ANNO LXX - N. 3 LUGLIO - SETTEMBRE 2018 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIfICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo -CONDIRETTORI: Maurizio Borgo, Danilo Del Gaizo e Stefano Varone. COMITATO DI REDAZIONE: Giacomo Aiello -Lorenzo DAscia -Gianni De Bellis -Francesco De Luca - Wally Ferrante -Sergio Fiorentino -Paolo Gentili -Maria Vittoria Lumetti -Francesco Meloncelli Marina Russo. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi -Stefano Maria Cerillo Pierfrancesco La Spina -Marco Meloni -Maria Assunta Mercati -Alfonso Mezzotero -Riccardo Montagnoli -Domenico Mutino -Nicola Parri -Adele Quattrone -Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE fASCICOLO: Claudio Boccia, Carla Colelli, Claudio Contessa, Enrico De Giovanni, Michele Gerardo, Antonio Grumetto, Massimo Massella Ducci Teri, Antonio Mitrotti, Francesca Muccio, Alessio Muciaccia, Gaetana Natale, Fabio Ratto Trabucco, Daniele Atanasio Sisca. Email giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it maurizio.borgo@avvocaturastato.it danilodelgaizo@avvocaturastato.it stefanovarone@avvocaturastato.it ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 i n d i c e -s o m m a r i o LAvv. Aldo Stigliano Messuti nel ricordo di una collega . . . . . . . . . . . . TEMI ISTITUZIONALI Intervento dellAvvocato Generale dello Stato, Avv. Massimo Massella Ducci Teri, in occasione della cerimonia di inaugurazione dellAnno Giudiziario 2019. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 Corte europea dei diritti delluomo: le funzioni di agente del Governo a difesa dello Stato italiano, Comunicato A.G. del 4 dicembre 2018 . . . . . 4 Rappresentanza e difesa della Banca Centrale Europea, Comunicato A.G. del 10 gennaio 2019 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Protocollo di intesa tra Avvocatura dello Stato e ANAC, in data 9 novembre 2018 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Definizione delle liti tributarie pendenti, prevista dallart. 6 del D.L. 23 ottobre 2008 n. 119, pubblicato nella G.U. del 23 ottobre 2018 n. 247. Prime istruzioni, Circolare A.G. del 28 novembre 2018 prot. 611501 n. 45 10 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Danilo Del Gaizo, Marchio commerciale contrario allordine pubblico. Il controricorso per la Repubblica Italiana nella causa La Mafia Franchises c. Ufficio dellUnione europea per la propriet intellettuale (Trib. UE, sent. 15 marzo 2018, T-1/17). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Marina Russo, La presa in carico da parte del Servizio Sanitario Nazionale delluso di farmaci off-label in presenza di alternativa terapeutica. La sentenza della CGUE (C. Giust. UE, Sez. I, sent. 21 novembre 2018, C-29/17) 39 Carla Colelli, La Corte di Giustizia UE si pronuncia sulla legittimazione allimpugnazione del bando da parte di operatori economici che non hanno partecipato alla gara (C. Giust. UE, Sez. III, sent. 28 novembre 2018, C-328/17) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 CONTENZIOSO NAZIONALE Gaetana Natale, Compensatio lucri cum damno (Cass. civ., Sez. Un., sent. 22 maggio 2018 n. 12565) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 Wally ferrante, Il diritto alloblio. Codice della privacy e trattamento dei dati per finalit di polizia (Cass. civ., Sez. I, ord. 29 agosto 2018 n. 21362) 88 Wally ferrante, La notifica va fatta allAvvocatura dello Stato in caso di giudizio di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo (art. 86, d.P.R. 602/1973) (Cass. civ., Sez. III, sent. 8 novembre 2018 n. 28528) . . 95 Antonio Grumetto, Sulla valutazione dei presupposti della responsabilit dellAmministrazione in materia di protezione della salute nel commento alla sentenza del Tribunale di Roma n. 9561 del 2018 (Trib. Roma, Sez. II civ., sent. 11 maggio 20108 n. 9561) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 francesca Muccio, Procedura semplificata di autorizzazione di impianti di produzione di energie rinnovabili -c.d. minieolico -e tutela indiretta della aree c.d. contermini a beni paesaggistici vincolati (Cons. St., Sez. IV, sent. 4 settembre 2018 n. 5181) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marina Russo, Sulla ammissibilit di nuove produzioni documentali in un giudizio di appello al Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. III, sent. 24 ottobre 2018 n. 6057) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 124 142 Marina Russo, Un esauriente excursus normativo sul prezzo dei farmaci generici (Cons. St., Sez. III, sent. 27 novembre 2018 n. 6716) . . . . . . . . 149 LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Enrico De Giovanni, Il codice dellAmministrazione digitale: genesi, evoluzione, principi costituzionali e linee generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 fabio Ratto Trabucco, I dinieghi grossolani per laccesso ai documenti amministrativi: esperienze applicative nellepoca della trasparenza . . . 172 Daniele Atanasio Sisca, Sullo stato di emergenza del settore sanitario calabrese. Ancora numerose sentenze emesse dal T.a.r. Calabria . . . . . . . . 185 Alessio Muciaccia, Una breve rassegna della giurisprudenza in tema di sosta di ingombro degli autoveicoli e risvolti penali (il reato di violenza privata ex art. 610 c.p.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 CONTRIBUTI DI DOTTRINA Michele Gerardo, Il rimborso delle spese di patrocinio legale nei giudizi di responsabilit nei confronti di dipendenti pubblici ai sensi dellart. 18 del D.L. 25 marzo 1997 n. 67 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207 Gaetana Natale, Sistemi integrati di composizione delle liti delle Pubbliche Amministrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237 Antonio Mitrotti, Brevi considerazioni sui caratteri comuni alle attivit secretate nellordinamento costituzionale italiano, anche alla luce del contemperamento (rectius bilanciamento) con la libert di manifestazione del pensiero. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272 RECENSIONI Claudio Boccia, Claudio Contessa, Enrico De Giovanni, Codice dellAmministrazione digitale, La Tribuna, Piacenza, 2018 . . . . . . . . . . . . . . . . Claudio Boccia, Il nuovo Codice dellAmministrazione digitale e lapporto del Consiglio di Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Claudio Contessa, Il Codice dellAmministrazione digitale: la modernizzazione della P.A. e gli impulsi degli Ordinamenti sovranazionali 293 294 303 COMUNICATO DELL'AVVOCATO GENERALE (*) Con profonda tristezza, comunico che sabato 23 febbraio deceduto il collega ed amico avvocato Aldo Stigliano Messuti, gi Avvocato Distrettuale di Catanzaro e pap del collega Marco. I funerali sono stati celebrati ieri a Catanzaro. Nellesprimere le pi sentite condoglianze alla famiglia, anche a nome dei colleghi e di tutto il personale dellAvvocatura, ne ho ricordato la nobile figura di avvocato dello Stato e di uomo che, nel corso della sua esemplare carriera, ha dato sempre lustro allIstituto. Massimo Massella Ducci Teri Lavvocato Aldo Stigliano Messuti nel ricordo di una collega Credo che lAvvocatura tutta debba, nelloccasione della Sua dipartita, tributare un sentito ringraziamento ad Aldo Stigliano Messuti per la Sua opera di impulso allaffermazione di una cultura della gestione condivisa e collegiale dei processi decisionali, che ha significativamente contribuito alla modernizzazione del nostro Istituto. Al modello indicato da Aldo Stigliano, da Nino Freni e dagli altri Colleghi visionari, padri della legge 103/1979, credo dovremmo ispirarci anche tutti noi, oggi, trovandoci a vivere una contingenza storica in cui, pi che mai, senza una visione non potr esserci futuro. Roberta Guizzi (*) Email Segreteria Particolare - luned 25 febbraio 2019 12:52. TEMIISTITUZIONALI CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELLANNO GIUDIZIARIO 2019 Intervento dellAvvocato Generale dello Stato Avv. Massimo Massella Ducci Teri Signor Presidente della Repubblica, Autorit, Signor Primo Presidente della Corte di Cassazione, Signor Procuratore Generale, Signore e Signori con vivo piacere che, anche questanno, prendo la parola in questa solenne Cerimonia di inaugurazione per porgere il saluto dellIstituto che ho lonore di dirigere. Nella sua approfondita e ampia relazione il Primo Presidente ha riferito in modo analitico sui risultati raggiunti dalla Suprema Corte nellanno 2018. Essi sono il frutto del grandissimo impegno profuso dai Magistrati e da tutto il personale amministrativo in servizio presso di essa, cui vanno il nostro pi sentito apprezzamento e la nostra pi viva gratitudine. 1. Anche nel corso dellanno 2018 sono continuati il dialogo e la collaborazione tra la Suprema Corte e lAvvocatura, privata e pubblica, per fornire risposte sempre pi adeguate alla legittima domanda del Paese per un sistema giustizia efficiente e tempestivo, presupposti ineludibili, questi, perch lo stesso possa essere qualificato anche equo ed efficace. Nellanno appena trascorso lAvvocatura dello Stato, insieme al Consiglio Nazionale Forense, hanno coltivato il proficuo dialogo con la Suprema Corte e la Procura Generale per lattuazione del disegno riformistico, delineato in questi ultimi anni, per limplementazione dei connessi protocolli dintesa che abbiamo sottoscritto e per la riduzione dei giudizi pendenti. Limpegno della Corte in questo ambito ben noto e lAvvocatura dello Stato consapevole che la gran parte dellarretrato, nel settore civile, grava sulla sezione tributaria ove essa direttamente coinvolta. RASSEGNA AvvoCAtURA DELLo StAto - N. 3/2018 In questa situazione, abbiamo seguito la prassi di segnalare alla Corte questioni di massima sulle quali parsa opportuna una sollecita ed unitaria trattazione, al fine di ottenere tempestivi ed univoci orientamenti, atti a risolvere ampi e diffusi contenziosi, pendenti avanti i Giudici di merito. In questa stessa prospettiva, inoltre, ha svolto una funzione positiva lorientamento della Corte di fissare specifiche udienze tematiche per definire questioni tra loro omogenee. Il problema dellarretrato tributario, tuttavia, non ancora risolto. Sono convinto, per, che il 2019, possa costituire un anno importante in questo specifico ambito. I recenti provvedimenti diretti alla definizione delle liti fiscali pendenti contengono, infatti, condizioni particolarmente favorevoli che rendono prevedibile una massiccia definizione dei giudizi: in particolar modo di quelli in cui lAgenzia delle Entrate ad aver proposto il ricorso per cassazione. 2. Un altro ambito nel quale lAvvocatura dello Stato sta offrendo il proprio contributo quello dellimplementazione del processo civile telematico avanti la Corte di Cassazione, il cui avvio andr a costituire un ulteriore e fondamentale passaggio nel processo di digitalizzazione della giustizia italiana. un settore in cui lIstituto sta maturando una propria esperienza, acquisita nellambito del processo telematico gi consolidatosi avanti alla Magistratura ordinaria di 1 e 2 grado e avanti la Magistratura Amministrativa. Ed esso strettamente connesso al processo di dematerializzazione dellattivit professionale e di quella amministrativa di supporto che, pur con qualche difficolt, in corso di sviluppo nellambito dellIstituto. Proprio nel corso del 2018, grazie ai finanziamenti concessi dal Governo, si potuto avviare il progetto Avvocatura 2020. un progetto ambizioso e impegnativo, volto a ripensare lorganizzazione del lavoro e gli strumenti informatici, in una logica evoluta, integrata, orientata alla massima automazione possibile ed al trasferimento sui supporti informatici del carico del lavoro ripetitivo. 3. Questa spinta innovativa sicuramente favorita dal consistente ricambio del personale togato ed legata anche allevoluzione della attivit istituzionale. In particolare, nello scorso anno, con lassunzione della funzione di Agente del Governo avanti la C.E.D.U. si ulteriormente istituzionalizzato il ruolo dellAvvocatura dello Stato nellassistenza della Repubblica italiana dinanzi alle Corti permanenti e ai tribunali arbitrali internazionali. Nel corso del 2018, inoltre, stato affidato allAvvocatura il patrocinio di ulteriori importanti enti e istituzioni, nazionali e sovranazionali. La quantit dei nuovi affari trattati dallIstituto permane elevata. Per la prima volta, nel corso del 2018, stata registrata una flessione degli affari contenziosi; ad essa, peraltro, ha fatto riscontro un incremento degli affari consultivi. Una prima analisi del dato segnalato induce a ritenere, innanzitutto, che tEMI IStItUzIoNALI lintensificarsi del dialogo tra lAvvocatura e le Amministrazioni patrocinate, perseguito da entrambe le parti, favorisca la soluzione in via stragiudiziale delle potenziali vertenze e l'abbandono di quelle nelle quali non risulta costruttivo continuare a coltivare la fase giudiziale (nel solo ambito tributario, i ricorsi per cassazione sono diminuiti di oltre il 15%). La riduzione del contenzioso trova poi spiegazione anche in importanti riforme intervenute negli scorsi anni e delle quali hanno cominciato a prodursi gli effetti deflattivi. Mi riferisco innanzitutto alle novit che hanno riguardato i giudizi in materia di equa riparazione per eccessiva durata dei processi che hanno portato ad una drastica riduzione delle fasi contenziose di tali giudizi. Mi riferisco, inoltre, al contenzioso in materia di immigrazione. Le novit introdotte hanno comportato sicuramente una riduzione dellimpegno degli avvocati dello Stato in sede di merito, essendo stata ammessa in alcuni ambiti la difesa diretta dellAmministrazione da parte dei suoi funzionari. Per contro, non pu sottacersi che dette novit hanno comportato un notevole aumento dei relativi giudizi in Corte di Cassazione, essendo stato escluso il reclamo o lappello avverso i provvedimenti di primo grado. 4. In conclusione non posso non ricordare - ed esprimere, al contempo, il sincero e grato riconoscimento di tutto lIstituto e mio personale - che il Governo e il Parlamento hanno accompagnato le nuove misure in favore dellAvvocatura dello Stato con significativi interventi sulla organizzazione dellIstituto. Accanto ad un incremento delle dotazioni organiche degli Avvocati dello Stato e dei Procuratori dello Stato di 20 unit, non posso non richiamare la misura a favore del personale amministrativo, sostanziatosi nellaumento della relativa dotazione organica e nella introduzione del ruolo della dirigenza amministrativa, da lungo tempo attesa. Questi interventi, insieme allattribuzione dei nuovi rilevanti compiti prima citati, hanno costituito importanti e significativi segni di attenzione e di fiducia verso lIstituto dei quali siamo tutti molto grati. Anche questanno concludo questo mio intervento certo di poterLe confermare, Signor Presidente della Repubblica, che lAvvocatura dello Stato e tutti i suoi componenti continueranno a profondere il massimo impegno per essere allaltezza delle rilevanti funzioni loro assegnate, e per non deludere la fiducia che quotidianamente continua ad essere riposta in loro. Grazie, Signor Presidente della Repubblica, grazie Signor Primo Presidente e grazie a tutti per lattenzione che avete prestato alle mie parole. Roma, 25 gennaio 2019 Palazzo di Giustizia, Aula Magna RASSEGNA AvvoCAtURA DELLo StAto - N. 3/2018 CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELLUOMO: LE FUNZIONI DI AGENTE DEL GOVERNO A DIFESA DELLO STATO ITALIANO (*) CoMuniCAto dellAvvoCAto GeneRAle Comunico che in data odierna entrata in vigore la legge 1 dicembre 2018, n. 132, di conversione del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113. In sede di conversione, stato inserito, nellart. 15 del decreto-legge, il comma 01, secondo il quale le funzioni di agente del Governo a difesa dello Stato italiano dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sono svolte dallAvvocato generale dello Stato, che pu delegare un avvocato dello Stato. viene, cos, rafforzato il ruolo dellAvvocatura nella difesa della Repubblica italiana dinnanzi alle Corti permanenti e ai tribunali arbitrali internazionali. Sono certo che, con il contributo di tutti i Colleghi, lAvvocatura dello Stato sapr essere allaltezza di questa importante funzione, che si va ad affiancare a quella, gi rivestita, di Agente di Governo dinnanzi alla Corte di giustizia dellUnione europea. Ritengo che tale disposizione costituisca una ulteriore conferma della fiducia riposta nellIstituto e dellapprezzamento per lattivit fino ad oggi svolta da tutti i suoi componenti. Massimo Massella Ducci teri (*) E-mail da Segreteria Particolare, marted 4 dicembre 2018. tEMI IStItUzIoNALI RAPPRESENTANZA E DIFESA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA (*) CoMuniCAto dellAvvoCAto GeneRAle Comunico che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 7 dicembre 2018, registrato dalla Corte dei Conti in data 4 gennaio 2019, lAvvocatura dello Stato stata autorizzata ad assumere la rappresentanza e la difesa della Banca Centrale Europea, nei giudizi attivi e passivi avanti le autorit giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali. Massimo Massella Ducci teri (*) E-mail da Segreteria Particolare, gioved 10 gennaio 2019. RASSEGNA AvvoCAtURA DELLo StAto - N. 3/2018 PROTOCOLLO DINTESA TRA AVVOCATURA DELLO STATO E ANAC (*) Si rende noto che sul sito web istituzionale stato pubblicato il protocollo di intesa stipulato tra lAvvocatura dello Stato e lANAC in data 9 novembre 2018, con il quale sono state disciplinate le eventuali ipotesi di conflitto tra Amministrazioni ed Enti che si avvalgono del patrocinio erariale in sede di applicazione dellart. 211 del Codice dei Contratti pubblici, disposizione che attribuisce allANAC la legittimazione ad impugnare i bandi, gli altri atti generali e i provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici. IL SEGREtARIo GENERALE avv. Paolo Grasso PROTOCOLLO D'INTESA TRA AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO E AUTORIT NAZIONALE ANTICORRUZIONE L'Avvocatura Generale dello Stato (di seguito denominata Avvocatura), in persona dell'Avvocato Generale dello Stato Massimo Massella Ducci teri E L'Autorit Nazionale Anticorruzione (di seguito denominata ANAC), in persona del Presidente, dott. Raffaele Cantone VISTI a) il Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 -Approvazione del t.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato e successive modifiche ed interazioni; b) la Legge 3 aprile 1979, n. 103 - Modifiche dell'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato; c) il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, recante "Attuzione delle direttive 2014/23/ue, 2014/24/ue e 2014/25/ue sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dellenergia, dei trasporti e dei servizi postali, nonch per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture"; d) in particolare l'articolo 211, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modifiche ed integrazioni, che prevede la legittimazione ad agire in giudizio dell'ANAC per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga (*) E-mail da Segreteria generale, luned 31 dicembre 2018. tEMI IStItUzIoNALI che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture; e) l'articolo 211, comma 1-ter, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modifiche ed integrazioni, che prevede che l'ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del Codice dei contratti pubblici, emette, entro sessanta giorni dalla notifica della violazione, un parere motivato nel quale indica specificatamente i vizi di legittimit, trasmettendolo alla stazione appaltante; se quest'ultima non vi si conforma entro il termine assegnato, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l'ANAC pu presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo; f) il Regolamento di ANAC del 13 giugno 2018 sull'esercizio dei poteri di cui all'articolo 211, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modifiche ed integrazioni; Considerato - che, ai sensi dell'art. 1 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, spetta all'Avvocatura la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio dell'ANAC; - che, ai sensi dell'art. 43 del succitato Regio Decreto, l'Avvocatura pu assumere la rappresentanza e la difesa di Amministrazioni non statali ed Enti sovvenzionati, purch sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o altro provvedimento; in tali casi, la rappresentanza e la difesa sono assunte dall'Avvocatura in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interesse con lo Stato o con le Regioni. Salve le ipotesi di conflitto, ove tali Amministrazioni ed Enti intendano in casi speciali non avvalersi dell'Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza; - che, ai sensi dell'art. 10 della Legge 3 aprile 1979, n. 103, le funzioni dell'Avvocatura nei riguardi dell'Amministrazione statale sono estese alle Regioni a statuto ordinario, che decidano di avvalersene con apposita delibera del Consiglio regionale; in tal caso possono tuttavia, in particolari casi e con provvedimento motivato, avvalersi di avvocati del libero Foro; - che opportuno disciplinare le eventuali ipotesi di conflitto tra Amministrazioni ed Enti che si avvalgono del patrocinio erariale in sede di applicazione dell'art. 211 del Codice dei Contratti pubblici, anche in considerazione del breve termine previsto ex lege per l'impugnazione; CONVENGONO QUANTO SEGUE Art. 1 (Finalit) Con il presente Protocollo le Parti intendono individuare in via preventiva e generale i casi in cui, con riferimento al potere di legittimazione attiva previsto dall'art. 211 del D.Lgs. n. 50/2016, l'Avvocatura dello Stato assume la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio dell'ANAC; Art. 2 (Patrocinio dellAvvocatura dello Stato) L'Avvocatura assume la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio dell'ANAC in tutti i casi in cui intenda procedere all'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei RASSEGNA AvvoCAtURA DELLo StAto - N. 3/2018 provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, di cui al comma 1-bis dell'art. 211 del decreto legislativo succitato, nonch degli atti previsti dal comma 1-ter del medesimo articolo, ad eccezione dei casi in cui gli atti da impugnare siano stati adottati da: a) Presidenza della Repubblica; b) Camera dei Deputati e Senato della Repubblica; e) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri e strutture governative; d) altre Amministrazioni o Enti che abbiano, in precedenza, interessato l'Avvocatura con specifico riferimento agli atti che l'ANAC intende impugnare. Nei casi di cui alla lettera d) l'Avvocatura dar pronta comunicazione all'ANAC delle ipotesi di conflitto di interessi. Art. 3 (Comunicazioni) L'ANAC provveder ad interessare gli Uffici dell'Avvocatura Generale e delle Avvocature Distrettuali competenti con congruo anticipo rispetto al termine di scadenza dell'impugnazione, inoltrando la richiesta di impugnazione, oltre che con le modalit ordinarie, all'indirizzo di posta elettronica della Segreteria particolare dell'Avvocato Generale o dell'Avvocato Distrettuale competente. Nei casi di competenza delle Avvocature Distrettuali la richiesta verr inviata per conoscenza anche all'Avvocatura Generale, ai fini di raccordo. Art. 4 (Modalit attuative) Le Parti predispongono e diramano istruzioni operative per i propri Uffici al fine di garantire la massima collaborazione reciproca. L'Anac e l'Avvocatura possono individuare al proprio interno i membri, quali componenti di un gruppo di lavoro congiunto, per la realizzazione del presente accordo. . facolt delle Parti procedere alla sostituzione dei propri rappresentanti dandone tempestiva comunicazione all'altra Parte. Art. 5 (Referenti per la collaborazione) I Referenti per l'attuazione del presente Accordo sono: a. Per 1'ANAC: (1) sul piano programmatico: il Presidente (2) sul piano operativo: il Segretario Generale; b. Per l'Avvocatura (1) sul piano programmatico: L'Avvocato Generale (2) sul piano operativo: il Segretario Generale Art. 6 (Comunicazione) Le Parti confermano la reciproca disponibilit a promuovere congiuntamente, anche attraverso comunicato stampa o pubblicazione sui rispettivi siti istituzionali, la conoscenza dell'iniziativa e dei risultati conseguiti in esecuzione del presente Protocollo. Art. 7 (integrazioni, modifiche ed efficacia dell'accordo) Il presente Accordo ha una validit di anni due a decorrere dalla data della sottoscrizione e potr essere rinnovato previa richiesta scritta di una delle parti ed adesione dell'altra, 30 giorni prima della scadenza, ovvero integrato o modificato di comune accordo prima della scadenza. tEMI IStItUzIoNALI In caso di firma digitale, il termine di durata decorre dalla data di trasmissione, tramite posta elettronica certificata, dell'originale dell'atto munito di firma digitale, ad opera della parte che per ultima ha apposto la sottoscrizione. Art. 8 (oneri finanziari) Il presente Accordo non comporta alcun onere finanziario, atteso che le attivit previste rientrano nei compiti istituzionali delle Parti contraenti. Non possono essere espletate attivit aggiuntive istituzionali comportanti oneri di spesa Art. 9 (norme finali) Il presente accordo esente dall'imposta di registrazione (salvo in caso d'uso) ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. Per l'Avvocatura Generale dello Stato Per l'Autorit Nazionale Anticorruzione L'Avvocato Generale Il Presidente Massimo Massella ducci teri Raffaele Cantone RASSEGNA AvvoCAtURA DELLo StAto - N. 3/2018 Avvocatura Generaledello Stato CIRCOLARE N. 45/2018 Oggetto: Definizione delle liti tributarie pendenti, prevista dallart. 6 del D.L. 23 ottobre 2018 n. 119, pubblicato nella G.U. del 23 ottobre 2018 n. 247. Prime istruzioni. Il 24 ottobre 2018 entrato in vigore il D.L. n. 119/2018, recante "disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria". Il decreto, all'art. 6, ha previsto una "definizione agevolata delle controversie tributarie" in cui parte l'Agenzia delle entrate. tale disposizione prevede che le controversie tributarie possano essere definite "a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia", mediante cio il pagamento dell'intero tributo, con esclusione di interessi e sanzioni. tale importo si riduce alla met ovvero ad un quinto, nei casi in cui l'Agenzia delle Entrate stata soccombente rispettivamente nel primo ovvero nel secondo grado di giudizio. Per le sanzioni "non collegate al tributo" l'importo della definizione fissato nel 40% del valore della causa ovvero nel 15% se lAgenzia delle Entrate stata soccombente nell'ultima decisione. Le sanzioni "collegate al tributo" non sono dovute anche quando sono oggetto di separata contestazione, semprech il tributo sia stato definito ai sensi del medesimo art. 6, ovvero "anche con modalit diverse". In tali casi comunque necessaria la presentazione della domanda di definizione (comma 6 ultimo periodo). Il comma 8 prevede che "Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato". Ne consegue che la definizione pu riguardare anche solo uno o pi atti impositivi oggetto della medesima controversia. Requisiti soggettivi (comma 1) Sono definibili le sole controversie in cui parte l'Agenzia delle Entrate, ivi comprese quelle dell'ex Agenzia del territorio (incorporata nell'Agenzia delle Entrate in forza dell'art. 23 quater del D.L. n. 95/2012) (1). La domanda di definizione pu essere presentata dal "soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi subentrato o ne ha la legittimazione". Requisiti oggettivi (commi 1 e 4) Sono astrattamente definibili tutte le controversie, senza limiti di valore, "attribuite alla giurisdizione tributaria in cui parte l'Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio" (comma 1), nelle quali "il ricorso in primo grado stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del presente decreto" (comma 4). Non sono definibili le controversie "per le quali alla data di presentazione della do (1) Semprech ovviamente abbiano ad oggetto un atto impositivo. tEMI IStItUzIoNALI manda" (che deve essere presentata entro il 31 maggio 2019) risulti emessa una "pronuncia definitiva", cio passata in giudicato (comma 4). A differenza del precedente condono ex art. 11 del D.L. n. 50/2017 che faceva riferimento "all'atto impugnato", la disposizione attuale individua le controversie definibili come quelle "aventi ad oggetto atti impositivi". Devono pertanto ritenersi escluse dalla definizione le controversie avverso atti di mera riscossione (es. cartelle di pagamento precedute da un avviso di accertamento ovvero emesse per la riscossione di imposte dichiarate e non versate; avvisi di liquidazione emessi sulla base di dichiarazioni del contribuente ecc.). Controversie escluse (comma 5) Sono espressamente escluse dalla definizione le controversie concernenti "anche solo in parte": a) le risorse proprie tradizionali previste dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/Ce, euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/ue, euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione; b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (ue) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015. Sono pertanto da ritenersi definibili le controversie in materia di IvA (non all'importazione). Sono invece da ritenersi logicamente escluse dalla definizione le controversie aventi ad oggetto: a) istanze di rimborso (anche a seguito di diniego espresso), in quanto non relative ad un "atto impugnato" portante una pretesa del fisco; b) atti che non contengono una pretesa fiscale quantificata (es. i ricorsi contro provvedimenti di attribuzione di rendita catastale, di cancellazione dal registro delle oNLUS, di diniego di benefici o agevolazioni fiscali ecc.); c) atti di riscossione di somme per precedenti condoni; d) atti di mera riscossione non qualificabili come "atti impositivi". Perfezionamento della definizione (commi 6 e 9) Il comma 6 prevede che la definizione si perfeziona con il pagamento della prima (o dell'unica) rata, da effettuarsi entro il 31 maggio 2019, scomputando le somme eventualmente versate "a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio" (comma 9; l'eventuale eccedenza tuttavia non pu comunque essere rimborsata). Ne consegue che il mancato versamento delle rate successive alla prima, non far venir meno la definizione e la successiva estinzione del giudizio (e l'Amministrazione dovr ovviamente procedere alla riscossione coattiva delle somme ancora dovute). Il medesimo comma 6 prevede che "Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda". Ci pu accadere, ad esempio, allorch in sede di riscossione graduale in corso di causa sia gi stata corrisposta una somma pari o superiore a quella prevista per la definizione. Sospensione dei giudizi in corso (comma 10) Il comma 10 che prevede che le controversie suscettibili di definizione "non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. in tal caso il processo sospeso fino al 10 RASSEGNA AvvoCAtURA DELLo StAto - N. 3/2018 giugno 2019. Se entro tale data il contribuente deposita presso l'organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020". Pertanto nelle udienze davanti alla Corte di Cassazione non ci si potr opporre a richieste di sospensione formulate dal contribuente, semprech ovviamente la controversia sia astrattamente definibile. Sospensione dei termini (comma 11) Il comma 11 prevede che per le controversie suscettibili di definizione "sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonch per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019". Ne consegue che - ancorch le cause siano condonabili - non devono ritenersi sospesi: a) i termini per il deposito delle controdeduzioni (in CtP e CtR); b) il termine per il deposito dei ricorsi (e controricorsi) eventualmente notificati; c) il termine lungo di impugnazione (di norma semestrale) delle sentenze depositate dal 1 febbraio 2019 in poi, in quanto verrebbe a scadere in data successiva al 31 luglio 2019. In relazione a questa ultima categoria di cause, opportuno precisare che una eventuale notifica della sentenza durante il periodo di sospensione non sarebbe idonea n ad abbreviare il citato termine lungo (qualora il termine breve ricadesse comunque nel periodo soggetto a sospensione), n ad allungarlo (in base al noto principio secondo cui il termine di decadenza matura con lo scadere del termine lungo e non pu essere posticipato da quello breve che eventualmente lo superi: Cass. SS.UU. n. 21197/2009; 27286/2011). Si precisa che trattandosi di un termine di sospensione (e non di proroga), nel termine di nove mesi deve ritenersi assorbito il termine di sospensione feriale (cfr. da ultimo, Cass. n. 9438/2017) (2). Diniego di definizione (comma 12) Il comma 12 prevede che "l'eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalit previste per la notificazione degli atti processuali" (in mancanza, la definizione deve ritenersi valida) e che avverso tale atto possibile proporre ricorso "entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. nel caso in cui la definizione della controversia richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale pu essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine". La norma prevede quindi che l'eventuale diniego va impugnato davanti allo stesso giudice presso il quale pende la controversia (e pertanto anche davanti alla Corte di Cassazione) per consentire evidentemente una trattazione congiunta con la causa principale. L'ultimo periodo prevede invece la possibilit per entrambe le parti, in caso di diniego emesso su istanza di definizione presentata tra un grado e l'altro di giudizio, di impugnare (2) Per effetto di tale meccanismo tutti i termini che vengono originariamente a scadere nel periodo ricompreso tra il 1 novembre e il 1 dicembre 2018, per effetto della sospensione di 9 mesi verranno tutti a scadere il giorno 1 settembre 2019. tEMI IStItUzIoNALI l'ultima decisione anche oltre i termini ordinari, purch entro 60 giorni dalla notifica del diniego di definizione. Estinzione automatica dei giudizi (comma 13) Il comma 13 prevede che "in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo dichiarato estinto, con decreto del Presidente. l'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate". La disposizione sembrerebbe applicabile ai soli procedimenti sospesi ai sensi del comma 10 ultimo periodo ed appare finalizzata a provocare l'estinzione automatica delle cause definite, senza necessit di apposita istanza. Mancando tuttavia un richiamo espresso al comma 10, si riservano ulteriori istruzioni all'esito della conversione del D.L. 119/2018. Effetti verso i condebitori solidali (comma 14) Il comma 14 prevede che "la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia pi pendente, fatte salve le disposizioni del secondo periodo del comma 8" (il riferimento al secondo periodo del comma 8 sembra essere l'effetto di un refuso, in quanto presumibile che - analogamente a quanto era disposto nel precedente condono ex art. 11 del D.L. n. 50/2017 -si volesse richiamare il comma 9, che prevede il divieto di restituzione delle somme gi versate, ancorch eccedenti). Gestione del contenzioso Alla luce di quanto sopra esposto, gli Avvocati e Procuratori assegnatari di affari tributari avranno cura di verificare le controversie per le quali non opera la sospensione dei termini, e di rimodulare (per le altre) le nuove scadenze (rispetto a quelle risultanti da NSSI). Come si detto, dovranno ritenersi non sospesi: - i termini di impugnazione nelle cause non definibili; -in via cautelativa i termini di impugnazione nelle cause aventi ad oggetto cartelle di pagamento o avvisi di liquidazione (nel dubbio sulla loro qualificabilit come atti impositivi o di mera riscossione); -i termini per le controdeduzioni (nei giudizi tributari di merito) nonch per l'iscrizione a ruolo (anche in Cassazione). Qualora nella stessa causa siano impugnati pi atti, uno solo dei quali suscettibile di definizione, la sospensione dei termini prevista per quest'ultimo dovrebbe comportare la sospensione dei termini per l'intera causa (Cass. n. 5038/2017). tuttavia un simile effetto sembra da escludersi nel caso di controversie concernenti gli atti espressamente esclusi dalla definizione (comma 5), la cui presenza appare ostativa in toto alla definibilit della controversia (i cui termini pertanto devono cautelativamente ritenersi non sospesi). La valutazione in ordine alla opportunit o meno di proporre comunque ricorso per cassazione nelle cause, il cui termine sospeso, rimessa a ciascun titolare dell'affare (3). oc (3) Si ricorda che dalla Scrivania dell'Avvocato, nella sezione SCADENzE, posbile inserire manualmente - tramite il tasto AGGIUNGI - un nuovo scadenziere su NNSI con la data di effettiva scadenza. RASSEGNA AvvoCAtURA DELLo StAto - N. 3/2018 correr tuttavia tenere conto che una volta venuta meno la sospensione dei termini, le originarie scadenze si sommeranno a quelle "ordinarie" medio tempore sopravvenute. opportuno inoltre che in qualsiasi atto che venga redatto usufruendo del periodo di sospensione previsto dalla legge, sia chiaramente indicata nel frontespizio la disposizione (art. 6 comma 11) in base alla quale l'atto deve ritenersi tempestivo (onde evitare il rischio di pronunce di inammissibilit a distanza di tempo dalla disposta sospensione). Si fa riserva di ulteriori chiarimenti anche all'esito delle eventuali modifiche che potranno essere apportate in sede di conversione in legge del decreto. L'AvvoCAto GENERALE Massimo MASSELLA DUCCI tERI ContenzIosoCoMunItaRIoedInteRnazIonale Marchio commerciale contrario allordine pubblico. Il controricorso della Repubblica Italiana nella causa La Mafia Franchises c. Ufficio dellUnione europea per la propriet intellettuale Tribunale dellunione europea, Sezione nona, SenTenza 15 marzo 2018, T-1/17 TRIBUNALE DELL'UNIONE EUROPEA CONTRORICORSO per la REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, assistito dal sottoscritto Avvocato dello Stato, domiciliato presso l'Ambasciata d'Italia in Lussemburgo nella causa T-1/17 La Mafia Franchises, SL v European Union Intellectual Property Office *** introduzione. 1. In data 23 luglio 2015, la Repubblica Italiana presentava all'Ufficio europeo per la propriet intellettuale (EUIPO) domanda di nullit del MUE n. 5510921 (all. 1). Il marchio in questione composto dalla scritta bianca "la mafia se sienta a la mesa", posta sullo sfondo di un quadrato nero ed accompagnata da una rosa rossa: all'interno di tale scritta le parole "La Mafia" sono molto pi grandi delle restanti, ed occupano buona parte del marchio. Tale marchio stato registrato, e viene impiegato quale segno distintivo, da una catena (franchise) di ristoranti, presenti in Spagna e Portogallo, che propongono ai loro clienti piatti della cucina italiana (1) in un contesto dichiaratamente ispirato (1) Pi precisamente, tali ristoranti si qualificano espressamente quali "Ristoranti Italiani": si veda, a ti RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 al mondo della Mafia (al quale si rifanno, exempli gratia, le scene raffigurate nei quadri appesi alle pareti, le livree dei camerieri, i nomi dei piatti e perfino le sedie, sulle quali sono impressi i nomi di boss mafiosi). 2. La decisione di avanzare la citata domanda di nullit era nata in seguito a numerose segnalazioni proveniente da comuni cittadini, giornalisti, membri del Parlamento Italiano ed Europeo e figure istituzionali (fra cui la Presidente della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul Fenomeno della Mafia), profondamente turbati sia dalla rappresentazione allegra e conviviale della Mafia che viene veicolata dal marchio in questione, sia dall'associazione tra la Mafia e l'Italia nascente dai prodotti e servizi per i quali il marchio in questione stato registrato (2). 3. La domanda di nullit veniva presentata ai sensi degli artt. 52, co. 1, lett. a) e 7, co. 1, lett. f) RMUE, ed era supportata da copiosa documentazione concernente: i) gli strumenti normativi di cui si progressivamente dotato l'ordinamento italiano per combattere la Mafia, grazie all'introduzione di fattispecie di reato tipiche (art. 416bis del Codice Penale italiano) e di strutture specificamente dedicate alla lotta a tale organizzazione (Direzione Nazionale Anti-Mafia, Direzioni Distrettuali Anti-Mafia, Direzione Investigativa Anti-Mafia) e al monitoraggio della stessa (Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul Fenomeno della Mafia); ii) le numerose organizzazioni e iniziative della societ civile volte a preservare il ricordo delle vittime della Mafia; iii) le modalit operative della Mafia, caratterizzate dalla brutalit dei delitti dalla stessa perpetrati e dalla spregiudicatezza nel colpire i rappresentanti dello Stato che si frappongano ai suoi interessi; iv) la pericolosit dell'azione mafiosa per le societ democratiche, estesa ben al di l dei soli confini italiani; v) la profonda negativit del termine "Mafia" e derivati alle orecchie di persone di lingua italiana o spagnola e, pi in generale, di ogni soggetto consapevole del portato simbolico di tale temine, nonch l'inaccettabilit dell'associazione tra tale termine e la cucina italiana, da un lato, e tra tale termine e una situazione di convivialit dall' altro (3). tolo di esempio, il recente post presente sul sito webufficiale del franchise in questione: http://lamafia.es/5-razones-por-las-que-comer-en-un-restaurante-italiano/ (2) Oltre ad offrire piatti della tradizione culinaria italiana, i ristoranti in questione sarebbero, secondo i proprietari del franchise in questione, decorati con uno stile (ispirato al mondo della Mafia, come si visto) che permette di "spostarsi in Italia senza muoversi dalla propria citt": http://la mafia.es/cenaren- un-restaurante-italiano-o-pedis-comida-italiana-domicilio/ (3) La domanda di nullit presentata dalla Repubblica Italiana di fronte all'EUIPO (allegata al presente controricorso come all. 1), completa di allegati alla stessa, al fine di offrire una panoramica piena della documentazione cui ivi si accenna. CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 4. La Divisione di Annullamento dell'EUIPO accoglieva le tesi avanzate dalla Repubblica Italiana, con decisione del 3 marzo 2016 (all. 2), nella quale, in particolar modo, si evidenziava che: i) il marchio chiaramente offensivo in quanto banalizza la minaccia che deriva da un'organizzazione criminale, dipingendola come un commensale; ii) tale banalizzazione offensiva non soltanto per le vittime della Mafia, ma anche per chiunque sia consapevole del carattere violento delle organizzazioni mafiose; iii) il portato simbolico negativo del termine "Mafia" minimizzato dall'accostamento dello stesso ad una rosa rossa e al sottotesto "si siede a tavola", che suggeriscono un'aura di convivialit; iv) l'esistenza di un trend teso a "romanticizzare" il fenomeno mafioso non impone all'EUIPO di tutelare gli interessi delle imprese che vogliano sfruttare detto trend; v) il contenuto semantico del marchio compreso sia dai soggetti di lingua spagnola che da larga parte del pubblico italiano; vi) in ogni caso il pubblico rilevante, da considerare ai fini di cui all'art. 7, co. 1, lett. f), non soltanto quello delle famiglie spagnole che vogliano cenare in un ristorante italiano, come sostenuto dalla Propriet del marchio, ma anche quello composto dai cittadini italiani in Spagna (ivi residenti ovvero presenti per qualsivoglia ragione) che si imbattono nel marchio in questione. 5. Tale decisione veniva impugnata dalla Propriet del marchio, con atto del 29 aprile 2016, innanzi alla Commissione di Ricorso EUIPO. Tale organo, con decisione del 27 ottobre 2016 (all. 3), adottata a conclusione della causa R 803/2016-1, confermava le statuizioni della divisione annullamento, in particolar modo evidenziando che: i) le pubbliche amministrazioni non devono prestare assistenza a quelle imprese che intendano promuovere i propri fini commerciali attraverso marchi che violino i valori fondamentali di una societ civile; ii) l'esistenza dei presupposti di cui all'art. 7, co. 1, lett. f) deve essere valutata sulla base dei criteri esposti in tale norma, interpretati facendo riferimento al pubblico rilevante dell'Unione Europea, ovvero di una parte di esso; iii) l'ordine pubblico l'insieme delle regole giuridiche necessarie per il funzionamento di una societ democratica e dello stato di diritto; i marchi pertanto non devono promuovere attivit manifestamente contrarie a tale insieme di regole, quali quelle di natura criminale e terroristica; iv) la normativa nazionale e la prassi amministrativa di uno Stato membro possono essere tenute in considerazione per valutare, con riferimento alla violazione dell'ordine pubblico, come siano percepite determinate categorie di simboli all'interno di quello Stato; RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 v) il marchio contestato "dominato" dal sostantivo "La Mafia", un'organizzazione notoriamente criminale, per contrastare la quale il governo Italiano ha speso considerevoli energie, e sulla cui pericolosit esiste pieno consenso a livello di Unione Europea; quest'ultima, peraltro, ha sviluppato una chiara policy di lotta al crimine organizzato ed ha approvato numerosi testi normativi e iniziative volti a combattere tale fenomeno; vi) il marchio contestato, promuovendo il nome di un'organizzazione criminale, da ritenersi contrario all'ordine pubblico; vii) il marchio contestato offre altres una raffigurazione conviviale del fenomeno mafioso, cos banalizzando la minaccia che da esso promana; viii) tale marchio provoca forte turbamento nel pubblico italiano; in ogni caso, l'eventuale assenza di lamentele (pure smentita) in relazione al marchio, irrilevante al fine di valutare la contrariet dello stesso all'art. 7, co. 1, lett. f), cos come irrilevanti sono le intenzioni del proprietario del marchio rispetto alla sua lesivit dei beni enunciati all'art. 7, co. 1, lett. f). ix) l'esistenza di altri marchi contenenti il termine MAFIA pure irrilevante, considerando che la contrariet di un marchio all'ordine pubblico ed al buon costume deve essere valutata facendo esclusivo riferimento al RMUE come interpretato dalla giurisprudenza europea. 6. Avverso tale decisione ha proposto ricorso la Propriet del marchio, sostenendo l'insussistenza dei presupposti per dichiarare la nullit del marchio, ai sensi degli artt. 52.1, lett. a), 3 7.1, lett. f), RMUE, e fondando il proprio ricorso sui seguenti argomenti: I) una determinata ricostruzione dei concetti di ordine pubblico e buon costume; II) la necessit di considerare il marchio nel suo complesso; III) la conseguente non contrariet del marchio all'ordine pubblico e al buon costume, argomentata sulla base dei seguenti punti: a) l'esistenza di altri marchi contenenti il termine Mafia; b) il tipo di prodotti e servizi per i quali il marchio registrato; c) la percezione del pubblico rilevante. 7. I suddetti argomenti costituiscono, in larga parte, mera riproposizione di quanto gi sostenuto avanti all'EUIPO e dallo stesso puntualmente confutato; , tuttavia, interesse della Repubblica Italiana, in quanto proponente della domanda di nullit sopra citata, contestare integralmente gli stessi, al fine di vedere confermata la decisione della Commissione di Ricorso EUIPO in merito alla nullit del marchio contestato. A tal fine, si procede ad esaminare, di seguito, gli argomenti poc'anzi riassunti, dimostrandone contestualmente l'infondatezza sia in fatto che in diritto. CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE I. definizioni di "ordine pubblico" e "buon costume" contenute nelle linee guida euIPo (paragrafi 12-21 del ricorso de la Mafia Franchises). 8. La ricorrente riporta alcuni passaggi, tratti dalle linee guida EUIPO per l'esame dei marchi, relativi ai concetti di "ordine pubblico" e "buon costume", limitandosi a sottolineare alcune frasi degli stessi, senza tuttavia specificamente spiegare ove l'EUIPO si sarebbe discostata dall'applicazione di tali concetti nella propria decisione relativa al marchio contestato (con l'unica eccezione di un riferimento alla mancata inclusione della Mafia tra le organizzazioni terroristiche). 9. Sotto tale profilo, il ricorso deve, innanzi tutto, ritenersi irricevibile in parte qua. Secondo la costante giurisprudenza del Tribunale, infatti, "in forza del- l'articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell'unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all'articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, e dell'articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, l'atto introduttivo del ricorso deve indicare, tra l'altro, l'oggetto della controversia e un'esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tali indicazioni devono essere sufficientemente chiare e precise per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza ulteriori informazioni. nella prospettiva di garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia, affinch un ricorso sia considerato ricevibile, necessario che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, anche sommariamente, purch in modo coerente e comprensibile, dal testo dell'atto introduttivo stesso" (ord. 19 settembre 2016, causa T-5/16, Gregis/euipo, quinto par. e giurisprudenza ivi citata). 10. Tanto premesso, nel merito, la Repubblica italiana sottolinea, innanzitutto, che, come chiarito da diffusa giurisprudenza della Corte di giustizia e del Tribunale sul punto (per tutte si vedano le sentenze: alcon/oHmi, n. C-412/05 P, p. 65, e Sadas/oHmi -lTJ diffusion, n. T-346/04, p. 71), la validit di un MUE deve essere giudicata esclusivamente con riferimento al RMUE, come interpretato dal Tribunale e dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea, e non alla prassi decisionale dellEUIPO: di per s quindi, un'eventuale discrasia tra le linee guida dell'EUIPO e la decisione di tale organo non proverebbe nulla in merito alla validit del marchio impugnato. 11. In ogni caso, le menzionate linee guida, ad una lettura completa, lungi dal corroborare la posizione della ricorrente, delineano un quadro dei due concetti contenuti all'art. 7, co. 1, lett. f), pienamente rispondente alle tesi sostenute dalla Repubblica Italiana nella propria domanda di nullit. 12. Con riferimento all'ordine pubblico, esse affermano che: "nell'ambito dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera f), rmue, ordine pubblico si riferisce al corpus giuridico dell'unione applicabile in un determinato settore, nonch all'ordinamento giuridico e allo Stato di diritto definiti dai trattati RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 e dalla normativa derivata dell'unione, che riflettono una comprensione comune di alcuni principi e valori fondamentali, come i diritti umani. il seguente elenco, non esaustivo, comprende esempi di casi in cui i segni rientreranno in tale divieto: -I marchi contrari ai principi e ai valori fondamentali dell'ordine politico e sociale europeo e, in particolare, ai valori universali sui quali si fonda l'Unione europea, come la dignit umana, la libert, l'uguaglianza e la solidariet e al principio di democrazia e dello stato di diritto, sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea (Gu C 83/389, 30 marzo 2010) ". 13. Come si gi accennato, la Mafia radicalmente ed intrinsecamente incompatibile con qualsiasi organizzazione politica e giuridica che basi la propria azione sul principio di legalit e sul rispetto delle vite dei propri consociati; l'Unione Europea nasce con obiettivi opposti e incompatibili rispetto a quelli delle organizzazioni mafiose, che costituiscono quindi una minaccia esiziale per la sopravvivenza dell'Unione Europea; la Mafia e l'ordine pubblico europeo, come sopra definito, sono, in altri termini, inconciliabili, e un marchio che neghi questa incompatibilit, presentando la Mafia come un fenomeno inoffensivo se non addirittura apprezzabile (elevandola a commensale), , per logica conclusione, contrario all'ordine pubblico. 14. Tale conclusione rafforzata dalle stesse linee guida (Parte B, Sezione 4) che, nell'elencare degli esempi di marchi ritenuti contrari all'ordine pubblico, indicano il marchio contenente la scritta "mechanical apartheid": evidente, dall'analisi di un simile marchio, che la scritta in s non incita al compimento di azioni rivolte contro l'ordine pubblico o comunque capaci di infrangere quei valori che, come si visto, sono alla base dell'ordine pubblico stesso; il marchio stato ritenuto dall'EUIPO contrario all'ordine pubblico perch contenente un riferimento ad un regime nel quale detti valori erano sistematicamente calpestati. 15. Un'applicazione coerente di tale criterio non pu non imporre di ritenere contrario all'ordine pubblico anche un marchio, quale quello oggetto del presente giudizio, contenente un esplicito riferimento positivo (o comunque neutro) a un sistema di potere, quello mafioso per l'appunto, che nega proprio quei valori e quei diritti che sono alla base dell'ordine pubblico europeo. 16. Anche la decisione di negare la registrazione del marchio contenente la scritta "bin ladin", pure riportata nelle citate linee guida (ibidem), conforta la tesi test espressa: detto marchio stato infatti rigettato perch il nome Bin Ladin indissolubilmente connesso a crimini contrari all'ordine pubblico; giova, peraltro, evidenziare che il marchio in questione traeva origine dal nome proprio del titolare dell'impresa che avrebbe prodotto i beni per i quali il marchio era pensato: il rifiuto della registrazione stato quindi basato sulla circostanza oggettiva della connessione del nome Bin Ladin con crimini contrari all'ordine pubblico. Ribadendo ancora una volta che i crimini mafiosi attentano al cuore dell'ordine pubblico, come sopra definito, giocoforza ritenere con CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE trari all'ordin pubblico quei marchi che utilizzino a scopo commerciale la parola Mafia, privandola dei connotati negativi che le sono propri. 17. Discende, altres, da quanto osservato, l'assoluta irrilevanza della mancata inclusione della Mafia tra le organizzazioni terroristiche di cui alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio dell'Unione europea (paragrafo 18 del ricorso de La Mafia Franchises), a cui pure la ricorrente annette tanta importanza: innanzitutto, come si visto, la lista contenuta nelle linee guida espressamente definita "non esaustiva"; in secondo luogo, per le ragioni indicate al punto 12, i marchi contenenti riferimenti "apologetici" alla Mafia ricadono nel punto n. 1 della citata lista; da ultimo, occorre sottolineare che la posizione comune, sopra menzionata, ha un valore ricognitivo, e non certo definitorio: sarebbe illogico pensare che un'organizzazione non possa essere ritenuta terroristica dall'EUIPO, fintanto che non sia inserita nella citata lista; , semmai, vero il contrario, ossia che un'organizzazione ivi inserita non potr non essere ritenuta terroristica; , tuttavia, facile argomentare che la mancata inclusione della Mafia nella lista si spiega in ragione del carattere settoriale della stessa, finalizzato appunto esclusivamente ad individuare organizzazioni di natura terroristica, laddove la Mafia ha, in maniera preponderante, carattere e finalit criminali; ci non toglie in alcun modo che tali profili rendano la Mafia incompatibile con l'ordine pubblico, dovendosi altrimenti ritenere, come pare fare la ricorrente, che solo le organizzazioni terroristiche possano essere ritenute contrarie all'ordine pubblico (il che, come reso evidente dalla decisione relativa al marchio "mechanical apartheid", non ). 18. Per mero scrupolo difensivo, nella denegata ipotesi in cui il Tribunale dovesse accedere a una definizione pi ristretta del concetto di ordine pubblico, ovverosia quale complesso di specifiche norme del diritto positivo vigenti ad un dato momento, la Repubblica Italiana espressamente rimanda alle argomentazioni svolte nei precedenti gradi di giudizio (in particolar modo nella propria opposizione all'appello proposto dalla Propriet del marchio, all. 4), laddove ha evidenziato che esistono specifiche previsioni, sia nel diritto spagnolo, che in quello italiano ed europeo, che rendono il marchio incompatibile anche con una definizione pi ristretta di ordine pubblico, qui di seguito sintetizzate: i) art. 416bis del Codice Penale italiano relativo alle associazioni di tipo mafioso; ii) decreto legge 367/91 che istituisce la Direzione Nazionale Anti-Mafia e le Direzioni Distrettuali Anti-Mafia; iii) decreto legge 345/91 che istituisce la Direzione Investigativa Anti-Mafia; iv) legge 509/96 che istituisce una Commissione Parlarmentare di inchiesta sul fenomeno mafioso; v) decreto legge 7/2015 che attribuisce alla Direzione Investigativa Anti- Mafia il compito di coordinare a livello nazionale le indagini relative al terrorismo; RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 vi) art. 578.1 del Codice Penale spagnolo che punisce l'apologia o la giustificazione dei delitti di natura terroristica ovvero degli esecutori degli stessi e gli atti volti ad umiliare ovvero gettare discredito sulle vittime dei delitti terroristici ovvero sui familiari delle stesse; vii) gli artt. 10 e 18.1 della Costituzione spagnola, come interpretati dalla sentenza n. 846/2015 del 30 dicembre 2015 della Corte Suprema spagnola in relazione agli atti che umilino ovvero offendano le vittime di terrorismo; viii) la direttiva UE n. 2012/29, relativa agli standard minimi da assicurare nel supporto alle vittime di crimini, che espressamente associa, all'art. 22.3, le vittime di terrorismo alle vittime del crimine organizzato. 19. Per quel che concerne il buon costume, le linee guida affermano: "11 concetto di buon costume di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera f), rmue non riguarda il cattivo gusto o la protezione di sentimenti personali. per violare l'articolo 7, paragrafo 1, lettera f), rmue, un marchio deve essere percepito dal pubblico di riferimento, o almeno da una sua parte importante, come rivolto direttamente contro le norme morali fondamentali della societ. (...) La normativa nazionale e la prassi degli Stati membri sono elementi da tenere in considerazione al fine di valutare la percezione di talune categorie di segni da parte del pubblico di riferimento negli Stati membri interessati". 20. Come si ampiamente argomentato e dimostrato nella fase di contestazione dinanzi all'EUIPO, e come si avr modo di meglio precisare in seguito, la Mafia un fenomeno intrinsecamente connesso a morte e violenza. Seppur particolarmente sentito, per ovvie ragioni, in Italia, il fenomeno mafioso capace di suscitare sentimenti di paura, disgusto, e rigetto in una vasta fascia del pubblico di consumatori europei consapevoli dei crimini di cui tale organizzazione si macchia. 21. Una societ che accetti di convivere con la Mafia non pu sopravvivere come societ democratica: essa sar divorata dall'interno dal germe mafioso che imporr i propri "valori" carichi di sangue ed oppressione. Non difficile, quindi, capire perch la Repubblica Italiana insista nel ribadire che l'assoluta estraneit e l'aperto rigetto di qualsivoglia espressione del potere mafioso sono uno dei cardini di una societ propriamente democratica, norma morale fondamentale della stessa. 22. Un marchio che neghi la necessit di tale rigetto e, al contrario, suggerisca la possibilit di una convivialit con i mafiosi, si pone in diretto contrasto con tale norma fondamentale. giova, a questo proposito, ricordare che il fenomeno mafioso ritenuto talmente inaccettabile dalla societ italiana che il diritto penale di tale paese ha elaborato la figura della "partecipazione" ad associazioni di tipo mafioso, punita in quanto tale, senza la necessit che ad essa consegua la commissione di ulteriori reati (4). Sempre con riferimento alle norme morali (4) Art. 416bis del Codice Penale Italiano, sopra citato. CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE fondamentali che reggono la societ europea, non pu non annoverarsi, tra le stesse, il rispetto per chi ha sacrificato la propria vita combattendo il fenomeno mafioso, ovvero l'ha persa perch risultava d'intralcio alla Mafia. 23. Il marchio contestato, nel presentare in chiave conviviale la Mafia, viola anche questa ulteriore norma morale fondamentale, rivelandosi fonte di profondo turbamento per chi, conscio della reale natura della Mafia, veda tale nome adornato da una rosa, proposto come commensale, ed associato ad un luogo di svago e piacere quale un ristorante. II. le decisioni "MaFIa II" e "ContRa-Bando" (paragrafo 22 del ricorso de la Mafia Franchises). 24. La ricorrente allega al proprio ricorso due decisioni delle Commissioni di Ricorso EUIPO che definisce "analoghe" al caso odierno, con le quali stata ritenuta legittima la registrazione dei marchi "MAFIA II" e "CONTRA-BANDO". 25. Ribadendo quanto gi osservato al punto 10, con riferimento alla irrilevanza delle prassi seguite dall'EUIPO per stabilire la validit di un MUE, la Repubblica italiana evidenzia che, da tali decisioni, emergono con chiarezza elementi che confermano la correttezza della decisione della Commissione di Ricorso EUIPO nel confermare la dichiarazione di nullit del marchio oggetto del presente giudizio. 26. Con riferimento alla decisione relativa al marchio "MAFIA II", la Commissione di Ricorso ha, infatti, precisato che: "i beni per i quali il marchio viene richiesto sono essenzialmente giochi per pc e videogiochi, libri, e servizi televisivi o d'intrattenimento. Per tali beni, il crimine un argomento di riferimento frequente e comune. (...). certamente vero che i marchi non devono appoggiare attivit manifestamente rivolte contro l'ordine pubblico, come quelle di natura terroristica (decisione del 29 settembre 2004, r 176/2004-2, 'bin ladin) o criminale. Tuttavia, il messaggio semantico, se ve n' uno, del simbolo in questione deve essere analizzato. 1l mero riferimento al nome di un gruppo di persone che si presume commettano crimini non una dichiarazione di supporto al crimine. Tanto meno in relazione ai beni e servizi per cui si chiede la registrazione, per i quali l'interpretazione pi logica e lineare che in tali libri o giochi, il crimine organizzato viene combattuto, in modo del tutto fittizio" (5). (5) "The claimed goods are essentially computer and video games, books, and entertainment or television services. For them, crime as a subject-matter is freguent and common. (...) it is certainly true that trade marks must not endorse activities that are manifestly directed against the public order, such as of a terrorist (decision of 29 September 2004, r 176/2004-2, 'bin ladin') or criminal nature. However, the semantic message, if there is one, of the sign in issue must be analysed. The mere reference to the name of a group of people who are supposed to commit crimes is not a statement to support crime. all the less this is so in conjunction with the claimed goods and services, where the more logical and straighforward interpretation would be that in those books or games, organised crime is fought, on a purely fictional basis". RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 27. La Commissione di Ricorso, quindi, ha ritenuto, nel caso di specie, registrabile il marchio, in quanto lo stesso conteneva un "mero riferimento" alla Mafia, privo di qualsiasi apprezzamento; il marchio, in altre parole, tratta la Mafia per quello che , ossia un pericoloso fenomeno criminale, che infatti d origine alle lotte cruente che sono alla base del videogioco. Altrettanto non pu dirsi del marchio oggetto del presente giudizio, il quale, come si pi volte ripetuto, menziona la Mafia quale possibile commensale e banalizza la portata criminale della sua essenza. 28. Per quel che concerne la decisione relativa al marchio "CONTRA-BANDO", appare estremamente labile l'asserita analogia col caso odierno. Il marchio appena citato, infatti, stato ritenuto valido, in tale decisione, innanzitutto in ragione della separazione del termine "contrabando" in due distinte parole, "contra" e "bando", circostanza che evidentemente non ricorre, nemmeno per analogia, nel caso odierno; in secondo luogo, l'uso di un marchio comunque allusivo ad un'attivit illegale stato, nel predetto caso, giustificato sulla base dei prodotti per i quali il marchio era registrato (prodotti alcolici) e del pubblico a cui gli stessi si rivolgevano (costituito esclusivamente da adulti): nessuna di tali circostanze ricorre nel caso di specie, concernente un marchio utilizzato per ristoranti, nei quali oltretutto sono specificamente presenti delle aree per bambini, come ammesso dalla stessa ricorrente nel proprio atto; strettamente connessa a quanto appena osservato la considerazione per cui il marchio "CONTRA-BANDO" valido, pur contenendo un "simbolo discutibile" in quanto allusivo ad un'immagine trasgressiva e ribelle: neppure tale circostanza ricorre nel caso dei ristoranti aventi marchio "la mafia se sienta a la mesa". III. necessit di considerare il marchio nel suo complesso (paragrafi 2327 del ricorso de la Mafia Franchises). 29. La ricorrente sostiene che il marchio vada considerato nel suo complesso, in tutti gli elementi costitutivi dello stesso, che non si riducono all'espressione "La Mafia". Tale considerazione complessiva, sembra di capire, "salverebbe" il marchio dalla dichiarazione di nullit: la ricorrente tuttavia omette completamente di spiegare in che modo gli altri elementi che compongono il marchio siano in grado, specificamente, di ridurre la lesivit dello stesso rispetto alla previsione di cui al menzionato art. 7, co. 1, lett. f). In realt, le considerazioni che la ricorrente svolge con tale argomento a difesa del marchio, sono in parte infondate ed in parte controproducenti. 30. Dette considerazioni sono infondate, laddove tentano di sminuire la rilevanza del termine "La Mafia" all'interno del marchio. Dall'osservazione del marchio in questione emerge, infatti, ictu oculi che "La Mafia" l'elemento assolutamente preponderante all'interno del marchio; esso, peraltro, , per stessa ammissione della ricorrente, il filo conduttore dell'idea commerciale posta alla base del marchio, ovverosia una catena di ristoranti a tema mafioso CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE (che, molto significativamente, ha registrato il proprio sito web all'indirizzo www.lamafia.es). 31. Proprio la necessit di considerare il marchio unitamente ai prodotti per i quali viene registrato, che a detta della ricorrente eviterebbe di far incorrere il marchio nella dichiarazione di nullit, conduce invece a concludere che l'associazione tra il termine "La Mafia", anche singolarmente considerato (precisazione, questa, necessaria al fine di evitare future contestazioni sul punto) e dei ristoranti, ancora pi laddove di cucina italiana, sia lesiva dei parametri fissati dall'art. 7, co. 1, lett. f), per i motivi sopra esposti, nonch per la natura offensiva dell'accostamento tra la cucina italiana (e, pi in generale, la tradizione e l'immagine del Paese che la stessa rappresenta ovunque nel mondo (6)) e il fenomeno mafioso. 32. Dando per assodato che il termine "La Mafia", singolarmente considerato, sarebbe di per s lesivo dell'art. 7, co. 1, lett. f), se associato a dei ristoranti, le predette considerazioni sono altres controproducenti perch, nell'elencare gli elementi costitutivi del marchio contestato, delineano un'immagine accattivante, glamour, in cui il termine "La Mafia", pure preponderante, viene, per cos dire, stemperato su uno sfondo elegante ed invitante, nel quale il termine, di per s evocativo di violenza e morte, viene, invece, associato ad elementi piacevoli (dirimente, in tal senso, il pi volte evidenziato "se sienta a la mesa"). 33. Anche in tal caso, peraltro, la considerazione del marchio untamente ai prodotti per i quali registrato non giova allo stesso, in quanto tale immagine, cos accattivante, associata a dei ristoranti dichiaratamente ispirati al rituale mafioso, raccontato nel libro "la mafia se sienta a la mesa", consistente nel ritrovarsi a tavola per pianficare delitti. Il contenuto semantico del marchio quindi (La Mafia se sienta a la mesa), evocativo di episodi macabri, viene associato ad una grafica invitante e a dei prodotti conviviali, piacevoli (7). IV. Percezione del consumatore ragionevole ed esistenza di altri marchi contenenti la parola Mafia (paragrafi 28-36 del ricorso de la Mafia Franchises). 34. La ricorrente, partendo dal presupposto per cui la Mafia stata utilizzata in diversi libri e film (paragrafo 31 del ricorso), giunge a sostenere, in modo del tutto apodittico, che il "pubblico generale", non percepisce il termine Mafia, usato in connessione con certi prodotti o servizi, come qualcosa che promuova o supporti un'organizzazione criminale ovvero attivit criminale. 35. In proposito si osserva, innanzitutto, che le numerose segnalazioni che (6) L'associazione tra Mafia, cucina italiana e Italia, peraltro, fatta dalla Propriet del marchio stesso, che sulle pagine del proprio sito web. (7) v. all. 4 all'opposizione della Repubblica italiana al Ricorso presso la Commissione di ricorso (all. 4), pag. 82. RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 hanno determinato la presentazione della domanda di nullit del MUE da parte della Repubblica italiana smentiscono seccamente le asserzioni di controparte in merito alla percezione del pubblico generale: l'azione volta ad ottenere la dichiarazione di nullit del marchio nata proprio dallo stupore e dalla rabbia suscitati dal marchio in questione tra rappresentanti delle istituzioni e tra il pubblico in generale. 36. In ogni caso, anche a voler ritenere che il marchio in questione possa non essere visto come una forma di apprezzamento per un'organizzazione criminale, esso rimane comunque lesivo dell'art. 7, co. 1, lett. f), posto che accosta palesemente la suddetta organizzazione criminale a concetti positivi. 37. La ricorrente segnala l'esistenza di numerosi altri marchi contenenti la parola Mafia, e da questa osservazione deduce che il pubblico generale, incluso quello italiano, ritiene accettabile l'associazione tra il termine Mafia e i prodotti commerciali e che il proprio marchio sarebbe stato oggetto di un trattamento di sfavore da parte della Repubblica italiana nel momento in cui la stessa ha deciso di chiederne l'annullamento. 38. Sul punto si segnala, in via preliminare, che l'esistenza di altri marchi del tutto irrilevante rispetto alla validit del marchio contestato, in quanto la stessa, come gi osservato al punto 10, deve essere valutata solo in base all'interpretazione del RMUE fornita dalla giurisprudenza (sul punto illuminante il caso Couture Tech ltd/uami, di cui alla causa T-232/10, deciso dal Tribunale con sentenza del 20 settembre 2011, nella quale viene chiarito -p. 80 -che neppure la previa registrazione, per un marchio diverso, del medesimo segno da parte dello stesso proprietario sufficiente per garantire che il secondo non sia dichiarato invalido, se ritenuto contrario all'ordine pubblico e al buon costume). 39. venendo al merito delle censure mosse dalla ricorrente all'iniziativa della Repubblica Italiana, occorre precisare che la decisione di domandare l'annullamento del marchio in questione non nasce da un'operazione sistematica di scansione dei marchi esistenti, in esito alla quale lo Stato italiano procede a domandare l'invalidit di tutti quelli che ritenga contrari all'ordine pubblico o al buon costume, bens, come si detto, dalla spontanea iniziativa di coloro che si sono dovuti, loro malgrado, confrontare col marchio stesso e lo hanno trovato inaccettabile. L'origine "spontanea" dell'iniziativa della Repubblica italiana , quindi, di per s sola, sufficiente a spiegare anche l'esistenza di tanti marchi contenenti l'espressione mafia: la stragrande maggioranza dei marchi citati dalla ricorrente (e anche quelli non citati ma reperibili sul motore di ricerca TMview (8)) sono infatti, sostanzialmente, sconosciuti, e non hanno quindi raggiunto un numero di consumatori sufficiente a scatenare una reazione paragonabile a quella che pu causare una catena di 37 ristoranti. (8) https://www. tmdn.org/tmview/welcome CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 40. Fatte queste dovute premesse, occorre, tuttavia, segnalare che, dall'analisi dei marchi che la ricorrente elenca a sostegno della propria tesi, si ricava una notevole superficialit nell'interpretazione degli stessi, e conseguentemente dell'accettabilit degli stessi per il grande pubblico, e un'incomprensione di fondo relativa all'utilizzo del termine Mafia. Nell'ordine: -i marchi relativi al videogioco "Mafia Wars" sono ripetuti pi volte, sotto classi diverse, e in parte anche nel marchio "Mafia Wars Made", connesso al primo; tali marchi, peraltro, sono del tutto simili al marchio "Mafia II" (che pure viene citato nell'elenco), rispetto al quale si rinvia a quanto osservato sopra); - anche il marchio "goodgame Mafia" ed il marchio "gewinnspiel Mafia Bei Uns Ist gck Noch Ehrensache" risultano registrati da compagnie di giochi; - due dei marchi indicati (Al Capone e Meyer Lansky's) sono registrati per prodotti alcolici e tabacco, ed anche in questo caso si rimanda a quanto osservato in merito al marchio CONTRA-BANDO; - il marchio Spinach Mafia connesso ad una linea di vestiti nei quali la parola Mafia non compare mai, restando per l'appunto relegata al marchio; - i marchi "Swedish house Mafia" e "House Mafia" sono intestati allo stesso proprietario e il secondo ha evidentemente lo scopo di evitare imitazioni servili del primo; - il marchio Mafia Free , evidentemente, estraneo all'elenco in questione, indicando letteralmente prodotti "liberi dalla mafia", ed quindi sorprendente che la ricorrente accusi l'Italia di non aver, colpevolmente, richiesto la sua cancellazione. 41. Posto quindi che l'elenco in questione ben pi snello di quanto appaia dalla rappresentazione fattane dalla ricorrente (anche in considerazione del fatto che per molti di questi marchi non possibile trovare prodotti attualmente in commercio e l'effettiva assimilabilit degli stessi al marchio della ricorrente non pu quindi essere provata), si rileva che in nessuno presente l'espressione "La Mafia", e che al contrario la stragrande maggioranza antepone al termine "Mafia" una qualche specificazione. 42. L'osservazione rilevante ai fini del presente giudizio in quanto, nei marchi cos composti (termine "Mafia" preceduto da una specificazione), possibile rinvenire l'utilizzo del termine "Mafia" nel senso di "organizzazione poco trasparente", gi rilevato dallo stesso EUIPO nella propria decisione relativa al marchio "MAFIA II", sopra citata. Tale utilizzo, che evidentemente si ispira soltanto all'originario fenomeno criminale (rectius: alle strutture alla base dello stesso), spesso ironico e innocuo: esso, tuttavia, presuppone, necessaria RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 mente, l'utilizzo di un articolo indeterminativo prima del termine "Mafia", ovvero una specificazione (come nel caso del marchio, contenuto nell'elenco della ricorrente, "The fresh food mafia"). In netto contrasto a tale utilizzo, nel marchio dell'odierna ricorrente il soggetto che "si siede a tavola" non un'organizzazione qualsiasi, bens "La Mafia", inequivocabilmente identificata con un articolo determinativo. V. natura non comunicativa dei prodotti e servizi per i quali il marchio registrato (paragrafi 37-40 del ricorso de la Mafia Franchises). 43. La ricorrente sostiene che la natura non "comunicativa" dei prodotti e servizi per i quali il marchio registrato indica chiaramente che il marchio non stato registrato con l'intento di essere offensivo, scioccante o violento. 44. Premesso che difficile comprendere appieno il concetto di "bene comunicativo" accennato dalla ricorrente, si evidenzia innanzitutto che, tra i prodotti per i quali il marchio registrato, figurano "servizi di pubblicit" (che pare legittimo includere tra i prodotti aventi natura comunicativa) e svariati capi di abbigliamento (grazie ai quali il marchio verrebbe, evidentemente, esposto a un pubblico ancora pi vasto di quello che pu imbattersi nelle insegne dei ristoranti). La distinzione tra prodotti comunicativi e non comunicativi, oltre che poco chiara, appare peraltro labile, in ragione della capillare diffusione del marchio in questione sui social network, attraverso la realizzazione di singole pagine dedicate ai ristoranti della catena. 45. In ogni caso tale distinzione avrebbe rilevanza solo ove avesse rilevanza la (asseritamente assente) volont di offendere, scioccare o intimidire il consumatore: sennonch la giurisprudenza ha chiarito che tale volont assolutamente ininfluente rispetto alla validit del marchio stesso, essendo sufficiente, ai fini della dichiarazione di nullit, il fatto che il marchio possa essere visto come offensivo, scioccante etc. (sentenza 5 ottobre 2011, causa T-526/09, paKi logistics GmbH/uami, p. 16). VI. Concetto ispiratore della catena di ristoranti ed esistenza di altri ristoranti ispirati al medesimo concetto (paragrafi 41-47 del ricorso de la Mafia Franchises). 46. La ricorrente afferma che il "concetto" sottostante la propria catena di ristoranti non la criminalit organizzata bens il film "Il padrino", e che il marchio sarebbe percepito come una parodia, ovvero una riproduzione, dello scenario generale presente in tale film. 47. Tale distinzione, sulla quale lecito dubitare stante la perfetta coincidenza tra il titolo del libro sopra citato e la scritta contenuta nel marchio, del tutto irrilevante in riferimento alla validit del marchio, nel quale non compare alcun riferimento al film in questione e non pu quindi essere valutato sulla base di un presunto "concetto" dallo stesso del tutto assente. , in ogni caso, CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE opportuno ricordare che il film in questione concerne fatti di mafia, di cui il marchio contestato, come ribadito, non solo non fa una parodia, ma offre una palese banalizzazione. 48. Similmente, l'esistenza di altri ristoranti a tematica "malavitosa" non prova nulla rispetto alla validit del marchio, che deve essere valutata esclusivamente in relazione al marchio stesso ed eventualmente in associazione ai prodotti per i quali esso registrato, ma non certo in relazione ad altri prodotti. 49. Per quel che concerne l'esistenza di un ristorante denominato "La mafia de la pizza nostra", e di un simile marchio, si ribadisce quanto gi osservato in relazione all'esistenza di altri marchi contenenti la parola "Mafia" (ovverosia che marchi eventualmente invalidi che non siano stati dichiarati tali non sono di per s sufficienti a rendere valido un marchio nullo), altres sottolineando che anche in questo caso siamo di fronte ad un uso della parola "Mafia" seguita da una specificazione; il marchio in questione, in altre parole, precisa di far riferimento ad una specifica mafia, quella della pizza. VII. assenza di supporto delle organizzazioni criminali da parte degli avventori de "La Mafia se sienta a la mesa"; presenza di merchandising connesso alla mafia (paragrafi 48-55 del ricorso de la Mafia Franchises). 50. La ricorrente ribadisce che il marchio contestato non stato creato al fine di minimizzare la seriet del fenomeno mafioso e afferma che non ha senso che un marchio che fa riferimento a un'organizzazione criminale sia diventato una delle catene di ristoranti pi popolari in Spagna. 51. In merito al primo punto la Repubblica italiana si limita a richiamare quanto gi precisato in relazione all'irrilevanza della volont di registrare un marchio offensivo, scioccante, etc. 52. In merito al secondo punto si contesta l'individuazione, fatta dalla ricorrente, del pubblico rilevante per la valutazione di cui all'art. 7, co. 1, lett. f). Come chiarito dalla giurisprudenza, infatti, il pubblico da tenere in considerazione, allorch si valuta l'eventuale contrariet di un marchio all'ordine pubblico e al buon costume, pu anche coincidere con il pubblico presente in un singolo paese dell'Unione (9), ma soprattutto non coincide necessariamente con i consumatori del prodotto per cui il marchio registrato, bens con chiunque possa venire a contatto con lo stesso (10). 53. Infine la ricorrente segnala l'esistenza di merchandising connesso al mondo della malavita e reitera che vi sarebbe una disparit di trattamento tra l'accettazione, da un lato, di un simile commercio e la volont, dall'altro, di cancellare il marchio contestato. (9) Sent. 20 settembre 2011 cit. al punto 38 (pp. 22-23). (10) Sent. 9 marzo 2012, T-417/10, Federico Corts del Valle lpez/uami, p. 14; sent. 26 settembre 2014, T-266/13, brainlab aG/uami, p. 20; sent. 5 ottobre 2011, paKi logistics, cit., p. 18. RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 54. Senza entrare nel dettaglio dei prodotti che la ricorrente accomuna sotto la definizione di merchandising (del tutto impropria rispetto ad alcuni di essi), si evidenzia che loggetto del presente giudizio non la possibilit di utilizzare determinate immagini, decorazioni etc. (possibilit che, leggendo il ricorso di controparte, verrebbe meno a seguito della cancellazione del marchio: paragrafo 52 del ricorso), bens la possibilit che una certa combinazione di immagini sia investita della dignit di marchio (come chiarito dallo stesso EUIPO nella decisione del 6 luglio 2006, conclusiva del procedimento R 0495/2005g, SCreW You, paragrafo 13). 55. Lo scopo delle previsioni contenute nell'art. 7, co. 1, lett. f), non quello di impedire ad ogni costo l'uso di una certa raffigurazione, bens quello di evitare che raffigurazioni contrarie all'ordine pubblico ed al buon costume ricevano una protezione ed un riconoscimento ufficiali. gli oggetti citati dalla ricorrente quale merchandising non sono e non raffigurano marchi e non possono pertanto essere portati ad esempio di una tendenza generalizzata ad accettare marchi che minimizzino il carattere violento delle organizzazioni mafiose; in ogni caso, si ribadisce, quindi, nuovamente che, nella remota ipotesi in cui detti oggetti fossero, ovvero rappresentassero, marchi di tal fatta, la loro esistenza non sarebbe un argomento valido per impedire la cancellazione di altri marchi effettivamente contrari all'ordine pubblico o al buon costume. ConClusIonI 56. Alla luce delle suesposte ragioni, stante la palese inammissibilit del ricorso ex adverso proposto, nonch l'infondatezza dello stesso nel merito e nei suoi presupposti in diritto, si chiede l'integrale reiezione dello stesso, con contestuale conferma della decisione della Commissione di Ricorso EUIPO indicata in epigrafe e conseguente condanna della controparte alle spese del presente procedimento. **** Si allegano i seguenti documenti: 1. Domanda di nullit del MUE n. 5510921 2. Decisione della Divisione Annullamento EUIPO del 3 marzo 2016 3. Decisione della Commissione di Ricorso EUIPO del 27 ottobre 2016 4. Opposizione della Repubblica italiana all'appello dinanzi alla Commissione di Ricorso EUIPO. Roma, 6 aprile 2017 Danilo Del Gaizo Avvocato dello Stato (omissis) CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 31 tribunale delluunione europea, sentenza 15 marzo 2018 in causa t-1/17 - pres. S. gervasoni, rel. R. da Silva Passos - La Mafia Franchises / EUIPO - Italia (La Mafia SE SIENTA A LA MESA). Marchio dellUnione europea -Procedimento di dichiarazione di nullit -Marchio figurativo dellUnione europea La Mafia SE SIENTA A LA MESA - Impedimento assoluto alla registrazione - Contrariet allordine pubblico o al buon costume - Articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2017/1001] Fatti 1 Il 30 novembre 2006 La Honorable Hermandad, SL, alla quale succeduta La Mafia Franchises, SL, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio del- lUnione europea allUfficio dellUnione europea per la propriet intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (gU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dellUnione europea (gU 2009, L 78, pag. 1), come modificato, a sua volta sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dellUnione europea (gU 2017, L 154, pag. 1)]. 2 Il marchio di cui stata chiesta la registrazione il seguente marchio figurativo: (...) 3 I prodotti e i servizi per i quali stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 25, 35 e 43 ai sensi dellAccordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono per ciascuna di dette classi alla seguente descrizione: Classe 25: Calzature (tranne quelle ortopediche), indumenti, t-shirt, berretti; classe 35: Servizi di consulenza per la direzione e lorganizzazione commerciale; assistenza nella direzione degli affari; consultazioni per la direzione degli affari; consultazioni per la direzione degli affari; assistenza nella gestione di imprese commerciali che operano in franchising; servizi di pubblicit; emissione di contratti in franchising inerenti la ristorazione (alimentazione) e i bar-ristoranti; classe 43: Servizi di ristorazione (alimentazione), bar, caffetterie, bar-ristoranti. 4 La domanda di marchio stata pubblicata nel bollettino dei marchi comunitari n. 24/2007 dell11 giugno 2007. Il marchio contestato stato registrato il 20 dicembre 2007 con il numero 5510921. 5 Il 23 luglio 2015 la Repubblica italiana ha depositato presso lEUIPO una domanda volta a far dichiarare la nullit del marchio controverso per tutti i prodotti e i servizi per i quali era stato registrato. 6 Il motivo di nullit dedotto a sostegno di tale domanda era quello indicato allarticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 2017/1001]. La Repubblica italiana ha ritenuto, in sostanza, che il marchio contestato fosse contrario allordine pubblico e al buon costume, dal momento che lelemento verbale mafia rinviava ad unorganizzazione criminale e che luso che ne era fatto nel suddetto marchio al fine di designare la catena di ristoranti della ricorrente, oltre a suscitare sentimenti profondamente negativi, aveva come effetto RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 di manipolare limmagine positiva della gastronomia italiana e banalizzare il senso negativo di tale elemento. 7 Con decisione del 3 marzo 2016, la divisione di annullamento ha accolto la domanda di dichiarazione di nullit. 8 Il 29 aprile 2016 la ricorrente ha proposto un ricorso avverso la decisione della divisione di annullamento. 9 Con decisione del 27 ottobre 2016 (in prosieguo: la decisione impugnata), la prima commissione di ricorso dellEUIPO ha confermato che il marchio contestato era contrario allordine pubblico e ha respinto il ricorso. 10 La commissione di ricorso ha precisato, in via preliminare, che la contrariet allordine pubblico del marchio contestato doveva essere valutata alla luce della percezione del pubblico di riferimento situato nel territorio dellUnione europea o in una parte di tale territorio, fermo restando che una registrazione di un marchio dellUnione europea doveva essere annullata se un motivo di annullamento esisteva solo in una parte del- lUnione. 11 La commissione di ricorso ha poi considerato che, tenuto conto della sua dimensione e posizione nel marchio contestato, lelemento verbale la mafia dominava tale marchio. La commissione di ricorso ha sottolineato che la Mafia unorganizzazione criminale che il governo italiano combatte mediante una legislazione e misure di attuazione specifiche. Inoltre, la commissione di ricorso ha rammentato che la lotta contro la criminalit organizzata parimenti un obiettivo principale delle istituzioni dellUnione. La commissione di ricorso ha poi precisato che lEUIPO, in quanto organismo dellUnione europea, deve mantenere una posizione rigorosa nei casi che trasgrediscono i principi e i valori di base della societ europea, tanto che ha il compito di negare la registrazione, per violazione dellordine pubblico, di ogni marchio dellUnione europea che pu essere considerato a sostegno o a profitto di unorganizzazione criminale. Al termine di tale esame, la commissione di ricorso ha considerato, da un lato, che il marchio contestato promuoveva manifestamente lorganizzazione criminale conosciuta con il nome di Mafia e, dallaltro, che linsieme degli elementi verbali del marchio contestato trasmetteva un messaggio di convivialit e banalizzazione dellelemento verbale mafia, deformando cos la seriet veicolata dallo stesso. 12 Infine, la commissione di ricorso ha confermato che il marchio contestato non doveva essere protetto dallEUIPO e che tale conclusione non era influenzata n dal fatto che lelemento verbale mafia spesso stato impiegato nella letteratura e nel cinema n dal fatto che altri marchi dellUnione europea che contengono tale elemento sono stati registrati dallEUIPO. Conclusioni delle parti 13 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: annullare la decisione impugnata; dichiarare valido il marchio contestato; condannare lEUIPO alle spese. 14 LEUIPO e la Repubblica italiana chiedono che il Tribunale voglia: respingere il ricorso; condannare la ricorrente alle spese. In diritto Sulla ricevibilit degli elementi presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 33 15 LEUIPO contesta la ricevibilit degli allegati A.7, A.8 e A.9 del ricorso nonch la ricevibilit delle immagini e dei link di cui ai punti 44, 46 e 54 del suddetto ricorso e che rinviano a siti Internet. Infatti, tali elementi non sarebbero stati prodotti in nessuna fase del procedimento dinanzi allEUIPO. 16 A tale riguardo, occorre rilevare che, tenuto conto delloggetto del ricorso previsto allarticolo 65 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 72 del regolamento 2017/1001), la funzione del Tribunale non quella di riesaminare nellambito di un tale ricorso le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta [v., in tal senso, sentenze del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI - LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T.346/04, EU:T:2005:420, punto 19, e del 9 febbraio 2017, International gaming Projects/EUIPO -adp gauselmann (TRIPLE EvOLU- TION), T.82/16, non pubblicata, EU:T:2017:66, punto 16]. 17 Nel caso di specie, e come ha riconosciuto la ricorrente in udienza, gli elementi di cui al punto 15 supra sono stati presentati per la prima volta nellambito del ricorso dinanzi al Tribunale. Occorre pertanto respingere tali elementi in quanto irricevibili senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio. Nel merito 18 A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca un unico motivo vertente sulla violazione dellarticolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], in combinato disposto con larticolo 7, paragrafo 1, lettera f), di detto regolamento. 19 Mediante tale motivo, innanzitutto, la ricorrente fa valere che n lorganizzazione conosciuta con il nome Mafia n i suoi membri figurano nellelenco di persone e di gruppi terroristici allegato alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa allapplicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (gU 2001, L 344, pag. 93), alla quale le direttive desame dellEUIPO fanno riferimento al fine di illustrare il divieto di registrazione dei marchi dellUnione europea contrari allordine pubblico di cui allarticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009. 20 In seguito, la ricorrente ritiene che, secondo la prassi dellEUIPO e la giurisprudenza, un marchio dellUnione europea debba essere analizzato nel suo insieme. Orbene, il riferimento contenuto nel marchio contestato allelemento verbale mafia non sarebbe sufficiente a concludere che lo stesso percepito dal consumatore medio come volto a promuovere o a sostenere tale organizzazione criminale. Al contrario, gli altri elementi che compongono tale marchio implicherebbero piuttosto che lo stesso sia percepito come una forma di parodia o di riferimento ai film della saga il padrino. 21 Per di pi, la ricorrente fa valere che i prodotti e i servizi designati dal marchio contestato non sono servizi comunicativi, vale a dire servizi destinati ad essere utilizzati per trasmettere un messaggio. Pertanto, il marchio contestato non sarebbe stato registrato con lintento di essere offensivo, scioccante o violento. Il pubblico in generale comprenderebbe, al contrario, che il marchio contestato stato registrato per designare una catena di ristoranti, il cui concetto non rinvia ad unorganizzazione criminale, ma ai film della saga il padrino, e, in particolare, ai valori della famiglia e del corporativismo che tali film mettono in scena. 22 Infine, la ricorrente sostiene che molti marchi dellUnione europea e italiani che contengono la parola mafia sono stati debitamente registrati e producono i loro effetti. La ricorrente cita, in particolare, al fine di illustrare tale punto, due decisioni della com RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 missione di ricorso dellEUIPO che, secondo la ricorrente medesima, presentano analogie con la presente causa, vale a dire la decisione del 13 gennaio 2012 nel procedimento R 1224/2011.4, relativa alla domanda di marchio dellUnione europea MAFIA II, e la decisione del 7 maggio 2015 nel procedimento R 2822/2014.5, relativa alla domanda di marchio dellUnione europea CONTRA-BANDO. 23 LEUIPO e la Repubblica italiana contestano ciascuno di tali argomenti. 24 In via preliminare, occorre ricordare che, secondo larticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con larticolo 52, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento, i marchi contrari allordine pubblico o al buon costume sono dichiarati nulli. 25 Linteresse generale sotteso allimpedimento assoluto alla registrazione di evitare la registrazione di segni che pregiudicherebbero lordine pubblico o il buon costume al momento del loro utilizzo nel territorio dellUnione [sentenze del 20 settembre 2011, Couture Tech/UAMI (Raffigurazione dello stemma sovietico), T.232/10, EU:T:2011:498, punto 29, e del 26 settembre 2014, Brainlab/UAMI (Curve), T.266/13, non pubblicata, EU:T:2014:836, punto 13]. La registrazione di un marchio come marchio dellUnione europea si scontra con tale impedimento assoluto alla registrazione in particolare se gravemente offensivo [v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2011, PAKI Logistics/UAMI (PAKI), T.526/09, non pubblicata, EU:T:2011:564, punto 12]. 26 La valutazione dellesistenza dellimpedimento alla registrazione di cui allarticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009 non pu basarsi n sulla percezione della parte del pubblico di riferimento imperturbabile n, del resto, sulla percezione della parte del pubblico che si offende facilmente, ma deve essere effettuata sulla base di criteri di una persona ragionevole, di normale sensibilit e tolleranza [v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2011, PAKI, T.526/09, non pubblicata, EU:T:2011:564, punto 12; del 9 marzo 2012, Corts del valle Lpez/UAMI (Que buenu ye! HIJOPUTA), T.417/10, non pubblicata, EU:T:2012:120, punto 21, e del 14 novembre 2013, Efag Trade Mark Company/UAMI (FICKEN LIQUORS), T.54/13, non pubblicata, EU:T:2013:593, punto 21]. 27 Inoltre, il pubblico di riferimento non pu essere circoscritto, ai fini dellesame dellimpedimento alla registrazione di cui allarticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009, al pubblico al quale sono direttamente destinati i prodotti e i servizi per i quali la registrazione richiesta. Occorre, infatti, tener conto del fatto che i segni oggetto di tale impedimento alla registrazione scioccherebbero non solo il pubblico al quale i prodotti e i servizi designati dal segno sono rivolti, ma parimenti altre persone che, senza essere interessate a tali prodotti e servizi, si troveranno accidentalmente di fronte a tale segno nella loro vita quotidiana [v. sentenze del 14 novembre 2013, Efag Trade Mark Com- pany/UAMI (FICKEN), T.52/13, non pubblicata, EU:T:2013:596, punto 19 e giurisprudenza ivi citata, e del 26 settembre 2014, Curve, T.266/13, non pubblicata, EU:T:2014:836, punto 19 e giurisprudenza ivi citata]. 28 Si deve parimenti rammentare che il pubblico di riferimento situato nel territorio del- lUnione , per definizione, situato nel territorio di uno Stato membro e che i segni percepibili dal pubblico come contrari allordine pubblico o al buon costume non sono gli stessi in tutti gli Stati membri, in particolare per ragioni linguistiche, storiche, sociali o culturali (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2011, Raffigurazione dello stemma sovietico, T.232/10, EU:T:2011:498, punti da 31 a 33). CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 35 29 Ne consegue che, per lapplicazione dellimpedimento assoluto alla registrazione di cui allarticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009, occorre prendere in considerazione tanto le circostanze comuni a tutti gli Stati membri dellUnione quanto le circostanze proprie di taluni Stati membri singolarmente considerati, che possono influenzare la percezione del pubblico di riferimento situato nel territorio di tali Stati (sentenza del 20 settembre 2011, Raffigurazione dello stemma sovietico, T.232/10, EU:T:2011:498, punto 34). 30 Nel caso di specie, in primo luogo, occorre rilevare, come ha fatto la commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, che il marchio contestato un marchio complesso composto da un fondo nero a forma di quadrato allinterno del quale sono contenuti gli elementi verbali la mafia e se sienta a la mesa, scritti in bianco con, sullo sfondo, la raffigurazione di una rosa rossa. 31 Lelemento verbale la mafia, sia per lo spazio che occupa sia per la sua posizione centrale nel marchio contestato, si distacca dagli altri elementi. Pertanto, laltro elemento verbale se sienta a la mesa riveste unimportanza secondaria, dal momento che posto sotto lelemento verbale la mafia e appare in caratteri ben pi piccoli. Lo stesso vale per la rosa rossa sullo sfondo dellelemento verbale la mafia. 32 La commissione di ricorso ha, pertanto, correttamente indicato, al punto 25 della decisione impugnata, che lelemento verbale la mafia era dominante nel marchio contestato. 33 In secondo luogo, occorre, innanzi tutto, respingere largomento della ricorrente relativo al fatto che la Mafia non figura tra le organizzazioni terroristiche menzionate nella posizione comune 2001/931, alla quale fanno riferimento le direttive desame dellEUIPO (parte B, sezione 4). 34 Infatti, emerge dallarticolo 1 della posizione comune 2001/931 che lelenco contenuto nellallegato menziona unicamente persone, gruppi e entit coinvolti in atti terroristici. Tale elenco non ha lo scopo di enumerare le persone, i gruppi e le entit coinvolti in altri tipi di attivit criminale, il cui riferimento in un marchio richiesto parimenti idoneo a giustificare lapplicazione dellimpedimento assoluto alla registrazione di cui allarticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009. Del resto, emerge dal testo stesso del passo delle direttive desame dellEUIPO che fa riferimento alla posizione comune 2001/931 che lEUIPO si premurato di evidenziare la natura non esaustiva delle spiegazioni fornite da tali direttive circa limpedimento assoluto alla registrazione di cui allarticolo 7, paragrafo 1, lettera f) del regolamento n. 207/2009. 35 Occorre poi rilevare che lelemento verbale la mafia globalmente inteso come facente riferimento ad unorganizzazione criminale con origini in Italia e le cui attivit si sono estese a Stati diversi dalla Repubblica italiana, in particolare allinterno del- lUnione. noto, del resto, come ha constatato la commissione di ricorso al punto 26 della decisione impugnata, che tale organizzazione criminale ha fatto ricorso allintimidazione, alla violenza fisica e allomicidio al fine di svolgere le sue attivit, che comprendono segnatamente il traffico illecito di droghe, il traffico illecito di armi, il riciclaggio di denaro e la corruzione. 36 Il Tribunale ritiene che simili attivit criminali violino i valori stessi sui quali si fonda lUnione, in particolare, i valori del rispetto della dignit umana e della libert, come previsti allarticolo 2 TUE e agli articoli 2, 3 e 6 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea. Tali valori sono indivisibili e costituiscono il patrimonio spirituale e morale dellUnione. Inoltre, la criminalit organizzata e le attivit menzionate al punto RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 35 supra costituiscono sfere di criminalit particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale nelle quali si prevede lintervento del legislatore dellUnione ai sensi dellarticolo 83 TFUE. Pertanto, come sottolineano lEUIPO e la Repubblica italiana, per lottare contro la Mafia sono impiegate considerevoli energie e risorse non soltanto dal governo italiano, ma anche a livello dellUnione, giacch la criminalit organizzata rappresenta una minaccia seria per la sicurezza in tutto il suo territorio. 37 Infine, lelemento verbale la mafia percepito in modo profondamente negativo in Italia, a causa dei gravi attacchi perpetrati da molti decenni da tale organizzazione criminale nei confronti della sicurezza di detto Stato membro. Limportanza che riveste la lotta contro la Mafia in Italia dimostrata dalle norme repressive in vigore in tale Stato membro, alle quali fanno riferimento lEUIPO e la Repubblica italiana, relative in particolare allappartenenza o al sostegno a tale organizzazione. Limportanza della lotta contro la Mafia in Italia inoltre corroborata dalla presenza nel territorio di detto Stato di molteplici organismi pubblici specificamente investiti del compito di perseguire e reprimere le attivit illecite della Mafia e dalla presenza di associazioni private che sostengono le vittime di tale organizzazione. 38 Pertanto, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che lelemento verbale la mafia del marchio contestato evocherebbe palesemente presso il pubblico di riferimento il nome di unorganizzazione criminale responsabile di attacchi particolarmente gravi allordine pubblico. 39 In terzo luogo, la ricorrente fa valere, in sostanza, che il pubblico di riferimento non percepisce nel marchio contestato una qualsivoglia valorizzazione dellazione criminale della Mafia, poich questultima stata allorigine di molte opere sia letterarie sia cinematografiche. La ricorrente aggiunge che la registrazione del marchio contestato non ha lobiettivo di scioccare o offendere, poich i prodotti e i servizi designati non sono destinati a trasmettere un messaggio, ma esclusivamente a evocare la saga cinematografica il padrino. La stessa precisa che il concetto dei suoi ristoranti a tema e collegato a tale saga e che il marchio contestato ha acquisito notoriet in Spagna. 40 A tale riguardo, occorre, innanzitutto, sottolineare che, qualora un segno sia particolarmente scioccante o offensivo, lo stesso deve essere considerato contrario allordine pubblico o al buon costume, qualsiasi siano i prodotti e i servizi per i quali registrato (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2011, PAKI, T.526/09, non pubblicata, EU:T:2011:564, punto 15). Risulta, inoltre, dalla lettura complessiva dei vari commi dellarticolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 7, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001), che questi ultimi si riferiscono alle caratteristiche intrinseche del marchio in causa e non a circostanze relative al comportamento del soggetto richiedente il marchio [sentenze del 9 aprile 2003, Durferrit/UAMI -Kolene (NU.TRIDE), T.224/01, EU:T:2003:107, punto 76, e del 13 settembre 2005, Sportwet- ten/UAMI -Intertops Sportwetten (INTERTOPS), T.140/02, EU:T:2005:312, punto 28]. 41 Pertanto, da un lato, il fatto che la registrazione del marchio contestato non avrebbe avuto lobiettivo di scioccare o di offendere, ma esclusivamente di evocare la saga cinematografica il padrino non ha nessuna incidenza sulla percezione negativa di tale marchio da parte del pubblico di riferimento. Del resto, nessun elemento del marchio contestato evoca direttamente tale saga. 42 Dallaltro lato, la notoriet acquisita dal marchio contestato e il concetto dei ristoranti a tema della ricorrente, collegati alla saga cinematografica il padrino, non costituiscono CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 37 qualit intrinseche del marchio contestato e sono quindi parimenti privi di pertinenza al fine di valutare se il marchio contestato sia contrario allordine pubblico. 43 poi comune che opere letterarie o cinematografiche sciocchino o offendano il pubblico o una parte dello stesso, attraverso lutilizzo e la messa in scena dei temi che trattano (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2013, FICKEN LIQUORS, T.54/13, non pubblicata, EU:T:2013:593, punto 33). Il fatto che esistano molti libri e film che si riferiscono alla Mafia non quindi assolutamente in grado di alterare la percezione degli atti illeciti commessi da tale organizzazione. 44 Infine, come sottolinea in sostanza lEUIPO nel controricorso, la rosa rossa raffigurata nel marchio contestato potr essere percepita da unampia parte del pubblico di riferimento come simbolo dellamore o della concordia, in contrasto con la violenza che caratterizza le azioni della Mafia. 45 Tale contrasto accentuato dalla presenza, nel marchio contestato, della frase se sienta a la mesa. Infatti, tale frase significa in spagnolo si siede a tavola e pu essere percepita da unampia parte del pubblico che comprende tale lingua come evocativa della condivisione di un pasto. Cos, lassociazione della Mafia alle idee di convivialit e di svago veicolate dalla condivisione di un pasto contribuisce alla banalizzazione delle attivit illecite di tale organizzazione criminale. 46 Pertanto, come sostengono lEUIPO e la Repubblica italiana, lassociazione dellelemento verbale la mafia alle altre immagini del marchio contestato di natura tale da dare unimmagine globalmente positiva delle azioni della Mafia e, in tal modo, banalizzare la percezione delle attivit criminali di tale organizzazione. 47 Risulta da quanto precede che il marchio contestato, considerato complessivamente, rinvia ad unorganizzazione criminale, trasmette unimmagine globalmente positiva di tale organizzazione e, pertanto, banalizza i gravi attacchi sferrati da detta organizzazione ai valori fondamentali dellUnione menzionati al punto 36 supra. Il marchio contestato pertanto di natura tale da scioccare o offendere, non solo le vittime di detta organizzazione criminale e le loro famiglie, ma anche chiunque, nel territorio dellUnione, si trovi di fronte detto marchio e abbia un normale grado di sensibilit e tolleranza. 48 La commissione di ricorso ha quindi correttamente concluso che il marchio contestato era contrario allordine pubblico, ai sensi dellarticolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009, e ha pertanto confermato che tale marchio doveva essere dichiarato nullo ai sensi allarticolo 52, paragrafo 1, lettera a), del suddetto regolamento. 49 Tale conclusione non messa in discussione dal fatto che la ricorrente faccia riferimento a molti marchi dellUnione europea che includono lelemento verbale mafia nonch alle decisioni MAFIA II e CONTRA-BANDO al fine di dimostrare che il marchio contestato non contrario allordine pubblico. Infatti, occorre rammentare che, secondo giurisprudenza costante, le decisioni che le commissioni di ricorso dellEUIPO devono adottare, in forza del regolamento n. 207/2009, relativamente alla registrazione di un segno come marchio dellUnione europea, rientrano nellesercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimit di dette decisioni deve essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento e non sulla base di una prassi decisionale precedente a queste ultime [sentenze del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C.412/05 P, EU:C:2007:252, punto 65; del 24 novembre 2005, ARTHUR ET FELICIE, T.346/04, EU:T:2005:420, punto 71, e del 6 aprile 2017, Nanu-Nana Joachim Hoepp/EUIPO -Fink (NANA FINK), T.39/16, EU:T:2017:263, punto 84]. Ne consegue RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 che n le decisioni dellEUIPO dedotte dalla ricorrente n la registrazione da parte dello stesso di marchi diversi dal marchio contestato e del pari contenenti lelemento verbale mafia sono di natura tale da mettere in discussione la decisione impugnata. 50 Lo stesso dicasi quanto alla circostanza, sottolineata dalla ricorrente, che molti marchi contenenti lelemento verbale mafia sono stati registrati in Italia. Infatti, il regime dei marchi comunitari un sistema autonomo, costituto da un complesso di regole e che persegue obiettivi che sono ad esso specifici e la cui applicazione indipendente da ogni sistema nazionale. Di conseguenza, la possibilit di registrare un segno come marchio dellUnione europea deve essere valutata solo sulla base della normativa pertinente. LEUIPO e, se del caso, il giudice dellUnione non sono quindi vincolati, anche se possono prenderle in considerazione, da decisioni emanate a livello degli Stati membri, anche nel caso in cui dette decisioni siano state adottate in applicazione di una normativa nazionale armonizzata a livello dellUnione [v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, FICKEN LIQUORS, T.54/13, non pubblicata, EU:T:2013:593, punto 46; del 15 luglio 2015, Australian gold/UAMI -Effect Management & Holding (HOT), T.611/13, EU:T:2015:492, punto 60 e giurisprudenza ivi citata, e del 27 giugno 2017, Jimnez ga- salla/EUIPO (B2B SOLUTIONS), T.685/16, non pubblicata, EU:T:2017:438, punto 41 e giurisprudenza ivi citata]. Ne consegue che n lEUIPO n il giudice dellUnione possono essere vincolati da decisioni nazionali relative alle registrazioni, come quelle alle quali si riferisce la ricorrente, cosicch non necessario esaminarle [v., in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2015, Compagnie des montres Longines, Francillon/UAMI - Cheng (B), T.505/12, EU:T:2015:95, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, e del 27 giugno 2017, B2B SOLUTIONS, T.685/16, non pubblicata, EU:T:2017:438, punto 41 e giurisprudenza ivi citata]. 51 Ne consegue che il ricorso deve essere respinto in quanto infondato, senza che sia necessario pronunciarsi, da un lato, sulleccezione di irricevibilit di tutto il ricorso sollevata dalla Repubblica italiana e, dallaltro, sulleccezione di irricevibilit del secondo capo delle conclusioni volto a far dichiarare valido il marchio contestato, sollevata dal- lEUIPO. sulle spese 52 Ai sensi dellarticolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente condannata alle spese se ne stata fatta domanda. La ricorrente, poich rimasta soccombente, devessere condannata a sopportare le spese, conformemente alla domanda dellEUIPO e della Repubblica italiana. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Nona Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso respinto. 2) la Mafia Franchises, sl condannata alle spese. CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE la presa in carico da parte del servizio sanitario nazionale delluso di farmaci off-label in presenza di alternativa terapeutica. la sentenza della CGue (*) CorTe di GiuSTizia dellunione europea, Sezione prima, SenTenza 21 noVembre 2018, C-29/17 Con la sentenza in rassegna, la CgUE risolve i dubbi del Consiglio di Stato in merito alla compatibilit del D.L. n. 36/2014 (c.d. Decreto Lorenzin) con la normativa europea, nella parte in cui lo stesso - introducendo il comma 4-bis all'art. 1 del D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 1996 - ha ampliato la possibilit di rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale dei farmaci prescritti per indicazioni terapeutiche diverse da quelle per le quali stata concessa lautorizzazione allimmissione in commercio (c.d. uso off label). Tale possibilit, in precedenza prevista solo in mancanza di unalternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati, viene estesa ora al caso in cui esista gi sul mercato un farmaco debitamente autorizzato per la specifica indicazione. Si risponde cos allesigenza di consentire un ampliamento delle possibilit di cura, a fronte dellinesistenza di alcun potere dellautorit di farmacovigilanza che le permetta di imporre alle aziende farmaceutiche le indicazioni da autorizzare per i farmaci di cui sono titolari. La norma in questione subordina linserimento di medicinali per uso offlabel nell'elenco di cui al comma 4 dellart. 1 del D.L. 536/1996 (c.d. lista 648, vale a dire lelenco dei farmaci rimborsabili del SSN per un uso offlabel), alla previa valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), nonch al fatto che lindicazione terapeutica off-label sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunit medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit e appropriatezza. Secondo la CgUE, la normativa europea di settore non osta alle misure nazionali di cui sopra, e non preclude n lo svolgimento di unattivit di monitoraggio sui farmaci prescritti con tali modalit da parte dellAgenzia Italiana del Farmaco (AIFA), n ladozione - da parte della stessa - di provvedimenti intesi alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti. La sentenza si segnala sia per la sua rilevanza di principio, sia per i concreti positivi riflessi in termini di risparmio di spesa farmaceutica e conseguente miglior realizzazione del principio di universalit delle cure. marina russo (**) (*) v. osservazioni del Governo italiano in rass. avv. Stato, 2018, I, pp. 57-76. (**) Avvocato dello Stato. RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 Corte di Giustizia dellunione europea, Prima sezione, sentenza 21 novembre 2018 nella causa C-29/17 -pres. ff. R. Silva de Lapuerta, rel. C.g. Fernlund - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia) -Novartis Farma SpA c. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e a. Rinvio pregiudiziale - Medicinali per uso umano - Direttiva 2001/83/CE - Articolo 3, punto 1 - Articolo 6 - Direttiva 89/105/CEE - Regolamento (CE) n. 726/2004 - Articoli 3, 25 e 26 - Riconfezionamento di un medicinale ai fini del suo impiego per un trattamento non coperto dallautorizzazione allimmissione in commercio (off-label) - Erogazione a carico del regime nazionale di assicurazione malattia 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione dellarticolo 3, punto 1, nonch degli articoli 5 e 6 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (gU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (gU 2012, L 299, pag. 1) (in prosieguo: la direttiva 2001/83), degli articoli 3, 25 e 26 nonch dellallegato del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per lautorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce lagenzia europea per i medicinali (gU 2004, L 136, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 1027/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (gU 2012, L 316, pag. 38) (in prosieguo: il regolamento n. 726/2004), nonch dellarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/105/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialit medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (gU 1989, L 40, pag. 8). 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra, da un lato, la Novartis Farma Spa e, dallaltro, lAgenzia Italiana del Farmaco (AIFA), la Roche Italia SpA e il Consiglio Superiore di Sanit (Italia; in prosieguo: il CSS) in merito alliscrizione di un medicinale, impiegato per un uso non coperto dallautorizzazione allimmissione in commercio (in prosieguo: lAIC) (uso off-label), ai fini del trattamento di patologie oculari, nellelenco dei medicinali erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale (Italia; in prosieguo: il SSN). Contesto normativo Diritto dellUnione direttiva 2001/83 3 La direttiva 2001/83 enuncia, ai suoi considerando 2 e 35: (2) Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e alluso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanit pubblica. () (35) opportuno esercitare un controllo su tutta la catena di distribuzione dei medicinali, dalla loro fabbricazione o importazione nella Comunit fino alla fornitura al pubblico, cos da garantire che i medicinali stessi siano conservati, trasportati e manipolati in condizioni adeguate; (). 4 Larticolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 prevede quanto segue: La presente direttiva si applica ai medicinali per uso umano destinati ad essere immessi CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 41 in commercio negli Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione interviene un processo industriale. 5 Ai sensi dellarticolo 3, punti 1 e 2, di detta direttiva: La presente direttiva non si applica a quanto segue: 1) ai medicinali preparati in farmacia in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente (detti formula magistrale); 2) ai medicinali preparati in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e desti- nat[i] ad essere fornit[i] direttamente ai pazienti che si servono in tale farmacia (detti formula officinale). 6 Larticolo 4, paragrafo 3, della suddetta direttiva cos formulato: La presente direttiva si applica ferme restando le competenze delle autorit degli Stati membri sia in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali sia per quanto concerne la loro inclusione nel campo dapplicazione dei sistemi nazionali di assicurazione malattia, sulla base di condizioni sanitarie, economiche e sociali. 7 Larticolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 dispone quanto segue: Uno Stato membro pu, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dallambito di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad unordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilit. 8 Ai sensi dellarticolo 6, paragrafo 1, della suddetta direttiva: Nessun medicinale pu essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un[AIC] delle autorit competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza unautorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 in combinato disposto con il regolamento (CE) n. 1901/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo ai medicinali per uso pediatrico [(gU 2006, L 378, pag. 1)] e con il regolamento (CE) n. 1394/2007 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (gU 2007, L 324, pag. 121)]. Quando per un medicinale stata rilasciata una [AIC] iniziale (...) ai sensi del primo comma, ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonch le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati ai sensi del primo comma o sono inclusi nell[AIC] iniziale. Tutte le [AIC] in questione sono considerate facenti parte della stessa autorizzazione allimmissione in commercio globale (...). 9 Larticolo 23, paragrafo 2, della citata direttiva stabilisce quanto segue: Il titolare dell[AIC] fornisce immediatamente allautorit competente tutte le informazioni nuove che possano implicare modifiche delle informazioni o dei documenti di cui agli articoli 8, paragrafo 3, agli articoli 10, 10 bis, 10 ter e 11 o allarticolo 32, paragrafo 5, o allallegato I. In particolare, il titolare dell[AIC] comunica immediatamente allautorit nazionale competente i divieti o le restrizioni imposti dalle autorit competenti di qualsiasi paese nel quale il medicinale immesso in commercio e qualsiasi altro nuovo dato che possa influenzare la valutazione dei benefici e dei rischi del medicinale interessato. Le informazioni comprendono i risultati positivi e negativi degli studi clinici o di altri studi per tutte le indicazioni e per tutti i gruppi di pazienti, presenti o non presenti nell[AIC], nonch i dati relativi a usi del medicinale non conformi alle indicazioni contenute nell[AIC]. RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 10 A termini dellarticolo 40, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/83: 1. gli Stati membri prendono tutte le opportune disposizioni affinch la fabbricazione dei medicinali sul loro territorio sia subordinata al possesso di unautorizzazione. Lautorizzazione deve essere richiesta anche se i medicinali fabbricati sono destinati allesportazione. 2. Lautorizzazione di cui al paragrafo 1 richiesta sia per la fabbricazione totale o parziale sia per le operazioni di divisione, di confezionamento o di presentazione. Tale autorizzazione non richiesta per le preparazioni, le divisioni, i cambiamenti di confezione o di presentazione, eseguiti soltanto per la fornitura al dettaglio, da farmacisti in farmacia, o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni. 11 Larticolo 101, paragrafo 1, di tale direttiva cos dispone: gli Stati membri gestiscono un sistema di farmacovigilanza per svolgere le loro funzioni in tale ambito e per partecipare alle attivit di farmacovigilanza nellUnione. Il sistema di farmacovigilanza va utilizzato per raccogliere informazioni sui rischi dei medicinali in relazione alla salute dei pazienti o alla salute pubblica. Le informazioni si riferiscono in particolare agli effetti collaterali negativi negli esseri umani, derivanti dal- lutilizzo del medicinale conformemente alle indicazioni contenute nell[AIC] e dalluso al di fuori delle indicazioni in questione, e agli effetti collaterali negativi associati al- lesposizione per motivi professionali. direttiva 89/105 12 Larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/105 prevede quanto segue: Nessun elemento della presente direttiva consente la commercializzazione di una specialit medicinale per cui non stata rilasciata lautorizzazione di cui allarticolo [6] della direttiva [2001/83]. regolamento n. 726/2004 13 Larticolo 1, secondo comma, del regolamento n. 726/2004 redatto come segue: Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano le competenze delle autorit degli Stati membri in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali o di inclusione dei medesimi nellambito dapplicazione dei regimi nazionali dassicurazione contro le malattie o dei regimi di sicurezza sociale, in base a determinate condizioni sanitarie, economiche e sociali. In particolare, gli Stati membri possono scegliere fra gli elementi presenti nell[AIC], le indicazioni terapeutiche e gli imballaggi che rientrano nei rispettivi regimi di previdenza e sicurezza sociale. 14 Ai sensi dellarticolo 3, comma 1, del suddetto regolamento: Nessun medicinale contemplato nellallegato pu essere immesso in commercio nella Comunit senza un[AIC] rilasciata dalla Comunit secondo il disposto del presente regolamento . 15 Larticolo 4 del regolamento in parola dispone che le domande di AIC sono presentate allAgenzia europea per i medicinali (EMA). Le condizioni di presentazione e di esame di tali domande sono disciplinate dagli articoli da 5 a 15 del medesimo regolamento. 16 gli articoli 25, 25 bis e 26 del regolamento n. 726/2004 sono formulati nei seguenti termini: articolo 25 Lagenzia predispone, in collaborazione con gli Stati membri, modelli di schede strutturate per la segnalazione tramite Internet di sospetti effetti collaterali negativi da parte degli CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE operatori sanitari e dei pazienti ai sensi delle disposizioni di cui allarticolo 107 bis della direttiva 2001/83/CE. articolo 25 bis Lagenzia, in collaborazione con le competenti autorit nazionali e la Commissione, predispone e custodisce un archivio per i rapporti periodici di aggiornamento (in prosieguo larchivio) e le corrispondenti relazioni di valutazione cosicch essi siano pienamente e costantemente accessibili per la Commissione, le competenti autorit nazionali, il comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, il comitato per i medicinali per uso umano e il gruppo di coordinamento di cui allarticolo 27 della direttiva 2001/83/CE (in prosieguo il gruppo di coordinamento). Lagenzia, in collaborazione con le competenti autorit nazionali e la Commissione, previa consultazione del comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, redige le specifiche funzionali per larchivio. Il consiglio di amministrazione dellagenzia, sulla base di una relazione di audit indipendente che tiene conto delle raccomandazioni del comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, conferma e rende pubblica la piena funzionalit dellarchivio e la conformit dello stesso alle specifiche funzionali redatte a norma del secondo comma. Ogni cambiamento sostanziale dellarchivio e delle specifiche funzionali tiene sempre conto delle raccomandazioni del comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza. articolo 26 1. Lagenzia, in collaborazione con gli Stati membri e con la Commissione, crea e gestisce un portale web europeo dei medicinali per la diffusione di informazioni sui medicinali autorizzati nellUnione. Tramite questo portale, lagenzia rende pubbliche almeno le seguenti informazioni: a) i nomi dei membri dei comitati di cui allarticolo 56, paragrafo 1, lettere a) e a bis), del presente regolamento e dei membri del gruppo di coordinamento, le loro qualifiche professionali e le dichiarazioni di cui allarticolo 63, paragrafo 2, del presente regolamento; b) ordini del giorno e processi verbali di ogni riunione dei comitati di cui allarticolo 56, paragrafo 1, lettere a) e a bis), del presente regolamento e del gruppo di coordinamento per quanto riguarda le attivit di farmacovigilanza; c) una sintesi dei piani di gestione dei rischi per i medicinali autorizzati ai sensi del presente regolamento; d) lelenco dei medicinali di cui allarticolo 23 del presente regolamento; e) un elenco dei luoghi nellUnione in cui sono conservati i documenti di riferimento del sistema di farmacovigilanza e le coordinate delle persone a cui rivolgersi per informazioni, per tutti i medicinali autorizzati nellUnione; f) informazioni su come segnalare alle competenti autorit nazionali i sospetti effetti collaterali negativi di medicinali (...); g) le date di riferimento per lUnione e la frequenza di presentazione dei rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza, stabilite ai sensi dellarticolo 107 quater della direttiva 2001/83/CE; h) protocolli e sintesi dei risultati degli studi sulla sicurezza dopo lautorizzazione accessibili al pubblico (...); i) lavvio della procedura di cui agli articoli da 107 decies a 107 duodecies della direttiva 2001/83/CE (...); RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 j) conclusioni delle valutazioni, raccomandazioni, pareri, approvazioni e decisioni adottati dai comitati di cui allarticolo 56, paragrafo 1, lettere a) e a bis), del presente regolamento (...). 2. Prima del lancio del portale, e durante le revisioni successive, lagenzia consulta le parti interessate, inclusi associazioni di pazienti e di consumatori, operatori sanitari e rappresentanti dellindustria. Diritto italiano 17 Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che larticolo 1 del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536, recante Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996, convertito dalla legge del 23 dicembre 1996, n. 648 (gURI n. 11, del 15 gennaio 1997), come modificato dal decreto legge del 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge del 16 maggio 2014, n. 79 (gURI n. 115, del 20 maggio 2014) (in prosieguo: il decreto legge n. 536/96), dispone quanto segue: 4. Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire dal 1 gennaio 1997, i medicinali innovativi la cui commercializzazione autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per unindicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione unica del farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa. Lonere derivante dal presente comma, quantificato in lire 30 miliardi per anno, resta a carico del Servizio sanitario nazionale nellambito del tetto di spesa programmato per lassistenza farmaceutica. 4 bis Anche se sussista altra alternativa terapeutica nellambito dei medicinali autorizzati, previa valutazione dell[AIFA], sono inseriti nellelenco di cui al comma 4, con conseguente erogazione a carico del [SSN], i medicinali che possono essere utilizzati per unindicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purch tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nellambito della comunit medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit e appropriatezza. In tal caso lAIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 18 Il Lucentis e lAvastin sono medicinali biotecnologici soggetti alla procedura centralizzata di AIC prevista dal regolamento n. 726/2004. 19 LAIC dellAvastin, rilasciata nellanno 2005, verte esclusivamente su indicazioni terapeutiche in oncologia. Il titolare di tale AIC una societ del gruppo farmaceutico Roche. 20 LAIC del Lucentis stata emessa nel 2007. Essa riguarda il trattamento di patologie oculari, in particolare la degenerazione maculare correlata allet. Il titolare di detta AIC una societ del gruppo farmaceutico Novartis, di cui fa parte la Novartis Farma. 21 Dalle precisazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che tali medicinali differiscono dal punto di vista strutturale e farmacologico, nonch per il loro confezionamento e il loro prezzo unitario. Bench fondati sulla stessa tecnologia, tali medicinali contengono principi attivi differenti, denominati ranibizumab per il Lucentis e bevacizumab per lAvastin. Questultimo commercializzato in fiale da 4 millilitri (ml). Il Lucentis venduto sotto forma di soluzione iniettabile [2,3 milligrammi (mg) per 0,23 ml di soluzione] utilizzabile mediante iniezione diretta nellocchio (in prosieguo: uso intravitreale), una sola volta e al dosaggio di 0,5 mg al mese. CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 45 22 LAvastin sovente prescritto per il trattamento di patologie oculari che non sono indicate nellAIC (uso off-label). Per poter essere utilizzato a tal fine, lAvastin deve essere estratto dalla fiala di origine e frazionato in siringhe monouso, da 0,1 ml ciascuna, per iniezione intravitreale. LAvastin in tal modo riconfezionato ai fini delluso oftalmico costa al SSN EUR 82 per dose, il Lucentis, EUR 902. 23 Con decisione n. 24823 del 27 febbraio 2014, lAutorit garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) ha sanzionato le societ Roche e Novartis per violazione delle norme sulla concorrenza. A seguito di un ricorso diretto contro tale decisione, il Consiglio di Stato (Italia) ha sottoposto alla Corte talune questioni pregiudiziali, alle quali la Corte ha risposto con sentenza del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a. (C.179/16, EU:C:2018:25). 24 Il 15 aprile 2014, il CSS ha emesso un parere sullimpiego dellAvastin in ambito oftalmologico, nel quale si afferma, tra laltro, che la preparazione di tale medicinale per uso intravitreale una preparazione galenica magistrale sterile. 25 In base a tale parere del CSS, lAIFA, mediante determina n. 622 del 24 giugno 2014 (in prosieguo: la determina n. 622/2014), ha inserito limpiego dellAvastin per il trattamento della degenerazione maculare correlata allet nellelenco dei medicinali erogati a carico del SSN, ai sensi dellarticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/1996. 26 Larticolo 2 della determina n. 622/2014 dispone quanto segue: 1. Lerogazione del medicinale bevacizumab - (Avastin) deve essere effettuata secondo le seguenti condizioni, finalizzate alla tutela del paziente nelluso del suddetto farmaco per unindicazione non registrata: a) allo scopo di garantire la sterilit, il confezionamento in monodose del farmaco bevacizumab per luso intravitreale dovr essere effettuato esclusivamente da parte di farmacie ospedaliere in possesso dei necessari requisiti, nel rispetto delle norme di buona preparazione; b) la somministrazione del bevacizumab per uso intravitreale dovr essere riservata a centri oculistici ad alta specializzazione presso ospedali pubblici individuati dalle Regioni; c) la somministrazione del farmaco potr avvenire solo previa sottoscrizione da parte del paziente del consenso informato che contenga le motivazioni scientifiche accompagnate da adeguate informazioni sullesistenza di alternative terapeutiche approvate seppur ad un costo pi elevato a carico del SSN; d) attivazione di un registro di monitoraggio al quale sia allegata la scheda di segnalazione delle reazioni avverse. 27 Ai sensi dellarticolo 3 della determina n. 622/2014: La prescrizione del farmaco, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, da parte dei centri utilizzatori deve essere effettuata per singolo paziente mediante la compilazione della scheda di prescrizione informatizzata, secondo le indicazioni sul sito https://www.agenziafarmaco. gov.it/registri/, che costituiscono parte integrante della presente determinazione . 28 Larticolo 4 della determina n. 622/2014, relativo alla [r]ivalutazione delle condizioni, dispone quanto segue: LAIFA si riserva di assumere ogni diversa valutazione e ogni pi opportuna determinazione a tutela della sicurezza dei pazienti, in applicazione dellarticolo 1, comma 4-bis [del decreto legge n. 536/1996], a seguito dellanalisi dei dati raccolti attraverso il suddetto monitoraggio o di ogni ulteriore evidenza scientifica che dovesse rendersi disponibile. 29 La determina n. 79 dellAIFA, del 30 gennaio 2015, collegata alla determina n. 622/2014 RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 e si limita a modificare talune indicazioni relative ai soggetti che possono somministrare lAvastin per uso oftalmico. 30 La Novartis Farma ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) avverso il parere del CSS del 15 aprile 2014 nonch le determine del- lAIFA n. 622/2014 e n. 79 del 30 gennaio 2015. 31 In seguito alla sentenza di rigetto di tale ricorso, la Novartis Farma ha proposto appello avverso detta sentenza dinanzi al Consiglio di Stato. Nellambito di tale procedimento, essa sostiene che il fatto di aver consentito che luso in ambito oftalmico dellAvastin sia posto a carico finanziario del SSN, in conformit dellarticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, incompatibile con la normativa dellUnione in materia farmaceutica. 32 La Novartis Farma afferma in tal senso che larticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96 generalizza la possibilit di utilizzare un farmaco al di l delle condizioni previste dallAIC, pur in presenza di unalternativa terapeutica, e ci per ragioni esclusivamente finanziarie, senza che luso su vasta scala del medicinale di prezzo inferiore sia stato preceduto da unanalisi dellinefficacia dei medicinali disponibili. Tale disposizione contrasterebbe con il carattere imperativo dellAIC, derivante dallarticolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e sarebbe incompatibile con la direttiva 89/105. 33 La Novartis Farma deduce altres che larticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, nellattribuire allAIFA la competenza ad [attivare] idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e [ad assumere] tempestivamente le necessarie determinazioni, rischia di indurre tale autorit nazionale ad interferire con gli ambiti di attivit che il regolamento n. 726/2004 riserva allEMA. 34 La Novartis Farma asserisce che il riconfezionamento dellAvastin non conforme alle condizioni previste dalla normativa farmaceutica dellUnione per beneficiare dellesenzione accordata ai medicinali preparati in farmacia dallarticolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83. 35 LAIFA sostiene che la direttiva 2001/83 non intesa a disciplinare una situazione come quella oggetto del procedimento principale. Infatti, le disposizioni dellarticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96 non riguarderebbero lAIC di un medicinale, bens le condizioni per la sua erogazione a carico del SSN. La situazione di cui trattasi nel procedimento principale non rientrerebbe nellambito di applicazione della direttiva 2001/83, conformemente al disposto dellarticolo 5 della medesima. 36 Ad avviso dellAIFA, la direttiva 2001/83 sarebbe inapplicabile alla preparazione del- lAvastin ai fini del suo impiego per il trattamento di patologie oculari, ai sensi dellarticolo 2, paragrafo 1, e dellarticolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83. Inoltre, la Corte avrebbe gi dichiarato, nella sentenza dell11 aprile 2013, Novartis Pharma (C.535/11, EU:C:2013:226), che il riconfezionamento dellAvastin ai fini del suo uso intravitreale non necessita di autorizzazione di fabbricazione ai sensi dellarticolo 40, paragrafo 2, della direttiva 2001/83. 37 LAIFA afferma inoltre che larticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96 non pregiudica le prerogative conferite allEMA dal regolamento n. 726/2004. 38 Il giudice del rinvio esprime dubbi alla luce della sentenza del 16 luglio 2015, Abcur (C.544/13 e C.545/13, EU:C:2015:481), relativa allinterpretazione dellarticolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83. 39 In tale contesto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 47 1) Se le disposizioni di cui alla direttiva [2001/83], e segnatamente gli articoli 5 e 6, in relazione anche al secondo considerando della direttiva stessa, ostino allapplicazione di una legge nazionale () che, al fine di perseguire finalit di contenimento di spesa, incentivi, attraverso linclusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal [SSN], lutilizzazione di un farmaco al di fuori della indicazione terapeutica autorizzata nei confronti della generalit dei pazienti, indipendentemente da qualsiasi considerazione delle esigenze terapeutiche del singolo paziente e nonostante lesistenza e la disponibilit sul mercato di farmaci autorizzati per la specifica indicazione terapeutica; 2) se larticolo 3, n. 1, della direttiva [2001/83] possa applicarsi nel caso in cui la preparazione del prodotto farmaceutico, bench eseguita in farmacia sulla base di una prescrizione medica destinata ad un singolo paziente, sia comunque effettuata serialmente, in modo eguale e ripetuto, senza tener conto delle specifiche esigenze del singolo paziente, con dispensazione del prodotto alla struttura ospedaliera e non al paziente (tenuto conto che il farmaco classificato in classe H-OSP [medicinali utilizzabili esclusivamente in strutture ospedaliere]), e con utilizzazione in una struttura anche diversa da quella in cui stato operato il confezionamento; 3) se le disposizioni di cui al regolamento [n. 726/2004], e segnatamente gli articoli 3, 25 e 26, nonch lallegato, che assegnano allAgenzia (...) la competenza esclusiva a valutare i profili di qualit, sicurezza ed efficacia dei medicinali aventi come indicazione terapeutica il trattamento di patologie oncologiche, sia nellambito della procedura di rilascio dell[AIC] (procedura centralizzata obbligatoria), sia al fine del monitoraggio e del coordinamento delle azioni di farmacovigilanza successive allimmissione del farmaco sul mercato, ostino allapplicazione di una legge nazionale che riservi all[AIFA] la competenza ad assumere determinazioni in merito ai profili di sicurezza dei medicinali, connessi al loro uso off-label, la cui autorizzazione rientra nella competenza esclusiva della Commissione europea, in considerazione delle valutazioni tecnico scientifiche effettuate dall[EMA]; 4) se le disposizioni di cui alla direttiva [89/105], e segnatamente larticolo 1, paragrafo 3, ostino allapplicazione di una legge nazionale che consenta allo Stato membro, nel- lambito delle proprie decisioni in materia di rimborsabilit delle spese sanitarie sostenute dallassistito, di prevedere la rimborsabilit di un farmaco utilizzato al di fuori delle indicazioni terapeutiche precisate nell[AIC] rilasciata dalla Commissione europea, o da unAgenzia specializzata europea, allesito di una procedura di valutazione centralizzata, senza che ricorrano i requisiti previsti dagli articoli 3 e 5 della direttiva [2001/83]. sulla ricevibilit della domanda di pronuncia pregiudiziale 40 Il governo italiano sostiene che le questioni pregiudiziali esulano dallambito di applicazione del diritto dellUnione e non sono necessarie ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale. Poich luso off-label di un medicinale non sarebbe disciplinato dal diritto dellUnione, le questioni sottoposte alla Corte sarebbero manifestamente irricevibili. 41 LIrlanda ritiene che le questioni sollevate siano irricevibili in considerazione del loro carattere ipotetico. Le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio in merito ai fatti di causa ed alla rilevanza delle questioni sollevate per la soluzione della controversia nel procedimento principale sarebbero insufficienti. 42 La Regione Emilia-Romagna (Italia) nonch la Societ Oftalmologica Italiana (SOI) Associazione Medici Oculisti Italiani (AMOI) sostengono che la prima questione pregiu RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 diziale irricevibile, poich irrilevante ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale. La Regione Emilia-Romagna afferma che, per lo stesso motivo, anche la seconda questione pregiudiziale irricevibile. 43 A tal riguardo, si deve ricordare che, nellambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dallarticolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale riguardano linterpretazione del diritto del- lUnione, la Corte, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C.182/15, EU:C:2016:630, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). 44 Ne consegue che le questioni relative allinterpretazione del diritto dellUnione sollevate dal giudice nazionale nel contesto normativo e fattuale che egli definisce sotto la propria responsabilit, e del quale non spetta alla Corte verificare lesattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda presentata da un giudice nazionale possibile solo qualora risulti in maniera manifesta che la richiesta interpretazione del diritto dellUnione non ha alcun rapporto con la realt effettiva o con loggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 26 luglio 2017, Persidera, C.112/16, EU:C:2017:597, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). 45 Orbene, nella presente causa, le questioni sollevate, che vertono sullinterpretazione della direttiva 89/105, nonch della direttiva 2001/83 e del regolamento n. 726/2004, si collocano nellambito di una controversia avente ad oggetto la conformit con tali norme di diritto dellUnione di misure nazionali destinate a consentire limpiego dellAvastin per indicazioni non coperte dallAIC del medesimo. Pertanto, tali questioni presentano un nesso diretto con loggetto della controversia principale e non sono ipotetiche. 46 Di conseguenza, le questioni pregiudiziali sono ricevibili. sulle questioni pregiudiziali Osservazioni preliminari 47 Con le sue questioni, il giudice del rinvio mira, in sostanza, a stabilire se le misure nazionali di cui trattasi nel procedimento principale -che fissano le condizioni alle quali lAvastin riconfezionato ai fini della sua somministrazione a pazienti per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua AIC viene erogato, per motivi economici, a carico del regime nazionale di assicurazione malattia -arrechino pregiudizio alleffetto utile della direttiva 89/105 e della direttiva 2001/83 nonch alle competenze attribuite allUnione nellambito della procedura centralizzata istituita dal regolamento n. 726/2004. 48 Occorre ricordare che, conformemente allarticolo 168, paragrafo 7, TFUE, il diritto del- lUnione non pregiudica la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi di previdenza sociale e ad adottare, in particolare, norme miranti a disciplinare il consumo dei prodotti farmaceutici salvaguardando lequilibrio finanziario dei loro sistemi sanitari (sentenza del 22 aprile 2010, Association of the British Pharmaceutical Industry, C.62/09, EU:C:2010:219, punto 36). 49 Lorganizzazione e la gestione dei servizi sanitari, come pure lassegnazione delle risorse CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 49 loro destinate, rientrano nella sfera di competenza degli Stati membri. In tal senso, larticolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2001/83 e larticolo 1, secondo comma, del regolamento n. 726/2004 sottolineano che le disposizioni di tali strumenti non pregiudicano le competenze delle autorit degli Stati membri in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali n quelle relative allinclusione dei medesimi nell'ambito d'applicazione dei regimi nazionali d'assicurazione contro le malattie, in base a determinate condizioni sanitarie, economiche e sociali. 50 Tuttavia, sebbene il diritto dellUnione, nella fattispecie la direttiva 89/105, non pregiudichi la competenza degli Stati membri in subiecta materia, resta il fatto che, nellesercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dellUnione (sentenza del 2 aprile 2009, A. Menarini Industrie Farmaceutiche Riunite e a., da C.352/07 a C.356/07, da C.365/07 a C.367/07 e C.400/07, EU:C:2009:217, punti 19 e 20). 51 Inoltre, la normativa dellUnione in materia di prodotti farmaceutici non vieta n la prescrizione di un medicinale off-label n il suo riconfezionamento ai fini di tale uso, ma subordina dette operazioni al rispetto di condizioni stabilite da tale normativa (sentenza del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C.179/16, EU:C:2018:25, punto 59). 52 Alla luce di tali considerazioni, al fine di valutare se le condizioni stabilite da detta normativa ostino a misure nazionali come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, occorre esaminare, in primo luogo, la seconda questione pregiudiziale, riguardante la delimitazione dellambito di applicazione della direttiva 2001/83, poi, in successione, la prima, la quarta e la terza questione pregiudiziale. Sulla seconda questione 53 Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se larticolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83 debba essere interpretato nel senso che lAvastin, dopo essere stato riconfezionato in base alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, rientra nellambito di applicazione di tale direttiva. 54 Nel procedimento principale, lapplicazione della direttiva 2001/83 allAvastin non messa in dubbio. Per contro, il giudice del rinvio si chiede se le trasformazioni subite da detto medicinale durante il suo riconfezionamento ai fini dellimpiego per il trattamento di patologie oculari non coperte dalla sua AIC, in condizioni conformi alle misure nazionali la cui legittimit contestata, possano rientrare nellarticolo 3, punto 1, di tale direttiva e, di conseguenza, sottrarre lAvastin cos modificato allambito di applicazione di tale direttiva. 55 Per rispondere a tale questione, si deve ricordare che lambito di applicazione della direttiva 2001/83 stabilito, in modo positivo, al suo articolo 2, paragrafo 1, a termini del quale tale direttiva si applica ai medicinali per uso umano destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione intervenga un processo industriale. Larticolo 3, punti 1 e 2, della suddetta direttiva prevede alcune deroghe allapplicazione della medesima riguardo ai medicinali preparati in farmacia, vuoi in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente, vuoi in base alle indicazioni di una farmacopea e destinati ad essere forniti direttamente ai pazienti che si servono presso tale farmacia. Ne consegue che, per poter ricadere nellambito di applicazione della direttiva 2001/83, il prodotto di cui trattasi deve, da un lato, rispondere ai requisiti fissati dallarticolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, e, dallaltro, non ricadere in una delle deroghe espressamente previste dallarticolo 3 della menzionata direttiva (sentenza del 16 luglio 2015, Abcur, C.544/13 e C.545/13, EU:C:2015:481, punti 38 e 39). RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 56 Pertanto, il carattere industriale del modo di produzione di un medicinale che determina se esso ricada nellambito di applicazione della direttiva 2001/83, fermo restando che il legislatore dellUnione si premurato di precisare che i medicinali preparati in farmacia alle condizioni di cui allarticolo 3 di tale direttiva sono specificamente esclusi dallambito di applicazione della stessa. 57 Si deve constatare che lesclusione dallambito di applicazione della direttiva 2001/83 prevista dallarticolo 3 della stessa riguarda esclusivamente i medicinali preparati in farmacia, vale a dire quelli prodotti in farmacia, cio le formule magistrali e le formule officinali. Orbene, il medicinale Avastin non rientra in alcuna di tali categorie. Esso prodotto non gi in farmacie aperte al pubblico oppure ospedaliere, bens in modo industriale nei laboratori della societ Roche, titolare della sua AIC. 58 Risulta inoltre dal fascicolo presentato alla Corte che le operazioni di riconfezionamento dellAvastin effettuate conformemente alle misure nazionali in causa nel procedimento principale non modificano in modo sostanziale la composizione, la forma o altri elementi essenziali di tale medicinale. Tali operazioni di riconfezionamento non sono equiparabili alla preparazione di un nuovo medicinale derivato dallAvastin attraverso una formula magistrale oppure una formula officinale. Di conseguenza, esse non possono ricadere nellambito di applicazione dellarticolo 3 della direttiva 2001/83. 59 Si deve aggiungere che uninterpretazione dellarticolo 3 della direttiva 2001/83 tale da escludere dallambito di applicazione di tutte le sue disposizioni lAvastin che abbia subito le operazioni di riconfezionamento oggetto delle misure nazionali in causa nel procedimento principale comporterebbe linterruzione del controllo istituito da tale direttiva su tutta la catena di distribuzione del medicinale. 60 A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente agli obiettivi essenziali della direttiva 2001/83, in particolare quello di assicurare la tutela della sanit pubblica, il considerando 35 di questultima enuncia che tale direttiva mira ad esercitare un controllo su tutta la catena di distribuzione dei medicinali, dalla loro fabbricazione o importazione nel[lUnione] fino alla fornitura al pubblico, cos da garantire che i medicinali stessi siano conservati, trasportati e manipolati in condizioni adeguate. Come ha ricordato lavvocato generale al paragrafo 63 delle conclusioni, sarebbe manifestamente contrario a tale obiettivo il fatto che unoperazione di riconfezionamento effettuata successivamente allimmissione in commercio di un medicinale possa avere la conseguenza di sottrarre questultimo allambito di applicazione della direttiva 2001/83 in cui esso rientrava fino a quel momento. 61 Lapplicazione dellarticolo 3 della direttiva 2001/83 in una situazione come quella oggetto del procedimento principale priverebbe di ogni effetto utile numerose disposizioni di tale direttiva destinate a garantire il controllo dei medicinali lungo lintera catena di distribuzione. In tal senso, larticolo 6, paragrafo 1, secondo comma, di questultima stabilisce espressamente che [q]uando per un medicinale stata rilasciata [unAIC] iniziale (...), ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonch le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati (...) o sono inclusi nell[AIC] iniziale. Tutte le [AIC] in questione sono considerate facenti parte della stessa [AIC] globale. 62 Allo stesso modo, larticolo 40, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2001/83 prevede che lautorizzazione di fabbricazione, richiesta sia per la fabbricazione totale o parziale sia per le operazioni di divisione, di confezionamento o di presentazione di un medicinale, non richiesta qualora dette operazioni siano eseguit[e] soltanto per la for CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 51 nitura al dettaglio, da farmacisti in farmacia, o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni. 63 Questa disposizione derogatoria sarebbe dunque superflua laddove larticolo 3 della direttiva 2001/83 dovesse comportare lesclusione dallambito di applicazione di tale direttiva e, quindi, dallobbligo di ottenere unAIC e unautorizzazione di fabbricazione, di un medicinale che, dopo essere stato immesso in commercio e fabbricato conformemente alle prescrizioni della direttiva medesima, sia stato riconfezionato a condizioni rispondenti ai criteri di cui allarticolo 40, paragrafo 2, secondo comma, della medesima direttiva. 64 Per quanto riguarda il sistema di farmacovigilanza, si deve ancora sottolineare che, ai sensi dellarticolo 101, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, [detto sistema] va utilizzato per raccogliere informazioni sui rischi dei medicinali in relazione alla salute dei pazienti o alla salute pubblica. Le informazioni si riferiscono in particolare agli effetti collaterali negativi negli esseri umani, derivanti dallutilizzo del medicinale conformemente alle indicazioni contenute nell[AIC] e dalluso al di fuori delle indicazioni in questione, e agli effetti collaterali negativi associati allesposizione per motivi professionali. Questa disposizione sarebbe privata di effetto utile se larticolo 3 della direttiva 2001/83 potesse essere applicato ad unoperazione di riconfezionamento diretta a consentire luso off-label dellAvastin alle condizioni previste dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, in tal modo sottraendo siffatto uso allambito di applicazione della direttiva stessa, incluse le sue disposizioni in materia di farmacovigilanza. 65 Di conseguenza, alla seconda questione occorre rispondere dichiarando che larticolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che lAvastin, dopo essere stato riconfezionato alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, rientra nellambito di applicazione di tale direttiva. Sulla prima questione 66 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se larticolo 6 della direttiva 2001/83 debba essere interpretato nel senso che esso osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale, che stabiliscono le condizioni alle quali lAvastin pu essere riconfezionato ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua AIC e, in caso affermativo, se larticolo 5 di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che esso consente, a titolo derogatorio, di giustificare misure di questo tipo. 67 Come stato ricordato al punto 51 della presente sentenza, la normativa dellUnione in materia di prodotti farmaceutici non vieta n la prescrizione di un medicinale off-label n il suo riconfezionamento ai fini di tale uso, ma subordina dette operazioni al rispetto di condizioni stabilite dalla normativa medesima. 68 Tra tali condizioni figura lobbligo di possedere unAIC nonch unautorizzazione di fabbricazione, autorizzazioni che sono oggetto, rispettivamente, degli articoli 6 e 40 della direttiva 2001/83. Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, che gli permetta di risolvere la controversia di cui investito, la Corte ritiene che si debba procedere altres allinterpretazione dellarticolo 40 di detta direttiva, ancorch tale disposizione non sia espressamente menzionata nelle questioni pregiudiziali che le sono sottoposte (sentenza dell11 aprile 2013, Berger, C.636/11, EU:C:2013:227, punto 31). 69 Per quanto riguarda limmissione in commercio di un medicinale, larticolo 6, paragrafo RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 1, primo comma, della direttiva 2001/83 prevede che nessun medicinale possa essere immesso in commercio in uno Stato membro senza che unAIC sia stata rilasciata dallautorit competente di detto Stato membro in conformit a tale direttiva, oppure senza che unautorizzazione sia stata rilasciata in conformit alla procedura centralizzata prevista dal regolamento n. 726/2004 per i medicinali contemplati nellallegato di questultimo (sentenze del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C.179/16, EU:C:2018:25, punto 53, nonch del 29 marzo 2012, Commissione/Polonia, C.185/10, EU:C:2012:181, punto 26). 70 Tale principio dellAIC obbligatoria si applica anche, ai sensi del secondo comma della citata disposizione, quando per un medicinale stata rilasciata unAIC iniziale ai sensi del primo comma, dato che, in tal caso, ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonch ogni variazione ed estensione devono parimenti essere autorizzati ai sensi del primo comma oppure essere inclusi nellAIC iniziale. 71 In forza di tale principio, la Corte ha quindi dichiarato che, quando un medicinale stato oggetto di due distinte AIC centralizzate relative, rispettivamente, ad una confezione da cinque fiale e ad una confezione da dieci fiale, la normativa farmaceutica dellUnione osta a che detto medicinale venga commercializzato con una confezione costituita da due scatole da cinque fiale, unite e rietichettate, senza disporre di unAIC specifica a tal riguardo, con la motivazione che le prescrizioni specifiche e dettagliate relative alla confezione dei medicinali oggetto di unAIC centralizzata hanno lo scopo di evitare che i consumatori siano indotti in errore e in tal modo tutelano la salute (sentenza del 19 settembre 2002, Aventis, C.433/00, EU:C:2002:510, punto 25). 72 In una fattispecie analoga a quella del procedimento principale, la Corte ha dichiarato che il riconfezionamento dellAvastin ai fini del suo uso off.label per il trattamento di patologie oculari non necessita di una nuova AIC, purch tale operazione non determini una modifica del medicinale e sia effettuata unicamente sulla base di ricette mediche individuali che prescrivano una siffatta operazione (sentenza dell11 aprile 2013, Novartis Pharma, C.535/11, EU:C:2013:226, punto 42). 73 Questa soluzione si spiega con il fatto che, a differenza della fattispecie oggetto della causa definita con la sentenza del 19 settembre 2002, Aventis (C.433/00, EU:C:2002:510), loperazione di riconfezionamento dellAvastin si colloca a valle dellimmissione in commercio del medicinale, dopo che un medico ne ha prescritto limpiego in tali condizioni ad un paziente, mediante una ricetta individuale. 74 La Corte ha quindi sottolineato che le operazioni di prelievo delle sostanze medicinali liquide contenute nelle fiale originali e di travaso di tali prelievi, senza modificare tali sostanze, in siringhe pronte alluso corrispondono in realt agli atti che, senza lintervento di una societ terza, potrebbero essere o avrebbero potuto essere altrimenti effettuati, sotto la loro responsabilit, dai medici che hanno prescritto i medicinali o dalle stesse farmacie nei loro laboratori o, ancora, negli istituti ospedalieri (sentenza dell11 aprile 2013, Novartis Pharma, C.535/11, EU:C:2013:226, punti 42 e 43). 75 Fatti salvi gli accertamenti in punto di fatto a cui tenuto il giudice del rinvio, il riconfezionamento dellAvastin alle condizioni previste dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale non necessita dunque di unAIC allorch tale operazione prescritta da un medico mediante una ricetta individuale ed effettuata da farmacisti ai fini della somministrazione di tale medicinale in ambito ospedaliero. 76 Per quanto riguarda la fabbricazione di un medicinale, se vero che, in forza dellarticolo CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 53 40, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, essa soggetta, in linea di principio, allobbligo di detenere unautorizzazione, il paragrafo 2, secondo comma, del medesimo articolo 40 prevede che lautorizzazione di fabbricazione non richiesta per le preparazioni, le divisioni, i cambiamenti di confezione o di presentazione, eseguiti soltanto ai fini della fornitura al dettaglio dei medicinali, da farmacisti in farmacia o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni. Ne consegue che, qualora le medesime operazioni di fabbricazione non siano eseguite a tali fini, i farmacisti non sono dispensati dallobbligo di detenere detta autorizzazione di fabbricazione (sentenze del 28 giugno 2012, Caronna, C.7/11, EU:C:2012:396, punto 35, e dell11 aprile 2013, Novartis Pharma, C.535/11, EU:C:2013:226, punti 51 e 52). 77 Come evidenziato dallavvocato generale al paragrafo 79 delle conclusioni, quandanche venisse accertato dinanzi al giudice del rinvio che le farmacie abilitate a procedere al riconfezionamento dellAvastin in forza delle misure nazionali in causa nel procedimento principale non detengono lautorizzazione richiesta ai sensi dellarticolo 40, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, esse potrebbero nondimeno rientrare nella deroga prevista dal- larticolo 40, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva. Fatti salvi gli accertamenti in punto di fatto a cui tenuto il giudice del rinvio, si deve considerare che, qualora venisse accertato che, conformemente alle misure nazionali in causa nel procedimento principale, lAvastin , sulla base di una ricetta individuale, riconfezionato ai fini del suo uso off-label per il trattamento di patologie oculari, da parte di una farmacia a ci debitamente abilitata, in vista della sua somministrazione in ambito ospedaliero, una siffatta operazione rientrerebbe nella deroga prevista dalla disposizione da ultimo citata e non necessiterebbe di unautorizzazione di fabbricazione. 78 Di conseguenza, dato che le operazioni di riconfezionamento dellAvastin oggetto delle decisioni dellAIFA di cui trattasi nel procedimento principale non necessitano di unAIC ai sensi dellarticolo 6 della direttiva 2001/83 n di unautorizzazione di fabbricazione ai sensi dellarticolo 40 di detta direttiva, non occorre rispondere alla prima questione nella parte in cui essa si riferisce allinterpretazione dellarticolo 5 della medesima direttiva. 79 In considerazione di tutto quanto precede, alla prima questione occorre rispondere dichiarando che larticolo 6 della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale, che stabiliscono le condizioni alle quali lAvastin pu essere riconfezionato ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua AIC. Sulla quarta questione 80 Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/105, secondo il quale nessun elemento di tale direttiva consente la commercializzazione di un medicinale per il quale non sia stata rilasciata lAIC prevista allarticolo 6 della direttiva 2001/83, debba essere interpretato nel senso che esso osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale. 81 Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non vi luogo a rispondere a tale questione. Sulla terza questione 82 Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 3, 25 e 26 del regolamento n. 726/2004 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una misura nazionale che, come quella risultante dallarticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, autorizza lAIFA a monitorare medicinali come lAvastin, il cui impiego RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 per un uso off-label posto a carico finanziario del SSN e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla tutela della sicurezza dei pazienti, per il motivo che essa lede le competenze esclusive dellEMA relative ai medicinali soggetti alla procedura centralizzata. 83 vero che il regolamento n. 726/2004, in particolare agli articoli da 5 a 9, conferisce al- lEMA una competenza esclusiva a procedere allesame delle domande di AIC nellambito della procedura centralizzata. Tuttavia, come risulta dalla risposta data alla prima questione, il riconfezionamento dellAvastin alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale non necessita dellottenimento di unAIC. Di conseguenza, tali misure, non diversamente dallarticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, non possono ledere la competenza esclusiva conferita allEMA per lesame delle domande di AIC nellambito della procedura centralizzata. 84 Per quanto riguarda il sistema di farmacovigilanza dei medicinali immessi in commercio nellUnione, si deve ricordare che, conformemente allarticolo 23, paragrafo 2, e allarticolo 101, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, detto sistema si estende anche a qualsiasi uso di un medicinale non conforme ai termini della sua AIC. Per quanto riguarda i medicinali soggetti alla procedura centralizzata, il capitolo 3 del titolo II del regolamento n. 726/2004, in particolare agli articoli 25 e 26, istituisce taluni meccanismi di farmacovigilanza che associano le autorit nazionali competenti allEMA, la quale ne assicura il coordinamento. 85 Detti articoli non ostano pertanto a una misura nazionale come larticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, ai sensi del quale lAIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni, a condizione che la loro attuazione completi o rafforzi il sistema di farmacovigilanza istituito dal regolamento n. 726/2004. 86 In considerazione di tutto quanto precede, alla terza questione occorre rispondere dichiarando che gli articoli 3, 25 e 26 del regolamento n. 726/2004 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una misura nazionale che, come quella risultante dal- larticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, autorizza lAIFA a monitorare medicinali come lAvastin, il cui impiego per un uso off.label posto a carico finanziario del SSN e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti. sulle spese 87 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: 1) larticolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, deve essere interpretato nel senso che lavastin, dopo essere stato riconfezionato alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, rientra nellambito di applicazione della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26. 2) larticolo 6 della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26, deve CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE essere interpretato nel senso che esso non osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale, che stabiliscono le condizioni alle quali lavastin pu essere riconfezionato ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua autorizzazione allimmissione in commercio. 3) Gli articoli 3, 25 e 26 del regolamento (Ce) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per lautorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce lagenzia europea per i medicinali, come modificato dal regolamento (ue) n. 1027/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una misura nazionale che - come quella risultante dallarticolo 1, comma 4 bis, del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536, recante Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996 , convertito dalla legge del 23 dicembre 1996, n. 648, come modificato dal decreto legge del 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge del 16 maggio 2014, n. 79 - autorizza lagenzia Italiana del Farmaco (aIFa) a monitorare medicinali come lavastin, il cui impiego per un uso non coperto dal- lautorizzazione allimmissione in commercio (off-label) posto a carico finanziario del servizio sanitario nazionale (Italia) e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti. RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 la Corte di Giustizia ue si pronuncia sulla legittimazione allimpugnazione del bando da parte di operatori economici che non hanno partecipato alla gara CorTe di GiuSTizia dellunione europea, Sezione Terza, SenTenza 28 noVembre 2018, C-328/17 In rassegna la sentenza della Corte di giustizia, resa su rinvio del TAR Liguria, in materia di legittimazione a impugnare il bando da parte degli operatori economici che non hanno presentato domanda di partecipazione alla gara. La Corte -pur avendo rimesso al giudice di rinvio la verifica circa l'eventuale lesione del principio di effettivit della tutela giurisdizionale nel caso concreto -ha affermato che il diritto dell'Unione non osta a una normativa nazionale (e alla relativa interpretazione giurisprudenziale) secondo cui non sono legittimati a proporre ricorso avverso il bando gli operatori economici che non hanno presentato domanda di partecipazione alla gara in quanto la lex specialis rendeva "molto improbabile" (ma non impossibile) che la stessa fosse loro aggiudicata. La Corte ha, quindi, ritenuto che il "decalogo" dei casi nei quali la giurisprudenza interna ammette l'impugnazione immediata del bando nella suddetta ipotesi sia idoneo a garantire il rispetto dei principi eurounitari in materia di tutela giurisdizionale. Carla Colelli (*) Corte di Giustizia dellunione europea, sezione terza, sentenza 28 novembre 2018 nella causa C-328/07 -pres. f.f. M. vilaras, rel. D. .vby- Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria (Italia) il 31 maggio 2017 - Amt Azienda Trasporti e Mobilit SpA e a. / Atpl Liguria - Agenzia regionale per il trasporto pubblico locale SpA, Regione Liguria. Rinvio pregiudiziale - Appalti pubblici - Procedure di ricorso - Direttiva 89/665/CEE - Articolo 1, paragrafo 3 - Direttiva 92/13/CEE - Articolo 1, paragrafo 3 - Diritto di proporre ricorso subordinato alla condizione di aver presentato unofferta nellambito della procedura di aggiudicazione dellappalto La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione dellarticolo 1, paragrafi da 1 a 3, e dellarticolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (gU 1989, L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell11 dicembre 2007 (gU 2007, L 335, pag. 31) (in prosieguo: la direttiva 89/665). (*) Avvocato dello Stato. CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 57 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra, da un lato, la Amt Azienda Trasporti e Mobilit SpA, la Atc Esercizio SpA, la Atp Esercizio Srl, la Riviera Trasporti SpA e la Tpl Linea Srl (in prosieguo: Amt e a.) e, dallaltro, lAgenzia regionale per il trasporto pubblico locale SpA (Italia; in prosieguo: lAgenzia) relativamente alla decisione di questultima di indire una procedura di gara informale per laffidamento del servizio di trasporto pubblico locale nel territorio della Regione Liguria (Italia; in prosieguo: la Regione). Contesto normativo Diritto dellUnione direttiva 89/665 3 Larticolo 1 della direttiva 89/665, intitolato Ambito di applicazione e accessibilit delle procedure di ricorso dispone quanto segue: 1. La presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi [(gU 2004, L 134, pag. 114)], a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli da 10 a 18 di tale direttiva. (...) gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva [2004/18], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto pi rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che hanno violato il diritto [dellUnione] in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono. 2. gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nellambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto [dellUnione] e le altre norme nazionali. 3. gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalit che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. (...). 4 Larticolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, che disciplina i [r]equisiti per le procedure di ricorso, cos prevede: gli Stati membri provvedono affinch i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui allarticolo 1 prevedano i poteri che consentono di: (...) b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nellinvito a presentare lofferta, nei capitolati doneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dellappalto in questione; (...). direttiva 92/13 5 Intitolato Ambito di applicazione e accessibilit delle procedure di ricorso, larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonch degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (gU 1992, L 76, pag. 14), come modificata dalla direttiva 2007/66 (in prosieguo: la direttiva 92/13), prevede quanto segue: gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalit che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. direttiva 2004/17 6 Larticolo 1 della direttiva 2004/17/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, dedicato alle [d]efinizioni, al suo paragrafo 3, lettera b), cos disponeva: [l]a concessione di servizi un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 7 Intitolato Servizi di trasporto, larticolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva prevedeva, in particolare, quanto segue: La presente direttiva si applica alle attivit relative alla messa a disposizione o alla gestione di reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario, filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o cavo. (...). 8 Larticolo 18 della suddetta direttiva, rubricato Concessioni di lavori e di servizi, cos disponeva: La presente direttiva non si applica alle concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o pi attivit di cui agli articoli da 3 a 7, quando la concessione ha per oggetto lesercizio di dette attivit. regolamento n. 1370/2007 9 Larticolo 5 del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 del Consiglio (gU 2007, L 315, pag. 1), articolo intitolato Aggiudicazione di contratti di servizio pubblico, redatto nei seguenti termini: 1. I contratti di servizio pubblico sono aggiudicati conformemente alle norme previste nel presente regolamento. Tuttavia, i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttive [2004/17] o [2004/18] per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive. Se i contratti devono essere aggiudicati a norma delle direttive [2004/17] o [2004/18], le disposizioni dei paragrafi da 2 a 6 del presente articolo non si applicano. (...) 7. gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le decisioni adottate a norma dei paragrafi da 2 a 6 possano essere verificate con efficacia e rapidit, su richiesta di qualsiasi persona che sia o fosse interessata a ottenere un contratto particolare e che CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 59 sia stata o rischi di essere danneggiata da una presunta infrazione, motivata dal fatto che tali decisioni hanno violato il diritto [dellUnione] o le leggi nazionali che applicano tale diritto. (...). Diritto italiano 10 Larticolo 100 del codice di procedura civile, nella sua versione applicabile al procedimento principale, dispone che [p]er proporre una domanda o per contraddire alla stessa necessario avervi interesse. 11 Ai sensi dellarticolo 39, paragrafo 1, dellallegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (gURI n. 156 del 7 luglio 2010) -Codice del processo amministrativo, [p]er quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali. 12 Larticolo 3 bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138 (gURI n. 188, del 13 agosto 2011), convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in prosieguo: il decreto-legge n. 138/2011) dispone che, di norma, i servizi pubblici locali debbano essere svolti in un ambito territoriale provinciale. 13 A norma dellarticolo 9, paragrafo 1, e dellarticolo 14, paragrafo 1, della legge regionale 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma delsistema del trasporto pubblico regionale e locale), (in prosieguo: la legge regionale n. 33/2013), laffidamento del servizio di trasporto pubblico nel territorio della Regione doveva essere realizzato attraverso lindividuazione di un lotto unico relativo allintero territorio regionale e con possibile estensione anche al trasporto ferroviario. 14 In vigore dal 12 agosto 2016, la legge regionale 9 agosto 2016, n. 19, recante Modifiche alla legge regionale [n. 33/2013], (in prosieguo: la legge regionale n. 19/2016) ha modificato gli articoli 9 e 14 della legge regionale n. 33/2013. Tale legge prevede che i terreni e i servizi di trasporto terrestre e marittimo non debbano pi essere aggiudicati in un lotto unico che copre lintero territorio regionale, bens in quattro lotti relativi a quattro ambiti territoriali omogenei. Procedimento principale e questione pregiudiziale 15 Amt e a. hanno adito il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Italia), chiedendo lannullamento di diversi atti con cui lAgenzia ha indetto una procedura di gara informale per laffidamento del servizio di trasporto pubblico nel territorio regionale. 16 Tali societ, fino ad allora gestrici di servizi di trasporto pubblico locale a livello provinciale o sub provinciale, contestano in radice le modalit di indizione e di svolgimento della procedura di gara. Il loro ricorso rivolto in maniera specifica contro il bando inteso a selezionare gli operatori economici. In esso, lAgenzia avrebbe indicato che il servizio di trasporto pubblico regionale sarebbe stato affidato in un unico lotto, relativo allintero territorio regionale. 17 Ritenendo di non essere in grado di fornire, ciascuna individualmente, il servizio di trasporto pubblico a livello regionale, Amt e a. non hanno presentato alcuna offerta. Tuttavia, esse hanno adito il giudice del rinvio, contestando la decisione dellAgenzia di affidare, nella sua qualit di amministrazione aggiudicatrice, lappalto di cui trattasi nel procedimento principale in un unico lotto, relativo allintero territorio regionale. Esse ritengono infatti che tale decisione violi larticolo 3 bis del decreto-legge n. 138/2011, ai sensi del quale, in linea di principio, i servizi pubblici locali devono essere gestiti a livello provinciale, ma anche diversi articoli della Costituzione italiana, nonch gli articoli 49 e 56 TFUE. RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 18 A sostegno del loro ricorso, Amt e a. sostengono che un operatore economico che contesta in radice i termini di una gara dappalto alla quale non ha partecipato ha un diritto di proporre ricorso ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 3, e dellarticolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665, qualora, in base alle norme che disciplinano lofferta, certo o altamente probabile che gli sar impossibile ottenere laggiudicazione dellappalto. 19 Secondo il giudice del rinvio, in un ambito territoriale determinato a livello provinciale, Amt e a. avrebbero avuto ottime possibilit che venisse loro aggiudicato lappalto in questione, in quanto esse garantivano il servizio di trasporto pubblico regionale quando, prima dellavvio della procedura di gara di cui al procedimento principale, esso era organizzato a livello provinciale. Invece, prevedendo che la gara di cui trattasi comportasse solo un unico lotto che copriva lintero territorio regionale, il bando di gara avrebbe in pratica azzerato la probabilit che fosse selezionata una delle ricorrenti nel procedimento principale. 20 Ritenendo pertanto che un diritto di proporre ricorso dovesse essere loro riconosciuto, il giudice del rinvio, con ordinanza n. 95 del 21 gennaio 2016, ha chiesto alla Corte costituzionale (Italia) di pronunciarsi sulla costituzionalit dellarticolo 9, paragrafo 1, e del- larticolo 14, paragrafo 1, della legge regionale n. 33/2013. 21 Tuttavia, prima che la Corte costituzionale si pronunciasse, la Regione ha adottato la legge regionale n. 19/2016. Tale legge ha modificato le disposizioni la cui costituzionalit era contestata e prevede che i servizi di trasporto terrestre e marittimo non debbano pi essere aggiudicati in un lotto unico che copre lintero territorio regionale, bens in quattro lotti corrispondenti a quattro ambiti territoriali omogenei. Inoltre, i lotti da aggiudicare devono essere definiti in modo tale da garantire la massima partecipazione possibile alla gara. Secondo il giudice del rinvio, con ladozione della legge n. 19/2016 il legislatore regionale ha reagito alle doglianze espresse da Amt e a. 22 Nonostante la modifica degli articoli 9 e 14 della legge regionale n. 33/2013, la Corte costituzionale ha esaminato la loro costituzionalit, conformemente al principio tempus regit actum. 23 Nella sua sentenza n. 245 del 22 novembre 2016, essa ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimit costituzionale dopo aver, in particolare, constatato che [l]a giurisprudenza amministrativa consolidata nel ritenere che limpresa che non partecipi alla gara non pu contestare la relativa procedura e laggiudicazione in favore di imprese terze, perch la sua posizione giuridica sostanziale non sufficientemente differenziata ma riconducibile a un mero interesse di fatto (...). 24 A tale regola fanno tuttavia eccezione le ipotesi in cui limpresa ricorrente contesta, in particolare, clausole del bando immediatamente escludenti oppure clausole che impongono oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendono impossibile la stessa formulazione dellofferta. 25 Nella sua sentenza n. 245, la Corte costituzionale ha considerato quanto segue: [c]he il caso allesame del giudice a quo non rientri in queste ipotesi eccezionali emerge dalla stessa motivazione dellordinanza di rimessione, laddove si afferma che le clausole impugnate inciderebbero sulle chanches di aggiudicazione delle ricorrenti che si ridurrebbero fin quasi ad azzerarsi, mentre, in presenza di una gara dimensionata su base provinciale e suddivisa in lotti, esse avrebbero moltissime probabilit di aggiudicarsi il servizio, non fossaltro per effetto del vantaggio di essere state le precedenti gestrici dello stesso. Da tale motivazione non si ricava alcun impedimento certo e attuale alla parte CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 61 cipazione alla gara, bens la prospettazione di una lesione solo eventuale, denunziabile da parte di chi abbia partecipato alla procedura ed esclusivamente allesito della stessa, in caso di mancata aggiudicazione. 26 Il giudice del rinvio rileva che, secondo linterpretazione del requisito procedurale del- linteresse ad agire accolta in tale sentenza della Corte costituzionale, sarebbe inammissibile il ricorso proposto dallimpresa che non ha partecipato alla gara quando non fosse assolutamente certo ma soltanto altamente probabile che, per effetto della strutturazione della gara, in particolare della divisione in lotti, o per effetto della normativa di gara applicabile, limpresa non potrebbe conseguire laggiudicazione dellappalto in questione. Detto giudice ne deduce che la possibilit di accedere alla tutela giurisdizionale sarebbe cos, quasi sistematicamente, condizionata alla partecipazione alla gara, partecipazione che comporta di per s rilevanti oneri, e ci anche nel caso in cui limpresa intendesse contestarne la legittimit per essere la gara stessa eccessivamente restrittiva della concorrenza. 27 Nonostante la decisione dellAgenzia di non dar seguito alla gara dopo ladozione della legge n. 19/2016, il giudice del rinvio intende chiedere alla Corte se larticolo 1, paragrafo 3, e larticolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665 debbano essere interpretati nel senso che essi conferiscono, in circostanze come quelle del procedimento principale, il diritto di proporre ricorso a un operatore economico che si astenuto dal presentare unofferta, in quanto era certo o assai probabile che lappalto in questione non avrebbe potuto essergli aggiudicato. 28 La risposta della Corte sarebbe dirimente ai fini dellammissibilit delloriginario ricorso, con conseguenti ripercussioni in ordine alla statuizione sulle spese del giudizio. 29 In tale contesto, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se [larticolo] 1, [paragrafi] 1, 2 e 3, e [larticolo] 2, [paragrafo] 1, [lettera] b), della direttiva [89/665] ostino ad una normativa nazionale che riconosca la possibilit di impugnare gli atti di una procedura di gara ai soli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, anche qualora la domanda giudiziale sia volta a sindacare in radice la procedura, derivando dalla disciplina della gara unaltissima probabilit di non conseguire laggiudicazione. sulla questione pregiudiziale Sulla ricevibilit 30 Nelle loro osservazioni scritte, sia i governi italiano e spagnolo sia la Commissione europea hanno sostenuto che la domanda di pronuncia pregiudiziale era irricevibile, in quanto la questione sollevata era ipotetica, dal momento che la controversia principale divenuta priva di oggetto dopo che lamministrazione aggiudicatrice ha dichiarato che lappalto non avrebbe avuto seguito. Il governo italiano ha inoltre eccepito lirricevibilit della domanda di pronuncia pregiudiziale per il fatto che sussistono dubbi in merito alla natura del contratto che lAgenzia intendeva concludere con la controparte allesito della gara che non ha poi avuto seguito. Sul carattere ipotetico della questione pregiudiziale 31 Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nellambito della ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i giudici nazionali e la Corte, ripartizione stabilita dallarticolo 267 TFUE, il giudice nazionale, che lunico ad avere conoscenza diretta dei fatti della causa di cui adito come pure delle argomentazioni delle parti, e RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 che dovr assumersi la responsabilit dellemananda decisione giudiziaria, nella situazione pi idonea per valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna controversia e con piena cognizione di causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v. segnatamente, in tal senso, sentenze del 22 giugno 2000, Marca Mode, C.425/98, EU:C:2000:339, punto 21, e del 1 aprile 2008, gouvernement de la Communaut franaise e gouvernement wallon, C.212/06, EU:C:2008:178, punto 28). 32 Pertanto, poich tali questioni riguardano linterpretazione del diritto dellUnione, la Corte in via di principio tenuta a statuire (sentenza del 17 aprile 2007, AgM-COS.MET, C.470/03, EU:C:2007:213, punto 44). 33 Ne consegue che la presunzione di pertinenza inerente alle questioni proposte in via pregiudiziale dai giudici nazionali pu essere esclusa solo in casi eccezionali, in particolare qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto dellUnione considerate in tali questioni non abbia alcun rapporto con la realt o con loggetto del procedimento principale (v., segnatamente, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C.415/93, EU:C:1995:463, punto 61; del 7 settembre 1999, Beck e Bergdorf, C.355/97, EU:C:1999:391, punto 22, e del 1 aprile 2008, gouvernement de la Communaut franaise e gouvernement wallon, C.212/06, EU:C:2008:178, punto 29). 34 Infatti, il rigetto di una domanda formulata da un giudice nazionale possibile solo se risulti che con il procedimento ai sensi dellarticolo 267 TFUE, in contrasto con il suo scopo, si intenda in realt indurre la Corte a pronunciarsi per il tramite di una controversia fittizia oppure sia manifesto che il diritto dellUnione non pu essere applicato, n direttamente n indirettamente, alle circostanze del caso di specie (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, C.297/88 e C.197/89, EU:C:1990:360, punto 40, e del 17 luglio 1997, Leur-Bloem, C.28/95, EU:C:1997:369, punto 26). 35 Nel caso di specie, innegabile che la questione se le ricorrenti nel procedimento principale disponessero, in base al diritto dellUnione, del diritto di proporre un ricorso contro il bando pubblicato dallAgenzia deve condizionare lammissibilit del ricorso proposto dinanzi al giudice nazionale. vero che, a causa della decisione dellAgenzia di non dar seguito al bando dopo ladozione della legge n. 19/2016, loggetto principale del ricorso venuto meno. 36 Tuttavia, a differenza delle circostanze della causa che ha dato luogo allordinanza della Corte del 14 ottobre 2010, Reinke (C.336/08, non pubblicata, EU:C:2010:604), la controversia principale non stata risolta nel merito. 37 Infine, sebbene lesame della questione se, nelle circostanze del procedimento principale, operatori economici che avevano deliberatamente deciso di non partecipare a una gara dappalto disponessero di un diritto di proporre ricorso ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 o dellarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13, sia solo intesa a consentire al giudice del rinvio di pronunciarsi sulla ripartizione delle spese nel procedimento principale, non vi dubbio che si tratta di una questione relativa allinterpretazione del diritto dellUnione, alla quale la Corte deve rispondere al fine di preservare luniformit di applicazione del medesimo 38 Sotto tale profilo, occorre dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale. Sulla mancata identificazione della natura del contratto di cui al procedimento principale 39 vero che, come sostiene il governo italiano nelle sue osservazioni scritte, lordinanza CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 63 di rinvio non consente di determinare con certezza se la gara dappalto indetta dallAgenzia riguardasse laggiudicazione di una concessione di servizi di trasporto o di un appalto pubblico di servizi. Nel primo caso, linteresse ad agire delle ricorrenti nel procedimento principale dovrebbe essere esaminato tenendo conto dellarticolo 5, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1370/2007, mentre, nel secondo caso, dovrebbe essere valutato alla luce dellarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13. 40 Tuttavia, senza che sia necessario cercare di determinare la natura di detto contratto, compito che spetta al giudice del rinvio, sufficiente constatare, al pari dellavvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, che larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 e larticolo 5, paragrafo 7, del regolamento n. 1370/2007 stabiliscono regimi di ricorso analoghi a quello corrispondente della direttiva 89/665, su cui verte la domanda posta dal giudice del rinvio. 41 In tali circostanze, dal momento che il diritto a una tutela giurisdizionale oggetto di una tutela equivalente nei tre testi di diritto derivato menzionati al punto precedente, la risposta della Corte alla questione sollevata non pu variare a seconda della qualificazione del contratto di cui trattasi nel procedimento principale. 42 Occorre pertanto, anche sotto questo profilo, dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale. Nel merito 43 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se sia larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dellamministrazione aggiudicatrice relative a una procedura dappalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poich la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato lappalto pubblico di cui trattasi. 44 Ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso previste da tale direttiva siano accessibili per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere laggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto dellUnione in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto (v., in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2004, grossmann Air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punto 25, e del 5 aprile 2016, PFE, C.689/13, EU:C:2016:199, punto 23). 45 gli Stati membri non sono dunque tenuti a rendere dette procedure di ricorso accessibili a chiunque voglia ottenere laggiudicazione di un appalto pubblico, ma hanno facolt di esigere che la persona interessata sia stata o rischi di essere lesa dalla violazione da essa denunciata (v., in tal senso, sentenze del 19 giugno 2003, Hackermller, C.249/01, EU:C:2003:359, punto 18 e del 12 febbraio 2004, grossmann Air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punto 26). 46 La partecipazione a un procedimento di aggiudicazione di un appalto pu, in linea di principio, validamente costituire, riguardo allarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, una condizione che deve essere soddisfatta per dimostrare che il soggetto coinvolto ha interesse allaggiudicazione dellappalto di cui trattasi o rischia di subire un danno a causa dellasserita illegittimit della decisione di aggiudicazione di detto appalto. Se non ha presentato unofferta, tale soggetto pu difficilmente dimostrare di avere inte RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 resse a opporsi a detta decisione o di essere leso o rischiare di esserlo dallaggiudicazione di cui trattasi (sentenza del 12 febbraio 2004, grossmann Air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punto 27). 47 Nellipotesi in cui unimpresa non abbia presentato unofferta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero per lappunto impedito di essere in grado di fornire linsieme delle prestazioni richieste, sarebbe tuttavia eccessivo esigere che tale impresa, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti unofferta nellambito del procedimento di aggiudicazione dellappalto di cui trattasi, quando le probabilit che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dellesistenza di dette specifiche (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2004, grossmann Air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punti 28 e 29). 48 Nella sentenza del 12 febbraio 2004, grossmann Air Service (C.230/02, EU:C:2004:93), la considerazione in base alla quale le possibilit per la grossmann Air Service di aggiudicarsi lappalto erano nulle era legata al fatto, ricordato al punto 17 di tale sentenza, che essa non disponeva di aerei di grandi dimensioni, per cui non era, per definizione, in grado di fornire tutte le prestazioni richieste dallamministrazione aggiudicatrice. 49 gli insegnamenti della sentenza del 12 febbraio 2004, grossmann Air Service (C.230/02, EU:C:2004:93), sono applicabili, mutatis mutandis, nel caso di specie. 50 Sia dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Italia) sia dalla sentenza n. 245/2016 della Corte costituzionale risulta infatti che un interesse ad agire pu essere eccezionalmente riconosciuto a un operatore economico che non ha presentato alcuna offerta, nelle ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dellofferta. 51 Si deve pertanto constatare che i requisiti sia dellarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia dellarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 sono soddisfatti se un operatore che non ha formulato alcuna offerta dispone, in particolare, di un diritto di proporre ricorso qualora ritenga che talune specifiche contenute nella documentazione di gara rendano impossibile la formulazione stessa di unofferta. 52 Tuttavia, occorre ricordare che un ricorso siffatto non pu, a pena di violare gli obiettivi di rapidit ed efficacia previsti sia dalla direttiva 89/665 sia dalla direttiva 92/13, essere presentato dopo che la decisione di aggiudicazione dellappalto stata adottata dallamministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2004, grossmann Air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punto 37). 53 Inoltre, poich solo in via eccezionale che un diritto di proporre ricorso pu essere riconosciuto a un operatore che non ha presentato alcuna offerta, non si pu considerare eccessiva la richiesta che questultimo dimostri che le clausole del bando rendevano impossibile la formulazione stessa di unofferta. 54 Nondimeno, bench il grado di esigenza della prova non sia di per s contrario al diritto dellUnione sugli appalti pubblici, non si pu escludere che, tenuto conto delle circostanze specifiche del procedimento principale, la sua applicazione possa comportare una violazione del diritto di proporre ricorso che le ricorrenti nel procedimento principale derivano sia dallarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia dallarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13. CONTENzIOSO COMUNITARIO ED INTERNAzIONALE 65 55 A tale riguardo, spetta al giudice del rinvio valutare in modo circostanziato, tenendo onto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui investito, se lapplicazione concreta della normativa italiana relativa alla capacit di agire in giudizio, come interpretata dal Consiglio di Stato e dalla Corte costituzionale, sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva delle ricorrenti nel procedimento principale. 56 Tuttavia, sulla base degli elementi che figurano nel fascicolo a sua disposizione, la Corte pu fornire al giudice del rinvio indicazioni utili per la valutazione che spetta a questultimo effettuare. 57 A tale proposito, si deve anzitutto tener conto del fatto che Amt e a. hanno garantito il servizio di trasporto pubblico regionale prima che lamministrazione aggiudicatrice indicesse la procedura di appalto e decidesse poi di non dare seguito alla medesima. Inoltre, dal momento che la legge regionale n. 33/2013 specificava che il servizio di trasporto pubblico regionale da quel momento in poi sarebbe stato attribuito in un unico lotto che copriva lintero territorio regionale, mentre larticolo 3 bis del decreto-legge n. 138/2011 prevede che, in linea di principio, i servizi pubblici locali devono essere gestiti a livello provinciale, spetta al giudice del rinvio esaminare se il legislatore regionale ha esposto le ragioni per cui aveva ritenuto preferibile organizzare il futuro servizio di trasporto a livello regionale e non pi a livello provinciale. Infine, vista la libert dellamministrazione aggiudicatrice nel valutare le proprie necessit, non pu essere escluso a priori che la scelta della Regione di organizzare i servizi di trasporto a livello regionale fosse legittima, in quanto, ad esempio, rispondeva a considerazioni di carattere economico, quali la volont di realizzare economie di scala. 58 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che sia larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dellamministrazione aggiudicatrice relative a una procedura dappalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poich la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato lappalto in questione. Tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui investito, se lapplicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati. sulle spese 59 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: sia larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/Cee del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, dell11 dicembre 2007, sia larticolo 1, pa RASSEgNA AvvOCATURA DELLO STATO - N. 3/2018 ragrafo 3, della direttiva 92/13/Cee del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonch degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dellamministrazione aggiudicatrice relative a una procedura dappalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poich la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato lappalto in questione. tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui investito, se lapplicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati. Contenziosonazionale Compensatio lucri cum damno Cassazione Civile, sezioni Unite, sentenza 22 maggio 2018 n. 12565 Gaetana Natale* Il tema della compensatio lucri cum damno pone sia i giudici che gli avvocati di fronte ad un problema basilare nellambito della tematica della responsabilit civile, ossia quello di definire cosa effettivamente il danno risarcibile. Il principio della compensatio lucri cum damno o dellaliunde perceptum (principio non previsto nelle fonti romane, ma elaborato per la prima volta in una glossa di Bartolo e poi dalla pandettistica) non sancito espressamente in uno specifico articolo del codice civile italiano del 1942 (contrariamente al codice tedesco, 249 BGB Schadensersatz), ma risponde ex art. 1223 c.c. ad una logica redistributiva degli effetti positivi e negativi scaturente non solo dal fatto illecito produttivo del danno ma anche dallinadempimento qualificato in tema di responsabilit contrattuale. Occorre allora chiedersi in una prospettiva valoriale se la compensatio sia un principio generale o se sia solo una regola operazionale, ossia una tecnica di liquidazione del danno. Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con ben quattro sentenze nn. 12564, 12565, 12566, 12567 pubblicate il 22 maggio 2018 hanno cercato di chiarire in quali casi e in che termini sia possibile o meno sottrarre (*) Avvocato dello Stato. Lo studio riprende - e qui ampiamente sviluppa alla luce della sentenza n. 12565/2018 resa dalle Sez. Un. della Cassazione -la questione o meglio la individuazione della attuale portata del principio della compensatio lucri cum damno gi affrontata dallAutrice nellintervento al convegno Per un osservatorio del contenzioso come strumento di qualit normativa. Contenimento della spesa pubblica e sviluppo economico tenutosi in Roma, Avvocatura Generale dello Stato, 24 maggio 2018. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 dal complessivo importo dovuto al danneggiato a titolo di risarcimento del danno gli emolumenti di carattere indennitario versati dagli assicuratori privati o sociali ovvero da enti pubblici, specie previdenziali. In particolare con la sentenza n. 12565/2018 la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato la seguente questione specifica: se, nella liquidazione del danno da fatto illecito, dal computo del pregiudizio sofferto dalla compagnia aerea titolare del velivolo abbattuto nel disastro aviatorio di Ustica, andava defalcato quanto essa avesse ottenuto a titolo di indennizzo assicurativo per la perdita dellaereoplano. Nella motivazione della suddetta sentenza la Suprema Corte di legittimit ripercorre i precedenti orientamenti giurisprudenziali: < secondo un primo indirizzo indennit assicurativa e risarcimento del danno sono cumulabili se lassicuratore non esercita la surrogazione: poich la surrogazione, ai sensi dellart. 1916 c.c., non un effetto automatico del pagamento dellindennit, ma una facolt il cui esercizio dipende dallassicuratore, qualora costui non si avvalga di tale facolt, il danneggiato pu agire per il risarcimento del danno nei confronti del terzo responsabile senza che questi, estraneo al rapporto di assicurazione, possa opporgli lavvenuta riscossione dellindennit assicurativa secondo tale orientamento, il cumulo di indennizzo e risarcimento non precluso dal principio della compensatio lucri cum damno, destinato a trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti, e, quindi, non operante allorch lassicurato riceva dal- lassicuratore contro i danni il relativo indennizzo a causa del fatto illecito del terzo. tale prestazione ripete, infatti, la sua fonte e la sua ragione giuridica dal contratto di assicurazione e cio da un titolo diverso ed indipendente dal- lillecito stesso, il quale costituisce soltanto la condizione, perch questo titolo spieghi la sua efficacia, senza che il correlativo effetto di incremento patrimoniale eventualmente conseguito dallassicurato possa incidere sul quantum del risarcimento dovuto dal danneggiante secondo un opposto orientamento-espresso da Cass. sez. iii, 11 giugno 2014 n. 13233, in un caso di assicurazione contro gli infortuni non mortali indennit assicurativa e risarcimento del danno assolvono ad unidentica funzione risarcitoria e non possono cumulativamente convivere: la percezione dellindennizzo, da parte del danneggiato, elide in misura corrispondente il suo credito risarcitorio nei confronti del danneggiante, che pertanto si estingue e non pu essere pi preteso, n azionato. Come lassicuratore pu legittimamente rifiutare il pagamento dellindennizzo, ove lassicurato abbia gi ottenuto lintegrale risarcimento del danno dal responsabile, cos il responsabile del danno pu legittimamente rifiutare il pagamento del risarcimento allorch lassicurato abbia gi ottenuto il pagamento dellindennit dal proprio assicuratore privato contro i danni>. CONteNzIOSO NAzIONALe dalla lettura della motivazione si evince che la Suprema Corte di Cassazione ha sentito la necessit di esporre in maniera analitica le due tesi che tra loro si contrappongono, ossia quella dellunicit causale e quella della regolarit causale ex artt. 40 e 41 c.p. Lorientamento tradizionale (e maggioritario) della Suprema Corte di Cassazione -al quale ha sostanzialmente aderito il Giudice Amministrativo (Consiglio di Stato Ad. Plen. n. 1/2018) -aveva dato una rigorosa interpretazione del requisito dellunit (ovvero identit) della causa. Secondo cass. civ. sez. III 30 settembre 2014 n. 20548 in tema di risarcimento del danno da illecito, il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione unicamente quando sia il pregiudizio che lincremento patrimoniale siano conseguenza del medesimo fatto illecito, sicch non pu essere detratto quando gi percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilit o di reversibilit, ovvero a titolo di assegni, di equo indennizzo o di qualsiasi altra speciale erogazione connesso alla morte o allinvalidit, trattandosi di attribuzioni che si fondano su un titolo diverso dallatto illecito e non hanno finalit risarcitoria. Aveva ancora affermato Cass. civ., Sez. III, 2 marzo 2010 n. 4950 che il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione solo quando il lucro sia conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto illecito che ha prodotto il danno non potendo il lucro compensarsi con il danno se trae la sua fonte da titolo diverso: in applicazione di tale principio la Corte aveva cassato la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini della liquidazione del danno alla persona derivante da un sinistro stradale, aveva detratto dallimporto dovuto la somma versata al danneggiato dal suo datore di lavoro, in aggiunta al trattamento di fine rapporto, quale incentivo di natura contrattuale per anticipare le dimissioni, giacch, secondo i Giudici della legittimit, tale importo trae titolo dal rapporto di lavoro e non dal fatto illecito causativo del danno. In conclusione, secondo questa impostazione esegetica, affinch possa richiamarsi il principio della compensatio lucri cum damno il vantaggio deve derivare direttamente dal fatto illecito e non da fattori causativi distinti ed ulteriori, pur se questi a loro volta conseguono ope legis (ovvero ex contractu) al dato materiale del pregiudizio subito dal danneggiato: il nesso che lega illecito e vantaggio deve, quindi, essere anche materialisticamente immediato e non tollera intermediazioni eziologiche di alcun genere. Un secondo orientamento aveva, invece, sostenuto che lindennizzo eventualmente gi corrisposto al danneggiato pu essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (compensatio lucri cum damno), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo (Cass. civ., Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6573; id. Sez. vI, 24 settembre 2014 n. 20111). Questo orientamento rappresenta lapplicazione pratica del principio della indifferenza o del cd. teorema della terza (in dottrina Pardolesi, RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 Franzoni), ossia il principio secondo il quale dopo il risarcimento il patrimonio del danneggiato non deve subire mutamenti: in altri termini il risarcimento deve ricostituire il patrimonio del danneggiato nella sua configurazione originaria e non costituire arricchimento. Pi precisamente con teorema della terza si fa riferimento a quella elaborazione dottrinaria che propone una rilettura dellart. 2043 c.c. nei seguenti termini: . Alla base di tale conclusione , tra laltro, lassunto che laddove il danno sia anche elemento costitutivo di una fattispecie, di fonte normativa o negoziale, costitutiva di una provvidenza a favore del danneggiato, non pu essere negato che, alla luce dellunitaria teoria della causalit accolta nel nostro ordinamento (artt. 40 e ss. c.p.), siffatta provvidenza sia un effetto giuridico immediato e diretto della condotta che quel danno ha provocato, giacch da esso deriva secondo un processo di lineare regolarit causale. Si aggiunto (Cass. civ., Sez. I, 16 maggio 2016 n. 9978) che leventuale somma percepita dal danneggiato a titolo indennitario esclude comunque funditus la sussistenza stessa, in parte qua, di un danno: un danno indennizzato, infatti, non pi, per la parte indennizzata, tale, almeno nellorbita di un sistema di responsabilit civile come il nostro che, salvo spunti di carattere (ancora) settoriale, rifugge da intenti punitivi, sanzionatori o, comunque, latu sensu afflittivi per il danneggiante (appannaggio di altre branche dellordinamento) e si pone il solo scopo di rimediare, mediante la ricostruzione (in forma specifica o per equivalente monetario) del patrimonio del danneggiato, ad unalterazione patrimoniale o patrimonialmente valutabile della sua sfera giuridica occorsa non iure e contra ius. del resto, il cumulo di benefici di carattere indennitario, da un lato, e del risarcimento del danno, dallaltro, determinerebbe una locupletazione del danneggiato (il cui patrimonio, dopo levento di danno, risulterebbe addirittura incrementato rispetto a prima), strutturalmente incompatibile con la richiamata natura meramente reintegratoria della responsabilit civile. In conclusione, la diversit dei presupposti fra le varie provvidenze indennitarie previste dal contratto o dalla legge ed il risarcimento del danno da illecito civile (sia esso contrattuale od extracontrattuale) non giustifica quanto affermato dallorientamento tradizionale: loggettiva identit del pregiudizio, che ambedue gli istituti vanno a riparare, si sostiene, ne esclude la cumulabilit ed impone, di contro, di defalcare dalla somma dovuta a titolo di risarcimento leventuale importo riconosciuto al danneggiato in via indennitaria, che, in quanto avvinto al fatto illecito da un nesso (di carattere normativo o negoziale) di regolarit causale, n , agli affetti giuridici, conseguenza immediata e diretta nellaccezione che di essa d il diritto vivente. CONteNzIOSO NAzIONALe La particolare attenzione rivolta alle problematiche della compensatio da parte della dottrina e della giurisprudenza dovuta al fatto che oggi pi che mai la responsabilit civile una parte consistente del sistema economico- sociale di allocazione dei costi e delle risorse secondo lanalisi economica del diritto. Si pensi alla teoria della loss distribution della dottrina nord-Americana di Coleman e Fleming e alla necessit di individuare il c.d. e il , o anche alla teoria di shavell, teorie secondo le quali occorre che il risarcimento del danno, secondo una logica non solo di compensazione, ma anche di deterrente, riporti i costi sociali sulla curva di indifferenza, intesa come punto di equo contemperamento tra costi sociali e risorse economiche. La prassi delle assicurazioni contro gli infortuni ha da tempo adattato le clausole di rinuncia al diritto di surrogazione ex art. 1916 c.c. che consente il cumulo, importante driver commerciale delle polizze assicurative (vedi anche art. 142 Iv comma cod. ass. private d.lgs n. 205/09) . tutto ci induce a considerare la compensatio una regola operazionale di liquidazione del danno (comprensivo di lucro cessante e danno emergente) che non pu non tenere conto dellaliunde perceptum in una logica di correlativit stretta fra esternalit negative e positive, volendo usare un linguaggio pi economico che giuridico. La compensatio deve basarsi sullunicit, omogeneit del titolo giuridico. Il problema definire tale unicit: occorre considerare lunicit della radice causale o lomogeneit degli effetti? La risposta dipende dalla concezione che si ha della responsabilit civile: 1) compensativa, volta cio al ripristino dello status quo ante, principio dellindifferenza; 2) sanzionatoria, punitiva, secondo quanto statuito in tema di punitive damages dalla sentenza SS.UU. 5 luglio 2017 n. 16601 che ha affermato una nuova natura polifunzionale della responsabilit civile. Certamente assumono un rilievo decisivo lunicit del soggetto erogatore, del risarcimento e delleventuale indennizzo e la natura dellobbligazione volontaria o sociale. Lelemento catalizzatore di tutte le fattispecie di compensatio senzaltro il principio indennitario ex artt. 1909 c.c. e 1910 c.c. tali articoli declinano in norme positive il c.d. principio dellindifferenza del risarcimento: in altri termini il risarcimento del danno non pu rendere la vittima dellillecito n pi ricca n pi povera di quanto non fosse prima della commissione dellillecito. tale principio indennitario si desume anche dallart. 1223 c.c. (secondo cui il risarcimento deve includere solo la perdita subita e il mancato guadagno); dallart. 1149 c.c. (che prevede la compensazione tra il diritto del proprietario alla restituzione dei frutti e lobbligo di rifondere al possessore le spese per produrli); dallart. 1479 c.c. (che nel caso di vendita di cosa altrui prevede la compensazione tra il minor valore della RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 cosa e il rimborso del prezzo); art. 1592 c.c. (che prevede la compensazione del credito del locatore per i danni alla cosa con il valore dei miglioramenti). Il principio della compensatio si rinviene anche in alcune norme speciali: art. 1 comma 1 bis della l. n. 20 del 1994 (compensazione del danno causato dal pubblico impiegato con i vantaggi conseguiti dalla pubblica amministrazione), o il d.P.R. n. 327 del 2011, art. 33, comma 2 (il quale in tema di espropriazione per pubblica utilit prevede la compensabilit del credito per lindennit espropriativa col vantaggio arrecato al fondo). da tali previsioni discende la considerazione che il risarcimento non pu creare in favore del danneggiato una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dallillecito. Secondo, dunque, i sostenitori del principio dellindifferenza, il risarcimento spettante alla vittima dellillecito andr ridotto in tutti i casi in cui, senza lillecito, la percezione del vantaggio patrimoniale sarebbe stata impossibile. tale condizione ricorre anche in tutti i casi in cui il vantaggio dovuto alla vittima previsto da una norma di legge che fa dellillecito, ovvero del danno che ne derivato, uno dei presupposti di legge per lerogazione del beneficio. tale requisito sussister, dunque, di norma: a) Rispetto al credito risarcitorio per danno biologico, quando la vittima di lesioni personali abbia percepito dallINAIL lindennizzo del danno biologico, ai sensi del d.lgs 23 febbraio 2000 n. 38 art. 13; b) Rispetto al credito risarcitorio per danno patrimoniale da incapacit lavorativa, quando la vittima di lesioni personali, avendo patito postumi permanenti superiori al 16%, abbia percepito dallINAIL una rendita maggiorata, e limitatamente a tale maggiorazione; c) Rispetto al credito risarcitorio per danno patrimoniale da incapacit lavorativa, quando la vittima di lesioni personali abbia percepito dallINPS la pensione di invalidit (L. n. 118/71); d) Rispetto al credito risarcitorio per danno patrimoniale da spese mediche e dassistenza, quando la vittima di lesioni personali abbia percepito dal- lINPS lindennit di accompagnamento (l. n. 18/1980); e) Rispetto al credito risarcitorio per danno patrimoniale da perdita delle elargizioni ricevute da un parente deceduto, quando il superstite abbia percepito dallINAIL la rendita di cui al d.P.R. 30 giugno 1965 n. 124, art. 66, comma 1, n 4, ovvero una pensione di reversibilit. f) Rispetto al credito risarcitorio vantato nei confronti del Ministero della Salute per danni patrimoniali e non patrimoniali scaturenti da emotrasfusioni quando il danneggiato abbia percepito dalle Regioni lindennizzo ex L. 210/92. Si precisa che in tal caso il Ministero della Salute, trovandosi spesso nella difficolt di conoscere lesatto importo del suddetto indennizzo erogato da un altro soggetto pubblico (ASL - Regioni), nelleccepire la compensazione, si CONteNzIOSO NAzIONALe trova nella necessit di chiedere al giudice in via istruttoria lordine di esibizione documentale ex art. 210 c.p.c. I casi sopracitati sono quelli menzionati nellordinanza n. 15534 del 22 giugno 2017 della III Sez. della Cass. Civ., la quale ha precisato che Ci vale, ovviamente, anche nel caso di assicurazione contro i danni, dove il beneficio (indennizzo) ha natura contrattuale, essendo per la legge (artt. 1904 c.c. e ss.) a tipizzare il contratto in funzione del "danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro" (principio indennitario), limite coessenziale alla funzione stessa del contratto assicurativo, e rimosso il quale quest'ultimo degenererebbe in una scommessa. La suddetta ordinanza, dopo aver precisato che sul piano processuale la compensatio non uneccezione in senso stretto, ma rilevabile dufficio (Cass. S.U. 7 maggio 2013 n. 10531), sebbene non sotratta ad un onere di allegazione (Cass. 24 settembre 2014 n. 20111 e Cass. 10 maggio 2016 n. 9434) attraverso un approccio multilivello, ha chiarito che: < la regola secondo cui la stima del danno deve tener conto dei vantaggi realizzati dalla vittima, che siano conseguenza dellillecito, risulta: a) condivisa dalla Corte di giustizia dellUnione europea, la quale ha affermato che in un giudizio di responsabilit leccezione di compensatio non si pu, in via di principio, considerare infondata (Corte gius. Ce 4 ottobre 1979, Deutsche getreideverwertung in cause riunite C-241/78 ed altre); b) recepita dai principi europei di diritto della responsabilit (Principles of european tort law -Petl art. 10:103, i quali ovviamente non hanno valore normativo ma costituiscono pur sempre un utile criterio guida per linterprete>. Queste considerazioni vengono riprese nella sentenza n. 12565/2018 dove si legge testualmente: . Nel prosieguo della motivazione della sentenza n. 12565/2018 la Corte richiama le conclusioni del pubblico ministero secondo il quale sono . Lobiezione che viene mossa allapplicazione della compensatio attiene al pagamento dei premi assicurativi. Si obietta infatti che, avendo lassicurato pagato i premi, egli avrebbe comunque diritto allindennizzo in aggiunta al risarcimento, altrimenti il pagamento dei premi sarebbe sine causa. Ma il pagamento del premio in sinallagma col trasferimento del rischio e non con il pagamento dellindennizzo, altrimenti il contratto dassicurazione si trasformerebbe in una scommessa, venendo meno il requisito strutturale-funzionale del rischio che, ai sensi dellart. 1895 c.c. deve configurarsi come la possibilit di un avveramento di un evento futuro, incerto, dannoso e non voluto. La prospettiva non quella della coincidenza formale dei titoli, ma quella del collegamento funzionale tra la causa dellattribuzione patrimoniale e lobbligazione risarcitoria. Le Sezioni Unite, affermando per il caso Ustica il principio di diritto, secondo il quale , delineano nel contempo la necessit di adottare una tecnica casistica che si basi, in unottica valoriale e solidaristica ex art. 2 Cost., sul the purpose of the benefit (richiamato dai Principles of european tort Law-PetL art. 10:103), ossia sullo scopo o ragione giustificatrice del beneficio per settori di disciplina e per classi omogenee di beni/interessi giuridici protetti, al fine di approdare ad un risarcimento che rappresenti un equo ristoro delle conseguenze dannose subite dal danneggiato, ma non occasione di ingiustificato arricchimento. CONteNzIOSO NAzIONALe Cassazione civile, sezioni Unite, sentenza 22 maggio 2018 n. 12565 -Pres. G. Mammone, Rel. A. Giusti - Ministero della difesa e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (avv. gen. Stato) c. Aerolinee Itavia S.p.A. (avv. G. Alessi). RAGIONI deLLA deCISIONe (...) 4. - Sulla questione se dall'ammontare dei danni risarcibili dal danneggiante debba essere detratta l'indennit assicurativa derivante dall'assicurazione contro i danni che il danneggiato abbia percepito in conseguenza del fatto illecito, si confrontano due orientamenti. 4.1. -Secondo un primo indirizzo, indennit assicurativa e risarcimento del danno sono cumulabili se l'assicuratore non esercita la surrogazione: poich la surrogazione ai sensi del- l'art. 1916 c.c. non un effetto automatico del pagamento dell'indennit, ma una facolt il cui esercizio dipende dall'assicuratore, qualora costui non si avvalga di tale facolt, il danneggiato pu agire per il risarcimento del danno nei confronti del terzo responsabile senza che questi, estraneo al rapporto di assicurazione, possa opporgli l'avvenuta riscossione dell'indennit assicurativa. L'orientamento si fonda sul rilievo che il meccanismo surrogatorio ex art. 1916 c.c. - peculiare forma di successione a titolo particolare e di carattere derivativo dell'assicuratore nel diritto di credito del danneggiato - non opera automaticamente, cio come conseguenza del fatto puro e semplice del pagamento dell'indennit assicurativa, ma solo se e nel momento in cui l'assicuratore, dopo averla corrisposta all'assicurato-danneggiato ed avvalendosi della facolt concessagli dal codice, comunica al terzo responsabile del danno l'avvenuta solutio e manifesta contestualmente la volont di surrogarsi nei diritti dell'assicurato verso il terzo, al fine appunto di rivalersi su questo della somma pagata a quello. Prima della comunicazione al responsabile del danno, da parte dell'assicuratore, della volont di avvalersi del diritto di surrogazione, non si verifica, per effetto della corresponsione dell'indennit, alcuna sostituzione nel diritto di credito del danneggiato, il quale, ancorch abbia gi riscosso l'indennizzo, pu dunque agire nei confronti del responsabile del danno e per i ristoro integrale di esso. Soltanto se l'assicurato si avvale della facolt di surrogarsi nei diritti del danneggiato si ha la conseguenza che, da tale momento e per la somma corrispondente alla riscossa indennit, l'assicurato non pi legittimato a pretendere dal terzo il risarcimento del danno, essendosi la relativa legittimazione trasferita, nei limiti derivanti dalla surrogazione, all'assicuratore. Secondo tale orientamento, il cumulo di indennizzo e risarcimento non precluso dal principio della compensatio lucri cum damno, destinato a trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti, e, quindi, non operante allorch l'assicurato riceva dall'assicuratore contro i danni il relativo indennizzo a causa del fatto illecito del terzo. tale prestazione ripete infatti la sua fonte e la sua ragione giuridica dal contratto di assicurazione e cio da un titolo diverso ed indipendente dall'illecito stesso, il quale costituisce soltanto la condizione perch questo titolo spieghi la sua efficacia, senza che il correlativo effetto di incremento patrimoniale eventualmente conseguito dall'assicurato possa incidere sul quantum del risarcimento dovuto dal danneggiante. Questo indirizzo, tradizionalmente seguito nella giurisprudenza di questa Corte, ha avuto per lungo tempo applicazione incontrastata (Cass., Sez. I, 23 ottobre 1954, n. 4019; Cass., Sez. III, 29 marzo 1968, n. 971; Cass., Sez. III, 7 aprile 1970, n. 961; Cass., Sez. III, 8 settembre 1970, n. 1347; Cass., Sez. I, 9 dicembre 1971, n. 3562; Cass., Sez. III, 21 agosto 1985, RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 n. 4473; Cass., Sez. III, 26 febbraio 1988, n. 2051; Cass., Sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1135; Cass., Sez. III, 23 dicembre 2003, n. 19766). esso ha ricevuto l'avallo delle Sezioni Unite: le quali - chiamate a risolvere la questione se sia di valore o di valuta il credito fatto valere dall'assicuratore ai sensi dell'art. 1916 c.c. - con la sentenza 13 marzo 1987, n. 2639, hanno incidentalmente riconosciuto come assolutamente univoco l'indirizzo a favore del cumulo della posta risarcitoria per il danneggiato-assicurato che abbia gi riscosso l'indennizzo assicurativo, e ci sino a quando il diritto potestativo di surroga non sia stato fatto valere dall'assicuratore. 4.2. - Secondo un opposto orientamento - espresso da Cass., Sez. III, 11 giugno 2014, n. 13233, in un caso di assicurazione contro gli infortuni non mortali - indennit assicurativa e risarcimento del danno assolvono ad un'identica funzione risarcitoria e non possono cumulativamente convivere: la percezione dell'indennizzo, da parte del danneggiato, elide in misura corrispondente il suo credito risarcitorio nei confronti del danneggiante, che pertanto si estingue e non pu essere pi preteso, n azionato. Come l'assicuratore pu legittimamente rifiutare il pagamento dell'indennizzo ove l'assicurato abbia gi ottenuto l'integrale risarcimento del danno dal responsabile, cos il responsabile del danno pu legittimamente rifiutare il pagamento del risarcimento allorch l'assicurato abbia gi ottenuto il pagamento dell'indennit dal proprio assicuratore privato contro i danni. L'indirizzo muove dalla premessa che la diversit dei titoli in base ai quali l'assicuratodanneggiato pu vantare da un lato l'indennizzo e dall'altro il risarcimento, non consente di superare il principio indennitario, e dal rilievo che con il cumulo di indennizzo e risarcimento, non giustificato dal pagamento del premio, l'assicurato verrebbe ad avere un interesse positivo all'avverarsi del sinistro. Secondo questa linea ricostruttiva, per effetto del pagamento dell'indennizzo assicurativo, il diritto al risarcimento si trasferisce dall'assicurato-danneggiato all'assicuratore, con la conseguenza che, a seguito della surrogazione, l'assicurato non pi titolare del credito risarcitorio e non pu esigerne il pagamento dal terzo danneggiante. L'impossibilit, per l'assicurato, di cumulare indennizzo e risarcimento poggia inoltre sul principio di integralit del risarcimento, in virt del quale il danneggiato non pu, dopo il risarcimento, trovarsi in una condizione patrimoniale pi favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito: sicch, nell'ipotesi in cui il danneggiato percepisca l'indennizzo assicurativo prima del risarcimento del danno, l'obbligo risarcitorio del terzo responsabile viene meno in quanto l'intervento dell'assicuratore ha eliso (in tutto o in parte) il pregiudizio patito dal danneggiato stesso, e non si pu pretendere il risarcimento di un danno che non c' pi. In base a questo orientamento, la surrogazione dell'assicuratore non interferisce in alcun modo con il problema dell'esistenza del danno, e quindi con il principio indennitario: abbia o non abbia l'assicuratore rinunciato alla surroga, non pu essere risarcito il danno inesistente ab origine o non pi esistente, ed il danno indennizzato dall'assicuratore un danno che ha cessato di esistere dal punto di vista giuridico dal momento in cui la vittima ha percepito l'indennizzo e fino all'ammontare di questo. 4.2.1. - Il Collegio della terza Sezione rimettente prospetta come preferibile il pi recente indirizzo. Il Collegio rimettente dichiara di auspicare che il problema interpretativo che sta alla base della questione sia risolto secondo i seguenti principi: (a) alla vittima d'un fatto illecito spetta il risarcimento del danno esistente nel suo patrimonio al momento della liquidazione; (b) nella CONteNzIOSO NAzIONALe stima di questo danno occorre tenere conto dei vantaggi che, prima della liquidazione, siano pervenuti o certamente perverranno alla vittima, a condizione che il vantaggio possa dirsi causato dal fatto illecito; (c) per stabilire se il vantaggio sia stato causato dal fatto illecito deve applicarsi la stessa regola di causalit utilizzata per accertare se il danno sia conseguenza dell'illecito. Ad avviso del Collegio rimettente, a pretendere la medesimezza del titolo per il danno e per il lucro ai fini dell'operativit della compensatio anche nelle fattispecie che si caratterizzano per la presenza di rapporti giuridici trilaterali, si finirebbe per negare di fatto qualsiasi spazio all'istituto, essendo assai raro (se non impossibile) che un fatto illecito possa provocare da s solo, ossia senza il concorso di nessun altro fattore umano o giuridico, sia una perdita, sia un guadagno. Si tratterebbe invece unicamente di stabilire se il lucro costituisca o meno una conseguenza immediata e diretta del fatto illecito ai sensi dell'art. 1223 c.c. Qualificare d'altra parte molti vantaggi come occasionati e non causati dal fatto illecito sarebbe incoerente con la moderna nozione di causalit giuridica: pertanto, allorquando il fatto di danno sia anche coelemento di una fattispecie, di fonte normativa o negoziale, costitutiva di una provvidenza indennitaria a favore del danneggiato, pure siffatta provvidenza - si sostiene - rappresenta un effetto giuridico immediato e diretto della condotta che quel danno ha provocato, giacch da essa deriva secondo un processo di lineare regolarit causale. Secondo la lettura proposta nell'ordinanza di rimessione, il cumulo dei benefici, rispettivamente di carattere indennitario e risarcitorio, determinerebbe nei fatti una locupletazione del danneggiato, strutturalmente incompatibile con la natura meramente reintegratoria della responsabilit civile, tenuto conto che il risarcimento non pu creare in favore del danneggiato una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dall'illecito. Con particolare riferimento allo specifico quesito concernente la cumulabilit o meno del- l'indennit assicurativa, l'ordinanza interlocutoria osserva che nel caso di assicurazione contro i danni, dove il beneficio (indennizzo) ha natura contrattuale, per la legge (artt. 1904 c.c. e ss.) a tipizzare il contratto in funzione del danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro; e precisa che l'estinzione del diritto al risarcimento in capo all'assicurato avviene per effetto del solo pagamento dell'indennit assicurativa e non in conseguenza della surrogazione, "la quale, semmai, un effetto dell'estinzione e non la causa di essa". 5. - Come correttamente rileva l'ordinanza interlocutoria della terza Sezione, la soluzione della specifica questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite coinvolge un tema di carattere pi generale, che attiene alla individuazione della attuale portata del principio della compensatio lucri cum damno e sollecita una risposta all'interrogativo se e a quali condizioni, nella determinazione del risarcimento del danno da fatto illecito, accanto alla poste negative si debbano considerare, operando una somma algebrica, le poste positive che, successivamente al fatto illecito, si presentano nel patrimonio del danneggiato. L'ordinanza di rimessione pone questo tema a oggetto di un quesito di portata pi ampia di quello riguardante la detraibilit o meno dell'indennit di assicurazione: se la compensatio "possa operare come regola generale del diritto civile ovvero in relazione soltanto a determinate fattispecie"; "se nella liquidazione del danno debba tenersi conto del vantaggio che la vittima abbia comunque ottenuto in conseguenza del fatto illecito", percependo emolumenti versatigli non solo da assicuratori privati (come nella specie), bens anche "da assicuratori sociali, da enti di previdenza, ovvero anche da terzi, ma comunque in virt di atti indipendenti dalla volont del danneggiante". RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 tale interrogativo, al quale sottesa una richiesta indistinta e omologante di tutte le possibili evenienze legate al sopravvenire, al fatto illecito produttivo di conseguenze dannose, di benefici collaterali al danneggiato, viene esaminato dalle Sezioni Unite nei limiti della sua rilevanza: fino al punto, cio, in cui esso rappresenta un presupposto o una premessa sistematica indispensabile per l'enunciazione, a risoluzione del contrasto di giurisprudenza, di un principio di diritto legato all'orizzonte di attesa della fattispecie concreta. Questa delimitazione di ambito e di prospettiva non frutto di una scelta discrezionale del Collegio decidente, ma conseguenza che si ricollega alle funzioni ordinamentali e alle attribuzioni processuali delle Sezioni Unite, alle quali affidata, non l'enunciazione di principi generali e astratti o di verit dogmatiche sul diritto, ma la soluzione di questioni di principio di valenza nomofilattica pur sempre riferibili alle specificit del singolo caso della vita. Se ne ha una conferma nella stessa previsione dell'art. 363 c.p.c., perch anche l dove la Corte di cassazione chiamata ad enunciare un principio di diritto nell'interesse della legge, si tratta tuttavia del principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi nella risoluzione della specifica controversia. 5.1. - L'esistenza dell'istituto della compensatio, inteso come regola di evidenza operativa per la stima e la liquidazione del danno, non controversa nella giurisprudenza di questa Corte, trovando il proprio fondamento nella idea del danno risarcibile quale risultato di una valutazione globale degli effetti prodotti dall'atto dannoso. Se l'atto dannoso porta, accanto al danno, un vantaggio, quest'ultimo deve essere calcolato in diminuzione dell'entit del risarcimento: infatti, il danno non deve essere fonte di lucro e la misura del risarcimento non deve superare quella dell'interesse leso o condurre a sua volta ad un arricchimento ingiustificato del danneggiato. Questo principio desumibile dall'art. 1223 c.c., il quale stabilisce che il risarcimento del danno deve comprendere cos la perdita subita dal danneggiato come il mancato guadagno, in quanto siano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito. tale norma implica, in linea logica, che l'accertamento conclusivo degli effetti pregiudizievoli tenga anche conto degli eventuali vantaggi collegati all'illecito in applicazione della regola della causalit giuridica. Se cos non fosse - se, cio, nella fase di valutazione delle conseguenze economiche negative, dirette ed immediate, dell'illecito non si considerassero anche le poste positive derivate dal fatto dannoso -il danneggiato ne trarrebbe un ingiusto profitto, oltre i limiti del risarcimento riconosciuto dall'ordinamento giuridico (Cass., Sez. III, 11 luglio 1978, n. 3507). In altri termini, il risarcimento deve coprire tutto il danno cagionato, ma non pu oltrepassarlo, non potendo costituire fonte di arricchimento del danneggiato, il quale deve invece essere collocato nella stessa curva di indifferenza in cui si sarebbe trovato se non avesse subito l'illecito: come l'ammontare del risarcimento non pu superare quello del danno effettivamente prodotto, cos occorre tener conto degli eventuali effetti vantaggiosi che il fatto dannoso ha provocato a favore del danneggiato, calcolando le poste positive in diminuzione del risarcimento. 5.2. -Controversi sono piuttosto la portata e l'ambito di operativit della figura, ossia i limiti entro i quali la compensatio pu trovare applicazione, soprattutto l dove il vantaggio acquisito al patrimonio del danneggiato in connessione con il fatto illecito derivi da un titolo diverso e vi siano due soggetti obbligati, appunto sulla base di fonti differenti. la situazione che si verifica quando, accanto al rapporto tra il danneggiato e chi chiamato a rispondere civilmente dell'evento dannoso, si profila un rapporto tra lo stesso danneggiato ed un soggetto diverso, a sua volta obbligato, per legge o per contratto, ad erogare al primo un beneficio collaterale: si pensi all'assicurazione privata contro i danni, nella quale CONteNzIOSO NAzIONALe l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro; si considerino i benefici della sicurezza e dell'assistenza sociale, da quelli legati al rapporto di lavoro (e scaturenti dalla tutela contro gli infortuni e le malattie professionali) a quelli rivolti ad assicurare ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere una tutela assistenziale; si pensi, ancora, alle numerose previsioni di legge che contemplano indennizzi o speciali elargizioni che lo Stato corrisponde, per ragioni di solidariet, a coloro che subiscono un danno in occasione di disastri o tragedie e alle vittime del terrorismo o della criminalit organizzata. La vicenda concreta all'esame delle Sezioni Unite si colloca in quest'ambito. Sussistendo la responsabilit del terzo per il danno prodotto da un sinistro per il cui rischio il danneggiato si era in precedenza assicurato, a quest'ultimo spettano distinti diritti di credito: da un lato, il credito di risarcimento nei confronti del responsabile e, dall'altro, il credito di indennizzo nei confronti dell'assicuratore. Il duplice rapporto bilaterale quindi rappresentato, per un verso, dalla relazione creata dal fatto illecito, permeata dalla disciplina della responsabilit civile, e, per l'altro verso, dal rapporto discendente dal contratto di assicurazione. In questa ed in altre fattispecie similari si tratta di stabilire se l'incremento patrimoniale realizzatosi in connessione con l'evento dannoso per effetto del beneficio collaterale avente un proprio titolo e una relazione causale con un diverso soggetto tenuto per legge o per contratto ad erogare quella provvidenza, debba restare nel patrimonio del danneggiato cumulandosi con il risarcimento del danno o debba essere considerato ai fini della corrispondente diminuzione dell'ammontare del risarcimento. 5.3. - Restano fuori dal quesito rivolto alle Sezioni Unite le ipotesi in cui, pur in presenza di titoli differenti, vi sia unicit del soggetto responsabile del fatto illecito fonte di danni ed al contempo obbligato a corrispondere al danneggiato una provvidenza indennitaria. In queste ipotesi vale la regola del diffalco, dall'ammontare del risarcimento del danno, della posta indennitaria avente una cospirante finalit compensativa. La compensatio opera cio in tutti i casi in cui sussista una coincidenza tra il soggetto autore dell'illecito tenuto al risarcimento e quello chiamato per legge ad erogare il beneficio, con l'effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa e senza duplicazioni. Questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha infatti affermato che l'indennizzo corrisposto al danneggiato, ai sensi della L. 25 febbraio 1992, n. 210, a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto deve essere integralmente scomputato dalle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno, venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero della salute) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo (Cass., Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 584; Cass., Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6573). Alla medesima conclusione pervenuta la giurisprudenza amministrativa. Chiamato a stabilire, nell'espressione nomofilattica dell'Adunanza Plenaria, se la somma dovuta dal datore di lavoro pubblico ad un proprio dipendente per lesione della salute conseguente alla esalazione di amianto nei luoghi di lavoro sia cumulabile con l'indennizzo percepito a seguito del riconoscimento della dipendenza dell'infermit da causa di servizio ovvero se tale indennizzo debba essere decurtato dal risarcimento del danno, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1 del 2018, ha enunciato il principio di diritto secondo cui "la presenza di un'unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalit compensativa del pre RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 giudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalit giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilit, il divieto del cumulo con conseguente necessit di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario". Preme qui sottolineare i fondamentali passaggi attraverso i quali si snoda l'argomentazione che sostiene la decisione del giudice amministrativo: (a) "l'applicazione delle regole della causalit giuridica impone che venga liquidato soltanto il danno effettivamente subito dal danneggiato"; (b) "il riconoscimento del cumulo implicherebbe l'attribuzione alla responsabilit contrattuale di una funzione punitiva", giacch l'esistenza "di un solo soggetto responsabile e obbligato comporterebbe per esso l'obbligo di corrispondere una somma superiore a quella necessaria per reintegrare la sfera del danneggiato con ingiustificata locupletazione da parte di quest'ultimo": risultato, questo, non ammissibile, difettando "una espressa previsione legislativa che contempli un illecito punitivo e dunque autorizzi un rimedio sovracompensativo", non essendo nemmeno configurabile "una duplice causa dell'attribuzione patrimoniale"; (c) "nella fattispecie in esame l'accertata finalit compensativa di entrambi i titoli delle obbligazioni concorrenti e del conseguente meccanismo risarcitorio, nonch la semplicit del rapporto che evita le possibili complicazioni ricostruttive connesse al funzionamento della surrogazione, impedisce che possa operare il cumulo tra danno e indennit". 5.4. - tornando all'ambito operativo della compensatio in presenza di una duplicit di posizioni pretensive di un soggetto verso due soggetti diversi tenuti, ciascuno, in base ad un differente titolo, occorre rilevare che la prevalente giurisprudenza di questa Corte ritiene che per le fattispecie rientranti in questa categoria valga la soluzione del cumulo del vantaggio conseguente all'illecito, non quella del diffalco. Si afferma, in particolare, che la compensatio operante solo quando il pregiudizio e l'incremento discendano entrambi, con rapporto immediato e diretto, dallo stesso fatto, sicch se ad alleviare le conseguenze dannose subentra un beneficio che trae origine da un titolo diverso ed indipendente dal fatto illecito generatore di danno, di tale beneficio non pu tenersi conto nella liquidazione del danno, profilandosi in tal caso un rapporto di mera occasionalit che non pu giustificare alcun diffalco. In altri termini, la detrazione pu trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti; essa invece non opera quando il vantaggio derivi da un titolo diverso ed indipendente dall'illecito stesso, il quale costituisce soltanto la condizione perch il diverso titolo spieghi la sua efficacia (Cass., Sez. III, 15 aprile 1993, n. 4475; Cass., Sez. III, 28 luglio 2005, n. 15822). Secondo questa prospettiva, la diversit dei titoli delle obbligazioni - il fatto illecito, da un lato; la norma di legge (ad esempio, nel caso di percezione di benefici da parte di enti previdenziali, assicuratori sociali, pubbliche amministrazioni) o il contratto (ad esempio, nel caso di percezione di indennizzi assicurativi), dall'altro - costituisce una idonea causa di giustificazione delle differenti attribuzioni patrimoniali: conseguentemente, la condotta illecita rappresenta, non la causa del beneficio collaterale, ma la mera occasione di esso. 5.5. - L'ordinanza di rimessione esattamente constata che assai raro che le poste attive e passive abbiano entrambe titolo nel fatto illecito. Richiamando la nozione di causalit che si venuta sviluppando nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da tempo abbandonato la distinzione scolastica tra causa remota, causa prossima ed occasione, sostituendola con la nozione di regolarit causale (Cass., Sez. III, 13 settembre 2000, n. 12103), l'ordinanza pro CONteNzIOSO NAzIONALe pone di superare l'inconveniente di una interpretazione "asimmetrica" dell'art. 1223 c.c.: una interpretazione che, quando si tratta di accertare il danno, ritiene che il rapporto fra illecito ed evento pu anche non essere diretto ed immediato (Cass., Sez. III, 21 dicembre 2001, n. 16163; Cass., Sez. III, 4 luglio 2006, n. 15274), mentre esige al contrario che lo sia, quando passa ad accertare il vantaggio per avventura originato dal medesimo fatto illecito. 5.6. - Le Sezioni Unite ritengono che la sollecitazione a compiere la verifica in tema di assorbimento del beneficio nel danno in base a un test eziologico unitario, secondo il medesimo criterio causale prescelto per dire risarcibili le poste dannose, non possa spingersi fino al punto di attribuire rilevanza a ogni vantaggio indiretto o mediato, perch ci condurrebbe ad un'eccessiva dilatazione delle poste imputabili al risarcimento, finendo con il considerare il verificarsi stesso del vantaggio un merito da riconoscere al danneggiante. Cos, non possono rientrare nel raggio di operativit della compensatio i casi in cui il vantaggio si presenta come il frutto di scelte autonome e del sacrificio del danneggiato, come avviene nell'ipotesi della nuova prestazione lavorativa da parte del superstite, prima non occupato, in conseguenza della morte del congiunto. Allo stesso modo, nel determinare il risarcimento del danno, non sono computabili gli effetti favorevoli derivanti dall'acquisto dell'eredit da parte degli eredi della vittima: la successione ereditaria, infatti, legata non gi al fatto di quella morte, bens al fatto della morte in generale, che si sarebbe verificata (anche se in un momento successivo) in ogni caso, a prescindere dall'illecito. Si tratta di un esito interpretativo che discende pianamente dall'insegnamento della dottrina, la quale ha evidenziato che le conseguenze vantaggiose, come quelle dannose, possono computarsi solo finch rientrino nella serie causale dell'illecito, da determinarsi secondo un criterio adeguato di causalit, sicch il beneficio non computabile in detrazione con l'applicazione della compensatio allorch trovi altrove la sua fonte e nell'illecito solo un coefficiente causale. 5.7. - Nei casi appena indicati il criterio del nesso causale funge realmente da argine al- l'operare dello scomputo da compensatio. Pi in generale, il Collegio ritiene che affidare il criterio di selezione tra i casi in cui ammettere o negare il cumulo all'asettico utilizzo delle medesime regole anche per il vantaggio, finisca per ridurre la quantificazione del danno, e l'accertamento della sua stessa esistenza, ad una mera operazione contabile, trascurando cos la doverosa indagine sulla ragione giustificatrice dell'attribuzione patrimoniale entrata nel patrimonio del danneggiato. Invece, ai fini della delineazione di quel criterio di selezione, proprio da tale indagine occorre muovere, guardando alla funzione di cui il beneficio collaterale si rivela essere espressione, per accertare se esso sia compatibile o meno con una imputazione al risarcimento. un approccio ermeneutico, questo, che da tempo la scienza giuridica offre alla comunit interpretante, rilevando che la determinazione del vantaggio computabile richiede che il vantaggio sia causalmente giustificato in funzione di rimozione dell'effetto dannoso dell'illecito: sicch in tanto le prestazioni del terzo incidono sul danno in quanto siano erogate in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dal danneggiato. La prospettiva non quindi quella della coincidenza formale dei titoli, ma quella del collegamento funzionale tra la causa del- l'attribuzione patrimoniale e l'obbligazione risarcitoria. ed una linea d'indagine tanto pi ineludibile oggi, in vista di un'apertura al confronto con l'elaborazione della dottrina civilistica europea. Infatti, i Principles of european tort law, all'art. 10:103, prevedono che, nel determinare l'ammontare dei danni, i vantaggi ottenuti dal danneggiato a causa dell'evento dannoso devono RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 essere presi in considerazione, salvo che ci non sia conciliabile con lo scopo dei vantaggi (unless this cannot be reconciled with the purpose of the benefit). Analoga la direttiva seguita dal Draft Common Frame of Reference. Secondo l'art. 6:103 del libro 6, dedicato alla equalisation of benefits, i vantaggi derivanti al soggetto che abbia sofferto un danno giuridicamente rilevante in conseguenza dell'evento dannoso non debbono essere presi in considerazione nel quantificare il danno, a meno che sia giusto e ragionevole farlo, avuto riguardo al tipo di danno sofferto, alla natura della responsabilit addebitata alla persona che ha causato il danno e, quando il beneficio sia erogato da un terzo, allo scopo perseguito conferendo il beneficio. Nell'una e nell'altra prospettiva, pertanto, si ben lontani dal suggerire una regola categoriale destinata ad operare in modo "bilancistico": c', piuttosto, l'invito ad instaurare un confronto tra il danno e il vantaggio che di volta in volta viene in rilievo, alla ricerca della ragione giustificatrice del beneficio collaterale e, quindi, di una ragionevole applicazione del diffalco. La selezione tra i casi in cui ammettere o negare il diffalco deve essere fatta, dunque, per classi di casi, passando attraverso il filtro di quella che stata definita la "giustizia" del beneficio e, in questo ambito, considerando la funzione specifica svolta dal vantaggio. Cos, nel caso di assicurazione sulla vita, l'indennit si cumula con il risarcimento, perch si di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato sopportando l'onere dei premi, e l'indennit, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed corrisposta per un interesse che non quello di beneficiare il danneggiante. 5.8. - Una verifica per classi di casi si impone anche per accertare se l'ordinamento abbia coordinato le diverse risposte istituzionali, del danno da una parte e del beneficio dall'altra, prevedendo un meccanismo di surroga o di rivalsa, capace di valorizzare l'indifferenza del risarcimento, ma nello stesso tempo di evitare che quanto erogato dal terzo al danneggiato si traduca in un vantaggio inaspettato per l'autore dell'illecito. Solo attraverso la predisposizione di quel meccanismo, teso ad assicurare che il danneggiante rimanga esposto all'azione di "recupero" ad opera del terzo da cui il danneggiato ha ricevuto il beneficio collaterale, potr aversi detrazione della posta positiva dal risarcimento. Se cos non fosse, se cio il responsabile dell'illecito, attraverso il non-cumulo, potesse vedere alleggerita la propria posizione debitoria per il solo fatto che il danneggiato ha ricevuto, in connessione con l'evento dannoso, una provvidenza indennitaria grazie all'intervento del terzo, e ci anche quando difetti la previsione di uno strumento di riequilibrio e di riallineamento delle poste, si avrebbe una sofferenza del sistema, finendosi con il premiare, senza merito specifico, chi si comportato in modo negligente. Non corrisponde infatti al principio di razionalit-equit, e non coerente con la poliedricit delle funzioni della responsabilit civile (cfr. Cass., Sez. U., 5 luglio 2017, n. 16601), che la sottrazione del vantaggio sia consentita in tutte quelle vicende in cui l'elisione del danno con il beneficio pubblico o privato corrisposto al danneggiato a seguito del fatto illecito finisca per avvantaggiare esclusivamente il danneggiante, apparendo preferibile in tali evenienze favorire chi senza colpa ha subito l'illecito rispetto a chi colpevolmente lo ha causato. e stabilire quando accompagnare la previsione del beneficio con l'introduzione di tale meccanismo di surrogazione o di rivalsa, il quale consente al terzo di recuperare le risorse impiegate per erogare una provvidenza che non rinviene il proprio titolo nella responsabilit risarcitoria, una scelta che spetta al legislatore. Ad esso soltanto compete, in definitiva, trasformare quel duplice, ma separato, rapporto bilaterale in una relazione trilaterale, cos apprestando le condizioni per il dispiegamento dell'operazione di scomputo. CONteNzIOSO NAzIONALe , questa, l'indicazione di sistema che giunge anche dal rappresentante dell'Ufficio del pubblico ministero, il quale, nel rifiutare la prospettiva "totalizzante" del computo nella stima del danno di vantaggi che, prima della liquidazione, siano pervenuti o certamente perverranno alla vittima, ha delineato "i due presupposti essenziali per poter svolgere la decurtazione del vantaggio": accanto al contenuto, "per classi omogenee o per ragioni giustificatrici", del vantaggio, la previsione, appunto, di un meccanismo di surroga, di rivalsa o di recupero, che "instaura la correlazione tra classi attributive altrimenti disomogenee". Cos, in tutti i casi in cui sia una norma legislativa ad attribuire, "senza regolare l'eventuale rapporto con il tema risarcitorio", un vantaggio collaterale (si pensi agli interventi, in nome della solidariet nazionale, con provvidenze ed elargizioni, in favore di individui e comunit a fronte di eventi catastrofici o disastri suscettibili di essere ascritti a condotte non iure e contra ius di soggetti terzi), il giudice della responsabilit civile non potrebbe procedere, tout court, ad effettuare l'operazione compensativa o di defalco. Se cos facesse, egli vanificherebbe il senso pi profondo della previsione normativa costituente il titolo dell'attribuzione, che risiede nell'assunzione da parte della generalit del carico di determinati svantaggi subiti dal o dai soggetti danneggiati, non nella volont di premiare chi si comportato in modo negligente o di alleggerire la sua posizione debitoria. 6. -date queste premesse e venendo, dunque, alla specifica questione oggetto del contrasto, occorre innanzitutto considerare che, nell'assicurazione contro i danni, l'indennit assicurativa erogata in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dall'assicurato in conseguenza del verificarsi dell'evento dannoso: essa soddisfa, neutralizzandola in tutto o in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilit risarcitoria del terzo autore del fatto illecito. Quando si verifica un sinistro per il quale sussiste la responsabilit di un terzo, al danneggiato che si era assicurato per tale eventualit, competono due distinti diritti di credito che, pur avendo fonte e titolo diversi, tendono ad un medesimo fine: il risarcimento del danno provocato dal sinistro all'assicurato-danneggiato. 6.1. -tali diritti sono per concorrenti, giacch -come stato rilevato in dottrina -ciascuno di essi rappresenta, sotto il profilo funzionale, un mezzo idoneo alla realizzazione del medesimo interesse, che quello dell'eliminazione del danno causato nel patrimonio dell'assicurato- danneggiato per effetto della verificazione del sinistro, sicch l'assicurato-danneggiato non pu pretendere dal terzo responsabile e dall'assicuratore degli indennizzi che nel totale superino i danni che il suo patrimonio ha subito. Infatti, dato il carattere sussidiario dell'obbligazione assicurativa, quando il danneggiato, prima di percepire l'indennizzo assicurativo, ottiene il risarcimento integrale da parte del responsabile, cessa l'obbligo di indennizzo dell'assicuratore (Cass., Sez. II, 25 ottobre 1966, n. 2595); se invece l'assicuratore a indennizzare per primo l'assicurato, quando il risarcimento da parte del terzo responsabile non ha ancora avuto luogo, allora, ai sensi dell'art. 1916 c.c., l'assicuratore surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare dell'indennit corrisposta, nel diritto dell'assicurato verso il terzo medesimo. Bench il rapporto assicurativo nascente dal contratto ed il rapporto di danneggiamento derivante dal fatto illecito si collochino su piani diversi, tuttavia rispetto ad essi la surrogazione ex art. 1916 funge da meccanismo di raccordo, in quanto instaura ex novo una relazione diretta tra l'assicuratore che ha pagato l'indennit ed il responsabile del danno, sebbene il primo sia estraneo alla responsabilit civile derivante dall'illecito extracontrattuale, ed il secondo sia estraneo al contratto di assicurazione. La surrogazione, infatti, mentre consente all'assicuratore RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 di recuperare aliunde quanto ha pagato all'assicurato-danneggiato, impedisce a costui di cumulare, per lo stesso danno, la somma gi riscossa a titolo di indennit assicurativa con quella ancora dovutagli dal terzo responsabile a titolo di risarcimento, e di conseguire cos due volte la riparazione del pregiudizio subito. Senza la surrogazione, l'assicurato danneggiato conserverebbe l'azione di risarcimento contro il terzo autore del fatto illecito anche per l'ammontare corrispondente all'indennit assicurativa ricevuta: ma l'art. 1916 gliela toglie, perch la trasmette all'assicuratore. Il risarcimento resta tuttavia dovuto dal danneggiante per l'intero, essendo questi tenuto a rimborsare all'assicuratore l'indennit assicurativa e a risarcire l'eventuale maggior danno al danneggiato: la riscossione dell'indennit da parte dell'assicurato-danneggiato in conseguenza dell'evento dannoso non ha quindi alcuna incidenza sulla prestazione del terzo responsabile, il quale dovr risarcire, in ogni caso, l'intero danno. 6.2. - La dottrina presenta unanimit di accenti nell'individuare nella surrogazione ai sensi dell'art. 1916 c.c. -quale strumento semplificatorio della definizione dei rapporti intercorrenti, su piani diversi, tra assicuratore, assicurato e terzo responsabile - una duplice e concorrente finalit: (a) anzitutto, la salvaguardia del principio indennitario (desumibile dagli artt. 1882, 1904 e 1905 c.c., art. 1908 c.c., comma 1, art. 1909 c.c., art. 1910 c.c., comma 3), per cui la prestazione assicurativa non pu mai trasformarsi in una fonte di arricchimento per l'assicurato e determinare, in suo favore, una situazione economica pi vantaggiosa di quella in cui egli verserebbe se l'evento dannoso non si fosse verificato; (b) in secondo luogo, la conservazione del principio di responsabilit (artt. 1218 e 2043 c.c.), per cui l'autore del danno in ogni caso tenuto all'obbligazione risarcitoria, senza possibilit di vedere elisa o ridotta l'entit della relativa prestazione per effetto di una assicurazione non da lui, o per lui, stipulata. A queste finalit ne viene aggiunta spesso una terza, quella di consentire all'ente assicuratore, attraverso il recupero della perdita costituita dalla somma erogata a titolo di indennit, una riduzione dei costi di gestione del ramo e quindi, tendenzialmente, un contenimento del livello dei premi nei limiti in cui l'assicuratore sia in grado di recuperare dai terzi responsabili quanto erogato in forza dei propri impegni contrattuali. Si tratta di una impostazione condivisa dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale, nel- l'evidenziare che il congegno della surrogazione dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili costituisce applicazione del principio indennitario, sottolinea che, in forza di tale principio, un sinistro non pu diventare fonte di lucro per chi lo subisce, neppure quando l'indennizzo gli spetti a duplice titolo e da parte di soggetti diversi, e cio dal- l'assicuratore e dall'autore del danno, l'eventualit del doppio indennizzo per lo stesso danno essendo appunto scongiurata dalla surrogazione legale dell'assicuratore che ha pagato l'indennit, fino a concorrenza di essa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili (Cass., Sez. III, 29 gennaio 1973, n. 293; Cass., Sez. III, 7 giugno 1977, n. 2341; Cass., Sez. III, 7 maggio 1979, n. 2595). 6.3. -La giurisprudenza che ammette la cumulabilit, in capo all'assicurato che ha riscosso l'indennit dalla propria compagnia, dell'intero ammontare del risarcimento del danno dovuto dal terzo responsabile, muove dall'idea che, per perfezionare la vicenda successoria della surrogazione e sancire la perdita del diritto al risarcimento in capo all'assicurato, non basti il fatto oggettivo del pagamento dell'indennit, ma debba ricorrere anche il presupposto soggettivo della comunicazione, indirizzata dall'assicuratore al terzo responsabile, di avere pagato e di volersi surrogare al proprio assicurato. La surrogazione opererebbe solo se e nel momento in cui l'assicuratore comunichi al terzo responsabile l'avvenuta solutio e manifesti contestualmente la volont di surrogarsi nei diritti dell'assicurato verso il medesimo terzo, al fine appunto CONteNzIOSO NAzIONALe di rivalersi su questo della somma pagata a quello. Affinch, da potenziale che era, divenga attuale e operante, il diritto di surrogazione dell'assicuratore richiederebbe questa manifestazione di volont ad hoc da parte dell'assicuratore, perch alla sua iniziativa e disponibilit che la legge rimetterebbe il perfezionamento della successione a titolo derivativo nel diritto di credito. appunto da una tale configurazione (la surrogazione dell'assicuratore intesa, non come effetto automatico del pagamento dell'indennit, ma come facolt il cui esercizio dipende dall'assicuratore solvens) che discende il corollario per cui, qualora l'assicuratore non si avvalga di tale facolt, il pagamento dell'indennizzo lascerebbe immutato il diritto dell'assicurato di agire per ottenere l'intero risarcimento del danno nei confronti del terzo responsabile senza che questi possa opporgli in sottrazione - essendo diverso il titolo di responsabilit aquiliana rispetto alla fonte del debito indennitario gravante sull'assicuratore -l'avvenuta riscossione dell'indennit assicurativa. 6.4. - una lettura, questa, che, bench invalsa nella giurisprudenza di questa Corte e non priva di riscontri a livello dottrinale, le Sezioni Unite ritengono di non poter ulteriormente convalidare. L'art. 1916 c.c., comma 1, nel disporre che "l'assicuratore che ha pagato l'indennit surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili", collega infatti il prodursi della vicenda successoria, automaticamente, al pagamento dell'indennit assicurativa. Come emerge dal chiaro tenore testuale della disposizione, il codice condiziona il subingresso al semplice fatto del pagamento dell'indennit per quel danno di cui responsabile il terzo, senza richiedere, a tal fine, la previa comunicazione da parte dell'assicuratore della sua intenzione di succedere nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile. Il subentro non rimesso all'apprezzamento dell'assicuratore solvens. La perdita del diritto verso il terzo responsabile da parte dell'assicurato e l'acquisto da parte dell'assicuratore sono -come stato rilevato in dottrina -effetti interdipendenti e contemporanei basati sul medesimo fatto giuridico previsto dalla legge: il pagamento dell'indennit assicurativa. Questa interpretazione confermata dall'analisi dell'art. 1203 c.c., il quale, attraverso l'ampio rinvio del n. 5 ("negli altri casi stabiliti dalla legge"), suscettibile di comprendere nel- l'ambito della surrogazione legale, operante di diritto, anche questa peculiare di successione a titolo particolare nel credito, nella quale la prestazione dell'assicuratore diretta ad estinguere un rapporto diverso da quello surrogato (cfr. Cass., Sez. U., 29 settembre 1997, n. 9554). e si tratta di soluzione maggiormente in linea con la ratio della surrogazione dell'assicuratore, essendo ragionevole ritenere che, attraverso l'automaticit, il legislatore, in ossequio al principio indennitario, abbia voluto impedire proprio la possibilit per l'assicurato-danneggiato, una volta ricevuto l'indennizzo dall'assicuratore, di agire per l'intero nei confronti del terzo responsabile; laddove questo principio verrebbe incrinato se l'inerzia dell'assicuratore bastasse a determinare la permanenza, nell'assicurato indennizzato, della titolarit del credito di risarcimento nei confronti del terzo anche per la parte corrispondente alla riscossa indennit, consentendogli di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto. dunque, poich nel sistema dell'art. 1916 c.c. con il pagamento dell'indennit assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferiscono, ope legis, all'assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento o un rimbalzo di tali diritti all'assicurato per il solo fatto che l'assicuratore si astenga dall'esercitarli. d'altra parte, la permanenza del credito nel patrimonio dell'assicurato che abbia conseguito l'indennit assicurativa, abilitando il danneggiato a disporre del credito stesso e a realizzarlo, RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 si tradurrebbe in un possibile pregiudizio dell'interesse che giustifica nella legge l'assunzione dell'esclusiva titolarit del credito verso il terzo responsabile. N l'opposta tesi - che ammette la reclamabilit dell'intero risarcimento del danno in aggiunta al gi conseguito indennizzo assicurativo -si lascia preferire per il fatto che l'assicurato ha versato all'assicuratore dei regolari premi, che sarebbero altrimenti sine causa. una tesi, pervero, la quale ha trovato sostegno nella requisitoria del pubblico ministero, il quale, proprio soffermandosi sull'ipotesi del mancato esercizio della surroga da parte dell'assicuratore, ha giustificato l'"arricchimento" della vittima in ragione del "rapporto oneroso di assicurazione", essendo "irragionevole trattare allo stesso modo, sul piano risarcitorio, chi abbia e chi non abbia stipulato un rapporto assicurativo, con relativi oneri di pagamento del premio". Ad avviso del Collegio, si tratta di conclusione non condivisibile, giacch nella assicurazione contro i danni la prestazione dell'indennit non in rapporto di sinallagmaticit funzionale con la corresponsione dei premi da parte dell'assicurato, essendo l'obbligo fondamentale dell'assicuratore quello dell'assunzione e della sopportazione del rischio a fronte della obiettiva incertezza circa il verificarsi del sinistro e la solvibilit del terzo responsabile. Il pagamento dei premi, in altri termini, in sinallagma con il trasferimento del rischio, non con il pagamento dell'indennizzo. d'altra parte, se davvero l'indennit costituisse il corrispettivo del versamento all'assicuratore di regolari premi, si dovrebbe anche ammettere che, avvenuto il sinistro, l'assicurato abbia comunque titolo a reclamare l'indennit, pur quando il danno sia stato integralmente risarcito dal terzo responsabile: soluzione, questa, evidentemente non sostenibile, posto che nel caso di danno gi risarcito dal terzo cessa l'obbligo di indennizzo dell'assicuratore. 6.5. - Anche l'indagine comparatistica conferma la preferibilit della soluzione interpretativa nel senso del non-cumulo. Pronunciandosi sulla portata della L. 13 luglio 1930, art. 36, poi divenuto l'art. 121-21 del code des assurances, che reca una disposizione analoga al nostro art. 1916 c.c. ("l'assureur qui a pay l'indemnit d'assurance est subrog, jusq concurrence de cette indemnit, dans les droits et actions de l'assur contre les tiers qui, par leur fait, ont caus le dommage ayant donn lieu la responsabilit de l'assureur"), la Corte di cassazione francese, con la sentenza in data 29 aprile 1975, ha infatti stabilito che, poich in forza della legge e senza alcuna formalit i diritti dell'assicurato contro il terzo responsabile sono di pieno diritto, nella misura dell'indennizzo, trasferiti all'assicuratore, l'assicurato, una volta tacitato dall'assicuratore, non pu pi, in tale misura, esercitare contro il terzo responsabile del danno i diritti nei quali l'assicuratore si trova surrogato ("l'assur, desinteress par l'assureur en vertu du contrat d'assurance, ne peut plus, dans cette mesure, exercer contre le tiers responsable du dommage les droits dans lesquels l'assureur se trouve subrog"). 6.6. -Una ulteriore conferma della preferibilit di questa conclusione si trae dall'art. 1589 c.c. Nel caso in cui il locatore assicurato per l'incendio della casa locata, tale disposizione limita infatti la responsabilit del conduttore verso il locatore "alla differenza tra l'indennizzo corrisposto dall'assicuratore e il danno effettivo", facendo "salve in ogni caso le norme concernenti il diritto di surrogazione dell'assicuratore": ne consegue che il locatore, una volta ricevuto l'indennizzo dal proprio assicuratore, non pu agire contro il conduttore responsabile dell'incendio se non per la differenza, ma il conduttore non affatto liberato perch egli, in forza della disciplina sulla surrogazione, dovr prestare il risarcimento all'assicuratore e non al locatore. 7. -Conclusivamente, a risoluzione del contrasto di giurisprudenza, va enunciato il seguente principio di diritto: "Il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennit assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto". CONteNzIOSO NAzIONALe 8. -A tale principio si attenuta la Corte d'appello di Roma con la sentenza qui impugnata. essa ha infatti correttamente escluso che Itavia -che nel 1980 stata integralmente tacitata dal proprio assicuratore, avendo incassato da Assitalia, per la perdita dell'aeromobile, un'indennit assicurativa di lire 3.800.000.000, importo superiore al valore corrente dell'aeromobile al momento del disastro, stimato dal c.t.u. in lire 1.586.510.540 - possa poi cumulare, per lo stesso danno, la somma gi riscossa a titolo di indennit assicurativa con l'ammontare del risarcimento dovuto dai terzi responsabili, a nulla rilevando che Assitalia non abbia mai esercitato la surroga nei confronti dei Ministeri. Infatti, una volta che abbia riscosso l'indennizzo dal proprio assicuratore, il danneggiato non pu agire contro il responsabile se non per la differenza, non essendovi spazio per una doppia liquidazione a fronte di un pregiudizio identico. e poich nella specie tale indennit superiore al valore corrente dell'aeromobile al momento del disastro, essa, in assenza di prova della sua insufficienza rispetto al danno effettivo, ha effettivamente eliso, secondo l'incensurabile apprezzamento dei giudici del merito, il danno, e con esso il diritto di Itavia di ottenere, da parte delle Amministrazioni convenute, il risarcimento per la perdita dell'aeromobile. Anche il primo motivo del ricorso incidentale va, quindi, rigettato. 9. -Il primo motivo del ricorso principale dei Ministeri dichiarato inammissibile e il primo motivo del ricorso incidentale di Itavia rigettato. L'esame degli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale va rimesso alla terza Sezione civile. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale e rigetta il primo motivo del ricorso incidentale; rimette la decisione degli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale alla terza Sezione civile. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 aprile 2018. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 il diritto alloblio. Codice della privacy e trattamento dei dati per finalit di polizia Cassazione Civile, sezione PRima, oRDinanza 29 agosto 2018 n. 21362 Lordinanza della Corte di cassazione del 29 agosto 2018, n. 21362 ricostruisce il quadro normativo vigente in tema di trattamento e conservazione dei dati personali e di diritto alloblio alla luce dei principi dellUnione europea di pertinenza e di non eccedenza nonch della sopravvenuta disciplina regolamentare per lattuazione del Codice della privacy relativamente al trattamento dei dati per finalit di polizia (d.P.R. 15 gennaio 2018, n. 15). In particolare, la Corte di cassazione, in assenza di un termine massimo di conservazione dei dati sulla base della normativa previgente, ha ritenuto di applicare il sopravvenuto art. 10, comma terzo, lett. f) del citato d.P.R. n. 15 del 2018 -la cui natura sostanziale consente di estenderne lambito applicativo anche alla fattispecie esaminata - che, per le informazioni relative ad attivit di polizia giudiziaria conclusasi con provvedimento di archiviazione, fissa in venti anni dallemissione di tale provvedimento il termine per la conservazione dei dati, nella specie ancora non decorso. Wally Ferrante (*) Cassazione civile, sezione Prima, ordinanza 29 agosto 2018 n. 21362 -Pres. G. Bisogni, Rel. G. Mercolino - (omissis) (avv. d. Comito) c. Ministero dellInterno (avv. gen. Stato). FAttI dI CAUSA 1. OMISSIS convenne in giudizio il Ministero dell'interno, chiedendo la cancellazione dei suoi dati personali dagli archivi del Centro elaborazione dati Interforze istituito presso il dipartimento della Pubblica Sicurezza, direzione Centrale della Polizia Criminale, ed in subordine la trasformazione dei dati in forma anonima. A sostegno della domanda, espose che l'iscrizione, avvenuta a seguito della sua sottoposizione ad indagini penali, non era stata rimossa, con conseguente pregiudizio alla sua immagine professionale, nonostante la sua posizione fosse stata ben presto stralciata, essendo stata accertata la sua estraneit ai reati ascrittigli. Si costitu il Ministero, e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto. 1.1. Con sentenza del 24 marzo 2014, il tribunale di Roma ha rigettato la domanda. Premesso che, ai sensi degli artt. 6, primo comma, lett. a), e 7, primo comma, della legge 1 aprile 1981, n. 121, negli archivi magnetici del Ced sono conservati i dati e le informazioni ricavati da indagini di polizia o risultanti da documenti della Pubblica Amministrazione o da sentenze o provvedimenti dell'Autorit giudiziaria, e precisato che, ai sensi dell'art. 9 della medesima legge, l'accesso a tali dati consentito solo per gli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dalle vigenti leggi processuali, il tribunale ha affermato (*) Avvocato dello Stato. CONteNzIOSO NAzIONALe che la cancellazione pu essere ordinata soltanto nell'ipotesi in cui si tratti di dati inesatti o illegittimamente acquisiti, mentre laddove gli stessi risultino incompleti, come nel caso in cui non si sia provveduto all'annotazione del provvedimento di archiviazione o proscioglimento, pu disporsene soltanto l'integrazione. tanto premesso, e rilevato che nella specie i dati erano stati legittimamente acquisiti, ha dato atto che, a seguito della richiesta di aggiornamento inoltrata dall'attore, il Ministero aveva prontamente proceduto all'aggiornamento dell'iscrizione, mediante l'annotazione del provvedimento di archiviazione adottato dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma il 2 aprile 2007. 2. Avverso la predetta sentenza il OMISSIS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. II Ministero ha resistito con controricorso. RAGIONI deLLA deCISIONe (...) 2.Con l'unico motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione di principi e norme di diritto, nonch l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel ritenere sufficiente l'aggiornamento dell'iscrizione con l'annotazione dell'esito delle indagini, la sentenza impugnata non ha considerato che tale adempimento risulta inidoneo ad impedire che, in occasione di ogni legittimo accesso alla banca dati per fini investigativi, il suo nominativo venga associato a quello degli altri indagati, con conseguente lesione del suo diritto alla riservatezza, oltre che della sua immagine personale e professionale. Premesso che, non essendo state emanate le disposizioni di attuazione previste dall'art. 57 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, spetta all'interprete supplire alla mancata indicazione di un termine massimo di conservazione dei dati, mediante un'interpretazione costituzionalmente orientata, rileva che la conservazione del suo nominativo a tempo indeterminato non risponde ad alcuna funzione di prevenzione o repressione dei reati, ma accresce soltanto il danno alla sua reputazione ed alla sua credibilit, essendo l'accesso consentito ai soggetti operanti nel suo stesso settore di attivit; aggiunge che la conservazione dei suoi dati personali si pone in contrasto con l'art. 54 del d.lgs. n. 196 cit., risultando eccedente e non pi pertinente ai fini investigativi, per essere venute, meno, a seguito dell'archiviazione, le ragioni di prevenzione e sicurezza sottese all'avvio delle indagini. 2.1. tanto premesso, si osserva innanzitutto che l'omessa precisazione in rubrica delle norme e dei principi giuridici di cui il ricorrente lamenta la violazione non comporta l'inammissibilit dell'impugnazione, non trattandosi di un requisito autonomo ed imprescindibile del ricorso, ma di un'indicazione volta a chiarirne il contenuto e ad identificare i limiti delle censure proposte, la cui mancanza pu incidere sull'ammissibilit delle singole doglianze soltanto se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano d'individuare le norme ed i principi asserita- mente trasgrediti (cfr. Cass., Sez. v, 20/09/ 2017, n. 21819; Cass., Sez. III, 7/11/2013, n. 25044; 16/03/2012, n. 4233). Nella specie, questi ultimi sono agevolmente identificabili in base alla illustrazione delle censure, a sostegno delle quali il ricorrente richiama la disciplina dettata dal- l'art. 54 del d.lgs. n. 196 del 2003 per il trattamento dei dati da parte delle forze di polizia ed i principi di pertinenza e non eccedenza ai quali la stessa s'ispira, nonch i criteri previsti dall'art. 57 del medesimo decreto per la definizione delle modalit di attuazione dei predetti principi, dei quali invoca l'applicazione, nonostante la mancata adozione del relativo provvedimento. 2.2. II motivo non merita peraltro accoglimento, pur dovendosi procedere, ai sensi dell'art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo risulta comunque conforme al diritto, avuto riguardo alle modificazioni normative intervenute nel corso del giudizio. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 Il trattamento dei dati personali da parte delle forze di polizia disciplinato dal Capo I del titolo II del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, il quale, nel precisare che si intendono effettuati per finalit di polizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati all'esercizio dei compiti di polizia di prevenzione dei reati, di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonch di polizia giudiziaria, svolti, ai sensi del codice di procedura penale, per la prevenzione e repressione dei reati, dispone, all'art. 53, che ai trattamenti di dati personali effettuati dal Ced del dipartimento della pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi non si applicano gli artt. 9 e 10 (modalit di esercizio dei diritti dell'interessato), 12 (codici di deontologia), 13 (informativa), 16 (cessazione del trattamento), da 18 a 22 (trattamenti effettuati dai soggetti pubblici), 37, 38, commi da 1 a 5 (notificazione del trattamento), da 39 a 45 (comunicazione, autorizzazione e trasferimento di dati verso altri Stati) e da 145 a 151 (ricorso al Garante) del codice della privacy. L'art. 54 prevede poi che i dati trattati per le finalit di cui all'art. 53 sono conservati separatamente da quelli registrati per finalit amministrative che non richiedono il loro utilizzo (comma secondo), aggiungendo che il Ced assicura l'aggiornamento periodico e la pertinenza e non eccedenza dei dati personali trattati (comma terzo), mentre l'art. 57 demanda a un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno e di concerto con il Ministro della giustizia, l'individuazione delle modalit di attuazione dei principi del d.lgs. n. 163 relativamente al trattamento dei dati effettuato dal Ced e da organi, uffici o comandi di polizia, anche ad integrazione e modifica del d.P.R. 3 maggio 1982, n. 378, e in attuazione della Raccomandazione R (87) 15 del Consiglio d'europa del 17 settembre 1987, e successive modificazioni. La tutela dell'interessato invece disciplinata dall'art. 56 con rinvio alle disposizioni dell'art. 10, commi terzo, quarto e quinto, della legge 10 aprile 1981, n. 121, i quali consentono alla persona alla quale si riferiscono i dati di chiedere alla direzione centrale della polizia criminale la conferma dell'esistenza dei dati che la riguardano, la loro comunicazione in forma intellegibile e, se i dati risultano trattati in violazione di vigenti disposizioni di legge o di regolamento, la loro rettifica, integrazione, cancellazione o trasformazione in forma anonima. tali disposizioni, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, non stabilivano alcun termine per la conservazione dei dati acquisiti dalle forze di polizia e confluiti negli archivi del Ced, limitandosi a prevederne la rettifica, l'integrazione, la cancellazione o la trasformazione in forma anonima nei soli casi in cui gli stessi risultassero inesatti o incompleti ovvero acquisiti o trattati illegittimamente. In tal senso era orientato anche il d.P.R. n. 378 del 1982, che, nel disciplinare l'acquisizione ed il trattamento delle informazioni e dei dati da parte del Ced e le modalit di accesso agli stessi da parte delle forze di polizia, dell'Autorit giudiziaria e di altri soggetti specificamente individuati, ne prevedeva la rettifica, l'integrazione o la cancellazione in caso di violazione dell'art. 7 della legge n. 121 cit. oppure in caso di erroneit o incompletezza (artt. 18 e ss.), senza nulla disporre in ordine alla durata della conservazione, ma limitandosi a demandare alla Commissione tecnica prevista dall'art. 8, terzo comma, della medesima legge n. 121 la fissazione dei termini per la conservazione dei documenti contenenti le informazioni e dati immessi negli archivi magnetici del Ced (art. 4), nonch l'individuazione dei criteri e delle modalit tecniche per il controllo e la conservazione dei dati e delle informazioni. Alla stregua di queste ultime disposizioni, questa Corte, pronunciandosi in sede penale, aveva escluso la possibilit di disporre la cancellazione o l'integrazione dei dati nel caso in cui fosse stato accertato che gli stessi erano esatti e completi nel contenuto, nonch, al momento della raccolta, di provenienza legittima e rapportati agli scopi del Ced, e quindi atti CONteNzIOSO NAzIONALe nenti all'attivit di polizia di sicurezza e giudiziaria, precisando che al proprio sindacato restava estranea ogni valutazione inerente alle vicende successive all'acquisizione dei dati (cfr. Cass. pen., Sez. III, 5/04/1989, Barresi). La legittimit dell'acquisizione era stata ritenuta idonea a giustificare il diniego della cancellazione anche nell'ipotesi in cui, come nella specie, le informazioni si riferissero a procedimenti penali o di prevenzione conclusisi con decisioni giudiziarie favorevoli all'interessato, riconoscendosi a quest'ultimo, in tal caso, soltanto il diritto ad ottenere l'integrazione dei dati con l'annotazione della decisione, ove non si fosse provveduto alla stessa (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 25/09/1997, n. 3000, Fontana; Cass. pen., Sez. I, 26/02/ 1996, n. 1232, Somma). La cancellazione era stata ritenuta infine illegittima nel caso di assoluzione con formula dubitativa intervenuta in epoca anteriore all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, con la precisazione che neppure la sopravvenienza dell'art. 530 di quest'ultimo, che ha soppresso la formula assolutoria per insufficienza di prove, poteva considerarsi idonea a giustificare l'accoglimento della relativa istanza, avuto riguardo alla legittima acquisizione del dato (cfr. Cass. pen., Sez. II, 11/02/1994, Moretti). In una prospettiva pi ampia, si era poi negata la stessa configurabilit di una lesione del diritto alla riservatezza in riferimento al trattamento delle informazioni da parte di banche dati gestite da soggetti pubblici, a meno che non sussistesse il pericolo che terzi non autorizzati ne venissero a conoscenza: in ordine ai dati raccolti dal Ced del Ministero dell'interno, si era quindi affermato che, poich il rischio di divulgazione all'esterno era limitato all'eventualit che le altre parti di un procedimento giurisdizionale o amministrativo venissero in contatto con gli stessi, soltanto in tal caso poteva riconoscersi all'interessato una tutela giurisdizionale in via ordinaria, destinata ad aggiungersi a quella amministrativa (cfr. Cass. pen., 15/ 11/1990, dello Jacono); e si era conseguentemente limitata la proponibilit dell'istanza di integrazione o cancellazione ai dati suscettibili di utilizzazione a carico dell'interessato nell'ambito di procedimenti giurisdizionali o amministrativi ancora in corso, escludendosene invece l'ammissibilit allorquando, come nel caso in esame, potesse ritenersi esaurita la potenziale incidenza del dato sul procedimento, risultando quest'ultimo ormai definito (cfr. Cass., pen., Sez. v1, 14/07/1994, Menoncello; Cass. pen., Sez. v, 22/10/1985, Car; contra, peraltro, Cass. pen., Sez. I, 14/04/1986, Mussini). L'ottica ispiratrice di tali orientamenti ha peraltro subto rilevanti modificazioni per effetto delle norme comunitarie in tema di trattamento dei dati personali (cfr. direttiva n. 95/46/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995, direttiva n. 2002/58/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002), nonch dell'entrata in vigore dapprima della legge 31 dicembre 1996, n. 675 ed in seguito del d.lgs. n. 196 del 2003, che vi hanno dato attuazione nell'ordinamento interno: tali disposizioni, imponendo rigorosi limiti all'acquisizione ed alla conservazione dei dati, sotto il profilo non solo della pertinenza e non eccedenza degli stessi rispetto alle finalit del trattamento, ma anche della persistenza del relativo interesse, hanno infatti contribuito a far emergere la figura del C.d. diritto all'oblio, inteso come interesse della persona ad evitare la divulgazione di informazioni che la riguardano, ove la relativa conoscenza da parte di terzi non possa ritenersi ulteriormente giustificata da un interesse attuale, avuto riguardo alla rilevanza pubblica o privata della vicenda cui i dati si riferiscono, al tempo dello svolgimento dei fatti ed al ruolo che l'interessato vi ha svolto, nonch alla posizione dallo stesso rivestita all'epoca dei fatti ed all'attualit (cfr. tra le pi recenti, Corte di giustizia Ue, 13/05/2014, C-131/12, Google Spain c. Agencia espaola de Proteccin de datos; Cass. pen., 7/07/2016, n. 39452; Cass., Sez. I, 24/06/2016, n. 13161; Cass., Sez. III, 26/06/2013, n. 16111; 5/04/2012, n. 5525). RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 Nell'ordinamento dell'Unione europea, il predetto diritto ha trovato definitiva consacrazione nell'art. 17 del regolamento Ue n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, il quale riconosce all'interessato la facolt di ottenere senza ingiustificato ritardo la cancellazione dei dati che lo riguardano non solo in caso di revoca del consenso, opposizione, trattamento illecito, offerta ai minori di servizi d'informazione o esistenza di obblighi previsti dal diritto comunitario o interno, ma anche nel caso in cui i dati stessi non siano pi necessari per le finalit per le quali sono stati raccolti o trattati. Nell'ordinamento interno, la medesima facolt invece desumibile dai principi di pertinenza e non eccedenza sanciti dapprima nell'art. 9 della legge n. 675 del 1996 ed attualmente nell'art. 11, comma primo, lett. d) ed e), del d.lgs. n. 196 del 2003, secondo cui i dati personali oggetto di trattamento devono essere pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalit per le quali sono raccolti o successivamente trattati, nonch conservati in una forma che consenta l'identificazione del- l'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati. tale disposizione si applica anche al trattamento per finalit di polizia, in riferimento al quale, come si detto, l'art. 57 del codice demanda ad un apposito decreto del Presidente della Repubblica l'individuazione delle modalit di attuazione dei predetti principi, indicando, tra i criteri ispiratori di tale operazione, a) l'esigenza che la raccolta dei dati sia correlata alla specifica finalit perseguita, in relazione alla prevenzione di un pericolo concreto o alla repressione di reati, b) l'aggiornamento periodico dei dati, c) l'individuazione di specifici termini di conservazione dei dati in relazione alla natura degli stessi o agli strumenti utilizzati per il loro trattamento, nonch alla tipologia dei procedimenti nell'ambito dei quali essi sono trattati o i provvedimenti sono adottati, d) alla comunicazione ad altri soggetti e e) all'uso di particolari tecniche di elaborazione e di ricerca delle informazioni. La determinazione delle predette modalit, a lungo attesa, ha avuto luogo, in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione, con il d.P.R. 15 gennaio 2018, n. 15, recante il regolamento per l'attuazione dei principi del codice della privacy relativamente al trattamento dei dati effettuato per finalit di polizia: nel recepire i criteri dettati dal d.lgs. n. 196 del 2003 e dalla Raccomandazione n. R (87) 15 del Consiglio d'europa del 17 settembre 1987, esso ha ribadito i principi di completezza, pertinenza, non eccedenza ed aggiornamento dei dati (art. 4), regolando le modalit di acquisizione, trattamento e accesso (artt. 5-9, 26 e ss.), imponendo l'adozione di misure di sicurezza volte a ridurre i rischi di perdita, accesso non autorizzato o trattamento non consentito (art. 25), stabilendo limiti alla diffusione, nonch alla comunicazione a soggetti pubblici ed anche nei rapporti tra organi di polizia (artt. 12-15), disciplinandone il trasferimento tra gli Stati (artt. 16-21) e, da ultimo, introducendo un'articolata regolamentazione dei termini per la loro conservazione (art. 10). tale disciplina, ispirata al principio secondo cui i dati oggetto di trattamento sono conservati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario per il conseguimento delle finalit di polizia (comma primo), imperniata, per i dati soggetti a trattamento automatizzato, sulla fissazione di termini massimi correlati alla natura dei provvedimenti o dette attivit alle quali si riferiscono (comma terzo), ed aumentati di due terzi in casi specificamente previsti (comma quarto); per i dati non soggetti a trattamento automatizzato, la norma rinvia invece ai termini previsti dalle disposizioni sullo scarto dei documenti d'archivio delle pubbliche amministrazioni, se superiori (comma sesto); essa precisa infine che i dati personali soggetti a trattamento automatizzato, trascorsa la met del tempo massimo di conservazione, se uguale o superiore a quindici anni, sono accessibili ai soli operatori a ci abilitati e designati, incaricati del trattamento secondo CONteNzIOSO NAzIONALe profili di autorizzazione predefiniti in base alle indicazioni del capo dell'ufficio o del comandante del reparto e in relazione a specifiche attivit informative, di sicurezza o di indagine di polizia giudiziaria (comma secondo). Le norme citate costituiscono il risultato di un difficile bilanciamento tra linteresse collettivo all'esercizio dei compiti di prevenzione e repressione dei reati e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, sotteso all'acquisizione ed al trattamento di informazioni da parte delle forze di polizia, e quello individuale alla tutela della propria sfera di riservatezza, che, come sopra ricordato, trova espressione non solo nell'esigenza di garantire la correttezza, la completezza e l'aggiornamento dei dati trattati, nonch di assicurare che l'acquisizione, la comunicazione e la diffusione degli stessi abbiano luogo conformemente alle finalit del trattamento, ma anche nella possibilit di ottenerne la cancellazione allorch debbano ritenersi venute meno le finalit che ne giustificano la conservazione. La lunghezza dei termini a tal fine previsti, in ordine alla quale il Garante per la protezione dei dati personali ha ripetutamente manifestato perplessit (cfr. pareri n. 86 del 2 marzo 2017 e n. 337 del 26 luglio 2017), trova infatti uno specifico temperamento nelle restrizioni imposte all'accessibilit delle informazioni, ove sia trascorsa la met del tempo prescritto, e nelle precauzioni da adottarsi in via generale per la conservazione dei dati e per la loro comunicazione anche tra soggetti pubblici, prima fra tutte quella prevista dall'art. 1 del regolamento, che, conformemente a quanto prescritto dall'art. 54, comma secondo, del d.lgs. n. 196, dispone la conservazione separata dei dati trattati per finalit di polizia rispetto a quelli acquisiti per finalit amministrative che non richiedono la loro utilizzazione. L'insieme di tali cautele, posto anche in relazione con la rigorosa definizione delle finalit del trattamento, con il controllo demandato al Garante (art. 29) e con la possibilit di chiedere l'intervento dell'Autorit giudiziaria (art. 28), fornisce un quadro di garanzie che consente di ritenere sostanzialmente rispettati i vincoli derivanti dalla normativa sovranazionale ed internazionale: l'art. 8 della CedU, nell'escludere l'ingerenza della pubblica autorit nella vita privata, fa infatti salvo espressamente il caso in cui tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una societ democratica, necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libert altrui; il regolamento Ue n. 2016/679, dopo aver riconosciuto al diritto del- l'Unione ed agli Stati membri la possibilit d'imporre limitazioni a specifici principi e diritti, ivi compreso quello alla cancellazione dei dati, ove ci sia necessario e proporzionato in una societ democratica per la salvaguardia della sicurezza pubblica, ivi comprese [ .. ] le attivit di prevenzione, indagine e perseguirnento di reati o l'esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica (settantatreeesimo considerando), esclude invece espressamente dal proprio ambito di applicazione materiale i trattamenti di dati personali effettuati dalle autorit competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro minacce alla sicurezza pubblica e la prevenzione delle stesse (art. 2, comma secondo, lett. d). Nell'ambito del d.P.R. n. 15 del 2018, l'art. 10, comma terzo, lett. f), si occupa specificamente delle informazioni relative ad attivit di polizia giudiziaria conclusasi con provvedimento di archiviazione, fissando in venti anni dall'emissione di tale provvedimento il termine per la conservazione dei dati: tale disposizione, la cui natura sostanziale consente di estenderne l'ambito applicativo anche a fattispecie come quella in esame, in cui l'acquisizione dei dati e la proposizione dell'istanza di cancellazione hanno avuto luogo in epoca anteriore all'entrata RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 in vigore del regolamento, impedisce di ritenere sussistenti i presupposti per l'accoglimento della domanda. Considerato infatti che, come accertato dalla sentenza impugnata, il procedimento al quale si riferiscono i dati dei quali stata chiesta la cancellazione stato archiviato con provvedimento del 2 aprile 2007, non risulta ancora decorso il ventennio prescritto dalla predetta disposizione, ma solo la met del predetto periodo, con la conseguenza che la tutela dell'interessato rimane allo stato affidata, ai sensi del comma secondo dell'art. 10, all'accessibilit dei dati da parte dei soli operatori a ci abilitati. 2. Il ricorso va pertanto rigettato. La novit della questione, mai precedentemente affrontata in riferimento al quadro normativo vigente e risolta sulla base della disciplina regolamentare sopravvenuta, giustifica peraltro la compensazione delle spese processuali tra le parti. P.Q.M. rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, d atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalit di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalit e degli altri dati identificativi del ricorrente riportati nell'ordinanza. Cos deciso in Roma il 29/05/2018. CONteNzIOSO NAzIONALe la notifica va fatta allavvocatura dello stato in caso di giudizio di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo (art. 86, d.P.R. 602/1973) Cassazione Civile, sezione teRza, sentenza 8 novembRe 2018 n. 28528 La sentenza in rassegna, in accoglimento del ricorso incidentale proposto dallAvvocatura dello Stato, ha affermato il seguente principio di diritto: limpugnazione del preavviso di fermo amministrativo previsto dall'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, avendo natura di ordinaria azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione, con la conseguenza che ad essa applicabile la previsione di cui al combinato disposto dell'art. 144, primo comma, cod. proc. civ. e dell'art. 11, primo comma, del r.d. n. 1611 del 1933, in forza del quale l'atto introduttivo del giudizio nei confronti di un'amministrazione dello stato deve essere notificato presso l'ufficio dell'avvocatura dello stato nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria competente, con esclusione della deroga prevista dagli artt. 6, comma 9, e 7, comma 8, del d.lgs. n. 150 del 2011, valevole solamente per i giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada". In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha dichiarato la nullit della notificazione dell'atto di citazione nei confronti del Ministero del- l'interno, effettuata presso le articolazioni territoriali delle Prefetture di Messina e Reggio Calabria, in un caso diverso da quelli previsti dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 150 del 2011. In particolare, la Suprema Corte ha affermato che nel giudizio di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo il prefetto non pu stare in giudizio personalmente o tramite funzionario delegato, essendo tale facolt ristretta alle sole ipotesi test menzionate. Conseguentemente, il soggetto legittimato passivo doveva essere individuato nel Ministero dell'interno (e non nella singola prefettura, che di tale Ministero costituisce una semplice articolazione territoriale) e la notificazione dell'atto di citazione doveva essere effettuata presso le Avvocature distrettuali dello Stato di Messina e Reggio Calabria. L'amministrazione non si costituita e non ha sanato il vizio, n la notificazione stata mai ritualmente rinnovata. Pertanto la Corte di cassazione ha cassato la sentenza impugnata e, riscontrata la sussistenza di una nullit del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, ha rinviato la causa ai sensi dell'art. 383, terzo comma, cod. proc. civ., al Giudice di pace di Patti. Wally Ferrante (*) (*) Avvocato dello Stato. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 Cassazione civile, sezione terza, sentenza 8 novembre 2018 n. 28528 -Pres. F. de Stefano, Rel. C. dArrigo - Riscossione Sicilia s.p.a. (avv. G. Pavone) c. Ministero interno - Ufficio territoriale del governo di Messina, Ufficio territoriale del governo di Reggio Calabria (avv. gen. Stato); C.A. (avv. Attilio Scarcella); ed altri. FAttI dI CAUSA A.C., con atto di citazione notificato il 14 ottobre 2010 all'agente di riscossione Serit Sicilia S.p.A. (ora Riscossione Sicilia S.p.A.), nonch ai Comuni di Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto e Palermo e alle Prefetture di Messina e Reggio Calabria, opponeva, ai sensi dell'art. 615 cod. proc. civ., il preavviso di fermo amministrativo di beni mobili registrati n. 29520100000662850 fondato su sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, deducendo l'omessa notifica dell'atto e, comunque, la prescrizione dei crediti. Si costituivano in giudizio l'agente di riscossione, i Comuni di Barcellona P.G. e di Milazzo e la Polizia Municipale di Palermo. Rimanevano invece contumaci il Comune di Palermo e le Prefetture di Messina e Reggio Calabria. Il Giudice di pace di Patti accoglieva l'opposizione, accertando l'illegittimit del procedimento di fermo amministrativo e annullando, conseguentemente, il relativo preavviso. La sentenza veniva appellata dalla Serit Sicilia S.p.A. Nel giudizio di appello si costituivano A.C. e i Comuni di Milazzo e Barcellona P.G. Nessuna attivit difensiva veniva svolta dal Comune di Palermo e dalle Prefetture di Messina e Reggio Calabria. Il tribunale di Patti, in funzione di giudice d'appello, rigettava il gravame e condannava l'appellante alla refusione delle spese. La decisione stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della Riscossione Sicilia S.p.A. (gi Serit Sicilia S.p.A.), per cinque motivi. La sentenza stata impugnata in via incidentale, con unico ricorso e un solo motivo, dall'Avvocatura dello Stato, quale difensore ex lege del Ministero dell'Interno e delle sue articolazioni territoriali costituite dalle Prefetture di Messina e Reggio Calabria. Hanno resistito con controricorso A.C. e il Comune di Barcellona P.G. Nessuna attivit difensiva stata svolta in questa sede dagli ulteriori intimati. RAGIONI deLLA deCISIONe 1. va esaminato anzitutto il ricorso incidentale, giacch l'accoglimento del motivo ivi dedotto determinerebbe la nullit delle sentenze di entrambi i gradi del giudizio di merito, con conseguente assorbimento delle censure proposte in via principale avverso la sentenza d'appello. In particolare, con l'unico motivo in cui si articola il ricorso incidentale, il Ministero del- l'Interno e le Prefetture di Messina e Reggio Calabria lamentano la nullit della notificazione dell'atto di citazione introduttivo del giudizio, nonch del successivo atto di appello, poich questi sono stati entrambi notificati direttamente presso le amministrazioni periferiche e non invece presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso cui dette amministrazioni sono domiciliate ex lege, ai sensi dell'art. 144 cod. proc. civ. Solamente il ricorso per cassazione stato invece notificato al Ministero dell'Interno presso l'Avvocatura dello Stato, oltre che alle due prefetture. Il motivo fondato e deve essere accolto. 2. L'esame della censura deve prendere le mosse dalla qualificazione della natura dell'opposizione proposta dal C. che, secondo quanto ricostruito dal tribunale con statuizione non impugnata sul punto, ha ad oggetto un preavviso di fermo amministrativo. tale natura dipende, a sua volta, da quella che si voglia attribuire all'atto opposto. In proposito occorre richiamare quanto ritenuto dalle Sezioni unite che, componendo il CONteNzIOSO NAzIONALe contrasto sorto in sede di regolamento di competenza, hanno concluso nel senso che il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha natura non di atto di espropriazione forzata, bens di misura puramente afflittiva volta ad indurre il debitore all'adempimento; con la conseguenza che la sua impugnativa, sostanziandosi in un'azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore (Sez. U, Ordinanza n. 15354 del 22/07/2015, Rv. 635989). In particolare, le Sezioni unite hanno puntualizzato che il fermo amministrativo deve ritenersi impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore, configurandosi, la corrispondente iniziativa giudiziaria, come un'azione di accertamento negativo della pretesa dell'esattore di eseguire il fermo, in cui al giudice adito sar devoluta la cognizione sia della misura che del merito della pretesa creditoria. Recentemente, sempre in sede di regolamento di competenza, le Sezioni unite sono tornate ad occuparsi della materia, affermando che l'impugnativa del preavviso di fermo, in quanto azione di accertamento negativo, soggetta agli stessi criteri di competenza che valgono per l'opposizione a verbale di accertamento e per l'opposizione ad ordinanza-ingiunzione (Sez. U, Sentenza n. 10261 del 27/04/2018, Rv. 648267). Per quanto riguarda il caso in esame, importante sottolineare che pure in questa occasione, in continuit con la pronuncia precedente, le Sezioni unite hanno ribadito che il preavviso di fermo amministrativo impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione, trattandosi di un'azione di accertamento negativo, la cui natura resta ferma, pertanto, sia che l'accertamento si estenda al merito della pretesa creditoria, sia che riguardi l'esistenza del diritto dell'agente di procedere alla iscrizione, sia che si contesti l'iscrizione di fermo dal punto di vista della regolarit formale dell'atto (conclusioni affermate in ordine sia all'opposizione a fermo amministrativo, sia all'opposizione al preavviso di iscrizione ipotecaria). 3. Sebbene i due precedenti siano stati pronunciati nell'ambito di ricorsi per la regolazione della competenza, il principio affermato in ordine alla qualificazione della natura del giudizio di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo stato declinato in termini talmente ampi da avere ricadute non solo sull'individuazione del giudice competente, ma anche sul piano della disciplina generale dell'azione e, quindi, della legittimazione e della rappresentanza processuali. Si tratta, peraltro, di principio non pi contrastato nei successivi arresti della giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 15143 del 22/07/2016, Rv. 641695; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 23564 del 18/11/2016, Rv. 641677). Anzi, la Corte di cassazione si spinta oltre e - in relazione all'impugnazione tanto del- l'ipoteca iscritta ai sensi dell'art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, quanto del fermo di beni mobili registrati di cui al successivo art. 86 - richiamando i princpi sopra illustrati (nonch quello posto da Sez. U, Sentenza n. 19667 del 18/09/2014, Rv. 632587, in tema di ipoteca iscritta dall'agente di riscossione), ha tratto il corollario che n l'una, n l'altro vanno contestati con i rimedi delle opposizioni esecutive, sicch all'iniziativa giudiziaria si applicano tutte le regole del processo ordinario di cognizione riferibili ad un'azione di accertamento negativo (Sez. 3, Sentenza n. 24234 del 27/11/2015, Rv. 637764). Quest'ultima decisione, a differenza delle altre gi citate, si pone oltre l'ambito specifico del regolamento di competenza ed affronta, sulle basi delle riferite premesse, il problema del- l'appellabilit della sentenza pronunciata in esito al giudizio di accertamento negativo: la non riconducibilit dell'azione alla fattispecie di cui all'art. 617 cod. proc. civ., neppure quando RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 con la stessa si contesta la regolarit formale dell'atto impugnato, esclude l'applicabilit del regime processuale speciale dell'inappellabilit dettato dall'art. 618, secondo e terzo comma, cod. proc. civ. per i giudizi di opposizione agli atti esecutivi. 4. La questione che viene ora in rilievo ha consistenza diversa da quelle finora affrontate da questa Corte. Qui non si pone un problema di competenza, n di appellabilit della sentenza. Il punto controverso se l'atto introduttivo del giudizio (erroneamente intestato come opposizione al- l'esecuzione, ma contenente, nella sostanza, una domanda di accertamento negativo) potesse essere notificato agli uffici di prefettura di Messina e Reggio Calabria o dovesse essere notificato, in osservanza di quanto disposto dall'art. 144 cod. proc. civ., alla competente Avvocatura distrettuale dello Stato. 5. va ricordato che l'art. 144 cod. proc. civ. va integrato con l'art. 11, primo comma, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 611, come modificato dall'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260, che cos dispone: tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, devono essere notificati alle amministrazioni dello stato presso l'ufficio dell'avvocatura dello stato nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria dinanzi alla quale portata la causa, nella persona del ministro competente; il successivo secondo comma aggiunge: ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono essere notificati presso l'ufficio dell'avvocatura dello stato nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza. Questa Corte ha osservato che le disposizioni in commento utilizzano espressioni di contenuto inequivoco, tali da far intendere che nelle ipotesi ivi considerate la notificazione presso l'Avvocatura dello Stato la sola praticabile (Sez. L, Sentenza n. 7315 del 16/04/2004, Rv. 572138). Sicch alla stessa possibile sottrarsi solo nelle ipotesi particolari in cui il legislatore ha inteso espressamente derogare alla regola generale posta dall'art. 11 del r.d. n. 611 del 1933. Soltanto in tali evenienze, pertanto, trover applicazione la previsione sussidiaria contenuta nell'art. 144, secondo comma, cod. proc. civ., che contempla le modalit di notificazione del- l'atto direttamente all'amministrazione destinataria. Conseguentemente stato affermato che la notificazione dell'atto introduttivo di un giudizio eseguita direttamente all'Amministrazione dello Stato e non presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, nei casi nei quali non vi deroga alla regola di cui all'art. 11 r.d. n. 1611 del 1933, non pu ritenersi affetta da mera irregolarit, ma, secondo quanto espressamente previsto da tale disposizione, da nullit, ma non anche da inesistenza. essa quindi suscettibile di rinnovazione ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ., ovvero di sanatoria, qualora l'Amministrazione si costituisca (Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21574 del 2017, non massimata). 6. Un'eccezione alla regola generale dell'obbligo di difesa - ed alla conseguente domiciliazione ex lege - delle amministrazioni statali riservata all'Avvocatura dello Stato rinvenibile nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione e a sanzione amministrativa gi regolato dagli artt. 22 ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689, e ora regolamentato dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150. In particolare, l'art. 6, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 150 del 2011, stabilisce che il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti deve essere notificato dalla cancelleria, unitamente al ricorso introduttivo, all'opponente ed all'autorit che ha emesso l'ordinanza impugnata, e che tali parti possono stare in giudizio personalmente, potendo l'autorit opposta avvalersi di funzionari appositamente delegati allorquando detta autorit sia un'amministrazione dello Stato. Ci comporta, quindi, una deroga all'art. 11, comma primo, del r.d. n. 1611 del 1933 sull'obbligatoriet della notificazione all'Avvocatura dello Stato degli atti introduttivi CONteNzIOSO NAzIONALe di un giudizio contro le amministrazioni erariali; inoltre, allorquando l'autorit opposta sia rimasta contumace ovvero si sia costituita personalmente (o tramite funzionario delegato), derogato anche il secondo comma del suddetto art. 11, che prevede la notificazione degli altri atti giudiziari e delle sentenze presso la stessa Avvocatura (Sez. U, Sentenza n. 599 del 24/08/1999, Rv. 529423; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 25080 del 07/11/2013, Rv. 628694; Sez. 2, Sentenza n. 14279 del 19/06/2007, Rv. 597909). 7. tali deroghe, tuttavia, non possono trovare applicazione nel caso in esame. Infatti, poich l'azione dell'impugnazione del preavviso di fermo deve essere qualificata come azione di accertamento negativo, e non gi quale opposizione ad ordinanza-ingiunzione, la stessa non inquadrabile nell'alveo degli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 150 del 2011. Poich la deroga all'art. 11, primo comma, del r.d. n. 1611 del 1933 prevista dalla legge solamente per tale specie di giudizi oppositivi, l'impugnazione del preavviso di fermo amministrativo, per qualsiasi ragione sia stata proposta, resta soggetta alla regola generale di cui all'art. 144, primo comma, cod. proc. civ. del resto, come si gi detto, il dubbio su cui ha dibattuto questa Corte - poi definitivamente risolto dagli arresti delle Sezioni unite sopra citati, sopravvenuti durante la pendenza dei gradi di merito - riguardava l'alternativa fra la domanda di accertamento negativo e l'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi. L'eventualit che l'opposizione al preavviso di fermo amministrativo potesse essere ricondotta nell'alveo dei giudizi oppositivi regolati dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 150 del 2011 non stata mai sostenuta da nessuno, n gli attuali scritti difensivi offrono alcuno spunto per pervenire a tale diversa conclusione. Pertanto, quand'anche si fosse invece optato per la qualificazione della domanda come di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, ci non avrebbe avuto alcuna ricaduta diretta sulla questione del patrocinio e della domiciliazione obbligatoria dell'amministrazione statale presso l'Avvocatura dello Stato, incidendo semmai sul profilo dell'ammissibilit dell'appello. 8. In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto: "l'impugnazione del preavviso di fermo amministrativo previsto dall'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, avendo natura di ordinaria azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione, con la conseguenza che ad essa applicabile la previsione di cui al combinato disposto dell'art. 144, primo comma, cod. proc. civ. e dell'art. 11, primo comma, del r.d. n. 1611 del 1933, in forza del quale l'atto introduttivo del giudizio nei confronti di un'amministrazione dello stato deve essere notificato presso l'ufficio dell'avvocatura dello stato nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria competente, con esclusione della deroga prevista dagli artt. 6, comma 9, e 7, comma 8, del d.lgs. n. 150 del 2011, valevole solamente per giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada". 9. In applicazione di tale principio, nel caso in esame si ha che la notificazione dell'atto di citazione nei confronti del Ministero dell'interno nulla. La stessa, infatti, stata effettuata presso le articolazioni territoriali delle Prefetture di Messina e Reggio Calabria, in un caso diverso da quelli previsti dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 150 del 2011. In particolare, nel giudizio di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo il prefetto non pu stare in giudizio personalmente o tramite funzionario delegato, essendo tale facolt ristretta alle sole ipotesi test menzionate. Conseguentemente, il soggetto legittimato passivo doveva essere individuato nel Ministero dell'interno (e non nella singola prefettura, che di tale Ministero costituisce una semplice articolazione territoriale) e la notificazione del- l'atto di citazione doveva essere effettuata presso le Avvocature distrettuali dello Stato di Messina e Reggio Calabria. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 L'amministrazione non si costituita e non ha sanato il vizio, n la notificazione stata mai ritualmente rinnovata. Consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata. essendo stata riscontrata la sussistenza di una nullit del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, la causa deve essere rinviata, ai sensi dell'art. 383, terzo comma, cod. proc. civ., al Giudice di pace di Patti, che provveder anche sulle spese dell'intero giudizio, compreso quello di legittimit. Ovviamente, nel prosieguo del giudizio gli atti dovranno essere notificati nell'osservanza del principio di diritto dapprima illustrato. tale esito determina l'assorbimento del ricorso principale, contenente censure nei confronti della sola sentenza di appello. P.Q.M. accoglie il ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, assorbito quello principale; cassa la sentenza impugnata; dichiara la nullit della sentenza di primo grado e rinvia al Giudice di pace di Patti, cui demanda di provvedere sulle spese dellintero giudizio, compreso quello di legittimit. Cos deciso in Roma, il 3 ottobre 2018. CONteNzIOSO NAzIONALe sulla valutazione dei presupposti della responsabilit della amministrazione in materia di protezione della salute nel commento alla sentenza del tribunale di Roma n. 9561 del 2018 tRibUnale Di Roma, sezione seConDa Civile, sentenza 11 maggio 2018 n. 9561 Antonio Grumetto* Partendo dallesame di un caso deciso di recente dal Tribunale capitolino, lAutore si propone di dare un quadro generale su risultati raggiunti dallelaborazione giurisprudenziale in materia di nesso di causalit, sia nel campo del diritto penale che in quello del diritto civile, ponendo in luce gli aspetti ancora problematici di tale fondamentale istituto giuridico. Passando poi ad esaminare la fattispecie concreta decisa dal Tribunale di Roma vengono messe in luce alcune criticit che ancora caratterizzano la giurisprudenza di merito, quando dal piano delle teorie sul nesso di causalit si passa a quello della applicazione concreta ai casi specifici. sommaRio: 1. limportanza del nesso causale - 2. la sentenza del tribunale di Roma n. 9561 del 2018 - 3. il nesso di causalit nel diritto penale - 4. il nesso di causalit nel diritto civile - 5. l'onere della prova - 6. la motivazione della sentenza del tribunale di Roma. 1. limportanza del nesso causale. Il tema del nesso causale rappresenta uno degli aspetti pi dibattuti nel- lambito della responsabilit. Sia nel diritto penale che nel diritto civile (1), il nesso di causalit ha un ruolo centrale e nevralgico, al punto da costituire un vero e proprio indice di evoluzione sistemica degli ordinamenti giuridici. Nel sistema del Common Law, ad esempio, la centralit del criterio del nesso causale espressa attraverso la frase causation is a peg on which the (*) Avvocato dello Stato. (1) La letteratura in materia davvero sterminata. A titolo esemplificativo, per la loro importanza, possono essere citati: F. ANtOLISeI, il rapporto di causalit nel diritto penale, Padova, 1934; M. SINISCALCO, voce Causalit (rapporto di), in enc. dir., vol. vI, Milano, 1960, 639 ss.; F. ReALMONte, il problema del rapporto di causalit nel risarcimento del danno, Milano, 1967; P. tRIMARCHI, Causalit e danno, Milano, 1967; F. SteLLA, leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Milano, 1975; F. SteLLA, la nozione penalmente rilevante di causa: la condizione necessaria, in Riv. it. dir. proc. pen, 1988, 1217 ss.; F. SteLLA, Rapporto di causalit, in enc. giur., Roma, vol. XXIv, 1991, 16; M. tARUFFO, la prova dei fatti giuridici, in AA.vv., trattato di diritto civile e commerciale, gi diretto da A. CICU e F. MeSSINeO, continuato da L. MeNGONI, vol. III, t. 2, sez. I, Milano, 1992, 190; B.v. FROSINI, le prove statistiche nel processo civile nel processo penale, Milano, 2002; G. CANzIO, Prova scientifica, ragionamento probatorio e libero convincimento del giudice nel processo penale, in Dir. pen. proc., 2003, 1193 ss.; A. PAGLIARO, Causalit (rapporto di), in enc. dir., vol. Annali I, Milano, 2007, 153 ss.; R. BLAIOttA, Causalit e colpa: diritto civile e diritto penale si confrontano, in Resp. civ., 2009, 3; R.F. IANNONe, nesso causale: alla ricerca di un modello unitario (rilievi critici), in Resp. civ., 2010, 8-9; G. ALeSSANdRO, Causa umana e causa naturale in concorso: nuovi possibili scenari dopo le sentenze della Cassazione, in Danno e resp., 2013, 11, 1041 ss.; d.M. FReNdA, Quel che resta dell'accertamento del nesso causale, in nuova giur. civ., 2015, 12, 11157 ss. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 judge can hang any decision he likes (2), che pu essere liberamente tradotta in italiano come la causalit un perno intorno al quale il giudice pu far ruotare la decisione che ritiene pi opportuna. Anche nel nostro sistema di Civil Law il rapporto di causalit fondamentale nellesercizio dellattivit giurisdizionale. Basti pensare, per quanto riguarda il diritto penale, alla funzione tipizzante che il nesso di causalit svolge nelle fattispecie causalmente orientate, in cui il compito di selezione della condotta rilevante e perci delimitativa dellarea dellillecito penale, appunto affidata dal Legislatore allindividuazione della causa di un determinato evento. In questi casi il rispetto del principio di legalit, e del suo corollario relativo alla determinatezza della fattispecie astratta, assicurato dal solo principio di causalit. Ma anche nel campo del diritto civile il principio di causalit svolge unanaloga funzione di selezione dei comportamenti illeciti: sia con riferimento al cd. criterio della causalit materiale, che richiesto per la sussistenza dellelemento oggettivo dellillecito civile; sia con riferimento al cd. criterio della causalit giuridica, che richiesto per i danni risarcibili in conseguenza di tale illecito. A fronte della indubbia importanza del principio di causalit, non si registra nella giurisprudenza, soprattutto di merito, unanaloga attenzione ed un costante rispetto dei risultati raggiunti dallelaborazione dottrinale e giurisprudenziale su tale istituto. 2. la sentenza del tribunale di Roma n. 9561 del 2018. Ne una dimostrazione la sentenza in esame, con la quale il tribunale di Roma, pur pervenendo ad un esito, ad avviso di chi scrive, corretto, si segnala per una motivazione caratterizzata da alcune criticit che si avr modo di mettere in rilievo. Prima di scendere nel dettaglio, bene allora riepilogare quale era il caso sottoposto al tribunale di Roma. La controversia stata proposta da un militare per fatti accaduti nel 1997 presso il Poligono di Salto di Quirra. Secondo lattore, durante lo svolgimento del servizio di leva e nello svolgimento delle mansioni di elettricista allo stesso assegnate, sarebbe entrato in contatto con materiale militare contenente uranio impoverito senza lutilizzo delle necessarie protezioni richieste per la prevenzione dei rischi connessi alla esposizione ai residui delle esplosioni di munizioni alluranio effettuate nel poligono. A seguito della scoperta, diversi anni dopo il servizio e precisamente nel 2010, di essere affetto da linfoma di Hodgkin, successivamente asportato dalla regione sotto mandibolare con un intervento chirurgico e curato attraverso svariati cicli di chemioterapia e di radioterapia, citava in giudizio il Ministero (2) H.L.A. HARt, t. HONOR, Causation in the law, 2 nd ed., Oxford: Clarendon, 1985, 465. CONteNzIOSO NAzIONALe della difesa, chiedendo il risarcimento del danno subito per la lesione del diritto alla salute. Ribadita da parte della Corte di cassazione, adita con regolamento preventivo di giurisdizione da parte della difesa della Amministrazione, la giurisdizione del Giudice ordinario per la controversia in esame, con la sentenza in esame il tribunale di Roma rigettava la domanda. dopo aver riportato ampiamente gli esiti delle indagini svolte dalla Commissione parlamentare dinchiesta, nominata dal Ministero della difesa nel 2000 con lincarico di accertare la possibile incidenza dellutilizzo di munizionamento alluranio impoverito nelle aree di conflitto militare, la motivazione della sentenza si sofferma sui due aspetti costituiti dalla dimostrazione della stessa esistenza - nel caso concreto - della specifica sostanza che nella prospettazione attorea, avrebbe causato linsorgenza della malattia (il linfoma di Hodgkin) ossia luranio impoverito, e, successivamente nellordine logico delle questioni () [dal]la prova dellesistenza di un nesso di causalit diretto tra lesposizione agli agenti inquinanti presenti nel Poligono di tiro di salto di Quirra e linsorgere del linfoma. Prima di esporre quelle che, ad avviso di chi scrive, costituiscono incertezze della sentenza in esame sulla telematica del nesso di causalit, opportuno riepilogare quale sia laquis in materia di accertamento del nesso di causalit a cui attualmente pervenuta la giurisprudenza sia civile che penale sulla scorta delle elaborazioni dottrinali. 3. il nesso di causalit nel diritto penale. Punto di partenza per ogni discussione sul nesso di causalit, sia nel campo del diritto civile come nel campo del diritto penale, la storica sentenza Franzese della Cassazione penale a SS.UU. n. 30328 del 2002 (3). Come noto, nel sistema del diritto civile non sono previste norme che disciplinano specificamente i criteri di accertamento del nesso di causalit. La disposizione dellarticolo 1223 c.c., infatti, riguarda la cosiddetta causalit giuridica, vale a dire lambito di delimitazione dei danni risarcibili in caso di illecito civile. essa presuppone, pertanto, che sia stato gi risolto il problema della sussistenza del nesso di causalit fra il fatto illecito (contrattuale o extra contrattuale (4)) e il danno evento (vale a dire la lesione dellinteresse pro (3) La sentenza risulta ampiamente commentata nelle Riviste giuridiche italiane, tra le quali si citano Riv. Pen., 2002, 885; Foro it., 2002, II, 601 con nota di dI GIOvINe; Riv. Pen., 2003, 247 nota di IAdeCOLA; Riv. Pen., 2007, 9, 896 con nota di POtettI. (4) tale disposizione viene richiamata dallarticolo 2056 c.c. in materia di responsabilit extracontrattuale, insieme allarticolo 1226 c.c. (valutazione equitativa) e dallarticolo 1227 c.c. (concorso del fatto colposo del creditore). Non viene richiamato, invece, larticolo 1225 c.c. che vale solo per la responsabilit contrattuale e delimita il risarcimento al solo danno che poteva prevedersi nel tempo in cui sorta lobbligazione. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 tetto dallordinamento di cui titolare il soggetto danneggiato) e ha il compito di stabilire quali delle conseguenze di tale lesione siano risarcibili quali danno- conseguenza (e ci sia a titolo di danno emergente che di lucro cessante) (5). di conseguenza comunemente condivisa laffermazione secondo cui, anche nel diritto civile, la disciplina del nesso di causalit giuridico si rinviene negli artt. 40 e 41 del c.p. La sentenza Franzese trae le mosse dallaffermazione che nel sistema del diritto penale assolutamente dominante linterpretazione degli artt. 40 e 41 del codice penale come fonti della cd. teoria condizionalistica o dellequivalenza causale (soltanto attenuata dalla rilevanza delle sedi causali sopravvenute autonome e indipendenti da sole sufficienti a determinare levento, di cui allart. 41 cpv c.p.). Per tale teoria, come noto, causa dellevento qualsiasi condotta umana, attiva o omissiva, che si pone come condizione necessaria nella catena degli antecedenti e senza la quale levento non si sarebbe verificato. Laccertamento del nesso causale, quindi, richiede un giudizio controfattuale, in base al quale vi il nesso causale se eliminata la condotta (attiva o omissiva) levento non si sarebbe verificato. Ovviamente tale giudizio controfattuale possibile purch si sappia gi da prima che da una determinata condotta scaturisce o non un determinato evento. Ci significa che laccertamento di questa relazione, su cui si basa il giudizio controfattuale, deve essere operato con riferimento allevento specifico del caso concreto: 1. sulla base dellesperienza tratta da attendibili risultati di generalizzazione del senso comune; 2. ovvero facendo ricorso alla sussunzione del singolo evento, opportunamente ridescritto nelle sue modalit tipiche irripetibili, sotto leggi scientifiche di copertura. Sulla base di tale giudizio, di carattere inferenziale e non deduttivo, un evento pu dirsi conseguenza di una determinata condotta solo se, valutato alla luce delle sue caratteristiche tipiche e ripetibili, rientra nel novero di quelli che, sulla base di una regola di esperienza o di una legge dotata di validit (5) v. Cass. Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 581, in C.e.D. Cass., n. 600914: a questo secondo momento va riferita la regola dell'art. 1223 c.c., (richiamato dall'art. 2056 c.c.), per il quale il risarcimento deve comprendere le perdite "che siano conseguenza immediata e diretta" del fatto lesivo (ed. causalit giuridica), per cui esattamente si dubitato che la norma attenga al nesso causale e non piuttosto alla determinazione del quantum del risarcimento, selezionando le conseguenze dannose risarcibili. secondo l'opinione assolutamente prevalente, occorre distinguere nettamente, da un lato, il nesso che deve sussistere tra comportamento ed evento perch possa configurarsi, a monte, una responsabilit "strutturale" (Haftungsbegrundende Kausalitat) e, dall'altro, il nesso che, collegando l'evento al danno, consente l'individuazione delle singole conseguenze dannose, con la precipua funzione di delimitare, a valle, i confini di una (gi accertata) responsabilit risarcitoria (Haftungsausfullende Kausalitat). CONteNzIOSO NAzIONALe scientifica (valida in un determinato periodo storico), sono causati da quella determinata condotta. Almeno da quando stata formulata la teoria quantistica della materia, tuttavia, anche le leggi scientifiche ritenute universali sono considerate leggi statistiche, in quanto un dato comune che le stesse leggi scientifiche universali non si riferiscono a conoscenze assolutamente certe, posto che esse sono tratte da un numero di esperienze che, per quanto elevato, pur sempre limitato ed inevitabilmente condizionato dal risultato raggiunto dal livello di conoscenza in un particolare momento storico. Sicch la distinzione tra leggi scientifiche e le leggi statistiche una distinzione puramente empirica che serve nellesperienza della vita comune, ma che non ha nessun reale fondamento scientifico. Ci non significa, secondo la sentenza Franzese, che vada accolta lidea che, dato il carattere statistico e non universale delle leggi scientifiche di copertura o la stessa possibilit di ricorrere a generalizzazioni del senso comune, ci si possa accontentare di un grado di probabilit semplicemente apprezzabile nellaccertamento della causa. Un tale criterio, infatti, appare indeterminato, mutevole e manipolabile dallinterprete, tale da determinare una sovrapposizione dellelemento soggettivo allaccertamento del nesso causale e foriero di ingiustificati giudizi di valore sul comportamento dellagente. Le SS.UU. affermano, viceversa, la necessit di un criterio rigoroso di accertamento del nesso di causalit e che la semplice difficolt dellattivit di prova di tale nesso non pu incidere sullessenza dellistituto, favorendo una nozione debole di causalit che finirebbe per coincidere con la teoria dellaumento del rischio e porre sullo stesso piano laccertamento della colpa e quello della causalit. daltra parte non pu neanche pretendersi una certezza assoluta nella verifica del nesso di causalit. Nella ricostruzione del fatto nellaccertamento del rapporto di causalit, infatti, il giudice non segue un argomento deduttivo, in quanto non sono note tutte le circostanze che caratterizzano il singolo fatto: questultimo ricorre ad una serie di assunzioni tacite, presupponendo come presenti determinate condizioni iniziali o di contorno non conosciute o soltanto congetturali e sulla base delle quali, certeris paribus, mantiene validit allimpiego della legge scientifica. Soprattutto nel campo della medicina e della biologia, in cui appare estremamente complesso laccertamento degli antecedenti causali sui quali si innesta la condotta illecita (si pensi alla condizione patologica del paziente nelle cause di malpractice in campo medico), un criterio di imputazione che richiedesse la certezza della sussistenza del nesso di causalit finirebbe per allargare eccessivamente larea della non punibilit e per frustrare le esigenze di repressione dellillecito. tutto ci significa che la certezza, che si pu pretendere nellambito del- laccertamento del rapporto di causalit nel campo del diritto penale, non RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 una certezza assoluta bens una certezza processuale, caratterizzata, allesito di un ragionamento probatorio di tipo largamente induttivo e da un giudizio di responsabilit caratterizzato da un alto grado di credibilit razionale (ovvero elevata probabilit logica o probabilit prossima alla certezza). In questa chiave anche coefficienti medio-bassi di probabilit (rivelati da alcune leggi statistiche o ancora di pi dalle generalizzazioni del senso comune o da rilevazioni epidemiologiche) possono essere posti alla base dellaccertamento del nesso di causalit purch corroborati dal positivo riscontro probatorio della non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa. viceversa elevati coefficienti di probabilit statistica (o addirittura la sussistenza di leggi di carattere universale) non escludono la necessit che il giudice accerti effettivamente la sussistenza del nesso eziologico e lassenza di compatibilit del verificarsi del fenomeno con ipotesi ricostruttive diverse. In altri termini il criterio dellelevata credibilit razionale presuppone due momenti dellaccertamento: 1. laccertamento della sussistenza di una legge scientifica di copertura o di una regola di esperienza dettata dal buon senso o da rilevazioni epidemiologiche che consenta di spiegare un fatto come la conseguenza di un altro fatto; 2. la verifica di tale risultato astratto alla luce delle caratteristiche del caso concreto, non essendo consentito dedurre automaticamente e proporzionalmente dal coefficiente di probabilit statistica, espresso dalla legge del criterio di copertura, la conferma dellesistenza o dellinesistenza del rapporto. Il criterio allora diverso da quello della probabilit statistica, dovendo il giudice ricorrere alla probabilit logica cio alla verifica della connessione evidenziata dalla legge scientifica di copertura o dalla regola di esperienza alla luce dellincidenza processuale disponibile in relazione al singolo evento. 3. il nesso di causalit nel diritto civile. Passando alla elaborazione sul nesso di causalit nel sistema del diritto civile, fondamentali sono alcune decisioni emesse dalla Corte di cassazione a SS.UU. nel 2008 e che vengono sovente richiamate (6), ancorch non sempre in maniera fedele, dalla giurisprudenza successiva della Suprema Corte. In questo settore, ferma la distinzione tra causalit materiale (artt. 2043 e 1227 primo comma c.c.) e causalit giuridica (1223, 1225, 1226, 1227 secondo comma), il criterio condizionale mitigato dalla irrilevanza delle condotte atipiche (criterio della causalit adeguata), secondo il quale devono essere escluse dallinterno della serie causale i fattori che appaiono del tutto inverosimili ovvero atipici ovvero imprevedibili. (6) v. Cass. Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 581, in C.e.D. Cass., n. 600914; Cass. Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 582, in C.e.D. Cass., n. 600915; Cass. Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 576, in C.e.D. Cass., n. 600899. CONteNzIOSO NAzIONALe La valutazione della prevedibilit obiettiva imposta dal criterio delle causalit adeguata deve farsi ex ante, cio nel momento in cui la condotta stata posta in essere, escludendosi la sussistenza del nesso di causalit quando, nel momento in cui stata posta in essere la condotta, era del tutto imprevedibile che ne sarebbe potuta discendere una data conseguenza. Ladesione alla teoria della causalit adeguata, tuttavia, non comporta il pericolo di confusione del nesso di causalit con lelemento soggettivo: ci in quanto il metodo di valutazione da adottare non quello della conoscenza delluomo medio ma la conoscenza scientifica, sicch ne esclusa qualsiasi sovrapposizione tra lelemento oggettivo causale e quello soggettivo della colpevolezza. Non vi alcuna differenza tra il diritto penale ed il diritto civile in ordine ai criteri di accertamento del nesso causale. differenze possono aversi soltanto in relazione ai criteri probatori adottati in sede giudiziaria, ma si tratta, come evidente, di un momento successivo a quello di avveramento del fatto dannoso. Inoltre, anche quando il diritto civile ricorre a criteri di imputazione diversi da quello della sussistenza dellelemento psicologico dellautore del fatto (come si verifica, ad esempio, nellipotesi del danno da cosa in custodia ex art. 2051 c.c.), perch possa sussistere una responsabilit del custode sempre necessario che si accerti un nesso di derivazione causale del danno dalla cosa, con la conseguenza che anche in questa ipotesi, pertanto, laccertamento del nesso causale centrale. Anche nel campo del diritto civile, pertanto, in mancanza di norme specifiche che regolino il rapporto causale, al fine di individuare criteri di accertamento del rapporto causale occorre fare riferimento ai principi generali di cui agli articoli 40 e 41 c.p., sia pure avendo riguardo allo specifico criterio di imputazione dellevento dannoso previsto nel caso di specie. A differenza che nel diritto penale, nel sistema del diritto civile la regola probatoria non pu, tuttavia, essere quella delloltre ogni ragionevole dubbio, considerata la diversit dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa e la essenziale parit delle parti nel processo civile tra i due contendenti. Nel diritto civile, il criterio di accertamento deve essere quello del pi probabile che non. Ci non significa che laccertamento del nesso causale risponda ad un criterio quantitativo-statistico delle frequenze di classe di eventi (probabilit quantitativa o pascaliana), ma va verificato riconducendo il grado di fondatezza dallambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di fattori alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (cosiddetta probabilit logica o baconiana). 4. lonere della prova. Lorientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimit (7) ha sem RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 pre posto lonere della prova del nesso di causalit materiale a carico del danneggiato e ci sia quando si tratti di responsabilit extracontrattuale che quando si tratti di responsabilit contrattuale. Ma mentre nellambito della interpretazione dellarticolo 2043 c.c. questo principio stato costantemente rispettato dalla giurisprudenza successiva, il problema dellonere della prova nella responsabilit contrattuale ha subito linterferenza del criterio di riparto tra debitore e creditore in materia di prova dellinadempimento. Il fondamentale arresto della Corte di cassazione SS.UU. n. 13533 del 2001, infatti, ha introdotto il principio per cui, tanto in caso di inadempimento quanto in caso di inesatto adempimento, il principio della presunzione della persistenza di diritto, desumibile dallarticolo 2697 c.c., comporta che qualunque sia lazione proposta in giudizio dal creditore (di adempimento, di risoluzione per inadempimento ovvero di risarcimento del danno per inadempimento) questi ha soltanto lonere di allegare il titolo (atto negoziale o altro fatto costitutivo dellobbligazione in conformit dellordinamento) da cui deriva lobbligazione non adempiuta o non esattamente adempiuta, mentre il debitore sar tenuto a dimostrare che linadempimento ovvero linesatto adempimento non sussiste o che esso, se sussiste, dovuto a causa non imputabile al debitore. Senonch questo principio stato a volte interpretato nella pratica in maniera non fedele rispetto alla sua originaria formulazione. Prendendo le mosse dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 577 del 2008, in cui stato affermato il principio che il creditore ha lonere di allegare un inadempimento qualificato (cio assolutamente efficiente alla produzione del danno) laddove spetta al debitore dimostrare che tale adempimento non vi stato ovvero che, pur esistendo, non stato nella fattispecie causa del danno, si sviluppata nella giurisprudenza successiva della Corte di cassazione, specie con riferimento alla responsabilit da errore professionale in campo medico, un filone interpretativo che ha finito per addossare al debitore la prova dellinesistenza del nesso causale e, quando tale prova non era stata raggiunta, la c.d. causa ignota. Secondo questo orientamento, pertanto, in presenza della mera allegazione di un inadempimento qualificato, graverebbe sul debitore la prova del- lassenza del nesso causale, con la conseguenza che, quando non sia possibile provare la assenza del nesso causale, il debitore risponderebbe delle conseguenze dannose subite dal creditore anche quando non sia certa la causa del danno e quindi anche nelleventualit di causa ignota (8). Una recente decisione della Corte di cassazione (9) ha, tuttavia, ribadito (7) Cass. Sez. III, 18 marzo 2005, n. 5960, in C.e.D. Cass., n. 580853; Cass. Sez. III, 18 aprile 2005, n. 2044, in C.e.D. Cass., n. 582983. (8) Cfr. Cass. Sez. III, 30 settembre 2014, n. 20547, in C.e.D. Cass., n. 632891. CONteNzIOSO NAzIONALe lorientamento tradizionale in materia di onere della prova del nesso di causalit. tale decisione afferma che sia nei giudizi di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale, sia in quelli di risarcimento del danno da fatto illecito, la condotta colposa del responsabile del nesso di causa da questa e il danno costituiscono oggetto di due accertamenti concettualmente distinti; la sussistenza della prima non dimostra, di per s, anche la sussistenza del secondo, e viceversa; larticolo 1218 c.c. solleva il creditore dellobbligazione che si afferma adempiuta dallonere di provare la colpa del debitore inadempiente, ma non dallonere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui domanda di risarcimento. tale decisione stata ribadita anche da una successiva decisione della medesima sezione (10), con la quale si precisato che: 1. larticolo 1218 c.c. trova giustificazione nellopportunit di far gravare sulla parte che si assume inadempiente o non esattamente adempiente lonere di fornire la prova positiva dellavvenuto adempimento o dellesattezza del- ladempimento sulla base del criterio della vicinanza della prova (viene richiamata Cassazione Sezioni Unite n. 13533 del 2001); 2. tale ragione non sussiste in relazione al nesso causale, sicch non pu che valere in relazione alla prova di tale nesso la regola generale di quellarticolo 2697 c.c. e ci sia per la responsabilit extracontrattuale che per la responsabilit contrattuale; 3. lonere della prova a carico del danneggiato vale sia per il nesso causale materiale sia per il nesso causale giuridico; 4. laddove larticolo 1218 c.c. fa riferimento alla causa non imputabile (con onere della prova a carico del debitore) ci si riferisce non al nesso di causalit (materiale o giuridico) quanto alla non imputabilit dellimpossibilit di adempiere che si colloca nellambito delle cause istintive dellobbligazione (11); 5. ci comporta che la causa ignota resta a carico del danneggiato. Ci si chiede (12), per, se porre lonere della prova del nesso causale a carico del creditore non significhi anche porre a carico di questultimo la prova del- linadempimento: dovendo provare lesistenza di un nesso tra il fatto e levento giocoforza ritenere che il presupposto di questa prova sia non solo lallegazione, ma anche la dimostrazione del fatto causa prima dellevento e quindi nellipotesi della responsabilit contrattuale anche linadempimento del debitore. Si tratta allora di verificare se siano ancora validi i principi posti dalla Cassazione Sezioni Unite 30 ottobre 2001 n. 13533, laddove pur equiparando (9) Cass. Sez. III, 14 novembre 2017 n. 26824, in Foro it., 2018, I, 557, con nota di tASSONe. (10) Cass. Sez. III, 7 dicembre 2017 n. 29315, in C.e.D. Cass., n. 646653. (11) viene richiamata Cass. Sez. III, 26 luglio 2017, n. 18392, in C.e.D. Cass., n. 646653. (12) Cos G. dAMICO, la prova del nesso di causalit materiale e il rischio della c.d. causa ignota nella responsabilit medica, in Foro it. Anno 2018, parte I, col. 1348. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 il meccanismo di ripartizione dellonere della prova in materia di responsabilit contrattuale e di responsabilit extracontrattuale, asserisce che il creditore non deve provare linadempimento, ma solo lesistenza della fonte negoziale o legale del credito e se previsto il termine di scadenza. tuttavia, le recenti decisioni della Corte di cassazione non sono in contrasto con lorientamento tradizionale sul riparto dellonere della prova in materia di responsabilit contrattuale. vero che il creditore ha soltanto lonere di allegare la fonte legale o negoziale dellobbligazione rimasta non adempiuta o non esattamente adempiuta, ma ci implica anche la necessit di allegare lobbligazione cui si riferisce linadempimento. tale allegazione non pu poi avere ad oggetto un qualsiasi inadempimento o inesatto adempimento, ma deve riguardare un inadempimento c.d. qualificato, vale a dire astrattamente idoneo a determinare la produzione del danno lamentato. Ci consente loperare delle presunzioni semplici in materia di prova del nesso causale, con la conseguenza che, in presenza dellallegazione di un inadempimento qualificato, il creditore avr assolto anche allonere di dare la prova della sussistenza del nesso causale, sia pure attraverso il ricorso alle presunzioni semplici; mentre sar onere del debitore, per effetto del principio della circolazione dellonere probatorio, dare la prova dellassenza del nesso causale. 5. la motivazione della sentenza del tribunale di Roma. La sentenza in esame non si cimenta, innanzitutto, con il problema della natura della responsabilit che pu gravare sullAmministrazione della difesa nei casi di esposizione di un militare alle radiazioni derivanti dalluranio impoverito. e ci nonostante nel corso del giudizio, come si ricava dalla motivazione della decisione, la difesa della Amministrazione avesse dedotto che, nonostante il richiamo da parte dellattore allarticolo 2043 c.c., nel caso di specie potesse semmai discutersi di una responsabilit contrattuale del Ministero. Il silenzio della motivazione della sentenza si spiega con la irrilevanza nel caso di specie del problema dellesatta qualificazione giuridica di uneventuale responsabilit dellAmministrazione. In primo luogo, la qualificazione del rapporto dedotto in giudizio come mero rapporto di servizio e non come rapporto di impiego ha comportato la irrilevanza del tradizionale criterio di riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo basato sulla natura della responsabilit che lattore fa valere in giudizio. ComՏ noto, infatti, solo per i giudizi aventi ad oggetto una responsabilit dellamministrazione nei confronti di soggetti legati ad essa da un rapporto di impiego trova applicazione il tradizionale criterio di riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in base al quale spetta al primo la cognizione delle controversie relative ad una responsabilit extracontrattuale dellamministrazione ed al secondo la competenza a conoscere delle ipotesi CONteNzIOSO NAzIONALe di responsabilit contrattuale dellamministrazione. tuttavia, poich nel caso di specie, il rapporto con la Amministrazione del militare di leva stato qualificato come un rapporto di servizio e non un rapporto di impiego, tale criterio di riparto della giurisdizione non poteva venire in considerazione. e poich lordinamento non prevede un criterio di attribuzione della giurisdizione per materia nel caso di danni asseritamente subiti da un militare di leva, il criterio di riparto applicabile non poteva che essere quello basato sulla natura giuridica della situazione soggettiva dedotta in giudizio; sicch trattandosi di unazione di risarcimento del danno per violazione del diritto alla salute derivante da un comportamento (omissivo) dellAmministrazione, la competenza non poteva che spettare al giudice ordinario. Quanto poi al merito delle questioni dedotte in giudizio, il silenzio della motivazione della sentenza sulla natura della responsabilit che grava sulla Amministrazione in casi di esposizione di militare di leva alluranio impoverito si spiega, altres, con la irrilevanza, nel caso deciso dal tribunale, delle principali differenze che si pongono tra il regime della responsabilit extracontrattuale e quello della responsabilit contrattuale. ComՏ noto, infatti, le differenze tra i due tipi di responsabilit riguardano il regime della prescrizione (decennale o quinquennale), lambito dei danni risarcibili (esteso nel caso della responsabilit contrattuale a quelli imprevedibili solo in caso di dolo) e la possibilit per il debitore di liberarsi dalla responsabilit provando che linadempimento dovuto a causa a lui non imputabile. Nel caso di specie, dalla sintetica illustrazione dello svolgimento del giudizio che si pu leggere nella sentenza, non sembra che la difesa della Amministrazione avesse sollevato una eccezione preliminare di merito di prescrizione del diritto dedotto in giudizio. Cos come il rigetto della domanda fondato sulla mancata dimostrazione della stessa esposizione del militare alluranio impoverito ha reso irrilevante sia laspetto relativo allambito dei danni risarcibili sia quello della possibilit del debitore di dimostrare che linadempimento dovuto a causa a lui non imputabile. La questione del corretto inquadramento della responsabilit della Amministrazione resta pertanto, ai fini del presente scritto, una questione priva di rilevanza pratica. tuttavia, a parere di chi scrive, sembra pi corretto inquadrare tale responsabilit nella figura della responsabilit contrattuale per violazione del- lobbligo di protezione. Come dato leggere nella motivazione della sentenza annotata, tale era stata, in primo luogo, la qualificazione che alla responsabilit aveva attribuito la difesa della Amministrazione, perch, a quanto pare, al solo scopo di attribuire la giurisdizione al giudice amministrativo. La qualificazione della responsabilit dellamministrazione come ricadente nello schema dellarticolo 1218 c.c. trova oggi una conferma nel codice RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 dellordinamento militare e nel relativo regolamento di esecuzione. Gli articoli 603, 1907 e 2185 (13) del codice dellordinamento militare, infatti, prevedono un indennizzo in favore del personale militare e del personale civile che abbiano contratto infermit o patologie tumorali a causa di servizio. Orbene poich la nozione di causa di servizio richiede che linfermit o la patologia tumorale sia stata causata dal servizio ovvero che abbia trovato in questultimo una sua concausa efficiente e determinante, la stretta connessione che deve sussistere tra la infermit o la patologia tumorale ed il servizio inducono a ritenere configurabile, nel concorso di tutti gli elementi dellillecito, una responsabilit contrattuale dellamministrazione piuttosto che una responsabilit extracontrattuale. In altri termini, la responsabilit dellamministrazione trova la sua fonte dagli obblighi di protezione che sorgono nellambito di un rapporto giuridico specifico, in cui ladempimento di una prestazione (nel caso di specie la prestazione di servizio militare di leva) comporti lesposizione ad un pericolo di lesione dei diritti di una delle parti del rapporto. In tali casi sorge per la parte del rapporto non esposta al pericolo lobbligo di adottare tutte le misure necessarie ad evitare che la parte esposta al rischio possa subire pregiudizi in occasione dellattuazione del rapporto giuridico. Generalmente il dovere di non ledere la persona e i beni altrui con un comportamento negligente, imprudente e imperito, rileva sul piano dei doveri di astensione la cui inosservanza fa sorgere una responsabilit extracontrattuale (articolo 2043 c.c.), ma ci non significa che, qualora il comportamento esecutivo di una delle parti esponga laltrui o la propria sfera giuridica al rischio di un danno, il debitore o il creditore non sia tenuto ad osservare un comportamento prudente anche sul piano del rapporto obbligatorio. Si tratta di doveri che hanno carattere essenzialmente bilaterale o reciproca, ossia gravano sul debitore e sul creditore, non essendovi un motivo ragionevole per distinguere fra i due quando si tratti di tutelare la sfera giuridica di coloro che entrano in contatto per dare attuazione al rapporto obbligatorio. Cos inquadrata la responsabilit dellamministrazione nel caso di esposizione di un militare alluranio impoverito, parere di chi scrive che correttamente la sentenza annotata abbia escluso qualsiasi rimprovero nei confronti del Ministero della difesa. Il tribunale evidenzia, correttamente, che qualsiasi questione relativa alla sussistenza di una responsabilit dellamministrazione presuppone, in questi casi, la dimostrazione dellesistenza stessa - nel caso concreto - della speci (13) Articolo 2185 del codice dellordinamento militare, inoltre, estende tali indennizzi anche ai cittadini italiani che si trovino in teatri di conflitto o impiegati nei poligoni di tiro, nonch ai residenti nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quale conservato munizionamento pesante o esplosivo o ai poligoni di tiro. CONteNzIOSO NAzIONALe fica sostanza che, nella prospettazione attorea, avrebbe causato linsorgenza della malattia (il linfoma di Hodgkin) ossia alluranio impoverito, e, successivamente nellordine logico delle questioni () la prova dellesistenza di un nesso di causalit diretto tra lesposizione agli agenti inquinanti. e linsorgere del linfoma. Il relatore della sentenza, pertanto, pone esattamente su piani distinti la prova dellinadempimento da parte dellAmministrazione allobbligo di protezione del militare di leva e quella della sussistenza del nesso di causalit tra lesposizione alluranio impoverito e la patologia tumorale contratta dallo stesso. Come si visto nella parte introduttiva del presente scritto, si tratta di due elementi della responsabilit (contrattuale) della Amministrazione la cui prova resta a carico della parte danneggiata. Il corretto adempimento di questonere, pertanto, comporta innanzitutto che il danneggiato alleghi linadempimento della Amministrazione allobbligo di protezione. Ma per far ci necessario che dimostri il titolo (vale a dire il fatto giuridico) dal quale sorge tale obbligo. esso non consiste esclusivamente nella sussistenza del rapporto di servizio costituito dalla prestazione del servizio militare di leva, ma si completa con il fatto storico dellesposizione alle radiazioni provenienti da munizioni alluranio impoverito: la prova di tale circostanza, infatti, che determina il sorgere per lamministrazione dellobbligo di proteggere la salute del militare, sicch non basta dimostrare di aver prestato servizio (di leva o non), ma occorre allegare e dimostrare il fatto costitutivo dellobbligo di protezione. Solo in tal modo il debitore esaurisce il proprio onere di dare la prova e pu limitarsi ad allegare linadempimento da parte della Amministrazione della difesa, sostenendo che in quelle date circostanze ed in presenza di un obbligo di protezione, lamministrazione militare non ha adempiuto al proprio obbligo di protezione adottando tutte le misure necessarie ad evitare il rischio di contrarre una patologia tumorale per effetto dellesposizione alluranio impoverito. Nel caso di specie il tribunale di Roma ha escluso che lattore avesse dato prova di tale esposizione. Si legge nella motivazione della sentenza che: il teste ascoltato, compagno darmi del g., ha poi riferito modalit e condizioni dello svolgimento delle mansioni demandate allattore e anche di contatti con le testate missilistiche, ma ovviamente non ha potuto attestare nella presenza delle stesse di uranio impoverito. Una volta esclusa la prova della sussistenza del fatto costitutivo dellobbligo di protezione, pertanto, il tribunale avrebbe potuto ritenere assolto il suo obbligo di giudicare nel caso di specie con il rigetto della domanda fondato sul mancato adempimento dellonere di dare la prova della sussistenza di un tale obbligo in capo alla Amministrazione militare. Le ulteriori considerazioni che si leggono nella motivazione della sentenza annotata, relative alla mancata dimostrazione della sussistenza di un nesso causale tra lesposizione alluranio impoverito e la patologia tumorale RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 contratta dallattore, sono, pertanto, un argomento ulteriore che il tribunale svolge ad abundantiam rispetto a quello precedente: una volta esclusa la sussistenza di un obbligo di protezione in capo al Ministero della difesa non era pi necessario indagare se nel caso di specie il danneggiato avesse adempiuto al proprio onere di dare la prova della sussistenza del nesso causale. Anche sotto questo secondo aspetto, tuttavia, la sentenza del tribunale, pur essendo corretta nella soluzione che d alla questione, presenta alcune criticit nella sua impostazione teorica. Perplessit desta la parte della motivazione relativa alla precisazione metodologica che il tribunale fa a proposito del nesso di causalit. Innanzitutto da escludersi che, nel caso di specie possa, parlarsi di una legge di copertura di carattere scientifico (o pi correttamente di contenuto probabilistico). La formulazione di una tale legge scientifica di copertura, infatti, presupporrebbe, come riconosce lo stesso tribunale, leffettuazione di un certo numero di test e la discussione degli esiti di tali esperimenti da parte della comunit scientifica mondiale. tuttavia, la materia di indagine scientifica nel caso di specie costituita dalla possibile relazione tra lesposizione alluranio impoverito e la insorgenza di patologie tumorali; sicch in casi del genere deve ritenersi esclusa a priori qualsiasi possibilit di formulazione di una legge scientifica di copertura per la semplice ragione che non sarebbe eticamente corretto sottoporre soggetti sani alla esposizione di agenti costituiti dalluranio impoverito per verificare lesistenza di una correlazione scientifica con linsorgenza di patologie tumorali. La sentenza del tribunale di Roma , viceversa, corretta laddove ricorda che anche lassenza di leggi scientifiche di copertura non esclude la possibilit di individuare la sussistenza di un nesso causale quando vi siano dati epidemiologici sufficienti dai quali trarre elementi di giudizio ai fini di tale accertamento. In questi casi la legge di copertura non data da una legge scientifica, bens dallosservazione di casi aventi le stesse caratteristiche e che, valutati nei loro elementi tipici e confrontati con i dati della fattispecie concreta sottoposta a giudizio, consentono di pervenire allaccertamento di un nesso di causalit sulla base della regola, propria del diritto civile, del pi probabile che non. ed appunto questo il percorso logico che lautore della sentenza fa per escludere la sussistenza, anche alla luce di dati statistici epidemiologici, tra il linfoma Hodgkin e lesposizione alluranio impoverito. Richiamando, infatti, i precedenti di altri tribunali che hanno accolto domande di risarcimento in fattispecie simili, il tribunale di Roma mette in luce come nei casi in cui era stata individuata una correlazione causale vi erano degli elementi di diversit rispetto alla fattispecie sottoposta a giudizio, costituiti dalla esposizione dei militari durante missioni in aree di conflitto internazionale della possibile incidenza, nella causazione della infermit, di vaccinazioni multiple imposte ai militari impegnati in tali missioni. CONteNzIOSO NAzIONALe In tal modo il tribunale applica correttamente il criterio della probabilit logica o baconiana nellaccertamento del nesso di causalit, andando al di l della semplice inferenza da casi tipici di carattere statistico della sussistenza del collegamento causale e analizzando gli elementi che possono trarsi da tali dati epidemiologici alla luce delle particolarit del caso concreto. Le differenze individuate fra le serie statistiche acclarate in altri giudizi e le particolarit del caso di specie consentono al Giudicante di pervenire correttamente ad un giudizio di esclusione della sussistenza nesso causale e al rigetto della domanda dellattore. tribunale di Roma, seconda sezione Civile, sentenza 11 maggio 2018 n. 9561 -giud. e. Favara - M.G. (avv. ti P. Frisani, A. Nardi) c. Ministero della difesa (avv. gen. Stato). Fatto e diritto Con atto di citazione ritualmente notificato l'attore conveniva innanzi l'intestato tribunale il Ministero della difesa onde vederlo condannare al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale dallo stesso subito a seguito della illegittima esposizione a metalli pesanti avvenuta durante la prestazione del servizio di leva in qualit di elettricista presso il Poligono di Salto di Quirra in Sardegna. esponeva l'attore di aver prestato servizio di leva obbligatoria presso la scuola Reclute del- l'Aereonautica Militare di taranto (12mo scaglione 1996, 283 corso) e di essere stato inviato, al termine del periodo d'addestramento, presso il Poligono Sperimentale Interforze del Salto di Quirra (NU). Riferiva che, trascorso un breve periodo di circa venti giorni all'interno del c.d. "poligono a terra" di Perdasdefogu, egli era stato trasferito, con l'incarico di elettricista (in quanto esperto perito elettro-tecnico), presso il vicinissimo distaccamento (circa 15 km) di Capo San Lorenzo a villaputzu (CA) -sempre facente parte del Poligono Interforze del Salto di Quirra -dedito alla sperimentazione di tutti i tipi di armamento leggero e missilistico e perci comunemente indicato come il c.d. "poligono a mare"; che, per tutta la durata del servizio militare prestato presso la base del Salto di Quirra, terminato nel mese di novembre 2007 (e dunque per circa un anno), il sig. G. era chiamato ad intervenire pressoch giornalmente anche nei locali ovviamente interdetti al personale non qualificato -dove i missili venivano caricati sulle rampe pronti ad essere esplosi; che ci avveniva nella pi totale assenza di qualsiasi dotazione di sicurezza e dunque senza alcun tipo di protezione atta a garantire l'incolumit del soggetto esposto. L'attore rappresentava altres di non essere mai stato reso edotto sui reali rischi dallo stesso corsi in tutta la durata del servizio militare. Riferiva che, accanto alle mansioni di elettricista, l'odierno attore aveva svolto tutte le normali attivit di ogni militare e pertanto era stato pi volte direttamente impegnato in prima persona anche al poligono di tiro; che nel mese di Novembre 1997 egli aveva terminato il servizio militare e veniva congedato con "ottimo rendimento" e con "alto grado di Aviere Scelto". Riferiva che nel mese di luglio 2010 gli veniva diagnosticato Linfoma di Hodgkin, tumore maligno del sistema linfatico, asportato dalla regione sottomandibolare destra a seguito di intervento chirurgico eseguito presso l'ospedale San Carlo di Milano. Successivamente alla sco RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 perta della terribile patologia il sig. G. veniva sottoposto a svariati cicli di chemioterapia tipo ABvd, nonch di radioterapia. Secondo l'attore, sussisteva una responsabilit da parte del Ministero della difesa per le gravissime lesioni alla salute riportate in conseguenza all'illegittima esposizione all'uranio impoverito e ad altre sostanze nocive durante lo svolgimento del servizio militare, per cui egli conveniva l'amministrazione statale avanti al tribunale di Roma per chiedere il risarcimento dei danni subiti. La prima udienza di comparizione veniva fissata per l'11 gennaio 2013 ed il Ministero si costituiva con comparsa depositata il 10 gennaio 2013, nella quale eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, trattandosi di domanda del risarcimento del danno avanzata da un militare nei confronti della propria amministrazione di appartenenza e dunque, ai sensi dell'att. 63 d.lgs. 165/2001, vertendosi in ambito di giurisdizione esclusiva del tAR poich il personale militare era rimasto in regime di diritto pubblico. deduceva inoltre il Ministero che il dipendente pubblico poteva far valere sia la responsabilit contrattuale che extracontrattuale del proprio datore di lavoro, sussistendo la giurisdizione amministrativa nel primo caso e quella ordinaria nel secondo, e che era a tal fine irrilevante la prospettazione delle parti, dovendo porsi in rilievo il petitum sostanziale ai fini dell'individuazione del giudice competente; nella fattispecie in esame, secondo controparte, il sig. G. aveva evidentemente fatto valere la responsabilit contrattuale del Ministero, nonostante l'inefficace richiamo all'art. 2043 c.c., di talch si verteva in ambito di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, donde la necessit di dichiarare il difetto di giurisdizione. Contestava altres la domanda attorea nel merito. Il Giudice concedeva termine alla difesa di parte attrice fino a 10 giorni prima della successiva udienza, fissata per il 5 marzo 2013, per il deposito di memorie di replica in ordine all'eccepito difetto di giurisdizione. A seguito del deposito della memoria autorizzata il Giudice concedeva termine per memorie ex art. 183, vI comma c.p.c. Nelle more della decisione relativa alle istanze istruttorie il Ministero della difesa proponeva regolamento di giurisdizione avanti la Suprema Corte di Cassazione, procedimento nel quale il sig. G. si costituiva con controricorso; l'Amministrazione chiedeva inoltre la sospensione del giudizio di merito stante la pendenza del regolamento di giurisdizione, richiesta che veniva rigettata con ordinanza del 27 settembre 2013 che ammetteva le prove per testi richieste dal- l'attore rinviando all'udienza dell'8 aprile 2014. A detta udienza veniva sentito il teste sig. S.C., con rinvio all'udienza del 28 ottobre 2014 per la prosecuzione dell'istruttoria. In data 5 maggio 2014 veniva depositata l'ordinanza n. 9572/2014 della Corte di cassazione, che dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario e rimetteva le parti, anche per le spese del regolamento, avanti al tribunale di Roma. Successivamente veniva accolta l'istanza di ordine di esibizione richiesta dalla difesa attrice e veniva disposta CtU. veniva depositata una prima relazione di consulenza tecnica nella quale il collegio peritale concludeva concordemente per l'insussistenza del nesso di causalit tra l'esposizione ad uranio impoverito denunciato e l'insorgenza della patologia lamentata dall'attore. A seguito della sostituzione dei primi consulenti nominati -per avere una seconda valutazione pi aderente alle circostanze del caso e non condizionata dalla risaputa mancanza di dimostrazione scientifica del possibile nesso tra esposizione ad uranio impoverito e insorgenza del linfoma di Hodgkin, veniva nominato CONteNzIOSO NAzIONALe il dr. Germano Aronica che prestava giuramento all'udienza del 15 settembre 2015. A seguito del deposito della seconda relazione di CtU la difesa dell'attore chiedeva integrazione della stessa per la quantificazione del danno subito dal sig. G., e quindi veniva concesso nuovo termine al CtU per detto incombente. All'udienza del 18 aprile 2017 il procuratore dell'attore dava atto della mancata ottemperanza all'ordine di esibizione da parte dell'amministrazione convenuta e la causa veniva rinviata al 30 ottobre 2017 per precisazione delle conclusioni. A detta udienza i procuratori delle parti precisavano le conclusioni. La causa veniva trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e note di replica. In diritto. Preliminarmente deve dichiararsi la giurisdizione ordinaria, affermata, con efficacia di giudicato interno, con la pronuncia della Corte di cassazione, l'ordinanza n. 9572/2014 con la quale la Suprema Corte ha affermato tale giurisdizione nel caso in esame. Nel merito, nell'affrontare l'esame della domanda di risarcimento proposta, alla luce delle prove raccolte e, segnatamente, della prova per testi e della documentazione allegata, con l'ausilio conoscitivo delle relazioni di CtU disposte -la prima delle quali collegiale -occorre evidenziare come, con tutta evidenza, il passaggio pi critico e delicato delle varie questioni sollevate nel presente giudizio costituito, prima ancora che dalla dimostrazione dell'elemento soggettivo, ossia della possibile colpevolezza del Ministero della difesa, connessa al rispetto delle pi elementari norme di prudenza nella condotta -omissiva -di non dotare i militari presenti nel Poligono di strumenti e dispositivi di prevenzione dai rischi connessi all'esposizione ai residui delle esplosioni effettuate nel poligono, dalla dimostrazione della stessa esistenza - nel caso concreto - della specifica sostanza che, nella prospettazione attorea, avrebbe causato l'insorgere della malattia (il linfoma di Hodgkin) ossia l'uranio impoverito, e, successivamente nell'ordine logico delle questioni (e dunque a voler ritenere dimostrata la prova dell'esistenza dell'agente inquinante, o sufficiente la dimostrazione di altri agenti), la prova dell'esistenza di un nesso di causalit diretto tra l'esposizione agli agenti inquinanti presenti nel Poligono di tiro di Salto di Quirra e l'insorgere del Linfoma, in un contesto medico scientifico nel quale, allo stato, ancora non emersa una dimostrazione scientifica accreditata della possibile eziologia del linfoma quale conseguenza dell'esposizione ad uranio impoverito. Quanto al primo aspetto critico, infatti, i periti del Collegio hanno cos argomentato: Per tale aspetto, oltre alle notizie che possono trarsi Commissione Parlamentare di inchiesta, si fatto ricorso, come disposto dal sig. Giudice, alle informazioni scientifiche derivanti dalle perizie di parte espletate nell'ambito dell'indagine penale in corso e, in particolare, della relazione del Prof. Chim. M. Mariani, datata 3 giugno 2014, condotta a seguito dell'incarico ricevuto nell'udienza dell'11 marzo 2013, relativa al Procedimento Penale n. 452/12 RG, GIP tribunale di Lanusei -Ogliastra. In sintesi, tutte le informazioni disponibili -ed alquanto complesse -su questo elaborato peritale non consentono, allo stato attuale, di provare od escludere la presenza di contaminanti ambientali nell'area del PISQ. La tematica stata oggetto, inevitabilmente, dei lavori della Commissione Parlamentare di inchiesta: il prof. M. zucchetti, professore ordinario di impianti nucleari al Politecnico di torino, ha individuato vari inquinanti chimico-tossici presenti nell'area del Poligono Interforze di Salto di Quirra: tra questi compare l'uranio impoverito, che sarebbe stato reperito nelle ossa di un agnello nato malformato27. Altri contributi in tal senso sono stati forniti, sempre nella stessa sede: -dal prof. Lodi Rizzini, che aveva effettuato, su disposizione della Procura della Repubblica RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 di Lanusei, accertamenti su quindici salme di pastori dell'area del salto di Quirra, evidenziando la presenza di torio (altro elemento radioattivo) nelle tibie28; -dal capitano P. Minervini, consulente balistico incaricato dalla Commissione stessa, che, effettuati sopralluoghi presso il PISQ, a seguito dei quali "l'analisi radiometrica dei residuati bellici non ha evidenziato alcuna presenza, anche minima di uranio impoverito"29. Sulla base di tali rilievi la Commissione Parlamentare di inchiesta ha ritenuto di trarre le seguenti conclusioni: "1) Gli studi e le indagini scientifiche realizzate sino ad oggi non hanno rilevato la presenza sul territorio, nelle aree interessate da attivit esercitativa, addestrativa e sperimentale o nei pressi di esse, di contaminazione da uranio impoverito, come residuo di manufatti ad uso militare, n sono state reperite tracce di esso nelle numerose analisi effettuate anche con strumentazioni sofisticate sui tessuti patologici di militari affetti da tumori o da altre malattie invalidanti. d'altra parte, su questo specifico profilo, la Commissione, che aveva gi avuto assicurazioni in tal senso dal Segretario generale della difesa - direttore nazionale degli armamenti, generale Claudio debertolis, nel corso dell'audizione del 10 ottobre 2012, non pu che prendere atto della dichiarazione del Ministro della difesa, ammiraglio Giampaolo di Paola, il quale, nell'audizione del 19 dicembre 2012, ha affermato che le Forze Armate italiane non hanno mai impiegato munizionamento all'uranio impoverito sia in attivit addestrative, per lo svolgimento delle quali ha assicurato il pieno rispetto delle normative vigenti, sia fuori dai confini nazionali. L'utilizzo del munizionamento all'uranio impoverito - ha inoltre precisato il Ministro - non consentito nei poligoni in uso alle Forze Armate italiane e anche i paesi alleati o amici che utilizzano tali installazioni sono vincolati all'osservanza dei regolamenti d'uso, in cui sono elencati sia la tipologia di armamento che il munizionamento impiegabile; 2) Non risultato dalle indagini della Commissione che tali munizionamenti siano stati utilizzati presso i poligoni di tiro insediati sul territorio nazionale: l'unico indizio in senso contrario, rilevato dal professor zucchetti con riferimento all'area di Salto di Quirra, ovvero i residui di uranio impoverito individuati nelle ossa di un agnello nato malforme, non appare sufficiente a documentare la presenza e l'uso di armamenti siffatti, come lo stesso professor zucchetti ha chiarito, e, non costituendo prova definitiva, dovrebbe essere seguito da ulteriori ricerche. peraltro significativo, a tale proposito, che le analisi condotte dal professor evandro Lodi Rizzini sulle salme di diciotto pastori deceduti per patologie tumorali non abbiano fornito alcun riscontro circa la presenza di uranio impoverito"30. tale conclusione peraltro confermata dalla stessa commissione pi avanti: -laddove si analizza il problema degli effetti stocastici sui militari impiegati nella missioni all'estero: "In considerazione degli effetti stocastici dell'esposizione all'uranio impoverito, per i quali si ipotizza una relazione dose-probabilit, ma non si indica alcuna soglia di dose, laddove vi sia la possibilit che il personale militare italiano entri in contatto a qualsiasi titolo con munizionamento all'uranio impoverito (il che, al momento, sembrerebbe ipotizzabile solo nel caso di missioni estere), le autorit militari, i comandi e le autorit sanitarie sono comunque tenute ad applicare integralmente il principio di precauzione"31; -quando si prendono in esame le risultanze delle relazioni tecniche disposte: "Nel dettaglio dei singoli lotti, la Relazione tecnica, con riferimento al lotto 1 (verifica della radioattivit aerodispersa), metteva in particolare rilievo la circostanza per cui dall'analisi isotopica risultante da 238 campioni si evidenziava la presenza di uranio naturale, con esclusione della presenza di uranio impoverito, mentre, relativamente alla presenza di nanoparticelle, in assenza di una metodica di misurazione accettata internazionalmente e di comune utilizzazione, l'analisi eseguita dai laboratori coinvolti nel Progetto aveva presentato conclusioni non sempre collimanti, tali CONteNzIOSO NAzIONALe per da accertare l'esistenza di nanoparticelle di provenienza naturale e di nanoparticelle di forma sferica, di origine antropica. Le polveri fini nelle due aree oggetto di osservazione, di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo, presentavano inoltre caratteristiche analoghe nella composizione chimica, con un arricchimento in alluminio, contenuto nei combustibili solidi, riconducibile alle attivit addestrative svolte con lancio di missili e prova dei motori zefiro"32". Quanto al secondo aspetto critico, deve tuttavia escludersi che, in base alle conclusioni condivisibili raggiunte dai periti sulla esistenza di una correlazione tra esposizione ad uranio e linfoma, tale correlazione eziologica sia scientificamente dimostrata. Cos riferiscono i periti: Il linfoma di Hodgkin raro, costituendo poco pi dell'l% di tutte le neoplasie diagnosticate nei Paesi dell'emisfero occidentale. La sua frequenza non in aumento e si manifesta, in circa la met dei casi tra i 20 ed i 40 anni. L'eziologia e la patogenesi del linfoma di Hodgkin sono da sempre oggetto di discussione, restando un mistero l'origine della malattia. di certo il quadro biologico rappresentato da un disturbo cronico del sistema immunitario, in cui uno stimolo mitogeno ripetuto induce riarrangiamenti genici di tipo clonale, modificazioni cromosomiche di tipo strutturale e la comparsa di cellule giganti (cellule di Reed-Sternberg). stata ipotizzata la presenza di un agente vitale a bassa infettivit, almeno per quanto riguarda bambini e giovani adulti, con particolare riferimento al virus di epstein-Barr (eBv). tuttavia va chiarito come il ruolo del virus debba considerarsi limitato a quello di promotore o di cofattore, essendo necessaria, per lo sviluppo della patologia tumorale, una condizione deficitaria della risposta immunitaria e/o la concomitante esposizione ad altri fattori di natura tossica. In sintesi, ad oggi si ritiene che il linfoma di Hodgkin rappresenti la risposta finale comune a diversi eventi patologici, quali alcune infezioni virali, alcuni agenti ambientali, e reazioni geneticamente determinate dell'ospite meccanismi patogenetici con i quali si sviluppa la neoplasia, in maggior misura rispetto ad altre forme tumorali, risultano mediati da processi immunologici. In europa il problema cominci a porsi sul finire dell'anno 2000, quando, nei Paesi dell'alleanza NAtO, emerse la preoccupazione che personale impiegato in missioni di pace nei paesi balcanici presentasse un significativo aumento del rischio di contrarre malattie neoplastiche ed in particolar modo leucemie e linfomi. L'allarme crebbe rapidamente, anche per la difficolt di controllare e vagliare le notizie in merito che, giorno dopo giorno, venivano fornite dai mass-media. Nello stesso tempo i militari della Forza di Intervento NAtO erano ancora presenti in aree in cui erano stati usati armamenti contenenti uranio depleto, da subito correlato con l'insorgenza delle patologie tumorali. In Italia, le preoccupazioni generate dall'eventuale aumento di tale patologia tra il personale militare che avesse svolto attivit operativa in Bosnia e Kosovo indussero il Ministero della difesa ad istituire, il 22 dicembre 2000, una Commissione, presieduta dal Prof. Franco Mandelli, con l'incarico di accertare tutti gli aspetti scientifici dei casi venuti all'attenzione e di verificarne la possibile correlazione con il munizionamento all'uranio impoverito impiegato nell'area del conflitto. La Commissione ha pubblicato il suo ultimo rapporto l'11 giugno 2002, dopo aver raccolto tutti i dati riguardanti i militari che hanno svolto attivit di peacekeeping ed aver verificato la diagnosi delle neoplasie maligne verificatesi. L'incidenza dei casi di neoplasie maligne con diagnosi confermata aggiornata al 31 dicembre 2001 ed stata confrontata con i dati di dodici Registri tumori italiani; inoltre stato effettuato un confronto tra i linfomi di Hodgkin (LH) diagnosticati, rispettivamente, nella popolazione RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 in esame e nella totalit dei Carabinieri in servizio durante il periodo 1996-2000 e mai impegnati in missioni all'estero. Le conclusioni possono essere cos sintetizzate: -per le neoplasie maligne (ematologiche e non), globalmente considerate, emerge un numero di casi inferiore a quello atteso. tale risultato pu essere dovuto in parte alla selezione per idoneit fisica alla quale sono stati sottoposti i militari ed in parte al fatto che gli attesi sono stati calcolati in base a Registri tumori che provengono soprattutto dal nord dell'Italia, dove l'incidenza dei tumori, nel complesso, pi elevata rispetto al sud (zona da dove proviene la stragrande maggioranza dei militari impegnati nelle missioni); -esiste un eccesso, statisticamente significativo, di casi di LH e tale eccesso presente anche nei riguardi della popolazione di controllo rappresentata dai Carabinieri non inviati in missione; -i risultati dell'indagine a campione svolta sui militari italiani impiegati in Bosnia e Kosovo non hanno evidenziato la presenza di contaminazione da uranio impoverito; - non possibile individuare le cause dell'eccesso di LH35. Proprio la necessit di chiarire meglio tale circostanza ispir il varo di uno strumento legislativo inteso a monitorizzare il personale (militare e civile) impegnato nelle missioni di pace e potenzialmente esposto. L'art. 4-bis del decreto legge 29 dicembre 2000, convertito nella legge n. 27 del 28 febbraio 2001, ha individuato organismi competenti e procedure che consentissero di avere a disposizione elementi epidemiologici oggettivi e sicuri. Successivamente sono stati attivati altri studi, che hanno preso in considerazione le possibili differenze tra incidenza di neoplasie nel personale militare impiegato in missioni fuori area, in quello non utilizzato al di fuori del contesto nazionale, in quello in servizio nei poligoni di tiro, nella popolazione generale. Pur nella consapevolezza della difficolt di tali studi, anche a ragione di una carenza nella raccolta sistematica dei dati, ad oggi non possono individuarsi elementi che dimostrino diversi profili di rischio per patologia tumorale nei diversi gruppi indagati. Il progetto SIGNUM (Studio di impatto genotossico sulle unit militari), finanziato con la legge 12 marzo 2004, n. 68 e con la legge 15 dicembre 2004, n. 308, nato per dare seguito alle raccomandazioni della Commissione Mandelli, al fine di ampliare il campo delle ricerche ed effettuare maggiori approfondimenti sulle possibili cause delle neoplasie esaminate dalla Commissione Mandelli stessa e di promuovere un ulteriore studio su tali fenomeni patologici. tale studio stato condotto su un campione della popolazione militare (982 soggetti) impegnata nell'operazione "Antica Babilonia", in Iraq. Come spiegato nella relazione conclusiva del 17 gennaio 2011, tale area stata scelta in considerazione dell'impiego significativo di munizionamento all'uranio impoverito (non meno di 300 tonnellate secondo le fonti ufficiali) nel corso della Guerra del Golfo del 1991. I risultati del progetto SIGNUM suggeriscono che "l'esposizione ai genotossici ambientali non sembra aver rappresentato un fattore di rischio prioritario per i militari partecipanti allo studio: la ricerca riguardante il dosaggio degli xenoelementi (uranio ed altri), che consente di misurarne la quantit presente all'interno dell'organismo umano, ha evidenziato una significativa riduzione della concentrazione totale di uranio campionata nel siero e nelle urine dei campioni raccolti al termine della missione, rispetto a quelli raccolti prima della partenza per l'Iraq. I livelli di concentrazione totale del- l'uranio misurati nel gruppo di studio sono risultati estremamente ridotti e non supportano l'ipotesi di ingestione di uranio nel periodo di missione preso in esame".36 Al tempo stesso il progetto SIGNUM "solleva quindi degli interrogativi importanti sugli effetti del carico vaccinale, soprattutto se associato ad attivit operative caratterizzate da un elevato livello di stress"37.. CONteNzIOSO NAzIONALe A questo punto corre l'obbligo di effettuare una precisazione metodologica. L'insussistenza di una prova scientifica certa della normale correlazione epistemologica tra esposizione a uranio depleto e insorgenza di malattie quali il linfoma di Hodgkin non di per s ragione sufficiente per escludere che, nel caso in esame, non sia emersa la prova che il morbo da cui affetto il sig. G. non sia stato causato proprio da tale esposizione. Specialmente in un ambito processuale, quale quello del processo civile, nel quale la regola di giudizio della dimostrazione di tale nesso, fondandosi sul criterio del "pi probabile che non", prescinde dalla dimostrazione rigorosa della stessa esistenza di un nesso di causalit diretto e costante qual quello derivante dalla prova scientifica, e si fonda invece in una relazione sostanzialmente probabilistica tra la condotta e l'evento. d'altra parte, la prova scientifica, qual quella che viene riconosciuta tale in seguito ad un sistema si ritiene raggiunta, com' noto, in seguito alla conferma sperimentale di un'ipotesi teorica. L'attendibilit e il rigore scientifico dell'ipotesi teorica e la correttezza e affidabilit degli esperimenti dimostrativi sono oggetto di valutazione da parte di un dato numero di pubblicazioni sulle riviste pi prestigiose riconosciute dalla comunit scientifica mondiale e sulla base della fortuna di tali pubblicazioni si fonda massimamente la consacrazione della predetta teoria come verit scientifica dimostrata. Ovviamente il riconoscimento in ambito scientifico dell'esistenza di un nesso causale costante semplifica la dimostrazione dell'esistenza in concreto di tale nesso in un determinato caso giudiziario. Nulla esclude, tuttavia, in linea di principio, che nell'ambito di un giudizio civile possa giungersi alla dimostrazione, che, in una data occasione, vi sia stata una diretta imputazione causale tra un agente ed un evento, anche se manca - o manca ancora - la prova scientifica di una correlazione costante tra essi. Certamente, non deve trascurarsi che il grado di attendibilit e verificabilit di un esperimento di laboratorio, in ambito controllato, sia in linea di principio molto maggiore rispetto a quello conseguente ad una ricostruzione ex post, tipica di un giudizio, specie se condotta con la regola di giudizio probabilistica propria di un giudizio civile (1). tuttavia, il fatto che la ricorrenza statistica di una determinata sequenza causale non venga riconosciuta dalla comunit scientifica, al punto che non si possa ritenere dimostrata scienti (1) La prova raggiunta in giudizio costituisce, notoriamente, una verit "processuale" e non assoluta, condizionata dalle peculiariet della regola di giudizio e ha un valore relativo, ma - fatta la tara dei possibili errori giudiziari - costituisce il frutto della valutazione indipendente di prove raccolte nel contraddittorio e relative ad un caso specifico, il cui valore individuale non pu essere trascurato ma deve essere considerato e adeguatamente valutato. In linea teorica, non deve sottovalutarsi il valore statistico per gli scienziati del dato oggettivo della reiterata affermazione giurisdizionale di una correlazione causale tra due fattori anche in casi in cui detta correlazione non possa ritenersi scientificamente accreditata. La ricorrente affermazione giudiziaria di un nesso causale, emessa nell'ambito di un sistema giurisdizionale garantito e indipendente qual quello italiano, e sulla base di ricostruzioni avallate da consulenti tecnici iscritti in albi soggetti a controlli preventivi, non solo ha - se frutto di un'adeguata istruttoria e di una valutazione oggettiva ed equanime -piena valenza come verit processuale (correttamente raggiunta anche in assenza di prova scientifica), ma, pur non potendo ovviamente essere posta a base di una prova scientifica, costituisce spia dell'esistenza di una simile prova, dato che la probabilit che tali affermazioni giudiziarie costituiscano tutte il frutto di errori sono tanto minori quanto maggiore il numero di tali pronunce. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 ficamente, non esclude che, in un dato caso, quale emerso in un determinato giudizio, tale correlazione non possa ritenersi dimostrata. Per fare un esempio aderente al caso in esame, il fatto che non sia emersa la prova scientifica che l'esposizione a uranio impoverito possa determinare l'insorgere del linfoma di Hodgkin non esclude che nel caso del G. tale esposizione sia stata l'unica causa determinante tale malattia. Ci, ad esempio, presupporrebbe la dimostrazione di una costante esposizione a tale elemento, dell'assenza di altre possibili cause, di un'evidente concatenazione, anche temporale, dei sintomi, accertati diagnosticamente, e la dimostrazione della presenza di sostanza nell'organismo del G. Il fatto che non possa ritenersi ancora dimostrata scientificamente una determinata correlazione causale non esclude che in un caso determinato possa emergere la prova concreta del- l'esistenza della stessa. solo nell'ipotesi in cui possa ritenersi positivamente provata, con certezza scientifica, l'impossibilit di una concatenazione causale che pu escludersi la possibile formazione della prova di una simile connessione. Al contrario, la mera mancanza di una prova scientifica positiva di una correlazione causale non esclude a livello logico che le prove di tale connessione possano emergere in un caso particolare, e dunque anche in un ambito giurisdizionale (2). Ci premesso, in linea di principio (anche per motivare la scelta di un collegio di periti per l'effettuazione della prima CtU e della sua reiterazione con affidamento ad altro Consulente tecnico), in coerenza con le premesse svolte, deve tuttavia escludersi che nel presente giudizio, sulla base dei mezzi istruttori offerti dall'attore (prova per testi e documenti) e all'esito di tali approfondimenti tecnici, sia stata fornita o sia comunque emersa -neppure a livello probabilistico -la dimostrazione concreta della sussistenza di un nesso di causalit tra l'esposizione ad uranio impoverito lamentata -e neppure provata -dal G., e l'insorgere della sua grave patologia. ed invero, come esaurientemente illustrato nella prima relazione collegiale, a prescindere dalla insussistente dimostrazione scientifica della correlazione tra esposizione ad uranio impoverito e linfoma di Hodgkin, non v' alcun elemento che corrobori che il G. abbia contratto il proprio morbo in seguito al servizio militare espletato nel Poligono interforze di Salto di Quirra. Al contrario, lo stesso dr. Aronica, nominato proprio al fine di verificare la prima CtU, ha affermato la mera possibilit che il linfoma sia stato causato durante il servizio di leva nel poligono, ma non per effetto della (indimostrata) presenza di uranio deplto, ma unicamente in conseguenza della esposizione ad altre sostanze inquinanti che neppure l'attore aveva messo in relazione con la propria patologia. (2) d'altronde, le stesse prove scientifiche si fondano sulla rigorosa valutazione di una ricorrenza statistica di una data correlazione in ambito sperimentale; e neppure le prove raggiunte con il metodo sperimentale sono considerabili di valore assoluto, essendo le stesse fondate su giudizi di natura probabilistica: l'osservazione controllata, propria del metodo scientifico di Galileo, causa di una modificazione del comportamento spontaneo delle sequenze causali, per cui i risultati degli esperimenti scientifici sono condizionati proprio dall'esistenza di un osservatore (principio di indeterminazione di W.K. Heiseneberg). d'altra parte, i risultati del lavoro sperimentale degli scienziati vengono pubblicati, letti e valutati sulle riviste scientifiche pi prestigiose, e la selezione, dalle stesse effettuate, degli articoli meritevoli di stampa, si fonda su un sistema di crediti provenienti dalla stessa comunit scientifica (ossia da altri scienziati a loro volta accreditati per aver ricevuto altri giudizi favorevoli). ebbene, tale sistema costituisce un metodo di avvicinamento alla verit che, pur essendo il pi rigoroso tra quelli conosciuti, in taluni ambiti, non offre sempre adeguate garanzie di indipendenza rispetto agli enormi interessi economici in gioco. CONteNzIOSO NAzIONALe Il teste ascoltato, compagno d'armi del G., ha poi riferito modalit e condizioni dello svolgimento delle mansioni demandate all'attore e anche di contatti con le testate missilistiche, ma ovviamente non ha potuto attestare n la presenza nelle stesse di uranio impoverito, n ovviamente della possibile relazione causale tra tali presunti contatti - o quelli conseguenti alle esplosioni - e l'insorgenza della malattia. ed ha bens riferito della mancata predisposizione da parte dei responsabili militari delle stesse misure di prevenzione invece attuate per il personale statunitense, ma non ha potuto affermare se tali precauzioni fossero davvero indispensabili e comunque se la loro mancata predisposizione abbia causato l'insorgenza della malattia. Infine, sempre in relazione alla prova del nesso di causalit, non pu neppure attribuirsi eccessivo credito alle pur ricorrenti pronunce di accoglimento che anche questo tribunale ha emesso in relazione a casi di linfomi di Hodgkin riportati da militari inviati nella missione "Antica babilonia" in Iraq e alla possibile loro esposizione alle esplosioni di proiettili costruiti con uranio deplto. A indebolire il valore statistico di tali pronunce, e la loro possibile influenza anche nell'ambito del presente giudizio (nel quale, pur ipotizzandosi un esposizione in diverso contesto ambientale, pur sempre si invoca una correlazione causale tra uranio e linfoma) occorre prendere atto che, come si legge per brevi cenni nella relazione collegiale, l'imputazione causale del linfoma all'uranio impoverito resa ancor pi problematica (e dunque meno "probabile che non") dalle recenti indagini sulla possibile correlazione tra tali malattie e le vaccinazioni multiple imposte ai militari e che, atteso l'elevatissimo carico di metalli pesanti in esse contenute, si pongono come possibile fattore causale alternativo di ben altra pregnanza e con maggiore probabilit scientifica. Non essendo stata fornita la necessaria prova del nesso causale, neppure in base alle larghe maglie di un giudizio probabilistico, la domanda di risarcimento deve essere rigettata integralmente. L'esistenza di pronunce che hanno affermato il nesso tra uranio e linfoma, anche di questo tribunale, e la complessit della materia, giustificano l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite, ivi comprese le spese di CtU, che vengono poste a carico di entrambe le parti nella misura del 50% ciascuna. P.Q.M. Il tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, cos dispone: dichiara la giurisdizione della AGO. Rigetta la domanda e compensa interamente tra le parti le spese di lite. Roma, 11 maggio 2018. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 Procedura semplificata di autorizzazione di impianti di produzione di energie rinnovabili - c.d. minieolico - e tutela indiretta delle aree c.d. contermini a beni paesaggistici vincolati nota a Consiglio Di stato, sezione iv, sentenza 4 settembRe 2018 n. 5181 Francesca Muccio* 1. Premessa. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5181/2018 in commento, ha sciolto un nodo fondamentale nellambito della Procedura abilitativa semplificata di cui allart. 6 d.lgs. 28/2011. Pi in particolare, tale pronunciamento ha chiarito come la suddetta semplificazione si riferisca ai soli aspetti urbanistici (non anche, dunque, a quelli paesaggistici) e di introduzione del relativo procedimento. Conseguentemente, ha, altres, chiarito lapplicabilit, alla P.A.S., delle Linee Guida Nazionali in tema di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. 387/2003, approvate con d.M. 10 settembre 2010, questione su cui gli orientamenti giurisprudenziali paiono oscillanti (1). Ci, a seguito della pretermissione, nella sua sede naturale di espressione, ossia la Conferenza di Servizi, del parere dellAmministrazione BACt sullistallazione di un impianto di produzione di energie rinnovabili -c.d. minieolico -in unarea c.d. contermine ad unaltra, tutelata, al livello paesaggistico, ex lege. 2. la questione controversa. La questione di cui si tratta trae origine dallimpugnativa, con ricorso straordinario al Capo dello Stato, della determinazione dirigenziale n. 189 del 15 gennaio 2015, con cui il Comune di Santelia a Pianisi (CB) ha rilasciato (*) dottore in Giurisprudenza, gi praticante forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) vedasi, da ultimo, tar Campania, sent. n. 748/2018, propendente per linapplicabilit, alla P.A.S., delle medesime Linee Guida Nazionali: Deve essere disattesa leccezione di inammissibilit del ricorso, sollevata dallamministrazione comunale resistente, per violazione dellart. 40, comma 1, c.p.a. giacch dal tenore dellimpugnativa e dal provvedimento oggetto di gravame sono individuabili le amministrazioni avverso le quali questultimo rivolto. nel merito il ricorso fondato e meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni. Con la prima censura il ricorrente si duole dellillegittimit del provvedimento di diniego e del parere negativo dellasl benevento 1 presupposto in quanto lo stesso si fonderebbe erroneamente sulle previsioni del D.m. 10.9.2010 e della l.R. 4/2015 che sarebbero inapplicabili alla fattispecie in esame non versandosi in unipotesi di impianto industriale soggetto allautorizzazione di cui allart. 12 del D.lgs. n. 387/2003, ma trattandosi di impianto realizzabile previo rilascio di una mera D.i.a. attraverso lattivazione della procedura abilitativa semplificata ex art. 6 del D.lgs. n. 28/2011. la censura fondata e va accolta. CONteNzIOSO NAzIONALe ad unazienda agricola lautorizzazione alla realizzazione di un impianto di produzione di energia. Pi in particolare, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise ha chiesto la declaratoria di nullit o lannullamento, previa sospensione, della predetta autorizzazione, per non essere stata coinvolta nel relativo procedimento, nonostante la turbina di tipo minieolico fosse posta ad una distanza di circa 400 metri da un sistema boschivo c.d. SIC (Sito di Interesse Comunitario). In altre parole, nella prospettiva dellAmministrazione BACt, la localizzazione in area contermine (ossia posta a distanza pari a 50 volte laltezza del manufatto da realizzare rispetto al bene oggetto di vincolo) avrebbe dovuto comportare il suo coinvolgimento, ai sensi dellart. 152 d.lgs. 42/2004 (2) e delle Linee Guida Nazionali in tema di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. 387/2003, approvate con d.M. 10 settembre 2010. Queste ultime, allart. 14.9, lett. c), riproposto dalle corrispondenti Linee Guida Regionali, approvate dalla Regione Molise con delibera G.R. n. 621/2011, prevedono che il ministero [BACt] () partecipa () c) al procedimento per lautorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, () il ministero esercita unicamente in quella sede i poteri previsti dallarticolo 152 di detto decreto. In buona sostanza, qualora la Soprintendenza avesse partecipato al procedimento autorizzatorio, avrebbe emesso il parere vincolante (di dissenso) di cui allart. 152 d.lgs. 42/2004, data la sottoposizione di Bosco Cerreto alla tutela di cui allart. 142, comma 1, lett. g), d.lgs. 42/2004 (3). Invece, non essendo stata coinvolta, sarebbe venuta a conoscenza dello stato dei luoghi solo successivamente, conseguentemente emanando un ordine di sospensione dei lavori (4), peraltro impugnato dallazienda agricola medesima innanzi al tar Molise. (2) Ai sensi dellart. 152 d.lgs. 42/2004: nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell'ambito e in vista delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 136 ovvero in prossimit degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dello stesso articolo, l'amministrazione competente, su parere vincolante, salvo quanto previsto dall'articolo 146, comma 5, del soprintendente, o il ministero, tenuto conto della funzione economica delle opere gi realizzate o da realizzare, hanno facolt di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso d'esecuzione, idonee comunque ad assicurare la conservazione dei valori espressi dai beni protetti ai sensi delle disposizioni del presente titolo. Decorsi inutilmente i termini previsti dall'articolo 146, comma 8, senza che sia stato reso il prescritto parere, l'amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146. (3) Stabilisce lart. 142, comma 1, lett. g), d.lgs. 42/2004: sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo titolo: () g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorch percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 3. i motivi del ricorso della soprintendenza. Prima di addentrarsi nei motivi del ricorso al Capo dello Stato, si ritiene opportuno inquadrare limpugnata autorizzazione nellambito della Procedura abilitativa semplificata (o PAS) di cui allart. 6 d.lgs. 28/2011 (5). Orbene, il Comune, non interpellando la Soprintendenza, non avrebbe acquisito, in sede conferenziale, un parere, obbligatorio e vincolante ex art. 146, commi 4, 5, 7, 8 d.lgs. 42/2004 (6), e sempre secondo limpostazione dellAmministrazione BACt, avrebbe rilasciato un provvedimento mancante di un elemento essenziale, in quanto tale nullo ex art. 21-septies L. 241/1990. Invero, le Linee Guida, sia Nazionali che Regionali, attribuiscono alla suddetta Amministrazione non solo il potere di esprimere il proprio parere vincolante, ma anche di dettare prescrizioni inerenti alle distanze e agli altri accorgimenti utili alla tutela dei valori paesaggistico-culturali del contesto in cui limpianto deve essere inserito. Il tar Molise, in analoghi casi concernenti aree contermini, ha riconosciuto tale potere con diverse ordinanze, anche richiamanti univoche decisioni del Consiglio di Stato, indipendentemente dal fatto che le Linee Guida Nazionali fossero gi entrate in vigore al momento delladozione del titolo abilitativo. eloquente, sul punto, lordinanza n. 85/2015, con cui il tar ha affermato che lapplicabilit dellart. 152 del d.lgs. 42/2004 a fattispecie simile a quella controversa gi stata affermata da Cons. stato, v, n. 1144/2014, a prescindere e quindi anche prima dellentrata in vigore delle linee guida nazionali approvate con D.m. 10 settembre 2010 che al punto 14.9 lettera c) hanno espressamente riconosciuto la facolt di esercitare i poteri previsti dallart. 152 anche quando lintervento ricada in aree contermini a quelle espressamente vincolate ex lege ai sensi dellart. 142 d.lgs. n. 42/2004. non rileva per (4) Cfr. t.A.R. Campania SA, sez. I, 24 ottobre 2012, n. 1426: ladozione di misure inibitorie e cautelari, quali quelle in esame, costituisce, invero, la naturale ed ordinaria attivit provvedimentale conseguente allavvenuto riscontro della violazione di norme regolatrici della materia, finalizzata al ripristino dellequilibrio violato (Sost. conf. t.A.R. Molise, 25 marzo 2016, n. 160). (5) La PAS (Procedura Abilitativa Semplificata) preordinata alla realizzazione ed esercizio degli impianti alimentati da fonte rinnovabile indicati nei paragrafi 11 e 12 delle linee guida per lautorizzazione di impianti a fonti rinnovabili recate dal d.M. 10 settembre 2010. Almeno trenta giorni prima dellinizio effettivo dei lavori, colui che intenda realizzare un impianto di tal specie deve indirizzare al Comune una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e degli opportuni elaborati progettuali, attestanti la compatibilit del progetto con gli strumenti urbanistici ed i regolamenti edilizi vigenti, nonch il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie. Alla dichiarazione sono, altres, allegati gli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete. Nel caso in cui siano dovuti atti di assenso, pareri, nulla osta e assensi da parte delle preposte Autorit, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, il Comune deve provvedere alla loro acquisizione, a tal fine sospendendo i termini per linizio dei lavori. (6) tale norma, disciplinante lemissione, da parte della competente Autorit, dellautorizzazione paesaggistica, prevede che questultima non possa essere rilasciata successivamente alla realizzazione, anche parziale degli interventi, salvi i casi di cui allart. 167, commi 4 e 5. CONteNzIOSO NAzIONALe tanto lanteriorit del permesso di costruire rispetto alla data di adozione delle predette linee guida nazionali. Quanto al potere di sospensione dei lavori esercitabile da parte dellAmministrazione BACt, il cui parere venga pretermesso in un procedimento autorizzatorio, il tar Molise ha rievocato Cons. stato vi, 23 maggio 2012, n. 3039, [che] ha riconosciuto ampia portata al potere cautelare inibitorio previsto dallart. 155 del d.lgs. n. 42/2004 anche a prescindere dallavvio del procedimento di imposizione di dichiarazione di notevole interesse pubblico concludendo circa lirrilevanza del dedotto vizio di violazione dellart. 21 quater, comma 2 della legge 241 del 1990, essendo lart. 155 norma speciale che non incide sugli effetti di provvedimenti previamente adottati ma esplica efficacia preclusiva rispetto alle conseguenti attivit materiali di trasformazione dei luoghi (7). da quanto riportato dato evincere che, indipendentemente dallapposizione diretta di un vincolo (ex lege o per il tramite di dichiarazione di pubblico interesse), la Soprintendenza pu sospendere lattivit intrapresa in area contermine, qualora pretermessa nel relativo procedimento autorizzatorio; ci in quanto quello che, in virt dellarticolo 152 d.lgs. 42/2004, si valorizza l effetto di irradiamento (8) della tutela paesaggistica, di cui allart. 142 d.lgs. 42/2004, nelle aree contermini medesime. Nel proprio ricorso, la Soprintendenza ha, pertanto, affermato la sussistenza delle condizioni per la piena applicazione dei principi stabiliti dal tar Molise e dal Consiglio di Stato, al fine di evitare lo sviluppo di procedure segnate da carenza di potere per difetto di attribuzioni in capo ai Comuni, avocanti a s un potere autorizzatorio in realt da condividere con lAmministrazione BACt (9). (7) Sost. conf. Consiglio di Stato, sent. n. 365/2015, in cui dato evincere che diversamente dalla discrezionalit amministrativa, la discrezionalit tecnica non pu dar luogo ad alcuna forma di comparazione e valutazione eterogenea. nellesercizio della funzione di tutela spettante al mibaC, linteresse che va preso in considerazione solo quello circa la tutela paesaggistica, il quale non pu essere aprioristicamente sacrificato dal mibaC stesso, nella formulazione del suo parere, in considerazione di altri interessi pubblici la cui cura esula dalle sue attribuzioni. (8) Cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 378/2007: quando vengono in rilievo opere infrastrutturali di grande impatto visivo il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale pi ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo. in altri termini, il paesaggio si manifesta in tali casi quale componente qualificata ed essenziale dell'ambiente, nella lata accezione che di tale bene giuridico ha fornito l'evoluzione giurisprudenziale, anche di matrice costituzionale. (9) Cfr., in analoga fattispecie, in cui lAmministrazione procedente, nellambito della procedura di cui allart. 12 d.lgs. 387/2003, pone in non cale il parere dellAmministrazione statuale, Consiglio di Stato, sent. n. 7306/2018: essa [ossia lAmministrazione procedente] non pu ritenere attribuite a se stessa, in presenza di dissenso qualificato statale, potest provvedimentali volte a porre lamministrazione statale in una situazione di soggezione ipotizzabile con altre amministrazioni dissenzienti, portatrici di interessi non di rango primario costituzionale. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 La Soprintendenza ha, invero, anche affermato lapplicabilit dellart. 152 d.lgs. 42/2004 sia agli impianti eolici ordinari, sia a quelli minieolici, sia a quelli aventi capacit di generazione inferiore a quella di cui al d.lgs. 387/2003; capacit, per leolico fissata a 60Kw, introdotta dallart. 161, comma 2, L. 244/2007 (o Legge finanziaria 2008). tanto risulta evincibile anche dal succitato pronunciamento del Consiglio di Stato n. 1144/2014 (10). Inoltre, la medesima Amministrazione ha lamentato la violazione delle Linee Guida nella parte in cui impongono la dimostrazione e complessiva valutazione delleffetto cumulo degli impianti (11), oltre che il rispetto di distanze minime - pari a 5 volte il loro diametro ex art 16.1., lett. d) delle Linee Guida - anche tra le macchine. La prospettiva da cui ha preso le mosse il ricorso della Soprintendenza e le relative argomentazioni in esso sviluppate stata, dunque, quella della valenza costituzionale, dunque incondizionata ed assoluta, del bene paesaggio, ex art. 9 Cost. (12). 4. la decisione n. 85/2017 del tar molise. Sulla questione, a seguito di trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, ha deciso il tar Molise, con sentenza n. 85/2017. Il tar, riconosciuta la potenza non superiore a 60Kw dellimpianto, ha, tuttavia, rigettato il ricorso della Soprintendenza, sostenendo la sostituibilit, da parte dellart. 6 d.lgs. 28/2011, dellart. 12 d.lgs. 387/2003, con la conse (10) Consiglio di Stato, sent. n. 1144/2014: gi nellordinanza n. 416 del 2013, resa nellambito di questo giudizio in sede di appello cautelare, questo Consiglio aveva sinteticamente richiamato il particolare effetto di irradiamento del regime vincolistico che assiste i beni paesaggistici allorquando, come nella specie, vengono in rilievo opere infrastrutturali di rilevante impatto sul paesaggio. (11) Secondo Corte di Giustizia, causa C-481/04 del 23 novembre 2006, leffetto cumulo deve essere valutato anche se i progetti appartengono a categorie diverse se gli effetti derivanti dalla loro realizzazione possono cumularsi. (12) Cfr. tar Molise, sent. n. 100/2011: la tutela del paesaggio costituisce un valore di rango superiore (o almeno pari) rispetto allambiente e alla libert di iniziativa economica. se, nella previsione costituzionale, il principio di protezione ambientale pretermesso, a mente dellart. 41 della Costituzione, liniziativa economica libera, ma non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale. viceversa, per lart. 9 secondo comma, la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione, senza limitazioni, condizioni o vincoli teleologici. mentre la tutela del paesaggio e dei beni culturali incondizionata e assoluta, la garanzia della libert economica subordinata alla sua funzione sociale, rientrando sicuramente nella generale accezione della funzionalizzazione anche la salvaguardia delle bellezze naturali, del patrimonio pubblico e dei beni destinati alla fruizione collettiva. Pertanto, la disciplina costituzionale del paesaggio erige il valore estetico-culturale a principio primario dellordinamento (Cons. stato v, 12 giugno 2009 n. 3770), mentre la limitazione della libert di iniziativa economica per ragioni di utilit sociale appare giustificata non solo nellottica costituzionale, ma anche in quella di cui allart. 6 C.e.d.u. (Convenzione europea dei diritti) e dellart. 1 del relativo Protocollo addizionale, poich, in essi, la garanzia dellautonomia privata non incompatibile con la prefissione di limiti a tutela dellinteresse generale (cfr. Corte Cost. 22 maggio 2009 n. 162). CONteNzIOSO NAzIONALe guenza di rendere non applicabile alle fattispecie in questione la disciplina dettata da tale ultimo articolo e dalle linee guida che ne costituiscono ex professo applicazione. In altre parole, per i Giudici di primo grado, lart. 6 d.lgs. 28/2011 avrebbe stabilito un autonomo regime, non implicante lapplicazione delle Linee Guida e non contemplante alcun potere ministeriale con riguardo alle aree contermini, stante il minor impatto paesaggistico del minieolico rispetto agli impianti alimentati ad eolico. Inoltre, tale autonomo regime sarebbe disceso dal bilanciamento degli interessi in gioco, con prevalenza di quelli produttivi rispetto a quelli di tutela ambientale. Il tar ha, altres, ritenuto non bastevole il richiamo dei poteri ministeriali di cui al punto 14.9 delle Linee Guida, giudicando, invece, necessario uno specifico addentellato normativo per il loro esercizio. Ci, sul presupposto che la procedura semplificata, ispirata al principio di liberalizzazione secondo il modello della SCIA, non avrebbe ammesso un controllo ex post - quale quello di cui allart. 152 d.lgs. 42/2004 - estrinsecantesi in un parere obbligatorio e vincolante dellAmministrazione BACt, fermi, comunque, restando i poteri interdittivi e di controllo esercitabili una volta avvenuto lintervento. Il Giudice di primo grado ha, cos, valorizzato il principio di autoresponsabilit, asseritamente riconnesso ad un istituto ispirato al principio di liberalizzazione, quale sarebbe la Procedura abilitativa semplificata di cui allart. 6 d.lgs. 28/2011. Ha, altres, respinto la doglianza di parte ricorrente concernente la necessit di una complessiva valutazione dellimpatto paesaggistico dei diversi impianti, sul presupposto della loro configurabilit come iniziative distinte; iniziative, in altri termini, da considerarsi autonome, in quanto promananti da soggetti giuridicamente diversi e come tali non valutabili unitariamente, se non per profili di interferenza. La novit della questione ha, infine, indotto alla compensazione delle spese. 5. Commento sulla normativa vigente. Avverso la sentenza del tar Molise, lAmministrazione BACt ha esperito appello, censurando lasserita estraneit del minieolico alle prescrizioni contenute nelle Linee Guida Nazionali, approvate con d.M. 10 settembre 2010, sol perch lopera ricadeva in area contermini. Per la Soprintendenza, lart. 6 d.lgs. 28/2011 non avrebbe introdotto alcuna deroga al procedimento disciplinato dallart. 12 d.lgs. 387/2003 (e, conseguentemente, dalle Linee Guida, Nazionali e Regionali), finalizzata a pretermettere il parere del MIBACt, dal momento che la semplificazione riguarderebbe la sola introduzione delliter autorizzatorio e la competenza. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 Il carattere non derogatorio dellart. 6 d.lgs. 28/2011 rispetto allart. 12 d.lgs. 387/2003 sarebbe, daltronde, testimoniato dal richiamo delle Linee Guida ad opera dellart. 6 d.lgs. 28/2011 (13), che indurrebbe alla necessaria acquisizione di ogni altro parere, intesa, nulla osta o assenso ove previsto (si rammenta che, secondo il comma 5, seconda parte: Qualora lattivit di costruzione e di esercizio degli impianti di cui al comma 1 sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, lamministrazione comunale provvede ad acquisirli dufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni). Ai sensi del suddetto articolo, la necessaria acquisizione del parere ove previsto implica, peraltro, la sospensione del termine di 30 giorni per lavvio dei lavori; termine decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione medesima. Si osserva che le Linee Guida Nazionali prevedono che per gli impianti di cui al paragrafo 12 (14), lautorit competente non pu richiedere lattivazione del procedimento unico di cui allart. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003; invero, il paragrafo 12.5 statuisce che i seguenti interventi sono considerati attivit ad edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10, anche per via telematica, del- linizio dei lavori da parte dellinteressato allamministrazione comunale: a) impianti eolici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dellarticolo 11, comma 3 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115): i. installati sui tetti degli edifici esistenti di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro; ii. gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, nei casi previsti dallart. 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115 del 2008. () 12.6. sono realizzabili mediante denuncia di inizio attivit: a) impianti eolici non ricadenti fra quelli di cui alla lettera a) ed aventi capacit di generazione inferiore alle soglie indicate alla tabella a allegata al d.lgs. 387 del 2003, come introdotta dallarticolo 2, comma 161, della legge n 244 del 2007. b) (). (13) Ai sensi dellart. 6 d.lgs. 28/2011, Ferme restando le disposizioni per lattivit di costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida, adottate ai sensi dellart. 12, comma 10 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. (14) Si tratta degli interventi soggetti a denuncia di inizio attivit e degli interventi di attivit ad edilizia libera, con dettaglio per tipologia di impianto. CONteNzIOSO NAzIONALe Pertanto, dalla lettera della norma emergerebbe la mancata necessit di unautorizzazione unica, ex art. 12 d.lgs. 387/2003, per gli impianti ricadenti in aree - direttamente o indirettamente - non soggette a vincolo paesaggistico, in quanto rientranti nellattivit c.d. libera, desumendosi, invece, la necessit di una denuncia di inizio attivit per gli impianti, di potenza comunque non superiore a 60Kw, insistenti su area vincolata ai sensi del d.lgs. 42/2004 (ex lege ovvero tramite dichiarazione di pubblico interesse ovvero contermine). Al riguardo, va, altres, sottolineato, che al paragrafo 11.2 delle Linee Guida stabilita la necessaria allegazione alla denuncia di inizio attivit delle autorizzazioni, anche paesaggistiche, ove previste, salva diretta acquisizione, da parte del Comune, per quanto di sua competenza (nel caso di interventi soggetti a Dia, in relazione ai quali sia necessario acquisire concessioni di deviazioni ad uso idroelettrico, autorizzazioni ambientali, paesaggistiche, di tutela del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumit, le stesse sono acquisite e allegate alla Dia, salvo che il Comune provveda direttamente per gli atti di sua competenza). di qui la sostanziale coincidenza delle su richiamate disposizioni contenute nelle Linee Guida con lart. 6 d.lgs. n. 28/2011, introduttivo della P.A.S.; disposizioni, pertanto, non incidenti, in termini di pretermissione, sui poteri dellAutorit preposta alla tutela del paesaggio. va detto, altres, che, nellambito degli interventi soggetti a denuncia di inizio attivit (o ex d.I.A.), in favore dellespressione del parere vincolante da parte della Soprintendenza, milita il paragrafo 14.9 delle Linee Guida, ove si statuisce che: [il Ministero per i beni e le attivit culturali partecipa] c) al procedimento per lautorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio; in queste ipotesi il ministero esercita unicamente in quella sede i poteri previsti dallart. 152 di detto decreto; si considerano localizzati in aree contermini gli impianti eolici ricadenti nellambito distanziale di cui al punto b) del paragrafo 3.1 e al punto e) del paragrafo 3.2 dellallegato 4; per gli altri impianti lambito distanziale viene calcolato, con le stesse modalit dei predetti paragrafi, sulla base della massima altezza da terra dellimpianto. Inoltre, sempre per interventi sottoposti a d.I.A., il paragrafo 15.9 avrebbe espressamente imposto il coinvolgimento del MIBACt qualora si fosse resa applicabile la parte II del Codice del Paesaggio (ivi compreso lart. 152 di questultimo). Se ne desumerebbe, dunque, limpossibilit di escludere (ovvero di considerare eventuale o ex post) il parere - vincolante - della Soprintendenza nel- lambito della procedura autorizzatoria de quo. Nel suo appello al Consiglio di Stato, lAmministrazione BACt ha, pertanto, censurato la mancata considerazione, da parte del tar Molise, dellef RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 fetto di irradiamento della tutela dei beni vincolati direttamente, pur in assenza di una specifica deroga nel caso di specie. tanto pi che, venendo in gioco procedimenti abilitativi in senso lato e non delimitato, non sarebbe stato possibile applicare alcuna restrizione per tipo (ossia, escludere il minieolico per una presunta minore incidenza paesaggistica dello stesso). Infine, nellottica della Soprintendenza, non sarebbe stato correttamente considerato, dai Giudici di primo grado, il suo parere nellambito del procedimento di cui allart. 6 d.lgs. 28/2011, il quale, ben lungi dallessere posteriore ed eventuale, avrebbe dovuto intendersi quale atto di assenso vincolante e preventivo. 5. la sentenza n. 5181/2018 della Quarta sezione del Consiglio di stato. definitivamente pronunciando sulla questione, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 5181/2018, ha stabilito che lart. 6 d.lgs. 28/2011, lungi dallescludere la necessit dellintervento del ministero per i beni culturali ed ambientali, prevede che linteressato (proprietario o altro soggetto avente la disponibilit del bene sul quale realizzare limpianto alimentato da fonti rinnovabili) alleghi latto di assenso dellamministrazione competente per la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico. Ci, secondo i Giudici di Palazzo Spada, evincibile dal richiamo, nel- lultimo periodo del comma 2 dellart. 6 alle materie di cui allart. 20, comma 4, L. 241/1990, tra cui la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico (sottratta allistituto del silenzio-assenso). Pertanto, nel caso di mancata acquisizione dellassenso dellAmministrazione statuale da parte del privato, il Comune deve acquisirlo dufficio ovvero indire una conferenza di servizi, con conseguente sospensione del termine di 30 giorni per lavvio dei lavori, decorrente dalla presentazione della dichiarazione. Con ci, il Consiglio di Stato ha sconfessato lassunto dei Giudici di primo grado, secondo cui lemanazione di un parere da parte dellAutorit preposta alla tutela paesaggistica avrebbe snaturato il principio di autoresponsabilit del privato asseritamente fondante un istituto di liberalizzazione qual stata ritenuta la procedura semplificata, alla stessa stregua di una SCIA. Per il Consiglio di Stato, i compiti di tutela trovano espressione proprio nella resa del predetto parere vincolante, non solo con riguardo alle aree di cui allart. 136 d.lgs. 152/2006, ma anche con riguardo alle aree contermini, ossia prossime a quelle di cui al citato articolo. Il che parso in linea ad una maggiore coerenza ed obiettivit dellazione amministrativa, ex art. 97 Cost., in quanto, nellimpostazione dei Giudici di secondo grado, non la potenza dellimpianto a rilevare, bens le concrete caratteristiche fisiche e lingombro del medesimo e la sua incidenza sul bene paesaggistico che si intende tutelare. CONteNzIOSO NAzIONALe 6. Conclusioni. da quanto detto risulta evidente che la semplificazione di cui allart. 6 d.lgs. 28/2011 riguardi, oltre che lintroduzione del procedimento, il solo aspetto urbanistico, considerata lattestazione che, per il tramite di specifici allegati, il privato deve rendere al Comune in ordine alla conformit dellintervento agli strumenti urbanistico-edilizi in vigore. In altri termini, tale semplificazione non riconducibile allambito della tutela paesaggistica, e men che meno sono ravvisabili incidenze sul parere che le preposte Autorit sono chiamate ad emettere sulla compatibilit dellintervento con i valori paesaggistico-culturali dei luoghi oggetto di tutela. Al riguardo, non pu eludersi un riferimento alla non comprimibilit della tutela paesaggistica, anche quando vengono in gioco aspetti urbanistico-edilizi degli ambiti in cui gli interventi vanno a ricadere. daltronde, la preminenza da accordare alla disciplina di tutela paesistica rispetto alle prescrizioni regolanti lattivit urbanistico-edilizia si ricava dal- lart. 1 d.P.R. n. 380/2001, il quale, al comma 2, testualmente stabilisce che: Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 [antecedente normativo del d.Lgs. n. 42/2004] aventi incidenza sulla disciplina dellattivit edilizia (v., sul punto, anche tA.R. Molise, ord. n. 47/2015; id., sent. 8 marzo 2011, n. 100: la tutela del paesaggio [ha] comunque portata generale e speciale considerazione di valore, rispetto a ogni forma di pianificazione degli interventi urbanistici, economici e infrastrutturali sul territorio, costituendo necessario presupposto per essi (cfr.: Cons. stato iv, 5 luglio 2010 n. 4244; idem v, 12 giugno 2009 n. 3770). del medesimo tenore anche t.A.R. Lazio RM, Sez. II quater, 14 dicembre 2010 n. 36581: la tutela paesaggistica, lungi dallessere subordinata alla pianificazione urbanistica comunale, deve precedere ed orientare le scelte urbanistico - edilizie locali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni paesaggistiche sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette (cfr. Corte costituzionale, 30 maggio 2008, n. 180). Se ne desume che, nel caso in esame, la pretermissione del qualificato parere della Soprintendenza avrebbe di fatto comportato il disconoscimento della natura sensibile dellinteresse paesaggistico, costituzionalmente rilevante ex art. 9 Cost. Peraltro, la giurisprudenza oramai consolidata sulla necessit del- lespressione del parere della medesima Amministrazione BACt (15), nella (15) Cfr., quanto al sindacato giurisdizionale del G.A. sul suddetto parere, Consiglio di Stato, RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 conferenza di servizi appositamente celebrata, nellambito del procedimento autorizzatorio di cui allart. 12 d.lgs. 387/2003; principio dal quale, nel procedimento semplificato di cui allart. 6 d.lgs. 28/2011, per tutto quanto suesposto, non pare possibile scostarsi. In conclusione, si cita, sul punto, Cons. Stato, sez. v, 17 dicembre 2015, nn. 5748-50 e 5752, in cui si d lucidamente conto del del carattere imprescindibile dellapporto istruttorio di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela di beni sensibili di rilievo costituzionale (quali il paesaggio, come nel caso di specie) nei confronti di provvedimenti autorizzativi di opere aventi un impatto sulla collettivit, nonch, laddove queste siano sovraordinate rispetto allamministrazione procedente, delleffetto impeditivo della decisione finale sullistanza da parte di questultima e conseguente devoluzione dellaffare al vertice dellorganizzazione amministrativa nazionale (16). Consiglio di stato, sez. iV, sentenza 4 settembre 2018 n. 5181 -Pres. Filippo Patroni Griffi, est. Oberdan Forlenza -Ministero dei beni e delle attivit culturali (avv. gen. Stato) c. Azienda Agricola B.P.L. (avv. S. di Pardo). FAttO 1.1.Con lappello in esame, il Ministero per i beni e le attivit culturali impugna la sentenza 15 marzo 2017 n. 85, con la quale il tAR per il Molise, sez. I, ha respinto il ricorso proposto avverso lautorizzazione rilasciata dal Comune di Santelia, in favore della parte appellata, per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica, senza la previa acquisizione del parere della amministrazione dei beni culturali (da questa ritenuto di natura obbligatoria e vincolante). Il ricorso giurisdizionale risulta proposto innanzi al tAR Molise per effetto della trasposizione di precedente ricorso straordinario al Capo dello Stato, richiesta dalla controparte privata. Come precisato dalla sentenza impugnata, la controversia oggetto del presente giudizio ha ad oggetto il provvedimento con il quale il Comune di Santelia a Pianisi ha rilasciato il nulla osta alla realizzazione dellimpianto cd. minieolico in unarea non sottoposta a vincoli paesaggistici, ma che lamministrazione ricorrente ritiene situata in zona contermine rispetto ad un bene paesaggistico sottoposto a vincolo ex lege. Posto che, ai sensi del punto 14.9 d.M. 10 settembre 2010 (recante le linee guida nazionali in tema di autorizzazione unica ex art. 12 d. lgs. n. 387/2003), per zona contermine deve intendersi larea sulla quale si intende collocare limpianto posta a distanza pari a cinquanta sent. n. 132/2018: il parere reso frutto di esercizio di discrezionalit tecnico amministrativa che il giudice, in sede di giudizio di legittimit, pu sindacare solo nei limiti in cui le valutazioni espresse appaiono palesemente immotivate, ovvero irragionevoli od illogiche, occorrendo evitare di invadere il merito delle valutazioni dellamministrazione. (16) Il riferimento alla devoluzione della questione al Consiglio dei Ministri che, ex art. 14quater L. 241/1990, lAutorit procedente deve effettuare, qualora non ritenga di uniformarsi al qualificato parere emesso dalla Soprintendenza, e non intenda esperire impugnativa, in sede giurisdizionale, del dissenziente parere medesimo. Il Consiglio dei Ministri ha un termine di 60 giorni per esprimersi. CONteNzIOSO NAzIONALe volte laltezza del manufatto da realizzare rispetto al bene oggetto di vincolo, lamministrazione ritiene che i poteri di cui allart. 152 d.lgs. n. 142/2004 devono essere esercitati sia nel caso di impianti eolici ordinari, sia nel caso di quelli cd. minieolici, come definiti al punto 12.6 delle predette Linee guida, e per i quali si applica la procedura autorizzatoria semplificata di cui allart. 6 d. lgs. n. 28/2011. 1.2. La sentenza impugnata afferma, in particolare: -lart. 6 d.lgs. n. 28/2011 detta il procedimento semplificato per la realizzazione degli impianti cd. minieolici, indicando gli adempimenti che gli interessati devono porre in essere per conseguire il titolo abilitativo, con una formulazione di tipo esaustivo e sostitutivo rispetto alle previsioni dettate dallart. 12 del d. lgs. n. 387/2003, con la conseguenza di rendere non applicabile alle fattispecie in questione la disciplina dettata da tale ultimo articolo e dalle Linee Guida che ne costituiscono ex professo applicazione; -il d.lgs. n. 28/2011 non contiene una deroga alla disciplina dellautorizzazione unica . . . ma detta un regime autonomo che non richiama lapplicazione delle Linee guida e che quindi non contempla nemmeno lestensione dei poteri ministeriali con riguardo alle aree contermini, non previste nel regime semplificato (e previste invece allart. 14.9 delle Linee guida), con ci esprimendo una scelta sul piano sostanziale coerente con limpatto paesaggistico, certamente minore, data la limitata potenza di siffatti impianti di produzione di energia; -in particolare, lart. 6 d.lgs. n. 28/2011 non ha portata solo procedimentale e uneventuale estensione del potere ministeriale anche agli impianti in discorso dovrebbe trovare un espresso addentellato normativo, non bastando a tal fine la previsione di cui allart. 14.9 delle Linee guida, esplicitamente applicabili alla sola autorizzazione unica di cui allart. 12 del d. lgs. n. 387/2003: -peraltro, posto che la procedura semplificata () istituto ispirato al principio di liberalizzazione secondo il modello della SCIA . . . prevedere, in assenza di vincolo paesaggistico, la necessit del preventivo rilascio di un parere equivale sostanzialmente a riprocedimentalizzare un istituto di liberalizzazione fondato sul diverso principio di autoresponsabilit del privato. 1.3. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti dalle pagg. 6-10 del ricorso): a) error in iudicando, violazione art. 6 d.lgs. n. 28/2011, poich tale disposizione si limita a introdurre elementi di semplificazione procedimentale quanto allintroduzione delliter e alla competenza, prevedendo espressamente (co. 2) che nel caso in cui siano richiesti atti di assenso nelle materie di cui al co. 4 dellart. 20 della l. 7 agosto 1990 n. 241, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, . . . si applica il co. 5. Questultimo dispone che lamministrazione comunale provvede ad acquisire di ufficio eventuali atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, ovvero procede a convocare una conferenza di servizi. In definitiva, linteressato deve allegare alla dichiarazione o agli elaborati tecnici lautorizzazione paesaggistica . . . o, in mancanza di allegazione, il Comune deve acquisire lautorizzazione di ufficio o convocare una conferenza di servizi; b) error in iudicando, poich la ratio della tutela delle aree contermini ravvisabile nel cd. effetto di irradiamento della tutela dei beni vincolati direttamente sia ex lege che con apposita dichiarazione di interesse pubblico paesaggistico; ratio che non pu non valere anche nella materia specifica, in difetto di esplicita deroga; peraltro, non prevista alcuna restrizione per tipo (pretesa esclusione del minieolico), poich si fa riferimento a procedimenti abilitativi in senso lato e non delimitato; c) error in iudicando, poich la sentenza sostanzialmente disapplica le norme indicate e ritiene eventuale ed ex post il giudizio tecnico che esprime lamministrazione, la quale invece RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 chiamata a rendere un atto di assenso qualificato espressamente dalla norma in termini di parere vincolante e preventivo. 1.4. Si costituita in giudizio lAzienda Agricola, che ha preliminarmente eccepito: -linammissibilit dellappello, poich il ricorso straordinario sarebbe stato notificato allattuale appellata ad un indirizzo errato; -lirricevibilit dellappello in conseguenza della tardivit del ricorso straordinario, poich proposto oltre il termine di 120 giorni, prescritto dallart. 9 dPR n. 1199/1971; infatti, latto impugnato, definito impropriamente dallamministrazione determina dirigenziale, ma che in realt un atto comunicativo del Comune di verifica positiva della d.i.a. allesito dellacquisizione di tutti i pareri favorevoli, riporta la data del 15 gennaio 2015, mentre il ricorso straordinario stato proposto solo il 13 gennaio 2016; -linammissibilit dellappello, per effetto dellirricevibilit del ricorso instaurativo del giudizio di I grado, poich la costituzione innanzi al tAR stata tardivamente depositata, in violazione degli artt. 48 e 119 Cpa, che prevedono i termini dimezzati per il deposito dellatto di costituzione in giudizio del ricorrente in sede di trasposizione di ricorso straordinario al Capo dello Stato, conseguente ad opposizione del controinteressato. La parte appellata ha comunque concluso richiedendo il rigetto dellappello, stante la sua infondatezza. Alludienza pubblica di trattazione, la causa stata riservata in decisione. dIRIttO 2. Preliminarmente, occorre rigettare le eccezioni proposte dalla parte appellata, stante la loro infondatezza. 2.1. Quanto alla prima di esse, fondata su un difetto di notificazione del ricorso straordinario, giova osservare che la correttezza della notificazione degli atti processuali strumentale ad assicurare il diritto di difesa della parte cui gli stessi sono rivolti; di modo che, laddove risulti che latto, nonostante difetti e/o irregolarit della notificazione attuata, abbia comunque raggiunto il suo scopo, i predetti vizi della notificazione non possono assumere rilevo (ex art. 156 cpc). Nel caso di specie, la parte appellata ha avuto comunque contezza del ricorso straordinario, del quale ha richiesto la trasposizione in sede giurisdizionale, costituendosi anche in tale sede. Appare, quindi, pienamente raggiunto lo scopo della notificazione, stante leffetto sanante dellattivit processuale svolta dalla parte, tale da dimostrare come non sia intervenuta alcuna compromissione del suo diritto di difesa (da ultimo, Cass. Civ., sez. v, 27 aprile 2018 n. 10242; sez. lav., 28 marzo 2018 n. 7703; sez. vI, 9 febbraio 2018 n. 3240). 2.2. Quanto alla eccezione di irricevibilit dellappello in conseguenza della tardivit del ricorso straordinario, occorre osservare che la parte appellata non fornisce alcuna prova certa in ordine alla piena conoscenza sia dellatto sia della d.i.a., in data antecedente di 120 giorni rispetto alla proposizione del ricorso straordinario. difatti, come peraltro sottolinea la stessa parte eccipiente, la propria attivit si svolta in base a d.i.a e, quindi, lamministrazione appellante non poteva avere contezza della tipologia del- lattivit da intraprendersi, n delle iniziative eventualmente assunte dallamministrazione comunale, se non per il tramite di accertamenti alluopo richiesti al Comando provinciale del Corpo forestale dello Stato, e ricevuti solo in data 17 settembre 2015 (dies a quo in relazione al quale il ricorso straordinario risulta tempestivo). In difetto di diverse e pi probanti allegazioni, non pu farsi risalire la piena conoscenza del Ministero ricorrente n alla data di adozione dellatto (successivamente impugnato) da parte del Comune di Santelia a Pianisi, n alla data della richiesta di accertamenti rivolta al Corpo CONteNzIOSO NAzIONALe Forestale (che, in quanto tale, semmai prova il difetto - e non la sussistenza - di conoscenza). daltra parte, se lart. 19, co. 6-ter l. n. 241/1990 afferma che la Scia, la denuncia e la d.i.a. non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, ma, avverso gli stessi, gli interessati possono sollecitare lesercizio delle verifiche spettanti allamministrazione, e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente lazione di cui allart. 31 del Cpa (ricorso avverso il silenzio), appare evidente come non possa farsi decorrere un termine di impugnazione n dal mero avvio dellattivit, n dalla data di adozione di un atto da parte dellautorit comunale competente, a meno che, in questo caso, non si dimostri lintervenuta piena conoscenza del medesimo da data tale da determinare la decadenza dal potere di impugnazione. 2.3. Anche la terza eccezione di inammissibilit dellappello infondata. La parte sostiene la propria eccezione di inammissibilit, affermando che vi sarebbe irricevibilit del ricorso instaurativo del giudizio di I grado, poich la costituzione innanzi al tAR stata tardivamente depositata, in violazione degli artt. 48 e 119 Cpa. Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellata, la realizzazione di opere in base ad autorizzazione semplificata, di cui allart. 8, d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, non rientra tra le ipotesi per le quali trova applicazione lart. 119, co. 1, lett. f) Cpa, e la dimidiazione dei termini processuali ivi prevista. ed infatti, lipotesi di cui al citato art. 8 d. lgs. n. 28/2011 diversa da quella disciplinata dal- lart. 12 d. lgs. n. 387/2003, in ordine alla quale la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. v, 28 febbraio 2013 n. 1218) ha affermato lapplicazione del citato art. 119, co. 1, lett. f) e della connessa dimidiazione dei termini processuali, Nelle ipotesi di cui allart. 12 d.lgs. 28 dicembre 2003 n. 387, le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonch le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti soggette ad autorizzazione unica regionale ai sensi del co. 3, sono di pubblica utilit ed indifferibili ed urgenti (co. 1). Si tratta di opere oggetto di un provvedimento che abilita il destinatario a realizzare limpianto, anche in deroga agli strumenti urbanistici e che costituisce presupposto per limposizione del vincolo espropriativo (non a caso, il provvedimento oggetto della citata sentenza n. 1218/2013 era stato emanato anche ai sensi dellart. 10 dPR n. 327/2001). Ne consegue, a tutta evidenza, la riconducibilit di tale ipotesi allambito disciplinato dal pi volte citato art. 119 Cpa., tutte le volte in cui alla autorizzazione unica sia riconosciuta una valenza nellambito delle procedure lato sensu espropriative. Al contrario, lipotesi disciplinata dallart. 6 d.lgs. n. 28/2011 concerne la realizzazione di particolari impianti alimentati da fonti rinnovabili in base ad una procedura abilitativa semplificata, attivata dal proprietario dellimmobile ovvero da chi abbia la disponibilit sugli immobili interessati dallimpianto e dalle opere connesse. In questo caso, dunque, attesa la disponibilit dellimmobile (in regime di propriet o ad altro titolo) non vi alcuna procedura espropriativa o di previa occupazione di urgenza da attuare, n alcun vincolo espropriativo da imporre. da ci consegue, a tutta evidenza, linapplicabilit della dimidiazione dei termini processuali, di cui allart. 119, co. 1, lett. f) Cpa,, stante lestraneit del caso alla materia ivi disciplinata, e, quindi, il rigetto della proposta eccezione di inammissibilit. 3. Lappello fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata. 3.1. Come si detto, lart. 6 d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28 prevede una procedura semplificata per la realizzazione di particolari impianti alimentati da fonti rinnovabili. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 Per quel che interessa nella presente sede, lart. 6 dispone: 1. Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa sull'energia elettrica, per l'attivit di costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida, adottate ai sensi dell'articolo 12, comma 10 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 si applica la procedura abilitativa semplificata di cui ai commi seguenti. 2. Il proprietario dell'immobile o chi abbia la disponibilit sugli immobili interessati dall'impianto e dalle opere connesse presenta al Comune, mediante mezzo cartaceo o in via telematica, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilit del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrariet agli strumenti urbanistici adottati, nonch il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Alla dichiarazione sono allegati gli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete. Nel caso in cui siano richiesti atti di assenso nelle materie di cui al comma 4 dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, devono essere allegati gli elaborati tecnici richiesti dalle norme di settore e si applica il comma 5. . . . 4. Il Comune, ove entro il termine indicato al comma 2 sia riscontrata l'assenza di una o pi delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorit giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza; comunque salva la facolt di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Se il Comune non procede ai sensi del periodo precedente, decorso il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma 2, l'attivit di costruzione deve ritenersi assentita. 5. Qualora siano necessari atti di assenso, di cui all'ultimo periodo del comma 2, che rientrino nella competenza comunale e non siano allegati alla dichiarazione, il Comune provvede a renderli tempestivamente e, in ogni caso, entro il termine per la conclusione del relativo procedimento fissato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine di cui al periodo precedente, l'interessato pu adire i rimedi di tutela di cui all'articolo 117 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Qualora l'attivit di costruzione e di esercizio degli impianti di cui al comma 1 sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, l'amministrazione comunale provvede ad acquisirli d'ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. Il termine di trenta giorni di cui al comma 2 sospeso fino alla acquisizione degli atti di assenso ovvero fino all'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 6-bis, o all'esercizio del potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 14-quater, comma 3, della medesima legge 7 agosto 1990, n. 241. 3.2. Come si evince dalla lettura delle disposizioni innanzi riportate, la speciale procedura di cui allart. 6 cit., lungi dallescludere la necessit dellintervento del Ministero per i beni culturali ed ambientali, prevede che linteressato (proprietario o altro soggetto avente la disponibilit del bene sul quale realizzare limpianto alimentato da fonti rinnovabili) alleghi latto di assenso dellamministrazione competente per la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico. Ci si evince dallespresso richiamo, contenuto nellultimo periodo del comma 2 dellart. 6 CONteNzIOSO NAzIONALe alle materie indicate dallart. 20, co. 4, l. n. 241/1990, tra le quali rientra, appunto, quella della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico (che, nella norma richiamata, viene sottratta, unitamente alle altre materie indicate, allistituto del silenzio-assenso). Qualora linteressato non provveda ad acquisire in proprio latto di assenso dellAmministrazione dei beni culturali, allegandolo alla dichiarazione inviata al Comune (co. 2), questultimo, ai sensi del comma 5 (cui espressamente rinvia il co. 2) provvede ad acquisirlo dufficio ovvero convoca a tal fine una apposita conferenza di servizi (co. 5, terzo periodo), restando, nelle more, sospeso il termine di trenta giorni previsto dal comma 2 (cio il termine per lavvio concreto dei lavori, decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione). In definitiva, non pu essere condivisa la sentenza impugnata laddove essa afferma che la procedura semplificata () istituto ispirato al principio di liberalizzazione secondo il modello della SCIA . . . prevedere, in assenza di vincolo paesaggistico, la necessit del preventivo rilascio di un parere equivale sostanzialmente a riprocedimentalizzare un istituto di liberalizzazione fondato sul diverso principio di autoresponsabilit del privato. Come si avuto modo di osservare (in ci condividendo quanto affermato dallappellante), la stessa disciplina della procedura semplificata a prevedere lintervento dellamministrazione dei beni culturali, disponendo - proprio perch si tratta di attivit deprocedimentalizzata - che sia innanzi tutto lo stesso soggetto che invia la dichiarazione ad acquisirne latto di assenso prima dellinvio della dichiarazione medesima. 3.3. Acclarato che lart. 6 d. lgs. n. 28/2011 non esclude lintervento dellAmministrazione dei beni culturali in funzione di tutela del vincolo paesaggistico anche nei casi di procedura semplificata per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, occorre verificare: -se tale potere di tutela del paesaggio possa riferirsi, oltre che ai beni direttamente oggetto di vincolo paesaggistico, anche alle cd. aree contermini ai medesimi; -in caso positivo, se, ai fini dellesercizio di detto potere nelle ipotesi di cui allart. 6 d.lgs. n. 28/2011, possa essere fatta applicazione di quanto previsto dal punto 14.9 del d.M. 10 settembre 2010, Giova, a tali fini, ricordare che lart. 152 d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) dispone in merito ad interventi soggetti a particolari prescrizioni, prevedendo: 1. Nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell'ambito e in vista delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 del- l'articolo 136 ovvero in prossimit degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dello stesso articolo, l'amministrazione competente, su parere vincolante, salvo quanto previsto dall'articolo 146, comma 5, del soprintendente, o il Ministero, tenuto conto della funzione economica delle opere gi realizzate o da realizzare, hanno facolt di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso d'esecuzione, idonee comunque ad assicurare la conservazione dei valori espressi dai beni protetti ai sensi delle disposizioni del presente titolo. decorsi inutilmente i termini previsti dall'articolo 146, comma 8, senza che sia stato reso il prescritto parere, l'amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146. Oggetto dei compiti di tutela dellAmministrazione dei beni culturali, sono i procedimenti autorizzatori (e, per effetto del rinvio previsto dallart. 6 d. lgs. n. 28/2011, anche le procedure semplificate ivi previste) concernenti gli interventi descritti dalla norma, sia che si intenda realizzare gli stessi nellambito delle aree indicate dallart. 136, sia che tali interventi si intendano realizzare in vista delle aree o in prossimit degli immobili indicati dal medesimo RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 art. 136, ai quali occorre aggiungere anche i beni tutelati per legge, di cui allart. 142 t.U. Come ha affermato questo Consiglio di Stato (Sez. vI, 10 marzo 2014 n. 1144), sarebbe illogico che tale sistema di ulteriore protezione (indiretta) dei beni paesaggistici assistesse unicamente quelli sottoposti a dichiarazione di notevole interesse pubblico ( le cui categorie sono contemplate dall'art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) e non invece i beni paesaggistici previsti dalla legge (art. 142), in cui il valore paesaggistico compendiato nel vincolo ex lege che li assiste una qualit correlata originariamente al bene, non suscettibile di una protezione giuridica di minore intensit. Si altres affermato che quando vengono in rilievo opere infrastrutturali di grande impatto visivo . . . il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale pi ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo. In altri termini, il paesaggio si manifesta in tali casi quale componente qualificata ed essenziale dell'ambiente, nella lata accezione che di tale bene giuridico ha fornito l'evoluzione giurisprudenziale, anche di matrice costituzionale (tra le tante, Corte Cost. 14 novembre 2007, n. 378). ed in tal senso, la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. vI, n. 1144/2014 cit; sez. vI, ord. n. 416/2013) riconosce un particolare effetto di irradiamento del regime vincolistico che assiste i beni paesaggistici allorquando . . . vengono in rilievo opere infrastrutturali di rilevante impatto sul paesaggio. Appare, dunque, evidente (cos fornendo risposta alla prima delle due domande innanzi formulate), come il potere di tutela del paesaggio si riferisca certamente, ai sensi dellart. 152 d.lgs. n. 42/2004, anche alle cd. aree contermini ai beni soggetti a vincolo paesaggistico. Ci significa che lAmministrazione dei beni culturali ben pu (anzi deve) intervenire per la tutela delle aree contermini a quelle oggetto di vincolo paesaggistico, anche nelle ipotesi di procedura semplificata di cui allart. 6 d.lgs. n. 28/2011, e ci per effetto delle gi citate disposizioni generali (e, quindi, anche se si ritenesse che le Linee guida di cui al d.M. 10 settembre 2010 non siano applicabili a tali procedure). Peraltro, lAmministrazione dei beni culturali ben pu fare applicazione delle Linee guida (ed in particolare di quanto previsto al punto 14.9 delle medesime), in merito alle aree contermini a quelle vincolate, nel senso che essa ben pu utilizzare, al fine di definire cosa si intenda per detto tipo di area, le indicazioni di cui al punto in esame, sub lett. c). Questultimo prevede che si considerano localizzati in aree contermini gli impianti eolici ricadenti nell'ambito distanziale di cui al punto b) del paragrafo 3.1 e al punto e) del paragrafo 3.2 dell'allegato 4; per gli altri impianti l'ambito distanziale viene calcolato, con le stesse modalit dei predetti paragrafi, sulla base della massima altezza da terra dell'impianto. In particolare, il punto e) del par. 3.2 dispone che si dovr esaminare l'effetto visivo provocato da un'alta densit di aerogeneratori relativi ad un singolo parco eolico o a parchi eolici adiacenti; tale effetto deve essere in particolare esaminato e attenuato rispetto ai punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, di cui all'articolo 136, comma 1, lettera d), del Codice, distanti in linea d'aria non meno di 50 volte l'altezza massima del pi vicino aerogeneratore. Orbene, anche se il d.M. 10 settembre 2010, definisce le disposizioni di cui al proprio allegato come Linee guida per il procedimento d cui allart. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 (n avrebbe potuto essere altrimenti, atteso che la procedura semplificata stata introdotta da fonte successiva), del tutto ragionevole che lAmministrazione dei beni culturali -dovendosi pronunciare, ai sensi degli artt. 152 d.lgs. n. 42/2004 e 6 d.lgs. n. 28/2011, CONteNzIOSO NAzIONALe sulla compatibilit di un impianto da localizzarsi in area contermine ad altra oggetto di vincolo paesaggistico - utilizzi, nellesercizio del proprio potere tecnico-discrezionale, parametri di identificazione dellarea contermine gi previamente definiti. Il che, lungi dallessere illegittimo o irragionevole, appare coerente con una maggiore trasparenza ed obiettivit dellazione amministrativa, in attuazione del principio di imparzialit di cui allart. 97 Cost. N pu, infine, condividersi la sentenza impugnata, laddove essa afferma che nelle ipotesi di cui alla procedura semplificata vi sarebbe un impatto paesaggistico, certamente minore, data la limitata potenza di siffatti impianti di produzione di energia. difatti, come ben pu desumersi dalla lettura delle disposizioni del d.M. 10 settembre 2010 sopra richiamate, ci che rileva, ai fini delle valutazioni dei competenti organi del Ministero per i beni e le attivit culturali non la potenza dellimpianto, bens le concrete caratteristiche fisiche e lingombro del medesimo e la sua incidenza sul bene paesaggistico che si intende tutelare. 4. Per tutte le ragioni sin qui esposte, lappello deve essere accolto e, per leffetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, con conseguente annullamento degli atti con il medesimo impugnati. Stante la natura e complessit delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del presente giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sullappello proposto dal Ministero per i beni e le attivit culturali (n. 399/2017 r.g.), lo accoglie e, per leffetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, con conseguente annullamento degli atti con il medesimo impugnati. Compensa tra le parti spese ed onorari del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 sulla ammissibilit di nuove produzioni documentali in un giudizio di appello al Consiglio di stato Consiglio Di stato, sezione teRza, sentenza 24 ottobRe 2018 n. 6057 In rassegna la sentenza del Consiglio di Stato n. 6057/18 con la quale stata confermata la decisione di primo grado, di rigetto della domanda di condanna del Ministero della Salute al risarcimento dei danni da attivit provvedimentale illegittima accertata con sentenza passata in giudicato, quantificati in circa 40 milioni di euro. La sentenza -motivata in fatto sotto lassorbente profilo del mancato raggiungimento della prova del nesso causale fra attivit provvedimentale illegittima e pregiudizio lamentato - contiene uninteressante sintesi dei principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in tema di limiti allammissibilit di nuove produzioni documentali in appello, consentite solo se meramente integrative di altra documentazione, gi legittimamente presente agli atti del giudizio di primo grado, e tali - dunque - da non alterare il thema decidendum gi offerto al primo giudice, ovvero se costituiscano prova indispensabile ai fini della decisione della causa, per tale intendendo quella inerente non gi alla "mera rilevanza dei fatti dedotti", bens alla "verificata impossibilit di acquisire la conoscenza di quei fatti con altri mezzi che la parte avesse l'onere di fornire nelle forme e nei tempi stabiliti dalla legge processuale". marina Russo (*) Consiglio di stato, sezione terza, sentenza 24 ottobre 2018 n. 6057 -Pres. F. Frattini, est. G. Pescatore - Fondazione Centro San Raffaele del Monte tabor in Liquidazione e c.p. (avv. C. Comand) c. Ministero della Salute (avv. gen. Stato). FAttO 1. La Fondazione Centro San Raffaele del Monte tabor, con sede in Milano, un ente riconosciuto come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), ai sensi dellart. 48 del d.P.R. 617/1980. 2. tale norma, per quanto qui interessa, prevede che Il carattere scientifico attribuito, per gli enti che ne faranno istanza ai sensi del presente decreto, con specifico ed esclusivo riferimento al presidio sanitario, presso il quale sono svolte prestazioni di cura e ricovero connesse ad atti di ricerca scientifica biomedica. Il riconoscimento ha valore limitatamente alla sede o struttura indicate nel relativo decreto. 3. In seguito allentrata in vigore del d.lgs. n. 269/1993 (recante norme di Riordinamento degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera h), della (*) Avvocato dello Stato. CONteNzIOSO NAzIONALe L. 23 ottobre 1992, n. 421), la Fondazione ha ritenuto che, per effetto di quanto previsto allart. 1 commi1 e 3 ("Gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sono enti nazionali ..." e "Le strutture ed i presidi ospedalieri degli istituti sono qualificati ospedali di rilievo nazionale ") il riconoscimento originariamente concessole per la sede di Milano dovesse intendersi automaticamente esteso anche alla struttura romana, medio tempore realizzata, denominata San Raffaele di Roma s.r.l. 4. diverso stato lavviso del Ministero, il quale non ha ravvisato nella sopravvenuta modifica normativa la possibilit di un simile automatismo e, pertanto, con nota del 9 dicembre 1997 ha escluso la possibilit di procedere al riconoscimento della struttura romana San Raffaele cos come richiesto dalla Fondazione. LAmministrazione ha in sostanza ritenuto che la norma di cui allart. 1 comma 3 non presentasse carattere innovativo, bens meramente ricognitivo di un dato (quale la rilevanza nazionale degli IRCCS) ormai acquisito anche dalla giurisprudenza costituzionale; e, inoltre, che da detta disposizione non potesse direttamente discendere la conseguenza voluta dalla Fondazione, ostandovi il regime transitorio dettato dallo stesso d.lgs. n. 269/1993, che non consentiva di farne immediata applicazione ma imponeva di attendere lentrata in vigore dei relativi regolamenti di attuazione. 5. La nota ministeriale del 9 dicembre 1997 stata impugnata dalla Fondazione con ricorso al tAR Lazio, accolto con sentenza n. 2361 del 20 ottobre 1999. Il conseguente giudizio di appello non invece giunto a definizione perch dichiarato perento, con decreto n. 7944 del 2 dicembre 2003, a seguito del mancato deposito dellistanza di fissazione delludienza. 6. Nella pendenza del giudizio di primo grado, la Fondazione ha avviato trattative per la cessione della struttura, dapprima con il Ministero della Salute, con il quale non stata raggiunta una intesa sul prezzo di vendita; dipoi con il gruppo tosinvest, con il quale essa addivenuta in data 11 giugno 1999 ad un accordo di compravendita per un importo complessivo di 270 miliardi di lire (pari ad un incasso effettivo di 256,6 miliardi di lire). 7. Pochi mesi dopo, la medesima struttura stata rilevata dal Ministero della Salute dietro il corrispettivo, versato a tosinvest, di 320 miliardi di lire. 8. Con un ulteriore ricorso al tAR del Lazio notificato in data 7 gennaio 2011, la Fondazione Centro San Raffaele del Monte tabor ha quindi agito per ottenere la condanna del Ministero della Salute al risarcimento dei danni che le sarebbero stati procurati dallillegittima attivit provvedimentale dellAmministrazione, accertata con la sentenza n. 2361/1999. Pi precisamente, la richiesta risarcitoria stata rapportata alla perdita patrimoniale patita per effetto della vendita dellimmobile ad un prezzo inferiore a quello che lo stesso avrebbe assunto a seguito del provvedimento di formale riconoscimento della qualifica di IRCCS; ed alla perdita gestionale per la mancata possibilit di avvio a regime del presidio, per il quale erano stati effettuati tutti gli investimenti necessari al raggiungimento di standards qualitativi e di requisiti sostanziali conformi a quelli propri di un IRCCS. 9. Con sentenza n. 629/2017, il tAR ha rigettato il ricorso. dopo aver rilevato che gi nei mesi di febbraio e marzo del 1999 la Fondazione aveva conferito a professionisti del settore un incarico di stima degli immobili ai fini di una loro cessione e che, in data 11 giugno 1999, quindi sempre in data precedente alla sentenza del tar, la stessa Fondazione aveva concluso un contratto preliminare di compravendita con tosinvest Immobiliare s.r.l. per lammontare di 257 miliardi di lire - il giudice di prime cure ha escluso la sussistenza dellelemento soggettivo della responsabilit aquiliana in capo allAmministrazione .. atteso che la decisione RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 di alienare la struttura da parte della Fondazione interessata appare il frutto di una libera determinazione imprenditoriale piuttosto che dovuta al mancato riconoscimento dello stato di IRCCS alla struttura di Roma, essendo intervenuta quando ancora pendeva il ricorso.... Il medesimo giudice di primo grado ha inoltre escluso la dipendenza causale del preteso danno dallattivit provvedimentale dellAmministrazione concretizzatasi nel diniego di riconoscimento quale IRCCS, evidenziando che .. se un danno esisteva, siccome basato sul mancato riconoscimento della natura di IRCCS ben avrebbe parte ricorrente potuto attendere la discussione del ricorso avvenuta pochi giorni dopo ..., nella considerazione inoltre che con la sentenza n. 2361 del 1999 il TAR ha offerto una interpretazione che ben avrebbe potuto giustificare la domanda risarcitoria, siccome fondata sul detto mancato riconoscimento. 10. La Fondazione qui appellante censura la sentenza impugnata osservando che: -difformemente da quanto statuito in prime cure, la cessione della struttura romana, lungi dallavere rappresentato il frutto di una libera determinazione imprenditoriale, ha piuttosto costituito una scelta necessitata e imposta dallesigenza di fare fronte alla grave condizione economica in cui la Fondazione versava proprio a cagione dellillegittima e negligente condotta posta in essere dallAmministrazione odierna appellata; -detta critica situazione finanziaria si era venuta a creare in seguito al mancato riconoscimento della natura di IRCCS della struttura laziale, come si desume dalla Relazione dei Commissari Giudiziali redatta ex art. 172 della Legge Fallimentare; -ed, infatti, il riconoscimento della natura di IRCCS avrebbe consentito di qualificare la struttura laziale del San Raffaele come ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione ed assoggettata alla disciplina per questi prevista, con ogni relativa conseguenza favorevole in termini di regime finanziario e gestionale ad esso applicabile; -in virt di tale qualificazione, la Fondazione avrebbe potuto accedere ad appositi finanziamenti propri delle omologhe aziende ai sensi degli artt. 4 e 12, comma 2 del d.lgs. n. 502/1992, e dellart. 6 del d.lgs. n. 269/1993; -quanto alla tempistica della vendita, nel momento in cui ha deciso di procedere alla cessione della struttura laziale accettando la proposta di acquisto formulata da tosinvest, la Fondazione non era (n avrebbe potuto essere) a conoscenza del futuro esito positivo del giudizio illo tempore pendente dinanzi al tar Lazio, n tanto meno poteva serbare alcuna certezza in ordine alla tempistica di deposito della decisione; -neppure lintervenuta fissazione della udienza pubblica di discussione al 21 giugno 1999 poteva fornire alcuna sicurezza in merito alla data di deposito della sentenza e di tanto costituirebbe riprova il fatto che la pronuncia n. 2361/1999 del tAR Lazio stata depositata solo in data 20 ottobre 1999, ossia ben quattro mesi dopo la data in cui il giudizio era stato trattenuto in decisione. 11. Il Ministero della Salute si ritualmente costituito in giudizio, controdeducendo alle argomentazioni avversarie e avanzando appello incidentale condizionato avverso la parte della sentenza di primo grado in cui afferma che con la sentenza n. 2361 del 1999 il taR ha offerto una interpretazione che ben avrebbe potuto giustificare la domanda risarcitoria, siccome fondata sul detto mancato riconoscimento. Nel merito, la difesa erariale, oltre a replicare alle deduzioni avversarie, ha eccepito la prescrizione del credito risarcitorio, per intervenuto decorso del quinquennio dalla data della vendita (1999), individuata come eventus damni; e ha negato il carattere colposo della propria condotta, in quanto escluso dalla complessit del quadro normativo che aveva orientato la soluzione interpretativa, del tutto plausibile, posta a base del diniego. CONteNzIOSO NAzIONALe Secondo lamministrazione resistente, inoltre, lillegittimit del provvedimento a cui viene ricollegata eziologicamente la richiesta risarcitoria non vale a dimostrare che la diversa conclusione interpretativa cui era giunto il Ministero fosse viziata da negligenza o superficialit; e, comunque, un eventuale riconoscimento della qualifica di IRCCS non avrebbe garantito il rilascio degli ulteriori provvedimenti ampliativi auspicati dalla Fondazione quali lautorizzazione allampliamento dei posti letto, laccreditamento della struttura e la stipula di apposita convenzione con il SSN, trattandosi di scelte non automatiche e soggette a valutazione tecnico discrezionale dellamministrazione. 12. In assenza di istanze cautelari, la causa stata discussa e posta in decisione alludienza pubblica del 18 ottobre 2018. dIRIttO 1. Lappello non si presta ad un favorevole apprezzamento, sotto una serie di profili - qui di seguito illustrati - che valgono a completare le argomentazioni articolate dal giudice di primo grado. 2. Nellaffrontare gli elementi oggettivi della fattispecie aquiliana di danno, la Fondazione assume la sussistenza di una consecuzione causale che porrebbe il pregiudizio dedotto in linea di stretta derivazione eziologica rispetto al provvedimento ministeriale del 9 dicembre 1997 - recante il diniego del riconoscimento quale IRCCS della struttura romana San Raffaele. 2.1. Ci che si sostiene che la nota ministeriale in questione avrebbe innescato una crisi finanziaria di proporzione tale da rendere improcrastinabile la vendita della struttura e non ulteriormente tollerabile lattesa della definizione del giudizio avente ad oggetto il predetto provvedimento di diniego. 2.2. La descritta relazione di regolarit causale imporrebbe, dunque, che risultassero verificate tre concomitanti condizioni fattuali: un dissesto finanziario imputabile al provvedimento di diniego ministeriale (i); una stringente esigenza di vendita del complesso immobiliare, non altrimenti differibile neppure per il tempo di attesa della definizione del giudizio pendente (ii); una urgenza talmente impellente da giustificare la cessione della struttura anche a prezzi inferiori a quelli di mercato (iii). 2.3. A ben vedere, di nessuna delle due condizioni lappellante offre una adeguata dimostrazione. 2.3.1. Quanto alla prima evenienza (argomentata per la prima volta solo nel secondo grado di giudizio), lunico elemento degno di nota rinvenibile nel richiamo alla Relazione dei Commissari Giudiziali redatta ex art. 172 Legge Fallimentare, in seno alla quale si legge che i problemi suesposti sono stati certamente aggravati dal fatto (espressamente dedotto nel ricorso introduttivo del procedimento di concordato) che Fondazione abbia subito una notevolissima perdita straordinaria alla fine degli anni novanta del secolo scorso con loperazione ospedale san Raffaele Roma, la cui cessione in difetto di accreditamento ha generato una significativa minusvalenza. Occorre tuttavia rilevare che la documentazione in oggetto (alla pari dei documenti 8 e 9 depositati il 7 luglio 2017) non risulta allegata in primo grado (come eccepito dalla parte resistente a pag. 27 della memoria 1 luglio 2017) e come tale essa inammissibile, non potendo essere qualificata n come meramente integrativa di altra documentazione gi legittimamente presente agli atti del giudizio di primo grado (cfr. Cons. Stato, Iv, n. 5509/2014), e tale dunque da non alterare il thema decidendum gi offerto al primo giudice; n come "prova indispensabile ai fini della decisione della causa" (art. 104, comma 2, c.p.a.). ed invero, tale declaratoria di "indispensabilit" deve conseguire ad una valutazione non gi RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 relativa alla "mera rilevanza dei fatti dedotti", ma alla "verificata impossibilit di acquisire la conoscenza di quei fatti con altri mezzi che la parte avesse l'onere di fornire nelle forme e nei tempi stabiliti dalla legge processuale" (cfr. Cons. Stato, sez. v, 26 settembre 2013, n. 4793 e 19 giugno 2013, n. 3339). Solo in questo modo si rende infatti possibile conciliare il potere riconosciuto al giudice dall'art. 63, comma 1, con i divieti, coerenti con il principio dispositivo, di cui all'art. 104, cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, sez. Iv, 3 agosto 2016, n. 3509). Anche se esaminata nei suoi contenuti, la documentazione in oggetto non apporta significativi contributi alla tesi della parte appellante. Il passaggio evidenziato dalla parte appellante quello, innanzi riportato, in cui si afferma che la cessione dellOspedale ha aggravato la situazione finanziaria generando una minusvalenza. tuttavia, tale asserzione si pone a valle dellanalisi di un arco temporale successivo al 2000 e fa quindi riferimento ad una fase temporale non rilevante ai fini della tematica oggetto di causa (posto che la vendita a tosinvest intervenuta nel corso del 1999). In altri termini, il dato qualificante di cui lappellante avrebbe dovuto offrire dimostrazione si colloca nella fase antecedente alla vendita del complesso e riguarda la relazione tra il mancato accreditamento ed il prodursi della situazione di crisi della Fondazione. Proprio dal documento menzionato dalla parte appellante si evince che negli anni 2000-2010 sono state poste in essere numerose operazioni finanziarie, poi rivelatesi infruttuose e tali da determinare il dissesto dellente (cfr. pagg. 143 -146, 183 e ss.); ma proprio il fatto che lanalisi dei bilanci posta a base della ricostruzione delle origini della crisi prenda in esame i conti economici del periodo 2000-2010, quindi un lasso temporale successivo al 1999 (data di vendita della struttura laziale), rende tale documento non pertinente ai fini della dimostrazione della tesi sostenuta in appello. Quanto alle cause determinanti il dissesto finanziario, nella relazione in esame si spiega, in sintesi, che la causa primaria del dissesto di Fondazione pare essere legata prevalentemente alla politica di espansione e sviluppo nellambito dellattivit ospedaliera, perseguita con ostinazione e indipendentemente dalle capacit patrimoniali e finanziarie di Fondazione e delle associazioni di riferimento. dunque, non solo il mancato riconoscimento come IRCCS del presidio romano non viene menzionato tra i fattori determinanti il dissesto (analiticamente indicati alle pagg. 143 146, 183 e ss. del documento), ma appare scarsamente significativo anche il riferimento al mancato accesso al regime e ai benefici finanziari tipici delle IRCCS cui lOspedale, una volta riconosciuto come tale, avrebbe potuto ambire: dette utilit economiche si sarebbero realizzati a valle del provvedimento di riconoscimento sicch la loro mancata erogazione non assume rilevanza nella relazione consequenziale che si assume sussistere, a monte, tra il provvedimento del Ministero della Salute e la crisi finanziaria della Fondazione. 2.3.2. Anche il secondo profilo causale evidenziato in premessa non appare esaustivamente esplorato dalle deduzioni della parte appellante. Che la situazione di crisi economica fosse gi in atto nel 1999 e di proporzioni tali da rendere impellente la necessit di vendere il complesso immobiliare laziale, circostanza riferita in atti ma non riscontrabile sulla base di elementi economici o fattuali. A suo riscontro, infatti, non vengono fornite prove concludenti, indicative dellinsostenibilit economica di unattesa commisurata ai tempi processuali di definizione della controversia instaurata innanzi al tar. Anzi, linsieme di dati ricavabili dalla consistenza del fatturato riferito allanno 2000 (pag. 150 della relazione cit.), nonch dalla entit delle plusvalenze e dei ricavi straordinari realizzati dal 2000 al 2002 (pag. 160 e ss.) oltre che delle immobilizzazioni materiali e immateriali incre CONteNzIOSO NAzIONALe mentate dal 2000 al 2009 (pag. 166), induce a ritenere che lazienda disponesse ancora, nel 1999, di una apprezzabile capacit operativa e finanziaria, e di tanto si ricava conferma dalla stessa Relazione dei Commissari Giudiziali nella parte in cui vi si afferma che la necessit di un riequilibrio finanziario .. era ben conosciuta dal Cda, cos come il fatto che sarebbe stato indispensabile il contenimento dei costi di gestione e la limitazione degli investimenti. tuttavia, la storia dellultimo decennio evidenzia con chiarezza che a tali propositi non stato dato alcun seguito nella realt, tanto che il livello degli investimenti e delle spese sostenute, anche in attivit non core, cresciuto fino ad andare fuori controllo (pag. 170). Anche i documenti allegati sub. 8 e 9 - verbali del Cda del 3 maggio e 11 giugno 1999 (depositati il 7 luglio 2017), pur processualmente inammissibili in quanto prodotti per la prima volta in grado di appello, non contengono elementi concludenti in senso favorevole alla tesi della parte appellante, non ricavandosi dagli stessi indicazioni univoche circa la stretta indifferibilit della vendita e limpossibilit di attendere il deposito della sentenza del tar. 2.3.3. Risulta, infine, del tutto indimostrato che il provvedimento ministeriale abbia reso necessaria la vendita della struttura immobiliare anche a prezzi inferiori al suo reale valore di mercato. Ammesso e non concesso (per quanto sin qui esposto) che possa statuirsi una relazione di causalit tra il provvedimento ministeriale e il dissesto finanziario della Fondazione, sarebbe stato onere della parte appellante fornire dimostrazione di una condizione di indilazionabile urgenza del tutto incompatibile anche con un tempo di attesa che, una volta fissata ludienza di discussione innanzi al tar, poteva ritenersi incerto ma ragionevolmente contenuto. A ci aggiungasi (come correttamente eccepito dalla difesa erariale) che, nel momento stesso della vendita, la qualifica di IRCCS si sarebbe persa, in quanto essa non si trasferisce con la vendita della singola struttura, bens resta in capo allente nel suo complesso. Come anche affermato dalla sentenza tar n. 2361/1999 (alle pagg. 10 e 11), il riconoscimento del carattere scientifico, secondo linnovazione contenuta nellart. 1 del d.lgs. 269/93, riguarda infatti lente come tale e non le singole strutture e i presidi ospedalieri che da esso dipendono. N vale sostenere, in senso contrario, che la presenza di detto status gi al tempo della vendita ne avrebbe resa verosimile la concessione anche in favore dellacquirente, inducendo questultimo ad offrire comunque un prezzo proporzionalmente pi alto. La prospettiva di un nuovo riconoscimento in favore dellacquirente assume la consistenza di una mera possibilit di fatto, la cui aleatoriet si riflette anche sullincidenza, assai incerta, che la stessa avrebbe potuto assumere sulla quantificazione del prezzo che lacquirente medesimo sarebbe stato disponibile a corrispondere. Non pu mancarsi di considerare, inoltre, che per preservare lelemento di valorizzazione dellimmobile conseguente alleventuale acquisizione della qualifica IRCCS, la Fondazione avrebbe potuto tutelarsi - se non attendendo lormai imminente conclusione del giudizio di primo grado -quantomeno inserendo nel contratto di vendita una clausola di revisione del prezzo od una analoga salvaguardia per lipotesi di esito del giudizio a s favorevole. La mancata adozione di questa residuale cautela indebolisce ulteriormente la complessiva prospettazione fattuale e causale posta a base della richiesta risarcitoria. 2.3.4. Per tutto quanto esposto, le valutazioni espresse dal tar in merito alla insussistenza del nesso causale trovano conferma anche in questo grado di giudizio e valgono a giustificare la reiezione della domanda risarcitoria. 3. Per concludere occorre rilevare che in alcuni passaggi delle argomentazioni difensive della parte appellante si assume che ... la colposa negligenza della P.a. ... rinvenibile, oltre che nellillegittimo diniego posto alla richiesta di qualificazione della sede romana dellistituto RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 ... anche nella condotta dalla stessa tenuta nelle more dello svolgimento del relativo giudizio ... con particolare riferimento alle trattative instaurate con la Fondazione per lacquisto dello stabilimento romano ..., condotta poi definita ... ai limiti della negligenza e della mala fede ... (pagg. 3 e 4 della memoria 17 settembre 2018). In un successivo passaggio argomentativo la Fondazione appellante imputa allAmministrazione di aver svolto strumentali trattative al ribasso, condotte offrendo un prezzo inadeguato al vero valore dellimmobile, e di avere utilizzato il diniego di accreditamento come una leva per giustificare la propria incongrua offerta e costringere la Fondazione ad alienare precipitosamente limmobile. Si tratta tuttavia di deduzioni inammissibili, perch del tutto incoerenti con il fatto costitutivo della fattispecie risarcitoria originariamente posto a base del giudizio, ovvero lillegittimit del provvedimento amministrativo di diniego del riconoscimento come IRCCS, giudizialmente accertata. Lipotesi di una condotta dellamministrazione preordinata allavvio di trattative al ribasso e finalizzata ad una operazione di mercato speculativa, prefigura, dunque, una tipologia di responsabilit da comportamento del tutto inedita rispetto a quella da atto illegittimo originariamente dedotta e comporta, pertanto, una inammissibile variazione dei fatti costitutivi e della causa petendi posta a base dellazione risarcitoria. 4. Per le decisive ragioni sin qui esposte, che consentono di prescindere dalle ulteriori eccezioni sollevate dalla difesa erariale, lappello principale non pu trovare accoglimento, mentre lappello incidentale condizionato proposto dal Ministero della Salute deve essere dichiarato inammissibile. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. dichiara inammissibile lappello incidentale. Condanna la parte appellante a rifondere in favore della parte appellata le spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi . 3.000,00, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018. CONteNzIOSO NAzIONALe Un esauriente excursus normativo sul prezzo dei farmaci generici Consiglio Di stato, sezione teRza, sentenza 27 novembRe 2011 n. 6716 Con la sentenza in rassegna, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello proposto da AIFA, offrendo unesaustiva ricostruzione del quadro normativo che regola la materia della contrattazione del prezzo dei farmaci generici, e confermando la vigenza della norma (art. 3, comma 130, l. 549/1995), che condiziona la concessione al generico della medesima classificazione delloriginatore allofferta di un ribasso di prezzo pari almeno al 20% rispetto a quello praticato dalloriginatore. La sentenza si segnala per le rilevanti implicazioni in termini di contenimento della spesa pubblica: quanto pi consistente , infatti, il ribasso del prezzo offerto dal titolare dellAIC del farmaco generico, tanto pi alto sar il margine di risparmio per il Servizio sanitario nazionale: per effetto della previsione di cui allart. 7, comma 1, d.L. 347/2001 convertito dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, infatti, i medicinali, aventi uguale composizione in princpi attivi, nonch forma farmaceutica, via di somministrazione, modalit di rilascio, numero di unit posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal servizio sanitario nazionale fino alla concorrenza del prezzo pi basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale .... marina Russo (*) Consiglio di stato, sezione terza, sentenza 27 novembre 2018 n. 6716 -Pres. Franco Frattini, est. Giulia Ferrari -Agenzia italiana del farmaco -Aifa (avv. gen. Stato) c. eg s.p.a. (avv. Claudio Marrapese). FAttO 1. Con ricorso notificato il 13 ottobre 2017 e depositato al tar Lazio il successivo 17 ottobre, la eg s.p.a. ha impugnato la determinazione del direttore generale dell'Aifa del 19 luglio 2017, nella parte in cui il medicinale Clonazepam eG, nella nuova confezione 2,5 mg/ml gocce orali soluzione (1 flacone), stato autorizzato per la commercializzazione in fascia C/RR. In fase istruttoria, infatti, non era stato raggiunto un accordo tra il Comitato tecnico dellAifa e la societ. Allofferta iniziale della eg di un prezzo al pubblico pi basso del 10%, rispetto a quello della similare confezione gi presente sul mercato in classe A (e cio in fascia di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale), lAifa aveva replicato chiedendo una maggiore riduzione del prezzo fino al 20%, mentre la societ si era detta disponibile a un ribasso massimo del 15%, ogni ulteriore aumento della percentuale incidendo sul prezzo ex factory. La societ ha censurato la classificazione del suddetto medicinale in classe C, quale conse(*) Avvocato dello Stato. RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 guenza del mancato accordo tra le parti sul prezzo al pubblico necessario ai fini del collocamento in classe A: ad avviso della eg, lofferta di un prezzo al pubblico pi basso del 10% rispetto a quello della confezione Branded gi presente sul mercato in classe A, successivamente ridotto di un ulteriore 5% in occasione della riunione tenutasi in data 30 marzo 2017 dinnanzi al Comitato Prezzi e Rimborso (CPR), avrebbe dovuto essere considerata sufficiente ai fini della classificazione in A. 2. dinanzi al tar Lazio, sede di Roma, si costituita in giudizio lAifa, sostenendo linfondatezza del ricorso sul rilievo che lart. 3, comma 130, l. 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dalla l. 8 agosto 1996, n. 425, stabilisce che il prezzo dei generici deve essere inferiore almeno del 20% al prezzo del relativo originator: Se offerto ad un prezzo almeno del 20 per cento inferiore a quello della corrispondente specialit medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, gi classificata nelle classi a) o b) di cui allart. 8, comma 10, l. 24 dicembre 1993, n. 537, il medicinale generico ottiene dalla Commissione unica del farmaco la medesima classificazione di detta specialit medicinale. 3. Con sentenza 21 febbraio 2018, n. 1980, la sez. III quater del tar Lazio, sede di Roma, ha accolto il ricorso, ritenendo non applicabile il comma 130 dellart. 3, l. n. 549 del 1995, il quale prevede che, ove il prezzo offerto per un medicinale generico sia inferiore almeno del 20% rispetto a quello praticato dalloriginator, esso ottiene la medesima classificazione di detta specialit medicinale; detta norma, in palese conflitto con il sistema normativo successivamente assestatosi, va considerata oggi tacitamente abrogata. 4. Con appello notificato il 23 aprile 2018 e depositato il successivo 8 maggio lAifa ha impugnato la predetta sentenza n. 1980 del 21 febbraio 2018 del tar Lazio, affermando che il giudice di primo grado avrebbe errato nel sostenere lintervenuta abrogazione del d.m. 4 aprile 2013 e linapplicabilit dellart. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995. Per dimostrare la correttezza del proprio assunto lAifa ha ricostruito il contesto normativo di riferimento con la relativa evoluzione cronologica, interamente volto ad introdurre un criterio di negoziazione del prezzo dei farmaci, ai fini della loro rimborsabilit da parte del SSN, che si basa sulla convenienza per lo stesso Servizio sanitario, che si esplica nel raggiungimento del massimo risparmio. LAifa ha quindi concluso nel senso che: a) un farmaco generico pu ottenere la medesima classificazione delloriginator purch sia offerto un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore; b) i nuovi farmaci, che non comportano un vantaggio terapeutico rispetto a quelli gi in commercio (tra cui non possono rientrare i farmaci generici), possono essere autorizzati ed immessi sul mercato esclusivamente nel caso in cui il loro prezzo inferiore o uguale al prezzo pi basso dei medicinali di quelli della medesima categoria terapeutica omogenea; c) alcune categorie di farmaci (generici, biosimilari e di medicinali di importazione parallela) possono essere collocati automaticamente nella classe di rimborso cui appartiene il farmaco di riferimento, qualora lazienda titolare proponga un prezzo di vendita di evidente convenienza per il SSN; prezzo che tale laddove sia individuato secondo i ribassi previsti dal decreto scaglioni. Con precipuo riferimento al decreto scaglioni lAifa ha ricordato che le sentenze del tar Lazio (n. 3803 del 2014 e n. 11899 del 2014), che avevano annullato il d.m. 4 aprile 2013 (cd. decreto scaglioni), adottato ai sensi dellart. 12, d.l. n. 158 del 2012, sono state riformate dalla sez. III del Consiglio di Stato (sentenze nn. 629 e 630 del 30 gennaio 2018). Ne deriva che le soglie minime di ribasso ivi stabilite (pari al 30% rispetto al prezzo delle confezioni in classe H e al 45% rispetto al prezzo delle confezioni in classe A) sono ad oggi CONteNzIOSO NAzIONALe vigenti e sono state stabilite in tal misura proprio in considerazione dello sconto minimo di partenza del 20%, gi previsto dallart. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995. da tali premesse consegue che il prezzo dei medicinali generici deve certamente garantire un risparmio al SSN rispetto al prezzo del medicinale di riferimento. Ha aggiunto lAifa che l'art. 48, comma 5, lett. e) d.l. n. 269 del 2003 richiamato dal tar Lazio a supporto della conclusioni cui pervenuto a mente del quale, ai fini del rilascio della richiesta fascia di rimborsabilit, necessario e sufficiente il fatto che il prezzo del medesimo medicinale sia inferiore o uguale al prezzo pi basso dei medicinali per la relativa categoria terapeutica omogenea, vale solo per i nuovi farmaci non comportanti vantaggio terapeutico, e non anche per i medicinali generici-equivalenti di un medicinale di riferimento autorizzato al- limmissione in commercio in Italia, indipendentemente dal dosaggio di questultimo. Ai medicinali generici-equivalenti si applica, invece, lart. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995, che vi si riferisce espressamente, in correlazione con le disposizioni dellart. 48, comma 33, d.l. n. 326 del 2003 e della delibera CIPe n. 3 del 2001. 5. Si costituita in giudizio la eg s.p.a., sostenendo linfondatezza dellappello. 6. Alla pubblica udienza del 15 novembre 2018 la causa stata trattenuta per la decisione. dIRIttO 1. Come esposito in narrativa la eg s.p.a., societ operante nel settore della commercializzazione dei farmaci generici, ha impugnato la sentenza del tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980, che ha accolto il ricorso proposto avverso la determinazione del direttore generale dell'Aifa Agenzia Italiana del Farmaco del 19 luglio 2017, nella parte in cui il medicinale Clonazepam eG (principio attivo: clonazepam, indicato per le forme cliniche epilettiche nel neonato e nel bambino) nella nuova confezione 2,5 mg/ml gocce orali soluzione (1 flacone) stato autorizzato per la commercializzazione in classe C anzich, come richiesto dalla eg unica produttrice del generico del relativo originator in classe A (e cio in fascia di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale). La questione, che il Collegio chiamato a risolvere, la vigenza o meno del comma 130 del- lart. 3, l. 28 dicembre 1995, n. 549, che dispone che un farmaco generico pu ottenere la medesima classificazione delloriginator purch offra un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore, vigenza affermata da Aifa, che ha ritenuto tale norma applicabile alla richiesta di eg s.p.a. di inserire il proprio farmaco in fascia A, pur avendo offerto un prezzo al pubblico pi basso del 10% (per poi arrivare al 15%) rispetto a quello della similare confezione gi presente sul mercato in classe A; negata, invece, da eg (e dal tar Lazio nellimpugnata sentenza n. 1980 del 2018) sul presupposto che la stessa fosse stata tacitamente abrogata (perch di fatto superata) dallart. 48, comma 33, lett. e), d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, che ha introdotto la contrattazione del prezzo del farmaco tra Aifa e societ produttrice, e dal precedente comma 5, il quale ha disposto che ottengono lAIC e la relativa collocazione in fascia A i medicinali generici per i quali lazienda propone un prezzo inferiore o uguale al prezzo pi basso, praticato al pubblico al momento della richiesta. Abrogazione, infine, esclusa da Aifa in ragione del diverso campo applicativo; essendo lart. 48, comma 5, lett. e), l. n. 269 del 2003 riferito ai nuovi farmaci non implicanti vantaggio terapeutico, non pu riguardare i medicinali generici, i quali non possono definirsi nuovi farmaci, essendo equivalenti di un medicinale di riferimento, gi presente sul mercato. Cos inquadrata la vicenda contenziosa appare evidente che, come afferma lAifa nella memoria di replica depositata il 25 ottobre 2018, la questione che il Collegio chiamato a deci RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 dere ha carattere di principio, con la conseguenza che non assumono alcuna rilevanza gli effetti applicativi di una o laltra soluzione nel caso in esame. 2. Lappello fondato. Appare necessario, al fine del decidere, ripercorrere brevemente il complesso tessuto normativo, cos come gi descritto dal giudice di primo grado e puntualmente richiamato dalle parti in causa, sebbene con una lettura delle illustrate disposizioni contrastante. tale breve excursus consentir di accertare la norma attualmente applicabile per determinare il prezzo dei farmaci generici. Lart. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995 ha previsto che un farmaco generico pu ottenere la medesima classificazione delloriginator purch sia offerto un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore. Con lart. 7, d.l. 18 settembre 2001, n. 347 entrato nel nostro ordinamento un nuovo sistema vincolato di rimborso del prezzo al pubblico dei farmaci di classe A, basato sul prezzo di riferimento per cui il Servizio sanitario nazionale rimborsa fino alla concorrenza del prezzo pi basso del corrispondente prodotto disponibile sul mercato. A tal fine il farmacista, salvo eccezioni, obbligato a sostituire il farmaco indicato in ricetta rossa con quello equivalente in fascia di rimborso al prezzo pi economico presente nello stesso canale distributivo. Lart. 48, comma 5, d.l. n. 269 del 2003, nellindividuare i poteri in capo allAgenzia italiana del farmaco, ha disposto (lett. e) che la stessa possa provvedere alla immissione di nuovi farmaci non comportanti un vantaggio terapeutico solo se il prezzo del medesimo medicinale inferiore o uguale al prezzo pi basso dei medicinali per la relativa categoria terapeutica omogenea. Il successivo comma 33 ha invece introdotto, dall1 gennaio 2004, la contrattazione, tra Agenzia e Produttori, dei prezzi dei prodotti rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, secondo le modalit indicate nella delibera Cipe 1 febbraio 2001, n. 3, che individua criteri oggettivi per la contrattazione del prezzo, legati ai costi sostenuti, al rapporto costi efficacia, ai prezzi esteri, al fatturato dellimpresa e agli investimenti. tale delibera Cipe, al punto 3, ha indicato i criteri per la richiesta di contrattazione, facendo sempre riferimento ai caratteri che il nuovo medicinale deve avere: deve essere utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di sintomi rilevanti nei confronti dei quali non esiste alcuna terapia efficace o nei confronti dei quali i medicinali gi disponibili forniscono una risposta inadeguata; deve avere un rapporto rischio/beneficio pi favorevole rispetto a medicinali gi disponibili in Prontuario per la stessa indicazione; deve avere una superiorit clinica significativa rispetto a prodotti gi disponibili. tutti caratteri, dunque, che non possono che riferirsi a farmaci nuovi, e tali non sono i generici. Successivamente lart. 11, comma 9, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 ha previsto che a decorrere dallanno 2011, per lerogazione a carico del Servizio sanitario nazionale dei medicinali equivalenti di cui allart. 7, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e successive modificazioni, collocati in classe A ai fini della rimborsabilit, lAifa, sulla base di una ricognizione dei prezzi vigenti nei paesi dellUnione europea, fissa un prezzo massimo di rimborso per confezione, a parit di principio attivo, di dosaggio, di forma farmaceutica, di modalit di rilascio e di unit posologiche. La dispensazione, da parte dei farmacisti, di medicinali aventi le medesime caratteristiche e prezzo di vendita al pubblico pi alto di quello di rimborso, possibile solo su espressa richiesta dell'assistito e previa corresponsione da parte dellassistito della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso. I prezzi massimi di rimborso sono stabiliti in misura idonea a realizzare un risparmio di spesa non inferiore a 600 milioni di euro annui, che restano nelle disponibilit regionali. CONteNzIOSO NAzIONALe da ultimo il comma 5 dellart. 12 del decreto Balduzzi, approvato con d.l. 13 settembre 2012, n. 158, allultimo alinea ha disposto con precipuo riferimento ai farmaci generici che ciascun medicinale, che abbia tali caratteristiche, automaticamente collocato, senza contrattazione del prezzo, nella classe di rimborso a cui appartiene il medicinale di riferimento qualora l'azienda titolare proponga un prezzo di vendita di evidente convenienza per il Servizio sanitario nazionale. e' considerato tale il prezzo che, rispetto a quello del medicinale di riferimento, presenta un ribasso almeno pari a quello stabilito con decreto adottato dal Ministro della salute, su proposta dell'Aifa, in rapporto ai volumi di vendita previsti. dunque il decreto Balduzzi per i farmaci generici ha escluso la contrattazione del prezzo nel caso in cui lAzienda produttrice indichi un prezzo conveniente, secondo i parametri indicati dal decreto del Ministero della salute, adottato ai sensi del citato comma 5, il quale prevede, come ribassi percentuali rispetto al prezzo delle confezioni in classe A, gli scaglioni del 45%; 47,5%; 50%; 55%; 60%; 65%; 70% e 75% nonch, come ribassi percentuali rispetto al prezzo delle confezioni in classe H, gli scaglioni del 30%; 31,7%; 33,3%; 36,7%; 40%; 43,3%; 46,7% e 50%. tale ultimo decreto (c.d. decreto scaglioni), approvato dal Ministro della salute il 4 aprile 2013, stato oggetto di contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, attivato proprio dal- lattuale appellata eg s.p.a.. Contrariamente a quanto assunto dal giudice di primo grado nellimpugnata sentenza il d.m. 4 aprile 2013 pienamente efficace, atteso che il contenzioso si concluso con le sentenze della sez. III del Consiglio di Stato nn. 629 e 630 del 30 gennaio 2018 che - in riforma delle sentenze della sez. III quater del tar Lazio 8 aprile 2014, n. 3803 e 27 novembre 2014, n. 11899, che tale decreto avevano annullato - hanno accolto lappello dellAifa. Il d.m. 4 aprile 2013, al comma 4 dellart. 1 rinvia nuovamente alla negoziazione ove il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale generico proponga un prezzo superiore a quello di evidente convenienza per il Servizio sanitario nazionale, secondo la procedura dettata dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica 1 febbraio 2001, n. 3. da questo breve, ma complesso excursus pu evincersi che lart. 12, comma 5, d.l. n. 158 del 2012 ha escluso la contrattazione per i prezzi dei farmaci generici solo per lipotesi in cui lAzienda produttrice indichi un prezzo conveniente. Si fa invece ricorso alla contrattazione se il prezzo proposto per il generico superiore alle percentuali introdotte dal cd. decreto scaglioni, applicando i criteri dettati dalla delibera Cipe n. 3 del 2001. Il d.l. n. 158 recupera pertanto la contrattazione introdotta dalla norma generale del 2003 per calmierare il prezzo del medicinale, se quello offerto non conveniente. Resta per fermo il limite di un prezzo che sia almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore, previsto dalla norma speciale sui generici, introdotta dal comma 130 dellart. 3, l. n. 549 del 1995. Si tratta di conclusione peraltro coerente con la differenza intrinseca che sussiste tra farmaco generico e originator. Il prezzo dei medicinali generici deve certamente garantire un risparmio al SSN rispetto al prezzo del medicinale di riferimento, il quale sconta il maggiore costo affrontato dal produttore per il brevetto. In conclusione, come condivisibilmente afferma lAifa, lart. 48, d.l. n. 269 del 2006 disciplina la diversa fattispecie dei farmaci nuovi e non pu aver abrogato tacitamente il comma 130 dellart. 3, l. n. 549 del 1995, norma speciale che attiene al diverso ambito dei farmaci generici. N possibile ritenere che la legge del 1995 sia stata superata dal decreto Balduzzi e dal decreto ministeriale, adottato in applicazione del primo. Labrogazione tacita presupporrebbe, infatti, una incompatibilit tra la predetta previsione e quella successiva intervenuta sempre RASSeGNA AvvOCAtURA deLLO StAtO - N. 3/2018 per disciplinare il prezzo dei farmaci generici. tale incompatibilit non per per nulla ravvisabile. ed invero, il ricorso alla contrattazione per i prezzi dei farmaci generici previsto per lipotesi in cui lAzienda produttrice indichi un prezzo non conveniente, ma resta fermo il ribasso di almeno il 20% rispetto al prezzo del farmaco originatore. Se offerto ad un prezzo inferiore almeno del 20 % a quello della corrispondente specialit medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, il medicinale generico otterr la medesima classificazione del farmaco originator. 3. Lappello deve quindi essere accolto, con conseguente riforma della sentenza del tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980. La complessit della vicenda contenziosa giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per leffetto, in riforma della sentenza del tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980, respinge il ricorso di primo grado. Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018. LEGISLAZIONEEDATTUALIT Il Codice dellAmministrazione digitale: genesi, evoluzione, principi costituzionali e linee generali Enrico De Giovanni* Come ben noto fin dai primi anni 90 i vari governi succedutisi alla guida del Paese hanno dato impulso, con sempre crescenti impegno ed attenzione, allopera di modernizzazione della Pubblica Amministrazione statale, ed altrettanto hanno fatto gli amministratori regionali e locali. Questo processo si sviluppato attraverso il perseguimento di vari obiettivi quali, ad esempio, la semplificazione amministrativa e normativa, le riforme del pubblico impiego, la ridefinizione di strutture e relative competenze di vari settori dello Stato: ma uno degli strumenti essenziali del processo stato senzaltro limpulso allutilizzo delle nuove tecnologie; in questo quadro, allinizio degli anni 2000 si ritenuto che il processo di digitalizzazione dellattivit amministrativa non potesse prescindere dalla creazione di un idoneo quadro normativo; da questa convinzione scaturito il Codice dellamministrazione digitale. Senza dubbio, come stato posto ripetutamente in luce anche dalla dottrina giuridica, negli ultimi anni levoluzione tecnologica ha rivoluzionato le modalit di produzione, conservazione e trasmissione delle conoscenze, ed ormai costante idea che lintroduzione dellinformatica nellamministrazione non sia un fine in s, ma un mezzo per attuare i principi della buona amministrazione. Da queste considerazioni scaturita lidea di un codice che raccogliesse e riordinasse in modo organico le principali norme in materia di utilizzo delle (*) Avvocato dello Stato, gi Capo dellUfficio legislativo del Dipartimento per linnovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il presente contributo tratto da C. BOCCIA, C. CONTESSA, E. DE GIOVANNI, Codice dellAmministrazione digitale, La Tribuna, Piacenza, 2018. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 tecnologie dellinformazione e della comunicazione nellambito della pubblica amministrazione, nonch quelle concernenti il valore giuridico del documento informatico e delle firme elettroniche anche nei rapporti tra privati, introducendo da un lato nella normativa vigente le modifiche e le integrazione utili ed opportune, ma che nello stesso tempo non inducesse discontinuit traumatiche nellordinamento; dunque un testo che, pragmaticamente, favorisse, nellambito di una sostanziale continuit, limplementazione ed il miglioramento del processo di modernizzazione della P.A. e promuovesse in modo sempre pi sicuro ed efficace luso, con rilevanza giuridica, delle nuove tecnologie nei rapporti tra privati e tra questi e lAmministrazione. In sostanza, proseguita e rafforzata sulla base di opportuni investimenti lopera di promozione di iniziative concrete ed operative per leffettiva realizzazione dei progetti di e-government (gi avviata nelle ultime legislature del 900, come gi ricordato) si avvertita la necessit di creare un nuovo contesto normativo, idoneo ad accogliere e sostenere, e talvolta addirittura imporre, questa sorta di rivoluzione silenziosa, che ha ormai cambiato la Pubblica amministrazione ed il volto stesso della nostra societ. La redazione di un corpus normativo volto a raccogliere, coordinare, innovare e integrare le principali disposizioni in materia di informatica fu, in particolare, voluta nel 2003 dallallora Ministro per linnovazione e le tecnologie Lucio Stanca. Come lo stesso Stanca ricorda nella prefazione al suo volume LItalia vista da fuori e da dentro, egli nel 2001 entr a far parte del governo italiano come ministro tecnico La delega che mi fu assegnata, come Ministro senza portafoglio, era linnovazione tecnologica, con particolare riferimento a quella digitale con una particolare attenzione allintroduzione delle tecnologie digitali nella Pubblica Amministrazione. Il Ministro, alla luce dellesperienza dei primissimi anni di governo, ritenne utile lintroduzione nel nostro ordinamento di un unitario quadro legislativo, allepoca mancante poich le varie norme, primarie e secondarie, esistenti erano distribuite in modo disorganico in diverse fonti ed apparivano incomplete e, talvolta, disomogenee; si procedette quindi ad un ampio lavoro di rilettura critica della legislazione vigente, elaborando nuove strategie di approccio al problema normativo in questa delicata materia. Si intraprese quindi (chi scrive ne diretto testimone poich, in qualit di capo dellUfficio legislativo del Ministro, fu allepoca officiato del difficile compito) unopera di ricognizione delle disposizioni esistenti, di coordinamento e razionalizzazione delle stesse, di adeguamento alle normative europee nel frattempo emanate e di redazione di nuove norme laddove ve ne fosse necessit. Apparve subito chiaro che loperazione avrebbe richiesto il concorso di diverse culture e professionalit, giacch i profili spiccatamente tecnico-informatici della normativa imponevano una stretta collaborazione tra giuristi e, ap LegISLAzIone eD AttUALIt punto, informatici; a ci si aggiunga che i profili legati in particolare alla formazione e conservazione del documento informatico imponevano anche lacquisizione di contributi da parte di esperti di archivistica. Sotto altro profilo, considerati gli indubbi riflessi che la disciplina avrebbe avuto sugli utenti degli strumenti digitali e sulle imprese del settore, si ritenne utile acquisire, nel corso dei lavori, anche i punti di vista dei rappresentanti delle predette categorie. stato grazie a questi apporti, ed in particolare a quello offerto dai valenti tecnici in servizio allepoca presso il CnIPA (lex AIPA), ora divenuta AgID, ente pubblico operante nel settore dellinformatica, che il testo ebbe luce. Stanti le peculiari caratteristiche del redigendo testo si ritenne necessario provvedere a mezzo di un decreto legislativo, dunque previa legge di delega; ed in effetti il testo fu redatto in attuazione della delega contenuta nellarticolo 10 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualit della regolazione, riassetto normativo e codificazione -legge di semplificazione 2001). Fu cos svolto un lungo e complesso lavoro di redazione del primo testo del Codice dell'amministrazione digitale - per brevit d'ora in poi CAD - poi emanato a mezzo del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, predisposto di concerto dagli uffici del Ministro per linnovazione e le tecnologie dintesa con gli altri Ministeri interessati. nonostante lintervenuta pubblicazione in gazzetta Ufficiale fin dal marzo 2005 si ritenne di procrastinare lentrata in vigore del testo al 1 gennaio del 2006 nella convinzione (rivelatasi poi assai ottimistica) che le PP.AA., nei mesi intercorrenti tra la pubblicazione e lentrata in vigore, avrebbero predisposto gli interventi necessari alla piena attuazione del testo; attuazione che invece, a tuttoggi, solo parziale. Due fondamentali idee ressero la redazione del Codice: il principio del- lesaustivit del testo e quello della inevitabile necessit di un frequente futuro aggiornamento delle singole disposizioni. Il primo principio (opportunamente posto in luce dal Consiglio di Stato nel parere Ad. gen. 25 ottobre 2004, n. 10548) risponde allesigenza di disporre di un testo che, sulla base di un insieme di disposizioni coerenti, complete e connesse, consenta a chiunque di rinvenire in modo agevole le norme che disciplinano luso degli strumenti digitali, facendo riferimento ad un unico articolato normativo; siffatto obiettivo esplicitato nellart. 73 del Codice medesimo (Aggiornamenti), il quale stabilisce che la Presidenza del Consiglio dei ministri adotta gli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento per assicurare che i successivi interventi normativi, incidenti sulle materie oggetto di riordino siano attuati esclusivamente mediante la modifica o lintegrazione delle disposizioni contenute nel presente Codice. Il secondo deriva dalla consapevolezza dellimpetuoso e continuo progresso tecnologico, che rende in breve tempo obsolete o comunque superate le soluzioni tecniche precedenti, imponendo cos al legislatore di adattare ci rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 clicamente lordinamento alle nuove realt: sotto questo profilo il CAD stato concepito come un work in progress, un testo che, in relazione alla materia disciplinata, avrebbe richiesto aggiornamenti frequenti. nella dialettica fra la tendenziale staticit della legge e lincessante dinamismo della tecnologia era questultimo a dover prevalere; per la medesima ragione si cercato un delicato equilibrio tra fonti normative di diverso rango, affidando quindi al CAD i principi generali e delegando a fonti secondarie, come disciplinate dallart. 71, la regolazione tecnica; si vedr poi come lo stesso articolo 71 abbia ricevuto significative riscritture nel tempo, miranti a garantire lesistenza di uno strumento agile e flessibile di regolazione secondaria, idoneo a recepire nel- lordinamento gli effetti dellevoluzione tecnologica. Ancora qualche osservazione sul momento di genesi del CAD; la norma di delega prevedeva la possibilit di un intervento integrativo e correttivo del legislatore delegato, che fu poi effettivamente esercitato; la delega prevedeva inoltre lemanazione di disposizioni volte a consentire listituzione del Sistema Pubblico di Connettivit (S.P.C.), cio di una rete telematica, improntata ai principi di interconnessione, interoperabilit e cooperazione applicativa, che collegasse tutte le Amministrazioni Pubbliche italiane, a superamento della preesistente rete Unitaria delle Pubbliche Amministrazioni (r.U.P.A.) che coinvolgeva solo le Amministrazioni statali. Le relative norme furono emanate con autonomo decreto delegato (d.lgs. 28 febbraio 2005 n. 42), allo scopo di consentirne la tempestiva entrata in vigore (nel corso dello stesso anno 2005, senza attendere il 2006, anno cui entr in vigore il CAD) e la conseguente sollecita realizzazione. Stante, tuttavia, la tendenziale esaustivit del CAD, il testo del d.lgs. 42/2005 fu poi unificato al d.lgs. 82/2005 in sede di decreto integrativo e correttivo, salva poi la successiva abrogazione, negli anni seguenti, di numerosi articoli che avevano ormai esaurito la propria funzione. Dunque, come si gi segnalato, il CAD fu emanato nellesercizio della delega volta al riassetto in materia di societ dell'informazione contenuta nellart. 10 della legge 29 luglio 2003, n. 229. In attuazione della delega furono promulgati 3 provvedimenti: nellordine il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42, recante listituzione del Sistema Pubblico di Connettivit e della rete internazionale delle pubbliche amministrazioni; il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice del- lamministrazione digitale; il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, recante integrazioni e correzioni al decreto legislativo n. 82 del 2005, con cui, fra laltro fu integrato nel testo originario del decreto legislativo n. 82 del 2005 anche il citato d.lgs. 42 del 2005. Prima di illustrare sinteticamente il susseguirsi dei vari interventi di riforma del CAD (che, lungi dal comprovarne lobsolescenza ne dimostrano, invece, il dinamismo e lutilit), opportuno fornire un quadro dellordina LegISLAzIone eD AttUALIt mento prima della pubblicazione del testo originario, giacch attraverso questa ricostruzione possibile comprendere meglio alcuni rilevanti profili del codice e formarsi un quadro pi completo sulle ragioni e le finalit del testo e sulla sua struttura. 1. Levoluzione normativa. Si ripercorrer in estrema sintesi levoluzione della disciplina positiva delluso delle tecnologie informatiche nel nostro ordinamento, evoluzione nella quale assume una particolare rilevanza la normativa in materia di documento informatico; a questo proposito si dir subito che il CAD, pur denominandosi Codice dellamministrazione digitale (ma attenzione, il termine amministrazione si riferisce allagire amministrativo e non al soggetto P.A.) non diretto solo a soggetti pubblici, cio non contiene solo norme dirette a disciplinare lorganizzazione delle pubbliche Amministrazioni e lutilizzo degli strumenti informatici da parte di questultima, ma reca anche varie importanti discipline applicabili anche ai privati (e fra queste di particolare rilevanza sono quelle inerenti al documento informatico), secondo quanto espressamente chiarito dallart. 2 del Codice. La presenza di norme di natura civilistica nellambito di un testo normativo in buona parte diretto a porre regole per le PP.AA. non casuale e trova una precisa origine storico-normativa. Le norme sul documento informatico sono state infatti introdotte nellordinamento italiano nellambito di discipline pubblicistiche; il fondamentale riconoscimento della piena rilevanza giuridica del documento informatico si ebbe con larticolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa pubblicata sulla g.U. n. 63 del 17 marzo 1997, una delle pi importanti fra le cosiddette leggi Bassanini. La disposizione, tuttora in vigore poich mai abrogata e pienamente compatibile con la successiva produzione legislativa, cos recita: gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. Da allora il legislatore italiano, in particolare nel CAD, ha disciplinato alcuni importanti profili civilistici in contesti normativi essenzialmente pubblicistici, e ci anche in ossequio al segnalato principio di omnicomprensivit e agevole leggibilit della disciplina legislativa che ha ispirato il CAD. In merito al ricordato art. 15, comma 2, va osservato che esso, a rigore, non appariva indispensabile stante il generale principio di libert delle forme vigente nel nostro ordinamento; dunque, probabilmente, la solenne affermazione della validit e rilevanza a tutti gli effetti di legge del documento informatico fu inutile sul piano meramente normativo; tuttavia essa fu di capitale importanza sul piano rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 concreto e, per cos dire, psicologico, poich spazz via ogni dubbio (pur se infondato) sullidoneit delle nuove tecnologie a dare vita e sostanza ad unattivit giuridicamente rilevante e dunque costitu una pietra miliare nello sviluppo dellutilizzo delle I.C.t. nei rapporti giuridici pubblicistici e privatistici nonch momento fondamentale nel formarsi delle relative regole giuridiche. Dunque ecco il primo esempio della caratteristica che tuttora connota la nostra produzione normativa: larticolo 15, comma 2 si occupa, insieme, dei documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati; dunque una legge, quale la 59/97, nel suo complesso esplicitamente destinata ad incidere sulla Pubblica Amministrazione e sullazione amministrativa, nel momento in cui si occupa di informatica detta, in realt, esplicitamente regole di diritto comune, valide per lintero ordinamento ed applicabili anche ai rapporti tra privati. ecco che si manifesta lorientamento del legislatore italiano, tuttora solidamente seguito, ad affidare a normative essenzialmente destinate a regolare lorganizzazione e lazione della Pubblica Amministrazione anche la disciplina civilistica dellutilizzo delle nuove tecnologie dellinformazione e della comunicazione. Siffatto orientamento, pur se discutibile sul piano meramente astratto, trova la sua ragion dessere in considerazioni pragmatiche ed ordinamentali: in effetti non vi ragione per prevedere un diverso regime giuridico a seconda del fatto che luso dellinformatica sia realizzato da un soggetto pubblico o da un soggetto privato e dunque ovvio che le medesime regole siano generalmente applicabili. Dunque non avrebbe ragion dessere una frantumazione della disciplina in diverse fonti, con oggetto di natura privatistica o pubblicistica, che determinerebbe una dannosa frammentariet ed una complessa conoscibilit dellordinamento. Per tali ragioni anche nella successiva produzione normativa si seguito lorientamento descritto, affidando ad un testo destinato in larga misura alla pubblica amministrazione (appunto il Codice dellamministrazione digitale) la disciplina di aspetti squisitamente privatistici, quali quelli del documento informatico, della sua conservazione e trasmissione e delle firme elettroniche. Altro aspetto caratterizzante dellart. 15, comma 2 in esame il rinvio della disciplina degli aspetti applicativi ad una norma sottordinata, nel caso di specie di rango regolamentare, scelta che, anchessa, come sopra osservato, caratterizza tuttora la produzione normativa italiana nel settore. Si ritenne fin da allora, opportunamente, che la norma primaria dovesse contenere i principi generali, quelli che improntano ed orientano lordinamento di settore, lasciando la regolazione puntuale e tecnica a strumenti che pi agilmente possono essere adeguati alla rapida evoluzione tecnologica. In attuazione dellart. 15 fu infatti emanato il fondamentale decreto del Presidente della repubblica 10 novembre 1997, n. 513, che introdusse per la prima volta in Italia una disciplina organica del documento informatico, rin LegISLAzIone eD AttUALIt viando, secondo il disposto dellart. 3, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la formulazione delle regole tecniche, decreto che fu emanato con la data dell8 febbraio 1999. Il decreto disciplinava, nellallegato tecnico, innanzi tutto, nel titolo I le regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la validazione, anche temporale, dei documenti informatici. In tale parte del provvedimento era contenuta, in particolare, la disciplina delle firme digitali, soluzione tecnica a cui il legislatore italiano attribuiva rilevanza giuridica nettamente prevalente rispetto ad altri tipi di firma, e ci anche al fine di garantire lautenticit e limmodificabilit del documento. nel titolo II si disciplinavano le regole tecniche per la certificazione delle chiavi, con puntuali disposizioni sui certificatori, cio sui soggetti che rilasciano gli strumenti di sottoscrizione; il titolo III recava le regole per la validazione temporale e per la protezione dei documenti informatici; il titolo Iv dettava le regole tecniche per le pubbliche amministrazioni. va ricordato il contenuto di tali provvedimenti poich le materie ivi disciplinate sono tuttora oggetto di disposizioni del CAD; le disposizioni sul documento informatico e sulle firme elettroniche confluirono poi, infatti, nel Testo Unico sulla documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della repubblica n. 445 del 2000; trattandosi di testo Unico c.d. misto fu possibile mantenere alle singole disposizioni traghettate nel corpus normativo unitario il rango, primario o secondario, che rivestivano nelle fonti di provenienza. Il totale recepimento del DPr 513/1997 determin, fra laltro, lalterazione della struttura del regolamento, con modifica della successione originale degli articoli, il che tuttavia, non ne modific la portata precettiva. Successivamente, come si vedr, siffatte disposizioni costituirono parte essenziale del CAD, ove furono trasferite. nel frattempo, tuttavia, era stata emanata la direttiva europea 1999/93/Ce relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche; direttiva che impattava direttamente e fortemente sulla disciplina del documento e delle firme elettronici presente nel DPr 445/2000, imponendo al legislatore italiano di attribuire una seppur graduata rilevanza giuridica anche a firme elettroniche non digitali; la direttiva fu recepita per la parte di livello legislativo con il decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10, e per le norme regolamentari con successivo decreto del Presidente della repubblica: entrambi i provvedimenti hanno, in sostanza, operato con la tecnica della novellazione del t.U. 445/2000, sostituendo le norme (primarie e secondarie) superate dalla direttiva europea. Su questultima fonte intervenuto, sostanzialmente, il decreto legislativo n. 82 del 2005, cio il Codice dellamministrazione digitale, che ha depauperato, per quanto concerne gli aspetti informatici, il corpus normativo formato dal t.U. 445/2000, scorporando, appunto, le disposizioni sul documento informatico e sulle firme elettroniche, sulla base della considerazione che esse rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 meglio figurano in un contesto normativo destinato a regolare luso, da parte delle PP.AA., dello strumento operativo costituito dalle nuove tecnologie del- linformazione e della comunicazione, contesto che vede siffatti strumenti non pi sotto il profilo statico della documentazione ma li colloca in quello dinamico dellorganizzazione e del funzionamento. Le ricordate disposizioni sul documento informatico non sono, tuttavia, gli unici precedenti normativi del CAD. In particolare la vicenda relativa alla disciplina delluso delle tecnologie informatiche nellazione amministrativa e tra i privati nelle sue forme pi significative ed esplicite ha inizio nel 1990, con lapprovazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, ove si rinviene un primo riconoscimento delluso dei prodotti dellevoluzione tecnologica nello svolgimento di attivit giuridicamente rilevante, appunto relativa in particolare allattivit amministrativa; esplicitamente nellart. 22 si considera documento amministrativo anche ogni rappresentazione elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalla pubblica amministrazione o, comunque, utilizzati ai fini dellattivit amministrativa; larticolo in parola stato poi modificato dallart. 15 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, ma la definizione sopra ricordata, contenuta in particolare nel comma 1, lettera d), tuttora presente. giova qui rilevare che, come stato gi rilevato in dottrina, il legislatore ha utilizzato, nel tempo, una terminologia molto varia per indicare strumenti o prodotti riconducibili a quelle che oggi definiamo tecnologie digitali; si sono cos usati i termini elettromagnetico, elettrico, magnetico, ottico, informatico, telematico, digitale; e ci a prescindere dal puntuale significato tecnico che ciascuno di questi vocaboli assume. Linterprete, a nostro giudizio, deve astrarsi, nel caso di specie, da una puntuale ricostruzione del significato della singola espressione utilizzata, considerandole tutte come sostanziali sinonimi, volti ad indicare, appunto, strumenti, servizi o prodotti dellICt. Accanto alla l. 241/90 va qui rammentato il fondamentale decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, recante Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche a norma dellarticolo 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Il decreto, tuttora in piccola parte in vigore, art. 3, comma 2, disciplinava, come recita larticolo 1, la progettazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni dello Stato; fin da allora gli obiettivi del legislatore erano i seguenti: a) miglioramento dei servizi; b) trasparenza dellazione amministrativa; c) potenziamento dei supporti conoscitivi per le decisioni pubbliche; d) contenimento dei costi del- lazione amministrativa. Per il raggiungimento di questi scopi la normativa stabiliva, tra laltro, LegISLAzIone eD AttUALIt che gli atti amministrativi adottati da tutte le pubbliche amministrazioni sono di norma predisposti tramite i sistemi informativi automatizzati (art. 3) e che ogni amministrazione, nellambito delle proprie dotazioni organiche individua un dirigente quale responsabile per i sistemi informativi automatizzati (art. 10). e soprattutto istituiva lAutorit per linformatica nella pubblica amministrazione (A.I.P.A.) - dalle cui successive riforme discende lodierna Agenzia per lItalia Digitale (AgID) - con vari e rilevanti compiti, descritti in particolare negli articoli 7, 8 e 9 del decreto. Fra i compiti pi importanti vanno segnalati quelli consistenti nel dettare norme tecniche e criteri sulla progettazione, realizzazione e gestione dei sistemi informativi delle PP.AA.; la redazione del piano triennale dei relativi progetti intersettoriali; la composizione di contenuti operativi tra amministrazioni (art. 7); lespressione di pareri obbligatori di congruit tecnico-economica sugli schemi; dei contratti per lacquisizione di beni e servizi informatici di valore elevato (art. 8). Lemanazione di siffatto decreto costituisce la prima occasione in cui il legislatore italiano ha dedicato allinformatica (nel caso di specie, pubblica) unattenzione ampia, puntuale e specifica, dettando un insieme articolato ed organico di norme, pur se esclusivamente rivolto alla diffusione dei sistemi informativi informatizzati presso le PP.AA. Il decreto legislativo 39/93 ha subito varie modifiche fino a giungere al- labrogazione quasi integrale: le modifiche pi rilevanti sono state realizzate dal decreto legislativo n. 196 del 2003 che ha trasformato lA.I.P.A. in C.n.I.P.A.; poi dal d.lgs. 177 del 2009, che ha ulteriormente trasformato il CnIPA in DigitPA, ente pubblico non economico, abrogando espressamente la gran parte delle disposizioni del d.lgs. 39/93; da ultimo, con l'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, DigitPA stata trasformata nella ricordata AgID, a cui sono destinate numerose disposizione del pi recente decreto correttivo del CAD. Dopo il d.lgs. 39/93 vanno anche rammentati la l. 537/93, che ha previsto larchiviazione su supporto ottico dei documenti per finalit amministrative e probatorie, nonch il D.P.r. 367/94 che ha statuito la validit del mandato informatico di pagamento. tornando allevoluzione legislativa va ricordato che lemanazione del- loriginario decreto legislativo n. 82 del 2005 era stata preceduta dalla pubblicazione in gazzetta Ufficiale di unaltra importante legge caratterizzata da forte finalit sociale: si tratta della legge 9 gennaio 2004. n. 4, recante disposizioni per favorire laccesso dei disabili agli strumenti informatici. La legge, approvata allunanimit da entrambi i rami del Parlamento, reca varie disposizioni dirette alle Pubbliche Amministrazioni ed tuttora in vigore. Altre disposizioni di notevole rilievo nella nostra materia sono contenute nel decreto del Presidente della repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, che ha istituito il sistema della posta elettronica certificata, attraverso cui possibile rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 attribuire alle e-mail trasmesse con particolari soluzione tecniche un valore legale analogo alle raccomandate con avviso di ricevimento cartacee. numerosi sono stati i successivi interventi del legislatore; alcuni di modifica del CAD, altri volti ad introdurre disposizioni extravaganti (talvolta inopportunamente al di fuori dellunitario quadro normativo costituito dallo stesso Codice). Le principali modifiche al CAD sono state introdotte dalle seguenti norme: il gi ricordato primo decreto correttivo e integrativo d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159; la legge 28 gennaio 2009, n. 2; la legge 18 giugno 2009, n. 69, che conteneva anche la delega legislativa in base alla quale intervenuta la significativa riforma del CAD promossa dal ministro Brunetta con il d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma del- l'articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69, Pubblicato nella gazz. Uff. 10 gennaio 2011, n. 6); il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221; il d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179 e, da ultimo, d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 2017. Accanto alla descritta produzione di norme legislative e regolamentari si posto lesercizio della funzione di regolazione tecnica svolta dallA.I.P.A. prima, poi dal C.n.I.P.A., da DigitPA ed oggi da AgID, funzione peraltro fortemente accentuata dalla riformulazione nellultimo correttivo dellart. 71, che sostanzialmente ha affidato allemanazione di Linee guida da parte di AgID lintera regolazione tecnica e di dettaglio. Questo dunque il quadro normativo, descritto nel suo formarsi cronologico, che si presenta oggi allinterprete ed alloperatore; un quadro ampio, certamente non ancora perfettamente compiuto ed equilibrato, che richiede ulteriori integrazioni ed affinamenti da parte di un legislatore competente e lungimirante, ma che certamente gi offre un idoneo insieme di strumenti operativi ed indirizzi strategici e, dal punto di vista scientifico, costituisce un oggetto organico ed autonomo di conoscenza tale da potersi configurare come diritto pubblico del- linformatica, branca della pi ampia scienza del diritto dellinformatica. 2. Il quadro dei principi costituzionali. Prima di affrontare lanalisi dei singoli articoli va tuttavia rappresentato in sintesi il quadro costituzionale in cui si muove il legislatore. Il CAD ha innanzi tutto mirato ad attuare la norma generale che disciplina lazione amministrativa contenuta nellarticolo 97 Cost., che individua nei principi del buon andamento e dellimparzialit i cardini essenziali dellagire pubblico; con specifico riferimento allinformatica va poi tenuto presente lart. 117, comma secondo, lettera r), che affida alla competenza legislativa dello Stato la disciplina del coordinamento informatico dei dati dellamministrazione statale, regionale e locale; un altro principio di essenziale ed ineludibile rilevanza quello LegISLAzIone eD AttUALIt dellautonomia di autorganizzazione spettante, ai sensi della lettera g) del medesimo articolo, primo e quarto comma, allo Stato ed anche alle Amministrazioni regionali e locali: si ricorda, al riguardo, la massima della Corte Costituzionale secondo la quale deve essere conservata alle Regioni quella discrezionalit organizzativa che deve essere ad esse riconosciuta con riferimento alle materie ed alle funzioni di cui allarticolo 117, primo comma, della Costituzione. riconduce di nuovo alla competenza statale, invece, il principio di cui alla lettera m) del comma secondo dellart. 117, secondo cui lo Stato fissa i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale. Per quanto concerne, poi, la competenza legislativa sulle norme relativa alla disciplina delluso dellinformatica fra privati va fatto riferimento allart. 117, comma secondo lettera l), che attribuisce allo Stato la facolt di disciplinare lordinamento civile, nonch, per quanto concerne lazionabilit di alcune posizioni nei confronti delle PP.AA., alla medesima disposizione costituzionale ove si riferisce alla giurisdizione ed alla giustizia amministrativa. Il principio del buon andamento e dellimparzialit dellazione amministrativa, di cui allart. 97 della Costituzione, trova nellopzione del migliore e pi esteso utilizzo delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione (art. 15 del Codice) unattuazione nuova, piena e moderna. numerose norme del codice, in genere di natura programmatica e generale e talvolta pi puntualmente prescrittive, affermano proprio il concetto per cui il buon andamento dellazione amministrativa non pu prescindere, ormai, dallutilizzo di strumenti in linea con levoluzione tecnologica. In tal senso deve ormai ritenersi che questo utilizzo, nei termini delineati dal Codice e dalle altre leggi in materia, sia divenuto ormai uno dei paradigmi per valutare leffettivo raggiungimento dellobiettivo del buon andamento ed anche un efficace strumento per assicurare limparzialit, tenuto conto degli effetti delladozione delle nuove tecnologie sulla trasparenza dellazione amministrativa, sulla comunicazione istituzionale e sullaccesso ai servizi resi dalle PP.AA. e dai concessionari di pubblici servizi. Appaiono puntualmente riconducibili ad una diretta attuazione dellart. 97 Cost. vari articoli del Capo primo del Codice: nella sezione prima lart. 2, comma 1, si riallaccia sia al concetto dellimparzialit che del buon andamento, laddove impone che venga assicurata la disponibilit, la gestione, laccesso, la trasmissione, la conservazione, e la fruibilit dellinformazione in modalit digitale e che le PP.AA. si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalit pi appropriate le tecnologie dellinformazione e della comunicazione; appare opportuno ricordare, al riguardo, il forte impulso alla trasparenza del- lazione amministrativa dato dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, recante Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicit, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, oggi ridenominato rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicit, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni ai sensi del d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97. nella sezione terza del capo primo del CAD, lart. 12 reca una sorta di declinazione dei concetti di buon andamento e di imparzialit; infatti le PP.AA. nellorganizzare autonomamente la propria attivit utilizzano le tecnologie dellinformazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicit, imparzialit, trasparenza, semplificazione e partecipazione; luso delle nuove tecnologie viene quindi esplicitamente indicato come strumento idoneo al raggiungimento delle ricordate finalit, anzi potrebbe dirsi come strumento fisiologico a quei fini, ma nello stesso tempo si riafferma che siffatto uso non fine a se stesso, non costituisce, cio un valore assoluto, giuridicizzato in quanto tale, ma assume rilevanza giuridica ed efficacia vincolante per lAmministrazione in quanto effettivamente idoneo alla piena attuazione del principio costituzionale. rilevante appare poi il corollario che da quel principio viene tratto dal successivo art. 15: la riorganizzazione strutturale e gestionale delle pubbliche amministrazioni avviene anche attraverso il migliore e pi esteso utilizzo delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione nellambito di una coordinata strategia che garantisca il coerente sviluppo del processo di digitalizzazione. In sostanza deve ritenersi che lintero codice, per quanto concerne le disposizioni sulla pubblica amministrazione, costituisca unattuazione dei principi costituzionali recati dallart. 97, in una prospettiva moderna e dinamica e dunque le norme in esso contenute, se appaiono talvolta di natura programmatica, hanno tuttavia sempre e comunque un effetto prescrittivo e vincolante sullorganizzazione e sullazione amministrativa, poich di quei principi si dovr tenere conto sia a livello politico in sede di emanazione delle direttive annuali dellorgano di direzione politica previste dallart. 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come statuito dallart. 12, comma 1 bis del codice, sia, a livello esecutivo, da tutti coloro, i dirigenti innanzi tutto ma comunque da tutti gli operatori, che attuano le ricordate direttive nel quotidiano esercizio della funzione amministrativa. Il rispetto di quei principi, dunque, diviene canone di valutazione anche dellopportunit e dellefficacia dellazione dellorgano politico e dei dirigenti, idoneo ad incidere sulla valutazione (di volta in volta politica o amministrativa) dei medesimi, con evidenti riflessi sulla responsabilit dirigenziale. Pertanto tutti gli attori della complessa macchina amministrativa sono chiamati, nei rispettivi ruoli, allattuazione dei nuovi principi, che nella riconducibilit al dettato costituzionale trovano forza e rilevanza incontrovertibile. Il secondo principio costituzionale che si ricordato allinizio del paragrafo quello pi specificamente riconducibile alla materia dellinformatica: esso stato introdotto dalla legge costituzionale 12 ottobre 2001, n. 1, che, LegISLAzIone eD AttUALIt nel riformare il titolo v, Parte II della Costituzione ed in particolare nel modificare le competenze legislative dello Stato e delle regioni, ha affrontato, anche se in modo sintetico, la nuova realt tecnologica, nellambito di una disposizione (art. 117, comma secondo lettera r)) che si occupa anche di diversi fenomeni, come quello statistico. La norma affida alla competenza dello Stato il coordinamento... informatico dei dati dellamministrazione statale, regionale e locale; siffatta disposizione va analizzata nella ratio, giacch da una corretta ricostruzione del suo significato possono discendere conseguenze non trascurabili sul piano interpretativo ed applicativo. giova al riguardo ricordare che la Corte Costituzionale si occupata specificamente della questione, fornendo sintetiche ma preziose precisazioni nella sentenza 10/17 gennaio 2004, n. 17, resa su ricorso della regione Basilicata avverso la disposizione secondo la quale il Ministro per linnovazione e le tecnologie definisce indirizzi per limpiego ottimale dellinformatizzazione nelle pubbliche amministrazioni, contenuta nellart. 29, comma 7, lettera a) della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Secondo la regione la norma impugnata consentiva al governo di disciplinare lorganizzazione di regioni ed enti locali, mentre la lettera r) citata consente solo di dettare indirizzi di natura strettamente tecnica; la Presidenza del Consiglio deduceva, invece, il pieno rispetto del dettato costituzionale poich la disposizione, rettamente interpretata, era riconducibile proprio alla citata lettera r). La Corte respingeva il ricorso rilevando che il coordinamento statale riguarda anche i profili della qualit dei servizi e della razionalizzazione della spesa in materia informatica, in quanto necessari a garantire la omogeneit nella elaborazione e trasmissione dei dati; tuttavia la Corte precisava ulteriormente che il coordinamento meramente tecnico, per assicurare una comunanza di linguaggi di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilit tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione. Dunque secondo la Corte proprio in virt della ricordata previsione della lettera r) del secondo comma dellart. 117, il governo pu perseguire lobiettivo della comunicabilit (concetto che in un linguaggio informatico pi appropriato pu definirsi con le espressioni interoperabilit e cooperazione applicativa) non solo dettando regole strettamente inerenti agli strumenti informatici in quanto tali, ma anche ad altri profili necessari a garantire la omogeneit nella elaborazione e trasmissione di dati, individuandoli, nel caso di specie, nella qualit dei servizi e nella razionalizzazione della spesa; in tal modo la Corte ha fornito una perimetrazione elastica e comprensiva dellambito oggettivo entro cui pu estrinsecarsi il potere statale di coordinamento, ma nel contempo ha precisato che la potest legislativa dello Stato va intesa nel senso che in essa rientra solo la disciplina meramente tecnica, limitando cos in modo rigoroso il possibile contenuto degli interventi statali. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 In sostanza la Corte ha ricondotto lesercizio della potest legislativa alla necessit di adottare soluzioni tecniche che assicurino effettivamente e sotto tutti profili necessari la possibilit per i diversi livelli istituzionali di realizzare lo scambio informatico dei dati, escludendo per, attraverso la limitazione agli aspetti tecnici, la possibilit che lo Stato legiferi incidendo immediatamente sul potere di autoorganizzazione di regioni ed enti locali; la conclusione a cui pervenuta la Corte appare effettivamente del tutto condivisibile. A ben veder potrebbero affacciarsi dei dubbi sulla effettiva compatibilit fra la funzione di coordinamento tecnico informatico dello Stato e la potest di autoorganizzazione di regioni ed autonomie; sembra in realt trattarsi di una situazione in cui sussiste una concorrenza fra interessi in qualche misura contrastanti che la Carta costituzionale mira contemperare con una soluzione che consente, per quanto possibile, il minor sacrificio possibile ad entrambi gli interessi. In effetti la disposizione si pone come un vero e proprio temperamento del principio di autoorganizzazione a tutela di altri principi espressamente o implicitamente costituzionali, quali il buon andamento dellazione amministrativa e la leale collaborazione tra Stato, regioni ed enti locali. Peraltro le considerazioni sopra esposte, e lo stesso dictum della Corte, non appaiono del tutto sufficienti a chiarire la portata della disposizione in esame, pur se la citata sentenza costituisce una chiara e forte indicazione, poich va approfondito ulteriormente, nel solco tracciato dalla sentenza, lambito su cui le regole tecniche dettate dallo Stato possono incidere, senza ledere le autonomie. In questo senso appare necessario svolgere talune considerazioni circa il valore da attribuire allespressione coordinamento informatico dei dati, poich uninterpretazione restrittiva rischierebbe di vanificare o, quanto meno, di ridurre grandemente la portata della norma. Il coordinamento informatico dei dati non pu essere inteso con riferimento alla mera trasmissione dei dati medesimi; infatti, la possibilit di una effettiva collaborazione tra diversi soggetti mediante luso delle nuove tecnologie richiede soluzioni che garantiscano linteroperabilit e la cooperazione applicativa dei sistemi. In questo quadro evidente che le regole tecniche non possono incidere solo sulla fase dello scambio di dati, poich lo stesso scambio non sarebbe possibile, oppure non sarebbe possibile un effettivo utilizzo dei dati scambiati, se a monte non vi fosse ladozione di sistemi compatibili ed in grado di cooperare. Poich molteplici possono essere le soluzioni tecniche adottabili, saggiamente il legislatore costituzionale ha ritenuto di individuare un unico soggetto (che, ovviamente non poteva essere che lo Stato) abilitato a dettare gli standard, vincolanti per tutti, da adottare per assicurare lobiettivo della pi ampia ed efficiente collaborazione mediante luso dellinformatica e della telematica tra i diversi livelli istituzionali. Dunque il disposto della lettera r) in esame va inteso in senso puntuale LegISLAzIone eD AttUALIt per quanto riguarda la natura delle norme che lo Stato chiamato ad adottare (norme tecniche), ma in termine elastici e comprensivi per quanto concerne lambito che tali disposizioni tecniche possono riguardare, che potrebbero toccare anche aree non strettamente riconducibili a quelle individuate dalla sentenza della Corte costituzionale con riferimento al caso di specie, cio la qualit dei servizi e la razionalizzazione della spesa. Proprio tenendo presenti i principi test descritti il CAD ha distinto in modo puntuale lapplicabilit delle proprie disposizioni in relazione al contenuto delle medesime: lart. 2 (Finalit ed ambito di applicazione) nel comma 2 precisa che le singole norme si applicano a tutte le PP.AA. salvo che sia diversamente stabilito e comunque nel rispetto della loro autonomia organizzativa e del riparto di competenze di cui allart. 117 della Costituzione. ovviamente nel corpo del codice si espressamente prevista linapplicabilit di singole disposizioni qualora le medesime incidano sullautonomia organizzativa di regioni ed autonomie. Il testo del CAD, sul punto, stato ritenuto conforme alla Costituzione da tutti gli organi chiamati ad esprimersi nel corso delliter di approvazione del decreto legislativo, ivi compresa la Conferenza unificata per i rapporti fra Stato, regioni ed autonomie. va peraltro ancora sottolineato il principio contenuto nella lettera m) del secondo comma dellart. 117: lo Stato pu determinare per legge i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire sul- lintero territorio nazionale; fra le prestazioni rientrano certamente i servizi che le diverse pubbliche amministrazioni forniscono ai cittadini ed alle imprese ed evidente che lerogazione di un servizio tramite le tecnologie dellinformazione e della comunicazione costituisce oggi una modalit di essenziale rilievo, in difetto della quale la stessa prestazione, talvolta, ad essere resa difficile se non impossibile. In un certo senso lutilizzo stesso delle nuove tecnologie nei rapporti tra cittadini e Pubbliche Amministrazioni costituisce, in s, un servizio, un valore fondante sul piano dellefficienza dei servizi spettanti agli amministrati; dal lato degli utenti, poi, va ricordato il principio della parit di accesso agli strumenti informatici e dunque anche ai servizi resi per via telematica in applicazione del principio di cui allarticolo 3 della Costituzione ed in particolare dellobbligo, da parte della repubblica, di rimozione degli ostacoli alla libert delluguaglianza, allo sviluppo della persona umana ed alla effettiva partecipazione. Proprio sullaffermazione di tali principi peraltro basata la gi ricordata legge 9 gennaio 2004, n. 4, volta a favorire laccesso dei disabili agli strumenti informatici che nel CAD richiamata sia nelle premesse sia in singoli articoli (cfr. art. 17, comma 1, lett. d)). 3. I principali criteri ispiratori del CAD. In questo quadro costituzionale, dunque, si proceduto alla redazione del rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 CAD e alle successive riforme, effettuando, ovviamente, una serie complessa di scelte sia per quanto riguarda gli oggetti da disciplinare, sia per quanto riguarda le soluzioni da adottare. In effetti varie opzioni politiche sono poste a base del testo: se ne segnalano alcune fra le pi significative. Innanzi tutto il Codice afferma per la prima volta in modo esplicito ed organico, come gi segnalato, lidea che le moderne tecnologie dellinformazione e della comunicazione costituiscono, oggi, lo strumento pi idoneo a garantire lefficienza e leconomicit dellazione amministrativa (e dunque in tal senso va applicato larticolo 97 Cost.); poi, la necessit di sviluppare il processo di digitalizzazione secondo una strategia organica e complessiva; in terzo luogo la necessit di promuovere la massima interazione fra i vari livelli istituzionali, secondo i canoni della leale collaborazione e con lobiettivo di una cooperazione efficiente. ed ancora fra i criteri ispiratori del Codice si segnalano i seguenti: la necessit di incidere profondamente sul back office delle PP.AA., rideterminando strutture e procedimenti alla stregua delle possibilit operative offerte dalle nuove tecnologie; linvestimento nella formazione alluso dellI.C.t., e ci sia rispetto ai pubblici dipendenti sia rispetto ai cittadini, con limpegno ad affrontare il problema della prevenzione e superamento del digital divide; lidea di una P.A. amica ed efficiente, realmente al servizio, attraverso lo strumento tecnologico, degli utenti cittadini ed imprese; lelevazione a vero e proprio diritto, azionabile in giudizio, dellinteresse di questi ultimi ad ottenere luso delle nuove tecnologie da parte della P.A. in determinate circostanze; luso delle medesime tecnologie per garantire la trasparenza dellazione amministrativa; la neutralit tecnologica della legge, che rimette alla valutazione puntuale e concreta delle PP.AA. la scelta delle soluzioni tecniche da adottare. Molti altri sono i principi esplicitati o sottesi al CAD, ma gi questi possono fornire un quadro della complessit ed articolazione delle scelte effettuate. Allinterno del quadro complessivo disegnato dal CAD poi opportuno porre fin dora un particolare accento su alcuni specifici aspetti concernenti in modo pi puntuale lorganizzazione e lo svolgimento dellattivit amministrativa che appaiono particolarmente significativi. Per quanto concerne il c.d. front office, cio il momento in cui lamministrazione entra in rapporto con lesterno, innanzi tutto vanno sottolineati gli obiettivi che si tradurranno in benefici immediati per il cittadino e limpresa. Dellargomento si tratter nel fare riferimento ai diritti riconosciuti ai cittadini ed alle imprese: si ricorder qui che essi potranno ottenere dalle PP.AA. i servizi in linea, accessibili in modo semplice e diretto dal computer attraverso la rete: si pensi alla possibilit di prenotare una visita medica, effettuare un pagamento, presentare unistanza o una dichiarazione, richiedere un documento e via dicendo, evitando faticose e costose code nei pubblici uffici, sostituite da operazioni svolte da casa o attraverso dispositivi mobili con un click LegISLAzIone eD AttUALIt e sulla base di procedure semplici e comprensibili. gli utenti che lo vorranno potranno poi chiedere di esercitare il proprio diritto di partecipare ai procedimenti amministrativi che li riguardano attraverso la rete: essi verranno cos avvertiti dellavvio del procedimento e potranno esercitare laccesso e conferire documenti (diritti previsti dalla legge 241 del 1990), per via telematica. va poi ricordata la messa a disposizione del pubblico del patrimonio informativo della P.A., salve, ovviamente, le esigenze di riservatezza: il CAD, infatti, prevedeva fin dalla prima stesura che tutte le Amministrazioni si dotassero di siti web, accessibili liberamente, contenenti una serie di informazioni utili, ad esempio sullorganizzazione della stessa P.A. e sulla sua attivit, ovvero le norme principali che la riguardano e molti altri dati di generale interesse; la disposizione, contenuta originariamente in un solo articolo, ha assunto rilevanza tale da essere sostituita da apposito e articolato decreto delegato, il gi citato d.lgs. 33/2013. Anche per le imprese il beneficio ottenuto dallattuazione del codice notevole: infatti ormai esse hanno la possibilit di svolgere tutti i propri adempimenti on-line, e possono, inoltre, beneficiare di un vero e proprio sistema informatico destinato a fornire servizi. Sono stati poi introdotti, fin dal primo testo, anche i concetti di qualit dei servizi resi e di soddisfazione dellutenza (art. 7): le pubbliche amministrazioni centrali provvedono alla riorganizzazione ed aggiornamento dei servizi resi; a tal fine sviluppano luso delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione, sulla base di una preventiva analisi delle reali esigenze dei cittadini e delle imprese, anche utilizzando strumenti per la valutazione del grado di soddisfazione degli utenti. Infatti, come gi segnalato, lidea alla base del CAD quella dellamministrazione come soggetto che rende efficienti servizi al cittadino, in modo da soddisfare lutente; proprio a tal fine, sono stati introdotti meccanismi di acquisizione di notizie e di valutazioni sul grado di soddisfazione delle utenze. Ma anche per il back office, cio per lorganizzazione interna delle PP.AA., sono state introdotte grandi innovazioni; esse devono organizzare il proprio lavoro, infatti, sulla base dellutilizzo di atti e provvedimenti digitali e di fascicoli virtuali che raccolgono i documenti informatici; la corrispondenza va scambiata esclusivamente attraverso la posta elettronica e la conservazione documentale avviene in modalit digitale, il tutto con evidenti e grandissimi vantaggi di efficienza, rapidit ed economicit. Dunque lobiettivo del CAD, cio una Pubblica Amministrazione efficiente e trasparente, stato perseguito con una serie di misure normative complessa ed articolata; ma chiaro che per il successo delloperazione le norme devono essere tradotte in realt e non pu nascondersi il fatto che, a oltre 12 anni dallentrata in vigore del CAD, accanto a numerose concrete realizzazioni delle norme ivi previste, alcuni aspetti sono ancora parzialmente irrealizzati. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 I dinieghi grossolani per laccesso ai documenti amministrativi: esperienze applicative nellepoca della trasparenza La libert pu esistere solo laddove cՏ conoscenza. Senza lapprendimento, gli uomini sono incapaci di conoscere i loro diritti, e dove lapprendimento limitato a poche persone, la libert non pu essere n eguale n universale. Benjamin rush Fabio Ratto Trabucco* SoMMARIo: 1. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi fra dinieghi grossolani e pretestuosi - 2. Lepoca della trasparenza fra informazioni al consumatore, diritto di accesso documentale e civico nonch mancata responsabilit del pubblico dipendente per diniego abnorme. 1. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi fra dinieghi grossolani e pretestuosi. Il diritto di accesso agli atti amministrativi costituisce una vera e propria conquista riconosciuta al cittadino in funzione dei rapporti con lo Stato e la pubblica amministrazione generalmente intesa onde garantire in particolare la trasparenza di questultima. In Italia notoriamente stato introdotto, per la prima volta nellordinamento giuridico italiano, dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, vigente dal 2 settembre 1990. La disciplina e la sua effettiva implementazione stata stabilita da apposito regolamento per laccesso, dapprima il d.P.r. 27 giugno 1992, n. 352, vigente dal 13 agosto 1992 quale data che ha segnato la formale e storica entrata in vigore della normativa in materia daccesso agli atti in favore dellutente: regolamento poi successivamente abrogato e sostituito dal d.P.r. 12 aprile 2006, n. 184. tecnicamente, il diritto di accesso documentale (1), in Italia, sempre (*) Professore a contratto, Universit di venezia - Ist. diritto pubblico. (1) In tema daccesso documentale, senza pretesa desaustivit, cfr.: A. gIreLLA, F. gIreLLA, Laccesso ai documenti amministrativi nel comparto sicurezza, orvieto, Intermedia, 2017; g. BAUSILIo, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi: profili giurisprudenziali, vicalvi, Key, 2016; J. SChwArze, Access to documents under European Union law, in rivista italiana di diritto pubblico comunitario , 2015, 2, 335-344; L. CALIFAno, C. CoLAPIetro, Le nuove frontiere della trasparenza nella dimensione costituzionale, napoli, editoriale Scientifica, 2014; D. gIAnnInI, Laccesso ai documenti, Milano, giuffr, 2013; C. CoLAPIetro (cur.), Il diritto di accesso e la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi a ventanni dalla legge n. 241 del 1990, napoli, editoriale Scientifica, 2012; P. BUrLA, g. FrACCAStoro, Il diritto di accesso ai documenti della pubblica amministrazione, roma, Laurus, 2006; r. ProIettI, Laccesso ai documenti amministrativi, Milano, giuffr, 2004. LegISLAzIone eD AttUALIt stato legato al possesso di una situazione legittimante (che, nel testo originario della L. 241/1990 estrinsecato con il possesso di una situazione giuridicamente rilevante) e va tenuto nettamente distinto dal cd. diritto di accesso civico (2), pi recentemente previsto dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (successivamente modificato dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, noto come il Freedom of Information Act, FoA, italiano in rapporto allomologa legge statunitense del 4 luglio 1966), che ha inteso assicurare a tutti i cittadini la pi ampia accessibilit alle informazioni concernenti lorganizzazione e lattivit delle amministrazioni pubbliche (3). Appare evidente che nel panorama giuridico italiano il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce un punto fermo per il cittadino e lutente, generalmente inteso, nei rapporti con la pubblica amministrazione che sՏ per formalmente realizzato a distanza di oltre quarantanni dal varo della Costituzione repubblicana. Infatti, il diritto di accesso, per espressa previsione del legislatore, costituisce uno strumento messo a disposizione dei cittadini per conoscere i documenti formati o comunque in possesso di una pubblica amministrazione, in una logica di sistema complessiva e preordinata al perseguimento di una maggiore trasparenza dellagire amministrativo. Indi, dopo decenni di attivit amministrativa pubblica connotata basica- mente dai principi della segretezza e della non ostensione degli atti al soggetto interessato, e dopo i dovuti tempi di attuazione della norma primaria, occorre attendere lagosto del 1992 affinch tale diritto entri finalmente nelle mani dei soggetti passivi dellamministrazione pubblica impersonata da suoi burocrati e travet vari, pi o meno efficienti e preparati in punto daccesso agli atti. non a caso, sar lattivit, tanto perseverante quanto inesorabile, della sapiente giurisprudenza amministrativa a plasmare e sancire definitivamente tale fondamentale diritto del cittadino unitamente allazione della Commissione per laccesso ai documenti amministrativi (CADA) costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Difensori civici regionali nonch locali sino alla loro soppressione avvenuta a fine 2011. (2) In materia daccesso civico, cfr.: C. De BeneDettI, Diritto di accesso agli atti ex lege 241/90 e nuovo accesso civico generalizzato ex d.lgs. 97/16: qualche criticit nella sovrapposizione dei procedimenti, in giustAmm.it, 2017, 9, 1-22; M. LUCCA, Il diritto di accesso civico, generalizzato e documentale alla luce delle Linee guida ANAC n. 1309/2016, in Comuni dItalia, 2017, 1-3, 26-40; C. CoLAPIetro, La terza generazione della trasparenza amministrativa dallaccesso documentale all'accesso generalizzato, passando per l'accesso civico, napoli, editoriale Scientifica, 2016; M. DArIenzo, Diritto alla trasparenza e tutela dei dati personali nel d.lgs. n. 33/2013, con particolare riferimento alla disciplina dellaccesso civico, in Diritto e processo amministrativo, 2015, 1, 123-164; M.r. SPASIAno, Riflessioni in tema di trasparenza anche alla luce del diritto di accesso civico, in nuove autonomie, 2015, 1, 63-79; v. torAno, Il diritto di accesso civico come azione popolare, in Diritto amministrativo, 2013, 4, 789-840. (3) Cfr. M. LUnArDeLLI, The reform of legislative Decree n. 33/2013 in Italy: a double track for transparency, Journal of Public Law, 2017, 1, 1-46. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 Alla soglia del trentennio dalla legge sul procedimento amministrativo, il diritto di accesso costituisce un cardine ineludibile dellordinamento amministrativo italiano, per quanto ancora non difettano contenziosi in materia, a fronte di peculiari atti assoggettati allostensione ovvero stante la presenza di interpretazioni restrittive ovvero pretestuose da parte di alcuni uffici pubblici e dei relativi funzionari che li impersonano. Particolarmente in questa sintende esaminare sino a che punto, nelle casistiche concrete, il diniego daccesso ai documenti amministrativi stato oggetto di dinieghi strumentali, pretestuosi, inconferenti e quindi con motivazioni manifestamente illegittime da parte delle pubbliche amministrazioni al fine dellostensione del documento richiesto. Anzitutto, rileva lipotesi in cui lente di turno eccepisca un aggravio del- lattivit dufficio in forza del ricevimento distanze daccesso onerose in termini di tempo e risorse per la loro gestione e cos opponendo un diniego, anche per ragioni economiche. Per converso, lipotesi che listanza daccesso possa essere insinuata a meri scopi emulativi e quindi financo essere potenziale causa di responsabilit erariale per listante, di talch tale motivazione possa essere sussunta dallamministrazione onde non corrispondere allistanza daccesso. tuttavia, e condivisibilmente, la giurisprudenza apparsa ferma nel valutare come lesistenza di situazioni idonee ad escludere il rilascio di copie di un atto va valutata con particolare severit, evitando di mettere, a fondamento di un sostanziale diniego dellaccesso, dei meri profili di sostenibilit economica dei costi relativi; costi che peraltro sono comunque riversati sul soggetto richiedente, giusta lart. 25, primo comma, della legge n. 241/1990 (4). Indi, evidente che i limiti organizzativi e di struttura non sono da considerare limiti oggettivi allostensione come nel caso di accesso di soggetto privato ad elaborati grafici di dimensioni tali non fotocopiabili dallente con mezzi propri. Similmente, non pu costituire valida ragione di diniego, lasserita sussistenza di una pratica e obiettiva impossibilit di eseguire materialmente tale incombenza, essendo lapalissiano obbligo dellamministrazione di dotarsi di un apparato burocratico in grado di soddisfare gli adempimenti di propria competenza (5). Cos, per il caso dellaccesso dei consiglieri comunali, gli enti locali, al pari di tutte le restanti pubbliche amministrazioni, sono tenuti a curare tutti gli atti a loro carico e, quindi, a dotarsi degli integrali mezzi (personale, strumentazioni tecniche e materiali vari) necessari allassolvimento dei loro compiti (6). nellambito di amministrazioni locali minori era pure invalsa largomentazione per cui lonere economico da sopportare per lufficio sarebbe ingente (4) Cons. Stato, sez. Iv, 10 aprile 2009, n. 2243. (5) tAr Sardegna, sez. I, 29 aprile 2003, n. 495. (6) Cons. Stato, sez. v, 4 maggio 2004, n. 2716. LegISLAzIone eD AttUALIt con riferimento alla riproduzione di disegni, tavole e progetti, rappresentando, inoltre, il possibile rallentamento delle normali e quotidiane attivit collegato alle difficolt di individuazione di ogni singolo atto e per le ricerche darchivio. Senonch gli uffici comunali non possono opporre il diniego allaccesso neppure con riferimento allimpossibilit di rilasciare leccessiva documentazione richiesta, in forza dellobbligo dellamministrazione di dotarsi di mezzi e risorse in grado di soddisfare gli adempimenti di propria competenza (7). Circa il diniego dellaccesso nella forma della riproduzione fotostatica, in quanto costituirebbe ingiustificato aggravio della normale attivit amministrativa dellufficio, deve ritenersi lillegittimit del diniego medesimo, posto che la notevole mole della documentazione da consegnare pu, nel caso, giustificare il differimento con la distribuzione nel tempo del rilascio delle copie richieste (8). Inoltre, qualora lostensione degli atti della richiesta daccesso possa essere di una certa gravosit, potrebbe la stessa essere resa secondo i tempi necessari per non determinare interruzione alle altre attivit comunali di tipo corrente. In questo processo applicativo risultato illegittimo il provvedimento con il quale stato negato di ottenere lelenco delle concessioni edilizie rilasciate nellambito di un ampio lasso di tempo pluriennale (nella specie: dal giugno 2002 al settembre 2005), nonch lelenco delle opere pubbliche appaltate nello stesso periodo. Linterruzione dellattivit degli uffici pu pertanto rappresentare una motivazione valida per differire il rilascio di copia ad un momento successivo, ma non certo per opporre il diniego allaccesso (9). Infine, stato chiarito che leventuale rilevante numero di richieste di accesso avanzate dai consiglieri locali nei confronti dellente di appartenenza non pu costituire un legittimo limite o peggio ancora un impedimento allesercizio del diritto di accesso, fermo restando soltanto la necessit di contemperare nel modo pi ragionevole e adeguato possibile dette richieste, finalizzate allespletamento del mandato politico, con le esigenze di funzionamento degli uffici (10). tuttavia, il diniego grossolano ovvero pretestuoso allaccesso documentale ordinario devessere tenuto nettamente distinto dal caso in cui sia adottato un provvedimento con il quale lente adito ha espresso un formale diniego in merito ad unistanza di accesso civico generalizzato, ai sensi dellart. 5, secondo comma, d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, avente ad oggetto tutte le determinazioni dirigenziali, con relativi allegati, adottate dai responsabili dei servizi in un certo anno. trattasi, infatti, per come propo (7) tAr emilia-romagna, Bologna, sez. II, 29 gennaio 2004, n. 140. (8) tAr Sardegna, sez. II, 12 gennaio 2007, n. 29. (9) Cons. Stato, sez. Iv, 21 agosto 2006, n. 4855. (10) Cons. Stato, sez. v, 17 settembre 2010, n. 6963. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 sta, di una richiesta indiscriminata, sovrabbondante, massiva, pervasiva ed in ultima analisi contraria alla buona fede insita nellistituto dellaccesso generalizzato e configurante una vera e propria ipotesi dabuso del diritto (11). In materia, se stata riconosciuta la vigenza, nel nostro sistema, di un generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva, divieto che, ai sensi del- lart. 2, Cost., e dellart. 1175 c.c., permea le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto (12), questo non significa debba comunque sempre valere per il deposito di plurime e defatiganti istanze daccesso. Infatti, gli elementi costitutivi dellabuso del diritto, ricostruiti attraverso lapporto dottrinario e giurisprudenziale (13), sono i seguenti: 1) la titolarit di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilit che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralit di modalit non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalit censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalit di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui soggetta la controparte. Del resto la presenza di una potenziale attivit dallesclusivo sapore emulativo e di controllo generalizzato, in quanto tale non permessa dallordinamento, onde recare molestia e intralcio al funzionamento degli uffici pubblici con luso spropositato e dispendioso delle risorse umane e strumentali, costituisce una remotissima ipotesi che allorquando effettiva farebbe sorgere lobbligo di denuncia al Procuratore regionale della Corte dei conti, che lorgano pubblico al quale lordinamento affida poteri istruttori per laccertamento dei fatti causativi di danno patrimoniale alla pubblica amministrazione ad opera di dipendenti od amministratori pubblici ai fini delleventuale esercizio del- lazione di responsabilit amministrativa (14). e qui va rammentato che per danno patrimoniale in senso giuscontabile deve intendersi non una qualsiasi diminuzione del patrimonio dellente, ma un evento economicamente lesivo che si riveli oggettivamente ingiusto per lamministrazione. Cos, il danno ingiusto potrebbe essere un costo che per un verso risulti oggettivamente privo, in tutto o in parte, di corrispondente utilit per lente o per la collettivit amministrata e per altro verso si ponga in (11) tAr Lombardia, Milano, sez. III, 11 ottobre 2017, n. 1951. (12) Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3 e Cass. civ., sez. un., 15 novembre 2007, n. 23726. (13) Cass., sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106, in materia di esercizio abusivo del diritto di recesso ad nutum e Cons. Stato, sez. v, 7 febbraio 2012, n. 656. (14) Cfr. r.M. MerLo De FornASArI, La richiesta di accesso agli atti non si atteggia a ispezione popolare e non funzionalizzata a verificare in proprio la regolarit dell'attivit di controllo effettuata dalla P.A., in nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 2009, 10, 1296-1300. LegISLAzIone eD AttUALIt relazione causale con una condotta antigiuridica (violazione dolosa o gravemente colposa di doveri di servizio). La latitudine del diritto di accesso ai documenti amministrativi induce a far basicamente presumere che la richiesta di atti sia effettivamente strumentale ad una finalit che sovente coincide con la tutela delle proprie posizioni soggettive, anche in sede giurisdizionale. Una tale presunzione potrebbe essere vinta solamente da prove certe in senso contrario: una situazione di danno patrimoniale ingiusto potrebbe, cio, sussistere ove risultasse effettivamente dimostrato che il diritto pretensivo dellaccedente sia stato esercitato o consentito in modo non corretto in contrasto con la finalit della legge, cos che i documenti acquisiti in copia non sono risultati utili n per le addotte situazioni giuridiche soggettive, n per le finalit di queste. non sembra potersi dubitare, infatti, che la questione, in quanto involge un problema di costi a carico della finanza pubblica ed in quanto tende ad acclarare se tali costi rappresentino o meno un danno patrimoniale per lente, sia concettualmente inquadrabile nelle materie di contabilit pubblica. Questa notoriamente intesa come un complesso sistema di norme e di principi che presiede alla gestione finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli altri enti pubblici e che destinato a regolare in particolare i rapporti relativi alla gestione delle entrate e del pubblico denaro, traendo fondamento da precetti di ordine costituzionale (15). Daltronde, come obliterare che in sede di giurisdizione contabile stata affermata la responsabilit del capo di unamministrazione locale per lillegittimo diniego opposto alla richiesta di accesso, dal quale era derivata condanna del Comune al pagamento delle spese di giudizio (16), a dimostrazione di come non vi sia spazio per pretestuosi dinieghi daccesso da parte dellapatico ed indolente funzionario pubblico. e se questi sono gli indirizzi maturati nella giurisprudenza, appare estremamente arduo ipotizzare danni di natura patrimoniale in relazione ai costi che gravano sullamministrazione per lestrazione di copie di atti effettuata a richiesta di un accedente per finalit difensive. 2. Lepoca della trasparenza fra informazioni al consumatore, diritto di accesso documentale e civico nonch mancata responsabilit del pubblico dipendente per diniego abnorme. Il periodo storico nel quale viviamo, indicato sovente come unautentica era della trasparenza, sta ad indicare come lesigenza di trasparenza permea non soltanto la relazione fra gli amministrati ed i titolari di pubblici poteri, (15) Corte conti, sez. I, 13 maggio 1987, n. 91; Cass. civ., sez. un., 2 marzo 1982, n. 1282. (16) Corte conti, sez. giur. Umbria, 5 giugno 1997, n. 284. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 nella delicata contrapposizione autorit/libert, allinterno dello Stato democratico, ma si estende ai rapporti di diritto privato, finendo con linvestire tutte le relazioni caratterizzate da asimmetria informativa. In definitiva, allinterno di tutti gli ambiti delle relazioni, di diritto amministrativo o di diritto privato, lordinamento democratico - sotto la spinta, anche delle indicazioni che provengono dallUnione europea - ritiene di dover apporre un limite al potere di sfruttamento del vantaggio informativo di una delle parti del rapporto, ponendo lobbligo di rendere edotta la parte pi debole del rapporto delle circostanze da lui sconosciute. Senza volere approfondire in questa sede il discorso relativo a nozioni ed istituti privatistici, ci si limiter a ricordare il Codice del consumatore di cui al d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ed i principi di trasparenza da esso enucleabili. non si pu, infatti, prescindere di annotare che - pi ancora che a valori immanenti reperiti direttamente e immediatamente dalla Carta costituzionale -la spinta dellordinamento interno verso una crescente applicazione di criteri, metodi e strumenti intesi a realizzare la trasparenza nella e delle pubbliche amministrazioni, sia venuta dallaspirazione di governance partecipata e trasparente che sՏ imposta per il tramite dellappartenenza allUnione europea. Leuropa era partita ponendo la propria attenzione al tema della disuguaglianza nelle informazioni e la spinta iniziale stata (probabilmente, come per la generalit delle iniziative assunte dalla Comunit agli albori della sua istituzione) funzionale allefficienza delleconomia di mercato. tale impressione sembra trovare conferma nella crescente attenzione che, dagli anni ottanta del secolo scorso, stata posta allesigenza di tutela del contraente pi debole, in quanto disinformato, per ci che concerne le relazioni di diritto comune, sulla base di un obiettivo trainante di tutela del consumatore al quale devono essere rese quante pi informazioni possibili dalla controparte (generalmente, un imprenditore o un commerciante che si trova in posizione privilegiata), e nel proliferare, a partire da tale data, di normative interne indirizzate appunto ad eliminare o attenuare i disequilibri nellambito delle informazioni negoziali. Il passaggio ulteriore verso una differente funzionalizzazione della tutela coevo allidea di trasparenza delle e nelle istituzioni comunitarie e nazionali, che si rinviene nel trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, in cui vengono enunciati sia il tema della trasparenza, con un primo richiamo ufficiale nel senso della predisposizione di misure intese ad accrescere la possibilit per il pubblico di accedere alle informazioni di cui le istituzioni dispongono, sia quello della tutela del consumatore (artt. 153 e 255). In materia basti evocare il nodo delle informazioni sugli alimenti ai consumatori in base al quale lindicazione del Paese dorigine o del luogo di provenienza delle materie prime dovrebbe essere fornita in modo da non trarre in inganno il consumatore affinch comprenda meglio le informazioni relative. LegISLAzIone eD AttUALIt Da ultimo, nel febbraio 2018, stato il caso dei decreti che impongono lindicazione dellorigine del grano duro e della semola (17) nonch del riso (18), come gi accaduto per il latte e i prodotti lattiero-caseari dallaprile 2017 (19), sulla scia danaloghe normative adottate in Francia pur molto discutibilmente criticate in quanto lobbligo della menzione dorigine contribuirebbe alla frammentazione del mercato interno dellUnione europea (20). Del resto, e non a caso, la giustizia amministrativa ha avuto gioco facile a rigettare la richiesta di sospensione dellefficacia del decreto insinuata dalle lobbies del grano e suoi lavorati, laddove il tAr del Lazio ha ritenuto prevalente linteresse pubblico volto a tutelare linformazione dei consumatori, considerato anche e soprattutto lesito di una consultazione pubblica ad hoc condotta on line, a cui hanno partecipato circa 26 mila utenti, sullimportanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese dorigine e/o del luogo di provenienza dellalimento e dellingrediente primario (21). orbene, tali consultazioni pubbliche in materia dinformazioni relative ai prodotti alimentari sono state espressamente previste dalla normativa primaria italiana sin dal giugno 2014 onde valutare quanto sia percepita come significativa lindicazione relativa al luogo di origine o di provenienza dei prodotti alimentari e della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o nella produzione degli stessi e quando lomissione delle medesime indicazioni sia ritenuta ingannevole (22). Infatti, la latitanza in materia della Commissione europea che non ha ancora adottato gli atti esecutivi per i ridetti obblighi dinformazione al consumatore, ai sensi dellart. 26, par. 8, del regolamento n. 1169/2011, non preclude allo Stato membro di dettare, nelle more, una disciplina nazionale (23), corredata -come nel caso -dalla clausola di cedevolezza (art. 7, secondo comma, decreti citati). traguardando il punto delle informazioni al consumatore, lidea di una (17) Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 26 luglio 2017, recante: Indicazione dellorigine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro, con obbligo vigente dal 17 febbraio 2018. (18) Decreto del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 26 luglio 2017, recante Indicazione dellorigine in etichetta del riso, con obbligo vigente dal 17 febbraio 2018. (19) Decreto del Ministero Delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 9 dicembre 2016, recante Indicazione dellorigine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (Ue) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, con obbligo vigente dal 19 aprile 2017. (20) Cfr. L.g. vAQU, Lindicazione dorigine dei prodotti alimentari: una rivoluzione francese neo-protezionista?, in Il Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2016, 4, 629-639. (21) ord. tAr Lazio, roma, sez. II-ter, 22 novembre 2017, n. 6194. (22) Art. 4, comma 4-bis, l. 3 febbraio 2011, n. 4, quale introdotto dallart. 3, terzo comma, lett. b), d.l. 24 giugno 2014, n. 91, conv., con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 116, recante interventi per il sostegno del Made in Italy. (23) Cfr. C. tALLIA, L. FornABAIo, The new decrees regarding mandatory origin labelling in France and Italy: some guidelines, in Diritto agroalimentare, 2017, 1, 109-123. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 rilevanza ordinamentale della trasparenza amministrativa collegata alla prima introduzione di una legge generale del procedimento amministrativo, espressa da ultimo dal Consiglio di Stato, deve essere per condivisa, tenendo nel debito conto che categorie e concetti giuridici sono destinati ad evolversi e ci tanto pi rapidamente quanto pi premono in questo senso le relazioni esterne ed i processi di globalizzazione. LItalia istituzionalmente astretta dai vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, primo comma, Cost.), e ci assume particolare rilievo nel contesto in esame. pi che evidente, infatti, che levoluzione interna dellideale di trasparenza andato incrementandosi di valori e convincimenti provenienti dagli uni e dagli altri, cos come la penetrazione, nellordinamento italiano di istituti propri degli ordinamenti di common law, e cos di provenienza anglosassone listituto del cd. accesso civico, di recente introduzione nel nostro ordinamento. Mentre di matrice statunitense il gi citato Freedom of Information Act (FoA) del 1966, che attiene alla pubblicazione di atti dellesecutivo federale nordamericano. La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ha anche determinato lintroduzione dellistituto del cd. accesso civico, anticipatamente, nella materia ambientale. Al riguardo va sottolineata la particolare pertinenza dellaccesso civico con la cd. freedom of information. Listituto ha, infatti, permesso, il passaggio da un regime fondato sullaccesso dei soggetti legittimati e sullobbligo di pubblicazione ad un regime nuovo, che consente a chiunque la piena conoscenza degli atti amministrativi (cd. full disclosure) (24). Con il d.lgs. n. 33/2013, il legislatore ha inteso procedere al riordino della disciplina volta ad assicurare a tutti i cittadini la pi ampia accessibilit alle informazioni, concernenti lorganizzazione e lattivit delle pubbliche amministrazioni, al fine di attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialit, buon andamento, responsabilit, efficacia ed efficienza nellutilizzo di risorse pubbliche, nonch per la realizzazione di unamministrazione aperta, al servizio del cittadino. La normativa riveste dichiarate finalit di contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione ed intende anche attuare la funzione di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dellamministrazione statale, regionale e locale, di cui allart. 117, secondo comma, lettera r), Cost. (25). tali finalit vengono perseguite per il tramite della pubblicazione obbligatoria di una serie di documenti nei siti istituzionali delle amministrazioni, con diritto di chiunque di accedere a tali siti direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione. In caso omessa pubblicazione pu es (24) Cfr. A. SIMonAtI, Laccesso civico come strumento di trasparenza amministrativa: luci, ombre e prospettive future (anche per gli Enti locali), in Istituzioni del federalismo, 2016, 3, 725-752. (25) Cons. Stato, sez. vI, 20 novembre 2013, n. 5515. LegISLAzIone eD AttUALIt sere esercitato, ai sensi dellart. 5, d.lgs. 33/2013, il cd. accesso civico, consistente in una richiesta -che non deve essere motivata -di effettuare tale adempimento, mentre il d.lgs. 97/2016 pervenuto a prevedere laccesso civico generalizzato a prescindere dagli obblighi di pubblicazione (26). Laccesso ai documenti amministrativi, disciplinato dagli artt. 22 e ss. della l. 241/1990, riferito, invece, al diritto degli interessati - che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale chiesto laccesso - di prendere visione ed estrarre copia di documenti. In funzione di tale interesse la domanda di accesso deve essere opportunamente motivata. In definitiva, pu concludersi che il cd. accesso civico sia incompatibile con laccesso della l. 241/1990, trovandosi i due istituti in un rapporto di reciproca esclusione. Cos, ove cՏ laccesso civico, ex d.lgs. 33/2013, non cՏ laccesso ordinario, ex l. 241/1990, in quanto questultimo istituto presuppone che latto non debba essere sottoposto agli obblighi di pubblicazione di cui al regime della trasparenza (27). Quanto sopra sufficiente per argomentare che si tratta di una stagione di grande fermento normativo nellordinamento italiano, tale per cui gi lintroduzione generalizzata del diritto di accesso con la l. 241/1990 sul procedimento amministrativo fu percepita come una profonda innovazione, ancorch non mancassero leggi che, in determinati settori, prevedevano gi laccesso ad atti amministrativi (come lart. 25, primo comma, l. 27 dicembre 1985, n. 816, che riconosceva il diritto di tutti i cittadini a prendere visione dei provvedimenti degli enti locali, rinviando alle singole amministrazioni di stabilire, con proprio regolamento, la disciplina dellesercizio di tale diritto). Si trattato di una prima tappa verso unevoluzione sempre pi incisiva di un ordinamento contrassegnato, in passato, da unimpostazione prevalentemente imperniata sulla regola della segretezza. oggi, al contrario, la trasparenza costituisce, nellordinamento italiano, uno dei criteri fondamentali che -come detto -devono permeare lattivit amministrativa. Secondo il parere del Consiglio di Stato, sez. cons. atti normativi, 18 febbraio 2016 (28), il disegno, che, in sede legislativa, prende le mosse, dalla ri (26) Cfr. M. ALBAn, Disciplina dellaccesso civico e generalizzato, in Comuni dItalia, 2017, 1-3, 77-90; e. FUrIoSI, Laccesso civico generalizzato, alla luce delle Linee Guida ANAC, in giustAmm. it, 2017, 4, 1-21. (27) Cfr.: M. AvvISAtI, Accesso procedimentale versus accesso civico nel dialogo fra le fonti: il caso FoIA, in osservatorio sulle fonti, 2017, 2, 1-13; M. BInDA, Accesso civico e accesso disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, in temi romana, 2014, 4, 47-56. (28) Parere sullo schema di decreto legislativo recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicit e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190, e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dellarticolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 forma del 2005 della legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/1990, , invero, omnicomprensivo: investe gli ambiti delle relazioni amministrazione/ amministrati, in tutte le sue sfaccettature, e tende ad assicurare conoscenza e partecipazione ad interessi individuali e collettivi di natura, dimensioni e portata sempre pi vasta. La trasparenza, non soltanto dei processi decisionali in senso proprio, ma, in linea generale, di tutti gli aspetti della gestione del bene pubblico (anche dunque con riferimento allattivit posta in essere da soggetti privati e nelle forme tipiche dellattivit privatistica) viene vista come lo strumento essenziale per il rafforzamento della democrazia partecipativa. La trasparenza un valore chiave essenziale per coniugare garanzia ed efficienza nello svolgimento dellazione amministrativa, un valore immanente allordinamento, alla stregua di modo dessere tendenziale dellorganizzazione dei pubblici poteri, ovvero, anche parametro cui commisurare lazione delle figure soggettive pubbliche, che consenta di trovare -appunto -il giusto punto di raccordo tra le esigenze di garanzia e defficienza nello svolgimento del- lazione amministrativa. In questottica, il Consiglio di Stato assegna alla trasparenza, la funzione di costituire un punto di confluenza dei principi giuridici, costituzionalmente posti, dellazione amministrativa (dal buon andamento allimparzialit, al rispetto del cd. principio di legalit sostanziale, al metodo di partecipazione democratica), dal quale derivano istituti giuridici, di tipo trasversale, che possono essere considerati come volti a realizzare la trasparenza (si pensi non solo a quelli di cui al presente decreto ma ai molteplici meccanismi partecipativi introdotti o riformati dalla legge n. 124). Sul punto, peraltro, si rinvia a quanto pi volte affermato a riguardo dal Presidente dellAutorit nazionale Anticorruzione (AnAC) nonch al rapporto AnAC-oCSe ad esito dellesperienza delle verifiche sugli appalti di expo Milano 2015 che hanno generato innumerevoli indagini e rinvii a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione di politici, funzionari pubblici ed imprenditori. In conclusione, anche le letture ermeneutiche pi ampie della giurisprudenza, come nel caso esaminato, trovano la loro ragion dessere, proprio in questo generale mutato assetto (voluto anche dal legislatore), in cui riconosciuta agli interessati la possibilit di conoscere appieno anche i percorsi attraverso cui si formata la scelta decisionale dellamministrazione in termini di ampliamento delle dinamiche partecipative e di tutela del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. La glasnost dellamministrazione italiana -per dirla con il termine russo che sin dallottocento indicava la pubblicit delle decisioni giuridiche e poi in voga alla fine degli anni ottanta del secolo scorso per definire le riforme nel senso della trasparenza del socialismo dal volto umano -non lascia LegISLAzIone eD AttUALIt quindi spazio a beceri, patetici e ridicoli dinieghi allaccesso, sistematicamente sconfessati dalla Commissione per laccesso ovvero dal giudice amministrativo. In forza di quanto sopra lauspicio che la Commissione per laccesso ed il giudice amministrativo possano spingersi oltre laccertamento dellillegittimit del diniego di accesso con lesercizio di veri e propri poteri sanzionatori al pari di quanto avviene da parte delle Autorit amministrative indipendenti nei settori di rispettiva competenza. Il riferimento alla previsione della facolt dirrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti delle amministrazioni colpevoli di pretestuosi ed abnormi dinieghi allaccesso pacificamente contrari alla normativa e consolidata giurisprudenza, con relativa obbligatoria segnalazione di danno erariale alla competente Procura regionale della Corte dei conti, affinch siano cos direttamente puniti i dipendenti pubblici responsabili della grave violazione di un diritto soggettivo del cittadino quale costituito dallaccesso ai documenti amministrativi. Parimenti lillegittimo e pretestuoso diniego allostensione di documenti amministrativi, pacificamente esclusi dal novero delle esclusioni, dovrebbe normativamente essere configurato quale violazione dei doveri dufficio, al pari, per esempio, di quanto previsto dallart. 76 del d.P.r. 28 dicembre 2000, n. 445, recante il testo Unico sulla documentazione amministrativa, nel caso della mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni o dellatto di notoriet, basilare fondamento della semplificazione amministrativa nel senso di consentire al cittadino lautodichiarazione in luogo della produzione dei certificati. Per conseguenza ne deriverebbe lineluttabile responsabilit disciplinare del pubblico dipendente colpevole per il mancato adempimento in punto di diritto di accesso ai documenti amministrativi e quindi doverosamente sanzionabile dallente di appartenenza previo procedimento disciplinare gestito dal dirigente responsabile ovvero dallapposito Ufficio Procedimenti Disciplinari costituito presso ogni pubblica amministrazione. Lostensione dei documenti amministrativi costituisce quindi lassoluta regola mentre il diniego deve ritenersi una mera eventuale rara eccezione, per cui il rigetto dovr essere sempre congruamente motivato e non ridursi a mera dichiarazione di stile come avviene da parte di quei pubblici dipendenti che si ergono cos a secretare illegittimamente atti dellamministrazione di appartenenza. trattasi dei moderni censori della pubblica amministrazione. Il risultato impedire la conoscenza di documenti amministrativi allaccedente da cui la finalistica grave lesione del non avere contezza dei propri stessi diritti, come uno dei Padri Costituenti degli U.S.A., Benjamin rush, ben gi aveva annotato a fine Settecento nel suo programma del 1786 per la creazione di scuole pubbliche in Pennsylvania e per sviluppare leducazione in sinergia con il governo repubblicano del nuovo Stato federato, con lacuta affermazione rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 per cui: La libert pu esistere solo laddove cՏ conoscenza. Senza lapprendimento, gli uomini sono incapaci di conoscere i loro diritti, e dove lapprendimento limitato a poche persone, la libert non pu essere n eguale n universale (29). (29) Freedom can exist only in the society of knowledge. without learning, men are incapable of knowing their rights and where learning is confined to a few people, liberty can be neither equal nor universal, in: B. rUSh, Essays, literary, moral and philosophical, Philadelphia, Bradford, 1798, 1, nonch si veda F. rUDoLPh (cur.), Essays on Education in the Early Republic, Cambridge, Belknap, 1965, contenente saggi e scritti pubblicati tra il 1786 e il 1799 da Benjamin rush, noah webster, robert Coram, Simeon Doggett, Samuel harrison Smith, Amable-Louis-rose de Lafitte du Courteil e Samuel Knox, che rappresentano il primo tentativo formale di definire le responsabilit, capacit e prospettive delleducazione americana nel periodo iniziale della storia repubblicana statunitense. LegISLAzIone eD AttUALIt Sullo stato di emergenza del settore sanitario calabrese. Ancora numerose sentenze emesse dal T.A.R. Calabria Daniele Atanasio Sisca* SoMMARIo: 1. Lo stato emergenziale del settore sanitario calabrese. Lattivit giurisdizionale del T.A.R. Calabria -2. Ci sono elementi di novit rispetto agli indirizzi consolidati?! -2.1 Sulla riduzione dei tetti di spesa per lacquisto di prestazioni da soggetti privati accreditati -2.2 Sullapprovazione del nomenclatore tariffario provvisorio regionale delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di laboratorio -2.3. Sulla convenzione stipulata tra il Commissario ad acta e lAgenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Age.na.s.) -4. Conclusioni. 1. Lo stato emergenziale del settore sanitario calabrese. Lattivit giurisdizionale del T.A.R. Calabria. Lo stato emergenziale nel settore sanitario rappresenta una realt per quasi la met delle regioni italiane; ben otto sono infatti sottoposte al Piano di rientro dai disavanzi (1). La gestione commissariale in tale settore rinviene il suo fondamento nel- lart. 120, comma 2, Cost. (2) nonch - per quanto concerne segnatamente il deficit sanitario regionale - nel d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito in l. 29 novembre 2007, n. 222. La Calabria senza dubbio una delle regioni con maggiore deficit nel settore sanitario: risulta infatti sottoposta al Piano di rientro dal 23 dicembre 2009. gli interventi posti in essere dalla struttura commissariale sono svariati; tra i pi significativi figurano ladozione del provvedimento di riassetto della rete ospedaliera, quello di riassetto della rete dellemergenza urgenza e della rete di assistenza territoriale (in coerenza con quanto specificatamente previsto dal Patto per la salute 2014-2016 (3)), la razionalizzazione e il contenimento della (*) Avvocato del libero foro, gi praticante forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Per un maggiore approfondimento sulla natura del Piano di rientro e sulle funzioni del Commissario ad acta, sia consentito rimandare a Mezzotero -SISCA, Il Commissario ad acta per il superamento dellemergenza sanitaria nel territorio della Regione Calabria. Analisi ragionata e sistematica delle tipologie di ricorsi esaminati dal T.A.R. Calabria, in Rass. Avv. Stato n. 1/2017, pp. 191 ss. (2) Ai sensi del quale Il Governo pu sostituirsi a organi delle Regioni, delle Citt metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumit e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unit giuridica o dell'unit economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiariet e del principio di leale collaborazione. (3) ll Patto per la Salute un accordo finanziario e programmatico tra il governo e le regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario nazionale, finalizzato a migliorare la qualit dei servizi, a promuovere lappropriatezza delle prestazioni e a garantire lunitariet del sistema. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 spesa per il personale e per lacquisto di beni e servizi, gli interventi sulla spesa farmaceutica convenzionata ed ospedaliera (al fine di garantire il rispetto dei vigenti tetti di spesa previsti dalla normativa nazionale), la definizione dei contratti con gli erogatori privati accreditati e dei tetti di spesa delle relative prestazioni, il completamento del riassetto della rete laboratoristica e di assistenza specialistica ambulatoriale nonch lattuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali. tali interventi - seppur finalizzati ad una riduzione del deficit nel settore sanitario - hanno tuttavia prodotto una serie di oneri e limitazioni per le strutture che operano in regime di accreditamento con il Sistema Sanitario regionale. Si pensi soprattutto alla riduzione dei tetti di spesa per lacquisto di prestazioni da soggetti privati accreditati, alla riorganizzazione della rete laboratoristica (la quale prevedeva laccorpamento tra i laboratori che non avrebbero raggiunto una soglia minima di prestazioni annue) ovvero -anche se rilevante dal punto di vista collettivo e non dei singoli soggetti accreditati - la riorganizzazione della rete ospedaliera (con la chiusura e/o laccorpamento di presidi ospedalieri presenti sul territorio calabrese). ed proprio per tali ragioni che il t.A.r. Calabria si trovato (e si trova tuttora) a vagliare numerosi ricorsi aventi ad oggetto i provvedimenti attuativi di tali interventi. Le prime pronunce risalgono agli inizi del 2016 ed hanno ad oggetto lapprovazione - da parte della struttura commissariale - dello schema di accordo contrattuale con gli erogatori privati accreditati (4) nonch la determinazione dei tetti di spesa per lacquisto di prestazioni da parte delle medesime strutture (5). Successive pronunce hanno invece ad oggetto provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa sulla base del c.d. criterio storico ed altre ancora la riorganizzazione della rete laboratoristica e ospedaliera pubblica e privata. In maniera pressoch unanime, i ricorrenti lamenta[va]no la limitazione della loro attivit derivante, da un lato, da obblighi contrattuali impartiti - a (4) Si trattava del decreto del Commissario ad acta n. 78/2015, il quale veniva impugnato nella parte in cui prevedeva che sono considerate inammissibili riserve in ordine alla proposta contrattuale cos come formulata dallASP competente per territorio e nella parte in cui stabiliva che in caso di contestazioni manifestate successivamente alla stipula del contratto, sar avviata nei confronti del- lerogatore interessato la procedura di sospensione dellaccreditamento in applicazione dellart. 8, comma 2-quinques, d. lgs. n. 502/1992. Con decreto presidenziale emesso ai sensi dellart. 56 c.p.a., a seguito dei primi ricorsi presentati, il D.C.A. n. 78/2015 il provvedimento veniva sospeso nella parte in cui disponeva linammissibilit di riserve in ordine alla proposta contrattuali formulata dallASP. A seguito di tale sospensione, il Commissario ad acta emanava il D.C.A. n. 92/2015 con cui disponeva la sostituzione dello schema contratto/accordo e lespunzione, nella parte dispositiva del D.C.A. n. 78/2015, dei periodi sopra riportati. (5) I decreti commissariali di interesse sono il n. 80/2015 (inerente le prestazioni di assistenza ospedaliera) e il n. 85 (inerente le prestazioni di assistenza specialistica) in riferimento allanno 2015, mentre, il n. 25 (inerente le prestazioni di assistenza specialistica) e il n. 27 (inerente le prestazioni di assistenza ospedaliera) in riferimento allanno 2016. LegISLAzIone eD AttUALIt loro dire - in maniera irragionevole e arbitraria, dallaltro, dalla riduzione ingiustificata dei tetti di spesa per le prestazioni acquistate dal Sistema Sanitario regionale. Sin da subito il t.A.r. ha cercato di delimitare il campo dazione del Commissario ad acta stabilendo - alla luce dei principi regolanti la normativa sullo stato di emergenza -la tipologia e la portata degli interventi che questultimo avrebbe potuto porre in essere. Lassunto dal quale si mosso il Collegio quello secondo cui la normativa disciplinante i Piani di rientro una disciplina emergenziale che pu derogare alla normativa ordinaria (6) con la relativa conseguenza che il carattere vincolante dei provvedimenti attuativi del Piano di rientro e la loro natura di provvedimenti generali di programmazione finanziaria implicano la derogabilit (per effetto della prevalente normativa emergenziale) delle procedure previste dalla legislazione regionale e nazionale. Da ci deriverebbe la natura ampiamente discrezionale delle scelte poste in essere dal Commissario ad acta e la limitazione del sindacato giurisdizionale ai soli profili di evidente illogicit, contraddittoriet, ingiustizia manifesta, arbitrariet e irragionevolezza (7) da valutarsi di volta in volta in maniera concreta e obiettiva. Da questo assunto - filo conduttore di tutte le sentenze - ne derivata la circostanza secondo cui solo in limitati casi lattivit del Commissario ad acta pu ritenersi censurabile. Si tratta dei casi in cui le scelte siano manifestamente contrastanti con i principi posti alla base del nostro ordinamento oltre che, come accennato pocanzi, inficiate da manifesta illogicit, contraddittoriet e irragionevolezza. tali elementi, di converso, sono stati riscontrati nei provvedimenti aventi (6) Si veda, a proposto, Cons. St., n. 1244/2016 cit., punti 8.2, 8.3, 8.4 e 8.5, nella quale viene esplicitato in maniera chiara levolversi della disciplina inerente lattuazione del Piano di rientro. Si afferma, in particolare, che Rispetto alla preesistente legislazione la normativa in tema di piano di rientro comporta precisi e ulteriori effetti giuridici nel rendere vincolanti gli obiettivi di contenimento finanziario e nellimporre alla Regione di adottare prioritariamente i provvedimenti adeguati ad ottenere il contenimento delle spese in essere nella misura richiesta, salvo il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e secondo i fondamentali criteri di ragionevolezza, logicit e non travisamento dei fatti nel bilanciamento degli interessi. Di conseguenza cambiano in misura determinante la natura, loggetto e la principale finalit dei provvedimenti. La introduzione di obiettivi prioritari e vincolanti condiziona e orienta verso le finalit indicate lo svolgimento delle preesistenti procedure, modificando anche le modalit istruttorie e il tipo di motivazione che i provvedimenti risultanti richiedono, come di seguito precisato. Va pertanto pregiudizialmente esaminata -per poi trarne successivamente le conseguenze in ordine al caso in esame - la disciplina normativa che regola obiettivi e vincoli del piano di rientro e la giurisprudenza che ne ha ricavato un principio di prevalenza rispetto alle esigenze di mantenimento di volumi di attivit o livelli di tariffe gi acquisiti degli operatori privati nei limiti di seguito precisati. (7) Irragionevolezza che (come affermato in t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 19 dicembre 2016, n. 2511, in www.giustizia-amministrativa.it) non pu desumersi dalla scelta del Commissario di attribuire, per lanno 2015, pi risorse alle prestazioni di acuzie anzich a quelle di riabilitazione, n tanto meno dallimpossibilit di utilizzare tutti i 30 posti letto accreditati (nella fattispecie esaminata dalla richiamata sentenza). rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 ad oggetto la ripartizione dei tetti di spesa secondo il c.d. criterio storico (8) nonch in quelli aventi ad oggetto la riorganizzazione della rete laboratoristica attraverso laggregazione dei laboratori privati minori (9). nei primi si faceva riferimento -ai fini del calcolo del budget da attribuire alle strutture sanitarie - al budget gi attribuito lanno precedente senza la valutazione di alcun altro criterio oggettivo e soggettivo riferito allanno in corso. In questo caso, il t.A.r. (10) ha osservato che lutilizzo di tale criterio di ripartizione attribuisce ai soggetti privati accreditati indebiti e ingiustificati vantaggi concorrenziali. Ci in ossequio al dettato dellart. 106 t.F.U.e., il quale stabilisce che gli Stati membri non emanano n mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei Trattati, specialmente quelle contemplate dagli artt. 18 (divieto di discriminazione) e da 101 a 109 inclusi (divieto di intese restrittive della concorrenza; divieto dellabuso di posizione dominante; divieto di aiuti di Stato). Lutilizzo di tale criterio, effettivamente, cristallizzerebbe le posizioni in passato acquisite sul mercato dai singoli operatori sanitari privati, disincentivando il perseguimento dellefficienza nellerogazione dei servizi sanitari e vanificando la concorrenza tra le varie strutture (11). La seconda tipologia di provvedimenti prevedeva, invece, che i laboratori con meno di 200.000 prestazioni annue avrebbero avuto lobbligo di aggregarsi tra loro in rete, pena la decadenza dellaccreditamento e limpossibilit di sottoscrivere contratti per lerogazione di prestazioni a carico del servizio sanitario regionale (12). In questo secondo caso il Collegio (13) ha ritenuto che la previsione di soglie quantitative minime di produzione analitica (aggiungendosi ai requisiti per lautorizzazione allesercizio delle attivit sanitarie) avrebbe finito con lintegrare un ulteriore requisito per laccreditamento non previsto da alcuna intesa con la Conferenza Stato-regioni. Ci in palese contrasto con quanto (8) Avvenuta con D.C.A. n. 68/2014 avente ad oggetto Determinazione dei tetti di spesa per le prestazioni di assistenza specialistica da privato. Anno 2014. Azione 7.7.1.1. (9) Si trattava del D.C.A. n. 84/2015 recante Riequilibrio ospedale-territorio. Riorganizzazione della rete dei laboratori pubblici e privati. (10) Con sentenza t.A.r. Calabria, Catanzaro, 29 giugno 2016, 1373, in www.giustizia-amministrativa. it. (11) tale questione stata richiamata nella relazione introduttiva in occasione dellinaugurazione dellanno giudiziario 2017 del t.A.r. Calabria, Catanzaro, in www.giustizia-amministrativa.it. (12) Ci avrebbe determinato, come sostenuto dalle ricorrenti, la conversione dei laboratori medio- piccoli in meri punti di prelievo oltre che uningiusta causa di perdita dellaccreditamento non disciplinata da alcuna fonte normativa. tale circostanza avrebbe leso linteresse pubblico e collettivo in quanto implica lo smantellamento di un servizio sanitario di prossimit al paziente, capillare ed efficiente su tutto il territorio. (13) t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 21 novembre 2016, n. 2262, in www.giustizia-amministrativa. it. LegISLAzIone eD AttUALIt disposto dallart. 8, comma 4, d.lgs. n. 502/1992 (ai sensi del quale Ferma restando la competenza delle regioni in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private, a norma dellart. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con atto di indirizzo e coordinamento, emanato dintesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanit, sono definiti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per lesercizio delle attivit sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicit dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi). Il provvedimento sarebbe quindi privo di adeguato supporto normativo, oltrech non rispondente ai parametri di logicit e ragionevolezza previsti dalla normativa in materia. 2. Ci sono elementi di novit rispetto agli indirizzi consolidati?! In disparte a tali due tipologie di provvedimenti - in cui il t.A.r. sin da subito ha voluto ravvisare elementi contrastanti con i canoni della legittimit amministrativa - per le altre tipologie di provvedimenti (in buona parte costituiti dai provvedimenti inerenti la determinazione dei tetti di spesa per lacquisto di prestazione da privato accreditato) non sono stati rinvenuti - se non con qualche eccezione che a breve esamineremo - elementi tali da indurre a ritenere illegittimi i provvedimenti impugnati. Per quanto concerne la determinazione (in diminuzione) dei tetti di spesa, il Collegio ha ritenuto legittimo loperato della struttura commissariale purch lesercizio del potere autoritativo [n.d.r. con cui viene effettuata la ripartizione] si dispieghi nellalveo di una seria ed effettiva programmazione finanziaria, in funzionamento del fondamentale obiettivo di contenimento della spesa ed entro il corretto svolgimento delle procedure contrattuali previste dalla legge (14). Pertanto, quasi tutti i ricorsi sono stati rigettati in quanto le censure dedotte non erano idonee a qualificare come irragionevole la concreta assegnazione (anche se in misura ridotta) dei budget effettuata dal Commissario. tuttavia in alcune recenti pronunce inerenti la medesima questione (esaminate nel paragrafo successivo) lo stesso t.A.r. sembra prima facie aver adottato un metodo di valutazione meno rigido nellinterpretazione della normativa emergenziale. Analogo discorso potrebbe svolgersi (come si vedr meglio al par. 2.2.) (14) In questo senso hanno concluso tutte le sentenze aventi ad oggetto limpugnativa avverso i provvedimenti di determinazione dei tetti di spese. In particolare, si vedano t.A.r. Calabria, Catanzaro, 16 giugno 2016, n. 1253, id. n. 1259; id., n. 1261; id., n. 1262; id., n. 1264; id., 21 luglio 2016, n. 1569, id. 25 agosto 2017, n. 1366; id. 23 aprile 2018, n. 948; id. n. 949; id. 950; id. 1 marzo 2018, n. 536; id. 17 maggio 2018, n. 1060; id.18 maggio 2018, n. 1076; id. 3 luglio 2018, n. 1323, tutte in www.giustizia- amministrativa.it. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 per le pronunce aventi ad oggetto lannullamento del nomenclatore tariffario provvisorio regionale delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di laboratorio. In particolare occorre capire se, alla luce di queste nuove pronunce, vi sia stato o meno un mutamento rispetto al consolidato orientamento giurisprudenziale come sinora esposto. 2.1 Sulla riduzione dei tetti di spesa per lacquisto di prestazioni da soggetti privati accreditati. In una prima pronuncia (15) il Collegio -pur osservando in linea generale che in materia di determinazione di tetti di spesa e ripartizione di risorse in ambito sanitario la p.a. dotata di un potere ampiamente discrezionale, il cui esercizio deve individuare un punto di sintesi in esito alla comparazione di contrapposti interessi, quali il contenimento della spesa pubblica, il diritto dei cittadini alla fruizione di adeguate prestazioni sanitarie, le aspettative degli operatori privati orientati dalla logica imprenditoriale e lefficienza delle strutture pubbliche sanitarie -ha ritenuto opportuno, nel caso di specie, annullare il provvedimento impugnato (16) in quanto risulta priva di giustificazione la diminuzione, in capo alla struttura ricorrente, del budget previsto per lanno 2018. In particolare, il collegio sostiene che il Commissario non ha fornito elementi da cui evincere le ragioni della sensibile contrazione delle risorse assegnate alla ricorrente per le prestazioni ospedaliere post acuzie rispetto a quelle riconosciute invece ad altra struttura analoga. nel dettaglio, nella sentenza si legge che I puntuali rilievi della deducente evidenziano infatti una non comprensibile disparit di trattamento nei confronti della citata struttura, che ha ottenuto [] un budget superiore rispetto a quello riconosciuto [omissis]. Pertanto, seppur esigenze di contenimento del tetto della spesa pubblica - particolarmente stringenti in Calabria, attesa al situazione emergenziale che affligge la sanit - giustifichino la progressiva riduzione delle risorse disponibili per lacquisto di prestazioni sanitarie da strutture accreditate, ci non esclude che le scelte operate dal Commissario ad acta - laddove incidenti negativamente nella sfera giuridica della singola Casa di cura - debbano estrinsecare in modo coerente ed intellegibile le ragioni sottese alla determinazione adottata. Il tutto in aderenza al principio secondo cui pi esteso il potere valutativo ascrivibile al soggetto (15) t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. II, 26 settembre 2018, n. 1636, in www.giustizia-amministrativa. it. (16) D.C.A. n. 87/2018 di Definizione dei livelli massimi di finanziamento per le strutture private accreditate erogatrici di prestazioni ospedaliere per acuti e post acuti, con onere a carico del Servizio Sanitario Regionale, nonch per il finanziamento delle funzioni assistenziali-ospedaliere ai sensi dell'art. 8-sexies, comma 2, del d .lgs. n. 502/1992 e s.m.i. anno 2018. LegISLAzIone eD AttUALIt pubblico, maggiore lonere di esternare liter logico giuridico che ha orientato la p.a. nellazione amministrativa. Si tratterebbe principalmente della violazione del principio di non discriminazione dal quale sarebbe derivata una disparit di trattamento tra la ricorrente e altre due case di cura controinteressate. Invero, occorre dare atto che effettivamente la violazione del principio di non discriminazione rispetto alle due strutture in questione appare evidente e incontestabile. Ci lascia intendere che non vi alcun un cambio di direzione rispetto alla linea direttrice da sempre seguita dal collegio giudicante. A conferma di ci vi anche la circostanza secondo cui il medesimo ricorso stato rigettato nella parte in cui lamentava lillegittima attribuzione di un budget superiore ad altra struttura sanitaria. In parte qua il t.A.r. sostiene che la scelta dellorgano commissariale di aumentare in misura fissa il budget per alcune strutture non irragionevole, poich tali strutture, tutte mono- specialistiche, hanno ottenuto pi posti letto con il D.C.A. n. 64/2016, al precipuo fine di essere implementate rispetto a quelle generaliste, giustificando ci un conseguenziale aumento di risorse. In questo caso la discriminazione risultava soltanto apparente in quanto era concretamente giustificata da un aumento di posti letto in capo alle strutture controinteressate. vi poi un ulteriore pronuncia (17) con la quale il t.A.r. Calabria ha accolto parzialmente un ulteriore ricorso avverso la determinazione dei tetti di spesa. Il provvedimento in questione il D.C.A. n. 27/2016 (Definizione del livello massimo di finanziamento per lanno 2016 alle strutture erogatrici di prestazioni di assistenza ospedaliera con oneri a carico del S.S.R.) il quale assegna la somma di complessivi euro 976.660,30 (provenienti dalla somma residua accantonata dal finanziamento per lacquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera da erogatori privati accreditati per lanno 2015) unicamente a tre strutture private (ritenute performanti), senza fornire alcuna motivazione circa lesclusione, dalla ripartizione di tale somma, della struttura sanitaria ricorrente. Invero, il t.A.r., prima di giungere alla declaratoria di nullit ha cercato di ottenere i dovuti chiarimenti in merito a tali scelte effettuate dalla struttura commissariale. Difatti, con unordinanza interlocutoria (18) i giudici hanno rilevato che -limitatamente alla parte del decreto n. 27/2016 con cui stata erogata la somma di euro 976.660,30 ad alcuni operatori -era necessario ottenere chia (17) t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 23 novembre 2017, n. 1875, in www.giustizia-amministrativa. it. (18) Cfr. t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, ord. 15 dicembre 2016, n. 128, in www.giustizia-amministrativa. it. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 rimenti dalla struttura commissariale atti ad illustrare il riferimento alla rimodulazione dei tetti di spesa assegnati per lanno 2015 alle strutture private accreditate sopra indicate per le quali era stata effettuata una riduzione di spesa rispetto a quello assegnato nellanno 2014 relativamente alle prestazioni post-acuzie. Il Collegio ha ritenuto chiedere chiarimenti proprio in considerazione della natura tecnico-discrezionale delle questioni oggetto di esame, al fine di comprendere, nello specifico, i criteri predeterminati per lindividuazione delle strutture da premiare con la ripartizione delle somme accantonate. tuttavia, non pervenendo alcun riscontro da parte della struttura commissariale, il medesimo collegio ha ritenuto di valutare tale comportamento inerte quale argomento di prova ex art. 64 co. 4, c.p.a. (19) a sfavore di parte resistente. Ci in quanto, si legge nella sentenza: a) i fatti oggetto di esame rientrano nella piena disponibilit dellamministrazione, accentuandosi in questo settore, per la peculiarit tecnica dei criteri seguiti nella specifica ripartizione del budget alle strutture accreditate, la asimmetria conoscitiva che giustifica il principio probatorio del temperamento dellonere probatorio incombente sullattore con il metodo acquisitivo (20) ex art. 64 commi 1 e 3, c.p.a.); b) a fronte delle allegazioni specifiche fornite da parte contraente, circa la mancanza di una sufficiente motivazione che escludesse il sospetto di arbitrio nella ripartizione concreta della somma complessiva di euro 976.660,30 per lanno 2016, non sono stati apportati dallamministrazione costituita elementi istruttori in senso contrario, pertanto la conclusione istruttoria fondata sullart. 64 co. 4 c.p.a. non si pone in contrasto con le emergenze documentali; c) il comportamento omissivo dellamministrazione non ha consentito peraltro neanche di verificare se, nel lungo tempo trascorso tra lintroduzione del giudizio e ludienza di discussione, siano stati adottati provvedimenti commissariali sopravvenuti che abbiano avuto comunque incidenza anche sulla parte del decreto 27/2016 oggetto di specifica contestazione. Come evincibile, lannullamento del decreto in questione conseguenza di un preciso percorso istruttorio che non ha fornito al collegio elementi utili a giustificare la scelta effettuata dal Commissario e censurata dalla struttura interessata. Anche in tal caso, similmente a quanto visto pocanzi, la disparit di trattamento tra le strutture sanitarie interessate risultava manifestamente ingiustificata tanto da indurre il t.A.r. -che ha inteso comunque tenere in considerazione lampia discrezionalit che connota il Commissario ad acta in questa tipologia (19) Ai sensi del quale Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e pu desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo. (20) Cfr., a contrario e da ultimo, trattandosi di un principio consolidato, Cons. St., Ad. Plen. 2/2017, in www.giustizia-amministrativa.it. LegISLAzIone eD AttUALIt di scelte (21) -ad annullare il provvedimento impugnato per quanto concerne la ridistribuzione della somma accantonata dallannualit precedente. Alla luce di quanto esposto pu quindi affermarsi che in tali sentenze seppur prima face sembra esserci un cambio di rotta rispetto al consolidato orientamento giurisprudenziale - in realt non sono rinvenibili elementi difformi rispetto alle numerose precedenti pronunce ma soltanto una pi attenta applicazione dei principi gi in precedenza enucleati. 2.2 Sullapprovazione del nomenclatore tariffario provvisorio regionale delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di laboratorio. Altri elementi di novit rispetto allorientamento gi consolidato sono rinvenibili nelle pronunce inerenti lapprovazione del nuovo nomenclatore tariffario provvisorio regionale delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di laboratorio (trattasi del D.C.A. n. 84/2011 (22)). Invero si tratta pi che altro di una fattispecie nuova, finora non ancora vagliata - nonostante trattasi di provvedimenti del 2011 - dal t.A.r. calabrese. In tal caso parte ricorrente lamentava la circostanza secondo cui il richiamo -da parte del Commissario ad acta -al criterio di parametrazione delle tariffe a tariffari adottati in altre realt regionali (senza alcuno specifico criterio al costo standard) non sarebbe stato sufficiente al fine di disvelare il percorso motivazionale seguito. In pratica, il Commissario si sarebbe limitato a richiamare genericamente analisi comparative su un campione di prestazioni senza specificare quali siano esattamente e senza precisare quali regioni siano state prese come parametro di riferimento. Il provvedimento sarebbe inficiato, quindi, da vizio motivazionale e di omessa istruttoria. Il t.A.r., con due diverse pronunce (23) ha accolto tali censure annullando il provvedimento impugnato e facendo leva proprio sul difetto di motivazione. Si legge, infatti, nella sentenza che Nellambito dei criteri di parametrazione individuati dal legislatore, e anche tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi, particolarmente stringenti nelle Regioni oggetto di commissariamento ex art. 120 co. 2 Cost., e a regime di sostituzione straordinaria appare legittimo, in astratto, il richiamo a tariffari gi adottati in altre regioni affini, a condizione che per siano evincibili da parte degli ope (21) nella sentenza si lascia chiaramente intendere che la decisione del collegio di annullare il provvedimento impugnato ha in ogni caso tenuto in debita considerazione la peculiarit del contesto emergenziale e le conseguenti verosimili disfunzioni organizzative che connotano la struttura emergenziale facente capo al Commissario ad acta per lattuazione del piano di rientro. (22) Il Commissario ad acta, allepoca dellemissione del decreto, era il Presidente della giunta della regione Calabria. (23) t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 14 luglio 2018, n. 1428; id. n. 1430, in www.giustizia-amministrativa. it. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 ratori destinatari i criteri di selezione giustificativi della valutazione di comparabilit tra realt regionali. Poich il provvedimento impugnato difettoso sul punto, esso si rivela illegittimo e pertanto meritevole dellannullamento richiesto. Pertanto, la scelta di tariffari gi adottati da altre regioni senza la specificazione dei criteri che hanno indotto a tale scelta non pu sorreggere limpianto motivazionale del provvedimento. In tal caso, a nulla sono valse le controdeduzioni fornite dalla struttura commissariale atte a giustificare una deroga ai principi dellordinamento inerenti lassetto motivazionale del provvedimento amministrativo. In particolare, questultima ha dedotto in giudizio che latto impugnato sarebbe stato adottato nellambito della gravissima situazione di deficit strutturale del settore sanitario e come tale non soggetto ad ulteriori obblighi di pi pregnante motivazione ex art. 3 L. 241/90, soprattutto in forza della natura vincolante del piano di rientro approvato e della natura derogatoria delle norme emergenziali. In tal caso il collegio ha inteso svolgere un bilanciamento tra le specifiche esigenze sottese al Piano di rientro da un lato, e la tutela degli operatori sanitari dallaltro. Questi ultimi, infatti, devono esser posti nella condizione di poter valutare e comprendere le ragioni poste alla base delle scelte amministrative. 2.3. Sulla convenzione stipulata tra il Commissario ad acta e lAgenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Age.na.s.). nellambito dellimponente contenzioso che ha coinvolto il Commissario ad acta, degna di nota la pronuncia con cui il t.A.r. Calabria ha definito lannosa questione inerente la convenzione stipulata tra lo stesso Commissario e lAgenzia nazionale per i Servizi Sanitari regionali (Age.na.s.) (24). tale convenzione (approvata con D.C.A. n. 46/2016) aveva ad oggetto la realizzazione di attivit di supporto tecnico-operativo e di affiancamento alla struttura commissariale ai fini dellattuazione del Piano di rientro. Il provvedimento veniva impugnato dalla regione Calabria nella parte in cui prevedeva un corrispettivo per tale attivit pari a 200.000,00 annui. Questultima riteneva, infatti, irragionevole e ingiusto lattribuzione a titolo oneroso di funzioni che sarebbero gi attribuite ex lege alla stessa Agenzia e, soprattutto, gi retribuite dal Ministero della Salute (tale importo, inoltre, sarebbe gravato sul bilancio regionale, producendo cos una doppia lesione nei confronti della stessa regione). La difesa del Commissario ad acta, di contro, sosteneva che la centralit del ruolo riconosciuto a questultimo (il quale si sostituisce in toto agli enti ordinariamente competenti) prevede che lo stesso goda di amplissimi poteri fi (24) Per un approfondimento dettagliato della questione si veda Mezzotero-SISCA, op. cit., pag. 212. LegISLAzIone eD AttUALIt nalizzati ad una efficace e concreta attuazione del programma, tra cui anche quella di concedere incarichi (non importa se a titolo gratuito o oneroso) per la corretta e sostanziale attuazione del Piano di rientro e la convenzione in questione, a suo dire, non era altro che esercizio di tali poteri ad esso conferiti. tale giudizio, invero, ha subito un percorso abbastanza travagliato. Difatti, la prima pronuncia del t.A.r. (trattasi dellordinanza n. 270/2016 (25) di rigetto delle misure cautelari richieste dalla regione Calabria) veniva prontamente capovolta dal Consiglio di Stato in sede di gravame. Il supremo consesso di giustizia amministrativa ha infatti sospeso il provvedimento impugnato sostenendo che il quadro normativo vigente non sembra attribuire ad Age.na.s. la facolt di stipulare convenzioni a titolo oneroso per lo svolgimento di attivit di supporto delle regioni sottoposte a Piano di rientro, essendo tali attivit ricomprese nel novero delle competenze, dei compiti e degli obblighi assegnatile dalla legislazione relativa ai Piani di rientro dai disavanzi del settore sanitario (26). nel frattempo veniva emanato dal Commissario ad acta il decreto n. 58/2016 con il quale veniva rettificato il precedente D.C.A. n. 46/2016 sia nella sua parte motiva (la convenzione veniva integrata con riferimenti legislativi e normativi a sostegno delladozione del provvedimento) che nella sua parte dispositiva (la rubrica dellart. 6 veniva modificata da Corrispettivo a Contributo). tali modifiche, tuttavia, non sono bastate a salvare il provvedimento in questione. A porre fine alla travagliata vicenda occorsa la sentenza 14 maggio 2018, n. 1009, con la quale il t.A.r. Calabria - chiamato a pronunciarsi sulla vicenda in sede di merito e conformandosi al percorso gi tracciato dal Consiglio di Stato - ha definitivamente annullato il provvedimento impugnato. Il collegio fa notare come dallesame della normativa che istituisce e assegna i compiti allAge.na.s (nonch dello statuto di questultima) emerge la sostanziale corrispondenza tra lincarico oneroso che costituisce oggetto della convenzione e le funzioni gi istituzionalmente attribuite al medesimo ente (27). Pi nel dettaglio, si legge in sentenza, che la previsione di un corrispet (25) In tale ordinanza viene affermato che La nomina di un Commissario ad acta per lattuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge allesito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad unattivit che pure imposta dalle esigenze di finanza pubblica che detta attivit volta a soddisfare la necessit di assicurare la tutela dellunit economica della Repubblica, oltre che i livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.) qual quello alla salute che in questo quadro, le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino allesaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso lunico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale. (26) Cons. St., sez. III, ord. 1 settembre 2016, n. 3618, in www.giustizia-amministrativa.it. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 tivo per lo svolgimento di attivit istituzionali che sono invece gi attribuite per legge allente ausiliario non trova alcun fondamento normativo, si pone in contrasto con il quadro normativo di riferimento in forza del quale le medesime attivit oggetto di convenzione onerosa sono gi enucleabili tra quelle attribuite allAgenzia a favore anche delle Regioni, gi coinvolte di dissesti finanziari nel settore sanitario. 4. Conclusioni. Alla stregua delle osservazioni che precedono facilmente constatabile la delicatezza e la complessit delle questioni poste allattenzione del t.A.r. Calabria. In tale contesto, questultimo, ha dovuto necessariamente svolgere un importante e non facile bilanciamento tra interessi diversi e spesse volte contrastanti: allesigenza di contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione del sistema sanitario si contrappone, infatti, lesigenza di rafforzamento della tutela sanitaria, della libert di concorrenza e della tutela del diritto alla salute (28). Alla complessit intrinseca delle questioni deve poi aggiungersi lenorme quantit di ricorsi giunti al vaglio del t.A.r. di Catanzaro: nel 2016 ben 80 sono state le sentenze di merito emesse in seguito alla discussione in diverse udienze tematiche fissate per la trattazione congiunta dei ricorsi; 52 sentenze nel 2017; circa 20 sentenze nel primo semestre del 2018, mentre diversi giudizi sono tuttora ancora pendenti (29). Il ruolo svolto dagli organi giudicanti risulta quindi di particolare importanza soprattutto alla luce dellampia discrezionalit che connota il Commissario ad acta e dalla quale derivano parametri fumosi e di difficile interpretazione da parte di coloro che sono chiamati a valutare - in sede giurisdizionale - la legittimit delle scelte commissariali. (27) Si fa riferimento, nella sentenza, allart. 5, d.lgs. 30 giugno 1993 n. 266 istitutivo dellAgenzia, con cui vengono assegnate a tale ente la funzione di supporto delle attivit regionali, di valutazione comparativa dei costi e dei rendimenti resi ai cittadini, di segnalazione delle disfunzioni e sprechi nella gestione delle risorse personali e materiali e nelle forniture, di trasferimento dellinnovazione e delle sperimentazioni in materia sanitaria e allart. 1 co. 579 della l 28 dicembre 2015 n. 208 (Legge di Stabilit 2016), secondo cui il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze, avvalendosi dellAgenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, assicura su richiesta della regione interessata, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il necessario supporto agli enti interessati dai piani di rientro di cui ai commi 528 e 536 e mette a disposizione, se necessario, strumenti operativi per la presentazione del piano e il perseguimento dei suoi obiettivi, nonch per laffiancamento, da parte dellAGENAS con oneri a carico del bilancio della medesima agenzia degli enti del servizio sanitario nazionale per tutta la durata dei piani di rientro. (28) Sul tema si veda D. AnDrACChIo, La programmazione sanitaria del Commissario ad acta nella Regione Calabria. Il difficile equilibrio tra libert di concorrenza, libert di scelta del luogo di cura ed esigenza di contenimento della spesa pubblica. Nota a sentenza T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 16 maggio 2016, n. 1041, in Giurisprudenza Commentata n. 2/2017. (29) I dati sono estrapolati dalle relazioni dellinaugurazione dellanno giudiziario del t.A.r. Calabria, sede di Catanzaro, in riferimento agli anni giudiziari 2016 e 2017. LegISLAzIone eD AttUALIt Daltronde, che il Piano di rientro sia caratterizzato da vincoli e sacrifici per gli operatori pubblici e privati del settore sanitario cosa ben nota (e, soprattutto, necessaria), ma tali sacrifici non devono eccedere il limite della ragionevolezza, logicit, arbitrariet e razionalit. tale limite, pertanto, pu essere individuato solo con una corretta attivit ermeneutica nonch di raffronto e di bilanciamento tra il contesto normativo di riferimento e la situazione fattuale (emergenziale) persistente. trattasi di un compito arduo che, finora, sembra essersi svolto nel modo pi logico e razionale possibile e, soprattutto, in conformit ai principi sottesi ad una situazione oltre modo emergenziale. giova evidenziare, inoltre, che i principi rinvenibili nelle pronunce in questa sede esaminate sono stati rafforzati da numerose pronunce della Corte Costituzionale. Questultima, ha sempre confermato la piena legittimit delle norme che stabiliscono vincoli e limiti allautonomia regionale in quanto giustificati dal fattore emergenza. nella sentenza pi importante (30) (tra laltro riassuntiva di altre precedenti pronunce trattanti la medesima questione (31)) la Corte afferma che le norme statali che fissano limiti alla spesa di enti pubblici regionali sono espressione della finalit di coordinamento finanziario, per cui il legislatore statale pu legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare lequilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari. (30) Corte Cost., 12 maggio 2011, n. 163, in www.cortecostituzionale.it. (31) In particolare Corte Cost., 18 febbraio 2010, n. 52; id. 17 marzo 2010, n. 100; id. 23 aprile 2010, n. 141; id. 11 aprile 2011, n. 123; id. 25 aprile 2012, n. 131; id. 19 luglio 2013, n. 219, id. 5 maggio 2014, n. 110, tutte in www.cortecostituzionale.it. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 Una breve rassegna della giurisprudenza in tema di sosta dingombro degli autoveicoli e risvolti penali (il reato di violenza privata ex art. 610 c.p.). Alessio Muciaccia* Il Codice della strada (1) vigente distingue espressamente allart. 157 (2) tra la fermata e la sosta dei veicoli: la fermata la temporanea sospensione della marcia, ad esempio per consentire la salita o la discesa delle persone dal veicolo o per altre esigenze di brevissima durata, non deve essere dintralcio alla circolazione ed connotata dalla presenza a bordo del conducente che deve essere pronto a riprendere la marcia; la sosta invece connotata dalla sospensione della marcia protratta nel tempo, con la conseguente possibilit per il conducente di allontanarsi dal veicolo. (*) Dottore in giurisprudenza. (1) nuovo Codice della Strada. Decreto Legislativo del 30 aprile 1992, n. 285. Pubblicato in G.U. del 18 maggio 1992, n. 114. (2) Arresto fermata e sosta dei veicoli -art. 157 C.d.S. 1. Agli effetti delle presenti norme: a) per arresto si intende l'interruzione della marcia del veicolo dovuta ad esigenze della circolazione; b) per fermata si intende la temporanea sospensione della marcia anche se in area ove non sia ammessa la sosta, per consentire la salita o la discesa delle persone, ovvero per altre esigenze di brevissima durata. Durante la fermata, che non deve comunque arrecare intralcio alla circolazione, il conducente deve essere presente e pronto a riprendere la marcia; c) per sosta si intende la sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilit di allontanamento da parte del conducente; d) per sosta di emergenza si intende l'interruzione della marcia nel caso in cui il veicolo inutilizzabile per avaria ovvero deve arrestarsi per malessere fisico del conducente o di un passeggero. 2. Salvo diversa segnalazione, ovvero nel caso previsto dal comma 4, in caso di fermata o di sosta il veicolo deve essere collocato il pi vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Qualora non esista marciapiede rialzato, deve essere lasciato uno spazio sufficiente per il transito dei pedoni, comunque non inferiore ad un metro. Durante la sosta, il veicolo deve avere il motore spento. 3. Fuori dei centri abitati, i veicoli in sosta o in fermata devono essere collocati fuori della carreggiata, ma non sulle piste per velocipedi n, salvo che sia appositamente segnalato, sulle banchine. In caso di impossibilit, la fermata e la sosta devono essere effettuate il pi vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Sulle carreggiate delle strade con precedenza la sosta vietata. 4. Nelle strade urbane a senso unico di marcia la sosta consentita anche lungo il margine sinistro della carreggiata, purch rimanga spazio sufficiente al transito almeno di una fila di veicoli e comunque non inferiore a tre metri di larghezza. 5. Nelle zone di sosta all'uopo predisposte i veicoli devono essere collocati nel modo prescritto dalla segnaletica. 6. Nei luoghi ove la sosta permessa per un tempo limitato fatto obbligo ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l'orario in cui la sosta ha avuto inizio. ove esiste il dispositivo di controllo della durata della sosta fatto obbligo di porlo in funzione. 7. fatto divieto a chiunque di aprire le porte di un veicolo, di discendere dallo stesso, nonch di lasciare aperte le porte, senza essersi assicurato che ci non costituisca pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada. 7-bis. fatto divieto di tenere il motore acceso, durante la sosta del veicolo, allo scopo di mantenere in funzione l'impianto di condizionamento d'aria nel veicolo stesso; dalla violazione consegue la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 218 a euro 435. 8. Fatto salvo quanto disposto dal comma 7-bis, chiunque viola le disposizioni di cui al presente articolo soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 41 a euro 169. LegISLAzIone eD AttUALIt Il codice, disciplina anche come posizionare il veicolo per la fermata e la sosta allinterno e fuori del centro abitato: nei centri abitati, durante la fermata o la sosta il veicolo va collocato il pi vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente a esso e secondo il senso di marcia, salvo diversa segnalazione. Se non esiste il marciapiede, bisogna lasciare uno spazio sufficiente per il passaggio dei pedoni comunque non inferiore a 1 metro; nelle strade a senso unico si pu sostare anche lungo il margine sinistro, purch rimanga spazio sufficiente al passaggio almeno di una fila di veicoli e comunque non inferiore a 3 metri di larghezza; fuori dei centri abitati, invece, bisogna fermarsi o sostare fuori della carreggiata. In caso di impossibilit, necessario fermarsi o sostare il pi vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Quando poi esiste lapposita segnaletica orizzontale il veicolo va collocato con linclinazione prescritta. vengono, altres, elencati anche una serie di obblighi e cautele che il conducente deve adottare durante la fermata e la sosta, cos riassumibili: spegnere il motore, anche se la sosta di breve durata; utilizzare, se presente, il cavalletto centrale (per ciclomotori e motocicli); azionare il freno di stazionamento (se il veicolo ne dotato); inserire il rapporto pi basso del cambio di velocit (se il veicolo ne dotato). Su strada in pendenza: se il veicolo a due ruote, si lascia sul cavalletto centrale con la ruota anteriore rivolta verso la salita; se il veicolo ha pi di due ruote, si sterzano le ruote verso lesterno della strada. Durante la sosta e la fermata il conducente deve adottare tutte le cautele per evitare incidenti e impedire luso del veicolo senza il suo consenso, come ad esempio aprire le porte di un veicolo, discendere dallo stesso, nonch lasciare aperte le porte, senza essersi assicurati che ci non costituisca pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada. tali manovre devono essere sempre eseguite nel tempo strettamente necessario, in relazione alle condizioni del traffico, in modo da assicurare la sicurezza per gli altri. Al successivo art. 158 (3) Divieto di fermata e sosta dei veicoli spe (3) Divieto di fermata e sosta dei veicoli -art. 158 C.d.S. 1. La fermata e la sosta sono vietate: a) in corrispondenza o in prossimit dei passaggi a livello e sui binari di linee ferroviarie o tranviarie o cos vicino ad essi da intralciarne la marcia; b) nelle gallerie, nei sottovia, sotto i sovrapassaggi, sotto i fornici e i portici, salvo diversa segnalazione; c) sui dossi e nelle curve e, fuori dei centri abitati e sulle strade urbane di scorrimento, anche in loro prossimit; d) in prossimit e in corrispondenza di segnali stradali verticali e semaforici in modo da occultarne la vista, nonch in corrispondenza dei segnali orizzontali di preselezione e lungo le corsie di canalizzazione; e) fuori dei centri abitati, sulla corrispondenza e in prossimit delle aree di intersezione; f) nei centri abitati, sulla corrispondenza delle aree di intersezione e in prossimit delle stesse a meno di 5 m dal prolungamento del bordo pi vicino della carreggiata trasversale, salvo diversa segnalazione; g) sui passaggi e attraversamenti pedonali e sui passaggi per ciclisti, nonch sulle piste ciclabili e agli sbocchi delle medesime; h) sui mar rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 cificato analiticamente dove la fermata e la sosta sono invece vietate, precisando anche la misura delle sanzioni pecuniarie applicabili in caso di violazione. Infine, lart. 159 (4) Rimozione e blocco dei veicoli, stabilisce che ciapiedi, salvo diversa segnalazione. 2. La sosta di un veicolo inoltre vietata: a) allo sbocco dei passi carrabili; b) dovunque venga impedito di accedere ad un altro veicolo regolarmente in sosta, oppure lo spostamento di veicoli in sosta; c) in seconda fila, salvo che si tratti di veicoli a due ruote, due ciclomotori a due ruote o due motocicli; d) negli spazi riservati allo stazionamento e alla fermata degli autobus, dei filobus e dei veicoli circolanti su rotaia e, ove questi non siano delimitati, a una distanza dal segnale di fermata inferiore a 15 m, nonch negli spazi riservati allo stazionamento dei veicoli in servizio di piazza; e) sulle aree destinate al mercato e ai veicoli per il carico e lo scarico di cose, nelle ore stabilite; f) sulle banchine, salvo diversa segnalazione; g) negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli per persone invalide di cui all'art. 188 e in corrispondenza degli scivoli o dei raccordi tra i marciapiedi, rampe o corridoi di transito e la carreggiata utilizzati dagli stessi veicoli; h) nelle corsie o carreggiate riservate ai mezzi pubblici; i) nelle aree pedonali urbane; l) nelle zone a traffico limitato per i veicoli non autorizzati; m) negli spazi asserviti ad impianti o attrezzature destinate a servizi di emergenza o di igiene pubblica indicati dalla apposita segnaletica; n) davanti ai cassonetti dei rifiuti urbani o contenitori analoghi; o) limitatamente alle ore di esercizio, in corrispondenza dei distributori di carburante ubicati sulla sede stradale ed in loro prossimit sino a 5 m prima e dopo le installazioni destinate all'erogazione. 3. Nei centri abitati vietata la sosta dei rimorchi quando siano staccati dal veicolo trainante, salvo diversa segnalazione. 4. Durante la sosta e la fermata il conducente deve adottare le opportune cautele atte a evitare incidenti ed impedire l'uso del veicolo senza il suo consenso. 5. Chiunque viola le disposizioni del comma 1 e delle lettere d), g) e h) del comma 2 soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 40 a euro 164 per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da euro 84 a euro 338 per i restanti veicoli. 6. Chiunque viola le altre disposizioni del presente articolo soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 24 a euro 98 per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da euro 41 a euro 169 per i restanti veicoli. 7. Le sanzioni di cui al presente articolo si applicano per ciascun giorno di calendario per il quale si protrae la violazione. (4) Rimozione e blocco dei veicoli - art. 159 C.d.S. 1. Gli organi di polizia, di cui all'art. 12, dispongono la rimozione dei veicoli: a) nelle strade e nei tratti di esse in cui con ordinanza dell'ente proprietario della strada sia stabilito che la sosta dei veicoli costituisce grave intralcio o pericolo per la circolazione stradale e il segnale di divieto di sosta sia integrato dall'apposito pannello aggiuntivo; b) nei casi di cui agli articoli 157, comma 4 e 158, commi 1, 2 e 3; c) in tutti gli altri casi in cui la sosta sia vietata e costituisca pericolo o grave intralcio alla circolazione; d) quando il veicolo sia lasciato in sosta in violazione alle disposizioni emanate dall'ente proprietario della strada per motivi di manutenzione o pulizia delle strade e del relativo arredo. 2. Gli enti proprietari della strada sono autorizzati a concedere il servizio della rimozione dei veicoli stabilendone le modalit nel rispetto delle norme regolamentari. I veicoli adibiti alla rimozione devono avere le caratteristiche prescritte nel regolamento. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pu provvedersi all'aggiornamento delle caratteristiche costruttive funzionali dei veicoli adibiti alla rimozione, in relazione ad esigenze determinate dall'evoluzione della tecnica di realizzazione dei veicoli o di sicurezza della circolazione. 3. In alternativa alla rimozione consentito, anche previo spostamento del veicolo, il blocco dello stesso con attrezzo a chiave applicato alle ruote, senza onere di custodia, le cui caratteristiche tecniche e modalit di applicazione saranno stabilite nel regolamento. L'applicazione di detto attrezzo non consentita ogni qual volta il veicolo in posizione irregolare costituisca intralcio o pericolo alla circolazione. 4. La rimozione dei veicoli o il blocco degli stessi costituiscono sanzione amministrativa accessoria alle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione dei comportamenti di cui al comma 1, ai sensi delle norme del capo I, sezione II, del titolo VI. 5. Gli organi di polizia possono, altres, procedere alla rimozione dei veicoli in sosta, ove per il loro stato o per altro fondato motivo si possa ritenere che siano stati abbandonati. Alla rimozione pu provvedere anche l'ente proprietario della strada, sentiti preven LegISLAzIone eD AttUALIt consentita la rimozione forzata dei veicoli qualora la sosta vietata costituisca pericolo o grave intralcio alla circolazione. Premessa questa breve panoramica sulla regolamentazione operata dal Codice della Strada circa la fermata e sosta dei veicoli, si esaminano le conseguenze sanzionatorie per la sosta in doppia fila. nella vita frenetica di tutti i giorni risiede la cattiva abitudine della sosta in doppia fila ove vietato ed anche se momentanea: comportamento che presenta dei risvolti sia penali che civili secondo la giurisprudenza di legittimit, che potrebbero costare al trasgressore pi di una contravvenzione ed una rimozione forzata dellautovettura. Lart. 158, comma 2, lett. c) del Codice della Strada, infatti, vieta la sosta in seconda fila (salvo che si tratti di veicoli a due ruote, due ciclomotori a due ruote o due motocicli) prevedendo una sanzione amministrativa da euro 24 a euro 97 per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da euro 41 a euro 168 per i restanti veicoli. Lart. 159 co. 1 lett. c), invece, autorizza la rimozione forzata dei veicoli nel caso in cui la sosta vietata costituisca pericolo o grave intralcio alla circolazione. Secondo la giurisprudenza di legittimit, inoltre, chi parcheggia lauto in doppia fila bloccando la manovra alle altre autovetture regolamentate parcheggiate, idoneo a integrare il reato di violenza privata (art. 610 c.p.), cos come qualunque atteggiamento di ostacolo allaccesso o alluscita provocato dal parcheggio selvaggio del veicolo. Infatti la suprema Corte gi nel 2005, aveva precisato che il reato previsto dallart. 610 c.p. doveva ritenersi integrato in base ad ogni condotta idonea a costituire una coazione della parte offesa (5). nel caso di specie, la Corte aveva confermato la condanna di un soggetto che aveva parcheggiato la propria autovettura dietro quella della persona offesa bloccandola e, opponendo un rifiuto allinvito di questultimo di spostarla per potersi allontanare, costringendo di fatto la parte offesa ad un comportamento non liberamente voluto. ebbene, analizziamo brevemente i presupposti del reato di violenza privata. Secondo lart. 610 c.p., esso si configura quando chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa. La pena prevista la reclusione fino a quattro anni, aumentata se concorrono le circostanze aggravanti di cui allart. 339 c.p., se la violenza o la minaccia sono commesse con armi, da persone travisate, da pi persone riunite, con scritto anonimo, in modo simbolico o valendosi della forza intimidatrice derivante da associazioni segrete, esistenti o supposte. tivamente gli organi di polizia. Si applica in tal caso l'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915. 5-bis. Nelle aree portuali e marittime come definite dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, autorizzato il sequestro conservativo degli automezzi in sosta vietata che ostacolano la regolare circolazione viaria e ferroviaria o l'operativit delle strutture portuali. (5) Cass. pen., sez. I, sent. 4 luglio 2005 n. 24614. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 Si osserva quindi come nel reato di violenza privata il requisito della violazione ai fini della configurabilit del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libert di determinazione e di azione loffeso il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare od omettere qualcosa contro la propria volont (6). nel caso di specie, limputato aveva parcheggiato in modo da intralciare il passaggio, precisando di non avere alcuna intenzione di rimuovere la sua autovettura. In conclusione, la suprema Corte confermava la condanna, e stabiliva che se del tutto condivisibile che costituisca il reato in esame la condotta di chi effettui il parcheggio di unautovettura in modo tale da impedire intenzionalmente a unaltra automobile di spostarsi per accedere alla pubblica via e accompagnato dal rifiuto reiterato alla richiesta della parte offesa di liberare laccesso sarebbe irragionevole non ritenere reato anche soltanto la seconda parte della condotta appena descritta nella quale la costrizione, con violenza, della altrui volont determinata dal mantenimento della vettura nella posizione irregolare in cui stata messa dallo stesso agente: mantenimento capace di determinare la costrizione psicologica della persona offesa n pi e n meno dellintenzionale parcheggio ostruttivo. ritiene quindi che, se da un lato pacifico che costituisce il reato di violenza privata la condotta di chi effettua il parcheggio della propria autovettura in modo tale da impedire intenzionalmente a unaltra persona di uscire dal parcheggio comune, accompagnato dal reiterato rifiuto alla richiesta della parte offesa di liberare laccesso, dallaltro ragionevole ritenere reato anche il rifiuto di spostare lauto. In questultima condotta la costrizione con violenza dellaltrui volont determinata dal mantenimento della vettura nella posizione irregolare. Pertanto, chiaro come per integrare il reato di violenza privata basti la consapevolezza del parcheggio eseguito in modo da bloccare eventuali altri automobilisti. Ancora la suprema Corte (7) ha ritenuto come la condotta di chi parcheggia la propria autovettura nel cortile condominiale in modo da impedire luscita del veicolo altrui configura il reato di violenza privata, previsto e punito dallarticolo 610 c.p., a nulla rilevando, come giustificazione e/o esimente, lasserito smarrimento delle chiavi dellautomobile, anche laddove noto alla persona offesa per il tramite di altre persone presenti nellarea di sosta dei veicoli. Al riguardo, una recente decisione della Suprema Corte ha precisato che Sul punto, occorre ricordare la giurisprudenza di questa Corte di legittimit laddove ha pi volte affermato che lelemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente loffeso della libert di determinazione e di azione, potendo con (6) Cass. pen., sez. v, sent. 12 gennaio 2012 n. 603. (7) Cass. pen., sez. v, sent. 28 febbraio 2011 n. 7592. LegISLAzIone eD AttUALIt sistere anche in una violenza impropria, che si attua attraverso luso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volont altrui, impedendone la libera determinazione (Cass., sez. 5, 22 ottobre 2010, n. 11907, Cavaleri). Ed invero, pi precisamente stato anche affermato che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo laccesso alla parte lesa, considerato che, ai fini della configurabilit del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente loffeso della libert di determinazione e di azione (Cass., sez. 5, del 20 novembre 2013 n. 8425, dep. 21/02/2014, Iovino) (8). Pertanto, parcheggiare un autoveicolo in sosta dintralcio, pu configurare la fattispecie di delitto di violenza privata previsto dallart. 610 c.p., se blocca il passaggio alle altre autovetture. Ad esempio, in unaltra pronuncia stata sanzionata lintenzione dellimputato di mantenere il proprio veicolo parcheggiato irregolarmente in unarea condominiale alla quale non aveva diritto di accedere in modo tale da impedire alla persona offesa di transitare con il proprio veicolo per uscire sulla pubblica via, rifiutando reiteratamente di liberare laccesso, pretendendo con evidente protervia ed arroganza che la persona offesa attendesse secondo proprie necessit la discesa della sorella, e tanto basta, ha sostenuto la Corte, per integrare la violenza quale normativamente prevista (9). Sempre in tema di sosta dintralcio di un veicolo allinterno di in uno spazio condominiale la Corte ha sostenuto che la condotta materiale posta in essere da taluno dei condomini, la quale si concretizzi nel parcheggio di una autovettura dolosamente preordinato ad impedire il passaggio di un mezzo o comunque di privare una persona della propria libert di determinazione od azione, integra un delitto di violenza privata, specie ove non sia giustificabile, a monte, con una pretesa meritevole di apprezzamento giuridico (10). e ancora in un caso analogo ma connotato anche dalla rimozione di un ciclomotore lasciato in divieto di sosta in un cortile condominiale, la Corte (11) si espressa in maniera identica. nello specifico, il Condominio aveva incaricato una societ privata di provvedere alla rimozione dal portico condominiale di un ciclomotore abusivamente parcheggiato nonostante la presenza di appositi cartelli con lindicazione divieto di sosta e con lavvertimento che i motoveicoli sarebbero stati rimossi a spese dei trasgressori. Il proprietario del ciclomotore rimosso adiva il giudice di Pace di Bologna, che rigettava la domanda costringendo il ricorrente a ricorrere alla suprema Corte che confer( 8) Cass. pen., sez. v, sent. 7 dicembre 2015 n. 48346. (9) Cass. pen., sez. v, sent. 16 maggio 2006 n. 16571. (10) Cass. pen., sez. v, sent. 17 maggio 2006 n. 21779. (11) Cass. pen., sez. III, sent. 9 gennaio 2007 n. 196. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 mava la sentenza impugnata ribadendo che la sentenza ha solo fatto applicazione del principio dellautotutela o difesa privata del possesso e del principio stabilito nellart. 2043 c.c, per il quale colui che col proprio fatto doloso o colposo cagiona ad altri un danno ingiusto obbligato al risarcimento. Ha cio ritenuto che il possessore, molestato nel possesso, possa, personalmente o a mezzo di un terzo cui abbia alluopo affidato il relativo incarico, far cessare la molestia in atto rimuovendo la cosa con la quale loffesa viene esercitata ed abbia altres diritto al rimborso delle spese dovute al terzo per la rimozione, in quanto causate dal fatto illecito del molestatore. In unaltra sentenza (12), ha ritenuto integrato con il reato di omicidio colposo il comportamento di un automobilista che lasciando la propria auto in doppia fila con lo sportello aperto provocava un incidente stradale mortale. La Corte ha considerato esistente il nesso causale tra la macchina lasciata in doppia fila e la morte del conducente del ciclomotore. nonostante il reato fosse prescritto, la Corte ha ritenuto di dover condannare limputato per omicidio colposo derivante oltre che dalla violazione degli artt. 157 co. 7 e 158 co. 2 lett. c) del C.d.S., anche dalla condotta colposa di aver lasciato la propria autovettura in doppia fila con lo sportello leggermente aperto determinando cos levento morte del motociclista sopraggiunto. Lindirizzo giurisprudenziale consolidato e costante formatosi in materia di cd. atti emulativi della strada stato confermato anche dalle sezioni unite della Corte di Cassazione nel 2013 (13). Infatti, le sezioni unite hanno confermato lindirizzo gi espresso dalle numerose precedenti pronunce delle sezioni semplici, ritenendo passibile di denuncia per il reato appunto di violenza privata, con condanna alla reclusione e risarcimento, il caso di ostruzione del- lingresso al garage altrui. Il grave illecito penale pu infatti lecitamente comminarsi nei confronti degli automobilisti che, parcheggiando la propria auto in una maniera da ostruire lingresso al garage condominiale, si rifiutano anche di rimuoverla. Le sezioni unite, dunque, non hanno fatto altro che confermare un indirizzo gi ampiamente consolidato dalle precedenti sentenze n. 21779/06 e n. 603/11, con le quali si affermava che integra il reato di violenza privata, di cui allart. 610 c.p., la condotta di colui che, avendo parcheggiato lauto in maniera da ostruire lingresso al garage condominiale, si rifiuti di rimuoverla nonostante la richiesta della persona offesa. nella pronuncia in questione, la suprema Corte, confermando in toto la sentenza della Corte dAppello di Catanzaro, che ribaltava lassoluzione concessa dal tribunale di Lamezia terme, va anche oltre il principio gi ribadito, considerando il caso di un piccolo trattore che limputato solitamente parcheg (12) Cass. pen., sez. III, sent. 1 dicembre 2010 n. 42498. (13) Cass. pen., sez. un., sent. 12 marzo 2013 n. 28487. LegISLAzIone eD AttUALIt giava in area opposta a quella ove insisteva un passo carrabile, ma che, visto lingombro del mezzo, ostruiva lutilizzo dellaltrui garage. La sentenza, che allapparenza pu sembrare discutibile, si basa sul requisito della violenza, un elemento che, in alternativa alla minaccia, risulta indispensabile per la configurazione del reato, in quanto nella condotta di colui che parcheggia la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio impedendo alla parte lesa di muoversi () il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente loffeso della libert di determinazione ed azione. Il principio secondo il quale lauto parcheggiata in modo da impedire luscita da un parcheggio integra il reato di violenza privata, stato oggetto anche di un ulteriore pronuncia (14). Secondo la Corte, commette reato di violenza privata colui che ostruisce con il proprio veicolo lunica via di uscita da un fondo, e pi precisamente con lintento (dolo) di impedire la libera uscita dallo stesso. Da qui la condanna, nei confronti dellautomobilista che aveva bloccato con il proprio fuoristrada lunico passaggio che permetteva di uscire da un fondo di sua propriet un soggetto che secondo limputato, lo stava arando illecitamente. Dello stesso avviso la pronuncia che ha sanzionato la condotta di un automobilista che aveva parcheggiato innanzi a un fabbricato, bloccando alle altre autovetture ogni via duscita. Per la Corte, lelemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libert di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volont altrui, impedendone la libera determinazione (15). I suddetti principi stabiliti dalla suprema Corte e cristallizzati dalla pronuncia delle sezioni unite del 2013 citata hanno trovato applicazione in numerose pronunce di merito. tra le tante si riporta quella del tribunale di taranto (16) che ha confermato la condanna ex art. 610 c.p. nei confronti di un condomino che, a seguito di liti con altri proprietari, aveva dimenticato la propria vettura per ben due giorni innanzi al garage di un altro inquilino impedendogli il libero utilizzo della sua propriet privata. Quella del giudice di Pace di roma (17), che ha condannato un conducente, per aver parcheggiato in seconda fila sulla strada pubblica, in maniera tale da impedire luscita dal parcheggio di un altro conducente, regolarmente (14) Cass. pen., sez. v, sent. 23 luglio 2014 n. 32720. (15) Cass. pen., sez. v, sent. 7 dicembre 2015 n. 48346. (16) trib. pen. di taranto, sez. I, sent. 6 ottobre 2014 n. 2006. (17) g.d.P. di roma, sez. vI, sent. 26 luglio 2013 n. 27962. rASSegnA AvvoCAtUrA DeLLo StAto - n. 3/2018 posizionato sulle strisce a bordo carreggiata. Con la condanna stato disposto un risarcimento danni per la perdita di tempo procurata al titolare del veicolo. e infine si riporta quella della Corte dAppello di Palermo (18), che ha confermato la condanna nei confronti di un uomo, che aveva pi volte parcheggiato la propria autovettura nellunica stradina di accesso impedendo alla parte offesa di raggiungere la propria abitazione. I giudici dappello, hanno ritenuto provato il delitto di violenza privata, poich trattandosi di reato istantaneo per la sua configurabilit, non necessario, che la condotta criminosa si protragga nel tempo. Alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimit, a cui sono succedute le pronunce dei giudici di merito, appare evidente come colui che sosta il proprio autoveicolo in sosta dintralcio anche in area condominiale rischia concretamente oltre la sanzione pecuniaria e la rimozione forzata del mezzo la condanna per la fattispecie di reato previsto ex art. 610 c.p. (18) C.d.A. Palermo, sez. III, sent. 22 febbraio 2016 n. 648. contrIbutIDIDottrIna Il rimborso delle spese di patrocinio legale nei giudizi di responsabilit nei confronti di dipendenti pubblici ai sensi dellart. 18 del D.L. 25 marzo 1997 n. 67 Michele Gerardo* Sommario: 1. aspetti generali - 2. Disciplina normativa - 3. ratio dellart. 18 del d.l. 2 marzo 1997, n. 67 - 4. Natura giuridica della pretesa al rimborso delle spese e termini della sua azionabilit -5. Giurisdizione sulla pretesa al rimborso delle spese di lite -6. Natura giuridica ed ambito del giudizio di congruit del parere espresso dall'avvocatura dello Stato -7. Contesto nel quale germina la spesa che d diritto al rimborso - 8. Condizioni del diritto al rimborso: a) giudizio promosso nei confronti del (e non dal) dipendente pubblico, nel quale non parte lamministrazione di appartenenza - 9. (Segue) B) il titolare della pretesa deve avere la qualifica di dipendente di amministrazione statale - 10. (Segue) C) connessione dei fatti contestati con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali 11. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit - 12. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit: i) allesito di giudizio di responsabilit civile verso terzi - 13. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit: ii) allesito di giudizio di responsabilit penale - 14. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit: iii) allesito di giudizio di responsabilit amministrativa -15. (Segue) assenza di conflitto di interesse? -16. anticipazione del rimborso - 17. modalit di liquidazione. 1. aspetti generali. Il pubblico dipendente pu essere coinvolto in una controversia trovante causa nellesercizio delle funzioni svolte. Il dirigente del Comune, ad esempio, viene citato in giudizio per asseriti danni collegati alladozione di un provvedimento di esproprio. Il detto dirigente si difende in giudizio con un avvocato. (*) Avvocato dello Stato. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 Alla fine del giudizio lazione risulta infondata, con pronuncia di un provvedimento che esclude la responsabilit del dipendente. Intanto questi ha sopportato delle spese per la difesa in giudizio a mezzo di un difensore. Discorso analogo vale per un dipendente di un datore di lavoro privato. Si pone quindi un problema: le spese sopportate per la difesa in giudizio vanno ristorate dal Comune, dalla P.A. nel cui interesse stata prestata lattivit che ha occasionato la lite? A tale interrogativo, il sistema normativo o la specifica regolamentazione negoziale inter partes collettiva o individuale, spesso, rispondono con varie disposizioni puntuali dirette a sovvenire il dipendente per gli oneri difensivi. Ci sulla base del rilievo che la controversia stata occasionata dalle funzioni svolte. Le disposizioni puntuali prevedono, di solito, due modalit di sollievo. La P.A. provvede a: a) rimborsare le spese legali sopportate per la difesa a mezzo di avvocato nominato dal dipendente o, in alternativa, stipulare polizza assicurativa con la quale assicurare i propri dipendenti contro i rischi conseguenti all'espletamento dei loro compiti; b) mettere a disposizione un difensore, che agisce nella controversia nel- linteresse del dipendente. Disposizioni del genere sono numerose in varie tipologie di rapporto di pubblico impiego. In assenza di disposizioni puntuali dirette a rilevare il dipendente per gli oneri difensivi, si discute se esista un principio generale in virt del quale il datore di lavoro tenuto a manlevare il dipendente per i detti oneri. Parte della giurisprudenza risponde positivamente al quesito (1). Sintomatici del principio affermativo sarebbero le numerose disposizioni puntuali sulla materia - di contenuto, quindi ricognitivo e non innovativo - ed altres la regola civilistica generale di cui all'art. 1720, comma 2, c.c., dettata in tema (1) TAR Campania Napoli, Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 2055, per il quale -in una lite coinvolgente un dipendente della Polizia di Stato -anche prima dell'entrata in vigore della suddetta disposizione [ossia l'art. 18 del D.L. n. 67/1997] esisteva, tuttavia, un principio generale di rimborsabilit delle spese legali sopportate dal dipendente assolto da un qualsivoglia giudizio di responsabilit occorsogli per ragioni di servizio, anche in ossequio alla regola civilistica generale di cui all'art. 1720 comma 2 del cod. civ., [] quest'ultima disposizione declina e traduce, a sua volta, un principio generale del- l'ordinamento quale il divieto di locupletatio cum aliena iactura (cos Cons. St., Comm. Spec., 6 maggio 1996, n. 4); [] quest'ultimo principio era, peraltro, espresso da diverse disposizioni, in particolari settori del pubblico impiego (ad es. l'art. 41 del d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270 riguardante il personale del servizio sanitario nazionale; l'art. 19 del d.p.r. 16 ottobre 1979 n. 509 relativo al personale degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975 n. 70; l'art. 20 del d.p.r. 4 agosto 1990 n. 335 concernente il personale del comparto delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo), che prevedevano, in vario modo, l'assunzione da parte dell'amministrazione delle spese per il patrocinio legale del dipendente ovvero il loro rimborso, per cause connesse all'espletamento dei doveri d'ufficio. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA di rapporti fra mandante e mandatario (secondo la quale il mandatario ha diritto ad esigere dal mandante il risarcimento dei danni subiti a causa dell'incarico), e quella di cui allart. 2041 c.c. sul divieto di arricchimento senza causa. L'art. 18 avrebbe, quindi, la stessa ratio della regola civilistica generale di cui all'art. 1720, comma 2, c.c. in tema di rapporti tra mandante e mandatario, ossia quella di ripristinare la situazione di esposizione economica in cui viene a trovarsi il dipendente di una Pubblica amministrazione a causa di giudizi in cui lo stesso sia stato ingiustamente coinvolto per fatti o atti connessi con l'espletamento del servizio e nell'ambito dell'assolvimento di obblighi istituzionali. Diversamente dallindicato orientamento, deve ritenersi che, in assenza di disposizioni puntuali -normative o negoziali -dirette a rilevare il dipendente per gli oneri difensivi, nulla spetta a questo (2). Lunico rimedio per il ristoro dei detti oneri trova sede nel giudizio per responsabilit civile, penale e amministrativa, che occasiona le dette spese. ossia, ove il giudizio escluda la responsabilit del dipendente convenuto, il giudice nel rigettare la domanda giudiziaria, in applicazione delle regole sul governo delle spese (principio di soccombenza) condanner lattore al pagamento delle spese di giudizio. Vuol dirsi che il rimedio interamente endo- processuale, costituito dalla pronuncia accessoria (capo regolante il governo delle spese) rispetto a quella principale (capo regolante la responsabilit del dipendente evocata nella lite). Ci, beninteso, nei giudizi - come quello civile e contabile - che prevedano la regola della soccombenza. Allevidenza non invocabile il principio generale di cui allart. 1720, comma 2 c.c., atteso che il rapporto di pubblico impiego non riconducibile al contratto di mandato. Inoltre non vi identit tra la disciplina di cui allart. 18 e quella dellart. 1720 c.c.: l'adattamento alla funzione pubblica dell'amministrazione di un istituto tipico della sfera di cooperazione giuridica nei rapporti tra privati, qual il mandato, forzato; il che appare evidente se solo si consideri la radicale incompatibilit con la suddetta funzione pubblica, improntata ad autonomia e responsabilit anche politico -istituzionale, delle tipiche modalit di svolgimento del mandato privatistico. Si richiamano, tra laltro, gli obblighi del mandatario di attenersi alle direttive del mandante; di comunicargli le circostanze sopravvenute suscettibili di determinare la revoca o la modificazione dell'incarico; di presentare il rendiconto del proprio operato (3). Non invocabile altres lazione generale di arricchimento senza causa, per piana assenza dei presupposti dellazione. (2) In tal senso anche: M. gARgANo, rimborso spese legali a dipendenti ed amministratori di enti locali, tratto da M. MoRDeNTI, P. MoNeA, M. CRISTALLo, rapporto di lavoro e gestione del personale nelle regioni e negli Enti locali, III edizione, Maggioli, 2018. (3) In tal senso: Cass. civ., Sez. III, Sent., 25 settembre 2014, n. 20193. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 2. Disciplina normativa. Constatata lassenza di un principio generale in materia, si passa al- lesame di puntuali disposizioni normative regolanti il rimborso delle spese legali, con attenzione rivolta ai dipendenti di amministrazioni statali. Attuativa della fattispecie descritta alla lettera a) del paragrafo precedente lart. 18 - rubricato rimborso delle spese di patrocinio legale - del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, nella L. 23 maggio 1997, n. 135, che al primo comma recita: Le spese legali relative a giudizi per responsabilit civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilit, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilit. Peculiare la disciplina delle spese legali relative a giudizi per responsabilit amministrativa dinanzi alla Corte dei conti, ove levoluzione della normativa -art. 10-bis, comma 10, D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (4) ed art. 31, commi 1 e 2 del Codice di giustizia contabile, c.g.c. (D.L.vo 26 agosto 2016, n. 174) (5) -ha condotto, come si dir, alla estrapolazione della disciplina relativa contenuta nellart. 18 citato. Allesito della detta evoluzione deve ritenersi che, nei giudizi per responsabilit amministrativa, tra laltro, venuto meno il parere dellAvvocatura dello Stato secondo la disciplina dellart. 18 cit. (4) Lart. 10-bis, comma 10, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, come modificato dall'art. 17, comma 30-quinquies, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, ha interpretato il comma 1 dellart. 18 cit. (ed altres le disposizioni dell'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, a termini del quale in caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza) nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalit di cui all'articolo 91 del codice di procedura civile, non pu disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruit dell'avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all'amministrazione di appartenenza. (5) Lart. 31, commi 1 e 2, del Codice di giustizia contabile dispone: 1. il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. 2. Con la sentenza che esclude definitivamente la responsabilit amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalit, del dolo o della colpa grave, il giudice non pu disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione di appartenenza, l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA Attuativa della fattispecie descritta alla lettera b) del paragrafo precedente lart. 44 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 statuente L'avvocatura dello Stato assume la rappresentanza e la difesa degli impiegati e agenti delle amministrazioni dello Stato o delle amministrazioni o degli enti di cui all'art. 43 [amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato] nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio, qualora le amministrazioni o gli enti ne facciano richiesta, e l'avvocato generale dello Stato ne riconosca la opportunit. Nel riconoscere lopportunit della difesa, lAvvocato generale valuta la sussistenza delle condizioni per concedere il patrocinio; condizioni coincidenti - in sostanza - con quelle del rimborso delle spese legali ex art. 18 cit. e che di seguito si specificheranno. oltre alle fattispecie generali ora delineate vi sono altres discipline speciali, come ad esempio quella contenuta nellart. 32 L. 22 maggio 1975, n. 152, secondo cui: Nei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, la difesa pu essere assunta a richiesta dell'interessato dall'avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell'interessato medesimo. in questo secondo caso le spese di difesa sono a carico del ministero dell'interno salva rivalsa se vi responsabilit dell'imputato per fatto doloso. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano a favore di qualsiasi persona che, legalmente richiesta dall'appartenente alle forze di polizia, gli presti assistenza. La specialit della fattispecie consiste nel fatto che la manleva opera anche nei casi il dipendente sia responsabile, purch a titolo non doloso. Per il personale delle regioni e degli enti locali viene in rilievo lart. 28 (rubricato Patrocinio legale) del C.C.N.L. del 14 settembre 2000 del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali per il quale 1. L'ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilit civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumer a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. 2. in caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, lente ripeter dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio. 3. La disciplina del presente articolo non si applica ai dipendenti assicurati ai sensi dellart. 43, comma 1 (tale disposizione traspone lart. 67, comma 1 del D.P.R. 13 maggio 1987, n. 26; D.P.R. abrogato, a decorrere dal 6 giugno 2012, dall'art. 62, comma 1, e dalla tabella A allegata al D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35). RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 Per gli amministratori degli enti locali viene in rilievo altres lart. 86, comma 5, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui Gli enti locali di cui all'articolo 2 del presente testo unico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato. il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti: a) assenza di conflitto di interessi con l'ente amministrato; b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; c) assenza di dolo o colpa grave. Di seguito si esporr la disciplina del rimborso delle spese di patrocinio legale nei giudizi di responsabilit nei confronti di dipendenti pubblici ai sensi dellart. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67. 3. ratio dellart. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67. Lo scopo della norma quello di sollevare i funzionari pubblici dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento del servizio e tenere perci indenni i soggetti che abbiano agito in nome, per conto e nell'interesse dell'Amministrazione dalle spese legali sostenute per difendersi dalle accuse di responsabilit, poi rivelatesi infondate (6). Ci sul rilievo che la mera disciplina del governo delle spese con il principio di soccombenza, nei giudizi di responsabilit civile ed amministrativa, insufficiente allo scopo. Peraltro, il dipendente - beneficiario di statuizione di condanna della controparte soccombente nel giudizio di responsabilit al pagamento delle spese - potrebbe conseguire un ristoro solo parziale rispetto alle spese legali effettivamente sostenute con il proprio difensore di fiducia. Per i principi, tra il cliente e lavvocato si instaura un contratto dopera professionale oneroso nel quale il compenso viene liberamente negoziato tra le parti. Il rimborso delle spese statuito dal giudice, allesito del giudizio, in favore del vincitore della lite ha ad oggetto un quantum risultante da parametri normativi standard (7), che spesso non copre il compenso pattuito in favore del difensore (spese non liquidate dal giudice perch eccessive o superflue; pattuizione di compensi molto elevati; difesa congiunta di pi avvocati in cause di non speciali difficolt). Corollario di quanto detto: nellipotesi che (6) Ex plurimis: Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190; Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 2005 n. 913; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 23 marzo 2010 n. 1572. (7) D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense). CoNTRIbuTI DI DoTTRINA con la condanna dellattore nel giudizio di responsabilit civile, definito con rigetto delle pretese attoree, il dipendente convenuto veda ristorate in via integrale le spese sopportate per soddisfare il proprio difensore, nulla spetta a titolo di rimborso ex art. 18. Peraltro nel giudizio penale, ove rigettata lazione del pubblico ministero, non vi condanna dellattore pubblico alla rifusione delle spese in favore del- lindagato e/o imputato andato esente da responsabilit, sicch questultimo tenuto a sopportare lintegrale carico delle spese legali. prevista solo la condanna del querelante alla rifusione delle spese, oltre al risarcimento del danno, in favore dellimputato nel caso di sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione perch il fatto non sussiste o perch limputato non lha commesso. Ci nei reati perseguibili a querela della persona offesa (artt. 427 e 542 c.p.p.). Quella della condanna del querelante , allevidenza, una ipotesi marginale. La disciplina del governo nel giudizio penale peraltro asimmetrica. Difatti, nel caso di condanna penale dellimputato, la sentenza pone a carico del condannato il pagamento delle spese processuali (art. 535 c.p.p.). Atteso che lapplicazione del principio di soccombenza nel governo delle spese pu costituire una tecnica per rivalere, in tutto o in parte, il convenuto andato esente da responsabilit dalle spese sopportate per difendersi, intuitivamente la sopradescritta disciplina delle spese del processo penale contrasta con i principi costituzionali, quali il diritto inviolabile di difesa (art. 24, comma 2, Cost.) e quello alla parit delle armi (art. 111, comma 2, Cost.). 4. Natura giuridica della pretesa al rimborso delle spese e termini della sua azionabilit. La pretesa dell'impiegato dellAmministrazione dello Stato al rimborso delle spese legali sostenute per difendersi nel giudizio in cui stata esclusa la sua responsabilit ha la natura di diritto soggettivo, atteso che la stessa condizionata esclusivamente allaccertamento delle condizioni normativamente previste nellart. 18 cit., dal quale non risulta una sfera di discrezionalit in capo alla P.A. (8). Si precisa in giurisprudenza che la detta pretesa di interesse legittimo per quanto concerne il quantum (9). (8) Conf. Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1681 e Cons. Stato, Sez. VI, 2 agosto 2004, n. 5367. (9) In tal senso TAR Campania Napoli, Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 2055: La costante giurisprudenza ha affermato che la posizione dell'impiegato dello Stato che chiede il rimborso delle spese legali sostenute per difendersi in giudizio in cui stata esclusa la sua responsabilit di diritto soggettivo quanto all'an, dal momento che esse, per espressa disposizione di legge, "sono rimborsate all'impiegato stesso, mentre di interesse legittimo per quanto concerne il quantum, posto che l'art. 18 D.L. n. 67 del 1997 dispone che il rimborso avviene "nei limiti riconosciuti congrui dall'avvocatura dello Stato", risultando quindi il riconoscimento dell'ammontare del rimborso subordinato al discrezionale vaglio tecnico di congruit dell'avvocatura dello Stato, [] (cfr. T.a.r. Lazio, roma, sez. i, 4 luglio 2011, n. 5836). RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 Venendo in rilievo un diritto soggettivo il termine entro cui farlo valere, per i principi generali ex art. 2934 c.c., ha natura prescrizionale. Viene in rilievo un diritto una tantum (non riconducibile alla fattispecie della prescrizione breve ex art. 2948, n. 4 c.c.) ed il termine di prescrizione quello ordinario ex art. 2946 c.c. (10). Di conseguenza la domanda per il riconoscimento del diritto al rimborso delle spese legali sostenute per difendersi in giudizio pu essere proposta nei termini di prescrizione decennale con azione di accertamento e di condanna (11). 5. Giurisdizione sulla pretesa al rimborso delle spese di lite. Le pretese al rimborso delle spese legali sostenute a causa di fatti connessi allo svolgimento di pubbliche funzioni vengono esercitate da persone legate alla Pubblica Amministrazione da un rapporto di pubblico impiego. Il detto rapporto costituisce il necessario presupposto della situazione soggettiva dedotta in giudizio, sicch la giurisdizione spetta al giudice competente ex art. 63 D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165 in via esclusiva nelle controversie di pubblico impiego, vale a dire al giudice ordinario in funzione del giudice del lavoro (12), tranne che nelle materie escluse dalla detta giurisdizione, ossia i rapporti riconducibili allart. 3 del D.L.vo 30 marzo 2001, n.165 nei quali la cognizione della controversia spetta al giudice amministrativo (13). Nel caso di pretese al rimborso di spese legali sostenute a causa di fatti connessi allo svolgimento di pubbliche funzioni da persone legate alla P.A. da un rapporto onorario, la giurisdizione deve essere ripartita in base alle norme del diritto comune, ossia attribuendo al giudice ordinario le liti su diritti soggettivi ed al giudice amministrativo quelle su interessi legittimi (14). Di con (10) Sulla prescrizione ordinaria: M. geRARDo, A. MuTAReLLI, Prescrizione e decadenza nel diritto civile, giappichelli, 2015, pp. 243-268. (11) Conf. TAR Campania Napoli, Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 2055 (lite coinvolgente un dipendente della Polizia di Stato), il quale precisa che il ricorso che contesti l'ammontare della somma riconosciuta va proposto - nei casi in cui la giurisdizione spetti al giudice amministrativo - nel termine di decadenza nell'ambito del giudizio di legittimit, impedendo il testo dell'art. 18 citato al giudice amministrativo una determinazione diretta dell'ammontare del relativo credito del dipendente. Quanto precisato dal giudice amministrativo non si ritiene condivisibile, in quanto involgente un aspetto non pertinente. (12) Conf. Cass. civ., Sez. unite, 13 gennaio 2006, n. 478. In dottrina: M. geRARDo, A. MuTA- ReLLI, il processo nelle controversie di lavoro pubblico, giuffr, 2012, p. 48. (13) Conf. TAR Abruzzo Pescara, 5 maggio 2014, n. 210 (militari); TAR Campania Napoli, Sez. VI, 22 novembre 2011, n. 5450 (dipendente della Polizia di Stato). (14) Conf. Cass. civ., Sez. unite, 13 gennaio 2006, n. 478; nel caso allesame del giudice di legittimit la pretesa viene esercitata in giudizio dall'assessore e vicesindaco di un Comune ossia da persona fisica che presta la propria opera per conto dell'ente pubblico non a titolo di lavoro subordinato (come il pubblico impiegato) bens quale rappresentante politico ossia a titolo onorario. Si enuncia testualmente che, per quanto riguarda i funzionari onorari del Comune, in mancanza di una disposizione specifica che regoli i rapporti patrimoniali con l'ente rappresentato, la pretesa di rimborso delle spese CoNTRIbuTI DI DoTTRINA seguenza, venendo in rilievo un diritto soggettivo, la cognizione della lite spetta al giudice ordinario. 6. Natura giuridica ed ambito del giudizio di congruit del parere espresso dall'avvocatura dello Stato. Ai sensi dellart. 18 cit. le spese de qua sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'avvocatura dello Stato. La funzione consultiva dellAvvocatura dello Stato, come regola generale, facoltativa e, in casi specifici, obbligatoria (art. 13 R.D. n. 1611/1933) (15). ossia lamministrazione ausiliata ha facolt di chiedere un parere e, in dati casi (es. atti di transazione), ha lobbligo di richiederlo. In ambedue i casi: -il parere deve essere reso entro venti giorni dalla richiesta (art. 16 L. 7 agosto 1990, n. 241); -il parere non vincolante, perch lamministrazione comunque libera di disattenderli, assumendone la responsabilit e fornendo una adeguata giustificazione del dissenso (16). Nel caso in esame, lAvvocatura dello Stato chiamata, nel procedimento liquidatorio, nellesercizio della funzione consultiva a rendere un parere non solo obbligatorio, ma anche vincolante. gli elementi di fatto del parere sono costituiti dalle prestazioni defensionali, dalle quali germina il diritto a spese ed onorari. gli elementi di diritto sono costituiti dai parametri del compenso contenuti nelle Tariffe in materia. Il parere connotato da -utilizzando una categoria propria del provvedimento amministrativo - discrezionalit tecnica, venendo in rilievo non un mero accertamento, bens un giudizio su fatti suscettibili di diversificata valutazione. Il giudizio di congruit espresso dall'Avvocatura dello Stato riveste una natura tipicamente tecnico-discrezionale, sicch non pu essere sindacato in sede di scrutinio di legittimit se non per errori di fatto percepibili ictu oculi processuali non pu che essere esercitata, ammesso che esista una lacuna normativa ai sensi dell'art. 12 disp. prel. cod. civ., comma 2, in base ad una disposizione di legge da applicare in via analogica e non pu che assumere la consistenza del diritto soggettivo perfetto: il Consiglio di Stato ha assimilato sindaco ed assessori al mandatario, riconducendo cos, ma solo in via di astratta ipotesi, la pretesa in questione all'art. 1720 cod. civ. (Cons. Stato, Sez. 5^, 14 aprile 2000 n. 2242; Sez. 3^, parere 16 marzo 2004 n. 792). Su tali aspetti: M. geRARDo, A. MuTAReLLI, il processo nelle controversie di lavoro pubblico, cit., pp. 49-51. (15) Su tali aspetti larticolo (senza indicazione dellautore) La funzione consultiva dellavvocatura dello Stato in rassegna dellavvocatura dello Stato, 1948, nn. 11-12, pp. 1-7; AA.VV., Lavvocatura dello Stato. Studio storico giuridico per le celebrazioni del centenario, Istituto Poligrafico dello Stato, 1976, pp. 457-465. (16) Cos: V. CeSARoNI, voce avvocatura dello Stato, in il diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, II volume, 2007, p. 312. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA vuto al dipendente, non a quella del compenso dovuto dalla parte al difensore (21). esclusa, quindi, la coincidenza tra il diritto al rimborso delle spese legali con quanto effettivamente pagato dal dipendente, trattandosi di un diritto da soddisfare e liquidare nei termini riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato in base all'utilizzo di precisi criteri di congruit, che garantiscono contestualmente il rispetto dei valori costituzionali dell'affidamento, della ragionevolezza e della tutela effettiva dei diritti, adeguatamente bilanciandolo con l'esigenza di contenimento della spesa (22). 7. Contesto nel quale germina la spesa che d diritto al rimborso. Il rimborso ai pubblici dipendenti delle spese legali effettivamente sostenute dovuto, secondo il chiaro testo dellart. 18 cit. nei giudizi per responsabilit civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali. esclusa, quindi, la possibilit di una interpretazione analogica della suddetta norma, che possa portare al riconoscimento del diritto al rimborso delle spese legali al di l dei giudizi pendenti innanzi a un giudice (23). A tale stregua non spetta il rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente per la difesa nell'ambito di procedimento disciplinare promosso a suo carico, atteso che in base all'art. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, applicabile ratione materiae, il diritto al rimborso limitato alle spese sostenute in giudizi per responsabilit civile, penale e amministrativa, mentre il procedimento disciplinare ha natura non giurisdizionale (24). 8. Condizioni del diritto al rimborso: a) giudizio promosso nei confronti del (e non dal) dipendente pubblico, nel quale non parte lamministrazione di appartenenza. Il dipendente deve essere convenuto in giudizio e non, invece essere attore, come si evince dal dato testuale della norma, che descrive un procedimento nei confronti di un dipendente. A tale stregua ove il dipendente - a fronte di una pretesa stragiudiziale di un asserito danneggiato ex art. 2043 c.c. (diverso dalla amministrazione di appartenenza) -instauri un giudizio di mero (21) Conf. Cons. Stato, Sez. III, 26 aprile 2017, n. 1925. (22) Su tali aspetti il parere prot. n. 59779 del 9 febbraio 2016 del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2016, 1, pp. 211-217. (23) opinione pacifica in giurisprudenza. Ex plurimis: Cass. civ., Sez. lav., 24 novembre 2008, n. 27871; Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1681; TAR Lazio Latina, 19 maggio 2009, n. 486. (24) Conf. TAR Piemonte Torino, Sez. I, Sent., 25 marzo 2011, n. 276; TAR emilia-Romagna bologna, Sez. II, Sent., 26 febbraio 2010, n. 1676. Sulla problematica: R. SQuegLIA, Non rimborsabilita' delle spese legali sostenute in relazione al procedimento disciplinare: riflessioni de jure condendo, in Lavoro nella Giur., 2011, 12, 1250. La Corte costituzionale (sentenza 4 dicembre 1998, n. 394) ha condivisibilmente - escluso la natura giurisdizionale del procedimento disciplinare. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 accertamento negativo che si concluda con laccertamento dellassenza di responsabilit, nulla potr pretendere a titolo di rimborso delle spese di lite. La disposizione in esame, ragionevolmente, sovviene il dipendente a fronte di un pregiudizio certo (essere convenuto, contro la propria volont, in un giudizio), ma non anche nellipotesi di un pregiudizio eventuale. Lart. 18 non applicabile nel caso in cui la disciplina delle spese legali costituisce una statuizione giurisdizionale, allesito di un giudizio tra il dipendente e lamministrazione di appartenenza. Difatti, nei giudizi tra l'Amministrazione statale e il proprio dipendente, involgenti aspetti di responsabilit di questultimo, la disciplina e la regolamentazione delle relative spese legali data per intero nel sistema processuale del governo delle spese di lite, con la regola della soccombenza (art. 91 c.p.c., art. 31 c.g.c.). onde, sar il giudice a decidere se e in quale misura le spese legali vadano rimborsate dall'Amministrazione al proprio dipendente (25). 9. (Segue) B) il titolare della pretesa deve avere la qualifica di dipendente di amministrazione statale. Circa l'esatta estensione del requisito di dipendente di Amministrazione statale, necessario per godere del diritto al rimborso delle spese legali ex art. 18, si osserva che l'interpretazione letterale del citato art. 18 ed altres gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica espressi dall'art. 20, comma 2, dello stesso D.L. n. 67/1997 indurrebbero a ritenere ricompreso nel concetto di dipendente di amministrazione statale esclusivamente il personale che abbia stipulato un contratto di lavoro dipendente con la P.A. Linterpretazione sistematica della disposizione conduce, invece, ad una interpretazione estensiva, ossia che il titolare del diritto al rimborso , oltre a colui che dipendente (rectius: titolare di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o a tempo determinato), anche chi agisce nellinteresse, per conto dello Stato (rectius: titolare di un rapporto di lavoro autonomo e/o parasubordinato, come un rapporto onorario). Nellindicato senso militano, come detto, ragioni sistematiche. A tal fine notevole rilievo euristico riveste il disposto del sopracitato art. 44 del R.D. n. 1611/1933, che nellindividuare - tra le risorse umane delle Amministrazioni dello Stato - i beneficiari della difesa diretta nei giudizi civili e penali che li coinvolgano per fatti e cause di servizio, si riferisce agli impiegati e agenti. Si utilizza, quindi, una nozione lata: chiunque collabora con la P.A. orbene, come visto nel paragrafo 1, la difesa diretta dellAvvocatura dello Stato ex art. 44 cit., costituisce una delle due modalit (laltra il ristoro delle spese di lite sopportate con un avvocato privato) con le quali lordinamento (25) Conf. il parere del 12 aprile 2005, n. 50308 del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2005, 1, p. 301. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA giuridico italiano sovviene la risorsa umana statale ingiustamente coinvolta in un giudizio per fatti di servizio. Vengono in rilievo modalit alternative, reversibili, fungibili, sicch non pu non essere identico lambito di operativit dei beneficiari. Alla stregua di quanto evidenziato il rimborso delle spese legali sostenute spetta non solo a chi pubblico dipendente, ma anche ad un pubblico funzionario onorario. riconoscibile il rimborso, quindi, tra gli altri, al componente di Commissione di collaudo in corso d'opera (26) e ad un Ministro (27), titolari di un rapporto di lavoro onorario. Non spetta, invece, il rimborso spese legali ex art. 18 D.L. n. 67/1997 -per lesercizio di funzioni parlamentari, quali le opinioni espresse ai sensi dellart. 68 Cost. Ci in quanto la ratio della normativa in esame indirizzata alla tutela dei pubblici dipendenti e dei funzionari dellAmministrazione -cui pu assimilarsi, a talune condizioni, la posizione degli organi di vertice -purch nellesercizio di funzioni afferenti al potere esecutivo, ma non riguarda la posizione dei membri del Parlamento, che esercitano un diverso potere dello Stato (28); -al personale delle universit degli Studi, atteso il testuale riferimento della previsione normativa di cui all'art. 18 d.l. n. 67 del 1997 ai dipendenti statali. Tale riferimento esclude, pertanto, la possibilit di estendere in via analogica il rimborso delle spese legali a soggetti legati da un rapporto professionale con un soggetto pubblico dotato ormai pacificamente di autonomia rispetto allo Stato, quale va considerata l'universit alla stregua del vigente ordinamento (29). (26) Conf.: il parere del 25 ottobre 2011 prot. 335080 del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2011, 4, pp. 264-265, secondo cui ҏ ben possibile che il richiamato art. 18, nella parte in cui si riferisce a dipendenti di amministrazioni statali, sia oggetto di interpretazione estensiva, soprattutto ove letto in combinato disposto con gli artt. 43 e 44 del noto r.d. 1611/1933 (cfr. il parere reso nell'affare CS 47936/07, su conforme avviso del Comitato consultivo). (27) Conf.: il parere del 18 dicembre 2006, n. 145248 del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2006, 4, pp. 257-260, il quale rileva che la giurisprudenza da tempo orientata nel senso della estensione alle persone investite di [] incarico nel Governo nazionale lapplicabilit delle disposizioni di legge (statale o regionale) e di contratto collettivo le quali riconoscono ai sottoordinati dipendenti il ristoro delle spese per il patrocinio legale, ovviamente purch ricorrano tutti i presupposti oggettivi richiesti da dette disposizioni (cfr. tra altre, Corte conti, sez. reg. controllo Lazio, delibera n. 14/c del 2004, Corte conti, sez. riunite, 5 aprile 1991 n. 707, Cass., i, 13 dicembre 2000 n. 15724) (nel caso di specie veniva in rilievo la riconoscibilit in capo ad un ex Ministro). (28) In tal senso il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato parere del 6 ottobre 2014 410058, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2014, 3, pp. 228-231. (29) Conf.: TAR Liguria, Sez. I, 24 giugno 2002, n. 709. Contra: TAR Sicilia Palermo, Sez. I, 10 dicembre 2007, n. 3348. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 10. (Segue) C) connessione dei fatti contestati con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali. La connessione dei fatti con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali va intesa nel senso che tali atti e fatti devono essere riconducibili all'attivit funzionale del dipendente stesso in un rapporto di stretta dipendenza con l'adempimento dei propri obblighi, dovendo trattarsi di attivit che necessariamente si ricollegano all'esercizio diligente della pubblica funzione, nonch occorre che vi sia un nesso di strumentalit tra l'adempimento del dovere e il compimento dell'atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel determinato atto o condotta. Non pu, invece, darsi rilevanza ad una connessione con il fatto di reato di tipo soggettivo ed indiretto in quanto lo spazio di applicazione della tutela legale si dilaterebbe eccessivamente, ben oltre i confini segnati dal predetto art. 18 (30). Il giudizio di connessione tra la condotta attribuita al dipendente e l'assolvimento, da parte sua, dei compiti istituzionali, va effettuato in concreto, facendo riferimento al giudizio di fatto formulato dall'organo giudicante che ha emanato il provvedimento conclusivo del giudizio (31). 11. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit. Lart. 18 inequivoco nell'affermare che il rimborso delle spese legali subordinato alla pronuncia di una sentenza o di un provvedimento che "escluda" la responsabilit del dipendente. Ne consegue che, non qualsiasi esito processuale distinto dal riconoscimento della assenza di responsabilit consente la rimborsabilit delle spese legali, ma solo quello implicante il riconoscimento nel merito dell'infondatezza dell'ipotesi accusatoria (32). Inidonea sarebbe, quindi, una sentenza di mero rito (come si esporr di seguito) o una ordinanza dichiarativa della estinzione del giudizio per rinuncia agli atti o per inattivit. La sentenza o il provvedimento devono essere adottati allesito di un procedimento implicante una data responsabilit del dipendente, nel quale -come detto sopra alla lettera A) - non parte lAmministrazione di appartenenza. La sentenza o il provvedimento, inoltre, devono essere connotati da stabilit, ossia non pi impugnabili secondo il loro particolare regime giuridico. una sentenza caducabile, provvisoria, ancora suscettibile di impugnazione ordinaria non idonea allo scopo di conseguire un rimborso. Ci per concorrenti ragioni: (30) Cons. Stato, Sez. III, 10 dicembre 2013, n. 5919. (31) TAR Lazio Latina, Sez. I, 12 marzo 2014, n. 195. (32) TAR Toscana Firenze, Sez. I, 20 giugno 2013, n. 982. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA -ratio della norma, che quella di sovvenire il dipendente allorch sia stata esclusa la sua responsabilit. Ma la detta responsabilit non esclusa se la sentenza, accertante provvisoriamente lassenza di responsabilit, pu essere rimessa in gioco allesito di impugnazioni; -per i principi generali, lefficacia di accertamento della sentenza -quale nel caso di specie laccertamento della esclusione della responsabilit - collegata alla maturazione del giudicato, della incontrovertibilit (art. 2909 c.c.); -la specifica disciplina sullacconto del rimborso (art. 18, comma 1, ultimo periodo D.L. n. 67/1997: Le amministrazioni interessate, sentita l'avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilit) evidenzia che la definitivit del diritto collegata alla pronuncia della sentenza passata in giudicato. Sicch, ad esempio, ove il giudizio si estingue lanticipazione del rimborso andr restituito. In ordine alla maturazione della stabilit della sentenza o del provvedimento si osserva quanto segue. Nellipotesi di sentenza del giudice civile o contabile la stabilit si consegue con il giudicato, che matura allorch la sentenza non pi soggetta a mezzi di impugnazione ordinaria (art. 324 c.p.c.; art. 177 c.g.c.). Nellipotesi di provvedimento di archiviazione del giudice delle indagini preliminari, la stabilit si consegue quando lo stesso non pi soggetto a reclamo ex art. 410-bis c.p.p. Nel caso di sentenza di non luogo a procedere del giudice delludienza preliminare, la stabilit si consegue quando la stessa non pi soggetta ad appello ex art. 428 c.p.p. Infine, una volta pronunciata la sentenza in giudizio penale la stabilit si consegue con la irrevocabilit, che matura allorch la stessa non pi soggetta a mezzi di impugnazione diversi dalla revisione (art. 649 c.p.p.). Per i principi generali, l'inosservanza delle obbligazioni assunte con la stipulazione del contratto di lavoro comporta le conseguenze, rectius: le responsabilit normativamente stabilite. A seconda della natura degli interessi coinvolti saranno configurabili varie specie di responsabilit: civile, penale, amministrativa e - ove il dipendente abbia la qualifica di dirigente - manageriale. Responsabilit, questultima, disciplinata nellart. 21 D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165. La responsabilit dirigenziale o manageriale, collegata al mancato raggiungimento degli obiettivi o allinosservanza di direttive e non richiede la colpa. Nel caso in cui il dirigente impugni le determinazioni dellAmministrazione con le quali viene fatta valere la responsabilit manageriale (mancato rinnovo dellincarico dirigenziale, revoca dellincarico, recesso dal rapporto di lavoro), non applicabile il precetto dellart. 18 in esame, atteso che sar la sentenza definitoria del procedimento - nel contraddittorio con lAmministrazione di appartenenza - a regolare il rimborso delle spese di RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 lite, in applicazione dellart. 91 c.p.c., o art. 26 D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104, Codice del processo amministrativo (in questultima ipotesi, ove la controversia afferisca alle speciali materie ex art. 3 D.L.vo n. 165/2001). 12. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit: i) allesito di giudizio di responsabilit civile verso terzi. Il dipendente risponde ex art. 2043 c.c. dei danni ingiusti conseguenza di qualunque fatto doloso o colposo nell'esercizio delle incombenze connesse alla carica, arrecati a terzi, ossia a soggetti diversi dallente di appartenenza. Ci in conformit ai principi generali adattati con le disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato in materia di responsabilit verso i terzi di cui agli artt. 22-23 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in forza delle quali danno ingiusto, agli effetti previsti dall'art. 22, quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l'impiegato abbia commesso per dolo o per colpa grave (33). restano salve le responsabilit pi gravi previste dalle leggi vigenti (art. 23, comma 1, d.P.R. n. 3/1957). Di conseguenza il dipendente responsabile civilmente verso terzi a titolo di dolo o colpa grave (ma non lieve). La cognizione della lite in materia di responsabilit civile verso terzi spetta all'Autorit giudiziaria ordinaria. Il danneggiato pu agire, oltrech nei confronti del dipendente responsabile, anche nei confronti dell'ente di appartenenza, alla luce della relazione di immedesimazione organica tra il primo ed il secondo (art. 28 Costituzione; art. 2049 cc.). La P.A. risponde per dolo o colpa anche lieve. Allevidenza il diritto al rimborso invocabile allorch il giudizio di responsabilit civile verso terzi si conclude con sentenza di rigetto nel merito dellazione di responsabilit. Non spetta il diritto al rimborso nellipotesi che il giudizio si concluda con sentenza definitiva dichiarativa di una questione pregiudiziale di rito (sui presupposti processuali (34), sulle condizioni dellazione (35), su nullit processuali) o su un questione preliminare di merito (prescrizione o sullammissibilit dellintervento). (33) La colpa grave consiste nella violazione della diligenza minima (mentre integra la colpa lieve la violazione della ordinaria diligenza): C.M. bIANCA, Diritto Civile, vol. V, II edizione, giuffr, 2012, p. 582. La diligenza consiste nellimpiego normalmente adeguato di energie e dei mezzi utili al soddisfacimento dellinteresse del creditore (C.M. bIANCA, Diritto civile, vol. V, cit., p. 8). La colpa grave esclude la volontariet, ma non si esaurisce solo -come la colpa c.d. lieve -nella negligenza, imprudenza o imperizia, dovendo le stesse esser elevate, macroscopiche. Si deve trattare, insomma, di violazioni grossolane del dovere di diligenza, di prudenza e perizia (non intelligere quod omnes intelligunt). (34) Quali la giurisdizione, la competenza, la capacit processuale e la capacit di stare in giudizio. I presupposti processuali sono quei requisiti che devono esistere prima della proposizione della domanda giudiziaria, affinch il processo possa definirsi con una pronuncia sul merito. Su tali aspetti, ex plurimis: C. MANDRIoLI, A. CARRATTA, Diritto processuale civile, I, XXV edizione, giappichelli,2016, pp. 41-45. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA 13. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit: ii) allesito di giudizio di responsabilit penale. Il dipendente nell'esercizio delle incombenze connesse alla carica pu violare norme penali e, pertanto essere sottoposto a procedimento penale. In specie, ove rivesta la qualit di pubblico ufficiale, secondo la nozione di cui all'art. 357 c.p. (36) la trasgressione dei doveri inerenti alla carica pu determinare, l'incriminazione per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (artt. 314 - 335 c.p.), tra i quali il peculato (artt. 314 e 316 c.p.), la concussione (art. 317 c.p.), la corruzione (artt. 318 - 322 c.p.), labuso d'ufficio (art. 323 c.p.), il rifiuto di atti d'ufficio e lomissione (art. 328 c.p.). In ordine al diritto al rimborso nel giudizio penale va fatta una precisazione in relazione alle fasi del procedimento ed al contenuto del provvedimento definitorio dello stesso. Allevidenza un provvedimento che pronunci sul merito dellazione penale (e nel senso di escludere la responsabilit penale) costituisce idonea condizione del diritto, laddove un provvedimento che non pronunci sul merito (su una condizione di procedibilit, sul rito, sulla prescrizione), ossia un provvedimento meramente processuale, non utile allo scopo. a) definizione del procedimento penale nella fase delle indagini preliminari. ove non venga presentata la richiesta di rinvio a giudizio, con la prosecuzione del procedimento dinanzi al giudice delludienza preliminare, le indagini preliminari si concludono con il provvedimento di archiviazione del g.I.P. su richiesta del P.M.. Il diritto al rimborso dipende dal contenuto del provvedimento di archiviazione. Il provvedimento di archiviazione per infondatezza della notizia di reato (artt. 408-410 c.p.p.) (37) o perch il fatto non previsto dalla legge come reato (411 c.p.p.) (38) costituisce titolo del diritto al rimborso. Invece, il provvedimento di archiviazione ex art. 411 c.p.p. per mancanza (35) Quali la legittimazione ad agire e linteresse ad agire. Le condizioni dellazione sono quei requisiti intrinseci della domanda giudiziaria affinch il processo possa definirsi con una pronuncia sul merito. Su tali aspetti, ex plurimis: C. MANDRIoLI, A. CARRATTA, Diritto processuale civile, I, cit., pp. 49-51. (36) ossia di soggetto che esercita una pubblica funzione amministrativa, caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione delle volont della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. Su tali aspetti: g. FIANDACA, e. MuSCo, Diritto Penale, Parte speciale, vol. 1, Zanichelli editore, III edizione, 2002, pp. 170 e ss. (37) Larchiviazione per infondatezza della notizia di reato viene disposta quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere laccusa in giudizio (art. 125 disp. att. c.p.p.). (38) Ricorre tale formula allorch laccusa non corrisponda ad alcuna fattispecie legale (ad esempio per essere intervenuta una abolitio criminis): g. CoNSo, V. gReVI, M. bARgIS, Compendio di procedura penale, VI edizione, CeDAM, 2012, p. 845. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 di una condizione di procedibilit (39), perch la persona sottoposta alle indagini non punibile ai sensi dell'articolo 131-bis c.p. per particolare tenuit del fatto (40), perch il reato estinto (41), non costituisce titolo del diritto al rimborso. Nella ipotesi che vengano ex art. 414 c.p.p. riaperte le indagini e venga accertata la responsabilit dellindagato, lAmm.ne -intuitivamente -potr chiedere il rimborso delle somme erogate. b) definizione del procedimento penale nella fase della udienza preliminare. ove non venga pronunciato il decreto che dispone il giudizio, con la prosecuzione del procedimento dinanzi al giudice del dibattimento, liter processuale si chiude con la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. secondo cui: 1. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo. [] 3. il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio. []. Non spetta il rimborso nellipotesi di sentenza di non luogo a procedere per mancanza di una condizione di procedibilit (l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita). Viene in rilievo una pronuncia (39) Le condizioni di procedibilit sono costituite da fatti giuridici - elementi materiali o manifestazioni di volont - la cui realizzazione influisce sull'attivazione del processo penale ovvero sulla sua prosecuzione. Costituiscono condizioni di procedibilit tipiche: la querela, listanza, la richiesta e lautorizzazione a procedere (artt. 336-346 c.p.p.). In dottrina: g. CoNSo, V. gReVI, M. bARgIS, Compendio di procedura penale, cit., pp. 517-528. (40) Il primo comma dellart. 131 bis c.p. recita Nei reati per i quali prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilit esclusa quando, per le modalit della condotta e per l'esiguit del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa di particolare tenuit e il comportamento risulta non abituale. La non punibilit per particolare tenuit del fatto integra una causa di non punibilit, nella quale pur a fronte di un fatto di reato, antigiuridico e colpevole, si consente al giudice, per la sua scarsa rilevanza offensiva, di escludere la punibilit del soggetto agente. Su tali aspetti: A. MARANDoLA, Particolare tenuit del fatto (dir. proc. pen.), in Digesto (Penale), 2016. (41) Le cause di estinzione del reato incidono sulla punibilit in astratto, estinguendo la potest statale di applicare la pena minacciata ed operano antecedentemente allintervento di una sentenza definitiva di condanna. La dichiarazione della causa di estinzione del reato non esclude la responsabilit dellimputato (arg. ex art. 129, comma 2, c.p.p. ed art. 198 c.p.). Costituiscono cause di estinzione del reato: la morte del reo; la remissione della querela; l'amnistia propria; la prescrizione; l'oblazione; la sospensione condizionale della pena; il perdono giudiziale per i minorenni; la sentenza di patteggiamento e la messa alla prova per l'imputato minorenne. In dottrina: g. FIANDACA, e. MuSCo, Diritto penale. Parte generale, IV edizione, Zanichelli, 2004, pp. 754-756. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA di natura meramente processuale, essendo precluso al giudicante, per difetto del presupposto per l'esercizio dell'azione penale, la verifica della fondatezza o meno del reato contestato (42). Analogo discorso vale - per le sentenza dichiarativa della estinzione il reato -per la sentenza dichiarativa di qualsiasi causa di non punibilit dellimputato (43). Spetta il rimborso nellipotesi di sentenza di non luogo a procedere perch il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non previsto dalla legge come reato o che il fatto non costituisce reato (44). Spetta il rimborso delle spese legali a fronte di sentenze penali di non luogo a procedere emesse ex art. 425, comma 3, del c.p.p. (quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio) dal giudice delludienza preliminare. Anche in questa evenienza viene in rilievo una sentenza che esclude la responsabilit dellimputato. La norma in parola deve necessariamente essere interpretata ed applicata alla luce dellart. 27, secondo comma, della Costituzione, in virt del quale limputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Secondo il condivisibile orientamento del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato La presunzione di innocenza si riverbera dunque sul significato e valore da attribuire alla decisione di non doversi procedere ex art. 425, comma 3; poich o si innocenti o colpevoli (dopo la condanna definitiva), la circostanza che venga meno la pendenza di un giudizio penale poich non vi sono elementi idonei a sostenere laccusa in giudizio non pu che determinare la conseguenza che il prosciolto debba essere considerato innocente, il che significa che tale decisione idonea ad escludere la responsabilit dellagente concretandosi, cos, il presupposto richiesto dallart. 18 D.L. 67/97 per la concessione del rimborso delle spese legali (45). Nella ipotesi che ex art. 434 c.p.p. venga revocata la sentenza di non luogo a procedere e venga accertata la responsabilit dellimputato, lAmm.ne potr chiedere il rimborso delle somme erogate. (42) In termini: parere del 22 marzo 2001 n. 38467 del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2002, 1, p. 292 (nel caso di specie veniva in rilievo la mancanza di querela). (43) Le cause di non punibilit sono quelle che escludono la punibilit dellimputato fin dallorigine. Sono tali: le immunit di diritto pubblico interno, le immunit di diritto internazionale e la qualit di congiunto del soggetto attivo rispetto alla vittima nei delitti contro il patrimonio (art. 649 c.p.). Tutte le cause personali di non punibilit non escludono la illiceit del fatto commesso. Su tali aspetti: F. PA- LAZZo, Corso di diritto penale, VI edizione, giappichelli, 2016, pp. 616-617. (44) Ricorre la formula del fatto che non costituisce reato quando il fatto stesso sussiste ed stato commesso dallimputato, ma manca uno degli elementi della fattispecie (come l'elemento psicologico), ovvero risulta presente una causa di giustificazione: g. CoNSo, V. gReVI, M. bARgIS, Compendio di procedura penale, cit., p. 845. (45) Parere del 12 ottobre 2010 prot. 311287, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2010, 4, pp. 176-181. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 c) definizione del procedimento penale nella fase del dibattimento. ove non venga pronunciata la sentenza di condanna, il dibattimento si chiude con la sentenza di proscioglimento con le seguenti specificazioni: -di non doversi procedere ex art. 529 c.p.p. (1. Se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere indicandone la causa nel dispositivo. 2. il giudice provvede nello stesso modo quando la prova dell'esistenza di una condizione di procedibilit insufficiente o contraddittoria); -di assoluzione ex art. 530 c.p.p. (1. Se il fatto non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non previsto dalla legge come reato ovvero se il reato stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo. 2. il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, insufficiente o contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato stato commesso da persona imputabile. 3. Se vi la prova che il fatto stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilit ovvero vi dubbio sull'esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1. []); -di estinzione del reato ex art. 531 c.p.p. (1. Salvo quanto disposto dal- l'articolo 129 comma 2, il giudice, se il reato estinto, pronuncia sentenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo. 2. il giudice provvede nello stesso modo quando vi dubbio sull'esistenza di una causa di estinzione del reato). Spetta il rimborso nellipotesi di sentenza di proscioglimento per motivi di merito, ossia perch: - il fatto non sussiste; - l'imputato non lo ha commesso; - il fatto non costituisce reato (46); - il fatto non previsto dalla legge come reato; - il reato stato commesso da persona non imputabile (47). (46) Conf.: TAR Puglia bari, 18 marzo 2004, n. 1390, la quale precisa che nel caso di specie ci si trovi in presenza di una condotta del soggetto che il giudice ha ritenuto indifferente allordinamento penale; per la quale ipotesi, lo stesso art. 43 c.p. esclude categoricamente la sussistenza del dolo e/o della colpa. La mancanza dellelemento psicologico, confermata dalla circostanza che non pi prevista nel nostro ordinamento la formula dubitativa, inducono a concludere nel senso che lart. 530 c.p.p. contempli unipotesi di assoluzione piena. Tale assoluzione, invero, non esclude la rilevanza del fatto (esistente nella sua materialit) ad altri fini (disciplinari o civili o amministrativi). Ci che conta, per, che la sentenza, incidendo risolutivamente sulla persistenza del rapporto processuale, riconosce linesistenza del rilievo penale della condotta dunque lassenza di profili di responsabilit penale; cos rimuovendo gli ostacoli che precludono laccesso al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente a causa del particolare, specifico giudizio al quale, egli, non aveva dato impulso processuale. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA Non spetta il rimborso nellipotesi di sentenza di proscioglimento per motivi di rito, ossia: - per mancanza delle condizioni di procedibilit e di proseguibilit; - perch il reato stato commesso da persona non punibile; - perch il reato estinto (48). Spetta il rimborso delle spese legali richiesto da dipendenti di Amministrazioni statali ex art. 18 D.L. n. 67 del 1997 a fronte di sentenze penali di assoluzione con formula ai sensi dellart. 530, comma 2, c.p.p. (quando manca, insufficiente o contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che limputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato stato commesso da persona imputabile). Difatti, lipotesi assolutoria di cui al secondo comma, come quella del primo comma, esclude ogni responsabilit agli effetti penali, in esito a giudizio valutativo e di graduazione delle prove assunte, nel loro concorso, in negativo o in positivo, a qualificare la responsabilit dell'imputato (49). Analogo rilievo vale per lipotesi assolutoria di cui al terzo comma dellart. 530 c.p.p. relativa al fatto commesso in presenza di una causa di giustificazione. Sul punto vale quanto sopra argomentato a proposito della analoga formula della sentenza di non luogo a procedere emessa ex art. 425, comma 3, del c.p.p. vero che la formula assolutoria di cui sopra non corrisponderebbe ad un effettivo e totale esonero da responsabilit, in quanto essa lascerebbe aperta la possibilit di future azioni volte a fare valere per gli stessi fatti la responsabilit civile o amministrativa del dipendente. Tuttavia nel caso di specie non possibile negare la richiesta di rimborso. Questa, infatti, direttamente connessa allattivit difensiva che ha portato nel corso di quel dato giudizio alla (47) Perch incapace di intendere o di volere. (48) Con riferimento alle sentenze di proscioglimento con formule meramente processuali non liberatorie (es. prescrizione), la giurisprudenza amministrativa concorde nel ritenere non spettante il rimborso delle spese legali. In tal senso, Cons. St., Sez. V, 14 aprile 2009, n. 2242; da ultimo, Cons. St., Sez. VI, 2 luglio 2004, n. 7660. Fra le fattispecie di estinzione, molto rilevante, per la frequenza, la sentenza con cui il giudice penale dichiara, ai sensi dell'art. 531 c.p.p., la prescrizione del reato. La detta sentenza proprio perch contiene l'accertamento della sussistenza di una causa di estinzione del reato (tale essendo la natura della prescrizione, come risulta dalla collocazione sistematica degli articoli 157, 158, 159, 160 e 161 c.p., che concernono tale istituto, nel Capo I del Titolo VI, del Libro I del codice penale, intitolato all'estinzione del reato), non un provvedimento esclusivo della responsabilit del prevenuto in relazione al fatto ascrittogli. Ci in quanto il rimborso delle spese legali relative al giudizio penale cui sia stato sottoposto il dipendente, dovuto solo qualora la sentenza conclusiva escluda la sua responsabilit nell'occorso, pertanto, avendo egli la facolt e l'onere di rinunciare alla prescrizione o comunque di impugnare la sentenza che dichiari per l'effetto estinto il reato, al fine di addivenire ad una pronuncia pienamente assolutoria nel merito, il rimborso non spetta nel caso in cui egli sia stato prosciolto per intervenuta prescrizione. Conf.: Cass. civ., Sez. I, 16 aprile 2008, n. 10052; Cons. Stato, Sez. VI, 29 aprile 2005, n. 2041. In senso analogo anche il parere dell'11 novembre 2000 n. 115247 del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2002, 1, p. 258. (49) Cons. St., Sez. VI, 21 marzo 2011, n. 1713. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 negazione di quella data responsabilit. La decisione, del resto, si ricollega al profilo valutativo che lordinamento effettua di un determinato fatto; per cui ben pu aversi una situazione da cui scaturiscono diversi giudizi (es. penali, civili, contabili ecc. ) che operano su piani diversi, per cui per uno di essi quel dato atto o fatto non ha alcuna rilevanza, di tal che non sembra possano sussistere ostacoli per la responsabilit delle spese sostenute per la difesa, difesa che appunto ha portato allesclusione di responsabilit per quel tipo di procedimento (50). 14. (Segue) D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit: iii) allesito di giudizio di responsabilit amministrativa. Nell'evenienza che il danno sia stato arrecato direttamente all'Amministrazione di appartenenza, la responsabilit civile assume connotati particolari e speciali, ricorrendo la fattispecie della responsabilit amministrativa, attribuita alla giurisdizione della Corte dei Conti (51). I funzionari, gli impiegati, gli agenti, anche militari, che nell'esercizio delle loro funzioni, per errore ed omissione imputabili anche solo a colpa o negligenza cagionino danno allo Stato e ad altra P.A. dalla quale dipendono sono, infatti, sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti nei casi e modi previsti dalla legge sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit generale dello Stato e da leggi speciali (in tal senso art. 52 R.d. 12 luglio 1934 n. 1214). La Corte, valutate le singole responsabilit, pu porre a carico del responsabile tutto o parte del danno arrecato o del valore perduto. Regole analoghe sono sparse in varie disposizioni (es. art. 83 R.d. 18 novembre 1923 n. 2440 e art. 18 d.P.R 10 gennaio 1957, n. 3). gli elementi costitutivi della responsabilit amministrativa possono cos sinteticamente individuarsi: rapporto di servizio. Il primo elemento che deve sussistere perch sia configurabile la responsabilit amministrativa lesistenza di un rapporto di servizio, che leghi a vario titolo il soggetto ritenuto responsabile alla pubblica amministrazione, costituendo in capo al primo lesistenza di specifici doveri correlati allo svolgimento da parte dellAmministrazione dei compiti ad essa attribuiti. Dalla ricognizione delle disposizioni in materia emerge unampia (50) In tali termini il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato con il parere del 26 ottobre 2006, n. 121593 (richiamante il proprio precedente parere del 9 giugno 1998, prot. 70620), in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2006, 4, pp. 246-248. (51) Sulla responsabilit amministrativa: M. SCIASCIA, Diritto delle gestioni pubbliche, II edizione, giuffr, 2013, pp. 796-822; P. SANToRo, manuale di contabilit e finanza pubblica, V edizione, Maggioli, 2012, pp. 687-714; M. geRARDo, A. MuTAReLLI, il processo nelle controversie di lavoro pubblico, cit., pp. 100-105; C.e. gALLo, M. gIuSTI, g. LADu, M.V. AVAgLIANo, L. SAMbuCCI, M.L. SeguITI, Contabilit di Stato e degli enti pubblici, V edizione, giappichelli, 2011, pp. 145-189; S. buSCeMA, A. bu- SCeMA, Contabilit di Stato e degli enti pubblici, IV edizione, giuffr, 2005, pp. 294-309. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA latitudine dellambito soggettivo, atteso che tale rapporto concerne sia i lavoratori dipendenti con rapporto di lavoro privatistico che quelli in regime di diritto pubblico (art. 3 D.L.vo n. 165/2001), sia i dipendenti con rapporto di pubblico impiego volontariamente costituito che quelli con rapporto costituito in modo coattivo (es. militari), sia i lavoratori professionali con rapporto a tempo determinato indeterminato che quelli onorari, sia infine, i lavoratori autonomi. Comportamento dannoso. Il danno, per poter comportare responsabilit amministrativa deve essere conseguenza di un comportamento -azione (provvedimentale o materiale) od omissione -posto in essere nellesercizio di unattivit non discrezionale, ferma restando linsindacabilit nel merito delle scelte discrezionali, semprech rispettose dei limiti posti dallordinamento (pertanto la discrezionalit sindacabile sotto il profilo delleccesso di potere). Tale comportamento deve essere imputabile allagente, a titolo di responsabilit personale (art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994 n. 20). Elemento psicologico. La responsabilit circoscritta ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave. La colpa grave implica una condotta che sia posta in essere senza losservanza di un livello di diligenza, prudenza e perizia in relazione al tipo di attivit concretamente richiesta allagente ed alla sua particolare preparazione professionale nel settore della attivit amministrativa al quale preposto. Tale attivit si caratterizza, quindi, per un atteggiamento di estremo disinteresse nellespletamento delle proprie funzioni, di negligenza massima, di deviazione dal modello di condotta connesso ai propri compiti, senza il rispetto delle comuni regole di comportamento (52). In ogni caso esclusa la gravit della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dallemanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimit, limitatamente ai profili presi in considerazione nellesercizio del controllo (art. 1, comma 1, L. n. 20/1994). Lillustrato regime normativo esonera da responsabilit il dipendente che versa in colpa lieve nellevidente obiettivo di non gravare il dipendente di preoccupazioni eccessive in ordine alle conseguenze patrimoniali della propria condotta. Preoccupazioni che (in particolare in una fase storica legislativamente dinamica in cui la P.A. si trova a operare in una realt normativa estremamente complessa e talvolta disarticolata) condurrebbero fatalmente allinerzia e alla paralisi amministrativa. Nesso causale. ovviamente richiesta la sussistenza di un rapporto di causalit tra comportamento osservato dal dipendente (e ritenuto fonte del danno) ed il danno lamentato dallamministrazione. Il nesso eziologico deve essere valutato secondo il criterio della causalit adeguata, verificando, cio, (52) Ex plurimis: Corte Conti, Sez. giur. Abruzzo, 27 marzo 2007, n. 372. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 con una valutazione ex ante, se il comportamento del dipendente sia stato idoneo a produrre levento. In tale valutazione non si dovr tenere conto degli eventuali e imprevedibili effetti straordinari o atipici della condotta tenuta. Nellipotesi di concorso di pi persone nel comportamento causativo del danno, la Corte dei Conti, valutate le singole responsabilit, tenuta a condannare ciascuno in relazione al proprio contributo causale. altres prevista la responsabilit solidale dei soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo (art. 1, comma quater e quinquies L. n. 20/1994). Danno. Il danno costituito dalla diminuzione patrimoniale o dal mancato guadagno causato direttamente dallattivit dellagente. La Corte dei Conti nel giudizio di responsabilit, fermo restando il potere di riduzione, deve tenere conto dei vantaggi comunque conseguiti dallamministrazione di appartenenza, da altra amministrazione o dalla comunit amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilit (art. 1, comma 1 bis, l. n. 20/1994). Il giudizio di responsabilit viene instaurato da un attore pubblico (il Procuratore Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti) il quale agisce nel- linteresse della comunit intera, assorbendo, perci nella sua funzione anche la difesa della P.A. danneggiata. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso nel termine di cinque anni, decorrenti dalla data in cui si verificato il fatto dannoso (comprensivo delleffetto lesivo delleventus damni), ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta (art. 1, comma 2, L. n. 20/1994). Nel giudizio contabile, come in quello civile, il diritto al rimborso spetta allorch il processo si concluda con sentenza di rigetto nel merito dellazione di responsabilit. Non spetta il diritto al rimborso nellipotesi che il giudizio si concluda con sentenza definitiva dichiarativa di una questione pregiudiziale di rito (sui presupposti processuali, sulle condizioni dellazione, su nullit processuali) o su un questione preliminare di merito (prescrizione o sullammissibilit del- lintervento). Di conseguenza, nella ricorrente ipotesi del proscioglimento per prescrizione, non vi luogo a liquidazione degli onorari, dei diritti e delle spese relativi alla difesa del convenuto prosciolto, non avendo lo stesso titolo al relativo rimborso. Allevidenza tale pronuncia non esclude la responsabilit per danno erariale, all'esito di una valutazione, nel merito, dei fatti asseritamene produttivi di un danno erariale contestati al convenuto. Laccertamento dell'intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale, preclude al giudice contabile l'esame della fondatezza dell'addebito contestato al convenuto (53). Come anticipato sopra, in conseguenza della disciplina contenuta nellart. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA 10 bis, comma decimo, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, conv. in legge 2 dicembre 2005, n. 248 (54) e nellart. 31, commi 1 e 2 del Codice di giustizia contabile (55) soprariportati, deve ritenersi che, nei giudizi per responsabilit amministrativa, venuto meno la disciplina contenuta nellart. 18 cit., ivi compreso il parere dellAvvocatura dello Stato obbligatorio e vincolante. Il giudice, infatti, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. Il giudicato, anche sul punto del governo delle spese, vincola il dipendente e lamministrazione di appartenenza per le regole generali contenute nellart. 2909 c.c. sui limiti oggettivi e soggettivi (56). Lamministrazione di apparte (53) Corte dei Conti, Sez. giurisdiz., Sent., 26 febbraio 2007, n. 136; Corte dei Conti, Sez. III App., 14 dicembre 2006, n. 475 che precisa: ritiene il Collegio che in caso di mancato accoglimento della domanda introduttiva del giudizio per intervenuta prescrizione - ovvero di accoglimento dell'appello della parte privata per lo stesso motivo - detta liquidazione non possa aver luogo, non essendo venuto a maturazione il presupposto prescritto dalla legge e, cio, "il proscioglimento nel merito". La finalit perseguita dal legislatore, infatti, quella di riconoscere in favore del soggetto evocato in giudizio, nella sua posizione di convenuto o appellante, nei cui confronti sia accertata la carenza di uno degli elementi essenziali per configurare la responsabilit amministrativa, il diritto a renderlo indenne da un esborso economico che, altrimenti, non avrebbe affrontato. La declaratoria di intervenuta prescrizione, peraltro, incide su un momento preliminare all'accertamento del merito della controversia, senza che sia vagliata la posizione sostanziale del convenuto (o appellante). Sotto altro profilo non pu sottacersi che l'espressione utilizzata dal legislatore "proscioglimento nel merito", corrobora l'indicato processo ermeneutico. inoltre, se la finalit del legislatore fosse stata pi ampia, tale da ricomprendervi anche fattispecie come quella oggetto del presente appello, sarebbe stato sufficiente correlare la liquidazione degli onorari e diritti della difesa al mero proscioglimento e non anche al "proscioglimento nel merito" ; Corte dei Conti, Sez. III App., 8 novembre 2006, n. 452; Corte dei Conti Puglia, Sez. giurisdiz., 23 ottobre 2006, n. 899; Corte dei Conti Campania, Sez. giurisdiz., 21 marzo 2006, n. 425. In senso contrario Corte dei Conti Sicilia, Sez. App., Sent., 9 maggio 2007, n. 151, secondo cui nel giudizio contabile, deve essere affermato il diritto al rimborso delle spese legali sostenute dal convenuto assolto per prescrizione, trattandosi di proscioglimento nel merito. (54) Che ancora prevedeva il parere di congruit dell'Avvocatura dello Stato. Sul citato art. 10 bis comma 10 D.L. 248/2005 si pronunciato il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, con il parere n. 13436 del 13 gennaio 2016, in rassegna dellavvocatura dello Stato, 2016, 1, pp. 3-5, che ha rilevato: Questa avvocatura, nellattuale quadro normativo e giurisprudenziale, in attesa di un eventuale ulteriore intervento chiarificatore del legislatore, ritiene, con esclusivo riferimento alla particolare ipotesi di proscioglimento nel giudizio davanti alla Corte dei Conti, che il parere dellavvocatura dello Stato abbia una funzione c.d. formale atteso che il legislatore, con la norma interpretativa del 2005, cos come interpretata dalla citata giurisprudenza di legittimit, ha inteso demandare direttamente allorgano giurisdizionale (il giudice contabile) lattivit di liquidazione e commisurazione delle spese legali. il parere di congruit dellavvocatura, comunque contemplato dalle richiamate disposizioni, appare nella fattispecie, ridimensionato al ruolo di riscontro formale, sul piano amministrativo, della conformit della richiesta di rimborso rispetto alla misura liquidata in sentenza, nonch, eventualmente, per valutare la congruit degli oneri accessori non espressamente indicati nella sentenza (rimborso forfettario, iva, Cpa), ovvero la rimborsabilit di spese strettamente connesse alla difesa nel giudizio, ma sostenute successivamente. [] in sintesi, in mancanza di impugnazione del relativo capo della decisione, la liquidazione del giudice contabile rappresenta ex lege la misura del diritto al rimborso delle spese legali da parte dellamministrazione. (55) Che, tra laltro, non prevede pi il parere di congruit dell'Avvocatura dello Stato. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 nenza vincolata in virt del ruolo rivestito dal Procuratore contabile, il quale oltrecch rivestire il ruolo di pubblico ministero anche il rappresentante processuale dellamministrazione (57). Il Procuratore Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti agisce nellinteresse generale della comunit intera (58), assorbendo, nella sua funzione anche la difesa della P.A. danneggiata. Nel caso di specie non vi spazio per applicare la disciplina contenuta nellart. 18 in esame. Diversamente opinando vi sarebbe una disciplina in contrasto con un giudicato. Sicch si deve escludere la possibilit per lAmministrazione di sostituirsi al giudice contabile nella valutazione delle spese legali rimborsabili riconoscendo al dipendente somme diverse o ulteriori rispetto a quelle liquidate in sentenza (59). Lart. 31 del Codice di giustizia contabile ha determinato, allevidenza, labrogazione parziale dellart. 18 citato (nella parte in cui disciplina il rimborso delle spese sopportate nel giudizio di responsabilit amministrativa) e labrogazione totale dellart. 10-bis, comma 10, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, come modificato dall'art. 17, comma 30-quinquies, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102 (60). In specie, le indicate disposizioni sono venute meno, ex art. 15 delle preleggi -applicativo del criterio cronologico per la risoluzione delle antinomie (lex posterior derogat priori ) -sia per incompatibilit tra le nuove disposizioni e le precedenti, sia perch la nuova legge regola lintera materia gi regolata dalla legge anteriore. (56) Sul giudicato ed i suoi limiti, ex plurimis: C. MANDRIoLI, A. CARRATTA, Diritto processuale civile, I, cit., pp. 167-197. (57) In tal senso anche M. SCIASCIA, manuale di diritto processuale contabile, VI edizione, giuffr, 2018, pp. 108-109. (58) Ex plurimis: M. SCIASCIA, Diritto delle gestioni pubbliche, cit., p.780; P. SANToRo, manuale di contabilit e finanza pubblica, cit., p. 687; C.e. gALLo, M. gIuSTI, g. LADu, M.V. AVAgLIANo, L. SAMbuCCI, M. L. SeguITI, Contabilit di Stato e degli enti pubblici, cit., p. 184; S. buSCeMA, A. bu- SCeMA, Contabilit di Stato e degli enti pubblici, cit., p. 297. Sulla figura del Procuratore della Corte dei Conti (parte in senso formale, parte anche in senso sostanziale, sostituto processuale): A. beNNATI, manuale di contabilit di Stato, XII edizione, Jovene, 1990, pp. 864-867. (59) gi dopo l'entrata in vigore dell'art. 10 bis, comma decimo, del d.1. 30 settembre 2005 n. 203, conv. in legge 2 dicembre 2005, n. 248 si enunciato, dal giudice di legittimit, che in caso di proscioglimento nel merito del convenuto in giudizio per responsabilit amministrativo-contabile innanzi alla Corte dei conti, spetta esclusivamente a detto giudice, con la sentenza che definisce il giudizio, liquidare - ai sensi e con le modalit di cui all'art. 91 cod. proc. civ. ed a carico dell'amministrazione di appartenenza - l'ammontare delle spese di difesa del prosciolto, senza successiva possibilit per quest'ultimo di chiedere in separata sede, all'amministrazione medesima, la liquidazione di dette spese, neppure in via integrativa della liquidazione operata dal giudice contabile (Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 19 agosto 2013, n. 19195). Tesi rafforzata con lentrata in vigore del codice del processo contabile. (60) In tal senso anche A. VeTRo, il rimborso delle spese legali per i convenuti assolti nei giudizi di responsabilit dinanzi alla Corte dei conti, in www.contabilita-pubblica.it CoNTRIbuTI DI DoTTRINA Corollario di quanto ricostruito il venire meno - nel procedimento per la liquidazione delle pretese di rimborso delle spese allesito del giudizio di responsabilit amministrativa -del parere dellAvvocatura dello Stato secondo la peculiare disciplina dellart. 18 (parere obbligatorio e vincolante). Residua, ovviamente, lordinario parere ex art. 13 R.D. n. 1611/1933 (parere facoltativo), che non potr andare in contrasto con il giudicato contabile relativo al capo liquidante le spese di lite. Parere che, ove richiesto, conterr laccertamento della conformit della richiesta di rimborso rispetto alla misura liquidata in sentenza, nonch, eventualmente, la valutazione della congruit degli oneri accessori non espressamente indicati nella sentenza (rimborso forfettario, Iva, Cpa), o della rimborsabilit di spese strettamente connesse alla difesa nel giudizio sostenute successivamente al giudicato (61). 15. (Segue) assenza di conflitto di interesse? Il requisito dellassenza di conflitto di interesse espressamente richiesto per il diritto al rimborso richiesto nei confronti di regioni ed enti locali (art. 28 del C.C.N.L. del 14 settembre 2000) (62). Lassenza di conflitto di interesse costituisce anche un requisito del diritto nei confronti di amministrazioni statali, in aggiunta a quelli sopraindicati? In varie sentenze, si afferma non vi debba essere un conflitto di interesse per godere del rimborso delle spese nei confronti di amministrazioni statali. Il corollario di tale affermazione che condizione per la spettanza del rimborso delle spese in un giudizio che abbia escluso la responsabilit civile o la responsabilit penale o la responsabilit amministrativa lassenza di qualsivoglia responsabilit in capo al dipendente. Sicch, ad esempio, andrebbe negato il diritto al rimborso nonostante lassoluzione nel merito in sede penale (specie con le formule di cui al secondo comma dellart. 530 c.p.p.), ove residui una diversa altra fattispecie di responsabilit. La tesi richiedente il requisito dellassenza di conflitto di interessi in aggiunta a quelli sopraindicati, con il corollario che ne consegue, non accoglibile. Tale requisito non richiesto dallart. 18, diversamente da quanto valevole per regioni ed enti locali. Come gi evidenziato nel precedente paragrafo 13, la richiesta di rimborso direttamente connessa allattivit difensiva (61) Su tale contenuto: il citato parere del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato n. 13436 del 13 gennaio 2016. (62) Conferma di tale requisito negativo si ha in Cass. civ., Sez. lavoro, 17 settembre 2002, n. 13624 (in una pretesa di un dipendente di un Comune si ritenuto che non pu essere riconosciuto il diritto del dipendente al rimborso delle spese legali sostenute, allorquando, quest'ultima si sia costituita parte civile nei confronti del dipendente e abbia assunto una iniziativa disciplinare, indipendentemente da ogni valutazione attinente l'esito del procedimento penale e l'accertamento della responsabilit disciplinare del dipendente, essendo del tutto evidente, in tale ipotesi, il conflitto di interessi tra l'ente e il dipendente) e in Cass. civ., Sez. lavoro, 30 ottobre 2018, n. 27674. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 che ha portato nel corso di quel dato giudizio alla negazione di quella data responsabilit. La decisione si ricollega al profilo valutativo che lordinamento effettua di un determinato fatto; per cui ben pu aversi una situazione da cui scaturiscono diversi giudizi (es. penali, civili, contabili ecc. ) che operano su piani diversi, per cui per uno di essi quel dato atto o fatto non ha alcuna rilevanza, di tal che non sembra possano sussistere ostacoli per la spettanza delle spese sostenute per la difesa, difesa che appunto ha portato allesclusione di responsabilit per quel tipo di procedimento. La potenziale rilevanza della condotta, oggetto ad esempio di un giudizio di responsabilit penale, in termini di responsabilit civile, disciplinare, amministrativa -sia che venga poi accertata in concreto nelle sedi opportune, sia che rimanga a livello solo ipotetico -non vale a superare il rilievo che il titolo (in base al quale il dipendente chiamato nel giudizio penale a rispondere) ed i relativi presupposti sono autonomi e distinti, come pure lo sono i procedimenti accertativi e le spese sostenute per i giudizi di responsabilit civile, disciplinare, amministrativa (63). Di conseguenza, riprendendo il precedente esempio, non pu negarsi il diritto al rimborso nel caso di assoluzione nel merito in sede penale (specie con le formule di cui al secondo comma dellart. 530 c.p.p.), in presenza di altra (potenziale o certa) fattispecie di responsabilit. Va tuttavia rilevato che, spesso, lenunciazione secondo cui per il riconoscimento del diritto al rimborso necessaria lassenza di conflitto di interesse tra dipendente ed amministrazione statale viene fatta nella giurisprudenza, in sede di esame delle condizioni C) connessione dei fatti contestati con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e D) sentenza o provvedimento che abbia escluso la responsabilit. Allevidenza, in tale evenienza, il concetto di assenza di conflitto di interesse meramente descrittivo e non costituisce una condizione aggiuntiva per godere del diritto al rimorso (64). (63) In tali termini il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato con il gi citato parere del 26 ottobre 2006, n. 121593. (64) il caso di TAR Abruzzo Pescara, Sez. I, 5 maggio 2014, n. 210 (avente ad oggetto una pretesa di un dipendente del Ministero della difesa) dove, in sostanza la presenza di un conflitto di interessi un obiter in sede di esame della connessione dei fatti con i doveri dufficio e della pronuncia escludente una responsabilit. Analoghe osservazioni vanno mosse a TAR Campania Napoli, Sez. VI, 25 gennaio 2011, n. 436 (il rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente, [del Ministero delleconomia e delle Finanze], subordinato alla ricorrenza di due presupposti e precisamente: che il giudizio di responsabilit sia stato promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio e con l'assolvimento degli obblighi istituzionali e che esso si sia concluso con sentenza od altro provvedimento che abbia escluso la responsabilit dell'istante. il giudizio di responsabilit si considera promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento degli obblighi istituzionali solo nei casi in cui l'imputazione riguardi un'attivit svolta in diretta connessione con i fini dell'ente []. in sostanza, affinch l'impiegato della p.a. possa ottenere, ai sensi dell'art. 18 CoNTRIbuTI DI DoTTRINA 16. anticipazione del rimborso. Lart. 18, comma 1, ultimo periodo, D.L. n. 67/1997 (Le amministrazioni interessate, sentita l'avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilit) consente la concessione di un acconto del rimborso delle spese legali. Lacconto una frazione del carico presuntivo delle spese. Lamministrazione conceder lacconto, intuitamente, ove reputi che il dipendente non abbia responsabilit sui fatti rilevanti e che quindi il giudizio dovrebbe concludersi -in base ad una valutazione prognostica -con rigetto dellazione di responsabilit. Ci ferme le altre condizioni del diritto al rimborso (giudizio promosso nei confronti del dipendente pubblico, nel quale non parte lAmministrazione di appartenenza; il titolare della pretesa deve avere la qualifica di dipendente di amministrazione statale; connessione dei fatti contestati con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali). La valutazione dellamministrazione la stessa che viene fatta dallAvvocato generale nellesaminare le condizioni per concedere il patrocinio ex art. 44 del R.D. n. 1611/1933. Al fine della concessione dellacconto, quindi, tra laltro deve essere pendente il giudizio. Lacconto una misura provvisoria, che risente dellesito del giudizio: -si consolida, con diritto alla differenza rispetto al quantum definitivamente dovuto, con la pronuncia della sentenza o del provvedimento connotati da stabilit, ossia non pi impugnabili secondo il loro particolare regime giuridico, che escludano la responsabilit del dipendente; -va restituito nel caso di pronuncia della sentenza definitiva che accerti la responsabilit. Allevidenza, la definitivit del diritto collegata alla pronuncia della sentenza passata in giudicato. Nellevenienza che il giudizio non pervenga ad una pronuncia sul merito, ma -ad esempio -si estingua, lanticipazione del rimborso andr restituito. Ci per il carattere di mera anticipazione dellacconto. Tale situazione implica che il convenuto nel giudizio di responsabilit che abbia ricevuto un acconto, ha lonere di attivarsi al fine di addivenire ad un pronuncia sul merito e di evitare lestinzione del giudizio. Sicch non dovr accettare una eventuale rinuncia al giudizio della controparte e dovr compiere atti del processo onde evitare lestinzione per inattivit. d.l. 25 marzo 1997 n. 67, conv. in l. 23 maggio 1997 n. 135, il rimborso delle spese legali sostenute per la propria difesa nell'ambito di un giudizio penale in ragione dell'esercizio delle sue funzioni non deve esserci conflitto di interessi tra dipendente ed amministrazione n devono emergere estremi di natura disciplinare ed amministrativa per mancanze attinenti al compimento dei doveri d'ufficio). RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 16. modalit di liquidazione. Al fine di conseguire il rimborso delle spese o la loro anticipazione necessario che il dipendente abbia pagato gli onorari al suo legale e chieda pertanto la relativa liquidazione, dando prova del pagamento, ossia lesibizione della fattura di quanto pagato. Non pertanto ammesso il pagamento diretto in favore del legale del dipendente. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA Sistemi integrati di composizione delle liti delle Pubbliche amministrazioni (rELazioNE DEL 18 GENNaio 2018, SCuoLa SuPEriorE DELLa maGiSTraTura) Gaetana Natale Avvocato dello Stato introduzione. Con lespressione metodi alternativi per la risoluzione delle controversie (alternative Dispute resolution, cd. aDr) si fa riferimento, in senso generale, ad una serie numerosa ed eterogenea di procedure dirette a risolvere le controversie in via stragiudiziale, a metodi alternativi alla giurisdizione che realizzano la cd. multi Door Court House, ossia laccesso differenziato alla giustizia. Queste procedure, che mirano in primo luogo a soddisfare esigenze di economia processuale, permettono inoltre di raggiungere una soluzione convenzionale delle controversie, realizzando quella che ormai viene definita da pi parti giustizia contrattuale nellambito della c.d. giurisdizione condizionata. Le tecniche di risoluzione delle controversie alternative o complementari alla giurisdizione ordinaria hanno cominciato a diffondersi in diversi settori, sia sotto forma di procedure obbligatorie, previste dalla legge, sia sotto forma di procedure volontarie. I soggetti interessati dalle ADR sono molteplici, riguardando per la parte dei titolari degli interessi incisi i singoli privati, le associazioni di consumatori e risparmiatori, le imprese e gli operatori economici in generale, mentre per la parte dei soggetti che le amministrano, gli organismi di mediazione e conciliazione costituiti ai sensi della L. n. 28 del 2010, gli enti creati da ordini professionali, gli enti appositamente creati per determinati settori (i c.d. ordinamenti Sezionati) come i rapporti riguardanti lenergia (ad opera dellAutorit competente), le Comunicazioni (ad opera dellAutorit competente e delle Regioni), i rapporti bancari (ACF), i rapporti finanziari (ACF). Diversi sono gli interventi con direttive e regolamenti emanati dallunione europea, prevalentemente dedicati alla soluzione dei conflitti tra consumatori e imprese, alle small claims e alle tecniche svolte mediante internet (oDR). gli ADR sono ormai penetrati in tutte le branche del diritto e sono stati oggetto di numerosi interventi legislativi al fine di incrementare la capacit deflattiva del contenzioso dei predetti strumenti, di contenere, al contempo, i costi delle liti e, per altro verso di favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione (1). (1) CoMMISSIoNe ALPA, Proposte normative e note illustrative, Ministero della giustizia, 2017, www.mondoadr.it, p. 5. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 oggi il problema rappresentato dalla mancanza di una legge cornice generale e organica per le controversie civilistiche e, soprattutto, di una disciplina specifica per le controversie che riguardano le Pubbliche Amministrazioni. Numerose sono infatti le leggi settoriali ma non ancora previsto un inquadramento sistematico. Il contesto normativo attuale si presenta dunque frammentato e eterogeno. Per tale motivo, partendo dalla necessit di enucleare una riforma organica degli ADR, con il D.M. 7 marzo 2016 stata costituita la Commissione di studio per lelaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e allarbitrato. Lobiettivo della suddetta Commissione stato quello di prevedere unipotesi di riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie. Cos come si legge nella relazione finale della Commissione Alpa, il contesto normativo attuale sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali di risoluzione alternativa delle controversie e comprende: lintervento organico, derivante dallattuazione del diritto dellunione europea, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28; il decreto legislativo 6 agosto 2015, n. 130 in tema di risoluzione extragiudiziale delle controversie dei consumatori; le misure urgenti in materia di trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinnanzi allautorit giudiziaria e in materia di negoziazione assistita dagli avvocati di cui al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132; le forme di mediazione e conciliazione facoltative o obbligatorie nei diversi ambiti settoriali, come le controversie del lavoro, la materia agraria, le controversie tributarie; la disciplina dellarbitrato (2). Da ultimo si pensi ancora agli accordi bonari, transazioni, pareri di precontenzioso dellANAC previsti negli artt. 205-211 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.lgs. n. 50/2016, modificato dal correttivo n. 56/2017), allaccertamento tecnico preventivo art. 696 bis previsto nellart. 8 della legge sulla responsabilit sanitaria gelli-bianco n. 24/2017, alla mediazione ambientale o anche da ultimo alla riforma della crisi dimpresa e dellinsolvenza in relazione alla quale il Parlamento ha approvato recentemente la legge delega al governo del 19 ottobre 2017 n. 155, (G.u. 30 ottobre 2017 n. 254). Tale legge prevede, dopo la riforma della legge fallimentare susseguitesi a far data dal 2005 fino alla legge 132/2015, le c.d. procedure di allerta e di composizione assistita della crisi di impresa, di natura non giudiziale e confidenziale. Il meccanismo prescelto prevede listituzione presso la Camera di commercio di un organismo cui il (2) ibidem. Cfr. anche ALPA g., AMADeo F., AMoRoSo g., AuLeTTA F., bReggIA L., bRIgugLIo A., CARDoSI A., CINTIoLI F., CIRIeLLo A., gIuSTI A., MARCheSIeLLo M., MARoTTA g.g., RAguSo g., Te- NeLLA SILLANI C., (a cura di), un progetto di riforma delle aDr, Pubblicazione del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'universit degli Studi di Roma "La Sapienza", Jovene editore, Napoli 2017. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA debitore affida con apposita istanza il compito di addivenire a una soluzione concordata della crisi con i creditori entro un congruo termine, comunque non superiore a sei mesi (art. 4, comma 1, lett. b). La linea evolutiva della legislazione , dunque, nel senso di introdurre con notevole vis espansiva varie forme di ADR da modulare e declinare nelle variegate branche del diritto. occorre, per, avere piena consapevolezza che il diritto, alla stregua di quanto osservato dalla dottrina pi autorevole (3) non chiuso in un sistema di leggi considerate nella loro fissit e datit, non esiste nell'astrattezza dei suoi enunciati; all'opposto mutevole, cangiante, in quanto vive nello spazio e nel tempo. L'ordinamento non dunque il presupposto, bens un risultato, di modo che l'interpretazione diviene momento fondamentale ai fini dell'elaborazione della regola. Lattuale sistema ha dunque bisogno di essere ricondotto ad unit, di essere armonizzato e razionalizzato. Tale esigenza di armonizzazione e razionalizzazione si pone in maniera pi pregnante per le controversie che riguardano le Pubbliche Amministrazioni, considerato anche che il Trattato di Lisbona delinea una nozione ampia, dinamica e funzionale sia di organo giurisdizionale sia di pubblica amministrazione, concepita ora in senso lato come organismo di diritto pubblico. Terminata la fase di sperimentazione e introdotti ormai in via definitiva nel nostro ordinamento con il Decreto Legge 24 aprile 2017 n. 50 (c.d. manovrina), convertito in L. 21 giugno 2017 n. 96, gli ADR riguardanti le controversie pubblicistiche devono essere sottoposti ad una sorta di ortopedia interpretativa, in quanto le relative discipline risultano modellate sulla falsariga dei rapporti privatistici e non tengono spesso conto della peculiarit soggettiva ed oggettiva delle Pubbliche Amministrazioni sia nella loro attivit iure imperii sia in quella iure privatorum. Tale processo interpretativo delle norme riguardanti gli ADR, da sviluppare attraverso un confronto operativo tra avvocature pubbliche, magistrati e avvocati del libero foro, risulta necessario per elaborare le c.d. regole operazionali, ossia regole pratiche che consentano, attraverso la comprensione reciproca delle rispettive difficolt e lanalisi dei formanti giurisprudenziali e legislativi, di rendere realmente efficaci i rimedi alternativi alla giurisdizione nelle controversie riguardanti le pubbliche amministrazioni. a) La normativa vigente, correttamente, ritiene percorribile la strada della mediazione limitatamente ai soli diritti disponibili. Con riferimento ai soggetti pubblici, ci si traduce in una limitazione per tutta una serie di vicende che, ratione materiae, non sono suscettibili di ac (3) LIPARI N., il diritto civile tra legge e giudizio, Milano 2017, pp. 21 ss. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 cordo. Considerato anche il testuale riferimento alle controversie civili e commerciali, si deve dunque escludere che possano essere oggetto di mediazione (perch non possono essere oggetto di accordo): -le controversie in materia di diritto amministrativo, laddove cio lAmministrazione abbia esercitato o debba esercitare potest pubbliche; -le controversie tributarie (evidentemente comprese quelle in materia doganale); -le controversie in tema di responsabilit dello Stato per atti compiuti iure imperii. Tra queste devono ritenersi evidentemente rientrare le (non transigibili) controversie in materia di responsabilit per leccessiva durata del processo (c.d. legge Pinto); -le pretese civili azionate a mezzo della costituzione di parte civile nel procedimento penale; -le controversie relative a diritti reali pubblici (si pensi a vicende involgenti la demanialit o la natura patrimoniale indisponibile di un bene). In tutti questi casi, evidente (e deve essere compreso dalle stesse controparti e dai giudici) che lopposizione di un rifiuto alla mediazione/negoziazione discende da un preciso obbligo di legge e non da un aprioristico rifiuto della Pubblica Amministrazione, timorosa di incorrere in responsabilit erariale. b) Ma a queste ipotesi devono affiancarsene logicamente altre, pur vertenti in materia civile e commerciale, nelle quali lAmministrazione non pu logicamente addivenire ad accordo alcuno, poich in realt la atipicit del suo operare non consente di ricomprendere la controversia, se non attraverso una lettura superficiale, in tale novero. Si pensi, cos, ai casi in cui vi sia stretta commistione tra la materia civilistica e quella pubblicistica, laddove cio lAmministrazione si trovi ad agire s, formalmente, sul piano privatistico, ma attraverso una commistione con attivit e strumenti di altra natura. Agevoli esempi di casi simili, nei quali non appare possibile ricorrere agli strumenti deflattivi considerati, sono costituiti: - dalla necessaria parallela adozione di atti organizzativi; -laddove si sia in presenza di rapporti contrattuali speciali nei quali, in considerazione della natura pubblica di uno dei contraenti, siano inseriti nel contratto clausole imposte dalla legge (il che accade, a titolo meramente esemplificativo, per talune tipologie di locazioni); -quando sia in ogni caso necessaria ladozione di altri atti amministrativi (si pensi alle transazioni regolate da legge e da regolamenti in materia di danno da emotrasfusione); -pi in generale, laddove si sia in presenza di atti amministrativi presupposti, sui quali evidentemente lAmministrazione non pu incidere direttamente in via pattizia (si pensi ai contratti accessivi a concessioni). CoNTRIbuTI DI DoTTRINA c) Non si pu infine trascurare lesistenza di controversie per le quali, in ragione delle loro peculiari connotazioni, la via dei rimedi alternativi come definiti dalla normativa in discorso non risulta in sostanza adeguata, finendo con il costituire una superfetazione superflua/inutile che finisce proprio col comportare una situazione dilatoria contraria alla stessa finalit degli ADR. ben noto, ed evidente, che i rimedi alternativi al contenzioso giudiziale sono stati pensati principalmente per il contenzioso tra privati: in questo campo che hanno le maggiori possibilit di essere realmente incisivi, abbattendo il contenzioso. Il contenzioso delle Amministrazioni pubbliche involge spesso materie di particolare delicatezza e complessit giuridica, non di rado di elevatissimo valore, nei quali si confrontano con lAmministrazione soggetti privati (imprenditori di grandi dimensioni, multinazionali, ecc.) che hanno a loro volta strutture legali particolarmente specializzate e agguerrite. Anche laddove non siano normativamente previsti procedimenti speciali volti alla definizione (ma si pensi, in primo luogo, ai rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale previsti dal Capo II del Titolo I della Parte VI del nuovo Codice dei contratti pubblici, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 205 e seguenti), evidente, da un lato, che i legali delle parti, prima di accedere al contenzioso giudiziale, avranno tentato di percorrere ogni strada idonea alla risoluzione bonaria della controversia, in analogia con il procedimento di negoziazione assistita; daltro canto, lecito dubitare che un mediatore, pur dotato di grande abilit dialettica e di capacit di smussare gli angoli tra le parti private, possa fornire un effettivo contributo ad una soluzione pre-giudiziale della vicenda. In questi casi, se mai, potrebbe essere solo il giudice, cognita causa, a suggerire alle parti una via conciliativa sulla base del (principio di) convincimento che si fosse in lui formato in sede di esame della causa sottopostagli. Parimenti da escludere appare lutilit concreta di un tentativo di composizione alternativo per il contenzioso seriale che spesso vede coinvolte le Amministrazioni pubbliche (non diversamente da quanto accade, per vero, ad altri soggetti quali Assicurazioni, banche, Finanziarie, ecc.). in questi casi evidente che non possibile risolvere la singola controversia, anche se di valore non particolarmente elevato, se non passando attraverso una soluzione di carattere pi generale, per la quale deve ravvisarsi una competenza ai massimi livelli decisionali, anche a tutela di fondamentali principi costituzionali quali la parit di trattamento tra le parti e il buon andamento dellAmministrazione. In tutti questi casi sembra giustificato e comprensibile il rifiuto dellAmministrazione di anche solo avviare o partecipare ad un ADR che finirebbe, come detto, col comportare unicamente una dilazione superflua rispetto allaccesso alla giustizia. Nel quadro cos sommariamente delineato resta da comprendere quale debba essere il ruolo del difensore pubblico, e, in particolare, dellAvvocatura RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 dello Stato: ruolo che, va detto subito, non pu che essere fondamentale nel- laffiancare e assistere lAmministrazione patrocinata favorendo la finalit, da tutti condivisa, di una riduzione del contenzioso, sgombrando per il campo dellerrato e dal superfluo e concentrando lintervento su quei casi nei quali vi sia effettiva, concreta possibilit di definizione. di piena evidenza che, proprio per la sua posizione istituzionale di difensore della parte, ma anche di pubblico ufficiale, lAvvocato dello Stato, ben prima della nascita degli strumenti deflattivi di cui si discorre, si sempre inserito nella dialettica processuale come garante della legittimit dellazione amministrativa. In questottica svolge un ruolo fondamentale la funzione consultiva del- lAvvocatura, che pu consentire allAmministrazione, per un verso, di prevenire un contenzioso inutile o dannoso, e, per laltro, di definire ove possibile in tempi ragionevoli il contenzioso con una soluzione accettabile per entrambe le parti in contesa. Non pu tacersi, per contro, che gli adempimenti necessari per fronteggiare un crescente accesso da parte del privato ai rimedi alternativi di cui si tratta costituiscano per lAvvocatura dello Stato un aggravio consistente in termini di carico di lavoro, richiedendosi in materia una attivit giuridica e soprattutto una presenza fisica in luoghi diversi, spesso oggettivamente inconciliabili con i concomitanti impegni professionali degli Avvocati dello Stato. Per accennare a uno solo tra i tanti problemi (che il Legislatore non sembra a suo tempo essersi posto), per lente pubblico che intenda agire in una materia per la quale prevista la mediazione obbligatoria si pone il problema della scelta della struttura cui rivolgersi: scelta che comporta limpegno di fondi pubblici e impone quindi obblighi contabili che potrebbero giungere addirittura alla necessit dello svolgimento di una procedura selettiva per lindividuazione della struttura. Sembra tuttavia che, anche alla luce di quanto fin qui esposto, sia possibile una ragionevole lettura delle disposizioni che regolano gli ADR in modo tale da contemperare le varie esigenze presenti, riducendo lintervento concreto dellAvvocatura alle sole ipotesi in cui lo stesso sia effettivamente utile, ferma restando una costante e generale attivit di assistenza dellamministrazione, in linea peraltro con la funzione consultiva sempre svolta. Come si accennava (cfr. le lettere a), b) e c) che precedono), vi sono dei casi nei quali il rimedio alternativo non giuridicamente praticabile, o comunque sostanzialmente privo di utilit perch evidentemente destinato al fallimento. Ragioni di economia nellattivit dei soggetti pubblici suggeriscono in questi casi che lamministrazione (sempre sentita lAvvocatura) provveda direttamente, e chiarisca con una motivata risposta allinvito alla mediazione o alla negoziazione, eventualmente intervenendo direttamente in sede di primo CoNTRIbuTI DI DoTTRINA incontro di mediazione, le ragioni che sono di radicale ostacolo al percorso conciliativo. Deve essere altres possibile per lAmministrazione intervenire direttamente (ed esclusivamente) nel procedimento in tutti i casi in cui la normativa le consenta di presenziare da sola anche in sede giurisdizionale (si pensi, a titolo esemplificativo, alla previsione degli artt. 2 e 3 del T.u. n. 1611/1933 e di altre disposizioni similari; a non diversa soluzione sembra potersi giungere nelle ipotesi di Amministrazioni che abbiano uffici legali interni e che si avvalgano del patrocinio c.d. autorizzato dellAvvocatura). Sarebbe, in effetti, del tutto irrazionale pretendere lintervento dellAvvocatura pubblica in una fase pre-contenziosa laddove poi lAmministrazione possa difendersi in giudizio da sola. In questi casi la mediazione e la negoziazione assistita non possono che essere per l'Avvocatura dello Stato, sulla base dell'art. 13 del R.D. 1611/1933, strumenti di natura valutativa e non facilitativa, usando una terminologia enucleata dal diritto collaborativo americano (4). un intervento dell'avvocato dello Stato, quale avvocato del processo, cos come configurato dal proprio ordinamento interno (R.D. 1611/1933, L. 109/1975), ipotizzabile nei casi di mediazione e negoziazione delegata dal giudice, quale nuova ipotesi di giurisdizione condizionata (vedi sentenza del 7 luglio 2016 n. 162 della Corte Costituzionale) e di c.d. giustizia contrattuale , (che non si sottrae, per, al controllo giudiziario), ipotesi che si profilata con la convention de procedure participative, nell'ambito dei c.d. MARC (modes alternatifs de reglement des conflits), introdotta dalla legge francese n. 1609 del 22 dicembre 2010 c.d. Loi Beteille, legge a cui si ispirato il legislatore italiano. Infatti, in tutte le ipotesi di atti successivi all'atto introduttivo del giudizio, ad esempio domanda riconvenzionale, chiamata in causa del terzo, intervento del terzo volontario c.d. principale ex art. 105 c.p.c. primo comma, opposizione a decreto ingiuntivo, essendo gi iniziato il giudizio e avendo l'Avvocatura dello Stato gi assunto il patrocinio e svolte le proprie difese, nel corso del processo, qualora il giudice rilevi il mancato avveramento della condizione di procedibilit, sar pi agevolata a partecipare alle procedure alternative alla giurisdizione, avendo gi assunto una propria linea difensiva nel giudizio pendente. L'Avvocatura dello Stato potr senz'altro intervenire in grado di appello, essendo tassative le ipotesi di rimessione al giudice di primo grado ex artt. 353 c.p.c. e 354 c.p.c. Infatti, qualora il giudice di appello constati che il giudice di primo grado abbia errato nel non ritenere la questione sottoposta alla procedura di mediazione o di negoziazione assistita, oppure constati che abbia (4) Si pensi all'ADR Movement e alla teoria della cd. multi-door court house, ossia la teoria del- l'accesso differenziato alla giustizia, elaborata dal prof. Frank e.A. Sander. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 errato il giudice di primo grado nell'aver respinto l'eccezione di improcedibilit sollevata da una parte in ordine al mancato esperimento delle suddette procedure, dovr disporre che in tale sede le parti pongano in essere quell'attivit di mediazione o di negoziazione assistita mai esperita sino a quel momento. Questo perch il legislatore italiano nel disciplinare gli strumenti alternativi alla giurisdizione ha profilato un certo collegamento tra ADR e processo. Si pensi, ad esempio all'art. 3 comma 4 della legge sulla convenzione di negoziazione assistita n. 162/2014 (cosi come nell'art. 5, comma 3, del D.lgs. 28/2010 in tema di mediazione) che testualmente recita: l'esperimento del procedimento di negoziazione assistita (o della mediazione) non preclude la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari n la trascrizione della domanda giudiziale. A tal riguardo si posto il problema delloperativit della condizione di procedibilit quando sia richiesto un provvedimento cautelare non ad effetti anticipatori, ma conservativi (ad es. un sequestro) che necessita per la vigenza della sua efficacia dellintroduzione del giudizio di merito ex art. 669 octies. Ci si chiesti se la proposizione della domanda di mediazione o linvito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita precluda la declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare richiesto. Su questa problematica mi soffermer nel prosieguo della mia relazione prospettando le diverse soluzioni che sono state avanzate. LAvvocatura dello Stato parteciper invece certamente allADR (oltre che nei casi in cui occorre promuovere la procedura di mediazione obbligatoria) laddove si delineino per la mediazione o la negoziazione concrete possibilit di successo: nel qual caso, oltre a svolgere la normale attivit di consulenza per lAmministrazione, lAvvocatura si dar carico di intervenire partecipando a quanto necessario per il successo del procedimento, e in primo luogo alla stesura dellaccordo transattivo. occorre rilevare, per, che il campo di elezione dellattivit consultiva dellAvvocatura dello Stato rappresentato dai Contratti Pubblici in materia di appalti e concessioni di beni e servizi, i cui strumenti ADR sono disciplinati negli artt. 205-211 del Nuove Codice dei Contratti Pubblici D.lgs. n. 50/2016, modificato dal Correttivo D.lgs. 56/2017. Tali strumenti (abolito listituto del Collegio Consultivo Tecnico dopo il parere fornito dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato del 21 marzo 2016 e il parere n. 855 dell1 aprile 2016) si sostanziano nella figura dellaccordo bonario, della transazione (colpita da notevole disfavore dal legislatore con lart. 208, in quanto sar possibile transigere solo a condizione che non siano percorribili le altre strade di risoluzione alternativa della controversia), dellarbitrato e dei pareri di precontenzioso dellanac. Mi soffermer dapprima sulle problematiche poste dallaccordo bonario e dalla transazione che sono di maggiore interesse per i giudici civili, attenendo alla fase dellesecuzione dei contratti pubblici, per poi affrontare nel prosieguo CoNTRIbuTI DI DoTTRINA della mia relazione listituto dellarbitrato amministrato e dei pareri di precontenzioso dellANAC attinenti alla fase dellaggiudicazione solo per ragioni di completezza espositiva. Secondo lart. 205 del D.lgs. n. 50/2016 il ricorso allaccordo bonario, (la cui attivazione obbligatoria, mentre il previgente art. 240, comma 14, del D.lgs. 163/2016, dopo la legge Merloni bis lo preveda solo come possibilit) per i lavori pubblici (ad esclusione degli appalti nei settori speciali) affidati da Amministrazioni pubbliche o dai concessionari (e lo stesso strumento previsto, in quanto compatibile, dallarticolo 206 del Nuovo Codice per i contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica e di servizi) consentito nel caso in cui vengano iscritte riserve nei documenti contabili per effetto delle quali limporto economico dellopera pu variare tra il 5% e il 15%. Laccordo bonario non trova spazio in maniera indiscriminata per tutte le variazioni registrate nel corso di esecuzione dei lavori, ma solo per quelle che assumono un rilievo significativo che il legislatore fissa tra il 5% e il 15% dellimporto contrattuale, cos da evitare evidentemente un uso distorto dellistituto, in quanto lappaltatore potrebbe recuperare artatamente in tale fase il ribasso offerto in sede di gara. Lart. 205 introduce lobbligatoriet dellaccordo bonario prima della approvazione del certificato di collaudo, di verifica di conformit e di regolare esecuzione, ma vieta la riproposizione di riserve inerenti ad aspetti progettuali che siano stati gi verificati, ai sensi dellart. 26 del Codice (ad esempio completezza della progettazione, appaltabilit della soluzione progettuale prescelta, conformit degli elaborati alla normativa vigente, adeguatezza dei prezzi unitari realizzati, sicurezza delle maestranze e degli utilizzatori, coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti). Aver sottratto gli aspetti progettuali alla possibilit di esperire laccordo bonario riposa su un duplice ordine di ragione. Da un lato lesigenza di richiamare il Rup alle proprie responsabilit, giacch egli gi nella fase anteriore a quella di aggiudicazione in contraddittorio con il progettista, assevera la validit del progetto, su cui, quindi, verr stabilito limporto da porre a base dasta; sicch poi risulterebbe incoerente che in fase esecutiva il medesimo Rup ritorni su quegli stessi aspetti per accordare surplus economici allaggiudicatario. Dallaltro la necessit di garantire la par condicio tra operatori e limmutabilit delle condizioni contrattuali, sulle quali tutti i partecipanti hanno basato le rispettive offerte economiche, essendo evidente che laddove i predetti aspetti progettuali gi verificati potessero originare maggiori pretese dellaggiudicatario nella fase esecutiva, egli potrebbe in via surrettizia recuperare il proprio ribasso per il quale (anche) lAmministrazione lo ha prescelto. Il raggiungimento del range tra il 5% e il 15% richiesto come condizione quantitativa per lavvio del procedimento in itinere, perch nella fase finale dellesecuzione, ossia prima dellapprovazione del certificato di collaudo, ovvero di verifica di conformit o del certificato di regolare esecuzione, RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 a prescindere dallimporto delle riserve, il Rup deve, comunque, attivarlo, cos da tentare di comporre la questione ed evitare azioni giudiziarie. Il ruolo consultivo dellAvvocatura dello Stato in questa fase determinante, in quanto deve farsi parte attiva nel segnalare allAmministrazione il doveroso rispetto della tempistica disciplinata in modo non chiara dallart. 205 sopracitato. Tale articolo prevede che il Direttore dei lavori, ai fini dellavvio del procedimento, deve darne immediata comunicazione al Rup, trasmettendo nel pi breve tempo possibile una propria relazione riservata. Il Codice non definisce esattamente la tempistica: lart. 205 prescrive che il direttore esponga le sue motivazioni entro 15 giorni dallannotazione delle riserve e che il Rup entro 15 giorni dallannotazione delle riserve (quindi non dallacquisizione della relazione riservata del direttore, ma dalladempimento che la precede), dia corso alliter per laccordo bonario. Con ci significando che in ogni caso il termine per il suo avvio di 15 giorni dalla comunicazione delle riserve, di guisa che pi tempo impiegher il Direttore per elaborare e trasmettere la sua relazione riservata al Rup, meno tempo avr questultimo per valutarla, avendo entrambi a disposizione un arco temporale di 15 giorni complessivi. In tale contesto, per, varranno i cogenti canoni di buona fede e diligenza nellesecuzione del contratto che astringe il Direttore alla stazione appaltante ex artt. 1176 c.c. e 1375 c.c., nonch il potere direttivo e sollecitatorio del Rup nei suoi confronti, sicch auspicabile una reciproca collaborazione che ripartisca il tempo tra luno e laltro organo, tenendo conto della complessit delle riserve su cui in concreto pronunciarsi. bench tale termine non sia qualificato dal legislatore come perentorio, quindi ordinatorio, privo di effetti preclusivi e decadenziali, di carattere sanzionatorio, non di meno limmanente principio di certezza del diritto e delle reciproche posizioni giuridiche, oltre che del diritto di difesa, impongono anche alla stazione appaltante di esercitare il suo diritto/obbligo di apprezzamento delle riserve al fine del bonario componimento nei termini prescritti dal Codice, potendo la sua inerzia indurre limpresa a ricorrere avverso il silenzio-inadempimento, con inevitabili esposizioni erariali foriere di altrettante responsabilit valutabili e sanzionabili in termini amministrativi e disciplinari. Il ruolo consultivo dellAvvocatura dello Stato si sostanzier nel fornire al Rup i seguenti suggerimenti operativi: verificare con particolare attenzione lammissibilit delle riserve (dopo ladempimento di tutti gli obblighi contabili previsti dagli artt. 190 e 191 del DPR 5 ottobre 2010 n. 207 recante il Regolamento di esecuzione ed attuazione del previgente Codice del 2006, non ancora abrogato in parte qua dal D.lgs. 50/2016 nelle more della adozione dei suoi regolamenti attuativi), denegando quelle tardive o formulate in maniera generica, immotivata o non quantificate nel corrispondente importo economico. Questo perch, il riconoscimento di riserve rispetto alle quali lesecutore risulti ex lege decaduto, comporta responsabilit erariale per il pagamento di CoNTRIbuTI DI DoTTRINA un debito estinto, la cui somma, peraltro, non pi ripetibile, trattandosi di obbligazione naturale. Del pari, la difesa erariale, condotta negli eventuali successivi giudizi arbitrali o di cognizione ordinaria, dovr tempestivamente eccepire la decadenza che, ai sensi dellart. 2965 c.c., incombe sulla parte interessata, non potendo essere sollevata dal giudice, non trattandosi di materia sottratta alla loro disponibilit. Il Rup pu optare per la devoluzione della questione ad un esperto, e, in tale ipotesi richiede alla Camera arbitrale lindicazione di una lista di 5 esperti aventi competenza specifica in relazione alloggetto del contratto. Tra costoro, egli per la stazione appaltante e il soggetto che ha formulato le riserve per laggiudicatario, designano colui che avr il compito di stendere la proposta motivata di accordo bonario. La piattaforma dellaccordo formulata dal- lesperto entro 90 giorni dalla nomina. Quanto alla natura dellapporto del terzo, a fronte di coloro che la reputano assimilabile allarbitrato irrituale, preferibile la sua assimilazione allarbitraggio o c.d. biancosegno, ossia alla concorde devoluzione della determinazione del contenuto del contratto dalle parti ad un terzo. Soluzione che esclude lapplicazione dellart. 808-ter c.p.c. in tema di annullabilit del lodo arbitrale e che restringe la possibilit di impugnazione dellaccordo bonario, ai casi di manifesta iniquit o erroneit, ai sensi dellart. 1349 c.c., salvo la malafede del terzo. Quanto alla natura dellatto di arbitraggio, superate le tesi di quella negoziale del mandato con rappresentanza e di quella meramente fattuale, deve reputarsi prevalente quella dellatto giuridico, avente ad oggetto, appunto, la determinazione di un altrui contratto e che, pertanto, incide non sul contratto stipulato dalle parti, perfettamente valido, ma solo sul rapporto determinandone la prestazione dovuta. Per la predisposizione della piattaforma negoziale sia che a tanto provveda il Rup da s sia che vi proceda il terzo, il Codice prescrive il rispetto dei principi del contraddittorio, sicch le riserve andranno verificate e valutate alla presenza di colui che le ha iscritte e del Rup come pure andranno acquisiti da ambo le parti interessate la documentazione, i pareri, i dati ed ogni ulteriore informazione o atto utile a formulare laccordo, la cui proposta viene trasmessa al dirigente competente della stazione appaltante e allappaltatore che ha sottoscritto le riserve, affinch valutino se aderirvi o meno. Nel primo caso entro 45 giorni dalla sua ricezione laccordo bonario viene concluso e di esso viene redatto apposito processo verbale sottoscritto da entrambi le parti, che ha natura di transazione, con la conseguente applicabilit della disciplina dettata dal successivo articolo 208 del Codice. Quindi: la forma scritta ad substantiam dellaccordo a pena di nullit e la sua sottoposizione a parere obbligatorio delAvvocatura dello Stato o dellAvvocatura interna dellAmministrazione non centrale, qualora limporto delle concessioni / rinunce superi euro 100.000 o 200.000 in caso di lavori pubblici. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 Decorsi 60 giorni dallaccettazione dellaccordo (quindi dalla adozione della relativa delibera e non dalla sottoscrizione dellaccordo tra le parti che avviene in un successivo momento) devono essere corrisposti gli interessi legali. Nel secondo caso, invece, cui il Codice equipara linutile decorso del termine di 45 giorni senza che laccordo sia concluso, lappaltatore pu adire gli arbitri o il giudice ordinario. Il correttivo ha inserito il comma 6-bis nellart. 205 che prevede un termine decadenziale unilaterale a carico dellimpresa. Tale comma prevede espressamente che limpresa, in caso di rifiuto della proposta di accordo bonario ovvero di inutile decorso del termine per laccettazione, pu instaurare un contenzioso giudiziario entri i successivi 60 giorni, termine previsto a pena di decadenza. Il legislatore omette di specificare, tuttavia, quale sia la reale portata della disposizione e, soprattutto, quale sia leffetto processuale delleventuale mancanza del previo esperimento del tentativo di accordo bonario, ovvero della proposizione immediata dellazione giudiziaria senza attendere il decorso del termine prefissato. In altri termini lart. 205 non qualifica espressamente laccordo bonario come condizione di procedibilit. Se si volesse optare per la cogenza del rimedio alternativo e per la sua natura di implicita condizione di procedibilit della domanda, sarebbe evidente lobbligo del Rup di avviare liter per laccordo bonario altrimenti privandosi lappaltatore di unadeguata forma di tutela delle sue possibili ragioni. Lultimo coma dellart. 205, infatti, non equipara al mancato accordo linutile decorso del termine di avvio e conclusione del procedimento a cura del Rup e/o dellesperto, ma solo linutile decorso del termine di 45 giorni per la sottoscrizione dello stesso, di talch il reale problema quello di stabilire quale sia la forma di tutela accordata allappaltatore in caso di inerzia ed omesso input delliter di cui trattasi, considerato che anche il nuovo Codice omette di fissare alla stazione appaltante un termine spirato inutilmente il quale, loperatore economico possa comunque adire lautorit giudiziaria o compromettere la questione in arbitrato. bench, infatti, trattasi di rapporti iure privatorum che dovrebbero indurre ad escludere prerogative pubblicistiche in favore della Pubblica Amministrazione, non di meno lassenza di un termine finale, decorso il quale, anche in mancanza di avvio della procedura, lappaltatore possa adire lautorit giudiziaria, ne pregiudica non poco la tutela, aggravata anche dallassenza di un termine entro il quale la Camera Arbitrale tenuta a riscontrare la richiesta di invio della lista di 5 esperti da parte del Rup. Pertanto, nella vistosa lacuna legislativa, potrebbe ripiegarsi: o sulla impugnazione del silenzio serbato sullobbligo di provvedere ad avviare il procedimento di accordo bonario imposto al Rup o di formulare entro 90 giorni in proprio la proposta transattiva; ovvero sulla procedibilit della domanda CoNTRIbuTI DI DoTTRINA giudiziaria, decorso il termine di 15 giorni senza che il Rup abbia o richiesto alla Camera arbitrale la lista di 5 esperti, tra i quali designare il terzo che provveda ad elaborare il testo dellaccordo, ovvero a tutto voler concedere entro i 90 giorni dalla comunicazione delle riserve senza che il Rup abbia articolato una piattaforma negoziale per il componimento consensuale della questione. La prima tesi la prevalenza al potere autoritativo della stazione appaltante che permane anche nella fase esecutiva quante volte origini dalla necessit di tutelare gli interessi pubblici (in tal caso erariali). La seconda risulta pi aderente alla natura iure privatorum della gestione del contratto. Quale che sia lopzione prescelta, resta ferma la responsabilit del Rup sotto il profilo amministrativo, disciplinare ed erariale per i maggiori danni derivanti dalla mancanta attivazione del procedimento di accordo bonario, in termini non solo di mancato risparmio in ipotesi di transazione, ma anche di lievitazione degli interessi medio tempore maturati dalla sorte capitale oltre che di specie giudiziarie. Lanalisi tecnica della procedura di accordo bonario (istituto che ha superato, comunque, la parabola poco felice dellart. 243 bis del vecchio Codice appalti, ossia linformativa dellintento di proporre ricorso) costituisce un chiaro esempio delle difficolt operative che incontra lAvvocatura pubblica nel voler suggerire alla P.A., nellambito di unintricata commistione tra disciplina privatistica e disciplina pubblicistica della materia in esame, la c.d. Procedimentalizzazione degli strumenti alternativi alla giurisdizione. Sembra che una lettura elastica e costruttiva delle disposizioni sui rimedi alternativi per la definizione delle controversie quale quella suggerita nelle pagine che precedono con riferimento alla partecipazione agli stessi delle Amministrazioni pubbliche e dei loro difensori sia pienamente conforme allo spirito delle norme, e possa contribuire, con la collaborazione di tutte le parti coinvolte, allauspicato risultato di una riduzione del contenzioso. A ci lAvvocatura pubblica intende contribuire pienamente, rendendosi fattivo protagonista per tendere agli obiettivi posti nella Carta fondamentale per una giustizia pi celere ed efficace. Volendo svolgere unanalisi comparatistica, ci si rende conto che gli altri paesi europei nella fase di implementazione della direttiva n. 52/2008 non hanno fatto espresso riferimento alle Avvocature Pubbliche. Nelle controversie pubblicistiche sempre presente un vaglio giurisdizionale condotto da un giudice che ha esclusivi poteri conciliativi (si pensi alla legge federale tedesca del 2012 la mediation gesetz), ed anche quando sono previste delle Commissioni Amministrative Indipendenti (si pensi allart. 771 c.d. Commissioni urbanistiche del codice di giustizia amministrativa francese) le loro decisioni non sono mai vincolanti per la pubblica amministrazione, ma devono essere trasfuse per cos dire in un provvedimento amministrativo o in un accordo di diritto pubblico. Ci comprova che risulta immanente un profilo autoritativo nellambito delle controversie che investono interessi pubblici. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 cui La presente direttiva ha lobiettivo di facilitare laccesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo unequilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario. regno unito Nel Regno unito, soprattutto dopo l'entrata in vigore delle Civil Procedure Rules nel 1999 chiaro il favor nei confronti delle soluzioni di tipo conciliativo, particolarmente in Inghilterra e galles (12). In effetti, le CPR guardano al processo, e alla sentenza in particolare, come residual resort, denotando una conseguente forte propensione verso forme di composizione consensuale della lite, in particolare, attraverso l'intervento stimolatorio del giudice, che pu manifestarsi sia direttamente, sotto forma di invito alla instaurazione di un percorso conciliativo sia, indirettamente, sotto forma di fissazione di udienze apposite nelle quali vagliare l'atteggiamento collaborativo delle parti verso la soluzione concordata del caso (13). Nel Regno unito a seguito della riforma del 1999 si sensibilmente ridotto il tasso di litigiosit ed anche il numero di cause decise (14). Francia Anche in Francia l'uso dello strumento conciliativo-mediativo ha avuto uno sviluppo notevole che ha portato poi a distinguere varie forme di composizione delle controversie allinterno dello stesso modello alternativo. Nel- l'ambito dei modes alternatifs de reglement des conflits (cd. MARC, acronimo corrispondente a quello di matrice anglosassone ADR) si distinguono la conciliation e la mediation, e l'istituto che si avvicina di pi alla negoziazione assistita e che ha ispirato la legge italiana la c.d. Convention de procedure participative, introdotta dall'art. 37 legge 1609 del 22 dicembre 2010 (c.d. Loi beteille), chiaro esempio di giustizia contrattuale, che non prescinde, per, dal controllo giudiziario. Germania In germania, gi prima del recepimento della direttiva 2008/52/Ce (15), sussisteva, nel modello mediativo-conciliativo, la classica dicotomia tra giu (12) Cfr. De LuCA, La mediazione in Europa. una questione di cultura e non di regole, in riv. dir. civ., 2013, 1478. (13) DALFINo D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli, bologna 2016, p. 45. (14) La direttiva 2008/52/Ce stata recepita in Inghilterra con gli Amendments del 2011 alle Civil Procedure Rules, nonch con le Cross-border Mediation (euDirective) Regulations 2011(88/2011). (15) La direttiva 2008/52/Ce stata attuata con la legge in vigore dal 26 luglio 2012 (Mediationgesetz). CoNTRIbuTI DI DoTTRINA diziale e stragiudiziale con peculiari e importanti varianti (16). Ad esempio, nell'ambito della mediazione giudiziale si distinguono una mediazione condotta direttamente dal giudice (integrierte mediation), ed unaltra demandata s ad un giudice, ma con esclusive funzioni conciliative e quindi privo dei poteri decisori in ordine alla controversia in atto (gerichtsinterne mediation in senso stretto) (17). essendo gi presente la figura del giudice conciliatore, si discusso se tale figura andava conservata o se andava invece considerata sostituita dalla figura del mediatore in senso stretto zertifizierter mediator. Tra la proposta del governo (favorevole non soltanto alla sua semplice sopravvivenza, ma anche alla sua regolamentazione) e quella del rechtsausschuss des Bundestags (volta alla sua soppressione) ha prevalso la prima posizione. Questo a dimostrazione che occorre comunque, dare prevalenza al controllo giudiziario. Spagna In Spagna, fino alla legge 15/2005, l'interesse verteva principalmente sulla mediazione familiare. Tale legge ha rappresentato il primo tentativo di risistemazione dellistituto, anche se sempre nellambito della separazione e del divorzio. In seguito progressivamente maturata l'idea che la mediazione potesse rappresentare un metodo efficace di risoluzione delle controversie ed entrare a pieno titolo nel novero degli ADR. Di questo processo di maturazione e affermazione danno senz'altro conferma il c.d. Plan Estrategico de modernizacin de la Justicia 2009-2012, ma soprattutto il Real Decreto-Ley 5/2012 e la successiva Ley 5/2012 del 6 de julio (de mediacion en asuntos civiles y mercantiles), in vigore dal 27 luglio 2012, abrogativa del precedente Real Decreto-Ley, che insieme rappresentano i due steps di recepimento della direttiva 2008/52/Ce, avvenuto non soltanto con l'introduzione di una normativa ad hoc, ma anche attraverso la modifica della Ley 1/2000 de 7 de enero, de enjuinciamiento Civil (18). In Spagna, per quanto riguarda la mediazione, fermo il principio della indefettibilit del diritto di accesso alle corti (19) e vige il principio della volontariet della procedura e delle libert delle parti di scegliere se seguire e se proseguire la via della mediazione. L'unica forma di obbligatoriet prevista dalla Ley 5/2012 quella che le parti possono istituire sottoscrivendo clausole contrattuali di mediazione con le quali si obbligano, in caso di controversia, a non adire il giudice prima di aver sperimentato la via di composizione stragiudiziale (art. 6, comma 2, legge cit.). (16) DALFINo D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli, bologna 2016, p. 62. (17) ibidem. (18) ivi, p. 71. (19) Cfr. art. 47 Carta di Nizza e art. 6 CeDu. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 italia In Italia il sistema della giustizia si andato costruendo nel tempo e definendo nel 2010 intorno a tre pilastri che sembrano connotarlo ormai in un modo che appare stabile e definitivo. Per la soluzione delle controversie nel- l'area dei diritti disponibili il sistema giustizia si presenta oggi - in una coraggiosa e competitiva sinergia tra apparati pubblici e organismi privati - come insieme di alternative interscambiabili caratterizzate ciascuna da differenti fattori di appetibilit e di fattibilit (20). PRIMo PILASTRo Mediazione e negoziazione assistita: Decisione consensuale su diritti disponibili. SeCoNDo PILASTRo Risoluzione arbitrale: Decisione delegata su diritti disponibili. TeRZo PILASTRo giurisdizione: Decisione contenziosa su diritti indisponibili o disponibili (21). Il primo pilastro costituito oggi dalla mediazione civile e commerciale e dalla negoziazione assistita e dunque si caratterizza per la decisione consensuale sui diritti disponibili. Il D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, ha esteso in modo molto significativo alla maggior parte delle controversie civili e commerciali relative a diritti disponibili lambito di applicazione della mediazione, fino a quel momento praticata soprattutto in ampi settori delle relazioni commerciali e industriali. Si tratta di un pilastro rinvenibile nell'esperienza giuridica di molti altri Paesi e che ha raggiunto nell'ambito della giustizia una propria dignit di sistema consensuale a prescindere ed oltre le esigenze di deflazione del carico giurisdizionale. La potenzialit deflattiva di questo sistema di risoluzione alternativa dei conflitti non pi, dunque, considerata la sua funzione primaria che va, invece, rintracciata nel suo ruolo parallelo di sistema di giustizia basato sul consenso e non sulla coazione. il termine conciliazione, che prima di oggi connotava da solo nel linguaggio comune sia la procedura tesa alla soluzione consensuale di una controversia sia l'atto in s dell'accordo, stato molto opportunamente sostituito da quello di mediazione finalizzata alla conciliazione (20) DoSI g., La mediazione e l'arbitrato irrituale nelle riforme del 2010, Contratto e impr., 2011, 1, 226 ss. (21) Schema ripreso da DoSI g., La negoziazione assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016, p. 19. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA della controversia o di negoziazione assistita da avvocati, che riesce a dare meglio l'idea della circostanza che per giungere a risolvere una controversia necessario un percorso di avvicinamento che, sia pure senza particolari formalismi, deve pur sempre avere un proprio setting senza il quale perderebbe la propria plausibilit (22). L'arbitrato il secondo pilastro della giustizia, nelle forme sia del tradizionale arbitrato rituale sia di quello irrituale previsto nell'art. 808-ter c.p.c. (23). Il terzo pilastro resta quello della giurisdizione, nel rispetto irrinunciabile del diritto di chiunque di agire in giudizio per la tutela contenziosa dei propri interessi e dei propri diritti, disponibili e non disponibili (24). Delineati tali brevi riferimenti comparatistici per comprenderne la portata culturale, occorre ora analizzare nello specifico i singoli istituti e delinearne gli aspetti problematici. Tipologie di aDr: La convenzione di negoziazione assistita. Listituto della negoziazione assistita, disciplinato dal d.l. n. 132/2014, convertito nella l. n. 162/2014, consiste in un accordo, detto convenzione di negoziazione, mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealt per risolvere in via amichevole una controversia, intendendo con in via amichevole che il setting della negoziazione non deve essere quello antagonista e formale che caratterizza il contesto giudiziario (25). La matrice culturale di tale procedura il diritto collaborativo, nato negli Stati uniti per disciplinare le cause di separazione e praticato in Italia soprattutto dagli avvocati che fanno riferimento all'Associazione italiana degli avvocati di diritto collaborativo e all'Istituto italiano di diritto collaborativo. La negoziazione una procedura pensata in origine per i conflitti familiari ma oggi, con il d.l. 132/2014, stata prevista per tutte le controversie riguardanti diritti disponibili (26). (22) DoSI g., La negoziazione assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016, p. 15. (23) Larbitrato irrituale stato introdotto dal D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed previsto dallart. 808 ter c.p.c. dove si legge che le parti possono [...] stabilire che la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. (24) DoSI g., La negoziazione assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016, p. 18, Il nostro sistema processuale civile, pur soffrendo di rigidit tali che pensare di modificarlo con qualche ritocco utopistico, continua ad apprestare faticosamente tutele nei tradizionali settori della cognizione, del- l'esecuzione e delle garanzie cautelari, nei quali si sono sovrapposte negli ultimi anni insieme a riforme coraggiose, spesso retromarce veloci e molte promesse di semplificazione. Considerate le dimensioni dello sforzo riformatore necessario e l'intasamento delle aule di giustizia, non si pu escludere che, ove il trend in tema di procedure alternative riuscisse ad incoraggiare riforme pi radicali, il contenuto della giurisdizione possa circoscriversi un giorno alla tutela dei soli diritti indisponibili e al controllo sulle decisioni rese nell'ambito dei sistemi alternativi. (25) DoSI g., La negoziazione assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016, p. 19. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 Anche se nella maggior parte dei casi la negoziazione assistita un rimedio alternativo facoltativo, in alcuni casi condizione di procedibilit del- lazione giudiziaria, che deve dunque essere necessariamente preceduta da un invito alla negoziazione assistita. In questi casi il tentativo di conciliazione da facoltativo diventa obbligatorio. dunque possibile individuare 3 tipi di negoziazione assistita: 1) negoziazione assistita obbligatoria come condizione di procedibilit della eventuale domanda giudiziale nel senso che obbligatorio il tentativo di negoziazione nei due casi di: a) risarcimento dei danni dalla circolazione di veicoli; b) pagamento a qualsiasi titolo di somme di denaro il cui importo non superiore complessivamente a 50.000 euro (fuori dalla prima ipotesi e dai casi di invito obbligatorio alla mediazione civile); 2) negoziazione assistita delegata dal giudice tutte le volte in cui egli rilevi non oltre la prima udienza che l'invito alla negoziazione assistita, nei casi di condizione di procedibilit, non sia stata esperita. A differenza di quanto prevede per la mediazione civile, il comma 2 dell'art. 5 del D.lgs. 28/2010, il giudice non ha il potere al di fuori della ipotesi indicata di disporre in altri momenti del processo la negoziazione assistita; 3) negoziazione assistita facoltativa per tutte le altre controversie su diritti disponibili con la precisazione importante che alla negoziazione facoltativa le parti potrebbero accedere anche nel corso del processo gi avviato, esattamente come possibile anche in sede di mediazione facoltativa. La negoziazione assistita obbligatoria stata oggetto del giudizio della Corte Costituzionale poich ha affrontato la questione di una eventuale sovrapposizione tra condizioni di procedibilit della domanda giudiziale (in particolare la sovrapposizione tra il nuovo istituto della negoziazione assistita ed altre procedure stragiudiziali gi previste in forma obbligatoria) (27). La questione riguardava la possibilit che in tali casi le parti fossero obbligate, prima di poter accedere al processo, ad esperire due procedimenti finalizzati alla risoluzione stragiudiziale delle controversie. La Corte Costituzionale si espressa a riguardo con la sentenza n. 162 del 7 luglio 2016, con la quale ha ritenuto infondata la questione di legittimit dellart. 3, comma 1, d.l. 132/2014, sollevata dal giudice di pace di Vietri di Potenza con ordinanza del 27 luglio 2015 nel corso di un procedimento civile avente ad oggetto il risarcimento di danni causati da circolazione stradale, richiesti dal danneggiato nei confronti della propria impresa assicuratrice, ai (26) Lart. 2 comma 2 lett. b stabilisce che la convenzione di negoziazione deve precisare l'oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili. (27) Per esempio la mediazione obbligatoria prevista dallart. 5, comma 1-bis, D.lgs. n. 28/2010, ma anche la procedura stragiudiziale obbligatoria prevista dallart. 145, D.lgs. n. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private), e quella prevista, nel settore delle telecomunicazioni, ex art. 1, comma 11, l. n. 249/1997. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA sensi dell'art. 149 del D.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (Codice delle assicurazioni private) (28). L'azione era stata introdotta senza che l'attore avesse esperito il procedimento di negoziazione assistita prescritta quale "condizione di procedibilit della domanda giudiziale" dall'art. 3, comma 1, d.l. 12 settembre 2014 n. 132 convertito con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014 n. 162 e il giudice aveva sollevato la questione di legittimit costituzionale. La Corte Costituzionale ha ritenuto infondata nel merito la questione, affermando che sbaglia il giudice a quo nel ritenere che la negoziazione assistita sia un "inutile doppione" della cosiddetta "messa in mora" di cui agli artt. 145, 148 e 149 del D.lgs. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private), e che, di conseguenza, essa irragionevolmente arrechi un vulnus al diritto di difesa con il "rinviare sine die" la tutela risarcitoria di soggetti danneggiati da circolazione di veicoli e natanti. gli articoli 145, 148 e 149 del D.lgs. 209/2005 attengono ad una fase stragiudiziale che si svolge direttamente tra le parti e che il legislatore del 2005 ha previsto nella prospettiva di rendere, gi in tale momento, una anticipata e satisfattiva tutela del danneggiato. Diversa, invece, la finalit (e differenti sono la natura e le modalit) della "negoziazione assistita" introdotta dall'art. 2 del d.l. n. 132/2014 che il successivo art. 3 ha reso obbligatoria per le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti. una tale "negoziazione" presuppone che (nel contesto della procedura di messa in mora) l'offerta risarcitoria non sia stata ritenuta satisfattiva dal danneggiato, ovvero che non sia stata neppure formulata dall'assicuratore. a questo punto, infatti, che si inserisce il meccanismo predisposto dalla normativa denunciata (29). Con riferimento specifico alla negoziazione, i profili di incompatibilit di tale procedura con le controversie che interessano lAvvocatura dello Stato sono diversi: in primo luogo basti pensare che lart. 2 comma 1 bis della legge recita espressamente: fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, di affidare la convenzione di negoziazione alla propria avvocatura, ove presente. orbene, che lAvvocatura dello Stato esista e sia presente, un fatto innegabile e altrettanto innegabile che prima di tale legge lAvvocatura dello Stato avesse il patrocinio obbligatorio delle Amministrazioni statali. Se tale norma si riferisse allAvvocatura dello Stato sarebbe, pertanto, una norma superflua. (28) Il giudice a quo denunciava che lintroduzione di una ulteriore condizione di procedibilit, che si sovrappone alla condizione di proponibilit gi prevista dagli artt. 145 e segg., del D.lgs. 209/2005, in tema di azioni risarcitorie del danno da circolazione di veicoli, risulti essere del tutto irragionevole oltre che inutile avendo il solo fine di rinviare sine die linizio del contenzioso, con ci appunto violando gli artt. 3 e 24 Cost. (29) Corte Cost. sentenza n. 162 del 7 luglio 2016, par. 3.1. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 La norma, invece, sembra riferirsi con la locuzione ove presente alle Avvocature Pubbliche incardinate allinterno della Pubblica Amministrazione o, comunque, agli uffici Legali delle Amministrazioni Pubbliche. LAvvocatura dello Stato , invece, un istituto autonomo, non incardinato allinterno della Pubblica Amministrazione. L'autonomia dell'Istituto stata prevista per consentire una maggiore oggettivit nella funzione consultiva volta ad orientare lattivit amministrativa. un ulteriore dato relativo alla convenzione di negoziazione assistita che pone delle difficolt all'Avvocatura dello Stato quello relativo alla matrice culturale di tale procedura, il cui setting deriva dal c.d. diritto collaborativo, nato, come gi accennato, nel contesto delle cause di separazione negli Stati uniti e praticato nel nostro paese dagli avvocati che fanno soprattutto riferimento all'Associazione italiana degli avvocati di diritto collaborativo e all'Istituto italiano di diritto collaborativo. Ma noto che questo tipo di cause non coinvolgono l'Avvocatura dello Stato. ed ancora, se si prendono in considerazione quelle norme che, prevedendo obblighi di informazione che il difensore deve fornire alle parti o richiedendo liscrizione dello stesso ad un albo professionale, lasciano facilmente intuire che siano inapplicabili alle parti pubbliche ed ai loro difensori. Ad esempio il comma 6 dellart. 2 della legge 10 novembre 2014 n. 162 recita espressamente: Gli avvocati certificano lautografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione sotto la propria responsabilit professionale. Sappiamo per che gli avvocati dello Stato non hanno il potere di certificazione delle sottoscrizioni da parte del proprio cliente, che non una persona fisica ma costituito da una parte pubblica. La norma sembra presupporre un potere di certificazione (ex art. 83, comma 3 c.p.c.) che preesiste alla disciplina della convenzione di negoziazione assistita e che propria dellavvocato libero professionista, cos come negli altri paesi europei. Nei paesi di common law, ad esempio, tale potere di certificazione delle firme spetta alla figura del lawyer (avvocato del libero foro che in tali sistemi pu certificare anche atti di compravendita immobiliare), ma non certo a quella del Public attorney (avvocato pubblico). A riprova di quanto sopra affermato, basti ricordare che tale potere di certificazione viene previsto anche nellart. 4 Non accettazione dellinvito e mancato accordo. I poteri di certificazione a cui fa riferimento lart. 4, ai commi 2 e 3, e lart. 5, non rientrano nelle competenze dellAvvocato dello Stato. Appare arduo ritenere, infatti, che l'Avvocato dello Stato debba certificare la firma del Direttore generale di un Ministero o di un funzionario delegato a rappresentare l'Amministrazione nella procedura di negoziazione assistita oppure se conduce la negoziazione senza il legale della parte privata (ipotesi contemplata dalla suddetta legge) debba poi certificare la firma della stessa. Nellambito della negoziazione un altro profilo di incompatibilit riguarda lart. 11 raccolta dei dati. ed invero il comma 1 del suddetto articolo pre CoNTRIbuTI DI DoTTRINA vede che i difensori che sottoscrivono laccordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al consiglio dellordine circondariale del luogo ove laccordo stato raggiunto, ovvero al consiglio dellordine presso cui iscritto uno degli avvocati. Appare evidente in questa disposizione lassoluta incompatibilit della disciplina in esame con la figura dellAvvocato dello Stato, in quanto questultimo non iscritto in nessun albo professionale. Dunque, poich, come gi sottolineato, gli Avvocati che fanno parte dellAvvocatura dello Stato non risultano iscritti a nessun albo professione, e poich la negoziazione un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealt per risolvere in via amichevole la controversia tramite lassistenza di avvocati iscritti allalbo, per le cause di incidenti stradali, (cosi come per le cause concernenti il pagamento di una somma fino a 50.00 euro), per le quali prevista la negoziazione obbligatoria, l'Avvocatura potr porre in essere una negoziazione assistita esclusivamente di tipo valutativo e non facilitativo, in base all'art. 13 del R.D. 1611/1933 che prevede una sua ampia funzione consultiva per l'attivit della Pubblica Amministrazione. In altri termini, in caso di attivit svolta iure privatorum e non in via autoritativa, l'invito alla negoziazione dovr essere inoltrato direttamente all'Amministrazione che con i propri funzionari facenti parte degli uffici legali dei vari Ministeri e/o enti (legittimati a porre in essere procedure conciliative in base agli articoli 2 e 3 del R.D. 1611/1933) potr iniziare delle trattative con la controparte e predisporre una bozza di convenzione di negoziazione assistita da sottoporre all'esame e alla valutazione dell'Avvocatura dello Stato. Ci si sta verificando, ad esempio per le convenzioni di negoziazioni assistite relative alle depositerie giudiziarie. ragionevole inoltre sostenere che l'Avvocato dello Stato, quale avvocato del processo cos come configurato dal proprio ordinamento interno (R.D. 1611/1933, L. 109/1975), potr intervenire nella negoziazione assistita delegata, quale nuova ipotesi di giurisdizione condizionata. possibile, altres, profilare un intervento dell'Avvocatura dello Stato nella negoziazione assistita e nella mediazione in tutte le ipotesi di atti successivi all'atto introduttivo del giudizio, ad esempio la domanda riconvenzionale (30), la chiamata in causa del terzo (31), lintervento del terzo volontario (30) Cfr. Tribunale Verona, ordinanza del 12 maggio 2016, cos massimata: Anche le domande spiegate in via riconvenzionale, qualora incidano su una delle materie elencate dall'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28/2010, sono sottoposte al tentativo obbligatorio di mediazione civile e commerciale; ne consegue che, qualora il procedimento sia gi stato esperito, ma con riferimento alle sole domande principali, il giudice dovr assegnare un termine per la sua rinnovazione (Quotidiano Giuridico, 2016). A sostegno della tesi secondo cui lobbligo di mediazione per le materie di cui allart. 5, D.lgs. 28/2010 non si limita alle sole domande proposte dallattore negli atti introduttivi, si riporta anche lordinanza del Trib. Como, sez. di Cant, 2 febbraio 2012, nella quale si legge: lesclusione della mediazione per RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 c.d. principale, ai sensi dell'art. 105, primo comma, (nessuna questione invece destinata a porsi in caso di intervento adesivo dipendente, ai sensi dell'art. 105 II comma c.p.c., posto che l'interventore non propone alcuna domanda nuova e dunque non allarga l'ambito oggettivo del processo), e lopposizione a decreto ingiuntivo. Relativamente a questultima, la Cassazione con la sentenza del 3 dicembre 2015 n. 24629 ha chiarito che l'onere della mediazione obbligatoria incombe sull'ingiunto opponente con conseguente improcedibilit dell'opposizione e passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo in caso di inosservanza. Fino a tale intervento la giurisprudenza si era dimostrata ondivaga e faceva ricadere tale onere talvolta sullopposto, talvolta sullopponente. Lintervento chiarificatore intervenuto dunque con la sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che dunque sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria perch lopponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perch premierebbe la passivit dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice (32). Quanto detto stato confermato dalla recente giurisprudenza di merito (33), anche se non mancano decisioni in contrasto con la suddetta sentenza (34). In tutti i casi sopraesposti, essendo gi iniziato il giudizio e avendo l'Avvocatura dello Stato gi assunto il patrocinio e svolte le proprie difese, nel corso del processo, qualora il giudice rilevi il mancato avveramento della condizione di procedibilit, sar pi agevolata a partecipare alla procedura di negoziazione assistita e mediazione, avendo gi assunto una propria linea difensiva nel giudizio pendente. Resta il dubbio se debba esperirsi il procedimento della mediazione o negoziazione assistita nel caso in cui l'attore scelga di proporre la domanda attraverso le forme di cui agli art. 702 bis e segg. del codice di procedura civile (procedimenti sommari di cognizione) (35). la domanda riconvenzionale determinerebbe uningiustificata disparit di trattamento fra lattore -il quale solo sarebbe tenuto a proporre la mediazione sulla sua domanda e a differire la sua tutela giurisdizionale - e il convenuto - sul quale non graverebbe alcun onere preventivo, con attribuzione di un privilegio contrastante con il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost.. (31) Il Trib. Verona, sez. III, con lord. 18 dicembre 2015 dopo aver ribadito che ҏ alquanto controverso, sia in dottrina che in giurisprudenza, () se la mediazione sia condizione di procedibilit anche delle domande fatte valere nel corso del processo dal convenuto, dai terzi intervenienti volontari o su chiamata, si dimostra favorevole alla tesi positiva ed assegna alle parti un termine per presentare istanza di mediazione. A sostegno della tesi contraria vedi Trib. Palermo, ord. del 27 febbraio 2016, secondo cui la mediazione obbligatoria non si estenda alle domande nei riguardi di terzi chiamati in causa. (32) Cass. civ., sez. III, sent. 3 dicembre 2015, n. 24629. (33) Cfr. Trib. Ravenna, sent. 20 settembre 2017; Trib. Vasto, 30 maggio 2016; Trib. Trento, 23 febbraio 2016 n. 177; Trib. Monza, sez. I, 21 gennaio 2016 n. 156. (34) Cfr. Trib. Firenze, sez. III, ord. 17 gennaio 2016; Trib. busto Arsizio, sez. III, 3 febbraio 2016 n. 199. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA L'Avvocatura dello Stato potr inoltre senz'altro intervenire in grado di appello. essendo, infatti, tassative le ipotesi di rimessione al giudice di primo grado ex artt. 353 c.p.c. e 354 c.p.c., qualora il giudice di appello constati che il giudice di primo grado abbia errato nel non ritenere la questione sottoposta alla procedura di mediazione o di negoziazione assistita, oppure constati che abbia errato il giudice di primo grado nell'aver respinto l'eccezione di improcedibilit sollevata da una parte in ordine al mancato esperimento delle suddette procedure, dovr disporre che in tale sede le parti procedano a recuperare l'attivit di mediazione o di negoziazione assistita mai svolta sino a quel momento (36). Tornando ai profili di incompatibilit, esistono poi controversie che coinvolgono le Amministrazioni e che fanno parte del contenzioso seriale, nelle quali risulterebbe inutile il tentativo di composizione alternativa del contenzioso poich si tratta di controversie che richiedono una soluzione con carattere generale e proveniente da organi con competenza ai massimi livelli decisionali. In questo caso il ricorso agli ADR, oltre che avere poca utilit, invece che abbattere il contenzioso finirebbe con il comportare unicamente una dilazione superflua rispetto allaccesso alla giustizia. unulteriore riprova del fatto che la normativa riguardante l'ADR stata modellata sulla figura dell'avvocato del libero foro si rinviene nella recente istituzione degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie e delle camere arbitrali. In data 16 febbraio 2017 il Ministro della giustizia orlando ha, infatti, firmato la versione finale del regolamento che, come previsto dal nuovo ordinamento forense, permetter adesso ai consigli dell'ordine di costituire enti per affrontare le controversie al di fuori del consueto circuito giudiziario. Il testo, con misure che si applicheranno anche agli enti gi esistenti, prevede la costituzione di un consiglio direttivo con il compito di amministrazione della camera o dell'organismo. Il consiglio direttivo composto da un numero di componenti, nominati con delibera del Consiglio dell'ordine. L'Avvocatura dello Stato non pu costituire organismi di mediazione al suo interno. Infine, un ulteriore elemento che induce ad escludere la partecipazione del- l'Avvocatura dello Stato a tali procedure si evince da alcune raccomandazioni adottate dalla Commissione europea (37) nelle quali sono indicati i principi per (35) A favore, Trib. Torino, sez. III, ord. 23 marzo 2015 cos massimata: L'azione esperita nelle forme del rito sommario di cognizione non esclude la previa instaurazione del procedimento di mediazione, non essendo il rito a determinare l'obbligatoriet del procedimento conciliativo, bens la natura della controversia (Giur. it., 2015, 10, 2121). (36) Corte di Appello di Milano con lordinanza del 22 marzo 2016 stabilisce che anche il giudice in fase di appello pu disporre l'esperimento del processo di mediazione a prescindere dalla obbligatoriet o meno della mediazione ante causam o della vigenza o meno della norma prima dell'introduzione della controversia e assegna dunque un termine di quindici giorni per promuovere il procedimento di mediazione innanzi allorganismo che ritengono pi idoneo per trattare la controversia commerciale in oggetto, a far tempo dalla comunicazione della presente ordinanza. (37) La n. 98/257 del 30 marzo 1998 e la n. 2001/310 del 4 aprile 2001. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 il funzionamento dei sistemi ADR, tra i quali vengono citati l'indipendenza e l'imparzialit del terzo che facilita l'accordo. Inoltre, anche dai rilievi comparatistici sopra esposti (38) risulta che negli altri paesi europei non vi stato un netto coinvolgimento delle Avvocature pubbliche, a riprova del fatto che il loro ruolo del tutto peculiare e pu essere adattato all'espletamento delle procedure alternative della giurisdizione solo con opportuni correttivi interpretativi. Appare evidente che molti sono i profili problematici relativi all'applicazione degli ADR. occorre quindi, un'attivit di collaborazione tra giudici e avvocati pubblici e del libero foro con reciproca comprensione delle proprie difficolt operative, affinch sulla base di una visione ampiamente condivisa degli ADR in generale, si possa migliorare insieme il sistema della giustizia civile e realizzare quella che da pi parti viene definita la giurisdizione condivisa. La mediazione. La definizione di mediazione rinvenibile nellart. 1 del D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (che ha dato attuazione alla delega legislativa contenuta nell'art. 60 della L. 18 giugno 2009, n. 69) (39) che stabilisce che la mediazione l'attivit, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o pi soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa e la conciliazione come la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione. In Italia la mediazione era, fino al recepimento della direttiva 2008/52/Ce, un istituto riferito agli specifici ambiti familiare e penale, funzionalmente volto al riavvicinamento delle parti, al ripristino di una comunicazione interrotta, alla ricomposizione di un conflitto e aveva dunque una funzione soprattutto sociale (40). Il recepimento della direttiva di cui sopra ha portato la mediazione ad acquisire un ruolo nuovo e importante allinterno degli strumenti alternativi di risoluzione presenti in Italia. La principale novit della riforma del 2010 ҏ quella di avere generalizzato la regola e reso possibile a chiunque l'accesso a procedure finalizzate alla conciliazione di controversie praticamente in ogni settore della vita civile e commerciale secondo il modello procedimentale () affidato nella sua gestione ad appositi organismi di mediazione istituiti da enti pubblici o da privati (41). (38) I riferimenti comparatistici richiamati sono stati enucleati dal testo di DALFINo D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli 2016. (39) Il decreto legislativo, pubblicato sulla G.u. n. 53 del 5 marzo 2010, entrato in vigore il 20 marzo 2010 (ad eccezione delle disposizioni relative al meccanismo della mediazione come condizione di procedibilit della domanda giudiziale la cui data di entrata in vigore il 20 marzo 2011). (40) DALFINo D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli, bologna 2016, p. 85. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 l. 9 agosto 2013 n. 98 - che aveva fatto seguito alla sentenza della Corte Costituzionale 6 dicembre 2012 n. 272 che aveva cancellato il comma 1 dell'art. 5 e altri del D.lgs n. 28/2010 per eccesso di delega). Viceversa nelle controversie relative al pagamento di somme di denaro non superiori a 50.000 euro l'invito alla negoziazione obbligatorio solo allorch la domanda di pagamento non concerna una delle ipotesi di mediazione obbligatoria previste nell'art. 5, comma 1-bis, D.lgs. n. 28/2010. Lo si desume chiaramente dal comma 1 dell'art. 3 del d.l. n. 132/2014. Al di fuori di questi settori il rapporto tra la negoziazione assistita e la mediazione di facoltativit nel senso che gli interessati possono liberamente scegliere di attivare l'una o l'altra procedura o anche entrambe se una delle due non porta all'accordo. Il quinto comma dell'art. 3 del d.l. 132/2014 prevede infine che restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. Questo significa che l'interessato in questi casi dovr azionare la procedura speciale di conciliazione o mediazione obbligatoria e non potr optare per la negoziazione assistita. occorre infine soffermarsi sullo stretto collegamento tra processo e mediazione/ negoziazione assistita che si evince dallimpianto legge 162/2014. Tale collegamento dimostrato dall' art. 3 comma 4 della suddetta legge (cos come nell'art. 5, comma 3 del D.lgs. 28/2010 in tema di mediazione) che testualmente recita lesperimento del procedimento di negoziazione assistita nei casi di cui al comma 1 non preclude la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, n la trascrizione della domanda giudiziale. Per quanto riguarda la concessione di provvedimenti cautelari, non dunque necessario esperire preliminarmente il procedimento di mediazione o di negoziazione assistita tutte le volte che si intenda proporre istanza cautelare per l'ottenimento di una misura cautelare prevista dal codice di rito o di altre leggi speciali. La disposizione non chiarisce per quale sia la disciplina applicabile nei casi in cui sia richiesta ante causam una misura cautelare a carattere conservativo (ad esempio, un sequestro), che, a differenza di quel che si verifica per le misure cautelari a carattere anticipatorio, deve essere necessariamente seguita dal giudizio di merito per non perdere efficacia, ai sensi dell'art. 669-octies, primo comma c.p.c. bisogna dunque comprendere se, una volta ottenuta la misura in relazione a una controversia rientrante nell'ambito di applicazione della negoziazione assistita o della mediazione, la declaratoria di inefficacia possa essere evitata attraverso la proposizione della domanda di mediazione o dell'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. A tal proposito si fa riferimento all'art. 8 della Legge 162/2014 (che trova un suo corrispondente nell'art. 5, comma 6 del D.lgs. 28/2010) rubricato "interruzione della prescrizione e della decadenza", secondo cui dal momento dell'invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita (o dal momento della co CoNTRIbuTI DI DoTTRINA municazione della domanda di mediazione alle altre parti) impedita la decadenza (per una sola volta), senza necessit di instaurare il giudizio di merito, se non dopo l'espletamento della procedura di negoziazione assistita o di mediazione. La norma non precisa se la decadenza cos impedita sia soltanto quella relativa al diritto sostanziale oppure quella riguardante eventuali termini di natura processuale. Proprio per questa ragione, non sembra affatto irragionevole sostenere che possa riferirsi al termine di cui all'art. 669-octies, primo comma, c.p.c, e che quindi la proposizione della domanda di mediazione o dell'invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita sia idonea ad evitare la declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare (43). Lo stretto collegamento tra processo e negoziazione assistita (e/o mediazione) dimostrato, inoltre, dal fatto che la proposizione di tali procedure alternative alla giurisdizione non impedisce la trascrizione della domanda giudiziale. Questo suscita alcuni problemi poich il fatto che una domanda giudiziale possa essere trascritta vuol dire che un giudizio pu essere instaurato, e ci pu indurre la controparte a maturare il convincimento che non vi sia una reale volont di conciliare. Inoltre, la non perfetta coincidenza tra il contenuto della convenzione della negoziazione assistita o della mediazione e il contenuto della domanda giudiziale pu non rendere concreto l'effetto prenotativo della trascrizione ex artt. 2652 e 2653 c.c. Larbitrato. Larbitrato un altro mezzo alternativo di risoluzione delle controversie ed caratterizzato dal deferimento del giudizio ad uno o pi arbitri affinch decidano con un lodo, che ha effetti analoghi a quelli di una sentenza. Larbitrato regolato nel codice di procedura civile dagli artt. 806-832. Ai sensi del primo comma dell'art. 806 c.p.c. (controversie arbitrabili), riformato nel 2006, le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge. Il secondo comma precisa che: Le controversie di cui all'art. 409 possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro. Le parti possono dunque decidere di affidare la risoluzione delle controversie ad uno o pi arbitri mediante la c.d. convenzione di arbitrato che pu assumere due forme: il compromesso, se la lite gi insorta (art. 807 c.p.c.) o la clausola compromissoria, in via preventiva inserendo la clausola compromissoria all'interno del testo negoziale o in un atto separato (art. 808 c.p.c.) (44). (43) Sullargomento cfr. Trib. brindisi Francavilla Fontana, ord. 9 gennaio 2012; Trib. Reggio emilia, sent. 13 ottobre 2012. (44) Lart. 807 c.p.c. prevede: Il compromesso deve, a pena di nullit, essere fatto per iscritto e determinare l'oggetto della controversia. La forma scritta s'intende rispettata anche quando la volont RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 Accanto a questo tipo di arbitrato ne previsto un altro, c.d. irrituale, a cui stata data piena legittimazione e autonomia con la riforma del 2006. ed invero una consistente novit introdotta dal D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 () l'art. 808-ter (arbitrato irrituale) in cui si legge che: Le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che, in deroga a quanto disposto dall'art. 824-bis, la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. altrimenti si applicano le disposizioni del presente titolo (45). Quanto alle analogie e differenze tra i due tipi di arbitrati (46) anche la giurisprudenza chiara nellaffermare che posto che sia l'arbitrato rituale che quello irrituale hanno natura privata, la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato non pu imperniarsi sul rilievo che con il primo le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, ma va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 cod. proc. civ., con l'osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volont delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volont (Cass. civ., sez. I, sent. 2 dicembre 2015, n. 24558) (47). Larbitrato si distingue, per, dagli altri strumenti ADR, in quanto si profila come strumento di tipo aggiudicativo, nel senso che giunge sempre ad una soluzione del conflitto. Nellambito delle controversie pubblicistiche, ammesso ormai il principio dellarbitrabilit delle controversie vertenti in materia di risarcimento per lesione degli interessi legittimi, listituto dellarbitrato ha posto il problema se delle parti espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi. Lart. 808 c.p.c. prevede: Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purch si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d'arbitrato. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall'articolo 807 c.p.c. La validit della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria. (45) DoSI g., La mediazione e larbitrato irrituale nelle riforme del 2010, Contratto e impr., 2011, 1, 226 e ss. (46) Per un esame delle differenze e analogie tra le due forme di arbitrato vedi DoSI g., La mediazione e larbitrato irrituale nelle riforme del 2010, cit.; CNDCeC, Larbitrato, 2016, (on line). (47) Cfr. anche Cass. civ., sez. I, 1 aprile 2011, n. 7574; Cass. civ., sez. I, sent. 2 luglio 2007, n. 14972; Cass. civ., sez. I, 10 novembre 2006, n. 24059; Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2009, n. 21585; Cass. civ., sez. I, 20 luglio 2006, n. 16718. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA sia o meno ammissibile affermare e in che termini una certa disponibilit del potere pubblico. innegabile che anche nelle controversie pubblicistiche il diritto stia evolvendo in unottica sempre pi consensuale e meno autoritativa. Si pensi allart. 12 del codice del processo amministrativo in base al quale tutte le controversie concernenti diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo possono essere oggetto di arbitrato rituale ex art. 806 e ss. c.p.c., alle convenzioni di lottizzazione e alla c.d. perequazione urbanistica, agli accordi di diritto pubblico ex art. 11 L. 241/2010, agli accordi organizzativi, ai ricorsi gerarchici impropri, agli accordi di programma. In tale contesto ci si chiede se gli ADR, oltre a costituire uno strumento deflattivo, siano anche portatori di un valore aggiunto, ossia se rappresentino una nuova modalit di esercizio del potere pubblico. Il problema pratico pi rilevante si posto soprattutto in ordine allassenza dei poteri cautelari degli arbitri, laddove la tutela pubblicistica essenzialmente una tutela cautelare. Stante il divieto contenuto nellart. 818 c.p.c., ma la possibilit ormai riconosciuta agli arbitri di sollevare eccezioni di illegittimit costituzionale, la Commissione Alpa ha proposto unestensione agli arbitri dei poteri cautelari, atteso che, ai sensi dellart. 669 quinquies, se la controversia oggetto di clausola compromissoria o compromessa in arbitrati anche non rituali o se pendente il giudizio arbitrale, la domanda cautelare si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito, con evidente aggravio per la parte che chiede tutela in via durgenza. Nel Nuovo Codice dei Contratti pubblici la novit pi rilevante rappresentata dalla soppressione del vecchio binario: arbitrato libero e arbitrato amministrato. Nelle materie degli appalti pubblici prevalso il principio della concentrazione e della pubblicit del procedimento arbitrale, luogo di eteronomia e di controllo da parte della Camera Arbitrale incardinata allinterno dellANAC. Lart. 12 c.p.a., come sopra detto, sulla scia dellart. 6, comma 2, della L. 205/2000, ha previsto la possibilit di devolvere ad arbitrato rituale di diritto, le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. Ci si chiesti se si debba far riferimento ai diritti soggettivi in senso stretto o possono essere investiti anche i profili relativi al risarcimento per lesione di interessi legittimi, se si debba restringere il campo alla sola giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo o se si possono ritenere compromettibili anche le controversie relative a diritti riconducibili alla giurisdizione generale di legittimit. Certamente nellambito del diritto amministrativo, essendo ancora intangibile il dogma della indisponibilit del potere pubblico, ancora fermo il principio secondo il quale gli arbitri non possono decidere controversie concernenti lesercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo neppure quando le controversie rientrano in quelle particolari materie indicate dalla legge che costituiscono lambito della RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 giurisdizione esclusiva. Il riconoscimento nello specifico settore dei giudizi aventi ad oggetto contratti pubblici, di particolari effetti sospensivi alla proposizione del ricorso ex artt. 120 e 121 c.p.c. e di particolari poteri al giudice amministrativo che vanno dalla caducazione totale o solo parziale del contratto viziato nella aggiudicazione (c.d. inefficacia a geometria variabile) alla irrogazione di sanzioni non sembra assolutamente prospettabile con riguardo al giudizio arbitrale. Nellart. 209, commi 1 e 2, stato riprodotto il meccanismo di formazione della convenzione di arbitrato in precedenza descritto dallart. 241, commi 1 e1 bis del vecchio Codice dei Contratti. In particolare: < la stazione appaltante indica nel bando o nellavviso con cui indice la gara, ovvero per le procedure senza bando nellinvito, se il contratto conterr o meno la clausola compromissoria; lindicazione che il contratto conterr la clausola compromissoria, possibile, per, solo a patto che vi sia unapposita autorizzazione motivata dellorgano di governo della amministrazione aggiudicatrice; se manca lautorizzazione, lart. 209, comma 3, prima parte, prevede che < nulla la clausola compromissoria inserita senza autorizzazione nel bando o nellavviso con cui indetta la gara, ovvero nella procedura senza bando nellinvito>. Come in passato nulla espressamente previsto riguardo alla sorta della clausola compromissoria eventualmente inserita nel contratto in mancanza della relativa indicazione del bando, avviso o invito, previamente autorizzata. entrambe le opzioni interpretative possibili sono ancora praticabili: mera nullit della clausola compromissoria con applicazione della disciplina di cui agli art. 817, comma 2, art. 829 comma 1 n. 1 c.p.c. o non arbitrabilit delle controversie. Nel nuovo codice non figura pi, invece, la previsione dellart. 241 seconda parte che sanzionava con la nullit non solo , ma anche . Questa mancanza elimina alla radice lequivoco nel quale la lettera di quella disposizione poteva indurre a cadere cio che per aversi giudizio arbitrale occorresse non solo una clausola compromissoria previamente autorizzata, ma anche un successivo avvio del giudizio arbitrale previamente autorizzato. Vi , per, da chiedersi se la mancata riproduzione di quella disposizione non abbia altre conseguenze. Non si deve dimenticare, infatti, che proprio quella previsione costituiva un elemento letterale a favore della tesi secondo la quale sarebbe stata possibile unautorizzazione conferita successivamente rispetto ad una indicazione nel bando, avviso o invito non previamente autorizzata. La seconda parte dellart. 209 del Codice dei Contratti pubblici prevede che larbitrato, ai sensi dellart. 1 comma 20 della legge 190/2012, si applica anche alle controversie relative a concessioni, appalti pubblici di opere, servizi forniture in cui sia parte una societ a partecipazione pubblica ovvero una so CoNTRIbuTI DI DoTTRINA ciet controllata o collegata a partecipazione pubblica, ai sensi dellart. 2359 c.c. o che, comunque, abbiano ad oggetto opere o forniture con risorse a carico dello Stato. una previsione significativa se pensiamo che in altri paesi come la Francia se vengono in rilievo risorse pubbliche non proprio possibile far ricorso allarbitrato, sebbene tale istituto abbia avuto una notevole diffusione. Dopo la sentenza della Corte di giustizia Eco Swiss c. Benetton 1 giugno 1999 nella causa C-126/97 si senzaltro consolidata lopinione che anche le controversie nascenti da contratti potenzialmente nulli, ai sensi della normativa antitrust, possono essere sottoposte a giudizio arbitrale. In tema di propriet industriale, fermo restando lesclusiva dello Stato nel concedere marchi e brevetti, il nuovo Codice della Propriet industriale prevede lapplicazione degli artt. 35 e 36 del D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 che disciplinano gli arbitrati in materia di societ. Il suddetto decreto legislativo ha esteso larbitrato allazione sociale di responsabilit, allimpugnativa delle delibere di approvazione del bilancio e alle controversie relative alle cessioni di quote o azioni. Si fatto spesso riferimento al diritto societario, in particolare allart. 2358 n. 4 c.p.c. come modello di soluzione gestionale della lite applicabile anche alla Pubblica Amministrazione. Ma chiaro, per quanto sopra detto, che, se vengono in rilievo risorse pubbliche, non si pu prescindere dal provvedimento di autorizzazione della P.A. tesa sempre alla tutela dellinteresse pubblico. Non un caso che il legislatore sia stato molto cauto nel prevedere strumenti ADR quando vengono in rilievo solo interessi legittimi. Ne sono un esempio lampante i pareri di precontenzioso dellAnac previsti dallart. 211 del Nuovo Codice dei Contratti pubblici, pareri facoltativi ad efficacia soggettiva limitata, impugnabili innanzi al TAR che possono essere rilasciati nella fase di aggiudicazione. , infatti, previsto che su iniziativa della stazione appaltante o di una o pi delle altre parti, lANAC esprima un parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento della procedure di gara, entro 30 giorni dalla richiesta. Il parere obbliga le partii che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante impugnabile, ai sensi dellart. 120 c.p.a. entro 30 giorni. In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente, ai sensi e per gli effetti dellart. 26 c.p.a. Volendo trarre una conclusione da questa relazione che comprende in s sia una parte destruens, ma anche una parte costruens, questa non pu che sintetizzarsi nella seguente considerazione: gli strumenti ADR rappresentano una evoluzione in senso positivo del diritto, sono strumenti con grandi potenzialit che, per, non possono che assumere un carattere di specialit quando si decide di applicarli alle controversie pubblicistiche. Linterprete deve tenere sempre presente che tali strumenti non possono, comunque, rendere pi gravoso laccesso alla tutela giurisdizionale. La Corte di giustizia dellunione europea, (sebbene le direttive in materia lascino agli Sati membri la libert di sta RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 bilire il tipo di enforcement da attribuire agli strumenti ADR), lo ha ricordato molto chiaramente con la recente sentenza emessa nella causa C-75/16 del 27 giugno 2017 Livio menini, maria antonia rampanelli c. Banca Popolare Societ Cooperativa in tema di tutela del consumatore. Con tale pronunzia la Corte ha statuito il seguente principio: La Direttiva 2013/11/uE del Parlamento europea e del consiglio del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva aDr per i consumatori), deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede il ricorso a una procedura di mediazione, nelle controversie indicate allarticolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, come condizione di procedibilit della domanda giudiziale relativa a queste medesime controversie, purch un requisito siffatto non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. bibliografia ALPA g., AMADeo F., AMoRoSo g., AuLeTTA F., (a cura di), un progetto di riforma delle aDr, Pubblicazione del Dipartimento di Scienze giuridiche dell'universit degli Studi di Roma "La Sapienza", Jovene editore, Napoli 2017. 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III, ord. 18 dicembre 2015. Trib. Firenze, sez. III, ord. 17 gennaio 2016. Trib. Palermo, ord. 27 febbraio 2016. Trib. Verona, ord. 12 maggio 2016. Trib. Ravenna, sent. 20 settembre 2017. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 brevi riflessioni sui caratteri comuni alle attivit secretate nellordinamento costituzionale italiano, anche alla luce del contemperamento (rectius bilanciamento) con la libert di manifestazione del pensiero Antonio Mitrotti* Il Governo della democrazia -sosteneva, autorevolmente, Noberto bobbio - il Governo del potere pubblico in pubblico (1). Non per questo, tuttavia, il vigente ordinamento costituzionale esclude la legittimit di fondamentali istituti connotati di un elevato tasso di segretezza: si pensi - soltanto per un esempio (e primo fra tutti) - allistituto del segreto di Stato ma, a tal riguardo, si potrebbero benissimo richiamare, qui, anche altri preziosi istituti per lordinamento italiano, come il segreto dufficio oppure, ancora, il segreto investigativo nonch - fra gli altri - la stessa segretezza sottesa alle Commissioni dinchiesta parlamentari. Interessante, pertanto, sarebbe, in questottica, compiere unanalisi di quali siano esattamente le condizioni di legittimit costituzionale giustificatrici di una corretta (e legittima, appunto) attivit di segretazione, alla luce dei basilari principi liberal-democratici propri della nostra forma di Stato costituzional- democratica (2). Anzitutto, giova puntualizzare come delle regole diametralmente opposte vigano circa il segreto nella sfera pubblica e la segretezza nel privato (3). In un sistema democratico si ha, infatti, per regola generale del diritto pubblico il principio della trasparenza e della pubblicit, mentre il segreto ne costituisce soltanto una mera e circoscritta eccezione: con la dovuta, e preliminare, puntualizzazione per cui la prevalente, e pi sensibile, dottrina (4) (*) gi praticante forense presso lAvvocatura dello Stato, Dottorando di ricerca in Diritto pubblico comparato presso luniversit degli Studi di Teramo, abilitato allesercizio della professione forense. (1) N. bobbIo, La democrazia e il potere invisibile, in rivista italiana di scienza politica, n. 2/1980, p. 181; sul tema si veda altres N. bobbIo, La strage, l'atto di accusa dei giudici di Bologna, Roma, 1986. (2) Nellampia letteratura in dottrina, appare prezioso il riferimento, ex multis, a C. PINeLLI, Forme di Stato e forme di governo, Napoli, 2006, p. 119 ss. (3) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, pp. 29-50. (4) R. MARRAMA, La Pubblica amministrazione tra trasparenza e riservatezza nell'organizzazione e nel procedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 3/1989, pp. 416-452; g. AReNA, La trasparenza amministrativa e democrazia, in Studi Parlamentari e di Politica Costituzionale, nn. 3-4/1992, pp. 2538; A. SANDuLLI, Procedimento amministrativo e trasparenza, in S. CASSeSe e C. FRANChINI (a cura di), Lamministrazione pubblica italiana. un profilo, bologna, 1994, pp. 101-115; R. ChIePPA, i principi generali dell'azione amministrativa nella legge n. 241 del 1990 modificata dalle leggi n. 15 e n. 80 del 1995 (la trasparenza come regola della pubblica amministrazione), in Diritto e formazione, Vol. 5, n. 12/2005, pp. 1557-1574; e. CARLoNI, Nuove prospettive della trasparenza amministrativa: dall'accesso CoNTRIbuTI DI DoTTRINA tenga, comunque, a mantenere ben distinte (sebbene sicuramente correlate) le due nozioni di pubblicit e di trasparenza, posto che per pubblicit si evidenzia debba alludersi al risultante 'stato di fatto' proprio di un determinato atto del- l'Amministrazione, nonch del relativo procedimento posto in essere, ovvero -ancora pi in generale - dell'organizzazione amministrativa concretamente predisposta per l'esercizio dei pubblici poteri; laddove, invece, per trasparenza si precisa debba riferirsi, pi propriamente, ai caratteri di chiarezza e di comprensibilit che dovrebbero esser propri, cos connotandola, dell'azione amministrativa. esempio classico -nel senso della suindicata distinzione quello tipico dell'atto/provvedimento regolarmente pubblicato sull'albo ovvero sul sito internet dell'Amministrazione (e quindi pubblico) ma, tuttavia, redatto in una maniera tale da risultare alquanto oscuro, equivocabile ovvero poco comprensibile (e, come tale, carente di trasparenza). Sommariamente premesso quanto s'impone per la sfera pubblica, , d'altro canto, incontrovertibile che per quanto attiene alla sfera dei rapporti privati nell'ordinamento costituzionale i diritti costituzionalmente riconosciuti e garantiti al soggetto privato siano piuttosto (e salvo le rare, e dovute, eccezioni, come per il caso della disciplina contemplata all'art. 18 Cost.), caratterizzati, per regola, proprio dalla segretezza -e riservatezza -e solo per eccezione dalla loro, relativa, pubblicit. Nel privato la segretezza, anzich porsi come uneccezione, si pone, quindi, quale vera e propria regola generale, significativamente posta a tutela dei soggetti privati nellambito del godimento di libert loro costituzionalmente riconosciute e garantite in un sistema democratico (5). Tipici esempi di segretezza nel privato possono rinvenirsi nelle seguenti situazioni giuridiche soggettive: nel diritto alla riservatezza. Si tratta di un peculiare tipo di diritto, da taluni definito come a s stante (6), bench sicuramente rientrante nel novero dei diritti costituzionalmente garantiti allindividuo. Non vՏ, al riguardo, una puntuale disciplina in Costituzione. La Corte costituzionale ha pi volte fatto riferimento allarticolo 2 della Costituzione (7), nonch agli articoli 8 CeDu e allart. 12 della Dichia ai documenti alla disponibilit delle informazioni, in Diritto Pubblico, n. 2/2005, pp. 573-600; A. SAN- DuLLI, La casa dai vetri oscurati. i nuovi ostacoli all'accesso ai documenti, in Giornale di diritto amministrativo, n. 6/2007, pp. 669-672; F. MANgANARo, L'evoluzione del principio di trasparenza amministrativa, in www.astrid-online.it; D.P. TRIoLo, il procedimento amministrativo, Vicalvi, 2017, pp. 11-22. (5) P. bARILe, Diritti dell'uomo e libert fondamentali, bologna, 1984, pp. 61-62, nonch, specialmente, p. 235 ss. (6) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, p. 32. (7) Si veda, ex multis, una risalente quanto consolidata decisione, C. cost., sent. 12 aprile 1973, n. 38, parr. 2 e 5 del Considerato in diritto. In questa pronuncia, preme sottolineare, la Consulta riconobbe per la prima volta la dignit costituzionale RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 razione universale dei diritti delluomo. Definire cosa esattamente si intenda per il diritto alla riservatezza non cosa semplicissima; lo stesso Codice sulla protezione dei dati personali, disciplinato dal D.lgs. 196/2003 (8), ha rinunciato ad una sua precipua definizione, preferendo incentrare la propria attenzione sui meccanismi di protezione dei dati personali. Autorevole dottrina (9) ha rimarcato le notevoli difficolt definitorie del diritto di riservatezza, puntualizzando proprio come: lenunciazione delle diversit terminologiche, adottate dalla dottrina per classificare il fenomeno studiato, evidenzia lincertezza che ha caratterizzato la ricerca nella individuazione dei contenuti della situazione giuridica che si inteso definire. Si pu, comunque, azzardare, sulla scorta di altra autorevole parte della dottrina (10), una sommaria definizione, concependo il diritto alla riservatezza come una "zona buia", in cui non consentito ad altri di penetrarvi e far luce sul segreto, una zona posta al riparo dallingerenza altrui; risolvendosi, perci, in una vera e propria libert passiva oppure ancora, sotto di un profilo attivo, come il potere di decidere e sapere quali e quante delle informazioni che ci riguardano possano circolare pubblicamente, tutelando, cos, la sfera dellambito del privato. Sviluppando codesta impostazione, finiremmo, cos, con il poter identificare la riservatezza come una sorta di spatium deliberandi, il luogo morale, cio, dove poter sviluppare la propria autonomia, con il compimento delle proprie scelte personali nonch della propria intimit. Nel segreto industriale; trattasi di una situazione giuridica soggettiva oltrepassante la sfera della pura riservatezza, investendo la protezione dellimpresa, a tutela della quale invocato lart. 41, I comma, della Costituzione. Con il segreto industriale garantita la piena libert di destinare a segretazione linvenzione industriale o il know-how, estendendone gli effetti alla stessa attivit necessaria per lattuazione delle decisioni allinterno dellimpresa, non- della tutela del diritto alla riservatezza, riconducibile sotto lalveo dei diritti inviolabili delluomo nonch alla sfera del pieno sviluppo della persona, proprio ai sensi degli artt. 2, 3 e 13 Cost. In questo senso anche le successive C. cost., sentt. 11 marzo 1993, n. 81, par. 4 del Considerato in diritto - in cui venne dichiarato dalla Corte che esiste un diritto pi ampio che protegge lo spazio vitale che circonda la persona - 9 luglio 1996, n. 238, par. 2 del Considerato in diritto; 7 luglio 2005, n. 271, parr. 2 e 3 del Considerato in diritto. In dottrina, per una pi recente ricostruzione del tema, si vedano, ex multis, L. CuRICCIATTI, Diritto alla riservatezza e sicurezza nella giurisprudenza delle Corti costituzionali e sovrastatali europee. il caso della Data retention Directive, in Democrazia e sicurezza, n. 2/2017, pp. 89-124. (8) Il 4 maggio 2016 stato -come sar ben noto -pubblicato sulla gazzetta ufficiale dellunione europea il nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (gDPR, General Data Protection regulation ue 2016/679), entrato in vigore a partire dal 25 maggio 2018, e, pertanto, direttamente applicabile, anche rispetto ad eventuali norme confliggenti contemplate dal nostro codice della privacy. (9) g. gIACobbe, il diritto alla riservatezza in italia, in Diritto e Societ, n. 4/1974, p. 694. (10) g. FAMIgLIeTTI, il diritto alla riservatezza o la riservatezza come diritto. appunti in tema di riservatezza ed intimidad sulla scorta della giurisprudenza della Corte costituzionale e del Tribunal Constitucional, in Bio-tecnologie e valori costituzionali. il contributo della giustizia costituzionale, Torino, 2005, pp. 299-324. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA ch - come conseguenza - ai rapporti con il personale stesso e con i collaboratori esterni alla medesima attivit dimpresa (11). Nel segreto bancario. Permangono opinioni discordanti in merito al concetto, al fondamento ed ai limiti del segreto bancario. Pur in presenza di sparsi riferimenti normativi , infatti, assente una vera e propria definizione legislativa, tanto da poter addirittura dubitare della effettiva esistenza di una specifica e legittima disciplina dellistituto. La definizione corrente vede nel segreto bancario un particolare tipo di vincolo imposto agli istituti di credito, consistente nel dovere di mantenere uno specifico riserbo intorno agli affari inerenti alla propria clientela. Listituto rinverrebbe, oggi, il proprio fondamento costituzionale nellart. 47 della Costituzione, quale implicito riconoscimento di favore per tutti gli istituti e gli strumenti in grado di poter sostenere lattivit creditizia. Di contro vՏ stato chi ha sostenuto come il segreto bancario costituirebbe, pi propriamente, una espressione del principio di libera iniziativa economica e che tuttaltra che dimostrata sarebbe lincidenza sul livello degli investimenti e dei risparmi (12). Nel segreto professionale; un segreto - scritto allart. 622 del codice penale - conosciuto per ragione [] della propria professione o arte. ebbene, il legislatore non ha voluto scientemente definire in maniera rigida quali esattamente fossero le professioni od arti soggette allobbligo del segreto professionale, nella consapevolezza che la dinamica della vita sociale avrebbe proposto, comunque, nuove professioni meritevoli di essere prese in considerazione. In ogni caso - quando ci si riferisce al segreto di una res conosciuta per ragione della propria professione od arte - la professione e larte debbono andare intese come delle fattispecie ricomprendenti ogni tipo dattivit dal carattere prevalentemente intellettuale o manuale, esercitate professionalmente al servizio ed in favore di chi ne faccia richiesta o ne abbia bisogno, nonch principalmente al fine di lucro (13); bench giova, qui, evidenziare, in proposito, come unautorevole parte della dottrina (14) abbia efficacemente precisato che l'interesse individuale vada in questi casi a coniugarsi con quello pubblico, (11) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, p. 33. (12) u. RuFFoLo, Segreto bancario, in Enciclopedia del Diritto, Vol. XLI, Varese, 1989, pp. 10261027. (13) g. FIANDACA - e. MuSCo, Diritto penale, Parte speciale, Vol. I, bologna, 2007, p. 275. qui, per altro, sottolineato come la norma incriminante la violazione del c.d. segreto professionale abbia la propria ratio nellinteresse a mantenere la segretezza in ordine ai rapporti professionali, dalla natura particolarmente delicata. In questo senso F. ANToLISeI, manuale di diritto penale: Parte speciale, Volume I, Milano, 2008, pp. 270-272. Lautore sottolinea la delicatezza del rapporto professionale ed il conseguente obbligo di fedelt derivante dal dover mantenere il segreto a fronte del fatto che il cittadino, in determinate circostanze, sia nella cogente necessit di ricorrere al professionista, per provvedere ai propri interessi o alla propria salute. (14) F. SAJA, il segreto professionale, in AA.VV., il segreto nella realt giuridica italiana, Atti del Convegno nazionale, (Roma, 26-28 ottobre 1981), Padova, 1983, pp. 439-440. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 stante la (potenziale) natura di un servizio di pubblica utilit propria dellesercizio di una professione (15); tanto vero che, in questo senso, la ratio legis dellintroduzione nell'ordinamento dellistituto del gratuito patrocinio nel- lesercizio della professione forense muove, anche (ma non unicamente), da questa peculiare posizione della dottrina. Nel segreto di corrispondenza. Si tratta di un diritto di libert solennemente garantito dallarticolo 15 della Costituzione, che ne sancisce linviolabilit. Il legislatore costituente, in particolare, voluto andare ben oltre la mera garanzia della libert e segretezza della corrispondenza epistolare, spingendosi sino alla pregnante garanzia di ogni altra forma di comunicazione, pervenendo ad una generale disciplina sostanziale di alcune forme "particolari" despressione di pensiero e, comunque, diversificate rispetto a quelle disciplinate dallo stesso art. 21 della Costituzione. Se larticolo 21 della Carta costituzionale disciplina e tutela le espressioni del pensiero che il soggetto intende e vuole manifestare e diffondere, rendendole in tal modo pubbliche, larticolo 15 Cost. garantisce la segretezza di tutte quelle espressioni che, oltre ad essere indirizzate a soggetti scientemente determinati ed individuati, siano state, al contempo, sottratte alla conoscibilit dei terzi, con tutte le normali ed ordinarie cautele poste a disposizione del mittente. In altri termini, una cosa lespressione del pensiero che, pur essendo rivolta ad un soggetto determinato, venisse resa con modalit tali da poter essere conoscibile dai terzi - e che non costituirebbe una vera e propria corrispondenza , bens una manifestazione di pensiero (e sarebbe dunque larticolo 21 (16) e non la disposizione di cui allart. 15 a dover trovare unapplicazione) - altra cosa la situazione giuridica soggettiva garantita in Costituzione dallart. 15, trattandosi, piuttosto, di: una speciale forma di manifestazione del pensiero di una persona nei suoi esclusivi rapporti con un'altra persona (17). Non si trascuri, naturalmente, che il processo di convergenza tra tecniche di telecomunicazione, nuovi strumenti informatici e cosiddette multimedialit ha sicuramente aperto uno scenario inedito nel quadro di esercizio del diritto di libert di corrispondenza: nulla questio, ovviamente, che le fondamentali garanzie costituzionali debbano intendersi estese anche a queste nuove forme di comunicazione (tanto vero che l'articolo 15 Cost. fa esplicito riferimento ad "ogni altra forma di comunicazione"), con l'avvertenza tuttavia - per altro (15) P. bARILe, Democrazia e segreto, op. cit., p. 33. (16) Per una recentissima e preziosa disamina sulle relazioni intercorrenti tra la libert di informazione e le dinamiche del 'nuovo mondo di internet' si rinvia a g. PITRuZZeLLA, La libert di informazione nell'era di internet, in media Laws. rivista di diritto dei media, n. 1/2018, pp. 1-28. (17) A. PACe, Contenuto e oggetto della libert di comunicazione, in g. bRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, voce articolo 13, bologna, 1977, pp. 80-87. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA diffusamente avvertita in dottrina -che la tutela costituzionale potr continuare evolutivamente e concretamente ad esplicare i propri effetti soltanto allorch le 'nuove comunicazioni' siano assistite da idonee garanzie di autenticazione ed autenticabilit (18), tali, cio, da poter essere destinate a rimanere "effettivamente" e soggettivamente segrete; il che tanto nell'intenzione personale degli autori di ogni comunicazione che, nondimeno, avuto riguardo all'adeguatezza delle modalit telematiche di trasmissione e ricezione delle comunicazioni da parte dei destinatari (19). Nel segreto di voto; situazione giuridica soggettiva funzionale alla libert del voto, nonch ad una libert-riservatezza delle proprie opinioni politiche (20). In termini generali, se un soggetto privato , per definizione, libero di segretare e mantenere segreti i propri fatti che lo riguardano personalmente ed esclusivamente, nel settore pubblico, invece, i titolari di un pubblico ufficio, al contrario, non si muovono, come logico, nellesercizio di un diritto di libert, bens, piuttosto, di pubbliche funzioni, in adempimento di doveri discendenti dalla Carta costituzionale, in primis, e dalle leggi (21), in secondo luogo. Ci nonostante, a ben riflettere, identica la ratio legittimante i presupposti della segretezza: il segreto [infatti] da ritenere accettabile soltanto qualora esso costituisca una protezione o una proiezione di interessi costituzionalmente rilevanti (22), di interessi, vale a dire, tra quelli che siano dalla Costituzione stessa riconosciuti e garantiti, nonch tutelati al livello legislativo. Con la dovuta puntualizzazione per cui nel settore pubblico il segreto-eccezione andrebbe saggiato caso per caso, nella sua legittimit costituzionale, mentre nel settore privato, invece, la possibilit del segreto si giustifica gi a priori, in quanto, nelle diverse situazioni giuridiche soggettive, la segretezza verrebbe a poter essere configurata come uno schermo di protezione che la stessa Carta costituzionale riconoscerebbe quale facolt in favore del libero ed effettivo esercizio e godimento dei diritti di libert fondamentali (23). (18) Pi diffusamente, sul punto, g. FINoCChIARo -F. DeLFINI (a cura di), Diritto dell'informatica, Torino, 2014. (19) Per utili approfondimenti sul punto appare significativo il rinvio a P. CoSTANZo, Le nuove forme di comunicazione in rete: internet, in R. ZACCARIA (a cura di), informazione e telecomunicazione, Padova, 1999. Pi di recente si veda, ex multis, in dottrina (e senza, naturalmente, pretese alcune di esaustivit) e. gIANFRANCeSCo, Profili ricostruttivi della libert e segretezza di corrispondenza, in Diritto e Societ, n. 2/2008, pp. 219-249; C. CARuSo, La libert e la segretezza delle comunicazioni nel- l'ordinamento costituzionale, in Forum di Quaderni Costituzionali, n. 10/2013; P. PASSAgLIA, internet nella Costituzione italiana: considerazioni introduttive, in M. NISTIC -P. PASSAgLIA (a cura di), internet e Costituzione, Torino, 2014. (20) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, pp. 31-32. (21) g. AMATo - A. bARbeRA, manuale di diritto pubblico, Vol. III, bologna, 1997, p. 19. (22) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, p. 29. (23) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, p. 29; si veda, altres, quanto ricostruito sempre in P. bARILe, Diritti delluomo e libert fondamentali, bologna, 1984, pp. 6162 ed anche pp. 235 ss. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 In ogni caso, a ben riflettere, si tratta di una disciplina (tanto nel pubblico quanto nel privato) che necessita di essere la pi prudente possibile, attese le estese finalit di pubblico interesse sottese alloggetto di tutela della segretezza (pubblica o privata che sia), nonch le rispettive intrinseche potenziali capacit delle attivit segretate di interferire con i pi svariati settori ordinamentali, il che specialmente onde evitare che si realizzi indiscriminatamente: la lesione di principi, diritti o attribuzioni che siano al lor volta costituzionalmente garantiti (24). ebbene, dal costante insegnamento della Corte costituzionale (25), come pure dal condiviso orientamento della prevalente dottrina, si ricava, anzitutto, un principio fondamentale: diversi interessi tra loro confliggenti debbono essere interpretati secondo criteri di armonica composizione e di reciproco coordinamento, senza mai precipitosamente giungere, perci, a quel totale sacrificio di alcuni a beneficio di altri. Soltanto nellipotesi in cui il fruttuoso ricorso allutilizzo di simili criteri non sia possibile dovr allora porsi come necessario il procedere - con tutte le cautele del caso e con i supporti costituzionali che siano i pi precisi possibili -ad un giudizio di prevalenza, impegnandosi, comunque, nel cercare di limitare al massimo la compressione degli interessi che si ritengano indispensabili sacrificare; in ossequio, del resto, al principio di proporzionalit. Sotto questo profilo, ovvero in punto di analisi su quali possano essere gli interessi costituzionalmente confliggenti con quelli preordinati a legittimare la segretezza nel settore pubblico (ma ci vale anche nel privato) appare particolarmente rilevante la libert di manifestazione del pensiero, disciplinata come noto -dalla disposizione di cui allarticolo 21 della Costituzione italiana. (24) g. AMATo, Lispezione politica del parlamento, Milano, 1968, p. 67; appare altres prezioso il riferimento a quanto sempre brillantemente sviluppato in g. AMATo, un altro mondo possibile?, Milano, 2006, pp. 7 ss.; per una serrata critica ai sistemi di controllo in democrazia, visti come un chiaro indicatore di arretramento della cultura dei diritti e caratterizzati da un'enfasi sproporzionata e strumentale del bisogno di sicurezza, si veda S. RoDoT, Le due Torri, luso della forza e le nostre fragili democrazie, in La repubblica, 13 dicembre 2003. (25) Si veda, fra le tante, C. cost., sent. 22 dicembre 1988, n. 1130, par. 2 del Considerato in diritto. In quelloccasione la Consulta introdusse per la prima volta lesplicito riferimento ad una proporzionalit in senso stretto nei rapporti tra diritti fondamentali. Per ulteriori sviluppi, pi recenti, si confrontino anche C. cost., sent. 28 novembre 2012, n. 264 e, soprattutto, sent. 9 maggio 2013, n. 85. Questultima, in particolare, concerneva un noto hard case, ovvero il celebre caso ILVA. un giudizio in cui la Corte, a fronte dellinterruzione dei lavori delle acciaierie ILVA di Taranto, fu chiamata a doversi pronunciare sullesigenza di preservare unattivit economica di grande impatto nella societ italiana ed europea, in specie per lenorme mole di posti di lavoro messi a rischio dagli effetti irreversibili dello spegnimento dellalto forno. ebbene, la Corte costituzionale puntualizz il fatto che la tutela dei diritti fondamentali dovesse essere necessariamente sistemica e non frazionata (sul punto si veda il par. 9 del Considerato in diritto), sottolineando, segnatamente, che il giudice delle leggi - nellambito della propria attivit ermeneutica - sia chiamato a dover far uso, nel proprio giudizio di bilanciamento, dei fondamentali criteri di ragionevolezza e proporzionalit, secondo una valutazione in cui non potrebbe mai pressoch esserci quel totale sacrificio di un interesse a completo scapito dellaltro. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA Trattasi di un diritto di libert che autorevole parte della dottrina ha riconosciuto essere come un diritto dalla natura squisitamente individuale, in antitesi, perci, a certe altre impostazioni che ne avrebbero, al pi, semplicisticamente individuato la ratio nella natura di un diritto oggettivamente funzionale all'individuo. In particolare si deve a Carlo esposito una delle pi approfondite analisi in materia (26). esposito, in base a diverse e persuasive argomentazioni -quali quelle fondate sulla collocazione dell'articolo 21 nel Titolo relativo ai rapporti civili, sull'attribuzione di questo diritto a tutti e non soltanto ai cittadini, sulla completa mancanza di ogni accenno a qualsivoglia funzione sociale o politica (contrariamente alle esplicite formulazioni presenti per altri tipi di diritti costituzionalmente garantiti), nonch sulla base delle stesse indicazioni offerteci dai Padri costituenti nei lavori preparatori della Costituzione - ha proceduto ad una vera e propria ricostruzione della natura del diritto di libert di manifestazione del pensiero, ravvisandone il carattere di un diritto individuale, riferibile, cio, al novero di quei diritti inviolabili dell'uomo che la Repubblica riconosce e garantisce sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolga la sua personalit. ora, sempre esposito ha tenuto, in ogni caso, a puntualizzare che, indubbiamente, dalla affermata natura individuale di un diritto di libert non si voglia, e non si possa, assolutamente farne discendere i caratteri di un diritto a s stante, che una volta riconosciuto dalla comunit statuale venga poi ad esercitarsi ed esplicarsi al di fuori dell'ambito della comunit statuale stessa -ovvero di un diritto riconosciuto dall'ordinamento al singolo isolato e fuori dall'ordinamento stesso -bens che alcuni diritti sono attribuiti all'uomo come tale e a vantaggio dell'uomo, al singolo per ci che essi rappresentano per esso singolo nelle sue qualit universali o per l'appagamento egoistico dei suoi bisogni e desideri individuali (27); altri diritti, allopposto, giungerebbero ad essere attribuiti allindividuo nella propria qualit specifica di membro -ovverosia di partecipe -di una comunit statale e per le funzioni che in essa sia chiamato concretamente a dover esplicare, sicch la partecipazione alla comunit finirebbe, in questi casi, per determinarne i contenuti ed i limiti stessi di quel diritto (cos come accade per il diritto di voto, ad esempio). Quando, invece, si proclama che la Costituzione garantisce il diritto della libera manifestazione del pensiero, si intende attribuirne la garanzia costitu (26) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, pp. 7 ss. (27) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, p. 8. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 zionale del suo esercizio al singolo come tale ed indipendentemente da qualsiasi vantaggio o dagli svantaggi che allo Stato possa derivarne. Ne discende che l'esercizio del diritto di libert di manifestazione del pensiero (sia esso relativo a tematiche afferenti allo Stato quanto a qualsiasi altro concreto ed attuale problema politico) non si trover mai ad essere riconosciuto in una misura differente a seconda del tipo di manifestazione esternata, potendo, perci, attenere ai pi possibili e disparati oggetti; per questo motivo ogni limitazione all'esercizio della libert di pensiero -quandanche potenzialmente incidente sullo stesso svolgimento della vita statuale -dovr necessariamente trovare il proprio fondamento in precise e ben determinate disposizioni costituzionali che ne giustifichino l'affermazione della relativa compressione. Il che, del resto, dovrebbe far riflettere su come siano errati tutti i diffusi tentativi in dottrina di configurare questo diritto come esclusivamente diretto a garantire ai singoli leffettiva, e principale, possibilit di concorrere alla vita politica nazionale; se non altro, perch: non la democraticit dello Stato ha per conseguenza il riconoscimento di questa libert ma le ragioni ideali del riconoscimento di quella libert portano, tra le tante conseguenze, anche alla affermazione dello Stato democratico (28). esiste, comunque, un nesso inscindibile tra la proclamazione della democraticit dello Stato e la libert di manifestazione del pensiero, ossia che: quella libert nella sua pienezza e con i soli limiti che ad essa siano specificamente imposti da particolari disposizioni costituzionali ritenuta incontrovertibilmente utile allo svolgimento di una vita democratica, e che la dichiarazione che lo Stato democratico, niente aggiunge e niente toglie alla solenne e specifica proclamazione di libert (29). Tra le righe pu facilmente intendersi che ogni limitazione al diritto di libera manifestazione del pensiero debba -in qualsiasi caso, come anche in quello particolare di unattivit secretata - riposare su individuabili e ben determinate disposizioni costituzionali giustificatrici. Da qui linevitabile contemperamento del riconoscimento del diritto di libera manifestazione del pensiero con la garanzia di altri diritti fondamentali, nonch di altri interessi, pure essi consacrati dalla Costituzione (30). Pi in particolare, e per quanto qui interessa il possibile rapporto intercorrente tra le limitazioni alla libert di manifestazione del pensiero e gli antitetici interessi costituzionalmente idonei a legittimare la segretezza, sarebbe opportuno focalizzare lanalisi sui limiti (oggettivi) frapposti alla disciplina dellarticolo 21 della Carta costituzionale. (28) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, p. 12. (29) C. eSPoSITo, op. cit., p. 12. (30) C. eSPoSITo, op. cit., pp. 27 ss. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA La libert di manifestazione del pensiero - sebbene fondamentale diritto individuale, costituzionalmente garantito - non gode, infatti, di una tutela assoluta ed illimitata. Dei limiti oggettivi sussistono, per esempio, allorch si escluda dal relativo ambito di tutela e garanzia ogni manifestazione del pensiero che non sia effettivamente rispondente alle interiori persuasioni ed all'interiore convincimento dell'autore: segnatamente per tutti quei tipi di affermazione o negazione esternate bens non corrispondenti alle effettive convinzioni e valutazioni interiori sarebbe consentito al legislatore ordinario di vietare e punire il subiettivamente falso, la menzogna, la reticenza, il dolo, l'inganno, il raggiro e la frode in vantaggio della fede pubblica - in generale - come pure di altri interessi costituzionalmente preposti a tutelare i prevalenti valori dei singoli ovvero della collettivit; il che, naturalmente, ove sia raggiunta la tangibile prova di una effettiva divergenza dell'espressione manifestata dall'interiore pensiero dellautore (31). Si rende, tuttavia, doverosa una puntualizzazione, anche al fine, fra laltro, di una migliore distinzione tra la definizione del concetto di reticenza, da un lato, e lambito oggettivo del diritto di libert di manifestazione di pensiero, dallaltro, nonch per una pi chiara esposizione dei rapporti intercorrenti tra la reticenza e lobbligo impositivo della segretezza. I limiti oggettivi alla libert di manifestazione del pensiero si rapportano non solo ad una libert positiva (libert di manifestare con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione, il proprio pensiero), bens anche ad una sua dimensione negativa, intesa quale diritto costituzionalmente garantito a poter liberamente astenersi dal manifestare quanto in oggetto di un proprio pensiero. Codesta estensione oggettiva, tuttavia, ben potrebbe essere soggetta a restringimenti in tutti i casi in cui si veda ridimensionata da esplicite od implicite deroghe che sia la Costituzione stessa a poter ammettere, in rapporto alla tutela di finalit ritenute, cio, preminenti. per questo che, in taluni casi costituzionalmente garantiti, resterebbero escluse dallambito di tutela ex articolo 21 quelle manifestazioni del pensiero non rispondenti alle interiori persuasioni od allinteriore pensiero dellautore, quelle affermazioni o negazioni, cio, non effettivamente corrispondenti alle reali convinzioni e valutazioni interne; in questi casi, infatti, altri interessi costituzionalmente tutelati verrebbero in rilievo, quali la fede pubblica nonch, soprattutto, la fondamentale garanzia della potest di accertamento ed inchiesta riconosciute tanto alle Autorit giudiziarie quanto, per altro, in casi particolari - come quelli delle procedure di inchiesta parlamentari - non giudiziarie. (31) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, pp. 36 ss. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 La fede pubblica e la garanzia di accertamento ed inchiesta processuale, infatti, rischierebbero di rimanere del tutto frustrate ed irrealizzate se non vi fosse la "costituzionalmente garantita" impossibilit di divergenza tra quanto oggettivamente manifestato e quanto subiettivamente conosciuto (32). ed per questa pregnante motivazione che resta esclusa, in tali casi, la garanzia di libert ex art. 21 Cost. Pi semplicemente ben possibile che la libert negativa di manifestazione del pensiero -quale diritto ad astenersi dal manifestare quanto in oggetto di propria coscienza e conoscenza -ceda il passo ad interessi costituzionalmente ritenuti superiori, quali - nel caso della tutela della potest di accertamento ed inchiesta dell'autorit giudiziaria -il buon andamento della giustizia e la ricerca della verit dei fatti (33). In questi casi, loriginaria libert negativa di manifestazione del pensiero verrebbe a tramutarsi, sulla base di una differente valutazione costituzionale degli interessi in gioco, nell'altra sua faccia della medaglia, ossia nella reticenza, quale tipica condotta omissiva caratterizzata da un pregnante e particolare tipo di disvalore giuridico, consistente nella propria interiore volont di sottrarre il personale e peculiare apporto collaborativo necessario al fine della preziosa realizzazione del buon andamento e, soprattutto, del regolare funzionamento dell'amministrazione della giustizia e del buon andamento dellattivit giudiziaria (34). ebbene, tale ricostruzione - fermo restando la necessaria distinzione tra la libert di manifestazione del pensiero nella propria accezione negativa e la reticenza -mi era cara affinch poter procedere ad unulteriore -fondamentale -differenziazione giuridica, intercorrente tra la reticenza, da un lato, e ladempimento di un obbligo di segretezza discendente dallesercizio dei poteri di un pubblico ufficio, dallaltro lato. Si tratta di una situazione, invero, peculiare, nella misura in cui il pubblico ufficiale sia vincolato allobbligo di segretezza sebbene soggettivamente legittimato all'esercizio della prerogativa costituzionale di libera manifestazione del pensiero (il che sia sotto laccezione positiva che sotto quella negativa): in chiaro ed apparente contrasto con lo spirito della disposizione dell'articolo (32) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, p. 35. (33) Analoghe argomentazioni, mutatis mutandis, si pongono, per altro, alla base delle limitazioni al cosiddetto diritto di cronaca giornalistico. In dottrina, ex multis, A. ToRReNTe - P. SChLeSINgeR, manuale di Diritto privato, Milano, 2017, pp. 141-142. (34) giova, in proposito, riportare il contenuto dellart. 372 del codice penale. Chiunque, deponendo come testimone innanzi allautorit giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ci che sa intorno ai fatti sui quali interrogato, punito con la reclusione da due a sei anni. Circa linterpretazione del bene giuridico tutelato si veda, per tutti, g. FIANDACA - e. MuSCo, Diritto penale, Parte speciale, Volume I, bologna, 2007, pp. 373-382. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA 21; giacch nel caso in cui intendesse manifestare "positivamente" la libert del proprio pensiero (con la parola, lo scritto e qualsiasi altro mezzo di diffusione) in merito ad un oggetto segretato sarebbe obbligato a 'non dire', mentre nel caso in cui volesse astenersi "negativamente" dal comunicare ci che in oggetto di propria conoscenza - acquisita per il tramite di informazioni pervenutegli mediante unattivit connessa, per esempio, con lapposizione del segreto di Stato -sar comunque vincolato (e senza possibilit di scelta) a 'dover non dire' (si pensi, ad esempio, al caso dei funzionari del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica imputati per la commissione di un reato legato alla propria attivit informativa). ebbene, codeste logiche considerazioni, in termini puramente astratti, costituiscono la naturale premessa che conduce ad interrogarci sul perch, nel particolar caso concreto, sia possibile un legittimo obbligo impositivo della segretezza, interrogandosi sulla concreta motivazione giuridica in base alla quale si verrebbe a poter essere legittimamente esclusi dallambito della garanzia di un diritto fondamentale come la libert di manifestazione del pensiero; ponendosi, in particolare, al di sotto dellangolazione visuale di colui il quale venisse a conoscenza di un segreto in quanto loggetto di quel segreto fosse strumentale rispetto allesercizio delle proprie funzioni istituzionali, espletate in adempimento di precise prescrizioni contemplate dalla Costituzione e dalle leggi. ora, escluse dallambito oggettivo della garanzia ex art. 21 devono ritenersi -oltre alle manifestazioni non corrispondenti alle interiori persuasioni dellautore e comunicate sotto forma di reticenza, dolo o inganno - linsieme di quelle diffusioni di pensiero e di notizie che, secondo forma e sostanza, fossero considerabili come giuridicamente altrui, sicch la diffusione 'riservata' ad altro soggetto o sottoposta allaltrui consenso (35). Qui, e solo qui, a ben riflettere, pu avere, ad esempio, fondamento la tutela della propriet letteraria, quivi non possono che trovare una sicura giustificazione -rispetto alla loro contrariet con lart. 21 -le norme impositive dellobbligo di segretezza nei confronti di un pubblico ufficiale; visto, bene ripeterlo, al di sotto dellangolazione visuale di una sussistenza del legame intercorrente tra un fatto (ma ben potrebbe essere uninformazione, un documento, un atto od una attivit ) ed un soggetto investito dellesercizio di funzioni pubbliche finalizzate alla cura di quel fatto, sicch al titolare di codeste funzioni ben potrebbe venire ad essere "riservato" di ricevere e dare notizia del fatto stesso. Detto in altre parole, sarebbe proprio la relazione sussistente tra la titolarit di un ufficio pubblico e le notizie ed informazioni afferenti allesercizio (35) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, pp. 37-38. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 delle funzioni di quellufficio (36) (espressione del cosiddetto rapporto dufficio (37)) a dover giustificare limposizione del segreto e la relativa compressione del diritto di libert ex art. 21, trattandosi di fatti o di notizie acquisite dalla persona come titolare di quellufficio, in veste funzionale, avendo riguardo, cio, ad un oggetto di scienza appartenente non in proprio a quella persona, bens allufficio di cui la stessa , per lappunto, titolare (38). Sarebbero queste, pertanto, alcune delle inevitabili premesse da anteporre in ogni caso in cui si volesse, poi, affrontare lulteriore discorso degli strumenti di tutela penale preposti in favore della garanzia dei vincoli derivanti dal segreto di Stato o dufficio, se non altro per poter arrivare a cogliere la ratio e il perch, dunque, di una limitazione ad una libert cos fondamentale come quella di libera manifestazione del pensiero. In ogni caso, pu pacificamente sostenersi -pi in generale -che qualsiasi obbligo impositivo dei vincoli di segretezza sarebbe indiscutibilmente, e radicalmente, illegittimo in assenza di altrettante disposizioni costituzionali (39) che - esplicitamente o implicitamente - lo sorreggessero; il che a necessario bilanciamento, se non altro, della garanzia di altre fondamentali disposizioni costituzionali, tra le quali, come appena visto, spicca, in particolare, la generale tutela della libert fondamentale di manifestazione del pensiero (40). pur vero che ben pochi siano gli interessi generali non ricompresi al di sotto delle enunciazioni, esplicite od implicite, contemplate nel testo della Carta costituzionale, sicch, oltre ad affermarsi la necessariet duna giustificazione della segretezza alla luce della sussistenza di un interesse costituzionalmente apprezzabile, sarebbe altres indispensabile il verificare, caso per caso, che linteresse a cuore sia anche identificabile: come fattore reale e non meramente potenziale (41); ci al fine decisivo di poter risultare prevalente in un eventuale giudizio di bilanciamento. (36) Sui caratteri propri dellimmedesimazione organica si vedano, ex multis, S. bATTINI, il personale, in S. CASSeSe (a cura di), istituzioni di Diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 131-193; pi di recente, S. TARuLLo, manuale di Diritto amministrativo, bologna, 2017, pp. 135-138. (37) Sul rapporto dufficio, ex multis, S. bATTINI, rapporto di ufficio e rapporto di servizio, in S. CASSeSe (a cura di), istituzioni di Diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 131-132. (38) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, p. 39. (39) C. eSPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, p. 27 e pp. 35 ss. (40) Ex multis, in dottrina, A. gIuLIANI, osservazioni sul diritto all'informazione, in Studi in memoria di Domenico Pettiti, II, Milano, 1973, pp. 713-726; V. oNIDA, i principi fondamentali della Costituzione, in g. AMATo - A. bARbeRA (a cura di), manuale di Diritto pubblico, bologna, 1984, p. 119. In particolare, secondo quanto autorevolmente e incisivamente ricostruito in dottrina, se il principio di pubblicit funzionale - fra le altre cose - alla capacit di sviluppare una propria visione del mondo, sulla base della quale assumere decisioni, formulare scelte [di partecipazione politica] allora essa costituisce [...] l'altra faccia della libert di manifestazione del pensiero, g. AReNA, Trasparenza, in S. CASSeSe (a cura di), Dizionario di Diritto Pubblico, Milano, 2006, p. 5949. (41) g. PALoZZI, La tutela processuale del segreto di Stato, Milano, 1983, pp. 89-91. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA Tutte considerazioni queste che non possono che circoscrivere nella maniera pi stringente la segretezza nel settore pubblico, che da eccezione alla regola non pu - e non deve - far venir meno la regola generale stessa; cos da andare ad escludere a priori - per logica conseguenza - ogni forma di segretezza illimitata nel tempo. Autorevole parte della dottrina, sul punto, ha, non casualmente, evidenziato proprio che poich il potere sovrano conferito ed esercitato nell'interesse e per conto del popolo, quello stesso potere dovr poter essere controllato dal popolo (42) e dal popolo sempre riconoscibile; da qui, pertanto, lammissibilit del solo segreto provvisorio e parziale, da ammettere, in via di eccezione, in rapporto alle: specifiche finalit giustificanti (43). Invero, nella nostra forma di Stato costituzional-democratica, appunto, il principio della pubblicit costituisce la regola del diritto pubblico nonch, per altro, uno degli elementi essenziali e supremi dellordinamento costituzionale (44), posto che, ex art. 1 Cost., la sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione: ed indubbio che la forma paradigmatica di esercizio della sovranit prescelta sia quella propria di una democrazia rappresentativa (pur con tutti i suoi limiti, appunto (45)) in cui, (42) Sulla nevralgica centralit che assume il controllo del popolo sui governanti nell'ordinamento democratico, nonch sulle pregnanti esigenze di visibilit (pubblicit) del potere che ne conseguono si confronti, particolarmente, g.u. ReSCIgNo, La responsabilit politica, Milano, 1967, pp. 132 ss. (43) u. SCARPeLLI, La democrazia e il segreto, in il segreto nella realt giuridica italiana, Atti del Convegno nazionale (Roma, ottobre 1981), Padova, 1983, p. 625 nonch, specialmente, pp. 638648. (44) In particolare, sui principi supremi dellordinamento costituzionale - da intendersi quali peculiari limiti impliciti frapposti al potere di revisione costituzionale, in quanto vera e propria espressione di un nucleo intangibile della Carta costituzionale - si veda, ex multis, in dottrina g. MoRbIDeLLI - L. PeRgoRARo - A. RePoSo - M. VoLPI, Diritto Pubblico comparato, Torino, 2009, pp. 80-84. In giurisprudenza appare significativo richiamare una celeberrima pronuncia sul punto: C. cost., sent. 29 dicembre 1988, n. 1146, par. 2.1 del Considerato in diritto. (45) Laddove - come pu ben intuirsi - il riferimento ai limiti viene qui utilizzato in modo del tutto ambiguo ed ambivalente: volendo alludere sia ai limiti (oggettivi) costituzionalmente contemplati per lesercizio della nostra forma di sovranit popolare di carattere rappresentativo (con la disciplina di pochi istituti di democrazia diretta, che, invero, nella maggioranza degli ordinamenti democratici restano, ancora, del tutto eccezionali e di carattere integrativo rispetto allattivit degli organi rappresentativi) che, dallaltra parte, a quel genere di limiti (o, meglio, di limitazioni di natura fisiologica/patologica) che ben potremmo, quasi, definire come soggettivamente e potenzialmente tipici di ogni democrazia rappresentativa. Sugli istituti di democrazia diretta si confronti, ex multis, g. MoRbIDeLLI -L. PeRgoRARo -A. RePoSo - M. VoLPI, Diritto Pubblico comparato, Torino, 2009, pp. 371-379. Il dibattito recente in merito ai limiti nonch alle concrete problematiche sottese alla rappresentanza parlamentare stato molto acceso e nutrito, si confrontino, ex multis, senza pretese di esaustivit, A. MoReLLI, La democrazia rappresentativa. Declino di un modello?, Milano, 2015; L. buFFoNI, La rappresentazione del Parlamento, in osservatorio sulle fonti, n. 3/2016, pp. 1-17; M. FRAu, Lattualit del parlamentarismo razionalizzato, in Nomos. Le attualit nel diritto, n. 3/2016; C. MeoLI, Sulla crisi della rappresentanza parlamentare e il transfughismo, in Giustamm., n. 9/2016; P. bILANCIA, Crisi nella democrazia rappresentativa e aperture a nuove istanze di partecipazione democratica, in Federalismi.it, n. 1/2017; g. CAVAggIoN, La democrazia rappresentativa e le sfide della societ multiculturale, in Fe RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 vale a dire, la pubblicit costituisce un indefettibile prius logico necessario per permettere di verificare che la delega del potere popolare sia correttamente esercitata (46). Il che se pu apparire come un incontrovertibile assioma non postula, di per s, che il principio di pubblicit sia (o debba essere) assoluto. Da nessuna parte, infatti, scritto o disposto che la segretezza debba essere bandita o completamente esclusa, al contrario: [] la segretezza pu essere opportuna in relazione a certe discussioni delle Commissioni Parlamentari, a certi atti di procedimenti penali, ad alcune politiche monetarie che si basano sulleffetto sorpresa, per non parlare di molte azioni di politica internazionale e diplomatica e di molte operazioni degli apparati di intelligence tese a tutelare la sicurezza dei cittadini (47). la stessa Costituzione ad ammettere le (opportune) limitazioni al principio di pubblicit allorch lo esiga, ad esempio, il corretto ed indipendente funzionamento delle attivit parlamentari (come pu chiaramente desumersi dagli articoli 64, comma 2, e 82 Cost.) (48) nonch nei casi in cui si renda necessario garantire leffettivit e lefficienza delle indagini investigative del- lAutorit giudiziaria (come ben si pu serenamente interpretare ex artt. 82, 111 e 112 Cost.) (49) ovvero nelle peculiari ipotesi di tutela della fondamentale ed imprescindibile salus rei pubblicae (ex artt. 1, 5, 52, 126 e 139 Cost.) (50). In altre parole, il principio fondamentale di: pubblicit, pur essendo regola di base della convivenza democratica, non assurge in nessun ordinamento costituzionale al rango di valore assoluto (51), tanto vero che: il segreto [] pu [] [ben] essere [comunque] lo strumento per limitare la cognizione di certe informazioni in nome della tutela di [controbilanciati] valori costituzionali di alto rilievo (come la salvaguardia dello Stato democratico) ovvero di principi fondamentali (ad es. la dignit della persona umana) []. Tuttavia pi che parlare di segreto bisognerebbe [a stretto rigore] parlare di segreti, (es. il segreto dufficio, il segreto industriale, il segreto professionale, il segreto processuale, il segreto bancario, il segreto postale, ecc.) ognuno dei quali deralismi.it, n. 1/2017; L. VIoLANTe, Democrazie senza memoria, Torino, 2017; S. CASSeSe, La democrazia e i suoi limiti, Milano, 2017; I. DIAMANTI, alla periferia della crisi. il populismo e il disagio della democrazia rappresentativa, in Stato e mercato, n. 1/2018, pp. 117-126. (46) Appare utile sul punto il rimando al recente contributo di M.g. LoSANo, Trasparenza e segreto: una convivenza difficile nello Stato democratico, in Diritto Pubblico, n. 3/2017, pp. 657-682. (47) A. MuTTI, Trasparenza e segretezza nei sistemi democratici, in il mulino, n. 2/2015, p. 347. (48) Appare utile, sul punto, il rimando a quanto ricostruito in L. buFFoNI, La rappresentazione del Parlamento, in osservatorio sulle fonti, n. 3/2016, pp. 1-17. (49) Ex multis, g. boNgIoRNo, il divieto di pubblicare atti del processo penale: dalla tutela dei giurati alla tutela del segreto investigativo, in Foro it., n. 9/1995, pt. 2, pp. 525-532. (50) M. LuCIANI, il segreto di Stato nellordinamento nazionale, in AA. VV., il segreto di Stato. Evoluzioni normative e giurisprudenziali, Quaderno di intelligence-Gnosis, novembre 2011, pp. 9-27. (51) P. SILVeSTRI, La trasparenza amministrativa ed il segreto di Stato: la regola e leccezione, in A. ToRRe (a cura di), Costituzioni e sicurezza dello Stato, Santarcangelo di Romagna, 2013, p. 1147. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA normativamente previsto e regolato nel nostro ordinamento con una specifica disciplina che individua il titolo di legittimazione e le tecniche di tutela, ovvero determina il suo [potenziale ed elastico] grado di resistenza di fronte ad altri interessi egualmente meritevoli di tutela e con esso confliggenti. gli istituti connotati di segretezza, per tutto ci, si pongono nel diritto pubblico come delle forme peculiari di esercizio di potest dal carattere eccezionale, precisamente funzionali, da un lato, rispetto alla tutela di un determinato soggetto giuridicamente legittimato e, dallaltro, finalizzati alla delicata realizzazione di interessi pubblici costituzionalmente garantiti ed astrattamente controbilanciati rispetto al generale principio di pubblicit (52) (poich sul piano concreto simporr, comunque, sempre come necessario lirrinunciabile garanzia dellosservanza -tanto da parte del legislatore, in primis, che dello stesso giudice delle leggi, in fase di ultima istanza contenziosa, in secondo luogo - degli imprescindibili principi di ragionevolezza e proporzionalit) (53). Il che si snoda secondo uno schema pressoch ricorrente, costituito su due elementi imprescindibili: in primo luogo sullelemento tipico della funzionalizzazione dell'attivit di segretazione rispetto agli interessi di un soggetto pubblico, il quale viene, perci, a rivestire la natura di destinatario e di beneficiario della funzione di segretazione; in secondo luogo assume pregnante rilevanza la finalit pubblica concretamente oggetto di soddisfacimento delle attivit di segretazione, una finalit costituzionalmente garantita e funzionalizzata, appunto, alla tutela degli interessi di un soggetto pubblico. Non sarebbe un caso che lo schema qui proposto si ripeta proprio nei principali tipi di segreto nel pubblico: cos ad esempio, nel segreto dindagine, anche noto come segreto investigativo. Qui l'attivit di segretazione preordinata prevalentemente allo scopo di una garanzia del buon andamento della giustizia (54), un interesse sicuramente meritevole duna tutela costituzionale, (52) In dottrina stato proprio efficacemente approfondito e studiato il carattere di "strumentalit" proprio della pubblicit, nonch, per converso, dell'opposta segretezza, si confrontino, ex multis, F. MeR- LoNI, Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, in F. MeRLoNI (a cura di), La trasparenza amministrativa, Milano, 2008, pp. 7 ss.; e. CARLoNI, L'amministrazione aperta. regole, strumenti, limiti dell'open government, Rimini, 2014, pp. 33 ss. (53) Per degli utili approfondimenti sul punto appare significativo il rimandare a quanto preziosamente ricostruito in g. PITRuZZeLLA, voce Segreto, i) Profili costituzionali, in Enciclopedia giuridica Treccani, Vol. XXXVIII, Roma, Istituto della enciclopedia Italiana, 1992, pp. 1 ss.; A. MoRRoNe, voce Bilanciamento (giustizia costituzionale), in Enciclopedia del diritto, Annali, Vol. 2, tomo II, Milano, 2008, pp. 185-204; ancora pi di recente si confronti altres A. MoRRoNe, il bilanciamento nello Stato costituzionale. Teorie e prassi delle tecniche di giudizio nei conflitti tra diritti e interessi costituzionali, Torino, 2014. (54) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, pp. 32-33; sul tema inerente alle interrelazioni del segreto investigativo con la connessa problematica della garanzia del diritto di libera informazione si confronti, ex multis, M. ChIAVARIo, Diritto Processuale Penale, Torino, 2013, pp. 464-465. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 cos come astrattamente desumibile, ad oggi, dal dettato dell'articolo 111 della Costituzione. Soggetto pubblico destinatario e beneficiario dell'attivit secretata non potrebbe che essere, qui, l'Autorit giudiziaria che venga a poter avvalersi del relativo segreto. Sul segreto d'ufficio, invece, se la dottrina pi recente ne rinverrebbe il fondamento nel dovere di fedelt alla Repubblica - di cui all'articolo 54 della Costituzione - altra parte della dottrina richiamerebbe, piuttosto, ulteriori interessi costituzionalmente garantiti, quali, per esempio, la sicurezza pubblica e la riservatezza (55). Di certo che il segreto dufficio il segreto proprio dellattivit degli apparati amministrativi (56). un segreto che, stando ad una tesi oramai classica, consisterebbe in una scoperta specifica della moderna democrazia, costituendo uno strumento mediante il quale lAmministrazione - monopolizzando il proprio sapere professionale - verrebbe a poter accrescere ed a consolidare la propria posizione di potenza (57). Invero dallinsieme dei principi caratterizzanti la nostra Carta costituzionale ricavabile una tendenza verso un cambiamento radicale. La proclamazione del principio democratico (ex artt. 1 e 49 Cost.), laffermazione delleguaglianza sostanziale (art. 3, c. 2 Cost.), lintroduzione di una forma di Stato democratica, sociale e pluralista comportano, per logica conseguenza, che lattivit degli apparati della Pubblica Amministrazione sia fisiologicamente ispirata ad un opposto principio di trasparenza (58), il che per altro non potrebbe realizzarsi se non in armonia con il principio basilare del buon andamento e dellimparzialit dellAmministrazione Pubblica (59). Del resto, in questo senso, tanto la disciplina del diritto di accesso procedimentale quanto, soprattutto, il pi recente istituto del diritto di accesso civico hanno fatto, fin qui, scuola (60). In ogni caso, il soggetto pubblico beneficiario e destinatario dell'attivit del segreto dufficio resta la P.A., a tutela, negli specifici casi contemplati oggi dalla legge, di plurimi e delicati interessi - in ogni caso coperti da una salda garanzia costituzionale - quali la sicurezza dello Stato, la tutela degli interessi di politica monetaria e valutaria, la cura delle relazioni internazionali sino a giungere alla tutela della vita privata ed alla riservatezza dei terzi. Quanto ai vincoli di segretezza caratterizzanti il funzionamento dellatti (55) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, specialmente pp. 3435. (56) A. ANZoN, Vi) voce segreto d'ufficio - Dir. amm., in Enciclopedia giuridica Treccani, Vol. XXVIII, Roma, 1992, pp. 1-2. (57) A. ANZoN, op. cit., pp. 1-2. (58) A. ANZoN, op. cit., p. 2. (59) S. CASSeSe, istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 279-284. (60) Pi diffusamente sul tema si veda in dottrina, ex multis, S. TARuLLo, manuale di Diritto amministrativo, bologna, 2017, pp. 529-567. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA vit delle Camere parlamentari, poi, occorre sottolineare, sul punto, come il segreto abbia possibilit di dispiegarsi secondo diverse modalit. In primo luogo, contemplato un peculiare tipo di attivit secretata in tutti i casi in cui, ex art. 64 Cost., ciascuna Camera deliberi dadunarsi in seduta segreta. In questa ipotesi la segretazione sarebbe preordinata ad assicurare il miglior conseguimento possibile delle finalit sottese ai lavori dellattivit parlamentare (61). In secondo luogo, di segretezza parlamentare ben pu parlarsi in ogni caso in cui sia prevista la possibilit di esercizio del voto a scrutinio segreto, che le disposizioni dei regolamenti parlamentari assicurano in relazione alloggetto di peculiari e determinate deliberazioni (62), in funzione, qui, per una migliore tutela della libert di opinione ed indipendenza dei singoli parlamentari. Da ultimo, di segretezza delle attivit parlamentari si ha sicuramente modo di poter parlare in merito alle procedure di inchiesta disciplinate dall'art. 82 della Costituzione, che, come noto, dispone puntualmente che: Ciascuna Camera pu disporre inchieste su materie di pubblico interesse. a tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari Gruppi. La commissione dinchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dellautorit giudiziaria. Ad oggi le inchieste parlamentari hanno sempre avuto ad oggetto situazioni fortemente caratterizzate sotto il profilo dellimportanza politica o sociale (tra le tante, basterebbe citare le inchieste sulla mafia, sul delitto Moro, sulla loggia massonica P2, sul terrorismo e sulle stragi ecc.), il che con il prezioso fine di garantire le funzioni ispettive e conoscitive tipiche di ciascuna Camera (63). Funzioni che - cos come, del resto, lo stesso articolo 82 precisa - debbono vertere, per le indagini espletate dalle Commissioni parlamentari dinchiesta, su materie di pubblico interesse. In ognuna delle situazioni di segretezza parlamentare, il segreto rimane sempre preordinato a tutelare finalit realizzatrici di fondamentali interessi pubblici, esplicitamente o implicitamente contemplati in Costituzione, a garanzia -quale beneficiario e peculiare destinatario delle attivit di segretazione -del Parlamento, nella propria qualit di organo costituzionale, indubbio soggetto pubblico. Da ultimo, non pu non menzionarsi listituto del segreto di Stato. Se la dottrina si per lungo tempo divisa in merito allindividuazione (per altro frutto di una non semplice attivit ermeneutica della Carta costitu (61) S.M. CICCoNeTTI, Diritto Parlamentare, Torino, 2010, p. 113. (62) S.M. CICCoNeTTI, op. cit., p. 119. (63) S.M. CICCoNeTTI, op. cit., p. 218. RASSegNA AVVoCATuRA DeLLo STATo - N. 3/2018 zionale) dellesatto fondamento costituzionale del vincolo del segreto di Stato -dividendosi, il largo ventaglio interpretativo, fra chi si appellato, per esempio, alladempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale (ex art. 2 cost) (64) e chi ha, piuttosto, fatto richiamo agli articoli 52 e 54 (65) -la pressoch consolidata giurisprudenza della Consulta ha chiarito (66) -e senza, del resto, mai discostarsene -come latto appositivo del vincolo di segretezza sia preordinato alla cura dellimprescindibile sicurezza dello Stato-comunit e rinvenga il proprio fondamento giuridico nella formula solenne dellarticolo 52 Cost. -che, come sar noto, afferma essere sacro dovere del cittadino la difesa della Patria -posto, per altro, in relazione dinamica con leffettiva tutela dellindipendenza nazionale, con la cura del principio di unit ed indivisibilit della Repubblica, nonch con i peculiari caratteri essenziali dello Stato, sottesi alla formula di Repubblica democratica (ex art. 1 Cost.) (67). Anche per i vincoli di segretezza derivanti dallistituto del segreto di Stato, dunque, si tratta di una potenziale compressione della disposizione di cui allarticolo 21 Cost. - cos come, del resto, di altri fondamentali diritti costituzionalmente garantiti (68) - finalizzata, per, alla cura di un controbilanciato interesse costituzionalmente riconosciuto e garantito, posto in precisa funzione della migliore tutela degli interessi del soggetto pubblico per antonomasia, e vale a dire lo Stato. Appare, perci, pi che evidente -anche in forza di questa brevissima rassegna -come ogni vincolo di segretezza nel diritto pubblico sia connaturato e (64) P. PISA, il segreto di Stato. Profili penali, Milano, 1977, pp. 203-207. (65) Per una pi diffusa ricostruzione sulla tematica si veda, in maniera particolare, C. MoSCA g. SCANDoNe - S. gAMbACuRTA - M. VALeNTINI, i Servizi di informazione e il segreto di Stato, Milano, 2008, p. 457. (66) La giurisprudenza costituzionale in tema di segreto di Stato si sostanzialmente sviluppata senza alcuna soluzione di continuit: dirimenti sono state anzitutto due risalenti decisioni - che hanno costituito la vera e propria pietra miliare per ogni successiva sentenza in materia - C. cost., sentt., 14 aprile 1976, n. 82 e 24 maggio 1977, n. 86; nel solco di queste si sono poste, pi recentemente, il celebre caso abu omar (C. cost., sent., 3 aprile 2009, n. 106) e altre due ravvicinate, quanto rilevanti, decisioni, C. cost., sentt., 23 febbraio 2012, n. 40 e 13 febbraio 2014, n. 24. (67) La letteratura in dottrina sul tema del segreto di Stato davvero ampia per poter essere richiamata con completezza, sia consentito soltanto -e senza alcuna pretesa di esaustivit -il rinvio a T.F. gIuPPoNI, Le dimensioni costituzionali della sicurezza, bologna, 2008; M. LuCIANI, il segreto di Stato nellordinamento nazionale, in AA.VV., il segreto di Stato. Evoluzioni normative e giurisprudenziali, Quaderno di intelligence-Gnosis, novembre 2011, pp. 9-25; A. SoI, Lintelligence italiana a sette anni dalla riforma, in Forum di Quaderni Costituzionali, n. 8/2014; e. RINALDI, arcana imperii, il segreto di Stato nella forma di governo italiana, Napoli, 2016; A. MITRoTTI, Brevi considerazioni sulla disciplina del segreto di Stato, in osservatorio aiC, n. 2/2018 nonch, da ultimo, A. MITRoTTI, Sulla controversa natura dellatto appositivo del segreto di Stato: atto politico o formale provvedimento amministrativo?, in astrid rassegna, n. 8/2018. (68) Si pensi, solo per un esempio, al menomato diritto di difesa potenzialmente esercitabile in giudizio (e tutelato in via generale ex artt. 24 e 113 Cost.) da parte del funzionario vincolato allobbligo di segretezza. CoNTRIbuTI DI DoTTRINA contraddistinto da un identico e ricorrente schema, preciso e piuttosto semplice. Se, infatti, nel settore privato la segretezza si pone come regola, quale facolt costituzionalmente concessa in favore del libero ed effettivo esercizio e godimento dei diritti di libert riconosciuti e garantiti alluomo (69); nel settore pubblico, allopposto, il segreto costituisce l'eccezione, sebbene si tratti -ogni puntuale volta -di una eccezione costituzionalmente riconosciuta e debitamente bilanciata con le opposte ragioni del principio di pubblicit e degli altri diritti potenzialmente confliggenti. Il che accade sempre secondo una prospettiva funzionale alla cura di una rilevante (e preminente) finalit pubblica, costituzionalmente garantita, del cui soddisfacimento concreto beneficiano gli interessi tutelati dai soggetti pubblici istituzionalmente preposti - dalla Carta costituzionale e dalle leggi attuative - allesercizio del potere sovrano appartenente al popolo: ossia la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel caso del segreto di Stato, la Pubblica Amministrazione nei casi di segreto dufficio, lAutorit giudiziaria per le ipotesi coperte dal segreto investigativo dindagine, nonch, da ultimo, le Camere parlamentari per i peculiari casi dadunanza in seduta segreta, di esercizio del voto a scrutinio segreto come, pure, nel caso di espletamento delle stesse inchieste dindagine parlamentare. (69) Salvo, naturalmente, le dovute eccezioni (a conferma della regola), posto che, ad esempio, per un fondamentale diritto di libert costituzionalmente riconosciuto vige, allopposto, il principio della pubblicit: trattasi, come sar ben noto, del diritto di associarsi liberamente, ex art. 18 Cost., che non ammette, appunto, alcuna possibilit del suo esercizio segreto, vietando, cos, lesistenza di associazioni segrete nonch di quelle perseguenti, anche indirettamente, degli scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. RECENSIONI CLAUDIO BOCCIA, CLAUDIO CONTESSA, ENRICO DE GIOVANNI (*), Codice dellAmministrazione digitale (D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 commentato e annotato per articolo. Aggiornato al D.lgs. 13 settembre 2017, n. 217). La Tribuna, Piacenza, 2018, PP. 412 LOpera viene data alle stampe allesito della rilevante manovra di correzione e aggiornamento che, in base alle previsioni della legge Madia n. 124 del 2015, ha interessato il Codice fra il 2016 e il 2017. Ebbene, questOpera (in una sorta di ideale simmetria con il testo oggetto di commento) mira a coniugare la chiarezza dellesposizione con la completezza dei contenuti, senza superare i caratteri propri di un volume snello e fruibile anche per i meno esperti. Per quanto riguarda limpostazione generale del Volume, si scelto di non limitarsi al solo commento agli articoli (il quale rappresenta pur sempre una sua parte del tutto centrale), ma di arricchirla con una breve guida introduttiva a firma dei suoi Curatori i quali si sono concentrati su alcuni dei principali e pi attuali aspetti della materia oggetto di esame (1). Venendo invece alla struttura del commento ai singoli articoli, si optato (conformemente allimpostazione generale della Collana nel cui ambito il volume si inserisce) nel senso di tenere distinti i commenti agli articoli e di suddividere ciascuno di essi in tre parti: (*) Claudio Boccia, Consigliere di Stato, gi Vice Segretario generale della Camera dei Deputati. Claudio Contessa, Consigliere di Stato, Consigliere giuridico dellAGCom. Enrico De Giovanni, Avvocato dello Stato, gi Capo dellUfficio legislativo del Dipartimento per linnovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (1) Di seguito si pubblicano gli articoli introduttivi al volume dei Consiglieri Claudio Boccia e Claudio Contessa. rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 -il primo dedicato alla genesi e alla ratio della disposizione oggetto di commento; - il secondo dedicato alla descrizione e allanalisi dellarticolato stesso; - il terzo dedicato alle questioni problematiche o ancora irrisolte. Completa il testo un utile indice analitico-alfabetico. Il nuovo Codice dellAmministrazione digitale e lapporto del Consiglio di Stato Il Codice dell'Amministrazione digitale - d'ora in avanti CAD - di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, predisposto in attuazione della delega contenuta nellarticolo 10 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (interventi in materia di qualit della regolazione, riassetto normativo e codificazione legge di semplificazione 2001), costituisce una delle pi recenti iniziative di codificazione posta in essere dagli organi legislativi ed esecutivi nazionali. La peculiarit del CAD, invero, risiede nella circostanza che tramite quest'ultimo si portata avanti una complessiva opera di codificazione - sorretta pertanto dai generali principi dell'esaustivit, della sistematicit e della tendenziale intangibilit del testo -volta a garantire lunit e la coerenza complessiva di una disciplina, quella dell'amministrazione digitale, che risulta per sua natura particolarmente sensibile ai mutamenti tecnologici ed al rapido sviluppo del settore dell'informatica. Ne derivato un testo che ha subito, nel corso del successivo decennio, numerose modifiche ed integrazioni, anche molto articolate, volte ad allineare le previsioni del CAD ai progressi ottenuti nel campo dell'informatica. Tale sviluppo, non del tutto lineare, della normativa in esame stato costantemente accompagnato dall'apporto collaborativo del Consiglio di Stato, particolarmente rilevante in una materia nella quale il contributo degli organi di giustizia, in sede di contenzioso, non assume un rilievo centrale, atteso che le disposizioni del CAD - salvo quanto verr pi puntualmente evidenziato nel prosieguo della presente trattazione -si rivolgono in via prioritaria alle Pubbliche Amministrazioni. Sin dal parere concernente l'adozione del Codice, infatti, la Sezione atti normativi del Consiglio di Stato ha posto una particolare attenzione al CAD, evidenziando la sussistenza di numerose problematiche connesse sia con la delicatezza della materia -che si inserisce nel contesto, assai stratificato, delle disposizioni concernenti il procedimento amministrativo ed il rapporto tra la P.A. e la cittadinanza -sia con lo strumento utilizzato per procedere al riordino delle disposizioni in materia di amministrazione digitale. rECENSIONI 295 Passando, dunque, all'esame dell'apporto del Consiglio di Stato nella stesura e nel successivo sviluppo del CAD, deve evidenziarsi come il filo conduttore che lega i numerosi pareri che la Sezione atti normativi -e le Commissioni speciali all'uopo istituite -hanno reso nella presente materia pu essere individuato in due questioni dordine generale che, a vario titolo, ricorrono nella maggior parte di tali pronunce, ovvero, da un lato, il profilo relativo alla coerenza interna del Codice ed alla necessaria sistematicit ed intelligibilit delle norme ivi recate e, da un altro lato, il profilo concernente la necessit di inserire le previsioni del Codice nel pi ampio contesto della Pubblica Amministrazione, in cui assumono particolare rilevanza, ai fini della concreta attuazione della normativa codicistica, gli aspetti economico-finanziari. Per ci che concerne il primo dei suesposti profili -ovvero quello normativo, di stretta competenza dei giudici di Palazzo Spada -il Consiglio di Stato ha sin da subito evidenziato come uno dei punti nodali del processo di codificazione delle disposizioni in materia di amministrazione digitale consista nella necessit di creare un corpus normativo che sia completo e organico e, contestualmente, di facile consultazione per lutenza, destinataria delle disposizioni ivi recate. A tal fine, con il parere relativo allintroduzione del Codice -ovvero il parere n. 11995/04 del 7 febbraio 2005 -la Sezione atti normativi del Consiglio di Stato aveva invitato lAmministrazione a procedere ad una complessiva rielaborazione dello schema di Codice sottoposto al suo esame, per renderlo pi completo e leggibile, sia attraverso una incorporazione nel testo delle normative sul sistema pubblico di connettivit e sulla posta elettronica certificata, sia affiancando alle enunciazioni programmatiche e di principio, contenute in varie parti del testo, anche norme precettive volte alleffettivo perseguimento delle finalit della delega, sia, infine, per il tramite delladozione di una raccolta di norme regolamentari, parallela al Codice, recante le disposizioni di ordine secondario concernenti il procedimento amministrativo telematico, che avrebbe dovuto assorbire, o quantomeno affiancarsi, al Testo Unico sulla documentazione amministrativa (d. P.r. n. 445 del 28 dicembre 2000). Come evidenziato dalla stessa Sezione atti normativi - per il tramite del parere concernente il correttivo al d.lgs. n. 82 del 2005 - gli iniziali rilievi formulati sotto il profilo normativo in relazione alla prima stesura del CAD hanno trovato un accoglimento soltanto parziale da parte dellAmministrazione. Da un lato, infatti, lAmministrazione, proprio in sede di correttivo, aveva proceduto a recepire i rilievi relativi alla necessit di una maggior chiarezza del testo codicistico, in particolar modo per quanto concerneva le disposizioni centrali relative allamministrazione digitale e, da un altro lato, non aveva dato sostanziale riscontro alle ulteriori osservazioni formulate in sede consultiva, concernenti sia la richiesta di evitare una consistente rilegificazione della materia - atteso che lAmministrazione non aveva (e non ha) proceduto a pre rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 disporre una vera e propria raccolta delle norme regolamentari vigenti nella materia de qua, tuttora ripartite tra il Testo Unico sulla documentazione amministrativa, larticolato del Codice e la normativa dattuazione di questultimo, con particolare riferimento alle regole tecniche -sia la necessit di superare loriginaria impostazione di fondo del CAD, imperniata su enunciazioni programmatiche e di principio prive di effettiva cogenza, in particolar modo in relazione al processo di implementazione del procedimento amministrativo informatico. LAmministrazione, tuttavia, ha proceduto a superare almeno in parte i rilievi mossi nei confronti della natura prettamente di principio delle disposizioni del CAD per il tramite della riforma del 2010 (d.lgs. n. 235 del 30 dicembre 2010) esplicitamente finalizzata, tra l'altro, a rendere vincolanti per le Pubbliche Amministrazioni le disposizioni concernenti lutilizzo delle procedure informatiche, a sanzionare i comportamenti delle Amministrazioni in contrasto con lo sviluppo dellamministrazione digitale e a premiare le migliori pratiche del settore, in ossequio ai criteri direttivi recati dalle lettere m) ed n) dell'art. 33 della legge di delega n. 69 del 18 giugno 2009. In particolare, tramite tale riforma, l'Amministrazione -oltre ad aver previsto listituzione di meccanismi premiali e sanzionatori connessi con lattuazione delle disposizioni del CAD, che il Consiglio di Stato ha ritenuto adeguati al fine di coniugare in modo razionale le esigenze di rafforzamento e di sviluppo del sistema -ha altres introdotto regole pi stringenti per la concreta attuazione della digitalizzazione della P.A., ad esempio in materia di utilizzo delle tecnologie informatiche per le comunicazioni tra le imprese e lAmministrazione, demandando alle disposizioni attuative del Codice (regolamenti, regole tecniche, decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e relativi atti applicativi) leffettiva individuazione delle concrete modalit con cui procedere ad implementare le disposizioni -rimaste sostanzialmente di principio -del CAD. Peraltro, in relazione a quanto precede, il Consiglio di Stato non ha potuto far altro che limitarsi, tramite il parere da ultimo citato, ad auspicare che lAmministrazione, in sede di adozione della normativa applicativa di cui si in precedenza detto, debba tenere in debita considerazione la tempistica della concreta realizzazione degli interventi al fine di assicurare non solo una compiuta fattibilit, ma leffettivo progresso del sistema amministrativo digitale. Inoltre, il profilo della cosiddetta better regulation -bench abbia assunto, come test evidenziato, un rilievo non centrale nellambito del parere concernente la riforma del Codice del 2010 - stato poi ampiamente ripreso dai pareri delle Commissioni speciali nominate per procedere allesame della pi recente riforma del Codice, prevista nellambito degli articolati interventi di cui alla cosiddetta riforma Madia della Pubblica amministrazione (legge n. 124 del 7 agosto 2015). rECENSIONI 297 Pi nel dettaglio, in relazione alle articolate modifiche di cui al d.lgs. n. 179 del 26 agosto 2016, la Commissione Speciale alluopo costituita ha evidenziato -sia in termini generali che relativamente alle singole disposizioni sottoposte al suo esame - la necessit di utilizzare un linguaggio normativo pi chiaro, non soltanto per ragioni dordine redazionale ma anche in considerazione del fatto che le norme del caD si rivolgono ad una collettivit non sempre munita delle necessarie conoscenze tecnico-informatiche, con la conseguenza che la non facile comprensione delle norme potrebbe limitare, seppur indirettamente, lesercizio dei diritti digitali dei cittadini e delle imprese. La stessa Commissione speciale ha, altres, evidenziato - ricollegandosi indirettamente ai rilievi formulati dal Consiglio di Stato sin dal parere del 2005, di cui si in precedenza detto -la necessit che il CAD rispetti i generali principi dell'esaustivit e della sistematicit del Codice stesso, sottolineando come larticolato ad essa trasmesso appariva privo degli opportuni riferimenti alle discipline sostanziali dei vari procedimenti collegati alle disposizioni in esso contenute, quali ad esempio quelle relative al processo telematico, al diritto di accesso e alla trasparenza dellazione amministrativa ed invitando, conseguentemente, lAmministrazione a superare tale lacuna di fondo. I precitati rilievi sono stati, poi, successivamente ripresi dal pi recente dei pareri del Consiglio di Stato nella presente materia, ovvero il parere della Commissione Speciale n. 2122 del 10 ottobre 2017, relativo al correttivo del 2017 (d.lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017) adottato ai sensi dellart. 1, comma 3 della gi citata legge n. 124 del 2015. In particolare, il Consiglio di Stato -nel dare atto allAmministrazione di aver proceduto, sia in sede di stesura definitiva della riforma del 2016 sia tramite il successivo correttivo, a portare avanti unopera di razionalizzazione e di semplificazione delle norme del CAD che, come evidenziato dalla stessa Amministrazione, costituisce una delle linee portanti dellintervento normativo del 2017 -ha tuttavia rilevato come sarebbe stato necessario, proprio al fine di agevolare il raggiungimento dei condivisibili obiettivi di razionalizzazione enucleati dallamministrazione, sia procedere ad una compiuta opera di riorganizzazione delle disposizioni del caD, volta a dare evidenza, in primo luogo, alle disposizioni riguardanti i diritti digitali per poi disciplinare i rapporti fra il cittadino e lAmministrazione e regolare, da ultimo, i profili pi strettamente organizzativi, sia operare un complessivo coordinamento formale del novellato testo del caD, tramite lintroduzione di un indice delle disposizioni ivi recate che andrebbero, altres, rinumerate al fine di favorire la loro consultazione da parte dei soggetti cui destinato il Codice stesso. Daltronde, come evidenziato dal succitato parere, tali modifiche appaiono vieppi necessarie nel presente contesto normativo, tenendo conto, da un lato, del fatto che il CAD, nel corso dellultimo decennio, ha subito numerose modifiche che hanno minato la sua complessiva coerenza e sistematicit e, rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 dallaltro, del fatto che, con la riforma del 2016, la stessa Amministrazione ha inteso superare una concezione prettamente burocratica del Codice, quale corpus rivolto in via prioritaria alle Pubbliche Amministrazioni, optando per la costruzione di un diverso rapporto tra cittadini e P.A., incentrato sui cosiddetti nuovi diritti digitali ed esplicitando quindi con chiarezza la volont di passare dalla disciplina del processo di digitalizzazione a quella dei diritti digitali di cittadini e imprese [si vedano, al riguardo, i menzionati pareri del Consiglio di Stato relativi alla riforma del 2016 ed al correttivo del 2017 ma anche la documentazione istruttoria predisposta dallAmministrazione in relazione a tali interventi normativi, disponibile sul sito web istituzionale della Camera dei Deputati]. Si tratta, invero, di rilievi che -anche in considerazione dellesiguit del termine previsto dalla legge di delega per ladozione del correttivo -non hanno ancora trovato favorevole accoglimento da parte dellAmministrazione ma che dimostrano come il processo di completa codificazione delle disposizioni concernenti l'Amministrazione digitale non possa ancora ritenersi del tutto compiuto, nonostante il ruolo di continuo stimolo svolto dal Consiglio di Stato sin dal 2005. Il secondo filo conduttore che lega tra loro i pareri del CdS nella presente materia costituito, come in precedenza evidenziato, dai rilievi concernenti le questioni economico-finanziarie relative allimplementazione delle disposizioni del CAD. A differenza dei rilievi formulati dal Consiglio di Stato relativamente ai profili normativi -che, come in precedenza evidenziato, mostrano alcune discontinuit connesse con le peculiarit di ciascun intervento normativo in materia di amministrazione digitale -le osservazioni concernenti i profili economici, formulate tramite i medesimi pareri sin qui richiamati, appaiono invece pi omogenee, incentrandosi principalmente su due questioni dordine generale costituite, in primis, dalla necessit che le disposizioni del CAD siano accompagnate dal reperimento di risorse economiche adeguate al fine di attuare concretamente il processo di digitalizzazione del Paese e della Pubblica Amministrazione e, in secundis, dallopportunit di accompagnare le innovazioni previste dal Codice con programmi di sperimentazione, formazione e graduale messa a regime di queste ultime, al fine di evitare che le medesime rimangano sostanzialmente inattuate e prive di effetti nei confronti della cittadinanza. In proposito deve rilevarsi come la circostanza che il Consiglio di Stato abbia evidenziato in maniera pressoch costante nel corso dell'ultimo decennio la necessit di accompagnare la normativa in esame con interventi concreti sul versante economico ed organizzativo discende, principalmente, dalla mancata previsione di incisivi interventi sotto questo versante, tendenza quest'ultima che sembra, tuttavia, aver subito una inversione di rotta proprio attraverso il pi recente degli interventi concernenti il CAD, ovvero il correttivo di cui al d.lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017. rECENSIONI 299 In particolare, come evidenziato con il parere relativo al correttivo del 2017, quest'ultimo prevede esplicitamente, all'articolo 66 (Disposizioni di coordinamento e finali), il ricorso a specifiche risorse finanziarie destinate all'attuazione delle disposizioni del CAD, pari a 11 milioni di euro per l'anno 2017 e 20 milioni di euro per l'anno 2018, scelta quest'ultima che stata accolta con favore dal Consiglio di Stato, richiamando peraltro i rilievi formulati, sotto tale profilo, con i pareri adottati in relazione alle precedenti modifiche del CAD. Nellambito del citato parere, tuttavia, il Consiglio di Stato non si limitato a prendere atto della decisione assunta dallAmministrazione ma, cambiando in un certo senso il proprio angolo visuale, ha evidenziato come il correttivo abbia proceduto anche ad ampliare i compiti demandati allAgenzia per lItalia digitale (AgID), assegnando a questultima funzioni centrali sia nellambito dei rapporti con la cittadinanza sia relativamente ai rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, come, in via esemplificativa, la predisposizione delle linee guida tecniche, ladozione di pareri tecnici, obbligatori e vincolanti sugli elementi essenziali delle procedure di gara bandite da Consip e concernenti l'acquisizione di beni e servizi relativi a sistemi informativi automatizzati nonch la previsione di un ufficio unico nazionale del difensore civico digitale, incardinato presso lAgenzia. In relazione a tali nuove competenze la Commissione speciale ha, quindi, ritenuto necessario invitare lAmministrazione a valutare ladeguatezza dellattuale organizzazione di tale ente procedendo agli opportuni cambiamenti qualora emerga che tale organizzazione non sia del tutto idonea ad assolvere ai complessi compiti ad essa assegnati. In altri termini, anche a seguito della rilevata inversione di tendenza per quanto concerne le misure economiche necessarie ad implementare le disposizioni del CAD, il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno evidenziare come le problematiche di ordine economico-organizzativo sottese al processo di digitalizzazione del Paese e della P.A. non possano ancora ritenersi del tutto superate: si tratta, comՏ evidente, di un processo tutt'ora in fieri sul quale il Consiglio di Stato ha posto una particolare attenzione, ritenendo che in assenza di sufficienti finanziamenti le previsioni del CAD potrebbero non trovare unadeguata attuazione. Parallelamente alle due linee direttrici che connotano lapporto del Consiglio di Stato nella presente materia vi poi un terzo profilo che ha assunto un rilievo centrale nellambito del rapporto collaborativo tra Consiglio di Stato e legislatore delegato, ovvero quello relativo alle questioni dordine tecnico- giuridico, sulle quali, peraltro, si sono soffermati con particolare attenzione i pi recenti pareri del Consiglio di Stato nella presente materia, ovvero quelli relativi agli interventi riformatori del 2016 e del 2017. Esemplificativo al riguardo appare il profilo relativo al documento informatico sottoscritto con firma elettronica (qualificata o meno) ed al valore pro rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 batorio di tali documenti: si tratta, infatti, di una tematica affrontata, con un certo grado di approfondimento, sia dal parere relativo al Codice del 2005 sia dal successivo parere concernente il correttivo del 2006 ma che ha continuato, nel corso degli anni successivi, ad impegnare il Consiglio di Stato in una densa interlocuzione con il legislatore delegato. Infatti, nell'ambito della riforma di cui al d.lgs. n. 179 del 2016 il Governo aveva inizialmente proposto una modifica del valore probatorio dei documenti informatici in base alla quale questi ultimi, qualora sottoscritti con firma digitale, qualificata o avanzata, o con firma semplice, dovevano ritenersi idonei a fini probatori ed ai medesimi doveva essere riconosciuta lefficacia di cui allart. 2702 (efficacia della scrittura privata) del Codice civile. Con il parere n. 785 del 23 marzo 2016, tuttavia, il Consiglio di Stato ha evidenziato come la firma elettronica pu assumere modalit profondamente diverse fra loro, articolandosi fra una semplice password - che, di per se stessa, potrebbe non fornire la certezza che il documento provenga da colui il cui nominativo usato per la sottoscrizione - e lutilizzo di avanzati sistemi biometrici, con conseguente variabilit del sistema di sicurezza, ed ha pertanto invitato lAmministrazione ad espungere tale novella dallarticolato. In sede di stesura definitiva del d.lgs. n. 179 del 2016, quindi, lAmministrazione ha deciso di tornare al previgente testo della disposizione, stralciando la succitata proposta di modifica. Successivamente, in sede di correttivo del 2017, lAmministrazione ha proceduto a modificare il regime del valore probatorio dei documenti informatici, introducendo una sorta di graduazione del valore probatorio dei medesimi sulla base delle modalit tecniche di sottoscrizione degli stessi, prevedendo che il documento informatico soddisfi il requisito della forma scritta e abbia lefficacia di cui allart. 2702 c.c. qualora sia sottoscritto con una firma digitale, qualificata o avanzata, o, nel caso di documenti sottoscritti con firme elettroniche differenti, qualora rispetti gli standard tecnici che saranno individuati dallAgID con le linee guida previste dall'art. 71 del CAD mentre, nei restanti casi, il valore probatorio del documento informatico rimesso al libero giudizio degli organi giudicanti. Si tratta di una modifica che ha trovato favorevole accoglimento da parte del Consiglio di Stato che, con il parere n. 2122 del 10 ottobre 2017, ha ritenuto sostanzialmente in linea con i rilievi formulati nel corso del 2016 la scelta di graduare l'efficacia probatoria dei documenti sulla base delle modalit tecniche della loro sottoscrizione. Accanto ai rilievi concernenti il valore probatorio dei documenti informatici -che, come evidenziato, costituiscono una sorta di costante nell'ambito dei rapporti tra legislatore delegato e Consiglio di Stato nella presente materia -vi sono poi ulteriori profili tecnico-giuridici che, in particolare a far data dalla riforma del 2016, hanno assunto una maggiore centralit nellambito dei pareri consultivi del Consiglio di Stato. rECENSIONI 301 Ci si riferisce, in via esemplificativa -atteso lampio numero di rilievi formulati dal Consiglio di Stato sotto il profilo in esame, come quelli relativi al disaster recovery, alla conservazione dei documenti informatici ed al raccordo con la disciplina del processo telematico - alla questione relativa ai requisiti per laccreditamento dei soggetti che intendono svolgere lattivit di prestatore di servizi fiduciari qualificati, di gestore di posta elettronica certificata, di gestore dell'identit digitale o di conservatore di documenti informatici, in relazione alla quale il Governo, nel predisporre lo schema del d.lgs. n. 179 del 2016, aveva inizialmente previsto una soglia di capitale sociale minimo particolarmente elevata, pari a 5 milioni di euro. La Commissione speciale preposta allesame di tale schema aveva, al proposito, evidenziato - richiamando la sentenza del Consiglio di Stato n. 1214 del 24 marzo 2016, con la quale era stata confermata la sentenza del Tar per il Lazio n. 9951 del 21 luglio 2015, recante lannullamento dellart. 10, comma 3, lett. a) del d. P.C.M. 24 ottobre 2014, nella parte in cui prevedeva un requisito di capitale sociale minimo identico a quello proposto dallAmministrazione nel caso de quo - la necessit di individuare un punto di equilibro fra lesigenza di selezionare aziende che, anche tramite una adeguata capitalizzazione societaria, assicurino un servizio conforme agli standard individuati dallamministrazione stessa e quella di non escludere dal mercato societ che, pur in possesso di accertati requisiti di affidabilit, non dispongano di tale capitale societario. Conseguentemente lAmministrazione ha dapprima previsto una graduazione del menzionato requisito -per il tramite della stesura definitiva del citato d.lgs. n. 179 del 2016 - e, in sede di correttivo del 2017, ha assunto la decisione di demandare leffettiva individuazione del medesimo requisito ad una fonte subprimaria, scelta di cui il Consiglio di Stato, con il parere n. 2122 del 2017, non ha potuto che prendere atto, in attesa della concreta individuazione della soglia di capitale sociale che sar stabilita solo in un secondo momento. Da ultimo, di particolare interesse risulta anche la tematica concernente lindividuazione dei passaggi necessari per completare la transizione verso lattuazione del principio digital first, con conseguente superamento delle modalit cartacee di comunicazione tra privati e P.A., alla quale il Consiglio di Stato ha rivolto la propria attenzione sin dal 2005, evidenziando, in relazione alla prima stesura del CAD, lassenza sia di norme transitorie e di raccordo che assicurino la continuit di azione pubblica e scongiurino possibili momenti di impasse nel passaggio da un sistema basato sui documenti cartacei ad uno incentrato sugli strumenti informatici sia di misure volte a bilanciare tale radicale innovazione con le problematiche connesse al cosiddetto digital divide, al fine di evitare che un rilevante numero di cittadini, allepoca non ancora in possesso di una adeguata alfabetizzazione informatica, potessero risultare discriminati a seguito del passaggio ad unamministrazione esclusivamente digitale. rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 Tale tematica stata, poi, nuovamente affrontata dal Consiglio di Stato a seguito delladozione del correttivo del 2017, in unottica che ha tenuto in considerazione il lungo lasso di tempo decorso dalladozione del Codice del 2005. La Commissione speciale, infatti, con il gi citato parere n. 2122 del 2017, ha evidenziato come il pi recente degli interventi normativi relativi al CAD abbia demandato ad uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri lindividuazione della data di decorrenza per il passaggio alla modalit esclusivamente informatica di interrelazione tra PA e cittadinanza sia lindicazione delle modalit attraverso cui consegnare a chi non pu accedere ai domicili digitali le comunicazioni provenienti dallAmministrazione, sottolineando in proposito lopportunit di portare avanti il processo di completa informatizzazione della P.A. con una adeguata sollecitudine, tenendo conto del fatto che il medesimo, come test rilevato, ҏ iniziato gi da tempo. Il Consiglio di Stato, conseguentemente, ha ritenuto condivisibile la scelta di prevedere un periodo transitorio prima del completo passaggio, nelle comunicazioni tra pubbliche amministrazioni e cittadinanza, alla modalit informatica -e ci in considerazione della necessit, gi emersa nel 2005 e mai del tutto superata, di evitare ricadute negative su quella parte della cittadinanza che ancora non dispone di mezzi tecnologici in linea con gli sviluppi del settore, atteso che il cosiddetto digital divide costituisce un fenomeno diffuso in relazione a specifiche aree geografiche e classi di et della popolazione italiana -auspicando tuttavia che la presenza di tale regime transitorio non costituisca un fattore di rallentamento del percorso verso lobiettivo della piena informatizzazione dei rapporti tra cittadini e Pubblica amministrazione. In conclusione, lapporto del Consiglio di Stato nellambito della normativa concernente lamministrazione digitale ha orientato e stimolato il legislatore, nel corso dellultimo decennio, verso ladozione di soluzioni volte a ricercare un corretto equilibrio tra lesigenza di garantire una coerenza interna del sistema, quella di innovare radicalmente le modalit di funzionamento del sistema amministrativo e quella, apparentemente contrapposta, di tutelare una collettivit in cui le problematiche connesse al cosiddetto digital divide appaiono ancora oggi di estrema attualit. Si tratta, come gi rilevato, di un percorso ancora in fieri e lungi dallessere concluso, tenendo peraltro conto del fatto che il CAD, anche a seguito dei pi recenti interventi di riforma, costituisce tuttora un corpus normativo sostanzialmente di principio, che demanda alle fonti subprimarie [tra le quali possiamo ricordare, in via esemplificativa, le linee guida dellAgID di cui allart. 71 del CAD e i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui si in precedenza detto, tra cui spicca quello previsto dallart. 3-bis, comma 3bis, definito dal Consiglio di Stato come centrale per lo sviluppo del sistema rECENSIONI 303 amministrativo digitale] lindividuazione sia delle modalit tecniche sia delle tempistiche di attuazione delle disposizioni codicistiche. Tale percorso tuttavia dimostra, a sommesso avviso di chi scrive, come la costante interlocuzione tra organi di governo, legislativi e giudicanti costituisca unimprescindibile risorsa al fine di raggiungere i condivisi obiettivi della modernizzazione e della completa informatizzazione della Pubblica Amministrazione e, pi in generale, del Paese. claudio boccia Il Codice dellAmministrazione digitale: la modernizzazione della P.A. e gli impulsi degli Ordinamenti sovranazionali ormai chiaro da molti anni al decision maker nazionale che un pi elevato livello di digitalizzazione dellamministrazione pubblica costituisca un aspetto fondamentale per qualunque tentativo di riforma volto a migliorare la qualit dei servizi resi ai cittadini e agli utenti. Si tratta di una consapevolezza che ha ispirato - almeno nelle intenzioni iniziali -praticamente tutti i tentativi organici di riforma dellamministrazione susseguitisi nel corso degli ultimi decenni (fino alla recente iniziativa di cui alla legge Madia n. 124 del 2015), anche se spesso tali tentativi si sono sviluppati in modo episodico e disorganico, finendo inevitabilmente per conseguire risultati solo parziali. Pur nella parziale incertezza che ancora oggi accompagna la nozione stessa di eGovernment, i tentativi di introdurre nellesperienza italiana modelli decisionali e forme gestionali ad esso ispirati sono stati esaminati in modo approfondito nel corso degli anni e lo stesso Codice dellamministrazione digitale ha rappresentato per la pubblicistica nazionale una straordinaria fonte di dibattito e di confronto. Probabilmente meno approfondito invece risultato lesame dei rapporti fra gli impulsi europei alla pi ampia digitalizzazione dellattivit amministrativa e gli esiti prodotti nellOrdinamento interno. Sotto alcuni aspetti, infatti, pu affermarsi che in Italia si sia affermata una sorta di via interna alla digitalizzazione dellattivit delle amministrazioni pubbliche (si pensi alle vicende relative allevoluzione in tema di firme elettroniche) e che la stessa genesi del Codice dellamministrazione digitale del 2005 costituisca in larga parte il frutto di uno sviluppo marcatamente autonomo del tema in esame. Per altro verso, comunque innegabile che gli impulsi provenienti dal rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 lOrdinamento UE (e, pi in generale, dalle istanze sovranazionali) abbiano sortito -in specie, negli anni pi recenti -uninfluenza determinante sullo sviluppo del tema, riorientando spesso lagenda del Legislatore nazionale, dettando nuove priorit e imponendo di rivedere alcune delle scelte di fondo che avevano ispirato lintervento di codificazione del 2005. Non a caso, la stessa legge di delega n. 124 del 2015, nel dettare i princpi e criteri direttivi che hanno ispirato la revisione di cui al decreto legislativo n. 179 del 2016 (e, in seguito, lintervento correttivo di cui al decreto legislativo n. 217 del 2017) ha imposto al Governo di adeguare il testo delle disposizioni vigenti alle disposizioni adottate al livello europeo, in tal modo dettando le linee di fondo di una sorta di ri-comunitarizzazione dellintera disciplina della digitalizzazione dellattivit amministrativa e della stessa cittadinanza digitale. Lintervento del Legislatore del 2015-17 non sembra soltanto rivolto al passato (i.e.: alladeguamento della pregressa disciplina nazionale alle nuove acquisizioni dellOrdinamento europeo -come quelle in materia di firme elettroniche di cui al regolamento eIDAS -), ma anche - e soprattutto - al futuro, attraverso una sorta di permanente vincolo di conformazione della disciplina nazionale a quella eurounitaria (la quale, peraltro, negli anni pi recenti ha notevolmente esteso il proprio campo di applicazione). Oltretutto, nellambito delle prescrizioni generali della legge delega, si rinvengono due ulteriori e puntuali vincoli di conformazione alla disciplina europea, rispettivamente in tema -di disponibilit di connettivit a banda larga e ultralarga e di accesso alla rete internet presso gli uffici pubblici (articolo 1, comma 1, lettera c)), nonch -di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche (articolo 1, comma 1, lettera p)). E lintroduzione a regme di un tale autovincolo risulta tanto pi rilevante se solo si consideri - ad esempio - che lAgenda Digitale Europea ha fissato obiettivi quanto mai ambiziosi in tema di istituzione del Digital Single Market, attraverso un livello di dettaglio idoneo a vincolare in modo notevole le scelte degli Ordinamenti nazionali. Non a caso, nel fissare gli assi strategici dellAgenda Digitale Italiana del 2012, la Cabina di regia ha individuato obiettivi e finalit in larga parte armonizzati con quelli di cui allomologa Agenda europea (sia pur profondendo evidenti sforzi nel tentativo di coniugare tali obiettivi con le peculiarit della situazione italiana). Qui di seguito, quindi, si esamineranno (naturalmente, senza pretesa alcuna di esaustivit) alcuni fra i principali ambiti in relazione ai quali gli atti normativi e di indirizzo dellUE hanno influenzato in tempi recenti levoluzione della disciplina nazionale in tema di digitalizzazione dellattivit amministrativa. rECENSIONI 305 Si passer poi ad esaminare (in modo altrettanto sintetico) alcuni atti di fonte sovranazionale che hanno parimenti influenzato lo sviluppo del dibattito interno sul tema. Infine si svolgeranno alcune considerazioni conclusive circa le relazioni fra lambito disciplinare nazionale e quelli sovranazionali in tema di sviluppo della digitalizzazione dellattivit delle amministrazioni pubbliche. Un primo rilevante impulso alla (almeno parziale) armonizzazione fra la disciplina nazionale e quella eurounitaria in tema di digitalizzazione dellattivit delle amministrazioni pubbliche stato impresso dalla Direttiva 1999/93/CE, istitutiva di un quadro comunitario per le firme elettroniche. Come noto, lattuazione della direttiva in parola ha alimentato un vivace dibattito circa la diversit della ratio che aveva ispirato -(da un lato) la disciplina in tema di firma digitale di cui alla c.d. legge Bassanini n. 59 del 1997 -e di cui al d.P.r. 513 del 1997 -(la cui finalit ultima era quella di assicurare specifici effetti giuridici ai documenti informatici) e -(dallaltro) la disciplina eurounitaria del 1999, la quale mirava allobiettivo - in parte diverso - di fissare regole comuni per garantire la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali. Non qui possibile esaminare le ragioni e gli esiti di quel dibattito (che oggi pu comunque dirsi in larga parte risolto a seguito dellentrata in vigore del regolamento eIDAS e delle recenti modifiche al Codice). Ci che invece preme qui sottolineare che la Direttiva del 1999 ha fissato per la prima volta in via generale nel settore in esame il principio della neutralit tecnologica (un principio evidentemente finalizzato ad assicurare la massima espansione delle libert del Trattato e di cui evidente la forza espansiva extrasettoriale a tutti i settori caratterizzati da elevati contenuti tecnologici). Passando alla cruciale tematica del rapporto fra digitalizzazione dellattivit delle pubbliche amministrazioni e rispetto della disciplina in tema di dati personali, del tutto evidente che la tematica risulti incisa in modo notevole dallentrata in vigore del regolamento generale europeo in materia di Privacy, n. 679/2016 (25 maggio 2018). Ora, nonostante la generica clausola di salvaguardia e rinvio di cui allarticolo 2, comma 5 del Codice (secondo cui le disposizioni del presente codice si applicano nel rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali e, in particolare, delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), sono del tutto evidenti le numerose e rilevanti aree di intersezione fra i due ambiti disciplinari. Di tanto stato evidentemente consapevole il Legislatore nazionale il quale, con i pi recenti interventi correttivi al Codice del 2005 ha adeguato alcune rilevanti previsioni alla pi recente disciplina eurounitaria (si pensi, rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 solo a mo di esempio, alle modifiche apportate allarticolo 44 in tema di requisiti per la gestione e conservazione dei documenti informatici). rilevanti obblighi di conformazione per lOrdinamento interno -e per lattivit amministrativa in generale - sono stati inoltre fissati anche dalla Direttiva 2014/61/CE (recepita in Italia con il Decreto legislativo n. 33 del 2016) recante misure volte a ridurre i costi dellinstallazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocit. In particolare, la Direttiva in questione ha dettato specifiche misure finalizzate a migliorare il grado di connettivit nei luoghi e negli uffici pubblici. Dal canto suo, il decreto delegato (articolo 4) ha demandato al Ministero dello sviluppo economico la definizione delle regole tecniche per la definizione del contenuto del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture (SINFI), nonch [delle] modalit di prima costituzione, di raccolta, di inserimento e di consultazione dei dati, nonch [delle] regole per il successivo aggiornamento, lo scambio e la pubblicit dei dati territoriali detenuti dalle singole amministrazioni competenti, dagli altri operatori di rete e da ogni proprietario o gestore di infrastrutture fisiche funzionali ad ospitare reti di comunicazione elettronica. stato altres previsto che i dati in tal modo ricavati siano resi disponibili in formato di tipo aperto e interoperabile, ai sensi dell'articolo 68, comma 3, del Codice e che essi siano elaborabili elettronicamente e georeferenziati, senza compromettere il carattere riservato dei dati sensibili. Di notevole interesse sistematico per loperativit delle amministrazioni pubbliche anche la Direttiva 2016/2102/UE, relativa all'accessibilit dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici (il cui recepimento nel- lOrdinamento interno stato previsto -con fissazione di criteri specifici di delega -dallarticolo 14 della legge di delegazione europea 2016-2017, n. 163 del 2017). Fra i principali aspetti di interesse connessi allattuazione della direttiva in parola (che dovr avvenire entro il 23 settembre 2018) si segnala la prevista emanazione di apposite linee guida nazionali volte a individuare i casi in cui un ente pubblico pu ragionevolmente limitare l'accessibilit di uno specifico contenuto. Ci sar consentito, in particolare, laddove la piena accessibilit determini in capo allente un onere sproporzionato (i.e.: comporti ladozione di misure che generano in capo a un ente pubblico un onere organizzativo o finanziario eccessivo, o mettono a rischio la sua capacit di adempiere allo scopo prefissato o di pubblicare le informazioni necessarie o pertinenti per i suoi compiti e servizi, pur tenendo conto del probabile beneficio o danno che ne deriverebbe per le persone con disabilit ()). evidente che ladozione da parte delle amministrazioni nazionali di misure volte a limitare il principio di piena accessibilit sar riguardata secondo rECENSIONI 307 unottica restrittiva ed eccettuale, facendo rigorosa applicazione del generale canone di proporzionalit. Ma le ricadute di maggior rilievo sistematico sulloperativit delle amministrazioni pubbliche nazionali per ci che attiene lo sviluppo delle metodiche digitali saranno certamente sortite dalla piena attuazione dellAgenda Digitale Europea del 2010 (la quale, come noto, rappresenta una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020) . Fra i numerosissimi aspetti di intersezione con loperativit delle amministrazioni pubbliche ci si limita qui a richiamare quelli connessi allattuazione del Sesto Pilastro (relativo alla alfabetizzazione digitale), il quale contempla -fra le altre -specifici obiettivi e azioni volti ad assicurare la piena accessibilit dei siti web da parte delle PP.AA. e ad implementare politiche di alfabetizzazione digitale, intese anche quale mezzo di inclusione sociale. La Cabina di regia dellAgenda digitale italiana, nellindividuare gli assi strategici di intervento volti a conseguire le finalit di cui al richiamato Pillar VI, ha individuato quale obiettivo prioritario quello della promozione delluso delle TLC nei vari settori professionali del mondo del lavoro pubblico e privato. Si tratta di obiettivi i quali (al di l di una certa polisemicit) sottendono comunque notevoli ambizioni di fondo e la cui piena implementazione dovr essere misurata con difficolt attuative di ordine organizzativo, culturale e finanziario. Appare comunque necessario incrementare al livello nazionale gli sforzi per superare le criticit stigmatizzate nel documento eGovernment benchmark 2016 dalla Commissione europea , la quale ha concluso lapidariamente nel senso che digital in not yet in the Dna of governments. Venendo ora assai sinteticamente agli impulsi che, in tema di digitalizzazione dellattivit delle amministrazioni pubbliche, provengono dagli Organismi sovranazionali non-UE, vanno senzaltro richiamate le previsioni della Carta Internazionale dei Dati Aperti (Open Data charter, Citt del Messico, 2015), di cui lItalia uno dei primi (nove) Paesi firmatari. La Carta del 2015 (che ha ispirato numerose fra le innovazioni introdotte nellultimo biennio nellambito del CAD) risulta di centrale importanza in quanto stabilisce che i dati in possesso delle amministrazioni pubbliche e dalle stesse rilasciati devono essere aperti per principio e in quanto fissa a carico dei soggetti pubblici detentori di tali dati specifici obblighi in tema di accessibilit, usabilit, comparabilit e interoperabilit. La piena attuazione degli obblighi derivanti dallOpen Data charter presenta aspetti di intersezione sistematica con le previsioni di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013 (c.d. Decreto trasparenza). Ed infatti -se (per un verso) non pu affermarsi che le informazioni di cui al Decreto trasparenza del 2013 siano di per s qualificabili come open data rASSEGNA AVVOCATUrA DELLO STATO - N. 3/2018 -per altro verso, come sottolineato dallAgID, innegabile che esistono dati delle pubbliche amministrazioni che assumono un ruolo importante nel- l'ecosistema degli Open Data e nella creazione di nuove forme di partecipazione (e.g. edifici, farmacie, musei, turismo, etc.) ma che non risultano nell'elenco dei dati obbligatori da pubblicare ai sensi del d.lgs. n. 33/2013 . Concludendo questa (necessariamente breve) panoramica su alcuni fra i principali impulsi che gli Ordinamenti sovranazionali hanno esercitato sullo sviluppo nazionale del tema della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche, pu affermarsi che la via nazionale e quella sovranazionale non abbiano mai smesso di dialogare fra loro. In alcune fasi storiche (come al tempo delladozione del Codice dellamministrazione digitale nella sua formulazione iniziale) lOrdinamento nazionale ha ricercato in modo pi evidente una via autonoma allo sviluppo della digitalizzazione delle amministrazioni. In altre fasi (come allindomani delladozione dellAgenda Digitale Europea del 2010 e del regolamento eIDAS del 2014) i due percorsi si sono sviluppati secondo nuove e pi accentuate convergenze. tuttavia evidente che non sia possibile pervenire a una piena e definitiva prevalenza di un ambito rispetto allaltro, dal momento che il processo di modernizzazione delle amministrazioni postula necessariamente una pluralit di piani operativi e lintegrazione delle sue componenti. Sotto alcuni aspetti semplicemente impensabile che gli Ordinamenti nazionali possano perseguire percorsi marcatamente autonomi nelliter che dovrebbe condurre alla piena instaurazione di un Mercato Digitale Unico al livello UE. Per altro verso necessario che lattuazione dellAgenda Digitale di ciascuno Stato Membro tenga adeguatamente conto (e nei consueti limiti della ragionevolezza e della proporzionalit) delle peculiarit dei sistemi amministrativi nazionali. claudio contessa Finito di stampare nel mese di marzo 2019 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma