Avvocatura dello Stato

Il Regio Decreto N. 1611 del 30 Ottobre 1933

Ultimo aggiornamento: 19/05/2008 15:44:40
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Il primo trentennio del XX secolo

Nel primo trentennio del XX secolo si assistette ad un progressivo "allargamento degli orizzonti" dei compiti dell'Avvocatura erariale. Tale fenomeno passò anzitutto attraverso l'estensione del patrocinio ad enti diversi dello Stato (legge n. 485 del 14 luglio 1907 e Regio Decreto n. 1303 del 24 novembre 1913), dovuta anche all'elaborazione da parte della dottrina del concetto di "persona giuridica pubblica", nonché agli agenti e agli impiegati dello Stato e delle persone giuridiche pubbliche per fatti connessi al servizio svolto (Regio Decreto 30 dicembre 1923 n. 2828). In secondo luogo, si introdusse una norme processuale ad hoc in tema di competenza territoriale, destinata a divenire uno dei cardini della difesa dello Stato in giudizio, in quanto istituì il c.d. "foro erariale": per le cause in cui fosse parte una pubblica amministrazione, il giudice competente è quello del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura erariale nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie (R.D. 30 dicembre 1923 n. 2828). Ciò consentì fra l'altro di risolvere gran parte dei problemi logistici che avevano sino a questo momento indotto l'Avvocatura a continuare a servirsi in maniera consistente dell'ausilio degli avvocati del libero foro nei giudizi che si incardinavano "fuori sede". Altra rilevante innovazione riguardò il regime della notifica degli atti giudiziari alle pubbliche amministrazioni, in quanto si stabilì la necessità della notifica, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, presso l'Avvocatura erariale del distretto in cui si trova il giudice adito (R.D. 30 dicembre 1923 n. 2828).

Il Testo Unico approvato con R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611

La normativa riguardante l'Istituto, emanata nel corso di primi anni del secolo, trovò coordinamento nel Testo Unico approvato con R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611: si giunse ad un disegno giuridico di difesa dello Stato e degli altri enti pubblici non statali imperniato su un Organo legale che non fosse solo interessato alla favorevole risoluzione della controversia, ma che fosse soprattutto indirizzato da una condotta difensiva sempre ispirata alla ponderazione dell'interesse ultimo e generale dello Stato, assunto a guida e coordinamento dell'azione da svolgere di volta in volta nella specifica questione controversa. Ci si richiamò all'idea che il sistema legislativo della difesa dello Stato e degli enti pubblici fosse da considerare come un complesso fenomeno amministrativo-organizzatorio di diritto sostanziale, non collocabile, perciò, nella sola dimensione processuale; intercorreva un rapporto forte e saldo tra ente difeso, Avvocatura dello Stato e Stato-organizzazione generale, rapporto che si poneva come completo sistema amministrativo, regolato attraverso l'assunzione di particolari responsabilità politico-giuridiche connesse alla gestione ed al coordinamento delle controversie. In sostanza, l'Avvocatura dello Stato venne intesa come elemento di collegamento e di mediazione di molteplici istanze pubbliche da difendere e salvaguardare in correlazione con il fine ultimo perseguito dallo Stato. Sotto questo profilo, al di là della utilità pratica di una risposta professionale adeguata alle esigenze anzidette, l'Avvocatura dello Stato, quale organo che unitariamente su tutto il territorio nazionale provvedesse alla difesa ed alla consulenza legale di tutte le Amministrazione statali centrali e periferiche e degli enti ad esse collegati ha significato, costituì uno strumento indispensabile per favorire il processo di unitarietà dello "Stato di diritto".