de qua, la Corte Costituzionale 
ha ritenuto indispensabile e coerente con il sistema generare che, a 
questi fini, il comportamento del pubblico dipendente sia valutato dall'Amministrazione 
di appartenenza nella �sede naturale�, cio� in quella 
disciplinare, istituita proprio allo scopo di verificare la compatibilit� 
di determinate condotte con i fini di pubblico interesse perseguiti dalla 
struttura pubblica e di adottare le determinazioni conseguenziali. 

� evidente che il procedimento disciplinare, al quale si riferisce la 
Corte cost., non pu� essere che quello normativamente disciplinato 
nelle sue cadenze temporali e preordinato a garantire sia l'esatto accertamento 
dei fatti che il diritto di difesa dell'inquisito, e non un procedimento 
articolato in fasi e momenti rimessi di volta in volta alle unilaterali 
determinazioni dell'Amministrazione procedente. Posto quindi 
che gli artt. 9 e 10 1. n. 19 del 1990, intervenuti al fine di dare attuazione 
alla pronuncia del giudice delle leggi, si limitano a richiamare l'esigenza 
del previo procedimento disciplinare come condizione per la comminatoria 
della destituzione del pubblico dipendente gi� penalmente condannato 
e di detto procedimento indicano solo il termine iniziale e finale, 
� giocoforza concludere che il procedimento al quale si riferiscono, allo 
stato, sia la Corte cost. che la cit. 1. n. 19 non pu� essere, per i dipendenti 
civili dello Stato, se non quello disciplinato dal t.u. 10 gennaio 
1957 n. 3, nella rilettura che di esso � offerta da una giurisprudenza del 
giudice amministrativo ultra trentacinquennale, chiaramente ispirata alla 
esigenza di assicurare all'inquisito, nella misura possibile, garanzie non 


PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDllNZA AMMINISTRATIVA 

inferiori a quelle. proprie del procedimento penale, prime fra tutte il 
diritto alla . difesa e ad un regolare contradd,ittorio. 

Il problema della natura perentoria ovvero sollecitatoria del termine 
finale.. fissato ai citt. artt. 9 e 10 si irisolve q:uindi nel problema della 
compatibilit� dello stesso con 1'.e garanzie prescritte dal cit. T.U. a tutela 
d�gli interessi non . solo �dell'Amministrazione procedente ma anche, e 
soprattutto, �dell'inquisito, >Stante l'evidente posizione d'inferiorit� di 
colui.. che � chiamato . a difendersi dalle contestazioni mossegli dalla 
struttura pubblica, investita di poteri autoritativi e legittimata a risolvere,: 
sUlla base di propri e valutazioni e con determinazione unilaterale, 
il� rapporto che in atto la:. lega all'inquisito. 

:t1. noto che, nell'ottica del procedimento disciplinato dal T.U. n. 3 
del 1957, dette garanzie si sostanziano innanzi tutto nella predeterminazione� 
dei termini (taluni perentori, altri sollecitatori) assegnat� alle 
parti� per lo svolgimento� deli'attivit� di �propria competenza e insuscettibili 
di essere ridotti unilateralmente dall'Amministrazione prooedente. 
L'esame del procedimento delineato dal T.U., e delle sue articolazioni, induce 
a �ondudere che il terinine di 90 giorni fissato dagli artt. 9 e 10 
non � sempre in grado di garantire il rispetto dei termini parziali prescritti
� dal T.U. per lo svolgimento delle singole fasi endoprooedimentiali. 

L'art. 105 T.U. prevede infatti che, dopo la contestazione degli addebiti, 
debba essere � assegnato all'inquisito� un termine non inferiore a 
20 giorni (ma prorogabile di Ulteriori quindici giorni) per la presentazione 
delle proprie controded'uzioni. 

La fase dell'istruttoria, che si apre immediatamente dopo la scadenza 
di detto termine; pu� implicare la nomina di un funzionario 
istruttore ove, nonostante l'intervenuta sentenza penale e i fatti materiali 
da questa accertati, l'Amministrazione ritenga necessario -ai fini 
delle valutazioni di propria competenza -acquisire Ul<teriori elementi di 
conoscenza � di giudizio, anche al fine di contrastare validamente, in 
una eventuale successiva fase con'tenziosa, una censura di eccesso di 
potere per travisamento dei fatti e/o carenza d'istruttoria. La nomina 
del funzionario istruttore deve avvenire entro quindici giorni da quello 
in cui sono pervenute le giustificazioni (art. 107 T.U. cit.): detto termine 
ha earattere ordinatorio (Cons; Stato, VT, 30 aprile 1976 n. 211; ID., 
2 aprile 1974 n.134; ID., 14 novembre 1972 n, 725). Nei successivi cinque 
giorni la rtoinina deve essere comunicata all'mquisito; che pu� presentare 
istanza di ricusazione, sulla� quale decide in via definitiva il capo del 
personale, sentito il funzionario ricusato. Al capo del personale spetta 
anche la decisione sull'opportunit� di rinnovare gli atti istruttori da 
quest'ultimo compiuti (art. 108 T.U. cit.). 

Non varrebbe opporre che 1a nomina dell'istruttore � in talune ipotesi 
atto puramente discrezionale (Cons. Stato, VI, 1� luglio 1964 n:. 504); 
che potrebbe risultare persino superfluo in ragione delle indagini gi� 


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238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

effettuate in sede penale (Cons. Stato, VI, 14 novembre 1972 n. 725). 
Tale conclusione appare condivisibile con riferimento alla maggioranza 
dei casi, ma non si pu� escludere� a priori che, agli effetti delle determinazioni 
di propria competenza, l'Amministrazione, pur essendo vincolata 
all'accertamento dei fatti materiali compiuto dal giudice penale, 
decida di acquisire nuovi elementi di giudizio aI fine di verificare quella 
compatibilit� fra illecito e permanenza nella struttura pubblica che la 
Corte cost. ha ritenuto devoluta in via esclusiva alla sede disciplinare. 
Segue da ci� che, agli effetti della soluzione da dare al motivo di impugnazione 
in 'esame, non sarebbe pertinente il �richiamo all'id quod plerumque 
accidit, ma si deve tener conto della possibilit�, anche solo 
teorica, che l'Amministrazione precedente ritenga utile e/o necessario 
verificare nuovi fatti (ad esempio, quelli per la prima volta prospettati 
dall'inquisito in funzione del solo suo interesse alla riammissione in 
servizio), che non furono accertati dal giudice penale perch� ignoti 
ovvero perch� ininfluenti agli effetti della decisione da adottare. 

Il funzionario istruttore dispone di 90 giorni, eventualmente prorogabili 
ad altri 30 (art. 110, primo comma, T.U. cit.), per completare l'indagine 
affidatagli. Gli stessi termini devono essere accordati ex iwvo 
al nuovo funzionario istruttore, ove il primo sia stato sostituito con 
decreto motivato del Ministro perch� destinato a funzioni incompatibili 
con l'incarico gi� addidatogli. Entro 10 giorni successivi alla data dell'ultimo 
atto compiuto, il fun:zionario � tenuto a trasmettere le risultanze dell'istruttoria 
compiuta al capo del personale H quale ~e rimette, nei successivi 
dieci giorni, alla Commissione di discipHn'.a. Entro i 10 giorni successivi 
a quello in cui gli atti sono pervenuti il segretario di detta 
Comm1ssione deve darne comunicazione all'inquisito, il quale ha a propria 
disposizione altri venti giorni per prendere visione dell'intera documentazione 
(art. 11 T.U. cit.). 

Mentre i primi termini hanno carattere ordirtatorio (Cons. Stato, 
VI, 30 ottobre 1979 n. 768), l'ultimo � perentorio, nel senso che l'Ammi� 
nistrazione non ha facolt� di ridurlo, essendo lo Sites'so fissato a garanzia 
della regolarit� del contraddittorio (Cons. Stato, IV, 22 maggio 
1968, n. 321). 

Trascorsi i venti giorni, il presidente della Commissione di discip1ina 
stabilisce la data della trattazione orale, che deve avvenire nei successivi 
trenta giorni; la data in questione deve essere comunicata all'inquisito 
almeno venti giorni prima affinch� egli possa apprestare un'adeguata difesa 
delle proprie ragioni (art. 111, terzo e quarto comma, T. U. cit.). La 
Commissione pu� decidere immediatamente sul merito della questione 
ovvero, ove lo ritenga necessario, disporre un supp[emento d'istruttoria, 
direttamente o a mezzo degli uffici, fissando la data della nuova adunanza 
(art. 113 T. U. cit.). Peraltro la trattazione orale pu� anche non esaurirsi 
in una sola seduta e deve essere rinnovata ove intervenga una causa d'in-l 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

compatibilit� ovvero un impedimento fisico per taluno dei componenti 
l'organo collegiale (art. 115 T. U. cit.). Ove la Commissione abbia deciso 
nel' merito, la rel�tiva deliberazione deve essere trasmessa al capo del 
personale nei successivi venti giorni (art. 114 T.U. cit.). A seguito della 
pronuncia dell'organo�in questione il Ministro provvede con proprio decreto; 
�<peraltro in sua facolt� :rinviare gli atti alla Commissione stessa, ove 
riscontri vizi di legittimit� nel procedimento o nella determinazione adottata 
dalil'organc{ collegiale (Cons. Stato, II, 12 marzo 1974 n. 767). 

Il decreto del Ministro, di proseiogli:mento ovvero di irrogazione della 
sanzione disciplinare, deve essere comunicato all'interessato entro 10 giorni 
dalla data della sua adozione (art. 114 T. U. cit.). Il termine in questione 
ha carattere ordinatorio (Cons. Stato, V, 21 novembre 1985 n. 420). 
Non � invece previsto un termine ultimativo per l'adozione del decreto, 
al di fuori di quelllo generale di 90 giorni. fissato dall'art. 120 T. U. cit. 
�(Cons. Stato, IV, 20 aprile 1971 n, 453), il cuL inutile decorso determina 
restinzione del procedimento disciplinare. Giova peraltro notare che, secondo 
una pacifica giurisprudenza, il suddetto termine � suscettibile di essere 
interrotto: .a) dall'atto c�n il quale il capo del personale trasmette il 
fascicdlo alla Commissione di disciplina (Cons. Stato, VI, 26 ottobre 1965 

n. 700); b) dall'atto con il quale l'Amministrazione comunica all'inquisito 
la data della seduta� della Commissione di disciplina per la trattazione 
orale, con contestuale invito ad intervenire (Cons. Stato, IV, 8 febbraio 
1972 n. 68); e) dall'atto con il quaile la Commissione di disciplina trasmette 
la propria deliberazi�ne al capo del personale (Cons. Stato, IV, 16 novembre 
1971 n. 1013); 
Posto che i termini fin qui richiamati sono dettati a garanzia della 
regolarit� del contraddittori<> e a tutela degli interessi dell'Amministrazione 
procedente e dell'inq�isito, non sembra al Collegio che al termine 
finale indicato dagli artt. 9 e 10 L. cit. -in quanto inidoneo a comprendere 
nella loro intierezza i primi -possa assegnarsi natura decadenziale 

o prescrizionale, anche se il testo letterale delle norme in questione ( � deve 
essere concluso�) -al quale soprattutto si richiama l'odierno appellante, 
sembrerebbe suggerire una .conclusione diversa. Soccorre infatti, al di 
l� delle accezioni letterali presenti nel testo normativo, l'esigenza fondamentale 
di una lettura in chiave costituzionale degli �articoli in questione, 
cio� di garantire la foro �ompatibilit� con le regole fissate in via generale 
dal T. U. n. 3 del 1957 per il procedimento disciplinar�e, a garanzia di 
tutte le parti, secondo il significato che alle stesse � stato dato da una 
giurisprudenza ormai consolii:iata. Una diversa interpretazione del dato 
normativo si porrebbe infatti in contrasto �con le indicazioni .emergenti 
dalla ri�hiamata pronuncia della Corte cost. (e ribadite dallo stesso giudice 
delle leggi con la recentissima decisione 27 aprile 1993 n. 197), indicazioni 
chiaramente finalizzate alla garanzia �del �buon andamento amministrativo
�, il quale rimarrebbe ineluttabilmente compromesso ove l'Aril

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RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

ministrazione, astretta dalla necessit� di esaurire in ogni caso il procedimento 
nel termine finale di 90 giorni, decidesse di ridurre in misura proporzionale 
gli ambiti temporali imposti dal T. U. n. 3 del 1957 in funzione 
di una obiettiva ricostruzione e valutazione dei fatti di cui l'inquisito � 
chiamato a rispondere. Inoltre, atteso il rilievo giustamente assegnato 
dalla Corte cost. al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in occasione 
della declaratoria di incostituzionalit� dell'art. 85, primo comma, T. U. cit., 
risulterebbe oltremodo difficile giustificare il diverso regime dei termini 
per il caso che, a monte del procedimento disciplinare, esista o no un 
fatto deHttuoso penalmente accertato e sanzionato. 

Non varirebbe opporre che molti dei termini innanzi indicati sono messi 
a disposizione dell'Amministrazione procedente, la quale potrebbe autorganizzarsi 
in funzione di una loro riduzione, rendendoli in tal modo compatibili 
con quello, complessivo, di cui agli artt. 9 e 10 L. cit. Sembra 
infatti agevole replicare che anche questi termini, riswtando quantificati 
in ragione dei tempi ragionevolmente richiesti per un obiettivo accertamento 
dei fatti e una adeguata valutazione degli stessi, nel superiore 
interesse della giustizia, si risolvono in definitiva in altrettante garanzie 
per l'inquisito, suscettibili di essere tutelate, in una eventuale successiva 
fase contenziosa, attraverso la prospettazione {da parte del titolare dell'interesse 
'legittimo ad un regolare svolgimento del procedimento a suo 
carico) di pertinenti censure di eccesso di potere per travisamento dei 
fatti e carenza d'istruttoria. 

Neppure varrebbe opporre che l'assegnazione di un termine perentorio 
di 90 giorni, rendendo problematico per l'Amministrazione l'esaurimento 
del .procedimento nell'arco temporale da esso assegnato, potrebbe tradursi 
in un risultato vantaggioso per l'inquisito che, alla inutile scadenza, 
acquisterebbe comunque il diritto alla riammissione in servizio. Ed 
invero, non era certamente nell'intenzione n� della Corte cost. n� del 
legislatore del 1990 precostituire le condizioni perch� il pubblico dipendente 
condannato penalmente, una volta espiata la pena, potesse comunque 
rientrare in servizio, ma solo offrirgli la possibilit� di dimostrare, 
in contraddittorio con l'Amministrazione di appartenenza, che l'illecito da 
ilui compiuto e penalmente sanzionato non era incompatibile con la ripresa 
del servizio. In altri termini, l'interesse tutelato dalla L. n. 19 del 
1990 non � quello, di fatto, alla riammissione in servizio ma solo quello, 
legittimo, al giusto procedimento condotto con l'osservanza delle garanzie 
conseguenti ad un regolare contraddittorio. 

~ ancora ininfluente, al fine del decidere, che la normativa di cui 
all'art. 10, terzo comma, L. cit. sia destinata ad esaurirsi nel tempo, avendo 
ad oggetto procedimenti riguardanti casi di destituzione di diritto verificatisi 
prima dell'entrata in vigore della stessa legge, non potendo tale 
circostanza ragionevolmente giustificare una sia pure transitoria compressione 
delle garanzie legali. 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 241 

La conclusione che, ad avviso del Collegio, emerge dalla disamina fin 
qui compiuta � che il termine di cui agli artt. 9 e 10 L. n. 19 del 1990 
deve essere rispettato dall'Amministrazione al pari di qualsiasi termine 
legale, perentorio o ordinatorio che sia, essendo esso espressione di una 
rilevante esigenza di pubblico interesse alla corretta e rapida definizione, 
nell'ordinamento del pubblico impiego, delila situazione conseguente alla 
condanna penale dell'impiegato (Corte cost. 19 novembre 1991 n. 415). Peraltro, 
al suo inutile decorso non segue in ogni caso l'estinzione del procedimento 
disciplinare, con conseguente riammissione in servizio del dipendente 
inquisito, ove il suo superamento risulti giustificato, nel singolo 
caso di specie, dail documentato svolgimento -nei tempi tecnici necessari 
-delle fasi endoprocedimentali fissate dal T. U. n. 3 del 1957 e a 
condizione che queste ultime siano state espletate nel rispetto rigoroso 
dei termini per ciascuna di �esse prefissati dalla normativa generale innanzi 
richiamata. 

Poich� nella specie non � mai stato contestato, con tempestive e pertinenti 
censure, il mancato rispetto dei suddetti termini, il motivo d'impugnazione 
deve essere dichiarato infondato. 

CONSIGLIO DI STATO, Ord., Sez. IV, 28 aprile 1993 n. 311 -Pres. Laschena 
-Est. Costantino S. -Universit� degli Studi di Napoli ed altri (avv. 
Stato Arena) c. Santini ed ailtri {avv. Marone). 

Istruzione e scuole -Insegnante universitario -Opzione tra tempo pieno 
e tempo definito -Art. 11 d.P.R. n. 382 del 1980, sostituito dall'art. 3 

L. n. 705 del 1985 � Interpretazione -Contrasto giurisprudenziale Deferimento 
all'adunanza plenaria . 
Deve essere rimessa all'Adunanza Plenaria, a norma dell'art. 45 del 

R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, la questione sulla corretta interpretazione dell'art. 
11, secondo comma del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, come sostituito 
dall'art. 3 della L. 9 dicembre 1985 n. 705, riguardante l'opzione del docente 
universitario tra regime a tempo pieno e il regime a tempo definito, 
per chiarire se l'obbligo per il docente universitario di rispettare l'impegno 
assunto per almeno un biennio vada inteso nel senso che l'opzione 
non pu� avere che cadenza biennale, sicch� il docente che ha esercitato 
l'opzione pu� mutare scelta solo con decorrenza dalla scadenza di ciascun 
biennio oppure, come ritiene la Sezione, se sia pi� corretto ritenere 
che l'impegno almeno biennale si riferisca solo alla prima opzione e che 
quindi, nel periodo successivo, la stessa possa essere esercitata anche con 
cadenza annuale (1). 
(1) Cfr., sulla questione, Cons. Giust. Amm., 23 maggio 1988 n. 90, in Il 
Cons. Stato 1988, p. 766; Cons. Stato, Sez. VI, 20 giugno 1985 n. 320, in Il Cons. 

242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO S'fATO 

DIRITTO -.,.. Gli appelli postulano la sdluzione di una identica questione; 
essi vanno, pertanto, riuniti per evidenti ragioni di connessione e 
vanno decisi con unica pronuncia. 

La questione che i ricorsi sollevano attiene alla corretta interpretazione 
dell'art. 11, secondo comma del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, come 
sostituito dall'art. 3 della L. 9 dicembre 1985 n. 705, secondo il quale � ciascun 
professore pu� optare tra il regime a tempo pieno e il regime a 
tempo definito. La scelta va esercitata con domanda da presentare al 
rettore almeno sei mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico. Esso 
obbliga al rispetto dell'obbligo assunto per almeno un biennio �. 

Secondo l'amministrazione appellante l'obbligo per il docente universitario 
di rispettare l'impegno assunto �per almeno un biennio � va inteso 
nel senso che l'opzione non pu� avere che cadenza biennale, sicch� il 
docente che ha esercitato l'opzione pu� mutare scelta solo con decorrenza 
dalla scadenza di ciascun biennio, dovendosi escludere, alla stregua 
dell'invocata normativa, che l'impegno almeno biennale si riferisca solo 
alla prima opzione e che quindi nel periodo successivo la stessa possa 
essere es'ercitata anche con cadenza annuale. 

La posizione dell'amministrazione, che � stata condivisa dal Consiglio 
di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia (decisione n. 90 del 23 
maggio 1988), trae origine dal parere del Consiglio di Stato -Sezione II 

n. 1822/85 del 23 ottobre 1985, con il quale si � escluso che, decorso il 
biennio susseguente all'esercizio della facolt� di scelta tra il regime di 
impegno a tempo pieno e quello a tempo definito ed intervenuta la conferma 
tacita del regime prescelto, il professore abbia la facolt� di modificare, 
ancor prima che sia decorso un nuovo biennio, l'opzione cui � 
rimasto vincolato. 
In tale parere � stato espressamente rilevato che �!l'esatto significato 
della norma va individuato, in relazione alle imprescindibili esigenze cui 
� funzionalmente collegata, nell'obbligo di tenere fede alla scelta operata 
(in modo espresso o tacito) fintantoch�, sei mesi prima dell'inizio di ciascun 
biennio successivo a quello iniziale, il docente non manifesti la volont� 
di cambiare il proprio impegno �. 

Le sentenze appellate, ponendosi in dichiarato dissenso con l'avviso 
espresso dal Consiglio di Stato in sede consultiva, contestano l'orienta-

Stato 1985, I, 770 e Cons. Stato, Sez. Il, parere 23 ottobre 1985 n. 1822, tutte 
pronunce in senso contrario a quanto sostenuto nella ordinanza in esame e 
cio�, in senso conforme alla tesi dell'Amministrazione appellante, che l'obbligo 
per il docente universitario di rispettare l'impegno assunto per almeno un 
biennio deve essere inteso nel senso che l'opzione non pu� avere che cadenza 
biennale, sicch� il docente che ha esercitato l'opzione pu� mutare scelta solo 

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con decorrenza dalla scadenza di ciascun biennio. 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 243 

mento dell'amministrazione, assumendo che esso non trova fondamento 
nel dato testuale. 
La Sezione ritiene che la questione sia meritevole di essere rimediata 
�alla luce delle considerazioni che seguono. 

Occorre in p:rimo. luogci precisare che l'alternativa alla tesi della possibilit� 
di mutare il regime di impegno solo e sempre a cadenze biennali 
non pu� essere individuata nella facolt� di mutare, una volta assolto 
l'obbligo della permanenza almeno biennale dopo la prima opzione, 
annualmente tale scelta. 

L'esplicita previsione legislativa, secondo la quale la scelta tra il regime 
a tempo pieno e quello a tempo definito -�quale che sia l'unit� 
temporale entro la quale pu� essere esercitata -� obbliga al rispetto 
dell'impegno assunto per almeno un biennio �, esclude in modo categorico 
una tale conclusione. In altre �.parole la �stabilit� almeno biennale 
della scelta operata � prevista dal legislatore in modo inderogabile e si 
deve, escludere che tale periodo minimo sia suscettibile di riduzione dopo 
il primo biennio. 

Ora, sembra al Col!legio che sia proprio questa l'ipotesi presa in esame 
dal citato parere; 

Nei casi esaminati dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, 
invece, ci�' che viene in discussione � se, ferma restando la durata 
almeno biennale della scelta di volta in volta operata, la facolt� di mutare 
il regime prescelto possa essere modificata dopo il decorso del biennio 
.in modo da divenire operante prima del decorso di un altro biennio. 

La Sezione � dell'avviso che tale tesi potrebbe essere condivisa. 

Sotto un profilo testuale l'art. 11 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 
espressamente prevede che la scelta va esercitata con domanda da presentarsi 
almeno sei mesi prima dell'inizio di �ogni anno accademico�, 
e non sei mesi � prima dell'inizio di ciascun biennio successivo a quello 
iniziale � come si sostiene nel richiamato parere. 

A tale ultima conclusione si � pervenuti sul presuposto che la man


cata scelta dopo il primo biennio integri una conferma tacita del regi


me prescelto. 

Ora una tale tesi interpretativa finirebbe per svuotare di ogni con


tenuto la previsione che la scelta pu� mutare con domanda da presen


tarsi almeno sei mesi prima del!l'inizio di �ogni anno accademico�, sic


ch� diventa necessario ricercare una diversa soluzione che sia pi� ade


rente al testo legislativo e non confligga con le esigenze che sono alla 

base della disciplina contenuta nel menzionato art. 11. 

Pare al Collegio che dall'esame combinato delle previsioni circa la 

stabilit� minima dell'impegno prescelto e la cadenza temporale relativa 

all'esercizio della facolt� di opzione, si possa affermare che l'art. 11 avanti 

citato contiene un precetto espresso (queMo che individua in almeno un 

biennio l'obbligo di rispettare il regime di impegno prescelto) ed uno 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

244 

implicito (la durata tendenzialmente indefinita della scelta una volta 

decorso il biennio minimo). 

Il primo sarebbe inderogabile mentre il secondo sarebbe destinato 
a durare fintantoch� l'interessato non decida di mutarlo con domanda 
da presentarsi almeno sei mesi prima dell'inizio di � ogni anno accademico 
� e non � sei mesi prima dell'inizio di ciascun biennio successivo a 
quello iniziale �. 

Una tale soluzione consentirebbe di soddisfare anche le esigenze connesse 
all'organizzazione delle attivit� universitarie, senza sacrificio della 
libert� di scelta che pure il legislatore riconosce al docente dopo l'assolvimento 
dell'obbligo di permanenza per il periodo minimo inderogabilmente 
fissato dal medesimo legislatore. 

Essa consentirebbe, altres�, di evitare il ricorso alla figura della conferma 
tacita deMa scelta, che sembra non conciliarsi con il dato letterale 
del testo normativo. 

Alla stregua delle considerazioni svolte gli appelli dovrebbero essere 
respinti. Poich�, peraltro, una tale soluzione potrebbe porsi in contra� 
sto con� quanto contenuto nella decisione di questa Sezione � n. 320 del 
20 giugno 1985 e si porrebbe comunque in contrasto con la richiamata 
decisione del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, 
il Collegio ritiene preferibile, anche per la delicatezza della questione 
e per il suo evidente carattere di massima, deferire la controversia all'Adunanza 
plenaria delle Sezioni giurisdizionali. 

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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DkCASSAZIONE, Sez. I, ~8 febbraio 1993, n, 2475 -Pres. Bologna 
" Est. Favara, -P. JV1. Lupe> (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Palatiello) c. Soc. Distillerie Trentine. 

Tnbuti erariaU in(li,retti � Riscossione. � Ingiunzione � :M:otivazione -Necessit� 
� Insufficienza .~ Nullit� dell'ingi.nzione. 

Nelle imposte indirette (nellaspecie di fabbricazione) l'ingiunzione 
non preceduta da accertamento ha essa stessa valore di accertamento 
e come tale deve essere �mbtivata, a pena di nullit�, con l'indicazione 
di tutto quanfo occorre p�r �onsentfre al contribuente di avere contezza 
delta natura dell'imposta richiesta e .. dei criteri normativi applicati cos� 
da delimitare l'amb.ito della pretesa avanzata datt'ufficio (1). 

(omissis) Con f'unieo motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria 
deduce la violazione degli artt. 31 e 60 T. U. 8 luglio 1924 sull'imposta 
di fabbricazione sugli spiriti,. rionch� i[ vizio� di . motivazione insufficiente 
su punto dedsivo della c�ntr9versia. Sostiene che la Corte di Trento 
ha erroneamente ratto riferimento agli schemi logici dell'accertamento 
di vai:or~ degli inimobil� laddove, trattandosi di imposta indiretta dovuta 
al �verificarsi del presupposto di legge escluso qualsiasi potere di stima, 

(1) Pronunzia allarmante che non� �pu� �essere condivisa. Si deve intanto 
precisare che la richiamata giurisprudenza in materia di imposta di registro 
e. di INVIM non ��. pertinente: infatti le� sentenze 13 luglio 1989 n. 3285 e 2 
(rectius: 3) agosto 1989 n. 3578,. conformi a tante altre, riguardano la motivazione 
dell'accertamento di maggior valore e non dell'ingiunzione; la sentenza 
21 dicembre 1990 n. 12139 c�nceme materia estranea (forse il riferimento era 
diretto alla sentenza. coeva ;n. 12141 che riguarda anch'essa l'accertamento). 
Dunque . la grave affermazione. che l'ingiunzione richiede la stessa motivazione 
� dell'accertamento non� ha � pre�edenti. � 
Quando la legge consente che la pretesa tributaria possa essere fatta va 
lere con l'ingiunzione (o il ruolo) senza la necessit� di un preventivo accertamento 
(ci� evidentemente per la semplicit� del presupposto da cui ha 
origine il credito di imposta), � evidentemente consentito fare a meno della 
motivazione che � .� richiesta. per l'accertamento; � irragionevole, oltre che 
priva di �ogni base normativa, la �pretesa di trasferire sulla ingiunzione o sul 
ruolo i requisiti dell'accertamento, La septenza in esame, con espressioni mu�� 
tuate di;ille sentenze ..relative all'a�certarnento, sembra quasi dimenticare che 
l'ingiunzio.e � cosa diversa, quando. i:I� per pacifico c}J,e i requisiti dell'ac� 
certamento sono requisiti di validit�: formale anche per l'iI�giunzione. 



246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
il giudizio devoluto al giudice ordinario ha ad oggetto la debenza o meno 
del tributo e non la legittimit� formale dell'ingiunzione. Inoltre che nel 
caso di specie l'ingiunzione chiaramente indicava la ragione del tributo 
richiesto, facendo espresso richiamo, attraverso l'indicazione della misura 
dell'imposta, agli atti che avevano preceduto il'ingiunzione medesima, 
per di pi� prodotti in giudizio. 

E pertanto la Corte di merito, anzich� giudicare sull'azione di accertamento 
negativo proposta dall'opponente, ha giudicato sull'ingiunzione 
come atto. 

Il ricorso � infondato. 

Come � noto in tema di imposte indirette, (quale l'imposta di fabbricazione 
sugli spiriti) il procedimento di riscossione che si apre con l'ingiunzione 
fiscale non deve essere preceduto da avviso di accertamento, 
dovendo tale accertamento essere contenuto nell'ingiunzione medesima, 
la quale integra un atto complesso rivolto a porfare la pretesa fiscale a 
conoscenza del contribuente ed a formare il titolo per l'eventuale esecuzione 
forzata; di modo. che l'opposizione del debitore costituisce la domanda 
giudiZiale diretta all'accertamen.to negativo della pretesfl fiscale. (Cass. 
3 aprile 1990 n. 2702; ld. 25 novembre 1976 n. 4444). L'ingiunzione pertanto, 
quale atto di accertamento dell'obbligo tributario (sia nell'an che 
nel quantum) deve contenere la deterrriinazione della somma dovuta, con 
la indicazione di tutto quanto occorre per consentire al contribuente di 
avere contezza della natura de1l'imposta richiesta nonch� dei criteri normativi 
applicati, cos� da delimitare l'ambito della pretesa medesima avanzata 
dall'ufficio e da mettere in grado il contribuente di esercitare le 
proprie difese e dimostrare . (in veste di attore) l'infondatezza della pretesa. 


In tema di imposta di fabbricazione sugli spiriti, nel sistema di cui 
al T. U. 8 luglio 1924 richiamato dalla ricorrente e posto a base della 
contestazione, dopo la redazione del processo verbale di accertamento 
della contravvenzione (art. 60), l'Ufficio � autorizzato ad esigere mediante 
ingiunzione le somme dovute a titolo d'imposta e in tutto o in parte 
non riscosse (art. 31); somme che vengono liquidate alla stregua dei criteri 
normativi indicati nello stesso T. U. e che variano a seconda delle 
categorie di appartenenza degli spiriti e ai quantitativi cui si riferisce 
l'evasione. 

L'Amministrazione finanziaria ha dedotto tuttavia, nel costituirsi in 
giudizio, che l'evasione era riferita alla violazione del D.P.R. n. 1019 del 
1956 e relativi decreti ministeriali che prevede un procedimento di previo 
accertamento da notificare al contribuente e ha insistito sul rilievo 
che la societ� Distillerie Trentine era a perfetta conoscenza della contestazione 
per avere avuto notificato un avviso di pagamento nel quale si 
faceva richiamo, oltre che al verbale di accertamento delle infrazioni, 


PARTB 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

alle disposizioni violate e ai criteri di. calcolo applicati per la determinazione 
della imposta. 
Senonch�, a parte ogni rilievo sul valore -quale atto di accertamento 
-da attribuirsi a simile avviso di pagamento nel sistema di cui al 

T. U. 8 luglio 1924 che l'ufficio ha posto a base della propria pretesa fiscale, 
resta fermo che l'Amministrazione � tenuta a fornire nell'ingiunzione 
una motivazione che risulti ad un tempo chiara e congrua sull'accertamento 
di imposta effettuato dall'ufficio cos� da permettere al contribuente 
di avere conoscenza del rapporto di imposta per il quale � avanzata 
la richiesta, nonch� dei criteri giuridici che hanno determinato l'imposizione 
nel suo concreto ammontare. E ci� anche quando, come nel caso 
dell'imposta di fabbricazione sugli spiriti, la misura dell'imposta � determinata 
per legge, dovendo pur sempre il contribuente poter controllare 
a quale specifico fatto si riferisce l'evasione accertata, tanto pi� quando, 
nel corso dell'attivit� produttiva, si siano susseguite nel tempo disposizioni 
normative diverse o quando vari siano stati gli accertamenti per 
infrazione delle norme in materia. N� � possibile per l'Ufficio di avvalersi 
di elementi non risultanti dall'ingiunzione di cui si faccia menzione 
solo nel giudizio di opposizione proposto dal contribuente, potendo gli 
elementi extratestuali valere solo in quanto ad essi si sia fatto espresso 
riferimento nell'atto di ingiunzione. 
Tale esigenza di motivazione -ritenuta da questa Corte in materia 
di imposta di registro, di INVIM e di imposta di successione (S. U. 21 dicembre 
1990 n. 12139; 2 agosto 1989 n. 3578; 13 luglio 1989 n. 3285, ecc.) non 
pu� quindi non ritenersi valida anche in tema di imposta di fabbricazione 
sugli spiriti; cosicch� findagine che il giudice dell'opposizione 
deve compiere ha ad oggetto, prima ancora che il merito della domanda 
di accertamento negativo della debenza del tributo, la legittimit� for� 
male della ingiunzione, la quale deve contenere tutte le indicazioni che 
valgono a rendere in concreto possibile al contribuente di avere nozione 
del rapporto d'imposta cui si riferisce l'imposizione fatta nei suoi confronti 
e dei criteri di calcolo applicati. 

Con riferimento al caso di specie � da dire perci� che non assolve 
l'obbligo di una motivazione chiara e sufficiente l'ingiunzione notificata 
alla s.a.s. Distillerie Trentine con la sola menzione -secondo la formu~ 
!azione letterale sopra riportata -dell'importo dovuto, senza alcun riferimento 
alla pregressa fase amministrativa di cui all'avviso di pagamento 
esibito successivamente in giudizio, nel quale l'Ufficio specific� che 
si trattava di infrazione per �eccedenza di fecce aggiunte alla vinacce usate 
per la produzione di grappa, senza peraltro quegli ulteriori chiarimenti 
(per il che sarebbe stato sufficiente H richiamo all'avviso di pagamento 
notificato al contribuente), in base ai quali sarebbe stato possibile allo 
stesso di svolgere concretamente le proprie difese. (omissis) 


248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo.1993,.n. 2631 -Pres. Bologna � 
Est. Catalano -P. M. Romagnoli (conf.) -Carbone c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Cocco). 

Tributi in genere . Contenzioso tributario � Ricorso per cassazione contro 

decisione della commissione centrale -Art. 111 Cost. � Difetto di moti


vazione � Delimitazione. 

(Cost. art. 111; c.p.c. art. 360 n. 5). 

Nella impugnazione ex art. 111 Cost. la censura di difetto di motivazione 
� limitata alla censura di vizi che si sostanziano nella inesistenza 
della motivazione o nella sua illogicit� insita nel provvedimento e desumibile 
dal contesto argomentativo di esso, senza possibilit� di raffronto 
tra le ragioni del decidere e le risultanze del materiale probatorio (1). 

(omissis) I ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli 
artt. 38 .quarto comma del D.P.R. 600/1973, 1121 c.p.c. 1 D.P.R. 597/1973 
nonch� insufficiente motivazione su punti decisivi sostengono che la Commissione 
Centrale avrebbe emesso una decisione contraddittoria per avere, 
da un �iato, determinato il reddito con il sistema sintetico sulla base 
di elementi risultanti dalla dichiarazione dei contribuenti, dall'altro lato, 
per avere richiamato una dettagliata informativa della polizia tributaria 
alla quale non era possibile attribuire il valore che in realt� le � stato 
conferito. Inoltre, secondo gli istanti, 11 giudice tributario sarebbe incorso 
nella violazione della norma di cui all'art. 38 del citato D.P.R. 600/1973 
non avendo ancorato la propria decisione ad alcun elemento di certezza. 


Il ricorso, seppure formulato sotto il duplice profilo della violazione 
di legge �e del vizio di motivazione da cui sarebbe affetta la �decisione 
impugnata, � sostanzialmente incentrato su tale ultimo aspetto atteso 
che i ricorrenti addebitano al giudice tributario la contraddittoriet� del 
proprio ragionamento e l'utilizzazione; ai fini della decisione, di elementi 
non dotati di un sufficiente grado di certezza. Esso, pertanto, va dichiarato 
inammissibile in quanto, trattandosi di uha impugnazione fondata 
sul disposto dell'art. 111 secondo comma della Costituzione, non pu� omettersi 
di tener conto del nuovo orientamento che sul punto � .stato espresso 
da questa Corte con la decisione di cui S. U. 16 maggio 1992, n. 5888 
con la quale si � stabilito che la violazione di legge sulla base della quale 
� proponibile il ricorso straordinario in cassazione a .sensi deUa . citata 
norma della Costituzione ha un ambito di operativit� diverso e minore 

(1) Applicazione conseguenziale al processo tributario del nuovo orientamento 
proclamato�da�le� Sez. un. con la sentenza 16 maggio 1992 n. 5888. 

PARTE I, .SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 249 

rispetto a quello. di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. Ci� in quanto, mentre sulla 
base della norma di diritto processuale il ricorso per cassazione include 
i vizi che concernono la sufficienza e la razionalit� della motivazione 
sulle questioni di fatto implicanti un raffronto tra le ragioni del decidere 
e le risultanze del materiale probatorio, il ricorso fondato sulla norma 
costituzionale � limitato alla denuncia dei vizi che si . sostanziano nella 
inesistenza della motivazione o nella sua illogicit�, insita nel provvedimento 
e desumibile dal contesto argomentativo di esso. 

Orbene, alla stregua di tali premesse, cui questa Corte reputa di uniformarsi 
attesa la fondatezza delle ragioni che le sorreggono, risulta evidente 
l'inammissibilit� del ricorso. le cui censure per vizio di motivazione, 
che come si � detto innanzi appaiono come le uniche concretamente 
proposte, lungi dal desumersi dal contesto del provvedimento impugnato 
che si palesa argomentato in modo razionale e congruo, postulano il riesame 
di pretese erronee valutazioni di situazioni di fatto o. di documenti 
la cui interpretazione viene criticata in quanto non conforme alle pretese 
ed alle aspettative degli istanti. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1993, n. 3006 -Pres. Scanzano Est. 
Senofonte -P. M. Grossi (conf.) -Soc. ONI (avv. Cassola) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Corsini). 

Tributi erariali indiretti � Imposte doganali � Incompatibilit� con norme 
comunitarie -Rimborsi -�Traslazione dell'onere su altri soggetti Onere 
della prova . Art. 29 legge 29 dicembre 1990 n. 428 � Mezzi di 
prova -Presunzioni � Validit�. 

(L. 29 dicembre 1990, n. 428; art. 29; e.e., artt. 2727 e 2729). 
In forza della norma sopravvenuta dell'art. 29 della legge 29 dicembre 
1990 n. 428, avente efficacia retroattiva, l'Amministrazione finanziaria 
pu� sottrarsi all'obbligo di rimborso di tributi incompatibili con nor� 
me comunitarie dando la prova della traslazione dell'onere su altri soggetti. 
A tal fine pu� essere prova valida la presunzione basata sul fatto 
notorio che sistematicamente commercianti ed industriali trasferiscono 
sulla clientela gli oneri per tributi indiretti ed accessori che costituiscono 
spese di produzione (1). 

(1) La premessa si rif� della sentenza 2 luglio 1991 n. 7248, in questa Rassegna, 
1991, I, 355, seguita da numerose altre (fra le quali 8 agosto 1992 n. 9389, 
ivi, 1992, I, 502) che hanno riconosciuto il potere dell'Amministrazione di� dare la 
prova della traslazione anche nelle controversie introdotte anteriormente alla 
legge 428/1990. 
Importante � la seconda parte della massima che, sia pure in sede di verifica 
di legittimit�, riconosce adeguatamente motivata la sentenza di appello 



queste anche i tributi indiretti, per loro natura votati a passare dal soggetto 
percosso al soggetto inciso. 
queste anche i tributi indiretti, per loro natura votati a passare dal soggetto 
percosso al soggetto inciso. 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO �:STATO

250 

(omissis) Col primo motivo, la ricorrente critica la denunciata sentenza 
per aver scisso il c.d. regime meritorio (ritenendolo legittimo) dell'art. 
19 legge 873/1982 dal contestuale regime probatorio (ritenuto, invece, 
illegittimo, ma, nel caso concreto, irrilevante), malgrado la �fondamentale 
unitariet� e la sostanziale indivisibilit�� della norma, in forza 
delle quali non sarebbe ipotizzabile una illegittimit� soltanto parziale 
della medesima, con la conseguenza che la illegittimit� dovrebbe investirla 
nella sua interezza. 

La censura deve essere esaminata alla luce del � ius superveniens � 
costituito dall'art. 29 della legge 428/1990, che ha espressamente dichiarato 
non applicabile l'art. 19 cit. quando (come nella specie) i tributi 
riscossi rilevano per l'ordinamento comunitario (comma 3�), relativamente 
ai quali si rende, quindi, applicabile (con efficacia retroattiva, ex comma 
7�) il comma 2� della nuova norma, secondo cui i diritti doganali 
all'importazione (e gli altri tributi ivi indicati) riscossi in applicazione 
di disposizioni nazionali incompatibili con le norme comunitarie sono 
rimborsati a meno che il relativo onere non si� stato trasferito su altri 
soggetti.� Questa essendo, dunque, la disposizione da applicare nel caso 
specifico (non gi� l'art. 19 pi� volte citato), ne deriva, oltre alla scontata 
legittimit� del diniego di rimborso di tributi indebiti il cui onere 
sia stato trasferito, la piena compatibilit� con l'ordinamento comunitario 
del correlato regime probatorio come innovato dalla legge sopravvenuta, 
alla stregua della quale la traslazione si porge come fatto impeditivo 
del diritto al rimborso con la conseguenza che la prova di essa, 
ove non risulti altrimenti acquisita, p�r via diretta o indiretta, deve essere 
fornita dall'amministrazione finanziaria. 

Il primo motivo, ancorch� nutrito di copiosi riferimenti giurisprudenziali 
anteriori alla nuova legge (per l'applicazione della quale nei termini 
sopra riferiti v., tra le tante, Cass. 2216 e 2337 del 1989), non pu� 
essere, pertanto, accolto. 

Col secondo motivo, la ricorrente, denunciando violazione degli articoli 
2727 e 2729 e.e., nonch� difetto di motivazione, addebita alla sentenza 
impugnata di aver assunto come � fatto noto � (per risalire al 
fatto da accertare: traslazione dell'onere tributario sulla clientela), ancorch� 
non assistito da certezza alcuna, il trasferimento sui consumatori, 
nella � stragrande � maggioranza dei casi, delle tasse in esame, equiparandole, 
per di pi�, ai costi di produzione, mentre tali esse non sono. 

Neppure questo motivo pu� essere accolto. 

che ritiene data la prova della traslazione in base alla presunzione fondata sul 
fatto notorio che l'imprenditore incorpora nel prezzo le spese sostenute e fra 


PARTE l, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 251 

� ampiamente noto, infatti, che in tema di prova presuntiva il giudizio 
sull'attitudine dei requisiti del fatto noto a fondare presunzioni 
idonee costituisce indagine di fatto riservata, come tale, al giudice del 
merito e soggetta, ,quindi, al controllo di legittimit� limitatamente alla 
coerenza delle illazioni probatorie tratte dal fatto indiziante. Ora, su 
questo piano ila sentenza impugnata non esibisce incongruenza alcuna e 
appare adeguatamente motivata, non potendosi fondatamente disconoscere 
la . logicit� della inferenza probabilistica (riversamento dell'onere tributario 
sui clienti da parte dell'attrice) ricollegata dalla corte territoriale 
al fatto notorio che � sistematicamente �, commercianti ed industriali 
trasferiscono sulla clientela gli oneri del tipo considerato. N� rileva 
che essi siano stati qualificati, nominalmente, come costi di produzione, 
trattandosi, a tutto concedere, di semplice impropriet� linguistica, 
assorbita, del resto, dalla connotazione di � spese � ad essi attribuita in 
altre parti della sentenza. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 1993, n. 3051 -Pres. Corda Est. 
Graziadei -P. M. Lupi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Sclafani) c. Barindelli. 

Tributi erariali diretti -Imposte sui redditi -Impresa familiare -Redditi 
imputati ai collaboratori -Natura -Imposta locale sui redditi -Soggezione 
-Presupposti. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5; t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, �art. 5), 
Tributi erariali diretti -Imposta locale sui redditi -Impresa familiare Redditi 
imputati ai collaboratori -Regime anteriore al T.U. delle imposte 
sui redditi -Art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42 -Inapplicabilit�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1; t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 115; d.P.R. 4 feb� 
braio 1988, n. 42, art. 36). 
I redditi percepiti dai collaboratori di impresa familiare, nel regime 
anteriore al T. U. delle imposte sui redditi, non autonomamente qualificabili 
come redditi di lavoro, hanno la stessa natura del reddito prodotto 
dal titolare dell'impresa e di conseguenza non sono soggetti all'ILOR 
solo se il reddito dell'impresa nel suo insieme si concreta in una attivit� 
organizzata prevalentemente con il lavoro del titolare e dei suoi f amiliari, 
senza una rilevante componente patrimoniale (1). 

(1-2) La prima massima si adegua alla linea tracciata dalle Sezioni unite 
con le sentenze 10 agosto 1992 n. 9459 e 9461, in questa Rassegna, 1992, I, 506507). 
Da segnalare la seconda massima che si discosta da detto insegnamento. 
La sentenza che si commenta esattamente afferma che se l'imposta � stata pagata 
in base alla dichiarazione e se ne domanda il rimborso, necessariamente 



RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO 

L'art. 115. del T. U. delle imposte sui redditi � norma innovativa e non 
pu� essere applicata retroattivamente alle domande di rimborso relative 
a periodi di imposta anteriori nemmeno in forza dell'art. 36 del d.P.R. 
4 febbraio 1988 n. 42, difettando in radice la condizione della conformit� 
della dichiarazione alle disposizioni del testo unico (2). 

(omissis) Il ricorso dell'Amministrazione � rivolto a sostenere, in via 
principale, l'irretroattivit� dell'art. 115 del testo unico approvato con 

D.P.R. n. 917 del 1986, sul rilievo che l'art. 36 del D.P.R. n. 42 del 1988 
non rende retroattive le norme di detto testo unico che non siano munite 
di siffatta connotazione, quale appunto quelle dell'art. 115, ma si 
limita a ribadire la retroattivit� delle disposizioni che gi� abbiano tale 
qualit�, peraltro subordinandola alla duplice condizione della pendenza 
del rapporto e della presentazione di regolare denuncia da parte del contribuente 
(primo motivo); in via subordinata, denuncia l'erronea affermazione 
circa la sussistenza, nel caso concreto, dell'impresa familiare, 
secondo i requisiti fissati dal citato D.P .R. n. 917 del 1986, nonch� circa 
la confo'rmit� della dichiarazione del contribuente alle relative previsioni, 
e, comunque, l'omissione di un.'adeguata indagine al riguardo (secondo 
e terzo motivo). 
Il ricorso �, in parte, fondato, alla stregua del principio secondo cui 
i redditi del collaboratore dell'impresa familiare, ove inerenti a periodi 
d'imposta anteriori a quello decorrente dal 1� gennaio 1985, si sottraggono 
all'ILOR solo se da detto tributo sia esente il reddito dell'impresa 
stessa, secondo la disciplina previgente al D.P.R. n. 917 del 1986, tenendo 
conto che tale esenzione, per le imprese artigiane, postula, con onere 
della prova a carico del contribuente che agisca in ripetizione, un'attivit� 
organizzata prevalentemente con il lavoro del titolare e dei familiari, senza 
una rilevante componente patrimoniale. 

Questa affermazione, con cui si aderisce all'orientamento segnato 
dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9459 del 10 agosto 1992 (resa in 
sede di composizione di contrasto giurisprudenziale), si basa sulle considerazioni 
che seguono. 

L'~rt, 115 del testo unico del 1986, che in ogni caso esclude dall'ILOR 
le porzioni dei redditi dell'impresa familiare imputate ai familiari col-

difetta � in radice � il requisito della conformit� della dichiarazione alla norma 
del T.U. (l'art. 115) che esclude l'imposizione. La sent. n. 9461 cit. aveva invece 
ammesso il rimborso nel caso che, indipendentemente dalla dichiarazione, sussistano 
le condizioni sostanziali di conformit� alle norme successivamente intervenute. 


La pi� corretta applicazione dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988 � ovviamente 
estensibile a tutti i casi di rimborso di imposte pagate mediante versamento 
diretto. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA. TRIDUTARIA 1,53 

laboratori, � � �.norma �innovativa, di modo che�. trova applicazione retroattiva 
.solo in presenza e nei limiti di espressa previsione. 
Detta previsione di retroattivit� � contenuta nell'art. 36 del D.P.R. 

n. 42 del 1988 (reso in conformit� della delega conferita dall'art. 1, sesto 
comll1a, penultima Jpotesi, d!!lla legge 29 dicembre 19:87 n. 550), ma non 
� e.stensibile. a periodi d'imposta . anteriori . a ..quello indicato, difettando 
rispetto ad essi � in radice � la riscontrabilit� della condizione della conformit� 
della. dichiarazione del contribuente aille disposizioni del medesimo 
testo. unico. 
Per tali periodi anteriori l'esenzione dall'ILOR della quota del reddito. 
dell'imJ?resa familiare devoluta al singolo. collaboratore esige, in assenza 
ne11a normativa del tempo di una regola analoga . a quella del menzionato. 
art. 115, che l'intero reddito goda dell'esenzione stessa, dato che 
l'attivit� �lel collaboratore non � in. s� riconducibile nell'area del lavoro 
subordinato od autonomo (escluso dall'ILOR ai sen~i dell'art. 1 del D.P.R. 

n. 599 del 1973, nel testo risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale 
n. 42 del 1980), ma � parte dell'attivit� dell'impresa, e, pertanto, ha 
la stessa natura e ne segue il trattamento tributario (sottraendosi 
all'ILOR, in applicazione del citat~ art. l, quando si tratti d'impresa 
artigiana caratterizzata dalla prevalenza, l1ei termini indicati, del � fattore 
lavoro�). 
Il rapporto in discussione �. �nteriore al 1985, e, pertanto, in applicazione 
del riportato principio, che supera le ulteriori questioni sollevate 
dall'Amministrazione, si. impone l'annullamento. della� declsl6ne impugnata, 
per 'un riesame iri. sede d� ririvio che nitiova dalla premessa dell'inoperativit� 
de110� �iUs superveniens � e� risolva il quesito dell'�ssoggettabilit� 
o meno ad ILOR dei profitti del collaboratore dell'impresa familiare 
a secondo che questa, in relazione alla sua �consistenza, sia o i:neno 
soggetta all'imposta secondo la legge del tempo. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1993, n. 3125 -Pres. Salafia Est. 
Borr� -P. M. Martone (conf.) -Ministero� delle Finanze (avv. 
Stato G. Arena) c. Recanati. � 

Tributi erariali indiretti -Imposta sulle successioni � Deduzione di passivit� 
-Dimostrazione -Provvedimenti giurisdizionali � Requisiti. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637, artt. 13 e 16)-. 
I provvedimenti giurisdizionali riconosciuti idonei dagli artt. 13 e 16 
del d.P.R. n. 637/1972 per la dimostrazione dei debiti ereditari, se pure 
non devono necessariamente avere la capacit� d_el git,1.dicato, cieypno: svol



254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

gere una funzione ricognitiva di accertamento della esistenza del rapporto 
debitorio. Non � idoneo alla dimostrazione della passivit� il decreto 
del giudice tutelare che autorizza il tutore a pagare un debito (1). 

(omissis) 1. L'Amministrazione, con unico motivo di ricorso, deduce 
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 n. 1 e specialmente 12 a 17 
del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637, nonch� vizio di motivazione. Assume 
la ricorrente che l'art. 16 del d.P.R. citato contiene una elencazione tassativa 
dei documenti richiesti ai fini della deduzione delle passivit� e 
che l'accertamento dei fatti costitutivi di esse � riservato all'Ufficio tributario, 
n� pu� essere surrogato, in modo implicito, da accertamenti 
svolti da altri organi, come, nella specie, il giudice tutelare. 

n ricorso � fondato e va accolto, anche se il percorso argomentativo 
da compiere in diritto � meno schematico di quanto sembra risultare 
dalla impugnativa dell'Amministrazione. Il problema, infatti, � non tanto 
quello della spettanza all'ufficio tributario del potere di accertamento 
delle passivit�, potere che (salvi i rimedi giurisdizionali) non � in contestazione, 
quanto quello di stabilire se la documentazione, esibita dai 
signori Recanati, rientri nel novero di quelle ammesse dalla legge tributaria 
per la dimostrazione delle passivit�. 

Precisamente sotto questo profilo -della tassativit� delle fonti 
documentali ammesse -la censura dell'Amministrazione appare fondata. 
Vero � che gli artt. 13 e 16 del citato d.P.R. prevedono la possibilit� 
che i debiti risultino da provvedimenti giurisdizionali; e vero altresl 
che tale espressione non � da intendersi necessariamente limitata all'ipotesi 
di giudizio contenzioso sfociante nel giudicato. Tuttavia � necessario 
che l'atto giurisdizionale svolga, in concreto, una funzione ricognitiva 
(nel senso di presa di conoscenza e valutazione di esistenza) del rapporto 
debitorio; e proprio questi estremi non si riscontrano nel caso 
in esame, sia perch� il pagamento di debiti non � neppure annoverato 
dalla legge fra gli atti per i quali il tutore deve essere autorizzato dal 
giudice tutelare (art. 374 e.e.), sia perch� tale giudice, nel concedere, 
nella specie, l'autorizzazione, della quale il tutore aveva fatto richiesta, 
non ha svolto alcuna attivit�, neppure sommaria, di ordine cognitivo in 
ordine alla effettiva esistenza e consistenza delle obbHgazioni, ma piuttosto 
si � espresso sul terreno della opportunit�, valutando positivamente 
il fatto che per i pagamenti fosse prospettata la utilizzazione 
di disponibilit� liquide gi� esistenti. (omissis) 

(1) Decisione �da condividere. 
!: 

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~ 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 255 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 marzo 1993, n. 3450 -Pres. Salafia Est. 
Rocchi -P. M. Lo Cascio (conf;) -Minniti (aw. De Propris) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Favara). 

Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle persone fisiche � Redditi 
di lavoro dipendente � Compensi percepiti da magistrato della Corte 
d'appello di Roma per l'attivit� di arbitro. � Esclusione. 

(d.P.R. 211 settembre 1973, n. 597, art. 47 lett. b). 
Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle persone fisiche � Redditi 
soggetti a tassazione separata -�Compensi percepiti da arbitro � Esclu


sione~ 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12 Iett. d) e 47 lett. a) e d). 
L'attivit� di componente di collegio arbitrale (disciplinato dal Cap. 
gen. dei LL.PP.) esercitata. da magistrato della Corte di Appello di Roma 
� meramente occasionale rispetto al lavoro istituzionale e conseguentemente 
il corrispondente compenso non � definibile come reddito di lavoro 
subordinato a norma dell'art. 47 lett. b) del d.P.R. n. 597/1973 (1). 

I compensi percepiti da componente di collegio arbitrale non sono 
soggetti a tassazione separata in quanto l'art. 12 lett. d) del d.P.R. n. 597I 
1973 prevede tale forma di imposizione solo per i redditi di lavoro dipendente 
veri e propri e per quelli assimilati di cui alle lettere a) e d) dell'art. 
47, con ci� escludendo tutti gli altri redditi assimilati considerati 
nello stesso art. 47 (2). 

(omissis) Con atto del 15 giugno 1991, Carlo Minniti, magistrato ordinario, 
proponeva ricorso per cassazione nei confronti dell'Amministrazione 
finanziaria, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Centrale 
n. 2944/91 esponendo che il 14 maggio 1981 si costittiiva, per la risoluzione 
di due controversie tra la S.p.A. Parasilliti e l'I.A.C.P. di Napoli, 
un collegio arbitrale a sensi del capitolato d'appalto per i .lavori pubblici 
�ed in particolare nella composizione di cui all'art. 47 del Capitolato 
Generale del 1962; che l'esponente vi partecipava nella qualit� di 
magistrato della Corte di Appello di Roma, nominato con decreto del 
Presidente della stessa Corte; che i lodi venivano depositati il 5 aprile 
1982 e il compenso, liquidato e richiesto dal Collegio il 4 maggio 1982, 
veniva messo in pagamento solo nel 1985 e cio� tre anni dopo il compimento
� della prestazione; che l'esponente aveva dichiarato tale compenso; 
ai fini IRPEF, nella denuncia dei redditi da lavoro dipendente e l'ave


(1) Decisione di evidente esattezza. Si potrebbe aggiungere che i compensi 
arbitrali non possono ricomprendersi in nessuno dei casi elencati nell'art. 47 
una volta escluso, come emerge dalla prima massima, che sia ad essi riferibile 
la lettera b). 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

va sommato agli altri redditi da lavoro dipendente, versando a saldo 
l'impo~ta dovuta; che, peraltro, dopo aver pagato l'imposta si rendeva 
conto di aver corrisposto pi� del dovuto, in quanto il compenso arbitrale 
doveva essere dichiarato come da assoggettarsi a tassazione separata 
perch� costituito dal pagamento di una prestazione resa in anni 
precedenti a1la percezione della somma; che presentava, quindi, domanda 
di rimborso all'Intendenza di Finanza di Roma, e, formatosi il silenzio 
rifiuto, proponeva ricorso alla Commissione Tributaria di 1� grado 
di Roma chiedendo il rimborso di L. 8.067.000, quale differenza tra impo� 
sta pagata e imposta dovuta, classificando il compenso in questione 
come soggetto a tassazione separata e, in subordine, il rimborso di 

L. 3.203.000, qualora tale compenso fosse da classificarsi come derivante 
dall'utilizzazione economica di un'opera dell'ingegno; che chiedeva,altres� 
il rimborso di L. 663.000 erroneamente pagate per non aver detratto 
interessi passivi su un mutuo fondiario gravante solidalmente su 
lui e sul coniuge; che la Commissione di 1� grado rigettava il ricorso; 
che l'esponente proponeva appello, reiterando tutte le richieste formulate 
alla Commissione di 1� grado e che l'adita Commissione tributaria 
di 2� grado, in riforma della decisione impugnata, ritenuto che il compenso 
in questione andava soggetto a tassazione separata e che gli interessi 
passivi potevano essere detratti, condannava l'Amministrazione a 
pagare al contribuente la complessiva somma di L. 8.730.000, con gli interessi 
come per legge; che l'Intendenza di Finanza proponeva ricorso alla 
Commissione tributaria Centrale, la quale, con la decisione impugnata 
con il ricorso per cassazione, lo accoglieva. 
La Commissione Tributaria centrale, accogliendo il ricorso dell'ufficio, 
precisava che la disposizione dell'art. 12 del d.P.R. n. 597/1973 stabilisce 
un principio del tutto eccezionale; che deve, pertanto, essere 
interpretata rigorosamente, nel senso che il legislatore, nel formulare 
la lettera d) della norma, ha avuto riguardo soltanto ai redditi di lavoro 
dipendente e non pure a quelli �assimilati� di cui al successivo art. 47, 
eccezion fatta per quelli espressamente contemplati; che il reddito de 
quo non rientrava nei redditi di lavoro dipendente, n� tra quelli contemplati 
in via esolusiva ai fini del beneficio dell'applicazione di una 
aliquota inferiore; che la scelta operata al riguardo dal legislatore noh 
poteva essere considerata irrazionale, sotto il profilo della disparit� di 
trattamento, in quanto la citata lettera d) della norma riguarda compensi 
percepiti, a carico di terzi, da prestatori di lavoro dipendente per 
incarichi svolti �in occasione� di tale loro qualit� e che, pertanto, l'emolumento 
relativo ha natura completamente diversa dalla retribuzione. 

(omissis) 

Con il terz� motivo -denunciando violazione ed erronea applicazione 
degli artt. 12 e 47 del d.P.R. 597/1973, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. il 
ricorrente sostiene che gli emolumenti in esame sono da considerarsi, 


PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA 

ai fini impos�tivi, come redditi as�similati: a quelli derivanti da lavoro 
dipendente � esattamente: Classificabili tra quelli elencati nell'art; 47 lettera 
b) del d.P.R. citato� e che, come tali, essendo stati corrisposti oltre 
un anno dopo il compimento della prestazione, andavano assoggettati a 
tassaiione separata, come previsto dall'art. 12 per tutti i redditi da lavoro 
dipendente corrisposti �nell'anno successivo�~ 

� Con il quarto motivo -denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla 
dedotta illegittimit� costituzionale degli artt. 47, lettera b) e 12 lettera d) 
del d.P.R. 597/1973, in violazione dell'art. 1 Cost. n. 1/48, degli artt. 23 e 24 
t ii; 87/1953 e degli' artt. 3 e 53 Cost.>-il ricorrente .._. deducendo che 
la Commissione centrale non� aveva puntualmente� �risposto alla questione 
di illegittimit� costituzionale delle norme di cui sopra, se interpretate 
nel senso che non consentivano la tassazione separata dei compensi 
assimilati � quelli da lavoro dipendente percepiti dal lavoratore, 
questione� proposta con riguardo ailla irrazionalit� della disciplina considerata; 
. sotto il profilo� della disparit� di trattamento, nonch� della sua 
a]'.i:plicazit>ne in vio1�zioiie del principia di proporzioria�it� e di progressiVit� 
del sistema impositivo, sancito dall'art. 53 Cost. -ripropone la 
questione nella ipotesi di rigetto dei precedenti motivi. 
Il ricorso � infondato. (omissis) 

Con il terzo motivo, viene riproposta la questione del se il compenso 
in quest�one, classificabile come reddito assimilato al reddito di lavoro 
dipendente, in quanto rientrante tra gli emolumenti previsti dalla lettera 
b) dell'art. 47 del d.P.R. n. 597/1973, sia o meno assoggettabile a 
tassazione separata, essendo stato percepito alcuni anni dopo il compimento 
deltla prestazione. 

In primo luogo, secondo il rieorrente, i compensi e le indennit� di 
cui alla lett. b) dell'art. 47 si propongono, per loro natura intrinseca e 
cio� proprio per essere percepiti da �n lavoratore dipendente e �in relazione 
� a tale sua qualifica, esattamente come reddit! da lavoro e tali 
lo �sarebbero anche a prescindere daM'assimilazione fatta dal legislatore, 
il quale avrebbe inteso, ad abundatiam, chiarire la posizione di talune 
entrate; la cui �classificazione tributaria poteva lasciare qualche perplessit�. 


L'assunto � errato. 

�La sment�ta che si �tratti intrinsecamente e sostanzialmente di reddito 
�da lavoro dipendente deriva da diverse e concorrenti circostanze, 
quali la natura del compenso, il collegamento di mera occasionalit� esistente 
tra conferimento dell'incarico (con conseguente reddito) e rapporto 
di lavoro istituzionale, le modalit� di liquidazione dell'emolumento. 

L� corresponsione degli emol�menti fa esame ha, infatti, natura totalmente 
diversa da quel�a :propria della retribuzione di un rapporto di 
1avoro di:t1endente, �onsisten:do.. iri 'tln. mero . corrispettivo . d'opera; non 


RASSEGNA. AVVOCATURA DEU.O STATO

258 

proporzionato alla qualit� e alla quantit� del lavoro prestato, n� correlato 
alla esigenza di assicurare al percettore del reddito e alla sua 
famiglia una esistenza libera e dignitosa, secondo H principio posto in 
tema di retribuzione, daM'art. 36 della Costituzione. 

II rapporto tra. compenso e lavoro di istituto risulta, poi, meramente 
occasionale, nel senso che l'incarico dal cui espletamento il compenso 
deriva viene conferito solo occasionalmente in considerazione delle funzioni 
istituzionali svolte dal prescelto, e non costituisce in alcun caso 
svolgimento in senso proprio delle stesse, n� integra in alcun modo una 
loro forma retributiva. 

Infine, lo stesso sistema di liquidazione dei compensi arbitrali (mediante 
il ricorso all'autoliquidazione da parte del Collegio, prima, e l'intervento 
del Presidente del Tribunale competente, poi, in caso di contestazione) 
indica la sostanziale diversit� esistente tra la retribuzione assunta 
nel quadro di un rapporto di 1lavoro dipendente e gli emolumenti 
conseguenti all'occasionale prestazione dell'attivit� di arbitro. 

Va, ora, esaminata la possibilit�, secondariamente rilevata dal ricorrente, 
che il reddito de quo possa essere assoggettato al beneficio della 
tassazione separata per effetto di assimilazione al rapporto di lavoro 
dipendente, in relazione al combinato disposto dell'art. 12, lett. d) e 47 
del d.P.R. n. 597/1973. 

Al riguardo, il ricorrente sostiene che nella disposizione di cui alla 
lett. d) dell'art. 12 citato siano contemplati, in forza del generale richiamo 
ai redditi di lavoro dipendente contenuto nella prima parte di detta 
disposizione, ( � emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti percepiti 
dai prestatori di lavoro dipendente�), tutti i redditi elencati nel 
successivo art. 47, e non soltanto que1li espressamente richiamati dalla 
lettera in esame (�compresi i compensi e le indennit� di cui alle lettere 
a) e d) dell'art. 47 �); con la conseguenza, secondo l'assunto, che 
l'espresso richiamo di cui sopra avrebbe va>lore essenzialmente pleonastico, 
in quanto inteso a ribadire, con riferimento meramente esplicativo, 
ma sostanzialmente inutile, ai cespiti di cui alle menzionate lettere 
a) e d) dell'art. 47, la previsione generale gi� affermata dalla prima 
.parte della norma, senza voler escludere gli altri redditi in essa considerati. 


L'assunto �, ancora, errato. 

E invero, l'art. 12, al punto d), � inteso a fornire, in un quadro sistematico 
rigorosamente logico, una indicazione di indispensabile chiarezza 
normativa, laddove, essendo stati previsti tra i redditi soggetti a 
tassazione separata gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti 
percepiti da prestatori di lavoro dipendente (prima parte della lettera 4), 
si � ritenuto necessario precisare, con carattere escludente, che gli unici 
redditi assimilati, previsti dal successivo art. 47, rientranti nel beneficio, 
dovevano essere c011siderati quelli indicati nelle fottere a) e d) del 

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PARTI! I, SBZ. V, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA 

detto articolo �(contemplanti, rispettivamente, i compensi percepiti da 
soci di cooperative e le indennit� di cui all'art. 1 della I. n. 1261/1965). 

Non si tratta, quindi, di disposizione pleonastica che intende integrare, 
a titolo esemplificativo,-. una generale -previsione di � ammissione 
al-benefieio della tassazione separata di tutti i redditi assimilati contemplati 
dall'art. 47 mediante una. indicazione specifica, meramente esplicativa, 
relativa ai compensi e alle indennit� previsti nelle lettere a) e� d) 
della medesima norma: ma si� tratta, piuttosto, di disposizione eccezionale, 
tassativa ed escludente, il cui significato � quello di stabilire 
che i redditi ammessi al beneficio, sono soltanto i redditi da lavoro 
dipendente in senso proprio �e non pure quelli ((assimilati�, eccetto, 
ovviamente, quelli specificamente indicati e di cui alle lettere a) e d) 
dell'art; 47. 

In questo quadro~ non sembra possa giUngersi a: conclusibne diversa 
da queMa secondo cui i compensi assimilati a quelli da lavoro � dipendente 
non sono assoggettabili a tassazione separata (fatte salve le previste 
eccezioni), in quanto l'art. 12, lett. d) del d.P.R~ n. 597/1973 comprende, 
fosfoalmente ed eccezionalmente, tra i redditi ai quali attribuisce 
il suddetto beneficio soltanto quelli di cui alle lettere a) e d) del 
successivo art. 47. 

Con riguardo al quarto motivo, appare sufficiente osservare che, 
esclusa la natura .di reddito da lav9ro dipendente dell'emolumento �de 
quo ed affermata .la natura e�cezionale della normativa in esame, discen~ 
de che la stessa non pu� essere ass1,mta a termine tii comparazione ai 
fini voluti dal ricqr:r-ente, non recando una norma di principio idonea 
a coinvolgl;lre il precetto di ~guaglianza o quello di proporzionalit� e di 
progressivit� del sistema tributario. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. �I, 27 marzo 1993, n. 3729 -Pres. Ruggiero Est. 
Cicala -P. M: IaI�nelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato De Stefano) c. IACP Nqvara (avv. Meneghini). 

Tri~uti erariaij diretti � Jmposta locale sui redditi � Redditi fondiari " 
Fabbricati degli Istituti Auto11omi delle Case Popolari � Godimento 
del reddito da parte dello Stato -Esclusione -Imputazione del reddito 
agli Istituti. � 

(e.e. art. 981; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, art. 32). 
Gli Istituti Autonomi delle Case Popolari, bench� perseguano scopi 
di � benessere e protezione sociale �, non possono considerarsi nudi proprietari 
degli immobili di cui sia usufruttuario !o Stato; conseguentemen



260 RASSEGNA �AVVOCATURA DELLO STATO � 

te il reddito, soggetto ad ILOR; � imputabile agli Istituti quali proprietari 
(1). 

(omissis) Con il primo motivo di ricorso lo IACP sottolinea come 
la decisione impugnata difetti totalmente di motivazione in ordine all'oggetto 
della controversia; e la considerazione risponde indubbiamente a 
verit�. 

La Commissione. Tributaria Centrale ha evidentemente ritenuto di 
trovarsi di fronte ad una delle �consuete� controversie in materia di 
ILOR promosse dagli IAC~; in cui gli istituti deducono la inapplicabilit� 
dell'imposta affermando che gli edifici da essi posseduti costituiscono 
beni strumentali per l'esercizio della loro attivit�. 

� cio� sfuggito alla Commissione che il giudice di Novara aveva 
accolto �una particolare tesi, elaborata da un professionista acuto ed 
attento. 

Simhle errore pu�, per altro, essere corretto da questa Corte in base 
all'art. 384, secondo comma del codice di procedura civile, poich� trattasi 
di questione di puro diritto che non richiede alcuna valutazione in 
fatto. 

Per affrontare correttamene il problema occorre muovere dalla constatazione 
che il fornire ai soggetti meno abbienti case di abitazione 
a prezzi modesti rientra fra gli � scopi di benessere e protezione sociale 
� assunti dalla Repubblica; ma che lo Stato non persegue simile obbiettivo 
attraverso proprie dirette articolazioni, ma creando appositi enti 
pubblici strumentali, quali gli IACP. 

Questi enti hanno a fondamentale scopo la attuazione dei programmi 
di edilizia pubblica sovvenzionata e la gestione degli edifici costruiti; 
perci� quando pongono in locazione le loro propdet� adempiono a un 
compito istituzionale e dunque � godono � della cosa propria. E la circostanza 
che nel contempo venga soddisfatta una esigenza di cui � portatore 
lo. Stato non realizza il � godimento �1 ai sensi dell'art. 981 cod. 
civ., da parte dello Stato stesso, di un bene altrui. 

N� questo � godimento � pu� esser ravvisato per il fatto che gli 
IACP sono tenuti a versare alla Cassa Depositi e Prestiti per 30 anni 
� l'ammontare annuo del canone di locazione al netto delle spese generali, 
di amministrazione e di manuterizione � (art. 61 della legge 22 ottobre 
1971, n. 865). Simile�obbligo costituisce infatti una forma di restituzione 
delle somme ricevute dalfo Stato ed uno strumento che mira a 
porre in essere un fondo di rotazione per gli investimenti nell'edilizia 
popolare (art. 13 della legge 5 agosto 1978, n. 457). 

(1) Si esclude, correttamente, la prospett;;izione di una scissione della nuda 
propriet� e dell'usufrutto rigiiardo ai fabbricati degli I.A.C.P. 

PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Anche a prescinder.e dalla :evidente funzione restitutoria .. di quest'obbligo 
.degli IACP, la circostanza che tali enti non siano autorizzati a 
trattenere l'eventuale utile netto di esercizio � manifestazione del �fatto 
che non sono enti commerciali operanti a scopo di lucro. Quindi, a differenza 
di un proprietario privato, la percezione del corrispettivo della 
locazione non � la prJncipal� espressione del �godimento � del bene, 
mentre assume un ruolo essenziale e .fondamentale che esso sia utilizzato 
come abitazione da soggetti meritevoli. 

Quindi non si realizza nel caso di specie . alcuna scissione fra nuda 
propriet� e dirmo a godere degli immobi1i �e i redditi fondiari fanno 
ci:ipo. all'Istituto. ricorre11te (art. 32 del d.P.R .. .49 settembre 1973, n. 597). 

(omis~is) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 m�rz� 1993; n. 3843 -Pres'. Rossi Est. 
V�gnale -P. M. Tridico (conf~). -Mfoist�ro delle Finanze {avv: 
Stato Figliolia) c. D'Attilia (avv. Agati): 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Estinzione del processo ~ 
Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -Iscrizione a ruolo dell'hnposta 
oggetfo della controversia � Necessit� della preventiva valida notifica 
dell'ordinanza di estinzione. 

(d.P.R. 26. ottobre 1972 n. 636, art..44). 
Nel caso di estinzione del processo ex art, 44 d.P.R. n. 636/1972; l'iniposta 
oggetto della controversia non pu� essere iscritta a ruolo prima 
che l'ordinanza che dichiara l'estinz.iorie sia stata validamente comunicata 
in modo da consentire al contribuente di proporre reclamo al 'collegio 
(1). 

(1) La decisione suscita seri dubbi. L'estinzione, evento raro nel processo 
tributario passato ma destinata a pi� ampi sviluppi nel nuovo processo, matura 
all'avverarsi di determinati presupposti; il �provvedimento, non sempre � necessario, 
che la dichiara � appunto dichiarativo. Ora. non sembra che possa ammettersi 
che in ogni caso nessuna iniziativa sia possibile fino a quando, dopo 
la maturazione dei presupposti, la estinzione non sia stata dichiarata �e validamente 
notificata e, dovrebbe coerentemente aggiungersi, non sia� stato deeiso 
con sentenza passata in giudicato l'eventuale reclamo, Ci� sul piano pratico 
pu� dar luogo a tempi lunghi di inattivit� (nella vicenda decis� con la sentenza 
che si commenta dovrebbe oggi provvedersi a notificare l'ordinanza di estinzione 
per poter procedere alla iscrizione a ruolo se non sar� proposto reclamo). 
Non � dubbio che alla ptir anomala estinzione del processo tributario debpano 
applicarsi le regole del cod. proc. civ. -E' allora incontestabile -�he le 
parti, senza provocare la dichiat�zione di estinzione, �Dia supponendo . questa) 
possano prendere nuove iniziative. Se dopo l� cancellazione � dell� causa dal 



262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
(omissis) Con iil primo motivo di ricorso, l'Amministrazione delle 
262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
(omissis) Con iil primo motivo di ricorso, l'Amministrazione delle 
finanze, sostiene che l'affermazione, contenuta nella decisione impugnata 
-in base alla quale l'iscrizione a ruolo deM'imposta, quando contro 
l'accertamento sia stato proposto ricorso. innanzi al giudice tributario, 
debba essere preceduta dalla regolare notifica dell'ordinanza di estinzione 
del procedimento tributario pendente -� errata. Invero, l'art. 44 
del d.P.R. n. 636 del 1972 si limita a disporre che l'ordinanza di estinzione 
sia notificata alle parti e che da tale notifica decorrano i termini di 
decadenza e di prescrizione. 

La censura � priva di fondamento. 

Invero, ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, il ricorso 
contro il ruolo � ammissibile solo se questo non � stato preceduto 
dalla notifica dell'avviso di accertamento. Pertanto, quando, come nella 
specie, si assume che la notifica dell'avviso di accertamento sia stata 
effettuata e che vi abbia fatto seguito un'impugnazione innanzi alle commissioni 
tributarie, l'iscrizione a ruolo dell'imposta (che rende esigibile 
e realizzabile il credito tributario) presuppone appunto che il suddetto 
procedimento d'impugnazione sia stato definito, tal che l'accertamento 
sia divenuto definitivo (art. 14 d.P.R. n. 602 del 1973). Questa definizione 
pu�, naturalmente, conseguire anche ad una pronuncia di estinzione del 
procedimento tributario, ma perch� questa estinzione si possa ritenere 
perfezionata, � necessario che la relativa ordinanza venga comunicata 
al contribuente, al fine di consentirgli di proporre eventualmente reclamo 
al collegio ai sensi di cui all'art. 308 cod. proc. civ. In mancanza di 
ci�, il procedtmento tributario non pu� ritenersi definito, per cui solo 
da tale perfezionamento decorrono o riprendono a decorrere i termini 
di prescrizione e di decadenza. (omissis) 

ruolo il giudizio non � stato riassunto entro l'anno (art. 307 primo comma), la 
parte pu� bene proporre nuovo giudizio; ed altrettanto se si estingue il giudizio 
di impugnazione (art. 338), la parte che se ne giova pu� mettere in esecuzione 
la sentenza impugnata passata in giudicato. In questi e in simili casi la dichia� 
razione di estinzione, se necessaria, pu� essere pronunciata da un giudice diverso 
da quello del processo nel quale si � verificata l'estinzione. In particolare nei 
casi di estinzione che si verificano quando il processo non � in fase attiva (cancellazione 
dal ruolo, sospensione, interruzione) sarebbe del tutto anomalo che 
la parte a cui giova l'estinzione debba necessariamente riassumere il processo, 
fuori termine, per provocare la dichiarazione di estinzione. 

Nel caso esaminato con la sentenza che si commenta, la commissione adita 
con ricorso contro il ruolo avrebbe dovuto verificare, se contestata, l'avvenuta 
estinzione e dichiararla con effetto al momento della maturazione dei presupposti 
(l'estinzione opera di diritto ex art. 307 ultimo comma) piuttosto che 
dichiarare la nullit� del ruolo per il difetto di un difficilissimo adempimento 
che sfuggiva al potere della parte (comunicazione ad opera della segreteria della 
ordinanza di estinzione ad un contribuente irreperibile). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 263 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 aprile 1993, n. 3968 � Pres. Ruperto� 
Est. Nardino -P. M. Di Rienzo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Pavone) c. Cecchinato (avv. Persiani). 

Tributi .. in genere� � Contenzioso � tributario . . Giurisdizione � Opposizione 
. � all'esecuzic:llte �~�.Terzo � � PriVilegto speciale � Controversia di imposta � 
Giurisdizione delle � con'llllissiOiii. 

Fra le controversie tributarie dev�lute alta cognizione delle speciali 
commissioni istituite con il d.P.R 26 ottobre 1972 n; 636 sono ricomprese 
qu�lle instaurate dal proprietario di immobile gravato di privilegio speciale 
per contestare, nei confronti dell'Amministrazione, l'esistenza, l'estensione 
e la legittimit� del privilegio o, a maggior ragione, l'esistenza o 
l'esigibilit� del tributo. L'ambito della residuale giurisdizione ordinaria 
� limitato alle controversie <:he �non pongono in discussione il rapporto 
dfimposta o il privilegio e non attengono a vizi propri dell'ingiunzione (1). 

(omissis), Con il prhn� motivo, denunciando violazione degli artt. 1 
e 16 del d:P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, la ricorrente lamenta il mancato 
a�coglimento dell'eccezione di difetto. di giurisdizione del giudice ordi� 
natio~ da essa proposta in entrambi i gradi di giudizio, e richiama la 
gifu.�sprudenza di questa Corte che attribuisce alla giurisdizione delle 
Commissioni Tributarie le controversie promosse dal terzo possessore 
dell'immobile soggetto a privilegi<> contro l'ingiun21ione fiscale in materia 
di INVIM e l'esecuzione conseguente. 

La censura � fondata nei limiti che saranno in prosieguo precisati. 

La Corte di Venezia ha respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione 
del giudice ordinariio,riproposta in grado di appello dall'Amministrazione 
finanziaria, osservando che � nel caso di specie ... non � menomamente 
in discussion� ran ed il quantum della pretesa tributaria, cui tra l'altro 
i terzi subacquirenti dell'immobile, odierni opponenti, sono del tutto 
estranei, bens� in discussione e contestata � l'operativit� del privile~o 
ex artt. 28 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, 2772 e 2780 cod. civ., nei loro 
confronti �, 

A conforto di tale opinione i giudici di appello hanno richiamato 
(peraltro senza citazioni specifiche) la giurisprudenza di questa Corte, 
che viene parimenti ilnvocata dall'Amministrazione ricorrente a sostegno 
dell'opposta tesi, secondo la quale appartengono arlla giurisdizione 
delle Commissioni Tributarie le controversie -come quella in esame 


(1) Giurisprudenza ormai costante (Cass. 3 giugno 1992 n. 6789, in questa 
Rassegna, 1992, I, 349) ma che non chiarisce entro quali limiti il� terzo � legit 
timato a promuovere una controversia sull'imposta. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

promosse contro l'ingiunzione , fiscale dal terzo possessore Q.ell'immobile 
soggetto .al privilegio di cui al citato .art� 28 a favore dell'Erario. 

Questa contrastante interpretazione dell'orientamento della giurisprudenza 
di legittimit� in subiecta materia impone di puntualizzare che la 
gjw;isd.iqne dellf: Cotn.J:rlissioni Tdbutatje. � stata affermata da queste 
Sezi()J:li tii:iii;te, im~he per le controversie relative. al privilegio dello Stato 
p~~ ,crediti . INVIM . sull'immobile ,�oggetto. ciel.trasferimento, . ogni ,qualvolta 
il rapporto tributario, riguardante una delle imposte elencate nell1a:
i:t.1 -wmma 2� Q.el.d.P.R,,. 26 ottobre 1972 n, 636 (tra le quali � compresa 
rINVIM), � bttegr! l'oggetto speci~ico della .pretesa che si fii!. valere 

o .si cpntesta tino gii.Jfl~zio � (cos� Cass, S.J,J. n. 5469/88). E tra le contro\
fersie �. trjl;>.u.tarie d~volll,te alla cogniajone delle spe�:iali Commiss~oni istituite 
�:on ilcitato d.PiR. si sono ritenute comprese quelle instaurate dal 
prqpr..ietario .. dell'immobile .. gravato dal privilegi() iri . questione .contro 
l'Amm~straziq11e finanziaria ~1 per contestare l'esistenza o l'estensione 
o la le~ttimit�. del privilegio ovyero -a maggior ragione -�l'esistenza 
e l'esigibilit� del tributo o per far dichiarare l'eventuale ricorrenza di 
una causa di esenfilone dal .medesimo� ~Cass. sent. n. 5469/88 cit.) . 
.si � argomentato, a sostegno di,� ta1e principio, che n�proprietario 
d~ll'iml:nobile soggetto al prfvilegfo, pur non essendo debitor� ri:ta solo 
c�fres~onsabile del pagaJ,llento dell'INVIM, limitatamente al valore del~ 
l'immobile stessi:>, ha ttittavfa l'onere (non l'obbligo) di provvedere 
all'adempimento dell'obbligazione verso lo$tato se vuole liberare' l'immobile 
dal privilegio e sottrarlo aill'esproprfazione forzata promossa dal-
1"ArI1ministrazione fin�nzfaria per la: re�lizz~ione del credito d'hnposta. 
Egli,. di conseguenza, non � � estraneb �,, al rapporto tributario, nel cui 
afilbito si insedsce, �di fronte all'ente. impositore ed accanto al.. debit�te, 
sia pure �:on una veste diversa� (v. serit. cit.); con l'ulteriore corollario 
che la controversia instaurata dal �suddetto proprietario, anche in 
vi� <lr opposizione ad ingiunzione fiscale, per dedufr� contestazioni relative 
a(privilegio ~ravante s.ul bene di sua propriet� ovvero al debito 
d'imposta investe il rapporto� tributario e si configura -sotto il profilo 
soggettivo ed oggettivo '---come controversia tributaria i.n senso proprio, 
devoluta alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, a � norrria degli 
ai;tt. 1 e 16 del d.P.R. n. 636/72 e succ. modiL sulla disciplina del conte.
Ilzfoso t�'ibut�rio, con le cui disposizioni vanno coordinate q11elle del'�'.:p. sulla, riscossione coattiva delle eritrate patrimoniali dello Stato, approvat� 
con r.d. 14 aprile 1910 n. 639 e richiamato dall'art. 54, comma 4� 
�l�I d:P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 (nonch� dall'art. 56 del successivo d.P.R. 
26 aprile 1986 n. 131) sull'imposta d� registro. 

Da questo principio, ormai consolidato (cfr., tra le pronunce� pi� 
recenti, Cass. S. U. nn. 3273/90, 6300/90, 8426/90, 11535/90, 332/91, 537/91, 
1_$52/91, 1307/91,, 429�/91), � � agevolmente desumibile anche il limite di 
detta giurisdizione nonch� l'a,mbito della residuale competenza giurisdi



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

zionale del giudice ordinario; al quale restano riservate le controversie 
aventi ad oggetto contestazioni che, sebbene correlate all'esercizio del 
privilegio di cui si tratta, non pongano in discussione H rapporto d'i:rnposta 
o il privilegio n� attengano a vizi propri dell'ingiunzione-precetto, 
ma riguardino la ritualit� del procedimento o di singoli atti dell'esecuzione 
forzata o ila pignorabilit� di determinati beni (v.,' su quest'ultimo 
punto, Cass. S. U. n. 1050/82, richiamata nella successiva sentenza numero 
537/91) e, pi� in generale, � le domande di cui all'art. 26 del r.d. 

n. 639 del 1910 � che non investano � g!J elementi soggettivi ed oggettivi 
del rapporto tributario ovvero la regolarit� formale dell'ingiunzione o 
del ruolo� (cos� Cass. S. U. n. 1852/91 cit.). � 
Questa (possibile) duplicit� di competenza giurisdizionale riguardo 
alle controversie di cui si discute pone l'esigenza di individuare, pur nell'ambito 
di uno stesso giudizio, quali dei motivi di opposizione debbano 
essere dedotti innanzi alle Commissioni TrJbutarie e quali, invece, esulino 
dalla giurisdizione delle medesime e rientrino in quella dell'A.G.O. 

Nel caso di spede l'opposizdone all'ingiunzione fiscale, proposta dai 
sigg. Cecchinato e Missaggia per contrastare la pretesa dell'Amministrazione 
finanziaria di sottoporre ad esecuzione forzata l'immobile di loro 
proprJet�, si articola -come risulta dalla sentenza di appello -in 'vari 
motivi, alcuni dei quali sono dir-etti a denunciare la nullit� di atti della 
procedura esecutiva, altri a contestare la persistenza e l'operativit� del 
privilegio alla data del 'pignoramento. 

Appartengono alla prima categoria le eccezioni di nullit� del pignoramento, 
perch� eseguito prima della scadenza del terlfilne dilatorio 
indicato nell'ingiunzione, senza alcun valido provvedimento che autorizzasse 
l'esecuzione � anticipata �. Appartengono, invece ,alla seconda categoria 
le ulteriori contestai;ioni degli opponenti, che riguardano: a) l'inopponib:
ilita del privilegio fiscale ai subaoquirenti dell'immobile; b) il c1irit� 
to del possessore del bene al beneficium excussionis rispetto al debitore 
dell'imposta; e) la nul1it� dell'ingiunzione, ex art. 603 c.p.c., per insufficiente 
indicazione del �bene del terzo � che si intendeva espropriare; 
d) la decadenza dell'Amministrazione dal privilegio per averlo e�sercit�to, 
a mezzo del pignoramento, dopo il decorso del quinquennio dall� 
data di registrazdone dell'attfo di compravendita, ai serisi degli artt. 28 

d.P.R. n. 643/72 e 54 d.P.R. n. 634/72. 
A1la stregua del criterio di distinzione innanzi enunciato, non pu� 
revocarsi in dubbio che le questioni da ultimo elencate (dalla lettera �a� 
alla lettera � d �) investano il rapporto tributanio (nel senso s�pra �precisato), 
ponendo in discussione la �qualit� del dir.itto � dell'Amministrazione, 
che �nasce privilegiato� (cos� Cass. S. U. n. 5469/88 cit.), e quindi 
la 1legittimit� -sotto il profilo sostanziale e processuale -dell'eserciz>io 
del privilegio nei confronti dei possessori dell'immobile. Tali questioni 
dovevano, pertanto, essere sottoposte all'esame ed alla decisione delle 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Commissioni Tributarie, configurando -in parte qua -una �controversia 
tributaria�. Ne consegue che la Corte d'Appello di Venezia � incorsa 
in errore di diritto per avere affermato Ia propria competenza 
giurisdizionale (anche) in ordine a tal parte della controversia e per 
avere pronunciato sulle anzidette questioni di natura tributaria, sicch� 
la sentenza impugnata, in parziale accoglimento del primo motivo di 
ricorso, deve essere cassata senza rinvio, limitatamente alle relative statuizioni, 
come innanzi puntualizzate. 

Diversa soluzione deve, invece, adottarsi in ordine a quella parte 
della pronuncia de11a Corte del merito che attiene alle eccezioni di nullit� 
del pignoramento per cause che non involgono in alcun modo la 
cognizione del rapporto tributario, n� sotto il prof.ilo dell'an e del quantum 
dell'obbligazione fiscale n� sotto l'aspetto dell'esistenza e dell'azionabilit� 
del privilegio di cui all'art. 28 d.P.R. 643/72 nei confronti dei 
possessori dell'immobile pignorato. 

Come si � gi� rilevato, la giurisdizione delle Commissioni Tributarie 
� inscindibilmente correlata alla contestazione del rapporto giuridico d'imposta, 
in ogni suo aspetto o implicazione, ma non si estende alle controversie 
(o alle questioni) che, sebbene connesse (come nella specie) a quelle 
di natura tributaria, siano autonome rispetto ad esse, riguardando 
unicamente la r.itualit� e validit�, alla stregua di princ�pi generali dell'ordinamento 
processuale, di singoli atti della procedura esecutiva, specie 
se diversi da quelli, tassativamente elencati nell'art. 16 del d.P.R. 

n. 636 del 1972, contro i quali � proponibile ricorso al giudice tributario. 
Nel caso in esame le dedotte eccezioni di nullit� del pignoramento, 
per ragioni del tutto indipendenti dall'esistenza e daH'azionabilit� del 
privilegio a favore dell'Erario, postulavano unicamente il controllo dell'osservanza, 
da parte dell'Amministrazione procedente, della disciplina 
processuale dell'esecuzione forzata promossa contro i possessori dell'immobile. 
E siffatto controllo esulava, per i motivi gi� spiegati, dalla speciale 
giurisdizione delle Commissioni Tributarie, non rilevando in contrario 
il fatto che l'Amministrazione si avvalesse della normativa di cui 
al r.d. 14 aprdle 1910 n. 639 (richiamata, �per la riscossione coattiva delle 
imposte, delle sopratasse e delle pene pecuniarie>>, dall'art. 54 del d.P.R. 

n. 634/72 nonch� -indirettamente -dall'art. 19 del d.P.R. n. 643/72), 
dal momento che l'art. 26 del suddetto r.d. prevede espressamente la 
proponibilit� di domande e di � eccezioni di nuLlit� � (rientranti, nei limiti 
sopra precisati, nella giurisdizione dell'A.G.O., ,secondo la citata sentenza 
n. 1852/91) anche nell'ambito dello speciale procedimento esecutivo regolato 
dallo stesso decreto. 
Si deve, pertanto, concludere che correttamente la Corte veneziana 
ha esaminato e deciso quest'ultima parte de1la controversia; e, relativamente 
alle pronunce adottate a tal riguardo, la pronuncia sulla giurisdizione 
si sottrae alle censure della ricorrente. 


PARTIS I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Questa soluzione comporta� l'assorbimento del quatto motivo di ricorso, 
con il quale si deduce la violazione dell'art. 28 del d.P.R. n. 643/72 e 
che investe un capo della sentenza di appello (quello concernente la decadenza 
dell'Amministrazione dal priviJeg�o per decorso quinquennio) che, 
per effetto dell'accoglimento parziale del primo mezzo, viene cassato 
senza rinv.io. � 

� Vanno invece esainin�ti il secondo ed il terzo motivo, con i quali 
s� ce11S�ra, per violazione dell'art. 2 del T. U. n. 639 del 1910 e dell'articolo 
482 c.p~c., la pronuncia relativa alla nullit� del pignoramento. 

Occorre� a tal riguardo ricordare che la Corte del merito ha confermato' 
la sentenza di primo' grado nella ..parte in cui aveva dichiarato la 
nullit� del pignoramento eseguito sull'immobile degli opponenti, rigettando 
I'appello proposto; sul punto, dall'Amministrazione finanziaria; ed 
ha osservato, a sostegno di tale. statuizione, che era illegittima l'esecuzione
��del� pignoramento �.prima della scadenza del �termine dilatorio� 
di tr.enta gforni previsto dagli artt. 2 e 3 del r.d. n. 639 del 1910 ed indicato 
nell'ingiunzione: 

a) perch� tale termine, _stabilito da �una legge speciale�, non � 
� suscettil:>ile di essere� anticipato, in quanto fdssato proprio an relazione 
simmetriea con l'analogo termine previsto per la proposizione dell'opposizione, 
termine entro il qua.le l'ingiunto pu� provvedere al pagamento
�; 

b) �indipendentemente da tale rmevo, anche ammesso che fosse 
possibile �per l'esecuzione fiscale il ricorso allo strumento previsto dal{'
art. 482 c.p.c,, poich� l'autorizzazione all'immediata esecuzione non � 
stata data dal Presidente del Tribunale in calce all'ingiunzfone (che tiene 
luogo del precetto) e neppure � stata trascritta dall'ufficiale giudiziario 
nella copia dell'ingiunzione da notificarsi n� comunque � stata notificata 
agli ingiunti prima del pignoramento, in una con l'ingiunzione, ne 
discende... l'Jnoperativit� di ogni. effetto anticipa torio e fa nullit� del pignoramento, 
perch� eseguito pi:ima del rituale decorso del termine dilatorio 
minimo dell'ingiunzione �. 

L'Amministrazione ricorrente, allo scopo di � evitare equivoci �, ha 
precisato nella memoria illustrativ� (e la circostanza pu� ritenersi pacifica) 
che l' � autorizzazione del Presidente del Tribunale alla esecmione 
immediata � stata rilasciata in calce all'ingiunzione il 27 giugno 1985, 
seppure dopo che questa era stata notificata -il 12 giugno 1985 -ai 
resistenti�; ba inoltre chiarito che il pignoramento venne eseguito il 
29 giugno 1985. 

Nel merito l'Amministrazione sostiene: 1) che la riduzione del termine 
per iniziare l'esecuzione forzata, �in mancanza di esplicite norme, 
sia ammissdbile � nei due casi regolati dall'art. 2 del T. U. del 1910 e dall'art. 
482 c.p.c., attesa l'identit� della ratio; 2) che, � in presenza di un 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

decreto del Presidente del Tribunale, apposto sull'ingiunzione, di autorizzazione 
all'esecuzione immediata, il pignoramento � stato va1idamente 
eseguito �, costituendo mera � irregolarit� �, improduttiva di nullit� dell'atto, 
�la mancanza della trascrizione del decreto sulla copia notificata 
ai debitori �. 

In ordine a tali rilievi la Corte osserva che � superfluo risolvere, in 
via di astratto principio, la prima delle questioni come innanzi propo� 
ste, la cui decisione iin senso eventualmente favorevole alla ricorrente 
non gioverebbe alla medesima, essendo insuperabili le puntuali ed esaustive 
considerazioni svolte dalla Corte del merito e riportate sub b). 

Poich� l'Amministrazione d� atto che l'autorizza:ziione ad iniziare 
l'esecuzione forzata senza il rispetto del termine indicato nell'ingiunzione-
precetto venne data dal Presidente del Tribunale dopo la notifica dell'ingiunzione 
stessa agli odierni resistenti (sulla quale -ovviamente non 
era n� poteva essere trascritta o menzionata siffatta autorizzazione 
�postuma�); e poich� non risulta che il decreto emesso dal Presidente 
del Tr.ibunale ai sensi dell'art. 482 c.p.c. sia stato, in qualsiasi modo, portato 
.. a conoscenza degli ingiunti prima dell'esecuzione del pignoramento, 
si rendono applicabili al caso in esame i princ�pi ripetutamente affermati 
da questa �Corte in fattispecie analoghe, secondo .i quali � illegittima 
l'esecuzione forzata iniziata prima del decorso del termine indicato 
nel precetto, ove manchi iii decreto di cui all'art. 482 c.p.c. (Cass. n, 798/81) 
ed � nullo, in particolare, il pignoramento eseguito senza il rispetto del 
suddetto termine (Cass. n. 3733/89), anche quando il decreto autorizzativo 
delfoseouzione immediata non sia stato trascritto nella copia del 
precetto notificata. al debitore (Cass. n. 3792/89). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1993 n. 4957 -Pres. Salaf.ia Est. 
Baldassarre -P. M, Di Salvo (diff.) -Ministero delile Finanze (avv. 
Stato Palatiello) c. Menichetti (avv. Santoro). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Imposta di registro -Accertamento 
� Nullit� -Deduzione in primo grado -Necessit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972 n..6:36, art. 26). 
Bench� le norme di imposta non prev~dano per l'imposta di registro 
la necessit� di eccepire in primo grado la nullit� dell'accertamento, � 
egualmente inammissibile per il divieto dello ius novorum in appello la 
deduzione della nullit� per la prima volta in grado di appello (1). 

(1) Decisione di evidente esattezza, La norma processuale dell'art. 22 del 
d.P.R. n, 636/1972, che presuppone l'art. .345 c.p.c., vale allo stesso modo per tutte 
le imposte; d'altra parte l'art. 61 del d.P.R. n. 600/1973 esprime un principio 
generale. 

I 

! 

1 

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(omissis) La ci.corrente Amministrazione, denunziando violazione degli 
artt. 15, 19 e 26 del d.PR n. 636/72, 48 e 49 del d.P.R .. n. 634/72 e 20 
del d.P.R. n. 643/72 nonch� motivazione Jnsufficiente anche con ci.guardo 
al sistema del contenzioso tributario, ascrive alla Corte d'appello di avere 
prom.\nziato la nullit� dell'avviso senza rilevar�e la tardivit� della relativa 
domanda, proposta per la prima volta in secondo. grado, e senza accorgersi 
che proprio per tale ragione la C. T. di 2� grado l'aveva dichiarata 
inammissibile, mentre le parti private non avevano nemmeno impugnato 
tale capoi di non avere rMevato, nel merito, che l'avviso indicava 
ampiamente il criterio se~uito, che era stato quello della stima diretta 
con rlguardo al valore di comune commercio (conf. Cass. S.U. 5784/88), 
in presenza, per di pi�, di stima UTE, gi� utilizzata dalla C. T. di 1� grado 
senza contestazionri.. 

Osserva il collegio, con r.iguardo al primo e pregiudiziaie profilo di 
doglianza, che la Corte fiorentina, riportando in motivazione ile argomentazioni 
delle citate sentenze S. U. nn. 4844 e 4853 del 1987, ha fatto 
propria la premessa secondo cui, in tema d'imposta di registro e di 
INVIM (tanto nella disciplina di cui ai d.P.R. 26 ottobre 1978 n. 634 e 
643, quanto, per l'imposta di r�egistro, nel vigore del d.P.R. 26 apr.ile 1986 

n. 131), manca un'espressa previsione, a pena di nullit�, dell'obbligo deMa 
motivazione (contemplata invece per le imposte dirette e per l'IVA). 
Dalla non controven�a constataziione ha tratto � la conseguenza che non 
vale neppure il principio che la nullit� deve �essere dedotta a pena di 
decadenza nel ricorso davanti a1la commissione di primo grado�, senza, 
per altro, giustificare l'assunto, sebbene la questione fosse stata posta 
espressamente dall'Amministrazione resistente, che aveva eccepito l'inammissibilit� 
dell'eccezione di nuilit� dell'avviso, in quanto tardiva. 
La tesi della Corte del merito implica, da un lato, la qualif.icazione 
della carenza di motivazione dell'avviso di �accertamento, in materia di 
imposta di registro (e di INVIM), come causa di nullit� e, d'altra parte, 
la rilevabilit� in ogni fase del giudizio tributario (ed anche d'ufficio), 
della nullit� medesima. 

La prima imp1icazione trova il conforto della ormai consolidata giurisprudenza 
di questa Corte secondo cui, in tema di imposta di registro, 
INVIM ed imposta di successione, l'inosservanza dell'obbligo di 
motivazione dell'avviso di accertamento determdna nullit� dell'atto (discendente, 
pur in mancanza di un'espressa comminatoria di legge, dalla 
sua inidoneit� allo scopo), con il conseguenziale dov.ere del giudice tributario, 
davanti al quale sia impugnato, di dichiararne l'invalidit�, astenendosi 
dall'esame del merito del rapporto (conf. sent. 12141/90, 3578/89, 
5782/88, 5784/88 cit., 4853/87 cit.). 

Affermata cos� la causa di nullit�, la seconda implicazione viene a 
porsi in contrasto con il sistema ed i principi del contenzioso tributario, 


270 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

non potendo giustificarsi una diversit� di disciplina, in tema di deduzione 
dei motivi, in base alla diversa configurazione normativa della causa 
medesima. 

Risulta quindi conferente, sebbene non riferito aMe imposte qui m 
esame, H principio espresso da questa Sezione (conf. sent. n. 3630/88), 
secondo cui, con il ricorso .alla Commissione Tr.ibutaria Centrale (e la 
regola vale anche per l'impugnazione dinanzi alla Corte d'appello, 'ex articolo 
40 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636), il contribuente non pu� per la 
prima volta prospettare nuove ragioni di nullit� dell'avviso d'accertamento, 
diverse da quelle fatte valere davanti alla commissione di primo 
grado, dato che 1e controversie tributarie non si sottraggono al principio 
del divieto di ius novorum in fase d'impugnazione, restando quindi 
esclusa, tanto con l'appello alla commissione di secondo grado, quanto 
con detto ricorso alla Commissione centrale {o impugnazione avanti la 
Corte d'appello), la facolt� di dntrodurre ulteriori temi d'indagine e di 
decisione. 

A maggior rag,ione deve escludersi la proponibilit� in sede di gravame 
della questione di nullit�, che non sia stata fo alcun modo eccepita 
in primo grado. 

Il predetto divfoto � stato ribadito con la sentenza n. 1229/90, l� dove 
afferma che, nella disciplina del contenzioso tributario di cui al cit. d.P.R. 

n. 636/72, la deduzione di nullit� dell'avviso di accertamento per difetto 
di motivazione, che sia stata disattesa dalla commissione di primo grado, 
pu� essere esaminata dalla commissione di secondo grado soltanto se 
riproposta con i motivi dell'appello (principale o incidentale), essendo 
esclusa la facolt� di successiva integrazione dei motivi stessi, facolt� prevista 
dall'art. 19 bis (introdotto dall'art. 11 del d.P.R. 3 novembre 1981 
n. 
739) solo per il giudizio di pr.imo grado. 
Ne deriva che, �essendo la sentenza impugnata ispirata a tutt'altro 
principio in ordine alla rilevabilit� della nullit�, la prima e pregiudiziale 
doglianza, deve essere accolta, rimanendo assorbita la seconda, che attiene 
aMa gradata questione della congruit� della motivazione. 
La sentenza stessa va, per tanto, cassata con rinv.io per nuovo esame 
ad altra Sezione della Corte d'appello di 1Firenze, la quale dovr� fare 
applicazione del seguente principio di diritto: 

�In tema di imposta di registro e di INVIM la nullit� dell'avviso 
d'accertamento per difetto di motivazione deve esse11e dedotta dal contribuente 
innanzi alla commissione tributaria di primo grado ed � quindi 
inammissibile fa sua deduzione per la prima volta innanzi alla commissione 
tributaria di secondo grado�. (omissis) 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 271 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 maggio 1993, n. 5184 -Pres. Favara Est. 
Greco -Soc. La Vigile San Marco (avv. Rossi) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Laporta). 

Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Operazioni esenti 


Servizi di vigilanza e custodia da parte di guardie giurate -Si esten


de al trasporto. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 26). 
Agli effetti dell'art. 10 n. 26 del d.P.R. 633/1972, l'esenzione prevista 
per i servizi di vigilanza e custodia da parte di guardie giurate si estende 
al servizio di trasporto contemporaneamente prestato (1). 

(omissis) Con il primo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione 
dell'art. 10 del d.P.R. n. 633/72, .in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; 
in subordine, omessa ed insufficiente motivazione deHa decisione in relazione 
all'art. 360 n. 5 c.p.c. 

Assume la ricorrente che il servizio di trasporto e vigilanza di valori 
si concreta in attivit�, strettamente connesse, in cui ile prestazioni concernono 
beni in movimento. 

E, dunque, la normativa che esenta dall'imposta i servizi di vigilanza 
effettuati da istituti autorizzati a svolgere esolusivamente tale attivit� 
non pu� essere interpretata in senso meramente letterale, scorporando, 
in una prestazione che � complessa, diverse componenti, ma deve 
essere intesa unitariamente, valorizzando le final.it� dei servizi. 

Di conseguenza, l'af:formazione della Commissione secondo cui a riprova 
della separazione tra 1e due attiv.it� (trasporto e vigilanza) si porrebbe 
la considerazione che esse potrebbero essere svolte da soggetti 
diversi, non coglierebbe la peculiare caratteristica del servizio e la sua 
specificit�. 

N�, tra l'altro -rileva ancora la ricorrente -potrebbe trascurarsi 
il carattere meramente accessorio dell'attivit� di trasporto nel contratto 
di � scorta valori � sicch�, per altro verso, resterebbe comunque esclusa 
la soggezione all'IVA ex art. 12 del d.P.R. 633/72. 

Ai fini de11'esenzione, poi, non sarebbe possibile scorporare i costi 
dalle spese per il servdzio, n� rilevante che la richiesta al cliente sia 
stata ef:fottuata a titolo di � rimborso �. 

Denunzia, infine, la ricorrente la insufficiente motivazione della decisione 
laddove ha escluso che trasporto e spese necessarie possano essere 
ricondotte nell'attivit� del servizi.o di vigilanza. 

(1) Non constano precedenti. Il metodo di interPretazione della norma di 
esenzione non convince. 

272 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

La cens.ra � fondata avendo la Commissione tributaria centrale, 
nella decisione impugnata, �erroneamente interpvetato ed applicato il dato 
normativo concernente la esenzione gi� prevista dall'art. 10 n. 26 d.P.R. 
633/72 e successive modirfkazioni. 

� opportuno rilevare che per l'art. 10 n. 26, d.P.R. 633/72, dopo le 
disposizioni integrative e correttive di cui al d.P.R. n. 24 del 29 gennaio 
1979, �le prestazioni di servizi di vig.ilanza effettuati direttamente da 
istituti autorizzati ad esercitare esclusivamente tale attivit�� erano esenti 
dalrnmposta. 

Con il d.l. 30 dioembre 1982 n. 953, il n. 26 dell'art. 10 fu soppr�esso. 

I�n sede di conversione, con l'art. 5 della legge 28 febbraio 1983 n. 53 
sono state apportate modificazioni al d.P.R. 633/72 e l'esenzione dell'imposta 
� stata accordata, previa sostituzione del n. 26 dell'art. 10 del d.P.R. 
633/72, alle �prestazioni dei servizi di vigilanza o custodia di cui al r.d.l. 

26 settembre 1935 n. 19522 �. Quest'ultimo provvedimento ~egislativo disciplin� 
il servizio delle �guardie particolari giurate�. 

Orbene, � agevole constatare che il testo normativo -di per s� non 
risolve i quesiti introdotti dalla vicenda che � stata oggetto di esame 
della CTC la cui decisione � impugnata innanzi alla Corte di legit-; 
timit�. 

� necessado, allora, per affermare o esoludere l'applicahllit� dell'esenzione 
alle prestazioni dell'istituto ricorrente e/o per determinarne 
i limiti, individuare la reale portata della norma. 

Un'analisi effettuata con riferimento alle singole componenti del servizio 
prestato dagli Istituti, farebbe prendere atto deMa pluralit� di � cause 
� ed indurrebbe all'affermazione che la fattispecie � riconducibile 
-nel pi� ampio quadro dei contratti atipici -nell'ambito dei contratti 
misti. La diversit� delle � cause � preluderebbe alla loro fusione 
con la conseguenza di dover individuare la disciplina applicabi�le alla 
stregua del criterio della � prevalenza �. 

Tuttavia, dndividuare la disciplina applicabile in ragione della � pre� 
valenza � riconosciuta all'una o all'altra. delle figure che compongono il 
contratto atipico non apporta elementi risolutivi alla individuazione dei 
limiti della esenzione perch� occorrer� sempre stahllire se la restrizione 
della agevolazione ai soggetti, allorch� svolgono � servizio di vigilanza o 
custodia�, comporti, �effettivamente, la non considemzione di quelle componenti 
che, in vfa ordinaria, danno consistenza ad una figura tipica. 

In definitiva, se -come sostiene la ricorrente -la attivit� di vigilanza 
costituisce l'unico reale scopo del contratto mentre le modalit� o 
le circostanze in cui la vigilanza si attua sono affatto insignificanti. 

Ed invero, la distinzione posta dalla C.T1C. a base della interpretazione 
del dato normativo -prestazioni realizzate �in occasione� del 
servizio di vigHanza o custodia distinte dalle prestazioni � necessarie 
allo svolgimento � di quel servizio -� anche essa insufficiente. a� deli


1 

. I 



PARm I; SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

neare ii limiti della esenl!'lione nel senso che �, comunque, necessario accertare 
se le attivit� svolte, nella fattispecie, da �La Vigiile San Marco � s.r.l. 
siano riconduclbjli all'una o all'altra ipotesi (�in occasione�; � necessarie 
allo svolgimento�). 

Perch� .\:elemento da acquisire, essendo insu:l�ficiente l'affennazJione 
che certe prestazioni effettuate per assicurare il servizio di vighlanza 
vanno considerate �svolte �in occasione � e non per � lo svolgimento � 
de1l'attivit� �, per l'appunto, la collocal!'lione di quelle prestazioni (trasporto, 
ecc.)~ 

Ed allora, �l'unico criterio� per la delhn.itazione dell'area di esenzione 
� quello della finalit� della richiesta del servizio che, se ha viguardo 
anche al trasporto, � solo perch� �in quel tempo� occorre la vigilanza 
(o fa scorta). 

In realt�, il richiedente del servizio domanda Ja vligilanza dei valori 
-che pu� risolversi dn attivit� di scorta ~ per un determinato tempo; 
ma � del tutto irrilevante, ai fini del riconoscimento dell'esenzione, che 
m quel tempo si debba effettuare iJ. fisico spostamento dei valori da 
un iluogo ad' un altro. L'esigenza del trasporto si atteggia, �in qualche 
misura � come iJ. motivo della richiesta di vigilanza e scorta; epperci� 
giuridicamente irrilev�llte. 

D'altra parte, che questo .sia stato il principio che ha guidato il legislatore 
traspare dal rilievo clie :il servizio di vigilanza, attuato con da 
� scorta � dei valori attiene, di sicuro, ad un servizio in movimento e se 
si � disposta la esenzione per la vigilanza �con scorta�, oltre che per 
la custodia, vuol dire che la prima prestazione � �esente anche per Ja 
componente�� che attiene al trasporto. 

N�, in contrario, vale l'obiezione che il trasporto potrebbe essere 
effettuato da .soggetto estraneo al rapporto di vighlanza perch� questo 
servlizio -e non solo negli ultimi tempi -� notoriamente svolto da ,istituti 
specializzati con attrezzature di servizi e di personale (ile cui esigenze 
attengono incontestabilmente a quel servfaio e godono, per tanto, 
del trattamento ad esso accordato dal legislatore) e non pu� certo H 
legislatore aver omesso di considerare la realt� inconfutabile che la 
vigilanza che si attua 1I1ecessariamente con la scorta dei valori � compiutamente 
svolta 1I1ella �sua interezza -in tutte le fasi -!in ogni suo 
elemento, dal soggetto chiamato ad assicurare fa vigilanza sl.li� valor.i. 
Che siano trasportati, oppur no, ha insignificante rMevanza. 

Va ribadito, quindi, che la limitazione della esenzione in favore degl� 

istituti autorizzati ad esercitare, con guardie giurate, tale attivit� non 

pu� essere i;:iferita agli istituti in relazione all'attivit� diretta ad eserci


tare il �solo � controllo � dei valori dovendo, invece, ritenersi che resta 

� attivit� di vigilanza � anche il trasporto di quei valori che i soggetti 

di cui al r.d.L 1952/35 esercitano allorch� da finalit� di vigilanza rap


presenta la vera ragione di richiesta della prestazione, atteggiandosi, 


274 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

tutte le c.d.. prestazioni ulteriori, come elementi insiignificanti ai fini 
dell'applicazione dell'imposta perch� � in s� insignifkante, nehl.a econo. 
mia generale del contratto, il costo di quelle c.d. prestazioni ulteriori. 
Di esse, in realt�, quelle che nominalmente attengono al trasporto sono, 
in effetti, inerenti alla vig1lanza (mezzi blindati, ecc.). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5445 -Pres. Salafia Est. 
De Musis -P. M. Romagnoli (conf.) -Soc. Sodib� c. Ministero 
delle finanze (avv. Stato Lancia). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di bollo -Ricevuta -Nozione . Estratti 
di conto . Differenza. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 632, tariffe artt. 19 e 20). 
Le ricevute, quietanze ed altri atti menzionati nell'art. 19 della tariffa 
del d.P.R. 632/1972, sono rilasciati per la liberazione totale o parziale 
da un'obbligazione e, come documento di un credito, esprimono l'operazione 
conclusiva di un rapporto. Gli estratti di conto ed altri atti menzionati 
nell'art. 20 della stessa tariffa sono strumenti di evidenziazione 
di un rapporto con funzione strumentale di una situazione in via di svolgimento 
(1). 

(omissis) Con il primo motivo si deduce che '1a Corte di Appehl.o, affermando 
che Ie ricevute, contemplate nell'art. 19 de11a tariffa all.egata al 

d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 632 sono queHe aventi contenuto 1ibe!'atorio 
mentre le ricevute cli accr.editamento contemplate nel successivo art. 20 
sono quelle aventi contenuto meramente contabile, � incorsa in violazione 
o falsa applicazione degli artt. 19, 20 e 20 bis di detta tariffa. 
Dal momento che l'art. 7 del decreto definisce in via generale la ricevuta 
individuandola in quella liberatoria, difatti, tale contenuto � presupposto 
in entrambe le ricevute, e pertanto le seconde si differenziano 
dalle prime non per la ricorrenza o no di tale contenuto, �che � comune 
ad entrambe, ma solo perch� '1e seconde assolvono (anche) alla funzione 
di accreditamento (o. di addebitamento) e, inoltre, devono contenere, 
come prescr.ive l'art. 20, l'indicazione del conto corrente al quale esse 
si riferiscono. 

Il motivo � infondato. 
L'art.. 19 contempla le � ricevute, quietanze, note, conti, fatture, distinte 
e simili, quando la somma supera lire 50.000 ovvero sia indeter


(1) Decisione da condividere. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 275 

minata o a saldo per somma inferiore al debito originario senza indicazione 
di questo o delle precedenti quietanze �. 

L'art. 20 .;ontempla gli �estratti ili conti, nonch� fottere e altri documenti 
di addebitamento o di accreditamento di somme, portanti o meno 
la causale dell'accreditamento o dell'addebitamento e !'elativi benestare 
quando la somma supera lire 50.000 �. 

Il confronto tra J,e due previsioni evidenzia la ratio e la portata 
specifica delle stesse. 

La prima si riferisce agli atti che documentano un credito o un debito 
specificamente inilividuato, e che attestano la definizione di uno specifico 
rapporto: gli atti, cio�, sono tassati per il contenuto sostanziale 
che essi esprimono. 

La seconda si rtiferisce agli atti che costituiscono strumento di evidenziazione 
di un determinato rapporto o strumento di incisione in esso: 
gli atti, cio�, sono tassati per H loro valore formale. 

La prima previsione, quindi, contempla atti che potrebbero essere 
definiti � fJnali �, in quanto esprimono l'operazione conclusiva di un rapporto, 
laddove la seconda previsione contempla atti che potrebbero essere 
definiti �strumentali�, in quanto sono documentazione di una parte 
di un rapporto in via di svolgimento e la cui definizione avverr� in sede 
e con modalit� div�erse. 

Costituisce riprova di tale conclusione il fatto che la definizione ili 
ricevuta (quale �dichiarazione ... rilasciata per liberazione, totale o parziale, 
di un'obbligazione pecuniaria�), che ol'iginariamente era stata collocata 
nell'art. 7 del decreto in esame, con le modifiche a questo apportate 
� stata collocata nell'art. 19, e non (pure) nell'art. 20. 

Nessuna argomentazione contraria a1la conclusione pi� sopra esposta 
pu� trarsi dalla introduzione successiva dell'art. 20 bis -che contempla 
le �ricevute, 1ette!'e e ricevute di accreditamento e simili, ... con


0

segnate per l'incasso o altrimenti negoziate presso aziende e istituti di credito 
� -norma che le parti pongono a sostegno delle rispettive tesi, 
deducendo l'Amministrazione che la norma contempli atti che prima 
erano compresi nell'art. 19 e le societ� che la norma invece contempli 
atti che prima .erano compresi nell'art. 20. L'esame della norma, difatti, 
evidenzia che gli atti m essa contemplati sono stati enucleati sia da 
quelli compresi nell'art. 19 -le �ricevute� -sia da quelli compresi 
nell'art. 20 -le � letter�e e 11ioevute di accreditamento� -e sono stati 
assoggettati a tassazione diversa allorch� in concreto assolvono ad una 
ulteriore funzione (�consegna per l'incasso� o �negoziazione�). 

Cor!'ettamente pertanto la Corte di appello ha ritenuto le ricevute 
de quibus assoggettabili alla tassazione prevista dall'art. 19. 
Esse, difatti, secondo la ricostruzione (non censurata) di tale Corte, 
in concreto assolvevano, oltre alla documentazione �strumentale� di 



276 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

una parte di un rapporto in v.ia di svolgimento (oggetto della tassazione 
prevista dall'art. 20), anche alfa documentazione �finale� de11a definizione 
di una singola operazione di quel rapporto {oggetto della tassa2lione 
prevista dall'art. 19). (omissis) 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5446 -Pres. Rocchi Est. 
Cicala -P. M. Delli Pr~scoli (conf.) -Borea (avv. Tricerri) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato De Stefano). 

Tributi in genere -Accertamento -Imposte dirette e IVA -Prova -Documenti 
contabili informali -Presunzione grave precisa e concordante. 


(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39). 
Il rinvenimento di una seconda contabilit� informale costituisce indizio 
grave preciso e concordante della esistenza di imponibili non registrati 
nella contabilit� ufficiale, valido per sorreggere l'accertamento induttivo 
ai fini delle imposte dirette e dell'IVA (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5454 -Pres. Ross.i Est. 
Cicala -P. M. Tridico (conf.) -MoroHi (avv. Perrone) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Del Gaizo). 

Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Reddito 
di impresa -Accertamento di maggiore reddito in base a criteri 
elaborati in relazione a settori di attivit� -Legittimit�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39). 
� legittimo il ricorso a criteri elaborati in relazione a settori di attivit� 
per determinare induttivamente il reddito di una azienda. Nella determinazione 
induttiva del reddito, mentre si deve tener conto dei costi. 
di impresa non possono detrarsi i costi specifici anche se documentati 
(2). 

(1-2) La prima sentenza segue una giurisprudenza costante, come risulta 
dai precedenti citati nel testo. 
La seconda sentenza consolida l'affermazione della legittima utilizzazione 
di esperienze su settori di attivit�, anche attraverso la determinazione media 

II 


I 
I
ill 
I I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 277 

I 

(omissis) Con un ulteriore or.dine di argomentazioni il. contribuente 
contesta la tesi del giudice tributario secondo cui appunti inforimalii. raccolti 
in un bloc}(-notes possono costituire prova di un giro d'affari non 
denunrj.ato. 

Questa tesi del ricorrente � per� in puntuale contrasto con la giurisprudenza 
di questa Corte che ha sempre ribadito la utilizzabiiit� da 
parte della amministrazione finanziaria delle llUUOtazioni tenute in modo 
informale e per propria memoria clagl,i ~mprenditori, dal momento che 
� ovvio come tali appunti contengano sovente dati ben pi� veritieri di 
quelli. riportati n�lla contabilit� � ufficiale� pre~sposta ad uso del Fisco. 

Baster� ricordare la recentissima sentenza n. 13331 del 17 dicembre 
1992, con cui questa �Corte ha affermato che il rinveruimento di una seconda 
co11tabilit� informale tenuta su un brogliaccio costituisce indizio 
grav�e, precis~ e concordante della esistenza di imponib1li non registrati 
sulla.� contabilit� ufficiale, eperci� �famministrazione finanziaria pu� proceder� 
ad accertamento induttivo deH'iimponibile ai fini ILOR ed IRPEF. 
E nei medesimi termini � la sentenza n. 5786 del 15 .maggio 1992 (in Corr. 
Trib. 1992, 27, 1959), che ha ritenuto la piena attendibilit� di un brogliaccio 
al fine dell'accertamento induttiivo de1l'imponibile ai fini IVA. 

Giova altres� ricordare che con sentenza n. 8904 del 23 luglio 1992 
(in Corr. Trib. 1992, 37, 2645) � stato affermato che il rinvenimento nei 
locali della azienda di matrici di conto corrent� bancario contenenti annotazioni 
circa le ragiorui di emissione deg.li assegni stessi costituisce 
indi:~;io grave, preciso e concordante ai fini. di un accertamento induttivo 
sia dell'imponibile ai fini IVA, sia dei redditii ai fini de1le imposte 
dirette; E nella sentenza n. 6206 del 1� giugno 1991 (in Corr. Trib. 1991, 
27, 2019) si � gitlilti ad analoga conclusione in riferimento agli estratti 
di conto corrente bancario. Irl ricorso deve perci� essere respinto. (omissis) 

II 

(omissis) Il primo motivo si articola in cinque diversi prof.ili. 
Di questi profm. due sono inammissibili: in particolare la deduzione 
secondo cui il reddito da banco di pegni. avrebbe dovuto essei;e classifi


cli percentuaU di ricarico (sent. 15 novembre 1991 n. 12220, in questa Rassegna, 
1991, I, 601). 

Ambedue le sentenze mettono in luce che gli strumenti utilizzati (contabilit� 
in nero e dati di esperienza) danno concretezza a presunzioni su cui si 
fonda un accertamento induttivo; tale accertamento extracontabile e con metodo 
sintetico, se pure deve tenere conto dei costi di produzione, sempre determinati 
sinteticamente, per stabilire un reddito netto, non pu� considerare i 
costi specifici, anche se documentati. Su questo ultimo punto v. Cass. 13 marzo 
1992, n. 3083, in questa Rassegna, 1992, I, 140. 

IO 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

278 

cato -in categoria C/1 anzich� B � sollevata per la prima volta in 
secondo grado, mentre del tutto nuova � la questione velativa alla classificazione 
dei redditi della azienda agricola. 

La Commissione Tributaria Centrale ha poi correttamente motivat� 
sia in ordine alle circostanze che giustificano l'accertamento induttivo, 
e che si concretano neHa grave insuffidenza dei documenti forniti dal 
contribuente, .sia in ordine agli elementi utilizzati in sede di determinazione 
del reddito presun1Jivo. In particolar�e � evidente la legittimit� 
del ricorso, per determinare il reddito di una azienda, a criteri elaborati 
in relazione al settore di attivit�. 

Nella numerosissima giurisprudenza in proposito baster� ricordar� 
le sentenze di questa sezione n. 1376 del 7 febbraio 1992 e n. 12220 del 
15 novembre 1991. 

Per quanto attiene alla mancata deduzione delle spese, � agevole 
osservare che quando l'Amministrazione procede ad accertamento induttivo 
deve tener conto dei costi d'Jmpresa (sentenza di questa Corte 

n. 3083 del 13 marzo 1992), ma non certo detrarre dalla somma indicata 
!induttivamente, tenendo conto dei costi propri del settore di attivit�, 
anche .le spese documentate. (omissis) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1993 n. 5861 -Pres. Favara Est. 
Nardino -P. M. Simeone (conf.) -Elefante c. Ministero delle 
FJnanze (avv. Stato Palizzi). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario . Indebito oggettivo � Nozione. 

Tributi erariali indiretti � Imposta generale sull'entrata � Azione in sede 
ordinaria� Termini� Abolizione del tributo . Eliminazione delle norme 
sulla tutela giurisdizionale � Esclusione. 
(legge 19 giugno 1940 n. 762, art. 52; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 90). 

L'indebito oggettivo che esclude l'applicabilit� delle regole dettate 
per i procedimenti tributari � configurabile solo quando il potere impositivo 
non sia previsto in astratto nei confronti della generalit� dei cittadini. 
Ove l'Amministrazione assuma come realizzate le previsioni normative, 
la relativa contestazione deve sottostare alle regole e ai termini 
propri della controversia tributaria (1). 

Con l'entrata in vigore del d.P.R. n. 633/1972 che istituisce l'IVA, 
e contemporaneamente abolisce l'I.G.E., non sono state rimosse le norme 
sulla tutela giurisdizionale, e particolarmente l'art. 52 della legge 
19 giugno 1940 n. 762, relative al tributo soppresso (2). 

(1-2) La prima massima segue giurisprudenza costante (Cass. 10 marzo 1982, 

n. 1544 in questa Rassegna, 1982, I, 816; 21 novembre 1983, n. 6915, ivi, 1984, I, 

PARTE� 1, SEZ. -'V, -GIURtSPRUDENZA TRIBUTARIA 279 

{omissis) 1) Con il primo motivo H r.icorrente -denuncia � .vi�lazion� 
e falsa applicazione dehl'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 7.62, degli 
a:ttt 1421 � 2907 cod; civ~ dell'art 12 della legge 7 gennaio 1929' n. 4, dei 
prindpi generali in materia di decadenza, dd eapacit� di diritto e di 
ntillit� degli atti, in relazione all'art; 2 della legge 20 marzo 1865n. 2248, 
A.hl. E; omessa, insufficiente e contraddittoria rndtiv�ii�ne lri relaidone 
aihl'oggetto di specifica domanda di accertamento 'della inesistenza giuridica 
dell'atto amministrativo e alla sua conseguente ~nsanabiilit� impeditiva 
dell'inoppugnabilit� di esso {art. 360 n. 3 e n:; -5 c.p.c.) ;,, Egli sostiefie 
c:l�?errol:learnent� la Cdrte del merito ha ritenuto l'azione da ltil 
pr6p6sta .Soggetta altennine di cti�<l:clhtrt. 52 della legge l1. 762 del 1940, 
senza c()risdderare che, ove si conte~tf .:.'.... come nella specie -� 1a stessa 
potest� impositiva� dell'Am1Dinistrazione, � l'accertamento del giudi�e �rdi~ 
narlo cl~lla gedotta manc;mia di -tale . potest� non � con~i�nato -dal� 
iioneir~� pr~scritto� clahla_ �n~nl)a �_sopra .Mlc�cata.-. &icondo -i~ ricorrente, 
in mancanza di ii_na norllla :C.he attmil:)uisca in astratto _affente p.bblic~ 
la potest� (e la, c;apac:it� gtwidica) ad em;mare � quella specie di atti, 
neila quale�-rie:ntrerebbe quel�o -impugnato �, l'atto _medesimo deve con


�� � � � � � �� �� � � � "'.-� �� : V � � � � ' '. �� 

~icierai;si affetto da :.u.Uit� assol.ta ei q.i,ndi, inidon~o a produrre effetti 
giuridici; � �on l'uiltei;iore conseguenza _che esso___ � non potr� mai__ di;venire 
inoppugJ;labile� per decprso<di un termine di decadenza, Nel, caso in 
esame � � giwidicamente .impossibile affermare la 11esponsabilit� .del rappresentante 
.legale� di una societ� per azioni, in solido. _con la so�,iet�, 
per-pene� -pecuniarie ,attinenti -a .violazioni.-tributarie im.putahlli 'ed impu� 
tate) a quest'ultima, non potendosi far derivare tale responsabiilit� da!l� 

327; 20 apriie 1985, n. 2605, ivi; 1985; I, 845; 24 luglio 1986, n; 4741, ivi, 1986, I, 552), 
ma va segnalata: per la precisione -della sua motivazione. La mancanza di potest� 
impositiva, che giustifica. la libe;razione della ~one giurisdizionale da. og:.i 
:vincolo iinposto_ da no;rme particolari, pu� aversi solo quando (ipotesi irreale) 
la inancruiz� -disc�nda dalla Inesistenza della n�rma che, nei-c�nfr�nti-della generalit� 
dei cittadini; �ontenga la imposiZione della prestazione (� l� correlata 
potest� della Aniministrazione).; .. ln. buona sostanza.. valgono lec'.;regole ordinari~ 
s9lo quando l'ufficio pretepde 11na imposta che non esiste nell'ordinan::u~nt� o 
q�aii�io si domandi il rhnb�rs� _di" una somma pagata_-per _i.t�i _titolo' fotalrrtente 
inesistente. In talf casi Iio1i si pu� nemmeno porre il problema della 
soggezione della azione giurisdizionale a -regole particolari di .proceditnenti 
.(competenze, termini, ecc.) pyr la_ semplicy . ragione che regol~_del genere; non 
esistono riguardo ad un quid estraneo all'ordinamento. 

Ma non � tutto. Se l'Amministrazione assume come realizzat6 il presupposto 
di una obbligazione tributaria e quindi pretende una determinata prestazione 
pecuniaria a titolo_ di. tributo, si verte comunque nell'area di .una_ controversia 
di imposta . soggetta alle relative regole procedimentali i:. quanto -_si 
dis�ute soltanto della -fondatezza -dell'assunto dell'ufficio. 

La seeonda massima � di evidente esattezza. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 12 della legge 7 gennaio 1929 n. 4. La sentenza ha, dunque, falsamente 
applicato l'art. 52 della legge regolatrice dell'I.G.E. ed ha violato 
i principi di diritto indicati iin epigrafe; ha inoltre omesso di spiegare 
adeguatamente le ragioni de1la r,i,tenuta operativit� dell'� onere decadenziale 
con riferimento alla dedotta inesistenza giiuric;lica e, quindi, all'insanabilit� 
del provvedimento impugnato �, 

Il motivo � infondato. 

Questa Corte, giudic_ando in fattispecie analoghe a quella in esame, 
ha ripetutamente esolus� che l'atto impositivo a carico di soggetto non 
obbligato, in tesi, al pagamento del tributo o di sanzioni pecuniarie 
afferenti a violazioni di norme tributarie sia radicalmente nullo (o giuridicamente 
inesistente) per mancanza del potere di imposizione nei 
confronti del destinatario. 

La I�.nesistenza -in senso proprio -del potere impositivo si configura, 
.infatti, solo l� dove esso non sia previsto dalla legge in astratto 
e nei confronti della generalit� dei cittadini. Ove invece si controverta 
non su1la titolar,i,t� astratta del potere di cui si discute, ma sulla sussistenza 
ili concreto dei suoi presupposti e non se ne contesti quindi, nel 
caso singolo, 1a fonte ma solo l'esercizio, la fattispecie ricade nell'orbita 
del processo tributario e tornano applicabili ~ relativi termini di decadenza, 
Ja cui inosservanza cristallizza definitivamente l'obbligazione tributaria 
(cfr., in tal senso, Cass. nn. 786/93, 5985/85; 4782/81, 3823/69, 1298/66, 
1500/65). 

A tal riguardo si � ulteriormente chiarito, con <la menzionata sentenza 
del 1992 che, quante volte l'accertamento sconti la corrispondenza 
tra fattispecie astratta e caso concreto, nel senso che {'Amministrazione 
assuma .veaJizzata, nella situazione considerata, la previsione normativa 
ed il contribuente contesti siffatta realizzazione non perch� l'accertamento 
non sia riconducibile ad alcuna previsione di Jegge (come quando, 
ad esempio, si fondi su un presupposto d'imposta non contemplato dall'ordinamento 
o esiga, paradossalmente, il pagamento di un tributo da 
questo non previsto), ma perch� l'ente �impositore suppone evroneamente, 
in concreto, la presenza di situazioni astrattamente idonee ad integrare 
la fatmspecie tributaria, viene in discussione non gi� il potere di 
imposizione in astratto, ma la legittimit� dell'esercizio del potere medesimo 
in quel caso particolare, con conseguente attrazione della lite nel 
modulo procedimentale proprio de1le controversie tributarie. 

In coerenza con tale principio questa Corte ha affermato, con indi


rizzo ormai costante, che, in tema di I.G.E., l'az1one giudiziaria, in via 

d'impugnazione del provvedimento ministeriale irrogativo di sanzione 

pecunaria per violazione della relativa disciplina, � soggetta al termine 

di sessanta giorni, fissato a pena di decadenza (rilevabile anche d'uf


ficio) dall'art. 52 del r.d.l. 9 gennaio 1940 n. 2 (convertito con modifi


~~ 

:=;

f: 
~~ 

i: 
f: 
~: 

+ 


PARTE �, SEZ. V, GIURISl'RUDBNZA TR�BUTARIA 

cazioni in L. 19 giugno 1940 n. 762), anche quando si contesti fa sussistenza 
'dei presupposti p�t l'eserci:l'Jio del potere sanzionatorio nei confronti 
di un determinato soggetto, come nel. caso dell'amministratore 
di'societ�, rospetto ad infrazione riscontrata a carico 'della societ� medesima, 
epure se l� domanda sfa successiva alla data di soppressione dell'I.
G.E. (1� gennaio 1973); atteso che tale soppressione, non toccando i 
rapporti sostanziali in precedenza insorti, non incide; in difetto di previsione 
contrar.fa, sulla persistente operativit� delle specifiche regole inerenti 
alla tutela giurisdizionale dei rapporti stessi (cfr., da ultimo, Cass. 
nn. 4670/90 e 786/93 cit.; v. anche Cass. nn. 1875/87, 4700/85, 3565/79). 

In taJ senso ha deciso la Corte d'Appello di Milano, la cui pronuncia, 
integrata e precisata nella motivazione con le considerazioni innanzi 
esposte, si sottrae, per quanto attiene alla questione fin qui trattata, 
ai rilievi critici del rkorrente. 

i!. appena il caso di aggiungere che non sono deducibili, come motivi 
di ricorso per cassazione, vizi della motivazione della sentenza, che 
attengano aUa soluzione di questioni giuridiche, quando il dispositivo 
sia -come� nella specie -conforme a di�ritto, dovendosi in tal caso aa 
Corte limitare a correggere la motivazione erronea (art. 384 cpv. c.p.c.). 

U primo motivo deve essere, pertanto, rigettato. 

II) N� merita diversa sorte il secondo mezzo, con il quale, denunciando 
violazione e falsa applicazione dell'art. 90 �d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 633 e dell'art. 52 della L. 19 giugno 1940 n. 762, in relazione aiH'art. 15, 
disp. prelim. cod. civ., il ricorrente sostiene che d �gravami� giurisdizionali 
in materia di I.G.E., proposti dopo il 1� gennaio 1973, non sarebbero 
pi� soggetti all'osservanza del termine fissato da una norma (articolo 
52 della legge n. 762/40) che mantiene ferm:i, dopo la soppressione 
di detto tributo, gli � obblighi � dedvanti dai rapporti sorti anteriormente 
aJ gennaio 1973 e regolati dalla previgente normativa, ma non contiene 
alcuna menzione degli �oneri� (come quello prev.isto dal citato 
art. 52) n� dispone l'ultrattivit� delle norme procedurali abrogate. 
La Corte del merito avrebbe dovuto, pertanto, dtenere ammissibile 
il �gravame� contro il decreto del Ministro, indipendentemente da quanto 
dedotto con il pr:imo motivo. 

Anche a tal riguardo deve rilevarsi come la tesi dei ricorrenti contrasti 
con il principio, 1ripetutamente affermato da questo Supr�emo Collegio, 
secondo il quale la interpretazione riduttiva dell'art. 90, ultimo comma 
del d.P.R. n. 633/72, proposta dall'Elefante, non solo non trova riscontro 
nel testo della norma, ma palesemente non si concilia con la ratio 
della medesima, rivolta a mantenere in vita, relativamente ai rapporti 
sorti anteriormente al io gennaio 1973, la previgente disciplina dei tributi 
soppressi nella sua interezza, senza alcuna distinzione o limitazione 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

282 

alfintemo delle singole normative abrogate, e quindi senza esclusione 
delle disposizioni di carattere processuale, comprese quelle contenute 
nell'art. 52 della legge n. 762 del 1940, delle quali cosmtuisce parte integrante 
ed inscindibile la previsione del termine per la proposizione dell'azione 
giudiziaria in sede civile contro l'ordinanza definitiva dell'Intendente 
di Finanza o contro il decreto del Ministro (cfr. Cass. nn. 786/93 
e 4670/90 cit.). (omissis) 



PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


APPALTI DI �SERVIZI� E SERVIZI PUBBLICI 

SoMMAtUo:.� l. Introduzfone. Il concetto�di servizio pubblico -2. Imprese pubbliche 
e private. L'articolo 90 del Trattato CEE .... 3. La normativa in materia di appalti 
..,; 4, La direttiva 92/50/CBB in tema di � servizi� -5, La nozione di appalto 
-6. Le amministrazioni aggiudicatrici -7. Servizi prioritari e residuali 
-8. I contratti esclusi -9. Le concessioni -10. Le soglie di applicazione lL 
Le procedure di aggiudicazione -12. Il concorso di progettazione -13. 
Le specifiche tecniche� -14. � La pubblicit�-15. Le modalit� di selezione -16. I 
criteri di aggiudicazione -17. Disposizioni ulteriori -18. I servizi nei �settori 
esclusi � (acqua, telecomunicazioni, energia, trasporti). 

1.INTRC)DUZIONE. IL CONCETTO DI SERVIZIO PUBBLICO. 

L'apertura alla concorrenza del settore dei servizi, e� dei servizi pubblici in 
particolare, costituisce l'oggetto di un� dibattito che si � da qualche tempo vieppi� 
intensificato. � 

. L'interv'�nto normativo comunitario, suffragato sempre pi� dall'azione incisiva
� della:� Corte di�.Gi.stizia, cos� come �la ridefinizione, a liveHo nazionale, dei 
compiti � �delle modalit� d'azione dei soggetti� preposti a fornire un servizio al 
pubblico;' rappresentano il punto di partenza di \in processo che si � ormai 
avviato e che ha come obiettivo quello di � riformulare� nel suo complesso 
il ruofo e l'int�rvento dello Stato nell'economia sottoponendo la sua azione ad 
una � veriffci:t in termini di corr�tt�zza e legittimit�. 

II processo di iiltegrazione comunitaria non poteva arrestarsi di fronte ad 
ampi settori dell'economia caratterizzati da situazioni anticoncorrenziali e da 
diffusa inefficienza. Ci�, si constata generalmente, ha luogo sia laddove l'autorit� 
pubblica si incarica direttam�nte della '.Prestazione di determinati servizi, 
sia allorch� delega la gestione ed erogazione dei medesimi a concessionari 
che sono al riparo da ogni sollecitazione di tipo concorrenziale. � 

La nozione di servizio pubblico � peraltro di difficile definiz�one. Dal punto 
di vista giuridl.co d�signa in generale l'esercizio di lin'attivit� disciplinata dal 
diritto ammii:tistrativo; dal punto di e vista funzionale il concetto � correlato all'obiettivo 
di perseguire un interesse pubblico generale, di cui indifferentemente 
possono farsi carico organismi pubblici o privati, ai quali lo Stato conferisce 
prerogative ed impone obblighi. 

In paesi come l'Italia e la Francia viene di solito riconosciuto che si tratta 
di un concetto di carattere evolutivo:� la sua stessa definizione, oltre che il contenuto, 
variano in funzione delle esigenze sociali, del progresso tecnico, pi� in 
generale delle abitudini caratteristiChe della vita civile; in altri Stati invece il 
concetto � quasi del tutto sconosciuto. 

Sarebbe oltremodo fuorviante, in questo contesto, attribuire alla direttiva 
92/50/CEB (1) relativa agli appalti di servizi, Che costituisce il nostro principale 
oggetto di attenzione, significati che vanno al di l� della sua effettiva portata. 

(1) Direttiva del Consiglio 92/50/CEE del 18 giugno 1992, in G.u.c.e. L. n. 209 del 
24/7/1992. 

32 

RASSEGNA AVVOCATURA DBLLO STATO 

Si tratta infatti, come dimostrato dal seguito della trattazione, di una direttiva 
che si limita ad estendere ad alcuni tipi di servizi, aggiudicati da entit� pubbliche, 
le regole procedurali gi� contenute nelle precedenti direttive in materia di appalti 
di lavori e forniture. Fra l'altro, � opportuno rammentarlo fin d'ora, la direttiva, 
contrariamente alle attese, non disciplina affatto le concessioni di servizio 
pubblico. 

L'attualit� del dibattito sul concetto di servmo (e di servizio pubblico 
in particolare), vivacizzato da significativi interventi normativi ed incisive 
pronunce giurisprudenziali, che sempre pi� ne precisano ambito di applicazione 
e modalit� operative, non pu� esimerci dallo svolgere qualche rapida considerazione 
sulla portata e sull'interpretazione che del medesimo, a livello comunitario, 
viene fornita. Ci� anche a fine di collocare la normativa in tema di appalti 
in un contesto pi� ampio, in cui � dato ritrovare elementi alla luce dei quali 
risultano pi� facilmente comprensibili le ragioni di talune scelte normative. 

2. IMPRESE PUBBLICHE E PRIVATE. L'ARTICOLO 90 DEL TRATTATO CEE. 
Dal punto di vista giuridico, a livello europeo,. i servizi pubblici sono regolati 
da un lato da disposizioni di diritto civile, applicabili alle imprese pub� 
bliche e private concessionarie dei medesimi, dall'altro da un regime di carattere 
amministrativo relativo alle obbligazioni che incombono sul titolare della 
concessione e che sono inerenti all'esercizio stesso dell'attivit� in questione (2). 

E' importante ricordare che le regole del Trattato CEE si applicano allo 
stesso modo nei confronti delle imprese pubbliche cos� come delle imprese 
private (pur nel rispetto delle loro caratteristiche specifiche). Il sistema giuridico 
comunitario prevede infatti regole specifiche per le imprese pubbliche o 
private a cui lo Stato ha conferito particolari prerogative (i diritti speciali o 
esclusivi, appunto), al tempo stesso riconoscendo che quelle �incaricate della 
gestione di servizi di interesse economico generale � possano sottrarsi al rispetto 
delle norme specifiche, ad esempio, del diritto della concorrenza, nei limiti necessari 
alla � salvaguardia� della propria specifica �missione� (cos� l'art. 90 del 
Trattato CEE) . 

Spesso, come accennato, l'autorit� statale � intervenuta al fine di garan� 
tire essa stessa la prestazione di servizi pubblici. Talvolta i poteri pubblici si 
sono limitati a regolamentare l'accesso a tali attivit� (ad esempio istituendo un 
regime di autorizzazione) o ad assumere partecipazioni (di minoranza o di mag� 
gioranza) in societ� disciplinate dal diritto privato, in altri casi si sono attri� 
buiti alcune attivit� esercitandole con vari mezzi: creando organismi pubblici 
disciplinati dal diritto amministrativo o dal diritto privato, societ�, oppure affidandole 
in concessione a privati (3). 

(2) Il Trattato CEE stabilisce, all'art. 222, che: � il presente Trattato lascia del tutto 
impregiudicato il regime di propriet� esistente negli Stati membri �, con ci� stabilendo in 
generale il principio di neutralit� del diritto comunitario nei confronti del regime di propriet�, 
pubblico o privato, delle imprese. Da ci� deriva che ogni Stato � libero di scegliere 
tale regime. Ci� soprattutto con riferimentto al fenomeno, di grande attualit�, delle privatizzazioni 
o nazionalizzazioni (questa neutralit� si trova poi � rinforzata � da quanto disposto, 
sul punto, dal Trattato di Maastricht) e alla scelta dell'entit� alla quale attribuire 
la gestione di determinate attivit�. 
(3) Giova ricordare come la stessa Costituzione italiana del 1948 abbia attribuito dignit� 
di principio costituzionale all'intervento dello Stato nell'economia, considerato fattore di 
equilibrio politico e di promozione sociale. Ci� ha assunto le forme pi� diverse nel corso 
di questo secolo. Si sono avute nazionalizzazioni pi� o meno complete di settori in cui 

PARTE II, QUESTIONI 

E' a: tutti evidente come 1a-concreta appl�cazi�ne dei vari reg�n:ii previsti 
dalla Costituzione per l'erogazione dei servizi abbia spesso dimostrato gravi 
carenze; Sia, riome rilevato, che s'i tratti di gestione� diretta da parte della pubblica 
amministrazione (il s'erVizio postale), di� azienda speciale (l'e:ii: ASST, la 
azienda statale per i servizi� tefofon�ci) di concessforie a privati�� (iFti:'asporto su 
11omma)> o di societ� a partecipazione��maggforitariil: pubblica{la���SNAM per il 
gas; la�SIP pei' i servizi telefonici), l risultati; in �termini� di efficienza �gestionale 
e di qualit�: del servizio reso, non paiono sempre soddisfacenti. 

--� �L'esistenza, �irf tiri. determinato settare, ctf �-.una ei'fettiVa concorrenza fra i 
diversi operjltori, spesso comporta . invece '.nit 1naggiore . efficienza che � tale da 
co,iseritire, alfo stesse imprese . erogatrici�� ciel servizio, n col1seguimento di imJ!
orta:nt�. eeonbmie � di scala � il veiific�rsi.��de11e . condizioni . �ffirich� il servizio 
sfa: #restato iii niMo a:�ie@ato, � �_ � _... � -�-�---_-_� � 

Il fatto che un servizio,_ s0prattutto se. qllalificato � p.bblko �, debba essere 
prestafo�.-in. modo�.�� effi�fonie, costituisce �_un. elemento. ormai. pacificamente rico:
11.osciuio.: E' tuttavia .cli fonda.ienta1e importapza e.ile qqesto elemento sia stato 
diilla_ Co:tte .!;ii. Qiusti;1;ia p(i$.t0 �.a,. �ar$le cli \ltl suo recente .orientamento giuris:
PPi~nziale;. ajloicb;~ .ha .~fe1'm.atojn mQdo del :tutto inequivoco che l'idoneit� 
del servizio fomito a soddisfare le esigenze del mercato>�ostituisce il criterio 
principale, in base aLquale valutare se pe:r;mane giustificato il mantenimento di 
un monopolio; da P�l'te dello Stato o dell'eventua�e concessionario (vedasi, sul 
punto> .le � recenti �Hofri,�t ,; -� (4); � �e' �/Porto� di .Genova � (5), rispettivamente in 
data 23 aprile 1991 �e 10 dieembr� � 1991. 

Nel moiriertt� � m cui il� servizio� in questione non� � in grado di soddisfare 
i bisogni d�j!li U:tentie si rivela perci� mad�guato, vengono meno le ragioni del 
suo es�rciii�/a titOfo esclusivo, da parte della stessa autorit� pubblica prepost�.
a fornirh �La conseguenza di questo orientamento, dalla portata direi quasi 
� rivohtziqnarla " � a tutti evi�l~nte: � \lna so:tta di inversione dell'onere della 
prova, _circa �1a stessa ~1lstifica.Zfone �l.el �monopolio. Allorch� il servizio in mollOPOlio. 
� prestato in ll:lodo. inadeguato ed inefficiente, � l'autorit� pubblica (o 
il concessionario) a. dover clim,ostrare che sussistono le ragioni giustificative 
del medesimo� La C0:tte di -Giustizia ha infatti rilevato che �se � vero che 
l'articolo 90 del Trattato presuppone l'esistenza� di imprese titolari di certi 
diritti speciali . ed> esclusivi, non ne discende per ci� stesso che tutti i diritti 

operavano imprese pJ:ivat~ (fen'9vie ed elettricit�) cos� come l'attri,buzione allo Stato della 
gestione di servizi (telecomunia.:iom) ed attivj.t� (esti:azione di peti::olio). Tuttavia lo Stato 
non ha impostq un proprio modello. oi:�anizzativ<> e. gestionale; .�il sistema largamente predominante 
� .infatti CJ.1:1ello degli .enti pu]?blici ges.ti �l1 regime c;U. diJ:ittto privato e le societ� 
a capitale pubbli�o. Del resfo e$lstoiio anche setti:>ri_ne): qillili imprese appartenenti al settore 
pubblico c~sistoilo con itjlprese . pryvat~ <tnisi;iilftil e distribuzione di . acqua � e gas' trasporti 
focali). Le forme di orgariiizaziori� e gli: statiitl giuridici degi! eriti che operano in questi 
settOri � va:riano notevohriente. Quanto af cosiddetti enti pubblici; la c�istlnzi<�ne principale 
� qUEill� trii iillpl!�se di �diritto pubblico ed enti pubblici econ()Illick Le imprese di diritto 
pubblico (o a!Zi�nde autonome) sono' unit� autonome; ma prive iii 'personalit� giuridica, 
create al~'inte:rno _di un mit�stero, o pi� frequenteill�ilt� all'interno di un �omilne ed incaricate 
della gestione di t!n'attivit� economica ("'d� esempio le aziende municipalizzate, create 
da comuni. e provinc;e per la gestione di servizi pubblici). Recentemente p.oi _la legge 142/90, 
~ riforma delle_ autonomie locali, C()n riferimento specifico alle. aziende m�nicipalizzate, 
espressamente prevede la partecipazione di capitale privato, ipotizzando addirittura la trasformazione 
delle medesime in societ� commerciali. 

(4) Causa C 41/90, pubblicata in Raccolta 1991 p. 1979. 
(5) Causa C 179/90, pubblicata in Raccolta 1991, p. 5889. 

RASSEGNA AVVOCATURA DF..LLO STATO 

speciali ed esclusivi, sono necessariamente compatibili con il Trattato � (sentenza 
�Terminali di telecomunicazioni�, in data 19 marzo 1991 (6). 

Ne consegue che lo stesso conferimento di un diritto esclusivo o speciale, 
da parte dello Stato, ad un ente che svolga attivit� d'impresa, potrebbe rivelarsi 
incompatibile con il diritto comunitario. Ci� non vale solo nel caso della 
costituzione di nuovi monopoli; potrebbero infatti essere messi in discussione 
anche monopoli esistenti (� il caso, attualmente, del s�ttore delle telecomunicazioni 
e dell'energia). 

Come gi� rJ.levato, l'art. 90, paragrafo 2 del trattato CEE consente allo Stato 
di incaricare determinate imprese della gestione di servizi di interesse economico 
generale attribuendo loro diritti esclusivi e sottraendole all'applicazione 
determinate regole, in particolare quelle relative alla concorrenza, nella 
misura in cui ci� sia necessario e funzionale al perseguimentq dei compiti di 
interesse economico generale di cui le stesse sono investite. � 

Estremamente interessante � sul punto la sentenza del 19 maggio scorso nella 
causa � Corbeau � (7), ove � il servizio postale a costituire oggetto di attenzione 
da parte della Corte. Il ragionamento compiuto dalla Corte � di estrema semplicit�: 
parte dalla considerazione che all'amministrazione postale sia attribuito 
il compito di erogare un servizio, che consiste nella raccolta, nel trasporto 
e nella distribuzione della posta nei confronti di tutti i cittadini, all'interno 
del territorio nazionale, e che pu� pertanto essere qualificato di interesse 
economico generale. Successivamente ci si chiede se l'esclusione di ogni forma 
di concorrenza, per quanto concerne la prestazione di tale servizio, sia necessaria 
per permettere all'ente in questione (l'amministrazione postale) di perseguire 
la missione di interesse generale di cui � investita. La risposta a tale domanda 
� positiva, allorch� la Corte rileva .che � legittimo consentire, come contropartita 
rispetto all'obbligazione di fornire un servizio in modo capillare e generalizzato 
sul territorio (il cosiddetto �servizio universale�), la possibilit� per 
l'entit� in questione, di compensare le presumibili perdite finan:lliarie, derivanti 
d~le attivit� meno redditizie (il compito di s�rv�re, ad esempio, anche la vecchietta 
che risiede nel villaggio in montagna) con i proventi di qu�lle pi� redditizie 
(il servizio prestato in citt�). Ci� comporta inevitabilmente una limitazione 
della concorrenza da parte dei privati, i quali, qualora avessero la possibilit� 
di entrare sul mercato, sarebbero indotti a concentrare la propria attivit� soltanto 
nei settori pi� redditizi. 

La Corte compie tuttavia a questo proposito una distinzione, tra i servizi 
che sono strettamente connessi all'interesse pubblico generale perseguito dal� 
l'ente titolare del monopolio, e quelli che invece rispondono a bisogni specifici 
degli operatori interessati e che si caratterizzano per determinate prestazioni 
supplementari (un particolare valore aggi.unto). Mentre per i primi la situazione 
di monopolio di cui beneficia l'amministrazione (o l'eventuale concessionario) 
� giustificata, come rilevato poc'anzi, dalla necessit� di consentire alla medesima 
di acquisire le risorse finanziarie necessarie a fornirlo, i secondi, proprio perch� 
non strettamente connessi a tale servizio di base, debbono essere forniti in 
situazione di concorrenza. La Corte di giustizia sembra quindi preconizzare non 
tanto un'apertura generalizzata del mercato di tutti i servizi cosiddetti � pubbli� 
ci �, ma piuttosto individuare un � nocciolo duro � riservato allo Stato, tale da 
consentirgli di perseguire i fini di interesse generale di cui � naturalmente in� 
vestito, e lasciare invece che la libera concorrenza si eserciti nell'ampia area 
circostante. L'individuazione di quali servizi possano legittimamente essere 
gestiti e forniti in monopolio dipende dal risultato di un'analisi specifica e pun


(6) Causa C 202/88, pubblicata in Raccolta 1991 p. 1223. 
(7) Causa C 320/91, non ancora pubblicata. 

PARTE li, QUEST'.IONI 

tuale da .compierai di volta in volta,� come� rilevato dalla Corte, che sul punto 
individua soltanto alcuni criteri d� carattere� generale. Quello che � certo � che 
si �tratta di -<:riteri soggetti ad una costante evoluzione. Fra questi, come rilevato 
in precedenza; -Occupa un� rltofo di particolare� hllportanza quello dell'efficacia 
ed efficienza� del servizio offerto al cittadino. 

3. LA NORMATIVA IN MATERIA DI APPALTI . 
.���-:>.: 

Mentre con la direttiva �servizi� 92/50/CEE 'vengono assoggettate alle 
regole comunitarie le procedure di appalto di alcuni servizi specificamente indicati, 
con la recente direttiva 93/38/CEE .� (8) vengono �ijsciplinate le regole di 
aggiudicazione relative a lavori, �forniture e ser-\rizi degli enti� p�bblid e di quelli 
titolari di diritti svetj13.!i ed esclusivi (societ~ private concessionarie) nei settori 
di acqua, . telecom.,ni~oni, energia ,e 1:1;asporti, fino a PQco. tempo fa esclusi 
dall'ambito. di aPPlicazione .della. J;lormativa comunitaria in materia di appalti, 

�.. . In ~e~tr~bi i ~si, lo, ~tatO, Xel;lte pubblico o il,. privato concessionario 
(t.tti ~.���~ualit� di.�~IJ.tit~ aggiuqic<i,tri�i), sono gli acquii;enti. dell'attivit� prestata 
da colui il quale � risultato ..vincitore della relativa gara .di appalto, cio� 
de(servizi cl;l.e l'ie~trW;io nel c;ampo di app�cazione della direttiva 92/50/CEE, 
(d~irii:ti ,spei.>i.>P imp;rop1damente '' pi,.ibb!Jici �)cos� come della Qix:ettiva 93/38/CEE. 
� Le _<;U,ri;it#ve ci~te, nelllndivi�luwe .�un. _.certo. _numerq �. di regole comuni, 
sono . finajizzate ad Jntroct.rre . �:rite;ri �ij trasparenza e . di non discriminazione 
J;leile .� procedu;re di appr0vvigionamento di entit� pubbl~che e private, al fine di 
assic;u.rare un'effettiva. ~corren~a fra te imprese partecipanti alla gara. 

Et opportuno sottolineare che .la. ,conc;essione .di servizi, con cui l'autorit� 
pubblic<):.attribu,isce un. � cliritto esclusivo o .spt:eiale � relativo all'esercizio di 
una cleterminata �attivit�. o, pi� semplicemente,� designa colui che � preposto ad 
erogare. un servizio, costituisce. una. fase prodromica che .si. colloca �a monte,, 
rispetto .all'.!!,ttivit�. propriamente dL aggiudicazione dell'appalto, e che non 
rientra nell'ambito di applkazione delle direttive in. questione. 

Queste ultime entrano pertanto in gioco soltanto successivamente,. in una 
fase che si pu� definire �a valle >>, coll'imporre regole. di comportamento all'ente 
aggiudicatore, sia >esso l:l-Utorit�. pubblica (dir. 92/50/CEE) o privato 
designato ad erogare un determinato servizio nei settori di acqua, energia, 
trasporti e telecomunica21ioni. (dir. 93/38/CEE). 

Ritengo ohe questi .elementi siano indispensabili per comprendere appieno 
la. complessa problematica �sottostante al quadro normativo comunitario, cos� 
come si. � recentemente delineato. � 

Giova infatti sottolineare come. la Commissione CEE, avvalendosi anche e 
soprattutto;degli. strumenti che le sorto forniti dall'art. 90 del Trattato, stia da 
qual.che tempo intensificando la propria � azione nei confronti delle imprese 
pubbliche e private cui l'autorit� pubblica ha attribuito diritti speciali od 
esclusivi (cfr. le due recenti direttive della Commissione, in materia di telecomunicazioni, 
n. 88/301/CEE (9) e 90/388/CEE (10), quest'ultima proprio in 

... (8) Diri:ttiva del Rorisi~o 93�38/CEE, del 14 giugn:o 1993, in G.u.c.e. L. 199 del 9/8/93 che 
modifica e ..sostituis.ce la di;i:ettiva del Consiglio 90/531/CEE del 17 settembre 1990, in G.u.c.e. 
L~. n. 297 del 29/1011990. . . � . . . 

(9) Direttiva della Commissione 88/301/CEE del 16 �maggio 1988, in G.u.c.e~ L. n. 131 
del 27/5/1988. 
(10) Direttiva 90/388/CEE della Commissione del 28 giugnc;> 1990, in G.u.c.e. L. n. 192 
del 24/7/1990. � � � 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

tema di servizi, �confermate � da due pronunce della Corte di Giustizia rispettivamente 
in data 19 marzo 1991 e 17 novembre 1992 (1). Con ci� avviandosi 
nella direzione di mettere addirittura in discussione gli stessi criteri di scelta 
del concessionario (titolare di �diritti esclusivi o speciali�) da parte dell'autorit� 
pubblica utilizzando il criterio dell'idoneit� del servizio prestato a� soddisfare 
le esigenze del consumatore. Tale obiettivo, pur utilizzando un diverso 
percorso giuridico, consentirebbe di compiere quel � salto di qualit�� (incidendo 
sul momento � genetico � del rapporto concessorio) perseguito invano con il 
tentativo di includere la concessione di servizio pubblico nell'ambito delle direttive 
in materia _di appalti. 

4. LA DIRETTIVA 92/50/CEE IN TEMA DI �SERVIZI�. 
Il mercato degli appalti di servizi rappresenta annualmente un valore stimato 
di circa 145 miliardi di Ecu (su un ammontare complessivo, in termini di appalti 
pubblici aggiudicati, di circa 595 miliardi, secondo dati del 1987). Attualmente 
le � commesse pubbliche� in materia di servizi sono per la quasi totalit� 
attribuite all'intern� delle frontiere nazionali. Secondo stime della Commissione 
CEE soltanto n � per cento dei contratti nel settore dei servizi sono 
il risultato di aggiudicazioni al di fuori dei confini nazionali. In effetti i bandi 
di gara J::\On sono quasi mai pubblicati ed i concorrenti stranieri hanno sempre 
avuto possibilit� assai scarse di aggiudicarsi appalti in questo settore. 

L'obiettivo della Commissione con questo intervento normativo era dunque 
in primo luogo di evitare �he la completa assenza di regole in materia di servizi 
creasse una � zona d'ombra � non sottoposta alla disciplina comunitaria 
sugli appalti. Si ritiene inoltre, a ragione, che la liberalizzazione del mercato 
dei servizi sia tale da comportare per tutto il settore notevoli economie di 
scala, benefici in termini di bilancio per le varie amministrazioni aggiudicatrici, 
oltre che miglioramenti intrinseci relativi alla stessa qualit� del servizio; 
offerto. Ci� per l'accresciuta mobilit� delle imprese offerenti tali servizi, in 
conseguenza dell'introduzione della concorrenza nel settore. 

La direttiva adotta un criterio residuale, nel senso che sono considerati 
contratti pubblici di � servizio � tutti quelli che non sono assimilabili n� a 
forniture n� a lavori e che quindi non rientrano nelle direttive gi� in vigore 
(art. 1). 

Con riferimento al concetto di servizio, si tratta di prestazioni che si caratterizzano, 
rispetto ai lavori e alle forniture, per uno specifico valore aggiunto, 
inerent� alla prestazione stessa. Il Trattato CEE, all'art. 60, dopo aver rilevato 
che per servizi si intendono le prestazioni fornite �normalmente dietro retribuzione, 
in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera 
circolazione delle merci, dei capitali e delle persone�, enumera, a titolo esemplificativo, 
le attivit� di carattere industriale, commerciale, artigianale e delle 
libere professioni. 

5. LA NOZIONE DI APPALTO. 
Le prestazioni di servizi che rientrano nel campo d'applicazione della direttiva 
sono soltanto quelle oggetto di �contratti a titolo oneroso� (art. l, a). Sono 
escluse quelle che trovano il proprio fondamento in � leggi o regolamenti ovvero 
contratti di lavoro � (8� considerando della direttiva). 

(11) Cause C 202/88, pubblicata in Raccolta 1991, p. 1223 e cause riunite C 271/90, C 281/90 
e C 289/90, in Raccolta 1992, p. 5833. 

PARTE li, QUESTIONI 37 

Per contratti. a titolo oneroso, si intendono tutti i contratti per i quali il 
fornitore riceve una remunerazione come corrispettivo per l'esercizio di una determinata 
.attivit�, del cui risi;�tato beneficia l'entit� aggiudicatrice. Non vi � 
evidentemente contratto a titolo onero;;;o bi-caso di contributi di carattere unilaterale, 
dotazioni finanziarie o trasferimenti di bilancio che consentono al 
beneficiario c\i svolgere determinate funzioni nell'interesse pubblico. 

Non rientra n(:ll campo di applicazione della direttiva inoltre il caso in cui 
l'entit� aggiudicatrice acquisisce i servizi di cui necessita utilizzando proprio 
personale oppure i propri mezzi, all'interno della propria organizzazione. 

I servizi prestati all'inten1.o di un'entit� costituente un'unica organizzazione 
(� il caso ad esempio del rapporto fra una direzione generale ed un'altra all'interno 
dello stesso ministero), non rientrano nel campo di applicazione della 
direttiva, anche qualora . questo comporti degli spostamenti finanziari risultanti 
nel relativo bilancio. 

6. LE AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI. 
Le amministraiioni aggiudicatrici (indicate all'art. 1 b) e gi� definite nello 
ambito della direttiva 93/37/CEE,. in tema di lavori pubblici (12) sono: lo Stato, 
gli entl loca.li, gli organismi di dirittO pubblico e le associazioni costit�ite da 
tali enti .od organismi di diritto pubblico. La direttiva, all'art. 3, 3� comma, 
prevede che gii Stati membri prendano. le misure necessarie affinch� le amministrazioni 
rispettino o facciano rispettare le disposizioni della direttiva qualora 
sovvenzionirio direttamente per pi� del 50 per cento un appalto di servizi 
aggiudicato da un altro ente in relazione ad un appalto di lavori. 

Non sono considerate entit� aggiudicatrici invece gli organismi privati 
concessionari di . lavori pubblici. 

7. SERVIZI PRIORITARI E RESIDUALI. 
La direttiva si caratterizza per il particolare approccio adottato, nel distin� 
g'uere tra servizi prioritari e servizi residuali. La definizione dei medesimi riprende 
quella di una nomenclatura internazionale, la � Centrai product classification 
� delle Nazioni Unite. 

Per i primi, elencati all'allegato I A, sono previste regole di procedura 
specifiche e puntuali, analoghe a quelle esistenti per gli appalti di lavori e 
forniture. 

Fra questi servizi ricordiamo quelli di manutenzione e riparazione, di trasporto 
terrestre (esclusi quelli per ferrovia, inclusi nella seconda categoria), 
di trasporto aereo di passeggeri e merci (esclusa la posta), di telecomunicazione 
(ad esclusione di telefonia vocale, telex, radiotelefonia, radioavviso senza 
trasmissione di parola e trasmissione via satellite), i. servizi finanziari (ad eccezione 
dei contratti per servizi relativi all'emissione, acquisto, vendita o trasferimento 
di. tj,toli o altri strumenti finanziari, nonch� quelli per i servizi forniti 
da banche centrali (13), quelli informatici (per quanto concerne il � softwa:
re �, occorre distip.guere quello � standard~>, che � considerato un prodotto, 

(12) Direttiva del Consiglio 93/37/CEE del 14 giugno 1993, in G.u.c.e. L. 199 del 9/8/93 che 
sostituisce la direttiva del Consiglio 71/305/CEE del 26 luglio 1971, in G.u.c.e. L. 185 del 
16/8/1971. 

(13) Si tratta infatti, in questo caso, di servizi strettamente legati alla politica monetaria 
di uno Stato, rigidamente regolamentati e riservati ad un numero ristretto di istituti 
creditizi e finanziari (art. 1 a) vii e 13� considerando della direttiva 92/50/CEE:. 

38 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

da quello elaborato �su ordinazione�, che � invece considerato un servizio), 
i servizi di ricerca e sviluppo (qui intendendosi i soli contratti dei cui risultati 
beneficiano unicamente le amministrazioni committenti), ed i servizi attinenti 
all'architettura, l'ingegneria e l'urbanistica. 

Sono altres� inclusi in questo elenco (e quindi sottoposti a tutte le regole 
di procedura previste dalla direttiva) i servizi di consulenza gestionale ed affini 
. .Si tratta di tutte le attivit� che possono essere definite di consulenza 
aziendale in senso lato di cui fanno parte ad esempio marketing, pubbliche relazioni, 
gestione del personale. 

Sono invece esclusi i servizi di arbitrato e conciliazione (ci� si giustifica 
in considerazione del fatto che di regola si tratta di una scelta compiuta da due 
parti, nell'ambito di un rapporto contrattuale, basata principalmente sul1'
� intuitus personae � e secondo :thodalit� che non possono essere disciplinate 
da regole relative alla procedura di aggiudicazione). 

Per tutti gli altri servizi, indicati all'allegato II A, sono invece dettate unicamente 
regole relative a trasparenza e pubblicit�, al fine di consentire alla 
Commissione di acquisire, attraverso la � sorveglianza� dei medesimi, tutti gli 
elementi per valutare l'opportunit� di estendere successivamente anche a questi 
ultimi l'applicazione delle .disposizioni in vigore per gli altri. 

Ricordiamo, fra questi, i servizi alberghieri e di ristorazione (� il caso ad 
esempio delle mense scolastiche), trasporto per via d'acqua, i servizi legali e 
quelli di� collocamento e ricerca di personale (14). Per tali servizi viene pre� 
vista l'aggiudicazione �conformemente a quanto disposto agli articoli 14 e 16 
della direttiva �. Ora, mentre l'articolo 14 si riferisce esclusivamente alle �norme 
comuni� in campo tecnico, l'articolo 16 prevede che le amministrazioni che 
hanno aggiudicato l'appalto di servizi o espletato un concorso di proget~. 
tazione debbano inviare alla Commissione CEE un avviso in merito ai risul'. 
tati della procedura di aggiudicazione, stabilendo altres� che incombe alle 
amministrazioni stesse decidere se acconsentire o meno alla loro pubblica� 
zione sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunit� europee. 

Uno studio, effettuato dalla Commissione CEE, circa le caratteristiche 
e le modalit� di esercizio dei medesimi nell'ambito dei vari mercati nazio� 
nali, mise in evidenza la presenza di situazioni differenziate e diversi livelli 
di sviluppo per ciascuno dei servizi considerati, e tale risultato indusse a 
ritenere opportuna l'applicazione immediata delle disposizioni della direttiva 
soltanto per alcuni di essi, riservando per gli altri, come rilevato, una � copertura 
� successiva. 

E' opportuno altres� rilevare che, allorch� un appalto ha per oggetto servizi 
inclusi in entrambi gli elenchi, occorre verificare quale sia l'importanza 
:f�inanziaria di ciascuno di essi, cos� da applicare le norme relative al servizio 
di maggiore rilevanza. 

8. I CONTRATTI ESCLUSI. 
Sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva tutti gli appalti 
pubblici di forniture e di lavori ai sensi delle direttive 93/36/CEE (15) e 
93/37/CEE. Nel caso in cui un appalto abbia ad oggetto al tempo stesso ele� 

(14) Con riferimento al monopolio del servizio di collocamento per lavoratori e quadri 
dirigenti in Germania, � particolarmente interessante la sentenza della Corte di giustizia 
nel caso � Hofner � precitato (cfr. nota 4). 
(15) Direttiva del Consiglio 93/36/CEE del 14 giugno 1993, in G.u.c.e. L. 199 del 9/8/93 che 
sostituisce la direttiva del Consiglio 77/62/CEE del 21 dicembre 1976, in G.u.c.e. L. 13 
del 15/1/1977. 

PARTE II, QUESTIONI 

menti riconducibili a forniture e servizi, � l'importanza finanziaria dei medesimi 
che determina la prevalenza dell'uno o dell'altro e quindi l'applicazione 
della relativa disciplina. L'articolo 2 della direttiva �servizi� stabilisce infatti 
che un appalto � rientra nel campo d'applicazione della presente direttiva 
qualora il valore dei servizi in questione superi quello dei prodotti previsti 
dal contratto �. Occorre peraltro rilevare che la direttiva in tema di � lavori � 
si :applica anche a servizi, nel caso ad esempio dei contratti che hanno ad 
oggetto congiuntamente la progettazione e l'esecuzione dei lavori. 

Sono esclusi i contratti relativi all'acquisizione o locazione di beni immo� 
bili, all'acquisto o la produzione di programmi televisivi da parte delle emittenti, 
i servizi .di telefonia vocale, telex, radiotelefonia, radioavvisi e radiotelecomunicazioni 
via satellite. Sono altres� esclusi, fra gli altri, come gi� rilevato, i contratti 
relativi .a servizi d'arbitrato e conciliazione, cos� come quelli di �ricerca e sviluppo 
>>, che si traducono in un mero finanziamento dell'attivit� stessa senza 
consentire all'amministrazione di utilizzare i risultati nell'esercizio della propria 
attivit�. 

� opportuno sottolineare come siano esclusi tutti i contratti relativi alle 
attivit� che si caratterizzano per �l'esercizio dei pubblici poteri�. Non � agevole 
individuare quali siano effettivamente tali attivit�. Sul punto, il 15� considerando 
della direttiva si limita a stabilire che la direttiva �non pregiudica 
l'applicazione degli articoli 55, 56 e 66 del Trattato "� 

Di particolare importanza � inoltre il 18� considerando della direttiva 92/ 
50/CEE, che rileva come, �laddove esista un'unica fonte di approvvigionamento, 
i relativi contratti possano evitare l'applicazione della medesima � 

Nel caso poi di appalti pubblici di. servizi aggiudicati ad un ente che sia 
esso stesso un'amministrazione aggiudicatrice ai sensi della direttiva, in base 
ad un diritto esclusivo di cui beneficia, in virt� di disposizioni . legislative o 
regolamentari pubblicate che siano compatibili con. il Trattato, questi non sono 
sottoposti alle norme della medesima. (art. 6). Si tratta dei casi. in cui determinati 
servizi possono essere forniti soltanto da un determinato ente pubblico, 
a ci� espressamente preposto (per lo pi�.in condizioni di esclusivit�). 

Sono soggetti alle disposizioni della direttiva tutti gli appalti di servizi 
relativi al settore della difesa, ad eccezione di quelli riconducibili all'articolo 223 
del Trattato (quelli cio� connessi alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza 
di ogni Stato). Analogamente poi a quanto previsto in materia di forniture 
e lavori, sono previste deroghe in relazione alla segretezza o alla sussistenza 
di norme procedurali relative alla disciplina di appalti aggiudicati in virt� 
di un accordo internazionale, la presenza di truppe di stanze o alle norme 
specifiche di organizzazioni internazionali. 

Viene inoltre espressamente fatta salva l'applicazione, per gli appalti di 
servizi che rientrano nell'ambito dei cosidetti �settori esclusi � (acqua, trasporti, 
energia, telecomunicazioni) della direttiva 90/531/CEE (che � stata, come 
rilevato, recentemente modificata e sostituita dalla direttiva 93/38/CEE e che 
ha appunto aggiunto alle disposizioni in materia di lavori e forniture quelle 
in tema di servizi). 

9. LE CONCESSIONI. 
Le concessioni di servizio pubblico erano originariamente incluse nel 
raggio d'azione della direttiva, soprattutto in� considerazione della necessit� di 
disciplinare un elemento di notevole rilevanza, anche economica, e relativo 
ad una modalit� di gestione dei servizi tipica delle amministrazioni pubbliche 
di numerosi paesi europei. Si tratta infatti della delega, da parte appunto 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'autorit� pubblica, ad un'entit� pubblica o privata, del compito di gestire 
un determinato servizio, alle condizioni e secondo le modalit� definite d.al 
concedente. 

Sono spesso oggetto di concessione per esempio le attivit� nel settore dei 
trasporti, distribuzione di elettricit�, acqua, gas, la gestione di aree adibite a 
parcheggi, gli impianti di risalita nelle stazioni sciistiche. 

Nessuna direttiva comunitaria ha mai incluso nel proprio campo di applicazione 
la concessione di servizio pubblico. 

La direttiva 93/37/CEE, relativa agli appalti pubblici di lavori, considera 
l'istituto della concessione, ma limitandone la portata alla sola concessione 
di lavori, assimilata all'appalto di lavori pubblici e che si caratterizza per il 
fatto che � la controprestazione di lavori consiste unicamente nel diritto di gestire 
l'opera oppure in questo diritto accompagnato da un prezzo� (art. 1, d). 
In tal caso dunque il concessionario si impegna a costruire l'opera, e come 
contropartita ottiene il diritto di gestirla, oppure tale diritto accompagnato 
da un prezzo. Allorch� dunque l'oggetto della concessione non comprende 
l'esecuzione di lavori (perch� ci� non � necessario per lo svolgimento del servizio, 
oppure per il fatto che le opere eventualmente necessarie gi� preesistono), 
non si tratta di concessione di lavori (compresa nell'ambito della direttiva 
� lavori �), ma di concessione di servizi . 

La direttiva 93/36/CEE, in tema di forniture, non ha considerato specificatamente 
l'ipotesi di concessione di servizi, limitandosi a prescrivere che, qualora 
l'autorit� pubblica � accorda ad un ente ... diritti speciali o esclusivi di 
esercitare un'attivit� di servizio pubblico, l'atto di concessione stabilisce che 
detto ente deve rispettare, per gli appalti pubblici di forniture conclusi con 
terzi nell'ambito di tale attivit�, il principio della non discriminazione in base 
alla nazionalit�� (art. 2, par. 2). 

Analogamente la direttiva 93/38/CEE, che prescrive regole per le procedure 
di aggiudicazione delle entit� pubbliche e private (concessionarie, cio� titolari 
di diritti speciali o esclusivi) operanti nei settori delle telecomunicazioni, trasporti, 
energia e telecomunicazioni, non prende affatto in considerazione la 
possibilit� di disciplinare � a monte� la scelta del concessionario (vedasi sul 
punto le considerazioni svolte in apertura). 

In un primo tempo, come accennato, la Commissione CEE aveva manifestato 
l'intenzione, racchiusa nella proposta originaria della direttiva 92/50/CEE, 
di disciplinare compiutamente l'istituto della concessione di servizi. Ci� sulla 
base della considerazione che non fosse opportuno lasciare � scoperta� un'area 
di. cos� grande rilevanza economica, e che la concessione di servizio pubblico 
fosse assimilabile alla concessione di lavori pubblici. Era infatti stata prevista, 
da un lato, la pubblicit� a livello comunitario dell'intenzione da parte dell'amministrazione 
aggiudicatrice di attribuire una concessione, dall'altro regole procedurali 
per gli appalti che i concessionari avessero aggiudicato. 

Ragioni di carattere politico, oltre che difficolt� di ordine giuridico vanifi


carono tuttavia questo tentativo, cosicch� dal testo della � posizione comune � 

adottata dal Consiglio il 18 dicembre 1991 vennero ritirati tutti i riferimenti alla 

concessione di servizio, che pertanto non � disciplinata dalla direttiva 92/50/CEE. 

Le modalit� stesse con cui l'istituto della concessione � disciplinato nei 

vari Stati membri resero impossibile un compromesso. Mentre infatti in alcuni 

Stati, come l'Italia e la Francia, la concessione di servizio � strettamente legata 

ad un � intuitus personae � che implica e presuppone un rapporto fiduciario 

tra amministrazione e concessionario, al quale vengono trasferiti funzioni e 

prerogative pubbliche, rapporto che si trasfonde nello specifico atto conces


sorio, in altri, come la Germania, ad esempio, l'esercizio della concessione rela


tiva a determinati servizi, normalmente affidata ad amministrazioni pubbliche 


PARTE II, QUESTIONI 

centrali o locali, ,� direttamente disciplinata. da.n�rme. di legge o strumenti di 
rango .legislativo. Una soluzione. normativa, da parte del legislatore comunitario, 
che ave5se dunque disciplinato, con l'obbligo di predisporre la. relativa gara 
d'appabo; soltanto � la prima delle �situazioni considerate� sarebbe stata� evidentemente 
discriminatoria e tale da riproporre insoluto., il problema di �assicurare 
un'effettiva ed equilibrata concorrenza a livello europeo. 

10, LE SOGLIE DI APPLICAZIONE. 

J;.a direttiva si applica agli appalti di servizi il cui valore, al netto di IV A, 
sia superiore a 200.QOQ Ec., (analogamente quindi al1a direttiva in tema di for� 
niture 93/36/CEE). Vengono peraltro individuate soglie diverse, cos� come diffe. 
renti criteri di valutazione delle medesime, a seconda delle specifiche caratteri� 
stiche del servizio in questione. Il calcolo dell'importo stimato dall'appalto � 
effettuato dalle amministrazioni aggiudicatrici al I1etto dell'.IVA e sulla base della 
remunerazione complessiva dei prestatori dei setv�zi .� (art'. 7). 

(iiova rilevare che la direttiva prevede che, nel caso di appalti che presen� 
fano un.carattere di regolarit�. o che sono destinati ad.essere rinnovati entro un 
deterfiiiflaio perfodo, il valore delliappalto pU� stabilirsi O al valore reale <:Om� 
ptessivd di appalti analoghi relativi .alla stessa categoria di servizi conclusi nel 
cors-0 dei 12'mesi o dell'esercizio finanziario precedente, oppure al costo stimato 
complessivo p.er i dc:id�c1 mesi successivi . iilla prima prestazione del servizio. 

11. LE PROCEDURE DI AGGIUDICAZIONE. 
Con.. riferimento alle. procedure di aggiudicazione, le entit� aggiudicatrici 
possono ricorrere a:lla procedura aperta, ristretta o negoziata. Quest'ultima pu� 
poi avere luogo. previa pubblicazione del bando di gara, oppure pu� anche non 
es$ere preceduta. dalla sua pubblicazione, 

In realt� da:lla direttiva risuita evidente che, seppur l'entit� aggiudicatrice 
possa indifferentemente ricorrere a:lla procedura aperta o ristretta, nel caso 
in cui intenda avvalersi di quella negoziata, � vincolata al rispetto di alcune 
condizioni. Ci� in considerazione del giustificato disfavore del legislatore comunitario 
nei confronti di una procedura che spesso � meno � garantista� e trasparente 
rispetto a:lle altre. 

Riprendendo l'ililpostazione della direttiva � lavori � 93/37/CEE, come rilevatc:
i, sono previsti due tipi d� procedura negoziata: la prima, preceduta dalla 
pubblicazione di un bando di gara, � ammessa ad esempio nel caso di offerte 
irregolari o caratterizzate dalla particolare natura dei servizi oggetto dell'appalto 
(allorch� risulta impossibile stabilire con precisione, ad esempio, nel caso di 
servizi intellettuali o� finanziari~ le caratteristiche del medesimo seguendo la 
procedura aperta o ristretta al fine di selezionare l'offerta migliore), la seconda, 
non preceduta dalla pubblicatione del bando di gl'!ra, � consentita nel caso in 
cui, ad esempio, non vi siano state offerte in seguito a procedura aperta o 
ristretta, per motivi di carattere. tecnico o artistico, o in caso di estrema urgenza 
determinata da avvenimenti imprevedibili per l'amministrazione. 

12. IL CONCORSO DI PROGETTAZIONE. 
Alcune specifiche disposizioni disciplinano il concor:.,, di progettazione 
(assimilabile all'appalto-concorso del sistema ita:Iiano, caratterizzato �dal fatto 
che il concorrente, in base ai dati tecnici forniti dall'amministrazione, redige il 


42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
progetto dell'opera ed indica le condizioni ed i prezzi in base ai quali � disposto 
ad eseguirla), definito come quella particolare procedura volta a fornire all'amministrazione 
aggiudicatrice, soprattutto nei settori dell'urbanistica, architettura 
o dell'ingegneria civile un piano o un progetto selezionati da una commissione 
aggiudicatrice in base ad una gara con o senza assegnazione di premi (art. 1-g 
e art. 13). 
42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
progetto dell'opera ed indica le condizioni ed i prezzi in base ai quali � disposto 
ad eseguirla), definito come quella particolare procedura volta a fornire all'amministrazione 
aggiudicatrice, soprattutto nei settori dell'urbanistica, architettura 
o dell'ingegneria civile un piano o un progetto selezionati da una commissione 
aggiudicatrice in base ad una gara con o senza assegnazione di premi (art. 1-g 
e art. 13). 
Si � ritenuto opportuno prevedere specificamente questa ipotesi, al fine di 
consentire l'espletamento del concorso secondo le regole proprie del medesimo 
(e la conseguente aggiudicazione dell'appalto ad uno di vincitori), ma al tempo 
stesso di salvaguardare e garantire la possibilit� che tutti gli interessati a livello 
comunitario possano parteciparvi, che i criteri selettivi siano chiari e non discriminatori 
e. che, in ultima anal�si, per quanto riguarda il numero dei candidati, 
possa realizzarsi un'effettiva concorrenza. 

i

13. LE SPECIFICHE TECNICHE. 
Con riferimento alle specifiche tecniche, analogamente a quanto previsto 
in tema di lavori e forniture, queste debbono essere precisate nei documenti 

I generali o nei documenti contrattuali relativi ad ogni contratto e, fatte salve 
le norme .tecniche nazionali obbligatorie (compatibili con il diritto comunitario), 
debbono essere definite facendo riferimento a norme nazio.nali che recepiscono 
norme europee o ad omologazioni tecniche europee oppure a specifiche tecniche 

I

comuni (art. 14, par. 2). 

fil 

~;

� prevista altres� la possibilit� di derogare alle specifiche europee, nel caso :: 
in cui sia impossibile, dal punto di vista tecnico, stabilire in modo soddisfacente 
la conformit� di un prodotto a tali norme, sia necessario salvaguardare la specificit� 
del settore delle telecomunicazioni, l'applicazione di tali norme comporti 
l'utilizzo di prodotti incompatibili con le apparecchiature gi� usate dall'ammi� 
nistrazione o costi sproporzionati, oppure nel caso in cui il progetto in questione 
abbia natura realmente innovativa, tale da rendere inadeguate le norme europee 
esistenti. 

14. LA PUBBLICITA. 
In tema di pubblicit�, si stabilisce la necessit� dell'osservanza di regole 
in tema di pre-informazione e .di post-informazione. 

Le amministrazioni rendono nota l'intenzione di aggiudicare appalti (per 
ogni categoria di servizi �prioritari�, di cui all'allegato I-A) nel corso dei 
successivi 12 mesi, qualora il loro valore complessivo stimato risulti superiore 
a 750.000 Ecu, mediante un avviso indicativo (art. 15, par. 1). 

Evidentemente � con la pubblicazione di un bando di gara che le medesime 
debbono manifestare la loro intenzione di aggiudicare successivamente l'appalto 
(sia esso mediante procedura aperta, ristretta o, in taluni casi, negoziata) 
(art. 15, par. 2). 


Compiuta l'aggiudicazione, un avviso circa i risultati della procedura deve 
essere inviato all'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Comunit� europea 
(art. 16). Questa disposizione riguarda sia i servizi �prioritari �, sia gli altri; 
tuttavia mentre per i primi i relativi avvisi sono automaticamente pubblicati, 
per i secondi spetta all'entit� aggiudicatrice decidere se acconsentire u meno 
alla loro pubblicazione (art. 16, par. 2 e 3). 


i'ARTE II, <!UBSTIONJ 

15; L� MODALlTA DI SELEZIONE. 

. . .. 

La direttiva �individu� �alcune ��norme comuni di� partecipazione � (artt. 23-28), 
finalizzate ad assi6iiare trasparenza e parit� d'accesso alla gara ai diversi concort�ntL 
Qti�st�/pur adegtl.ate al partieolare tipo di prestazione. oggetto dell'appalta.(
il servirlo); sono sostariziaim�nt� �d�ntiche a�quelle presenti nelle� direttive 
in tema di� favori�. forhlttir�;���st tfatfa�.della verifica dell'assenza di cause 
di esclUsfoner del controllo della: capadt� finanzfa:i"fai economica, professionale 
e tecnica dei concorrenti ammessi ed infine dell'esame della regolarit� delle 
offerte pervenute, cio� della loro confor:mit� alle esigenze dell'amministrazione 
aggiudicatrice. La direttiva disciplina in nibdi:i ilssaidettagliato le modalit� di 
selezioI)e dei candidati. Premesso che ai raggruppamenti di imprenditori � consentito. 
pf�$�nfare . offerte,. si eviderizia . che . i candidati non possono essere 
respinti per li fatto �di �sser� �persone fisiche () � gi�ridiehe. La particolare attenzi�n� 
che la pfoposta riserva ai Cosiddetticriteri di'selezione qualitativa deriva 
dalla riatti:i"a stessa del servizio oggetto dell'appalto: 

Disp�siZioni nazfonali impediscono talvoita l'accesso di persone giuridiche 
all'�s�rciifo (l� d�te:i"tninatr servizi, C�s\ come :.riservano l'esercizio dei medesimi 
ai membri dfdet�rmlli,~tf�rdini o cat�g�de professona�i. Allorch� i candidati ad 
tiil appalto debbon� essere in possesso di una pahieolare autorizzazione o appartenere 
ad uria determinata �rgan�zz�ziorie per' poter prestare il servizio in questione, 
l'�lite agg].Udieat()f� pu� chiedere loro fa prova del possesso di tale 
qualit� (art. 30, par; 1)', cos~ com� Iifproduzicin� di certificati rilasciati da organismi 
indipendenti� alfin� di.accertare la conformit� delle prestazioni da fornire 
a �deterinmati��livelli� di qualit�. Tali� spei::ifiehe disposiziohl nazionali, qualora 
esistenti, debbono evidentemente essere c&mpafibili con il Trattato CEE e soprattutto, 
essendo di per s� suscettibili di. creare potenziali discrimin�zioni, debbono 
essere preventivamente portate a follbScenza degli interessati mediante idonei 
avvisi. 

La direttiva infatti; come gi� ril�vato in precedenza, non pregiudica l'applicazione; 
a�� livello�� naiional�; � dell� disposizioni�� relative alle modalit� di esercizio 
di una determinata professione (6" consid�ratido). 

La Cotte di gittstizia ha infatti costantemente! sottolineato che le disposizioni 
del� Trattato refativ� �alla� libera� prestazione dei servizi comportano che le norme 
.�del Paese in cui la prestaziOne � � fornita�. sono applicabili alla prestazione 
di servizi ttan:sfr�ntalierFsoltatito nella misura in cui sono giustificate dall'interesse 
pubblico e sono necessarie proporzionate ed� adeguate alla soluzione del 
caso di specie (cfr. it1 particolare la sentenza �Webb �, in data 17 dicem


bre 1981) (16). ��. � � ' 
Questa� la ragione per la qtiii.�e, come rilevato, i candidati autorizzati a 
svolgete la prestazione del servizio in questione in base alla normativa dello 
Stato in cui sono stabiliti, non poss6rib essere respinti per il solo fatto che, in 
base alla normativa del Paese in cui l'appalto � aggiudicato, avrebbero dovuto 
essete �persone fisiche �o� giuridich~. �AU� persone giuridiche pu� tuttavia essere 
richiesto� di indicare il nome e le qualificazioni professionali delle persone che 
effettuano la prestazione del, servizio di cu� trattasi (art. 26, par. 2 e 3). 
Pu� essere escluso dalla parteeipazione ad un appalto il candidato che sia, 
ad esempio, in stato di fallimento, � liquidazione, amministrazione controllata, 
abbia subito una condanna passata in giudicato per un -reato relativo alla sua 
condotta professionale, o si sia reso responsabile di gravi violazioni dei doveri 
professionali (art. 29). 

(16) Causa 279/80, pubblicata in Raccolta 1981, p. 3305. 
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44 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

La specifica idoneit� del candidato ad eseguire i servizi oggetto dell'appalto 
deve essere determinata dalle amministrazioni aggiudicatrici in m�do obiettivo, 
esclusivamente con riferimento alla sua capacit� economica, finanziaria o tecnica, 
attraverso una .valutazione della sua esperienza ed affidabilit�. 

J)egna di menzione � poi la . disposizione che consente all'amministrazione 
aggiudicatrice di .chiedere all'offerente di indicare, nell'offerta, le parti dell'appaJ.
to che intenda eventualmente subappaltare a terzi (art. 25). Ci� al fine di 
assicurare un'effettiva trasparenza anche nella fase di esecuzione dell'appalto. 

16. I CRITERI DI AGGIUDICAZIONE. 
L'aggiudicazione dell'appalto avviene in base ai criteri dell'offerta pm vantaggiosa 
ci.al punto di vista economico e del prezzo pi� basso (art. 36). La: norma 
in questione aggiunge inoltre: �fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari 
ed amministrative nazionali riguardanti la remunerazione di particolari 
servizi �. Il problema sotteso a tale considerazione � quello gi� evidenziato al 
26� considerando, � relativo al divieto, in alcuni Stati membri, di consentire una 
concorrenza sui prezzi da parte dei prestatori di determinati servizi (le professioni 
iiberali, ad esempio). La salvaguardia .di tali specifiche disposizioni, relative 
appunto alla regolamentazione dell'esercizio di una professione, non deve 
tuttavia tradursi in un ostacolo alla completa applicazione della direttiva. 

Nell'ambito dell'offerta economicamente pi� vantaggiosa, vari criteri possono 
essere presi in considerazione, fra i quali qualit�, valore tecnico, caratteristiche 
estetiche .o funzionali, assistenza tecnica, data della fornitura, termine 
della consegna e dell'esecuzione, prezzo (art. 36, par. 1-a). 

Nel caso in �cui l'entit� aggiudicatrice intenda aggiudicare l'appalto sulla 
bas.e. dell'offerta economicamente pi� vantaggiosa, � tenuta ad indicare, nel 
capitolato d'oneri o nel bando di gara i criteri che prevede di applicare, specificando 
l'importanza che attribuisce ai medesimi (art. 36, par. 2). La direttiva prevede 
inoltre che, allorch� il criterio di attribuzione dell'appalto � fofferta 
economicamente pi� vantaggiosa, l'amministrazione aggiudicatrice pu� prendere 
in considerazione delle �varianti �, cio� delle soluzioni tecniche particolari diverse 
da quelle incluse nel progetto originario.Spetta tuttavia all'ente� aggiudicat�>
re specificare nel capitolato .d'oneri se tali varianti sono autorizzate e a quali 
condizioni minime esse devono rispondere (art. 24). Quella della variante � una 
soluzione utilizzata sopratt-q.tto nel caso. in cui la prestazione oggetto dell'appalto 
si caratterizza per� il fatto di presentare elementi tipici della fornitura e del 
servizio (spesso difficilmente distinguibili): � quindi opportuno consentire all'offerente 
di dimostrare in modo libero e creativo la propria capacit� di soddisfare 
il bisogno dell'ente aggiudicatore proponendo una soluzione adeguata, cos� come 
all'amministrazione aggiudicatrice di scegliere senza troppi vincoli il miglior 
offerente. 

La direttiva prende altres� in considerazione il concetto di � offerte anormalmente 
basse� (art. 37), riprendendo quanto gi� previsto sul punto dalla 
direttiva lavori (art. 30, par. 4 della dir. 93/37 /CEE). ~ consentito all'ente aggiudicatore 
di respingerle, ma soltanto dopo aver fornito all'offerente la possibilit� 
di precisarne gli elementi. costitutivi e dopo averli verificati tenendo conto 
delle spiegazioni ricevute (17). 

Per ogni appalto aggiudicato l'amministrazione redige un verbale scritto 

relativo alle varie fasi della procedura (art, 12, par. 3). Deve altres� comunicare, 

(17) Vedasi, sul concetto di �offerte anormalmente basse�, la sentenza �Fratelli 7o� 
stanza�, in data 22 giugno 1989, causa 103/88, pubblicata in Raccolta 1989, p. 1839. 

PARTB :'lJ, QUl'!STIOlltl 41 

entro ts giotni; a�. tutti i �ci:ti.cottenti esclus� che�.rte. facciailo::�richiesta. .scritta, 

il motivo del rigetto della loro candidatura, e, nel caso. di procedure aperte o 

ristretti;i, il nome del concorrente a cui � stato aggiudicato l'appalto. 

��:� UenUt� aggiudi�atrice ~inoltre tenuta acomunieate.lm-Otivi::�demeventuale 
dl')cisione: di r.in.rtdare all'aggiudicazione di:���un �palto..:.oggetto di una gara, 
<Xls~:: c;:o.me dhl'!<l!'Vililre.ul'll'l<� :nupv~.proocediu'a.�(at:f::<::121par. 2};;:.:fat:e�:�::rappQ:r:to alla 
~mmt~sj�ij~��<:~Jt.�si.i st,i~ .. n<ihie$ta>. nel �caso:� di!.�:dcorso.�ana:� p.J:'Oce:dtiia.� l'legoiiata 
sll:fiZ~: I~ Pt:t~l>U�~!on~n:.td l;'IAAd�) lii gara .. (art.11, PIW� 3;:a);;:�.c<;>Ulutlica:re: il 
'icif~flfodeli~ ~ette�otll:i~el'1Je{\)lil$se .(art,�.37ke motiv1:1;re� la: decisione di 

der9gare aLrife~bx1ent0; lllle n~~ttecnkht:1 eu:i:<;>pe1;1 (art�:: 14,:pai;�. 4). 

Queste cUspQ$:b;ioni so�:I� eviclentemfi:nte finaUzzate; oltre che .ad introdurre 

~p;'.~fte!ti:Y~:A'.l:lsPM~~ n~ll'ambito Q.elle p:rocedw:e.c:li, aggi:Udicazi<;>ne. aconsen


~ire: ml.i:i. (:9mJ.Dissj9rie .�~~� cli s:V()lgere �'.� u,n, efficace : ruolo di controllo. sullo 

svolgfuienfo delle fueci.esfule. �... �: :�:�.�����:�:����: .�. :���... . . �.�:��� . �.�� . . : . . . . ....�. . : .... 

Qgni $tato � : inoltre tenuto a comw1icare :alla . Commissione un Prospetto 
statj~#!::4}�iii#v.'9 al nwnehi e 1:1.Lvafore Mgli aPP!tlti. ag!iii;1,t:licatL da, .ogm entit�.:. 
i\ggfildl�a,~�� aj. <lCsQ�fo~ aeUl:l. sdilil:l.. 4Jsdi}iile~40;9ve I>ossibUe, ..�n tii>o 

fa~�~�a.~olciii~!l~~~tstJJ:~1~ll:~~~~~~Jfo!t~l~~~fi~c{1~nd~Jie!9{~

n~U'MtiP.9l� S 9ef 'l'faH�tq, ch� i.fup9ne ;;).gli stessi . un dovere di assistenza e 
�()llil'li�r�.ii9ij:~ 9tier<>sii. �. :ri~f ci�l:lffonti. delle Jstit.zioni comunitarie, ::i:iell'adem,

I}ifuerito <leUoro com�>lti~. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ....... . 


17.. DISPOSIZIONI ULTERIORI . 

. < :Bill rif~rl~ent~ ~li~:� dimensione internazionale, era stata inizialmente. previ:
sta,. :neU'ambitQ deUa . qriginaria .pi::opo5ta �:cli .. direttiva,..�una . specifica .. disposiit9ri~: 
vq~ta !,\ Pie4j~p�#~ .. meccailismo di difesa . delle imprese cqmunitari!! 
i.Ii. ci�lso. i:U �cciiiafo dfscclfui:i:J.azionf nei loro . confronti nel. corso Cli procedurecti app~fo a<i#L ax�ss~io:: :P~:i:teci:PatQ in: p~esr ierzt .La, diret~iva . irifatti, .. pur 
I>J:eveQ:<ii#4if Jil�r~ 9:Q:Potfuuit~, � :n!::ll!'l gare� d'a,ppalto all'm~erri.o, della Comunit� 
euri::li;i�<t, J>!::rJe fui.J?re.Siii .noii comunit~��.. �ons�ntiva degli iPterventi �finalizzati 
~Jiiiliti;ire' l'iic�.S$o delle s~esse, af merC:::i.to c6mu.Jtario riel casa in cui appunto 
{9~$er9. v�nut~Jiiie�l9. cc:;11i4iii<>rli 4i redprodt� (cio� parit� . cli . trattamento per le 
imprese comunii~�e c6ti fiferlrriem<> agli� a'P:Palti :. nei �paesi terzi). . 

�.�..�..�:'fale...~l>l'F()��io tiJ.ttav�a ll.()n v~~e c91ldfviso dal C9risiglio in . secle <:li ado


zione ~~.~ .�'l?gsi;ziqi'le c9iptaj~ � ~ella.�� 4U::ettjy~'. .�i� i. .� s�g)lit9 .�.� atia .: stJ:e.n1la 

opp<>siZ��i'i.e de�.Paesf piu fuarcatam�nte :�liberi~ti (R,egno 'Uriifo,.� Ger�n;:U:)ia,. Paesi 

:Bassi);:� Xqiiali ifostennero ropporti:mh� � di fui'apeHl:ira unilaterale . ed . iticondi~ 

zforfafa deffoercati coml,iriltan, affine�� di iiori a@itiiigel'.e :�uri. ult�rfore elemento 

alwhte~fo$i:fi::hifgi� ppp�iiev;i la Ci>mUitit� euri;ipea i(Stati Uniti e Giappone 

~~i~~�t~~t\� ~:scip~f~~~=ei?o.posizfope .coiliitnit~ria ti~il'~mbifo dei nego-

Con riferimento . �nvece . all'aspetto pi� propriame:tite .� contenzioso � e . pro


cedtira.Iey la direttiva: $9/665/CBE; ch� predispone Uit adeguata sistema : di ricorsi 

pef ie imprese tese nel corso di U�:Ia procedtir�. di aggiudicazione,. originaria


mente prevista soltanto p�r . ~ coprire ); gliappalti. di f�riiiture �.e: favori, . Vierie 

estesa anche ai semzi(cos� dispone inf�:tti l'art; 4f :della� direttiva 92/50/CBB). 

� La '"direttiva '92/50/CEE � eiif:rata iil vigote il 1" luglio 1993'. Vieri� fodieato 

un terniine di tre anni a decorrere da: fate da:ta pertm riesame della sua appli


cazione da patte della �olnmiSsione CEE (in collaborazione con i relativi comi


tati consultivi); al fine soprattutto di valutare l'opportunit� di una completa 

estensione dell'ambito di applicazione della direttiva anche ai servizi �considerati 

� residuali �; 


46 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

18�.I SERVIZI NEI �SETTORI ESCLUSI� (ACQUA, TELECOMUNICAZIONI, 
ENERGIA, TRASPORTI). 

La direttiva 92/50/CEE riguarda soltanto gli appalti di servizi aggiudicati 
dalle entit� pubbliche. Per quanto concerne invece i servizi aggiudicati dagli 
eriti pubblici e privati che operano nei settori dei trasporti, energia, acqua e telecomunicazioni, 
la Commissione CEE ha proposto di estendere anche a tale 
ambito le disposizioni gi� pr�viste dalla direttiva 90/531/CEE per i lavori e le forniture. 
Un unico testo normativo, la direttiva 93/38/CEE, adottata lo scorso 
14 giugno, disciplina infatti ora le procedure di aggiudicazione degli enti summenzionati 
per quanto concerne gli appalti di lavori, forniture e servizi. 

Tale direttiva, con riferimento ai servizi, riprende ampiamente l'impostazione 
della direttiva servizi � di base�, discostandosene evidentemente laddove 
lo giustificava la specificit� dei settori riguardati. 

Pressoch� identica alla direttiva servizi � ad esempio nella definizione del 
concetto� cfi appalto di servizio, . e nella delimitazione residuale rispetto ai 
lavori e alle forniture. Peraltro la precedente direttiva 90/531/CEE gi� com� 
prendeva alcuni appalti di servizi, che venivano considerati alla stregua di 
appalti di forniture. Si tratta dei servizi inerenti al � software � acquistati dagli 
enti ch,� operano nel settore delle telecomunicazioni ed i servizi che hanno 
per oggetto la messa a disposizione di attrezzature ad uso dell'ente aggiudica� 
tore (contratti di leasing, locazione o vendita a riscatto). 

Le soglie sono fissate a 400.000 Ecu per gli appalti di servizi (e forniture) 
agg>iudicati dagli enti che operano nei settdri di energia, acqua, trasporti, a 

600.000 nel caso di enti che svolgono la loro attivit� nel settore delle telecomunicazioni. 
Analogamente a quanto previsto dalla direttiva 92/50/CEE, viene operata 
una distinzione fra servizi prioritari, ai quali si applica pienamente il regime 
della direttiva, e tutti gli altri, che sono sottoposti semplicemente, come 
si � visto, a condizioni minimali, oltre che ad una leggera sorveglianza della 
Commissione CEE., Anche nella direttiva 93/38/CEE si trova disciplinato il 
concorso di progettazione (procedura che consente all'ente aggiudicatore di 
acquisire un piano o un progetto selezionato da una commissione aggiudicatrice 
in base ad una gara): disposizione che ha l'evidente obiettivo di mettere 
in concorrenza delle � idee � piuttosto che delle offerte classiche. 

Due aspetti della proposta mi sembrano degni di una particolare attenzione: 
il primo dei quali � quello relativo alle relazioni con i paesi terzi. 

L'obiettivo di una completa liberalizzazione del mercato dei settori in questione 
(acqua, trasporti, telecomunicazioni, energia) non poteva (considerata la 
importanza strategica dei medesimi) sottrarsi a qualche temperamento (� opportuno 
rammentare che la direttiva 90/531/CEE, precedente alla 93/38/CEE, e 
relativa agli appalti di forniture ed i lavori, � entrata in vigore il 1� gennaio 
scorso). 

La direttiva 90/531/CEE contemplava infatti ~a specifica disposizione (l'ar� 
ticolo 29, .diventato l'art. 36 della �nuova� direttiva 93/38/CEE) che stabilisce 
regole sull'origine dei prodotti oggetto di gare d'appalto. Nel caso in cui la 
Comunit� europea non abbia raggiunto un accordo volto ad assicurare parit� 
di accesso per le imprese comunitarie agli appalti dei paesi terzi, le entit� aggiudicatrici 
comunitarie hanno la possibilit� di escludere le offerte di paesi 
terzi qualora meno del 50 per cento dei beni sia di origine comunitaria. In pra� 
tica, qualora due offerte siano equivalenti (con un margine del 3 per cento), 
l'ente appaltante dovr� scegliere quella comunitaria, a meno che questa non 
comporti una qualit� tecnica ed operativa inferiore. Una siffatta disposizione 


47

PARTE II, QUESTIONI 

� pertanto volta �ad assicurare� che la Comunit�� europea non apra unilatera!� 
mente. i propri mercati in settori cos� delicati e strategici. 

Contrariamente. agli appalti di forniture, in tema .di servizi risultavano di 
difficile fdrniulazione regole corrispondenti ili materia di origine, cosicch� la 
Comunit� .europea, nella direttiva in questione adotta un diverso approccio, 
che� risulta .pi� �conforme . ad una. linea pi� marcatamente liberista, e che si caratterizza 
per il fatto di�delineare una sorta di intervento � ex post�. 

Allorch� . .infatti si constata che sono frapposti ostacoliall'accesso delle 
imprese comunitarie agli appalti di servizi nei paesi terzi, la Commissione si 
impegna ad iniziare immediati negoziati e pu� addirittura giungere, sotto il 
controllo del Consiglio, a sospendere� o subordinare a determinati limiti l'aggiudicazione 
degli appalti di servizi alle imprese dei paesi terzi (art. 37 della 
dir. 93/38/CEE). Un analogo dispositivo; originariamente incluso anche nell'ambito 
della direttiva 92/50/CEE, relativa agli appalti di servizi aggiudicati dalle entit� 
pubbliche, come. precedentemente rilevato, era stato in seguito abbandonato soprattutto 
per ragioni di carattere politico). 

Un altro elemento della direttiva, che mi pare estremamente interessante, � 
quello relativo alle � transazioni intra-gruppo �. 

Il punto di partenza era costituito dalla considerazione che spesso la prestazione 
di determinati servizi (ricerca e sviluppo, informatici, contabilit�) viene 
affidata ad ,una societ�,. appartenente allo stesso gruppo industriale, spesso' 
appositamente creata per rispondere a determinate esigenze, quali. quelle di concentrare 
il � Know how � che altre societ� del gruppo hanno sviluppato. 
:g evidente che in questo caso l'obbligo di sottoporre alla procedura di aggiudicazione 
la fornitura di un tale servizio avrebbe comportato effetti estremamente 
negativi, tali da condizionare la stessa organizzazione, oltre che la 
strategia complessiva dell'impresa. Da tali considerazioni � emersa la necessit� 
di definire l'entit� aggiudicatrice (che, � opportuno ricordarlo, nei settori 
in questione � per lo pi� un ente privato, seppur titolare di diritti speciali o 
esclusivi), facendo riferimento alle sue funzioni economiche, prescindendo 
dalle sue connotazioni giuridiche (vedasi sul punto la sentenza � Hydrotherm �, 
in data 12 luglio 1984) (18). Pertanto i contratti relativi a forniture di servizi 
stipulati fra entit� giuridiche appartenenti alla stessa unit� economica non sono 
inclusi nel raggio d'azione delle regole relative agli appalti. 

La direttiva prevede che le sue norme non si applichino agli appalti di 
servizi assegnati da un ente aggiudicatore ad un'impresa collegata. Viene inoltre 
sancita l'esclusione dalle regole della direttiva per gli appalti di servizi aggiudicati 
da un'impresa comune, costituita da pi� enti aggiudicatori (per l'esercizio 
di un'attivit� costituente l'oggetto della direttiva) ad uno degli stessi enti 

o ad una societ� collegata ad uno dei medesimi, qualora almeno 1'80 per cento 
del suo volume d'affari medio realizzato nella Comunit� negli ultimi tre anni 
in materia di servizi derivi dalle commesse del medesimo ente aggiudicatore 
(cfr. l'art. 13 ed il 32� Considerando della direttiva 93/38/CEE). 
Tale esclusione � tuttavia limitata agli appalti di servizi aggiudicati dalle 
societ� collegate il cui obiettivo principale � appunto quello di fornire i loro 
servizi al gruppo (e non porli in vendita sul mercato) e che elaborano conti consolidati 
con quelli dell'ente aggiudicatore (in conformit� di quanto previsto dalla 
sesta direttiva sul diritto delle societ�) (19). La Commissione CEE esercita un 

(18) Causa 170/83, pubblicata in Raccolta 1984, p. 2999. 
(19) Per � impresa collegata � si intende qualsiasi impresa i. cui conti annuali siano 
consolidati con quelli dell'ente aggiudicatore a norma della direttiva del Consiglio 83/349/CEE 
(G.u.c.e. L. n. 193 del 18/7/1983), ovvero, nel caso di enti non soggetti a tale direttiva, 

48 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

controllo, secc;>ndo modalit� da essa stabilite, circa la sussistenza delle condizioni 
a cui � subordinata questa esclusione. Come rilevato, si tratta di una 
disposizione finalizzata ad evitare la messa in concorrenza di attivit�, quali 
la fornitura di servizi comuni (ad esempio in materia di contabilit�, personale 
e gestione), o relativi al � know how � del gruppo, che spesso si trovano concentrate 
in una sola consociata per ragioni di carattere fiscale, limitazione della 
responsabilit� o pi� semplicemente efficienza gestionale. 

Il riconoscimento di questa rilevante realt� economica, la necessit� di non 
comprometterne il regolare svolgimento, ma soprattutto l'opportunit� di non 
discriminare l'assetto societario caratterizzato dalla gestione delle attivit� per 
mezzo di societ� collegate alla � capogn1ppo � rispetto a quello basato su 
divisioni operative di una medesima entit� costituiscono le ragioni giustificative 
di questa disposizione (assai discussa peraltro in sede di elaborazione). 

MAURIZIO MENSI (*) 

(*) ~�autore, membro del Servizio Giuridico della Commissione CEE, si 
esprime a titolo personale. 

l'impresa sulla quale l'ente aggiudicatore eserciti direttamente un'influenza dominante. 
nonch� quella che eserciti un'influenza dominante sull'ente aggiudicatore ovvero, insieme a 
quest'ultimo, sia soggetta all'influenza dominante di un'altra impresa in forza di propriet�, 
partecipazione finanziaria o norme interne. 


L'ITALIA E. IL MEDITERRANEO: 
RISARCIMENTO �DEI DANNI ALL'AMBIENTE MARINO 
PER INQUINAMENTO DA IDROCARBURI (*) 


. .� . . 
. 

��� Il tema della httel~. dell;~biente � . molto vasto, ~volgendo molteplici pro� 
blematl.che .. cii.� ordine tecpJc0 � gbiridico: l'oggetto del nostro incontro rigt,tar~ 
d~il. l'foqufoa:o;iento da icb:0c;~b.~ ca:usatp . d;:l incidenti niwali, argomento piut� 
t()sto specifico, ma cU !WaIJ.d\il ll:i,tere$Se. Pi�. in particolare Ci sof~ermeremo sulle 
linee storiche c;l~!Ja. politica itajian.a .in . nuiteria . in sede intemaifonal~�. (e. pJ:ima 
ancora ne~la Jegislazio~ interna)� Non. ci. occuperemo,.�. peraltro, . della.� Politica df i#eveniione .. deg�i evenU. .� potenzialmente pericol<lsi. per . l'foteg)'.'it� . dell'aro� 
biente; rna n.on percli� non si tratti di argomento privo di interesse, ma . per� 
ch�, al rigt,tardo nella comunit� internazionale c'� una confortante uniformit� 
di veditte: 'J'uttLsoI1o convinti che la miglior difesa dell'ambiente Mbba essere 
attw.i.ta �in. radice, iJ;l yja �.di preye)lzione. � Ci possono esseri! �. diversit� di �. vedute 
sulle :niisi.tre tecniche cla aci:Qttare, e in prpposito � sono fo corso studi a livello 
fot�rn�.Ziol'l�te �. Pf;lr �. � rfudividuazione delle prescrizioni rite;rii.tfo pii1 ef:ficaci: ma 
hi l;�.ona . sostanza. s( C()DC()�la Chf;l � migliori risultati si :\)OSSOnO solamente 

consegt,tire m�diante la prev1;JJl2:i6ne,. . . . . . . . . . . . . . . .. 
Ci ...occ.peremo, invece, della reazione dell'ordinamento al. fatto dell;in� 
quinamento. �..� � . � � � .. 
� . Al� riguardo, purtroppo, come meg�io . di segt,tito specificheremo, c'�. da ri� 

scontrare uno scoJ;\fortante pressoch�. assoluto isolamento dell'Italia. Noi non 
riteniamo, �invero, che� siano�� sufficienti solamente misure :Preventive �per. risolvere 
il problema, dell'inquinamento: .potranno .. adottarsi le pre$eriz~�l;J.i pi� severe, 
pi� sofisticate . ed aggiornate di carattere tecnico, ma verra ' sempre .. il 
mpmento fu cm foi:te. queste si . riveleranno insufficienti. ed il temuto ev;e.Qip. accadr�. 
E quando jJ; disa::i.tro sia avvenuto e il carfoo cli idrocarburi $� Sia S:Vf)rsato 
in mare e4 .ab])ia causato danm? In questi casi. I'Ita�ia ritiene che l'orciinan:
i,e)lto 4eliba reagire, Prescriv�inci(l, ove pos$ibile, il ripristino neUa sua. integrit� 
�. dell'ambiente comprome$so e, .ove impo$sibile, elle il responsabile .sia te� 
ni.tto al risarcimento dei danni. Questa po5izione, elle oltre che conseguire ac:l 

(*). �.Il presente. articolo .� tratto dal testo della conferenza,. tenuta dall'autore il 23 
aprile 1993 presso .jl Cons.olato generale d'Italia .a Lugano, organizzatadall'-: Associazione 
Cai;lo Cattaneq �. � ...�. � . . . .. . 

L'Associazio11e � Ul1 sodalizio italo�svizzero, di diritto elvetico, promosso . dal Con.so� 
!atei� General� d'Italia a LJig!llio e� con �sede� iii. locali messi a.� disposizione dal� Mun�cipi� . della 

Citt�. E attivo da . pi1f di tte a�inL . . �. . . . ...� . . . . 
La sua fin~it� �?redpua, secondo l'art. 1 dello Statuto, � di �promuovere le reiazioni 
culttirali itfilO::Strizz�fe.:; a:r fine di 'clifendere la lingua � la ctiltura it�liline �. 
E finanZiato. con contributi cli� Enti pubblici e� privati, imprese, banche e� singoli� privati 
svizzeri e .italiani� 
~l�Preside11te �. svizzero ~ il seg:t'.et;:lrio Generale .�. ita;liano ... 
L'Associazione ha raggiunto Olll1ai una apprezzabile notot'.iet�, sia h1; Svizzera che. in 
Italia, quale .. pi� . importante organismo operante riel . settore � delle. relazioni culturali fra 
i> due . Pl;iesL . � �. .� � �. . .� 
Essa organizza c:onvegni e dibattiti di carattere economico, sociale e politico, viaggi 
cli studio nei due Paesi, concerti, mostre, premi e borse di studio. � 
Pubblica inoltre una Collana molto seguita, �I Quaderni dell'Assciciazione �Carlo Cattaneo 
� neila qual� vengono riportati i testi delle pi� importanti conferenze e tavole rotoride 
organizzate �dall'Associazione. 



JO RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

antica tradizione giuridica risponde a logica difficilmente contestabile, purtroppo 
non trova diffusi consensi a livello internazionale: vediamo come e 
perch�. 

Ebbene, vi siete mai chiesti che cosa succede quando affonda una petroliera? 
Non ci si vuol riferire, naturalmente, alle conseguenze per cos� dire � fi. 
siche � del disastro, a tutti pi� o meno note per esser state mostrate dai massmedia 
in occasione dei grandi disastri navali, alcuni anche recenti (la perdita di 
vite umane, la perdita della nave, lo sversamento in mare del suo carico e la 
conseguente compromissione dell'ambiente marino e cos� via): ci si intende riferire, 
invece, alla responsabilit� per i danni, talvolta di dimensioni catastrofiche. 
Insomma, chi paga? Quali sono le regole che disciplinano questa materia e pi� 
in particolare, chi � tenuto e soprattutto quali danni deve risarcire? 

Quando affonda una nave, secondo i principi di diritto della navigazione 
comuni a tutti gli ordinamenti giuridici, l'armatore, oltre a subire la perdita 
della nave, risponde del carico e delle conseguenze dannose dell'evento. Potete, 
dunque, facilmente immaginare quale sia il rischio economico cui si va incontro 
con l'esercizio di una nave. Il rischio pu� essere ovviato, � vero, con una adeguata 
copertura assicurativa, ma una adeguata copertura assicurativa costa e 
costa tanto pi� quanto i rischi sono maggiori. E' intuitivo, quindi, che una 
adeguata copertura assicurativa di una nave cisterna, del suo carico e della 
responsabilit� civile verso terzi, verrebbe a gravare in modo molto sensibile 
sui noli e quindi, in definitiva, sul prodotto trasportato. 

Questo dunque il dilemma: da una parte il trasporto di idrocarburi via 
mare � inevitabile, ma molto rischioso; dall'altra l'elevato costo di una adeguata 
copertura assicurativa si tradurrebbe in un aggravio sensibile del costo 
del prodotto, per cui spesso viene trascurata, in special modo in relazione alla 
responsabilit� civile. 

In verit�, in moltissimi ordinamenti giuridici, in specie quelli di antica tradizione, 
un rimedio � stato trovato da tempo ma non riguarda, si badi, il solo 
trasporto via mare di idrocarburi. Poich� � interesse della comunit� nazionale 
(ed internazionale) che vengano esercitati i traffici marittimi e che quindi 
vi sia chi sia disposto a investire i propri capitali con tale indispensabile ma 
rischiosa attivit� imprenditrice, si � previsto che l'armatore risponda soltanto 
entro certi limiti. Per fare un esempio, nel nostro diritto l'armatore risponde 
nei limiti del 20-40 per cento del valore della nave e dei proventi del viaggio, 
in particolare del nolo (artt. 275-276 cod. nav.). 

Il che comporta una riduzione dei rischi (e quindi del costo delle assicurazioni), 
attraverso una loro ripartizione fra l'armatore e chi fruisce del trasporto 
marittimo o comunque ha interessi legati ad esso, il che potrebbe anche 
rispondere a logica. Purtroppo, per�, comporta anche che terzi del tutto 
estranei al trasporto marittimo, che abbiano subito danni per il naufragio, non 
abbiano alcuna possibilit� di ottenere un adeguato risarcimento. 

Per fare un esempio, nel naufragio della motonave Alessandro I -febbraio 
1991 -, avvenuta nelle acque dell'Adriatico meridionale, 16 miglia al largo 
di Molfetta, il Tribunale di Roma ha fissato un limite di responsabilit� di circa 

2.800.000.000 di lire. La nave trasportava alcune tonnellate di prodotti chimici 
altamente tossici e velenosi contenuti in bidoni. La pericolosit� per l'ambiente 
marino del carico perduto in mare consigli� le autorit� marittime di procedere 
al suo recupero: l'operazione cost� circa sei miliardi, che dovevano essere posti 
a carico del responsabile, cio� dell'armatore. Ma abbiamo visto che il limite di 
responsabilit� dell'armatore � stato fissato in 2.800.000.000 di lire e poi c'� il concorso 
di tutti gli altri creditori, in relazione alle obbligazioni relative al viaggio in 
cui avvenne il naufragio, che devono soddisfarsi su quel massimale... Potete capire, 
alla fine, a che cosa si ridurr� il risarcimento che spetter� a tutti costoro, ivi 

PARTE II, QUBSTIONI J1 

compreso lo Stato, che era terzo del tutto estraneo al trasporto marittimo finito 
cos� tragicamente. 

Stranamente, per�, il problema non si � posto in tutta la sua gravit� fino 
al .1967,. quando si verific� il nal,lfragio della Torrey Canion in Cornovaglia. La 
nave cisterna si incagli� . sui . bassi fondali rocciosi che orlano la penisola e le 
isole antistanti, si spezz� e cominci� a riversare in mare il suo carico: stava 
trasportando qualcosa come 118.000 tonnellate di greggio. Il pericolo incombente 
era. talmente .grave, .che la. Gran Bretagna intervenne con� bombe. al napalm per 
im::endiare il �carico e cercare cos� di contenere le conseguenze del disastro. 
Cionondimeno, la marea nera che ne defluiva, trasportata dal vento e dalle 
correnti, si diresse verso la costa provocando gravissimi danni economici ed 
ecologici. 

In quella� occasione . si appresero . due importanti insegnamenti: 

-primo, che se Io s~ato rivierasco non avesse potuto interveriire in 
modo tanto� drastico, le consegtienze dell'evento sarebbero state ancora peggiori; 
se, infatti, l'evento� ati'v�ei:Ie fl'.lori delle acque territoriali e la nave coinvolta nel 
disastro batte bandiera che non si identifica con quella degli stati rivieraschi, 
q,,tiesti, ili via di strettod�ril:to non potrebbero interveriire sulla nave per limifare 
� le �onsegtieilZe datiliose d�ll'evento, perch� il relitto � a tutti gli effetti 
territorio estero; . . 

.-.secondo, che le consuete limitaziorii di responsabilit� a favore dell'armatore 
avrebbero avuto come conseguen,za la non indenriizzabilit� della maggior 
parte dei daniii. � � � � 

La comunit� .iJ:itert:iazionale cominci�, allora, a studiare la possibilit� di 
adottare regole che consentissero da un lato l'intervento in alto mare degli stati 
rivieraschi nel. caso di sversamento, al fine di scongiurare o limitare il pericolo 
di inquinamerifo e �dall'altro che disciplinassero la responsabilit� civile per i 
danni per inql.iinaniento da idrocarburi, assicurando in ogni caso alle vittime 
un equo epronto indennizzo. Le due convenzioni che recepirono questi principi 
furono' approvate a. Bruxelles il 29 novembre 1969. Ai fini dell'argomento sul 
quale d stiamo trattenendo, quella ch� ci interessa pi� da vicino � la seconda 
e cio� la Civ�l Liabllity Convention -CLC. 

La CLC pose i principi fondamentali in materia di risarcimento danrii per 

sversamento in mare di idrocarburi a seguito di incidente navale. Brevemente: 

responsabile dei danrii da inquinamento � il proprietario della nave (e non l'ar


matore e questo perch� principio comune a molti ordinamenti giuridici � che 

il proprietario si presume armatore .-... per il nostro diritto � cfr. art. 272 cod. 

nav.); il proprietario ha il diritto di limitare la propria responsabilit� in rela


zione ad ogni incidente per un ammontare di 2.000 franchi oro per ogni tonnel


lata di stazza della nave, ma nel complesso il totale non pu� superare i 210 

milioni di fyanchi oro (il franco oro � una moneta convenzionale .il cui valore � 

dato da una certa quantit� di oro fino al valore � ufficiale �: come � noto, il 

valore Ufficiale dell'oro non esiste pi� da tempo, il che ha dato luogo a seri 

contrasti interpretativi della norma, sui quali, peraltro, non ci soffermeremo, 

esUlando dal tema del nostro incontro). Per valersi della limitazione di respon


sabilit�, il proprietario �della nave deve costituire Uri fondo presso l'autorit� 

giudiziaria per la somma che rappresenta il limite della sua responsabilit� o in 

numerario o mediante idonea garanzia. Al riguardo, si noti, il proprietario della 

nave che trasporti pi� di �2000 tonnellate di idrocarburi, deve necessariamente 

essere � muriito �di garanzia che copta la propria responsabilit� per i danni da 

inquinamento, conformemente alle disposiziorii della convenzione. 

Ben presto, per�, quando ancora la CLC non era entrata in vigore, ci si 

rese conto che il massimale di copertura assicurato dalla convenzione non era 


-



f2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

assolutamente sufficiente a coprire in modo adeguato i danni per un eventuale 
disastro di una certa gravit�, nonostante fosse stato imposto al proprietario 
della nave un onere finanziario aggiuntivo (il costo dell'assicurazione, cui prima 
si cennava). E si consider� poi che non fosse giusto che tale costo aggiuntivo 
fosse sopportato solamente dai proprietari delle navi, ma avrebbe dovuto 
essere sopportato in parte anche da coloro che hanno interessi finanziari nel 
trasporto via mare di idrocarburi. Il 18 dicembre 1971 fu adottata a Bruxelles, 
quindi, una nuova convenzione -convenzione nota come Fund Convention 
(FC) -con la quale fu istituito l'International Oil Pollution Compensation 
Fund -IOPC Fund -e cio� un organismo internazionale presso l'International 
Maritime Organization -filiazione dell'ONU -, con lo scopo di assicurare un 
equo compenso alle vittime anche oltre il massimale di esposizione del proprietario 
della nave fissato secondo le regole della FC. Anche il Fondo, peraltro, 
ha un massimale di esposizione oltre il quale il risarcimento dei danni non trova 
pi� copertura. C'� da dire, per�, che questo massimale, anche se insufficiente 
per i grandi disastri navali, almeno secondo l'interpretazione restrittiva del 
Fondo medesimo, assicura una copertura dei danni significativa. Per avere una 
idea, secondo lo IOPC Fund il massimale, in lire italiane, � attualmente di poco 
pi� di 100 miliardi; secondo un'altra interpretazione, condivisa dal Tribunale di 
Genova, che si sta occupando del caso Haven di cui poi parleremo, il massimale 
si aggirerebbe intorno ai 740 miliardi di lire (questo rilevante contrasto di 
opinioni si connette al problema sopra cennato dell'interpretazione della CLC 
-e della FC -laddove si fa riferimento al valore ufficiale dell'oro). Come 
potete vedere c'� una grossa differenza e non solo di vedute. 

Tornando al funzionamento dello IOPC Fund, il suo finanziamento � assicurato 
dai contributi annuali degli stati aderenti, contributi determinati in proporzione 
ai quantitativi di idrocarburi ricevuti nell'anno solare per via marittima: 
in definitiva, l'onere finanziario viene a gravare sulle industrie di raffinazione 
e sugli operatori del settore. A titolo di curiosit�, si pensi che l'Italia � il 
il secondo maggior paese contributore del Fondo (nella misura del 18 % circa) 
dopo il Giappone (nella misura del 24 % circa), il che d� un'idea della importanza 
d ell'industria di raffinazione del nostro Paese anche a livello mondiale. 

Come si pu� vedere, dunque, il Fondo funziona proprio come una vera e 
propria mutua assicuratrice fra gli Stati aderenti. 

Le tre convenzioni di cui si diceva, quella sull'intervento in alto mare, 
la CLC e la FC entrarono in vigore in Italia nel 1977, essendo state ratificate 
e rese esecutive con legge 6 aprile 1977, n. 185. 

Gi� nei primissimi anni di applicazione sorsero seri problemi applicativi 
ed interpretativi: stante il tema del nostro incontro, ci limiteremo ad esaminare 
uno dei temi pi� controversi e cio� quello della risarcibilit� del danno ambientale. 


Nel 1980 si verific�� nelle acque del Baltico un incidente in cui fu coinvolta 
la motocisterna russa Antonio Gramsci: diverse tonnellate di idrocarburi finirono 
in mare. Il Governo russo chiese il risarcimento del danno ambientale 
calcolato teoricamente, facendo riferimento alle tonnellate di acqua contenute 
nel tratto di mare territoriale interessato dall'evento, alla quantit� di petrolio 
ivi sversato ed attribuendo un valore, non si sa bene come calcolato, ad ogni 
unit� di misura cos� individuata. L'Assemblea del Fondo neg� il risarcimento, 
trattandosi di danno non economico, quantificato in via astratta in base a 
modelli teorici (risoluzione n. 3 dell'ottobre 1980). Fu poi precisato da apposito 
Gruppo di lavoro che il risarcimento per danno ambientale sarebbe stato assicurato 
solamente nel caso in cui il danno da inquinamento avesse causato 
perdite economiche. 


54 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

in vigore nella sua originaria stesura, con la sua amplissima definizione di danno 
da inquinamento sopra vista. 

Accennavo dianzi alla politica italiana in materia di tutela dell'ambiente, 
marino in particolare. Nel nostro ordinamento, infatti, l'attenzione del legislatore 
al riguardo cominci� a prendere corpo in senso moderno quasi trenta anni 
fa: nella legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima -anteriore cio� alla 
CLC, del 1969 ed alla FC, del 1971 -varie disposizioni miravano a tutelare le 
� risorse biologiche delle acque marine � e ad esempio, si vietava il danneggiamento 
delle medesime, fra l'altro, mediante l'immissione di sostanze tossiche o 
comunque inquinanti: la violazione cli tali divieti costituiva un reato punito 
severamente. Ci� che pi� rileva ai fini del nostro tema � che gi� da allora 
l'autore dell'illecito era tenuto al risarcimento dei danni per la compromissione 
arrecata all'ittiofauna ed era tenuto al ripristino della integrit� ambientale: 
lo Stato era il titolare del diritto al risarcimento. Si badi: stiamo parlando di 
una epoca quasi preistorica in relazione alla sensibilizzazione delle coscienze 
verso la tutela dell'ambiente. 

Seguirono negli anni 70 la famosa legge Merli del 1976, n. 319, poi modificata 
pi� volte, che; peraltro, si preoccupava soprattutto della tutela dall'inquinamento 
delle acque interne, ma anche delle acque marine. 

Ma la prima vera legge organica di tutela dell'ambiente marino nel suo 
complesso � quella per la difesa del mare 31 dicembre 1982, n. 979. Se con la 
legge de1 1965, che mirava sostanzialmente alla tutela della fauna marina, si 
poteva ancora avere qualche dubbio sulla natura del diritto dello Stato nei confronti 
del mare; tanto che ancora veniva classificato, forse a mio sommesso avviso 
erroneamente, come � res communis omnium �, con la legge del 1982 non 
c'� pi� dubbio: il mare viene inteso dal legislatore come bene giuridico, suscettibile 
di degrado e quindi cli deprezzamento patrimoniale valutabile, nei confronti 
di qualunque fatto umano idoneo ad alterarne l'integrit�, sia per quanto 
riguarda il fenomeno dell'inquinamento in senso stretto -inteso come alterazione 
della struttura biochimica delle acque -sia in relazione ai riflessi negativi 
dell'inquinamento sull'ambiente marino globalmente considerato (flora, fauna 
e amenit� dei luoghi). La legge n. 979, invero, qualifica come ipotesi di reato 
ogni sorta di scarico in mare di sostanze nocive per l'ambiente marino, prevede 
pene molto severe e l'obbligo del risarcimento a favore dello Stato e a carico 
dell'autore dell'illecito: risarcimento che, ove possibile, in via di principio deve 
essere in forma specifica, deve cio� mirare a ripristinare l'integrit� dell'ambiente. 
Si noti che l'obbligo del risarcimento � previsto anche nell'ipotesi di 
responsabilit� obbiettiva, cio� di responsabilit� senza colpa. g evidente che 
ormai il mare territoriale deve considerarsi parte dei beni pubblici dello Stato. 

L'ultimo intervento legislativo in materia di tutela di ambiente � la legge 
8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente, ma che ha dettato 
anche norme per la risarcibilit� del danno ambientale in genere, mentre la 
legge del 1982 riguardava solamente il danno all'ambiente marino. La legge del 
1986 ha introdotto l'importante novit� che nell'ipotesi di liquidazione .equitativa 
del danno, il giudice pu� tenere conto della gravit� della colpa e del profitto 
conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei 
beni ambientali: in altri termini viene prevista la possibilit� che nella condanna 
al risarcimento del danno vengano introdotti profili sanzionatori. 

Torniamo ora alle controverse vicende dell'interpretazione della CLC e 
della FC in ordine alla risarcibilit� del danno ambientale. 

Nel 1985 si verific� il primo evento di rilievo che abbia interessato le acque 
italiane. Il 21 marzo di quell'anno, poco prima dell'alba, entravano in collisione 
nello stretto di Messina la nave cisterna Castillo de Monte Aragon, di bandiera 
spagnola, proveniente da nord, vuota e in zavorra e la motocisterna Patmos, 


PARTE II1 QUESTIONI Jf 

d� bandiera greca; proveniente da sud� con un carico di circa 80.000 tonnellate 
di greggio. L'urto provocava un incendio a bordo della Patmos, per cui l'unit�, 
abbandonata dall'equipaggio, si incagliava nei pressi cli Torre Faro. Per effetto 
della collisione e ..dell'incaglio si aprivano delle falle nell'opera. viva, .. dalle quali 
si sversavano.� in.� mare circa.. 4.000 tonnellate .�di petrolio.��Il Governo ltaliano, 
pertanto; in.considerazione. delle .. gravi conseguenze sull'ambiente marino .e in 
applicazione�>della CLC e �della FC; :coerentemente con� la propria politica a 
difesa del mare ed in applicazione della legislazione italiana� sopra cennata,. inoltrava 
ali<> JOPC Funcl u:na ricl�esta per risarcimento danni .per inquinamento. 
Il Fondo rtaturaln;Iente resisteva, .ribadendo la nota tesi che le. convenzioni non 
contemplavano �la. possibilit� di �un tal.�. risarcimento.. Il Tribunale di Messina, 
investito della controversia, respinse la domanda del Governo italiano, sostanzia!
Itle11te n.eg~do �h,e .secoI;1do li;i legislazi0.e �. vigente potesse riconoscersi un 
diritto patnmoniale <i,ello Stato. sul mare territoriale, il. .che� comportava, conseguentemellte, 
che potesse .�onfigl,U"arsi. un 4anno risai;cibile a sensi delle conven21ioni 
cli Bruxelles del 1969 e del 1971, In secondo grado, la Corte d'appello di 
~ssina au�l� .in contrari() avviso: accoglie:qdo 1e difese . dell'Avvocatura dello 
Stato. ricqn9bbe che il mare territoriale, dopo la legge del 1982, n. 979 sulla difesa 
del mare. doveva riconoscersi appartenente a~ beni pubblici �lello Stato e quindi 
s.11~ttibile di s.bire danni risarcibili. a termini Glella CLC e FC: la causa � 
tutto:ra in corsQ,, sempre avanti la Corte messinese, per la valutazione del danno, 
rjconqsciuto in vi11 di principio. risarcibile. 

Nella P.dmave;ica del. 1991\, nel giro di d.e giorni, si verificarono i due 
tragi�i incidenti. Agip Abruzzo e H aven. 

Il 10 aprile 1991 .cli notte, mentre la . nave cisterna Agip Abruzzo con un 
carico. cli 80;000 tonnellate di. greggio si trovava all'ancora in rada, due miglia 
fuori del porto cli Livorno, veniva investita, per cause tuttora imprecisate, .dalla 
nave traghetto Moby .Prince, A seguito della collisione, fu. sfondata la cisterna 
dell'estrema. poppa della petroliera, dalla quale cominci� a defluire in .mare il 
carico incendiandosi; il materiale in fiamme circond� rapidamente la Moby 
Prince;. che �a sua volta prese fuoco. Per i passeggeri e l'equipaggio non ci fu 
via di scampo: 143 .persone persero la vita mentre vi fu un solo superstite; 
Anche la motocisterna prese fuoco, ma per fortuna non vi furono effetti cos� 
disastrosi: non vi furono perdite �di vite umane e per fortuna le altre cisterne 
rimasero intatte. Il fuoco per� aggred� i serbatoi del co:inbustibile e dei lubrificanti 
dell'apparato motore;. danneggiandoli gravemente, per cui altre tonnellate 
di idrocarburi si sversarono in mare. La marea nera invest� la costa a sud 
cli Livorno. 

Il giorno dopo e cio� 1'11 aprile 1991, la nave cisterna cipriota Haven, che 
trasportava 144.000 tonnellate di greggio, dopo aver scaricato parte del carico a 
Genova e mentre si trovava all'ancora fra Genova Voltri ed Arenzano, sub� una 
serie cli esplosioni� e prese fuoco. La nave si spezz� in due: la sezione di prua, 
molto piU: piccola, affond� a sud di Arenzano ad una profondit� di circa 500 
metri, . mentre la sezione di poppa, molto pi� grande, fu trainata avvolta dalle 
fiamme in acque pi� basse. Affond� dopo �tre giorni a un miglio e mezzo a sud 
di Arenzano. in 60 metri d'acqua. Vi furono quattro vittime e molti feriti fra 
i membri dell'equipaggio. 

L'entit� del carico al momento del disastro non � nota con precisione, 
poich�, come si � cennato,. la nave cisterna aveva appena scaricato parte del 
greggio trasportato. Stime attendibili parlano di oltre 100.000 tonnellate. Si ignora 
quanto di esso sia bruciato nei tre giorni dell'incendio, prima dell'affondamento, 
mentre viene stimata in 10.000 tonnellate la quantit� cli petrolio sversata in 
mare: il resto, cio� la parte del carico non bruciata e non sversata in. mare,� � 
affondato con la nave. La marea nera ha invaso il ponente ligure e quantit� 


f6 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

consistenti sono spiaggiate in Costa Azzurra e nel Principato di Monaco. Le 
localit� che pi'�. hanno subito danni vanno da Arenzano a Celle Ligure e Varazze. 
Si ha ragione di ritenere che quantit� consistenti di catrame ed asfalto giacciono 
ora fa fondali .pi� o meno prossimi. alla costa: insomma un disastro per 
l'ecosistema senza precedenti nel Mediterraneo. La gravit� delle conseguenze 

dell'evento deriva dalla circostanza che il disastro � avvenuto in prossimit� di 
una costa densamente abitata, di >rara amenit� e a forte vocaZi.one turistica. 
A ci� aggiungasi che l'area interessata si trova in un mare chiuso, quale � il 
Mediterraneo: si tenga presente, infatti,� che nel Mediterraneo la completa dissoluzione 
di idrocarburi per cause naturali e quindi la scomparsa dell'inquinamento 
avviene in tln tempo quaranta volte superiore. a quello .occorrente in un 
oceano. 

Nel �giugno 1991 il Governo italiano avanz� in �sede giudiziaria avanti il 
Tribunale��di� Genova, nel cors� dell'apposito procedimento di llliiita:Zione �.di 
responsabilit�; una richiesta di risarchriento per il danno ambientale connesso 
con � l'incidente Hav�n mentre per l'incidente Agip Abruzzo si � riservato � di 
formulare analoga richiesta all'eS:ito delle indagini volte ad accertare se un danno 
significativo all'ambiente vi sia stato: ad oggi la riserva non � stata sciolta. 
Naturalmente la richiesta italiana � stata subito portata all'esame del Comitato 
esecutivo dello lOPC� Fund, vertendo sulla ben nota questione� di principio� della 
risarcibilit� del danno ambientale ed essendo la richiesta molto cospicua. Si 
tenga presente al riguardo, che il Governo �italiano ha chiesto il rimborso di 
circa 160 miliardi �per spese di contenimento dello-sversamento del greggio e 
di prevenzione dall'inquinamento (come ad es.� la pulizia e I'inertizzazione del 
relitto ad evitare il rilascio del carico residuo rimasto a bordo), per spese di 
bonifica e ripristino del litorale, dei porti, delle scogliere, dei fondali e cos� via; 
ha chiesto poi il risarcimento del danno ambientale indicato in via cautelativa 
in 100 miliardi:; ma potrebbero essere anche molti di pi� all'esito delle indagini 
e del monitoraggio ancora in corso. Non fu possibile indicare immediatamente 
una cifra pi� attendibile perch� l'entit� del danno ambientale. per inquinamento 

Ida idrocarburi si pu� accertare solamente in tempi molto lunghi. Per avere 
un'idea al riguardo, in relazione all'incidente Metula, avvenuto nello Stretto 
di Magellano nel 1974, una spedizione scientifica inglese ha constatato che dopo 
dodici anni nell'area interessata dall'evento si poteva ancora constatare l'esistenza 
di uno strato di asfalto. sul fondale marino, incrostato da residui oleosi, con 
probabile rilascio ancora per molti anni di componenti tossici: .questa sorta 
di pavimentaZi.one,. inoltre, costituiva un serio ostacolo alla vita subacquea nel 
fondale in cui si adagiava. In quel caso, ovviamente, nessun intervento umano 
vi era stato per contenere il danno da inquinamento o per il recupero dell'ambiente, 
mentre nel caso Haven � stato fatto uno sforzo di grandissimo. impegno 
finanziario, con l'uso di uomini di grande preparazione ed esperienza e di mezzi 
ad altissima tecnologia, p.er cui gi� nella seconda met� del 1991 era difficile 
riscontrare tracce apparenti del disastro avvenuto qualche mese prima: purtroppo 
per� rimane la devastazione dei fondali, in cui la sopravvivenza della 
ittiofauna e della flora � stata messa a dura prova. 

Dunque, si diceva, la questione della risarcibilit� del danno ambientale, per 
la sua grande importanza economica e di principio, fu portata all'esame del 
Comitato esecutivo IOPC Fund. In quella sede, la DelegaZi.one italiana illustr� 
con un lungo approfondito intervento le ragioni di ordine storico �e giuridico 
per cui le convenzioni CLC e FC devono interpretarsi nel senso dell'ammissibilit� 
del risarcimento del danno ambientale: l'ampiezza della lettera dell'art. 
l, n. 6 della CLC, che sopra .abbiamo ricordato, non consente una interpretazione 
ridutttiva nel senso voluto dal Comitato esecutivo con la delibera 

n. 3 del 1980, adottata in occasione dell'evento in cui fu coinvolta la motoci� 

PARm II, QUESTIONI 

sterna Antonio Gramsci e tanto meno nel senso tentato con il Protocollo di 
Londra 1984, non sottoscritto dall'Italia e comunque mai entrato in vigore, 
La tesi, pertanto, secondo cui sarebbe risarcibile solamente il danno da inquinamento 
quantificabile in base a parametri di mercato (il che significa in 
pratica ridurre a zero le possibilit� di ottenere un risarcimento per il danno 
ambientale propriamente inteso), ;non aveva alcun fondamento giuridico. Nonostante 
il forte intervento della Delegaiione italiana e l'interesse suscitato, la 
tesi sostenuta non ha avuto alcun seguito fra le Delegazioni degli Stati componenti 
il Comitato: nei contatti informali con le varie Delegazioni si � avuta la 
netta sensaiione che la diffusa posizione negativa era dettata dal timore che 
l'accoglimento delle tesi italiane avrebbe potuto compromettere la stessa sopravvivenza 
del Fondo, stante l'elevata onerosit� di qualsiasi intervento per il ripristino 
dell'ambiente marino ovvero del risarcimento dei danni ove il ripristino 
non fosse possibile. Apprezzamenti si sono avuti solamente dalla Delegazione 
statunitense, che partecipava ai lavori come osservatore, non avendo gli Stati 
Uniti aderito alla CLC ed alla FC, E si spiega perch�: per il disastro della 
Exon Valdez, avvenuto in Alaska nel 1989, gli Stati Uniti hanno speso qualche 
cosa come 3-4 miliardi di dollari per il ripristino dell'ambiente, ma con risultati 
parziali e comunque deludenti: le balene non sono pi� tornate a frequentare 
quei mari ed il prodotto della pesca si � ridotto di un terzo. 

Negli ambienti IMO e dello IOPC Fund, subito dopo l'evento Haven, consapevoli 
della � pericolosit�� della posizione del Governo italiano, visto vano 
il tentativo .di modificare le originarie convenzioni CLC ed FC con il Protocollo 
di Londra 1984, non entrato in vigore, si fece un nuovo tentativo in questo senso: 
il Legai Committee dell'IMO, fra la fine del 1991 ed il 1992, approfittando degli 
studi in corso per migliorare le anzidette convenzioni per aspetti, senz'altro 
importanti, ma che qui non interessano, mise allo studio la modifica della definizione 
di danno ambientale, in modo da circoscriverlo, anche letteralmente, 
ancora una volta, negli stessi termini in cui era stato previsto nel Protocollo 
del 1984. La Delegazione italiana, che aveva partecipato assiduamente alle riu� 
nioni di studio, invano ha tentato di far desistere il Legai Committee dal pro�� 
porre questa riduttiva modifica all'Assemblea IMO. Fatto sta che a fine novembre 
1992 ha avuto iuogo a Londra la conferenza finale per l'approvazione di un 
protocollo di modifica dlla CLC e FC in vari punti, ivi compresa, purtroppo, la 
previsione della irrisarcibilit� del danno ambientale (non � detto espressamente, 
ma consegue implicitamente dalla definizione di danno da inquinamento 
risarcibile). Anche in questo caso, coerente alla politica ormai ultradecennale 
dell'Italia sul problema, la Delegazione italiana si � finanche rifiutata di sotto� 
scrivere documenti � finali conclusivi della Conferenza, preannunciando che l'Italia 
mai avrebbe ratificato il Protocollo. 

Pochi giorni dopo la conclusione della conferenza di Londra e cio� il 
3 dicembre 1992, sulle. coste spagnole dell'Atlantico, la nave cisterna Aegean Sea 
a causa delle pessime condizioni meteorologiche, si incagliava sulle scogliere 
antistanti La Corufia incendiandosi. La nave trasportava 80.000 tonnellate di 
greggio: 10.000 tonnellate circa furono recuperate, ma si ignora quante se ne 
siano sversate in mare, dato che non � possibile calcolare quante siano bruciate 
nell'incendio durato diversi giorni prima dell'affondamento. Sono immaginabili 
comunque le conseguenze gravissime non sol� per l'economia locale, basata 
per la gran parte sulla pesca, ma anche per l'ambiente. 

Il 5 gennaio 1993, nei pressi delle isole Shetland, in Scozia, la nave cisterna 
Braer, investita da una tempesta di inusitata violenza e divenuta ingovernabile, 
veniva abbandonata dall'equipaggio. L'unit�, sospinta dal vento e dalle onde, 
nonostante ripetuti tentativi di prenderla a rimorchio, finiva per incagliarsi 
sulle coste dell'isola, dove dopo due o tre giorni, spezzata in due, affondava. La 


J8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Braer trasportava 84.000 tonnellate di greggio: anche in questo caso � difficile 
dire quante tonnellate siano finite in mare, quello che � certo, � che si sono 
avute conseguenze gravissime per l'industria dell'allevamento dei salmoni, ivi 
particolarmente fiorente, per la pesca, per l'ambiente e, cosa veramente singolare 
.... per la pastorizia e finanche per il patrimonio immobiliare! n fatto � che 
la tempesta violentissima (si parla anzi di uragano), dur� fino al 24. gennaio 
con venti costanti intorno ai 100 km orari. Le onde del mare in burrasca, fran� 
gendosi sul ;i;elitto e sulle scogliere, polverizzavano l'acqua e gli idrocarburi in 
essa emulsionati: n tutto veniva trasportato del vento sull'isola, dove un 
viscido velo .nero avvolse ogni cosa. Orbene, le isole Shetland sono famose, oltre 
che per i salmoni, .anche per la lana: ebbene, il vello delle greggi venne a tal 
punto imbrattato .e� reso inutilizzabile da questa maleodorante mistura, che si � 
dovuto rinunciare alla produzione di lana in atto, Che � stata distrutta; i pascoli, 
a loro volta, gravemente inquinati dallo stesso materiale, sono stati abbandonati, 
per cui si � dovuto importare mangime dalla terraferma. Ma non � tutto: gli 
immobili dislocati nelle vicinanze del luogo del disastro sono rimasti imbrattati 

dal viscido velo nero per cui dovranno essere ripuliti e tinteggiati. 

Nei casi Aegean Sea e �Braer, per�, a differenza del caso Haven, la na


tura si � difesa da s�, dando una valida mano all'uomo nella difesa dell'am



biente. L~ orride condizioni meteomarittime, che erano state la causa dei due 

disastri (a parte l'errore umano, che in tutti e due i casi � innegabile), hanno 

favorito una rapida e consistente evaporazione degli idrocarburi, sicch� in 

breve tempo si � avuta la gradevole sorpresa di un miglioramento apprezzii


Ibile delle condizfoni dell'ambiente marino nel suo complesso, senza la necessit� 
di ulteriori, costosi interventi umani, a parte quelli dei giorni immediatamente 
successivi all'evento. Nel caso Haven, purtroppo, questo non � avvenuto: 
le condizioni meteo-marine del Mediterraneo ed in particolare del mar 

I

Ligure non sono mai tanto cattive ed infatti il mare si mantenne calmo per 
molti giorni dopo l'evento e questo se rese la vita pi� facile a tutti coloro che 
dovettero operare sul relitto prima e dopo l'affondamento, non facilit� certo 


I

l'evaporazione del carico sversato in mare. Nei primi giorni la marea nera fu 
contenuta con panne galleggianti e queste servirono anche a facilitare il recupero 
del petrolio, ma quando dopo una settimana sopravvenne una modesta 


I

libecciata nostrana, le panne furono disperse, il petrolio fu trasportato dal 

vento e dal mare in terra, senza che un apprezzabile aiuto all'opera di bonifica 

dell'uomo sia stata data. Anzi. 

Ma riprendendo il filo del discorso, visti gli incidenti Aegean Sea e Braer, 

che si erano succeduti nel giro di pochi giorni, visto che negli stessi giorni 

di gennaio si era verificato un altro incidente molto grave nei pressi di Su


matra, in estremo oriente, il Governo italiano ritenne che, anche se si era 

conclusa da pochi giorni la Conferenza di Londra -novembre 1992 -forse 

era il caso di fare un nuovo tentativo per riaprire il discorso sulla risarcibilit� 

del danno ambientale in sede IMO, perch� certamente l'argomento avrebbe 

avuto maggiore attenzione quanto meno da parte dei paesi interessati da 

questi eventi. Si predispose allora un documento, in cui si ribadivano le nostre 

tesi e, visto che uno dei maggiori ostacoli di principio al riconoscimento della 

risarcibilit� del danno ambientale era non solo l'aspetto economic;o, ma anche 

il problema della quantificazione del danno da inquinamento all'ambiel).te 

marino, si suggerivano taluni parametri di valutazione sui quali aprire un 

approfondito dibattito in vista di uua sperabile nuova modificazione delle 
ci:..c ed fc. 

PARTE II, QUESTIONI J9 

In particolare si proponevano tre criteri di massima per la valutazione 
del danno ambientale e cio�: 

1) l'entit� dello sversamento, definita in termini di portata e durata del 
fenomeno; 

2) la natura e le caratteristiche chimico fisiche del prodotto sversato, in 
relazione alle conseguenze immediate per l'essere umano in aree circostanti 
nonch� sulla flora e sulla fauna marine e per i potenziali effetti del prodotto 
sversato e non recuperato sulla vita acquatica; 

3) la natura e le caratteristiche dell'area interessata all'evento in relazione 
alla sua fruizione, alle attivit� economiche ivi insistenti e al pregiudizio 
sofferto dall'habitat marino nel suo complesso. 

Il documento � stato portato all'esame della sessione del Legai Com


mittee dell'IMO del 15-19 marzo 1993. Nella discussione che ne � seguita sono 
intervenute molte Delegazioni: tutte hanno espresso simpatia e il massime. 
apprezzamento per le nostre posizioni e per la nostra battaglia, ma il massimo 
risultato che si � riusciti ad ottenere, in assemblea e nel corso dei numerosissimi 
contatti informali di corridoio, � stato quello di essere invitati a 
sottoscrivere e ratificare il Protocollo di Londra del 1992 (che, come si � 
visto, escludeva praticamente la risarcibilit� del danno ambientale), con l'impegno 
molto vago che si sarebbe riparlato subito dopo della nostra proposta. 
A dire il vero qualche risultato si � ottenuto: qualche Delegazione, a seguito 
degli eventi Aegean Sea e Braer, vista la nostra posizione (non dimentichiamo 
che noi siamo il paese secondo contributore del Fondo), ha manifestato 
perplessit� in ordine alla opportunit� di una immediata ratifica del Protocollo: 
vogliono riflettere... 

Ecco: questa � la storia fino ai nostri giorni degli sforzi italiani a tutela 
dell'ambiente marino. Siamo profondamente convinti che una efficace opera 
di protezione non pu� essere realizzata solo con la prevenzione, ma anche 
in via di reazione dell'ordinamento all'inevitabile evento inquinante. Anche 
perch� valga come implicita dissuasione a tenere pericolosi comportamenti 
non consoni alle regole di prevenzione. Come avete avuto modo di vedere � 
una storia in cui la parola fine non � stata ancora scritta: le speranze di 
una conclusione nel senso da noi auspicato non sono molte, ma qualche cosa 
si sta muovendo. 

GAETANO ZOTTA 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


.L"." NO~ DlcHIWTE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura civile, art~ .442, nella parte in cui non prevede quando 
il giudice pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro 
per crediti relativi a prestazioni di assistenza sociale obbligatoria, i1 medesimo 
trattamento dei crediti.� relativi a. prestazioni di prev�denza sociale . in ordine 
agli interessi legali e al risarcimento del maggior danno sofferto dal titolare 
per la diminuzione di valore del suo credito. 

Serit�riza 27 aprile 1993, n. 196, C?� tJ. 5 inaggfo 1993, n. 19. 

. �~dice di J?rocedu~~ penai~; arl:. 24, primo comma, nella parte in cui dispone 
che, a seguito dell'a.nnul1amento dell~ sente.za di primo grado per incom� 
petenza per materia,. gli . atti . siano trasmessi .al giudice ritenuto competente, 
anzich� al pubblico n:tiniSfero presso qt.iest'ultimo. � 

~e11tenza 5 maggio 1993, n. 214, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. 

Cod,ici:: Cll procedura . pi::nale, llJ,"t. 421, prhp.o comma~ I;1.ella parte in cui prevede, 
nei. caso di pr�scioglimento dell;impiitato pf;r n0n> a;vere commesso il 
fatto, che il giudice condanni il querelante al pagamento delle. spese anticipate 
dallo Stato anche� quando ris�lti che l'attribuzione del relij.to all'imputato non 
sia ascrivibile a� colpa del querelante. � � � 

Sentenza 21 aprile 1:993, J:l, 180, G. V. 28 aprile. 1993, n . .18. 

Codice penale militare di pace, art. 29, nella parte in cui prevede che � per 
gli altri militari � l� rimozione consegue alla condanna alla reclusione militare 
per una durata diversa da quella stabilita � per gli uffidali e sottufficiali �. 

Sentenza 1 giugno 1993, xi. i.Si!, G. V. 9 giugno 1993, n. 24. 

legge 20 dicenibre 1932, n� 184!1; art. 2, secondo e terzo comnia [come sosti� 
tUito dall'art. 1 della legge 8 inarzo 1968; n; 180]. 

Sentenza 6 aprile 1993, n. 138, G. V. 14 aprile 1993, n. 16. 

r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 183, Ultimo comma, nella parte in cui 
prevede che la notificazione del dispositivo delle sentenze al contumace va 
fatta � mediante inserzione sulla Gazzetta Ufficiale �, anzich� secondo la disciplina 
stabilita per le notificazioni degli atti processuali dagli artt. 138 e seguenti 
del codice di procedura civile. 
Sentenza 7 maggio 1993, n. 223, G. V. 12 maggio 1993, n. 20. 

r.dJ. ..3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma [convertito in legge 9 gennaio 
1939 n. 41], nella parte in cui non. prevede la facolt� di riscattare i periodi 
corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento del dipl<>'.




62 

RASSEGNA AVVOCATURA D~LO STAT-0 

ma cli ostetrica, rilasciato dalle scuole universitarie dirette a fini speciali, 
quando il titolo sia richiesto quale condizione necessaria per essere ammesso 

o per occupare un determinato posto nel corso della carriera. 
Sentenza 21 aprile 1993, n. 178, G. U. 28 aprile 1993, n. 18. 

r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 art. 69, primo comma, [convertito in legge 9 gennaio 
1939, n. 41], nella parte in�cui non prevede la facolt� di riscattare i periodi 
corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento del diploma 
di logopedia, rilasciato dalle scuole universitarie dirette a fini speciali, 
quando il titolo sia richiesto quale condizione necessaria per occupare un 
posto in carriera. 
Sentenza 3 maggio 1993, n. 209, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art; 209, secondo comma, nella parte in cui prevede 
che il termine di 15 giorni per proporre l'impt,tgnazione dei crediti ammessi 
decorre dalla data del deposito in Cancelleria, da parte del Commissario 
liquidatore, dell'elenco dei crediti medesimi, anzich� da quella di ricezione 
della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, con la quale lo stesso 
Commissario deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai singoli interessati. 
Sentenza 29 aprile 1993, n. 201, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. 

combinati disposti legge 27 maggio 1959 n. 324, art. 1, terzo comma, lett. b) 
e c) con gli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032; con gli artt. 13 e 26 
della legge 20 marz� 1975 ri. 70 e con gli artt. 14 della legge 14 dicembre 1973 

n. 829 e 21 della legge 17 maggio 1985 n. 210, �nella parte in cui non prevedono, 
per i trattarrienti di fine rapporto ivi considerati, meccanismi legislativi cli 
computo dell'indennit� integrativa speciale secondo i principi ed i tempi indicati 
in motivazione. 
Sentenza 19 maggio 1993, n. 243, G. U. 26 maggio 1993, n. 22. . 

legge 23 giugno 1961, n. 520, art. 11, nella parte in cui si applica anche ad 
incarichi aventi ad oggetto prestazioni di lavoro subordinato. 

Sentenza 29 marzo 1993, n. 121, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, combinato disposto terzo e settimo 
comma, n. 3, nella parte in cui prevede la perdita del diritto alla pensione di 
reversibilit� per i figli maggiorenni infraventiseienni che frequentino scuole 

o universit�, quando a qualsiasi titolo abbiano un reddito proprio, anzich� prevedere 
che dalla pensione di reversibilit� sia decurtata la misura di tale reddito 
proprio. 
Sentenza 10 giugno 1993, n. 274, G. U. 16 giugno 1993, n. 25. 

dP.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 21, secondo comma. 

Sentenza 13 maggio 1993, n. 233, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. 

d.l. 2 marzo 1974, n. 30, art. 2-novles, [introdotto dalla legge di conversione 
16 aprile 1974 n. 114], nella parte in cui non prevede la facolt� di riscattare 
i periodi corrispondenti alla durata degli studi per il conseguimento del diplo


<~ 

j 



PAaTB II, RASSBG!tfA' J>I Ll!GISLl\ZlONE 

ma di assistente social� rilasciato da una scuola universitaria diretta a fini 
speciali. 

Seilieni;alO gi.gno 1993, n. 275, G. U. 16 giugn~J993, n. is. 

iegg1f 9 dicembre 1971, n; 903, art. 1, nelfa parte in 'cui riot� estende, in via 
generale ed in ogni ipotesi, al padre lavpratore,_ in<alternativa alla madre 
lavoratrice consenziente, il diritto ai riposi giornalieri previsti dall'art. 10 della 
l~gge }Q qiceml;>re J971, n, J204, per l'assistenza al fig_lip nel 5.0, prjmo anno

di V:ifa. .�.. ..� ..�.�...�. .� ....��.�..�.� ....��. ��.. . . . . . . . . .. �. . . . . ...�. . �. 

. .Sentenza 21 aprile 1993, n. 179, G. u..<28 aprile 1993, 11. 18. 

legge prov. autonoma di Tre.to 15 febbl'aio W80, n. 3, art. 4, n. 2, .nella 
parte in cui prevede, tra i requisiti per l'accesso ..alle carriere direttive �e di. 
concetto del ruofo tecnico del servizio antincendi della Provincia di Trento, 
il possesso di una statura fisica minima indifferenziata per uomini e donne. 

Sentenza'' 15 aprile 1993> ri. 163; G. U; 21 april� 1993', fa 17. 

legge 24 novembre 1981, Q. 669l art. 60, nella. parte in cui stabilisce che le 
pene sostitutive non si applicanoal reato Previ$to dall'art. 590, secondo e terzo 
comma, del codice � penate; �� mnitatamente' ai�.. fatti commessi cort violazione 
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene 
del lavoro, che. abbiano determinato> le �consegue'riZe previste dal primo� comma, 
n. 2, o dal secondo com~ dell'art. 583 del codice penale. 

Sentenza 19 maggio 1993, n. 249, G. U. 26 maggio 1993, n. 22. 

legge reg. Puglia 20� diceQlbre 1984, n. 54; art.� 19; settim(), ottavo .e nono 
comma. 

Sentenza 3 maggi9.. l993; n. 210,. G. U. 12 maggio 1993, n, 20.. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 3 aprile 1985, n. 15, art. 1, primo comma, 
nella parte in cui. co11sente p~ le ~lezioni.provinciali la. presentazione. di liste, 
senza aiCuna sott�scriZ!�ne, da parte di partiti o. grupp� polhi~(~l�e, .11~U'.ltima 
ele:d9.ne, abbii;tUO avuto eletto �n lororapptesentante riel Cqnsiglio regio;-

naJ.e; � � � .� �� �...� � � � 

Sentenza 16 ..giugJJ.o 1993; n. 284, G; U. 23 giugno 1993; n. 26. 

legge 24 luglio 1985, 'ii~ 406, al>t. 3, 'see�ndo comrit�t, in relazione all'art. 25 
del r.d.I. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, con la legge 
22 gennaio l~M. ,n .. 36. � � 

Sentenza 7 maggio 1993, n. 224, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. 

legge reg. Abruzzo 16 marzo 1988, n. 29, art. 1, limitatamente alle parole 
�i cui .rapporti condo' Stato siano dis.ciplinati ai sensi� dell'art. 8, terzo com� 
ma, della Costituzione e �. 

Sentenza 27 aprile 1993; n. 1'95, G. U: 5 maggio 1993, n. 19. 

13 

-



64 RASSEGNA AVVotAT.URA: DELLO STATO 

d.P.R. 24 maggi() 1988, n. 236, art. 12, nella parte in cui non prevede che, 
in caso di analisi di acque destinate al consumo umano, per le quali non sia 
possibile la revisione, a cura dell'organo procedente sia dato, anche oralmente, 
avviso all'interessato' d�l giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno 
effettuate, affinch� lo stesso interessato o persona di sua fiducia possano presenziare 
a tali analisi, eventualmente con l'assistenza di un cons1.J].ente tecnico. 
Sentenza 6 aprile 1993, n. 139, G. U. 14 aprile 1993, n. 16. 

dJ. 25 novembre 1989, n. 382, art. 3, primo comma, lettera b) [convertito 
in legge 25 gennaio 1990, n. 8], nella parte in cui esclude dal diritto all'esenzione 
dal pagamento di tutte le quote di partecipaii�ne alla spesa sanitaria, 
fino al raggiungimento dell'et� per il collocamento a riposo prevista dall'assicurazione 
generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, i titolari di pen


sione di invalidit� con reddito inferiore ai livelli ivi determinati. 

Sentenza 23 apri).e 1993, n. 184, G. U. 28 aprile 1993, n. 18. 

legge 19 marze) 1990,. ,n~ 55, art.. 15, comma 4-octies [introdotto dall'art. 1 
della legge 18 gennaio 1992, n. 16], nella parte in cui, mediante rinvio al comma 
4-quinquies, prevede la destituzione di diritto, anzich� lo svolgimento del 
procedimento disciplinare �ai sensi dell'art. 9 della l�gge 7 febbraio 1990, n. 19. 

Sentenza 27 aprile 199.3,' n. � 197, G. U. �5 maggio 1993, n. 19. 

legge reg. Veneto 23 aprile 1990, n. 28, art. 3, terzo comma. 

Sentenza 27 aprile 1993, n. i94, G. U. 5 maggfo 1993, n. 19. 

legge prov. Trento 5 settembre 1991, n. 22, art. 129, primo e terzo comma. 

Sentenza 13 maggio 1993, n. 231, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. 

delibera legislativa reg. Molise, riapprovata il 24 marzo 1992. 

Sentenza 13 maggio 1993, n. 232, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. 

d.L li�1:uglio �992, n. 333 [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] art. 5-bis, 
secondo comma, 'nella � pai;te in cui non prevede in favore dei soggetti gi� espropriati 
a.I momento della entrata in vigore della legge n. 359 del 1992, e nei 
confronti dei quali la indennit� di espropriazione non sia ancora divenuta 
incontestabile, il�� diritto di accettare l'indennit� di cui al primo comma con 
esclusione della riduzione del 40 %. 

Sentenza 16 giugno 1993, n. 283, G. U. 23 giugno 1993, n~ 26. 

legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 23 �dicembre 1992, art. 1, 
secondo comma. 

Sentenza 27 maggio 1993, n. 250, G. U. 2 giugno 1993, n. 23. 

. . :legge�� reg�.siciliana� approvata n�23 ��dicembre 1992, artt. 2 e 3, secondo 
comma. 

Sentenza 4 giugno 1993, n~'..;4~.;.-G; u: 9 glligno: 1993, n. 24. 


PARm� II,� RASSEGNA� l>I LEGISLAZIONE 6! 

I b � AMM'ISSIBILITA DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM 
ABROGATIVO 


legge 1� marzo 1986, n. 64, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18. 
Sentenza 1� aprile 1993, n. 137, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 


d.l. 22 ottobre 1992, n. 415, artt. 1, commi 1, 1-bis e 5 [convertito in legge 
19 dicembre 1992, n. 488]. 
Sentenza 1� aprile 1993, n. 137, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

legge 19 dicembre 1992, n. 488, art. 4, limitatamente alle parole � ferme 
restando le autorizzazioni di spesa di cui all'art. l, comma 1, della legge 
1� marzo 1986 n. 64 e l'applicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di 
cui all'art. 17, commi 1 e 10, della legge medesima�. 

Sentenza 1� aprile 1993, n. 137, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice penale, art. 348 (artt. 25 e 27 della Costituzione). 
Sentenz� 27 aprile 1993, n. 199, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. 


Codice di procedura penale, art. 62 (artt. 3, 76 e 111 della Costituzione). 
Sentenza 13 maggio 1993, n. 237, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. 

Codice di procedura penale, artt. 169, primo comma, 459, 460 e 461 (art. 24, 
secondo comma; della Costituzione). � 

Sentenza 7 maggio 1993, n. 225, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. 

Codice di procedura penale, art. 355 (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 8 aprile 1993, n. 151, G. U. �14 aprile 1993, n. 16. 

Codice di procedura penale, art. 426, lett. c) (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 29 aprile 1993, n. 205, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. 

Codice di procedura penale, art. 444, primo comma (art. 76 della Costituzione). 


Sentenza 6 aprile. 1993, rr. 141, G. U. 14. aprile 1993, n. 16. 

Codice di procedura penale, art. 446, primo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 1� aprile 1993, n. 129, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 


Codic�d. 'di procedura penale; .. �rtt; 554, 408; '427, 542 �:e 125 delle norme di 
attuazione (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 1� aprile 1993, n. 134, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

Codice di procedura penale, �om.'!>tn.atQ dlspQsto artt. .~S4~ s~condo comma, 
e 409 (artt. 3 e 77 (rect� 76) della Costi'tuz��he)'. � � �� 

Senten.za. J0 a})rile 1993, Il,� 130, <J; U. 7 a:p;rile W93, n. 15, 

Codice penale militare <!i .,pace, art_, ~74, secondo. comma (artt. 3, 25 e 97 
della Costituzione). �� �� � � � ' � � � 

Sentenza 5 maggio 1993, n. 217, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. 

d. � .1ei.vo 4 marzo ~.948, : n. 131, �art. 11 (art. 25, seconde)' comma., della Costituzione). 
Sentenza 3 maggiq 1993, n. 211, G. v. 12 maggio 1993, n. 20. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (artt. 3, primo e secondo comma, e 35, 
primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 13 m�ggio 1993, n. 240, G. u. 19 ma:ggi� 1993, n. 21. 

combinato disposto legge 8 .nial'Z�. 1968, n.� 152, art. 4 (recte 12) e legge 
29 marzo 1985, n. 113, art. 9, secondo-CQmma (art. 3 della Costituzione).

. . ' . '

~ 

Sentenza 7 maggio 1993, n. 227, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. 

legge 2 aprile 1968... n .. 482, art. ~�(art.. 112 della Costituzio:n(:}).

. �. 

,\.� ':. '� . 

Sentenza 1� aprile 1993, n. 131, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 4 giugno 1993; n�� 268,. G..U. 9 giugno 1993, n. 24. 


d.P.R; 29 settembl'e .1973, .n. :602, ~52�(artt. 24 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 27 aprile 1993, n. 198, G. U. 5 maggio 1993, n. 19; 

legge 27 'luglio 1978, n. 392; art. <69 (art. 3 . della Costituzione). 
Sentenza 4 giugn�~ 199~ il~ 271; .G; U. :9 giu'glio 1993; n~ 24. 


legge� 1� aprile: 1981; n. Ul,,� art. 36, decima .direttiva, n. 30, e d.P.R. 24 apri� 
le 1982, n. 336, art. 52 (artt. 3, 4 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 5 maggio 1993, n. 219, G. U. 12 maggio 1993, �n .. 20. 

�d.P.R, 24 �:aprile 1982, n. 336; 111,1:. 52 e legge 1� aprile 1981, n. 121, art. 36, 
decima direttiva, n. 30 (artt. 3, 4 e 97 della Costituzione). 

Sen,tenzlfl S maggi� 1993; n, 2191 G.1); � l'.2 maggio 1993; n,; 20�. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge reg. Lazio 15 settembre 1982, n. 41, art. 7 (artt. 3 � e 25 della Costituzione). 


Sentenza 15 aprile 1993, n. 168, G. U. 21 aprile 1993, n. 17. 

d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5, trentadues�no comma [convertito in 
legge 28 febbraio 1983, n. 53] (art. 53, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 15 aprile 1993; n. 164, G. U. 21 aprile 1993, n. 17. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 6, nono comma [convertito in legge 
11 novembre 1983, n. 638] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 8 aprile 1993, n. 152, G. U. 14 aprile 1993, n. 16. 

combinato disposto d;l. 30 ottobr� 1984, n. 726, art. 3, quinto comma [convertito 
in legge 19 dicembre 1984, n. 863], d.l. C.P.S. 13 settembre 1946, n. 303, 
art. 1, e d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, pr�no comma [convertito in legge 
863 del 1984]. 

Sentenza 8 aprile 1993, n. 149, G. U. 14 aprile 1993, n. 16. 

legge 29� marzo 1985, 11. 113, a,:"t. 9, secondo comma (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 

Sentenza 7 maggio 1993, n. 227, G. U .. 12 maggio 1993, n. 20. 

legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1-sexies [aggiunto al d.l. 27 giugno 1985, 

n. 312] (art. 3 della .�Costituzione). � 
Sentenza 4 giugno 1993, n. 269, G. U. 9 giugno 1993, n. 24. 

legge 8 agosto 1985, n. 431,. art. l�sexies (artt. 3, 13, 25 e 27 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 29 marzo 1993, n. 122, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48, quarto comma (artt. 3, 24 e 53 della 
Costituzione). 
Sentenza 13 maggio 1993, n. 239, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. 

combinato disposto commi 1 e 6-bis dell'art. 3 del d.l. 16 dicembre 1987, 

n. 379 [convertito nella legge 14 novembre 1987, .n. 468] (art. 3 della Costi� 
tuzione). 
Sentenza 13 maggio 1993, n. 236, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. 

d.l. 29 dicembre 1987, n. 534, art. 14, secondo comma [convertito dalla legge 
29 febbraio 1988, n. 47] (artt. 24 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 19 maggio 1993, n. 244, G. U. 26 maggio 1993, n. 22. 

legge reg. siciliana 15 giugno 1988, n. 11, art. 19 (artt. 3 e 36 della Costi 
tuzione). 

Sentenza 19 maggio 1993, n. 243, G. U. 26 maggio 1993, n. 22. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

68 

legge 12 luglio 1988, n. 270, art. 3 (artt. 2, 3, 4, 35, 36, 38 e 41 della Costituzione). 


Sentenza 8 aprile 1993, n. 153, G. U. 14 aprile 1993, n. 16. 

d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, primo comma (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 1� giugno 1993, n. 261, G. U. 9 giugno 1993, n. 24. 

d.1. 2 marzo 1989, n. 66, art. 1 [convertito in legge 24 aprile 1989, n. 144] 
(art. 53 della Costituzione). 
Sentenza 13 maggio 1993, n. 238, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. 

d. leg.vo 28 luglio 1989, n. 271, art. 156, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 29 marzo 1993, n. 123, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, primo comma, lett b) e 4-bis (art. 3 
della Costituzione). 

Sentenza 24 giugno 1993, n. 288, G. U. 30 giugno 1993, n. 27. 

legge 12 giugno 1990, n. 146, art. 2, settimo comma (art. 40 della Costituzione). 


Sentenza 10 giugno 1993, n. 276, G. U. 16 giugno 1993, n. 25. 

legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 3, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Sentenza 15 aprile 1993, n. 165, G. U. 21 aprile 1993, n. 17. 

legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 8 (artt. 3, 27 e 41 della Costituzione). 
Sentenza 29 aprile 1993, n. 203, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. 

legge 29 dicembre 1990, n. 405, art. 9, comma 1 (recte 2) (art. 3 della Costituzione). 


Sentenza 6 aprile 1993, n. 142, G. U. 14 aprile 1993, n. 16. 

legge reg. Sicilia 1� febbraio 1991 n. 8, art. 3 (artt. 25 e 117 della Costituzione). 


Sentenza 15 aprile 1993, n. 167, G. U. 21 aprile 1993, n. 17. 

d.L 16 marzo 1991, n. 83, art. 8 [convertito in legge 15 maggio 1991, n. 154] 
(art. 3, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 29 aprile 1993, n. 202, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. 

legge reg. siciliana 30 aprile 1991, n. 15, art. 2, primo e secondo comma 
(art. 41 della Costituzione). 

Sentenza 23 aprile 1993, n. 186, G. U. 28 aprile 1993, n. 18. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.I. 13 maggio 1991, n~ 151, art. 4, comma 3 [convertito in legge 12 luglio 
1991, n. 202] (art. 3 dell� Costituzione). 
Sentenza 6 aprile 1993, n. 142 G. U. 14 aprile 1993, ri. 16. 

legge. 20 ~ggio 1991, n. 158, art. 22 (artt. 24 e 42 della. Costituzione). 

Sentenza 19 maggio 1993, n; 244, G; U. 26 maggio 1993, n. 22. 

legge 21 novembre 1991, n. 374, artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40, 41 (terzo comma), 
45 e 47 (art. 116 della Costituzione e art. 41 statuto spec. Valle d'Aosta). 

Sentenza 8 aprile 1993, n. 150, G. U. 14 aprile 1993, n. 16. 

d.P.R. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 2, settimo comma, primo periodo (art. 76 
della Costituzione). 
Sentenza 16 giugno 1993, n. 285, G. U. 23 giugno 1993, n. 26. 

legge 29 gennaio 1992, n. 58, artt. 1 e 4 (artt. 89 e 100 dello statuto spec. 
Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 1� giugno 1993, n. 260, G. U. 9 giugno 1993, n. 24. 

d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 1, terzo e quarto comma [convertito dalla 
legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 81, quarto comma, 97 e 119 della Costituzione). 
Sentenza 1� aprile 1993, n. 128, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

,dJ. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, primo, quinto e sesto comma [convertito 
in legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 42, terzo comma, 53 e 117 della 
Costituzione). 

Sentenza 16 giugno 1993, n. 283, G. U. 23 giugno 1993, n. 26. 

legge 8 agosto 1992, n. 359, nella parte in cui dispone la conversione in 
legge dell'art. l, terzo e quarto comma, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333 (artt. 3, 81, 
quarto comma, 97 e 119 della Costituzione). 

Sentenza 1� aprile 1993, n. 128, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. 

legge reg. Liguria riapprovata il 22 dicembre 1992, artt. 2, lett. e), 3, terzo 
comma, e 4 (artt. 97, 117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 27 maggio 1993, n. 251, G. U. 2 giugno 1993, n. 23. 

legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 23 dicembre 1992, 
art. 1, primo c0DDJ1a (artt. 3, 97, primo e terzo comma, 81, quarto comma, e 
119 della Costituzione). 

Sentenza 27 maggio 1993, n. 250, G. U. 2 giugno 1993, n. 23. 

legge reg. siciliana approvata il 23 dicembre 1992, art. 1, primo comma 
(art. 97 della Costituzione). 

Sentenza 4 giugno 1993, n. 266, G. U. 9 giugno 1993, n. 24. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

70 

legge reg. siciliana approvata il 23 dicembre 1992, art. 1, secondo comma, 
e 3, terzo comma (art. 81, quarto comma, della Costituzione). 

Sentenza 4 giugno 1993, n. 266, G. U. 9 giugno 1993, n. 24. 

legge reg. siciliana approvata il 23 dicembre 1992, art. 3, primo comma 
(art. 17, lettere b), e) e d) dello statuto spec. reg. Sicilia). 

Sentenza 4 giugno 1993, n. 266, G. U. 9 giugno 1993, n. 24. 



; ...

CONSULTAZIONI 

AGRICOLTURA B FoRBSTB � Produttore ai tdtte ~� Periodi a~tefiori al 1991/92 � Per� 
cezione. tli indennf;t� ex reaol4mento �p~ 775/87 Per quantitativi di J;Jroduzione; 
~qwe~i 'il� conterriporanea <1.e~enza... di preliev~. per qu,antit4Mvi\pro� 
do.tti. oltre .il� limite -Restituzior?e dell'indennit4, 

Se, i. produttori di latte cll.e, relativamente a pe~iodi anterlori al !991/92, 
abbiano; � da un latq riscosso l'indennit� prevista dal reg.. CEE �. del Consiglio 
775/87 per .i q.antitap:yi cll. produzio11e. prima. co:risentitj e . -:-� � poi -sospesi 
per effetto del<citl'!<to. regola.Illento e, da}ra1tro, lil:VrebbeJ:'O dovuto q>rrispondere 
(ma non l'hanno fatto, almeno in parte) pre,lievi .per i quantit!lthfi prodotti 
oltre i limiti (Regolamenti CEE del Consiglio 804/68 ..e 857/~4) debbano 
restituire l'indennit� riscossa (tenuto presente �he la legge 20li91 dichiar� 
non pi� dovuti i summenzionati prelievi, salva l'irrepetibilit� di quanto gi� 
corrisJ?OSto (es. 1614/92). � 

AssisTBNZA E :BENiiirrcENZA PussLicA � lstituzian(pubbtiche di. assistenza e. beneficenza 
-Carattere infraregionale o iiiteregionat� ai firit d�gli artt. 25 e 
113 d,P.R. 616177 -Criteri di accertamento del cqrattere pluriregionale � 

Fattispecie. � � � � � 

'Se un'istihizi�he pubblit� di assistenza e ben~f�cenza (nella specie IPAB 
Beata Lucia di Narni) avente struttura organizzativa nel territorio di una 
sola regione ma ���operante.� istituzionalmente a �favore �della Popolazione di 
pi� regioni debba considerarsi. ente interregionale e pertanto sottoposta al 
procedimento previsto dall'art. 113 del d.P.R; 24 luglio 1977 n; 616 (diretto ad 
individuare i beni e il .personale da attribuire alle sing9le regioni e a dichiarare 
l'estinzione delle istituzioni per le quali fosse accertata l'insussistenza di 
funzioni residue rispetto a quelle dell'assisten,za e beneficenza) (es. 6772-92). 

Istituzidni pub"bliChe di assistenza e beneficenza � Ente interregion�le -Procedimento 
di estinzi<me ei art~ 113 d.P.R. 24 luglio 1977 n; d16 -Mancata 
applicazione � Conseguenze~ � 

Se un'istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (nella specie IPAB 
Beata Lucia di Narni) che ..,... avendo carattere, pluriregiohale ..... avrebbe dovuto 
essere sottoposta alla procedura. di estinZione ex art. 113 d.P.R. 24 luglio 
'1977 n. 616, ma non lo sia stata, a cagione dell'erronea esclusione del suo 
carattere interregionale, vada considerata estinta, pur in mancanza del provvedimento 
di estinzione previsto dalla legge, stante che le funzioni che essa 
dovrebbe esercitare� sono state trasferite alle. regioni; e se --' � �v� essa sia, 
invece, da considerare esistente se: 

a) essa d~bba limitarsi alla gestione del proprio patrimonio; 
b) la designazione degli amministratori . della stessa spetti ai soggetti 
indicati nelle . tavole di fondazione o dello . statuto; 
c) se -attualmente -...... l'IPAB possa essere sottoposta alla procedura 
di cui sopra (es. 6772/92). 



72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza -Enti di carattere infraregionale 
-Trasferimento delle funzioni personale e beni ai comuni ex 
art. 25 V co. d.P.R. 616/77 -Dec~{lratoria di illegittimit� costituzionale di 
detta norma -Conseguente annullamento in sede giurisdizionale di provvedimento 
di scioglimento di IPAB -Ricostituzione degli organi ordinari 
dell'Ente -Competenza -Se sia regionale o statale. 

Se rientri nella competenza della Regione o dello Stato provvedere alla 
ricostituzione degli organi ordinari di amministrazione di un'IPAB (istituzione 
pubblica di assistenza e beneficenza), di carattere infraregionale, che sia 
stata sciolta con provvedimento, poi annullato in sede giurisdizionale, perch� 
adottato sulla base di una normativa regionale fondata su una disposizione 
di legge statale, l'art. 25 d.P.R. 616/77, dichiarata incostituzionale (nella parte 
in cui -appunto -veniva disposto il trasferimento delle funzioni personale 
e beni delle IPAB infraregionali ai Comuni); e se, ove la competenza sia della 
Regione, nel caso di inerzia di questa, vi sia la possibilit� per lo Stato di esercitare 
controllo sostitutivo (es. 6772/92). 

CALAMIT� PUBBLICHE -Zone terremotate della Calabria � Campania � Basilicata � 
Alloggi per le famiglie rimaste senza tetto costruiti con fondi del Dipartimento 
della Protezione Civile � Gestione -Oneri di manutenzione � Assegnazione 
-Ammontare del canone. 

Se, quanto agli alloggi realizzati con i fondi del Dipartimento della Protezione 
Civile nell'ambito dei programmi di ricostruzione delle zone della Basilicata, 
della Campania, della Calabria colpite dagli eventi sismici degli anni 
1980, 1981, 1982, 1983: 

a) la gestione di detti immobili spetti all'Amministrazione Statale o ai 
Comuni ed in particolare su chi incomba l'obbligo di procedere alle operazioni 
di accatastamento e di assunzione in consistenza; 

b) detti alloggi debbano essere assegnati in locazione semplice o pos


sano essere assegnati anche a riscatto; 

c) i canoni di locazione debbano essere determinati in base alla leg


ge 392/78; 

d) gravi sui Comuni o sull'Amministrazione Statale l'onere della manutenzione 
ordinaria o straordinaria dei considerati beni durante la gestione 
provvisoria a suo tempo affidata ai Commi.i (es. 7505/91). 

COMMERCIO � Finanziamento dei crediti all'esportazione -Norme dettate dalla 

L. 227/77 � Data di operativit� delle stesse (1 giugno 1977 o 25 ottobre 
1977). 
Se le norme dettate (agli artt. 18 e seguenti) dalla legge 227/1977 in tema 
di finanziamento dei crediti all'esportazione siano divenute operative 1'11 giugno 
1977 (giorno di entrata in vigore della ridetta legge 227/1977) oppure 
successivamente, e precisamente il 25 ottobre 1977 essendovi stata (in virt� 
di quanto disposto dall'art. 38 L. 227/1977) fino al sessantesimo giorno successivo 
all'insediamento degli organi della SACE (sezione speciale per l'assicurazione 
del credito all'esportazione istituita presso l'INA) ultrattivit� della 

normativa dettata in materia dalla L. 131/1967 (artt. 16 e seguenti) 
1992). 

(es. 8905/ 

l

' 

I 

I i 

I 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

COMUNIT� EUROPEE -Aiuti comunitari alla� produzione agricola -Regolamento 
che ne esclude la corresponsione dichiarato invalido -Interessi sulle som� 
me perci� dovute ai produttori -Decorrenza. 

Se il pagamento di aiuti comunitari (nella specie alla produzione del tabacco) 
effettuato dall'AIMA solamente dopo la dichiarazione di invalidit� del 
Regolamento CEE: del Consiglio, che escludeva la corresponsione di tale aiuto, 
comporti la decorrenza di interessi, e da quale momento, a favore del produttore 
(es. 3643/92). 

EDILlZIA 'POPOLARE BD ECONOMICA -Edilizia residenziale pubblica -Cessione in 
propriet� di alloggi -Criteri di determinazione del prezzo di cui alla 

L. 412/91 -Alloggi costruiti per i �lavoratori agricoli dipendenti ex L. 1676/ 
1960 e assegnati in propriet� o a riscatto -Applicabilit�. 
Se i criteri di determinazione del prezzo di cessione degli alloggi di edilizia 
residenziale. pubblica, stabiliti dall'art. 28 della L. 30 dicembre 1991 n. 412, 
si applichino anche per la cessione in propriet� degli alloggi costruiti per i 
lavoratori agricoli dipendenti, in base ai programmi di cui alla L. 30 dicembre 
1960 n: 1676, sia che questi siano stati assegnati in locazione, sia che 
siano stati ass�gnati in propriet� o a riscatto (es. 7849/92). 

GUERRA -Indennizzo dei beni perduti da cittadini italiani all'estero -Diritti di 
credito Coefficiente di adeguamento dell'J,90 (art. 4 L. 135/85) -Applicabilit�. 


Se siano rivalutabili, secondo il coefficiente di unovirgolanovanta pre� 
visto dall'art. 4 L. 135/85, gli indennizzi per i crediti dei cittadini italiani andati 
perduti all'estero (nella specie Libia) (es. 16681/91). 

IMPIEGO PUBBLICO -Impiegato dello Stato -Procedimento disciplinare -Sospen� 
sione di questo in pendenza di processo penale -Dimissioni del dipendente 
accettate dalla P. A. con riserva di definitivi provvedimenti all'esito 
del giudizio penale -Sentenza definitiva di condanna -Prosecuzione del 
procedimento disciplinare -Possibilit�. 

Se possa essere proseguito il procedimento disciplinare, prima sospeso 
per la pendenza di processo penale, se medio tempore il dipendente statale 
abbia presentato le dimissioni e queste siano state accettate con la riserva, 
da parte dell'Amministrazione, di definitivi provvedimenti all'esito del giudizio 
penale (es. 8575/92). 

ISTRUZIONE E SCUOLE -Comune -Spese obbligatorie -Personale ausiliario degli 
istituti magistrali. 

Se sussista a carico dei Comuni l'onere delle spese per il personale di 
servizio degli istituti magistrali, anche dopo l'entrata in vigore della legge 
142/90 (es. 7705/91). 


74 

RASSEGNA .AVVOCATURA DELLO STATO 

ISTRUZIONE E SCUOLE -Professore universitario -Cumulo del trattamento di 
quiescenza .spettante quale associato con quello di attivit� spettante quale 
ordinario -Ammissibilit� -Servizi svolti prima della .nomina ad associato 
-Svolgimento contemporaneo di attivit� di assistente ordinario e di 
professore incaricato interno -Utilizzabilit� a fini di trattamento di quiescenza 
e di ricostruzione di carriera. 

Se il professore universitario divenuto ordinario possa, in luogo del ricongiungimento 
del servizio prestato quale associato, godere del trattamento 
di quiescenza relativo a quest'ultimo; e se -detto docente ove prima della 
nomina ad associato abbia svolto -contemporaneamente -attivit� di assistente 
ordinario e di professore incaricato interno -possa cumulare il servizio 
prestato come assistente con quello prestato come associato ai fini del 
summenzionato trattamento di quiescenza e al tempo stesso ottenere che i 
servizi prestati in qualit� di professore incaricato interno gli vengano conteggiati 
ai fini della ricostruzione di carriera quale professore ordinario (es. 6058/ 
1992). 

NAVE E NAVIGAZIONE -Concessionari di servizi di navigazione interna -Convenzioni 
disciplinatrici dell'obbligo di trasporto di effetti postali -Clausola 
che preveda compenso per il trasporto -Possibilit�. 

Se al concessionario (nella specie Comune di Monte Isola) di una linea 
di navigazione interna (nella specie Peschiera -Maraglio Sulzano) possa 
essere riconosciuto il diritto a compenso per il trasporto di effetti postali 
(es. 8292/92). 

NAVE E NAVIGAZIONE -Porti -Porto turistico realizzato da una regione con 
finanziamento statale -Se sia bene del demanio marittimo. 

Se un porto turistico da realizzarsi da una Regione (nella specie porto di 
Pescara) vada considerato -anche in ragione che la sua costruzione si giova 
di finanziamento statale (FIO) -come bene del demanio marittimo, ovvero 
come opere insistenti sul demanio marittimo, in forza di concessione e come 
tali acquisibili dallo Stato solo al termine della concessione stessa (es. 10298/ 
1989). 

OPERE PUBBLICHE Appalto -Appalto-concorso -Revisione dei prezzi -Decorrenza. 


Se in un contratto di appalto di opere pubbliche, aggiudicato a seguito 
di appalto-concorso, la revisione dei prezzi -ex art. 33 L. 41/86 -possa 
aver.e decorrenza da una data anteriore a quella dell'aggiudicazione (es. 3356/ 
1988). 

OPERE PUBBLICHE -Appalto di opere pubbliche -Penale per il ritardo nell'esecuzione 
dei lavori per opere stradali e autostradali connesse con i mondiali 
di calcio del 1990 e le manifestazioni colombiane del 1992 -Disciplina 
applicabile -Fideiussione per il pagamento -Se a favore del fideiussore 
possa prevedersi il beneficium excussionis e se questo possa proporre 
domanda di arbitrato. 

Se, per l'applicazione della penale prevista dall'art. 4 comma 2 d.l. 121/89, 
per il ritardo nella esecuzione di lavori per opere strad,ali e autostradali 


PARTE II; CONSULTAZIONI 

connesse. con i campionati � mondiali di calcio del 1990 e le manifestazioni 
colombiane del 19921 valga ...... in difetto di . speciali disposizioni di legge la 
disciplina. dettata .. in materia dal capitolato generale di appalto per le 
oper�<.pubbliche; sicch� detta penale � dovuta dall'appaltatore salvo il caso 
di impossibilit�. di .rispetto del termine per fatto a lui non imputabile; essa 
deve essere computata. in sede di conto finale; essa pu� essere contestata 
dall'appaltatore mediante .. formtilazione dL tempestiva riserva (es. 6554/92). 

Se.� possa Prevederi;i il beneficio � dell'escussione a favore della banca che 
presti.. fideiussione . a garanzia del . pagamento della penale prevista dall'art. 4 
c9n;nn<,t; 4 ip. 121/89, per il .:dtard9 nell'.esecuzio;r).e di opere stradali e autostradi�i 
connesse con i campionati monQ.iali c:li calcio del 1990 e le manife~
tazioni cql9mbiane delJ992; e se detta' panca possa proporre nei confronti 
dell'anuniriistraiione domanda di arbitrato in difetto di espressa pattuizione 
che .� preveda Il.�� ricorso all'arbitrato anche .per l'obbligazione fideiussoria 
(es. 6554/92). � � � 

Po8Tii E RADIOTELECOMUNICAZIONI � Radiodiffusione -Pubblicit� � Concessionari 
in ambito locale e nazionale. 

Se un concessionario per la radiodiffusione (televisiva o sonora) possa 
trasmettere contemporaneamente messaggi pubblicitari di diverso contenuto 
distinti per zone del ter:dforio �per il quale gli � stata rilasciata concessione; 
� se al fin� di determinare se un'emittente possa trasmettere o meno un determinato 
messaggio �pubblicitario abbfa rilievo l'ambito (es. nazionale o locale) 
di commercializzazione. o la natura .del prodotto o servizio al quale viene 
fi.1tta ;pr�pagarida c<;>Iiliilefcial.e (es. � �130/93). 

J>osrn .E RADIOTBJ,IJCOMUNicAZIONI -Radio-televisione -Sponsorizzazione di pro{
Irammi -Pubblicit� (di t4bacco o bevande alcoliche o destinata ai minori)> 
Violazioni della disciplina dettata da decreti del Ministro delle Poste 
e Telecomunicazioni -Sanzionabilit�. 

Se sia possibile irrogare sanzioni ex art. 31 L. 223/90 (Disciplina del sistema 
ra_diotelevisivo. pubblico e. privato) per le violazioni della disciplina dettata, 
in tema di sporisorizzazioii.e dei programmi radiotelevisivi, di pubblicit� 
del t.abacco o di bev�n,d� aicoliche e cj.i pubqlicit� destinata ai minorenni, 
dai decreti �del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni previsti dall'art. 8 

L. 223/90 (attualmente DDMM 425/91 e 439/91) (es. 8770/92). 
PRESCRIZlONB. CIVILE -Membro del Governo�� Competenze corrispostegli in ritardo 
� Credito per interessi e rivalutazione monetaria -Termine di prescrizione. 


Se il credito .pe~ rivalutazione monetaria ed intel:essi, spettanti sulle competenze 
tardivamente corrisposte a un membro del Governo, si prescriva in 
cinque anni dal pagamento dei suddetti emolumenti (es. 8548/92). 

PREVIDENZA -�Contribuzion� l.N.P.S. -Sgravi per imprese industriali operanti 
nel Mezzogiorno -Declaratoria di incostituzionalit� art. 18 d.l. 918/68 e normativa 
(d.l. 71/93) che disciplina il rimborso delle somme che l'I.N.P.S. 
deve conseguentemente restituire alle imprese -Rapporto fra impresa e 
dipendente. 

Se la normativa dettata dal d.l. 71/1993 (che prescrive rateazioni ed esclude 
la corresponsione di somme a titolo di interessi o rivalutazione. monetaria) 


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RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

per disciplinare la restituzione -da parte dell'Istituto Nazionale della Previdenza 
Sociale -alle imprese di quelle somme palesatesi indebitamente percette 
dall'I.N.P.S. medesimo a seguito della declaratoria di incostituzionalit� 
dell'art. 18 d.I. 918/68 (dichiarato incostituzionale -con sentenza n. 261 del 
3-12 giugno 1991 -nella parte in cui esclude dal beneficio degli sgravi, sul 
complesso dei contributi previdenziali da corrispondere all'I.N.P.S., le imprese 
industriali operanti nel Mezzogiorno d'Italia, relativamente al personale dipendente 
le cui retribuzioni non siano assoggettate a contribuzione contro la disoccupazione 
involontaria) abbia rilevanza -ed entro quali limiti -nel rapporto fra 
impresa (nella specie esercente il pubblico servizio di trasporti) e dipendente di 
questa concernente le somme trattenute in eccesso sulla mercede, a titolo di 
ritenuta previdenziale (in osservanza della norma -poi -dichiarata incostituzionale) 
e reclamate dal lavoratore; e se e qual rilevanza abbia -rispetto al 
rapporto test� considerato -la circostanza che 1'1.N.P.S. possa vantare nei 
confronti dell'impresa un giudicato favorevole che esclude (in applicazione della 
norma poi dichiarata incostituzionale) che quest'ultima avesse diritto allo sgravio 

degli oneri sociali (es. 2487/93). 

PROTEZIONE CIVILE E SERVIZI ANTINCENDIO -Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco 
Serv~zi di vigilanza per la prevenzione di incendi in locali di pubblico spettacolo 
-Mancata effettuazione o integrazione del deposito a garanzia del 
pagamento del corrispettivo dovuto pel servizio -Effetti. 

Se i Comandi dei Vigili del Fuoco possano sospendere il servizio di vigilanza, 
per la prevenzione di incendi in locali di pubblico spettacolo, quando 
colui che richiede il servizio non provveda a costituire il deposito a garan~ 
zia del pagamento dei corrispettivi o non provveda ad effettuare versamento 
di ulteriori somme essendosi rivelato, il summenzionato deposito, insufficiente 
a coprire l'ammontare dei corrispettivi dovuti all'Amministrazione (es. 5733/ 
1992). 

RiscossIONE DELLE IMPOSTE -Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate 
dello Stato -Attivit� dei concessionari -Norma che dispone che la giornata 
del sabato � considerata festiva ai fini della riscossione (art. 32 
comma 6 d.P.R. 43/88) -Interpretazione. 

Se il concessionario del servizio di riscossione delle entrate dello Stato 
possa giovarsi della proroga al luned� dei termini in scadenza il sabato -prevista 
dall'art. 32 comma 6 d.P.R. 43/88 -non soltanto per gli atti di riscossione 
in senso stretto (attivit� di sportello: esazione di somme e sommaria 
contabilizzazione delle somme introitate), ma anche per tutti quelli che pertengano 
al servizio (es. 9701/90). 

RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Tributi -Cartelle esattoriali -Notificazione -Recapito 
ad opera di concessionari di servizi postali -Possibilit� -Compenso 
spettante al concessionario. 

Se la notificazione delle cartelle esattoriali possa essere eseguita oltre 
che per mezzo del servizio postale, anche tramite recapito delle stesse ad 
opera di agenzie concessionarie di servizi postali; e nell'affermativa se il compenso 
a queste spettante per la consegna della cartella sia quello previsto 
dalle tariffe per la stampa raccomandata con avviso di ritorno (es. 4626/92). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

SANZIONI AMMINISTRATIVE -Illeciti in materia di pesca marittima commessi nel 

mare territoriale antistante la Sardegna -Autorit� competente a ricevere 

il rapporto di cui all'art. 17 L. 689/81. 

Se il rapporto, previsto dall'art. 17 L. 689/81, relativo alle infrazioni (punite 
con sanzioni amministrative) in tema di pesca marittima commesse nel 
mare territoriale antistante la Sardegna, vada presentato agli uffici della 
ridetta Regione o a quelli periferici del Ministero della Marina Mercantile 
(es. 7459/91). 

SANZIONI AMMINISTRATIVE -Radiodiffusione ed editoria -Sanzioni irrogabili 
da parte del garante -Illeciti di cui all'art. 31 comma 3� L. 223/90 -Istituto 
del pagamento in misura ridotta di cui all'art. 16 L. 689/81 -Applicabilit� � 
Recidiva di cui all'art. 31 comma 5� L. 223/90 -Nozione. 

Se le sanzioni amministrative irrogabili -dal Garante per l'editoria e la 
radiodiffusione -ai sensi del comma 3� dell'art. 31 L. 223/90 (pena pecuniaria 
e nei casi pi� gravi sospensione della concessione o dell'autorizzazione) 
siano suscettibili di oblazione (pagamento in misura ridotta) ex art. 16 L. 689/ 
1981; e se la sospensione della concessione o autorizzazione per il caso di 
recidiva ex art. 31 comma 5� -della ridetta legge 223/1990 -presupponga 
che sia gi� 'intervenuto un provvedimento sanzionatorio definitivo per una 
precedente analoga infrazione (es. 7812/92). 

SOCIET� -Societ� ammessa alle agevolazioni previste dalla legge (44/86) per 
favorire lo sviluppo di imprenditorialit� giovanile nel meridione -Aumento 
del capitale sociale successivo all'ammissione che determini maggiorazione 
della quota di partecipazione dei soci non giovani -Validit� -Effetti. 

Se ammessa una societ� costituita prevalentemente da giovani tra i 18 e 
29 anni di et�, ai contributi, mutui e agevolazioni previsti dal d.l. 786/85 
conv. L. 44/86 (misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialit� 
giovanile nel Mezzogiorno), siano colpiti da nullit� non solo il 
trasferimento delle quote dei soci giovani, ma anche gli aumenti di capitale 
che abbiano determinato un aumento della quota di partecipazione dei soci 
non giovani (pur senza far eccedere a quest'ultima il limite del 50 %); e se 
ammessa -ex d.l. 786/85 conv. L. 44/86 -una societ� a finanziamento di 
un progetto, e ci� in data anteriore all'll settembre 1991 (giorno di entrata 
in vigore della L. 275/91 che ha modificato il d.l. 786/85 conv. L. 44/86), possa 
essere revocato il finanziamento ove, successivamente alla concessione di quest'ultimo, 
sia intervenuto un aumento di capitale avente le caratteristiche summenzionate 
(es. 5763/92). 

TRASPORTI -S.pA. Ferrovie dello Stato -Incarichi di rappresentanza e difesa 
in giudizio conferiti ad avvocati liberi professionisti nel periodo 23 dicembre 
1992 �24 marzo 1993 � Se vadano necessariamente revocati. 

Se la S.p.A. Ferrovie dello Stato, che, nel periodo 23 dicembre 1992 � 24 marzo 
1993, ha conferito ad avvocati del libero foro, l'incarico di difenderla in 
numerosi giudizi, debba -con l'entrata in vigore della L. 75/1993 (di conversione 
del d.l. 16/1993) necessariamente revocare il mandato ai menzionati 
professionisti, dovendo la societ� stessa avvalersi -per tutte le controversie 
pendenti al 25 marzo 1993 -esclusivamente del patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato (es. 2464/93). 


78 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Crediti di rimborso IVA -Cessione -Fallimento 
cedente -Esperimento azione revocatoria fallimentare -Pagamenti da parte 
dell'Amministrazione finanziaria. 

Se .il credito di rimborso IV A che sia stato ceduto ad un terzo debba 
essere pagato al cessionario anche quando sia sopravvenuto il fallimento del 
cedente, anche eventualmente in pendenza di azione revocatoria (es. 5608/92). 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Dogana -Punti franchi -Opere da costruire nei 
pressi del punto franco -Disciplina applicabile. 

Se l'assimilazione dei punti franchi al territorio extradoganale comporti 
l'assoggettamento delle costruzioni da erigere in prossimit� del confine del 
punto franco alla disciplina prevista (art. 19 d. lgs. 374/90) per le costruzioni 
prossime alla linea doganale (in particolare se sia necessaria l'autorizzazione 
del direttore della circoscrizione doganale per la loro erezione) (es. 4427/92). 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Societ� che abbia subito perdite 
superiori al capitale sociale -Conferimenti in danaro occorrenti a 
coprire l'intera perdita -Esenzione dall'imposta -Limite. 

Se il .conferimento ad una societ�, che abbia subito perdite per un ammontare 
superiore al capitale sociale, della somma occorrente a coprire l'intera 
perdita, di tal che il capitale sociale, gi� azzerato, sia riportato al livello precedente, 
possa usufruire per l'intero, dell'esenzione da imposta di registro 
che la nota due dell'art. 4 della tariffa parte prima del d.P.R. 26 aprile 1986 

n. 131 accorda ai conferimenti relativi a riduzioni del capitale per perdita 
con contemporaneo aumento del capitale stesso (es. 1960/93). 
TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Tributi doganali -Soggetto passivo d'imposta Amministrazioni 
statali importatrici di merci -Disciplina del rapporto fra 
queste e l'Amministrazione finanziaria (debenza interessi per ritardato pagamento 
dei diritti; estinzione per prescrizione). 

Se le Amministrazioni Statali (nella specie Ministero della Difesa) che 
effettuino importazioni siano tenute a �corrispondere all'Amministrazione Finanziaria 
i diritti doganali e gli interessi per il ritardato pagamento di questi; 
e -ove ci� sia -se possano liberarsi dal loro obbligo per prescrizione' 
(es. 6431/87). 

TRIBUTI (IN GENERALE) -Crediti per imposte e di rimborso di imposta -Interessi 
-Prescrizione -Decorrenza . 

Se la prescrizione degli interessi relativi a un credito dell'erario per imposta 
(o del contribuente per rimborso di imposta) contestato in sede giudiziale, 
inizi a decorrere solamente con il passaggio in giudicato della sentenza 
che accerta l'esistenza e l'ammontare del credito per tributo (o di rimborso) 
(es. 339/93). 

TRIBUTI (IN GENERE) -Misure cautelari -Decisioni delle Commissioni Tributarie 
sfavorevoli all'erario e non definitive -Conseguenze sulle garanzie assunte 
per assicurare la riscossione del tributo. 

Se le decisioni delle Commissioni Tributarie favorevoli al contribuente, 
non passate in giudicato, abbiano effetto sulle misure cautelari (ipoteca lega




PARTE II, CONSULTAZIONI 

le, sequestro conservativo) prese a garanzia del credito d'imposta (facendole 
venire meno -ove venga negata l'esistenza di questo -o comportando la 
riduzione della somma garantita dalla misura cautelare nel caso che la pretesa 
del fisco venga riconosciuta solo in parte fondata) (es. 9931/90). 

TRIBUTI LOCALI -Tributi indiretti -INVIM -Trasferimento di immobili di propriet� 
di aziende assoggettate ad amministrazione straordinaria ex d.l. 
26/79 -Rettifica del valore finale determinato e dichiarato dal curatore. 

Se, relativamente al trasferimento di impianti e complessi aziendali di 
imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria (ex d.l. 26/79), sia ammissibile 
-ai fini dell'INVIM -un accertamento di valore in rettifica di quello 
determinato e dichiarato dal Commissario della procedura (es. 9580/90). 

URBANISTICA -Demolizione di oper.e abusive insistenti su suoli di propriet� 
pubblica -Esecuzione -Competenze del Prefetto e del Comitato Tecnico 
Centrale di cui all'art. 17 bis d.l. 152/91 -Rapporti -Affidamento ex art. 27 

L. 47/85 della demolizione ad impresa Scelta di questa e compenso ad 
essa spettante. 
Se pur dopo l'istituzione (d.l. 152/91), presso il Ministero dell'Interno, del 
Comitato Tecnico Centrale per l'esecuzione della demolizione delle opere e manufatti 
realizzati abusivamente su suolo del demanio o del patrimonio dello 
Stato o di enti pubblici, il Prefetto sia ancora competente ad eseguire -giusta 
il disposto dell'art. 27 L. 47/85 -la demolizione delle surriferite costruzioni; 
se -ai sensi dell'art. 27 L. 47/85 -il Prefetto possa scegliere autoritativamente 
-fra quelle dotate dei requisiti di legge -l'impresa alla quale affidare 
la demolizione di opera abusiva alla quale non si possa provvedere con i mezzi 
a disposizione della pubblica amministrazione; e se -a detta impresa vada 
corrisposto, quale corrispettivo della prestazione svolta, il giusto prezzo 
di mercato di quest'ultima (es. 6934/92).